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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 10 febbraio 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 10 febbraio 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Costa, Crippa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Greco, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marotta, Mazziotti Di Celso, Merlo, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Turco, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Costa, Crippa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Greco, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marotta, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Turco, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 9 febbraio 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   SANTELLI e PALMIERI: «Modifica all'articolo 530 del codice di procedura penale, in materia di rimborso delle spese di giudizio» (3595);
   CALABRÒ e BINETTI: «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento» (3596).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge RUSSO ed altri: «Disposizioni in favore dei soggetti incontinenti e stomizzati» (3533) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Latronico, Marotta.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

  II Commissione (Giustizia):
   GELMINI: «Modifica all'articolo 52 del codice penale, in materia di difesa legittima» (3427) Parere della I Commissione.

  VI Commissione (Finanze):
   SIBILIA ed altri: «Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento bancario mediante la separazione tra banche commerciali e banche d'affari» (2000) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, X e XIV.

  XII Commissione (Affari sociali):
   RONDINI ed altri: «Disposizioni concernenti il personale addetto ai mezzi di soccorso per il servizio sanitario di urgenza ed emergenza» (3407) Parere delle Commissioni I, V, IX, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   PATRIARCA ed altri: «Misure per favorire l'invecchiamento attivo della popolazione attraverso l'impiego delle persone anziane in attività di utilità sociale e le iniziative di formazione permanente» (3538) Parere delle Commissioni I, V, VI, VII, VIII, X, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Presidente del Consiglio dei ministri.

  Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 8 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7, comma 11, della legge 17 maggio 1999, n. 144, la relazione sull'attività svolta dall'Unità tecnica finanza di progetto nell'anno 2014 (Doc. CLXXV, n. 3), approvata dal CIPE nella riunione del 6 agosto 2015.

  Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

  Il Presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), con lettera in data 3 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 21, comma 3, della legge 30 dicembre 1986, n. 936, il bilancio di previsione del CNEL per l'esercizio 2016, adottato in data 3 dicembre 2015.

  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera in data 3 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 2-bis, del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 dicembre 2013, n. 137, la relazione concernente lo stato di utilizzo e gli effettivi impieghi delle risorse finalizzate a fronteggiare le esigenze connesse all'eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale (Doc. XXVII, n. 24).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

Trasmissioni dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 9 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che garantisce la portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online nel mercato interno (COM(2015) 627 final).

  Questa relazione è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti), alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 10 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo (COM(2015) 625 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e le norme nazionali vigenti.

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 9 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione sull'attuazione dei punti di crisi (hotspot) in Italia (COM(2015) 679 final);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul mercurio che abroga il regolamento (CE) n. 1102/2008 (COM(2016) 39 final);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione della convenzione di Minamata sul mercurio (COM(2016) 42 final);
   Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'uso della banda di frequenza 470-790 MHz nell'Unione (COM(2016) 43 final);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'andamento delle spese del FEAGA – Sistema d'allarme n. 11-12/2015 (COM(2016) 65 final).

Trasmissione dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

  Il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 9 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 20 luglio 2004, n. 215, la relazione della medesima Autorità sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi, aggiornata al mese di dicembre 2015 (Doc. CLIII, n. 6).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettera in data 5 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il decreto del Presidente della Repubblica di scioglimento del consiglio comunale di Bettona (Perugia).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con lettera in data 2 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 32, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale recante istituzione della tabella triennale 2014-2016 degli enti privati di ricerca nonché riparto dello stanziamento iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'anno 2014, relativo a contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, con riferimento agli enti privati di ricerca (260).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 1o marzo 2016.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Modalità e tempi per la realizzazione del deposito unico nazionale per le scorie nucleari e per la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee – 3-01994

   LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Governo italiano non ha ancora comunicato alla Commissione europea né il programma nazionale in materia di gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi ai sensi della direttiva 2011/70/Euratom, né la relazione nazionale sull'applicazione di tale direttiva che si era impegnato a definire entro dicembre del 2014;
   la Commissione europea è pronta ad inviare all'Italia una nuova lettera di messa in mora, atto che apre formalmente la procedura di infrazione per non essersi ancora dotata di un programma nazionale di gestione in sicurezza delle scorie dalla loro generazione fino allo smaltimento finale;
   da parecchi mesi trapelano dagli organi di stampa una serie di indiscrezioni sull'individuazione di possibili siti su cui costruire il futuro deposito nazionale, inseriti nella Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), che dovrà essere approvata dai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico e la cui pubblicazione, prevista per il settembre 2015, è slittata a data da destinarsi;
   sulla definizione prevista per legge del deposito unico nazionale si registra un preoccupante silenzio del Governo e delle strutture collegate a partire dalla Sogin che dopo una costosissima campagna pubblicitaria continua a negare l'elenco dei siti. Sono circa 30 mila i metri cubi di scorie stoccati temporaneamente da nord a sud della Penisola, in attesa di un programma di smaltimento definitivo e in attesa della realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi;
   l'Italia è l'unico Paese dell'Unione europea, con Portogallo e Grecia, che ancora non si è dotato di un deposito nazionale per le scorie nucleari e radioattive che ogni giorno vengono prodotte da ospedali e fabbriche. Secondo quanto riportato da organi di informazione, i territori potenzialmente idonei a ospitare il deposito nazionale delle scorie nucleari si trovano nel Sud della Puglia, in alcune aree della Basilicata ionica e del Molise, in qualche zona costiera della Campania, del Lazio e della Toscana, mentre sono escluse per ragioni economiche Sardegna e Sicilia e altre tre regioni come Marche, Umbria ed Emilia Romagna a causa del rischio sismico;
   sono trascorsi 12 anni da quando nel novembre 2003 uno «Studio per la localizzazione di un sito per il deposito nazionale centralizzato per i rifiuti radioattivi» realizzato dalla Sogin, individuò come territorio idoneo ad ospitare tale deposito il sito di Scanzano Ionico in Basilicata. Per il sito di Scanzano Ionico ci furono tali proteste che il progetto venne prima abbandonato e poi rinviato a data da destinarsi e la critica maggiore che fu rivolta allora ai decisori pubblici fu quella di aver deciso senza il coinvolgimento della popolazione locale;
   il Governo deve dire con chiarezza e trasparenza quello che intende fare e non può continuare a sfuggire e delegare su una vicenda delicata. La Basilicata e i comuni dell'Alta Murgia pugliese sono contrari a qualsiasi ipotesi di deposito unico nucleare e la designazione di Matera a Capitale della cultura europea 2019 deve puntare alla valorizzazione del suo paesaggio, delle produzioni agroalimentari e del territorio;
   nonostante la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) e i relativi studi sulle aree potenzialmente idonee effettuati dalla Sogin siano ancora coperti da segreto di Stato e la popolazione lucana sia allarmata sulla base solo di indiscrezioni trapelate tramite organi di stampa, molti comuni dei territori interessati si sono dichiarati comuni denuclearizzati –:
   se il Ministro interrogato non ritenga, quanto prima, di rendere pubblica la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) e quali chiarimenti intenda fornire sui tempi di realizzazione del deposito per tranquillizzare le popolazioni lucane e pugliese e gli amministratori locali. (3-01994)


Iniziative di competenza volte ad escludere la realizzazione di un impianto di incenerimento nel territorio di Valle Galeria e Malagrotta nel Lazio – 3-01995

   ZARATTI, FASSINA, ZACCAGNINI, PELLEGRINO, RICCIATTI, FERRARA, SCOTTO, PANNARALE e DURANTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto «Sblocca Italia», ha previsto all'articolo 35, comma 1, l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'individuazione a livello nazionale della capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati, degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati, e l'individuazione di ulteriori impianti di incenerimento da realizzare per coprire il fabbisogno residuo del territorio nazionale;
   il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, passato dalla conferenza Stato-regioni con parere favorevole delle regioni ad esclusione di Lombardia e Campania, prevede la realizzazione di 8 inceneritori, e tutti situati nelle regioni del Centro-Sud: Marche, Umbria, Lazio, Campania, Abruzzo, Sardegna, Sicilia (2 impianti). A questi si aggiunge la previsione per la Puglia di un potenziamento dell'impianto di incenerimento esistente;
   la decisione del Governo di realizzare nuovi inceneritori, ad avviso degli interroganti, scavalca ancora una volta gli enti territoriali e le comunità interessate, e finisce con l'affossare definitivamente gli sforzi che le regioni stanno facendo, e che dovranno fare, per una programmazione virtuosa della gestione dei rifiuti e per la crescita della raccolta differenziata, del riciclaggio e del recupero dei rifiuti stessi;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ribadendo la necessità di nuovi impianti di incenerimento, conferma una politica ambientale che, ad avviso degli interroganti, non trova fondamento in alcuna direttiva europea e, anzi, si pone in netto contrasto con la strategia dell'Unione europea di volta a puntare con decisione sull'economia circolare;
   si ricorda che la normativa comunitaria relativa alla questione dei rifiuti e principalmente la direttiva 2008/98/CE prevede alcuni criteri di priorità nella gestione degli stessi, attraverso la fissazione di una gerarchia che parte dalla prevenzione, seguita da: preparazione per il loro utilizzo, riciclaggio, recupero di altro tipo (ad esempio a fini energetici) e, infine, smaltimento;
   riguardo alla regione Lazio e alla decisione di realizzare un impianto di incenerimento, è di questi giorni la notizia diffusa dall'avvocato Saioni, presidente del consorzio Colari di Manlio Cerroni, sulla possibile riaccensione dell'inceneritore di Malagrotta;
   il territorio di Valle Galeria, devastato per troppi anni sotto l'aspetto ambientale e sanitario dalla presenza della discarica di Malagrotta, la più grande d'Europa chiusa dall'ex sindaco Marino nel 2013, ha urgenza di essere bonificato e riqualificato e non può sopportare un altro impatto ambientale pesantissimo che deriverebbe dall'avvio di un impianto di incenerimento;
   dopo la chiusura della discarica, si è ancora in attesa del piano di bonifica e il monitoraggio ambientale. La Commissione Magva, istituita dall'ex provincia di Roma e finanziata con 3,5 milioni di euro, che avrebbe dovuto verificare lo stato di salute delle matrici ambientali di Valle Galeria, è ferma da anni –:
   se non ritenga indispensabile attivarsi, per quanto di competenza, al fine di escludere la realizzazione di un impianto di incenerimento nel territorio laziale di Valle Galeria e Malagrotta, in quanto area a elevato rischio ambientale e sanitario e in attesa di importanti interventi di bonifica e risanamento ambientale. (3-01995)


Iniziative di competenza per fronteggiare l’«emergenza siccità» in relazione ai cambiamenti climatici – 3-01996

   BRAGA, BORGHI, REALACCI, BERGONZI, STELLA BIANCHI, BRATTI, CARRESCIA, COMINELLI, COVELLO, DE MENECH, GADDA, GINOBLE, TINO IANNUZZI, MANFREDI, MARIANI, MARRONI, MASSA, MAZZOLI, MORASSUT, GIOVANNA SANNA, VALIANTE, ZARDINI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sempre più spesso si verificano in Italia situazioni anomale connesse all'alternarsi di eventi meteorologici estremi di grande intensità e violenza con periodi di forte siccità. Tali eventi sono senza dubbio legati ai cambiamenti climatici in corso e sollecitano politiche più efficaci e credibili sia sul fronte della mitigazione che sul fronte dell'adattamento agli stessi, conformemente agli impegni presi in sede internazionale e comunitaria dal nostro Paese;
   come emerso anche nelle relazioni scientifiche conclusive alla COP21 di Parigi, non più tardi di due mesi fa, si assiste ad un costante incremento di eventi meteorologici estremi come pioggia, «monostagionalità» e tropicalizzazione con alternate siccità, neve, inondazioni e violente tempeste;
   il riscaldamento globale, inoltre, mette seriamente a rischio la salute pubblica: le ondate di calore come quelle della scorsa estate hanno impatti sulla fascia più anziana della popolazione, che è sempre in aumento. Di fronte a un anno particolarmente caldo, come il 2015 con una temperatura di 1.42 gradi centigradi in più rispetto alla media, è perciò seriamente critica la situazione che si è verificata in molte parti d'Italia relativamente alla preziosa disponibilità di acqua anche durante i recenti mesi di dicembre e gennaio, sia per uso potabile che per uso agricolo;
   come riportato dai quotidiani nazionali e dalle relazioni mensili delle principali Agenzie regionali per la protezione ambientale, il mese di dicembre 2015 si è chiuso con un calo del 91 per cento delle precipitazioni e spetta a gennaio 2016 il record di siccità. Il primo mese del 2016, infatti, è paragonabile – per pioggia caduta – a un caldo agosto. Evidenti, quindi, gli effetti in città per lo smog, con l'innalzamento dei livelli di polveri sottili, e nelle campagne, dove la natura è interessata da un inverno mai cominciato e che pare piuttosto una primavera inoltrata;
   secondo l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale, a causa della mancanza di precipitazioni, già nella prima metà del 2015 sono state 18 le grandi aree urbane ad aver oltrepassato i limiti di legge (soprattutto nell'area padana), e in altre 27 i giorni di sforamento sono stati tra i 10 e i 35;
   a preoccupare sempre di più sono conseguentemente i livelli di laghi e fiumi, pericolosamente al di sotto della media stagionale. Il Po ha una portata d'acqua che di solito viene registrata in estate, almeno due metri al di sotto rispetto a gennaio 2015. È altresì grave anche nei laghi, che a fine gennaio si trovano prossimi ai minimi storici del periodo con il lago Maggiore che è al 17 per cento della sua capacità e il lago di Como che è addirittura sceso al 12 per cento, mentre quello di Garda al 33 per cento; sotto gli occhi di tutti l'insolito panorama delle montagne prive di neve con gravi danni all'industria del turismo invernale. Sui prati montani l'attività vegetativa dei fiori non si è quasi mai interrotta;
   la ravvicinata ciclicità del fenomeno è significativa e preoccupante: 2003-2007-2012-2015 sono anni in cui la Penisola è stata coinvolta da penuria di precipitazioni con danni che si stimano superiori ai 14 miliardi di euro –:
   quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza e di concerto con gli altri Dicasteri competenti, intenda mettere in campo per affrontare la citata emergenza siccità, con particolare attenzione ai consumi d'acqua potabile e a quelli agricoli, correlandola alla concomitante emergenza smog delle nostre città. (3-01996)


Iniziative per provvedere allo smaltimento e al trattamento dei rifiuti causati dall'alluvione che ha colpito Benevento e il territorio del Sannio, al fine di assicurare la tutela della salute e dell'ambiente – 3-01997

   DE GIROLAMO, OCCHIUTO e RUSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 15 ottobre 2015 la città di Benevento e tutto il territorio del Sannio sono stati colpiti da una grave alluvione in cui sono morte due persone e che ha causato l'esondazione del fiume Calore straripato in città, con pesanti conseguenze che hanno interessato tantissimi comuni delle Valli Vitulanese, Telesina, del Tammaro e del Fortore;
   l'alluvione con la forza devastatrice di acqua e fango ha prodotto una mole enorme di rifiuti;
   i rifiuti creati dall'alluvione hanno generato delle vere e proprie discariche abusive;
   le modalità di smaltimento e trattamento dei rifiuti lasciati dal fango e dalle acque esondate costituisce un peso economico importante per le casse dei comuni;
   è necessaria l'equiparazione dei rifiuti o detriti della calamità naturale a «rifiuti solidi urbani» per attuare le modalità di trattamento e smaltimento degli stessi a quelle ordinarie;
   sarebbe stato necessario dichiarare lo stato d'emergenza nazionale, prevedendo quindi le medesime procedure utilizzate nel caso dell'alluvione che ha colpito i territori di Parma, Piacenza e relative province nel settembre 2015 –:
   quali iniziative intende intraprendere il Ministro interrogato per provvedere a raccolta, trasporto, cernita, selezione, stoccaggio e destinazione finale, garantendo una reale tracciabilità, dei rifiuti generati dall'alluvione, con particolare attenzione a quelli con il carattere della pericolosità, al fine di assicurare una piena tutela della salute e dell'ambiente. (3-01997)


Iniziative volte ad incrementare il finanziamento a sostegno delle edizioni nazionali – 3-01998

   VIGNALI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   le edizioni nazionali rispondono alla funzione di valorizzazione del patrimonio di pensiero e di arte comune alla tradizione culturale della nostra nazione;
   a partire dalla fine del 1870 lo Stato Unitario, per iniziativa dell'allora Ministro della pubblica istruzione Francesco De Sanctis, promosse con fondi pubblici la pubblicazione delle opere latine di Giordano Bruno, a cui seguirono le edizioni delle opere di Galileo Galilei e il progetto degli scritti di Machiavelli;
   con la legge 1o dicembre 1997, n. 420 si è inteso ricondurre ad unità l'intervento statale a favore di comitati nazionali per lo svolgimento di edizioni nazionali;
   a tal fine la legge richiamata ha previsto l'istituzione presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo della Consulta dei comitati nazionali e delle edizioni nazionali;
   la consulta dei comitati nazionali e delle edizioni nazionali, di ultima nomina (17 marzo 2015), ha ripartito le risorse disponibili per l'anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2018;
   le risorse economiche ripartite sono di troppo modesto valore considerata l'importante funzione che le edizioni nazionali rivestono nel nostro paese, rispondendo esse «alla fondamentale esigenza scientifica di garantire la tutela, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio letterario e di pensiero costituito dei nostri autori...», così come riportato dallo stesso sito Internet del il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, direzione generale biblioteche e istituti culturali;
   peraltro, a fronte di tale esiguo o nullo finanziamento, permangono a carico dei proponenti, obblighi di legge eccessivamente onerosi –:
   se il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere iniziative volte a incrementare il finanziamento per le edizioni nazionali, anche alla luce delle maggiori risorse derivanti dalla legge di stabilità, legge 28 dicembre 2015, n. 208, ed in particolare dal comma 335 dell'articolo 1. (3-01998)


Intendimenti circa l'opportunità della permanenza in carica dell'attuale presidente della Fondazione Maxxi – 3-01999

   DI BATTISTA, VACCA, SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, MARZANA, BRESCIA e D'UVA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Maxxi, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, nasce con la legge istitutiva 12 luglio 1999 n. 237, articolo 1, come «Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee» del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, sotto la direzione della Direzione generale per l'arte e l'architettura contemporanee;
   nel 2009 viene trasformata in una Fondazione di diritto privato; la fondazione si dota di uno statuto e svolge i compiti attraverso la realizzazione, la gestione e la promozione dei musei Maxxi Arte e Maxxi Architettura;
   il 13 aprile 2012 la fondazione viene commissariata per un deficit di 11 milioni di euro nella previsione di conto economico 2012/2014, deficit causato dalla mancata erogazione del finanziamento dello stesso Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che rispetto al 2010 era stato decurtato del 43 per cento;
   dopo soli 5 mesi di lavoro e un contributo aggiuntivo di 1 milione di euro da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il commissario presenta una relazione in cui i conti del Maxxi risultano risanati: ricavi per 8.561.962,00 euro a fronte di 5.517.274,00 euro previsti da Baldi e costi per 8.560.551,42 euro contro 8.310.000 euro con un guadagno di 1.410,58 euro complessivi;
   terminato il commissariamento, il 12 ottobre 2012 il Ministro pro tempore Ornaghi nomina presidente della fondazione Maxxi Giovanna Melandri e rifinanziare il Maxxi con 6 milioni di euro;
   la nomina, nonostante polemiche bipartisan, viene confermata. Tra gli altri critici meritano di essere citati: l'allora sindaco di Firenze, Matteo Renzi, si dichiarò contrario alla nomina di Melandri dichiarando «Della serie facciamoci del male, io non l'avrei fatto. C’è una vita fuori dalla politica – ha aggiunto – c’è un mondo, la bellezza delle relazioni, mettersi in gioco nel privato, come è possibile che ci sia ancora una via d'uscita come il Maxxi quando esci dal Parlamento?». «Il Ministro Ornaghi e la Melandri – sottolineò Renzi – hanno sbagliato, dopodiché ognuno farà quello che gli pare. Non credo si sia fatto un favore al Maxxi». E l'allora responsabile cultura del PD, Matteo Orfini, dichiarò «Il MAXXI non ha bisogno né di un commissario né di un nuovo direttore, semmai di un ministero che si impegni a sostenerne seriamente il lavoro»;
   la Melandri accettò, dichiarando «accolgo questa proposta in puro spirito di servizio» e aggiunse «credo che il compenso che percepirò saranno 90 euro, e qualcosa di più all'anno»;
   dal novembre 2012, dopo l'insediamento di Giovanna Melandri, il consiglio d'amministrazione nomina segretario generale del Maxxi, Francesco Spano, già collaboratore parlamentare della stessa Melandri;
   nel 2013 la fondazione, entrando a far parte degli enti di ricerca, riesce ad aggirare il divieto di retribuzione del presidente. Il consiglio d'amministrazione della Fondazione, di cui Melandri è presidente, approva quindi il 6 novembre 2013, una delibera che concede al presidente uno stipendio fisso di 91.500 euro lordi e un premio di produzione variabile;
   nella stessa delibera del consiglio d'amministrazione, presieduto da Melandri (che si astenne), si è previsto un ulteriore ammontare quale componente variabile (premio) da determinarsi in «misura fissa»;
   il bonus in questo caso è al netto delle tasse ed è in funzione dell'incremento «rispetto al precedente esercizio della sommatoria delle voci di proventi quali: I) biglietteria; II) Contributi di gestione; III) sponsorizzazioni; IV) altri ricavi e proventi»;
   se l'incremento va dal 5 al 15 per cento, il premio è di 12 mila euro (netti), se raggiunge la forchetta 15-20 arriva a 18 mila euro; se si pone tra il 25 e il 30 per cento il presidente prende un premio di 24 mila euro netti. Solo se l'incremento delle quattro voci avesse superato 30 per cento, il premio sarebbe stato «quanto deliberato dal Cda»;
   poiché la delibera portava la data del 6 novembre 2013, l'eventuale premio sarebbe dovuto scattare dall'anno 2014, il bonus, al contrario, è stato erogato, prendendo in considerazione gli incrementi dal 2012 al 2013, ed inspiegabilmente è stato quantificato in 24 mila euro, somma prevista per un incremento dal 25 al 30 per cento nonostante dai bilanci emerga un incremento del 14 per cento;
   dalla lettura del bilancio emerge, inoltre, che nello stesso periodo considerato, a fronte di una diminuzione degli incassi della biglietteria vi è un considerevole incremento dei fondi pubblici (di 4 milioni e 286 mila euro dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e 500.000 euro dalla regione Lazio);
   in merito, a Il Fatto Quotidiano la Melandri replicò: «Il premio approvato dal Cda è collegato unicamente agli incrementi di risorse private che siamo stati capaci di raccogliere, quali sponsorizzazioni, cena di fund raising, il programma di individual and corporate friends»;
   da notizie di stampa risulta, inoltre, che la citata delibera che incluse la fondazione tra gli enti di ricerca è stata, dapprima, annullata sulla base di un parere negativo del ragioniere generale dello Stato Daniele Franco, provvedimento poi ritirato in autotutela sulla base di un ulteriore parere espresso dal capo dell'ufficio legislativo del Ministro, sostenuto da un parere favorevole sullo status di ente di ricerca di Emanuele Fidora, direttore generale della ricerca del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga opportuno sostituire Giovanna Melandri alla presidenza della Fondazione Maxxi. (3-01999)


Intendimenti del Governo in merito al regime degli embrioni soprannumerari, con particolare riferimento alla possibilità di adozione degli stessi – 3-02000

   GIGLI e SBERNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con sentenza n. 229 del 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 13 comma 3, lettera b), che vieta ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell'embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche e comma 4, che prevede reclusione fino a sei mesi e multe fino a 150 mila euro per chi viola le norme;
   nella citata sentenza giudici della Suprema Corte hanno dichiarato, invece, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, che contempla i limiti all'applicazione delle tecniche sugli embrioni, nella parte in cui vieta la crioconservazione e la soppressione di embrioni e prevede la reclusione fino a sei mesi e multe fino a 150 mila euro per chi commette reato;
   per i giudici della Consulta, infatti, «la malformazione degli embrioni non ne giustifica, e solo per questo, un trattamento deteriore rispetto a quello degli embrioni sani creati in numero superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto» e si prospetta quindi «l'esigenza di tutelare la dignità dell'embrione, alla quale non può parimenti darsi, allo stato, altra risposta che quella della procedura di crioconservazione». «L'embrione, infatti – scrivono i Giudici della Corte costituzionale – quale che ne sia il più o meno ampio, riconoscibile grado di soggettività correlato alla genesi della vita, non è certamente riducibile a mero materiale biologico»;
   in precedenza con la sentenza n.162 del 9 aprile 2014, depositata il 10 giugno, la Corte costituzionale aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 4, comma 3, della legge n. 40/2004, nella parte in cui stabilisce il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili, abbattendo anche quello che per molti era l'ultimo pilastro della normativa italiana sulla fecondazione assistita, ovvero il divieto di utilizzare gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente il trattamento (ovvero il divieto alla feconda eterologa);
   non vi è dubbio che si stia assistendo ad uno «smantellamento» dei capisaldi della legge n. 40 del 2004 attraverso le pronunce dei giudici di qualsiasi grado;
   riguardo alla fecondazione eterologa, la onerosità e la pericolosità delle procedure di prelievo stanno creando difficoltà nel reperimento di gameti femminili attraverso vere donazioni, tali da aver indotto alcune regioni, tra cui Toscana e Friuli Venezia Giulia ad acquistare gameti all'estero;
   il reperimento di gameti in banche estere è oneroso per le finanze pubblica (circa 4.000 euro a gamete, per un intervento che spesso deve essere ripetuto) e pone seri dubbi sullo sfruttamento di condizioni di povertà delle donne che si sottopongono al prelievo di ovuli, aggirando la legislazione italiana che vieta il commercio di qualunque materiale biologico, compresi sangue, tessuti e organi;
   le sollecitazioni indirizzate al Legislatore dalla Corte costituzionale al fine di introdurre apposite disposizioni in materia, non hanno prodotto gli interventi richiesti ed auspicati;
   l'emanazione il 1o luglio 2015 da parte del Ministero della salute del decreto di aggiornamento delle «Linee guida contenenti le indicazioni delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita», pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 161 del 14 luglio 2015, non ha contribuito a chiarire la materia;
   le nuove opportunità oggi offerte alle coppie di accedere ad ulteriori applicazioni di fecondazione assistita, proprio a seguito dei numerosi interventi giurisprudenziali qui richiamati, dovrebbe, per coerenza ed armonia di sistema, condurre a rimuovere taluni persistenti impedimenti ancora contenuti nella legge n. 40;
   è il caso dell'indeterminatezza della condizione degli embrioni soprannumerari;
   in conseguenza della sentenza n. 151 del 2009 Corte costituzionale che ha aperto alla produzione degli embrioni soprannumerari e al loro congelamento, in Italia sono circa 60 mila soprannumerari gli embrioni crioconservati e il loro numero è in continuo aumento;
   per tremila embrioni non impiantati e congelati è stato dichiarato lo stato di «abbandono» nei vari centri di procreazione medicalmente assistita;
   l'inevitabile spreco degli embrioni soprannumerari, derivanti da un impianto parziale di quelli in precedenza prodotti per avviare una fecondazione omologa o anche eterologa, cui si aggiungono quelli in precedenza selezionati per essere affetti da gravi patologie genetiche, pone l'ulteriore questione, su cui parimenti la legge n. 40 tace, relativa ad un loro successivo impiego per fini adottivi, a beneficio di altre coppie (sterili/infertili o anche fertili) diverse da quelle che li abbiano generati;
   l'opportunità di favorire l'adozione per la nascita degli embrioni eccedentari, che richiederebbe un appropriato intervento normativo, è stata pure sollecitata dal Comitato nazionale per la bioetica (Cnb) potendo, sia pure parzialmente, «risolvere il problema bioetico degli embrioni residuali» e offrire anche una valida alternativa alla stessa fecondazione eterologa, ancora vietata al tempo (eravamo nel 2005) della manifestazione di questo parere;
   nella prospettiva di una inevitabile dissoluzione degli embrioni soprannumerari, a seguito del loro abbandono da parte delle coppie legittimate, la possibilità offerta agli stessi di poter continuare ad esistere all'esito di una loro adozione (nonostante la non corrispondenza genetica con la donna che sarebbe disposta ad accoglierli nel proprio grembo) finisce per rendere del tutto irragionevole il persistente silenzio serbato dalla legge n. 40 al riguardo;
   la disponibilità di embrioni a seguito di una esplicita dichiarazione di abbandono da parte della coppia legittimata ad impiegarli, ovvero del superamento di un determinato limite temporale, potrebbe realizzare le condizioni per una loro «donazione per l'adozione», finalizzata ad un loro «impianto» ovvero «accoglienza» per consentirne la maturazione fino alla nascita da parte di altre coppie interessate;
   nel rispetto ovviamente di tutte le opportune garanzie, dirette ad assicurare la regolarità della procedura di donazione, che potrebbe prevedere ad esempio il previo intervento del Tribunale dei minorenni, l'auspicio di evitare lo spreco e il successivo abbandono degli embrioni crioconservati potrebbe pure giustificare la possibilità di estendere l'impianto alle donne single, a somiglianza della pratica di adozione monogenitoriale oggi consentita dall'articolo 44 della legge sull'adozione n. 184 del 1983, sia pure, in quest'ultimo caso, in presenza di particolari condizioni;
   la possibilità di accesso a embrioni resi disponibili per l'adozione, permetterebbe tra l'altro di risolvere il problema della disponibilità di gameti e di evitare il commercio di essi e lo sfruttamento del corpo di donne povere che lo rende possibile, sia pure residenti all'estero –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in relazione alla sorte degli embrioni sopranumerari, con particolare riguardo all'assunzione di iniziative concernenti la loro adottabilità e l'applicazione della vigente disciplina recata dalla citata legge 4 maggio 1983, n. 184 in tale materia. (3-02000)


Iniziative volte a garantire la bonifica e la messa in sicurezza del carcere Giuseppe Montalto di Alba (Cuneo), in particolare a seguito dell'accertamento di alcuni casi di legionella – 3-02001

   MONCHIERO e RABINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 7 gennaio 2016 sono iniziate le operazioni che hanno portato allo sgombero completo dei detenuti e del personale del carcere «Giuseppe Montalto» di Alba, per consentire la bonifica dell'impianto idrico, delle condotte e dell'impianto di condizionamento dei locali, in seguito all'accertamento – dalla fine del 2015 – di tre casi di legionella: un trasferimento deciso e organizzato dal Provveditorato regionale, che riguarda 122 reclusi (22 dei quali collaboratori di giustizia e 112 agenti di polizia penitenziaria);
   si tratta del primo caso in Italia per cui si è reso necessario lo sgombero di tutta una struttura per prevenire il pericolo di contrarre una malattia infettiva;
   i primi 15 detenuti sono stati trasportati nella casa di reclusione di Fossano; gli altri sono stati trasferiti nelle strutture di Saluzzo, Alessandria San Michele, Vercelli e Cuneo; per quanto riguarda i collaboratori di giustizia, invece, il piano è ancora in via di definizione, dal momento che questi fanno parte di un circuito detentivo gestito direttamente dal Dipartimento di amministrazione penitenziaria;
   la legionella è un batterio che si sviluppa nei condizionatori d'aria e soprattutto nell'acqua a determinate temperature, più facilmente in condutture obsolete, che presentano svariate criticità;
   non è la prima volta che si registrano casi del genere nell'istituto albese, una costruzione recentissima e tuttavia profondamente segnata dal tempo e da un utilizzo che supera la capacità prevista in progetto (circa 100 ospiti): già in passato a contrarre il batterio erano stati un altro detenuto e un agente. I sindacati della polizia penitenziaria hanno più volte sollecitato l'amministrazione penitenziaria a provvedere alle verifiche della struttura, senza mai ottenere risposte concrete e, conseguentemente, misure efficaci;
   appare singolare che in una costruzione realizzata 30 anni fa non sia possibile effettuare lo shock termico nelle tubature dell'acqua per eliminare le colonie di legionella, tanto più che la struttura carceraria è stata recentemente oggetto di un importante intervento di ristrutturazione, al fine di dare adeguata accoglienza ai detenuti collaboratori di giustizia;
   la situazione non è più sostenibile e richiede una soluzione radicale: la tutela della salute rappresenta infatti uno dei diritti fondamentali (per le persone recluse, per gli agenti di polizia penitenziaria, ma anche per tutti coloro che a vario titolo, educatori e volontari, interagiscono con la struttura), cui le istituzioni devono porre la massima attenzione;
   sono davvero preoccupanti le condizioni igienico – sanitarie in cui versano in generale le carceri italiane: secondo una recente indagine, almeno una patologia infettiva è presente nel 60-80 per cento dei detenuti presenti nei nostri penitenziari (questo significa che almeno due persone su tre sono malate);
   ciò fa comprendere in quali «polveriere» lavorino le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria, spesso senza alcuna tutela sanitaria;
   l'evacuazione del carcere di Alba ha fatto sorgere il dubbio tra gli operatori addetti e le comunità locali che l'amministrazione intenda abbandonare definitivamente la struttura: soluzione assurda per una costruzione così recente –:
   come intenda garantire la tempestività e la definitività dei provvedimenti per la bonifica e messa in sicurezza dei locali suddetti, al fine di consegnare quanto prima alla collettività un carcere risanato. (3-02001)


Iniziative volte a chiarire la platea dei soggetti destinatari della proroga relativa all'esercizio delle funzioni dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari, nonché dei giudici di pace – 3-02002

   TAGLIALATELA, RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, GIORGIA MELONI, NASTRI e TOTARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 610, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, legge di stabilità per il 2016, prevede che i giudici onorari di tribunale e i vice procuratori onorari il cui mandato scada il 31 dicembre 2015, nonché i giudici di pace il cui mandato scada il 31 maggio 2016, possano proseguire nell'esercizio delle loro funzioni fino alla riforma organica della magistratura onoraria e non oltre il 31 maggio 2016;
   la norma, in particolare, riguarda quei magistrati appartenenti alle citate categorie per i quali non siano consentite ulteriori conferme in base alla legislazione vigente;
   in merito, l'articolo 42-quinquies, primo comma, dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, dispone che l'incarico di giudice onorario di tribunale abbia la durata di tre anni e che il suo titolare possa essere confermato una sola volta, mentre la legge 21 novembre 1991, n. 374, in materia di giudici di pace prevede che il magistrato onorario che esercita le funzioni di giudice di pace duri in carica quattro anni e possa essere confermato per due ulteriori mandati, ciascuno di quattro anni, «salva comunque la cessazione dall'esercizio delle funzioni al compimento del settantacinquesimo anno di età»;
   in sede di applicazione del citato comma 610 si è riscontrato un problema relativo alla esatta individuazione della platea dei soggetti destinatari della proroga, posto che i recenti interventi legislativi sull'età pensionabile dei magistrati sono stati oggetto di differenti interpretazioni da parte del Consiglio di Stato e del Consiglio superiore della magistratura;
   di conseguenza non è chiaro se la proroga possa essere applicata anche a coloro i quali abbiano già superato il settantaduesimo anno di età o meno, in ossequio alla norma contenuta nel decreto-legge n. 83 del 2015 che, tuttavia, non ha modificato la disposizione originaria in ordine alla cessazione del mandato al compimento del settantacinquesimo anno;
   è evidente che una interpretazione restrittiva dell'applicabilità della proroga ridurrà ulteriormente il numero dei giudici di pace in servizio, fissato dalla legge n. 374 del 1991 in 5100 unità e che, invece, allo stato si compone di appena 1700 soggetti, aggravando e rallentando ulteriormente il lavoro degli uffici;
   appare indispensabile sanare tale incertezza interpretativa al fine di consentire l'effettività della proroga disposta dall'articolo 1, comma 610, della legge di stabilità per l'anno 2016 –:
   se non ritenga di promuovere l'adozione di una norma di interpretazione autentica, al fine di chiarire l'effettiva platea di destinatari della norma di cui in premessa. (3-02002)


Chiarimenti in ordine all'esercizio delle funzioni del sindaco, quale ufficiale di Governo, nell'ambito del procedimento per la concessione della cittadinanza – 3-02003

   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con nota inviata via pec il 14 gennaio 2016, il sindaco di Brugnera comunicava alla prefettura di Pordenone che il sig. Aboubacar Intagada non era stato ammesso a prestare il giuramento per la cittadinanza italiana, ai sensi dell'articolo 10 della legge n. 91/1992, in quanto, pur essendo in Italia da oltre vent'anni, l'interessato non conosce la lingua italiana e, dunque, non era in grado di comprendere e di pronunciare la relativa formula di rito;
   con lettera del 2 febbraio scorso, il prefetto di Pordenone invitava il sindaco a procedere celermente agli adempimenti di legge con l'acquisizione del giuramento del signor Aboubacar Intagada, precisando che «nel sistema delineato dal legislatore non è dato rinvenire norme che attribuiscano funzioni di accertamento al di fuori della fase istruttoria di competenza del Ministero (...)»;
   in altri termini secondo il prefetto, poiché a norma di legge il decreto di concessione della cittadinanza «viene emesso a conclusione di un procedimento in relazione al quale è attribuito al Ministero dell'interno il potere/dovere di valutare l'idoneità del richiedente ad entrare a far parte del novero dei cittadini italiani e la sussistenza di un interesse pubblico ad ammettervelo» non può un sindaco, pur soggetto che esercita funzioni statali nella qualità di ufficiale di governo, sollevare obiezioni di sorta, neanche evidenziare che l'interessato non è in grado di prestare giuramento di fedeltà alla repubblica e di osservanza alla Costituzione in lingua italiana;
   a norma di legge il giuramento deve essere prestato entro sei mesi dalla notifica del decreto, pertanto a parere degli interroganti è assurdo ed inconcepibile concedere la cittadinanza a chi, non solo abbia rifiutato di imparare la nostra lingua pur risiedendo da oltre dieci anni sul nostro territorio, ma addirittura non abbia imparato una frase di rito in un lasso di tempo di sei mesi;
   la vicenda, peraltro, non è neanche un caso isolato, perché già in precedenza altri sindaci – di diversi schieramenti politici – si son ritrovati in simili situazioni –:
   se non ritenga che il sindaco, quale ufficiale di Governo, possa opporsi al decreto di cittadinanza ovvero richiedere la sospensione dell’iter di concessione e/o il rinvio qualora accerti che l'interessato non conosca la lingua italiana, la frase di rito per prestare giuramento e tantomeno il significato intrinseco della medesima frase e, in caso di risposta negativa, se non convenga sull'opportunità di esonerare i sindaci da tale funzione atteso che il sindaco è considerato un mero esecutore di atti altrui, delegando all'uopo un commissario ad acta. (3-02003)


DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 30 DICEMBRE 2015, N. 210, RECANTE PROROGA DI TERMINI PREVISTI DA DISPOSIZIONI LEGISLATIVE (A.C. 3513-A)

A.C. 3513-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210 recante la proroga di termini previsti da disposizioni legislative, e di cui al presente disegno di conversione in legge A.C. 3513, all'articolo 4, comma 2, stabilisce che l'adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici venga completato entro sei mesi dall'adozione del decreto interministeriale, previsto dell'articolo 10-bis del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 in materia di prevenzione degli incendi per l'edilizia scolastica;
    non è stato ancora emanato il decreto ministeriale previsto dall'articolo 10-bis del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 in materia di prevenzione degli incendi per l'edilizia scolastica, con il quale vengono definite e articolate, con scadenze differenziate, le prescrizioni in materia di prevenzione degli incendi di cui al punto a),

impegna il Governo

a provvedere all'emanazione del provvedimento con decreto del Ministero dell'Interno, secondo quanto previsto dall'articolo 10-bis del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, nel tempo più breve possibile.
9/3513-A/1Ascani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento in esame proroga al 30 giugno 2016, limitatamente alle operazioni di pagamento e riscossione riferite all'annualità 2015 e alle annualità precedenti, l'autorizzazione del dirigente delegato del Ministero per le politiche agricole ad effettuate pagamenti e riscossioni utilizzando il conto di tesoreria dell'ex ASSI. Tale termine, originariamente disposto per il solo anno 2014, era stato prorogato, dapprima, al 30 giugno 2015 e poi, al 31 dicembre 2015;
    la suddetta proroga appare necessaria al fine di garantire lo svolgimento delle attività di pagamento con la celerità necessaria;
    al riguardo, il comma 9 dell'articolo 23-quater del decreto-legge n. 95 del 2012 ha disposto la soppressione dell'ASSI, a sua volta subentrata all'UNIRE nel 2011 e chiamata a svolgere compiti relativi al miglioramento delle razze equine, alla gestione dei libri genealogici, alla programmazione delle corse e dei programmi di allevamento, alla gestione del servizio di diffusione delle riprese televisive delle corse;
    in attuazione della suddetta disposizione, sono stati emanati il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 gennaio 2013 e il decreto del Ministero per le politiche agricole n. 11177 del 31 gennaio 2013 recanti il trasferimento delle funzioni e delle risorse umane, strumentali e finanziarie dell'ex ASSI allo stesso Ministero e all'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
    in materia di riforma del settore ippico, l'articolo 14, comma ff) della legge 11 marzo 2014, n. 23, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale, prevedeva, per il rilancio del settore ippico, l'istituzione della Lega ippica italiana, con funzioni, fra l'altro, di organizzazione degli eventi ippici, controllo di primo livello sulla regolarità delle corse, ripartizione e rendicontazione del fondo per lo sviluppo e la promozione del settore ippico. Il Fondo sarebbe stato alimentato mediante quote versate dagli iscritti alla Lega, nonché mediante quote della raccolta delle scommesse ippiche, del gettito derivante da scommesse su eventi ippici virtuali e da giochi pubblici raccolti all'interno degli ippodromi, attraverso la cessione dei diritti televisivi sugli eventi ippici, nonché di eventuali contributi erariali straordinari decrescenti fino all'anno 2017;
    il termine suddetto per l'esercizio della delega è decorso inutilmente il 26 giugno 2015, senza l'adozione del decreto sopra indicato;
    è acclarata l'urgenza di procedere ad un riordino generale del compatto ippico equestre, anche in considerazione dello stato di crisi in cui esso versa da anni e delle pesanti ricadute che sta provocando sulle molteplici e rilevanti attività economiche dell'indotto;
    la regione autonoma Sardegna che vanta una radicatissima tradizione nella produzione e nell'allevamento del cavallo, sta subendo più di altre realtà i gravissimi contraccolpi della crisi in atto, ciò anche nell'ambito dei processi commerciali del purosangue arabo da corsa (di cui detiene la produzione pressoché esclusiva in ambito nazionale) e del cavallo anglo arabo sardo, già a grave rischio estinzione per il crollo delle nascite;
    negli ultimi nove anni, alcuni dei principali ippodromi sardi hanno subito una preoccupante contrazione della propria attività in conseguenza dei tagli (stimabili in circa il 65-70 per cento) introdotti prima dall'UNIRE-ASSI e poi dallo stesso Ministero, tanto sul numero delle giornate di corse, quanto sul montepremi complessivo attribuito all'Isola;
    nel contesto regionale contraddistinto da un forte rischio di desertificazione economica, la crisi del settore ippico e agonistico rischia di rappresentare un colpo esiziale anche per le molteplici attività economiche in campo ricettivo-turistico, sociale, sportivo, culturale e ludico;
    l'Agris Sardegna – Agenzia per la ricerca in agricoltura e la regione autonoma della Sardegna stanno tentando da tempo di proporre soluzioni atte a ridurre la sperequazione tra la situazione allevatoriale e commerciale degli impianti regionali rispetto agli ippodromi nazionali, al fine di mitigare lo storico svantaggio legato all'insularità,

impegna il Governo

   a) a valutare l'opportunità di adottare tutte le misure per garantire al settore dell'ippicoltura nazionale una «governance» di lungo periodo volta a creare le condizioni per uno stabile rilancio del comparto e delle prospettive di sviluppo dell'indotto;
   b) a valutare la possibilità di adottare, per il comparto ippico nella regione autonoma della Sardegna, un particolare intervento perequativo di supporto ad attività strategiche per lo sviluppo economico dell'Isola.
9/3513-A/2Vargiu.


   La Camera,
   premesso che:
    il Parlamento al fine di risolvere il problema dell'accompagnamento dei grandi invalidi di guerra e per servizio, - accompagnamento svolto sin dal dopo guerra da militari di leva, sostituiti poi dai volontari del servizio civile, ma ben presto dimostratosi impraticabile - approvò la legge 27 dicembre 2002, n. 288, con la quale venne prevista la corresponsione di un assegno sostitutivo dell'accompagnatore militare o di quello del servizio civile di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64;
    tuttavia, la limitata copertura finanziaria apprestata dalla citata legge ha impedito di erogare l'assegno sostitutivo a tutti i potenziali beneficiari. La legge, infatti, prevede che i grandi invalidi, il cui numero è accertato annualmente attraverso un decreto interministeriale, che alla data di entrata in vigore della legge già usufruivano dell'accompagnatore militare o civile, abbiano una priorità assoluta nel ricevere l'assegno, mentre gli altri possono ricevere l'assegno, in misura intera o ridotta in relazione alla percentuale di invalidità, nell'ambito delle residue disponibilità finanziarie disponibili ogni anno. La conseguenza di tale previsione è che ogni anno viene formata, sulla base delle istanze pervenute, una sorta di graduatoria per l'ordine di corresponsione dell'assegno che, tuttavia, non si riesce – sulla base delle risorse disponibili sul fondo apprestato dalla legge n. 288 del 2002 – a erogare a tutti gli aventi titolo, provocando discutibili e immotivate esclusioni;
    il Parlamento è intervenuto più volte sulla materia al fine di integrare il fondo previsto dalla legge n. 288 del 2002 e consentire l'accoglimento di tutte le richieste di assegno sostitutivo dei grandi invalidi aventi titolo, con la legge 7 febbraio 2006, n. 44, che ha integrato il fondo con euro 13.848.147, per gli anni 2006 e 2007; la legge 3 dicembre 2009, n. 184, che analogamente ha provveduto ad integrare il fondo con euro 11.009.494, per gli anni 2008 e 2009, la legge 24 dicembre 2012, n. 288, articolo 1, comma 113, con la quale è stata disposta l'integrazione del fondo di euro 3.400.000, per gli anni 2013 e 2014, e, in fine, con la legge n. 11 del 2015, articolo 10, comma 12-sexies che ha integrato il fondo con euro 1.000.000 per gli anni 2015 e 2016;
    si rende, pertanto, necessario adottare adeguate norme al fine di consentire l'accoglimento di tutte le richieste di assegno scongiurando l'esclusione dalla sua fruizione di parte dei potenziali beneficiari. Peraltro, come sopra dimostrato, l'onere dell'intervento è in costante decremento a causa del naturale ciclo di vita e pertanto sarebbe auspicabile predisporre una norma a regime evitando a persone che hanno riportato gravi invalidità in operazioni di guerra o per causa di guerra o per servizio, di vivere nella incertezza della riscossione di quanto è loro dovuto,

impegna il Governo

a predisporre, al fine di evitare ulteriori interventi di proroga del finanziamento del fondo citato in premessa, adeguate norme, prima della scadenza di dicembre 2016, per dare continuità all'assegno sostitutivo dell'accompagnatore militare, previsto dalla legge n. 288 del 2002 e successive modificazioni e integrazioni in favore di tutti i grandi invalidi di guerra e per servizio, che ne hanno titolo.
9/3513-A/3Miotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia si appresta a celebrare il Settantaduesimo anniversario della Resistenza e della Guerra di liberazione;
    la ricorrenza dovrebbe divenire occasione per valorizzare i caduti, i comuni e le province che nella guerra di liberazione partigiana sono stati protagonisti della nostra storia e che non hanno potuto ottenere il meritato riconoscimento a seguito della decadenza dei termini previsti dalla legge;
    la ricostituzione delle citate Commissioni è di difficile, se non impossibile, attuazione in considerazione dell'età ormai raggiunta dai potenziali componenti che rivestono la qualifica di partigiano;
    è necessario il mantenimento, nella memoria collettiva, dei valori partigiani e della Resistenza;
    il provvedimento in esame, all'articolo 1, commi da 7-bis a 7-sexies prevede la riapertura dei termini di cui all'articolo 12, del decreto legislativo luogotenenziale 21 agosto 1945, n. 518, fino al 25 aprile 2016 per la presentazione di proposte al valor militare per i caduti, i comuni e le province;
    è indispensabile per dare pronta, efficace e legittima attuazione alla disposizione, normare in maniera semplice e tempestiva, soggetti, procedure e risorse dedicate,

impegna il Governo:

   ad adottare un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'attuazione delle disposizioni (in corso di approvazione) sopra richiamate, che preveda:
    modalità, tempi e soggetti legittimati a presentare istanza/proposta di riconoscimento delle onorificenze al valore militare e, ove ritenuto necessario anche istanza/proposta di riconoscimento della qualifica di partigiano, considerando in particolare la peculiare posizione delle province;
    che la definizione delle proposte al valor militare per i caduti, i comuni e le province, preveda l'acquisizione del parere espresso da un comitato etico, da costituirsi presso il Ministero della difesa, composto da un presidente e tre rappresentanti delle Forze armate, prescelti dal Ministro della difesa, e da sei altri componenti designati dalle tre associazioni partigiane: ANPI, FIVL e FIAP;
    la gratuità per la partecipazione all'anzidetto comitato;
    il recupero delle attribuzioni di Commissione di secondo grado in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
   a prevedere l'allocazione di adeguate risorse finanziarie tese a non creare iniqui trattamenti tra il personale già decorato al valor militare e già riconosciuto quale «partigiano» e coloro i quali saranno riconosciuti tali per effetto della nuova disciplina.
9/3513-A/4Tullo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia si appresta a celebrare il Settantaduesimo anniversario della Resistenza e della Guerra di liberazione;
    la ricorrenza dovrebbe divenire occasione per valorizzare i caduti, i comuni e le province che nella guerra di liberazione partigiana sono stati protagonisti della nostra storia e che non hanno potuto ottenere il meritato riconoscimento a seguito della decadenza dei termini previsti dalla legge;
    la ricostituzione delle citate Commissioni è di difficile, se non impossibile, attuazione in considerazione dell'età ormai raggiunta dai potenziali componenti che rivestono la qualifica di partigiano;
    è necessario il mantenimento, nella memoria collettiva, dei valori partigiani e della Resistenza;
    il provvedimento in esame, all'articolo 1, commi da 7-bis a 7-sexies prevede la riapertura dei termini di cui all'articolo 12, del decreto legislativo luogotenenziale 21 agosto 1945, n. 518, fino al 25 aprile 2016 per la presentazione di proposte al valor militare per i caduti, i comuni e le province;
    è indispensabile per dare pronta, efficace e legittima attuazione alla disposizione, normare in maniera semplice e tempestiva, soggetti, procedure e risorse dedicate,

impegna il Governo:

   ad adottare un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'attuazione delle disposizioni (in corso di approvazione) sopra richiamate, che preveda:
    modalità, tempi e soggetti legittimati a presentare istanza/proposta di riconoscimento delle onorificenze al valore militare e, ove ritenuto necessario anche istanza/proposta di riconoscimento della qualifica di partigiano, considerando in particolare la peculiare posizione delle province;
    che la definizione delle proposte al valor militare per i caduti, i comuni e le province, preveda l'acquisizione del parere espresso da un comitato etico, da costituirsi presso il Ministero della difesa, composto da un presidente e tre rappresentanti delle Forze armate, prescelti dal Ministro della difesa, e da sei altri componenti designati dalle tre associazioni partigiane: ANPI, FIVL e FIAP;
    la gratuità per la partecipazione all'anzidetto comitato;
    il recupero delle attribuzioni di Commissione di secondo grado in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
9/3513-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tullo.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative è opportuno rilevare che, il comma 2 dell'articolo 8, proroga di un anno, dunque, al 1° gennaio 2017, il termine a decorrere dal quale taluni grandi impianti di combustione, per i quali il decreto legislativo n. 152 del 2006 ha previsto specifiche deroghe, devono rispettare i nuovi limiti di emissione previsti dalla direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, a condizione che le istanze di deroga siano state presentate nei termini indicati dalla norma;
    con il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 46 «Attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali» (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.72 del 27-3-2014 – Suppl. Ordinario n. 27, il nostro Paese ha recepito le disposizioni comunitarie;
    l'attuazione delle sopra citate disposizioni mira a prevenire, ridurre e, per quanto possibile, eliminare l'inquinamento dovuto alle attività industriali, nel rispetto del principio «chi inquina paga» e del principio della prevenzione dell'inquinamento; definendo, al contempo, il quadro generale che disciplina le principali attività industriali, intervenendo innanzitutto alla fonte, nonché garantendo una gestione accorta delle risorse naturali e tenendo presente, se del caso, la situazione socio-economica e le specifiche caratteristiche locali del sito in cui si svolge l'attività industriale;
    ai fini, dunque, che l'Italia e, con essa l'Unione europea, si sono impegnati a raggiungere con la «Strategia Europa 2020», nell'ambito dei 5 punti, diventa rilevante l'impegno inerente la riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento (o persino del 30 per cento, se le condizioni lo permettono), di conseguenza, la prevenzione e la riduzione delle emissioni nell'aria, nell'acqua e nel terreno, la gestione dei rifiuti, l'efficienza energetica e la prevenzione degli incidenti diventano rilevanti per le grandi imprese industriali;
    diventa allora rilevante garantire il pieno rispetto della nuova disciplina dei limiti di emissione in attuazione della direttiva europea 2010/75/UE ed è dunque necessario limitare il più possibile il ricorso alle deroghe, a cui fa riferimento il comma 2 dell'articolo 8 che sono legate a ritardi nei procedimenti autorizzatori, consentendo a taluni impianti di rinviare il termine per l'applicazione di tale disciplina,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ridurre la durata della proroga di cui al comma 2 dell'articolo 8 al fine di applicare a tutti i grandi impianti di combustione i nuovi limiti di emissione ai sensi anche dell'articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea in materia di tutela dell'ambiente.
9/3513-A/5Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma Gelmini, legge n. 240 del 2010 ha introdotto il costo standard per studente in corso, un nuovo metodo per quantificare i contributi dei finanziamenti da erogare alle Università statali, calcolato in base ai costi che gli atenei sostengono per i diversi corsi di studio, spese del personale docente, degli amministrativi, dei servizi didattici, strumentali e organizzativi e il numero degli studenti iscritti in corso;
    il costo standard, introdotto per superare la spesa storica di ripartizione del Fondo di finanziamento ordinario alle Università, è stato utilizzato per la prima volta nel 2014 per ripartire il 20 per cento delle risorse della quota base agli Atenei, nel 2015 si è passati al 40 per cento, nei 2018 si raggiungerà il 100 per cento;
    il nuovo metodo per l'erogazione dei contributi statali alle Università, che si configura sulla ripartizione dei fondi in base al «merito» di avere un numero maggiore di studenti in corso, penalizza fortemente gli Atenei del Mezzogiorno, soprattutto quelli della Sardegna, già sofferenti per il gap dell'insularità, che finora hanno avuto una riduzione di finanziamenti di oltre un quinto, rispetto alle risorse statali degli anni precedenti;
    gli effetti negativi del costo standard, si riversano maggiormente sugli studenti che, oltre alle condizioni geografiche-insulari e alle carenze infrastrutturali, ha problemi economici, poiché appartenente a famiglie meno abbienti ed è costretto a studiare e lavorare per terminare gli studi universitari e, quindi, il numero dei fuori corso al primo e secondo anno è quasi fisiologico; le scarse risorse incidono molto anche sulla disponibilità delle borse di studio e tra gli idonei a riceverle, uno su quattro non la ottiene per mancanza di fondi;
    negli Atenei dell'isola, molto rilevante è anche il fenomeno degli abbandoni, una quota significativa di iscritti lascia gli studi definitivamente dopo il primo anno, tanti accedono all'università con un bagaglio di competenze relativamente limitato; in queste realtà è necessario destinare più risorse per incrementare le competenze in entrata degli immatricolati, favorire i servizi di tutorato, o possibili interventi di recupero e, se necessario, dare maggiori finanziamenti per migliorarli nel tempo;
    spesso, negli Atenei della Sardegna il ritardo degli studenti per completare gli studi, è dovuto anche alle differenti prospettive di impiego sul mercato del lavoro, molto più favorevoli in alcuni ambiti territoriali, ad esempio, al nord, ove ci si sente più motivati alla conclusione in tempi rapidi del diploma universitario;
    nelle regioni meno sviluppate del Paese la percentuale dei laureati con genitori laureati è molto inferiore alla media nazionale, che a sua volta è molto più bassa di quella dei Paesi dell'OCSE, è importante incentivare la formazione universitaria, che rappresenta il motore di crescita sociale, una possibilità in più per chi proviene da condizioni economiche e sociali più modeste, per modificare la propria posizione sociale, per consentire, dunque, agli studenti, meno abbienti, di avere nell'università e dall'università gli strumenti per costruire un mondo migliore, di crescita sia a livello individuale che collettivo;
    alla luce delle criticità esposte e considerando che anche il CUN, Consiglio Universitario Nazionale, nell'adunanza del 2014 relativa al parere sul F.F.O., aveva espresso forti perplessità sul costo standard e dichiarato: «Ribadisce che il quadro di costante e progressiva riduzione del complesso delle risorse finanziarie e umane condurrà il sistema universitario italiano ad una crisi irreversibile, in conseguenza della quale gli Atenei e le comunità accademiche non saranno più in condizione di assolvere i propri compiti istituzionali, di procedere alla formazione delle giovani generazioni, di promuovere la ricerca scientifica e di contribuire al contempo allo sviluppo e alla diffusione della cultura, valore costituzionalmente elevato a principio fondamentale della nostra Repubblica»;
    esprime forti riserve circa l'assenza di informazioni sul metodo del «costo standard unitario di formazione per studente in corso» quale parametro per l'attribuzione di parte del FFO, circostanza che non consente un pieno esercizio dell'attività consultiva di competenza e ritiene pertanto di dover sospendere ogni giudizio di merito,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di rivedere i parametri per l'assegnazione dei fondi ordinari da devolvere alle Università Italiane, con particolare riguardo a quelle situate sulle isole maggiori, in specifici e disagiati contesti economici, territoriali e infrastrutturali, in particolare della Sardegna, per incentivare lo sviluppo formativo delle giovani generazioni che intendono intraprendere studi universitari, per contrastare il fenomeno del calo delle iscrizioni, nonché per sostenere le attività degli Atenei del Mezzogiorno;
   a valutare l'opportunità di reperire risorse aggiuntive a sostegno delle Università della Sardegna, per evitare l'inevitabile soppressione di alcuni corsi di laurea, con conseguente riduzione dei docenti, riduzione dell'attività di ricerca e degli studenti in corso.
9/3513-A/6Pes, Francesco Sanna, Cani, Giovanna Sanna, Marrocu, Marco Meloni, Mura, Pinna, Scanu.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di approvazione del disegno di legge: «Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative» (Milleproroghe 2016), si è ritenuto opportuno richiamare l'attenzione su quegli interventi che possono essere adottati nell'interesse dei cittadini e della loro sicurezza;
    tra questi interventi sono da annoverare, senza dubbio, quelli che vanno nella direzione di ampliare la possibilità, per la collettività, di ricorrere all'uso di sistemi idonei a garantire la pubblica e privata incolumità;
    con l'articolo 1, comma, 982 della legge di Stabilità 2016, legge 28 dicembre 2015, n. 208, il Governo ha limitato le risorse finalizzate a garantire l'incentivazione ad un fondo di 15 milioni di euro, utilizzabili attraverso il ricorso al cosiddetto «credito di imposta», da parte delle sole persone fisiche che installano sistemi di videosorveglianza o allarme ovvero stipulano contratti con istituti di vigilanza per la prevenzione di attività criminali; l'individuazione del limite del beneficio utilizzabile da ciascun contribuente è demandato ad un decreto ministeriale;
    non si è potuto dare continuità, dunque, né con la legge di Stabilità 2016, né con il Milleproroghe 2016, alle precedenti incentivazioni per l'acquisto di impianti di videosorveglianza, previste dalla legge di Stabilità 2015, fino al 31 dicembre 2015, sotto forma di detrazione fiscale della misura del 50 per cento della spesa sostenuta, in favore di soggetti diversi dalle persone fisiche;
    appare del tutto evidente l'esigenza, dati i sempre più diffusi fatti di cronaca e in considerazione degli accadimenti che hanno coinvolto il cosiddetto terrorismo internazionale, incrementare gli strumenti a disposizione di cittadini e imprese per fini di sicurezza privata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ampliare la base dei soggetti in grado di godere dei benefici di carattere fiscale, per l'installazione di sistemi di videosorveglianza digitale o allarme, al fine di espandere il campo di azione delle iniziative pubbliche e private finalizzate al contrasto della criminalità e a beneficio della sicurezza della collettività, individuando le ulteriori risorse finanziarie necessarie.
9/3513-A/7Rostan.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge ha la finalità di prorogare o differire termini legislativamente previsti in diverse materie tra cui l'ambiente, segnatamente la gestione dei rifiuti;
    le lettere b) del comma 1 dell'articolo 8 proroga di un anno, ossia fino al 31 dicembre 2016, il termine finale di efficacia del contratto con l'attuale concessionaria del SISTRI;
    la lettera b-bis), inserita nel corso dell'esame in sede referente, stabilisce che, in ogni caso, all'attuale concessionaria del SISTRI sono corrisposti – a titolo di anticipazione delle somme da versare per l'indennizzo dei costi di produzione e salvo conguaglio – 20 milioni di euro (10 milioni per ciascuno degli anni 2015-2016);
   premesso, inoltre, che:
    è noto che la Selex Se.Ma, attuale concessionario del Sistri, ha presentato il 4 agosto u.s. un ricorso al TAR del Lazio contestando che il Ministero, a fronte di un corrispettivo pari a circa 336 milioni di euro, che avrebbe dovuto pagare in cinque anni a partire dalla sottoscrizione del contratto (2009-2014), ha finora corrisposto a Se.Ma «solo» 46,1 milioni di euro (dei quali 21,9 milioni solo a fine dicembre 2014) asserendo sempre di aver dato piena e regolare esecuzione alle proprie obbligazioni contrattuali;
    è avvertita la necessità che il Parlamento sia adeguatamente informato dell'intero susseguirsi di eventi che ha caratterizzato il Sistri sin dalla sua progettazione, a maggior ragione nel momento in cui si stanzino da parte del Governo ulteriori risorse,

impegna il Governo

a trasmettere, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, alle competenti Commissioni parlamentari una relazione illustrativa in ordine alle risorse complessive erogate dallo Stato per il sistema Sistri sin dalla sua progettazione, l'ammontare dei contributi pagati dalle imprese, nonché l'iter della procedura di affidamento in concessione del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti da parte di Consip.
9/3513-A/8Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 7, del decreto-legge 30 dicembre 2015 n. 210 proroga l'entrata in vigore delle disposizioni contenute nell'articolo 26 del decreto-legge n. 66 del 2014 che prevedono la cancellazione dell'obbligo di pubblicazione sui quotidiani per estratto del bando o dell'avviso per l'affidamento dei contratti pubblici nei settori ordinari, sopra e sotto soglia comunitaria, nonché la previsione dell'obbligo di pubblicazione, esclusivamente, in via telematica;
    nel considerando 52 della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del consiglio del 26 febbraio 2014, espressamente si legge che «I mezzi elettronici di informazione e comunicazione possono semplificare notevolmente la pubblicazione degli appalti e accrescere l'efficacia e la trasparenza delle procedure di appalto. Dovrebbero diventare la norma per la comunicazione e lo scambio di informazioni nel corso delle procedure di appalto in quanto aumentano enormemente le possibilità degli operatori economici di partecipare a procedure d'appalto nell'ambito del mercato interno»;
    il medesimo considerando sottolinea, peraltro, che «è opportuno introdurre l'obbligo di trasmissione di bandi e avvisi per via elettronica e l'obbligo di rendere disponibili in forma elettronica i documenti di gara nonché, trascorso un periodo di transizione di trenta mesi, l'obbligo della comunicazione integralmente elettronica, ossia la comunicazione tramite strumenti elettronici, in tutte le fasi della procedura, compresa la trasmissione di richieste di partecipazione e, in particolare, la presentazione (trasmissione per via elettronica) delle offerte»;
   premesso, inoltre, che:
    nelle disposizioni della Direttiva 2014/24/UE non compare uno specifico riferimento all'obbligo di pubblicazione dei bandi e degli avvisi di gara sui quotidiani; l'assenza, all'interno delle norme di matrice comunitaria, di un cenno in ordine alla obbligatorietà della pubblicazione dei bandi e degli avvisi di gara sui giornali di carta deve necessariamente essere interpretato nel senso di voler progressivamente eliminare la citata forma di pubblicità legale in favore di mezzi di diffusione di tipo elettronico,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata al fine di adeguarsi ai principi contenuti nelle Direttive comunitarie e, conseguentemente, a prevedere l'immediata applicazione delle disposizioni in materia di pubblicazione telematica di avvisi e bandi di cui all'articolo 26 del decreto-legge n. 66 del 2014.
9/3513-A/9Mannino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge ha la finalità di prorogare o differire termini legislativamente previsti in diverse materie tra cui l'ambiente, segnatamente la gestione dei rifiuti;
    il comma 2, dell'articolo 8, per le misure urgenti dei valori limite di emissione per gli impianti industriali e di semplificazione di VIA e VAS, dispone «all'articolo 273 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 3, sono aggiunti i seguenti commi: 3-bis. Il termine del 1o gennaio 2016, di cui al comma 3, è prorogato al 1° gennaio 2017 per i grandi impianti di combustione per i quali sono state regolarmente presentate istanze di deroga ai sensi dei commi 4 o 5. Sino alla definitiva pronuncia dell'Autorità competente in merito all'istanza, e comunque non oltre il 1o gennaio 2017, le relative autorizzazioni continuano a costituire titolo all'esercizio a condizione che il gestore rispetti anche le condizioni aggiuntive indicate nelle istanze di deroga»;
   considerato che:
    con il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 46 si da Attuazione alla direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento). Tale norma aggiornata con l'Atto Camera (3153 – «milleproroghe») stabilisce, attraverso l'inserimento nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, all'articolo 273, dei commi 3-bis e 3-ter, la deroga «transitoria» fino al 1o gennaio 2017 su i nuovi e più severi limiti di emissione previsti dalla direttiva 2010/75/UE in alcuni specifici impianti di combustione (Impianti con arco di vita limitato, Impianti di teleriscaldamento, Impianti multicombustibile di raffineria, Impianti che possono ottenere una deroga con riferimento a specifici inquinanti). Rimane, pertanto, questa una condizione non accettabile al fine di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità come ratificati anche dagli accordi di Cop 21 e spingere l'Europa a sanzionare ulteriormente il Governo italiano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di un intervento normativo atto a mitigare gli impatti antropici, conseguenza dalle emissioni degli impianti industriali, al fine di rallentare, ridurre e annullare l'inquinamento delle singole unità produttive e gli effetti «cumulativi» realizzati da inquinamenti di diversa natura.
9/3513-A/10Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Parlamento, con l'articolo 16 della legge 3 maggio 2004, n.112, delegò il Governo al fine di disciplinare in maniera organica e complessiva il settore radio-televisivo attraverso l'adozione di un testo unico; con decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, il Governo adottava il predetto testo unico disciplinando all'articolo 43 le posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni;
    in un contesto storico-politico sempre più fortemente influenzato dallo scontro mediatico e in presenza di una concentrazione di potere mediatico e politico di assoluta preminenza e pericolosità, l'intervento finalizzato a regolare e ridurre la sperequazione esistente fu ripetutamente sollecitato dall'Autorità di garanzia delle comunicazioni, dalla Corte costituzionale così come dalle istituzioni europee e non per ultima da ampi settori della società civile e dell'opinione pubblica;
    con la norma citata, quindi, si dispose il divieto fino al 31 dicembre 2010 per i soggetti che esercitano attività televisiva in ambito nazionale, su qualunque piattaforma, che conseguono ricavi superiori all'8 per cento del SIC (sistema integrato delle comunicazioni), nonché alle imprese del settore delle comunicazioni elettroniche che detengono una quota superiore al 40 per cento dei ricavi di detto settore, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di quotidiani, esclusi i quelli diffusi unicamente in modalità elettronica;
    il termine del divieto indicato originariamente è stato nel corso degli anni prorogato più volte a partire dal 2010: prima al 31 marzo 2011 dal decreto-legge n. 225 del 2010, poi al 31 dicembre 2012 dal decreto-legge n. 34 del 2011, quindi al 31 dicembre 2013 dalla legge di stabilità 2013 (n. 228 del 2012), poi ancora al 31 dicembre 2014 dal decreto-legge n. 150 del 2013 e, infine, al 31 dicembre 2015 dal decreto-legge n. 192 del 2014;
    al pari, il comma 1 dell'articolo 3 del provvedimento in esame, intervenendo sul comma 12 dell'articolo 43 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il cosiddetto divieto di incroci proprietari tv-giornali;
    con il provvedimento in esame si è giunti alla sesta proroga di un divieto che nella sua ratio è più che condivisibile, come del resto ebbe modo di segnalare la stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ma che necessita ormai di un quadro normativo organico e complessivo a garanzia del pluralismo di informazione,

impegna il Governo

ad adottare le dovute iniziative finalizzate alla applicazione di una normativa stabile e definitiva in merito alle posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni e in particolare per quanto concerne gli incroci proprietari tv-giornali, senza ricorrere sistematicamente a proroghe dei relativi termini.
9/3513-A/11Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il 29 novembre 2013 veniva sottoscritto il Contratto di Programma 2012-2014 – Parte Servizi tra Rete ferroviaria italiana spa e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, approvato in via preventiva dal CIPE con delibera n. 22 del 18 marzo 2013 e esaminato dalla IX Commissione Trasporti per il previsto parere il 19 novembre 2013;
    intervenendo sull'articolo 15 comma 1 del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, il provvedimento in esame all'articolo 7 comma 9 proroga per tutto l'anno 2016 la validità del citato CdP-S, prevista a norma dello stesso decreto legislativo al 31 dicembre 2014;

in prima battuta, ai sensi dell'articolo 4 dello stesso Contratto, la validità è stata prorogata per l'anno 2015; il CdP-S 2012-2014 non prevede ad ogni modo la possibilità di prorogare la validità dello stesso oltre il 31 dicembre 2016;
    RFI spa è ad oggi il soggetto gestore della infrastruttura ferroviaria, partecipata al 100 per cento da Ferrovie dello Stato italiane Spa, a sua volta partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze. FSI spa è interessata da una procedura di dismissione delle partecipazioni da parte dello Stato così come disposto dallo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri presentato nel dicembre 2015 alle Camere sul quale le Commissioni parlamentari competenti hanno già espresso parere; ad oggi il piano industriale considerato propedeutico, dai vertici del Gruppo, per l'avvio della procedura di dismissione delle partecipazioni statali verso privati e della quotazione del Gruppo FSI non è stato ancora predisposto,

impegna il Governo:

   a prevedere tempistiche adeguate per la definizione e sottoscrizione dei contratti di programma 2016-2020 al fine di garantire alle Commissioni parlamentari competenti di esaminarne i contenuti prima che si subentri nel periodo di riferimento del contratto stesso;
   a presentare, nelle more dell'esame di cui al precedente impegno, una relazione alle Camere relativa alla procedura di dismissione delle partecipazioni statali contenente il piano industriale citato in premessa al fine di permettere un'adeguata valutazione sulle ricadute della privatizzazione stessa in termini di servizi e in generale delle attività previste dai contratti di programma e, in tal modo, permettere di considerare attentamente l'opportunità di avviare la fase di dismissione successivamente alla stipula dei nuovi contratti di programma 2016-2020.
9/3513-A/12Carinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il 29 novembre 2013 veniva sottoscritto il Contratto di Programma 2012-2014 – Parte Servizi tra Rete ferroviaria italiana spa e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, approvato in via preventiva dal CIPE con delibera n. 22 del 18 marzo 2013 e esaminato dalla IX Commissione Trasporti per il previsto parere il 19 novembre 2013;
    intervenendo sull'articolo 15 comma 1 del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, il provvedimento in esame all'articolo 7 comma 9 proroga per tutto l'anno 2016 la validità del citato CdP-S, prevista a norma dello stesso decreto legislativo al 31 dicembre 2014;
   in prima battuta, ai sensi dell'articolo 4 dello stesso Contratto, la validità è stata prorogata per l'anno 2015; il CdP-S 2012-2014 non prevede ad ogni modo la possibilità di prorogare la validità dello stesso oltre il 31 dicembre 2016;
    RFI spa è ad oggi il soggetto gestore della infrastruttura ferroviaria, partecipata al 100 per cento da Ferrovie dello Stato italiane Spa, a sua volta partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze. FSI spa è interessata da una procedura di dismissione delle partecipazioni da parte dello Stato così come disposto dallo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri presentato nel dicembre 2015 alle Camere sul quale le Commissioni parlamentari competenti hanno già espresso parere; ad oggi il piano industriale considerato propedeutico, dai vertici del Gruppo, per l'avvio della procedura di dismissione delle partecipazioni statali verso privati e della quotazione del Gruppo FSI non è stato ancora predisposto,

impegna il Governo

a presentare, nelle more dell'esame di cui al precedente impegno, una relazione alle Camere relativa alla procedura di dismissione delle partecipazioni statali contenente il piano industriale citato in premessa al fine di permettere un'adeguata valutazione sulle ricadute della privatizzazione stessa in termini di servizi e in generale delle attività previste dai contratti di programma e, in tal modo, permettere di considerare attentamente l'opportunità di avviare la fase di dismissione successivamente alla stipula dei nuovi contratti di programma 2016-2020.
9/3513-A/12. (Testo modificato nel corso della seduta)  Carinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, converto in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 22 maggio 2010, n. 73, all'articolo 2 comma 3 dispone, ai fini della ridefinizione della disciplina riguardante il servizio taxi e quello di noleggio con conducente, disponeva l'adozione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata, di «urgenti disposizioni attuative tese a impedire pratiche di esercizio abusivo» di tali servizi;
    la norma originaria prescriveva il termine perentorio del 25 maggio 2010, ovvero entro sessanta giorni dall'entrata in vigore dello stesso decreto-legge, per l'adozione delle disposizioni attuative definite dallo stesso Governo come «urgenti»;
    dalla data del 25 maggio 2010 il termine è stato modificato, differito e poi prorogato, ben nove volte nel corso degli ultimi sei anni: al 31 dicembre 2010 con decreto-legge n. 78 del 2010, al 31 marzo 2011 con decreto-legge n. 225 del 2010, al 31 dicembre 2011 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 marzo 2011, al 30 giugno 2012 con decreto-legge n. 216 del 2012, e poi ancora al 31 dicembre 2012, con decreto-legge n. 83 del 2012, al 30 giugno 2013 con legge di Stabilità 2013 (n. 228 del 2012), quindi al 31 dicembre 2013 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 giugno 2013, quindi al 31 dicembre 2014 con decreto-legge n. 150 del 2013, e infine al 31 dicembre 2015 con decreto-legge n. 192 del 2014; il principio di urgenza richiamato nel testo di legge per contrastare l'abusivismo in servizi di trasporto al pubblico come quello taxi e di noleggio con conducente è stato evidentemente disatteso con ripercussioni rilevanti in termini di qualità del servizio offerto, di tutela dei diritti degli utenti e degli operatori, nonché in termini di sicurezza;
    il provvedimento in esame all'articolo 7 comma 5 introduce una ulteriore proroga, la decima, del termine entro cui adottare il decreto attuativo per contrastare l'esercizio abusivo del servizio taxi e di noleggio con conducente, destinando il settore a soffrire ancora i disagi e le criticità rilevate finora a fronte di un sempre più importante sviluppo di servizi e offerte innovativi e attualmente non regolamentati,

impegna il Governo:

   a relazionare, entro il nuovo termine di cui all'articolo 7 comma 5 del provvedimento in esame, alle Commissioni parlamentari competenti sulla condizione in cui versa il settore dell'autotrasporto di persone non di linea in ambito nazionale e nelle diverse realtà regionali, comprendendo nella stessa relazione i dati rilevati riguardanti le nuove fattispecie di servizi di trasporto;
   ad adottare, anche sulla scorta di quanto rilevato al precedente impegno, le dovute iniziative al fine di definire un quadro regolatorio dell'autotrasporto di persone non di linea, ivi compresi i servizi relativi alla cosiddetta sharing economy, che tuteli adeguatamente i diritti degli utenti, degli operatori e della libera concorrenza.
9/3513-A/13Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, converto in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 22 maggio 2010, n. 73, all'articolo 2 comma 3 dispone, ai fini della ridefinizione della disciplina riguardante il servizio taxi e quello di noleggio con conducente, disponeva l'adozione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata, di «urgenti disposizioni attuative tese a impedire pratiche di esercizio abusivo» di tali servizi;
    la norma originaria prescriveva il termine perentorio del 25 maggio 2010, ovvero entro sessanta giorni dall'entrata in vigore dello stesso decreto-legge, per l'adozione delle disposizioni attuative definite dallo stesso Governo come «urgenti»;
    dalla data del 25 maggio 2010 il termine è stato modificato, differito e poi prorogato, ben nove volte nel corso degli ultimi sei anni: al 31 dicembre 2010 con decreto-legge n. 78 del 2010, al 31 marzo 2011 con decreto-legge n. 225 del 2010, al 31 dicembre 2011 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 marzo 2011, al 30 giugno 2012 con decreto-legge n. 216 del 2012, e poi ancora al 31 dicembre 2012, con decreto-legge n. 83 del 2012, al 30 giugno 2013 con legge di Stabilità 2013 (n. 228 del 2012), quindi al 31 dicembre 2013 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 giugno 2013, quindi al 31 dicembre 2014 con decreto-legge n. 150 del 2013, e infine al 31 dicembre 2015 con decreto-legge n. 192 del 2014; il principio di urgenza richiamato nel testo di legge per contrastare l'abusivismo in servizi di trasporto al pubblico come quello taxi e di noleggio con conducente è stato evidentemente disatteso con ripercussioni rilevanti in termini di qualità del servizio offerto, di tutela dei diritti degli utenti e degli operatori, nonché in termini di sicurezza;
    il provvedimento in esame all'articolo 7 comma 5 introduce una ulteriore proroga, la decima, del termine entro cui adottare il decreto attuativo per contrastare l'esercizio abusivo del servizio taxi e di noleggio con conducente, destinando il settore a soffrire ancora i disagi e le criticità rilevate finora a fronte di un sempre più importante sviluppo di servizi e offerte innovativi e attualmente non regolamentati,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di relazionare, entro il nuovo termine di cui all'articolo 7 comma 5 del provvedimento in esame, alle Commissioni parlamentari competenti sulla condizione in cui versa il settore dell'autotrasporto di persone non di linea in ambito nazionale e nelle diverse realtà regionali, comprendendo nella stessa relazione i dati rilevati riguardanti le nuove fattispecie di servizi di trasporto;
   a valutare l'opportunità di adottare, anche sulla scorta di quanto rilevato al precedente impegno, le dovute iniziative al fine di definire un quadro regolatorio dell'autotrasporto di persone non di linea, ivi compresi i servizi relativi alla cosiddetta sharing economy, che tuteli adeguatamente i diritti degli utenti, degli operatori e della libera concorrenza.
9/3513-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta)  Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento all'esame dispone la proroga di termini relativi alle pubbliche amministrazioni;
    la legge 13 luglio 2015, n. 107 , cosiddetta «Buona Scuola» ha fissato il limite di 36 mesi per i contratti di docenti e personale Ata – per la copertura di posti vacanti e disponibili a partire dal 1o settembre 2016 e non dall'entrata in vigore delle legge medesima;
    il comma 131 dell'articolo 1 della legge, infatti, dispone che «A partire dal 1o settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo e ATA presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di 36 mesi, anche non continuativi»;
    si tratta di una formulazione che risponde alle sollecitazioni della sentenza della Corte di giustizia europea che fissa il termine massimo oltre il quale si parlerebbe di abuso di precariato ma si tratta di una formulazione che potrà funzionare solo se effettivamente ogni 3 anni verranno banditi i concorsi,

impegna il Governo

ad adottare iniziative anche di tipo normativo volte a far coincidere il divieto di durata oltre i 36 mesi per i contratti a tempo determinato con l'avvio delle nuove procedure concorsuali, bandite secondo le procedure che saranno definite con l'esercizio della delega prevista dal comma 181, lettera b) dell'articolo 1 della legge 107 del 2015.
9/3513-A/14Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento all'esame dispone la proroga di termini relativi alle pubbliche amministrazioni;
    la legge 13 luglio 2015, n. 107 , cosiddetta «Buona Scuola» ha fissato il limite di 36 mesi per i contratti di docenti e personale Ata – per la copertura di posti vacanti e disponibili a partire dal 1o settembre 2016 e non dall'entrata in vigore delle legge medesima;
    il comma 131 dell'articolo 1 della legge, infatti, dispone che «A partire dal 1o settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo e ATA presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di 36 mesi, anche non continuativi»;
    si tratta di una formulazione che risponde alle sollecitazioni della sentenza della Corte di giustizia europea che fissa il termine massimo oltre il quale si parlerebbe di abuso di precariato ma si tratta di una formulazione che potrà funzionare solo se effettivamente ogni 3 anni verranno banditi i concorsi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative anche di tipo normativo volte a far coincidere il divieto di durata oltre i 36 mesi per i contratti a tempo determinato con l'avvio delle nuove procedure concorsuali, bandite secondo le procedure che saranno definite con l'esercizio della delega prevista dal comma 181, lettera b) dell'articolo 1 della legge 107 del 2015.
9/3513-A/14. (Testo modificato nel corso della seduta)  Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento all'esame dispone la proroga di termini relativi alle pubbliche amministrazioni;
    il comma 79 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107 prevede che dall'anno scolastico 2016/17 per la copertura dei posti dell'istituzione scolastica, il dirigente scolastico propone gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all'ambito territoriale di riferimento, prioritariamente sui posti comuni e di sostegno, vacanti e disponibili,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte a differire il meccanismo di cui al comma 79.
9/3513-A/15Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210 ha lo scopo di prorogare dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il divieto di incroci proprietari, che impedisce ai soggetti che esercitano l'attività televisiva, che conseguono ricavi superiori all'8 per cento del sistema integrato delle comunicazioni, e alle imprese del settore delle comunicazioni elettroniche che detengono una quota superiore al 40 per cento dei ricavi di detto settore, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di quotidiani;
    tale proroga ha lo scopo di garantire la concorrenza e il pluralismo nell'ambito del cosiddetto sistema integrato delle comunicazioni, impedendo, tra l'altro, l'acquisizione di società editrici di quotidiani esistenti o la costituzione di nuove società editrici di quotidiani attraverso lo sfruttamento di soggetti già detentori di rilevanti quote di partecipazione in società dello stesso settore;
    la garanzia concessa a carico dello Stato a favore delle imprese editrici di quotidiani o periodici organi di movimenti politici o periodici che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi o giornali di forze politiche che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o nel Parlamento europeo avendo almeno un rappresentante in un ramo del Parlamento italiano, anche dopo gli interventi normativi che vi hanno inciso, ha rappresentato una indebita fonte di distorsione della concorrenza nel mercato dell'editoria dei quotidiani;
    il Governo, al fine di evitare che l'escussione della garanzia summenzionata fosse posta a carico della finanza pubblica in un caso recente, che ha coinvolto una società direttamente legata al partito di maggioranza relativa che sostiene il Governo stesso, si è ufficialmente impegnato «ad accertare la consistenza del patrimonio immobiliare facente capo al DS [...] anche al fine di valutare se sia ancora possibile esercitare, in via cautelativa, azioni revocatorie di tale patrimonio immobiliare nell'interesse dell'amministrazione, a conservazione dell'azione di regresso», come risulta dal resoconto stenografico della seduta n. 433 di venerdì 22 maggio 2015 della Camera dei deputati;
    che tale intervento potrebbe non essere sufficiente a ripristinare la situazione gravemente distorsiva della concorrenza nel mercato dell'editoria dei quotidiani determinatasi a favore delle surrichiamate società editrici di quotidiani o periodici organi di movimenti politici o periodici e, quindi, a danno delle società editrici che operano sul libero mercato in assenza di tale garanzia,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, eventualmente anche legislativa, volta, coerentemente con le finalità di tutela della concorrenza nel sistema integrato delle comunicazioni di cui all'articolo 3 del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, a verificare lo stato dell'impegno già assunto dal Governo di cui alla premessa, la sussistenza di situazioni analoghe relativamente ad altre società con garanzie gravanti sullo Stato e a sanare la situazione, a tutela della concorrenza nel mercato dell'editoria dei quotidiani.
9/3513-A/16Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento ospita proroghe che, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, possono essere chiamate «inerziali» o «evergreen», quale è il caso delle contabilità speciali intestate ai prefetti, per l'istituzione delle «nuove» province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta – Andria – Trani, di cui alle leggi 11 giugno 2004, nn. 146, 147 e 148, da ultimo prorogate dall'articolo 4, comma 5 del decreto-legge in esame;
    rinnovo incessante delle contabilità speciali e dei relativi fondi dei quali, ad un anno dalla precedente proroga, a ben nove anni dal termine originario, non vi è contezza riguardo alla loro entità e al loro utilizzo,

impegna il Governo

ad illustrare alle Camere, entro il mese di giugno dell'anno in corso, presso le competenti Commissioni parlamentari, in ordine all'utilizzo delle risorse di cui alle suddette contabilità speciali e ai pagamenti ai quali, con esse, si è adempiuto.
9/3513-A/17D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 5, del provvedimento in esame proroga nuovamente, anche per l'anno in corso, le posizioni di comando o fuori ruolo presso gli organi costituzionali, gli uffici di diretta collaborazione dei ministri e la Presidenza del Consiglio dei ministri del personale dei vigili del fuoco, compresi i dirigenti, anche in deroga al limite numerico vigente; personale che, in base ad una ulteriore norma di deroga, continua ad essere remunerato dall'amministrazione di appartenenza, vale a dire il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    la relazione illustrativa del Governo dichiara apoditticamente che la proroga per il 2016, al pari di quelle più recenti, del 2014 e del 2015, è originata dalla «proficua, utile e positiva collaborazione tra amministrazioni ormai sperimentata»; tuttavia si tratterebbe dell'ennesima proroga, in spregio al criterio della temporaneità e dell'eccezionalità, dato che in origine il termine era stato fissato al 31 dicembre 2011;
    è il quinto anno consecutivo che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco risulta privato di personale continuando a mantenerne i costi, questione che, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo risulta quanto meno contraddittoria, rispetto alle carenze più volte segnalate,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza e ferme restando le prerogative e l'iniziativa parlamentare, nuove misure, anche legislative, al fine di applicare alle posizioni di comando e fuori ruolo del personale del Corpo dei vigili del fuoco la normativa generale, nel rispetto del limite massimo di personale comandato e dei connessi costi.
9/3513-A/18Cozzolino.


   La Camera,
   premesso che:
    i primi commi dell'articolo 1 introducono proroghe, nuove disposizioni e trasferimenti di risorse con il fine di consentire assunzioni nei diversi comparti delle amministrazioni pubbliche;
    ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 101 del 2013, è stata disposta la proroga al 31 dicembre 2016 dell'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti all'epoca della data di entrata in vigore del suddetto decreto-legge, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni;
    il medesimo decreto-legge ha disposto altresì una procedura di stabilizzazione dei lavoratori titolari di rapporti flessibili con le pubbliche amministrazioni, che risultano in proroga fino al 2018;
    ciò crea una ingiustificata disparità di trattamento, ma, in particolare risultano di ulteriore aggravio le limitazioni al blocco del turn over disposte dalla Legge di stabilità per il 2016,

impegna il Governo

ad adottare nuove misure, anche legislative, finalizzate alla proroga dell'efficacia delle graduatorie di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 101 del 2013, fino al 2018.
9/3513-A/19Dieni.


   La Camera,
   premesso che:
    i primi commi dell'articolo 1 introducono proroghe, nuove disposizioni e trasferimenti di risorse con il fine di consentire assunzioni nei diversi comparti delle amministrazioni pubbliche;
    ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 101 del 2013, è stata disposta la proroga al 31 dicembre 2016 dell'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti all'epoca della data di entrata in vigore del suddetto decreto-legge, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni;
    il medesimo decreto-legge ha disposto altresì una procedura di stabilizzazione dei lavoratori titolari di rapporti flessibili con le pubbliche amministrazioni, che risultano in proroga fino al 2018;
    ciò crea una ingiustificata disparità di trattamento, ma, in particolare risultano di ulteriore aggravio le limitazioni al blocco del turn over disposte dalla Legge di stabilità per il 2016,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare nuove misure, anche legislative, finalizzate alla proroga dell'efficacia delle graduatorie di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 101 del 2013, fino al 2018.
9/3513-A/19. (Testo modificato nel corso della seduta)  Dieni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 4, differisce al 31 dicembre 2016 i termini per la gestione obbligatoria in forma associata delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni, dilatando di un altro anno tappe e funzioni;
    è la stessa relazione illustrativa a definire il differimento «necessario in considerazione di alcune criticità sistemiche emerse in sede di prima applicazione» – si segnala che la norma istitutiva del precetto, con riguardo all'esercizio associato obbligatorio, tramite unione, di determinate funzioni, risale al 2010 ed è stato via via prorogato, da ultimo dal presente provvedimento;
    è sempre la relazione introduttiva a riconoscere il mancato «ritorno» degli annunciati benefici e dei risparmi dall'esercizio associato delle funzioni da parte dei piccoli comuni, individuati nel risparmio di costi e razionalizzazione amministrativa – tale aspetto è stato segnalato anche dalla Corte dei conti;
    allo scrivente appare inscindibile, nonché propedeutica, dall'eventuale processo associativo, la definizione dei cosiddetti «costi standard», indicando per quest'ultima, perennemente «in via di ultimazione» e prorogata incessantemente, una data certa,

impegna il Governo

a procedere entro i prossimi tre mesi, attraverso un confronto diretto con gli enti interessati, alla definizione dei costi standard, in un'ottica che privilegi la razionalizzazione della spesa, il miglioramento dei servizi e tenga conto preminentemente della quantità e della qualità dei servizi offerti, verificando altresì la fattibilità di altre fattispecie associative, alternative alle unioni.
9/3513-A/20Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 4, differisce al 31 dicembre 2016 i termini per la gestione obbligatoria in forma associata delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni, dilatando di un altro anno tappe e funzioni;
    è la stessa relazione illustrativa a definire il differimento «necessario in considerazione di alcune criticità sistemiche emerse in sede di prima applicazione» – si segnala che la norma istitutiva del precetto, con riguardo all'esercizio associato obbligatorio, tramite unione, di determinate funzioni, risale al 2010 ed è stato via via prorogato, da ultimo dal presente provvedimento;
    è sempre la relazione introduttiva a riconoscere il mancato «ritorno» degli annunciati benefici e dei risparmi dall'esercizio associato delle funzioni da parte dei piccoli comuni, individuati nel risparmio di costi e razionalizzazione amministrativa – tale aspetto è stato segnalato anche dalla Corte dei conti;
    allo scrivente appare inscindibile, nonché propedeutica, dall'eventuale processo associativo, la definizione dei cosiddetti «costi standard», indicando per quest'ultima, perennemente «in via di ultimazione» e prorogata incessantemente, una data certa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere entro i prossimi tre mesi, attraverso un confronto diretto con gli enti interessati, alla definizione dei costi standard, in un'ottica che privilegi la razionalizzazione della spesa, il miglioramento dei servizi e tenga conto preminentemente della quantità e della qualità dei servizi offerti, verificando altresì la fattibilità di altre fattispecie associative, alternative alle unioni.
9/3513-A/20. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 511 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 258 disciplina il riequilibrio, anche con riferimento ai contratti in corso, dei contratti pubblici relativi a servizi e forniture ad esecuzione continuata o periodica stipulati da un soggetto aggregatore, per l'adesione dei singoli soggetti contraenti;
    la disposizione in esame, si applica ai contratti ivi indicati, in cui la clausola di revisione e adeguamento dei prezzi sia collegata o indicizzata al valore di beni indifferenziati, qualora si sia verificata una variazione nel valore dei predetti beni che abbia determinato una variazione del prezzo complessivo in misura non inferiore al 10 per cento e tale da alterare significativamente l'originario equilibrio contrattuale. Viene inoltre stabilito che la citata condizione sia accertata dall'autorità indipendente di regolazione del settore relativo allo specifico contratto o, in mancanza, dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
    l'applicazione di tale disposizione ne beneficia un'unica società la Gala s.p.a. la quale con lettera del 31 dicembre 2015 ha presentato istanza, affinché l'Autorità proceda ad accertare se vi sia stata una riduzione, dovuta al drastico calo delle quotazioni del Brent, del prezzo complessivo delle forniture retail prestate oltre la soglia del 10 per cento; se tale riduzione del prezzo abbia alterato l'equilibrio contrattuale originario; con la medesima lettera, Gala ha, altresì, richiesto all'Autorità di fornire indicazioni utili per il ripristino dell'equilibrio contrattuale;
    si rileva che non si possono stravolgere le regole del mercato, il rischio d'impresa non può essere cancellato a posteriori, soprattutto quando si tratta di aumentare i costi che gravano sulla pubblica amministrazione, e quindi sui cittadini, per favorire una singola impresa che ha evidentemente giocato troppo d'azzardo;
    il gruppo M5S aveva presentato emendamento in Commissione per differire il termine di applicazione della norma suddetta ovviamente non è stato accolto,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di differire l'applicazione della norma di cui al comma 511 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015 n. 258.
9/3513-A/21Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 149 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015 n. 258 (Legge di stabilità 2016) dispone che per assicurare il contributo al conseguimento degli obiettivi nazionali 2020 in materia di fonti rinnovabili, alla produzione di energia elettrica di impianti alimentati da biomasse, biogas e bioliquidi sostenibili, che hanno cessato al 1o gennaio 2016 o cessano entro il 31 dicembre 2016 di beneficiare di incentivi sull'energia prodotta, in alternativa all'integrazione dei ricavi prevista dall'articolo 24, comma 8 del decreto legislativo n. 28 del 2011 a favore degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili eserciti in assenza di incentivi, è concesso un diritto a fruire fino al 31 dicembre 2020 di un incentivo all'energia prodotta;
    l'incentivo è pari all'80 per cento di quello riconosciuto dal decreto ministeriale 6 luglio 2012 agli impianti di nuova costruzione e di pari potenza. Tale misura potrebbe costare da 230 a 300 milioni di euro all'anno;
    i relatori avevano presentato in sede di discussione del provvedimento in esame un emendamento che prorogava l'incentivo suddetto al 31 dicembre 2021 ma opportunamente ritirato,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di abbreviare invece di prorogare il termine di cui al comma 149 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015 n. 258.
9/3513-A/22Da Villa, Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 2, il comma 2-ter, introdotto in sede referente, fa riferimento alla legge sulla disciplina dell'ordinamento forense. Il comma insiste sulla disciplina dei requisiti di iscrizione, per gli avvocati, all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, laddove la legge prevede che possono comunque essere iscritti coloro che abbiano maturato i requisiti ai sensi della previgente normativa nei tre anni precedenti, la nuova norma estende a quattro anni tale scadenza,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa, in materia di formazione continua degli avvocati così come attuata dai successivi regolamenti, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a renderla più flessibile e meno gravosa per il professionista, offrendo, da un lato, la possibilità di conseguire i crediti richiesti anche frequentando dei corsi di formazione on line per una percentuale maggiore rispetto alla attuale previsione e, dall'altro, andando a ridurre il numero complessivo dei crediti formativi richiesti.
9/3513-A/23Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 2, il comma 2-bis – introdotto nel corso dell'esame dalle Commissioni riunite – proroga di due anni (dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2018) il temporaneo ripristino, previsto dall'articolo 10 del decreto legislativo n. 14 del 2014, delle sezioni distaccate insulari di tribunale ad Ischia, Lipari e Portoferraio (Isola d'Elba). Viene, di conseguenza fissato al 1o gennaio 2019 il termine da cui cessa l'efficacia della disciplina provvisoria sul ripristino delle sezioni insulari;
    considerato che vi sono sedi giudiziarie meritevoli, per ragioni strutturali, di vedersi prorogate nella propria efficacia, come, ad esempio, i tribunali abruzzesi coinvolti in apposite deroghe della riforma della geografia giudiziaria in ragione degli eventi sismici che hanno interessato la regione,

impegna il Governo

a prevedere un'ulteriore, congrua, proroga al termine stabilito per legge per l'accorpamento dei tribunali di Avezzano e Sulmona presso la sede giudiziaria de L'Aquila, in ragione della mancata realizzazione di quest'ultima.
9/3513-A/24Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 1, proroga al 1o luglio 2016 l'entrata in vigore della obbligatorietà della firma digitale nel processo amministrativo;
    da tale data sarà pertanto obbligatorio, nel processo amministrativo, sottoscrivere con firma digitale tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti;
    quella introdotta dal Governo è la terza proroga del termine di avvio della nuova disciplina, che appare così non entrare mai in vigore con evidenti ricadute per la speditezza e l'economicità del processo amministrativo;
    al medesimo articolo, il comma 2 – in vista della graduale introduzione del processo amministrativo telematico – interviene sulle norme di attuazione del Codice del processo amministrativo per prevedere una fase di sperimentazione della nuova disciplina (fino al 30 giugno 2016) presso i TAR e il Consiglio di Stato,

impegna il Governo

a non prevedere ulteriori proroghe, ulteriori rispetto a quelle indicate in premessa, nell'ambito dell'implementazione del processo digitale amministrativo.
9/3513-A/25Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 11, sancisce che nelle zone dell'Emilia-Romagna e del Veneto colpite dal sisma del 20 maggio e del 29 maggio 2012, vi sia un'ulteriore proroga del termine per l'entrata in esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili per l'accesso alle incentivazioni per la produzione di energia (previsto dall'articolo 8, comma 7, del decreto-legge n. 74 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2012);
    nonché, il comma 3-quater, inserito nel corso dell'esame in sede referente, proroga di un anno dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016, il termine entro il quale i soggetti colpiti dal sisma del maggio 2012 e da altre calamità in Emilia-Romagna e Veneto, che siano titolari di mutui ipotecari o chirografari relativi a edifici distrutti, inagibili o inabitabili, anche parzialmente, o ad attività economiche svolte nei medesimi edifici, ottengono, a domanda, una sospensione delle rate dei medesimi mutui in essere con banche o intermediari finanziari, optando tra la sospensione dell'intera rata e quella della sola quota capitale, senza oneri aggiuntivi per il mutuatario;
    considerato che, vi sono anche altri interventi riguardanti il medesimo evento calamitoso, per i quali necessiterebbe una proroga idonea a consentire l'opportuna tutela dell'attività economica in tali aree, tra tutte la restituzione dilazionata dei prestiti ottenuti dalle imprese delle aree terremotate per pagamento delle tasse,

impegna il Governo

a provvedere, nel primo provvedimento normativo utile, a dilazionare ulteriormente, a carico delle imprese dei territori di cui nelle premesse, la data di inizio della restituzione del prestito ottenuto ai fini del pagamento delle tasse.
9/3513-A/26Ferraresi, Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure adottate con il decreto in corso di conversione contiene disposizioni in materia di riscossione locale: è il caso della disposizione, di cui al comma 1 dell'articolo 10, che differisce al 30 giugno 2016 il termine di affidamento ad Equitalia dell'attività di riscossione da parte di comuni e società partecipate;
    proprio in materia di riscossione, sarebbero auspicabili misure volte a prorogare la vigenza di quelle disposizioni a carattere eccezionale, introdotte per agevolare il pagamento dei carichi di ruolo da parte dei contribuenti: tra queste si rammentano le disposizioni in materia di definizione agevolata dei ruoli di cui al comma 618 dell'articolo 1 della legge 147 del 2013 nonché in materia di riapertura della rateazione di cui all'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n. 159 del 2015;
    si evidenzia invero che oltre il 60 per cento delle somme iscritte a ruolo viene attualmente riscosso da Equitalia attraverso le procedure di rateazione, che si rivelano pertanto più efficaci e meno onerose delle esecuzioni forzate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre misure volte a prevedere il pagamento agevolato, quantomeno per i carichi di ruolo di minor valore, delle somme iscritte in ruoli emessi da uffici statali, agenzie fiscali, regioni, province e comuni, compresi gli avvisi esecutivi emessi dalle agenzie fiscali, e affidati in riscossione, ammettendo il pagamento senza interessi da ritardato pagamento e interessi moratori ovvero con riduzione o esclusione degli oneri di riscossione applicati.
9/3513-A/27Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 10 contiene l'ennesima proroga dal 31 dicembre 2015 al 30 giugno 2016 del termine entro il quale la società Equitalia avrebbe dovuto cessare di fornire il proprio servizio di accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi locali dei comuni e delle società partecipate;
    la suddetta proroga risulterebbe necessaria per i comuni, che non hanno ancora provveduto a rendere operativo un proprio sistema ovvero a stipulare accordi e convenzioni con altri concessionari;
    l'inefficienza degli amministratori locali, che non hanno adempiuto, ricade sui cittadini del territorio, in quanto il servizio di riscossione di Equitalia è oneroso e in molti casi, come riportato dalle cronache giornalistiche, provoca gravi disagi ai contribuenti;
   considerato che:
    il primo termine fissato per la cessazione del servizio di Equitalia per i comuni era stato fissato al 1o gennaio 2012 dal decreto-legge n. 70 del 2011;
    successivamente il termine è stato prorogato altre sei volte, fino al 31 dicembre 2015 e la necessità di una ulteriore proroga della norma ora in esame evidenzia inadempienza grave degli amministratori locali interessati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sanzionare i sindaci, i presidenti e i componenti della giunta comunale dei comuni, che non provvederanno entro l'ulteriore proroga concessa ad attivare il proprio servizio di riscossione, mediante la non corresponsione dell'indennità di funzione e i gettoni di presenza per l'anno finanziario 2016.
9/3513-A/28Pesco.


   La Camera,
   premesso che:
    la sentenza della Corte costituzionale n. 216/2015, ha dichiarato illegittimo quanto disposto dal decreto-legge 201 del 2011 in merito all'anticipazione dal 28 febbraio 2012 al 6 dicembre 2011 del termine ultimo per la conversione delle lire;
    come si evince da quanto indicato da Banca di Italia: «Dal 22 gennaio 2016, chi è in grado di documentare di aver richiesto di convertire lire tra il 6 dicembre 2011 e il 28 febbraio 2012, specificandone l'importo, può eseguire la conversione presso una delle filiali della Banca d'Italia che svolgono il servizio di Tesoreria dello Stato, vale a dire: Agrigento, Ancona, Aosta, Bari, Bologna, Bolzano, Brescia, Cagliari, Campobasso, Catania, Catanzaro, Firenze, Forlì, Genova, L'Aquila, Lecce, Livorno, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Pescara, Potenza, Reggio Calabria, Roma Succursale, Salerno, Sassari, Torino, Trento, Trieste, Venezia, Verona»,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative necessarie per estendere anche a coloro che non abbiano effettuato la richiesta di convertire lire tra il 6 dicembre 2011 e il 28 febbraio 2012, ovvero che non possano provarla, la possibilità di convertire le lire in euro.
9/3513-A/29Castelli.


   La Camera,
   premesso che:
    al comma 1 dell'articolo 10 del decreto in corso di conversione differisce al 30 giugno 2016 il termine di affidamento ad Equitalia dell'attività di riscossione da parte di comuni e società partecipate;
    la disposizione dispone dunque l'ennesima proroga in materia di affidamento ad Equitalia della riscossione locale, a discapito dei contribuenti che continueranno ad essere sottoposti a procedure di accertamento e riscossione complesse e più onerose rispetto a quelle che in alternativa potrebbero applicarsi attraverso l'istituzione di un servizio interno di riscossione;
    non si prevede inoltre alcuna sanzione per la mancata ottemperanza alla disposizione, lasciando pertanto aperta la porta ad ulteriori proroghe del termine,

impegna il Governo

a prevedere che, decorso inutilmente il termine di affidamento ad Equitalia dell'attività di riscossione da parte di comuni e società partecipate, da ultimo prorogato al 30 giugno 2016 con il decreto in corso di conversione, i costi del servizio di riscossione siano posti interamente a carico dei comuni e delle società da essi partecipate.
9/3513-A/30Pisano.


   La Camera,
   premesso che:
    al comma 1 dell'articolo 10 del decreto in corso di conversione differisce al 30 giugno 2016 il termine di affidamento ad Equitalia dell'attività di riscossione da parte di comuni e società partecipate;
    la disposizione dispone dunque l'ennesima proroga in materia di affidamento ad Equitalia della riscossione locale, a discapito dei contribuenti che continueranno ad essere sottoposti a procedure di accertamento e riscossione complesse e più onerose rispetto a quelle che in alternativa potrebbero applicarsi attraverso l'istituzione di un servizio interno di riscossione;
    inoltre, la norma che si va a prorogare (articolo 10, comma 2-ter, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64), prevede espressamente che l'attività di riscossione debba essere tolta ad Equitalia per essere affidata ad un Consorzio che però deve avvalersi delle società dello stesso Gruppo Equitalia per le attività di supporto all'esercizio delle funzioni relative alla riscossione. In pratica, si revoca l'affidamento della riscossione ad Equitalia da parte dei singoli comuni per poi essere nuovamente attribuito alla stessa per il tramite del Consorzio,

impegna il Governo

a modificare disposizione che prevede la cessazione dell'affidamento della riscossione ad Equitalia eliminando l'obbligo per il Consorzio, che i Comuni potranno costituire ai fini delle nuove procedure di riscossione, di ricorrere alla stessa Equitalia per le attività di supporto all'esercizio delle funzioni relative alla riscossione.
9/3513-A/31Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure adottate con il decreto in corso di conversione contiene disposizioni in materia di riscossione locale: è il caso della disposizione, di cui al comma 1 dell'articolo 10, che differisce al 30 giugno 2016 il termine di affidamento ad Equitalia dell'attività di riscossione da parte di comuni e società partecipate;
    proprio in materia di riscossione, sarebbero auspicabili misure volte a prorogare la vigenza di quelle disposizioni a carattere eccezionale, introdotte per agevolare il pagamento dei carichi di ruolo da parte dei contribuenti: tra queste si rammentano le disposizioni in materia di definizione agevolata dei ruoli di cui al comma 618 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 nonché in materia di riapertura della rateazione di cui all'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n. 159 del 2015;
    si evidenzia invero che oltre il 60 per cento delle somme iscritte a ruolo viene attualmente riscosso da Equitalia attraverso le procedure di rateazione, che si rivelano pertanto più efficaci e meno onerose delle esecuzioni forzate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare i termini per accedere nuovamente alla rateazione ai sensi dell'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo 24 settembre 2015 n. 159, che ha previsto, per le somme iscritte a ruolo oggetto di piani di rateazione concessi dagli agenti della riscossione e decaduti alla data di entrata in vigore della legge, la possibilità di essere riammessi alla rateazione fino a un massimo di 72 rate mensili.
9/3513-A/32Ruocco.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure adottate con il decreto in corso di conversione contiene disposizioni in materia di riscossione locale: è il caso della disposizione, di cui al comma 1 dell'articolo 10, che differisce al 30 giugno 2016 il termine di affidamento ad Equitalia dell'attività di riscossione da parte di comuni e società partecipate;
    proprio in materia di riscossione, sarebbero auspicabili misure volte a prorogare la vigenza di quelle disposizioni a carattere eccezionale, introdotte per agevolare il pagamento dei carichi di ruolo da parte dei contribuenti: tra queste si rammentano le disposizioni in materia di definizione agevolata dei ruoli di cui al comma 618 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 nonché in materia di riapertura della rateazione di cui all'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n. 159 del 2015;
    si evidenzia invero che oltre il 60 per cento delle somme iscritte a ruolo viene attualmente riscosso da Equitalia attraverso le procedure di rateazione, che si rivelano pertanto più efficaci e meno onerose delle esecuzioni forzate;
    al riguardo si evidenzia che l'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo 24 settembre 2015 n. 159, ha previsto, per le somme iscritte a ruolo oggetto di piani di rateazione concessi dagli agenti della riscossione e decaduti alla data di entrata in vigore della legge, la possibilità di essere riammessi nuovamente alla rateazione fino a un massimo di 72 rate mensili;
    tuttavia, l'efficacia e l'utilità di tale disposizione viene di fatto limitata dalla prassi applicativa di Equitalia che nega la concessione della rateazione in presenza di procedure esecutive pendenti nei confronti del contribuente richiedente,

impegna il Governo

a prevedere espressamente che la concessione della rateazione ai sensi dell'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo 24 settembre 2015 n. 159, e in generale la rateazione anche al di fuori dell'ambito applicativo della detta disposizione, possa essere concessa anche in presenza di procedure esecutive pendenti, quantomeno nei casi in cui il concessionario rappresenti l'unico creditore procedente nei confronti del contribuente.
9/3513-A/33Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure adottate con il decreto in corso di conversione contiene disposizioni in materia di riscossione locale: è il caso della disposizione, di cui al comma 1 dell'articolo 10, che differisce al 30 giugno 2016 il termine di affidamento ad Equitalia dell'attività di riscossione da parte di comuni e società partecipate;
    proprio in materia di riscossione, sarebbero auspicabili misure volte a prorogare la vigenza di quelle disposizioni a carattere eccezionale, introdotte per agevolare il pagamento dei carichi di ruolo da parte dei contribuenti: tra queste si rammentano le disposizioni in materia di definizione agevolata dei ruoli di cui al comma 618 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 nonché in materia di riapertura della rateazione di cui all'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n. 159 del 2015;
    si evidenzia invero che oltre il 60 per cento delle somme iscritte a ruolo viene attualmente riscosso da Equitalia attraverso le procedure di rateazione, che si rivelano pertanto più efficaci e meno onerose delle esecuzioni forzate;
    al riguardo si evidenzia che l'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo 24 settembre 2015 n. 159, ha previsto, per le somme iscritte a ruolo oggetto di piani di rateazione concessi dagli agenti della riscossione e decaduti alla data di entrata in vigore della legge, la possibilità di essere riammessi nuovamente alla rateazione fino a un massimo di 72 rate mensili;
    tuttavia, l'efficacia e l'utilità di tale disposizione viene di fatto limitata dalla prassi applicativa di Equitalia che nega la concessione della rateazione in presenza di procedure esecutive pendenti nei confronti del contribuente richiedente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere espressamente che la concessione della rateazione ai sensi dell'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo 24 settembre 2015 n. 159, e in generale la rateazione anche al di fuori dell'ambito applicativo della detta disposizione, possa essere concessa anche in presenza di procedure esecutive pendenti, quantomeno nei casi in cui il concessionario rappresenti l'unico creditore procedente nei confronti del contribuente.
9/3513-A/33. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, in attuazione della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Le disposizioni contenute nel Titolo IV, Capo IV, Sezione III, del medesimo decreto legislativo sono dedicate all'istituto del bail-in ovverosia alla procedura di compensazione tra le perdite della banca ed azioni e altri strumenti finanziari posseduti da investitori e risparmiatori della stessa banca. La disciplina sul bail-in – ai sensi dell'articolo 106, comma 2, del medesimo decreto legislativo – è entrata in vigore a decorrere dal 1o gennaio 2016;
    in sede di audizione presso la Commissione finanze della Camera dei deputati del 9 dicembre 2015 il capo del dipartimento vigilanza della Banca d'Italia, dottor Carmelo Barbagallo, ha postulato la necessità di rinviare l'applicazione del bail-in al 2018 al fine di: «... consentire la sostituzione delle obbligazioni ordinarie in circolazione con altre emesse dopo l'entrata in vigore del nuovo quadro di gestione delle crisi e, dunque, collocate e sottoscritte avendo presenti i nuovi scenari di rischio»;
    il 30 gennaio 2016 il Governatore della Banca d'Italia ha dichiarato la necessità di revisionare la disciplina sul bail-in evitandone un'applicazione retroattiva e soprattutto prorogandone al 2018 l'entrata in vigore. In linea con quanto asserito dal Governatore anche il Ministro dell'economia e delle finanze ha dichiarato pubblicamente che la disciplina sul bail-in ha generato più instabilità del previsto con gravi pregiudizi per il sistema bancario e finanziario italiano e per tal motivo «... occorre una fase transitoria che dovrebbe essere accompagnata da accorgimenti che mettano a disposizione strumenti per affrontare singoli problemi che possono colpire singoli istituti bancari»;
    il sistema bancario italiano è stato da sempre più solido ed efficiente rispetto al contesto europeo e internazionale e per tal motivo non ha avuto bisogno di liquidità, al contrario gli Stati europei hanno «derogato» la normativa in materia di aiuti di Stato per «salvare» il proprio sistema bancario (la sola Germania ha finanziato le proprie banche con oltre 250 miliardi di euro). L'entrata in vigore del bail-in ha amplificato i pregiudizi per la stabilità del sistema bancario e finanziario italiano e paradossalmente il fallimento degli istituti di credito italiani non solo sarebbe a carico degli stessi risparmiatori del medesimo istituto ma potrebbe determinare l'acquisizione dello stesso da parte delle banche degli Stati membri dell'Unione europea «salvate» proprio grazie alle deroghe alla normativa in materia di aiuti di Stato con ulteriore pregiudizio per l'indipendenza economica nazionale,

impegna il Governo:

   a sospendere l'applicazione e a disporre una progressiva entrata in vigore dell'articolo 52 del decreto legislativo n. 180 del 2015, limitando l'applicazione del bail-in nel 2016:
    a) alle riserve e al capitale rappresentato da azioni, anche non computate nel capitale regolamentare, nonché degli altri strumenti finanziari computabili nel capitale primario di classe 1;
    b) al valore nominale degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1, anche per la parte non computata nel capitale regolamentare;
    c) al valore nominale degli elementi di classe 2, anche per la parte non computata nel capitale regolamentare.
9/3513-A/34Sorial.


   La Camera,
   considerato che:
    i commi 7-bis, 7-ter e 7-quater nonché la lettera c) dell'articolo 10 del provvedimento in oggetto prorogano diverse scadenza termini riguardanti la Croce rossa italiana;
    il Corpo militare della Croce rossa italiana (CRI) svolge attività in tempo di guerra provvedendo all'assistenza, allo sgombero e alla cura dei feriti e delle vittime/militari e civili, organizza ed esegue misure di difesa sanitaria antiaerea, disimpegna il servizio di ricerca e assistenza dei prigionieri di guerra, degli internati, dei dispersi, dei profughi, dei deportati e dei rifugiati, svolge attività di assistenza sanitaria in relazione alla difesa civile. In tempo di pace provvede al mantenimento e alla gestione dei centri di mobilitazione e delle basi operative, cura la custodia e il mantenimento delle dotazioni sanitarie, provvede all'addestramento e all'aggiornamento del proprio personale ed organizza corsi qualificativi di primo soccorso e di auto protezione sanitaria a favore del personale delle Forze armate, concorre al servizio di assistenza sanitaria nel caso di grandi manifestazioni ed eventi e per esercitazioni militari, fornisce assistenza e supporto sanitario alle Forze armate e alle Forze di Polizia nei poligoni di tiro, è impiegato nel corso di calamità naturali o disastri per operazioni di protezione civile e si occupa anche della diffusione dei diritto internazionale umanitario;
    in attuazione della delega contenuta nella legge 4 novembre 2010, n. 183, per la riorganizzazione della Croce rossa, è stato adottato il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, che, tuttavia, invece di limitarsi al mero riassetto dell'ente, ne ha sancito la completa privatizzazione, mettendo a rischio sia la funzionalità delle sue strutture sul territorio, sia i servizi sinora resi allo Stato e ai cittadini;
    a fronte di un risparmio di spesa a suo tempo stimato in 42 milioni di euro in un quinquennio, oggi la Croce rossa è passata ad un disavanzo di circa 54 milioni di euro, dovuto anche agli aiuti elargiti dalla parte ancora pubblica della Croce rossa italiana (comitato centrale) in favore dei comitati privatizzati (provinciali e locali) per evitarne la paralisi funzionale o la chiusura;
    in questo complesso ambito si inserisce anche la previsione di cui al decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, relativa alla smilitarizzazione del contingente di personale militare della Croce rossa italiana in servizio permanente, composto da circa 900 persone, che dovrebbe compiersi entro il 31 dicembre 2017;
    il corpo militare della Croce rossa italiana, ausiliario delle Forze armate ha svolto negli anni, oltre a delle funzioni necessarie al corpo stesso, delle attività addestrative e operative in supporto a soggetti diversi dal corpo stesso,

impegna il Governo

ad utilizzare il periodo aggiuntivo ottenuto dalla proroga scadenza termini per presentare un progetto organico di riforma della Croce rossa italiana, a varare iniziative normative atte a supplire a tutti quei servizi che il Corpo militare della CRI ha svolto e svolge ancora oggi una volta che questo non ci sarà più e a non disperdere la professionalità acquisita dal Corpo dilapidando un capitale umano formatosi negli anni valutando inoltre la possibilità di farlo transitare nella sanità militare.
9/3513-A/35Frusone.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 56 del 2014 (cosiddetta «legge Delrio») afferma semplicemente che il Presidente decaduto dalla carica di sindaco perde la carica di presidente della provincia; la medesima legge Delrio, però, non disciplina la fase transitoria conseguente a questa circostanza. Parimenti è principio pacifico che per quanto non previsto dalla legge Delrio si applica, in quanto compatibile, il Testo unico degli enti locali;
    e proprio il Tuel, nei rari casi di elezioni di secondo grado previgenti alla Delrio, all'articolo 141, comma 5 recita: I consiglieri cessati dalla carica per effetto dello scioglimento continuano ad esercitare, fino alla nomina dei successori, gli incarichi esterni loro eventualmente attribuiti. Da ciò si evince, pertanto, che il mandato di secondo grado – pur avendo il soggetto perso la qualifica nell'ente di primo grado – può essere svolto fino alla nuova nomina del presidente della provincia;
    da ciò che è disposto nel TUEL si evince che la reale perdita della carica di secondo grado si perfeziona una volta per tutte solo all'esito della elezione relativa all'ente di primo grado e qualora l'interessato non riconquisti la originaria carica elettiva che gli aveva consentito il mandato di secondo grado;
    ulteriore elemento interpretativo a sostegno di tale tesi è la ratio sottesa al comma 9-ter, dell'articolo 1 del testo in esame. Tale disposizione modifica il termine per le prime elezioni dei presidenti di provincia e dei consigli provinciali successive alla legge «Delrio», posticipandolo da 30 a 90 giorni dalla scadenza naturale del mandato o dalla decadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali;
    è chiaro che tale norma, se si guarda ai lavori preparatori, è stata introdotta anche per consentire ai comuni (si pensi al fatto che a Roma si va ad elezioni nel prossimo giugno) di poter partecipare in maniera piena alle consultazioni di secondo livello della relativa provincia;
    si ricava pertanto un vero e proprio principio costituzionale di pari opportunità ed eguaglianza, secondo il quale deve essere consentito alla carica di primo livello venuta meno per fattori diversi dalla propria persona (es. dimissioni ultradimidium degli altri consiglieri) di attendere l'esito delle consultazioni di primo livello per poter partecipare (in caso di successo) alle consultazioni di secondo livello e quindi dare continuità al proprio mandato. Diversamente si costruirebbe un ente di secondo livello troppo schizofrenico e schiavo delle logiche degli enti di primo livello, con le quali in un colpo solo si distruggono due amministrazioni;
    una elezione di secondo livello (cioè demandata attivamente solo agli eletti di primo livello) alla quale possono partecipare passivamente solo eletti promananti da elezioni dirette e popolari (elettorato attivo e passivo è fatto di eletti) esige che anche il mandato di secondo livello abbia una sua indiretta legittimazione popolare, e in tal senso deve essere letta la norma che il sindaco rieletto non si considera mai scaduto. Ma, per essere pienamente operativo questo principio, è necessario attendere l'esito della elezione dell'ente di primo livello dal quale il sindaco è stato destituito per cause diverse dalla sua volontà;
    in tal senso, si ribadisce, la reale perdita della carica di secondo grado si perfeziona una volta per tutte solo all'esito della elezione relativa all'ente di primo grado e qualora l'interessato non riconquisti la originaria carica elettiva che gli aveva consentito il mandato di secondo grado,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di colmare il vuoto normativo contenuto nella legge Delrio, prevedendo l'applicazione di quanto disposto dal TUEL nel senso illustrato in premessa, valutando altresì, in merito ai termini di indizione delle elezioni dei presidenti di provincia e dei consigli provinciali, la possibilità di esaminare ulteriori casi specifici che si dovessero verificare prima dell'entrata in vigore del disegno di legge di conversione in esame.
9/3513-A/36Santelli.


   La Camera,
   considerato che:
    il comma 6-ter lettera a) e b) dell'articolo 4 del provvedimento in esame proroga di 12 mesi il periodo di vigenza della Rappresentanza militare;
    che il rinnovo degli organismi di rappresentanza militare era atteso anche per risolvere situazioni imbarazzanti ad avviso della presentatrice di conflitto d'interessi (il Direttore Generale di PERSOMIL – direzione generale per il personale Militare –, ricopre contemporaneamente anche l'incarico di Presidente della sezione esercito del COCER – Consiglio Centrale della Rappresentanza militare –). Un caso analogo riguarda anche la Presidenza del Cocer Marina;
    appare alquanto inopportuno che il medesimo ufficiale possa ricoprire contemporaneamente due funzioni contrapposte tra loro, assumendo su di sé sia la difesa degli interessi dell'Amministrazione della Difesa che quelli, presumibilmente diversi, della Rappresentanza militare;
    è innegabile che l'attribuzione di due incarichi contrapposti tra loro in capo allo stesso ufficiale pregiudica la serenità, la trasparenza e la corretta amministrazione della difesa, oltre a ridimensionare la funzione di tutela del personale militare a cui è istituzionalmente preposto il COCER,

impegna il Governo

a risolvere prontamente, alla luce della proroga di un anno del mandato della Rappresentanza Militare, la persistenza di questo inopportuno conflitto d'interessi o con le dimissioni dalla Presidenza del Cocer dei militari in questione o alla loro sostituzione dagli stessi dalla guida di Persomil o dallo Stato Maggiore della Marina.
9/3513-A/37Corda.


   La Camera,
   considerato che:
    il comma 6-ter lettera a) e b) dell'articolo 4 del provvedimento in esame proroga di 12 mesi il periodo di vigenza della Rappresentanza militare;
    con il parere 143/2016 il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di un militare dell'esercito avverso le procedure di elezione dei delegati della categoria «B», Sezione Esercito, del Cocer con la conseguenza che l'Organismo è in parte illegittimo;
    l'approvazione del decreto-legge n. 210 del 2015 nella parte in cui si prorogano il mandato della Rappresentanza militare rischia di configurarsi, di fatto, come una elusione della giudicato sul ricorso straordinario la cui decisione «è adottata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministero competente conforme al parere del Consiglio di Stato.» (decreto del Presidente della Repubblica 1199/1971, articolo 14);
    la proroga di 12 mesi del mandato della Rappresentanza Militare metterebbe il Presidente della Repubblica di fronte al paradosso di dover emanare sulla stessa materia due atti contrastanti: il primo, il decreto del Presidente della Repubblica sul ricorso straordinario che annulla le elezioni dei delegati della categoria B della Sezione Esercito del Cocer, il secondo, la legge di conversione in legge del decreto-legge n. 210 del 2015 che proroga un organismo in parte già dichiarato illegittimo per l'effetto della decisione – immodificabile – sul ricorso straordinario;
    allo stato dell'arte le convocazioni della sezione Esercito del Cocer, ovvero quelle del Cocer nella sua interezza (interforze) sono tutte viziate per effetto della decisione del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario e, ancorché non vi sia ancora il decreto del Presidente della Repubblica decisorio, non può essere esclusa l'insorgenza di un danno erariale,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a non far valere la proroga di cui al comma 6-ter lettera a) e b) dell'articolo 4 del provvedimento in esame per quei Cocer ritenuti illegittimi dalla magistratura.
9/3513-A/38Basilio.


   La Camera,
   considerato che:
    il comma 6-ter lettera a) e b) dell'articolo 4 del provvedimento in esame proroga di 12 mesi il periodo di vigenza della Rappresentanza militare;
    con il parere 143/2016 il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di un militare dell'esercito avverso le procedure di elezione dei delegati della categoria «B», Sezione Esercito, del Cocer con la conseguenza che l'Organismo è in parte illegittimo;
    l'approvazione del decreto-legge n. 210 del 2015 nella parte in cui si prorogano il mandato della Rappresentanza militare rischia di configurarsi, di fatto, come una elusione della giudicato sul ricorso straordinario la cui decisione «è adottata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministero competente conforme al parere del Consiglio di Stato.» (decreto del Presidente della Repubblica 1199/1971, articolo 14);
    la proroga di 12 mesi del mandato della Rappresentanza Militare metterebbe il Presidente della Repubblica di fronte al paradosso di dover emanare sulla stessa materia due atti contrastanti: il primo, il decreto del Presidente della Repubblica sul ricorso straordinario che annulla le elezioni dei delegati della categoria B della Sezione Esercito del Cocer, il secondo, la legge di conversione in legge del decreto-legge n. 210 del 2015 che proroga un organismo in parte già dichiarato illegittimo per l'effetto della decisione – immodificabile – sul ricorso straordinario;
    allo stato dell'arte le convocazioni della sezione Esercito del Cocer, ovvero quelle del Cocer nella sua interezza (interforze) sono tutte viziate per effetto della decisione del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario e, ancorché non vi sia ancora il decreto del Presidente della Repubblica decisorio, non può essere esclusa l'insorgenza di un danno erariale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a non far valere la proroga di cui al comma 6-ter lettera a) e b) dell'articolo 4 del provvedimento in esame per quei Cocer ritenuti illegittimi dalla magistratura.
9/3513-A/38. (Testo modificato nel corso della seduta)  Basilio.


   La Camera,
   valutato il provvedimento in titolo;
   ritenuto che il comparto ippico necessita un riassetto delle modalità di finanziamento e gestione delle attività di sviluppo e promozione,

impegna il Governo

a prorogare ulteriormente l'attività del dirigente delegato sino al 30 novembre 2016, limitatamente alle pendenze debitorie maturate sino al 31 dicembre 2015, che appare indispensabile al fine di evitare soluzioni di continuità nell'attività di pagamento dei premi al traguardo.
9/3513-A/39L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame proroga di un anno, dal 1o gennaio 2016 al 1o gennaio 2017, il termine entro cui effettuare la ridefinizione del sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco;
    in particolare, si posticipa di un anno il termine per l'adozione del decreto finalizzato a rivedere l'attuale sistema e il metodo della remunerazione della filiera del farmaco, tenendo conto della procedura prescritta dall'articolo 15, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012;
    la necessità di ridefinire l'attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco è stata sottolineata fra l'altro dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che, nelle proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2014, ha evidenziato come l'attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco contribuisca ad ostacolare lo sviluppo della vendita di farmaci di minor prezzo, in particolare dei farmaci generici;
    a detta della relazione, la proroga si rende necessaria in considerazione del fatto che i lavori tecnici di coordinamento presso la Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sulla proposta delle nuove modalità di remunerazione della filiera distributiva sono già stati avviati e necessitano, tuttavia, di un ulteriore periodo per consentire l'adozione del processo di riforma previsto dalla legge;
    è evidente come dunque tre anni non siano bastati a dare attuazione alla succitata norma della spending review (articolo 15, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012) che aveva previsto a decorrere dal gennaio 2013 il passaggio a un nuovo metodo di remunerazione delle farmacie definito con decreto del Ministero della Salute di concerto con l'Economia, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sulla base di un accordo tra le associazioni di categoria maggiormente rappresentative e l'AIFA nel rispetto di vincoli precisi: invarianza dei costi con riferimento ai margini in vigore al 30 giugno 2012, rispetto dei tempi, 90 giorni dall'entrata in vigore della legge, e accordo tra tutte le componenti della filiera;
    pare che Ministero della salute sembra aver riaffidato ad AIFA, con la consulenza della Sose, (partecipata dell'economia per gli studi di settore) l'incarica di elaborare una nuova bozza di decreto su cui le parti interessate dovrebbero poi esprimersi in vista del sospirato accordo. Il documento dovrebbe prendere in esame un pagamento in quota fissa, con valori diversi tarati su tre fasce di prezzo; una quota percentuale minima, uguale per tutti; gli incentivi per i generici e l'abolizione complessiva degli sconti imposti alla filiera;
   considerato che:
    il termine, originariamente fissato al 1o gennaio 2013, è stato posticipato dall'articolo 1, comma 388, della Legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012), al 30 giugno 2013. La stessa Legge di stabilità 2013, al successivo comma 394, ha disposto che tale termine potesse essere ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2013. In seguito, il decreto-legge n. 150 del 2013 di proroga termini, all'articolo 7, comma 1, ha prorogato il termine al 1o gennaio 2015. Il termine è stato ulteriormente prorogato di un anno, fino al 1o gennaio 2016, dall'articolo 7, comma 3, del decreto-legge di proroga termini n. 192 del 2014,

impegna il Governo

ad intervenire affinché la proroga prevista per l'adozione del decreto, finalizzato a rivedere l'attuale sistema e il metodo della remunerazione della filiera del farmaco, non sia più oggetto di ulteriori e inopportune proroghe in modo che sia data finalmente e piena attuazione a quanto previsto dalla legge, di cui all'articolo 15, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012.
9/3513-A/40Lorefice, Baroni, Colonnese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame proroga di un anno, dal 1o gennaio 2016 al 1o gennaio 2017, il termine entro cui effettuare la ridefinizione del sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco;
    in particolare, si posticipa di un anno il termine per l'adozione del decreto finalizzato a rivedere l'attuale sistema e il metodo della remunerazione della filiera del farmaco, tenendo conto della procedura prescritta dall'articolo 15, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012;
    la necessità di ridefinire l'attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco è stata sottolineata fra l'altro dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che, nelle proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2014, ha evidenziato come l'attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco contribuisca ad ostacolare lo sviluppo della vendita di farmaci di minor prezzo, in particolare dei farmaci generici;
    a detta della relazione, la proroga si rende necessaria in considerazione del fatto che i lavori tecnici di coordinamento presso la Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sulla proposta delle nuove modalità di remunerazione della filiera distributiva sono già stati avviati e necessitano, tuttavia, di un ulteriore periodo per consentire l'adozione del processo di riforma previsto dalla legge;
    è evidente come dunque tre anni non siano bastati a dare attuazione alla succitata norma della spending review (articolo 15, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012) che aveva previsto a decorrere dal gennaio 2013 il passaggio a un nuovo metodo di remunerazione delle farmacie definito con decreto del Ministero della Salute di concerto con l'Economia, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sulla base di un accordo tra le associazioni di categoria maggiormente rappresentative e l'AIFA nel rispetto di vincoli precisi: invarianza dei costi con riferimento ai margini in vigore al 30 giugno 2012, rispetto dei tempi, 90 giorni dall'entrata in vigore della legge, e accordo tra tutte le componenti della filiera;
    pare che Ministero della salute sembra aver riaffidato ad AIFA, con la consulenza della Sose, (partecipata dell'economia per gli studi di settore) l'incarica di elaborare una nuova bozza di decreto su cui le parti interessate dovrebbero poi esprimersi in vista del sospirato accordo. Il documento dovrebbe prendere in esame un pagamento in quota fissa, con valori diversi tarati su tre fasce di prezzo; una quota percentuale minima, uguale per tutti; gli incentivi per i generici e l'abolizione complessiva degli sconti imposti alla filiera;
   considerato che:
    il termine, originariamente fissato al 1o gennaio 2013, è stato posticipato dall'articolo 1, comma 388, della Legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012), al 30 giugno 2013. La stessa Legge di stabilità 2013, al successivo comma 394, ha disposto che tale termine potesse essere ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2013. In seguito, il decreto-legge n. 150 del 2013 di proroga termini, all'articolo 7, comma 1, ha prorogato il termine al 1o gennaio 2015. Il termine è stato ulteriormente prorogato di un anno, fino al 1o gennaio 2016, dall'articolo 7, comma 3, del decreto-legge di proroga termini n. 192 del 2014,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire affinché la proroga prevista per l'adozione del decreto, finalizzato a rivedere l'attuale sistema e il metodo della remunerazione della filiera del farmaco, non sia più oggetto di ulteriori e inopportune proroghe in modo che sia data finalmente e piena attuazione a quanto previsto dalla legge, di cui all'articolo 15, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012.
9/3513-A/40. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lorefice, Baroni, Colonnese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame dispone la proroga al 30 settembre 2016 del termine di validità delle tariffe massime di riferimento per le prestazioni di assistenza ambulatoriale indicate dal decreto del Ministro della salute 18 ottobre 2012 è di assistenza protesica relativa ai dispositivi su misura di cui all'elenco 1 allegato al regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n. 332;
    il provvedimento all'esame dispone, altresì, la proroga al 31 dicembre 2016 del termine di validità delle tariffe massime di riferimento per le prestazioni di assistenza ospedaliera indicate dal decreto del Ministro della salute 18 ottobre 2012;
    secondo la relazione tecnica la necessità della proroga deriva dall'esigenza di provvedere anche alla definizione delle tariffe nazionali per tutte le prestazioni nuove o modificate che saranno incluse nel nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (prevalentemente nell'area dell'assistenza specialistica ambulatoriale), nonché alla definizione delle nuove tariffe dei dispositivi «su misura» relativi all'assistenza protesica, che saranno anch'essi inclusi nello schema in via di emanazione da tempo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare, ai sensi dell'articolo 1, comma 553, della legge di stabilità 2016, entro sessanta giorni;
    appare necessario che il lavoro finalizzato alla definizione delle nuove tariffe di riferimento si giovi anche delle analisi, degli studi e delle risultanze dell'attività della Commissione permanente già prevista dall'articolo 9 del Patto per la salute 2014-2016 e che secondo la relazione sarà presto istituita con decreto del Ministro della salute, costituita da rappresentanti dei Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze, della Conferenza delle regioni e delle province autonome nonché dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), con il compito, tra gli altri, di aggiornare le tariffe massime di riferimento per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera (per acuti, di riabilitazione e di lungodegenza post acuzie) e di assistenza specialistica ambulatoriale;
    peraltro, il Patto per la salute per gli anni 2014-2016 ha previsto, all'articolo 1, comma 3, l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA). La programmata attività di aggiornamento dei LEA, con l'introduzione di nuove prestazioni sanitarie erogabili a carico del SSN, imporrà l'esigenza di definire tariffe nazionali massime per tutte le prestazioni nuove o modificate incluse nei nuovi LEA,

impegna il Governo

ad intervenire affinché la determinazione delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie non sia più oggetto di ulteriori e inopportune proroghe.
9/3513-A/41Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame dispone la proroga al 30 settembre 2016 del termine di validità delle tariffe massime di riferimento per le prestazioni di assistenza ambulatoriale indicate dal decreto del Ministro della salute 18 ottobre 2012 è di assistenza protesica relativa ai dispositivi su misura di cui all'elenco 1 allegato al regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n. 332;
    il provvedimento all'esame dispone, altresì, la proroga al 31 dicembre 2016 del termine di validità delle tariffe massime di riferimento per le prestazioni di assistenza ospedaliera indicate dal decreto del Ministro della salute 18 ottobre 2012;
    secondo la relazione tecnica la necessità della proroga deriva dall'esigenza di provvedere anche alla definizione delle tariffe nazionali per tutte le prestazioni nuove o modificate che saranno incluse nel nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (prevalentemente nell'area dell'assistenza specialistica ambulatoriale), nonché alla definizione delle nuove tariffe dei dispositivi «su misura» relativi all'assistenza protesica, che saranno anch'essi inclusi nello schema in via di emanazione da tempo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare, ai sensi dell'articolo 1, comma 553, della legge di stabilità 2016, entro sessanta giorni;
    appare necessario che il lavoro finalizzato alla definizione delle nuove tariffe di riferimento si giovi anche delle analisi, degli studi e delle risultanze dell'attività della Commissione permanente già prevista dall'articolo 9 del Patto per la salute 2014-2016 e che secondo la relazione sarà presto istituita con decreto del Ministro della salute, costituita da rappresentanti dei Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze, della Conferenza delle regioni e delle province autonome nonché dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), con il compito, tra gli altri, di aggiornare le tariffe massime di riferimento per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera (per acuti, di riabilitazione e di lungodegenza post acuzie) e di assistenza specialistica ambulatoriale;
    peraltro, il Patto per la salute per gli anni 2014-2016 ha previsto, all'articolo 1, comma 3, l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA). La programmata attività di aggiornamento dei LEA, con l'introduzione di nuove prestazioni sanitarie erogabili a carico del SSN, imporrà l'esigenza di definire tariffe nazionali massime per tutte le prestazioni nuove o modificate incluse nei nuovi LEA,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire affinché la determinazione delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie non sia più oggetto di ulteriori e inopportune proroghe.
9/3513-A/41. (Testo modificato nel corso della seduta)  Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 17 della legge 7 agosto 2015, n. 124 «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» reca disposizioni volte al riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;
    la dotazione organica del personale addetto ad attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 è stata ridotta in misura corrispondente alle cessazioni del personale delle aree funzionali, appartenente ai profili amministrativi, proveniente dalle Direzioni interregionali e territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le risorse derivanti dalle economie per le cessazioni dal servizio relative agli anni 2015 e 2016 non sono state rese utilizzabili ai fini della determinazione del budget di assunzioni previsto dalle vigenti disposizioni in materia di assunzioni e, inoltre, sono stati contestualmente ridotti i relativi fondi per il trattamento accessorio;
    a partire dal 2017, in relazione ai risparmi di spesa derivanti dal progressivo esaurimento del ruolo, la dotazione organica dell'ispettorato verrà incrementata, ogni tre anni, di un numero di posti corrispondente alle facoltà assunzionali previste dalle vigenti disposizioni in materia di turn-over del personale, con conseguente assegnazione delle relative risorse finanziarie da parte dell'INPS e dell'INAIL in relazione al contratto collettivo applicato dall'ispettorato;
    le disposizioni vigenti, tuttavia non consentono una adeguata gestione dell'attività ispettiva,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a valutare l'opportunità di adeguare le risorse di personale addetto ad attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale anche attraverso l'attuazione di meccanismi di proroga delle graduatorie concorsuali.
9/3513-A/42Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, l'articolo 1 reca misure aventi ad oggetto assunzioni, contratti a tempo indeterminato e altri aspetti riguardanti le Pubbliche Amministrazioni;
    la Covip, con un personale complessivo di 73 persone, vigila su un patrimonio di circa 80 miliardi. Lo sforzo appare quindi ingente, considerando che Covip effettua anche ispezioni nelle sedi delle Casse. Ad oggi i compiti di vigilanza attribuiti a COVIP devono essere esercitati «con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente». La Commissione non ha pertanto a disposizione risorse finanziarie finalizzate alla creazione di un team di tecnici e analisti in grado di districarsi tra i bilanci complicati e gli investimenti articolati delle Casse previdenziali. Non appare sufficiente la possibilità di fruire di personale reperito presso altre pubbliche amministrazioni «mediante collocamento in posizione di comando fuori ruolo, con contestuale indisponibilità dei posti nell'amministrazione di provenienza» in quanto trattasi di meri esuberi, tra i quali non è facile reperire le professionalità di cui la Commissione necessita per svolgere i propri compiti,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a tutelare i diritti maturati da vincitori e idonei di concorsi pubblici, prevedendo la proroga al 2017 della scadenza delle graduatorie vigenti con particolare riferimento alle professionalità che potrebbero svolgere compiti di ausilio a COVIP.
9/3513-A/43Lombardi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, l'articolo 6 reca misure aventi ad oggetto la salute;
    la legge 24 dicembre 2007, n. 244, integrata dal decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2009, n. 14, prevede l'erogazione, da parte dello Stato, dell'indennizzo di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, a favore dei soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e micromelia, nati dal 1959 al 1965;
    l'indennizzo consiste in un assegno mensile vitalizio, di importo pari a sei volte la somma corrispondente ad un importo base di riferimento, determinato in analogia a quanto previsto per i soggetti danneggiati da vaccinazione obbligatoria, ai sensi dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, per le categorie dalla prima alla quarta, a cinque volte per le categorie quinta e sesta, e a quattro volte per le categorie settima e ottava della tabella A, annessa al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978 n. 915, e successive modificazioni;
    l'indennizzo di cui al comma 1 decorre dalla data di entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244. La norma prevede che l'indennizzo venga erogato al 100 per cento al danneggiato nel caso in cui non goda di assistenza prevalente e continuativa da parte di congiunti; in caso contrario il 50 per cento dell'indennizzo viene erogato a chi presta assistenza; se l'assistenza viene prestata da più congiunti, il 50 per cento dell'indennizzo viene suddiviso,

impegna il Governo

ad assumere iniziative in favore dei soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e micromelia, estendendo l'indennizzo, ai nati prima del 1958 e ai nati dopo il 1965.
9/3513-A/44Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, l'articolo 6 reca misure aventi ad oggetto la salute;
    la legge 24 dicembre 2007, n. 244, integrata dal decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2009, n. 14, prevede l'erogazione, da parte dello Stato, dell'indennizzo di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, a favore dei soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e micromelia, nati dal 1959 al 1965;
    l'indennizzo consiste in un assegno mensile vitalizio, di importo pari a sei volte la somma corrispondente ad un importo base di riferimento, determinato in analogia a quanto previsto per i soggetti danneggiati da vaccinazione obbligatoria, ai sensi dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, per le categorie dalla prima alla quarta, a cinque volte per le categorie quinta e sesta, e a quattro volte per le categorie settima e ottava della tabella A, annessa al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978 n. 915, e successive modificazioni;
    l'indennizzo di cui al comma 1 decorre dalla data di entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244. La norma prevede che l'indennizzo venga erogato al 100 per cento al danneggiato nel caso in cui non goda di assistenza prevalente e continuativa da parte di congiunti; in caso contrario il 50 per cento dell'indennizzo viene erogato a chi presta assistenza; se l'assistenza viene prestata da più congiunti, il 50 per cento dell'indennizzo viene suddiviso,

impegna il Governo

ad assumere, compatibilmente con le risorse di finanza pubblica, iniziative in favore dei soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e micromelia, estendendo l'indennizzo, ai nati prima del 1958 e ai nati dopo il 1965.
9/3513-A/44. (Testo modificato nel corso della seduta)  Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 17 della legge 7 agosto 2015, n. 124 «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» reca disposizioni volte al riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;
    in particolare la lettera l) del comma 1 del citato articolo prevede che il decreto legislativo attuativo della delega riorganizzi le funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per malattia dei dipendenti pubblici, al fine di garantire l'effettività del controllo, con attribuzione all'INPS della relativa competenza e delle risorse attualmente impiegate dalle amministrazioni pubbliche per l'effettuazione degli accertamenti, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano per la quantificazione delle predette risorse finanziarie e per la definizione delle modalità d'impiego del personale medico attualmente adibito alle predette funzioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte a, nelle more dell'adozione del citato decreto attuativo, prevedere una proroga dello stanziamento già previsto dall'articolo 17, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, destinato alla copertura degli oneri sostenuti dalle amministrazioni pubbliche per gli accertamenti medico, legali, richiesti all'INPS o alle Aziende Sanitarie Locali altresì valutando l'opportunità di un ulteriore aumento delle risorse medesime.
9/3513-A/45Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, l'articolo 1 reca misure aventi ad oggetto assunzioni, contratti a tempo indeterminato e altri aspetti riguardanti le Pubbliche amministrazioni;
    il cosiddetto JOBS ACT ha istituito l'ANPAL, Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (decreto legislativo n. 150 del 2015). A quest'ultima sono state trasferite ingenti risorse umane, finanziarie e strumentali dall'ISFOL;
    in particolare è stato previsto il trasferimento di una quota di dipendenti nei ruoli dell'Agenzia con relativa riduzione della dotazione organica e del bilancio istituzionale della medesima ISFOL, oltreché il trasferimento di un numero imprecisato di lavoratori precari, tramite la cessione dei contratti di lavoro;
    la descritta situazione non fornisce alcuna garanzia né in merito alle capacità funzionali ed economiche dell'Istituto, né in merito al mantenimento dei livelli di retribuzione e valorizzazione professionale del personale,

impegna il Governo

a valorizzare il ruolo di ISFOL anche assumendo iniziative di carattere normativo volte ad intervenire sul comma 6 dell'articolo 4 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, istitutivo dell'Agenzia per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), derivante dall'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n.183 , prevedendo la possibilità di prorogare il termine entro il quale ISFOL possa procedere ad assunzioni, per gli anni 2016 e 2017, in relazione alle cessazioni di personale, avvenute negli anni 2015 e 2016.
9/3513-A/46Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, l'articolo 1 reca misure aventi ad oggetto assunzioni, contratti a tempo indeterminato e altri aspetti riguardanti le Pubbliche Amministrazioni;
    la legge D'Alia (legge n. 125 del 2013) ha sostanzialmente equiparato (all'articolo 4 comma 3) candidati risultati «vincitori» delle procedure concorsuali più recenti (approvate dall'anno 2003 in poi) ai candidati risultati «idonei», prevedendo, in particolare, l'obbligo per la p.a. di utilizzare, una volta assunti tutti i vincitori, le graduatorie di merito comprendenti anche gli idonei non vincitori;
    tenuto conto della necessità di tutelare i diritti dei partecipanti dichiarati «vincitori» o «idonei» al termine della selezione pubblica, e altresì di non disperdere il patrimonio di specifiche competenze accertate con il concorso,

impegna il Governo

a porre in essere iniziative volte a tutelare i diritti e le aspettative maturati da vincitori e idonei di concorsi pubblici, prevedendo la proroga fino al 2017 dell'efficacia o vigenza delle graduatorie.
9/3513-A/47Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, in attuazione della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Le disposizioni contenute nel Titolo IV, Capo IV, Sezione III, del medesimo decreto legislativo sono dedicate all'istituto del bail-in ovverosia alla procedura di compensazione tra, le perdite della banca ed azioni e altri strumenti finanziari posseduti da investitori e risparmiatori della stessa banca. La disciplina sul bail-in – ai sensi dell'articolo 106, comma 2, del medesimo decreto legislativo – è entrata in vigore a decorrere dal 1o gennaio 2016;
    in sede di audizione presso la Commissione finanze della Camera dei deputati del 9 dicembre 2015 il capo del dipartimento vigilanza della Banca d'Italia, dottor Carmelo Barbagallo, ha postulato la necessità di rinviare l'applicazione del bail-in al 2018 al fine di: «...consentire la sostituzione delle obbligazioni ordinarie in circolazione con altre emesse dopo l'entrata in vigore del nuovo quadro di gestione delle crisi e, dunque, collocate e sottoscritte avendo presenti i nuovi scenari di rischio»;
    il 30 gennaio 2016 il Governatore della Banca d'Italia ha dichiarato la necessità di revisionare la disciplina sul bail-in evitandone un'applicazione retroattiva e soprattutto prorogandone al 2018 l'entrata in vigore. In linea con quanto asserito dal Governatore anche il Ministro dell'economia e delle finanze ha dichiarato pubblicamente che la disciplina sul bail-in ha generato più instabilità del previsto con gravi pregiudizi per il sistema bancario e finanziario italiano e per tal motivo «... occorre una fase transitoria che dovrebbe essere accompagnata da accorgimenti che mettano a disposizione strumenti per affrontare singoli problemi che possono colpire singoli istituti bancari»;
    il sistema bancario italiano è stato da sempre più solido ed efficiente rispetto al contesto europeo e internazionale e per tal motivo non ha avuto bisogno di liquidità, al contrario gli Stati europei hanno «derogato» la normativa in materia di aiuti di stato per «salvare» il proprio sistema bancario (la sola Germania ha finanziato le proprie banche con oltre 250 miliardi di euro). L'entrata in vigore del bail-in ha amplificato i pregiudizi per la stabilità del sistema bancario e finanziario italiano e paradossalmente il fallimento degli istituti di credito italiani non solo sarebbe a carico degli stessi risparmiatori del medesimo istituto ma potrebbe determinare l'acquisizione dello stesso da parte delle banche degli Stati membri UE «salvate» proprio grazie alle deroghe alla normativa in materia di aiuti di Stato con ulteriore pregiudizio per l'indipendenza economica nazionale,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziative volte a sospendere e rinviare l'applicazione del bail-in al 2018 al fine, così come asserito dal Ministro dell'economia e delle finanze e dal Governatore della Banca d'Italia, di evitare ogni possibile distorsione della stabilità economico-finanziaria del sistema bancario e finanziario italiano.
9/3513-A/48Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo quanto disposto dal comma 242 dell'articolo 1 della Legge di stabilità per il 2015, legge n. 190 del 2014, dal primo gennaio 2016 saranno ridotte progressivamente le agevolazioni fiscali sui consumi di gasolio e Gpl per riscaldamento nelle zone climatiche, previste all'articolo 8, comma 10, lettera c), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, riconosciute come crediti di imposta;
    la predetta riduzione era stata adottata come misura di contenimento della spesa pubblica a fini di copertura delle norme adottate nella medesima Legge di stabilità;
    in realtà la riduzione dell'agevolazione danneggia i cittadini beneficiari della norma, che, annualmente, sostengono, maggiori costi per riscaldare le proprie abitazioni e ne riduce il potere di acquisto di salari e stipendi rispetto a chi risiede in zone climatiche più favorevoli,

impegna il Governo

a valutare, nei limiti del rispetto dei saldi di finanza pubblica, l'opportunità di reperire le necessarie risorse finanziarie, affinché si possa posticipare all'anno 2017 la prima fase di riduzione delle agevolazioni in premessa, in tal modo sostenendo i redditi dei cittadini interessati, in attesa del miglioramento dell'economia generale del Paese.
9/3513-A/49D'Incà.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, in attuazione della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Le disposizioni contenute nel Titolo IV, Capo IV, Sezione III, del medesimo decreto legislativo sono dedicate all'istituto del bail-in ovverosia alla procedura di compensazione tra le perdite della banca ed azioni e altri strumenti finanziari posseduti da investitori e risparmiatori della stessa banca. La disciplina sul bail-in – ai sensi dell'articolo 106, comma 2, del medesimo decreto legislativo – è entrata in vigore a decorrere dal 1 gennaio 2016;
    in sede di audizione presso la Commissione finanze della Camera dei deputati del 9 dicembre 2015 il capo del dipartimento vigilanza della Banca d'Italia, dottor Carmelo Barbagallo, ha postulato la necessità di rinviare l'applicazione del bail-in al 2018 al fine di: «...consentire la sostituzione delle obbligazioni ordinarie in circolazione con altre emesse dopo l'entrata in vigore del nuovo quadro di gestione delle crisi e, dunque, collocate e sottoscritte avendo presenti i nuovi scenari di rischio»;
    il 30 gennaio 2016 il Governatore della Banca d'Italia ha dichiarato la necessità di revisionare la disciplina sul bail-in evitandone un'applicazione retroattiva e soprattutto prorogandone al 2018 l'entrata in vigore. In linea con quanto asserito dal Governatore anche il Ministro dell'economia e delle finanze ha dichiarato pubblicamente che la disciplina sul bail-in ha generato più instabilità del previsto con gravi pregiudizi per il sistema bancario e finanziario italiano e per tal motivo «... occorre una fase transitoria che dovrebbe essere accompagnata da accorgimenti che mettano a disposizione strumenti per affrontare singoli problemi che possono colpire singoli istituti bancari»;
    il sistema bancario italiano è stato da sempre più solido ed efficiente rispetto al contesto europeo e internazionale e per tal motivo non ha avuto bisogno di liquidità, al contrario gli Stati europei hanno «derogato» la normativa in materia di aiuti di stato per «salvare» il proprio sistema bancario (la sola Germania ha finanziato le proprie banche con oltre 250 miliardi di euro). L'entrata in vigore del bail-in ha amplificato i pregiudizi per la stabilità del sistema bancario e finanziario italiano e paradossalmente il fallimento degli istituti di credito italiani non solo sarebbe a carico degli stessi risparmiatori del medesimo istituto ma potrebbe determinare l'acquisizione dello stesso da parte delle banche degli Stati membri UE «salvate» proprio grazie alle deroghe alla normativa in materia di aiuti di stato con ulteriore pregiudizio per l'indipendenza economica nazionale,

impegna il Governo

a sospendere l'applicazione e disporre una progressiva entrata in vigore dell'articolo 52 del decreto legislativo 180 del 2015, limitando l'applicazione del bail-in nel 2016 alle sole riserve e capitale rappresentato da azioni, anche non computate nel capitale regolamentare, nonché degli altri strumenti finanziari computabili nel capitale primario di classe 1.
9/3513-A/50Caso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 16 novembre 2015 n. 180, in attuazione della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, istituisce un quadro di risanamento, e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Le disposizioni contenute nel Titolo IV, Capo IV, Sezione III del medesimo decreto legislativo sono dedicate all'istituto del bail-in ovverosia alla procedura di compensazione tra le perdite della banca ed azioni e altri strumenti finanziari posseduti da investitori e risparmiatori della stessa banca. La disciplina sul bail-in – ai sensi dell'articolo 106, comma 2, del medesimo decreto legislativo – è entrata in vigore a decorrere dal 1o gennaio 2016;
    in sede di audizione presso la Commissione finanza della Camera dei deputati del 9 dicembre 2015 il capo del dipartimento vigilanza della Banca d'Italia, dottor Carmelo Barbagallo, ha postulato la necessità di rinviare l'applicazione del bail-in al 2018 al fine di: «...consentire la sostituzione delle obbligazioni ordinarie in circolazione con altre emesse dopo l'entrata in vigore del nuovo quadro di gestione delle crisi e, dunque, collocate e sottoscritte avendo presenti i nuovi scenari di rischio»;
    il 30 gennaio 2016 il Governatore della Banca d'Italia ha dichiarato la necessità di revisionare la disciplina sul bail-in evitandone un'applicazione retroattiva e soprattutto prorogandone al 2018 l'entrata in vigore. In linea con quanto asserito dal Governatore anche il Ministro dell'economia e delle finanze ha dichiarato pubblicamente che la disciplina sul bail-in ha generato più instabilità del previsto con gravi pregiudizi per il sistema bancario e finanziario italiano e per tal motivo «... occorre una fase transitoria che dovrebbe essere accompagnata da accorgimenti che mettano a disposizione strumenti per affrontare singoli problemi che possono colpire singoli istituti bancari»;
    il sistema bancario italiano è stato da sempre più solido ed efficiente rispetto al contesto europeo e internazionale e per tal motivo non ha avuto bisogno di liquidità, al contrario gli Stati europei hanno «derogato la normativa in materia di aiuti di stato per «salvare» il proprio sistema bancario (la sola Germania ha finanziato le proprie banche con oltre 250 miliardi di euro). L'entrata in vigore del bail-in ha amplificato i pregiudizi per la stabilità del sistema bancario e finanziario italiano e paradossalmente il fallimento degli istituti di credito italiani non solo sarebbe a carico degli stessi risparmiatori del medesimo istituto ma potrebbe determinare l'acquisizione dello stesso da parte delle banche degli Stati membri UE «salvate» proprio grazie alle deroghe alla normativa in materia di aiuti di Stato con ulteriore pregiudizio per l'indipendenza economica nazionale,

impegna il Governo

a sospendere l'applicazione e a disporre una progressiva entrata in vigore dell'articolo 52 del decreto legislativo 180 del 2015, limitando l'applicazione del bail-in nel 2016 alle sole riserve e capitale rappresentato da azioni.
9/3513-A/51Cariello.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, in attuazione della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Le disposizioni contenute nel Titolo IV, Capo IV, Sezione III, del medesimo decreto legislativo sono dedicate all'istituto del bail-in ovverosia alla procedura di compensazione tra le perdite della banca ed azioni e altri strumenti finanziari posseduti da investitori e risparmiatori della stessa banca. La disciplina sul bail-in – ai sensi dell'articolo 106, comma 2, del medesimo decreto legislativo – è entrata in vigore a decorrere dal 1o gennaio 2016;
    in sede di audizione presso la Commissione finanze della Camera dei deputati del 9 dicembre 2015 il capo del dipartimento vigilanza della Banca d'Italia, dottor Carmelo Barbagallo, ha postulato la necessità di rinviare l'applicazione del bail-in al 2018 al fine di: «...consentire la sostituzione delle obbligazioni ordinarie in circolazione con altre emesse dopo l'entrata in vigore del nuovo quadro di gestione delle crisi e, dunque, collocate e sottoscritte avendo presenti i nuovi scenari di rischio);
    il 30 gennaio 2016 il Governatore della Banca d'Italia ha dichiarato la necessità di revisionare la disciplina sul bail-in evitandone un'applicazione retroattiva e soprattutto prorogandone al 2018 l'entrata in vigore. In linea con quanto asserito dal Governatore anche il Ministro dell'economia e delle finanze ha dichiarato pubblicamente che la disciplina sul bail-in ha generato più instabilità del previsto con gravi pregiudizi per il sistema bancario e finanziario italiano e per tal motivo «... occorre una fase transitoria che dovrebbe essere accompagnata da accorgimenti che mettano a disposizione strumenti per affrontare singoli problemi che possono colpire singoli istituti bancari»;
    il sistema bancario italiano è stato da sempre più solido ed efficiente rispetto al contesto europeo e internazionale e per tal motivo non ha avuto bisogno di liquidità, al contrario gli Stati europei hanno «derogato» la normativa in materia di aiuti di Stato per «salvare» il proprio sistema bancario (la sola Germania ha finanziato le proprie banche con oltre 250 miliardi di euro). L'entrata in vigore del bail-in ha amplificato i pregiudizi per la stabilità del sistema bancario e finanziario italiano e paradossalmente il fallimento degli istituti di credito italiani non solo sarebbe a carico degli stessi risparmiatori del medesimo istituto ma potrebbe determinare l'acquisizione dello stesso da parte delle banche degli Stati membri UE «salvate» proprio grazie alle deroghe alla normativa in materia di aiuti di Stato con ulteriore pregiudizio per l'indipendenza economica nazionale,

impegna il Governo:

   a sospendere l'applicazione e disporre una progressiva entrata in vigore dell'articolo 52 del decreto legislativo 180 del 2015, limitando l'applicazione del bail-in nel 2016:
    a) alle riserve e al capitale rappresentato da azioni, anche non computate nel capitale regolamentare, nonché degli altri strumenti finanziari computabili nel capitale primario di classe 1;
    b) al valore nominale degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1, anche per la parte non computata nel capitale regolamentare.
9/3513-A/52Brugnerotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 10 articolo 1 modifica una disposizione contenuta nel decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, contenente Disposizioni Urgenti in materia di Enti territoriali, in particolare ne modifica l'articolo 16-quater, relativo alla stabilizzazione dei lavoratori di comuni della regione Calabria;
    tale norma prevedeva, per il solo anno 2014, la non applicazione di sanzioni alla regione Calabria in caso di sforamento del Patto di stabilità dovuto alla prosecuzione dei rapporti di lavoro già sottoscritti con i lavoratori socialmente utili; la novella introdotta con questo decreto-legge, amplia anche all'anno 2015 la non applicazione delle sanzioni;
    i lavoratori socialmente utili ancorché a conoscenza del perverso sistema attraverso il quale questi contratti sono stati concessi in passato, sono costretti a vivere in un perenne stato di precariato che ormai si protrae da trent'anni, attraverso proroghe di sei mesi in sei mesi;
    diversi miliardi sono stati spesi dallo Stato e dagli Enti locali per sostenere questa categoria, denaro dei contribuenti utilizzato dalla politica per assicurarsi un proprio bacino elettorale, ma, ciononostante, ci troviamo a votare una legge che destina milioni di euro per il pagamento degli stipendi arretrati, senza poter sapere dove sono stati allocati i finanziamenti pubblici;
    la Costituzione all'ultimo comma dell'articolo 97, stabilisce che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso», come ribadito dalla Corte costituzionale in numerose sentenze, per cui la stessa stabilizzazione senza concorso e, quantomeno, di dubbia legittimità costituzionale;
    nella consapevolezza della necessità di assicurare parte delle risorse al pagamento degli stipendi arretrati e del fatto che parte di questi lavoratori svolge funzioni necessarie per la collettività,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di adottare le iniziative normative necessarie per interrompere l'annoso e annuale rifinanziamento a pioggia degli enti locali per le convenzioni da stipulare per l'utilizzo dei lavoratori socialmente utili, introducendo criteri selettivi e procedendo, per quanto di competenza, a successivi controlli.
9/3513-A/53Nuti.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 10 proroga, fino al 31 dicembre 2016, il termine (di cui all'articolo 3-bis, comma 2, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, che lo fissava originariamente al 31 dicembre 2012) entro il quale continuano ad applicarsi, alla produzione combinata di energia elettrica e calore, specifici coefficienti (individuati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas con deliberazione n. 16/98 dell'11 marzo 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 82 dell'8 aprile 1998 e ridotti nella misura del 12 per cento) necessari a individuare i quantitativi di combustibile che, impiegati nei predetti impianti, possano ritenersi utilizzati per la produzione di energia elettrica e che sono dunque soggetti alla relativa accisa (in misura, dunque, agevolata);
    l'ultimo capoverso del punto 11 della tabella A allegata al testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, recita invece che: «In caso di produzione combinata di energia elettrica e calore, ai combustibili impiegati si applicano le aliquote previste per la produzione di energia elettrica rideterminate in relazione ai coefficienti individuati con apposito decreto del Ministero dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento all'efficienza media del parco cogenerativo nazionale, alle diverse tipologie di impianto e anche alla normativa europea in materia di alto rendimento. I coefficienti sono rideterminati su base quinquennale entro il 30 novembre dell'anno precedente al quinquennio di riferimento»;
    attualmente quindi, alla produzione combinata di energia elettrica e calore, per l'individuazione dei quantitativi di combustibile soggetti alle aliquote sulla produzione di energia elettrica continuano ad applicarsi i coefficienti individuati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas con deliberazione n. 16/98 dell'11 marzo 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 82 dell'8 aprile 1998, ridotti nella misura del 12 per cento;
    di fatto ad oggi con il comma 2, articolo 3-bis decreto-legge n. 16 del 2012, nuovamente prorogato, viene assoggettato ad aliquota di accisa il recupero di calore (cioè il risparmio energetico), attribuendo al combustibile utilizzato dal cogeneratore, in quota parte, l'aliquota per la produzione di calore, maggiormente onerosa in termini percentuali, oltre che di IVA: 22 per cento anziché 10 per cento;
    il comma 15, articolo 10, decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 di recepimento della direttiva 2012/27/UE in materia di efficienza energetica, stabilisce che i regimi di sostegno pubblico, nel caso di cogenerazione si applicano solo alla CAR – Cogenerazione ad alto rendimento,

impegna il Governo

ad emanare entro 60 giorni il decreto previsto dal comma 1 del citato articolo 3-bis che consenta l'applicazione dell'aliquota di accisa per produzione elettrica a tutto il prodotto energetico utilizzato solo ed esclusivamente da unità di cogenerazione ad alto rendimento, in attuazione dell'articolo 15, Direttiva 2003/96/CE, anche al fine di non incorrere in potenziali denunce di aiuti di Stato nonché al fine di ridurre la spesa pubblica e liberare risorse a favore della innovazione tecnologica a basso impatto e della salute delle persone.
9/3513-A/54Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 210 del 2015, C. 3513 Governo, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative» proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il divieto di incroci proprietari, che impedisce ai soggetti che esercitano l'attività televisiva, che conseguono ricavi superiori all'8 per cento del sistema integrato delle comunicazioni, e alle imprese del settore delle comunicazioni elettroniche che detengono una quota superiore al 40 per cento dei ricavi di detto settore, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di quotidiani, esclusi i quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative volte a introdurre nel testo unico dei media audiovisivi una disposizione che renda permanente il divieto di incroci proprietari tra settore televisivo, settore delle comunicazioni elettroniche e imprese editrici di quotidiani.
9/3513-A/55Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 6 dell'articolo 7 del provvedimento in esame differisce il termine, già prorogato, della validità delle autorizzazioni per lo svolgimento dei corsi di formazione per addetti al salvamento acquatico e per il rilascio dei relativi brevetti, di cui all'articolo 15 comma 3-quinquies del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14;
    secondo la relazione illustrativa del provvedimento il differimento del termine già prorogato, scaduto il 30 giugno 2014, si è reso necessario al fine di garantire il completamento dell’iter istruttorio necessario per l'adozione del provvedimento regolamentare come previsto dall'articolo 4 comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15;
    dall'ultima proroga, relativa al 30 giugno 2014, non si ravvedono ulteriori interventi orientati a colmare l'assenza di atti normativi o regolamentari in materia, lasciando così ipotizzare un vero e proprio vuoto legislativo che avrebbe favorito lo sviluppo di un sistema di mercato oligopolistico o comunque non propriamente libero che è stato oggetto di critica anche da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con parere del maggio 2015,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente, senza attendere lo scadere del termine prorogato, il provvedimento regolamentare come previsto dal citato decreto-legge n. 150 del 2013.
9/3513-A/56Nicola Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, del provvedimento in esame reca disposizioni in materia di personale delle pubbliche amministrazioni prevedendo con riferimento ad alcune categorie anche assunzioni a tempo indeterminato;
    la legge 28 dicembre 2015, n. 208, legge di stabilità per il 2016, al comma 227 ha rimodulato le percentuali di turn over per le assunzioni nella pubblica amministrazione;
    in particolare, con riferimento alle regioni e agli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, il comma 228 dell'articolo 1 della legge di stabilità ha operato una drastica riduzione delle aliquote delle percentuali di turn over, da ultimo fissate con il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, per gli anni 2016 e 2017 all'ottanta per cento, e per il 2018 al cento per cento, la legge di stabilità 2016, rideterminando tali aliquote per tutte e tre le annualità al venticinque per cento;
    inoltre, il medesimo comma ha anche cancellato la possibilità, sinora prevista in favore degli enti «virtuosi», di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite del cento per cento della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell'anno precedente;
    la normativa sulle limitazioni alle facoltà assunzionali a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni è stata oggetto negli ultimi anni di molteplici interventi, e soprattutto per quanto attiene alle amministrazioni dello Stato appare alquanto articolata e stratificata, basandosi su un impianto che da un lato ha determinato percentuali minime di reintegrazione dei cessati e, dall'altro, ha progressivamente posticipato l'anno di superamento del regime limitativo delle assunzioni, al contempo prevedendo un maggiore ricorso alle procedure della mobilità;
    nel frattempo, si è accumulato un numero sconcertante di giovani vincitori e idonei di concorsi pubblici, che ad oggi supera i centocinquantamila, che non si vedono riconosciuto il proprio diritto soggettivo all'assunzione dopo aver superato un concorso, e per i quali, anzi, l'immissione nei ruoli continua a rimanere un'effimera chimera;
    occorre prevedere alcune deroghe ai limiti imposti alle nuove assunzioni, in particolar modo con riferimento al personale dei Comuni istituiti a decorrere dall'anno 2011 a seguito di fusioni, delle unioni di comuni, e di Roma Capitale, in ossequio alla sua peculiare natura giuridica, sia per rispettare i diritti dei vincitori e idonei di concorso pubblico, sia al fine di avviare il ricambio generazionale,

impegna il Governo

a valutare l'adozione degli opportuni strumenti normativi per consentire le deroghe di cui in premessa.
9/3513-A/57Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    sono migliaia i possessori di specifiche competenze accertate con concorso pubblico che non sono stati ancora collocati attraverso lo scorrimento delle graduatorie, in attuazione del decreto-legge n. 101 del 2013;
    dopo la collocazione dei vincitori di concorso, meritano tutela giuridica anche le aspettative degli idonei, pertanto, prima di bandire nuovi concorsi, si deve procedere alla loro collocazione con lo scorrimento delle graduatorie in corso di validità;
    ebbene, le pubbliche amministrazioni possono indire procedure concorsuali solo laddove non sia possibile, ricorrere alle procedure di mobilità tra amministrazioni o laddove non esistano altre graduatorie concorsuali relative a professionalità «equivalenti», ferma restando la possibilità – previo accordo – di utilizzare graduatorie già approvate da altre amministrazioni statali o ad ordinamento autonomo;
    anche recentemente, la Corte dei Conti, sezione di controllo dell'Umbria, con delibera n. 149 del 2015 ribadisce che l'utilizzo di graduatorie valide di un'altra amministrazione è la procedura ordinaria, di contro, bandire un nuovo concorso costituisce la deroga. Va da se che nelle pubbliche amministrazioni deve essere privilegiato l'utilizzo delle graduatorie esistenti. Il parere della sezione di controllo della magistratura contabile ha messo, inoltre, in evidenza che questa preferenza si estende anche alle graduatorie concorsuali formate da altre amministrazioni;
    come è noto il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, sospende la validità delle graduatorie fino al 31 dicembre 2016. Si ritiene necessario prorogare tale termine, per dare definitiva collocazione ai tanti concorrenti che da anni sono in attesa dello scorrimento delle graduatorie. Ciò anche al fine di escludere che vengano bandite nuove procedure concorsuali che comporterebbero onerosi costi per le casse dello Stato,

impegna il Governo

ad adottare idonei provvedimenti volti a prorogare ulteriormente il termine previsto rispetto alla validità delle graduatorie, al fine di potere procedere al collocamento degli idonei prima di bandire nuovi concorsi pubblici.
9/3513-A/58Rizzetto.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 11 del provvedimento contiene numerose disposizioni relative ad interventi emergenziali;
    il 10 ottobre 2015 una eccezionale ondata di maltempo si è abbattuta sulla Sicilia sud-orientale, con trombe d'aria, esondazioni, fiumi di fango nelle strade, alberi abbattuti e rilevanti danni alle colture;
    con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali 24 dicembre 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 13 del 18 gennaio 2016 è stata dichiarata l'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi nella provincia di Agrigento per i danni causati alle strutture aziendali, in cui possono trovare applicazione le specifiche misure di intervento previste del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102;
    le imprese agricole hanno 45 giorni di tempo dalla pubblicazione del decreto per presentare domanda di aiuto alla Regione Sicilia, ovvero entro il 3 marzo 2016. La spesa ricade nelle disponibilità del fondo di solidarietà nazionale per l'anno 2016, il cui riparto verrà effettuato entro la fine del corrente anno; nel frattempo la regione, oltre a ricevere e istruire le domande, potrà anticipare le risorse utilizzando, se disponibili, eventuali somme residue di precedenti assegnazioni;
    la stessa regione, sulla base della declaratoria di eccezionalità dell'evento potrà attivare la misura 5.2 del programma di sviluppo regionale Regione Sicilia 2014-2020. Investimenti per il ripristino del potenziale produttivo danneggiato da calamità naturali, avversità climatiche, che prevede un contributo fino al 100 per cento del costo;
    nella relazione tecnica la regione ha anche segnalato i danni alle produzioni agricole, ma tenendo conto delle disposizioni di legge che limitano gli interventi compensativi alle produzioni agricole non assicurabili, non ne ha proposto la declaratoria ai fini dell'attivazione degli interventi compensativi. Per l'attivazione dei suddetti interventi compensativi, a fronte dei danni alle produzioni assicurabili ma non assicurate, è necessario approvare una specifica disposizione di legge,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre disposizioni tramite le quali la Regione Sicilia possa deliberare la proposta di declaratoria di eccezionalità degli eventi, ai sensi dell'articolo 6 comma 1 del decreto legislativo n. 102 del 2004, al fine di consentire alle imprese agricole situate nei territori della Regione Sicilia, danneggiate dalle avversità atmosferiche del 10 ottobre 2015 e che non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi, di accedere agli interventi di sostegno e ripristino evidenziati in premessa.
9/3513-A/59Bosco.


   La Camera,
   permesso che:
    dall'estate del 2015 è in vigore l'obbligo per l'organizzatore di pacchetti turistici (tour operator) e l'intermediario (agenzia di viaggi) di stipulare polizze assicurative o di fornire le garanzie bancarie, ai sensi del comma 1 dell'articolo 50 del codice del turismo, decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, come novellato dall'articolo 9 della legge 29 luglio 2015, n. 115, legge europea 2014;
    tali obblighi sono stati procrastinati dal 1o gennaio 2016 al 30 giugno 2016 dal comma 348 dell'articolo 1 della Legge Stabilità per il 2016;
    i tour operator e le agenzie di viaggi si trovano nell'oggettiva impossibilità di adempiere singolarmente a tale obbligo, a causa dell'assenza di offerta di prodotti assicurativi o finanziari che possano coprire tali tipologie di rischio;
    recentemente l'ANIA ha chiarito trattarsi di rischio d'impresa e in quanto tale non assicurabile sul mercato italiano;
    le associazioni dei tour operator, dichiarandosi disponibili a collaborare con le istituzioni per risolvere le evidenti criticità insite nella norma, ne hanno chiesto un rinvio e, al contempo, si stanno adoperando per identificare soluzioni alternative all'assolvimento dell'obbligo posto a carico delle singole imprese;
    il comma 3 dell'articolo 50 decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 recita: «Gli organizzatori e gli intermediari possono costituirsi in consorzi o altre forme associative idonee a provvedere collettivamente, anche mediante la costituzione di un apposito fondo, per la copertura dei rischi di cui al comma 2»;
    le associazioni di categoria hanno avviato tavoli tecnici, di consultazione e di studio per la costituzione di strumenti alternativi all'attuale Fondo, a beneficio di tutti i propri associati. Il procedimento dovrà consentire un realistico e ordinato passaggio dal regime della garanzia pubblica collettiva a quella privata;
    porre gli operatori turistici in condizione di difficoltà operativa a decorrere dal 1o luglio 2016, significa procurare un danno all'intero comparto turistico nazionale,

impegna il Governo

a costituire un tavolo tecnico con le associazioni dei tour operator e delle agenzie di viaggi, con l'obiettivo di favorite la costituzione dei Fondi collettivi privati di cui al comma 3 dell'articolo 50 decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, prevedendo termini più ampi del 30 giugno 2016 per la loro operativa al fine di consentire la raccolta delle quote necessarie a costituire una adeguata dotazione finanziaria.
9/3513-A/60Pizzolante.


   La Camera,
   permesso che:
    dall'estate del 2015 è in vigore l'obbligo per l'organizzatore di pacchetti turistici (tour operator) e l'intermediario (agenzia di viaggi) di stipulare polizze assicurative o di fornire le garanzie bancarie, ai sensi del comma 1 dell'articolo 50 del codice del turismo, decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, come novellato dall'articolo 9 della legge 29 luglio 2015, n. 115, legge europea 2014;
    tali obblighi sono stati procrastinati dal 1o gennaio 2016 al 30 giugno 2016 dal comma 348 dell'articolo 1 della Legge Stabilità per il 2016;
    i tour operator e le agenzie di viaggi si trovano nell'oggettiva impossibilità di adempiere singolarmente a tale obbligo, a causa dell'assenza di offerta di prodotti assicurativi o finanziari che possano coprire tali tipologie di rischio;
    recentemente l'ANIA ha chiarito trattarsi di rischio d'impresa e in quanto tale non assicurabile sul mercato italiano;
    le associazioni dei tour operator, dichiarandosi disponibili a collaborare con le istituzioni per risolvere le evidenti criticità insite nella norma, ne hanno chiesto un rinvio e, al contempo, si stanno adoperando per identificare soluzioni alternative all'assolvimento dell'obbligo posto a carico delle singole imprese;
    il comma 3 dell'articolo 50 decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 recita: «Gli organizzatori e gli intermediari possono costituirsi in consorzi o altre forme associative idonee a provvedere collettivamente, anche mediante la costituzione di un apposito fondo, per la copertura dei rischi di cui al comma 2»;
    le associazioni di categoria hanno avviato tavoli tecnici, di consultazione e di studio per la costituzione di strumenti alternativi all'attuale Fondo, a beneficio di tutti i propri associati. Il procedimento dovrà consentire un realistico e ordinato passaggio dal regime della garanzia pubblica collettiva a quella privata;
    porre gli operatori turistici in condizione di difficoltà operativa a decorrere dal 1o luglio 2016, significa procurare un danno all'intero comparto turistico nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di costituire un tavolo tecnico con le associazioni dei tour operator e delle agenzie di viaggi, con l'obiettivo di favorite la costituzione dei Fondi collettivi privati di cui al comma 3 dell'articolo 50 decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, prevedendo termini più ampi del 30 giugno 2016 per la loro operativa al fine di consentire la raccolta delle quote necessarie a costituire una adeguata dotazione finanziaria.
9/3513-A/60. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pizzolante.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, all'articolo 29 prevede che le pubbliche amministrazioni acquisiscano la documentazione antimafia relativa alle imprese operanti nei settori a più alto rischio di infiltrazione mafiosa, di cui all'articolo 1, comma 53 della legge n. 190 del 2012, consultando obbligatoriamente gli elenchi, istituiti presso ciascuna Prefettura, delle imprese operanti nei settori suddetti per le quali sia escluso il tentativo di infiltrazione mafiosa (cosiddette white list);
    la normativa sopra richiamata ha previsto un periodo transitorio, non superiore a dodici mesi dall'entrata in vigore del suddetto decreto-legge, in cui le amministrazioni appaltanti possono procedere all'affidamento dei contratti o all'autorizzazione dei subcontratti previo accertamento dell'avvenuta presentazione della domanda di iscrizione nell'elenco prefettizio (salva la rescissione del contratto o la revoca dell'autorizzazione in caso di sopravvenuto diniego di iscrizione);
    il decreto-legge n. 78 del 19 giugno 2015, all'articolo 11-bis, ha prorogato il periodo transitorio fino all'attivazione della Banca dati nazionale unica antimafia, avvenuta il 7 gennaio 2016 in attuazione dell'articolo 99, comma 2-bis, del Codice antimafia;
    continuano a sussistere difficoltà delle Prefetture ad evadere tutte le richieste di iscrizione alle liste prefettizie. I tempi di istruttoria sono, infatti, ancora molto lunghi e lontani dai 90 giorni previsti nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 aprile 2013, contenente le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento delle white list;
    sono numerose le imprese, che hanno presentato istanza di iscrizione prima del 7 gennaio u.s. e sono in attesa dell'iscrizione effettiva nella rispettiva white list;
    a partire dal 7 gennaio 2016, il venir meno della possibilità di equiparare la domanda di iscrizione alle liste prefettizie all'iscrizione effettiva rende impossibile per le imprese che sono in attesa dell'iscrizione alla white list procedere alla stipula dei contratti o subcontratti;
    il termine del periodo transitorio delle white list sta determinando, per le imprese in attesa dell'iscrizione, gravi conseguenze economiche a causa del blocco della loro attività esecutiva, oltre che effetti distorsivi sul regolare funzionamento del mercato in considerazione del vantaggio competitivo in cui si vengono a trovare le poche imprese regolarmente iscritte,

impegna il Governo:

   a prevedere un'ulteriore proroga, fino al 31 dicembre 2016, della disciplina transitoria che consenta di equiparare la domanda di iscrizione alle liste prefettizie all'iscrizione effettiva, anche in considerazione del fatto che l'effettiva operatività della banca dati, nonostante la sua entrata in vigore, richiederà ancora tempi lunghi per completare la fase di popolamento;
   a prevedere un rafforzamento della struttura organizzativa preposta al popolamento della banca dati, al fine, di accelerarne l'implementazione.
9/3513-A/61Tancredi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, all'articolo 29 prevede che le pubbliche amministrazioni acquisiscano la documentazione antimafia relativa alle imprese operanti nei settori a più alto rischio di infiltrazione mafiosa, di cui all'articolo 1, comma 53 della legge n. 190 del 2012, consultando obbligatoriamente gli elenchi, istituiti presso ciascuna Prefettura, delle imprese operanti nei settori suddetti per le quali sia escluso il tentativo di infiltrazione mafiosa (cosiddette white list);
    la normativa sopra richiamata ha previsto un periodo transitorio, non superiore a dodici mesi dall'entrata in vigore del suddetto decreto-legge, in cui le amministrazioni appaltanti possono procedere all'affidamento dei contratti o all'autorizzazione dei subcontratti previo accertamento dell'avvenuta presentazione della domanda di iscrizione nell'elenco prefettizio (salva la rescissione del contratto o la revoca dell'autorizzazione in caso di sopravvenuto diniego di iscrizione);
    il decreto-legge n. 78 del 19 giugno 2015, all'articolo 11-bis, ha prorogato il periodo transitorio fino all'attivazione della Banca dati nazionale unica antimafia, avvenuta il 7 gennaio 2016 in attuazione dell'articolo 99, comma 2-bis, del Codice antimafia;
    continuano a sussistere difficoltà delle Prefetture ad evadere tutte le richieste di iscrizione alle liste prefettizie. I tempi di istruttoria sono, infatti, ancora molto lunghi e lontani dai 90 giorni previsti nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 aprile 2013, contenente le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento delle white list;
    sono numerose le imprese, che hanno presentato istanza di iscrizione prima del 7 gennaio u.s. e sono in attesa dell'iscrizione effettiva nella rispettiva white list;
    a partire dal 7 gennaio 2016, il venir meno della possibilità di equiparare la domanda di iscrizione alle liste prefettizie all'iscrizione effettiva rende impossibile per le imprese che sono in attesa dell'iscrizione alla white list procedere alla stipula dei contratti o subcontratti;
    il termine del periodo transitorio delle white list sta determinando, per le imprese in attesa dell'iscrizione, gravi conseguenze economiche a causa del blocco della loro attività esecutiva, oltre che effetti distorsivi sul regolare funzionamento del mercato in considerazione del vantaggio competitivo in cui si vengono a trovare le poche imprese regolarmente iscritte,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere un'ulteriore proroga, fino al 31 dicembre 2016, della disciplina transitoria che consenta di equiparare la domanda di iscrizione alle liste prefettizie all'iscrizione effettiva, anche in considerazione del fatto che l'effettiva operatività della banca dati, nonostante la sua entrata in vigore, richiederà ancora tempi lunghi per completare la fase di popolamento;
   a valutare l'opportunità di prevedere un rafforzamento della struttura organizzativa preposta al popolamento della banca dati, al fine, di accelerarne l'implementazione.
9/3513-A/61. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tancredi.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito del terremoto del maggio 2012 che ha investito un'ampia porzione del territorio della regione Emilia Romagna e le province di Mantova e Rovigo – nonché dell'alluvione del gennaio 2014 che ha colpito diversi comuni del modenese e del bolognese rientranti nell'area del suddetto cratere sismico – lo Stato ha sospeso il pagamento delle imposte per le imprese danneggiate che ne abbiano fatto richiesta;
    con successivi provvedimenti, al fine di favorire la ricostruzione, si è dapprima data la possibilità alle stesse imprese di contrarre con gli istituti di credito finanziamenti assistiti dallo Stato e, successivamente, ne è stato sospeso e prorogato il pagamento, da ultimo con il decreto-legge n. 74 del 2014 convertito con la legge n. 93 del 2014;
    la prima scadenza per la restituzione del prestito, oggi fissata al 30 giugno del 2016, pur risultando idonea per la più parte delle imprese, non consentirà ad altre di provvedere, essendo ancora impegnate nell'opera di ricostruzione e non avendo ancora ricevuto a tal fine tutte le risorse utili stanziate e spettanti;
    valutata la diversa condizione oggettiva in cui si trovano le imprese che a suo tempo contrassero il finanziamento e volendo assicurare, per quanto possibile, una piena ripresa della produzione e la più efficace tutela dell'occupazione in un territorio così rilevante per la creazione di ricchezza per il Paese (circa il 2 per cento del Pil) e così duramente colpito da una doppia calamità nel giro di 20 mesi,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e dell'Unione europea:
    1) a valutare ogni strada utile per fronteggiare questa esigenza e non abbandonare al proprio destino quella parte di imprese ancora coinvolte nella ricostruzione e nella ripresa della propria attività che non potrebbero far fronte alla scadenza del prossimo giugno;
    2) ad approfondire ulteriormente, nel pieno rispetto dei vincoli comunitari, la possibilità di un'ulteriore proroga e/o dilazione dei pagamenti da parte di queste imprese;
    3) a valutare in sede tecnica la possibilità di concedere (eventualmente col concorso delle regioni coinvolte) la rateizzazione dei pagamenti delle imposte che andranno in scadenza nel 2016 – ai sensi della specifica norma introdotta con la legge si stabilità 2016 per i soggetti colpiti da calamità naturale – per quella parte di imprese che altrimenti non riuscirebbe a provvedere contemporaneamente alla restituzione del prestito contratto e al pagamento delle nuove imposte.
9/3513-A/62Baruffi, Ghizzoni, Carra, Crivellari.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito del terremoto del maggio 2012 che ha investito un'ampia porzione del territorio della regione Emilia Romagna e le province di Mantova e Rovigo – nonché dell'alluvione del gennaio 2014 che ha colpito diversi comuni del modenese e del bolognese rientranti nell'area del suddetto cratere sismico – lo Stato ha sospeso il pagamento delle imposte per le imprese danneggiate che ne abbiano fatto richiesta;
    con successivi provvedimenti, al fine di favorire la ricostruzione, si è dapprima data la possibilità alle stesse imprese di contrarre con gli istituti di credito finanziamenti assistiti dallo Stato e, successivamente, ne è stato sospeso e prorogato il pagamento, da ultimo con il decreto-legge n. 74 del 2014 convertito con la legge n. 93 del 2014;
    la prima scadenza per la restituzione del prestito, oggi fissata al 30 giugno del 2016, pur risultando idonea per la più parte delle imprese, non consentirà ad altre di provvedere, essendo ancora impegnate nell'opera di ricostruzione e non avendo ancora ricevuto a tal fine tutte le risorse utili stanziate e spettanti;
    valutata la diversa condizione oggettiva in cui si trovano le imprese che a suo tempo contrassero il finanziamento e volendo assicurare, per quanto possibile, una piena ripresa della produzione e la più efficace tutela dell'occupazione in un territorio così rilevante per la creazione di ricchezza per il Paese (circa il 2 per cento del Pil) e così duramente colpito da una doppia calamità nel giro di 20 mesi,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e dell'Unione europea:
    1) ad approfondire ulteriormente, nel pieno rispetto dei vincoli comunitari, la possibilità di un'ulteriore proroga e/o dilazione dei pagamenti da parte di queste imprese;
    2) a valutare in sede tecnica la possibilità di concedere (eventualmente col concorso delle regioni coinvolte) la rateizzazione dei pagamenti delle imposte che andranno in scadenza nel 2016 – ai sensi della specifica norma introdotta con la legge si stabilità 2016 per i soggetti colpiti da calamità naturale – per quella parte di imprese che altrimenti non riuscirebbe a provvedere contemporaneamente alla restituzione del prestito contratto e al pagamento delle nuove imposte.
9/3513-A/62. (Testo modificato nel corso della seduta)  Baruffi, Ghizzoni, Carra, Crivellari.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, all'articolo 29 prevede che le pubbliche amministrazioni acquisiscano la documentazione antimafia relativa alle imprese operanti nei settori a più alto rischio di infiltrazione mafiosa, di cui all'articolo 1, comma 53 della legge n. 190/2012, consultando obbligatoriamente gli elenchi, istituiti presso ciascuna Prefettura, delle imprese operanti nei settori suddetti per le quali sia escluso il tentativo di infiltrazione mafiosa (cosiddette white list);
    la normativa sopra richiamata ha previsto un periodo transitorio, non superiore a dodici mesi dall'entrata in vigore del suddetto decreto-legge, in cui le amministrazioni appaltanti possono procedere all'affidamento dei contratti o all'autorizzazione dei subcontratti previo accertamento dell'avvenuta presentazione della domanda di iscrizione nell'elenco prefettizio (salva la rescissione del contratto o la revoca dell'autorizzazione in caso di sopravvenuto diniego di iscrizione);
    il decreto-legge n. 78 del 19 giugno 2015, all'articolo 11-bis, ha prorogato il periodo transitorio fino all'attivazione della Banca dati nazionale unica antimafia, avvenuta il 7 gennaio 2016 in attuazione dell'articolo 99, comma 2-bis, del Codice antimafia;
    continuano a sussistere difficoltà delle Prefetture ad evadere tutte le richieste di iscrizione alle liste prefettizie. I tempi di istruttoria sono, infatti, ancora molto lunghi e lontani dai 90 giorni previsti nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 aprile 2013, contenente le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento delle white list;
    sono numerose le imprese, che hanno presentato istanza di iscrizione prima del 7 gennaio u.s. e sono in attesa dell'iscrizione effettiva nella rispettiva white list;
    a partire dal 7 gennaio 2016, il venir meno della possibilità di equiparare la domanda di iscrizione alle liste prefettizie all'iscrizione effettiva rende impossibile per le imprese che sono in attesa dell'iscrizione alla white list procedere alla stipula dei contratti o subcontratti;
    il termine del periodo transitorio delle white list sta determinando, per le imprese in attesa dell'iscrizione, gravi conseguenze economiche a causa del blocco della loro attività esecutiva, oltre che effetti distorsivi sul regolare funzionamento del mercato in considerazione del vantaggio competitivo in cui si vengono a trovare le poche imprese regolarmente iscritte,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare un provvedimento idoneo a prevedere un'ulteriore proroga, fino al 31 dicembre 2016, della disciplina transitoria che consenta di equiparare la domanda di iscrizione alle liste prefettizie all'iscrizione effettiva, anche in considerazione del fatto che l'effettiva operatività della banca dati, nonostante la sua entrata in vigore, richiederà ancora tempi lunghi per completare la fase di popolamento;
   a valutare l'opportunità di prevedere un rafforzamento della struttura organizzativa preposta al popolamento della banca dati al fine di accelerarne l'implementazione.
9/3513-A/63Matarrese, Vargiu, D'Agostino, Vecchio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 5, del provvedimento in esame proroga sino al 31 dicembre 2016 il termine per l'emanazione del decreto con cui, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 40 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 73 del 2010, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e previa intesa con la Conferenza unificata, adotta disposizioni attuative, tese a impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente, di cui all'articolo 3 della legge quadro 15 gennaio 1992, n. 21;
    come evidenziato nella stessa relazione di accompagnamento al disegno di legge, tale proroga si rende necessaria in quanto «dall'immediata entrata in vigore della normativa introdotta dall'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009 (che ha apportato modifiche sostanziali alla legge quadro n. 21 del 1992, in materia di trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea), scaturirebbero notevoli profili di criticità, sotto il profilo sia costituzionale che europeo»;
    si esplicita, in particolare, che «la predetta disposizione contiene elementi fortemente restrittivi dei principi di libera concorrenza, già rappresentati in sede di conversione del citato decreto-legge ”milleproroghe” del dicembre 2008 presso il Senato della Repubblica dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che evidenziava come le innovazioni normative fossero suscettibili di introdurre numerosi elementi di rigidità nonché limiti aventi una spiccata portata anticoncorrenziale»; in quella sede, la stessa Autorità concludeva auspicando l'introduzione di interventi correttivi delle suddette disposizioni e che «la proroga, pertanto, è necessaria, al fine di evitare l'entrata in vigore di una norma che contiene elementi fortemente restrittivi della concorrenza e di arginare la confusione che deriverebbe dall'applicazione del citato articolo 29, comma 1-quater, nella sua attuale formulazione, con i conseguenti effetti negativi che interesseranno gli enti locali competenti coinvolti nella gestione pratica dei problemi»;
    malgrado quanto sopra esposto, malgrado il contenuto della relazione ai disegni di legge di conversione dei decreti-legge, cosiddetto Milleproroghe, approvati dal Parlamento negli anni precedenti, e malgrado il costante orientamento del Ministero dei trasporti (vedi parere dato dal Direttore Generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 7 settembre 2012 alla Camera di commercio di Frosinone) circa la sospensione e quindi non vigenza del citato articolo 29, comma 1-quater, alcune forze di Polizia locale ne applicano illegittimamente le disposizioni, con gravissimo pregiudizio per la certezza del diritto e per l'attività di trasporto con conducente;
    la problematica è stata recentemente affrontata con l'interrogazione n. 05/06111, in risposta alla quale il Governo, dopo aver ricostruito dettagliatamente la vicenda e ricordato che «già in sede di conversione del predetto decreto-legge n. 207 proprio questa Commissione aveva espresso parere favorevole alla conversione dello stesso ma solo a condizione che venisse soppresso il comma 1-quater dell'articolo 29, che introduceva, appunto, le contestate disposizioni» ha ribadito che l'efficacia delle norme è sospesa e ha evidenziato che tale conclusione è pienamente supportata dall'esame dei lavori,

impegna il Governo:

   a intervenire tempestivamente, anche tramite l'emanazione di apposite circolari emanate dalle strutture centrali e periferiche dei Ministeri competenti, al fine di conformare l'attività di accertamento svolta da tutte le forze di Polizia all'interpretazione fornita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in punto di sospensione e di non vigenza delle norme introdotte dall'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009;
   a inviare istruzioni a tutte le Prefetture, affinché provvedano all'annullamento, in sede di ricorso ex articolo 203 decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dei verbali di accertamento relativi a supposte violazioni delle norme introdotte dall'articolo 29, comma 1-quater del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009.
9/3513-A/64Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, contiene disposizioni di proroghe di termini in materia di pubbliche amministrazioni;
    il comma 236 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 limita, a decorrere dal 2016, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tali risorse, in particolare, non possono superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2015 (ai sensi dell'articolo 9, comma 2-bis, secondo periodo, del decreto-legge n. 78 del 2010), e allo stesso tempo sono automaticamente ridotte in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente;
    l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 chiarisce che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende e amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'ARAN e le Agenzie istituite dal decreto legislativo n. 300 del 1999;
    come noto la sentenza n. 178 del 2015 della Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del regime di sospensione della contrattazione collettiva e del relativo blocco dei trattamenti economici;
    dal contenuto della citata sentenza della Corte costituzionale, fra l'altro, chiamata a pronunciarsi su altre norme che limitavano e riducevano le risorse destinate ai trattamenti economici accessori, nello specifico l'articolo 9 comma 2-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito in legge dall'articolo 1, comma 1, legge 30 luglio 2010 n. 122, si evince che la motivazione per la quale non abbia censurato queste ultime norme sia dovuta al fatto che le stesse avessero cessato la loro efficacia stante la loro vigenza fino al 31 dicembre 2014;
    in sostanza, poiché la riproposizione, con decorrenza 1o gennaio 2016, del limite e delle riduzioni delle risorse destinabili al trattamento accessorio del personale si pone in netta contraddizione con la sopra citata sentenza della Corte costituzionale violandone la sostanza; e poiché la suddetta limitazione, prevista dal novellato comma 11 dell'articolo 16 del disegno di legge n. 2111, annullerebbe delle previsioni contenute nei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro che, a partire dal 1998, hanno previsto la costituzione presso ogni singola Amministrazione di un Fondo per il pagamento del salario accessorio finanziato e alimentato: con quota parte delle risorse destinate ai rinnovi contrattuali; con il recupero sui cessati dal servizio del differenziale retributivo con la fascia retributiva iniziale dell'Area/Categoria professionale; con il recupero sui cessati dal servizio della ex Retribuzione Individuale di Anzianità (R.I.A.);
    la mancata assegnazione delle risorse è contraria alle disposizioni vigenti in materia di trattamento economico del personale delle P.A. che rinviano ai CCNL la quantificazione dei Fondi e che fra l'altro tale nuova normativa avrebbe effetto sulle risorse pregresse e che la riproposizione di limiti e riduzioni delle risorse destinate al trattamento accessorio si pone in contrasto con la sentenza n. 178 del 2015 della Corte costituzionale che impone di «superare i limiti che si frappongono allo svolgimento delle procedure negoziali riguardanti la parte economica» di cui i Fondi destinati al trattamento accessorio sono parte integrante del complessivo trattamento economico,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione gli effetti applicativi derivati dal comma 236 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 in materia di trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, dall'articolo, nonché di assumere ogni iniziativa anche normativa finalizzata a recepire pienamente i contenuti della sentenza n. 178 del 2015 della Corte costituzionale che, come evidenziato in premessa, ha dichiarato l'illegittimità del regime di sospensione della contrattazione collettiva e del relativo blocco dei trattamenti economici.
9/3513-A/65Marcon, Melilla, Quaranta, Costantino, D'Attorre, Fassina, Franco Bordo, Scotto, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, Ferrara, Carlo Galli, Duranti, Piras, Folino, Fratoianni, Zaccagnini, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, contiene disposizioni di proroghe di termini in materia di pubbliche amministrazioni;
    il comma 236 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 limita, a decorrere dal 2016, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tali risorse, in particolare, non possono superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2015 (ai sensi dell'articolo 9, comma 2-bis, secondo periodo, del decreto-legge n. 78 del 2010), e allo stesso tempo sono automaticamente ridotte in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente;
    l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 chiarisce che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende e amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'ARAN e le Agenzie istituite dal decreto legislativo n. 300 del 1999;
    come noto la sentenza n. 178 del 2015 della Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del regime di sospensione della contrattazione collettiva e del relativo blocco dei trattamenti economici;
    dal contenuto della citata sentenza della Corte costituzionale, fra l'altro, chiamata a pronunciarsi su altre norme che limitavano e riducevano le risorse destinate ai trattamenti economici accessori, nello specifico l'articolo 9 comma 2-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito in legge dall'articolo 1, comma 1, legge 30 luglio 2010 n. 122, si evince che la motivazione per la quale non abbia censurato queste ultime norme sia dovuta al fatto che le stesse avessero cessato la loro efficacia stante la loro vigenza fino al 31 dicembre 2014;
    in sostanza, poiché la riproposizione, con decorrenza 1o gennaio 2016, del limite e delle riduzioni delle risorse destinabili al trattamento accessorio del personale si pone in netta contraddizione con la sopra citata sentenza della Corte costituzionale violandone la sostanza; e poiché la suddetta limitazione, prevista dal novellato comma 11 dell'articolo 16 del disegno di legge n. 2111, annullerebbe delle previsioni contenute nei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro che, a partire dal 1998, hanno previsto la costituzione presso ogni singola Amministrazione di un Fondo per il pagamento del salario accessorio finanziato e alimentato: con quota parte delle risorse destinate ai rinnovi contrattuali; con il recupero sui cessati dal servizio del differenziale retributivo con la fascia retributiva iniziale dell'Area/Categoria professionale; con il recupero sui cessati dal servizio della ex Retribuzione Individuale di Anzianità (R.I.A.);
    la mancata assegnazione delle risorse è contraria alle disposizioni vigenti in materia di trattamento economico del personale delle P.A. che rinviano ai CCNL la quantificazione dei Fondi e che fra l'altro tale nuova normativa avrebbe effetto sulle risorse pregresse e che la riproposizione di limiti e riduzioni delle risorse destinate al trattamento accessorio si pone in contrasto con la sentenza n. 178 del 2015 della Corte costituzionale che impone di «superare i limiti che si frappongono allo svolgimento delle procedure negoziali riguardanti la parte economica» di cui i Fondi destinati al trattamento accessorio sono parte integrante del complessivo trattamento economico,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione gli effetti applicativi derivati dal comma 236 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 in materia di trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, dall'articolo, nonché di proseguire nel percorso finalizzato a recepire pienamente i contenuti della sentenza n. 178 del 2015 della Corte costituzionale che, come evidenziato in premessa, ha dichiarato l'illegittimità del regime di sospensione della contrattazione collettiva e del relativo blocco dei trattamenti economici.
9/3513-A/65. (Testo modificato nel corso della seduta)  Marcon, Melilla, Quaranta, Costantino, D'Attorre, Fassina, Franco Bordo, Scotto, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, Ferrara, Carlo Galli, Duranti, Piras, Folino, Fratoianni, Zaccagnini, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il 28 marzo 2014 è stato sottoscritto un accordo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con cui il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si impegnava, al fine di garantire la continuità del servizio di pulizia nelle scuole dei lotti non ancora aggiudicati da Consip nelle regioni Sicilia e Campania, a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri uno schema di decreto-legge recante misure urgenti per l'istruzione che disponesse che le istituzioni scolastiche delle Regioni in questione avrebbero acquisito, a partire dal 1o aprile 2014, i servizi di pulizia rivolgendosi a quegli stessi raggruppamenti di imprese che li avevano assicurati sino al 31 marzo 2014 alle condizioni tecniche del capitolato Consip e a condizioni economiche pari alla media delle aggiudicazioni delle regioni in cui sono attive quelle convenzioni;
    nello stesso accordo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si impegnava, anche al fine di risolvere definitivamente la problematica occupazionale conseguente alla riduzione degli affidamenti derivanti dalle espletate gare Consip e riguardante le lavoratrici e i lavoratori ex LSU e appartenenti ai cosiddetti «appalti storici», ad utilizzare risorse complessive pari a 450 milioni di euro a decorrere dal 1° luglio 2014 e sino al 31 marzo 2016 per lo svolgimento, da parte del personale adibito alla pulizia delle scuole, di ulteriori attività consistenti in interventi di ripristino del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti ad edifici scolastici;
    il decreto-legge n. 58 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 87 del 2014, ha autorizzato le istituzioni scolastiche ed educative nelle regioni in cui non è attiva la convenzione quadro Consip all'acquisto dei servizi di pulizia fino e non oltre il 31 dicembre 2014;
    la delibera del Cipe del 30 giugno 2014 ha sbloccato 110 milioni di euro, da abbinare a 40 milioni di euro in capo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per gli interventi di piccola manutenzione, decoro e ripristino che avrebbero interessato alcune migliaia di plessi scolastici nel corso del 2014;
    la legge n. 190 del 2014 (Legge di stabilità 2015) ha successivamente modificato tale situazione modificando il testo della legge n. 87 del 2014 già citata al fine di ricomprendervi anche il 2015, sino al 31 luglio;
    il decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 117 del 2015 ha poi finalizzato al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili scolastici la somma complessiva, a livello nazionale, di 130 milioni di euro per il periodo intercorrente tra il 1o gennaio 2015 ed il 30 giugno 2015;
    per l'anno 2015-2016, invece, a partire dal 16 luglio 2015 sono entrate in vigore le nuove disposizioni normative contenute nell'articolo 1 comma 174, della legge n. 107 del 2015 con cui si è ulteriormente modificata la legge n. 87 del 2014 prolungando l'autorizzazione per le istituzioni scolastiche ed educative nelle regioni in cui non è attiva la convenzione-quadro Consip all'acquisto dei servizi di pulizia fino a non oltre il 31 luglio 2016 dai raggruppamenti e imprese che li avevano assicurati alla data del 31 marzo 2014;
    il decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 596 del 2015 ha destinato 10 milioni di euro ad interventi di manutenzione e decoro come anticipo del secondo semestre 2015;
    il 15 ottobre 2015 è stata assegnata alle scuole la rata relativa ai 50 milioni di euro ex delibera del Cipe previsti dal decreto-legge n. 154 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2015;
    il 16 dicembre 2015 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha assegnato alle scuole l'ultima rata di 50 milioni relativa al secondo semestre 2015;
    il 30 luglio 2015 è stato sottoscritto con le segreterie nazionali di Cgil, Cisl E Uil e di Filcams Cgil, Fisascat Cisl E Uiltrasporti Uil, in sede di Presidenza del Consiglio dei ministri, unitamente ai Ministeri interessati, un accordo quadro al fine di esaminare le problematiche occupazionali e di reddito concernenti le problematiche dei cosiddetti ex LSU e «appalti storici», in vista della data del 31 marzo 2016;
    in assenza di nuove determinazioni è evidente come, a decorrere dal 1o aprile 2016, termineranno gli stanziamenti finanziari e di conseguenza i lavori di decoro;
    si tratta dell'ennesimo colpo drammatico ai lavoratori e in particolare a quelli del Mezzogiorno e della Campania, già falcidiati dalla crisi economica, in cui le percentuali di disoccupazione (specie femminile e giovanile) sono in costante crescita,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative urgenti, anche attraverso una proroga delle misure del decreto-legge n. 58 del 2014, al fine di salvaguardare il livello occupazionale e il salario dei lavoratori coinvolti nella procedura di licenziamento collettivo, nonché garantire i servizi di pulizia, igiene e decoro alle strutture scolastiche frequentate quotidianamente da una vasta utenza di studenti, personale scolastico e famiglie;
   ad avviare in tempi rapidi il tavolo di concertazione, di cui all'accordo quadro, con tutte le parti sociali interessate, al fine di trovare, per l'oramai annosa vicenda, una definitiva soluzione;
9/3513-A/66Pannarale, Giancarlo Giordano, Carlo Galli, Scotto, Marcon, Melilla, Paglia, Quaranta, Placido, Zaratti, Pellegrino, Nicchi, Costantino, Duranti, Gregori, Ricciatti, Airaudo, D'Attorre, Fassina, Franco Bordo, Fava, Ferrara, Piras, Folino, Fratoianni, Zaccagnini, Daniele Farina, Kronbichler, Palazzotto, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    il 28 marzo 2014 è stato sottoscritto un accordo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con cui il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si impegnava, al fine di garantire la continuità del servizio di pulizia nelle scuole dei lotti non ancora aggiudicati da Consip nelle regioni Sicilia e Campania, a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri uno schema di decreto-legge recante misure urgenti per l'istruzione che disponesse che le istituzioni scolastiche delle Regioni in questione avrebbero acquisito, a partire dal 1o aprile 2014, i servizi di pulizia rivolgendosi a quegli stessi raggruppamenti di imprese che li avevano assicurati sino al 31 marzo 2014 alle condizioni tecniche del capitolato Consip e a condizioni economiche pari alla media delle aggiudicazioni delle regioni in cui sono attive quelle convenzioni;
    nello stesso accordo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si impegnava, anche al fine di risolvere definitivamente la problematica occupazionale conseguente alla riduzione degli affidamenti derivanti dalle espletate gare Consip e riguardante le lavoratrici e i lavoratori ex LSU e appartenenti ai cosiddetti «appalti storici», ad utilizzare risorse complessive pari a 450 milioni di euro a decorrere dal 1° luglio 2014 e sino al 31 marzo 2016 per lo svolgimento, da parte del personale adibito alla pulizia delle scuole, di ulteriori attività consistenti in interventi di ripristino del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti ad edifici scolastici;
    il decreto-legge n. 58 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 87 del 2014, ha autorizzato le istituzioni scolastiche ed educative nelle regioni in cui non è attiva la convenzione quadro Consip all'acquisto dei servizi di pulizia fino e non oltre il 31 dicembre 2014;
    la delibera del Cipe del 30 giugno 2014 ha sbloccato 110 milioni di euro, da abbinare a 40 milioni di euro in capo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per gli interventi di piccola manutenzione, decoro e ripristino che avrebbero interessato alcune migliaia di plessi scolastici nel corso del 2014;
    la legge n. 190 del 2014 (Legge di stabilità 2015) ha successivamente modificato tale situazione modificando il testo della legge n. 87 del 2014 già citata al fine di ricomprendervi anche il 2015, sino al 31 luglio;
    il decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 117 del 2015 ha poi finalizzato al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili scolastici la somma complessiva, a livello nazionale, di 130 milioni di euro per il periodo intercorrente tra il 1o gennaio 2015 ed il 30 giugno 2015;
    per l'anno 2015-2016, invece, a partire dal 16 luglio 2015 sono entrate in vigore le nuove disposizioni normative contenute nell'articolo 1 comma 174, della legge n. 107 del 2015 con cui si è ulteriormente modificata la legge n. 87 del 2014 prolungando l'autorizzazione per le istituzioni scolastiche ed educative nelle regioni in cui non è attiva la convenzione-quadro Consip all'acquisto dei servizi di pulizia fino a non oltre il 31 luglio 2016 dai raggruppamenti e imprese che li avevano assicurati alla data del 31 marzo 2014;
    il decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 596 del 2015 ha destinato 10 milioni di euro ad interventi di manutenzione e decoro come anticipo del secondo semestre 2015;
    il 15 ottobre 2015 è stata assegnata alle scuole la rata relativa ai 50 milioni di euro ex delibera del Cipe previsti dal decreto-legge n. 154 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2015;
    il 16 dicembre 2015 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha assegnato alle scuole l'ultima rata di 50 milioni relativa al secondo semestre 2015;
    il 30 luglio 2015 è stato sottoscritto con le segreterie nazionali di Cgil, Cisl E Uil e di Filcams Cgil, Fisascat Cisl E Uiltrasporti Uil, in sede di Presidenza del Consiglio dei ministri, unitamente ai Ministeri interessati, un accordo quadro al fine di esaminare le problematiche occupazionali e di reddito concernenti le problematiche dei cosiddetti ex LSU e «appalti storici», in vista della data del 31 marzo 2016;
    in assenza di nuove determinazioni è evidente come, a decorrere dal 1o aprile 2016, termineranno gli stanziamenti finanziari e di conseguenza i lavori di decoro;
    si tratta dell'ennesimo colpo drammatico ai lavoratori e in particolare a quelli del Mezzogiorno e della Campania, già falcidiati dalla crisi economica, in cui le percentuali di disoccupazione (specie femminile e giovanile) sono in costante crescita,

impegna il Governo:

   ad esaminare le problematiche occupazionali e di reddito dei cosiddetti ex lavoratori socialmente utili della scuola nonché le problematiche relative ai servizi di pulizia, igiene e decoro alle strutture scolastiche frequentate quotidianamente da una vasta utenza di studenti, personale scolastico e famiglie;
   ad avviare in tempi rapidi il tavolo di concertazione, di cui all'accordo quadro, con tutte le parti sociali interessate, al fine di trovare, per l'oramai annosa vicenda, una definitiva soluzione;
9/3513-A/66. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pannarale, Giancarlo Giordano, Carlo Galli, Scotto, Marcon, Melilla, Paglia, Quaranta, Placido, Zaratti, Pellegrino, Nicchi, Costantino, Duranti, Gregori, Ricciatti, Airaudo, D'Attorre, Fassina, Franco Bordo, Fava, Ferrara, Piras, Folino, Fratoianni, Zaccagnini, Daniele Farina, Kronbichler, Palazzotto, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    la vigenza del regime sperimentale di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243 (c.d. «Opzione Donna»), è scaduta, dopo 11 anni di operatività, il 31 dicembre 2015; con la previsione di cui all'articolo 1, comma 281 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per l'anno 2016) il Governo è intervenuto al fine superare quel vulnus venutosi a generare dopo che l'INPS con un'interpretazione restrittiva e penalizzante della Legge Fornero, aveva applicato al predetto regime opzionale la norma sull'adeguamento dei requisiti agli incrementi della speranza di vita, ritenendo pertanto la data del 31 dicembre 2015 come ultimo termine valido entro il quale si dovesse maturare la decorrenza della prestazione e lasciando in tal modo fuori dal suo ambito di vigenza tutte le aspiranti lavoratrici la cui finestra mobile per l'accesso al trattamento previdenziale opzionale, nonostante avessero maturato i requisiti (sia anagrafici che contributivi) entro quella data, si apriva successivamente;
    d'altra parte il Governo e lo stesso Parlamento, in sede di approvazione del suddetto comma 281 non hanno rimediato all'errore commesso dal Governo in sede di presentazione della legge di stabilità 2016 al Senato che, lasciava fuori dal suddetto termine del 31 dicembre 2015, e quindi dal regime opzionale, le nate nell'ultimo trimestre del 1958, se lavoratrici dipendenti, e tutte le nate nell'ultimo trimestre del 1957, se lavoratrici autonome. Il nuovo testo dell'articolo 1, comma 281 della legge n. 208 del 2015 contiene infatti ancora il riferimento agli adeguamenti agli incrementi della speranza di vita e il riferimento alle finestre mobili di 12 e 18 mesi, lasciando così fuori dal beneficio della sperimentazione appunto le suddette platee;
    il medesimo comma 281, secondo periodo, ha aperto alla possibilità di proseguire la sperimentazione oltre il 2015 ma solo nell'eventualità che dovessero residuare fondi dalle risorse stanziate nella medesima legge di stabilità per tale scopo, grazie ad un monitoraggio delle spese sulla base del quale il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 30 settembre di ogni anno, deve trasmettere alle Camere una relazione sull'attuazione della sperimentazione, con particolare riferimento al numero delle lavoratrici interessate e agli oneri previdenziali conseguenti,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative atte a superare la discriminazione determinata dall'applicazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 281 della legge n. 208 del 2015, nei confronti delle lavoratrici nate nell'ultimo trimestre del 1958, se lavoratrici dipendenti, e tutte le nate nell'ultimo trimestre del 1957, se lavoratrici autonome;
   a prorogare il regime di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243 di ulteriori tre anni, stabilendo quale ultimo termine valido entro il quale si dovesse maturare la decorrenza della relativa prestazione previdenziale, il 31 dicembre 2018.
9/3513-A/67Nicchi, Scotto, Costantino, Duranti, Gregori, Pannarale, Pellegrino, Ricciatti, Placido, Airaudo, Melilla, Marcon, Quaranta, D'Attorre, Fassina, Franco Bordo, Fava, Ferrara, Carlo Galli, Piras, Folino, Fratoianni, Zaccagnini, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Paglia, Palazzotto, Sannicandro, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 4 del provvedimento in esame proroga al 31 dicembre 2016 il termine di attuazione delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica;
    il gruppo parlamentare Sinistra Italiana durante l'esame in sede referente ha proposto degli emendamenti finalizzati a sopprimere detta disposizione o in alternativa a proporre che l'adeguamento venga completato almeno entro il 31 luglio 2016 anziché entro il 31 dicembre 2016;
    si evidenzia che proprio in materia di antincendio, come ben evidenziato dalla stampa nazionale e locale, la scuola italiana vive in una situazione di emergenza cronica, tanto è vero che secondo l'ultimo rapporto dell'associazione Save the Children, il 54 per cento degli istituti scolastici non rispetterebbe neanche la normativa attualmente vigente, mentre per l'associazione Legambiente la percentuale di strutture prive di certificato di prevenzione salirebbe addirittura al 60 per cento,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione l'opportunità di porre in essere ogni iniziativa anche normativa finalizzata a fissare quantomeno al 31 luglio 2016 il termine di attuazione delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica disposto dall'articolo 4 del provvedimento in esame.
9/3513-A/68Melilla, Marcon, Quaranta, Costantino, D'Attorre, Fassina, Franco Bordo, Scotto, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, Ferrara, Duranti, Carlo Galli, Piras, Folino, Fratoianni, Zaccagnini, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 4 del provvedimento in esame proroga al 31 dicembre 2016 il termine di attuazione delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica;
    il gruppo parlamentare Sinistra Italiana durante l'esame in sede referente ha proposto degli emendamenti finalizzati a sopprimere detta disposizione o in alternativa a proporre che l'adeguamento venga completato almeno entro il 31 luglio 2016 anziché entro il 31 dicembre 2016;
    si evidenzia che proprio in materia di antincendio, come ben evidenziato dalla stampa nazionale e locale, la scuola italiana vive in una situazione di emergenza cronica, tanto è vero che secondo l'ultimo rapporto dell'associazione Save the Children, il 54 per cento degli istituti scolastici non rispetterebbe neanche la normativa attualmente vigente, mentre per l'associazione Legambiente la percentuale di strutture prive di certificato di prevenzione salirebbe addirittura al 60 per cento,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione la possibilità di porre in essere ogni iniziativa anche normativa finalizzata a fissare quantomeno al 31 luglio 2016 il termine di attuazione delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica disposto dall'articolo 4 del provvedimento in esame.
9/3513-A/68. (Testo modificato nel corso della seduta)  Melilla, Marcon, Quaranta, Costantino, D'Attorre, Fassina, Franco Bordo, Scotto, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, Ferrara, Duranti, Carlo Galli, Piras, Folino, Fratoianni, Zaccagnini, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 9 del 2007, con l'obiettivo di contenere il disagio abitativo presente soprattutto nei comuni metropolitani, ha sospeso le procedure esecutive di sfratto per finita locazione nei confronti di nuclei familiari in possesso dei seguenti requisiti: reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27 mila euro; che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, purché non in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza;
    negli anni successivi, a seguito della perdurante emergenza abitativa e dell'incapacità di trovare risposte soddisfacenti al diritto all'abitare, si è sempre provveduto a prorogare le suddette procedure esecutive di sfratto per finita locazione;
    è il secondo anno che il Governo in carica, nonostante l'emergenza abitativa sempre più acuta, ha deciso di continuare a non prorogare il blocco degli sfratti;
    in occasione del decreto-legge di proroga termini dello scorso anno, a giustificazione del fatto che il provvedimento non contenesse la proroga annuale del blocco degli sfratti, ma solamente 4 mesi di tempo per l'inquilino sotto sfratto esecutivo per ricorrere al giudice e chiedere la possibilità di una sospensione, l'allora Ministro Lupi spiegava che le misure e le risorse finanziarie previste dal Governo, sarebbero state sufficienti per affrontare e risolvere il problema casa per le famiglie prive di abitazione e sotto sfratto;
    questo non è avvenuto, la crisi abitativa continua, e Governo, regioni e comuni non sono in grado di fornire una alternativa abitativa e il conseguente passaggio da casa a casa ai tantissimi nuclei familiari interessati,

impegna il Governo:

   a prevedere la temporanea sospensione delle procedure esecutive di sfratto per finita locazione nei confronti di nuclei familiari individuati dalla legge n. 9 del 2007, anche al fine di garantire effettivamente il passaggio da casa a casa delle famiglie interessate;
   a estendere la normativa sulla sospensione degli sfratti per finita locazione, anche per i soggetti con sentenza di sfratto per morosità incolpevole, come definita dal decreto del Ministero delle Infrastrutture del 14 maggio 2014.
9/3513-A/69Zaratti, Pellegrino, Costantino, Scotto, Melilla, Marcon, Quaranta, D'Attorre, Fassina, Franco Bordo, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, Ferrara, Duranti, Carlo Galli, Piras, Folino, Fratoianni, Zaccagnini, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 9 del 2007, con l'obiettivo di contenere il disagio abitativo presente soprattutto nei comuni metropolitani, ha sospeso le procedure esecutive di sfratto per finita locazione nei confronti di nuclei familiari in possesso dei seguenti requisiti: reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27 mila euro; che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, purché non in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza;
    negli anni successivi, a seguito della perdurante emergenza abitativa e dell'incapacità di trovare risposte soddisfacenti al diritto all'abitare, si è sempre provveduto a prorogare le suddette procedure esecutive di sfratto per finita locazione;
    è il secondo anno che il Governo in carica, nonostante l'emergenza abitativa sempre più acuta, ha deciso di continuare a non prorogare il blocco degli sfratti;
    in occasione del decreto-legge di proroga termini dello scorso anno, a giustificazione del fatto che il provvedimento non contenesse la proroga annuale del blocco degli sfratti, ma solamente 4 mesi di tempo per l'inquilino sotto sfratto esecutivo per ricorrere al giudice e chiedere la possibilità di una sospensione, l'allora Ministro Lupi spiegava che le misure e le risorse finanziarie previste dal Governo, sarebbero state sufficienti per affrontare e risolvere il problema casa per le famiglie prive di abitazione e sotto sfratto;
    questo non è avvenuto, la crisi abitativa continua, e Governo, regioni e comuni non sono in grado di fornire una alternativa abitativa e il conseguente passaggio da casa a casa ai tantissimi nuclei familiari interessati,

impegna il Governo

a estendere la normativa sulla sospensione degli sfratti per finita locazione, anche per i soggetti con sentenza di sfratto per morosità incolpevole, come definita dal decreto del Ministero delle Infrastrutture del 14 maggio 2014.
9/3513-A/69. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zaratti, Pellegrino, Costantino, Scotto, Melilla, Marcon, Quaranta, D'Attorre, Fassina, Franco Bordo, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, Ferrara, Duranti, Carlo Galli, Piras, Folino, Fratoianni, Zaccagnini, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    la perdurante crisi economica e sociale sta aggravando sempre di più la crisi abitativa. Una situazione di vero allarme sociale che riguarda tutto il Paese, anche se con situazioni di vera e propria emergenza per le grandi aree urbane;
    aumentano le famiglie e le fasce di popolazione che non riescono ad accedere al bene casa. Negli ultimi 10 anni infatti il numero di dette famiglie è cresciuto a un tasso tre volte superiore alla crescita della popolazione;
    come evidenziato dalla recente indagine realizzata da Nomisma in collaborazione con Federcasa, solo 700 mila famiglie italiane, cioè circa un terzo di quelle che si trovano in condizione di disagio abitativo, ha accesso a una casa popolare. Al di fuori dell'edilizia residenziale pubblica esiste un disagio economico che ha coinvolto nel 2014, ben 1,7 milioni di nuclei familiari in affitto. Famiglie che, versando oggi in una condizione di disagio abitativo, e che corrono un concreto rischio di scivolamento verso forme di morosità e di possibile marginalizzazione sociale. A fronte della portata del problema le risposte pubbliche, evidenziano gli analisti di Nomisma e Federcasa, «sono state fino qui complessivamente inadeguate»;
    anche a fronte di questa situazione si confermano del tutto insufficienti le risorse stanziate dal decreto-legge n. 47 del 2014 a favore del Programma di recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica;
    come ha confermato il Sottosegretario rispondendo il 29 ottobre 2015, a una interrogazione del Gruppo SI-SEL della Camera, «i fondi attualmente disponibili renderanno possibile intervenire su circa 4400 alloggi con interventi di lievi entità e su oltre 18.000 alloggi con interventi di ripristino di alloggi di risulta e di manutenzione straordinaria. Ciò posto, è intenzione del MIT rafforzare l'intervento sull'edilizia residenziale pubblica con il rifinanziamento del programma di recupero mediante il reperimento di nuove risorse.»;
    il Governo peraltro, nonostante l'emergenza abitativa, e le categorie di cittadini coinvolti, che sono le più deboli ed esposte, ha deciso di non rifinanziare il Fondo locazioni, né di prorogare il blocco degli sfratti, né di aumentare le risorse a favore del Fondo morosità incolpevole e provvedendo a superare le criticità legate all'utilizzo di questo fondo; il Governo da quest'anno ha deciso di non rifinanziare più il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (istituito dalla legge n. 431 del 1998), uno degli strumenti più importanti a favore degli enti locali per sostenere le famiglie più svantaggiate e per contrastare il disagio abitativo;
    ricordiamo che detto Fondo, consente una integrazione economica per quella famiglie con redditi bassi. Attraverso questo fondo, i comuni erogano i contributi direttamente alle famiglie disagiate per poter pagare canoni spesso incompatibili con il reddito percepito; peraltro, oltre ad essere stato azzerato, questo Fondo ha mostrato in questi anni delle difficoltà di utilizzo delle risorse assegnate;
    il 21 gennaio 2016, in risposta in Commissione Ambiente all'interrogazione 5-07463 a prima firma Zaratti, il Sottosegretario alle Infrastrutture ha risposto, riguardo proprio al Fondo locazioni, che «al 30 aprile 2015, il monitoraggio mostra che sulla disponibilità complessiva per il biennio 2014-2015, pari ad oltre 324 milioni di euro (di cui 200 statali);
    le risorse assegnate dalle regioni ai comuni ammontano a 93,7 milioni di euro e quelle effettivamente trasferite dalle stesse a circa 75 milioni», evidenziando così delle forti criticità nell'effettiva capacità di utilizzo del medesimo Fondo,

impegna il Governo:

   a rifinanziare il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione istituito dalla legge n. 431 del 1998, attualmente azzerato;
   a stanziare maggiori risorse finanziarie, attualmente del tutto insufficienti, volte a favorire la manutenzione e il recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica.
9/3513-A/70Scotto, Zaratti, Melilla, Fassina, Marcon, Quaranta, Costantino, D'Attorre, Franco Bordo, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, Ferrara, Duranti, Carlo Galli, Piras, Folino, Fratoianni, Zaccagnini, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, contiene disposizioni di proroghe di termini nell'ambito del settore trasporti, anche con particolare riferimento al trasporto pubblico locale;
    appare opportuno sostenere iniziative volte a portare in detrazione le spese sostenute per l'acquisto dell'abbonamento annuale ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale;
    si tratta di uno strumento che si è rivelato utile in passato e che contribuisce a incentivare il trasporto pubblico locale e la riduzione progressiva del trasporto privato, a tutto vantaggio di una mobilità alternativa più sostenibile, con evidenti effetti positivi in termini di riduzione delle emissioni dei gas inquinanti, soprattutto nelle aree urbane più grandi e maggiormente inquinate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre apposite misure normative volte alla proroga, per gli anni 2016, 2017 e 2018, di quanto disposto all'articolo 1, comma 309 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in materia di agevolazioni legate agli abbonamenti per il trasporto pubblico locale.
9/3513-A/71Franco Bordo, Fassina, Scotto, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, D'Attorre, Ferrara, Marcon, Carlo Galli, Duranti, Piras, Folino, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Zaccagnini, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2, articolo 8 del provvedimento in esame, proroga di un anno, ossia all'1 gennaio 2017, il termine a decorrere dal quale alcuni «vecchi» grandi impianti di combustione, devono rispettare i nuovi e più severi limiti di emissione previsti dalla direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali. La proroga riguarda quei vecchi impianti per cui il Codice dell'ambiente ha previsto specifiche deroghe, e a condizione che siano state presentate le relative istanze di deroga;
    la suddetta proroga di termini, ha quindi a che fare con la concessione di una ulteriore e rinnovata deroga per alcuni degli impianti industriali più inquinanti dall'obbligo di rispettare i limiti di emissione di inquinanti stabiliti dalla normativa europea;
    i ritardi nei procedimenti autorizzatori, e che sono alla base di questa proroga termini, non possono comunque giustificare il dannoso protrarsi di una deroga al rispetto dei limiti alle emissioni inquinanti;
    giova ricordare che l'inquinamento atmosferico esterno, formato da combustioni da emissioni industriali, traffico e riscaldamento, è classificato nel Gruppo 1, cioè cancerogeno per l'uomo: come il cloruro di vinile, la formaldeide, l'amianto, il benzene, le radiazioni ionizzanti,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative di carattere normativo per ridurre la durata della suddetta proroga, e comunque a non disporre più alcun differimento dei termini, al fine di garantire il rispetto dei nuovi limiti di emissione a .tutti i grandi impianti di combustione.
9/3513-A/72Pellegrino, Zaratti, D'Attorre, Marcon, Melilla, Quaranta, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Sannicandro, Franco Bordo, Fassina, Scotto, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, Ferrara, Carlo Galli, Duranti, Piras, Folino, Fratoianni, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 101 del 2013 (cosiddetto decreto D'Alia) all'articolo 4, comma 4, facendo proprie le numerose sentenze giurisprudenziali in favore di tutti gli idonei di concorso pubblico, anche al fine di contenere la spesa per le strutture amministrative e di razionalizzare l'uso delle risorse umane ed economiche in ossequio al principio del buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione, e preso soprattutto atto della imminente scadenza di centinaia di graduatorie, ne aveva prorogato l'efficacia sino a tutto il 2016. Lo stesso decreto ha inoltre il merito di riconoscere agli idonei in graduatoria di essere assunti prima dell'avvio di nuove procedure concorsuali, equiparandoli così, di fatto, ai vincitori;
    al 28 gennaio 2016 la rilevazione (consultabile sul sito istituzionale) avviata dal Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio sulla base delle previsioni di cui all'articolo 4, comma 5, del citato decreto-legge D'Alia, che obbliga tutte la pubbliche amministrazioni a comunicare lo stato delle proprie graduatorie ancora aperte e vigenti, restituisce i seguenti dati: su un totale di 4.073 enti registrati, 16.338 graduatorie e 39.023 posti banditi, i vincitori che risultano assunti sono pari a 33.864, gli idonei che risultano assunti sono pari a 39.417, i vincitori ancora da assumere risultano 4.471, mentre gli idonei ancora da assumere risultano 151.473. Quest'ultimo è un dato macroscopico e peraltro sottostimato visto che non tutte le amministrazioni obbligate hanno effettivamente partecipato al censimento;
    la suddetta macroscopica ipertrofia del numero degli idonei che, unito a quello dei vincitori di concorso non ancora assunti e a quello degli occupanti le graduatorie di amministrazioni che non hanno ancora comunicato al Dipartimento della funzione pubblica l'andamento delle stesse, potrebbe superare quota 160.000, è stata frutto di una concausa di eventi: da un lato il reiterato protrarsi negli anni di una disciplina vincolistica che, complice la crisi finanziaria, ha imposto di contenere la spesa per il personale entro un certo tetto e di limitare le nuove assunzioni alla parziale reintegrazione dei cessati (cosiddetta turn over), dall'altro la violazione da parte del legislatore di quanto previsto dal già richiamato articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 101 del 2013, secondo il quale tutti i posti che a partire dall'entrata in vigore dello stesso si fossero resi fisiologicamente vacanti dovevano essere coperti attingendo, grazie allo scorrimento, dalla specifica graduatoria già formata e vigente per il medesimo profilo professionale;
    con la recente sentenza n. 280 del 2016 la sezione Lavoro della Corte di cassazione, dimostrando molta attenzione verso tutte le graduatorie valide fino al 31 dicembre 2016, con riferimento alla questione della compresenza di più graduatorie valide per il medesimo profilo, ha dichiarato che in linea con i principi di correttezza e buona fede, imparzialità e buon andamento previsti dall'articolo 97 della Costituzione, le pubbliche amministrazioni debbano ricorrere al criterio cronologico, e procedere allo scorrimento della graduatoria di data anteriore in quanto destinata a scadere per prima, criterio che potrà essere derogato solo in presenza di «circostanze di fatto o ragioni di interesse pubblico prevalenti», come del resto affermato in più occasioni anche dalla giustizia amministrativa;
    pertanto alla luce della suddetta sentenza sono da considerare viziate da eccesso di potere tutte le condotte della pubblica amministrazione difformi a tale criterio, perché prive della motivazione necessaria a spiegare le ragioni per cui la stessa ha ritenuto di non privilegiare il criterio cronologico nell'uso delle graduatorie a scorrimento, anche in quanto lesive e limitative di posizioni di diritto soggettivo (il diritto allo «scorrimento prioritario») sul quale invece potevano fare legittimo affidamento in qualità di idonei tutti coloro che risultavano inseriti nella graduatoria più datata. Ne deriva che la condotta lesiva da parte della PA protrattasi nel tempo sarebbe configurabile, per la Cassazione, come inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre un danno risarcibile;
    quanto premesso fa presagire un aumento esponenziale del contenzioso nei confronti della PA, con inimmaginabili ripercussioni sul bilancio statale qualora la stessa dovesse soccombervi;
    il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, strettamente legato, con rapporto di tipo strumentale, alle regole del concorso pubblico, oltre a rappresentare il vero cardine della vita amministrativa è precondizione, in quanto fonte di tutela di tutte le posizioni acquisite, per un ordinato svolgimento della vita sociale;
    la proroga di un ulteriore anno del termine di cui all'articolo 4, comma 4 del decreto-legge n. 101 del 2013, oltre a consentire a tutte le pubbliche amministrazioni di soddisfare i propri fabbisogni di organico, sarebbe un atto di giustizia, un segnale di rispetto per quei tanti italiani, la maggior parte giovani, che da anni attendono una collocazione dopo aver meritoriamente sostenuto e superato un concorso pubblico,

impegna il Governo

a prorogare al 31 dicembre 2017 il termine di cui all'articolo 4, comma 4 del decreto-legge n. 101 del 2013.
9/3513-A/73Paglia, Placido, Airaudo, Scotto, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Melilla, Nicchi, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, contiene disposizioni di proroghe di termini in materia di pubbliche amministrazioni;
    il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), istituito nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora, Miur) dall'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge n. 537 del 1993, è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale – destinata a confluire nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (articolo 1, comma 870 del 2006) e della spesa per le attività sportive universitarie,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa anche normativa finalizzata a far si che nell'ambito dei criteri di ripartizione del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) stabiliti dall'articolo 1 commi da 747 a 749 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità per il 2016) agli atenei e alle università con sede nel territorio della regione Sardegna il medesimo finanziamento erogato nell'anno 2015 venga prorogato anche per l'anno 2016.
9/3513-A/74Piras, Melilla, Marcon, Quaranta, Costantino, D'Attorre, Pannarale.


   La Camera,
   premesso che:
    ad oltre sedici anni dal varo della legge 21 dicembre 1999, n. 508 («Riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati»), non è stato ancora del tutto completato l’iter attuativo della stessa, se non per gli aspetti in materia di autonomia statutaria e didattica per i quali è stato previsto che entro l'anno 2010 tutti gli ex istituti musicali pareggiati (IMP) si dotassero di nuovo statuto e di tutti gli organi di governo previsti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003, al fine di portare a compimento il processo di trasformazione del loro ordinamento didattico;
    pertanto oramai, anche grazie all'entrata in vigore dello spazio comune europeo dell'istruzione universitaria, gli ex istituti musicali pareggiati sono a tutti gli effetti equiparati ai conservatori statali italiani, essendo confluiti nell'unica tipologia degli istituti superiori di studi musicali, e, senza alcuna distinzione tra statali e non statali, sono stati pienamente integrati nel circuito universitario europeo;
    nonostante ciò, a causa dell'incredibile ritardo nell'attuazione della riforma, la maggior parte degli Istituti musicali pareggiati versa ancora oggi in gravissime difficoltà finanziarie che hanno richiesto negli ultimi anni continui e temporanei interventi, anche di natura economica, che non si sono però rivelati capaci di risolvere alla radice il problema della mancata adozione dei regolamenti di cui all'articolo 2, comma 7, della legge 21 dicembre 1999, n. 508 e solo parzialmente risarcitori. Tra questi vale la pena di menzionare l'intervento di cui all'articolo 19, comma 4, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, (Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca), che, al fine di rimediare alle gravi difficoltà finanziarie e «nelle more di un processo di razionalizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali ex pareggiati nell'ambito del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica», ha riconosciuto agli Imp un modestissimo finanziamento, limitato al solo anno 2014, e le disposizioni di cui ai commi 53 e 54 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti) che hanno prorogato i finanziamenti tampone agli anni 2015 e 2016;
    ciò nonostante alcuni dei suddetti istituti superiori di studi musicali hanno dovuto di fatto ridurre e/o interrompere la propria attività, ricorrendo anche a scelte estreme come quella della chiusura dall'istituto «Pergolesi» di Ancona o quella dell'avvio della mobilità per il personale dell'istituto «Paisiello» di Taranto e che ha peraltro penalizzato pesantemente anche i lavoratori della Società «Taranto Isolaverde Spa»;
    l'istituto superiore di studi musicali «Giovanni Paisiello» di Taranto è uno dei più prestigiosi enti musicali del Paese che, vantando una tradizione che risale al 1927 anno della sua fondazione, rappresenta oggi la più antica scuola per la formazione musicale attiva, della regione Puglia, e ai sensi dell'articolo 2, comma 2 della richiamata legge 21 dicembre 1999, n. 508 è inserito nell'ambito del sistema dell'Afam (alta formazione artistica e musicale) del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    sin dall'anno 1945 lo stesso istituto è finanziato dall'ente provincia di Taranto e rappresenta il naturale punto di riferimento del sistema della formazione artistica anche dei territori limitrofi, accogliendo anche allievi che provengono dalle vicine regioni Basilicata e Calabria, ragion per cui attualmente ospita oltre 500 alunni, circa settanta docenti, circa settanta e dieci lavoratori amministrativi che appartengono all'amministrazione provinciale locale;
    nell'anno 2013 la provincia di Taranto aveva già rappresentato, anche a causa delle difficoltà economiche derivanti dalla riduzione dei finanziamenti agli enti locali, l'impossibilità di continuare a farsi ulteriormente carico degli oneri economici relativi al funzionamento dell'istituto e aveva formalmente deliberato la richiesta di statizzazione dell'istituto «Giovanni Paisiello» ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della citata legge n. 508 del 1999;
    la normativa vigente in realtà già contempla la possibilità di una statizzazione degli ex IMP senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, ma, fino ad oggi, il processo non è pervenuto a compimento, restando così ancora disatteso quanto previsto all'articolo 2, comma 8, lettera e), della citata riforma, che espressamente reca: «la possibilità di prevedere, contestualmente alla riorganizzazione delle strutture e dei corsi esistenti e, comunque, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, una graduale statizzazione, su richiesta, degli attuali istituti musicali pareggiati e delle Accademie di belle arti legalmente riconosciute, nonché istituzione di nuovi musei e riordino di musei esistenti, di collezioni e biblioteche, ivi comprese quelle musicali, degli archivi sonori, nonché delle strutture necessarie alla ricerca e alle produzioni artistiche»;
    già in sede di approvazione della legge di conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali era stato approvato l'ordine del giorno n. 9/3262/14 che impegnava il Governo a definire e completare entro il 31 dicembre 2016 il processo di razionalizzazione e statizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali ex pareggiati nell'ambito del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, ma fondato è il timore che l'esiguo intervallo di tempo rimasto ne vanifichi il vigore,

impegna il Governo:

   ad ottemperare a quanto previsto dall'ordine del giorno n. 9/3262/14, avviando immediatamente il processo di razionalizzazione e statizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali ex pareggiati nell'ambito del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, al fine di garantirne il completamento entro il 31 dicembre 2016;
   a prorogare a tutto l'anno 2016, lo stanziamento di risorse già disposto dall'articolo 1, comma 170 della legge 23 dicembre 2014, n. 140, (legge di stabilità 2015), pari a 5 milioni di euro per istituti musicali pareggiati e ad un milione di euro per le accademie di belle arti non statali.
9/3513-A/75Duranti, Pannarale, Giancarlo Giordano, Carlo Galli.


   La Camera,
   premesso che:
    ad oltre sedici anni dal varo della legge 21 dicembre 1999, n. 508 («Riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati»), non è stato ancora del tutto completato l’iter attuativo della stessa, se non per gli aspetti in materia di autonomia statutaria e didattica per i quali è stato previsto che entro l'anno 2010 tutti gli ex istituti musicali pareggiati (IMP) si dotassero di nuovo statuto e di tutti gli organi di governo previsti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003, al fine di portare a compimento il processo di trasformazione del loro ordinamento didattico;
    pertanto oramai, anche grazie all'entrata in vigore dello spazio comune europeo dell'istruzione universitaria, gli ex istituti musicali pareggiati sono a tutti gli effetti equiparati ai conservatori statali italiani, essendo confluiti nell'unica tipologia degli istituti superiori di studi musicali, e, senza alcuna distinzione tra statali e non statali, sono stati pienamente integrati nel circuito universitario europeo;
    nonostante ciò, a causa dell'incredibile ritardo nell'attuazione della riforma, la maggior parte degli Istituti musicali pareggiati versa ancora oggi in gravissime difficoltà finanziarie che hanno richiesto negli ultimi anni continui e temporanei interventi, anche di natura economica, che non si sono però rivelati capaci di risolvere alla radice il problema della mancata adozione dei regolamenti di cui all'articolo 2, comma 7, della legge 21 dicembre 1999, n. 508 e solo parzialmente risarcitori. Tra questi vale la pena di menzionare l'intervento di cui all'articolo 19, comma 4, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, (Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca), che, al fine di rimediare alle gravi difficoltà finanziarie e «nelle more di un processo di razionalizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali ex pareggiati nell'ambito del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica», ha riconosciuto agli Imp un modestissimo finanziamento, limitato al solo anno 2014, e le disposizioni di cui ai commi 53 e 54 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti) che hanno prorogato i finanziamenti tampone agli anni 2015 e 2016;
    ciò nonostante alcuni dei suddetti istituti superiori di studi musicali hanno dovuto di fatto ridurre e/o interrompere la propria attività, ricorrendo anche a scelte estreme come quella della chiusura dall'istituto «Pergolesi» di Ancona o quella dell'avvio della mobilità per il personale dell'istituto «Paisiello» di Taranto e che ha peraltro penalizzato pesantemente anche i lavoratori della Società «Taranto Isolaverde Spa»;
    l'istituto superiore di studi musicali «Giovanni Paisiello» di Taranto è uno dei più prestigiosi enti musicali del Paese che, vantando una tradizione che risale al 1927 anno della sua fondazione, rappresenta oggi la più antica scuola per la formazione musicale attiva, della regione Puglia, e ai sensi dell'articolo 2, comma 2 della richiamata legge 21 dicembre 1999, n. 508 è inserito nell'ambito del sistema dell'Afam (alta formazione artistica e musicale) del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    sin dall'anno 1945 lo stesso istituto è finanziato dall'ente provincia di Taranto e rappresenta il naturale punto di riferimento del sistema della formazione artistica anche dei territori limitrofi, accogliendo anche allievi che provengono dalle vicine regioni Basilicata e Calabria, ragion per cui attualmente ospita oltre 500 alunni, circa settanta docenti, circa settanta e dieci lavoratori amministrativi che appartengono all'amministrazione provinciale locale;
    nell'anno 2013 la provincia di Taranto aveva già rappresentato, anche a causa delle difficoltà economiche derivanti dalla riduzione dei finanziamenti agli enti locali, l'impossibilità di continuare a farsi ulteriormente carico degli oneri economici relativi al funzionamento dell'istituto e aveva formalmente deliberato la richiesta di statizzazione dell'istituto «Giovanni Paisiello» ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della citata legge n. 508 del 1999;
    la normativa vigente in realtà già contempla la possibilità di una statizzazione degli ex IMP senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, ma, fino ad oggi, il processo non è pervenuto a compimento, restando così ancora disatteso quanto previsto all'articolo 2, comma 8, lettera e), della citata riforma, che espressamente reca: «la possibilità di prevedere, contestualmente alla riorganizzazione delle strutture e dei corsi esistenti e, comunque, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, una graduale statizzazione, su richiesta, degli attuali istituti musicali pareggiati e delle Accademie di belle arti legalmente riconosciute, nonché istituzione di nuovi musei e riordino di musei esistenti, di collezioni e biblioteche, ivi comprese quelle musicali, degli archivi sonori, nonché delle strutture necessarie alla ricerca e alle produzioni artistiche»;
    già in sede di approvazione della legge di conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali era stato approvato l'ordine del giorno n. 9/3262/14 che impegnava il Governo a definire e completare entro il 31 dicembre 2016 il processo di razionalizzazione e statizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali ex pareggiati nell'ambito del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, ma fondato è il timore che l'esiguo intervallo di tempo rimasto ne vanifichi il vigore,

impegna il Governo

ad ottemperare a quanto previsto dall'ordine del giorno n. 9/3262/14, avviando immediatamente il processo di razionalizzazione e statizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali ex pareggiati nell'ambito del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, al fine di garantirne il completamento entro il 31 dicembre 2016.
9/3513-A/75. (Testo modificato nel corso della seduta)  Duranti, Pannarale, Giancarlo Giordano, Carlo Galli.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 3, comma 2 del decreto cosiddetto milleproroghe 2016 è prevista la proroga – dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2017 – del servizio di interrompibilità in favore dei grandi consumatori elettrici nelle isole maggiori (Sicilia e Sardegna);
    lo stesso articolo inoltre ridetermina le tariffe riducendo le quantità massime e il prezzo del servizio;
    più in particolare la disposizione aggiunge il comma 3-ter all'articolo 1, decreto-legge n. 3 del 2010 prevedendo che, per esigenze di sicurezza, nelle isole maggiori, il servizio di sicurezza del sistema elettrico nel territorio della Sicilia e della Sardegna è prorogato, relativamente alle utenze elettriche, fino al 31 dicembre 2017;
    il servizio di interrompibilità, istituito per il triennio 2010-2012, era stato già prorogato dall'articolo 34, comma 1, decreto-legge n. 179 del 2012, fino al 31 dicembre 2015;
    il servizio di interrompibilità è parte integrante del sistema di difesa della rete nazionale ed è uno degli strumenti di cui Terna dispone ai fini dell'esercizio in sicurezza del sistema elettrico e in particolare al fine di mitigare il rischio di disalimentazioni nelle diverse condizioni di esercizio. Come indicato nelle decisioni della Commissione europea sulla misura, sottoposta dall'Italia alla Commissione medesima, al fine di valutarne l'ammissibilità ai sensi dei principi in materia di aiuti di Stato (decisione C(2010) 3222 finale e decisione C (2012) 6779 finale) «l'interrompibilità istantanea è un servizio reso da consumatori finali di energia elettrica la cui soglia di consumo minimo è fissata ad 1 MW per 24 ore al giorno, vale a dire solitamente imprese industriali»;
    tali imprese accettano l'interruzione quasi istantanea della fornitura di energia elettrica ogniqualvolta il gestore della rete di trasmissione nazionale (ossia TERNA spa) chieda di ridurre il consumo (o il carico), al fine di riequilibrare la rete di trasmissione;
    ciò consente al gestore della rete di evitare blackout diffusi a danno degli utenti della rete elettrica a media e bassa tensione; è previsto che L'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico provveda:
     ad aggiornare le condizioni del servizio per il nuovo biennio (2016-2017), per quantità massime pari a 400 MW in Sardegna e 200 MW in Sicilia e con l'assegnazione diretta di una valorizzazione annua del servizio stesso pari a 170.000 Euro/MW;
     il servizio si rende necessario a seguito delle esigenze evidenziate dal gestore del sistema di trasmissione Terna s.p.a., nell'ambito del monitoraggio della misura attuale, previsto dalla Commissione europea nell'ambito della decisione C(2012) 6779 del 3 ottobre 2012;
    le quantità massime previste per gli anni 2010-2015 erano pari a 500 MW sia per la Sicilia che per la Sardegna (articolo 1, comma 2, lettera d), decreto-legge n. 3 del 2010 e delibera 9 febbraio 2010, n. ARG/elt 15/10) e che la valorizzazione annua del servizio era pari a 300.000 euro/MW (articolo 1, comma 2, lettera c) e delibera dell'Autorità 15 dicembre 2006 n. 289/06);
     l'Autorità per l'energia ha adottato lunedì 4 gennaio 2016 la delibera 1/2016/R/eel che da attuazione alle procedure di allocazione e determinazione del corrispettivo (lettera a)) modificando e integrando la deliberazione ARG/elt 15/10;
    tale proroga risulta in totale contrasto temporale rispetto a quanto previsto nel «PROTOCOLLO DI INTESA – Memorandum of Understanding (Mou)» sottoscritto il 10 novembre 2014 tra il Ministero dello sviluppo economico, la regione Autonoma della Sardegna e la Glencore International AG;
    il Protocollo di Intesa prevedeva sulla questione energetica le seguenti clausole che si riportano testualmente:

«Capitolo 3) POSSIBILI INTERVENTI DEL GOVERNO ITALIANO.
  3.1. Interventi in materia di energia elettrica.

  Il Governo italiano si impegna ad individuare possibili soluzioni che consentano di conseguire un positivo risultato economico di lungo periodo attraverso il raggiungimento della necessaria competitività dell'impianto con modalità che siano compatibili con la normativa europea in materia di concorrenza. Il Governo italiano ritiene altresì che le misure esistenti per i grandi consumatori industriali e quelle specifiche che il Governo intende mettere in atto per l'acquisizione di servizi necessari per la sicurezza del sistema elettrico sardo avranno l'effetto di ridurre il costo dell'energia elettrica per l'impianto, fino a livelli tali da rendere lo stesso competitivo a livello internazionale nel settore della produzione dell'alluminio.
  Il Governo italiano si impegna quindi a fare tutto quanto in proprio potere, nel rispetto della normativa europea in materia di concorrenza, al fine di confermare tali misure».

  «A tal proposito, – è riportato nel memorandum – sono stati identificati due scenari che, a partire da un contratto bilaterale di fornitura stipulato alle migliori condizioni di mercato, possono ridurre il costo dell'energia elettrica:
   1) proroga del sistema di superinterrompibilità;
   2) ridefinizione del sistema di interrompibilità ordinaria.

  In particolar modo sul servizio di interrompibilità si prevedeva:
  «Il sistema di «superinterrompibilità» resta in vigore fino al 31 dicembre 2015. Il Governo italiano ritiene che tale sistema sia ancora utile alla realtà del sistema elettrico sardo e rappresenti peraltro la misura più adeguata per ottenere una riduzione del costo dell'energia elettrica per chi si dimostri disposto a fornire il servizio richiesto. Il Governo italiano, pertanto, conferma il proprio forte impegno per ottenere dalla Commissione europea una proroga la più lunga possibile del regime di superinterrompibilità (ossia per almeno altri 10 (dieci) anni)»;

  «i dieci anni decorrerebbero dal 2016, in coincidenza con il momento in cui lo smelter di allumino sarà riavviato, dopo avere effettuato tutti gli investimenti ordinari e straordinari necessari per assicurare la sostenibilità della gestione dell'impianto a lungo termine»;
  «in ragione delle specifiche criticità presenti nell'isola, il Governo italiano – è scritto nel memorandum – si impegna a garantire una potenza non inferiore a 350 MW per la Sardegna con aggiudicazione d'asta su base pluriennale, per un periodo medio-lungo (almeno 10 (dieci) anni decorrenti dal riavviamento dell'impianto, a seguito degli investimenti necessari ad assicurare la sostenibilità della gestione dell'impianto a lungo termine)»;
  «il Governo italiano è impegnato a favorire accordi bilaterali di lunga durata (almeno 10 (dieci) anni) con primari fornitori di energia elettrica a prezzi che potranno assicurare la competitività dell'impianto a livello mondiale, tenendo conto delle misure che hanno l'effetto anche di ridurre i costi quali i sistemi di superinterrompibilità e di interrompibilità ordinaria»;
    appare evidente che il contenuto del decreto mille proroghe risulta non solo insufficiente ma inutile alla ripresa produttiva di Alcoa così come risulta dalle stesse condizioni poste alla base dell'accordo con la società Glencore;
    tale evidente e macroscopico divario tra i dieci anni posti come condizione ed appena i due concessi è il risultato evidente di un presupposto errato che ha visto il Governo italiano negare il regime di essenzialità alle centrali elettriche della Sardegna;
    era fin troppo evidente che se da una parte, negando il regime di essenzialità, si stava affermando la sicurezza del sistema elettrico sardo, dall'altro sarebbe stato alquanto improbabile sostenere l'esigenza della superinterrompibilità considerato che questa sarebbe dovuta essere concessa in virtù dell'insicurezza elettrica della Sardegna per fronteggiare il rischio di black out;
    il regime di essenzialità e il regime di interrompibilità sono direttamente connessi e il secondo è conseguenza del primo;
    negare il primo significa non poter giustificare in alcun modo il secondo;
    il 30 dicembre 2015, sono iniziate le operazioni di spegnimento della centrale di Ottana Energia;
    dal 1o gennaio 2016 gran parte delle attività del polo energetico della Sardegna centrale sono spente;
    si tratta di un vero e proprio disastro industriale ed economico a giudizio dell'interrogante, che rischia di travolgere tutte le attività economiche della zona industriale di Ottana e non solo;
    lo spegnimento della centrale comporterà danni gravissimi anche nell'aspetto gestionale dello stesso consorzio, con la messa a rischio degli stessi impianti di depurazione del compendio industriale;
    proprio per questa ragione deve essere riconosciuto il regime di essenzialità, secondo l'interrogante, a tutte le centrali sarde proprio per la condizione insulare della Sardegna;
    la Sardegna è una regione insulare e ultraperiferica, la gestione e la sicurezza energetica sono fortemente penalizzate dalla condizione insulare e per questo motivo occorrono azioni di riequilibrio strutturale ed economico;
    la Sardegna deve tener conto dei codici di sicurezza elettrici e il suo approvvigionamento energetico non può essere affidato al precario equilibrio della trasmissione elettrica dal continente;
    per questa ragione è indispensabile un regime energetico – elettrico insulare per la Sardegna che contempli l'essenzialità delle centrali;
    proprio in virtù dell'esigenza di perseguire le precondizioni di interrompibilità poste alla base del decreto mille proroghe alle centrali elettriche sarde deve essere riconosciuto un regime di essenzialità insulare pari a quello in vigore sino al 31 dicembre 2015 a condizione che presentino un piano industriale di revamping e di adeguamento ambientale delle centrali stesse, da realizzarsi entro e non oltre i successivi 36 mesi dall'approvazione del piano stesso da parte dell'Autorità per l'energia di concerto con la regione Sardegna e con l'Ispra;
    tale regime di essenzialità a condizione ambientale deve essere riconosciuto permanentemente sino all'entrata in attività del metanodotto di connessione della Sardegna con le reti transeuropee energetiche del metano,

impegna il Governo:

   a mettere in essere tutte le azioni necessarie perché il regime di interrompibilità possa essere ampliato, come previsto nelle condizioni poste nel memorandum del Governo, con il riconoscimento del regime di essenzialità delle centrali elettriche sarde;
   ad assumere iniziative tese, in questo ambito, a soddisfare l'esigenza di un approvvigionamento elettrico sicuro, garantendo i provvedimenti di competenza, anche legislativi, per l'immediata ripresa operativa della centrale di Ottana;
   ad assumere iniziative anche legislative perché venga riconosciuto un regime energetico insulare che possa contestualmente garantire sicurezza elettrica e costi energetici alla pari di quelli più bassi europei;
   ad assumere iniziative concrete per soddisfare gli obiettivi posti alla base del Memorandum a partire dal contratto bilaterale decennale indispensabile per il riavvio degli impianti Alcoa;
   ad attivare procedure analoghe a quelle avviate per l'Ilva di Taranto, a partire dal riconoscimento del ruolo strategico nazionale per l'alluminio primario, compreso il commissariamento dello stabilimento, al fine del suo riavvio.
9/3513-A/76Pili.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 3, comma 2 del decreto cosiddetto milleproroghe 2016 è prevista la proroga – dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2017 – del servizio di interrompibilità in favore dei grandi consumatori elettrici nelle isole maggiori (Sicilia e Sardegna);
    lo stesso articolo inoltre ridetermina le tariffe riducendo le quantità massime e il prezzo del servizio;
    più in particolare la disposizione aggiunge il comma 3-ter all'articolo 1, decreto-legge n. 3 del 2010 prevedendo che, per esigenze di sicurezza, nelle isole maggiori, il servizio di sicurezza del sistema elettrico nel territorio della Sicilia e della Sardegna è prorogato, relativamente alle utenze elettriche, fino al 31 dicembre 2017;
    il servizio di interrompibilità, istituito per il triennio 2010-2012, era stato già prorogato dall'articolo 34, comma 1, decreto-legge n. 179 del 2012, fino al 31 dicembre 2015;
    il servizio di interrompibilità è parte integrante del sistema di difesa della rete nazionale ed è uno degli strumenti di cui Terna dispone ai fini dell'esercizio in sicurezza del sistema elettrico e in particolare al fine di mitigare il rischio di disalimentazioni nelle diverse condizioni di esercizio. Come indicato nelle decisioni della Commissione europea sulla misura, sottoposta dall'Italia alla Commissione medesima, al fine di valutarne l'ammissibilità ai sensi dei principi in materia di aiuti di Stato (decisione C(2010) 3222 finale e decisione C (2012) 6779 finale) «l'interrompibilità istantanea è un servizio reso da consumatori finali di energia elettrica la cui soglia di consumo minimo è fissata ad 1 MW per 24 ore al giorno, vale a dire solitamente imprese industriali»;
    tali imprese accettano l'interruzione quasi istantanea della fornitura di energia elettrica ogniqualvolta il gestore della rete di trasmissione nazionale (ossia TERNA spa) chieda di ridurre il consumo (o il carico), al fine di riequilibrare la rete di trasmissione;
    ciò consente al gestore della rete di evitare blackout diffusi a danno degli utenti della rete elettrica a media e bassa tensione; è previsto che L'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico provveda:
     ad aggiornare le condizioni del servizio per il nuovo biennio (2016-2017), per quantità massime pari a 400 MW in Sardegna e 200 MW in Sicilia e con l'assegnazione diretta di una valorizzazione annua del servizio stesso pari a 170.000 Euro/MW;
     il servizio si rende necessario a seguito delle esigenze evidenziate dal gestore del sistema di trasmissione Terna s.p.a., nell'ambito del monitoraggio della misura attuale, previsto dalla Commissione europea nell'ambito della decisione C(2012) 6779 del 3 ottobre 2012;
    le quantità massime previste per gli anni 2010-2015 erano pari a 500 MW sia per la Sicilia che per la Sardegna (articolo 1, comma 2, lettera d), decreto-legge n. 3 del 2010 e delibera 9 febbraio 2010, n. ARG/elt 15/10) e che la valorizzazione annua del servizio era pari a 300.000 euro/MW (articolo 1, comma 2, lettera c) e delibera dell'Autorità 15 dicembre 2006 n. 289/06);
     l'Autorità per l'energia ha adottato lunedì 4 gennaio 2016 la delibera 1/2016/R/eel che da attuazione alle procedure di allocazione e determinazione del corrispettivo (lettera a)) modificando e integrando la deliberazione ARG/elt 15/10;
    tale proroga risulta in totale contrasto temporale rispetto a quanto previsto nel «PROTOCOLLO DI INTESA – Memorandum of Understanding (Mou)» sottoscritto il 10 novembre 2014 tra il Ministero dello sviluppo economico, la regione Autonoma della Sardegna e la Glencore International AG;
    il Protocollo di Intesa prevedeva sulla questione energetica le seguenti clausole che si riportano testualmente:

«Capitolo 3) POSSIBILI INTERVENTI DEL GOVERNO ITALIANO.
  3.1. Interventi in materia di energia elettrica.

  Il Governo italiano si impegna ad individuare possibili soluzioni che consentano di conseguire un positivo risultato economico di lungo periodo attraverso il raggiungimento della necessaria competitività dell'impianto con modalità che siano compatibili con la normativa europea in materia di concorrenza. Il Governo italiano ritiene altresì che le misure esistenti per i grandi consumatori industriali e quelle specifiche che il Governo intende mettere in atto per l'acquisizione di servizi necessari per la sicurezza del sistema elettrico sardo avranno l'effetto di ridurre il costo dell'energia elettrica per l'impianto, fino a livelli tali da rendere lo stesso competitivo a livello internazionale nel settore della produzione dell'alluminio.
  Il Governo italiano si impegna quindi a fare tutto quanto in proprio potere, nel rispetto della normativa europea in materia di concorrenza, al fine di confermare tali misure».

  «A tal proposito, – è riportato nel memorandum – sono stati identificati due scenari che, a partire da un contratto bilaterale di fornitura stipulato alle migliori condizioni di mercato, possono ridurre il costo dell'energia elettrica:
   1) proroga del sistema di superinterrompibilità;
   2) ridefinizione del sistema di interrompibilità ordinaria.

  In particolar modo sul servizio di interrompibilità si prevedeva:
  «Il sistema di «superinterrompibilità» resta in vigore fino al 31 dicembre 2015. Il Governo italiano ritiene che tale sistema sia ancora utile alla realtà del sistema elettrico sardo e rappresenti peraltro la misura più adeguata per ottenere una riduzione del costo dell'energia elettrica per chi si dimostri disposto a fornire il servizio richiesto. Il Governo italiano, pertanto, conferma il proprio forte impegno per ottenere dalla Commissione europea una proroga la più lunga possibile del regime di superinterrompibilità (ossia per almeno altri 10 (dieci) anni)»;

  «i dieci anni decorrerebbero dal 2016, in coincidenza con il momento in cui lo smelter di allumino sarà riavviato, dopo avere effettuato tutti gli investimenti ordinari e straordinari necessari per assicurare la sostenibilità della gestione dell'impianto a lungo termine»;
  «in ragione delle specifiche criticità presenti nell'isola, il Governo italiano – è scritto nel memorandum – si impegna a garantire una potenza non inferiore a 350 MW per la Sardegna con aggiudicazione d'asta su base pluriennale, per un periodo medio-lungo (almeno 10 (dieci) anni decorrenti dal riavviamento dell'impianto, a seguito degli investimenti necessari ad assicurare la sostenibilità della gestione dell'impianto a lungo termine)»;
  «il Governo italiano è impegnato a favorire accordi bilaterali di lunga durata (almeno 10 (dieci) anni) con primari fornitori di energia elettrica a prezzi che potranno assicurare la competitività dell'impianto a livello mondiale, tenendo conto delle misure che hanno l'effetto anche di ridurre i costi quali i sistemi di superinterrompibilità e di interrompibilità ordinaria»;
    appare evidente che il contenuto del decreto mille proroghe risulta non solo insufficiente ma inutile alla ripresa produttiva di Alcoa così come risulta dalle stesse condizioni poste alla base dell'accordo con la società Glencore;
    tale evidente e macroscopico divario tra i dieci anni posti come condizione ed appena i due concessi è il risultato evidente di un presupposto errato che ha visto il Governo italiano negare il regime di essenzialità alle centrali elettriche della Sardegna;
    era fin troppo evidente che se da una parte, negando il regime di essenzialità, si stava affermando la sicurezza del sistema elettrico sardo, dall'altro sarebbe stato alquanto improbabile sostenere l'esigenza della superinterrompibilità considerato che questa sarebbe dovuta essere concessa in virtù dell'insicurezza elettrica della Sardegna per fronteggiare il rischio di black out;
    il regime di essenzialità e il regime di interrompibilità sono direttamente connessi e il secondo è conseguenza del primo;
    negare il primo significa non poter giustificare in alcun modo il secondo;
    il 30 dicembre 2015, sono iniziate le operazioni di spegnimento della centrale di Ottana Energia;
    dal 1o gennaio 2016 gran parte delle attività del polo energetico della Sardegna centrale sono spente;
    si tratta di un vero e proprio disastro industriale ed economico a giudizio dell'interrogante, che rischia di travolgere tutte le attività economiche della zona industriale di Ottana e non solo;
    lo spegnimento della centrale comporterà danni gravissimi anche nell'aspetto gestionale dello stesso consorzio, con la messa a rischio degli stessi impianti di depurazione del compendio industriale;
    proprio per questa ragione deve essere riconosciuto il regime di essenzialità, secondo l'interrogante, a tutte le centrali sarde proprio per la condizione insulare della Sardegna;
    la Sardegna è una regione insulare e ultraperiferica, la gestione e la sicurezza energetica sono fortemente penalizzate dalla condizione insulare e per questo motivo occorrono azioni di riequilibrio strutturale ed economico;
    la Sardegna deve tener conto dei codici di sicurezza elettrici e il suo approvvigionamento energetico non può essere affidato al precario equilibrio della trasmissione elettrica dal continente;
    per questa ragione è indispensabile un regime energetico – elettrico insulare per la Sardegna che contempli l'essenzialità delle centrali;
    proprio in virtù dell'esigenza di perseguire le precondizioni di interrompibilità poste alla base del decreto mille proroghe alle centrali elettriche sarde deve essere riconosciuto un regime di essenzialità insulare pari a quello in vigore sino al 31 dicembre 2015 a condizione che presentino un piano industriale di revamping e di adeguamento ambientale delle centrali stesse, da realizzarsi entro e non oltre i successivi 36 mesi dall'approvazione del piano stesso da parte dell'Autorità per l'energia di concerto con la regione Sardegna e con l'Ispra;
    tale regime di essenzialità a condizione ambientale deve essere riconosciuto permanentemente sino all'entrata in attività del metanodotto di connessione della Sardegna con le reti transeuropee energetiche del metano,

impegna il Governo

ad attivare procedure analoghe a quelle avviate per l'Ilva di Taranto, a partire dal riconoscimento del ruolo strategico nazionale per l'alluminio primario, compreso il commissariamento dello stabilimento, al fine del suo riavvio.
9/3513-A/76(Testo risultante dalla votazione per parti separate)Pili.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento appena approvato, all'articolo 4, comma 2, stabilisce che l'adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione incendi venga completato entro sei mesi dalla data di adozione del decreto ministeriale previsto dall'articolo 10-bis del decreto-legge n. 104 del 2013, e comunque non oltre il 31 dicembre 2016;
    poiché è in corso l'attivazione di importanti finanziamenti volti alla riqualificazione e alla messa in sicurezza degli edifici scolastici e degli asili nido ci appare opportuno proporre anche l'allineamento del periodo di pianificazione di tali interventi,

impegna il Governo

ad estendere, eventualmente con il primo provvedimento normativo utile, agli asili nido la proroga del termine per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e ad estendere al 31 dicembre 2017 il termine per l'effettuazione delle verifiche sismiche sia degli edifici scolastici che degli asili nido.
9/3513-A/77Matarrelli, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 1 e 3 della legge 3 maggio 1982, n. 203 regolamentano l'affitto dei terreni agricoli stabilendo che i contratti che vengono stipulati tra un proprietario terriero e un coltivatore diretto singolo o consorziato hanno una durata temporale minimo di 15 anni, ovvero una volta stipulati una durata quindicinale o maggiore;
    la durata contrattuale è invece ridotta a sei anni per i contratti di affitto cosiddetti «particellari», aventi ad oggetto una particolare tipologia di terreni agricoli considerati poco rilevanti sia dal punto di vista della produttività che dal punto di vista delle dimensioni;
    lo scopo del legislatore, in entrambi i casi, è quello di far sì che i contratti di affitto di terreni agricoli abbiano una durata tale da permettere una concreta e razionale utilizzazione del fondo, sufficiente per l'organizzazione e la stabilità di un'impresa;
    per quanto riguarda il recesso dal contratto di affitto e i casi di risoluzione la disciplina attuale non tiene in considerazione, ai fini del rilascio del terreno da parte del conduttore, della cosiddetta annata agraria, ovvero il periodo di tempo che intercorre tra l'11 novembre e il 10 novembre dell'anno successivo; inoltre, in caso di usufrutto su fondi sui quali insistano speciali coltivazioni, è ammesso che la decorrenza sia diversa, ad esempio, per la coltivazione di agrumi, l'annata agraria decorre dal mese di maggio;
    l'anno agrario, quindi, secondo quanto stabilito dal legislatore copre l'inizio, e la fine di tutte le attività connesse ad un'azienda agricola e tale norma dovrebbe valere anche nel caso di provvedimenti di rilascio per finita locazione;
    inoltre, in questa fase delicata dell'economia, pesano sul settore agricolo le procedure esecutive mobiliari e immobiliari di pignoramento a carico dei fondi rustici, che comportano spesso la vendita forzata dei beni pignorati e che a loro volta non rispettano la scadenza dell'anno agrario,

impegna il Governo

a prevedere nel primo provvedimento utile una disciplina specifica in materia di provvedimenti di rilascio per finita locazione di terreni e fondi rustici tenendo conto della citata annata agraria, anche intervenendo riguardo all'impignorabilità dei beni mobili e immobili dei fondi rustici medesimi all'interno del medesimo periodo.
9/3513-A/78Carra, Fiorio.


   La Camera,
   premesso che:
    il 13 dicembre 1990 fu registrato un grave terremoto che colpì pesantemente le province di Siracusa, di Ragusa e di Catania registrando conseguenze drammatiche sulla vita di tante persone, si contarono infatti diversi morti e alcune decine di feriti;
    il terremoto ebbe conseguenze tragiche sul patrimonio abitativo e immobiliare di molti Comuni e devastanti sulle stesse attività economiche e produttive mettendo in crisi, fino alla sospensione delle attività e del lavoro, tante imprese e relativi lavoratori e che in ragione di tale situazioni con ordinanze ministeriali furono sospese per le imprese e i lavoratori il versamento dei tributi;
    con il decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245 e successiva ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 10 giugno 2005 n. 3442 fu stabilito, in ragione dei danni economici strutturali irreversibili subiti, che le imprese e i lavoratori ricadenti nel suddetto territorio dovevano versare per il periodo dicembre 90-dicembre 92 solo il 10 per cento dei tributi dovuti e quanti, di conseguenza, avevano versato quote superiori potevano presentare istanza per il rimborso delle quote eccedenti;
    l'Ordinanza del Presidente della Repubblica che individuava, sulla base della relazione della Protezione Civile, la mappa dei territori e dei Comuni aventi diritto al rimborso espressamente stabiliva colmando che i beneficiari fossero i residenti nei suddetti Comuni;
    dal 2005 si è aperto un enorme contenzioso tra L'Agenzia delle Entrate e imprese e lavoratori dipendenti aventi diritto, in merito al termine entro il quale si sarebbero dovuto presentare le istanze di rimborso;
    l'Agenzia delle Entrate riteneva valide solo le istanze presentate entro 24 mesi dall'entrata in vigore della legge istitutiva e quindi entro il 2005;
    mentre imprese e lavoratori ritenevano valide le domande presentate anche in data successiva in ragione dei continui richiami legislativi alla stessa norma originaria;
    le sentenze che negli anni si sono succedute hanno dato ragione alle imprese e ai lavoratori in numero talmente elevato da essere considerata giurisprudenza consolidata;
    al fine di porre fine ad un pluriennale contenzioso tra l'Agenzia delle Entrate e migliaia di lavoratori e diverse centinaia di imprese considerato vessatorio dagli stessi e insidiosa per lo Stato con l'evidente rischio di vedere lievitare i costi per ogni istanza fu approvato un emendamento alla legge di stabilità del 2015, comma 665 della legge 23 dicembre 2014 n. 190, con cui si spostava a marzo 2010 la scadenza utile per la presentazione delle istanze e si prevedeva allo scopo la somma di 30 milioni di euro per gli anni 2015-2016-2017 per un totale di 90 milioni di euro;
    la legge suindicata prevedeva un decreto attuativo a cura del Ministero dell'economia e finanze e che lo stesso a tutt'oggi non è stato emanato;
    che il rimborso rimane bloccato totalmente, per le imprese a causa del permanere del parere negativo della competente Commissione Europea, per i lavoratori dipendenti in ragione di una interpretazione restrittiva definita nel mese di Settembre 2015 dall'Agenzia Centrale delle Entrate che rifacendosi alla norma iniziale insiste nel sostenere che il rimborso spetta solo ai sostituti d'imposta;
    tutte le sentenze che nel frattempo vengono emesse dai vari tribunali di Catania, Siracusa e Ragusa in misura assolutamente preponderante (97 per cento) continuano a confermare il diritto dei lavoratori dipendenti a ottenere il rimborso;
    la stessa Cassazione, nel mese di Settembre 2015, ha ritenuto e statuito – con l'ordinanza 18179 depositata il 16 settembre 2015 – che i contribuenti delle tre province che hanno versato imposte per il triennio 90-92 per un importo superiore al 10 per cento hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato;
    al fine di evitare l'ulteriore esplosione di contenziosi giudiziari considerati giustamente vessatori dai lavoratori dipendenti ma anche pericolosi per lo Stato che vede lievitare in modo esponenziali i costi,

impegna il Governo

a rivalutare l'intera materia e a individuare le soluzioni tecniche adeguate e necessarie a consentire il rimborso dei tributi versati a tutti gli aventi diritto.
9/3513-A/79Zappulla, Berretta.


   La Camera,
   premesso che:
    i Commi da 747 a 749 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2016, n. 208 («Legge di Stabilità 2016»), confermano, nell'ambito dei criteri di ripartizione del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), per il triennio 2016-2018 l'applicazione dei criteri – già previsti a legislazione vigente – per la determinazione annuale del fabbisogno finanziario del sistema universitario e dei principali enti pubblici di ricerca;
    in particolare, la crescita del fabbisogno non può essere superiore al fabbisogno determinato a consuntivo nell'anno precedente, incrementato di un tasso pari al 3 per cento per il sistema universitario e al 4 per cento per gli enti di ricerca, incrementato degli oneri contrattuali del personale, limitatamente a quanto dovuto a titolo di competenze arretrate;
    i suddetti commi, inoltre, specificano i pagamenti che non concorrono alla determinazione del fabbisogno degli enti di ricerca;
    il suddetto FFO riservato agli atenei è per la Sardegna calato del 9,7 per cento, rendendo ancor più complesso l'esercizio del diritto allo studio in una regione già provata dalla grave crisi economica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare per gli atenei e le università con sede nel territorio della regione Sardegna per l'anno 2016 il medesimo finanziamento erogato nell'anno 2015.
9/3513-A/80Capelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, sulla proroga di termini previsti da disposizioni legislative per la sua struttura e per le finalità operative che persegue non ha potuto recepire esigenze di proroga di termini, da tempo mature, relative ad alcuni aspetti riguardanti la cittadinanza degli italiani all'estero;
    il provvedimento approvato di recente dalla Camera, ora all'esame del Senato, sulla cittadinanza agli stranieri, pur essendo un testo unificato di vari disegni di legge, si è concentrato sui figli nati in Italia da stranieri, di cui almeno uno in possesso del permesso di soggiorno UE, e non ha riguardato alcune delle tematiche legate al mondo dell'emigrazione vecchia e nuova, verso il quale l'Italia ha doveri e interessi più volte richiamati, soprattutto in occasione dei programmi di promozione del Paese in ambito globale;
    sono vive le attese tra i nostri connazionali almeno per alcune soluzioni parziali e specifiche, come quelle relative: a) al riacquisto della cittadinanza da parte di donne che l'hanno perduta senza loro volontà solo perché sposate con stranieri e da parte dei loro discendenti; b) al riacquisto da parte di emigrati nati in Italia che l'hanno perduta per avere dovuto richiedere la cittadinanza del Paese di insediamento per ragioni di lavoro, in tempi nei quali non era ancora ammessa la doppia cittadinanza; c) al riacquisto per gli abitanti, e loro discendenti, delle terre appartenute all'ex Impero austro-ungarico, prevista dalla legge n. 379 del 14 dicembre 2000, i cui effetti sono scaduti il 31 dicembre 2010;
    la soluzione di queste importanti questioni, sia pure con provvedimenti finalizzati ad aspetti specifici e parziali, sarebbe un importante messaggio di attenzione e di disponibilità nei confronti di persone che intendono rinsaldare i legami con il Paese d'origine e dimostrare ancor più incisivamente la disponibilità a consolidarne la presenza in importanti Paesi del mondo,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di promuovere, in vista di una revisione più generale della complessa materia della cittadinanza, la riapertura di termini di provvedimenti ai quali si legano attese consolidate e insistenti richieste riguardanti in particolare il riacquisto per le donne sposate con stranieri, per gli emigrati nati in Italia e diventati stranieri per ragioni di lavoro e per gli abitanti dell'ex Impero austro-ungarico.
9/3513-A/81Porta, La Marca, Fedi, Gianni Farina, Garavini, Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge n. 107 del 2015 è stato portato a termine un piano assunzionale straordinario che ha immesso in ruolo i vincitori del concorso a cattedra 2012, prioritariamente rispetto ai docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento;
    con la cosiddetta fase b del suddetto piano alcuni docenti vincitori di concorso sono stati assunti a centinaia e centinaia di chilometri dal loro luogo di residenza e dalla regione per la quale sono stati selezionati, e ciò ha comportato e comporta enormi problemi familiari, sociali ed economici. Parliamo per la gran parte di loro di persone, in maggioranza donne, aventi famiglia e con bambini piccoli;
    il bando di concorso ddg 82/2012 (bando Profumo) all'articolo 1 ribadisce che il concorso è stato indetto su base regionale e dunque chi lo ha superato ha diritto di insegnare nella regione nella quale ha superato le prove concorsuali;
    la fase b del piano straordinario precedentemente ricordato è stata accettata quasi esclusivamente dai vincitori di concorso che hanno così garantito il buon esito del piano assunzionale proposto dal Governo. Senza la copertura di tutti i posti disponibili per la fase b non sarebbe infatti stato possibile procedere alle successive fasi del piano, e in definitiva all'azione riformatrice della «buona scuola»,

impegna il Governo

a porre le condizioni per far sì che i docenti assunti da concorso 2012 in fase b possano rientrare, presentando domanda volontaria, al prossimo piano straordinario di mobilità con modalità interprovinciale, in modo da permetterne il rientro nella regione nella quale hanno vinto il concorso, con le medesime modalità di mobilità riservate altri docenti assunti nella medesima fase; facendo valere come prioritario il primo ambito indicato nella domanda di mobilità, e, a cascata, i successivi ambiti della lista di preferenza espressa da ogni docente.
9/3513-A/82Di Lello.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge n. 107 del 2015 è stato portato a termine un piano assunzionale straordinario che ha immesso in ruolo i vincitori del concorso a cattedra 2012, prioritariamente rispetto ai docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento;
    con la cosiddetta fase b del suddetto piano alcuni docenti vincitori di concorso sono stati assunti a centinaia e centinaia di chilometri dal loro luogo di residenza e dalla regione per la quale sono stati selezionati, e ciò ha comportato e comporta enormi problemi familiari, sociali ed economici. Parliamo per la gran parte di loro di persone, in maggioranza donne, aventi famiglia e con bambini piccoli;
    il bando di concorso ddg 82/2012 (bando Profumo) all'articolo 1 ribadisce che il concorso è stato indetto su base regionale e dunque chi lo ha superato ha diritto di insegnare nella regione nella quale ha superato le prove concorsuali;
    la fase b del piano straordinario precedentemente ricordato è stata accettata quasi esclusivamente dai vincitori di concorso che hanno così garantito il buon esito del piano assunzionale proposto dal Governo. Senza la copertura di tutti i posti disponibili per la fase b non sarebbe infatti stato possibile procedere alle successive fasi del piano, e in definitiva all'azione riformatrice della «buona scuola»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre le condizioni per far sì che i docenti assunti da concorso 2012 in fase b possano rientrare, presentando domanda volontaria, al prossimo piano straordinario di mobilità con modalità interprovinciale, in modo da permetterne il rientro nella regione nella quale hanno vinto il concorso, con le medesime modalità di mobilità riservate altri docenti assunti nella medesima fase; facendo valere come prioritario il primo ambito indicato nella domanda di mobilità, e, a cascata, i successivi ambiti della lista di preferenza espressa da ogni docente.
9/3513-A/82. (Testo modificato nel corso della seduta)   Di Lello.


   La Camera,
   premesso che:
    la Tecnis Spa, con sede a Catania e cantieri aperti in tutta Italia, ha avviato il 9 novembre 2015 una procedura di ristrutturazione del debito ex articolo 182 bis della legge fallimentare;
    il piano di ristrutturazione del debito, presentato in tribunale prevede il pagamento di tutti i creditori al 100 per cento entro il 31 dicembre 2016;
    la recente indagine sugli appalti dell'Anas ha coinvolto anche i vertici della società Tecnis, considerata un colosso delle costruzioni con 1.200 lavoratori in organico. Alla bufera giudiziaria è seguita l'interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Catania a carico dell'azienda che è stata commissariata;
    l'amministratore ha fatto richiesta di convocazione al Ministero del Lavoro al fine di verificare la possibilità di ricorso ad ammortizzatori sociali (Cigs ex articolo 3 comma 5 bis come modificato dall'articolo 44 comma 11 del decreto legislativo n. 148 del 2015);
    è stato firmato a dicembre presso il Ministero del Lavoro, l'accordo di cassa integrazione per tutti i lavoratori della Tecnis;
    per le aziende che hanno sottoscritto accordi entro 31 dicembre 2015, i fondi risultano insufficienti e pertanto, anche in considerazione del fatto che la nuova normativa in materia dispone che a partire dal 1o gennaio 2016, non sarà più possibile concedere cassa integrazione a lavoratori di aziende sottoposte ad interdittiva antimafia, in mancanza di interventi dedicati si rischia il peggioramento delle attività senza alcuna possibilità di salvaguardare i livelli occupazionali di tali aziende,

impegna il Governo

a prorogare, le misure di sostegno volte a tutelare i lavoratori di aziende sottoposte a sequestro o confisca, o nei cui confronti sia stata emessa dal Prefetto un'informazione antimafia interdittiva, individuando le relative risorse finanziarie.
9/3513-A/83Albanella, Paris.


   La Camera,
   premesso che:
    la Tecnis Spa, con sede a Catania e cantieri aperti in tutta Italia, ha avviato il 9 novembre 2015 una procedura di ristrutturazione del debito ex articolo 182 bis della legge fallimentare;
    il piano di ristrutturazione del debito, presentato in tribunale prevede il pagamento di tutti i creditori al 100 per cento entro il 31 dicembre 2016;
    la recente indagine sugli appalti dell'Anas ha coinvolto anche i vertici della società Tecnis, considerata un colosso delle costruzioni con 1.200 lavoratori in organico. Alla bufera giudiziaria è seguita l'interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Catania a carico dell'azienda che è stata commissariata;
    l'amministratore ha fatto richiesta di convocazione al Ministero del Lavoro al fine di verificare la possibilità di ricorso ad ammortizzatori sociali (Cigs ex articolo 3 comma 5 bis come modificato dall'articolo 44 comma 11 del decreto legislativo n. 148 del 2015);
    è stato firmato a dicembre presso il Ministero del Lavoro, l'accordo di cassa integrazione per tutti i lavoratori della Tecnis;
    per le aziende che hanno sottoscritto accordi entro 31 dicembre 2015, i fondi risultano insufficienti e pertanto, anche in considerazione del fatto che la nuova normativa in materia dispone che a partire dal 1o gennaio 2016, non sarà più possibile concedere cassa integrazione a lavoratori di aziende sottoposte ad interdittiva antimafia, in mancanza di interventi dedicati si rischia il peggioramento delle attività senza alcuna possibilità di salvaguardare i livelli occupazionali di tali aziende,

impegna il Governo

a prorogare, compatibilmente con le risorse di finanza pubblica, le misure di sostegno volte a tutelare i lavoratori di aziende sottoposte a sequestro o confisca, o nei cui confronti sia stata emessa dal Prefetto un'informazione antimafia interdittiva, individuando le relative risorse finanziarie.
9/3513-A/83. (Testo modificato nel corso della seduta)  Albanella, Paris.


   La Camera,
   premesso che:
    con il provvedimento di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, vengono confermate le norme di cui all'articolo 1 che consentono assunzioni a favore del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al fine di ridurne le carenze organiche e garantirne una maggiore efficienza in una situazione che vede aumentata in senso generalizzato la richiesta di soccorso pubblico;
    tenuto conto che sono disponibili risorse umane già in possesso del requisito di idoneità per prestare servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco e iscritti come tali nelle graduatorie di precedenti procedure selettive, nonché altrettante risorse che attraverso il servizio prestato nel Corpo, con discontinuità prolungata nel tempo, hanno acquisito competenze significative;
    ai fini dell'assunzioni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 1 del provvedimento in esame, alla medesima ripartizione di cui al comma 2, articolo 8 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, nonché, in caso di esaurimento della graduatoria relativa alla procedura selettiva indetta con decreto ministeriale n. 3747 del 27 agosto 2007, a valutare l'opportunità di indire con apposito decreto una nuova procedura, riservata per il 50 per cento dei posti disponibili al personale volontario del Corpo nazionale vigili del fuoco.
9/3513-A/84Piccione, Berlinghieri, Bolognesi, Zappulla.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del testo in esame prevede numerose proroghe in materia di Pubblica amministrazione, tra le quali alcune adottate nelle more dell'emanazione di decreti legislativi non ancora emanati;
    la legge n. 107 del 2015 ha previsto che siano oggetto di contratto di assunzione a tempo indeterminato tutti coloro che risultavano inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e nelle graduatorie di merito di tutti i gradi e ordini di scuola;
    la legge n. 107 del 2015 non ha previsto per i docenti della scuola dell'infanzia il potenziamento dell'organico, in grado di assorbire i docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e i soggetti inseriti nelle graduatorie di merito del concorso 2012 con la conseguenza che i docenti di scuola dell'infanzia dopo essere rientrati, sulla carta, nel piano straordinario di assunzioni, sono di fatto stati esclusi da esso;
    il prolungarsi della fase di riordino del segmento scolastico da 0 a 6 anni sta determinando una condizione di sospensione per i docenti inseriti nella graduatoria di merito della scuola dell'infanzia che, di fatto, saranno le uniche che non si esauriranno;
    le graduatorie di merito 2012 per la scuola dell'infanzia sono ancora vigenti soltanto in Sicilia, Campania, Lazio, Calabria e Puglia;
    in alcune regioni le graduatorie di merito per la scuola dell'infanzia sono state pubblicate con ritardo anche di un anno;
    in base al testo unico le graduatorie di merito hanno decorrenza triennale e, alle immissioni 2016/2017, tali graduatorie di merito entreranno nel terzo anno di validità;
    ci si trova di fronte ad una disparità di trattamento che deve essere sanata e che, inoltre, potrebbe dar vita ad un contenzioso per l'amministrazione;
    il bando del concorso scuola 2016, previsto alla legge n. 107 del 2015, che avrebbe dovuto essere emanato entro il 1o dicembre 2015 a tutt'oggi non è ancora stato emanato e questo ritardo potrebbe determinare uno slittamento dello svolgimento del concorso e delle relative assunzioni che sono previste per l'anno scolastico 2016/17 e che potrebbero essere effettuate solo nel successivo anno scolastico 2017/18,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità, nelle more dello svolgimento del nuovo bando di concorso e dell'entrata in vigore delle nuove graduatorie, di adottare un intervento normativo finalizzato a prorogare la validità delle graduatorie di cui al presente ordine del giorno sino all'emanazione del decreto legislativo di cui all'articolo 1, comma 181, lettera e) della legge n. 107 del 2015 e a salvaguardare l'esiguo numero di docenti iscritti nelle graduatorie di merito del concorso 2012 per la scuola dell'infanzia, ai fini dell'esaurimento delle graduatorie concorsuali e dell'assunzione a tempo indeterminato.
9/3513-A/85Centemero, Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del testo in esame prevede numerose proroghe in materia di Pubblica amministrazione, tra le quali alcune adottate nelle more dell'emanazione di decreti legislativi non ancora emanati;
    la legge n. 107 del 2015 ha previsto che siano oggetto di contratto di assunzione a tempo indeterminato tutti coloro che risultavano inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e nelle graduatorie di merito di tutti i gradi e ordini di scuola;
    la legge n. 107 del 2015 non ha previsto per i docenti della scuola dell'infanzia il potenziamento dell'organico, in grado di assorbire i docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e i soggetti inseriti nelle graduatorie di merito del concorso 2012 con la conseguenza che i docenti di scuola dell'infanzia dopo essere rientrati, sulla carta, nel piano straordinario di assunzioni, sono di fatto stati esclusi da esso;
    il prolungarsi della fase di riordino del segmento scolastico da 0 a 6 anni sta determinando una condizione di sospensione per i docenti inseriti nella graduatoria di merito della scuola dell'infanzia che, di fatto, saranno le uniche che non si esauriranno;
    le graduatorie di merito 2012 per la scuola dell'infanzia sono ancora vigenti soltanto in Sicilia, Campania, Lazio, Calabria e Puglia;
    in alcune regioni le graduatorie di merito per la scuola dell'infanzia sono state pubblicate con ritardo anche di un anno;
    in base al testo unico le graduatorie di merito hanno decorrenza triennale e, alle immissioni 2016/2017, tali graduatorie di merito entreranno nel terzo anno di validità;
    ci si trova di fronte ad una disparità di trattamento che deve essere sanata e che, inoltre, potrebbe dar vita ad un contenzioso per l'amministrazione;
    il bando del concorso scuola 2016, previsto alla legge n. 107 del 2015, che avrebbe dovuto essere emanato entro il 1o dicembre 2015 a tutt'oggi non è ancora stato emanato e questo ritardo potrebbe determinare uno slittamento dello svolgimento del concorso e delle relative assunzioni che sono previste per l'anno scolastico 2016/17 e che potrebbero essere effettuate solo nel successivo anno scolastico 2017/18,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità, nelle more dello svolgimento del nuovo bando di concorso e dell'entrata in vigore delle nuove graduatorie, di adottare un intervento normativo finalizzato a prorogare la validità delle graduatorie di cui al presente ordine del giorno e a salvaguardare l'esiguo numero di docenti iscritti nelle graduatorie di merito del concorso 2012 per la scuola dell'infanzia, ai fini dell'esaurimento delle graduatorie concorsuali e dell'assunzione a tempo indeterminato.
9/3513-A/85. (Testo modificato nel corso della seduta)  Centemero, Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del testo in esame prevede numerose proroghe in materia di Pubblica amministrazione, tra le quali alcune adottate nelle more dell'emanazione di decreti legislativi non ancora emanati;
    il comma 131 dell'articolo 1, della legge n. 107 del 2015 prevede che, a partire dal 1o settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura dei posti vacanti e disponibili, non possano superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi;
    la legge n. 107 del 2015 non ha previsto per i docenti della scuola dell'infanzia il potenziamento dell'organico, in grado di assorbire i docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e i soggetti inseriti nelle graduatorie di merito del concorso di cui al decreto del direttore generale per il personale scolastico 24 settembre 2012, n. 82 con la conseguenza che i docenti di scuola dell'infanzia dopo essere rientrati, sulla carta, nel piano straordinario di assunzioni, sono di fatto stati esclusi da esso;
    le graduatorie di merito 2012 per la scuola dell'infanzia sono ancora vigenti soltanto in Sicilia, Campania, Lazio, Calabria e Puglia;
    all'articolo 1, comma 181, lettera e), nell'ambito dell'attuazione delle delega di cui al comma 180, la legge n. 107 del 2015 prevede l'emanazione di decreti legislativi di istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nelle more della emanazione del decreto legislativo su citato, la proroga della graduatoria di merito della scuola dell'infanzia costituita in seguito al concorso di cui al Decreto del direttore generale per il personale scolastico 24 settembre 2012, n. 82, al fine di equiparare la situazione dei candidati utilmente inseriti nella citata graduatoria di merito alle situazioni dei soggetti utilmente collocati nelle graduatorie della predetta procedura concorsuale per le scuole primaria, secondaria di primo e secondo grado.
9/3513-A/86Occhiuto, Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del testo in esame prevede numerose proroghe in materia di Pubblica amministrazione, tra le quali alcune adottate nelle more dell'emanazione di decreti legislativi non ancora emanati;
    il comma 131 dell'articolo 1, della legge n. 107 del 2015 prevede che, a partire dal 1o settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura dei posti vacanti e disponibili, non possano superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi;
    la legge n. 107 del 2015 non ha previsto per i docenti della scuola dell'infanzia il potenziamento dell'organico, in grado di assorbire i docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e i soggetti inseriti nelle graduatorie di merito del concorso di cui al decreto del direttore generale per il personale scolastico 24 settembre 2012, n. 82 con la conseguenza che i docenti di scuola dell'infanzia dopo essere rientrati, sulla carta, nel piano straordinario di assunzioni, sono di fatto stati esclusi da esso;
    le graduatorie di merito 2012 per la scuola dell'infanzia sono ancora vigenti soltanto in Sicilia, Campania, Lazio, Calabria e Puglia;
    all'articolo 1, comma 181, lettera e), nell'ambito dell'attuazione delle delega di cui al comma 180, la legge n. 107 del 2015 prevede l'emanazione di decreti legislativi di istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere la proroga della graduatoria di merito della scuola dell'infanzia costituita in seguito al concorso di cui al Decreto del direttore generale per il personale scolastico 24 settembre 2012, n. 82, al fine di equiparare la situazione dei candidati utilmente inseriti nella citata graduatoria di merito alle situazioni dei soggetti utilmente collocati nelle graduatorie della predetta procedura concorsuale per le scuole primaria, secondaria di primo e secondo grado.
9/3513-A/86. (Testo modificato nel corso della seduta)  Occhiuto, Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del testo in esame reca diverse proroghe di termini riconducibili in generale al settore economico-finanziario. Tra le diverse disposizioni, si introducono alcune proroghe di norme di natura contabile che consentono alle amministrazioni statali di esercitare alcune misure di flessibilità nella gestione degli stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato;
    relativamente agli enti locali e alle regioni, va rilevato che la legge di stabilità 2016 ha abrogato le norme relative alla disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali nonché quelle relative al conseguimento del pareggio di bilancio da parte delle regioni, così come disciplinato dalla legge di stabilità dello scorso anno (legge n. 190 del 2014), e introdotto il principio del pareggio del bilancio per gli enti locali e le regioni, definendolo come il saldo non negativo, in soli termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali;
    la medesima legge di stabilità 2016, all'articolo 1, comma 711, ha previsto che, limitatamente all'anno 2016, nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza è considerato il fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota riveniente dal ricorso all'indebitamento;
    sarebbe opportuno estendere tale possibilità anche per il 2017, ed eliminare la penalizzazione che altrimenti subirebbero tutti gli enti nel 2017 per l'utilizzo dello strumento del fondo pluriennale vincolato, introdotto dai nuovi principi della contabilità armonizzata. Infatti, non rilevando nel 2017 tale fondo, né in entrata né in spesa, tutti gli impegni conseguenti a re-iscrizioni inciderebbero negativamente sul saldo finanziario di competenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative volte ad includere, anche per il 2017, il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa nel saldo di competenza tra le entrate finali e le spese finali.
9/3513-A/87Sarro, Russo, Luigi Cesaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene proroghe di termini previsti da disposizioni di legge; nello specifico l'articolo 6, disciplina la proroga di termini in materie di competenza del Ministro della salute;
    le proroghe in tema di sanità riguardano diversi ambiti: misure per il soccorso in mare, disposizioni per la distribuzione dei farmaci e per le tariffe delle prestazioni mediche;
    nel corso dell'esame in Commissione Affari costituzionali, sono state inserite misure relative al fabbisogno sanitario standard; l'articolo 6, comma 4-bis, introdotto in sede referente, proroga al 2016 l'applicazione, in tutte le regioni, dei valori di costo rilevati nelle tre regioni di riferimento Marche, Umbria e Veneto per la determinazione del fabbisogno sanitario standard di cui all'articolo 27, comma 5, del decreto legislativo n. 68 del 2011;
    ai fini del riparto del Fondo sanitario nazionale, ovvero della determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali, la norma conferma inoltre i criteri, relativamente al calcolo del costo medio standard per livello di assistenza e pesi per classi di età, adottati nel 2015 in sede di riparto del Fondo sanitario nazionale;
    in merito alla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali, la legge di stabilità 2014, ha previsto all'articolo 1 comma 601, che «A decorrere dall'anno 2015 i pesi sono definiti con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base dei criteri previsti dall'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, tenendo conto, nella ripartizione del costo e del fabbisogno sanitario standard regionale, del percorso di miglioramento per il raggiungimento degli standard di qualità, la cui misurazione si può avvalere del sistema di valutazione di cui all'articolo 30 del presente decreto. Qualora non venga raggiunta l'intesa entro il 30 aprile 2015, per l'anno 2015 continuano ad applicarsi i pesi di cui al primo periodo del presente comma»;
    finora, la normativa appena citata è stata sempre disattesa: il termine del 30 aprile 2015 è trascorso, senza che fosse raggiunto un accordo tra i soggetti istituzionali richiamati e di conseguenza, senza che siano stati utilizzati i pesi e i criteri per la definizione nella ripartizione del costo e del fabbisogno sanitario standard regionale;
    la mancata applicazione del dettato normativo sta penalizzando in modo particolare le regioni a più alta criticità sociale e con una minore aspettativa di vita, specialmente al Sud;
    sarebbe a tal riguardo opportuno prevedere una proroga al 30 giugno 2016 del termine entro il quale devono essere definiti i pesi con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che l'applicazione delle misure richiamate in premessa che consentono l'individuazione puntuale dei pesi, per la definizione del fabbisogno sanitario standard, attraverso la riapertura della proroga scaduta il 30 aprile 2015, produca una effettiva nuova ripartizione delle risorse.
9/3513-A/88Russo, Sarro, Luigi Cesaro.


   La Camera,
   considerato che:
    nel corso del dibattito sul provvedimento in esame le Commissioni riunite hanno approvato un emendamento che proroga fino alla fine dell'anno i contratti dei ricercatori a tempo determinato di tipo «B»; in poche parole, quelli di chi può essere assunto come professore dopo tre anni di lavoro, previo conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale;
    l'emendamento presentato dai relatori interviene a sanare un problema legato al mancato avvio della nuova procedura per l'abilitazione scientifica nazionale. I ricercatori a tempo determinato di tipo B, con contratti di tre anni, sono gli unici che possono essere assunti come professori associati, se, al termine dei 36 mesi, avranno conseguito l'abilitazione scientifica nazionale. Ma non essendo stata avviata una nuova procedura diversi ricercatori in scadenza rischiano di non poter partecipare;
    in analogia con la norma sopra citata, con un emendamento presentato dalla firmataria del presente atto, erano state fatte presenti le problematiche relative alla categoria dei tecnici laureati, presenti in diversi atenei, assimilati ai ricercatori in virtù dell'articolo 1, comma 10, della legge 14 gennaio 1999 n. 4;
    si tratta di tecnici laureati in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980 n. 382 (tre anni di attività didattica e scientifica comprovati da pubblicazioni edite e attestazione del Preside) maturati successivamente al 1o agosto 1980 (articolo 16 della legge 341 del 1990);
    l'articolo 1 comma 10 della legge 14 gennaio 1999 n. 4 prevede che «è comunque fatta salva, per i tecnici laureati in possesso di requisiti previsti dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980 n. 382, anche se maturati successivamente al 10 agosto 1980, l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 16 comma 1 della legge 19 novembre 1990 n. 341»;
    tale previsione non risulta ancora essere stata applicata, determinando per i tecnici laureati una disparità di trattamento e un vulnus ingiustificato alle loro capacità professionali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di avviare selezioni concorsuali per professori associati, riservate al personale tecnico laureato delle università medesime, in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 16 della legge 19 novembre 1990, n. 341, dall'articolo 8 comma 10 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 e dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica il luglio 1980, n. 382 che posseggano i requisiti previsti dall'abilitazione scientifica nazionale e che abbiano, nell'ultimo quinquennio svolto almeno tre anni di attività di ricerca e abbiano tenuto corsi e moduli curriculari per almeno un triennio consecutivo.
9/3513-A/89Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, all'articolo 29 prevede che le pubbliche amministrazioni acquisiscano la documentazione antimafia relativa alle imprese operanti nei settori a più alto rischio di infiltrazione mafiosa, di cui all'articolo 1, comma 53 della legge n. 190 del 2012, consultando obbligatoriamente gli elenchi, istituiti presso ciascuna Prefettura, delle imprese operanti nei settori suddetti per le quali sia escluso il tentativo di infiltrazione mafiosa (cosiddette white list);
    la normativa sopra richiamata ha previsto un periodo transitorio, non superiore a dodici mesi dall'entrata in vigore del suddetto decreto-legge, in cui le amministrazioni appaltanti possono procedere all'affidamento dei contratti o all'autorizzazione dei subcontratti previo accertamento dell'avvenuta presentazione della domanda di iscrizione nell'elenco prefettizio (salva la rescissione del contratto o la revoca dell'autorizzazione in caso di sopravvenuto diniego di iscrizione);
    il decreto-legge n. 78 del 19 giugno 2015, all'articolo 11-bis, ha prorogato il periodo transitorio fino all'attivazione della banca dati nazionale unica antimafia, avvenuta il 7 gennaio 2016 in attuazione dell'articolo 99, comma 2-bis, del Codice antimafia;
    continuano a sussistere difficoltà delle Prefetture ad evadere tutte le richieste di iscrizione alle liste prefettizie. I tempi di istruttoria sono, infatti, ancora molto lunghi e lontani dai 90 giorni previsti nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 aprile 2013, contenente le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento delle white list;
    sono numerose le imprese, che hanno presentato istanza di iscrizione prima del 7 gennaio u.s. e sono in attesa dell'iscrizione effettiva nella rispettiva white list;
    a partire dal 7 gennaio 2016, il venir meno della possibilità di equiparare la domanda di iscrizione alle liste prefettizie all'iscrizione effettiva rende impossibile per le imprese che sono in attesa dell'iscrizione alla white list procedere alla stipula dei contratti o subcontratti;
    il termine del periodo transitorio delle white list sta determinando, per le imprese in attesa dell'iscrizione, gravi conseguenze economiche a causa del blocco della loro attività esecutiva, oltre che effetti distorsivi sul regolare funzionamento del mercato in considerazione del vantaggio competitivo in cui si vengono a trovare le poche imprese regolarmente iscritte,

impegna il Governo:

   a prevedere un'ulteriore proroga, fino al 31 luglio 2016, della disciplina transitoria che consenta di equiparare la domanda di iscrizione alle liste prefettizie all'iscrizione effettiva, anche in considerazione del fatto che l'effettiva operatività della banca dati, nonostante la sua entrata in vigore, richiederà ancora tempi lunghi per completare la fase di popolamento;
   prevedere un rafforzamento della struttura organizzativa preposta al popolamento della banca dati, al fine di accelerarne l'implementazione.
9/3513-A/90Mariani, Borghi, Bergonzi, Stella Bianchi, Braga, Bratti, Carrescia, Cominelli, Covello, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Marroni, Massa, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Valiante, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il termine a decorrere dal quale diviene obbligatoria la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre e dispone, inoltre, che il credito d'imposta per sostenere l'adeguamento tecnologico degli operatori del settore, previsto originariamente per l'anno 2012 e, da ultimo, riferito all'anno 2015, è utilizzabile per l'anno 2016;
    questa misura crea le condizioni per consentire un'effettiva fruibilità del credito d'imposta riconosciuto agli edicolanti a fronte delle spese sostenute per la realizzazione di una rete informatica che colleghi l'intera rete di vendita e perciò editori-distributori e rivenditori;
    per valorizzare ulteriormente l'intero compatto editoriale è necessario che Poste Italiane formuli a breve un'offerta commerciale integrativa, per quanto concerne la nuova modalità di recapito delle spedizioni postali di quotidiani e periodici settimanali ai lettori abbonati, che garantisca la distribuzione postale dei prodotti editoriali anche nei giorni della settimana non coperti dal recapito a giorni alterni e che sia equa, ragionevole e rispettosa non solo del principio di sostenibilità del servizio e ad un prezzo accessibile per gli utenti finali, come prescritto dal Garante per le comunicazioni,

impegna il Governo

a garantire che Poste Italiane, nella prima fase attuativa del nuovo modello di recapito, continui ad assicurare la distribuzione dei periodici per cinque giorni alla settimana, secondo le condizioni economiche previgenti, anche nei Comuni serviti a giorni alterni, e a mantenere l'attuale sistema tariffario (periodicità, qualità, diffusione, consegna decentralizzata e categorie di peso) anche oltre il 31 dicembre 2016, concedendo concessioni solamente se Poste Italiane può garantire determinati standard, come il recapito dei giornali in mattinata.
9/3513-A/91Plangger, Alfreider, Gebhard, Schullian, Ottobre, Marguerettaz.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il termine a decorrere dal quale diviene obbligatoria la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre e dispone, inoltre, che il credito d'imposta per sostenere l'adeguamento tecnologico degli operatori del settore, previsto originariamente per l'anno 2012 e, da ultimo, riferito all'anno 2015, è utilizzabile per l'anno 2016;
    questa misura crea le condizioni per consentire un'effettiva fruibilità del credito d'imposta riconosciuto agli edicolanti a fronte delle spese sostenute per la realizzazione di una rete informatica che colleghi l'intera rete di vendita e perciò editori-distributori e rivenditori;
    per valorizzare ulteriormente l'intero compatto editoriale è necessario che Poste Italiane formuli a breve un'offerta commerciale integrativa, per quanto concerne la nuova modalità di recapito delle spedizioni postali di quotidiani e periodici settimanali ai lettori abbonati, che garantisca la distribuzione postale dei prodotti editoriali anche nei giorni della settimana non coperti dal recapito a giorni alterni e che sia equa, ragionevole e rispettosa non solo del principio di sostenibilità del servizio e ad un prezzo accessibile per gli utenti finali, come prescritto dal Garante per le comunicazioni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di garantire che Poste Italiane, nella prima fase attuativa del nuovo modello di recapito, continui ad assicurare la distribuzione dei periodici per cinque giorni alla settimana, secondo le condizioni economiche previgenti, anche nei Comuni serviti a giorni alterni, e a mantenere l'attuale sistema tariffario (periodicità, qualità, diffusione, consegna decentralizzata e categorie di peso) anche oltre il 31 dicembre 2016, concedendo concessioni solamente se Poste Italiane può garantire determinati standard, come il recapito dei giornali in mattinata.
9/3513-A/91. (Testo modificato nel corso della seduta) Plangger, Alfreider, Gebhard, Schullian, Ottobre, Marguerettaz.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge di stabilità 2016 approvata il 28 dicembre 2015, n. 208 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2015, al comma 710 recita: «Ai fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica, gli enti di cui al comma 709 devono conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, ...;
    il comma 711 del medesimo provvedimento recita «Ai fini dell'applicazione del comma 710, le entrate finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e le spese finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio» ed in particolare «Limitatamente all'anno 2016, nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza è considerato il fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota riveniente dal ricorso all'indebitamento»;
    i comuni inferiori ai 10.000 abitanti, qualora avessero scelto di avvalersi della convenzione con altri comuni e di dare vita ad una Centrale Unica di Committenza, avevano l'obbligo, entro il 1o novembre 2015, di procedere ad appalti o acquisti attraverso la CUC stessa;
    per poter attivare la CUC era necessaria la preventiva registrazione dell'utenza e le successive operazione di profilazione per i servizi ad accesso riservato, ed il riconoscimento e la validazione preventiva dell'ANAC;
    in alcuni casi l'abilitazione richiesta per la CUC all'ANAC, è stata da questa validata solamente il 29 dicembre 2015;
    alcuni piccoli comuni non sono riusciti ad impegnare l'avanzo di amministrazione entro il 31.12.2015 e quindi questo, stante l'attuale quadro normativo, non rientrando nel fondo pluriennale vincolato, non risulta di fatto spendibile, cagionando una impossibilità di investimenti a comuni che sono stati virtuosi;
    per alcuni di questi detto mancato impegno è stato causato anche dal fatto che la ritardata validazione di ANAC, di fatto, non ha più permesso l'impegno entro il 31 dicembre 2015;
    alcuni emendamenti presentati al disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», miranti a sanare la situazione sopra descritta, hanno visto il parere non favorevole del Governo, e sono stati ritirati;
    detta situazione rischia di colpire soprattutto piccoli comuni, che grazie ad una gestione oculata e rigorosa, avevano creato avanzi di amministrazione, e che dette risorse, che in base alle vigenti norme rischiano di non poter utilizzare, sono fondamentali per investimenti necessari alle comunità in oggetto,

impegna il Governo

ad individuare, in un prossimo provvedimento, una modifica normativa finalizzata a consentire ai piccoli comuni che non lo hanno impegnato entro il 31 dicembre 2015, l'impegno dell'avanzo relativo al Bilancio 2015, non computandolo ai fini del pareggio di bilancio di cui al comma 710 sopra citato, anche eventualmente considerandolo parte del fondo pluriennale vincolato, ai sensi dell'ultimo capoverso del comma 711 della citata Legge di stabilità 2016, eventualmente dando ai comuni il tempo necessario ad una programmazione delle opere da realizzare attraverso la stabilizzazione di detta impostazione per almeno un biennio o un triennio.
9/3513-A/92Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 1 del decreto ministeriale 18 febbraio 2011 come modificato dal decreto ministeriale 10 novembre 2011 n. 219 prevede che «La copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del SISTRI, a carico degli operatori iscritti, è assicurata mediante il pagamento di un contributo annuale.’’;
    i costi per la costituzione del SISTRI sono stati ammortizzati nel periodo di vigenza del contratto con Selex Se.Ma. che è scaduto nel novembre 2014;
    che il contratto con Selex è stato poi prorogato prima fino al 31 dicembre 2015 e, successivamente, con il decreto-legge n. 210 del 2015 di un altro anno;
    che i costi di «costituzione», diversamente da quelli di gestione e manutenzione non avrebbero più dovuto gravare sul contributo annuale già dall'anno 2015;
    in tal senso l'impegno alla riduzione dei contributi annuali SISTRI era stato oggetto della risoluzione n. 8-00199 approvata il 17 giugno 2015, con il parere favorevole del Governo stesso, dalla VIII Commissione della Camera dei deputati e dell'ordine del giorno n. 25 accolto con il parere favorevole del Governo nella seduta del 22 dicembre 2015 dalla Camera dei deputati;
    in sede di approvazione del Parere reso dalla VIII Commissione Ambiente nel corso dell'iter di conversione del decreto-legge n. 210 del 2015, la Sottosegretaria rappresentante del Governo ha comunicato che lo schema di decreto ministeriale di modifica di quello del 18 febbraio 2011 e finalizzato alla riduzione del contributo annuale per l'iscrizione al SISTRI, nel rispetto dell'impegno di cui alla citata risoluzione n. 8-00199 era stato trasmesso già nel dicembre 2015 al Consiglio di Stato;
    nonostante l'unanime richiesta della Commissione di trasmissione urgente della bozza del citato Schema di decreto per averne certa cognizione l'istanza non ha trovato a tutt'oggi ancora risposta;
    ulteriori ritardi nell'emanazione del decreto rischiano di comportarne la pubblicazione oltre il termine del 30 aprile 2016 cioè la data entro la quale centinaia di migliaia di imprese aderenti al SISTRI dovranno provvedere al pagamento pena le pesantissime sanzioni previste dalla legge vanificando, di fatto, la volontà espressa dal Parlamento,

impegna il Governo:

   1) a trasmettere entro 15 giorni il testo dello Schema del decreto ministeriale di modifica del decreto ministeriale 18 febbraio 2011 come modificato dal decreto ministeriale 10 novembre 2011 n. 219 inviato al Consiglio di Stato nel dicembre 2015;
   2) all'adozione e pubblicazione del decreto di cui sopra entro il 30 aprile 2016 al fine di permettere alle imprese aderenti al SISTRI di pagare il contributo nella nuova misura ridotta rispetto alla precedente in quanto non più comprensiva dei costi di realizzazione come evidenziato in premessa.
9/3513-A/93Carrescia, Giovanna Sanna, Realacci, De Menech, Massa, Senaldi, Manfredi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 1 del decreto ministeriale 18 febbraio 2011 come modificato dal decreto ministeriale 10 novembre 2011 n. 219 prevede che «La copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del SISTRI, a carico degli operatori iscritti, è assicurata mediante il pagamento di un contributo annuale.’’;
    i costi per la costituzione del SISTRI sono stati ammortizzati nel periodo di vigenza del contratto con Selex Se.Ma. che è scaduto nel novembre 2014;
    che il contratto con Selex è stato poi prorogato prima fino al 31 dicembre 2015 e, successivamente, con il decreto-legge n. 210 del 2015 di un altro anno;
    che i costi di «costituzione», diversamente da quelli di gestione e manutenzione non avrebbero più dovuto gravare sul contributo annuale già dall'anno 2015;
    in tal senso l'impegno alla riduzione dei contributi annuali SISTRI era stato oggetto della risoluzione n. 8-00199 approvata il 17 giugno 2015, con il parere favorevole del Governo stesso, dalla VIII Commissione della Camera dei deputati e dell'ordine del giorno n. 25 accolto con il parere favorevole del Governo nella seduta del 22 dicembre 2015 dalla Camera dei deputati;
    in sede di approvazione del Parere reso dalla VIII Commissione Ambiente nel corso dell'iter di conversione del decreto-legge n. 210 del 2015, la Sottosegretaria rappresentante del Governo ha comunicato che lo schema di decreto ministeriale di modifica di quello del 18 febbraio 2011 e finalizzato alla riduzione del contributo annuale per l'iscrizione al SISTRI, nel rispetto dell'impegno di cui alla citata risoluzione n. 8-00199 era stato trasmesso già nel dicembre 2015 al Consiglio di Stato;
    nonostante l'unanime richiesta della Commissione di trasmissione urgente della bozza del citato Schema di decreto per averne certa cognizione l'istanza non ha trovato a tutt'oggi ancora risposta;
    ulteriori ritardi nell'emanazione del decreto rischiano di comportarne la pubblicazione oltre il termine del 30 aprile 2016 cioè la data entro la quale centinaia di migliaia di imprese aderenti al SISTRI dovranno provvedere al pagamento pena le pesantissime sanzioni previste dalla legge vanificando, di fatto, la volontà espressa dal Parlamento,

impegna il Governo:

   1) a trasmettere entro 15 giorni il testo dello Schema del decreto ministeriale di modifica del decreto ministeriale 18 febbraio 2011 come modificato dal decreto ministeriale 10 novembre 2011 n. 219 inviato al Consiglio di Stato nel dicembre 2015;
   2) all'adozione e pubblicazione del decreto di cui sopra entro il 30 aprile 2016.
9/3513-A/93. (Testo modificato nel corso della seduta)  Carrescia, Giovanna Sanna, Realacci, De Menech, Massa, Senaldi, Manfredi.


   La Camera,
   premesso che:
    viste le opportune proroghe relative agli adempimenti per l'edilizia scolastica e all'attuazione di alcune norme in materia di sicurezza degli edifici;
    constatato l'effettivo e straordinario impegno del Governo nei confronti di una priorità nazionale quale quello della messa in sicurezza degli edifici scolastici con importanti stanziamenti di fondi a favore di comuni, province e città metropolitane, non ultimo lo sblocco del Patto di stabilità per 480 milioni di euro;
    visto anche che alcuni tragici eventi hanno coinvolto nella ricerca delle responsabilità i dirigenti scolastici;
    considera non più rinviabile la definizione di una disciplina chiara in materia di responsabilità del dirigente scolastico per quanto riguarda la conduzione degli edifici destinati all'istruzione e alla definizione del ruolo di datore di lavoro in una scuola,

impegna il Governo

ad assumere tutte le iniziative legislative e regolamentari in proposito e in particolare alla luce dell'attuazione completa della legge n. 107 del 2015.
9/3513-A/94D'Ottavio, Boccuzzi, Malisani.


   La Camera,
   premesso che:
    viste le opportune proroghe relative agli adempimenti per l'edilizia scolastica e all'attuazione di alcune norme in materia di sicurezza degli edifici;
    constatato l'effettivo e straordinario impegno del Governo nei confronti di una priorità nazionale quale quello della messa in sicurezza degli edifici scolastici con importanti stanziamenti di fondi a favore di comuni, province e città metropolitane, non ultimo lo sblocco del Patto di stabilità per 480 milioni di euro;
    visto anche che alcuni tragici eventi hanno coinvolto nella ricerca delle responsabilità i dirigenti scolastici;
    considera non più rinviabile la definizione di una disciplina chiara in materia di responsabilità del dirigente scolastico per quanto riguarda la conduzione degli edifici destinati all'istruzione e alla definizione del ruolo di datore di lavoro in una scuola,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere tutte le iniziative legislative e regolamentari in proposito e in particolare alla luce dell'attuazione completa della legge n. 107 del 2015.
9/3513-A/94. (Testo modificato nel corso della seduta)  D'Ottavio, Boccuzzi, Malisani.


   La Camera,
   premesso che:
    la lettera a) del comma 1 dell'articolo 8 proroga di un anno, ossia fino al 31 dicembre 2016, il periodo in cui non si applicano le sanzioni relative al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – SISTRI e in cui continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti antecedenti alla disciplina del SISTRI;
    nel corso dell'esame in sede referente sono state inoltre dimezzate le sanzioni concernenti l'omissione dell'iscrizione al SISTRI e del pagamento dei relativi contributi per il periodo dal 1o aprile 2015 al 31 dicembre 2016 e comunque non oltre il collaudo con esito positivo della piena operatività del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, come individuato a mezzo della procedura ad evidenza pubblica bandita dalla Consip S.p.A. il 26 giugno 2015;
    non sono ancora noti i criteri e metodi che il nuovo concessionario vorrà applicare, al momento che verrà individuato, e tutto il sistema SISTRI risulta quindi alquanto confuso e in attesa di radicali trasformazioni;
    pertanto, per tutto il periodo transitorio, fino alla piena operatività del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, non dovrebbero essere applicate sanzioni e non dovrebbe essere richiesta l'iscrizione obbligatoria delle imprese al sistema,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, volte ad abolire completamente le sanzioni concernenti l'omissione dell'iscrizione al SISTRI e del pagamento dei relativi contributi per tutto il periodo transitorio, fino al collaudo con esito positivo della piena operatività del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, come individuato a mezzo della procedura ad evidenza pubblica bandita dalla Consip S.p.A. il 26 giugno 2015.
9/3513-A/95Grimoldi, Guidesi, Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 7 proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 luglio 2016, il periodo in cui l'anticipazione del prezzo dell'appalto in favore dell'appaltatore, limitatamente per i contratti relativi a lavori, è elevata dal 10 per cento al 20 per cento;
    la necessità di disporre di un congruo anticipo sul prezzo è propria di tutte le imprese che operano nel settore degli appalti, quindi anche delle imprese che operano in appalti di servizi e forniture e non solo di quelle che si occupano di lavori;
    infatti, in un momento di crisi economica, come quello che attraversa il Paese, nel quale soprattutto le micro e piccole imprese risentono della stretta del credito bancario, l'anticipazione consentirebbe alle stesse imprese di disporre delle risorse necessarie per procedere nell'avvio dell'esecuzione dei contratti;
    l'anticipazione, peraltro, comporta un beneficio anche per le stazioni appaltanti in quanto evita l'allungamento dei tempi per l'avvio dei lavori, oggi dettato dalla stretta creditizia, costituisce un volano di risorse finanziarie che permetterebbe alle imprese di onorare puntualmente i propri impegni nei confronti dei dipendenti, dei fornitori e della stazione appaltante e, conseguentemente, abbrevia i termini di conclusione dei contratti di appalto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, per estendere l'anticipazione in favore dell'appaltatore del 20 per cento dell'importo del contratto di appalto, come previsto per i lavori, anche ai contratti di appalto di servizi e forniture.
9/3513-A/96Simonetti, Grimoldi, Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 della legge 266 del 2005, commi 473 e seguenti, prevedeva la possibilità di rivalutare il valore delle aree edificabili nei bilanci delle imprese chiusi al 31 dicembre 2005, con il pagamento di una imposta sostitutiva nella misura del 19 per cento sul maggior valore attribuito alle stesse aree. Gli effetti della rivalutazione venivano subordinati alla condizione che la edificazione delle aree intervenisse nel quinquennio 2006-2010 e quindi entro il 31 dicembre 2010;
    il decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 206, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, ha prorogato di ulteriori cinque anni il termine utile per la edificazione, fino al 31 dicembre 2015;
    tale disposizione, in aggiunta ad altre previste per il comparto edilizio-immobiliare, ha avuto lo scopo di non vanificare l'intento della norma originaria finalizzata ad incentivare il settore delle costruzioni edilizie, che rappresenta un importante motore economico di molti settori;
    la crisi del comparto edilizio-immobiliare è stata ultimamente aggravata dalla intervenuta crisi finanziaria, con la conseguenza di restare compromessa la capacità delle aziende di far fronte alla costruzione dell'edificio, necessaria al fine di rispettare la condizione di utilizzazione edificatoria,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere legislativo, per prevedere un'ulteriore proroga del termine per l'edificazione delle aree edificabili rivalutate nei bilanci delle imprese chiusi al 31 dicembre 2005, per le quali la legge 266 del 2005, articolo 1, commi 473 e seguenti prevedeva il pagamento di una imposta sostitutiva nella misura del 19 per cento sul maggior valore attribuito alle stesse aree.
9/3513-A/97Busin, Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, del decreto-legge in esame, interviene su norme di regolamentazione dei mercati energetici;
    l'Italia, con il decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 ha recepito la direttiva 2012/27/UE in merito all'efficienza energetica;
    l'articolo 9, del decreto legislativo n. 102 del 2014, detta norme per la misurazione e la fatturazione dei consumi energetici, prevedendo, in particolare, al comma 5, l'installazione di contatori per misurare l'effettivo consumo individuale delle unità immobiliari;
    se da un lato la norma in questione favorisce la riduzione dei consumi energetici negli edifici, dall'altro la stessa crea un onere per molte famiglie italiane che sono obbligate ad installare, entro il 1o dicembre 2016, i suddetti contatori all'interno di ciascuna unità immobiliare;
    in questo periodo di difficile congiuntura economica sarebbe opportuno adottare misure di maggior favore per i cittadini creando i presupposti per sollevarli da nuove incombenze, le quali hanno, tra l'altro, l'effetto di produrre, come nel caso evidenziato, risvolti economici importanti sui loro bilanci familiari,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di carattere normativo per introdurre una proroga, almeno annuale, dei termini di cui all'articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102.
9/3513-A/98Allasia, Simonetti, Invernizzi, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11, introduce diverse proroghe di termini relative ad interventi emergenziali;
    sono da ritenersi di assoluta priorità e urgenza gli interventi a favore delle imprese creditrici di ILVA Spa alla luce del serio rischio di fallimento che le stesse corrono per mancanza di liquidità;
    il decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, recante "Disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto", ha disposto all'articolo 2, comma 8-bis, la sospensione dei termini dei versamenti dei tributi erariali in scadenza fino al 15 settembre 2015 e delle cartelle di riscossione in favore delle imprese di autotrasporto e delle piccole imprese creditrici di ILVA SpA, fissando, conseguentemente, al 21 dicembre 2015 il termine di restituzione degli stessi;
    la norma è stata introdotta per sostenere le imprese dell'indotto che a seguito del fallimento dell'ILVA non sono state pagate per le prestazioni svolte a favore della stessa società, allontanando il rischio che queste stesse imprese fornitrici potessero a loro volta fallire, con un significativo impatto sull'economia e l'occupazione di tutto il territorio nazionale;
    dal momento che le imprese creditrici di ILVA SpA non sono state ancora liquidate dalla società in amministrazione straordinaria, si rende necessario e urgente un intervento che prolunghi la sospensione dei termini relativi al versamento dei tributi erariali, di cui al citato articolo 2, comma 8-bis, del decreto-legge n. 1 del 2015,

impegna il Governo

ad adottare attraverso una norma di proroga un'ulteriore sospensione dei termini dei versamenti dei tributi erariali e delle cartelle di pagamento a favore delle imprese di autotrasporto e delle piccole imprese che vantano crediti per le prestazioni svolte in favore di ILVA SpA.
9/3513-A/99Caparini, Grimoldi, Invernizzi, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del decreto-legge cosiddetto «proroga termine»;
    constatato che l'articolo 4, comma 3, proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il termine per l'acquisto dell'efficacia delle disposizioni che consentono anche ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, purché regolarmente soggiornanti in Italia, di utilizzare dichiarazioni sostitutive – le cosiddette autocertificazioni – limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani;
    ricordato che tale termine originariamente fissato al 1o gennaio 2013 dal decreto-legge n. 5 del 2012, era già stato prorogato al 30 giugno 2014 dal decreto-legge n. 150 del 2013, poi al 30 giugno 2015 dal decreto-legge n. 119 del 2014 e, successivamente, al 31 dicembre 2015 dal decreto-legge n. 192 del 2014;
    preso atto che tale ulteriore differimento è motivato dalla mancata adozione del decreto del Ministro dell'interno, che, ai sensi dell'articolo 15, comma 4-quinquies, del decreto-legge n. 5 del 2012, deve individuare le modalità per l'acquisizione d'ufficio dei certificati del casellario giudiziale italiano, delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso sul territorio nazionale, dei dati anagrafici e di stato civile, delle certificazioni concernenti l'iscrizione nelle liste di collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido, di quelle necessarie per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio nonché le misure idonee a garantire la celerità nell'acquisizione della documentazione;
    stante la motivazione contenuta nella relazione di accompagnamento, quindi, la mancata adozione è dovuta al protrarsi dei lavori tesi ad individuare (con il coinvolgimento dei dicasteri che detengono le banche dati cui la norma si riferisce: Ministeri della giustizia, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca) le modalità di colloquio telematico tra le banche dati stesse;
    tale giustificazione denuncia l'inefficienza della pubblica amministrazione, posto che è impensabile oggigiorno un tempo di tre anni per individuare le modalità di dialogo tra banche dati e, di conseguenza, l'adozione di un decreto ministeriale dell'Interno,

impegna il Governo

ad attivare e completare il collegamento tra uffici e banche dati e provvedere di conseguenza all'emanazione del relativo decreto, considerando la proroga al 31 dicembre 2016 di cui al comma 3 dell'articolo 4 citato in premessa quale termine perentorio e non più prorogabile.
9/3513-A/100Invernizzi, Saltamartini, Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del decreto-legge cosiddetto «proroga termine»;
    constatato che l'articolo 4, comma 3, proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il termine per l'acquisto dell'efficacia delle disposizioni che consentono anche ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, purché regolarmente soggiornanti in Italia, di utilizzare dichiarazioni sostitutive – le cosiddette autocertificazioni – limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani;
    ricordato che tale termine originariamente fissato al 1o gennaio 2013 dal decreto-legge n. 5 del 2012, era già stato prorogato al 30 giugno 2014 dal decreto-legge n. 150 del 2013, poi al 30 giugno 2015 dal decreto-legge n. 119 del 2014 e, successivamente, al 31 dicembre 2015 dal decreto-legge n. 192 del 2014;
    preso atto che tale ulteriore differimento è motivato dalla mancata adozione del decreto del Ministro dell'interno, che, ai sensi dell'articolo 15, comma 4-quinquies, del decreto-legge n. 5 del 2012, deve individuare le modalità per l'acquisizione d'ufficio dei certificati del casellario giudiziale italiano, delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso sul territorio nazionale, dei dati anagrafici e di stato civile, delle certificazioni concernenti l'iscrizione nelle liste di collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido, di quelle necessarie per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio nonché le misure idonee a garantire la celerità nell'acquisizione della documentazione;
    stante la motivazione contenuta nella relazione di accompagnamento, quindi, la mancata adozione è dovuta al protrarsi dei lavori tesi ad individuare (con il coinvolgimento dei dicasteri che detengono le banche dati cui la norma si riferisce: Ministeri della giustizia, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca) le modalità di colloquio telematico tra le banche dati stesse;
    tale giustificazione denuncia l'inefficienza della pubblica amministrazione, posto che è impensabile oggigiorno un tempo di tre anni per individuare le modalità di dialogo tra banche dati e, di conseguenza, l'adozione di un decreto ministeriale dell'Interno,

impegna il Governo

ad attivare e completare il collegamento tra uffici e banche dati e provvedere di conseguenza all'emanazione del relativo decreto, considerando la proroga al 31 dicembre 2016.
9/3513-A/100. (Testo modificato nel corso della seduta)  Invernizzi, Saltamartini, Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il sisma del 20 e del 29 maggio 2012 che ha duramente colpito l'Emilia Romagna, oltre ad aver provocato la morte di 27 persone, ha lasciato una pesante eredità in danni economici. Il cratere, infatti, è formato da 33 comuni rientranti in 4 diverse province (Reggio Emilia, Modena, Bologna e Ferrara) dove risiedono in tutto 550 mila persone, di cui 270 mila addetti fra agricoltura, industria e servizi;
    la zona colpita, quindi, era un territorio densamente popolato e una delle aree più industrializzate d'Italia, con una fiorente agricoltura e un alto tasso di disoccupazione, dove, almeno fino a prima della catastrofe sismica, si produceva circa il 2 per cento del PIL nazionale;
    gli edifici crollati sono stati quasi 40 mila, di cui oltre 25 mila ad uso abitativo, e delle 67 mila abitazioni controllate (prime e seconde case) oltre 30 mila sono state dichiarate inagibili, 16.500 hanno avuto danni di importante entità e 14-15 mila danni leggeri;
    il totale dei danni economici stimati si è aggirato intorno ai 3,3 miliardi di euro e il crollo o l'inagibilità degli edifici ha causato lo sfollamento di 42 mila persone, a cui si sono aggiunte tutte le ripercussioni economiche sul lungo periodo, come l'improvvisa disoccupazione;
    nonostante siano stati emanati diversi decreti ministeriali, due decreti-legge (almeno quelli dedicati esclusivamente all'emergenza post-sisma, ma anche altri provvedimenti hanno introdotto diverse disposizioni in merito) e 142 ordinanze emanate dal commissario straordinario, 9 mila famiglie sono state escluse dai contributi per la ricostruzione, i fondi effettivamente stanziati per la riedificazione si sono rivelati insufficienti e le risorse non sono state distribuite a tutti i cittadini; senza contare le innumerevoli incongruenze normative che, ad esempio, hanno escluso dai rimborsi post-sisma tutte le imprese che non hanno dipendenti, quindi tutte le Snc di imprenditori individuali e artigiani (numerosissimi in quelle aree), o i proprietari degli immobili concessi in locazione, come i capannoni, poiché è stato stabilito che fosse il titolare delle attività e non i proprietari a farsi carico della ristrutturazione;
    al sisma si sono poi aggiunte la tromba d'aria del 3 maggio 2013 e l'alluvione del gennaio 2014 che hanno duramente colpito i comuni del modenese, causando danni al settore agroalimentare, con più di 1000 aziende agricole interessate, addirittura più ingenti di quelli del sisma;
   considerato che:
    nel corso dell'esame in sede referente di questo provvedimento è stato aggiunto, all'articolo 11, il comma 3-quater che proroga di un anno, ossia fino al 31 dicembre 2016, il termine entro il quale i soggetti colpiti dalle suddette calamità possono ottenere, su richiesta, la sospensione delle rate mensili dei mutui in essere con banche o altri intermediari finanziari;
    si tratta di mutui ipotecari o chirografari relativi ad edifici distrutti, inagibili o inabitabili o relativi ad attività economiche che si svolgono nei medesimi edifici, per i quali il soggetto interessato può chiedere la sospensione dell'intera rata oppure della sola quota capitale, senza nessun ulteriore onere per il mutuatario;
   considerato inoltre che:
    la suddetta disposizione si applica però nel limite massimo di 500.000 euro a valere sulle contabilità speciali dei Presidenti delle regioni colpite istituite in seguito al sisma, attraverso una eventuale ridefinizione degli interventi programmati;
    l'eccezionalità dei ripetuti eventi calamitosi che hanno colpito questi territori ha creato ripercussioni economiche di proporzioni disastrose a famiglie e imprese, richiedendo quindi una capienza maggiore rispetto ai 500.000 euro previsti;
    l'apposizione della fiducia da parte del Governo ha fatto decadere la nostra proposta emendativa presentata in Aula relativa all'innalzamento del suddetto limite,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere il limite di 500.000 euro al fine di innalzarlo ad 1 milione di euro, a valere non sulle contabilità speciali, considerate le difficoltà economiche dei soggetti interessati dalla normativa in questione, come specificato in premessa.
9/3513-A/101Borghesi, Guidesi, Invernizzi, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 24 dicembre 2012, n. 243, di attuazione del nuovo articolo 119 della Costituzione, reca le disposizioni per assicurare l'equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali e il concorso dei medesimi enti alla sostenibilità del debito pubblico a decorrere dal 2016 da conseguire con l'obbligo del pareggio di bilancio;
    la Legge di Stabilità 2015 ha anticipato di un anno, vale a dire al 2015, l'obbligo del pareggio di bilancio per le regioni, come nuova modalità di controllo della spesa pubblica, introducendo per le regioni a statuto ordinario il vincolo del pareggio di bilancio quale nuova modalità di contenimento della spesa pubblica, in luogo del Patto di stabilità interno incentrato sull'osservanza di un limite posto alle spese finali;
    in base a quanto disposto dall'articolo 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, il comma 463 della Legge di stabilità 2015 dispone che ai fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica, le regioni a statuto ordinario devono conseguire, a decorrere dall'anno 2016, nella fase di previsione, e, a decorrere dal 2015,in sede di rendiconto un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate e le spese finali e un saldo non negativo, in termini di competenza e cassa, tra entrate e spese correnti;
    lo stesso comma 463 prevede inoltre che nel computo del saldo tra le entrate e le spese correnti siano incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti «escluso l'utilizzo del risultato di amministrazione di parte corrente, del fondo di cassa, il recupero del disavanzo di amministrazione e il rimborso anticipato dei prestiti»;
   considerato inoltre che:
    l'articolo 1-bis del decreto-legge n. 78 del 2015 esclude gli impegni per investimenti diretti e per contributi in conto capitale dal computo del saldo di equilibrio espresso in termini di competenza anche per l'anno 2015 ai sensi del suddetto comma 463 della Legge di stabilità 2015;
   tale esclusione dal computo del saldo di equilibrio di competenza risulta utile ai fini del concorso delle regioni al risanamento della finanza pubblica;
   il beneficio si è applicato esclusivamente a quelle regioni che, nell'anno 2014, hanno registrato indicatori annuali di tempestività dei pagamenti inferiori ai tempi indicati dal decreto legislativo n. 231 del 2002 che stabilisce un termine di 30 giorni, secondo quanto stabilito dalla direttiva 2011/7/UE (prorogabile fino a 60 giorni in presenza di determinate condizioni), calcolati e pubblicati e secondo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 settembre 2014;
    ora, infatti, le predette regioni dimostrano una programmazione anche dei flussi di cassa che permette i pagamenti nei tempi previsti dalla suddetta normativa;
   tenuto conto che:
    l'articolo 4, comma 1-bis del presente provvedimento prevede la proroga per l'anno 2016 della disciplina dell'articolo 7, comma 2 del decreto-legge n. 78 del 2015 che permette agli enti territoriali di utilizzare risorse provenienti da rinegoziazione di mutui e dal riacquisto di titoli obbligazionari;
    i commi 8-ter e 8-quater dell'articolo 10 del presente provvedimento prorogano disposizioni in materia di gestione degli stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato permettendo di usufruire di alcune misure di flessibilità per le amministrazioni statali, prevedendo, tra le altre misure, la proroga all'esercizio finanziario 2017 e relativo bilancio pluriennale della facoltà per le amministrazioni centrali di rimodulare le dotazioni finanziarie tra le missioni di spesa di ciascuno stato di previsione, secondo quanto disposto dall'articolo 2, comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prorogare anche per il 2016 l'esclusione dal pareggio di bilancio delle regioni che hanno rispettato i tempi di pagamento dei creditori degli impegni per investimenti diretti e per contributi in conto.
9/3513-A/102Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 24 dicembre 2012, n. 243, di attuazione del nuovo articolo 119 della Costituzione, reca le disposizioni per assicurare l'equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali e il concorso dei medesimi enti alla sostenibilità del debito pubblico a decorrere dal 2016 da conseguire con l'obbligo del pareggio di bilancio;
    la Legge di Stabilità 2015 ha anticipato di un anno, vale a dire al 2015, l'obbligo del pareggio di bilancio per le regioni, come nuova modalità di controllo della spesa pubblica, introducendo per le regioni a statuto ordinario il vincolo del pareggio di bilancio quale nuova modalità di contenimento della spesa pubblica, in luogo del Patto di stabilità interno incentrato sull'osservanza di un limite posto alle spese finali;
    in base a quanto disposto dall'articolo 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, il comma 463 della Legge di stabilità 2015 dispone che ai fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica, le regioni a statuto ordinario devono conseguire, a decorrere dall'anno 2016, nella fase di previsione, e, a decorrere dal 2015,in sede di rendiconto un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate e le spese finali e un saldo non negativo, in termini di competenza e cassa, tra entrate e spese correnti;
    lo stesso comma 463 prevede inoltre che nel computo del saldo tra le entrate e le spese correnti siano incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti «escluso l'utilizzo del risultato di amministrazione di parte corrente, del fondo di cassa, il recupero del disavanzo di amministrazione e il rimborso anticipato dei prestiti»;
   considerato inoltre che:
    l'articolo 1-bis del decreto-legge n. 78 del 2015 esclude gli impegni per investimenti diretti e per contributi in conto capitale dal computo del saldo di equilibrio espresso in termini di competenza anche per l'anno 2015 ai sensi del suddetto comma 463 della Legge di stabilità 2015;
   tale esclusione dal computo del saldo di equilibrio di competenza risulta utile ai fini del concorso delle regioni al risanamento della finanza pubblica;
   il beneficio si è applicato esclusivamente a quelle regioni che, nell'anno 2014, hanno registrato indicatori annuali di tempestività dei pagamenti inferiori ai tempi indicati dal decreto legislativo n. 231 del 2002 che stabilisce un termine di 30 giorni, secondo quanto stabilito dalla direttiva 2011/7/UE (prorogabile fino a 60 giorni in presenza di determinate condizioni), calcolati e pubblicati e secondo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 settembre 2014;
    ora, infatti, le predette regioni dimostrano una programmazione anche dei flussi di cassa che permette i pagamenti nei tempi previsti dalla suddetta normativa;
   tenuto conto che:
    l'articolo 4, comma 1-bis del presente provvedimento prevede la proroga per l'anno 2016 della disciplina dell'articolo 7, comma 2 del decreto-legge n. 78 del 2015 che permette agli enti territoriali di utilizzare risorse provenienti da rinegoziazione di mutui e dal riacquisto di titoli obbligazionari;
    i commi 8-ter e 8-quater dell'articolo 10 del presente provvedimento prorogano disposizioni in materia di gestione degli stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato permettendo di usufruire di alcune misure di flessibilità per le amministrazioni statali, prevedendo, tra le altre misure, la proroga all'esercizio finanziario 2017 e relativo bilancio pluriennale della facoltà per le amministrazioni centrali di rimodulare le dotazioni finanziarie tra le missioni di spesa di ciascuno stato di previsione, secondo quanto disposto dall'articolo 2, comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prorogare anche per il 2016 l'esclusione dal pareggio di bilancio delle regioni che hanno rispettato i tempi di pagamento dei creditori degli impegni per investimenti diretti e per contributi in conto.
9/3513-A/102. (Testo modificato nel corso della seduta) Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge finanziaria 2007), per l'anno 2007 furono stabiliti i nuovi criteri per determinare i canoni demaniali marittimi relativi alle concessioni con finalità turistico-ricreative e fu contestualmente abrogata la rivalutazione prevista dal citato decreto-legge n. 269 del 2003;
    i criteri introdotti dalla Legge finanziaria 2007 prevedono, per alcune tipologie di concessione, parametri tabellari, mentre per le concessioni con sovrastanti pertinenze demaniali marittime, un canone determinato con riferimento ai valori medi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) dell'Agenzia delle Entrate per la zona di riferimento, commisurati alla superficie complessiva, abbattuta per scaglioni, delle pertinenze demaniali marittime, qualora, adibite ad attività commerciali, terziario-direzionali o di produzione di beni e di servizi, con un aumento a partire dal 1500 per cento fino ad arrivare al 3000 per cento, raggiungendo cifre esorbitanti;
    la norma ha messo in seria difficoltà le imprese balneari che si trovano davanti alla oggettiva difficoltà di corrispondere tali importi – sono 206 in tutto il Paese quelle colpite – creando inoltre una concorrenza sleale con le attività non «pertinenziali» che operano sullo stesso territorio la cui unica differenza riguarda l'incameramento o meno del bene;
    la legge n. 208 del 2015 (Legge di stabilità 2016) prevede, solo per coloro che entro il 15 novembre 2015 abbiano avviato un contenzioso, che siano sospesi tutti i procedimenti amministrativi di decadenza, revoca e sospensione delle concessioni demaniali fino al 30 settembre 2016 e che entro tale data si provveda al complessivo riordino della disciplina in materia di concessioni demaniali marittime;
    la legge n. 147 del 2013 (Legge di stabilità 2014) ai commi 732 e 733 prevede che, al fine di ridurre il contenzioso derivante dall'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni delle concessioni demaniali marittime, i procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 settembre 2013 concernenti il pagamento in favore dello Stato dei canoni e degli indennizzi per l'utilizzo dei beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze, possono essere integralmente definiti, previa domanda all'ente gestore e all'Agenzia del Demanio da parte del soggetto interessato ovvero del destinatario della richiesta di pagamento. Il successivo comma 733 prevede che la domanda di definizione sia presentata entro il 28 febbraio 2014;
    la disposizione introdotta nella Legge di stabilità 2016 certamente garantisce alle imprese balneari la continuità dell'esercizio della propria attività, ma sarebbe anche opportuno dare occasione alle imprese stesse di poter definire i contenziosi aperti negli anni 2014 e 2015, al fine di poter accedere ai benefici previsti nei commi 732 e 733 della legge n. 147 del 2013,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di carattere legislativo affinché siano prorogati i termini previsti dai commi 732 e 733 della legge n. 147 del 2013, prevedendo, però, l'esclusione dei beni pertinenziali che risultano comunque oggetto di procedimenti giudiziari di natura penale.
9/3513-A/103Gianluca Pini, Invernizzi, Simonetti, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame della Legge di stabilità 2016 la V Commissione di questa Camera ha espunto la disposizione introdotta dal Senato che, con riferimento al 2015, manteneva come valide le deliberazioni relative a regolamenti, aliquote e tariffe di tributi adottate dai comuni entro il 30 settembre 2015, ove fossero state espletate le procedure di pubblicazione previste dalla legge;
    la deroga era stata introdotta per sanare la situazione di confusione che si era creata per i comuni che avevano approvato le delibere il 31 luglio, ad un solo giorno dalla scadenza;
   considerato che:
    ciò è avvenuto, nella maggior parte dei casi, a causa della tornata elettorale che li aveva interessati, che ha portato alla convalida delle elezioni ai primi giorni di luglio e che ha sostanzialmente messo questi Comuni nell'impossibilità di rispettare i tempi previsti per la presentazione del bilancio;
    a questa circostanza si è poi aggiunta a quella creata dall'entrata in vigore soltanto nei primi giorni di agosto del decreto-legge n. 78 del 2015 che ha introdotto rilevanti modifiche alle regole di bilancio degli enti locali, e alle relative risorse assegnate ai comuni;
    la decisione del Governo, in sede di esame del disegno di Legge di stabilità 2016, di stralciare con un suo emendamento presentato in questa Camera la disposizione introdotta dal Senato, rischia di mettere in difficoltà molti comuni che avendo deliberato oltre il 31 luglio, riceveranno una compensazione in base alle aliquote del 2014 e non in base alle nuove tariffe messe in bilancio 2015, arrecando ancora più pregiudizio a quei piccoli comuni che sulle entrate dei tributi locali devono pagare i servizi offerti alla popolazione;
   tenuto altresì in conto che:
    l'articolo 4 del presente provvedimento contiene già delle disposizioni in materia di bilancio degli enti locali, prevedendo, al comma 1 la proroga per il 2016 dell'applicazione della procedura di attribuzione al prefetto di poteri di impulso e sostitutivi per la nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre del bilancio di previsione degli enti locali in caso di inadempimento e, al comma 1-bis, la proroga per l'anno 2016 della disciplina dell'articolo 7, comma 2 del decreto-legge n. 78 del 2015 che permette agli enti territoriali di utilizzare risorse provenienti da rinegoziazione di mutui e dal riacquisto di titoli obbligazionari,

impegna il Governo

a prevedere attraverso l'adozione di ulteriori iniziative normative, la validità delle deliberazioni regolamentari e tariffarie in materia di IMU, TASI, tassa sui rifiuti (TARI) e addizionale comunale all'Irpef adottate dai comuni entro il 31 agosto 2015, in deroga all'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
9/3513-A/104Guidesi, Invernizzi, Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    delle esigenze che hanno determinato la scelta di prorogare nuovamente, fino al 31 maggio 2017, il mandato dei componenti in carica dei consigli in cui, a vari livelli, si articola la rappresentanza del personale dell'Esercito italiano, della Marina militare, dell'Aeronautica militare, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, mentre prosegue il dibattito politico sulla loro possibile riforma;
    evidenziando la circostanza che il regime di prorogatio non è nuovo nell'esperienza storica delle rappresentanze militari, tendendo piuttosto a ripresentarsi periodicamente;
    rilevando tuttavia, come costituisca un vulnus del principio democratico ogni forma di proroga dei mandati degli organismi elettivi di rappresentanza, tanto nel mondo civile quanto in quello militare,

impegna il Governo

ad evitare ogni ulteriore futuro rinvio del rinnovo degli organismi elettivi della rappresentanza militare di ogni ordine e grado.
9/3513-A/105Molteni, Invernizzi, Guidesi, Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento approvato, con modificazioni, dalle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) della Camera dei deputati il 4 febbraio 2016 contiene Proroga di termini in materia di pubbliche amministrazioni e in particolare ai commi da 1 a 3 dell'articolo 1 vengono prorogati al 31 dicembre 2016 una serie di disposizioni in materia di assunzioni a tempo indeterminato in determinate pubbliche amministrazioni, tra cui il comparto sicurezza-difesa e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    in particolare il comma 3-bis, introdotto dalle Commissioni riunite, introduce la proroga di una deroga alle procedure ordinarie di accesso alle qualifiche qualifica di capo squadra del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di capo reparto del medesimo Corpo disposta dall'articolo 1, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 79 del 2012 fino al 2013 e successivamente estesa al 2014 dal decreto-legge n. 150 del 2013;
    nell'ottica di assicurare al Corpo nazionale dei vigili del fuoco la piena operatività anche nei casi di emergenza terroristica e per garantire la stessa opportunità a tutti gli idonei di concorsi pubblici anche a quelli delle graduatorie del Corpo,

impegna il Governo

a prevede l'assunzione delle unità a vigile del fuoco, in parti uguali, collocate nelle graduatorie di cui all'articolo 8 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, vigenti sino al 31 dicembre 2016.
9/3513-A/106Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento approvato, con modificazioni, dalle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) della Camera dei deputati il 4 febbraio 2016 contiene Proroga di termini in materia di pubbliche amministrazioni e in particolare ai commi da 1 a 3 dell'articolo 1 vengono prorogati al 31 dicembre 2016 una serie di disposizioni in materia di assunzioni a tempo indeterminato in determinate pubbliche amministrazioni, tra cui il comparto sicurezza-difesa e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    in particolare il comma 3-bis, introdotto dalle Commissioni riunite, introduce la proroga di una deroga alle procedure ordinarie di accesso alle qualifiche qualifica di capo squadra del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di capo reparto del medesimo Corpo disposta dall'articolo 1, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 79 del 2012 fino al 2013 e successivamente estesa al 2014 dal decreto-legge n. 150 del 2013;
    nell'ottica di assicurare al Corpo nazionale dei vigili del fuoco la piena operatività anche nei casi di emergenza terroristica e per garantire la stessa opportunità a tutti gli idonei di concorsi pubblici anche a quelli delle graduatorie del Corpo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'assunzione delle unità a vigile del fuoco, in parti uguali, collocate nelle graduatorie di cui all'articolo 8 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, vigenti sino al 31 dicembre 2016.
9/3513-A/106. (Testo modificato nel corso della seduta) Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015 sono state introdotte disposizioni volte ad attenuare l'applicazione delle sanzioni nelle ipotesi di mancato rispetto del Patto di stabilità interno per il 2014 da parte degli enti locali;
    in particolare, il comma ha posto un limite, nel 2015, alla sanzione consistente nella riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale per i comuni ovvero del Fondo di riequilibrio provinciale per le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario disponendo che essa si applichi nella misura del 20 per cento dello scostamento tra saldo obiettivo e saldo finanziario effettivamente conseguito nel 2014 anziché essere commisurata all'effettivo scostamento tra il risultato e l'obiettivo programmatico predeterminato, come previsto dalla normativa vigente;
    inoltre, per le province e le città metropolitane, la predetta sanzione non poteva comunque applicarsi in misura superiore al 2 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo;
    disposizioni analoghe, volte a contenere la riduzione delle risorse spettanti agli enti come sanzione in caso di mancato rispetto del patto, erano state già previste negli anni precedenti;
    l'articolo 43, comma 3-bis, del decreto-legge n. 133 del 2014, ha limitato la riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale per i comuni che non hanno rispettato il patto nel 2013 ad un importo massimo corrispondente al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo e l'articolo 15, comma 1-bis, del decreto-legge n. 16 del 2014 ha previsto che qualora il comparto delle province avesse conseguito, nel suo complesso, l'obiettivo di Patto di stabilità per il 2013, la sanzione della riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio sarebbe stata applicata entro il limite del 3 per cento delle entrate correnti dell'ultimo consuntivo;
    l'importanza e la necessità di queste disposizioni nasceva dalla consapevolezza della delicata situazione finanziaria degli enti locali, soprattutto con riferimento agli obiettivi di finanza pubblica stabiliti per il comparto delle province e città metropolitane;
    il positivo superamento delle regole del Patto di stabilità in favore del pareggio di bilancio ovvero del conseguimento di un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, introdotto nella legge 28 dicembre 2015, n. 208 non ha risolto tutte le criticità legate all'ultimo anno di applicazione del sistema sanzionatorio del precedente regime,

impegna il Governo

ad inserire, nel prossimo provvedimento utile, una norma che consenta l'applicazione anche per il 2016 delle disposizioni relative all'attenuazione delle sanzioni contenute nell'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015.

9/3513-A/107Marchi, Boccadutri, Paola Bragantini, Capodicasa, Cenni, Dell'Aringa, Fanucci, Cinzia Maria Fontana, Giampaolo Galli, Ginato, Giulietti, Guerra, Losacco, Marchetti, Melilli, Misiani, Parrini, Pilozzi, Preziosi, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'autunno 2014 due gravi eventi alluvionali, avvenuti a ottobre e a novembre, hanno flagellato la Liguria, provocando morte e devastazione del territorio con la distruzione di innumerevoli strutture pubbliche e infliggendo ingentissimi danni a privati cittadini e ad attività commerciali, produttive e industriali;
    per entrambi gli eventi sono stati dichiarati lo «Stato di Emergenza Nazionale» per i territori colpiti dalla calamità naturale;
    la gestione dei due eventi ha seguito strade distinte: se per l'evento di ottobre sono stati utilizzati finanziamenti derivanti da economie che hanno consentito di erogare contributi a favore delle abitazioni danneggiate, la stessa cosa non è avvenuta per quei cittadini che hanno perso le loro case a novembre del 2014 poiché per quest'ultimo evento sono state stanziate risorse vincolate agli interventi di prima emergenza e di somma urgenza che non utilizzabili a favore dei privati, con ripercussioni drammatiche per chi ha subito danni all'abitazione,

impegna il Governo

ad inserire, attraverso il primo provvedimento utile, all'articolo 1, comma 53, della legge 28 dicembre 2015 numero 208, il riferimento agli eventi meteorologici che dal 3 al 18 novembre 2014 hanno interessato il territorio regionale della Liguria e per i quali il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza il 24 dicembre 2014.

9/3513-A/108Basso, Mariani, Giacobbe, Carocci, Tullo, Marco Meloni, Vazio.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'autunno 2014 due gravi eventi alluvionali, avvenuti a ottobre e a novembre, hanno flagellato la Liguria, provocando morte e devastazione del territorio con la distruzione di innumerevoli strutture pubbliche e infliggendo ingentissimi danni a privati cittadini e ad attività commerciali, produttive e industriali;
    per entrambi gli eventi sono stati dichiarati lo «Stato di Emergenza Nazionale» per i territori colpiti dalla calamità naturale;
    la gestione dei due eventi ha seguito strade distinte: se per l'evento di ottobre sono stati utilizzati finanziamenti derivanti da economie che hanno consentito di erogare contributi a favore delle abitazioni danneggiate, la stessa cosa non è avvenuta per quei cittadini che hanno perso le loro case a novembre del 2014 poiché per quest'ultimo evento sono state stanziate risorse vincolate agli interventi di prima emergenza e di somma urgenza che non utilizzabili a favore dei privati, con ripercussioni drammatiche per chi ha subito danni all'abitazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire, attraverso il primo provvedimento utile, all'articolo 1, comma 53, della legge 28 dicembre 2015 numero 208, il riferimento agli eventi meteorologici che dal 3 al 18 novembre 2014 hanno interessato il territorio regionale della Liguria e per i quali il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza il 24 dicembre 2014.

9/3513-A/108. (Testo modificato nel corso della seduta) Basso, Mariani, Giacobbe, Carocci, Tullo, Marco Meloni, Vazio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 24, comma 5, della legge 240 del 2010 ha previsto la cosiddetta proceduta a tenure-track per i ricercatori a tempo determinato – di cui al comma 3 lettera b) della medesima legge – che dopo un contratto triennale entrano di ruolo in posizione di professori associati, a fronte di giudizio positivo del Dipartimento e del conseguimento dell'Abilitazione scientifica nazionale (ASN) da ottenere nel corso del triennio di contratto;
    le procedure di ASN sono state bandite negli anni 2012 e 2013. Sono state poi modificate dall'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2014 che ha disposto nuove modalità da rendere operative entro febbraio 2015 ma, a tuttora, tale termine non è stato rispettato e, dunque, le procedure sono rimaste sospese dopo le due prime tornate;
    tale sospensione ha di fatto impedito e sta impedendo ai ricercatori in tenure-track di poter ottenere l'abilitazione prima della data di conclusione del contratto triennale e dunque di poter entrare in ruolo: tale situazione non può ovviamente essere imputabile ai diretti interessati ma alle lunghe procedure di revisione della ASN medesima;
    per ovviare a tale problema, il provvedimento in parola dispone che i contratti di cui sopra possano essere prorogati fino al 31 dicembre 2016, termine entro il quale è plausibile che le nuove procedure dell'ASN siano attivate;
    la norma di modifica è però espressa in forma di difficoltosa interpretazione, intervenendo in modo non coordinato a modificare l'articolo 24, comma 3, lettera b) della legge n. 240 del 2010 e disponendo al contempo la proroga al 31 dicembre 2016 dei contratti in scadenza prima di tale data con riferimento ai ricercatori che non hanno potuto partecipare alle prime due tornate dell'abilitazione. Questo quadro rischia di vanificarne gli obiettivi positivi,

impegna il Governo:

   a chiarire che l'interpretazione corretta da attribuire all'articolo 1 comma 10-septies è che i contratti da ricercatore a tempo determinato di cui all'articolo 24 comma 3 lettera b) della legge 240 del 2010 hanno durata triennale e non sono rinnovabili, ad eccezione di quelli in scadenza nel corso dell'anno 2016, che possono invece essere rinnovati in corso d'anno ma comunque per una durata che non può andare oltre il 31 dicembre 2016;
   a chiarire che l'interpretazione corretta da attribuire all'articolo 1 comma 10-octies è che i ricercatori a tempo determinato di cui all'articolo 24 comma 3 lettera b) della legge n. 240 del 2010, che hanno sostenuto le tornate 2012 o 2013 dell'ASN senza aver conseguito l'Abilitazione, possono ottenere la proroga del loro contratto fino al 31 dicembre 2016 anche se il loro contratto è nel frattempo scaduto.
9/3513-A/109Ghizzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto-legge 25 gennaio 2012 n. 2 convertito con modificazioni in legge 24 marzo 2012 n. 28, contiene «Disposizioni in materia di commercializzazione di sacchi per asporto merci nel rispetto dell'ambiente»;
    il comma 4 dell'articolo 2 citato dispone sanzioni amministrative pecuniarie sulla commercializzazione di sacchi non conformi alle caratteristiche previste dallo stesso articolo 2 citato;
    l'efficacia nell'applicazione di tali sanzioni ha valore significativo di protezione dell'ambiente che può essere ulteriormente rafforzata con l'opportuna destinazione d'uso dei proventi delle sanzioni stesse;
    ai comuni va riconosciuto un particolare ruolo nella applicazione di politiche corrette in tale ambito anche con l'assegnazione di specifiche risorse ricavate dagli introiti delle sanzioni indicate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assegnare i proventi ricavati dalle sanzioni amministrative pecuniarie disposte sulla base dell'articolo 2 del decreto-legge 25 gennaio 2012 n. 2, convertito, con modificazioni, in legge 24 marzo 2012, n. 28, per una quota pari al cinquanta per cento ad un fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e destinato alle attività istituzionali di tutela ambientale, ivi comprese quelle di accertamento delle violazioni e di irrogazione delle sanzioni di cui sopra, di conseguimento degli obiettivi di riduzione previsti dalla Direttiva (UE) 2015/720, di promozione della raccolta differenziata e del recupero dei rifiuti organici e di riduzione del collocamento in discarica di tali rifiuti e per una quota pari al cinquanta per cento ai comuni nel cui territorio sono state accertate le relative violazioni da destinare alle relative attività istituzionali, con particolare riferimento a quelle in materia di prevenzione della produzione di rifiuti, gestione dei rifiuti urbani e assimilati, raccolta differenziata e al compostaggio dei rifiuti organici, informazione e comunicazione ambientale.

9/3513-A/110Stella Bianchi, Giovanna Sanna.


   La Camera,
   premesso che:
    tenuto conto delle esigenze manifestate dai soggetti tenuti alla trasmissione dei dati e della necessità di assicurare l'invio di informazioni il più possibile corrette e complete ai fini della predisposizione della dichiarazione precompilata, in considerazione del fatto che si tratta del primo anno di avvio della trasmissione dei dati delle spese sanitarie, l'Agenzia delle Entrate ha stabilito con provvedimento n. 14464/2016 che la comunicazione al Sistema Tessera Sanitaria relativa alle spese sanitarie sostenute dagli assistiti nel periodo d'imposta 2015 e ai relativi rimborsi, deve essere effettuata dalle strutture sanitarie, dai medici e dalle farmacie entro il 9 febbraio 2016 in luogo del 31 gennaio;
    lo spostamento dei termini comporterebbe quindi lo slittamento delle scadenze successive relative agli adempimenti dei contribuenti, dei CAF e dei professionisti abilitati;
    l'Agenzia delle Entrate per poter predisporre la dichiarazione dei redditi precompilata oltre ad attingere ai dati di cui è già in possesso deve acquisire una serie di dati da soggetti terzi inerenti i redditi percepiti dal contribuente, le ritenute subite e le addizionali trattenute dal sostituto di imposta, nonché le spese detraibili e quelle deducibili sostenute nell'anno dal contribuente;
    le suddette informazioni pervengono all'Agenzia delle Entrate tramite la Comunicazione Unica che i sostituti di imposta sono obbligati a trasmettere entro il 7 marzo di ogni anno e tramite le comunicazioni che i soggetti eroganti mutui agrari e fondiari, le imprese assicuratrici, gli enti previdenziali e le forme pensionistiche complementari devono inviare entro il 28 febbraio di ciascun anno;
    pur nella consapevolezza che l'introduzione di un apparato sanzionatorio così pesante volto a punire il ritardo o l'omissione dell'invio di tali comunicazioni sia volto a scongiurare mancanze di informazioni che paralizzerebbero l'intero processo, tuttavia la grande mole di dati da trasmettere e le stringenti tempistiche previste rischia di sottoporre i soggetti interessati a margini di errore consistenti;
    la previsione di un maggior lasso di tempo potrebbe migliorare il lavoro degli operatori riducendo il margine di errore ed evitando così che i fisiologici ritardi che si accumulano durante il processo ricada unicamente su di loro;
    nel 2015, anno di introduzione sperimentale della dichiarazione dei redditi precompilata, la proroga al 23 luglio, sostanzialmente, non ha prodotto particolari disagi ai contribuenti e i rimborsi fiscali sono stati erogati con le retribuzioni o le pensioni, nelle scadenze abituali,

impegna il Governo

a concedere ai CAF-dipendenti, nell'ambito delle attività di assistenza fiscale, un margine ulteriore di tempo rispetto quanto attualmente previsto dalla legislazione vigente per trasmettere in via telematica all'Agenzia delle entrate le dichiarazioni predisposte, qualora dimostrino un'adeguata ed efficiente operatività, dando altresì al contribuente la facoltà di inviare all'amministrazione finanziaria, direttamente in via telematica, la dichiarazione precompilata entro il medesimo termine prorogato di ciascun anno senza determinarne conseguenze in termini di sanzioni e interessi.

9/3513-A/111Ribaudo, Pelillo, Bonifazi, Capozzolo, Carbone, Carella, Causi, Currò, De Maria, Marco Di Maio, Cinzia Maria Fontana, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gitti, Lodolini, Moretto, Petrini, Sanga, Zoggia.


   La Camera,
   premesso che:
    tenuto conto delle esigenze manifestate dai soggetti tenuti alla trasmissione dei dati e della necessità di assicurare l'invio di informazioni il più possibile corrette e complete ai fini della predisposizione della dichiarazione precompilata, in considerazione del fatto che si tratta del primo anno di avvio della trasmissione dei dati delle spese sanitarie, l'Agenzia delle Entrate ha stabilito con provvedimento n. 14464/2016 che la comunicazione al Sistema Tessera Sanitaria relativa alle spese sanitarie sostenute dagli assistiti nel periodo d'imposta 2015 e ai relativi rimborsi, deve essere effettuata dalle strutture sanitarie, dai medici e dalle farmacie entro il 9 febbraio 2016 in luogo del 31 gennaio;
    lo spostamento dei termini comporterebbe quindi lo slittamento delle scadenze successive relative agli adempimenti dei contribuenti, dei CAF e dei professionisti abilitati;
    l'Agenzia delle Entrate per poter predisporre la dichiarazione dei redditi precompilata oltre ad attingere ai dati di cui è già in possesso deve acquisire una serie di dati da soggetti terzi inerenti i redditi percepiti dal contribuente, le ritenute subite e le addizionali trattenute dal sostituto di imposta, nonché le spese detraibili e quelle deducibili sostenute nell'anno dal contribuente;
    le suddette informazioni pervengono all'Agenzia delle Entrate tramite la Comunicazione Unica che i sostituti di imposta sono obbligati a trasmettere entro il 7 marzo di ogni anno e tramite le comunicazioni che i soggetti eroganti mutui agrari e fondiari, le imprese assicuratrici, gli enti previdenziali e le forme pensionistiche complementari devono inviare entro il 28 febbraio di ciascun anno;
    pur nella consapevolezza che l'introduzione di un apparato sanzionatorio così pesante volto a punire il ritardo o l'omissione dell'invio di tali comunicazioni sia volto a scongiurare mancanze di informazioni che paralizzerebbero l'intero processo, tuttavia la grande mole di dati da trasmettere e le stringenti tempistiche previste rischia di sottoporre i soggetti interessati a margini di errore consistenti;
    la previsione di un maggior lasso di tempo potrebbe migliorare il lavoro degli operatori riducendo il margine di errore ed evitando così che i fisiologici ritardi che si accumulano durante il processo ricada unicamente su di loro;
    nel 2015, anno di introduzione sperimentale della dichiarazione dei redditi precompilata, la proroga al 23 luglio, sostanzialmente, non ha prodotto particolari disagi ai contribuenti e i rimborsi fiscali sono stati erogati con le retribuzioni o le pensioni, nelle scadenze abituali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di concedere ai CAF-dipendenti, nell'ambito delle attività di assistenza fiscale, un margine ulteriore di tempo rispetto quanto attualmente previsto dalla legislazione vigente per trasmettere in via telematica all'Agenzia delle entrate le dichiarazioni predisposte, qualora dimostrino un'adeguata ed efficiente operatività, dando altresì al contribuente la facoltà di inviare all'amministrazione finanziaria, direttamente in via telematica, la dichiarazione precompilata entro il medesimo termine prorogato di ciascun anno senza determinarne conseguenze in termini di sanzioni e interessi.

9/3513-A/111. (Testo modificato nel corso della seduta) Ribaudo, Pelillo, Bonifazi, Capozzolo, Carbone, Carella, Causi, Currò, De Maria, Marco Di Maio, Cinzia Maria Fontana, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gitti, Lodolini, Moretto, Petrini, Sanga, Zoggia.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 recante «Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183» ha riformato la normativa sull'accesso agli ammortizzatori sociali;
    l'articolo 5, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 ha stabilito che la Naspi sia corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni e che ai fini del calcolo della durata non siano computati i periodi contributivi che abbiano già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione;
    con l'introduzione del nuovo regime i lavoratori stagionali, in particolare quelli dei settori del turismo e del termalismo, non avranno più la possibilità di integrare il proprio reddito per tutto l'anno in quanto la Naspi avrà una durata inferiore rispetto a quanto previsto in precedenza;
    l'articolo 43, comma 4 del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015 ha previsto, limitatamente agli eventi di disoccupazione verificatesi tra il 1 maggio 2015 e il 31 dicembre 2015 riferiti ai lavoratori stagionali del settore del turismo e degli stabilimenti termali, la possibilità di computare, qualora la durata del trattamento di integrazione salariale risultasse inferiore a sei mesi, anche i contributi figurativi che avessero dato già luogo a prestazioni di disoccupazione ordinaria con requisiti ridotti e mini Aspi fruite negli ultimi 4 anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare, almeno per l'anno 2016, le disposizioni di cui all'articolo 43, comma 4 del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015 ovvero di introdurre specifiche disposizioni che consentano di accompagnare l'entrata in vigore della nuova disciplina Naspi, prevedendo in via straordinaria misure integrative della durata della prestazione di disoccupazione per i lavoratori stagionali.
9/3513-A/112Patrizia Maestri, Damiano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 recante «Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183» ha riformato la normativa sull'accesso agli ammortizzatori sociali;
    l'articolo 5, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 ha stabilito che la Naspi sia corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni e che ai fini del calcolo della durata non siano computati i periodi contributivi che abbiano già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione;
    con l'introduzione del nuovo regime i lavoratori stagionali, in particolare quelli dei settori del turismo e del termalismo, non avranno più la possibilità di integrare il proprio reddito per tutto l'anno in quanto la Naspi avrà una durata inferiore rispetto a quanto previsto in precedenza;
    l'articolo 43, comma 4 del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015 ha previsto, limitatamente agli eventi di disoccupazione verificatesi tra il 1 maggio 2015 e il 31 dicembre 2015 riferiti ai lavoratori stagionali del settore del turismo e degli stabilimenti termali, la possibilità di computare, qualora la durata del trattamento di integrazione salariale risultasse inferiore a sei mesi, anche i contributi figurativi che avessero dato già luogo a prestazioni di disoccupazione ordinaria con requisiti ridotti e mini Aspi fruite negli ultimi 4 anni,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con le risorse di finanza pubblica, l'opportunità di prorogare, almeno per l'anno 2016, le disposizioni di cui all'articolo 43, comma 4 del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015 ovvero di introdurre specifiche disposizioni che consentano di accompagnare l'entrata in vigore della nuova disciplina Naspi, prevedendo in via straordinaria misure integrative della durata della prestazione di disoccupazione per i lavoratori stagionali.
9/3513-A/112. (Testo modificato nel corso della seduta) Patrizia Maestri, Damiano.