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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 4 agosto 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 4 agosto 2015.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Bindi, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Formisano, Fraccaro, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Speranza, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vitelli, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Benedetti, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Dieni, Epifani, Faenzi, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Formisano, Fraccaro, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Speranza, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Venittelli, Vignali, Villecco Calipari, Vitelli, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 3 agosto 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
  PRODANI ed altri: «Disposizioni concernenti l'istituzione di zone economiche speciali. Istituzione di una zona economica speciale sperimentale nei comuni di Trieste e Gorizia» (3270);
  GIORGIA MELONI: «Istituzione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime di disastri ambientali» (3271).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Senato.

  In data 3 agosto 2015 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
  S. 1880. – «Riforma della RAI e del servizio pubblico radiotelevisivo» (approvato dal Senato) (3272).

  Sarà stampato e distribuito.

Annunzio di proposte di inchiesta parlamentare.

  In data 3 agosto 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di inchiesta parlamentare d'iniziativa del deputato:
  PISICCHIO: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni del Mezzogiorno d'Italia» (Doc. XXII, n. 53);
  PISICCHIO: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui beni culturali» (Doc. XXII, n. 54).

  Saranno stampate e distribuite.

Modifica del titolo di una proposta di legge.

   La proposta di legge n. 2990, d'iniziativa dei deputati CRIMÌ ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Dichiarazione di monumento nazionale del Ponte Vecchio di Bassano del Grappa, detto “Ponte degli alpini”».

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   II Commissione (Giustizia):
  CATANOSO GENOESE: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, alla legge 13 dicembre 1989, n. 401, e al decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, per la tutela dell'ordine pubblico durante lo svolgimento di manifestazioni pubbliche o aperte al pubblico e di manifestazioni sportive» (3103) Parere delle Commissioni I, V e VII.

   VI Commissione (Finanze):
  BASSO ed altri: «Divieto della propaganda pubblicitaria dei giochi con vincite in denaro» (3234) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, IX, X, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VII Commissione (Cultura):
  CRIMÌ ed altri: «Dichiarazione di monumento nazionale del Ponte Vecchio di Bassano del Grappa, detto “Ponte degli alpini”» (2990) Parere delle Commissioni I e V.

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

   Il Ministro dell'interno, con lettera in data 28 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero dell'interno, corredata dal rapporto sull'attività di analisi e revisione delle procedure di spesa e dell'allocazione delle relative risorse in bilancio, di cui all'articolo 9, comma 1-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, riferita all'anno 2014 (Doc. CLXIV, n. 31).

   Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 3 agosto 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esercizio della delega di potere conferita alla Commissione per l'adozione di atti delegati ai sensi dell'articolo 56 della direttiva 2011/61/UE, dell'8 giugno 2011 (COM(2015) 383 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esercizio della delega di potere alla Commissione per l'adozione di misure di esecuzione ai sensi dell'articolo 112 bis della direttiva 2009/65/CE del 13 luglio 2009 (COM(2015) 384 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
   Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo – Trentatreesima relazione annuale della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulle attività antidumping, antisovvenzioni e di salvaguardia dell'Unione europea (2014) (COM(2015) 385 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione della parte Schengen relativa allo strumento temporaneo per i flussi di tesoreria e strumento Schengen (2007-2009) per la Bulgaria e la Romania (COM(2015) 387 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1977 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 19 GIUGNO 2015, N. 78, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI ENTI TERRITORIALI (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3262)

A.C. 3262 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   preso atto che la legge di conversione del decreto-legge n. 192 del 2014 (n. 11 del 27 febbraio 2014) prevede per i comuni non capoluogo l'obbligo di rivolgersi alle centrali uniche di acquisto a partire dal 1o settembre 2015;
   considerato che tale norma per i piccoli comuni (sotto i 5.000 abitanti) rappresenta in alcuni casi un ostacolo al buon funzionamento della macchina pubblica nel dare risposte rapide ed efficaci alle esigenze degli enti stessi e dei cittadini, oltre a scontrarsi in molte occasioni con le evidenti difficoltà delle strutture amministrative dei piccoli comuni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nei prossimi provvedimenti legislativi, di prevedere l'obbligatorietà del ricorso alle centrali uniche di committenza da parte dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti solo per l'acquisto di beni, servizi e lavori di importo superiore a euro 20.000 (ventimila).
9/3262/1Giulietti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti locali misure in materia di polizia provinciale, dispone il transito del personale di polizia provinciale di cui all'articolo 12 della legge 7 marzo 1986, n. 65, nei ruoli degli enti locali per lo svolgimento delle funzioni di polizia municipale, secondo le modalità e le procedure definite con il decreto di cui all'articolo 1, come 423, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
    comuni, città metropolitane ed enti di area vasta per dare attuazione al transito gli enti locali dovranno verificare i limiti della propria dotazione organica, la programmazione triennale dei fabbisogni di personale, le disposizioni in vigore in materia di tetto alle spese ed alle assunzioni, i limiti in materia di patto di stabilità;
    le funzioni oggi svolte dal corpo di Polizia Provinciale, complessivamente 2700 unità nelle regioni a statuto ordinario, hanno attinenza con la vigilanza venatoria, con i controlli in ambito rurale, con l'ambito dei controlli ambientali, materie, ove non più in capo alle nuove province, trasferite alle regioni;
    la circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri 29 gennaio 2015, n. 1, escludeva dai percorsi di mobilità che riguardano gli altri dipendenti provinciali, la polizia provinciale, precisando che «per questo personale saranno definiti specifici percorsi di ricollocazione a valle degli interventi di razionalizzazione e potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia, anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio, garantendo in ogni caso la neutralità finanziaria»;
    nelle scorse settimane le organizzazioni di Cgil Cisl Uil dei corpi di polizia provinciale hanno promosso numerose forme di mobilitazione per rappresentare la loro richiesta di riconoscimento delle competenze professionali proprie che non potrebbero essere mantenute nel trasferimento ad enti che ad oggi non posseggono le competenze relative;
    anche le principali organizzazioni ambientaliste del Paese hanno manifestato forti preoccupazioni per il venir meno di funzioni di controllo ambientale, di vigilanza faunistico-venatoria, di presidio delle aree rurali, lacustri e montane, auspicando un trasferimento di funzioni e corpi alle Regioni,

impegna il Governo:

   a) ad approfondire in sede di conferenza Stato-Regioni la questione in oggetto al fine di non cancellare rilevanti competenze e professionalità della polizia provinciale;
   b) a valutare la possibilità di garantire l'unitarietà dei corpi e il trasferimento contestuale di personale, competenze e deleghe ad altro Ente;
   c) a valutare gli effetti applicativi della norma al fine di non escludere del tutto, da prossimi provvedimenti legislativi, la possibilità di recuperare i corpi di polizia provinciale nell'ambito della riorganizzazione complessiva delle forze di Polizia già deliberata in precedente atto, alla luce delle fasi di monitoraggio sull'attuazione della riforma della PA.
9/3262/2Cenni, Terrosi, Albini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 23 del 2011 ha soppresso, a partire dagli atti pubblici formati dal 1o gennaio 2014 e dalle scritture private autenticate da tale data, tutte le agevolazioni e le esenzioni tributarie sugli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, quale è il diritto di superficie. Tale norma riguarda anche la tassazione degli atti di acquisto dai comuni del diritto di superficie su case costruite su aree Peep (Piano per l'edilizia economico popolare);
    l'articolo 10 del citato decreto legislativo n. 23 del 2011 ha, nello specifico, modificato l'aliquota fissandola al 9 per cento con un minimo, a carico dei contribuenti, di mille euro. Successivamente con la legge n. 164 dell'11 novembre 2014, all'articolo 20, comma 4-ter, sono state ripristinate le agevolazioni fiscali in materia di edilizia economica e popolare e di trasferimento di immobili pubblici in vigore antecedentemente a quanto disposto dal decreto legislativo n. 23 del 2011;
    risulta evidente come dal 1o di gennaio all'11 novembre 2014 a coloro che hanno sottoscritto, per necessità, i contratti per il riscatto dell'area Peep è stata applicata una tassazione maggiorata rispetto ai cittadini che non hanno dovuto effettuare tale pratica entro questa ristretta finestra temporale;
    appare quindi palese la disparità di trattamento economico tra coloro che sono riusciti a concludere l’iter per il riscatto prima del 1o gennaio 2014 e quelli che lo faranno a decorrere dal 12 novembre 2014;
    in data 22 dicembre 2014 il Governo ha accolto come raccomandazione un ordine del giorno (numero 9/02679-bis-B/122) che impegna il Governo a sanare questa evidente incongruenza;
    la stessa Ragioneria dello Stato, in una relazione tecnica sulle coperture economiche necessarie ad attuare tale provvedimento, ha affermato che gli effetti sarebbero di entità «non apprezzabile»;
    l'articolo 31, commi 45 e seguenti, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 – legge finanziaria del 1999 – ha dato la facoltà ai comuni di cedere in proprietà le aree comprese nei Peep (Piani di edilizia economica e popolare), già concesse in diritto di superficie, agli attuali proprietari degli alloggi. In particolare la disposizione prevede, per gli assegnatari delle aree in superficie, l'opportunità di ottenere la pienezza del diritto di proprietà dell'immobile posseduto e di disporre del medesimo senza più alcun vincolo e condizionamento giuridico; per tale fattispecie il corrispettivo da pagare al comune è determinato entro il 31 marzo di ogni anno dalla giunta comunale secondo determinati criteri e parametri;
    la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (articolo 2, comma 89), novellando i commi 1 e 2, dell'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, ha successivamente introdotto nuovi parametri per la determinazione del corrispettivo;
    l'applicazione di tali parametri, la cui interpretazione consente comunque una autonomia da parte delle singole amministrazioni comunali rispetto alle indicazioni degli uffici competenti (come ad esempio la rivalutazione in base agli indici Istat), sta creando alcune criticità consistenti nelle molteplici differenziazioni dei corrispettivi da pagare. Le differenziazioni dei corrispettivi, oltre a generare gravi disparità di trattamento economico fra i cittadini rispetto alla tempistica di richiesta del riscatto ed alla residenza (oltre a ricorsi nei tribunali competenti), stanno di fatto bloccando e rallentando numerose pratiche di cessione;
    sarebbe auspicabile, anche in relazione alla crisi economica ed occupazionale che sta investendo il nostro Paese e per promuovere il diritto all'abitazione, addivenire ad una definizione di criteri uniformi, su tutto il territorio nazionale, che possa agevolare l'acquisto degli alloggi nelle aree comprese nei Peep, risolvendo il problema delle domande che ad oggi risultano bloccate ed impedendo di fatto alle singole amministrazioni comunali interpretazioni difformi della norma in oggetto;
    in data 15 ottobre 2013 il Governo ha accolto un ordine del giorno (numero 9/1544-A/17) che impegna il Governo a «rivedere i parametri normativi relativi alla cessione delle aree Peep per promuovere un'applicazione agevolata uniforme ed indifferenziata, nelle diverse realtà territoriali, per l'acquisto in piena proprietà delle aree in oggetto, da parte dei soggetti già titolari di diritto di superficie delle stesse»;
    anche a seguito di tale atto di indirizzo l'articolo 1, comma 392, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha modificato l'articolo 31, comma 48, della legge 23 dicembre 1998, n. 448: tale novella interviene sulla disciplina della determinazione del corrispettivo delle aree cedute in proprietà da parte del comune, al fine di prevedere che l'ente, su parere del proprio ufficio tecnico, fissi tale corrispettivo in misura pari al 60 per cento (percentuale già prevista dalla normativa vigente) di quello determinato attraverso il valore venale del bene, con facoltà per il Comune di abbattere tale valore fino al 50 per cento;
    questa norma ha però causato problematiche di carattere interpretativo. La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, con la deliberazione n. 58/2015/PAR del 9 marzo 2015, ha pronunciato il seguente principio di diritto: «La disposizione di cui all'articolo 31, comma 48, legge n. 448 del 1998, come novellata dall'articolo 1, comma 392, legge n. 147 del 2013 deve essere intesa nel senso che, al fine della determinazione del corrispettivo per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, è data all'Ente la facoltà di abbattere sino al 50 per cento la quota percentuale da applicarsi al valore venale del bene e, dunque, correlativamente di elevare la già prevista riduzione del 40 per cento sino al 50 per cento;
    appare palese che questa interpretazione della Corte dei conti differisca sostanzialmente dalle originarie finalità introdotte dall'articolo 1, comma 392, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,

impegna il Governo:

   ad inserire, nel prossimo provvedimento utile:
    una norma che modifichi l'articolo 20, comma 4-ter, della legge n. 164 dell'11 novembre 2014, sancendo che nei riguardi delle domande di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, già definite mediante contratti sottoscritti in sede di rogito notarile tra il 1o gennaio 2014 e l'11 novembre 2014, venga ricalcolato l'importo dovuto utilizzando i criteri vigenti (previsti dall'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 23 del 2011) e contestualmente vengano rimborsate ai cittadini coinvolti le maggiori somme versate;
    una norma volta a rimodulare i parametri normativi relativi alla cessione delle aree comprese nei piani di edilizia economica e popolare, al fine di applicare la normativa in modo uniforme ed indifferenziato, in tutte le realtà territoriali, interpretando la disposizione prevista dall'articolo 31, comma 48, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (modificata dell'articolo 1, comma 392, della legge 27 dicembre 2013, n. 147) nel senso che il corrispettivo è determinato partendo dal valore venale del bene, che l'ente può abbattere fino al 50 per cento, e calcolando successivamente il 60 per cento di tale valore già abbattuto, al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie rivalutati.
9/3262/3Sani, Romanini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 23 del 2011 ha soppresso, a partire dagli atti pubblici formati dal 1o gennaio 2014 e dalle scritture private autenticate da tale data, tutte le agevolazioni e le esenzioni tributarie sugli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, quale è il diritto di superficie. Tale norma riguarda anche la tassazione degli atti di acquisto dai comuni del diritto di superficie su case costruite su aree Peep (Piano per l'edilizia economico popolare);
    l'articolo 10 del citato decreto legislativo n. 23 del 2011 ha, nello specifico, modificato l'aliquota fissandola al 9 per cento con un minimo, a carico dei contribuenti, di mille euro. Successivamente con la legge n. 164 dell'11 novembre 2014, all'articolo 20, comma 4-ter, sono state ripristinate le agevolazioni fiscali in materia di edilizia economica e popolare e di trasferimento di immobili pubblici in vigore antecedentemente a quanto disposto dal decreto legislativo n. 23 del 2011;
    risulta evidente come dal 1o di gennaio all'11 novembre 2014 a coloro che hanno sottoscritto, per necessità, i contratti per il riscatto dell'area Peep è stata applicata una tassazione maggiorata rispetto ai cittadini che non hanno dovuto effettuare tale pratica entro questa ristretta finestra temporale;
    appare quindi palese la disparità di trattamento economico tra coloro che sono riusciti a concludere l’iter per il riscatto prima del 1o gennaio 2014 e quelli che lo faranno a decorrere dal 12 novembre 2014;
    in data 22 dicembre 2014 il Governo ha accolto come raccomandazione un ordine del giorno (numero 9/02679-bis-B/122) che impegna il Governo a sanare questa evidente incongruenza;
    la stessa Ragioneria dello Stato, in una relazione tecnica sulle coperture economiche necessarie ad attuare tale provvedimento, ha affermato che gli effetti sarebbero di entità «non apprezzabile»;
    l'articolo 31, commi 45 e seguenti, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 – legge finanziaria del 1999 – ha dato la facoltà ai comuni di cedere in proprietà le aree comprese nei Peep (Piani di edilizia economica e popolare), già concesse in diritto di superficie, agli attuali proprietari degli alloggi. In particolare la disposizione prevede, per gli assegnatari delle aree in superficie, l'opportunità di ottenere la pienezza del diritto di proprietà dell'immobile posseduto e di disporre del medesimo senza più alcun vincolo e condizionamento giuridico; per tale fattispecie il corrispettivo da pagare al comune è determinato entro il 31 marzo di ogni anno dalla giunta comunale secondo determinati criteri e parametri;
    la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (articolo 2, comma 89), novellando i commi 1 e 2, dell'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, ha successivamente introdotto nuovi parametri per la determinazione del corrispettivo;
    l'applicazione di tali parametri, la cui interpretazione consente comunque una autonomia da parte delle singole amministrazioni comunali rispetto alle indicazioni degli uffici competenti (come ad esempio la rivalutazione in base agli indici Istat), sta creando alcune criticità consistenti nelle molteplici differenziazioni dei corrispettivi da pagare. Le differenziazioni dei corrispettivi, oltre a generare gravi disparità di trattamento economico fra i cittadini rispetto alla tempistica di richiesta del riscatto ed alla residenza (oltre a ricorsi nei tribunali competenti), stanno di fatto bloccando e rallentando numerose pratiche di cessione;
    sarebbe auspicabile, anche in relazione alla crisi economica ed occupazionale che sta investendo il nostro Paese e per promuovere il diritto all'abitazione, addivenire ad una definizione di criteri uniformi, su tutto il territorio nazionale, che possa agevolare l'acquisto degli alloggi nelle aree comprese nei Peep, risolvendo il problema delle domande che ad oggi risultano bloccate ed impedendo di fatto alle singole amministrazioni comunali interpretazioni difformi della norma in oggetto;
    in data 15 ottobre 2013 il Governo ha accolto un ordine del giorno (numero 9/1544-A/17) che impegna il Governo a «rivedere i parametri normativi relativi alla cessione delle aree Peep per promuovere un'applicazione agevolata uniforme ed indifferenziata, nelle diverse realtà territoriali, per l'acquisto in piena proprietà delle aree in oggetto, da parte dei soggetti già titolari di diritto di superficie delle stesse»;
    anche a seguito di tale atto di indirizzo l'articolo 1, comma 392, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha modificato l'articolo 31, comma 48, della legge 23 dicembre 1998, n. 448: tale novella interviene sulla disciplina della determinazione del corrispettivo delle aree cedute in proprietà da parte del comune, al fine di prevedere che l'ente, su parere del proprio ufficio tecnico, fissi tale corrispettivo in misura pari al 60 per cento (percentuale già prevista dalla normativa vigente) di quello determinato attraverso il valore venale del bene, con facoltà per il Comune di abbattere tale valore fino al 50 per cento;
    questa norma ha però causato problematiche di carattere interpretativo. La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, con la deliberazione n. 58/2015/PAR del 9 marzo 2015, ha pronunciato il seguente principio di diritto: «La disposizione di cui all'articolo 31, comma 48, legge n. 448 del 1998, come novellata dall'articolo 1, comma 392, legge n. 147 del 2013 deve essere intesa nel senso che, al fine della determinazione del corrispettivo per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, è data all'Ente la facoltà di abbattere sino al 50 per cento la quota percentuale da applicarsi al valore venale del bene e, dunque, correlativamente di elevare la già prevista riduzione del 40 per cento sino al 50 per cento;
    appare palese che questa interpretazione della Corte dei conti differisca sostanzialmente dalle originarie finalità introdotte dall'articolo 1, comma 392, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di inserire, nel prossimo provvedimento utile:
    una norma che modifichi l'articolo 20, comma 4-ter, della legge n. 164 dell'11 novembre 2014, sancendo che nei riguardi delle domande di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, già definite mediante contratti sottoscritti in sede di rogito notarile tra il 1o gennaio 2014 e l'11 novembre 2014, venga ricalcolato l'importo dovuto utilizzando i criteri vigenti (previsti dall'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 23 del 2011) e contestualmente vengano rimborsate ai cittadini coinvolti le maggiori somme versate;
    una norma volta a rimodulare i parametri normativi relativi alla cessione delle aree comprese nei piani di edilizia economica e popolare, al fine di applicare la normativa in modo uniforme ed indifferenziato, in tutte le realtà territoriali.
9/3262/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Sani, Romanini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, reca una serie di articolati interventi in diversi settori d'interesse per gli enti territoriali: dal patto di stabilità interno, al pagamento dei debiti commerciali, all'assegnazione di risorse a compensazione dei gettiti IMU e TASI, cui si aggiungono ulteriori misure in materia di personale delle province e per i servizi per l'impiego, nonché una pluralità norme attinenti a questioni dei medesimi enti territoriali rimaste ancora aperte a seguito dell'approvazione dell'ultima legge di stabilità;
    il provvedimento in particolare, affronta un ampio e diversificato novero di materie concernenti principalmente gli enti territoriali, sia nell'ambito della legislazione che regolamenta la finanza pubblica degli enti locali e di armonizzazione contabile, che del funzionamento delle esigenze e delle urgenze delle comunità locali, provinciali e regionali;
    al riguardo, nell'ambito delle condizioni generali delle carceri dei comuni italiani, le sollecitazioni provenienti dal Garante dei detenuti piemontesi, secondo le quali occorre definire la costruzione di una rete di garanzia per i diritti fondamentali dei cittadini ristretti in considerazione delle significative trasformazioni, che stanno avvenendo nel settore carcerario, risultano condivisibili e necessarie al fine di soddisfare le esigenze sempre più gravi e urgenti provenienti dal medesimo ambiente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi, la nomina del Garante nazionale, come previsto dal decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, in considerazione che l'ufficio del Garante sebbene sia stato definito lo scorso marzo, attende la nomina dei componenti che saranno chiamati a svolgere questo compito, che sarà necessariamente anche di coordinamento e di rappresentanza del quadro complessivo che nel frattempo è delineato dalle regioni e dai comuni.
9/3262/4Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    il Dipartimento dei Vigili del fuoco, sarà sottoposto nel prossimo futuro a una ondata di tagli che interesseranno sedi sul territorio, uomini e mezzi al servizio del cittadino essendo impegnato ad attuare, sulla base del contenimento delle spese, una revisione di tutto il sistema organizzativo e della dislocazione delle sedi dei Vigili del fuoco su tutto il territorio nazionale;
    i livelli minimi di sicurezza vengono spesso mantenuti attraverso interventi emergenziali, come dimostra il provvedimento in oggetto che interviene su eventi eccezionali come l'Expo e il prossimo Giubileo della Misericordia, mentre occorre assicurare comunque ai cittadini l'erogazione continua di un servizio efficiente ed all'altezza delle legittime aspirazioni di tutta la società civile;
    il Comando di Firenze e le sedi distaccate sul territorio provinciale, che hanno dovuto fronteggiare in questi anni il susseguirsi continuo di eccezionali eventi calamitosi che hanno devastato e funestato interi territori di pregio, saranno costrette a subire un ridimensionamento ed un depauperamento delle risorse che potrebbero inficiare in futuro l'efficacia ed il tempismo attuali delle operazioni di Soccorso tecnico urgente;
    il personale dei Vigili del fuoco è costretto a lavorare ininterrottamente per 24 ore, dovendo sopperire alle innumerevoli richieste di soccorso dei cittadini e nonostante questo e gli sforzi «disumani», le risorse risultano palesemente insufficienti, e si lamentano mancanze gravissime sul parco mezzi in dotazione. Le autopompe sono appena sufficienti a garantire il soccorso ordinario delle squadre operative distribuite sul territorio, senza possibilità di rimpiazzi o sostituzioni, neppure in caso di guasti e rotture; mancano autoscale, piattaforme aeree, mezzi fuori-strada 4x4; le sale operative 115 risultano inadeguate nel poter recepire una mole cospicua di richieste di soccorso; i piani di rinforzo regionali e di colonna mobile sono tardi dal venire applicati. Lo scoramento ed il senso di impotenza è dilagante; il personale operativo si sente svilito dalla situazione, umiliato, od ormai sconfortato; vuoi per passaggi di qualifica attesi per anni e sempre più deludenti nei modi e nei tempi; senza copertura assicurativa ed in caso di malattie ed infortuni il singolo, in prima istanza, deve provvedere con proprie risorse economiche;
    esempi significativi delle difficoltà che vive il Corpo dei Vigili della Toscana sono i casi di tre distaccamenti situati in aree strategiche, che avrebbero avuto la necessità di nascere od essere implementati, già decretati a suo tempo dal Ministero dell'interno, e che invece subiranno pesanti tagli: Calenzano, Barberino del Mugello e San Casciano in Val di Pesa;
    Calenzano è esistente in veste di Distaccamento volontario e non sempre riesce a coprire ad oggi le 24 ore giornaliere. Il Comando aveva chiesto la trasformazione almeno in Distaccamento misto; è una sede che lavora molto, e sul suo territorio abbiamo aziende a rischio, aree industriali vaste, tratto autostradale pericoloso A1 con gallerie, centri commerciali importanti; nella bozza di riordino non si rispetta la classificazione in base al coefficiente di riferimento, anzi si decreta senza personale;
    Barberino del Mugello: ad oggi non esistente, non vengono tenuti in conto parametri fondamentali come il tratto di valico della A1, le gallerie autostradali, e la tratta ferroviaria che corre tutta in galleria, insediamenti industriali a rischio, outlet, conformazione del territorio; inoltre sarebbe ubicato nella sede del CAPI, con tutti i vantaggi ed i risparmi del caso; decretato come Distaccamento misto, verrebbe ridotto a SDR, cioè senza personale;
    San Casciano in Val di Pesa: ad oggi non esistente, l'Amministrazione lo avrebbe «pensato» Volontario, il Comando lo aveva richiesto «almeno» Misto; coprirebbe una zona in cui si trova l'importante arteria stradale Firenze-Siena, ed insediamenti civili ed industriali che risultano essere lontani anche oltre 30 minuti dalle sedi VVF più vicine; il comune avrebbe già individuato la sede e con le attività produttive della zona sarebbe pronto a farsi carico delle spese; per tutta risposta nella bozza di riordino si perde ogni traccia del Distaccamento in questa sede;
    sul Distaccamento permanente di Empoli: si tagliano alcune unità dall'organico che vanno a compromettere il ruolo strategico per i mezzi di appoggio che detta sede riveste anche e soprattutto in supporto per le sedi limitrofe più piccole; con il nuovo modulo in caso di eventi importanti, per carenza di personale, non sarà più possibile inviare fuori dal territorio di pertinenza autoscala od autobotte;
    una seria opera di riorganizzazione e ristrutturazione di un sistema strategico come quello del soccorso garantito dai Vigili del fuoco non può non avere al suo centro il problema del contratto del personale ovvero dello strumento principale che regolamenta il lavoro che, dopo sei anni, è a tutt'oggi ancora bloccato;
    per i Vigili del fuoco è necessario il riconoscimento del reale status di lavoratore atipico e sottoposto a usura e in questo quadro vanno valutati in termini reali i risparmi e le razionalizzazioni di spesa evitando i tagli lineari i cui esiti nefasti ricadono sulle spalle del cittadino con ripercussioni gravi sui tempi e sui modi del soccorso e della sicurezza,

impegna il Governo:

   a far attuare al Dipartimento dei Vigili del fuoco una revisione del sistema organizzativo e della dislocazione delle sedi su tutto il territorio nazionale che garantisca il mantenimento dei livelli minimi di sicurezza;
   ad una rivisitazione della legislazione che regolamenta il comparto della Protezione civile, del Volontariato e del soccorso, garantendo, a partire dalla prossima legge di stabilità, un contratto equo e l'assunzione prioritaria del personale precario dei Vigili del fuoco;
   a dare immediata soluzione alle emergenze relative alla Toscana in particolare ai problemi delle sedi di Calenzano, Barberino del Mugello ed Empoli e a prevedere, in tempi che tengano conto delle tempistiche sempre più frequenti relative agli eventi calamitosi, se necessario anche in concorso con l'amministrazione locale, l'insediamento di un Comando a San Casciano Val di Pesa.
9/3262/5Kronbichler, Nicchi, Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il Dipartimento dei Vigili del fuoco, sarà sottoposto nel prossimo futuro a una ondata di tagli che interesseranno sedi sul territorio, uomini e mezzi al servizio del cittadino essendo impegnato ad attuare, sulla base del contenimento delle spese, una revisione di tutto il sistema organizzativo e della dislocazione delle sedi dei Vigili del fuoco su tutto il territorio nazionale;
    i livelli minimi di sicurezza vengono spesso mantenuti attraverso interventi emergenziali, come dimostra il provvedimento in oggetto che interviene su eventi eccezionali come l'Expo e il prossimo Giubileo della Misericordia, mentre occorre assicurare comunque ai cittadini l'erogazione continua di un servizio efficiente ed all'altezza delle legittime aspirazioni di tutta la società civile;
    il Comando di Firenze e le sedi distaccate sul territorio provinciale, che hanno dovuto fronteggiare in questi anni il susseguirsi continuo di eccezionali eventi calamitosi che hanno devastato e funestato interi territori di pregio, saranno costrette a subire un ridimensionamento ed un depauperamento delle risorse che potrebbero inficiare in futuro l'efficacia ed il tempismo attuali delle operazioni di Soccorso tecnico urgente;
    il personale dei Vigili del fuoco è costretto a lavorare ininterrottamente per 24 ore, dovendo sopperire alle innumerevoli richieste di soccorso dei cittadini e nonostante questo e gli sforzi «disumani», le risorse risultano palesemente insufficienti, e si lamentano mancanze gravissime sul parco mezzi in dotazione. Le autopompe sono appena sufficienti a garantire il soccorso ordinario delle squadre operative distribuite sul territorio, senza possibilità di rimpiazzi o sostituzioni, neppure in caso di guasti e rotture; mancano autoscale, piattaforme aeree, mezzi fuori-strada 4x4; le sale operative 115 risultano inadeguate nel poter recepire una mole cospicua di richieste di soccorso; i piani di rinforzo regionali e di colonna mobile sono tardi dal venire applicati. Lo scoramento ed il senso di impotenza è dilagante; il personale operativo si sente svilito dalla situazione, umiliato, od ormai sconfortato; vuoi per passaggi di qualifica attesi per anni e sempre più deludenti nei modi e nei tempi; senza copertura assicurativa ed in caso di malattie ed infortuni il singolo, in prima istanza, deve provvedere con proprie risorse economiche;
    esempi significativi delle difficoltà che vive il Corpo dei Vigili della Toscana sono i casi di tre distaccamenti situati in aree strategiche, che avrebbero avuto la necessità di nascere od essere implementati, già decretati a suo tempo dal Ministero dell'interno, e che invece subiranno pesanti tagli: Calenzano, Barberino del Mugello e San Casciano in Val di Pesa;
    Calenzano è esistente in veste di Distaccamento volontario e non sempre riesce a coprire ad oggi le 24 ore giornaliere. Il Comando aveva chiesto la trasformazione almeno in Distaccamento misto; è una sede che lavora molto, e sul suo territorio abbiamo aziende a rischio, aree industriali vaste, tratto autostradale pericoloso A1 con gallerie, centri commerciali importanti; nella bozza di riordino non si rispetta la classificazione in base al coefficiente di riferimento, anzi si decreta senza personale;
    Barberino del Mugello: ad oggi non esistente, non vengono tenuti in conto parametri fondamentali come il tratto di valico della A1, le gallerie autostradali, e la tratta ferroviaria che corre tutta in galleria, insediamenti industriali a rischio, outlet, conformazione del territorio; inoltre sarebbe ubicato nella sede del CAPI, con tutti i vantaggi ed i risparmi del caso; decretato come Distaccamento misto, verrebbe ridotto a SDR, cioè senza personale;
    San Casciano in Val di Pesa: ad oggi non esistente, l'Amministrazione lo avrebbe «pensato» Volontario, il Comando lo aveva richiesto «almeno» Misto; coprirebbe una zona in cui si trova l'importante arteria stradale Firenze-Siena, ed insediamenti civili ed industriali che risultano essere lontani anche oltre 30 minuti dalle sedi VVF più vicine; il comune avrebbe già individuato la sede e con le attività produttive della zona sarebbe pronto a farsi carico delle spese; per tutta risposta nella bozza di riordino si perde ogni traccia del Distaccamento in questa sede;
    sul Distaccamento permanente di Empoli: si tagliano alcune unità dall'organico che vanno a compromettere il ruolo strategico per i mezzi di appoggio che detta sede riveste anche e soprattutto in supporto per le sedi limitrofe più piccole; con il nuovo modulo in caso di eventi importanti, per carenza di personale, non sarà più possibile inviare fuori dal territorio di pertinenza autoscala od autobotte;
    una seria opera di riorganizzazione e ristrutturazione di un sistema strategico come quello del soccorso garantito dai Vigili del fuoco non può non avere al suo centro il problema del contratto del personale ovvero dello strumento principale che regolamenta il lavoro che, dopo sei anni, è a tutt'oggi ancora bloccato;
    per i Vigili del fuoco è necessario il riconoscimento del reale status di lavoratore atipico e sottoposto a usura e in questo quadro vanno valutati in termini reali i risparmi e le razionalizzazioni di spesa evitando i tagli lineari i cui esiti nefasti ricadono sulle spalle del cittadino con ripercussioni gravi sui tempi e sui modi del soccorso e della sicurezza,

impegna il Governo:

   a far attuare al Dipartimento dei Vigili del fuoco una revisione del sistema organizzativo e della dislocazione delle sedi su tutto il territorio nazionale che garantisca il mantenimento dei livelli minimi di sicurezza;
   a raccomandare ai Vigili del fuoco di dare immediata soluzione alle emergenze relative alla Toscana in particolare ai problemi delle sedi di Calenzano, Barberino del Mugello ed Empoli e a prevedere, in tempi che tengano conto delle tempistiche sempre più frequenti relative agli eventi calamitosi, se necessario anche in concorso con l'amministrazione locale, l'insediamento di un Comando a San Casciano Val di Pesa.
9/3262/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Kronbichler, Nicchi, Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il 30 luglio scorso sono scaduti i termini per l'approvazione dei bilanci preventivi dei comuni;
    il provvedimento al nostro esame rinvia tale scadenza al 30 settembre prossimo, ma solo per le province e le città metropolitane;
    il decreto del Ministro dell'interno del 30 luglio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 30 luglio 2015, considerate anche le difficoltà registrate dai comuni della regione Siciliana nell'adeguamento del proprio ordinamento contabile alle rilevanti modifiche in materia di armonizzazione dei bilanci, di applicazione dei principi contabili e degli schemi di bilancio, introdotte dall'articolo 11 della legge regionale 16 gennaio 2015, n. 3, dall'articolo 6 della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9, e, da ultimo, dall'articolo 1 della legge regionale 10 luglio 2015, n. 12, differisce, dal 30 luglio al 30 settembre 2015, il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno 2015 da parte delle città metropolitane, delle province e degli enti locali della regione siciliana;
    ma molte amministrazioni locali appena insediate dopo le ultime elezioni amministrative, che hanno rinnovato giunte e consigli in oltre mille comuni, si sono trovate nella pratica impossibilità di rispettare la scadenza del 30 luglio;
    il debutto sul resto del territorio nazionale delle regole per l'armonizzazione ed i tempi di approvazione del provvedimento al nostro esame che hanno superato la data del 30 luglio (ad esempio, le risorse per ammorbidire il taglio perequativo per i piccoli comuni saranno distribuite solo a settembre) rendono particolarmente difficoltoso per molti enti locali la redazione dei bilanci di previsione,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a spostare il termine per la presentazione del bilancio di previsione per l'anno 2015 da parte di tutti gli enti locali al 30 settembre 2015;
   a dare comunque disposizioni alle prefetture affinché applichino quanto previsto dall'articolo 141 del TUEL (decreto legislativo n. 267 del 2000) con la dovuta elasticità stante le oggettive difficoltà causate ai comuni dall'incertezza normativa.
9/3262/6Marcon, Melilla, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del provvedimento reca disposizioni in merito al funzionamento dei servizi per l'impiego ed alle funzioni amministrative connesse alle politiche attive per il lavoro, prevedendo, al fine di garantire livelli essenziali di prestazioni in questo ambito, da una parte la conclusione di un accordo, in sede di Conferenza unificata, tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le regioni e le province autonome, volto all'elaborazione di un piano di rafforzamento dei servizi stessi, attraverso l'impiego coordinato di fondi nazionali e regionali, nonché dei programmi operativi cofinanziati dal Fondo sociale europeo, e dall'altra la possibilità, per le province e città metropolitane, di procedere alla stipula di contratti a tempo determinato;
    per perfezionare i suddetti accordi è stato anche stabilito che il Ministero partecipi agli oneri di funzionamento dei servizi per l'impiego per gli anni 2015 e il 2016, nei limiti di 90 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016, a valere sul Fondo di rotazione per il finanziamento della formazione professionale, di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 148 del 1993, in deroga alla previsione, contestualmente abrogata, di cui alla legge di stabilità per il 2015 che autorizzava un'anticipazione di risorse alle regioni per il temporaneo funzionamento dei servizi per l'impiego. Si tratta comunque di uno stanziamento assolutamente insufficiente a garantire l'operatività dei Centri per l'impiego e la proroga di tutte le posizioni lavorative precarie in imminente scadenza;
    lo schema di decreto legislativo (AG 177) predisposto in attuazione della normativa di delega di cui all'articolo 1, commi 3 e 4, della legge 183 del 2014 (cosiddetta Jobs act), attualmente all'esame delle Commissioni parlamentari competenti, ridisegna la disciplina della suddetta materia, procedendo, tra l'altro, all'individuazione dei soggetti che costituiscono la rete dei servizi per le politiche del lavoro, affidandone il coordinamento alla nuova Agenzia nazionale alla quale sono devolute anche le funzioni fino ad oggi espletate dalle province;
    il comma 6-bis del medesimo articolo 15 del provvedimento consente, nelle more dell'attuazione del processo di riordino delle funzioni connesse alle politiche attive del lavoro e al solo fine di consentire la continuità dei servizi erogati dai centri per l'impiego, alle province e città metropolitane, in deroga a quanto previsto dall'articolo 4, comma 9, terzo periodo, del decreto-legge n. 101 del 2013, secondo cui le province possono prorogare, esclusivamente per necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi, i contratti di lavoro a tempo determinato fino al 31 dicembre 2015 nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente, del patto di stabilità interno e delle norme in materia di contenimento della spesa complessiva di personale, di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato, seppur con scadenza non successiva al 31 dicembre 2016, anche nel caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno per l'anno 2014, alle medesime finalità e condizioni previsti per l'esercizio dei predetti servizi, a condizione che venga garantito l'equilibrio di parte corrente nel periodo interessato dai contratti stessi;
    in tale contesto di riordino istituzionale sarebbe invece necessario garantire i servizi per l'impiego e le politiche attive dando continuità ai contratti in essere senza disperdere le professionalità acquisite dagli operatori. Di contro, nel provvedimento non è prevista alcuna norma di salvaguardia per tutto quel personale dei centri per l'impiego e degli enti-strumentali già assunto a tempo determinato, circa 5000 lavoratori, che spesso vantano una lunga carriera ed ampie competenze professionali acquisite in corso di carriera lavorativa,

impegna il Governo:

   a garantire, per tutta la fase di transizione verso un diverso assetto delle competenze, anche avviando un tavolo di confronto tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le organizzazioni sindacali di categoria che permetta di individuare tempistiche e criteri certi e oggettivi in merito alla distribuzione delle suddette risorse, la continuità di funzionamento dei Centri per l'impiego, quale infrastruttura pubblica indispensabile per lo sviluppo delle politiche attive, individuando le modalità più opportune affinché tutto il personale in essi impiegato possa continuare ad operare senza soluzioni di continuità, ed assicurandone un miglior rapporto funzionale con le Regioni medesime;
   a porre in essere appositi interventi normativi al fine di consentire che, al fine di garantire il regolare funzionamento delle attività dei servizi per l'impiego e l'erogazione delle politiche attive del lavoro e senza maggiori oneri per la finanza pubblica, le regioni o gli altri enti che subentrano alle suddette funzioni possano prorogare, ai sensi dell'articolo 1 comma 426 e 428 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, anche grazie ad un più rapido finanziamento, tutti i contratti di lavoro a tempo determinato e di collaborazione coordinata e continuativa già stipulati da province e città metropolitane.
9/3262/7Airaudo, Franco Bordo, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5-bis del provvedimento in esame concerne la proroga dell'impiego del personale militare appartenente alle Forze armate per il concorso delle stesse nel controllo del territorio con unità destinate a servizi di perlustrazione e pattuglia, nonché di vigilanza di siti e obiettivi sensibili in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia, anche in relazione alle straordinarie esigenze di prevenzione e contrasto del terrorismo;
    l'operazione «Strade Sicure», iniziata il 4 agosto 2008 e voluta dal Ministro della difesa del tempo Ignazio La Russa è stata avviata con il decreto-legge n. 92 del 23 maggio 2008 – successivamente convertito nella legge n. 125 del 24 luglio 2008 e successive integrazioni;
    ha preso ufficialmente il via il 4 agosto 2008, e dal 7 febbraio 2011, per effetto della legge n. 220 del 13 dicembre 2010 (legge di stabilità 2011). È stata prorogata diverse volte con decreto-legge n. 78 del 1o luglio 2009, fino al 31 dicembre 2013 (legge n. 135 del 7 agosto 2012) ed anche per tutto l'anno 2014. L'operazione è stata poi prorogata fino al 30 giugno 2015, con un aumento degli organici dell'esercito impiegati – da 3.000 a 4.500 unità – e di 600 per Expo 2015, e con il provvedimento all'esame dell'Aula viene prorogata fino al 31 dicembre;
    essa mette a disposizione il personale delle forze armate italiane ai prefetti di alcune province per la tutela dell'ordine pubblico, contrasto alla microcriminalità ed alla vigilanza a siti e obiettivi ritenuti sensibili, attribuendo a tale personale la qualifica di agente di pubblica sicurezza con l'estensione delle facoltà di cui all'articolo 4 della legge 22 maggio 1975, n. 152 (legge Reale), nonché di perlustrazione e di pattuglia in concorso e congiuntamente alle forze di polizia al fine di incrementare la deterrenza nei confronti della microcriminalità, e per servizi di vigilanza a siti e obiettivi «sensibili» in 38 città, nonché di effettuare operazioni di controllo del territorio in aree metropolitane o comunque densamente popolate. La pianificazione e il coordinamento dell'operazione è stata affidata al Comando operativo di vertice interforze (COI);
    anche alla luce nelle nuove esigenze di sicurezza, anche legate alle esigenze di prevenzione e contrasto del terrorismo, occorre un sostanziale cambio di rotta delle politiche sulla sicurezza e chiudere operazioni come «Strade sicure» che, rappresenta una operazione di pura facciata oltre a rappresentare una idea di sicurezza militarizzata;
    le risorse stanziate in questi anni per le diverse proroghe di «Strade sicure» potevano essere destinate, ad esempio, a garantire strumenti e mezzi adeguati agli operatori o a sostenere le attività di prevenzione, punto centrale delle politiche sulla sicurezza;
    dal 2009 ad oggi i tagli imposti al Dipartimento di pubblica sicurezza sono nell'ordine di 300 milioni annui e la Spending review ha programmato ulteriori detrazioni fino al 2015 e dal 2006 al 2013 nello specifico, si è passati dai 103.000 agenti in servizio, a 95.000 unità complessive, con una perdita pari a poco meno del 10 per cento sul totale delle forze in servizio;
    questi tagli non possono essere in alcun modo soppiantati dall'utilizzo dei militari in attività di pubblica sicurezza;
    il provvedimento in esame, all'articolo 16-ter, al fine di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio, autorizza l'assunzione straordinaria di 2.500 unità tra Polizia di stato, Arma dei carabinieri e Guardia di finanza,

impegna il Governo

a non prorogare ulteriormente l'operazione «Strade sicure» e l'utilizzo delle Forze armate per finalità di controllo del territorio alla scadenza del 31 dicembre 2015 e a rafforzare le attività di prevenzione attraverso la presenza nel territorio e delle attività investigative delle Forze di polizia, anche mediante razionalizzazione degli sprechi, da realizzarsi, ad esempio, attraverso l'istituzione di una sola Polizia a competenza generalista, sotto la responsabilità diretta del Ministero dell'interno, che da subito potrebbe avvalersi di quasi 220 mila donne e uomini tra Polizia di Stato e Carabinieri.
9/3262/8Piras, Duranti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, contiene numerose norme in materia sanitaria, diverse delle quali avranno probabili ricadute negative sulla stessa tenuta del nostro servizio sanitario;
    gran parte delle misure sono volte a recepire le misure concordate nell'intesa Stato regioni del 2 luglio 2015, e che si traducono, di fatto, in tagli al Fondo sanitario nazionale per 2,352 miliardi all'anno a decorrere dal 2015;
    si prevede la rinegoziazione dei contratti di acquisto di beni e servizi sanitari e di dispositivi medici, con l'obiettivo di ottenere un risparmio di quasi 1 miliardo nel 2015, quando mancano 5 mesi alla fine dell'anno. La stessa Ragioneria Generale dello Stato ha evidenziato come sia praticamente impossibile conseguire un risparmio pieno nell'anno in corso, senza contare la concreta possibilità dell'insorgere di contenziosi in materia; per beni e servizi si tratta di un ulteriore taglio «lineare» che si aggiunge a quelli sin qui stabiliti da precedenti manovre finanziarie: avrà effetti pesanti sulle condizioni dei lavoratori che forniscono servizi in appalto o convenzione (e sulla qualità dei servizi stessi), oltreché sulla filiera delle aziende di fornitura di beni;
    si interviene su prestazioni specialistiche e riabilitative non necessarie ma prescritte ugualmente dai medici, con misure penalizzanti (riduzione della retribuzione), per i medici stessi qualora questi non rispettino le condizioni di erogabilità e le indicazioni per la prescrizione appropriata delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. Indicazioni che saranno individuate con un futuro decreto ministeriale. Ma a pagarne le conseguenze sarà lo stesso cittadino che si vedrà «scaricare» la responsabilità – e quindi il costo – di una prestazione sanitaria che gli è stata prescritta ma che si giudica non appropriata. Al di fuori delle condizioni di erogabilità consentite, le prestazioni saranno infatti poste a totale carico dell'assistito;
    si tratta di misure che volendo affrontare il problema reale della medicina difensiva, finiscono per tradursi in disposizioni meramente punitive nei confronti dei pazienti e dei medici;
    quanto inserito nel provvedimento in esame, sembra però essere solo un anticipo degli ulteriori tagli alla sanità pubblica che si concretizzeranno, molto probabilmente, nella legge di stabilità del prossimo autunno,

impegna il Governo:

   a garantire, come peraltro promesso in più occasioni dal Ministro della salute, che ulteriori risparmi e tagli di risorse a carico del Servizio sanitario nazionale, siano reinvestiti nella sanità pubblica per una sua reale difesa e riqualificazione, a garanzia della piena applicazione dei livelli essenziali di assistenza e quindi della sua universalità ed equità;
    a rivedere le modalità con le quali vengono previste sanzioni e penalizzazioni di natura economica nei confronti di medici e pazienti in caso di prescrizioni sanitarie ritenute dal ministero non appropriate;
    a prevedere che il decreto del Ministero della salute, che dovrà individuare le condizioni di erogabilità e le indicazioni di appropriatezza prescrittiva, e sulla base del quale potranno essere previste sanzioni pecuniarie nei confronti dei medici che non rispetteranno le indicazioni, venga emanato previo confronto con i rappresentanti di categoria e i soggetti interessati;
    ad introdurre forme di verifica annuale della reale sostenibilità degli effettivi prodotti dall'attuazione delle misure previste in materia sanitaria, prevedendo opportuni meccanismi correttivi;
   ad avviare le opportune iniziative volte a favorire un condiviso e graduale percorso di stabilizzazione del personale precario degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale.
9/3262/9Scotto, Nicchi, Melilla, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo la Corte dei conti, le risorse a disposizione delle province, a riordino non concluso, rischiano di non bastare a «garantire servizi di primaria importanza». Questo l'allarme della Corte dei conti contenuto nella relazione sulla finanza locale. Senza interventi «la forbice tra risorse correnti e fabbisogno» tende a una «profonda divaricazione, difficilmente sostenibile per l'intero comparto»;
    i problemi sono legati all'attuazione della cosiddetta riforma Delrio: i magistrati contabili avevano già espresso le loro preoccupazioni con la relazione ad hoc sulle province, anticipata rispetto all'intero esame della finanza locale per «ragioni connesse alla situazione di criticità (per certi versi emergenziale)»;
    per i magistrati contabili «la forbice tra risorse correnti e fabbisogno per l'esercizio delle funzioni fondamentali, allo stato delle cose, tende ad una profonda divaricazione, difficilmente sostenibile per l'intero comparto, e postula l'adozione di interventi necessari a garantire servizi di primaria importanza»;
    a maggio, nella relazione su «la spesa per il personale degli enti territoriali», i magistrati della Corte dei conti avevano già manifestato la loro preoccupazione per il ritardo che sta incontrando l'attuazione del riordino delle province;
    dalla Corte critiche anche al provvedimento al nostro esame, le cui misure «in tema di trasferimento del personale appartenente ai ruoli della polizia provinciale e quelle riguardanti la modulazione delle sanzioni per il mancato rispetto dei vincoli del patto di stabilità per il 2014» appaiono di «relativa efficacia»;
    «lo stato di precarietà della situazione finanziaria degli enti di area vasta e l'aggravamento ipotizzato, soprattutto nella prospettiva dell'esercizio in corso – sottolinea la Corte dei conti – stanno avendo progressiva conferma, considerata la fase avanzata della gestione 2015 e la mancanza di novità sul fronte dell'attuazione del riordino». Il riferimento è «in particolare, alle ricadute sulle gestioni finanziarie interessate, generate dall'anticipazione degli effetti finanziari relativi ai tagli di spesa disposti dalla legge di stabilità 2015, rispetto all'alleggerimento della spesa corrente che sarebbe dovuto conseguire al trasferimento degli oneri del personale a seguito della riallocazione delle funzioni non fondamentali»;
    appaiano, in particolare, problematiche le risorse a disposizione per garantire il trasporto scolastico degli alunni disabili e gli stipendi degli insegnanti di sostegno, funzioni delicate ed indispensabili,

impegna il Governo

a prendere gli opportuni provvedimenti per garantire i servizi richiamati in premessa.
9/3262/10Franco Bordo, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente decreto-legge dispone, all'articolo 5, il transito del personale appartenente al Corpo ed ai servizi di Polizia provinciale nei ruoli degli enti locali, per funzioni di polizia municipale;
    tale corpo di polizia, tuttavia, risponde ad esigenze di importanza strategica, in particolar modo per ciò che concerne la vigilanza e il presidio del territorio e dell'ambiente;
    la legge n. 56 del 2014, ha infatti mantenuto in capo alle città metropolitane e alle province le funzioni in materia di tutela e valorizzazione dell'ambiente e di controllo stradale;
    in tal senso, la polizia provinciale risulta fondamentale, ad esempio, negli ambiti del contrasto all'inquinamento, della vigilanza nel ciclo dei rifiuti, del controllo di oasi, parchi e riserve naturali, e dunque, anche nella lotta al bracconaggio;
    il combinato disposto con quanto inserito all'interno della delega al Governo per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (ora al Senato, in terza lettura), all'articolo 7, comma 1, lettera a), circa il riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio, del mare, dei controlli nel settore agroalimentare, in conseguenza della riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato e del suo eventuale assorbimento in altra Forza di polizia, appare in paradossale contrasto con l'avvenuto inserimento all'interno del codice penale del nuovo titolo dedicato ai delitti contro l'ambiente, attraverso la legge 22 maggio 2015, n. 68;
    l'indubbia evoluzione sotto il profilo normativo, infatti, non può prescindere dalle attività di controllo e presidio svolto direttamente sul territorio, ma richiede invece una progressiva specializzazione nella materia ambientale del personale cui sono attribuite tale funzioni;
    secondo i dati riportati dal SOSE (Soluzioni per il sistema economico, Spa del Ministero dell'economia e delle finanze) il personale della Polizia provinciale, quantificabile in circa 2.700 unità, è responsabile dell'accertamento di circa un terzo dei reati ambientali nel nostro Paese;
    l'Associazione italiana agenti e ufficiali di polizia provinciale ha manifestato preoccupazioni circa una possibile dispersione del patrimonio di competenze e funzioni in materia di tutela dell'ambiente qualora il personale venisse assorbito all'interno degli enti locali, suggerendo invece il mantenimento in capo ad enti di area vasta,

impegna il Governo

ad evitare la frammentazione e la dispersione delle funzioni attribuite alla Polizia provinciale, trasferendo le stesse, attraverso successivi interventi normativi, ad enti quali le regioni, per ciò che concerne le materie afferenti la tutela dell'ambiente, la vigilanza all'interno di parchi, oasi e riserve naturali protette, nonché la tutela faunistica e il controllo ittico-venatorio, anche attraverso l'istituzione di specifici corpi di Polizia Ambientale attivi a livello regionale.
9/3262/11Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame, prevede una serie di disposizioni volte ad accelerare la ricostruzione dei territori dell'Abruzzo colpiti dal sisma del 6 aprile 2009;
    sono passati oltre sei anni da quando un terremoto di magnitudo 5,9 colpì la città de L'Aquila e oltre 160 comuni abruzzesi (dei quali 57 fanno parte del cosiddetto «cratere sismico»), provocando la morte di 309 persone, circa 1.600 feriti, e oltre 67 mila sfollati, e la distruzione di gran parte del centro storico de L'Aquila, e di edifici, anche storici, di molti comuni abruzzesi;
    la situazione dopo sei anni dal terremoto è questa: i nuovi quartieri de L'Aquila sono ricostruiti all'80 per cento, dentro le mura siamo al 10 per cento, nel cuore del centro al 3 per cento, nelle frazioni a zero come in molti paesi vicini. La situazione del centro storico de L'Aquila è rimasta quindi pressoché invariata. Nella «zona rossa» sono stati ricostruiti solamente pochi edifici;
    uno dei principali problemi che rallentano la ricostruzione è non solo la quantità di risorse che vengono stanziate ma anche, e forse soprattutto, la continuità dei finanziamenti, che deve essere costante al fine di consentire una effettiva programmazione di tutti gli interventi ancora necessari per completare la ricostruzione. Attualmente vi sono «buchi» di 6-12 mesi tra le delibere Cipe e l'effettivo versamento dei soldi ai comuni;
    così come è indispensabile consentire al comune dell'Aquila di poter prorogare o rinnovare i contratti di lavoro già in essere previsti dalla normativa vigente, al fine di consentirgli di mantenere in servizio personale indispensabile per le attività legate alla ricostruzione e in servizi pubblici essenziali;
    ad aggravare la situazione di una provincia già colpita, si aggiunga il fatto che siamo di fronte ad un territorio che negli ultimi due anni ha perso circa 17 mila posti di lavoro in quasi tutti i comparti produttivi. Come ricordato dal segretario provinciale della Cgil, Umberto Trasatti, oggi ci sono 107 mila occupati a fronte di 124 mila del 2012. Nella provincia è ora al 13,9 per cento contro la media nazionale del 12,7 per cento. Sempre nel 2012, quando si stava concludendo la ricostruzione «leggera», gli edili che lavoravano nel più grande cantiere d'Europa erano 16 mila, a fine 2014 erano 12 mila. Inoltre 1.500 lavoratori aquilani dall'aprile 2014 non percepiscono la cassa integrazione in deroga perché non ci sono soldi,

impegna il Governo:

   a portare a 2 milioni per ciascuno degli anni 2016 e 2017, i limiti di spesa previsti dall'articolo 4, comma 14, del decreto-legge n. 101 del 2013, volti a consentire al comune dell'Aquila la proroga o il rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato previsti dall'articolo 2, del decreto-legge n. 225 del 2010, con oneri a carico del bilancio del comune;
   a consentire al comune dell'Aquila, nei limiti delle risorse già trasferite ai sensi dell'articolo 67-ter, comma 5, e dell'articolo 67-sexies del decreto-legge n. 83 del 2012, di utilizzare la quota destinata all'incremento del fondo delle risorse decentrate riservata agli assunti dal concorso Ripam per la remunerazione del trattamento accessorio e per tutti gli istituti contrattuali finanziati dal fondo medesimo;
    al fine di completare le attività finalizzate alla fase di ricostruzione del tessuto urbano, sociale e occupazionale della città dell'Aquila a seguito del sisma dell'aprile 2009, ad autorizzare il comune a realizzare progetti di intervento educativo e sociale finalizzati a mantenere l'attuale livello qualitativo e quantitativo dei servizi educativi per la prima infanzia, a valere sulle economie accertate dal Titolare dell'ufficio speciale della città dell'Aquila di cui alla deliberazione CIPE n. 23/2014 per le annualità 2015, 2016 e 2017, prevedendo che i progetti di intervento siano preventivamente approvati e successivamente rendicontati al Titolare dell'ufficio speciale della città dell'Aquila;
    ad accelerare i tempi tra le delibere Cipe di assegnazione delle risorse, e l'effettiva erogazione delle medesime a favore degli enti locali.
9/3262/12Melilla, Zaratti, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame, prevede una serie di disposizioni volte ad accelerare la ricostruzione dei territori dell'Abruzzo colpiti dal sisma del 6 aprile 2009;
    sono passati oltre sei anni da quando un terremoto di magnitudo 5,9 colpì la città de L'Aquila e oltre 160 comuni abruzzesi (dei quali 57 fanno parte del cosiddetto «cratere sismico»), provocando la morte di 309 persone, circa 1.600 feriti, e oltre 67 mila sfollati, e la distruzione di gran parte del centro storico de L'Aquila, e di edifici, anche storici, di molti comuni abruzzesi;
    la situazione dopo sei anni dal terremoto è questa: i nuovi quartieri de L'Aquila sono ricostruiti all'80 per cento, dentro le mura siamo al 10 per cento, nel cuore del centro al 3 per cento, nelle frazioni a zero come in molti paesi vicini. La situazione del centro storico de L'Aquila è rimasta quindi pressoché invariata. Nella «zona rossa» sono stati ricostruiti solamente pochi edifici;
    uno dei principali problemi che rallentano la ricostruzione è non solo la quantità di risorse che vengono stanziate ma anche, e forse soprattutto, la continuità dei finanziamenti, che deve essere costante al fine di consentire una effettiva programmazione di tutti gli interventi ancora necessari per completare la ricostruzione. Attualmente vi sono «buchi» di 6-12 mesi tra le delibere Cipe e l'effettivo versamento dei soldi ai comuni;
    così come è indispensabile consentire al comune dell'Aquila di poter prorogare o rinnovare i contratti di lavoro già in essere previsti dalla normativa vigente, al fine di consentirgli di mantenere in servizio personale indispensabile per le attività legate alla ricostruzione e in servizi pubblici essenziali;
    ad aggravare la situazione di una provincia già colpita, si aggiunga il fatto che siamo di fronte ad un territorio che negli ultimi due anni ha perso circa 17 mila posti di lavoro in quasi tutti i comparti produttivi. Come ricordato dal segretario provinciale della Cgil, Umberto Trasatti, oggi ci sono 107 mila occupati a fronte di 124 mila del 2012. Nella provincia è ora al 13,9 per cento contro la media nazionale del 12,7 per cento. Sempre nel 2012, quando si stava concludendo la ricostruzione «leggera», gli edili che lavoravano nel più grande cantiere d'Europa erano 16 mila, a fine 2014 erano 12 mila. Inoltre 1.500 lavoratori aquilani dall'aprile 2014 non percepiscono la cassa integrazione in deroga perché non ci sono soldi,

impegna il Governo:

    al fine di completare le attività finalizzate alla fase di ricostruzione del tessuto urbano, sociale e occupazionale della città dell'Aquila a seguito del sisma dell'aprile 2009, ad autorizzare il comune a realizzare progetti di intervento educativo e sociale finalizzati a mantenere l'attuale livello qualitativo e quantitativo dei servizi educativi per la prima infanzia, a valere sulle economie accertate dal Titolare dell'ufficio speciale della città dell'Aquila di cui alla deliberazione CIPE n. 23/2014 per le annualità 2015, 2016 e 2017, prevedendo che i progetti di intervento siano preventivamente approvati e successivamente rendicontati al Titolare dell'ufficio speciale della città dell'Aquila;
    ad accelerare i tempi tra le delibere Cipe di assegnazione delle risorse, e l'effettiva erogazione delle medesime a favore degli enti locali.
9/3262/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Melilla, Zaratti, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    in una democrazia moderna, il fisco è uno dei pilastri fondamentali del rapporto tra cittadini e Stato e della giustizia sociale ed in tal senso, tutte le Agenzie fiscali svolgono un servizio determinante per il buon sviluppo del Paese;
    con lo schema di decreto legislativo AG n. 181 sul riordino delle agenzie fiscali, in attesa di recepire il parere del Parlamento, si conferma, senza alcuna modifica, quel processo di snellimento del loro apparato, avviato nel solco della spending review come tracciato dal decreto-legge n. 95 del 2012, e che ha portato fino ad oggi alla chiusura di ben 50 uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate;
    ed invero, nel definire i principi della spending review con riferimento alla riorganizzazione amministrativa delle agenzie fiscali, l'articolo 23-quinquies, comma 5, lettera a), del suddetto decreto-legge obbliga a ridurre il numero degli uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate, stabilendo che gli stessi devono essere individuati avendo riguardo prioritariamente a quelli aventi sede in province con meno di 300.000 abitanti, ovvero aventi un numero di dipendenti in servizio inferiore a 30 unità, ovvero dislocati in stabili in locazione passiva;
    secondo il Governo che all'epoca varò la spending review, quello che giustificherebbe l'obbligo di chiusura dei suddetti uffici è, da un lato, la bassa domanda di servizi da erogare, e, dall'altro, le diseconomie di scala e l'insufficienza di sinergie tipiche di strutture di dimensioni molto ridotte. Per le loro caratteristiche, questi uffici avrebbero sfavorevoli condizioni di funzionalità operativa e carichi di lavoro esigui, tali da non giustificare gli oneri connessi al loro funzionamento, sicché, oltre a determinare un risparmio sui costi di gestione, la loro eventuale chiusura consentirebbe, in linea con le finalità fondamentali della spending review, un impiego più razionale delle risorse che tenga anche conto delle innovate modalità operative connesse all'aumento dell'informatizzazione dei servizi di cui l'Agenzia delle entrate sarebbe dotata;
    l'Agenzia delle entrate ha reso noto, dimostrando di appoggiare la logica della spending-review, che dei 374 uffici territoriali presenti sul territorio nazionale, ben 216 rientrano, per caratteristiche e collocazione geografica, fra quelli individuati dal suddetto decreto-legge, 145 dei quali con meno di 20 addetti;
    di contro, nel ribadire il ruolo centrale dell'Agenzia delle entrate all'interno del sistema della fiscalità, la legge n. 23 del 2014 (cosiddetta delega fiscale) da una parte e la legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) dall'altra, hanno delineato i principali orientamenti strategici del prossimo triennio, finalizzati al perseguimento del massimo livello di adempimento degli obblighi fiscali (cosiddetto tax compliance), anche prevedendo un'implementazione della capacità di contrasto all'evasione attuata, soprattutto, attraverso il rafforzamento dell'efficacia dissuasiva dell'azione di controllo sul territorio;
    l'altro core business dell'Agenzia delle Entrate è rappresentato da tutti quei servizi ai cittadini di cui si prevede, dal suddetto quadro normativo, il miglioramento per rendere più semplice e diretto l'assolvimento degli adempimenti fiscali da parte degli stessi, obiettivo che, nell'ambito di un processo di progressiva riorganizzazione della struttura amministrativa, non può prescindere oltre che dalla semplificazione degli obblighi tributari, soprattutto dal potenziamento dell'efficienza e della qualità dell'assistenza offerta ai contribuenti sul territorio;
    nel nostro Paese l'evasione fiscale ammonta a circa 120 miliardi di euro l'anno, cifra che è sufficiente per affermare che la stessa rappresenti il problema principale dell'economia italiana, il vero male che corrode la società e mina la convivenza civile, alimentando le tensioni sociali ed impedendo alla politica di attuare una reale redistribuzione della ricchezza prodotta;
    in tale contesto le agenzie fiscali, attivate nel 2001, hanno rappresentano una delle poche riforme realizzate con successo ed attuate, nell'ottica di rendere più efficiente la pubblica amministrazione, con una netta separazione tra la gestione organizzativa ed il controllo politico, circostanza che ha consentito, anche grazie ad una penetrazione capillare del territorio, agli uffici periferici di contrastare l'evasione fiscale attraverso un'attenta analisi socio economica del contesto locale presidiato;
    il generico criterio dell'esiguità dei carichi di lavoro che non giustificherebbe il mantenimento delle sedi, peraltro disgiunto dagli eventuali costi necessari al trasferimento del personale e della strumentazione logistico informatica nonché da una attenta analisi del bacino d'utenza, non sembra sufficiente a giustificare il progetto di graduale abbandono ed arretramento sul territorio dei presidi di legalità dello Stato;
    qualsiasi operazione di revisione della spesa pubblica dovrebbe essere realizzata nel rispetto del criterio dell'invarianza dei servizi forniti ai cittadini,

impegna il Governo

a rivedere il progetto di abbandono dei suddetti presidi dello Stato, che, dietro i manifesti intenti di razionalizzazione e contenimento dei costi di gestione, rischia solamente di alimentare nei contribuenti la percezione di un allentamento dell'azione di contrasto all'evasione fiscale e di un arretramento sul territorio dei presidi di legalità, ricorrendo a parametri che non rispondano esclusivamente a criteri economici, ma piuttosto che tengano conto degli inevitabili disagi e costi sociali e di fattori di contesto quali l'urbanizzazione dell'area, i collegamenti viari, la popolazione anziana, il pendolarismo, le attività economiche, gli insediamenti produttivi.
9/3262/13Ricciatti, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    la questione degli ex Istituti musicali pareggiati (IMP) è stata oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo negli ultimi anni e anche nell'attuale legislatura sono stati presentati numerosi disegni nonché proposte di legge recanti norme «per la statizzazione (a regime) degli istituti musicali pareggiati» così come previsto, ben sedici anni or sono, dalla legge 21 dicembre 1999, n. 508;
    nel corso di tutti questi ultimi anni, i regolamenti attuativi della legge citata hanno portato a compimento gli aspetti principali in materia di autonomia statutaria e didattica: in particolare, entro l'anno 2010 tutti gli ex IMP si sono dotati di nuovo statuto e di tutti gli organi di governo previsti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003, ed hanno altresì portato a compimento il processo di trasformazione dell'ordinamento didattico, regolamentato nel successivo decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005 e, quindi, in buona sostanza oggi con l'entrata in vigore dello spazio comune europeo dell'istruzione universitaria, gli ex istituti musicali pareggiati sono a tutti gli effetti equiparati ai conservatori statali italiani, confluendo nell'unica tipologia degli istituti superiori di studi musicali, e questi ultimi, senza alcuna distinzione tra statali e non statali, sono stati riconosciuti appieno nel circuito universitario europeo;
    la normativa vigente prevede in realtà la possibilità di una statizzazione degli ex IMP senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, ma, fino ad oggi, il processo non è pervenuto a compimento e resta di fatto disatteso quanto previsto all'articolo 2, comma 8, lettera e), della suddetta legge che disciplina la «possibilità di prevedere, contestualmente alla riorganizzazione delle strutture e dei corsi esistenti e, comunque, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, una graduale statizzazione, su richiesta, degli attuali istituti musicali pareggiati e delle Accademie di belle arti legalmente riconosciute, nonché istituzione di nuovi musei e riordino di musei esistenti, di collezioni e biblioteche, ivi comprese quelle musicali, degli archivi sonori, nonché delle strutture necessarie alla ricerca e alle produzioni artistiche»;
    ciò non di meno e proprio a causa dell'incredibile ritardo descritto la maggior parte degli Istituti musicali pareggiati versa in gravissime difficoltà di natura economica tali da richiedere continuamente misure tampone e non risolutive del problema, interventi indicati e giustificati sempre «nelle more dell'adozione dei regolamenti di cui all'articolo 2, comma 7, della legge 21 dicembre 1999, n. 508...», e tra questi:
     il comma 4 dell'articolo 19 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, (Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca), convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, ha previsto un modestissimo finanziamento per il solo anno 2014, peraltro assegnato agli istituti con ulteriore e ingiustificato ritardo da parte del MIUR;
     i commi 53 e 54 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti) che ha «prolungato» i finanziamenti tampone a decorrere dagli anni 2015 e 2016;
    ciò nonostante alcuni istituti superiori di studi musicali (ex IMP) hanno dovuto di fatto ridurre e/o interrompere la propria attività, situazioni oggetto anche di incontro il 15 luglio 2015 tra le organizzazioni sindacali e il sottosegretario MIUR senatrice Angela D'Onghia, alla quale sono state richieste decisioni responsabili a partire dalla situazione della chiusura dall'Istituto «Pergolesi» di Ancona, e dalla messa in mobilità del personale dell'Istituto «Paisiello» di Taranto, situazione che ha penalizzato pesantemente anche i lavoratori della Società «Taranto Isolaverde Spa»,

impegna il Governo:

   a definire e completare il processo di razionalizzazione e statizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali ex pareggiati nell'ambito del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, entro il 31 dicembre 2016;
   ad intervenire direttamente con l'ente provincia di Taranto, stanziando le adeguate risorse necessarie al fine di riattivare l'Istituto Paisiello di Taranto.
9/3262/14Duranti, Melilla, Ricciatti, Marcon, Giancarlo Giordano, Pannarale.


   La Camera,
   premesso che:
    la questione degli ex Istituti musicali pareggiati (IMP) è stata oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo negli ultimi anni e anche nell'attuale legislatura sono stati presentati numerosi disegni nonché proposte di legge recanti norme «per la statizzazione (a regime) degli istituti musicali pareggiati» così come previsto, ben sedici anni or sono, dalla legge 21 dicembre 1999, n. 508;
    nel corso di tutti questi ultimi anni, i regolamenti attuativi della legge citata hanno portato a compimento gli aspetti principali in materia di autonomia statutaria e didattica: in particolare, entro l'anno 2010 tutti gli ex IMP si sono dotati di nuovo statuto e di tutti gli organi di governo previsti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003, ed hanno altresì portato a compimento il processo di trasformazione dell'ordinamento didattico, regolamentato nel successivo decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005 e, quindi, in buona sostanza oggi con l'entrata in vigore dello spazio comune europeo dell'istruzione universitaria, gli ex istituti musicali pareggiati sono a tutti gli effetti equiparati ai conservatori statali italiani, confluendo nell'unica tipologia degli istituti superiori di studi musicali, e questi ultimi, senza alcuna distinzione tra statali e non statali, sono stati riconosciuti appieno nel circuito universitario europeo;
    la normativa vigente prevede in realtà la possibilità di una statizzazione degli ex IMP senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, ma, fino ad oggi, il processo non è pervenuto a compimento e resta di fatto disatteso quanto previsto all'articolo 2, comma 8, lettera e), della suddetta legge che disciplina la «possibilità di prevedere, contestualmente alla riorganizzazione delle strutture e dei corsi esistenti e, comunque, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, una graduale statizzazione, su richiesta, degli attuali istituti musicali pareggiati e delle Accademie di belle arti legalmente riconosciute, nonché istituzione di nuovi musei e riordino di musei esistenti, di collezioni e biblioteche, ivi comprese quelle musicali, degli archivi sonori, nonché delle strutture necessarie alla ricerca e alle produzioni artistiche»;
    ciò non di meno e proprio a causa dell'incredibile ritardo descritto la maggior parte degli Istituti musicali pareggiati versa in gravissime difficoltà di natura economica tali da richiedere continuamente misure tampone e non risolutive del problema, interventi indicati e giustificati sempre «nelle more dell'adozione dei regolamenti di cui all'articolo 2, comma 7, della legge 21 dicembre 1999, n. 508...», e tra questi:
     il comma 4 dell'articolo 19 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, (Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca), convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, ha previsto un modestissimo finanziamento per il solo anno 2014, peraltro assegnato agli istituti con ulteriore e ingiustificato ritardo da parte del MIUR;
     i commi 53 e 54 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti) che ha «prolungato» i finanziamenti tampone a decorrere dagli anni 2015 e 2016;
    ciò nonostante alcuni istituti superiori di studi musicali (ex IMP) hanno dovuto di fatto ridurre e/o interrompere la propria attività, situazioni oggetto anche di incontro il 15 luglio 2015 tra le organizzazioni sindacali e il sottosegretario MIUR senatrice Angela D'Onghia, alla quale sono state richieste decisioni responsabili a partire dalla situazione della chiusura dall'Istituto «Pergolesi» di Ancona, e dalla messa in mobilità del personale dell'Istituto «Paisiello» di Taranto, situazione che ha penalizzato pesantemente anche i lavoratori della Società «Taranto Isolaverde Spa»,

impegna il Governo:

   a definire e completare il processo di razionalizzazione e statizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali ex pareggiati nell'ambito del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, entro il 31 dicembre 2016.
9/3262/14. (Testo modificato nel corso della seduta) Duranti, Melilla, Ricciatti, Marcon, Giancarlo Giordano, Pannarale.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame prevede agli articoli 11, 12, 13 e 13-bis, diverse misure a favore di territori colpiti da calamità naturali;
    il 1o agosto scorso si è abbattuto su Firenze un violento nubifragio che ha provocato decine di feriti, di cui alcuni gravi, ed interrotta la linea ferroviaria dell'alta velocità per Roma con migliaia di passeggeri bloccati per ore sui treni. In pochi minuti decine di alberi sono stati sradicati dalla furia del vento, si sono prodotti numerosi allagamenti e grandine. Molti i tetti scoperchiati, mentre un pesante tetto scoperchiato dalla tromba d'aria si è abbattuto sulla linea ferroviaria. Danni anche al patrimonio artistico con infiltrazioni d'acqua nel Museo del Bargello e negli Uffizi. Decine i contusi colpiti da ogni sorta di oggetti che volavano in vortici pericolosi;
    per i meteorologi questi nubifragi sono difficili da prevedere, in pochi minuti scaricano tutta l'energia cumulata in mesi di caldo record; la tromba d'aria di Firenze ha scatenato più di 50 millimetri di pioggia (l'equivalente delle precipitazioni di un mese) in un'ora e mezza, con picchi di 22 millimetri in 15 minuti e raffiche di vento fino a 140 chilometri all'ora;
    il nubifragio ha colpito intensamente un'area di un chilometro quadrato, ma i danni che ha causato sono paragonabili a quelli di un uragano tropicale. Secondo il CNR eventi simili stanno diventando sempre più frequenti: negli ultimi 15 anni sono triplicati e la loro forza è aumentata del 30-40 per cento;
    la Toscana è stata colpita da nubifragi tre volte in meno di un anno: nell'autunno del 2014, a marzo e sabato scorso. Si tratta di una diretta conseguenza dei cambiamenti climatici in atto;
    se, come sembra, il riscaldamento globale aumenterà la frequenza di questi episodi che producono danni ingenti soprattutto nelle aree urbane, occorrerà prendere gli opportuni provvedimenti per limitare i danni e per attrezzarle come «città resilienti»: occorrerà rinforzare insegne, antenne, tettoie e altri oggetti sensibili al vento, curare la manutenzione degli alberi in città, costruire vasche di raccolta delle acque piovane per contenere gli allagamenti e potenziare l'allertamento,

impegna il Governo:

   a dichiarare lo stato di emergenza per tutte le zone colpite dal nubifragio del 1o agosto scorso;
   a prendere gli opportuni provvedimenti al fine di autorizzare, in deroga a quanto disposto dall'articolo 5, comma 5-ter, della legge n. 225 del 1992, il Ministero dell'economia e delle finanze a provvedere automaticamente con proprio decreto per disporre la sospensione dei termini per l'adempimento di tutti gli obblighi tributari e contributivi per i dodici mesi successivi al verificarsi dell'evento calamitoso per le imprese ed i privati che hanno subito danni;
   a disporre in tempi rapidi la concessione di contributi agli enti territoriali ed ai privati per la riparazione o il ripristino degli edifici colpiti dal nubifragio in relazione ai danni subiti;
   a provvedere con risorse ed interventi specifici al ripristino ed alla messa in sicurezza del patrimonio artistico-culturale delle aree colpite ed in particolare della città di Firenze;
   a prendere le opportune misure per rafforzare i servizi meteorologici attrezzandoli anche per le previsioni a brevissimo termine (nowcasting) e mettere in funzione gli opportuni sistemi di allerta della popolazione;
   a predisporre, insieme alle amministrazioni locali delle aree urbane della Toscana e della Liguria (che sono le più soggette al fenomeno perché le perturbazioni provenienti da ovest si scontrano con le Alpi Apuane e Liguri), piani per attrezzare le città al fine di limitarne i danni come richiamato in premessa;
   a favorire l'approvazione, in occasione della prossima sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, di un accordo globale vincolante per la riduzione delle emissioni ed avviare adeguate strategie nazionali di mitigazione e adattamento.
9/3262/15Nicchi, Quaranta, Zaratti, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame prevede agli articoli 11, 12, 13 e 13-bis, diverse misure a favore di territori colpiti da calamità naturali;
    il 1o agosto scorso si è abbattuto su Firenze un violento nubifragio che ha provocato decine di feriti, di cui alcuni gravi, ed interrotta la linea ferroviaria dell'alta velocità per Roma con migliaia di passeggeri bloccati per ore sui treni. In pochi minuti decine di alberi sono stati sradicati dalla furia del vento, si sono prodotti numerosi allagamenti e grandine. Molti i tetti scoperchiati, mentre un pesante tetto scoperchiato dalla tromba d'aria si è abbattuto sulla linea ferroviaria. Danni anche al patrimonio artistico con infiltrazioni d'acqua nel Museo del Bargello e negli Uffizi. Decine i contusi colpiti da ogni sorta di oggetti che volavano in vortici pericolosi;
    per i meteorologi questi nubifragi sono difficili da prevedere, in pochi minuti scaricano tutta l'energia cumulata in mesi di caldo record; la tromba d'aria di Firenze ha scatenato più di 50 millimetri di pioggia (l'equivalente delle precipitazioni di un mese) in un'ora e mezza, con picchi di 22 millimetri in 15 minuti e raffiche di vento fino a 140 chilometri all'ora;
    il nubifragio ha colpito intensamente un'area di un chilometro quadrato, ma i danni che ha causato sono paragonabili a quelli di un uragano tropicale. Secondo il CNR eventi simili stanno diventando sempre più frequenti: negli ultimi 15 anni sono triplicati e la loro forza è aumentata del 30-40 per cento;
    la Toscana è stata colpita da nubifragi tre volte in meno di un anno: nell'autunno del 2014, a marzo e sabato scorso. Si tratta di una diretta conseguenza dei cambiamenti climatici in atto;
    se, come sembra, il riscaldamento globale aumenterà la frequenza di questi episodi che producono danni ingenti soprattutto nelle aree urbane, occorrerà prendere gli opportuni provvedimenti per limitare i danni e per attrezzarle come «città resilienti»: occorrerà rinforzare insegne, antenne, tettoie e altri oggetti sensibili al vento, curare la manutenzione degli alberi in città, costruire vasche di raccolta delle acque piovane per contenere gli allagamenti e potenziare l'allertamento,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di:
    dichiarare lo stato di emergenza per tutte le zone colpite dal nubifragio del 1o agosto scorso;
    prendere gli opportuni provvedimenti al fine di autorizzare, in deroga a quanto disposto dall'articolo 5, comma 5-ter, della legge n. 225 del 1992, il Ministero dell'economia e delle finanze a provvedere automaticamente con proprio decreto per disporre la sospensione dei termini per l'adempimento di tutti gli obblighi tributari e contributivi per i dodici mesi successivi al verificarsi dell'evento calamitoso per le imprese ed i privati che hanno subito danni;
    disporre in tempi rapidi la concessione di contributi agli enti territoriali ed ai privati per la riparazione o il ripristino degli edifici colpiti dal nubifragio in relazione ai danni subiti;
    provvedere con risorse ed interventi specifici al ripristino ed alla messa in sicurezza del patrimonio artistico-culturale delle aree colpite ed in particolare della città di Firenze;
    prendere le opportune misure per rafforzare i servizi meteorologici attrezzandoli anche per le previsioni a brevissimo termine (nowcasting) e mettere in funzione gli opportuni sistemi di allerta della popolazione;
    predisporre, insieme alle amministrazioni locali delle aree urbane della Toscana e della Liguria (che sono le più soggette al fenomeno perché le perturbazioni provenienti da ovest si scontrano con le Alpi Apuane e Liguri), piani per attrezzare le città al fine di limitarne i danni come richiamato in premessa;
    favorire l'approvazione, in occasione della prossima sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, di un accordo globale vincolante per la riduzione delle emissioni ed avviare adeguate strategie nazionali di mitigazione e adattamento.
9/3262/15. (Testo modificato nel corso della seduta) Nicchi, Quaranta, Zaratti, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 78 del 2015 «Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali» prevede all'articolo 5 misure in materia di polizia provinciale disponendo il transito del personale appartenente al corpo ed ai servizi di polizia provinciale nei ruoli degli enti locali per funzioni di polizia municipale;
    la polizia locale svolge funzioni amministrative, giudiziarie e di sicurezza ed è il primo e fondamentale punto di riferimento della popolazione, costituendo un elemento equilibratore sul territorio,

impegna il Governo

ad assicurare che, vista la procedura di riassorbimento del personale, sia garantita una proroga fino al 2018 delle validità delle graduatorie finali a tempo indeterminato approvate nei concorsi espletati nel triennio 2013-2015 per il reclutamento di agenti di polizia locale e a far si che, in attesa di una organica riforma del comparto della polizia locale, le modalità e le procedure di transito del personale appartenente al corpo ed ai servizi di polizia provinciale (che verranno definite con decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione) e le future procedure concorsuali tengano conto dei criteri contenuti nel disegno di legge «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», in via di approvazione definitiva, laddove individua i principi e criteri direttivi cui debbono uniformarsi i decreti attuativi sul riordino e la semplificazione della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e dei connessi profili di organizzazione amministrativa.
9/3262/16Pinna, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, in relazione al riordino delle funzioni di cui all'articolo 1, comma 85, della legge 7 aprile 2014, n. 56, e fermo restando quanto previsto dal comma 89 del medesimo articolo relativamente al riordino delle funzioni da parte delle regioni, per quanto di propria competenza, nonché per quanto riguarda il personale appartenente ai Corpi ed ai servizi di polizia provinciale, di cui all'articolo 12 della legge 7 marzo 1986, n. 65, dispone che il suddetto personale transita nei ruoli degli enti locali per lo svolgimento delle funzioni di polizia municipale, secondo le modalità e procedure definite con il decreto di cui all'articolo 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2014, n. 19;
    gli enti di area vasta e le città metropolitane individuano il personale di polizia provinciale necessario per l'esercizio delle loro funzioni fondamentali;
    le leggi regionali riallocano le funzioni di polizia amministrativa locale e il relativo personale nell'ambito dei processi di riordino delle funzioni provinciali in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014, n. 56;
    il personale non individuato o non riallocato, entro il 31 ottobre 2015, ai sensi dei commi 2 e 3, è trasferito ai comuni, singoli o associati e gli enti di area vasta e le città metropolitane concordano con i comuni del territorio, singoli o associati, le modalità di avvalimento immediato del personale da trasferire secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 427, della legge 23 dicembre 2014, n. 190,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, eventualmente anche a livello normativo, per riallocare in maniera adeguata, in seguito alla soppressione delle province, il personale di polizia idraulica e della protezione civile provinciale che apportano il loro servizio a livello locale e a livello di area vasta sia nelle emergenze che nella prevenzione delle stesse.
9/3262/17Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca disposizioni in favore di regioni colpite da calamità naturali;
    ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge n. 51 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 91 del 2015 è stato previsto l'accesso al fondo di solidarietà nazionale per le imprese agricole che hanno subito danni a causa di eventi alluvionali e nonché per le infezioni di organismi nocivi ai vegetali;
    la coltivazione dell'olivo e del castagno rivestono nel meridione d'Italia un ruolo rilevante nell'ambito delle economie agricole regionali e le relative produzioni sono apprezzate per le loro qualità sia a livello nazionale che comunitario e riconosciute da numerose certificazioni sia di denominazione di origine protetta (DOP) sia di indicazione geografica protetta (IGP);
    l'anomalo andamento meteorologico verificatosi nella scorsa annata agraria ha determinato, per entrambe le colture, gravi danni alla produzione, aggravati dall'insorgenza e dall'ulteriore diffusione di infestazioni parassitarie riconducibili, particolarmente, ad infezioni di organismi nocivi ai vegetali legati, particolarmente, alla diffusione del batterio xylella fastidiosa, del drycosmus kuriphilus (cinipide del castagno) e della flavescenza dorata;
    il citato articolo 5 del decreto-legge n. 51 del 2015, dispone che le regioni, in deroga all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, possono «deliberare la proposta di declaratoria di eccezionalità degli eventi di cui al comma 1, entro il termine perentorio di sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto» (articolo 5, comma 2) al fine di accedere alle misure compensative di sostegno ai settori agricoli così duramente colpiti;
    il termine riferito alle regioni per l'adozione della deliberazione di declaratoria della eccezionalità degli eventi si è consumato, ai sensi del richiamato articolo 5, comma 2, decreto-legge n. 51 del 2015, il 7 luglio 2015;
    nelle more del decorso del predetto termine si sono tenute il 31 maggio 2015, in numerose regioni meridionali, le elezioni dei nuovi Consigli regionali che, ai sensi dell'articolo 5, della legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione), hanno posto fine alla precedente legislatura e determinato l'avvio delle complesse procedure, disciplinate dai rispettivi Statuti, relative all'insediamento dei nuovi organi delle regioni, ivi compresi quelli di governo degli enti;
    le predette procedure statutarie di insediamento degli organi di Governo, alla data del 7 luglio 2015, non si erano perfezionate in ogni regione;
    appare opportuno consentire l'accesso alle misure compensative di sostegno ai settori agricoli così duramente colpiti dalla eccezionale gravità dell'avverso andamento meteorologico e dalla insorgenza e dalla diffusione delle infestazioni parassitarie a danno delle coltivazioni dell'olivo e del castagno, anche alle regioni i cui organi di governo, nel rispetto delle procedure statutarie, alla data del 7 luglio 2015, non si erano ancora insediati con conseguente impossibilità di adozione della deliberazione di Giunta regionale richiesta dall'articolo 5, comma 2, decreto-legge n. 51 del 2015;
    pertanto, in tali regioni, nelle more della costituzione degli organi statutariamente competenti alla declaratoria di eccezionalità degli eventi che danno luogo a risarcimento, le relative proposte sono state predisposte nel rispetto del predetto termine dai competenti uffici regionali;
    appare altresì opportuno valutare più in generale la possibilità, nell'ambito delle risorse disponibili, di prorogare i termini per la presentazione delle domande al fine di garantire un completo utilizzo dei fondi,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative al fine di considerare valide, ai fini della produzione degli effetti previsti dall'articolo 5, commi 1 e 2, decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91, le proposte di declaratoria di eccezionalità degli eventi anche qualora disposte con provvedimento dei competenti dirigenti regionali nei termini previsti dal comma 2 della citata disposizione;
   a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative al fine di prorogare, nell'ambito delle risorse disponibili, i termini per la presentazione delle domande per l'accesso alle misure di cui alla premessa.
9/3262/18Oliverio, Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca disposizioni in favore di regioni colpite da calamità naturali;
    ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge n. 51 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 91 del 2015 è stato previsto l'accesso al fondo di solidarietà nazionale per le imprese agricole che hanno subito danni a causa di eventi alluvionali e nonché per le infezioni di organismi nocivi ai vegetali;
    la coltivazione dell'olivo e del castagno rivestono nel meridione d'Italia un ruolo rilevante nell'ambito delle economie agricole regionali e le relative produzioni sono apprezzate per le loro qualità sia a livello nazionale che comunitario e riconosciute da numerose certificazioni sia di denominazione di origine protetta (DOP) sia di indicazione geografica protetta (IGP);
    l'anomalo andamento meteorologico verificatosi nella scorsa annata agraria ha determinato, per entrambe le colture, gravi danni alla produzione, aggravati dall'insorgenza e dall'ulteriore diffusione di infestazioni parassitarie riconducibili, particolarmente, ad infezioni di organismi nocivi ai vegetali legati, particolarmente, alla diffusione del batterio xylella fastidiosa, del drycosmus kuriphilus (cinipide del castagno) e della flavescenza dorata;
    il citato articolo 5 del decreto-legge n. 51 del 2015, dispone che le regioni, in deroga all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, possono «deliberare la proposta di declaratoria di eccezionalità degli eventi di cui al comma 1, entro il termine perentorio di sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto» (articolo 5, comma 2) al fine di accedere alle misure compensative di sostegno ai settori agricoli così duramente colpiti;
    il termine riferito alle regioni per l'adozione della deliberazione di declaratoria della eccezionalità degli eventi si è consumato, ai sensi del richiamato articolo 5, comma 2, decreto-legge n. 51 del 2015, il 7 luglio 2015;
    nelle more del decorso del predetto termine si sono tenute il 31 maggio 2015, in numerose regioni meridionali, le elezioni dei nuovi Consigli regionali che, ai sensi dell'articolo 5, della legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione), hanno posto fine alla precedente legislatura e determinato l'avvio delle complesse procedure, disciplinate dai rispettivi Statuti, relative all'insediamento dei nuovi organi delle regioni, ivi compresi quelli di governo degli enti;
    le predette procedure statutarie di insediamento degli organi di Governo, alla data del 7 luglio 2015, non si erano perfezionate in ogni regione;
    appare opportuno consentire l'accesso alle misure compensative di sostegno ai settori agricoli così duramente colpiti dalla eccezionale gravità dell'avverso andamento meteorologico e dalla insorgenza e dalla diffusione delle infestazioni parassitarie a danno delle coltivazioni dell'olivo e del castagno, anche alle regioni i cui organi di governo, nel rispetto delle procedure statutarie, alla data del 7 luglio 2015, non si erano ancora insediati con conseguente impossibilità di adozione della deliberazione di Giunta regionale richiesta dall'articolo 5, comma 2, decreto-legge n. 51 del 2015;
    pertanto, in tali regioni, nelle more della costituzione degli organi statutariamente competenti alla declaratoria di eccezionalità degli eventi che danno luogo a risarcimento, le relative proposte sono state predisposte nel rispetto del predetto termine dai competenti uffici regionali;
    appare altresì opportuno valutare più in generale la possibilità, nell'ambito delle risorse disponibili, di prorogare i termini per la presentazione delle domande al fine di garantire un completo utilizzo dei fondi,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative al fine di considerare valide, ai fini della produzione degli effetti previsti dall'articolo 5, commi 1 e 2, decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91, le proposte di declaratoria di eccezionalità degli eventi anche qualora disposte con provvedimento dei competenti dirigenti regionali nei termini previsti dal comma 2 della citata disposizione;
   a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative al fine di prorogare, nell'ambito delle risorse disponibili, i termini per la presentazione delle domande per l'accesso alle misure di cui alla premessa.
9/3262/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Oliverio, Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, interviene nell'ambito della ricollocazione del personale delle province. In particolare il comma 2 dispone il trasferimento presso l'amministrazione in cui presta servizio del personale delle province che, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, si trova in posizione di comando, distacco o altri istituti comunque denominati presso altra pubblica amministrazione;
    si ritiene importante inserire nel decreto-legge norme per il personale impiegato nelle società partecipate dalle province e dalle città metropolitane;
    al personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato delle società o degli enti partecipati dalle province e città metropolitane, che risultino in fase di scioglimento o in liquidazione al momento del trasferimento delle funzioni, in ottemperanza alle norme dalla legge Delrio (legge 7 aprile 2014, n. 56), o per i quali sussistano i presupposti per lo scioglimento e la messa in liquidazione, dovrebbero applicarsi le disposizioni previdenziali in materia di regime di accesso al trattamento pensionistico, vigenti prima dell'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, a condizione che risultino in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi al 31 dicembre 2016;
    per coloro che, invece, non rientrano nelle previsioni precedentemente esposte, si dovrebbe procedere ad una ricollocazione in mobilità presso società controllate direttamente o indirettamente da pubbliche amministrazioni;
    la XI Commissione lavoro ha iniziato in data 30 luglio 2015 l'esame di alcune proposte di legge (C. 2514 e abb.) che prevedono il settimo intervento di salvaguardia a favore dei lavoratori esodati,

impegna il Governo

a risolvere quanto prima la questione del personale delle società partecipate dalle province e dalle città metropolitane in uno dei provvedimenti attualmente all'esame del Parlamento.
9/3262/19Locatelli, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, interviene nell'ambito della ricollocazione del personale delle province. In particolare il comma 2 dispone il trasferimento presso l'amministrazione in cui presta servizio del personale delle province che, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, si trova in posizione di comando, distacco o altri istituti comunque denominati presso altra pubblica amministrazione;
    si ritiene importante inserire nel decreto-legge norme per il personale impiegato nelle società partecipate dalle province e dalle città metropolitane;
    al personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato delle società o degli enti partecipati dalle province e città metropolitane, che risultino in fase di scioglimento o in liquidazione al momento del trasferimento delle funzioni, in ottemperanza alle norme dalla legge Delrio (legge 7 aprile 2014, n. 56), o per i quali sussistano i presupposti per lo scioglimento e la messa in liquidazione, dovrebbero applicarsi le disposizioni previdenziali in materia di regime di accesso al trattamento pensionistico, vigenti prima dell'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, a condizione che risultino in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi al 31 dicembre 2016;
    per coloro che, invece, non rientrano nelle previsioni precedentemente esposte, si dovrebbe procedere ad una ricollocazione in mobilità presso società controllate direttamente o indirettamente da pubbliche amministrazioni;
    la XI Commissione lavoro ha iniziato in data 30 luglio 2015 l'esame di alcune proposte di legge (C. 2514 e abb.) che prevedono il settimo intervento di salvaguardia a favore dei lavoratori esodati,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di risolvere quanto prima la questione del personale delle società partecipate dalle province e dalle città metropolitane in uno dei provvedimenti attualmente all'esame del Parlamento.
9/3262/19. (Testo modificato nel corso della seduta) Locatelli, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 sposta dal 30 giugno al 30 settembre 2015 il termine – previsto dall'articolo 1, comma 632, della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014) dell'entrata in vigore della «clausola di salvaguardia» consistente in un aumento dell'accisa su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 1.716 milioni di euro a decorrere dal 2015;
    tale clausola si è resa necessaria per evitare ammanchi di bilancio qualora il Consiglio UE non avesse autorizzato le misure previste dall'articolo 1, comma 629, che prevedono l'applicazione del cosiddetto reverse charge e dello split payment;
    con riferimento al meccanismo dello split payment, la legge di stabilità per l'anno 2015 ha disposto che, nelle more del rilascio della deroga da parte dell'UE, dette disposizioni trovano comunque applicazione;
    all'introduzione del meccanismo del reverse charge nel settore della grande distribuzione ed allo split payment la RT ha associato rispettivamente un recupero di gettito pari a 728 milioni di euro ed euro e 988 milioni di euro, a regime ed a partire dal 2015;
    nell'ambito della procedura prevista dall'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE la Commissione, nella comunicazione al Consiglio del 22 maggio 2015 si è opposta alla richiesta italiana di concedere la misura di deroga necessaria per l'applicazione del reverse charge alle forniture riguardanti la grande distribuzione, configurandosi quindi il rischio concreto che la clausola possa essere attivata per la parte in questione;
    dal 1o gennaio 2015 l'aliquota di accisa sulla benzina è pari a 728,40 euro per mille litri e quella sul gasolio usato come carburante a 617,40 euro per mille litri,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione anche ai fini dell'adozione di iniziative normative volte ad evitare l'aumento delle accise sui carburanti, provvedendo ad abrogare la disposizione sullo split payment che contrasta palesemente con le norme comunitarie ed appare enormemente e gravemente pregiudizievole nei confronti delle piccole e medie imprese.
9/3262/20Caparini, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    in base a quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, recante il Testo unico Ambientale (TUA) all'articolo 195, comma 2, lettera e); la competenza della definizione dei criteri qualitativi e quantificativi per stabilire a quali rifiuti estendere la assimilazione ai RSU spetta al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma quest'ultimo non ha mai provveduto alla definizione ai suddetti criteri;
    con il decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, è stato modificato il comma 649 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014, legge 27 dicembre 2013, n. 147, stabilendo che ogni comune, con proprio regolamento, «individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di dette attività produttive ai quali si estende il divieto di assimilazione»;
    la norma attribuisce ai comuni un'ampia discrezionalità nell'individuazione dei rifiuti ai quali si applica l'assimilazione, determinando una situazione di incertezza normativa in caso di ritardo, o mancanza, da parte dell'amministrazione nella determinazione dei criteri per l'assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti solidi urbani;
    considerando quindi che attraverso l'assimilazione il gestore RSU può raccogliere anche i rifiuti speciali, sarebbe opportuno modificare la normativa contenuta nella legge di stabilità 2014 al fine di eliminare la disposizione che attribuisce ampia discrezionalità ai comuni nell'individuazione dei rifiuti cui si applica il divieto di assimilazione, rinviando invece ad un regolamento interministeriale per la determinazione dei criteri per l'assimilabilità ai rifiuti urbani;
    sarebbe altresì opportuno prevedere che nessun versamento sia dovuto a titolo di Tari, qualora il produttore del rifiuto, qualunque ne sia la tipologia, provveda al trattamento in maniera autonoma, ovviamente nel rispetto della normativa vigente;
    non sarebbe infatti giustificabile in tali casi neanche una riduzione del tributo, in quanto la Tari è destinata a finanziare integralmente i costi di un esercizio, ossia la raccolta e lo smaltimento, reso a favore del produttore dei rifiuti;
    ne consegue che in caso di mancata fruizione del servizio nulla deve essere corrisposto,

impegna il Governo:

   a prevedere gli opportuni provvedimenti di natura interministeriale al fine di prevedere che nella determinazione della superficie assoggettabile alla Tari non si tenga conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente;
   ad assicurare che, secondo quanto già previsto dalla normativa vigente, non sia dovuto alcun tributo per i rifiuti che il produttore dimostri di aver gestito autonomamente.
9/3262/21Allasia, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 56 del 2014, la cosiddetta legge Delrio, ha riconosciuto i territori delle province di Sondrio, Belluno e Verbano Cusio Ossola come province interamente montane, in modo da differenziarle dal restante territorio nazionale in ragione della loro particolarissima condizione di contiguità territoriale con le province autonome di Trento e Bolzano e con i Cantoni della Confederazione elvetica;
    in questi territori, dunque, anche per cause di ordine geografico e climatico, la provincia espleta un'importante funzione nell'erogazione dei servizi essenziali per la popolazione di montagna;
    affinché la specificità del territorio montano non si riduca soltanto a una mera enunciazione di principio, sarebbe necessario destinare specifiche risorse economiche e un'adeguata gestione delle stesse, in modo che suddetti territori possano godere di una congrua autonomia;
    in questo quadro, parrebbe opportuno assicurare la permanenza della competenza in materia di energia e di demanio idrico, non soltanto per le evidenti ricadute economiche sul territorio, ma anche affinché la provincia possa garantire una opportuna erogazione di servizi di alta qualità ai propri cittadini in considerazione delle peculiari condizioni climatiche che interessano questi territori;
    in qualità di territori a cui sono riconosciute legalmente specifiche peculiarità, le province montante dovrebbero dunque detenere, oltre le funzioni ordinarie, anche ulteriori funzioni aggiuntive derivanti dal proprio status,

impegna il Governo

a prevedere con un provvedimento ad hoc l'implementazione delle funzioni per le province interamente montane e la relativa assegnazione di ulteriori risorse umane ed economiche.
9/3262/22Simonetti, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    i danni causati dalla tromba d'aria che lo scorso 8 luglio ha interessato la zona compresa tra le province di Venezia e Padova, colpendo con particolare intensità l'area compresa tra le città di Cadoneghe, Dolo, Pianiga, Mira, sono stati estremamente rilevanti, contandosi, oltre ad un morto e numerosi feriti, pesanti danni alle strutture e agli edifici tanto che sono numerose le aziende impossibilitate a riprendere la loro attività economica;
    la crisi economica che sta interessando l'intera Europa e l'Italia in particolare rende la situazione, per le aziende colpite dalla tromba d'aria, ancora più complessa di quanto già non lo fosse prima del disastro, determinando altresì pesanti conseguenze per l'intera economia del luogo anche per i negativi effetti in termini di disoccupazione causati dall'impossibilità delle aziende medesime di poter continuare nella normale attività lavorativa,

impegna il Governo

a prevedere che, per gli edifici dichiarati inagibili a causa degli eccezionali eventi meteorologici del 2015 nel territorio della regione del Veneto, a decorrere dal luglio 2015 e fino alla attestazione di agibilità dei medesimi immobili oggi danneggiati, l'ammontare complessivo dell'imposta municipale propria sia interamente detraibile dall'imposta sui redditi delle persone fisiche.
9/3262/23Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    i danni causati dalla tromba d'aria che lo scorso 8 luglio ha interessato la zona compresa tra le province di Venezia e Padova, colpendo con particolare intensità l'area compresa tra le città di Cadoneghe, Dolo, Pianiga, Mira, sono stati estremamente rilevanti, contandosi, oltre ad un morto e numerosi feriti, pesanti danni alle strutture e agli edifici tanto che sono numerose le aziende impossibilitate a riprendere la loro attività economica;
    la crisi economica che sta interessando l'intera Europa e l'Italia in particolare rende la situazione, per le aziende colpite dalla tromba d'aria, ancora più complessa di quanto già non lo fosse prima del disastro, determinando altresì pesanti conseguenze per l'intera economia del luogo anche per i negativi effetti in termini di disoccupazione causati dall'impossibilità delle aziende medesime di poter continuare nella normale attività lavorativa,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere che, per gli edifici dichiarati inagibili a causa degli eccezionali eventi meteorologici del 2015 nel territorio della regione del Veneto, a decorrere dal luglio 2015 e fino alla attestazione di agibilità dei medesimi immobili oggi danneggiati, l'ammontare complessivo dell'imposta municipale propria sia interamente detraibile dall'imposta sui redditi delle persone fisiche.
9/3262/23. (Testo modificato nel corso della seduta) Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 istituisce zone franche urbane nei comuni colpiti dall'alluvione del 17 gennaio 2014 e nei comuni colpiti dal terremoto del 20 e 29 maggio 2012, limitatamente in quelli che presentano zone rosse nei centri storici;
    tale articolo 12 individua le agevolazioni per i periodi di imposta 2015 e 2016, cui possono accedere le micro imprese con un numero di addetti inferiore a 5 e con un reddito lordo nel 2014 inferiore a 80.000 euro, che abbiano la sede o unità locale nell'area; le agevolazioni consistono nell'esenzione dalle imposte sui redditi, dall'imposta regionale sulle attività produttive e dalle imposte municipali per gli immobili destinati all'esercizio dell'attività economica;
    le imprese cui viene rivolto il provvedimento svolgono le proprie attività quasi sempre al di fuori dei centri storici e possono essere colpite pesantemente dal terremoto anche se la propria attività o sede insiste in area limitrofa a comuni con zone rosse nei centri storici;
   il criterio adottato dal decreto-legge non rispecchia pienamente le necessità delle piccole imprese colpite dal terremoto del maggio 2012, che sono situate anche nelle regioni Lombardia e Veneto,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti di carattere legislativo per estendere l'ambito oggettivo delle disposizioni dell'articolo 12, che istituisce zone franche urbane nei comuni colpiti dal terremoto del 20 e 29 maggio 2012 con zone rosse nei centri storici, a tutto il territorio colpito dal sisma di maggio 2012, anche in considerazione che le imprese beneficiarie svolgono le proprie attività sempre al di fuori dei centri storici e che, per tanto, il criterio adottato dal decreto-legge non rispecchia pienamente le necessità delle imprese colpite dal terremoto, peraltro situate anche nelle regioni Lombardia e Veneto.
9/3262/24Fedriga, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 istituisce zone franche urbane nei comuni colpiti dall'alluvione del 17 gennaio 2014 e nei comuni colpiti dal terremoto del 20 e 29 maggio 2012, con zone rosse nei centri storici;
    tenuto conto che tale articolo 12 individua le agevolazioni per i periodi di imposta 2015 e 2016, cui possono accedere le micro imprese con un numero di addetti inferiore a 5 e con un reddito lordo nel 2014 inferiore a 80.000 euro, che abbiano la sede o unità locale nell'area; le agevolazioni consistono nell'esenzione dalle imposte sui redditi; dall'imposta regionale sulle attività produttive e dalle imposte municipali per gli immobili destinati all'esercizio dell'attività economica;
    ritenuto che tale disciplina, importante per la ripresa economica dei soggetti e delle attività economiche o produttive danneggiate, dovrebbe essere estesa a tutti i territori danneggiati da calamità naturali di analoga violenza, per non creare discriminazioni tra le popolazioni colpite;
    preso atto che presso l'VIII Commissione della Camera dei deputati è in corso l'esame dell'AC 2607 e abb. che reca una delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia del sistema nazionale e coordinamento della protezione civile, che dimostra l'esigenza di riordinare, coordinare e omogeneizzare le procedure e gli interventi da adottare per far fronte allo stato di emergenza e al ripristino delle normali condizioni di vita delle popolazioni colpite da calamità naturali,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti di carattere legislativo per estendere la creazione di zone franche urbane ai sensi della legge 27 dicembre 2006, n. 296, secondo le provvidenze adottate dall'articolo 12 del decreto-legge in esame, a tutti i territori colpiti da calamità naturali per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza di interesse nazionale.
9/3262/25Borghesi, Busin, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il diritto allo studio delle persone portatrici di handicap è tutelato anche mediante il supporto di misure di accompagnamento alle quali concorrono a livello territoriale, con proprie competenze, oltre allo Stato, anche gli enti locali e il servizio sanitario nazionale;
    la legge 5 febbraio 1992, n. 104, all'articolo 13, comma 3, recita: «Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati»;
    secondo quanto denunciato dalla «Lega per i diritti delle persone con disabilità» (LEDHA) in Lombardia il prossimo anno scolastico 2015/2016, 4.650 studenti disabili rischiano di non poter frequentare regolarmente la scuola e di essere privati del loro diritto all'istruzione: infatti le istituzioni non hanno ancora deliberato le risorse per i servizi di assistenza alla comunicazione e di assistenza educativa e trasporto;
    la problematica non è circoscritta alla regione Lombardia, ma è comune ad altre regioni italiane, in cui sono a rischio il diritto all'istruzione degli studenti disabili;
    ad oggi, secondo quanto denunciato dalla LEDHA, nessun ente pubblico (comune, provincia o città metropolitana) accetta le domande di attivazione di questi servizi per il prossimo anno scolastico, non avendo approvato nessun atto amministrativo che ne preveda l'organizzazione e nessun capitolo di bilancio che stanzi le risorse necessarie;
    dagli anni ’90 le province promuovono e sostengono i servizi per l'assistenza della comunicazione per gli studenti con disabilità sensoriali, attingendo a risorse proprie dei bilanci provinciali e tale competenza non è mai stata messa in discussione;
    diverso è il caso del servizio di assistenza educativa e trasporto agli studenti, che è stato garantito per molti anni dai comuni ma sempre in conflitto di competenza con le province: l'articolo 139, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, stabilisce che sono attribuiti alle province, in relazione all'istruzione secondaria superiore, e ai comuni, in relazione agli altri gradi inferiori di scuola, i compiti e le funzioni concernenti i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap;
    la sentenza del 23 luglio 2013, n. 3950, del Consiglio di Stato ha accertato definitivamente che l'assistenza educativa e il trasporto per gli studenti delle scuole superiori e dei corsi di formazione professionale spettano alle province, che da allora vi hanno provveduto grazie a stanziamenti straordinari delle regioni;
    il quadro normativo ha subito un'ulteriore evoluzione con l'approvazione della «legge Delrio» che ridisegna confini e competenze dell'amministrazione locale;
    tale atto normativo non prevede in modo esplicito che i servizi per garantire l'istruzione dei disabili rientrino tra le funzioni fondamentali che rimangano in capo ai nuovi enti di area vasta; il che ha provocato una pericolosa empasse che si ripercuote su migliaia di famiglie, che non possono presentare domanda per chiedere l'attivazione di tali servizi per il prossimo anno scolastico;
    in sede di conversione del decreto-legge n. 78 del 2015, al Senato, è stato approvato un emendamento del Governo che stanzia solo per l'anno 2015 30 milioni per l'intero comparto degli enti provinciali per l'assistenza agli alunni con disabilità. Tale cifra appare tardiva, insufficiente e limitata al solo anno corrente, impedendo qualunque forma di programmazione per il futuro,

impegna il Governo:

   ad adottare atti interpretativi utili a chiarire la competenza della gestione dei servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio, in relazione all'istruzione secondaria di secondo grado;
   a stanziare le necessarie risorse, anche per gli anni a venire, per garantire il livello di erogazione dei servizi di cui in premessa.
9/3262/26Molteni, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame e, in particolare, all'articolo 7, potrebbero comportare un aumento in materia di TARI;
    la norma prevede infatti che le mancate riscossioni degli anni precedenti, una volta trasformate in crediti inesigibili, entreranno fra le componenti di costo della tariffa in quanto la tariffa deve garantite la copertura integrale dei costi;
    dunque il contribuente in regola con i propri adempimenti tributari si dovrà caricare anche la quota dei soggetti che non pagano, con un risultato eccessivamente penalizzante ed iniquo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione anche ai fini dell'adozione di eventuali iniziative normative volte ad evitare che i contribuenti adempienti debbano farsi carico dei mancati incassi dovuti all'inadempimento da parte di altri contribuenti.
9/3262/27Invernizzi, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 7 aprile 2014, n. 56, «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni» ha inteso ridisegnare il sistema degli enti di area vasta, mantenendo loro in capo quattro funzioni fondamentali: gestione e manutenzione delle strade provinciali; gestione e manutenzione delle scuole superiori; tutela e valorizzazione dell'ambiente; assistenza ai Comuni;
   tutte le altre funzioni di derivazione regionale (turismo, cultura, sport, sviluppo economico, formazione professionale, centri per l'impiego, servizi sociali, etc.) avrebbero dovuto essere riordinate attraverso leggi regionali entro il 31 dicembre 2014;
    tra il settembre 2014 e la primavera 2015 in 68 province si sono svolte le prime elezioni di secondo livello: alla guida delle province sono stati eletti sindaci, cancellate giunte, insediati consigli provinciali, assemblee dei sindaci, ed in 8 Città metropolitane i consigli metropolitani. Nel 2016 tutte le province delle regioni a statuto ordinario saranno guidate da sindaci;
    dal punto di vista della forma della governance, quindi, tutto procede secondo la tempistica stabilita dalla legge n. 56 del 2014;
    non altrettanto però sta accadendo per quanto riguarda l'attuazione del riordino delle funzioni, alle quali le regioni non hanno potuto dare seguito principalmente a causa dei tagli subiti, da esse stesse e dai bilanci provinciali, tali da mettere a rischio lo svolgimento di servizi essenziali;
    la legge di stabilità 2015 si inserisce in questo delicato processo di transizione in maniera del tutto incoerente con l'impianto della legge Delrio poiché prevede il versamento allo Stato da parte delle province di 1 miliardo per il 2015, 2 miliardi per il 2016 e 3 miliardi per il 2017, incidendo per oltre il 15 per cento sulla spesa totale delle province;
    il legame tra funzioni fondamentali, funzioni trasferite, risorse e garanzia di copertura finanziaria viene dunque completamente ignorato;
    a queste cifre vanno aggiunti gli effetti già scontati dei due decreti «spending» – decreto-legge n. 95 del 2012 e decreto-legge n. 66 del 2014 – per 182,2 milioni, nonché gli effetti dell'entrata in vigore dell'armonizzazione contabile (155 milioni). Dunque, già da quest'anno viene richiesto un contributo aggiuntivo di 1,337 miliardi;
    inoltre la manovra impone il taglio, entro il 31 marzo 2015, del 50 per cento della spesa per il personale degli enti di area vasta, e del 30 per cento di quella del personale delle città metropolitane. Si impone un taglio della spesa, ma non del personale, che resta a carico delle Province, in attesa di ricollocamento presso lo Stato, le regioni e i comuni;
    le province, nel 2015, si trovano quindi a dovere gestire gli stessi servizi, poiché nessuna legge regionale è stata approvata, con 1,3 miliardi in meno di spesa e la spesa per il personale – circa 2 miliardi – immutata;
    lo stato dei bilanci delle province è realmente emergenziale: sono a rischio gli equilibri finanziari degli enti, anche a causa delle sanzioni che saranno applicate per lo sforamento del patto di stabilità 2014, stimabili intorno ai 400 milioni di euro, che interesseranno almeno 30 tra province e città metropolitane, e che saranno mitigate solo in parte dalle modifiche apportate dal decreto n. 78 in conversione;
    la Corte dei conti nella Relazione sulla gestione finanziaria per l'esercizio 2013 degli enti territoriali (19 gennaio 2015) evidenzia come «l'analisi dei risultati delle manovre 2008-2013, conferma per le Province il raggiungimento degli obiettivi di risparmio previsti, con la conseguente riduzione delle risorse destinate ai servizi essenziali. Le manovre avviate dal 2009 hanno fatto registrare un taglio di 2,9 miliardi per le Province con una contrazione rilevante degli investimenti (mediamente il 60 per cento delle economie di spesa). Per le Province si registra una severa riduzione della spesa finale di oltre 1,3 miliardi, tagli di risorse particolarmente incisivi, entrate che cedono del 10,4 per cento»;
    secondo i dati elaborati dall'Upi da fonte Siope dal 2010 al 2014 la spesa corrente delle province passa da 8 miliardi 500 milioni a 7 miliardi 200 milioni, con una diminuzione di oltre il 15 per cento;
    la spesa in conto capitale nei 5 anni esaminati è crollata del 44 per cento delle province: in totale, i gettiti da IPT e RCA scendono dal 2013 al 2014 di quasi il 10 per cento,

impegna il Governo

anche alla luce delle modifiche intervenute al decreto in conversione nel corso del suo esame in Senato, ad intervenire urgentemente per garantire alle regioni e agli enti locali tutte le risorse necessarie allo svolgimento delle funzioni a loro assegnate a garanzia dei servizi ai cittadini.
9/3262/28Giancarlo Giorgetti, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    la Corte dei conti – Sezione delle Autonomie nella Relazione sugli andamenti della finanza territoriale relativa all'anno 2014, deliberata il 27 luglio 2015, ha affrontato i rischi connessi al riassetto istituzionale in corso ed i possibili riflessi sugli equilibri economici delle Autonomie territoriali;
    tra il 2008 ed il 2015 i vincoli imposti dal Patto di stabilità hanno determinato a carico del comparto degli enti territoriali complessivamente correzioni di poste per 40 miliardi (pari al 2,4 per cento del Pil), con riduzione dei trasferimenti dallo Stato per circa 22 miliardi (e dei finanziamenti nel comparto sanitario regionale per 17,5 miliardi). Ne sono derivati, forzatamente, per gli enti locali e le Regioni un inasprimento della pressione fiscale, una compressione delle funzioni extra-sanitarie, con tagli, soprattutto, delle spese di investimento;
    degli oltre 5.600 comuni sottoposti al Patto, rileva ancora la Corte, 95 risultano inadempienti nel 2014, anche se le rilevazioni non sono tutt'ora definitive. Si tratta soprattutto di comuni con meno di 5.000 abitanti. Anche i Comuni che hanno rispettato il Patto presentano, però, «ampi scostamenti rispetto agli obiettivi, per effetto, prevalentemente, di un anomalo prolungamento dell'esercizio provvisorio, che ha compromesso la capacità programmatoria dei Comuni medesimi»;
    nello stesso documento la Corte dei conti afferma che anche le misure derogatorie ed i nuovi meccanismi di determinazione degli obiettivi del Patto 2015, previsti proprio dal decreto n. 78 del 2015 oggetto di conversione «non sembra pongano rimedio» alla situazione di paralisi del comparto degli enti locali;
    permane la crisi di liquidità delle Regioni per il pagamento dei debiti, nonostante la predisposizione dei decreti che hanno stanziato appositamente circa 20 miliardi (decreto-legge n. 35 del 2013 incrementati dal decreto-legge n. 102 del 2013 e n. 66 del 2014 per il pagamento dei debiti pregressi);
    sul versante delle entrate dei Comuni permangono difficoltà conseguenti ai ripetuti tagli ai trasferimenti statali disposti dalle manovre finanziarie che, verosimilmente, sono all'origine degli aumenti generalizzati dei tributi immobiliari (ICI-IMU-TASI) i cui incassi sono passati dai 9,6 miliardi di euro circa (corrispondenti all'ICI 2011) a circa 15,3 miliardi di euro del 2014. Il gettito della Tasi ha avuto, di fatto, un effetto redistributivo, gravando in consistente misura sulle «prime case», in quanto, con 3,2 miliardi circa, ha supplito in larga parte al minor gettito Imu conseguente all'esenzione dell'imposta per l'abitazione principale. Marginale ancora è stato il ruolo svolto dalle imposte che avrebbero dovuto stabilire una più stretta correlazione tra prelievo fiscale e beneficio reso (imposte di scopo, di soggiorno e da cooperazione all'accertamento dei tributi statali) e, più in generale, caratterizzare una politica del prelievo finalizzata allo sviluppo;
    per ammissione della Corte dei conti «non sembra che dai più recenti interventi normativi derivi significativo impulso al progetto di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard (...), dal cui concretizzarsi dipende buona parte del recupero di efficienza e dei risparmi di spesa attesi per gli enti locali.»;
    il combinato disposto dell'applicazione del Patto di stabilità interno che impedisce agli enti virtuosi di spendere i propri soldi per servizi ed investimenti e allo stesso tempo non ha saputo frenare la spesa degli enti non virtuosi, e dei tagli agli enti locali disposti da leggi dello Stato ha trasformato il fondo di solidarietà comunale da sistema di perequazione tra enti locali in cassaforte da cui lo Stato preleva fondi. Quest'anno saranno 625 i comuni cosiddetti «incapienti» che invece di ricevere fondi dallo Stato si vedranno prelevare risorse verso lo Stato;
    è innegabile che la crisi economica e finanziaria che ha travolto il Paese da ormai più di 8 anni ha abbattuto i parametri di PIL pro capite, occupazione, sviluppo economico a livelli dai quali sarà comune faticoso ripartire, determinando un impoverimento in termini reali della popolazione, soprattutto della classe media, innalzando le fasce di povertà e di indigenza;
    gli enti locali e le istituzioni territoriali in generale svolgono un ruolo di prima linea nell'assicurare servizi sociali in senso ampio e flessibile, mirato a specifiche situazioni. Senza questi servizi, moltissimi cittadini non avrebbero vie di sopravvivenza;
    è assolutamente necessario ed urgente intervenire affinché gli enti territoriali possano continuare ed anzi rafforzare le proprie attività sociali e di sostegno alle fasce più deboli,

impegna il Governo

a garantire agli enti locali e territoriali le risorse necessarie a rispondere in maniera efficace alla crescente domanda di servizi sociali, assistenziali e di contrasto alla povertà da parte dei propri cittadini.
9/3262/29Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito dell'approvazione di un emendamento governativo durante l'esame al Senato, il decreto in conversione attuerà la ripartizione del taglio del Fondo Sanitario Nazionale di 2.352 milioni di euro a decorrere dal 2015;
    il taglio determinerà, tra le altre cose, la revisione di tutti i contratti di acquisto sanitari per beni e servizi, rideterminati in misura tale da comportare una riduzione su base annua del 5 per cento del valore complessivo dei contratti, senza che ciò comporti la modifica della durata del contratto in essere. Si ricorda che i tagli decorrono dal 1° gennaio 2015 ed appare difficile, anche rinegoziando a partire da agosto, ottenere i risparmi sperati. In caso di mancato accordo con i fornitori, gli enti del Servizio sanitario nazionale hanno diritto di recedere dal contratto in deroga all'articolo 1671 del codice civile senza alcun onere a carico degli stessi;
    si interviene in materia di appropriatezza delle prestazioni mediche erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale. Al di fuori delle condizioni di erogabilità, le prestazioni sono a totale carico dell'assistito. Si prevede che in caso di comportamenti prescrittivi non conformi da parte dei si applichino delle penalizzazioni su alcune componenti retributive del loro trattamento economico. Inoltre, la mancata adozione da parte dell'ente del Servizio sanitario nazionale dei provvedimenti di competenza nei confronti del medico prescrittore comporta la responsabilità del direttore generale ed è valutata ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi assegnati al medesimo dalla regione;
    si attua il decreto 2 aprile 2015, n. 70, che dispone che dal 1° luglio 2015 non possano essere sottoscritti i contratti con strutture accreditate con meno di 40 posti letto per acuti, fatta eccezione per le strutture mono specialistiche per le quali sono previste espresse deroghe;
    la Corte dei conti, – Sezione delle Autonomie – nella Relazione su «Gli andamenti della finanza territoriale – Esercizio 2014» (Delibera n. 25/SEZAUT/2015/FRG del 27 luglio 2015) ha evidenziato come tra il 2008 ed il 2015, la dimensione complessiva delle correzioni di spesa poste a carico degli enti territoriali, ha comportato una riduzione dei finanziamenti nel comparto sanitario regionale per 17,5 miliardi;
    nonostante siano già state individuate le Regioni benchmark per la spesa sanitaria, previste dal Federalismo Fiscale, si continua a procedere nella logica dei tagli lineari che penalizza le regioni che hanno già attuato gestioni efficienti e virtuose senza incidere laddove sono emersi sprechi e clientelismi,

impegna il Governo

ad applicare immediatamente i costi standard previsti dal federalismo fiscale al comparto sanitario, superando la logica dei tagli lineari e reinvestendo le economie derivanti dall'efficientamento del comparto in un miglioramento dell'offerta sanitaria e sociale anziché drenando risorse verso altra spesa pubblica.
9/3262/30Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito dell'approvazione di un emendamento governativo durante l'esame al Senato, il decreto in conversione attuerà la ripartizione del taglio del Fondo Sanitario Nazionale di 2.352 milioni di euro a decorrere dal 2015;
    il taglio determinerà, tra le altre cose, la revisione di tutti i contratti di acquisto sanitari per beni e servizi, rideterminati in misura tale da comportare una riduzione su base annua del 5 per cento del valore complessivo dei contratti, senza che ciò comporti la modifica della durata del contratto in essere. Si ricorda che i tagli decorrono dal 1° gennaio 2015 ed appare difficile, anche rinegoziando a partire da agosto, ottenere i risparmi sperati. In caso di mancato accordo con i fornitori, gli enti del Servizio sanitario nazionale hanno diritto di recedere dal contratto in deroga all'articolo 1671 del codice civile senza alcun onere a carico degli stessi;
    si interviene in materia di appropriatezza delle prestazioni mediche erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale. Al di fuori delle condizioni di erogabilità, le prestazioni sono a totale carico dell'assistito. Si prevede che in caso di comportamenti prescrittivi non conformi da parte dei si applichino delle penalizzazioni su alcune componenti retributive del loro trattamento economico. Inoltre, la mancata adozione da parte dell'ente del Servizio sanitario nazionale dei provvedimenti di competenza nei confronti del medico prescrittore comporta la responsabilità del direttore generale ed è valutata ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi assegnati al medesimo dalla regione;
    si attua il decreto 2 aprile 2015, n. 70, che dispone che dal 1° luglio 2015 non possano essere sottoscritti i contratti con strutture accreditate con meno di 40 posti letto per acuti, fatta eccezione per le strutture mono specialistiche per le quali sono previste espresse deroghe;
    la Corte dei conti, – Sezione delle Autonomie – nella Relazione su «Gli andamenti della finanza territoriale – Esercizio 2014» (Delibera n. 25/SEZAUT/2015/FRG del 27 luglio 2015) ha evidenziato come tra il 2008 ed il 2015, la dimensione complessiva delle correzioni di spesa poste a carico degli enti territoriali, ha comportato una riduzione dei finanziamenti nel comparto sanitario regionale per 17,5 miliardi;
    nonostante siano già state individuate le Regioni benchmark per la spesa sanitaria, previste dal Federalismo Fiscale, si continua a procedere nella logica dei tagli lineari che penalizza le regioni che hanno già attuato gestioni efficienti e virtuose senza incidere laddove sono emersi sprechi e clientelismi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di applicare immediatamente i costi standard previsti dal federalismo fiscale al comparto sanitario, superando la logica dei tagli lineari e reinvestendo le economie derivanti dall'efficientamento del comparto in un miglioramento dell'offerta sanitaria e sociale anziché drenando risorse verso altra spesa pubblica.
9/3262/30. (Testo modificato nel corso della seduta) Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto interviene anche in materia di riordino delle partecipazioni di enti territoriali;
    la legge 7 aprile 2014, n. 56, all'articolo 1, comma 49, ha stabilito che «Regione Lombardia, anche mediante società dalla stessa controllate, subentra in tutte le partecipazioni azionarie di controllo detenute dalla provincia di Milano e le partecipazioni azionarie detenute dalla Provincia di Monza e Brianza nelle società che operano direttamente o per il tramite di società controllate o partecipate nella realizzazione e gestione delle infrastrutture comunque connesse all'esposizione universale denominata Expo 2015»;
    l'articolo 23 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, posticipa al 31 dicembre 2016 la restituzione alla Provincia di Milano (Città Metropolitana) e alla Provincia di Monza e della Brianza delle partecipazioni detenute da Regione Lombardia a seguito della legge n. 56 del 2014;
   considerato che:
    con decreto della giunta regionale n. 2090 del 1o luglio 2014, Regione Lombardia ha indicato Finlombarda Spa, quale soggetto deputato all'intestazione di tutte le partecipazioni azionarie di controllo detenute dalla Provincia di Milano e dalla Provincia di Monza e Brianza. In particolare, ha deliberato, al punto 2), «di individuare in Finlombarda Spa il soggetto che dovrà acquisire, detenere e gestire in nome proprio e per conto della Regione Lombardia le partecipazioni azionarie della società ASAM Spa [...]»;
    Finlombarda, per conto di Regione Lombardia, ha attivato una serie di iniziative nel tentativo di riportare in bonis una gestione societaria di ASAM caratterizzata da una serie di esercizi pregressi con risultati fortemente negativi, anche attraverso un'importante intervento finanziario con risorse proprie;
   tenuto conto del quadro relativo alla riforma degli enti locali ancora in forte evoluzione in particolare per quanto riguarda ruolo, competenze e risorse destinate alle Città Metropolitane che addirittura ai sensi del decreto-legge in conversione sono state costrette a non fare il bilancio di previsione pluriennale ma ad approvare il solo bilancio di previsione annuale sul presupposto dalla palese insostenibilità dei tagli effettuati dal Governo con la legge di stabilità per il 2015;
    considerato inoltre che ASAM detiene partecipazioni in Serravalle SPA che gestisce infrastrutture viarie, quali Pedemontana e TEEM, fondamentali per la competitività del territorio lombardo e non limitate ai territori della Provincia di Milano (Città Metropolitana) e della Provincia di Monza e Brianza,

impegna il Governo

a posticipare il termine di restituzione delle quote attualmente in possesso di Regione Lombardia alla Provincia di Milano (Città Metropolitana) e alla Provincia di Monza e Brianza, ovvero a stabilire che tali partecipazioni restino a titolo definitivo in proprietà di Regione Lombardia.
9/3262/31Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto interviene anche in materia di riordino delle partecipazioni di enti territoriali;
    la legge 7 aprile 2014, n. 56, all'articolo 1, comma 49, ha stabilito che «Regione Lombardia, anche mediante società dalla stessa controllate, subentra in tutte le partecipazioni azionarie di controllo detenute dalla provincia di Milano e le partecipazioni azionarie detenute dalla Provincia di Monza e Brianza nelle società che operano direttamente o per il tramite di società controllate o partecipate nella realizzazione e gestione delle infrastrutture comunque connesse all'esposizione universale denominata Expo 2015»;
    l'articolo 23 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, posticipa al 31 dicembre 2016 la restituzione alla Provincia di Milano (Città Metropolitana) e alla Provincia di Monza e della Brianza delle partecipazioni detenute da Regione Lombardia a seguito della legge n. 56 del 2014;
   considerato che:
    con decreto della giunta regionale n. 2090 del 1o luglio 2014, Regione Lombardia ha indicato Finlombarda Spa, quale soggetto deputato all'intestazione di tutte le partecipazioni azionarie di controllo detenute dalla Provincia di Milano e dalla Provincia di Monza e Brianza. In particolare, ha deliberato, al punto 2), «di individuare in Finlombarda Spa il soggetto che dovrà acquisire, detenere e gestire in nome proprio e per conto della Regione Lombardia le partecipazioni azionarie della società ASAM Spa [...]»;
    Finlombarda, per conto di Regione Lombardia, ha attivato una serie di iniziative nel tentativo di riportare in bonis una gestione societaria di ASAM caratterizzata da una serie di esercizi pregressi con risultati fortemente negativi, anche attraverso un'importante intervento finanziario con risorse proprie;
   tenuto conto del quadro relativo alla riforma degli enti locali ancora in forte evoluzione in particolare per quanto riguarda ruolo, competenze e risorse destinate alle Città Metropolitane che addirittura ai sensi del decreto-legge in conversione sono state costrette a non fare il bilancio di previsione pluriennale ma ad approvare il solo bilancio di previsione annuale sul presupposto dalla palese insostenibilità dei tagli effettuati dal Governo con la legge di stabilità per il 2015;
    considerato inoltre che ASAM detiene partecipazioni in Serravalle SPA che gestisce infrastrutture viarie, quali Pedemontana e TEEM, fondamentali per la competitività del territorio lombardo e non limitate ai territori della Provincia di Milano (Città Metropolitana) e della Provincia di Monza e Brianza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di posticipare il termine di restituzione delle quote attualmente in possesso di Regione Lombardia alla Provincia di Milano (Città Metropolitana) e alla Provincia di Monza e Brianza.
9/3262/31. (Testo modificato nel corso della seduta) Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    la Corte dei conti – Sezione delle Autonomie nella Relazione sugli andamenti della finanza territoriale relativa all'anno 2014, deliberata il 27 luglio 2015, ha affrontato i rischi connessi al riassetto istituzionale in corso ed i possibili riflessi sugli equilibri economici delle Autonomie territoriali;
    tra il 2008 ed il 2015 i vincoli imposti dal Patto di stabilità hanno determinato a carico del comparto degli enti territoriali complessivamente correzioni di poste per 40 miliardi (pari al 2,4 per cento del Pil), con riduzione dei trasferimenti dallo Stato per circa 22 miliardi (e dei finanziamenti nel comparto sanitario regionale per 17,5 miliardi). Ne sono derivati, forzatamente, per gli enti locali e le Regioni un inasprimento della pressione fiscale, una compressione delle funzioni extra-sanitarie, con tagli, soprattutto, delle spese di investimento;
    degli oltre 5.600 Comuni sottoposti al Patto, rileva ancora la Corte, 95 risultano inadempienti nel 2014, anche se le rilevazioni non sono tutt'ora definitive. Si tratta soprattutto di comuni con meno di 5.000 abitanti. Anche i Comuni che hanno rispettato il Patto presentano, però, «ampi scostamenti rispetto agli obiettivi, per effetto, prevalentemente, di un anomalo prolungamento dell'esercizio provvisorio, che ha compromesso la capacità programmatoria dei Comuni medesimi»;
    nello stesso documento la Corte dei conti afferma che anche le misure derogatorie ed i nuovi meccanismi di determinazione degli obiettivi del Patto 2015, previsti proprio dal decreto n. 78 del 2015 oggetto di conversione «non sembra pongano rimedio» alla situazione di paralisi del comparto degli enti locali;
    per precisa volontà della Corte «la relazione affronta i nodi problematici che contrassegnano i rapporti tra il disegno politico-istituzionale di revisione del sistema fiscale locale ed il progetto di federalismo avviato nello scorso decennio, segnalando i rischi connessi al riassetto istituzionale in corso ed i possibili riflessi sugli equilibri economici delle Autonomie territoriali»;
   per ammissione della Corte dei conti «non sembra che dai più recenti interventi normativi derivi significativo impulso al progetto di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard (...), dal cui concretizzarsi dipende buona parte del recupero di efficienza e dei risparmi di spesa attesi per gli enti locali»,

impegna il Governo

ad applicare all'intero comparto degli enti territoriali i costi standard ed i principi di responsabilità connessi al federalismo fiscale.
9/3262/32Bossi, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    la tendenza del Legislatore negli ultimi anni è stata sempre più sovente quella di assimilare tout court i piccoli Comuni, enti locali con meno di 5000 abitanti, alla disciplina di revisione della spesa e di organizzazione amministrativa prevista per gli antri enti, senza tenere conto delle peculiarità degli enti più piccoli, ma anche della generale e storica virtuosità proprio di questi comuni, in virtù del loro confronto costante con i propri cittadini;
    il Presidente del Consiglio, in un tweet del 12 novembre 2013 ore 16.15 ha dichiarato che «questa storia che i piccoli comuni sono il problema dell'Italia non mi convince per niente. Non mi direte mica che lo spreco in Italia sono i piccoli comuni? Gli sprechi sono a Roma e nelle Regioni»;
    i tagli conseguenti le ultime manovre finanziarie hanno messo in seria difficoltà i Comuni; alcuni di questi tagli sono vissuti come «ingiusti» da parte degli amministratori locali perché calcolati senza tenere conto di alcune spese incomprimibili, quali quelle della gestione delle Residenze Sanitarie Assistenziali, che gravano sulle spese correnti dell'ente locale per oltre il 50 per cento e quelle relative allo sgombero neve, dato che i Comuni al di sotto dei 5000 abitanti in Italia sono il 72 per cento (5629) e dislocati su un territorio, per lo più collinare e montano, a forte rischio idrogeologico;
    diversamente dal comparto degli enti locali in generale, i piccoli comuni hanno, grazie alla loro virtuosità, disponibilità di risorse, rese inutilizzabili però dai vincoli del Patto di Stabilità, al quale il decreto in esame apporta alcune deroghe troppo limitate;
    a partire dal 1o settembre 2015 per i comuni sotto i 10.000 abitanti varrà l'obbligo di avvalersi della centrale unica di committenza per tutti gli acquisti;
    i continui tagli lineari, iniziati nel 2012, imposti dallo Stato agli enti locali continuano ad essere applicati in modo indiscriminato ed in misura insostenibile come si è verificato anche per il fondo di solidarietà, mettendo in ginocchio in particolare i piccoli comuni,

impegna il Governo:

   a bloccare i tagli ai comuni sotto i 5 mila abitanti e a ripristinare il livello dei trasferimenti erogati fino al 2011;
   ad eliminare il Patto di Stabilità interno a decorrere dall'anno 2016 o perlomeno prevedere, per i comuni virtuosi, a decorrere dal medesimo anno, la possibilità di utilizzo dell'avanzo di bilancio per la messa in sicurezza del territorio, delle scuole da realizzare e di quelle esistenti offrendo possibilità di lavoro alle imprese operanti nel proprio territorio;
   a permettere l'affidamento diretto per l'acquisto di beni e servizi per importi fino a 40.000 euro e per lavori fino a 207.000 euro.
9/3262/33Saltamartini, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9-quater del decreto-legge n. 78 del 2015, prevede tra l'altro ai commi 1-7 la riduzione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale ad alto rischio di inappropriatezza;
    in particolare, i commi da 1 a 6 prevedono che, con decreto ministeriale, da adottare, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, siano individuate le condizioni di erogabilità e le indicazioni prioritarie per la prescrizione appropriata delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale ad alto rischio di inappropriatezza, stabilendo che, al di fuori delle condizioni di erogabilità così individuate, le prestazioni siano a totale carico dell'assistito;
    il comma 3 specifica che il medico deve indicare, nella prescrizione, le condizioni di erogabilità della prestazione o le indicazioni di appropriatezza prescrittiva previste dal decreto ministeriale di cui al comma 1;
    per garantire il rispetto delle condizioni prescrittive da parte dei medici prescrittori, la norma prevede anche che, in caso di comportamenti prescrittivi non conformi alle condizioni e alle indicazioni di cui al decreto ministeriale, si applichino delle penalizzazioni su alcune componenti retributive del trattamento economico spettante ai medici, più specificatamente precisamente sulla quota di trattamento economico accessorio, favorendo altresì l'applicazione dei provvedimenti di competenza nei confronti del medico prescrittore attraverso meccanismi di valutazione negativa del direttore generale inadempiente riguardo all'adozione delle sanzioni riguardanti il medico;
    il meccanismo individuato, per quanto valido nelle finalità che si propone, rischia tuttavia di essere esso stesso inappropriato dal punto di vista della validazione clinico-scientifica e di causare chiusure corporative e atteggiamenti difensivi da parte di una classe medica che non si sentisse partecipe delle scelte;
    appare improbabile anzitutto che nel breve spazio di 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, il Ministero della salute possa individuare puntualmente le condizioni di erogabilità e i criteri di priorità per la prescrizione appropriata delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale in tutte le specialità e per tutte le patologie e trovare sul tema la prescritta intesa con la Conferenza Stato-regioni;
    soprattutto, vi è il rischio che in assenza di un serio confronto istituzionale con le società scientifiche, le conclusioni adottate possano rivelarsi lacunose o insufficienti o datate dal punto di vista clinico-scientifico, finendo per non essere condivise dalla classe medica perché inadeguate o incomplete, causando un atteggiamento di non collaborazione e preoccupazioni difensive nei medici e stimolando tentativi di aggiramento dei vincoli imposti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di coinvolgere ufficialmente le società medico-scientifiche competenti per settore disciplinare nella individuazione delle condizioni di erogabilità e i criteri di priorità per la prescrizione appropriata delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, superando se necessario lo stretto limite temporale di 30 giorni previsto per il decreto ministeriale di adozione del documento.
9/3262/34Gigli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'8 luglio 2015, eccezionali fenomeni temporaleschi hanno colpito il territorio del Veneto ed in particolare alcuni comuni delle province di Venezia, Padova, Vicenza e Belluno, provocando gravi danni alle infrastrutture, agli edifici pubblici e privati e ai beni mobili;
    nel veneziano, le violente piogge e grandine e una tromba d'aria di notevole intensità hanno provocato lo scoperchiamento di case e capannoni, il danneggiamento di circa 500 edifici, l'isolamento di intere aree, con l'interruzione della rete stradale e ferroviaria, black-out elettrici fino all'indomani, oltre a disservizi nella fornitura del gas e dell'acqua; in particolare, lungo la Riviera del Brenta, nel pomeriggio il violento tornado ha provocato ingenti danni nei comuni di Dolo, Pianiga e Mira;
    tra gli edifici di maggior rilievo colpiti si segnala la devastazione di numerosissime ville venete (almeno 20), quella della famosa Villa Fini, in comune di Dolo località Cesare Musatti, letteralmente rasa al suolo e i cui danni sono stati quantificati in euro 6.500.000, sui complessivi euro 9.850.000 riguardanti tutte le altre ville e dimore storiche venete;
    tra Dolo, Pianiga e Mira sono state danneggiate oltre 600 abitazioni, di cui quasi la metà considerate inagibili; moltissimi gli sfollati; sono state coinvolte dall'evento altre 15 ville venete, quasi un centinaio le attività produttive e commerciali coinvolte; è stato distrutto completamente l'arredo urbano di moltissime strade (patrimonio arboreo, segnaletica stradale, impianti di sollevamento di fognature bianche, pubblica illuminazione, eccetera) così come gli impianti sportivi comunali;
    anche nel comparto agricolo, il passaggio della tromba d'aria ha determinato la distruzione delle coltivazioni e la compromissione di strutture produttive quali fabbricati, serre e impianti e stalle,

impegna il Governo:

   ad individuare, vista la dichiarazione dello stato di emergenza, tutte le misure utili a sostenere la ripresa dei territori colpiti dell'8 luglio 2015 mediante interventi che consentano il ritorno alla quotidianità e il superamento dell'emergenza per i cittadini, le imprese e le Istituzioni disponendo al riguardo:
    a valutare l'ipotesi di esentare dall'IVA le opere di ripristino nei Comuni colpiti dall'alluvione;
    a stanziare risorse straordinarie, da assegnare direttamente alle amministrazioni colpite, per fronteggiare la situazione di emergenza provocata dalla tromba d'aria e per risarcire i danni subiti, dai cittadini, commercianti, artigiani e dagli agricoltori riguardanti colture e cose;
    adottare al più presto iniziative al fine di sospendere l'invio delle cartelle esattoriali e i pagamenti richiesti ed al contempo prevedere degli sgravi fiscali per le famiglie e le imprese delle aree colpite, sovvenzionando in maniera più efficace la ricostruzione degli edifici e la ripresa di tutti i comparti economici, attraverso certi e subitanei finanziamenti.
9/3262/35Prataviera, Matteo Bragantini, Caon, Marcolin, Busin, Capua, Milanato, Murer, Cimbro, Mognato, Rubinato, Marcon, Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Matarrelli, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'8 luglio 2015, eccezionali fenomeni temporaleschi hanno colpito il territorio del Veneto ed in particolare alcuni comuni delle province di Venezia, Padova, Vicenza e Belluno, provocando gravi danni alle infrastrutture, agli edifici pubblici e privati e ai beni mobili;
    nel veneziano, le violente piogge e grandine e una tromba d'aria di notevole intensità hanno provocato lo scoperchiamento di case e capannoni, il danneggiamento di circa 500 edifici, l'isolamento di intere aree, con l'interruzione della rete stradale e ferroviaria, black-out elettrici fino all'indomani, oltre a disservizi nella fornitura del gas e dell'acqua; in particolare, lungo la Riviera del Brenta, nel pomeriggio il violento tornado ha provocato ingenti danni nei comuni di Dolo, Pianiga e Mira;
    tra gli edifici di maggior rilievo colpiti si segnala la devastazione di numerosissime ville venete (almeno 20), quella della famosa Villa Fini, in comune di Dolo località Cesare Musatti, letteralmente rasa al suolo e i cui danni sono stati quantificati in euro 6.500.000, sui complessivi euro 9.850.000 riguardanti tutte le altre ville e dimore storiche venete;
    tra Dolo, Pianiga e Mira sono state danneggiate oltre 600 abitazioni, di cui quasi la metà considerate inagibili; moltissimi gli sfollati; sono state coinvolte dall'evento altre 15 ville venete, quasi un centinaio le attività produttive e commerciali coinvolte; è stato distrutto completamente l'arredo urbano di moltissime strade (patrimonio arboreo, segnaletica stradale, impianti di sollevamento di fognature bianche, pubblica illuminazione, eccetera) così come gli impianti sportivi comunali;
    anche nel comparto agricolo, il passaggio della tromba d'aria ha determinato la distruzione delle coltivazioni e la compromissione di strutture produttive quali fabbricati, serre e impianti e stalle,

impegna il Governo:

   ad individuare, vista la dichiarazione dello stato di emergenza, tutte le misure utili a sostenere la ripresa dei territori colpiti dell'8 luglio 2015 mediante interventi che consentano il ritorno alla quotidianità e il superamento dell'emergenza per i cittadini, le imprese e le Istituzioni disponendo al riguardo:
    a stanziare risorse straordinarie, da assegnare direttamente alle amministrazioni colpite, per fronteggiare la situazione di emergenza provocata dalla tromba d'aria e per risarcire i danni subiti, dai cittadini, commercianti, artigiani e dagli agricoltori riguardanti colture e cose;
    a valutare l'opportunità di adottare al più presto iniziative al fine di sospendere l'invio delle cartelle esattoriali e i pagamenti richiesti ed al contempo prevedere degli sgravi fiscali per le famiglie e le imprese delle aree colpite, sovvenzionando in maniera più efficace la ricostruzione degli edifici e la ripresa di tutti i comparti economici, attraverso certi e subitanei finanziamenti.
9/3262/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Prataviera, Matteo Bragantini, Caon, Marcolin, Busin, Capua, Milanato, Murer, Cimbro, Mognato, Rubinato, Marcon, Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Matarrelli, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4-bis del provvedimento, introdotto in corso di esame al Senato, stabilisce per la copertura delle vacanze presenti nell'organico dei dirigenti venutesi a determinare a seguito della sentenza della Corte costituzionale del marzo scorso che ha dichiarato illegittimi gli incarichi dirigenziali attribuiti a 800 funzionari dell'Agenzia delle entrate senza concorso, che le agenzie fiscali sono autorizzate ad annullare le procedure concorsuali per la copertura di posti dirigenziali bandite e non ancora concluse ed a indire concorsi pubblici, per un corrispondente numero di posti, per soli esami, da espletare entro il 31 dicembre 2016, previa definizione a mezzo di decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, dei requisiti di accesso e le relative modalità selettive;
    lo stesso articolo al comma 2 prevede che in relazione all'esigenza di garantire il buon andamento e la continuità dell'azione amministrativa, i dirigenti delle Agenzie fiscali, per esigenze di funzionalità operativa, possono delegare, previa procedura selettiva con criteri oggettivi e trasparenti, a funzionari della terza area, con un'esperienza professionale di almeno cinque anni nell'area stessa, le funzioni relative agli uffici di cui hanno assunto la direzione interinale ed i connessi poteri di adozione di atti, escluse le attribuzioni riservate ad essi per legge, tenendo conto della specificità della preparazione, dell'esperienza professionale e delle capacità richieste a seconda delle diverse tipologie di compiti, nonché della complessità gestionale e della rilevanza funzionale e organizzativa degli uffici interessati, per una durata non eccedente l'espletamento dei concorsi di cui al comma 1 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2016. È inoltre stabilito che a fronte delle responsabilità gestionali connesse all'esercizio delle deleghe affidate ai sensi del presente comma, ai funzionari delegati sono attribuite temporaneamente e al solo scopo di fronteggiare l'eccezionalità della situazione in essere, nuove posizioni organizzative ai sensi di cui all'articolo 23-quinquies, comma 1, lettera a), punto 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;
    un articolo apparso sul quotidiano Corriere della sera del 20 luglio 2015 ha riportato la notizia che il suddetto verdetto della Corte costituzionale avrebbe comportato, relativamente al solo trimestre aprile-giugno, un danno erariale pari ad un miliardo e mezzo di euro, una voragine nei conti pubblici destinata a salire qualora tardasse ulteriormente ad intervenire una soluzione che sani la situazione;
    la paralisi in cui è scivolata l'amministrazione finanziaria ha infatti comportato sul versante del recupero il mancato completamento di quel 30 per cento di accertamenti sintetici a carico di imprese e professionisti che ogni anno nello stesso periodo riuscivano a far recuperare all'Agenzia delle entrate una cifra quasi doppia, facendo in tal modo presumere che dei 10 miliardi di euro che ogni anno derivano all'Erario dalla sola attività di accertamento, sul totale dei 14 miliardi di euro che derivano dal recupero dell'evasione fiscale, se ne genereranno appena la metà;
    non va meglio sul versante dei rimborsi IVA che a causa dell'assenza di dirigenti che firmano i relativi atti, ha visto riesplodere il contenzioso tributario da parte della gran parte delle 50.000 imprese italiane che ogni anno vantano un credito nei confronti del fisco pari a circa 9 miliardi di euro. Tale ultima condizione rischia anche di paralizzare l'economia visto che i rimborsi IVA rappresentano un polmone finanziario essenziale alla sopravvivenza di molte di esse;
    com'era facilmente immaginabile l'effetto domino generatosi all'indomani della suddetta sentenza della Consulta ha comportato a carico delle commissioni tributarie provinciali un contenzioso tributario ingestibile e costituito unicamente da richieste di accesso agli atti presentate dai contribuenti, e finalizzate all'annullamento, previa verifica delle firme apposte sugli atti, di quelli sottoscritti dai dirigenti decaduti in virtù del pronunciamento;
    il Governo avrebbe affidato la risoluzione di parte del problema a quanto disposto dal sopracitato articolo 4-bis del provvedimento, meccanismo che però se da una parte sana la vicenda legata al difetto di attribuzioni delle funzioni ai funzionari «di fatto», dall'altra lascia comunque in sospeso la querelle sulla legittimità degli atti di accertamento firmati dai dirigenti illegittimi e sulla quale è attesa una decisione della Corte di cassazione;
    qualora le stime sul mancato gettito erariale a seguito del pronunciamento della Corte costituzionale del marzo scorso e riportate in questi giorni sulla stampa, pari a circa 1,5 miliardi di euro per il solo trimestre aprile-giugno, corrispondessero al vero, sarebbe ineludibile e necessario arginare i nefasti effetti che si abbatteranno sui conti pubblici e destinati a prodursi anche con riferimento all'anno 2016;
    sarebbe pertanto necessario, anche in relazione alla straordinaria ed imprescindibile esigenza di garantire in modo diffuso su tutto il territorio nazionale ed in via immediata, ancor prima delle procedure selettive per la delega di funzioni di cui all'articolo 4-bis, comma 2, assicurare la continuità dell'azione amministrativa ed il corretto funzionamento della macchina fiscale, anche in considerazione delle rilevanti attività di sinergica cooperazione con gli Enti locali,

impegna il Governo:

   nelle more del perfezionamento delle procedure concorsuali bandite ai sensi dell'articolo 4-bis del provvedimento, ad assicurare la continuità dell'azione amministrativa riconoscendo, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il ruolo dirigenziale, con conseguente rimodulazione delle vacanze nell'organico dei dirigenti, esclusivamente a quei funzionari delle agenzie fiscali, attualmente inquadrati nella terza area funzionale da almeno dieci anni ed in possesso di diploma di laurea magistrale o equipollente in materie attinenti alle attività di competenza dell'agenzia fiscale di appartenenza, che abbiano avuto accesso alla pubblica amministrazione a seguito di pubblico concorso e che siano altresì in possesso di uno dei requisiti sotto indicati:
    a) aver superato una procedura selettiva indetta nelle agenzie fiscali per il conferimento di incarico dirigenziale e aver svolto funzioni dirigenziali per un periodo superiore a 36 mesi, con valutazioni annuali tutte positive, ed essere in possesso di abilitazione professionale in materie attinenti alle attività di competenza dell'agenzia fiscale di appartenenza quale, a titolo esemplificativo, l'abilitazione all'esercizio della professione di commercialista, ovvero di avvocato, ovvero di ingegnere, ovvero di architetto;
    b) aver superato una procedura selettiva indetta nelle agenzie fiscali per il conferimento di incarico dirigenziale e aver svolto funzioni dirigenziali per un periodo superiore a 60 mesi, con valutazioni annuali tutte positive, ed essere in possesso di specchiata professionalità comprovabile con pubblicazioni di carattere scientifico nelle materie attinenti alle attività di competenza dell'agenzia fiscale di appartenenza, ovvero con lo svolgimento, nell'ambito delle stesse materie, di attività di docenza presso scuole di formazione del Ministero dell'economia e delle finanze o altre scuole superiori della Pubblica Amministrazione.
9/3262/36Paglia, Airaudo, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 10 dell'articolo 8 del provvedimento attribuisce ai comuni, per l'anno 2015, un contributo di complessivi 530 milioni di euro la cui finalità è quella di ristorare i comuni dagli effetti derivanti dai limiti massimi imposti dalla legge di stabilità 2015, in tema di fiscalità immobiliare, con riferimento alle aliquote d'imposta ed alla introduzione di eventuali detrazioni sull'abitazione principale deliberate dagli stessi;
    la determinazione della quota di spettanza di ciascun comune del suddetto contributo, che deve tenere conto, dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI e della verifica del gettito per l'anno 2014, derivante dalle disposizioni in materia di IMU agricola di cui al decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, è affidata ad un decreto interministeriale del Ministro dell'interno e del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 10 luglio scorso;
    analogo contributo, senza però la specifica finalizzazione delle risorse al finanziamento di detrazioni, è stato già concesso per l'anno 2014 ai sensi dell'articolo 1, comma 731, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), e pari a 625 milioni di euro, e ripartito secondo le spettanze stabilite, tenendo conto dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI, con il decreto del 6 novembre 2014;
    con una modifica introdotta nel corso dell'esame al Senato al suddetto comma 10 dell'articolo 8, è stato specificato che, del complessivo contributo di 530 milioni di euro, l'importo di 472,5 milioni è ripartito in proporzione alle somme attribuite ai sensi del citato decreto ministeriale del 6 novembre 2014, mentre la restante quota pari a 57,5 milioni di euro è invece ripartita tenendo conto della verifica del gettito IMU sui terreni agricoli per l'anno 2014 di cui all'articolo 1, comma 9-quinquies del decreto-legge n. 4 del 2015;
    secondo una metodologia condivisa nel corso di una riunione tenutasi lo scorso 16 luglio 2015 tra rappresentanti dei Ministeri dell'interno e dell'economia da una parte e Conferenza Stato-città ed autonomie locali dall'altra, e relativa al riparto del suddetto contributo pari a 530 milioni di euro, gli enti beneficiari sono stati distinti in due platee: ad una platea appartengono quei comuni il cui gettito è rimasto invariato per effetto del nuovo regime impositivo introdotto dal decreto-legge n. 4 del 2015, mentre all'altra appartengono quei comuni che per effetto del nuovo regime impositivo previsto dallo stesso decreto realizzeranno un extra-gettito rispetto all'anno 2014. La stessa nota metodologica prevede che per quanto riguarda la quota pari a 472,5 milioni relativa al ristoro dei comuni dovuto al passaggio dal regime IMU al regime Tasi, il cui riparto riguarderà i soli enti beneficiari dell'assegnazione 2014, la stessa, a sua volta, sarà determinata in una misura pari non al 100 per cento ma al 75,60 per cento dell'assegnazione stessa, con un evidente mancata attribuzione di una quota pari a circa il 24 per cento;
    secondo le prime stime condotte sulla base della verifica richiamata dall'articolo 1, comma 9-quinquies, i Comuni hanno incassato dai contribuenti che hanno versato l'IMU sui terreni agricoli relativa all'anno 2014 circa 115 milioni di euro, cifra che si discosta dalle stime effettuate dal Governo che per lo stesso anno ammontano, invece, a 230 milioni di euro e sulla base delle quali lo stesso Governo ha ridotto l'ammontare del Fondo di solidarietà comunale;
    alla luce del suddetto scostamento negativo immutato e comunque rilevante di circa 115 milioni di euro, appare del tutto incongrua ed insufficiente la dote disponibile pari a 57,5 milioni di euro destinata a ridurre il divario tra risorse da assegnazioni statali ridotte in corrispondenza delle stime di gettito revisionate e gettiti effettivamente realizzati da ciascun Comune, perché pari solo alla metà dello scostamento stesso;
    appare del tutto evidente come qualsivoglia revisione del gettito operata in assenza di integrazione di risorse si possa tradurre solo in uno sterile esercizio di riallocazione di tagli tutt'altro che compensativi, incapace di assicurare un congruo ristoro all'intero comparto comunale;
    nei giorni scorsi il Presidente del Consiglio ha dichiarato letteralmente nell'ambito di un'intervista che: «I soldi in meno di Tasi e Imu saranno restituiti integralmente ai Comuni. E il sindaco saprà farne prezioso uso»,

impegna il Governo

a dare seguito alle suddette dichiarazioni del Presidente del Consiglio stanziando per la fiscalità immobiliare ulteriori ed adeguate risorse economiche atte a colmare integralmente lo scostamento tra il gettito atteso dai Comuni e quello dagli stessi effettivamente riscosso, al fine di agevolarli nel loro percorso di raggiungimento degli obiettivi di gestione.
9/3262/37Placido, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attuale sistema di riparto del Fondo sanitario nazionale (FSN), introdotto dall'articolo 27, comma 6, del decreto legislativo n. 68 del 2011, utilizza come criteri per l'attribuzione delle risorse tra le diverse Regioni e Province la popolazione residente e la diversa struttura per età, penalizzando fortemente le Regioni meridionali che avendo una popolazione giovane perdono ogni anno circa 350-400 milioni di euro;
    il criterio di pesatura per età risulta non appropriato per una corretta ripartizione del FSN tra le Regioni e le Province, come ribadito in un documento prodotto dall'AGENAS, su incarico dei Governatori, che hanno individuato come più equi i criteri previsti e mai attuati dall'articolo 1, comma 34, della legge n. 662 del 1996, tra l'altro già utilizzati in altri Paesi europei;
    nel Patto per la Salute 2014–2016, recepito con Legge di Stabilità n. 190 del 2014 si sancisce la necessità di rivedere e riqualificare gli attuali criteri, ripristinando quelli indicati dall'articolo 1, comma 34, della legge n. 662 del 1996, i quali nello specifico prevedono oltre alla popolazione residente e alla frequenza dei consumi sanitari per età e per sesso, tassi di mortalità della popolazione, indicatori relativi a particolari situazioni territoriali ritenuti utili al fine di definire i bisogni sanitari delle Regioni ed indicatori epidemiologici territoriali;
    l'intesa del 2 luglio tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano concernente l'individuazione di misure di razionalizzazione e di efficientamento della spesa del Servizio Sanitario Nazionale, poi recepita nel decreto-legge Enti locali, stabilisce, invece, che le risorse destinate alla sanità saranno ripartite in base agli attuali criteri previsti dal decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68,

impegna il Governo

a prevedere che il Ministero della salute in sede di Conferenza Unificata tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, ottemperi a quanto previsto nella legge di Stabilità n. 190 del 2014, rivedendo e riqualificando gli attuali criteri di riparto delle quote del FSN, secondo quanto esposto in premessa.
9/3262/38Calabrò, Garofalo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attuale sistema di riparto del Fondo sanitario nazionale (FSN), introdotto dall'articolo 27, comma 6, del decreto legislativo n. 68 del 2011, utilizza come criteri per l'attribuzione delle risorse tra le diverse Regioni e Province la popolazione residente e la diversa struttura per età, penalizzando fortemente le Regioni meridionali che avendo una popolazione giovane perdono ogni anno circa 350-400 milioni di euro;
    il criterio di pesatura per età risulta non appropriato per una corretta ripartizione del FSN tra le Regioni e le Province, come ribadito in un documento prodotto dall'AGENAS, su incarico dei Governatori, che hanno individuato come più equi i criteri previsti e mai attuati dall'articolo 1, comma 34, della legge n. 662 del 1996, tra l'altro già utilizzati in altri Paesi europei;
    nel Patto per la Salute 2014–2016, recepito con Legge di Stabilità n. 190 del 2014 si sancisce la necessità di rivedere e riqualificare gli attuali criteri, ripristinando quelli indicati dall'articolo 1, comma 34, della legge n. 662 del 1996, i quali nello specifico prevedono oltre alla popolazione residente e alla frequenza dei consumi sanitari per età e per sesso, tassi di mortalità della popolazione, indicatori relativi a particolari situazioni territoriali ritenuti utili al fine di definire i bisogni sanitari delle Regioni ed indicatori epidemiologici territoriali;
    l'intesa del 2 luglio tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano concernente l'individuazione di misure di razionalizzazione e di efficientamento della spesa del Servizio Sanitario Nazionale, poi recepita nel decreto-legge Enti locali, stabilisce, invece, che le risorse destinate alla sanità saranno ripartite in base agli attuali criteri previsti dal decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di anticipare anche per l'anno in corso quanto previsto nella legge di Stabilità n. 190 del 2014, rivedendo e riqualificando gli attuali criteri di riparto delle quote del FSN, secondo quanto esposto in premessa.
9/3262/38. (Testo modificato nel corso della seduta) Calabrò, Garofalo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede una serie di misure che intervengono direttamente su materie di bilancio relative agli enti locali, prevedendo misure relative a:
     allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno;
     mobilità del personale delle Province e Polizia provinciale;
     stanziamento di una dote aggiuntiva di 2 miliardi per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione;
     contributo di 530 milioni per il finanziamento del Fondo di compensazione Imu-Tasi;
     differimento, dal 30 giugno al 30 settembre 2015, dell'entrata in vigore della clausola di salvaguardia (prevista in caso di mancata autorizzazione da parte dell'Unione europea del meccanismo del reverse charge dell'IVA nel settore della grande distribuzione) con conseguente stop all'aumento delle accise sui carburanti;
     disposizioni per i territori dei comuni abruzzesi colpiti dal Sisma del 2009 e dei territori dell'Emilia-Romagna e della Lombardia colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
    gli Enti territoriali che secondo il decreto-legge n. 47 del 2014 cosiddetto Piano Casa avrebbero un ruolo fondamentale nell'erogazione dei fondi previsti da tale provvedimento per rispondere alle esigenze di chi si trova in emergenza abitativa;
    inoltre in base all'articolo 8, comma 10-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, al fine di consentire il passaggio da casa a casa per i soggetti interessati dalle procedure esecutive di rilascio per finita locazione, la parte interessata, deve presentare un'istanza al giudice che può disporre la sospensione fino al 28 giugno 2015, cioè fino al centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore del decreto;
    la mini proroga, scaduta lo scorso 28 giugno, non sembra aver rappresentato la soluzione al problema; basti pensare che, a inizio anno, a chiedere al Governo la proroga degli sfratti erano stati, in un appello congiunto, gli stessi sindaci di Milano e Roma, Pisapia e Marino, «per evitare, in attesa del tempo necessario anche per l'attuazione del Piano casa disposto dal Governo, il rischio concreto di generare nelle grandi aree urbane una tensione insostenibile»; è proprio nel varo di questo pacchetto che il Ministro Lupi ha trovato la giustificazione per riuscire a mettere la parola fine allo «strumento vecchio e logoro della proroga gli sfratti», dotando con 446 milioni di euro complessivi i fondi per il sostegno all'affitto a canone concordato e quello per la morosità incolpevole, casistica esclusa dalla misura di proroga; stando al Piano casa, quindi, per quanti non ce la fanno a pagare l'affitto, ci sarebbero 226 milioni di euro, da spalmare su un orizzonte di sette anni, vale a dire 35 milioni all'anno; una cifra decisamente insufficiente, visto che solo nel 2013 gli italiani colpiti da sfratto esecutivo per morosità incolpevole sono stati oltre 65 mila;
    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in risposta all'interrogazione a risposta immediata in commissione (5-05938) ha rilevato che: «Relativamente al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni, dai dati acquisiti al 30 aprile 2015, sulla disponibilità complessiva per il biennio 2014-2015 pari ad oltre 324 milioni di euro (di cui 200 milioni statali), le risorse assegnate dalle regioni ai comuni ammontano a 93,7 milioni di euro e quelle effettivamente trasferite sono circa 75 milioni. Circa l'utilizzo della riserva del 25 per cento, il monitoraggio restituisce un dato di pressoché inutilizzo (1,4 milioni su 25) dovuto ai dati relativi al numero dei provvedimenti esecutivi di rilascio emessi nei confronti delle categorie sociali di cui al citato articolo 1, comma 1, della legge n. 9 del 2007. Per quanto concerne il Fondo inquilini morosi incolpevoli, il monitoraggio restituisce un quadro procedurale regionale molto articolato. Su un totale di 71,5 milioni disponibili (di cui 68,46 statali) le risorse assegnate dalle regioni si attestano a 13,57 milioni mentre quelle effettivamente trasferite sono pari a 5,7 milioni. Il numero dei beneficiari a livello nazionale sono 354. I contratti rinnovati ammontano a 195; i nuovi contratti sottoscritti a canone concordato sono 68; quelli rinegoziati con un canone inferiore risultano 15; i differimenti di esecuzione dei provvedimenti di rilascio sono 455. A fronte del quadro sopradescritto, che restituisce un utilizzo non soddisfacente delle risorse impegnate, è comunque intenzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti individuare modalità più efficaci che siano capaci – in attesa che il programma costruttivo di alloggi di risulta ex articolo 4 del decreto-legge n. 47 del 2014 produca i suoi effetti positivi che comunque non potranno avvenire prima della fine dell'anno – di dare risposte più incisive e immediate alle categorie sociali deboli sottoposte a procedure esecutive di rilascio. Si tratta di studiare o rafforzare strumenti a livello locale che favoriscano il passaggio “da casa a casa” utilizzando le risorse già disponibili sia con il Fondo inquilini morosi incolpevoli che con la riserva del 25 per cento sulla disponibilità di 100 milioni del 2015 relativa al Fondo nazionale per l'accesso alle abitazioni in locazione. Sul tema della proroga sfratti in questi giorni, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si sono tenuti diversi incontri con il sindacato inquilini e altre associazioni di categoria; il tavolo è ancora aperto per individuare azioni che non siano una “proroga della proroga”, ma che portino a realizzare la politica del passaggio “da casa a casa” dei soggetti interessati.»,

impegna il Governo

a inviare quanto prima una circolare a tutti i Prefetti affinché deliberino una immediata moratoria sugli sfratti di 6 mesi, tale da consentire l'effettiva erogazione dei fondi previsti dal Piano Casa, garantendo l'accesso ai fondi alle famiglie che hanno presentato richiesta, che posseggono i criteri idonei e/o che hanno ottenuto dai giudici la sospensiva prevista dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, al fine di realizzare la politica del passaggio da «casa a casa» dei soggetti interessati.

9/3262/39De Rosa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede una serie di misure che intervengono direttamente su materie di bilancio relative agli enti locali, della messa in sicurezza del territorio, prevedendo misure relative a:
     allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno;
   mobilità del personale delle Province e Polizia provinciale;
     stanziamento di una dote aggiuntiva di 2 miliardi per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione;
     contributo di 530 milioni per il finanziamento del Fondo di compensazione Imu-Tasi;
     differimento, dal 30 giugno al 30 settembre 2015, dell'entrata in vigore della clausola di salvaguardia (prevista in caso di mancata autorizzazione da parte dell'Unione europea del meccanismo del reverse charge dell'IVA nel settore della grande distribuzione) con conseguente stop all'aumento delle accise sui carburanti;
     disposizioni per i territori dei comuni abruzzesi colpiti dal sisma del 2009 e dei territori dell'Emilia-Romagna e della Lombardia colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
    l'articolo 147 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dispone che i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36;
    l'articolo 7, comma 6, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 «Sblocca Italia» prevede: «Al fine di garantire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale alla normativa europea in materia di gestione dei servizi idrici, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un apposito Fondo destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche. Il Fondo è finanziato mediante la revoca delle risorse già stanziate dalla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) 30 aprile 2012, n. 60/2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 160 dell'11 luglio 2012, destinate ad interventi nel settore idrico per i quali, alla data del 30 settembre 2014, non risultino essere stati ancora assunti atti giuridicamente vincolanti e per i quali, a seguito di specifiche verifiche tecniche effettuate dall'ISPRA, risultino accertati obiettivi impedimenti di carattere tecnico-progettuale o urbanistico ovvero situazioni di inerzia del soggetto attuatore. Per quanto non diversamente previsto dal presente comma, restano ferme le previsioni della stessa delibera del CIPE n. 60/2012 e della delibera del CIPE 30 giugno 2014, n. 21/2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 22 settembre 2014, relative al monitoraggio, alla pubblicità, all'assegnazione del codice unico di progetto e, ad esclusione dei termini, alle modalità attuative. I Presidenti delle Regioni o i commissari straordinari comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'elenco degli interventi, di cui al presente comma, entro il 31 ottobre 2014. Entro i successivi sessanta giorni Ispra procede alle verifiche di competenza riferendone al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'utilizzo delle risorse del Fondo è subordinato all'avvenuto affidamento al gestore unico del servizio idrico integrato nell'Ambito territoriale ottimale, il quale è tenuto a garantire una quota di partecipazione al finanziamento degli interventi a valere sulla tariffa del servizio idrico integrato commisurata all'entità degli investimenti da finanziare. I criteri, le modalità e l'entità delle risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto, per quanto di competenza, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti»;
    all'interrogazione a risposta immediata in commissione n. 5-05774 del scorso giugno ai presentatori è stato risposto dal Ministero dell'ambiente che: «Relativamente all'articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 133 dell'11 settembre 2014 (Sblocca Italia), che prevede la costituzione di un fondo, presso il Ministero dell'ambiente, da alimentare mediante la revoca delle risorse stanziate dal CIPE con la delibera 30 aprile 2012, n. 60 del 2012 destinate a 183 interventi nel settore della depurazione, per i quali ricorrano alcuni presupposti di impossibilità tecnica, progettuale, urbanistica, o di inerzia e alla data del 30 settembre 2014, non fossero stati assunti atti giuridicamente vincolanti. Sul punto si rappresenta che, sebbene la disposizione rimandi all'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la fissazione di criteri, modalità ed entità delle risorse da destinare al finanziamento degli interventi sempre in materia di adeguamento dei sistemi depurativi, la stessa norma non ha previsto l'assegnazione delle risorse revocate, in “entrata di bilancio dello Stato”. Il Ministero dell'ambiente da mesi avrebbe predisposto un emendamento per colmare il vuoto normativo, ma tale modifica ad oggi non ha trovato alcuna collocazione nei provvedimenti legislativi approvati. In ogni caso il testo si trova attualmente all'esame dei competenti uffici della presidenza del Consiglio dei ministri.»,

impegna il Governo

ad intervenire quanto prima in relazione al Fondo per le risorse idriche di cui in premessa inserendo in uno dei prossimi provvedimenti all'esame di quest'Aula la disposizione che prevede l'assegnazione delle risorse revocate «in entrata di bilancio dello Stato» e a sottoporre a parere della Commissione Ambiente il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto sempre dall'articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 133, e che dovrebbe definire criteri, modalità ed entità delle risorse da destinare al finanziamento degli interventi sempre in materia di adeguamento dei sistemi depurativi.
9/3262/40Daga.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede una serie di misure che intervengono direttamente su materie di bilancio relative agli enti locali, della messa in sicurezza del territorio, prevedendo misure relative a:
     allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno;
   mobilità del personale delle Province e Polizia provinciale;
     stanziamento di una dote aggiuntiva di 2 miliardi per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione;
     contributo di 530 milioni per il finanziamento del Fondo di compensazione Imu-Tasi;
     differimento, dal 30 giugno al 30 settembre 2015, dell'entrata in vigore della clausola di salvaguardia (prevista in caso di mancata autorizzazione da parte dell'Unione europea del meccanismo del reverse charge dell'IVA nel settore della grande distribuzione) con conseguente stop all'aumento delle accise sui carburanti;
     disposizioni per i territori dei comuni abruzzesi colpiti dal sisma del 2009 e dei territori dell'Emilia-Romagna e della Lombardia colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
    l'articolo 147 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dispone che i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36;
    l'articolo 7, comma 6, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 «Sblocca Italia» prevede: «Al fine di garantire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale alla normativa europea in materia di gestione dei servizi idrici, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un apposito Fondo destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche. Il Fondo è finanziato mediante la revoca delle risorse già stanziate dalla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) 30 aprile 2012, n. 60/2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 160 dell'11 luglio 2012, destinate ad interventi nel settore idrico per i quali, alla data del 30 settembre 2014, non risultino essere stati ancora assunti atti giuridicamente vincolanti e per i quali, a seguito di specifiche verifiche tecniche effettuate dall'ISPRA, risultino accertati obiettivi impedimenti di carattere tecnico-progettuale o urbanistico ovvero situazioni di inerzia del soggetto attuatore. Per quanto non diversamente previsto dal presente comma, restano ferme le previsioni della stessa delibera del CIPE n. 60/2012 e della delibera del CIPE 30 giugno 2014, n. 21/2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 22 settembre 2014, relative al monitoraggio, alla pubblicità, all'assegnazione del codice unico di progetto e, ad esclusione dei termini, alle modalità attuative. I Presidenti delle Regioni o i commissari straordinari comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'elenco degli interventi, di cui al presente comma, entro il 31 ottobre 2014. Entro i successivi sessanta giorni Ispra procede alle verifiche di competenza riferendone al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'utilizzo delle risorse del Fondo è subordinato all'avvenuto affidamento al gestore unico del servizio idrico integrato nell'Ambito territoriale ottimale, il quale è tenuto a garantire una quota di partecipazione al finanziamento degli interventi a valere sulla tariffa del servizio idrico integrato commisurata all'entità degli investimenti da finanziare. I criteri, le modalità e l'entità delle risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto, per quanto di competenza, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti»;
    all'interrogazione a risposta immediata in commissione n. 5-05774 del scorso giugno ai presentatori è stato risposto dal Ministero dell'ambiente che: «Relativamente all'articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 133 dell'11 settembre 2014 (Sblocca Italia), che prevede la costituzione di un fondo, presso il Ministero dell'ambiente, da alimentare mediante la revoca delle risorse stanziate dal CIPE con la delibera 30 aprile 2012, n. 60 del 2012 destinate a 183 interventi nel settore della depurazione, per i quali ricorrano alcuni presupposti di impossibilità tecnica, progettuale, urbanistica, o di inerzia e alla data del 30 settembre 2014, non fossero stati assunti atti giuridicamente vincolanti. Sul punto si rappresenta che, sebbene la disposizione rimandi all'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la fissazione di criteri, modalità ed entità delle risorse da destinare al finanziamento degli interventi sempre in materia di adeguamento dei sistemi depurativi, la stessa norma non ha previsto l'assegnazione delle risorse revocate, in “entrata di bilancio dello Stato”. Il Ministero dell'ambiente da mesi avrebbe predisposto un emendamento per colmare il vuoto normativo, ma tale modifica ad oggi non ha trovato alcuna collocazione nei provvedimenti legislativi approvati. In ogni caso il testo si trova attualmente all'esame dei competenti uffici della presidenza del Consiglio dei ministri.»,

impegna il Governo

ad intervenire quanto prima in relazione al Fondo per le risorse idriche di cui in premessa inserendo in uno dei prossimi provvedimenti all'esame di quest'Aula la disposizione che prevede l'assegnazione delle risorse revocate «in entrata di bilancio dello Stato».
9/3262/40. (Testo modificato nel corso della seduta) Daga.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, prevede all'articolo 15 il funzionamento dei servizi per l'impiego e delle connesse funzioni amministrative inerenti alle politiche attive per il lavoro;
    il rapporto dello Svimez ha messo in evidenza il divario tra Centro Nord e Sud, il cui Prodotto Interno Lordo pro capite ha toccato la percentuale del 53,7 per cento: una persona su tre risulta essere a rischio povertà, rispetto alla percentuale del Nord che si attesta a una su dieci; gli investimenti dell'industria sono precipitati del 5,5 per cento, mentre quelli in cultura e istruzione sono del 18,4 per cento, lasciando spazio all'economia sommersa e criminale; l'occupazione è tornata ai livelli del 1977: il 56 per cento degli under 24 risulta privo di lavoro; in sostanza al centro-sud si sono persi 622 mila posti in meno in sette anni;
   ritenuto che:
    le autorità comunitarie denunciano costantemente una situazione di arretratezza, soprattutto nelle aree del Mezzogiorno e una sostanziale incapacità di riorganizzare il sistema dei servizi per l'impiego;
    al riguardo, si rammenta che sul piano della distribuzione territoriale delle risorse europee, con la decisione adottata il 18 febbraio 2014, n. 2014/99/UE, la Commissione UE ha individuato le aree ammesse a beneficiare del finanziamento dei Fondi strutturali;
    in coerenza con la disciplina dell'Unione europea, sono state infatti destinati 22,3 miliardi di euro alle regioni meno sviluppate (con PIL pro capite inferiore al 75 per cento della media comunitaria): Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia; alle regioni in transizione, Abruzzo, Molise e Sardegna, sono riservati 1,1 miliardi di euro; 7,7 miliardi sono attribuiti alle altre regioni del territorio italiano, corrispondenti al Centro-Nord geografico, rientranti tra quelle più sviluppate. Le restanti risorse, pari a 1,1 miliardi di euro, sono attribuite all'obiettivo «Cooperazione territoriale europea», che riguarda le aree territoriali a livello transfrontaliere, transnazionale e interregionale quali lo spazio alpino, le zone di confine con l'Europa centrosettentrionale e con l'Europa orientale e balcanica, nonché il bacino del Mediterraneo;
    la Commissione europea ha richiesto al nostro Governo linee di intervento miranti a realizzare: a) la compensazione delle maggiori difficoltà occupazionali di alcuni gruppi di lavoratori; b) gli investimenti in istruzione e formazione di qualità (specialmente di tipo tecnico e professionale); c) la programmazione ed attuazione di interventi integrati e contestuali di politica attiva, passiva e di sviluppo industriale e territoriale; d) l'elevamento dei livelli di efficacia e di qualità dei servizi per l'impiego, attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e degli standard minimi di servizio; e) la creazione di partenariati; f) il rafforzamento dell'utilizzo della rete EURES; g) il sostegno agli investimenti nelle infrastrutture; h) l'incremento dell'occupazione dei lavoratori anziani, attraverso la solidarietà tra generazioni e la promozione di condizioni e di forme di organizzazione del lavoro più favorevoli (invecchiamento attivo); i) la valorizzazione dell'alternanza istruzione-formazione-lavoro e l'impiego dei dispositivi che più incentivano la componente formativa professionalizzante delle attività (tirocini, apprendistato); l) la promozione dell'autoimpiego e dell'imprenditorialità, in particolare attraverso l'estensione delle positive esperienze in materia di microcredito; m) forme di sostegno all'inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati, degli immigrati e dei disabili;
    un'altra misura sempre molto specialistica per i giovani, ma che ha qualificato ulteriormente l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, è l'istruzione e formazione tecnica superiore ITS-IFTS, che potrebbe essere utile al Sud per recuperare sul fronte dell'educazione tecnica;
    lo sviluppo della formazione di livello terziario non accademico è ormai per l'Italia non più eludibile. E evidente, infatti, che la riforma dell'università con la distinzione tra laurea triennale e specialistica non è riuscita a connotare le lauree triennali come immediatamente professionalizzanti;
    per alcuni profili tecnici e specialistici, l'offerta di Istruzione tecnica superiore è indispensabile per il made in Italy, nei settori che caratterizzano particolarmente il mercato del lavoro italiano, ovvero il settore manifatturiero e quello delle energie rinnovabili;
    per uscire dalla Grande Depressione degli anni 30, il presidente americano Franklin D. Roosevelt creò il «New Deal», dove milioni di disoccupati venivano impiegati per fare lavori importanti per la comunità, proteggere foreste, riforestazione, proteggere area marine protette, costruzione di ferrovie, di porti, ospedali, strade, scuole, ponti e dighe, creando l'infrastruttura del 20esimo secolo. Il programma massiccio di lavoro pubblico investì il 6 per cento del pil in due anni, con oltre 34.000 progetti, l'investimento pubblico come percentuale del pil passò dal 12 per cento nel 1930 a 35 per cento del 1945, la disoccupazione passò dal 25 per cento al 14 per cento nel giro di 4 anni. L'occupazione aumento del 50 per cento in 7 anni;
    servirebbe, in Italia come nel mondo, un Green New Deal, che crei l'infrastruttura del 21esimo secolo e porti milioni di posti di lavoro nel settore della Pubblica Utilità,

impegna il Governo:

   a rafforzare gli investimenti in istruzione e formazione di qualità, specialmente di tipo tecnico e professionale al Sud, al fine di creare un ambiente di apprendimenti in contesti applicativi e di lavoro che favoriscano la promozione di progetti per l'autoimpiego e l'imprenditorialità;
   a incentivare le Smart Communities, ovvero lo sviluppo di modelli innovativi finalizzati a dare soluzione a problemi di scala urbana, metropolitana e più in generale territoriale tramite un insieme di tecnologie, applicazioni, modelli di integrazione e inclusione;
   a promuovere la creazione di un programma nazionale sperimentale di interventi pubblici statali, volto ad abbattere disoccupazione e recessione al Sud d'Italia, attraverso la realizzazione di un piano di interventi pubblici urgenti nei settori della protezione del territorio, del diritto alla casa, della valorizzazione del patrimonio scolastico, storico, artistico, architettonico e archeologico nonché del diritto a un ambiente sano per la salute dell'uomo e per la tutela degli ecosistemi.
9/3262/41Cariello.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, prevede all'articolo 15 il funzionamento dei servizi per l'impiego e delle connesse funzioni amministrative inerenti alle politiche attive per il lavoro;
    il rapporto dello Svimez ha messo in evidenza il divario tra Centro Nord e Sud, il cui Prodotto Interno Lordo pro capite ha toccato la percentuale del 53,7 per cento: una persona su tre risulta essere a rischio povertà, rispetto alla percentuale del Nord che si attesta a una su dieci; gli investimenti dell'industria sono precipitati del 5,5 per cento, mentre quelli in cultura e istruzione sono del 18,4 per cento, lasciando spazio all'economia sommersa e criminale; l'occupazione è tornata ai livelli del 1977: il 56 per cento degli under 24 risulta privo di lavoro; in sostanza al centro-sud si sono persi 622 mila posti in meno in sette anni;
   ritenuto che:
    le autorità comunitarie denunciano costantemente una situazione di arretratezza, soprattutto nelle aree del Mezzogiorno e una sostanziale incapacità di riorganizzare il sistema dei servizi per l'impiego;
    al riguardo, si rammenta che sul piano della distribuzione territoriale delle risorse europee, con la decisione adottata il 18 febbraio 2014, n. 2014/99/UE, la Commissione UE ha individuato le aree ammesse a beneficiare del finanziamento dei Fondi strutturali;
    in coerenza con la disciplina dell'Unione europea, sono state infatti destinati 22,3 miliardi di euro alle regioni meno sviluppate (con PIL pro capite inferiore al 75 per cento della media comunitaria): Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia; alle regioni in transizione, Abruzzo, Molise e Sardegna, sono riservati 1,1 miliardi di euro; 7,7 miliardi sono attribuiti alle altre regioni del territorio italiano, corrispondenti al Centro-Nord geografico, rientranti tra quelle più sviluppate. Le restanti risorse, pari a 1,1 miliardi di euro, sono attribuite all'obiettivo «Cooperazione territoriale europea», che riguarda le aree territoriali a livello transfrontaliere, transnazionale e interregionale quali lo spazio alpino, le zone di confine con l'Europa centrosettentrionale e con l'Europa orientale e balcanica, nonché il bacino del Mediterraneo;
    la Commissione europea ha richiesto al nostro Governo linee di intervento miranti a realizzare: a) la compensazione delle maggiori difficoltà occupazionali di alcuni gruppi di lavoratori; b) gli investimenti in istruzione e formazione di qualità (specialmente di tipo tecnico e professionale); c) la programmazione ed attuazione di interventi integrati e contestuali di politica attiva, passiva e di sviluppo industriale e territoriale; d) l'elevamento dei livelli di efficacia e di qualità dei servizi per l'impiego, attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e degli standard minimi di servizio; e) la creazione di partenariati; f) il rafforzamento dell'utilizzo della rete EURES; g) il sostegno agli investimenti nelle infrastrutture; h) l'incremento dell'occupazione dei lavoratori anziani, attraverso la solidarietà tra generazioni e la promozione di condizioni e di forme di organizzazione del lavoro più favorevoli (invecchiamento attivo); i) la valorizzazione dell'alternanza istruzione-formazione-lavoro e l'impiego dei dispositivi che più incentivano la componente formativa professionalizzante delle attività (tirocini, apprendistato); l) la promozione dell'autoimpiego e dell'imprenditorialità, in particolare attraverso l'estensione delle positive esperienze in materia di microcredito; m) forme di sostegno all'inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati, degli immigrati e dei disabili;
    un'altra misura sempre molto specialistica per i giovani, ma che ha qualificato ulteriormente l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, è l'istruzione e formazione tecnica superiore ITS-IFTS, che potrebbe essere utile al Sud per recuperare sul fronte dell'educazione tecnica;
    lo sviluppo della formazione di livello terziario non accademico è ormai per l'Italia non più eludibile. E evidente, infatti, che la riforma dell'università con la distinzione tra laurea triennale e specialistica non è riuscita a connotare le lauree triennali come immediatamente professionalizzanti;
    per alcuni profili tecnici e specialistici, l'offerta di Istruzione tecnica superiore è indispensabile per il made in Italy, nei settori che caratterizzano particolarmente il mercato del lavoro italiano, ovvero il settore manifatturiero e quello delle energie rinnovabili;
    per uscire dalla Grande Depressione degli anni 30, il presidente americano Franklin D. Roosevelt creò il «New Deal», dove milioni di disoccupati venivano impiegati per fare lavori importanti per la comunità, proteggere foreste, riforestazione, proteggere area marine protette, costruzione di ferrovie, di porti, ospedali, strade, scuole, ponti e dighe, creando l'infrastruttura del 20esimo secolo. Il programma massiccio di lavoro pubblico investì il 6 per cento del pil in due anni, con oltre 34.000 progetti, l'investimento pubblico come percentuale del pil passò dal 12 per cento nel 1930 a 35 per cento del 1945, la disoccupazione passò dal 25 per cento al 14 per cento nel giro di 4 anni. L'occupazione aumento del 50 per cento in 7 anni;
    servirebbe, in Italia come nel mondo, un Green New Deal, che crei l'infrastruttura del 21esimo secolo e porti milioni di posti di lavoro nel settore della Pubblica Utilità,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    rafforzare gli investimenti in istruzione e formazione di qualità, specialmente di tipo tecnico e professionale al Sud, al fine di creare un ambiente di apprendimenti in contesti applicativi e di lavoro che favoriscano la promozione di progetti per l'autoimpiego e l'imprenditorialità;
    incentivare le Smart Communities, ovvero lo sviluppo di modelli innovativi finalizzati a dare soluzione a problemi di scala urbana, metropolitana e più in generale territoriale tramite un insieme di tecnologie, applicazioni, modelli di integrazione e inclusione;
    promuovere la creazione di un programma nazionale sperimentale di interventi pubblici statali, volto ad abbattere disoccupazione e recessione al Sud d'Italia, attraverso la realizzazione di un piano di interventi pubblici urgenti nei settori della protezione del territorio, del diritto alla casa, della valorizzazione del patrimonio scolastico, storico, artistico, architettonico e archeologico nonché del diritto a un ambiente sano per la salute dell'uomo e per la tutela degli ecosistemi.
9/3262/41. (Testo modificato nel corso della seduta) Cariello.


   La Camera,
   premesso che:
    nella giornata di mercoledì 8 luglio 2015 una tromba d'aria si è violentemente abbattuta nella Regione Veneto sull'area compresa tra le città di Dolo, Pianiga e Mira, causando danni ingenti sia agli edifici pubblici, sia in particolar modo a quelli privati e alle attività imprenditoriali e commerciali della zona;
    tali eventi, accompagnati da violente precipitazioni piovoso e grandine, hanno provocato una vittima e numerosi feriti, oltre ai fortissimi disagi subiti dalle popolazioni interessate, a causa dell'isolamento di alcuni edifici e all'evacuazione di circa seicento persone dalle loro abitazioni;
    in conseguenza di tali disastrosi eventi, con delibera del Consiglio dei Ministri n. 74 del 17 giugno 2015, è stato dichiarato lo stato di emergenza e sono stati altresì stanziati, per l'attuazione dei primi interventi, e nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, 2 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali;
    la Regione Veneto, a fronte dei danni certificati causati dalla tromba d'aria, ha avanzato richiesta al Governo di 91,4 milioni di euro, necessari per le opere di ricostruzione,

impegna il Governo

sulla base dei livelli di danneggiamento riscontrati nella regione Veneto a seguito degli eventi dell'8 luglio 2015, a valutare l'opportunità di adottare tutte le opportune iniziative, anche normative, finalizzate ad una rideterminazione, in misura superiore, della ripartizione delle risorse del Fondo per la ricostruzione di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 74 del 2012, in favore della regione Veneto.
9/3262/42Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    nella giornata di mercoledì 8 luglio 2015 una tromba d'aria si è violentemente abbattuta nella Regione Veneto sull'area compresa tra le città di Dolo, Pianiga e Mira, causando danni ingenti sia agli edifici pubblici, sia in particolar modo a quelli privati e alle attività imprenditoriali e commerciali della zona;
    tali eventi, accompagnati da violente precipitazioni piovoso e grandine, hanno provocato una vittima e numerosi feriti, oltre ai fortissimi disagi subiti dalle popolazioni interessate, a causa dell'isolamento di alcuni edifici e all'evacuazione di circa seicento persone dalle loro abitazioni;
    in conseguenza di tali disastrosi eventi, con delibera del Consiglio dei Ministri n. 74 del 17 giugno 2015, è stato dichiarato lo stato di emergenza e sono stati altresì stanziati, per l'attuazione dei primi interventi, e nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, 2 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali;
    la Regione Veneto, a fronte dei danni certificati causati dalla tromba d'aria, ha avanzato richiesta al Governo di 91,4 milioni di euro, necessari per le opere di ricostruzione,

impegna il Governo

sulla base dei livelli di danneggiamento riscontrati nella regione Veneto a seguito degli eventi dell'8 luglio 2015, a valutare l'opportunità di adottare tutte le opportune iniziative, anche normative, finalizzate ad una rideterminazione della ripartizione delle risorse del Fondo per la ricostruzione di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 74 del 2012, in favore della regione Veneto.
9/3262/42. (Testo modificato nel corso della seduta) Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    nella giornata di mercoledì 8 luglio 2015 una tromba d'aria si è violentemente abbattuta nella regione Veneto sull'area compresa tra le città di Dolo, Pianiga e Mira, causando danni ingenti sia agli edifici pubblici, sia in particolar modo a quelli privati e alle attività imprenditoriali e commerciali della zona;
    tali eventi, accompagnati da violente precipitazioni piovoso e grandine, hanno provocato una vittima e numerosi feriti, oltre ai fortissimi disagi subiti dalle popolazioni interessate, a causa dell'isolamento di alcuni edifici e all'evacuazione di circa seicento persone dalle loro abitazioni;
    in conseguenza di tali disastrosi eventi, con delibera del Consiglio dei Ministri n. 74 del 17 giugno 2015, è stato dichiarato lo stato di emergenza e sono stati altresì stanziati, per l'attuazione dei primi interventi, e nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, 2 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali;
    la regione Veneto, a fronte dei danni certificati causati dalla tromba d'aria, ha avanzato richiesta al Governo di 91,4 milioni di euro, necessari per le opere di ricostruzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le opportune iniziative, anche normative, finalizzate all'esenzione dal pagamento dell'IMU e della TASI e per i fabbricati ubicati nelle zone colpite dalla tromba d'aria dell'8 luglio 2015, distrutti o oggetto di ordinanze sindacali di sgombero in quanto inagibili totalmente o parzialmente, fino alla definitiva ricostruzione ed agibilità dei fabbricati stessi.
9/3262/43Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    nella giornata di mercoledì 8 luglio 2015 una tromba d'aria si è violentemente abbattuta nella regione Veneto sull'area compresa tra le città di Dolo, Pianiga e Mira, causando danni ingenti sia agli edifici pubblici, sia in particolar modo a quelli privati e alle attività imprenditoriali e commerciali della zona;
    tali eventi, accompagnati da violente precipitazioni piovoso e grandine, hanno provocato una vittima e numerosi feriti, oltre ai fortissimi disagi subiti dalle popolazioni interessate, a causa dell'isolamento di alcuni edifici e all'evacuazione di circa seicento persone dalle loro abitazioni;
    in conseguenza di tali disastrosi eventi, con delibera del Consiglio dei Ministri n. 74 del 17 giugno 2015, è stato dichiarato lo stato di emergenza e sono stati altresì stanziati, per l'attuazione dei primi interventi, e nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, 2 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali;
    la regione Veneto, a fronte dei danni certificati causati dalla tromba d'aria, ha avanzato richiesta al Governo di 91,4 milioni di euro, necessari per le opere di ricostruzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le opportune iniziative, anche normative, finalizzate all'esenzione temporanea dal pagamento dell'IMU e della TASI e per i fabbricati ubicati nelle zone colpite dalla tromba d'aria dell'8 luglio 2015, distrutti o oggetto di ordinanze sindacali di sgombero in quanto inagibili totalmente o parzialmente.
9/3262/43. (Testo modificato nel corso della seduta) Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    nella giornata di mercoledì 8 luglio 2015 una tromba d'aria si è violentemente abbattuta nella Regione Veneto sull'area compresa tra le città di Dolo, Pianiga e Mira, causando danni ingenti sia agli edifici pubblici, sia in particolar modo a quelli privati e alle attività imprenditoriali e commerciali della zona;
    tali eventi, accompagnati da violente precipitazioni piovoso e grandine, hanno provocato una vittima e numerosi feriti, oltre ai fortissimi disagi subiti dalle popolazioni interessate, a causa dell'isolamento di alcuni edifici e all'evacuazione di circa seicento persone dalle loro abitazioni;
    in conseguenza di tali disastrosi eventi, con delibera del Consiglio dei Ministri n. 74 del 17 giugno 2015, è stato dichiarato lo stato di emergenza e sono stati altresì stanziati, per l'attuazione dei primi interventi, e nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, 2 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali;
    la regione Veneto, a fronte dei danni certificati causati dalla tromba d'aria, ha avanzato richiesta al Governo di 91,4 milioni di euro, necessari per le opere di ricostruzione,

impegna il Governo

a valutare, alla luce dello stato di necessità e urgenza di cui in premessa, l'opportunità di individuare risorse aggiuntive a valere sui fondi europei residui e relativi alla dotazione finanziaria 2007-2013, o sui fondi europei del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, anche attraverso una opportuna riprogrammazione e rimodulazione dei Fondi strutturali e di investimento, in favore delle imprese danneggiate dalle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi sul territorio regionale veneto della riviera del Brenta, in conformità alle condizioni previste dalla normativa comunitaria relativamente all'utilizzo dei Fondi europei.
9/3262/44Corda.


   La Camera,
   premesso che:
    nella giornata di mercoledì 8 luglio 2015 una tromba d'aria si è violentemente abbattuta nella regione Veneto sull'area compresa tra le città di Dolo, Pianiga e Mira, causando danni ingenti sia agli edifici pubblici, sia in particolar modo a quelli privati e alle attività imprenditoriali e commerciali della zona;
    tali eventi, accompagnati da violente precipitazioni piovoso e grandine, hanno provocato una vittima e numerosi feriti, oltre ai fortissimi disagi subiti dalle popolazioni interessate, a causa dell'isolamento di alcuni edifici e all'evacuazione di circa seicento persone dalle loro abitazioni;
    in conseguenza di tali disastrosi eventi, con delibera del Consiglio dei Ministri n. 74 del 17 giugno 2015, è stato dichiarato lo stato di emergenza e sono stati altresì stanziati, per l'attuazione dei primi interventi, e nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, 2 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali;
    la regione Veneto, a fronte dei danni certificati causati dalla tromba d'aria, ha avanzato richiesta al Governo di 91,4 milioni di euro, necessari per le opere di ricostruzione,

impegna il Governo

a valutare, alla luce dello stato di necessità e urgenza di cui in premessa, l'opportunità di procedere ad un rifinanziamento tramite risorse aggiuntive da destinarsi al Fondo per le emergenze nazionali istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
9/3262/45Da Villa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede una serie di misure che intervengono direttamente su materie di bilancio relative agli enti locali, prevedendo misure relative a:
     allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno;
   mobilità del personale delle Province e Polizia provinciale;
     stanziamento di una dote aggiuntiva di 2 miliardi per il pagamento dei debiti della PA;
   contributo di 530 milioni per il finanziamento del Fondo di compensazione Imu-Tasi;
   differimento, dal 30 giugno al 30 settembre 2015, dell'entrata in vigore della clausola di salvaguardia (prevista in caso di mancata autorizzazione da parte della Ue del meccanismo del reverse charge dell'IVA nel settore della grande distribuzione) con conseguente stop all'aumento delle accise sui carburanti;
     disposizioni per i territori dei comuni Abruzzesi colpiti dal Sisma del 2009 e dei territori dell'Emilia-Romagna e della Lombardia colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
    l'articolo 7, comma 9 del provvedimento in oggetto introduce all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, il comma 654-bis, disponendo che: «Tra le componenti di costo vanno considerati anche gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonché al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)»;
    la tariffa di igiene ambientale rappresenta applicazione immediata del principio «chi inquina paga» in tema di gestione integrata dei rifiuti,

impegna il Governo

nell'ottica del predetto principio del «chi inquina paga», a dare attuazione con decreto delegato all'articolo 15 della legge 11 marzo 2014, n. 23 in tema di fiscalità energetica e ambientale.
9/3262/46Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede una serie di misure che intervengono direttamente su materie di bilancio relative agli enti locali, prevedendo misure relative a:
     allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno;
     mobilità del personale delle province e polizia provinciale;
     stanziamento di una dote aggiuntiva di 2 miliardi per il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione;
     contributo di 530 milioni per il finanziamento del Fondo di compensazione Imu-Tasi;
     differimento, dal 30 giugno al 30 settembre 2015, dell'entrata in vigore della clausola di salvaguardia (prevista in caso di mancata autorizzazione da parte della Ue del meccanismo del reverse charge dell'IVA nel settore della grande distribuzione) con conseguente stop all'aumento delle accise sui carburanti;
     disposizioni per i territori dei comuni Abruzzesi colpiti dal Sisma del 2009 e dei territori dell'Emilia-Romagna e della Lombardia colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
    l'articolo 7, comma 9 del provvedimento in oggetto introduce all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, il comma 654-bis, disponendo che «Tra le componenti di costo vanno considerati anche gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonché al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)»;
    la tariffa di igiene ambientale rappresenta applicazione immediata del principio «chi inquina paga» in tema di gestione integrata dei rifiuti,

impegna il Governo

a prevedere ulteriori misure di carattere fiscale al fine non solo di prevenire la produzione dei rifiuti a monte bensì di ridurre la quantità o pericolosità di essi.
9/3262/47Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede una serie di misure che intervengono direttamente su materie di bilancio relative agli enti locali, prevedendo misure relative a:
     allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno;
     mobilità del personale delle province e polizia provinciale;
     stanziamento di una dote aggiuntiva di 2 miliardi per il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione;
     contributo di 530 milioni per il finanziamento del Fondo di compensazione Imu-Tasi;
     differimento, dal 30 giugno al 30 settembre 2015, dell'entrata in vigore della clausola di salvaguardia (prevista in caso di mancata autorizzazione da parte della Ue del meccanismo del reverse charge dell'IVA nel settore della grande distribuzione) con conseguente stop all'aumento delle accise sui carburanti;
     disposizioni per i territori dei comuni Abruzzesi colpiti dal Sisma del 2009 e dei territori dell'Emilia-Romagna e della Lombardia colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
    l'articolo 7, comma 9 del provvedimento in oggetto introduce all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, il comma 654-bis, disponendo che «Tra le componenti di costo vanno considerati anche gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonché al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)»;
    la tariffa di igiene ambientale rappresenta applicazione immediata del principio «chi inquina paga» in tema di gestione integrata dei rifiuti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ulteriori misure di carattere fiscale al fine non solo di prevenire la produzione dei rifiuti a monte bensì di ridurre la quantità o pericolosità di essi.
9/3262/47. (Testo modificato nel corso della seduta) Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame dell'atto Camera AC. 3262, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali (approvato dal Senato)»;
    all'articolo 7 comma 9 si legge: All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dopo il comma 654 è aggiunto il seguente: «654-bis. Tra le componenti di costo vanno considerati anche gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonché al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)»;
    visto che studi condotti dalla Commissione europea provano che una tassazione sullo smaltimento in discarica è in grado di muovere il mercato verso le attività di riciclo o recupero solo se supera il valore di euro 40 a tonnellate,

impegna il Governo

a modificare l'articolo 3 del comma 29 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 che definisce l'ammontare minimo e massimo del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi.
9/3262/48Mannino.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame dell'atto Camera AC. 3262, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali (approvato dal Senato)»;
    all'articolo 7 comma 9 si legge: All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dopo il comma 654 è aggiunto il seguente: «654-bis. Tra le componenti di costo vanno considerati anche gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonché al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)»;
    visto che studi condotti dalla Commissione europea provano che una tassazione sullo smaltimento in discarica è in grado di muovere il mercato verso le attività di riciclo o recupero solo se supera il valore di euro 40 a tonnellate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di modificare l'articolo 3 del comma 29 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 che definisce l'ammontare minimo e massimo del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi.
9/3262/48. (Testo modificato nel corso della seduta) Mannino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del decreto in esame concerne il funzionamento dei servizi per l'impiego e delle connesse funzioni amministrative inerenti alle politiche attive per il lavoro;
    il comma 1 prevede la conclusione di un accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome, relativo ad un piano di rafforzamento dei servizi per l'impiego, ai fini dell'erogazione delle politiche attive, mediante l'impiego coordinato di fondi nazionali e regionali, nonché delle risorse di programmi operativi cofinanziati da fondi europei;
    il comma 2 introduce l'istituto della convenzione tra la regione o provincia autonoma ed il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, intesa a garantire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di servizi per l'impiego e di politiche attive del lavoro;
    i commi 3 e 4 consentono che le convenzioni con le regioni a statuto ordinario prevedano un concorso statale per gli oneri di funzionamento dei servizi per l'impiego per gli anni 2015 e 2016, nei limiti complessivi di 70 milioni di euro annui ed in misura proporzionale al numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato direttamente impiegati in compiti di erogazione dei servizi in oggetto;
    non viene prevista alcuna norma di salvaguardia per i dipendenti a tempo determinato dei centri per l'impiego e degli enti strumentali, circa 5000 lavoratori, spesso con una lunga carriera e con ampie competenze acquisite nel corso degli anni,

impegna il Governo

a porre in essere appositi interventi, anche di carattere normativo al fine di salvaguardare i lavoratori impiegati con contratti non a tempo indeterminato nell'erogazione dei servizi per l'impiego.
9/3262/49Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame dell'atto Camera AC. 3262, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali», nel testo trasmesso dal Senato, l'articolo 5 prevede il dislocamento della Polizia Provinciale in altri enti locali, in particolare Enti comunali, per svolgere compiti di polizia municipale e in parte in altri enti dividendo in questo modo un corpo specializzato e con funzioni specifiche differenti dalle funzioni di polizia municipale;
    l'attività di polizia locale, diretta alla protezione degli interessi della comunità locale, è materia di competenza legislativa regionale, in base all'articolo 117 della Costituzione. Alle regioni compete stabilire le norme di principio, mentre permane la competenza di comuni e province all'emanazione di regolamenti ed ordinanze nell'ambito della polizia locale;
    va riconosciuta la specifica funzione di polizia provinciale relativamente ai compiti di tutela faunistica, vigilanza ittico-venatoria, tutela dell'ambiente ed inoltre dato che nel disegno di legge Madia «Riforma della Pubblica amministrazione» è previsto lo scioglimento del Corpo Forestale dello Stato andando così a creare una mancanza di controllo ambientale a livello regionale,

impegna il Governo

ai sensi dell'articolo 162, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 199, n. 112 e fermo restando i compiti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, a trasferire alle Regioni le funzioni di polizia provinciale relativamente ai compiti di tutela faunistica, vigilanza ittico-venatoria, tutela dell'ambiente, nonché le funzioni di sorveglianza nei parchi naturali regionali e nelle aree protette, a tal fine istituendo presso ciascuna regione la polizia ambientale regionale senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
9/3262/50Terzoni, Ricciatti.


   La Camera,
   premesso che:
    nella giornata di mercoledì 8 luglio 2015 una tromba d'aria si è violentemente abbattuta nella regione Veneto sull'area compresa tra le città di Dolo, Pianiga e Mira, causando danni ingenti sia agli edifici pubblici, sia in particolar modo a quelli privati e alle attività imprenditoriali e commerciali della zona;
    tali eventi, accompagnati da violente precipitazioni piovoso e grandine, hanno provocato una vittima e numerosi feriti, oltre ai fortissimi disagi subiti dalle popolazioni interessate, a causa dell'isolamento di alcuni edifici e all'evacuazione di circa seicento persone dalle loro abitazioni;
    in conseguenza di tali disastrosi eventi, con delibera del Consiglio dei ministri n. 74 del 17 giugno 2015, è stato dichiarato lo stato di emergenza e sono stati altresì stanziati, per l'attuazione dei primi interventi, e nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, 2 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali;
    la regione Veneto, a fronte dei danni certificati causati dalla tromba d'aria, ha avanzato richiesta al Governo di 91,4 milioni di euro, necessari per le opere di ricostruzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, ogni iniziativa utile a sostegno dei comuni della Riviera del Brenta colpiti dalla tromba d'aria dello scorso 8 luglio, anche attraverso il ricorso all'adozione di provvedimenti legislativi ad hoc, come già fatto in precedenza con l'adozione del decreto-legge n. 74 del 2014 per le popolazioni dell'Emilia, colpite dal terremoto del 20 e del 29 maggio 2012, con particolare riferimento a misure normative che dispongano lo stanziamento di risorse aggiuntive in ordine agli effettivi e certificati fabbisogni delle popolazioni colpite.
9/3262/51Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede d'esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali (A.C. 3262) sono state valutate insufficienti le misure adottate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di non prorogare l'utilizzazioni delle aree di demanio marittimo per finalità diverse da quelle di cantieristica navale, pesca e acquacoltura.
9/3262/52D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede d'esame del disegno di legge conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali (A.C. 3262) sono state valutate insufficienti le misure adottate,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione dell'articolo 1-quinquies, anche al fine di considerare l'opportunità, ai fini dell'adozione di futuri provvedimenti normativi, di non defiscalizzare le operazioni che comportano il cambiamento dell'assetto proprietario del Parco di Monza.
9/3262/53De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto in titolo reca un articolato intervento in diversi settori di interesse per gli enti territoriali, dal Patto di stabilità interno al pagamento dei debiti commerciali ed all'assegnazione di risorse a compensazione dei gettiti IMU e TASI, cui si aggiungono ulteriori misure in materia di personale delle province e per i servizi per l'impiego, nonché disposizioni per accelerare la ricostruzione in Abruzzo ed in favore di altre zone colpite da calamità naturali;
    quanto ai territori dell'Emilia colpiti dall'alluvione del 17 gennaio 2014 e nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, l'articolo 12 prevede, in presenza di determinate caratteristiche degli enti interessati, l'istituzione una «zona franca» ai sensi della disciplina in materia, ove le microimprese con sede all'interno di tale zona potranno beneficiare di particolari e condizionate agevolazioni fiscali, nel periodo di imposta in corso e in quello successivo;
    all'articolo 13 sono dettate ulteriori disposizioni in merito alle opere di ricostruzione in relazione agli eventi sismici che si sono verificati nel maggio 2012 nei territori di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, per le quali inoltre il Senato ha prorogato al 31 dicembre 2016 il termine di scadenza dello stato di emergenza derivante dagli eventi in questione, attualmente fissato al 31 dicembre 2015,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 12, al fine di prevedere, con successivo provvedimento normativo, una revisione delle disposizioni recate all'articolo 12 tale che la perimetrazione della zona franca comprenda il territorio dei comuni di Bastiglia, Bomporto, Camposanto, Medolla, San Prospero, San Felice sul Panaro, Finale Emilia, comune di Modena limitatamente ai centri abitati delle frazioni di La Rocca, San Matteo, Navicello, Albareto, e i centri storici o centri abitati nei rimanenti comuni con zona rossa a seguito del sisma, nonché, contestualmente, che le micro-imprese beneficianti delle agevolazioni previste non siano vincolate ad una soglia di reddito lordo inferiore agli 80 mila euro ed a un massimo di addetti pari a cinque, bensì siano unicamente rispondenti alla raccomandazione dell'Unione europea ove in una micro-impresa il numero dei dipendenti sia inferiore a 10 ed il fatturato annuo o il totale dell'attivo dello Stato Patrimoniale annuo non superino i 2 milioni di euro, estendendo altresì lo stanziamento di risorse di cui al comma 7 fino all'anno 2017 incluso.
9/3262/54Ferraresi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto in titolo reca un articolato intervento in diversi settori di interesse per gli enti territoriali, dal Patto di stabilità interno al pagamento dei debiti commerciali ed all'assegnazione di risorse a compensazione dei gettiti IMU e TASI, cui si aggiungono ulteriori misure in materia di personale delle province e per i servizi per l'impiego, nonché disposizioni per accelerare la ricostruzione in Abruzzo ed in favore di altre zone colpite da calamità naturali;
    quanto ai territori dell'Emilia colpiti dall'alluvione del 17 gennaio 2014 e nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, l'articolo 12 prevede, in presenza di determinate caratteristiche degli enti interessati, l'istituzione una «zona franca» ai sensi della disciplina in materia, ove le microimprese con sede all'interno di tale zona potranno beneficiare di particolari e condizionate agevolazioni fiscali, nel periodo di imposta in corso e in quello successivo;
    all'articolo 13 sono dettate ulteriori disposizioni in merito alle opere di ricostruzione in relazione agli eventi sismici che si sono verificati nel maggio 2012 nei territori di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, per le quali inoltre il Senato ha prorogato al 31 dicembre 2016 il termine di scadenza dello stato di emergenza derivante dagli eventi in questione, attualmente fissato al 31 dicembre 2015,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 12 al fine di prevedere, con successivo provvedimento normativo, una revisione della norma in modo che la perimetrazione della zona franca comprenda anche i comuni lombardi interessati dal sisma.
9/3262/55Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto in titolo reca un articolato intervento in diversi settori di interesse per gli enti territoriali, dal Patto di stabilità interno al pagamento dei debiti commerciali ed all'assegnazione di risorse a compensazione dei gettiti IMU e TASI, cui si aggiungono ulteriori misure in materia di personale delle province e per i servizi per l'impiego, nonché disposizioni per accelerare la ricostruzione in Abruzzo ed in favore di altre zone colpite da calamità naturali;
    quanto ai territori dell'Emilia colpiti dall'alluvione del 17 gennaio 2014 e nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, l'articolo 12 prevede, in presenza di determinate caratteristiche degli enti interessati, l'istituzione una «zona franca» ai sensi della disciplina in materia, ove le microimprese con sede all'interno di tale zona potranno beneficiare di particolari e condizionate agevolazioni fiscali, nel periodo di imposta in corso e in quello successivo;
    all'articolo 13 sono dettate ulteriori disposizioni in merito alle opere di ricostruzione in relazione agli eventi sismici che si sono verificati nel maggio 2012 nei territori di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, per le quali inoltre il Senato ha prorogato al 31 dicembre 2016 il termine di scadenza dello stato di emergenza derivante dagli eventi in questione, attualmente fissato al 31 dicembre 2015,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di definire l'istituzione della zona franca lombarda al preposto tavolo di monitoraggio.
9/3262/55. (Testo modificato nel corso della seduta) Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede d'esame del disegno di legge conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali (A.C. 3262) sono state valutate insufficienti le misure adottate,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione dell'articolo 7, comma 9-quater, anche al fine di considerare l'opportunità di intervenire, con futuri provvedimenti normativi, per evitare che il comune di Milano utilizzi l'importo complessivo dei contributi ministeriali assegnati per le opere dell'Expo 2015, ma bensì per opere a sostegno dell'ambiente e della mobilità sostenibile.
9/3262/56Del Grosso.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede d'esame del disegno di legge conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali (A.C. 3262) sono state valutate insufficienti le misure adottate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che, per gli immobili locati con contratti stipulati ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, la somma delle aliquote dell'Imu e della Tasi non possa superare il 4 per mille.
9/3262/57Di Battista.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede d'esame del disegno di legge conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali (A.C. 3262) sono state valutate insufficienti le misure adottate,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione dell'articolo 9, commi 10 e 11, anche al fine di considerare l'opportunità, in futuri provvedimenti normativi, di non destinare finanziamenti statali in favore di policlinici universitari gestiti direttamente o indirettamente da università non statali, ma di destinare tali somme in favore di policlinici universitari gestiti da università statali.
9/3262/58Luigi Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede d'esame del disegno di legge conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali (A.C. 3262) sono state valutate insufficienti le misure adottate,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione dell'articolo 9, commi 10 e 11, anche al fine di considerare l'opportunità, in futuri provvedimenti normativi, di non destinare finanziamenti statali direttamente o indirettamente in favore di università non statali, ma di destinare tali somme in favore di università statali.
9/3262/59Manlio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 9 dell'articolo 7 del provvedimento in esame aggiunge il comma 654-bis all'articolo 1, della legge n. 147 del 2013, in materia di tassa sui rifiuti, disponendo che tra le componenti di costo per la determinazione della tariffa vanno considerati anche gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonché del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES),

impegna il Governo

a valutare le possibili incongruenze della modifica normativa di cui in premessa, considerato che il credito inesigibile potrebbe riferirsi anche ad anni diversi da quello in cui viene addebitata la tassa, col rischio che il nuovo onere venga distribuito tra una platea diversa da quella che ha usufruito del servizio.
9/3262/60Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 9-quater dell'articolo 7 del provvedimento in esame autorizza il Comune di Milano ad utilizzare l'importo complessivo dei contributi ministeriali assegnati, comprese le economie di gara, per far fronte a particolari esigenze impreviste e a variazioni venutesi a manifestare nell'ambito dell'esecuzione delle opere essenziali per lo svolgimento dell'evento Expo Milano 2015, inserite nell'Allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013;
    la medesima norma prevede che le somme assegnate all'opera «Collegamento SS 11 – SS 233» Zara-Expo, dall'Allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013, e quelle destinate al lotto 1B del medesimo intervento dal decreto-legge 145 del 2013 e dal successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 27 giugno 2014 sono da intendersi integralmente e indistintamente assegnate all'opera «Collegamento SS 11 – SS 233»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione anche al fine dell'adozione di iniziative normative volte a utilizzare la parte non spesa dell'importo complessivo dei contributi ministeriali assegnati ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013 ad interventi di rinaturalizzazione e riqualificazione ambientale.
9/3262/61Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 9-quater dell'articolo 7 del provvedimento in esame autorizza il Comune di Milano ad utilizzare l'importo complessivo dei contributi ministeriali assegnati, comprese le economie di gara, per far fronte a particolari esigenze impreviste e a variazioni venutesi a manifestare nell'ambito dell'esecuzione delle opere essenziali per lo svolgimento dell'evento Expo Milano 2015, inserite nell'Allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013;
    la medesima norma prevede che le somme assegnate all'opera «Collegamento SS 11 – SS 233» Zara-Expo, dall'Allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013, e quelle destinate al lotto 1B del medesimo intervento dal decreto-legge n. 145 del 2013 e dal successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 27 giugno 2014 sono da intendersi integralmente e indistintamente assegnate all'opera «Collegamento SS 11 – SS 233»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione anche ai fini dell'adozione di iniziative normative volte ad utilizzare la parte non spesa dell'importo complessivo dei contributi ministeriali assegnati ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013 ad interventi a favore della mobilità sostenibile.
9/3262/62Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 9-quater dell'articolo 7 del provvedimento in esame autorizza il Comune di Milano ad utilizzare l'importo complessivo dei contributi ministeriali assegnati, comprese le economie di gara, per far fronte a particolari esigenze impreviste e a variazioni venutesi a manifestare nell'ambito dell'esecuzione delle opere essenziali per lo svolgimento dell'evento Expo Milano 2015, inserite nell'Allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013;
    la medesima norma prevede che le somme assegnate all'opera «Collegamento SS 11 – SS 233» Zara-Expo, dall'Allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013, e quelle destinate al lotto 1B del medesimo intervento dal decreto-legge n. 145 del 2013 e dal successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 27 giugno 2014 sono da intendersi integralmente e indistintamente assegnate all'opera «Collegamento SS 11 – SS 233»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione anche ai fini dell'eventuale adozione di iniziative normative volte ad utilizzare la parte non spesa dell'importo complessivo dei contributi ministeriali assegnati ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013 ad interventi di messa in sicurezza stradale.
9/3262/63L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 9-quater dell'articolo 7 del provvedimento in esame autorizza il Comune di Milano ad utilizzare l'importo complessivo dei contributi ministeriali assegnati, comprese le economie di gara, per far fronte a particolari esigenze impreviste e a variazioni venutesi a manifestare nell'ambito dell'esecuzione delle opere essenziali per lo svolgimento dell'evento Expo Milano 2015, inserite nell'Allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013;
    la medesima norma prevede che le somme assegnate all'opera «Collegamento SS 11 – SS 233» Zara-Expo, dall'Allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013, e quelle destinate al lotto 1B del medesimo intervento dal decreto-legge n. 145 del 2013 e dal successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 27 giugno 2014 sono da intendersi integralmente e indistintamente assegnate all'opera «Collegamento SS 11 – SS 233»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione anche ai fini dell'eventuale adozione di iniziative normative volte ad utilizzare la parte non spesa dell'importo complessivo dei contributi ministeriali assegnati ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013 ad interventi di bonifica delle aree contaminate.
9/3262/64Lupo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 9-septiesdecies dell'articolo 7 del provvedimento in esame demanda alle Regioni una ricognizione delle rispettive fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori;
    tale adempimento deve essere attuato entro 120 giorni dalla data di conversione in legge del decreto-legge in esame, attraverso l'invio della proposta al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Agenzia del demanio, che nei 120 giorni successivi al ricevimento della proposta, attivano i procedimenti previsti dagli articoli 32 (Delimitazione di zone del demanio marittimo) e 35 (Esclusione di zone dal demanio marittimo) del codice della navigazione, anche convocando apposite Conferenze di servizi;
    tale procedimento è propedeutico all'adozione della disciplina relativa alle concessioni demaniali marittime, prorogate, al 31 dicembre 2020 (articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009) relativamente a quelle insistenti su beni demaniali marittimi lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative, ad uso pesca, acquacoltura ed attività produttive ad essa connesse, e sportive, nonché quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto,

impegna il Governo

a garantire che gli interventi di modifica delle norme in materia di concessioni demaniali marittime non portino alla creazione di un quadro normativo confuso e contraddittorio e, soprattutto, che venga in ogni caso salvaguardato l'interesse pubblico della fruizione dei beni che appartengono alla collettività.
9/3262/65Nuti.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 13-sexies dell'articolo 8 del provvedimento in esame aggiunge un nuovo periodo all'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000 (testo unico degli enti locali), disponendo che la causa di ineleggibilità dei sindaci in altro comune non ha effetto nei confronti del sindaco in caso di elezioni contestuali nel comune nel quale l'interessato è già in carica e in quello nel quale intende candidarsi;
    l'articolo 60 del TUEL prevede diverse cause di ineleggibilità alla carica a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale e circoscrizionale;
    sono inoltre ineleggibili, nel territorio, nel quale esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato (tale disposizione, in precedenza contenuta nell'articolo 60, comma 1, n. 3) del TUEL, è ora recata dall'articolo 1487 del decreto legislativo n. 66 del 2010);
    le cause di ineleggibilità non hanno effetto se l'interessato cessa dalle funzioni o dall'incarico entro la data della presentazione delle candidature, ad eccezione dei dirigenti delle ASL che devono cessare dalle loro funzioni almeno 180 giorni prima della scadenza dell'organo elettivo per il quale intendano candidarsi;
    la disposizione in esame consente, dunque, ai sindaci che si candidano alla carica di sindaco o di consigliere comunale in altro comune, di rimanere in carica per il periodo della campagna elettorale;
    la norma si aggiunge ad un quadro già sufficientemente confuso in tema di incandidabilità ed ineleggibilità, che sembra agevolare proprio i personaggi politici meno cristallini, dando vita a situazioni paradossali,

impegna il Governo

a predisporre, anche attraverso una proposta di intervento normativo, un riordino della materia elettorale, individuando requisiti ben precisi per coloro che intendono candidarsi nelle istituzioni pubbliche.
9/3262/66Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 16-quater dell'articolo 11 del provvedimento in esame modifica in più punti la disciplina – contenuta nell'articolo 33 del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «sblocca Italia») – per la realizzazione di interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, con specifico riguardo al comprensorio Bagnoli-Caroglio;
    in particolare, la lettera a) interviene sulla procedura di nomina del Commissario straordinario del Governo, allo scopo di prevedere che venga scelto tra persone, anche estranee alla pubblica amministrazione, di comprovata esperienza gestionale e amministrativa e che venga nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Presidente della regione interessata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un'ulteriore modifica normativa al fine di stabilire che tra i requisiti del commissario straordinario di cui in premessa, vi siano indubbie capacità di merito e adeguate competenze e professionalità nei settori ambientali.
9/3262/67Petraroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 16-quater dell'articolo 11 del provvedimento in esame modifica in più punti la disciplina – contenuta nell'articolo 33 del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «sblocca Italia») – per la realizzazione di interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, con specifico riguardo al comprensorio Bagnoli-Caroglio;
    in particolare, la lettera a) interviene sulla procedura di nomina del Commissario straordinario del Governo, allo scopo di prevedere che venga scelto tra persone, anche estranee alla pubblica amministrazione, di comprovata esperienza gestionale e amministrativa e che venga nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Presidente della regione interessata,

impegna il Governo

a prevedere che il commissario straordinario del Governo presenti al Parlamento una relazione annuale sulla propria attività.
9/3262/68Pisano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del provvedimento in esame, modificato nel corso dell'esame al Senato, istituisce una Zona Franca Urbana nel territorio colpito dall'alluvione del 17 gennaio 2014 nella provincia di Modena e in alcuni comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012. Le microimprese con sede all'interno della Zona Franca potranno beneficiare di agevolazioni fiscali nei due periodi di imposta (quello in corso e quello successivo), finanziate con 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016; la norma reca anche una perimetrazione esplicita, che comprende i comuni di Bastiglia, Bomporto, Camposanto, Medolla, San Prospero, San Felice sul Panaro, Finale Emilia, comune di Modena limitatamente alle frazioni di La Rocca, San Matteo, Navicello, Albareto, Cavezzo, Concordia sulla Secchia, Mirandola, Novi di Modena, S. Possidonio, Crevalcore, Poggio Renatico, Sant'Agostino; inoltre, durante l'esame parlamentare, tra le frazioni sono state inserite anche Carpi, Cento, Mirabello e Reggiolo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione anche ai fini dell'adozione di eventuali iniziative normative volte ad estendere la perimetrazione delle zone franche urbane ai comuni della Lombardia interessati dagli eventi calamitosi di cui in premessa.
9/3262/69Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del provvedimento in esame, modificato nel corso dell'esame al Senato, istituisce una Zona Franca Urbana nel territorio colpito dall'alluvione del 17 gennaio 2014 nella provincia di Modena e in alcuni comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012. Le microimprese con sede all'interno della Zona Franca potranno beneficiare di agevolazioni fiscali nei due periodi di imposta (quello in corso e quello successivo), finanziate con 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016; la norma reca anche una perimetrazione esplicita, che comprende i comuni di Bastiglia, Bomporto, Camposanto, Medolla, San Prospero, San Felice sul Panaro, Finale Emilia, comune di Modena limitatamente alle frazioni di La Rocca, San Matteo, Navicello, Albareto, Cavezzo, Concordia sulla Secchia, Mirandola, Novi di Modena, S. Possidonio, Crevalcore, Poggio Renatico, Sant'Agostino; inoltre, durante l'esame parlamentare, tra le frazioni sono state inserite anche Carpi, Cento, Mirabello e Reggiolo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di definire l'istituzione della zona franca lombarda al tavolo di monitoraggio.
9/3262/69. (Testo modificato nel corso della seduta) Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera 3262 reca la conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali;
    all'articolo 9-novies al comma 1 è prevista l'ulteriore spesa di euro 3.100.000 nel 2015 e di 2.341.000 euro a decorrere dal 2016 per fronteggiare emergenze sanitarie relative all'incremento dei flussi migratori, e l'affluenza di cittadini stranieri per l'Expo e per il Giubileo straordinario;
    è necessario prevedere una reale tracciabilità delle ulteriori risorse stanziate e che queste siano erogate in relazione allo stato di avanzamento delle attività svolte e sulla base di apposita rendicontazione dalla quale risulti l'effettivo utilizzo delle risorse evitando così di procedere a finanziamenti a pioggia dei quali spesso si perdono le tracce o peggio sono utilizzati in maniera difforme dalla finalizzazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni dell'articolo 9-novies, comma 1, anche ai fini dell'adozione di iniziative normative volte a prevedere che le ulteriori risorse di cui all'articolo 9-novies, comma 1, siano erogate contestualmente all'attuazione o allo stato di avanzamento delle attività svolte sulla base di una apposita rendicontazione dalla quale risulti l'effettivo utilizzo delle risorse per le finalità alle quali sono destinate.
9/3262/70Ruocco.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento in esame modifica la disposizione – di cui l'articolo 41, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 – che vieta alle amministrazioni pubbliche (esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale) che registrano tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo n. 231 del 2002, di procedere nell'anno successivo ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
    la novella è volta ad escludere dal computo dei tempi medi di pagamento di cui alla citata disposizione i pagamenti effettuati mediante l'utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari messi a disposizione ai sensi dei decreti-legge n. 66 del 2014 (articolo 32, comma 2), e n. 35 del 2013 (articolo 1, commi 1 e 10);
    è prioritario ai fini del rilancio dell'economia italiana che il Governo faccia di tutto per accelerare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, perché oramai l'economia italiana si trova in una preoccupante situazione di recessione economica, che rischia di peggiorare ulteriormente e di avvitarsi in una spirale negativa tale da determinare gravi rischi per la stabilità della finanza pubblica,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per concordare con le banche e gli intermediari finanziari una consistente riduzione dei costi posti a carico dei soggetti che richiedono liquidità a fronte dell'esibizione della certificazione del credito rilasciata dalle amministrazioni pubbliche.
9/3262/71Scagliusi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento in esame modifica la disposizione – di cui l'articolo 41, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 – che vieta alle amministrazioni pubbliche (esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale) che registrano tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo n. 231 del 2002, di procedere nell'anno successivo ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
    la novella è volta ad escludere dal computo dei tempi medi di pagamento di cui alla citata disposizione i pagamenti effettuati mediante l'utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari messi a disposizione ai sensi dei decreti-legge n. 66 del 2014 (articolo 32, comma 2), e n. 35 del 2013 (articolo 1, commi 1 e 10);
    il 62 per cento dei contratti pubblici non rispetta i tempi di pagamento che sforano i termini di legge e vanno oltre i 60 giorni, mentre, in un appalto su due l'amministrazione pubblica «suggerisce» all'impresa di rallentare l'emissione delle fatture, in modo da diluire anche i saldi,

impegna il Governo

a certificare, in tempi brevi, i debiti della pubblica amministrazione ai fini della compensazione con i crediti fiscali da parte delle imprese, assumendo iniziative per prevedere delle sanzioni nei confronti degli enti inadempienti.
9/3262/72Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento in esame modifica la disposizione – di cui l'articolo 41, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 – che vieta alle amministrazioni pubbliche (esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale) che registrano tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo n. 231 del 2002, di procedere nell'anno successivo ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
    la novella è volta ad escludere dal computo dei tempi medi di pagamento di cui alla citata disposizione i pagamenti effettuati mediante l'utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari messi a disposizione ai sensi dei decreti-legge n. 66 del 2014 (articolo 32, comma 2), e n. 35 del 2013 (articolo 1, commi 1 e 10);
    il 62 per cento dei contratti pubblici non rispetta i tempi di pagamento che sforano i termini di legge e vanno oltre i 60 giorni, mentre, in un appalto su due l'amministrazione pubblica «suggerisce» all'impresa di rallentare l'emissione delle fatture, in modo da diluire anche i saldi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di certificare, in tempi brevi, i debiti della pubblica amministrazione ai fini della compensazione con i crediti fiscali da parte delle imprese, assumendo iniziative per prevedere delle sanzioni nei confronti degli enti inadempienti.
9/3262/72. (Testo modificato nel corso della seduta) Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 9-septiesdecies demanda alle Regioni una ricognizione delle rispettive fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori;
    tale adempimento deve essere attuato entro 120 giorni dalla data di conversione in legge del decreto-legge in esame. La proposta è inviata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Agenzia del demanio, che nei 120 giorni successivi al ricevimento della proposta, attivano, per gli aspetti di rispettiva competenza, i procedimenti previsti dagli articoli 32 (Delimitazione di zone del demanio marittimo) e 35 (Esclusione di zone dal demanio marittimo) del codice della navigazione, anche convocando apposite Conferenze di servizi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di aggiornare i canoni demaniali attualmente corrisposti dai soggetti sottoposti a regime di mercato ai valori dell'osservatorio del mercato immobiliare più recenti per ciascuna zona di competenza.
9/3262/73Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto in titolo reca un articolato intervento in diversi settori di interesse per gli enti territoriali, dal Patto di stabilità interno al pagamento dei debiti commerciali ed all'assegnazione di risorse a compensazione dei gettiti IMU e TASI, cui si aggiungono ulteriori misure in materia di personale delle province e per i servizi per l'impiego, nonché disposizioni per accelerare la ricostruzione in Abruzzo ed in favore di altre zone colpite da calamità naturali;
    quanto ai territori dell'Emilia colpiti dall'alluvione del 17 gennaio 2014 e nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, l'articolo 12 prevede, in presenza di determinate caratteristiche degli enti interessati, l'istituzione di una «zona franca» ai sensi della disciplina in materia, ove le microimprese con sede all'interno di tale zona potranno beneficiare di particolari e condizionate agevolazioni fiscali, nel periodo di imposta in corso e in quello successivo;
    all'articolo 13 sono dettate ulteriori disposizioni in merito alle opere di ricostruzione in relazione agli eventi sismici che si sono verificati nel maggio 2012 nei territori di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, per le quali inoltre il Senato ha prorogato al 31 dicembre 2016 il termine di scadenza dello stato di emergenza derivante dagli eventi in questione, attualmente fissato al 31 dicembre 2015,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni anche ai fini di eventuali iniziative normative volte a prevedere una revisione delle disposizioni, in modo che la perimetrazione della zona franca comprenda il territorio dei comuni di Bastiglia, Bomporto, Camposanto, Medolla, San Prospero, San Felice sul Panaro, Finale Emilia, comune di Modena limitatamente ai centri abitati delle frazioni di La Rocca, San Matteo, Navicello, Albareto, e i centri storici o centri abitati nei rimanenti comuni con zona rossa a seguito del sisma.
9/3262/74Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto in titolo reca un articolato intervento in diversi settori di interesse per gli enti territoriali, dal Patto di stabilità interno al pagamento dei debiti commerciali ed all'assegnazione di risorse a compensazione dei gettiti IMU e TASI, cui si aggiungono ulteriori misure in materia di personale delle province e per i servizi per l'impiego, nonché disposizioni per accelerare la ricostruzione in Abruzzo ed in favore di altre zone colpite da calamità naturali;
    quanto ai territori dell'Emilia colpiti dall'alluvione del 17 gennaio 2014 e nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, l'articolo 12 prevede, in presenza di determinate caratteristiche degli enti interessati, l'istituzione di una «zona franca» ai sensi della disciplina in materia, ove le microimprese con sede all'interno di tale zona potranno beneficiare di particolari e condizionate agevolazioni fiscali, nel periodo di imposta in corso e in quello successivo;
    all'articolo 13 sono dettate ulteriori disposizioni in merito alle opere di ricostruzione in relazione agli eventi sismici che si sono verificati nel maggio 2012 nei territori di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, per le quali inoltre il Senato ha prorogato al 31 dicembre 2016 il termine di scadenza dello stato di emergenza derivante dagli eventi in questione, attualmente fissato al 31 dicembre 2015,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione anche ai fini dell'adozione di eventuali iniziative normative volte a prevedere una revisione delle disposizioni in modo che le micro-imprese beneficianti delle agevolazioni previste non siano vincolate ad una soglia di reddito lordo inferiore agli 80 mila euro ed a un massimo di addetti pari a cinque, bensì siano unicamente rispondenti alla raccomandazione UE ove in una micro-impresa il numero dei dipendenti sia inferiore a 10 ed il fatturato annuo o il totale dell'attivo dello stato patrimoniale annuo non superino i 2 milioni di euro.
9/3262/75Tofalo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto in titolo reca un articolato intervento in diversi settori di interesse per gli enti territoriali, dal Patto di stabilità interno al pagamento dei debiti commerciali ed all'assegnazione di risorse a compensazione dei gettiti IMU e TASI, cui si aggiungono ulteriori misure in materia di personale delle province e per i servizi per l'impiego, nonché disposizioni per accelerare la ricostruzione in Abruzzo ed in favore di altre zone colpite da calamità naturali;
    quanto ai territori dell'Emilia colpiti dall'alluvione del 17 gennaio 2014 e nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, l'articolo 12 prevede, in presenza di determinate caratteristiche degli enti interessati, l'istituzione di una «zona franca» ai sensi della disciplina in materia, ove le microimprese con sede all'interno di tale zona potranno beneficiare di particolari e condizionate agevolazioni fiscali, nel periodo di imposta in corso e in quello successivo;
    all'articolo 13 sono dettate ulteriori disposizioni in merito alle opere di ricostruzione in relazione agli eventi sismici che si sono verificati nel maggio 2012 nei territori di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, per le quali inoltre il Senato ha prorogato al 31 dicembre 2016 il termine di scadenza dello stato di emergenza derivante dagli eventi in questione, attualmente fissato al 31 dicembre 2015,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni anche ai fini dell'adozione di eventuali iniziative normative volte a prevedere una revisione delle disposizioni al fine di estendere altresì lo stanziamento di risorse di cui al comma 7 fino all'anno 2017 incluso.
9/3262/76Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'8 luglio 2015 i comuni di Dolo, Pianiga e Mira sono stati colpiti da una tromba d'aria che ha causato ingenti danni materiali quantificati in circa 90 milioni di euro;
    la delibera del Consiglio dei ministri del 17 luglio 2015, con la quale è stato dichiarato lo stato di emergenza ha previsto lo stanziamento di euro 2 milioni da destinarsi oltre che ai tre comuni sopra citati, anche al comune di Cortina d'Ampezzo;
    il presente decreto-legge, all'articolo 1, comma 10-bis, prevede per i comuni di Dolo, Pianiga e Mira, un allentamento dei vincoli del patto di stabilità, al fine di consentire alle amministrazioni di procedere all'utilizzo di maggiori risorse nella loro disponibilità da destinare alla riparazione dei danni prodotti dalla tromba d'aria;
    seppure utili, le misure varate a sostegno dei comuni colpiti non appaiono assolutamente sufficienti alla ricostruzione dei danni prodotti, ed in misura inferiore rispetto ad interventi di sostegno varati a favore di territori colpiti da calamità naturali negli anni passati;
    nell'anno 2015, come riportato nella relazione del collegio dei questori al bilancio preventivo 2015, nel quadro di una politica di contenimento dei propri costi, la Camera dei deputati restituirà allo stato 34,7 milioni di euro somma derivante, per 25 milioni, dalla destinazione all'Erario di una quota dell'avanzo di amministrazione accertato al termine dell'esercizio 2014 (su cui la relazione al conto consuntivo 2014 offre ampi ragguagli) e, per 9,75 milioni di euro, dalle trattenute operate sui trattamenti previdenziali ai sensi delle deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza n. 87 e n. 88 del 2014, che hanno disposto l'applicazione ai vitalizi e alle pensioni del contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici maggiori introdotto dalla legge di stabilità 2014, con effetti per il triennio 2014-2016;
    nel luglio 2012 a seguito degli eventi sismici che colpirono e devastarono i territori di alcune province di Emilia Romagna e Lombardia, nel corso dell'esame del decreto-legge n. 74 del 2012, fu approvato dalla Camera dei deputati, l'ordine del giorno n. 9/05263 a prima firma dell'allora deputato questore Gabriele Albonetti che impegnava il Governo a destinare i risparmi ottenuti a seguito del taglio della dotazione finanziaria annuale della Camera dei deputati, pari a 150 milioni nel triennio 2013-2015, ad interventi finalizzati alla ricostruzione delle zone terremotate,

impegna il Governo

a destinare gli eventuali risparmi, come quantificati nelle premesse, che la Camera dei deputati restituirà al bilancio dello Stato per l'anno 2015, al finanziamento degli interventi di ricostruzione da effettuarsi nei comuni di Dolo, Pianiga e Mira.
9/3262/77Cozzolino, Brugnerotto, Benedetti, Spessotto, D'Incà, Da Villa, Businarolo, Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 1, destina le quote degli spazi finanziari pari a 100 milioni di euro a varie finalità;
    in particolare la lettera b) destina 40 milioni ad interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici e del territorio connessi alla bonifica dei siti contaminati dall'amianto,

impegna il Governo

nel rispetto dei saldi di finanza pubblica a reperire ulteriori risorse da destinare ad interventi di efficientamento energetico degli edifici mediante installazione degli impianti a fonti rinnovabili, anche abbinati a sistemi di cumulo di energia e/o unità di micro cogenerazione, come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20.
9/3262/78Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, all'articolo 5 dispone che le leggi regionali riallochino le funzioni di polizia amministrativa locale e il relativo personale nell'ambito dei processi di riordino delle funzioni provinciali. Gli enti di area vasta e le città metropolitane sono tenuti a individuare il personale di polizia provinciale necessario per l'esercizio delle loro funzioni fondamentali e quello non individuato o non ricollocato entro il 31 ottobre 2015 sarà trasferito ai comuni, singoli o associati;
    tale disposizione appesantisce gli equilibri economico-finanziari ed organizzativi già precari di molti enti locali che non possono assumere vigili stagionali dopo l'entrata in vigore del decreto-legge;
    in specie, le amministrazioni locali devono fare ricorso esclusivamente al personale della polizia provinciale, pena, come sanzione, la nullità del rapporto,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative volte a tutelare la validità dei contratti di lavoro previsti per la chiamata dei vigili stagionali, redatti dagli enti locali prima dell'entrata in vigore del decreto-legge, ma non ancora resi esecutivi.
9/3262/79Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 1, destina le quote degli spazi finanziari pari a 100 milioni di euro a varie finalità;
    in particolare la lettera b) destina 40 milioni ad interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici e del territorio connessi alla bonifica dei siti contaminati dall'amianto;
    il comma 3 destina un importo pari a 2,5 milioni di euro agli interventi di bonifica dall'amianto, correlati ad accordi transattivi stipulati entro il 31 dicembre 2012;
    considerata l'importanza di bonificare sia edifici scolastici che siti dalla presenza d'amianto,

impegna il Governo

nel rispetto dei saldi di finanza pubblica a reperire ulteriori risorse per soddisfare la maggior parte delle eventuali richieste per spese connesse alla bonifica di siti contaminati dall'amianto.
9/3262/80Brugnerotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 1, destina le quote degli spazi finanziari pari a 100 milioni di euro a varie finalità;
    per la messa in sicurezza degli edifici scolastici sono destinati 40 milioni di euro;
   considerato che:
    la situazione degli edifici scolastici in Italia resta molto critica,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione anche ai fini dell'adozione di eventuali iniziative normative per destinare alla messa in sicurezza degli edifici scolastici un importo maggiore reperendo le relative risorse degli stanziamenti per le altre finalità indicate dal comma 2 dell'articolo 1.
9/3262/81Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13-quater proroga di due mesi, dal 31 agosto 2015 al 31 ottobre 2015, i termini per la cantierabilità degli interventi di cui alle lettere b) e c) del comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «sblocca Italia»);
    l'articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2014 di cui sopra, destina al cosiddetto Fondo «sblocca cantieri» 3.890 milioni di euro e dispone che suddette risorse vengano assegnate, con uno o più decreti, sia a singoli interventi sia a categorie generiche di interventi;
    tra gli interventi di cui all'articolo 3 sono presenti esose opere la cui realizzazione non risulta giustificata alla luce delle previsioni di traffico (sia passeggeri che merci) e dell'elevato impatto ambientale e sociale;
    all'interno del provvedimento in parola non risultano essere contenute misure volte ad incentivare forme di trasporto sostenibile né interventi in favore della mobilità ciclistica;
    la promozione e l'incentivazione della mobilità sostenibile è uno degli elementi per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020,

impegna il Governo

a reperire nell'ambito dell'attuazione dell'articolo 13-quater alle necessarie risorse al fine di rifinanziare adeguatamente il fondo di cui all'articolo 3 dalla legge 19 ottobre 1998, n. 366, recante norme per il finanziamento della mobilità ciclistica.
9/3262/82Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13-quater proroga di due mesi, dal 31 agosto 2015 al 31 ottobre 2015, i termini per la cantierabilità degli interventi di cui alle lettere b) e c) del comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «sblocca Italia»);
    l'articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2014 di cui sopra, destina al cosiddetto Fondo «sblocca cantieri» 3.890 milioni di euro e dispone che suddette risorse vengano assegnate, con uno o più decreti, sia a singoli interventi sia a categorie generiche di interventi;
    tra gli interventi di cui all'articolo 3 sono presenti esose opere la cui realizzazione non risulta giustificata alla luce delle previsioni di traffico (sia passeggeri che merci) e dell'elevato impatto ambientale e sociale;
    all'interno del provvedimento in parola non risultano essere contenute misure volte ad incentivare forme di trasporto sostenibile né interventi in favore della mobilità ciclistica;
    la promozione e l'incentivazione della mobilità sostenibile è uno degli elementi per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire nell'ambito dell'attuazione dell'articolo 13-quater alle necessarie risorse al fine di rifinanziare adeguatamente il fondo di cui all'articolo 3 dalla legge 19 ottobre 1998, n. 366, recante norme per il finanziamento della mobilità ciclistica.
9/3262/82. (Testo modificato nel corso della seduta) Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il primo comma dell'articolo 36 dello Statuto speciale della regione siciliana approvato con regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455, e convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 stabilisce che: «Al fabbisogno finanziario della regione si provvede con i redditi patrimoniali della regione e a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima.»;
    ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, recante «Norme di attuazione dello Statuto della regione siciliana in materia finanziaria», spettano alla regione siciliana, oltre le entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime;
    l'articolo 7 del richiamato decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, in applicazione dell'articolo 37 dello Statuto, assegna, altresì, alla regione siciliana i tributi relativi ai redditi di lavoro dipendente degli addetti agli stabilimenti situati nel territorio regionale;
    con la recente sentenza n. 207 del 2014, la Corte Costituzionale, richiamando le precedenti pronunce n. 306 del 2004 e n. 138 del 1999, ha chiarito che «l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965 va inteso nel senso che deve essere assicurato alla Regione il gettito derivante dalla “capacità fiscale” che si manifesta nel suo territorio, e cioè dai rapporti tributari che sono in esso radicati, in ragione della residenza fiscale del soggetto produttore del reddito colpito o della collocazione nell'ambito territoriale regionale dell'atto cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria. Ciò che rileva, quindi, è che venga assicurato che alla Regione giunga il gettito corrispondente alla sua capacità fiscale, a nulla rilevando che, come nel caso di specie, l'incremento di quest'ultima sia dovuto a detrazioni fiscali introdotte dal legislatore statale, peraltro comunque poste a carico della Regione.»;
    è in atto, da diversi anni, un processo di costante e crescente erosione del gettito IRPEF che annualmente viene incassata dalla Regione Sicilia: dai dati desunti dalla Relazione Tecnica al disegno di legge di stabilità per l'anno 2014, emerge, infatti, che nell'anno 2008, a fronte di una imposta netta versata sul territorio regionale, pari a circa 7.279 milioni di euro, solo il 66,8 per cento affluisce nelle casse regionali, pari a 4.861 milioni di euro, mentre il restante 33,20 per cento viene versato in favore dell'erario nazionale. La percentuale del gettito destinato alla Regione siciliana scende progressivamente negli anni successivi, attestandosi al 65,3 per cento nel 2009, al 64,2 per cento nel 2010 e al 61,4 per cento nel 2011. In maniera complementare e simmetrica aumenta la quota trattenuta dall'erario nazionale;
    confrontando l'andamento del gettito IRPEF sopra descritto con quello relativo alle altre regioni a Statuto speciale, nel medesimo arco di tempo, emerge, altresì, che la percentuale dell'imposta effettivamente pervenuta alla regione siciliana è stata in media inferiore alle quote di compartecipazione ai tributi erariali delle altre RSS, quantunque la regione siciliana disponga di tutto il gettito e non solo di una quota di esso,

impegna il Governo

a quantificare tutte le entrate tributarie erariali, dirette e indirette, riscosse nell'ambito del territorio siciliano ed a fare in modo, nell'ambito delle proprie competenze, di dare piena attuazione agli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto siciliano.
9/3262/83Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del decreto in oggetto prevede il transito del personale appartenente al Corpo ed alle attività di Polizia provinciale, nei ruoli degli enti locali per funzioni di polizia municipale;
    l'attività di polizia locale, diretta alla protezione degli interessi della comunità locale, è materia di competenza legislativa regionale, in base all'articolo 117 della Costituzione. Alle regioni compete stabilire le norme di principio, mentre permane la competenza di comuni e provincie all'emanazione di regolamenti ed ordinanze nell'ambito della polizia locale;
    la polizia municipale, accanto alle funzioni di polizia amministrativa, svolge interventi di polizia giudiziaria, di polizia stradale, nonché attività di pubblica sicurezza e di sicurezza urbana,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità, in sede di conferenza Stato-regioni, di:
    a) collocare, previo ulteriore approfondimento, la polizia provinciale e le sue funzioni di controllo, prevenzione e repressione, all'interno della regione segnatamente in relazione ai compiti di controllo della fauna selvatica;
    b) mantenere, nelle more dell'auspicato transito in regione di cui sopra, ogni altra competenza e funzione della polizia provinciale;
    c) prevedere il coordinamento delle funzioni e dei compiti di polizia amministrativa in relazione alla sorveglianza sulla caccia e sull'attività venatoria di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, titolo V capo I, articolo 163, comma 3, lettere a) e b);
    d) prevedere il coordinamento delle attività di controllo, prevenzione e repressione della polizia provinciale collocata nelle regioni.
9/3262/84Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 78, con modificazioni, reca disposizioni urgenti in materia di enti territoriali;
    prevede interventi riguardanti la materia finanziaria, quella sanitaria, il personale dipendente e l'erogazione dei servizi di competenza, nonché mediante specifiche misure in favore dei territori colpiti da calamità naturali. Le novità principali si riferiscono a: allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno; mobilità del personale delle Province e Polizia provinciale; stanziamento di una dote aggiuntiva di 2 miliardi per il pagamento dei debiti della PA; contributo di 530 milioni per il finanziamento del Fondo di compensazione Imu-Tasi; differimento, dal 30 giugno al 30 settembre 2015, dell'entrata in vigore della clausola di salvaguardia (prevista in caso di mancata autorizzazione da parte della Ue del meccanismo del reverse charge dell'IVA nel settore della grande distribuzione) con conseguente stop all'aumento delle accise sui carburanti; disposizioni per i territori dei comuni abruzzesi colpiti dal sisma del 2009 e dei territori dell'Emilia-Romagna e della Lombardia colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
    all'articolo 16 è prevista la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici delle procedure di gara per l'affidamento in concessione dei servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico, di cui all'articolo 117 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), da svolgersi presso gli istituti e luoghi della cultura di appartenenza pubblica, di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di Consip S.p.A., anche quale centrale di committenza, per lo svolgimento delle predette procedure;
    riteniamo che le procedure di gara di cui all'articolo 117 del decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, per l'affidamento in concessione dei servizi negli istituti e luoghi della cultura di cui alle lettere d), e) e f) dell'articolo 101 del suddetto decreto, al fine di perseguire il proposito di tutelare beni architettonici e paesaggistici tra cui le aree, i parchi archeologici e i complessi monumentali, dovrebbero necessariamente dettare la condizione dell'ecosostenibilità e valutare le offerte anche in ordine al requisito dell'impatto ambientale più basso. A tale scopo all'interno dei sopra indicati luoghi di cultura, le aziende vincitrici di appalti per la fornitura di servizi fra cui quelli di caffetteria, ristorazione, guardaroba, organizzazione di mostre e manifestazioni culturali, nonché di iniziative promozionali e tutti gli altri «servizi aggiuntivi» indicati all'articolo 117 del decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, dovrebbero avere l'obbligo di presentare progetti adeguati al contesto, la cui realizzazione non contrasti con l'obiettivo fondamentale di tutela dei i beni pubblici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire immediatamente mediante le iniziative che ritiene siano più efficaci al fine di stabilire la necessità di concedere la fornitura di servizi di cui all'articolo 117 del decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, solo ed esclusivamente ad aziende che presentino e realizzino progetti ecosostenibili e a basso impatto ambientale.
9/3262/85Colonnese.


   La Camera,
   premesso che:
    nella giornata di mercoledì 8 luglio 2015 una tromba d'aria si è violentemente abbattuta nella regione Veneto sull'area compresa tra le città di Dolo, Pianiga e Mira, causando danni ingenti sia agli edifici pubblici, sia in particolar modo a quelli privati e alle attività imprenditoriali e commerciali della zona, per oltre 90 milioni di euro;
    tali eventi, accompagnati da violente precipitazioni piovose e grandine, hanno provocato una vittima e numerosi feriti, oltre ai fortissimi disagi subiti dalle popolazioni interessate, a causa dell'isolamento di alcuni edifici e all'evacuazione di circa seicento persone dalle loro abitazioni;
    anche l'inestimabile patrimonio storico-architettonico della Riviera del Brenta è stato devastato dalla tromba d'aria: in particolar modo hanno registrato danni ingenti le dimore storiche e le ville venete, di inestimabile valore, come la villa Santorini-Toderini-Fini a Dolo, completamente rasa al suolo dalla forza distruttiva del tornado,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere lo stanziamento di risorse aggiuntive destinate ad interventi di messa in sicurezza degli immobili, pubblici e privati, appartenenti al patrimonio culturale, artistico e architettonico delle Ville venete, danneggiate dalla tromba d'aria dello scorso 8 luglio 2015, nonché all'avvio di interventi di ricostruzione, ripristino, conservazione, restauro e di miglioramento strutturale del medesimo patrimonio, anche attraverso l'inoltro di una richiesta di finanziamento ad hoc alla Banca europea per gli investimenti.
9/3262/86Spessotto, Cozzolino, Brugnerotto, Benedetti, D'Incà, Da Villa, Businarolo, Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede una serie di misure urgenti volte a favorire una maggiore funzionalità operativa degli enti territoriali, nonché a conferire loro maggiori certezze sulle risorse finanziarie disponibili e sul quadro normativo che ne delimita l'azione amministrativa;
    l'articolo 5 reca disposizioni per il transito del personale del Corpo e dei servizi di Polizia provinciale negli enti locali con funzioni di polizia municipale;
    al comma 6, viene fatto divieto alle amministrazioni locali, fino al completo assorbimento del personale in transito dalla province, di reclutare con qualsivoglia tipologia contrattuale altro personale da impiegare nello svolgimento delle predette funzioni di polizia municipale;
    questa disposizione, oltre a sollevare profondi dubbi sulla rispondenza delle competenze acquisite dal personale della polizia provinciale alle più specifiche esigenze operative dei corpi di polizia municipale, determina una situazione di grave difficoltà per una moltitudine di amministrazioni locali che, per esigenze circoscritte nel tempo, assumono personale stagionale da avviare alle funzioni proprie della polizia municipale;
    è il caso di rilevare che vi sono comuni dove, in concomitanza con la stagione estiva, aumenta considerevolmente la popolazione presente, imponendo all'amministrazione di programmare, limitatamente al periodo interessato, i servizi necessari al governo del territorio e alla gestione dell'ente, tra cui acquisiscono particolare rilevanza i servizi di polizia municipale, approntanti ricorrendo alla stipula di contratti a tempo determinato;
    il provvedimento rischia di determinare, in prospettiva, nei comuni a vocazione turistica o nei casi di necessità eccezionali e temporanee, una situazione di mancata funzionalità di servizi di considerevole rilevanza propri del ruolo e delle competenze del personale di polizia municipale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a garantire agli enti territoriali la facoltà, qualora esigenze eccezionali e temporanee, come l'aumento circoscritto nel tempo del numero della popolazione nei comuni a vocazione turistica, di ricorrere all'assunzione di personale a tempo determinato da impiegare nei ruoli e nelle funzioni della polizia municipale.
9/3262/87Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede d'esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali (A.C. 3262) sono state valutate insufficienti le misure adottate,

impegna il Governo

a ricomprendere nell'ambito delle operazioni che danno diritto alla detrazione ai sensi dell'articolo 19, comma 3, lettera c), decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, le attività formative svolte dagli organismi di formazione professionale, a fronte del percepimento di contributi pubblici anche erogati ai sensi dell'articolo 12, legge n. 241 del 1990, escluse dal campo di applicazione dell'IVA ex articolo 2, terzo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
9/3262/88D'Incà.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del decreto in esame concerne il funzionamento dei servizi per l'impiego e delle connesse funzioni amministrative inerenti alle politiche attive per il lavoro;
    il comma 1 prevede la conclusione di un accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome, relativo ad un piano di rafforzamento dei servizi per l'impiego, ai fini dell'erogazione delle politiche attive, mediante l'impiego coordinato di fondi nazionali e regionali, nonché delle risorse di programmi operativi cofinanziati da fondi europei;
    il comma 2 introduce l'istituto della convenzione tra la regione o provincia autonoma ed il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, intesa a garantire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di servizi per l'impiego e di politiche attive del lavoro;
    i commi 3 e 4 consentono che le convenzioni con le regioni a statuto ordinario prevedano un concorso statale per gli oneri di funzionamento dei servizi per l'impiego per gli anni 2015 e 2016, nei limiti complessivi di 70 milioni di euro annui ed in misura proporzionale al numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato direttamente impiegati in compiti di erogazione dei servizi in oggetto;
    non viene prevista alcuna norma di salvaguardia per i dipendenti a tempo determinato dei centri per l'impiego e degli enti strumentali, circa 5000 lavoratori, spesso con una lunga carriera e con ampie competenze acquisite nel corso degli anni,

impegna il Governo:

a porre in essere appositi interventi, anche di carattere normativo, al fine di salvaguardare i lavoratori impiegati con contratti non a tempo indeterminato presso i Servizi pubblici per il lavoro e la formazione provinciali nonché lavoratori, con comprovata esperienza riconosciuta dalle Regioni, iscritti agli albi regionali e utilizzati dagli enti strutturali impiegati nell'erogazione dei servizi per l'impiego.
9/3262/89Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del decreto in esame concerne il funzionamento dei servizi per l'impiego e delle connesse funzioni amministrative inerenti alle politiche attive per il lavoro;
    il comma 1 prevede la conclusione di un accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome, relativo ad un piano di rafforzamento dei servizi per l'impiego, ai fini dell'erogazione delle politiche attive, mediante l'impiego coordinato di fondi nazionali e regionali, nonché delle risorse di programmi operativi cofinanziati da fondi europei;
    il comma 2 introduce l'istituto della convenzione tra la regione o provincia autonoma ed il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, intesa a garantire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di servizi per l'impiego e di politiche attive del lavoro;
    i commi 3 e 4 consentono che le convenzioni con le regioni a statuto ordinario prevedano un concorso statale per gli oneri di funzionamento dei servizi per l'impiego per gli anni 2015 e 2016, nei limiti complessivi di 70 milioni di euro annui ed in misura proporzionale al numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato direttamente impiegati in compiti di erogazione dei servizi in oggetto;
    non viene prevista alcuna norma di salvaguardia per i dipendenti a tempo determinato dei centri per l'impiego e degli enti strumentali, circa 5000 lavoratori, spesso con una lunga carriera e con ampie competenze acquisite nel corso degli anni,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di porre in essere appositi interventi, anche di carattere normativo, al fine di salvaguardare i lavoratori impiegati con contratti non a tempo indeterminato presso i Servizi pubblici per il lavoro e la formazione provinciali nonché lavoratori, con comprovata esperienza riconosciuta dalle Regioni, iscritti agli albi regionali e utilizzati dagli enti strutturali impiegati nell'erogazione dei servizi per l'impiego.
9/3262/89. (Testo modificato nel corso della seduta) Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede d'esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali (A.C. 3262) sono state valutate insufficienti le misure adottate,

impegna il Governo

a individuare i criteri della procedura selettiva di cui al comma 2 dell'articolo 4-bis attenendosi ai principi sanciti dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 37 del 2015.
9/3262/90Sarti.


   La Camera,
   premesso che:
    dal mese di marzo 2015 su decisione del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica di Firenze, è stato delegato ai militari dell'Operazione Strade Sicure – di cui all'articolo 5-bis del provvedimento in esame – il presidio delle zone all'esterno dei cantieri dell'Alta velocità in città con servizi di sorveglianza mobile. All'interno delle aree dei lavori sono stati schierati invece, più opportunamente, agenti della Polfer;
    i lavori per il TAV di Firenze sono fortemente contestati dai cittadini ed appare inopportuno schierare le Forze Armate – che rappresentano l'unità della Nazione – in una controversia tutta politica tra il Governo da una parte e la popolazione che si oppone dall'altra;
    è aperta una inchiesta della Procura di Firenze sugli appalti delle Grandi Opere ed in particolare sull'assegnazione dei lavori dei cantieri TAV di Firenze. In manette sono finiti anche gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, e il collaboratore di Ercole Incalza – dirigente del Ministero dei Lavori Pubblici – Sandro Pacella. Tra i 51 indagati ci sono diversi politici. Appare evidente che il tipo di crimine che deve essere contrastato a Firenze e più in generale intorno alle Grandi Opere non richiede il pattugliamento nei cantieri incriminati delle Forze Armate ma di più efficaci strumenti di contrasto alla voracità della perversa connessione tra politica e affari,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle norme di cui all'articolo 5-bis del decreto in esame al fine di adottare iniziative normative volte ad escludere i cantieri del sottoattraversamento TAV nella città di Firenze tra i siti sottoposti alla vigilanza delle Forze Armate italiane (operazione Strade Sicure).
9/3262/91Frusone, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il 17 dicembre 2014 in seguito alla sentenza della Corte di Assise di Torino è definitivamente decaduta l'accusa di terrorismo per gli attivisti No TAV;
    l'articolo 5-bis del provvedimento in esame proroga l'impiego delle Forze Armate in funzione di ordine pubblico limitatamente ai servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili. Tra questi siti continuano ad esserci i cantieri del TAV a Chiomonte (Torino);
    appare inopportuno, ad avviso della firmataria del presente atto, continuare a mantenere truppe delle Forze Armate italiane – che rappresentano l'unità della nazione – dispiegate in contrapposizione alla popolazione che lotta contro la Torino-Lione,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle norme citate in premessa al fine di adottare iniziative normative volte ad escludere i cantieri del TAV in Val di Susa tra i siti sottoposti alla vigilanza delle Forze Armate italiane (operazione Strade Sicure).
9/3262/92Basilio, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 al comma 16-quater modifica in più punti la disciplina – contenuta nell'articolo 33 del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «sblocca Italia») – per la realizzazione di interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, con specifico riguardo al comprensorio Bagnoli-Caroglio. Le disposizioni intervengono sulla procedura di selezione del Commissario straordinario di Governo (lettera a),

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a garantire che il commissario straordinario sia scelto mediante procedure ad evidenza pubblica.
9/3262/93Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1-ter dell'articolo 259 del TUEL prevede che nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, nel caso in cui il riequilibrio del bilancio sia significativamente condizionato dall'esito delle misure di riduzione di almeno il 20 per cento dei costi dei servizi, nonché dalla razionalizzazione di tutti gli organismi e società partecipati, laddove presenti, i cui costi incidono sul bilancio dell'ente, l'ente può raggiungere l'equilibrio, in deroga alle norme vigenti, entro l'esercizio in cui si completa la riorganizzazione dei servizi comunali e la razionalizzazione di tutti gli organismi partecipati, e comunque entro tre anni, compreso quello in cui è stato deliberato il dissesto;
    il comma 2-bis dell'articolo 7 interviene sul comma 1-ter dell'articolo 259 del TUEL, inserendo un secondo periodo nel quale il termine in questione è esteso a tutti gli enti locali (vale a dire anche a province e città metropolitane) e viene prolungato di un anno, portandolo da tre a quattro anni, creando un dubbio interpretativo, atteso che il termine «enti locali» inserito come secondo periodo del comma ricomprende necessariamente anche i «comuni» enunciati nel primo periodo, per i quali tuttavia il testo risultante dopo la modifica continua a mantenere il termine dei tre anni,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative, anche normative, al fine di chiarire i dubbi interpretativi nel senso di chiarire che la norma si applica anche ai comuni.
9/3262/94Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1-ter dell'articolo 259 del TUEL prevede che nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, nel caso in cui il riequilibrio del bilancio sia significativamente condizionato dall'esito delle misure di riduzione di almeno il 20 per cento dei costi dei servizi, nonché dalla razionalizzazione di tutti gli organismi e società partecipati, laddove presenti, i cui costi incidono sul bilancio dell'ente, l'ente può raggiungere l'equilibrio, in deroga alle norme vigenti, entro l'esercizio in cui si completa la riorganizzazione dei servizi comunali e la razionalizzazione di tutti gli organismi partecipati, e comunque entro tre anni, compreso quello in cui è stato deliberato il dissesto;
    il comma 2-bis dell'articolo 7 interviene sul comma 1-ter dell'articolo 259 del TUEL, inserendo un secondo periodo nel quale il termine in questione è esteso a tutti gli enti locali (vale a dire anche a province e città metropolitane) e viene prolungato di un anno, portandolo da tre a quattro anni, creando un dubbio interpretativo, atteso che il termine «enti locali» inserito come secondo periodo del comma ricomprende necessariamente anche i «comuni» enunciati nel primo periodo, per i quali tuttavia il testo risultante dopo la modifica continua a mantenere il termine dei tre anni,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative, anche normative, al fine di chiarire i dubbi interpretativi.
9/3262/94. (Testo modificato nel corso della seduta) Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 11 prevede, nell'ambito delle norme relative ai contratti da stipulare nei processi di ricostruzione dei territori abruzzesi interessati dal sisma, la sostituzione della certificazione antimafia di cui alla lettera b) dell'articolo 67-quater, comma 8, con la autocertificazione di cui all'articolo 89 del decreto legislativo del 6 settembre 2011, n. 159,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare nel più breve tempo possibile la necessità della certificazione.
9/3262/95Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 11 prevede, nell'ambito delle norme relative ai contratti da stipulare nei processi di ricostruzione dei territori abruzzesi interessati dal sisma, la sostituzione della certificazione antimafia di cui alla lettera b) dell'articolo 67-quater, comma 8, con la autocertificazione di cui all'articolo 89 del decreto legislativo del 6 settembre 2011, n. 159,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa.
9/3262/95. (Testo modificato nel corso della seduta) Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16, comma 1, del decreto in esame prevede che, per accelerare l'avvio e lo svolgimento delle procedure di gara per l'affidamento in concessione dei servizi aggiuntivi negli istituti e nei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, nonché allo scopo di razionalizzare la spesa pubblica, le amministrazioni aggiudicatrici possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di Consip S.p.A., anche quale centrale di committenza, per lo svolgimento delle relative procedure,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a procedere all'internalizzazione dei servizi museali aggiuntivi fatta eccezione per i servizi di cui alla lettera f) dell'articolo 117 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
9/3262/96Simone Valente.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16, comma 1, del decreto in esame prevede che, per accelerare l'avvio e lo svolgimento delle procedure di gara per l'affidamento in concessione dei servizi aggiuntivi negli istituti e nei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, nonché allo scopo di razionalizzare la spesa pubblica, le amministrazioni aggiudicatrici possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di Consip S.p.A., anche quale centrale di committenza, per lo svolgimento delle relative procedure,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa.
9/3262/96. (Testo modificato nel corso della seduta) Simone Valente.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 11 stabilisce che il direttore dei lavori non può avere in corso e neanche avere avuto negli ultimi tre anni rapporti diretti di natura professionale, commerciale o di collaborazione, comunque denominati, con l'impresa affidataria dei lavori di riparazione o ricostruzione, anche in subappalto, né rapporti di parentela con il titolare o con chi riveste cariche societarie nella stessa,

impegna il Governo

a valutare gli effetti normativi delle norme di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare la formulazione originaria della disposizione che prevedeva l'incompatibilità accanto a quella del direttore dei lavori anche del progettista.
9/3262/97Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 11 stabilisce che il direttore dei lavori non può avere in corso e neanche avere avuto negli ultimi tre anni rapporti diretti di natura professionale, commerciale o di collaborazione, comunque denominati, con l'impresa affidataria dei lavori di riparazione o ricostruzione, anche in subappalto, né rapporti di parentela con il titolare o con chi riveste cariche societarie nella stessa,

impegna il Governo

a valutare gli effetti normativi delle norme di cui in premessa.
9/3262/97. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 11-bis dell'articolo 9, oltre a disporre, a livello normativo primario, che il Consorzio interuniversitario CINECA opera senza scopo di lucro ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'università e della ricerca scientifica (previsioni attualmente presenti nell'articolo 1 dello statuto), stabilisce che ad esso possono partecipare – «secondo lo statuto» – persone giuridiche sia pubbliche che private che svolgono attività nel settore dell'istruzione, dell'università e della ricerca,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a vietare la partecipazione di soggetti privati al CINECA.
9/3262/98D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 11-bis dell'articolo 9, oltre a disporre, a livello normativo primario, che il Consorzio interuniversitario CINECA opera senza scopo di lucro ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'università e della ricerca scientifica (previsioni attualmente presenti nell'articolo 1 dello statuto), stabilisce che ad esso possono partecipare – «secondo lo statuto» – persone giuridiche sia pubbliche che private che svolgono attività nel settore dell'istruzione, dell'università e della ricerca,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa.
9/3262/98. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento in esame modifica la disposizione – di cui l'articolo 41, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 – che vieta alle amministrazioni pubbliche (esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale) che registrano tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo n. 231 del 2002, di procedere nell'anno successivo ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
    la novella è volta ad escludere dal computo dei tempi medi di pagamento di cui alla citata disposizione i pagamenti effettuati mediante l'utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari messi a disposizione ai sensi dei decreti-legge n. 66 del 2014 (articolo 32, comma 2), e n. 35 del 2013 (articolo 1, commi 1 e 10);
    a due anni di distanza dall'arrivo delle nuove regole che impongono pagamenti a 30 giorni (e, solo in casi eccezionali, fino a un massimo di 60), sono ancora poche le amministrazioni che si sono allineate e riescono a pagare nei tempi stringenti richiesti dalla direttiva europea e dal decreto italiano di recepimento (decreto legislativo n. 192 del 2012), in vigore, appunto, per i contratti firmati dal primo gennaio 2013;
    è prioritario ai fini del rilancio dell'economia italiana che il Governo faccia di tutto per accelerare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, perché oramai l'economia italiana si trova in una preoccupante situazione di recessione economica, che rischia di peggiorare ulteriormente e di avvitarsi in una spirale negativa tale da determinare gravi rischi per la stabilità della finanza pubblica. Dall'inizio della crisi economica alla fine del 2012 sono fallite per mancati pagamenti oltre 15 mila imprese,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, in sede europea, finalizzata a concordare con la Commissione europea un piano straordinario, di natura uno tantum, per il pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese creditrici, che preveda che l'uscita di cassa non vada ad incidere sul pareggio di bilancio strutturale del nostro Paese per tutto il periodo ritenuto necessario per l'azzeramento dei debiti pregressi accumulati.
9/3262/99Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento in esame modifica la disposizione – di cui l'articolo 41, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 – che vieta alle amministrazioni pubbliche (esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale) che registrano tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo n. 231 del 2002, di procedere nell'anno successivo ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
    la novella è volta ad escludere dal computo dei tempi medi di pagamento di cui alla citata disposizione i pagamenti effettuati mediante l'utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari messi a disposizione ai sensi dei decreti-legge n. 66 del 2014 (articolo 32, comma 2), e n. 35 del 2013 (articolo 1, commi 1 e 10);
    a due anni di distanza dall'arrivo delle nuove regole che impongono pagamenti a 30 giorni (e, solo in casi eccezionali, fino a un massimo di 60), sono ancora poche le amministrazioni che si sono allineate e riescono a pagare nei tempi stringenti richiesti dalla direttiva europea e dal decreto italiano di recepimento (decreto legislativo n. 192 del 2012), in vigore, appunto, per i contratti firmati dal primo gennaio 2013;
    è prioritario ai fini del rilancio dell'economia italiana che il Governo faccia di tutto per accelerare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, perché oramai l'economia italiana si trova in una preoccupante situazione di recessione economica, che rischia di peggiorare ulteriormente e di avvitarsi in una spirale negativa tale da determinare gravi rischi per la stabilità della finanza pubblica. Dall'inizio della crisi economica alla fine del 2012 sono fallite per mancati pagamenti oltre 15 mila imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, in sede europea, finalizzata a concordare con la Commissione europea un piano straordinario, di natura uno tantum, per il pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese creditrici, che preveda che l'uscita di cassa non vada ad incidere sul pareggio di bilancio strutturale del nostro Paese per tutto il periodo ritenuto necessario per l'azzeramento dei debiti pregressi accumulati.
9/3262/99. (Testo modificato nel corso della seduta) Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento in esame modifica la disposizione – di cui l'articolo 41, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 – che vieta alle amministrazioni pubbliche (esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale) che registrano tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo n. 231 del 2002, di procedere nell'anno successivo ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
    la novella è volta ad escludere dal computo dei tempi medi di pagamento di cui alla citata disposizione i pagamenti effettuati mediante l'utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari messi a disposizione ai sensi dei decreti-legge n. 66 del 2014 (articolo 32, comma 2), e n. 35 del 2013 (articolo 1, commi 1 e 10);
    secondo uno studio di associazioni categoria, un'azienda su tre in Italia fallisce per i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione, che rappresentano spesso il colpo mortale per realtà già fiaccate dalla lunga crisi,

impegna il Governo

a stabilizzare le norme che consentono la compensazione delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti commerciali e professionali non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità previste dalla normativa vigente, qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato.
9/3262/100Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento in esame modifica la disposizione – di cui l'articolo 41, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 – che vieta alle amministrazioni pubbliche (esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale) che registrano tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo n. 231 del 2002, di procedere nell'anno successivo ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
    la novella è volta ad escludere dal computo dei tempi medi di pagamento di cui alla citata disposizione i pagamenti effettuati mediante l'utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari messi a disposizione ai sensi dei decreti-legge n. 66 del 2014 (articolo 32, comma 2), e n. 35 del 2013 (articolo 1, commi 1 e 10);
    secondo uno studio di associazioni categoria, un'azienda su tre in Italia fallisce per i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione, che rappresentano spesso il colpo mortale per realtà già fiaccate dalla lunga crisi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stabilizzare le norme che consentono la compensazione delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti commerciali e professionali non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità previste dalla normativa vigente, qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato.
9/3262/100. (Testo modificato nel corso della seduta) Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4-bis, comma 2, prevede la possibilità di attribuire deleghe a funzionari della terza area, scelti attraverso procedure selettive con criteri oggettivi e trasparenti;
    le disposizioni di cui al detto comma 2, si pongono in netto contrasto con i principi di recente sanciti dalla Corte Costituzionale nella sentenza 37/2015, che vanno qui nuovamente ribaditi: «Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, nessun dubbio può nutrirsi in ordine al fatto che il conferimento di incarichi dirigenziali nell'ambito di un'amministrazione pubblica debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio. Anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta “l'accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso” (sentenza n. 194 del 2002; ex plurimis, inoltre, sentenze n. 217 del 2012, n. 7 del 2011, n. 150 del 2010, n. 293 del 2009)»;
    l'attribuzione di deleghe temporanee così come la stessa istituzione di nuove posizioni organizzative di livello non dirigenziali (ma con l'attribuzione di analoghe funzioni e retribuzioni, se non addirittura in misura superiore) si traducono nell'elusione dell'obbligo d'indizione del pubblico concorso, costituzionalmente garantito. Né può giustificarsi la detta temporanea attribuzione di funzioni con la necessità di far fronte, in attesa del concorso, alle vacanze negli uffici conseguenti alla pronuncia della Corte Costituzionale, ben potendo ricorrere all'istituto della reggenza così come precisato dalla stessa Consulta: «Invero – si legge nelle motivazioni della sentenza 37/2015 – l'assegnazione di posizioni dirigenziali a un funzionario può avvenire solo ricorrendo al secondo modello, cioè all'istituto della reggenza, regolato in generale dall'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n. 266 (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 26 marzo 1987 concernente il comparto del personale dipendente dai Ministeri). La reggenza si differenzia dal primo modello perché serve a colmare vacanze nell'ufficio determinate da cause imprevedibili, e viceversa si avvicina ad esso perché è possibile farvi ricorso a condizione che sia stato avviato il procedimento per la copertura del posto vacante, e nei limiti di tempo previsti per tale copertura. Straordinarietà e temporaneità sono perciò caratteristiche essenziali dell'istituto (ex plurimis, Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenze 22 febbraio 2010, n. 4063, 16 febbraio 2011, n. 3814, 14 maggio 2014, n. 10413)»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad attribuire le deleghe e le funzioni necessarie per garantire il buon funzionamento e la continuità dell'azione amministrativa in attesa della copertura delle vacanze nell'organico dirigenziale, attraverso il ricorso all'istituto della reggenza, regolato in generale dall'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n. 266, così come precisato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 37/2015.
9/3262/101Pesco.


   La Camera,
   premesso che:
    il blocco del turn over, in particolare nelle regioni in piano di rientro, ha creato a causa della carenza di personale pesanti ripercussioni in particolare nei reparti che devono rispondere ad una forte richiesta;
    ci sono regioni in piano di rientro che da dieci anni non possono assumere per dei vincoli ragionieristici che non tengono conto che la salute è un diritto costituzionale che si garantisce attraverso la fornitura di adeguati livelli di assistenza e delle prestazioni che non possono venire meno in una situazione di carenza grave di personale;
    il tema è sicuramente al centro del dibattito, tanto che la Federazione Asl e Ospedali (Fiaso), insieme all'università di Trento, nel presentare una ricerca dedicata ai servizi di emergenza-urgenza ha sottolineato che il blocco del turn over fa aumentare i costi finali. Infatti il blocco del turn over, aumentando l'anzianità media di servizio e obbligando a ricorrere a straordinari e turni aggiuntivi, fa aumentare sensibilmente i costi dovuti a stipendi e indennità;
    in particolare la carenza di personale a causa del blocco del turn over incide pesantemente e in particolare per: anestesia, cardiochirurgia, oncologia, pronto soccorso, neonatologia e ortopedia,

impegna il Governo

al fine di garantire adeguati livelli essenziali di assistenza in particolare nelle regioni in piano di rientro al superamento del blocco del turn over e in tale ambito a consentire la sostituzione del personale in quiescenza procedendo immediatamente a nuove assunzioni, partendo dall'assunzione dei vincitori di concorso e dallo scorrimento delle graduatorie vigenti, con priorità per le aree critiche della emergenza-urgenza.
9/3262/102Nesci, Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9-ter, inserito nell’iter al Senato della Repubblica, ai commi 10 e 11, reca norme per la razionalizzazione della spesa per i farmaci;
    in particolare il comma 11 dell'articolo 9-ter prevede che l'AIFA entro il 30 settembre 2015 concluda le procedure di rinegoziazione con le aziende farmaceutiche al fine di una riduzione dei prezzi dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale;
    si prevede altresì la rinegoziazione del prezzo dei medicinali a rimborsabilità condizionata, biotecnologici e biosimilari;
    l'Intesa n. 113 CSR del 2 luglio 2015 indica al punto D. «FARMACEUTICA TERRITORIALE ED OSPEDALIERA» come: «Governo e Regioni convengono che le misure di cui al punti D1, D2 e D3 devono assicurare un risparmio di almeno 500 milioni di euro su base annua per il Servizio sanitario nazionale.»;
    della rinegoziazione dei prezzi e della rivisitazione del Prontuario farmaceutico si parla da anni a partire dalla legge 189 del 2012, denominata «decreto Balduzzi» senza che si siano raggiunti risultati apprezzabili dalla negoziazione dei prezzi dei medicinali tra AIFA e le aziende farmaceutiche;
    in relazione ai medicinali biotecnologici il fine di ridurre il prezzo di rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale di almeno il 20 per cento è scomparso dal testo per l'approvazione di un emendamento,

impegna il Governo:

   a garantire che l'AIFA entro il 30 settembre 2015 concluda le procedure di rinegoziazione con le aziende farmaceutiche al fine della riduzione del prezzo di rimborso dei medicinali a carico del Servizio Sanitario Nazionale;
   a garantire che il Governo non procederà ad ulteriori proroghe del termine del 30 settembre 2015 di cui all'articolo 9-ter, comma 10, lettera b);
   a inviare in tempi rapidi alle competenti Commissioni parlamentari, una dettagliata e documentata relazione nella quale si espliciti il percorso e la quantificazione dei risparmi effettivi derivanti dalla rinegoziazione recata dall'articolo 9-ter, dai commi 10 e 11 dell'atto Camera 3282. I criteri e la metodologia per la realizzazione della relazione devono contemplare l'Indicazione delle categorie terapeutiche, dei principi attivi, del prezzo massimo di rimborso nonché della percentuale di sconto e risparmio conseguito dal Servizio sanitario nazionale per singola categoria;
   a dare evidenza pubblica, ai risultati della rinegoziazione, con l'esplicitazione dei dati, attraverso la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
9/3262/103Grillo, Baroni, Di Vita, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera 3262 reca la conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali;
    l'articolo 9-ter, comma 11, capoverso 33-ter, introduce una nuova e particolare contrattazione del prezzo per i farmaci soggetti a rimborsabilità condizionata nell'ambito dei registri di monitoraggio;
    la nuova contrattazione interviene nel caso in cui, decorsi due anni dal rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio, i benefici rilevati siano risultati inferiori rispetto a quelli individuati nell'accordo negoziale ai quali, come si è rivelato in seguito è stato dato un prezzo superiore in relazione agli effettivi benefici prodotti,

impegna il Governo

a garantire che la riduzione del prezzo per i farmaci soggetti a rimborsabilità condizionata nel caso in cui a due anni dell'immissione in commercio i benefici si sia rivelati inferiori rispetto a quelli previsti e valutati nell'accordo negoziale sia commisurato al grado di inefficacia del medicinale.
9/3262/104Mantero, Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera 3262 reca la conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali;
    l'articolo 9-ter al comma 11, capoverso 33-bis, prevede, per i medicinali biotecnologici, che, alla scadenza del brevetto sul principio attivo, in assenza dell'avvio di una concomitante procedura di contrattazione relativa ad un medicinale biosimilare o terapeuticamente assimilabile, l'AIFA svolga una nuova procedura di contrattazione, intesa a ridurre il prezzo di rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale;
    nel testo presentato al Senato dal Governo si prevedeva che la riduzione del prezzo per i medicinali bio tecnologici di cui al citato comma 11 fosse almeno del 20 per cento allo scopo di portare al Servizio sanitario nazionale un effettivo e congruo beneficio;
    nel corso dell'iter al Senato è stata soppressa la previsione della riduzione del prezzo del 20 per cento e in questo modo è impossibile quantificare l'eventuale beneficio in materia di minori spese a carico del Servizio sanitario nazionale, ma in questo modo viene meno anche l'obiettivi da indicare all'AIFA da perseguire,

impegna il Governo

a indicare all'AIFA, in sede di nuova procedura per la contrattazione del prezzo dei medicinali biotecnologici, l'obiettivo di una riduzione del prezzo di almeno il 20 per cento, dando così un punto di riferimento reale anche al Parlamento per verificare l'operato dell'AIFA sulla base del risultato raggiunto tenuto conto dell'obiettivo prefissato.
9/3262/105Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 1, comma 186 della legge 24 dicembre 2014, n. 190, si è previsto che gli oneri finanziari derivati dalla corresponsione degli indennizzi, erogati dalle regioni e province autonome di Trento e Bolzano ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000, di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, a decorrere dal 1o gennaio 2012 fino al 31 dicembre 2014 e degli oneri derivanti dal pagamento degli arretrati della rivalutazione dell'indennità integrativa speciale di cui al citato indennizzo fino al 31 dicembre 2011, si provvedeva mediante l'attribuzione, alle medesime regioni e province autonome di Trento e Bolzano, di un contributo di 100 milioni di euro per l'anno 2015, di 200 milioni di euro per l'anno 2016, di euro 289 milioni di euro per l'anno 2017 e di 146 milioni di euro per l'anno 2018;
    l'entità delle risorse stanziate per la corresponsione degli indennizzi e degli oneri derivanti dal pagamento degli arretrati della rivalutazione dell'indennità integrativa speciale di cui al citato indennizzo fino al 31 dicembre 2011, di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, risultano largamente insufficienti;
    alcune regioni non sono state in grado di anticipare l'erogazione degli indennizzi di cui al comma 186 della legge 24 dicembre 2014, n. 190, e che con la attuale formulazione del comma 186 rischiano non solo di non ricevere le risorse, in quanto si dice che vanno agli «indennizzi erogati», ma anche che persone aventi diritto rischiano, in quelle regioni ulteriori ritardi nell'erogazione dell'indennizzo,

impegna il Governo:

   a incrementare ulteriormente, ed in maniera congrua, le risorse di cui all'articolo 1, comma 186 della legge 24 dicembre 2014, n. 190;
   a prevedere che le risorse siano ripartite prioritariamente alle regioni che non hanno potuto, per questioni di bilancio, anticipare l'erogazione dei contributi ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 210.
9/3262/106Lorefice, Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Mantero, Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    è necessario realizzare la piena integrazione e inclusione sociale delle persone affette da disturbo dello spettro autistico nell'ambito della vita familiare, sociale e nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale;
    al fine di procedere alla piena integrazione ed inclusione ed integrazione delle persone con disturbo dello spettro autistico è necessaria non solo una legislazione adeguata che intervenga su tutti i campi dalla diagnosi precoce, all'inclusione scolastica, all'inserimento lavorativo e sociale ma anche l'istituzione di un fondo, presso il Ministero della salute destinato a sostenere i programmi e le attività per le persone con Disturbo dello spettro autistico;
    il Fondo proposto potrebbe tra le altre: a) sostenere l'assegnazione ai beneficiari di somme, anche sotto forma di un «budget personale di cura» annuale, con una componente fissa che contempli un ticket terapeutico mensile e una parte variabile correlata alle difficoltà della persona attraverso il quale si possa accedere e scegliere l'assistenza più idonea; b) la libertà di scelta alla persona, se non minore o riconosciuto, incapace, del percorso, nel limite degli interventi accreditati nelle linee guida dell'Istituto Superiore di Sanità, assistenziale e abilitante a mezzo del ticket terapeutico; c) assegnare su base distrettuale contributi per la formazione di figure professionali idonee da coinvolgere nei percorsi educativi e di sostegno delle persone con disturbo dello spettro autistico;
    il testo dell'atto Camera 2985 recante «Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie» già approvato dal Senato e recentemente dalla Camera con lievi modifiche, ora di nuovo all'esame del Senato, reca di fatto solo principi ma non destina alle finalità della legge alcuna risorsa,

impegna il Governo

a prevedere l'istituzione di un Fondo nazionale destinato alla piena integrazione e inclusione sociale delle persone affette da disturbo dello spettro autistico nell'ambito della prevenzione e cura nonché nell'ambito della vita familiare, sociale e nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale.
9/3262/107Silvia Giordano, Baroni, Di Vita, Grillo, Lorefice, Mantero, Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    in particolare a partire dall'anno 2011, molti comuni sono stati interessati dalla pressione migratoria e dalla necessità di realizzare adeguate politiche di accoglienza;
    il ministro dell'interno Alfano ha promesso ai Comuni che le spese sostenute per l'accoglienza non saranno contabilizzate nel Piano di stabilità;
    l'obiettivo da perseguire è quello di cancellare le difficoltà di bilancio che i sindaci sono costretti ad affrontare per fronteggiare la pressione migratoria;
    il premier Matteo Renzi, nel corso della conferenza stampa svoltasi durante l'ultimo G7 in Germania, dichiarò, nel tentativo di rassicurare i sindaci interessati, «Dobbiamo dare incentivi, anche nel patto di stabilità, a quei Comuni che ci danno una mano nell'accoglienza dei migranti»,

impegna il Governo

ad escludere le spese effettuate dai comuni per l'accoglienza di migranti dal patto di stabilità ai fini della verifica del patto di stabilità, emanando entro il 15 settembre 2015 un decreto del Ministero dell'interno con il quale sono definiti per ciascun comune interessato l'importo della esclusione di cui al primo periodo, tenuto conto delle spese sostenute e del reddito medio dei cittadini del comune interessato, nonché delle dimensioni demografiche dei comuni in rapporto alla popolazione immigrata delle cui esigenze di accoglienza si sono fatti rispettivamente carico.
9/3262/108Brescia, Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Nesci, Colonnese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13-bis istituisce una Zona Franca Urbana nel territorio colpito dall'alluvione del 18-19 novembre 2013 dei comuni della regione Sardegna, autorizzando la spesa di 5 milioni di euro nell'anno 2016;
    in data 18 giugno 2014 un violento nubifragio si è abbattuto sul territorio della Romangia dove sono stati registrati gravi danni, in particolare nei comuni di Sorso e di Sennori;
    l'esondazione del rio Predugnanu ha provocato l'allagamento della strada provinciale n. 81 e il crollo di un tratto di strada;
    l'esondazione del fiume Silis ha invece causato ingenti danni alle campagne e ai raccolti;
    la pioggia ha provocato l'allagamento di numerosi seminterrati e cantine di abitazioni private,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riconosce l'istituzione della zona franca urbana anche ai i territori della Romangia colpiti dal violento nubifragio del 18 giugno 2014.
9/3262/109Nicola Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13-quater proroga di due mesi, dal 31 agosto 2015 al 31 ottobre 2015, i termini per la cantierabilità degli interventi di cui alle lettere b) e c) del comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «sblocca Italia»);
    tra gli interventi di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2014 di cui sopra sono presenti esose opere ferroviarie la cui realizzazione non risulta giustificata alla luce delle previsioni di traffico (sia passeggeri che merci) e dell'elevato impatto ambientale e sociale;
    tra queste risulta, ad esempio, il Terzo valico dei Giovi linea AV/AC Milano-Genova i cui parametri e criteri di valutazione e le stime sui flussi di traffico merci sulla base dei quali venne a suo tempo considerata favorevolmente la pubblica utilità, nonché le successive proroghe già concesse, sono fin dall'inizio apparsi quantomeno sovrastimati, non avendo nemmeno trovato sostegno nell'andamento dei dati reali;
    risulta inoltre non essere mai stata preparata una reale e dettagliata valutazione costi-benefici relativa all'infrastruttura;
    secondo quanto sancito nel piano di fattibilità di Rfi del 2004, solo il 15 per cento del costo della realizzazione e delle spese di funzionamento, e relativa manutenzione, dell'opera verrà coperto dai ricavi di mercato, mentre il restante 85 per cento resterà a carico delle casse dello Stato in modo perpetuo,

impegna il Governo:

   a procedere nel più breve tempo possibile ad avviare, secondo criteri di massima trasparenza e attraverso un ampio coinvolgimento dei soggetti interessati, un'analisi dei costi e dei benefici dell'opera esaminando non solo gli aspetti economico-finanziari, ma soprattutto socio-ambientali;
   a valutare l'opportunità di sospendere la realizzazione dell'opera e a destinare le risorse ad oggi individuate per interventi di ammodernamento e messa in sicurezza delle linee esistenti.
9/3262/110Carinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il Patto per la salute 2014-2016 all'articolo 6 «Assistenza socio-sanitaria», ai commi 1 e 2 sancisce che gli interventi relativi «alla non autosufficienza, alla disabilità, alla salute mentale adulta e dell'età evolutiva, alle dipendenze, all'assistenza ai minori» vadano erogati «nei limiti delle risorse programmate per il sistema sanitario regionale»;
    il diritto alla salute, riconosciuto dalla Carta Costituzionale italiana all'articolo 32, rappresenta forse l'unico diritto, e comunque sicuramente il primo, ad aver ricevuto un sistema compiuto ed organizzato di attuazione nel più ampio circuito sociale dei servizi alla persona ed alla comunità;
    lo Stato, ex articolo 117 della Costituzione, ha legislazione esclusiva in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, richiamato dall'articolo 54 della legge n. 289 del 2002, definisce i livelli essenziali di assistenza delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie, in base ai quali nessun individuo può essere escluso dalle cure perché troppo anziano o bisognoso di prestazioni troppo costose, perché dedito a comportamenti nocivi alla salute, troppo povero o, paradossalmente, troppo ricco: un reddito elevato può, al limite, giustificare la corresponsione di un ticket, ma non l'esclusione dal diritto all'assistenza;
    l'articolo 2 della legge n. 833 del 1978, stabilisce che il Servizio sanitario nazionale deve assumere «la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali ne siano le cause, la fenomenologia e la durata» e deve provvedere «alla tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le cause della loro emarginazione». Inoltre, ai sensi dell'articolo 1 della stessa legge n. 833 del 1978 il Servizio sanitario nazionale deve operare «senza distinzione di condizioni individuali e sociali e secondo modalità che assicurino l'uguaglianza dei cittadini nei confronti del Servizio» sanitario nazionale;
    la sentenza n. 509 del 2000 della Corte costituzionale ha precisato che il diritto alle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie «è garantito ad ogni persona come un diritto costituzionalmente condizionato all'attuazione che il legislatore ne dà attraverso il bilanciamento dell'interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti (...) Bilanciamento che, tra l'altro, deve tenere conto dei limiti oggettivi che il legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone, restando salvo, in ogni caso, quel nucleo irriducibile alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana (...), il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l'attuazione di quel diritto»;
    in una recente pronuncia del 2013 (sentenza n. 36), la Corte costituzionale ha precisato che «l'attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di anziani non autosufficienti è elencata tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001». Nella stessa sentenza, la Corte costituzionale ha definito non autosufficienti le «persone anziane o disabili che non possono provvedere alla cura della propria persona e mantenere una normale vita di relazione senza l'aiuto determinante di altri»;
    la Convenzione delle Nazioni Unite (UNCRPD) sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con la Legge 3 marzo 2009, n. 18, vieta ogni forma di discriminazione, com’è stato rilevato anche dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 5185/2011. Essa «si basa – è stato osservato nella sentenza n. 5185/2011 del Consiglio di Stato – sulla valorizzazione della dignità intrinseca della persona disabile che impone agli Stati aderenti un dovere di solidarietà nei confronti dei disabili, in linea con i principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona, che nel settore specifico rendono doveroso valorizzare il disabile di per sé, come soggetto autonomo, a prescindere dal contesto familiare in cui è collocato, anche se ciò può comportare un aggravio economico per gli enti pubblici)»;
    la risoluzione n. 8-00191 (approvata all'unanimità dalla Commissione affari sociali della Camera dei deputati l'11 luglio 2012) prevedeva di adottare le iniziative necessarie per assicurare la corretta attuazione e la concreta esigibilità delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie previste dai livelli essenziali di assistenza alle persone con handicap invalidanti, agli anziani malati cronici non autosufficienti, ai soggetti colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme neurodegenerative e di demenza senile e ai pazienti psichiatrici, assicurando loro l'erogazione delle prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali;
    così formulata, la citata disposizione del Patto per la salute 2014-2016 appare discriminatoria per i malati poiché in contrasto con la normativa vigente, con la giurisprudenza e con gli atti d'impegno per il governo sopracitati, oltre che con i principi sanciti in particolare negli articoli 10, 19 e 168 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), con la Risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2011 sulla mobilità e l'integrazione delle persone con disabilità e la strategia europea in materia di disabilità 2010-2020 (2010/2272(INI) e, non ultimo, con il punto 7 (Salute) della Strategia Europea per la disabilità 2010-2020, assicurando da un lato la copertura del servizio a soggetti con una sicura prospettiva di guarigione, e garantendo dall'altro solo parziale assistenza a chi invece, verosimilmente, potrà guarire con una probabilità statisticamente inferiore o, peggio ancora, non potrà mai guarire (non autosufficienti, disabili, malati cronici, anziani, pazienti psichiatrici, etc.), ciò nella misura in cui tale categoria di pazienti che usufruisce degli interventi erogati dal comparto sociosanitario potrà beneficiarne soltanto finché saranno disponibili fondi nelle casse delle regioni. In tale denegata ipotesi, detto in altri termini, gran parte dei suddetti pazienti rischierebbe concretamente di vedersi negata integralmente l'erogazione dell'assegno per le cure domiciliari;
    da ultimo, il giorno 20 luglio 2015 la scrivente ha inoltrato una lettera ufficiale di denuncia al dott. Vytenis Andriukaitis, Commissario Europeo per la salute e la sicurezza alimentare, avente ad oggetto proprio l'articolo 6 del Patto per la salute 2014-2016 per possibile violazione della normativa europea sopracitata, con cui si è chiesto in sintesi alla Commissione di valutare la conformità di tale misura nazionale con il diritto vigente a livello UE;
    in discussione sono le prestazioni rientranti nei Livelli essenziali di assistenza, ovvero diritti incomprimibili, anche di fronte ad esigenze di bilancio,

impegna il Governo

a provvedere tempestivamente, in seno alla Conferenza tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, alla revisione del Patto per la salute 2014-2016 nella parte in cui all'articolo 6 «Assistenza sociosanitaria», ai commi 1 e 2 sancisce una ingiustificabile limitazione nell'erogazione degli interventi relativi «alla non autosufficienza, alla disabilità, alla salute mentale adulta e dell'età evolutiva, alle dipendenze, all'assistenza ai minori (...) nei limiti delle risorse programmate per il sistema sanitario regionale».
9/3262/111Di Vita, Baroni, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Nesci, D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13-quater proroga di due mesi, dal 31 agosto 2015 al 31 ottobre 2015, i termini per la cantierabilità degli interventi di cui alle lettere b) e c) del comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «sblocca Italia»);
    l'articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2014 di cui sopra, destina al cosiddetto Fondo «sblocca cantieri» 3.890 milioni di euro e dispone che suddette risorse vengano assegnate, con uno o più decreti, sia a singoli interventi sia a categorie generiche di interventi;
    tra gli interventi di cui all'articolo 3 sono presenti esose opere ferroviarie la cui realizzazione non risulta giustificata alla luce delle previsioni di traffico (sia passeggeri che merci) e dell'elevato impatto ambientale e sociale;
    all'interno del provvedimento in parola non risultano essere contenute misure volte ad incentivare forme di trasporto sostenibile né interventi in favore della mobilità ciclistica;
    la promozione e l'incentivazione della mobilità sostenibile è uno degli elementi per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020,

impegna il Governo

a provvedere, nell'ambito degli interventi di cui alla disposizione citata in premessa, al recupero e alla valorizzazione delle ferrovie abbandonate in favore dello sviluppo turistico del territorio e della promozione delle attività fisiche, promuovendo la conversione a uso ciclabile delle tratte ferroviarie dismesse ai fini della realizzazione di piste ciclo-pedonali da destinare a itinerari turistici.
9/3262/112Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13-quater proroga di due mesi, dal 31 agosto 2015 al 31 ottobre 2015, i termini per la cantierabilità degli interventi di cui alle lettere b) e c) del comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «sblocca Italia»);
    l'articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2014 di cui sopra, destina al cosiddetto Fondo «sblocca cantieri» 3.890 milioni di euro e dispone che suddette risorse vengano assegnate, con uno o più decreti, sia a singoli interventi sia a categorie generiche di interventi;
    tra gli interventi di cui all'articolo 3 sono presenti esose opere ferroviarie la cui realizzazione non risulta giustificata alla luce delle previsioni di traffico (sia passeggeri che merci) e dell'elevato impatto ambientale e sociale;
    all'interno del provvedimento in parola non risultano essere contenute misure volte ad incentivare forme di trasporto sostenibile né interventi in favore della mobilità ciclistica;
    la promozione e l'incentivazione della mobilità sostenibile è uno degli elementi per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere, nell'ambito degli interventi di cui alla disposizione citata in premessa, al recupero e alla valorizzazione delle ferrovie abbandonate in favore dello sviluppo turistico del territorio e della promozione delle attività fisiche, promuovendo la conversione a uso ciclabile delle tratte ferroviarie dismesse ai fini della realizzazione di piste ciclo-pedonali da destinare a itinerari turistici.
9/3262/112. (Testo modificato nel corso della seduta) Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone alcune misure a sostegno dei Comuni che hanno subito eventi sismici ed, in particolare, l'articolo 13 prevede una rimodulazione di interventi a favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 nelle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Per quanto riguarda l'Emilia Romagna lo stallo della ricostruzione riguarda anche edifici pubblici, scuole e molte chiese e canoniche che rientrano in un maxi piano di recupero che necessita di un finanziamento di circa 1,7 miliardi, suddiviso complessivamente in 2100 interventi. Fino ad oggi la Regione ha ottenuto finanziamenti statali per circa 950 interventi ma mancherebbe ancora circa un miliardo. Al fine di agevolare la ripresa delle attività e consentire l'attuazione dei piani per la ricostruzione e per il ripristino dei danni causati dagli eccezionali eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012,

impegna il Governo

a destinare a partire dall'anno 2016 e fino al permanere dello stato di emergenza, almeno il 5 per cento dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, relativamente alla quota destinata alla Chiesa Cattolica e allo Stato dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), al ripristino di danni causati dagli eccezionali eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 al patrimonio edilizio di scuole, chiese ed edifici ecclesiastici vincolati dalle Soprintendenze.
9/3262/113Dell'Orco.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame di conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, all'articolo 7 sono previste ulteriori disposizioni concernenti gli Enti locali con l'obiettivo di approntare la soluzione di una pluralità di questioni attinenti la realtà dei medesimi enti territoriali quali la rinegoziazione dei mutui, il piano di riequilibrio pluriennale, l'accertamento e la riscossione dei tributi, lo scioglimento delle aziende speciali e l'obbligo di alienazione delle partecipate;
    l'articolo 14, commi da 25 a 31, del decreto-legge n. 78 del 2010 Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica e il contenimento delle spese per l'esercizio delle funzioni fondamentali dei comuni, ha disposto che i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d'Italia, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni;
    in forza dell'articolo 1, commi da 104 a 141, della legge n. 56 del 2014 c.d. Delrio, Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, è tuttora in corso la modifica della geografia amministrativa con la costituzione di nuove unioni e fusioni di Comuni;
    è necessario contrastare la tendenza attualmente in atto di costituire nuove Unione di Comuni lasciando pendenze debitorie nelle ex Unione di Comuni sciolti e che vanno a scaricarsi sulla fiscalità generale,

impegna il Governo

a prevedere una modifica normativa affinché i Comuni coinvolti nella costituzione di nuove Unione dei Comuni non abbiano pendenze debitorie maturate nel corso di ex Unione di Comuni o convenzioni precedentemente costituite tra Comuni. In caso contrario prevedere che il Comune o i Comuni interessati da pendenze debitorie siano tenuti a presentare un piano economico-finanziario di rientro nel termine stabilito nell'atto costitutivo medesimo.
9/3262/114Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame di conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, all'articolo 7 sono previste ulteriori disposizioni concernenti gli Enti locali con l'obiettivo di approntare la soluzione di una pluralità di questioni attinenti la realtà dei medesimi enti territoriali quali la rinegoziazione dei mutui, il piano di riequilibrio pluriennale, l'accertamento e la riscossione dei tributi, lo scioglimento delle aziende speciali e l'obbligo di alienazione delle partecipate;
    l'articolo 14, commi da 25 a 31, del decreto-legge n. 78 del 2010 Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica e il contenimento delle spese per l'esercizio delle funzioni fondamentali dei comuni, ha disposto che i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d'Italia, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni;
    in forza dell'articolo 1, commi da 104 a 141, della legge n. 56 del 2014 c.d. Delrio, Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, è tuttora in corso la modifica della geografia amministrativa con la costituzione di nuove unioni e fusioni di Comuni;
    è necessario contrastare la tendenza attualmente in atto di costituire nuove Unione di Comuni lasciando pendenze debitorie nelle ex Unione di Comuni sciolti e che vanno a scaricarsi sulla fiscalità generale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una modifica normativa affinché i Comuni coinvolti nella costituzione di nuove Unione dei Comuni non abbiano pendenze debitorie maturate nel corso di ex Unione di Comuni o convenzioni precedentemente costituite tra Comuni. In caso contrario prevedere che il Comune o i Comuni interessati da pendenze debitorie siano tenuti a presentare un piano economico-finanziario di rientro nel termine stabilito nell'atto costitutivo medesimo.
9/3262/114. (Testo modificato nel corso della seduta) Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 9-septiesdecies, demanda alle Regioni una ricognizione delle rispettive fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori;
    tale adempimento deve essere attuato entro 120 giorni dalla data di conversione in legge del decreto-legge in esame. La proposta è inviata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Agenzia del demanio, che nei 120 giorni successivi al ricevimento della proposta, attivano, per gli aspetti di rispettiva competenza, i procedimenti previsti dagli articoli 32 (Delimitazione di zone del demanio marittimo) e 35 (Esclusione di zone dal demanio marittimo) del codice della navigazione, anche convocando apposite Conferenze di servizi;
    il settore non è monitorato correttamente e lo Stato non ha una banca dati unitaria dalla quale sia possibile estrarre con certezza e in modo aggiornato sia il numero delle concessioni rilasciate sia l'ammontare dei canoni e degli indennizzi. I dati relativi ai canoni dovrebbero convergere sul Sid (sistema informativo demaniale) presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nato per dare attuazione alle previsioni del decreto legislativo n. 112 del 1998;
    il registro di catalogazione di dati non è aggiornato ed è di difficile consultazione. Le amministrazioni competenti sono inadempienti sul fronte dell'inserimento dei dati e, quindi, non è possibile fare una politica di revisione perequativa sui canoni,

impegna il Governo

ad assumere iniziative al fine di stabilire un sistema di canoni più equo e progressivo, di procedere ad una classificazione delle spiagge e delle relative strutture balneari in più categorie e di regolare la procedura di pubblico incanto per l'ottenimento di nuove concessioni.
9/3262/115Della Valle.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 9-septiesdecies, demanda alle Regioni una ricognizione delle rispettive fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori;
    tale adempimento deve essere attuato entro 120 giorni dalla data di conversione in legge del decreto-legge in esame. La proposta è inviata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Agenzia del demanio, che nei 120 giorni successivi al ricevimento della proposta, attivano, per gli aspetti di rispettiva competenza, i procedimenti previsti dagli articoli 32 (Delimitazione di zone del demanio marittimo) e 35 (Esclusione di zone dal demanio marittimo) del codice della navigazione, anche convocando apposite Conferenze di servizi;
    il settore non è monitorato correttamente e lo Stato non ha una banca dati unitaria dalla quale sia possibile estrarre con certezza e in modo aggiornato sia il numero delle concessioni rilasciate sia l'ammontare dei canoni e degli indennizzi. I dati relativi ai canoni dovrebbero convergere sul Sid (sistema informativo demaniale) presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nato per dare attuazione alle previsioni del decreto legislativo n. 112 del 1998;
    il registro di catalogazione di dati non è aggiornato ed è di difficile consultazione. Le amministrazioni competenti sono inadempienti sul fronte dell'inserimento dei dati e, quindi, non è possibile fare una politica di revisione perequativa sui canoni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative al fine di stabilire un sistema di canoni più equo e progressivo, di procedere ad una classificazione delle spiagge e delle relative strutture balneari in più categorie e di regolare la procedura di pubblico incanto per l'ottenimento di nuove concessioni.
9/3262/115. (Testo modificato nel corso della seduta) Della Valle.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento in esame modifica la disposizione – di cui l'articolo 41, comma 2 del decreto-legge n. 66 del 2014 – che vieta alle amministrazioni pubbliche (esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale) che registrano tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo n. 231 del 2002, di procedere nell'anno successivo ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
    la novella è volta ad escludere dal computo dei tempi medi di pagamento di cui alla citata disposizione i pagamenti effettuati mediante l'utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari messi a disposizione ai sensi dei decreti-legge n. 66 del 2014 (articolo 32, comma 2), e n. 35 del 2013 (articolo 1, commi 1 e 10);
    il 62 per cento dei contratti pubblici non rispetta i tempi di pagamento che sforano i termini di legge e vanno oltre i 60 giorni, mentre, in un appalto su due l'amministrazione pubblica «suggerisce» all'impresa di rallentare l'emissione delle fatture, in modo da diluire anche i saldi;
    a due di distanza dall'arrivo delle nuove regole che impongono pagamenti a 30 giorni (e, solo in casi eccezionali, fino a un massimo di 60), sono ancora poche le amministrazioni che si sono allineate e riescono a pagare nei tempi stringenti richiesti dalla direttiva europea e dal decreto italiano di recepimento (decreto legislativo n. 192 del 2012), in vigore, appunto, per i contratti firmati dal primo gennaio 2013; la «maglia nera» resta alla sanità (225 giorni di ritardo, mentre in edilizia i tempi medi di attesa si attestano a 146 giorni con una prima diminuzione proprio nel 2013),

impegna il Governo

a valutare la necessità, visto il periodo di crisi attraversato dall'intero Paese, di dare la precedenza, nei pagamenti, al tessuto delle piccole e medie imprese che vive un momento di grande sofferenza.
9/3262/116Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1-quinquies, prevede che, al fine di realizzare progetti di valorizzazione riconosciuti di interesse comune fra più amministrazioni pubbliche, la variazione a titolo non oneroso dell'assetto proprietario del Parco di Monza tra enti pubblici sia operata in regime di esenzione fiscale;
    vi è mancanza di chiarezza all'interno dell'articolo 1-quinquies citato, ove si indica l'esenzione fiscale riguardante la variazione a titolo non oneroso dell'assetto proprietario del Parco di Monza, in merito alle tipologie di progetti di valorizzazione riconosciuti di interesse comune fra più amministrazioni pubbliche;
    il regime di esenzione fiscale per la variazione a titolo non oneroso dell'assetto proprietario del Parco di Monza è stato fortemente auspicato da Regione Lombardia, al fine di poter entrare nella proprietà del Parco con l'intento di investire 20 milioni di euro nel complesso «Parco/Villa/Autodromo»,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative di competenza affinché i sopra citati 20 milioni di euro siano destinati esclusivamente per progetti legati alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle aree a fruizione pubblica del Parco di Monza.
9/3262/117Chimienti, Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1-quinquies prevede che, al fine di realizzare progetti di valorizzazione riconosciuti di interesse comune fra più amministrazioni pubbliche, la variazione a titolo non oneroso dell'assetto proprietario del Parco di Monza tra enti pubblici sia operata in regime di esenzione fiscale;
    vi è mancanza di chiarezza all'interno dell'articolo 1-quinquies citato, ove si indica l'esenzione fiscale riguardante la variazione a titolo non oneroso dell'assetto proprietario del Parco di Monza, in merito alle tipologie di progetti di valorizzazione riconosciuti di interesse comune fra più amministrazioni pubbliche;
    il regime di esenzione fiscale per la variazione a titolo non oneroso dell'assetto proprietario del Parco di Monza è stato fortemente auspicato da Regione Lombardia, al fine di poter entrare nella proprietà del Parco con l'intento di investire 20 milioni di euro nel complesso «Parco/Villa/Autodromo»,

impegna il Governo

ad adottare nell'ambito della prossima manovra di finanza pubblica le opportune iniziative volte ad affrontare la crisi finanziaria della provincia di Monza e Brianza, salvaguardando i dipendenti pubblici dell'ente, le scuole secondarie della Provincia in questione e assicurando la corretta manutenzione stradale sempre della medesima Provincia.
9/3262/118Tripiedi, Rampi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1-quinquies prevede che, al fine di realizzare progetti di valorizzazione riconosciuti di interesse comune fra più amministrazioni pubbliche, la variazione a titolo non oneroso dell'assetto proprietario del Parco di Monza tra enti pubblici sia operata in regime di esenzione fiscale;
    vi è mancanza di chiarezza all'interno dell'articolo 1-quinquies citato, ove si indica l'esenzione fiscale riguardante la variazione a titolo non oneroso dell'assetto proprietario del Parco di Monza, in merito alle tipologie di progetti di valorizzazione riconosciuti di interesse comune fra più amministrazioni pubbliche;
    il regime di esenzione fiscale per la variazione a titolo non oneroso dell'assetto proprietario del Parco di Monza è stato fortemente auspicato da Regione Lombardia, al fine di poter entrare nella proprietà del Parco con l'intento di investire 20 milioni di euro nel complesso «Parco/Villa/Autodromo»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare nell'ambito della prossima manovra di finanza pubblica le opportune iniziative volte ad affrontare la crisi finanziaria della provincia di Monza e Brianza, salvaguardando i dipendenti pubblici dell'ente, le scuole secondarie della Provincia in questione e assicurando la corretta manutenzione stradale sempre della medesima Provincia.
9/3262/118. (Testo modificato nel corso della seduta) Tripiedi, Rampi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1-quinquies prevede che, al fine di realizzare progetti di valorizzazione riconosciuti di interesse comune fra più amministrazioni pubbliche, la variazione a titolo non oneroso dell'assetto proprietario del Parco di Monza tra enti pubblici sia operata in regime di esenzione fiscale;
    vi è mancanza di chiarezza all'interno dell'articolo 1-quinquies citato, ove si indica l'esenzione fiscale riguardante la variazione a titolo non oneroso dell'assetto proprietario del Parco di Monza, in merito alle tipologie di progetti di valorizzazione riconosciuti di interesse comune fra più amministrazioni pubbliche;
    il regime di esenzione fiscale per la variazione a titolo non oneroso dell'assetto proprietario del Parco di Monza è stato fortemente auspicato da Regione Lombardia, al fine di poter entrare nella proprietà del Parco con l'intento di investire 20 milioni di euro nel complesso «Parco/Villa/Autodromo»,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative di competenza affinché almeno la metà dei sopra citati 20 milioni di euro sia destinata esclusivamente per progetti legati alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle aree a fruizione pubblica del Parco di Monza.
9/3262/119Ciprini, Tripiedi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo,
    preso atto della possibilità consentita al Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi della economia agraria, CREA, di accedere ad anticipazioni di liquidità nel limite massimo di 20 milioni di euro per l'anno 2015, per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2014, derivanti dall'avvenuta incorporazione dell'istituto nazionale di economia agraria, come disposto dalla legge n. 190 del 2014;
    visto che all'erogazione della somma anzidetta si provvede a seguito di presentazione da parte del CREA di un piano dei pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2014 e di misure idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell'anticipazione di liquidità maggiorata degli interessi, verificate da apposito tavolo tecnico cui partecipano l'ente, i ministeri vigilanti e il ministero dell'economia e delle finanze;
    ritenuto che il piano di cui in parola vada sottoposto alle competenti commissioni parlamentari ai fini dell'espressione di un parere, considerata la situazione finanziaria in cui da sempre versano gli enti controllati dal ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ed in particolare l'INEA,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di trasmettere alle Commissioni parlamentari competenti il piano di cui all'articolo 8, comma 4-ter, lettera a) del provvedimento in parola.
9/3262/120Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    si valuta con favore la proroga, senza applicazione di sanzioni ed interessi, al 30 ottobre 2015, del termine di pagamento dell'imposta municipale propria sui terreni agricoli di cui al comma 5 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
    si ritengono tuttavia estremamente penalizzanti per il comparto primario le disposizioni introdotte in materia di imposta municipale sperimentale e si considera l'urgenza di una revisione generale della normativa in materia di fiscalità agricola, e in particolare di IMU rurale, al fine di disporne l'esenzione a regime per i terreni agricoli;
    preso atto delle difficoltà in cui versa il comparto primario nonostante il trend positivo che fa registrare con riferimento alla crescita dell'occupazione e dell’export,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a disporre l'ulteriore proroga al 31 dicembre 2015 del termine di pagamento dell'imposta municipale propria sui terreni agricoli al fine di sostenere la ripresa economica del settore primario.
9/3262/121Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    si valuta con favore la proroga, senza applicazione di sanzioni ed interessi, al 30 ottobre 2015, del termine di pagamento dell'imposta municipale propria sui terreni agricoli di cui al comma 5 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
    ritenute tuttavia estremamente penalizzanti per il comparto primario le disposizioni introdotte in materia di imposta municipale sperimentale e considerata l'urgenza di una revisione generale della normativa in materia di fiscalità agricola, e in particolare di IMU rurale, al fine di disporne l'esenzione a regime per i terreni agricoli;
    preso atto delle difficoltà in cui versa il comparto primario nonostante il trend positivo che fa registrare con riferimento alla crescita dell'occupazione e dell’export,

impegna il Governo

a disporre attraverso l'adozione di ulteriori iniziative normative, l'esenzione a regime dall'imposta municipale propria sui terreni agricoli.
9/3262/122Benedetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 3262, approvato dal Senato, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante «Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali» interviene sulla funzionalità degli enti territoriali mediante interventi di natura finanziaria, sanitaria, sul personale dipendente e sull'erogazione dei servizi di competenza, nonché mediante specifiche misure in favore dei territori colpiti da calamità naturali;
    l'articolo 9 comma 8 autorizza il fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie ad anticipare gli oneri derivanti dalle sentenze di condanna a sanzioni pecuniarie inflitte dalla Corte di giustizia europea e successivamente a rivalersi sulle amministrazioni responsabili delle violazioni, anche tramite compensazione con i finanziamenti loro assegnati per interventi comunitari,

impegna il Governo

per quanto di sua competenza, ad accertarsi che nel contesto della procedura di rivalsa per reintegro delle somme anticipate dal Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie per l'esecuzione delle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea in caso di violazioni imputabili ad amministrazioni regionali o locali, si facciano salvi i fondi per interventi comunitari atti a migliorare i servizi sociali, lo stato dell'occupazione e il sostegno al reddito.
9/3262/123Battelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 3262, approvato dal Senato, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante «Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali» interviene sulla funzionalità degli enti territoriali mediante interventi di natura finanziaria, sanitaria, sul personale dipendente e sull'erogazione dei servizi di competenza, nonché mediante specifiche misure in favore dei territori colpiti da calamità naturali;
    l'articolo 9 comma 8 autorizza il fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie ad anticipare gli oneri derivanti dalle sentenze di condanna a sanzioni pecuniarie inflitte dalla Corte di giustizia europea e successivamente a rivalersi sulle amministrazioni responsabili delle violazioni, anche tramite compensazione con i finanziamenti loro assegnati per interventi comunitari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, per quanto di sua competenza, di accertarsi che nel contesto della procedura di rivalsa per reintegro delle somme anticipate dal Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie per l'esecuzione delle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea in caso di violazioni imputabili ad amministrazioni regionali o locali, si facciano salvi i fondi per interventi comunitari atti a migliorare i servizi sociali, lo stato dell'occupazione e il sostegno al reddito.
9/3262/123. (Testo modificato nel corso della seduta) Battelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede una serie di misure che intervengono direttamente su materie di bilancio relative agli enti locali, prevedendo misure relative a:
     allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno;
     mobilità del personale delle Province e Polizia provinciale;
     stanziamento di una dote aggiuntiva di 2 miliardi per il pagamento dei debiti della PA;
     contributo di 530 milioni per il finanziamento del Fondo di compensazione Imu-Tasi;
     differimento, dal 30 giugno al 30 settembre 2015, dell'entrata in vigore della clausola di salvaguardia (prevista in caso di mancata autorizzazione da parte della Ue del meccanismo del reverse charge dell'IVA nel settore della grande distribuzione) con conseguente stop all'aumento delle accise sui carburanti;
     disposizioni per i territori dei comuni Abruzzesi colpiti dal Sisma del 2009 e dei territori dell'Emilia-Romagna e della Lombardia colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
    l'articolo 7, comma 9 del provvedimento in oggetto introduce all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, il comma 654-bis, disponendo che «Tra le componenti di costo vanno considerati anche gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonché al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)»;
    la tariffa di igiene ambientale rappresenta applicazione immediata del principio «chi inquina paga» in tema di gestione integrata dei rifiuti,

impegna il Governo

a prevedere ulteriori misure di carattere fiscale al fine di dare attuazione ai principii comunitari della «prevenzione» nonché del «chi inquina paga» in ossequio alla direttiva 2008/8/CE sui rifiuti.
9/3262/124Fraccaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede una serie di misure che intervengono direttamente su materie di bilancio relative agli enti locali, prevedendo misure relative a:
     allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno;
     mobilità del personale delle Province e Polizia provinciale;
     stanziamento di una dote aggiuntiva di 2 miliardi per il pagamento dei debiti della PA;
     contributo di 530 milioni per il finanziamento del Fondo di compensazione Imu-Tasi;
     differimento, dal 30 giugno al 30 settembre 2015, dell'entrata in vigore della clausola di salvaguardia (prevista in caso di mancata autorizzazione da parte della Ue del meccanismo del reverse charge dell'IVA nel settore della grande distribuzione) con conseguente stop all'aumento delle accise sui carburanti;
     disposizioni per i territori dei comuni Abruzzesi colpiti dal Sisma del 2009 e dei territori dell'Emilia-Romagna e della Lombardia colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
    l'articolo 7, comma 9 del provvedimento in oggetto introduce all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, il comma 654-bis, disponendo che «Tra le componenti di costo vanno considerati anche gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonché al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)»;
    la tariffa di igiene ambientale rappresenta applicazione immediata del principio «chi inquina paga» in tema di gestione integrata dei rifiuti,

impegna il Governo

a prevedere ulteriori misure volte a favorire il riciclo ed ogni altra forma di recupero di materia.
9/3262/125Fico.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, prevede all'articolo 15 il funzionamento dei servizi per l'impiego e delle connesse funzioni amministrative inerenti alle politiche attive per il lavoro;
    in particolare, si prevede la conclusione di un accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome, relativo ad un piano di rafforzamento dei servizi per l'impiego ai fini dell'erogazione delle politiche attive mediante l'impiego coordinato di fondi nazionali e regionali, nonché delle risorse di programmi operativi cofinanziati dai fondi europei;
    la qualità dei servizi offerti dai Centri per l'impiego italiani è nel complesso ampiamente insoddisfacente, nonostante alcune positive eccezioni, collocate in particolari aree del Paese;
    i Centri per l'impiego intermediano appena 1'1,6 per cento della nuova manodopera (dati Istat, 2012). Tre giovani NEET su quattro non hanno avuto contatto con i Centri per l'impiego negli ultimi sette mesi, mentre tra coloro che ad essi si sono rivolti, più della metà lo hanno fatto (nel medesimo arco temporale) con un unico contatto;
    dai confronti internazionali sulla ripartizione della spesa per le politiche del lavoro, emerge che il livello di investimenti pubblici nei Servizi per l'inserimento nel mercato del lavoro si colloca sensibilmente al di sotto della media europea (appena un quinto). Inferiore alla media europea (sebbene in termini assai meno evidenti) risulta anche la spesa per Politiche attive, mentre la spesa per Integrazioni al reddito e, in particolare, la spesa per Pensionamenti anticipati, sopravanzano la media europea;
    le difficoltà dei Centri per l'impiego si legano alla grave carenza di personale (appena 7.500 addetti, molti dei quali precari, a fronte dei 77.000 della Gran Bretagna e i 115.000 della Germania), a un quadro di competenze normative e amministrative disarticolato (strutturato su tre livelli – Stato, regioni e Province – e, soprattutto, segnato dalla mancanza di un soggetto a livello nazionale con funzioni di coordinamento dell'intero sistema), alla scarsa interoperabilità degli uffici, alla mancanza di un efficace raccordo con gli altri operatori pubblici (scuola, università) e privati (agenzie per il lavoro e sistema della bilateralità);
    al fine di garantire il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni, la continuità e il rafforzamento dei servizi erogati dai centri per l'impiego, anche attraverso l'incremento di personale dei servizi per l'impiego,

impegna il Governo:

   ad adottare opportune iniziative, assegnando eventualmente all'Osservatorio nazionale sull'attuazione della legge 8 aprile 2014, n. 56, il compito di monitorare, previo accordo in sede di Conferenza unificata, la dotazione organica dei centri per l'impiego e degli enti strumentali, certificando i costi del personale in servizio a tempo indeterminato e a tempo determinato, nonché derivante dall'assunzione di personale aggiuntivo;
   ad adottare ulteriori misure legislative che possano individuare e attribuire le quote parte di risorse derivanti dal fondo sociale per l'occupazione e la formazione, di cui all'articolo 18, comma 1 a), decreto-legge n. 185 del 2008, convertito nella legge n. 2 del 2009, e dal fondo sull'obbligo di frequenza delle attività formative, di cui all'articolo 68, comma 4, lettera a), della legge n. 144 del 1999, per garantire adeguati percorsi formativi al personale già in servizio e da assumere alle dipendenze dei Centri per l'impiego.
9/3262/126Lombardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, prevede all'articolo 15 il funzionamento dei servizi per l'impiego e delle connesse funzioni amministrative inerenti alle politiche attive per il lavoro;
    in particolare, si prevede la conclusione di un accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome, relativo ad un piano di rafforzamento dei servizi per l'impiego ai fini dell'erogazione delle politiche attive mediante l'impiego coordinato di fondi nazionali e regionali, nonché delle risorse di programmi operativi cofinanziati dai fondi europei;
    la qualità dei servizi offerti dai Centri per l'impiego italiani è nel complesso ampiamente insoddisfacente, nonostante alcune positive eccezioni, collocate in particolari aree del Paese;
    i Centri per l'impiego intermediano appena 1'1,6 per cento della nuova manodopera (dati Istat, 2012). Tre giovani NEET su quattro non hanno avuto contatto con i Centri per l'impiego negli ultimi sette mesi, mentre tra coloro che ad essi si sono rivolti, più della metà lo hanno fatto (nel medesimo arco temporale) con un unico contatto;
    dai confronti internazionali sulla ripartizione della spesa per le politiche del lavoro, emerge che il livello di investimenti pubblici nei Servizi per l'inserimento nel mercato del lavoro si colloca sensibilmente al di sotto della media europea (appena un quinto). Inferiore alla media europea (sebbene in termini assai meno evidenti) risulta anche la spesa per Politiche attive, mentre la spesa per Integrazioni al reddito e, in particolare, la spesa per Pensionamenti anticipati, sopravanzano la media europea;
    le difficoltà dei Centri per l'impiego si legano alla grave carenza di personale (appena 7.500 addetti, molti dei quali precari, a fronte dei 77.000 della Gran Bretagna e i 115.000 della Germania), a un quadro di competenze normative e amministrative disarticolato (strutturato su tre livelli – Stato, regioni e Province – e, soprattutto, segnato dalla mancanza di un soggetto a livello nazionale con funzioni di coordinamento dell'intero sistema), alla scarsa interoperabilità degli uffici, alla mancanza di un efficace raccordo con gli altri operatori pubblici (scuola, università) e privati (agenzie per il lavoro e sistema della bilateralità);
    al fine di garantire il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni, la continuità e il rafforzamento dei servizi erogati dai centri per l'impiego, anche attraverso l'incremento di personale dei servizi per l'impiego,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative, assegnando eventualmente all'Osservatorio nazionale sull'attuazione della legge 8 aprile 2014, n. 56, il compito di monitorare, previo accordo in sede di Conferenza unificata, la dotazione organica dei centri per l'impiego e degli enti strumentali, certificando i costi del personale in servizio a tempo indeterminato e a tempo determinato, nonché derivante dall'assunzione di personale aggiuntivo;
   a valutare l'opportunità di adottare ulteriori misure legislative che possano individuare e attribuire le quote parte di risorse derivanti dal fondo sociale per l'occupazione e la formazione, di cui all'articolo 18, comma 1 a), decreto-legge n. 185 del 2008, convertito nella legge n. 2 del 2009, e dal fondo sull'obbligo di frequenza delle attività formative, di cui all'articolo 68, comma 4, lettera a), della legge n. 144 del 1999, per garantire adeguati percorsi formativi al personale già in servizio e da assumere alle dipendenze dei Centri per l'impiego.
9/3262/126. (Testo modificato nel corso della seduta) Lombardi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge di Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali;
   considerato che:
    nella giornata di mercoledì 8 luglio 2015 una tromba d'aria si è violentemente abbattuta nella Regione Veneto sull'area compresa tra le città di Dolo, Pianiga e Mira, causando danni ingenti sia agli edifici pubblici, sia in particolar modo a quelli privati e alle attività imprenditoriali e commerciali della zona;
    tali eventi, accompagnati da violente precipitazioni piovoso e grandine, hanno provocato una vittima e numerosi feriti, oltre ai fortissimi disagi subiti dalle popolazioni interessate, a causa dell'isolamento di alcuni edifici e all'evacuazione di circa seicento persone dalle loro abitazioni;
    in conseguenza di tali disastrosi eventi, con delibera del Consiglio dei ministri n. 74 del 17 giugno 2015, è stato dichiarato lo stato di emergenza e sono stati altresì stanziati, per l'attuazione dei primi interventi, e nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, 2 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali;
    la Regione Veneto, a fronte dei danni certificati causati dalla tromba d'aria, ha avanzato richiesta al Governo di 91,4 milioni di euro, necessari per le opere di ricostruzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le opportune disposizioni in materia di adempimenti tributari e contributivi a favore dei comuni danneggiati, che prevedano, in particolare, la sospensione delle rate dei mutui relativi a edifici distrutti, inagibili o inabitabili, per i soggetti residenti o aventi sede legale in uno dei comuni colpiti dalla tromba d'aria, previa presentazione di autocertificazione dei danni subiti.
9/3262/127Castelli, Cozzolino, Brugnerotto, Benedetti, Spessotto, D'Incà, Da Villa, Businarolo, Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge di Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali;
   considerato che:
    nella giornata di mercoledì 8 luglio 2015 una tromba d'aria si è violentemente abbattuta nella Regione Veneto sull'area compresa tra le città di Dolo, Pianiga e Mira, causando danni ingenti sia agli edifici pubblici, sia in particolar modo a quelli privati e alle attività imprenditoriali e commerciali della zona;
    tali eventi, accompagnati da violente precipitazioni piovoso e grandine, hanno provocato una vittima e numerosi feriti, oltre ai fortissimi disagi subiti dalle popolazioni interessate, a causa dell'isolamento di alcuni edifici e all'evacuazione di circa seicento persone dalle loro abitazioni;
    in conseguenza di tali disastrosi eventi, con delibera del Consiglio dei ministri n. 74 del 17 giugno 2015, è stato dichiarato lo stato di emergenza e sono stati altresì stanziati, per l'attuazione dei primi interventi, e nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, 2 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali;
    la Regione Veneto, a fronte dei danni certificati causati dalla tromba d'aria, ha avanzato richiesta al Governo di 91,4 milioni di euro, necessari per le opere di ricostruzione,

impegna il Governo

ad estendere agli anni 2016 e 2017 la riduzione degli obiettivi del patto di stabilità interno in favore dei comuni di Dolo, Pianiga e Mira.
9/3262/128Caso, Spessotto, Cozzolino, Brugnerotto, Benedetti, D'Incà, Da Villa, Businarolo, Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge di Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali;
   considerato che:
    nella giornata di mercoledì 8 luglio 2015 una tromba d'aria si è violentemente abbattuta nella Regione Veneto sull'area compresa tra le città di Dolo, Pianiga e Mira, causando danni ingenti sia agli edifici pubblici, sia in particolar modo a quelli privati e alle attività imprenditoriali e commerciali della zona;
    tali eventi, accompagnati da violente precipitazioni piovoso e grandine, hanno provocato una vittima e numerosi feriti, oltre ai fortissimi disagi subiti dalle popolazioni interessate, a causa dell'isolamento di alcuni edifici e all'evacuazione di circa seicento persone dalle loro abitazioni;
    in conseguenza di tali disastrosi eventi, con delibera del Consiglio dei ministri n. 74 del 17 giugno 2015, è stato dichiarato lo stato di emergenza e sono stati altresì stanziati, per l'attuazione dei primi interventi, e nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, 2 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali;
    la Regione Veneto, a fronte dei danni certificati causati dalla tromba d'aria, ha avanzato richiesta al Governo di 91,4 milioni di euro, necessari per le opere di ricostruzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere agli anni 2016 e 2017 la riduzione degli obiettivi del patto di stabilità interno in favore dei comuni di Dolo, Pianiga e Mira.
9/3262/128. (Testo modificato nel corso della seduta) Caso, Spessotto, Cozzolino, Brugnerotto, Benedetti, D'Incà, Da Villa, Businarolo, Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento approvato all'articolo 11, comma 1, prevede che «Ai fini della certificazione antimafia di cui all'articolo 67-quater, comma 8, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, è consentito il ricorso all'autocertificazione ai sensi dell'articolo 89 del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159»;
    si segnala la pericolosità di una tale previsione normativa;
    nel successivo comma 6, sempre all'articolo 11, si specifica che viene «Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1656 del codice civile, le imprese affidatarie possono ricorrere al subappalto per le lavorazioni della categoria prevalente nei limiti della quota parte del trenta per cento dei lavori». Si segnala che i funzionari della Camera dei deputati del servizio studi, redigendo il dossier in ordine al comma 6 dell'articolo 11 avvertano in esordio che, con riguardo alla ricostruzione in Abruzzo, è fatto «salvo quanto previsto dall'articolo 1656 del codice civile», con ciò segnalando che si sta derogando implicitamente alla norma ordinaria in quanto con la legge approvata si consente di sostituire alla previa autorizzazione dei subappalti da parte del committente, prevista dal codice civile, la semplice comunicazione da parte dell'appaltatore al committente stesso,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere il ripristino della norma vigente sino al 3 agosto 2015 in materia di certificazione antimafia, superando le deroghe introdotte con il provvedimento approvato, e ripristinare allo stesso modo le norme contenute nell'articolo 1656 del codice civile in materia di appalti superando le deroghe contenute sempre nella legge appena approvata.
9/3262/129Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 78 del 2015 recante «Disposizioni urgenti in materia di enti locali», varato dopo molti mesi di attesa, rappresenta una risposta molto limitata e parziale alla grave situazione di crisi istituzionale e finanziaria in cui versa il comparto degli enti locali;
    Comuni, Province e Città Metropolitane sono infatti oggi impegnati nella complessa attuazione della riforma degli enti locali, (cosiddetta riforma Delrio), varata con legge n. 56 del 2014, che istituisce le Città metropolitane e allo stesso tempo non abolisce le Province, ma le trasforma in enti di secondo grado, attribuendo a tali enti funzioni fondamentali ben determinate, ed imponendo l'avvio di un imponente processo di riordino da parte dello Stato e delle Regioni delle restanti funzioni;
    tale processo di riordino è sostanzialmente fermo e richiederà tempi diversi da quelli immaginati dal Governo, mentre la legge di stabilità 2015, ha già imposto a Province e Città metropolitane un prelievo di un miliardo di euro per il 2015, 2 miliardi per il 2016 e 3 miliardi per il 2017 mettendo a serio rischio il mantenimento dell'erogazione dei servizi essenziali ai cittadini e la stessa tenuta sociale dei territori;
    vengono messi a rischio servizi per i cittadini come la manutenzione degli oltre 100 mila chilometri di strade di competenza provinciale ovvero la manutenzione e la gestione di migliaia di plessi scolastici;
    la stessa legge di stabilità 2015 ha imposto alle Città metropolitane una riduzione della spesa per il personale del 30 per cento e alle Province addirittura del 50 per cento, con evidente grave preoccupazione per la sorte di circa 20.000 dipendenti pubblici vincitori di concorso, per i quali, a causa dei ritardi della emanazione dei provvedimenti attuativi da parte dello stesso Governo, il processo di mobilità ancora, di fatto, non è nemmeno iniziato;
    oltre agli evidenti disservizi nell'immediato, la sostanziale conferma del taglio alle province contenuta nel decreto-legge n. 78, all'articolo 1, comma 10, porterà un numero significativo di enti verso il default già nel 2015, e la totalità tra il 2016 e il 2017, con conseguente rischio di mancato pagamento degli stipendi dei dipendenti e delle imprese fornitrici di beni e servizi;
    il contributo pari a 90 milioni di euro garantito per i centri per l'impiego risulta inadeguato e insufficiente, a fronte del costo totale pari a circa 600 milioni di euro, di cui 230 investiti per il personale;
    la disposizione di cui all'articolo 16, comma 1-quater, del decreto-legge in esame, sui beni culturali delle province, presenta dei profili di incostituzionalità laddove prevede che gli immobili demaniali di proprietà delle province adibiti a sede o deposito degli archivi storici possano passare allo Stato, nel momento in cui tali enti sono ancora previsti in Costituzione e godono quindi di una protezione costituzionale sul patrimonio;
    un processo efficace ed organico di riforma degli enti territoriali sarebbe dovuto partire da una revisione costituzionale in grado di affrontare tutti i livelli di governo, cominciando dalle regioni che oggi non rispondono, in particolare nei poteri e nelle funzioni, ad un modello organizzativo efficiente e razionale, e che certamente andrebbero riviste anche nel loro numero e nella loro estensione territoriale;
    la spesa pubblica primaria italiana è pari a circa 740 miliardi di euro, di cui 320 miliardi riguardano gli enti previdenziali; 190 miliardi le amministrazioni centrali dello Stato; 138 miliardi le Regioni; 61 miliardi le amministrazioni comunali; 9 miliardi dalle province; i restanti 21 miliardi Università e altri enti/aziende locali (rapporto Cottarelli). Pertanto è evidente che la spesa pubblica italiana è rappresentata dai Comuni per un valore inferiore all'8 per cento e dalle Province per un valore di circa l'1 per cento;
    sebbene siano ancora possibili risparmi ed efficientamenti della spesa, appare evidente anche dai macro numeri che l'azione di risanamento e riduzione debba essere rivolta con determinazione verso le amministrazioni (Ministeri, Aziende centrali e Regioni) che rappresentano di gran lunga le centrali di spesa maggiori, e che sono certamente in grado di consentire margini di recupero ed efficienza adeguati;
    con i tagli effettuati nel corso di questi ultimi anni, pari ad oltre 8 miliardi di euro, le amministrazioni comunali, pur di continuare ad erogare servizi essenziali ai cittadini, sono state costrette (come rilevato con allarme nei giorni scorsi dalla Corte dei Conti) ad aumentare la tassazione locale (per una media del 22 per cento) fino ad un livello giudicato ormai insostenibile dai contribuenti;
    il decreto-legge in esame, come già avvenuto con altri provvedimenti, si è trasformato quasi esclusivamente in una manovra di finanza pubblica, e, nella versione emendata al Senato, come sottolinea anche il Dossier della Camera n. 94 del 30 luglio 2015, «contiene norme che, in alcuni casi, afferiscono ad ambiti materiali diversi rispetto a quelli indicati nel titolo del decreto-legge e, in altri casi, seppur riconducibili alla materia indicata nel titolo del decreto-legge, risultano estranei rispetto agli oggetti dell'intervento d'urgenza»;
    il provvedimento in esame, approvato in data 28 luglio dal Senato, ha avviato il 30 luglio l'iter in commissione Bilancio della Camera, presentandosi sostanzialmente come «blindato» nella sua formulazione: era stato infatti già fissato in Aula il voto di fiducia per il 4 agosto, senza consentire in alcun modo a questo ramo del Parlamento la possibilità di apportare modifiche e miglioramenti al testo,

impegna il Governo

   a garantire un processo organico di riforma degli enti territoriali, che investa tutti i livelli di governo locale, partendo dalla indispensabile revisione del Testo Unico degli enti locali e dalla necessaria riduzione degli enti strumentali, in attuazione della espressa previsione dell'articolo 1, comma 90, della legge 56/2014, che prevede la soppressione degli enti regionali e statali che eroghino servizi di rilevanza economica, e l'attribuzione delle rispettive funzioni alle Province;
   ad emanare i necessari provvedimenti attuativi, e a monitorare attentamente la corretta attuazione della legge n. 56 del 2014 da parte delle regioni, prevedendo eventualmente sanzioni in caso di inadempimento, per agevolare una maggiore adesione alla riforma;
   a prevedere nell'ambito della prossima manovra di bilancio che agli enti locali vengano assicurate risorse adeguate alle funzioni assegnate, al fine di evitare interruzioni o gravi disfunzioni nell'erogazione dei servizi ai cittadini;
   a tutelare con la massima priorità i diritti dei dipendenti delle province coinvolti nel forzoso processo di mobilità, che dovranno essere adeguatamente ricollocati nella pubblica amministrazione senza rischio di perdere il posto di lavoro e i diritti maturati;
   ad assicurare un adeguato livello di risorse per il funzionamento dei centri per l'impiego, che sono ancora a carico delle Province con un costo totale pari a 600 milioni di euro, di cui 230 per il personale (6.500 unità), prevedendo anche l'utilizzo dei fondi comunitari stanziati nei PON e POR;
   più in generale, a destinare, nei nuovi programmi operativi nazionali 2014-2020, una quota di risorse per il sostegno alle politiche di riforma e riorganizzazione degli enti locali.
9/3262/130Russo, Palese, Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 78 del 2015 recante «Disposizioni urgenti in materia di enti locali», varato dopo molti mesi di attesa, rappresenta una risposta molto limitata e parziale alla grave situazione di crisi istituzionale e finanziaria in cui versa il comparto degli enti locali,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di:
    garantire un processo organico di riforma degli enti territoriali, che investa tutti i livelli di governo locale, partendo dalla indispensabile revisione del Testo Unico degli enti locali e dalla necessaria riduzione degli enti strumentali, in attuazione della espressa previsione dell'articolo 1, comma 90, della legge 56/2014, che prevede la soppressione degli enti regionali e statali che eroghino servizi di rilevanza economica, e l'attribuzione delle rispettive funzioni alle Province;
    emanare i necessari provvedimenti attuativi, e a monitorare attentamente la corretta attuazione della legge n. 56 del 2014 da parte delle regioni, prevedendo eventualmente sanzioni in caso di inadempimento, per agevolare una maggiore adesione alla riforma;
    prevedere nell'ambito della prossima manovra di bilancio che agli enti locali vengano assicurate risorse adeguate alle funzioni assegnate, al fine di evitare interruzioni o gravi disfunzioni nell'erogazione dei servizi ai cittadini;
    tutelare con la massima priorità i diritti dei dipendenti delle province coinvolti nel forzoso processo di mobilità, che dovranno essere adeguatamente ricollocati nella pubblica amministrazione senza rischio di perdere il posto di lavoro e i diritti maturati;
    assicurare un adeguato livello di risorse per il funzionamento dei centri per l'impiego, che sono ancora a carico delle Province con un costo totale pari a 600 milioni di euro, di cui 230 per il personale (6.500 unità), prevedendo anche l'utilizzo dei fondi comunitari stanziati nei PON e POR;
    più in generale, destinare, nei nuovi programmi operativi nazionali 2014-2020, una quota di risorse per il sostegno alle politiche di riforma e riorganizzazione degli enti locali.
9/3262/130. (Testo modificato nel corso della seduta) Russo, Palese, Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9-octies, del decreto-legge n. 78 del 2015, dispone che «Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono al conseguimento degli obiettivi di cui agli articoli da 9-bis a 9-septies del presente decreto secondo le procedure previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione»;
    nel corso del quinquennio 2011-2015, le Regioni si sono viste decurtare risorse pari complessivamente a 2,6 mln di euro. Per le Regioni a statuto speciale, in particolar modo, disposizioni molto severe, in ambito di spending review, sono state stabilite dal decreto legge n. 201 del 2011, cosiddetto «Salva Italia», che ha ridotto i trasferimenti alle Regioni a statuto speciale di 920 milioni di euro;
    la legge di stabilità 2015, legge n. 190 del 2014 ha ridotto di circa 500 milioni di euro, per le Regioni a statuto speciale, le risorse destinate alla sanità, voce di spesa che rappresenta il 70 per cento dei costi sostenuti dalle Regioni;
    le conseguenze immediate per i cittadini si traducono in un aumento della leva fiscale regionale e in servizi sanitari ridotti;
    gli ulteriori tagli al fondo sanitario previsti dal decreto-legge in esame sono pari a 2,352 miliardi l'anno. I settori colpiti sono: beni e servizi – dispositivi medici, farmaceutica, prestazioni di specialistica e riabilitazione, ospedali (chiusura con meno di 40 posti letto, personale, pubblici e privati),

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi, delle disposizioni del decreto-legge in esame richiamate in premessa, anche alla luce delle riduzioni dei trasferimenti di risorse statali alle Regioni a statuto speciale già poste in essere di recente, valutando l'opportunità di escludere ogni ulteriore taglio relativo alle suddette Regioni, con particolare riguardo all'ambito sanitario.
9/3262/131Sandra Savino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5, del decreto-legge n. 78 del 2015, al comma 1 stabilisce che «il personale appartenente ai Corpi ed ai servizi di polizia provinciale di cui all'articolo 12 della legge 7 marzo 1986, n. 65, transita nei ruoli degli enti locali per lo svolgimento delle funzioni di polizia municipale»;
    la citata previsione di cui al comma 1, di fatto, interviene eliminando il ruolo di Polizia Ambientale (previsto dalle legge 277 del 1910 in materia di tutela del patrimonio forestale);
    le Polizie Provinciali vantano un patrimonio di competenze, di conoscenze e di esperienze da tutelare, in quanto organi di controllo specializzati nella difesa dell'ambiente, che operano in materia di smaltimento dei rifiuti, difesa del suolo, tutela delle acque, vigilanza ittico-venatoria e prodotti del sottobosco, lotta al bracconaggio e tutela della fauna selvatica, e solo in misura residuale impiegati nelle attività di controllo del traffico sulle strade provinciali»;
    la conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, in data 2 aprile 2015, in ordine alla propria pronuncia, rispetto allo stato di attuazione della legge n. 56 del 2014, cosiddetta legge Delrio ha sottolineato, in riferimento ai corpi di Polizia Provinciale la necessità della copertura integrale della spesa da parte dello Stato suggerendo un ulteriore intervento normativo comunque volto a garantire le attività di controllo svolte ad oggi dalla Polizia Provinciale;
    secondo dati SOSE (Soluzioni per il Sistema Economico Spa) del 2010, nella sua attività, la Polizia Provinciale ha proceduto all'accertamento di 3440 reati ambientali all'anno, alla contestazione di 27.531 sanzioni amministrative (gestione rifiuti, tutela acque e del territorio, emissioni in atmosfera, salvaguardia del patrimonio faunistico e ittico), oltre che provvedere al coordinamento di 12.330 guardie volontarie delle associazioni ambientaliste, venatorie e delle associazioni degli agricoltori;
    il ruolo sinora svolto dalle Polizie Provinciali in materia ambientale che si è concretizzato in un'azione che ha portato oltre 100.000 controlli verrebbero completamente annullate qualora il personale e il patrimonio di esperienze e conoscenze in un ambito così peculiare come quello ambientale fossero assegnate a livello degli enti locali,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni del decreto legge in esame richiamate in premessa e conseguentemente a valutare l'opportunità di salvaguardare e rafforzare le funzioni peculiari di controllo, proprie della Polizia Provinciale in ambito ambientale e agroalimentare, attraverso l'esplicita previsione del trasferimento del personale e delle specifiche funzioni alle Regioni.
9/3262/132Palese, Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    nel pomeriggio di mercoledì 8 luglio 2015, il Veneto è stato colpito da forti fenomeni temporaleschi che hanno provocato molteplici danni in diverse zone della regione;
    l'epicentro della calamità si è manifestato nei comuni di Dolo, Cazzago, Pianiga e Mira in provincia di Venezia, dove si è abbattuta una tromba d'aria che ha divelto tetti di abitazioni e fabbriche, sradicato alberi e sollevato autovetture con persone a bordo; molte autovetture sono finite all'interno dei canali e talune dimore storiche, quali una villa palladiana, hanno subito ingenti danni;
    il tragico bilancio conta una vittima e un centinaio di feriti; la calamità naturale ha inoltre devastato molte realtà imprenditoriali ed artigiane, con effetti pesantissimi in termini di danni materiali ed economici che, in alcuni casi, hanno portato al blocco dell'attività produttiva. A ciò si sommano danni «collaterali», che stanno creando situazioni di vera emergenza verso le famiglie e le persone colpite dall'evento;
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2015, all'articolo 1, comma 10-bis, stabilisce una riduzione degli obiettivi del patto di stabilità per l'anno 2015 in favore dei comuni di Dolo, Pianiga e Mira. In particolare, la norma dispone una riduzione dell'obiettivo del patto per un importo massimo complessivo di 7,5 milioni di euro, da ripartirsi tra ciascuno dei predetti comuni nei seguenti importi massimi: 5,2 milioni di euro per il comune di Dolo; 1,1 milioni di euro per il comune di Pianiga; 1,2 milioni di euro per il comune di Mira;
    il suddetto intervento non è comunque sufficiente: sono necessarie disposizioni più incisive volte innanzitutto a sospendere i termini per l'adempimento degli obblighi tributari a favore di cittadini ed imprese colpiti e fortemente danneggiati dagli eventi atmosferici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere ogni iniziativa utile a sostegno dei comuni della Riviera del Brenta colpiti dalla tromba d'aria dello scorso 8 luglio 2015, e, in particolare, a disporre, per un adeguato periodo di tempo, la sospensione dei termini dei versamenti, degli adempimenti tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nei confronti delle persone fisiche nonché dei soggetti che svolgono attività d'impresa artigianale e commerciale, che hanno subito danni alle abitazioni private, agli studi professionali e alle strutture aziendali, anche alla luce di quanto già fatto in precedenza per altri territori colpiti da calamità naturali.
9/3262/133Brunetta.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2015 ha un contenuto assai ampio ed articolato, e comprende misure che investono essenzialmente la funzionalità degli enti territoriali mediante interventi riguardanti la materia finanziaria, quella sanitaria, il personale dipendente e l'erogazione dei servizi di competenza;
    in particolare, con l'articolo 1 vengono resi meno stringenti gli obiettivi del patto di stabilità interno dei comuni per gli anni 2015-2018, concedendo agli stessi maggiori spazi finanziari per circa 100 milioni di euro rispetto alle previsioni della legge di stabilità per il 2015. Tali spazi sono destinati a sostenere spese per eventi calamitosi e interventi di messa in sicurezza (10 milioni), per interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici e del territorio (40 milioni), per l'esercizio della funzione di ente capofila (30 milioni) e per oneri derivanti da alcune tipologie di sentenze passate in giudicato (20 milioni);
    nell'ambito delle misure relative al patto di stabilità interno, nel recente passato il legislatore ha previsto per il Comune di Milano una serie di disposizioni di deroga, con riferimento alle spese sostenute per gli interventi necessari per la realizzazione dell'Expo 2015;
    nel prossimo futuro un altro Comune d'Italia, Matera, sarà impegnato a sostenere un'importante sfida a livello internazionale, in quanto designato «Capitale Europea della Cultura 2019»;
    tale investitura prevede la realizzazione di una serie di interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali e, più in generale, di attività connesse all'evento, che siano in grado di agevolare la partecipazione dei cittadini italiani ed europei, anche al fine di contribuire nel lungo periodo allo sviluppo culturale e sociale della città e dell'intero Paese;
    si rende pertanto necessario prestare la medesima attenzione e disporre interventi simili a quanto già messo in campo a favore del capoluogo lombardo, predisponendo un quadro legislativo adeguato a sostenere un programma di iniziative di promozione, di studio e di progettazione per preparare adeguatamente la città ed il territorio lucano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nei prossimi interventi legislativi, misure volte a sostenere la città di Matera nella progettazione degli interventi connessi alla designazione a «Capitale europea della Cultura 2019», e, in particolare, ad escludere dai vincoli del patto di stabilità interno tutte le spese volte alla realizzazione di interventi relativi alla manifestazione, sulla scorta di quanto avvenuto in occasione dell'Expo 2015.
9/3262/134Latronico.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, nell'ambito delle molteplicità delle materie affrontate e dell'ampio novero d'interventi concernenti principalmente gli enti territoriali, prevede all'articolo 5-bis, disposizioni di proroga al 31 dicembre 2015, per l'impiego di personale militare appartenente alle Forze armate, per compiti di vigilanza e obiettivi sensibili, come previsto inizialmente dai commi 24 e 25 del decreto-legge n. 78 del 2009 e da ultimo prorogato, fino al 30 giugno 2015, dall'articolo 5 del decreto-legge n. 7 del 2015;
    il senso d'insicurezza, causato dall'aumento dei fenomeni criminali in Italia, come risulta dai principali osservatori di comunicazione scientifica e dai più importanti istituti di ricerca socio-economica, non è mai stato così evidente e avvertito come negli ultimi anni, dalla comunità nazionale;
    il numero dei furti nelle abitazioni private, più che raddoppiato negli ultimi dieci anni, l'inarrestabile aumento degli omicidi e dei reati connessi a rapine ed estorsioni, che avvengono con frequenza giornaliera (da ultimo il delitto avvenuto lo scorso luglio a Roma), impongono a tal fine, urgenti e significative misure repressive, sia nell'ambito dell'inasprimento delle pene detentive, che sul fronte del potenziamento dei sistemi di controllo, sicurezza e vigilanza nei territori;
    l'esigenza di accrescere il livello di sicurezza dei cittadini, attraverso l'affiancamento del personale delle Forze armate all'operato svolto quotidianamente delle Forze di Polizia e dei Carabinieri, per fronteggiare le numerosissime richieste di particolari categorie del settore economico-produttivo, quali i commercianti, risulta pertanto indispensabile e non più rinviabile, per imprimere l'atteso e favorevole impulso delle condizioni di convivenza civile e di sicurezza dei cittadini a garanzia dei territori urbani, mai così trascurati e abbandonati come negli ultimi anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi interventi legislativi, misure finalizzate all'impiego delle Forze armate, per il contrasto al fenomeno dei furti nelle abitazioni private e ai reati di rapine nelle abitazioni, negli esercizi commerciali e in pubblica via, da affiancare all'operato delle Forze di polizia, le cui difficoltà legate alla persistente insufficienza del numero del personale a livello nazionale, nonché delle gravi falle del sistema giudiziario, (legate alle pene detentive per gli arrestati processati per direttissima, moltissimi dei quali anche recidivi), indubbiamente limitate, accrescono i livelli emergenziali del fenomeno esposto in premessa, la cui recrudescenza provoca contraccolpi non solo a livello economico, ma anche psicologico per le vittime.
9/3262/135Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione reca una serie di interventi di carattere ordinamentale che afferiscono a molteplici materie, in particolare rivolte agli enti locali, la cui pluralità di questioni attinenti la realtà dei medesimi enti territoriali, è finalizzata alla soluzione di problemi rimasti aperti a seguito dell'approvazione dell'ultima legge di stabilità;
    al riguardo, nell'ambito delle numerose misure d'intervento di carattere localistico, riguardante gli enti territoriali, l'articolo 16-quater, estende ai comuni della Calabria interessati da procedure di stabilizzazione di lavoratori socialmente utili, le deroghe già previste dalla disciplina vigente, che consentono di procedere alla stabilizzazione con contratti a tempo determinato, anche nel caso di utilizzazione di finanziamenti regionali, stabilendo che la copertura finanziaria sia disposta a carico del bilancio regionale, mediante apposita legge della regione Calabria;
    il complesso e articolato impianto normativo del medesimo provvedimento, include inoltre, disposizioni in favore della regione Siciliana, attribuendole con i commi 13-octies, novies, decies e undecies dell'articolo 8, un contributo di 200 milioni di euro, anche al fine di tener conto del minor gettito derivante alla Regione dalle modifiche della disciplina della riscossione dell'IRPEF, nonché disposizioni in tema di assegnazione di gettito IRPEF, che fanno riferimento alla disciplina sull'equilibrio finanziario della regione stabilita dall'articolo 11 del decreto-legge n. 35 del 2013;
    la medesima regione Siciliana, così come quella calabrese nei confronti della quale, il decreto-legge in esame, come in precedenza richiamato, dispone in materia di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, è anch'essa interessata da una platea di soggetti precari che svolgono da numerosi anni, la propria attività professionale in diversi ambiti dell'amministrazione regionale, con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, i cui numerosi interventi di proroga, da ultimo il comma 268 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), pongono l'esigenza di disciplinare in maniera organica il bacino dei lavoratori socialmente utili, attraverso una soluzione strutturale in grado di stabilizzarne il contratto di lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di definire nell'ambito della prossima manovra di bilancio, un intervento legislativo ad hoc, finalizzato ad offrire una definitiva soluzione strutturale, attraverso l'introduzione di procedure per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili della regione Sicilia, che svolgono da numerosi anni la propria attività professionale all'interno della medesima amministrazione, i cui contratti di proroga della deroga di lavoro a tempo determinato, scadono il prossimo 31 dicembre 2015, ed evitare a tal fine, il rischio di accrescere ulteriormente i livelli di tensione sociale come ribadito anche dal recente rapporto sul Mezzogiorno della Svimez, secondo cui la Sicilia, rappresenta il più alto indice di povertà assoluta pari al 41,8 per cento.
9/3262/136Riccardo Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione reca una serie di interventi di carattere ordinamentale che afferiscono a molteplici materie, in particolare rivolte agli enti locali, la cui pluralità di questioni attinenti la realtà dei medesimi enti territoriali, è finalizzata alla soluzione di problemi rimasti aperti a seguito dell'approvazione dell'ultima legge di stabilità;
    al riguardo, nell'ambito delle numerose misure d'intervento di carattere localistico, riguardante gli enti territoriali, l'articolo 16-quater, estende ai comuni della Calabria interessati da procedure di stabilizzazione di lavoratori socialmente utili, le deroghe già previste dalla disciplina vigente, che consentono di procedere alla stabilizzazione con contratti a tempo determinato, anche nel caso di utilizzazione di finanziamenti regionali, stabilendo che la copertura finanziaria sia disposta a carico del bilancio regionale, mediante apposita legge della regione Calabria;
    il complesso e articolato impianto normativo del medesimo provvedimento, include inoltre, disposizioni in favore della regione Siciliana, attribuendole con i commi 13-octies, novies, decies e undecies dell'articolo 8, un contributo di 200 milioni di euro, anche al fine di tener conto del minor gettito derivante alla Regione dalle modifiche della disciplina della riscossione dell'IRPEF, nonché disposizioni in tema di assegnazione di gettito IRPEF, che fanno riferimento alla disciplina sull'equilibrio finanziario della regione stabilita dall'articolo 11 del decreto-legge n. 35 del 2013;
    la medesima regione Siciliana, così come quella calabrese nei confronti della quale, il decreto-legge in esame, come in precedenza richiamato, dispone in materia di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, è anch'essa interessata da una platea di soggetti precari che svolgono da numerosi anni, la propria attività professionale in diversi ambiti dell'amministrazione regionale, con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, i cui numerosi interventi di proroga, da ultimo il comma 268 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), pongono l'esigenza di disciplinare in maniera organica il bacino dei lavoratori socialmente utili, attraverso una soluzione strutturale in grado di stabilizzarne il contratto di lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di definire nell'ambito della prossima manovra di bilancio, un intervento legislativo ad hoc, finalizzato ad offrire una definitiva soluzione strutturale, per i lavoratori socialmente utili della regione Sicilia, che svolgono da numerosi anni la propria attività professionale all'interno della medesima amministrazione, i cui contratti di proroga della deroga di lavoro a tempo determinato, scadono il prossimo 31 dicembre 2015, ed evitare a tal fine, il rischio di accrescere ulteriormente i livelli di tensione sociale come ribadito anche dal recente rapporto sul Mezzogiorno della Svimez, secondo cui la Sicilia, rappresenta il più alto indice di povertà assoluta pari al 41,8 per cento.
9/3262/136. (Testo modificato nel corso della seduta) Riccardo Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure di razionalizzazione ed efficientamento della spesa del Servizio sanitario nazionale – di cui agli articoli da 9-ter a 9-octies del decreto-legge in oggetto – finalizzate a conseguire consistenti risparmi in ambito sanitario, recepiscono le Intese sancite dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 26 febbraio 2015 e 2 luglio 2015, come chiarito anche dall'articolo 9-bis del decreto-legge stesso;
    valutate positivamente, nel complesso, le disposizioni recate dagli articoli 9-bis e seguenti del decreto-legge, in quanto si apprezza lo sforzo compiuto, in termini di riorganizzazione ed efficientamento del sistema sanitario, e fatto presente, al riguardo, quanto sia importante che il predetto obiettivo venga raggiunto, onde evitare che il mancato aumento del finanziamento si traduca in un mero taglio lineare, apparendo quindi necessario che il sistema si doti di modalità di valutazione annuale dell'impatto effettivo delle singole misure adottate, prevedendo eventuali meccanismi correttivi,

impegna il Governo

a monitorare e implementare le misure volte a conseguire risparmi e ad eliminare gli sprechi in ambito sanitario, anche attraverso la previsione di eventuali meccanismi correttivi, in modo da scongiurare l'ipotesi di introdurre eventuali tagli lineari alla spesa sanitaria.
9/3262/137Lenzi, Marazziti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9-quater del decreto-legge in esame reca una serie di misure volte ad ottenere la riduzione delle prestazioni di assistenza specialistica ad alto rischio di inappropriatezza;
    la norma prevede che, con decreto del Ministro della salute, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, siano individuate le condizioni di erogabilità e le indicazioni prioritarie per la prescrizione appropriata delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale ad alto rischio di in appropriatezza;
    la norma prevede, inoltre, che, in caso di comportamenti prescrittivi non conformi alle condizioni e alle indicazioni di cui al predetto decreto ministeriale, si applichino delle penalizzazioni su alcune componenti retributive del trattamento economico spettante ai medici;
    considerato che l'introduzione delle suddette misure potrebbe dare luogo ad una serie di problemi e di contenziosi se non si realizza parallelamente un effettivo percorso di informazione e di formazione dei medici, che può rivelarsi assai più efficace dell'intervento punitivo, oltre che una adeguata informazione anche nei confronti dell'opinione pubblica, insieme al diretto coinvolgimento delle società scientifiche nella definizione del decreto del Ministro della salute previsto dalla richiamata disposizione,

impegna il Governo

a predisporre adeguati percorsi di informazione e di formazione dei medici in tema di appropriatezza delle prescrizioni, insieme ad una adeguata informazione nei confronti dell'opinione pubblica, oltre ad assicurare il diretto coinvolgimento delle società scientifiche nella definizione del decreto del Ministro della salute di cui all'articolo 9-quater del decreto-legge in esame, al fine di assicurare la piena efficacia delle misure recate da quest'ultimo.
9/3262/138Marazziti, Lenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9-quater del decreto-legge in esame reca una serie di misure volte ad ottenere la riduzione delle prestazioni di assistenza specialistica ad alto rischio di inappropriatezza;
    la norma prevede che, con decreto del Ministro della salute, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, siano individuate le condizioni di erogabilità e le indicazioni prioritarie per la prescrizione appropriata delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale ad alto rischio di in appropriatezza;
    la norma prevede, inoltre, che, in caso di comportamenti prescrittivi non conformi alle condizioni e alle indicazioni di cui al predetto decreto ministeriale, si applichino delle penalizzazioni su alcune componenti retributive del trattamento economico spettante ai medici;
    considerato che l'introduzione delle suddette misure potrebbe dare luogo ad una serie di problemi e di contenziosi se non si realizza parallelamente un effettivo percorso di informazione e di formazione dei medici, che può rivelarsi assai più efficace dell'intervento punitivo, oltre che una adeguata informazione anche nei confronti dell'opinione pubblica, insieme al diretto coinvolgimento delle società scientifiche nella definizione del decreto del Ministro della salute previsto dalla richiamata disposizione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e compatibilmente con il rispetto della legge per l'emanazione del decreto, di predisporre adeguati percorsi di informazione e di formazione dei medici in tema di appropriatezza delle prescrizioni, insieme ad una adeguata informazione nei confronti dell'opinione pubblica, oltre ad assicurare il diretto coinvolgimento delle società scientifiche nella definizione del decreto del Ministro della salute di cui all'articolo 9-quater del decreto-legge in esame, al fine di assicurare la piena efficacia delle misure recate da quest'ultimo.
9/3262/138. (Testo modificato nel corso della seduta) Marazziti, Lenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    da qualche giorno, in particolare nel territorio brindisino, migliaia di agricoltori e di cittadini stanno ricevendo avvisi di pagamento per ruoli di contribuenza – tributo 630 – relativi all'anno 2014 da parte dei consorzi di bonifica;
    a seguito del ricevimento degli avvisi di pagamento, si è creato un ampio fronte di protesta costituito dalle organizzazioni di categoria del comparto agricolo – che hanno ventilato l'ipotesi di mettere in piedi una class-action per chiedere anche i danni morali – da un gran numero di cittadini e dagli stessi enti locali, che lamentano il divario tra l'ammontare del tributo e la mancanza di reali benefici a causa di lavori di difesa idraulica, opere di bonifica e di ripristino e di manutenzione dei canali mal eseguiti,

impegna il Governo

per quanto di propria competenza, a valutare, in accordo con la regione Puglia, l'opportunità di sospendere i pagamenti dei tributi descritti in premessa al fine di aprire un tavolo di verifica che proceda a stabilire limiti minimi e massimi nei quali operare e gli indici da utilizzare alla base dei calcoli, che tengano conto dei servizi effettivamente resi, in ossequio al generale principio di sostenibilità del tributo.
9/3262/139Mariano.


   La Camera,
   premesso che:
    da qualche giorno, in particolare nel territorio brindisino, migliaia di agricoltori e di cittadini stanno ricevendo avvisi di pagamento per ruoli di contribuenza – tributo 630 – relativi all'anno 2014 da parte dei consorzi di bonifica;
    a seguito del ricevimento degli avvisi di pagamento, si è creato un ampio fronte di protesta costituito dalle organizzazioni di categoria del comparto agricolo – che hanno ventilato l'ipotesi di mettere in piedi una class-action per chiedere anche i danni morali – da un gran numero di cittadini e dagli stessi enti locali, che lamentano il divario tra l'ammontare del tributo e la mancanza di reali benefici a causa di lavori di difesa idraulica, opere di bonifica e di ripristino e di manutenzione dei canali mal eseguiti,

impegna il Governo

per quanto di propria competenza, a valutare, in accordo con la Conferenza Stato-Regioni, l'opportunità di aprire un tavolo di verifica che proceda a stabilire limiti minimi e massimi nei quali operare e gli indici da utilizzare alla base dei calcoli, che tengano conto dei servizi effettivamente resi, in ossequio al generale principio di sostenibilità del tributo.
9/3262/139. (Testo modificato nel corso della seduta) Mariano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 istituisce una Zona Franca Urbana nel territorio colpito dall'alluvione del 17 gennaio 2014 nella provincia di Modena e in alcuni comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012; le microimprese con sede all'interno della Zona Franca potranno beneficiare di agevolazioni fiscali nel periodo di imposta in corso e in quello successivo;
    la Zona Franca Urbana è istituita nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 con «zone rosse» nei centri storici; la ZFU istituita comprende i comuni di Bastiglia, Bomporto, Camposanto, Medolla, San Prospero, San Felice sul Panaro, Finale Emilia, comune di Modena limitatamente alle frazioni di la Rocca, San Matteo, Navicello, Albareto, Cavezzo, Concordia sulla Secchia, Mirandola, Novi di Modena, S. Possidonio, Crevalcore, Poggio Renatico, Sant'Agostino; durante l'esame parlamentare, tra le frazioni sono state inserite anche Carpi, Cento, Mirabello e Reggiolo;
    le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree in cui dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese con l'obiettivo di favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse; le imprese che possono beneficiare delle agevolazioni del regime ZFU devono avere particolari requisiti e svolgere la propria attività all'interno della zona franca;
    lo stesso articolo 12, commi 5 e 6, indica le agevolazioni tributarie temporanee previste per la Zona Franca dei territori dell'Emilia colpiti dal sisma beneficiari delle norme di vantaggio disposte dallo stesso articolo 12; queste prevedono la parziale esenzione dalle imposte sui redditi e dall'IRAP, alle condizioni di legge, nonché l'esenzione dalle imposte municipali per gli immobili localizzati nella zona franca, posseduti e utilizzati per l'esercizio dell'attività economica,

impegna il Governo

a ricomprendere, nell'ambito della Zona Franca Urbana, i Comuni di S. Giovanni del Dosso, S. Benedetto Po, Gonzaga, Moglia, S. Giacomo delle Segnate, Quistello, Suzzara e Poggio Rusco, sollecitando altresì il Presidente della Regione Lombardia – in qualità di Commissario Delegato per la ricostruzione – a fornire tutto il supporto istituzionale necessario per l'estensione della Zona Franca a tali Comuni.
9/3262/140Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 istituisce una Zona Franca Urbana nel territorio colpito dall'alluvione del 17 gennaio 2014 nella provincia di Modena e in alcuni comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012; le microimprese con sede all'interno della Zona Franca potranno beneficiare di agevolazioni fiscali nel periodo di imposta in corso e in quello successivo;
    la Zona Franca Urbana è istituita nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 con «zone rosse» nei centri storici; la ZFU istituita comprende i comuni di Bastiglia, Bomporto, Camposanto, Medolla, San Prospero, San Felice sul Panaro, Finale Emilia, comune di Modena limitatamente alle frazioni di la Rocca, San Matteo, Navicello, Albareto, Cavezzo, Concordia sulla Secchia, Mirandola, Novi di Modena, S. Possidonio, Crevalcore, Poggio Renatico, Sant'Agostino; durante l'esame parlamentare, tra le frazioni sono state inserite anche Carpi, Cento, Mirabello e Reggiolo;
    le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree in cui dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese con l'obiettivo di favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse; le imprese che possono beneficiare delle agevolazioni del regime ZFU devono avere particolari requisiti e svolgere la propria attività all'interno della zona franca;
    lo stesso articolo 12, commi 5 e 6, indica le agevolazioni tributarie temporanee previste per la Zona Franca dei territori dell'Emilia colpiti dal sisma beneficiari delle norme di vantaggio disposte dallo stesso articolo 12; queste prevedono la parziale esenzione dalle imposte sui redditi e dall'IRAP, alle condizioni di legge, nonché l'esenzione dalle imposte municipali per gli immobili localizzati nella zona franca, posseduti e utilizzati per l'esercizio dell'attività economica,

impegna il Governo

a definire i criteri per l'istituzione della zona franca lombarda al tavolo di monitoraggio.
9/3262/140. (Testo modificato nel corso della seduta) Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 41 decreto-legge n. 66 del 2014 dispone che, qualora dalle attestazioni si evidenzi un ritardo nei pagamenti superiore a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015 si applicano misure sanzionatorie per le amministrazioni pubbliche – con esclusione degli enti del Servizio sanitario nazionale – consistenti nel divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo (compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione) nell'anno successivo a quello di riferimento;
    la norma contenuta nell'articolo 4, comma 4 del presente provvedimento è volta ad escludere dal computo dei tempi medi di pagamento quelli effettuati mediante l'utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari messi a disposizione ai sensi dei decreti-legge n. 66 del 2014 (articolo 32, comma 2), e n. 35 del 2013 (articolo 1, commi 1 e 10);
    l'esclusione appare condivisibile in quanto i tempi di tali pagamenti e gli eventuali relativi ritardi sono evidentemente connessi ai tempi di accesso al Fondo e, come tali, non imputabili all'Ente locale,

impegna il Governo

ad escludere dal calcolo dei tempi medi di pagamento da parte delle Pubbliche Amministrazioni anche i pagamenti effettuati mediante l'utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari disposti dall'articolo 31, comma 3 del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito in legge n. 89 del 2014, ossia delle anticipazioni concesse agli enti locali per il pagamento dei propri debiti nei confronti delle società partecipate a valere sul Fondo di cui all'articolo 1, comma 10, del decreto-legge n. 35 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 64 del 2013.
9/3262/141Bossa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento all'esame attribuisce agli enti locali la possibilità di realizzare le operazioni di rinegoziazione di mutui di cui all'articolo 1, commi 430 e 537 della legge n. 190 del 2014, anche nel corso dell'esercizio provvisorio di cui all'articolo 163 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL): tuttavia, ancora una volta, nulla è previsto in caso di estinzione dei mutui;
    gli enti locali che attivano questa procedura rispetto a mutui assunti presso la Cassa depositi e prestiti devono corrispondere oltre al capitale residuo anche un indennizzo calcolato ai sensi del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 20 giugno 2003;
    l'entità dei suddetti indennizzi supera spesso, per i mutui a tasso fisso, il 20 per cento del capitale da rimborsare, configurandosi come una sorta di «penalità» per gli enti locali;
    il rimborso anticipato del mutuo consente all'ente di ridurre l'indebitamento pubblico e di spendere l'avanzo di amministrazione altrimenti non utilizzabile visti i limiti imposti dal patto di stabilità;
    Cassa depositi e prestiti spa ha sempre sostenuto che l'indennizzo previsto per l'estinzione anticipata dei prestiti ordinari concessi dalla medesima in favore degli enti locali, e regolati a tasso fisso, ha la finalità di recuperare i costi connessi al disallineamento tra i tassi dell'originaria provvista necessaria ai fini della concessione del finanziamento ed i tassi di mercato vigenti al momento del rimborso anticipato;
    pertanto a fronte di una riduzione dell'indennizzo per estinzione anticipata da parte degli enti locali – associata a una elevata richiesta di rimborso di prestiti – potrebbero verificarsi significative conseguenze per la società in termini di redditività ed equilibrio economico-patrimoniale;
    Cassa depositi e prestiti ha inoltre precisato che, per quanto concerne i prestiti che presentano quale modalità di calcolo dell'indennizzo quello previsto dal decreto Ministero dell'economia e finanze 20 giugno 2003, una eventuale revisione dello stesso – che comporti la corresponsione di indennizzi inferiori a quelli attualmente previsti – determinerebbe la necessità di reintegrare la società per i minori introiti che si verrebbero a creare in conseguenza della revisione stessa;
    anche in considerazione del fatto che si sono avvicendati i vertici di Cassa Depositi e Prestiti potrebbe essere utile riconsiderare la questione poiché, in un contesto di grande criticità della finanza locale, sarebbe importante consentire agli enti territoriali di estinguere i mutui e destinare maggiori risorse agli investimenti e alla crescita,

impegna il Governo

ad operare una puntuale ricognizione dei dati a disposizione per verificare la possibilità di cambiare la disciplina in materia di estinzione anticipata dei mutui al fine di contenere l'entità dell'indennizzo nella misura massima del 7 per cento del capitale da rimborsare.
9/3262/142Fragomeli, Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 7 aprile 2014, n. 56 ha ridisegnato in modo organico l'assetto istituzionale degli enti di area vasta;
    il provvedimento in esame prevede una serie di misure finalizzate a rafforzare e rendere sostenibile il percorso attuativo della riforma, anche alla luce degli obiettivi finanziari che la legge 23 dicembre 2014, n. 190 ha previsto per il comparto;
    l'articolo 1, commi da 418 a 420 della legge di stabilità 2015 di cui alla legge 23 dicembre 2014, n. 190, definisce l'importo e le modalità del concorso delle province e delle città metropolitane al contenimento della spesa pubblica; in particolare, il comma 418 stabilisce una riduzione della spesa corrente di tali enti di 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017;
    l'articolo 8, comma 13-ter attribuisce per il 2015 50 milioni alla città metropolitana di Milano e 30 milioni alle province, in relazione «alla necessità di sopperire alle specifiche e straordinarie esigenze finanziarie;
    il Ministero dell'interno, con proprio decreto, distribuisce entro il 30 settembre 2015 il contributo complessivo di 30 milioni di euro alle sole province che nel 2015 utilizzano integralmente la quota libera dell'avanzo di amministrazione e che hanno massimizzato tutte le aliquote. Il contributo è distribuito in misura proporzionale alle risorse necessarie a ciascuna provincia per conseguire nel 2015 l'equilibrio di parte corrente. A tal fine le province comunicano al Ministero dell'interno, entro il 10 settembre 2015, l'importo delle risorse di cui necessitano per conseguire l'equilibrio di parte corrente, considerando l'integrale utilizzo della quota libera dell'avanzo di amministrazione e la massimizzazione di tutte le aliquote;
    le disposizioni previste dal provvedimento in esame non contribuiscono a definire compiutamente tutti gli aspetti di criticità, istituzionali e finanziarie, connessi al processo di riforma avviato dalla legge n. 56 del 2014,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assegnare le risorse previste all'articolo 8, comma 13-ter, prioritariamente alle Province oggetto di riordino istituzionale ai sensi della legge n. 56 del 2014, in conseguenza dei ritardi nell'attuazione della stessa.
9/3262/143Marchetti.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo l'articolo 31, comma 26, lettera a), della legge n. 183 del 2011 in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, l'ente locale inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato e che gli enti locali della Regione Siciliana e della regione Sardegna sono assoggettati alla riduzione dei trasferimenti erariali nella medesima misura; ed infine che in caso di incapienza dei predetti fondi, gli enti locali sono tenuti a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue;
    il comma 7 del provvedimento in esame pone un limite, nel 2015, all'applicazione della sanzione consistente nella riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale per i comuni ovvero del Fondo di riequilibrio provinciale per le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario disponendo che essa si applichi nella misura del 20 per cento dello scostamento tra saldo obiettivo e saldo finanziario effettivamente conseguito nel 2014 anziché essere commisurata all'effettivo scostamento tra il risultato e l'obiettivo programmatico predeterminato, come previsto dalla normativa vigente;
    inoltre, per le province e le città metropolitane, la predetta sanzione non può comunque applicarsi in misura superiore al 2 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo, limite così ridefinito nel corso dell'esame al Senato, in luogo del 3 per cento previsto nel testo iniziale;
    all'articolo 1, comma 122 della legge n. 220 del 2010, si stabilisce che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono definiti i criteri e le modalità di riduzione degli obiettivi annuali degli enti assoggettabili alla sanzione di cui alla lettera a) del comma 26 dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, operata, in caso di mancato raggiungimento dell'obiettivo del patto di stabilità interno, a valere sul fondo di solidarietà comunale e sul fondo sperimentale di riequilibrio nonché sui trasferimenti erariali destinati alle province della Regione siciliana e della Sardegna. L'importo complessivo della riduzione degli obiettivi è commisurato agli effetti finanziari determinati dall'applicazione della predetta sanzione,

impegna il Governo

ad emanare in tempi rapidi il decreto ministeriale di cui all'articolo 1, comma 122 della legge n. 220 del 2010 prevedendo che le risorse derivanti dall'applicazione delle sanzioni relative allo sforamento del patto di stabilità per le Province e le Città metropolitane nell'anno 2014 vengano assegnate alle Province per interventi di manutenzione ordinaria sulla rete stradale provinciale.
9/3262/144Cinzia Maria Fontana, Antezza, Minnucci.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo l'articolo 31, comma 26, lettera a), della legge n. 183 del 2011 in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, l'ente locale inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato e che gli enti locali della Regione Siciliana e della regione Sardegna sono assoggettati alla riduzione dei trasferimenti erariali nella medesima misura; ed infine che in caso di incapienza dei predetti fondi, gli enti locali sono tenuti a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue;
    il comma 7 del provvedimento in esame pone un limite, nel 2015, all'applicazione della sanzione consistente nella riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale per i comuni ovvero del Fondo di riequilibrio provinciale per le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario disponendo che essa si applichi nella misura del 20 per cento dello scostamento tra saldo obiettivo e saldo finanziario effettivamente conseguito nel 2014 anziché essere commisurata all'effettivo scostamento tra il risultato e l'obiettivo programmatico predeterminato, come previsto dalla normativa vigente;
    inoltre, per le province e le città metropolitane, la predetta sanzione non può comunque applicarsi in misura superiore al 2 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo, limite così ridefinito nel corso dell'esame al Senato, in luogo del 3 per cento previsto nel testo iniziale;
    all'articolo 1, comma 122 della legge n. 220 del 2010, si stabilisce che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono definiti i criteri e le modalità di riduzione degli obiettivi annuali degli enti assoggettabili alla sanzione di cui alla lettera a) del comma 26 dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, operata, in caso di mancato raggiungimento dell'obiettivo del patto di stabilità interno, a valere sul fondo di solidarietà comunale e sul fondo sperimentale di riequilibrio nonché sui trasferimenti erariali destinati alle province della Regione siciliana e della Sardegna. L'importo complessivo della riduzione degli obiettivi è commisurato agli effetti finanziari determinati dall'applicazione della predetta sanzione,

impegna il Governo

ad emanare in tempi rapidi il decreto ministeriale di cui all'articolo 1, comma 122 della legge n. 220 del 2010 valutando l'opportunità di prevedere che le risorse utilizzate per interventi di manutenzione ordinaria sulla rete stradale provinciale siano escluse ai fini dell'applicazione delle sanzioni per Province ed Enti locali relative allo sforamento del Patto di stabilità per l'anno 2014.
9/3262/144. (Testo modificato nel corso della seduta) Cinzia Maria Fontana, Antezza, Minnucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il diritto allo studio degli alunni con disabilità si concretizza attraverso l'integrazione scolastica, che si realizza in tutti i gradi dell'istruzione all'interno delle classi ordinarie, secondo i princìpi stabiliti negli articoli da 12 a 16 della legge n. 104 del 1992, poi confluiti negli articoli da 312 a 325 del decreto legislativo n. 297 del 1994 (cosiddetto Testo unico dell'istruzione);
    in particolare, l'articolo 13, comma 3, della legge n. 104 del 1992 (identico all'articolo 315, comma 2, del decreto legislativo n. 297 del 1994) ha previsto che nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali – ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1997 –, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati, che affiancano i docenti curriculari e sono forniti di particolare specializzazione;
    inoltre l'articolo 13, comma 1, della citata legge n. 104 del 1992 stabilisce – in analogia con quanto dispone l'articolo 315 del decreto legislativo n. 297 del 1994 – che l'integrazione scolastica della persona con disabilità si realizza anche attraverso la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubblici o privati: a tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle rispettive competenze, stipulano accordi di programma;
    l'articolo 139, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 112 del 1998 ha attributo alle province, in relazione all'istruzione secondaria superiore, e ai comuni, in relazione agli altri gradi inferiori di scuola, i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con disabilità o in situazioni di svantaggio;
    l'articolo 8, comma 13-quater, del decreto in esame attribuisce alle province e alle città metropolitane un contributo di 30 milioni di euro per il 2015 per le esigenze di assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap, nonché per i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione degli alunni medesimi, con risorse reperite a valere sulle risorse di cui ai commi 1 e 2 dello stesso articolo, non richieste dagli enti territoriali interessati entro il 30 giugno 2015,

impegna il Governo

ad emanare in tempi rapidi il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 8, comma 13-quater, del decreto in esame, per la ripartizione del contributo di 30 milioni di euro per l'anno 2015 per le esigenze relative all'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali o in situazione di svantaggio, sulla base delle spese a tal fine certificate dalle Province nel rendiconto 2014.
9/3262/145Paola Bragantini, Antezza, Minnucci, Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo quanto espresso dall'UPI nel corso dell'audizione informale relativa al provvedimento in esame tenutasi presso la V Commissione bilancio del Senato, le province e le città metropolitane coinvolte nel processo di riordino istituzionale avviato con l'approvazione della legge 7 aprile 2014, n. 56, non sarebbero in grado, in questa fase, di approvare un bilancio triennale in equilibrio reale, secondo le disposizioni del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) e dei nuovi principi sull'armonizzazione contabile, senza compromettere l'erogazione dei servizi essenziali e il pagamento anche delle sole spese a carattere obbligatorio;
    la misura del concorso al contenimento della spesa pubblica richiesto a tali enti dall'ultima legge di stabilità – riduzione della spesa corrente di 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, ai sensi dell'articolo 1, comma 418, della legge n. 190 del 2014 – risulta particolarmente gravoso;
    l'articolo 1-ter del provvedimento in esame introduce quindi una norma che consente alle province e alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario di procedere alla predisposizione ed approvazione del bilancio di previsione per il solo anno 2015, in deroga alle vigenti norme di contabilità e ai nuovi principi dell'armonizzazione contabile, che prevedono un bilancio triennale 2015-2017 con carattere autorizzatorio;
    l'articolo 1-ter specifica, inoltre, che per il solo esercizio 2015, le province e le città metropolitane, al fine di garantire il mantenimento degli equilibri finanziari, possono applicare al bilancio di previsione, sin dalla previsione iniziale, l'avanzo destinato;
    la modifica richiamata ha carattere di eccezionalità e non contribuisce a definire compiutamente gli aspetti di criticità, istituzionali e finanziarie, connessi al processo di riforma avviato dalla citata legge n. 56 del 2014,

impegna il Governo

a disciplinare, con la prossima legge di stabilità, il sistema di finanziamento delle Province e dei tributi provinciali, alla luce del rinnovato quadro istituzionale recato dalla legge n. 56 del 2014, e che tenga dunque conto della necessità di acquisire le risorse necessarie all'esercizio delle funzioni fondamentali, sia di parte corrente che per investimenti, previste dalla legge statale, ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione, ed in coerenza con i fabbisogni standard, nonché a garantire il necessario finanziamento delle funzioni non fondamentali disciplinate da leggi statali o regionali.
9/3262/146Marchi, Antezza, Minnucci.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 7 aprile 2014, n. 56, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, ridisegna in modo organico gli enti di area vasta come istituzioni di secondo livello strettamente legate ai Comuni del territorio;
    l'articolo 141, comma 4, lettera c) del testo unico degli enti locali – TUEL – di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 prevede la possibilità che i consigli comunali e provinciali vengano sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, quando non sia approvato nei termini il bilancio;
    l'articolo 1-ter del provvedimento in esame inserito in sede di esame parlamentare al Senato, introduce una norma avente carattere di eccezionalità, che consente alle province e alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario di procedere alla predisposizione ed approvazione del bilancio di previsione per il solo anno 2015, in deroga alle vigenti norme di contabilità e ai nuovi principi dell'armonizzazione contabile che prevedono un bilancio triennale 2015-2017 con carattere autorizzatorio;
    la norma prevede, inoltre, che per il solo esercizio 2015, le province e le città metropolitane, al fine di garantire il mantenimento degli equilibri finanziari, possono applicare al bilancio di previsione, sin dalla previsione iniziale, una quota dell'avanzo di amministrazione (l'avanzo destinato);
    le citate modifiche apportate al decreto-legge in esame, pur consentendo in via straordinaria, l'approvazione dei bilanci annuali per il solo anno 2015, non contribuiscono a definire compiutamente tutti gli aspetti di criticità, istituzionali e finanziarie, connessi al processo di riforma avviato dalla citata legge n. 56 del 2014,

impegna il Governo:

   ad adeguare il testo unico degli enti locali – TUEL – di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 al riformato quadro normativo relativo alle aree vaste, con particolare riferimento alla disciplina dello scioglimento degli organi nelle condizioni previste dall'articolo 141, comma 1, lettera c);
   a chiarire che gli oneri connessi alla attività dell'organo straordinario di liquidazione di cui all'articolo 252 del testo unico degli enti locali – TUEL – di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, siano a carico del Bilancio dello Stato.
9/3262/147Fanucci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede, ferme le incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, che lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, possa dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute e che gli eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta;
    la norma citata fa esplicito riferimento alle economie da conseguire negli «Organi costituzionali, di Governo e negli apparati politici»;
    secondo la Corte dei conti della Lombardia (parere n. 257 del 2012), la norma trova applicazione per il titolare di cariche elettive che svolga qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni, ivi inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo; lo svolgimento di qualsiasi incarico di natura elettiva (a prescindere dalla percezione di un emolumento per lo stesso), secondo la Corte, determinerebbe quindi l'applicazione del vincolo di finanza pubblica introdotto dal citato articolo 5, comma 5;
    in alcune realtà territoriali, in particolare in Lombardia e in Toscana, il parere sopracitato viene interpretato nel senso che qualora un soggetto sia surrogato a carica elettiva (consigliere comunale) successivamente all'elezione a revisore dei conti presso un altro ente locale, egli non possa percepire il compenso da revisore neppure nel caso in cui rinunci a quello di consigliere comunale;
    appare improprio includere l'Organo di Revisione economico finanziaria tra «gli organi di indirizzo, direzione e controllo» in quanto non può essere considerato «Organo di controllo», né interno, né esterno, dell'ente locale;
    in particolare l'Organo di Revisione non fa parte degli organi costituzionali, non svolge funzioni di Governo e non è inquadrabile fra l'apparato amministrativo o politico del comune; inoltre non è da comprendere fra gli «organi collegiali, anche di amministrazione» in quanto l'Organo di Revisione risulta essere imprescindibile, obbligatorio e quindi non a incarico volontario;
    il revisore non è titolare di incarichi in quanto è «eletto» o «nominato», dal Consiglio dell'ente e non può essere considerato titolare di incarico in quanto il Revisore assume l'obbligo della prestazione non nell'interesse esclusivo del committente, ma bensì assume obblighi e responsabilità della revisione sulla sana e corretta gestione dell'ente nell'interesse pubblico;
    il compenso per la prestazione professionale dell'organo di revisione è determinato ai sensi dell'articolo 241 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali – TUEL – di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in relazione alla classe demografica ed alle spese di funzionamento e di investimento dell'ente locale;
    la funzione esercitata e la specialità professionale richiesta per chi è chiamato a svolgere il ruolo di revisore dei conti fa ritenere, ragionevolmente, che la citata limitazione di cui all'articolo 5, comma 5, non sia applicabile ai revisori degli enti locali, dovendosi escludere che il legislatore abbia inteso abolire compensi che sono a tutti gli effetti dei compensi professionali regolati da una disciplina speciale, che la norma in questione non ha in alcun senso richiamato e/o modificato;
    alla luce di quanto espresso in premessa la norma citata sembrerebbe indirizzata ad organismi costituiti, o incarichi assegnati dagli enti locali, che hanno natura «volontaria» e non ad un organo obbligatorio e regolato da una disciplina speciale; appare quindi opportuno un chiarimento in tal senso,

impegna il Governo

al fine di evitare limitazioni ai diritti costituzionali di partecipazione alla vita pubblica dei cittadini ed al diritto alla retribuzione, oltre che per scongiurare l'instaurarsi di contenzioso fra revisori dei conti e enti locali, a valutare l'opportunità di fornire una interpretazione autentica della norma, la cui applicazione dovrebbe essere riservata agli organi diversi dai collegi dei revisori dei conti e/o revisore unico dei conti degli enti locali, dai collegi sindacali e dai revisori dei conti.
9/3262/148Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 7 aprile 2014, n. 56, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, ridisegna in modo organico gli enti di area vasta come istituzioni di secondo livello strettamente legate ai comuni del territorio;
    l'articolo 1, comma 418, della legge di stabilità 2015 di cui alla legge 23 dicembre 2014, n. 190, definisce l'importo e le modalità del concorso delle province e delle città metropolitane al contenimento della spesa pubblica; in particolare, il comma 418 stabilisce una riduzione della spesa corrente di tali enti di 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017;
    proprio per garantire la sostenibilità delle misure delle legge di stabilità 2015, l'articolo 1-ter del provvedimento in esame inserito in sede di esame parlamentare al Senato, introduce una norma avente carattere di eccezionalità, che consente alle province e alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario di procedere alla predisposizione ed approvazione del bilancio di previsione per il solo anno 2015, in deroga alle vigenti norme di contabilità e ai nuovi principi dell'armonizzazione contabile che prevedono un bilancio triennale 2015-2017 con carattere autorizzatorio;
    per permette al comparto province e Città metropolitane di approvare il bilancio 2015 è altresì necessario portare a compimento il processo di cui all'articolo 1, comma 90, della legge 7 aprile 2014, n. 56, sul riordino dei servizi di rilevanza economica locale che non è stato ancora avviato,

impegna il Governo:

  a valutare l'opportunità di:
   a) prevedere nella legge di stabilità 2016 norme prescrittive e non derogabili per la soppressione di ATO acque, ATO rifiuti, consorzi di bonifica e per il trasferimento delle relative funzioni alle province e alle città metropolitane quali enti di secondo livello strettamente legati ai comuni dei loro territori;
   b) emanare il decreto previsto dall'articolo 1, comma 90, lettera b), della legge 7 aprile 2014, n. 56, per individuare misure premiali per le regioni che riordinano i servizi di rilevanza economica di competenza locale, sopprimendo enti ed agenzie e attribuendo le relative funzioni alle province e alle città metropolitane;
   c) stimare i risparmi conseguibili attraverso la soppressione degli enti di cui ai punti 1) e 2) al fine di rendere sostenibile il contributo richiesto alle province e alle città metropolitane, negli anni 2016 e 2017, ai sensi dell'articolo 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
9/3262/149Parrini.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 7 aprile 2014, n. 56, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, ridisegna in modo organico gli enti di area vasta come istituzioni di secondo livello strettamente legate ai comuni del territorio;
    l'articolo 1, comma 418, della legge di stabilità 2015 di cui alla legge 23 dicembre 2014, n. 190, definisce l'importo e le modalità del concorso delle province e delle città metropolitane al contenimento della spesa pubblica; in particolare, il comma 418 stabilisce una riduzione della spesa corrente di tali enti di 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017;
    proprio per garantire la sostenibilità delle misure delle legge di stabilità 2015, l'articolo 1-ter del provvedimento in esame inserito in sede di esame parlamentare al Senato, introduce una norma avente carattere di eccezionalità, che consente alle province e alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario di procedere alla predisposizione ed approvazione del bilancio di previsione per il solo anno 2015, in deroga alle vigenti norme di contabilità e ai nuovi principi dell'armonizzazione contabile che prevedono un bilancio triennale 2015-2017 con carattere autorizzatorio;
    per permette al comparto province e Città metropolitane di approvare il bilancio 2015 è altresì necessario portare a compimento il processo di cui all'articolo 1, comma 90, della legge 7 aprile 2014, n. 56, sul riordino dei servizi di rilevanza economica locale che non è stato ancora avviato,

impegna il Governo:

  a valutare l'opportunità di:
   a) prevedere nella legge di stabilità 2016 norme prescrittive e non derogabili per la soppressione di ATO gas e per il trasferimento delle relative funzioni alle province e alle città metropolitane quali enti di secondo livello strettamente legati ai comuni dei loro territori;
   b) emanare il decreto previsto dall'articolo 1, comma 90, lettera b), della legge 7 aprile 2014, n. 56, per individuare misure premiali per le regioni che riordinano i servizi di rilevanza economica di competenza locale, sopprimendo enti ed agenzie e attribuendo le relative funzioni alle province e alle città metropolitane;
   c) stimare i risparmi conseguibili attraverso la soppressione degli enti di cui ai punti 1) e 2) al fine di rendere sostenibile il contributo richiesto alle province e alle città metropolitane, negli anni 2016 e 2017, ai sensi dell'articolo 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
9/3262/149. (Testo modificato nel corso della seduta) Parrini.


   La Camera,
   premesso che i comuni che hanno aderito alle procedure di riequilibrio finanziario pluriennale, ai sensi dell'articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000 e sue successive modificazioni ed integrazioni, evitando di attivare le procedure di dissesto, sono impegnati a riportare correttezza ed equilibrio nei conti dei loro comuni;
   premesso che gli stessi hanno avuto approvati i piani di riequilibrio finanziario dalla Corte dei conti;
   premesso che il ripiano degli squilibri viene attuato attraverso risorse proprie dell'ente;
   visto che i piani di rientro sono stati approvati prima dell'emanazione del decreto attuativo previsto dalla legge 118/2011 e prima degli ulteriori tagli operati ai trasferimenti agli enti locali;
   visto che per la revisione straordinaria dei residui agli enti sperimentatori è stato concesso, ai sensi dell'articolo 78 del decreto legislativo n. 118 del 23 giugno 2011, di accedere a piani di risanamento trentennali,

impegna il Governo

a prevedere nell'ambito della prossima manovra di bilancio, norme che consentono ai comuni, che nel corso del 2013 e del 2014 hanno presentato la richiesta di adesione alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, di ripianare la quota di disavanzo derivante dalla revisione straordinaria dei residui secondo le modalità previste per gli enti sperimentatori all'articolo 2 del decreto-legge n. 78 del 2015.
9/3262/150Melilli, Minnucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, all'articolo 14, comma 31-ter, stabilisce i termini per l'esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali dei comuni, i quali sono stati più volte prorogati;
    la legge 7 aprile 2014, n. 56, recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni», ridisegna in modo organico gli enti di area vasta come istituzioni di secondo livello strettamente legate ai comuni del territorio, intervenendo anche sullo svolgimento delle funzioni in forma associata da parte delle unioni di comuni;
    secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 88, della legge 7 aprile 2014, n. 56, la provincia può, d'intesa con i comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive;
    il provvedimento in esame è stato modificato durante l'esame al Senato, tuttavia le modifiche apportate, pur consentendo di risolvere alcuni dei problemi più urgenti degli enti locali, non affrontano in modo strutturale il problema della revisione della disciplina dello svolgimento associato delle funzioni comunali,

impegna il Governo:

   a prevedere la centralizzazione di alcuni funzioni in ambito provinciale e metropolitano, secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 88, della legge 7 aprile 2014, n. 56, e quanto stabilito dalle intese tra i comuni e gli enti di area vasta e dagli statuti provinciali e metropolitani;
   incentivare la collaborazione intercomunale in forme più semplici (come le convenzioni) e per zone omogenee, in attuazione del principio di sussidiarietà, ripristinando il principio che la costituzione di un nuovo ente, l'Unione di Comuni, è un passaggio propedeutico alla fusione dei comuni, come strada maestra per semplificare, e non per complicare, l'articolazione degli enti nel territorio.
9/3262/151Paris, Minnucci.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 7 aprile 2014, n. 6, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, ridisegna in modo organico gli enti di area vasta come istituzioni di secondo livello strettamente legate ai comuni del territorio;
   articolo 1, commi da 418 a 420 della legge di stabilità 2015 di cui alla legge 23 dicembre 2014, n. 190, definisce l'importo e le modalità del concorso delle province e delle città metropolitane al contenimento della spesa pubblica; in particolare, il comma 418 stabilisce una riduzione della spesa corrente di tali enti di 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017;
    l'articolo 1-ter del provvedimento in esame inserito in sede di esame parlamentare al Senato, introduce una norma avente carattere di eccezionalità, che consente alle province e alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario di procedere alla predisposizione ed approvazione del bilancio di previsione per il solo anno 2015, in deroga alle vigenti norme di contabilità e ai nuovi principi dell'armonizzazione contabile che prevedono un bilancio triennale 2015-2017 con carattere autorizzatorio;
    la norma prevede, inoltre, che per il solo esercizio 2015, le province e le città metropolitane, al fine di garantire il mantenimento degli equilibri finanziari, possono applicare al bilancio di previsione, sin dalla previsione iniziale, una quota dell'avanza di amministrazione (l'avanzo destinato);
    le citate modifiche apportate al decreto-legge in esame, pur consentendo in via straordinaria, l'approvazione dei bilanci annuali per il solo anno 2015, non risolvono del tutto i problemi connessi all'approvazione dei bilanci 2015 delle province e delle città metropolitane in quanto non intervengono a rendere sostenibile il contributo finanziario loro richiesto dalla citata legge di stabilità 2015 per gli anni 2016 e 2017,

impegna il Governo:

   a prevedere nell'ambito della prossima manovra di bilancio norme prescrittive e non derogabili per la centralizzazione degli acquisti degli enti locali attraverso i soggetti aggregatori di cui all'articolo 9 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, per le tipologie di loro competenza, ovvero attraverso le stazioni uniche appaltanti e le centrali uniche di committenza costituite in convenzione tra i comuni, le province e le città metropolitane per gli appalti che non rientrano nelle tipologie di acquisti che saranno gestiti dai soggetti aggregatori;
   a prevedere che i maggiori risparmi derivanti dalla centralizzazione degli acquisti negli enti locali, siano interamente destinati alla sostenibilità del contributo finanziario richiesto alle province e alle città metropolitane, negli anni 2016 e 2017, ai sensi dell'articolo 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
9/3262/152Guerra.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8, comma 10 del provvedimento in esame attribuisce ai Comuni, per l'anno 2015, un contributo di 530 milioni di euro, affidando ad un decreto ministeriale la determinazione della quota di spettanza di ciascun Comune, che deve tenere conto, tra l'altro, dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI e della verifica del gettito per l'anno 2014, derivante dalle disposizioni in materia di IMU agricola di cui al decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a individuare, quale metodo di valutazione per la ripartizione delle quote spettanti per ogni Comune, il solo criterio del gettito effettivo;
   a garantire anche per gli anni successivi le necessarie risorse ai Comuni a fronte del minor gettito derivante dalle disposizioni in materia di IMU agricola di cui al citato decreto-legge 24 gennaio 2015 n. 4
9/3262/153Terrosi, Albini, Cenni, Beni.


   La Camera,
   premesso che:
    il corretto ed efficace andamento dell'azione amministrativa è per gran parte correlato alla presenza, in numero congruo, di dirigenti capaci di assolvere tempestivamente ed efficacemente al ruolo strategico che il moderno assetto della pubblica amministrazione impone loro;
    le agenzie fiscali – per ovviare alla sempre maggiore carenza di personale dirigenziale determinata dal progressivo collocamento a riposo dello stesso anche in considerazione dei vincoli assunzionali fissati da disposizioni legislative in materia di pubblico impiego, carenza aggravata dalla situazione di stallo nella quale le procedure concorsuali nel frattempo bandite sono state impantanate dalla proposizione di ricorsi giudiziari – hanno provveduto, nel corso degli anni, ad espletare procedure selettive interne (cosiddetti interpelli) consentite dai rispettivi regolamenti di amministrazione, per l'affidamento di incarichi dirigenziali provvisori, anche per posizioni di particolare rilievo, a funzionari dell'area apicale in possesso di determinati requisiti, così giungendo nel tempo, per evidenti ragioni anagrafiche, a vedere ricoperte per la gran parte le proprie posizioni dirigenziali da tali funzionari incaricati;
    il presupposto normativo che ha consentito alle agenzie fiscali la richiamata gestione autonoma nel conferimento di incarichi dirigenziali si rinviene nell'articolo 71, comma 3, lettera d), del decreto legislativo n. 300 del 1999, ai sensi del quale ogni agenzia fiscale determina con il proprio regolamento di amministrazione le regole per l'accesso alla dirigenza. A titolo esemplificativo, nel Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle entrate l'articolo 24 prevede che «...l'Agenzia può stipulare, previa specifica valutazione dell'idoneità a ricoprire provvisoriamente l'incarico, contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti...»;
    con la sentenza n. 37 del 2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune norme (articolo 8, comma 24, del decreto-legge n. 16 del 2012; articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 150 del 2013; articolo 1, comma 8, del decreto-legge n. 192 del 2014) che, salvi gli incarichi già affidati, consentivano alle Agenzie fiscali l'attribuzione di incarichi dirigenziali a funzionari dipendenti presso le stesse, nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali. In sostanza, la Corte ha censurato il ricorso reiterato ad una procedura di conferimento degli incarichi dirigenziali la quale, invece di rappresentare uno strumento emergenziale ed eccezionale, aveva ormai assunto il carattere della ordinarietà;
    all'esito di detta pronuncia della Consulta, le agenzie fiscali hanno provveduto a dichiarare l'immediato venir meno dei rapporti di lavoro dirigenziale instaurati con la procedura dell'interpello con funzionari dell'area apicale: la questione riguarda circa 800 dirigenti incaricati all'Agenzia delle entrate e circa 400 dirigenti incaricati all'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
    sul fronte dell'impatto pubblico, tale «cessazione» anticipata ed immediata di incarico dirigenziale ha generato numerosi e rilevanti problemi al corretto funzionamento delle agenzie fiscali, incidendo sull'interesse erariale al regolare procedere della macchina fiscale, anche sotto il profilo della impugnabilità degli atti emessi da tali incaricati in costanza di posizione dirigenziale;
    tale immediata estinzione degli incarichi dirigenziali è stata realizzata pur in pendenza, innanzi al Consiglio di Stato, del giudizio che ha generato quello di legittimità costituzionale ed ha comportato anche l'immediato riadeguamento retributivo delle posizioni lavorative; in sostanza, dall'oggi al domani, circa 1200 dirigenti incaricati delle agenzie fiscali (alcuni dei quali anche con 15 anni di anzianità come «precari della dirigenza») sono stati «retrocessi» alla posizione di funzionario, con una contrazione, in alcuni casi, anche del 60/70 per cento del complessivo trattamento economico;
    il Consiglio dei ministri del 26 giugno 2015 ha approvato in via preliminare il decreto legislativo di riordino delle agenzie fiscali nel quale, per i profili qui di interesse, si autorizzano le agenzie fiscali ad annullare le procedure concorsuali non ancora concluse e ad indire un concorso pubblico per soli esami da espletare entro il 31 dicembre 2016, utilizzando modalità selettive definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
    al riguardo, in sede di conversione (AS 1977) del decreto-legge sugli enti territoriali (decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78) si è previsto l'inserimento dell'articolo 4/bis in forza del quale, fino all'espletamento delle sopra citate procedure concorsuali, i dirigenti delle agenzie fiscali possono conferire a funzionari della terza area, previa procedura selettiva, deleghe di funzioni per l'esercizio delle quali ai delegati sono attribuite temporaneamente nuove posizioni organizzative finanziate con risorse derivanti da risparmi di spesa;
    in proposito, oltre alla difficoltà connessa al periodo transitorio da gestire sino all'espletamento della prevista procedura concorsuale, permane comunque la problematica della posizione giuridica degli «ex incaricati» e dei diritti, acquisiti dai medesimi, azionabili in varie sedi anche giudiziarie. Ciò potrebbe sottoporre la pubblica amministrazione ad una gravosa ed onerosa attività contenziosa, con preoccupanti risvolti anche sotto il profilo di quanto stabilito dall'ordinamento sovranazionale. Come noto, infatti, la direttiva comunitaria 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, ha inteso creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dalla successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato; lo Stato italiano ha dato attuazione alla citata direttiva con il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, stabilendo che è consentita la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. Ciò posto, è stato previsto, comunque, che qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato. Sul fronte giurisprudenziale, tale principio è stato ribadito, tra l'altro, nella nota recente «sentenza Mascolo», relativa ad un caso di stabilizzazione dei precari della scuola (si fa rilevare che il comparto scuola e i dirigenti sono due ambiti che il predetto decreto legislativo attuativo, all'articolo 10, aveva inteso escludere dalla stabilizzazione in ruolo, decorso il periodo di 36 mesi sopra richiamato). Inoltre, l'Italia, proprio in materia di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato, è stata già destinataria di alcune procedure di infrazione (n. 2010/2045, n. 2010/2124) ad opera della Commissione Europea;
    l'incarico conferito a funzionari comportava un trattamento equiparabile a quello dei dirigenti di ruolo, ad eccezione del mancato riconoscimento, ai fini previdenziali e del trattamento di fine rapporto, per la parte eccedente gli emolumenti previsti per la qualifica di funzionario. Ciò potrebbe configurare, tra l'altro, un ingiustificato arricchimento per l'amministrazione finanziaria, anch'esso suscettibile di interesse giurisdizionale;
    i dirigenti incaricati di cui trattasi sono stati individuati tra funzionari: a) di ruolo; b) già vincitori di pubblico concorso per l'accesso nella pubblica amministrazione; c) in possesso del diploma di laurea magistrale e, spesso, di rilevanti requisiti di comprovata professionalità (abilitazioni professionali postuniversitarie, attività di docenza in scuole di formazione del Ministero dell'economia e delle finanze o in altre scuole superiori della pubblica amministrazione, pubblicazioni scientifiche nelle materie di competenza delle agenzie fiscali); d) individuati all'esito di una procedura selettiva nella quale sono stati comparati i curricula dei candidati, anche procedendo a colloqui valutativi. La maggior parte degli incarichi hanno di fatto superato il limite dei 36 mesi, in contraddizione con le direttive poste dagli organi sovranazionali che hanno dichiarato la normativa italiana non conforme all'Accordo Quadro Comunitario sui rapporti di lavoro a tempo determinato. Inoltre, nel corso degli anni di svolgimento dell'incarico dirigenziale, gli incaricati sono stati sottoposti, con valutazione sempre positiva, a valutazioni annuali della performance lavorativa;
    si pone come irrinunciabile, in particolare in questo momento di crisi economica e finanziaria in cui versa il Paese, puntare ad un immediato recupero dell'efficienza dell'azione amministrativa, nonché ad una piena e regolare operatività soprattutto della macchina fiscale anche sotto il profilo della lotta all'evasione e all'elusione;
    una regolarizzazione della posizione giuridica degli «ex incaricati» a suo tempo formalmente selezionati dalle agenzie fiscali, oltre ad evitare inaccettabili sperequazioni di trattamento rispetto alle numerose stabilizzazioni già poste in essere nei confronti di altre categorie di lavoratori a tempo determinato, si porrebbe in coerenza con i dettami costituzionali ed in particolare con l'articolo 97 della Costituzione, che prevede l'accesso per concorso agli impieghi pubblici. Si rammenta, inoltre, che il suddetto articolo fa altresì salvi i diversi casi stabiliti dalla legge; e, in tal senso, il nostro ordinamento ha già più volte operato l'attribuzione normativa della qualifica dirigenziale a coloro che avevano svolto per un certo periodo le relative funzioni (cfr., a mero titolo esemplificativo, l'articolo 4 della legge 27 luglio 2005, n. 154, in tema di regolamentazione dell'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria). Alla luce di ciò, un riconoscimento normativo del ruolo dirigenziale ai funzionari delle agenzie fiscali, oltre a corrispondere ai principi costituzionali anche in quanto effettuato in considerazione della peculiare situazione, risponderebbe altresì a logiche di giustizia sostanziale;
    tale regolarizzazione risulterebbe in linea con i principi e con gli obblighi imposti dall'ordinamento sovranazionale;
    il riconoscimento in questione consentirebbe il conseguimento immediato dei seguenti obiettivi: a) salvaguardare l'interesse urgente dell'amministrazione finanziaria al corretto funzionamento dell'azione amministrativa, continuando ad avvalersi di una classe dirigente competente, esperta e immediatamente operativa, anche in relazione ai prossimi sfidanti impegni di carattere straordinario assunti in ambito europeo; b) salvaguardare l'interesse dell'amministrazione finanziaria a dotarsi, attraverso il riconoscimento dei diritti acquisiti dagli ex incaricati di funzioni dirigenziali, di un numero di dirigenti che risulti congruo anche in relazione alla procedura concorsuale da espletarsi entro il 31 dicembre 2016; c) salvaguardare l'interesse dell'amministrazione finanziaria ad ottenere un effetto deflattivo del prevedibile e consistente contenzioso che verrà ad istaurarsi in sede sia nazionale sia comunitaria e che si presenta di probabile esito sfavorevole per l'amministrazione e di onerosa gestione; d) salvaguardare l'interesse dello Stato a veder mantenuti, oltre agli impegni assunti con riferimento alle attività straordinarie di modernizzazione ed efficientamento del Paese, anche quelli relativi alle previsioni di gettito, attualmente di dubbia conseguibilità per la situazione di grave incertezza in cui versano gli uffici delle agenzie fiscali;
    il riconoscimento del ruolo dirigenziale non comporterebbe oneri aggiuntivi per l'erario, in considerazione del fatto che la stabilizzazione di cui trattasi ed il successivo concorso espletato per i posti residuali manterrebbero il rispetto del principio di copertura dell'effettiva vacanza nell'organico dei dirigenti, nei limiti delle facoltà assunzionali delle agenzie fiscali. Anzi, tale sistema eviterebbe che la copertura di tutte le posizioni dirigenziali vacanti effettuata attraverso l'espletando concorso venga rischiosamente a sovrapporsi con quelle posizioni che dovessero successivamente essere imposte da provvedimenti giurisdizionali emanati in accoglimento delle istanze degli ex incaricati;
    la preventiva stabilizzazione consentirebbe, invero, risparmi di spesa anche correlati ai costi derivanti dalla gestione di un prevedibile contenzioso di ingente dimensione e dall'esito incerto, nonché ai consistenti esborsi di natura risarcitoria che verrebbero imposti in sede giurisdizionale;
    la regolarizzazione di cui trattasi risulterebbe non solo rigorosamente coerente con l'ordinamento nazionale e sovranazionale, ma anche corrispondente ad evidenti criteri di giustizia sociale unanimemente condivisibili, soprattutto ove, lunghi dall'assumere i discutibili contorni di una generalizzata ed indiscriminata sanatoria, fosse, per un verso, correlata alla assoluta peculiarità della problematica e, sotto altro profilo, limitata a casi particolari in quanto condizionata al possesso di alcuni pregnanti ed oggettivi requisiti da parte degli ex incaricati. Risulterebbe utile, in proposito, attribuire rilevanza a:
   l'aver avuto accesso alla pubblica amministrazione a seguito di pubblico concorso (in correlazione al parametro costituzionale di accesso alla pubblica amministrazione attraverso concorso);
   l'inquadramento nella terza area funzionale delle agenzie fiscali;
   il possesso di diploma di laurea magistrale (o equipollente) in materie attinenti alle attività di competenza dell'agenzia fiscale di appartenenza;
   l'aver superato una procedura selettiva indetta dalle agenzie fiscali per il conferimento di incarico dirigenziale (in ulteriore correlazione al parametro costituzionale di accesso ai pubblici incarichi attraverso concorso);
   l'aver svolto nelle agenzie fiscali funzioni dirigenziali per un periodo superiore ai 36 mesi (in correlazione al termine massimo previsto dalla disciplina in materia di rapporti di lavoro a tempo determinato);
   l'aver riportato, nel corso dell'incarico dirigenziale, valutazioni annuali tutte positive.

    Per più incisive graduazioni della procedura di stabilizzazione potrebbe tenersi altresì conto di ulteriori requisiti di specchiata professionalità, quali:
   l'essere in possesso di abilitazione professionale in materie attinenti alle attività di competenza dell'Agenzia fiscale di appartenenza (quale, a titolo esemplificativo, l'abilitazione all'esercizio della professione di commercialista, ovvero di avvocato, ovvero di ingegnere, ovvero di architetto);
   l'aver curato pubblicazioni di carattere scientifico nelle materie attinenti alle attività di competenza dell'Agenzia fiscale di appartenenza;
   l'aver svolto, nell'ambito delle stesse materie, attività di docenza presso scuole di formazione del Ministero dell'economia e delle finanze o altre scuole superiori della Pubblica Amministrazione,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti legislativi e regolamentari per risolvere, in termini coerenti con i principi sovranazionali fissati per evitare gli abusi in materia di successione di rapporti di lavoro a tempo determinato, la problematica del personale incaricato per anni di funzioni dirigenziali nelle agenzie fiscali, in particolare con riferimento a quei funzionari che siano in possesso di determinati requisiti giuridicamente rilevanti.
9/3262/154Nicoletti, Aiello, Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge n. 51 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 91 del 2015 è stato previsto l'accesso al fondo di solidarietà nazionale per le imprese agricole che hanno subito danni a causa di eventi alluvionali e nonché per le infezioni di organismi nocivi ai vegetali;
    la coltivazione dell'olivo e del castagno rivestono nel meridione d'Italia un ruolo rilevante nell'ambito delle economie agricole regionali e le relative produzioni sono apprezzate per le loro qualità sia a livello nazionale che comunitario e riconosciute da numerose certificazioni sia di denominazione di origine protetta (DOP) sia di indicazione geografica protetta (IGP);
    l'anomalo andamento meteorologico verificatosi nella scorsa annata agraria ha determinato, per entrambe le colture, gravi danni alla produzione, aggravati dall'insorgenza e dall'ulteriore diffusione di infestazioni parassitarie riconducibili, particolarmente, ad infezioni di organismi nocivi ai vegetali legati, particolarmente, alla diffusione del batterio xylella fastidiosa, del drycosmus kuriphilus (cinipide del castagno) e della flavescenza dorata;
    il citato articolo 5 del decreto-legge n. 51 del 2015, dispone che le Regioni, in deroga all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, possono «deliberare la proposta di declaratoria di eccezionalità degli eventi di cui al comma 1, entro il termine perentorio di sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto» (articolo 5, comma 2) al fine di accedere alle misure compensative di sostegno ai settori agricoli così duramente colpiti;
    il termine riferito alle Regioni per l'adozione della deliberazione di declaratoria della eccezionalità degli eventi si è consumato, ai sensi del richiamato articolo 5, comma 2, decreto-legge n. 51 del 2015, il 7 luglio 2015;
    nelle more del decorso del predetto termine si sono tenute il 31 maggio 2015, in numerose regioni meridionali, le elezioni dei nuovi Consigli regionali che, ai sensi dell'articolo 5, della legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione), hanno posto fine alla precedente legislatura e determinato l'avvio delle complesse procedure, disciplinate dai rispettivi Statuti, relative all'insediamento dei nuovi organi delle Regioni, ivi compresi quelli di governo degli Enti;
    le predette procedure statutarie di insediamento degli organi di governo, alla data del 7 luglio 2015, non si erano perfezionate in ogni regione;
    appare opportuno consentire l'accesso alle misure compensative di sostegno ai settori agricoli così duramente colpiti dalla eccezionale gravità dell'avverso andamento meteorologico e dalla insorgenza e dalla diffusione delle infestazioni parassitarie a danno delle coltivazioni dell'olivo e del castagno, anche alle Regioni i cui organi di governo, nel rispetto delle procedure statutarie, alla data del 7 luglio 2015, non si erano ancora insediati con conseguente impossibilità di adozione della deliberazione di Giunta regionale richiesta dall'articolo 5, comma 2, decreto-legge n. 51 del 2015;
    pertanto, in tali regioni, nelle more della costituzione degli organi statutariamente competenti alla declaratoria di eccezionalità degli eventi che danno luogo a risarcimento, le relative proposte sono state predisposte nel rispetto del predetto termine dai competenti uffici regionali,

impegna il Governo

a considerare valide, ai fini della produzione degli effetti previsti dall'articolo 5, commi 1 e 2, decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91, le proposte di declaratoria di eccezionalità degli eventi anche qualora disposte con provvedimento dei competenti dirigenti regionali nei termini previsti dal comma 2 della citata disposizione.
9/3262/155Capozzolo, Ragosta, Romanini, Petrini, Tino Iannuzzi, Cenni, Giuseppe Guerini, Lodolini, Borghi, Famiglietti, Manfredi, Covello, Dallai, Gribaudo, Oliverio, Melilli, Carloni, Cimbro, D'Incecco, Rostan, Bruno Bossio, Antezza, Carnevali, Berlinghieri, Tartaglione.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge n. 51 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 91 del 2015 è stato previsto l'accesso al fondo di solidarietà nazionale per le imprese agricole che hanno subito danni a causa di eventi alluvionali e nonché per le infezioni di organismi nocivi ai vegetali;
    la coltivazione dell'olivo e del castagno rivestono nel meridione d'Italia un ruolo rilevante nell'ambito delle economie agricole regionali e le relative produzioni sono apprezzate per le loro qualità sia a livello nazionale che comunitario e riconosciute da numerose certificazioni sia di denominazione di origine protetta (DOP) sia di indicazione geografica protetta (IGP);
    l'anomalo andamento meteorologico verificatosi nella scorsa annata agraria ha determinato, per entrambe le colture, gravi danni alla produzione, aggravati dall'insorgenza e dall'ulteriore diffusione di infestazioni parassitarie riconducibili, particolarmente, ad infezioni di organismi nocivi ai vegetali legati, particolarmente, alla diffusione del batterio xylella fastidiosa, del drycosmus kuriphilus (cinipide del castagno) e della flavescenza dorata;
    il citato articolo 5 del decreto-legge n. 51 del 2015, dispone che le Regioni, in deroga all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, possono «deliberare la proposta di declaratoria di eccezionalità degli eventi di cui al comma 1, entro il termine perentorio di sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto» (articolo 5, comma 2) al fine di accedere alle misure compensative di sostegno ai settori agricoli così duramente colpiti;
    il termine riferito alle Regioni per l'adozione della deliberazione di declaratoria della eccezionalità degli eventi si è consumato, ai sensi del richiamato articolo 5, comma 2, decreto-legge n. 51 del 2015, il 7 luglio 2015;
    nelle more del decorso del predetto termine si sono tenute il 31 maggio 2015, in numerose regioni meridionali, le elezioni dei nuovi Consigli regionali che, ai sensi dell'articolo 5, della legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione), hanno posto fine alla precedente legislatura e determinato l'avvio delle complesse procedure, disciplinate dai rispettivi Statuti, relative all'insediamento dei nuovi organi delle Regioni, ivi compresi quelli di governo degli Enti;
    le predette procedure statutarie di insediamento degli organi di governo, alla data del 7 luglio 2015, non si erano perfezionate in ogni regione;
    appare opportuno consentire l'accesso alle misure compensative di sostegno ai settori agricoli così duramente colpiti dalla eccezionale gravità dell'avverso andamento meteorologico e dalla insorgenza e dalla diffusione delle infestazioni parassitarie a danno delle coltivazioni dell'olivo e del castagno, anche alle Regioni i cui organi di governo, nel rispetto delle procedure statutarie, alla data del 7 luglio 2015, non si erano ancora insediati con conseguente impossibilità di adozione della deliberazione di Giunta regionale richiesta dall'articolo 5, comma 2, decreto-legge n. 51 del 2015;
    pertanto, in tali regioni, nelle more della costituzione degli organi statutariamente competenti alla declaratoria di eccezionalità degli eventi che danno luogo a risarcimento, le relative proposte sono state predisposte nel rispetto del predetto termine dai competenti uffici regionali,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative al fine di considerare valide, ai fini della produzione degli effetti previsti dall'articolo 5, commi 1 e 2, decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91, le proposte di declaratoria di eccezionalità degli eventi anche qualora disposte con provvedimento dei competenti dirigenti regionali nei termini previsti dal comma 2 della citata disposizione.
9/3262/155. (Testo modificato nel corso della seduta) Capozzolo, Ragosta, Romanini, Petrini, Tino Iannuzzi, Cenni, Giuseppe Guerini, Lodolini, Borghi, Famiglietti, Manfredi, Covello, Dallai, Gribaudo, Oliverio, Melilli, Carloni, Cimbro, D'Incecco, Rostan, Bruno Bossio, Antezza, Carnevali, Berlinghieri, Tartaglione.


   La Camera,
   premesso che:
    la Regione Sardegna con legge regionale n. 4 del 1997 concernente il «Riassetto generale delle province e procedure ordinarie per l'istituzione di nuove province e la modificazione delle circoscrizioni provinciali», ha provveduto a ridefinire l'ordinamento provinciale nel suo territorio, in attuazione dell'articolo 3, lettera b), del proprio Statuto;
    l'articolo 1, comma 2, della citata Legge prevede che «l'istituzione di nuove province e la modifica delle circoscrizioni provinciali sono stabilite con legge regionale»;
    in base a tale principio, con la legge regionale n. 9 del 2001, sono state istituite quattro nuove circoscrizioni provinciali: Olbia-Tempio, Carbonia-Iglesias, Medio-Campidano, Ogliastra;
    con le elezioni provinciali del maggio 2005 le nuove province hanno acquisito piena capacità giuridica e l'assetto provinciale nella nuova configurazione di otto province;
    all'indomani dell'esito dei referendum del 6 maggio 2012 con i quali sono state abrogate le leggi istitutive delle province di Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia Tempio, al fine di scongiurare un vuoto normativo, il Consiglio Regionale ha approvato la legge 25 maggio 2012, n. 11;
    con la legge regionale n. 15 del 28 giugno 2013, recante «Disposizioni transitorie in materia di riordino delle province» è stato disposto che:
     a) il Consiglio regionale entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge approva una proposta di legge costituzionale di modifica dell'articolo 43 dello Statuto;
     b) entro lo stesso termine il Consiglio regionale approva una legge di riforma organica dell'ordinamento degli enti locali. In detta legge, in attesa della modifica dell'articolo 43 dello Statuto, è disciplinato il trasferimento delle funzioni svolte dalle province, ad eccezione di quelle relative a: raccolta e coordinamento delle proposte dei comuni relativamente alla programmazione economica, territoriale e ambientale del territorio regionale di loro competenza e l'adozione di atti di programmazione territoriale a livello provinciale;
     c) nelle more dell'approvazione della riforma organica, al fine di assicurare la continuità delle funzioni già svolte dalle province oggetto dei referendum abrogativi sono stati nominati i commissari straordinari i quali, sono stati chiamati a predisporre gli atti contabili, finanziari, patrimoniali, ricognitivi e liquidatori necessari;
    con delibera di Giunta Regionale della Regione Autonoma della Sardegna, n. 53/17 del 29 dicembre 2014 è stato approvato il Disegno di legge concernente il «Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna» che ridisegna il sistema delle autonomie locali e delle province in particolare prevedendo la soppressione delle quattro province (Carbonia-Iglesias, Medio-Campidano, Olbia-Tempio e Ogliastra) in esecuzione di quanto previsto dal referendum abrogativo regionale del 16 maggio 2012;
    con la Legge di stabilità per il 2015, le province subiscono un taglio dei trasferimenti statali pari a 1 miliardo di euro nel 2015, 2 miliardi nel 2016 e 3 miliardi nel 2017, ridimensionamenti di spesa che rischiano di creare non pochi problemi anche per il pagamento delle spettanze ai dipendenti provinciali;
    in considerazione della specialità e della autonomia riconosciuta alla Regione Sardegna occorre che il Governo chiarisca in maniera inequivocabile l'applicabilità delle disposizioni già previste dalla Legge n. 190 del 23 dicembre 2014 nonché dalla successiva circolare di applicazione, la n. 1 del 30 gennaio 2015 predisposta dal Dipartimento della Funzione Pubblica anche per il personale delle otto province sarde al fine di evitare discriminanti penalizzazioni per il personale dipendente;
    con l'imminente emanazione del decreto del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione contenente i criteri per l'attuazione delle procedure di mobilità riservate al personale a tempo indeterminato degli enti di area vasta, ai sensi dell'articolo 30, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le misure necessarie affinché possa trovare applicazione anche per i dipendenti delle otto province della Regione Sardegna quanto previsto dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015) ed in particolare ai commi 424 e 425 dell'articolo 1, nonché quanto disposto dalla circolare n. 1 del 30 gennaio 2015 del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie concernente le «Linee guida in materia di attuazione delle disposizioni in materia di personale e di altri profili connessi al riordino delle funzioni delle province e delle città metropolitane. Articolo 1, commi da 418 a 430 legge n. 190 del 2014» e delle procedure di mobilità del personale a tempo indeterminato degli enti di area vasta, come previsto dall'emanando decreto del Ministro per la semplificazione e pubblica amministrazione.
9/3262/156Cani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame è finalizzato alla rideterminazione degli obiettivi del patto di stabilità interno per i comuni per gli anni dal 2015 al 2018, disponendo altresì alcune misure finalizzate a rendere più sostenibili gli obiettivi degli enti soggetti ai vincoli del patto di stabilità, allentando, nel contempo, la pressione sulle spese di investimento;
    il comma 2 del suddetto articolo, reca norme che allentano i vincoli del patto di stabilità, consentendo ai comuni maggiori margini finanziari per effettuare spese finalizzate a investimenti volti alla cura del territorio e all'erogazione dei servizi e, in particolare, la lettera b) include le spese per interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici connessi alla bonifica degli istituti contaminati dall'amianto,

impegna il Governo:

   a reperire risorse aggiuntive finalizzate a consentire maggiori margini finanziari per le spese relative ad investimenti per opere segnalate dagli enti locali per i quali sono già state trasmesse e accolte le schede dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e che non hanno trovato conclusione entro la scadenza prevista dall'articolo 4, comma 3, lettera c), del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164;
   a prevedere l'allentamento dei vincoli del patto di stabilità anche per le spese per interventi di messa in sicurezza e riqualificazione energetica degli edifici utilizzati anche da plessi scolastici.
9/3262/157Casati, Cimbro.


   La Camera,
   premesso che:
    nell’iter di approvazione del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, all'articolo 16-quater (come riformulato con AS 1977) sono stati previsti modificazioni, sostituzioni, integrazioni e abrogazioni all'articolo 33 del decreto-legge 12 settembre 2013 n. 133, convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 2014 n. 164;
    in particolare gli interventi modificativi del citato articolo 33 hanno riguardato il comma 5, il comma 12, la sostituzione del comma 13, l'abrogazione del comma 13-ter, l'integrazione alla rubrica;
    il soggetto attuatore dell'intervento di «Bonifica ambientale e rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale – comprensorio Bagnoli-Coroglio», come previsto al punto b) dell'articolo 16-quater del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, risulta individuato nell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti S.p.A.; al Commissario Straordinario di Governo, scelto secondo il criterio dettato al punto a) dell'articolo 16-quater del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, restano attribuiti compiti di coordinamento degli interventi infrastrutturali d'interesse statale con quelli privati da effettuare nell'area di rilevante interesse nazionale di cui al comma 1, «nonché i compiti di cui ai commi successivi» fra i quali è da segnalare, per i profili che qui si intendono richiamare, i compiti previsti dall'articolo 33, comma 13-quater del decreto-legge 12 settembre 2013 n. 133, convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 2014 n. 164, in ragione dei quali il Commissario Straordinario di Governo – all'esito della procedura di mobilità di cui all'articolo 1, commi 563 e seguenti, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e della verifica dei fabbisogni di personale necessari per le attività di competenza del Soggetto – assume ogni utile iniziativa al fine di salvaguardare i livelli occupazionali dei lavoratori facenti capo alla società Bagnoli Futura Spa alla data della dichiarazione di fallimento...»,

impegna il Governo

a tener fede all'impegno di salvaguardare i livelli occupazionali dei lavoratori di Bagnoli Futura in servizio alla data di dichiarazione di fallimento, valorizzando le professionalità degli stessi nel quadro degli interventi di cui all'articolo 33 citato.
9/3262/158Valeria Valente, Roberta Agostini, Amendola, Carloni, Chaouki, Coccia, Di Lello, Tino Iannuzzi, Impegno, Manfredi, Giorgio Piccolo, Salvatore Piccolo, Paris, Sgambato, Tartaglione, Vaccaro, Valiante.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge n. 78 del 2015 viene tra l'altro recepita all'articolo 9-quater l'intesa con le Regioni riguardante le misure tese a ridurre le prestazioni sanitarie inappropriate;
    il predetto articolo 9-quater prevede che con decreto del Ministro della salute da adottare entro 30 giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, previa intesa fra Stato e Regioni, siano individuate le nuove condizioni di erogabilità e le condizioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale contenute nel decreto ministeriale 22 luglio 1996;
    poiché trattasi di provvedimento che deve avere esclusivamente natura tecnica e non può essere influenzato minimamente da ragioni ispirate da esigenze di economie di bilancio, trattandosi di prestazioni indispensabili per garantire i livelli essenziali di assistenza a tutti, in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione,

impegna il Governo

a sottoporre il predetto decreto al parere del Consiglio Superiore di Sanità ed alle Società Scientifiche che anche in questa circostanza possono svolgere un importante ruolo di collaborazione nel Sistema Sanitario Nazionale per la elaborazione e consulenza nella individuazione delle prestazioni appropriate.
9/3262/159Miotto.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge n. 78 del 2015 viene tra l'altro recepita all'articolo 9-quater l'intesa con le Regioni riguardante le misure tese a ridurre le prestazioni sanitarie inappropriate;
    il predetto articolo 9-quater prevede che con decreto del Ministro della salute da adottare entro 30 giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, previa intesa fra Stato e Regioni, siano individuate le nuove condizioni di erogabilità e le condizioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale contenute nel decreto ministeriale 22 luglio 1996;
    poiché trattasi di provvedimento che deve avere esclusivamente natura tecnica e non può essere influenzato minimamente da ragioni ispirate da esigenze di economie di bilancio, trattandosi di prestazioni indispensabili per garantire i livelli essenziali di assistenza a tutti, in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione,

impegna il Governo

a sottoporre compatibilmente con il rispetto dei tempi previsti per l'adozione del decreto, il predetto decreto al parere del Consiglio Superiore di Sanità ed alle Società Scientifiche che anche in questa circostanza possono svolgere un importante ruolo di collaborazione nel Sistema Sanitario Nazionale per la elaborazione e consulenza nella individuazione delle prestazioni appropriate.
9/3262/159. (Testo modificato nel corso della seduta) Miotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 60 del Testo unico sugli enti locali disciplina le cause di ineleggibilità alla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale e circoscrizionale;
    il provvedimento in esame, che reca disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, all'articolo 8, comma 13-sexies, aggiunge un nuovo periodo all'articolo 60, comma 3, disponendo che la causa di ineleggibilità dei sindaci in altro comune non abbia effetto nei confronti del sindaco in caso di elezioni contestuali nel comune nel quale l'interessato è già in carica, e in quello nel quale intende candidarsi;
    la disposizione in esame consente, dunque ai sindaci che si candidano alla carica di sindaco o consigliere comunale in altro comune, di rimanere in carica per il periodo della campagna elettorale, nel caso di elezioni contestuali;
    la norma in esame non interviene su una deprecabile prassi di aggiramento delle norme di legge: a fronte della previsione normativa che vieta ai sindaci di ricandidarsi trascorsi due mandati consecutivi, si assiste in molti casi alla pratica assai inopportuna di far candidare una persona terza che, una volta eletta, resta in carica solo per un arco temporale limitato;
    le dimissioni anticipate, infatti, del nuovo sindaco, interrompendo la consecutività dei due mandati del sindaco precedente, consentono nuovamente al cittadino che già aveva svolto due mandati consecutivi, di ricandidarsi,

impegna il Governo

a verificare, nell'ambito delle sue prerogative, l'opportunità di introdurre nell'ordinamento una nuova norma per stabilire che il divieto di rieleggibilità sussista per un arco temporale di almeno 5 anni dal termine del secondo mandato consecutivo.
9/3262/160Ermini, Fabbri.


   La Camera,
   premesso che:
    nella Laguna di Orbetello nella seconda metà di luglio si è verificata una grave morìa di pesci, per anossia e processi batterici determinati dalle eccezionali condizioni atmosferiche con temperature molto elevate; il caldo intenso e persistente ha provocato la morte di tonnellate di pesce, in particolare nella zona di levante; la situazione è aggravata dal fatto che i processi di decomposizione – conseguenti alla morìa di pesci – determinano ulteriore consumo di ossigeno nelle acque;
    il fenomeno si è verificato nonostante in questi giorni gli enti locali competenti abbiano attivato tutti i provvedimenti utili a ridurre la temperatura dell'acqua, quali monitoraggio, ossigenazione, pompaggio delle acque e riduzione del carico organico dei sedimenti;
    dopo la grave morìa di pesci, per limitare il danno, gli enti locali hanno disposto barre di contenimento per evitare il passaggio del pesce morto dalla laguna di levante a quella di ponente, per concentrare e rendere agevole la raccolta di tonnellate di pesce in decomposizione anche con l'ausilio delle barche dei pescatori e delle associazioni con le quali è stata attivata prontamente una collaborazione;
    la moria di pesci ha generato una situazione di crisi senza precedenti per la pesca nella laguna; i danni per il settore sono elevatissimi, e comprendono anche i costi sostenuti per contribuire allo smaltimento dei grandi quantitativi di pesce morto;
    la Laguna di Orbetello è un ambiente di elevato interesse ecologico e con una fauna ittica da tutelare; in particolare le acque lagunari sono una fonte importante di reddito per le popolazioni dei Comuni dell'area per la fiorente itticoltura, che si è sviluppata anche grazie all'introduzione di nuove tecniche di riproduzione e di pesca ad elevata produttività ma che conservano l'equilibrio tra le popolazioni ittiche e un'interazione positiva fra attività produttiva ed ecosistema ambientale,

impegna il Governo:

   ad intervenire prontamente sul territorio della laguna di Orbetello, che appartiene al demanio dello Stato;
   a disporre, in tempi rapidi, mediante gli enti locali territoriali competenti, e d'intesa con le Associazioni imprenditoriali, la valutazione e l'indennizzo dei danni subiti da tutto il settore, della itticoltura, della pesca e del commercio ittico, anche in considerazione della riduzione, documentata, del reddito conseguente alla sospensione delle attività del settore nel periodo di crisi;
   a ricostituire – con tutti gli enti locali competenti – un Laboratorio della Laguna, per la ricerca scientifica e il monitoraggio costante dell'ecosistema e ad istituire un tavolo permanente di confronto e di proposta per la pesca e l'acquacoltura;
   a stanziare ed erogare congrue risorse per il piano di gestione della Laguna e per la prevenzione di tali eventi; ad escludere tali risorse dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno per gli enti locali competenti.
9/3262/161Venittelli, Sani, Oliverio, Donati, Capozzolo.


   La Camera,
   premesso che:
    nella Laguna di Orbetello nella seconda metà di luglio si è verificata una grave morìa di pesci, per anossia e processi batterici determinati dalle eccezionali condizioni atmosferiche con temperature molto elevate; il caldo intenso e persistente ha provocato la morte di tonnellate di pesce, in particolare nella zona di levante; la situazione è aggravata dal fatto che i processi di decomposizione – conseguenti alla morìa di pesci – determinano ulteriore consumo di ossigeno nelle acque;
    il fenomeno si è verificato nonostante in questi giorni gli enti locali competenti abbiano attivato tutti i provvedimenti utili a ridurre la temperatura dell'acqua, quali monitoraggio, ossigenazione, pompaggio delle acque e riduzione del carico organico dei sedimenti;
    dopo la grave morìa di pesci, per limitare il danno, gli enti locali hanno disposto barre di contenimento per evitare il passaggio del pesce morto dalla laguna di levante a quella di ponente, per concentrare e rendere agevole la raccolta di tonnellate di pesce in decomposizione anche con l'ausilio delle barche dei pescatori e delle associazioni con le quali è stata attivata prontamente una collaborazione;
    la moria di pesci ha generato una situazione di crisi senza precedenti per la pesca nella laguna; i danni per il settore sono elevatissimi, e comprendono anche i costi sostenuti per contribuire allo smaltimento dei grandi quantitativi di pesce morto;
    la Laguna di Orbetello è un ambiente di elevato interesse ecologico e con una fauna ittica da tutelare; in particolare le acque lagunari sono una fonte importante di reddito per le popolazioni dei Comuni dell'area per la fiorente itticoltura, che si è sviluppata anche grazie all'introduzione di nuove tecniche di riproduzione e di pesca ad elevata produttività ma che conservano l'equilibrio tra le popolazioni ittiche e un'interazione positiva fra attività produttiva ed ecosistema ambientale,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    intervenire prontamente sul territorio della laguna di Orbetello, che appartiene al demanio dello Stato;
    disporre, in tempi rapidi, mediante gli enti locali territoriali competenti, e d'intesa con le Associazioni imprenditoriali, la valutazione e l'indennizzo dei danni subiti da tutto il settore, della itticoltura, della pesca e del commercio ittico, anche in considerazione della riduzione, documentata, del reddito conseguente alla sospensione delle attività del settore nel periodo di crisi;
    ricostituire – con tutti gli enti locali competenti – un Laboratorio della Laguna, per la ricerca scientifica e il monitoraggio costante dell'ecosistema e ad istituire un tavolo permanente di confronto e di proposta per la pesca e l'acquacoltura.
9/3262/161. (Testo modificato nel corso della seduta) Venittelli, Sani, Oliverio, Donati, Capozzolo.


   La Camera,
   premesso che:
    un violento nubifragio di eccezionale intensità con forte vento e grandine, una vera e propria tromba d'aria, si è abbattuto nella tarda serata del 10 agosto su Firenze, causando danni ingenti, in particolare nella zona sud della città; numerosi i feriti; un giovane di 19 anni è in gravi condizioni;
    interrotta la linea ferroviaria; centinaia di alberi si sono abbattuti sulle auto e sulle case; scoperchiati i tetti; danni anche alle strade, alle infrastrutture elettriche, telefoniche e all'acquedotto con interruzione della corrente, delle comunicazioni e delle fornitura idrica; sono in corso di accertamento da parte della Sovrintendenza le conseguenze sul prezioso patrimonio storico-artistico della città del nubifragio che fortunatamente ha solo lambito il centro storico;
    impegnata la Protezione civile per l'assistenza alle numerose persone evacuate da edifici con tetti pericolanti, il ripristino della viabilità e anche nel ristoro dei passeggeri dei treni fermi per ore sulla Direttissima dove il crollo di un traliccio ha provocato il blocco della circolazione ferroviaria dei treni in entrambe le direzioni e ha richiesto interventi per molte ore nel corso della notte;
    dieci dei 14 convogli diretti a Roma sono stati deviati verso la linea tirrenica, lungo la direttrice Firenze-Pisa-Grosseto, altri retrocessi verso Roma e Milano; l'intera circolazione ferroviaria ha accusato forti ritardi;
    il sindaco ha richiesto lo stato di emergenza sottoscritto anche dal Presidente della regione; i numerosi interventi disposti dall'Unità di crisi del comune hanno consentito la riattivazione della viabilità nelle strade principali dei quartieri due e tre, il soccorso alle popolazioni e la riattivazione dei servizi grazie all'incessante impegno delle forze di polizia, dei vigili del fuoco, della protezione civile e del volontariato e anche dei profughi che, prima con iniziative spontanee e poi prontamente assicurati, hanno contribuito allo sgombero e alla pulitura delle strade; rinforzi ai Vigili del fuoco sono arrivati anche da altre città, come Bologna e Modena;
    nei giorni successivi all'evento prosegue intensa l'attività di intervento sugli edifici, anche pubblici, come scuole e impianti sportivi con seri danni, nei servizi, nelle strade e sugli alberi pericolanti,

impegna il Governo:

   ad assumere urgenti iniziative per disporre, in tempi rapidi, mediante le amministrazioni territoriali competenti, l'indennizzo dei danni alla popolazione, alle attività produttive, al commercio, al turismo ai servizi tenendo conto anche della riduzione del reddito conseguente alla sospensione delle attività necessaria per le operazioni di ripristino;
   a sospendere i pagamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria per i residenti che hanno subito danni documentati e a disporre che il pagamento degli adempimenti tributari e non tributari dopo la sospensione dei termini sia effettuato in forma rateale, senza applicazione di sanzioni e interessi;
   a prevedere, anche mediante protocollo d'intesa con l'Associazione Bancaria Italiana, la sospensione dei mutui per i danneggiati e la possibilità di accedere a finanziamenti agevolati assistiti dalla garanzia dello stato per il pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi da effettuare dopo la sospensione dei termini;
   a negoziare con l'Unione Europea un allentamento del patto di stabilità per il comune di Firenze e la regione Toscana, in modo che tali enti possano realizzare gli interventi – anche di prevenzione – con risorse proprie, disponibili ma bloccate da vincoli di bilancio;
   a potenziare tutti i sistemi di allerta meteo, e ad attivare tutte i dispositivi utili alle comunicazioni ai cittadini, in modo da prevenire e ridurre i danni a persone e cose;
   a predisporre piani di intervento per prevedere percorsi e mezzi alternativi nel caso di danni seri ai collegamenti ferroviari e alla viabilità, per eccezionali eventi atmosferici.

9/3262/162Albini, Bonifazi, Becattini, Beni, Fossati, Simoni, Ermini, Parrini, Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    un violento nubifragio di eccezionale intensità con forte vento e grandine, una vera e propria tromba d'aria, si è abbattuto nella tarda serata del 10 agosto su Firenze, causando danni ingenti, in particolare nella zona sud della città; numerosi i feriti; un giovane di 19 anni è in gravi condizioni;
    interrotta la linea ferroviaria; centinaia di alberi si sono abbattuti sulle auto e sulle case; scoperchiati i tetti; danni anche alle strade, alle infrastrutture elettriche, telefoniche e all'acquedotto con interruzione della corrente, delle comunicazioni e delle fornitura idrica; sono in corso di accertamento da parte della Sovrintendenza le conseguenze sul prezioso patrimonio storico-artistico della città del nubifragio che fortunatamente ha solo lambito il centro storico;
    impegnata la Protezione civile per l'assistenza alle numerose persone evacuate da edifici con tetti pericolanti, il ripristino della viabilità e anche nel ristoro dei passeggeri dei treni fermi per ore sulla Direttissima dove il crollo di un traliccio ha provocato il blocco della circolazione ferroviaria dei treni in entrambe le direzioni e ha richiesto interventi per molte ore nel corso della notte;
    dieci dei 14 convogli diretti a Roma sono stati deviati verso la linea tirrenica, lungo la direttrice Firenze-Pisa-Grosseto, altri retrocessi verso Roma e Milano; l'intera circolazione ferroviaria ha accusato forti ritardi;
    il sindaco ha richiesto lo stato di emergenza sottoscritto anche dal Presidente della regione; i numerosi interventi disposti dall'Unità di crisi del comune hanno consentito la riattivazione della viabilità nelle strade principali dei quartieri due e tre, il soccorso alle popolazioni e la riattivazione dei servizi grazie all'incessante impegno delle forze di polizia, dei vigili del fuoco, della protezione civile e del volontariato e anche dei profughi che, prima con iniziative spontanee e poi prontamente assicurati, hanno contribuito allo sgombero e alla pulitura delle strade; rinforzi ai Vigili del fuoco sono arrivati anche da altre città, come Bologna e Modena;
    nei giorni successivi all'evento prosegue intensa l'attività di intervento sugli edifici, anche pubblici, come scuole e impianti sportivi con seri danni, nei servizi, nelle strade e sugli alberi pericolanti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    assumere urgenti iniziative per disporre, in tempi rapidi, mediante le amministrazioni territoriali competenti, l'indennizzo dei danni alla popolazione, alle attività produttive, al commercio, al turismo ai servizi tenendo conto anche della riduzione del reddito conseguente alla sospensione delle attività necessaria per le operazioni di ripristino;
    sospendere i pagamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria per i residenti che hanno subito danni documentati e a disporre che il pagamento degli adempimenti tributari e non tributari dopo la sospensione dei termini sia effettuato in forma rateale, senza applicazione di sanzioni e interessi;
    prevedere, anche mediante protocollo d'intesa con l'Associazione Bancaria Italiana, la sospensione dei mutui per i danneggiati e la possibilità di accedere a finanziamenti agevolati assistiti dalla garanzia dello stato per il pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi da effettuare dopo la sospensione dei termini;
    negoziare con l'Unione Europea un allentamento del patto di stabilità per il comune di Firenze e la regione Toscana, in modo che tali enti possano realizzare gli interventi – anche di prevenzione – con risorse proprie, disponibili ma bloccate da vincoli di bilancio;
    potenziare tutti i sistemi di allerta meteo, e ad attivare tutte i dispositivi utili alle comunicazioni ai cittadini, in modo da prevenire e ridurre i danni a persone e cose;
    predisporre piani di intervento per prevedere percorsi e mezzi alternativi nel caso di danni seri ai collegamenti ferroviari e alla viabilità, per eccezionali eventi atmosferici.

9/3262/162. (Testo modificato nel corso della seduta) Albini, Bonifazi, Becattini, Beni, Fossati, Simoni, Ermini, Parrini, Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2015 ha individuato la platea dei contribuenti ai quali va posto a carico il rischio di inesigibilità dei crediti TARI; con un'integrazione all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ed è stato reso obbligatorio l'inserimento, tra i costi del servizio, delle quote di crediti inesigibili ed i contribuenti TARI non saranno chiamati a pagare solo la quota posta a loro carico ma anche quelle non pagate dai contribuenti morosi;
    i comuni ed i loro concessionari hanno l'obbligo di esperire tutte le azioni possibili per recuperare ogni singola quota della TARI prima di dichiarare il credito inesigibile e di inserirlo tra i costi del servizio;
    l'integrazione normativa introdotta dai nuovi principi armonizzati (punto n. 3.3 dell'allegato n. 4/2 del decreto legislativo n. 118 del 2011) impone però di iscrivere le quote dei crediti inesigibili TARI anche nel Fondo crediti dubbia esigibilità (FCDE) a carico dei bilanci comunali, con la conseguenza che i cittadini sembra debbano sopportare il carico dei crediti inesigibili due volte:
     a) la prima in tariffa TARI, se l'Ente ricorre all'inserimento del fondo svalutazione crediti nel piano economico finanziario Tari per una quota massima del 5 per cento o, negli anni successivi, nel momento in cui saranno dichiarati definitivamente inesigibili;
     b)  la seconda come accantonamento al FCDE del bilancio comunale;
    l'obbligo di accantonare risorse nel fondo crediti di dubbia esigibilità da parte dei Comuni si configura quindi quale duplicazione dell'accantonamento già previsto in sede di approvazione del piano economico/finanziario TARI;
    è necessario perciò chiarire se al punto 3.3 dell'allegato n. 4/2 al decreto legislativo n. 118 del 2011, fra i «crediti di dubbia e difficile esazione ... » rientrino o meno quelli relativi alla TARI oppure se per sopravvenienza di norme non risulti più obbligatorio per l'ente locale provvedere ad accantonare risorse proprie nel Fondo crediti di dubbia esigibilità del bilancio di previsione 2015/2017 (e successive annualità) da far confluire nel risultato di amministrazione calcolato in sede di rendiconto dei medesimi esercizi e finalizzato ad affrontare il rischio di inesigibilità dei crediti Tari,

impegna il Governo

   a valutare la necessità di adottare i necessari atti per chiarire se:
     1) la disposizione introdotta dall'articolo 7, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2015 che prevede che i crediti inesigibili siano inseriti tra i costi del piano economico/finanziario della TARI sia da interpretare o meno nel senso che essi non vanno poi posti anche a carico della fiscalità generale ma solo a carico dei contribuenti Tari;
     2) risulti o meno obbligatorio per i Comuni confermare l'accantonamento di somme già effettuato a titolo di FCDE in sede di riaccertamento straordinario, in applicazione del principio contabile di cui al n. 4/2 allegato al decreto legislativo n. 118 del 2015, al fine di affrontare il rischio di dubbia esigibilità dei residui attivi Tari e Tares.
9/3262/163Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11, commi 16-bis del testo in esame recupera l'articolo 1 del decreto-legge n. 92, con il quale si è ampliato il concetto di «produttore di rifiuti» di cui all'articolo 183 comma 1 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice ambiente) ricomprendendovi anche «il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione»;
    la formulazione della norma potrebbe indurre gli interpreti a identificare due figure di produttore iniziale di rifiuti: da un lato, il produttore materiale (l'appaltatore); dall'altro, il produttore al quale sia giuridicamente imputabile l'attività (la stazione appaltante), prevedendo una sorta di responsabilità solidale, anche nel caso in cui la stazione appaltante sia stata garantita per contratto del corretto smaltimento dei rifiuti da parte dell'appaltatore,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di emanare disposizioni interpretative dell'articolo 11, comma 16-bis del testo in esame, nelle quali si chiarisca, con riferimento al concetto di produttore di rifiuti di cui all'articolo 183 comma 1 del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato dal provvedimento in esame, che l'imputazione di responsabilità vada in primis riferita al produttore materiale dei rifiuti e solo nel caso in cui l'Autorità procedente lo ritenga opportuno, al soggetto al quale sia giuridicamente imputabile l'attività.
9/3262/164Piso.


   La Camera,
   premesso che:
    sono passati ormai quasi 5 mesi dal tragico episodio della neonata di Catania;
    le amministrazioni regionali e nazionali si erano indignate: richieste di commissariamento, di commissioni di inchiesta, di interventi dei Nas, annunci di dimissioni irrevocabili;
   i responsabili sarebbero stati trovati ed avrebbero pagato e, soprattutto, si era dichiarata la ferma intenzione di porre mano ai necessari correttivi del sistema, con l'attivazione, tra l'altro, di un funzionale trasporto neonatale di emergenza;
    pur avendo preso atto, già da tempo, dell'accordo Stato-Regioni relativo alle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza del precorso nascita, ed avendo attinto ai relativi finanziamenti, non si è proceduto in maniera consequenziale, tanto che, già nel 2012, il comitato Lea ha ritenuto la Regione Sicilia inadempiente rispetto ai compiti previsti dall'accordo;
    nel D.A. del 21 dicembre 2011, pubblicato nel G.U.R.S. n. 8 del 2012 e relativo ad assegnazione di somme per l'attivazione dei servizi STEN/STAM erano stati stanziati 5 milioni di euro, di cui 470 mila a Gela, nel comprensorio dell'ASP di Caltanissetta, che avrebbe dovuto attivare l'UTIN e 470 mila a Enna, che avrebbe dovuto attivare il sistema STEN/STAM;
    ad oggi, nel P.O. di Mussomeli, rimane attivo un punto nascita, con meno di 500 nati l'anno, che viene garantito con un dirigente medico pediatra che interviene in pronta disponibilità pomeridiana e notturna, alla pari di un dirigente medico della U.O. di anestesia e rianimazione e di un dirigente medico della U.O. di ostetricia e ginecologia, che intervengono con la medesima attivazione. Eventuali trasferimenti materno-fetali o neonatali da Mussomeli, vengono effettuati presso la UTIN di Agrigento, più facilmente raggiungibile di quella di Enna, dal personale del P.O. di Mussomeli;
    anche dopo la vicenda della bambina catanese deceduta subito dopo il parto, la situazione non appare per nulla migliorata;
    il 13 marzo 2015 viene emanato il D.A. del 26 febbraio, avente per oggetto: «Riordino e razionalizzazione della rete dei servizi di trasporto emergenza neonatale (STEN) e assistito materno (STAM)», con il quale viene stabilito che, a decorrere dal 30 aprile 2015, dovranno garantire lo STEN e lo STAM le strutture di seguito elencate, secondo il bacino di utenza assegnato;
    per la Sicilia occidentale, l'Azienda Ospedaliera Cervello di Palermo garantirà il servizio per le province di Palermo e Trapani. Per la Sicilia centrale, l'ASP di Enna, con il P.O. Umberto I di Enna, garantirà il servizio per le province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna. Per la Sicilia orientale, l'AOUP di Catania, con il P.O. Santo Bambino, garantirà il servizio per le province di Catania, Ragusa e Siracusa, l'ASP e l'AUOP di Messina garantiranno il servizio per la provincia di Messina;
    date queste disposizioni, interviene anche il Ministero della Salute che invia dei commissari i quali prendono atto di una situazione disastrosa, nonostante i tentativi di smentita dell'Assessorato alla Salute della regione;
    ad oggi non è stato attivato nessuno STEN o STAM nelle province di Caltanissetta, Agrigento ed Enna e ci si è dovuti attivare con un protocollo interno, per assicurare un minimo di servizio di trasporto da poter effettuare in sicurezza;
    il 2 marzo 2015, il Ministero della salute, consapevole dei ritardi, invia alla regione una nota, con la quale sollecita ed impone di adeguarsi, entro e non oltre il 30 giugno del 2015 alle disposizioni ministeriali sul percorso nascita, evidenziando la possibilità, in caso di verifiche negative, di poter esercitare i poteri sostitutivi previsti dalla normativa vigente;
    ne consegue un'ulteriore nota, inviata dall'Assessorato alla Salute della regione siciliana ai Direttori Generali di Caltanissetta, Catania e Palermo, in cui si chiede di relazionare sull'argomento, ciascuno per il bacino di propria competenza e si rimane in attesa di urgente riscontro;
    in mezzo a tutto questo fiorire di note, come ci insegnavano i nostri progenitori: «Dum ea Romani parant consultantque, iam Saguntum summa vi oppugnabatur»;
    non possiamo rischiare che si possa ripetere la tragedia della piccola neonata catanese e, a giudizio dell'odierno interrogante, occorre procedere in tempi brevissimi nei sensi indicati dalle varie ispezioni ministeriali;
    pochi giorni fa, l'assessore regionale siciliano alla sanità, Lucia Borsellino, si è dimessa «omissis... avendo sentito fortemente il dovere di attendere la scadenza del 30 giugno entro la quale il Ministero della salute ha rivolto alla Regione l'assolvimento di alcune prescrizioni relative a taluni adempimenti in tema di assistenza materna e neonatale che hanno visto l'assessorato da me guidato e l'intero servizio sanitario regionale pronti a rendere conto dei relativi interventi ed attività svolte pur essendo già da tempo autonomamente programmati»;
    il presidente della regione siciliana, invece, ha nominato un «comitato di saggi» piuttosto che risolvere tali serie problematiche,

impegna il Governo

ad intervenire nella materia dell'emergenza e del soccorso neonatale siciliano per risolvere le problematiche esposte in premessa.
9/3262/165Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    sono passati ormai quasi 5 mesi dal tragico episodio della neonata di Catania;
    le amministrazioni regionali e nazionali si erano indignate: richieste di commissariamento, di commissioni di inchiesta, di interventi dei Nas, annunci di dimissioni irrevocabili;
   i responsabili sarebbero stati trovati ed avrebbero pagato e, soprattutto, si era dichiarata la ferma intenzione di porre mano ai necessari correttivi del sistema, con l'attivazione, tra l'altro, di un funzionale trasporto neonatale di emergenza;
    pur avendo preso atto, già da tempo, dell'accordo Stato-Regioni relativo alle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza del precorso nascita, ed avendo attinto ai relativi finanziamenti, non si è proceduto in maniera consequenziale, tanto che, già nel 2012, il comitato Lea ha ritenuto la Regione Sicilia inadempiente rispetto ai compiti previsti dall'accordo;
    nel D.A. del 21 dicembre 2011, pubblicato nel G.U.R.S. n. 8 del 2012 e relativo ad assegnazione di somme per l'attivazione dei servizi STEN/STAM erano stati stanziati 5 milioni di euro, di cui 470 mila a Gela, nel comprensorio dell'ASP di Caltanissetta, che avrebbe dovuto attivare l'UTIN e 470 mila a Enna, che avrebbe dovuto attivare il sistema STEN/STAM;
    ad oggi, nel P.O. di Mussomeli, rimane attivo un punto nascita, con meno di 500 nati l'anno, che viene garantito con un dirigente medico pediatra che interviene in pronta disponibilità pomeridiana e notturna, alla pari di un dirigente medico della U.O. di anestesia e rianimazione e di un dirigente medico della U.O. di ostetricia e ginecologia, che intervengono con la medesima attivazione. Eventuali trasferimenti materno-fetali o neonatali da Mussomeli, vengono effettuati presso la UTIN di Agrigento, più facilmente raggiungibile di quella di Enna, dal personale del P.O. di Mussomeli;
    anche dopo la vicenda della bambina catanese deceduta subito dopo il parto, la situazione non appare per nulla migliorata;
    il 13 marzo 2015 viene emanato il D.A. del 26 febbraio, avente per oggetto: «Riordino e razionalizzazione della rete dei servizi di trasporto emergenza neonatale (STEN) e assistito materno (STAM)», con il quale viene stabilito che, a decorrere dal 30 aprile 2015, dovranno garantire lo STEN e lo STAM le strutture di seguito elencate, secondo il bacino di utenza assegnato;
    per la Sicilia occidentale, l'Azienda Ospedaliera Cervello di Palermo garantirà il servizio per le province di Palermo e Trapani. Per la Sicilia centrale, l'ASP di Enna, con il P.O. Umberto I di Enna, garantirà il servizio per le province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna. Per la Sicilia orientale, l'AOUP di Catania, con il P.O. Santo Bambino, garantirà il servizio per le province di Catania, Ragusa e Siracusa, l'ASP e l'AUOP di Messina garantiranno il servizio per la provincia di Messina;
    date queste disposizioni, interviene anche il Ministero della Salute che invia dei commissari i quali prendono atto di una situazione disastrosa, nonostante i tentativi di smentita dell'Assessorato alla Salute della regione;
    ad oggi non è stato attivato nessuno STEN o STAM nelle province di Caltanissetta, Agrigento ed Enna e ci si è dovuti attivare con un protocollo interno, per assicurare un minimo di servizio di trasporto da poter effettuare in sicurezza;
    il 2 marzo 2015, il Ministero della salute, consapevole dei ritardi, invia alla regione una nota, con la quale sollecita ed impone di adeguarsi, entro e non oltre il 30 giugno del 2015 alle disposizioni ministeriali sul percorso nascita, evidenziando la possibilità, in caso di verifiche negative, di poter esercitare i poteri sostitutivi previsti dalla normativa vigente;
    ne consegue un'ulteriore nota, inviata dall'Assessorato alla Salute della regione siciliana ai Direttori Generali di Caltanissetta, Catania e Palermo, in cui si chiede di relazionare sull'argomento, ciascuno per il bacino di propria competenza e si rimane in attesa di urgente riscontro;
    in mezzo a tutto questo fiorire di note, come ci insegnavano i nostri progenitori: «Dum ea Romani parant consultantque, iam Saguntum summa vi oppugnabatur»;
    non possiamo rischiare che si possa ripetere la tragedia della piccola neonata catanese e, a giudizio dell'odierno interrogante, occorre procedere in tempi brevissimi nei sensi indicati dalle varie ispezioni ministeriali;
    pochi giorni fa, l'assessore regionale siciliano alla sanità, Lucia Borsellino, si è dimessa «omissis... avendo sentito fortemente il dovere di attendere la scadenza del 30 giugno entro la quale il Ministero della salute ha rivolto alla Regione l'assolvimento di alcune prescrizioni relative a taluni adempimenti in tema di assistenza materna e neonatale che hanno visto l'assessorato da me guidato e l'intero servizio sanitario regionale pronti a rendere conto dei relativi interventi ed attività svolte pur essendo già da tempo autonomamente programmati»;
    il presidente della regione siciliana, invece, ha nominato un «comitato di saggi» piuttosto che risolvere tali serie problematiche,

impegna il Governo

ad intervenire, per quanto di sua competenza, nella materia dell'emergenza e del soccorso neonatale siciliano per risolvere le problematiche esposte in premessa.
9/3262/165. (Testo modificato nel corso della seduta) Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9-quinquies, introdotto nel corso dell'esame al Senato, reca disposizioni finalizzate alla rideterminazione dei fondi della contrattazione integrativa del personale dipendente per consentire la piena realizzazione del risparmio associato agli effetti connessi alle riorganizzazioni finalizzate al rispetto degli standard ospedalieri di cui al decreto del ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70;
    tale decreto prevede entro il triennio di attuazione del Patto per la salute 2014-2016, alla riorganizzazione della loro rete ospedaliera, portando la dotazione dei posti letto ospedalieri, accreditati ed effettivamente a carico del Servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione;
    in particolare, la norma stabilisce che, a decorrere dal 1o gennaio 2015, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale è decurtato di un importo pari alle riduzioni derivanti dalla rideterminazione delle strutture ospedaliere;
    ciò comporterà in molte regioni, una riduzione di strutture semplici e complesse, mentre gli atti aziendali dovranno prevedere una rideterminazione degli incarichi di struttura cui sono associate specifiche voci retributive, che a normativa vigente sarebbero confluite nei fondi della contrattazione integrativa. L'intesa prevede che le risorse relative al trattamento accessorio, liberate a seguito delle riorganizzazioni correlate al rispetto degli standard ospedalieri, siano portate permanentemente in riduzione dell'ammontare complessivo dei fondi destinati annualmente al trattamento accessorio;
    la norma appare penalizzante per il personale sanitario soprattutto nelle regioni meridionali, nelle quali i deficit sanitari hanno comportato una più pesante ristrutturazione delle strutture e un irrigidimento in termini di trattamento economico del personale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad escludere o attenuare gli effetti della previsione dell'articolo 9-quinquies, nelle regioni in cui siano in corso Piani di risanamento finanziario e strutturale del Servizio sanitario nazionale.
9/3262/166Garofalo, Calabrò.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede una serie di misure che intervengono direttamente su materie di bilancio relative agli enti locali, prevedendo misure relative a:
     allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno;
     mobilità del personale delle Province e Polizia provinciale;
     stanziamento di una dote aggiuntiva di 2 miliardi per il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione;
     contributo di 530 milioni per il finanziamento del Fondo di compensazione Imu-Tasi;
     differimento, dal 30 giugno al 30 settembre 2015, dell'entrata in vigore della clausola di salvaguardia (prevista in caso di mancata autorizzazione da parte della Ue del meccanismo del reverse charge dell'IVA nel settore della grande distribuzione) con conseguente stop all'aumento delle accise sui carburanti;
     disposizioni per i territori dei comuni Abruzzesi colpiti dal Sisma del 2009 e dei territori dell'Emilia-Romagna e della Lombardia colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
    l'articolo 7, comma 9 del provvedimento in oggetto introduce all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, il comma 654-bis, disponendo che «Tra le componenti di costo vanno considerati anche gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffe di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonché al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)»;
    la tariffa di igiene ambientale rappresenta applicazione immediata del principio «chi inquina paga» in tema di gestione integrata dei rifiuti,

impegna il Governo

al fine di realizzare una virtuosa e sostenibile gestione di rifiuti, a prevedere ulteriori misure premiali per cittadini e imprese volte alla riduzione «a monte» della quantità e pericolosità dei rifiuti urbani e speciali.
9/3262/167Dieni.