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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 28 luglio 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 28 luglio 2015.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Baldelli, Baretta, Basilio, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Luigi Di Maio, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garavini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Meta, Migliore, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scanu, Scopelliti, Scotto, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 27 luglio 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   GALATI: «Introduzione del divieto di tariffazione oraria nell'uso condiviso di veicoli privati tra più persone» (3254);
   RABINO: «Modifiche al codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, per l'introduzione della disciplina del rapporto di consumo relativo a manifestazioni sportive» (3255).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria la seguente sentenza che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, è inviata alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali), nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
   Sentenza n. 186 del 24 giugno-23 luglio 2015 (Doc. VII, n. 511), con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 maggio 2014, n. 81, «nelle parti in cui stabilisce che l'accertamento della pericolosità sociale “è effettuato sulla base delle qualità soggettive della persona e senza tenere conto delle condizioni di cui all'articolo 133, secondo comma, numero 4, del codice penale” e che “non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza di programmi terapeutici individuali”», sollevata, in riferimento agli articoli 1, 2, 3, 4, 25, 27, 29, 30, 31, 32, 34, 77 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 5 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 10 dicembre 1948, dal tribunale di sorveglianza di Messina.

  La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
   con lettera in data 23 luglio 2015, Sentenza n. 178 del 24 giugno-23 luglio 2015 (Doc. VII, n. 505), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione di questa sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nei termini indicati in motivazione, del regime di sospensione della contrattazione collettiva, risultante da: articolo 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, come specificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell'articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111); articolo 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014) e articolo 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2015);
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 98 del 2011, come specificato dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013, e dall'articolo 1, comma 452, della legge n. 147 del 2013, promosse, in riferimento all'articolo 36, primo comma, della Costituzione, dal tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, e dal tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro;
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, commi 1 e 17, primo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell'articolo 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 98 del 2011, come specificato dall'articolo 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, e dall'articolo 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013 e dall'articolo 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, sollevate, in riferimento agli articoli 35, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione, dal tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro;
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del decreto-legge n. 78 del 2010, e 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 98 del 2011, come specificato dall'articolo 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, del trattamento accessorio, degli effetti economici delle progressioni di carriera, dall'articolo 1, comma 456, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti accessori, dall'articolo 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013 e dall'articolo 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, promosse, in riferimento all'articolo 35, primo comma, della Costituzione, dal tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, commi 1 e 17, primo periodo, del decreto-legge n. 78 del 2010, sollevate, in riferimento agli articoli 2, 3, primo comma, 36, primo comma, e 39, primo comma, della Costituzione, dal tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 98 del 2011, come specificato dall'articolo 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, dall'articolo 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013, e dall'articolo 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, sollevate, in riferimento agli articoli 2, 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, dal tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del decreto-legge n. 78 del 2010, promosse, in riferimento agli articoli 2, 3, primo comma, 36, primo comma, 39, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione, dal tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 98 del 2011, come specificato dall'articolo 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, del trattamento accessorio, degli effetti economici delle progressioni di carriera, dall'articolo 1, comma 456, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti accessori, dall'articolo 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013, e dall'articolo 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, promosse, in riferimento agli articoli 2, 3, primo comma, 36, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione, dal tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro:
  alla XI Commissione (Lavoro);

   con lettera in data 23 luglio 2015, Sentenza n. 179 del 7-23 luglio 2015 (Doc. VII, n. 506), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 2, della legge della regione Marche 10 settembre 2014, n. 22 (Modifiche alla legge regionale 23 dicembre 2013, n. 49 «Disposizioni per la formazione del Bilancio Annuale 2014 e pluriennale 2014/2016 della Regione. Legge Finanziaria 2014»):
  alla IX Commissione (Trasporti);

   con lettera in data 23 luglio 2015, Sentenza n. 180 del 7-23 luglio 2015 (Doc. VII, n. 507), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 42, commi 4 e 5, della legge della regione Basilicata 18 agosto 2014, n. 26 (Assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2014 e del bilancio pluriennale 2014-2016);
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 51, comma 4, della citata legge regionale n. 26 del 2014:
  alla VIII Commissione (Ambiente);

   con lettera in data 23 luglio 2015, Sentenza n. 181 del 23 giugno-23 luglio 2015 (Doc. VII, n. 508), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della regione Piemonte 6 agosto 2013, n. 16 (Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2013 e al bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2013/2015), nella parte in cui istituisce la spesa relativa alle UPB DB09010 – capitolo 200/0 «Disavanzo finanziario presunto alla chiusura dell'esercizio 2012» e UPB DB20151 – capitolo 156981 «Trasferimenti alle aziende sanitarie regionali per l'erogazione delle risorse di cui all'anticipazione di liquidità ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 35 del 2013»;
    dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 della legge della regione Piemonte 29 ottobre 2013, n. 19 (Ulteriori disposizioni finanziarie per l'anno 2013 e pluriennale 2013-2015), nella parte in cui hanno approvato gli Allegati A) e C) rispettivamente per la parte spesa UPB DB09010 – capitolo 200/0 «Disavanzo finanziario presunto alla chiusura dell'esercizio 2012» e per la parte spesa UPB DB20151 – capitolo 156985 «Trasferimenti alle aziende sanitarie regionali per l'erogazione delle risorse di cui all'anticipazione di liquidità ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 35 del 2013»;
    dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della regione Piemonte n. 16 del 2013 e della legge della regione Piemonte n. 19 del 2013, nella parte in cui non prevedono l'inserimento, nel Titolo III della spesa del bilancio 2013, di una posta di importo pari alle somme complessivamente incamerate al Titolo V dell'entrata ed erogate da parte dello Stato ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64:
  alla V Commissione (Bilancio);

   con lettera in data 23 luglio 2015, Sentenza n. 184 dell'8-23 luglio 2015 (Doc. VII, n. 509), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 2-bis, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), nella parte in cui prevede che il processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualità di imputato, ovvero quando l'indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari, anziché quando l'indagato, in seguito a un atto dell'autorità giudiziaria, ha avuto conoscenza del procedimento penale a suo carico;
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 2-quater, della legge n. 89 del 2001, nella parte in cui sottrae al computo della durata del processo i periodi di sospensione che non siano riconducibili alle parti, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Firenze:
  alla II Commissione (Giustizia);

   con lettera in data 23 luglio 2015, Sentenza n. 185 dell'8-23 luglio 2015 (Doc. VII, n. 510), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 99, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall'articolo 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), limitatamente alle parole «è obbligatorio e,»;
    dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 99, quinto comma, del Codice penale, come sostituito dall'articolo 4 della legge n. 251 del 2005, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Napoli:
  alla II Commissione (Giustizia);

   con lettera in data 24 luglio 2015, Sentenza n. 188 del 9 giugno-24 luglio 2015 (Doc. VII, n. 512), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 2, commi 1 e 2, e 4 della legge della regione Piemonte 7 maggio 2013, n. 9 (Bilancio di previsione per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2013-2015), in combinato disposto con l'Allegato A della medesima legge regionale, relativamente all'unità previsionale di base UPB DB05011, capitolo 149827R, nella parte in cui non consentono di attribuire adeguate risorse per l'esercizio delle funzioni conferite dalla legge della regione Piemonte 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della regione e degli enti locali) e dalle altre leggi regionali che ad essa si richiamano;
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1 della legge della regione Piemonte 6 agosto 2013, n. 16 (Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2013 e al bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2013/2015), in combinato disposto con l'Allegato A della medesima legge regionale, relativamente all'Unità previsionale di base UPB DB05011, capitolo 149827R, nella parte in cui non consentono di attribuire adeguate risorse per l'esercizio delle funzioni conferite dalla legge della regione Piemonte n. 34 del 1998 e dalle altre leggi regionali che ad essa si richiamano:
  alla V Commissione (Bilancio);

   con lettera in data 24 luglio 2015, Sentenza n. 189 del 9 giugno-24 luglio 2015 (Doc. VII, n. 513), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 41, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98;
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 56-bis, comma 11, del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 98 del 2013;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 18, comma 9, del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 98 del 2013, promossa, in riferimento all'articolo 97 della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del medesimo articolo 18, comma 9, del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 98 del 2013, promossa, in riferimento agli articoli 5, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, dalla regione Veneto:
  alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 23 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità portuale di Savona, per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 309).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 23 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale di previdenza e di assistenza farmacisti (ENPAF), per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 310).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 23 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Lega navale italiana (LNI), per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 311).

  Questi documenti sono trasmessi alla IV Commissione (Difesa), alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera del 23 luglio 2015, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno BORGHESI n. 9/2496-A/37, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 24 luglio 2014, concernente l'assunzione di iniziative per garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle Forze di polizia, anche in deroga alle vigenti disposizioni in materia di turn over.

  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Trasmissione dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 24 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione relativa alla procedura d'infrazione n. 2015/2043, avviata, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per violazione del diritto dell'Unione europea, in materia di qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa – Valori limiti di biossido di azoto (NO2) – Attuazione della direttiva 2008/50/CE (ex EU Pilot 6686/14/ENVI).

  Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera in data 27 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 25 della legge 7 agosto 1973, n. 519, la relazione sui risultati dell'attività svolta dall'Istituto superiore di sanità nell'anno 2014 (Doc. XXIX, n. 3).

  Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 27 luglio 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Rettifica al regolamento delegato (UE) n. 874/2012 della Commissione, del 12 luglio 2012, che integra la direttiva 2010/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'etichettatura indicante il consumo d'energia delle lampade elettriche e delle apparecchiature d'illuminazione (C(2015) 4920 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Rettifica del regolamento delegato (UE) n. 1062/2014 della Commissione, del 4 agosto 2014, relativo al programma di lavoro per l'esame sistematico di tutti i princìpi attivi contenuti nei biocidi di cui al regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (C(2015) 5037), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 21 e 23 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con le predette comunicazioni, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Un “new deal” per i consumatori di energia (COM(2015) 339 final);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Avvio del processo di consultazione pubblica sul nuovo assetto del mercato dell'energia (COM(2015) 340 final);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'etichettatura dell'efficienza energetica e abroga la direttiva 2010/30/UE (COM(2015) 341 final);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Un nuovo inizio per l'occupazione e la crescita in Grecia (COM(2015) 400 final).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

Iniziative volte all'annullamento del procedimento di valutazione di impatto ambientale e di avvio di valutazione ambientale strategica per la costruzione dell'elettrodotto tra Airolo (Svizzera) e Baggio (Milano) – 3-01637

A) Interrogazione

   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MANNINO, MICILLO, SEGONI, TERZONI e ZOLEZZI. – Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   Terna spa è proprietaria della rete elettrica nazionale e titolare della concessione delle attività di trasmissione e dispacciamento dell'energia elettrica;
   Terna spa ha progettato la costruzione di un elettrodotto ad altissima tensione da 380 kVt, tra Airolo (Svizzera) e Baggio (Milano), denominato «Interconnector Italia-Svizzera-All'Acqua-Pallanzeno-Baggio»;
   il progetto, che prevede anche la razionalizzazione della rete di alta tensione nella Val Formazza, è normato dall'articolo 32 della legge n. 99 del 2009 a recepimento della direttiva europea n. 1228 del 2003 in tema di infrastrutture energetiche all'interno dell'Unione europea. Considerata anche l'estraneità del territorio elvetico al mercato interno dell'Unione europea, il procedimento risulta essere successivamente regolato a livello comunitario dai recenti regolamenti della Commissione europea nn. 347/2013 e 1391/2013 che includono la Svizzera nei Paesi titolati alla realizzazione comune di corridoi energetici e che, tra l'altro, prevedono i livelli più elevati possibili di trasparenza e di partecipazione del pubblico per tutte le questioni importanti nel procedimento di rilascio delle autorizzazioni;
   il procedimento di valutazione di impatto ambientale avviato da Terna spa mediante pubblicazione su quotidiani nazionali del relativo avviso, a giudizio degli interroganti, non assicura adeguatamente i livelli di trasparenza e partecipazione del pubblico previsti dall'allegato VI della direttiva 347/2013;
   il nuovo elettrodotto indurrebbe campi elettrici e magnetici, questi ultimi classificati dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) nel gruppo 2B e che costituiscono, pertanto, possibile agente cancerogeno umano, con grado di pericolosità elevata per la salute dell'uomo;
   non è meglio comprensibile la scelta di conversione della corrente alternata in continua – e viceversa – in un tracciato che si sviluppa per poco meno di 100 chilometri, elemento questo che prevede la realizzazione di 2 centrali di trasformazione che andrebbero a sottrarre pregiate aree verdi per complessivi 22 ettari e mezzo nei comuni di Pallanzeno (Verbano-Cusio-Ossola) e Baggio (Milano), a pochi chilometri dall'Esposizione universale Expo 2015;
   ad oggi, le principali associazioni ambientaliste nazionali, di categoria e la maggioranza dei comuni interessati dall'opera hanno espresso la loro ferma contrarietà;
   la costante riduzione dei consumi elettrici nazionali non rendono coerente il progetto con un piano energetico nazionale che valorizzi la produzione interna di energia elettrica mediante fonti rinnovabili –:
   se il Governo sia al corrente dei fatti indicati in premessa;
   se il Governo non ritenga necessario intervenire con urgenza affinché venga rispettato l'obbligo di garantire massimi livelli di trasparenza, mediante annullamento del procedimento di valutazione di impatto ambientale e di avvio di procedimento di valutazione ambientale strategica che, in linea con quanto previsto dai regolamenti dell'Unione europea, possa assicurare la prevista partecipazione del pubblico, al fine di garantire la tutela della salute dei cittadini e prevenire il consumo di suolo agricolo di particolare pregio, buona parte localizzato nelle immediate vicinanze del sito Expo 2015, in area parco ed in assoluto contrasto con le finalità dell'Esposizione universale «Nutrire il pianeta». (3-01637)


Iniziative di competenza per la tutela degli utenti delle società fornitrici di energia – 3-01625

B) Interrogazione

   BALDELLI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato in data 13 luglio 2015 ha dato notizia di aver avviato quattro procedimenti istruttori nei confronti delle società per azioni Eni, Acea energia, Edison energia, Enel energia, Enel servizio elettrico;
   a fronte di numerosi reclami e segnalazioni ricevuti anche da parte diverse associazioni dei consumatori, l'indagine è volta ad accertare eventuali violazioni del codice del consumo in merito a varie condotte degli operatori: la fatturazione basata su consumi presunti, la mancata considerazione delle autoletture, la fatturazione a conguaglio di importi significativi, anche a seguito di conguagli pluriennali, la mancata registrazione dei pagamenti effettuati, con conseguente messa in mora dei clienti fino talvolta al distacco, nonché il mancato rimborso dei crediti maturati dai consumatori;
   nell'ambito di queste istruttorie, i funzionari dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato hanno svolto ispezioni nelle sedi delle società interessate dal procedimento a Roma, Milano e San Donato Milanese, con l'ausilio del nucleo speciale antitrust della Guardia di finanza;
   di recente l'interrogante ha discusso un'interrogazione in Assemblea ricevendo una risposta non esaustiva da parte del Governo su argomenti analoghi –:
   quali iniziative, anche normative, il Governo intenda intraprendere al più presto per tutelare i cittadini consumatori dalle condotte poste in essere da suddetti operatori, in attesa dell'esito delle attività istruttorie e delle ispezioni svolte dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dal nucleo speciale antitrust della Guardia di finanza. (3-01625)


Problematiche riguardanti le graduatorie a scorrimento del personale in relazione alla riforma nota come «La buona scuola» – 2-00912

C) Interpellanza

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   la riduzione del numero di stabilizzazioni annunciata nelle linee guida su «La buona scuola» consolida il numero degli esclusi che a vario titolo avrebbero potuto vantare il diritto all'accesso nei ruoli del personale docente sia della scuola materna, che elementare che secondaria, ivi compresi i licei;
   ciò rappresenta a giudizio dell'interpellante un abuso evidente ed una palese ingiustizia, visto che la normativa preesistente (decreto legislativo n. 297 del 1994, nella sezione «Il reclutamento del personale docente ed educativo») recita testualmente, all'articolo 399, comma 1: «L'accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d'arte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all'articolo 401»; al comma 2 della medesima legge, dice: «Nel caso in cui la graduatoria di un concorso per titoli ed esami sia esaurita e rimangano posti ad esso assegnati, questi vanno ad aggiungersi a quelli assegnati alla corrispondente graduatoria permanente. Detti posti vanno reintegrati in occasione della procedura concorsuale successiva»;
   si evidenzia, inoltre, che secondo l'articolo 400, comma 19, del medesimo decreto legislativo: «Conseguono la nomina i candidati che si collocano in una posizione utile in relazione al numero delle cattedre o posti eventualmente disponibili»;
   nel disegno di legge di prossima presentazione, denominato «La buona scuola», invece verrebbero esclusi i permanenti in graduatoria, eliminando lo scorrimento della stessa, contrariamente a quanto previsto dal decreto ministeriale n. 356 dello stesso Governo Renzi del maggio 2014, che per quanto riguarda il concorso del 2012, idonei ma non vincitori, contemplava lo scorrimento delle graduatorie. Cosa per la quale il 1o settembre 2014 migliaia di docenti sono stati immessi in ruolo. Se fosse approvato, il nuovo disegno di legge escluderebbe i rimanenti idonei della stessa graduatoria (circa 7.000), che vedrebbero cancellati i loro diritti al 1o settembre 2015. Ciò rappresenterebbe, secondo l'interpellante, una sostanziale violazione dei diritti dei lavoratori e avrebbe anche dei forti connotati anticostituzionali, a fronte dell'articolo 3 della Costituzione italiana che sancisce il principio di eguaglianza in eguali condizioni. Si verrebbe a creare, così, una palese difformità di trattamento tra idonei della stessa graduatoria;
   appare conculcato anche il principio del legittimo affidamento, riconosciuto a livello sia europeo che nazionale (sin dal 1978);
   l'articolo 7 del capo III del testo del disegno di legge in questione, così come diffuso, nell'indicare la chiamata diretta dei dirigenti scolastici, potrebbe risultare, a giudizio dell'interpellante, un «pericoloso incentivo» ai rapporti clientelari –:
   come i Ministri interpellati intendano operare affinché questa disparità di trattamento venga sanata rivedendo il testo, con particolare riferimento al personale incluso nelle graduatorie ad esaurimento;
   se non reputino opportuno far valere queste regole nei futuri concorsi e non per quelli effettuati sulla base di leggi preesistenti, evitando così di ledere, anche giuridicamente, i diritti acquisiti dei concorrenti partecipanti al bando 2012.
(2-00912) «Melilla».


Iniziative volte ad agevolare la pratica dell'affido condiviso e la semplificazione delle procedure amministrative connesse, anche alla luce della vicenda di una minore bisognosa di terapie abilitative visive e motorie – 3-00759; 3-01312

D) Interrogazioni

   BINETTI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   in caso di separazione dei genitori la pratica dell'affido condiviso dei minori è considerata quella di maggior tutela dei figli;
   secondo uno studio pubblicato da Children society nel 2012, su 184.396 minori di 36 Paesi industrializzati (Italia inclusa), i minori (undicenni, tredicenni, quindicenni) che vivono in sistemazione di collocamento materialmente congiunto (suddivisione paritaria dei tempi) riportano un più alto livello di soddisfazione di vita rispetto ad ogni altra sistemazione di famiglia separata;
   la ricerca di Jablonska Lindbergh su 15.428 undicenni, tredicenni e quindicenni ha rilevato positive influenze dell'affido paritetico sull'eventuale uso di droghe, tabacco, alcool, sulla vittimizzazione (intesa come bullismo e violenza fisica subiti) e soprattutto sul distress mentale;
   benché la legislazione italiana stia andando decisamente nella direzione di favorire l'affido condiviso e nonostante il numero crescente di teorici affidi condivisi, l'applicazione reale rimane grandemente inattuata e la condivisione tende a rimanere solo sulla carta;
   le statistiche indicano che l'attuale applicazione dell'affido condiviso nel nostro Paese genera una sperequazione temporale, per cui, ad esempio, la media di pernottamenti mensili presso il genitore cosiddetto «non collocatario» (less involved) è oggi pari a circa sei (due se il minore ha meno di tre anni, ma con tantissimi casi in cui non sono formalmente concesse che poche ore e senza pernotti) e il tempo teoricamente concesso è del 17 per cento (10 per cento contro il 90 per cento per minori sotto i sei anni);
   l'Italia risulta il Paese più sanzionato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per non avere saputo tutelare i rapporti dei figli col genitore less involved;
   a fronte dell'inapplicazione reale dell'affido condiviso si devono, inoltre, registrare casi limite come quello di E. F., affidata congiuntamente ai genitori nel gennaio 2013 e bisognosa di terapie abilitative visive e motorie che sono state stabilite anche da perizie medico-legali e sentenze: a febbraio 2011 la corte d'appello di Torino ha disposto terapie sanitarie abilitative – visive, psicomotorie e logopediche – in favore della bambina, dopo l'accertamento medico-legale depositato a settembre 2010;
   nel mese di gennaio 2013 la corte d'appello di Torino ha concesso ai genitori l'affido condiviso di Elisa e ha confermato le terapie già prescritte due anni prima. Ciononostante ad oggi E. – che vive con la mamma e incontra saltuariamente il papà – non avrebbe ancora beneficiato di alcuna terapia visiva, né motoria. Cure di cui il padre vorrebbe prendersi carico, ma alle quali la bambina non è stata ancora sottoposta anche per probabili carenze amministrative –:
   se non ritenga di adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte ad agevolare la pratica dell'affido condiviso ai genitori, tenendo conto anche delle indicazioni a riguardo fornite dai tribunali;
   quali provvedimenti intenda porre in essere per risolvere casi come quello citato ad esempio, in cui anche a causa di inefficienze delle amministrazioni pubbliche scorre tempo prezioso senza che si affrontino problemi seri, nonostante persino i pronunciamenti della magistratura. (3-00759)


   BINETTI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   in data 10 aprile 2014 veniva presentato l'atto di sindacato ispettivo n. 3-00759 avente ad oggetto la vicenda di E.F., una minore affidata congiuntamente ai genitori nel gennaio 2013 e bisognosa di terapie abilitative visive e motorie che sono state stabilite anche da perizie medico-legali e sentenze;
   nel febbraio 2011 la corte d'appello di Torino, infatti, disponeva terapie sanitarie abilitative – visive, psicomotorie e logopediche – in favore della bambina, dopo l'accertamento medico-legale depositato a settembre 2010;
   nel mese di gennaio 2013, come detto, la corte d'appello di Torino concedeva ai genitori l'affido condiviso di E. e confermava le terapie già prescritte due anni prima. Ciononostante ad oggi E. – che vive con la mamma e incontra saltuariamente il papà – non avrebbe ancora beneficiato di alcuna terapia visiva né motoria;
   secondo la relazione della dottoressa Maria Teresa Gallo, psicologa e psicoterapeuta che ha in cura la minore, a partire dal mese di marzo 2014 la minore si è presentata alle sedute con i medesimi atteggiamenti di regressione già rilevati nel mese di settembre 2013, non più disponibile al colloquio, aggressiva, provocatoria, sfuggente e cupa in viso come se fosse in presenza di un nemico pericoloso;
   la situazione si profila preoccupante, tenuto conto che la minore si trova alle soglie dell'adolescenza, manca la disponibilità della madre a sostenere la figlia nel suo percorso di autonomizzazione del rapporto padre-figlia, venendo così anche a mancare i presupposti perché possa proseguire l'intervento psicologico;
   si ritiene che la situazione della minore sia a grave rischio evolutivo e che debbano essere presi dei provvedimenti a tutela della stessa;
   secondo il medico che ha in cura la minore, per il momento l'intervento psicologico è interrotto in quanto sono venuti a mancare i presupposti affinché il lavoro si possa svolgere, dal momento che le interferenze esterne vanificano ciò che accade durante le sedute –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto sopra esposto e se intenda promuovere un monitoraggio per rilevare se vi sono casi analoghi e quale sia l'entità del fenomeno. (3-01312)


Tempi relativi alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari, nonché del relativo progetto preliminare – 3-01559; 3-01638; 3-01639; 3-01640

E) Interrogazioni

   PIRAS, PELLEGRINO e ZARATTI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   nei rifiuti radioattivi si comprendono diverse categorie di rifiuti, fra loro molto diversi, tra cui quelli provenienti dai reattori di ritrattamento del combustibile nucleare, quelli prodotti dallo smantellamenti di vecchi impianti e gli elementi di combustibile esauriti;
   le scorie nucleari possono essere prodotte nelle centrali nucleari (per la maggior parte), nelle attività di medicina nucleare e nei siti industriali per le analisi produttive di parti metalliche;
   la normativa vigente, il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, prevede la predisposizione di una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e di un progetto preliminare relativi alla localizzazione di un deposito nazionale delle scorie nucleari da parte della Sogin spa (la società statale per lo smantellamento degli impianti nucleari italiani e la gestione dei rifiuti radioattivi), da approvare solo successivamente alle necessarie valutazioni dell'Ispra e all'organizzazione di un seminario nazionale a cui partecipino regioni, province e comuni, sul cui territorio ricadono le aree interessate dalla suddetta proposta di Carta nazionale, nonché l'Upi, l'Anci, le associazioni degli industriali delle province interessate, le associazioni sindacali maggiormente rappresentative sul territorio, le università e gli enti di ricerca presenti nei territori interessati, ex articolo 27, comma 4, del suddetto decreto legislativo;
   il deposito nazionale, infrastruttura di superficie dove collocare rifiuti radioattivi, condurrà alla sistemazione definitiva di circa 75 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività e lo stoccaggio temporaneo di circa 15 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività;
   dei circa 90 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, ricorda Sogin spa, il 60 per cento deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40 per cento dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro;
   la pubblicazione della Carta e quella contestuale del progetto preliminare, spiega la Sogin spa, «apriranno una fase di consultazione pubblica e di condivisione, che culminerà in un seminario nazionale, dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti coinvolti ed interessati»;
   l'articolo 27, comma 3, del sopra citato decreto legislativo prevedeva la pubblicazione tempestiva sul sito internet della Sogin spa della proposta di Carta nazionale e del progetto preliminare;
   tale tempistica, tuttavia, è stata dilatata attraverso il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, che ha disposto la trasmissione all'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) della proposta di Carta nazionale da parte della Sogin spa;
   l'Ispra doveva, entro 60 giorni, validarne e verificarne i dati, inviando una relazione ai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico, i quali, a loro volta, dovevano comunicare, ai sensi del novellato comma 1-bis dell'articolo 27, il proprio nulla osta alla Sogin spa ai fini della pubblicazione della proposta di Carta nazionale entro 30 giorni, dopo il recepimento degli eventuali rilievi ministeriali contenuti nel nulla osta;
   il 2 gennaio 2015 Sogin spa ha consegnato ad Ispra la Carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale;
   il percorso istituzionale previsto, teoricamente di 90 giorni, avrebbe dovuto condurre alla pubblicazione della proposta di Carta nazionale all'inizio del mese di aprile 2015, ma la possibilità dettata da una normativa non chiarissima circa i tempi necessari al recepimento dei rilievi ministeriali ha condotto a un dilatarsi ulteriore dei tempi;
   il comma 4 dell'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, prevedeva l'organizzazione del suddetto seminario nazionale entro 60 giorni dalla pubblicazione della proposta di carta; tuttavia, il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, ha prorogato da 60 a 120 giorni tali tempistica attraverso il comma 4-bis dell'articolo 9;
   il 16 giugno 2015 l'Ispra ha comunicato di aver ricevuto da Sogin spa l'aggiornamento della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del deposito nazionale e della relativa documentazione;
   attualmente, a quanto risulta dal portale web di Ispra, il suddetto istituto ha in corso le conseguenti attività di verifica, che prevede di completare con la trasmissione ai Ministeri dell'aggiornamento della proposta di carta e della propria relazione entro la prima decade del mese di luglio 2015, affinché i Ministeri stessi possano procedere a rilasciare a Sogin spa il nulla osta alla pubblicazione della Carta;
   i tempi per la pubblicazione della Carta continuano, dunque, ad essere procrastinati, dilatando l'avvio del seminario nazionale e, dunque, dell'informazione e della partecipazione degli enti territoriali e locali e dei cittadini;
   l'accesso all'informazione e la partecipazione sono due elementi centrali dei processi decisionali in materia ambientale, come riconosciuto dalla convenzione di Aarhus sul diritto di accesso alle informazioni, la partecipazione ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale del 1998, ratificata in Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e dal diritto comunitario attraverso le direttive 2003/4/CE e 2003/35/CE;
   il 20 febbraio 2015 è stato accolto in Aula dal Governo l'ordine del giorno 9/02803-A/149 presentato dal primo firmatario del presente atto, in cui si impegnava il Governo medesimo al rispetto della tempistica prevista dalla normativa vigente in modo tale da non dilatare ulteriormente l'avvio della fase di consultazione pubblica;
   tale ordine del giorno aveva ricevuto inizialmente il parere contrario del Governo, poiché appariva «ultroneo», pleonastico;
   la proposta di Carta è invece, ancora, inspiegabilmente secretata, a tutti i livelli istituzionali, negando così la possibilità ai governi regionali e ai livelli parlamentari di poter sapere quali territori sono stati individuati in via preliminare per la costruzione del deposito nazionale –:
   quale sia la reale tempistica prevista e se non ritenga necessaria l'immediata pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e del progetto preliminare relativi alla localizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari, in modo da consentire a cittadini ed enti territoriali e locali di essere messi a conoscenza su quali siano i siti individuati potenzialmente idonei ad ospitare tale deposito, un diritto riconosciuto a livello nazionale, europeo e internazionale. (3-01559)


   VENTRICELLI, GRASSI, MARIANO, BOCCIA, MONGIELLO, PELILLO, CAPONE, VICO e GINEFRA. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   è notizia attuale, riportata in queste ultime ore anche dai maggiori organi di stampa, che Sogin spa – società di Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi – ha consegnato all'Ispra – Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitare quello che sarà il deposito nazionale delle scorie nucleari;
   dall'Ispra la documentazione passerà al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che dovranno deliberare e dare il via libera alla pubblicazione della Carta, che presumibilmente dovrebbe essere pronta per il mese di luglio 2015; a pubblicazione avvenuta ci saranno quattro mesi di consultazione pubblica e un seminario nazionale dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti interessati – dalle istituzioni alle associazioni ambientaliste, passando per il mondo scientifico – e dopo tale periodo si potrà dare il via alla costruzione del deposito che dovrebbe iniziare nel 2020, perché possa essere attivo a partire dal 2024, con una spesa stimata di 1,5 miliardi di euro;
   il deposito sarà una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie, progettata sulla base delle esperienze internazionali e secondo i più recenti standard dell'Aiea (Agenzia internazionale energia atomica), che consentirà la sistemazione definitiva di circa 75 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività e lo stoccaggio temporaneo di circa 15 mila di rifiuti ad alta attività; dei circa 90 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, il 60 per cento deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40 per cento dalle attività di medicina nucleare industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro;
   nonostante una possibile rosa di luoghi, non è ancora stato stabilito con esattezza dove sorgerà il deposito: tra i parametri di cui si dovrebbe tenere conto per decidere il posto considerato più idoneo a ospitare le scorie, si dovrà considerare la sismicità della zona, la presenza di zone protette e di parchi naturali, la presenza di miniere e di poligoni di tiro, la presenza di lagune o dighe; inoltre, il luogo dove nascerà il deposito nazionale italiano non potrà essere sopra i 700 metri di quota, né sotto i 20 metri sul livello del mare, non potrà essere a meno di cinque chilometri dal mare, né a meno di un chilometro da ferrovie o strade particolarmente trafficate; inoltre, il deposito di scorie nucleari non potrà essere costruito in vicinanza di fiumi o di aree abitate;
   a quanto è dato di sapere al momento, i prodotti di scarto del nucleare in Italia potranno essere collocati entro un centinaio di siti individuati da Sogin spa entro una dozzina di diverse regioni; il progetto per la costruzione del sito vedrebbe la costruzione di un deposito di superficie dove i barili dovrebbero essere coperti da tre diversi tipi di protezioni in calcestruzzo e in cemento e posti in celle sigillate e impermeabilizzate e la costruzione di un centro di ricerca specializzato nel decommissioning; si stima che il luogo dove sorgerà l'impianto potrà tornare utilizzabile dopo circa tre secoli da un eventuale smantellamento, considerando però, come già detto, che il deposito immagazzinerà solo scorie radioattive di intensità bassa o media, poiché allo stato attuale non è in programma la costruzione di un cimitero per scorie altamente radioattive;
   tenendo dunque conto dei criteri già indicati, gli esperti ministeriali e di Sogin spa avrebbero indicato tra i luoghi preposti alla costruzione del deposito Puglia, Lazio, Toscana, Veneto, Basilicata e Marche come le regioni più adatte per ospitare la struttura; dopo l'invio degli elenchi, i criteri potrebbero subire delle modifiche; come già detto, la pubblicazione della mappa dei siti idonei ad ospitare il deposito nazionale sarà seguita da una fase di consultazione pubblica, che culminerà nel seminario nazionale dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti interessati e solo al termine di questa complicato iter si arriverà a una versione aggiornata della carta dei siti. Quindi, si procederà all'acquisizione di possibili manifestazioni di interesse da parte di regioni ed enti locali: in assenza di adesioni spontanee, e se non si dovesse arrivare ad una scelta concordata, a decidere sarà il Consiglio dei ministri, ipotesi che vedrebbe coinvolto il Governo in maniera diretta –:
   se i Ministri interrogati non ritengano necessario intervenire affinché vengano messe al più presto in atto indagini specifiche per determinare se realmente i territori in questione siano adatti ad ospitare un simile deposito e, nel caso in cui la scelta di costruirlo sia imprescindibile, quali reali soluzioni si intendano porre in essere perché vi siano meno danni possibile per i cittadini e il nostro Paese;
   nel caso si tratti effettivamente di scegliere la regione Puglia, se esista realmente un luogo che abbia tutti i requisiti per poter costruire in sicurezza il deposito;
   se non ritengano di dover smentire questa possibilità e intervenire per disporre un cambio di rotta deciso sulla collocazione del deposito unico nazionale e, in particolare, se non ritengano di dover escludere la regione Puglia da questa ipotesi. (3-01638)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI, VIGNAROLI e ZOLEZZI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   il 4 giugno 2014, l'Ispra ha pubblicato la guida tecnica n. 29 su «Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», con riferimento alle indicazioni, stabilite dal titolo III del decreto legislativo n. 31 del 2010, e successive modificazioni e integrazioni, per la localizzazione, la costruzione e l'esercizio del deposito nazionale, incluso in un parco tecnologico;
   la stessa Sogin spa ha reso noto, sul proprio sito, il cronoprogramma delle procedure previste per giungere – partendo dalla predisposizione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee – fino all'autorizzazione unica e, quindi, all'inizio della realizzazione del deposito nazionale con annesso parco tecnologico. In riferimento alla Carta dei siti idonei, il documento evidenzia come Sogin spa, entro 7 mesi dalla pubblicazione della guida tecnica n. 29, deve consegnare all'Ispra la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee; l'Ispra ha due mesi di tempo per verificare la corretta applicazione dei criteri da parte di Sogin spa e validare la carta; infine, entro un mese, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunicano il nulla osta, affinché Sogin spa renda pubblica la carta e si possa procedere alla consultazione e condivisione allargate;
   il 2 gennaio 2015, infatti, come si apprende da fonti stampa, Sogin spa, seguendo i criteri di localizzazione stabiliti dalla guida tecnica, ha consegnato all'Ispra la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito unico nazionale, con annesso parco tecnologico, dove andranno portati 75 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media intensità e circa 15 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività per lo stoccaggio temporaneo;
   il 14 marzo 2015, l'Ispra ha validato la carta, senza nulla da eccepire – secondo quanto diffuso dai mezzi di informazione – consegnando la propria relazione secretata ai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che, a loro volta, avrebbero dovuto dare il nulla osta entro il 13 aprile 2015. Tale circostanza non si è verificata, in quanto risulta che i Ministeri avrebbero richiesto ulteriori precisazioni;
   l'articolo de Il Corriere della Sera del 14 aprile 2015, intitolato «Scorie nucleari un rinvio per ragioni elettorali», commenta il mancato proseguimento dell'iter procedurale come una scelta diplomatica per rimandare la questione alla conclusione della campagna elettorale – dopo il 31 maggio 2015 – che sta coinvolgendo diverse regioni e comuni. A tale proposito, si legge «la questione è delicata e difficilmente un candidato con serie chance di governare metterà a rischio la sua elezione dichiarandosi a favore della costruzione del deposito e del parco tecnologico nel proprio territorio. Ma poi, una volta passate le elezioni, ci saranno 1,6 miliardi di euro di investimenti che faranno gola» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti su esposti e come intendano procedere per evitare ulteriori ritardi nei tempi di pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e, quindi, nella conseguente realizzazione di un'opera che coinvolge l'interesse di tutti i cittadini, sia per la tutela della salute e il rischio ambientale che per il danno economico, posto che il deposito rappresenta una priorità da perseguire in tempi certi e sicuri, in considerazione del fatto che dovrà ospitare anche quelle scorie, a più alta intensità, che attualmente si trovano all'estero e sono un ulteriore aggravio economico che pesa sui cittadini. (3-01639)


   PILI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   il 2 gennaio 2015 Sogin spa, si apprende dal sito istituzionale, ha consegnato ad Ispra la proposta di Carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale e parco tecnologico;
   Sogin spa nel sito dichiara che tale consegna sarebbe avvenuta «rispettando i tempi previsti dal decreto legislativo n. 31 del 2010, ossia entro 7 mesi dalla pubblicazione della guida tecnica n. 29 di Ispra, avvenuta il 4 giugno 2014»;
   secondo le informazioni riportate nel sito, per elaborare la Carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale, Sogin spa ha applicato i criteri di localizzazione stabiliti dall'Ispa con la guida tecnica n. 29 e indicati dall'Iaea con la safety guide n. 29;
   dopo la consegna della Carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale, Ispra ha due mesi di tempo per verificare la corretta applicazione dei criteri da parte di Sogin spa e validare la Carta. Al termine di tale lavoro – si legge ancora – è previsto che entro un mese il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunichino il loro nulla osta affinché Sogin spa pubblichi la Carta;
   appare sin troppo evidente che i criteri apparentemente tecnici indicati da Ispra e applicati da Sogin spa portino ad individuare tra i potenziali siti anche la Sardegna, con a fianco altre 5 regioni;
   il piano di Sogin spa, presentato il 2 gennaio 2015 e sollecitato nemmeno dieci giorni fa alla Camera dei deputati con un'interpellanza urgente dell'interrogante, ripercorre il piano Ispra per individuare il deposito unico nazionale. Il piano di Sogin spa propone una sovrapposizione di documenti impressionante, ma che ha un comune denominatore: escludere tutte le aree a rischio sismico;
   l'Ispra e conseguentemente Sogin spa arrivano alla Sardegna per esclusione di tutto il resto, contemplando però altre 5 regioni;
   carte e mappe che indicano rischi, pericoli e che, in sintesi, affermano che la Sardegna sarebbe la terra più sicura per le scorie nucleari;
   il risultato è inaccettabile: realizzare il deposito unico nazionale in Sardegna;
   a decidere tutto sono i criteri di esclusione individuati da Ispra;
   prima di tutto vengono escluse le aree vulcaniche attive e quiescenti, poi quelle contrassegnate da sismicità elevata e, infine, quelle interessate da fenomeni di fogliazione;
   la Sardegna secondo tutti i piani connessi e richiamati non rientrerebbe in alcun modo in queste prime tre priorità di esclusione;
   secondo tale simulazione la Sardegna sarebbe l'unica regione d'Italia a corrispondere a questi criteri individuati;
   il fatto stesso che tutti questi elementi vengono ora esplicitamente rappresentati da Sogin spa sono un elemento di gravità assoluta, proprio perché si sta tentando di mettere in piedi un piano che vede sostanzialmente la Sardegna come terra di conferimento per le scorie nucleari;
   la Sardegna deve essere esclusa anche come ipotesi per la realizzazione del deposito unico nazionale delle scorie nucleari;
   questo piano di deposito unico nazionale non si farà mai né in Sardegna, né in Italia;
   il deposito nucleare unico sarà secondo l'interrogante l'ennesimo pozzo senza fondo;
   questo piano di Sogin spa è solo l'ennesimo strumento delle lobby del nucleare e degli appalti che puntano a progettare, spendere e spandere con troppi omissis che devono essere respinti senza se e senza ma;
   le carte e gli studi allegati al piano rendono all'interrogante evidente che non si tratta di scelta tecnica;
   le risposte evasive ed elusive del Governo Renzi sono secondo l'interrogante indice di un implicito orientamento in senso favorevole a tale programma;
   si tratta di miliardi di euro per portare le scorie nucleari, realizzare un deposito unico nazionale, mantenere in piena efficienza le centrali esistenti e, soprattutto, un grande business nucleare;
   c’è un fiume di risorse verso le lobby nucleari che va immediatamente fermato;
   la Sardegna si è dichiarata totalmente contraria a qualsiasi ipotesi di deposito unico nucleare;
   l'interrogante nel 2003 in qualità di presidente della regione Sardegna bloccò il piano del generale Jean per la realizzazione del deposito unico nazionale, portando la conferenza dei presidenti ad approvare la proposta di rigettare integralmente quel piano che ora si ripresenta maldestramente;
   da mesi l'interrogante ripeteva con atti di sindacato ispettivo e pubbliche denunce che in ambienti Sogin si continuava a dire che la Sardegna sarebbe un sito ideale per il deposito unico nazionale di scorie nucleari;
   questo è un progetto che in Sardegna verrà respinto in tutti i modi;
   non passerà mai un piano irrazionale nell'approccio tecnico, scientifico e sociale e che ha dimostrato di essere fallimentare nella sostanza se dopo 11 anni non è stato fatto niente;
   ci sono flussi di denaro nel settore nucleare che non possono continuare a sfuggire al controllo di tutti. Sono soldi dei cittadini prelevati dalle bollette degli italiani e bisogna porre mano alla revisione dei progetti. Tutto questo ha bisogno di soluzioni strategiche e non tampone;
   un deposito unico nazionale che per ragioni già evidenziate nel passato, costituzionali e di volontà popolare, non potrà trovare nessun accoglimento, per nessuna ragione, in Sardegna;
   dopo dodici anni dal blocco del progetto scellerato di Sogin spa, per la realizzazione di un sito unico nazionale per stoccare tutte le scorie nucleari conservate nelle centrali italiane dismesse e per il rientro di molte altre dall'estero, il rischio ritorna attuale;
   va ridiscussa alla radice la decisione di realizzare un deposito unico nazionale alla luce di valutazioni di natura scientifica, economica e di opportunità;
   proposte che la Sardegna ha avanzato dodici anni fa condividendo l'impostazione del fisico Carlo Rubbia, che aveva messo a punto un piano di ricerca per l'abbattimento della radioattività delle scorie;
   un deposito unico nazionale dal quale devono, comunque, essere escluse, senza se e senza ma, realtà come la Sardegna che hanno, sia sul piano normativo-costituzionale che popolare, escluso la volontà di ospitare tale sito unico nazionale;
   una posizione che non si può nemmeno discutere;
   i sardi sono pronti ad ogni azione pur di respingere un'ipotesi che la Sardegna non accetterà mai –:
   se il Governo intenda, nel pieno rispetto della trasparenza, far conoscere tale piano venendo incontro all'esigenza di ovviare a tale silenzio proprio dopo la presentazione dello stesso piano da parte di Sogin spa;
   se non ritengano di dover escludere la regione Sardegna per le ragioni richiamate, costituzionali, statutarie, ambientali e strategiche, al fine di evitare anche gravi problemi all'ordine pubblico;
   se non ritengano di dover recedere da tale proposito di realizzare un deposito unico nazionale e individuare un piano che preveda ricerca avanzata per l'abbattimento della radioattività delle stesse scorie e la sistemazione nei depositi già in essere nelle aree che ospitano le vecchie centrali nucleari;
   se non ritengano di dover rendere note le risorse che effettivamente si spendono per la gestione di queste scorie nucleari e la loro effettiva consistenza. (3-01640)


DISEGNO DI LEGGE: MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE PER IL RAFFORZAMENTO DELLE GARANZIE DIFENSIVE E LA DURATA RAGIONEVOLE DEI PROCESSI NONCHÉ ALL'ORDINAMENTO PENITENZIARIO PER L'EFFETTIVITÀ RIEDUCATIVA DELLA PENA (A.C. 2798-A) E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: FERRANTI ED ALTRI; FERRANTI ED ALTRI; FERRANTI ED ALTRI; CAPARINI ED ALTRI; FRATOIANNI E DANIELE FARINA; DI LELLO; ERMINI ED ALTRI; GULLO; GULLO; BRUNO BOSSIO ED ALTRI (A.C. 370-372-373-408-1285-1604-1957-1966-1967-3091)

A.C. 2798-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 2798-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:
  All'articolo 7, comma 2, primo periodo, sostituire le parole da:
su proposta fino alla fine del medesimo periodo con le seguenti:, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, su proposta del Ministro della giustizia e sono trasmessi alle Camere, corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi, per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari;
  All'articolo 8, comma 2, primo periodo, sostituire le parole da: su proposta fino alla fine del medesimo periodo con le seguenti:, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, su proposta del Ministro della giustizia ed è trasmesso alle Camere, corredato di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria del medesimo, per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari;
  All'articolo 28, comma 2, primo periodo, sostituire le parole da: su proposta fino alla fine del medesimo periodo con le seguenti:, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, su proposta del Ministro della giustizia e sono trasmessi alle Camere, corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi, per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari;

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 8.306, 18.302 e 30.153 e sugli articoli aggiuntivi 5.01, 24.0150 e 32.01 in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 2798-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Titolo I
MODIFICHE AL CODICE PENALE

Capo I
ESTINZIONE DEL REATO PER CONDOTTE RIPARATORIE E MODIFICHE AI LIMITI DI PENA PER I DELITTI DI SCAMBIO ELETTORALE POLITICO-MAFIOSO, FURTO E RAPINA

Art. 1.
(Condotte riparatorie).

  1. Dopo l'articolo 162-bis del codice penale è inserito il seguente:
  «Art. 162-ter. – (Estinzione del reato per condotte riparatorie). – Nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato.
  Quando dimostra di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile, entro il termine di cui al primo comma, l'imputato può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento; in tal caso il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito, imponendo, se necessario, specifiche prescrizioni. Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resta sospeso. Si applica l'articolo 240, secondo comma.
  Il giudice dichiara l'estinzione del reato, di cui al primo comma, all'esito delle condotte riparatorie».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1.
(Condotte riparatorie).

  Premettere il seguente:
  «Art. 01. (Oblazione). – 1. L'articolo 162 del codice penale è sostituito dal seguente:
  “162. – (Oblazione nei reati puniti con pena pecuniaria). – Nei reati per i quali la legge stabilisce la sola pena della multa o dell'ammenda, il reo è ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo della multa stabilita per il delitto ovvero alla terza parte dell'ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione, oltre le spese del procedimento.
  Il pagamento estingue il reato”.

  2. L'articolo 162-bis del codice penale è sostituito dal seguente:
  “162-bis.(Oblazione nei reati puniti con pene alternative). – Nei reati per i quali la legge stabilisce la pena alternativa della reclusione o della multa, ovvero dell'arresto o dell'ammenda, il reo può essere ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente ai due terzi del massimo della multa stabilita dalla legge per il delitto ovvero alla metà del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione, oltre le spese del procedimento.
  L'oblazione non è ammessa quando il reo è già stato condannato per un reato della stessa indole.
  L'oblazione non è comunque ammessa quando permangono conseguenze dannose pericolose del reato eliminabili da parte del reo.
  Il pagamento delle somme indicate nel primo comma del presente articolo estingue il reato”».
01. 01. Santelli, Parisi, D'Alessandro.

  Sopprimerlo.
1. 16. Ferraresi, Sarti, Colletti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, primo comma, dopo le parole: il giudice dichiara aggiungere le seguenti: con sentenza.
1. 303. Cancelleri.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, primo comma, sostituire le parole: sentite le parti e la persona offesa, con le seguenti: acquisito il consenso delle parti e della persona offesa.
1. 304. Cariello.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, primo comma, sostituire le parole: e la persona offesa con le seguenti: e se la persona offesa vi consente,.
1. 1. Ferraresi, Sarti, Colletti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, primo comma, sostituire le parole:, quando l'imputato ha riparato interamente con le seguenti: e ha il diritto di precludere l'applicazione del presente istituto se l'imputato non ha riparato interamente.
1. 151. Molteni, Fedriga.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, primo comma, sopprimere la parola interamente.
1. 202. Santelli.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, primo comma, dopo la parola: il danno inserire le seguenti: patrimoniale nonché non patrimoniale.
1. 305. Paolo Bernini.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, primo comma, sostituire le parole: cagionato dal reato con le seguenti: realizzato dalle condotte illecite poste in essere dallo stesso.
1. 306. Nicola Bianchi.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, primo comma, sostituire le parole: o , con la seguente e.
1. 307. Bonafede.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, primo comma, dopo le parole: il risarcimento, inserire le seguenti: anche per i profili non patrimoniali.
1. 308. Massimiliano Bernini.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, primo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall'imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo.
1. 3. Parisi, Occhiuto, Sisto.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, secondo comma, primo periodo, sostituire le parole: sei mesi con le seguenti: un anno.
1. 150. Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, secondo comma, primo periodo, sostituire le parole: sei mesi con le seguenti: un mese.
1. 309. Cecconi.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, secondo comma, primo periodo, sostituire le parole: sei mesi con le seguenti: tre mesi.
1. 310. Castelli.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, secondo comma, primo periodo, sopprimere le parole:, anche in forma rateale,.
1. 311. Cozzolino.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, secondo comma, primo periodo, dopo le parole:, anche in forma rateale, inserire le seguenti: se l'importo non è inferiore a euro 80.000.
1. 312. Dall'Osso.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, secondo comma, primo periodo, dopo le parole:, anche in forma rateale, inserire le seguenti: se l'importo non è inferiore a euro 100.000.
1. 313. Daga.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, secondo comma, primo periodo, dopo le parole:, anche in forma rateale, inserire le seguenti: se l'importo non è inferiore a euro 200.000.
1. 314. Dadone.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, secondo comma, primo periodo, sostituire la parola: dovuto con le seguenti: stabilito dal giudice.
1. 315. Chimienti.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, secondo comma, primo periodo sopprimere le parole:, se necessario,.
1. 316. D'Ambrosio.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, sopprimere il terzo comma.
1. 302. Gallinella, Massimiliano Bernini.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, terzo comma, dopo le parole: il giudice dichiara aggiungere le seguenti: sentite le parti e la persona offesa.
1. 317. Corda.

  Al comma 1, capoverso Art. 162-ter, terzo comma, dopo la parola: dichiara aggiungere le seguenti: con sentenza.
1. 318. Colletti.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

  1-bis. Al capo III del titolo XIII del libro secondo del codice penale, dopo l'articolo 649 e aggiunto il seguente:
  Art. 649 bis – (Estinzione del reato per condotte riparatorie) – Si osservano le disposizioni dell'articolo 162-ter anche per i seguenti delitti procedibili d'ufficio:
   a) delitto previsto dall'articolo 624 aggravato da una delle circostanze di cui ai numeri 2), 4), 6) e b-bis) del primo comma dell'articolo 625;
   b) delitto previsto dall'articolo 636;
   e) delitto previsto dall'articolo 638.
1. 320. Gagnarli, Benedetti.

  Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

  1-bis. Al capo III del titolo XIII del libro secondo del codice penale, dopo l'articolo 649 è aggiunto il seguente:

Art. 649-bis.
(Estinzione del reato per
condotte riparatorie).

  Si osservano le disposizioni dell'articolo 162-ter anche per il delitto previsto dall'articolo 624 aggravato da una delle circostanze di cui ai numeri 2), 4), 6) e b-bis) del primo comma dell'articolo 625.
1. 323. Gallinella, L'Abbate.

  Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

  1-bis. Al capo III del titolo XIII del libro secondo del codice penale, dopo l'articolo 649 è aggiunto il seguente:

Art. 649-bis.
(Estinzione del reato per condotte riparatorie).

  Si osservano le disposizioni dell'articolo 162-ter anche per il delitto previsto dall'articolo 636.
1. 322. Benedetti, Lupo.

  Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

  1-bis. Al capo III del titolo XIII del libro secondo del codice penale, dopo l'articolo 649 è aggiunto il seguente:

Art. 649-bis.
(Estinzione del reato per condotte riparatorie).

  Si osservano le disposizioni dell'articolo 162-ter anche per il delitto previsto dall'articolo 638.
1. 321. Parentela, Gagnarli.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
  Art. 1-bis. 1. L'articolo 624-bis del codice penale è sostituito dal seguente:
  «Art. 624-bis. Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona è punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da duecento a milleduecento euro.
  Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a otto anni e con la multa da duecentocinquanta euro a millecinquecento euro.
  La pena è della reclusione da sei a dodici e della multa da trecentocinquanta euro a duemila euro se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61.».
1. 02. Santelli, Parisi, D'Alessandro.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
  Art. 1-bis. L'articolo 628 è sostituito dal seguente:
  «Art. 628. Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da seicento euro a tremila euro.
  Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l'impunità.
  La pena è della reclusione da sei anni e sei mesi a venti anni e della multa da millecinquanta euro a cinquemila euro:
   1) se la violenza o minaccia è commessa con armi o da persona travisata, o da più persone riunite;
   2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato d'incapacità di volere o di agire;
   3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416-bis;
   3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 624-bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;
   3-ter) se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto;
   3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro;
   3-quinquies) se il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne.
  Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.»
1. 07. Santelli, Parisi, D'Alessandro.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.

  1. Per i reati di cui all'articolo 624 e 628 del codice penale, anche a seguito di diminuzioni di pena a seguito di procedimenti alternativi, non è applicabile la sospensione condizionale della pena salvo per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite.
1. 08. Santelli, Parisi, D'Alessandro.

MOZIONI LOCATELLI, ZAMPA, BERGAMINI, BINETTI, GALGANO, GIGLI, SPADONI, NICCHI, GEBHARD, GIORGIA MELONI, BECHIS ED ALTRI N. 1-00553 E RONDINI ED ALTRI N. 1-00945 CONCERNENTI INIZIATIVE IN AMBITO INTERNAZIONALE IN RELAZIONE AL FENOMENO DEI MATRIMONI PRECOCI E FORZATI DI MINORI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    secondo le stime dell'Unicef nel mondo ci sono oltre 60 milioni di spose bambine a causa della pratica dei matrimoni di minori, precoci, forzati (child, early, forced marriage);
    l'Asia meridionale e l'Africa sub-sahariana sono le regioni in cui questa pratica è più largamente diffusa dove, non casualmente in coincidenza, sono presenti altri gravi fenomeni, come la mortalità materna e infantile, la malnutrizione e l'analfabetismo. Ma si registrano casi anche in Medio Oriente e Africa settentrionale, così come in Europa, compresa l'Italia, per effetto dei processi migratori, anche se il fenomeno è di difficile rilevazione, in quanto spesso queste unioni non vengono registrate;
    questi matrimoni sono quasi sempre incoraggiati e promossi dalle famiglie come rimedio alla povertà, come mezzo per «liberarsi» delle figlie, considerate un peso, perché «poco produttive», nella speranza di assicurare loro un futuro migliore, in termini sia finanziari sia sociali;
    al contrario, essi comportano una serie di conseguenze negative che segnano per sempre la vita delle spose bambine: queste ultime vengono precocemente sottratte all'ambiente della famiglia e a volte della comunità di origine, sono spesso soggette a violenze fisiche, psicologiche, economiche e sessuali, vittime di abusi e sfruttamento, impedite nelle opportunità educative (solitamente il matrimonio comporta l'abbandono scolastico) e di lavoro, vivono esperienze che comportano conseguenze pesanti sulla sfera affettiva, sociale e culturale;
    al matrimonio precoce seguono quasi sempre gravidanze altrettanto precoci, che provocano decine di migliaia morti, una quota rilevante della mortalità materna complessiva. Anche la prole da gravidanze precoci ne soffre le conseguenze: chi nasce da una madre-bambina o comunque minorenne ha un'alta probabilità di morire in età neonatale e, anche quando sopravvive, corre maggiori rischi di denutrizione e di ritardi cognitivi o fisici;
    già nel 1994, 179 Governi rappresentati alla Conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo avevano riconosciuto il legame diretto tra matrimoni precoci, gravidanze in età adolescenziale e alti tassi di mortalità materna e sottolineato il ruolo cruciale dell'educazione nelle azioni di prevenzione;
    nel programma di azione della stessa Conferenza i Governi firmatari si erano impegnati a proteggere e promuovere il diritto degli/delle adolescenti a ricevere un'educazione sulla salute riproduttiva e a garantire l'accesso universale a queste informazioni;
    la Convenzione sui diritti dell'infanzia riconosce espressamente i/le bambini/e (ossia persone di età tra 0 e 18 anni) come titolari di diritti e l'articolo 16 della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Cedaw) menziona il diritto di essere protette da matrimoni precoci;
    molti Paesi, compresi quelli in cui questa pratica è diffusa, hanno stabilito per legge l'età minima per il matrimonio, l'istruzione obbligatoria e i reati contro i minori, ma le norme tradizionali o di ordine religioso continuano ad avere il sopravvento sulla legislazione nazionale;
    malgrado la dichiarazione, pressoché universale, di impegno a porre fine alla pratica, si calcola che matrimoni di bambine di meno di 15 anni continueranno ad essere celebrati e che in questo decennio saranno 50 milioni le bambine che potrebbero rischiare di sposarsi prima di quell'età;
    il 22 ottobre 2014, con la risoluzione votata all'unanimità in Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati, il Governo si era sostanzialmente già impegnato ad intraprendere con urgenza ogni iniziativa utile sul fenomeno dei matrimoni precoci e forzati di minori in Iraq;
    il 18 dicembre 2014 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la prima «risoluzione di sostanza» sui matrimoni di minori, precoci e forzati; questa risoluzione comprende raccomandazioni «di sostanza» sulle quali convergono gli Stati membri, con riferimento ad iniziative da intraprendere da parte delle Nazioni Unite e delle loro agenzie, di Stati membri, organizzazioni internazionali, espressioni della società civile ed altri rilevanti attori;
    il 2 luglio 2015 il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato per consenso la risoluzione sui matrimoni precoci e forzati «Rafforzare gli sforzi per prevenire e eliminare i matrimoni precoci e forzati», il cui negoziato è stato co-presieduto da Italia e Sierra Leone;
    l'azione per prevenire ed eliminare i matrimoni di minori, precoci e forzati richiede altrettanto impegno di quello profuso nella campagna mondiale per l'eliminazione delle mutilazioni genitali femminili. Secondo i dati delle Nazioni Unite, pubblicati in occasione della giornata internazionale «tolleranza zero per le mutilazioni genitali femminili», il numero delle ragazze vittime di questa pratica, che mette in serio pericolo la loro vita, è diminuito e l'adozione unanime da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite della risoluzione del dicembre 2012, con la quale gli Stati membri sono stati invitati a intensificare gli impegni per la completa eliminazione delle mutilazioni genitali femminili, ha certamente contribuito al conseguimento di questo risultato;
    la questione dei matrimoni forzati costituisce un ulteriore e non secondario aspetto dell'azione per combattere la violenza di genere e promuovere i diritti delle donne e l’empowerment femminile;
    il nostro Paese ho svolto un grande ruolo, riconosciuto a livello internazionale, nella campagna contro le mutilazioni genitali femminili, che ha fatto acquisire all'Italia un'autorevolezza internazionale tale da consentirgli di svolgerne uno altrettanto importante nella prevenzione ed eliminazione dei matrimoni di minori, precoci e forzati;
    il nostro Paese, insieme agli altri Stati del gruppo G7 riunitosi a Bruxelles il 4 e 5 giugno 2014, ha manifestato la sua determinazione per promuovere la parità di genere, porre fine a tutte le forme di discriminazione e di violenza contro donne e ragazze, porre fine ai matrimoni di minori, precoci e forzati e promuovere la piena partecipazione e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze,

impegna il Governo:

   a dare attuazione alla risoluzione «Matrimoni di minori, precoci, forzati», adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2104, e alla risoluzione «Rafforzare gli sforzi per prevenire e eliminare i matrimoni precoci e forzati», adottata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite il 2 luglio 2015;
   a contribuire a dare impulso e a sostenere a livello globale una rinnovata campagna per prevenire ed eliminare questa pratica che viola i diritti umani delle bambine, con l'impegno e la determinazione già mostrati per la campagna contro le mutilazioni dei genitali femminili;
   a sostenere finanziariamente programmi e progetti di cooperazione internazionale volti alla prevenzione e all'abbandono dei matrimoni di minori, precoci e forzati.
(1-00553)
(Ulteriore nuova formulazione) «Locatelli, Zampa, Bergamini, Binetti, Galgano, Gigli, Spadoni, Nicchi, Gebhard, Giorgia Meloni, Bechis, Albanella, Amato, Carocci, Chaouki, Cimbro, Di Gioia, Di Lello, Di Salvo, Fabbri, Fitzgerald Nissoli, Gadda, Gribaudo, Gullo, Iori, Patrizia Maestri, Malpezzi, Marzano, Mongiello, Palma, Pastorelli, Piazzoni, Piccione, Quartapelle Procopio, Rocchi, Sbrollini, Tidei, Tinagli, Venittelli, Ventricelli, Vezzali, Villecco Calipari, Carfagna, Giammanco, Scuvera, Antimo Cesaro, Artini, Baldassarre, Barbanti, Matarrelli, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco, Antezza, Labriola, Amoddio, Paola Boldrini, Carnevali».


   La Camera,
   premesso che:
    le stime dell'Unicef più recenti indicano che globalmente (Cina esclusa) 70 milioni di donne tra i 20 e i 24 anni – circa una su tre – si sono sposate prima dei 18 anni: di queste, 23 milioni si sono sposate addirittura prima di avere compiuto 15 anni;
    il fenomeno delle «spose bambine» è direttamente proporzionale ai casi di mortalità materna e infantile, di malnutrizione e di analfabetismo;
    se è vero che questo fenomeno assume una portata strutturale insita nelle culture di riferimento di alcune aree mondiali come l'Asia meridionale e l'Africa sub-sahriana, è altrettanto noto come il processo di mondializzazione e gli eventi di migrazione di massa abbiano permesso il radicarsi di questi comportamenti anche nei Paesi occidentali;
    per la sua posizione geopolitica, l'Italia è stata da sempre esposta al fenomeno migratorio. In primo luogo, poiché geograficamente protesa verso il mare è, di conseguenza, completamente predisposta ai flussi commerciali o migratori, sempre difficilmente controllabili nella loro interezza. In secondo luogo, poiché, trovandosi al centro del mar Mediterraneo, costituisce il confine meridionale del continente europeo, facilmente raggiungibile non solo dalla vicinissima Africa ma anche dal più lontano Medio Oriente;
    da tempo anche in Italia è emersa la problematica delle «spose bambine», un fenomeno sommerso e poco conosciuto ma diffuso nelle comunità degli extracomunitari presenti nel nostro territorio; si stima siano 2 mila ogni anno i casi accertati;
    già nella Conferenza del Cairo sulla popolazione e lo sviluppo del 1994 era stato affrontato il tema delle «spose bambine» e dei connessi rischi di mortalità dovuti alle gravidanze precoci;
    la tutela dei minori e del loro equilibrato sviluppo è prioritaria, in quanto i bambini rappresentano il futuro della nostra società; è necessario affermare il diritto delle nuove generazioni a vivere pienamente il loro presente e a sviluppare le proprie potenzialità nel loro contesto familiare, affinché possano affrontare positivamente la loro vita;
    il principio VI della Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959 che afferma: «Il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità, ha bisogno di amore e di comprensione; egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d'affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre»;
    il 18 dicembre 2014 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la prima risoluzione sui matrimoni di minori, precoci e forzati nella quale si declinano le raccomandazioni per adottare una strategia comune di contrasto al fenomeno da condurre con rinnovata energia come si sta facendo al fine di eliminare la barbara pratica della mutilazione genitale femminile,

impegna il Governo:

   ad adottare, anche attraverso lo strumento della normativa d'urgenza, disposizioni atte a contrastare efficacemente nel nostro Paese la diffusione del fenomeno dei matrimoni precoci e forzati, prevedendo l'introduzione di una fattispecie di reato specifica con sanzioni penali adeguate alla gravità della condotta, e norme sia civili che amministrative che consentano la revoca del permesso di soggiorno agli esercenti la potestà genitoriale che siano riconosciuti colpevoli di aver costretto le proprie figlie minori a sposarsi, nonché la procedibilità d'ufficio e la semplificazione delle norme ai fini della dichiarazione della nullità del matrimonio;
   a dare attuazione alla risoluzione A/RES/69/156 per l'eliminazione dei matrimoni precoci e forzati, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2014;
   a sostenere in tutte le sedi internazionali campagne per prevenire e contrastare le pratiche che violano i diritti umani delle bambine con rinnovata energia anche in relazione all'aberrante fenomeno delle mutilazioni genitali.
(1-00945)
(Nuova formulazione) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    le stime dell'Unicef più recenti indicano che globalmente (Cina esclusa) 70 milioni di donne tra i 20 e i 24 anni – circa una su tre – si sono sposate prima dei 18 anni: di queste, 23 milioni si sono sposate addirittura prima di avere compiuto 15 anni;
    il fenomeno delle «spose bambine» è direttamente proporzionale ai casi di mortalità materna e infantile, di malnutrizione e di analfabetismo;
    se è vero che questo fenomeno assume una portata strutturale insita nelle culture di riferimento di alcune aree mondiali come l'Asia meridionale e l'Africa sub-sahriana, è altrettanto noto come il processo di mondializzazione e gli eventi di migrazione di massa abbiano permesso il radicarsi di questi comportamenti anche nei Paesi occidentali;
    per la sua posizione geopolitica, l'Italia è stata da sempre esposta al fenomeno migratorio. In primo luogo, poiché geograficamente protesa verso il mare è, di conseguenza, completamente predisposta ai flussi commerciali o migratori, sempre difficilmente controllabili nella loro interezza. In secondo luogo, poiché, trovandosi al centro del mar Mediterraneo, costituisce il confine meridionale del continente europeo, facilmente raggiungibile non solo dalla vicinissima Africa ma anche dal più lontano Medio Oriente;
    da tempo anche in Italia è emersa la problematica delle «spose bambine», un fenomeno sommerso e poco conosciuto ma diffuso nelle comunità degli extracomunitari presenti nel nostro territorio; si stima siano 2 mila ogni anno i casi accertati;
    già nella Conferenza del Cairo sulla popolazione e lo sviluppo del 1994 era stato affrontato il tema delle «spose bambine» e dei connessi rischi di mortalità dovuti alle gravidanze precoci;
    la tutela dei minori e del loro equilibrato sviluppo è prioritaria, in quanto i bambini rappresentano il futuro della nostra società; è necessario affermare il diritto delle nuove generazioni a vivere pienamente il loro presente e a sviluppare le proprie potenzialità nel loro contesto familiare, affinché possano affrontare positivamente la loro vita;
    il principio VI della Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959 che afferma: «Il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità, ha bisogno di amore e di comprensione; egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d'affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre»;
    il 18 dicembre 2014 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la prima risoluzione sui matrimoni di minori, precoci e forzati nella quale si declinano le raccomandazioni per adottare una strategia comune di contrasto al fenomeno da condurre con rinnovata energia come si sta facendo al fine di eliminare la barbara pratica della mutilazione genitale femminile,

impegna il Governo:

   ad adottare disposizioni atte a contrastare nel nostro Paese la diffusione del fenomeno dei matrimoni precoci e forzati, prevedendo l'introduzione di una fattispecie di reato da collocare tra i delitti contro la famiglia e in particolare contro il matrimonio, con sanzioni penali adeguate alla gravità della condotta, e misure che consentano, compatibilmente con le disposizioni a tutela del minore poste dalla legge 18 giugno 2015 n. 101 e dalla restante normativa di settore, il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno agli esercenti la potestà genitoriale che siano riconosciuti colpevoli di aver costretto le proprie figlie minori a sposarsi;
   a dare attuazione alla risoluzione A/RES/69/156 per l'eliminazione dei matrimoni precoci e forzati, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2014;
   a sostenere in tutte le sedi internazionali campagne per prevenire e contrastare le pratiche che violano i diritti umani delle bambine con rinnovata energia anche in relazione all'aberrante fenomeno delle mutilazioni genitali.
(1-00945)
(Nuova formulazione) (Testo modificato nel corso della seduta) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».


MOZIONI PELLEGRINO ED ALTRI N. 1-00815, STELLA BIANCHI ED ALTRI N. 1-00941, BUSTO ED ALTRI N. 1-00951, PALESE ED ALTRI N. 1-00953, MATARRESE ED ALTRI N. 1-00954, SEGONI ED ALTRI N. 1-00955 E ALLASIA ED ALTRI N. 1-00961 CONCERNENTI INIZIATIVE PER CONTRASTARE I CAMBIAMENTI CLIMATICI, ANCHE IN VISTA DELLA CONFERENZA DI PARIGI DI DICEMBRE 2015

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    a fine 2015 scadranno gli impegni presi nel 2000 con il lancio da parte delle Nazioni Unite degli Obiettivi di sviluppo del millennio (MDG) e partirà la muova fase degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), come deciso e contenuto nel documento approvato dai Capi di Stato e di Governo convenuti alla Conferenza di Rio +20 del 2012 «Il futuro che vogliamo»;
    è attualmente in corso il processo negoziale che porterà nel mese di settembre 2015 all'adozione finale dei nuovi Obiettivi di sviluppo sostenibile nel cui ambito avranno un ruolo di rilievo i target ambientali;
    fra gli obiettivi è ancora considerato l'accesso all'acqua un bene comune cui ormai spesso si fa riferimento anche come diritto umano;
    per la prima volta all'interno degli obiettivi è considerata la questione delle migrazioni (nel decimo cluster di obiettivi, cluster 10, «Reduce inequality within and among countries»;
    il testo in corso di discussione contiene uno specifico cluster di obiettivi (cluster 13) direttamente connessi ai cambiamenti climatici;
    a Parigi, dal 30 novembre all'11 dicembre 2015, si terrà la XXI sessione della Conferenza delle Parti – COP 21 dei Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), durante la quale dovranno essere decisi gli impegni in termini di riduzione delle emissioni e di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, nonché dei sistemi di monitoraggio e valutazione delle emissioni e degli impegni finanziari verso i Paesi più colpiti dagli impatti dei cambiamenti climatici;
    gli effetti dei cambiamenti climatici arrecano grave pregiudizio ai diritti umani delle popolazioni interessate, quali il diritto alla salute, all'acqua, alla terra, alle fonti di sostentamento, al cibo, ai diritti culturali, e qualsiasi iniziativa o impegno internazionale sul clima dovrà tener conto della dimensione relativa ai diritti umani;
    milioni di indigeni, donne ed uomini di ogni regione, sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici, ai disastri naturali ad essi connessi, agli effetti negativi di politiche di adattamento e mitigazione, alla continua dipendenza dai combustibili fossili e, allo stesso tempo, l'applicazione delle loro conoscenze tradizionali può consentire soluzioni efficaci in termini di conservazione di ecosistemi, adattamento e mitigazione ai cambiamenti climatici;
    nell'autunno 2015 si terrà anche la Conferenza delle Parti della Convenzione per la lotta alla desertificazione – UNCCD, ad Ankara dal 12 al 23 ottobre 2015, e nell'autunno del 2016 quella della Convenzione sulla biodiversità – CBD in Messico a novembre, le altre due convenzioni ambientali globali delle Nazioni Unite, le cui decisioni indirizzano le politiche globali e nazionali su terre aride e biodiversità anche in relazione agli effetti dei cambiamenti climatici e di cui dunque si dovrà tenere conto;
    sempre nel 2016, a Quito, si terrà la terza Conferenza del programma delle Nazioni Unite UN Habitat che ha ufficialmente individuato i cambiamenti climatici come uno dei temi principali per la dimensione urbana, e in generale, per gli insediamenti umani;
    a fine 2014 è stato completato il quinto rapporto di valutazione sui cambiamenti climatici prodotto dal Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC) dal quale appare evidente la gravità della crisi climatica e l'urgenza di ridurre le emissioni di gas serra per evitare un ulteriore pericoloso riscaldamento del pianeta;
    già nel 2009, a Copenaghen, al fine di evitare «pericolose interferenze con il sistema climatico», i firmatari della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) hanno condiviso l'obiettivo di mantenere l'aumento della temperatura media globale del pianeta al di sotto di 2 gradi rispetto alla temperatura media del periodo preindustriale e di prendere in considerazione la possibilità di limitare il riscaldamento a 1,5 gradi;
    la temperatura media globale dell'atmosfera è in chiaro aumento; tale aumento, non essendo uniforme, agisce maggiormente su alcune zone, fra le quali l'area mediterranea;
    in Italia si sta registrando un trend di aumento pari a più del doppio di quello globale: nel 2014 è stato registrato un aumento di +2,4 gradi rispetto alla media 1880-1909;
    secondo il comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici, continuando ad emettere gas-serra senza serie politiche di riduzione ci sarà un riscaldamento globale compreso tra 2 e 4 gradi entro fine secolo, con conseguenze enormi a livello globale, alcune ancora difficilmente valutabili, anche per il nostro Paese;
    l'Italia non ha raggiunto l'impegno di riduzione previsto dal protocollo di Kyoto (6,5 per cento di riduzione delle emissioni nel periodo 2008-2012 rispetto al 1990); la riduzione delle emissioni osservata in questo periodo è stata dovuta prevalentemente alla crisi economica in corso che ha ridotto consumi e produzione;
    a causa della recessione, in Italia come in molti paesi dell'Unione europea, sono state ridotte le risorse finanziarie per implementazione dei controlli ambientali e delle politiche climatiche e energetiche
    l'Unione europea si è impegnata a nuovi e più ambiziosi obiettivi per gli anni 2020 («pacchetto clima energia»: riduzione del 20 per cento delle emissioni nel 2020 rispetto al 1990), nel 2030 («2030 climate and energy goals for a competitive, secure and low-carbon EU economy»: riduzione del 40 per cento delle emissioni nel 2030 rispetto al 1990) e nel 2050 («Roadmap for moving to a low-carbon economy in 2050»: riduzione del 80-95 per cento delle emissioni nel 2050 rispetto al 1990);
    l'Unione europea ha approvato e inviato il 6 marzo 2015 al segretariato della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) i suoi «contributi programmati e definiti a livello nazionale» (Indc) che prevedono un impegno a ridurre le emissioni europee nel 2030 di almeno il 40 per cento rispetto al 1990,

impegna il Governo:

   a favorire l'approvazione, in occasione della prossima sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, di un accordo globale vincolante per la riduzione delle emissioni con obiettivi determinati e scadenzati, in grado di far rispettare le indicazioni del comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici e di avviare adeguate strategie nazionali di mitigazione e adattamento;
   a farsi promotore affinché l'Unione europea riveda al rialzo nei prossimi anni gli obiettivi del Libro verde sul quadro al 2030 per le politiche climatiche ed energetiche, prevedendo: una riduzione delle emissioni di gas serra dell'Unione europea pari ad almeno il 45 per cento rispetto al 1990, il raggiungimento di una quota di energie rinnovabili sul totale dei consumi energetici pari ad almeno il 40 per cento, nonché un aumento dell'efficienza energetica di almeno il 35 per cento;
   a sostenere con sollecitudine l'accordo di Lima sui cambiamenti climatici approvato al termine dell'ultima sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e definire in tempi brevi, attraverso un percorso democratico e partecipativo, le modalità per l'attuazione in Italia dei contributi programmati e definiti europei;
   a sostenere, nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, obiettivi ambiziosi per contrastare il cambiamento climatico e per avviare azioni di decarbonizzazione, anche con un adeguato supporto finanziario e tecnologico ai Paesi più poveri;
   ad assumere iniziative per implementare politiche migratorie pianificate e ben gestite, migrazioni sostenibili sulla base della libertà di mobilità e di migrazione prevista dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, e quindi per contrastare e prevenire ogni migrazione forzata per effetto, ad esempio, di guerre, persecuzioni, disastri e impatti dei cambiamenti climatici, favorendo il riconoscimento dello status di «climate refugees»;
   a sostenere il riconoscimento della relazione tra cambiamenti climatici e diritti umani, includendo nel documento finale di Parigi i diritti dei popoli indigeni, la loro conoscenza tradizionale, il diritto alla terra ed all'autodeterminazione, alla partecipazione diretta ed effettiva alle politiche climatiche e all'accesso diretto alle risorse finanziarie, assicurandone il rispetto e la promozione in ogni programma o progetto di mitigazione, adattamento, trasferimento di tecnologie, riduzione delle emissioni e capacity building;
   nel quadro degli impatti previsti, a sostenere in ogni sede il principio dell'acqua come bene comune e diritto umano, da affermare nel diritto internazionale e nelle Costituzioni dei singoli Stati;
   ad adottare entro il 2015 in Italia tutte le iniziative necessarie per la ratifica e l'implementazione degli impegni europei nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, con particolare riguardo all'emendamento approvato a Doha nel 2012 per la ratifica degli impegni relativi al secondo periodo del protocollo di Kyoto, circa gli ulteriori impegni vincolanti in materia di riduzione di gas serra;
   ad assumere le necessarie iniziative, sia in ambito nazionale che in sede di Unione europea, volte ad incrementare le risorse per la cooperazione allo sviluppo sostenibile, nonché per il fondo verde per il clima, anche al fine di sostenere i costi di adattamento per quei Paesi in via di sviluppo maggiormente colpiti dagli impatti del cambiamento climatico;
   ad approvare entro settembre 2015 la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in collaborazione con la comunità scientifica nazionale, procedendo immediatamente con la definizione di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che ne recepisca le indicazioni definendone priorità, tempistiche e impegni di spesa;
   ad attivarsi in ambito nazionale e in sede di Unione europea affinché si adottino opportune forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità, anche attraverso la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici in funzione del contenuto di carbonio (carbon tax), al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici verso modelli a emissioni basse o nulle;
   ad avviare le opportune iniziative volte a contrastare e impedire, nell'ambito dell'accordo globale sul clima in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, i progetti di ingegneria climatica o geoingegneria, una serie di metodi e tecnologie che mirano influire deliberatamente sul sistema climatico, alterandolo, con effetti non conosciuti e potenzialmente devastanti;
   ad avviare appropriate e immediate iniziative di rimozione degli incentivi e dei sussidi diretti e indiretti all'uso di combustibili fossili, anche attraverso la riduzione degli investimenti statali nelle industrie legate all'estrazione di nuovi prodotti fossili nel territorio nazionale, spostando gli investimenti sulla ricerca e sullo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, sul risparmio energetico nonché sull'efficiente produzione e uso dell'energia, rivedendo a tal fine la strategia energetica nazionale e definendo conseguentemente un vero piano nazionale energetico;
   ad adottare una nuova politica energetica, individuando e sostenendo misure di indirizzo della scelta delle fonti secondo criteri di riduzione e azzeramento delle emissioni e stabilendo una road map sulle varie priorità, al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici climalteranti;
   ad assumere iniziative in ambito nazionale, nonché ad attivarsi nell'ambito dell'Unione europea, al fine di contrastare la povertà energetica e la vulnerabilità dei consumatori, attraverso una tariffazione equa dell'energia elettrica e termica, in grado di garantire le fasce più deboli dei cittadini;
   ad assumere iniziative per escludere dal Patto di stabilità le spese dello Stato, delle regioni e degli enti locali, legate a politiche e misure di riduzione delle emissioni climalteranti, con particolare riguardo alle risorse finalizzate al risparmio energetico, efficienza energetica, energie rinnovabili, nonché a interventi volti all'adattamento ai cambiamenti climatici e in particolare alla messa in sicurezza del territorio e alla protezione civile;
   a sostenere le azioni delle regioni finalizzate ad aumentare la resilienza del territorio promuovendo le opportune sinergie tra mitigazione e adattamento, anche in collegamento con le iniziative in atto a livello europeo (come l'iniziativa del «patto dei sindaci» sull'adattamento al cambiamento climatico);
   a favorire, per quanto di competenza, lo sviluppo in modo coordinato di adeguati piani regionali e locali di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, privilegiando le misure ad alto grado di sostenibilità ambientale, evitando impatti negativi sull'ambiente e sugli ecosistemi delle misure stesse;
   ad istituire un qualificato ed organico servizio meteo-climatico nazionale con il compito di monitorare il cambiamento in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera, mare e ecosistemi);
   a riconoscere concretamente la centralità delle città e delle autorità locali in materia di pianificazione urbanistica e di programmazione socio-economico-ambientale;
   ad adottare politiche, piani e programmi sia a livello nazionale che a livello internazionale, anche nell'ambito della cooperazione allo sviluppo, che contribuiscano efficacemente al raggiungimento dei target previsti dagli Obiettivi di sviluppo sostenibili.
(1-00815)
(Nuova formulazione) «Pellegrino, Zaratti, Scotto, Kronbichler, Palazzotto, Franco Bordo, Zaccagnini, Pannarale, Airaudo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro».


   La Camera,
   premesso che:
    a fine 2015 scadranno gli impegni presi nel 2000 con il lancio da parte delle Nazioni Unite degli Obiettivi di sviluppo del millennio (MDG) e partirà la muova fase degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), come deciso e contenuto nel documento approvato dai Capi di Stato e di Governo convenuti alla Conferenza di Rio +20 del 2012 «Il futuro che vogliamo»;
    è attualmente in corso il processo negoziale che porterà nel mese di settembre 2015 all'adozione finale dei nuovi Obiettivi di sviluppo sostenibile nel cui ambito avranno un ruolo di rilievo i target ambientali;
    fra gli obiettivi è ancora considerato l'accesso all'acqua un bene comune cui ormai spesso si fa riferimento anche come diritto umano;
    per la prima volta all'interno degli obiettivi è considerata la questione delle migrazioni (nel decimo cluster di obiettivi, cluster 10, «Reduce inequality within and among countries»;
    il testo in corso di discussione contiene uno specifico cluster di obiettivi (cluster 13) direttamente connessi ai cambiamenti climatici;
    a Parigi, dal 30 novembre all'11 dicembre 2015, si terrà la XXI sessione della Conferenza delle Parti – COP 21 dei Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), durante la quale dovranno essere decisi gli impegni in termini di riduzione delle emissioni e di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, nonché dei sistemi di monitoraggio e valutazione delle emissioni e degli impegni finanziari verso i Paesi più colpiti dagli impatti dei cambiamenti climatici;
    gli effetti dei cambiamenti climatici arrecano grave pregiudizio ai diritti umani delle popolazioni interessate, quali il diritto alla salute, all'acqua, alla terra, alle fonti di sostentamento, al cibo, ai diritti culturali, e qualsiasi iniziativa o impegno internazionale sul clima dovrà tener conto della dimensione relativa ai diritti umani;
    milioni di indigeni, donne ed uomini di ogni regione, sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici, ai disastri naturali ad essi connessi, agli effetti negativi di politiche di adattamento e mitigazione, alla continua dipendenza dai combustibili fossili e, allo stesso tempo, l'applicazione delle loro conoscenze tradizionali può consentire soluzioni efficaci in termini di conservazione di ecosistemi, adattamento e mitigazione ai cambiamenti climatici;
    nell'autunno 2015 si terrà anche la Conferenza delle Parti della Convenzione per la lotta alla desertificazione – UNCCD, ad Ankara dal 12 al 23 ottobre 2015, e nell'autunno del 2016 quella della Convenzione sulla biodiversità – CBD in Messico a novembre, le altre due convenzioni ambientali globali delle Nazioni Unite, le cui decisioni indirizzano le politiche globali e nazionali su terre aride e biodiversità anche in relazione agli effetti dei cambiamenti climatici e di cui dunque si dovrà tenere conto;
    sempre nel 2016, a Quito, si terrà la terza Conferenza del programma delle Nazioni Unite UN Habitat che ha ufficialmente individuato i cambiamenti climatici come uno dei temi principali per la dimensione urbana, e in generale, per gli insediamenti umani;
    a fine 2014 è stato completato il quinto rapporto di valutazione sui cambiamenti climatici prodotto dal Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC) dal quale appare evidente la gravità della crisi climatica e l'urgenza di ridurre le emissioni di gas serra per evitare un ulteriore pericoloso riscaldamento del pianeta;
    già nel 2009, a Copenaghen, al fine di evitare «pericolose interferenze con il sistema climatico», i firmatari della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) hanno condiviso l'obiettivo di mantenere l'aumento della temperatura media globale del pianeta al di sotto di 2 gradi rispetto alla temperatura media del periodo preindustriale e di prendere in considerazione la possibilità di limitare il riscaldamento a 1,5 gradi;
    la temperatura media globale dell'atmosfera è in chiaro aumento; tale aumento, non essendo uniforme, agisce maggiormente su alcune zone, fra le quali l'area mediterranea;
    in Italia si sta registrando un trend di aumento pari a più del doppio di quello globale: nel 2014 è stato registrato un aumento di +2,4 gradi rispetto alla media 1880-1909;
    secondo il comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici, continuando ad emettere gas-serra senza serie politiche di riduzione ci sarà un riscaldamento globale compreso tra 2 e 4 gradi entro fine secolo, con conseguenze enormi a livello globale, alcune ancora difficilmente valutabili, anche per il nostro Paese;
    l'Italia ha sostanzialmente raggiunto il proprio obiettivo stabilito con il Protocollo di Kyoto e per lo scarto residuale di 23,4 milioni di tonnellate di CO2, il Governo sta promuovendo l'acquisto di crediti a fronte di progetti di riduzione delle emissioni come previsto dal Protocollo medesimo;
    a causa della recessione, in Italia come in molti paesi dell'Unione europea, sono state ridotte le risorse finanziarie per implementazione dei controlli ambientali e delle politiche climatiche e energetiche
    l'Unione europea si è impegnata a nuovi e più ambiziosi obiettivi per gli anni 2020 («pacchetto clima energia»: riduzione del 20 per cento delle emissioni nel 2020 rispetto al 1990), nel 2030 («2030 climate and energy goals for a competitive, secure and low-carbon EU economy»: riduzione del 40 per cento delle emissioni nel 2030 rispetto al 1990) e nel 2050 («Roadmap for moving to a low-carbon economy in 2050»: riduzione del 80-95 per cento delle emissioni nel 2050 rispetto al 1990);
    l'Unione europea ha approvato e inviato il 6 marzo 2015 al segretariato della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) i suoi «contributi programmati e definiti a livello nazionale» (Indc) che prevedono un impegno a ridurre le emissioni europee nel 2030 di almeno il 40 per cento rispetto al 1990,

impegna il Governo:

   a favorire l'approvazione, in occasione della prossima sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, di un accordo globale vincolante per la riduzione delle emissioni con obiettivi determinati e scadenzati, in grado di far rispettare le indicazioni del comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici e di avviare adeguate strategie nazionali di mitigazione e adattamento;
   a sostenere, nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, obiettivi ambiziosi per contrastare il cambiamento climatico e per avviare azioni di decarbonizzazione, anche con un adeguato supporto finanziario e tecnologico ai Paesi più poveri;
   a sostenere il riconoscimento della relazione tra cambiamenti climatici e diritti umani, includendo nel documento finale di Parigi i diritti dei popoli indigeni, la loro conoscenza tradizionale, il diritto alla terra ed all'autodeterminazione, alla partecipazione diretta ed effettiva alle politiche climatiche e all'accesso diretto alle risorse finanziarie, attraverso la promozione di programmi e/o progetti di mitigazione, adattamento, trasferimento di tecnologie, riduzione delle emissioni e capacity building;
   nel quadro degli impatti previsti, a sostenere in ogni sede il principio dell'acqua come bene comune e diritto umano, da affermare nel diritto internazionale e nelle Costituzioni dei singoli Stati;
   ad adottare entro il 2015 in Italia tutte le iniziative necessarie per la ratifica e l'implementazione degli impegni europei nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, con particolare riguardo all'emendamento approvato a Doha nel 2012 per la ratifica degli impegni relativi al secondo periodo del protocollo di Kyoto, circa gli ulteriori impegni vincolanti in materia di riduzione di gas serra;
   ad assumere le necessarie iniziative, sia in ambito nazionale che in sede di Unione europea, volte ad incrementare le risorse per la cooperazione allo sviluppo sostenibile, nonché per il fondo verde per il clima, anche al fine di contribuire a sostenere i costi di adattamento per quei Paesi in via di sviluppo maggiormente colpiti dagli impatti del cambiamento climatico, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica;
   ad approvare entro settembre 2015 la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in collaborazione con la comunità scientifica nazionale, procedendo immediatamente con la definizione di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che ne recepisca le indicazioni definendone priorità, tempistiche e impegni di spesa;
   ad attivarsi in ambito nazionale e in sede di Unione europea affinché si adottino opportune forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità, anche attraverso la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici in funzione del contenuto di carbonio (carbon tax), al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici verso modelli a emissioni basse o nulle;
   ad adottare una nuova politica energetica, individuando e sostenendo misure di indirizzo della scelta delle fonti secondo criteri di riduzione e azzeramento delle emissioni e stabilendo una road map sulle varie priorità, al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici climalteranti;
   ad assumere iniziative in ambito nazionale, nonché ad attivarsi nell'ambito dell'Unione europea, al fine di contrastare la povertà energetica e la vulnerabilità dei consumatori, attraverso una tariffazione equa dell'energia elettrica e termica, in grado di garantire le fasce più deboli dei cittadini;
   ad assumere iniziative per escludere dal Patto di stabilità le spese dello Stato, delle regioni e degli enti locali, legate a politiche e misure di riduzione delle emissioni climalteranti, con particolare riguardo alle risorse finalizzate al risparmio energetico, efficienza energetica, energie rinnovabili, nonché a interventi volti all'adattamento ai cambiamenti climatici e in particolare alla messa in sicurezza del territorio e alla protezione civile;
   a sostenere le azioni delle regioni finalizzate ad aumentare la resilienza del territorio promuovendo le opportune sinergie tra mitigazione e adattamento, anche in collegamento con le iniziative in atto a livello europeo (come l'iniziativa del «patto dei sindaci» sull'adattamento al cambiamento climatico);
   a favorire, per quanto di competenza, lo sviluppo in modo coordinato di adeguati piani regionali e locali di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, privilegiando le misure ad alto grado di sostenibilità ambientale, evitando impatti negativi sull'ambiente e sugli ecosistemi delle misure stesse;
   ad istituire un qualificato ed organico servizio meteo-climatico nazionale con il compito di monitorare il cambiamento in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera, mare e ecosistemi);
   a riconoscere concretamente la centralità delle città e delle autorità locali in materia di pianificazione urbanistica e di programmazione socio-economico-ambientale;
   ad adottare politiche, piani e programmi sia a livello nazionale che a livello internazionale, anche nell'ambito della cooperazione allo sviluppo, che contribuiscano efficacemente al raggiungimento dei target previsti dagli Obiettivi di sviluppo sostenibili.
(1-00815)
(Nuova formulazione) (Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Pellegrino, Zaratti, Scotto, Kronbichler, Palazzotto, Franco Bordo, Zaccagnini, Pannarale, Airaudo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro».


   La Camera,
   premesso che:
    i cambiamenti climatici sono in atto e producono già impatti drammatici in ogni area del pianeta. Il riscaldamento globale, secondo gli scienziati, è legato all'attività umana e in particolare all'uso di combustibili fossili e dunque di carbone, petrolio e gas. Dalle osservazioni empiriche si riscontra una crescente tendenza all'aumento della temperatura media globale legata all'aumento delle emissioni di gas serra che stanno modificando la composizione dell'atmosfera;
    la temperatura media globale è aumentata di 0,85 gradi tra il 1880 e il 2012, mentre il decennio 2000-2010 è stato il più caldo dall'inizio delle rilevazioni climatiche e il 2014 è stato l'anno più caldo dall'inizio delle rilevazioni e, quel che più conta, è stato il tredicesimo anno consecutivo più caldo dall'inizio delle rilevazioni. Tra il 1983 e il 2012 l'emisfero settentrionale ha vissuto i trent'anni più caldi degli ultimi 1400 anni;
    si registrano già fenomeni di scioglimento dei ghiacci polari, di riduzione consistente dei ghiacciai delle medie latitudini, di innalzamento del livello dei mari insieme ad una maggiore frequenza di eventi atmosferici estremi, ad un'accentuata tendenza alla desertificazione e a fenomeni di acidificazione degli oceani;
    gli scienziati riuniti nel Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC), l'organismo che riporta alle Nazioni unite formato dall'Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) e dal Programma delle Nazioni unite per l'ambiente (Unep), hanno indicato la soglia dei due gradi in più rispetto al periodo precedente alla rivoluzione industriale come limite da non superare nell'aumento della temperatura media globale per evitare effetti catastrofici con reazioni a catena non chiaramente stimabili;
    allo stato attuale, in assenza di interventi e politiche fortemente correttive di riduzione delle emissioni climalteranti, si arriverebbe ad un aumento della temperatura media globale tra i 3,8 e i 4,5 gradi entro la fine del secolo;
    la concentrazione di anidride carbonica equivalente in atmosfera ha già superato le 400 parti per milione essendo 456 parti per milione la soglia prudenziale alla quale corrisponde un aumento stimato di due gradi della temperatura media globale rispetto al periodo precedente alla rivoluzione industriale;
    se l'aumento della temperatura media globale non verrà contenuto, le conseguenze saranno catastrofiche. Gli effetti dei cambiamenti climatici sono molteplici e colpiscono direttamente o indirettamente quasi tutti i settori del sistema economico mondiale. Il riscaldamento globale avrà conseguenze drammatiche sulle condizioni di vita in moltissime aree del pianeta e, se non corretto, porterà a fenomeni di migrazione di massa e allo scatenarsi o inasprirsi di conflitti sociali o a vere e proprie guerre causate dalla scarsità di risorse naturali come acqua o terre abitabili e coltivabili con enormi rischi per la salute umana e con la compromissione di ecosistemi naturali essenziali alla vita;
    la regione del Mediterraneo è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico, sia in termini di numero di persone a rischio, vista l'alta densità della popolazione, sia in termini economici. Nel prossimo futuro si potrebbero registrare aumenti della durata dei periodi di siccità e della frequenza e intensità degli eventi atmosferici estremi, con rischi crescenti di alluvioni ed esondazioni dei fiumi. Le regioni più a sud dell'area mediterranea in particolare saranno esposte al rischio di aumento delle ondate di calore, alla diminuzione dell'estensione delle aree boschive e coltivabili, con conseguente aumento delle zone desertiche e desertificate, al rischio di innalzamento del livello dei mari con conseguente erosione delle zone costiere e delle città e aree urbanizzate situate in prossimità dei mari e diminuzione della disponibilità d'acqua anche per le produzioni agricole;
    ogni Paese è soggetto agli impatti dei cambiamenti climatici; una condizione di particolare vulnerabilità è però propria dei Paesi più poveri, più esposti agli effetti non equamente distribuiti di desertificazione e innalzamento del livello dei mari, più dipendenti dalle risorse naturali di base per la loro produzione agricola e con minori capacità di adattarsi all'impatto del riscaldamento globale; i Paesi più poveri subiscono un rischio maggiore non essendo però tra i Paesi che hanno prodotto le emissioni climalteranti che determinano il riscaldamento globale e lo stesso può dirsi per le nuove generazioni costrette a subire rischi che non hanno determinato; si pone dunque una stringente questione di giustizia climatica tra Paesi, oltre che tra generazioni;
    proprio questa stringente questione di giustizia climatica è a fondamento dell'impegno di Papa Francesco in questa materia tramite la sua enciclica dedicata al clima e all'ambiente;
    la generazione attuale, la prima ad affrontare i cambiamenti climatici e l'ultima a poter vincere la sfida, ha però la possibilità di contrastare efficacemente il riscaldamento climatico in atto adottando politiche e interventi per contenere drasticamente le emissioni di gas climalteranti che devono ridursi del 40-70 per cento entro la metà del secolo per azzerarsi sostanzialmente a fine secolo;
    l'Unione europea, durante il semestre di Presidenza italiana del Consiglio europeo, ha approvato ad ottobre 2014 il pacchetto clima energia al 2030 che prevede impegni vincolanti a livello europeo e nazionale con una riduzione entro il 2030 del 40 per cento delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990, un aumento del 27 per cento della produzione di energia da fonti rinnovabili e un aumento dell'efficienza energetica seguendo la nuova direttiva europea;
    un accordo storico per la riduzione delle emissioni di gas serra è stato raggiunto nel novembre 2014 tra Stati Uniti e Cina, con l'impegno da parte cinese a fermarne la crescita entro il 2030 insieme a quello americano di ridurle del 26-28 per cento entro il 2025 rispetto al 2005. L'accordo segue il forte impegno assunto dalla presidenza Obama per contrastare il cambiamento climatico con misure basate sull'applicazione del Clean Air Act del 1970 che dà al Presidente il potere di emanare decreti per salvaguardare la qualità dell'aria. È la prima volta che le due superpotenze, responsabili per il 45 per cento delle emissioni mondiali, assumono un impegno simile;
    Parigi ospiterà dal 30 novembre all'11 dicembre del 2015 il vertice delle Nazioni unite (COP21) nel quale i 194 Paesi che hanno aderito alla convenzione sul clima dovranno raggiungere un accordo globale vincolante di riduzione delle emissioni con l'obiettivo di contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei due gradi rispetto al livello precedente alla rivoluzione industriale, che entrerà in vigore dal 2020, così come stabilito dal vertice di Durban, nel 2011 (COP17) che ha avviato la piattaforma di Durban, all'interno della quale ogni singolo Paese sta comunicando i propri obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra (Intended nationally determined contributions – Indcs),

impegna il Governo:

   a sostenere, durante la prossima Conferenza delle Parti di Parigi, il raggiungimento di un accordo globale vincolante di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, in vigore dal 2020, per contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale;
   a promuovere azioni che favoriscano una crescente riduzione delle emissioni climalteranti nel periodo precedente l'entrata in vigore del nuovo accordo globale, dunque prima del 2020, e che consentano di entrare in un sentiero di sviluppo che preveda la riduzione delle emissioni climalteranti al 2050 del 40-70 per cento rispetto al 2010 e il loro azzeramento a fine secolo, come anche previsto nel comunicato finale del G7 a Elmau in Germania dell'8 giugno 2015;
   ad adottare in via definitiva la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e a definire un piano nazionale di attuazione della strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che ne recepisca immediatamente le indicazioni, definendo le priorità di intervento, le tempistiche e gli impegni di spesa;
   a sostenere, nell'ambito della cooperazione internazionale, progetti di sostegno delle economie dei Paesi in via di sviluppo che favoriscano lo sviluppo delle energie rinnovabili per aumentare l'accesso all'elettricità per le aree che ne sono ancora prive e che promuovano piani di adattamento agli impatti locali dei cambiamenti climatici, anche con l'opportuno trasferimento di tecnologia;
   a sostenere, per quanto di competenza, l'impegno dei sindaci e degli amministratori locali nel trasformare i territori che amministrano in comunità resilienti, che attenuino e sopportino meglio l'impatto dei cambiamenti climatici, e in comunità intelligenti, smart cities and areas, nelle quali i servizi fondamentali di trasporto, illuminazione e sostegno alle attività produttive impieghino sempre più energia pulita e siano sempre più efficienti nell'uso delle risorse naturali;
   a promuovere una riforma sostanziale che renda efficace il sistema europeo di scambio dei titoli di emissione di gas serra (EU-ETS), anche allargando la platea delle attività economiche incluse nel sistema e ad assumere iniziative per definire ed adottare, anche nelle opportune sedi comunitarie e internazionali, nuove forme di fiscalità ambientale che impongano una giusta tassazione al carbonio e dunque alle attività che producono emissioni climalteranti insieme ad un sistema di regole chiaro, uniforme e stabile nel tempo, per orientare le scelte di investimento delle imprese verso tecnologie e attività a bassissime emissioni di carbonio;
   ad avviare una revisione della strategia energetica nazionale, coerente con gli obiettivi ambiziosi fissati al 2030 e al 2050 in sede europea, nonché con l'obiettivo di contenere entro la soglia dei due gradi l'aumento della temperatura media globale rispetto al livello precedente alla rivoluzione industriale, con la finalità di decarbonizzazione a fine secolo ribadita nelle conclusioni dell'ultimo G7 a Elmau in Germania, attraverso la definizione di un piano energetico nazionale con obiettivi a medio e lungo termine;
   ad istituire un servizio meteorologico nazionale distribuito (Smnd) con il compito di monitorare il cambiamento in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera, mare e ecosistemi) a supporto delle azioni e delle politiche condotte e messe in atto dalle istituzioni nazionali, regionali e locali;
   a promuovere politiche industriali che con incentivi mirati sostengano le attività economiche efficienti nell'uso delle risorse naturali e dell'energia, nel rispetto dei principi dell'economia circolare, per dare alle imprese l'occasione di essere protagoniste nella necessaria riconversione in chiave ecologica dell'economia e di rafforzare le proprie competenze nei nuovi mercati che si aprono;
   ad assumere iniziative per prevedere specifici cicli di approfondimento nelle scuole di ogni ordine e grado per dare agli studenti le informazioni che meritano sui cambiamenti climatici in atto, sulle loro cause e sugli effetti potenziali, così come sui comportamenti anche individuali che possono efficacemente contrastare il riscaldamento globale;
   a promuovere investimenti per sostenere la mobilità sostenibile, il trasporto pubblico, l'uso di biocombustibili di seconda e terza generazione, in modo da conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore dei trasporti;
   a promuovere l'impegno del settore agricolo nel conseguimento degli obiettivi di contenimento entro due gradi dell'aumento della temperatura media globale e degli obiettivi di decarbonizzazione, puntando a garantire un'alimentazione sostenibile e di qualità, impegno tanto più rilevante nell'anno in cui Milano ospita l'Expo dedicato al tema «Nutrire il pianeta».
(1-00941) «Stella Bianchi, Rosato, Lorenzo Guerini, Realacci, Borghi, Braga, Bratti, Giachetti, Sereni, Mariani, Manfredi, Dallai, Covello, Nardi, Carrescia, Tino Iannuzzi, Ginoble, Piso, De Menech, Gadda, Zardini, Morassut, Mazzoli, Marroni, Cominelli, Giovanna Sanna, Valiante, Paola Boldrini, Famiglietti, Basso, Giulietti, Baruffi, Mognato, Grassi, Castricone, Malisani, Tidei, Antezza, Folino, Iacono, Marco Di Maio, Venittelli, Prina, Ghizzoni, Rubinato, Mura, Lodolini, Cova, La Marca, Capone, Fossati, Scuvera, Amato, D'Incecco, Epifani, Richetti, Giuditta Pini, Carnevali, Pierdomenico Martino, Simoni, Rotta, Gribaudo, Cinzia Maria Fontana, Verini, Villecco Calipari, Causi, Manciulli, Martella, Berlinghieri, Gnecchi, Amendola, Manzi, Campana, Fregolent, Bonaccorsi, Piccoli Nardelli, Coppola, Coscia, Zanin, Becattini, Beni, Crimì, Quartapelle Procopio, Arlotti, Malpezzi, Rampi, Schirò, Amoddio, Nicoletti, Stumpo, Bargero, Coccia, Cenni, Zoggia, Mariano, Parrini, Ginefra, Fiano, Fontanelli, Gasparini, Terrosi, Valeria Valente, Raciti, Casati, Mauri, Luciano Agostini, Zampa, Scanu, Pes, Meta, Rostan, Palma, Giuseppe Guerini, Bini, Moscatt, Francesco Sanna, Ginato, Fanucci, Sbrollini, Taricco, Miotto, Andrea Romano, Zan, Martelli, Vico, Garofani, Marchi, Gandolfi, Misiani, Lavagno, Cassano, Migliore, Rossomando».


   La Camera,
   premesso che:
    i cambiamenti climatici sono in atto e producono già impatti drammatici in ogni area del pianeta. Il riscaldamento globale, secondo gli scienziati, è legato all'attività umana e in particolare all'uso di combustibili fossili e dunque di carbone, petrolio e gas. Dalle osservazioni empiriche si riscontra una crescente tendenza all'aumento della temperatura media globale legata all'aumento delle emissioni di gas serra che stanno modificando la composizione dell'atmosfera;
    la temperatura media globale è aumentata di 0,85 gradi tra il 1880 e il 2012, mentre il decennio 2000-2010 è stato il più caldo dall'inizio delle rilevazioni climatiche e il 2014 è stato l'anno più caldo dall'inizio delle rilevazioni e, quel che più conta, è stato il tredicesimo anno consecutivo più caldo dall'inizio delle rilevazioni. Tra il 1983 e il 2012 l'emisfero settentrionale ha vissuto i trent'anni più caldi degli ultimi 1400 anni;
    si registrano già fenomeni di scioglimento dei ghiacci polari, di riduzione consistente dei ghiacciai delle medie latitudini, di innalzamento del livello dei mari insieme ad una maggiore frequenza di eventi atmosferici estremi, ad un'accentuata tendenza alla desertificazione e a fenomeni di acidificazione degli oceani;
    gli scienziati riuniti nel Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC), l'organismo che riporta alle Nazioni unite formato dall'Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) e dal Programma delle Nazioni unite per l'ambiente (Unep), hanno indicato la soglia dei due gradi in più rispetto al periodo precedente alla rivoluzione industriale come limite da non superare nell'aumento della temperatura media globale per evitare effetti catastrofici con reazioni a catena non chiaramente stimabili;
    allo stato attuale, in assenza di interventi e politiche fortemente correttive di riduzione delle emissioni climalteranti, si arriverebbe ad un aumento della temperatura media globale tra i 3,8 e i 4,5 gradi entro la fine del secolo;
    la concentrazione di anidride carbonica equivalente in atmosfera ha già superato le 400 parti per milione essendo 456 parti per milione la soglia prudenziale alla quale corrisponde un aumento stimato di due gradi della temperatura media globale rispetto al periodo precedente alla rivoluzione industriale;
    se l'aumento della temperatura media globale non verrà contenuto, le conseguenze saranno catastrofiche. Gli effetti dei cambiamenti climatici sono molteplici e colpiscono direttamente o indirettamente quasi tutti i settori del sistema economico mondiale. Il riscaldamento globale avrà conseguenze drammatiche sulle condizioni di vita in moltissime aree del pianeta e, se non corretto, porterà a fenomeni di migrazione di massa e allo scatenarsi o inasprirsi di conflitti sociali o a vere e proprie guerre causate dalla scarsità di risorse naturali come acqua o terre abitabili e coltivabili con enormi rischi per la salute umana e con la compromissione di ecosistemi naturali essenziali alla vita;
    la regione del Mediterraneo è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico, sia in termini di numero di persone a rischio, vista l'alta densità della popolazione, sia in termini economici. Nel prossimo futuro si potrebbero registrare aumenti della durata dei periodi di siccità e della frequenza e intensità degli eventi atmosferici estremi, con rischi crescenti di alluvioni ed esondazioni dei fiumi. Le regioni più a sud dell'area mediterranea in particolare saranno esposte al rischio di aumento delle ondate di calore, alla diminuzione dell'estensione delle aree boschive e coltivabili, con conseguente aumento delle zone desertiche e desertificate, al rischio di innalzamento del livello dei mari con conseguente erosione delle zone costiere e delle città e aree urbanizzate situate in prossimità dei mari e diminuzione della disponibilità d'acqua anche per le produzioni agricole;
    ogni Paese è soggetto agli impatti dei cambiamenti climatici; una condizione di particolare vulnerabilità è però propria dei Paesi più poveri, più esposti agli effetti non equamente distribuiti di desertificazione e innalzamento del livello dei mari, più dipendenti dalle risorse naturali di base per la loro produzione agricola e con minori capacità di adattarsi all'impatto del riscaldamento globale; i Paesi più poveri subiscono un rischio maggiore non essendo però tra i Paesi che hanno prodotto le emissioni climalteranti che determinano il riscaldamento globale e lo stesso può dirsi per le nuove generazioni costrette a subire rischi che non hanno determinato; si pone dunque una stringente questione di giustizia climatica tra Paesi, oltre che tra generazioni;
    proprio questa stringente questione di giustizia climatica è a fondamento dell'impegno di Papa Francesco in questa materia tramite la sua enciclica dedicata al clima e all'ambiente;
    la generazione attuale, la prima ad affrontare i cambiamenti climatici e l'ultima a poter vincere la sfida, ha però la possibilità di contrastare efficacemente il riscaldamento climatico in atto adottando politiche e interventi per contenere drasticamente le emissioni di gas climalteranti che devono ridursi del 40-70 per cento entro la metà del secolo per azzerarsi sostanzialmente a fine secolo;
    l'Unione europea, durante il semestre di Presidenza italiana del Consiglio europeo, ha approvato ad ottobre 2014 il pacchetto clima energia al 2030 che prevede impegni vincolanti a livello europeo e nazionale con una riduzione entro il 2030 del 40 per cento delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990, un aumento del 27 per cento della produzione di energia da fonti rinnovabili e un aumento dell'efficienza energetica seguendo la nuova direttiva europea;
    un accordo storico per la riduzione delle emissioni di gas serra è stato raggiunto nel novembre 2014 tra Stati Uniti e Cina, con l'impegno da parte cinese a fermarne la crescita entro il 2030 insieme a quello americano di ridurle del 26-28 per cento entro il 2025 rispetto al 2005. L'accordo segue il forte impegno assunto dalla presidenza Obama per contrastare il cambiamento climatico con misure basate sull'applicazione del Clean Air Act del 1970 che dà al Presidente il potere di emanare decreti per salvaguardare la qualità dell'aria. È la prima volta che le due superpotenze, responsabili per il 45 per cento delle emissioni mondiali, assumono un impegno simile;
    Parigi ospiterà dal 30 novembre all'11 dicembre del 2015 il vertice delle Nazioni unite (COP21) nel quale i 194 Paesi che hanno aderito alla convenzione sul clima dovranno raggiungere un accordo globale vincolante di riduzione delle emissioni con l'obiettivo di contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei due gradi rispetto al livello precedente alla rivoluzione industriale, che entrerà in vigore dal 2020, così come stabilito dal vertice di Durban, nel 2011 (COP17) che ha avviato la piattaforma di Durban, all'interno della quale ogni singolo Paese sta comunicando i propri obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra (Intended nationally determined contributions – Indcs),

impegna il Governo:

   a sostenere, durante la prossima Conferenza delle Parti di Parigi, il raggiungimento di un accordo globale vincolante di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, in vigore dal 2020, per contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale;
   a promuovere azioni che favoriscano una crescente riduzione delle emissioni climalteranti nel periodo precedente l'entrata in vigore del nuovo accordo globale, dunque prima del 2020, e che consentano di entrare in un sentiero di sviluppo che preveda la riduzione delle emissioni climalteranti al 2050 del 40-70 per cento rispetto al 2010 e il loro azzeramento a fine secolo, e la decarbonizzazione dell'economia globale nel corso di questo secolo come previsto nel comunicato finale del G7 a Elmau in Germania dell'8 giugno 2015;
   ad adottare in via definitiva la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e a definire un piano nazionale di attuazione della strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che ne recepisca immediatamente le indicazioni, definendo le priorità di intervento, le tempistiche e gli impegni di spesa;
   a sostenere, nell'ambito della cooperazione internazionale, progetti di sostegno delle economie dei Paesi in via di sviluppo che favoriscano lo sviluppo delle energie rinnovabili per aumentare l'accesso all'elettricità per le aree che ne sono prive e che promuovano piani di adattamento nazionali per la lotta ai cambiamenti climatici, anche con l'opportuno trasferimento di tecnologia;
   a sostenere, per quanto di competenza, l'impegno dei sindaci e degli amministratori locali nel trasformare i territori che amministrano in comunità resilienti, che attenuino e sopportino meglio l'impatto dei cambiamenti climatici, e in comunità intelligenti, smart cities and areas, nelle quali i servizi fondamentali di trasporto, illuminazione e sostegno alle attività produttive impieghino sempre più energia pulita e siano sempre più efficienti nell'uso delle risorse naturali;
   a promuovere una riforma sostanziale che renda efficace il sistema europeo di scambio dei titoli di emissione di gas serra (EU-ETS), anche allargando la platea delle attività economiche incluse nel sistema e ad assumere iniziative per definire ed adottare, anche nelle opportune sedi comunitarie e internazionali, nuove forme di fiscalità ambientale che impongano una giusta tassazione al carbonio e dunque alle attività che producono emissioni climalteranti insieme ad un sistema di regole chiaro, uniforme e stabile nel tempo, per orientare le scelte di investimento delle imprese verso tecnologie e attività a bassissime emissioni di carbonio;
   ad avviare una revisione della strategia energetica nazionale, coerente con gli obiettivi ambiziosi fissati al 2030 e al 2050 in sede europea, nonché con l'obiettivo di contenere entro la soglia dei due gradi l'aumento della temperatura media globale rispetto al livello precedente alla rivoluzione industriale, con la finalità di decarbonizzazione a fine secolo ribadita nelle conclusioni dell'ultimo G7 a Elmau in Germania, attraverso la definizione di un piano energetico nazionale con obiettivi a medio e lungo termine;
   ad istituire un servizio meteorologico nazionale distribuito (Smnd) con il compito di monitorare il cambiamento in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera, mare e ecosistemi) preposto allo svolgimento di compiti conoscitivi, tecnico-scientifici ed operativi nel campo della meteorologia e della climatologia, al fine di fornire conoscenze, informazioni e valutazioni, anche di natura previsionale, alle Autorità e ai soggetti pubblici che svolgono attività volte alla tutela dell'integrità della vita, della salute, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente, anche nell'ambito di trattati o accordi internazionali;
   a promuovere politiche industriali che con incentivi mirati sostengano le attività economiche efficienti nell'uso delle risorse naturali e dell'energia, nel rispetto dei principi dell'economia circolare, per dare alle imprese l'occasione di essere protagoniste nella necessaria riconversione in chiave ecologica dell'economia e di rafforzare le proprie competenze nei nuovi mercati che si aprono;
   ad assumere iniziative per prevedere specifici cicli di approfondimento nelle scuole di ogni ordine e grado per dare agli studenti le informazioni che meritano sui cambiamenti climatici in atto, sulle loro cause e sugli effetti potenziali, così come sui comportamenti anche individuali che possono efficacemente contrastare il riscaldamento globale;
   a promuovere investimenti per sostenere la mobilità sostenibile, il trasporto pubblico, l'uso di biocarburanti di seconda e terza generazione, in modo da conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore dei trasporti;
   a promuovere l'impegno del settore agricolo nel conseguimento degli obiettivi di contenimento entro due gradi dell'aumento della temperatura media globale e degli obiettivi di decarbonizzazione, puntando a garantire un'alimentazione sostenibile e di qualità, impegno tanto più rilevante nell'anno in cui Milano ospita l'Expo dedicato al tema «Nutrire il pianeta».
(1-00941)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Stella Bianchi, Rosato, Lorenzo Guerini, Realacci, Borghi, Braga, Bratti, Giachetti, Sereni, Mariani, Manfredi, Dallai, Covello, Nardi, Carrescia, Tino Iannuzzi, Ginoble, Piso, De Menech, Gadda, Zardini, Morassut, Mazzoli, Marroni, Cominelli, Giovanna Sanna, Valiante, Paola Boldrini, Famiglietti, Basso, Giulietti, Baruffi, Mognato, Grassi, Castricone, Malisani, Tidei, Antezza, Folino, Iacono, Marco Di Maio, Venittelli, Prina, Ghizzoni, Rubinato, Mura, Lodolini, Cova, La Marca, Capone, Fossati, Scuvera, Amato, D'Incecco, Epifani, Richetti, Giuditta Pini, Carnevali, Pierdomenico Martino, Simoni, Rotta, Gribaudo, Cinzia Maria Fontana, Verini, Villecco Calipari, Causi, Manciulli, Martella, Berlinghieri, Gnecchi, Amendola, Manzi, Campana, Fregolent, Bonaccorsi, Piccoli Nardelli, Coppola, Coscia, Zanin, Becattini, Beni, Crimì, Quartapelle Procopio, Arlotti, Malpezzi, Rampi, Schirò, Amoddio, Nicoletti, Stumpo, Bargero, Coccia, Cenni, Zoggia, Mariano, Parrini, Ginefra, Fiano, Fontanelli, Gasparini, Terrosi, Valeria Valente, Raciti, Casati, Mauri, Luciano Agostini, Zampa, Scanu, Pes, Meta, Rostan, Palma, Giuseppe Guerini, Bini, Moscatt, Francesco Sanna, Ginato, Fanucci, Sbrollini, Taricco, Miotto, Andrea Romano, Zan, Martelli, Vico, Garofani, Marchi, Gandolfi, Misiani, Lavagno, Cassano, Migliore, Rossomando».


   La Camera,
   premesso che:
    il contenimento del cambiamento climatico rappresenta una priorità tra le emergenze globali delle istituzioni nazionali e internazionali, viste le conseguenze geopolitiche a cui sta conducendo;
    il riscaldamento globale, senza interventi tempestivi e vincolanti, è destinato a superare di ben oltre due gradi i livelli dell'epoca preindustriale, con un impatto devastante sugli habitat – come le barriere coralline, da cui dipendono migliaia di organismi viventi che rischiano di scomparire –, sulla produzione agricola mondiale, sulla disponibilità di acqua potabile e sulla vivibilità delle aree costiere. Arrestare questo andamento ora non è solo una scelta responsabile ma anche quella più economica, dato che ogni ulteriore ritardo comporterebbe costi economici e ambientali crescenti, come evidenziato anche dallo studio «The Emissions Gap Report 2013» dell'Unep (United Nations Environment Programme);
    i Percorsi di concentrazione rappresentativi (RCP) del Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC) descrivono quattro scenari di come il pianeta potrebbe cambiare in futuro. Essi sono: RCP8.5, RCP6, RCP4.5 e RCP2.6. I numeri si riferiscono a differenti valori di aumento del radiative forcing in W/m2 al 2100. I Percorsi di concentrazione rappresentativi sono associati a differenti possibili scenari di emissioni antropogeniche di gas serra e conseguenti innalzamenti della temperatura media terrestre. Lo scenario RCP4.5 prevede un innalzamento medio di 1.8 gradi (1.1÷2.6), mentre lo scenario RCP8.5, il caso peggiore, prevede un innalzamento medio di 3.7 gradi (2.6÷4.8). Attualmente il trend di emissioni di gas serra sta seguendo e lievemente superando lo scenario RCP 8.5 (Peters et al., 2013).
    secondo lo scenario RCP 4.5 in Italia si potrebbe verificare un generale aumento della temperatura di circa 3 gradi su tutto il Paese per il 2071-2100, rispetto al periodo di riferimento 1971-2000, con picchi di 4 gradi in inverno nella pianura Padana e, in estate, su tutta l'area nord-occidentale. Lo scenario RCP8.5 prevede un riscaldamento maggiore, caratterizzato da un'elevata variazione stagionale, con un minimo di 4 gradi in autunno e un massimo di 7,5 gradi in estate. In tutte le zone, in generale, è stimato un aumento medio delle temperature, che per lo scenario RCP 4.5 è di circa 3.2 gradi per secolo, mentre per quello RCP8.5 intorno ai 6,3 gradi;
    una prima conferma alla maggiore vulnerabilità climatica della nostra nazione è stata certificata dal Consiglio nazionale delle ricerche nel rapporto del 2014. A fronte di un incremento di temperatura media terrestre pari a 0,57 gradi (fonte NOAA), per l'Italia l'incremento medio è stato di 1.5 gradi, quindi quasi tre volte l'aumento medio globale, con punte di +2.0 gradi al Nord e +1.3 gradi al Sud;
    relativamente al cambiamento delle precipitazioni in Italia, nel periodo 2071-2100 rispetto al 1971-2000, lo scenario RCP4.5 stima un moderato aumento in inverno, su tutta l'area alpina orientale, invece un calo significativo al Nord durante l'estate. Riduzioni significative sono prospettate anche in Centro e nel Sud. Secondo lo scenario RCP8.5, si prevede un significativo aumento delle precipitazioni in inverno sul Centro-Nord, più marcato in Liguria, mentre il centro e il nord Italia saranno interessati da una forte riduzione in estate, in particolare nell'area alpina. Tutta l'Italia avrà una significativa riduzione delle precipitazioni in primavera, specialmente nelle zone di alta montagna, mentre in autunno solo gli Appennini (Bucchignani, Montesarchio, Zollo, & Mercogliano, 2015);
    a livello globale, gli effetti del cambiamento climatico sono già evidenti nell'aumento della frequenza e dell'intensità di fenomeni estremi – come tifoni, alluvioni, tornado, ma anche siccità –, e nell'incremento della temperatura, con il conseguente rapido declino del ghiaccio artico, dei ghiacciai montani e delle calotte glaciali di Groenlandia e Antartide, nell'espansione delle zone subtropicali calde, nonché nella perdita di barriera corallina a causa dell'acidificazione dell'oceano;
    negli ultimi 19 anni nella sola zona sud dell'Alaska è stata certificata una perdita di massa ghiacciata pari a 75 miliardi di tonnellate (75 chilometri cubi). Se questo può apparire un dato riguardante una zona lontana, è molto più stringente l'assottigliamento o addirittura la scomparsa di ghiacciai alpini, con conseguente compromissione del rifornimento idrico per l'agricoltura nei mesi estivi;
    secondo i dati del Cred (Centre for Research on the Epidemiology of Disasters), solo nel 2012 si sono registrate globalmente 310 calamità naturali con 9.330 decessi, 106 milioni di persone colpite e un danno economico stimato pari a 138 miliardi di dollari. E questo mentre è ormai condiviso, dall'opinione scientifica internazionale, lo stretto legame tra l'aumento dei rischi ambientali e il cambiamento climatico;
    il quinto rapporto del Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC) sulla valutazione dei cambiamenti climatici individua, a livello europeo, la regione mediterranea/sud-europea come la più vulnerabile al rischio degli effetti negativi dei cambiamenti climatici. Molteplici settori verranno interessati – quali turismo, agricoltura, attività forestali, infrastrutture, energia e salute della popolazione – a causa del forte impatto del cambiamento climatico (aumento di temperatura e riduzione di precipitazioni) sui servizi ecosistemici
    l'agricoltura rappresenta il settore più vulnerabile al cambiamento climatico e il suo cedimento, secondo un modello matematico sviluppato dal Global Sustainability Institute dell'Anglia Ruskin University di Cambridge, potrebbe portare la nostra società a collassare entro il 2040. Il modello è stato creato seguendo lo scenario business-as-usual (per lo più equivalente allo scenario RCP8.5), i risultati, basati su «tendenze climatiche plausibili», sono più che allarmanti e mostrano che «il sistema di approvvigionamento alimentare globale» si troverebbe ad affrontare perdite catastrofiche e un'epidemia senza precedenti di conflitti per il cibo. In generale, questi fenomeni si diffonderanno maggiormente nei Paesi tropicali e più poveri, secondo Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC), entro 35 anni, l'agricoltura subirà un calo di resa del 50 per cento, compromettendo la sopravvivenza umana. Nella coltivazione di riso, grano e mais, i rendimenti sono destinate a ridursi del 10 per cento per ogni grado di aumento sopra i 30 gradi;
    un punto estremamente importante e poco conosciuto è la penetrazione del cuneo salino causato dall'innalzamento del livello marino. Questo determinerebbe una desertificazione indotta a causa dell'aumento di salinità delle falde, cosa che comprometterebbe sia l'agricoltura che la stessa vegetazione spontanea in una larga fetta delle coste italiane, con particolare rilievo per la pianura padana orientale;
    il dramma dei rifugiati climatici è sempre più preoccupante, determinato dalla stretta relazione tra degrado ambientale, mutamenti climatici e contesto socio-economico. Per il Rapporto dell'Internal Displacement Monitoring Centre, pubblicato nel 2013, di oltre 32 milioni di persone costrette alla mobilità per effetto di disastri naturali, il 98 per cento sono profughi climatici provenienti da Paesi poveri. Nel 2060, il Programma delle Nazioni Unite sull'ambiente (Unep) prevede che solo in Africa ci saranno circa 50 milioni di profughi climatici;
    l'obiettivo di 2 gradi di riscaldamento globale, concordato dall'ONU e dai governi mondiali, è già un limite rischioso e pericoloso che non eviterà le conseguenze disastrose del cambiamento climatico. L'incremento di 2 gradi rappresenta più appropriatamente la soglia tra cambiamento climatico «pericoloso» ed «estremamente pericoloso» (Anderson & Bows, 2011);
    un aumento di 2 gradi può indurre a reazioni chimiche nelle acque oceaniche portando alla mobilitazione del metano ora immobilizzato negli idrati, alla fusione delle calotte polari e artiche, al rilascio di metano e terrestre dalla fusione del permafrost dell'Artico. L'impatto potrebbe compromettere lo scioglimento dei ghiacci di larga parte della Groenlandia e dell'Antartico occidentale, l'estinzione dal 15 al 40 per cento delle specie vegetali e animali, siccità diffusa e desertificazione in Africa, Australia, Europa Mediterranea, e gli Stati Uniti occidentali. Hadley Centre britannico calcola che il riscaldamento di solo un ulteriore 1 grado eliminerebbe acqua potabile da un terzo della superficie terrestre entro il 2100;
    l'innalzamento delle temperature oceaniche comporta un cambiamento nella composizione chimica delle acque, con conseguente acidificazione, e contribuisce allo scioglimento del plancton calcareo (piccoli organismi alla base della catena alimentare marina) e dei gusci calcarei delle conchiglie dei molluschi come vongole, mitili, ostriche, capesante. Questo non è un problema solo di equilibrio ecosistemico, ma presenta anche pesanti ricadute economiche per la pesca e l'acquacoltura;
    nello scenario RCP8.5, l'innalzamento del livello del mare previsto entro fine secolo è in media di 0.63 m (0.45÷0.82). Tuttavia secondo recentissimi studi, i livelli di anidride carbonica atmosferica moderni sono oggi equivalenti a quelli di circa tre milioni di anni fa (Pliocene), quando la concentrazione di anidride carbonica era circa di 400 parti per milione, la temperatura media terrestre era di circa 1-2 gradi maggiore di quella attuale e il livello del mare era di almeno sei metri maggiore;
    l'Università di Potsdam ha calcolato in 4,6 metri l'innalzamento del livello medio del mare in seguito all'aumento di temperatura media terrestre di 2 gradi. Numerosissime città costiere italiane verranno parzialmente o totalmente sommerse;
    secondo il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC), per rimanere sotto ai 2 gradi si ha a disposizione un budget di 1000 miliardi di tonnellate di anidride carbonica dal 2011, mentre solo 400 miliardi di tonnellate di anidride carbonica per rimanere sotto 1,5 gradi. Dal 2011 ad oggi si sono consumati all'incirca altri 157 miliardi di tonnellate. Attualmente si stanno emettendo circa 40,3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica consumando, secondo il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC), il budget per rimanere sotto 1,5 gradi in 6 anni e in 21 per stare sotto i 2 gradi (con probabilità del 66 per cento);
    per il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC), solo una diminuzione drastica delle emissioni di gas serra, stimata nella riduzione del 40-70 per cento entro il 2050 e in un azzeramento entro il 2100, potrebbe avere il 50 per cento di possibilità di stabilizzare l'aumento di temperatura media terrestre al di sotto dei 2 gradi;
    secondo illustri climatologi (Anderson, 2013), per avere una possibilità del 50 per cento di non superare i 2 gradi, è necessario proporre all'Unione europea una riduzione dell'80 per cento delle emissioni del settore energia entro il 2030, con la piena decarbonizzazione poco dopo;
    per le nazioni sviluppate (annex 1), i necessari livelli di mitigazione per avere il 50 per cento di probabilità di mantenersi sotto i 2 gradi, lasciando ai Paesi in via di sviluppo (non-annex 1) la possibilità di ritardare il picco delle proprie emissioni, potrebbero essere incompatibili con la crescita economica di breve-medio termine. I Paesi sviluppati dovrebbero decarbonizzare le proprie economie ad un ritmo del 8-10 per cento annuo, tuttavia riduzioni superiori al 3-4 per cento sono giudicate incompatibili con un'economia in crescita (Anderson & Bows, 2011). Al contrario, riduzioni annuali maggiori dell'1 per cento sono state associate solo a scenari di recessione economica o sconvolgimenti politici (Stern, 2006). Per ridurre del 8-10 per cento è certamente necessario intervenire sia sull'offerta (energie rinnovabili ed efficienza) che sulla domanda (diminuzione dei consumi);
    il prodotto interno lordo ha dimostrato la propria inadeguatezza come indicatore di un genuino progresso umano, poiché incapace di discriminare tra attività proficue e dannose e di prendere in considerazione molti costi ambientali e sociali. Occorre adottare al più presto indicatori macroeconomici come il genuine progress indicator (GPI) o il benessere equo e sostenibile (BES), capaci di misurare lo sviluppo economico integrando nella analisi fattori ambientali e sociali;
    il 2015 è stato dichiarato l'anno internazionale dei suoli, dell'elaborazione della Carta di Milano e degli Obiettivi di sviluppo del millennio, riaccendendo il dibattito sulle sfide legate al cibo, all'agricoltura, alle foreste e al paesaggio, con proposte di impegno al cambiamento di paradigma;
    come evidenziato dal rapporto Ispra 2015 sul consumo di suolo in Italia e ribadito da De Bernardinis nel suo intervento agli stati generali sul clima del 22 giugno 2015, il deterioramento del suolo ha ripercussioni dirette sulla qualità delle acque e dell'aria, sulla biodiversità e sui cambiamenti climatici; sempre nel rapporto Ispra viene evidenziato come nelle aree urbane il clima diventa più caldo e secco a causa della minore traspirazione vegetale ed evaporazione e delle più ampie superfici con un alto coefficiente di rifrazione del calore e che, soprattutto in climi aridi come quello mediterraneo, la perdita di copertura vegetale e la diminuzione dell'evapotraspirazione, in sinergia con il calore prodotto dal condizionamento dell'aria e dal traffico e con l'assorbimento di energia solare da parte di superfici scure in asfalto o calcestruzzo, contribuiscono ai cambiamenti climatici locali, causando il cosiddetto effetto «isola di calore»;
    il cambiamento climatico ha già prodotto conseguenze sulla salute, sugli ecosistemi, sulle risorse idriche e sull'agricoltura, mettendo a rischio la sicurezza alimentare e la sostenibilità ambientale. Le sfide immediate, per invertire la rotta, devono concentrarsi sul cambiamento e sull'innovazione, incidendo fortemente sui sistemi di produzione e di consumo;
    l'agricoltura industriale incide sul cambiamento climatico, facendo uso di sistemi meccanizzati ad alta intensità energetica e a combustibili fossili e, a sua volta, ne è influenzata, visto che le monocolture geneticamente omogenee, su cui si basa, non sono resilienti. Diversamente i sistemi di gestione agroecologici – varietà di tecniche agricole, come agricoltura biologica, sostenibile o permacultura –, basandosi sul rispetto della biodiversità, sull'efficienza dei processi biologici e sulla diversificazione dei sistemi di produzione, rappresentano un modello alternativo sostenibile, socialmente equo, resiliente ai cambiamenti climatici e, dunque, in grado di sostenere la sfida del cambiamento climatico. Inoltre, l'agroecologia aumenta il sequestro di carbonio organico nei suoli, contribuendo a ridurre l'anidride carbonica in atmosfera. Secondo il report «Agro-ecology and the right to food» delle Nazioni Unite, infatti, «i progetti agroecologici mostrano una media di incremento nella produttività dei campi dell'80 per cento in 57 Paesi in via di sviluppo, con una percentuale che sale al 116 per cento nei progetti africani»;
    l'attuale sistema economico lineare, tipico dei Paesi più industrializzati, non è più sostenibile. Al contrario, l'attuale crisi ambientale impone un passaggio repentino verso il modello circolare, finalizzato al recupero e alla rigenerazione dei prodotti e dei materiali, mettendo in pratica i principi di «rifiuti zero, energie rinnovabili, utilizzatori e non consumatori, approccio sistemico»;
    il sistema alimentare contribuisce ai cambiamenti climatici e, allo stesso tempo, ne è anche influenzato, con conseguenze sulla disponibilità e sulla tutela delle risorse naturali, sulle modalità di produzione e consumo e sulla sicurezza alimentare;
    la crescita della popolazione, stimata dalla FAO a 9 miliardi entro il 2050, unita alla transizione verso modelli alimentari a più alto impatto ambientale tipici dei Paesi ricchi industriali, implica l'esigenza di quasi raddoppiare la produzione alimentare. L'allevamento contribuisce per il 14,5 per cento alle emissioni globali generate dalle attività umane, più dell'intero settore dei trasporti;
    secondo i dati FAO del 2012, entro il 2050 il consumo di carne e di latte e derivati dovrebbe crescere rispettivamente del 76 per cento e 65 per cento rispetto al periodo 2005-2007, contribuendo a impoverire il nostro pianeta di risorse critiche come acqua e suolo, causando deforestazione e perdita della biodiversità oltre che incrementando le emissioni climalteranti;
    il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici ha rilevato che il maggiore potenziale di riduzione delle emissioni risiede nella modulazione della domanda. Secondo il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici, anche solo diminuendo il consumo di cibo di origine animale a una media di 90 grammi al giorno, come raccomandato dalle linee guida mediche inglesi, si potrebbe raggiungere, dal 2030, una riduzione di 2,15 miliardi di tonnellate di anidride carbonica l'anno;
    la crescita dei consumi di alimenti di origine animale si traduce in una costante crescita delle emissioni del settore agricoltura. Mantenendo i trend attuali, entro il 2070 le emissioni di gas serra legate al settore non consentirebbero di permanere sotto ai 2 gradi (Hedenus, Wirsenius, & Johansson, 2014);
    ogni anno, la richiesta crescente di olio di palma, comporta l'emissione di enormi quantità di gas serra, a causa della degradazione e degli incendi delle foreste torbiere indonesiane. La deforestazione del sud-est asiatico, negli ultimi 30 anni, è stata pari alla superficie di Italia, Svizzera e Austria, convertendo depositi di carbonio organico in fonti di emissione climalteranti;
    il rapporto FAO 2013 Food Wastage Footprint: Impacts on Natural Resources denuncia lo spreco di 1,3 miliardi di tonnellate di cibo l'anno, con gravi ripercussioni sul clima, sulle risorse naturali, oltre che etiche. Ogni anno, il cibo che viene prodotto, ma non consumato, emette 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra. In Europa lo spreco alimentare – in seguito alla produzione agricola – produce annualmente circa 500 miliardi tonnellate di anidride carbonica, mentre in Italia 31 miliardi tonnellate di anidride carbonica, a cui si aggiunge la percentuale di sostanza organica che finisce in discarica, emettendo soprattutto metano;
    il report speciale «Energy and Climate Change» del World Energy Outlook, pubblicato in occasione della Conferenza di Parigi sul clima dall'Agenzia internazionale dell'energia ((IEA), riporta alcuni dati di sintesi sugli impatti ambientali del settore energetico. L'energia vale i due terzi di tutte le emissioni di gas serra di origine antropica e i combustibili fossili ne sono i principali responsabili, contando per il 90 per cento di tali emissioni. Le fossili continuano a soddisfare oltre l'80 per cento della domanda totale di energia e, nonostante una lieve inversione di tendenza registrata nell'ultimo anno, il volume totale delle emissioni globali di anidride carbonica del settore energetico, negli ultimi 27 anni, corrisponde al totale di tutti gli anni precedenti;
    interi settori dell'economia, ad oggi, non hanno minimamente intrapreso gli sforzi necessari a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni necessari per far fronte ai cambiamenti climatici;
    i trasporti e gli edifici, in particolare, registrano emissioni continuamente in crescita sia nei Paesi dell'Ocse che in quelli non appartenenti all'Ocse. Per il trasporto, la causa principale, è la crescita del numero di veicoli privati, cui si aggiunge, per quelli non appartenenti all'Ocse, una forte crescita del traffico merci spesso legata alla delocalizzazione delle produzioni industriali. Per gli edifici, il più alto livello di emissioni nei Paesi dell'Ocse è legato al riscaldamento degli ambienti, costruiti ancora senza i giusti accorgimenti di efficienza energetica;
    la geoingegneria si riferisce ad un'ampia serie di metodi e tecnologie che mirano ad alterare deliberatamente il sistema climatico allo scopo di alleviare gli impatti dei cambiamenti climatici. La maggior parte, ma non tutti i metodi, cercano o di ridurre la quantità di energia solare assorbita dal sistema climatico (solar radiation management – srm) o di incrementare l'eliminazione di anidride carbonica dall'atmosfera in quantità tale da alterare il clima (carbon dioxide removal – cdm). Due caratteristiche chiave dei metodi di geoingegneria di particolare rilievo consistono nel fatto che essi influiscono sul sistema climatico (per esempio atmosferico, terrestre o oceanico) a livello globale o regionale e potrebbero avere dei sostanziali effetti non voluti che attraversano i confini nazionali;
    la National Academy of Sciences (NAS) – associazione che è parte del sistema delle accademie statunitensi per fare consulenza su materie scientifiche e tecnologiche –, a febbraio 2015, dopo 18 mesi di lavoro condotto da 16 scienziati, ha pubblicato un rapporto in due volumi «Climate Intervention», finalizzato a valutare i potenziali impatti, i benefici e i costi delle tecniche di rimozione permanente di anidride carbonica e di aumento della riflettività della Terra (modifica dell'albedo) limitando l'assorbimento della luce. Nel rapporto si sostiene che la maggior parte delle strategie di rimozione dell'anidride carbonica sono limitate a livello tecnologico e, senza ulteriori innovazioni, la loro distribuzione su larga scala sarebbe più costosa della sostituzione dei combustibili fossili con le fonti rinnovabili;
    la modificazione dell'albedo – definita come «modificare la capacità di riflettere la radiazione solare attraverso anche iniezioni di particolato di solfati nella stratosfera, schiarimento delle nubi e altri metodi per aumentare la riflettività della superficie terrestre» – non richiederebbe maggiore innovazione tecnologica e i costi sono relativamente contenuti. Tuttavia, avrebbe l'effetto di mascherare temporaneamente gli effetti del riscaldamento a livello globale, ma con ampi cambiamenti climatici a scala regionale. Inoltre «impiegare tecniche di modificazione dell'albedo su grande scala porterebbe una serie di rischi ambientali, sociali, legali, economici ed etici. Questi includono la riduzione dell'ozono stratosferico e modifiche nel quantitativo e nelle modalità delle precipitazioni. Inoltre, la modificazione dell'albedo non contrasta gli impatti della elevata concentrazione di CO2 in atmosfera, come l'acidificazione degli oceani»;
    come sottolinea Pat Mooney, studioso conosciuto a livello internazionale, a proposito dei rischi imponderabili legati all'uso della geoingegneria, il clima terrestre è un sistema aperto, dunque non esistono confini politici o fisici e questo significa che esperimenti locali avrebbero ripercussioni, non desiderate, altrove;
    il Governo tedesco ha rifiutato l'opportunità di usare la geoingegneria come soluzione alternativa o integrativa per la difesa del clima, vista la mancanza di un'adeguata conoscenza delle possibili conseguenze e di una regolamentazione internazionale, rispondendo all'interrogazione – documento 17/9943 – posta nel 2012 dal partito socialdemocratico – SPD – con la richiesta di un dibattito pubblico per valutare possibilità, rischi e fattibilità delle tecniche di intervento sul clima;
    dal 30 novembre all'11 dicembre 2015, si terrà a Parigi la XXI Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), durante la quale dovranno essere fissati gli impegni vincolanti in termini di riduzione delle emissioni e di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, nonché dei sistemi di monitoraggio e valutazione delle emissioni e degli impegni finanziari per il mantenimento del riscaldamento globale entro i 2 gradi al di sopra della temperatura media pre-industriale;
    a fine 2014 è stato pubblicato il quinto rapporto IPCC di valutazione sui cambiamenti climatici, secondo cui i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero. Per evitare che la temperatura media del pianeta aumenti di oltre 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali, tutti i Paesi dovranno ridurre in maniera consistente e costante le emissioni di gas a effetto serra;
    la comunicazione della Commissione europea «Roadmap for moving to a competitive low-carbon economy in 2050» afferma che la transizione verso un modello di sviluppo a basse emissioni non solo può essere effettuata senza compromettere la crescita e l'occupazione, ma può decisamente offrire a tutti i Paesi, europei e del resto del mondo, l'opportunità di ridare slancio all'economia, generando un concomitante miglioramento del benessere pubblico;
    l'Unione europea si è impegnata a raggiungere nuovi e più ambiziosi obiettivi al 2020 («Pacchetto clima-energia: riduzione del 20 per cento delle emissioni nel 2020 rispetto al 1990»), al 2030 («2030 climate and energy goals for a competitive, secure and low-carbon EU economy»: riduzione del 40 per cento delle emissioni nel 2030 rispetto al 1990) e al 2050 («Roadmap for moving to a low-carbon economy in 2050»: riduzione del 80-95 per cento delle emissioni nel 2050 rispetto al 1990);
    il 25 febbraio 2015 la Commissione europea ha emanato la comunicazione «Pacchetto Unione dell'energia» nella quale si delinea la «Strategia quadro per un'Unione dell'energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici» [COM(2015) 80 final];
    il 25 febbraio 2015 la Commissione europea ha emanato la comunicazione «Il Protocollo di Parigi – Piano per la lotta ai cambiamenti climatici mondiali dopo il 2020» contenente le raccomandazioni strategiche da seguire durante i negoziati di Parigi [COM(2015) 81 final];
    l'Unione europea ha approvato e inviato il 6 marzo 2015 al segretariato della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici i suoi «contributi programmati e definiti a livello nazionale» (Indc) che prevedono un impegno a ridurre le emissioni europee nel 2030 di almeno il 40 per cento rispetto al 1990;
    il protocollo di Montreal è un trattato internazionale volto a ridurre la produzione e l'uso di quelle sostanze che minacciano lo strato di ozono, firmato il 16 settembre 1987, entrato in vigore il 1 o gennaio 1989;
    i composti di fluoro oggetto del Protocollo di Montreal rappresentano l'equivalente del 18 per cento dell'effetto serra totale generato dell'anidride carbonica;
    in occasione del Climate Summit tenutosi il 23 settembre 2014 a New York, è stata firmata la «Dichiarazione di New York sulle Foreste», sottoscritta da 150 attori tra cui Governi, aziende, comunità indigene e ong, che prevede di ridurre il tasso di perdita delle foreste entro il 2020, portandolo a zero entro il 2030. La dichiarazione impegna inoltre a ripristinare 150 milioni di ettari di territori degradati e terreni boschivi entro il 2020, ai quali se ne aggiungeranno altri 200 entro il 2030;
    la Convenzione sulla diversità biologica (Cbd), firmata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, persegue tre obiettivi principali: la conservazione della diversità biologica, l'uso sostenibile dei componenti della diversità biologica e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche;
    la UNCCD (United Nations Convention to Combat Desertification) è entrata in vigore nel 1997. La Convenzione detta le linee guida per l'identificazione e la messa in opera di programmi d'azione nazionali, sub-regionali e regionali in materia di lotta alla desertificazione. L'Italia è tra i più importanti contributori;
    il Governo italiano ha promosso la definizione della Carta di Milano in occasione dell'EXPO2015: un documento partecipato e condiviso che richiama ogni cittadino, associazione, impresa o istituzione ad elaborare modelli economici e produttivi legati all'alimentazione che possano garantire uno sviluppo sostenibile in ambito economico e sociale;
    risulta evidente che il Sistema europeo di scambio di quote di emissione (EU ETS), ad oggi, abbia fallito nel ridurre le emissioni, lasciando eccessiva libertà, ad esempio nelle strategie alternative alla riduzione; nella prima fase, infatti, sono stati rilasciati troppi permessi, con un surplus di 267 milioni di tonnellate di anidride carbonica, coprendo solo il 4 per cento delle emissioni totali, con il risultato del collasso dei prezzi e della mancata riduzione delle emissioni; la seconda fase ha migliorato lievemente la situazione, presumibilmente per effetto della crisi economica, pur rimanendo largamente inefficace nel ridurre le emissioni;
    il Sistema europeo di scambio di quote di emissione, paradossalmente, ha finito per essere più uno schema incentivante per le industrie inquinanti, con un guadagno stimato da parte del settore energia di 19 miliardi di euro nella prima fase e di 71 miliardi nella seconda,

impegna il Governo:

   a promuovere accordi internazionali sul clima ambiziosi, vincolanti, duraturi ed equi, finalizzati:
    a) nel breve periodo a mantenere la variazione della temperatura media globale entro il limite di 1.5 gradi, con una rapida e costante riduzione delle emissioni climalteranti verso il raggiungimento di una totale decarbonizzazione;
    b) nel medio e lungo periodo: ad implementare strategie volte a riportare il livello di anidride carbonica atmosferico al livello preindustriale, al fine di azzerare ogni tipo di forzante antropica sul clima planetario;
   ad avviare e completare in pochi anni una completa transizione verso una completa decarbonizzazione dell'economia, integrando parametri legati al cambiamento climatico nei processi decisionali di carattere economico e strategico in tutti i livelli di governo e di impresa, attraverso cambiamenti sistematici delle politiche e degli strumenti di valutazione dei progetti, degli indicatori di performance, dei modelli di rischio e degli obblighi di segnalazione;
   a dare crescente supporto alla creazione di economie a bassa impronta di carbonio nei Paesi più poveri in modo da evitare che le loro economie leghino il proprio sviluppo alla dipendenza dalle fonti fossili;
   ad avviare appropriate e immediate iniziative di rimozione degli incentivi e dei sussidi diretti e indiretti all'uso di combustibili fossili, spostando gli investimenti sulla ricerca e sullo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, sul risparmio energetico nonché sull'efficiente produzione e uso dell'energia, rivedendo a tal fine la strategia energetica nazionale e definendo conseguentemente in vero piano nazionale energetico;
   a farsi promotore affinché l'Unione europea riveda al rialzo nei prossimi anni gli obiettivi del Libro verde sul quadro al 2030 per le politiche climatiche ed energetiche, prevedendo: una riduzione delle emissioni di gas serra dell'Unione europea pari ad almeno il 55 per cento rispetto al 1990, il raggiungimento di una quota di energie rinnovabili sul totale dei consumi energetici pari ad almeno il 45 per cento, nonché un aumento dell'efficienza energetica di almeno il 40 per cento;
   ad attivarsi, in ambito nazionale e in sede di Unione europea affinché si adottino opportune forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità, anche attraverso la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici in funzione del contenuto di carbonio (carbon tax), al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici verso modelli a emissioni basse o nulle;
   a spendere tutti i proventi derivanti dalla vendita all'asta dei permessi di emissioni al comparto industriale per politiche di mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici
   a promuovere una riforma sostanziale che porti alla cancellazione del sistema europeo di scambio dei titoli di emissione di gas serra (EU-ETS), concentrando gli impegni a livello nazionale ed internazionale per raggiungere il totale affrancamento dalle fonti fossili;
   a farsi promotore, tra i Paesi dell'Unione europea, del divieto di estrarre idrocarburi non convenzionali (quali tight gas, shale gas, tight oil, metano da carbone, idrati di metano) e della predisposizione di un'adeguata tassazione sulle importazioni di idrocarburi, basata sugli impatti ambientali prodotti durante l'intero ciclo di vita;
   ad approvare entro settembre 2015 la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in collaborazione con la comunità scientifica nazionale, procedendo immediatamente con la definizione di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che ne recepisca le indicazioni definendone priorità, tempistiche e impegni di spesa;
   a sottoscrivere il documento denominato «Geneva Pledge», presentato durante i negoziati sulla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) tenutisi nel febbraio 2015 a Ginevra, favorendo in tal modo il riconoscimento della stretta interconnessione fra giustizia sociale e giustizia ambientale, tra la tutela dei diritti umani e il contrasto dei cambiamenti climatici;
   nel quadro degli impatti previsti, a sostenere, in ogni sede, il principio dell'acqua come bene comune e diritto umano, affinché si affermi nel diritto internazionale e nelle costituzioni dei singoli Stati;
   a prevedere politiche volte ad un radicale cambiamento nel modo in cui la risorsa acqua viene utilizzata, gestita e condivisa, che valorizzino il ruolo delle comunità locali nella governance della risorsa e affinché almeno il minimo vitale, di buona qualità, sia accessibile a tutti;
   considerato lo stretto legame tra risorse idriche, alimentazione ed energia, a promuovere politiche di gestione di ciascun settore congiuntamente con gli altri;
   a promuovere politiche di limitazione all'agricoltura intensiva che contribuisce ad aggravare l'inquinamento idrico da fonti puntuali e non puntuali, posto che sostenendo invece politiche volte alla corretta combinazione di incentivi all'agroecologia, norme di legge più severe su pesticidi e fitosanitari con relative misure sanzionatorie e sussidi adeguatamente mirati ai piccoli agricoltori locali, così che si potrà favorire la riduzione dell'inquinamento idrico prodotto dall'agricoltura intensiva;
   ad assumere iniziative per implementare politiche migratorie pianificate e bene gestite, migrazioni sostenibili sulla base della libertà di mobilità e di migrazione prevista dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e, quindi, per contrastare e prevenire ogni migrazione forzata, favorendo il riconoscimento dello status di «climate refugees»;
   a sostenere in tutte le sedi l'esistenza di una chiara correlazione tra cambiamenti climatici e diritti umani, includendo nel documento finale di Parigi, i diritti dei popoli indigeni, la loro conoscenza tradizionale, il diritto alla terra ed all'autodeterminazione, alla partecipazione diretta ed effettiva alle politiche climatiche e all'accesso diretto alle risorse finanziarie, assicurandone il rispetto e la promozione in ogni programma o progetto di mitigazione, adattamento, trasferimento di tecnologie, riduzione delle emissioni e capacity building;
   ad impegnarsi fattivamente per l'attuazione del «New York declaration on Forests», l'accordo siglato in occasione del vertice ONU «Climate summit 2014», con l'obbiettivo di fermare la deforestazione delle foreste naturali entro il 2030, rafforzando gli incentivi per l'investimento a lungo termine e la tutela forestale ed aumentando i finanziamenti internazionali, progressivamente legati ai risultati;
   a promuovere l'applicazione dei precedenti impegni assunti dalla comunità internazionale, sostenendo, in particolare: l'eliminazione dei composti di fluoro oggetto del Protocollo di Montreal; l'attuazione dell'accordo di Lima al fine di definire in tempi brevi, attraverso un percorso democratico e partecipativo, le modalità per l'attuazione in Italia dei contributi programmati e definiti a livello nazionale europei; l'adozione in tempi brevi di tutte le iniziative necessarie per la ratifica e l'implementazione degli impegni europei nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, con particolare riguardo all'emendamento approvato a Doha nel 2012 per la ratifica degli impegni relativi al secondo periodo del protocollo di Kyoto, circa gli ulteriori impegni vincolanti in materia di riduzione di gas serra;
   a promuovere un nuovo modello di agricoltura, sia per la produzione alimentare, che per il ruolo fondamentale nella mitigazione dei cambiamenti climatici e dei danni naturali, promuovendo, a livello normativo e finanziario, lo sviluppo di politiche agricole più sostenibili e incoraggiando le comunità locali a gestire la produzione e il consumo delle proprie risorse nell'ottica degli obiettivi ambientali, e a promuovere la transizione verso l'agroecologia, pratiche sostenibili, resilienti e, allo stesso tempo, efficienti e socialmente eque, in grado di sostenere le sfide ambientali e alimentari future;
   a perseguire, in linea con la predisposizione del nuovo pacchetto europeo, un modello di economia circolare, da realizzare attraverso strumenti normativi, investimenti in innovazione e ricerca finalizzati al riuso e al riciclo, in modo da contribuire, tra l'altro, alla creazione di nuovi posti di lavoro;
   ad esprimersi chiaramente escludendo l'uso dell'ingegneria climatica – geoingegneria – come soluzione alternativa o integrativa rispetto agli impegni richiesti a livello internazionale per la mitigazione del cambiamento climatico, dal momento che le conseguenze sono ancora incerte e che la geoingegneria può provocare effetti preoccupanti e non gestibili; ad assumere iniziative per avviare, a tal fine, un dibattito a livello europeo ed internazionale, per prendere una posizione chiara che rifiuti l'uso della geoingegneria, promuovendo una moratoria internazionale;
   a promuovere l'adozione di politiche, piani e programmi sia a livello nazionale che a livello internazionale, anche nell'ambito della cooperazione allo sviluppo, al fine di coinvolgere tutti i Paesi in una strategia globale che punti alla revisione del modello economico e produttivo ed alla progressiva eliminazione delle fonti fossili;
   ad assumere iniziative per escludere dal Patto di stabilità le spese dello Stato, delle regioni e degli enti locali, legate a politiche e misure di riduzione delle emissioni climalteranti, con particolare riguardo alle risorse finalizzate al risparmio energetico, efficienza energetica, energie rinnovabili, nonché a interventi volti all'adattamento ai cambiamenti climatici e in particolare alla messa in sicurezza del territorio e alla protezione civile;
   a sostenere le azioni delle regioni finalizzate ad aumentare la resilienza del territorio promuovendo le opportune sinergie tra mitigazione e adattamento, anche in collegamento con le iniziative in atto a livello europeo;
   a favorire, per quanto di competenza, lo sviluppo in modo coordinato di adeguati piani regionali e locali di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, privilegiando le misure ad alto grado di sostenibilità ambientale, evitando impatti negativi sull'ambiente e sugli ecosistemi delle misure stesse;
   ad incentivare e promuovere, in tutti i livelli di aggregazione territoriale, lo sviluppo di infrastrutture verdi in grado di sequestrare carbonio e compensare in parte le emissioni di gas serra, soprattutto in ambito urbano;
   a favorire l'adozione di misure per fermare il consumo di suolo attraverso piani di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e, ove possibile, di ripristino delle condizioni ecosistemiche naturali dei luoghi, con particolare riferimento ai versanti montuosi oggetto di dissesto idrogeologico;
   a rivedere completamente la politica dei trasporti delle persone e delle merci: aumentando sotto il profilo qualitativo e quantitativo l'offerta del trasporto pubblico, con particolare attenzione al potenziamento delle infrastrutture per la mobilità locale e regionale; introducendo misure disincentivanti del trasporto individuale con mezzi a motore; favorendo le forme di mobilità sostenibile, con particolare attenzione per la mobilità ciclistica, sia in ambito urbano sia in ambito turistico, anche attraverso la creazione di reti per la mobilità dolce; promuovendo sistemi di intermodalità, car sharing e car pooling; avviando interventi per il riequilibrio modale del trasporto merci dalla gomma al ferro, eliminando ogni forma di incentivazione per l'autotrasporto; rivedendo completamente il piano delle grandi opere pubbliche in modo da espungere le opere che privilegiano le modalità di trasporto più inquinanti;
   a guidare il processo di cambiamento del sistema produttivo, economico e dei consumi alimentari, adottando politiche di indirizzo volte a promuovere stili di vita e abitudini più sostenibili nei cittadini, in particolare attraverso la riduzione dei consumi dei prodotti alimentari ad elevato impatto, quali i prodotti animali e derivati e l'incentivazione dei prodotti a filiera corta; a portare avanti con determinazione, nel dibattito e negli accordi internazionali sulla mitigazione dei cambiamenti climatici, il tema dell'alimentazione e delle scelte alimentari, riconoscendo il forte impatto ambientale legato, soprattutto, alla produzione e consumo di cibi di origine animale e dell'olio di palma;
   ad attivare misure di contrasto allo spreco alimentare in ossequio agli obiettivi enunciati nella Carta di Milano, ovvero nella riduzione del 50 per cento dello spreco alimentare al 2020, definendo delle azioni precise e improrogabili, per agire a più livelli: dalla produzione agricola per evitare le eccedenze, al riutilizzo nella catena alimentare destinata al consumo umano, fino al riciclo e al recupero, senza ricorrere alle discariche, per evitare l'incremento delle emissioni di metano e gas serra;
   a riconoscere che la crisi ambientale non può essere affrontata se non abbandonando il paradigma della crescita economica infinita misurata attraverso la crescita del prodotto interno lordo e ad adottare indicatori di sostenibilità alternativi come il benessere equo e sostenibile (BES) o il genuine progress indicator (GPI), capaci di misurare lo sviluppo economico tenendo in considerazione gli aspetti ambientali e sociali;
   a prevedere l'introduzione di specifici cicli di insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado per diffondere tra le giovani generazioni la conoscenza del fenomeno dei cambiamenti climatici, con particolare riferimento alle conseguenze socio-economiche e all'adozione di pratiche e stili di vita maggiormente compatibili con i mutamenti in atto;
   ad istituire un servizio meteorologico nazionale distribuito (Smnd) con il compito di monitorare il cambiamento in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera, mare, ecosistemi) a supporto delle azioni e delle politiche condotte e messe in atto dalle istituzioni nazionali, regionali e locali.
(1-00951) «Busto, De Rosa, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mantero, Marzana, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Villarosa».


   La Camera,
   premesso che:
    il contenimento del cambiamento climatico rappresenta una priorità tra le emergenze globali delle istituzioni nazionali e internazionali, viste le conseguenze geopolitiche a cui sta conducendo;
    il riscaldamento globale, senza interventi tempestivi e vincolanti, è destinato a superare di ben oltre due gradi i livelli dell'epoca preindustriale, con un impatto devastante sugli habitat – come le barriere coralline, da cui dipendono migliaia di organismi viventi che rischiano di scomparire –, sulla produzione agricola mondiale, sulla disponibilità di acqua potabile e sulla vivibilità delle aree costiere. Arrestare questo andamento ora non è solo una scelta responsabile ma anche quella più economica, dato che ogni ulteriore ritardo comporterebbe costi economici e ambientali crescenti, come evidenziato anche dallo studio «The Emissions Gap Report 2013» dell'Unep (United Nations Environment Programme);
    i Percorsi di concentrazione rappresentativi (RCP) del Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC) descrivono quattro scenari di come il pianeta potrebbe cambiare in futuro. Essi sono: RCP8.5, RCP6, RCP4.5 e RCP2.6. I numeri si riferiscono a differenti valori di aumento del radiative forcing in W/m2 al 2100. I Percorsi di concentrazione rappresentativi sono associati a differenti possibili scenari di emissioni antropogeniche di gas serra e conseguenti innalzamenti della temperatura media terrestre. Lo scenario RCP4.5 prevede un innalzamento medio di 1.8 gradi (1.1÷2.6), mentre lo scenario RCP8.5, il caso peggiore, prevede un innalzamento medio di 3.7 gradi (2.6÷4.8). Attualmente il trend di emissioni di gas serra sta seguendo e lievemente superando lo scenario RCP 8.5 (Peters et al., 2013).
    secondo lo scenario RCP 4.5 in Italia si potrebbe verificare un generale aumento della temperatura di circa 3 gradi su tutto il Paese per il 2071-2100, rispetto al periodo di riferimento 1971-2000, con picchi di 4 gradi in inverno nella pianura Padana e, in estate, su tutta l'area nord-occidentale. Lo scenario RCP8.5 prevede un riscaldamento maggiore, caratterizzato da un'elevata variazione stagionale, con un minimo di 4 gradi in autunno e un massimo di 7,5 gradi in estate. In tutte le zone, in generale, è stimato un aumento medio delle temperature, che per lo scenario RCP 4.5 è di circa 3.2 gradi per secolo, mentre per quello RCP8.5 intorno ai 6,3 gradi;
    una prima conferma alla maggiore vulnerabilità climatica della nostra nazione è stata certificata dal Consiglio nazionale delle ricerche nel rapporto del 2014. A fronte di un incremento di temperatura media terrestre pari a 0,57 gradi (fonte NOAA), per l'Italia l'incremento medio è stato di 1.5 gradi, quindi quasi tre volte l'aumento medio globale, con punte di +2.0 gradi al Nord e +1.3 gradi al Sud;
    relativamente al cambiamento delle precipitazioni in Italia, nel periodo 2071-2100 rispetto al 1971-2000, lo scenario RCP4.5 stima un moderato aumento in inverno, su tutta l'area alpina orientale, invece un calo significativo al Nord durante l'estate. Riduzioni significative sono prospettate anche in Centro e nel Sud. Secondo lo scenario RCP8.5, si prevede un significativo aumento delle precipitazioni in inverno sul Centro-Nord, più marcato in Liguria, mentre il centro e il nord Italia saranno interessati da una forte riduzione in estate, in particolare nell'area alpina. Tutta l'Italia avrà una significativa riduzione delle precipitazioni in primavera, specialmente nelle zone di alta montagna, mentre in autunno solo gli Appennini (Bucchignani, Montesarchio, Zollo, & Mercogliano, 2015);
    a livello globale, gli effetti del cambiamento climatico sono già evidenti nell'aumento della frequenza e dell'intensità di fenomeni estremi – come tifoni, alluvioni, tornado, ma anche siccità –, e nell'incremento della temperatura, con il conseguente rapido declino del ghiaccio artico, dei ghiacciai montani e delle calotte glaciali di Groenlandia e Antartide, nell'espansione delle zone subtropicali calde, nonché nella perdita di barriera corallina a causa dell'acidificazione dell'oceano;
    negli ultimi 19 anni nella sola zona sud dell'Alaska è stata certificata una perdita di massa ghiacciata pari a 75 miliardi di tonnellate (75 chilometri cubi). Se questo può apparire un dato riguardante una zona lontana, è molto più stringente l'assottigliamento o addirittura la scomparsa di ghiacciai alpini, con conseguente compromissione del rifornimento idrico per l'agricoltura nei mesi estivi;
    secondo i dati del Cred (Centre for Research on the Epidemiology of Disasters), solo nel 2012 si sono registrate globalmente 310 calamità naturali con 9.330 decessi, 106 milioni di persone colpite e un danno economico stimato pari a 138 miliardi di dollari. E questo mentre è ormai condiviso, dall'opinione scientifica internazionale, lo stretto legame tra l'aumento dei rischi ambientali e il cambiamento climatico;
    il quinto rapporto del Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC) sulla valutazione dei cambiamenti climatici individua, a livello europeo, la regione mediterranea/sud-europea come la più vulnerabile al rischio degli effetti negativi dei cambiamenti climatici. Molteplici settori verranno interessati – quali turismo, agricoltura, attività forestali, infrastrutture, energia e salute della popolazione – a causa del forte impatto del cambiamento climatico (aumento di temperatura e riduzione di precipitazioni) sui servizi ecosistemici
    l'agricoltura rappresenta il settore più vulnerabile al cambiamento climatico e il suo cedimento, secondo un modello matematico sviluppato dal Global Sustainability Institute dell'Anglia Ruskin University di Cambridge, potrebbe portare la nostra società a collassare entro il 2040. Il modello è stato creato seguendo lo scenario business-as-usual (per lo più equivalente allo scenario RCP8.5), i risultati, basati su «tendenze climatiche plausibili», sono più che allarmanti e mostrano che «il sistema di approvvigionamento alimentare globale» si troverebbe ad affrontare perdite catastrofiche e un'epidemia senza precedenti di conflitti per il cibo. In generale, questi fenomeni si diffonderanno maggiormente nei Paesi tropicali e più poveri, secondo Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC), entro 35 anni, l'agricoltura subirà un calo di resa del 50 per cento, compromettendo la sopravvivenza umana. Nella coltivazione di riso, grano e mais, i rendimenti sono destinate a ridursi del 10 per cento per ogni grado di aumento sopra i 30 gradi;
    un punto estremamente importante e poco conosciuto è la penetrazione del cuneo salino causato dall'innalzamento del livello marino. Questo determinerebbe una desertificazione indotta a causa dell'aumento di salinità delle falde, cosa che comprometterebbe sia l'agricoltura che la stessa vegetazione spontanea in una larga fetta delle coste italiane, con particolare rilievo per la pianura padana orientale;
    il dramma dei rifugiati climatici è sempre più preoccupante, determinato dalla stretta relazione tra degrado ambientale, mutamenti climatici e contesto socio-economico. Per il Rapporto dell'Internal Displacement Monitoring Centre, pubblicato nel 2013, di oltre 32 milioni di persone costrette alla mobilità per effetto di disastri naturali, il 98 per cento sono profughi climatici provenienti da Paesi poveri. Nel 2060, il Programma delle Nazioni Unite sull'ambiente (Unep) prevede che solo in Africa ci saranno circa 50 milioni di profughi climatici;
    l'obiettivo di 2 gradi di riscaldamento globale, concordato dall'ONU e dai governi mondiali, è già un limite rischioso e pericoloso che non eviterà le conseguenze disastrose del cambiamento climatico. L'incremento di 2 gradi rappresenta più appropriatamente la soglia tra cambiamento climatico «pericoloso» ed «estremamente pericoloso» (Anderson & Bows, 2011);
    un aumento di 2 gradi può indurre a reazioni chimiche nelle acque oceaniche portando alla mobilitazione del metano ora immobilizzato negli idrati, alla fusione delle calotte polari e artiche, al rilascio di metano e terrestre dalla fusione del permafrost dell'Artico. L'impatto potrebbe compromettere lo scioglimento dei ghiacci di larga parte della Groenlandia e dell'Antartico occidentale, l'estinzione dal 15 al 40 per cento delle specie vegetali e animali, siccità diffusa e desertificazione in Africa, Australia, Europa Mediterranea, e gli Stati Uniti occidentali. Hadley Centre britannico calcola che il riscaldamento di solo un ulteriore 1 grado eliminerebbe acqua potabile da un terzo della superficie terrestre entro il 2100;
    l'innalzamento delle temperature oceaniche comporta un cambiamento nella composizione chimica delle acque, con conseguente acidificazione, e contribuisce allo scioglimento del plancton calcareo (piccoli organismi alla base della catena alimentare marina) e dei gusci calcarei delle conchiglie dei molluschi come vongole, mitili, ostriche, capesante. Questo non è un problema solo di equilibrio ecosistemico, ma presenta anche pesanti ricadute economiche per la pesca e l'acquacoltura;
    nello scenario RCP8.5, l'innalzamento del livello del mare previsto entro fine secolo è in media di 0.63 m (0.45÷0.82). Tuttavia secondo recentissimi studi, i livelli di anidride carbonica atmosferica moderni sono oggi equivalenti a quelli di circa tre milioni di anni fa (Pliocene), quando la concentrazione di anidride carbonica era circa di 400 parti per milione, la temperatura media terrestre era di circa 1-2 gradi maggiore di quella attuale e il livello del mare era di almeno sei metri maggiore;
    l'Università di Potsdam ha calcolato in 4,6 metri l'innalzamento del livello medio del mare in seguito all'aumento di temperatura media terrestre di 2 gradi. Numerosissime città costiere italiane verranno parzialmente o totalmente sommerse;
    secondo il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC), per rimanere sotto ai 2 gradi si ha a disposizione un budget di 1000 miliardi di tonnellate di anidride carbonica dal 2011, mentre solo 400 miliardi di tonnellate di anidride carbonica per rimanere sotto 1,5 gradi. Dal 2011 ad oggi si sono consumati all'incirca altri 157 miliardi di tonnellate. Attualmente si stanno emettendo circa 40,3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica consumando, secondo il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC), il budget per rimanere sotto 1,5 gradi in 6 anni e in 21 per stare sotto i 2 gradi (con probabilità del 66 per cento);
    per il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC), solo una diminuzione drastica delle emissioni di gas serra, stimata nella riduzione del 40-70 per cento entro il 2050 e in un azzeramento entro il 2100, potrebbe avere il 50 per cento di possibilità di stabilizzare l'aumento di temperatura media terrestre al di sotto dei 2 gradi;
    secondo illustri climatologi (Anderson, 2013), per avere una possibilità del 50 per cento di non superare i 2 gradi, è necessario proporre all'Unione europea una riduzione dell'80 per cento delle emissioni del settore energia entro il 2030, con la piena decarbonizzazione poco dopo;
    per le nazioni sviluppate (annex 1), i necessari livelli di mitigazione per avere il 50 per cento di probabilità di mantenersi sotto i 2 gradi, lasciando ai Paesi in via di sviluppo (non-annex 1) la possibilità di ritardare il picco delle proprie emissioni, potrebbero essere incompatibili con la crescita economica di breve-medio termine. I Paesi sviluppati dovrebbero decarbonizzare le proprie economie ad un ritmo del 8-10 per cento annuo, tuttavia riduzioni superiori al 3-4 per cento sono giudicate incompatibili con un'economia in crescita (Anderson & Bows, 2011). Al contrario, riduzioni annuali maggiori dell'1 per cento sono state associate solo a scenari di recessione economica o sconvolgimenti politici (Stern, 2006). Per ridurre del 8-10 per cento è certamente necessario intervenire sia sull'offerta (energie rinnovabili ed efficienza) che sulla domanda (diminuzione dei consumi);
    il prodotto interno lordo ha dimostrato la propria inadeguatezza come indicatore di un genuino progresso umano, poiché incapace di discriminare tra attività proficue e dannose e di prendere in considerazione molti costi ambientali e sociali. Occorre adottare al più presto indicatori macroeconomici come il genuine progress indicator (GPI) o il benessere equo e sostenibile (BES), capaci di misurare lo sviluppo economico integrando nella analisi fattori ambientali e sociali;
    il 2015 è stato dichiarato l'anno internazionale dei suoli, dell'elaborazione della Carta di Milano e degli Obiettivi di sviluppo del millennio, riaccendendo il dibattito sulle sfide legate al cibo, all'agricoltura, alle foreste e al paesaggio, con proposte di impegno al cambiamento di paradigma;
    come evidenziato dal rapporto Ispra 2015 sul consumo di suolo in Italia e ribadito da De Bernardinis nel suo intervento agli stati generali sul clima del 22 giugno 2015, il deterioramento del suolo ha ripercussioni dirette sulla qualità delle acque e dell'aria, sulla biodiversità e sui cambiamenti climatici; sempre nel rapporto Ispra viene evidenziato come nelle aree urbane il clima diventa più caldo e secco a causa della minore traspirazione vegetale ed evaporazione e delle più ampie superfici con un alto coefficiente di rifrazione del calore e che, soprattutto in climi aridi come quello mediterraneo, la perdita di copertura vegetale e la diminuzione dell'evapotraspirazione, in sinergia con il calore prodotto dal condizionamento dell'aria e dal traffico e con l'assorbimento di energia solare da parte di superfici scure in asfalto o calcestruzzo, contribuiscono ai cambiamenti climatici locali, causando il cosiddetto effetto «isola di calore»;
    il cambiamento climatico ha già prodotto conseguenze sulla salute, sugli ecosistemi, sulle risorse idriche e sull'agricoltura, mettendo a rischio la sicurezza alimentare e la sostenibilità ambientale. Le sfide immediate, per invertire la rotta, devono concentrarsi sul cambiamento e sull'innovazione, incidendo fortemente sui sistemi di produzione e di consumo;
    l'agricoltura industriale incide sul cambiamento climatico, facendo uso di sistemi meccanizzati ad alta intensità energetica e a combustibili fossili e, a sua volta, ne è influenzata, visto che le monocolture geneticamente omogenee, su cui si basa, non sono resilienti. Diversamente i sistemi di gestione agroecologici – varietà di tecniche agricole, come agricoltura biologica, sostenibile o permacultura –, basandosi sul rispetto della biodiversità, sull'efficienza dei processi biologici e sulla diversificazione dei sistemi di produzione, rappresentano un modello alternativo sostenibile, socialmente equo, resiliente ai cambiamenti climatici e, dunque, in grado di sostenere la sfida del cambiamento climatico. Inoltre, l'agroecologia aumenta il sequestro di carbonio organico nei suoli, contribuendo a ridurre l'anidride carbonica in atmosfera. Secondo il report «Agro-ecology and the right to food» delle Nazioni Unite, infatti, «i progetti agroecologici mostrano una media di incremento nella produttività dei campi dell'80 per cento in 57 Paesi in via di sviluppo, con una percentuale che sale al 116 per cento nei progetti africani»;
    l'attuale sistema economico lineare, tipico dei Paesi più industrializzati, non è più sostenibile. Al contrario, l'attuale crisi ambientale impone un passaggio repentino verso il modello circolare, finalizzato al recupero e alla rigenerazione dei prodotti e dei materiali, mettendo in pratica i principi di «rifiuti zero, energie rinnovabili, utilizzatori e non consumatori, approccio sistemico»;
    il sistema alimentare contribuisce ai cambiamenti climatici e, allo stesso tempo, ne è anche influenzato, con conseguenze sulla disponibilità e sulla tutela delle risorse naturali, sulle modalità di produzione e consumo e sulla sicurezza alimentare;
    la crescita della popolazione, stimata dalla FAO a 9 miliardi entro il 2050, unita alla transizione verso modelli alimentari a più alto impatto ambientale tipici dei Paesi ricchi industriali, implica l'esigenza di quasi raddoppiare la produzione alimentare. L'allevamento contribuisce per il 14,5 per cento alle emissioni globali generate dalle attività umane, più dell'intero settore dei trasporti;
    secondo i dati FAO del 2012, entro il 2050 il consumo di carne e di latte e derivati dovrebbe crescere rispettivamente del 76 per cento e 65 per cento rispetto al periodo 2005-2007, contribuendo a impoverire il nostro pianeta di risorse critiche come acqua e suolo, causando deforestazione e perdita della biodiversità oltre che incrementando le emissioni climalteranti;
    il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici ha rilevato che il maggiore potenziale di riduzione delle emissioni risiede nella modulazione della domanda. Secondo il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici, anche solo diminuendo il consumo di cibo di origine animale a una media di 90 grammi al giorno, come raccomandato dalle linee guida mediche inglesi, si potrebbe raggiungere, dal 2030, una riduzione di 2,15 miliardi di tonnellate di anidride carbonica l'anno;
    la crescita dei consumi di alimenti di origine animale si traduce in una costante crescita delle emissioni del settore agricoltura. Mantenendo i trend attuali, entro il 2070 le emissioni di gas serra legate al settore non consentirebbero di permanere sotto ai 2 gradi (Hedenus, Wirsenius, & Johansson, 2014);
    ogni anno, la richiesta crescente di olio di palma, comporta l'emissione di enormi quantità di gas serra, a causa della degradazione e degli incendi delle foreste torbiere indonesiane. La deforestazione del sud-est asiatico, negli ultimi 30 anni, è stata pari alla superficie di Italia, Svizzera e Austria, convertendo depositi di carbonio organico in fonti di emissione climalteranti;
    il rapporto FAO 2013 Food Wastage Footprint: Impacts on Natural Resources denuncia lo spreco di 1,3 miliardi di tonnellate di cibo l'anno, con gravi ripercussioni sul clima, sulle risorse naturali, oltre che etiche. Ogni anno, il cibo che viene prodotto, ma non consumato, emette 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra. In Europa lo spreco alimentare – in seguito alla produzione agricola – produce annualmente circa 500 miliardi tonnellate di anidride carbonica, mentre in Italia 31 miliardi tonnellate di anidride carbonica, a cui si aggiunge la percentuale di sostanza organica che finisce in discarica, emettendo soprattutto metano;
    il report speciale «Energy and Climate Change» del World Energy Outlook, pubblicato in occasione della Conferenza di Parigi sul clima dall'Agenzia internazionale dell'energia ((IEA), riporta alcuni dati di sintesi sugli impatti ambientali del settore energetico. L'energia vale i due terzi di tutte le emissioni di gas serra di origine antropica e i combustibili fossili ne sono i principali responsabili, contando per il 90 per cento di tali emissioni. Le fossili continuano a soddisfare oltre l'80 per cento della domanda totale di energia e, nonostante una lieve inversione di tendenza registrata nell'ultimo anno, il volume totale delle emissioni globali di anidride carbonica del settore energetico, negli ultimi 27 anni, corrisponde al totale di tutti gli anni precedenti;
    interi settori dell'economia, ad oggi, non hanno minimamente intrapreso gli sforzi necessari a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni necessari per far fronte ai cambiamenti climatici;
    i trasporti e gli edifici, in particolare, registrano emissioni continuamente in crescita sia nei Paesi dell'Ocse che in quelli non appartenenti all'Ocse. Per il trasporto, la causa principale, è la crescita del numero di veicoli privati, cui si aggiunge, per quelli non appartenenti all'Ocse, una forte crescita del traffico merci spesso legata alla delocalizzazione delle produzioni industriali. Per gli edifici, il più alto livello di emissioni nei Paesi dell'Ocse è legato al riscaldamento degli ambienti, costruiti ancora senza i giusti accorgimenti di efficienza energetica;
    la geoingegneria si riferisce ad un'ampia serie di metodi e tecnologie che mirano ad alterare deliberatamente il sistema climatico allo scopo di alleviare gli impatti dei cambiamenti climatici. La maggior parte, ma non tutti i metodi, cercano o di ridurre la quantità di energia solare assorbita dal sistema climatico (solar radiation management – srm) o di incrementare l'eliminazione di anidride carbonica dall'atmosfera in quantità tale da alterare il clima (carbon dioxide removal – cdm). Due caratteristiche chiave dei metodi di geoingegneria di particolare rilievo consistono nel fatto che essi influiscono sul sistema climatico (per esempio atmosferico, terrestre o oceanico) a livello globale o regionale e potrebbero avere dei sostanziali effetti non voluti che attraversano i confini nazionali;
    la National Academy of Sciences (NAS) – associazione che è parte del sistema delle accademie statunitensi per fare consulenza su materie scientifiche e tecnologiche –, a febbraio 2015, dopo 18 mesi di lavoro condotto da 16 scienziati, ha pubblicato un rapporto in due volumi «Climate Intervention», finalizzato a valutare i potenziali impatti, i benefici e i costi delle tecniche di rimozione permanente di anidride carbonica e di aumento della riflettività della Terra (modifica dell'albedo) limitando l'assorbimento della luce. Nel rapporto si sostiene che la maggior parte delle strategie di rimozione dell'anidride carbonica sono limitate a livello tecnologico e, senza ulteriori innovazioni, la loro distribuzione su larga scala sarebbe più costosa della sostituzione dei combustibili fossili con le fonti rinnovabili;
    la modificazione dell'albedo – definita come «modificare la capacità di riflettere la radiazione solare attraverso anche iniezioni di particolato di solfati nella stratosfera, schiarimento delle nubi e altri metodi per aumentare la riflettività della superficie terrestre» – non richiederebbe maggiore innovazione tecnologica e i costi sono relativamente contenuti. Tuttavia, avrebbe l'effetto di mascherare temporaneamente gli effetti del riscaldamento a livello globale, ma con ampi cambiamenti climatici a scala regionale. Inoltre «impiegare tecniche di modificazione dell'albedo su grande scala porterebbe una serie di rischi ambientali, sociali, legali, economici ed etici. Questi includono la riduzione dell'ozono stratosferico e modifiche nel quantitativo e nelle modalità delle precipitazioni. Inoltre, la modificazione dell'albedo non contrasta gli impatti della elevata concentrazione di CO2 in atmosfera, come l'acidificazione degli oceani»;
    come sottolinea Pat Mooney, studioso conosciuto a livello internazionale, a proposito dei rischi imponderabili legati all'uso della geoingegneria, il clima terrestre è un sistema aperto, dunque non esistono confini politici o fisici e questo significa che esperimenti locali avrebbero ripercussioni, non desiderate, altrove;
    il Governo tedesco ha rifiutato l'opportunità di usare la geoingegneria come soluzione alternativa o integrativa per la difesa del clima, vista la mancanza di un'adeguata conoscenza delle possibili conseguenze e di una regolamentazione internazionale, rispondendo all'interrogazione – documento 17/9943 – posta nel 2012 dal partito socialdemocratico – SPD – con la richiesta di un dibattito pubblico per valutare possibilità, rischi e fattibilità delle tecniche di intervento sul clima;
    dal 30 novembre all'11 dicembre 2015, si terrà a Parigi la XXI Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), durante la quale dovranno essere fissati gli impegni vincolanti in termini di riduzione delle emissioni e di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, nonché dei sistemi di monitoraggio e valutazione delle emissioni e degli impegni finanziari per il mantenimento del riscaldamento globale entro i 2 gradi al di sopra della temperatura media pre-industriale;
    a fine 2014 è stato pubblicato il quinto rapporto IPCC di valutazione sui cambiamenti climatici, secondo cui i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero. Per evitare che la temperatura media del pianeta aumenti di oltre 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali, tutti i Paesi dovranno ridurre in maniera consistente e costante le emissioni di gas a effetto serra;
    la comunicazione della Commissione europea «Roadmap for moving to a competitive low-carbon economy in 2050» afferma che la transizione verso un modello di sviluppo a basse emissioni non solo può essere effettuata senza compromettere la crescita e l'occupazione, ma può decisamente offrire a tutti i Paesi, europei e del resto del mondo, l'opportunità di ridare slancio all'economia, generando un concomitante miglioramento del benessere pubblico;
    l'Unione europea si è impegnata a raggiungere nuovi e più ambiziosi obiettivi al 2020 («Pacchetto clima-energia: riduzione del 20 per cento delle emissioni nel 2020 rispetto al 1990»), al 2030 («2030 climate and energy goals for a competitive, secure and low-carbon EU economy»: riduzione del 40 per cento delle emissioni nel 2030 rispetto al 1990) e al 2050 («Roadmap for moving to a low-carbon economy in 2050»: riduzione del 80-95 per cento delle emissioni nel 2050 rispetto al 1990);
    il 25 febbraio 2015 la Commissione europea ha emanato la comunicazione «Pacchetto Unione dell'energia» nella quale si delinea la «Strategia quadro per un'Unione dell'energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici» [COM(2015) 80 final];
    il 25 febbraio 2015 la Commissione europea ha emanato la comunicazione «Il Protocollo di Parigi – Piano per la lotta ai cambiamenti climatici mondiali dopo il 2020» contenente le raccomandazioni strategiche da seguire durante i negoziati di Parigi [COM(2015) 81 final];
    l'Unione europea ha approvato e inviato il 6 marzo 2015 al segretariato della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici i suoi «contributi programmati e definiti a livello nazionale» (Indc) che prevedono un impegno a ridurre le emissioni europee nel 2030 di almeno il 40 per cento rispetto al 1990;
    il protocollo di Montreal è un trattato internazionale volto a ridurre la produzione e l'uso di quelle sostanze che minacciano lo strato di ozono, firmato il 16 settembre 1987, entrato in vigore il 1 o gennaio 1989;
    i composti di fluoro oggetto del Protocollo di Montreal rappresentano l'equivalente del 18 per cento dell'effetto serra totale generato dell'anidride carbonica;
    in occasione del Climate Summit tenutosi il 23 settembre 2014 a New York, è stata firmata la «Dichiarazione di New York sulle Foreste», sottoscritta da 150 attori tra cui Governi, aziende, comunità indigene e ong, che prevede di ridurre il tasso di perdita delle foreste entro il 2020, portandolo a zero entro il 2030. La dichiarazione impegna inoltre a ripristinare 150 milioni di ettari di territori degradati e terreni boschivi entro il 2020, ai quali se ne aggiungeranno altri 200 entro il 2030;
    la Convenzione sulla diversità biologica (Cbd), firmata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, persegue tre obiettivi principali: la conservazione della diversità biologica, l'uso sostenibile dei componenti della diversità biologica e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche;
    la UNCCD (United Nations Convention to Combat Desertification) è entrata in vigore nel 1997. La Convenzione detta le linee guida per l'identificazione e la messa in opera di programmi d'azione nazionali, sub-regionali e regionali in materia di lotta alla desertificazione. L'Italia è tra i più importanti contributori;
    il Governo italiano ha promosso la definizione della Carta di Milano in occasione dell'EXPO2015: un documento partecipato e condiviso che richiama ogni cittadino, associazione, impresa o istituzione ad elaborare modelli economici e produttivi legati all'alimentazione che possano garantire uno sviluppo sostenibile in ambito economico e sociale;
    risulta evidente che il Sistema europeo di scambio di quote di emissione (EU ETS), ad oggi, abbia fallito nel ridurre le emissioni, lasciando eccessiva libertà, ad esempio nelle strategie alternative alla riduzione; nella prima fase, infatti, sono stati rilasciati troppi permessi, con un surplus di 267 milioni di tonnellate di anidride carbonica, coprendo solo il 4 per cento delle emissioni totali, con il risultato del collasso dei prezzi e della mancata riduzione delle emissioni; la seconda fase ha migliorato lievemente la situazione, presumibilmente per effetto della crisi economica, pur rimanendo largamente inefficace nel ridurre le emissioni;
    il Sistema europeo di scambio di quote di emissione, paradossalmente, ha finito per essere più uno schema incentivante per le industrie inquinanti, con un guadagno stimato da parte del settore energia di 19 miliardi di euro nella prima fase e di 71 miliardi nella seconda,

impegna il Governo:

   a dare crescente supporto alla creazione di economie a bassa impronta di carbonio nei Paesi più poveri in modo da evitare che le loro economie leghino il proprio sviluppo alla dipendenza dalle fonti fossili;
   ad avviare appropriate e immediate iniziative di rimozione degli incentivi e dei sussidi diretti e indiretti all'uso di combustibili fossili, spostando gli investimenti sulla ricerca e sullo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, sul risparmio energetico nonché sull'efficiente produzione e uso dell'energia, rivedendo a tal fine la strategia energetica nazionale e definendo conseguentemente in vero piano nazionale energetico;
   ad attivarsi, in ambito nazionale e in sede di Unione europea affinché si adottino opportune forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità, anche attraverso la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici in funzione del contenuto di carbonio (carbon tax), al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici verso modelli a emissioni basse o nulle;
   ad approvare entro settembre 2015 la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in collaborazione con la comunità scientifica nazionale, procedendo immediatamente con la definizione di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che ne recepisca le indicazioni definendone priorità, tempistiche e impegni di spesa;
   nel quadro degli impatti previsti, a sostenere, in ogni sede, il principio dell'acqua come bene comune e diritto umano, affinché si affermi nel diritto internazionale e nelle costituzioni dei singoli Stati;
   a prevedere politiche volte ad un radicale cambiamento nel modo in cui la risorsa acqua viene utilizzata, gestita e condivisa, che valorizzino il ruolo delle comunità locali nella governance della risorsa e affinché almeno il minimo vitale, di buona qualità, sia accessibile a tutti;
   considerato lo stretto legame tra risorse idriche, alimentazione ed energia, a promuovere politiche di gestione di ciascun settore congiuntamente con gli altri;
   a promuovere politiche di limitazione all'agricoltura intensiva che contribuisce ad aggravare l'inquinamento idrico da fonti puntuali e non puntuali, posto che sostenendo invece politiche volte alla corretta combinazione di incentivi all'agroecologia, norme di legge più severe su pesticidi e fitosanitari con relative misure sanzionatorie e sussidi adeguatamente mirati ai piccoli agricoltori locali, così che si potrà favorire la riduzione dell'inquinamento idrico prodotto dall'agricoltura intensiva;
   a sostenere il riconoscimento della relazione tra cambiamenti climatici e diritti umani, includendo nel documento finale di Parigi, i diritti dei popoli indigeni, la loro conoscenza tradizionale, il diritto alla terra ed all'autodeterminazione, alla partecipazione diretta ed effettiva alle politiche climatiche e all'accesso diretto alle risorse finanziarie attraverso la promozione di programmi e/o progetti di mitigazione, adattamento, trasferimento di tecnologie, riduzione delle emissioni e capacity building;
   ad impegnarsi fattivamente per l'attuazione del «New York declaration on Forests», l'accordo siglato in occasione del vertice ONU «Climate summit 2014», con l'obbiettivo di fermare la deforestazione delle foreste naturali entro il 2030, rafforzando gli incentivi per l'investimento a lungo termine e la tutela forestale ed aumentando i finanziamenti internazionali, progressivamente legati ai risultati;
   a promuovere l'applicazione dei precedenti impegni assunti dalla comunità internazionale, sostenendo, in particolare: l'eliminazione dei composti di fluoro oggetto del Protocollo di Montreal e l'attuazione dell'accordo di Lima;
   a promuovere un nuovo modello di agricoltura, sia per la produzione alimentare, che per il ruolo fondamentale nella mitigazione dei cambiamenti climatici e dei danni naturali, promuovendo, a livello normativo e finanziario, lo sviluppo di politiche agricole più sostenibili e incoraggiando le comunità locali a gestire la produzione e il consumo delle proprie risorse nell'ottica degli obiettivi ambientali, e a promuovere la transizione verso l'agroecologia, pratiche sostenibili, resilienti e, allo stesso tempo, efficienti e socialmente eque, in grado di sostenere le sfide ambientali e alimentari future;
   a promuovere l'adozione di politiche, piani e programmi sia a livello nazionale che a livello internazionale, anche nell'ambito della cooperazione allo sviluppo, al fine di coinvolgere tutti i Paesi in una strategia globale che punti alla revisione del modello economico e produttivo ed alla progressiva eliminazione delle fonti fossili;
   ad assumere iniziative per escludere dal Patto di stabilità le spese dello Stato, delle regioni e degli enti locali, legate a politiche e misure di riduzione delle emissioni climalteranti, con particolare riguardo alle risorse finalizzate al risparmio energetico, efficienza energetica, energie rinnovabili, nonché a interventi volti all'adattamento ai cambiamenti climatici e in particolare alla messa in sicurezza del territorio e alla protezione civile;
   a sostenere le azioni delle regioni finalizzate ad aumentare la resilienza del territorio promuovendo le opportune sinergie tra mitigazione e adattamento, anche in collegamento con le iniziative in atto a livello europeo;
   a favorire, per quanto di competenza, lo sviluppo in modo coordinato di adeguati piani regionali e locali di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, privilegiando le misure ad alto grado di sostenibilità ambientale, evitando impatti negativi sull'ambiente e sugli ecosistemi delle misure stesse;
   ad incentivare e promuovere, in tutti i livelli di aggregazione territoriale, lo sviluppo di infrastrutture verdi in grado di sequestrare carbonio e compensare in parte le emissioni di gas serra, soprattutto in ambito urbano;
   a favorire l'adozione di misure per fermare il consumo di suolo attraverso piani di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e, ove possibile, di ripristino delle condizioni ecosistemiche naturali dei luoghi, con particolare riferimento ai versanti montuosi oggetto di dissesto idrogeologico;
   ad attivare misure di contrasto allo spreco alimentare in ossequio agli obiettivi enunciati nella Carta di Milano, ovvero nella riduzione del 50 per cento dello spreco alimentare al 2020, definendo delle azioni precise e improrogabili, per agire a più livelli: dalla produzione agricola per evitare le eccedenze, al riutilizzo nella catena alimentare destinata al consumo umano, fino al riciclo e al recupero, senza ricorrere alle discariche, per evitare l'incremento delle emissioni di metano e gas serra;
   a riconoscere che la crisi ambientale non può essere affrontata se non abbandonando il paradigma della crescita economica infinita misurata attraverso la crescita del prodotto interno lordo e ad adottare indicatori di sostenibilità alternativi come il benessere equo e sostenibile (BES) o il genuine progress indicator (GPI), capaci di misurare lo sviluppo economico tenendo in considerazione gli aspetti ambientali e sociali;
   a prevedere l'introduzione di specifici cicli di insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado per diffondere tra le giovani generazioni la conoscenza del fenomeno dei cambiamenti climatici, con particolare riferimento alle conseguenze socio-economiche e all'adozione di pratiche e stili di vita maggiormente compatibili con i mutamenti in atto.
(1-00951)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Busto, De Rosa, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mantero, Marzana, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Villarosa».


   La Camera,
   premesso che:
    si terrà a Parigi dal 30 novembre all'11 dicembre 2015 la Conferenza dei Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nel cui ambito dovranno essere definiti gli obiettivi e gli impegni vincolanti per la riduzione delle emissioni nell'aria per contenere l'effetto serra ed i cambiamenti climatici;
    l'Italia ha ridotto in misura significativa le emissioni di gas serra, sia per effetto della recessione che ha ridotto i consumi, sia grazie alla modernizzazione e, quindi, alla migliore efficienza dei sistemi di produzione ed utilizzazione dell'energia che ha portato a risparmi nei consumi e ad una più ampia e costosa utilizzazione delle energie rinnovabili;
    la riduzione effettiva delle emissioni di gas serra, in attuazione del protocollo di Kyoto, ha scarsi o addirittura nulli effetti positivi sul clima se è concretamente effettuata, peraltro con alti costi, solo da pochi Paesi, prevalentemente appartenenti all'Unione europea, tra cui l'Italia, mentre non viene affatto attuata o lo è in misura insufficiente dai responsabili dei maggiori volumi di emissioni di gas serra che sono: gli Stati Uniti e i Paesi cosiddetti Brics e cioè Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, nonché dai Paesi di nuova industrializzazione del sud-est asiatico;
    l'Unione europea si è già impegnata, da parte sua, al raggiungimento di nuovi ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, peraltro molto onerosi e penalizzanti sotto il profilo economico per un'area economica che fa registrare un basso tasso di sviluppo ed un forte tasso di disoccupazione, ma questo sforzo virtuoso sarà sostanzialmente inutile se il resto del mondo continuerà ad ignorare sostanzialmente il problema;
    altro fenomeno, purtroppo fino ad ora sottovalutato, che incide negativamente sul clima e di cui bisogna tenere adeguato conto, è la progressiva riduzione della superficie delle foreste pluviali equatoriali per effetto di uno sfruttamento dissennato che sta intaccando quello che è il polmone verde del pianeta; tale fenomeno è particolarmente grave in Brasile, Indonesia, India, Africa centrale, Nuova Guinea e Sud-Est asiatico;
    va comunque tenuto conto che le oscillazioni climatiche determinate dalla natura sono immensamente più forti di quelle provocate dall'uomo, a partire dalla rivoluzione industriale; si pensi solo al succedersi nel tempo delle glaciazioni e dei periodi con clima temperato, e, su scala molto più ridotta e temporanea, si considerino gli effetti sul clima planetario provocati delle eruzioni del vulcano Tambora nel 1815, del Krakatoa nel 1883 e, più recentemente, del Pinatubo nel 1991, per cui le politiche, pur opportune, di contenimento delle emissioni di gas serra anche se saranno realizzate finalmente su base planetaria, potranno avere effetti sicuramente benefici ma non decisivi sull'evoluzione del clima, specie nel lungo periodo, quindi per tale specifica ragione il tema del contenimento delle emissioni di gas serra va considerato in modo pragmatico e non ideologico,

impegna il Governo:

   a favorire, nell'ambito della prossima Conferenza di Parigi tra i Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, un accordo globale e realmente vincolante per la riduzione delle emissioni con obiettivi realistici e opportunamente cadenzati che dovranno essere rispettati da tutti i Paesi aderenti;
   a richiedere l'introduzione di sanzioni credibili ed efficaci per i Paesi aderenti che non rispetteranno gli impegni assunti per la riduzione graduale delle emissioni di gas serra, in quanto, se dovesse persistere l'attuale situazione che vede solo pochi Paesi, per lo più europei, che agiscono concretamente, affrontando costi elevati, per ridurre le emissioni si avrebbero due risultati fortemente negativi: in primo luogo si vanificherebbero i benefici sul clima in quanto l'impegno dei Paesi virtuosi inciderebbe solo su una piccola parte delle emissioni su scala mondiale e, in secondo luogo, si distorcerebbe la concorrenza a vantaggio dei Paesi inadempienti;
   ad assumere iniziative per rivedere gli attuali incentivi per le energie rinnovabili che attualmente sono superiori a quelli che si applicano in media nell'Unione europea e che gravano eccessivamente sulle bollette energetiche dei cittadini e delle imprese, rendendole meno competitive, disincentivando in tale ambito l'uso di terreni adatti all'agricoltura per l'istallazione di pannelli solari che dovranno essere collocati esclusivamente in aree sterili, e circoscrivendo gli incentivi strettamente alle fonti energetiche effettivamente rinnovabili e quindi non inquinanti;
   ad adottare, sia nell'ambito delle Nazione Unite, sia nell'ambito dell'Unione europea, sia – e soprattutto – sul piano nazionale, politiche sul contenimento delle emissioni dei gas serra realistiche e non ideologiche e che non siano inutilmente controproducenti sul piano economico per i cittadini e per le imprese.
(1-00953) «Palese, Castiello, Distaso, Martinelli, Romele, Vella, Occhiuto».


   La Camera,
   premesso che:
    si terrà a Parigi dal 30 novembre all'11 dicembre 2015 la Conferenza dei Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nel cui ambito dovranno essere definiti gli obiettivi e gli impegni vincolanti per la riduzione delle emissioni nell'aria per contenere l'effetto serra ed i cambiamenti climatici;
    l'Italia ha ridotto in misura significativa le emissioni di gas serra, sia per effetto della recessione che ha ridotto i consumi, sia grazie alla modernizzazione e, quindi, alla migliore efficienza dei sistemi di produzione ed utilizzazione dell'energia che ha portato a risparmi nei consumi e ad una più ampia e costosa utilizzazione delle energie rinnovabili;
    la riduzione effettiva delle emissioni di gas serra, in attuazione del protocollo di Kyoto, ha scarsi o addirittura nulli effetti positivi sul clima se è concretamente effettuata, peraltro con alti costi, solo da pochi Paesi, prevalentemente appartenenti all'Unione europea, tra cui l'Italia, mentre non viene affatto attuata o lo è in misura insufficiente dai responsabili dei maggiori volumi di emissioni di gas serra che sono: gli Stati Uniti e i Paesi cosiddetti Brics e cioè Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, nonché dai Paesi di nuova industrializzazione del sud-est asiatico;
    l'Unione europea si è già impegnata, da parte sua, al raggiungimento di nuovi ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, peraltro molto onerosi e penalizzanti sotto il profilo economico per un'area economica che fa registrare un basso tasso di sviluppo ed un forte tasso di disoccupazione, ma questo sforzo virtuoso sarà sostanzialmente inutile se il resto del mondo continuerà ad ignorare sostanzialmente il problema;
    altro fenomeno, purtroppo fino ad ora sottovalutato, che incide negativamente sul clima e di cui bisogna tenere adeguato conto, è la progressiva riduzione della superficie delle foreste pluviali equatoriali per effetto di uno sfruttamento dissennato che sta intaccando quello che è il polmone verde del pianeta; tale fenomeno è particolarmente grave in Brasile, Indonesia, India, Africa centrale, Nuova Guinea e Sud-Est asiatico;
    va comunque tenuto conto che le oscillazioni climatiche determinate dalla natura sono immensamente più forti di quelle provocate dall'uomo, a partire dalla rivoluzione industriale; si pensi solo al succedersi nel tempo delle glaciazioni e dei periodi con clima temperato, e, su scala molto più ridotta e temporanea, si considerino gli effetti sul clima planetario provocati delle eruzioni del vulcano Tambora nel 1815, del Krakatoa nel 1883 e, più recentemente, del Pinatubo nel 1991, per cui le politiche, pur opportune, di contenimento delle emissioni di gas serra anche se saranno realizzate finalmente su base planetaria, potranno avere effetti sicuramente benefici ma non decisivi sull'evoluzione del clima, specie nel lungo periodo, quindi per tale specifica ragione il tema del contenimento delle emissioni di gas serra va considerato in modo pragmatico e non ideologico,

impegna il Governo:

   a promuovere, nell'ambito della Conferenza di Parigi tra i Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, un accordo globale e vincolante per la riduzione delle emissioni con obiettivi realistici che dovranno essere rispettati da tutti i Paesi aderenti;
   a costruire un accordo che consente la maggiore partecipazione possibile da parte di tutti i Paesi al fine di evitare l'attuale situazione che vede solo pochi Paesi, per lo più europei, che agiscono concretamente vanificando i benefici sul clima in quanto l'impegno dei Paesi virtuosi inciderebbe solo su una piccola parte delle emissioni su scala mondiale e, in secondo luogo, si distorcerebbe la concorrenza a vantaggio dei Paesi inadempienti;
   ad adottare, sia nell'ambito delle Nazione Unite, sia nell'ambito dell'Unione europea, sia – e soprattutto – sul piano nazionale, politiche sul contenimento delle emissioni dei gas serra realistiche e non ideologiche e che non siano inutilmente controproducenti sul piano economico per i cittadini e per le imprese.
(1-00953)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Palese, Castiello, Distaso, Martinelli, Romele, Vella, Occhiuto».


   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno dei cambiamenti climatici rappresenta una criticità rilevante a livello mondiale: le temperature aumentano rispetto alle medie stagionali degli anni precedenti, i regimi delle precipitazioni atmosferiche si modificano, il conseguente scioglimento dei ghiacciai determina l'innalzamento del livello medio globale del mare. La comunità scientifica internazionale prevede che tali cambiamenti continueranno nei prossimi decenni e che gli eventi climatici estremi all'origine di pericoli quali alluvioni e siccità diventeranno sempre più frequenti e intensi;
    l'impatto e i fattori di vulnerabilità per la natura, per l'economia e per la salute variano a seconda delle regioni, dei territori e dei settori economici e le previsioni delineate anche per l'Europa dalle ricerche scientifiche sono decisamente critiche e preoccupanti;
    è altamente probabile che la maggior parte del riscaldamento verificatosi a partire dalla metà del XX secolo sia dovuto all'osservato aumento delle concentrazioni di gas a effetto serra a causa delle emissioni provenienti dalle attività umane. La temperatura globale è aumentata di circa 0,8 gradi negli ultimi 150 anni e si prevede un ulteriore incremento;
    un aumento superiore ai 2 gradi rispetto alle temperature preindustriali accresce il rischio di cambiamenti climatici pericolosi per i sistemi umani e naturali globali. La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) ha stabilito l'obiettivo di limitare l'aumento della temperatura media globale rispetto al periodo preindustriale al di sotto dei 2 gradi;
    le emissioni globali di gas a effetto serra devono stabilizzarsi nel decennio attuale e ridursi del 50 per cento, rispetto ai livelli del 1990, entro il 2050. Prendendo in considerazione gli sforzi necessari da parte dei Paesi in via di sviluppo, l'Unione europea sostiene l'obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell'80-90 per cento entro il 2050 (rispetto a quelli del 1990);
    i cambiamenti climatici rappresentano un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche e costituiscono una delle principali sfide attuali per l'umanità. L'ampiezza della problematica dei cambiamenti climatici necessita, quindi, di una visione globale che ricerchi soluzioni integrate, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali;
    gli impatti più significativi si verificheranno, probabilmente, nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo e sui Paesi più poveri che, quindi, dovranno essere oggetto da parte dei Paesi più sviluppati e della comunità internazionale di politiche di consumo di energia rinnovabile con apporto di tecnologie e risorse per promuovere politiche e programmi di sviluppo sostenibile. Le regioni e i Paesi più poveri hanno, infatti, meno possibilità di adottare nuovi modelli di riduzione dell'impatto ambientale perché non hanno la preparazione e le risorse per sviluppare i processi necessari e non possono coprirne i costi, pur patendo le problematiche ambientali di inquinamento globale prodotte dallo sviluppo di altri Paesi più avanzati dal punto di vista economico ed industriale. Questo stato di fatto obbliga ad elaborare un progetto comune basato su un consenso mondiale per trovare forme efficaci di risoluzione della gravi difficoltà ambientali e sociali che incidono sulle azioni necessarie per ridurre le emissioni;
    i gas ad effetto serra sono emessi sia da processi naturali sia da attività umane. Le attività umane rilasciano una grande quantità di altri gas a effetto serra nell'atmosfera, aumentando le concentrazioni atmosferiche di tali gas, potenziando così l'effetto serra e surriscaldando il clima;
    la causa principale dell'effetto serra accelerato (dovuto alle attività umane) è l'anidride carbonica, responsabile per oltre il 60 per cento. I ricercatori europei hanno scoperto di recente che le attuali concentrazioni di anidride carbonica nell'atmosfera sono le più elevate degli ultimi 650.000 anni;
    nei Paesi industrializzati, l'anidride carbonica costituisce oltre l'80 per cento delle emissioni di gas ad effetto serra. Dal XIX secolo le concentrazioni sono aumentate del 30 per cento circa in conseguenza della combustione di enormi quantità di combustibili fossili per la produzione di energia principalmente nei Paesi industrializzati. Attualmente, si sta immettendo ogni anno nell'atmosfera oltre 25 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Le principali fonti di gas a effetto serra generati dall'uomo sono: la combustione di carburanti fossili (carbone, petrolio e gas) nella produzione di energia, nel trasporto, nell'industria e nel riscaldamento e condizionamento di edifici ed abitazioni (anidride carbonica); l'agricoltura (metano) e le modifiche della destinazione dei suoli come la deforestazione (anidride carbonica); la messa a discarica dei rifiuti (metano); l'utilizzo dei gas fluorurati di origine industriale;
    il settore agricolo è tra i principali produttori di gas serra e, al contempo, è forse il settore socio-economico che subirà le più gravi conseguenze dai cambiamenti del clima globale; l'agricoltura di tipo intensivo e basata su un forte apporto della chimica è una delle cause principali dei cambiamenti climatici, direttamente responsabile di circa il 14 per cento delle emissioni di gas serra a livello globale. Inoltre, è indirettamente responsabile di un ulteriore 30 per cento di emissioni, attraverso la conversione delle foreste in terre coltivabili, la produzione di fertilizzanti e il trasporto e la trasformazione degli alimenti;
    è possibile analizzare il fenomeno dei cambiamenti climatici in un duplice aspetto: quello ambientale e quello economico;
    dal punto di vista ambientale, c’è da evidenziare, intanto, che i maggiori aumenti della temperatura a livello europeo si registrano nell'Europa meridionale e nella regione artica; le maggiori diminuzioni delle precipitazioni si registrano nell'Europa meridionale con aumenti nel Nord e nel Nord-Ovest. Gli aumenti previsti in termini di intensità e frequenza delle ondate di calore, delle inondazioni, della diffusione di alcune malattie infettive e pollini incidono negativamente sulla salute umana;
    i cambiamenti climatici costituiscono un'ulteriore pressione sugli ecosistemi, portando a spostamenti verso Nord di molteplici specie vegetali e animali. Si registra un impatto negativo sull'agricoltura, sul settore forestale, sulla produzione energetica, sul turismo e sulle infrastrutture in generale;
    tra le regioni europee particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici vi è l'Europa meridionale e il bacino mediterraneo (a causa di aumenti delle ondate di calore e della siccità), le aree montuose (a causa dell'aumento dello scioglimento della neve e del ghiaccio), le zone costiere, i delta e le pianure alluvionali (a causa degli aumenti del livello del mare e delle crescenti piogge intense, alluvioni e tempeste), l'estremo nord Europa e l'Artico (a causa delle temperature in aumento e dei ghiacciai in scioglimento);
    secondo quanto si evince dal documento di «Strategia Nazionale di Adattamento ai cambiamenti climatici», i potenziali impatti derivanti dai cambiamenti climatici e le principali vulnerabilità per l'Italia tracciano uno scenario catastrofico;
    è altamente probabile, infatti, il possibile peggioramento delle condizioni già esistenti di forte pressione sulle risorse idriche, con conseguente riduzione della qualità e della disponibilità di acqua, soprattutto in estate nelle regioni meridionali e nelle piccole isole; sono possibili le alterazioni del regime idrogeologico che potrebbero aumentare il rischio di fenomeni di dissesto idrogeologico in zone come la valle del fiume Po e le aree alpine ed appenniniche; sono probabili il degrado del suolo e il rischio più elevato di erosione e desertificazione con una parte significativa del sud del Paese; sono previsti maggiori incendi boschivi e aumento di siccità nella zona alpina e le regioni insulari (Sicilia e Sardegna) che mostrano le maggiori criticità; è alto anche il rischio di perdita di biodiversità e di ecosistemi naturali;
    sono possibili, inoltre, ripercussioni sulla salute umana, specialmente per i gruppi più vulnerabili della popolazione, per via di un possibile aumento di malattie e mortalità legate al caldo, di malattie cardio respiratorie da inquinamento atmosferico;
    in Italia nel 2104 si è constatato un aumento di temperatura pari a circa due gradi rispetto alla media tra gli anni 1880-1909 e, secondo il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici, si prevede un surriscaldamento globale fino a quattro gradi entro fine secolo in assenza di adeguate iniziative di contrasto a questo fenomeno. L'Italia non ha raggiunto gli obiettivi di riduzione di emissioni stabiliti dal protocollo di Kyoto (6,5 per cento di riduzione nel periodo 2008-2012 rispetto al 1990), anche se comunque ha registrato delle riduzioni nelle emissioni favorite anche dal contesto di crisi economica e dei consumi;
    dal punto di vista economico, gli unici due studi che tentano un'analisi complessiva degli impatti sul prodotto interno lordo italiano dei cambiamenti climatici sono «Carraro (2009)» e «McCallum et al. (2013)» anche se i numeri evidenziati vanno considerati come stime altamente per difetto dei danni potenziali. L'approccio valutativo utilizzato, infatti, considera solo marginalmente gli eventi estremi e non cattura né gli eventi catastrofici né le dimensioni più sociali degli impatti;
    le ricerche «Carraro (2009)» si riferiscono agli studi condotti nell'ambito della conferenza nazionale sul clima del 2007. La ricerca, che si basa sulla modellistica CGE, dimostra che anche in uno scenario di minimo aumento della temperatura, circa 0,93 gradi rispetto al 2001, la perdita indotta dai cambiamenti climatici potrebbe essere compresa tra lo 0,12 per cento e lo 0,16 per cento del prodotto interno lordo nel 2050 (usando ad esempio il prodotto interno lordo dell'Italia nel 2009 come riferimento ciò ammonterebbe a circa 2.5 miliardi di euro di mancata produzione di beni e servizi). La perdita economica potrebbe arrivare fino allo 0,2 per cento del prodotto interno lordo se la variazione di temperatura fosse di +1,2 gradi. Gli impatti aumentano in modo esponenziale nella seconda metà del secolo, con una riduzione del prodotto interno lordo nel 2100 sei volte più grande che nel 2050, nonostante si ipotizzi un aumento lineare della temperatura;
    sembrerebbe che le perdite economiche più rilevanti derivanti dagli impatti climatici si materializzino nel settore turistico (17 e 52 miliardi di euro di perdita diretta nel 2050 per scenari climatici rispettivamente di +2 gradi e +4 gradi rispetto al 2000); danni diretti elevati vengono evidenziati inoltre nel settore agricolo, (fino a 13 e 30 miliardi di euro nel solo 2050 per un aumento di temperatura rispettivamente di 2 gradi e 4 gradi rispetto al 2000) seguiti, ma a distanza, da quelli relativi ai fenomeni di dissesto idrogeologico (circa 550 milioni di euro annui nel 2050 associati per la precisione a fenomeni alluvionali derivanti dalla sola forzante climatica per uno scenario di aumento di circa 1 grado rispetto al 2000);
    nel corso del vertice della Terra del 1992 tenutosi a Rio de Janeiro è stato stabilito che «gli esseri umani sono al centro delle preoccupazioni relative allo sviluppo sostenibile» e che «la protezione dell'ambiente è parte integrante del processo di sviluppo e non può considerarsi in maniera isolata». Inoltre, riprendendo alcuni concetti della dichiarazione di Stoccolma del 1972, il vertice ha sancito «la cooperazione internazionale per la cura dell'ecosistema di tutta la Terra, l'obbligo di chi inquina di farsene carico economicamente, il dovere di valutare l'impatto ambientale di ogni opera e progetto. Ha proposto l'obiettivo di stabilizzare le concentrazioni di gas serra in atmosfera per invertire la tendenza al riscaldamento globale». Nel 2000 le Nazioni Unite hanno promosso gli Obiettivi di sviluppo del millennio i cui relativi impegni scadranno nel 2015 per dare vita ad una nuova fase di Obiettivi di sviluppo sostenibile, come stabilito nel documento approvato dai Capi di Stato e di Governo nella Conferenza di Rio del 2012 per i quali è già in essere la fase negoziale;
    sono numerose le iniziative dell'Unione europea volte all'adattamento e alla drastica mitigazione del fenomeno e tante quelle che ovviamente mirano al taglio delle emissioni di gas a effetto serra;
    con la ratifica del protocollo di Kyoto si invitano 15 Stati membri dell'Unione a ridurre nel periodo dal 2008 al 2012 le proprie emissioni collettive in una misura inferiore all'8 per cento rispetto alle emissioni registrate nel 1990; il miglioramento continuo dell'efficienza energetica di un'ampia serie di attrezzature ed elettrodomestici; l'obbligo di un maggiore utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, quali quelle eoliche, solari, idriche e la biomassa, e di carburanti rinnovabili nel settore dei trasporti, quali i biocarburanti; il sostegno allo sviluppo delle tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio per intrappolare e immagazzinare l'anidride carbonica emessa dalle centrali elettriche e da altri grandi impianti; l'intervento tramite il sistema europeo di scambio dei titoli di emissione di gas serra (EU-ETS), lo strumento chiave dell'Unione europea per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra provenienti dall'industria;
    il pacchetto dell'Unione europea su clima ed energia del 2009 costituisce una legislazione vincolante per l'attuazione degli obiettivi 20-20-20 entro il 2020: una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dell'Unione europea almeno del 20 per cento al di sotto dei livelli del 1990, il 20 per cento del consumo energetico dell'Unione europea dalle risorse rinnovabili e una riduzione del 20 per cento del consumo di energia primaria rispetto ai livelli previsti;
    successivamente, l'Unione europea, durante il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, ha approvato ad ottobre 2014 il pacchetto clima energia al 2030 che prevede impegni vincolanti a livello europeo e nazionale con una riduzione entro il 2030 del 40 per cento delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990, un aumento del 27 per cento della produzione di energia da fonti rinnovabili e un aumento dell'efficienza energetica seguendo la nuova direttiva europea;
    molti Paesi europei hanno adottato programmi nazionali finalizzati alla riduzione delle emissioni. Anche l'Italia ha previsto una serie di importanti provvedimenti per uniformarsi alle strategie europee volte alla mitigazione del fenomeno dei cambiamenti climatici;
    nella seduta del 30 ottobre 2014 la Conferenza Unificata ha infatti approvato la «Strategia Nazionale di Adattamento ai cambiamenti climatici». Il documento, redatto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delinea la strategia di azioni finalizzate alla riduzione dell'impatto dei cambiamenti climatici verso l'ambiente ed il sistema socio-economico nazionale. Il piano è elaborato nell'ambito della Strategia europea di adattamento al cambiamento climatico (SEACC, adottata a livello europeo il 16 aprile 20013) e rappresenta il più importante testo di «visione nazionale» su come affrontare l'impatto dei mutamenti del clima per proteggere la salute e il benessere della popolazione, preservare il patrimonio naturale, migliorare la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici;
    allo scenario critico fin qui delineato, però, si oppongono le note positive delineate dalle analisi dell'Agenzia europea dell'ambiente e le proiezioni effettuate dagli Stati membri secondo le quali l'Unione europea sarà probabilmente in grado di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 21 per cento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020, superando l'obbiettivo postosi pari al 20 per cento. Con il 14 per cento del consumo finale di energia generata da fonti rinnovabili nel 2012, l'Unione europea si trova avanti anche rispetto al percorso pianificato per raggiungere il 20 per cento di energia rinnovabile entro il 2020. Analogamente, il consumo di energia dell'Unione europea sta subendo un calo più rapido di quanto non sarebbe necessario per raggiungere l'obbiettivo di efficienza energetica entro il 2020;
    si terrà a Parigi dal 30 novembre all'11 dicembre 2015 la XXI Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), nell'ambito della quale l'obiettivo comune sarà quello di concludere, per la prima volta in oltre 20 anni di mediazione da parte delle Nazioni Unite, un accordo vincolante e universale sul clima, accettato da tutte le nazioni, che porti al contenimento dell'aumento della temperatura media globale al di sotto dei due gradi rispetto al livello precedente alla rivoluzione industriale che entrerà in vigore dal 2020, così come stabilito dal vertice di Durban, nel 2011 (COP 17) che ha avviato la piattaforma di Durban, all'interno della quale ogni singolo Paese sta comunicando i propri obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra,

impegna il Governo:

   a sostenere l'attuazione di un accordo globale che favorisca, a partire dal 2020, la riduzione delle emissioni di fattori inquinanti che incidono sull'alterazione delle condizioni climatiche con l'obiettivo di arrivare al contenimento dell'aumento della temperatura media globale al di sotto dei due gradi rispetto ai precedenti valori;
   ad adottare in via definitiva la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici finalizzata al raggiungimento degli obiettivi fissati al 2030 ed al 2050 dall'Unione Europea e a definire un piano nazionale di attuazione della strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che ne recepisca immediatamente le indicazioni definendo le priorità di intervento, le tempistiche e gli impegni di spesa;
   a favorire nell'ambito della cooperazione internazionale per i Paesi poveri e/o in via di sviluppo la produzione di energia in forme meno inquinanti, tramite accordi di sussidio per il trasferimento tecnologico e l'assistenza tecnica;
   a promuovere politiche di sviluppo di energie rinnovabili ed alternative e di attività produttive sostenibili, anche con trasferimenti di tecnologie idonee e di risorse, in Paesi in via di sviluppo che promuovano piani di riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera;
   a promuovere azioni di regolamentazione e controllo per garantire che i crediti di emissione siano effettivamente uno strumento efficace di riduzione globale dei gas inquinanti, impedendo speculazioni nella compravendita degli stessi che portino a favorire maggiori consumi energetici e quindi maggiori emissioni da parte di alcuni Paesi;
   ad istituire un servizio meteorologico nazionale distribuito (SMND) con il compito di monitorare il cambiamento in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera, mare, ecosistemi) a supporto delle azioni e delle politiche condotte e messe in atto dalle istituzioni nazionali, regionali e locali;
   a promuovere il risparmio energetico nelle amministrazioni locali con l'impiego di energie alternative e pulite e l'utilizzo efficiente delle risorse naturali negli edifici pubblici e nell'illuminazione pubblica, soprattutto nell'ambito delle smart city;
   a promuovere la ristrutturazione del patrimonio immobiliare pubblico e privato finalizzato alla riduzione delle emissioni in atmosfera ed al minino fabbisogno di energia e di risorse naturali, favorendo l'impiego di materiali sostenibili, naturali, seminaturali a basso impatto ambientale nel loro ciclo produttivo;
   a promuovere investimenti per sostenere la mobilità sostenibile, il trasporto pubblico, l'uso di biocombustibili di seconda e terza generazione, in modo da conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore dei trasporti;
   a promuovere politiche locali finalizzate alla riduzione di emissioni, tramite lo sviluppo del trasporto urbano a basso inquinamento, l'utilizzo di energie alternative e di una economia dei rifiuti e del riciclo;
   a promuovere iniziative volte a favorire e potenziare l'inserimento dell'educazione ambientale nelle scuole di ogni ordine e grado affinché gli studenti possano comprendere e maturare a fondo la complessità delle relazioni tra natura e attività umane e tra risorse ereditate da risparmiare e da trasmettere alle generazioni future e affinché si possano formare generazioni con stili di vita e comportamenti corretti verso l'ambiente e che siano in grado di mantenere un equilibrio costante nella propria vita nella gestione degli aspetti ambientali, sociali, culturali ed economici;
   a promuovere ogni utile iniziativa al fine di poter ridurre le emissioni di gas serra in agricoltura, favorendo la diffusione di un'agricoltura sostenibile che possa mitigare gli impatti negativi dei cambiamenti climatici attraverso l'utilizzo delle tecnologie più avanzate utili ad adattare le pratiche agricole ai cambiamenti e agli eventi climatici estremi, migliorando le condizioni del suolo e delle acque, conservando la diversità biologica e utilizzando nuovi metodi produttivi più efficienti e meno inquinanti, capaci di proteggere il suolo dal sovrasfruttamento e di aumentare la capacità di stoccaggio di anidride carbonica dei terreni agricoli;
   a favorire, tramite iniziative normative specifiche che prevedano anche idonei incentivi, la riconversione e l'innovazione delle modalità e dei processi produttivi nei settori industriali con i maggiori tassi di emissione di gas in atmosfera per consentire la massima efficienza energetica, il minor utilizzo di materie prime e la riduzione delle stesse emissioni.
(1-00954) «Matarrese, Mazziotti Di Celso, Dambruoso, Vargiu, D'Agostino».


   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno dei cambiamenti climatici rappresenta una criticità rilevante a livello mondiale: le temperature aumentano rispetto alle medie stagionali degli anni precedenti, i regimi delle precipitazioni atmosferiche si modificano, il conseguente scioglimento dei ghiacciai determina l'innalzamento del livello medio globale del mare. La comunità scientifica internazionale prevede che tali cambiamenti continueranno nei prossimi decenni e che gli eventi climatici estremi all'origine di pericoli quali alluvioni e siccità diventeranno sempre più frequenti e intensi;
    l'impatto e i fattori di vulnerabilità per la natura, per l'economia e per la salute variano a seconda delle regioni, dei territori e dei settori economici e le previsioni delineate anche per l'Europa dalle ricerche scientifiche sono decisamente critiche e preoccupanti;
    è altamente probabile che la maggior parte del riscaldamento verificatosi a partire dalla metà del XX secolo sia dovuto all'osservato aumento delle concentrazioni di gas a effetto serra a causa delle emissioni provenienti dalle attività umane. La temperatura globale è aumentata di circa 0,8 gradi negli ultimi 150 anni e si prevede un ulteriore incremento;
    un aumento superiore ai 2 gradi rispetto alle temperature preindustriali accresce il rischio di cambiamenti climatici pericolosi per i sistemi umani e naturali globali. La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) ha stabilito l'obiettivo di limitare l'aumento della temperatura media globale rispetto al periodo preindustriale al di sotto dei 2 gradi;
    le emissioni globali di gas a effetto serra devono stabilizzarsi nel decennio attuale e ridursi del 50 per cento, rispetto ai livelli del 1990, entro il 2050. Prendendo in considerazione gli sforzi necessari da parte dei Paesi in via di sviluppo, l'Unione europea sostiene l'obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell'80-90 per cento entro il 2050 (rispetto a quelli del 1990);
    i cambiamenti climatici rappresentano un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche e costituiscono una delle principali sfide attuali per l'umanità. L'ampiezza della problematica dei cambiamenti climatici necessita, quindi, di una visione globale che ricerchi soluzioni integrate, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali;
    gli impatti più significativi si verificheranno, probabilmente, nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo e sui Paesi più poveri che, quindi, dovranno essere oggetto da parte dei Paesi più sviluppati e della comunità internazionale di politiche di consumo di energia rinnovabile con apporto di tecnologie e risorse per promuovere politiche e programmi di sviluppo sostenibile. Le regioni e i Paesi più poveri hanno, infatti, meno possibilità di adottare nuovi modelli di riduzione dell'impatto ambientale perché non hanno la preparazione e le risorse per sviluppare i processi necessari e non possono coprirne i costi, pur patendo le problematiche ambientali di inquinamento globale prodotte dallo sviluppo di altri Paesi più avanzati dal punto di vista economico ed industriale. Questo stato di fatto obbliga ad elaborare un progetto comune basato su un consenso mondiale per trovare forme efficaci di risoluzione della gravi difficoltà ambientali e sociali che incidono sulle azioni necessarie per ridurre le emissioni;
    i gas ad effetto serra sono emessi sia da processi naturali sia da attività umane. Le attività umane rilasciano una grande quantità di altri gas a effetto serra nell'atmosfera, aumentando le concentrazioni atmosferiche di tali gas, potenziando così l'effetto serra e surriscaldando il clima;
    la causa principale dell'effetto serra accelerato (dovuto alle attività umane) è l'anidride carbonica, responsabile per oltre il 60 per cento. I ricercatori europei hanno scoperto di recente che le attuali concentrazioni di anidride carbonica nell'atmosfera sono le più elevate degli ultimi 650.000 anni;
    nei Paesi industrializzati, l'anidride carbonica costituisce oltre l'80 per cento delle emissioni di gas ad effetto serra. Dal XIX secolo le concentrazioni sono aumentate del 30 per cento circa in conseguenza della combustione di enormi quantità di combustibili fossili per la produzione di energia principalmente nei Paesi industrializzati. Attualmente, si sta immettendo ogni anno nell'atmosfera oltre 25 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Le principali fonti di gas a effetto serra generati dall'uomo sono: la combustione di carburanti fossili (carbone, petrolio e gas) nella produzione di energia, nel trasporto, nell'industria e nel riscaldamento e condizionamento di edifici ed abitazioni (anidride carbonica); l'agricoltura (metano) e le modifiche della destinazione dei suoli come la deforestazione (anidride carbonica); la messa a discarica dei rifiuti (metano); l'utilizzo dei gas fluorurati di origine industriale;
    il settore agricolo è tra i principali produttori di gas serra e, al contempo, è forse il settore socio-economico che subirà le più gravi conseguenze dai cambiamenti del clima globale; l'agricoltura di tipo intensivo e basata su un forte apporto della chimica è una delle cause principali dei cambiamenti climatici, direttamente responsabile di circa il 14 per cento delle emissioni di gas serra a livello globale. Inoltre, è indirettamente responsabile di un ulteriore 30 per cento di emissioni, attraverso la conversione delle foreste in terre coltivabili, la produzione di fertilizzanti e il trasporto e la trasformazione degli alimenti;
    è possibile analizzare il fenomeno dei cambiamenti climatici in un duplice aspetto: quello ambientale e quello economico;
    dal punto di vista ambientale, c’è da evidenziare, intanto, che i maggiori aumenti della temperatura a livello europeo si registrano nell'Europa meridionale e nella regione artica; le maggiori diminuzioni delle precipitazioni si registrano nell'Europa meridionale con aumenti nel Nord e nel Nord-Ovest. Gli aumenti previsti in termini di intensità e frequenza delle ondate di calore, delle inondazioni, della diffusione di alcune malattie infettive e pollini incidono negativamente sulla salute umana;
    i cambiamenti climatici costituiscono un'ulteriore pressione sugli ecosistemi, portando a spostamenti verso Nord di molteplici specie vegetali e animali. Si registra un impatto negativo sull'agricoltura, sul settore forestale, sulla produzione energetica, sul turismo e sulle infrastrutture in generale;
    tra le regioni europee particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici vi è l'Europa meridionale e il bacino mediterraneo (a causa di aumenti delle ondate di calore e della siccità), le aree montuose (a causa dell'aumento dello scioglimento della neve e del ghiaccio), le zone costiere, i delta e le pianure alluvionali (a causa degli aumenti del livello del mare e delle crescenti piogge intense, alluvioni e tempeste), l'estremo nord Europa e l'Artico (a causa delle temperature in aumento e dei ghiacciai in scioglimento);
    secondo quanto si evince dal documento di «Strategia Nazionale di Adattamento ai cambiamenti climatici», i potenziali impatti derivanti dai cambiamenti climatici e le principali vulnerabilità per l'Italia tracciano uno scenario catastrofico;
    è altamente probabile, infatti, il possibile peggioramento delle condizioni già esistenti di forte pressione sulle risorse idriche, con conseguente riduzione della qualità e della disponibilità di acqua, soprattutto in estate nelle regioni meridionali e nelle piccole isole; sono possibili le alterazioni del regime idrogeologico che potrebbero aumentare il rischio di fenomeni di dissesto idrogeologico in zone come la valle del fiume Po e le aree alpine ed appenniniche; sono probabili il degrado del suolo e il rischio più elevato di erosione e desertificazione con una parte significativa del sud del Paese; sono previsti maggiori incendi boschivi e aumento di siccità nella zona alpina e le regioni insulari (Sicilia e Sardegna) che mostrano le maggiori criticità; è alto anche il rischio di perdita di biodiversità e di ecosistemi naturali;
    sono possibili, inoltre, ripercussioni sulla salute umana, specialmente per i gruppi più vulnerabili della popolazione, per via di un possibile aumento di malattie e mortalità legate al caldo, di malattie cardio respiratorie da inquinamento atmosferico;
    in Italia nel 2104 si è constatato un aumento di temperatura pari a circa due gradi rispetto alla media tra gli anni 1880-1909 e, secondo il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici, si prevede un surriscaldamento globale fino a quattro gradi entro fine secolo in assenza di adeguate iniziative di contrasto a questo fenomeno. L'Italia non ha raggiunto gli obiettivi di riduzione di emissioni stabiliti dal protocollo di Kyoto (6,5 per cento di riduzione nel periodo 2008-2012 rispetto al 1990), anche se comunque ha registrato delle riduzioni nelle emissioni favorite anche dal contesto di crisi economica e dei consumi;
    dal punto di vista economico, gli unici due studi che tentano un'analisi complessiva degli impatti sul prodotto interno lordo italiano dei cambiamenti climatici sono «Carraro (2009)» e «McCallum et al. (2013)» anche se i numeri evidenziati vanno considerati come stime altamente per difetto dei danni potenziali. L'approccio valutativo utilizzato, infatti, considera solo marginalmente gli eventi estremi e non cattura né gli eventi catastrofici né le dimensioni più sociali degli impatti;
    le ricerche «Carraro (2009)» si riferiscono agli studi condotti nell'ambito della conferenza nazionale sul clima del 2007. La ricerca, che si basa sulla modellistica CGE, dimostra che anche in uno scenario di minimo aumento della temperatura, circa 0,93 gradi rispetto al 2001, la perdita indotta dai cambiamenti climatici potrebbe essere compresa tra lo 0,12 per cento e lo 0,16 per cento del prodotto interno lordo nel 2050 (usando ad esempio il prodotto interno lordo dell'Italia nel 2009 come riferimento ciò ammonterebbe a circa 2.5 miliardi di euro di mancata produzione di beni e servizi). La perdita economica potrebbe arrivare fino allo 0,2 per cento del prodotto interno lordo se la variazione di temperatura fosse di +1,2 gradi. Gli impatti aumentano in modo esponenziale nella seconda metà del secolo, con una riduzione del prodotto interno lordo nel 2100 sei volte più grande che nel 2050, nonostante si ipotizzi un aumento lineare della temperatura;
    sembrerebbe che le perdite economiche più rilevanti derivanti dagli impatti climatici si materializzino nel settore turistico (17 e 52 miliardi di euro di perdita diretta nel 2050 per scenari climatici rispettivamente di +2 gradi e +4 gradi rispetto al 2000); danni diretti elevati vengono evidenziati inoltre nel settore agricolo, (fino a 13 e 30 miliardi di euro nel solo 2050 per un aumento di temperatura rispettivamente di 2 gradi e 4 gradi rispetto al 2000) seguiti, ma a distanza, da quelli relativi ai fenomeni di dissesto idrogeologico (circa 550 milioni di euro annui nel 2050 associati per la precisione a fenomeni alluvionali derivanti dalla sola forzante climatica per uno scenario di aumento di circa 1 grado rispetto al 2000);
    nel corso del vertice della Terra del 1992 tenutosi a Rio de Janeiro è stato stabilito che «gli esseri umani sono al centro delle preoccupazioni relative allo sviluppo sostenibile» e che «la protezione dell'ambiente è parte integrante del processo di sviluppo e non può considerarsi in maniera isolata». Inoltre, riprendendo alcuni concetti della dichiarazione di Stoccolma del 1972, il vertice ha sancito «la cooperazione internazionale per la cura dell'ecosistema di tutta la Terra, l'obbligo di chi inquina di farsene carico economicamente, il dovere di valutare l'impatto ambientale di ogni opera e progetto. Ha proposto l'obiettivo di stabilizzare le concentrazioni di gas serra in atmosfera per invertire la tendenza al riscaldamento globale». Nel 2000 le Nazioni Unite hanno promosso gli Obiettivi di sviluppo del millennio i cui relativi impegni scadranno nel 2015 per dare vita ad una nuova fase di Obiettivi di sviluppo sostenibile, come stabilito nel documento approvato dai Capi di Stato e di Governo nella Conferenza di Rio del 2012 per i quali è già in essere la fase negoziale;
    sono numerose le iniziative dell'Unione europea volte all'adattamento e alla drastica mitigazione del fenomeno e tante quelle che ovviamente mirano al taglio delle emissioni di gas a effetto serra;
    con la ratifica del protocollo di Kyoto si invitano 15 Stati membri dell'Unione a ridurre nel periodo dal 2008 al 2012 le proprie emissioni collettive in una misura inferiore all'8 per cento rispetto alle emissioni registrate nel 1990; il miglioramento continuo dell'efficienza energetica di un'ampia serie di attrezzature ed elettrodomestici; l'obbligo di un maggiore utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, quali quelle eoliche, solari, idriche e la biomassa, e di carburanti rinnovabili nel settore dei trasporti, quali i biocarburanti; il sostegno allo sviluppo delle tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio per intrappolare e immagazzinare l'anidride carbonica emessa dalle centrali elettriche e da altri grandi impianti; l'intervento tramite il sistema europeo di scambio dei titoli di emissione di gas serra (EU-ETS), lo strumento chiave dell'Unione europea per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra provenienti dall'industria;
    il pacchetto dell'Unione europea su clima ed energia del 2009 costituisce una legislazione vincolante per l'attuazione degli obiettivi 20-20-20 entro il 2020: una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dell'Unione europea almeno del 20 per cento al di sotto dei livelli del 1990, il 20 per cento del consumo energetico dell'Unione europea dalle risorse rinnovabili e una riduzione del 20 per cento del consumo di energia primaria rispetto ai livelli previsti;
    successivamente, l'Unione europea, durante il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, ha approvato ad ottobre 2014 il pacchetto clima energia al 2030 che prevede impegni vincolanti a livello europeo e nazionale con una riduzione entro il 2030 del 40 per cento delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990, un aumento del 27 per cento della produzione di energia da fonti rinnovabili e un aumento dell'efficienza energetica seguendo la nuova direttiva europea;
    molti Paesi europei hanno adottato programmi nazionali finalizzati alla riduzione delle emissioni. Anche l'Italia ha previsto una serie di importanti provvedimenti per uniformarsi alle strategie europee volte alla mitigazione del fenomeno dei cambiamenti climatici;
    nella seduta del 30 ottobre 2014 la Conferenza Unificata ha infatti approvato la «Strategia Nazionale di Adattamento ai cambiamenti climatici». Il documento, redatto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delinea la strategia di azioni finalizzate alla riduzione dell'impatto dei cambiamenti climatici verso l'ambiente ed il sistema socio-economico nazionale. Il piano è elaborato nell'ambito della Strategia europea di adattamento al cambiamento climatico (SEACC, adottata a livello europeo il 16 aprile 20013) e rappresenta il più importante testo di «visione nazionale» su come affrontare l'impatto dei mutamenti del clima per proteggere la salute e il benessere della popolazione, preservare il patrimonio naturale, migliorare la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici;
    allo scenario critico fin qui delineato, però, si oppongono le note positive delineate dalle analisi dell'Agenzia europea dell'ambiente e le proiezioni effettuate dagli Stati membri secondo le quali l'Unione europea sarà probabilmente in grado di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 21 per cento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020, superando l'obbiettivo postosi pari al 20 per cento. Con il 14 per cento del consumo finale di energia generata da fonti rinnovabili nel 2012, l'Unione europea si trova avanti anche rispetto al percorso pianificato per raggiungere il 20 per cento di energia rinnovabile entro il 2020. Analogamente, il consumo di energia dell'Unione europea sta subendo un calo più rapido di quanto non sarebbe necessario per raggiungere l'obbiettivo di efficienza energetica entro il 2020;
    si terrà a Parigi dal 30 novembre all'11 dicembre 2015 la XXI Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), nell'ambito della quale l'obiettivo comune sarà quello di concludere, per la prima volta in oltre 20 anni di mediazione da parte delle Nazioni Unite, un accordo vincolante e universale sul clima, accettato da tutte le nazioni, che porti al contenimento dell'aumento della temperatura media globale al di sotto dei due gradi rispetto al livello precedente alla rivoluzione industriale che entrerà in vigore dal 2020, così come stabilito dal vertice di Durban, nel 2011 (COP 17) che ha avviato la piattaforma di Durban, all'interno della quale ogni singolo Paese sta comunicando i propri obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra,

impegna il Governo:

   a sostenere l'attuazione di un accordo globale che favorisca, a partire dal 2020, la riduzione delle emissioni di fattori inquinanti che incidono sull'alterazione delle condizioni climatiche con l'obiettivo di arrivare al contenimento dell'aumento della temperatura media globale al di sotto dei due gradi rispetto ai precedenti valori;
   ad adottare in via definitiva la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici finalizzata al raggiungimento degli obiettivi fissati al 2030 ed al 2050 dall'Unione Europea e a definire un piano nazionale di attuazione della strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che ne recepisca immediatamente le indicazioni definendo le priorità di intervento, le tempistiche e gli impegni di spesa;
   a favorire nell'ambito della cooperazione internazionale per i Paesi poveri e/o in via di sviluppo la produzione di energia in forme meno inquinanti, tramite accordi di sussidio per il trasferimento tecnologico e l'assistenza tecnica;
   a promuovere politiche di sviluppo di energie rinnovabili ed alternative e di attività produttive sostenibili, anche con trasferimenti di tecnologie idonee e di risorse, in Paesi in via di sviluppo che promuovano piani di riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera;
   a promuovere azioni di regolamentazione e controllo per garantire che i crediti di emissione siano effettivamente uno strumento efficace di riduzione globale dei gas ad effetto serra, impedendo speculazioni;
   ad istituire un servizio meteorologico nazionale distribuito (SMND) con il compito di monitorare il cambiamento in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera, mare, ecosistemi);
   a promuovere il risparmio energetico nelle amministrazioni locali con l'impiego di energie alternative e pulite e l'utilizzo efficiente delle risorse naturali negli edifici pubblici e nell'illuminazione pubblica, soprattutto nell'ambito delle smart city;
   a promuovere la ristrutturazione del patrimonio immobiliare pubblico e privato finalizzato alla riduzione delle emissioni in atmosfera ed al minino fabbisogno di energia e di risorse naturali, favorendo l'impiego di materiali sostenibili, naturali, seminaturali a basso impatto ambientale nel loro ciclo produttivo;
   a promuovere investimenti per sostenere la mobilità sostenibile, il trasporto pubblico, l'uso di biocombustibili di seconda e terza generazione, in modo da conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore dei trasporti;
   a promuovere politiche locali finalizzate alla riduzione di emissioni, tramite lo sviluppo del trasporto urbano a basso inquinamento, l'utilizzo di energie alternative e di una economia dei rifiuti e del riciclo;
   a promuovere iniziative volte a favorire e potenziare l'inserimento dell'educazione ambientale nelle scuole di ogni ordine e grado affinché gli studenti possano comprendere e maturare a fondo la complessità delle relazioni tra natura e attività umane e tra risorse ereditate da risparmiare e da trasmettere alle generazioni future e affinché si possano formare generazioni con stili di vita e comportamenti corretti verso l'ambiente e che siano in grado di mantenere un equilibrio costante nella propria vita nella gestione degli aspetti ambientali, sociali, culturali ed economici;
   a promuovere ogni utile iniziativa al fine di poter ridurre le emissioni di gas serra in agricoltura, favorendo la diffusione di un'agricoltura sostenibile che possa mitigare gli impatti negativi dei cambiamenti climatici attraverso l'utilizzo delle tecnologie più avanzate utili ad adattare le pratiche agricole ai cambiamenti e agli eventi climatici estremi, migliorando le condizioni del suolo e delle acque, conservando la diversità biologica e utilizzando nuovi metodi produttivi più efficienti e meno inquinanti, capaci di proteggere il suolo dal sovrasfruttamento e di aumentare la capacità di stoccaggio di anidride carbonica dei terreni agricoli;
   a favorire l'innovazione dei processi produttivi favorendo l'efficienza energetica nonché la riduzione dei consumi di materie prime e delle emissioni di gas ad effetto serra.
(1-00954)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Matarrese, Mazziotti Di Celso, Dambruoso, Vargiu, D'Agostino».


   La Camera,
   premesso che:
    il rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente «Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2012», pubblicato nel novembre del 2012, fornisce una comprensiva base scientifica di riferimento sugli impatti ambientali ai cambiamenti climatici a livello europeo, i cui principali risultati sono:
     a) il decennio (2002-2011) è stato il periodo storicamente più caldo in Europa con temperature sulle aree emerse di 1,3 gradi superiori rispetto al livello preindustriale, contemporaneamente le ondate di calore sono aumentate in frequenza e durata, provocando migliaia di morti nell'ultimo decennio;
     b) la precipitazione media sta diminuendo in Europa meridionale e sta aumentando in Europa settentrionale: le proiezioni climatiche indicano che tale trend continuerà anche in futuro, così che si verificherà un aumento di inondazioni fluviali a causa dell'intensificazione del ciclo dell'acqua causato dalle temperature più alte;
     c) i fenomeni di siccità stanno diventando più intensi e frequenti in Europa meridionale, mentre si prevede la diminuzione delle portate fluviali minime estive;
     d) l'area dell'Artico si sta riscaldando più velocemente delle altre aree europee: la fusione dei ghiacciai continentali della Groenlandia è raddoppiata dagli anni ’90. Inoltre, dal 1850 i ghiacciai alpini hanno perso circa 2/3 del loro volume;
     e) il livello medio marino sta crescendo causando un aumento del rischio di inondazioni costiere. Il livello medio globale marino è cresciuto di 1,7 millimetri all'anno nel XX secolo e di 3 millimetri all'anno negli ultimi decenni;
     f) la disponibilità di risorse idriche per l'agricoltura nell'Europa meridionale sta drasticamente diminuendo;
     g) i cambiamenti climatici hanno anche un ruolo nella trasmissione di malattie che provocano impatti rilevanti sulla salute umana;
     h) molti sono i cambiamenti nella biodiversità: fioriture anticipate di piante e di fitoplancton e zooplancton, migrazioni di piante e animali a latitudini più settentrionali o ad altitudini più elevate. Studi mostrano un rischio potenziale di future estinzioni;
    le principali fonti scientifiche di riferimento (rapporti di IPCC2,3 e EEA4, APAT/ISPRA5, ENEA6, FEEM7, CMCC8) concordano nel sostenere che nei prossimi decenni la regione europea e mediterranea dovrà far fronte ad impatti dei cambiamenti climatici particolarmente negativi, i quali, combinandosi agli effetti dovuti alle pressioni antropiche sulle risorse naturali, fanno dell'Europa meridionale e del Mediterraneo le aree più vulnerabili d'Europa. In Italia nei prossimi decenni si andrà incontro ad un innalzamento eccezionale delle temperature (soprattutto in estate), ad un aumento della frequenza di eventi meteorologici estremi (ondate di calore, siccità ed episodi di precipitazioni piovose intense), ad una riduzione delle precipitazioni annuali medie e dei flussi fluviali annui, all'erosione e all'inondazione delle zone costiere (con conseguente alterazione degli ecosistemi marini), alla possibile perdita di una rilevante parte del patrimonio storico-artistico-culturale. Nel complesso si assisterà all'aumento inesorabile del rischio di disastri ambientali, all'aumento dello stress idrico (con conseguente drastica riduzione delle risorse idriche), alla riduzione della sicurezza alimentare, alla riduzione dei diritti alla salute, all'inasprimento dello sfruttamento delle risorse naturali, all'aumento delle ineguaglianze e delle marginalizzazioni sociale ed economica, dei conflitti e delle migrazioni;
    a Parigi dal 30 novembre 2015 all'11 dicembre 2015, si terrà la XXI sessione della Conferenza delle parti-Cop 21 dei Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), durante la quale dovranno essere decisi gli impegni in termini di riduzione delle emissioni e di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, nonché dei sistemi di monitoraggio e valutazione delle emissioni e degli impegni finanziari verso i Paesi più colpiti dagli impatti dei cambiamenti climatici;
    l'Italia, ad oggi, non ha raggiunto l'impegno di riduzione previsto dal Protocollo di Kyoto (6,5 per cento di riduzione delle emissioni nel periodo 2008-2012 rispetto al 1990); la riduzione delle emissioni osservata in questo periodo è stata dovuta prevalentemente dalla crisi economica in corso che ha ridotto consumi e produzione;
    quello della mitigazione e dell'adattamento ai cambiamenti climatici è un problema che necessita di un approccio multisettoriale, multidisciplinare e multisistemico, che impatta, in particolare, l'ambiente, le attività produttive, l'agricoltura, i rischi metereologici e idrogeologici, la società, le politiche energetiche, i flussi migratori;
    l'industria del carbone è la più grande fonte di emissioni di anidride carbonica, il gas serra che sta cambiando il clima del pianeta e che rischia di innescare una serie di impatti devastanti per la vita della Terra così come la si conosce;
    secondo BankTrack e gli altri promotori dell'appello/petizione «Banks, do the Paris pledge to quit coal», «Siamo in grado di porre fine alla nostra dipendenza dal carbone, ma dobbiamo farlo in fretta. Un modo per raggiungere questo obiettivo è che le banche la smettano di finanziare questa industria». Il problema è che, come scriveva già a maggio Rinnovabilil.it, il 20 per cento dei 170 milioni di euro necessari per organizzare la Conferenza delle parti Unfccc di Parigi arriverà da finanziamenti privati e che la Francia ha già stilato una prima lista di queste aziende partner «amiche», tra le quali ci sono Engie (ex Gdf Suez), Edf, Renault-Nissan, Suez environment, Air France, Fesr, Axa, Bnp Paribas, Air France, Lvmh, Ikea. Alcune di queste multinazionali vendono o utilizzano abbondantemente combustibili fossili, «brand che negli anni sono diventati un simbolo dell'inquinamento e della violazione dei diritti», scrive Rinnovabilil.it;
    le banche che la maggioranza delle persone utilizza ogni giorno stanno alimentando la crisi climatica, canalizzando centinaia di miliardi di dollari per un settore che è ormai in crisi e, se è vero che il carbone è in crisi in molti Paesi, dal 2000 la produzione mondiale è cresciuta del 69 per cento, 7,9 miliardi di tonnellate all'anno, cosa che ha portato anche ad un aumento dei finanziamenti (a volte nascosti) da parte delle banche;
    nel recente rapporto «Boom and bustTracking the global coal plant pipeline» Coalswarm e Sierra club spiegano che dal gennaio 2010 nel mondo è stata proposta la costruzione di 2.177 impianti a carbone e molti sono in corso di progettazione o in fase di costruzione. Se queste centrali a carbone entreranno in servizio grazie ai finanziamenti bancari, la Cop21 Unfccc di Parigi è destinata al fallimento;
    BankTrack ritiene che, proprio per il ruolo centrale che hanno, le banche dovrebbero aiutare finanziariamente la transizione energetica, «spostando rapidamente il loro portafoglio energetico dai combustibili fossili al finanziamento dell'efficienza energetica e delle energie innovabili, transizione che deve iniziare con un impegno pubblico lasciando perdere il carbone»;
    secondo la conclusione a cui è giunto di recente il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), se non s'interviene in fretta i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero;
    per evitare che la temperatura media del pianeta aumenti pericolosamente di oltre due gradi rispetto ai livelli preindustriali (il cosiddetto obiettivo dei due gradi) tutti i Paesi dovranno ridurre in maniera consistente e costante le emissioni di gas a effetto serra;
    questa transizione verso un mondo a basse emissioni non solo può essere effettuata senza compromettere la crescita e l'occupazione, ma può decisamente offrire a tutti i Paesi, europei e del resto del mondo, l'opportunità di ridare slancio all'economia;
    non si deve trascurare il fatto che la lotta ai cambiamenti climatici genera un concomitante miglioramento del benessere pubblico, con i benefici che ne derivano, e ritardare questa transizione farà, invece, aumentare i costi complessivi e restringerà i margini di manovra per ridurre efficacemente le emissioni e prepararsi agli effetti dei cambiamenti climatici;
    tutti i Paesi devono agire in fretta e insieme ed è questa la sfida raccolta fin dal 1994 dalle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), in nome della quale oltre 90 Paesi, sia sviluppati sia in via di sviluppo, hanno annunciato il proposito di ridurre le loro emissioni entro il 2020. Tali propositi non sono stati però sufficienti a raggiungere l'obiettivo dei due gradi e, nel 2012, la Conferenza delle parti dell'UNFCCC ha avviato i negoziati per giungere a un nuovo accordo giuridicamente vincolante e applicabile a tutte le parti, grazie al quale il mondo potrà incamminarsi sulla buona strada per raggiungere tale obiettivo, accordo del 2015 che dovrà essere definitivamente concluso a Parigi nel dicembre 2015 per essere applicato a partire dal 2020;
    i passi avanti compiuti in occasione della recente Conferenza sul clima di Lima hanno gettato le premesse per la conclusione a Parigi del suddetto accordo, ma la decisione più importante adottata a Lima riguarda le modalità con cui i Paesi dovranno formulare e comunicare gli obiettivi di riduzione delle emissioni da essi proposti con largo anticipo rispetto alla Conferenza di Parigi;
    molto prima della Conferenza di Lima, l'Unione europea ha dato prova di leadership e di determinazione nella lotta ai cambiamenti climatici a livello mondiale: al vertice europeo di ottobre 2014 i Capi di Stato e di Governo hanno convenuto che l'Unione europea deve intensificare gli sforzi e entro il 2030 ridurre le proprie emissioni di almeno il 40 per cento rispetto ai livelli del 1990, decisione a cui hanno fatto eco gli annunci della Cina e degli Stati Uniti;
    a Lima gli Stati membri dell'Unione europea hanno annunciato il proposito di versare circa la metà della capitalizzazione iniziale di 10 miliardi di dollari del fondo verde per il clima per assistere i Paesi in via di sviluppo e all'interno dell'Unione europea è stato poi adottato un nuovo piano di investimenti, mediante il quale nell'arco dei prossimi tre anni (2015-17) si sbloccheranno investimenti pubblici e privati nell'economia reale pari ad almeno 315 miliardi di euro, che consentiranno di modernizzare e «decarbonizzare» l'economia dell'Unione europea;
    una delle priorità è quella di costruire un'unione dell'energia resiliente con politiche lungimiranti in materia di cambiamenti climatici con lo scopo di tradurre la decisione presa al vertice europeo di ottobre 2014 nell'obiettivo per le emissioni proposto dall'Unione europea, ossia il suo contributo stabilito a livello nazionale (Indc – Intended nationally determined contribution), che deve essere presentato entro la fine del primo trimestre del 2015;
    è necessario proporre che tutte le parti dell'UNFCCC presentino i loro Indc con ampio anticipo rispetto alla Conferenza di Parigi. La Cina, gli Stati Uniti e altri Paesi del G20, così come i Paesi a reddito medio e alto, dovrebbero essere in grado di farlo entro il primo trimestre del 2015, mentre ai Paesi meno sviluppati dovrebbe essere accordata maggiore flessibilità;
    è fondamentale tracciare le linee di un accordo trasparente, dinamico e giuridicamente vincolante che contenga impegni equi e ambiziosi di tutte le parti stabiliti in base a una situazione geopolitica ed economica mondiale in costante evoluzione;
    l'impegno che bisognerebbe prendere a livello europeo e che tutti i singoli Paesi dell'Unione europea dovrebbero ottemperare, dovrebbe essere quello di ridurre le emissioni mondiali di almeno il 60 per cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 2010. Se il livello di ambizione fissato a Parigi non fosse sufficiente a raggiungere questo obiettivo, occorrerebbe stilare un programma di lavoro, da avviare nel 2016 in stretta collaborazione con il fondo verde per il clima, per individuare altre misure di riduzione delle emissioni;
    le grandi economie, in particolare l'Unione europea, la Cina e gli Stati Uniti, dovrebbero dar prova di leadership politica aderendo al protocollo il più presto possibile, accelerandone in tal modo l'entrata in vigore, che dovrebbe avvenire non appena sia ratificato dai Paesi che insieme rappresentano attualmente l'80 per cento delle emissioni mondiali. Nell'ambito del nuovo protocollo, i finanziamenti, lo sviluppo e il trasferimento di tecnologia, come pure la costituzione di capacità a supporto dell'azione per il clima, dovrebbero favorire la partecipazione di tutti i Paesi e agevolare un'attuazione efficace ed efficiente delle strategie di riduzione delle emissioni e di adattamento agli effetti negativi dei cambiamenti climatici;
    l'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (Icao), l'Organizzazione marittima internazionale (imo) e il Protocollo di Montreal dovrebbero adoperarsi per regolare con efficacia entro la fine del 2016 le emissioni prodotte dal trasporto aereo e marittimo internazionale, nonché la produzione e il consumo di gas fluorurati;
    il possibile ruolo di altre politiche dell'Unione europea, come il commercio, la ricerca scientifica, l'innovazione e la cooperazione tecnologica, la cooperazione economica allo sviluppo, la riduzione del rischio di catastrofi e la politica ambientale, dovrebbe contribuire al rafforzamento della politica dell'Unione europea per il clima sul fronte internazionale;
    fondamentale è garantire riduzioni ambiziose di emissioni, diminuendo le emissioni mondiali di almeno il 60 per cento, entro il 2050, rispetto ai livelli del 2010 e definendo, in tale contesto, impegni di mitigazione che siano chiari, specifici, ambiziosi, equi e giuridicamente vincolanti e che consentano di raggiungere l'obiettivo dei due gradi;
    gli impegni devono essere coerenti con i principi dell'UNFCCC, da applicarsi tenuto conto delle responsabilità, delle capacità e delle diverse situazioni nazionali in costante evoluzione;
    è necessario incoraggiare uno sviluppo sostenibile resiliente ai cambiamenti climatici, promuovendo la cooperazione internazionale e sostenendo politiche che rendano i Paesi meno vulnerabili e più capaci di adeguarsi agli effetti dei cambiamenti climatici, promuovendo un'attuazione e una cooperazione efficienti ed efficaci, incoraggiando l'adozione di politiche che stimolino il settore pubblico e quello privato a effettuare controlli di tutti i settori economici e di tutte le fonti di emissione, compresa l'agricoltura, la silvicoltura e altri usi del suolo;
    l'Unione europea ha già messo in campo misure importanti per diventare l'economia più efficiente del mondo sotto il profilo delle emissioni: grazie all'obiettivo per il 2030 ridurrà l'intensità delle emissioni della sua economia di un ulteriore 50 per cento e con il piano di investimenti approvato di recente mobiliterà ingenti finanziamenti privati che serviranno a modernizzarla e «decarbonizzarla» ancor più. La strategia dell'Unione europea sull'adattamento, che integra le strategie dei singoli Stati membri, punta a rendere l'Europa più resiliente ai cambiamenti climatici;
    l'adattamento basato sugli ecosistemi, oltre a ridurre il rischio di alluvioni e l'erosione del suolo, è in grado di migliorare la qualità dell'acqua e dell'aria e la transizione verso economie a basse emissioni e resilienti ai cambiamenti climatici sarà possibile solo trasformando a fondo i modelli d'investimento;
    bisognerebbe promuovere gli investimenti in programmi e politiche a basse emissioni, impegnando tutti i Paesi a creare contesti più favorevoli a investimenti rispettosi del clima utilizzando le risorse in modo efficace per raggiungere vari obiettivi, concordati a livello internazionale, in materia di clima e sviluppo sostenibile; i Paesi in grado di farlo dovrebbero mobilitare un sostegno finanziario a favore delle parti del protocollo ammesse a beneficiarne;
    alla Conferenza di Parigi si dovrebbe anche decidere di proseguire il programma di lavoro inteso a individuare misure di mitigazione supplementari nel 2016, in stretta collaborazione con il fondo verde per il clima ed altri istituti finanziari; si tratta di un programma che assumerà particolare importanza se sarà riscontrato un divario tra il livello complessivo di ambizione degli impegni di mitigazione e le emissioni che occorre ridurre per conseguire l'obiettivo dei due gradi;
    lo sviluppo e l'adozione delle tecnologie nel settore del clima possono svolgere un ruolo chiave nella realizzazione degli obiettivi relativi ai cambiamenti climatici, nonché concorrere alla creazione di posti di lavoro e a una crescita economica sostenibile;
    secondo molte ricerche scientifiche, i cambiamenti climatici in atto stanno determinando un intensificarsi di eventi metereologici estremi e relativi rischi idrogeologici. Ad oggi, in Italia non è attivo un servizio meteorologico nazionale distribuito, mentre il servizio geologico nazionale appare sottodimensionato in relazione alla complessità geologica del territorio italiano. Risultano, invece, avviati i lavori su proposte di legge di iniziativa parlamentare relativi alla riforma delle agenzie ambientali (atto Senato n. 1458) e alla riorganizzazione della protezione civile (discussione in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati delle proposte di legge atti Camera nn. 2607, 2972 e 3099),

impegna il Governo:

   a farsi promotore, in ogni opportuna sede internazionale, di accordi sul clima vincolanti e duraturi finalizzati a:
    a) contenere la variazione della temperatura media globale entro il limite di 1,5 gradi;
    b) raggiungere progressivamente, sul medio e lungo periodo, una totale decarbonizzazione;
    c) ridurre il livello di anidride carbonica atmosferica fino al livello preindustriale, al fine di azzerare ogni tipo di influenza antropica sul clima globale;
    d) sostenere l'accordo di Lima sui cambiamenti climatici approvato al termine dell'ultima sessione della conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici;
   indipendentemente dagli accordi raggiunti in sede della prossima Conferenza delle parti, a raggiungere a livello nazionale obiettivi ancora più ambiziosi, in modo da farsi promotore a livello mondiale di un nuovo modello di sviluppo sostenibile, divenendone una delle economie trainanti;
   a farsi promotore in sede europea dell'adozione di una fiscalità ambientale basata sull'impronta ecologica, sull'analisi del ciclo vita e sull'emissione di carbonio, in modo da favorire la conversione degli attuali sistemi energetici ed industriali verso modelli a basse emissioni;
   ad attivarsi affinché l'Unione europea riveda al rialzo nei prossimi anni gli obiettivi del «Quadro al 2030 per le politiche climatiche ed energetiche», prevedendo una riduzione delle emissioni di gas serra dell'Unione europea pari ad almeno il 45 per cento rispetto al 1990, il raggiungimento di una quota di energie rinnovabili sul totale dei consumi energetici pari ad almeno il 40 per cento, nonché un aumento dell'efficienza energetica di almeno il 35 per cento;
   ad individuare e a destinare, già nel disegno di legge di stabilità per il 2016, finanziamenti significativi, con importi certi e crescenti nel tempo, per l'attuazione di un piano di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici, da definire sulla base della strategia elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, considerando le strategie di adattamento e mitigazione come un settore prioritario per il rilancio dell'economia, per la creazione di occupazione, su cui investire in ricerca scientifica e per cui competere per ottenere una posizione di leadership mondiale;
   ad impiegare tutti i proventi derivanti dalla vendita all'asta dei permessi di emissioni (ets) al finanziamento del sopra citato piano di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;
   ad avviare immediate iniziative di rimozione degli incentivi e dei sussidi diretti e indiretti all'uso di combustibili fossili, anche attraverso la riduzione degli investimenti statali nelle industrie legate all'estrazione di nuovi prodotti fossili nel territorio nazionale, spostando gli investimenti sulla ricerca e sullo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, sul risparmio energetico, nonché sull'efficiente produzione, accumulo e uso dell'energia, rivedendo a tal fine la strategia energetica nazionale e definendo conseguentemente un vero e proprio piano energetico nazionale;
   a predisporre con urgenza dei piani per affrancare le isole minori dalla dipendenza energetica da gasolio, considerandole per conformazione e per peculiari caratteristiche geografiche e sociali dei laboratori sperimentali prioritari per lo sviluppo di energie rinnovabili ecosostenibili, smart grid e sistemi di accumulo;
   ad assumere iniziative per subordinare lo sconto in bolletta per i cosiddetti impianti energivori all'adozione di misure concrete per l'efficientamento energetico di detti impianti, prevedendo particolari agevolazioni per le aziende che si dotano di certificazione energetica e che mettono in atto piani per abbassare la propria impronta ecologica ed energetica;
   ad assumere iniziative per stabilizzare lo sconto fiscale al 65 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica e per definire misure volte a:
    a) favorirne un ampio utilizzo anche da parte di imprese ed enti pubblici;
    b) aumentare gli importi massimi detraibili;
    c) estendere le detrazioni anche a sistemi di recupero, autodepurazione e riutilizzo delle acque piovane e delle acque di scarico;
   ad assumere iniziative per definire un quadro normativo relativo al consumo di suolo, all'assetto del territorio e alle disposizioni generali in materia urbanistica, tale che i tessuti urbani siano dotati di ampi spazi con suolo naturale e abbondante copertura vegetale arborea, allo scopo di contrastare il riscaldamento degli ambienti urbani, fenomeno che a sua volta riveste un ruolo determinante nel riscaldamento globale;
   ad adottare misure specifiche ed urgenti per il potenziamento e l'efficientamento della filiera del legname made in Italy, favorendone e incrementandone l'impiego, in particolare per costruzioni in bioedilizia, mobilia ed opere di ingegneria naturalistica, allo scopo di incrementare la quantità di carbonio fissato in manufatti ad elevata durabilità;
   ad incentivare e a potenziare le colture agrarie che possono intervenire nella mitigazione dei cambiamenti climatici, ovvero le colture a ridotto consumo di energia, acqua e sostanze chimiche, favorendo lo sviluppo di un tessuto agricolo resiliente in cui la produttività non pregiudichi la biodiversità e favorendo il mantenimento e l'ulteriore sviluppo di opere e tecniche agrarie utili alla stabilizzazione dei versanti e alla regimazione delle acque meteoriche;
   a favorire politiche compatibili con un abbattimento di emissioni climalteranti e con la decarbonizzazione dell'economia, con particolare riferimento al settore delle politiche energetiche e a quello dei trasporti, favorendo il recupero della materia in luogo del recupero energetico all'interno del ciclo dei rifiuti;
   a promuovere programmi di partenariato con Paesi poveri o emergenti in modo da raggiungere il duplice obiettivo di emancipare il loro sviluppo da fonti energetiche fossili e di favorire la diffusione e penetrazione nel mercato globale di tecnologie e know-how made in Italy nel settore delle energie rinnovabili;
   a favorire il riconoscimento dello status di «climate refugees» e ad introdurre, nelle procedure di gestione ed integrazione del richiedente asilo, la possibilità di creare ambiti di operatività territoriale in forma strettamente volontaria, al fine di incrementare il livello di integrazione dei richiedenti rispetto agli usi e ai costumi nazionali, anche attraverso l'impiego in lavori per l'implementazione della strategia di adattamento ai cambiamenti climatici nell'ottica della gestione sostenibile delle politiche migratorie e compatibilmente con la Dichiarazione universale dei diritti umani;
   a considerare prioritari, per la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e per l'armonizzazione delle politiche condotte e messe in atto dalle istituzioni nazionali, regionali e locali, l'istituzione di un servizio meteorologico nazionale distribuito (smnd), l'istituzione di un servizio geologico nazionale distribuito e a favorire, per quanto di competenza, il compimento dell’iter delle proposte di legge richiamate in premessa relative alla riorganizzazione della normativa inerente al sistema nazionale di protezione civile e alla riforma del sistema della rete delle agenzie ambientali.
(1-00955) «Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Matarrelli, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    il rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente «Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2012», pubblicato nel novembre del 2012, fornisce una comprensiva base scientifica di riferimento sugli impatti ambientali ai cambiamenti climatici a livello europeo, i cui principali risultati sono:
     a) il decennio (2002-2011) è stato il periodo storicamente più caldo in Europa con temperature sulle aree emerse di 1,3 gradi superiori rispetto al livello preindustriale, contemporaneamente le ondate di calore sono aumentate in frequenza e durata, provocando migliaia di morti nell'ultimo decennio;
     b) la precipitazione media sta diminuendo in Europa meridionale e sta aumentando in Europa settentrionale: le proiezioni climatiche indicano che tale trend continuerà anche in futuro, così che si verificherà un aumento di inondazioni fluviali a causa dell'intensificazione del ciclo dell'acqua causato dalle temperature più alte;
     c) i fenomeni di siccità stanno diventando più intensi e frequenti in Europa meridionale, mentre si prevede la diminuzione delle portate fluviali minime estive;
     d) l'area dell'Artico si sta riscaldando più velocemente delle altre aree europee: la fusione dei ghiacciai continentali della Groenlandia è raddoppiata dagli anni ’90. Inoltre, dal 1850 i ghiacciai alpini hanno perso circa 2/3 del loro volume;
     e) il livello medio marino sta crescendo causando un aumento del rischio di inondazioni costiere. Il livello medio globale marino è cresciuto di 1,7 millimetri all'anno nel XX secolo e di 3 millimetri all'anno negli ultimi decenni;
     f) la disponibilità di risorse idriche per l'agricoltura nell'Europa meridionale sta drasticamente diminuendo;
     g) i cambiamenti climatici hanno anche un ruolo nella trasmissione di malattie che provocano impatti rilevanti sulla salute umana;
     h) molti sono i cambiamenti nella biodiversità: fioriture anticipate di piante e di fitoplancton e zooplancton, migrazioni di piante e animali a latitudini più settentrionali o ad altitudini più elevate. Studi mostrano un rischio potenziale di future estinzioni;
    le principali fonti scientifiche di riferimento (rapporti di IPCC2,3 e EEA4, APAT/ISPRA5, ENEA6, FEEM7, CMCC8) concordano nel sostenere che nei prossimi decenni la regione europea e mediterranea dovrà far fronte ad impatti dei cambiamenti climatici particolarmente negativi, i quali, combinandosi agli effetti dovuti alle pressioni antropiche sulle risorse naturali, fanno dell'Europa meridionale e del Mediterraneo le aree più vulnerabili d'Europa. In Italia nei prossimi decenni si andrà incontro ad un innalzamento eccezionale delle temperature (soprattutto in estate), ad un aumento della frequenza di eventi meteorologici estremi (ondate di calore, siccità ed episodi di precipitazioni piovose intense), ad una riduzione delle precipitazioni annuali medie e dei flussi fluviali annui, all'erosione e all'inondazione delle zone costiere (con conseguente alterazione degli ecosistemi marini), alla possibile perdita di una rilevante parte del patrimonio storico-artistico-culturale. Nel complesso si assisterà all'aumento inesorabile del rischio di disastri ambientali, all'aumento dello stress idrico (con conseguente drastica riduzione delle risorse idriche), alla riduzione della sicurezza alimentare, alla riduzione dei diritti alla salute, all'inasprimento dello sfruttamento delle risorse naturali, all'aumento delle ineguaglianze e delle marginalizzazioni sociale ed economica, dei conflitti e delle migrazioni;
    a Parigi dal 30 novembre 2015 all'11 dicembre 2015, si terrà la XXI sessione della Conferenza delle parti-Cop 21 dei Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), durante la quale dovranno essere decisi gli impegni in termini di riduzione delle emissioni e di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, nonché dei sistemi di monitoraggio e valutazione delle emissioni e degli impegni finanziari verso i Paesi più colpiti dagli impatti dei cambiamenti climatici;
    l'Italia, ad oggi, non ha raggiunto l'impegno di riduzione previsto dal Protocollo di Kyoto (6,5 per cento di riduzione delle emissioni nel periodo 2008-2012 rispetto al 1990); la riduzione delle emissioni osservata in questo periodo è stata dovuta prevalentemente dalla crisi economica in corso che ha ridotto consumi e produzione;
    quello della mitigazione e dell'adattamento ai cambiamenti climatici è un problema che necessita di un approccio multisettoriale, multidisciplinare e multisistemico, che impatta, in particolare, l'ambiente, le attività produttive, l'agricoltura, i rischi metereologici e idrogeologici, la società, le politiche energetiche, i flussi migratori;
    l'industria del carbone è la più grande fonte di emissioni di anidride carbonica, il gas serra che sta cambiando il clima del pianeta e che rischia di innescare una serie di impatti devastanti per la vita della Terra così come la si conosce;
    secondo BankTrack e gli altri promotori dell'appello/petizione «Banks, do the Paris pledge to quit coal», «Siamo in grado di porre fine alla nostra dipendenza dal carbone, ma dobbiamo farlo in fretta. Un modo per raggiungere questo obiettivo è che le banche la smettano di finanziare questa industria». Il problema è che, come scriveva già a maggio Rinnovabilil.it, il 20 per cento dei 170 milioni di euro necessari per organizzare la Conferenza delle parti Unfccc di Parigi arriverà da finanziamenti privati e che la Francia ha già stilato una prima lista di queste aziende partner «amiche», tra le quali ci sono Engie (ex Gdf Suez), Edf, Renault-Nissan, Suez environment, Air France, Fesr, Axa, Bnp Paribas, Air France, Lvmh, Ikea. Alcune di queste multinazionali vendono o utilizzano abbondantemente combustibili fossili, «brand che negli anni sono diventati un simbolo dell'inquinamento e della violazione dei diritti», scrive Rinnovabilil.it;
    le banche che la maggioranza delle persone utilizza ogni giorno stanno alimentando la crisi climatica, canalizzando centinaia di miliardi di dollari per un settore che è ormai in crisi e, se è vero che il carbone è in crisi in molti Paesi, dal 2000 la produzione mondiale è cresciuta del 69 per cento, 7,9 miliardi di tonnellate all'anno, cosa che ha portato anche ad un aumento dei finanziamenti (a volte nascosti) da parte delle banche;
    nel recente rapporto «Boom and bustTracking the global coal plant pipeline» Coalswarm e Sierra club spiegano che dal gennaio 2010 nel mondo è stata proposta la costruzione di 2.177 impianti a carbone e molti sono in corso di progettazione o in fase di costruzione. Se queste centrali a carbone entreranno in servizio grazie ai finanziamenti bancari, la Cop21 Unfccc di Parigi è destinata al fallimento;
    BankTrack ritiene che, proprio per il ruolo centrale che hanno, le banche dovrebbero aiutare finanziariamente la transizione energetica, «spostando rapidamente il loro portafoglio energetico dai combustibili fossili al finanziamento dell'efficienza energetica e delle energie innovabili, transizione che deve iniziare con un impegno pubblico lasciando perdere il carbone»;
    secondo la conclusione a cui è giunto di recente il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), se non s'interviene in fretta i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero;
    per evitare che la temperatura media del pianeta aumenti pericolosamente di oltre due gradi rispetto ai livelli preindustriali (il cosiddetto obiettivo dei due gradi) tutti i Paesi dovranno ridurre in maniera consistente e costante le emissioni di gas a effetto serra;
    questa transizione verso un mondo a basse emissioni non solo può essere effettuata senza compromettere la crescita e l'occupazione, ma può decisamente offrire a tutti i Paesi, europei e del resto del mondo, l'opportunità di ridare slancio all'economia;
    non si deve trascurare il fatto che la lotta ai cambiamenti climatici genera un concomitante miglioramento del benessere pubblico, con i benefici che ne derivano, e ritardare questa transizione farà, invece, aumentare i costi complessivi e restringerà i margini di manovra per ridurre efficacemente le emissioni e prepararsi agli effetti dei cambiamenti climatici;
    tutti i Paesi devono agire in fretta e insieme ed è questa la sfida raccolta fin dal 1994 dalle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), in nome della quale oltre 90 Paesi, sia sviluppati sia in via di sviluppo, hanno annunciato il proposito di ridurre le loro emissioni entro il 2020. Tali propositi non sono stati però sufficienti a raggiungere l'obiettivo dei due gradi e, nel 2012, la Conferenza delle parti dell'UNFCCC ha avviato i negoziati per giungere a un nuovo accordo giuridicamente vincolante e applicabile a tutte le parti, grazie al quale il mondo potrà incamminarsi sulla buona strada per raggiungere tale obiettivo, accordo del 2015 che dovrà essere definitivamente concluso a Parigi nel dicembre 2015 per essere applicato a partire dal 2020;
    i passi avanti compiuti in occasione della recente Conferenza sul clima di Lima hanno gettato le premesse per la conclusione a Parigi del suddetto accordo, ma la decisione più importante adottata a Lima riguarda le modalità con cui i Paesi dovranno formulare e comunicare gli obiettivi di riduzione delle emissioni da essi proposti con largo anticipo rispetto alla Conferenza di Parigi;
    molto prima della Conferenza di Lima, l'Unione europea ha dato prova di leadership e di determinazione nella lotta ai cambiamenti climatici a livello mondiale: al vertice europeo di ottobre 2014 i Capi di Stato e di Governo hanno convenuto che l'Unione europea deve intensificare gli sforzi e entro il 2030 ridurre le proprie emissioni di almeno il 40 per cento rispetto ai livelli del 1990, decisione a cui hanno fatto eco gli annunci della Cina e degli Stati Uniti;
    a Lima gli Stati membri dell'Unione europea hanno annunciato il proposito di versare circa la metà della capitalizzazione iniziale di 10 miliardi di dollari del fondo verde per il clima per assistere i Paesi in via di sviluppo e all'interno dell'Unione europea è stato poi adottato un nuovo piano di investimenti, mediante il quale nell'arco dei prossimi tre anni (2015-17) si sbloccheranno investimenti pubblici e privati nell'economia reale pari ad almeno 315 miliardi di euro, che consentiranno di modernizzare e «decarbonizzare» l'economia dell'Unione europea;
    una delle priorità è quella di costruire un'unione dell'energia resiliente con politiche lungimiranti in materia di cambiamenti climatici con lo scopo di tradurre la decisione presa al vertice europeo di ottobre 2014 nell'obiettivo per le emissioni proposto dall'Unione europea, ossia il suo contributo stabilito a livello nazionale (Indc – Intended nationally determined contribution), che deve essere presentato entro la fine del primo trimestre del 2015;
    è necessario proporre che tutte le parti dell'UNFCCC presentino i loro Indc con ampio anticipo rispetto alla Conferenza di Parigi. La Cina, gli Stati Uniti e altri Paesi del G20, così come i Paesi a reddito medio e alto, dovrebbero essere in grado di farlo entro il primo trimestre del 2015, mentre ai Paesi meno sviluppati dovrebbe essere accordata maggiore flessibilità;
    è fondamentale tracciare le linee di un accordo trasparente, dinamico e giuridicamente vincolante che contenga impegni equi e ambiziosi di tutte le parti stabiliti in base a una situazione geopolitica ed economica mondiale in costante evoluzione;
    l'impegno che bisognerebbe prendere a livello europeo e che tutti i singoli Paesi dell'Unione europea dovrebbero ottemperare, dovrebbe essere quello di ridurre le emissioni mondiali di almeno il 60 per cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 2010. Se il livello di ambizione fissato a Parigi non fosse sufficiente a raggiungere questo obiettivo, occorrerebbe stilare un programma di lavoro, da avviare nel 2016 in stretta collaborazione con il fondo verde per il clima, per individuare altre misure di riduzione delle emissioni;
    le grandi economie, in particolare l'Unione europea, la Cina e gli Stati Uniti, dovrebbero dar prova di leadership politica aderendo al protocollo il più presto possibile, accelerandone in tal modo l'entrata in vigore, che dovrebbe avvenire non appena sia ratificato dai Paesi che insieme rappresentano attualmente l'80 per cento delle emissioni mondiali. Nell'ambito del nuovo protocollo, i finanziamenti, lo sviluppo e il trasferimento di tecnologia, come pure la costituzione di capacità a supporto dell'azione per il clima, dovrebbero favorire la partecipazione di tutti i Paesi e agevolare un'attuazione efficace ed efficiente delle strategie di riduzione delle emissioni e di adattamento agli effetti negativi dei cambiamenti climatici;
    l'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (Icao), l'Organizzazione marittima internazionale (imo) e il Protocollo di Montreal dovrebbero adoperarsi per regolare con efficacia entro la fine del 2016 le emissioni prodotte dal trasporto aereo e marittimo internazionale, nonché la produzione e il consumo di gas fluorurati;
    il possibile ruolo di altre politiche dell'Unione europea, come il commercio, la ricerca scientifica, l'innovazione e la cooperazione tecnologica, la cooperazione economica allo sviluppo, la riduzione del rischio di catastrofi e la politica ambientale, dovrebbe contribuire al rafforzamento della politica dell'Unione europea per il clima sul fronte internazionale;
    fondamentale è garantire riduzioni ambiziose di emissioni, diminuendo le emissioni mondiali di almeno il 60 per cento, entro il 2050, rispetto ai livelli del 2010 e definendo, in tale contesto, impegni di mitigazione che siano chiari, specifici, ambiziosi, equi e giuridicamente vincolanti e che consentano di raggiungere l'obiettivo dei due gradi;
    gli impegni devono essere coerenti con i principi dell'UNFCCC, da applicarsi tenuto conto delle responsabilità, delle capacità e delle diverse situazioni nazionali in costante evoluzione;
    è necessario incoraggiare uno sviluppo sostenibile resiliente ai cambiamenti climatici, promuovendo la cooperazione internazionale e sostenendo politiche che rendano i Paesi meno vulnerabili e più capaci di adeguarsi agli effetti dei cambiamenti climatici, promuovendo un'attuazione e una cooperazione efficienti ed efficaci, incoraggiando l'adozione di politiche che stimolino il settore pubblico e quello privato a effettuare controlli di tutti i settori economici e di tutte le fonti di emissione, compresa l'agricoltura, la silvicoltura e altri usi del suolo;
    l'Unione europea ha già messo in campo misure importanti per diventare l'economia più efficiente del mondo sotto il profilo delle emissioni: grazie all'obiettivo per il 2030 ridurrà l'intensità delle emissioni della sua economia di un ulteriore 50 per cento e con il piano di investimenti approvato di recente mobiliterà ingenti finanziamenti privati che serviranno a modernizzarla e «decarbonizzarla» ancor più. La strategia dell'Unione europea sull'adattamento, che integra le strategie dei singoli Stati membri, punta a rendere l'Europa più resiliente ai cambiamenti climatici;
    l'adattamento basato sugli ecosistemi, oltre a ridurre il rischio di alluvioni e l'erosione del suolo, è in grado di migliorare la qualità dell'acqua e dell'aria e la transizione verso economie a basse emissioni e resilienti ai cambiamenti climatici sarà possibile solo trasformando a fondo i modelli d'investimento;
    bisognerebbe promuovere gli investimenti in programmi e politiche a basse emissioni, impegnando tutti i Paesi a creare contesti più favorevoli a investimenti rispettosi del clima utilizzando le risorse in modo efficace per raggiungere vari obiettivi, concordati a livello internazionale, in materia di clima e sviluppo sostenibile; i Paesi in grado di farlo dovrebbero mobilitare un sostegno finanziario a favore delle parti del protocollo ammesse a beneficiarne;
    alla Conferenza di Parigi si dovrebbe anche decidere di proseguire il programma di lavoro inteso a individuare misure di mitigazione supplementari nel 2016, in stretta collaborazione con il fondo verde per il clima ed altri istituti finanziari; si tratta di un programma che assumerà particolare importanza se sarà riscontrato un divario tra il livello complessivo di ambizione degli impegni di mitigazione e le emissioni che occorre ridurre per conseguire l'obiettivo dei due gradi;
    lo sviluppo e l'adozione delle tecnologie nel settore del clima possono svolgere un ruolo chiave nella realizzazione degli obiettivi relativi ai cambiamenti climatici, nonché concorrere alla creazione di posti di lavoro e a una crescita economica sostenibile;
    secondo molte ricerche scientifiche, i cambiamenti climatici in atto stanno determinando un intensificarsi di eventi metereologici estremi e relativi rischi idrogeologici. Ad oggi, in Italia non è attivo un servizio meteorologico nazionale distribuito, mentre il servizio geologico nazionale appare sottodimensionato in relazione alla complessità geologica del territorio italiano. Risultano, invece, avviati i lavori su proposte di legge di iniziativa parlamentare relativi alla riforma delle agenzie ambientali (atto Senato n. 1458) e alla riorganizzazione della protezione civile (discussione in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati delle proposte di legge atti Camera nn. 2607, 2972 e 3099),

impegna il Governo:

   a farsi promotore, in ogni opportuna sede internazionale, di accordi sul clima vincolanti e duraturi finalizzati a:
    a) contenere la variazione della temperatura media globale entro il limite di 2 gradi;
    b) raggiungere progressivamente, sul medio e lungo periodo, una progressiva decarbonizzazione;
    c) sostenere l'accordo di Lima sui cambiamenti climatici approvato al termine dell'ultima sessione della conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici;
   a perseguire a livello nazionale obiettivi ambientali ambiziosi, coerenti con un modello di sviluppo sostenibile;
   a farsi promotore in sede europea dell'adozione di una fiscalità ambientale basata sull'impronta ecologica, sull'analisi del ciclo vita e sull'emissione di carbonio, in modo da favorire la conversione degli attuali sistemi energetici ed industriali verso modelli a basse emissioni;
   a sostenere compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, gli investimenti per l'attuazione di un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, da definire sulla base della strategia elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, considerando tali investimenti e quelli per la mitigazione dei cambiamenti climatici come prioritari per il rilancio dell'economia e la creazione di occupazione;
   a predisporre con urgenza dei piani per affrancare le isole minori dalla dipendenza energetica da gasolio, considerandole per conformazione e per peculiari caratteristiche geografiche e sociali dei laboratori sperimentali prioritari per lo sviluppo di energie rinnovabili ecosostenibili, smart grid e sistemi di accumulo;
   ad assumere, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, iniziative per stabilizzare lo sgravio fiscale riconosciuto per gli interventi di riqualificazione energetica eventualmente modificando il perimetro di interventi ammessi e il beneficio ad essi riconosciuto;
   ad assumere iniziative per definire un quadro normativo relativo al consumo di suolo, all'assetto del territorio e alle disposizioni generali in materia urbanistica, tale che i tessuti urbani siano dotati di ampi spazi con suolo naturale e abbondante copertura vegetale arborea, allo scopo di contrastare il riscaldamento degli ambienti urbani, fenomeno che a sua volta riveste un ruolo determinante nel riscaldamento globale;
   ad adottare misure specifiche ed urgenti per il potenziamento e l'efficientamento della filiera del legname made in Italy, favorendone e incrementandone l'impiego, in particolare per costruzioni in bioedilizia, mobilia ed opere di ingegneria naturalistica, allo scopo di incrementare la quantità di carbonio fissato in manufatti ad elevata durabilità;
   ad incentivare le pratiche agrarie che possano favorire la mitigazione dei cambiamenti climatici favorendo nel contempo lo sviluppo di un tessuto agricolo resiliente in cui la produttività non pregiudichi la biodiversità e favorendo il mantenimento e l'ulteriore sviluppo di opere e tecniche agrarie utili alla stabilizzazione dei versanti e alla regimazione delle acque meteoriche;
   a favorire politiche compatibili con un abbattimento di emissioni climalteranti e con la decarbonizzazione dell'economia, con particolare riferimento al settore delle politiche energetiche e a quello dei trasporti, favorendo il recupero della materia in luogo del recupero energetico all'interno del ciclo dei rifiuti;
   a promuovere programmi di partenariato con Paesi poveri o emergenti in modo da raggiungere il duplice obiettivo di emancipare il loro sviluppo da fonti energetiche fossili e di favorire la diffusione e penetrazione nel mercato globale di tecnologie e know-how made in Italy nel settore delle energie rinnovabili.
(1-00955)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Matarrelli, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    dal 30 novembre all'11 dicembre 2015 si terrà a Parigi la Conferenza delle parti-Cop 21, dei Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), con il compito di portare avanti i negoziati tra i Paesi per cercare di definire obiettivi vincolanti diretti a contenere e ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera e contrastare così il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici;
    dall'appuntamento della Cop 21 si aspetta l'adozione di un nuovo accordo globale che includa tutti i Paesi della comunità internazionale, ossia sia quelli industrializzati, come Stati Uniti e Unione europea, sia quelli emergenti o in via di sviluppo, come Cina e India, che hanno considerevolmente aumentato le loro emissioni negli ultimi anni;
    infatti, se l'Unione europea rappresenta il 9 per cento delle emissioni rilasciate sulla terra, con una percentuale in calo, gli Stati Uniti rappresentano l'11 per cento e la Cina il 25 per cento delle emissioni rilasciate sul pianeta;
    tra le indiscrezioni che arrivano dai media, in vista della Conferenza, sembra che l'amministrazione americana intende ridurre tra il 26 e il 28 per cento l'anidride carbonica entro il 2025 rispetto ai livelli del 2005, il Giappone ha promesso una riduzione delle emissioni del 26 per cento rispetto al 2013 entro il 2030, mentre, tra i Paesi in via di sviluppo, sembra che il Messico sostiene di riuscire a ridurre l'anidride carbonica del 22 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli attuali; inoltre, la Cina si è offerta di limitare il proprio picco di emissioni di anidride carbonica entro il 2030 e ad incrementare, entro questa data, il consumo di energia primaria pulita fino a raggiungere il 30 per cento del totale;
    pertanto, questa volta, dalla Cop 21 si attende un'adesione vincolante anche da parte di Stati che in passato si sono dimostrati negativi agli accordi internazionali, con l'obbiettivo di contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale;
    allo scopo di presentarsi alla Conferenza di Parigi con una posizione unitaria, per affrontare il cambiamento climatico globale oltre il 2020, anche in considerazione della posizione da protagonista assunta dall'Unione europea in materia di clima, la Commissione europea ha presentato il 25 febbraio 2015, al Parlamento e al Consiglio, la comunicazione intitolata «Il Protocollo di Parigi», che concretizza le decisioni prese dal Consiglio europeo dell'ottobre 2014 e che è imperniata sulla proposta di un accordo giuridicamente vincolante, basato su impegni equi e ambiziosi di tutte le parti, per raggiungere l'obiettivo a lungo termine di una riduzione di almeno il 60 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2050 (rispetto al 2010), come si è deciso alla Conferenza delle Nazioni Unite a Lima (Cop 20), e consentire di raggiungere l'obiettivo dei 2 gradi;
    anche se non accompagnato da un impegno globale, il pacchetto clima-energia 20-20-20 (riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento, innalzamento al 20 per cento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e innalzamento al 20 per cento del risparmio energetico entro il 2020), contenuto nella direttiva 2009/29/CE e valido fino al 2020, si è dimostrato un buon insieme di provvedimenti per contrastare il cambiamento climatico ed aumentare l'efficienza energetica, purtroppo esclusivamente all'interno dell'Unione europea;
    da quanto si legge nella comunicazione del Protocollo di Parigi, le politiche dell'Unione europea in materia di clima ed energia stanno dando i loro frutti, con una diminuzione delle emissioni dell'Unione europea del 19 per cento tra il 1990 e il 2013, nonostante la crescita del prodotto interno lordo del 45 per cento nello stesso periodo. Le ultime statistiche annuali disponibili (Eurostat) evidenziano la continuità della tendenza positiva: nel 2013 le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla combustione di combustibile fossile sono diminuite nell'Unione europea del 2,5 per cento rispetto al 2012. Il quadro 2030 per il clima e l'energia concordato dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea nell'ottobre 2014 rafforza gli strumenti strategici, con un obiettivo di riduzione delle emissioni dell'Unione europea del 40 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990;
    tuttavia tali sforzi hanno scarsi effetti sul clima globale se non accompagnati dagli sforzi dei Paesi maggiormente responsabili degli incrementi dei volumi di emissione di gas serra, come gli Stati Uniti e i Paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica;
    secondo l'allarme lanciato dalle conclusioni a cui è giunto di recente il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), se non s'interviene in fretta i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero; per evitare che la temperatura media del pianeta aumenti pericolosamente di oltre due gradi rispetto ai livelli preindustriali (il cosiddetto «obiettivo dei 2 gradi») tutti i Paesi dovranno ridurre in maniera consistente e costante le emissioni di gas a effetto serra;
    l'allarme lanciato contro il riscaldamento del pianeta include effetti che colpiscono direttamente o indirettamente quasi tutti i settori del sistema economico mondiale, modificano le condizioni di vita in moltissime aree, intervengono sulla scarsità di risorse naturali e sulla modifica della resa e della qualità di numerosi prodotti alimentari, sullo scioglimento dei ghiacciai e sull'aumento del livello del mare e aumentano la frequenza e l'intensità di fenomeni estremi (come tifoni, alluvioni, tornado, ma anche siccità); particolarmente vulnerabile a tali effetti si presenta la regione del Mediterraneo e, in particolare, le regioni più a sud dell'area mediterranea, maggiormente esposte al rischio di aumento delle ondate di calore, alla diminuzione dell'estensione delle aree boschive e coltivabili, al rischio di desertificazione, innalzamento del livello del mare e intrusione salina;
    si tratta di impatti che l'umanità deve affrontare ma che sono imputabili sia a cause naturali, più volte verificatisi in passato nella storia del pianeta, sia all'azione dell'uomo;
    proprio in considerazione delle cause naturali, inevitabili nella storia del pianeta, e dell'incidenza minore e comunque parziale che assume l'azione dell'uomo a fronte di tali cause, le istituzioni politiche ed economiche, ultimamente, pongono sempre maggiore attenzione all’«adattamento», confermando sempre di più la necessità di diversificare le politiche di contrasto al cambiamento climatico, da un lato, in politiche finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas serra (politiche di mitigazione) e, dall'altro, in politiche volte alla minimizzazione degli impatti derivanti dai mutamenti del clima (politiche di adattamento);
    gli scienziati concordano che oggi occorre sfruttare tutte le sinergie possibili, anche tenendo conto della limitatezza delle risorse pubbliche a disposizione per poter finanziare gli sforzi per la prevenzione degli effetti a lungo termine dei cambiamenti climatici, che, a loro volta, potrebbero seriamente compromettere l'economia globale e comunque incidere sulla concorrenzialità delle imprese dei Paesi aderenti alle convenzioni internazionali sul clima. Secondo la logica di gestione del rischio, i Paesi dovrebbero investire oggi per la salvaguardia delle infrastrutture critiche e dei centri di attività economica, tenendo conto sia delle future perdite legate al clima e ai danni annuali per le calamità naturali, sia della necessità di rilanciare la crescita economica per creare nuova occupazione;
    la realizzazione degli obiettivi di contrasto ai cambiamenti climatici non può prescindere da una seria analisi della loro sostenibilità, dal punto di vista economico-finanziario e con riferimento all'impatto sui sistemi produttivi; tale necessità appare tanto più evidente in considerazione degli scenari macroeconomici internazionali, per cui le previsioni relative al prossimo futuro prefigurano una contrazione dei margini di redditività delle imprese europee, già chiamate a far fronte alla sempre più stringente concorrenza di imprese di altre aree geografiche, meno impegnate, fino ad ora, nel perseguimento degli obiettivi della lotta ai cambiamenti climatici;
    occorre adottare strategie di flessibilità che evitino la perdita di competitività per le imprese europee, con il rischio di indurre le imprese stesse alla delocalizzazione con conseguente riduzione dell'occupazione. Tali considerazioni valgono, in particolare, per alcuni Stati membri, tra cui l'Italia, alla luce delle particolari caratteristiche del sistema produttivo, per la prevalenza di imprese di piccola e media dimensione, ovvero per l'incidenza nella specializzazione produttiva di comparti quali quello della siderurgia, del vetro, della ceramica o della carta;
    occorre uno sforzo da parte del Governo per rilanciare lo sviluppo e contestualmente garantire la tutela dell'ambiente, puntando sulla modernizzazione ecologica dell'economia e sul rispetto degli impegni presi a livello comunitario; infatti, l'obiettivo deve essere quello di accompagnare la transazione verso un mondo a basse emissioni con un rilancio dell'economia che crea crescita e occupazione;
    l'elaborazione di una strategia per uno sviluppo sostenibile richiede un nuovo tipo di imprenditorialità che consenta di conciliare risultato economico, responsabilità sociale e tutela dell'ambiente, sottolineando il ruolo dell'innovazione anche per la crescita economica e l'occupazione, in conformità con i piani di ripresa economica adottati a livello comunitario;
    occorre puntare, soprattutto, su misure che siano in grado di assicurare nuove occasioni di investimento e di miglioramento della produttività, favorendo contestualmente il miglioramento dell'efficienza nei consumi energetici e il ricorso a fonti alternative e rinnovabili, anche in considerazione che nel solo comparto delle energie rinnovabili le imprese dell'Unione europea sviluppano un fatturato di 129 miliardi di euro e producono lavoro per più di un milione di addetti;
    bisogna prevedere l'attuazione di interventi che siano capaci di rafforzare stabilmente i sistemi produttivi, di incidere sulla ristrutturazione dei settori non più competitivi e di creare le condizioni di una forte ripresa dell'occupazione. Per raggiungere questi obiettivi è necessario sviluppare operazioni dirette alle piccole e medie imprese, al rilancio del settore degli investimenti e dell'edilizia ed al miglioramento dell'efficienza energetica e della sostenibilità ambientale dei processi produttivi, allo snellimento e alla semplificazione delle procedure di autorizzazione degli impianti che utilizzano fonti di energia rinnovabili;
    pertanto, tra gli obiettivi strategici da prendere in considerazione assumono importanza il rilancio degli investimenti in innovazione tecnologica e in tecnologie pulite, la riduzione dei consumi energetici e l'incremento dell'efficienza, incentivando soprattutto lo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore delle costruzioni e automobilistico, che sono tra i più colpiti dalla crisi economica;
    l'investimento in efficienza energetica consente di alleggerire, in tempi relativamente brevi, i costi energetici a carico delle famiglie e delle imprese; la promozione di un maggiore sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili può avere, come già verificato ultimamente, conseguenze positive sul piano dell'occupazione, dell'innovazione tecnologica, dell'affermazione di nuovi settori industriali, al tempo stesso ad alto contenuto di tecnologia e ad elevata intensità di lavoro,

impegna il Governo:

   a sostenere nella prossima Conferenza di Parigi-Cop 21 un accordo globale e vincolante tra tutti i Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, con obiettivi realistici e cadenzati che dovranno essere rispettati da tutti i Paesi, ivi compresi Stati Uniti, Giappone e i Paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, sia per evitare di generare distorsioni della concorrenza globale e spiazzare l'industria europea, sia per combattere le delocalizzazioni di attività produttive in altre macroregioni del mondo meno rispettose dell'ambiente, con effetti negativi verso l'incremento dell'inquinamento globale e verso l'incremento della disoccupazione nei Paesi dell'Unione europea;
   a far valere fino in fondo i legittimi interessi nazionali nel negoziato in sede europea sulla definizione delle misure di lotta ai mutamenti climatici, esigendo che vengano valorizzate in pieno le esperienze industriali e tecnologiche italiane di eccellenza e chiedendo, soprattutto nell'interesse delle industrie italiane chiamate ad un impegno d'investimento consistente, un'adeguata possibilità di ricorso ai meccanismi flessibili, nonché misure calibrate sulle esigenze delle piccole imprese e sul rapporto costi/benefici;
   a lasciare libertà ai Paesi dell'Unione europea nel determinare il proprio specifico mix fra efficientamento energetico e ricorso alle energie rinnovabili, ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Cop 21 di Parigi, in considerazione delle grandi differenze fra i Paesi dell'Unione europea sia nel mix energetico sia nel clima, sia nella struttura produttiva e nelle tecnologie edilizie;
   in considerazione degli ambiziosi obiettivi dell'Unione europea e dello sforzo delle imprese europee, e soprattutto di quelle italiane, e degli oneri da queste già sostenuti in impianti e tecnologie per il raggiungimento dell'obiettivo del 20-20-20, a prevedere, contestualmente alla stipula degli accordi, adeguati incentivi a favore degli investimenti in innovazione tecnologica necessari al raggiungimento degli obiettivi medesimi;
   a promuovere l'istituzione di fondi in ambito europeo non solo per le misure di mitigazione, ma anche per le misure di adattamento, con particolare riferimento all'area del Mediterraneo e alla particolarità e criticità del territorio italiano e in considerazione degli effetti benefici che tali misure potranno determinare sulle risorse idriche, sul territorio e sugli ecosistemi;
   ad approvare entro il più breve tempo possibile la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in collaborazione con la comunità scientifica nazionale, procedendo immediatamente con la definizione di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che ne recepisca le indicazioni definendone priorità, tempistiche e impegni di spesa;
   ad assumere iniziative per escludere dal patto di stabilità le spese dello Stato, delle regioni e degli enti locali, legate a politiche e misure di riduzione delle emissioni climalteranti, con particolare riguardo alle risorse finalizzate al risparmio energetico, efficienza energetica, energie rinnovabili, nonché a interventi volti all'adattamento ai cambiamenti climatici e, in particolare, alla messa in sicurezza del territorio e alla protezione civile;
   a sostenere le azioni delle regioni finalizzate ad aumentare la resilienza del territorio promuovendo le opportune sinergie tra mitigazione e adattamento, anche in collegamento con le iniziative in atto a livello europeo, favorendo lo sviluppo dei piani regionali e locali di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici e privilegiando le misure ad alto grado di sostenibilità ambientale;
   ad istituire un qualificato ed organico servizio meteo-climatico nazionale con il compito di monitorare i cambiamenti in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera, mare ed ecosistemi);
   a promuovere lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili per la produzione di energia elettrica e di calore, consolidando meccanismi di incentivazione coerenti con le più avanzate esperienze europee;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa normativa volta a prorogare le attuali agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici;
   ad assumere sia iniziative volte all'efficienza energetica e dunque al risparmio energetico, sia iniziative mirate ad una reale riduzione dei costi energetici, a beneficio dei consumatori finali e, in particolare, delle imprese europee e dei cittadini;
   a proseguire nell'adozione di misure per il sostegno degli investimenti diretti al risparmio energetico, alla ricerca ed allo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore delle costruzioni, adottando misure dirette a ridurre i consumi energetici degli edifici privati, nonché degli edifici pubblici e della pubblica illuminazione attraverso una più diffusa messa in opera di un concreto efficientamento degli impianti;
   ad aumentare l'efficienza energetica degli edifici pubblici attraverso interventi di carattere strutturale e a promuovere l'ammodernamento del parco immobiliare residenziale pubblico e privato, secondo criteri di sostenibilità ambientale e di efficienza energetica, nonché di qualità della costruzione, di sicurezza, anche sismica, e di risparmio nelle fonti energetiche e nei costi di gestione, proponendo iniziative normative per rendere obbligatorie le tecniche dell'efficienza energetica ai fini dell'attribuzione di aiuti o agevolazioni statali o regionali e per agevolare, attraverso misure fiscali, interventi di manutenzione straordinaria degli immobili esistenti finalizzati ad aumentare il rendimento energetico degli edifici e l'utilizzo di fonti rinnovabili;
   a promuovere investimenti per sostenere politiche innovative in favore dello sviluppo dei trasporti puliti a basse emissioni e a bassi consumi, perseguendo gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore dei trasporti, incentivando l'uso di biocombustibili di seconda e terza generazione e la diffusione di veicoli elettrici e ibridi, promuovendo sistemi di mobilità alternativi, come tramvie, car sharing e piste ciclabili, e incentivando, in particolare, lo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore automobilistico attraverso la subordinazione in maniera permanente degli incentivi per la rottamazione delle auto all'acquisto di veicoli a basso impatto ambientale;
   ad adottare iniziative volte a garantire la definizione di un quadro normativo certo ed esaustivo a tutela degli investimenti nel settore delle rinnovabili, sia per ridurre la dipendenza delle importazioni di energia, sia per tutelare le legittime aspettative delle imprese, anche tenendo conto degli effetti positivi sull'economia e sull'occupazione, dal momento che nel solo comparto delle energie rinnovabili le imprese nell'Unione europea sviluppano un fatturato di 129 miliardi di euro e danno lavoro a più di un milione di addetti;
   a rendere maggiormente efficace il sistema europeo di scambio dei titoli di emissione di gas serra (Eu-Ets), anche allargando la platea delle attività economiche incluse nel sistema, e ad adottare un sistema di regole chiaro, uniforme e stabile nel tempo per orientare le scelte di investimento delle imprese verso tecnologie e attività a bassissime emissioni di carbonio, rendendo il mercato delle quote di emissione di gas ad effetto sera maggiormente liquido e remunerativo teso ad attivare un adeguato ciclo di investimenti contro i cambiamenti climatici;
   ad attivare un sistema di compensazione non a livello nazionale ma a livello europeo, per evitare che le economie più forti possano effettuare maggiori compensazioni per le loro imprese nazionali creando distorsione competitiva intracomunitaria;
   a promuovere politiche industriali che con incentivi mirati sostengano le attività economiche efficienti nell'uso delle risorse naturali e dell'energia, nel rispetto dei principi dell'economia circolare, per dare alle imprese l'occasione di essere protagoniste nella necessaria riconversione in chiave ecologica dell'economia e di rafforzare le proprie competenze nei nuovi mercati che si aprono;
   ad assumere iniziative per prevedere specifici cicli di approfondimento nelle scuole di ogni ordine e grado per dare agli studenti le informazioni sui cambiamenti climatici in atto, sulle loro cause e sugli effetti potenziali, nonché sui comportamenti anche individuali in favore del risparmio delle risorse naturali;
   a promuovere gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore agricolo, puntando a garantire un'alimentazione sostenibile e favorendo la diffusione nel mercato europeo e mondiale dei prodotti di qualità di eccellenza italiana, anche in considerazione della ricorrenza del grande evento dell'Expo di Milano, dedicato al tema «Nutrire il pianeta».
(1-00961) «Allasia, Grimoldi, Fedriga, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    dal 30 novembre all'11 dicembre 2015 si terrà a Parigi la Conferenza delle parti-Cop 21, dei Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), con il compito di portare avanti i negoziati tra i Paesi per cercare di definire obiettivi vincolanti diretti a contenere e ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera e contrastare così il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici;
    dall'appuntamento della Cop 21 si aspetta l'adozione di un nuovo accordo globale che includa tutti i Paesi della comunità internazionale, ossia sia quelli industrializzati, come Stati Uniti e Unione europea, sia quelli emergenti o in via di sviluppo, come Cina e India, che hanno considerevolmente aumentato le loro emissioni negli ultimi anni;
    infatti, se l'Unione europea rappresenta il 9 per cento delle emissioni rilasciate sulla terra, con una percentuale in calo, gli Stati Uniti rappresentano l'11 per cento e la Cina il 25 per cento delle emissioni rilasciate sul pianeta;
    tra le indiscrezioni che arrivano dai media, in vista della Conferenza, sembra che l'amministrazione americana intende ridurre tra il 26 e il 28 per cento l'anidride carbonica entro il 2025 rispetto ai livelli del 2005, il Giappone ha promesso una riduzione delle emissioni del 26 per cento rispetto al 2013 entro il 2030, mentre, tra i Paesi in via di sviluppo, sembra che il Messico sostiene di riuscire a ridurre l'anidride carbonica del 22 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli attuali; inoltre, la Cina si è offerta di limitare il proprio picco di emissioni di anidride carbonica entro il 2030 e ad incrementare, entro questa data, il consumo di energia primaria pulita fino a raggiungere il 30 per cento del totale;
    pertanto, questa volta, dalla Cop 21 si attende un'adesione vincolante anche da parte di Stati che in passato si sono dimostrati negativi agli accordi internazionali, con l'obbiettivo di contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale;
    allo scopo di presentarsi alla Conferenza di Parigi con una posizione unitaria, per affrontare il cambiamento climatico globale oltre il 2020, anche in considerazione della posizione da protagonista assunta dall'Unione europea in materia di clima, la Commissione europea ha presentato il 25 febbraio 2015, al Parlamento e al Consiglio, la comunicazione intitolata «Il Protocollo di Parigi», che concretizza le decisioni prese dal Consiglio europeo dell'ottobre 2014 e che è imperniata sulla proposta di un accordo giuridicamente vincolante, basato su impegni equi e ambiziosi di tutte le parti, per raggiungere l'obiettivo a lungo termine di una riduzione di almeno il 60 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2050 (rispetto al 2010), come si è deciso alla Conferenza delle Nazioni Unite a Lima (Cop 20), e consentire di raggiungere l'obiettivo dei 2 gradi;
    anche se non accompagnato da un impegno globale, il pacchetto clima-energia 20-20-20 (riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento, innalzamento al 20 per cento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e innalzamento al 20 per cento del risparmio energetico entro il 2020), contenuto nella direttiva 2009/29/CE e valido fino al 2020, si è dimostrato un buon insieme di provvedimenti per contrastare il cambiamento climatico ed aumentare l'efficienza energetica, purtroppo esclusivamente all'interno dell'Unione europea;
    da quanto si legge nella comunicazione del Protocollo di Parigi, le politiche dell'Unione europea in materia di clima ed energia stanno dando i loro frutti, con una diminuzione delle emissioni dell'Unione europea del 19 per cento tra il 1990 e il 2013, nonostante la crescita del prodotto interno lordo del 45 per cento nello stesso periodo. Le ultime statistiche annuali disponibili (Eurostat) evidenziano la continuità della tendenza positiva: nel 2013 le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla combustione di combustibile fossile sono diminuite nell'Unione europea del 2,5 per cento rispetto al 2012. Il quadro 2030 per il clima e l'energia concordato dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea nell'ottobre 2014 rafforza gli strumenti strategici, con un obiettivo di riduzione delle emissioni dell'Unione europea del 40 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990;
    tuttavia tali sforzi hanno scarsi effetti sul clima globale se non accompagnati dagli sforzi dei Paesi maggiormente responsabili degli incrementi dei volumi di emissione di gas serra, come gli Stati Uniti e i Paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica;
    secondo l'allarme lanciato dalle conclusioni a cui è giunto di recente il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), se non s'interviene in fretta i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero; per evitare che la temperatura media del pianeta aumenti pericolosamente di oltre due gradi rispetto ai livelli preindustriali (il cosiddetto «obiettivo dei 2 gradi») tutti i Paesi dovranno ridurre in maniera consistente e costante le emissioni di gas a effetto serra;
    l'allarme lanciato contro il riscaldamento del pianeta include effetti che colpiscono direttamente o indirettamente quasi tutti i settori del sistema economico mondiale, modificano le condizioni di vita in moltissime aree, intervengono sulla scarsità di risorse naturali e sulla modifica della resa e della qualità di numerosi prodotti alimentari, sullo scioglimento dei ghiacciai e sull'aumento del livello del mare e aumentano la frequenza e l'intensità di fenomeni estremi (come tifoni, alluvioni, tornado, ma anche siccità); particolarmente vulnerabile a tali effetti si presenta la regione del Mediterraneo e, in particolare, le regioni più a sud dell'area mediterranea, maggiormente esposte al rischio di aumento delle ondate di calore, alla diminuzione dell'estensione delle aree boschive e coltivabili, al rischio di desertificazione, innalzamento del livello del mare e intrusione salina;
    si tratta di impatti che l'umanità deve affrontare ma che sono imputabili sia a cause naturali, più volte verificatisi in passato nella storia del pianeta, sia all'azione dell'uomo;
    proprio in considerazione delle cause naturali, inevitabili nella storia del pianeta, e dell'incidenza minore e comunque parziale che assume l'azione dell'uomo a fronte di tali cause, le istituzioni politiche ed economiche, ultimamente, pongono sempre maggiore attenzione all’«adattamento», confermando sempre di più la necessità di diversificare le politiche di contrasto al cambiamento climatico, da un lato, in politiche finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas serra (politiche di mitigazione) e, dall'altro, in politiche volte alla minimizzazione degli impatti derivanti dai mutamenti del clima (politiche di adattamento);
    gli scienziati concordano che oggi occorre sfruttare tutte le sinergie possibili, anche tenendo conto della limitatezza delle risorse pubbliche a disposizione per poter finanziare gli sforzi per la prevenzione degli effetti a lungo termine dei cambiamenti climatici, che, a loro volta, potrebbero seriamente compromettere l'economia globale e comunque incidere sulla concorrenzialità delle imprese dei Paesi aderenti alle convenzioni internazionali sul clima. Secondo la logica di gestione del rischio, i Paesi dovrebbero investire oggi per la salvaguardia delle infrastrutture critiche e dei centri di attività economica, tenendo conto sia delle future perdite legate al clima e ai danni annuali per le calamità naturali, sia della necessità di rilanciare la crescita economica per creare nuova occupazione;
    la realizzazione degli obiettivi di contrasto ai cambiamenti climatici non può prescindere da una seria analisi della loro sostenibilità, dal punto di vista economico-finanziario e con riferimento all'impatto sui sistemi produttivi; tale necessità appare tanto più evidente in considerazione degli scenari macroeconomici internazionali, per cui le previsioni relative al prossimo futuro prefigurano una contrazione dei margini di redditività delle imprese europee, già chiamate a far fronte alla sempre più stringente concorrenza di imprese di altre aree geografiche, meno impegnate, fino ad ora, nel perseguimento degli obiettivi della lotta ai cambiamenti climatici;
    occorre adottare strategie di flessibilità che evitino la perdita di competitività per le imprese europee, con il rischio di indurre le imprese stesse alla delocalizzazione con conseguente riduzione dell'occupazione. Tali considerazioni valgono, in particolare, per alcuni Stati membri, tra cui l'Italia, alla luce delle particolari caratteristiche del sistema produttivo, per la prevalenza di imprese di piccola e media dimensione, ovvero per l'incidenza nella specializzazione produttiva di comparti quali quello della siderurgia, del vetro, della ceramica o della carta;
    occorre uno sforzo da parte del Governo per rilanciare lo sviluppo e contestualmente garantire la tutela dell'ambiente, puntando sulla modernizzazione ecologica dell'economia e sul rispetto degli impegni presi a livello comunitario; infatti, l'obiettivo deve essere quello di accompagnare la transazione verso un mondo a basse emissioni con un rilancio dell'economia che crea crescita e occupazione;
    l'elaborazione di una strategia per uno sviluppo sostenibile richiede un nuovo tipo di imprenditorialità che consenta di conciliare risultato economico, responsabilità sociale e tutela dell'ambiente, sottolineando il ruolo dell'innovazione anche per la crescita economica e l'occupazione, in conformità con i piani di ripresa economica adottati a livello comunitario;
    occorre puntare, soprattutto, su misure che siano in grado di assicurare nuove occasioni di investimento e di miglioramento della produttività, favorendo contestualmente il miglioramento dell'efficienza nei consumi energetici e il ricorso a fonti alternative e rinnovabili, anche in considerazione che nel solo comparto delle energie rinnovabili le imprese dell'Unione europea sviluppano un fatturato di 129 miliardi di euro e producono lavoro per più di un milione di addetti;
    bisogna prevedere l'attuazione di interventi che siano capaci di rafforzare stabilmente i sistemi produttivi, di incidere sulla ristrutturazione dei settori non più competitivi e di creare le condizioni di una forte ripresa dell'occupazione. Per raggiungere questi obiettivi è necessario sviluppare operazioni dirette alle piccole e medie imprese, al rilancio del settore degli investimenti e dell'edilizia ed al miglioramento dell'efficienza energetica e della sostenibilità ambientale dei processi produttivi, allo snellimento e alla semplificazione delle procedure di autorizzazione degli impianti che utilizzano fonti di energia rinnovabili;
    pertanto, tra gli obiettivi strategici da prendere in considerazione assumono importanza il rilancio degli investimenti in innovazione tecnologica e in tecnologie pulite, la riduzione dei consumi energetici e l'incremento dell'efficienza, incentivando soprattutto lo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore delle costruzioni e automobilistico, che sono tra i più colpiti dalla crisi economica;
    l'investimento in efficienza energetica consente di alleggerire, in tempi relativamente brevi, i costi energetici a carico delle famiglie e delle imprese; la promozione di un maggiore sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili può avere, come già verificato ultimamente, conseguenze positive sul piano dell'occupazione, dell'innovazione tecnologica, dell'affermazione di nuovi settori industriali, al tempo stesso ad alto contenuto di tecnologia e ad elevata intensità di lavoro,

impegna il Governo:

   a promuovere nell'ambito della prossima Conferenza di Parigi tra i Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, un accordo globale vincolante per la riduzione delle emissioni con obiettivi realistici che dovranno essere rispettati da tutti i Paesi aderenti;
   a far valere fino in fondo i legittimi interessi nazionali nel negoziato in sede europea sulla definizione delle misure di lotta ai mutamenti climatici, esigendo che vengano valorizzate in pieno le esperienze industriali e tecnologiche italiane di eccellenza e chiedendo, soprattutto nell'interesse delle industrie italiane chiamate ad un impegno d'investimento consistente, un'adeguata possibilità di ricorso ai meccanismi flessibili, nonché misure calibrate sulle esigenze delle piccole imprese e sul rapporto costi/benefici;
   a lasciare libertà ai Paesi dell'Unione europea nel determinare il proprio specifico mix fra efficientamento energetico e ricorso alle energie rinnovabili, ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Cop 21 di Parigi, in considerazione delle grandi differenze fra i Paesi dell'Unione europea sia nel mix energetico sia nel clima, sia nella struttura produttiva e nelle tecnologie edilizie;
   in considerazione degli ambiziosi obiettivi dell'Unione europea e dello sforzo delle imprese europee, e soprattutto di quelle italiane, e degli oneri da queste già sostenuti in impianti e tecnologie per il raggiungimento dell'obiettivo del 20-20-20, a prevedere, contestualmente alla stipula degli accordi, adeguati incentivi a favore degli investimenti in innovazione tecnologica necessari al raggiungimento degli obiettivi medesimi;
   a promuovere l'istituzione di fondi in ambito europeo non solo per le misure di mitigazione, ma anche per le misure di adattamento, con particolare riferimento all'area del Mediterraneo e alla particolarità e criticità del territorio italiano e in considerazione degli effetti benefici che tali misure potranno determinare sulle risorse idriche, sul territorio e sugli ecosistemi;
   ad approvare entro il più breve tempo possibile la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in collaborazione con la comunità scientifica nazionale, procedendo immediatamente con la definizione di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che ne recepisca le indicazioni definendone priorità, tempistiche e impegni di spesa;
   ad assumere iniziative per escludere dal patto di stabilità le spese dello Stato, delle regioni e degli enti locali, legate a politiche e misure di riduzione delle emissioni climalteranti, con particolare riguardo alle risorse finalizzate al risparmio energetico, efficienza energetica, energie rinnovabili, nonché a interventi volti all'adattamento ai cambiamenti climatici e, in particolare, alla messa in sicurezza del territorio e alla protezione civile;
   a sostenere le azioni delle regioni finalizzate ad aumentare la resilienza del territorio promuovendo le opportune sinergie tra mitigazione e adattamento, anche in collegamento con le iniziative in atto a livello europeo, favorendo lo sviluppo dei piani regionali e locali di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici e privilegiando le misure ad alto grado di sostenibilità ambientale;
   ad istituire un qualificato ed organico servizio meteo-climatico nazionale con il compito di monitorare i cambiamenti in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera, mare ed ecosistemi);
   a promuovere lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili per la produzione di energia elettrica e di calore, consolidando meccanismi di incentivazione coerenti con le più avanzate esperienze europee;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa normativa volta a prorogare le attuali agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici;
   ad assumere sia iniziative volte all'efficienza energetica e dunque al risparmio energetico, sia iniziative mirate ad una reale riduzione dei costi energetici, a beneficio dei consumatori finali e, in particolare, delle imprese europee e dei cittadini;
   a proseguire nell'adozione di misure per il sostegno degli investimenti diretti al risparmio energetico, alla ricerca ed allo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore delle costruzioni, adottando misure dirette a ridurre i consumi energetici degli edifici privati, nonché degli edifici pubblici e della pubblica illuminazione attraverso una più diffusa messa in opera di un concreto efficientamento degli impianti;
   ad aumentare l'efficienza energetica degli edifici pubblici attraverso interventi di carattere strutturale e a promuovere l'ammodernamento del parco immobiliare residenziale pubblico e privato, secondo criteri di sostenibilità ambientale e di efficienza energetica, nonché di qualità della costruzione, di sicurezza, anche sismica, e di risparmio nelle fonti energetiche e nei costi di gestione, proponendo iniziative normative per rendere obbligatorie le tecniche dell'efficienza energetica ai fini dell'attribuzione di aiuti o agevolazioni statali o regionali e per agevolare, attraverso misure fiscali, interventi di manutenzione straordinaria degli immobili esistenti finalizzati ad aumentare il rendimento energetico degli edifici e l'utilizzo di fonti rinnovabili;
   a promuovere investimenti per sostenere politiche innovative in favore dello sviluppo dei trasporti puliti a basse emissioni e a bassi consumi, perseguendo gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore dei trasporti, incentivando l'uso di biocarburanti di seconda e terza generazione e la diffusione di veicoli elettrici e ibridi, promuovendo sistemi di mobilità alternativi, come tramvie, car sharing e piste ciclabili, e incentivando, in particolare, lo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore automobilistico attraverso la subordinazione in maniera permanente degli incentivi per la rottamazione delle auto all'acquisto di veicoli a basso impatto ambientale;
   ad adottare iniziative volte a garantire la definizione di un quadro normativo certo ed esaustivo a tutela degli investimenti nel settore delle rinnovabili, sia per ridurre la dipendenza delle importazioni di energia, sia per tutelare le legittime aspettative delle imprese, anche tenendo conto degli effetti positivi sull'economia e sull'occupazione, dal momento che nel solo comparto delle energie rinnovabili le imprese nell'Unione europea sviluppano un fatturato di 129 miliardi di euro e danno lavoro a più di un milione di addetti;
   a rendere maggiormente efficace il sistema europeo di scambio dei titoli di emissione di gas serra (Eu-Ets), anche allargando la platea delle attività economiche incluse nel sistema, e ad adottare un sistema di regole chiaro, uniforme e stabile nel tempo per orientare le scelte di investimento delle imprese verso tecnologie e attività a bassissime emissioni di carbonio, rendendo il mercato delle quote di emissione di gas ad effetto sera maggiormente liquido e remunerativo teso ad attivare un adeguato ciclo di investimenti contro i cambiamenti climatici;
   a valutare la possibilità di attivare un sistema di compensazione non a livello nazionale ma a livello europeo, per evitare che le economie più forti possano effettuare maggiori compensazioni per le loro imprese nazionali creando distorsione competitiva intracomunitaria;
   a promuovere politiche industriali che con incentivi mirati sostengano le attività economiche efficienti nell'uso delle risorse naturali e dell'energia, nel rispetto dei principi dell'economia circolare, per dare alle imprese l'occasione di essere protagoniste nella necessaria riconversione in chiave ecologica dell'economia e di rafforzare le proprie competenze nei nuovi mercati che si aprono;
   ad assumere iniziative per prevedere specifici cicli di approfondimento nelle scuole di ogni ordine e grado per dare agli studenti le informazioni sui cambiamenti climatici in atto, sulle loro cause e sugli effetti potenziali, nonché sui comportamenti anche individuali in favore del risparmio delle risorse naturali;
   a promuovere gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore agricolo, puntando a garantire un'alimentazione sostenibile e favorendo la diffusione nel mercato europeo e mondiale dei prodotti di qualità di eccellenza italiana, anche in considerazione della ricorrenza del grande evento dell'Expo di Milano, dedicato al tema «Nutrire il pianeta».
(1-00961)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Allasia, Grimoldi, Fedriga, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».