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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 1 luglio 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 1o luglio 2015.

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Becattini, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bombassei, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Brunetta, Businarolo, Capezzone, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garavini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Becattini, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bombassei, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Brunetta, Businarolo, Capezzone, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garavini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 30 giugno 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   MINARDO: «Disposizioni per favorire l'occupazione» (3202);
   PAGANI ed altri: «Disposizioni in materia di produzione della birra artigianale e della birra agricola artigianale» (3203).
  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 30 giugno 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla mobilitazione dello strumento di flessibilità per le misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia (COM(2015) 238 final).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 30 giugno 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle passività implicite aventi una potenziale incidenza sui bilanci pubblici (COM(2015) 314 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con lettera in data 22 giugno 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale per il riparto del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca per l'anno 2015 (186).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 31 luglio 2015.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 21 MAGGIO 2015, N. 65, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI PENSIONI, DI AMMORTIZZATORI SOCIALI E DI GARANZIE TFR (A.C. 3134-A)

A.C. 3134-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLA PROPOSTA EMENDATIVA PRESENTATA

NULLA OSTA

sull'emendamento 4.100 della Commissione contenuto nel fascicolo n. 2.

A.C. 3134-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLA PROPOSTA EMENDATIVA PRESENTATA

NULLA OSTA

  sull'emendamento contenuto nel fascicolo n. 2.

A.C. 3134-A – Proposta emendativa

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 4 DEL DECRETO-LEGGE

ART. 4.
(Rifinanziamento dei contratti di solidarietà di cui all'articolo 5, commi 5 e 8, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, e all'articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726).

  Dopo il comma 1-bis, aggiungere il seguente:
  1-ter. Il limite di spesa previsto all'articolo 3, comma 3-septies, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, è incrementato di 20 milioni di euro per l'anno 2015, a valere sulle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, come rifinanziato dal presente decreto.

  Conseguentemente, alla rubrica, aggiungere, in fine, le parole: e rifinanziamento della proroga dei trattamenti di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249.
4. 100. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 3134-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    dai dati del «Rapporto sullo stato sociale 2015 – Università La Sapienza», si desume che dopo le due principali riforme della previdenza (Amato 1992 e Dini 1995) la crescita della spesa pensionistica è diventata simile a quella del PIL;
    il saldo tra le entrate contributive e le prestazioni previdenziali pubbliche al netto delle ritenute fiscali ha superato il 2 per cento del PIL nel 2008. Attualmente (gli ultimi dati sono del 2013) il saldo è pari a circa 21 miliardi di euro;
    dunque, ogni anno, il sistema previdenziale pubblico contribuisce positivamente ed in misura consistente a migliorare il bilancio pubblico;
    tutti gli ingentissimi risparmi successivamente conseguiti con le varie riforme pensionistiche citate sono stati assegnati o alla riduzione del deficit oppure ad esigenze considerate «più importanti» rispetto al miglioramento del sistema previdenziale;
    lo stesso è accaduto con i risparmi generati dall'aumento dell'età di pensionamento delle donne che, a norma del decreto-legge n. 78 del 2009 (articolo 22-ter), dovevano essere destinati a «politiche sociali e familiari» e che sono invece finiti nel calderone dei conti pubblici, a finanziare tutt'altro;
    la stessa «riforma Fornero», contenuta nel decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cosiddetto «Salva Italia»), era accompagnata da una relazione tecnica che indicava risparmi per circa 22 miliardi di euro nel periodo 2012-2021, ma il rapporto dell'area attuariale dell'INPS del giugno 2013 ha indicato una previsione di risparmi addirittura superiore a 90 miliardi di euro per lo stesso periodo;
    il sistema previdenziale è dunque stato utilizzato come un «bancomat» da parte dello Stato e i risparmi non sono stati destinati al miglioramento della condizione della vastissima platea di pensionati italiani che percepisce pensioni di importo basso o bassissimo, al di sotto della soglia della povertà;
    ai giovani è stato invece raccontato, dagli ultimi Governi e da molti interessati commentatori, che i soldi risparmiati togliendoli ai loro genitori e nonni sarebbero finiti in misure a loro favore;
    inoltre, nel corso degli anni, aumentando la percentuale di popolazione anziana, la pensione media si è ridotta rispetto alla retribuzione media. Attualmente la pensione media è pari al 45 per cento della retribuzione media. Tale percentuale scenderà fino al 33 per cento nel 2036;
    le pensioni erogate ogni anno (quelle previdenziali con l'esclusione di quelle assistenziali) ammontano a circa 240 miliardi, mentre i contributi incassati allo stesso titolo ammontano a circa 210 miliardi, quindi lo Stato versa all'incirca 30 miliardi l'anno (le altre somme le versa per la gestione assistenziale). Bisogna tener presente però che l'importo delle pensioni è quello lordo, quindi basta che la tassazione media sia del 15 per cento e lo Stato si è ripreso più di quello che ha versato. Ciò che puntualmente accade;
    in termini nominali, la spesa pensionistica sta aumentando di anno in anno poco più dell'inflazione e molto meno che negli altri Paesi: fra il 2003 e il 2010, secondo i dati Eurostat, è aumentata in media del 3,8 per cento l'anno in Italia, contro il 6,8 per cento del Regno Unito, il 4,3 per cento della Svezia, il 4,9 per cento della Francia, 1'8,1 per cento della Spagna e il 5,5 per cento della Danimarca (fa eccezione la Germania, con un aumento annuo dell'1,4 per cento);
    secondo i più recenti dati Eurostat, relativi al 2010, l'Italia spende per le pensioni il 16 per cento del prodotto interno lordo, contro il 13,2 per cento dell'Europa a 15 e il 13 per cento dell'Europa a 27. Va, tuttavia, considerato che il dato del 16 per cento riferito all'Italia è falsato e la percentuale è decisamente più bassa in quanto:
     a) nel calcolo della spesa previdenziale italiana, ma non in quella degli altri Paesi, figura il trattamento di fine rapporto che viceversa rappresenta una parte differita della retribuzione;
     b) si ha una percentuale di ultra sessantacinquenni più elevata degli altri Paesi, il che inevitabilmente determina la presenza di un numero maggiore di pensionati;
     c) si tratta di spesa al lordo delle trattenute fiscali: le pensioni italiane sono invece assoggettate all'imposta sul reddito, a differenza di altri Paesi dove sono praticamente esenti (si veda la Germania);
     d) non si è considerata la spesa per sgravi fiscali alla previdenza privata, particolarmente elevata nei Paesi anglosassoni;
    in rapporto al prodotto interno lordo, a legislazione vigente, la spesa pensionistica è destinata a contrarsi significativamente a partire dal 2014, come si può constatare dalla nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2013 presentato dal Governo nel mese di settembre di quell'anno. Come per tutti i rapporti al prodotto interno lordo, poi, il rapporto fra spesa pensionistica e prodotto interno lordo risente della contrazione del denominatore, ovvero della crisi economica. Se il prodotto interno lordo non si fosse contratto per la recessione, la spesa pensionistica sarebbe almeno di 1 punto di prodotto interno lordo inferiore. A differenza di quanto si poteva scrivere una decina di anni fa, la spesa pensionistica italiana appare elevata soprattutto perché l'economia non cresce, non perché si è troppo generosi,

impegna il Governo

a prendere le opportune misure per destinare totalmente ed unicamente i risparmi, che risulteranno da eventuali misure di modifica del sistema previdenziale pubblico, al miglioramento delle prestazioni previdenziali medesime con particolare riguardo agli iscritti delle gestioni previdenziali con una carriera lavorativa precaria e/o discontinua, ai pensionati con erogazioni previdenziali minime, alla salvaguardia dei lavoratori cd. «esodati».
9/3134-A/1Airaudo, Placido, Sannicandro, Nicchi, Scotto.


   La Camera,
   premesso che:
    dai dati del «Rapporto sullo stato sociale 2015 – Università La Sapienza», si desume che dopo le due principali riforme della previdenza (Amato 1992 e Dini 1995) la crescita della spesa pensionistica è diventata simile a quella del PIL;
    il saldo tra le entrate contributive e le prestazioni previdenziali pubbliche al netto delle ritenute fiscali ha superato il 2 per cento del PIL nel 2008. Attualmente (gli ultimi dati sono del 2013) il saldo è pari a circa 21 miliardi di euro;
    dunque, ogni anno, il sistema previdenziale pubblico contribuisce positivamente ed in misura consistente a migliorare il bilancio pubblico;
    tutti gli ingentissimi risparmi successivamente conseguiti con le varie riforme pensionistiche citate sono stati assegnati o alla riduzione del deficit oppure ad esigenze considerate «più importanti» rispetto al miglioramento del sistema previdenziale;
    lo stesso è accaduto con i risparmi generati dall'aumento dell'età di pensionamento delle donne che, a norma del decreto-legge n. 78 del 2009 (articolo 22-ter), dovevano essere destinati a «politiche sociali e familiari» e che sono invece finiti nel calderone dei conti pubblici, a finanziare tutt'altro;
    la stessa «riforma Fornero», contenuta nel decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cosiddetto «Salva Italia»), era accompagnata da una relazione tecnica che indicava risparmi per circa 22 miliardi di euro nel periodo 2012-2021, ma il rapporto dell'area attuariale dell'INPS del giugno 2013 ha indicato una previsione di risparmi addirittura superiore a 90 miliardi di euro per lo stesso periodo;
    il sistema previdenziale è dunque stato utilizzato come un «bancomat» da parte dello Stato e i risparmi non sono stati destinati al miglioramento della condizione della vastissima platea di pensionati italiani che percepisce pensioni di importo basso o bassissimo, al di sotto della soglia della povertà;
    ai giovani è stato invece raccontato, dagli ultimi Governi e da molti interessati commentatori, che i soldi risparmiati togliendoli ai loro genitori e nonni sarebbero finiti in misure a loro favore;
    inoltre, nel corso degli anni, aumentando la percentuale di popolazione anziana, la pensione media si è ridotta rispetto alla retribuzione media. Attualmente la pensione media è pari al 45 per cento della retribuzione media. Tale percentuale scenderà fino al 33 per cento nel 2036;
    le pensioni erogate ogni anno (quelle previdenziali con l'esclusione di quelle assistenziali) ammontano a circa 240 miliardi, mentre i contributi incassati allo stesso titolo ammontano a circa 210 miliardi, quindi lo Stato versa all'incirca 30 miliardi l'anno (le altre somme le versa per la gestione assistenziale). Bisogna tener presente però che l'importo delle pensioni è quello lordo, quindi basta che la tassazione media sia del 15 per cento e lo Stato si è ripreso più di quello che ha versato. Ciò che puntualmente accade;
    in termini nominali, la spesa pensionistica sta aumentando di anno in anno poco più dell'inflazione e molto meno che negli altri Paesi: fra il 2003 e il 2010, secondo i dati Eurostat, è aumentata in media del 3,8 per cento l'anno in Italia, contro il 6,8 per cento del Regno Unito, il 4,3 per cento della Svezia, il 4,9 per cento della Francia, 1'8,1 per cento della Spagna e il 5,5 per cento della Danimarca (fa eccezione la Germania, con un aumento annuo dell'1,4 per cento);
    secondo i più recenti dati Eurostat, relativi al 2010, l'Italia spende per le pensioni il 16 per cento del prodotto interno lordo, contro il 13,2 per cento dell'Europa a 15 e il 13 per cento dell'Europa a 27. Va, tuttavia, considerato che il dato del 16 per cento riferito all'Italia è falsato e la percentuale è decisamente più bassa in quanto:
     a) nel calcolo della spesa previdenziale italiana, ma non in quella degli altri Paesi, figura il trattamento di fine rapporto che viceversa rappresenta una parte differita della retribuzione;
     b) si ha una percentuale di ultra sessantacinquenni più elevata degli altri Paesi, il che inevitabilmente determina la presenza di un numero maggiore di pensionati;
     c) si tratta di spesa al lordo delle trattenute fiscali: le pensioni italiane sono invece assoggettate all'imposta sul reddito, a differenza di altri Paesi dove sono praticamente esenti (si veda la Germania);
     d) non si è considerata la spesa per sgravi fiscali alla previdenza privata, particolarmente elevata nei Paesi anglosassoni;
    in rapporto al prodotto interno lordo, a legislazione vigente, la spesa pensionistica è destinata a contrarsi significativamente a partire dal 2014, come si può constatare dalla nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2013 presentato dal Governo nel mese di settembre di quell'anno. Come per tutti i rapporti al prodotto interno lordo, poi, il rapporto fra spesa pensionistica e prodotto interno lordo risente della contrazione del denominatore, ovvero della crisi economica. Se il prodotto interno lordo non si fosse contratto per la recessione, la spesa pensionistica sarebbe almeno di 1 punto di prodotto interno lordo inferiore. A differenza di quanto si poteva scrivere una decina di anni fa, la spesa pensionistica italiana appare elevata soprattutto perché l'economia non cresce, non perché si è troppo generosi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi al fine di destinare i risparmi che risulteranno da eventuali misure di modifica del sistema previdenziale pubblico, al miglioramento delle prestazioni previdenziali medesime con particolare riguardo agli iscritti delle gestioni previdenziali con una carriera lavorativa precaria e/o discontinua, ai pensionati con erogazioni previdenziali minime, alla salvaguardia dei lavoratori cd. «esodati».
9/3134-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Airaudo, Placido, Sannicandro, Nicchi, Scotto.


   La Camera,

   premesso che:
    ancora oggi, come in passato, il modello di welfare italiano si basa fondamentalmente sulla generosa e diuturna disponibilità delle famiglie a sostenere i soggetti più vulnerabili della società, come i figli, gli anziani e i disabili;
    la famiglia, quindi, continua a svolgere un ruolo primario nel processo di inclusione sociale: quello di potente ammortizzatore, di vero e proprio sistema di protezione dei propri componenti nei passaggi cruciali della vita, così come in occasione di particolari eventi critici quali la nascita di figli, la disoccupazione, la malattia;
    se da una parte la legislazione italiana ha consolidato la centralità della famiglia, soprattutto quella dei disabili, considerata il perno intorno al quale ruotano l'assistenza e la cura di questi soggetti e per i quali rappresenta spesso, di fronte alla cronica carenza di strutture assistenziali e di provvidenze economiche da parte dello Stato, l'unico punto di riferimento in grado di rispondere in maniera puntuale alle loro esigenze, dall'altra parte deludente è stata la scarsa attenzione prestatale da parte di tutti i Governi, soprattutto con riguardo alle famiglie con figli o altri familiari a carico;
    la legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha rappresentato una grande conquista in tema di diritti di integrazione sociale e di assistenza della persona disabile, garantendone il pieno rispetto da parte dell'intera collettività e promuovendone l'integrazione in tutti gli ambiti della vita, dalla società alla famiglia, alla scuola e al lavoro. Sempre sullo stesso terreno, la legislazione italiana ha inoltre consolidato la centralità della famiglia nelle problematiche connesse alla disabilità, con le leggi n. 53 del 2000, e n. 328 del 2000 e con il testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001. Secondo l'ultima indagine promossa dall'istituto nazionale di statistica (ISTAT) risalente al 2010, le persone con «gravi limitazioni funzionali», in Italia, sono 3,2 milioni, anzi, secondo il Diario della transizione del Censis del 2014, addirittura 4,1 milioni, il 6,7 per cento della popolazione: secondo la stessa indagine, saranno 4,8 milioni nel 2020 (7,9 per cento) e raggiungeranno i 6,7 milioni nel 2040 (10,7 per cento);
    partendo dai citati dati consolidati occorre ora sostenere tale indirizzo culturale, dando priorità alla piena applicazione dei princìpi contenuti nella legge n. 104 del 1992. Tali dati, infatti, dimostrano concretamente e confermano la centralità della famiglia che, di fronte alla cronica carenza di strutture assistenziali e di provvidenze economiche da parte dello Stato, costituisce ancora l'unico microcosmo attorno al quale ruotano l'assistenza e la cura delle persone disabili;
    d'altra parte, laddove è presente una persona affetta da disabilità grave o gravissima i familiari, oltre alla normale attività lavorativa fonte di sostentamento (per la quale sono richieste presenza e professionalità), provvedono anche al suo accudimento quotidiano, che provoca un logoramento e uno stress fisico e psicologico di notevole portata, al punto da far equiparare tale attività ai lavori usuranti;
    chiunque si prenda cura 24 ore su 24 di un familiare gravemente disabile, sa quanto questa attività sia usurante: importanti studi ci confermano come questa figura, il cosiddetto caregiver, abbia, a causa dell'elevato stress quotidiano a cui è esposta, aspettative di vita più brevi della media, vivendo circa 17 anni in meno degli altri, pur rappresentando un tassello fondamentale anche nel tessuto sociale dell'intera comunità. Tuttavia – solo nel nostro Paese – questa figura non è adeguatamente ricompensata e riconosciuta;
    a questo aspetto molto pesante della vita di chi sostiene l'onere della cura di un disabile, si aggiunge, molto spesso, anche la difficoltà economica derivante dall'esigenza di dover provvedere con propri mezzi alla copertura della spesa per l'aiuto di persone esterne al nucleo familiare, laddove i servizi socio-assistenziali non riescono a coprire in toto le pressanti esigenze richieste dal caso specifico;
    a questa condizione, che sembra senza possibilità di appello, si aggiunge il peso della necessità di dover lavorare per il sostentamento della famiglia con conseguente sovrapposizione tra attività, che di fatto rende stressante la quotidianità;
    tale logoramento fisico e psichico delle persone a cui è affidata la cura del soggetto disabile, deve essere, oggi più che mai, degno di riconoscimento;
    per i motivi esposti non è pertanto più eludibile introdurre nel nostro sistema giuridico alcune nuove disposizioni che consentano il pensionamento anticipato per coloro che assistono familiari gravemente disabili, aventi cioè una invalidità non inferiore al 100 per cento, con necessità, quindi, di assistenza continua poiché non in grado di compiere i normali atti quotidiani della vita;
    non è più eludibile l'approvazione di misure che ristorino queste famiglie nel solco della solidarietà, misure peraltro che rappresenterebbero una inversione di tendenza e il superamento di quella contrapposizione ancora oggi esistente tra il riconoscimento astratto dei diritti della persona disabile e il prevalere di fatto di un atteggiamento di emarginazione nei confronti della stessa;
    abbiamo il dovere di riconoscere a queste famiglie il logorio di un'esistenza all'insegna della totale abnegazione verso il loro congiunto meno fortunato. Dobbiamo dare un esplicito riconoscimento a tutti quei familiari dei disabili gravi che quotidianamente svolgono una meritoria attività di cura familiare che si aggiunge spesso all'ordinaria attività lavorativa. Riconoscimento che peraltro comporterebbe indiscutibili vantaggi e risparmi economici per lo Stato derivanti dall'eliminazione dei costi dovuti per supplenze e per sostituzioni a causa delle inevitabili assenze dal posto di lavoro dei lavoratori che assistono un familiare gravemente disabile che si aggiungerebbero ai periodi di congedo previsti dalla normativa vigente;
    alla luce di queste considerazioni il familiare assistente si afferma come creditore nei confronti dello Stato del riconoscimento del proprio ruolo e della valorizzazione del proprio lavoro,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche normative, al fine di introdurre un regime sperimentale che riconosca, su richiesta, alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti del settore pubblico o privato che si dedicano al lavoro di cura e di assistenza di familiari disabili gravi, cioè ai quali è stata certificata una percentuale di invalidità pari al 100 per cento e con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, il diritto all'erogazione anticipata del trattamento pensionistico, diritto che può essere goduto da un solo familiare (coniuge, persona stabilmente convivente, genitore, fratello, sorella o figlio) che ha convissuto con la persona per almeno dieci anni.
9/3134-A/2Melilla, Nicchi, Airaudo, Placido, Sannicandro, Argentin.


   La Camera,

   premesso che:
    ancora oggi, come in passato, il modello di welfare italiano si basa fondamentalmente sulla generosa e diuturna disponibilità delle famiglie a sostenere i soggetti più vulnerabili della società, come i figli, gli anziani e i disabili;
    la famiglia, quindi, continua a svolgere un ruolo primario nel processo di inclusione sociale: quello di potente ammortizzatore, di vero e proprio sistema di protezione dei propri componenti nei passaggi cruciali della vita, così come in occasione di particolari eventi critici quali la nascita di figli, la disoccupazione, la malattia;
    se da una parte la legislazione italiana ha consolidato la centralità della famiglia, soprattutto quella dei disabili, considerata il perno intorno al quale ruotano l'assistenza e la cura di questi soggetti e per i quali rappresenta spesso, di fronte alla cronica carenza di strutture assistenziali e di provvidenze economiche da parte dello Stato, l'unico punto di riferimento in grado di rispondere in maniera puntuale alle loro esigenze, dall'altra parte deludente è stata la scarsa attenzione prestatale da parte di tutti i Governi, soprattutto con riguardo alle famiglie con figli o altri familiari a carico;
    la legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha rappresentato una grande conquista in tema di diritti di integrazione sociale e di assistenza della persona disabile, garantendone il pieno rispetto da parte dell'intera collettività e promuovendone l'integrazione in tutti gli ambiti della vita, dalla società alla famiglia, alla scuola e al lavoro. Sempre sullo stesso terreno, la legislazione italiana ha inoltre consolidato la centralità della famiglia nelle problematiche connesse alla disabilità, con le leggi n. 53 del 2000, e n. 328 del 2000 e con il testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001. Secondo l'ultima indagine promossa dall'istituto nazionale di statistica (ISTAT) risalente al 2010, le persone con «gravi limitazioni funzionali», in Italia, sono 3,2 milioni, anzi, secondo il Diario della transizione del Censis del 2014, addirittura 4,1 milioni, il 6,7 per cento della popolazione: secondo la stessa indagine, saranno 4,8 milioni nel 2020 (7,9 per cento) e raggiungeranno i 6,7 milioni nel 2040 (10,7 per cento);
    partendo dai citati dati consolidati occorre ora sostenere tale indirizzo culturale, dando priorità alla piena applicazione dei princìpi contenuti nella legge n. 104 del 1992. Tali dati, infatti, dimostrano concretamente e confermano la centralità della famiglia che, di fronte alla cronica carenza di strutture assistenziali e di provvidenze economiche da parte dello Stato, costituisce ancora l'unico microcosmo attorno al quale ruotano l'assistenza e la cura delle persone disabili;
    d'altra parte, laddove è presente una persona affetta da disabilità grave o gravissima i familiari, oltre alla normale attività lavorativa fonte di sostentamento (per la quale sono richieste presenza e professionalità), provvedono anche al suo accudimento quotidiano, che provoca un logoramento e uno stress fisico e psicologico di notevole portata, al punto da far equiparare tale attività ai lavori usuranti;
    chiunque si prenda cura 24 ore su 24 di un familiare gravemente disabile, sa quanto questa attività sia usurante: importanti studi ci confermano come questa figura, il cosiddetto caregiver, abbia, a causa dell'elevato stress quotidiano a cui è esposta, aspettative di vita più brevi della media, vivendo circa 17 anni in meno degli altri, pur rappresentando un tassello fondamentale anche nel tessuto sociale dell'intera comunità. Tuttavia – solo nel nostro Paese – questa figura non è adeguatamente ricompensata e riconosciuta;
    a questo aspetto molto pesante della vita di chi sostiene l'onere della cura di un disabile, si aggiunge, molto spesso, anche la difficoltà economica derivante dall'esigenza di dover provvedere con propri mezzi alla copertura della spesa per l'aiuto di persone esterne al nucleo familiare, laddove i servizi socio-assistenziali non riescono a coprire in toto le pressanti esigenze richieste dal caso specifico;
    a questa condizione, che sembra senza possibilità di appello, si aggiunge il peso della necessità di dover lavorare per il sostentamento della famiglia con conseguente sovrapposizione tra attività, che di fatto rende stressante la quotidianità;
    tale logoramento fisico e psichico delle persone a cui è affidata la cura del soggetto disabile, deve essere, oggi più che mai, degno di riconoscimento;
    per i motivi esposti non è pertanto più eludibile introdurre nel nostro sistema giuridico alcune nuove disposizioni che consentano il pensionamento anticipato per coloro che assistono familiari gravemente disabili, aventi cioè una invalidità non inferiore al 100 per cento, con necessità, quindi, di assistenza continua poiché non in grado di compiere i normali atti quotidiani della vita;
    non è più eludibile l'approvazione di misure che ristorino queste famiglie nel solco della solidarietà, misure peraltro che rappresenterebbero una inversione di tendenza e il superamento di quella contrapposizione ancora oggi esistente tra il riconoscimento astratto dei diritti della persona disabile e il prevalere di fatto di un atteggiamento di emarginazione nei confronti della stessa;
    abbiamo il dovere di riconoscere a queste famiglie il logorio di un'esistenza all'insegna della totale abnegazione verso il loro congiunto meno fortunato. Dobbiamo dare un esplicito riconoscimento a tutti quei familiari dei disabili gravi che quotidianamente svolgono una meritoria attività di cura familiare che si aggiunge spesso all'ordinaria attività lavorativa. Riconoscimento che peraltro comporterebbe indiscutibili vantaggi e risparmi economici per lo Stato derivanti dall'eliminazione dei costi dovuti per supplenze e per sostituzioni a causa delle inevitabili assenze dal posto di lavoro dei lavoratori che assistono un familiare gravemente disabile che si aggiungerebbero ai periodi di congedo previsti dalla normativa vigente;
    alla luce di queste considerazioni il familiare assistente si afferma come creditore nei confronti dello Stato del riconoscimento del proprio ruolo e della valorizzazione del proprio lavoro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adoperarsi al fine di individuare un regime sperimentale che definisca modalità di erogazione del trattamento pensionistico più favorevole ai lavoratori del settore pubblico e privato che si dedicano alla cura e all'assistenza di familiari disabili gravi.
9/3134-A/2. (Testo modificato nel corso della seduta) Melilla, Nicchi, Airaudo, Placido, Sannicandro, Argentin.


   La Camera,
   premesso che:
    nel quadro generale della crisi occupazionale, un dramma nel dramma è rappresentato dalla difficoltà di ricollocare i lavoratori ultracinquantenni, espulsi dalle aziende che chiudono o cancellati da politiche del personale che li considera troppo anziani. Mentre questo sta accadendo, l'età del pensionamento è stata addirittura elevata ormai a sessantasette anni e si vive il paradosso di lavoratori disoccupati che sono considerati troppo giovani per la pensione, ma troppo vecchi per essere reinseriti sul mercato;
    l'ultimo rapporto del Censis ha rilevato come nel quinquennio 2008-2013 i disoccupati over cinquanta siano aumentati del 146,1 per cento, con una netta prevalenza di uomini (160,2 per cento) rispetto alle donne (111,1 per cento). Tra gli italiani ultracinquantenni che restano senza lavoro (460.000 nel 2013), il 61,4 per cento non trova una nuova occupazione entro l'anno. La durata media della ricerca di un lavoro arriva, nel 2013, a circa 27 mesi (sei in più rispetto al totale dei disoccupati);
    per favorire il reinserimento nel mercato del lavoro e ridurre la disoccupazione di lungo periodo, la legge di riforma del mercato del lavoro (articolo 4, commi da 8 a 11, della legge n. 92 del 2012) ha introdotto un incentivo consistente nella riduzione del 50 per cento della quota contributiva a carico del datore di lavoro in caso di assunzione di lavoratori ultracinquantenni e disoccupati da almeno 12 mesi con contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato, oppure in caso di somministrazione. In caso di assunzione a tempo indeterminato la riduzione spetta fino a 18 mesi; nell'ipotesi di assunzione a tempo determinato spetta fino a 12 mesi. Se il rapporto viene trasformato a tempo indeterminato la riduzione è riconosciuta per complessivi 18 mesi;
    anche alcune regioni hanno sviluppato politiche del lavoro e incentivi alle assunzioni per i lavoratori ultracinquantenni. Dalla mappatura effettuata dell'associazione ADAPT («Incentivi per gli over 50: mappatura degli interventi nazionali e regionali», giugno 2014), è emerso che in quattro regioni su venti esistono soltanto incentivi generici che indirettamente riguardano anche gli over cinquanta. In otto regioni sono presenti incentivi mirati ai lavoratori ultracinquantenni e in altre otto regioni sono invece assenti incentivi specifici oppure sono scaduti. La maggior parte dei sostegni dedicati agli over cinquanta sono di tipo economico (10) i rimanenti si dividono in azioni integrate (6) o in azioni strettamente formative (2);
    oltre all'incentivo dell'assunzione dei lavoratori ultra cinquantenni disciplinato dalla legge di riforma del mercato del lavoro, a livello nazionale è stato finanziato, con risorse a valere sul Fondo sociale europeo, il progetto Manager to work, finalizzato all'inserimento occupazionale di dirigenti over cinquanta disoccupati e a incentivi per l'autoimprenditorialità;
    inoltre, vi sono incentivi che possono applicarsi ai lavoratori ultracinquantenni, anche se non specificamente diretti a loro;
    i dati statistici relativi alla disoccupazione dei lavoratori ultracinquantenni dimostrano che il quadro delle misure approntate non risulta sufficiente ed efficace per contrastare l'espulsione dal mercato del lavoro di tali lavoratori. Per cercare di aumentarne l'efficacia, la presente proposta di legge interviene integrando le misure attualmente disponibili;
    alcune recenti statistiche (ISFOL, «Rilevazione delle buone pratiche realizzate da imprese private per fronteggiare il problema dell'invecchiamento attivo», aprile 2014) mettono in evidenza che, nell'ambito della ricerca e selezione del personale, venticinque imprese (su un campione di centotrentanove intervistate) rivolgono una specifica attenzione agli over cinquanta. Per lo più privilegiano quelli a rischio di espulsione dal mercato del lavoro (ad esempio per politiche del personale o per sensibilità sociale dell'impresa), alcune, invece, prevedono percorsi di assunzione dedicati, mentre sono poche quelle che privilegiano i lavoratori ultracinquantenni a fronte di incentivi o sussidi o che si rivolgono ad agenzie di intermediazione specializzate,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche normative, al fine di:
   coinvolgere direttamente le parti sociali e datoriali a livello territoriale per favorire il reinserimento lavorativo dei lavoratori ultracinquantenni, e di prevedere che le regioni istituiscano tavoli territoriali tra le parti sociali e datoriali, i centri per l'impiego e gli enti accreditati ai servizi al lavoro e alla formazione del territorio In tal modo gli incentivi all'assunzione già presenti a legislazione vigente e altri che si volessero introdurre potrebbero essere più efficaci nel perseguimento dell'obiettivo;
   prevedere che le imprese e le parti sociali stipulino accordi per l'assunzione di lavoratori ultracinquantenni, con la possibilità di avvalersi di percorsi personalizzati di riqualificazione dei lavoratori attraverso l'intervento delle province. Tali ultime misure potrebbero essere favorite dalle regioni con fondi propri e del Fondo sociale europeo;
   prevedere la possibilità di concedere contributi per la prosecuzione volontaria della contribuzione in favore di lavoratori disoccupati ultracinquantenni.
9/3134-A/3Placido, Nicchi, Airaudo, Ricciatti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    nel quadro generale della crisi occupazionale, un dramma nel dramma è rappresentato dalla difficoltà di ricollocare i lavoratori ultracinquantenni, espulsi dalle aziende che chiudono o cancellati da politiche del personale che li considera troppo anziani. Mentre questo sta accadendo, l'età del pensionamento è stata addirittura elevata ormai a sessantasette anni e si vive il paradosso di lavoratori disoccupati che sono considerati troppo giovani per la pensione, ma troppo vecchi per essere reinseriti sul mercato;
    l'ultimo rapporto del Censis ha rilevato come nel quinquennio 2008-2013 i disoccupati over cinquanta siano aumentati del 146,1 per cento, con una netta prevalenza di uomini (160,2 per cento) rispetto alle donne (111,1 per cento). Tra gli italiani ultracinquantenni che restano senza lavoro (460.000 nel 2013), il 61,4 per cento non trova una nuova occupazione entro l'anno. La durata media della ricerca di un lavoro arriva, nel 2013, a circa 27 mesi (sei in più rispetto al totale dei disoccupati);
    per favorire il reinserimento nel mercato del lavoro e ridurre la disoccupazione di lungo periodo, la legge di riforma del mercato del lavoro (articolo 4, commi da 8 a 11, della legge n. 92 del 2012) ha introdotto un incentivo consistente nella riduzione del 50 per cento della quota contributiva a carico del datore di lavoro in caso di assunzione di lavoratori ultracinquantenni e disoccupati da almeno 12 mesi con contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato, oppure in caso di somministrazione. In caso di assunzione a tempo indeterminato la riduzione spetta fino a 18 mesi; nell'ipotesi di assunzione a tempo determinato spetta fino a 12 mesi. Se il rapporto viene trasformato a tempo indeterminato la riduzione è riconosciuta per complessivi 18 mesi;
    anche alcune regioni hanno sviluppato politiche del lavoro e incentivi alle assunzioni per i lavoratori ultracinquantenni. Dalla mappatura effettuata dell'associazione ADAPT («Incentivi per gli over 50: mappatura degli interventi nazionali e regionali», giugno 2014), è emerso che in quattro regioni su venti esistono soltanto incentivi generici che indirettamente riguardano anche gli over cinquanta. In otto regioni sono presenti incentivi mirati ai lavoratori ultracinquantenni e in altre otto regioni sono invece assenti incentivi specifici oppure sono scaduti. La maggior parte dei sostegni dedicati agli over cinquanta sono di tipo economico (10) i rimanenti si dividono in azioni integrate (6) o in azioni strettamente formative (2);
    oltre all'incentivo dell'assunzione dei lavoratori ultra cinquantenni disciplinato dalla legge di riforma del mercato del lavoro, a livello nazionale è stato finanziato, con risorse a valere sul Fondo sociale europeo, il progetto Manager to work, finalizzato all'inserimento occupazionale di dirigenti over cinquanta disoccupati e a incentivi per l'autoimprenditorialità;
    inoltre, vi sono incentivi che possono applicarsi ai lavoratori ultracinquantenni, anche se non specificamente diretti a loro;
    i dati statistici relativi alla disoccupazione dei lavoratori ultracinquantenni dimostrano che il quadro delle misure approntate non risulta sufficiente ed efficace per contrastare l'espulsione dal mercato del lavoro di tali lavoratori. Per cercare di aumentarne l'efficacia, la presente proposta di legge interviene integrando le misure attualmente disponibili;
    alcune recenti statistiche (ISFOL, «Rilevazione delle buone pratiche realizzate da imprese private per fronteggiare il problema dell'invecchiamento attivo», aprile 2014) mettono in evidenza che, nell'ambito della ricerca e selezione del personale, venticinque imprese (su un campione di centotrentanove intervistate) rivolgono una specifica attenzione agli over cinquanta. Per lo più privilegiano quelli a rischio di espulsione dal mercato del lavoro (ad esempio per politiche del personale o per sensibilità sociale dell'impresa), alcune, invece, prevedono percorsi di assunzione dedicati, mentre sono poche quelle che privilegiano i lavoratori ultracinquantenni a fronte di incentivi o sussidi o che si rivolgono ad agenzie di intermediazione specializzate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche di carattere normativo, al fine di favorire, mediante il coinvolgimento delle Regioni, il reinserimento lavorativo dei lavoratori ultracinquantenni eventualmente individuando specifici interventi a favore dei medesimi soggetti.
9/3134-A/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Placido, Nicchi, Airaudo, Ricciatti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del provvedimento stanzia ulteriori 5 milioni di euro a valere per l'anno 2015 e destinati, nell'ambito delle risorse del Fondo sociale per l'occupazione e formazione di cui all'articolo 18, comma 1 del decreto legge del 29 novembre 2008, n.185, convertito con modificazioni dalla legge del 28 gennaio 2009, n. 2, al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga per il settore della pesca di cui all'articolo 2, commi 64, 65 e 66 della legge 28 giugno 2012, n. 92;
    per la suddetta finalità a partire dall'anno 2011 sono stati destinati, in ragione annua, 30 milioni di euro, che rappresentano un importo inadeguato a coprire anche retroattivamente i trattamenti di integrazione salariale in deroga relativi, ove non corrisposti, alle annualità arretrate, e corrisposti in tutte le situazioni di crisi in cui si renda necessaria la sospensione temporanea dell'attività per cause indipendenti e non imputabili al datore di lavoro, ivi compresi i periodi di fermo biologico;
    la platea dei beneficiari del trattamento d'integrazione straordinaria, ai quali viene corrisposto 1'80 per cento del minimo monetario garantito previsto dai CCNL, è rappresentata da circa 15.000 lavoratori, su un totale di circa 28.000 complessivi tra imbarcati e soci lavoratori, principalmente su unità dedite alla pesca a strascico, obbligate annualmente ad un fermo biologico che dura non meno di 30 giorni consecutivi;
    quello della pesca è un settore fondamentale e caratterizzante dell'economia del nostro Paese, costituito prevalentemente da micro imprese che non beneficiano delle stesse tutele delle grandi aziende e che devono quotidianamente fare i conti con il vertiginoso calo di consumi di pesce da parte delle famiglie italiane, l'insufficiente valorizzazione del loro pescato, l'aumento dei prezzi del carburante e delle spese di gestione dell'attività, e non ultima, l'importazione di prodotti dai Paesi non comunitari;
    secondo il meccanismo normativo di cui alla legge 3 aprile 2001, n. 142, la concessione della prestazione di CIG in deroga è riconosciuto in tutte le situazioni di crisi del settore, anche collegate ai periodi di fermo biologico, in cui si renda necessario sospendere l'attività lavorativa per cause non imputabili al datore di lavoro e, comunque, per un periodo non superiore al numero di giornate retribuite al lavoratore nel corso dell'anno precedente, ed è subordinata alla verifica della sussistenza, nel relativo contratto di lavoro dei beneficiari, del sistema retributivo con minimo monetario garantito e che l'accesso alle misure di sostegno al reddito può avvenire solo sulla base di specifici accordi, comprensivi degli elenchi nominativi dei lavoratori beneficiari, sottoscritti dalle parti sociali presso le locali Autorità marittime;
    lo stesso Governo 1'8 giugno 2015 nell'ambito della firma dell'accordo avvenuto presso il ministero del Lavoro a completamento dell’iter di copertura della CIG in deroga residua delle annualità 2014 e del 2015, si è impegnato in sede di riassetto del mercato del lavoro ad approfondire tutte le problematiche del settore,

impegna il Governo

a individuare ulteriori risorse finanziarie da destinare alla cassa integrazione in deroga per i lavoratori della pesca ed ad allargare le tutele assistenziali e previdenziali agli stessi, rendendo la misura strutturale, superando, al pari degli altri lavoratori, l'istituto della deroga.
9/3134-A/4Franco Bordo, Zaccagnini, Airaudo, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del provvedimento stanzia ulteriori 5 milioni di euro a valere per l'anno 2015 e destinati, nell'ambito delle risorse del Fondo sociale per l'occupazione e formazione di cui all'articolo 18, comma 1 del decreto legge del 29 novembre 2008, n.185, convertito con modificazioni dalla legge del 28 gennaio 2009, n. 2, al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga per il settore della pesca di cui all'articolo 2, commi 64, 65 e 66 della legge 28 giugno 2012, n. 92;
    per la suddetta finalità a partire dall'anno 2011 sono stati destinati, in ragione annua, 30 milioni di euro, che rappresentano un importo inadeguato a coprire anche retroattivamente i trattamenti di integrazione salariale in deroga relativi, ove non corrisposti, alle annualità arretrate, e corrisposti in tutte le situazioni di crisi in cui si renda necessaria la sospensione temporanea dell'attività per cause indipendenti e non imputabili al datore di lavoro, ivi compresi i periodi di fermo biologico;
    la platea dei beneficiari del trattamento d'integrazione straordinaria, ai quali viene corrisposto 1'80 per cento del minimo monetario garantito previsto dai CCNL, è rappresentata da circa 15.000 lavoratori, su un totale di circa 28.000 complessivi tra imbarcati e soci lavoratori, principalmente su unità dedite alla pesca a strascico, obbligate annualmente ad un fermo biologico che dura non meno di 30 giorni consecutivi;
    quello della pesca è un settore fondamentale e caratterizzante dell'economia del nostro Paese, costituito prevalentemente da micro imprese che non beneficiano delle stesse tutele delle grandi aziende e che devono quotidianamente fare i conti con il vertiginoso calo di consumi di pesce da parte delle famiglie italiane, l'insufficiente valorizzazione del loro pescato, l'aumento dei prezzi del carburante e delle spese di gestione dell'attività, e non ultima, l'importazione di prodotti dai Paesi non comunitari;
    secondo il meccanismo normativo di cui alla legge 3 aprile 2001, n. 142, la concessione della prestazione di CIG in deroga è riconosciuto in tutte le situazioni di crisi del settore, anche collegate ai periodi di fermo biologico, in cui si renda necessario sospendere l'attività lavorativa per cause non imputabili al datore di lavoro e, comunque, per un periodo non superiore al numero di giornate retribuite al lavoratore nel corso dell'anno precedente, ed è subordinata alla verifica della sussistenza, nel relativo contratto di lavoro dei beneficiari, del sistema retributivo con minimo monetario garantito e che l'accesso alle misure di sostegno al reddito può avvenire solo sulla base di specifici accordi, comprensivi degli elenchi nominativi dei lavoratori beneficiari, sottoscritti dalle parti sociali presso le locali Autorità marittime;
    lo stesso Governo 1'8 giugno 2015 nell'ambito della firma dell'accordo avvenuto presso il ministero del Lavoro a completamento dell’iter di copertura della CIG in deroga residua delle annualità 2014 e del 2015, si è impegnato in sede di riassetto del mercato del lavoro ad approfondire tutte le problematiche del settore,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di individuare ulteriori risorse finanziarie da destinare alla cassa integrazione in deroga per i lavoratori della pesca e ad ampliare le tutele assistenziali e previdenziali agli stessi, rendendo la misura strutturale, superando, al pari degli altri lavoratori, l'istituto della deroga.
9/3134-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Franco Bordo, Zaccagnini, Airaudo, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento, seppur tardivamente, autorizza per il 2015, ai fini del finanziamento dei contratti di solidarietà difensivi di cui all'articolo 5 del decreto-legge n. 148 del 1993, una spesa di 140 milioni di euro a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione, intervento resosi necessario in virtù dell'esaurimento dei fondi al fine di sanare le domande giacenti e relative all'anno 2014, e a garantire, anche in attesa della messa a regime delle nuove tutele previste dal «Jobs Act», la continuità a tutto il 2015 per i richiamati contratti;
    in tal senso il provvedimento interviene attraverso il rifinanziamento di due strumenti di sostegno al reddito che, in questi anni di crisi, hanno permesso a un numero elevatissimo di lavoratori e lavoratrici di mantenere la propria occupazione: da una parte gli ammortizzatori sociali in deroga, attraverso l'implementazione ai sensi dell'articolo 2, del finanziamento del Fondo sociale per occupazione e formazione, e dall'altro i suddetti contratti di solidarietà c.d. di tipo B, rimasti oramai quali uniche tutele alternative per quei lavoratori non coperti dalla normativa sulla cassa integrazione guadagni;
    nonostante la Commissione lavoro abbia raddoppiato lo stanziamento originario pari a soli 70 milioni di euro, la somma è ancora insufficiente, anche a causa del suo mancato rifinanziamento a valle nella legge di stabilità 2015, a garantire la completa evasione delle domande giacenti e relative dal 2014;
    sarebbe pertanto necessario implementare le risorse fino al 1o luglio 2016, data in cui dovrebbero entrare in funzione i cosiddetti «Fondi bilaterali di solidarietà» previsti dal Jobs Act. Inoltre va considerato che il tentativo di razionalizzazione del sistema di tutele in costanza di rapporto di lavoro, come delineato dalla legge Fornero n. 92 del 2012, da realizzarsi attraverso la costituzione dei Fondi di Solidarietà bilaterali, non solo non ha dato fino ad oggi i risultati sperati ma ha drammaticamente dimostrato tutti i suoi limiti che hanno determinato, con rarissime eccezioni, la creazione di un unico grande fondo residuale che purtroppo, nelle more della sua ridefinizione ad opera dell'emanando decreto attuativo, sarà operativo solo a far data dal 1o gennaio 2016 ed in grado di erogare prestazioni a partire dal 1o luglio 2016;
    da ultimo, l'articolo 2-bis del decreto-legge n. 192 del 2014, ha prorogato per il solo 2015, nel limite di 50 milioni di euro, con onere a carico del Fondo sociale per l'occupazione e formazione, l'incremento del 10 per cento dell'ammontare del trattamento di integrazione salariale per i contratti di solidarietà di tipo A, portandolo così al 70 per cento del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione d'orario, con riferimento prioritariamente ai trattamenti dovuti nell'anno 2015 in forza di contratti di solidarietà stipulati nell'anno 2014. Si tratta però di una misura che necessita di un provvedimento che di anno in anno ne proroga l'efficacia,

impegna il Governo

   a stanziare ulteriori risorse atte ad assicurare e garantire, fino alla completa messa a regime dei contratti di solidarietà di cui all'articolo 5, commi 5 e 8, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, ad opera del c.d. Jobs Act, la completa evasione delle domande di trattamento integrazione salariale dovute nell'anno 2015 in forza di contratti di solidarietà stipulati nell'anno 2014, e dovute nell'anno 2016 in forza di contratti di solidarietà stipulati nell'anno 2015;
   a prevedere, nell'ambito del riordino della disciplina dei cosiddetti contratti di solidarietà di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, la messa a regime dell'incremento del 10 del cento dell'ammontare del trattamento di integrazione salariale dovuto per i contratti di solidarietà, portandolo così al 70 per cento del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione d'orario.
9/3134-A/5Ferrara, Airaudo, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento, seppur tardivamente, autorizza per il 2015, ai fini del finanziamento dei contratti di solidarietà difensivi di cui all'articolo 5 del decreto-legge n. 148 del 1993, una spesa di 140 milioni di euro a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione, intervento resosi necessario in virtù dell'esaurimento dei fondi al fine di sanare le domande giacenti e relative all'anno 2014, e a garantire, anche in attesa della messa a regime delle nuove tutele previste dal «Jobs Act», la continuità a tutto il 2015 per i richiamati contratti;
    in tal senso il provvedimento interviene attraverso il rifinanziamento di due strumenti di sostegno al reddito che, in questi anni di crisi, hanno permesso a un numero elevatissimo di lavoratori e lavoratrici di mantenere la propria occupazione: da una parte gli ammortizzatori sociali in deroga, attraverso l'implementazione ai sensi dell'articolo 2, del finanziamento del Fondo sociale per occupazione e formazione, e dall'altro i suddetti contratti di solidarietà c.d. di tipo B, rimasti oramai quali uniche tutele alternative per quei lavoratori non coperti dalla normativa sulla cassa integrazione guadagni;
    nonostante la Commissione lavoro abbia raddoppiato lo stanziamento originario pari a soli 70 milioni di euro, la somma è ancora insufficiente, anche a causa del suo mancato rifinanziamento a valle nella legge di stabilità 2015, a garantire la completa evasione delle domande giacenti e relative dal 2014;
    sarebbe pertanto necessario implementare le risorse fino al 1o luglio 2016, data in cui dovrebbero entrare in funzione i cosiddetti «Fondi bilaterali di solidarietà» previsti dal Jobs Act. Inoltre va considerato che il tentativo di razionalizzazione del sistema di tutele in costanza di rapporto di lavoro, come delineato dalla legge Fornero n. 92 del 2012, da realizzarsi attraverso la costituzione dei Fondi di Solidarietà bilaterali, non solo non ha dato fino ad oggi i risultati sperati ma ha drammaticamente dimostrato tutti i suoi limiti che hanno determinato, con rarissime eccezioni, la creazione di un unico grande fondo residuale che purtroppo, nelle more della sua ridefinizione ad opera dell'emanando decreto attuativo, sarà operativo solo a far data dal 1o gennaio 2016 ed in grado di erogare prestazioni a partire dal 1o luglio 2016;
    da ultimo, l'articolo 2-bis del decreto-legge n. 192 del 2014, ha prorogato per il solo 2015, nel limite di 50 milioni di euro, con onere a carico del Fondo sociale per l'occupazione e formazione, l'incremento del 10 per cento dell'ammontare del trattamento di integrazione salariale per i contratti di solidarietà di tipo A, portandolo così al 70 per cento del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione d'orario, con riferimento prioritariamente ai trattamenti dovuti nell'anno 2015 in forza di contratti di solidarietà stipulati nell'anno 2014. Si tratta però di una misura che necessita di un provvedimento che di anno in anno ne proroga l'efficacia,

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine di rendere disponibile la copertura finanziaria dei contratti di solidarietà di tipo «B» sottoscritti nel corso degli anni 2014 e 2015, con scadenza anche successiva, e a valutare l'opportunità di adoperarsi al fine di attribuire un carattere continuativo all'incremento del 10 per cento dell'ammontare del trattamento di integrazione salariale per i contratti di solidarietà di tipo «A».
9/3134-A/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Ferrara, Airaudo, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento, con riferimento al regime sperimentale introdotto dall'articolo 1, comma 30, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (c.d. «TFR in busta paga»), modifica la relativa disciplina nella parte in cui istituisce un finanziamento bancario, assistito da speciali garanzie (tra cui quella di ultima istanza dello Stato), cui possono accedere i datori di lavoro che non intendono corrispondere immediatamente con risorse proprie la quota maturanda del TFR, esentando il finanziamento dal pagamento delle imposte di bollo e di registro;
    in realtà, a pochi mesi dal suo debutto, il regime di conferimento del TFR in busta paga è fallito da una parte perché capace di incidere pregiudizialmente sul futuro previdenziale dei lavoratori, e dall'altro perché fiscalmente sconveniente, poiché l'incremento del reddito causato dall'integrazione viene tassato con l'aliquota «marginale», ossia quella relativa allo scaglione più alto del reddito;
    in sede di approvazione della legge di stabilità 2015 erano state avanzate numerose perplessità, non ultimo il dato che il conferimento anticipato di quote del TFR in busta paga avrebbe comportato effetti piuttosto importanti dal punto di vista reddituale poiché, facendo cumulo con gli altri redditi percepiti nel medesimo periodo d'imposta, comporta importanti ricadute sulla determinazione delle detrazioni fiscali, sugli eventuali assegni familiari e su tutto quanto è determinabile e riconoscibile sulla base dell'ISEE;
    secondo i dati ultimamente diramati dall'Osservatorio della Fondazione studi dei consulenti del lavoro che ha analizzato un milione di posizioni lavorative, solo 567 dipendenti, cioè meno dello 0,1 per cento, hanno chiesto alla propria azienda l'anticipazione in busta paga del loro trattamento di fine rapporto. Inoltre, sempre secondo lo stesso studio, la suddetta norma, in vigore da aprile, penalizzerebbe, a causa del suo regime di tassazione ordinaria, tutti i redditi oltre i 15 mila euro (circa il 60 per cento del totale), con un aggravio impositivo, per chi percepisce 90.000 euro di reddito, pari a 569 euro l'anno;
    sempre sulla base delle elaborazioni dei consulenti, i lavoratori richiedenti sono: per il 75 per cento residenti nel Centro Nord e il 25 per cento al Sud; per il 43 per cento lavorano nel terziario e per circa il 27 per cento nell'industria; il 25 per cento ha redditi fino a 20.000 euro, il 50 per cento fino a 30.000 euro mentre appena il 6,25 per cento lo ha chiesto avendo redditi superiori a 40.000 euro annui; solo il 10 per cento di coloro che hanno chiesto l'anticipazione ha tolto il proprio Tfr da un fondo pensione; il 16 per cento, poi, considera sbagliato smobilizzare il Tfr dal fondo pensione prescelto, mentre il 20 per cento non ha ancora valutato adeguatamente;
    secondo, invece, una simulazione condotta dal sindacato Fiba Cisl che ha messo a confronto gli effetti delle tre possibili scelte in campo da parte di chi percepisce 25 mila euro l'anno con un'aliquota fiscale di riferimento pari al 27 per cento (Tfr in busta paga, mantenimento in azienda, versamento al fondo pensione) e basata sul triennio in cui vige il regime sperimentale, il risultato economico delle tre scelte dipenderebbe dal fatto che il Tfr in busta paga non dà rendimento, mentre il mantenimento in azienda o presso un fondo pensioni farebbe rivalutare anno per anno, cumulando rendimento su rendimento, le quote, con la conseguenza che più sono gli anni che mancano al pensionamento, maggiori sono i rendimenti;
    altri studi hanno confermato che la previsione normativa giovi in particolar modo allo Stato piuttosto che ai lavoratori in quanto, essendo il conferimento del Tfr in busta paga soggetto a tassazione ordinaria, e non separata, come avviene quando viene corrisposto alla conclusione del rapporto lavorativo, comporta per l'erario un gettito decisamente superiore rispetto all'eventualità che lo stesso venisse mantenuto in azienda, o venisse trasferito all'Inps. Stessa cosa non si può dire per i fondi per la previdenza complementare, per i quali la tassazione è stata aumentata, contestualmente dalla stessa legge di stabilità 2015, dall'11,5 per cento al 20 per cento. Ed invero, secondo quanto riportato dalla stessa relazione tecnica di accompagnamento alla legge di stabilità 2015, nel complesso la misura, potendo interessare al 40-50 per cento dei lavoratori destinatari, avrebbe dovuto valere un gettito atteso per l'erario di circa 20 miliardi di euro all'anno,

impegna il Governo

ad adottare, per il conferimento del TFR in busta paga, un regime fiscale di maggior favore, applicando il previgente sistema di tassazione separata basato sull'applicazione della minore aliquota media calcolata in base al periodo di maturazione del trattamento di fine rapporto.
9/3134-A/6Paglia, Nicchi, Airaudo, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento, con riferimento al regime sperimentale introdotto dall'articolo 1, comma 30, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (c.d. «TFR in busta paga»), modifica la relativa disciplina nella parte in cui istituisce un finanziamento bancario, assistito da speciali garanzie (tra cui quella di ultima istanza dello Stato), cui possono accedere i datori di lavoro che non intendono corrispondere immediatamente con risorse proprie la quota maturanda del TFR, esentando il finanziamento dal pagamento delle imposte di bollo e di registro;
    in realtà, a pochi mesi dal suo debutto, il regime di conferimento del TFR in busta paga è fallito da una parte perché capace di incidere pregiudizialmente sul futuro previdenziale dei lavoratori, e dall'altro perché fiscalmente sconveniente, poiché l'incremento del reddito causato dall'integrazione viene tassato con l'aliquota «marginale», ossia quella relativa allo scaglione più alto del reddito;
    in sede di approvazione della legge di stabilità 2015 erano state avanzate numerose perplessità, non ultimo il dato che il conferimento anticipato di quote del TFR in busta paga avrebbe comportato effetti piuttosto importanti dal punto di vista reddituale poiché, facendo cumulo con gli altri redditi percepiti nel medesimo periodo d'imposta, comporta importanti ricadute sulla determinazione delle detrazioni fiscali, sugli eventuali assegni familiari e su tutto quanto è determinabile e riconoscibile sulla base dell'ISEE;
    secondo i dati ultimamente diramati dall'Osservatorio della Fondazione studi dei consulenti del lavoro che ha analizzato un milione di posizioni lavorative, solo 567 dipendenti, cioè meno dello 0,1 per cento, hanno chiesto alla propria azienda l'anticipazione in busta paga del loro trattamento di fine rapporto. Inoltre, sempre secondo lo stesso studio, la suddetta norma, in vigore da aprile, penalizzerebbe, a causa del suo regime di tassazione ordinaria, tutti i redditi oltre i 15 mila euro (circa il 60 per cento del totale), con un aggravio impositivo, per chi percepisce 90.000 euro di reddito, pari a 569 euro l'anno;
    sempre sulla base delle elaborazioni dei consulenti, i lavoratori richiedenti sono: per il 75 per cento residenti nel Centro Nord e il 25 per cento al Sud; per il 43 per cento lavorano nel terziario e per circa il 27 per cento nell'industria; il 25 per cento ha redditi fino a 20.000 euro, il 50 per cento fino a 30.000 euro mentre appena il 6,25 per cento lo ha chiesto avendo redditi superiori a 40.000 euro annui; solo il 10 per cento di coloro che hanno chiesto l'anticipazione ha tolto il proprio Tfr da un fondo pensione; il 16 per cento, poi, considera sbagliato smobilizzare il Tfr dal fondo pensione prescelto, mentre il 20 per cento non ha ancora valutato adeguatamente;
    secondo, invece, una simulazione condotta dal sindacato Fiba Cisl che ha messo a confronto gli effetti delle tre possibili scelte in campo da parte di chi percepisce 25 mila euro l'anno con un'aliquota fiscale di riferimento pari al 27 per cento (Tfr in busta paga, mantenimento in azienda, versamento al fondo pensione) e basata sul triennio in cui vige il regime sperimentale, il risultato economico delle tre scelte dipenderebbe dal fatto che il Tfr in busta paga non dà rendimento, mentre il mantenimento in azienda o presso un fondo pensioni farebbe rivalutare anno per anno, cumulando rendimento su rendimento, le quote, con la conseguenza che più sono gli anni che mancano al pensionamento, maggiori sono i rendimenti;
    altri studi hanno confermato che la previsione normativa giovi in particolar modo allo Stato piuttosto che ai lavoratori in quanto, essendo il conferimento del Tfr in busta paga soggetto a tassazione ordinaria, e non separata, come avviene quando viene corrisposto alla conclusione del rapporto lavorativo, comporta per l'erario un gettito decisamente superiore rispetto all'eventualità che lo stesso venisse mantenuto in azienda, o venisse trasferito all'Inps. Stessa cosa non si può dire per i fondi per la previdenza complementare, per i quali la tassazione è stata aumentata, contestualmente dalla stessa legge di stabilità 2015, dall'11,5 per cento al 20 per cento. Ed invero, secondo quanto riportato dalla stessa relazione tecnica di accompagnamento alla legge di stabilità 2015, nel complesso la misura, potendo interessare al 40-50 per cento dei lavoratori destinatari, avrebbe dovuto valere un gettito atteso per l'erario di circa 20 miliardi di euro all'anno,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di individuare un regime fiscale di maggior favore ai fini del conferimento del TFR in busta paga.
9/3134-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Paglia, Nicchi, Airaudo, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    la «manovra» Fornero che nel 2011 ha riformato il sistema pensionistico italiano ha fallito sul piano sociale e giuridico, avendo perseguito l'esclusivo scopo di drenare risorse dalle casse previdenziali da utilizzare per ridurre il debito pubblico;
    l'intervento sul sistema pensionistico non era infatti richiesto, in quanto la sua sostenibilità era stata messa in sicurezza dalle riforme succedutesi negli anni 90 e nel primo decennio del 2000. I costi del sistema erano già nella media della spesa pensionistica europea, per incidenza sul PIL, nonostante nella spesa pensionistica italiana vengano conteggiati anche il TFR o il TFS, che gli altri paesi in cui esistono non conteggiano essendo solo retribuzioni differite;
    vi è un chiaro parallelo tra la «manovra» pensionistica della Fornero e la norma sul blocco delle indicizzazioni delle pensioni che ha costretto il Governo ad adottare il decreto-legge in esame. In entrambi i casi, infatti, il Governo per fare cassa ha violato principi costituzionali e colpito nel mucchio soprattutto soggetti economicamente più fragili: lavoratori, famiglie, futuri pensionati;
    il sistema previdenziale è stato modificato innalzando di molti anni l'età della pensione, sia in termini anagrafici che contributivi, e senza prevedere disposizioni transitorie. In questo modo sono stati lasciati per strada centinaia di migliaia di lavoratori che sono stati definiti «esodati». Si tratta tuttavia di un termine onnicomprensivo che raccoglie storie lavorative anche molto diverse tra di loro e non tutte riducibili a fattispecie comuni;
    l'incapacità del Governo e del Parlamento di rimediare in maniera definitiva e strutturale a una situazione inaccettabile e indegna del nostro Paese ha prodotto il fenomeno di successive salvaguardie, giunte ormai alla sesta con la legge 10 ottobre 2014, n. 147;
    come è noto non esiste un problema di «coperture» e di risorse per risolvere definitivamente il problema di tutti i lavoratori esodati. Infatti, i risparmi che la «manovra» Fornero avrebbe dovuto produrre – calcolati in circa 23 miliardi, nel decennio 2012-2021, dalla nota tecnica della ragioneria generale dello Stato allegata al decreto-legge n. 201 del 2011 – sono stati ricalcolati in 90 miliardi dall'ufficio attuariale dell'INPS nel decennio 2012-2021 e in 300 miliardi fino al 2060;
    tali risorse bisogna che rimangano a disposizione del sistema previdenziale per riparare le tante situazioni gravi che la «manovra» Fornero ha prodotto;
    per riuscire a rimediare con certezza tutti gli errori della «manovra» Fornero è necessario formulare disposizioni che non si limitino a individuare chirurgicamente uno o più lavoratori da salvaguardare, ma consentano di rimediare anche a situazioni come quella dei lavoratori del settore ferroviario, tra cui i macchinisti, che dovrebbero andare in pensione a 67 anni, nonostante abbiano un'aspettativa di vita media di soli 63 anni; oppure i lavoratori della scuola, c.d. «quota 96», che sono rimasti imprigionati nella Fornero perché a loro non si è voluta applicare la regola, posta dallo Stato, che gli consente di andare in pensione un solo giorno all'anno, il primo settembre; e poi ci sono i lavoratori e le lavoratrici delle Poste o quelli che hanno trovato un nuovo lavoro a tempo indeterminato, ma poi lo hanno riperso perché l'azienda è fallita e sono stati puniti e si potrebbero fare molti altri esempi,

impegna il Governo

a procedere in maniera spedita a risolvere il problema dei lavoratori e delle lavoratrici colpiti dalla «manovra» Fornero in materia di pensioni e non salvaguardati fino ad oggi, consentendogli di andare in pensione eventualmente anche con i precedenti criteri.
9/3134-A/7Scotto, Placido, Airaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    la «manovra» Fornero che nel 2011 ha riformato il sistema pensionistico italiano ha fallito sul piano sociale e giuridico, avendo perseguito l'esclusivo scopo di drenare risorse dalle casse previdenziali da utilizzare per ridurre il debito pubblico;
    l'intervento sul sistema pensionistico non era infatti richiesto, in quanto la sua sostenibilità era stata messa in sicurezza dalle riforme succedutesi negli anni 90 e nel primo decennio del 2000. I costi del sistema erano già nella media della spesa pensionistica europea, per incidenza sul PIL, nonostante nella spesa pensionistica italiana vengano conteggiati anche il TFR o il TFS, che gli altri paesi in cui esistono non conteggiano essendo solo retribuzioni differite;
    vi è un chiaro parallelo tra la «manovra» pensionistica della Fornero e la norma sul blocco delle indicizzazioni delle pensioni che ha costretto il Governo ad adottare il decreto-legge in esame. In entrambi i casi, infatti, il Governo per fare cassa ha violato principi costituzionali e colpito nel mucchio soprattutto soggetti economicamente più fragili: lavoratori, famiglie, futuri pensionati;
    il sistema previdenziale è stato modificato innalzando di molti anni l'età della pensione, sia in termini anagrafici che contributivi, e senza prevedere disposizioni transitorie. In questo modo sono stati lasciati per strada centinaia di migliaia di lavoratori che sono stati definiti «esodati». Si tratta tuttavia di un termine onnicomprensivo che raccoglie storie lavorative anche molto diverse tra di loro e non tutte riducibili a fattispecie comuni;
    l'incapacità del Governo e del Parlamento di rimediare in maniera definitiva e strutturale a una situazione inaccettabile e indegna del nostro Paese ha prodotto il fenomeno di successive salvaguardie, giunte ormai alla sesta con la legge 10 ottobre 2014, n. 147;
    come è noto non esiste un problema di «coperture» e di risorse per risolvere definitivamente il problema di tutti i lavoratori esodati. Infatti, i risparmi che la «manovra» Fornero avrebbe dovuto produrre – calcolati in circa 23 miliardi, nel decennio 2012-2021, dalla nota tecnica della ragioneria generale dello Stato allegata al decreto-legge n. 201 del 2011 – sono stati ricalcolati in 90 miliardi dall'ufficio attuariale dell'INPS nel decennio 2012-2021 e in 300 miliardi fino al 2060;
    tali risorse bisogna che rimangano a disposizione del sistema previdenziale per riparare le tante situazioni gravi che la «manovra» Fornero ha prodotto;
    per riuscire a rimediare con certezza tutti gli errori della «manovra» Fornero è necessario formulare disposizioni che non si limitino a individuare chirurgicamente uno o più lavoratori da salvaguardare, ma consentano di rimediare anche a situazioni come quella dei lavoratori del settore ferroviario, tra cui i macchinisti, che dovrebbero andare in pensione a 67 anni, nonostante abbiano un'aspettativa di vita media di soli 63 anni; oppure i lavoratori della scuola, c.d. «quota 96», che sono rimasti imprigionati nella Fornero perché a loro non si è voluta applicare la regola, posta dallo Stato, che gli consente di andare in pensione un solo giorno all'anno, il primo settembre; e poi ci sono i lavoratori e le lavoratrici delle Poste o quelli che hanno trovato un nuovo lavoro a tempo indeterminato, ma poi lo hanno riperso perché l'azienda è fallita e sono stati puniti e si potrebbero fare molti altri esempi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adoperarsi per adottare ulteriori iniziative a favore dei lavoratori cd. esodati.
9/3134-A/7. (Testo modificato nel corso della seduta) Scotto, Placido, Airaudo.


   La Camera,
   lo scorso 7 maggio 2015 è stato effettuato l'ultimo riparto da parte dei Ministeri del lavoro e dell'economia concernente le risorse attribuite alle regioni per la chiusura delle spettanze relativamente all'anno 2014 per i percettori degli ammortizzatori in deroga;
   tali risorse sono andate a coprire i periodi spettanti ai lavoratori in cassa integrazione e mobilità in deroga suddivisi ai sensi del decreto ministeriale 83743 del 1o agosto 2014;
   poiché mediamente si è trattato di 4-5 mensilità arretrate e in alcune regioni anche di periodi più lunghi (7-8 mensilità), di fatto si tratta di risorse importanti per lavoratori e famiglie allo stremo delle loro forze;
   questo ritardo non è certo imputabile ai lavoratori e già nel 2014 per spettanze del 2013 si era verificato un ritardo nei tempi di assegnazione e riparto delle risorse;
   le spettanze erogate dall'Inps sono di competenza dell'anno precedente e quindi l'istituto in qualità di sostituto d'imposta, nei confronti dei percettori di tali indennità di sostegno al reddito, applica il metodo della tassazione separata;
   è stata quindi applicata l'aliquota prevista del 23 per cento come da relativa tabella Tuir, ma nel contempo essendo somme riferite all'anno precedente non sono state riconosciute le detrazioni d'imposta e ciò ha determinato una evidente iniquità, in quanto fa applicare una imposta alta su queste indennità ricevute in ritardo;
   basti pensare che su quattro mensilità l'applicazione di questo regime ha ridotto di un quarto il sostegno al reddito effettivamente ricevuto, cioè una mensilità è tornata allo stato sotto forma di tasse;
   secondo alcuni patronati ed organizzazioni sindacali, per questi lavoratori è possibile presentare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, del Tuir la richiesta di rimborso, ma, ove fosse accettata, questa verrebbe comunque riconosciuta dopo anni e comunque non risolverebbe la questione di una evidente ingiustizia perpetrata ai danni di queste platee già fortemente penalizzate;
   il ritardo nella corresponsione dell'indennità di mobilità assume quel carattere fisiologico che, come espressamente riportato nella circolare del 5 febbraio 1997, n. 23, costituisce circostanza che esclude l'applicazione del regime della tassazione separata;
   poiché si tratta di un fenomeno che purtroppo a causa dei ritardi con cui si sono succeduti i vari riparti ha posto e pone un problema di equità anche in considerazione della platea disagiata su cui va ad incidere,

impegna il Governo

a chiarire, in tempi brevi, il regime di applicazione della tassazione separata nei casi di erogazione di cui in premessa e conseguentemente a prevedere un regime di tassazione meno vessatorio di quello praticato in considerazione della difficile condizione sociale in cui si trovano i percettori di indennità di mobilità e di valutare eventualmente modalità di restituzione attraverso un bonus o altra specifica misura.
9/3134-A/8Burtone.


   La Camera,
   lo scorso 7 maggio 2015 è stato effettuato l'ultimo riparto da parte dei Ministeri del lavoro e dell'economia concernente le risorse attribuite alle regioni per la chiusura delle spettanze relativamente all'anno 2014 per i percettori degli ammortizzatori in deroga;
   tali risorse sono andate a coprire i periodi spettanti ai lavoratori in cassa integrazione e mobilità in deroga suddivisi ai sensi del decreto ministeriale 83743 del 1o agosto 2014;
   poiché mediamente si è trattato di 4-5 mensilità arretrate e in alcune regioni anche di periodi più lunghi (7-8 mensilità), di fatto si tratta di risorse importanti per lavoratori e famiglie allo stremo delle loro forze;
   questo ritardo non è certo imputabile ai lavoratori e già nel 2014 per spettanze del 2013 si era verificato un ritardo nei tempi di assegnazione e riparto delle risorse;
   le spettanze erogate dall'Inps sono di competenza dell'anno precedente e quindi l'istituto in qualità di sostituto d'imposta, nei confronti dei percettori di tali indennità di sostegno al reddito, applica il metodo della tassazione separata;
   è stata quindi applicata l'aliquota prevista del 23 per cento come da relativa tabella Tuir, ma nel contempo essendo somme riferite all'anno precedente non sono state riconosciute le detrazioni d'imposta e ciò ha determinato una evidente iniquità, in quanto fa applicare una imposta alta su queste indennità ricevute in ritardo;
   basti pensare che su quattro mensilità l'applicazione di questo regime ha ridotto di un quarto il sostegno al reddito effettivamente ricevuto, cioè una mensilità è tornata allo stato sotto forma di tasse;
   secondo alcuni patronati ed organizzazioni sindacali, per questi lavoratori è possibile presentare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, del Tuir la richiesta di rimborso, ma, ove fosse accettata, questa verrebbe comunque riconosciuta dopo anni e comunque non risolverebbe la questione di una evidente ingiustizia perpetrata ai danni di queste platee già fortemente penalizzate;
   il ritardo nella corresponsione dell'indennità di mobilità assume quel carattere fisiologico che, come espressamente riportato nella circolare del 5 febbraio 1997, n. 23, costituisce circostanza che esclude l'applicazione del regime della tassazione separata;
   poiché si tratta di un fenomeno che purtroppo a causa dei ritardi con cui si sono succeduti i vari riparti ha posto e pone un problema di equità anche in considerazione della platea disagiata su cui va ad incidere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere idonee iniziative volte a chiarire il regime di applicazione della tassazione separata nei casi di erogazione di cui in premessa eventualmente valutando la possibilità di applicare una modifica a tale regime.
9/3134-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta) Burtone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 117, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, riconosce a particolari categorie di lavoratori che hanno contratto malattie per esposizione ad amianto una maggiorazione dell'anzianità assicurativa e contributiva ai fini del perfezionamento dei requisiti per la pensione di anzianità in deroga a quanto previsto dalla «Legge Fornero»;
    ad essere interessati da tale misura sono i lavoratori ex Isochimica di Avellino, i quali hanno iniziato a produrre la documentazione necessaria finalizzata a verificare la possibilità di accedere ai benefici previsti dal citato comma della legge di stabilità per l'anno 2015;
    con la circolare Inps n. 80 del 21 aprile u.s. sono state fornite le relative istruzioni applicative e vi è stato successivamente un ulteriore chiarimento da parte dell'istituto previdenziale che ha consentito un ulteriore ampliamento della platea dei possibili beneficiari;
    le organizzazioni sindacali hanno tuttavia lanciato l'allarme circa alcune criticità ancora presenti nella declinazione pratica della normativa che costituirebbero un ostacolo per una parte dei lavoratori a poter accedere ai benefici previsti dalla normativa introdotta con la legge di stabilità;
    in particolare verrebbero ad essere esclusi lavoratori che, magari assunti molto giovani, si trovano con requisiti anagrafici e contributivi non idonei a poter usufruire della maggiorazione prevista dalla legge di stabilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire presso il Ministero del lavoro un tavolo di monitoraggio con il supporto dell'Inps territoriale per verificare quanti lavoratori ex Isochimica riusciranno ad accedere ai benefici previdenziali in oggetto e in quella sede predisporre in vista della legge di stabilità per il 2016 le eventuali ed opportune modifiche al fine di consentire a tutti i lavoratori interessati di essere tutelati rispetto al perfezionamento dei requisiti per la pensione di anzianità.
9/3134-A/9Famiglietti.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzia TFR, vengono rimodulate le indicizzazioni dei trattamenti pensionistici;
    tenuto conto della necessità di addivenire al più presto ad una riforma del sistema pensionistico che tenga conto quanto più possibile della tutela delle fasce reddituali più deboli;
    la previdenza complementare nasce come sistema regolamentare autonomo e strutturato all'inizio degli anni novanta (articolo 2, comma 1, lettera v), legge delega 23 ottobre 1992, n. 421 e decreto legislativo 21 aprile 1993 n. 124), in corrispondenza di una revisione complessiva dell'ordinamento pensionistico obbligatorio culminata nella legge n. 335 del 1995: l'obiettivo è quello di introdurre un secondo livello di tutela previdenziale che funga da strumento di compensazione per le riduzioni dei trattamenti pensionistici obbligatori e che concorra a soddisfare gli obiettivi di adeguatezza pensionistica (articolo 38 della Costituzione), ovvero a garantire ai lavoratori più elevati livelli di copertura;
    sul fronte dell'impianto normativo è emersa la posizione che talune scelte «tecniche» hanno in realtà aumentato le remore dei lavoratori a dare la propria adesione ai fondi pensione. In tal senso, si è posto l'interrogativo se l'attuale situazione di irreversibilità del conferimento del TFR – forse discordante con le premesse di un sistema fondato sulla libertà di adesione – non abbia finito per fungere da deterrente, per le conseguenze drastiche e definitive che determina;
    infatti subito dopo la riforma del 2005 e alla luce dei dati deludenti sulla conseguente destinazione esplicita o tacita del TFR a previdenza complementare, si è quindi ragionato in ordine all'opportunità di prevedere, il «diritto di ripensamento» del lavoratore, consentendo allo stesso una scelta consapevole ovvero la possibilità di «revocare» il consenso espresso (senza arrivare ad alcun «approdo» normativo),

impegna il Governo

a prevedere iniziative normative ovvero ad avviare ogni iniziativa utile a poter pervenire alla celere abrogazione dell'attuale sistema del silenzio assenso del conferimento del TFR nei Fondi pensione prevedendo la facoltà in capo al lavoratore di revocare il consenso tacito al conferimento del TFR alla previdenza complementare.
9/3134-A/10Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Tripiedi, Chimienti, Lombardi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzia TFR, vengono rimodulate le indicizzazioni dei trattamenti pensionistici;
    tenuto conto della necessità di addivenire al più presto ad una riforma del sistema pensionistico che tenga conto quanto più possibile della tutela delle fasce reddituali più deboli;
    la previdenza complementare nasce come sistema regolamentare autonomo e strutturato all'inizio degli anni novanta (articolo 2, comma 1, lettera v), legge delega 23 ottobre 1992, n. 421 e decreto legislativo 21 aprile 1993 n. 124), in corrispondenza di una revisione complessiva dell'ordinamento pensionistico obbligatorio culminata nella legge n. 335 del 1995: l'obiettivo è quello di introdurre un secondo livello di tutela previdenziale che funga da strumento di compensazione per le riduzioni dei trattamenti pensionistici obbligatori e che concorra a soddisfare gli obiettivi di adeguatezza pensionistica (articolo 38 della Costituzione), ovvero a garantire ai lavoratori più elevati livelli di copertura;
    sul fronte dell'impianto normativo è emersa la posizione che talune scelte «tecniche» hanno in realtà aumentato le remore dei lavoratori a dare la propria adesione ai fondi pensione. In tal senso, si è posto l'interrogativo se l'attuale situazione di irreversibilità del conferimento del TFR – forse discordante con le premesse di un sistema fondato sulla libertà di adesione – non abbia finito per fungere da deterrente, per le conseguenze drastiche e definitive che determina;
    infatti subito dopo la riforma del 2005 e alla luce dei dati deludenti sulla conseguente destinazione esplicita o tacita del TFR a previdenza complementare, si è quindi ragionato in ordine all'opportunità di prevedere, il «diritto di ripensamento» del lavoratore, consentendo allo stesso una scelta consapevole ovvero la possibilità di «revocare» il consenso espresso (senza arrivare ad alcun «approdo» normativo),

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine di valutare l'opportunità di modificare le attuali modalità di conferimento del TFR nei fondi pensione.
9/3134-A/10. (Testo modificato nel corso della seduta) Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Tripiedi, Chimienti, Lombardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, in fase di conversione, è volto parzialmente a dare una risposta alla pronuncia di incostituzionalità della Corte costituzionale, relativa all'articolo 24, comma 25, del decreto-legge n. 201 del 2011, con cui era stato disposto il blocco della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS per gli anni 2012-2013, sostanzialmente per contemperare esigenze di natura finanziaria derivanti dalla crisi economica, ma tale misura, ha rilevato la stessa Corte, ha travalicato i limiti di ragionevolezza e proporzionalità del trattamento pensionistico, con un grave pregiudizio del potere d'acquisto delle pensioni;
    una situazione similare si sta determinando con l'articolo 42 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, come da ultimo modificato dall'articolo 4, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119, che consente ai familiari di un soggetto con handicap in situazione di gravità, accertata ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di usufruire del congedo retribuito, mentre un lavoratore che, temporaneamente, viene valutato con un handicap grave accertato ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della stessa legge n. 104 del 1992 non può fruire di tale congedo, ma solo di quello non retribuito previsto dall'articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53;
    in sostanza, un lavoratore affetto da tumore, che deve sottoporsi a interventi chirurgici e a cure chemioterapiche e che voglia affrontare la malattia in congedo retribuito dal lavoro, a legislazione vigente, non ne ha diritto, mentre un suo familiare che lo assiste, sia esso il coniuge, il padre o la madre, un figlio o un fratello o una sorella, purché conviventi, potranno assentarsi dal lavoro con un congedo retribuito;
    a tale proposito è necessario estendere la previsione di poter accedere al congedo retribuito per l'assistenza di un soggetto con handicap grave anche al convivente more uxorio, recependo in tal modo l'eccezione di incostituzionalità sollevata dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 203 del 2013, dell'articolo 42, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001, nella parte in cui non include anche il parente o l'affine convivente entro il terzo grado tra i soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto,

impegna il Governo

a intervenire per superare la distorsione indicata in premessa con riguardo ai congedi per malattia, che si è determinata in fase di applicazione dell'ultima modifica intervenuta in materia con il decreto legislativo n. 119 del 2011, che ha modificato l'articolo 42, commi da 5 a 5-quinquies, del decreto legislativo n. 151 del 2001 e, contestualmente, a recepire l'eccezione di incostituzionalità sollevata dalla Corte costituzionale, aggiungendo il convivente more uxorio e il parente o l'affine convivente entro il terzo grado, nonché il lavoratore temporaneamente con un handicap grave accertato, tra i soggetti beneficiari del congedo retribuito.
9/3134-A/11Gebhard.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 trae origine dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 70 del 2015, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 25 dell'articolo 24, del decreto-legge n. 201 del 2011, c.d. «decreto Salva-Italia»;
    nelle motivazioni della sentenza si legge che «l'interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto di somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziare non illustrate nel dettaglio.»;
    l'articolo 1 del provvedimento all'esame persiste nel sacrificare un diritto costituzionalmente garantito nel nome di esigenze finanziarie,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a dare piena esecuzione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 70 del 2015.
9/3134-A/12Allasia, Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato il rimborso forfettario previsto all'articolo 1 del provvedimento per mancata indicizzazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo per gli anni 2012 e 2013 ai sensi del comma 25 dell'articolo 24, del decreto-legge n. 201 del 2011, ovvero la riforma delle pensioni Fornero;
    preso atto che l'intervento governativo trae origine dall'illegittimità costituzionale del citato comma 25, dichiarata con sentenza n.70 del 2015 della Corte Costituzionale;
    ricordato quanto dichiarato dal Ministro Padoan nel corso dell'audizione alla Camera – Commissioni congiunte V e XI – lo scorso 20 maggio –, e ribadito nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto-legge – e cioè che «in assenza di un tale intervento, avrebbe trovato applicazione il meccanismo di indicizzazione contemplato dalla legge n. 388 del 2000, con la conseguente corresponsione degli arretrati relativi al triennio 2012-2014, e con un incremento non sostenibile della spesa delle pensioni nel 2015 e negli anni seguenti»;
    ritenuto, invece, che tale intervento non ripara il Governo dall'eventualità di azioni giudiziarie a carattere risarcitorio i cui oneri sul bilancio pubblico non sono quantificabili;
    rammentato, infatti, che il Codacons ha già promosso una class action, con l'invio di una diffida all'Inps ed al Ministero del lavoro e delle politiche sociali,

impegna il Governo

a valutare i rischi derivanti da eventuali azioni giudiziarie contro l'attuazione del provvedimento all'esame ed eventualmente intervenire tempestivamente con gli appositi strumenti normativi, senza tuttavia reperire le occorrenti risorse mediante aumento della tassazione.
9/3134-A/13Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato il rimborso forfettario previsto all'articolo 1 del provvedimento per mancata indicizzazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo per gli anni 2012 e 2013 ai sensi del comma 25 dell'articolo 24, del decreto-legge n. 201 del 2011, ovvero la riforma delle pensioni Fornero;
    preso atto che l'intervento governativo trae origine dall'illegittimità costituzionale del citato comma 25, dichiarata con sentenza n.70 del 2015 della Corte Costituzionale;
    ricordato quanto dichiarato dal Ministro Padoan nel corso dell'audizione alla Camera – Commissioni congiunte V e XI – lo scorso 20 maggio –, e ribadito nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto-legge – e cioè che «in assenza di un tale intervento, avrebbe trovato applicazione il meccanismo di indicizzazione contemplato dalla legge n. 388 del 2000, con la conseguente corresponsione degli arretrati relativi al triennio 2012-2014, e con un incremento non sostenibile della spesa delle pensioni nel 2015 e negli anni seguenti»;
    ritenuto, invece, che tale intervento non ripara il Governo dall'eventualità di azioni giudiziarie a carattere risarcitorio i cui oneri sul bilancio pubblico non sono quantificabili;
    rammentato, infatti, che il Codacons ha già promosso una class action, con l'invio di una diffida all'Inps ed al Ministero del lavoro e delle politiche sociali,

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine di compiere un'attenta analisi dei rischi derivanti da eventuali azioni giudiziarie contro l'attuazione del provvedimento.
9/3134-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta) Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento normativo di cui all'articolo 1 deriva dalla necessità per il Governo di arginare gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 70 del 2015, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 25 dell'articolo 24, del decreto-legge n. 201 del 2011, tristemente nota come riforma delle pensioni Fornero;
    dall'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 è stato un continuo di interventi riparatori agli errori compiuti con la riforma Fornero, con conseguenti maggiori oneri per la finanza pubblica,

impegna il Governo

a procedere nell'ambito delle proprie competenze all'abrogazione dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 ed al ripristino della normativa pensionistica previgente, stante le numerose falle contenute nella riforma previdenziale Monti-Fornero.
9/3134-A/14Guidesi, Giancarlo Giorgetti.


   La Camera,
   considerate le motivazioni che hanno indotto il Governo a varare le disposizioni recate dall'articolo 1 del provvedimento, al fine di evitare l'automatica applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 70 del 2015 relativamente all'indicizzazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo;
   ritenuta la predetta sentenza della Corte Costituzionale come la conferma della necessità di modificare la riforma pensionistica Monti-Fornero,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti di propria competenza volti a rendere più flessibile l'uscita dal lavoro, lasciando al lavoratore la scelta di quando andare in pensione, ma fissando una quota quale somma dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva, come ad esempio una quota 100 con un requisito minimo di 35 anni di contributi o in alternativa di 58 anni di età, al fine di tutelare i cosiddetti lavoratori precoci.
9/3134-A/15Gianluca Pini, Invernizzi.


   La Camera,
   considerate le motivazioni che hanno indotto il Governo a varare le disposizioni recate dall'articolo 1 del provvedimento, al fine di evitare l'automatica applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 70 del 2015 relativamente all'indicizzazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo;
   ritenuta la predetta sentenza della Corte Costituzionale come la conferma della necessità di modificare la riforma pensionistica Monti-Fornero,

impegna il Governo

ad adottare appositi interventi normativi finalizzati a prevedere forme di flessibilità di pensionamento anche al fine di tutelare i cd. lavoratori precoci.
9/3134-A/15. (Testo modificato nel corso della seduta) Gianluca Pini, Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento di cui all'articoli 1 del provvedimento si è reso necessario a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale del comma 25 dell'articolo 24 della cosiddetta Riforma delle pensioni Fornero;
    preso atto dei diversi effetti disastrosi compiuti dalla riforma pensionistica Fornero;
    ricordato, fra tutti, la questione esodati, che ha reso necessari ben sei provvedimenti di salvaguardia ed ancora non ha risolto definitivamente la problematica,

impegna il Governo

ad adottare urgentemente provvedimenti di propria competenza che contemplino una settima e definitiva salvaguardia di tutti i soggetti e le categorie di persone da salvaguardare e finora esclusi dai precedenti sei provvedimenti di salvaguardia.
9/3134-A/16Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento di cui all'articoli 1 del provvedimento si è reso necessario a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale del comma 25 dell'articolo 24 della cosiddetta Riforma delle pensioni Fornero;
    preso atto dei diversi effetti disastrosi compiuti dalla riforma pensionistica Fornero;
    ricordato, fra tutti, la questione esodati, che ha reso necessari ben sei provvedimenti di salvaguardia ed ancora non ha risolto definitivamente la problematica,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adoperarsi per adottare ulteriori iniziative a favore dei lavoratori cosiddetti esodati.
9/3134-A/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame trae origine dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale del comma 25, dell'articolo 24, del decreto-legge n. 201 del 2011;
    considerate, pertanto, le innumerevoli falle contenute nella riforma delle pensioni Fornero, cui ripetutamente il Governo deve porvi rimedio con decretazione d'urgenza;
     la problematica più spinosa ed eclatante prodotta dalla riforma pensionistica Fornero, ovvero la questione degli esodati, non ha ancora trovato una definitiva soluzione, nonostante ben sei provvedimenti ad hoc,

impegna il Governo

ad adottare urgentemente iniziative risolutive ed esaustive della vicenda dei lavoratori esodati, salvaguardando tutti coloro che finora sono stati esclusi dai precedenti provvedimenti di salvaguardia, secondo il criterio della tutela degli aventi diritto mese dopo mese in base al conseguimento dei requisiti per l'accesso alla pensione secondo le norme previgenti al decreto-legge n. 201 del 2011, ed utilizzando a copertura degli oneri le risorse accantonate nel Fondo di cui all'articolo 1, comma 235, della legge n. 228 del 2012.
9/3134-A/17Fedriga.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene una serie di interventi correttivi per riparare a gravi errori compiuti dagli Esecutivi Monti e Renzi;
    l'articolo 24 del cosiddetto decreto «Salva Italia», eliminando le pensioni di anzianità ed aumentando tout court l'età pensionabile per l'accesso ai trattamenti di vecchiaia, ha di fatto impedito a migliaia di persone di godere del diritto alla pensione creando, altresì, un blocco nel ricambio generazionale l'accesso alla pensione;
    valutata, pertanto, la riforma delle pensioni Fornero penalizzante sia per coloro che erano prossimi alla pensione che per le nuove generazioni;
    ritenuto, quindi, urgente un intervento sui presupposti per accedere al trattamento pensionistico,

impegna il Governo

ad adottare urgentemente provvedimenti di propria competenza atti a prorogare la durata del regime sperimentale di accesso al trattamento pensionistico di anzianità in favore delle lavoratrici mediante opzione per il calcolo secondo il sistema contributivo, di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243.
9/3134-A/18Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene una serie di interventi correttivi per riparare a gravi errori compiuti dagli Esecutivi Monti e Renzi;
    l'articolo 24 del cosiddetto decreto «Salva Italia», eliminando le pensioni di anzianità ed aumentando tout court l'età pensionabile per l'accesso ai trattamenti di vecchiaia, ha di fatto impedito a migliaia di persone di godere del diritto alla pensione creando, altresì, un blocco nel ricambio generazionale l'accesso alla pensione;
    valutata, pertanto, la riforma delle pensioni Fornero penalizzante sia per coloro che erano prossimi alla pensione che per le nuove generazioni;
    ritenuto, quindi, urgente un intervento sui presupposti per accedere al trattamento pensionistico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure volte a prorogare la durata del regime sperimentale di accesso al trattamento pensionistico di anzianità mediante la cd. «opzione donna».
9/3134-A/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    tale intervento normativo denuncia la necessità ed urgenza di interventi correttivi non soltanto al comma 25 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, bensì all'intero impianto contenuto nel citato articolo 24;
    ricordato, infatti, che l'errore maggiore della riforma pensionistica Fornero è stata la mancanza di gradualità nella modifica ai requisiti di accesso al trattamento pensionistico,

impegna il Governo

ad emanare, nell'ambito delle proprie competenze, provvedimenti urgenti di riforma dell'accesso al trattamento pensionistico secondo l'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2001, che tutelino – nelle forme di uscita anticipata – i cosiddetti lavoratori precoci.
9/3134-A/19Molteni.


   La Camera,
   premesso che:
    tale intervento normativo denuncia la necessità ed urgenza di interventi correttivi non soltanto al comma 25 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, bensì all'intero impianto contenuto nel citato articolo 24;
    ricordato, infatti, che l'errore maggiore della riforma pensionistica Fornero è stata la mancanza di gradualità nella modifica ai requisiti di accesso al trattamento pensionistico,

impegna il Governo

ad adottare appositi interventi normativi finalizzati a prevedere forme di flessibilità di pensionamento anche al fine di tutelare i cd. lavoratori precoci.
9/3134-A/19. (Testo modificato nel corso della seduta) Molteni.


   La Camera,
   considerato l'incremento per l'anno 2015 del finanziamento relativo agli ammortizzatori sociali in deroga per il settore della pesca, reso necessario a seguito dell'attività di monitoraggio effettuata dall'Inps;
   a seguito della recente riforma degli ammortizzatori sociali, è stato previsto la concessione o la proroga di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità in deroga alla normativa vigente fino al 2016;
   ricordata l'importanza che gli ammortizzatori in deroga hanno rappresentato in questi anni di forte crisi economica per la sopravvivenza delle piccole e medie imprese nostrane,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di concedere e/o prorogare gli ammortizzatori in deroga anche oltre il 2016, qualora il monitoraggio effettuato dall'Inps non registri nel 2016, a fronte del perdurare della crisi economica, una diminuzione delle domande presentate e delle prestazioni corrisposte.
9/3134-A/20Caparini, Grimoldi.


   La Camera,
   considerato l'intervento normativo recato dall'articolo 1 del provvedimento;
   ricordata la necessità di intervenire a soluzione di altre problematiche create dalla riforma delle pensioni Fornero e tuttora irrisolte, come la questione dei cosiddetti lavoratori/lavoratrici della scuola «quota ’96», rimasti bloccati nell'accesso al trattamento pensionistico per un errore compiuto dall'allora Esecutivo Monti di tener conto dell'anno solare invece che di quello scolastico ai fini della maturazione del diritto a pensione,

impegna il Governo

a risolvere in sede di legge di stabilità per il 2016 la vicenda dei 4 mila lavoratori della scuola che hanno maturato i loro requisiti pensionistici tre anni orsono, ma gli è stato negato il diritto a pensione a causa di un errore compiuto dall'allora Governo Monti.
9/3134-A/21Saltamartini.


   La Camera,
   considerato l'intervento normativo recato dall'articolo 1 del provvedimento;
   ricordata la necessità di intervenire a soluzione di altre problematiche create dalla riforma delle pensioni Fornero e tuttora irrisolte, come la questione dei cosiddetti lavoratori/lavoratrici della scuola «quota ’96», rimasti bloccati nell'accesso al trattamento pensionistico per un errore compiuto dall'allora Esecutivo Monti di tener conto dell'anno solare invece che di quello scolastico ai fini della maturazione del diritto a pensione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare positiva soluzione, eventualmente anche nel corso dell'approvazione della legge di stabilità 2016, alla vicenda dei lavoratori della scuola che, in assenza dell'entrata in vigore della riforma Fornero, avrebbero maturato nel 2012 i requisiti utili all'accesso al trattamento pensionistico.
9/3134-A/21. (Testo modificato nel corso della seduta) Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzia TFR, vengono rimodulate le indicizzazioni dei trattamenti pensionistici;
    tenuto conto della necessità di addivenire al più presto ad una riforma del sistema pensionistico che tenga conto quanto più possibile della tutela delle fasce reddituali più deboli,

impegna il Governo

ad avviare ogni iniziativa utile a poter pervenire alla celere abrogazione dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
9/3134-A/22Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzia TFR, vengono rimodulate le indicizzazioni dei trattamenti pensionistici;
    tenuto conto della necessità di addivenire al più presto ad una riforma del sistema pensionistico che tenga conto quanto più possibile della tutela delle fasce reddituali più deboli,

impegna il Governo

   ad adoperarsi al fine di valutare la possibilità e l'opportunità di prevedere che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in funzione dell'importo complessivo, sia rinunciabile annualmente da ogni singolo beneficiario e che l'incremento delle risorse derivanti siano destinate a misure di perequazione dell'integrazione al trattamento minimo dell'INPS, dell'assegno sociale e dei trattamenti corrisposti ai sensi della legge 12 giugno 1984, n. 222;
   ad adoperarsi al fine di valutare la possibilità e l'opportunità di prevedere che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in funzione dell'importo complessivo, sia facoltativamente rinunciabile da ogni singolo beneficiario e che l'incremento delle risorse derivanti da dette rinunce siano destinate ad interventi volti a favorire i lavoratori destinatari delle misure di riforma del sistema pensionistico adottate all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cd. «legge Fornero»).
9/3134-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Tripiedi.


   La Camera,

   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzia TFR, al capo I non sono state previste disposizioni volte a sopprimere l'erogazione dell'assegno vitalizio ai parlamentari nazionali, anche cessati dal mandato;
    al fine di sostenere il sistema previdenziale per le nuove generazioni, i contributi versati dai parlamentari in carica e cessati dal mandato dovrebbero essere versati al Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, in un apposita sezione per le nuove generazioni;
    del resto, al fine di coordinare la materia anche a livello regionale, la disciplina dell'assegno vitalizio andrebbe abrogata anche per i consiglieri regionali. In questo senso il Governo dovrebbe ridurre i trasferimenti nei confronti delle Regioni, per una somma corrispondente ai mancati risparmi derivanti dalla mancata abolizione della disciplina dei vitalizi;
    le somme recuperate con tali interventi, quindi, dovrebbero confluire in un fondo per sostenere il sistema previdenziale delle nuove generazioni,

impegna il Governo

a prevedere una disciplina volta alla soppressione definitiva di tutti gli assegni vitalizi parlamentari e regionali, anche cessati dal mandato, facendo confluire i contributi versati dai parlamentari nel Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, in un'apposita sezione per sostenere il sistema previdenziale per le nuove generazioni.
9/3134-A/23Cominardi.


   La Camera,

   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzia TFR, vengono rimodulate le indicizzazioni dei trattamenti pensionistici;
    tenuto conto della necessità di addivenire al più presto ad una riforma del sistema pensionistico che tenga conto, quanto più possibile, della tutela delle fasce reddituali più deboli,

impegna il Governo

   a prevedere, per il futuro, che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in funzione dell'importo complessivo, sia rinunciabile annualmente da ogni singolo beneficiario e che l'incremento delle risorse derivanti siano destinate a misure di perequazione dell'integrazione al trattamento minimo dell'INPS, dell'assegno sociale e dei trattamenti corrisposti ai sensi della legge 12 giugno 1984, n. 222;
   a prevedere, celermente, che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in funzione dell'importo complessivo, sia facoltativamente rinunciabile da ogni singolo beneficiario e che l'incremento delle risorse derivanti da dette rinunce siano destinate ad interventi volti a favorire i lavoratori destinatari delle misure di riforma del sistema pensionistico adottate all'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 convertito in legge 22 dicembre 2011 n. 214 (cd. «legge Fornero»).
9/3134-A/24Chimienti, Lombardi.


   La Camera,

   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzia TFR, vengono rimodulate le indicizzazioni dei trattamenti pensionistici;
    tenuto conto della necessità di addivenire al più presto ad una riforma del sistema pensionistico che tenga conto, quanto più possibile, della tutela delle fasce reddituali più deboli,

impegna il Governo

   ad adoperarsi al fine di valutare la possibilità e l'opportunità di prevedere che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in funzione dell'importo complessivo, sia rinunciabile annualmente da ogni singolo beneficiario e che l'incremento delle risorse derivanti siano destinate a misure di perequazione dell'integrazione al trattamento minimo dell'INPS, dell'assegno sociale e dei trattamenti corrisposti ai sensi della legge 12 giugno 1984, n. 222;
   ad adoperarsi al fine di valutare la possibilità e l'opportunità di prevedere che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in funzione dell'importo complessivo, sia facoltativamente rinunciabile da ogni singolo beneficiario e che l'incremento delle risorse derivanti da dette rinunce siano destinate ad interventi volti a favorire i lavoratori destinatari delle misure di riforma del sistema pensionistico adottate all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cd. «legge Fornero»).
9/3134-A/24. (Testo modificato nel corso della seduta) Chimienti, Lombardi.


   La Camera,

   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzia TFR, vengono rimodulate le indicizzazioni dei trattamenti pensionistici;
    tenuto conto della necessità di addivenire al più presto ad una riforma del sistema pensionistico che tenga conto quanto più possibile della tutela delle fasce reddituali più deboli,

impegna il Governo

a prevedere, celermente, che i trattamenti pensionistici obbligatori, integrativi e complementari, i trattamenti corrisposti da forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, ivi comprese quelle di cui ai decreti legislativi 20 novembre 1990, n. 357, 16 settembre 1996, n. 563, e 5 dicembre 2005, n. 252, nonché i trattamenti che assicurano prestazioni definite per i dipendenti delle regioni a statuto speciale e degli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, ivi compresi quelli derivanti dalla gestione speciale ad esaurimento di cui all'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, e quelli corrisposti dalle gestioni di previdenza obbligatorie presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per il personale addetto alle imposte di consumo, per il personale dipendente dalle aziende private del gas e per il personale già addetto alle esattorie e alle ricevitorie delle imposte dirette, con esclusione delle prestazioni di tipo assistenziale, degli assegni straordinari di sostegno del reddito, delle pensioni corrisposte alle vittime del terrorismo e delle rendite corrisposte dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, anche in caso di cumulo di più trattamenti pensionistici, non possano essere erogati in misura superiore all'importo netto mensile di euro 5.000 destinando i conseguenti risparmi all'aumento del trattamento minimo INPS.
9/3134-A/25Dall'Osso.


   La Camera,

   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzia TFR, vengono rimodulate le indicizzazioni dei trattamenti pensionistici;
    tenuto conto della necessità di addivenire al più presto ad una riforma del sistema pensionistico che tenga conto quanto più possibile della tutela delle fasce reddituali più deboli,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che i trattamenti pensionistici obbligatori, integrativi e complementari, i trattamenti corrisposti da forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, ivi comprese quelle di cui ai decreti legislativi 20 novembre 1990, n. 357, 16 settembre 1996, n. 563, e 5 dicembre 2005, n. 252, nonché i trattamenti che assicurano prestazioni definite per i dipendenti delle regioni a statuto speciale e degli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, ivi compresi quelli derivanti dalla gestione speciale ad esaurimento di cui all'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, e quelli corrisposti dalle gestioni di previdenza obbligatorie presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per il personale addetto alle imposte di consumo, per il personale dipendente dalle aziende private del gas e per il personale già addetto alle esattorie e alle ricevitorie delle imposte dirette, con esclusione delle prestazioni di tipo assistenziale, degli assegni straordinari di sostegno del reddito, delle pensioni corrisposte alle vittime del terrorismo e delle rendite corrisposte dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, anche in caso di cumulo di più trattamenti pensionistici, non possano essere erogati in misura superiore all'importo netto mensile di euro 5.000 destinando i conseguenti risparmi all'aumento del trattamento minimo INPS.
9/3134-A/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Dall'Osso.


   La Camera,

   premesso che:
    la Sardegna registra il 18,6 per cento di disoccupazione, il 52 per cento di disoccupazione giovanile, 17.152 cassa integrati ordinari, di cui oltre 8 mila a zero ore, 28.500 persone in deroga e altri 14.500 in mobilità in deroga;
    oltre 14.500 lavoratori sardi in mobilità da oltre un anno hanno ricevuto solo alcune mensilità del 2014;
    si tratta di una vertenza delicata relativa ad un processo di espulsione di migliaia di lavoratori dal sistema produttivo e che si sono trovati di punto in bianco senza un futuro;
    dal 16 gennaio 2013, dopo la sigla degli accordi Stato/Regione, per questi lavoratori è iniziato un calvario senza precedenti;
    Regione e Governo devono i assumersi la responsabilità del pagamento di tutte le mensilità spettanti ai lavoratori, senza ulteriori e gravi ritardi;
    oltre 12.000 famiglie sono rimaste per un anno senza nessun tipo di sostegno e anche il recente accordo Stato Regione non si è concretizzato con il pagamento di nemmeno alcune mensilità del 2014 come era stato promesso, considerato che l'Inps non ha ancora erogato i fondi pattuiti;
    si è assistito ad un grossolano rincorrersi di surrettizi provvedimenti legislativi regionali tesi ad anticipare i fondi stanziati e che si sono rivelati per macroscopici errori solo delle perdite di tempo;
    lo Stato ha erogato e continua ad erogare le risorse con gravissimo ritardo;
    i fondi disponibili sono stati erogati in ordine di arrivo e finché i fondi fossero stati sufficienti lasciando insolute le posizioni di oltre dodicimila lavoratori senza risposte;
    ad oggi la situazione non è cambiata e la gravissima situazione sta provocando disagi senza precedenti;
    si tratta di una gestione nefasta della vertenza condotta proprio da coloro che avrebbero dovuto tutelare i diritti dei lavoratori,

impegna il Governo:

   a convocare le parti e disporre l'immediato pagamento del dovuto pregresso e futuro ai lavoratori sardi in mobilità;
   ad intervenire senza ulteriori ritardi nei confronti delle istituzioni preposte al pagamento di quanto dovuto ai lavoratori sardi soggetti ad ammortizzatori sociali, compresa la stessa regione Sardegna;
   a valutare la modifica delle procedure di governo di siffatto problema al fine di predisporre un puntuale monitoraggio delle reali esigenze finanziarie per evitare che chi è stato espulso dal mondo del lavoro deva sopportare anche questi ulteriori drammatiche attese;
   a valutare di concerto con il Ministero dello sviluppo economico le posizioni dei lavoratori relativi alle imprese d'appalto dello stabilimento Alcoa di Portovesme, dei lavoratori dell'Eurallumina, della Keller di Villacidro, di Ottana Polimeri e Energia, ai lavoratori espulsi dai lavori socialmente utili dispiegati negli enti locali ed espulsi in modo surrettizio e grave, ai lavoratori delle diverse vertenze industriali in capo al Ministero dello sviluppo economico.
9/3134-A/26Pili.


   La Camera,

   premesso che:
    la Sardegna registra il 18,6 per cento di disoccupazione, il 52 per cento di disoccupazione giovanile, 17.152 cassa integrati ordinari, di cui oltre 8 mila a zero ore, 28.500 persone in deroga e altri 14.500 in mobilità in deroga;
    oltre 14.500 lavoratori sardi in mobilità da oltre un anno hanno ricevuto solo alcune mensilità del 2014;
    si tratta di una vertenza delicata relativa ad un processo di espulsione di migliaia di lavoratori dal sistema produttivo e che si sono trovati di punto in bianco senza un futuro;
    dal 16 gennaio 2013, dopo la sigla degli accordi Stato/Regione, per questi lavoratori è iniziato un calvario senza precedenti;
    Regione e Governo devono i assumersi la responsabilità del pagamento di tutte le mensilità spettanti ai lavoratori, senza ulteriori e gravi ritardi;
    oltre 12.000 famiglie sono rimaste per un anno senza nessun tipo di sostegno e anche il recente accordo Stato Regione non si è concretizzato con il pagamento di nemmeno alcune mensilità del 2014 come era stato promesso, considerato che l'Inps non ha ancora erogato i fondi pattuiti;
    si è assistito ad un grossolano rincorrersi di surrettizi provvedimenti legislativi regionali tesi ad anticipare i fondi stanziati e che si sono rivelati per macroscopici errori solo delle perdite di tempo;
    lo Stato ha erogato e continua ad erogare le risorse con gravissimo ritardo;
    i fondi disponibili sono stati erogati in ordine di arrivo e finché i fondi fossero stati sufficienti lasciando insolute le posizioni di oltre dodicimila lavoratori senza risposte;
    ad oggi la situazione non è cambiata e la gravissima situazione sta provocando disagi senza precedenti;
    si tratta di una gestione nefasta della vertenza condotta proprio da coloro che avrebbero dovuto tutelare i diritti dei lavoratori,

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine di approfondire la tematica di cui in premessa eventualmente valutando di concerto con il Ministero dello sviluppo economico la possibilità di adottare interventi mirati alla salvaguardia dei lavoratori.
9/3134-A/26. (Testo modificato nel corso della seduta) Pili.


   La Camera,
   premesso che:
    la pesca è un settore di fondamentale importanza dell'economia italiana che vive le difficoltà legate alla crisi che ha interessato il Paese in questi ultimi anni;
    il riassetto del mercato del lavoro e del sistema degli ammortizzatori sociali indotto dal Jobs Act richiede alle Istituzioni di approfondire tutte le problematiche relative a questo comparto;
    l'8 giugno 2015, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha sottoscritto con Federpesca, Lega Pesca, A.G.C.I. Agrital, Confcooperative Federcoopesca, FLAI CGIL, FAI CISL e UILA Pesca per l'anno 2015 l'accordo di cassa integrazione guadagni in deroga per il settore pesca che consente remissione del decreto interministeriale che sblocca i pagamenti per l'annualità 2014;
    la Cassa Integrazione in deroga, secondo le disposizioni in materia, è erogata al personale imbarcato, dipendente e socio lavoratore di cui alla legge n. 142 del 2001 delle Imprese di pesca, interessate dallo stato di crisi che ha investito il settore e che benefici di un sistema retributivo con minimo monetario garantito;
    negli anni recenti il trattamento di integrazione salariale è stato riconosciuto in tutte le situazioni di crisi del settore anche collegate al fermo biologico in cui si è reso necessario sospendere l'attività lavorativa per cause non imputabili al datore di lavoro;
    il fermo pesca biologico è fondamentale per preservare gli stock ittici e per contribuire al ripopolamento ma comporta per i lavoratori un mancato reddito derivante dall'interruzione della loro attività; a tal fine, a parziale indennizzo, la normativa europea contiene disposizioni specifiche in materia di aiuti pubblici da erogare ai pescatori, tramite cassa integrazione in deroga, per l'arresto temporaneo della pesca;
    la cassa integrazione in deroga è un sussidio sociale che ai sensi del Jobs Act dovrà però essere sostituito dai fondi bilaterali di solidarietà;
    il decreto interministeriale n. 83473, adottato ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 54 del 2013, convertito nella legge n. 85 del 2013 ha disciplinato la mobilità 2014, 2015 e 2016 dal momento che nel 2017 questo tipo di ammortizzatore sociale verrà sostituito dalla nuova ASPI (NASPI);
    il meccanismo di riconoscimento ed erogazione del nuovo sussidio sociale va coordinato con le specifiche esigenze del settore della pesca ed in particolare con quelle connesse al fermo biologico che nasce da motivazioni di protezione della fauna ittica e dell'ambiente ma che, senza adeguati meccanismi di tutela sostitutivi della C.l.G. in deroga, rischia di penalizzare pesantemente lavoratori ed armatori del comparto ittico;
    ad oggi è difficile valutare gli effetti per il settore della pesca delle norme introdotte dal Jobs Act mentre è urgente individuare un sistema di ammortizzatori appropriati per i lavoratori di tale settore che sia anche sostenibile per le imprese della pesca,

impegna il Governo

   ad individuare un sistema di ammortizzatori sociali che, in linea con le indicazioni della nuova riforma del lavoro di cui al decreto legislativo n. 81 del 2015, consenta alle imprese della pesca, anche al di sotto dei cinque dipendenti, di accedere alle tutele sociali previste per i lavoratori agricoli (cisoa) al fine di sostenere l'assenza di reddito nel periodo obbligatorio di fermo biologico;
   a valutare la possibilità di incrementare ulteriormente l'impegno finanziario previsto all'articolo 3 riferito alla cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca e di definire con le associazioni di categoria del settore della Pesca meccanismi applicativi della NASPI che tengano in debito conto delle esigenze dell'intera filiera del settore ittico nel particolare contesto del fermo biologico.
9/3134-A/27Carrescia, Venittelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la pesca è un settore di fondamentale importanza dell'economia italiana che vive le difficoltà legate alla crisi che ha interessato il Paese in questi ultimi anni;
    il riassetto del mercato del lavoro e del sistema degli ammortizzatori sociali indotto dal Jobs Act richiede alle Istituzioni di approfondire tutte le problematiche relative a questo comparto;
    l'8 giugno 2015, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha sottoscritto con Federpesca, Lega Pesca, A.G.C.I. Agrital, Confcooperative Federcoopesca, FLAI CGIL, FAI CISL e UILA Pesca per l'anno 2015 l'accordo di cassa integrazione guadagni in deroga per il settore pesca che consente remissione del decreto interministeriale che sblocca i pagamenti per l'annualità 2014;
    la Cassa Integrazione in deroga, secondo le disposizioni in materia, è erogata al personale imbarcato, dipendente e socio lavoratore di cui alla legge n. 142 del 2001 delle Imprese di pesca, interessate dallo stato di crisi che ha investito il settore e che benefici di un sistema retributivo con minimo monetario garantito;
    negli anni recenti il trattamento di integrazione salariale è stato riconosciuto in tutte le situazioni di crisi del settore anche collegate al fermo biologico in cui si è reso necessario sospendere l'attività lavorativa per cause non imputabili al datore di lavoro;
    il fermo pesca biologico è fondamentale per preservare gli stock ittici e per contribuire al ripopolamento ma comporta per i lavoratori un mancato reddito derivante dall'interruzione della loro attività; a tal fine, a parziale indennizzo, la normativa europea contiene disposizioni specifiche in materia di aiuti pubblici da erogare ai pescatori, tramite cassa integrazione in deroga, per l'arresto temporaneo della pesca;
    la cassa integrazione in deroga è un sussidio sociale che ai sensi del Jobs Act dovrà però essere sostituito dai fondi bilaterali di solidarietà;
    il decreto interministeriale n. 83473, adottato ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 54 del 2013, convertito nella legge n. 85 del 2013 ha disciplinato la mobilità 2014, 2015 e 2016 dal momento che nel 2017 questo tipo di ammortizzatore sociale verrà sostituito dalla nuova ASPI (NASPI);
    il meccanismo di riconoscimento ed erogazione del nuovo sussidio sociale va coordinato con le specifiche esigenze del settore della pesca ed in particolare con quelle connesse al fermo biologico che nasce da motivazioni di protezione della fauna ittica e dell'ambiente ma che, senza adeguati meccanismi di tutela sostitutivi della C.l.G. in deroga, rischia di penalizzare pesantemente lavoratori ed armatori del comparto ittico;
    ad oggi è difficile valutare gli effetti per il settore della pesca delle norme introdotte dal Jobs Act mentre è urgente individuare un sistema di ammortizzatori appropriati per i lavoratori di tale settore che sia anche sostenibile per le imprese della pesca,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità nonché la possibilità di individuare un sistema di ammortizzatori sociali che, in linea con le indicazioni della nuova riforma del lavoro di cui al decreto legislativo n. 81 del 2015, consenta alle imprese della pesca, anche al di sotto dei cinque dipendenti, di accedere alle tutele sociali previste per i lavoratori agricoli (cisoa) al fine di sostenere l'assenza di reddito nel periodo obbligatorio di fermo biologico;
   a valutare la possibilità di incrementare ulteriormente l'impegno finanziario previsto all'articolo 3 riferito alla cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca e di definire con le associazioni di categoria del settore della Pesca meccanismi applicativi della NASPI che tengano in debito conto delle esigenze dell'intera filiera del settore ittico nel particolare contesto del fermo biologico.
9/3134-A/27. (Testo modificato nel corso della seduta) Carrescia, Venittelli.


DISEGNO DI LEGGE: S. 1758 – DELEGA AL GOVERNO PER IL RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE EUROPEE E L'ATTUAZIONE DI ALTRI ATTI DELL'UNIONE EUROPEA – LEGGE DI DELEGAZIONE EUROPEA 2014 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3123)

A.C. 3123 – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 3123 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli articoli aggiuntivi 14.050 e 17.02, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura:

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 3123 – Articolo 1

ARTICOLO 1 ED ANNESSI ALLEGATI A E B DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Delega al Governo per l'attuazione di direttive europee).

  1. Il Governo è delegato ad adottare secondo le procedure, i princìpi e i criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, i decreti legislativi per l'attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B alla presente legge.
  2. I termini per l'esercizio delle deleghe di cui al comma 1 sono individuati ai sensi dell'articolo 31, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
  3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate nell'allegato B, nonché, qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A, sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari.
  4. Eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183. Qualora la dotazione del predetto fondo si rivelasse insufficiente, i decreti legislativi dai quali derivino nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie, in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Gli schemi dei predetti decreti legislativi sono, in ogni caso, sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti anche per i profili finanziari, ai sensi dell'articolo 31, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.

Allegato A
(articolo 1, comma 1)

   1) 2014/111/UE direttiva di esecuzione della Commissione, del 17 dicembre 2014, recante modifica della direttiva 2009/15/CE per quanto attiene all'adozione da parte dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) di taluni codici e relativi emendamenti di alcuni protocolli e convenzioni (termine di recepimento 31 dicembre 2015).

Allegato B
(articolo 1, comma 1)

   1) 2010/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti (termine di recepimento 27 agosto 2012);
   2) 2012/25/UE direttiva di esecuzione della Commissione, del 9 ottobre 2012, che stabilisce le procedure informative per lo scambio tra Stati membri di organi umani destinati ai trapianti (termine di recepimento 10 aprile 2014);
   3) 2013/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE (termine di recepimento 1o luglio 2016);
   4) 2013/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 agosto 2013, relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione e che sostituisce la decisione quadro 2005/222/GAI del Consiglio (termine di recepimento 4 settembre 2015);
   5) 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d'arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari (termine di recepimento 27 novembre 2016);
   6) 2013/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, recante modifica della direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, e della direttiva 2007/14/CE della Commissione, che stabilisce le modalità di applicazione di talune disposizioni della direttiva 2004/109/CE (termine di recepimento 26 novembre 2015);
   7) 2013/51/Euratom del Consiglio, del 22 ottobre 2013, che stabilisce requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano (termine di recepimento 28 novembre 2015);
   8) 2013/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativa alle imbarcazioni da diporto e alle moto d'acqua e che abroga la direttiva 94/25/CE (termine di recepimento 18 gennaio 2016);
   9) 2013/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità alla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione (termine di recepimento 31 marzo 2015);
   10) 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, recante modifica della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI») (termine di recepimento 18 gennaio 2016);
   11) 2013/56/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, che modifica la direttiva 2006/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori per quanto riguarda l'immissione sul mercato di batterie portatili e di accumulatori contenenti cadmio destinati a essere utilizzati negli utensili elettrici senza fili e di pile a bottone con un basso tenore di mercurio, e che abroga la decisione 2009/603/CE della Commissione (termine di recepimento 1o luglio 2015);
   12) 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre 2013, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom (termine di recepimento 6 febbraio 2018);
   13) 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 febbraio 2014, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010 (termine di recepimento 21 marzo 2016);
   14) 2014/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, che modifica le direttive 92/58/CEE, 92/85/CEE, 94/33/CE, 98/24/CE del Consiglio e la direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio allo scopo di allinearle al regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele (termine di recepimento 1o giugno 2015);
   15) 2014/28/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato e al controllo degli esplosivi per uso civile (rifusione) (termine di recepimento 19 aprile 2016);
   16) 2014/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di recipienti semplici a pressione (rifusione) (termine di recepimento 19 aprile 2016);
   17) 2014/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica (rifusione) (termine di recepimento 19 aprile 2016);
   18) 2014/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di strumenti per pesare a funzionamento non automatico (rifusione) (termine di recepimento 19 aprile 2016);
   19) 2014/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di strumenti di misura (rifusione) (termine di recepimento 19 aprile 2016);
   20) 2014/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative agli apparecchi e sistemi di protezione destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva (rifusione) (termine di recepimento 19 aprile 2016);
   21) 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione (rifusione) (termine di recepimento 19 aprile 2016);
   22) 2014/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di impiego in qualità di lavoratori stagionali (termine di recepimento 30 settembre 2016);
   23) 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all'ordine europeo di indagine penale (termine di recepimento 22 maggio 2017);
   24) 2014/48/UE del Consiglio, del 24 marzo 2014, che modifica la direttiva 2003/48/CE in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (termine di recepimento 1o gennaio 2016);
   25) 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (rifusione) (termine di recepimento 3 luglio 2015);
   26) 2014/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l'acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari (termine di recepimento 21 maggio 2018);
   27) 2014/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica le direttive 2003/71/CE e 2009/138/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE) n. 1094/2010 e (UE) n. 1095/2010 per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) (termine di recepimento 31 marzo 2015);
   28) 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (termine di recepimento 16 maggio 2017);
   29) 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e che abroga la direttiva 1999/5/CE (termine di recepimento 12 giugno 2016);
   30) 2014/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle misure intese ad agevolare l'esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori (termine di recepimento 21 maggio 2016);
   31) 2014/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alla fatturazione elettronica negli appalti pubblici (termine di recepimento 27 novembre 2018);
   32) 2014/56/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati (termine di recepimento 17 giugno 2016);
   33) 2014/57/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato) (termine di recepimento 3 luglio 2016);
   34) 2014/58/UE direttiva di esecuzione della Commissione, del 16 aprile 2014, che istituisce, a norma della direttiva 2007/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, un sistema per la tracciabilità degli articoli pirotecnici (termine di recepimento 30 aprile 2015);
   35) 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (termine di recepimento 31 dicembre 2014);
   36) 2014/60/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 (Rifusione) (termine di recepimento 18 dicembre 2015);
   37) 2014/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, recante misure volte a ridurre i costi dell'installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità (termine di recepimento 1o gennaio 2016);
   38) 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla protezione mediante il diritto penale dell'euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio (termine di recepimento 23 maggio 2016);
   39) 2014/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica la direttiva 2001/110/CE del Consiglio concernente il miele (termine di recepimento 24 giugno 2015);
   40) 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (rifusione) (termine di recepimento 3 luglio 2016);
   41) 2014/66/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi nell'ambito di trasferimenti intra-societari (termine di recepimento 29 novembre 2016);
   42) 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI») (termine di recepimento 18 giugno 2016);
   43) 2014/68/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di attrezzature a pressione (rifusione) (termine di recepimento 28 febbraio 2015);
   44) 2014/86/UE del Consiglio, dell'8 luglio 2014, e (UE) 2015/121 del Consiglio, del 27 gennaio 2015, recanti modifica della direttiva 2011/96/UE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (termine di recepimento 31 dicembre 2015);
   45) 2014/87/Euratom del Consiglio, dell'8 luglio 2014, che modifica la direttiva 2009/71/Euratom che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari (termine di recepimento 15 agosto 2017);
   46) 2014/89/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo (termine di recepimento 18 settembre 2016);
   47) 2014/91/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, recante modifica della direttiva 2009/65/CE concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), per quanto riguarda le funzioni di depositario, le politiche retributive e le sanzioni (termine di recepimento 18 marzo 2016);
   48) 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi (termine di recepimento 18 novembre 2016);
   49) 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, recante modifica della direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni (termine di recepimento 6 dicembre 2016);
   50) 2014/100/UE della Commissione, del 28 ottobre 2014, recante modifica della direttiva 2002/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d'informazione (termine di recepimento 18 novembre 2015);
   51) 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea (termine di recepimento 27 dicembre 2016);
   52) 2014/107/UE del Consiglio, del 9 dicembre 2014, recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale (termine di recepimento 31 dicembre 2015);
   53) 2014/112/UE del Consiglio, del 19 dicembre 2014, che attua l'accordo europeo concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro nel trasporto per vie navigabili interne, concluso tra la European Barge Union (EBU), l'Organizzazione europea dei capitani (ESO) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) (termine di recepimento 31 dicembre 2016);
   54) (UE) 2015/13 direttiva delegata della Commissione, del 31 ottobre 2014, che modifica l'allegato III della direttiva 2014/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, per quanto riguarda il campo di portata dei contatori dell'acqua (termine di recepimento 19 aprile 2016);
   55) (UE) 2015/412 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio (senza termine di recepimento);
   56) (UE) 2015/413 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale (termine di recepimento 6 maggio 2015).

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1.
(Delega al Governo per l'attuazione di direttive europee).

  Ai commi 1 e 3, Allegato B, dopo la direttiva 2014/41/UE, aggiungere la seguente:
  2014/44/UE della Commissione, del 18 marzo 2014, che modifica gli allegati I, II e III della direttiva 2003/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa all'omologazione dei trattori agricoli o forestali, dei loro rimorchi e delle loro macchine intercambiabili trainate, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli (termine di recepimento 1o gennaio 2015).
1. 13. Kronbichler, Franco Bordo, Zaccagnini, Scotto.

  Ai commi 1 e 3, Allegato B, dopo la direttiva 2014/68/UE, aggiungere la seguente:
  2014/71/UE direttiva delegata della Commissione, del 13 marzo 2014, che modifica, adattandolo al progresso tecnico, l'allegato IV della direttiva 2011/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un'esenzione relativa al piombo nelle saldature su un'interfaccia di ampia superficie di elementi stampati impilati (SDE, stacked die elements) (termine di recepimento 31 dicembre 2014).
1. 15. Kronbichler, Franco Bordo, Zaccagnini, Scotto.

  Ai commi 1 e 3, Allegato B, dopo la direttiva 2014/68/UE, aggiungere la seguente:
  2014/72/UE direttiva delegata della Commissione, del 13 marzo 2014, che modifica, adattandolo al progresso tecnico, l'allegato III della direttiva 2011/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un'esenzione relativa al piombo nelle saldature e nelle finiture delle terminazioni di componenti elettrici ed elettronici nonché nelle finiture delle schede a circuito stampato utilizzate nei moduli di accensione e in altri sistemi elettrici ed elettronici di controllo del motore (termine di recepimento 31 dicembre 2014).
1. 14. Kronbichler, Franco Bordo, Zaccagnini, Scotto.

  Ai commi 1 e 3, Allegato B, dopo la direttiva 2014/68/UE, aggiungere la seguente:
  2014/73/UE direttiva delegata della Commissione, del 13 marzo 2014, che modifica, adattandolo al progresso tecnico, l'allegato IV della direttiva 2011/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un'esenzione relativa al piombo negli elettrodi di platino platinato a fini di misurazioni della conduttività (termine di recepimento 31 dicembre 2014).
1. 16. Kronbichler, Franco Bordo, Zaccagnini, Scotto.

  Ai commi 1 e 3, Allegato B, dopo la direttiva 2014/68/UE, aggiungere la seguente:
  2014/74/UE direttiva delegata della Commissione, del 13 marzo 2014, che modifica, adattandolo al progresso tecnico, l'allegato IV della direttiva 2011/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un'esenzione relativa al piombo in dispositivi diversi dai sistemi di connettori a pin conformi «C-press» per strumenti di monitoraggio e controllo industriali (termine di recepimento 31 dicembre 2014).
1. 17. Kronbichler, Franco Bordo, Zaccagnini, Scotto.

  Ai commi 1 e 3, Allegato B, dopo la direttiva 2014/68/UE, aggiungere la seguente:
  2014/75/UE direttiva delegata della Commissione, del 13 marzo 2014, che modifica, adattandolo al progresso tecnico, l'allegato IV della direttiva 2011/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un'esenzione relativa al mercurio nelle lampade fluorescenti a catodo freddo destinate all'uso negli schermi retroilluminati a cristalli liquidi e contenenti non più di 5 mg di mercurio per lampada, utilizzate in strumenti di monitoraggio e controllo industriali immessi sul mercato antecedentemente al 22 luglio 2017 (termine di recepimento 31 dicembre 2014).
1. 4. Kronbichler, Franco Bordo, Zaccagnini, Scotto.

  Ai commi 1 e 3, Allegato B, dopo la direttiva 2014/68/UE, aggiungere la seguente:
  2014/76/UE direttiva delegata della Commissione, del 13 marzo 2014, che modifica, adattandolo al progresso tecnico, l'allegato III della direttiva 2011/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un'esenzione relativa al mercurio nei tubi luminosi a scarica fabbricati a mano utilizzati per la segnaletica, l'illuminazione decorativa o architettonica e specialistica nonché per l'arte luminosa (termine di recepimento 31 dicembre 2014).
1. 18. Kronbichler, Franco Bordo, Zaccagnini, Scotto.

  Ai commi 1 e 3, Allegato B, dopo la direttiva 2014/68/UE, aggiungere la seguente:
  2014/78/UE direttiva di esecuzione della Commissione, del 17 giugno 2014, che modifica gli allegati I, II, III, IV e V della direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (termine di recepimento 30/09/2014).
1. 3. Kronbichler, Franco Bordo, Zaccagnini, Scotto.

  Ai commi 1 e 3, Allegato B, dopo la direttiva (UE) 2015/13, aggiungere la seguente:
  (UE) 2015/254 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2015, che abroga la direttiva 93/5/CEE del Consiglio concernente l'assistenza alla Commissione e la cooperazione degli Stati membri nell'esame scientifico di questioni relative ai prodotti alimentari (termine di recepimento 29 febbraio 2016).
1. 20. Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Battelli.

  Ai commi 1 e 3 Allegato B, dopo la direttiva (UE) 2015/413, aggiungere la seguente:
  (UE) 2015/653 della Commissione, del 24 aprile 2015, recante modifica della direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la patente di guida (Testo rilevante ai fini del SEE) (termine di recepimento 1o gennaio 2017).
1. 6. Kronbichler, Franco Bordo, Zaccagnini, Scotto.

  Dopo il comma 4 aggiungere il seguente:
  5. Il Governo è tenuto a corredare la notifica delle misure di recepimento di uno o più documenti che chiariscano in modo completo e inequivocabile il rapporto tra gli elementi costitutivi delle direttive e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento.
1. 19. Pesco, Battelli.

A.C. 3123 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili, e a quelli indicati dalla medesima direttiva, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) apportare all'articolo 1 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le modifiche necessarie a consentire l'applicazione, anche parallelamente, in relazione a uno stesso caso, degli articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e degli articoli 2 e 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, in materia di intese e di abuso di posizione dominante;
   b) estendere l'applicazione delle disposizioni adottate in attuazione della direttiva 2014/104/UE alle azioni di risarcimento dei danni derivanti da violazioni ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nonché alle azioni di risarcimento dei danni derivanti da violazioni ai sensi dei predetti articoli 2 e 3 applicati parallelamente agli articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
   c) prevedere l'applicazione delle disposizioni adottate in attuazione della direttiva 2014/104/UE anche alle azioni collettive previste dall'articolo 140-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, quando ricadono nell'ambito di applicazione della direttiva stessa o comunque si tratta di azioni di cui alla lettera b);
   d) prevedere la revisione della competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa di cui al decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, concentrando le controversie relative alle violazioni disciplinate dal decreto di attuazione della direttiva 2014/104/UE presso un numero limitato di uffici giudiziari individuati in relazione al bacino di utenza e alla proporzionata distribuzione sul territorio nazionale.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 3123 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell'Unione europea).

  1. Il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, ai sensi dell'articolo 33 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, e secondo i princìpi e criteri direttivi dell'articolo 32, comma 1, lettera d), della medesima legge, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive europee attuate in via regolamentare o amministrativa o in regolamenti dell'Unione europea pubblicati alla data di entrata in vigore della presente legge, per le quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.

A.C. 3123 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le procedure di cui all'articolo 1, comma 1, un decreto legislativo recante le norme occorrenti all'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi. Nell'esercizio della delega il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) apportare al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e al decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 142, le modifiche e le integrazioni necessarie ad assicurarne la coerenza con il regolamento;
   b) coordinare la disciplina delle sanzioni previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, con quanto previsto dall'articolo 18 del regolamento;
   c) apportare alla normativa vigente tutte le modifiche e integrazioni occorrenti ad assicurare il coordinamento con le disposizioni emanate in attuazione del presente articolo.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni interessate vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 4.
(Delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi).

  Al comma 1, lettera a), aggiungere, in fine, le parole:, in ogni modo tali da assicurare la più ampia trasparenza e fruibilità pubblica delle informazioni relative alla stabilità patrimoniale degli enti creditizi.
4. 1. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera b), dopo la parola: sanzioni aggiungere le seguenti: amministrative pecuniarie.

  Conseguentemente, alla medesima lettera, aggiungere in fine, le parole: prevedendo, in coerenza con il regolamento, anche sanzioni penali, secondo i principi della proporzionalità e della certezza della commisurazione delle sanzioni amministrative pecuniarie e penali.
4. 2. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera c), aggiungere, in fine, le parole:, prevedendo i più ampi poteri di vigilanza della Banca d'Italia, compatibilmente con il regolamento.
4. 3. Busin, Gianluca Pini.

A.C. 3123 – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 5.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2013/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, recante modifica della direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, e della direttiva 2007/14/CE della Commissione, che stabilisce le modalità di applicazione di talune disposizioni della direttiva 2004/109/CE).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2013/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, recante modifica della direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, e della direttiva 2007/14/CE della Commissione, che stabilisce le modalità di applicazione di talune disposizioni della direttiva 2004/109/CE, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) apportare al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva e delle relative misure di esecuzione nell'ordinamento nazionale, prevedendo, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria e attribuendo le competenze e i poteri di vigilanza previsti nella direttiva medesima alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), quale autorità competente, secondo quanto previsto dal citato testo unico;
   b) prevedere, ove opportuno, l'innalzamento della soglia minima prevista dal citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, in materia di obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti, nel rispetto di quanto disposto dalla direttiva 2004/109/CE, come modificata dalla direttiva 2013/50/UE, nonché le occorrenti modificazioni al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti;
   c) attribuire alla CONSOB il potere di disporre, con proprio regolamento e in conformità con le previsioni della direttiva 2013/50/UE, obblighi di pubblicazione delle informazioni finanziarie periodiche aggiuntive con una frequenza maggiore rispetto alle relazioni finanziarie annuali e alle relazioni finanziarie semestrali;
   d) prevedere, in conformità alle definizioni e alla disciplina della direttiva e ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione europea, per i settori interessati dalla direttiva da attuare, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, e di assicurare un adeguato regime di trasparenza in materia di informazione sugli emittenti garantendo un appropriato grado di protezione dell'investitore e la più ampia tutela della stabilità finanziaria e assicurando i più adeguati obblighi di informazione e correttezza.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le autorità interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 5.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2013/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, recante modifica della direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, e della direttiva 2007/14/CE della Commissione, che stabilisce le modalità di applicazione di talune disposizioni della direttiva 2004/109/CE).

  Al comma 1, lettera b), aggiungere, in fine, le parole: e assicurando i più ampi obblighi di informazione, trasparenza e correttezza.
5. 2. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera d), dopo le parole: disposizioni vigenti, aggiungere le seguenti: di assicurare il più ampio regime di trasparenza in materia di informazione sugli emittenti.
5. 1. Busin, Gianluca Pini.

A.C. 3123 – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 6.
(Delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo le procedure previste dall'articolo 31 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, in quanto compatibili, un decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro della salute, sotto il coordinamento del Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, fermo restando quanto stabilito dall'articolo 1, commi 5, 6 e 7, del decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188, nel rispetto delle categorie stabilite dagli articoli 39-terdecies e 62-quater del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.
  2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) sostituire, abrogandolo espressamente, il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 184, di attuazione della direttiva 2001/37/CE, interamente abrogata dalla direttiva 2014/40/UE;
   b) tenere conto della peculiarità dei prodotti del tabacco, con l'obiettivo di ostacolare un eccesso di offerta e la diffusione del fumo tra i minori;
   c) determinare la scelta del primo testo delle avvertenze di cui all'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2014/40/UE, in modo da informare il consumatore sui rischi potenziali derivanti dal fumo, assicurando un ampio livello di protezione della salute;
   d) prevedere, in un'ottica di semplificazione, che la rotazione del catalogo delle avvertenze sanitarie illustrate scelta dal Governo italiano rispetti l'ordine numerico delle serie previsto dall'allegato II della direttiva 2014/40/UE, come modificato dalla direttiva delegata 2014/109/UE della Commissione, del 10 ottobre 2014;
   e) escludere, ai sensi dell'articolo 32, comma 1, lettera c), della legge 24 dicembre 2012, n. 234, l'introduzione di norme più severe sul confezionamento, considerato l'elevato livello di protezione della salute umana offerto dalla direttiva 2014/40/UE;
   f) prevedere, per quanto riguarda i prodotti di cui all'articolo 39-terdecies del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, un coerente recepimento dell'articolo 19 della direttiva 2014/40/UE, al fine di stabilire anche un adeguato quadro normativo che riconosca il potenziale rischio ridotto dei prodotti del tabacco di nuova generazione, per i produttori che ne facciano richiesta;
   g) consentire fino al termine massimo di cui all'articolo 30 della direttiva 2014/40/UE la vendita al consumatore finale dei prodotti non conformi alla medesima direttiva, fabbricati ed etichettati prima del 20 maggio 2016, ed equiparare i prodotti non conformi eventualmente giacenti presso le rivendite dopo tale termine ai prodotti con difetti di condizionamento e confezionamento all'origine; in considerazione dell'articolazione del sistema distributivo dei tabacchi lavorati, stabilire altresì il termine del 20 agosto 2016 per il trasferimento di detti prodotti dal fabbricante o importatore al depositario autorizzato e il termine del 20 ottobre 2016 per la vendita di detti prodotti dal depositario autorizzato alle rivendite;
   h) per i soli prodotti di cui all'articolo 11 della direttiva 2014/40/UE, in ragione dei tempi di stagionatura e produzione, prorogare, per quanto possibile e compatibile con la normativa europea, tutti i termini di cui alla lettera g), ferme restando le ulteriori condizioni.

  3. Sullo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ai sensi dell'articolo 31, commi 3 e 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
  4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 6.
(Delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE).

  Al comma 1, sostituire le parole: commi 5, 6 e 7 con le seguenti: 5 e 6.

  Conseguentemente, al comma 2, dopo la lettera f) aggiungere la seguente:
   «f-bis) prevedere il mantenimento dei contrassegni di Stato per la legittimazione della circolazione dei tabacchi lavorati, mediante abrogazione espressa del comma 7 dell'articolo 1 del decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188».
6. 10. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 2, lettera b), sostituire la parola: peculiarità con le seguenti: pericolosità per la salute umana.
6. 6. Di Vita, Baroni, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Battelli.

  Al comma 2, lettera b), sostituire le parole: un eccesso di offerta con le seguenti: l'offerta.
6. 7. Grillo, Baroni, Di Vita, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Battelli.

  Al comma 2, lettera c), sopprimere la parola: potenziali
6. 4. Lorefice, Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Mantero, Battelli.

  Al comma 2, lettera c), dopo le parole: un ampio livello aggiungere le seguenti: di prevenzione e.
6. 5 Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Battelli.

  Al comma 2 sopprimere la lettera e).
6. 9. Lorefice, Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Mantero, Battelli.

  Al comma 2, lettera g), dopo le parole: fino al termine massimo aggiungere le seguenti: in alcun modo prorogabile.
6. 8. Silvia Giordano, Baroni, Di Vita, Grillo, Lorefice, Mantero, Battelli.

  Al comma 2, dopo la lettera h), aggiungere la seguente:
   i) prevedere una procedura di evidenza pubblica che consenta al Ministero dell'economia e delle finanze, al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministero della salute, sotto il coordinamento del Dipartimento per le Politiche europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di esaminare le migliori soluzioni esistenti disponibili sui mercati internazionali per la tracciabilità e la rintracciabilità dei prodotti del tabacco di cui all'articolo 15 della direttiva 2014/40/UE, sia dal punto di vista tecnologico che dal punto di vista dell'efficienza del recupero fiscale a beneficio delle casse dell'erario.
6. 12. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, dopo la lettera h), aggiungere la seguente:
   i) prevedere, al fine di contrastare più efficacemente i fenomeni di elusione, elevando i livelli di garanzia della tracciabilità anche per i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, e successive modificazioni, specifiche disposizioni in materia di rintracciabilità di tali prodotti e di legittimazione della loro circolazione nei confronti dei consumatori conformi a quelle della direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE.
6. 13. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, dopo la lettera h), aggiungere la seguente:
   i) prevedere per i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, e successive modificazioni, mediante modifica del comma 1-bis dell'articolo 62-quater del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, un'imposta di consumo parametrata alla quantità di nicotina contenuta nei medesimi liquidi fissandola in euro 10.000 per un chilogrammo di nicotina.
6. 14. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, dopo la lettera h), aggiungere la seguente:
   i) prevedere per i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, e successive modificazioni, mediante modifica del comma 1-bis dell'articolo 62-quater del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, un'imposta di consumo parametrata alla quantità di nicotina contenuta nei medesimi liquidi fissandola in euro 5.000 per un chilogrammo di nicotina.
6. 15. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, dopo la lettera h), aggiungere la seguente:
   i) prevedere, tramite comunicazione da parte dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, fermi i poteri della polizia e dell'autorità giudiziaria ove il fatto costituisca reato, ai fornitori di connettività alla rete internet ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che in relazione ad esse forniscono servizi telematici o di telecomunicazione, l'inibizione dell'accesso ai siti web offrenti prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti nicotina ai sensi dell'articolo 62-quater, comma 1-bis del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, in difetto di autorizzazione di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 29 dicembre 2014 ai sensi dell'articolo 62-quater, comma 4 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, in violazione delle norme di legge o di regolamento e in violazione dei limiti o delle prescrizioni definiti dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
6. 16. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, dopo la lettera h), aggiungere la seguente:
   i) introdurre nell'ordinamento nazionale nuove fattispecie di illeciti amministrativi relativi a:
    1.1) fabbricazione clandestina di sostanze liquide contenenti nicotina di cui all'articolo 62-quater, comma 1-bis del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, e successive modificazioni, stabilendo una sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio del decuplo dell'imposta evasa e, in ogni caso, non inferiore ad euro 7.500, intendendosi per clandestina quella fabbricazione posta in essere in modo che il prodotto sia sottratto all'accertamento;
    1.2) contrabbando finalizzato all'introduzione, alla vendita, al trasporto e all'acquisto, da e verso l'estero, di prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, e successive modificazioni, di cui all'articolo 62-quater, comma 1-bis del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, riferito ad un quantitativo superiore a 5 litri, stabilendo una sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 5.000 per ogni millilitro di prodotto.
6. 17. Busin, Gianluca Pini.

A.C. 3123 – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 7.
(Princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili, e a quelli indicati dalla medesima direttiva, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) apportare alla disciplina nazionale in materia di sistemi di garanzia dei depositi prevista dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva, avendo riguardo agli obiettivi della tutela dei risparmiatori e della stabilità del sistema bancario, nonché in conformità con gli orientamenti dell'Autorità bancaria europea e nel rispetto degli atti delegati adottati dalla Commissione europea;
   b) prevedere, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla Banca d'Italia;
   c) individuare nella Banca d'Italia l'autorità amministrativa competente e l'autorità designata, ai sensi degli articoli 2 e 3 della direttiva;
   d) definire le modalità di intervento dei sistemi di garanzia dei depositi diverse dal rimborso ai depositanti;
   e) determinare:
    1) le caratteristiche dei depositi che beneficiano della copertura offerta dai sistemi di garanzia, nonché l'importo della copertura e la tempistica dei rimborsi ai depositanti con le seguenti precisazioni:
     1.1) prevedere che i depositi su un conto di cui due o più persone siano titolari come membri di una società di persone o di altra associazione o gruppo di natura analoga senza personalità giuridica vengano cumulati e trattati come se fossero effettuati da un unico depositante ai fini del calcolo del limite di 100.000 euro previsto dalla direttiva;
     1.2) prevedere che le posizioni debitorie del depositante nei confronti dell'ente creditizio siano prese in considerazione nel calcolo dell'importo rimborsabile, se esigibili alla data in cui il deposito viene dichiarato «indisponibile», nella misura in cui la compensazione è possibile a norma delle disposizioni di legge o contrattuali che disciplinano il contratto tra l'ente creditizio e il depositante;
     1.3) limitare il periodo entro il quale i depositanti, i cui depositi non sono stati rimborsati o riconosciuti dai sistemi di garanzia dei depositi, possono reclamare il rimborso dei loro depositi;
    2) le modalità e la tempistica per la raccolta dei mezzi finanziari da parte dei sistemi di garanzia dei depositi, prevedendo che i membri di un sistema di protezione istituzionale versino contributi più bassi a tali sistemi;
    3) le modalità di investimento dei mezzi finanziari raccolti dai sistemi di garanzia dei depositi;
    4) la concessione di prestiti da parte dei sistemi di garanzia dei depositi ad altri sistemi all'interno dell'Unione europea;
    5) le procedure di condivisione di informazioni e comunicazioni con sistemi di garanzia dei depositi e i loro membri in Italia e nell'Unione europea.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le autorità interessate vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 7.
(Princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi).

  Al comma 1, lettera a), dopo la parola: apportare aggiungere le seguenti:, sentita la Commissione nazionale per la società e la borsa,;

  Conseguentemente:
   alla medesima lettera, sostituire le parole: tutela dei risparmiatori e della con le seguenti: più ampia tutela dei risparmiatori e della più ampia;
   alla lettera b), aggiungere, in fine, le parole: avendo riguardo alla più ampia tutela dei risparmiatori;
   alla lettera d) aggiungere, in fine, le parole:, applicabili soltanto nei casi in cui si renda impossibile il rimborso;
    alla lettera e):
    al numero 1) sostituire le parole:, nonché l'importo della copertura con le seguenti:, avendo riguardo alla tutela dei piccoli risparmiatori e degli investitori non professionisti, nonché l'importo della copertura, che deve essere tale da poter consentire la piena tutela del diritto di rimborso dei depositanti,;
    al numero 3) aggiungere infine le parole:, ammettendo esclusivamente la possibilità di investimenti finanziari che non siano ritenuti rischiosi, sentita la Commissione nazionale per le società e la borsa, per l'integrità dei depositi.
7. 11. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole: sistema bancario, aggiungere le seguenti: in modo da prevedere il finanziamento pubblico delle crisi di insolvenza bancaria soltanto in ultima istanza e qualora la crisi sia tale da impedire il diritto al rimborso di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385,.
7. 10. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera b), aggiungere, in fine, le parole: avendo riguardo alla più ampia tutela dei risparmiatori;

  Conseguentemente:
   alla lettera
d) aggiungere, in fine, le parole:, applicabili soltanto nei casi in cui si renda impossibile il rimborso;
    alla lettera e):
    al numero 1) sostituire le parole:, nonché l'importo della copertura con le seguenti:, avendo riguardo alla tutela dei piccoli risparmiatori e degli investitori non professionisti, nonché l'importo della copertura, che deve essere tale da poter consentire la piena tutela del diritto di rimborso dei depositanti,;
    al numero 3) aggiungere infine le parole:, ammettendo esclusivamente la possibilità di investimenti finanziari che non siano ritenuti rischiosi, sentita la Commissione nazionale per le società e la borsa, per l'integrità dei depositi.
7. 12. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 1.1).
7. 2. Pesco, Battelli.

  Al comma 1, lettera e), numero 1.1), premettere la parola: non. 
7. 3. Pesco, Battelli.

  Al comma 1, lettera e), numero 1.2), aggiungere, in fine, le parole:, previa verifica circa il compimento di reati di usura o anatocismo da parte dell'ente creditizio.
7. 6. Pesco, Battelli.

  Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 1.3).
7. 9. Pesco, Battelli.

  Al comma 1, lettera e), sostituire il numero 1.3) con il seguente:
  1.3) prevedere che i depositanti possano reclamare il rimborso dei propri depositi entro un periodo di 10 anni.
7. 8. Pesco, Battelli.

  Al comma 1, lettera e), dopo il numero 1.3) aggiungere il seguente:
  1.4) introdurre sistemi che proteggano prodotti inerenti a prestazioni di vecchiaia e pensioni, purché tali sistemi non coprano solo i depositi ma offrano una copertura globale per tutti i prodotti e le situazioni rilevanti sotto questo profilo.
7. 7. Pesco, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera e), aggiungere la seguente:
   f) definire le modalità di costituzione di sistemi di garanzia ulteriori rispetto a quelli indicati dalla direttiva 2014/49/UE al fine di garantire una copertura integrale dei depositi per ciascun depositante.
7. 4. Pesco, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera e), aggiungere la seguente:
   f) definire le modalità di costituzione di sistemi di garanzia ulteriori rispetto a quelli indicati dalla direttiva 2014/49/UE al fine di garantire, per ciascun depositante, una copertura per gli importi superiori a 100.000 euro.
7. 5. Pesco, Battelli.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Il Governo è tenuto a corredare la notifica delle misure di recepimento adottate ai sensi del presente articolo di uno o più documenti che chiariscano in modo completo ed inequivocabile il rapporto tra gli elementi costitutivi della direttiva 2014/49/UE e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento.
7. 1. Pesco, Battelli.

A.C. 3123 – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 8.
(Princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili, quelli previsti dalla direttiva 2014/59/UE e i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) garantire la coerenza e la compatibilità tra la disciplina nazionale di recepimento della direttiva e il quadro normativo europeo in materia di vigilanza bancaria, gestione delle crisi e tutela dei depositanti, assicurando, tra l'altro, che le facoltà di opzione previste nella direttiva 2014/59/UE siano esercitate in modo conforme a quanto eventualmente previsto dal regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010;
   b) prevedere che lo strumento del bail-in di cui alla sezione 5 del capo IV del titolo IV della direttiva si applichi a partire dal 1o gennaio 2016, valutando inoltre l'opportunità di stabilire modalità applicative del bail-in coerenti con la forma societaria cooperativa;
   c) definire l'ambito di applicazione della disciplina nazionale di recepimento della direttiva in coerenza con quello delineato dall'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva;
   d) designare la Banca d'Italia quale autorità di risoluzione nazionale, attribuendo a quest'ultima tutti i poteri assegnati all'autorità di risoluzione dalla direttiva 2014/59/UE, assicurando il tempestivo scambio di informazioni con il Ministero dell'economia e delle finanze e, secondo quanto stabilito dall'articolo 3, paragrafo 6, della direttiva, prevedendo l'approvazione di quest'ultimo prima di dare attuazione a decisioni che abbiano un impatto diretto sul bilancio oppure implicazioni sistemiche; prevedere inoltre che all'attuazione delle lettere o) e p) si provveda nel rispetto del riparto di attribuzioni tra la Banca d'Italia e la CONSOB previste a legislazione vigente;
   e) prevedere, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla Banca d'Italia; nell'esercizio dei poteri regolamentari la Banca d'Italia tiene conto delle linee guida emanate dall'Autorità bancaria europea ai sensi della direttiva 2014/59/UE;
   f) assicurare che nel recepimento della direttiva 2014/59/UE venga data applicazione al principio di proporzionalità ai sensi del considerando n. 14 e dell'articolo 1 della direttiva;
   g) prevedere che il regime di responsabilità di cui all'articolo 24, comma 6-bis, della legge 28 dicembre 2005, n. 262, sia esteso all'esercizio delle funzioni disciplinate dalla direttiva 2014/59/UE, con riferimento alla Banca d'Italia, ai componenti dei suoi organi, ai suoi dipendenti, nonché agli organi delle procedure di intervento precoce e risoluzione, inclusi i commissari, l'ente-ponte, la società veicolo per la gestione delle attività e i componenti dei loro organi;
   h) individuare, ove opportuno, nella Banca d'Italia l'autorità competente a esercitare le opzioni che la direttiva 2014/59/UE attribuisce agli Stati membri con riferimento alla disciplina dei piani di risanamento e di risoluzione nonché del requisito minimo di passività soggette a conversione o riduzione, nel rispetto del principio di proporzionalità;
   i) non avvalersi della facoltà di imporre l'approvazione ex ante da parte dell'autorità giudiziaria della decisione di adottare una misura di prevenzione o di gestione della crisi prevista dall'articolo 85, paragrafo 1, della direttiva 2014/59/UE;
   l) con riferimento alla disciplina delle sanzioni previste dalla direttiva 2014/59/UE:
    1) introdurre nell'ordinamento nazionale nuove fattispecie di illeciti amministrativi corrispondenti alle fattispecie sanzionatorie previste dalla direttiva 2014/59/UE, stabilendo:
     1.1) l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie a società o enti nei cui confronti sono accertati le violazioni e i presupposti che determinano una responsabilità da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo nonché dei dipendenti o di coloro che operano sulla base di rapporti che ne determinano l'inserimento nell'organizzazione del soggetto vigilato, anche in forma diversa dal rapporto di lavoro subordinato;
     1.2) l'entità delle sanzioni amministrative pecuniarie, in modo tale che:
   1.2.1) la sanzione applicabile alle società o agli enti sia compresa tra un minimo di 30.000 euro e un massimo del 10 per cento del fatturato;
   1.2.2) la sanzione applicabile alle persone fisiche sia compresa tra un minimo di 5.000 euro e un massimo di 5 milioni di euro;
   1.2.3) qualora il vantaggio ottenuto dall'autore della violazione sia superiore ai limiti massimi indicati ai numeri 1.2.1) e 1.2.2), le sanzioni siano elevate fino al doppio dell'ammontare del vantaggio ottenuto, purché tale ammontare sia determinabile;
    2) attribuire alla Banca d'Italia il potere di irrogare le sanzioni e definire i criteri cui essa deve attenersi nella determinazione dell'ammontare della sanzione, in coerenza con quanto previsto dalla direttiva 2014/59/UE, anche in deroga alle disposizioni contenute nella legge 24 novembre 1981, n. 689;
    3) prevedere le modalità di pubblicazione dei provvedimenti che irrogano le sanzioni e il regime per lo scambio di informazioni con l'Autorità bancaria europea, in linea con quanto previsto dalla direttiva 2014/59/UE;
    4) attribuire alla Banca d'Italia il potere di definire disposizioni attuative, con riferimento, tra l'altro, alla definizione della nozione di fatturato utile per la determinazione della sanzione, alla procedura sanzionatoria e alle modalità di pubblicazione dei provvedimenti che irrogano le sanzioni;
    5) con riferimento alle fattispecie connotate da minore effettiva offensività o pericolosità, prevedere, ove compatibili con la direttiva 2014/59/UE, efficaci strumenti per la deflazione del contenzioso o per la semplificazione dei procedimenti di applicazione della sanzione, anche conferendo alla Banca d'Italia la facoltà di escludere l'applicazione della sanzione per condotte prive di effettiva offensività o pericolosità;
    6) attribuire alla Banca d'Italia il potere di adottare le misure previste dalla direttiva 2014/59/UE relative alla reprimenda pubblica, all'ordine di cessare o di porre rimedio a condotte irregolari e alla sospensione temporanea dell'incarico;
    7) introdurre la possibilità di una dichiarazione giudiziale dello stato di insolvenza in caso di avvio della risoluzione, ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nel titolo VI del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, senza che in tal caso assuma rilievo esimente l'eventuale superamento dello stato di insolvenza per effetto della risoluzione; stabilire l'applicabilità agli organi della risoluzione delle fattispecie penali previste nel titolo VI del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in linea con l'articolo 237, secondo comma, del medesimo regio decreto n. 267 del 1942;
   m) con riferimento alla disciplina dei fondi di risoluzione:
    1) prevedere l'istituzione di uno o più fondi di risoluzione;
    2) definire le modalità di calcolo e di riscossione dei contributi dovuti da parte degli enti che vi aderiscono, in linea con quanto previsto dalla direttiva 2014/59/UE e dagli atti delegati adottati dalla Commissione europea;
    3) determinare le modalità di amministrazione dei fondi e la struttura deputata alla loro gestione;
    4) individuare, ove opportuno, nella Banca d'Italia l'autorità competente a esercitare le opzioni che gli articoli 103, 106 e 109 della direttiva 2014/59/UE attribuiscono agli Stati membri con riferimento alla disciplina dei fondi di risoluzione;
   n) prevedere adeguate forme di coordinamento tra l'autorità di risoluzione e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) per l'applicazione di misure di risoluzione a società di partecipazione finanziaria mista e, ove controllino una o più imprese di assicurazione o riassicurazione, a società di partecipazione mista;
   o) coordinare la disciplina nazionale di recepimento della direttiva con il quadro normativo nazionale in materia di gestione delle crisi previsto dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, anche apportando ai suddetti testi unici le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva 2014/59/UE;
   p) fermo restando quanto previsto dalla lettera c), apportare al quadro normativo nazionale in materia di gestione delle crisi previsto dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ogni altra modifica necessaria o opportuna per chiarire la disciplina applicabile e per assicurare maggiore efficacia ed efficienza alla gestione delle crisi di tutti gli intermediari ivi disciplinati, anche tenendo conto di quanto previsto dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e delle esigenze di proporzionalità della disciplina e di celerità delle procedure;
   q) coordinare, ove necessario, le norme nazionali di recepimento delle direttive modificate dal titolo X della direttiva 2014/59/UE.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le autorità interessate vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 8.
(Princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio).

  Sopprimerlo.
*8. 9. Villarosa, Battelli.

  Sopprimerlo.
*8. 19. Occhiuto, Elvira Savino, Palese.

  Al comma 1, dopo la lettera a) aggiungere la seguente:
   a-bis) prevedere in modo stringente ed inequivoco che l'applicazione dello strumento del bail-in avvenga considerando esclusivamente alla stregua di una ultima ratio ogni eventuale misura inerente i depositi, ferme restando le esclusioni di cui all'articolo 44, paragrafi 2 e 3, della direttiva, e comunque come eventualità estrema ipotizzabile soltanto dopo aver proceduto alla svalutazione o conversione delle azioni, degli altri titoli di proprietà, degli strumenti di capitale e di tutte le altre passività ammissibili;.
8. 50. Capezzone.

  Al comma 1, lettera b), aggiungere, in fine, le parole: al fine di prevedere il finanziamento pubblico delle crisi di insolvenza bancaria soltanto in ultima istanza e qualora la crisi sia tale da impedire il diritto al rimborso dei depositanti di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385.
8. 18. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:
   b-bis) escludere i depositanti dall'applicazione del bail-in;
8. 57. Villarosa, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
   d-bis) prevedere che la Banca d'Italia trasmetta alle Camere con cadenza annuale una relazione circa i provvedimenti adottati nel quadro delle attività di risanamento e risoluzione, con specifica indicazione degli eventuali impatti sui depositanti e sui piccoli azionisti ed obbligazionisti;.
8. 51. Capezzone.

  Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: e dell'articolo 1 della direttiva, con le seguenti: e degli articoli 1 e 4 della direttiva, anche evitando di adottare o mantenere disposizioni più rigorose, rispetto a quelle contenute nella direttiva stessa e negli atti delegati e di esecuzione adottati sulla base della medesima. In particolare, sono adottate disposizioni attuative delle previsioni di cui all'articolo 4, paragrafi 8 e 9, della stessa direttiva, prevedendo ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla Banca d'Italia.
8. 53. Laffranco, Occhiuto.

  Al comma 1, dopo la lettera h) aggiungere la seguente:
   h-bis) introdurre l'obbligo per i soggetti vigilati di predisporre prospetti informativi volti a garantire una facile individuazione del coefficiente di solvibilità e del livello delle sofferenze dei medesimi soggetti vigilati, attribuendo alla Banca d'Italia il compito di predisporre i criteri generali di redazione dei prospetti informativi tenendo conto dei risparmiatori e degli investitori non professionali, ed attribuendo la risoluzione delle crisi finanziarie a carico del bilancio della Banca d'Italia nelle ipotesi in cui i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo di banche ed intermediari finanziari rendano dichiarazioni mendaci e non veritiere che non consentano di verificare con correttezza il coefficiente di solvibilità ed il livello delle sofferenze dei soggetti vigilati ovvero violino i criteri generali di redazione dei prospetti informativi definiti dalla Banca d'Italia.
8. 58. Villarosa, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera h) aggiungere la seguente:
   h-bis) introdurre l'obbligo per i soggetti vigilati di predisporre prospetti informativi volti a garantire una facile individuazione del coefficiente di solvibilità e del livello delle sofferenze dei medesimi soggetti vigilati, attribuendo alla Banca d'Italia il compito di predisporre i criteri generali di redazione dei prospetti informativi tenendo conto dei risparmiatori e degli investitori non professionali.
8. 59. Villarosa, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera i), aggiungere la seguente:
   i-bis) con riferimento alla disciplina dell'ambito di applicazione dello strumento del bail-in di cui all'articolo 44 della direttiva 2014/59/UE escludere integralmente dall'applicazione dei poteri di svalutazione o di conversione gli strumenti finanziari emessi dallo Stato italiano per interventi di bail-out.
8. 3. Villarosa, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera i), aggiungere la seguente:
   i-bis) con riferimento alla disciplina dei contributi ex-ante di cui all'articolo 103 della direttiva 2014/59/UE prevedere che gli Stati membri non provvedano a che l'obbligo di versare i contributi previsti nel presente articolo non siano opponibili a norma del diritto nazionale.
8. 2. Villarosa, Battelli.

  Al comma 1, lettera l), numero 1.1), dopo le parole: sanzioni amministrative pecuniarie aggiungere le seguenti: e delle sanzioni penali.

  Conseguentemente, alla medesima lettera, numero 2), dopo le parole: le sanzioni aggiungere le seguenti: amministrative.
8. 12. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera l), numero 1.1), dopo le parole: sanzioni amministrative pecuniarie aggiungere le seguenti: e delle sanzioni penali.

  Conseguentemente, alla medesima lettera:
   al numero 1.2.1), sostituire le parole:
30.000 euro con le seguenti: 50.000 euro e le parole: 10 per cento con le seguenti: 30 per cento;
    al numero 1.2.2), sostituire le parole: 5.000 euro con le seguenti: 20.000 euro e le parole: 5 milioni con le seguenti: 20 milioni;
    al numero 1.2.3), sostituire la parola: doppio con la seguente: triplo e le parole: purché tale ammontare sia determinabile con le seguenti: e, qualora tale ammontare non sia determinabile, fino al triplo dell'ammontare del vantaggio presunto in via giudiziale;
   al numero 2), dopo le parole: le sanzioni aggiungere le seguenti: amministrative.
8. 11. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera l), numero 1.1), dopo le parole: sanzioni amministrative pecuniarie aggiungere le seguenti: e delle sanzioni penali.

  Conseguentemente, alla medesima lettera:
   al numero 1.2.1), sostituire le parole:
30.000 euro con le seguenti: 40.000 euro e le parole: 10 per cento con le seguenti: 20 per cento;
    al numero 1.2.2), sostituire le parole: 5.000 euro con le seguenti: 10.000 euro e le parole: 5 milioni con le seguenti: 10 milioni;
    al numero 1.2.3), sostituire la parola: doppio con la seguente: triplo e le parole: purché tale ammontare sia determinabile con le seguenti: e, qualora tale ammontare non sia determinabile, fino al triplo dell'ammontare del vantaggio presunto in via giudiziale.
   al numero 2), dopo le parole: le sanzioni aggiungere le seguenti: amministrative.
8. 10. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera l), numero 1.1), dopo le parole: le violazioni aggiungere le seguenti:, tenendo conto anche delle dimensioni delle società o enti medesimi.
8. 54. Laffranco, Occhiuto.

    Al comma 1, lettera l), numero 1.2.1), sostituire le parole: 30.000 euro con le seguenti: 50.000 euro e le parole: 10 per cento con le seguenti: 30 per cento;
    al numero 1.2.2), sostituire le parole: 5.000 euro con le seguenti: 20.000 euro e le parole: 5 milioni con le seguenti: 20 milioni;
    al numero 1.2.3), sostituire la parola: doppio con la seguente: triplo e le parole: purché tale ammontare sia determinabile con le seguenti: e, qualora tale ammontare non sia determinabile, fino al triplo dell'ammontare del vantaggio presunto in via giudiziale.
8. 13. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera l), numero 1.2.1), sostituire le parole: 30.000 euro con le seguenti: 40.000 euro e le parole: 10 per cento con le seguenti: 20 per cento;
    al numero 1.2.2), sostituire le parole: 5.000 euro con le seguenti: 10.000 euro e le parole: 5 milioni con le seguenti: 10 milioni;
    al numero 1.2.3), sostituire la parola: doppio con la seguente: triplo e le parole: purché tale ammontare sia determinabile con le seguenti: e, qualora tale ammontare non sia determinabile, fino al triplo dell'ammontare del vantaggio presunto in via giudiziale.
8. 14. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera l), numero 2), dopo la parola: irrogare aggiungere le seguenti:, ottenuta l'approvazione del Ministero dell'economia e delle finanze.

  Conseguentemente, alla medesima lettera:
   al numero 4), dopo le parole:
attribuire alla Banca d'Italia aggiungere le seguenti:, avuto il parere vincolante del Ministero dell'economia e delle finanze;
   al numero 5), dopo le parole: conferendo alla Banca d'Italia aggiungere le seguenti:, avuta l'approvazione del Ministero dell'economia e delle finanze;
   al numero 6), dopo le parole: attribuire alla Banca d'Italia aggiungere le seguenti:, avuta l'approvazione del Ministero dell'economia e delle finanze.
8. 60. Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera l), numero 3), dopo la parola: sanzioni aggiungere le seguenti:, in modo da assicurare la massima trasparenza.
8. 15. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera l), numero 4), dopo la parola: sanzioni aggiungere le seguenti:, in modo da assicurare la massima trasparenza e la certa punibilità dell'autore della violazione.
8. 16. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera m), numero 2), dopo le parole: e dagli atti delegati adottati dalla Commissione europea, aggiungere le seguenti: dando concreta attuazione alla discrezionalità contenuta nelle disposizioni transitorie di questi ultimi.
8. 55. Laffranco, Occhiuto.

  Al comma 1, lettera m), dopo il numero 4), aggiungere i seguenti:
   5) mantenere il livello-obiettivo minimo obbligatorio di cui all'articolo 102 della direttiva, all'1 per cento dell'ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel territorio nazionale;
   6) prorogare il periodo iniziale previsto dall'articolo 102, comma 1, della direttiva fino ad un massimo di quattro anni se i meccanismi di finanziamento hanno effettuato esborsi cumulativi per una percentuale superiore allo 0,5 per cento dei depositi protetti a norma della direttiva 2014/49/UE, di tutti gli enti creditizi autorizzati nel territorio nazionale;.
8. 56. Laffranco, Occhiuto.

  Al comma 1, dopo la lettera m), aggiungere la seguente:
   m-bis) in attuazione dell'articolo 44, comma 2, lettera h, prevedere che le autorità di risoluzione non esercitano i poteri di svalutazione o di conversione in relazione alle passività con durata residua inferiore ad un mese, nei confronti dei sistemi o degli operatori dei sistemi designati a norma della direttiva 98/26/CE o relativi partecipanti, e derivanti dalla partecipazione a tale sistema, a prescindere dal fatto che siano disciplinate dal diritto di uno Stato membro o di un paese terzo;.
8. 4. Villarosa, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera m), aggiungere la seguente:
   m-bis)
prevedere i seguenti strumenti di risoluzione delle crisi:
    1) strumento per la vendita dell'attività d'impresa;
    2) strumento dell'ente-ponte;
    3) strumento della separazione delle attività;
    4) strumento del bail-in.
8. 5. Villarosa, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera m), aggiungere la seguente:
   m-bis)
con riferimento alla disciplina dei contributi ex ante di cui all'articolo 103, comma 3, della direttiva 2014/59/UE 3, prevedere che i mezzi finanziari disponibili che concorrono al raggiungimento del livello-obiettivo fissato all'articolo 102 della medesima direttiva comprendano impegni di pagamento irrevocabili integralmente coperti dalla garanzia reale di attività a basso rischio non gravate da diritti di terzi, a libera disposizione e destinate all'uso esclusivo delle autorità di risoluzione per gli scopi specificati nell'articolo 101, paragrafo 1, prevedendo altresì che la quota di impegni di pagamento irrevocabili non debba superare il 30 per cento dell'importo complessivo dei contributi raccolti;.
8. 6. Villarosa, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera m), aggiungere la seguente:
   m-bis)
con riferimento alla disciplina del livello obiettivo di cui all'articolo 102 della direttiva 2014/59/UE, prevedere che il meccanismo di finanziamento disponga di mezzi finanziari pari ad almeno il 10 per cento dell'ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel rispettivo territorio.
8. 8. Villarosa, Battelli.

  Al comma 1, lettera p), sostituire le parole: e di celerità delle procedure con le seguenti:, di celerità e semplificazione delle procedure e della totale esclusione dei risparmiatori dagli eventuali interventi di ricapitalizzazione che si rendano necessari in caso di stato di insolvenza.
8. 17. Busin, Gianluca Pini.

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:
   r)
in relazione al raggiungimento del livello obiettivo di cui all'articolo 102 e delle previsioni di cui all'articolo 103 della direttiva 2014/59/UE, prevedere che l'autorità competente all'attuazione delle relative disposizioni presenti alle competenti Commissioni parlamentari una relazione sull'attuazione delle disposizioni e sui risultati conseguiti.
8. 7. Villarosa, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:
   r)
prevedere adeguate e specifiche campagne di informazione finanziaria, da realizzare anche attraverso i mezzi di comunicazione radiotelevisivi, a partire dal servizio pubblico radiotelevisivo, per informare i risparmiatori rispetto alle novità e ai rischi insiti nel nuovo strumento bail-in, anche al fine di aumentare la consapevolezza circa l'esigenza di diversificare i loro investimenti e depositi finanziari.
8. 52. Capezzone.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Il Governo è tenuto a corredare la notifica delle misure di recepimento adottate ai sensi del presente articolo di uno o più documenti che chiariscano in modo completo e inequivocabile il rapporto tra gli elementi costitutivi della direttiva 2014/59/UE e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento.
8. 1. Pesco, Battelli.

A.C. 3123 – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 9.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE, anche ai fini dell'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE, anche ai fini dell'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) apportare al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva 2014/65/UE e all'applicazione del regolamento (UE) n. 600/2014 e delle inerenti norme tecniche di regolamentazione e di attuazione;
   b) designare, ai sensi degli articoli 67 e 68 della direttiva 2014/65/UE, la Banca d'Italia e la CONSOB quali autorità competenti per lo svolgimento delle funzioni previste dalla direttiva e dal regolamento (UE) n. 600/2014, avuto riguardo alla ripartizione delle funzioni di vigilanza per finalità prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ed apportando le modifiche necessarie per rendere più efficiente ed efficace l'assegnazione dei compiti di vigilanza, secondo quanto previsto dalle lettere da c) a u) del presente comma, perseguendo l'obiettivo di semplificare, ove possibile, gli oneri per i soggetti vigilati;
   c) prevedere, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata rispettivamente dalla CONSOB, sentita la Banca d'Italia, e dalla Banca d'Italia, sentita la CONSOB, secondo le rispettive competenze e in ogni caso nell'ambito di quanto specificamente previsto dalla direttiva 2014/65/UE; a tal fine, attribuire la potestà regolamentare di cui all'articolo 6, comma 2-bis, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, alla Banca d'Italia o alla CONSOB secondo la ripartizione delle competenze di vigilanza prevista dal comma 2-ter del medesimo articolo 6, come modificato ai sensi della lettera e) del presente comma;
   d) attribuire alle autorità designate ai sensi della lettera b) i poteri di vigilanza e di indagine previsti dalla direttiva 2014/65/UE e dal regolamento (UE) n. 600/2014, avuto riguardo all'esigenza di semplificare, ove possibile, gli oneri per i soggetti vigilati e indicando i casi in cui è necessaria l'acquisizione del parere dell'altra autorità;
   e) in applicazione del criterio di attribuzione delle competenze secondo le finalità indicate nell'articolo 5, commi 2 e 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, prevedere, per specifici aspetti relativi alle materie indicate dall'articolo 6, comma 2-bis, lettere a), b), h), k) e l), del medesimo testo unico, l'intesa della Banca d'Italia e della CONSOB ai fini dell'adozione dei regolamenti di cui alla lettera c) del presente comma e, sugli aspetti oggetto di intesa, attribuire poteri di vigilanza e indagine all'autorità che fornisce l'intesa;
   f) fatte salve le competenze del Ministero dell'economia e delle finanze, della CONSOB e della Banca d'Italia, previste dal vigente testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, con riguardo ai gestori delle sedi di negoziazione diversi da banche e imprese di investimento e ferme restando le competenze di vigilanza prudenziale della Banca d'Italia sulle banche e sulle imprese di investimento, attribuire alla CONSOB poteri di vigilanza e di indagine e, ove opportuno, il potere di adottare, sentita la Banca d'Italia, disposizioni di disciplina secondaria per stabilire specifici requisiti con riguardo ai sistemi e ai controlli, anche di natura organizzativa e procedurale, di cui devono dotarsi le banche e le imprese di investimento per la gestione di sedi di negoziazione e, in relazione all'attività di negoziazione algoritmica e a quanto stabilito dall'articolo 17 della direttiva, i partecipanti alle sedi di negoziazione;
   g) attribuire alla CONSOB i poteri di vigilanza e di indagine e, ove opportuno, il potere di adottare disposizioni di disciplina secondaria in relazione ai soggetti che gestiscono il consolidamento dei dati, i canali di pubblicazione delle informazioni sulle negoziazioni e i canali per la segnalazione alla CONSOB delle informazioni sulle operazioni concluse su strumenti finanziari;
   h) prevedere l'acquisizione obbligatoria del parere preventivo della CONSOB ai fini del rilascio dell'autorizzazione alle banche alla prestazione dei servizi e delle attività d'investimento;
   i) modificare la disciplina sull'operatività transfrontaliera delle società di intermediazione mobiliare (SIM), attribuendo alla CONSOB, sentita la Banca d'Italia, i relativi poteri di autorizzazione;
   l) modificare la disciplina della procedura di autorizzazione delle imprese di investimento extracomunitarie per la prestazione in Italia di servizi e attività di investimento con o senza servizi accessori nei confronti dei clienti al dettaglio o dei clienti professionali di cui alla sezione II dell'allegato II della direttiva 2014/65/UE, prevedendo, conformemente all'articolo 39 della direttiva stessa, l'obbligo di stabilimento di una succursale e attribuendo alla CONSOB, sentita la Banca d'Italia, i relativi poteri di autorizzazione;
   m) apportare al codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento dell'articolo 91 della direttiva 2014/65/UE, che emenda la direttiva 2002/92/CE sull'intermediazione assicurativa, prevedendo anche il ricorso alla disciplina secondaria adottata dall'IVASS e dalla CONSOB, ove opportuno, e l'attribuzione alle autorità anzidette dei relativi poteri di vigilanza, di indagine e sanzionatori, secondo le rispettive competenze, con particolare riguardo, per quanto concerne la CONSOB, alle competenze sui prodotti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera w-bis), del citato decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nonché sugli altri prodotti rientranti nella nozione di prodotto di investimento assicurativo contenuta nel citato articolo 91, numero 1), lettera b), della direttiva 2014/65/UE;
   n) modificare, ove necessario, il testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, al fine di recepire le disposizioni della direttiva 2014/65/UE in materia di cooperazione e scambio di informazioni con le autorità competenti dell'Unione europea, degli Stati membri e degli Stati non appartenenti all'Unione europea;
   o) apportare le opportune modifiche ed integrazioni alle disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di consulenti finanziari, società di consulenza finanziaria, promotori finanziari, assegnando ad un unico organismo sottoposto alla vigilanza, anche di tipo sanzionatorio, della CONSOB, ordinato in forma di associazione con personalità giuridica di diritto privato, la tenuta dell'albo, nonché i poteri di vigilanza e sanzionatori nei confronti dei soggetti anzidetti, e ponendo le spese relative all'albo dei consulenti finanziari a carico dei soggetti interessati; dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente lettera non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica né minori entrate contributive per la CONSOB;
   p) disciplinare modalità di segnalazione, all'interno degli intermediari e verso l'autorità di vigilanza, delle violazioni delle disposizioni della direttiva 2014/65/UE e del regolamento (UE) n. 600/2014, tenendo anche conto dei profili di riservatezza e di protezione dei soggetti coinvolti, eventualmente prevedendo misure per incoraggiare le segnalazioni utili ai fini dell'esercizio dell'attività di vigilanza ed eventualmente estendendo le modalità di segnalazione anche ad altre violazioni;
   q) apportare le opportune modifiche e integrazioni alle disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, al fine di attribuire alla Banca d'Italia e alla CONSOB, secondo le rispettive competenze, il potere di applicare le sanzioni e le misure amministrative previste dall'articolo 70, paragrafi 6 e 7, della direttiva 2014/65/UE per le violazioni indicate dai paragrafi 3, 4 e 5 del medesimo articolo, in base ai criteri e nei limiti massimi ivi previsti e in coerenza con quanto stabilito dall'articolo 3, comma 1, lettere l) e m), della legge 7 ottobre 2014, n. 154;
   r) attribuire alla CONSOB il potere di applicare misure e sanzioni amministrative previste dall'articolo 70, paragrafo 6, della direttiva, in base ai criteri e nei limiti massimi ivi previsti, per il mancato o inesatto adempimento della richiesta di informazioni di cui all'articolo 22, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 600/2014;
   s) con riferimento alla disciplina sanzionatoria adottata in attuazione della lettera q), valutare di non prevedere sanzioni amministrative per le fattispecie previste dall'articolo 166 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;
   t) prevedere, in conformità alle definizioni, alla disciplina della direttiva 2014/65/UE e del regolamento (UE) n. 600/2014 e ai princìpi e criteri direttivi previsti dal presente comma, le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione europea, per i settori interessati dalla normativa da attuare e per la gestione collettiva del risparmio, al fine di realizzare il miglior coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore e di tutela della stabilità finanziaria;
   u) dare attuazione all'articolo 75 della direttiva 2014/65/UE riguardante il meccanismo extragiudiziale per i reclami dei consumatori, modificando, ove necessario, le disposizioni vigenti in materia di risoluzione extragiudiziale delle controversie nelle materie disciplinate dal citato decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ed assicurando il coordinamento con le disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e con le altre disposizioni nazionali attuative della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE. Alla copertura delle relative spese di funzionamento si provvede, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, esclusivamente con le risorse di cui all'articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni, nonché con gli importi posti a carico degli utenti delle procedure medesime.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le autorità interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 3123 – Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 10.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2014/91/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, recante modifica della direttiva 2009/65/CE concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), per quanto riguarda le funzioni di depositario, le politiche retributive e le sanzioni).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2014/91/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) apportare al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva 2014/91/UE;
   b) prevedere, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla CONSOB e dalla Banca d'Italia secondo le rispettive competenze e in ogni caso nell'ambito di quanto previsto dalla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, come modificata dalla direttiva 2014/91/UE;
   c) apportare le opportune modifiche e integrazioni alle disposizioni in materia di sanzioni contenute nel testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, al fine di attribuire alla Banca d'Italia e alla CONSOB, nell'ambito delle rispettive competenze, il potere di imporre le sanzioni e le altre misure amministrative per le violazioni delle disposizioni della direttiva 2014/91/UE con i criteri e i massimi edittali ivi previsti;
   d) provvedere affinché siano posti in atto i dispositivi e le procedure per la segnalazione di violazioni di cui all'articolo 99-quinquies della direttiva 2009/65/CE, introdotto dalla direttiva 2014/91/UE, tenendo anche conto dei profili di riservatezza e di protezione dei soggetti coinvolti;
   e) adottare, in conformità alle definizioni, alla disciplina della direttiva 2014/91/UE e ai princìpi e criteri direttivi previsti dal presente comma, le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione europea, per i settori interessati dalla direttiva da attuare, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore, di tutela della stabilità finanziaria e dell'integrità dei mercati finanziari.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

A.C. 3123 – Articolo 11

ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 11.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2014/57/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato), anche ai fini dell'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2014/57/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato), anche ai fini dell'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) apportare al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le modifiche e le integrazioni necessarie per dare attuazione alla direttiva 2014/57/UE e alle disposizioni del regolamento (UE) n. 596/2014 che lo richiedono e provvedere ad abrogare le norme dell'ordinamento nazionale riguardanti gli istituti disciplinati dal regolamento anzidetto;
   b) designare la CONSOB quale autorità competente ai fini del regolamento (UE) n. 596/2014, assicurando che la stessa autorità possa esercitare i poteri di vigilanza e di indagine di cui agli articoli 22 e 23 e i poteri sanzionatori di cui all'articolo 30 del regolamento;
   c) prevedere, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla CONSOB nell'ambito e per le finalità specificamente previste dal regolamento (UE) n. 596/2014, dalla direttiva 2014/57/UE e dalla legislazione dell'Unione europea a complemento degli stessi;
   d) modificare, ove necessario, il citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 per conformare l'ordinamento nazionale alle disposizioni di cui agli articoli 24, 25 e 26 del regolamento (UE) n. 596/2014 in materia di cooperazione e scambio di informazioni con l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), con le autorità competenti degli Stati membri, nonché con le autorità di vigilanza di Paesi terzi;
   e) attribuire alla CONSOB il potere di imporre le sanzioni e le altre misure amministrative per le violazioni espressamente elencate dall'articolo 30 del regolamento;
   f) rivedere, in modo tale da assicurarne l'adeguatezza, i minimi edittali delle sanzioni di cui agli articoli 187-bis e 187-ter del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, fissandoli in misura non inferiore a 20.000 euro;
   g) rivedere l'articolo 187-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in modo tale da assicurare l'adeguatezza della confisca, prevedendo che essa abbia ad oggetto, anche per equivalente, il profitto derivato dalle violazioni delle previsioni del regolamento (UE) n. 596/2014;
   h) prevedere che, per stabilire il tipo ed il livello di sanzione amministrativa per le violazioni delle previsioni stabilite dal regolamento (UE) n. 596/2014, si tenga conto delle circostanze pertinenti, elencate dall'articolo 31 del medesimo regolamento;
   i) prevedere che siano individuate, fermo restando un sistema di sanzioni amministrative proporzionato, efficace e dissuasivo, condotte dolose gravi di abuso di mercato punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive;
   l) prevedere che l'individuazione delle condotte dolose gravi di abuso di mercato avvenga sulla base dei criteri contenuti nella direttiva 2014/57/UE, quale la qualificazione soggettiva dei trasgressori, come nel caso in cui essi siano esponenti aziendali degli emittenti, ovvero esponenti di autorità di vigilanza o di governo, ovvero persone coinvolte in organizzazioni criminali ovvero persone che abbiano già commesso in passato lo stesso tipo di illecito di abuso di mercato;
   m) evitare la duplicazione o il cumulo di sanzioni penali e sanzioni amministrative per uno stesso fatto illecito, attraverso la distinzione delle fattispecie o attraverso previsioni che consentano l'applicazione della sola sanzione più grave ovvero che impongano all'autorità giudiziaria o alla CONSOB di tenere conto, al momento dell'irrogazione delle sanzioni di propria competenza, delle misure punitive già irrogate;
   n) adottare le opportune misure per dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 32 del regolamento (UE) n. 596/2014, che disciplina la segnalazione all'autorità di vigilanza competente di violazioni effettive o potenziali del medesimo regolamento tenendo anche conto dei profili di riservatezza e di protezione dei soggetti coinvolti;
   o) valutare, ai sensi del paragrafo 4 dell'articolo 32 del regolamento (UE) n. 596/2014, se sia opportuno prevedere di concedere incentivi finanziari a coloro che offrono informazioni pertinenti riguardo a potenziali violazioni del regolamento stesso;
   p) consentire, nei termini di cui all'articolo 34 del regolamento (UE) n. 596/2014, la pubblicazione da parte della CONSOB nel proprio sito internet delle decisioni relative all'imposizione di misure e sanzioni amministrative per le violazioni di detto regolamento;
   q) adottare, in conformità alle definizioni, alla disciplina della direttiva 2014/57/UE e del regolamento (UE) n. 596/2014 e ai princìpi e criteri direttivi previsti dal presente comma, le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione europea, per i settori interessati dalla normativa da attuare, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore, di tutela della stabilità finanziaria e dell'integrità dei mercati finanziari.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L'autorità interessata provvede agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 3123 – Articolo 12

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 12.
(Delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, relativo al miglioramento del regolamento titoli nell'Unione europea e ai depositari centrali di titoli e recante modifica delle direttive 98/26/CE e 2014/65/UE e del regolamento (UE) n. 236/2012, per il completamento dell'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni nonché per l'attuazione della direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli, come modificata dal regolamento (UE) n. 648/2012 e dal regolamento (UE) n. 909/2014).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, relativo al miglioramento del regolamento titoli nell'Unione europea e ai depositari centrali di titoli e recante modifica delle direttive 98/26/CE e 2014/65/UE e del regolamento (UE) n. 236/2012, per il completamento dell'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni nonché per l'attuazione della direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli, come modificata dai predetti regolamenti. Nell'esercizio della delega il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) apportare al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le modifiche e le integrazioni necessarie per dare attuazione alle disposizioni del regolamento (UE) n. 909/2014 che richiedono un intervento normativo da parte degli Stati membri e provvedere, ove necessario, ad abrogare le norme dell'ordinamento nazionale riguardanti gli istituti disciplinati dal regolamento anzidetto;
   b) designare la CONSOB e la Banca d'Italia quali autorità competenti ai sensi dell'articolo 11 del regolamento (UE) n. 909/2014, attribuendo alle stesse i poteri di vigilanza e d'indagine necessari per l'esercizio delle loro funzioni e individuando la CONSOB quale autorità responsabile della cooperazione nonché quale autorità competente a ricevere la domanda di autorizzazione da parte del depositario centrale di titoli e a comunicare al soggetto richiedente, a seguito degli opportuni coordinamenti con la Banca d'Italia, il relativo esito;
   c) apportare le opportune modifiche e integrazioni alle disposizioni in materia di sanzioni contenute nel testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 sulla base di quanto previsto nel titolo V del regolamento (UE) n. 909/2014, affinché la Banca d'Italia e la CONSOB, secondo le rispettive competenze, possano imporre, in misura efficace, proporzionata e dissuasiva, le sanzioni e le altre misure amministrative previste dall'articolo 63 del regolamento (UE) n. 909/2014 in caso di violazione delle disposizioni indicate dall'articolo 63 medesimo, garantendo che, nello stabilire il tipo e il livello delle sanzioni e delle altre misure amministrative, si tenga conto di tutte le circostanze pertinenti, secondo quanto previsto dall'articolo 64 del medesimo regolamento, attenendosi, con riferimento alle sanzioni pecuniarie, ai limiti edittali indicati nel citato articolo 63;
   d) consentire la pubblicazione delle decisioni che impongono sanzioni o altre misure amministrative, nei limiti e secondo le previsioni dell'articolo 62 del regolamento (UE) n. 909/2014, nonché assicurare che le decisioni e le misure adottate a norma del regolamento siano adeguatamente motivate e soggette al diritto di ricorso giurisdizionale, secondo quanto previsto dall'articolo 66 del medesimo regolamento;
   e) disciplinare i meccanismi di segnalazione delle violazioni secondo quanto previsto dall'articolo 65 del regolamento (UE) n. 909/2014;
   f) adottare, in conformità alle definizioni e alla disciplina del regolamento (UE) n. 909/2014 e ai princìpi e criteri direttivi previsti dal presente comma, le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione europea, per i settori interessati dalla normativa da attuare, in particolare per le infrastrutture di post trading, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore, di tutela della stabilità finanziaria e dell'integrità dei mercati finanziari;
   g) adottare le modifiche e le integrazioni della normativa vigente necessarie per attuare la modifica all'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 98/26/CE, apportata dall'articolo 87 del regolamento (UE) n. 648/2012, ove opportuno anche attraverso l'introduzione di previsioni che deroghino alla disciplina fallimentare, nonché la modifica all'articolo 2, lettera a), primo comma, terzo trattino, della direttiva 98/26/CE apportata dall'articolo 70 del regolamento (UE) n. 909/2014; rivalutare la complessiva attuazione della direttiva 98/26/CE, in particolare con riferimento alle previsioni relative all'irrevocabilità ed opponibilità degli ordini di trasferimento immessi in un sistema e dell'eventuale compensazione e regolamento degli stessi, apportando le modifiche necessarie, anche alla luce della disciplina di attuazione adottata dagli altri Stati membri e in considerazione delle caratteristiche del mutato panorama europeo dei servizi di post trading; ove necessario, coordinare la disciplina di attuazione della direttiva 98/26/CE con le norme previste dall'ordinamento interno, incluse quelle adottate in applicazione del regolamento (UE) n. 909/2014 e del regolamento (UE) n. 648/2012.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le autorità interessate svolgono le attività previste dal presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 3123 – Articolo 13

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 13.
(Delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1286/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d'investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le procedure di cui all'articolo 1, comma 1, un decreto legislativo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1286/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d'investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati (PRIIP). Nell'esercizio della delega il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) prevedere, in conformità alle definizioni e alla disciplina del regolamento (UE) n. 1286/2014 e ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, le occorrenti modificazioni e integrazioni alla normativa vigente, anche di derivazione europea, per i settori interessati dalla normativa da attuare, al fine di assicurare la corretta e integrale applicazione del regolamento (UE) n. 1286/2014 e realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione degli investitori al dettaglio;
   b) designare, ai sensi dell'articolo 4 del regolamento (UE) n. 1286/2014, la CONSOB e l'IVASS quali autorità competenti per lo svolgimento delle funzioni previste dal suddetto regolamento, in relazione alle rispettive competenze, con particolare riguardo, per quanto concerne la CONSOB, alle competenze sui prodotti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera w-bis), del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nonché sugli altri prodotti di cui all'articolo 4 del regolamento medesimo, in relazione agli aspetti relativi alla tutela degli investitori e alla salvaguardia dell'integrità e dell'ordinato funzionamento dei mercati finanziari, perseguendo l'obiettivo di semplificare, ove possibile, gli oneri per i soggetti vigilati;
   c) attribuire alle autorità designate ai sensi della lettera b) i poteri di vigilanza e di indagine previsti dal regolamento (UE) n. 1286/2014 e, ove opportuno, il potere di adottare disposizioni di disciplina secondaria, avuto riguardo all'esigenza di semplificare, ove possibile, gli oneri per i soggetti vigilati e alla ripartizione delle competenze secondo i princìpi indicati nella lettera b), anche con riferimento ai nuovi poteri previsti dall'articolo 17 del regolamento (UE) n. 1286/2014 in relazione ai prodotti d'investimento assicurativi;
   d) prevedere che il documento contenente le informazioni chiave sia notificato ex ante dall'ideatore di PRIIP o dalla persona che vende un PRIIP all'autorità competente per i PRIIP commercializzati nel territorio italiano;
   e) introdurre nell'ordinamento nazionale le sanzioni amministrative e le altre misure previste dal regolamento (UE) n. 1286/2014 per le violazioni degli obblighi contenuti nel regolamento medesimo, in base ai criteri e nei limiti ivi previsti e avuto riguardo alla ripartizione di competenze secondo i princìpi indicati nella lettera b).

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative normative in materia di sequestro cautelare in relazione all'ipotesi in cui tale misura comporti il blocco della produzione industriale, alla luce del recente sequestro preventivo di alcune aree del cantiere Fincantieri di Monfalcone (Gorizia) – 3-01577

   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 29 giugno 2015 il comando carabinieri per la tutela dell'ambiente-nucleo operativo ecologico di Udine, in attuazione di un provvedimento emesso dal tribunale penale di Gorizia, ha disposto il sequestro preventivo di alcune aree del cantiere Fincantieri di Monfalcone destinate alla selezione e allo stoccaggio di residui di lavorazione (scarti di lamiera, di moquette ed altri, quindi non rifiuti tossici), aree strategiche e indispensabili per il regolare svolgimento del ciclo produttivo;
   la società, che si è trovata immediatamente a sospendere le attività, ritiene, come gli interroganti, enormemente sproporzionata la misura cautelare adottata rispetto al danno causato e ai danni irreparabili che il permanere di tale situazione potrebbe provocare;
   Fincantieri rappresenta uno dei maggiori gruppi al mondo nella costruzione navale, il primo nell'area occidentale, che da oggi si trova con il suo principale sito produttivo fermo, tra i più grandi in Europa, che occupa circa 5.000 addetti;
   il volume degli acquisti effettuati annualmente da Fincantieri nell'ultimo quinquennio in Italia è pari a 1,5 miliardi di euro, presso oltre 3.000 imprese distribuite in diverse regioni del Paese. Una quota assolutamente rilevante di questo ammontare – circa il 20 per cento, pari a 300 milioni di euro all'anno – è stata assegnata proprio al Friuli Venezia Giulia;
   si tratta di un fiore all'occhiello dell'industria nazionale, una delle poche società italiane a poter vantare una leadership mondiale nel comparto in cui opera, che oggi è paralizzato –:
   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non ritenga di adottare le opportune iniziative normative necessarie a limitare il sequestro cautelare nelle ipotesi in cui tale sequestro sia passibile di indurre il blocco della produzione di aree che impegnano un numero di lavoratori importante rispetto all'area territoriale di riferimento. (3-01577)


Iniziative di competenza per l'applicazione del principio di territorialità della pena e per la presenza del Garante dei detenuti in tutte le regioni italiane – 3-01578

   PINNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il principio della rieducazione della pena ex articolo 27, terzo comma, della Costituzione prevede che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»: quest'ultimo principio rappresenta l'unico riferimento esplicito alle funzioni della pena che si trovi nel testo costituzionale, finalizzato al progressivo reinserimento armonico della persona nella società;
   l'articolo 28 della legge n. 354 del 1975 stabilisce che vi sia una «particolare cura a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie» e l'articolo 18 della medesima legge prevede che «il trattamento del condannato e dell'internato è svolto avvalendosi principalmente dell'istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia. Ai fini del trattamento rieducativo, salvo casi di impossibilità, al condannato e all'internato è assicurato il lavoro. Gli imputati sono ammessi, a loro richiesta, a partecipare ad attività educative, culturali e ricreative e, salvo giustificati motivi o contrarie disposizioni dell'autorità giudiziaria, a svolgere attività lavorativa di formazione professionale, possibilmente di loro scelta e, comunque, in condizioni adeguate alla loro posizione giuridica»: la valorizzazione dei rapporti familiari rientra, pertanto, fra gli elementi fondamentali del trattamento, unitamente a lavoro, istruzione, religione e attività culturali, ricreative e sportive;
   inoltre, l'articolo 42 della legge n. 354, del 1975 disciplina la materia dei trasferimenti dei detenuti, prevedendo che «i trasferimenti sono disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell'istituto, per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari. Nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie». Con l'articolo 83 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, si specifica che «nei trasferimenti per motivi diversi da quelli di giustizia o di sicurezza si tiene conto delle richieste espresse dai detenuti e dagli internati in ordine alla destinazione». Dunque, il trasferimento costituisce un diritto del detenuto;
   come esplicitato dalle citate disposizioni, anche i motivi di studio e di lavoro rappresentano elementi essenziali del trasferimento, così come garantiti dall'articolo 42 della legge 26 luglio 1975, n. 354, in combinato disposto con gli articoli 34 e 35 della Costituzione, i quali sanciscono rispettivamente che «la scuola è aperta a tutti» e che «la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni»;
   le regole penitenziarie europee – adottate per la prima volta nel 1973 dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, in seguito modificate nel 1987 e nel 2006, e volte a standardizzare le politiche penitenziarie degli Stati membri per dar vita a norme e prassi comuni – prevedono che «i detenuti devono essere assegnati, per quanto possibile, in istituti vicini alla propria famiglia o al loro centro di reinserimento sociale» (articolo 17.1) e «per quanto possibile, i detenuti devono essere consultati circa la loro assegnazione, iniziale nonché per ogni ulteriore trasferimento da un istituto all'altro» (articolo 17.3), «il lavoro deve essere considerato un elemento positivo del regime penitenziario» (articolo 26.1) e «ciascun istituto deve cercare di offrire ai detenuti l'accesso ai programmi d'istruzione che siano i più completi possibili e che soddisfino i bisogni individuali dei detenuti e ne prendano in considerazione le aspirazioni» (articolo 28.1);
   sulla base del riportato principio costituzionale di rieducazione della pena detentiva e a conferma di quanto esposto, l'articolo 1 della legge n. 354 del 1975 dispone che «nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi»;
   in base all'allegato 1 del decreto ministeriale 7 novembre 1997, n. 488, il termine finale del procedimento di trasferimenti a domanda di detenuti è di 180 giorni; tuttavia, nella circolare n. 3654/6104 del 20 febbraio 2014 del Ministero della giustizia, recante «Disposizioni in materia di trasferimento dei detenuti», al punto 1.9 si precisa che «pare congruo fissare un termine di sessanta giorni entro cui fornire una risposta al detenuto, che decorreranno dall'acquisizione da parte dell'ufficio competente di tutti gli elementi necessari alla decisione». È, pertanto, necessario che questo suggerimento sia accolto e che al contempo si scelga di fornire, in caso di rigetto della richiesta, motivazioni valide e ben argomentate evitando le ricorrenti risposte generiche e standardizzate;
   la permanenza di un detenuto in una regione diversa da quella di appartenenza determina problematicità rilevanti, dal momento che il territorio non deve essere concepito unicamente dal punto di vista meramente geografico, bensì come ambiente storicizzato e caratterizzato da influssi sociali, culturali, economici ed umani;
   come denunciato da più fronti e nello specifico dalle associazioni istituite a tutela dei carcerati, la questione della territorialità della pena resta tuttora irrisolta, facendo emergere le contraddizioni di un sistema che si discosta dalla disciplina prevista e sopra citata. Molti detenuti si trovano lontano dal loro contesto di appartenenza o si vedono rifiutata la domanda di trasferimento, senza che siano addotte adeguate giustificazioni, mentre in alcuni casi il trasferimento in altro istituto penitenziario viene utilizzato come «punizione», anche se non esplicita, nonostante la limitazione della libertà non possa comportare pene aggiuntive e non stabilite dalla sentenza. Tali situazioni ed episodi determinano un peggioramento della condotta del detenuto influenzata da sentimenti di rabbia, umiliazione e frustrazione;
   in particolare, come dichiarato dall'associazione «Socialismo diritti riforme» in prima linea sul tema, sempre più spesso le strutture penitenziarie della Sardegna registrano un aumento delle presenze di detenuti italiani e/o stranieri provenienti dalle altre regioni; raramente però e dopo varie insistenze viene concesso il trasferimento nell'isola ai cittadini privati della libertà che hanno in Sardegna i propri parenti;
   ciò appare ingiustificabile, soprattutto quando a chiedere il ritorno nell'isola sono detenuti che scontano l'ergastolo e sono ristretti da oltre venti anni. Si tratta spesso di persone ormai anziane, che molto spesso non possono effettuare colloqui con i familiari per le distanze e per le condizioni economiche. Tali fatti confermano che le nuove strutture penitenziarie sorte nell'isola sono destinate a mitigare il sovraffollamento degli altri istituti italiani e non a rafforzare il reinserimento sociale dei condannati;
   l'articolo 61, comma 2, del citato decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, prevede che «particolare attenzione è dedicata ad affrontare la crisi conseguente all'allontanamento del soggetto dal nucleo familiare, a rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore, e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso al rientro nel contesto sociale». Tale disposizione è volta a ovviare alle problematiche che insorgono per i detenuti allontanati dal loro contesto familiare, e per gli stessi parenti, e alle criticità che ne conseguono in ordine al reinserimento nel tessuto sociale di appartenenza. Dunque, occorre scongiurare che gli effetti dolorosi coinvolgano più dell'inevitabile anche altre persone, che nulla hanno fatto di penalmente rilevante;
   una soluzione interessante, specialmente nei casi in cui non sia disposto l'eventuale trasferimento del ristretto e nei casi in cui il detenuto sia straniero, è rappresentata dall'utilizzo di internet e linee voip, seguendo un protocollo di uso vigilato della rete. Tali strumenti permettono al detenuto di comunicare con i propri cari, con i figli minori e con i familiari anziani che si vedono nell'impossibilità di raggiungere le strutture carcerarie. Inoltre, l'utilizzo di tali dispositivi si rivela molto importante per il raggiungimento della finalità del reinserimento nella società: vi sono casi in cui è stato permesso al detenuto di dialogare mediante skype con gli insegnanti del figlio minorenne per avere notizie sull'andamento scolastico, rendendo il padre partecipe in prima persona;
   per quanto riguarda la citata presenza di detenuti stranieri, sul sito online del Ministero della giustizia sono periodicamente pubblicati i dati loro relativi. In Sardegna vi è stato un evidente aumento nei primi mesi del 2015: si è passati, infatti, dai 432 stranieri (23,56 per cento) – a fronte di 1.833 detenuti – del 31 gennaio ai 509 (26,10 per cento) – su un totale di 1.950 reclusi – del 31 maggio, quando peraltro gli istituti sono diminuiti da dodici a dieci a seguito della chiusura delle strutture di Iglesias e Macomer. Emblematico il caso della colonia penale di Mamone-Lodè dove si trovano 138 detenuti, di cui 109 non italiani, ovvero il 78,98 per cento;
   a tali difficoltà delle carceri sarde vanno aggiunte altre gravi problematiche, quali il sovraffollamento – a Tempio-Nunchis, a fronte di 167 posti regolamentari, i detenuti sono 198 e negli altri istituti si è al limite della capienza – e le difficoltà nello sviluppare attività lavorative all'interno delle stesse strutture. Queste ultime rappresenterebbero una reale possibilità di recupero. Tuttavia, pur avendo assunto un ruolo centrale nel percorso di reinserimento dei detenuti, il lavoro è ancora il grande assente nelle carceri sarde, si pensi ai penitenziari di Uta o Massama, dove la regola è l'inattività forzosa;
   in diverse regioni italiane, tra l'altro, non è ancora presente il Garante dei detenuti, istituito a tutela dei diritti e della dignità delle persone sottoposte a restrizioni nella libertà personale. In Sardegna la legge regionale 7 febbraio 2011, n. 7, all'articolo 10, ha istituito tale figura che, tuttavia, non è stata ad oggi nominata nonostante siano trascorsi più di quattro anni –:
   se ritenga che il principio di territorialità della pena (con particolare riferimento alla situazione della Sardegna) debba essere garantito dall'amministrazione penitenziaria, così come stabilito nella circolare n. 3654/6104 del 20 febbraio 2014 del Ministero della giustizia, assicurando la funzione rieducativa e risocializzante alla base del principio stesso (attraverso l'incentivazione sul territorio nazionale dell'utilizzo di internet e voip finalizzati alla comunicazione dei detenuti con i propri familiari, nonché la promozione e la valorizzazione dei progetti innovativi che contribuiscano a fornire una soluzione alla questione lavorativa in carcere) e se intenda adoperarsi affinché la nomina del Garante dei detenuti sia assicurata in tutte le regioni italiane. (3-01578)


Misure a favore della prosecuzione dei tirocini formativi presso gli uffici giudiziari – 3-01579

   FAUTTILLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   per tamponare la carenza di organico e per consentire a coloro che hanno perso l'occupazione un reinserimento economico e sociale nel mondo del lavoro, si sono svolti presso gli uffici giudiziari di tutta Italia dal 2010 ad oggi, attraverso la stipula di convenzioni tra le amministrazioni giudiziarie e amministrazioni locali utilizzando soprattutto il fondo sociale europeo, tirocini formativi che sono serviti molto spesso a garantire la prosecuzione delle attività giudiziarie nelle procure e nei tribunali d'Italia;
   dal 2013, proprio a seguito della loro utilità, attestata dagli uffici giudiziari di tutta Italia, questi tirocinanti sono passati direttamente alle dipendenze del Ministero della giustizia ed inseriti nel ciclo lavorativo, affiancando a tutti gli effetti il personale del Ministero della giustizia, percependo solo un rimborso spese, ma senza che la loro attività lavorativa sia stata contrattualizzata in alcuna forma;
   l'articolo 1, comma 344, della legge n. 147 del 2013 (legge stabilità 2014), ha stanziato circa 15 milioni di euro per consentire il perfezionamento del completamento del percorso formativo degli oltre 2.600 lavoratori, ma per l'anno 2015, nella legge di stabilità, non sono stati previsti ulteriori finanziamenti e solo con il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 (cosiddetto milleproroghe), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, è stata prevista la proroga di quattro mesi di tali tirocini, finanziati attraverso l'utilizzo delle risorse del fondo unico di giustizia fino alla data del 30 aprile 2015;
   solo nella regione Lazio sono oltre 450 i lavoratori interessati, oltre la metà dei quali provenienti dai bacini delle province di Roma, Frosinone e Latina, territori, specialmente quelli delle province, in evidente e perdurante crisi occupazionale;
   si tratta di operatori che il Ministero della giustizia ha formato in vista del processo telematico e dell'informatizzazione degli uffici giudiziari e che da cinque anni contribuiscono allo smaltimento dell'arretrato, lavorando accanto ai magistrati, e che invece ora rischiano di essere lasciati nuovamente a casa dopo che sono stati spesi soldi pubblici per la loro formazione –:
   quali iniziative intenda adottare al fine di dare una soluzione alla situazione descritta nella premessa per garantire certezze a questi lavoratori che rischiano di uscire nuovamente dal mercato del lavoro e per dare continuità all'attività degli uffici giudiziari, dove questi lavoratori hanno dimostrato di aver acquisito un ruolo importante se non fondamentale, a causa delle note carenze di organico. (3-01579)


Misure per sopperire alle gravi carenze di organico presso le direzioni distrettuali antimafia di Bologna, Brescia e Catanzaro e per garantire uno spazio attrezzato ed idoneo per lo svolgimento del cosiddetto processo Aemilia – 301580

   FERRARESI, SARTI, SPADONI, DELL'ORCO, DALL'OSSO, PAOLO BERNINI, BONAFEDE, BUSINAROLO, AGOSTINELLI e COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'operazione Aemilia, di fine gennaio 2015, effettuata dall'Arma dei carabinieri coordinata dalle direzione distrettuale antimafia di Bologna, Catanzaro e Brescia, è la prima maxi operazione contro la ’ndrangheta in Emilia-Romagna, che ha coinvolto anche le regioni Veneto, Lombardia, Piemonte, Calabria e Sicilia. Sono stati effettuati oltre 160 arresti, ad oggi risultano indagate 224 persone;
   sotto inchiesta vi sono, inoltre, gli interessi del sodalizio mafioso nei lavori di ricostruzione dopo il terremoto con epicentro in Emilia-Romagna del maggio 2012;
   entro la fine di giugno 2015 verranno notificati gli avvisi di fine indagine, a cui faranno seguito le richieste di rinvio a giudizio; già in autunno 2015 dovrebbero iniziare le udienze preliminari ed entro il 2015 dovrebbe avere inizio anche il processo;
   il procuratore generale, Roberto Alfonso, intervenendo recentemente all'assemblea pubblica dell'Associazione nazionale magistrati dell'Emilia-Romagna, ha sottolineato come l'alto numero di persone coinvolte, 224 indagati a cui sommare i rispettivi legali, comporti la necessità di trovare un'aula bunker adeguata dove svolgervi l'udienza preliminare, con una capienza dunque di almeno 350 posti. Attualmente non è ancora stata indicata una sede adeguata per lo svolgimento del maxiprocesso. Oltre a non esserci lo spazio adeguato le direzioni distrettuali antimafia di Bologna, Brescia e Catanzaro lamentano un forte sottodimensionamento di organico, oltretutto proprio in un momento di grande impegno investigativo e processuale sul fronte dell'attività antimafia. Come evidenziato dal procuratore di Brescia Pier Luigi Maria Dell'Osso, è inoltre necessario un incremento di organico per assicurare lo svolgimento dell'attività anticorruzione anche alla stregua di Expo, le cui indagini si inseriscono in uno scenario che vede interessate centinaia di imprese aventi sede nel distretto e nella macroarea;
   per quanto riguarda l'operazione Aemilia, come riportato dalla stampa, il procuratore Roberto Alfonso e il presidente del tribunale di Bologna Francesco Scutellari, hanno indirizzato una lettera al Ministro interrogato con la richiesta di un incontro vista l'impellente preoccupazione del grave rischio in cui si incorre continuando a far passare il tempo a causa della mancanza di un'aula adeguata, ossia che decadano le misure cautelari detentive. Scutellari ha sottolineato come un epilogo simile darebbe un'immagine a dir poco negativa della giustizia italiana anche a livello internazionale;
   il presidente Scutellari ricorda, inoltre, che «il 31 agosto cesserà l'impegno da parte dei comuni per la manutenzione degli uffici giudiziari, che passa al Ministero della giustizia. A tutt'oggi non sappiamo cosa succederà il 1o di settembre», con il rischio di chiusura dei tribunali per impossibilità di operare;
   i tribunali di Modena e Reggio Emilia vivono una grave situazione di carenza di organico, situazione resa non più tollerabile visto il forte radicamento della criminalità organizzata in questi territori, come sottolineato dalla relazione della direzione investigativa antimafia –:
   se il Ministro interrogato abbia già preso visione ed eventualmente risposto alla lettera di cui sopra da parte del procuratore Alfonso e del presidente del tribunale di Bologna Scutellari e ritenga opportuno intervenire, sia per sopperire alle gravi carenze di organico delle procure citate in premessa, sia affinché venga soddisfatta la necessità di avere uno spazio attrezzato ed idoneo in ragione dell'urgenza dello svolgimento del processo Aemilia. (3-01580)


Iniziative in materia di semplificazione fiscale volte all'unificazione degli adempimenti e dei modelli fiscali, nonché ad una riorganizzazione del calendario fiscale e del sistema impositivo, anche con riferimento alla presentazione del modello 770 semplificato – 3-01581

   MUCCI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, PRODANI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 11 marzo 2014, n. 23, che conferisce la «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», prevede espressamente una generale revisione delle funzioni svolte dai sostituti di imposta nell'ottica degli adempimenti;
   nonostante l'introduzione della trasmissione all'Agenzia delle entrate della certificazione unica con scadenza il 9 marzo 2015, istituita con l'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, in materia di «Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata», si apprende, attraverso l'audizione del 14 gennaio 2015 del direttore Rossella Orlandi, presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria, che l'Agenzia delle entrate ha ritenuto opportuno non prevedere l'eliminazione della presentazione del modello 770 semplificato, sostenendo che eventuali interventi in merito avrebbero comportato il rischio di maggiori complicazioni;
   in relazione ad alcune notizie di stampa, l'Agenzia delle entrate, in data 12 febbraio 2015, precisa di aver pubblicato la versione definitiva della certificazione unica (CU) il 15 gennaio 2015, nel pieno rispetto dei tempi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998. Inoltre, nella stessa data, ha reso disponibili le specifiche tecniche per l'invio telematico dei dati, con largo anticipo rispetto al termine ultimo del 15 febbraio 2015;
   per il primo anno gli operatori potranno scegliere se compilare la sezione dedicata ai dati assicurativi relativi all'Inail e se inviare o meno le certificazioni contenenti esclusivamente redditi esenti;
   sempre limitatamente al primo anno, fermo restando che tutte le certificazioni uniche che contengono dati da utilizzare per la dichiarazione precompilata devono essere inviate entro il 9 marzo 2015, quelle contenenti esclusivamente redditi non dichiarabili mediante il modello 730 (come i redditi di lavoro autonomo non occasionale) possono essere inviate anche dopo questa data, senza applicazione di sanzioni;
   secondo l'Associazione nazionale commercialisti, l'introduzione del modello di comunicazione unica, il cui numero di dati contenuti è senza dubbio ampliato, non solo rende di fatto superfluo l'obbligo di presentazione del 770 semplificato, ma soprattutto introduce adempimenti nuovi con scadenze eccessivamente ravvicinate, generando conseguenze preoccupanti ai danni dei contribuenti e del lavoro dei professionisti;
   l'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», introduce il cosiddetto split payment, meccanismo attraverso il quale la pubblica amministrazione non dovrà versare più l'iva alle imprese, le quali, invece, sono comunque tenute a pagarla ai loro fornitori e a chiedere il rimborso, penalizzando ancora una volta la fortissima riduzione della liquidità delle imprese, già fortemente provata dalla crisi, oltre a creare uno squilibrio finanziario non indifferente;
   la necessità della soppressione o dell'accorpamento degli adempimenti fiscali è da tempo denunciata da cittadini, imprese e associazioni di categoria e pertanto le politiche di semplificazione rappresentano un fattore cruciale per la competitività e lo sviluppo del Paese, in ogni suo settore produttivo e commerciale, nonché per il pieno godimento dei diritti di cittadinanza;
   l'Associazione nazionale commercialisti ha inviato, in data 26 giugno 2015, una lettera al Ministro interrogato e al direttore dell'Agenzia delle entrate per rinnovare la richiesta di eliminare l'adempimento della presentazione del modello 770 semplificato, in quanto i dati contenuti nella dichiarazione sono già in possesso dell'amministrazione finanziaria (a seguito dell'invio delle comunicazioni uniche entro il 7 marzo 2015), e per denunciare l'inadeguatezza dell'attuale termine del 31 luglio 2015, in ragione delle oggettive difficoltà che incolpevolmente i professionisti intermediari si trovano a dover affrontare. L'Associazione nazionale commercialisti ha sollecitato un intervento urgente di modifica della data entro la quale espletare l'adempimento della presentazione del modello 770, prevedendo come soluzione un termine che, nell'ambito del calendario fiscale, non sia prima del 30 settembre 2015 –:
   quali misure il Governo ritenga opportuno realizzare affinché possa effettivamente realizzarsi l'atteso processo di semplificazione fiscale, attraverso una sostanziale unificazione degli adempimenti e dei modelli fiscali, nonché una riorganizzazione del calendario fiscale e del sistema impositivo. (3-01581)


Intendimenti per la riapertura in sede europea di un tavolo di confronto con il Governo greco improntato agli obiettivi dello sviluppo e della crescita – 3-01582

   SCOTTO, FRATOIANNI, PALAZZOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, DANIELE FARINA, FERRARA, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, ZACCAGNINI e ZARATTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in una recente intervista ad un quotidiano il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato che «il referendum greco è un ballottaggio: euro o dracma. I greci devono dire se vogliono restare nella moneta unica o no»;
   mentre, in realtà, il Premier Tsipras ha posto ai greci la scelta se accettare o meno le ultime proposte degli organismi europei, se continuare le politiche dell'austerità pur rimanendo nell'euro;
   la posizione del Presidente del Consiglio dei ministri sembra inquadrarsi – ad avviso degli interroganti – nella campagna di pressione che il Presidente Juncker, la Cancelliera Merkel, il Presidente Hollande stanno esercitando in queste ore nei confronti del popolo greco;
   il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi ha, inoltre, fatto affermazioni non esatte quando ha detto che «non è che abbiamo tolte le baby pensioni agli italiani per lasciarle ai greci». Infatti, l'età media di pensionamento per i greci è pari a 61,7 anni (quasi un anno in più rispetto alla media europea), mentre la spesa pensionistica pro capite nel 2012 era in Grecia all'incirca la metà di Paesi come l'Austria e la Francia e di un quarto sotto a quella tedesca;
   i programmi della trojka hanno determinato un crollo del prodotto interno lordo del 25 per cento, l'esplosione della disoccupazione al 27 per cento, una caduta di stipendi e pensioni oltre il 35 per cento;
   le ultime richieste dell'Unione europea implicano, in ragione di anno, una correzione di finanza pubblica di 4 punti di prodotto interno lordo. Per l'Italia ad esempio ciò vorrebbe dire circa 70 miliardi di euro di minori spese o di maggiori entrate su un arco di 12 mesi. Il tentativo di attuare il memorandum proposto determinerebbe pesantissimi effetti recessivi ed aumenterebbe ancora di più il debito pubblico in rapporto alla dimensione di un'economia reale sempre più piccola. Tra pochi mesi, la Grecia sarebbe di nuovo con l'acqua alla gola –:
   se non ritenga il Governo italiano di dover operare perché sia riaperto al più presto un tavolo di confronto con il Governo greco su nuove basi volte allo sviluppo ed alla crescita e non a quello che appare agli interroganti un cieco proseguimento delle politiche dell'austerità che stanno portando l'euro al fallimento. (3-01582)


Valutazioni sugli sviluppi della situazione relativa al debito della Grecia – 3-01583

   ROSATO, MARTELLA, GARAVINI, AMENDOLA, MARCHI, CAUSI, BERLINGHIERI, BOCCADUTRI, BONAVITACOLA, PAOLA BRAGANTINI, CAPODICASA, CENSORE, FANUCCI, GIAMPAOLO GALLI, GINATO, GIULIETTI, GUERRA, LAFORGIA, LOSACCO, MARCHETTI, MELILLI, MISIANI, PARRINI, PILOZZI, PREZIOSI, RUBINATO, BONIFAZI, CAPOZZOLO, CARBONE, CARELLA, COLANINNO, CURRÒ, DE MARIA, MARCO DI MAIO, MARCO DI STEFANO, FRAGOMELI, FREGOLENT, GITTI, GUTGELD, LODOLINI, MORETTO, PELILLO, PETRINI, RIBAUDO, SANGA, ZOGGIA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'inattesa decisione del Governo greco di indire un referendum sul piano proposto da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale ha segnato l'interruzione del negoziato in corso dal mese di febbraio 2015, i cui contenuti finali prevedevano l'impegno della Grecia ad approvare un piano di riforme a fronte di un nuovo programma di aiuti finanziari;
   tale rottura è stata sancita nell'Eurogruppo di sabato 27 giugno 2015, che ha unanimemente respinto la richiesta greca di prorogare il programma di aiuti, in scadenza il 30 giugno 2015, almeno fino alla data del referendum, fissata per il 5 luglio 2015;
   i Ministri dell'Eurogruppo hanno ribadito che gli Stati membri intendono utilizzare tutti gli strumenti disponibili per preservare l'integrità e la stabilità dell'eurozona, ai quali vanno aggiunte le misure messe in campo dalla Banca centrale europea, che ha comunque deciso di mantenere la fornitura di liquidità di emergenza per le banche elleniche, e la volontà da parte di tutte le istituzioni europee di continuare a cercare una soluzione positiva e concordata;
   il Governo italiano ha sin qui svolto un'azione tesa a favorire un esito positivo del negoziato e scongiurare qualunque ipotesi di uscita della Grecia dall'euro, i cui effetti rischiano di essere imprevedibili –:
   quali siano le valutazioni del Ministro interrogato sugli sviluppi della crisi greca.
(3-01583)


Chiarimenti in ordine al prospettato cambio dei vertici della Cassa depositi e prestiti, alle modifiche statutarie ipotizzate e alle correlate garanzie per i risparmiatori – 3-01584

   BRUNETTA e GIAMMANCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Cassa depositi e prestiti s.p.a. è una società per azioni finanziaria italiana, partecipata per l'80,1 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, per il 18,45 per cento da diverse fondazioni bancarie e il restante 1,5 per cento in azioni proprie, a cui è affidato il compito di gestire una parte consistente del risparmio nazionale rappresentato da buoni fruttiferi e libretti;
   nel novembre 2008, Franco Bassanini è stato nominato presidente della Cassa depositi e prestiti e, successivamente, nel maggio 2010 Giovanni Gorno Tempini è stato nominato amministratore delegato. Entrambi sono stati riconfermati nel 2013 e, quindi, il loro mandato giunge a scadenza naturale nella primavera del 2016;
   è nota da qualche tempo la volontà del Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, di procedere al rinnovo dei vertici della Cassa depositi e prestiti; come si evince da notizie di stampa, questo cambio deriverebbe dalla volontà del Governo di voler imprimere un'accelerazione ad alcuni dossier, a cominciare dal progetto per la rete superveloce, sui cui l'Esecutivo e i vertici di Cassa depositi e prestiti si sarebbero trovati su posizioni distanti anche rispetto all'ipotesi di un possibile ingresso diretto della Cassa depositi e prestiti nel capitale dell'ex monopolista Telecom;
   il 25 giugno 2015 il consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti, in agenda da tempo per deliberare l'erogazione di alcuni finanziamenti, ha deciso la convocazione dell'assemblea straordinaria e ordinaria (fissate per il 10 luglio 2015, con possibilità di seconda convocazione il 14 luglio 2015) per procedere alle modifiche statutarie concordate dai soci e per l'adozione di decisioni sugli amministratori. Una formula volutamente generica dietro cui si cela il rinnovo dei vertici, il cui iter è in fase di costruzione, anche perché è la prima volta, nella storia recente della Cassa depositi e prestiti (da quando è stata trasformata in società per azioni), che va in scena un ricambio anticipato del board;
   se la strada sarà quella delle dimissioni collettive da parte dei consiglieri espressione diretta del Ministero dell'economia e delle finanze, facendo quindi decadere tutti i vertici della Cassa depositi e prestiti, ciò comporterebbe, tra l'altro, un esborso di buonuscite milionarie a carico degli italiani, considerando che si tratta di contratti rescissi anzitempo senza giusta causa, che implicherebbero, altresì, un possibile danno d'immagine per coloro che attualmente ricoprono le posizioni più alte della società in questione;
   prima dei rinnovi che saranno decisi dall'assemblea ordinaria, saranno discusse nell'assemblea straordinaria le modifiche dello statuto, che dovrebbero accogliere le richieste di maggiore garanzia avanzate dalle 64 fondazioni azioniste di minoranza, contro l'eventuale rialzo del tasso di rischio degli investimenti della Cassa depositi e prestiti, nel nuovo corso che, con tutta probabilità, sarà targato Claudio Costamagna-Fabio Gallia, ovvero la previsione di un voto a maggioranza qualificata anche per le delibere in materia di destinazione degli utili a riserva, nonché la definizione di una clausola di recesso per le fondazioni nel caso di tre anni senza dividendi;
   una terza modifica statutaria dovrebbe riguardare la cancellazione della cosiddetta clausola etica, prevista dalla «direttiva Saccomanni» del 2013 e recepita nello statuto, per consentire la nomina di Fabio Gallia, attuale amministratore delegato di Bnl-Bnp Paribas, al posto di Giovanni Gorno Tempini; sul manager pende, infatti, una citazione in giudizio della procura di Trani per il processo sui derivati, che ne rende al momento impossibile la designazione;
   ma, al di là dei nomi, il caso di una «rottamazione» del vertice di una società pubblica, per altro partecipata dalle fondazioni bancarie, suscita più di una preoccupazione, visto che sono ancora ignote le motivazioni, necessariamente «forti», che sono alla base di una simile operazione; evidentemente, il cambio di vertice presuppone una vera e propria trasformazione della natura stessa della Cassa depositi e prestiti, lungo una direttrice sconosciuta ai più;
   la preoccupazione è quella per un Governo che manca di visione e strategia, che potrebbe assumere il controllo della liquidità attualmente in possesso di Cassa depositi e prestiti, per utilizzarla in operazioni dagli esiti incerti, parte di un disegno prevalentemente politico;
   l'Eurostat, che è l'istituzione europea cui è affidata la vigilanza su alcuni mutamenti che avvengono nelle istituzioni economiche dei Paesi membri, sta seguendo con severa attenzione quanto accade e soprattutto accadrà nella nuova Cassa depositi e prestiti. Qualora assumesse il prevalente profilo di un'agenzia pubblica, l'Eurostat agirà per far rientrare la Cassa depositi e prestiti nel bilancio pubblico: i debiti della Cassa depositi e prestiti diventeranno in tal modo debito pubblico, elevandone il relativo importo. Le dimensioni minime di questo ipotetico evento sono di 100 miliardi di euro, ma possono essere anche assai maggiori. Qualora si verificasse sarebbe una vera catastrofe finanziaria con ripercussioni assai serie sull'economia italiana –:
   quali siano le ragioni alla base del prospettato cambio di vertici all'interno di Cassa depositi e prestiti, il percorso designato e le modifiche statutarie in corso di studio, nonché il piano industriale e strategico di cui si farà carico il nuovo board, e quali siano le garanzie offerte ai risparmiatori, tenendo conto del fatto che i depositanti appartengono in generale alle classi meno abbienti e più anziane, che mal sopporterebbero investimenti ad alto rischio, come, del resto, non li tollererebbe Eurostat, che potrebbe includere Cassa depositi e prestiti nel perimetro della pubblica amministrazione, con le conseguenze richiamate in premessa. (3-01584)


Iniziative per la riduzione della pressione fiscale sulle imprese e sulle famiglie, con particolare riferimento alla tassazione sulla casa a carico delle famiglie – 3-01585

   TANCREDI e DORINA BIANCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo la recentissima requisitoria del procuratore generale presso la Corte dei conti sul rendiconto generale dello Stato per il 2014, la pressione fiscale in Italia sarà pari al 43,5 per cento del prodotto interno lordo nel 2015: un divario di 1,7 punti di prodotto interno lordo rispetto alla media dei Paesi dell'area euro. L'Italia è, invece, al primo posto nell'Unione europea a 28 per la crescita del peso delle tasse tra il 2005 e il 2015, crescita che è stata pari a +4,2 punti di prodotto interno lordo;
   numerosi convergenti studi (Confindustria, Confcommericio, Uil, Fiaip) indicano che la tassazione in generale ha raggiunto nel nostro Paese livelli insostenibili. Nel 2015 gli italiani pagheranno 29 miliardi di euro in più di tasse rispetto alla media dei cittadini dell'eurozona;
   alla crescita della pressione fiscale negli ultimi 10 anni ha contribuito l’escalation della tassazione immobiliare. Nel 2014 il prelievo di imu e tasi arriva a 24,9 miliardi di euro, con un aumento di 15,1 miliardi di euro, pari al 153,5 per cento in più, rispetto ai 9,8 miliardi di euro prelevati nel 2011 con l'ici. La pressione fiscale sugli immobili sfiora quasi i 50 miliardi di euro e l'Italia è al primo posto per la tassazione sul patrimonio immobiliare in Europa. Dal 2011 ad oggi la casa è stata tassata in forma patrimoniale, con un aumento delle imposte del 115 per cento sul fronte della tassazione locale, passando da 14,8 miliardi a 31,88 miliardi di euro;
   anche su istanza di Area popolare, il Governo ha sospeso l'applicazione del decreto sulla riforma delle rendite catastali, che avrebbe prodotto in taluni casi la quadruplicazione dell'imposizione sulla casa; il Governo, per voce del Presidente del Consiglio dei ministri Renzi ha confermato che non solo non scatteranno le clausole di salvaguardia sull'iva nel 2016 e sulle accise nel 2018, ma che è tra i propri obiettivi programmatici la riduzione della pressione fiscale;
   i segnali positivi di ripresa che si rilevano in questi giorni non riguardano ancora i consumi interni e, in particolare, i consumi della famiglie, che sono quelle più colpite dalla crescita della tassazione immobiliare;
   in sede di revisione della spesa, per la legge di stabilità per il 2016, appare opportuno concentrarsi sia sulle tax expenditures, sia su una significativa riduzione dei costi del sistema delle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni –:
   quale sarà la strategia del Governo, anche in previsione della legge di stabilità per il 2016, per perseguire l'obiettivo della riduzione della pressione fiscale, sulle imprese e sulle famiglie, in particolare, con riferimento a queste ultime, quali iniziative intenda intraprendere per una consistente riduzione della pressione fiscale sulla casa. (3-01585)


Chiarimenti in ordine alla vendita all'Inail di alcuni palazzi storici di proprietà della società Eur spa – 3-01586

   RAMPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 25 giugno 2015 è scaduto il termine concesso dal tribunale di Roma alla società Eur spa per il concordato in bianco, procedura avviata dalla stessa società nel mese di dicembre 2014 e che le ha consentito di congelare temporaneamente i propri debiti con creditori e banche;
   alla scadenza del termine Eur spa ha presentato in tribunale un piano per la ristrutturazione del debito sostanzialmente basato sull'incasso derivante dalla vendita all'Inail di quattro palazzi storici di proprietà della società per un importo di 297,5 milioni di euro;
   gli edifici destinati a divenire proprietà dell'Inail sono Palazzo delle scienze, l'Archivio centrale di Stato, Palazzo dell'agricoltura e delle bonifiche e Palazzo delle arti e tradizioni popolari, per una superficie lorda complessiva di circa 175 mila metri quadrati;
   complessivamente gli immobili che la società Eur spa aveva fatto stimare per un'ipotetica vendita erano una decina e tra di essi figurava anche l'albergo Lama, adiacente al nuovo centro congressi e ancora in costruzione, il cui valore era stato determinato in 50 milioni di euro e per il quale, invece, secondo quanto consta all'interrogante, la società Belmond, colosso del settore alberghiero, proprietaria di oltre sessanta hotel in tutto il mondo, aveva fatto un'offerta preliminare di 80 milioni di euro;
   in seguito alla presentazione delle offerte preliminari la società Eur spa ha richiesto la presentazione di un'offerta vincolante solamente ad Inail, ignorando completamente le altre offerte preliminari ricevute, tra le quali anche quella della Belmond per l'acquisto dell'albergo Lama, nonostante questa fosse a parere dell'interrogante alquanto vantaggiosa;
   si è ritenuto preferibile, quindi, vendere dei palazzi storici di pregio, al cui interno si trovano affreschi di valore inestimabile e che ospitano luoghi della cultura, quali musei o raccolte di altre opere d'arte o di particolare valore storico, e che oltretutto che generano un reddito annuale di 16 milioni di euro, invece di alienare una struttura alberghiera ancora in costruzione che costerà altri 30 milioni di euro per essere completata;
   facendo un rapido calcolo appare subito chiaro che la società Eur spa sta vendendo i citati edifici all'Inail in cambio di un prezzo di appena 1.700 euro al metro quadrato, di fatto svendendoli, e ha invece ritenuto di declinare la proposta della società Belmond che offriva oltre 2.000 euro al metro quadro per un edificio, peraltro, neanche terminato –:
   per quali ragioni si sia ritenuto di procedere con la vendita all'Inail, nonostante questa sia decisamente meno vantaggiosa di altre offerte preliminari pervenute. (3-01586)