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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 3 marzo 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 3 marzo 2015.

  Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bratti, Bressa, Brunetta, Capezzone, Casero, Castiglione, Censore, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garavini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Lupo, Madia, Manciulli, Mannino, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Orlando, Pes, Picchi, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Santerini, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Tidei, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bratti, Bressa, Brunetta, Capezzone, Casero, Castiglione, Censore, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garavini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Lupo, Madia, Manciulli, Mannino, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Orlando, Pes, Picchi, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Tidei, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 27 febbraio 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   MELILLA ed altri: «Modifica all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di accesso anticipato al trattamento pensionistico in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili» (2918);
   PLACIDO e AIRAUDO: «Modifica dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, concernente l'ordinamento dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro» (2919).

  In data 2 marzo 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   NASTRI: «Istituzione del comitato territoriale per la sicurezza e misure per garantire la sicurezza nelle città» (2920);
   COLLETTI ed altri: «Modifiche al codice di procedura civile e altre disposizioni per l'accelerazione del processo civile» (2921);
   FICO ed altri: «Modifiche alla legge 31 luglio 1997, n. 249, e al testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e altre disposizioni in materia di composizione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di organizzazione della società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo e di vigilanza sullo svolgimento del medesimo servizio» (2922).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge GADDA ed altri: «Disposizioni per la tutela dei lavoratori e per l'emersione del lavoro irregolare nelle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata» (1039) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Capone.

  La proposta di legge GARAVINI: «Disposizioni per la continuità dell'attività produttiva, la tutela dei lavoratori, la salvaguardia dell'occupazione e l'emersione del lavoro irregolare nelle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata» (1189) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Capone.

  La proposta di legge MOLEA ed altri: «Disposizioni per favorire l'integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l'ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali» (1949) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Piccione.

  La proposta di legge FERRARESI ed altri: «Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati» (2611) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Dell'Orco.

  La proposta di legge BINDI ed altri: «Delega al Governo in materia di misure per il sostegno in favore delle imprese sequestrate e confiscate sottoposte ad amministrazione giudiziaria e dei lavoratori da esse dipendenti, nonché di organizzazione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata» (2786) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Capone.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   VII Commissione (Cultura):
  VEZZALI ed altri: «Introduzione dell'insegnamento del primo soccorso nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado e dell'obbligo di installazione di strumenti di primo soccorso e di apparecchi defibrillatori presso le medesime scuole» (2394) Parere delle Commissioni I, V, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  VEZZALI ed altri: «Istituzione dell'insegnamento dell'educazione socio-affettiva nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado nonché nei corsi di studio universitari» (2783) Parere delle Commissioni I, V, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  D'OTTAVIO ed altri: «Modifica all'articolo 7 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, in materia di esenzione dal pagamento dei compensi spettanti alla Società italiana autori ed editori per l'esecuzione pubblica di opere musicali con un numero di spettatori inferiore a duecento» (2861) Parere delle Commissioni I, V e VI.

   VIII Commissione (Ambiente):
  FABBRI ed altri: «Disposizioni per il controllo sulla tutela dell'ambiente, della salute e della sicurezza pubblica nei poligoni di tiro a segno ad uso pubblico e privato» (2735) Parere delle Commissioni I, II, IV, V, VII, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   IX Commissione (Trasporti):
  RIBAUDO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dell'interesse aziendale, sul rispetto delle norme antiriciclaggio, sull'assunzione di personale e sulla gestione delle risorse umane presso la società Poste italiane Spa» (2898) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI e XI.

   XI Commissione (Lavoro):
  CHIMIENTI ed altri: «Abrogazione dell'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, recante disposizioni in materia di sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità» (2869) Parere delle Commissioni I, V, IX, X, XII e XIV.

   XII Commissione (Affari sociali):
  FABBRI: «Norme in materia di regolamentazione della figura di operatore sanitario naturopata» (1429) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di sentenze della Corte Costituzionale.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
  Sentenza n. 15 dell'11-18 febbraio 2015 (Doc. VII, n. 408), con la quale: dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione sollevato, in relazione alla deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Calabria, del 28 maggio 2014, n. 26, nei confronti dello Stato:
   alla I Commissione (Affari costituzionali);

  Sentenza n. 16 del 27 gennaio-26 febbraio 2015 (Doc. VII, n. 409), con la quale: dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 9 della legge della Regione Marche 18 marzo 2014, n. 3 (Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2005, n. 6 – legge forestale regionale), promossa, in riferimento all'articolo 117, primo comma e secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 28 marzo 2014, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di OGM e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2007, n. 9 – Norme in materia di risorse forestali), promossa, in riferimento all'articolo 117, primo comma e secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri:
   alla VIII Commissione (Ambiente);
  Sentenza n. 17 del 27 gennaio-26 febbraio 2015 (Doc. VII, n. 410), con la quale: dichiara cessata la materia del contendere in relazione alla questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 1-bis, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136 (Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 6 febbraio 2014, n. 6, promossa dalla Regione Campania:
   alla VIII Commissione (Ambiente);
  Sentenza n. 18 del 28 gennaio-26 febbraio 2015 (Doc. VII, n. 411), con la quale: dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 607, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo e terzo comma, della Costituzione e all'articolo 117, primo comma, della Costituzione in relazione all'articolo 6, paragrafo 3, lettera c), della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Tribunale ordinario di La Spezia:
   alla II Commissione (Giustizia);
  Sentenza n. 19 del 10-26 febbraio 2015 (Doc. VII, n. 412), con la quale: dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 32 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2012), promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano;
   dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 32, commi 1, 10, 12, 13, 16, 17, 19, 22, 24, 25 e 26 della legge n. 183 del 2011, promosse dalla Provincia autonoma di Trento;
   dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 32, commi 1, 10, 12, 16, 17, 19, 22, 24, 25 e 26, della legge n. 183 del 2011, promosse dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol;
   dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 32, comma 17, della legge n. 183 del 2011, promosse dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste;
   dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 32, comma 22, della legge n. 183 del 2011, promosse dalla Regione siciliana;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 32, commi 19, 22, 23, 24 e 25, della legge n. 183 del 2011, promosse dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 32, comma 10, della legge n. 183 del 2011, promosse dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, in riferimento al principio di leale collaborazione, agli artt. 2, primo comma, lettera a), 3, primo comma, lettera f), 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), in relazione alla normativa di attuazione di cui alla legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta), nonché in riferimento agli artt. 3, 5, 117, terzo e sesto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione ed all'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione);
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 32, commi 10, 11 e 16 della legge n. 183 del 2011, promosse dalla Regione siciliana in riferimento agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana) ed al principio di leale collaborazione:
   alla V Commissione (Bilancio).
  La Corte costituzionale, con lettere in data 27 febbraio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):

  Sentenza n. 22 del 27 gennaio-27 febbraio 2015 (Doc. VII, n. 413), con la quale: dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione di cui all'articolo 8 della legge 10 febbraio 1962, n. 66 (Nuove disposizioni relative all'Opera nazionale per i ciechi civili) e dell'indennità di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 21 novembre 1988, n. 508 (Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti);
   dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di cassazione:
   alla XII Commissione (Affari sociali);
  Sentenza n. 23 del 28 gennaio-27 febbraio 2015 (Doc. VII, n. 414), con la quale: dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 459, comma 1, del codice di procedura penale (come sostituito dall'articolo 37, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n. 479 – Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all'ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), nella parte in cui prevede la facoltà del querelante di opporsi, in caso di reati perseguibili a querela, alla definizione del procedimento con l'emissione di decreto penale di condanna:
   alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 26 febbraio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali (CNPR), per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 237).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 27 febbraio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Agenzia spaziale italiana (ASI), per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 238).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 23 febbraio 2015, ha trasmesso, in adempimento all'obbligo derivante dall'articolo 19, paragrafi 5 e 6, della Convenzione istitutiva dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), resa esecutiva con legge 13 novembre 1947, n. 622, i testi del Protocollo alla Convenzione n. 29 sul lavoro forzato del 1930 e della raccomandazione n. 203, relativa alle misure complementari per l'effettiva soppressione del lavoro forzato, adottate dalla Conferenza internazionale del lavoro, nel corso della 103a sessione svoltasi a Ginevra nei mesi di maggio e giugno 2014.

  Questa documentazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

  Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con lettera in data 26 febbraio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 4, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, la relazione sull'attività svolta dal Centro di studi per la ricerca letteraria, linguistica e filologica Pio Rajna e sull'utilizzo dei contributi pubblici ricevuti, predisposta dal medesimo Centro, riferita all'anno 2014 (Doc. CCXII, n. 2).
  Questa relazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 2 marzo 2015, ha trasmesso il parere reso dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nella seduta del 19 febbraio 2015, sul disegno di legge concernente «Conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti» (atto Camera n. 2844).

   Questo parere è stato trasmesso alla VI Commissione (Finanze) e alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio della trasmissione di atti alla Corte costituzionale.

  Nel mese di febbraio 2015 sono pervenute ordinanze emesse da autorità giurisdizionali per la trasmissione alla Corte costituzionale di atti relativi a giudizi di legittimità costituzionale.

  Questi documenti sono trasmessi alla Commissione competente.

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 27 febbraio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1007/2009 sul commercio dei prodotti derivati dalla foca (COM(2015) 45 final).

  Questa relazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione di delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 2 marzo 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni:
   n. 28/2014 del 1o agosto 2014, concernente «Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443 del 2001) – “Variante di Cannitello”: modifica soggetto aggiudicatore» – alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti);
   n. 45/2014 del 10 novembre 2014, concernente «Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443 del 2001) – Collegamento ferroviario AV/AC Verona-Padova – Tratte di prima fase tra Verona e Montebello Vicentino e tra Grisignano di Zocca e Padova – Reiterazione del vincolo preordinato all'esproprio» – alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti);
   n. 46/2014 del 10 novembre 2014, concernente «Assegnazione di risorse per lo sviluppo delle attività di smantellamento, manutenzione, restauro e trasformazione di imbarcazioni, nell'ambito dell'accordo di programma per la disciplina degli interventi per la riqualificazione e la riconversione del polo industriale di Piombino» – alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti);
   n. 49/2014 del 10 novembre 2014, concernente «Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2007-2013 – Assegnazione di risorse per il finanziamento di iniziative connesse alla realizzazione di EXPO 2015» – alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive);
   n. 50/2014 del 10 novembre 2014, concernente «Fondo per lo sviluppo e la coesione – Regione Sardegna. Attuazione della delibera CIPE n. 21/2014 – Progetti da finanziare ai sensi del punto 2.3» – alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XII (Affari sociali).

Comunicazioni ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

  Fintecna Spa, con lettera in data 25 febbraio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, comunicazioni concernenti atti comportanti spese per emolumenti o retribuzioni, con l'indicazione del nominativo dei destinatari e dell'importo dei relativi compensi.

  Queste comunicazioni sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 2 marzo 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposte di decisione del Consiglio relative, rispettivamente, alla conclusione, a nome dell'Unione europea, nonché alla firma, a nome dell'Unione europea, e all'applicazione provvisoria dello scambio di lettere volto a ottenere l'adesione alla commissione allargata della convenzione per la conservazione del tonno rosso del sud (COM(2015) 71 final e COM(2015) 72 final), corredate dai relativi allegati (COM(2015) 71 final – Annex 1 e COM(2015) 72 final – Annex 1), che sono assegnate in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Valutazione ex post delle Capitali europee della cultura 2013 (Kosice e Marseille-Provence) (COM(2015) 74 final), che è assegnata in sede primaria alla VII Commissione (Cultura);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che l'Unione europea deve adottare in sede di Comitato misto istituito a norma dell'accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone in merito alla modifica dell'allegato III di tale accordo riguardante il reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali (COM(2015) 76 final), corredata dal relativo allegato (COM(2015) 76 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposte di decisione del Consiglio relative alla firma, a nome dell'Unione europea, della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla manipolazione delle competizioni sportive per quanto riguarda, rispettivamente, le questioni non relative al diritto penale sostanziale e alla cooperazione giudiziaria in materia penale nonché le questioni relative al diritto penale sostanziale e alla cooperazione giudiziaria in materia penale (COM(2015) 84 final e COM(2015) 86 final), corredate dai relativi allegati (COM(2015) 84 final – Annex 1 e COM(2015) 86 final – Annex 1), che sono assegnate in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea e all'Eurogruppo - Semestre europeo 2015: valutazione delle sfide per la crescita, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici e risultati degli esami approfonditi a norma del regolamento (UE) n. 1176/2011 (COM(2015) 85 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (COM(2015) 98 final), che è assegnata in sede primaria alla XI Commissione (Lavoro);
   Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione (COM(2015) 99 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

  La Commissione europea, in data 2 marzo 2015, ha trasmesso un nuovo testo della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla resilienza di breve termine del sistema del gas europeo – Preparazione in vista di un'eventuale interruzione delle forniture dall'Est tra l'autunno e l'inverno 2014-2015 (COM(2014) 654 final/2) e dei relativi allegati (COM(2014) 654 final/2 – Annexes 1 to 2), che sostituiscono i documenti COM(2014) 654 final e COM(2014) 654 final – Annexes 1 to 2, già assegnati, in data 21 ottobre 2014, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla X Commissione (Attività produttive), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettere in data 25 febbraio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Bisenti (Teramo), Calitri (Avellino), Carovigno (Brindisi), Castelpoto (Benevento), Fermo, San Giorgio a Cremano (Napoli) e Santa Vittoria in Matenano (Fermo).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 2 marzo 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2 della legge 6 agosto 2013, n. 96, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disciplina sanzionatoria delle violazioni delle disposizioni del regolamento UE n. 1177/2010, che modifica il regolamento CE n. 2006/2004, relativo ai diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne (149).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite II (Giustizia) e IX (Trasporti) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 12 aprile 2015. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 23 marzo 2015.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

Iniziative volte a una revisione della disciplina relativa all'accatastamento e alla determinazione della rendita catastale di un impianto fotovoltaico, al fine di promuovere lo sviluppo di impianti di energia da fonti rinnovabili – 2-00551

A) Interpellanza

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   è noto che la normativa comunitaria e nazionale promuove lo sviluppo dell'energia da fonti rinnovabili prefiggendosi l'obiettivo di potenziare e razionalizzare il sistema, per incrementare l'efficienza dell'energia alternativa anche diminuendo gli oneri relativi alla realizzazione degli impianti da essa alimentati;
   tuttavia, nell'ambito del settore delle energie rinnovabili, vengono adottati di frequente dei provvedimenti che invece di incentivare tali investimenti, come prevede la normativa, li scoraggiano o, addirittura, determinano un danno attraverso l'addebitando di costi/oneri retroattivi per coloro che hanno già provveduto ad investire in queste tecnologie;
   al riguardo, una questione sulla quale è necessario intervenire, con idonei provvedimenti di modifica, concerne l'accatastamento degli impianti fotovoltaici;
   in base alla circolare dell'Agenzia delle entrate 19 dicembre 2013, n. 36/E, l'impianto fotovoltaico installato sul tetto di un edificio è sottoposto all'obbligo di accatastamento se ha una potenza superiore ai 3,00 chilowatt picco;
   dunque, l'amministrazione fiscale è intervenuta con un documento di prassi dove si esprime sulla qualificazione mobiliare o immobiliare degli impianti fotovoltaici e sulle conseguenze che ne derivano in materia catastale e tributaria;
   nel testo della circolare si fa riferimento agli articoli 2 e 3 del decreto ministeriale 2 gennaio 1998, n. 28, rubricato «Regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale», che enunciano rispettivamente la definizione di unità immobiliare e, più specificamente, gli immobili oggetto di censimento, nonché quelli non oggetto di inventariazione a meno di una autonoma suscettibilità reddituale;
   la circolare prevede che, ai fini dell'obbligo di accatastamento e della determinazione della rendita catastale di un impianto fotovoltaico, non è fondamentale esclusivamente la facile amovibilità delle sue varie componenti impiantistiche, quanto, piuttosto, il rapporto di tali componenti con la capacità ordinaria dell'unità immobiliare a cui appartengono di produrre un reddito temporalmente rilevante;
   in altri termini, gli uffici dell'Agenzia delle entrate accertano gli immobili che ospitano i medesimi impianti, indagando, ai fini della determinazione della relativa rendita catastale, sulla correlazione che sussiste tra l'immobile e, in generale, quelle componenti impiantistiche rilevanti ai fini della sua funzionalità e capacità reddituale;
   l'Agenzia delle entrate ha quindi proceduto a definire l'irrilevanza catastale delle installazioni fotovoltaiche, qualora la potenza nominale dell'impianto fotovoltaico non è superiore a 3 chilowatt picco;
   di contro, ha qualificato gli impianti fotovoltaici come beni immobili e, di conseguenza, da dichiarare al catasto, quando: a) costituiscono una centrale di produzione di energia elettrica autonomamente censibile nella categoria D/1 oppure D/10; b) risultano posizionati sulle pareti o su un tetto, oppure realizzati su aree di pertinenza comuni o esclusive di un fabbricato;
   dunque, l'amministrazione fiscale ha applicato agli impianti fotovoltaici i criteri relativi all'individuazione dell'unità immobiliare oggetto di censimento catastale, estendendoli inderogabilmente sul presupposto di una sussistente autonomia funzionale e reddituale;
   ebbene, si ritiene che l'Agenzia delle entrate abbia esteso categoricamente agli impianti fotovoltaici con potenza superiore a 3 chilowatt picco i criteri di individuazione delle unità oggetto di censimento catastale, senza la dovuta considerazione delle peculiarità che sono proprie di tali investimenti e, altresì, in mancanza di necessarie direttive per procedere alla dichiarazione di variazione catastale, determinando, pertanto, la dubbia legittimità e la carenza della circolare emessa;
   i moduli fotovoltaici sono installati per abbattere i costi in bolletta ed il Governo più volte ha dichiarato di essere a favore della green economy, settore che va sostenuto anche per la creazione di nuovi posti di lavoro e il mantenimento di quelli attuali; è chiaro che tali fini si contrappongono al riconoscimento di ulteriori oneri, come quelli connessi all'accatastamento per gli impianti installati sulle coperture e/o pertinenze degli edifici al servizio di utenze domestiche o delle piccole e medie imprese, quali sono generalmente gli impianti con potenza inferiore a 20 chilowatt picco;
   stabilendo l'obbligo della dichiarazione di variazione catastale quando l'impianto fotovoltaico integrato a un immobile ne incrementa il valore capitale (o la redditività ordinaria) di una percentuale pari al 15 per cento o superiore, si determina un aumento del valore e un aumento di tutte le imposte che hanno come base il valore catastale per chi procede al predetto virtuoso investimento;
   generalmente, un impianto di 3,00 chilowatt picco è quello che serve per coprire i consumi di una famiglia-tipo; tuttavia, molti proprietari hanno scelto di installare impianti più potenti, così da massimizzare i benefici, sicché, se l'estensione del tetto dell'abitazione lo consente, molti acquirenti hanno scelto potenze sino ai 6/12 chilowatt picco di potenza installata (in media, 1,00 chilowatt picco richiede circa 7 metri quadri di superficie);
   pertanto, a quanto afferma l'Agenzia delle entrate, per gli impianti con potenza superiore a 3,00 chilowatt picco, va verificato se la rendita catastale dell'unità immobiliare deve essere aggiornata, al riguardo, come predetto, la circolare afferma che la variazione catastale è obbligatoria quando il valore dell'impianto è pari o supera il 15 per cento della rendita catastale;
   la circolare in questione, tra l'altro, non ha chiarito attraverso quali procedure il proprietario dell'impianto possa accertare se il valore dello stesso superi o meno il 15 per cento della rendita catastale. È certo che tale calcolo non può essere effettuato dal proprietario stesso, ma da un tecnico abilitato, con l'aggiunta, quindi, di ulteriori costi;
   dunque, non solo non si specificano i criteri per valutare oggettivamente l'aumento della tariffa d'estimo catastale dovuta alla presenza dell'impianto fotovoltaico, ma, altresì, sul punto, non si considerano due ulteriori e rilevanti problematiche che renderebbero necessaria la rimodulazione della tariffa d'estimo al ribasso: innanzitutto la vita media di un impianto è convenzionalmente di circa 25-30 anni durante i quali la produzione di energia decresce e con essa anche la redditività dell'impianto; in secondo luogo, al termine della vita convenzionale dell'impianto, quando lo stesso non produrrà più un alto beneficio per l'utente, quest'ultimo dovrà, altresì, sostenere i costi per lo smaltimento;
   quanto affermato dalla circolare dell'Agenzia delle entrate è gravemente penalizzante per il settore del fotovoltaico, che, invece, andrebbe valorizzato così come previsto dalla normativa comunitaria e nazionale, anche considerando che la realizzazione di impianti da fonti energetiche rinnovabili presenta i caratteri di un servizio di pubblica utilità;
   ad avviso degli interpellanti vi sono fondati dubbi sulla legittimità della circolare dell'Agenzia delle entrate rispetto all'accatastamento degli impianti fotovoltaici con una potenza compresa tra 3,00 a 20,00 chilowatt picco e ciò ha dato luogo ad uno stato d'incertezza in cui versano circa 312 mila impianti (dati Gestore servizi energetici);
   si ritiene che debbano essere esentati dalla rivalutazione della rendita catastale i piccoli impianti con potenza inferiore ai 20,00 chilowatt picco, trattandosi generalmente di utenze domestiche o quelle di piccole imprese, installati con finalità di risparmio energetico ed autoconsumo e non di investimento o mera speculazione, quindi, non soggetti a denuncia di apertura di officina elettrica ed installati sulle coperture e pertinenze degli edifici;
   quantomeno, devono essere esentati dalla rivalutazione della rendita catastale gli impianti, delle medesime taglie e caratteristiche a quelle predette, che non beneficiano delle tariffe incentivanti ai sensi di tutte le edizioni del conto energia e che hanno optato per il regime di scambio sul posto;
   le menzionate criticità della circolare sono state eccepite con interrogazione a risposta in commissione n. 5-02215 pubblicata in data 24 febbraio 2014;
   alla predetta interrogazione è stato dato riscontro con atto pubblicato in data 22 aprile 2014 – nell'allegato al bollettino in Commissione X (Attività produttive) della Camera dei deputati – che nel merito non ha in alcun modo soddisfatto il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo;
   sul punto, infatti, con la risposta acquisita in Commissione X si presume la legittimità della circolare dell'Agenzia dell'entrate, applicando meccanicamente la normativa in materia di accatastamento e determinazione della rendita catastale, senza effettuare un'interpretazione estensiva che tenga conto anche della normativa europea e nazionale che riconosce specifici benefici per la promozione dello sviluppo degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, affinché tale fonti energetiche alternative diano un sempre maggiore contributo alla produzione di energia elettrica nel mercato italiano e comunitario;
   seppure si volesse ipotizzare che la normativa concernente l'accatastamento e la determinazione della rendita catastale debba essere applicata agli impianti fotovoltaici, così come affermato dall'Agenzia dell'entrate, la cui tesi continuerebbe a giudizio degli interpellati comunque ad essere carente e lacunosa, si sottolinea l'evidente necessità di immediati interventi normativi che aggiornino e conformino tale normativa, nel rispetto di quella prevista per incrementare gli investimenti virtuosi nel settore delle fonti rinnovabili;
   ed invero, anche nell'atto di risposta in Commissione X, per sostenere la tesi assunta dall'Agenzia delle entrate, ci si richiama ad una normativa ormai obsoleta che deve essere adeguata ai nuovi principi normativi sviluppatisi nel tempo come quelli relativi al settore delle energie alternative. In particolare, ci si riferisce al regio decreto-legge addirittura del 1939 che, nel determinare gli elementi che concorrono alla determinazione della rendita catastale, di certo non avrebbe potuto tenere conto delle specificità riconosciute dall'attuale normativa agli impianti alimentati da energie rinnovabili;
   pertanto, si ribadisce che quanto stabilito dalla circolare dell'Agenzia delle entrate sull'accatastamento degli impianti fotovoltaici limita drasticamente e secondo gli interpellanti illegittimamente i benefici riconosciuti al settore, pregiudicando ingiustamente chi ha investito in tali impianti con finalità di risparmio energetico –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito a quanto premesso e se sia intenzione dello stesso promuovere concretamente lo sviluppo di impianti di energia da fonti rinnovabili in conformità ai principi sanciti dalla normativa in materia;
   se sia intenzione del Governo porre in essere iniziative per rendere efficaci gli investimenti effettuati nel settore delle energie rinnovabili, adottando anche iniziative normative che aggiornino e adeguino la normativa in materia di accatastamento e determinazione della rendita catastale a quella prevista rispetto allo sviluppo ed alla promozione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, esentando dalla rivalutazione della rendita catastale i piccoli impianti con potenza inferiore ai 20,00 chilowatt picco – trattandosi generalmente di utenze domestiche o di piccole imprese installate con finalità di risparmio energetico e non di investimento – e, in particolare, gli impianti, della medesima taglia e delle medesime caratteristiche a quelle predette, che non beneficiano delle tariffe incentivanti ai sensi di tutte le edizioni del conto energia e che hanno optato per il regime di scambio sul posto.
(2-00551) «Rizzetto, Prodani, Crippa, Mucci».


Elementi circa la presenza in concentrazioni significative di cromo esavalente nell'acqua potabile, con particolare riferimento ai bacini idrici della provincia di Brescia – 3-00598, 3-01321

B) Interrogazioni

   BAZOLI, COMINELLI, BERLINGHIERI e GALPERTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come è noto il cromo VI è un metallo classificato come «cancerogeno certo» per l'uomo dalla Iarc (International agency for research on cancer);
   oltre all'esposizione per via inalatoria, soprattutto dei lavoratori addetti ad alcune lavorazioni, desta preoccupazione anche l'esposizione per via alimentare a causa della contaminazione delle falde acquifere ad opera dell'attività antropica, industriale o per versamenti di rifiuti industriali;
   gli studi sull'uomo della contaminazione dell'acqua potabile da cromo esavalente sono molto limitati data le difficoltà intrinseche per studi di popolazione. Tuttavia, in uno studio condotto in Cina ove i livelli d'inquinamento erano particolarmente elevati, tanto da far considerare quest'area come la più inquinata al mondo e tra le poche che sono state oggetto di studi epidemiologici, è emerso un aumento statisticamente significativo dei tumori dello stomaco nella popolazione, che offre evidenza di una correlazione tra la presenza di cromo VI nelle acque e l'aumento del rischio di cancro;
   a maggio 2007 il NTP (US – National Toxicology Program) ha comunicato la conclusione di uno studio su ratti che indicano un netto aumento, statisticamente significativo e sulla base della relazione dose-risposta, di neoplasie dell'epitelio di rivestimento della mucosa orale e della lingua nei ratti maschi e femmine e di tumori del piccolo intestino nei topi maschi e femmine;
   sulla base di queste e altre evidenze scientifiche l'Epa della California ha adottato un limite per l'acqua potabile (Maximum Contaminant Level – MCL) di 10 microgrammi/litro di cromo VI nell'agosto 2013;
   i livelli ad oggi ammessi come concentrazione massima nelle acque potabili in Italia sono pari a 50 microgrammi/litro, e derivano dallo standard della Organizzazione mondiale della sanità del 1958, in origine assunto per il solo cromo IV, non tossico come il cromo VI, e poi assunto come riferimento per il cromo totale;
   nonostante ciò, il decreto legislativo n. 152 del 2006 fissa per il cromo VI un valore soglia di contaminazione delle acque sotterranee di 5 microgrammi/litro, che contrasta all'evidenza con il limite ammesso per le acque potabili;
   i dati pubblicati negli ultimi anni dalle autorità preposte circa la concentrazione di inquinanti nei pozzi dell'acquedotto di Brescia, da cui viene prelevata l'acqua potabile per la città e per l’hinterland, hanno spesso indicato presenza significativa di cromo VI, per quanto entro i limiti di legge oggi in vigore di 50 mg/litro;
   in particolare, e da ultimo, il Corriere della Sera del 25 settembre 2013 ha pubblicato i seguenti dati relativi ai livelli di cromo esavalente rilevati ad agosto 2013 (concentrazione in alcuni pozzi di Brescia e dell’hinterland – dati asl Brescia):
    a) nella località Lamarmora 1 il valore è 9;
    b) nella località Lamarmora 2 il valore è 7;
    c) nella località Lamarmora 3 il valore è 10;
    d) nella località Frao il valore è 8;
    e) nella località Chiesanuova 2 il valore è 7;
    f) nella località Folzano 1 il valore è 69;
    g) nella località Folzano 2 il valore è 52;
    h) nella località Sereno 1 il valore è 52;
    i) nella località Sereno 2 il valore è 30;
    l) nella località S. Anna il valore è 8;
    m) nella località Via del monte il valore è 14;
    n) nella località Campo Fiera il valore è 8;
    o) nella località Ospedale civile il valore è 13;
    p) nella località Via Triumplina il valore è 8;
    q) nella località Porta Venezia il valore è 11;
    r) nella località Villa Carcina il valore è 10;
    s) nella località Bovezzo il valore è 9;
    t) nella località Cellatica il valore è 12;
    u) nella località Concesio il valore è 21;
   questo fatto ha destato preoccupazione nell'opinione pubblica tanto che in alcune scuole della città è stato chiesto dai genitori di non dare più acqua del rubinetto ai bambini –:
   se vi siano evidenze scientifiche, o, in alternativa, siano in corso studi finalizzati ad accertare gli effetti sulla salute umana della presenza in concentrazioni significative di cromo VI nell'acqua potabile;
   se, tenuto conto dell'obiettiva vetustà dei limiti oggi in vigore, dell'accertata e conclamata tossicità del cromo VI, della scelta di altri Paesi di abbassare notevolmente la soglia di tolleranza di presenza di tale composto nelle acque potabili, il Ministero della salute e per esso gli organi competenti non ritengano opportuno rivedere il valore limite fissato per il cromo nelle acque potabili;
   se non si ritenga opportuno, in via precauzionale, dare indicazioni ministeriali che raccomandino il rispetto di valori limite più cautelativi di quelli attualmente fissati per le acque per il consumo umano;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative, anche normative, affinché gli enti preposti al controllo, in stretta collaborazione con l'ente gestore della rete di distribuzione idrica, effettuino un sistemico rilevamento dei valori ed un sistematico incrocio «sia a rubinetto» che a «pozzo» nel tempo e per territorio significativo. (3-00598)


   SORIAL, COMINARDI, ALBERTI e BASILIO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dai rubinetti di Brescia scende acqua sempre più carica di cromo esavalente;
   il cromo esavalente «sulla base di evidenze sperimentali ed epidemiologiche è stato classificato dalla IARC come cancerogeno per l'uomo (classe I)» (fact sheet: «Cromo esavalente», Ispesl, dipartimento di medicina del lavoro, centro ricerche di Parma Cert); diversi studi hanno dimostrato che è molto tossico se ingerito o se i fumi vengono respirati;
   l'aumento del cromo esavalente nell'acqua di Brescia è legato al passato industriale della zona: i bagni di cromo sono una protezione essenziale per tutte le lavorazioni metalliche (dalle posate alle armi) e fino a pochi anni fa le scorie liquide venivano scaricate semplicemente nei corsi d'acqua e nel terreno e, infatti, nel Mella per decenni sono finiti quintali e quintali di liquidi tossici che hanno inquinato i pozzi nella bassa valle, parte della città, fino ad arrivare nella Bassa, il granaio della provincia. Oggi non sono aumentate le fonti inquinanti, ma i veleni rilasciati nell'ambiente in passato proseguono inesorabili la loro discesa e stanno dunque percolando fino alla falda profonda;
   i dati forniti dalla asl nell'ultimo rapporto di agosto indicano una concentrazione crescente del cromo esavalente nell'acqua di rubinetto, giunta a 10 microgrammi per litro, con picchi nelle zone ovest della città e nella bassa Valtrompia, con un aumento rispetto a febbraio anche in zona Lamarmora e Villaggio Sereno; dai rubinetti scende acqua anche con 13 microgrammi di cromo esavalente per ogni litro, un inquinamento che rimane nonostante gli accurati filtraggi a cui il gestore sottopone l'acqua e che l'organismo umano assimila con gravi rischi per la salute;
   le linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità fissano il limite di cromo esavalente a 2 microgrammi per l'acqua destinata al consumo umano, mentre lo Stato della California ha recentemente abbassato il limite da 0,06 a 0,02 microgrammi per litro, quantità ben cinquecento volte inferiore alle concentrazioni medie presenti nell'acquedotto di Brescia;
   ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 31 del 2001, che dà attuazione alla direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano, «Entro il 31 gennaio di ciascun anno, la regione o la provincia autonoma comunica al Ministero della sanità e dell'ambiente le seguenti informazioni relative ai casi di non conformità – dei parametri relativi alle acque destinate al consumo umano – riscontrati nell'anno precedente» in particolare indicando: «a) il parametro interessato ed il relativo valore, i risultati dei controlli effettuati nel corso degli ultimi dodici mesi, la durata delle situazioni di non conformità; b) l'area geografica, la quantità di acqua fornita ogni giorno, la popolazione coinvolta e gli eventuali effetti sulle industrie alimentari interessate; c) una sintesi dell'eventuale piano relativo all'azione correttiva ritenuta necessaria compreso un calendario dei lavori, una stima dei costi e la relativa copertura finanziaria nonché disposizioni in materia di riesame»;
   ai sensi dell'articolo 8 del medesimo decreto legislativo «L'azienda unità sanitaria locale comunica i punti di prelievo fissati per il controllo, le frequenze dei campionamenti e gli eventuali aggiornamenti alla competente regione o provincia autonoma ed al Ministero della sanità secondo modalità proposte dal Ministro della salute (...) e trasmette gli eventuali aggiornamenti entro trenta giorni dalle variazioni apportate»;
   infine, ai sensi dell'articolo 75 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che concerne anche lo stato delle acque superficiali: «Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all'attività di sostituzione sono a carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonché quanto disposto dall'articolo 132» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti indicati e se siano stati adottati provvedimenti anche urgenti in relazione alla situazione di cui in premessa, con particolare riferimento alla necessaria tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini delle aree interessate, per garantire la salute e la tranquillità della popolazione;
   quale sia il quadro aggiornato della situazione di cui in premessa, e, qualora lo si ritenesse necessario, se si intenda convocare un tavolo tra tutte le parti istituzionali coinvolte per trovare una soluzione condivisa a salvaguardia del territorio e delle popolazioni locali;
   se sussistano i presupposti per l'invio di un'ispezione del comando dei carabinieri per la tutela della salute per accertare la condizione delle acque destinate al consumo umano nella città di Brescia;
   se e come sia stata informata la popolazione sullo stato del loro territorio e dei rischi per la loro salute;
   se si intenda avviare in tempi rapidi, attraverso l'Istituto superiore di sanità, un'indagine epidemiologica aggiornata sugli eventuali effetti nocivi dell'inquinamento della falda acquifera sulla salute dei cittadini;
   se sussistano i presupposti per un intervento ai sensi dell'articolo 75, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, alla luce di quanto rappresentato in premessa. (3-01321)


Iniziative a tutela della salute in relazione al rischio di infezioni causate dal batterio escherichia coli presente in alcuni pomodorini di varietà ciliegino provenienti dal Marocco – 3-01320

C) Interrogazione

   L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI, GALLINELLA, GAGNARLI, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nei primi giorni di giugno 2014, la Repubblica Ceca ha notificato attraverso il sistema di allerta rapido europeo il ritrovamento in un lotto di pomodorini ciliegina, provenienti dal Marocco ed importati dalla Francia, di tossine prodotte da escherichia coli;
   la Francia aveva già allertato i Paesi europei, nei giorni precedenti, sul possibile verificarsi di una tossinfezione alimentare legata al consumo di pomodorini provenienti dal Marocco e distribuiti, oltre che in Francia e Repubblica Ceca, anche in Germania, Slovacchia, Romania, Regno Unito ed Italia;
   già nel 2011, un altro prodotto di origine vegetale – germogli crudi di soia – venne coinvolto da un'allerta alimentare a causa della contaminazione da parte di ceppi di escherichia coli pericolosi per la salute umana. L'intossicazione fu riscontrata in maniera prevalente in Germania e Francia, causando anche alcuni decessi;
   dal Ministero della salute non è giunta, sinora, alcuna informazione volta ad informare i cittadini sulle eventuali precauzioni da adottare nel consumo di pomodorini ciliegina;
   la recente sottoscrizione dell'accordo tra Unione europea e Marocco ha, di fatto, liberalizzato lo scambio commerciale di molti prodotti agricoli e ciò, oltre a compromettere il mercato nazionale di tali produzioni potrebbe, se tali prodotti non fossero sottoposti a stringenti controlli igienico-sanitari, pregiudicarne la qualità, a possibile danno della salute dei cittadini/consumatori –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in permessa e quali azioni intendano porre in essere al fine di garantire un'adeguata e tempestiva informazione ai consumatori italiani;
   quali misure intendano adottare, in base alle proprie competenze, per evitare l'ingresso o individuare i lotti già in circolazione dei pomodorini ciliegina provenienti dal Marocco per i quali è già partito un allarme a livello internazionale, sul mercato italiano, al fine di tutelare la salute dei cittadini;
   quale sia la tipologia di controlli igienico-sanitari applicata ai prodotti alimentari e agricoli provenienti da Paesi extra Unione europea, con particolare riferimento al regno del Marocco, considerando la facilità d'ingresso dei prodotti agricoli marocchini nel nostro Paese garantita dalla sottoscrizione dell'accordo citato in premessa. (3-01320)


Iniziative di competenza in relazione al beneficio della liberazione condizionale a favore di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro – 3-00268

D) Interrogazione

   BOLOGNESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   suscita dubbi la procedura attraverso la quale Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, condannati ad almeno 7 ergastoli per vari delitti, tra i quali la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, hanno ottenuto il beneficio della liberazione condizionale;
   dubbi in proposito furono sollevati nell'immediatezza dall'Associazione tra i familiari delle vittime della strage in cui persero la vita 85 persone, per il fatto che non risultavano essersi realizzati i presupposti previsti dalla legge, essendosi nel relativo provvedimento dato atto dell'intervenuto perdono di una sola delle parti offese della strage e tacendosi in proposito la mancata consultazione della predetta associazione, degli altri familiari delle vittime della strage e degli altri omicidi di cui i due terroristi furono ritenuti responsabili. E non avendo dato essi segno ad alcuna resipiscenza;
   la prova dell'avvenuto ravvedimento fu basata solo su un appello di varie personalità in relazione all'attività prestata dagli interessati a favore dell'associazione «Nessuno tocchi Caino», i cui promotori e molti dei cui sottoscrittori erano gli stessi che, a seguito di una campagna mediatica di disinformazione, secondo l'interrogante, abilmente orchestrata, precedentemente avevano sottoscritto l'appello «E se fossero innocenti» sempre a favore dei medesimi;
   attraverso questa identità di ruoli si sono poste le fasi di una confusione di motivazioni che, per quanto possa non essere stata colta dai giudici e da alcuni dei sottoscrittori degli appelli, oggettivamente determinava effetti gravemente distorsivi per la commistione tra i motivi di merito che avevano portato alla condanna e la strumentalizzazione dei mezzi di informazione e dell'istituto della liberazione condizionale, le cui logiche devono essere riferibili esclusivamente all'esecuzione della pena;
   successivamente le perplessità sembrano aver trovato altri supporti oggettivi, quando si è appreso che nel corso del processo penale a carico di Gennaro Mokbel, già componente della stessa banda dei Nar che aveva fatto capo a Valerio Fioravanti, sarebbero emerse a seguito di intercettazioni telefoniche le seguenti circostanze:
    a) che il Mokbel aveva affermato di avere speso un milione e duecento mila euro per la liberazione dei due terroristi Fioravanti e Mambro, facendo carico della relativa spesa alla cassa comune dell'associazione criminale formata dai proventi delle attività illecite per le quali era stato avviato il procedimento penale rg gip/gup n. 6429/2006;
    b) l'entità della spesa certamente eccedeva il semplice costo delle spese legali di assistenza nella procedura relativa all'esecuzione della pena;
   è possibile supporre che questa erogazione potesse essere giustificata da un obbligo di solidarietà che alcuni degli associati ritenevano di dover manifestare nei confronti dei due ex sodali, anche se probabilmente non condivisa da tutti;
   è inevitabile per l'interrogante il sospetto che questa dazione possa essere stata rivolta anche a compensare il silenzio sempre mantenuto dal Fioravanti e dalla Mambro in ordine ai mandanti della strage;
   in altre intercettazioni si afferma che il Mokbel si sarebbe fatto carico anche di altre consistenti spese e della latitanza in Africa dell'ex Nar Antonio D'Inzillo, che sarebbe stato già in precedenza arrestato nel maggio 1994 a casa dello stesso Mokbel;
   il Mokbel, per mantenere inalterato il proprio prestigio all'interno dell'associazione criminale, insidiato da un'iniziativa dell'associato Augusto Murri, aveva ricordato agli associati – nel corso di una conversazione – di essersi reso già responsabile di una decina di omicidi («c'ho dieci omicidi sulla coscienza e non mi hanno mai beccato»), con evidente riferimento all'attività svolta allorché faceva parte del sodalizio egemonizzato dal Fioravanti;
   il rapporto della polizia giudiziaria evidenziava che egli sarebbe stato associato con altre persone in un'associazione a delinquere che affondava le sue radici nell'esperienza pregressa di alcuni degli associati che negli anni Ottanta già avevano militato nei Nar e nella Banda della Magliana;
   dalle stesse intercettazioni emergevano riferimenti anche ad altro appartenente ai Nar, Marco Iannilli e ad esponenti della «’ndrangheta» e della banda della Magliana, uno dei quali esplicitamente indicato nelle telefonate intercettate con «Nicoletti» che avrebbero ancora mantenuto una sorta di signoraggio sul gruppo criminale;
   desta perplessità che il Mokbel e lo Iannilli, nonostante i loro gravi precedenti penali e la natura delle relazioni mantenute, abbiano potuto intrattenere rapporti con società a partecipazione pubblica, tanto da ingenerare a parere dell'interrogante il sospetto che tali rapporti possano aver costituito una sorta di riconoscimento per l'attività precedentemente svolta nell'ambito dei gruppi eversivi di estrema destra;
   proprio in forza di tali rapporti essi avrebbero ricevuto mano libera da parte di soggetti responsabili di settori di tali società per costruire il castello dell'attività illecita loro contestata;
   da varie fonti e dalla stessa ordinanza di rinvio a giudizio sono state poste in evidenza le relazioni che gli associati tentarono di stabilire anche con la Lega Nord, le cui basi risultano essere state già poste agli inizi degli anni Novanta da Stefano Delle Chiaie e Licio Gelli, con il coinvolgimento anche del fratello di Francesca Mambro;
   risulta da varie indagini che già agli inizi degli anni Ottanta Stefano Delle Chiaie si era prestato a mettere a disposizione di Fioravanti e Mambro un rifugio all'estero prima che essi fossero arrestati; un rifugio fu procurato tramite Elio Massagrande in Paraguay a Paolo Marchetti e Rita Stimamiglio (vedasi la missiva di costoro sequestrata dalla polizia tedesca a Bad Nauheim nel giugno 1984). Licio Gelli fu condannato in relazione ad un depistaggio posto in atto nel corso delle indagini sulla strage di Bologna rivolto ad allontanare l'attenzione degli inquirenti dai citati Fioravanti e Mambro, mentre proprio il Marchetti e la Stimamiglio si erano adoperati per procurare un rifugio a Fioravanti e la Mambro in un appartamento di via Liberi 6 di Padova, ove il Fioravanti a febbraio del 1981 fu poi arrestato;
   il medesimo rapporto nel corso di un servizio del programma televisivo Report ha riferito anche di incarichi, analoghi a quelli attribuiti a Mokbel e Iannilli, o rapporti economici stabiliti direttamente o tramite società controllate dalla ex-amministrazione comunale di Roma a favore di altri soggetti gravitanti nell'area dei Nar o della banda della Magliana, tra i quali Riccardo Mancini, già incriminato nel processo ad Avanguardia Nazionale, e Massimo Carminati, che fu complice insieme a Fioravanti di numerosi delitti nonché di rapporti tra Massimo Carminati, Ernesto Diotallevi ed Enrico Nicoletti, tra questi e il boss Carmine Fasciani, e tra questi e Gennaro Mokbel;
   è inevitabile trarre dall'insieme di tali fatti la necessità di verificare che i vari Nicoletti, Gelli e gli ambienti di cui essi erano espressione, avessero l'esigenza di assicurarsi il silenzio degli ex Nar al fine di evitare loro coinvolgimenti nei delitti ascritti a Fioravanti ed alla Mambro;
   del pari sarà necessario verificare se quel milione e duecentomila euro, comunque risultante dal reato, sia stato utilizzato solo per attività di assistenza legale nella procedura di esecuzione della pena di Fioravanti e Mambro, ovvero per altre spese di cui dovrà essere accertata la natura;
   tali circostanze evidenziano la persistenza di rapporti del Fioravanti e della Mambro con ambienti criminali (nelle intercettazioni si fa riferimento a loro contatti diretti con Gennaro Mokbel e Giorgia Ricci) e pongono seri dubbi circa la fondatezza dell'affermazione dell'intervenuto perdono delle parti offese nonché sulla sussistenza di tutte le altre condizioni per l'applicazione dell'articolo 176 del codice penale («il condannato (...) che durante il tempo di esecuzione della pena abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale. (...)») –:
   di quali elementi il Ministro interrogato disponga sui fatti esposti in premessa anche con riferimento alle procedure amministrative che possono aver creato progressivamente nel tempo una situazione di copertura dei citati terroristi fino a determinarne l'attribuzione loro di incarichi che presupponevano ben altri requisiti morali e di affidabilità;
   se il Ministro interrogato non intenda avviare iniziative ispettive, ai fini dell'eventuale esercizio di tutti i poteri di competenza. (3-00268)


Iniziative per la riorganizzazione del carcere di Sulmona con riguardo al relativo fabbisogno di personale, anche al fine di superare l'emergenza dovuta al sovraffollamento – 3-00648, 3-00591

E) Interrogazioni

   MELILLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come previsto dal piano carceri i primi di marzo 2014 inizieranno i lavori di ampliamento del carcere di massima sicurezza di Sulmona (L'Aquila). In base al progetto si costruirà un nuovo padiglione in grado di ospitare altri 200 detenuti. Sono previsti 400 giorni di lavoro per l'opera e occorreranno un anno e tre mesi per realizzare il nuovo blocco della struttura carceraria;
   la polizia penitenziaria, tramite le proprie associazioni di categoria, chiede, da tempo, la ridefinizione della pianta organica dell'istituto affinché si ristabiliscano le 328 unità previste nel decreto ministeriale del 2001 rispetto agli attuali 240 agenti impiegati nel penitenziario peligno;
   la polizia penitenziaria chiede almeno 30 nuovi agenti ed assistenti nella struttura sulmonese per coprire l'attuale emergenza e poi altri 60 agenti attraverso l'implementazione;
   inoltre la polizia penitenziaria domanda pagamenti regolari dello straordinario da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, evitando così accantonamenti continui di ore. Chiede le ferie e tutti gli altri diritti soggettivi: riposi e recupero ore, ma anche docce all'interno delle celle detentive, automatizzazione di tutti i cancelli, apparato di videosorveglianza innovativo con sale di regia da implementare. Chiede, come da contratto, di non effettuare lo straordinario o il recupero delle ore attraverso riposi compensativi. 10 mila ore di ferie maturate da 240 agenti sulmonesi nel 2012;
   nel carcere di Sulmona, il più grande d'Abruzzo, che dovrebbe ospitare 306 detenuti, ve ne sono 471, cioè ben 167 detenuti in più con un livello intollerabile delle condizioni di vita e di sicurezza dei detenuti e del personale penitenziario;
   nell'ultimo anno vi sono stati 4 tentativi di suicidio e 12 casi gravi di autolesionismo tra i detenuti; negli ultimi 10 anni ci sono stati ben 13 casi di suicidio, al punto tale che questo carcere è diventato tristemente famoso a livello nazionale e internazionale –:
   se non intenda assumere iniziative per superare rapidamente questa situazione di emergenza e prevedere un incontro con le parti sociali per definire misure straordinarie di riorganizzazione della struttura carceraria e di copertura del fabbisogno di personale penitenziario.
(3-00648)


   MELILLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il carcere di Sulmona (L'Aquila) è, per quanto riguarda il sovraffollamento, il peggiore in termini assoluti tra gli 8 istituti penitenziari dell'Abruzzo;
   ha una capienza massima di 306 detenuti, ma ne ospita 473 con un'eccedenza di 167 detenuti costretti a vivere in condizioni inaccettabili per la loro dignità di persone con conseguenze inevitabili anche rispetto alla funzione rieducativa della loro pena, come prescrive la Costituzione;
   l'indice di sovraffollamento è pari al 54,6 per cento e ciò è particolarmente grave se si pensa che in questo carcere negli ultimi 10 anni si sono tolte la vita 13 persone, nell'ultimo anno ci sono stati 4 tentati suicidi e 12 atti del autolesionismo gravi;
   il personale di polizia penitenziaria è costretto a subire questa situazione con un netto peggioramento delle proprie condizioni di lavoro;
   l'Italia è stata sanzionata a livello europeo per le condizioni inaccettabili dei detenuti –:
   se non intenda prendere iniziative per superare rapidamente questa situazione di sovraffollamento del carcere di Sulmona. (3-00591)


DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DEGLI EMENDAMENTI ALLA CONVENZIONE SULLA PROTEZIONE FISICA DEI MATERIALI NUCLEARI DEL 3 MARZO 1980, ADOTTATI A VIENNA L'8 LUGLIO 2005, E NORME DI ADEGUAMENTO DELL'ORDINAMENTO INTERNO (A.C. 2124-A)

A.C. 2124-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 e sugli emendamenti 4.100, 10.100, 10.101, 10.102 e 10.103 delle Commissioni.

A.C. 2124-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLA PROPOSTA EMENDATIVA PRESENTATA

NULLA OSTA

sull'emendamento contenuto nel fascicolo n. 1.

A.C. 2124-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare gli Emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari del 3 marzo 1980, adottati a Vienna l'8 luglio 2005, di seguito denominata «Convenzione».

A.C. 2124-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

  1. Piena ed intera esecuzione è data agli Emendamenti di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della loro entrata in vigore, in conformità a quanto previsto dal paragrafo 2 dell'articolo 20 della Convenzione.

A.C. 2124-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 3.
(Definizioni).

  1. Ai fini della presente legge:
   a) per «protezione fisica attiva» si intende la protezione fornita dalle misure e dalle azioni volte ad impedire o contrastare atti di sottrazione illecita di materie nucleari o di sabotaggio contro materie o installazioni nucleari;
   b) per «protezione fisica passiva» si intende la protezione fornita dalle strutture, dai sistemi e dalle procedure di sorveglianza presso le installazioni nucleari per proteggere le materie nucleari da atti di sottrazione illecita e le materie e le installazioni nucleari da atti di sabotaggio;
   c) per «piano di protezione fisica» si intende l'insieme delle misure di protezione fisica passiva adottate dall'esercente di un'installazione nucleare o da un vettore autorizzato, comprendenti le modalità d'interfaccia con le azioni di protezione fisica attiva e, nel caso di trasporto, la relativa proposta di programma;
   d) per «autorizzazioni» si intendono il nulla osta per la protezione fisica passiva e l'attestato di protezione fisica passiva di cui all'articolo 6, ivi compreso il quadro prescrittivo ad essi associato.

A.C. 2124-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 4.
(Autorità competenti).

  1. Per dare attuazione alle disposizioni contenute nella Convenzione, come emendata, sono individuate le seguenti autorità competenti, che operano in stretto coordinamento tra loro:
   a) il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per gli adempimenti di cui all'articolo 5 della Convenzione, come emendata, e per la comunicazione, attraverso i canali internazionali previsti, dei pertinenti punti di contatto;
   b) il Ministero dell'interno, quale autorità competente per:
    1) la protezione fisica attiva delle installazioni nucleari e delle materie nucleari anche in corso di trasporto;
    2) la collaborazione con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per gli adempimenti di cui alla lettera a);
   c) il Ministero dello sviluppo economico, quale autorità competente per la protezione fisica passiva delle materie e delle installazioni nucleari;
   d) il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, quale autorità competente per l'esercizio delle funzioni e dei compiti spettanti allo Stato in materia ambientale.

  2. L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, nell'esercizio delle funzioni e dei compiti di cui all'articolo 21, comma 20-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214:
   a) esercita i controlli sulla protezione fisica passiva per mezzo degli ispettori di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
   b) formula pareri tecnici alle amministrazioni di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d);
   c) procede all'accertamento delle violazioni di cui all'articolo 10, comma 2.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE

  Al comma 2, sostituire l'alinea con il seguente:
  2. L'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), nell'esercizio delle funzioni e dei compiti di cui all'articolo 6, comma 2 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45.

  Conseguentemente dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Fino all'entrata in vigore del regolamento di cui al comma 14 dell'articolo 6 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, le competenze di cui al comma 2 sono esercitate dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
4. 100. Le Commissioni.
(Approvato)

  Al comma 2, alinea, sostituire le parole da: nell'esercizio delle funzioni fino alla fine dell'alinea, con le seguenti: nelle more della piena operatività dell'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), e successivamente in coordinamento con il medesimo Ispettorato.
4. 50. Palazzotto, Daniele Farina, Pellegrino, Zaratti, Sannicandro.

A.C. 2124-A – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 5.
(Scenari di riferimento e piani di protezione fisica).

  1. Il Ministero dell'interno definisce gli scenari di riferimento per la predisposizione dei piani di protezione fisica dandone comunicazione al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'autorità di cui all'articolo 4, comma 2.
  2. I requisiti di protezione fisica passiva e le modalità di redazione dei relativi piani sono stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dell'autorità di cui all'articolo 4, comma 2.

A.C. 2124-A – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 6.
(Protezione fisica delle materie e delle installazioni nucleari).

  1. L'esercente di un'installazione nucleare deve essere munito di nulla osta per la protezione fisica passiva, rilasciato dal Ministero dello sviluppo economico, previo parere del Ministero dell'interno, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'autorità di cui all'articolo 4, comma 2, che formulano eventuali prescrizioni.
  2.  Ai fini del rilascio del nulla osta di cui al comma 1, l'esercente presenta al Ministero dello sviluppo economico un piano di protezione fisica.
  3.  Nel caso di trasporto di materie nucleari, il vettore autorizzato deve essere munito di un attestato di protezione fisica passiva rilasciato dal Ministero dello sviluppo economico, previo parere obbligatorio dell'autorità di cui all'articolo 4, comma 2. Copia dell'attestato è trasmessa al Ministero dell'interno, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ai fini del rilascio dell'attestato, il trasportatore autorizzato presenta un piano di protezione fisica.
  4. Sulla base del piano di protezione fisica, il Ministero dell'interno stabilisce il livello di protezione fisica attiva necessario e, in caso di trasporto, autorizza il relativo programma di trasporto.

A.C. 2124-A – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 7.
(Recupero e messa in sicurezza delle materie nucleari).

  1. Il Ministero dell'interno, anche a seguito delle comunicazioni previste dall'articolo 25 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, coordina gli interventi e predispone, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un piano d'intervento per il recupero e la messa in sicurezza di materie nucleari, fermi restando gli obblighi di informazione alla popolazione sui rischi e sul comportamento da adottare in caso di emergenza.

A.C. 2124-A – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 8.
(Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale).

  1. Dopo l'articolo 433 del codice penale è inserito il seguente:
  «Art. 433-bis.(Attentato alla sicurezza delle installazioni nucleari). – Chiunque attenta alla sicurezza delle installazioni nucleari ovvero degli impianti, dei luoghi o dei mezzi adibiti alla produzione, alla conservazione o al trasporto di materie nucleari è punito, qualora dal fatto derivi pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da quattro a otto anni.
  Se dal fatto deriva un disastro, la pena è della reclusione da cinque a venti anni».

  2. All'articolo 33-bis, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, dopo le parole: «433, terzo comma,» sono inserite le seguenti: «433-bis, secondo comma,».

A.C. 2124-A – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 9.
(Inosservanza delle disposizioni e delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni).

  1. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui all'articolo 10, comma 2, in caso di inosservanza delle disposizioni contenute nelle autorizzazioni, l'autorità di cui all'articolo 4, comma 2, formula specifiche prescrizioni al fine di ripristinare le condizioni ivi previste, comunicando tempestivamente al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell'interno e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le inosservanze riscontrate e le prescrizioni impartite.
  2. Nel caso di mancato adempimento delle prescrizioni di cui al comma 1, il Ministero dello sviluppo economico, acquisite le eventuali giustificazioni del titolare del provvedimento autorizzativo, d'intesa con il Ministero dell'interno, su segnalazione dell'autorità di cui all'articolo 4, comma 2, dispone la sospensione del provvedimento autorizzativo.
  3. Nel caso di gravi e reiterate inosservanze, il Ministero dello sviluppo economico revoca l'autorizzazione, d'intesa con il Ministero dell'interno e con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo parere obbligatorio dell'autorità di cui all'articolo 4, comma 2.
  4. Nei provvedimenti di sospensione o revoca devono essere indicate, ove necessario, le disposizioni per garantire la protezione fisica delle materie, la sicurezza nucleare, la protezione sanitaria dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente.

A.C. 2124-A – Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 10.
(Introduzione dell'articolo 437-bis del codice penale e sanzioni amministrative).

  1. Al capo I del titolo VI del libro secondo del codice penale, dopo l'articolo 437 è aggiunto il seguente:
  «Art. 437-bis. – (Traffico e abbandono di materie nucleari o di materiale ad alta radioattività). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000 chiunque, abusivamente o comunque in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, utilizza, cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce o disperde nell'ambiente materie nucleari di qualsiasi tipo idoneo a cagionare la morte o lesioni personali di una o più persone o rilevanti danni a cose o all'ambiente o, comunque, materiale ad alta radioattività. Alla stessa pena soggiace il detentore che abbandona le materie di cui al periodo precedente o che se ne disfa illegittimamente.
  Si applica la pena della reclusione da otto a venti anni e della multa da euro 80.000 a euro 500.000 se dal fatto di cui al primo comma deriva il pericolo di compromissione o deterioramento:
   1) della qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria;
   2) dell'ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna selvatica.

  Se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l'incolumità delle persone, la pena è aumentata fino alla metà».

  2. Salvo che il fatto costituisca reato, il titolare di un'autorizzazione che non rispetti le disposizioni ivi contenute è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 20.000. Il mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 9 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 8.000 a euro 50.000.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE

  Al comma 1, capoverso Art. 437-bis, primo comma, dopo la parola: esporta inserire la seguente: trasforma.
10. 103. Le Commissioni.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso Art. 437-bis, sopprimere le parole: o, comunque, materiale di alta radioattività.

  Conseguentemente, alla rubrica dell'articolo 437-bis, sopprimere le parole: o da materiale ad alta radioattività.
10. 100. Le Commissioni.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso Art. 437-bis, terzo comma, dopo le parole: dal fatto inserire le seguenti: di cui al primo e al secondo comma.
10. 102.(Testo corretto). Le Commissioni.
(Approvato)

  Dopo il comma 1, inserire il seguente:
  1-bis. All'articolo 32-quater del codice penale, dopo la parola: 437, è inserita la seguente: 437-bis.
10. 101. Le Commissioni.
(Approvato)

A.C. 2124-A – Articolo 11

ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 11.
(Modifica al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).

  1. All'articolo 25-undecies, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, alla lettera a) è premessa la seguente:
  «0a) per la violazione dell'articolo 437-bis, la sanzione pecuniaria da duecentocinquanta a seicento quote;».

A.C. 2124-A – Articolo 12

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 12.
(Abrogazione).

  1. L'articolo 3 della legge 7 agosto 1982, n. 704, è abrogato.

MOZIONI GRANDE ED ALTRI N. 1-00383, ZARATTI ED ALTRI N. 1-00708, TIDEI, GIGLI ED ALTRI N. 1-00712, PISO ED ALTRI N. 1-00750, RAMPELLI ED ALTRI N. 1-00753 E MATARRESE ED ALTRI N. 1-00754 CONCERNENTI INIZIATIVE RELATIVE ALL'IMPATTO AMBIENTALE DELLA CENTRALE TERMOELETTRICA A CARBONE DI CIVITAVECCHIA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    la città di Civitavecchia sin dagli anni Sessanta ha visto sul suo territorio la realizzazione di tre centrali termoelettriche. Nel 2003, con l'autorizzazione unica di cui al decreto del Ministro delle attività produttive n. 55 febbraio del 2003, che ha recepito integralmente i contenuti del decreto di valutazione d'impatto ambientale n. 680 del 2003, Enel spa è stata autorizzata alla riconversione dell'impianto di Torrevaldaliga nord da olio combustibile a carbone;
    la «valutazione epidemiologica dello stato di salute della popolazione residente nei comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella» redatta dal dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale del Lazio, studio pubblicato nel febbraio del 2012, attesta che la popolazione residente nel comune di Civitavecchia nel periodo 2006-2010 presenta un quadro di mortalità per cause naturali (tutte le cause eccetto i traumatismi) e per tumori maligni in eccesso di circa il 10 per cento rispetto alla popolazione residente nel Lazio nello stesso periodo;
    a seguito di molteplici richieste da parte della popolazione, allarmata per la propria salute, nel maggio 2013 l'azienda sanitaria locale Roma F ha deliberato l'istituzione del registro dei tumori;
    con decreto n. 114 del 2013 di rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale è stato autorizzato l'aumento delle ore di funzionamento della centrale da 6000 a 7500 e della quantità di carbone utilizzabile, ben 900.000 tonnellate in più, per un totale di 4,5 milioni di tonnellate, rispetto al progetto autorizzato con il decreto di valutazione d'impatto ambientale n. 680 del 2003. Ciò implica un rilevante incremento del carico inquinante dell'impianto, demolendo, di fatto, le condizioni del giudizio di compatibilità ambientale espresso dalla regione Lazio che imposero la riduzione dei gruppi della centrale, da 4 a 3, nel progetto di riconversione del 2003;
    il parere istruttorio conclusivo dell'autorizzazione integrata ambientale del 2013 consente l'utilizzo di carbone con tenore di zolfo genericamente inferiore all'uno per cento, in contrasto con quanto prescritto dal piano di risanamento della qualità dell'aria della regione Lazio, che prevede per gli impianti di combustione ad uso industriale l'utilizzo di combustibili con tenore di zolfo inferiore allo 0,3 per cento. Peraltro, successivamente al rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale, con la mozione n. 60, approvata dal consiglio regionale del Lazio l'8 ottobre 2013, si è ulteriormente confermata la volontà e la necessità di far rispettare il limite sul tenore di zolfo allo 0,3 per cento per l'impianto a carbone di Torrevaldaliga Nord;
    Enel è una multinazionale controllata al 30 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze;
    l'Agenzia europea per l'ambiente, nel novembre 2011, ha pubblicato uno studio sugli impatti sanitari, ambientali ed economici dell'inquinamento atmosferico dei principali impianti industriali europei, tra cui figura anche Enel, adoperando un metodo di indagine utilizzato anche nel processo «Enel bis» sul caso di Porto Tolle e ripreso anche da Greenpeace nei propri studi;
    i risultati dello studio commissionato da Greenpeace nell'aprile 2012 per la centrale di Torrevaldaliga Nord di Civitavecchia, riprendendo la stessa metodologia utilizzata dall'Agenzia europea per l'ambiente, stimano tra gli impatti sanitari ed ambientali 13 morti premature e 156 migliaia di euro di danni all'agricoltura per l'anno 2009 (tabella 13 dello studio «Enel Today and Tomorrow. Hidden Costs of the path of Coal and Carbon versus Possibilities for a Cleaner and Brighter future» di Somo, autori Wilde-Ramsing, Racz, Scheele e Saaman);
    i periti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) hanno recentemente quantificato per la centrale elettrica di Porto Tolle, riprendendo la stessa metodologia utilizzata da Greenpeace-Somo, 2,6 miliardi di euro di danni sanitari tra il 1998 e il 2009 e più di un miliardo di euro per omessa ambientalizzazione. Tale stima del danno è attualmente usata dall'Avvocatura dello Stato che rappresenta il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero della salute contro Enel, alla quale si chiede di risarcire i danni causati nel tempo;
    nel decreto ministeriale 5 aprile 2013, n. 114, di rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale, in evidente contrasto con l'articolo 6, comma 16, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e, più in generale, con la direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento), risulta «non applicata» (pagina 92 dell'allegato parere istruttorio conclusivo) la migliore tecnica disponibile in relazione alle emissioni di monossido di carbonio;
    in conseguenza di tale mancata applicazione, il valore limite di 120 mg/Nm3 previsto per le emissioni di monossido di carbonio nell'autorizzazione integrata ambientale di cui al citato decreto ministeriale n. 114 del 5 aprile 2013 (pagina 111 dell'allegato parere istruttorio conclusivo) è ampiamente superiore ai livelli di emissione associati all'utilizzo delle best available techniques (30-50 mg/Nm3) previsti dal Bref (Reference document on best available techniques) sui grandi impianti di combustione (large combustion plant);
    la quota di controllo pubblico dovrebbe tradursi in un indirizzo industriale per il Paese;
    il «Rapporto annuale e dichiarazione di conformità», stilato da Enel in ottemperanza al piano di monitoraggio e controllo trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel 2013 per Torrevaldaliga Nord mostra che i limiti sulle quantità di carbone utilizzabili e sulle ore di funzionamento vennero già superati nel 2012, quindi prima del riesame dell'autorizzazione integrata ambientale;
    il consiglio regionale del Lazio, con l'approvazione della mozione n. 60 dell'8 ottobre 2013, ha impegnato la giunta a far rispettare il limite del tenore di zolfo inferiore allo 0,3 per cento nel combustibile anche per l'impianto di Torrevaldaliga Nord come previsto dal piano di risanamento della qualità dell'aria della regione Lazio,

impegna il Governo:

   a disporre il riesame, ai sensi dell'articolo 29-octies del decreto legislativo n. 152 del 2006, dell'autorizzazione integrata ambientale per l'impianto di Torrevaldaliga Nord, al fine di ripristinare i parametri di esercizio, ovvero un funzionamento di 6.000 ore all'anno equivalenti con l'utilizzo di 3.600.000 tonnellate all'anno di carbone, previsti dal decreto di valutazione di impatto ambientale n. 680 del 2003, salvo ulteriori riduzioni, di garantire l'applicazione delle migliori tecniche disponibili e il rispetto dei livelli di emissione ad esse associati in relazione al monossido di carbonio, di fissare, secondo quanto previsto dal piano di risanamento della qualità dell'aria della regione Lazio, il limite dello 0,3 per cento in relazione al tenore di zolfo contenuto nel carbone;
   a permettere a organizzazioni non governative o comitati legalmente costituiti di partecipare ai tavoli decisionali che, di fatto, hanno influenzato e influenzeranno la salute dei cittadini, i destini e lo sviluppo economico dei territori direttamente interessati.
(1-00383)
(Nuova formulazione) «Grande, Manlio Di Stefano, Spadoni, Vacca, Busto, Spessotto, Pinna, Vignaroli, Toninelli, Cozzolino, Lorefice, Scagliusi, Rostellato, Rizzetto, Ciprini, Tripiedi, Cominardi, Baldassarre, Colletti, Luigi Di Maio, Businarolo, Bonafede, Turco, Currò, D'Uva, Rizzo, Terzoni, Prodani, Nicola Bianchi, Tofalo, Battelli, Dall'Osso, Del Grosso, Massimiliano Bernini».


   La Camera,
   premesso che:
    la città di Civitavecchia, fin dai primi anni sessanta, ha subito la realizzazione di 3 diverse centrali termoelettriche con una concentrazione di emissioni che ha portato un impatto dirompente sulla salute della cittadinanza e sulle condizioni generali dell'ambiente, pregiudicando, peraltro, uno sviluppo e un'economia alternativi;
    il decreto VIA del 24 dicembre 2003 ha autorizzato Enel a riconvertire la centrale da olio combustibile a carbone impiegando tre gruppi da 660 megawatt ciascuno;
    i cittadini di Civitavecchia, Tarquinia, Allumiere, Tolfa, Santa Marinella, Cerveteri e Ladispoli già dal dicembre 2000, data in cui Enel cominciò a proporre l'idea della riconversione a carbone, si sono organizzati in molteplici comitati e associazioni volti ad impedire detta riconversione;
    i dati relativi alla salute pubblica nel comprensorio di Civitavecchia sono semplicemente allarmanti, tutti gli studi epidemiologici dai primi anni ’90 ad oggi dimostrano la gravità della situazione: nel provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale per l'impianto Torrevaldaliga Nord (Tvn) si legge: «in un'area dove non è possibile escludere che le emissioni avvenute nel passato abbiano comportato un impatto sulla salute umana che non si sia ancora completamente manifestato»;
    nel biennio 1990-1991 l'Osservatorio epidemiologico regionale (OER) ha rilevato a Civitavecchia un'incidenza di mortalità per tumore ai polmoni, bronchi e trachea superiore al 35 per cento della media regionale. In dettaglio, nel 1996 l'OER, nell'analizzare i dati relativi al triennio 1990-92 ha accertato che Civitavecchia (comprensiva di Tolfa, Allumiere e Santa Marinella) è al secondo posto nel Lazio per mortalità per tumori e al primo per quella relativa ai tumori ai polmoni;
    nell'ottobre 1999 sempre l'OER ha riscontrato una mortalità delle donne nel territorio di Civitavecchia superiore del 12 per cento rispetto alla media del Lazio. Notevolissime le incidenze di mortalità per cancro alla trachea, ai bronchi e ai polmoni, nella misura del 23 per cento in più. Inoltre la rivista Occupational environmental medicine nel settembre 2004 ha pubblicato una ricerca che dimostra che nell'area di Civitavecchia il rischio di cancro al polmone sarebbe al 20-30 per cento rispetto alla media regionale;
    uno studio commissionato dal National institute of environmental hearth sciences (NIEHS) ha chiaramente messo in relazione l'aumento del rischio di avere il cancro al polmone con l'esposizione cronica alle polveri provenienti dalla combustione dei combustibili fossili;
    il centro pneumologico Conti Curzia di Civitavecchia, in una ricerca effettuata nel 2001 su ragazzi tra gli 11 e i 14 anni, ha riscontrato che il 56,3 per cento dei soggetti è affetto da asma, allergie e altre sindromi dell'apparato respiratorio, la percentuale più alta nella regione Lazio;
    uno studio dell'ottobre 2006 pubblicato in Epidemiologia e prevenzione, a cura di V. Fano, F. Forastiere, P. Papini, V. Tancioni, A. Di Napoli, C. A. Petrucci, ha evidenziato che: «l'analisi dei ricoveri ospedalieri aggiunge informazioni al quadro epidemiologico dell'area, con risultati coerenti con quelli di mortalità e che confermano i risultati di studi precedenti: tumore polmonare pleurico e asma bronchiale sono in eccesso. Una novità rispetto alle conoscenze già note è costituita dall'aumento di incidenza dell'insufficienza renale cronica, rilevato dal registro regionale dialisi»;
    il recente studio condotto dal Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio, relativo al periodo 2006-2010, fa emergere dei dati allarmanti. «A Civitavecchia il tasso di mortalità causato da tumori al polmone e alla pleura è il 30 per cento più alto rispetto al resto della regione Lazio». A dirlo è il dottor Francesco Forastiere, che ha condotto la ricerca. «Insieme a questo vi è anche un aumento delle morti per malattie respiratorie croniche – continua Forastiere – queste due malattie hanno un'origine non solo nel fumo di sigaretta, ma anche nell'esposizione nei posti di lavoro e nell'impatto ambientale». I fattori che hanno portato a questa condizione sono però molteplici. «C’è da considerare l'amianto presente sulle navi, le emissioni delle centrali, l'inquinamento del porto e tutta una serie di circostanze che hanno colpito il territorio negli ultimi venti/trent'anni», precisa Forastiere. Allora, i dati a disposizione non riguardano solamente gli ultimi anni, ma l'esposizione a cui è andata incontro la popolazione di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella a partire dagli anni ottanta;
    l'azienda sanitaria locale Asl RmF ha, nel mese di maggio 2013, deliberato l'istituzione del registro dei tumori, strumento epidemiologico ormai irrinunciabile per Civitavecchia ed il suo comprensorio a fronte dell'incidenza delle patologie tumorali riscontrate;
    in data 12 marzo 2013 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha rinnovato l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) dell'impianto di Torrevaldaliga Nord aggravando ulteriormente la già precaria situazione ambientale e sanitaria. Ciò si evince dalla comparazione dei limiti emissivi, delle ore di funzionamento e della quantità di combustibile utilizzato nelle diverse autorizzazioni dal 2003 ad oggi (si vedano: decreto VIA n. 55 del 2003 del Ministero delle attività produttive, Limiti secondo le migliori tecnologie esistenti secondo le normative europee e nazionali, dati da report Enel 2011 e 2012, decreto AIA 2013);
    dalla comparazione si evince chiaramente che dal 2003 al 2013 si è prodotto un complessivo peggioramento delle condizioni di esercizio della centrale con particolare riferimento alle ore di funzionamento che passano da 6.000 a 7.500 all'anno in più per ogni gruppo della centrale Torrevaldaliga Nord;
    il consumo di carbone è passato da 3.600.000 a 4.500.000 tonnellate all'anno con un aumento di 900.000 tonnellate, pari al 25 per cento in più, rendendo nullo il parere della regione Lazio in fase di valutazione di impatto ambientale all'interno della quale veniva richiesta la limitazione di produzione di energia con 3 gruppi e non 4, proprio per limitare l'uso di combustibile fossile;
    va inoltre evidenziato come, ogni impianto, di qualsiasi tipo e a maggior ragione per una centrale dalla portata di 1950 megawatt, ha necessariamente bisogno di periodi di «fermo» per la manutenzione e la sicurezza;
    nell'anno 2013 Enel ha eseguito due fermate programmate di due delle tre caldaie presenti a Torrevaldaliga Nord. La prima è stata effettuata nel mese di maggio 2013 (per l'intero mese) mentre la seconda da ottobre a dicembre 2013 (per un totale di nove settimane);
    nell'anno in corso, anche in conseguenza delle maggiori ore di funzionamento degli impianti, pare che Enel abbia messo in programma due fermate per le caldaie sezione 4 e sezione 2 sempre nei mesi di maggio ed ottobre. A differenza del 2013 però i tempi di intervento saranno drasticamente ridotti; la fermata di Maggio sarà di sole due settimane e quella da Ottobre di sette settimane. Il solo spegnimento e raffreddamento della caldaia comporta due giorni. Il restringimento dei tempi di fermata produce inevitabilmente un peggioramento della qualità delle manutenzioni e, di conseguenza, dell'efficienza degli impianti (come nel caso dei filtri DESOX e GGH per l'abbattimento dei fumi);
    in aggiunta a questo, la riduzione dei tempi destinati alla manutenzione e alla qualità portano all'inevitabile diminuzione della sicurezza per i lavoratori, impegnati nel medesimo delicato lavoro ma con meno tempo a disposizione;
    anche sul piano occupazionale persistono molte criticità: dal 20 marzo Enel ha ridimensionato tutte le lavorazioni non indispensabili per il normale esercizio dell'impianto, ma di vitale importanza per l'imprenditoria locale. Le normali attività di manutenzione, se non supportate dalle cosiddette «attività polmone» non sono sufficienti per la sopravvivenza delle imprese che vi operano, anche perché la maggior parte delle attività possono essere effettuate solo ad impianto spento proprio per tutelare la sicurezza degli operatori;
    quanto suesposto rischia quindi di diminuire i livelli di sicurezza per i lavoratori e l'ambiente;
    un ulteriore aspetto critico (presente a pagina 109 del parere istruttorio conclusivo dell'AIA 2013) consiste nell'autorizzazione ad utilizzare carbone con tenore di zolfo inferiore all'1 per cento anziché inferiore allo 0,3 per cento come previsto dal piano di riqualificazione della qualità dell'aria della Regione Lazio;
    il 14 febbraio 2013 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha decretato la semplificazione della normativa che prevede la combustione del CDR (combustibile da rifiuti) o del CSS (combustibile solido secondario) e il declassamento del CSS da rifiuto a combustibile di qualità, all'interno di siti produttivi come cementifici o centrali termoelettriche;
    come detto, il comune di Civitavecchia ha deliberato di istituire attraverso la Asl RmF il registro dei tumori, quale studio dell'incidenza e della prevalenza dei tumori;
    il comune di Civitavecchia, attraverso un'ordinanza del sindaco del 26 aprile 2013, ha disposto il divieto totale ed assoluto di combustione presso le centrali elettriche e presso gli altri opifici industriali presenti sul territorio, con qualsiasi modalità e con l'utilizzo di qualsiasi procedimento tecnico, di rifiuti e di materiale di risulta, siano essi di natura organica o inorganica e ha ordinato che le forze dell'ordine, il Corpo della polizia locale, la Asl, l'Arpa Lazio, l'Ispra ed il competente Servizio comunale ambiente curino l'attuazione ed il rispetto della disposizione;
    i comuni del territorio hanno approvato un'identica mozione che impegna le amministrazioni di competenza a mettere in campo ogni azione necessaria a impedire che le centrali di Torrevaldaliga Nord e di Torrevaldaliga Sud siano utilizzate per l'incenerimento del combustibile da rifiuti e combustibile solido secondario;
    la Provincia di Roma, nel pieno delle sue funzioni, si era più volte espressa, attraverso mozioni approvate all'unanimità del Consiglio, contro ogni ipotesi di incenerimento di rifiuti negli impianti di Torrevaldaliga Nord e Torrevaldaliga Sud,

impegna il Governo:

   a riaprire immediatamente la conferenza di servizi sull'autorizzazione integrata ambientale della centrale di Torrevaldaliga Nord al fine di un generale ridimensionamento delle condizioni di esercizio con una relativa diminuzione delle ore di lavorazione dell'impianto, delle quantità annue di carbone bruciabile e, in modo particolare, riguardo alla chiusura dell'impianto entro e non oltre il 2020 e, nel frattempo, a mettere in campo tutte le azioni necessarie a riconvertire le maestranze attualmente impiegate negli impianti termoelettrici;
   a garantire il rispetto dei limiti imposti dal piano di riqualificazione dell'aria della regione Lazio (per quanto riguarda il limite del contenuto di zolfo dello 0,3 per cento) nei combustibili utilizzati da parte della centrale termoelettrica di Torrevaldaliga Nord, nonché delle navi mercantili e da crociera che transitano nel porto di Civitavecchia;
   ad attivarsi al fine di far osservare, nell'ambito delle proprie competenze, tutte le prescrizioni e compensazioni previste nella valutazione di impatto ambientale di Torrevaldaliga Nord ai sensi del decreto n. 55 del 2003 e successive modificazioni, mai rispettate da Enel;
   ad assicurare che nel territorio di Civitavecchia sia scartata ogni ipotesi di nuova realizzazione e/o utilizzo degli esistenti impianti per la produzione di energia elettrica di termovalorizzazione e ossidazione termica di qualsiasi sostanza, compresi il CDR (combustibile da rifiuti) e il CSS (combustibile solido secondario);
   a mettere in atto tutte le iniziative di competenza, al fine di garantire la tutela e la sicurezza dei lavoratori delle centrali, anche con riferimento alla prevista suddetta riduzione, dal parte dell'Enel, dei tempi di fermata per manutenzione degli impianti;
   a garantire la piena partecipazione delle associazioni e delle comunità locali alle scelte decisionali inerenti all'attività degli impianti di Civitavecchia, per quanto riguarda le ricadute ambientali e sanitarie conseguenti alle medesime scelte.
(1-00708) «Zaratti, Pellegrino, Zaccagnini, Ricciatti, Ferrara, Scotto».


   La Camera,
   premesso che:
    la città di Civitavecchia, fin dai primi anni sessanta, ha subito la realizzazione di 3 diverse centrali termoelettriche con una concentrazione di emissioni che ha portato un impatto dirompente sulla salute della cittadinanza e sulle condizioni generali dell'ambiente, pregiudicando, peraltro, uno sviluppo e un'economia alternativi;
    il decreto VIA del 24 dicembre 2003 ha autorizzato Enel a riconvertire la centrale da olio combustibile a carbone impiegando tre gruppi da 660 megawatt ciascuno;
    i cittadini di Civitavecchia, Tarquinia, Allumiere, Tolfa, Santa Marinella, Cerveteri e Ladispoli già dal dicembre 2000, data in cui Enel cominciò a proporre l'idea della riconversione a carbone, si sono organizzati in molteplici comitati e associazioni volti ad impedire detta riconversione;
    i dati relativi alla salute pubblica nel comprensorio di Civitavecchia sono semplicemente allarmanti, tutti gli studi epidemiologici dai primi anni ’90 ad oggi dimostrano la gravità della situazione: nel provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale per l'impianto Torrevaldaliga Nord (Tvn) si legge: «in un'area dove non è possibile escludere che le emissioni avvenute nel passato abbiano comportato un impatto sulla salute umana che non si sia ancora completamente manifestato»;
    nel biennio 1990-1991 l'Osservatorio epidemiologico regionale (OER) ha rilevato a Civitavecchia un'incidenza di mortalità per tumore ai polmoni, bronchi e trachea superiore al 35 per cento della media regionale. In dettaglio, nel 1996 l'OER, nell'analizzare i dati relativi al triennio 1990-92 ha accertato che Civitavecchia (comprensiva di Tolfa, Allumiere e Santa Marinella) è al secondo posto nel Lazio per mortalità per tumori e al primo per quella relativa ai tumori ai polmoni;
    nell'ottobre 1999 sempre l'OER ha riscontrato una mortalità delle donne nel territorio di Civitavecchia superiore del 12 per cento rispetto alla media del Lazio. Notevolissime le incidenze di mortalità per cancro alla trachea, ai bronchi e ai polmoni, nella misura del 23 per cento in più. Inoltre la rivista Occupational environmental medicine nel settembre 2004 ha pubblicato una ricerca che dimostra che nell'area di Civitavecchia il rischio di cancro al polmone sarebbe al 20-30 per cento rispetto alla media regionale;
    uno studio commissionato dal National institute of environmental hearth sciences (NIEHS) ha chiaramente messo in relazione l'aumento del rischio di avere il cancro al polmone con l'esposizione cronica alle polveri provenienti dalla combustione dei combustibili fossili;
    il centro pneumologico Conti Curzia di Civitavecchia, in una ricerca effettuata nel 2001 su ragazzi tra gli 11 e i 14 anni, ha riscontrato che il 56,3 per cento dei soggetti è affetto da asma, allergie e altre sindromi dell'apparato respiratorio, la percentuale più alta nella regione Lazio;
    uno studio dell'ottobre 2006 pubblicato in Epidemiologia e prevenzione, a cura di V. Fano, F. Forastiere, P. Papini, V. Tancioni, A. Di Napoli, C. A. Petrucci, ha evidenziato che: «l'analisi dei ricoveri ospedalieri aggiunge informazioni al quadro epidemiologico dell'area, con risultati coerenti con quelli di mortalità e che confermano i risultati di studi precedenti: tumore polmonare pleurico e asma bronchiale sono in eccesso. Una novità rispetto alle conoscenze già note è costituita dall'aumento di incidenza dell'insufficienza renale cronica, rilevato dal registro regionale dialisi»;
    il recente studio condotto dal Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio, relativo al periodo 2006-2010, fa emergere dei dati allarmanti. «A Civitavecchia il tasso di mortalità causato da tumori al polmone e alla pleura è il 30 per cento più alto rispetto al resto della regione Lazio». A dirlo è il dottor Francesco Forastiere, che ha condotto la ricerca. «Insieme a questo vi è anche un aumento delle morti per malattie respiratorie croniche – continua Forastiere – queste due malattie hanno un'origine non solo nel fumo di sigaretta, ma anche nell'esposizione nei posti di lavoro e nell'impatto ambientale». I fattori che hanno portato a questa condizione sono però molteplici. «C’è da considerare l'amianto presente sulle navi, le emissioni delle centrali, l'inquinamento del porto e tutta una serie di circostanze che hanno colpito il territorio negli ultimi venti/trent'anni», precisa Forastiere. Allora, i dati a disposizione non riguardano solamente gli ultimi anni, ma l'esposizione a cui è andata incontro la popolazione di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella a partire dagli anni ottanta;
    l'azienda sanitaria locale Asl RmF ha, nel mese di maggio 2013, deliberato l'istituzione del registro dei tumori, strumento epidemiologico ormai irrinunciabile per Civitavecchia ed il suo comprensorio a fronte dell'incidenza delle patologie tumorali riscontrate;
    in data 12 marzo 2013 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha rinnovato l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) dell'impianto di Torrevaldaliga Nord aggravando ulteriormente la già precaria situazione ambientale e sanitaria. Ciò si evince dalla comparazione dei limiti emissivi, delle ore di funzionamento e della quantità di combustibile utilizzato nelle diverse autorizzazioni dal 2003 ad oggi (si vedano: decreto VIA n. 55 del 2003 del Ministero delle attività produttive, Limiti secondo le migliori tecnologie esistenti secondo le normative europee e nazionali, dati da report Enel 2011 e 2012, decreto AIA 2013);
    dalla comparazione si evince chiaramente che dal 2003 al 2013 si è prodotto un complessivo peggioramento delle condizioni di esercizio della centrale con particolare riferimento alle ore di funzionamento che passano da 6.000 a 7.500 all'anno in più per ogni gruppo della centrale Torrevaldaliga Nord;
    il consumo di carbone è passato da 3.600.000 a 4.500.000 tonnellate all'anno con un aumento di 900.000 tonnellate, pari al 25 per cento in più, rendendo nullo il parere della regione Lazio in fase di valutazione di impatto ambientale all'interno della quale veniva richiesta la limitazione di produzione di energia con 3 gruppi e non 4, proprio per limitare l'uso di combustibile fossile;
    va inoltre evidenziato come, ogni impianto, di qualsiasi tipo e a maggior ragione per una centrale dalla portata di 1950 megawatt, ha necessariamente bisogno di periodi di «fermo» per la manutenzione e la sicurezza;
    nell'anno 2013 Enel ha eseguito due fermate programmate di due delle tre caldaie presenti a Torrevaldaliga Nord. La prima è stata effettuata nel mese di maggio 2013 (per l'intero mese) mentre la seconda da ottobre a dicembre 2013 (per un totale di nove settimane);
    nell'anno in corso, anche in conseguenza delle maggiori ore di funzionamento degli impianti, pare che Enel abbia messo in programma due fermate per le caldaie sezione 4 e sezione 2 sempre nei mesi di maggio ed ottobre. A differenza del 2013 però i tempi di intervento saranno drasticamente ridotti; la fermata di Maggio sarà di sole due settimane e quella da Ottobre di sette settimane. Il solo spegnimento e raffreddamento della caldaia comporta due giorni. Il restringimento dei tempi di fermata produce inevitabilmente un peggioramento della qualità delle manutenzioni e, di conseguenza, dell'efficienza degli impianti (come nel caso dei filtri DESOX e GGH per l'abbattimento dei fumi);
    in aggiunta a questo, la riduzione dei tempi destinati alla manutenzione e alla qualità portano all'inevitabile diminuzione della sicurezza per i lavoratori, impegnati nel medesimo delicato lavoro ma con meno tempo a disposizione;
    anche sul piano occupazionale persistono molte criticità: dal 20 marzo Enel ha ridimensionato tutte le lavorazioni non indispensabili per il normale esercizio dell'impianto, ma di vitale importanza per l'imprenditoria locale. Le normali attività di manutenzione, se non supportate dalle cosiddette «attività polmone» non sono sufficienti per la sopravvivenza delle imprese che vi operano, anche perché la maggior parte delle attività possono essere effettuate solo ad impianto spento proprio per tutelare la sicurezza degli operatori;
    quanto suesposto rischia quindi di diminuire i livelli di sicurezza per i lavoratori e l'ambiente;
    un ulteriore aspetto critico (presente a pagina 109 del parere istruttorio conclusivo dell'AIA 2013) consiste nell'autorizzazione ad utilizzare carbone con tenore di zolfo inferiore all'1 per cento anziché inferiore allo 0,3 per cento come previsto dal piano di riqualificazione della qualità dell'aria della Regione Lazio;
    il 14 febbraio 2013 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha decretato la semplificazione della normativa che prevede la combustione del CDR (combustibile da rifiuti) o del CSS (combustibile solido secondario) e il declassamento del CSS da rifiuto a combustibile di qualità, all'interno di siti produttivi come cementifici o centrali termoelettriche;
    come detto, il comune di Civitavecchia ha deliberato di istituire attraverso la Asl RmF il registro dei tumori, quale studio dell'incidenza e della prevalenza dei tumori;
    il comune di Civitavecchia, attraverso un'ordinanza del sindaco del 26 aprile 2013, ha disposto il divieto totale ed assoluto di combustione presso le centrali elettriche e presso gli altri opifici industriali presenti sul territorio, con qualsiasi modalità e con l'utilizzo di qualsiasi procedimento tecnico, di rifiuti e di materiale di risulta, siano essi di natura organica o inorganica e ha ordinato che le forze dell'ordine, il Corpo della polizia locale, la Asl, 1'Arpa Lazio, l'Ispra ed il competente Servizio comunale ambiente curino l'attuazione ed il rispetto della disposizione;
    i comuni del territorio hanno approvato un'identica mozione che impegna le amministrazioni di competenza a mettere in campo ogni azione necessaria a impedire che le centrali di Torrevaldaliga Nord e di Torrevaldaliga Sud siano utilizzate per l'incenerimento del combustibile da rifiuti e combustibile solido secondario;
    la Provincia di Roma, nel pieno delle sue funzioni, si era più volte espressa, attraverso mozioni approvate all'unanimità del Consiglio, contro ogni ipotesi di incenerimento di rifiuti negli impianti di Torrevaldaliga Nord e Torrevaldaliga Sud,

impegna il Governo:

   ad attivarsi al fine di far osservare, nell'ambito delle proprie competenze, tutte le prescrizioni e compensazioni previste nella valutazione di impatto ambientale di Torrevaldaliga Nord ai sensi del decreto n. 55 del 2003 e successive modificazioni, mai rispettate da Enel;
   a mettere in atto tutte le iniziative di competenza, al fine di garantire la tutela e la sicurezza dei lavoratori delle centrali.
(1-00708)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Zaratti, Pellegrino, Zaccagnini, Ricciatti, Ferrara, Scotto».


   La Camera,
   premesso che:
    l'area di Civitavecchia è sottoposta da molti anni ad una notevole pressione ambientale riconducibile all'attività di:
     a) un rilevante polo energetico costituito da due centrali termoelettriche, una delle quali alimentata a carbone;
     b) uno dei principali porti del mediterraneo, con rilevante traffico crocieristico e di trasporto auto;
     c) un'importante struttura di depositi costieri con una capacità di movimentazione di prodotti petroliferi di oltre un milione di tonnellate all'anno;
     d) un cementificio;
     e) un centro chimico che custodisce tuttora i gas nervini;
    il dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario della regione Lazio nel suo rapporto pubblicato nel febbraio 2012 recita testualmente: «La popolazione residente nel comune di Civitavecchia nel periodo 2006-2010 presenta un quadro di mortalità per cause naturali (tutte le cause eccetto i traumatismi) e per tumori maligni in eccesso di circa il 10 per cento rispetto alla popolazione residente nel Lazio nello stesso periodo. Tale eccesso si conferma tra gli uomini residenti nell'area allargata ai comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella ma non tra le donne. In riferimento alla mortalità per cause tumorali, si osserva tra gli uomini residenti a Civitavecchia un forte eccesso di rischio per tumore polmonare e della pleura. L'analisi allargata ai comuni del comprensorio conferma l'eccesso di rischio per tumore polmonare»;
    nel 2013, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha classificato l'inquinamento atmosferico outdoor ed il materiale particellare fine come cancerogeni per l'uomo stabilendo che nessuna dose può essere considerata priva di effetti per la salute umana;
    il consorzio tra i comuni di Allumiere, Civitavecchia, Monte Romano, Santa Marinella, Tarquinia e Tolfa per la gestione dell'osservatorio ambientale, che gestisce la locale rete di monitoraggio dell'inquinamento atmosferico, nel suo rapporto per l'anno 2013 recita che la qualità dell'aria dei comuni di Allumiere, Civitavecchia, Monte Romano, Santa Marinella, Tarquinia e Tolfa rispetta sostanzialmente i criteri di protezione della salute e dell'ambiente dettati dalla normativa (decreto legislativo n. 155 del 2010). Fa eccezione l'ozono che, in analogia con oltre il 90 per cento delle stazioni di rilevamento in tutto il territorio nazionale, nelle postazioni di Allumiere e Sant'Agostino fa registrare concentrazioni che superano i limiti di legge o sono ad essi molto vicine. La valutazione dell'osservatorio, centrata prioritariamente sulla protezione della salute, ha adottato i riferimenti dell'Organizzazione mondiale della sanità che per molti inquinanti sono più restrittivi di quelli imposti dalla normativa. Questo approccio conferma la criticità dell'ozono, ma suggerisce di prestare attenzione anche al materiale particellare (PM10 e PM2,5), le cui concentrazioni in tutti i siti di rilevamento oscillano intorno ai valori di riferimento dell'Organizzazione mondiale della sanità;
    il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale alla centrale Torrevaldaliga Nord rilasciato dal Ministro dell'ambiente e del territorio e del mare con decreto del 5 aprile 2013, rispetto al 2003:
     a) introduce la concentrazione giornaliera in chiave più restrittiva per tutti i macroinquinanti, ad eccezione del monossido di carbonio che resta inalterato;
     b) lascia inalterati i limiti orari degli ossidi di azoto e del biossido di zolfo, ma impone a quello delle polveri una riduzione quantificabile tra il 30 per cento ed il 50 per cento circa;
     c) interviene sui limiti inerenti le emissioni massiche, riducendo quelli delle polveri e del biossido di zolfo del 60 per cento e del 50 cento rispettivamente;
     d) introduce un limite massico all'emissione del monossido di carbonio che non consentirebbe alla centrale di operare al massimo livello delle emissioni di questo inquinante per più di 10 mesi all'anno circa;
     e) fissa alle emissioni di diossine e furani, che non sono trattate nelle migliori tecniche disponibili (Bat), limiti 10000 volte più bassi di quelli previsti per gli impianti di combustione dal decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice dell'ambiente);
    il citato decreto del 5 aprile 2013 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare prescrive alla centrale Torrevaldaliga Nord un limite alle emissioni del monossido di carbonio (130 mg/m3) significativamente maggiore delle concentrazioni indicate nel Documento di riferimento europeo sulle migliori tecniche disponibili nell'intervallo 30-50 mg/m3;
    non sono noti gli esiti dei due studi di fattibilità prescritti al gestore dal citato decreto 5 aprile 2013 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare relativamente:
     a) alla trasformazione della centrale Torrevaldaliga Nord dalla sola produzione di energia elettrica ad impianto di cogenerazione o trigenerazione (produzione di calore e raffrescamento per uso civile);
     b) all'installazione o implementazione di un sistema di abbattimento del monossido di carbonio ai camini della centrale;
    l'European IPPC Bureau della Commissione Europea ha pubblicato nel giugno 2013 il draft del Documento di riferimento europeo che aggiorna le migliori tecniche disponibili e l'approvazione finale di detto documento è prevista entro l'anno 2015,

impegna il Governo:

   a riesaminare l'autorizzazione integrata ambientale concessa alla centrale Torrevaldaliga Nord, al fine di adeguare le emissioni ai riferimenti suggeriti dalle nuove migliori tecniche disponibili (Bat), alla luce dei contenuti del Documento di riferimento europeo (Bref) in corso di pubblicazione da parte della Commissione europea;
   nelle more del riesame, a garantire la puntuale verifica del rispetto delle prescrizioni imposte dal provvedimento di autorizzazione integrata ambientale vigente, dando la più ampia pubblicità dell'esito dei controlli effettuati.
(1-00712) «Tidei, Gigli, Minnucci, Carella, Ferro, Gregori, Piazzoni, Giuseppe Guerini, Laforgia, Morassut, Iori, Miccoli, Fauttilli».


   La Camera,
   premesso che:
    il settore energetico ricopre un ruolo fondamentale per la vita economica e lo sviluppo del nostro Paese. Il tema dell'energia coinvolge diversi fattori: innanzitutto i costi (in Italia l'energia si paga il 20-30 per cento in più rispetto agli altri Paesi), la qualità del servizio alle persone ed alle imprese, le influenze sul clima, sull'ambiente e sulla vita delle persone;
    le analisi condotte da diverse istituzioni internazionali di ricerca nel settore dell'energia, tra queste, in particolare, l'Agenzia internazionale per l'energia (Iea), individuano alcune tendenze nel settore energetico che dovrebbero caratterizzare lo scenario globale in un arco di tempo di 20-25 anni;
    in particolare, tra le fonti di energia, il gas e le fonti rinnovabili ad oggi sono quelle maggiormente in espansione a scapito invece del petrolio. Quanto al carbone si stima un forte calo di domanda dei Paesi dell'Ocse, dal 20 al 15 per cento;
    l'energia è al centro delle politiche della stessa Unione europea che dopo aver varato il piano energetico europeo, con il regolamento (UE) n. 347 approvato il 17 aprile 2013, ha dettato linee per lo sviluppo integrato e l'interoperabilità delle infrastrutture energetiche a livello europeo, con l'obiettivo di rendere il sistema di erogazione e trasporto dell'energia più competitivo, sostenibile e sicuro, con il fine ultimo di creare il mercato interno dell'energia e garantire la diversificazione e la modernizzazione dell'approvvigionamento;
    è necessario attivare tutti i possibili controlli a livello nazionale, per comprendere il reale impatto delle centrali a carbone sulla salute dei cittadini e sull'ecosistema, al fine di dare delle risposte ai cittadini e, nel contempo, creare un deterrente per speculazioni inutili che potrebbero solo creare allarme ed emergenza sociale;
    il 22 gennaio 2014, la Commissione europea ha presentato il quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo dal 2010 al 2030 contenente un pacchetto di proposte in materia di politica energetica ambientale. Le misure proposte riguardano: la riduzione, entro il 2030, delle emissioni di gas ad effetto serra del 40 per cento rispetto ai dati del 1990; l'aumento della quota di energie rinnovabili del 27 per cento; il raggiungimento di politiche maggiormente ambiziose in tema di efficienza energetica, un nuovo sistema di governance che assicuri una maggiore competitività e sicurezza al sistema energetico;
    è necessario, per il nostro Paese, l'adozione di una politica nazionale volta a garantire prezzi accessibili all'energia, competitività, sicurezza nell'approvvigionamento ed il conseguimento degli obiettivi climatici e ambientali in materia delle emissioni di gas a effetto serra, energie rinnovabili ed efficienza energetica;
    è, opportuno, altresì, attivare un'indagine epidemiologica nazionale nelle aree esposte al rischio di inquinamento e procedere alle opportune iniziative normative in materia ambientale e sanitaria, relativamente alle attività di monitoraggio e di controllo con particolare riferimento agli impianti industriali altamente inquinanti;
    è necessario avviare un aggiornamento della strategia energetica nazionale con l'obiettivo di una graduale diminuzione dell'utilizzo dei combustibili fossili e della valorizzazione di un sistema energetico distributivo, fondato sul risparmio energetico e sull'efficienza;
    occorre sottolineare come la normativa italiana in materia di valutazione di impatto ambientale sia sufficientemente stringente in merito alla tutela del rispetto dei valori ambientali, al fine di garantire che le procedure autorizzative di qualsivoglia progetto di infrastruttura siano principalmente mirate a prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente;
    l'area di Civitavecchia è da decenni interessata da una complessa realtà industriale che ha comportato un aggravio della situazione sanitaria locale, coinvolgendo con particolare riferimento i lavoratori dell'area portuale, degli impianti delle centrali e dell'ex cementificio Italcementi;
    per quanto riguarda la produzione di energia elettrica da carbone ed, in particolare, l'impianto di Torrevaldaliga, nell'area di Civitavecchia, occorre un approfondimento soprattutto per quanto riguarda la portata del suo impatto sulla popolazione e sul territorio. Infatti, l'area di Civitavecchia è interessata da diversi decenni da un quadro ambientale complesso per la presenza di insediamenti energetici ed industriali. Il dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario della regione Lazio nel suo rapporto pubblicato nel febbraio 2012 ha rilevato un quadro di mortalità per cause naturali e per i tumori maligni in eccesso di circa il 10 per cento rispetto alla popolazione residente nel Lazio nello stesso periodo;
    il collegio peritale del tribunale di Civitavecchia, che ha preso in esame le indagini tecniche sull'impianto Torrevaldaliga nord nell'ambito del procedimento n. 501/04, ha accertato come la situazione sanitaria di Civitavecchia appare «compromessa» e come: « Gli elementi disponibili per la valutazione dell'impatto del progetto sulla qualità dell'aria e della salute della popolazione non sono sufficienti per un giudizio di non nocività date le carenze riscontrate nella procedura d'impatto ambientale»;
    gli studi clinico-statistici condotti da équipe private nei primi anni Duemila, quali la Conti Curzia di Civitavecchia e gli epidemiologi del Policlinico Gemelli di Roma, nonché strutture pubbliche come l'osservatorio epidemiologico della regione Lazio, evidenziarono una morbilità specifica respiratoria, tumorale e degenerativa, in aumento nell’hinterland;
    attualmente non sono noti ricerche e studi di fattibilità che siano in grado di sostenere come l'elevato impatto ambientale e sanitario sull'area di Civitavecchia e su territorio limitrofo sia riconducibile alle attuali emissioni derivanti dall'impianto di Torrevaldaliga nord,

impegna il Governo:

   ad attivare un'indagine epidemiologica nell'area di Civitavecchia con riferimento alle zone esposte al rischio di inquinamento;
   a riesaminare l'autorizzazione integrata ambientale concessa alla centrale Torrevaldaliga nord, al fine di adeguare le emissioni ai riferimenti suggeriti dalle nuove migliori tecniche disponibili (Bat), alla luce dei contenuti del Documento di riferimento europeo (Bref) in corso di pubblicazione da parte della Commissione europea.
(1-00750) «Piso, Dorina Bianchi, Cera».


   La Camera,
   premesso che:
    il 42 per cento dell'energia elettrica nel mondo è prodotta dal carbone, con valori attestati nei 2013 a poco più di sette miliardi di tonnellate, mentre in Europa la produzione di energia elettrica da carbone ammonta al 33 per cento, seguita dal nucleare con un peso del 28 per cento;
    l'Italia è l'unico Paese in Europa che, pur non facendo ricorso al nucleare, ha una quota di utilizzo di carbone estremamente bassa, mentre ha una quota elevata di produzione di energia elettrica da gas naturale, con rilevanti implicazioni sulla sicurezza e la competitività delle fonti di approvvigionamento;
    per garantire la sicurezza e la competitività dell'approvvigionamento energetico l'Europa prevede di non produrre più del 25-30 per cento della propria energia elettrica dal gas naturale e di mantenere almeno il 45-50 per cento a nucleare e carbone anche nel 2020, perché, secondo le stime dell'Unione europea, senza un'attiva politica energetica nei prossimi venti o trent'anni si rischia di importare oltre il 70 per cento dei consumi energetici europei da aree ad alta instabilità politica;
    il sistema elettrico italiano è costretto ad accettare i prezzi del gas fissati dal «duopolio» Algeria e Russia, non essendoci, a causa della lontananza e quindi di un eccessivo eventuale costo di trasporto, fornitori alternativi;
    la domanda di energia italiana non sembra rilevare segnali di recupero e, anche nel 2013, ha segnato una flessione di quasi il quattro per cento, attestandosi su un valore analogo a quello della metà degli anni novanta che ci riporta quindi indietro di venti anni;
    la netta flessione dei prezzi del petrolio e la crisi economica hanno contribuito ad alleggerire la bolletta energetica degli italiani, che tuttavia rimane ancora troppo elevata rispetto al Pil, con un peso del 2,7 per cento, valore molto più alto rispetto agli altri Paesi europei;
    le conseguenze sono particolarmente sentite soprattutto da parte delle utenze industriali: secondo l'Autorità per l'energia le imprese italiane sono costantemente costrette a fronteggiare prezzi al di sopra della media europea, con pesanti ripercussioni sulla competitività soprattutto in quei settori caratterizzati da forti consumi energetici, quali ad esempio la carta, l'acciaio e altri;
    la tendenza mondiale manifestata è quella di un aumento relativo della produzione termoelettrica da carbone, in considerazione della sua maggiore economicità e stabilità del prezzo rispetto alle altre fonti e del notevole abbattimento delle emissioni rispetto alle tecnologie dello scorso secolo;
    in Italia ci sono attualmente 13 centrali a carbone, che trasformano oltre 4,6 milioni di tonnellate, importate per circa il 90 per cento via mare;
    nel comune di Civitavecchia è operativa dal 2009 la nuova centrale di Torrevaldaliga Nord di proprietà dall'ENEL, composta da tre sezioni riconvertite a carbone, che con quattromila occupati impiega circa il venti per cento della popolazione attiva della zona;
    dai «consuntivi di centrale» di Torrevaldaliga appare che il «rispetto dei limiti delle emissioni in aria, sia come valori in concentrazione che in massa annua, stabiliti dall'AIA 2013, risulta essere assicurato indipendentemente dai parametri di esercizio», e che «l'esercizio della centrale assicura non solo il rispetto dei limiti imposti dall'AIA attuale, ma anche quello dei limiti fissati dal decreto legislativo 46 del 2014 di recepimento della Direttiva europea IED, che entreranno in vigore dal gennaio 2016»;
    la nuova AIA 2013, approvata con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, prevede l'introduzione di una serie di nuove prescrizioni e controlli nei vari aspetti trattati che aggiungono ulteriori elementi di tutela ambientale nel controllo dei processi rispetto all'autorizzazione unica precedente, di cui al decreto del 2003, prevedendo, in particolare, dal punto di vista delle prescrizioni in tema di emissioni in aria, la riduzione dei valori limite in concentrazione;
    inoltre, con riferimento alle problematiche relative a eventuali scostamenti dei parametri operativi di esercizio rispetto a quanto previsto nel decreto di compatibilità ambientale DEC/VIA 680/2003, quali ad esempio la produzione di energia, il numero di ore di funzionamento ed il consumo di combustibile, si è già pronunciato il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che con una nota del 17 luglio 2014 ha concluso che «pur avendo rilevato alcuni discostamenti dei parametri sopra riportati, ciò non comporta modifica delle valutazione ambientale espressa con DEC/VIA 680/2003 in quanto tali discostamenti non generano sforamenti rispetto ai limiti imposti ai parametri di pressione ambientali associati al funzionamento della centrale e segnatamente ai limiti imposti per i flussi di massa delle sostanze inquinanti»;
    lo stesso decreto di compatibilità ambientale 680/2003, relativo alla riconversione a carbone dell'impianto di produzione di energia elettrica di Torrevaldaliga Nord, ha previsto la creazione di un osservatorio ambientale nell'area di Civitavecchia, costituito nel giugno 2009 in seguito alla stipula della convenzione tra i comuni di Civitavecchia, Tolfa, Allumiere, Santa Marinella e Tarquinia, per la gestione associata di attività di monitoraggio ambientale e sanitario da svolgersi sul territorio dei comuni aderenti;
    l'osservatorio ambientale ha il compito di procedere ai monitoraggi ambientali e sanitari nell'area interessata dalle emissioni del polo energetico sulla base degli indirizzi forniti dal «Tavolo della Salute e dell'Ambiente», organo presieduto dalla regione Lazio e composto da rappresentanti della provincia di Roma e Viterbo, dei comuni del territorio interessato, di Laziosanità ASP, dell'Istituto superiore di sanità e di ARPA Lazio;
    nel rapporto 2013 dell'Osservatorio si legge: «In conclusione, la qualità dell'aria nel territorio del Consorzio non evidenzia condizioni allarmanti ma mostra problemi analoghi alla maggioranza delle aree urbane o rurali italiane ed europee e che possono trovare soluzione soltanto in un contesto più ampio di quello locale. Naturalmente ciò non esclude rischi per la salute dei residenti e non implica l'impossibilità delle autorità locali di intervenire con successo... Relativamente alle sorgenti di emissione, le rilevazioni hanno evidenziato la sovrapposizione di più sorgenti e non hanno consentito di attribuire un ruolo alla centrale di Torrevaldaliga Nord ed al porto, che in termini quantitativi restano le più rilevanti. Indicazioni di impatti che meritano di essere approfonditi sono emerse per le attività portuali, su tutta la fascia costiera retrostante il porto, e per la centrale di Torrevaldaliga Nord, sull'estremità a sud-ovest dell'abitato di Civitavecchia e sulle alture poste ad ovest della centrale»;
    dal giugno 2013 è in atto un monitoraggio epidemiologico sulla popolazione, denominato «Progetto ABC» (ambiente e biomonitoraggio nell'area di Civitavecchia), a cura del dipartimento epidemiologico del servizio sanitario regionale della regione Lazio, che coinvolgerà oltre mille persone residenti nei comuni di Civitavecchia, Santa Marinella, Allumiere, Tolfa e Tarquinia, al fine di studiare gli effetti dell'inquinamento atmosferico sulla salute del residenti nell'area di Civitavecchia attraverso l'uso di indicatori biologici;
    lo studio sarà, inoltre, accompagnato da una valutazione delle ricadute al suolo delle emissioni atmosferiche degli impianti industriali e civili presenti nell'area;
    il progetto ABC prende le mosse dalle denunce di numerose associazioni circa la cattiva qualità dell'aria della zona che avrebbe determinato un aumento dei tumori nella popolazione residente;
    già nel 2010 il dipartimento epidemiologico aveva effettuato una valutazione dello stato di salute della popolazione residente nei comuni di Civitavecchia, Santa Marinella, Allumiere, Tolfa, e Tarquinia, attraverso i tassi di mortalità e di ricoveri ospedalieri rispetto alla popolazione generale residente nella regione Lazio;
    da tale valutazione è emerso che «la popolazione residente nel comune di Civitavecchia e nel comprensorio costituito dai comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella presenta un quadro di mortalità generale sovrapponibile a quello della popolazione della regione Lazio; un maggior ricorso all'ospedalizzazione si osserva solo per le persone residenti nel comune di Civitavecchia... Dalla lettura integrata dei dati di mortalità e dei ricoveri delle persone residenti in questo territorio si evidenzia un sostanziale difetto, rispetto alla popolazione residente nel Lazio, dell'occorrenza di patologie a carico dell'apparato cardiovascolare e, al contrario, un eccesso di patologie croniche dell'apparato respiratorio»;
    risulta evidente, quindi, come l'esposizione della popolazione di Civitavecchia all'inquinamento prodotto dalla centrale di Torrevaldaliga abbia avuto e continua ad avere gravi ripercussioni sulla sua salute;
    la riduzione continua dell'esposizione umana agli inquinanti atmosferici costituisce la strategia più efficace di tutela della salute pubblica e va perseguita con impegno da parte di tutte le istituzioni e delle società coinvolte nei processi di produzione;
    il rilancio economico della zona di Civitavecchia, nella quale attualmente la centrale di Torrevaldaliga costituisce l'unico importante polo produttivo e occupazionale, deve peraltro passare anche attraverso un efficace rilancio della sua portualità, con la realizzazione di una piattaforma logistica che consenta ad uno dei porti italiani di essere la punta d'attracco dei cargo in arrivo dall'Asia;
    con la sottoscrizione in data 24 aprile 2013 del Protocollo di intesa «Per il completamento del Piano strategico dell’hub portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta, e del sistema di rete e della logistica», presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, si è preso atto del carattere di rilevanza strategica nazionale del progetto di potenziamento e sviluppo del network laziale, peraltro già inserito come hub portuale di Civitavecchia nella cosiddetta legge obiettivo del 2001 (unico porto a livello nazionale inserito in detta legge);
    in tale documento è definito il Piano strategico che individua in maniera specifica le attività necessarie per rendere il progetto del sistema portuale di Civitavecchia e Fiumicino una «piastra logistica» a servizio delle esigenze produttive di un ambito territoriale di alto valore strategico dal punto di vista economico e con forti prospettive di sviluppo, per l'intero territorio nazionale,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile, per quanto di competenza, al fine della regolarità e pubblicità dei monitoraggi effettuati sia dalla società proprietaria della centrale di Torrevaldaliga sia dal citato osservatorio ambientale;
   a vigilare sul conseguente rispetto delle norme volte al contrasto dell'inquinamento atmosferico e delle procedure e dei protocolli di sicurezza con riferimento alla centrate di Torrevaldaliga;
   a valutare iniziative dirette alla corresponsione di un indennizzo economico per il territorio di Civitavecchia e comuni limitrofi e l'avvio di opere compensative.
(1-00753) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    il 42 per cento dell'energia elettrica nel mondo è prodotta dal carbone, con valori attestati nei 2013 a poco più di sette miliardi di tonnellate, mentre in Europa la produzione di energia elettrica da carbone ammonta al 33 per cento, seguita dal nucleare con un peso del 28 per cento;
    l'Italia è l'unico Paese in Europa che, pur non facendo ricorso al nucleare, ha una quota di utilizzo di carbone estremamente bassa, mentre ha una quota elevata di produzione di energia elettrica da gas naturale, con rilevanti implicazioni sulla sicurezza e la competitività delle fonti di approvvigionamento;
    per garantire la sicurezza e la competitività dell'approvvigionamento energetico l'Europa prevede di non produrre più del 25-30 per cento della propria energia elettrica dal gas naturale e di mantenere almeno il 45-50 per cento a nucleare e carbone anche nel 2020, perché, secondo le stime dell'Unione europea, senza un'attiva politica energetica nei prossimi venti o trent'anni si rischia di importare oltre il 70 per cento dei consumi energetici europei da aree ad alta instabilità politica;
    il sistema elettrico italiano è costretto ad accettare i prezzi del gas fissati dal «duopolio» Algeria e Russia, non essendoci, a causa della lontananza e quindi di un eccessivo eventuale costo di trasporto, fornitori alternativi;
    la domanda di energia italiana non sembra rilevare segnali di recupero e, anche nel 2013, ha segnato una flessione di quasi il quattro per cento, attestandosi su un valore analogo a quello della metà degli anni novanta che ci riporta quindi indietro di venti anni;
    la netta flessione dei prezzi del petrolio e la crisi economica hanno contribuito ad alleggerire la bolletta energetica degli italiani, che tuttavia rimane ancora troppo elevata rispetto al Pil, con un peso del 2,7 per cento, valore molto più alto rispetto agli altri Paesi europei;
    le conseguenze sono particolarmente sentite soprattutto da parte delle utenze industriali: secondo l'Autorità per l'energia le imprese italiane sono costantemente costrette a fronteggiare prezzi al di sopra della media europea, con pesanti ripercussioni sulla competitività soprattutto in quei settori caratterizzati da forti consumi energetici, quali ad esempio la carta, l'acciaio e altri;
    la tendenza mondiale manifestata è quella di un aumento relativo della produzione termoelettrica da carbone, in considerazione della sua maggiore economicità e stabilità del prezzo rispetto alle altre fonti e del notevole abbattimento delle emissioni rispetto alle tecnologie dello scorso secolo;
    in Italia ci sono attualmente 13 centrali a carbone, che trasformano oltre 4,6 milioni di tonnellate, importate per circa il 90 per cento via mare;
    nel comune di Civitavecchia è operativa dal 2009 la nuova centrale di Torrevaldaliga Nord di proprietà dall'ENEL, composta da tre sezioni riconvertite a carbone, che con quattromila occupati impiega circa il venti per cento della popolazione attiva della zona;
    dai «consuntivi di centrale» di Torrevaldaliga appare che il «rispetto dei limiti delle emissioni in aria, sia come valori in concentrazione che in massa annua, stabiliti dall'AIA 2013, risulta essere assicurato indipendentemente dai parametri di esercizio», e che «l'esercizio della centrale assicura non solo il rispetto dei limiti imposti dall'AIA attuale, ma anche quello dei limiti fissati dal decreto legislativo 46 del 2014 di recepimento della Direttiva europea IED, che entreranno in vigore dal gennaio 2016»;
    la nuova AIA 2013, approvata con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, prevede l'introduzione di una serie di nuove prescrizioni e controlli nei vari aspetti trattati che aggiungono ulteriori elementi di tutela ambientale nel controllo dei processi rispetto all'autorizzazione unica precedente, di cui al decreto del 2003, prevedendo, in particolare, dal punto di vista delle prescrizioni in tema di emissioni in aria, la riduzione dei valori limite in concentrazione;
    inoltre, con riferimento alle problematiche relative a eventuali scostamenti dei parametri operativi di esercizio rispetto a quanto previsto nel decreto di compatibilità ambientale DEC/VIA 680/2003, quali ad esempio la produzione di energia, il numero di ore di funzionamento ed il consumo di combustibile, si è già pronunciato il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che con una nota del 17 luglio 2014 ha concluso che «pur avendo rilevato alcuni discostamenti dei parametri sopra riportati, ciò non comporta modifica delle valutazione ambientale espressa con DEC/VIA 680/2003 in quanto tali discostamenti non generano sforamenti rispetto ai limiti imposti ai parametri di pressione ambientali associati al funzionamento della centrale e segnatamente ai limiti imposti per i flussi di massa delle sostanze inquinanti»;
    lo stesso decreto di compatibilità ambientale 680/2003, relativo alla riconversione a carbone dell'impianto di produzione di energia elettrica di Torrevaldaliga Nord, ha previsto la creazione di un osservatorio ambientale nell'area di Civitavecchia, costituito nel giugno 2009 in seguito alla stipula della convenzione tra i comuni di Civitavecchia, Tolfa, Allumiere, Santa Marinella e Tarquinia, per la gestione associata di attività di monitoraggio ambientale e sanitario da svolgersi sul territorio dei comuni aderenti;
    l'osservatorio ambientale ha il compito di procedere ai monitoraggi ambientali e sanitari nell'area interessata dalle emissioni del polo energetico sulla base degli indirizzi forniti dal «Tavolo della Salute e dell'Ambiente», organo presieduto dalla regione Lazio e composto da rappresentanti della provincia di Roma e Viterbo, dei comuni del territorio interessato, di Laziosanità ASP, dell'Istituto superiore di sanità e di ARPA Lazio;
    nel rapporto 2013 dell'Osservatorio si legge: «In conclusione, la qualità dell'aria nel territorio del Consorzio non evidenzia condizioni allarmanti ma mostra problemi analoghi alla maggioranza delle aree urbane o rurali italiane ed europee e che possono trovare soluzione soltanto in un contesto più ampio di quello locale. Naturalmente ciò non esclude rischi per la salute dei residenti e non implica l'impossibilità delle autorità locali di intervenire con successo... Relativamente alle sorgenti di emissione, le rilevazioni hanno evidenziato la sovrapposizione di più sorgenti e non hanno consentito di attribuire un ruolo alla centrale di Torrevaldaliga Nord ed al porto, che in termini quantitativi restano le più rilevanti. Indicazioni di impatti che meritano di essere approfonditi sono emerse per le attività portuali, su tutta la fascia costiera retrostante il porto, e per la centrale di Torrevaldaliga Nord, sull'estremità a sud-ovest dell'abitato di Civitavecchia e sulle alture poste ad ovest della centrale»;
    dal giugno 2013 è in atto un monitoraggio epidemiologico sulla popolazione, denominato «Progetto ABC» (ambiente e biomonitoraggio nell'area di Civitavecchia), a cura del dipartimento epidemiologico del servizio sanitario regionale della regione Lazio, che coinvolgerà oltre mille persone residenti nei comuni di Civitavecchia, Santa Marinella, Allumiere, Tolfa e Tarquinia, al fine di studiare gli effetti dell'inquinamento atmosferico sulla salute del residenti nell'area di Civitavecchia attraverso l'uso di indicatori biologici;
    lo studio sarà, inoltre, accompagnato da una valutazione delle ricadute al suolo delle emissioni atmosferiche degli impianti industriali e civili presenti nell'area;
    il progetto ABC prende le mosse dalle denunce di numerose associazioni circa la cattiva qualità dell'aria della zona che avrebbe determinato un aumento dei tumori nella popolazione residente;
    già nel 2010 il dipartimento epidemiologico aveva effettuato una valutazione dello stato di salute della popolazione residente nei comuni di Civitavecchia, Santa Marinella, Allumiere, Tolfa, e Tarquinia, attraverso i tassi di mortalità e di ricoveri ospedalieri rispetto alla popolazione generale residente nella regione Lazio;
    da tale valutazione è emerso che «la popolazione residente nel comune di Civitavecchia e nel comprensorio costituito dai comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella presenta un quadro di mortalità generale sovrapponibile a quello della popolazione della regione Lazio; un maggior ricorso all'ospedalizzazione si osserva solo per le persone residenti nel comune di Civitavecchia... Dalla lettura integrata dei dati di mortalità e dei ricoveri delle persone residenti in questo territorio si evidenzia un sostanziale difetto, rispetto alla popolazione residente nel Lazio, dell'occorrenza di patologie a carico dell'apparato cardiovascolare e, al contrario, un eccesso di patologie croniche dell'apparato respiratorio»;
    risulta evidente, quindi, come l'esposizione della popolazione di Civitavecchia all'inquinamento prodotto dalla centrale di Torrevaldaliga abbia avuto e continua ad avere gravi ripercussioni sulla sua salute;
    la riduzione continua dell'esposizione umana agli inquinanti atmosferici costituisce la strategia più efficace di tutela della salute pubblica e va perseguita con impegno da parte di tutte le istituzioni e delle società coinvolte nei processi di produzione;
    il rilancio economico della zona di Civitavecchia, nella quale attualmente la centrale di Torrevaldaliga costituisce l'unico importante polo produttivo e occupazionale, deve peraltro passare anche attraverso un efficace rilancio della sua portualità, con la realizzazione di una piattaforma logistica che consenta ad uno dei porti italiani di essere la punta d'attracco dei cargo in arrivo dall'Asia;
    con la sottoscrizione in data 24 aprile 2013 del Protocollo di intesa «Per il completamento del Piano strategico dell’hub portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta, e del sistema di rete e della logistica», presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, si è preso atto del carattere di rilevanza strategica nazionale del progetto di potenziamento e sviluppo del network laziale, peraltro già inserito come hub portuale di Civitavecchia nella cosiddetta legge obiettivo del 2001 (unico porto a livello nazionale inserito in detta legge);
    in tale documento è definito il Piano strategico che individua in maniera specifica le attività necessarie per rendere il progetto del sistema portuale di Civitavecchia e Fiumicino una «piastra logistica» a servizio delle esigenze produttive di un ambito territoriale di alto valore strategico dal punto di vista economico e con forti prospettive di sviluppo, per l'intero territorio nazionale,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile, per quanto di competenza, al fine della regolarità e pubblicità dei monitoraggi effettuati sia dalla società proprietaria della centrale di Torrevaldaliga sia dal citato osservatorio ambientale;
   a vigilare sul conseguente rispetto delle norme volte al contrasto dell'inquinamento atmosferico e delle procedure e dei protocolli di sicurezza con riferimento alla centrale di Torrevaldaliga.
(1-00753)
(Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    il tema dello sviluppo energetico e della ricerca nel relativo settore sono fondamentali per quanto riguarda la ripresa dell'economia italiana oggi in forte crisi e rappresentano una delle reali occasioni di sviluppo economico del nostro Paese;
    sviluppo e ricerca di questo settore sono però subordinati al soddisfacimento di una serie di importanti prescrizioni e di esigenze che non fanno solo riferimento alla qualità del servizio reso e ai costi praticati all'utente finale ma anche e soprattutto agli impatti che si generano sul clima e sull'ambiente naturale, sulla salute e sulla vita stessa della popolazione;
    il quadro normativo italiano in materia di tutela dell'ambiente e di valutazione di impatto ambientale è noto per essere vincolante e puntuale e le sue procedure sono volte a prevenire potenziali rischi per la salute della popolazione, per la sicurezza e per l'ambiente;
    in questo contesto, sarebbe da analizzare ed evidenziare il quadro ambientale dell'area di Civitavecchia che da tempo pare sia oggetto di una serie di criticità dal punto di vista ambientale che sembra siano determinate non solo dalla presenza di un polo energetico costituito da due centrali termoelettriche, ’una delle quali, la Centrale Termoelettrica di Civitavecchia Torrevaldaliga Nord, alimentata a carbone, ma anche da uno dei porti più attivi nel Mediterraneo con relativo traffico crocieristico e di trasporto, da un'importante struttura di depositi costieri, con una capacità di movimentazione di prodotti petroliferi di oltre un milione di tonnellate all'anno nonché da un cementificio e da un centro chimico;
    secondo le analisi contenute nel rapporto 2012 del Dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario della regione Lazio «...la popolazione residente nel comune di Civitavecchia nel periodo 2006-2010 presenta un quadro di mortalità per cause naturali (tutte le cause eccetto i traumatismi) e per tumori maligni in eccesso di circa il 10 per cento rispetto alla popolazione residente nel Lazio nello stesso periodo. Tale eccesso si conferma tra gli uomini residenti nell'area allargata ai comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella ma non tra le donne. In riferimento alla mortalità per cause tumorali, si osserva tra gli uomini residenti a Civitavecchia un forte eccesso di rischio per tumore polmonare e della pleura. L'analisi allargata ai comuni del comprensorio conferma l'eccesso di rischio per tumore polmonare...»;
    il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto del 5 aprile 2013, ha rilasciato il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale alla centrale Torrevaldaliga Nord introducendo una serie di disposizioni che tendono già a ridurre gli impatti negativi sull'ambiente ovvero:
    introduce la concentrazione giornaliera in chiave più restrittiva per tutti i macroinquinanti, ad eccezione del monossido di carbonio che resta inalterato; lascia inalterati i limiti orari degli ossidi di azoto e del biossido di zolfo, ma impone a quello delle polveri una riduzione quantificabile tra il 30 per cento ed il 50 per cento circa;
    interviene sui limiti inerenti le emissioni massiche, riducendo quelli delle polveri e del biossido di zolfo del 60 per cento e del 50 per cento rispettivamente; introduce un limite massico all'emissione del monossido di carbonio che non consentirebbe alla centrale di operare al massimo livello delle emissioni di questo inquinante per più di 10 mesi all'anno circa;
    fissa alle emissioni di diossine e furani, che non sono trattate nelle migliori tecniche disponibili (Bat), limiti 10000 volte più bassi di quelli previsti per gli impianti di combustione dal decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice dell'ambiente);
    la prescrizione alla centrale Torrevaldaliga Nord di un limite alle emissioni del monossido di carbonio (130 mg/m3) significativamente maggiore delle concentrazioni indicate nel Documento di riferimento europeo sulle migliori tecniche disponibili nell'intervallo 30-50 mg/m3,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di un riesame dell'autorizzazione integrata ambientale della centrale di Torrevaldaliga Nord previa verifica degli effettivi dati di impatto e di inquinamento ambientale della stessa centrale nello stato attuale di produzione in cui si trova, per adeguare le emissioni ai parametri indicati dalle migliori tecniche disponibili anche con riferimento al documento europeo Bref di prossima pubblicazione da parte della Commissione europea;
   a porre in atto tutte le iniziative di propria competenza al fine di salvaguardare la salute della popolazione residente nel comune di Civitavecchia.
(1-00754) «Matarrese, Mazziotti Di Celso, D'Agostino, Dambruoso, Vargiu, Vecchio, Molea».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


MOZIONI FEDRIGA ED ALTRI N. 1-00607, PESCO ED ALTRI N. 1-00709, PAGLIA ED ALTRI N. 1-00714, RIZZETTO ED ALTRI N. 1-00726, RAMPELLI ED ALTRI N. 1-00737 E SCUVERA ED ALTRI N. 1-00751 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA SOSPENSIONE DELL'APPLICAZIONE DEGLI STUDI DI SETTORE

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    gli studi di settore consistono di elaborazioni statistiche, economiche e matematiche sulla base dei quali l'Agenzia delle entrate stima un ammontare di ricavi per ciascun settore economico;
    nel corso degli ultimi anni, in particolare dall'inizio della crisi economica e finanziaria, l'applicazione pedissequa da parte delle agenzie fiscali degli studi di settore come strumento per decidere automaticamente l'adeguatezza delle dichiarazioni dei redditi, anziché come mero parametro di statistico di analisi, ha portato a distorsioni evidenti;
    le difficoltà economiche peculiari di molte aziende non sono in alcun modo considerate né considerabili nello strumento dello studio di settore, che è diventato, dunque, da strumento di semplificazione fiscale, un elemento di rigidità ed una fonte di ulteriori aggravi negli adempimenti fiscali delle aziende;
    il crollo della redditività delle imprese durante l'attuale crisi economica rende, di fatto, oggi gli studi di settore inutilizzabili e non aderenti alla realtà, tanto che dal 2009 in avanti si è assistito ad una contrazione crescente delle dichiarazioni che decidono di adeguarsi ai parametri degli studi di settore;
    sui redditi 2006 e 2007 oltre 600 mila partite iva avevano integrato i ricavi dichiarati in modo da risultare conformi al software Gerico ed evitare contenziosi con il fisco;
    nel 2008 coloro che avevano scelto gli «adeguamenti» erano stati 520 mila;
    nel 2009 ancora meno, 420 mila, sino a scendere nel 2012 a 330 mila;
    non è noto il dato di quanti hanno negli stessi anni deciso di chiudere la partita iva proprio perché troppo onerosa, a causa della presunzione di reddito degli studi di settore;
    nel 2011 si è garantito uno «scudo» dagli accertamenti a coloro che si allineavano ai minimi di entrate previsti per il settore;
    già nel 2009 la Corte di cassazione ha stabilito che la forza probatoria degli studi di settore può considerarsi mera «presunzione semplice», per cui essi non potrebbero essere utilizzato a fini di accertamento;
    la stessa Corte dei conti, nella sua relazione sul rendiconto dello Stato per l'anno 2013, ha testimoniato la perdita di efficacia di questo strumento,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per sospendere entro tempi rapidissimi l'applicazione degli studi di settore.
(1-00607)
(Nuova formulazione) «Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 62 sexies, comma 3, del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331 convertito dalla legge n. 427 del 1993, consente l'accertamento ex articolo 39, comma 1, lettera d), nei casi in cui risulti l'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dall'applicazione degli studi di settore;
    attraverso gli studi di settore, dunque, l'Agenzia delle Entrate è legittimata a ricostruire la redditività di una determina attività d'impresa o professione e ricostruire la posizione reddituale del contribuente;
    in particolare, partendo dalle relazioni esistenti tra le variabili strutturali e contabili delle imprese e dei lavoratori autonomi con riferimento al settore economico di appartenenza, ai processi produttivi utilizzati, all'organizzazione, ai prodotti e servizi oggetto dell'attività, alla localizzazione geografica e agli altri elementi significativi (ad esempio area di vendita, andamento della domanda, livello dei prezzi, concorrenza, e altro), lo studio di settore consente di stimare i ricavi o i compensi che possono essere attribuiti al contribuente; in tal modo, lo studio di settore diventa uno strumento di controllo basato sulla comparazione tra i ricavi o compensi dichiarati e quelli direttamente desumibili dalla sua applicazione;
    lo stesso contribuente può utilizzare lo studio di settore per verificare, in fase dichiarativa, il posizionamento rispetto alla congruità (il contribuente è congruo se i ricavi o i compensi dichiarati sono uguali o superiori a quelli stimati dallo studio, tenuto conto delle risultanze derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità economica) e alla coerenza (la coerenza misura il comportamento del contribuente rispetto ai valori di indicatori economici predeterminati, per ciascuna attività, dallo studio di settore);
    lo studio di settore, dunque, da un lato assurge a strumento di controllo dell'Agenzia delle entrate circa l'attendibilità dei ricavi o compensi dichiarati dal contribuente; dall'altro, a strumento di indirizzo del contribuente in fase dichiarativa, potendo egli decidere, in caso di incongruità o incoerenza, di uniformarsi comunque al risultato dello studio di settore oppure di discostarsene, ritenendo sussistere comprovate ragioni che ne legittimano la disapplicazione;
    quest'ultimo profilo evidenzia come lo studio di settore assuma di fatto anche una funzione deterrente o, meglio ancora, «condizionante» nelle scelte del contribuente il quale, spesso, pur di non esporsi ad un potenziale controllo dell'amministrazione finanziaria, decide di «adeguarsi» alle risultanze dello studio di settore, sebbene siano superiori ai ricavi o compensi effettivamente conseguiti. In altre parole, la prassi applicativa degli studi di settore evidenzia non pochi casi in cui il contribuente decide di uniformarsi allo studio di settore, sopportando il pagamento di un'imposta maggiore rispetto a quella dovuta al fine di scongiurare il rischio di un accertamento;
    in un tal contesto, dunque, gli studi di settore dovrebbero garantire un elevato grado di attendibilità ovvero rappresentare il più possibile la realtà imprenditoriale del singolo contribuente. Ma al riguardo, è nota la posizione assunta dagli interpreti e, soprattutto, dalla giurisprudenza di legittimità, che ha clamorosamente «bocciato» la valenza degli studi di settore. In più occasioni, infatti, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che i dati comparativi forniti dagli studi altro non sono che parametri astratti e meramente statistici ovverosia il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei (Suprema Corte di Cassazione, Sezione Unite, sentenza 10 dicembre 2009 n. 26635, preceduta dalla relazione tematica n. 94 del 4 luglio 2009 redatta dall'Ufficio del massimario della Suprema Corte). Conseguentemente, gli studi di settore sono stati ritenuti idonei a ricostruire la situazione reddituale del contribuente solo se confortati da altri elementi desunti, in contraddittorio con il contribuente, dalla realtà economica dell'impresa;
    l'astratta applicazione degli studi di settore, dunque, non garantisce l'attendibilità delle risultanze in termini di ricavi e compensi da dichiarare, potendo in alcuni casi generare significativi effetti distorsivi. Tale aspetto, a dir poco preoccupante in termini di certezza del diritto ed equità del prelievo, è stato notevolmente accentuato dalla crisi economica degli ultimi anni. La particolare congiuntura economica ha determinato il crollo della redditività delle imprese e professionisti con ovvie ricadute i termini di attendibilità di ricavi. Uno scenario questo, che ha accentuato ulteriormente l'incapacità degli studi di settore a rappresentare adeguatamente la reale situazione reddituale dei contribuenti. Tanto è vero che lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze ha ritenuto opportuno intervenire con i decreti ministeriali del 23 dicembre 2013 e del 2 maggio 2014, apportando correttivi «anticrisi» agli studi di settore. In particolare, il decreto ministeriale del 2 maggio 2014 ha previsto quattro tipologie di correttivi:
     1. modifica del funzionamento dell'indicatore di normalità economica «durata delle scorte»;
     2. correttivi specifici per la crisi;
     3. correttivi congiunturali di settore;
     4. correttivi congiunturali individuali;
    i detti correttivi, analoghi a quelli introdotti per gli studi applicati al periodo di imposta 2011 e 2012, sono stati applicati ai soggetti che hanno dichiarato, nel periodo d'imposta 2013, ricavi o compensi inferiori al ricavo puntuale di riferimento determinato dallo studio di settore;
    non va sottaciuto, poi, come gli studi di settore rappresentino in molti casi uno «scudo» a danno dell'amministrazione finanziaria ovvero a favore di quei contribuenti che, pur conseguendo ricavi o compensi superiori a quelli desumibili dallo studio di settore, si adeguano alle sue risultanze scontando un'imposta minore a quella effettivamente dovuta. Se per un verso lo studio di settore rappresenta un disincentivo all'evasione per i contribuenti che si attestano al di sotto dei ricavi standardizzati (invogliandoli ad adeguarsi), è altrettanto vero che gli stessi studi di settore rappresentano un agevole incentivo alla sottofatturazione proprio per le attività d'impresa e professionali più redditizie (e che dovrebbero maggiormente contribuire al sostentamento delle spese pubbliche);
    l'adozione dei suddetti correttivi anticrisi andrebbe estesa anche al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014, considerato il perdurante stato di crisi economica;
    allo stesso modo sarebbe opportuno potenziare la compliance tra amministrazione finanziaria e contribuente in armonia con i principi fondamentali dell'ordinamento tributario sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente e degli orientamenti in ambito comunitario (tra cui il principio dell'obbligatorietà del contraddittorio anticipato per ogni forma di accertamento, espresso dalla sentenza 18 dicembre 2006 C. 349/077 – «Sopropè»), semmai incentivando le forme e gli strumenti di contraddittorio che rappresentano oggi un elemento indefettibile del procedimento di accertamento. A tal fine, sarebbe senz'altro proficua l'attivazione di forme di contraddittorio, anticipate rispetto alla fase dichiarativa, e dirette ad assicurare il costante monitoraggio dell'attività imprenditoriale o professionale ed il suo andamento economico: in tal modo, ancor prima del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi annuale, l'amministrazione finanziaria e il contribuente avrebbero la possibilità di vagliare ed esprimersi sulla reale situazione economica dell'impresa o professione esercitata rispetto alle risultanze degli studi di settore, uniformando la successiva dichiarazione dei redditi all'effettiva situazione reddituale dell'impresa (con conseguenti positive ricadute anche in termini di contenzioso tra amministrazione e contribuenti);
    in ogni caso, nell'ottica del potenziamento della collaborazione tra amministrazione e contribuenti, sarebbe auspicabile per il futuro l'abolizione degli studi di settore quale strumento di rilevazione statistica del reddito favorendo, viceversa, procedure di controllo più attinenti alle oggettive caratteristiche di esercizio dell'impresa o professione e, quindi, maggiormente idonee a rilevare la ricchezza effettivamente prodotta. Tutto ciò potrà ovviamente essere favorito anche attraverso interventi diretti ad una progressiva riduzione della pressione fiscale effettiva, da un maggiore investimento di risorse finanziarie per il potenziamento delle risorse umane in forza all'amministrazione finanziaria impiegate nell'esecuzione dei controlli e verifiche fiscali nonché, infine, dal complessivo miglioramento qualitativo dell'attività di accertamento,

impegna il Governo:

   ad aggiornare i parametri, le metodologie di calcolo e le funzioni di stima dei ricavi presunti relativi alle differenti attività soggette agli studi di settore affinché siano allineati, in maniera realistica e puntuale, alla perdurante situazione di crisi economica e finanziaria che attanaglia, da oltre cinque anni, gli esercenti attività di impresa, arte e professione, prevedendone l'applicazione già alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014;
   a prevedere, con decorrenza dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015, la riforma degli studi di settore sostituendoli, o in ogni caso affiancandoli, con sistemi di controllo che incentivino una compliance preventiva tra contribuenti ed amministrazione finanziaria, anche attraverso la predisposizione di strumenti informatici gratuiti che consentano agli esercenti di confrontare in tempo reale l'andamento economico e finanziario delle proprie attività rispetto ai modelli statistici standard, comprendere le cause di eventuali scostamenti e porvi rimedio, ove necessario senza attendere i termini previsti per i dichiarativi fiscali;
   a prevedere specifiche procedure di verifica dell'attendibilità dello studio di settore per i contribuenti che presentino un risultato di congruità e coerenza, basate sulla valutazione delle concrete caratteristiche di esercizio dell'attività d'impresa o professionale, garantendo la partecipazione attiva del contribuente alla procedura di controllo;
   ad assumere iniziative, anche normative, volte a promuovere in ogni caso la piena collaborazione tra i contribuenti e l'amministrazione finanziaria nel procedimento di autoliquidazione delle imposte istituendo, a tal fine, appositi canali di assistenza che aiutino i contribuenti a verificare spontaneamente la correttezza formale e l'adeguatezza sostanziale delle proprie risultanze contabili, in un'ottica che stimoli l'adempimento volontario, la fiducia reciproca tra contribuenti ed amministrazione finanziaria, la certezza del diritto e l'emersione della ricchezza effettivamente prodotta e riduca, al contempo, il ricorso a strumenti statici di rilevazione del reddito ed il conseguente proliferare del contenzioso tributario, in armonia e attuazione dei principi di leale collaborazione e obbligatorietà del contraddittorio in via preventiva espressi dallo statuto del contribuente e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea;
   per il perseguimento dei precedenti impegni, a potenziare le risorse umane in forza all'amministrazione finanziaria e a ottimizzare l'attività di accertamento, stabilendo obiettivi che privilegino principalmente la qualità dei controlli, la tutela del contribuente, l'equità distributiva e gli aspetti di educazione fiscale e di leale collaborazione.
(1-00709) «Pesco, Alberti, Barbanti, Cancelleri, Ruocco, Pisano, Villarosa».


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 62 sexies, comma 3, del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331 convertito dalla legge n. 427 del 1993, consente l'accertamento ex articolo 39, comma 1, lettera d), nei casi in cui risulti l'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dall'applicazione degli studi di settore;
    attraverso gli studi di settore, dunque, l'Agenzia delle Entrate è legittimata a ricostruire la redditività di una determina attività d'impresa o professione e ricostruire la posizione reddituale del contribuente;
    in particolare, partendo dalle relazioni esistenti tra le variabili strutturali e contabili delle imprese e dei lavoratori autonomi con riferimento al settore economico di appartenenza, ai processi produttivi utilizzati, all'organizzazione, ai prodotti e servizi oggetto dell'attività, alla localizzazione geografica e agli altri elementi significativi (ad esempio area di vendita, andamento della domanda, livello dei prezzi, concorrenza, e altro), lo studio di settore consente di stimare i ricavi o i compensi che possono essere attribuiti al contribuente; in tal modo, lo studio di settore diventa uno strumento di controllo basato sulla comparazione tra i ricavi o compensi dichiarati e quelli direttamente desumibili dalla sua applicazione;
    lo stesso contribuente può utilizzare lo studio di settore per verificare, in fase dichiarativa, il posizionamento rispetto alla congruità (il contribuente è congruo se i ricavi o i compensi dichiarati sono uguali o superiori a quelli stimati dallo studio, tenuto conto delle risultanze derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità economica) e alla coerenza (la coerenza misura il comportamento del contribuente rispetto ai valori di indicatori economici predeterminati, per ciascuna attività, dallo studio di settore);
    lo studio di settore, dunque, da un lato assurge a strumento di controllo dell'Agenzia delle entrate circa l'attendibilità dei ricavi o compensi dichiarati dal contribuente; dall'altro, a strumento di indirizzo del contribuente in fase dichiarativa, potendo egli decidere, in caso di incongruità o incoerenza, di uniformarsi comunque al risultato dello studio di settore oppure di discostarsene, ritenendo sussistere comprovate ragioni che ne legittimano la disapplicazione;
    quest'ultimo profilo evidenzia come lo studio di settore assuma di fatto anche una funzione deterrente o, meglio ancora, «condizionante» nelle scelte del contribuente il quale, spesso, pur di non esporsi ad un potenziale controllo dell'amministrazione finanziaria, decide di «adeguarsi» alle risultanze dello studio di settore, sebbene siano superiori ai ricavi o compensi effettivamente conseguiti. In altre parole, la prassi applicativa degli studi di settore evidenzia non pochi casi in cui il contribuente decide di uniformarsi allo studio di settore, sopportando il pagamento di un'imposta maggiore rispetto a quella dovuta al fine di scongiurare il rischio di un accertamento;
    in un tal contesto, dunque, gli studi di settore dovrebbero garantire un elevato grado di attendibilità ovvero rappresentare il più possibile la realtà imprenditoriale del singolo contribuente. Ma al riguardo, è nota la posizione assunta dagli interpreti e, soprattutto, dalla giurisprudenza di legittimità, che ha clamorosamente «bocciato» la valenza degli studi di settore. In più occasioni, infatti, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che i dati comparativi forniti dagli studi altro non sono che parametri astratti e meramente statistici ovverosia il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei (Suprema Corte di Cassazione, Sezione Unite, sentenza 10 dicembre 2009 n. 26635, preceduta dalla relazione tematica n. 94 del 4 luglio 2009 redatta dall'Ufficio del massimario della Suprema Corte). Conseguentemente, gli studi di settore sono stati ritenuti idonei a ricostruire la situazione reddituale del contribuente solo se confortati da altri elementi desunti, in contraddittorio con il contribuente, dalla realtà economica dell'impresa;
    l'astratta applicazione degli studi di settore, dunque, non garantisce l'attendibilità delle risultanze in termini di ricavi e compensi da dichiarare, potendo in alcuni casi generare significativi effetti distorsivi. Tale aspetto, a dir poco preoccupante in termini di certezza del diritto ed equità del prelievo, è stato notevolmente accentuato dalla crisi economica degli ultimi anni. La particolare congiuntura economica ha determinato il crollo della redditività delle imprese e professionisti con ovvie ricadute i termini di attendibilità di ricavi. Uno scenario questo, che ha accentuato ulteriormente l'incapacità degli studi di settore a rappresentare adeguatamente la reale situazione reddituale dei contribuenti. Tanto è vero che lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze ha ritenuto opportuno intervenire con i decreti ministeriali del 23 dicembre 2013 e del 2 maggio 2014, apportando correttivi «anticrisi» agli studi di settore. In particolare, il decreto ministeriale del 2 maggio 2014 ha previsto quattro tipologie di correttivi:
     1. modifica del funzionamento dell'indicatore di normalità economica «durata delle scorte»;
     2. correttivi specifici per la crisi;
     3. correttivi congiunturali di settore;
     4. correttivi congiunturali individuali;
    i detti correttivi, analoghi a quelli introdotti per gli studi applicati al periodo di imposta 2011 e 2012, sono stati applicati ai soggetti che hanno dichiarato, nel periodo d'imposta 2013, ricavi o compensi inferiori al ricavo puntuale di riferimento determinato dallo studio di settore;
    non va sottaciuto, poi, come gli studi di settore rappresentino in molti casi uno «scudo» a danno dell'amministrazione finanziaria ovvero a favore di quei contribuenti che, pur conseguendo ricavi o compensi superiori a quelli desumibili dallo studio di settore, si adeguano alle sue risultanze scontando un'imposta minore a quella effettivamente dovuta. Se per un verso lo studio di settore rappresenta un disincentivo all'evasione per i contribuenti che si attestano al di sotto dei ricavi standardizzati (invogliandoli ad adeguarsi), è altrettanto vero che gli stessi studi di settore rappresentano un agevole incentivo alla sottofatturazione proprio per le attività d'impresa e professionali più redditizie (e che dovrebbero maggiormente contribuire al sostentamento delle spese pubbliche);
    l'adozione dei suddetti correttivi anticrisi andrebbe estesa anche al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014, considerato il perdurante stato di crisi economica;
    allo stesso modo sarebbe opportuno potenziare la compliance tra amministrazione finanziaria e contribuente in armonia con i principi fondamentali dell'ordinamento tributario sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente e degli orientamenti in ambito comunitario (tra cui il principio dell'obbligatorietà del contraddittorio anticipato per ogni forma di accertamento, espresso dalla sentenza 18 dicembre 2006 C. 349/077 – «Sopropè»), semmai incentivando le forme e gli strumenti di contraddittorio che rappresentano oggi un elemento indefettibile del procedimento di accertamento. A tal fine, sarebbe senz'altro proficua l'attivazione di forme di contraddittorio, anticipate rispetto alla fase dichiarativa, e dirette ad assicurare il costante monitoraggio dell'attività imprenditoriale o professionale ed il suo andamento economico: in tal modo, ancor prima del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi annuale, l'amministrazione finanziaria e il contribuente avrebbero la possibilità di vagliare ed esprimersi sulla reale situazione economica dell'impresa o professione esercitata rispetto alle risultanze degli studi di settore, uniformando la successiva dichiarazione dei redditi all'effettiva situazione reddituale dell'impresa (con conseguenti positive ricadute anche in termini di contenzioso tra amministrazione e contribuenti);
    in ogni caso, nell'ottica del potenziamento della collaborazione tra amministrazione e contribuenti, sarebbe auspicabile per il futuro l'abolizione degli studi di settore quale strumento di rilevazione statistica del reddito favorendo, viceversa, procedure di controllo più attinenti alle oggettive caratteristiche di esercizio dell'impresa o professione e, quindi, maggiormente idonee a rilevare la ricchezza effettivamente prodotta. Tutto ciò potrà ovviamente essere favorito anche attraverso interventi diretti ad una progressiva riduzione della pressione fiscale effettiva, da un maggiore investimento di risorse finanziarie per il potenziamento delle risorse umane in forza all'amministrazione finanziaria impiegate nell'esecuzione dei controlli e verifiche fiscali nonché, infine, dal complessivo miglioramento qualitativo dell'attività di accertamento,

impegna il Governo:

   ad aggiornare i parametri, le metodologie di calcolo e le funzioni di stima dei ricavi presunti relativi alle differenti attività soggette agli studi di settore affinché siano allineati, in maniera realistica e puntuale, alla perdurante situazione di crisi economica e finanziaria che attanaglia, da oltre cinque anni, gli esercenti attività di impresa, arte e professione, prevedendone l'applicazione già alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014;
   a prevedere, con decorrenza dal prossimo periodo d'imposta, la riforma degli studi di settore sostituendoli, o in ogni caso affiancandoli, con sistemi di controllo che incentivino una compliance preventiva tra contribuenti ed amministrazione finanziaria, anche attraverso la predisposizione di strumenti informatici gratuiti che consentano agli esercenti di confrontare in tempo reale l'andamento economico e finanziario delle proprie attività rispetto ai modelli statistici standard, comprendere le cause di eventuali scostamenti e porvi rimedio, ove necessario senza attendere i termini previsti per i dichiarativi fiscali;
   a prevedere specifiche procedure di verifica dell'attendibilità dello studio di settore per i contribuenti che presentino un risultato di congruità e coerenza, basate sulla valutazione delle concrete caratteristiche di esercizio dell'attività d'impresa o professionale, garantendo la partecipazione attiva del contribuente alla procedura di controllo;
   ad assumere iniziative, anche normative, volte a promuovere in ogni caso la piena collaborazione tra i contribuenti e l'amministrazione finanziaria nel procedimento di autoliquidazione delle imposte istituendo, a tal fine, appositi canali di assistenza che aiutino i contribuenti a verificare spontaneamente la correttezza formale e l'adeguatezza sostanziale delle proprie risultanze contabili, in un'ottica che stimoli l'adempimento volontario, la fiducia reciproca tra contribuenti ed amministrazione finanziaria, la certezza del diritto e l'emersione della ricchezza effettivamente prodotta e riduca, al contempo, il ricorso a strumenti statici di rilevazione del reddito ed il conseguente proliferare del contenzioso tributario, in armonia e attuazione dei principi di leale collaborazione e obbligatorietà del contraddittorio in via preventiva espressi dallo statuto del contribuente e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea;
   per il perseguimento dei precedenti impegni, a potenziare le risorse umane in forza all'amministrazione finanziaria e a ottimizzare l'attività di accertamento, stabilendo obiettivi che privilegino principalmente la qualità dei controlli, la tutela del contribuente, l'equità distributiva e gli aspetti di educazione fiscale e di leale collaborazione.
(1-00709)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Pesco, Alberti, Barbanti, Cancelleri, Ruocco, Pisano, Villarosa».


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo nell'estate 2014 non ha fatto mistero dell'intenzione di voler mettere in cantiere una revisione degli attuali strumenti per l'accertamento tributario, i cosiddetti studi di settore, ben più approfondita rispetto a quelle periodiche che si sono avvicendate fino ad oggi, adottando nuovi indicatori di coerenza e di normalità economica. Infatti, l'imperante crisi economica che ancora morde fortemente tutti gli strati dell'economia italiana ha oramai reso poco rappresentativi i parametri e gli algoritmi su cui si basa la valutazione della capacità reale di produrre reddito da parte di un contribuente, come, del resto, testimoniato dalla stessa Corte dei conti che, nella Relazione sul rendiconto generale dello Stato per l'anno 2013, attribuisce agli studi di settore, soprattutto nell'ambito della lotta all'evasione fiscale, una perdita dell'efficacia;
    lo stesso piano antievasione del Governo contempla l'adozione di «nuovi indicatori di coerenza economica e di normalità economica» la cui introduzione servirà a contrastare i fenomeni di infedeltà dichiarativa nella fase di presentazione della dichiarazione dei redditi, «inducendo», si legge nel piano, «un prevedibile incremento dei comportamenti dichiarativi corretti e, indirettamente, quindi, della base imponibile e del relativo gettito fiscale». Inoltre, obiettivo di tale aggiornamento, che dovrebbe anche tenere conto di un'auspicata ripresa economica, è quello di arrivare, da una parte, ad una maggiore efficacia in termini di compliance fiscale, e dall'altra, a controlli più serrati sugli accessi a quei regimi premiali che garantiscono ai contribuenti virtuosi uno scudo dagli accertamenti tributari;
    altro obiettivo evidenziato dall'amministrazione finanziaria è quello della necessità che i dati presenti negli studi di settore vengano sempre maggiormente impiegati quale strumento di selezione per l'ulteriore attività di controllo, piuttosto che quale mero strumento accertativo diretto;
    gli studi di settore, introdotti dall'articolo 62-sexies del decreto-legge n. 331 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 427 del 1993, nell'ambito di una tutela dell'interesse pubblico all'individuazione di contribuenti infedeli, sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d'impresa e di lavoro autonomo, qualora l'amministrazione finanziaria ravvisi incongruenze tra redditi dichiarati e presunti, attraverso la determinazione di funzioni di ricavo e compenso per gruppi omogenei di contribuenti operanti nello stesso settore di attività, rappresentando anche uno strumento statistico attraverso il quale il fisco italiano rileva i parametri con i quali monitorare la movimentazione economica delle stesse. Si tratta, quindi, di una raccolta sistematica di dati attraverso i quali poter valutare la capacità reale di produrre reddito e che possono, quindi, essere impiegati per l'accertamento induttivo qualora risultassero anomalie fra questi e il reddito dichiarato. Essi vengono elaborati mediante analisi economiche e tecniche statistico-matematiche, che consentono di stimare i ricavi o i compensi che possono essere attribuiti al contribuente, individuando anche le relazioni esistenti tra le variabili strutturali e contabili delle imprese e dei lavoratori autonomi con riferimento al settore economico di appartenenza, ai processi produttivi utilizzati, all'organizzazione, ai prodotti e servizi oggetto dell'attività, alla localizzazione geografica e agli altri elementi significativi (ad esempio area di vendita, andamento della domanda, livello dei prezzi, concorrenza ed altro);
    il sopracitato articolo 62-sexies, comma 3, del decreto-legge n. 331 del 1993, per legittimare l'accertamento, richiede espressamente che si verifichi una grave incongruenza tra i ricavi o i compensi dichiarati dal contribuente e quelli desumibili «dagli» studi di settore. Se il legislatore avesse voluto attribuire a questi ultimi valore di presunzione legale relativa, avrebbe potuto semplicemente stabilire che gli accertamenti possono essere fondati «sugli» studi di settore. Il legislatore, pertanto, non ha ritenuto sufficiente il risultato degli studi di settore come fatto noto per determinare acriticamente i risultati conseguiti dal contribuente, ma ha richiesto ulteriormente la presenza di «gravi incongruenze» tra questi ultimi e gli studi di settore;
    infatti la Corte di cassazione nel 2009, ma anche successivamente ed a più riprese, ha chiarito che la mera difformità delle percentuali di ricarico applicate, rispetto a quelle emergenti dagli studi di settore, non legittima un accertamento analitico-induttivo, ma occorre che le risultanze degli studi di settore siano «confortate da altri indizi», mettendo in tal modo in discussione la valenza probatoria dello strumento induttivo di accertamento fiscale. D'altra parte già la stessa Agenzia delle entrate precedentemente, con la circolare n. 58/E del 27 giugno 2002, aveva affermato, e quindi riconosciuto, che l'importo determinato in base agli studi di settore ha valore di presunzione relativa;
    ciò dimostra che nel corso degli anni si è consolidato un orientamento giurisprudenziale piuttosto scettico verso una determinazione della ricchezza non facilmente conciliabile con i criteri «analitico aziendali»: secondo tale consolidata giurisprudenza gli studi di settore, pur rappresentando indici rilevatori di possibili antinomie nel comportamento fiscale del contribuente, costituiscono una presunzione semplice che da sola non può realizzare motivazione fondante di un avviso di accertamento;
    di contro e con la previsione dell'utilizzo degli studi di settore nel procedimento di accertamento induttivo, a partire dal periodo di imposta 2011, gli studi di settore sono tornati ad essere al centro delle misure antievasione per le piccole/medie attività di impresa e di lavoro autonomo e, contestualmente, si sono fortemente ampliate le possibilità di rettifica delle dichiarazioni da parte degli uffici tributari, che possono così, per legge, disattendere le risultanze delle scritture contabili non solo quando la loro veridicità è messa in dubbio da contraddizioni ed inesattezze inerenti alla contabilità, ma anche quando i dati della dichiarazione non risultino congrui con quelli ricavati dagli studi di settore;
    per la legislazione, gli studi di settore, secondo il ricorso ad un criterio dimensionale, si applicano a tutte le imprese fino al limite superiore di ricavi dichiarati di 5.164.569 euro annui, esclusi quelli di natura finanziaria, mentre non si applicano ai contribuenti in regime forfettario e sostitutivo (e cioè piccole imprese esercenti attività soggette agli studi di settore, ma che hanno ricavi inferiori ai limiti minimi per la loro applicazione);
    la legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), nell'ambito di un rinnovato rapporto di collaborazione tra fisco e contribuenti, consente all'amministrazione finanziaria di poter incrociare i dati di 128 banche dati pubbliche al fine di verificare eventuali anomalie tra spese effettuate e reddito dichiarato. La stessa legge ha previsto un regime agevolato per alcuni esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale, attraverso un regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un'unica imposta in sostituzione di quelle dovute, prevedendo, al contempo, un regime contributivo opzionale attraverso la soppressione del versamento dei contributi sul minimale di reddito;
    tale nuovo assetto, che di fatto ha determinato la soppressione di tutti i previgenti regimi di favore (regime fiscale di vantaggio, disciplina delle nuove iniziative produttive e regime contabile agevolato), opera automaticamente al ricorrere di precisi requisiti (l'aver sostenuto spese per lavoro dipendente, accessorio e per collaboratori non superiori a 5 mila euro lordi e l'essersi avvalsi di beni strumentali, anche a titolo di locazione, noleggio o leasing, il cui costo a fine anno non superi i 20 mila euro), prevedendo, inoltre, l'esclusione dell'applicazione degli studi di settore;
    infatti, sul fronte delle misure di esonero, ad esempio cosiddetto regime dei minimi, prima dell'entrata in vigore dei sopradetti nuovi regimi agevolativi introdotti dalla legge di stabilità 2015, prevedeva l'esonero dall'applicazione degli studi di settore in fase di avvio dell'impresa o di apertura della partita iva (start-up), così come, a partire dal periodo d'imposta per il 2012, l'amministrazione finanziaria, tenendo conto dei minori compensi percepiti dai lavoratori autonomi nei primi anni di attività professionale, applica agli studi di settore dei correttivi, prevedendo parametri di coerenza economica in grado di rappresentare meglio la situazione di inizio carriera ed uno sconto maggiore nei primi due anni di attività e che si riduce ogni due anni fino al limite dei sei anni;
    da tale breve disamina dei regimi emerge che molte piccole e medie imprese, che per requisiti reddituali o di spesa per beni strumentali si posizionano per poco al di sopra del limite minimo reddituale imposto dalla legislazione attuale ai fini dell'esonero dell'applicazione alle stesse degli studi di settore, nonostante gli attuali avversi fattori economici di contesto (crisi del mercato produttivo, credit crunch, calo delle commesse e altro) che rendono sempre più difficile la sopravvivenza sul mercato e nonostante rappresentino, con una diffusione territoriale che garantisce uno sviluppo geografico equilibrato, la spina dorsale del tessuto produttivo italiano, vengono penalizzate da una politica di accertamento fiscale che le sottomette a parametri di congruenza superati o poco rappresentativi della realtà imprenditoriale delle stesse;
    peraltro, gli studi di settore, escludendo di fatto dagli accertamenti i soggetti congrui, determinano uno stato di evasione legalizzata per molti contribuenti, la cui capacità reddituale eccede significativamente quella prevista, senza che esista alcuna necessità di renderla nota,

impegna il Governo:

   a ricorrere agli studi di settore impiegandoli esclusivamente quale strumento di selezione per l'ulteriore attività di controllo piuttosto che quale mero strumento accertativo;
   a recuperare risorse immediate dalla lotta all'evasione, anche al fine di dare risposte e segnali tangibili alla sempre più diffusa e pressante esigenza di legalità ed equità, colpendo i veri evasori, migliorando la qualità dell'attività di accertamento e la scelta adeguata del tipo di controllo, fattori che, sinergicamente combinati, devono portare ad una riduzione del tax gap, attraverso l'emersione di una maggiore base imponibile;
   a proseguire sul cammino già tracciato dalla cosiddetta delega fiscale al fine di aumentare la compliance fiscale e generare nei contribuenti la percezione della correttezza e proporzionalità dell'azione di controllo, con misure normative che, superando i metodi di accertamento induttivo e presuntivo, come gli studi di settore, incoraggino la regolarizzazione tributaria spontanea delle piccole e medie imprese, ma senza addossare alle stesse gli oneri connessi all'accertamento;
   ad assumere iniziative per ampliare la fascia di esclusione dagli studi di settore nei primi 3 anni di attività rispetto a quella attualmente prevista dal regime dei minimi, intervenendo in particolar modo sui parametri relativi ad investimenti e spese per il personale;
   ad assumere iniziative per introdurre per le piccole e medie imprese forme di tassazione diversificata delle loro attività e di componenti rappresentative delle varie fasi del ciclo produttivo.
(1-00714) «Paglia, Scotto, Melilla, Marcon, Ricciatti, Ferrara».


   La Camera,
   premesso che:
    la disciplina degli studi di settore è stata introdotta nell'ordinamento dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
    nello specifico, gli studi di settore, elaborati mediante analisi economiche e tecniche statistico-matematiche, sono uno strumento utilizzato per determinare il ricavo o il compenso che con la massima probabilità può attribuirsi a un contribuente – impresa o professionista – in funzione di dati contabili ed extracontabili che, unitamente ad alcuni fattori esterni quali la territorialità e la congiuntura economica, ne caratterizzano l'attività produttiva;
    tale istituto identifica, dunque, sia una procedura di calcolo che una procedura di ausilio per l'accertamento che l'Agenzia delle entrate utilizza per stimare i ricavi o i compensi presunti dall'attività di ogni singola impresa o professionista;
    l'elaborazione degli studi di settore, al pari del redditometro, si originano, quindi, dal presupposto che, se il contribuente sostiene un certo ammontare di costi, deve aver realizzato un conseguente ammontare di ricavi e/o compensi che consentano la possibilità di sostenere quei determinati costi. Tuttavia, è fatto notorio che i sistemi di quantificazione statistica o forfetari dei ricavi o del reddito, quando si applicano ad un insieme generalizzato di soggetti, non possono essere concretamente attendibili;
    ne consegue che l'applicazione dell'istituto in questione ha generato una serie di criticità ed anomalie a discapito del contribuente, poiché risulta una procedura il cui risultato rappresenta una presunzione relativa che può essere posta a base di avvisi di accertamento fiscale, in assenza da parte dell'Agenzia delle entrate di specifiche motivazioni in ordine ai risultati ottenuti;
    addirittura, autorevole dottrina ha evidenziato il rischio di esporre il contribuente a tassazione su un dato reddituale immaginario, soprattutto, nel caso in cui non sia in grado di fornire adeguata prova contraria alla quantificazione effettuata sulla base delle risultanze regolamentari;
    la forte rigidità applicativa che ha caratterizzato gli studi di settore, determinata dalla convinzione di assoluta coincidenza tra i ricavi risultanti dall'applicazione dello studio e la capacità reddituale del singolo contribuente, ha generato un'accesa controversia tra gli operatori economici e l'Agenzia delle entrate;
    infatti, soprattutto nell'attuale periodo di crisi, la tendenza degli uffici fiscali a standardizzare il reddito d'impresa è stata avvertita come indebita in modo particolare laddove la stima dei ricavi risulti effettuata prescindendo dalla reale situazione del mercato in cui i singoli contribuenti operano;
    per la determinazione della «congruità» dei ricavi, agli studi di settore vengono attualmente applicati dei correttivi anticrisi, tuttavia, anch'essi ovviamente si basano su dati statistici. Pertanto, un risultato già da «verificare» viene modificato da correttivi medi di categoria, che dovrebbero tenere conto di una situazione in costante evoluzione e di ulteriori variabili (il settore, la zona territoriale e altro), difficilmente analizzabili su base statistica. Ciò rende il conteggio ancora meno significativo e attendibile;
    la stessa Corte di cassazione ha dichiarato che la procedura di accertamento standardizzato mediante l'applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, pertanto, è evidente che l'applicazione degli studi di settore si scontra con la necessità di cautela che è funzionale ad evitare il rischio che le procedure di accertamento fiscale si risolvano in un'attività sommaria, i cui risultati siano avulsi dal contesto fattuale;
    in particolare, sull'insufficienza e la non attendibilità degli studi di settore, la Corte di cassazione si è espressa con la sentenza n. 15633 del 2014 in cui si mette in rilievo l'illegittimità dell'avviso di accertamento da studi di settore fondato sulla mera difformità tra quanto dichiarato e le medie del settore, poiché necessita del riscontro di ulteriori prove;
    la Corte dei conti, nella delibera 25 luglio 2012, n. 9, ha posto l'attenzione sugli effetti negativi degli studi di settore e l'evoluzione verso forme di «catastizzazione» dei redditi, nonché sulle difficoltà di applicazione di tale procedura agli studi professionali, poiché rispetto agli stessi non è ritenuta efficace l'applicazione di un sistema di accertamento standardizzato;
    ma vi è di più, poiché l'utilizzo di tale strumento ai fini dell'accertamento appare addirittura incostituzionale, considerando che l'articolo 53 della Costituzione stabilisce che tutti i cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, pertanto, nel quadro dei valori costituzionali, risulta evidente come il riferimento sia fatto alla capacità contributiva personale ed effettiva e non ad una capacità contributiva ipotetica o presunta per legge;
    sicché, trattandosi di un mero strumento presuntivo di accertamento e di determinazione dei ricavi, si ritiene necessario adottare urgenti provvedimenti affinché l'istituto in questione venga regolamentato, prevedendone l'utilizzo, esclusivamente, ai fini di selezione dei contribuenti da assoggettare ad attività di controllo fiscale;
    del resto, è la stessa Agenzia delle entrate che nella circolare n. 25/E/2014 sul contrasto all'evasione evidenzia «la necessità che i dati presenti negli studi di settore vengano sempre maggiormente impiegati quale strumento di selezione per l'ulteriore attività di controllo, piuttosto che quale mero strumento accertativo»;
    detto intervento si ritiene necessario per attuare una corretta e seria politica fiscale che consenta l'applicazione del principio di equità nei confronti di tutti i contribuenti, che devono essere sottoposti ad un carico fiscale proporzionato ai propri redditi,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a regolamentare gli studi di settore, affinché ne venga previsto un utilizzo come mero parametro statistico di analisi per selezionare i contribuenti da assoggettare ad attività di controllo fiscale e, di conseguenza, ne sia esclusa l'applicazione quale strumento per stabilire automaticamente l'adeguatezza delle dichiarazioni dei redditi.
(1-00726) «Rizzetto, Barbanti, Rostellato, Mucci, Baldassarre, Artini, Prodani, Segoni, Turco, Bechis».


   La Camera,
   premesso che:
    la disciplina degli studi di settore è stata introdotta nell'ordinamento dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
    nello specifico, gli studi di settore, elaborati mediante analisi economiche e tecniche statistico-matematiche, sono uno strumento utilizzato per determinare il ricavo o il compenso che con la massima probabilità può attribuirsi a un contribuente – impresa o professionista – in funzione di dati contabili ed extracontabili che, unitamente ad alcuni fattori esterni quali la territorialità e la congiuntura economica, ne caratterizzano l'attività produttiva;
    tale istituto identifica, dunque, sia una procedura di calcolo che una procedura di ausilio per l'accertamento che l'Agenzia delle entrate utilizza per stimare i ricavi o i compensi presunti dall'attività di ogni singola impresa o professionista;
    l'elaborazione degli studi di settore, al pari del redditometro, si originano, quindi, dal presupposto che, se il contribuente sostiene un certo ammontare di costi, deve aver realizzato un conseguente ammontare di ricavi e/o compensi che consentano la possibilità di sostenere quei determinati costi. Tuttavia, è fatto notorio che i sistemi di quantificazione statistica o forfetari dei ricavi o del reddito, quando si applicano ad un insieme generalizzato di soggetti, non possono essere concretamente attendibili;
    ne consegue che l'applicazione dell'istituto in questione ha generato una serie di criticità ed anomalie a discapito del contribuente, poiché risulta una procedura il cui risultato rappresenta una presunzione relativa che può essere posta a base di avvisi di accertamento fiscale, in assenza da parte dell'Agenzia delle entrate di specifiche motivazioni in ordine ai risultati ottenuti;
    addirittura, autorevole dottrina ha evidenziato il rischio di esporre il contribuente a tassazione su un dato reddituale immaginario, soprattutto, nel caso in cui non sia in grado di fornire adeguata prova contraria alla quantificazione effettuata sulla base delle risultanze regolamentari;
    la forte rigidità applicativa che ha caratterizzato gli studi di settore, determinata dalla convinzione di assoluta coincidenza tra i ricavi risultanti dall'applicazione dello studio e la capacità reddituale del singolo contribuente, ha generato un'accesa controversia tra gli operatori economici e l'Agenzia delle entrate;
    infatti, soprattutto nell'attuale periodo di crisi, la tendenza degli uffici fiscali a standardizzare il reddito d'impresa è stata avvertita come indebita in modo particolare laddove la stima dei ricavi risulti effettuata prescindendo dalla reale situazione del mercato in cui i singoli contribuenti operano;
    per la determinazione della «congruità» dei ricavi, agli studi di settore vengono attualmente applicati dei correttivi anticrisi, tuttavia, anch'essi ovviamente si basano su dati statistici. Pertanto, un risultato già da «verificare» viene modificato da correttivi medi di categoria, che dovrebbero tenere conto di una situazione in costante evoluzione e di ulteriori variabili (il settore, la zona territoriale e altro), difficilmente analizzabili su base statistica. Ciò rende il conteggio ancora meno significativo e attendibile;
    la stessa Corte di cassazione ha dichiarato che la procedura di accertamento standardizzato mediante l'applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, pertanto, è evidente che l'applicazione degli studi di settore si scontra con la necessità di cautela che è funzionale ad evitare il rischio che le procedure di accertamento fiscale si risolvano in un'attività sommaria, i cui risultati siano avulsi dal contesto fattuale;
    in particolare, sull'insufficienza e la non attendibilità degli studi di settore, la Corte di cassazione si è espressa con la sentenza n. 15633 del 2014 in cui si mette in rilievo l'illegittimità dell'avviso di accertamento da studi di settore fondato sulla mera difformità tra quanto dichiarato e le medie del settore, poiché necessita del riscontro di ulteriori prove;
    la Corte dei conti, nella delibera 25 luglio 2012, n. 9, ha posto l'attenzione sugli effetti negativi degli studi di settore e l'evoluzione verso forme di «catastizzazione» dei redditi, nonché sulle difficoltà di applicazione di tale procedura agli studi professionali, poiché rispetto agli stessi non è ritenuta efficace l'applicazione di un sistema di accertamento standardizzato;
    ma vi è di più, poiché l'utilizzo di tale strumento ai fini dell'accertamento appare addirittura incostituzionale, considerando che l'articolo 53 della Costituzione stabilisce che tutti i cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, pertanto, nel quadro dei valori costituzionali, risulta evidente come il riferimento sia fatto alla capacità contributiva personale ed effettiva e non ad una capacità contributiva ipotetica o presunta per legge;
    sicché, trattandosi di un mero strumento presuntivo di accertamento e di determinazione dei ricavi, si ritiene necessario adottare urgenti provvedimenti affinché l'istituto in questione venga regolamentato, prevedendone l'utilizzo, esclusivamente, ai fini di selezione dei contribuenti da assoggettare ad attività di controllo fiscale;
    del resto, è la stessa Agenzia delle entrate che nella circolare n. 25/E/2014 sul contrasto all'evasione evidenzia «la necessità che i dati presenti negli studi di settore vengano sempre maggiormente impiegati quale strumento di selezione per l'ulteriore attività di controllo, piuttosto che quale mero strumento accertativo»;
    detto intervento si ritiene necessario per attuare una corretta e seria politica fiscale che consenta l'applicazione del principio di equità nei confronti di tutti i contribuenti, che devono essere sottoposti ad un carico fiscale proporzionato ai propri redditi,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a regolamentare gli studi di settore, affinché ne venga previsto un utilizzo come strumento di analisi per selezionare i contribuenti da assoggettare ad attività di controllo fiscale e, di conseguenza, ne sia esclusa l'applicazione quale strumento per stabilire automaticamente l'adeguatezza delle dichiarazioni dei redditi.
(1-00726)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Rizzetto, Barbanti, Rostellato, Mucci, Baldassarre, Artini, Prodani, Segoni, Turco, Bechis».


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di pressione fiscale in Italia è insostenibile per qualsiasi sistema produttivo ed incide pesantemente sulle imprese e sulla capacità di queste di creare valore aggiunto e occupazione;
    l'incidenza della tassazione sui profitti raggiunge una percentuale di oltre il sessanta per cento, attestandosi circa venti punti percentuali ai di sopra della media europea, a detrimento sia della competitività sui mercati internazionali, sia delle capacità di effettuare investimenti innovativi ed assunzioni di personale;
    inoltre, nell'arco degli ultimi decenni, si è generato un sistema tributario complicato da capire e da gestire e, pertanto, estremamente costoso per le imprese, le quali, secondo le stime del dipartimento della funzione pubblica, sopportano un costo per gli oneri amministrativi di circa trenta miliardi di euro l'anno, settemila euro circa ad azienda;
    con il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono stati introdotti in Italia gli studi di settore, uno strumento che il fisco italiano utilizza per l'accertamento induttivo degli esercenti arti e professioni e imprese, attraverso la raccolta sistematica dei dati che caratterizzano l'attività e il contesto economico in cui opera l'impresa, allo scopo di valutare la sua capacità reale di produrre reddito;
    gli studi di settore sono costruiti secondo un procedimento statistico che viene verificato e approvato, prima dell'entrata in vigore, dalla cosiddetta commissione degli esperti, un organismo formato da rappresentanti dell'Agenzia delle entrate e del Ministero dell'economia e delle finanze e delle organizzazioni di categoria, secondo un procedimento che si articola essenzialmente nelle fasi di raccolta di elementi quantitativi e qualitativi su una determinata attività, l'individuazione di modalità omogenee di svolgimento della stessa e la determinazione dei ricavi presunti dell'attività;
    fotografando il giro d'affari presumibile di commercianti, artigiani e professionisti, gli studi di settore ne stabiliscono di fatto l'imponibile e questo li ha resi particolarmente invisi alle categorie interessate, soprattutto nell'attuale congiuntura economica sfavorevole, perché non tengono conto della riduzione degli introiti, spingendo gli imprenditori a chiederne una revisione che possa conteggiare gli effetti della crisi;
    l'aspetto maggiormente criticato degli studi di settore è che obbligano chi guadagna poco a dichiarare di più, mentre consentono a chi guadagna tanto di dichiarare di meno, configurandosi, di fatto, come una sorta di condono fiscale mascherato permanente;
    il meccanismo applicato negli studi, infatti, stabilendo a priori un ricavo «congruo» per ogni tipo di attività e inducendo ogni contribuente ad adeguare le dichiarazioni dei redditi a quella cifra, pena controlli fiscali induttivi in cui l'onere della prova è rovesciato, costringono giocoforza chi ha guadagnato meno a dichiarare di più e, al tempo stesso, forniscono l'assoluzione per chi, pur avendo guadagnato di più, dichiarando un reddito «congruo» alle stime dello studio di settore, si vede escludere dalle liste dei contribuenti a controllo;
    se gli studi di settore, da quando sono stati istituiti, hanno generato un aumento del gettito fiscale, questo è dovuto quindi a un sistema ferocemente regressivo, nel quale i poveri pagano più dei ricchi, secondo un meccanismo assolutamente dannoso in particolare in un periodo di crisi economica;
    in tale sistema, quindi, il contribuente onesto si trova a dover combattere contro un complicatissimo meccanismo giuridico che si basa su presunzioni difficilmente contestabili, e tale problema è destinato a restare irrisolto finché si vorrà giustificare l'applicabilità degli studi di settore ai singoli casi concreti, usando, quindi, metodi cosiddetti «standardizzati» o di «massa» per facilitare accertamenti fiscali a tavolino, evitando di svolgere idonee indagini e verifiche fiscali specifiche ed inerenti ai singoli casi;
    le imprese sottoposte agli studi di settore si trovano non infrequentemente nella paradossale situazione di dover licenziare perché in caso contrario non risulterebbero coerenti con gli studi;
    la riunione della cosiddetta commissione degli esperti degli studi di settore, riunitasi in data 10 dicembre 2014 per approvare la revisione dei 68 studi di settore a valere con riferimento al periodo di imposta 2014, ha rilevato molteplici e specifiche criticità in merito agli stessi e ha sollevato diversi problemi in ordine al ruolo e finalità, nonché ai meccanismi di evoluzione e/o revisione di tale strumento;
    in particolare, la riproposizione di indicatori di coerenza estremamente selettivi su tutti gli studi oggetto di revisione sono stati ritenuti dalle associazioni delle imprese e degli ordini professionali non idonei a rappresentare le realtà situazione dei soggetti, soprattutto in un contesto economico nel quale la crisi incide profondamente rendendo anti-economiche (e quindi non coerenti) le scelte aziendali finalizzate a mantenere gli investimenti in beni strumentali e il capitale umano a scapito della marginalità dell'impresa;
    nello specifico, seppur valutando positivamente la rimodulazione del vecchio indicatore di «valore aggiunto per addetto» attraverso la sua suddivisione nei due distinti indicatori «valore aggiunto per addetto» (applicabile però alle sole imprese con dipendenti) e di «margine per addetto non dipendente» (applicabile alle sole imprese senza dipendenti), sono emerse comunque criticità relative a tali indicatori, come ad esempio, per il primo, che considera tra gli addetti anche gli apprendisti la cui produttività è molto relativa e, per il secondo, che si tratta di fatto di un reddito minimo che non tiene conto del contesto economico di riferimento, dell'età dell'imprenditore, della territorialità ed altri fattori;
    un'ulteriore criticità segnalata per tutti gli studi di settore riguarda la riproposizione dell'indice di «copertura dei costo dei beni di terzi e degli ammortamenti» che, presumendo un unico valore di riferimento uguale per tutte le imprese a prescindere dal contesto economico, dalla crisi del settore, dal grado di rigidità strutturale e dalla territorialità in cui opera l'impresa, determina forti anomalie sotto il profilo della coerenza e, se anche è vero che tali indicatori non incidono nella stima dei ricavi, determinano però la qualificazione dei soggetti tra quelli non coerenti, e, quindi, esclusi da eventuali benefici del «sistema premiale»,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative necessarie per dare immediata e compiuta risposta alle criticità esposte in premessa, attivando il confronto richiesto dalle associazioni delle imprese e dagli ordini professionali;
   nelle more, ad assumere iniziative per provvedere all'immediata sospensione dell'applicazione degli studi di settore per l'anno 2015.
(1-00737) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    gli studi di settore, introdotti nell'ordinamento nazionale con l'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, costituiscono uno strumento che il fisco italiano utilizza per stimare il volume d'affari che può essere attribuito al contribuente;
    attraverso un metodo informatizzato e l'utilizzo di analisi economiche e tecniche statistico-matematiche, tali studi consentono di stimare i ricavi o i compensi presunti dell'attività di liberi professionisti, lavoratori autonomi e imprese; il procedimento statistico viene verificato prima dell'entrata in vigore, dalla commissione degli esperti (articolo 10, comma 7, della legge n. 146 del 1998), un organismo formato da rappresentanti dell'Agenzia delle entrate, del Ministero dell'economia e delle finanze, della Guardia di finanza, dell'Anci e delle organizzazioni di categoria;
    le stime, che individuano le relazioni esistenti tra le variabili strutturali e contabili delle imprese e dei lavoratori autonomi con riferimento al settore economico di appartenenza, ai processi produttivi utilizzati, all'organizzazione, ai prodotti e servizi oggetto dell'attività, alla localizzazione geografica e agli altri elementi significativi, risultano utili sia per l'amministrazione finanziaria, sia per il contribuente;
    il contribuente può, infatti, utilizzare gli studi di settore per verificare, in sede dichiarativa, il proprio posizionamento rispetto ai criteri di congruità e coerenza, rilevando rispettivamente: se i ricavi o i compensi dichiarati sono congrui rispetto a quelli stimati dallo studio, tenuto conto delle risultanze derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità economica, e se il suo comportamento risulta coerente rispetto ai valori di indicatori economici predeterminati per ciascuna attività;
    lo studio di settore è, quindi, da considerarsi uno strumento di ausilio per il contribuente in fase dichiarativa; egli può infatti decidere, in caso di incongruità, di uniformarsi al risultato dello studio di settore, oppure di discostarsene, avvalendosi di comprovate ragioni che ne legittimano la disapplicazione;
    l'amministrazione finanziaria utilizza gli studi di settore come strumento di supporto per compiere le attività di controllo e accertamento della regolarità delle dichiarazioni, attraverso la comparazione tra i ricavi o i compensi dichiarati e quelli direttamente desumibili dall'applicazione dei citati criteri; in particolare, fra gli indirizzi operativi individuati dall'Agenzia delle entrate nella circolare dell'agosto del 2014, rientra la necessità che i dati presenti negli studi di settore vengano sempre maggiormente impiegati quale strumento di selezione per l'ulteriore attività di controllo, piuttosto che quale mero strumento accertativo diretto;
    gli studi di settore costituiscono inoltre un'efficace forma di contrasto ai fenomeni di infedeltà dichiarativa nella fase di presentazione della dichiarazione dei redditi, poiché hanno indotto un prevedibile incremento dei comportamenti dichiarativi corretti e, indirettamente, quindi, della base imponibile e del relativo gettito fiscale;
    pur restando uno strumento utile in tema di prevenzione e contrasto dell'evasione, negli ultimi anni è stata tuttavia rilevata una perdita di efficacia degli studi di settore; in particolare, si è osservata una minore adeguatezza nella rappresentatività delle trasformazioni strutturali dell'economia italiana, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese;
    per migliorare il grado di attendibilità degli studi nella stima delle situazioni reddituali dei contribuenti, minimizzando gli effetti distorsivi in particolare determinati dalla congiuntura economica negativa che ha caratterizzato gli ultimi anni, il Ministero dell'economia e delle finanze è quindi intervenuto apportando correttivi «anticrisi», da ultimo con il decreto ministeriale del 2 maggio 2014;
    va altresì ricordato che, al fine di ridurre gli adempimenti fiscali e favorire i contribuenti di minore dimensione, nella legge di stabilità per il 2015 è prevista l'esenzione dagli studi di settore, nonché dalla presentazione della dichiarazione Irap, per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale che aderiscono al nuovo regime forfetario di determinazione del reddito;
    inoltre, per perseguire una maggiore efficacia in termini di compliance, dal 2015 è prevista una serie di norme volte al rafforzamento dei flussi informativi tra i contribuenti stessi e l'Agenzia delle entrate e alla modifica delle modalità, dei termini e delle agevolazioni connesse all'istituto del ravvedimento operoso,

impegna il Governo:

   a continuare nel percorso di rafforzamento della collaborazione tra fisco e contribuente, di semplificazione delle procedure e riduzione degli adempimenti, al fine di conseguire il massimo adempimento spontaneo, a tal fine dotando l'amministrazione finanziaria di strumenti conoscitivi adeguati a favorire l'emersione dell'effettiva capacità fiscale di ciascun contribuente già nel momento dell'adempimento tributario, come avviene nei sistemi tributari europei più evoluti;
   a valutare l'opportunità di procedere ad una revisione degli studi di settore per semplificarli, prevedendo la riduzione del loro numero, e per renderli più efficaci, attraverso una continua verifica ed eventuale modifica delle modalità di calcolo, che persegua la massimizzazione dell'attendibilità delle stime e, al contempo, garantisca la fedeltà dei dati dichiarati dai contribuenti.
(1-00751) «Scuvera, Benamati, Causi, Martella, Folino, Ginefra, Bargero, Montroni, Bonifazi, Capozzolo, Carbone, Carella, Colaninno, De Maria, Marco Di Maio, Marco Di Stefano, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gitti, Gutgeld, Lodolini, Moretto, Pastorino, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Sanga, Zoggia, Senaldi, Arlotti, Amoddio, Antezza».


MOZIONI RAMPELLI ED ALTRI N. 1-00666, KRONBICHLER ED ALTRI N. 1-00700, BORGHESI ED ALTRI N. 1-00701 E GALLINELLA ED ALTRI N. 1-00711 CONCERNENTI INIZIATIVE IN SEDE EUROPEA VOLTE A RICHIEDERE LE DIMISSIONI DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA JEAN-CLAUDE JUNCKER

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    la lotta all'evasione fiscale è uno degli impegni fondamentali nei quali è fortemente concentrata l'Italia al fine di perequare il sistema fiscale e tributario rispetto a cittadini, famiglie e imprese;
    le istituzioni europee hanno in varie circostanze richiamato il nostro Paese ad impegnarsi maggiormente nel contrasto all'evasione fiscale, indicando l'Italia come «maglia nera» dell'economia sommersa, che si attesterebbe su un valore complessivo di 180 miliardi di euro;
    nell'eurozona l'evasione fiscale costituisce uno dei principali problemi in quanto coinvolge numerosi Stati fondatori dell'Unione europea, quali la Germania (con 159 miliardi di euro), la Francia (con 121 miliardi di euro), la Gian Bretagna con (75 miliardi di euro) e la Spagna con (73 miliardi di euro);
    il fiscal compact che l'Italia, insieme agli altri Paesi dell'Unione europea, è tenuta a rispettare, ha un peso estremamente rilevante sui conti dello Stato italiano e delle famiglie;
    il fatto che il Governo non sia in grado di incassare le risorse fiscali e tributarie derivanti da attività illecite impedisce l'alleggerimento della pressione fiscale;
    Jean-Claude Juncker, eletto Presidente della Commissione europea il 1o novembre 2014, è stato Primo ministro del Lussemburgo per diciotto anni, dal 1995 al 2013;
    secondo un'inchiesta giornalistica realizzata dall’International consortium of investigative journalism e pubblicata, in questi giorni, il Governo del Lussemburgo avrebbe promosso accordi con trecento aziende in tutto il mondo, trentuno delle quali in Italia, per spostare flussi finanziari enormi pagando tasse minime;
    oltre a multinazionali quali Amazon, Ikea, Deutsche Bank, Procter&Gamble, Pepsi, Gazprom, sembrerebbero essere coinvolti anche Finmeccanica e alcuni istituti di credito italiani, quali Unicredit, Intesa San Paolo, Banca Marche e Banca Sella;
    i cronisti dell’International consortium of investigative journalism hanno scoperto un quadro inquietante dei rapporti tra enormi multinazionali e le autorità del Granducato;
    secondo quanto riporta l'Espresso, che ha avuto l'esclusiva per l'Italia, si tratta di «un'emorragia di fondi, perfettamente legale, che sottrae risorse dall'economia del resto dell'Ue»;
    secondo l'Espresso, dalle multinazionali alle banche, dalle imprese famigliari ai grandi marchi della moda, migliaia di società hanno trovato rifugio all'ombra del «fisco leggero» del Granducato, in un sistema cresciuto anche grazie al lungo Governo di Jean-Claude Juncker;
    per anni il Lussemburgo è stato fra i Paesi (ultimamente in tandem solo con l'Austria) che hanno rallentato e perfino «preso in ostaggio» la gran parte degli altri Stati membri sulla controversa tassazione delle rendite da risparmio dei cittadini non residenti, in stretta alleanza con i cinque Paesi terzi (Svizzera, Liechtenstein, Monaco, San Marino e Andorra) e ha rallentato la marcia verso lo scambio automatico delle informazioni fiscali tra amministrazioni, rimanendo aggrappato alla difesa sempre più indifendibile di parti sostanziali del segreto bancario;
    la prossima settimana in Australia si ritrovano i Capi di Stato e di Governo del G20 per certificare al massimo livello politico le proposte Ocse contro quella che, con un eufemismo, viene chiamata «ottimizzazione fiscale» per intraprendere procedure di trasparenza;
    l'Esecutivo europeo è per definizione il «guardiano» della regole e la fiducia nei suoi confronti deve essere totale, ed è a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo inaccettabile che sia presieduto da un personaggio coinvolto in fatti come quelli di cui in premessa,

impegna il Governo

ad attivarsi in sede europea per chiedere le immediate dimissioni del Presidente della Commissione europea in quanto non compatibile, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, con il ruolo di garante ed esecutore delle politiche di rigore fiscale e di lotta all'evasione ed elusione.
(1-00666) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    il Consorzio internazionale per il giornalismo investigativo ha condotto un'inchiesta il cui risultato dimostra che 340 aziende hanno spostato una parte delle loro sedi legali in Lussemburgo per quella pratica di «ottimizzazione fiscale» che sottintende l'utilizzo di metodi leciti o quasi per pagare meno tasse «senza contare fondi di investimento di quasi tremila miliardi di euro di attività nette, secondi solo agli Stati Uniti»;
    da questa inchiesta si evincono documenti ufficiali che dimostrano come il neopresidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, una delle più importanti cariche europee, nella sua passata vita politica cioè quando ricopriva l'incarico di Primo ministro del Lussemburgo, è stato responsabile di accordi segreti con grandi multinazionali che, grazie a queste intese, sono riuscite a sottrarre decine di miliardi di tasse ai Paesi dell'Unione europea in cui avrebbero dovuto pagarle;
    per Bloomberg, una delle più note multi-testate finanziarie del mondo, il popolo lussemburghese sarebbe divenuto uno dei più ricchi al mondo, secondo solo al Qatar, perché «regole di segreto bancario simili a quelle svizzere» e «meccanismi di elusione fiscale approvati dal governo» hanno contribuito a garantire un ingente afflusso di capitali. Gli accordi fiscali, descritti nei documenti trapelati, presumibilmente consentivano a multinazionali come Apple e Deutsche Bank, di ridurre i loro oneri fiscali sui profitti maturati in altri Paesi. Il risultato è che «le aliquote fiscali applicate erano minime». Di conseguenza, «si potrebbe dire che Juncker abbia reso ricco il proprio paese andando a borseggiare gli altri stati, inclusi, soprattutto, quelli dell'Unione europea che è ora chiamato a servire», ha rimarcato l'agenzia;
    l'Espresso in contemporanea con altre grandi testate europee come Bbc, The Guardian, Le Monde, Süddeutsche Zeitung, ha pubblicato i documenti riservati che dimostrano come il Lussemburgo di Juncker sia stato un invidiabile paradiso fiscale per tante imprese internazionali, comprese le italiane finora emerse. Vantaggi legittimi in quanto la legislazione europea consente la concorrenza fiscale tra un Paese e l'altro mentre vieta gli aiuti di Stato. E i «tax ruling» lussemburghesi potrebbero configurarsi come tali nei confronti di alcune aziende particolarmente beneficiate da una fiscalità generosa;
    tale passato comportamento di Jean-Claude Juncker è del tutto incompatibile con il ruolo assunto di Presidente della Commissione europea che necessita di una personalità autorevole e meritevole di fiducia da parte di tutti i cittadini dell'Unione europea danneggiati dalle politiche condotte durante il suo quasi ventennale incarico di Primo ministro lussemburghese;
    la permanenza nell'incarico di Presidente dell'Unione europea di Juncker non aiuta la causa europea, in quanto la sua posizione come capo dell'istituzione che sta indagando le pratiche fiscali da lui supervisionate quando era Primo ministro del Lussemburgo, è in evidente conflitto di interesse, e pertanto la credibilità delle istituzioni, se lasciasse l'incarico, se ne avvantaggerebbe,

impegna il Governo

a promuovere l'attivazione, in conformità alle disposizioni del Trattato dell'Unione europea, delle procedure volte alla cessazione dalla carica del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker per le ragioni esposte in premessa, valutando altresì l'ipotesi di promuovere nelle sedi competenti il ricorso alla Corte di giustizia dell'Unione europea in base all'articolo 247 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea per chiedere che il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker sia dichiarato dimissionario dalla carica ricoperta per incompatibilità con i requisiti richiesti per tale importante ruolo.
(1-00700) «Kronbichler, Pannarale, Scotto, Palazzotto, Paglia».


   La Camera,
   premesso che:
    dal novembre 2014 il neo Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker è al centro di uno scandalo definito LuxLeaks emerso a seguito di una inchiesta giornalistica internazionale condotta da un network americano, The International Consortium of Investigative Journalism (ICIJ), e pubblicata in esclusiva per l'Italia dal settimanale l'Espresso, dove emerge che il Granducato di Lussemburgo abbia stretto accordi fiscali, circa 550, a favore di oltre 340 società negli anni dal 2002 al 2010, garantendo aliquote fiscali più basse rispetto all'ordinario. Si parla di aliquote dell'1 per cento che porterebbero ad un risparmio fino a circa il 95 per cento delle imposte dovute nei paesi di origine;
    nel periodo in cui questi accordi sono stati approvati dall'autorità fiscale del Lussemburgo il Presidente Juncker ricopriva la carica di Primo ministro, carica che ha rivestito per ben 18 anni dal 1995 al 2013;
    l'accordo fiscale del quale si fa riferimento nell'inchiesta è il cosiddetto «tax ruling» ovvero quella pratica che permette di conoscere in anticipo il trattamento di questioni fiscali internazionali. In concreto sono delle lettere di intenti emesse da un Paese che forniscono ad una società chiarimenti sul modo in cui sarà calcolata l'imposta da pagare e ottenere garanzie giuridiche. Sulla base del tax ruling le multinazionali, con controllate in diversi Stati, scelgono la destinazione più vantaggiosa dell'imponibile;
    i tax ruling (trattamenti fiscali predefiniti), siglati in Lussemburgo da PriceWaterhouseCoopers (Pwc) – una delle «big four» mondiali della consulenza – sottolinea l'inchiesta, sono perfettamente legali quando questi sono utilizzati dagli Stati membri come strumento per attirare gli investimenti delle imprese, ma se vengono usati a danno della libera concorrenza possono essere considerati aiuti di Stato illegali;
    gli Stati membri, nell'ambito della libera concorrenza nel mercato interno, possono intervenire mediante risorse statali per promuovere alcune attività economiche o proteggere alcune industrie nazionali, questi sono chiamati aiuti di Stato che però, in alcuni casi, possono falsare la concorrenza. Gli aiuti di Stato, infatti, sono vietati dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 107 TFUE), ma sono previste alcune deroghe che li autorizzano a patto che siano giustificati da obiettivi di comune interesse, ad esempio aiuti destinati a servizi di interesse economico generale, sempre che non alterino la concorrenza in misura contraria al comune interesse. Il controllo sugli aiuti di Stato è effettuato dalla Commissione europea e consiste nel valutare l'equilibrio tra gli effetti positivi e negativi degli aiuti;
    l'ex commissario alla concorrenza Joaquín Almunia aveva già aperto nei confronti del Lussemburgo due indagini una relativa ad Amazon e l'altra a Fiat Finance and Trade accusate di aver ottenuto aiuti di Stato illegali. Il neo commissario alla concorrenza Margrethe Vestager ha dichiarato che sulle due indagini aperte dal suo predecessore e sul caso LuxLeaks sarà presa una decisione entro la prossima primavera, in quanto allo stato attuale non si può ancora dire se i tax ruling in questione siano legali o meno e se quindi li si possa considerare aiuti di Stato illegali;
    il Granducato di Lussemburgo ha più holding che abitanti, conta infatti appena 550 mila abitanti. È un paese altamente ricco, basti pensare che il reddito pro capite è di circa 105 mila dollari, il più alto al mondo, quasi il triplo di quello italiano, e che deve il suo benessere alla tasse in quanto da più di 50 anni è meta preferita delle aziende alla ricerca di un trattamento fiscale di favore;
    il sistema fiscale lussemburghese funziona secondo un reciproco accordo dove le aziende spostano i loro flussi finanziari in cambio della possibilità di un trattamento tributario di eccezione. A farne le spese, però, sono i Paesi di origine delle società costretti a rinunciare al gettito sugli affari dirottati nel paradiso fiscale. Il sistema lussemburghese è molto più sofisticato ed efficiente degli altri paradisi fiscali, quali le Cayman, Panama o le Isole vergini britanniche, in quanto più aderente alle normative internazionali;
    dall'inchiesta dell'ICIJ emerge che secondo i dati Ocse, nel 2013 il Lussemburgo avrebbe ricevuto investimenti diretti esteri per 2.280 miliardi di dollari e che soltanto 122 siano andati all'economia reale, il resto si pensa siano soldi portati nel Granducato per sottrarli semplicemente al fisco dei Paesi in cui erano stati prodotti e che quindi sarebbero dovuti essere tassati;
    nonostante l'attuale legislazione europea consenta la concorrenza fiscale tra i Paesi membri è del tutto evidente che un simile sistema di difformità di regimi fiscali, che utilizzano tra l'altro la stessa moneta, sia una delle contraddizioni evidenti di questo tipo di Europa. Un'Europa dove i cittadini italiani che sono costretti a subire aumenti di tasse, riduzione del potere di acquisto dei salari ed una disoccupazione in costante ed inesorabile crescita, vedono le grandi multinazionali avere benefici fiscali smisurati a fronte di guadagni miliardari;
    paradosso del caso LuxLeaks è che il Presidente Juncker si trova ora nella situazione di un «conflitto di interessi» ricoprendo l'incarico di Presidente della Commissione europea e, quindi, come tale dover vigilare sul rispetto delle regole europee, e al tempo stesso essere stato l'artefice di un sistema fiscale, in qualità di Primo ministro del Lussemburgo e quindi direttamente responsabile delle politiche fiscali del suo Paese, che ha permesso a ben 343 aziende di togliere miliardi di euro di risorse economiche ai paesi di origine;
    il Presidente della Commissione europea Juncker ha rilasciato dichiarazioni nelle quali ha promesso di impegnarsi per l'armonizzazione dei regimi fiscali europei e continuare nella lotta all'evasione ed elusione fiscale nell'Unione europea. Dichiarazioni che ora sembrano alquanto stridenti con i fatti accaduti, ovvero di aver causato gravi squilibri e danni al mercato interno europeo;
    si attendono con fiducia le conclusioni delle indagini, conclusioni che l'attuale commissario alla Concorrenza ha promesso arriveranno entro il secondo trimestre di quest'anno, al fine di fare piena luce sul caso LuxLeaks. Sarebbe opportuno che nel frattempo il Presidente Juncker faccia un passo indietro e si faccia, quindi, giudicare da privato cittadino e possa così lasciare la guida della Commissione europea ad una figura seria e trasparente;
    a fine novembre 2014 il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, ha respinto una mozione di censura al Presidente Juncker a seguito dello scandalo LuxLeaks, sostenuta anche dalla Lega Nord. Con questo atto di indirizzo si vuole dare una seconda opportunità al Governo italiano di ritornare sui propri passi,

impegna il Governo

ad attivarsi in sede europea affinché si arrivi alle dimissioni del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che appare responsabile di politiche di elusione fiscale aggressiva, rimediando in questo modo a quello che i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono un clamoroso errore di valutazione, fatto in occasione della designazione del Presidente della Commissione europea, al fine di salvaguardare milioni di cittadini ed imprese europee che sono giornalmente danneggiati da questa Europa che risponde solo agli interessi delle banche e della finanza e non tiene in debita considerazione le loro istanze, permettendo così l'elezione di un nuovo Presidente garante e difensore dei diritti dei cittadini europei.
(1-00701) «Borghesi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    la lotta alla frode e all'evasione fiscale è una delle maggiori sfide dell'Unione europea in considerazione dell'ingente perdita di denaro derivante da tali illeciti che, non soltanto vanificano gli sforzi di risanamento dei bilanci nazionali, ma mettono in discussione il principio di equità e di uguaglianza dei cittadini;
    alcuni Stati membri dell'Unione europea, come il Granducato del Lussemburgo, predispongono sistemi fiscali che parrebbero agevolare l'evasione e l'elusione fiscale, causando una potenziale perdita di gettito fiscale pari a diversi miliardi di euro;
    da un'inchiesta giornalistica recente denominata LuxLeaks si apprende che l'attuale Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che per oltre 10 anni è stato primo Ministro del Granducato del Lussemburgo, abbia approvato numerosi accordi fiscali «speciali» con i quali il Granducato del Lussemburgo ha concesso ad oltre trecento aziende e multinazionali (tra cui Amazon, Ikea, Deutsche Bank, Procter&Gamble, Pepsi e Gazprom) un trattamento fiscale agevolato grazie alla cosiddetta tax ruling;
    altresì, dal giugno 2014, la Commissione europea indaga su presunti aiuti di Stato illegali sotto forma di accordi fiscali illeciti tra il Granducato del Lussemburgo e il gruppo Fiat e Amazon;
    le strutture fiscali sono predisposte da società legali e fiscali con sede in Lussemburgo e da grandi società di revisione e consulenza contabile come PricewaterhouseCoopers, Ernst & Young, Deloitte e KPMG. Si ricorda che le richiamate società sono state selezionate dalla Banca centrale europea per l’«Asset quality review» preposta a valutare la solidità delle maggiori banche europee;
    se per molto tempo tali accordi sono stati considerati pienamente legali, ancorché abbiano sottratto all'intera economia europea ingenti quantitativi di denaro, l'esecutivo comunitario ha recentemente chiesto l'apertura di un'inchiesta sulle intese tra il Paese del Benelux ed alcune società tra cui anche una italiana, ritenendo che tali accordi abbiano consentito a quest'ultime di pagare meno tasse di quanto avrebbero dovuto e precisando che, in tal caso, si sarebbero configurati aiuti di Stato incompatibili con le norme dell'Unione europea;
    è all'esame delle istituzioni europee la modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale, al fine, tra l'altro, di ampliare, in ambito europeo, l'ambito di applicazione dello scambio automatico d'informazioni sui dividendi, le plusvalenze e gli altri redditi a partire dal 2015, anno in cui tale obbligo sarà in vigore anche per redditi da lavoro, compensi per dirigenti, pensioni, assicurazioni sulla vita e proprietà e redditi immobiliari;
    è doveroso precisare che lo scambio automatico di informazioni è stato introdotto nella direttiva per la tassazione dei risparmi (2003/48/CE) ed è in vigore dal 2005, ma Austria e Lussemburgo hanno da sempre usufruito di un regime di deroga scegliendo di adottare una ritenuta d'acconto al 35 per cento invece dello scambio di informazioni e, altresì, hanno rallentato l'adozione di normative sulla tassazione delle rendite da risparmio dei cittadini non residenti;
    il 14 ottobre 2014 il Consiglio dei ministri delle finanze dell'Unione europea, nell'ambito dell'esame della sopradetta proposta, ha concesso, al Lussemburgo e all'Austria, una dilazione dei tempi entro i quali aderire allo scambio automatico di informazioni tra gli Stati membri. Per il Lussemburgo la deroga pare risultare a due anni, mentre per l'Austria è pari a tre anni. Allo scadere delle medesime dovrebbe venir meno l'attuale rigido segreto bancario che caratterizza i loro sistemi fiscali e finanziari;
    tale decisione contrasta con il rigido orientamento comunitario che impone misure di austerità sempre più gravose per i cittadini e pare invece evidenziare un'attitudine molto più conciliante nei confronti degli evasori fiscali e degli intermediari bancario-finanziari che spesso si adoperano per occultare al fisco consistenti patrimoni;
    le motivazioni di tale atteggiamento dilatorio nei confronti di due Stati membri dell'Unione europea suscitano più di un dubbio in merito alla possibilità che alcuni Governi, attraverso l'avallo di una posizione estremamente conciliante, finiscano di fatto per favorire il sussistere di paradisi fiscali e la costituzione di «fondi neri» da utilizzare per gli scopi più disparati;
    sembra del tutto inopportuno, sia sul piano politico che sul piano morale, che il responsabile dei sopraddetti accordi fiscali ricopra, oggi, il ruolo di Presidente della Commissione europea, anche in relazione alle stesse competenze che dovrà svolgere la Commissione europea;
    durante il mandato da Primo ministro Juncker ha reso il Granducato del Lussemburgo un’«oasi» finanziaria e fiscale per almeno 340 grandi società internazionali e di fondi d'investimento con almeno 3.000 miliardi di attivi netti, secondo solo agli Stati Uniti, e facendo della sua popolazione la più ricca dopo il Qatar;
    di recente gli accordi bilaterali tra Italia e Lussemburgo consentirà a quest'ultimo di confluire nella White list, «assicurando» un maggior scambio di informazioni fiscali tra i due Paesi. Tale accordo, al pari di altri già sottoscritti, non saranno da soli sufficienti ad escludere ogni possibile forma di evasione ed elusione fiscale internazionale, tanto è vero che Bloomberg ha dichiarato che attraverso complesse procedure è possibile ridurre la tassazione per le aziende fino allo 0,25 per cento;
    in Italia la soglia di povertà ha raggiunto quasi 9 milioni di italiani e nel 2014 sono fallite circa 111 mila aziende;
    le aziende italiane sono subordinate ad una pressione fiscale che arriva fino al 70 per cento e per tal motivo è comprensibile che gli accordi fiscali del Lussemburgo, le pratiche di elusione fiscale e l'assenza di una normativa europea che punisca seriamente ogni forma di abuso ed elusione fiscale renderanno il nostro Paese sempre meno competitivo nello scenario internazionale con ulteriori conseguenze negative in termini di prodotto interno lordo e disoccupazione,

impegna il Governo

ad attivarsi nelle competenti sedi europee per richiedere le immediate dimissioni del Presidente della Commissione europea in quanto ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo non compatibile con il ruolo di garante dell'applicazione di politiche di rigore e di lotta all'evasione fiscale che costituiscono le priorità dell'Esecutivo da lui presieduto.
(1-00711) «Gallinella, Villarosa, Pesco, Alberti, Pisano, Barbanti, Cancelleri, Ruocco».