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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 5 novembre 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 5 novembre 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Catania, Cecconi, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Marotta, Merlo, Meta, Nicoletti, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scagliusi, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Tidei, Tofalo, Turco, Valentini, Velo, Vignali, Vitelli, Vito, Zanetti, Zolezzi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Catania, Cecconi, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Marotta, Merlo, Meta, Nicoletti, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scagliusi, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Tidei, Tofalo, Turco, Valeria Valente, Valentini, Velo, Vignali, Vitelli, Vito, Zanetti, Zolezzi.

(Alla ripresa notturna della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Basilio, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Catania, Cecconi, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Duranti, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Marotta, Merlo, Meta, Nicoletti, Orlando, Pes, Piras, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scagliusi, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Tidei, Tofalo, Turco, Valeria Valente, Valentini, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Vitelli, Vito, Zanetti, Zolezzi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 4 novembre 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   SCOTTO ed altri: «Norme per l'inclusione della conoscenza e dell'addestramento all'uso delle risorse della nonviolenza nell'ambito dei percorsi didattici per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento del personale delle Forze di polizia» (2698);
   MOLEA ed altri: «Disposizioni per favorire il superamento delle barriere architettoniche nei porti destinati alla nautica da diporto e per la realizzazione di attracchi riservati alle persone disabili» (2699);
   LAVAGNO ed altri: «Modifica all'articolo 683 del codice di procedura penale, in materia di richiesta di riabilitazione» (2700);
   RAMPELLI: «Istituzione del Parco nazionale dell'Appia Antica» (2701);
   CASTIELLO: «Norme per la tracciabilità dei prodotti italiani e per il contrasto della contraffazione» (2702);
   BOCCIA: «Modifica all'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto» (2703);
   BOCCIA: «Modifica alla legge 27 dicembre 2006, n. 296, in materia di liquidazione del trattamento di fine rapporto» (2704).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissioni dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettere del 31 ottobre 2014, ha trasmesso tre note relative all'attuazione data agli ordini del giorno LOCATELLI ed altri n. 9/2498-A/2, concernente la riforma della disciplina generale sulla cooperazione internazionale, con particolare riferimento alle politiche per l'eguaglianza di genere e contro la violenza sulle donne e sui minori, SANTERINI n. 9/2498-A/5, riguardante la valorizzazione delle attività di cooperazione svolte dagli enti autorizzati per le adozioni internazionali, CHAOUKI n. 9/2498-A/15, sull'inserimento nella programmazione triennale per le attività della cooperazione allo sviluppo del tema dell'istruzione delle minori e delle questioni oggetto dell'Expo di Milano 2015, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 17 luglio 2014.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha altresì trasmesso quattro note relative all'attuazione data all'ordine del giorno DI LELLO ed altri n. 9/2498-A/3, riguardante l'opportunità di considerare le organizzazioni impegnate nel sostegno a distanza come soggetti e strumenti di cooperazione internazionale, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 17 luglio 2014 e, per la parte di propria competenza, agli ordini del giorno ALLI ed altri n. 9/2498-A/1, concernente il coinvolgimento di soggetti finanziari privati nella gestione del fondo rotativo per la cooperazione affidato alla Cassa depositi e prestiti, PICCHI n. 9/2498-A/6, riguardante l'opportunità di sottoporre la designazione del direttore dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo al parere obbligatorio delle Commissioni parlamentari competenti, e QUARTAPELLE PROCOPIO n. 9/2498-A/14, sui criteri di selezione del personale dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, accolti dal Governo sempre nella seduta dell'Assemblea del 17 luglio 2014.

  Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

   La Commissione europea, in data 4 novembre 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce, per il 2015, le possibilità di pesca per alcuni stock ittici o gruppi di stock ittici, applicabili nelle acque dell'Unione e, per le navi dell'Unione, in determinate acque non dell'Unione e che abroga il regolamento (UE) n. 779/2014 del Consiglio (COM(2014) 670 final), corredata dai relativi allegati (COM(2014) 670 final – Annex 1 part 1 e part 2 e Annexes 2 to 8), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, e all'applicazione provvisoria del protocollo che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall'accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e la Repubblica del Madagascar (COM(2014) 682 final), corredata dal relativo allegato (COM(2014) 682 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione del protocollo che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall'accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e la Repubblica del Madagascar (COM(2014) 683 final), corredata dai relativi allegati (COM(2014) 683 final – Annex 1 e Annex 2), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla ripartizione delle possibilità di pesca a norma del protocollo che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall'accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e la Repubblica del Madagascar (COM(2014) 684 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, con comunicazione in data 4 novembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla proposta di decisione del Consiglio relativa al regime dei «dazi di mare» nelle regioni ultraperiferiche francesi (COM(2014) 666 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento.

Trasmissione dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

  La Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera n), della legge 12 giugno 1990, n. 146, copia delle delibere adottate dalla Commissione nel mese di ottobre 2014.
  Questa documentazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1612 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 12 SETTEMBRE 2014, N. 132, RECANTE MISURE URGENTI DI DEGIURISDIZIONALIZZAZIONE ED ALTRI INTERVENTI PER LA DEFINIZIONE DELL'ARRETRATO IN MATERIA DI PROCESSO CIVILE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2681)

A.C. 2681 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame sono previste misure per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile;
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale nell'amministrazione della giustizia;
    ad oggi sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari;
    la magistratura onoraria, se opportunamente disciplinata, potrebbe essere il volano di un nuovo andamento dell'amministrazione della giustizia, avvicinando la giustizia ai cittadini e assicurando la celerità del servizio, in attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo;
    in media, infatti, un processo dinanzi al Giudice di Pace dura 1 anno, mentre un processo dinanzi al Tribunale dura quasi 4 anni;
    è dunque auspicabile ed urgente un intervento in materia di giudici onorari, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 106, secondo comma, della Costituzione;
    l'aumento delle competenze civili del Giudice di Pace sgraverebbe i Tribunali degli attuali carichi di lavoro, consentendo la rapida definizione dei procedimenti e dei processi loro affidati;
    a tale aumento di competenze, che comporterebbe maggiori responsabilità ed impegni di lavoro del giudice di pace, è necessario facciano seguito misure atte a garantire la professionalità e terzietà dei giudice, e quindi la previsione della rinnovabilità dei mandati sino al raggiungimento del limite di età, con rigorosi controlli di professionalità, nonché garanzie su di un equo trattamento retributivo e previdenziale del giudice di pace,

impegna il Governo

ad adottare urgentemente misure che sgravino i Tribunali degli attuali carichi di lavoro mediante un aumento delle competenze civili del Giudice di Pace.
9/2681/1Daniele Farina, Scotto, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame sono previste misure per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile;
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale nell'amministrazione della giustizia;
    ad oggi sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari;
    la magistratura onoraria, se opportunamente disciplinata, potrebbe essere il volano di un nuovo andamento dell'amministrazione della giustizia, avvicinando la giustizia ai cittadini e assicurando la celerità del servizio, in attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo;
    in media, infatti, un processo dinanzi al Giudice di Pace dura 1 anno, mentre un processo dinanzi al Tribunale dura quasi 4 anni;
    è dunque auspicabile ed urgente un intervento in materia di giudici onorari, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 106, secondo comma, della Costituzione;
    l'aumento delle competenze civili del Giudice di Pace sgraverebbe i Tribunali degli attuali carichi di lavoro, consentendo la rapida definizione dei procedimenti e dei processi loro affidati;
    a tale aumento di competenze, che comporterebbe maggiori responsabilità ed impegni di lavoro del giudice di pace, è necessario facciano seguito misure atte a garantire la professionalità e terzietà dei giudice, e quindi la previsione della rinnovabilità dei mandati sino al raggiungimento del limite di età, con rigorosi controlli di professionalità, nonché garanzie su di un equo trattamento retributivo e previdenziale del giudice di pace,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure che sgravino i tribunali dagli attuali carichi di lavoro mediante l'aumento delle competenze civili dei giudici onorari, nell'ambito di una organica riforma della magistratura onoraria, ferma restando la natura onoraria e temporanea dell'incarico a norma dell'articolo 106 della Costituzione.
9/2681/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Daniele Farina, Scotto, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame sono previste misure per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile;
    in particolare, tra le misure, all'articolo 1, si prevede la possibilità di trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria, nonché all'articolo 2, il nuovo istituto della cosiddetta «negoziazione assistita»;
    tali strumenti, che potenzialmente possono incidere in modo significativo sullo smaltimento dell'arretrato e sui tempi della giustizia, rischiano di non produrre gli effetti auspicati, in quanto rappresentano opzioni che si rivelerebbero maggiormente onerose per gli utenti della giustizia;
    il trasferimento dalla causa pendente (purché non ancora «assunta in decisione») alla sede arbitrale, strumento alternativo alla prosecuzione del giudizio, dovrebbe anche rappresentare una via «appetibile» per il soggetto privato, che dovrebbe preferirla, considerandola più conveniente, alle vie giudiziali;
    nella «negoziazione assistita», il singolo dovrebbe poter riconoscere una soluzione efficace e soprattutto conveniente rispetto all'instaurazione di un procedimento giurisdizionale: diversamente, infatti, l'esito «naturale» della tentata «composizione privata» della controversia sarà comunque l'incardinamento di un giudizio, cui semplicemente verrà a frapporsi un ulteriore «ostacolo» – costituito, appunto, da un obbligatorio, ma infruttuoso invito alla negoziazione – con duplicazione di costi e diluizione dei tempi;
    al fine di evitare che i costi, prima sopportati dalla amministrazione della giustizia, vengano in definitiva a gravare sul privato, e che dunque venga vanificata la funzione deflattiva riconnessa a tali nuovi strumenti, è assolutamente necessario prevedere che tali misure siano economicamente convenienti per i cittadini,

impegna il Governo

ad intervenire con urgenza a livello normativo prevedendo che tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento arbitrale, di cui al provvedimento in esame, nonché alla «negoziazione assistita», siano esenti dall'imposta di bollo, nonché da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura e che – con particolare riguardo al nuovo istituto della negoziazione assistita – il verbale di accordo sia esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro.
9/2681/2Sannicandro, Daniele Farina, Scotto.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame sono previste misure per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile;
    in particolare, tra le misure, all'articolo 1, si prevede la possibilità di trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria, nonché all'articolo 2, il nuovo istituto della cosiddetta «negoziazione assistita»;
    tali strumenti, che potenzialmente possono incidere in modo significativo sullo smaltimento dell'arretrato e sui tempi della giustizia, rischiano di non produrre gli effetti auspicati, in quanto rappresentano opzioni che si rivelerebbero maggiormente onerose per gli utenti della giustizia;
    il trasferimento dalla causa pendente (purché non ancora «assunta in decisione») alla sede arbitrale, strumento alternativo alla prosecuzione del giudizio, dovrebbe anche rappresentare una via «appetibile» per il soggetto privato, che dovrebbe preferirla, considerandola più conveniente, alle vie giudiziali;
    nella «negoziazione assistita», il singolo dovrebbe poter riconoscere una soluzione efficace e soprattutto conveniente rispetto all'instaurazione di un procedimento giurisdizionale: diversamente, infatti, l'esito «naturale» della tentata «composizione privata» della controversia sarà comunque l'incardinamento di un giudizio, cui semplicemente verrà a frapporsi un ulteriore «ostacolo» – costituito, appunto, da un obbligatorio, ma infruttuoso invito alla negoziazione – con duplicazione di costi e diluizione dei tempi;
    al fine di evitare che i costi, prima sopportati dalla amministrazione della giustizia, vengano in definitiva a gravare sul privato, e che dunque venga vanificata la funzione deflattiva riconnessa a tali nuovi strumenti, è assolutamente necessario prevedere che tali misure siano economicamente convenienti per i cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a livello normativo prevedendo che tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento arbitrale, di cui al provvedimento in esame, nonché alla «negoziazione assistita», siano esenti dall'imposta di bollo, nonché da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura e che – con particolare riguardo al nuovo istituto della negoziazione assistita – il verbale di accordo sia esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro.
9/2681/2. (Testo modificato nel corso della seduta) Sannicandro, Daniele Farina, Scotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante «misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile», come modificato al Senato, regola le convenzioni di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali in tema di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, alla presenza di almeno un avvocato per parte;
    nel caso, invece, che ci siano figli minori o figli maggiorenni incapaci portatori di handicap grave oppure figli economicamente non autosufficienti, la norma prevede che l'accordo raggiunto è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente che autorizza tale accordo quando lo ritiene rispondente all'interesse dei figli, oppure lo trasmette al presidente del tribunale se non risponda all'interesse dei figli, che provvederà a fissare l'udienza;
    si prevede poi che l'accordo raggiunto a seguito di negoziazione assistita davanti agli avvocati dovrà essere sottoscritto dalle parti e dagli avvocati stessi, nonché certificato ai sensi dell'articolo 2, è equiparato ai provvedimenti giudiziali che definiscono i menzionati procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio e nello stesso si farà menzione che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare;
    per la violazione di tale obbligo da parte dell'avvocato è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 10.000 euro, per la cui irrogazione è competente il comune dove devono essere eseguite le annotazioni negli atti di matrimonio, previste dall'articolo 69 dell'ordinamento dello stato civile;
    tale sanzione, nonostante durante l'esame al Senato sia stata ridotta, risulta ancora troppo elevata soprattutto in considerazione dei termini stretti previsti e dell'aleatorietà dell'inizio della decorrenza di tali termini;
    la negoziazione assistita nasce dall'esigenza di accelerare le cause di separazione e divorzio consensuale, anche e soprattutto in presenza di figli, per cui il ricorso al giudizio del procuratore della Repubblica sull'accordo raggiunto in presenza di figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave oppure economicamente non autosufficienti, rischia di determinare una lungaggine procedurale, in luogo della competenza unica del presidente del tribunale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare l'autorità competente alla valutazione dell'accordo di negoziazione assistita in presenza di figli minori, maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, nel senso di prevedere la competenza unica del presidente del tribunale competente sia nel caso in cui l'accordo raggiunto tuteli l'interesse dei figli sia nel caso in cui non corrisponda all'interesse dei figli e si debba, dunque, fissare l'udienza per la comparizione delle parti, e a rivedere il regime sanzionatorio previsto dall'articolo 6, comma 4.
9/2681/3Gebhard, Alfreider, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante «misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile», come modificato al Senato, regola le convenzioni di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali in tema di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, alla presenza di almeno un avvocato per parte;
    nel caso, invece, che ci siano figli minori o figli maggiorenni incapaci portatori di handicap grave oppure figli economicamente non autosufficienti, la norma prevede che l'accordo raggiunto è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente che autorizza tale accordo quando lo ritiene rispondente all'interesse dei figli, oppure lo trasmette al presidente del tribunale se non risponda all'interesse dei figli, che provvederà a fissare l'udienza;
    si prevede poi che l'accordo raggiunto a seguito di negoziazione assistita davanti agli avvocati dovrà essere sottoscritto dalle parti e dagli avvocati stessi, nonché certificato ai sensi dell'articolo 2, è equiparato ai provvedimenti giudiziali che definiscono i menzionati procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio e nello stesso si farà menzione che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare;
    per la violazione di tale obbligo da parte dell'avvocato è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 10.000 euro, per la cui irrogazione è competente il comune dove devono essere eseguite le annotazioni negli atti di matrimonio, previste dall'articolo 69 dell'ordinamento dello stato civile;
    tale sanzione, nonostante durante l'esame al Senato sia stata ridotta, risulta ancora troppo elevata soprattutto in considerazione dei termini stretti previsti e dell'aleatorietà dell'inizio della decorrenza di tali termini;
    la negoziazione assistita nasce dall'esigenza di accelerare le cause di separazione e divorzio consensuale, anche e soprattutto in presenza di figli, per cui il ricorso al giudizio del procuratore della Repubblica sull'accordo raggiunto in presenza di figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave oppure economicamente non autosufficienti, rischia di determinare una lungaggine procedurale, in luogo della competenza unica del presidente del tribunale,

impegna il Governo

a valutare, dopo un congruo periodo di sperimentazione, la necessità di interventi correttivi anche volti a modificare l'autorità competente alla valutazione dell'accordo di negoziazione assistita in presenza di figli minori, maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, nel senso di prevedere la competenza unica del presidente del tribunale competente sia nel caso in cui l'accordo raggiunto tuteli l'interesse dei figli sia nel caso in cui non corrisponda all'interesse dei figli e si debba, dunque, fissare l'udienza per la comparizione delle parti, e a rivedere il regime sanzionatorio previsto dall'articolo 6, comma 4.
9/2681/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Gebhard, Alfreider, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 recante «misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile», come modificato al Senato, prevede la promozione dei procedimenti arbitrali per talune tipologie di cause al fine di ridurre la consistente mole di arretrato pendente presso gli uffici giudiziari di primo e di secondo grado;
    l'articolo 241 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, disciplina l'ipotesi di deferimento ad arbitri delle controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, previa autorizzazione motivata e il comma 12, in particolare, disciplina la determinazione del valore della controversia e il compenso degli arbitri;
    in virtù di tale norma il collegio arbitrale determina – nel lodo definitivo ovvero con separata ordinanza – il valore della controversia e il compenso degli arbitri in base ai criteri stabiliti dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 dicembre 2000, n. 398 e applica le tariffe in esso fissate, stabilisce il dimezzamento dei compensi minimi e massimi in base alla tariffa allegata al regolamento, vieta in ogni caso incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all'effettivo lavoro svolto;
    il compenso per il collegio arbitrale, comprensivo dell'eventuale compenso per il segretario, non può comunque superare l'importo di 100 mila euro, da rivalutarsi ogni tre anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
    la tariffa per la determinazione dei compensi di cui al decreto ministeriale n. 398 del 2000 non è mai stata oggetto di rivisitazione e i compensi in essa contenuti sono attualmente addirittura dimezzati, non potendo più neppure prevedere incrementi del limite massimo in relazione alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all'effettivo lavoro svolto;
    tale situazione rischia di diventare un forte disincentivo per i difensori legali ad accettare incarichi legati a giudizi arbitrali, in quanto le remunerazioni che essi attualmente percepiscono sono troppo basse in generale e, in ogni caso, rispetto al valore complessivo della causa, soprattutto in considerazione dei tempi eccessivamente lunghi per la loro conclusione e del lavoro svolto,

impegna il Governo

a rivalutare i compensi contenuti nella tariffa allegata al regolamento di cui al decreto ministeriale n. 398 del 2000, con apposito decreto, ferma restando la fissazione di un tetto massimo, e a modificare la normativa attualmente in vigore indicata in premessa, eliminando la previsione relativa al dimezzamento dei compensi minimi e massimi stabiliti dalla tariffa, introducendo contestualmente una regola certa di rivalutazione triennale del compenso, eventualmente anche facendo riferimento alla variazione accertata dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
9/2681/4Schullian, Alfreider, Gebhard, Plangger, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 recante «misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile», come modificato al Senato, prevede la promozione dei procedimenti arbitrali per talune tipologie di cause al fine di ridurre la consistente mole di arretrato pendente presso gli uffici giudiziari di primo e di secondo grado;
    l'articolo 241 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, disciplina l'ipotesi di deferimento ad arbitri delle controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, previa autorizzazione motivata e il comma 12, in particolare, disciplina la determinazione del valore della controversia e il compenso degli arbitri;
    in virtù di tale norma il collegio arbitrale determina – nel lodo definitivo ovvero con separata ordinanza – il valore della controversia e il compenso degli arbitri in base ai criteri stabiliti dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 dicembre 2000, n. 398 e applica le tariffe in esso fissate, stabilisce il dimezzamento dei compensi minimi e massimi in base alla tariffa allegata al regolamento, vieta in ogni caso incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all'effettivo lavoro svolto;
    il compenso per il collegio arbitrale, comprensivo dell'eventuale compenso per il segretario, non può comunque superare l'importo di 100 mila euro, da rivalutarsi ogni tre anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
    la tariffa per la determinazione dei compensi di cui al decreto ministeriale n. 398 del 2000 non è mai stata oggetto di rivisitazione e i compensi in essa contenuti sono attualmente addirittura dimezzati, non potendo più neppure prevedere incrementi del limite massimo in relazione alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all'effettivo lavoro svolto;
    tale situazione rischia di diventare un forte disincentivo per i difensori legali ad accettare incarichi legati a giudizi arbitrali, in quanto le remunerazioni che essi attualmente percepiscono sono troppo basse in generale e, in ogni caso, rispetto al valore complessivo della causa, soprattutto in considerazione dei tempi eccessivamente lunghi per la loro conclusione e del lavoro svolto,

impegna il Governo

a valutare, sentiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'economia e delle finanze, modifiche normative relative ai compensi contenuti nella tariffa allegata al regolamento di cui al decreto ministeriale n. 398 del 2000, con apposito decreto.
9/2681/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Schullian, Alfreider, Gebhard, Plangger, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante «misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile» introduce la convenzione di negoziazione assistita, quale accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati;
    sempre nella stessa ottica di smaltire l'arretrato in materia di processo civile, l'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, ha delegato il Governo a disciplinare la mediazione civile finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, il quale ha emanato il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
    l'articolo 16 del decreto legislativo ha poi demandato ad un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, relativamente alla materia del consumo, l'individuazione dei criteri e delle modalità per la tenuta del registro dei mediatori e l'elenco dei formatori, nonché la determinazione delle indennità loro spettanti;
    conseguentemente è stato emanato il decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, concernente il «Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco dei formatori per la mediazione, nonché l'approvazione delle indennità spettanti agli organismi» e, successivamente, è stato infine emanato il decreto del Ministro della giustizia 4 agosto 2014, n. 139 che ha modificato e integrato il precedente regolamento;
    l'articolo 6 di tale ultimo regolamento ha fissato i casi di incompatibilità e di conflitto d'interesse per i mediatori, limitando notevolmente gli organismi di mediazione di diritto pubblico, con particolare riferimento alle Camere di Commercio e agli ordini professionali, a discapito della celerità dei procedimenti di mediazione e della qualità del servizio,

impegna il Governo

a rivedere la normativa sulle cause di incompatibilità e di conflitto d'interesse, con apposito provvedimento di natura regolamentare, nel senso di prevedere un regime derogatorio dell'articolo 6, comma 1, del decreto del Ministro della giustizia n. 139 del 2014 per gli organismi costituiti, anche in forma associata, dalle Camere di Commercio e dai consigli degli ordini professionali.
9/2681/5Alfreider, Gebhard, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante «misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile» introduce la convenzione di negoziazione assistita, quale accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati;
    sempre nella stessa ottica di smaltire l'arretrato in materia di processo civile, l'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, ha delegato il Governo a disciplinare la mediazione civile finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, il quale ha emanato il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
    l'articolo 16 del decreto legislativo ha poi demandato ad un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, relativamente alla materia del consumo, l'individuazione dei criteri e delle modalità per la tenuta del registro dei mediatori e l'elenco dei formatori, nonché la determinazione delle indennità loro spettanti;
    conseguentemente è stato emanato il decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, concernente il «Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco dei formatori per la mediazione, nonché l'approvazione delle indennità spettanti agli organismi» e, successivamente, è stato infine emanato il decreto del Ministro della giustizia 4 agosto 2014, n. 139 che ha modificato e integrato il precedente regolamento;
    l'articolo 6 di tale ultimo regolamento ha fissato i casi di incompatibilità e di conflitto d'interesse per i mediatori, limitando notevolmente gli organismi di mediazione di diritto pubblico, con particolare riferimento alle Camere di Commercio e agli ordini professionali, a discapito della celerità dei procedimenti di mediazione e della qualità del servizio,

impegna il Governo

a valutare, dopo un congruo periodo di sperimentazione, l'opportunità di adottare disposizioni meno rigorose in materia di incompatibilità e conflitto di interessi dei mediatori.
9/2681/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Alfreider, Gebhard, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, l'assegnazione dei giudizi civili pendenti dinanzi ai Tribunali alla data di entrata in vigore della presente legge di conversione al giudice di pace territorialmente competente, con esclusione delle cause già assunte in decisione e che non rimesse in istruttoria.
9/2681/6Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a valutare, in sede di approvazione della riforma organica della magistratura onoraria e di eventuale aumento di competenza per valore del giudice di pace, la possibilità di disporre il trasferimento al giudice onorario delle cause pendenti e rientranti nei nuovi criteri di competenza.
9/2681/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, l'aumento della competenza dei giudici di pace, e nello specifico l'aumento della competenza, qualunque sia il valore, per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a cinquantamila euro, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice.
9/2681/7Attaguile.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure che sgravino i tribunali dagli attuali carichi di lavoro mediante l'aumento delle competenze civili dei giudici onorari, nell'ambito di una organica riforma della magistratura onoraria, ferma restando la natura onoraria e temporanea dell'incarico a norma dell'articolo 106 della Costituzione.
9/2681/7. (Testo modificato nel corso della seduta) Attaguile.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, l'aumento della competenza dei giudici di pace, e nello specifico l'aumento della competenza, qualunque sia il valore, per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a centomila euro, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice.
9/2681/8Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure che sgravino i tribunali dagli attuali carichi di lavoro mediante l'aumento delle competenze civili dei giudici onorari, nell'ambito di una organica riforma della magistratura onoraria, ferma restando la natura onoraria e temporanea dell'incarico a norma dell'articolo 106 della Costituzione.
9/2681/8. (Testo modificato nel corso della seduta) Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, l'aumento della competenza dei giudici di pace, e nello specifico l'aumento della competenza, qualunque sia il valore, per le cause ed i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia di condominio degli edifici ed opposizione alle deliberazioni approvate dall'assemblea dei condomini.
9/2681/9Bossi.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure che sgravino i tribunali dagli attuali carichi di lavoro mediante l'aumento delle competenze civili dei giudici onorari, nell'ambito di una organica riforma della magistratura onoraria, ferma restando la natura onoraria e temporanea dell'incarico a norma dell'articolo 106 della Costituzione.
9/2681/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Bossi.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, l'aumento della competenza dei giudici di pace, e nello specifico l'aumento della competenza, qualunque sia il valore, per le cause in materia di contratti del consumatore.
9/2681/10Matteo Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure che sgravino i tribunali dagli attuali carichi di lavoro mediante l'aumento delle competenze civili dei giudici onorari, nell'ambito di una organica riforma della magistratura onoraria, ferma restando la natura onoraria e temporanea dell'incarico a norma dell'articolo 106 della Costituzione.
9/2681/10. (Testo modificato nel corso della seduta) Matteo Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, l'aumento della competenza dei giudici di pace, e nello specifico l'aumento della competenza, qualunque sia il valore, per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi.
9/2681/11Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure che sgravino i tribunali dagli attuali carichi di lavoro mediante l'aumento delle competenze civili dei giudici onorari, nell'ambito di una organica riforma della magistratura onoraria, ferma restando la natura onoraria e temporanea dell'incarico a norma dell'articolo 106 della Costituzione.
9/2681/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, l'aumento della competenza dei giudici di pace, e nello specifico l'aumento della competenza, qualunque sia il valore, per i procedimenti di espropriazione mobiliare presso il debitore e di espropriazione di cose del debitore che non in possesso di terzi.
9/2681/12Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure che sgravino i tribunali dagli attuali carichi di lavoro mediante l'aumento delle competenze civili dei giudici onorari, nell'ambito di una organica riforma della magistratura onoraria, ferma restando la natura onoraria e temporanea dell'incarico a norma dell'articolo 106 della Costituzione.
9/2681/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, l'aumento della competenza dei giudici di pace, e nello specifico l'aumento della competenza, qualunque sia il valore, per le cause di risarcimento del danno per fatto illecito di cui agli articoli 2043 e seguenti del codice civile ad esclusione del danno da perdita della vita nonché ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale quando, nei casi anzidetti, derivi una malattia di durata superiore a venti giorni.
9/2681/13Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure che sgravino i tribunali dagli attuali carichi di lavoro mediante l'aumento delle competenze civili dei giudici onorari, nell'ambito di una organica riforma della magistratura onoraria, ferma restando la natura onoraria e temporanea dell'incarico a norma dell'articolo 106 della Costituzione.
9/2681/13. (Testo modificato nel corso della seduta) Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, l'aumento della competenza dei giudici di pace, e nello specifico l'aumento della competenza, qualunque sia il valore, per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità.
9/2681/14Fedriga.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure che sgravino i tribunali dagli attuali carichi di lavoro mediante l'aumento delle competenze civili dei giudici onorari, nell'ambito di una organica riforma della magistratura onoraria, ferma restando la natura onoraria e temporanea dell'incarico a norma dell'articolo 106 della Costituzione.
9/2681/14. (Testo modificato nel corso della seduta) Fedriga.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, l'aumento della competenza dei giudici di pace, e nello specifico l'aumento della competenza, qualunque sia il valore, per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali.
9/2681/15Giancarlo Giorgetti.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure che sgravino i tribunali dagli attuali carichi di lavoro mediante l'aumento delle competenze civili dei giudici onorari, nell'ambito di una organica riforma della magistratura onoraria, ferma restando la natura onoraria e temporanea dell'incarico a norma dell'articolo 106 della Costituzione.
9/2681/15. (Testo modificato nel corso della seduta) Giancarlo Giorgetti.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad una proroga dell'incarico dei magistrati onorari in esercizio,

impegna il Governo

a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, in attesa della complessiva riforma dell'ordinamento dei giudici di pace, che il magistrato che esercita le funzioni di giudice di pace alla scadenza del terzo mandato, ovvero che sia stato prorogato, venga rinnovato nell'incarico, subordinatamente al giudizio di idoneità, per ulteriori tre mandati della durata di quattro anni ciascuno, salva comunque la cessazione dalle funzioni al settantacinquesimo anno di età ed il magistrato che alla scadenza del terzo quadriennio che non abbia raggiunto il predetto limite di età, venga rinnovato nell'incarico subordinatamente al giudizio di idoneità, per un ulteriore mandato della durata di quattro anni.
9/2681/16Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad una proroga dell'incarico dei magistrati onorari in esercizio,

impegna il Governo

ad adottare un espresso regime transitorio per i magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore della riforma della magistratura onoraria, fissando un limite massimo di età e subordinando la permanenza nell'incarico al giudizio di idoneità.
9/2681/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari;
    la magistratura onoraria, se opportunamente inquadrata, sicuramente sarebbe il volano di un nuovo andamento dell'amministrazione della giustizia, avvicinando la giustizia ai cittadini e assicurando la celerità del servizio, in attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, oltre ad uniformarsi ai paesi più civili in tema di celerità dei procedimenti giudiziari;
    occorre una soluzione a regime che preveda nuove modalità di accesso e di retribuzione oltre che di stabilizzazione degli incarichi e che tenga conto anche della previdenza;
    è assolutamente indilazionabile un intervento immediato in materia di giudici onorari, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 106, secondo comma, della Costituzione,

impegna il Governo

a formulare una proposta organica di riforma della magistratura onoraria tale da consentire al Parlamento di approvarla in tempi rapidi, astenendosi dal ricorrere ad ulteriori provvedimenti emergenziali, temporanei o tesi a proroghe dell'esistente, salvo le misure necessarie al fine di garantire la continuità dell'azione giudiziaria della magistratura onoraria nelle more della proposta organica di riforma in parola.
9/2681/17Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    la politica di revisione della geografia giudiziaria adottata dai precedenti Governi con l'esercizio della delega contenuta nell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, – soppressione di tutte le sezioni distaccate dei tribunali, di quasi tutti i tribunali non capoluogo di provincia e degli uffici dei giudici di pace –, in un contesto di grave crisi del settore giustizia, ha ulteriormente aggravato la situazione del sistema. Ed, infatti, facendo solo «cassa» nell'immediato per importi modesti – senza peraltro che vengano tenuti in debita considerazione i costi del trasferimento del personale e delle risorse materiali – e producendo nel breve delle diseconomie di scala, dovute alla creazione di macro strutture di tribunali che risulteranno dei veri e propri «carrozzoni», tali da compromettere ulteriormente il già carente servizio della giustizia, causerà che molti cittadini saranno indotti, di fatto, a rinunciare alla tutela costituzionalmente garantita dei propri diritti in una sede accentrata e molte volte lontana, a discapito di una giustizia di prossimità, che, come dimostrano i dati statistici, è efficiente e oltremodo la più conforme ai parametri europei;
    i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148» e 7 settembre 2012, n. 156 «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», disattendono le indicazioni contenute nei pareri delle Commissioni Giustizia della Camera dei deputati e del Senato, che rilevavano come i principi e i criteri direttivi contenuti nell'articolo 1, comma 2, della delega prevista dalla legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, fossero stati recepiti solo in parte, poiché non si teneva conto, tra l'altro, dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, oltre a non preservare nuove strutture recentemente finanziate;
    la politica di revisione della geografia giudiziaria del precedente Governo deriva da scelte, difficilmente apprezzabili, se si considera che in diverse circostanze, e con dichiarazioni apparse sui maggiori quotidiani nazionali, è stato affermato che la criminalità organizzata mafiosa è ben radicata nel Nord del nostro Paese, e ciò nonostante le uniche sedi di Tribunale «ripescate», nel definitivo ridisegno della geografia giudiziaria, per ragioni connesse al contrasto alle mafie sono state solo quelle del Sud (Caltagirone e Sciacca in Sicilia, Castrovillari, Lamezia Terme e Paola in Calabria, e Cassino), mentre al Nord, in base agli atti del precedente Governo, non esiste alcun problema di infiltrazioni della criminalità organizzata che suggerisca il mantenimento dei Tribunali quali presidi del territorio,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza un provvedimento normativo correttivo dei decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e 7 settembre 2012, n. 156, al fine di dare puntuale attuazione ai contenuti dei pareri approvati dalla Commissione Giustizia della Camera dei deputati del 1o agosto 2012 e dall'altro ramo del Parlamento, e conseguentemente la riviviscenza degli uffici giudiziari soppressi in difformità ai citati pareri.
9/2681/18Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    la politica di revisione della geografia giudiziaria adottata dai precedenti Governi con l'esercizio della delega contenuta nell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, – soppressione di tutte le sezioni distaccate dei tribunali, di quasi tutti i tribunali non capoluogo di provincia e degli uffici dei giudici di pace –, in un contesto di grave crisi del settore giustizia, ha ulteriormente aggravato la situazione del sistema. Ed, infatti, facendo solo «cassa» nell'immediato per importi modesti – senza peraltro che vengano tenuti in debita considerazione i costi del trasferimento del personale e delle risorse materiali – e producendo nel breve delle diseconomie di scala, dovute alla creazione di macro strutture di tribunali che risulteranno dei veri e propri «carrozzoni», tali da compromettere ulteriormente il già carente servizio della giustizia, causerà che molti cittadini saranno indotti, di fatto, a rinunciare alla tutela costituzionalmente garantita dei propri diritti in una sede accentrata e molte volte lontana, a discapito di una giustizia di prossimità, che, come dimostrano i dati statistici, è efficiente e oltremodo la più conforme ai parametri europei;
    i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148» e 7 settembre 2012, n. 156 «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», disattendono le indicazioni contenute nei pareri delle Commissioni Giustizia della Camera dei deputati e del Senato, che rilevavano come i principi e i criteri direttivi contenuti nell'articolo 1, comma 2, della delega prevista dalla legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, fossero stati recepiti solo in parte, poiché non si teneva conto, tra l'altro, dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, oltre a non preservare nuove strutture recentemente finanziate;
    la politica di revisione della geografia giudiziaria del precedente Governo deriva da scelte, difficilmente apprezzabili, se si considera che in diverse circostanze, e con dichiarazioni apparse sui maggiori quotidiani nazionali, è stato affermato che la criminalità organizzata mafiosa è ben radicata nel Nord del nostro Paese, e ciò nonostante le uniche sedi di Tribunale «ripescate», nel definitivo ridisegno della geografia giudiziaria, per ragioni connesse al contrasto alle mafie sono state solo quelle del Sud (Caltagirone e Sciacca in Sicilia, Castrovillari, Lamezia Terme e Paola in Calabria, e Cassino), mentre al Nord, in base agli atti del precedente Governo, non esiste alcun problema di infiltrazioni della criminalità organizzata che suggerisca il mantenimento dei Tribunali quali presidi del territorio,

impegna il Governo

a valutare la necessità, dopo un congruo periodo di monitoraggio dei profili attuativi delle disposizioni in materia di geografia giudiziaria, di adottare puntuali modifiche delle disposizioni contenute nei decreti legislativi 155 e 156 del 2012, che implementino l'efficienza della riforma.
9/2681/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    la politica di revisione della geografia giudiziaria adottata dai precedenti Governi con l'esercizio della delega contenuta nell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, – soppressione di tutte le sezioni distaccate dei tribunali, di quasi tutti i tribunali non capoluogo di provincia e degli uffici dei giudici di pace –, in un contesto di grave crisi del settore giustizia, ha ulteriormente aggravato la situazione del sistema. Ed, infatti, facendo solo «cassa» nell'immediato per importi modesti – senza peraltro che vengano tenuti in debita considerazione i costi del trasferimento del personale e delle risorse materiali – e producendo nel breve delle diseconomie di scala, dovute alla creazione di macro strutture di tribunali che risulteranno dei veri e propri «carrozzoni», tali da compromettere ulteriormente il già carente servizio della giustizia, causerà che molti cittadini saranno indotti, di fatto, a rinunciare alla tutela costituzionalmente garantita dei propri diritti in una sede accentrata e molte volte lontana, a discapito di una giustizia di prossimità, che, come dimostrano i dati statistici, è efficiente e oltremodo la più conforme ai parametri europei;
    i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148» e 7 settembre 2012, n. 156 «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», disattendono le indicazioni contenute nei pareri delle Commissioni Giustizia della Camera dei deputati e del Senato, che rilevavano come i principi e i criteri direttivi contenuti nell'articolo 1, comma 2, della delega prevista dalla legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, fossero stati recepiti solo in parte, poiché non si teneva conto, tra l'altro, dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, oltre a non preservare nuove strutture recentemente finanziate,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza un provvedimento normativo, correttivo dei decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e 7 settembre 2012, n. 156, ed in particolare, prevedere che presso le sedi dei 30 Tribunali ordinari soppressi siano istituite sezioni distaccate dei Tribunali accorpanti, con un'articolazione minima delle loro funzioni comprendente competenze riferite all'ex circondario e con distacco di strutture delle Procure accorpanti che eviti eccessive difficoltà di accesso al servizio giustizia per le popolazioni insediate.
9/2681/19Marcolin.


   La Camera,
   premesso che:
    la politica di revisione della geografia giudiziaria adottata dai precedenti Governi con l'esercizio della delega contenuta nell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, – soppressione di tutte le sezioni distaccate dei tribunali, di quasi tutti i tribunali non capoluogo di provincia e degli uffici dei giudici di pace –, in un contesto di grave crisi del settore giustizia, ha ulteriormente aggravato la situazione del sistema. Ed, infatti, facendo solo «cassa» nell'immediato per importi modesti – senza peraltro che vengano tenuti in debita considerazione i costi del trasferimento del personale e delle risorse materiali – e producendo nel breve delle diseconomie di scala, dovute alla creazione di macro strutture di tribunali che risulteranno dei veri e propri «carrozzoni», tali da compromettere ulteriormente il già carente servizio della giustizia, causerà che molti cittadini saranno indotti, di fatto, a rinunciare alla tutela costituzionalmente garantita dei propri diritti in una sede accentrata e molte volte lontana, a discapito di una giustizia di prossimità, che, come dimostrano i dati statistici, è efficiente e oltremodo la più conforme ai parametri europei;
    rilevato che i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148» e 7 settembre 2012, n. 156 «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», disattendono le indicazioni contenute nei pareri delle Commissioni Giustizia della Camera dei deputati e del Senato, che rilevavano come i principi e i criteri direttivi contenuti nell'articolo 1, comma 2, della delega prevista dalla legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, fossero stati recepiti solo in parte, poiché non si teneva conto, tra l'altro, dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, oltre a non preservare nuove strutture recentemente finanziate,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza un provvedimento normativo, correttivo dei decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e 7 settembre 2012, n. 156, ed in particolare a prevedere il ripristino di quei Tribunali ordinari e relativi Uffici di Procura soppressi ed accorpati alle sedi di grandi aree metropolitane.
9/2681/20Molteni, Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    la politica di revisione della geografia giudiziaria adottata dai precedenti Governi con l'esercizio della delega contenuta nell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, – soppressione di tutte le sezioni distaccate dei tribunali, di quasi tutti i tribunali non capoluogo di provincia e degli uffici dei giudici di pace –, in un contesto di grave crisi del settore giustizia, ha ulteriormente aggravato la situazione del sistema. Ed, infatti, facendo solo «cassa» nell'immediato per importi modesti – senza peraltro che vengano tenuti in debita considerazione i costi del trasferimento del personale e delle risorse materiali – e producendo nel breve delle diseconomie di scala, dovute alla creazione di macro strutture di tribunali che risulteranno dei veri e propri «carrozzoni», tali da compromettere ulteriormente il già carente servizio della giustizia, causerà che molti cittadini saranno indotti, di fatto, a rinunciare alla tutela costituzionalmente garantita dei propri diritti in una sede accentrata e molte volte lontana, a discapito di una giustizia di prossimità, che, come dimostrano i dati statistici, è efficiente e oltremodo la più conforme ai parametri europei;
    i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148» e 7 settembre 2012, n. 156 «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», disattendono le indicazioni contenute nei pareri delle Commissioni Giustizia della Camera dei deputati e del Senato, che rilevavano come i principi e i criteri direttivi contenuti nell'articolo 1, comma 2, della delega prevista dalla legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, fossero stati recepiti solo in parte, poiché non si teneva conto, tra l'altro, dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, oltre a non preservare nuove strutture recentemente finanziate,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza un provvedimento normativo, correttivo dei decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e 7 settembre 2012, n. 156, ed in particolare a prevedere il ripristino di quei Tribunali ordinari e relativi Uffici di Procura attualmente soppressi il cui circondario, nell'assetto ante soppressione, corrispondesse ad un territorio che, in relazione ai parametri medi nazionali, per ampiezza di superficie, orografia, situazione infrastrutturale, presenza di criminalità organizzata di alta intensità, renda a seguito della loro soppressione eccessivamente gravoso l'accesso al servizio giustizia alle popolazioni insediate, o più difficoltosa la lotta alla criminalità organizzata ed altresì prevedere, il ripristino di quei Tribunali ordinari e relativi Uffici di Procura attualmente soppressi ove il loro accorpamento, sia in relazione all'importanza degli investimenti recenti per l'allestimento/ristrutturazione delle sedi abbandonate, sia alle spese sostenute e sostenende per la ricezione delle strutture accorpate, sia alla dislocazione delle strutture carcerarie insediate od insediande rispetto le sedi giudiziarie di riferimento, determini eccessivi aggravi di spesa per la finanza pubblica, anche locale.
9/2681/21Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    la politica di revisione della geografia giudiziaria adottata dai precedenti Governi con l'esercizio della delega contenuta nell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, – soppressione di tutte le sezioni distaccate dei tribunali, di quasi tutti i tribunali non capoluogo di provincia e degli uffici dei giudici di pace –, in un contesto di grave crisi del settore giustizia, ha ulteriormente aggravato la situazione del sistema. Ed, infatti, facendo solo «cassa» nell'immediato per importi modesti – senza peraltro che vengano tenuti in debita considerazione i costi del trasferimento del personale e delle risorse materiali – e producendo nel breve delle diseconomie di scala, dovute alla creazione di macro strutture di tribunali che risulteranno dei veri e propri «carrozzoni», tali da compromettere ulteriormente il già carente servizio della giustizia, causerà che molti cittadini saranno indotti, di fatto, a rinunciare alla tutela costituzionalmente garantita dei propri diritti in una sede accentrata e molte volte lontana, a discapito di una giustizia di prossimità, che, come dimostrano i dati statistici, è efficiente e oltremodo la più conforme ai parametri europei;
    i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148» e 7 settembre 2012, n. 156 «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», disattendono le indicazioni contenute nei pareri delle Commissioni Giustizia della Camera dei deputati e del Senato, che rilevavano come i principi e i criteri direttivi contenuti nell'articolo 1, comma 2, della delega prevista dalla legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, fossero stati recepiti solo in parte, poiché non si teneva conto, tra l'altro, dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, oltre a non preservare nuove strutture recentemente finanziate,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza un provvedimento normativo, correttivo dei decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e 7 settembre 2012, n. 156, ed in particolare prevedere il ripristino delle sedi soppresse ed il riassorbimento nelle sedi ripristinate dei magistrati e del personale amministrativo nell'organico ante soppressione, senza che detto riassorbimento costituisca assegnazione ad altro ufficio giudiziario o destinazione ad altra sede, né costituisca trasferimento ad altri effetti, ed altresì, prevedere le necessarie e conseguenti modificazioni delle piante organiche del personale di magistratura e amministrativo con successivi decreti ministeriali al fine di riportarle allo stato previgente.
9/2681/22Prataviera.


   La Camera,
   premesso che:
    ancora una volta per ottenere efficienza e speditezza con riforme del processo, è necessario procedere con interventi di organizzazione e di redistribuzione di risorse umane e materiali che sono le uniche misure idonee a garantire l'accelerazione dei processi, mentre procedere solo a modificazioni normative tese all'introduzione o modificazione o integrazione di istituti esistenti, non consente alcun aumento di efficace ed effettivo aumento dell'efficienza del sistema giudiziario,

impegna il Governo

nell'ambito dell'attuazione della nuova dislocazione sul territorio degli Uffici Giudiziari, ad esaminare, analizzare e valutare il territorio nazionale, ed in particolare il territorio del nord, sia sotto il profilo geografico, sia sotto quello produttivo, sia sotto quello delle strutture e dell'organizzazione giudiziaria esistente, al fine di individuare se e dove sia necessario introdurre o potenziare competenze specializzate della magistratura al fine di un maggiore affidamento da parte delle imprese e degli investitori e soprattutto tenendo in imprescindibile considerazione il diritto del cittadino e del lavoratore ad un facile accesso e ad una giustizia qualitativamente soddisfacente.
9/2681/23Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'informatizzazione degli uffici giudiziari rappresenta una condizione indispensabile per assicurare un servizio giustizia realmente efficace e rileva l'esigenza di finanziare in maniera adeguata un programma di informatizzazione del servizio giustizia,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure necessarie, anche di natura normativa ed emergenziale, per realizzare investimenti volti a completare l'informatizzazione della giustizia con lo stanziamento di almeno 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2013, anche al fine di ottimizzare i servizi della giustizia in una ottica di maggiore efficienza della relativa organizzazione sia informatica che telematica.
9/2681/24Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio i rimedi quali i sistemi di risoluzione alternativa delle controversie appaiono segmentati e spesso in sovrapposizione tra loro,

impegna il Governo

a intervenire in maniera efficace per la razionalizzazione degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie che sono stati sinora introdotti.
9/2681/25Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio i rimedi quali i sistemi di risoluzione alternativa delle controversie appaiono segmentati e spesso in sovrapposizione tra loro,

impegna il Governo

a valutare la necessità di intervenire per la razionalizzazione degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie che sono stati sinora introdotti.
9/2681/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    la disciplina dell'arbitrato è prevista come strumento deflattivo del contenzioso civile senza tuttavia considerare che, così come disciplinata, la previsione normativa nuova nulla aggiunge e nulla toglie alla facoltà di ricorrere agli arbitri che le parti hanno già prima di questo ennesimo, a giudizio del firmatario del presente atto, «geniale» intervento del Governo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere l'intera disciplina dell'arbitrato in pendenza di giudizio, inserendo incentivi che ne promuovano la scelta da parte degli utenti nonché una procedura semplificata rispetto a quella vigente in modo da favorirne la scelta in luogo del processo ordinario.
9/2681/26Artini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    la disciplina dell'arbitrato è prevista come strumento deflattivo del contenzioso civile senza tuttavia considerare che, così come disciplinata, la previsione normativa nuova nulla aggiunge e nulla toglie alla facoltà di ricorrere agli arbitri che le parti hanno già prima di questo ennesimo, a giudizio del firmatario del presente atto, «geniale» intervento del Governo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere l'intera disciplina dell'arbitrato in pendenza di giudizio, inserendo incentivi che ne promuovano la scelta da parte degli utenti nonché una procedura semplificata rispetto a quella vigente in modo da favorirne la scelta in luogo del processo ordinario, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.
9/2681/26. (Testo modificato nel corso della seduta)  Artini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    la disciplina dell'arbitrato è prevista come strumento deflattivo del contenzioso civile senza tuttavia considerare che, sebbene faccia già parte del possibile scenario per la risoluzione del contenzioso, di fatto non e mai la scelta preferita del cittadino, delle aziende e neppure della pubblica amministrazione, tal che non si comprende come tale introduzione normativa possa realizzare la prefigurata funzione deflattiva,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a eliminare la previsione normativa relativa all'arbitrato in corso di causa e sostituirla con strumenti alternativi alle controversie più efficaci a garantire lo scopo deflattivo del contenzioso.
9/2681/27Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    la disciplina dell'arbitrato è prevista come strumento deflattivo del contenzioso civile senza tuttavia considerare che, sebbene faccia già parte del possibile scenario per la risoluzione del contenzioso, di fatto non e mai la scelta preferita del cittadino, delle aziende e neppure della pubblica amministrazione, tal che non si comprende come tale introduzione normativa possa realizzare la prefigurata funzione deflattiva,

impegna il Governo

a valutare, dopo un congruo periodo di monitoraggio, l'efficacia della misura dell'arbitrato in corso di causa e l'eventuale necessità di introdurre ulteriori misure alternative di definizione alternativa delle controversie.
9/2681/27. (Testo modificato nel corso della seduta)  Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, il sistema dell'arbitrato quale strumento deflattivo del contenzioso civile non tiene in alcun conto la condizione dei soggetti meno abbienti,

impegna il Governo

ad assumere iniziative atte ad una maggior tutela delle fasce di cittadini con minor capacità reddituale in modo da equilibrare la posizione processuale delle parti in causa.
9/2681/28Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    così, ad esempio, nel caso dell’ istituto dell'arbitrato previsto quale strumento deflattivo del contenzioso civile là dove, all'articolo 1 comma 4 prevede la possibilità che il termine per il lodo sia prorogato, frustrandone, così la finalità di velocizzazione della soluzione contenziosa,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rendere il ricorso all'arbitrato un sistema più conveniente e quindi preferibile per il cittadino e le imprese, realizzando così lo scopo dell'effettiva velocizzazione del contenzioso, attraverso, per esempio, la previsione di una procedura semplificata.
9/2681/29Basilio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    dopo aver previsto l'arbitrato come strumento deflattivo del contenzioso civile non si preoccupa di creare effettivi incentivi affinché le parti siano invogliate a ricorrere ad uno strumento notoriamente costoso, tale non essendo la previsione troppo blanda di cui all'articolo 1 comma 5,

impegna il Governo

a adottare senza ritardo tabelle vincolanti che prevedano tariffe calmierate per gli arbitri nominati in corso di causa.
9/2681/30Battelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    l'arbitrato, previsto come strumento deflattivo del contenzioso civile, si affida a criteri di assegnazione secondo il principio della rotazione nell'assegnazione degli incarichi là dove, invece, è previsto nel codice come istituto che predilige la scelta del decisore sul gradimento delle parti e non certo in base all'automatismo della designazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a eliminare dalla previsione normativa di cui trattasi criteri di scelta degli arbitri che non si basino sulla scelta personale in base alle caratteristiche umane e professionali del designato.
9/2681/31Carinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    per la disciplina dell'arbitrato, previsto come strumento deflattivo del contenzioso civile, si prevede l'adozione di decreto regolamentare per la determinazione dei cantieri di assegnazione secondo il principio della rotazione nell'assegnazione degli incarichi nonché della designazione automatica là dove, invece, l'arbitrato è previsto nel codice come istituto che predilige la scelta del decisore sul gradimento delle parti e non certo in base all'automatismo della designazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere i criteri di designazione degli arbitri, nei procedimenti incardinati in corso di causa, eliminando la possibilità di utilizzare criteri di scelta che si basino sull'automatismo della designazione.
9/2681/32Benedetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, il sistema previsto per agevolare la separazione e il divorzio utilizzato anche quale strumento deflattivo del contenzioso civile non tiene in alcun conto la condizione delle donne, soggetti notoriamente più deboli in tale tipo di procedure,

impegna il Governo

ad assumere iniziative atte ad una maggior tutela delle donne, e comunque della parte economicamente più debole, nei procedimenti di separazione e divorzio innanzi al sindaco.
9/2681/33Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, il sistema previsto per agevolare la separazione e il divorzio utilizzato anche quale strumento deflattivo del contenzioso civile non tiene in alcun conto la condizione delle donne, soggetti notoriamente più deboli in tale tipo di procedure,

impegna il Governo

a valutare, dopo un congruo periodo di sperimentazione, l'opportunità di adottare disposizioni correttive del procedimento di negoziazione assistita in materia di separazione e divorzi e di procedimenti dinanzi all'ufficiale dello stato civile, introducendo misure dirette a sostenere la parte economicamente più debole, ferma restando la natura volontaria dei predetti procedimenti.
9/2681/33. (Testo modificato nel corso della seduta)  Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, il sistema previsto per agevolare la separazione e il divorzio utilizzato anche quale strumento deflattivo del contenzioso civile non tiene in alcun conto la condizione delle donne, soggetti notoriamente più deboli in tale tipo di procedure, soprattutto ove si prevede che la procedura innanzi al sindaco possa avvenire in assenza di assistenza tecnica,

impegna il Governo

ad assumere iniziative atte ad una maggior tutela delle parti nei procedimenti di separazione e divorzio innanzi al sindaco prevedendone la difesa tecnica obbligatoria.
9/2681/34Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, il sistema previsto per la velocizzazione del processo esecutivo opera sulla mera abbreviazione dei termini per il deposito di atti anche per le parti, quali i creditori, che, per ovvie ragioni, hanno tutto l'interesse a velocizzare il processo e non certo a rallentarlo creando così un ulteriore, inutile aggravio per tali soggetti,

impegna il Governo

ad assumere iniziative atte a prevedere sistemi di accelerazione del processo che non incidano solo sui termini processuali ma sulla semplificazione della procedura.
9/2681/35Nicola Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, il sistema previsto per la velocizzazione del processo esecutivo all'articolo 5 commi 2 e 2-bis opera un sostanziale inutile aggravio di oneri là dove prevede l'integrale trascrizione del testo dell'accordo nel precetto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di assumere iniziative atte a prevedere sistemi più moderni della semplice trascrizione di testi prevedendo che nel processo esecutivo siano maggiormente utilizzati gli strumenti informatici.
9/2681/36Brescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, nel caso della negoziazione assistita, non si comprende il motivo per cui dovrebbe esserne precluso l'utilizzo in materia di lavoro,

impegna il Governo

a rivedere la disciplina della negoziazione assistita eliminando la preclusione per la materia di lavoro.
9/2681/37Brugnerotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, nel caso della negoziazione assistita, non vi è chiarezza in merito alla formulazione di cui all'articolo 2 in relazione alla locuzione «uno o più avvocati»,

impegna il Governo

a precisare con ulteriori interventi di propria competenza, se la locuzione «uno o più avvocati» si riferisca ad una sola parte a tutte le parti interessate dal contenzioso da dirimere.
9/2681/38Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, la negoziazione assistita è prevista come condizione di procedibilità del giudizio. L'improcedibilità deve essere eccepita, a norma dell'articolo 3 comma 1, entro la prima udienza così che, ove non eccepita, il rimedio previsto dal legislatore non ha alcun effetto. Lo stesso problema si è già presentato per l'istituto della mediazione previsto dal decreto-legge n. 28 del 2010,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che l'improcedibilità per il mancato esperimento delle procedure di mediazione e negoziazione assistita possa essere eccepita anche oltre la prima udienza di trattazione.
9/2681/39Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    la disciplina della negoziazione assistita è prevista come strumento deflattivo del contenzioso civile senza tuttavia considerare che, sebbene l'accordo tra parti assistite da avvocati taccia già parte del possibile scenario per la risoluzione del contenzioso, di fatto non si è rivelata risolutiva per la deflazione del contenzioso, tal che non si comprende come l'introduzione di tale previsione normativa possa realizzare la prefigurata funzione deflattiva,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina di cui in premessa, al fine di predisporre ulteriori interventi normativi che provvedano a eliminare la previsione normativa relativa alla negoziazione assistita e sostituirla con strumenti alternativi alle controversie più efficaci a garantire lo scopo deflattivo del contenzioso.
9/2681/40Cariello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, nel caso della negoziazione assistita, non vi è chiarezza in merito alla formulazione di cui all'articolo 3 in relazione alla frase contenuta al comma 6 «quando il procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda, all'avvocato non è dovuto compenso dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello stato». Sembrerebbe, infatti, che l'avvocato sia obbligato a rendere una prestazione professionale gratuita, fatto in contrasto con i principi generali dell'ordinamento,

impegna il Governo

a precisare con ulteriori interventi di propria competenza in che modo debba essere remunerato l'avvocato quando il procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda e la parte si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello stato.
9/2681/41Simone Valente.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, a seguito della previsione dell'arbitrato in corso di causa, si sono rese necessarie una serie di tutele quali quelle previste dall'articolo 9 del provvedimento in esame che non fanno altro che creare appesantimenti nella disciplina, scelta dal Governo per operare, invece, la semplificazione delle procedure. Nel tentativo di operare una seppur minima correzione, il Senato ha operato l'inserimento del comma 4-bis che, tuttavia, appare non coordinato con il precedente comma 4,

impegna il Governo

a chiarire, con proprio regolamento, previsto ai sensi dell'articolo 1 del decreto legge, quale sia la disciplina sanzionatoria prevista a carico dell'avvocato per il caso di violazione delle disposizioni di cui all'articolo 9.
9/2681/42Caso.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, nella consapevolezza di dover valutare l'effettiva efficienza degli strumenti predisposti all'articolo 11 del decreto in conversione, è stato previsto un monitoraggio da parte delle Camere a seguito di trasmissione di una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui al capo li del decreto stesso con previsione di un termine – annuale – e modalità – relazione del Ministero – che appare, di fatto, non sufficiente a garantire la compiuta conoscenza dello stato dei fatti in termini adeguati,

impegna il Governo

ad assumere iniziative che garantiscano l'adeguato e tempestivo monitoraggio, da parte delle Camere, degli effetti della normativa in esame.
9/2681/43Castelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci aspetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    quanto precede è evidente, ad esempio, con riferimento alla procedura semplificata per la separazione e la cessazione degli effetti civili del matrimonio dove l'intera procedura è assolutamente svincolata da qualsivoglia garanzia di controllo tecnico il che, sull'altare della semplificazione e «degiurisdizionalizzazione», sacrifica la tutela dei diritti delle parti più deboli proprio in un ambito che deve essere considerato particolarmente delicato come il divorzio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina di cui in premessa, al fine di assumere ulteriori iniziative normative che limitino la semplificazione dei procedimenti in materia di rapporti personali tra coniugi alla sola separazione personale con esclusione della procedura per declaratoria della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
9/2681/44Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    quanto precede è evidente, ad esempio, con riferimento alla procedura semplificata per la separazione e la cessazione degli effetti civili del matrimonio dove l'intera procedura è assolutamente svincolata da qualsivoglia garanzia di controllo tecnico il che, sull'altare della semplificazione e «degiurisdizionalizzazione», sacrifica la tutela dei diritti delle parti più deboli proprio in un ambito che deve essere considerato particolarmente delicato come il divorzio e la modifica delle condizioni di separazione e divorzio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina di cui in premessa, al fine di assumere ulteriori iniziative normative che limitino la semplificazione dei procedimenti in materia di rapporti personali tra coniugi alla sola separazione personale con esclusione del divorzio e delle modifiche delle condizioni di separazione e divorzio.
9/2681/45Corda.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    quanto precede è evidente, ad esempio, con riferimento alle modifiche al regime della compensazione delle spese legali che nel decreto in conversione è stato addirittura potenziato là dove, da più parti, è stato, invece, denunciato come strumento che incoraggia il ricorso alla giustizia togata anziché scoraggiarlo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di assumere ulteriori iniziative normative che limitino l'utilizzo da parte dei magistrati del sistema della compensazione delle spese legali, che nel decreto in conversione è stato addirittura potenziato, là dove, da più parti, è stato, invece, denunciato come strumento che incoraggia il ricorso alla giustizia togata anziché scoraggiarlo.
9/2681/46Cozzolino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    quanto precede è evidente, ad esempio, nella formulazione dell'articolo 15 intitolato «dichiarazioni rese al difensore» la cui previsione è stata soppressa al Senato,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad assumere iniziative analoghe a quelle soppresse con l'aggiunta di elementi che chiariscono la portata delle eventuali responsabilità in capo al difensore che utilizza le dichiarazioni rese dai terzi quanto alla autenticità delle stesse a prescindere dalla identificazione del soggetto.
9/2681/47Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    quanto precede è evidente, ad esempio, nella formulazione dell'articolo 15 intitolato «dichiarazioni rese al difensore» la cui previsione è stata soppressa al Senato,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad assumere iniziative analoghe a quelle soppresse a condizione che prevedano elementi che servano a fornire maggiori garanzia alla corretta conduzione del processo soprattutto quando vi siano prove testimoniali di particolare rilevanza per la decisione.
9/2681/48Currò.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    quanto precede è evidente, ad esempio, nella formulazione dell'articolo 15 intitolato «dichiarazioni rese al difensore» la cui previsione è stata soppressa al Senato,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad assumere iniziative analoghe a quelle soppresse con l'aggiunta di elementi che servano a chiarire modalità e limiti dell'attestazione di autenticità che il difensore è chiamato a effettuare con riferimento alle dichiarazioni rese da terzi ai sensi dell'articolo 15.
9/2681/49Da Villa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    quanto precede è evidente, ad esempio, nella formulazione dell'articolo 15 intitolato «dichiarazioni rese al difensore» la cui previsione è stata soppressa al Senato,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad assumere iniziative analoghe a quelle soppresse con l'aggiunta di elementi che limitino la possibilità per il difensore di utilizzare dichiarazioni scritte di terzi solo ove siano riportate su foglio scritto di pugno del terzo e con sottoscrizione autenticata da pubblico ufficiale.
9/2681/50Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    quanto precede è evidente, ad esempio, nella formulazione dell'articolo 15 intitolato «dichiarazioni rese al difensore» la cui previsione è stata soppressa al Senato,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad assumere iniziative analoghe a quelle soppresse con l'aggiunta di elementi che limitino la possibilità per il difensore di utilizzare dichiarazioni scritte di terzi solo ove le stesse non siano rilevanti ai fini del giudizio ma si verta in materia di sommarie informazioni.
9/2681/51Daga.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ciò appare evidente, ad esempio nella formulazione dell'articolo 19 che tratta la semplificazione del processo esecutivo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a eliminare, dalle previsioni in materia di processo esecutivo, elementi di dubbio e/o eccessiva discrezionalità con riferimento alla vendita all'incanto soprattutto nella parte in cui il provvedimento in esame prevede che essa possa essere disposta solo «quando il giudice ritiene probabile che la vendita con tale modalità abbia luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568 c.p.c.».
9/2681/52Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    la disciplina per la deflazione del procedimento di separazione personale dei coniugi e di divorzio appare, nella formulazione dell'articolo 12, oltre che poco efficace, per nulla garantista dei diritti delle parti più deboli,

impegna il Governo

a definire i termini le forme e le modalità per il procedimento di separazione personale dei coniugi prevedendo, allo scopo di semplificare la procedura che tende alla separazione personale dei coniugi e in particolare alla semplice omologazione delle condizioni della separazione personale dei coniugi, un alleggerimento, da un lato, della magistratura di adempimenti e procedimenti ritenuti non necessari e, dall'altro, del cittadino da oneri che possono essere superati senza che questo comporti rischio di pregiudizio per gli stessi o per la loro prole.
9/2681/53D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    la disciplina per la deflazione del procedimento di separazione personale dei coniugi e di divorzio appare, nella formulazione dell'articolo 12, poco efficace ai fini dell'intento deflattivo e per nulla garantista dei diritti delle parti più deboli,

impegna il Governo

a definire i termini le forme e le modalità per il procedimento di separazione personale dei coniugi prevedendo, che la decisione in merito alla separazione personale dei coniugi sia di competenza del giudice collegiale nel caso vi siano figli minorenni e del giudice monocratico in assenza di figli ovvero ove vi siano solo figli maggiorenni anche quando la maggiore età sia raggiunta nel corso del procedimento.
9/2681/54De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    la disciplina per la deflazione del procedimento di separazione personale dei coniugi e di divorzio appare, nella formulazione dell'articolo 12, poco efficace ai fini dell'intento deflattivo e per nulla garantista dei diritti delle parti più deboli,

impegna il Governo

a definire i termini le forme e le modalità per il procedimento di separazione personale dei coniugi prevedendo una procedura semplificata in caso di separazione consensuale, in aggiunta a quello di cui all'articolo 711, che preveda in particolare che le parti non debbano comparire innanzi al Presidente del Tribunale per l'omologazione delle condizioni.
9/2681/55De Rosa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    la disciplina per la deflazione del procedimento di separazione personale dei coniugi e di divorzio appare, nella formulazione dell'articolo 12, poco efficace ai fini dell'intento deflattivo e per nulla garantista dei diritti delle parti più deboli,

impegna il Governo

a definire i termini le forme e le modalità per il procedimento di separazione personale dei coniugi prevedendo che nella procedura di cui al punto c) dell'articolo 12, in assenza di figli, l'omologa sia pronunziata in camera di consiglio a seguito di controllo formale nel caso in cui le condizioni siano state concordate con l'assistenza di un avvocato per parte e di controllo sostanziale nel caso in cui le condizioni siano state concordate con l'assistenza di un unico avvocato per entrambe le parti, ovvero in caso di assistenza tecnica.
9/2681/56Del Grosso.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina del capo IV «altre misure per la funzionalità del processo di cognizione» si apre con un articolo, il 13, che prevede modifiche al regime della compensazione delle spese intervenendo sull'articolo 92 c.p.c. ampliandone il secondo comma,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a intervenire nella disciplina del regime della compensazione delle spese in modo da limitarne l'utilizzo entro ambiti meglio definiti e maggiormente circoscritti.
9/2681/57Della Valle.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina del capo IV: «altre misure per la funzionalità del processo di cognizione» prevede, all'articolo 14, il «passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione» creando così il pericolo di una indiscriminata sottrazione dei procedimenti al rito ordinario a discrezione del magistrato;

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte alla soppressione dell'articolo 14 in quanto discriminatorio nonché lesivo del diritto dei cittadini ad ottenere un giudizio a cognizione piena secondo le regole dettate per il processo ordinario.
9/2681/58Dell'Orco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina del capo IV: «altre misure per la funzionalità del processo di cognizione» non affronta per nulla l'istituto della consulenza tecnica d'ufficio che ha spesso mostrato, nella pratica, le proprie carenze e debolezze,

impegna il Governo

a intervenire in materia di norme relative alla consulenza tecnica d'ufficio incidendo sull'articolo 192 del codice di procedura civile in modo da integrare le cause di astensione o ricusazione del consulente con riferimento a comportamenti e situazioni consistenti nell'avere, negli ultimi cinque anni, intrattenuto rapporti personali o professionali con taluna delle parti o con soggetti ad esse riferibili. Prevedendo, per l'effetto, che di tali circostanze il consulente debba darne conoscenza alle parti e al giudice entro tre giorni prima dell'udienza di comparizione a mezzo Pec e con dichiarazione depositata in cancelleria.
9/2681/59Di Battista.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina del capo IV: «altre misure per la funzionalità del processo di cognizione» non affronta per nulla l'istituto della consulenza tecnica d'ufficio che ha spesso mostrato, nella pratica, le proprie carenze e debolezze,

impegna il Governo

ad intervenire per aggiungere alle previsioni dell'articolo 193 del codice di procedura civile la previsione che l'adempimento della funzione comporta il divieto per il consulente di assumere incarichi professionali per conto di alcuna delle parti nei tre anni successivi al giuramento.
9/2681/60Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina del capo IV: «altre misure per la funzionalità del processo di cognizione» non affronta per nulla l'istituto della consulenza tecnica d'ufficio che ha spesso mostrato, nella pratica, le proprie, carenze e debolezze,

impegna il Governo

ad intervenire per aggiungere alle previsioni dell'articolo 193 del codice di procedura civile previsioni normative che assicurino maggiore velocizzazione nell'espletamento delle operazioni peritali.
9/2681/61Manlio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina del capo IV: «altre misure per la funzionalità del processo di cognizione» non affronta per nulla l'istituto della consulenza tecnica d'ufficio che ha spesso mostrato, nella pratica, le proprie carenze e debolezze,

impegna il Governo

ad intervenire per aggiungere all'articolo 195 del codice di procedura civile previsioni normative che assicurino maggiore velocizzazione nell'espletamento delle operazioni peritali con la previsione, in particolare, di prescrizione che assicuri che la relazione sia depositata in cancelleria entro il termine fissato dal giudice che non può essere superiore, tranne che per speciali difficoltà, a novanta giorni.
9/2681/62Luigi Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina del capo IV: «altre misure per la funzionalità del processo di cognizione» non affronta per nulla l'istituto della consulenza tecnica d'ufficio che ha spesso mostrato, nella pratica, le proprie carenze e debolezze,

impegna il Governo

ad intervenire per aggiungere all'articolo 195 del codice di procedura civile previsioni normative che assicurino maggiore velocizzazione nell'espletamento delle operazioni peritali con la previsione, in particolare, di prescrizione che assicuri che le parti possano formulare proprie osservazioni alla relazione con atto depositato in cancelleria non oltre trenta giorni dal deposito della relazione. Prevedendo, altresì, che, nei successivi trenta giorni, il consulente depositi in cancelleria un supplemento di relazione che sia resa necessaria dalle osservazioni delle parti.
9/2681/63Di Vita.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina del capo IV: «altre misure per la funzionalità del processo di cognizione» non affronta per nulla l'istituto della consulenza tecnica d'ufficio che ha spesso mostrato, nella pratica, le proprie carenze e debolezze,

impegna il Governo

ad integrare gli articoli 193 e 195 del codice di procedura civile con previsioni normative che assicurino maggiore velocizzazione nell'espletamento delle operazioni peritali con la previsione, in particolare, che dei vari adempimenti, ai fini del decorso dei termini, la cancelleria dia atto alle parti di ogni avvenuto deposito il giorno stesso in cui il deposito è stato effettuato.
9/2681/64Dieni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina del capo IV: «altre misure per la funzionalità del processo di cognizione» non affronta per nulla l'istituto della consulenza tecnica d'ufficio che ha spesso mostrato, nella pratica, le proprie carenze e debolezze,

impegna il Governo

ad integrare gli articoli 193 e 195 del codice di procedura civile con previsioni normative che assicurino maggiore velocizzazione nell'espletamento delle operazioni peritali con la previsione, in particolare, che i termini fissati dal giudice per il completamento delle operazioni possono essere prorogati, per una sola volta, su istanza del consulente o delle parti motivata da comprovate e gravi esigenze.
9/2681/65D'Incà.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina del capo IV: «altre misure per la funzionalità del processo di cognizione» non affronta per nulla l'istituto della consulenza tecnica d'ufficio che ha spesso mostrato, nella pratica, le proprie carenze e debolezze,

impegna il Governo

ad intervenire in modo da assicurare maggiore velocizzazione all'espletamento delle operazioni peritali prevedendo altresì sanzioni per il consulente che non rispetti le scadenze assegnate e che ritardi senza giustificato grave motivo gli adempimenti necessari per la prosecuzione del giudizio.
9/2681/66D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina relativa alla maggior efficienza del processo esecutivo non tiene in alcun conto i tempi le problematiche inerenti alla esecuzione forzata nei confronti di pubbliche amministrazioni,

impegna il Governo

ad intervenire in modo da assicurare maggior velocizzazione alle procedure in materia di esecuzione forzata nei confronti di pubbliche amministrazioni intervenendo sull'articolo 14 del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669 convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, in modo da prevedere che le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completino le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro entro un termine, decorrente dalla notificazione del titolo esecutivo, più breve dei centoventi giorni oggi previsti dalla normativa citata, prima che il creditore possa procedere ad esecuzione forzata o alla notifica di atto di precetto.
9/2681/67Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina relativa alla maggior efficienza del processo civile sembra non aver per nulla considerato l'aspetto critico del processo del lavoro ove vige tutt'ora la così detta riforma Fornero dalla maggior parte degli operatori del settore considerata deleteria,

impegna il Governo

ad intervenire in modo da assicurare l'abrogazione dei commi da 47 a 68 dell'articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92.
9/2681/68Ferraresi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina relativa alla maggior efficienza del processo civile sembra non aver per nulla considerato l'aspetto critico delle lungaggini del processo in grado d'appello, ben più gravi di quelle di primo grado, che in un recente passato il legislatore ha tentato di correggere con una gravissima compressione dei diritti di chi intende ricorrere alla giustizia,

impegna il Governo

ad intervenire al più presto in maniera efficace in modo da assicurare la velocizzazione dei procedimenti innanzi alle Corti di Appello e in particolare con l'abrogazione degli articoli 348-bis e 348-ter del codice di procedura civile.
9/2681/69Fico.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina relativa alla maggior efficienza del processo civile sembra non aver per nulla considerato la possibilità di semplificare interventi settoriali in precedenza operati dal legislatore con riferimento a materie specifiche come nel caso del risarcimento del danno biologico conseguente all'attività dell'esercente della professione sanitaria,

impegna il Governo

ad intervenire in modo da eliminare i vincoli di valutazione del magistrato in ordine al risarcimento del danno biologico conseguente all'attività dell'esercente della professione sanitaria, rimuovendo la prescrizione di cui al comma 3 dell'articolo 3 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, secondo cui tale danno: «è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, eventualmente integrate con la procedura di cui al comma i del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti all'attività di cui al presente articolo».
9/2681/70Fraccaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto contiene misure per la procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati all'articolo 6 individua norme per la Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;
    il Capo III del decreto contiene ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio e l'articolo 12 introduce norme per la «Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all'ufficiale dello stato civile»;
    entrambe le misure dedicate alla revisione del diritto matrimoniale in tema di separazione e di divorzio incidono esclusivamente sulla procedura, e non sui termini, degiurisdizionalizzando il procedimento e riducendo, di fatto, le tutele per la parte più debole e le garanzie di equità in capo agli accordi stabiliti, derivanti dal vaglio giudiziario degli stessi;
    nella seduta 236 del 29 maggio 2014, la Camera ha approvato a larga maggioranza il testo unificato delle proposte di legge recanti Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi, teso a ridurre i tempi necessari per poter richiedere la presentazione dell'istanza di divorzio, da tre anni ad un anno in caso di separazione giudiziale, da tra anni a sei mesi in caso di separazione consensuale;
    il decreto in esame, come detto, non contempla alcuna riduzione dei termini temporali per addivenire allo scioglimento del matrimonio – cosa peraltro fortemente caldeggiata dall'opinione pubblica – erodendo altresì significativamente le garanzie poste dall'ordinamento a tutela dell'equità delle decisioni assunte nei confronti della parte più debole in sede procedimentale in tema di separazione, divorzio e modifiche successive delle stesse decisioni;

impegna il Governo,

al fine di ottenere un accertamento di merito sull'equità dell'accordo raggiunto, ad assumere iniziative volte a destinare la funzione di controllo e verifica di quanto deciso in regime di negoziazione assistita da uno o più avvocati in tema di separazioni e divorzio al Presidente del Tribunale in luogo del procuratore della Repubblica.
9/2681/71Frusone.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto contiene misure per la procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati all'articolo 6 individua norme per la Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;
    il Capo III del decreto contiene ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio e l'articolo 12 introduce norme per la «Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all'ufficiale dello stato civile»;
    entrambe le misure dedicate alla revisione del diritto matrimoniale in tema di separazione e di divorzio incidono esclusivamente sulla procedura, e non sui termini, degiurisdizionalizzando il procedimento e riducendo, di fatto, le tutele per la parte più debole e le garanzie di equità in capo agli accordi stabiliti, derivanti dal vaglio giudiziario degli stessi;
    nella seduta 236 del 29 maggio 2014, la Camera ha approvato a larga maggioranza il testo unificato delle proposte di legge recanti Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi, teso a ridurre i tempi necessari per poter richiedere la presentazione dell'istanza di divorzio, da tre anni ad un anno in caso di separazione giudiziale, da tra anni a sei mesi in caso di separazione consensuale;
    il decreto in esame, come detto, non contempla alcuna riduzione dei termini temporali per addivenire allo scioglimento del matrimonio – cosa peraltro fortemente caldeggiata dall'opinione pubblica – erodendo altresì significativamente le garanzie poste dall'ordinamento a tutela dell'equità delle decisioni assunte nei confronti della parte più debole in sede procedimentale in tema di separazione, divorzio e modifiche successive delle stesse decisioni,

impegna il Governo

nel caso in cui si sia in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, ovvero economicamente non autosufficienti, a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui all'articolo 6 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che l'accordo raggiunto a seguito della negoziazione assistita da un avvocato, debba essere presentato al Tribunale per l'omologazione e che, nel caso in cui l'accordo risulti in contrasto con l'interesse dei predetti soggetti – esperito infruttuosamente il passaggio della convocazione dei coniugi per chiarimenti e per eventuali modificazioni dell'accordo raggiunto –, il Tribunale possa rifiutare l'omologazione dell'accordo.

9/2681/72Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto contiene misure per la procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati all'articolo 6 individua norme per la Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;
    il Capo III del decreto contiene ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio e l'articolo 12 introduce norme per la «Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all'ufficiale dello stato civile»;
    entrambe le misure dedicate alla revisione del diritto matrimoniale in tema di separazione e di divorzio incidono esclusivamente sulla procedura, e non sui termini, degiurisdizionalizzando il procedimento e riducendo, di fatto, le tutele per la parte più debole e le garanzie di equità in capo agli accordi stabiliti, derivanti dal vaglio giudiziario degli stessi;
    nella seduta 236 del 29 maggio 2014, la Camera ha approvato a larga maggioranza il testo unificato delle proposte di legge recanti Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi, teso a ridurre i tempi necessari per poter richiedere la presentazione dell'istanza di divorzio, da tre anni ad un anno in caso di separazione giudiziale, da tra anni a sei mesi in caso di separazione consensuale;
    il decreto in esame, come detto, non contempla alcuna riduzione dei termini temporali per addivenire allo scioglimento del matrimonio – cosa peraltro fortemente caldeggiata dall'opinione pubblica – erodendo altresì significativamente le garanzie poste dall'ordinamento a tutela dell'equità delle decisioni assunte nei confronti della parte più debole in sede procedimentale in tema di separazione, divorzio e modifiche successive delle stesse decisioni,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a stabilire che gli accordi raggiunti in convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati in tema di separazioni e divorzio, acquistino data certa dal momento di ricezione da parte dell'ufficiale dello stato civile e che gli stessi siano trasmessi anche mediante posta certificata nonché notificazione.
9/2681/73Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto contiene misure per la procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati all'articolo 6 individua norme per la Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;
    il Capo III del decreto contiene ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio e l'articolo 12 introduce norme per la «Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all'ufficiale dello stato civile»;
    entrambe le misure dedicate alla revisione del diritto matrimoniale in tema di separazione e di divorzio incidono esclusivamente sulla procedura, e non sui termini, degiurisdizionalizzando il procedimento e riducendo, di fatto, le tutele per la parte più debole e le garanzie di equità in capo agli accordi stabiliti, derivanti dal vaglio giudiziario degli stessi;
    nella seduta 236 del 29 maggio 2014, la Camera ha approvato a larga maggioranza il testo unificato delle proposte di legge recanti Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi, teso a ridurre i tempi necessari per poter richiedere la presentazione dell'istanza di divorzio, da tre anni ad un anno in caso di separazione giudiziale, da tra anni a sei mesi in caso di separazione consensuale;
    il decreto in esame, come detto, non contempla alcuna riduzione dei termini temporali per addivenire allo scioglimento del matrimonio – cosa peraltro fortemente caldeggiata dall'opinione pubblica – erodendo altresì significativamente le garanzie poste dall'ordinamento a tutela dell'equità delle decisioni assunte nei confronti della parte più debole in sede procedimentale in tema di separazione, divorzio e modifiche successive delle stesse decisioni,

impegna il Governo

a voler riconoscere, per le spese sostenute per la negoziazione assistita, in caso di successo della stessa, un credito d'imposta commisurato alle spese stesse, fino a concorrenza di euro mille.
9/2681/74Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto contiene misure per la procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati all'articolo 6 individua norme per la Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;
    il Capo III del decreto contiene ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio e l'articolo 12 introduce norme per la «Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all'ufficiale dello stato civile»;
    entrambe le misure dedicate alla revisione del diritto matrimoniale in tema di separazione e di divorzio incidono esclusivamente sulla procedura, e non sui termini, degiurisdizionalizzando il procedimento e riducendo, di fatto, le tutele per la parte più debole e le garanzie di equità in capo agli accordi stabiliti, derivanti dal vaglio giudiziario degli stessi;
    nella seduta 236 del 29 maggio 2014, la Camera ha approvato a larga maggioranza il testo unificato delle proposte di legge recanti Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi, teso a ridurre i tempi necessari per poter richiedere la presentazione dell'istanza di divorzio, da tre anni ad un anno in caso di separazione giudiziale, da tra anni a sei mesi in caso di separazione consensuale;
    il decreto in esame, come detto, non contempla alcuna riduzione dei termini temporali per addivenire allo scioglimento del matrimonio – cosa peraltro fortemente caldeggiata dall'opinione pubblica – erodendo altresì significativamente le garanzie poste dall'ordinamento a tutela dell'equità delle decisioni assunte nei confronti della parte più debole in sede procedimentale in tema di separazione, divorzio e modifiche successive delle stesse decisioni,

impegna il Governo

ad assumere ulteriori iniziative normative volte a stabilire che la decisione in merito alla separazione personale dei coniugi sia di competenza del giudice collegiale nel caso vi siano figli minorenni e del giudice monocratico in assenza di figli ovvero ove vi siano solo tigli maggiorenni anche quando la maggiore età sia raggiunta nel corso del procedimento.
9/2681/75Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto contiene misure per la procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati all'articolo 6 individua norme per la Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;
    il Capo III del decreto contiene ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio e l'articolo 12 introduce norme per la «Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all'ufficiale dello stato civile»;
    entrambe le misure dedicate alla revisione del diritto matrimoniale in tema di separazione e di divorzio incidono esclusivamente sulla procedura, e non sui termini, degiurisdizionalizzando il procedimento e riducendo, di fatto, le tutele per la parte più debole e le garanzie di equità in capo agli accordi stabiliti, derivanti dal vaglio giudiziario degli stessi;
    nella seduta 236 del 29 maggio 2014, la Camera ha approvato a larga maggioranza il testo unificato delle proposte di legge recanti Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi, teso a ridurre i tempi necessari per poter richiedere la presentazione dell'istanza di divorzio, da tre anni ad un anno in caso di separazione giudiziale, da tra anni a sei mesi in caso di separazione consensuale;
    il decreto in esame, come detto, non contempla alcuna riduzione dei termini temporali per addivenire allo scioglimento del matrimonio – cosa peraltro fortemente caldeggiata dall'opinione pubblica – erodendo altresì significativamente le garanzie poste dall'ordinamento a tutela dell'equità delle decisioni assunte nei confronti della parte più debole in sede procedimentale in tema di separazione, divorzio e modifiche successive delle stesse decisioni nei confronti della parte più debole,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che nella convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte, in assenza di figli, l'omologazione dell'accordo raggiunto sia pronunziata in camera di consiglio a seguito di controllo formale nel caso in cui le condizioni siano state concordate con l'assistenza di un avvocato per parte e di controllo sostanziale nel caso in cui le condizioni siano state concordate con l'assistenza di un unico avvocato per entrambe le parti, ovvero in caso di assistenza tecnica.
9/2681/76Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto contiene misure per la procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati all'articolo 6 individua norme per la Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;
    il Capo III del decreto contiene ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio e l'articolo 12 introduce norme per la «Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all'ufficiale dello stato civile»;
    entrambe le misure dedicate alla revisione del diritto matrimoniale in tema di separazione e di divorzio incidono esclusivamente sulla procedura, e non sui termini, degiurisdizionalizzando il procedimento e riducendo, di fatto, le tutele per la parte più debole e le garanzie di equità in capo agli accordi stabiliti, derivanti dal vaglio giudiziario degli stessi;
    nella seduta 236 del 29 maggio 2014, la Camera ha approvato a larga maggioranza il testo unificato delle proposte di legge recanti Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi, teso a ridurre i tempi necessari per poter richiedere la presentazione dell'istanza di divorzio, da tre anni ad un anno in caso di separazione giudiziale, da tra anni a sei mesi in caso di separazione consensuale;
    il decreto in esame, come detto, non contempla alcuna riduzione dei termini temporali per addivenire allo scioglimento del matrimonio – cosa peraltro fortemente caldeggiata dall'opinione pubblica – erodendo altresì significativamente le garanzie poste dall'ordinamento a tutela dell'equità delle decisioni assunte nei confronti della parte più debole in sede procedimentale in tema di separazione, divorzio e modifiche successive delle stesse decisioni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che la richiesta congiunta dei coniugi innanzi all'ufficiale di stato civile sia consentita ai soli fini di formalizzare un accordo in tema di separazione personale consensuale e non di divorzio, ciò al fine di garantire che le decisioni in capo allo scioglimento ovvero la cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché le modifiche delle condizioni collegate, siano comunque sottoposte ad un vaglio del giudice.
9/2681/77Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto contiene misure per la procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati all'articolo 6 individua norme per la Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;
    il Capo III del decreto contiene ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio e l'articolo 12 introduce norme per la «Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all'ufficiale dello stato civile»;
    entrambe le misure dedicate alla revisione del diritto matrimoniale in tema di separazione e di divorzio incidono esclusivamente sulla procedura, e non sui termini, degiurisdizionalizzando il procedimento e riducendo, di fatto, le tutele per la parte più debole e le garanzie di equità in capo agli accordi stabiliti, derivanti dal vaglio giudiziario degli stessi;
    nella seduta 236 del 29 maggio 2014, la Camera ha approvato a larga maggioranza il testo unificato delle proposte di legge recanti Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi, teso a ridurre i tempi necessari per poter richiedere la presentazione dell'istanza di divorzio, da tre anni ad un anno in caso di separazione giudiziale, da tra anni a sei mesi in caso di separazione consensuale;
    il decreto in esame, come detto, non contempla alcuna riduzione dei termini temporali per addivenire allo scioglimento del matrimonio – cosa peraltro fortemente caldeggiata dall'opinione pubblica – erodendo altresì significativamente le garanzie poste dall'ordinamento a tutela dell'equità delle decisioni assunte nei confronti della parte più debole in sede procedimentale in tema di separazione, divorzio e modifiche successive delle stesse decisioni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che, nella separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all'ufficiale dello stato civile, i coniugi possano presentare tale istanza con l'obbligatoria presenza di uno o più avvocati.
9/2681/78Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto contiene misure per la procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati all'articolo 6 individua norme per la Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;
    il Capo III del decreto contiene ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio e l'articolo 12 introduce norme per la «Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all'ufficiale dello stato civile»;
    entrambe le misure dedicate alla revisione del diritto matrimoniale in tema di separazione e di divorzio incidono esclusivamente sulla procedura, e non sui termini, degiurisdizionalizzando il procedimento e riducendo, di fatto, le tutele per la parte più debole e le garanzie di equità in capo agli accordi stabiliti, derivanti dal vaglio giudiziario degli stessi;
    nella seduta 236 del 29 maggio 2014, la Camera ha approvato a larga maggioranza il testo unificato delle proposte di legge recanti Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi, teso a ridurre i tempi necessari per poter richiedere la presentazione dell'istanza di divorzio, da tre anni ad un anno in caso di separazione giudiziale, da tra anni a sei mesi in caso di separazione consensuale;
    il decreto in esame, come detto, non contempla alcuna riduzione dei termini temporali per addivenire allo scioglimento del matrimonio – cosa peraltro fortemente caldeggiata dall'opinione pubblica – erodendo altresì significativamente le garanzie poste dall'ordinamento a tutela dell'equità delle decisioni assunte nei confronti della parte più debole in sede procedimentale in tema di separazione, divorzio e modifiche successive delle stesse decisioni,

impegna il Governo

ad intraprendere ogni iniziativa al fine di proporre ovvero favorire l'introduzione di una riforma della decorrenza dei termini per la proposizione della domanda di divorzio, dai vigenti tre anni ad un anno in caso di separazione giudiziale e a sei mesi in caso di separazione consensuale, ricomprendendo in tale modifica le nuove procedure in tema di separazione e divorzio introdotte dall'atto in titolo.
9/2681/79Cristian Iannuzzi, Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del decreto contiene misure per l'eliminazione dell'arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti e che, all'unico articolo compreso nel detto titolo, l'articolo 1, introduce misure per il «trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria»;
    il comma 1 stabilisce, infatti, che nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile (riferite all'arbitrato), trasferimento che è, tuttavia, soggetto ad un limite temporale e a uno di materia essendo escluso: per le cause già assunte in decisione: per le cause che hanno ad oggetto diritti indisponibili; per le cause in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, per quanto è possibile trasferire la causa agli arbitri per le cause di lavoro che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, ove il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale;
    per quanto riguarda le modalità procedurali, il comma 2 prevede che il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine forense del circondario in cui ha sede il tribunale (ovvero la corte di appello) per la nomina: del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore a 100.000 euro; di un arbitro unico, se vi è accordo delle parti, per le liti di valore inferiore;
    considerato che con le misure racchiuse nell'unico articolo inerente la cosiddetta «degiurisdizionalizzazione» dell'atto in oggetto, lo Stato dimostra di non ritenere di avere le risorse per garantire i cittadini nell'ambito del processo, impedendo pertanto agli stessi di andare nelle aule giudiziarie, creando una giustizia privata a pagamento, che contraddice il principio fondamentale secondo il quale la giustizia è uguale per tutti;
    ciascun cittadino richiedente giustizia ha diritto di poter contare su di una giustizia funzionante, equa, pubblica in ragione degli ingenti contributi diretti ed indiretti versati, senza doversi trovare costretto a ricorrere ad un sistema parallelo, con costi aggiuntivi, volto a realizzare una condizione de facto di «giustizia privata a pagamento» ove il diritto costituzionale per un giusto processo risulti gravemente leso,

impegna il Governo

a prevedere che i parametri relativi ai compensi degli arbitri siano fissati con regolamento soggetto a parere obbligatorio delle Commissioni parlamentari competenti.
9/2681/80L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del decreto contiene misure per l'eliminazione dell'arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti e che, all'unico articolo compreso nel detto titolo, l'articolo 1, introduce misure per il «trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria»;
    il comma 1 stabilisce, infatti, che nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile (riferite all'arbitrato), trasferimento che è, tuttavia, soggetto ad un limite temporale e a uno di materia essendo escluso: per le cause già assunte in decisione: per le cause che hanno ad oggetto diritti indisponibili; per le cause in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, per quanto è possibile trasferire la causa agli arbitri per le cause di lavoro che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, ove il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale;
    per quanto riguarda le modalità procedurali, il comma 2 prevede che il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine forense del circondario in cui ha sede il tribunale (ovvero la corte di appello) per la nomina: del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore a 100.000 euro; di un arbitro unico, se vi è accordo delle parti, per le liti di valore inferiore;
    considerato che con le misure racchiuse nell'unico articolo inerente la cosiddetta «degiurisdizionalizzazione» dell'atto in oggetto, lo Stato dimostra di non ritenere di avere le risorse per garantire i cittadini nell'ambito del processo, impedendo pertanto agli stessi di andare nelle aule giudiziarie, creando una giustizia privata a pagamento, che contraddice il principio fondamentale secondo il quale la giustizia è uguale per tutti;
    ciascun cittadino richiedente giustizia ha diritto di poter contare su di una giustizia funzionante, equa, pubblica in ragione degli ingenti contributi diretti ed indiretti versati, senza doversi trovare costretto a ricorrere ad un sistema parallelo, con costi aggiuntivi, volto a realizzare una condizione de facto di «giustizia privata a pagamento» ove il diritto costituzionale per un giusto processo risulti gravemente leso,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a consentire l'applicazione dell'istituto del gratuito patrocinio alla procedura arbitrale.
9/2681/81Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del decreto contiene misure per l'eliminazione dell'arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti e che, all'unico articolo compreso nel detto titolo, l'articolo 1, introduce misure per il «trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria»;
    il comma 1 stabilisce, infatti, che nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile (riferite all'arbitrato), trasferimento che è, tuttavia, soggetto ad un limite temporale e a uno di materia essendo escluso: per le cause già assunte in decisione: per le cause che hanno ad oggetto diritti indisponibili; per le cause in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, per quanto è possibile trasferire la causa agli arbitri per le cause di lavoro che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, ove il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale;
    per quanto riguarda le modalità procedurali, il comma 2 prevede che il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine forense del circondario in cui ha sede il tribunale (ovvero la corte di appello) per la nomina: del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore a 100.000 euro; di un arbitro unico, se vi è accordo delle parti, per le liti di valore inferiore;
    con le misure racchiuse nell'unico articolo inerente la cosiddetta «degiurisdizionalizzazione» dell'atto in oggetto, lo Stato dimostra di non ritenere di avere le risorse per garantire i cittadini nell'ambito del processo, impedendo pertanto agli stessi di andare nelle aule giudiziarie, creando una giustizia privata a pagamento, che contraddice il principio fondamentale secondo il quale la giustizia è uguale per tutti;
    ciascun cittadino richiedente giustizia ha diritto di poter contare su di una giustizia funzionante, equa, pubblica in ragione degli ingenti contributi diretti ed indiretti versati, senza doversi trovare costretto a ricorrere ad un sistema parallelo, con costi aggiuntivi, volto a realizzare una condizione de facto di «giustizia privata a pagamento» ove il diritto costituzionale per un giusto processo risulti gravemente leso,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui al comma 2 dell'articolo 1, al fine di voler riconoscere l'articolo 809 del codice di procedura civile quale riferimento per la nomina degli arbitri.
9/2681/82Lombardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del decreto contiene misure per l'eliminazione dell'arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti e che, all'unico articolo compreso nel detto titolo, l'articolo 1, introduce misure per il «trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria»;
    il comma 1 stabilisce, infatti, che nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile (riferite all'arbitrato), trasferimento che è, tuttavia, soggetto ad un limite temporale e a uno di materia essendo escluso: per le cause già assunte in decisione: per le cause che hanno ad oggetto diritti indisponibili; per le cause in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, per quanto è possibile trasferire la causa agli arbitri per le cause di lavoro che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, ove il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale;
    per quanto riguarda le modalità procedurali, il comma 2 prevede che il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine forense del circondario in cui ha sede il tribunale (ovvero la corte di appello) per la nomina: del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore a 100.000 euro; di un arbitro unico, se vi è accordo delle parti, per le liti di valore inferiore;
    con le misure racchiuse nell'unico articolo inerente la cosiddetta «degiurisdizionalizzazione» dell'atto in oggetto, lo Stato dimostra di non ritenere di avere le risorse per garantire i cittadini nell'ambito del processo, impedendo pertanto agli stessi di andare nelle aule giudiziarie, creando una giustizia privata a pagamento, che contraddice il principio fondamentale secondo il quale la giustizia è uguale per tutti;
    ciascun cittadino richiedente giustizia ha diritto di poter contare su di una giustizia funzionante, equa, pubblica in ragione degli ingenti contributi diretti ed indiretti versati, senza doversi trovare costretto a ricorrere ad un sistema parallelo, con costi aggiuntivi, volto a realizzare una condizione de facto di «giustizia privata a pagamento» ove il diritto costituzionale per un giusto processo risulti gravemente leso,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a consentire in ogni caso la possibilità, per chi ricorre alla sede arbitrale, di poter sempre ricorrere, ove le parti decidano concordemente, ad un arbitro unico indifferentemente dal valore delle controversie.
9/2681/83Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del decreto contiene misure per l'eliminazione dell'arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti e che, all'unico articolo compreso nel detto titolo, l'articolo 1, introduce misure per il «trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria»;
    il comma 1 stabilisce, infatti, che nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile (riferite all'arbitrato), trasferimento che è, tuttavia, soggetto ad un limite temporale e a uno di materia essendo escluso: per le cause già assunte in decisione: per le cause che hanno ad oggetto diritti indisponibili; per le cause in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, per quanto è possibile trasferire la causa agli arbitri per le cause di lavoro che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, ove il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale;
    per quanto riguarda le modalità procedurali, il comma 2 prevede che il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine forense del circondario in cui ha sede il tribunale (ovvero la corte di appello) per la nomina: del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore a 100.000 euro; di un arbitro unico, se vi è accordo delle parti, per le liti di valore inferiore;
    considerato che con le misure racchiuse nell'unico articolo inerente la cosiddetta «degiurisdizionalizzazione» dell'atto in oggetto, lo Stato dimostra di non ritenere di avere le risorse per garantire i cittadini nell'ambito del processo, impedendo pertanto agli stessi di andare nelle aule giudiziarie, creando una giustizia privata a pagamento, che contraddice il principio fondamentale secondo il quale la giustizia è uguale per tutti;
    ciascun cittadino richiedente giustizia ha diritto di poter contare su di una giustizia funzionante, equa, pubblica in ragione degli ingenti contributi diretti ed indiretti versati, senza doversi trovare costretto a ricorrere ad un sistema parallelo, con costi aggiuntivi, volto a realizzare una condizione de facto di «giustizia privata a pagamento» ove il diritto costituzionale per un giusto processo risulti gravemente leso,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ridurre la soglia da 100 mila euro a 50 mila euro del valore della controversia sotto la quale è consentito, per le parti, di poter ricorrere, ove concordi, all'arbitro unico in luogo del collegio arbitrale.
9/2681/84Lupo.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del decreto contiene misure per l'eliminazione dell'arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti e che, all'unico articolo compreso nel detto titolo, l'articolo 1, introduce misure per il «trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria»;
    il comma 1 stabilisce, infatti, che nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile (riferite all'arbitrato), trasferimento che è, tuttavia, soggetto ad un limite temporale e a uno di materia essendo escluso: per le cause già assunte in decisione: per le cause che hanno ad oggetto diritti indisponibili; per le cause in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, per quanto è possibile trasferire la causa agli arbitri per le cause di lavoro che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, ove il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale;
    per quanto riguarda le modalità procedurali, il comma 2 prevede che il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine forense del circondario in cui ha sede il tribunale (ovvero la corte di appello) per la nomina: del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore a 100.000 euro; di un arbitro unico, se vi è accordo delle parti, per le liti di valore inferiore;
    con le misure racchiuse nell'unico articolo inerente la cosiddetta «degiurisdizionalizzazione» dell'atto in oggetto, lo Stato dimostra di non ritenere di avere le risorse per garantire i cittadini nell'ambito del processo, impedendo pertanto agli stessi di andare nelle aule giudiziarie, creando una giustizia privata a pagamento, che contraddice il principio fondamentale secondo il quale la giustizia è uguale per tutti;
    ciascun cittadino richiedente giustizia ha diritto di poter contare su di una giustizia funzionante, equa, pubblica in ragione degli ingenti contributi diretti ed indiretti versati, senza doversi trovare costretto a ricorrere ad un sistema parallelo, con costi aggiuntivi, volto a realizzare una condizione de facto di «giustizia privata a pagamento» ove il diritto costituzionale per un giusto processo risulti gravemente leso,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a stabilire una soglia di 30 mila euro del valore della controversia sotto la quale sia sempre prevista la nomina di un arbitro unico.
9/2681/85Mannino.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del decreto contiene misure per l'eliminazione dell'arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti e che, all'unico articolo compreso nel detto titolo, l'articolo 1, introduce misure per il «trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria»;
    il comma 1 stabilisce, infatti, che nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile (riferite all'arbitrato), trasferimento che è, tuttavia, soggetto ad un limite temporale e a uno di materia essendo escluso: per le cause già assunte in decisione: per le cause che hanno ad oggetto diritti indisponibili; per le cause in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, per quanto è possibile trasferire la causa agli arbitri per le cause di lavoro che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, ove il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale;
    per quanto riguarda le modalità procedurali, il comma 2 prevede che il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine forense del circondario in cui ha sede il tribunale (ovvero la corte di appello) per la nomina: del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore a 100.000 euro; di un arbitro unico, se vi è accordo delle parti, per le liti di valore inferiore;
    considerato che con le misure racchiuse nell'unico articolo inerente la cosiddetta «degiurisdizionalizzazione» dell'atto in oggetto, lo Stato dimostra di non ritenere di avere le risorse per garantire i cittadini nell'ambito del processo, impedendo pertanto agli stessi di andare nelle aule giudiziarie, creando una giustizia privata a pagamento, che contraddice il principio fondamentale secondo il quale la giustizia è uguale per tutti;
    ciascun cittadino richiedente giustizia ha diritto di poter contare su di una giustizia funzionante, equa, pubblica in ragione degli ingenti contributi diretti ed indiretti versati, senza doversi trovare costretto a ricorrere ad un sistema parallelo, con costi aggiuntivi, volto a realizzare una condizione de facto di «giustizia privata a pagamento» ove il diritto costituzionale per un giusto processo risulti gravemente leso,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a stabilire che l'arbitro o gli arbitri di cui al comma 2 dell'articolo 1 del decreto in oggetto siano nominati dal Presidente del Consiglio dell'ordine solo nel caso di mancanza di accordo tra le parti.
9/2681/86Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del decreto contiene misure per l'eliminazione dell'arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti e che, all'unico articolo compreso nel detto titolo, l'articolo 1, introduce misure per il «trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria»;
    il comma 1 stabilisce, infatti, che nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile (riferite all'arbitrato), trasferimento che è, tuttavia, soggetto ad un limite temporale e a uno di materia essendo escluso: per le cause già assunte in decisione: per le cause che hanno ad oggetto diritti indisponibili; per le cause in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, per quanto è possibile trasferire la causa agli arbitri per le cause di lavoro che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, ove il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale;
    per quanto riguarda le modalità procedurali, il comma 2 prevede che il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine forense del circondario in cui ha sede il tribunale (ovvero la corte di appello) per la nomina: del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore a 100.000 euro; di un arbitro unico, se vi è accordo delle parti, per le liti di valore inferiore;
    considerato che con le misure racchiuse nell'unico articolo inerente la cosiddetta «degiurisdizionalizzazione» dell'atto in oggetto, lo Stato dimostra di non ritenere di avere le risorse per garantire i cittadini nell'ambito del processo, impedendo pertanto agli stessi di andare nelle aule giudiziarie, creando una giustizia privata a pagamento, che contraddice il principio fondamentale secondo il quale la giustizia è uguale per tutti;
    ciascun cittadino richiedente giustizia ha diritto di poter contare su di una giustizia funzionante, equa, pubblica in ragione degli ingenti contributi diretti ed indiretti versati, senza doversi trovare costretto a ricorrere ad un sistema parallelo, con costi aggiuntivi, volto a realizzare una condizione de facto di «giustizia privata a pagamento» ove il diritto costituzionale per un giusto processo risulti gravemente leso,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che gli avvocati individuati quali arbitri ai sensi del comma 2 dell'articolo 1 del decreto in oggetto, iscritti da almeno cinque anni all'albo dell'ordine circondariale, in caso di giudizio di secondo grado, possano altresì essere iscritti agli ordini circondariali appartenenti al medesimo distretto della corte d'appello.
9/2681/87Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del decreto contiene misure per l'eliminazione dell'arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti e che, all'unico articolo compreso nel detto titolo, l'articolo 1, introduce misure per il «trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria»;
    il comma 1 stabilisce, infatti, che nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile (riferite all'arbitrato), trasferimento che è, tuttavia, soggetto ad un limite temporale e a uno di materia essendo escluso: per le cause già assunte in decisione: per le cause che hanno ad oggetto diritti indisponibili; per le cause in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, per quanto è possibile trasferire la causa agli arbitri per le cause di lavoro che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, ove il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale;
    per quanto riguarda le modalità procedurali, il comma 2 prevede che il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine forense del circondario in cui ha sede il tribunale (ovvero la corte di appello) per la nomina: del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore a 100.000 euro; di un arbitro unico, se vi è accordo delle parti, per le liti di valore inferiore;
    considerato che con le misure racchiuse nell'unico articolo inerente la cosiddetta «degiurisdizionalizzazione» dell'atto in oggetto, lo Stato dimostra di non ritenere di avere le risorse per garantire i cittadini nell'ambito del processo, impedendo pertanto agli stessi di andare nelle aule giudiziarie, creando una giustizia privata a pagamento, che contraddice il principio fondamentale secondo il quale la giustizia è uguale per tutti;
    ciascun cittadino richiedente giustizia ha diritto di poter contare su di una giustizia funzionante, equa, pubblica in ragione degli ingenti contributi diretti ed indiretti versati, senza doversi trovare costretto a ricorrere ad un sistema parallelo, con costi aggiuntivi, volto a realizzare una condizione de facto di «giustizia privata a pagamento» ove il diritto costituzionale per un giusto processo risulti gravemente leso,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a limitare profili di eccessiva discrezionalità in capo alla procedura arbitrale, espungere, tra i criteri per l'assegnazione degli arbitrati, che l'arbitro sia assegnato anche in relazione alle ragioni del contendere e alla materia oggetto di controversia.
9/2681/88Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del decreto contiene misure per l'eliminazione dell'arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti e che, all'unico articolo compreso nel detto titolo, l'articolo 1, introduce misure per il «trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria»;
    il comma 1 stabilisce, infatti, che nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile (riferite all'arbitrato), trasferimento che è, tuttavia, soggetto ad un limite temporale e a uno di materia essendo escluso: per le cause già assunte in decisione: per le cause che hanno ad oggetto diritti indisponibili; per le cause in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, per quanto è possibile trasferire la causa agli arbitri per le cause di lavoro che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, ove il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale;
    per quanto riguarda le modalità procedurali, il comma 2 prevede che il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine forense del circondario in cui ha sede il tribunale (ovvero la corte di appello) per la nomina: del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore a 100.000 euro; di un arbitro unico, se vi è accordo delle parti, per le liti di valore inferiore;
    considerato che con le misure racchiuse nell'unico articolo inerente la cosiddetta «degiurisdizionalizzazione» dell'atto in oggetto, lo Stato dimostra di non ritenere di avere le risorse per garantire i cittadini nell'ambito del processo, impedendo pertanto agli stessi di andare nelle aule giudiziarie, creando una giustizia privata a pagamento, che contraddice il principio fondamentale secondo il quale la giustizia è uguale per tutti;
    ciascun cittadino richiedente giustizia ha diritto di poter contare su di una giustizia funzionante, equa, pubblica in ragione degli ingenti contributi diretti ed indiretti versati, senza doversi trovare costretto a ricorrere ad un sistema parallelo, con costi aggiuntivi, volto a realizzare una condizione de facto di «giustizia privata a pagamento» ove il diritto costituzionale per un giusto processo risulti gravemente leso,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che in caso di successo dell'arbitrato, a ciascuna delle parti che optino per la devoluzione ad arbitri della controversia, è riconosciuto, nell'anno solare immediatamente successivo alla scelta, un credito d'imposta pari all'ammontare dei contributi unificati dovuti per tutti i gradi di giudizio fino a tale momento espletati.
9/2681/89Mucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del decreto contiene misure per l'eliminazione dell'arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti e che, all'unico articolo compreso nel detto titolo, l'articolo 1, introduce misure per il «trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria»;
    il comma 1 stabilisce, infatti, che nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile (riferite all'arbitrato), trasferimento che è, tuttavia, soggetto ad un limite temporale e a uno di materia essendo escluso: per le cause già assunte in decisione: per le cause che hanno ad oggetto diritti indisponibili; per le cause in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, per quanto è possibile trasferire la causa agli arbitri per le cause di lavoro che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, ove il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale;
    per quanto riguarda le modalità procedurali, il comma 2 prevede che il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine forense del circondario in cui ha sede il tribunale (ovvero la corte di appello) per la nomina: del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore a 100.000 euro; di un arbitro unico, se vi è accordo delle parti, per le liti di valore inferiore;
    considerato che con le misure racchiuse nell'unico articolo inerente la cosiddetta «degiurisdizionalizzazione» dell'atto in oggetto, lo Stato dimostra di non ritenere di avere le risorse per garantire i cittadini nell'ambito del processo, impedendo pertanto agli stessi di andare nelle aule giudiziarie, creando una giustizia privata a pagamento, che contraddice il principio fondamentale secondo il quale la giustizia è uguale per tutti;
    ciascun cittadino richiedente giustizia ha diritto di poter contare su di una giustizia funzionante, equa, pubblica in ragione degli ingenti contributi diretti ed indiretti versati, senza doversi trovare costretto a ricorrere ad un sistema parallelo, con costi aggiuntivi, volto a realizzare una condizione de facto di «giustizia privata a pagamento» ove il diritto costituzionale per un giusto processo risulti gravemente leso,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che, per le spese sostenute per l'arbitrato di cui all'articolo 1 è riconosciuto, in caso di successo, un credito d'imposta commisurato alle spese stesse, comunque fino a concorrenza delle spese di giudizio sostenute per le cause trasferite, mentre, in caso d'insuccesso della mediazione, il credito d'imposta è ridotto della metà.
9/2681/90Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del decreto contiene misure per l'eliminazione dell'arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti e che, all'unico articolo compreso nel detto titolo, l'articolo 1, introduce misure per il «trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria»;
    con le misure racchiuse nell'unico articolo inerente la cosiddetta «degiurisdizionalizzazione» dell'atto in oggetto, lo Stato dimostra di non ritenere di avere le risorse per garantire i cittadini nell'ambito del processo, impedendo pertanto agli stessi di andare nelle aule giudiziarie, creando una giustizia privata a pagamento, che contraddice il principio fondamentale secondo il quale la giustizia è uguale per tutti;
    il decreto in esame, non contempla ulteriori strumenti per l'aggressione del contenzioso, ignorando, peraltro, l'istituto della class action che, se realmente funzionante ed incentivato, potrebbe altresì influenzare positivamente un deflazionamento del contenzioso civile,

impegna il Governo

a sostenere favorevolmente l'esame di iniziative legislative parlamentari in tema di riforma dello strumento dell'azione di classe, quale utile istituto processuale volto ad un effettivo deflazionamento del contenzioso civile laddove questo consenta la possibilità di unificare numerose cause nei confronti di un medesimo soggetto.
9/2681/91Nuti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    quanto sopra è evidente, ad esempio, per il sistema previsto per gli uffici dei giudici di pace, oggetto di recenti modifiche e nuovamente oggetto dell'attuale disegno di legge con un intervento poco organico,

impegna il Governo

a rivedere le tabelle relative alla geografia giudiziaria al fine di contenere e razionalizzare sul territorio gli uffici dei giudici di pace che potrebbero essere accorpati in quanto eccessivamente dispendiosi rispetto al carico di lavoro effettivamente svolto e alla produttività degli stessi.
9/2681/92Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    così, ad esempio, per il sistema previsto per la copertura finanziaria del disegno in oggetto che risulta probabilmente insufficiente,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a considerare, ai fini della copertura finanziaria relativa al disegno di legge in oggetto, altre risorse prima di ricorrere, nuovamente, all'innalzamento dell'importo del contributo unificato, poiché ciò finisce per incidere troppo sul bilancio familiare di colui il quale voglia adire l'autorità giudiziaria per far valere un proprio diritto, oltre che a essere una previsione normativa di dubbia costituzionalità.
9/2681/93Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, la nuova previsione normativa avente ad oggetto la compensazione delle spese di giudizio non prende in considerazione fattispecie pur meritevoli di attenta valutazione da parte del legislatore,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere la norma relativa alla compensazione delle spese di giudizio e considerare anche fattispecie ulteriori rispetto a quelle strettamente previste dall'articolo 92 cpc come a titolo esemplificativo quelle in cui effettivamente vi siano legittimi dubbi sui diritti vantati dalle parti.
9/2681/94Pesco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, la nuova previsione normativa avente ad oggetto la compensazione delle spese di giudizio non prende in considerazione fattispecie pur meritevoli di attenta valutazione da parte del legislatore,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della nuova disciplina delle spese processuali al fine di valutare possibili estensioni delle ragioni di compensazione.
9/2681/94. (Testo modificato nel corso della seduta) Pesco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    così, ad esempio, per la norma modificata in tema di compensazione delle spese che potrebbe rivelarsi fuorviante per l'operatore di diritto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a riformulare il disposto normativo, come modificato, dell'articolo 92 del codice di procedura civile, per evitare che vi siano dubbi interpretativi della norma stessa.
9/2681/95Petraroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    così, ad esempio, per il sistema previsto per quanto concerne la previsione del sistema dei trasmutamenti che non può risolvere l'annoso problema della carenza di organico nella magistratura soprattutto ordinaria,

impegna il Governo

a valutare, stante le continue segnalazioni anche da parte del CSM, l'opportunità di prevedere, con provvedimento normativo ad hoc, la necessità e l'urgenza di bandire uno o più concorsi per uditore giudiziario nei prossimi tre anni a copertura dei ruoli rimasti provvisoriamente o definitivamente vacanti.
9/2681/96Pinna.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste; anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale;
    il giudice, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente dei Consiglio dell'ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale;
    «Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell'ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all'albo dell'ordine circondariale che non hanno avuto condanne disciplinari definitive e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso»;
    la su citata previsione, con un emendamento in Senato, è stata allargata (nel testo originario era esclusa) anche alle vertenze in materia di Lavoro;
    in buona sostanza, qualora venga inserita la clausola ad hoc nel ccnl, sarà possibile rimettere a un collegio arbitrale composto da avvocati, la vertenza tra datore e lavoratore;
    tale previsione appare in contrasto con la ravvisata necessità di garantire alle controversie in materia giuslavoristica l'attento vaglio della magistratura civile,

impegna il Governo

a provvedere rapidamente alla riforma del processo del lavoro attraverso interventi di natura legislativa che consentano la velocizzazione della risoluzione delle controversie.
9/2681/97Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste; anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale;
    il giudice, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale;
    «Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell'ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all'albo dell'ordine circondariale che non hanno avuto condanne disciplinari definitive e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso»;
    la su citata previsione, con un emendamento in Senato, è stata allargata (nel testo originario era esclusa) anche alle vertenze in materia di Lavoro;
    in buona sostanza, qualora venga inserita la clausola ad hoc nel ccnl, sarà possibile rimettere a un collegio arbitrale composto da avvocati, la vertenza tra datore e lavoratore;
    tale previsione appare in contrasto con la ravvisata necessità di garantire alle controversie in materia giuslavoristica l'attento vaglio della magistratura civile,

impegna il Governo

a provvedere rapidamente alla riforma del processo del lavoro attraverso interventi di natura legislativa che consentano lo smaltimento dell'arretrato e agevolino la fase conciliativa innanzi al Giudice Istruttore.
9/2681/98Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste; anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale;
    il giudice, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale;
    «Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell'ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all'albo dell'ordine circondariale che non hanno avuto condanne disciplinari definitive e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso»;
    la su citata previsione, con un emendamento in Senato, è stata allargata (nel testo originario era esclusa) anche alle vertenze in materia di Lavoro;
    in buona sostanza, qualora venga inserita la clausola ad hoc nel ccnl, sarà possibile rimettere a un collegio arbitrale composto da avvocati, la vertenza tra datore e lavoratore;
    tale previsione appare in contrasto con la ravvisata necessità di garantire alle controversie in materia giuslavoristica l'attento vaglio della magistratura civile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere all'adeguamento degli strumenti a disposizione dei Dipartimenti per le politiche del Lavoro nell'ottica di un rafforzamento delle misure volte a favorire le conciliazioni.
9/2681/99Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste; anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale;
    il giudice, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale;
    «Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell'ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all'albo dell'ordine circondariale che non hanno avuto condanne disciplinari definitive e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso»;
    la su citata previsione, con un emendamento in Senato, è stata allargata (nel testo originario era esclusa) anche alle vertenze in materia di Lavoro;
    in buona sostanza, qualora venga inserita la clausola ad hoc nel ccnl, sarà possibile rimettere a un collegio arbitrale composto da avvocati, la vertenza tra datore e lavoratore;
    tale previsione appare in contrasto con la ravvisata necessità di garantire alle controversie in materia giuslavoristica l'attento vaglio della magistratura civile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a garantire la certezza del diritto nel processo del lavoro, attraverso l'adozione di una legislazione più efficace in tema di interposizione di manodopera.
9/2681/100Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale;
    il giudice, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale;
    «Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell'ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all'albo dell'ordine circondariale che non hanno avuto condanne disciplinari definitive e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso»;
    la su citata previsione, con un emendamento in Senato, è stata allargata (nel testo originario era esclusa) anche alle vertenze in materia di Lavoro;
    in buona sostanza, qualora venga inserita la clausola ad hoc nel ccnl, sarà possibile rimettere a un collegio arbitrale composto da avvocati, la vertenza tra datore e lavoratore;
    tale previsione appare in contrasto con la ravvisata necessità di garantire alle controversie in materia giuslavoristica l'attento vaglio della magistratura civile,

impegna il Governo

a provvedere rapidamente alla riforma del processo del lavoro attraverso interventi di natura legislativa che pongano il limite di un anno per la durata del processo.
9/2681/101Rostellato.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste; anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale;
    il giudice, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale;
    «Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell'ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all'albo dell'ordine circondariale che non hanno avuto condanne disciplinari definitive e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso»;
    la su citata previsione, con un emendamento in Senato, è stata allargata (nel testo originario era esclusa) anche alle vertenze in materia di Lavoro;
    in buona sostanza, qualora venga inserita la clausola ad hoc nel ccnl, sarà possibile rimettere a un collegio arbitrale composto da avvocati, la vertenza tra datore e lavoratore;
    tale previsione appare in contrasto con la ravvisata necessità di garantire alle controversie in materia giuslavoristica l'attento vaglio della magistratura civile,

impegna il Governo

a provvedere rapidamente alla riforma del processo del lavoro attraverso interventi di natura legislativa che pongano il limite di sei mesi per la durata del processo.
9/2681/102Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste; anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale;
    il giudice, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale;
    «Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell'ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all'albo dell'ordine circondariale che non hanno avuto condanne disciplinari definitive e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso»;
    la su citata previsione, con un emendamento in Senato, è stata allargata (nel testo originario era esclusa) anche alle vertenze in materia di Lavoro;
    in buona sostanza, qualora venga inserita la clausola ad hoc nel ccnl, sarà possibile rimettere a un collegio arbitrale composto da avvocati, la vertenza tra datore e lavoratore;
    tale previsione appare in contrasto con la ravvisata necessità di garantire alle controversie in materia giuslavoristica l'attento vaglio della magistratura civile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere all'adeguamento degli strumenti a disposizione dei Dipartimenti per le politiche del Lavoro nell'ottica di un rafforzamento delle misure volte a favorire le conciliazioni, anche attraverso la elaborazione di sistemi di interazione e supporto tra i Dipartimenti per le Politiche del Lavoro e il Giudice del Lavoro.
9/2681/103Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste; anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    ad esempio, nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale;
    il giudice, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale;
    «Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell'ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all'albo dell'ordine circondariale che non hanno avuto condanne disciplinari definitive e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso»;
    la su citata previsione, con un emendamento in Senato, è stata allargata (nel testo originario era esclusa) anche alle vertenze in materia di Lavoro;
    in buona sostanza, qualora venga inserita la clausola ad hoc nel ccnl, sarà possibile rimettere a un collegio arbitrale composto da avvocati, la vertenza tra datore e lavoratore;
    tale previsione appare in contrasto con la ravvisata necessità di garantire alle controversie in materia giuslavoristica l'attento vaglio della magistratura civile,

impegna il Governo

a provvedere rapidamente alla riforma del processo civile del lavoro attraverso interventi di natura legislativa che consentano la velocizzazione della risoluzione delle controversie, con specifico riferimento alla riduzione delle udienze necessarie all'espletamento della fase istruttoria.
9/2681/104Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 introduce una particolare forma di convenzione di negoziazione assistita finalizzata alla soluzione consensuale stragiudiziale delle controversie in materia di separazione personale, di cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio;
    l'articolo 12 reca una modifica delle condizioni di separazione o di divorzio e una ulteriore disciplina volta alla semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio, che dovrebbe avere effetti complementari rispetto a quanto previsto dall'articolo 6;
    l'articolo 6 disciplina sia il procedimento in mancanza di figli minori, maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave o economicamente non auto sufficienti sia quello in presenza degli stessi, senza specificare cosa si intenda per portatore di handicap grave;
    all'articolo 12 si chiarisce che per portatore di handicap grave ci si riferisce alle situazioni indicate dall'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992 e che, pertanto, si è in presenza di handicap «grave» quando si renda «necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione»,

impegna il Governo

ad introdurre attraverso ulteriori iniziative normative, nell'ambito del procedimento delineato dall'articolo 6 la definizione di handicap grave, analogamente a quanto previsto dall'articolo 12.
9/2681/105Pisano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 introduce una particolare forma di convenzione di negoziazione assistita finalizzata alla soluzione consensuale stragiudiziale delle controversie in materia di separazione personale, di cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio;
    l'articolo 12 reca una modifica delle condizioni di separazione o di divorzio e una ulteriore disciplina volta alla semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio, che dovrebbe avere effetti complementari rispetto a quanto previsto dall'articolo 6;
    l'articolo 6 disciplina sia il procedimento in mancanza di figli minori, maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave o economicamente non auto sufficienti sia quello in presenza degli stessi, senza specificare cosa si intenda per portatore di handicap grave;
    all'articolo 12 si chiarisce che per portatore di handicap grave ci si riferisce alle situazioni indicate dall'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992 e che, pertanto, si è in presenza di handicap «grave» quando si renda «necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione»,

impegna il Governo

a promuovere, nell'ambito di ulteriori iniziative normative, il miglior coordinamento, anche lessicale, dei richiami degli articoli 6 e 12, del decreto alla fattispecie di disabilità grave.
9/2681/105. (Testo modificato nel corso della seduta) Pisano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19, come modificato nel testo approvato dal Senato della Repubblica, disciplina al comma 1, lettera d-ter), le modalità di iscrizione del pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, senza tuttavia specificare in quale tipo di registro sia necessario effettuare la trascrizione dell'atto di pignoramento, ma riferendosi, genericamente, ai «pubblici registri»;
    la nozione di «pubblici registri» risulta eccessivamente generica e si correrebbe il rischio di considerare correttamente registrati atti di pignoramento presso l'archivio nazionale dei veicoli o, addirittura, presso gli archivi delle auto storiche, che non posseggono le caratteristiche di conoscibilità e certezza del diritto garantiti dal Pubblico registro automobilistico, l'unico, infatti, sottoposto alla vigilanza dei Ministero della giustizia;
    attualmente, infatti, l'unica trascrizione valida per legge è quella effettuata presso il PRA,

impegna il Governo

a porre in essere qualsiasi tipo di attività per chiarire che la trascrizione nei pubblici registri alla quale si riferisce la norma in esame è soltanto quella effettuata presso il Pubblico registro automobilistico.
9/2681/106Prodani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19, come modificato nel testo approvato dal Senato della Repubblica, disciplina al comma 1, lettera d-ter), le modalità di trascrizione del pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi;
    i natanti rappresentano un altro importante cespite a potenziale garanzia dei creditori, ma non risulta ancora disciplinata nel dettaglio la loro pignorabilità e, soprattutto, le forme di conoscibilità per i terzi della loro eventuale indisponibilità;
    appare paradossale che, attraverso il PRA, pubblico registro vigilato dal Ministero della Giustizia, tramite le Corti d'Appello, vi sia un sistema completo e delineato sulle modalità di pignoramento dei veicoli semplici, mentre altrettanto non si può dire di cespiti di ben maggiore valore economico, quali i natanti, si pensi anche alle grandi navi da crociera dal valore di diversi miliardi di euro,

impegna il Governo

a porre in essere qualsiasi tipo di attività, anche di tipo normativo, per garantire anche per i natanti, nell'interesse dei creditori e dei terzi, un sistema di trascrizione degli atti di pignoramento che fornisca, almeno, le stesse garanzie di certezza del diritto assicurate dal PRA per i veicoli terrestri e che sia vigilato dal Ministero della giustizia.
9/2681/107Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19, come modificato nel testo approvato dal Senato della Repubblica, disciplina al comma 1, lettera d-ter), le modalità di trascrizione del pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi;
    gli aeromobili rappresentano un altro importante cespite a potenziale garanzia dei creditori, ma non risulta ancora disciplinata nel dettaglio la loro pignorabilità e, soprattutto, le forme di conoscibilità per i terzi della loro eventuale indisponibilità;
    appare paradossale che, attraverso il PRA, pubblico registro vigilato dal Ministero della Giustizia, tramite le Corti d'Appello, vi sia un sistema completo e delineato sulle modalità di pignoramento dei veicoli semplici, mentre altrettanto non si può dire di cespiti di ben maggiore valore economico, quali gli aerei di linea, gli aerei da diporto e, in generale, tutti gli aeromobili,

impegna il Governo

a porre in essere qualsiasi tipo di attività, anche di tipo normativo, per garantire anche per gli aeromobili, nell'interesse dei creditori e dei terzi, un sistema di trascrizione degli atti di pignoramento che fornisca, almeno, le stesse garanzie di certezza del diritto assicurate dal PRA per i veicoli terrestri e che sia vigilato dal Ministero della giustizia.
9/2681/108Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere, attraverso ulteriori iniziative normative il disposto normativo di cui all'articolo 1, ovvero la devoluzione dei procedimenti civili pendenti ad arbitri, anche alle vertenze che attengono alla materia di lavoro, previdenza e assistenza, le quali rappresentano centinaia di migliaia di cause arretrate, consentendo in tal modo alle parti, con istanza congiunta, di rimettere una controversia già pendente alla procedura arbitrale.
9/2681/109Ruocco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare la necessità di impedire incertezze nella interpretazione della norma, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto, valutando gli effetti applicativi della disposizione normativa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a disciplinare le modalità di scelta degli arbitri, privilegiando l'autonoma e concorde scelta delle parti e, solo in via subordinata, di rimettere la scelta dell'arbitro alla valutazione al Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati del circondario.
9/2681/110Sarti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    considerato che negli ultimi anni vi è una compressione dei redditi di tutti i liberi professionisti e soprattutto degli avvocati che attanaglia soprattutto gli under 55,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire in futuri provvedimenti normativi anche un limite temporale massimo di iscrizione all'albo degli avvocati per poter essere nominati arbitri, così da permettere a coloro che nell'attuale crisi di reddito degli avvocati, sono attualmente più in difficoltà, eliminando anche la possibilità a coloro che ottengono già un reddito da pensione dalla Cassa Forense, di poter esercitare come arbitri.
9/2681/111Scagliusi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a non limitare la devoluzione delle controversie pendenti in Corte di Appello in arbitri al solo ordine circondariale ma di estenderla ad una competenza territoriale più vasta, corrispondente a quella della intera Corte d'Appello.
9/2681/112Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere che la platea degli avvocati nominabili come arbitri sia estesa, nel caso di translatio in secondo grado, agli iscritti agli ordini cincondariali del distretto.
9/2681/112. (Testo modificato nel corso della seduta) Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere tempi più celeri per l'emanazione del decreto ministeriale con cui vengano rivisti i parametri relativi ai compensi degli arbitri, invece dei previsti 90 giorni.
9/2681/113Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a fare in modo che sia consentito l'accesso alla attribuzione delle controversie in qualità di arbitri a tutti coloro che siano iscritti all'albo degli avvocati senza la preventiva determinazione delle competenze già insite nei requisiti generali previsti dal decreto.
9/2681/114Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina del capo IV «altre misure per la funzionalità del processo di cognizione» si apre con un articolo, il 13, che prevede modifiche al regime della compensazione delle spese intervenendo sull'articolo 92 c.p.c. ampliandone il secondo comma,

impegna il Governo

a intervenire attraverso ulteriori iniziative normative sulla disciplina del regime della compensazione delle spese prevedendo una disciplina specifica anche per il caso della eventuale possibilità di compensazione solo parziale.
9/2681/115Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    la disciplina del capo IV «altre misure per la funzionalità del processo di cognizione» si apre con un articolo, il 13, che prevede modifiche al regime della compensazione delle spese intervenendo sull'articolo 92 c.p.c. ampliandone il secondo comma,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a intervenire nella disciplina del regime della compensazione delle spese in modo da limitarne l'utilizzo al solo caso di sussistenza di motivi eccezionali e con la previsione di una compensazione esclusivamente parziale.
9/2681/116Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione e deflazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione, le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati ovvero tentando di farlo incidendo pesantemente sui diritti dei cittadini anziché sul potenziamento dell'efficienza della giustizia togata;
    spesso, inoltre, l'intervento normativo si manifesta poco chiaro in quanto utilizza una terminologia poco tecnica e addirittura inappropriata;
    è il caso dell'articolo 19 comma 1 lettera d) in materia di esecuzione forzata,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a correggere la terminologia utilizzata nella predetta disposizione normativa sostituendo la locuzione «beni scelti dal creditore» con quella più appropriata e non suscettibile di equivoco di «beni specificamente indicati dal creditore».
9/2681/117Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere attraverso ulteriori iniziative normative la necessità di procedere preliminarmente alla negoziazione assistita anche alle controversie diverse dal risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, nonché di estendere la possibilità della negoziazione assistita anche ai casi previsti dall'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, in modo da consentire ai cittadini la scelta fra il procedimento di mediazione e la negoziazione assistita.
9/2681/118Tofalo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a considerare, per coloro che propongono in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo nei casi di negoziazione assistita, l'innalzamento della soglia che comporta l'obbligo di dover invitare l'altra parte, tramite il proprio avvocato, a stipulare una convenzione di negoziazione assistita.
9/2681/119Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a non considerare la negoziazione assistita come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, in quanto altrimenti l'istituto si porrebbe come obbligo, quindi come un costo per il cittadino, anziché come facoltà, ossia come un'opportunità per il cittadino stesso.
9/2681/120Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre, come rispetto della condizione di procedibilità della domanda giudiziale nel procedimento di negoziazione assistita, la scelta, in ipotesi alternativa, della negoziazione assistita o di uno dei procedimenti di cui agli articolo 1 e 1-bis del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, in modo da dare più opzioni al cittadino.
9/2681/121Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre come rispetto della condizione di procedibilità della domanda giudiziale per i procedimenti speciali obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati, la scelta, in ipotesi alternativa, della negoziazione assistita o del procedimento di mediazione, in modo da dare più opzioni al cittadino.
9/2681/122Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre attraverso ulteriori iniziative normative la possibilità di riconoscere, nei casi di negoziazione assistita, all'avvocato della parte non abbiente, un credito d'imposta pari all'ammontare dei compensi che sarebbero stati dovuti dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al gratuito patrocinio.
9/2681/123Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di applicare in futuri provvedimenti normativi alla negoziazione assistita per la parte non abbiente, l'istituto del patrocinio a spese dello stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
9/2681/124Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo. Il buon senso e il corretto approccio metodologico, avrebbe richiesto, pertanto, un iter legislativo che desse la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore, per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, attraverso ulteriori iniziative normative nei casi di negoziazione assistita in cui la parte si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di liquidare il compenso dell'avvocato ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e successive modificazioni.
9/2681/125Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame nasce dall'esigenza di fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    le esigenze ora segnalate non appaiono soddisfatte dalla decretazione emergenziale che è scandita da tempistiche ben diverse da quelle pocanzi delineate tal che molti dei rimedi previsti dal provvedimento in esame per l'assorbimento dell'arretrato giudiziario, la deflazione del contenzioso giudiziario e l'accelerazione dei procedimenti si rivelano, a ben guardare, inefficaci rispetto alle finalità previste;
    anche ove siano state inserite iniziative in qualche modo meritevoli di attenzione le stesse sono state trattate dal provvedimento in esame in maniera lacunosa e insufficiente ad assicurare il raggiungimento degli scopi prefissati;
    quanto precede è evidente, ad esempio, con riferimento alla procedura semplificata per la separazione e la cessazione degli effetti civili del matrimonio dove l'intera procedura è assolutamente svincolata da qualsivoglia garanzia di controllo tecnico il che, sull'altare della semplificazione e «degiurisdizionalizzazione», sacrifica la tutela dei diritti delle parti più deboli proprio in un ambito che deve essere considerato particolarmente delicato come la modifica delle condizioni di separazione e divorzio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a assumere iniziative che limitino la semplificazione dei procedimenti in materia di rapporti personali tra coniugi alla sola separazione personale e al divorzio con esclusione delle modifiche delle condizioni del divorzio.
9/2681/126Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge è finalizzato a decongestionare la giustizia civile, anche attraverso la definizione prettamente negoziale dei conflitti, attraverso un accordo oggetto di contrattazione tra le parti;
    già il codice di procedura civile del 1865 prevedeva la possibilità di comporre le controversie attraverso la conciliazione;
    il conflitto è fisiologico non soltanto tra privati ma anche tra cittadini e pubblica amministrazione;
    in questo campo, anche al fine fondamentale di prevenire i conflitti, sono già attivi da diversi anni i difensori civici regionali, riunitisi in un coordinamento nazionale, che ha redatto la prima relazione sulla difesa civica in Italia, presentata alla Camera il 2 ottobre di quest'anno;
    la relazione mette in evidenza come i difensori civici già svolgano e possano implementare un servizio di gestione dei reclami avanzati dai cittadini nei confronti delle pubbliche amministrazioni nel contempo accessibile e conveniente, promuovendo la buona amministrazione pubblica anche attraverso una responsabilizzazione delle strutture e dei loro responsabili,

impegna il Governo

ad affiancare le iniziative di riforma della giustizia civile con specifiche iniziative volte a valorizzare l'istituto della difesa civica come strumento di deflazione del contenzioso tra cittadini e pubbliche amministrazioni, rafforzandone funzioni, poteri e ambiti di cognizione, con particolare riferimento al ruolo di garanzia e tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
9/2681/127Tabacci.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame sono previste misure per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile;
    tuttavia la giustizia nel suo complesso richiede interventi e misure urgenti per una netta inversione di tendenza circa i tempi lunghi di definizione delle cause;
    a fronte di tale esigenza, in materia amministrativa, il decreto-legge n. 90 del 2014, all'articolo 18, comma 1, ha disposto, a decorrere dal 1° luglio 2015, la soppressione delle sezioni staccate di tribunale amministrativo regionale aventi sede in comuni che non sono sedi di corte d'appello, ad eccezione della sezione autonoma della provincia di Bolzano;
    l'attuazione di tale disposizione comporterà, tra le altre, la soppressione della sezione staccata di Parma, tra le più virtuose per la produttività e i tempi di definizione dei procedimenti;
    la ragione della norma consterebbe nei conseguenti risparmi «rilevanti», tuttavia tale effetto non è riconducibile alla sede di Parma, posto che l'attuale sede del TAR di Bologna – per accogliere l'organico e la documentazione proveniente dal TAR di Parma – dovrà reperire altri locali, con un inevitabile incremento di spese che andrebbero ad aggiungersi alle spese e ai disagi del trasferimento;
    inoltre, il TAR di Parma già nell'immediato potrebbe ridurre le spese – già ora ampiamente coperte del contributo unificato – senza che ciò comporti alcun disservizio naturalmente connesso al trasferimento;
    la celerità delle decisioni rese, in sede cautelare e di merito, dalla magistratura amministrativa costituisce un valore di giustizia per tutti i cittadini e si traduce in un beneficio economico aggiunto per le collettività delle tre province, soprattutto se si considera l'elevata produttività dei TAR di Parma – come desumibile dalla relativa relazione annuale –, produttività peraltro accompagnata da tempi di decisione particolarmente rapidi rispetto ad altri Tribunali Amministrativi Regionali, tanto da far supporre che l'eventuale estensione della competenza territoriale della Sezione staccata anche al circondario del Tribunale di Modena, oltre che alle tre province già incluse, potrebbe comportare il vantaggio di alleggerire il carico di lavoro del TAR di Bologna e di favorire in tal modo tutta la collettività regionale;
    in tutte le sedi staccate, l'arretrato si è ridotto, negli ultimi anni, in percentuali rilevantissime che vanno dal 23 al 64 per cento, e quella di Parma appare tra quelle più «virtuose»;
    dopo l'abrogazione dei diversi controlli preventivi sugli atti delle pubbliche amministrazioni, i TAR sono rimasti gli unici presidi di legalità dell'azione amministrativa, a cui è dato al cittadino rivolgersi anche in sede di immediata urgenza, sicché la permanenza della sezione staccata di Parma nella sua attuale sede non può che consolidare in tutti la certezza di una tutela di prossimità facilmente accessibile e meglio avvertibile, con derivato effetto dissuasivo, da parte della pubblica amministrazione;
    per la provincia di Piacenza, peraltro, il trasferimento della sezione staccata a Bologna determinerebbe un rilevante incremento dei costi per l'accesso alla giustizia amministrativa, e ciò in contrasto con i principi di uno Stato di diritto, e in particolare con quanto previsto dall'articolo 113 della Costituzione;
    tutto considerato in termini di costi (per il necessario reperimento di nuove sedi, la predisposizione dei locali, per le indennità da corrispondere al personale) di efficienza – per l'ingolfamento delle sedi più grandi, già in maggiore difficoltà rispetto alle altre – di allontanamento della giustizia dai cittadini – che sarebbero costretti a recarsi presso Tribunali distanti dal luogo ove si esercita l'attività,

impegna il Governo

a intervenire con urgenza normativamente al fine di non sopprimere la Sezione staccata del TAR di Parma.

9/2681/128Paglia, Daniele Farina.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca disposizioni in materia di processo civile ed arbitrato ma non affronta direttamente il persistente e grave problema legato alla carenza di organico del personale amministrativo del comparto giustizia;
    tale carenza costituisce uno dei principali motivi alla base dell'ingente mole di arretrato di cause in materia civile,

impegna il Governo

a individuare, nel primo provvedimento utile, le risorse idonee a garantire la copertura dei posti vacanti nei ruoli del personale amministrativo, dell'apparato della giustizia.
9/2681/129Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca disposizioni in materia di processo civile ed arbitrato ma non affronta direttamente il persistente e grave problema legato alla carenza di organico del personale amministrativo del comparto giustizia;
    tale carenza costituisce uno dei principali motivi alla base dell'ingente mole di arretrato di cause in materia civile,

impegna il Governo

a valutare l'individuazione, nel minor tempo possibile, delle risorse idonee ad assicurare la copertura delle vacanze del personale amministrativo dell'apparato di giustizia.
9/2681/129. (Testo modificato nel corso della seduta) Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2681, già approvato con modificazioni dal Senato, ha ad oggetto la conversione del decreto-legge 132/2014, diretto a migliorare l'efficienza complessiva del processo civile;
    l'Italia è 158esima (dopo Gambia e Mongolia) nella classifica mondiale della celerità del processo civile: si pensi che i fascicoli accumulati superano i 6 milioni;
    il Capo II (articoli 2-12) riguarda l'introduzione nell'ordinamento di un ulteriore strumento di composizione stragiudiziale delle controversie, quale la negoziazione assistita;
    in particolare, l'articolo 6 regola una particolare forma di negoziazione assistita, finalizzata specificamente alla soluzione consensuale stragiudiziale delle controversie in materia di separazione personale, di cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio ovvero di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;
    inoltre, l'articolo 12, unico articolo del Capo III, introduce una ulteriore disciplina volta alla semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio, complementare rispetto a quanto già previsto dall'articolo 6 sulla negoziazione assistita;
    tali misure, se da una parte pongono delle problematiche politiche serie in merito alla visione complessiva dell'istituzione familiare (non più vista come cardine affettivo dello Stato, bensì degradata a unione effimera e non durevole di persone che pur hanno preso, con il matrimonio, impegni rilevanti dal punto di vista civilistico, soprattutto in relazione alla prole), possono però essere visti in un certo qual modo in maniera positiva, almeno per quanto concerne la drammaticità dei risvolti sui minori;
    difatti, la litigiosità nei processi che hanno a riferimento la famiglia ha delle gravi ripercussioni sui figli, in particolare i figli minori, che vedono cadere l'istituzione familiare, con la conseguente disgregazione dei vincoli amorosi ed affettivi;
    tale destrutturazione conseguente può avere riflessi drammatici nella costruzione della persona umana;
    la maggiore drammaticità, in questi casi, è riscontrabile durante il processo, in quanto il contenzioso anima una lite continua tra i coniugi che va a scemare spesso soltanto nel momento in cui viene a risolversi la questione inerente la separazione,

impegna il Governo

a valutare tutte le opportune misure finalizzate a creare una corsia preferenziale in merito a tutti i processi che abbiano a riferimento la famiglia, in particolare quando siano coinvolti, direttamente o indirettamente, figli minori, in modo che possano tali contenziosi concludersi in tempi il più possibile coerenti con la media europea.
9/2681/130Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente decreto-legge, all'articolo 21-bis, introdotto durante l'esame del provvedimento in Senato, ripristina due uffici del giudice di pace già soppressi all'esito della riforma della geografia giudiziaria, il primo ad Ostia, nel comune di Roma, ed il secondo a Barra, nel comune di Napoli;
    il decreto legislativo 156/2012 aveva riorganizzato sul territorio gli uffici dei giudici di pace sopprimendone un numero significativo, in particolare quelli situati in sede diversa da quella del circondario di tribunale;
    seppure di tali uffici è stato operato un limitatissimo recupero in relazione agli specifici parametri previsti dalla legge delega, in esito alla riorganizzazione sono stati soppressi 667 uffici del giudice di pace su 846, e ne sono rimasti in attività appena 179, 133 dei quali presso sedi circondariali, e 46 presso altre sedi;
    la drastica rivisitazione degli uffici dei giudici di pace operata dal citato decreto legislativo sta creando disagi enormi all'utenza e penalizza un servizio che contribuiva sensibilmente allo smaltimento dei procedimenti civili,

impegna il Governo

a valutare il ripristino di ulteriori uffici dei giudici di pace, secondo criteri di una equilibrata distribuzione del territorio tenuto conto dei carichi di lavoro pendenti presso gli uffici ancora in funzione.
9/2681/131Cirielli, Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente decreto-legge, all'articolo 21-bis, introdotto durante l'esame del provvedimento in Senato, ripristina due uffici del giudice di pace già soppressi all'esito della riforma della geografia giudiziaria, il primo ad Ostia, nel comune di Roma, ed il secondo a Barra, nel comune di Napoli;
    il decreto legislativo 156/2012 aveva riorganizzato sul territorio gli uffici dei giudici di pace sopprimendone un numero significativo, in particolare quelli situati in sede diversa da quella del circondario di tribunale;
    seppure di tali uffici è stato operato un limitatissimo recupero in relazione agli specifici parametri previsti dalla legge delega, in esito alla riorganizzazione sono stati soppressi 667 uffici del giudice di pace su 846, e ne sono rimasti in attività appena 179, 133 dei quali presso sedi circondariali, e 46 presso altre sedi;
    la drastica rivisitazione degli uffici dei giudici di pace operata dal citato decreto legislativo sta creando disagi enormi all'utenza e penalizza un servizio che contribuiva sensibilmente allo smaltimento dei procedimenti civili,

impegna il Governo

a valutare interventi normativi in materia di geografia giudiziaria al fine di razionalizzare la distribuzione sul territorio degli uffici dei giudici di pace.
9/2681/131. (Testo modificato nel corso della seduta) Cirielli, Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legge 12 settembre 2014 n. 132 introduce norme volte a rendere più snello e funzionale il processo civile, e a deflazionare il contenzioso giudiziale attraverso l'introduzione di nuovi istituti, come il procedimento arbitrale in corso di causa, e la negoziazione assistita degli avvocati;
    tale ultimo istituto, in particolare, prevede una procedura definita e disciplinata finalizzata a rendere possibile che gli accordi stragiudiziali tra gli avvocati diventino titoli esecutivi;
    da tale procedura sono stati peraltro espressamente esclusi gli accordi in materia di lavoro, che rimangono sottoposti alla disciplina vigente, che impone a parti e avvocati di presenziare davanti a uffici provinciali del lavoro o sindacati per stipulare accordi transattivi;
    tale esclusione appare incomprensibile e irragionevole, tenuto conto del fatto che è ben noto a tutti gli operatori del diritto che tali adempimenti sul piano pratico sono privi di alcuna utilità, risolvendosi in pure formalità che fanno solo perdere tempo e denaro alle parti;
    appare dunque coerente con gli obiettivi e le finalità del decreto inserire anche la materia di lavoro tra quelle che possono essere definite a mezzo degli accordi di negoziazione assistita,

impegna il Governo

ad intervenire sulla disciplina prevista nel decreto in tema di negoziazione assistita, anche in occasione della prossima legge delega sul processo civile e della stesura dei relativi decreti delegati, introducendo la espressa previsione che anche la materia di lavoro rientra tra quelle oggetto di negoziazione assistita.
9/2681/132Bazoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legge 12 settembre 2014 n. 132 introduce norme volte a rendere più snello e funzionale il processo civile, e a deflazionare il contenzioso giudiziale attraverso l'introduzione di nuovi istituti, come il procedimento arbitrale in corso di causa, e la negoziazione assistita degli avvocati;
    tale ultimo istituto, in particolare, prevede una procedura definita e disciplinata finalizzata a rendere possibile che gli accordi stragiudiziali tra gli avvocati diventino titoli esecutivi;
    da tale procedura sono stati peraltro espressamente esclusi gli accordi in materia di lavoro, che rimangono sottoposti alla disciplina vigente, che impone a parti e avvocati di presenziare davanti a uffici provinciali del lavoro o sindacati per stipulare accordi transattivi;
    tale esclusione appare incomprensibile e irragionevole, tenuto conto del fatto che è ben noto a tutti gli operatori del diritto che tali adempimenti sul piano pratico sono privi di alcuna utilità, risolvendosi in pure formalità che fanno solo perdere tempo e denaro alle parti;
    appare dunque coerente con gli obiettivi e le finalità del decreto inserire anche la materia di lavoro tra quelle che possono essere definite a mezzo degli accordi di negoziazione assistita,

impegna il Governo

a valutare, in coerenza con le indicazioni del Ministero del lavoro, l'eventuale estensione della materia del diritto del lavoro alla negoziazione assistita.
9/2681/132. (Testo modificato nel corso della seduta) Bazoli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel «Doing Business in Italy 2014» assume carattere di urgenza la riforma della giustizia civile in Italia;
    ciò porta il nostro Paese a collocarsi al 103esimo posto su una lista di 185 Paesi: prima dell'Italia anche il Ruanda, la Costa d'Avorio, il Burundi e il Guatemala;
    la Banca Mondiale considera la rapidità e l'efficienza del sistema giudiziario elementi essenziali per lo sviluppo del tessuto produttivo di qualsiasi Paese;
    il valore delle performance delle corti nostrane perde il confronto con gli altri Paesi UE, anche in riferimento alla durata (1.400 giorni contro i 547 registrati in media negli altri Stati membri) e al costo che ammonta al 26,2 per cento del valore della controversia, contro il 21,5 per cento sostenuto negli altri Stati;
    l'urgenza di una riforma della giustizia civile in Italia è sottolineata a più riprese nel rapporto, dove vengono segnalate una serie di modifiche applicabili all'ordinamento corrente che, adottate altrove, hanno condotto ad ottimi risultati;
    il decreto-legge in esame si propone giustamente come obiettivo quello di assicurare una maggiore funzionalità ed efficienza alla giustizia civile;
    sono tuttavia necessari interventi ancora più profondi e sistemici per migliorare il nostro sistema di giustizia civile,

impegna il Governo

ad adottare, nei prossimi interventi normativi, ulteriori misure finalizzate all'accelerazione dei processi civili, attraverso una maggiore riduzione del periodo di chiusura feriale degli uffici giudiziari; l'adozione del principio di gestione sequenziale dei processi civili; la riduzione dei termini di comparizione delle parti in giudizio; l'effettiva eliminazione di qualsiasi rinvio di udienze non giustificato, nonché dell'udienza di precisazione delle conclusioni; la fissazione di regole più stringenti in materia di opposizione alle ingiunzioni relative ai crediti commerciali.
9/2681/133Mazziotti Di Celso.


   La Camera,
   premesso che:
    nel «Doing Business in Italy 2014» assume carattere di urgenza la riforma della giustizia civile in Italia;
    ciò porta il nostro Paese a collocarsi al 103esimo posto su una lista di 185 Paesi: prima dell'Italia anche il Ruanda, la Costa d'Avorio, il Burundi e il Guatemala;
    la Banca Mondiale considera la rapidità e l'efficienza del sistema giudiziario elementi essenziali per lo sviluppo del tessuto produttivo di qualsiasi Paese;
    il valore delle performance delle corti nostrane perde il confronto con gli altri Paesi UE, anche in riferimento alla durata (1.400 giorni contro i 547 registrati in media negli altri Stati membri) e al costo che ammonta al 26,2 per cento del valore della controversia, contro il 21,5 per cento sostenuto negli altri Stati;
    l'urgenza di una riforma della giustizia civile in Italia è sottolineata a più riprese nel rapporto, dove vengono segnalate una serie di modifiche applicabili all'ordinamento corrente che, adottate altrove, hanno condotto ad ottimi risultati;
    il decreto-legge in esame si propone giustamente come obiettivo quello di assicurare una maggiore funzionalità ed efficienza alla giustizia civile;
    sono tuttavia necessari interventi ancora più profondi e sistemici per migliorare il nostro sistema di giustizia civile,

impegna il Governo

a valutare le eventuali ulteriori iniziative normative volte ad accelerare la definizione dei processi civili, sia con riferimento alla disciplina dell'organizzazione delle udienze sia con riferimento alla disciplina processuale specificatamente concernente le controversie commerciali.
9/2681/133. (Testo modificato nel corso della seduta) Mazziotti Di Celso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante «Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile» introduce «Modifiche alla legge 7 ottobre 1969, n. 742 e riduzione delle ferie dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato» fissando in trenta giorni il loro periodo di ferie che decorrono dal 1o al 31 agosto di ogni anno;
    questa norma ha la finalità di equiparare il trattamento feriale di magistrati, avvocati e procuratori dello Stato a quello di tutti gli altri dipendenti della Pubblica Amministrazione, ma per far questo deve tener conto dell'effettiva compatibilità del nuovo periodo feriale con i termini perentori di fissazione delle udienze e di deposito delle sentenze previsti dal nostro ordinamento. In particolare, le misure organizzative di cui al comma 4 del citato articolo 16 devono essere tali da assicurare il godimento effettivo dei periodi feriali riconosciuti e a tal fine sarebbe necessario sospendere i termini per il deposito dei provvedimenti – escludendo dal conteggio i sabati e le domeniche – e prevedere che i 10 giorni precedenti e successivi all'inizio e alla fine del periodo feriale sono destinati esclusivamente al deposito di comparse difensive e provvedimenti giurisdizionali, ferma restando la fissazione di udienze per le attività previste dagli articoli 2, 2-bis, 3 e 4 della legge 7 ottobre 1969, n. 742,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative anche di tipo normativo volte a precisare la portata e l'esatta interpretazione dell'articolo 16 del decreto-legge in esame, per garantire anche ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato l'effettivo godimento dei periodi feriali riconosciuti per legge.
9/2681/134Dambruoso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante «Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile» introduce «Modifiche alla legge 7 ottobre 1969, n. 742 e riduzione delle ferie dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato» fissando in trenta giorni il loro periodo di ferie che decorrono dal 1o al 31 agosto di ogni anno;
    questa norma ha la finalità di equiparare il trattamento feriale di magistrati, avvocati e procuratori dello Stato a quello di tutti gli altri dipendenti della Pubblica Amministrazione, ma per far questo deve tener conto dell'effettiva compatibilità del nuovo periodo feriale con i termini perentori di fissazione delle udienze e di deposito delle sentenze previsti dal nostro ordinamento. In particolare, le misure organizzative di cui al comma 4 del citato articolo 16 devono essere tali da assicurare il godimento effettivo dei periodi feriali riconosciuti e a tal fine sarebbe necessario sospendere i termini per il deposito dei provvedimenti – escludendo dal conteggio i sabati e le domeniche – e prevedere che i 10 giorni precedenti e successivi all'inizio e alla fine del periodo feriale sono destinati esclusivamente al deposito di comparse difensive e provvedimenti giurisdizionali, ferma restando la fissazione di udienze per le attività previste dagli articoli 2, 2-bis, 3 e 4 della legge 7 ottobre 1969, n. 742,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a precisare la portata e l'esatta interpretazione dell'articolo 16 del decreto-legge in esame, per garantire anche ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato l'effettivo godimento dei periodi feriali riconosciuti per legge.
9/2681/134. (Testo modificato nel corso della seduta) Dambruoso.


   La Camera,
   premesso che:
    il regolamento concernente la Riforma degli Ordini Professionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012 n. 137 prevede l'obbligo alla formazione professionale per gli appartenenti;
    rendere obbligatoria per legge la formazione è un principio fondamentale per assicurare possibilità di aggiornamento e di stare al passo con modifiche legislative e tecnologiche;
    per quanto riguarda i giornalisti gli ordini regionali dovrebbero fornire suddetti corsi di aggiornamento in maniera gratuita;
    solamente la formazione deontologica che rappresenta un quarto dei crediti totali richiesti nell'arco del triennio è gratuita;
    il resto dei crediti legati alla formazione dovrebbero essere anch'essi gratuiti ma i posti sono pochi e per gli iscritti per poter assolvere agli obblighi previsti dal citato regolamento non resta che iscriversi a corsi di aggiornamento a pagamento che negli ultimi anni hanno visto lievitare i loro costi;
    alcuni corsi affidati ad enti privati finiscono per avere un costo quasi di 700 euro;
    utile sarebbe stato che la normativa prevedesse la possibilità che la formazione professionale, fatta eccezione per quella deontologica, fosse svincolata dall'Ordine professionale;
    così come utile e ormai improcrastinabile sarebbe rivedere l'intero impianto in considerazione dei diversi profili professionali,

impegna il Governo

in considerazione delle criticità riportate in premessa ad intervenire, in tempi rapidi, per modificare il Regolamento n. 137 del 2012 evitando il proliferare di iniziative speculative nonché a rivedere l'intero impianto garantendo comunque la ratio del provvedimento senza che questo gravi, dal punto di vista dei costi, sugli iscritti all'ordine e con una maggiore attenzione alle specificità che esistono nel panorama della professione.
9/2681/135Anzaldi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo n. 156 del 2012 ha stabilito la possibilità per i comuni di recuperare l'ufficio giudiziario onorario oggetto di soppressione, accollandosi i relativi oneri finanziari;
    il provvedimento in esame oggi ripristina i due uffici del giudice di pace di Ostia nel comune di Roma e di Barra nel comune di Napoli già soppressi all'esito della riforma provvedendo, conseguentemente, alle necessarie sostituzioni tabellari del decreto sopramenzionato;
    sono quindi sostituite le tabelle A e B allegate al decreto legislativo n. 156 del 2012 contenenti l'elenco degli uffici del giudice di pace soppressi e i nuovi uffici cui sono attribuite le competenze degli uffici soppressi prevedendo un'autorizzazione della spesa di funzionamento dei due uffici, pari a 317.000 euro a decorrere dal 2015,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, anche a livello normativo, per permettere, anche agli altri comuni che ne abbiano fatto richiesta, il recupero degli uffici giudiziari oggetto di soppressione ai sensi del decreto legislativo n. 156 del 2012.
9/2681/136Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia, anche a causa della cronica carenza negli uffici giudiziari di funzionari e di addetti alla cancelleria, stimabile in circa 10.000 unità, si assiste ad interminabili lungaggini nella definizione dei processi;
    tale carenza di organico in molti uffici giudiziari è stata parzialmente attenuata nell'ultimo quinquennio con 2.924 lavoratori assunti con contratto di tirocinio professionalizzante al termine di percorsi formativi del Ministero della giustizia;
    il tirocinio formativo trova la sua ratio nella non dispersione delle professionalità acquisite nel mondo del lavoro, in linea con l'autorevole orientamento più volte manifestato anche dalle istituzioni dell'Unione europea;
    il Ministro della giustizia, in data 15 settembre 2014, in un convegno a Milano organizzato dalla Fiom, ha affermato che «accanto ai tagli bisogna anche realizzare gli investimenti e che per questo tutti i nostri sforzi vanno i nella direzione di prevedere nel prossimo anno almeno mille assunzioni del personale amministrativo e di cancelleria, perché in questo momento quella è in emergenza più grande e senza un reclutamento in questo settore si rischia il collasso della giurisdizione»;
    nella risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-03555, il titolare del Dicastero ha avuto modo di sottolineare, lo scorso 17 settembre 2014 in Commissione II, che in applicazione dell'articolo 37 del decreto-legge n. 98 del 2011, come modificato con la legge di stabilità 2013, sono stati finanziati i progetti formativi presso gli uffici giudiziari utilizzando le risorse iscritte sul i proprio bilancio, nel limite di spesa di 7,5 milioni di euro. «La legge di stabilità 2014 ha prorogato il finanziamento del percorso di perfezionamento dei suddetti progetti formativi, incrementando il limite di spesa di ulteriori 7,5 milioni, per un totale di 15 milioni di euro; questa Amministrazione ha già utilizzato nel corrente anno, per i fini previsti dalla legge, i primi 7,5 milioni di euro. L'articolo 50, comma primo, del decreto-legge n. 90 del 2014, come modificato a seguito di un emendamento parlamentare approvato in sede di conversione in legge, ha previsto la possibilità di utilizzare nell'ambito dell'ufficio del processo i soggetti che hanno completato il tirocinio formativo ai sensi dall'articolo 37, comma 11, del decreto-legge n. 98 del 2011, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente. Questo Ministero ha pertanto immediatamente avviato con il Ministero dell'economia e delle finanze una opportuna interlocuzione per l'assegnazione di ulteriori 7,5 milioni di euro, nell'ambito delle risorse da contributo unificato derivanti dall'applicazione del citato decreto-legge n. 98 del 2011, al fine di reperire le risorse necessarie al completamento dei progetti avviati nel corso del 2014, aggiuntive alle dotazioni ordinarie di bilancio»;
    il Ministro ha inoltre ribadito la più ampia disponibilità a verificare con la Ragioneria Generale dello Stato eventuali soluzioni alternative di finanziamento anche se, allo stato, si è in attesa della risposta del Ministero dell'economia e delle finanze in ordine alle soluzioni avanzate dal Ministero della giustizia;
    il 29 ottobre scorso, a margine di alcune manifestazioni di protesta di gruppi di tirocinanti ammessi a percorsi formativi negli uffici giudiziari ai sensi dell'articolo 37 del decreto-legge n. 98 del 2011, il Ministero della giustizia ha reso noto che si è in attesa che la Ragioneria Generale dello Stato esprima il proprio parere sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, già controfirmato dal Ministro della giustizia, con il quale vengono individuati i fondi necessari al completamento dei tirocini per l'anno 2014;
    è in ogni caso impegno già assunto del Ministro, si legge nella nota, garantire, anche attraverso la messa a disposizione di altre, idonee fonti di disponibilità di bilancio, le risorse finanziarie necessarie per riavviare il percorso formativo di perfezionamento per l'anno 2014, interrotto per la mancata integrazione delle risorse iscritte sul capitolo 1542 del Ministero della giustizia;
    a questo fine, il Ministero della giustizia ha già proceduto ad avviare la pianificazione dei progetti formativi già in corso, richiedendo agli uffici interessati di procedere ad una aggiornata ricognizione della platea interessata, raccogliendo le necessarie informazioni relative ad età, titoli di studio, anzianità di partecipazione ai progetti formativi, disponibilità ad eventuali prosecuzioni dell'attività sin qui svolta, distribuzione geografica delle esperienze;
    il Ministero della giustizia è inoltre impegnato nello studio di ipotesi per considerare la partecipazione a idonei tirocini formativi come titolo di punteggi aggiuntivi nei concorsi pubblici per il reclutamento di personale amministrativo da svolgersi in base alle disponibilità finanziarie e normative consentite,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile affinché si dia attuazione, in tempi certi, agli strumenti individuati dal Ministro della Giustizia ed annunciati di recente dal momento che, come evidenziato dallo stesso, è «intendimento di questa Amministrazione assicurare il raggiungimento di ogni intervento utile al fine di non disperdere il prezioso bagaglio di professionalità acquisito dai tirocinanti presso gli uffici giudiziari», garantendo in tal senso:
   a) il reperimento dei 7,5 milioni di euro già stanziati;
   b) prevedere nell'annunciato bando di reclutamento di 1.000 unità punteggi aggiuntivi;
   c) a predisporre ogni misura utile a garantire continuità a tale esperienza nel triennio 2015/2017, anche mediante l'utilizzo per quanto possibile di fondi europei.
9/2681/137Di Lello.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative, anche di carattere interpretativo, in merito alle diverse tipologie di controllo nelle società a responsabilità limitata – 3-01131

   SOTTANELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2477 del codice civile stabilisce, al comma 1, così come modificato dal comma 2 dell'articolo 35 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, che l'atto costitutivo delle società a responsabilità limitata può prevedere, determinandone le competenze e i poteri, la nomina di un organo di controllo o di un revisore. Se lo statuto non dispone diversamente, l'organo di controllo è costituito da un solo membro effettivo;
   la nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria, secondo le modifiche introdotte da ultimo dall'articolo 20, comma 8, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, nei seguenti tre casi: a) se la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b) se la società controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; c) se la società per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435-bis, concernenti il totale dell'attivo dello stato patrimoniale, i ricavi delle vendite e delle prestazioni, i dipendenti occupati in media durante l'esercizio. L'obbligo di nomina cessa se per due esercizi consecutivi non sono superati tali limiti;
   l'articolo 2477 del codice civile, secondo le modifiche apportate dal citato comma 2 dell'articolo 35 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, dispone, inoltre, che nel caso di nomina di un organo di controllo, anche se monocratico, si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni;
   il medesimo articolo stabilisce, altresì, che se l'assemblea della società a responsabilità limitata che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti previsti non provvede, entro trenta giorni, alla nomina dell'organo di controllo o del revisore, vi provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato;
   nel caso di obbligo di nomina dell'organo di controllo (che può essere collegiale o monocratico) o del revisore (che può essere una persona fisica o una società di revisione) non risulta chiaro se la scelta tra le due ipotesi alternative comporti anche due diverse tipologie di controllo;
   un primo orientamento (Consiglio notarile di Milano, Comitato Triveneto dei consigli notarili) sostiene l'equivalenza del sindaco unico o collegio sindacale e del revisore, attribuendo agli stessi equivalenti funzioni, cioè sia il controllo di gestione ex articolo 2403 e successivi del codice civile, sia la revisione legale dei conti;
   secondo altro orientamento, che risulta prevalente (Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e Consiglio nazionale del notariato), la situazione sarebbe invece la seguente: a) nell'ipotesi di nomina dell'organo di controllo (collegio sindacale o sindaco unico) a questo spetta il controllo di gestione ex articolo 2403 e successivi del codice civile e, normalmente, salvo che lo statuto non disponga diversamente, anche la revisione legale dei conti; b) nell'ipotesi di nomina del revisore a questo spetta solo la revisione legale dei conti;
   pertanto, se così fosse, l'assemblea dei soci delle società a responsabilità limitata, al verificarsi dei casi previsti dal terzo comma dell'articolo 2477 del codice civile, potrebbe decidere di optare per un sistema di controllo non solo soggettivamente diverso ma anche qualitativamente diverso, considerato che il revisore non può svolgere il controllo sulla gestione;
   quindi, nell'ipotesi di nomina del revisore, essendo lo stesso un organo di controllo esterno alla società, oltre a non esercitare il controllo sulla gestione, non sarà nemmeno tenuto a partecipare alle assemblee ed ai consigli di amministrazione –:
   se, alla luce di tali orientamenti difformi, non ritenga opportuno fare chiarezza, anche attraverso iniziative esplicative di natura normativa, in merito alle diverse tipologie di controllo nelle società a responsabilità limitata a seconda della nomina del collegio sindacale o del sindaco oppure del revisore. (3-01131)


Problematiche riguardanti il tasso di mortalità nell'area di Falconara Marittima (Ancona) in relazione alla presenza dell'impianto di raffineria Api – 3-01132

   RICCIATTI, MELILLA e NICCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto del 26 febbraio 2003, ha perimetrato il sito di interesse nazionale (sin) di Falconara Marittima nel quale la raffineria di petrolio occupa una parte rilevante;
   l'impianto di raffineria di Falconara Marittima è entrato in attività nel 1950, si sviluppa su una superficie di 700.000 metri quadri di superficie ed è incastonata nel lato nord del centro abitato del comune di Falconara Marittima in provincia di Ancona;
   tale impianto ha sempre destato preoccupazione circa le sue emissioni nocive e i relativi effetti per la salute della popolazione residente;
   a partire dagli anni ’70 sono state svolte indagini sanitarie che hanno interessato i lavoratori e i cittadini falconaresi, tra le quali si citano quelle più rilevanti:
    a) lo studio sugli addetti all'impianto petrolchimico a cura dell'Istituto d'igiene dell'Università degli studi di Ancona in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità – avviato nel 1991 e aggiornato nel 1996 – deve essere tuttora concluso e ha interessato 659 (650 uomini e 9 donne) lavoratori della raffineria in servizio fra il 1974 ed il 1989 con un follow-up aggiornato al 1996. Sono state indagate 33 gruppi e cause di morte. Lo studio occupazionale ha rilevato eccessi di mortalità tumorale complessiva e di tumori cerebrali in particolare, dato questo in linea con le risultanze di studi simili condotti in altri Paesi e pubblicati sulla letteratura internazionale;
    b) l'analisi commissionata dalla procura della Repubblica di Ancona (per motivi a tutt'oggi non noti ai cittadini), analisi epidemiologica geografica di mortalità e ricovero ospedaliero per causa (Centroide di Falconara Marittima e comuni entro 30 chilometri) nel settembre del 2002, secondo cui: «I tumori del sistema emolinfopoietico (leucemie, linfomi, mielomi) presentano nel loro complesso la maggiore problematica del comune di Falconara. Nel corso degli anni sono stati segnalati ripetuti eccessi in questa categoria diagnostica, ora in un sesso, ora nell'altro a seconda dei sottogruppi considerati, con distribuzione però differente per tipologia e periodo: negli anni 1981-94 ad una mancanza di rischio complessivo di leucemie tra gli uomini fa da contrasto un rischio aumentato di linfomi non Hodgkin negli uomini, mentre nelle donne si è registrato un rischio non significativo statisticamente, ma con un eccesso di mielomi multipli. Nel periodo più recente l'eccesso per linfomi non Hodgkin si sposta nel sesso femminile, mentre negli uomini è inferiore all'atteso. I tumori emolinfopoietici nel loro complesso sono ora in eccesso nel sesso femminile mentre sono diminuiti negli uomini. Le leucemie nel periodo più recente sono in eccesso nelle donne, mentre negli uomini non sono rilevabili eccessi come nel periodo precedente. (...) Le leucemie sono, invece, state correlate con numerosi fattori di rischio, soprattutto con il benzene e altri derivati simili dell'industria petrolifera. In merito alla correlazione tra patologie del sistema emolinfopoietico ed esposizioni professionali tra gli addetti ad impianti petrolchimici esiste un corpus di letteratura molto corposo, perdurante dai primi studi eseguiti, spesso con evidenze anche tra la popolazione residente nei pressi degli impianti stessi. Nella monografia Iarc (International agency for research on cancer) più volte citata, la documentazione più rilevante riguarda per l'appunto tale associazione. Va rimarcato che successivamente al 1989, anno di pubblicazione della monografia Iarc sulla pericolosità degli impianti di raffinazione del petrolio, sono stati numerosissimi gli studi pubblicati sull'argomento della maggiore incidenza di tumori emolinfopoietici in lavoratori addetti a industrie petrolchimiche o residenti nelle vicinanze». E ancora nelle conclusioni svolte per la procura: «sono stati rilevati, a Falconara, alcuni eccessi, alcuni significativi, in vari periodi e in entrambi i sessi, pur con differenze nelle singole tipologie, che meritano la massima considerazione e richiederebbero la ricostruzione dell'esposizione dei vari soggetti, tramite intervista ai familiari dei deceduti, con uno studio analitico del tipo caso-controllo per verificare le ipotesi eziologiche più preoccupanti»;
   il 29 settembre 2011 l'Istituto nazionale tumori di Milano ha consegnato alla regione Marche, alla provincia di Ancona e ai comuni di Falconara Marittima, Chiaravalle e Montemarciano i risultati finali dell'indagine epidemiologica presso la popolazione residente a Falconara Marittima e comuni limitrofi riguardante il periodo dal 1994 al 2003. L'indagine, con uno studio analitico del tipo caso-controllo, è la prima e unica indagine che ha ricostruito l'esposizione dei vari soggetti tramite l'intervista ai familiari dei deceduti;
   il 29 marzo 2012, su invito e organizzazione delle associazioni dei cittadini falconaresi, i risultati finali dell'indagine venivano divulgati dall'Istituto nazionale tumori di Milano in un'assemblea pubblica;
   i risultati dell'indagine sono il frutto:
    a) di una convenzione, stipulata a luglio 2003, tra l'Istituto nazionale dei tumori di Milano e l'Agenzia regionale sanitaria della regione Marche, per l'elaborazione di uno «studio di fattibilità relativo all'indagine epidemiologica» presso la raffineria Api di Falconara;
    b) della deliberazione n. 679 del 15 giugno 2004 della giunta regionale delle Marche che approvò lo studio di fattibilità, il programma operativo e la stima dei costi necessari;
    c) della deliberazione integrativa n. 977 dell'11 settembre 2006 della giunta regionale delle Marche che definì il contributo complessivo regionale destinato al completo svolgimento dell'indagine, approvò il protocollo operativo di dettaglio e istituì il tavolo tecnico costituito dai rappresentanti dei servizi regionali ambiente e difesa suolo e salute, dei comuni interessati e della provincia di Ancona con il compito di valutazione e verifica delle attività inerenti l'indagine in termini di contenuti, di congruità dei costi e dei risultati attesi;
   secondo i dati raccolti dall'indagine, si evidenzia che «nell'area è esistito un problema di esposizione alla raffineria associato ad eccesso di rischio di morte per leucemia e linfoma non Hodgkin (e forse anche di mieloma, stando agli esiti della linea B), patologie relativamente rare»;
   dalla relazione finale dell'indagine si rileva che «il rischio sia stato particolarmente evidente per i soggetti che avevano domiciliato per più tempo entro i 4 chilometri dalla sorgente inquinante». Si specifica che gli eventi «sono occorsi in un non elevato numero di persone di età avanzata che hanno vissuto per oltre 10 anni in prossimità della raffineria»; ma «tali eventi possono essere anche interpretati come il segno di fatti sanitari importanti che hanno interessato fasce ben più ampie di popolazione». Quindi, si sottolinea la necessità di «rafforzare gli interventi di sanità pubblica per controllare gli effetti ed eliminare i rischi»;
   nell'aprile 2014 le associazioni dei cittadini hanno presentato un esposto alla procura della Repubblica di Ancona, consegnando i risultati dell'indagine epidemiologica sopra citata, chiedendo la riapertura dell'indagine avviata nel 2001 dalla stessa procura per accertare eventuali responsabilità penali di fronte alle esposizioni nocive, alle quali la popolazione è stata esposta nel corso degli anni;
   la regione Marche ha formalizzato uno studio, con decreto del dirigente della posizione funzionale (PF) sanità pubblica n. 2/SAP-04 dell'8 febbraio 2006, di mortalità sulla corte degli occupati nella raffineria Api, che fa parte di un progetto nazionale del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del Ministero della salute affidato all'Istituto superiore di sanità;
   quello studio risulta attualmente bloccato per l'indisponibilità da parte di Api di fornire anche solo l'elenco dei propri dipendenti ed ex dipendenti, adducendo insuperabili problematiche legate alla privacy;
   il 10 aprile 2012 il consiglio regionale delle Marche approvava la legge n. 6, che prevedeva l'istituzione del «registro regionale delle cause di morte e di registri di patologia», il quale non è potuto diventare esecutivo, poiché in attesa del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto regolamentarli come previsto dall'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012, ai commi 10 e 11 –:
   se la regione Marche, la provincia di Ancona o gli altri comuni oggetto della ricerca abbiano consegnato l'indagine epidemiologica al Ministero della salute o all'Istituto superiore di sanità o se li abbiano informati in altro modo delle conclusioni emerse dall'indagine medesima e, in caso negativo, se il Ministro interrogato abbia intenzione di acquisire tale indagine direttamente dall'Istituto nazionale dei tumori di Milano, promuovendo di conseguenza una relazione di aggiornamento da parte dell'Istituto superiore di sanità sullo studio di mortalità sulla corte degli occupati nella raffineria Api di cui in premessa, facendo contestualmente conoscere quali siano i tempi di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012 per dare attuazione ai registri di mortalità, tumore e altre patologie. (3-01132)


Iniziative di competenza per la determinazione unica del prezzo dei farmaci nell'ambito dell'Unione europea, nonché iniziative urgenti per garantire l'accesso al farmaco Sovaldi per la cura dell'epatite C e per la pubblicazione del piano nazionale per la prevenzione delle epatiti virali – 3-01133

   MIOTTO, LENZI, ALBINI, AMATO, ARGENTIN, BECATTINI, BENI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, MARIANO, MURER, PATRIARCA, PICCIONE, SBROLLINI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la distribuzione di un farmaco nei Paesi dell'Unione europea viene autorizzata dall’Ema (European medicine agency). Allo scopo, il produttore deve presentare un dossier con tutti gli studi necessari (sperimentazioni di fase I, II e III, quelle su un largo numero di pazienti);
   in base a questi dati, l’Ema valuta sicurezza, efficacia e qualità della molecola. E in questa fase, come premesso, non vengono richiesti studi «di superiorità» rispetto ad altri principi attivi in commercio per la stessa indicazione: basta che «non siano inferiori»;
   se approvato, il farmaco può essere prescritto e acquistato nell'Unione europea al prezzo deciso dall'azienda, ma non viene ancora rimborsato da servizi sanitari nazionali o assicurazioni. Per questo è necessaria una trattativa a livello nazionale con le agenzie regolatorie dei singoli Paesi, per l'Italia tale agenzia è l'Aifa;
   l'azienda, in genere, indica alle proprie filiali nazionali un prezzo-obiettivo per ogni Paese, che può variare da caso a caso, perché tiene conto di molte variabili, come potenziale numero di pazienti, capacità di spesa e tipo di rimborso dei singoli Paesi (a carico dello Stato, assicurativo o misto);
   una volta avviata la trattativa, l'ente regolatorio, di solito, procede in due modi: se ritiene che il nuovo farmaco non dia benefici aggiuntivi rispetto ad altri già in commercio proporrà all'azienda il prezzo più basso fra quelli della stessa classe; se, invece, giudica che il farmaco porti benefici aggiuntivi tende a prendere come riferimento il prezzo più basso già ottenuto dall'azienda in altri Paesi europei. Per questo le case farmaceutiche di solito (non sempre) negoziano prima il rimborso in Paesi in cui c’è maggiore probabilità che il farmaco «spunti» un prezzo alto (per esempio, la Germania);
   in questa trattativa, come precisato dal direttore dell'Aifa, Luca Pani, «giocano un ruolo molto importante i diversi modelli di rimborso (...) nonché la diversa compartecipazione dei sistemi privati e assicurativi»;
   il recente caso del farmaco Sofosbuvir per l'epatite C dell'americana Gilead mette bene in evidenza tale situazione perché il farmaco viene ceduto a prezzi diversi nei vari Paesi europei, comunque elevatissimi, tali da mettere in discussione la tenuta del sistema sanitario nazionale; infatti, immediatamente dovrebbe essere assicurato il trattamento ai 15/20.000 pazienti a rischio vita, ma si dovrebbe prevedere l'estensione della cura ai 3/400.000 cittadini mono e coinfetti da epatite C e la corrispondente spesa appare insostenibile se non è accompagnata da finanziamenti aggiuntivi al fondo sanitario nazionale;
   il 30 settembre 2014 l'Aifa ha reso noto l'intervenuto accordo con Gilead per la rimborsabilità del farmaco Sovaldi (sofosbuvir) per il trattamento dei pazienti affetti da epatite cronica C;
   sono trascorsi anni di attesa per l'ingresso in Europa del nuovo farmaco, nonché quasi dieci mesi dall'approvazione dell’Ema e nonostante le numerose sollecitazioni giunte al Governo dal Parlamento, seguite da ripetuti annunci sulla disponibilità del farmaco che andasse oltre il programma per l'uso compassionevole dello stesso, nessuna decisione in ordine all'inserimento del farmaco nel prontuario è finora intervenuta;
   in questi giorni destano preoccupazioni gli annunci di Aifa che rinvia ad un provvedimento da pubblicare in Gazzetta ufficiale «probabilmente entro il mese prossimo» concernente i criteri per la somministrazione del farmaco, che si annuncia saranno «progressivi»;
   inoltre, il Ministro interrogato, nonostante precedenti affermazioni sul rifiuto di criteri selettivi per l'accesso alla cura, dichiara invece che occorre un percorso decennale per eradicare la malattia mediante un fondo ad hoc decennale per garantire l'accesso ai farmaci, preceduto da un censimento dei malati e nel contempo rivela che non c’è alcuna copertura finanziaria nonostante da mesi fosse nota l'esigenza di affrontare convenientemente il problema. Peraltro, il più volte annunciato piano nazionale sulle epatiti virali non viene formalmente approvato, con il rischio di esporre il sistema sanitario alla pressione di migliaia di pazienti che vedono negata la concreta possibilità di guarigione da patologie gravissime che spesso portano alla morte;
   in realtà, però, già da anni il prezzo dei farmaci è salito moltissimo: diverse recenti molecole contro i tumori costano anche più ma hanno destato meno attenzione perché il loro «bacino d'utenza» è inferiore, segnalazioni però di difficoltà di accesso alle cure sono pervenute;
   alla mancanza del farmaco in sede locale si accompagna il fenomeno dei farmaci acquistati nel nostro Paese ma poi rivenduti all'estero;
   almeno per l'Europa sarebbe meglio avere un prezzo unico del farmaco –:
   alla luce dei fatti sopra esposti, se non ritenga opportuno, nel rispetto delle proprie competenze, predisporre iniziative urgenti volte a far sì che si possa arrivare in ambito europeo ad una determinazione unica del prezzo effettivo dei farmaci valevole in tutti i Paesi dell'Unione europea, nonché, nel caso specifico, quali iniziative urgenti intenda assumere non solo per garantire l'accesso al farmaco Sovaldi a carico del sistema sanitario nazionale a più pazienti possibile, ma anche i tempi di pubblicazione del piano nazionale delle epatiti virali. (3-01133)


Chiarimenti in merito all'adozione del decreto che approva i protocolli diagnostici sulla sindrome della morte improvvisa infantile e sulla morte improvvisa e inaspettata del feto – 3-01134

   DORINA BIANCHI, CALABRÒ e ROCCELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge 2 febbraio 2006, n. 31, recante «Disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) e di morte inaspettata del feto», in particolare l'articolo 1, comma 1, stabilisce, tra l'altro, che i lattanti deceduti improvvisamente entro un anno di vita senza causa apparente e i feti deceduti, anch'essi senza causa apparente dopo la venticinquesima settimana di gestazione, devono essere prontamente sottoposti con il consenso di entrambi i genitori a riscontro diagnostico da effettuarsi in centri autorizzati; al comma 2 è previsto che il riscontro diagnostico di cui al comma 1 è effettuato secondo il protocollo diagnostico predisposto dalla prima cattedra dell'Istituto di anatomia patologica dell'Università di Milano. Il suddetto protocollo, per essere applicabile, deve essere approvato dal Ministero della salute;
   è di tutta evidenza che la tematica in esame è di estrema rilevanza, visto che la morte improvvisa del lattante colpisce un lattante ogni 700/1000 nati e si pone come la più frequente causa di decesso nel primo anno di vita e che la morte inaspettata del feto, dopo la 25o settimana di gestazione, ha un'incidenza cinque/sei volte superiore a quella di decesso nel primo anno di vita; i dati citati dimostrano quanto sia urgente e attesa l'adozione dei suddetti protocolli;
   da recenti notizie di stampa si è appreso che è stato finalmente siglato dal Ministro interrogato il decreto che approva il protocollo di indagine e di riscontro diagnostico nella morte improvvisa infantile, al fine di garantire il riscontro diagnostico sui lattanti deceduti entro un anno di vita senza causa apparente; con lo stesso decreto sembra sia stato approvato anche il protocollo diagnostico per i feti deceduti, senza causa apparente, dopo la 25o settimana di gestazione –:
   se corrisponda al vero la predetta notizia di stampa, secondo cui sarebbe stato emanato il decreto che approva i protocolli diagnostici di cui in premessa, precisando, in tal caso, i motivi per i quali non ne è stata ancora data adeguata informazione, anche mediante pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, nonché tramite apposite campagne informative, considerata l'enorme rilevanza dello stesso e la grande attesa che i cittadini hanno riposto nella sua emanazione. (3-01134)


Iniziative per garantire un'adeguata tutela assicurativa a favore degli esercenti professioni sanitarie, con particolare riferimento ai medici non dipendenti oppure operanti nelle strutture sanitarie private o accreditate – 3-01135

   GIGLI e DE MITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dispone che: «a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente comma possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti»;
   per quel che riguarda i medici, in particolare, il decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, recante proroga di termini in materia sanitaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 132, rinvia al 13 agosto 2013 il termine per l'obbligo di copertura assicurativa degli esercenti professioni sanitarie;
   l'obbligo per i professionisti di stipulare un'assicurazione professionale è stato prorogato di un anno con un emendamento al «decreto del fare» (decreto-legge n. 69 del 2013). Dal 14 agosto 2014, quindi, è entrato in vigore l'obbligo per i medici che lavorano nella sanità privata e per quelli di famiglia di avere un'assicurazione responsabilità civile professionale per il moltiplicarsi, negli ultimi anni, dei contenziosi di risarcimento, obbligo che non vale per i medici del servizio sanitario nazionale;
   risulta un'evidente discriminazione tra medici dipendenti di strutture sanitarie pubbliche, che potranno contare su una differente e maggiore tutela assicurativa, rispetto a quelli non dipendenti, oppure operanti nelle strutture sanitarie private o accreditate, non coperti da garanzia cosiddetta di «primo rischio», bensì solo di «secondo rischio»;
   le compagnie di assicurazioni spesso si rifiutano di contrarre polizze con professionisti medici a rischio e, in ogni caso, propongono polizze con premi elevatissimi, in quanto non hanno alcuna convenienza ad assicurare i medici italiani e stanno uscendo dal mercato;
   la soluzione dei risarcimenti per gli errori medici deve trovare una soluzione sopportabile dal sistema assicurativo, ma il rifiuto da parte delle compagnie a stipulare polizze rappresenta una sostanziale violazione del diritto al libero esercizio dell'attività professionale previsto dalla normativa europea e nazionale;
   l'articolo 32 della Costituzione tutela la salute come «diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività» –:
   quali urgenti iniziative condivise ed efficaci intenda pone in essere al fine di eliminare tale discriminazione e consentire ai medici di stipulare polizze accessibili. (3-01135)


Problematiche connesse all'annullamento delle prove scritte del concorso nazionale per l'ingresso nelle scuole di specializzazione in medicina – 3-01136

   CENTEMERO e PALESE. —Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le prove scritte del primo concorso nazionale per l'ingresso alle scuole di specializzazione in medicina si sono svolte dal 28 al 31 ottobre 2014. Alla selezione si sono iscritti 12.168 candidati distribuiti in 117 sedi e 442 aule messe a disposizione dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   qualche giorno dopo la prova scritta, si è appresa la notizia dell'annullamento dei quiz di specializzazione in medicina a causa dell'inversione dei quesiti svolti il 29 ottobre 2014 con quelli del 31 ottobre 2014 e della necessità che 8.319 specializzandi dovessero ripetere le prove scritte il 7 novembre 2014 in un'unica giornata e nelle sedi già utilizzate il 29 e 31 ottobre 2014;
   il Ministro interrogato ha individuato il responsabile dell'accaduto in Cineca, il Consorzio interuniversitario incaricato di somministrare i test, consorzio però nel cui consiglio di amministrazione siede il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e che aveva già sbagliato in modo clamoroso in altre occasioni recenti. Basti ricordare la sospensiva del tribunale amministrativo regionale tra luglio e settembre 2014 per l'ammissione di 5.000 studenti a medicina dopo le irregolarità nei test d'ingresso dell'8 aprile 2014 e prima ancora le irregolarità denunciate nel concorso per magistrati, l'inchiesta avviata dal Ministro Lorenzin dopo il concorso per medici generali, le proteste degli insegnanti per le domande errate inserite dal Cineca nei test di agosto 2014 per l'accesso ai corsi per i tirocini formativi attivi di abilitazione;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha responsabilità di controllo rispetto all'operato del Cineca;
   dopo qualche ora dalla notizia dell'annullamento dei test, è invece arrivato l'annullamento dell'annullamento, sempre da parte del Ministro interrogato, che invece dichiarava di aver trovato la soluzione: la commissione nazionale incaricata nell'estate 2014 di validare le domande del quiz, dopo un vaglio dei quesiti proposti ai candidati per l'area medica (29 ottobre 2014) e quella dei servizi clinici (31 ottobre 2014), stabiliva che, sia per l'una che per l'altra area, 28 domande su 30 potevano comunque essere considerate valide ai fini della selezione e, quindi, si è deciso di ricalcolare il punteggio neutralizzando di fatto due domande per area, il che potrebbe favorire, tra l'altro, chi aveva risposto erroneamente alle domande e penalizzerà chi, invece, aveva risposto correttamente, con conseguente apertura di contenziosi –:
   quali siano i criteri individuati per risolvere le problematiche connesse all'annullamento delle prove scritte, indicando con trasparenza quali quesiti delle diverse aree siano stati dichiarati compatibili ricalcolando in modo altrettanto trasparente il punteggio di un test invalidato per negligenza ed imperizia, nonché per mancanza dei dovuti controlli da parte del Ministero, rendendo disponibile ai candidati il proprio punteggio prima e dopo la «neutralizzazione», in modo da avere la possibilità di effettuare le verifiche del caso, e rendendo noti non solo i punteggi totali, ma anche i punteggi «scorporati» per singola prova, aggiunti ad eventuali punti addizionali legati al curriculum.
(3-01136)


Iniziative a favore degli studenti che concorrono per l'ammissione alle scuole di specializzazione medica, eventualmente anche attraverso la revisione delle modalità dei concorsi – 3-01137

   GIORGIA MELONI e CORSARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha dovuto annullare le prove per il primo concorso nazionale per l'ingresso alle scuole di specializzazione in medicina, a causa di una «grave anomalia» verificatasi nelle prove scritte del 29 e 31 ottobre 2014 dell'area medica e dell'area dei servizi clinici;
   le modalità di accesso alle scuole di specializzazione in medicina sono appena state riformate in ottemperanza alla nuova norma che ha istituito il concorso unico nazionale e questa sessione di prove è la prima svolta in base alle disposizioni dei nuovi decreti ministeriali;
   la previsione che il test nazionale si svolgesse attraverso una serie di quiz contrasta con l'idea stessa di merito e di trasparenza che si intende riconoscere alle prove d'ingresso alle scuole di specializzazione, posto che affidare il destino di uno specializzando solo a delle crocette, prescindendo da un intero corso di studi svolto dal candidato, nel corso del quale egli può aver approfondito alcune tematiche o aver scritto delle tesi e pubblicato dei lavori e frequentato dei reparti ospedalieri, appare quantomeno riduttivo ed era già stata al centro di molte polemiche;
   le prove dovranno essere ripetute il 7 novembre 2014, a danno dei concorrenti che dovranno sottoporsi nuovamente a tale estenuante procedura e che in gran parte si troveranno a dover affrontare un ennesimo spostamento per partecipare alle prove, e darà certamente luogo ad una serie consistente di ricorsi da parte di chi sarà impossibilitato a ripetere i quiz nella nuova data;
   il ricorso alla giustizia amministrativa rischia di mettere ulteriormente in crisi la delicata programmazione della formazione medica, già messa a dura prova dal fatto che, a causa delle irregolarità nei test svolti nel 2013, è stato necessario posticipare il fisiologico calendario di lezione per la mancanza di aule, che hanno dovuto sopportare cinquemila studenti in più rispetto ai diecimila vincitori regolari di concorso in seguito alle riammissioni deliberate dagli organi di giustizia amministrativa –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di ripristinare ogni tutela e ogni garanzia nei confronti dei giovani che concorrono per l'ammissione alle scuole di specializzazione medica, nel rispetto del diritto allo studio come costituzionalmente previsto, se del caso anche rivedendo le modalità dei concorsi, eliminando i quiz e garantendo il rispetto del merito. (3-01137)


Iniziative per garantire l'assegnazione della borsa di studio e l'ammissione ai corsi per i partecipanti al concorso nazionale per l'accesso alle scuole di specializzazione in medicina – 3-01138

   D'UVA, LUIGI GALLO, BRESCIA, MARZANA, DI BENEDETTO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale 8 agosto 2014, n. 612, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 29 agosto 2014, n. 67, il Ministro interrogato emanava il bando per l'ammissione alle scuole di specializzazione in medicina per l'anno accademico 2013/2014;
   l'articolo 7 stabilisce che la prova di ammissione alle scuole di specializzazione in medicina per l'anno accademico 2013/2014 dovrà essere svolta telematicamente, identica a livello nazionale con riferimento a ciascuna scuola, e da sostenersi tra il 28 e il 31 ottobre 2014, e, al comma 3, che il software necessario all'espletamento della prova verrà fornito dal Cineca;
   il Cineca, al quale è affidata la diretta organizzazione della prova, è un consorzio interuniversitario senza scopo di lucro operante sotto il diretto controllo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il quale ha il compito di fornire sistemi gestionali per le amministrazioni universitarie e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   in data 1o novembre 2014, i principali quotidiani nazionali riportavano notizia circa gravissime irregolarità nel corso dei test di accesso alle scuole di specializzazione e accusavano il Cineca di aver confuso le prove da fornire ai candidati di area medica e area dei servizi clinici, invertendo le domande da inviare ai responsabili d'aula nelle varie sedi d'esame;
   «la svista», conclude l'articolo, «rappresenta un'enorme figuraccia per il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e lede la credibilità del Cineca. E avrà anche una ricaduta economica, se è vero che per assicurare la trasparenza delle procedure di concorso, il Ministero aveva impiegato circa 1.800 persone nel servizio di vigilanza», dimostrando come il gravissimo errore abbia irrimediabilmente compromesso la considerazione del consorzio Cineca controllato dal Ministero;
   in data 1o novembre 2014 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con propria nota, interveniva in merito al rilevato errore del Cineca, confermando l'avvenuta inversione delle prove concorsuali del 29 e 31 ottobre 2014, affermando come «a seguito dei controlli di ricognizione finali sullo svolgimento dei test, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha rilevato una grave anomalia nella somministrazione delle prove scritte del 29 e 31 ottobre 2014 e riguardanti le scuole dell'area medica e quelle dell'area dei servizi clinici»;
   al termine del documento il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ammettendo pubblicamente l'irregolarità, dispone la previsione di annullamento e conseguente ripetizione delle prove oggetto dell'errore determinato dal Cineca;
   in un articolo pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera, in data 2 novembre 2014, si è appreso della volontà del presidente del Cineca, dottor Emilio Ferrari, di rimessione del proprio mandato nelle mani degli organi del consorzio, dimettendosi così dalla carica attualmente ricoperta;
   è bene ricordare che l'errore di inversione delle prove risulta essere solamente l'ultimo di una serie di irregolarità avvenute nel corso della settimana antecedente le prove d'esame, quali ritardi nell'attribuzione delle sedi ai candidati, nonché della relativa suddivisione per nome e numero degli stessi nelle sedi delle prove concorsuali;
   nei giorni antecedenti le prove concorsuali sono pervenute al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca alcune richieste circa una maggiore attenzione a garanzia del regolare svolgimento delle prove d'esame, scongiurando così l'ipotesi di nuove irregolarità cui avrebbero fatto seguito ricorsi ai tribunali amministrativi regionali, con costi certamente gravosi in termini economici, e, soprattutto, a tutela del buon nome del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   in data 4 novembre 2014 un nuovo comunicato del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca riporta come «la Commissione ha vagliato i quesiti proposti ai candidati per l'area medica (29 ottobre 2014) e per quella dei servizi clinici (31 ottobre 2014), stabilendo che, sia per l'una che per l'altra area, 28 domande su 30 sono comunque valide ai fini della selezione» e, allo stesso tempo, si riporta che, a seguito di un confronto avuto con l'Avvocatura dello Stato e del verbale della commissione, si è deciso di procedere, dunque, con il ricalcolo del punteggio dei candidati neutralizzando le due domande per area che sono state considerate non pertinenti dal gruppo di esperti;
   l'attuale situazione, certamente delicata, anche in considerazione dei numerosi ricorsi amministravi avverso le irregolarità sin qui esposte, dovrebbe condurre, piuttosto che alla sanatoria sulla mera regolarità del test, ad assicurare a tutti i medici partecipanti al concorso la possibilità di accesso alle scuole di specializzazione, a garanzia del diritto di ogni cittadino di accedere ai gradi più alti degli studi, nonché al mondo del lavoro –:
   se intenda intervenire urgentemente, al fine di convalidare il concorso nazionale per l'accesso alle scuole di specializzazione per l'anno accademico 2013/2014, garantendo che a tutti i partecipanti al concorso venga assegnata la relativa borsa di studio e l'ammissione ai corsi di specializzazione, anche in considerazione dell'ennesimo ricorso collettivo avverso le irregolarità esposte. (3-01138)


Iniziative per aumentare il numero delle borse di studio per l'accesso alle scuole di specializzazione in medicina – 3-01139

   DI SALVO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la formazione di un medico specialista dura oggi non meno di dieci anni, in alcuni casi addirittura dodici, come accade con alcune scuole di specializzazione particolarmente lunghe, come sono molte di quelle dell'area chirurgica;
   il problema principale è quello dei giovani laureati che non hanno accesso né alle scuole di specializzazione, né alle scuole di medicina generale per mancata disponibilità di borse di studio, per cui cresce l'elenco di «medici generici» che non diventeranno mai medici di famiglia o specialisti per carenza di posti nelle rispettive scuole. Quest'anno le borse di studio disponibili per gli specializzandi sono 5.000, frutto di estenuanti trattative con il Governo, ma insufficienti a coprire le domande, che sono attestate nell'ordine di 10.000;
   il 29 e il 31 ottobre 2014 si sono svolte le prove per i test di accesso alle scuole di specializzazione medica (per l'area medica il 29 ottobre 2014 e per l'area servizi clinici il 31 ottobre 2014). Alla fine dello svolgimento delle prove si è verificata una clamorosa svista in relazione all'ordine dei quesiti somministrati per le due aree citate. Le 30 domande comuni all'area medica e servizi clinici sono state invertite, facendo sì che i quesiti delle prove del 29 ottobre 2014 finissero in quelle del 31 ottobre 2014 e viceversa;
   l'errore nella somministrazione dei quesiti è ascrivibile al consorzio universitari Cineca, responsabile della preparazione dei test d'ingresso, che anche in altre occasioni ha causato disagi per gli studenti;
   nella giornata di lunedì 3 novembre 2014 il Ministro interrogato annunciava l'annullamento dei due quiz con contestuale ripetizione delle prove per la giornata del 7 novembre 2014;
   il giorno successivo, tuttavia, lo stesso Ministro interrogato comunicava che sarebbero stati fatti salvi i risultati delle prove eseguite. La commissione nazionale incaricata di validare le domande dei test avrebbe infatti vagliato i quesiti proposti ai candidati per l'area medica e per l'area servizi clinici, stabilendo che, sia per l'una che per l'altra area, 28 domande su 30 si dovessero ritenere comunque valide ai fini della selezione in quanto corrispondenti a settori scientifico-disciplinari comuni. Si è, quindi, effettuato il ricalcolo del punteggio dei candidati neutralizzando le due domande per area considerate non pertinenti dalla commissione;
   la soluzione individuata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rischia di pregiudicare gravemente il percorso di studi di migliaia di studenti che vedono nell'accesso alle scuole di specializzazione l'unica possibilità per completare il proprio percorso formativo –:
   se non ritenga opportuno risolvere tale situazione, ascrivibile ad un errore imputabile al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, aumentando il numero delle borse di studio per l'accesso alle scuole di specializzazione e dando la possibilità a tutti i richiedenti di usufruirne, ovviando così all'errore citato. (3-01139)


Iniziative urgenti in ordine al fenomeno delle occupazioni abusive degli alloggi Aler a Milano e alla relativa situazione emergenziale – 3-01140

   GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   i residenti del quartiere San Siro di Milano da mesi vivono una situazione tragica; gli inquilini degli stabili popolari Aler sono arrivati al punto di non potersi allontanare da casa e rinunciare alle ferie per paura delle occupazioni selvagge dei loro appartamenti;
   dalle circostanze agghiaccianti raccontate dagli inquilini che per mesi cercano invano di impedire le occupazioni abusive negli alloggi sfitti dei propri palazzi, si apprende che, addirittura, a chi protesta arrivano spesso insulti e minacce, anche con pistole e coltelli, da chi organizza le occupazioni;
   mentre le occupazioni continuano, le case sono sempre meno per gli aventi diritto; nonostante il tanto pubblicizzato «piano casa» del Governo e i 1.480 alloggi che dovrebbero essere disponibili entro il 2015 per Milano, di cui circa 600 ristrutturati dal piano casa e circa 700 promessi da Aler, il numero degli appartamenti è molto insufficiente per il bisogno a cui deve rispondere;
   eppure i soldi si spendono per gli sgomberi; sgomberare un alloggio sembra che può arrivare a costare anche 10 mila euro: ci vogliono l'assistente sociale se in presenza di donne e bambini, l'ispettorato Aler, la polizia, il veterinario se ci sono animali domestici, l'ambulanza per eventuale soccorso medico e poi fabbri e tecnici per aggiustare gli infissi e le serrature;
   la Aler cerca di fare il possibile: secondo i mezzi stampa, dal 30 giugno al 30 settembre 2014 sono stati recuperati centoundici alloggi con il solo intervento della task force dell'Aler; task force che è dovuta intervenire per ben 943 volte e gli alloggi sono stati recuperati in 516 occasioni. Per contro, ben 197 volte le occupazioni sono andate a buon fine per il mancato intervento delle forze dell'ordine e 148 volte per assenza di assistenti sociali;
   tuttavia, tali iniziative non bastano per garantire le case a chi legittimamente ne ha diritto; oltre ad interventi strutturali e regolamentari urgenti che dovranno assumere le autorità locali per cambiare i requisiti per le assegnazioni, come, ad esempio, aumentare gli anni di residenza minima, oggi fissati in 5 anni, occorrono interventi straordinari da parte del Governo che non può lasciare in una simile emergenza la città;
   occorre organizzare nell'immediato un piano di censimento porta a porta per controllare le occupazioni legittime e illegittime degli appartamenti e garantire la sicurezza alla popolazione e il ritorno alle normali condizioni di vita per i residenti, operazione questa che solo con l'utilizzo delle forze armate potrebbe riuscire, come avvenuto in altre situazioni di emergenza del Paese, come, ad esempio, nell'operazione «strade sicure», che consente l'utilizzo del personale delle Forze armate nel contrasto alla criminalità e include il pattugliamento di strade, presidi o obiettivi sensibili –:
   quali interventi urgenti il Governo intenda assumere per porre fine alla situazione di emergenza che vive Milano e, in particolare, il quartiere San Siro a causa delle occupazioni abusive degli alloggi Aler e se il Governo non ritenga indispensabile, vista la situazione drammatica che vive tale quartiere, utilizzare le Forze armate per un immediato censimento delle occupazioni legittime e illegittime degli appartamenti e garantire la sicurezza alla popolazione e il ritorno alle normali condizioni di vita per i residenti. (3-01140)


MOZIONE SCOTTO, CECCONI ED ALTRI N. 1-00652 PRESENTATA A NORMA DELL'ARTICOLO 115, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO, NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DELL'INTERNO, ANGELINO ALFANO

Mozione

   La Camera,
   premesso che:
    un Ministro, figura chiave della compagine governativa ed elemento di equilibrio politico nei rapporti con tutte le forze parlamentari, è chiamato ad essere e ad apparire trasparente rispetto ai propri atti, ai propri impegni ed ai propri comportamenti;
    il Ministro dell'interno, autorità politica al vertice del dicastero omonimo, è garante e responsabile della sicurezza dei cittadini, tutore dell'incolumità e delle libertà individuali garantite dalla Costituzione, latore delle politiche di contrasto alla criminalità comune e organizzata e delle strategie in tema di prevenzione e controllo del territorio;
    la mattina del 29 ottobre 2014, a Roma, la polizia, evidentemente eseguendo disposizioni impartite dal Ministero dell'interno, caricava senza motivo alcune centinaia di lavoratori dell’Ast di Terni che stavano facendo un corteo assolutamente pacifico verso il Ministero dello sviluppo economico;
    il corteo è stato interrotto da una carica immotivata della polizia da Piazza Indipendenza, mentre, come riferito dal segretario nazionale Fim-Cisl Marco Bentivogli, presente alla manifestazione, non c'era nessun problema di ordine pubblico, problema creato invece da chi ha dato l'ordine di caricare;
    ci sarebbero, secondo quanto riferiscono i sindacati, quattro delegati Fiom e un delegato della Fimic feriti o contusi. Per uno di loro è dovuta intervenire l'ambulanza;
    la manifestazione era stata indetta dai sindacati per protestare contro la decisione della ThyssenKrupp di licenziare 537 dipendenti dell'acciaieria. I lavoratori della Acciai speciali di Terni hanno prima manifestato davanti all'ambasciata della Repubblica federale di Germania a Roma per contestare il piano industriale per lo stabilimento ThyssenKrupp di Terni, decidendo in seguito di spostare la loro protesta sotto la sede del Ministero dello sviluppo economico;
    la delicatezza che ha assunto la vicenda, sia per la sua strategicità produttiva che per l'impatto occupazionale, ma anche per le vicende di ordine pubblico e di ricaduta sociale che si stanno realizzando, richiedono che si realizzi un'azione più incisiva e complessiva del Governo tesa a rimuovere le posizioni oltranziste messe in campo dall'azienda e a operare ogni sforzo per scongiurare i licenziamenti;
    non si aiutano certo i lavoratori di Terni e le loro famiglie aggredendoli e riducendo questa vertenza ad un problema di ordine pubblico, anche in considerazione della gravissima situazione occupazionale attraversata dal nostro Paese che richiede politiche per il lavoro;
    la situazione richiede sensibilità istituzionale nonché un intervento deciso del Governo verso la proprietà dell’Ast, sensibilità apparsa del tutto assente da parte del Ministro dell'interno che viceversa ha evidentemente ritenuto più opportune le cariche della polizia contro pacifici dimostranti impegnati a protestare contro i licenziamenti;
    questo atteggiamento non è episodico. Infatti, il 17 ottobre 2014, a Torino, la polizia aveva già caricato la manifestazione della Fiom per il lavoro durante il comizio in Piazza Castello;
    la gravità di questi accadimenti è esaltata dal fatto che essi risultano quali ultimi episodi, in ordine di tempo, di una serie che ha messo in luce l'inadeguatezza dell'autorità politica di vertice del Ministero dell'interno, che abdica alle sue funzioni. Si ricordino, in tal senso, le precedenti negligenze del Ministro dell'interno in merito alla fuga in Libano di Dell'Utri, nonché al caso Shalabayeva;
    i fatti indicati ad avviso dei firmatari del presente atto minano ulteriormente la credibilità del Ministro dell'interno e pongono un grave pregiudizio sulle sue capacità di svolgere le funzioni a cui è chiamato, nonché sull'opportunità della sua permanenza a ricoprire una carica di primo piano e di piena rappresentanza politica, in particolare in un ruolo così rilevante e delicato;
    gli indirizzi imputabili al Ministro dell'interno risultano, evidentemente e fin dall'inizio del suo mandato, aver inaugurato un nuovo corso per le forze dell'ordine, le quali, da custodi del territorio, appaiono ora utilizzate per picchiare i lavoratori ed i loro rappresentanti sindacali mentre lottano per difendere il loro posto di lavoro,
   per tali motivi:
    visto l'articolo 94 della Costituzione;
    visto l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati;
    esprime la sfiducia al Ministro dell'interno, Angelino Alfano, e lo impegna a rassegnare immediatamente le dimissioni.
(1-00652) «Scotto, Cecconi, Airaudo, Agostinelli, Franco Bordo, Baldassarre, Costantino, Bechis, Duranti, Bonafede, Daniele Farina, Businarolo, Ferrara, Caso, Fratoianni, Castelli, Giancarlo Giordano, Chimienti, Kronbichler, Ciprini, Marcon, Colletti, Matarrelli, Cominardi, Melilla, Cozzolino, Nicchi, Crippa, Paglia, D'Ambrosio, Palazzotto, Dadone, Pannarale, Del Grosso, Pellegrino, Di Battista, Piras, Manlio Di Stefano, Placido, Dieni, Quaranta, Ferraresi, Ricciatti, Fraccaro, Sannicandro, Gallinella, Zaccagnini, Silvia Giordano, Zaratti, Grande, Liuzzi, Nesci, Nuti, Rizzetto, Rostellato, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Spadoni, Toninelli, Tripiedi, Turco, Villarosa».