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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 29 ottobre 2014

TESTO AGGIORNATO AL 30 OTTOBRE 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 29 ottobre 2014.

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Catania, Cecconi, Chaouki, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Cominelli, Costa, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Marazziti, Marotta, Antonio Martino, Merlo, Meta, Mogherini, Nicoletti, Orlando, Pannarale, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Turco, Vargiu, Velo, Venittelli, Vignali, Vignaroli, Vito, Zanetti, Zolezzi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Catania, Cecconi, Chaouki, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Cominelli, Costa, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Marotta, Antonio Martino, Merlo, Meta, Mogherini, Nicoletti, Orlando, Pannarale, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Turco, Vargiu, Velo, Venittelli, Vignali, Vignaroli, Vito, Zanetti, Zolezzi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 28 ottobre 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   GNECCHI ed altri: «Agevolazione tributaria e contributiva per favorire l'accesso dei giovani calciatori all'attività sportiva professionistica» (2688);
   GNECCHI ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 166, in materia di accesso al trattamento pensionistico, e alla legge 28 giugno 2012, n. 92, in materia di erogazione dell'indennità di disoccupazione, nonché disposizioni concernenti l'assegno per il nucleo familiare in favore degli sportivi professionisti» (2689).
  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

  La proposta di legge SPERANZA ed altri: «Modifiche al codice penale concernenti l'abolizione della pena dell'ergastolo» (1531) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Bruno Bossio.

Modifica del titolo di una proposta di legge.

  La proposta di legge n. 2650, d'iniziativa dei deputati SISTO e BRUNETTA, ha assunto il seguente titolo: «Norme in materia di divieto di accesso alle discoteche e ai locali da ballo e di responsabili della sicurezza dei medesimi locali».

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sotto indicate Commissioni permanenti:

   XI Commissione (Lavoro):
  DE GIROLAMO ed altri: «Disposizioni in materia di requisiti di idoneità psico-attitudinale dei docenti delle scuole dell'infanzia e primarie e del personale degli asili nido» (2647) Parere delle Commissioni I, V, VII, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XII Commissione (Affari sociali):
  BINETTI ed altri: «Modifiche alla legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante norme in materia di procreazione medicalmente assistita» (2645) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia):
  SISTO e BRUNETTA: «Norme in materia di divieto di accesso alle discoteche e ai locali da ballo e di responsabili della sicurezza dei medesimi locali» (2650) Parere delle Commissioni V, X, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro dell'economia e delle finanze.

  Il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 28 ottobre 2014, hanno trasmesso, ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la relazione al Parlamento recante variazione alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2014 (Doc. LVII, n. 2-ter).

  Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 24 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Fondo di previdenza per il personale del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 189).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

  La Corte dei conti – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, con lettera in data 24 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 12/2014 del 9 ottobre 2014, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente le valutazioni finali sulla gestione degli interventi di recupero delle somme pagate dallo Stato in luogo degli allevatori per eccesso di produzione in tema di quote latte.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).

Trasmissione dal Ministro dell'economia e delle finanze.

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 24 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 10 maggio 1983, n. 212, il decreto del Comandante generale della guardia di finanza 14 luglio 2014 concernente la determinazione, per l'anno 2015, dei contingenti massimi di ciascun ruolo in relazione alle promozioni da conferire agli ispettori e ai sovrintendenti del Corpo della guardia di finanza.

  Questo decreto è trasmesso alla IV Commissione (Difesa).

Trasmissione dal Ministro della giustizia.

  Il Ministro della giustizia, con lettera in data 27 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 20, ultimo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, la relazione sull'attuazione delle disposizioni di legge relative al lavoro dei detenuti, riferita all'anno 2013 (Doc. CXVIII, n. 2).

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 28 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 6 febbraio 1992, n. 180, la relazione sulle attività svolte nell'ambito della partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace e umanitarie in sede internazionale, riferita all'anno 2013 (Doc. LXXXI, n. 2).

  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 28 ottobre 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Progressi verso il completamento del mercato interno dell'energia (COM(2014) 634 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Raccomandazione di decisione del Consiglio relativa all'adesione della Croazia alla convenzione del 26 maggio 1997 sulla base dell'articolo K.3, paragrafo 2, lettera c) del Trattato sull'Unione europea relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea (COM(2014) 661 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di Paesi non membri dell'Unione europea (codificazione) (COM(2014) 667 final), corredata dai relativi allegati (COM(2014) 667 final – Annexes 1 to 2), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Proposta di decisione del Consiglio che adotta il regolamento interno del comitato del Fondo europeo di sviluppo (FES) (COM(2014) 668 final), corredata dal relativo allegato (COM(2014) 668 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione del programma energetico europeo per la ripresa (COM(2014) 669 final), corredata dal relativo allegato (COM(2014) 669 final - Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Comunicazione della Commissione che sostituisce la comunicazione Quadro armonizzato per i documenti programmatici di bilancio e le relazioni sull'emissione del debito nella zona euro – COM(2013) 490 final (COM(2014) 675 final), corredata dal relativo allegato (COM(2014) 675 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Progressi nella realizzazione degli obiettivi di Kyoto e di Europa 2020 (a norma dell'articolo 21 del regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell'Unione europea e che abroga la decisione n. 280/2004/CE) (COM(2014) 689 final), corredata dal relativo allegato (COM(2014) 689 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, con comunicazione in data 28 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro della difesa, con lettera in data 21 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 536, comma 3, lettera b), del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale di A/R n. SMD 01/2014, relativo al programma navale per la tutela della capacità marittima della Difesa (116).

  Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro l'8 dicembre 2014. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 18 novembre 2014.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 12 SETTEMBRE 2014, N. 133, RECANTE MISURE URGENTI PER L'APERTURA DEI CANTIERI, LA REALIZZAZIONE DELLE OPERE PUBBLICHE, LA DIGITALIZZAZIONE DEL PAESE, LA SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA, L'EMERGENZA DEL DISSESTO IDROGEOLOGICO E PER LA RIPRESA DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE (A.C. 2629-A/R)

A.C. 2629-A/R – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, prevede la concessione, fino al 31 dicembre 2015, di un credito d'imposta IRES e IRAP, entro il limite massimo del 50 per cento dell'investimento, per interventi infrastrutturali di realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga;
    l'attuale formulazione della misura, che individua il comune quale entità territoriale minima oggetto dell'intervento, e prevede investimenti minimi rapportati al numero di abitanti del comune stesso, rischia di portare alla completa esclusione dall'accesso ad internet di alcune aree marginali comunali o, prevalentemente, sub-comunali, dove i costi di infrastrutturazione risultano eccessivamente onerosi, o dove le condizioni geomorfologiche del territorio sono tali da non consentire l'accesso a soluzioni adeguate attraverso le reti terrestri;
    il succitato articolo 6, comma 1, capoverso Art. 7-ter, lettera a) stabilisce, tra le condizioni per l'accesso al beneficio, la messa in atto da parte dell'operatore di un intervento funzionale «ad assicurare il servizio a banda ultralarga a tutti i soggetti potenzialmente interessati insistenti nell'area considerata», senza specificare in che modo tale interesse possa realisticamente essere manifestato e verificato dall'operatore nella fase dimessa a punto del progetto;
    alcune tecnologie, tra cui quella satellitare, si sono dimostrate in grado di garantire un servizio di accesso ad internet ad alte prestazioni, efficace ed affidabile, in quelle aree marginali che non consentono la realizzazione di infrastrutture terrestri o non giustificano investimenti, benché agevolati,

impegna il Governo

a prevedere in un futuro provvedimento, la possibilità per le suddette aree marginali, ivi comprese le case sparse, di accedere a finanziamenti per il collegamento ad internet mediante la tecnologia satellitare, al fine di scongiurare l'esclusione permanente di tali aree dal processo di digitalizzazione del Paese.
9/2629-AR/1Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore dell'autotrasporto, che impiega in tutta Europa direttamente circa 10 milioni di persone, costituendo il 4,5 per cento dell'occupazione totale e generando il 4,6 per cento del prodotto interno lordo europeo, si pone come un settore di vitale importanza per l'economia del nostro Paese;
    il sistema del trasporto e della logistica impone una grande attenzione per l'importanza strategica che riveste nelle scelte di politica economica perché ovunque, in Italia come in Europa, è fattore di sviluppo;
    il settore sta attraversando, a partire dal 2008, un periodo di pesantissima crisi, dovuta, oltre che allo sfavorevole andamento dell'economia globale, anche agli alti livelli di tassazione;
    la crisi si è inoltre acuita per la presenza di imprese europee che effettuano operazioni di trasporto merci sul territorio nazionale in regime di cabotaggio e per le molteplici forme di concorrenza sleale;
    tra le violazioni più ricorrenti vi sono i superamenti dell'orario di lavoro, il mancato rispetto delle normative sul cabotaggio, l'utilizzo irregolare di manodopera somministrata dall'estero; casi di peggioramento delle condizioni di lavoro ed altre simili violazioni sono state oggetto di numerose denunce anche da parte di alcuni documenti sindacali è sono all'attenzione del Governo che, nel novembre 2013, ha sottoscritto un Protocollo d'intesa con le associazioni di categoria dell'autotrasporto per rafforzare le azioni di contrasto di tali pratiche e per prevedere un maggiore coinvolgimento di tutte le autorità per definire passibili ulteriori controlli di filiera;
    la crisi nel mondo dell'autotrasporto ha assunto, quindi, contorni emergenziali preoccupanti. Le imprese italiane, sotto il peso del continuo aumento dei costi, stanno letteralmente collassando e al loro posto stanno subentrando, con il cabotaggio, imprese dei Paesi dell'est Europa sempre più agguerrite e con vantaggi competitivi sul costo del lavoro, delle assicurazioni e del carburante assolutamente non comparabili o replicabili dalle imprese italiane;
    la concorrenza dei vettori dell'est europeo ha raggiunto livelli ormai insostenibili per le imprese italiane e le sta via via emarginando anche dai mercati esteri;
    ogni giorno le imprese dell'autotrasporto devono contrastare la concorrenza dei vettori esteri e molti di questi sono addirittura italiani che hanno delocalizzato le loro imprese in Paesi dell'est Europa;
    occorrerebbe anzitutto bloccare immediatamente ogni forma di cabotaggio abusivo e vigilare sulla corretta applicazione del distacco internazionale estero, rendendo più efficaci i controlli e maggiormente dissuasive le sanzioni;
    è stato disdetto il Protocollo di intesa del novembre 2013 firmato dalle Associazioni di categoria dell'autotrasporto teso, tra l'altro, a porre in essere sul terreno amministrativo e normativo ogni soluzione possibile per fronteggiare il rischio di concorrenza sleale da parte degli autotrasportatori comunitari che effettuano operazioni di trasporto merci sul territorio nazionale in regime di cabotaggio;
    nel corso dell'esame in Commissione ambiente è stato approvato l'articolo 32-bis recante «Disposizioni in materia di autotrasporto» che affronta, tra l'altro, la lotta al cabotaggio illegale, il credito d'imposta per gli investimenti green e la formazione nonché il riconoscimento di una parte di poteri al nuovo comitato centrale dell'albo degli autotrasportatori di cose per conto terzi e la tracciabilità dei pagamenti;
    mancano però ancora soluzioni relative ad altri aspetti contenuti nel Protocollo come ad esempio, la garanzia anche per il futuro del diritto al recupero del maggior onere delle accise, l'emanazione dei provvedimenti per ricondurre l'intera procedura autorizzativa per l'accesso alla professione in capo al Ministero delle infrastrutture e trasporti, l'individuazione di una soluzione per la questione dei «costi minimi» così come per superare le ineguaglianze della «continuità territoriale» della Sicilia, il superamento del SISTRI, tutti temi di particolare rilevanza per le imprese di autotrasporto in particolare quelle di minore dimensione;
    il contrasto all'illegalità deve essere fermo, deciso ed incontestabile: occorre perciò che la disposizione introdotta con l'articolo 32-bis sia veramente efficace per cui va rafforzata prevedendo interventi normativi finalizzati a costituire come fonte di prova la non corrispondenza delle prove documentali che devono essere fornite dai trasportatori,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, per fronteggiare le forme di concorrenza sleale da parte degli autotrasportatori stranieri che effettuano operazioni di trasporto merci sul territorio nazionale in regime di cabotaggio senza rispettarne i vincoli, di inserire nella normativa sanzionatoria dell'articolo 46-bis, della legge 6 giugno 1974, n. 298 la previsione che «la non corrispondenza delle prove documentali che devono essere fornite dai trasportatori costituisce fonte di prova»;
   a emanare disposizioni agli organi di Polizia preposti al controllo stradale affinché intensifichino controlli di filiera anche attraverso l'azione congiunta con tutte le autorità coinvolte nelle azioni di contrasto all'elusione ed alla violazione delle normative italiane in materia di trasporto merci su strada, promuovendo anche la formazione linguistica del personale di controllo.
9/2629-AR/2Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 133 del 2014 all'articolo 28 prevede misure volte alla razionalizzazione, efficientamento e riduzione degli oneri a carico dello Stato per l'espletamento dei servizi aeroportuali negli aeroporti civili e in quelli aperti al traffico civile;
    in funzione di tali obiettivi il decreto-legge n. 133 del 2014 dispone che il servizio di pronto soccorso aeroportuale sia assicurato con oneri a carico del gestore che ha sottoscritto con Enac la convenzione per la gestione totale dello scalo;
    fino alla stipula delle convenzioni fra Enac, Ministero della salute e gestori aeroportuali tali oneri rimangono a carico del Ministero della salute in tutti gli aeroporti in cui il servizio di pronto soccorso viene assicurato tramite la Croce rossa italiana sulla base dell'apposita convenzione di cui al decreto ministeriale 12 febbraio 1988;
    il decreto legislativo 178/2012 ha disposto il riordino della Croce rossa italiana attraverso una sua graduale privatizzazione con la costituzione di un'associazione privata denominata Ente croce rossa, da qualificarsi come associazione di promozione sociale ai sensi della legge n. 383 del 2000;
    l'Ente croce rossa cesserà di operare nel perimetro dell'ente pubblico dal 31 dicembre 2014, mentre già dal 1o gennaio 2014 i Comitati locali e provinciali della Croce rossa si sono trasformati in associazioni di promozione sociale ed hanno intrapreso la gestione privatizzata, pur permanendo nel quadro dell'Associazione Croce rossa italiana;
    pertanto le convenzioni discendenti dal decreto ministeriale 12 febbraio 1988 fra Ministero della salute e Associazione della Croce rossa per la gestione del servizio di pronto soccorso aeroportuale scadranno necessariamente il 31 dicembre 2014,

impegna il Governo

a considerare, nell'ambito dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 6, articolo 28, del decreto-legge n. 133, la decadenza al prossimo 31 dicembre 2014 delle convenzioni attualmente in essere con la Croce rossa italiana e la conseguente necessità di procedere alla stipula di nuovi affidamenti del servizio da parte del Ministero della salute, attraverso procedure ad evidenza pubblica.
9/2629-AR/3Beni, Miotto, Capone, Amato, Patriarca, Grassi, D'Incecco, Fossati, Albini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116 ha riconosciuto ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali di età inferiore ai trentacinque anni una detrazione del 19 per cento delle spese sostenute per i canoni di affitto dei terreni agricoli – diversi da quelli di proprietà dei genitori entro il limite di 80 euro per ciascun ettaro preso in affitto e fino a un massimo di 1.200 euro annui;
    il limite degli 80 euro per singolo ettaro non è indicativo, l'affitto per singolo ettaro può variare notevolmente in relazione alla produttività del terreno. In alcuni casi questa limitazione può essere troppo limitante, si ritiene che sia sufficiente stabilire la possibilità di detrazione per singolo contribuente con il tetto massimo di 1.200 euro,

impegna il Governo

ad eliminare, in uno dei prossimi provvedimenti che verranno presentati all'esame del Parlamento, il limite degli 80 euro previsti per ciascun ettaro preso in affitto, di cui all'articolo 16, comma 1-quinquies 1., del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
9/2629-AR/4Schullian, Alfreider, Plangger, Gebhard, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 29-bis del disegno di legge C. 2629/A, di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, nel testo approvato dalla Commissione Ambiente interviene sul comma 2 dell'articolo 5 del decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395, relativo al requisito dell'onorabilità dei titolari delle imprese di autotrasporto, prevedendo che tale requisito venga meno in capo alla persona che «sia stata oggetto di un'informativa antimafia interdittiva ai sensi dell'articolo 91 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni»,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, fra le modalità attraverso le quali i soggetti operanti nell'autotrasporto possono dimostrare il requisito di cui sopra, quella dell'iscrizione degli stessi nelle cd. white list delle Prefetture, previste dall'articolo 1, commi da 52 a 57, del decreto legislativo n. 190 del 2012, e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attuazione del 18 aprile 2013 (pubblicato sulla GURI – Serie Generale n. 164 del 15 luglio 2013);
   a valutare l'opportunità di consentire al Comitato Centrale dell'Albo degli Autotrasportatori di accedere ai relativi dati in possesso delle Prefetture, per l'espletamento delle attività di controllo;
   a valutare l'opportunità di utilizzare un formato di dati di tipo aperto, ai sensi dell'articolo 68, comma 3, lettera a), del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, per la gestione dei dati relativi alla banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, istituita ai sensi dell'articolo 96 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
9/2629-AR/5Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 29-bis del disegno di legge C. 2629/A, di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, nel testo approvato dalla Commissione Ambiente interviene sul comma 2 dell'articolo 5 del decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395, relativo al requisito dell'onorabilità dei titolari delle imprese di autotrasporto, prevedendo che tale requisito venga meno in capo alla persona che «sia stata oggetto di un'informativa antimafia interdittiva ai sensi dell'articolo 91 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni»,

impegna il Governo

a valutare, nel rispetto della normativa vigente, l'opportunità di prevedere, fra le modalità attraverso le quali i soggetti operanti nell'autotrasporto possono dimostrare il requisito di cui sopra, quella dell'iscrizione degli stessi nelle cd. white list delle Prefetture, previste dall'articolo 1, commi da 52 a 57, del decreto legislativo n. 190 del 2012, e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attuazione del 18 aprile 2013 (pubblicato sulla GURI – Serie Generale n. 164 del 15 luglio 2013).
9/2629-AR/5. (Testo modificato nel corso della seduta)  Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 del disegno di legge C 2629/A, di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, nel testo approvato dalla Commissione Ambiente, introduce «Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene»;
    detto articolo prevede, al comma 1, che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individui a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale;
    il provvedimento in esame consentirebbe la circolazione dei rifiuti da una regione all'altra – evidentemente verso quelle dotate della maggior capacità di incenerimento, quali la Lombardia – nonché la costruzione di nuovi forni;
    la Lombardia è la prima regione d'Italia quanto a produzione agricola e la seconda per densità di popolazione;
    presso il Comune di Busto Arsizio è attivo, da circa quarant'anni, l'inceneritore ACCAM, rispetto al quale sono in corso studi, da parte di un tavolo tecnico, in attinenza alle strategie individuate dal Piano Regionale recentemente approvato;
    il relativo dossier è stato presentato il 15 ottobre 2014, mentre si attende per il 31 ottobre successivo la scelta definitiva;
    tali studi stanno affrontando con la necessaria attenzione tutte le condizioni di contesto generale (indicazioni tendenziali provenienti dal quadro di riferimento Europeo, condizioni economiche per le diverse opzioni di gestione dei rifiuti) e locale (problematiche connesse alle condizioni operative dell'impianto, prospettive di evoluzione dei sistemi di igiene ambientale nel territorio, implicazioni economiche, occupazionali e patrimoniali di qualunque scelta, prescrizioni relative all'ammodernamento dell'impianto per rispettare le indicazioni europee e relativi costi, ecc.);
    gli scenari contemplati dagli studi prevedono varie opzioni alternative, dal revamping totale, per il quale ci sarebbe già il dettagliato studio Bain fino allo smantellamento di tutta l'area e la sua bonifica passando per l'intervento su una sola linea di incenerimento oppure il mero adeguamento alle normative. Ad ognuna di queste opzioni su quanto già esiste si potrà associare uno o più interventi innovativi; si stanno vagliando anche le potenzialità di una fabbrica dei materiali che valuti e selezioni le diverse parti contenute nei rifiuti, della digestione anaerobica per i rifiuti organici oltre che ai sistemi per il lavaggio terre a seguito dello spazzamento stradale e a quelli per smaltire i rifiuti elettronici (v. VareseNews del 16/07/14, articolo a firma Marco Corso);
    una valutazione condotta in sede centrale non potrebbe garantire le stesse condizioni di esame dettagliato garantite invece dai complessi studi di cui sopra,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di non destinare l'impianto ACCAM allo smaltimento di rifiuti extraregionali, aspettando l'esito della valutazione tra gli attori istituzionali regionali e locali circa il futuro dell'impianto e conformandosi ad essa.
9/2629-AR/6Tacconi, Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 del disegno di legge C 2629/A, di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, nel testo approvato dalla Commissione Ambiente, introduce «Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene»;
    detto articolo prevede, al comma 1, che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individui a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale;
    il provvedimento in esame consentirebbe la circolazione dei rifiuti da una regione all'altra – evidentemente verso quelle dotate della maggior capacità di incenerimento, quali la Lombardia – nonché la costruzione di nuovi forni;
    la Lombardia è la prima regione d'Italia quanto a produzione agricola e la seconda per densità di popolazione;
    presso il Comune di Busto Arsizio è attivo, da circa quarant'anni, l'inceneritore ACCAM, rispetto al quale sono in corso studi, da parte di un tavolo tecnico, in attinenza alle strategie individuate dal Piano Regionale recentemente approvato;
    il relativo dossier è stato presentato il 15 ottobre 2014, mentre si attende per il 31 ottobre successivo la scelta definitiva;
    tali studi stanno affrontando con la necessaria attenzione tutte le condizioni di contesto generale (indicazioni tendenziali provenienti dal quadro di riferimento Europeo, condizioni economiche per le diverse opzioni di gestione dei rifiuti) e locale (problematiche connesse alle condizioni operative dell'impianto, prospettive di evoluzione dei sistemi di igiene ambientale nel territorio, implicazioni economiche, occupazionali e patrimoniali di qualunque scelta, prescrizioni relative all'ammodernamento dell'impianto per rispettare le indicazioni europee e relativi costi, ecc.);
    gli scenari contemplati dagli studi prevedono varie opzioni alternative, dal revamping totale, per il quale ci sarebbe già il dettagliato studio Bain fino allo smantellamento di tutta l'area e la sua bonifica passando per l'intervento su una sola linea di incenerimento oppure il mero adeguamento alle normative. Ad ognuna di queste opzioni su quanto già esiste si potrà associare uno o più interventi innovativi; si stanno vagliando anche le potenzialità di una fabbrica dei materiali che valuti e selezioni le diverse parti contenute nei rifiuti, della digestione anaerobica per i rifiuti organici oltre che ai sistemi per il lavaggio terre a seguito dello spazzamento stradale e a quelli per smaltire i rifiuti elettronici (v. VareseNews del 16/07/14, articolo a firma Marco Corso);
    una valutazione condotta in sede centrale non potrebbe garantire le stesse condizioni di esame dettagliato garantite invece dai complessi studi di cui sopra,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di tenere conto dell'esito della valutazione tra gli attori istituzionali regionali e locali circa il futuro dell'impianto, al fine dell'applicazione della norma.
9/2629-AR/6. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tacconi, Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 38 del Decreto Legge n. 133/2014 che tra le misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali, riconosce la prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio sotterraneo di idrocarburi quali attività di interesse strategico, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili;
    l'articolo 117 comma 3 della Costituzione riconosce la «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» quale materia di legislazione concorrente tra lo Stato, chiamato a stabilirne i principi fondamentali e le Regioni, chiamate a definirne la disciplina concreta;
    la giurisprudenza costituzionale ha costantemente ribadito, in riferimento al settore energetico, che il potere dello Stato, anche quando ricorra la «chiamata in sussidiarietà», è condizionato dall'intesa con le Regioni interessate in quanto «atto maggiormente espressivo del principio di leale collaborazione»;
    il principio di leale collaborazione impone il rispetto di una procedura articolata e bilaterale tra le parti;
    di fronte a iniziative economico-sociali di rilievo strategico, tanto più se considerate «urgenti ed indifferibili», vada assicurato il rispetto del principio della leale collaborazione;
    i benefici economici che il Governo ritiene di trarre attraverso l'uso del territorio e la semplificazione delle procedure autorizzative non possono prescindere dalla considerazione della sostenibilità dell'impatto e dall'apporto conoscitivo rispetto ai propri ecosistemi e potenzialità produttive che solo i territori e per essi le Regioni possono dare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere, nell'ambito della semplificazione energetica con riferimento alla regolamentazione delle attività estrattive di idrocarburi, il coinvolgimento, formalmente e sostanzialmente, delle amministrazioni territoriali nelle fasi decisionali ed esecutive, nel pieno rispetto costituzionale del rapporto Stato-Regioni attivando un confronto con gli stessi, secondo i principi di leale collaborazione e di sussidiarietà, per pervenire a un'intesa concorrente in tema di impatto ambientale, economico e sociale della ricerca ed estrazione di idrocarburi.
9/2629-AR/7Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 nell'ambito del Capo III, intitolato misure urgenti in materia ambientale, introduce una serie di misure volte a disciplinare le procedure per la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale;
    tali misure attengono alla tutela dell'ambiente e ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, comma 2, lettere s) e m) della Costituzione;
    con l'articolo 13 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 («Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea») sono state inserite nel Codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.) disposizioni che, in estrema sintesi, hanno parificato le «aree dove si svolgono esercitazioni militari» alle «aree industriali»;
    in particolare l'articolo 241-bis, intitolato Aree Militari, recita; «Ai fini dell'individuazione delle misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica, e dell'istruttoria dei relativi progetti, da realizzare nelle aree del demanio destinate ad uso esclusivo delle forze armate per attività connesse alla difesa nazionale, si applicano le concentrazioni di soglia di contaminazione di cui alla Tabella 1, colonna b, dell'allegato 5, alla Parte IV, Titolo V, del presente decreto...»;
    la sopra citata disposizione innalza i limiti di sostanze inquinanti delle zone verdi e residenziali, precedentemente previsti dalla colonna A degli allegati al Testo Unico dell'Ambiente, decreto-legge 152/2006, comparandoli a quelli contenuti nella colonna B, previsti per le aree industriali. Così per fare un esempio, nelle aree dei poligoni militari «a fuoco» i limiti soglia delle sostanze inquinanti come il cobalto e l'arsenico passano rispettivamente da 20 mg/kg a 50 e 250 mg/kg. Analogamente per gli idrocarburi alifatici cancerogeni come il cloruro di vinile, le cui soglie limite diventano più elevate di 10 volte come per i diclorobenzeni cancerogeni, oggi tollerabili in una quantità 50 volte superiore;
    con riferimento all'articolo 13, comma 5, lettera b), tra le aree del demanio destinate ad uso esclusivo delle Forze armate per attività connesse alla difesa nazionale figurano anche i poligoni addestrativi, sulla cui superficie, oltre a svolgersi esercitazioni a fuoco, insistono zone residenziali e zone destinate ad attività di carattere agricolo-pastorale, per la realizzazione di prodotti destinati alla filiera agroalimentare o anche per la raccolta di fieno destinato alla vendita;
    con riferimento alla presenza di tali aree sul territorio nazionale la Regione Sardegna sopporta un gravame di servitù militari misurato in una percentuale che oscilla tra il 60 e il 65 per cento, rispetto al resto del Paese, tale dunque da renderla di fatto l’«azionista di maggioranza assoluta della partita delle servitù militari»;
    sarebbero 30 mila gli ettari di territorio sardo occupati dal demanio militare, di cui 13.000 mila gravati da servitù militari vere e proprie, ci sono poi gli spazi aerei e i tratti di mare. Quanto a quest'ultimi, 80 chilometri di costa non sarebbero accessibili alle attività economico-turistiche;
    così il poligono di Teulada, il poligono di Capo Frasca, il poligono Interforze di Salto di Quirra, le servitù militari nell'arcipelago de La Maddalena sono situate o in zone residenziali o in zone verdi della macchia mediterranea o in zone dedite al pascolo;
    la Commissione Difesa, nell'esprimere il parere, per quanto di competenza, lo corso 31 luglio, in sede di conversione del decreto legge n. 91/20014 auspicava una sostanziale modifica «in relazione alle diverse destinazioni» su cui insistevano le aree militari,

impegna il Governo

a rivedere la disciplina introdotta dall'articolo 13 comma 5 della legge n. 116/2014 prevedendo, attraverso l'adozione di una nuova tabella specifica per le aree militari, concentrazioni di soglia di contaminazione minime o quantomeno riportare le stesse a quelle previste nella tabella 1, colonna A, dell'allegato 5 al decreto-legge 152/2006 al fine contenere i rischi per la salute dovuti ad una potenziale esposizione a sostanze inquinanti e alla diffusione della contaminazione dei territori limitrofi dove le suddette aree insistono.
9/2629-AR/8Capelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 30 del decreto-legge in esame dispone l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia;
    lo scrivente in sede di discussione del provvedimento in Commissione ambiente ha proposto un emendamento volto a rafforzare la lotta alla contraffazione;
    tale proposta emendativa nasce da un'indicazione delle Agenzie delle Dogane in sede di audizione presso la Commissione attività produttive della Camera nella quale ha chiesto la necessità di una riscrittura della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), nella quale è stata trasformata, in alcuni importanti casi, la fallace indicazione da illecito penale ad amministrativo e, inoltre, è stato disposto, quale solo obbligo in carico al titolare di marchio registrato che importi prodotti realizzati in Paesi terzi, quello di fornire una dichiarazione con cui si impegna ad assicurare idonea informazione sul luogo di produzione delle merci in fase di commercializzazione in un'ottica strategica di lungo periodo, spostando l'eventuale controllo ad una fase successiva, quella dell'effettiva commercializzazione, è di fatto all'intero territorio nazionale (con tutto ciò che ne consegue in termini di concreta possibilità di intervento da parte delle autorità preposte);
    tale modifica, in assoluto, ha fortemente indebolito la norma in termini di deterrenza, ma ha inoltre, e soprattutto, consentito di eludere, rendendolo inefficace, il «momento doganale» quale focus dell'azione di controllo nei punti di entrata italiani nell'Unione europea (azione, per sua natura, strutturata e azionabile rispetto ad una «griglia» di poteri, procedure e luoghi entro la quale poter effettivamente intercettare i fenomeni, nonché analizzarli, in intervento normativo);
    ha evidenziato l'impatto profondamente negativo della norme 49-bis e ter sul sistema dei controlli ha comportato che, dagli oltre 10 milioni di pezzi sequestrati nel 2008 (prima quindi dell'entrata in vigore dei commi 49 bis e ter), si è passati ai 3,5 milioni del 2010 (in vigenza dei commi citati), per finire ai poco più di 1.500.000 pezzi nel 2013; cifre che da sole dimostrano l'impatto che tale normativa ha determinato sulla tutela del made in operata dall'Agenzia negli spazi doganali;
    a tal proposito è stata presentata una Mozione n. 1-00526 approvata all'unanimità in Aula che impegnava il Governo «a promuovere modifiche alla legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), secondo le indicazioni dell'Agenzia delle dogane»;
    il Governo nella persona del sottosegretario del Ministero dello Sviluppo economico in sede di discussione in Commissione Ambiente ha espresso parere contrario motivando che «il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è contrario sulla predetta proposta emendativa, mentre non sussistono ragioni ostative per il Ministero dello sviluppo economico. Ricorda, quindi, che sulla normativa del 2003, su cui incide l'emendamento in questione, vi sono pareri discordanti in merito alla portata delle eventuali modifiche da introdurre, tra l'Agenzia delle dogane, che teme un indebolimento nella lotta alla contraffazione, e il Ministero delle politiche agricole. Il Governo, pertanto, ritiene opportuno non intervenire finché questa differenza di valutazione non sia stata superata»;
    è evidente che ci sia da parte dei due Ministeri c’è una visione contrapposta che stranamente non si riesce a chiarire;
    non c’è dubbio che la norma dell'articolo 4 – comma 49 – ha subito dal momento della sua emanazione ad oggi una serie di interventi manipolativi e di modifiche, spesso dettate da ragioni varie e diverse, che hanno snaturato il testo stesso, rendendolo incomprensibile e privo di una sua coerenza logica, quindi di difficile applicazione per gli organismi di controllo e, al tempo stesso, di difficile lettura per gli operatori economici. Infatti la proposta emendativa era per incominciare metter ordine alla norma partendo proprio dalla sua operatività ed efficacia,

impegna il Governo:

   a promuovere modifiche alla legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), secondo le indicazioni dell'Agenzia delle dogane. In particolare inasprendo la sanzione di fallace indicazione ed eliminare la disposizione che dispone al titolare di marchio registrato che importi prodotti realizzati in Paesi terzi, quello di fornire una dichiarazione con cui si impegna ad assicurare idonea informazione sul luogo di produzione delle merci in fase di commercializzazione;
   a convocare immediatamente un tavolo di coordinamento coinvolgendo anche le amministrazioni che, pur non direttamente coinvolte ratione materiae, svolgono funzioni di controllo volto a dirimere la questione descritta in premessa ai fini di una modifica seria e puntuale dei commi 49, 49-bis e ter della legge 350/2003 come indicata nell'impegno precedente.
9/2629-AR/9Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 30 del decreto-legge in esame dispone l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia;
    lo scrivente in sede di discussione del provvedimento in Commissione ambiente ha proposto un emendamento volto a rafforzare la lotta alla contraffazione;
    tale proposta emendativa nasce da un'indicazione delle Agenzie delle Dogane in sede di audizione presso la Commissione attività produttive della Camera nella quale ha chiesto la necessità di una riscrittura della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), nella quale è stata trasformata, in alcuni importanti casi, la fallace indicazione da illecito penale ad amministrativo e, inoltre, è stato disposto, quale solo obbligo in carico al titolare di marchio registrato che importi prodotti realizzati in Paesi terzi, quello di fornire una dichiarazione con cui si impegna ad assicurare idonea informazione sul luogo di produzione delle merci in fase di commercializzazione in un'ottica strategica di lungo periodo, spostando l'eventuale controllo ad una fase successiva, quella dell'effettiva commercializzazione, è di fatto all'intero territorio nazionale (con tutto ciò che ne consegue in termini di concreta possibilità di intervento da parte delle autorità preposte);
    tale modifica, in assoluto, ha fortemente indebolito la norma in termini di deterrenza, ma ha inoltre, e soprattutto, consentito di eludere, rendendolo inefficace, il «momento doganale» quale focus dell'azione di controllo nei punti di entrata italiani nell'Unione europea (azione, per sua natura, strutturata e azionabile rispetto ad una «griglia» di poteri, procedure e luoghi entro la quale poter effettivamente intercettare i fenomeni, nonché analizzarli, in intervento normativo);
    ha evidenziato l'impatto profondamente negativo della norme 49-bis e ter sul sistema dei controlli ha comportato che, dagli oltre 10 milioni di pezzi sequestrati nel 2008 (prima quindi dell'entrata in vigore dei commi 49 bis e ter), si è passati ai 3,5 milioni del 2010 (in vigenza dei commi citati), per finire ai poco più di 1.500.000 pezzi nel 2013; cifre che da sole dimostrano l'impatto che tale normativa ha determinato sulla tutela del made in operata dall'Agenzia negli spazi doganali;
    a tal proposito è stata presentata una Mozione n. 1-00526 approvata all'unanimità in Aula che impegnava il Governo «a promuovere modifiche alla legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), secondo le indicazioni dell'Agenzia delle dogane»;
    il Governo nella persona del sottosegretario del Ministero dello Sviluppo economico in sede di discussione in Commissione Ambiente ha espresso parere contrario motivando che «il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è contrario sulla predetta proposta emendativa, mentre non sussistono ragioni ostative per il Ministero dello sviluppo economico. Ricorda, quindi, che sulla normativa del 2003, su cui incide l'emendamento in questione, vi sono pareri discordanti in merito alla portata delle eventuali modifiche da introdurre, tra l'Agenzia delle dogane, che teme un indebolimento nella lotta alla contraffazione, e il Ministero delle politiche agricole. Il Governo, pertanto, ritiene opportuno non intervenire finché questa differenza di valutazione non sia stata superata»;
    è evidente che ci sia da parte dei due Ministeri c’è una visione contrapposta che stranamente non si riesce a chiarire;
    non c’è dubbio che la norma dell'articolo 4 – comma 49 – ha subito dal momento della sua emanazione ad oggi una serie di interventi manipolativi e di modifiche, spesso dettate da ragioni varie e diverse, che hanno snaturato il testo stesso, rendendolo incomprensibile e privo di una sua coerenza logica, quindi di difficile applicazione per gli organismi di controllo e, al tempo stesso, di difficile lettura per gli operatori economici. Infatti la proposta emendativa era per incominciare metter ordine alla norma partendo proprio dalla sua operatività ed efficacia,

impegna il Governo

a promuovere una riflessione sull'efficacia della novella normativa introdotta alla legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) promuovendo una fase di confronto sull'efficacia dei commi 49-bis e 49-ter dell'articolo 4, comma 49 della legge n. 350 del 2003, valutando le diverse opzioni disponibili (modifica, integrazione o abrogazione, quale quest'ultima proposta dell'Agenzia delle Dogane medesima), anche in collaborazione con le parti private interessate.
9/2629-AR/9. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    i recenti accadimenti alluvionali hanno riportato al centro dell'attenzione il tema della sicurezza idrogeologica che, in Veneto, per caratteristiche geomorfologiche, necessita di particolare attenzione. Alcune aree del territorio veneto, in particolare parti significative della fascia costiera veneziana, il delta del fiume Po e un ampio settore del suo entroterra, sono interessati da fenomeni di subsidenza, i cui effetti hanno ricadute sull'assetto idraulico, geologico e di tutela del territorio e risulta, quindi, necessario mettere in atto ogni azione che possa limitare tali fenomeni irreversibili;
    in nome del principio di precauzione va anteposta la sicurezza e la tutela di un territorio fragile, in difficile equilibrio e già pesantemente compromesso, ad ogni possibile interesse economico derivante dall'estrazione degli idrocarburi dal sottosuolo, anche perché gli introiti sarebbero in ogni caso incommensurabilmente inferiori a quanto necessario per ulteriori interventi sulle opere di difesa a mare e per la messa in sicurezza del bacino idrografico del Po e dell'Adige;
    in particolare, dagli anni Trenta e soprattutto negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, fino alla sospensione decisa dal Governo nazionale nel 1961, furono estratti nel territorio del Delta del Po miliardi di metri cubi di metano e gas naturali, contribuendo ad aggravare notevolmente il fenomeno della subsidenza, che determina un progressivo abbassamento del suolo,

impegna il Governo

a tener conto, per le ragioni di cui sopra, della specificità del territorio dell'Alto Adriatico, con particolare riferimento alla costa polesana e quella veneziana, al Delta del Po e all'entroterra padovano e veneziano prossimo all'area polesana, vietando dunque le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, in questi come in altri territori che fossero interessati dal fenomeno della subsidenza.
9/2629-AR/10Crivellari, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    i recenti accadimenti alluvionali hanno riportato al centro dell'attenzione il tema della sicurezza idrogeologica che, in Veneto, per caratteristiche geomorfologiche, necessita di particolare attenzione. Alcune aree del territorio veneto, in particolare parti significative della fascia costiera veneziana, il delta del fiume Po e un ampio settore del suo entroterra, sono interessati da fenomeni di subsidenza, i cui effetti hanno ricadute sull'assetto idraulico, geologico e di tutela del territorio e risulta, quindi, necessario mettere in atto ogni azione che possa limitare tali fenomeni irreversibili;
    in nome del principio di precauzione va anteposta la sicurezza e la tutela di un territorio fragile, in difficile equilibrio e già pesantemente compromesso, ad ogni possibile interesse economico derivante dall'estrazione degli idrocarburi dal sottosuolo, anche perché gli introiti sarebbero in ogni caso incommensurabilmente inferiori a quanto necessario per ulteriori interventi sulle opere di difesa a mare e per la messa in sicurezza del bacino idrografico del Po e dell'Adige;
    in particolare, dagli anni Trenta e soprattutto negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, fino alla sospensione decisa dal Governo nazionale nel 1961, furono estratti nel territorio del Delta del Po miliardi di metri cubi di metano e gas naturali, contribuendo ad aggravare notevolmente il fenomeno della subsidenza, che determina un progressivo abbassamento del suolo,

impegna il Governo

a tener conto, in relazione alle attività di ricerca, della specificità del territorio dell'Alto Adriatico, con particolare riferimento alla costa polesana e quella veneziana, al Delta del Po e all'entroterra padovano e veneziano prossimo all'area polesana.
9/2629-AR/10. (Testo modificato nel corso della seduta)  Crivellari, Zardini.


   La Camera,
   in sede di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante «misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive» all'articolo 9, è stato aggiunto un comma 2-sexies, volto a fronteggiare esigenze imperative connesse all'interesse generale della tutela dell'incolumità pubblica, attraverso lo sblocco di ricorsi presentati a seguito di gare di appalto per lavori di importo compreso entro la soglia comunitaria, se il tribunale amministrativo regionale dovesse valutare prevalenti i requisiti di estrema gravità e urgenza rispetto alle esigenze evidenziate dalla stazione appaltante e in tal caso dovrà fissare l'udienza per la discussione nel merito del ricorso entro 30 giorni dalla pronuncia in sede cautelare;
   il Presidente del Consiglio dei Ministri ha più volte ribadito che, tra i tanti problemi che riguardano il nostro Paese, vi è un sistema legislativo eccessivamente complesso e vincolante da cui deriva una debordante burocrazia che, in un momento in cui sarebbe indispensabile far partire le opere pubbliche finanziate e programmate e, quindi, favorire il lavoro delle aziende, ostacola la celere realizzazione di opere pubbliche, anche a causa del sempre più crescente contenzioso proposto dalle imprese partecipanti alle procedure di gara;
   la stragrande maggioranza di questi lavori sono essenziali per i territori coinvolti, in quanto riguardano la sicurezza ma anche la possibilità di dotare il territorio delle necessarie infrastrutture per il suo sviluppo e per garantire la ripresa economica, anche grazie all'indotto che deriva dai lavori pubblici e occorre dunque intervenire tempestivamente per velocizzare le procedure di aggiudicazione di lavori pubblici, pur mantenendo le garanzie circa la legalità e la correttezza;
   per citare un esempio, proprio in questi giorni il Consiglio di Stato, con riferimento alla gara per la realizzazione del nuovo ospedale del Trentino, procedura nella quale tutti i concorrenti hanno presentato ricorsi finalizzati sia all'esclusione degli altri che all'annullamento dell'intera procedura di gara, ha disposto l'annullamento della procedura costringendo l'amministrazione a rinnovare la procedura medesima, con conseguente allungamento dei tempi di realizzazione dell'opera e con la certezza che, all'esito della procedura, saranno proposti nuovi ricorsi;
   le alluvioni degli scorsi giorni, che hanno interessato in particolare la città di Genova, hanno arrecato danni per un importo economico 5 volte maggiore rispetto al costo che si sarebbe dovuto sostenere per i lavori di assestamento e di aggiustamento dei margini dei torrenti, lavori bloccati per una serie di ragioni di carattere burocratico e giudiziario;
   le procedure di appalto sono complesse e, come detto, facilmente impugnabili, con la conseguenza che la realizzazione delle opere pubbliche, per tali motivi, viene quasi sempre bloccata,

impegna il Governo

a modificare la normativa vigente, allo scopo di accelerare le procedure, ridurre i tempi dei ricorsi e introdurre dei correttivi che possano consentire l'assegnazione e l'esecuzione dei lavori anche in presenza di ricorsi pendenti, limitando le forme di tutela a quella risarcitoria per equivalente ed escludendo quindi la reintegrazione in forma specifica per le ditte che fossero ingiustamente escluse dalle procedure di gara.
9/2629-AR/11Ottobre.


   La Camera,
   in sede di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante «misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive» all'articolo 9, è stato aggiunto un comma 2-sexies, volto a fronteggiare esigenze imperative connesse all'interesse generale della tutela dell'incolumità pubblica, attraverso lo sblocco di ricorsi presentati a seguito di gare di appalto per lavori di importo compreso entro la soglia comunitaria, se il tribunale amministrativo regionale dovesse valutare prevalenti i requisiti di estrema gravità e urgenza rispetto alle esigenze evidenziate dalla stazione appaltante e in tal caso dovrà fissare l'udienza per la discussione nel merito del ricorso entro 30 giorni dalla pronuncia in sede cautelare;
   il Presidente del Consiglio dei Ministri ha più volte ribadito che, tra i tanti problemi che riguardano il nostro Paese, vi è un sistema legislativo eccessivamente complesso e vincolante da cui deriva una debordante burocrazia che, in un momento in cui sarebbe indispensabile far partire le opere pubbliche finanziate e programmate e, quindi, favorire il lavoro delle aziende, ostacola la celere realizzazione di opere pubbliche, anche a causa del sempre più crescente contenzioso proposto dalle imprese partecipanti alle procedure di gara;
   la stragrande maggioranza di questi lavori sono essenziali per i territori coinvolti, in quanto riguardano la sicurezza ma anche la possibilità di dotare il territorio delle necessarie infrastrutture per il suo sviluppo e per garantire la ripresa economica, anche grazie all'indotto che deriva dai lavori pubblici e occorre dunque intervenire tempestivamente per velocizzare le procedure di aggiudicazione di lavori pubblici, pur mantenendo le garanzie circa la legalità e la correttezza;
   per citare un esempio, proprio in questi giorni il Consiglio di Stato, con riferimento alla gara per la realizzazione del nuovo ospedale del Trentino, procedura nella quale tutti i concorrenti hanno presentato ricorsi finalizzati sia all'esclusione degli altri che all'annullamento dell'intera procedura di gara, ha disposto l'annullamento della procedura costringendo l'amministrazione a rinnovare la procedura medesima, con conseguente allungamento dei tempi di realizzazione dell'opera e con la certezza che, all'esito della procedura, saranno proposti nuovi ricorsi;
   le alluvioni degli scorsi giorni, che hanno interessato in particolare la città di Genova, hanno arrecato danni per un importo economico 5 volte maggiore rispetto al costo che si sarebbe dovuto sostenere per i lavori di assestamento e di aggiustamento dei margini dei torrenti, lavori bloccati per una serie di ragioni di carattere burocratico e giudiziario;
   le procedure di appalto sono complesse e, come detto, facilmente impugnabili, con la conseguenza che la realizzazione delle opere pubbliche, per tali motivi, viene quasi sempre bloccata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le norme e i principi europei, di modificare la normativa vigente, allo scopo di accelerare le procedure, ridurre i tempi dei ricorsi e introdurre dei correttivi che possano consentire l'assegnazione e l'esecuzione dei lavori anche in presenza di ricorsi pendenti, limitando le forme di tutela a quella risarcitoria per equivalente ed escludendo quindi la reintegrazione in forma specifica per le ditte che fossero ingiustamente escluse dalle procedure di gara.
9/2629-AR/11. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 30 prevede l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia, da adottarsi con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico;
    il Piano dovrà essere articolato in una serie di azioni volte al sostegno alle piccole e medie imprese che operano nel mercato globale e alla promozione delle opportunità di investimenti esteri in Italia;
    specifiche azioni sono indirizzate al supporto delle esportazioni nel settore agroalimentare, con riferimento alla valorizzazione delle produzioni di eccellenza e tutela all'estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine delle imprese e dei prodotti;
    si prevede inoltre la realizzazione di un segno distintivo unico per le produzioni agricole e agroalimentari al fine di favorirne la promozione all'estero, nonché azioni di contrasto al fenomeno dell’Italian sounding;
    si ritiene utile che, nell'ambito di tale azione di promozione del made in Italy, si preveda il coinvolgimento dell'associazionismo italiano all'estero,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure necessarie a prevedere il coinvolgimento dell'associazionismo italiano all'estero, sia nella promozione del Made in Italy in sede estera che nella promozione delle opportunità di investimento in Italia, anche attraverso il sostegno e la promozione di appositi «corridoi produttivi, turistici e culturali».
9/2629-AR/12Fitzgerald Nissoli, Caruso, Santerini, Sberna.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni contenute nell'articolo 13 comma 2 della Legge n. 180 del 2011 e la normativa europea in materia di appalti pubblici (raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003) sono rivolte a favorire le piccole e medie imprese chiamando la P.A. e le autorità competenti a garantire la corresponsione diretta dei pagamenti da parte della società appaltante direttamente ai subappaltatori;
    il potere di scelta conferito alla società appaltante, sancito dall'articolo 118, comma 3 del decreto legislativo n. 163 del 2006, oggi è stato ulteriormente rafforzato a tutela delle PMI e quindi dei subappaltatori in generale con la modifica ulteriore dell'articolo 118 stesso, attraverso l'inserimento del nuovo comma 3-bis in seguito al decreto cosiddetto «Destinazione Italia» convertito nella legge n. 9 del 2014, la quale prevede che, in caso di richiesta di concordato preventivo ad opera dell'impresa affidataria, la società appaltante possa provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dai subappaltatori, secondo le determinazioni del Tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura, con effetto anche retroattivo rispetto alla stipula e all'esecuzione dei contratti;
    secondo l'articolo 118 comma 3-bis decreto legislativo n. 163 del 2006, qualora sia pendente per l'affidataria una procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, è sempre consentito alla società appaltante provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dagli eventuali diversi soggetti che costituiscano l'affidatario, tra cui i subappaltatori. L'unico dubbio interpretativo riguarderebbe l'ultimo periodo del comma 3-bis del citato articolo 118, che recita: «secondo le determinazioni del tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura»;
    tale intervento del Tribunale competente per il concordato sembrerebbe un'evidente contraddizione in termini poiché, a dispetto della raccomandazione CE suddetta e della normativa in materia, questa previsione sancirebbe l'obbligo di attrarre nella procedura concorsuale o in una non meglio specificata procedura giudiziaria il pagamento di crediti trattenuti dalla società appaltante e vantati dai subappaltatori autorizzati;
    tale determinazione del Tribunale andrebbe quindi espunta dalla norma, poiché innanzitutto il credito dei subappaltatori autorizzati è già stato trattenuto, come per legge, dalla società appaltante relativamente a lavori perfettamente eseguiti e formalmente certificati, onde i relativi crediti maturati sarebbero completamente e legittimamente esigibili, anche seguendo i princìpi generali delle obbligazioni di cui all'articolo 118 codice civile secondo cui il debitore è liberato se effettua il pagamento alla persona autorizzata dalla legge a riceverlo, e i subappalti, in quanto autorizzati, possono essere direttamente pagati senza alcun intervento dell'impresa affidataria qualora sia per essa pendente una procedura di concordato preventivo con continuità aziendale che, si ripete, non riguarderebbe in alcun modo tali creditori (Cass. N. 3402/2012 su cit.);
    in secondo luogo, preme sottolineare che secondo la relazione tecnica al decreto «Destinazione Italia», l'ottica di tale norma è quella di prevedere opportunamente che la società appaltante versi i corrispettivi dovuti per l'appalto distintamente all'appaltatore principale ed ai subappaltatori, onde in tal senso sarebbe superfluo prevedere che l'ordine di pagamento passi attraverso una procedura davanti al Tribunale la cui natura tra l'altro non è stata chiarita dalla norma, poiché in tal guisa non si potrebbe parlare di «pagamento diretto ai subappaltatori», con svincolo automatico delle garanzie ex articolo 237-bis;
    infatti, con il decreto «Destinazione Italia» si è voluto chiaramente evitare che la procedura di concordato congelasse le esposizioni finanziarie dell'impresa affidataria impedendogli di far fronte ai pagamenti dovuti nei confronti dei subappaltatori, onde il periodo compreso nel comma 3-bis dell'articolo 118 «secondo le determinazioni del tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura» sembrerebbe non valere per i subappaltatori in quanto ex lege autorizzati,

impegna il Governo

ad adottare in tempi rapidi iniziative anche di tipo normativo volte a chiarire definitivamente la portata e l'esatta interpretazione della norma citata onde evitare che la soluzione delle problematiche citate in premesse vengano risolte dal corposo contenzioso peraltro già in atto.
9/2629-AR/13Cera, Luciano Agostini.


   La Camera,
   premesso che:
    con la Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 11 dicembre 2012, ai sensi dell'articolo 5 comma 1 e 1-bis della legge n. 225 del 1992, è stato dichiarato lo stato di emergenza in conseguenza degli eventi alluvionali che nei giorni dal 10 al 13 novembre 2012 e nei giorni 27 e 28 novembre 2012 hanno colpito alcuni comuni nelle province di Arezzo, Grosseto, Lucca, Massa Carrara, Pisa, Pistoia e Siena;
    con la legge 24 dicembre 2012 n. 228 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)», al comma 548 dell'articolo 1, si provvedeva incrementare nella misura di 250 milioni di euro per l'anno 2013 il Fondo di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195;
    tale importo veniva destinato ad interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni interessati dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2012, prevedendo la nomina di commissari delegati per i Presidenti delle Regioni interessate dagli eventi alluvionali con i poteri e le modalità di cui al decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge agosto 2012, n. 122;
    con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 marzo 2013, con cui è stata data attuazione al suddetto Articolo 1 comma 548 della legge n. 228 del 2012, si stabiliva, in particolare, la nomina del Presidente della Giunta regionale Toscana quale Commissario governativo delegato per gli eventi di cui sopra e l'assegnazione di euro 110.900.000,00 da far confluire su apposita contabilità speciale;
    il termine, come previsto dalle modalità attuative del suddetto decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, per la conclusione delle summenzionate attività di ripristino dei danni patiti dai privati cittadini e dalle imprese extra-agricole o dai soggetti titolari di partita Iva non iscritti al registro delle imprese risulta, essere determinato alla data massima del 31 dicembre 2014;
    allo stato attuale sono ancora molte le imprese ed i soggetti privati che, considerate sia le difficoltà economiche determinate dall'attuale congiuntura negativa, sia ulteriori difficoltà e criticità di natura burocratica, non hanno ancora provveduto all'effettuazione del totale delle spese ammesse a contributo;
    il decreto a nostro esame prevede misure volte al completamento degli interventi di ricostruzione per le zone colpite da calamità naturali,

impegna il Governo

a disporre, con futuri provvedimenti normativi, lo spostamento del termine alle singole conclusioni dei lavori, di almeno 12 mesi e, quindi, alla data del 31 dicembre 2015, nuovo termine quest'ultimo che consentirebbe, senza alcun dubbio, una più corretta ed agevole realizzazione dei necessari interventi di ripristino; interventi che, in mancanza di tale dilazione, potrebbero non essere eseguiti nella loro pienezza.
9/2629-AR/14Nardi.


   La Camera,
   premesso che:
    con la Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 11 dicembre 2012, ai sensi dell'articolo 5 comma 1 e 1-bis della legge n. 225 del 1992, è stato dichiarato lo stato di emergenza in conseguenza degli eventi alluvionali che nei giorni dal 10 al 13 novembre 2012 e nei giorni 27 e 28 novembre 2012 hanno colpito alcuni comuni nelle province di Arezzo, Grosseto, Lucca, Massa Carrara, Pisa, Pistoia e Siena;
    con la legge 24 dicembre 2012 n. 228 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)», al comma 548 dell'articolo 1, si provvedeva incrementare nella misura di 250 milioni di euro per l'anno 2013 il Fondo di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195;
    tale importo veniva destinato ad interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni interessati dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2012, prevedendo la nomina di commissari delegati per i Presidenti delle Regioni interessate dagli eventi alluvionali con i poteri e le modalità di cui al decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge agosto 2012, n. 122;
    con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 marzo 2013, con cui è stata data attuazione al suddetto Articolo 1 comma 548 della legge n. 228 del 2012, si stabiliva, in particolare, la nomina del Presidente della Giunta regionale Toscana quale Commissario governativo delegato per gli eventi di cui sopra e l'assegnazione di euro 110.900.000,00 da far confluire su apposita contabilità speciale;
    il termine, come previsto dalle modalità attuative del suddetto decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, per la conclusione delle summenzionate attività di ripristino dei danni patiti dai privati cittadini e dalle imprese extra-agricole o dai soggetti titolari di partita Iva non iscritti al registro delle imprese risulta, essere determinato alla data massima del 31 dicembre 2014;
    allo stato attuale sono ancora molte le imprese ed i soggetti privati che, considerate sia le difficoltà economiche determinate dall'attuale congiuntura negativa, sia ulteriori difficoltà e criticità di natura burocratica, non hanno ancora provveduto all'effettuazione del totale delle spese ammesse a contributo;
    il decreto a nostro esame prevede misure volte al completamento degli interventi di ricostruzione per le zone colpite da calamità naturali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di disporre, con futuri provvedimenti normativi, lo spostamento del termine alle singole conclusioni dei lavori, di almeno 12 mesi e, quindi, alla data del 31 dicembre 2015, nuovo termine quest'ultimo che consentirebbe, senza alcun dubbio, una più corretta ed agevole realizzazione dei necessari interventi di ripristino; interventi che, in mancanza di tale dilazione, potrebbero non essere eseguiti nella loro pienezza.
9/2629-AR/14. (Testo modificato nel corso della seduta)  Nardi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del decreto legge n. 133 del 2014 reca misure in materia di concessioni autostradali prevedendo che le modifiche del rapporto concessorio da parte dei concessionari delle tratte autostradali nazionali devono essere sottoposte, entro 31 dicembre 2014, al Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti, devono essere esplicitamente finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione delle convenzioni e devono riguardare rapporti concessori in essere;
    viene, inoltre, previsto che le richieste di modifica del rapporto concessorio prevedano nuovi investimenti da parte dei concessionari, i quali sono, comunque, tenuti alla realizzazione degli investimenti già previsti nei vigenti atti di concessione;
    con un emendamento parlamentare è stato, infine, previsto che gli schemi di atto aggiuntivo o di convenzione, e i relativi piani economici - finanziari, corredati dai pareri prescritti dalla normativa vigente, siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, e si prevede, inoltre, un coinvolgimento dell'Autorità dei trasporti,

impegna il Governo

in sede di contrattazione collettiva, a mantenere i livelli occupazionali esistenti del personale assunto.
9/2629-AR/15Lacquaniti, Nardi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del decreto legge n. 133 del 2014 reca misure in materia di concessioni autostradali prevedendo che le modifiche del rapporto concessorio da parte dei concessionari delle tratte autostradali nazionali devono essere sottoposte, entro 31 dicembre 2014, al Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti, devono essere esplicitamente finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione delle convenzioni e devono riguardare rapporti concessori in essere;
    viene, inoltre, previsto che le richieste di modifica del rapporto concessorio prevedano nuovi investimenti da parte dei concessionari, i quali sono, comunque, tenuti alla realizzazione degli investimenti già previsti nei vigenti atti di concessione;
    con un emendamento parlamentare è stato, infine, previsto che gli schemi di atto aggiuntivo o di convenzione, e i relativi piani economici-finanziari, corredati dai pareri prescritti dalla normativa vigente, siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, e si prevede, inoltre, un coinvolgimento dell'Autorità dei trasporti,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa affinché, in sede di contrattazione collettiva, si mantengano i livelli occupazionali esistenti del personale assunto.
9/2629-AR/15. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lacquaniti, Nardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore della produzione di energia elettrica mediante bioliquidi sostenibili ha, nel tempo, necessitato di misure atte ad adeguare gli incentivi all'andamento del costo della materia prima, e ciò sulla base dell'articolo 24 comma 8 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28;
    le modifiche introdotte al regime di incentivazione con l'articolo 1 comma 155 della legge n. 147 del 27 dicembre 2013 (cosiddetto «Legge di Stabilità 2014») che modifica la legge n. 98 del 2013, di conversione del decreto-legge n. 69 del 21 giugno 2013, possono riverberare effetti negativi in quelle realtà collegate a siti industriali o artigianali, per i quali le esigenze di produzione imporrebbero comunque una gestione non economicamente conveniente degli impianti;
    il legislatore, nel riconoscere tali possibili effetti negativi, con l'approvazione del presente provvedimento, introduce un sistema che favorisce la conversione degli impianti a bioliquidi, che alimentano siti industriali o artigianali, in impianti di cogenerazione ad alto rendimento;
    la riconversione in impianti cogenerativi ad alto rendimento dei siti attualmente eserciti con impianti a bioliquidi sostenibili, collegati a realtà industriali o artigianali, costituisce, da un lato, un indubbio vantaggio in termini ambientali e, dall'altro, un'opportunità sia per i siti stessi che per il sistema elettrico ma, affinché ciò si realizzi, deve poter considerare i costi residui di investimento e i costi di riconversione anche attraverso un meccanismo di anticipazione, già utilizzato dalla Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas;
    il comma 11-quinquies dell'articolo 38, del decreto legge in esame, introdotto con una modifica in commissione, demanda ad un decreto del MISE la definizione di condizioni e modalità per il riconoscimento di una maggiore valorizzazione dell'energia da cogenerazione ad alto rendimento ottenuta dalla conversione degli impianti di produzione di energia elettrica a bioliquidi sostenibili che alimentano siti industriali o artigianali,

impegna il Governo

ad introdurre, nell'emanazione del citato decreto da parte del Ministro dello Sviluppo Economico, da emanarsi in tempi compatibili con le urgenti esigenze di conversione di detti impianti, criteri atti alla copertura dei costi residui di investimento nonché degli afferenti costi di riconversione, anche attraverso meccanismi di anticipazione, nel rispetto degli strumenti normativi e regolatori vigenti.
9/2629-AR/16Pilozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 prevede rilevanti finanziamenti per il completamento di infrastrutture strategiche e in particolare per realizzazione e potenziamento di infrastrutture ferroviarie su parte del territorio nazionale;
    occorre dare certezza sia sui tempi di realizzazione di tali opere sia sulle risorse a tal fine disponibili, garantendo, in via prioritaria, il completamento delle opere già avviate e, in particolare, delle tratte Alta velocità/Alta capacità già in corso di realizzazione;
    fra tali tratte riveste un'importanza strategica particolare l'Alta Velocità Padova – Bologna, il cui itinerario costituisce un importante collegamento fra l'area Nord/Est dell'Italia e la dorsale nazionale Nord/Sud Milano-Roma;
    su tale itinerario sono stati programmati rilevanti investimenti infrastrutturali e tecnologici finalizzati a conferire all'itinerario stesso le caratteristiche prestazionali necessarie, soprattutto in termini di offerta di trasporto passeggeri e merci, per svolgere a pieno le funzioni di importante asse di collegamento fra la dorsale Nord/Sud e la trasversale Est/Ovest;
    i 120 chilometri che separano Padova da Bologna rappresentano l'anello debole di tutto il sistema Alta velocità della penisola, essendo i convogli superveloci costretti a sfrecciare soltanto sui binari del vecchio collegamento ferroviario tra l'Emilia ed il Veneto, diversamente da quanto avviene lungo l'asse nazionale AV, che va da Torino a Salerno, via Milano Rogoredo, Bologna, Firenze, Roma e Napoli,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a garantire la sollecita erogazione dei finanziamenti per la realizzazione della tratta Alta Velocità Padova-Bologna.
9/2629-AR/17Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 prevede rilevanti finanziamenti per il completamento di infrastrutture strategiche e in particolare per realizzazione e potenziamento di infrastrutture ferroviarie su parte del territorio nazionale;
    occorre dare certezza sia sui tempi di realizzazione di tali opere sia sulle risorse a tal fine disponibili, garantendo, in via prioritaria, il completamento delle opere già avviate e, in particolare, delle tratte Alta velocità/Alta capacità già in corso di realizzazione;
    fra tali tratte riveste un'importanza strategica particolare l'Alta Velocità Padova – Bologna, il cui itinerario costituisce un importante collegamento fra l'area Nord/Est dell'Italia e la dorsale nazionale Nord/Sud Milano-Roma;
    su tale itinerario sono stati programmati rilevanti investimenti infrastrutturali e tecnologici finalizzati a conferire all'itinerario stesso le caratteristiche prestazionali necessarie, soprattutto in termini di offerta di trasporto passeggeri e merci, per svolgere a pieno le funzioni di importante asse di collegamento fra la dorsale Nord/Sud e la trasversale Est/Ovest;
    i 120 chilometri che separano Padova da Bologna rappresentano l'anello debole di tutto il sistema Alta velocità della penisola, essendo i convogli superveloci costretti a sfrecciare soltanto sui binari del vecchio collegamento ferroviario tra l'Emilia ed il Veneto, diversamente da quanto avviene lungo l'asse nazionale AV, che va da Torino a Salerno, via Milano Rogoredo, Bologna, Firenze, Roma e Napoli,

impegna il Governo

a valutare ogni opportuna iniziativa volta alla realizzazione della tratta Alta Velocità Padova-Bologna.
9/2629-AR/17. (Testo modificato nel corso della seduta). Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    visto l'esito del referendum del 12 e 13 giugno 2011 riguardante le modalità di affidamento e gestione del servizi pubblici locali di rilevanza economica che ha visto emergere un netta e chiara indicazione di dissenso da parte degli elettori rispetto le ipotesi di privatizzazione del servizio idrico integrato e che ha portato all'abrogazione dell'articolo dell'articolo 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 e successive modificazioni;
   vista la sentenza della Corte Costituzionale del 12 luglio 2012 che ha giudicato incostituzionale l'articolo 4, della legge 138/2011, ribadendo la necessità di rispettare la volontà popolare sulla gestione pubblica dell'acqua,

impegna il Governo

a presentare entro sei mesi la riforma dell'Autorità prevedendo la costituzione di una apposita e specifica Autorità per l'acqua e la regolamentazione del servizio idrico, distinta da quella dell'energia e del gas di regolamentazione del mercato considerato anche che le risorse idriche sono un monopolio naturale, ovvero di procedere ad una netta distinzione all'interno dell'attuale Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico tra la regolamentazione del mercato di beni e servizi e la regolamentazione del servizio idrico. Tale autorità dovrà avere i compiti di regolamentazione, di indirizzo per la pianificazione di interventi sul territorio nazionale, di verifica della correttezza ed efficacia del servizio e del rispetto del controllo pubblico degli enti gestori del servizio idrico.
9/2629-AR/18Marroni, Carrescia, Giulietti, Mariano, Martelli, Zardini, Marzano, Castricone, Tidei, Beni, Sgambato, Censore, Capone, Bonaccorsi, Miccoli, Ferro, Manfredi.


   La Camera,
   premesso che:
    visto l'esito del referendum del 12 e 13 giugno 2011 riguardante le modalità di affidamento e gestione del servizi pubblici locali di rilevanza economica che ha visto emergere un netta e chiara indicazione di dissenso da parte degli elettori rispetto le ipotesi di privatizzazione del servizio idrico integrato e che ha portato all'abrogazione dell'articolo dell'articolo 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 e successive modificazioni;
   vista la sentenza della Corte Costituzionale del 12 luglio 2012 che ha giudicato incostituzionale l'articolo 4, della legge 138/2011, ribadendo la necessità di rispettare la volontà popolare sulla gestione pubblica dell'acqua,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere ad una netta distinzione all'interno dell'attuale Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico tra la regolamentazione del mercato di beni e servizi e la regolamentazione del servizio idrico.
9/2629-AR/18. (Testo modificato nel corso della seduta). Marroni, Carrescia, Giulietti, Mariano, Martelli, Zardini, Marzano, Castricone, Tidei, Beni, Sgambato, Censore, Capone, Bonaccorsi, Miccoli, Ferro, Manfredi.


   La Camera,
   premesso che:
    il sud dal punto di vista delle infrastrutture, risulta afflitto da una serie di ritardi, con un divario in termini di strade ferrovie, aeroporti e ospedali;
    l'istituto Tagliacarne in un recente rapporto ha evidenziato come questo divario, già strutturale, sia aumentato dell'1 per cento rispetto alla media del Paese negli ultimi 10 anni;
    tale criticità è ancora più rilevante se si considera che l'UE con lo stanziamento dei fondi europei per le infrastrutture e i servizi si poneva esattamente l'obiettivo opposto;
    il Sud patisce un gap del 34,6 per cento rispetto al Nord-Est e se non si tiene conto delle infrastrutture portuali il divario con il Nord-Ovest sale al 37,6 per cento;
    per quel che riguarda la rete stradale, il Sud registra un divario inferiore, del 28,6 per cento rispetto ai Nord-Ovest e del 20,2 per cento complessivo nei confronti del Centro-Nord;
    per quanto riguarda la rete ferroviaria, il gap arriva al 29,7 per cento sul Centro-Nord e s'innalza al 46,3 rispetto al centro;
    le infrastrutture sono un capitolo fondamentale per quanto riguarda le misure antirecessive finalizzate al rilancio del Pil nazionale ed in particolare del sud in considerazione della rilevanza del settore edilizio soprattutto al sud;
    nell'ambito del decreto legge in fase di conversione vi sono importanti segnali che vanno in questa direzione a partire dall'alta velocità Napoli-Bari e altri interventi su opere importanti che riguardano il mezzogiorno;
    va evidenziato che un terzo del commercio mondiale transita nel Mediterraneo e il trasporto merci in termini di valore dell'interscambio commerciale dell'Italia è pari a 240 miliardi di euro;
    sarebbe opportuna la creazione, in considerazione della posizione geografica del Mezzogiorno nel Mediterraneo un core network di porti di rilevanza strategica su cui concentrare investimenti e collegarli in chiave intermodale con le vie di terra del sud;
    sarebbe, inoltre, opportuno un monitoraggio costante non solo sul livello di infrastrutturazione ma anche sugli standard dei servizi di trasporto che interessano l'utenza meridionale,

impegna il Governo

a costituire entro 60 giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge, presso il Ministero delle Infrastrutture, un Osservatorio permanente sulle infrastrutture meridionali che abbia come mission il recupero del gap infrastrutturale del Mezzogiorno con il resto del paese e il monitoraggio del livello di servizi in quest'ambito.
9/2629-AR/19Famiglietti.


   La Camera,
   premesso che:
    il sud dal punto di vista delle infrastrutture, risulta afflitto da una serie di ritardi, con un divario in termini di strade ferrovie, aeroporti e ospedali;
    l'istituto Tagliacarne in un recente rapporto ha evidenziato come questo divario, già strutturale, sia aumentato dell'1 per cento rispetto alla media del Paese negli ultimi 10 anni;
    tale criticità è ancora più rilevante se si considera che l'UE con lo stanziamento dei fondi europei per le infrastrutture e i servizi si poneva esattamente l'obiettivo opposto;
    il Sud patisce un gap del 34,6 per cento rispetto al Nord-Est e se non si tiene conto delle infrastrutture portuali il divario con il Nord-Ovest sale al 37,6 per cento;
    per quel che riguarda la rete stradale, il Sud registra un divario inferiore, del 28,6 per cento rispetto ai Nord-Ovest e del 20,2 per cento complessivo nei confronti del Centro-Nord;
    per quanto riguarda la rete ferroviaria, il gap arriva al 29,7 per cento sul Centro-Nord e s'innalza al 46,3 rispetto al centro;
    le infrastrutture sono un capitolo fondamentale per quanto riguarda le misure antirecessive finalizzate al rilancio del Pil nazionale ed in particolare del sud in considerazione della rilevanza del settore edilizio soprattutto al sud;
    nell'ambito del decreto legge in fase di conversione vi sono importanti segnali che vanno in questa direzione a partire dall'alta velocità Napoli-Bari e altri interventi su opere importanti che riguardano il mezzogiorno;
    va evidenziato che un terzo del commercio mondiale transita nel Mediterraneo e il trasporto merci in termini di valore dell'interscambio commerciale dell'Italia è pari a 240 miliardi di euro;
    sarebbe opportuna la creazione, in considerazione della posizione geografica del Mezzogiorno nel Mediterraneo un core network di porti di rilevanza strategica su cui concentrare investimenti e collegarli in chiave intermodale con le vie di terra del sud;
    sarebbe, inoltre, opportuno un monitoraggio costante non solo sul livello di infrastrutturazione ma anche sugli standard dei servizi di trasporto che interessano l'utenza meridionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, di costituire presso il Ministero delle Infrastrutture, un Osservatorio permanente sulle infrastrutture meridionali che abbia come mission il recupero del gap infrastrutturale del Mezzogiorno con il resto del paese e il monitoraggio del livello di servizi in quest'ambito.
9/2629-AR/19. (Testo modificato nel corso della seduta). Famiglietti.


   La Camera,
   premesso che:
    nella giornata del 13 ottobre decine di comuni nell'alessandrino sono stati colpiti da una precipitazione violentissima che ha provocato l'esondazione del sistema idrico minore, ossia torrenti e rii;
    l'ARPA ha già redatto un rapporto tecnico nel quale si può leggere che le piogge del 13 ottobre sono state localmente eccezionali, con una probabilità di accadimento stimata in 200 anni in termini di tempo di ritorno;
    la regione Piemonte ha già chiesto al Governo la dichiarazione dello stato di emergenza e ad oggi (fonte la Protezione civile di Alessandria) ci sono ancora 54 sfollati;
   considerato che:
    il tema del contrasto al dissesto idrogeologico è al centro dell'agenda politica del Governo sin dal suo insediamento;
    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 maggio 2014 il Governo ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una apposita «Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche», con il compito specifico di imprimere un'accelerazione all'attuazione degli interventi di messa in sicurezza del territorio e di supportare la nuova programmazione delle risorse per il ciclo 2014-2020;
    il decreto legge n. 133 del 2014 ha reso ordinaria l'attribuzione al presidenti di regione di funzioni per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico e, contemporaneamente, ha avviato un procedimento di ricognizione dello stato di attuazione di tutti gli interventi finanziati anche in data antecedente al 2009 per procedere alla revoca delle risorse economiche non ancora utilizzate con l'obiettivo di canalizzare le stesse su interventi altrettanto urgenti ma immediatamente cantierabili,

impegna il Governo

   ad attivarsi affinché:
    per i comuni dell'Alessandrino colpiti dagli eventi calamitosi del 13 ottobre scorso sia destinata, con urgenza, alla messa in sicurezza e alla difesa del suolo delle citate aree alluvionate quota parte delle risorse del Fondo delle politiche di coesione per interventi di messa in sicurezza del territorio e prevenzione del rischio idrogeologico (articolo 1, comma 7, legge n. 147/2013).
    si escludano dal patto di stabilità interno relativo agli anni 2015 e 2016 le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese in conto capitale sostenute dai Comuni, dalla Provincia e dalla Regione per far fronte all'emergenza alluvionale, alle conseguenti opere di ripristino e ad opere di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico;
    si definiscano tempi certi e modalità semplificate – anche mediante le amministrazioni territoriali competenti – per la concessione, tanto ai soggetti pubblici quanto a quelli privati (famiglie, imprese, associazioni, eccetera), del rimborso del danno effettivamente subito e dei contributi per il ripristino e la riparazione dei danneggiamenti, al fine di riprendere le normali condizioni di vita e dell'attività economica e produttiva;
    si disponga la detassazione dei contributi, degli indennizzi e dei risarcimenti e si attivino sistemi di finanziamento immediato per fare ripartire l'economia e la vita delle comunità coinvolte.
9/2629-AR/20Bargero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'introduzione nel sistema di offerta dell'alloggio sociale di un nuovo soggetto quale il Fondo immobiliare ha creato nuove opportunità per le cooperative edilizie di abitazione di accedere alla disponibilità di alloggi da assegnare ai propri soci, in particolare in locazione o in uso o godimento;
    le particolari caratteristiche del Fondo immobiliare fanno si che si configura una modalità operativa per cui il Fondo Immobiliare svolge il ruolo di «impresa costruttrice» che concede in uso, a vario titolo, l'immobile destinato ad alloggi sociali ad una cooperativa edilizia che provvederà ad assegnare gli alloggi ai propri soci e a gestirli ovvero a farsi carico «vuoto per pieno» di tutti gli oneri connessi all'utilizzo e alla gestione degli alloggi, ripartendone poi i costi a carico dei soci assegnatari riscuotendo i canoni e le spese accessorie;
    nel contesto normativo attuale ciò comporta un regime IVA non comparabile tra le due forme di assegnazione ipotizzate per gli alloggi messi a disposizione da parte del Fondo immobiliare;
    il contratto tramite il quale il Fondo concede in uso, a vario titolo, l'immobile alla cooperativa edilizia è soggetto ad IVA su opzione del Fondo.
    La cooperativa che riceve in concessione il fabbricato può:
     i) darlo in locazione;
     ii) assegnarlo in godimento;
    allo stato dell'arte le conseguenze IVA nei due casi sono differenti: nel primo caso la locazione è esente e la cooperativa, non essendo in questo caso impresa costruttrice, non può optare per l'applicazione dell'IVA con una pesante ricaduta in termini di indetraibilità dell'IVA a monte ed il conseguente aggravio sui canoni di locazione. Nel secondo caso, invece, la cooperativa applica l'IVA in virtù di quanto previsto dalla Tabella Parte Terza 127 undecies) allegata al decreto del Presidente della Repubblica 633/1972,

impegna il Governo

ad inserire in occasione della prossima manovra di bilancio o in un apposito provvedimento l'applicabilità dell'IVA anche nel primo caso rendendo le conseguenze fiscali delle due opzioni suesposte fiscalmente comparabili e sostanzialmente neutre nell'ambito del globale processo di offerta di alloggi sociali in quanto meritevole di tutela sociale nella sua interezza.
9/2629-AR/21D'Ottavio, Bossa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'introduzione nel sistema di offerta dell'alloggio sociale di un nuovo soggetto quale il Fondo immobiliare ha creato nuove opportunità per le cooperative edilizie di abitazione di accedere alla disponibilità di alloggi da assegnare ai propri soci, in particolare in locazione o in uso o godimento;
    le particolari caratteristiche del Fondo immobiliare fanno si che si configura una modalità operativa per cui il Fondo Immobiliare svolge il ruolo di «impresa costruttrice» che concede in uso, a vario titolo, l'immobile destinato ad alloggi sociali ad una cooperativa edilizia che provvederà ad assegnare gli alloggi ai propri soci e a gestirli ovvero a farsi carico «vuoto per pieno» di tutti gli oneri connessi all'utilizzo e alla gestione degli alloggi, ripartendone poi i costi a carico dei soci assegnatari riscuotendo i canoni e le spese accessorie;
    nel contesto normativo attuale ciò comporta un regime IVA non comparabile tra le due forme di assegnazione ipotizzate per gli alloggi messi a disposizione da parte del Fondo immobiliare;
    il contratto tramite il quale il Fondo concede in uso, a vario titolo, l'immobile alla cooperativa edilizia è soggetto ad IVA su opzione del Fondo.
    La cooperativa che riceve in concessione il fabbricato può:
     i) darlo in locazione;
     ii) assegnarlo in godimento;
    allo stato dell'arte le conseguenze IVA nei due casi sono differenti: nel primo caso la locazione è esente e la cooperativa, non essendo in questo caso impresa costruttrice, non può optare per l'applicazione dell'IVA con una pesante ricaduta in termini di indetraibilità dell'IVA a monte ed il conseguente aggravio sui canoni di locazione. Nel secondo caso, invece, la cooperativa applica l'IVA in virtù di quanto previsto dalla Tabella Parte Terza 127 undecies) allegata al decreto del Presidente della Repubblica 633/1972,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di inserire in occasione della prossima manovra di bilancio o in un apposito provvedimento l'applicabilità dell'IVA anche nel primo caso rendendo le conseguenze fiscali delle due opzioni suesposte fiscalmente comparabili e sostanzialmente neutre nell'ambito del globale processo di offerta di alloggi sociali in quanto meritevole di tutela sociale nella sua interezza.
9/2629-AR/21. (Testo modificato nel corso della seduta)  D'Ottavio, Bossa.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 si rileva che diverse disposizioni sono dirette all'introduzione di tecniche innovative per favorire la digitalizzazione, la connettività e l'installazione di antenne per impianti di radiotelefonia avendo però ben presenti sia gli aspetti di tutela paesaggistica che di tutela ambientale e della salute dei cittadini;
    in tale contesto si inserisce il diritto alla libera manifestazione del pensiero «con ogni mezzo di diffusione» che è garantito dall'articolo 21 della Carta Costituzionale. Tra questi mezzi sono naturalmente comprese anche la televisione e la radio;
    il diritto all'installazione di antenne ed accessori – sia esso configurabile come diritto soggettivo autonomo che come facoltà compresa nel diritto primario all'informazione sono principi contenuti nell'articolo 1 della legge n. 554 del 6 maggio 1940 («Disciplina degli aerei esterni per audizioni radiofoniche»);
    in altre parole il diritto di installare apparecchi di antenna radio televisivi, riconosciuto dall'articolo 1 della legge 554/1940, costituisce un diritto soggettivo perfetto, di natura personale, condizionato solo nei riguardi degli interessi generali, tra questi sono certamente ricompresi quelli che riguardano il rispetto delle norme in materia ambientale, di tutela della salute e di decoro urbano delle città;
    in tal senso il Decreto Ministeriale 22 gennaio 2013 «Regole tecniche relative agli impianti condominiali centralizzati d'antenna riceventi del servizio di radiodiffusione» contiene le regole tecniche per gli impianti di antenna condominiali centralizzati per la ricezione dei segnali di radiodiffusione, terrestre e satellitare. Obiettivo del provvedimento è la riduzione ed eliminazione della molteplicità di antenne individuali per motivi estetici e funzionali cioè tende a tutelare il cosiddetto decoro architettonico; questo va inteso come l'estetica data dall'insieme di linee e strutture ornamentali che segnano e identificano le varie parti dell'edificio, nonché forniscono all'edificio stesso nel suo insieme, una precisa e armonica fisionomia, al di là che si tratti o meno di un edificio di pregio artistico;
    riducendo allora l'eccessivo numero di antenne «singole» e sostituendole con antenne centralizzate si migliorerebbe non di poco il decoro urbano delle nostre città,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere all'individuazione di una disciplina normativa in materia di installazione di antenne televisive terrestri e satellitari centralizzate al fine di salvaguardare il decoro paesaggistico, architettonico ed ambientale delle nostre città attualmente compromesso dalla rilevante quantità di antenne sui tetti e lastrici solari degli edifici.
9/2629-AR/22Pastorelli, Locatelli.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'entrata in vigore del decreto interministeriale del 1o agosto 2014, n. 83473 si è venuta a determinare una situazione di forte criticità per quanto riguarda i percettori di ammortizzatori in deroga;
    in particolare sono fuori da ogni forma di tutela coloro che hanno superato i tre anni di beneficio dell'indennità di mobilità in deroga;
    il superamento di tale situazione dovrebbe però accompagnarsi con strumenti di reinserimento e di politiche attive che riscontriamo non esserci e il perdurare della crisi soprattutto nelle aree a maggiore sofferenza occupazionale rischia di innescare ulteriori tensioni sociali;
    occorre una fase di transizione che superi la fase degli ammortizzatori in deroga e accompagni questi lavoratori al nuovo sistema di tutele per la loro presa in carico;
    per questi lavoratori è cessato persino il diritto agli incentivi per le assunzioni da parte di un eventuale imprenditore perché sono fuori dalle liste di mobilità;
    i 728 milioni di euro previsti dal presente decreto legge in fase di conversione riguardano solamente gli accordi intervenuti successivamente alla data del 3 agosto 2014;
    ci sono decine di migliaia di lavoratori che attendono spettanze da sei/sette mesi con situazioni di disagio al limite per molte famiglie;
    il Ministero ha chiesto entro il prossimo 15 novembre il monitoraggio delle platee e delle risorse impegnate e pur tuttavia esiste una emergenza legata anche ai ritardi dei pagamenti; il paradosso è che se le risorse del 2014 dovessero giungere nel 2015 per i lavoratori si verificherebbe anche il paradosso o meglio la beffa di vederli ulteriormente tassati,

impegna il Governo

a consentire che le indennità maturate e non ancora percepite possano essere pagate al massimo entro il mese di novembre e consentire una ulteriore proroga del beneficio della indennità di mobilità in deroga almeno fino al 31 dicembre 2014 anche per coloro che hanno superato i tre anni di beneficio.
9/2629-AR/23Burtone.


   La Camera,
   premesso che:
    nel presente decreto «Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive» (AC 2629) sono presenti norme relative alle bonifiche ambientali ed alla sicurezza di siti contaminati;
    sul territorio italiano a partire dal secondo dopoguerra, comparti tradizionali della produzione industriale hanno subito significative trasformazioni e pesanti contrazioni; in alcuni casi attività caratteristiche di territori geograficamente, marginali hanno subito il sostanziale abbandono;
    un esempio rappresentativo di questo progressivo abbandono è costituito dalle attività estrattive e di processo connesse con l'industria mineraria del nostro Paese. In poco più di un decennio, tra la fine degli anni ’70 e l'inizio degli anni ’90 del secolo scorso, questo comparto industriale è pressoché scomparso dal panorama produttivo nazionale. Con la chiusura delle miniere è venuta a mancare non solo una parte dell'economia, ma si è conclusa una storia produttiva che in Italia, per continuità e per concentrazione, ha attraversato i millenni e segnato le trasformazioni sociali, dall'antichità fino alla fase contemporanea. Le miniere, il loro sfruttamento, gli insediamenti connessi ad esso, la lavorazione dei metalli sono state e inevitabilmente continuano ad essere, parti costitutive dell'identità e della storia nazionali;
    giacimenti minerari, miniere antiche e moderne, impianti e architetture della produzione, insediamenti umani e paesaggi che conservano le tracce antiche e recenti della storia della lavorazione dei metalli racchiudono dunque un valore storico, sociale e costituiscono un patrimonio culturale da valorizzare;
    tuttavia, a causa della rapidità e della vastità dei processi di dismissione delle attività industriali, gli strumenti, le metodologie e le strutture materiali connesse alla produzione, sono inevitabilmente soggette ad abbandono;
    esiste dunque il rischio concreto che il significato storico e sociale delle attività estrattive, le potenzialità di valorizzazione culturale delle tradizioni e dei luoghi, l'equilibrio ambientale, connesso con la messa in sicurezza delle miniere, vengano compromessi;
    un rischio aggravato dal fatto che ancora oggi in Italia si stenta ad attribuire valore culturale alle testimonianze delle produzioni in generale e di quella mineraria in particolare, che pure sono state determinanti per la storia e le trasformazioni del territorio: sviluppo e declino di antiche città in epoca classica, nascita e abbandono di villaggi minerari medioevali, sviluppo e declino della moderna industria metallurgica e siderurgica, ma anche imponenti trasformazioni del paesaggio, arte e produzione monumentale sono tutti episodi connessi allo sfruttamento delle risorse minerarie e alla lavorazione dei metalli che, nei secoli, hanno concorso a configurare l'economia, la storia sociale e urbanistica, la cultura e le tradizioni di buona parte del nostro Paese;
    poiché la vastità dei processi di dismissione e la complessità strutturale dei luoghi edificati a fini industriali, così come del sottosuolo, non consentono l'integrale conservazione dei beni minerari, occorre definire un quadro legislativo finalizzato a conoscere approfonditamente il patrimonio archeo-minerario, catalogarne gli elementi costitutivi, analizzarne i profili di interesse culturale. Dunque, in prima istanza, selezionare siti, impianti, architetture e paesaggi d'interesse storico per i quali è necessario intervenire con gli strumenti propri della tutela e della valorizzazione;
    in mancanza, in forma sistemica, di un indirizzo legislativo di livello nazionale, sono state numerose le iniziative locali volte alla conservazione della cultura archeo-mineraria. In alcuni casi sono state le regioni a promuovere ricerche sulle attività minerarie dismesse con lo scopo di suscitare attenzioni di tipo storico e possibili processi di recupero turistico-culturale;
    nel corso degli anni ottanta e novanta del secolo scorso, ad esempio, la regione Toscana, con la collaborazione delle università presenti sul territorio regionale, ha promosso un'importante ricognizione dei siti minerari e mineralogici finalizzata alla sensibilizzazione delle comunità locali sulla consistenza e sull'importanza di questo patrimonio. La regione Sardegna, con la collaborazione dell'Ente minerario sardo, in occasione della Conferenza generale dell'Unesco tenutasi a Parigi nel novembre 1997, ha proposto l'inserimento del parco geominerario storico e ambientale della Sardegna nella rete mondiale dei geositi e dei geoparchi;
    nel corso degli anni novanta e nei primi anni duemila si sono registrate, inoltre, iniziative diffuse in molte zone d'Italia (come ad esempio Piemonte, Lombardia, Toscana, Sardegna, Marche, Sicilia) con l'obiettivo di mantenere viva la memoria del lavoro minerario, prefigurando possibili scenari di recupero e di valorizzazione di tipo culturale;
    queste iniziative, che prendono consistenza anche sotto il profilo della forma organizzativa e della gestione, con una pluralità di modelli che vanno da atipici parchi istituiti con decreti nazionali, a consorzi di enti, alle società per azioni, fino a semplici associazioni, si sono comunque concretizzate in assenza di un quadro legislativo nazionale di riferimento che ne potesse orientare forme organizzative e strumenti operativi, a partire dal mancato riconoscimento del valore culturale delle testimonianze delle attività minerarie;
    soltanto nel 2004, con il Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i siti minerari d'interesse storico ed etnoantropologico sono stati indicati tra i beni culturali da tutelare (articolo 10, comma 4, lettera h);
    la mancanza, però, di un quadro conoscitivo specifico da parte degli organi statali di questo settore fa si che ancora oggi, a distanza di dieci anni dall'approvazione del citato codice, pochissimi siano stati i beni e i siti effettivamente vincolati;
    si tratta di lacune che richiedono un impegno straordinario dei Ministeri competenti, delle regioni e degli enti locali territoriali per colmare i vuoti legislativi e, soprattutto, per avviare il censimento, la valutazione e l'apposizione dei vincoli sul patrimonio archeo-minerario d'interesse culturale e paesaggistico di cui ancora disponiamo. Questo censimento rappresenta inevitabilmente un'azione propedeutica ed un punto di partenza imprescindibile per costruire una normativa organica di riferimento per l'intero comparto;
    in questo contesto va inoltre sottolineato come i soggetti pubblici che hanno intrapreso le iniziative di valorizzazione non dispongono comunque di specifici strumenti per la tutela dei beni che si propongono di salvaguardare. Se si escludono i siti minerari d'interesse storico, infatti, non esistono adeguate disposizioni legislative a supporto dei soggetti istituzionali che hanno l'obiettivo di tutelare i parchi minerari;
    negli anni scorsi, in mancanza di una normativa organica, sono stati comunque istituiti, attraverso singoli decreti ministeriali, alcuni parchi di carattere «minerario»:
     il Parco tecnologico ed archeologico delle Colline Metallifere Grossetane (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 28 febbraio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 9 maggio 2002);
     il Parco museo minerario delle miniere di zolfo delle Marche (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 20 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 156 del 7 luglio 2005);
     il Parco museo delle miniere dell'Amiata (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 28 febbraio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2002);
     il Parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 16 ottobre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 14 novembre 2001);
    in questo contesto è significativo rimarcare che uno degli obiettivi prioritari dei parchi sopracitati sia stato quello di promuovere e realizzare la messa in sicurezza, il recupero dei manufatti e la tutela ambientale dei siti minerari dismessi. Non va infatti dimenticato che, in molte occasioni, l'istituzione di un parco minerario è stata il punto di arrivo di una complessa, strutturata e multifunzionale azione di recupero e bonifica di un ex sito produttivo. Un sito che diviene al tempo stesso testimone storico e culturale di un paesaggio antropizzato ed una opportunità di crescita e sviluppo economico e sociale in un territorio legato alle sue nuove e riscoperte peculiarità paesaggistiche, ambientali e faunistiche; complice una rinnovata e moderna interazione sostenibile fra uomo ed ambiente;
    va comunque specificato che tali organismi, pur godendo del riconoscimento di parchi nazionali, sono però estranei alla legge quadro nazionale sui parchi (Legge numero 394 del 1991), concepita per la tutela delle aree protette intese sostanzialmente come luoghi per la conservazione degli elementi naturali e della biodiversità: paesaggi, beni forestali, aree umide, fauna;
    tali tipologie di siti, al contrario, sembrano escludere, concettualmente, gli assetti territoriali scaturiti da attività produttive di tipo minerario, nate per interessi di natura economica e che hanno concorso in modo spesso dirompente ad alterare la «naturalità» del territorio;
    si tratta invece di aree che, con un'accezione più ampia di quella connessa alla sola naturalità dei beni protetti, possono tuttavia configurarsi come paesaggi antropizzati che meritano di essere tutelati per il loro valore storico-documentale e per le profonde interazioni tra il lavoro e le trasformazioni ambientali che questi rappresentano (oltre che per le grandi potenzialità di sviluppo sociale, economico ed occupazionale dei territori di riferimento);
    appaiono, quindi, evidenti i limiti della legislazione nazionale del settore che, anche quando ha previsto la possibilità di istituire parchi minerari, non ha concesso la possibilità a questi enti di approvare un proprio piano, prevalente su quello dei comuni che ricadono nel perimetro del parco. Anche i parchi minerari, dunque, a differenza dei parchi istituiti ai sensi della legge numero 394 del 1991, non dispongono di uno strumento autonomo di pianificazione e di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico per il quale sono stati istituiti;
    emerge con tutta la sua urgenza, anche la necessità di colmare la lacuna normativa dei parchi minerari istituiti con decreti ministeriali attraverso il pieno riconoscimento di tali siti quali parchi nazionali, ai sensi della legge numero 394 del 1991, consentendo a tali istituzioni una dotazione di strumenti finanziari, direttivi e di programmazione stabili nel tempo per poter elaborare un piano gestionale, di attività e di recupero concreto, efficace e strutturato;
    sono presenti attualmente in Parlamento numerosi provvedimenti che prevedono modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394. In particolare l'iter dei seguenti testi è in avanzata fase di discussione presso le Commissioni competenti;
    alla Camera dei deputati: «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (collegato alla legge di stabilità 2014 – AC numero 2093 presentato dal governo)»;
    al Senato della Repubblica: «Nuove norme in materia di parchi e aree protette (AS numero 1034)»,

impegna il Governo

a favorire il pieno riconoscimento legislativo e giuridico dei «parchi geominerari» di interesse nazionale, assicurando gli strumenti normativi ed i finanziamenti necessari atti a promuoverne le attività complessive, al fine di consentire una programmazione funzionale delle attività e delle finalità degli enti stessi anche per ciò che concerne la completa bonifica dei territori interessati sui cui ricadevano siti minerari inquinanti.
9/2629-AR/24Sani, Dallai, Arlotti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel presente decreto «Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive» (AC 2629) sono presenti norme relative alle bonifiche ambientali ed alla sicurezza di siti contaminati;
    sul territorio italiano a partire dal secondo dopoguerra, comparti tradizionali della produzione industriale hanno subito significative trasformazioni e pesanti contrazioni; in alcuni casi attività caratteristiche di territori geograficamente, marginali hanno subito il sostanziale abbandono;
    un esempio rappresentativo di questo progressivo abbandono è costituito dalle attività estrattive e di processo connesse con l'industria mineraria del nostro Paese. In poco più di un decennio, tra la fine degli anni ’70 e l'inizio degli anni ’90 del secolo scorso, questo comparto industriale è pressoché scomparso dal panorama produttivo nazionale. Con la chiusura delle miniere è venuta a mancare non solo una parte dell'economia, ma si è conclusa una storia produttiva che in Italia, per continuità e per concentrazione, ha attraversato i millenni e segnato le trasformazioni sociali, dall'antichità fino alla fase contemporanea. Le miniere, il loro sfruttamento, gli insediamenti connessi ad esso, la lavorazione dei metalli sono state e inevitabilmente continuano ad essere, parti costitutive dell'identità e della storia nazionali;
    giacimenti minerari, miniere antiche e moderne, impianti e architetture della produzione, insediamenti umani e paesaggi che conservano le tracce antiche e recenti della storia della lavorazione dei metalli racchiudono dunque un valore storico, sociale e costituiscono un patrimonio culturale da valorizzare;
    tuttavia, a causa della rapidità e della vastità dei processi di dismissione delle attività industriali, gli strumenti, le metodologie e le strutture materiali connesse alla produzione, sono inevitabilmente soggette ad abbandono;
    esiste dunque il rischio concreto che il significato storico e sociale delle attività estrattive, le potenzialità di valorizzazione culturale delle tradizioni e dei luoghi, l'equilibrio ambientale, connesso con la messa in sicurezza delle miniere, vengano compromessi;
    un rischio aggravato dal fatto che ancora oggi in Italia si stenta ad attribuire valore culturale alle testimonianze delle produzioni in generale e di quella mineraria in particolare, che pure sono state determinanti per la storia e le trasformazioni del territorio: sviluppo e declino di antiche città in epoca classica, nascita e abbandono di villaggi minerari medioevali, sviluppo e declino della moderna industria metallurgica e siderurgica, ma anche imponenti trasformazioni del paesaggio, arte e produzione monumentale sono tutti episodi connessi allo sfruttamento delle risorse minerarie e alla lavorazione dei metalli che, nei secoli, hanno concorso a configurare l'economia, la storia sociale e urbanistica, la cultura e le tradizioni di buona parte del nostro Paese;
    poiché la vastità dei processi di dismissione e la complessità strutturale dei luoghi edificati a fini industriali, così come del sottosuolo, non consentono l'integrale conservazione dei beni minerari, occorre definire un quadro legislativo finalizzato a conoscere approfonditamente il patrimonio archeo-minerario, catalogarne gli elementi costitutivi, analizzarne i profili di interesse culturale. Dunque, in prima istanza, selezionare siti, impianti, architetture e paesaggi d'interesse storico per i quali è necessario intervenire con gli strumenti propri della tutela e della valorizzazione;
    in mancanza, in forma sistemica, di un indirizzo legislativo di livello nazionale, sono state numerose le iniziative locali volte alla conservazione della cultura archeo-mineraria. In alcuni casi sono state le regioni a promuovere ricerche sulle attività minerarie dismesse con lo scopo di suscitare attenzioni di tipo storico e possibili processi di recupero turistico-culturale;
    nel corso degli anni ottanta e novanta del secolo scorso, ad esempio, la regione Toscana, con la collaborazione delle università presenti sul territorio regionale, ha promosso un'importante ricognizione dei siti minerari e mineralogici finalizzata alla sensibilizzazione delle comunità locali sulla consistenza e sull'importanza di questo patrimonio. La regione Sardegna, con la collaborazione dell'Ente minerario sardo, in occasione della Conferenza generale dell'Unesco tenutasi a Parigi nel novembre 1997, ha proposto l'inserimento del parco geominerario storico e ambientale della Sardegna nella rete mondiale dei geositi e dei geoparchi;
    nel corso degli anni novanta e nei primi anni duemila si sono registrate, inoltre, iniziative diffuse in molte zone d'Italia (come ad esempio Piemonte, Lombardia, Toscana, Sardegna, Marche, Sicilia) con l'obiettivo di mantenere viva la memoria del lavoro minerario, prefigurando possibili scenari di recupero e di valorizzazione di tipo culturale;
    queste iniziative, che prendono consistenza anche sotto il profilo della forma organizzativa e della gestione, con una pluralità di modelli che vanno da atipici parchi istituiti con decreti nazionali, a consorzi di enti, alle società per azioni, fino a semplici associazioni, si sono comunque concretizzate in assenza di un quadro legislativo nazionale di riferimento che ne potesse orientare forme organizzative e strumenti operativi, a partire dal mancato riconoscimento del valore culturale delle testimonianze delle attività minerarie;
    soltanto nel 2004, con il Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i siti minerari d'interesse storico ed etnoantropologico sono stati indicati tra i beni culturali da tutelare (articolo 10, comma 4, lettera h);
    la mancanza, però, di un quadro conoscitivo specifico da parte degli organi statali di questo settore fa si che ancora oggi, a distanza di dieci anni dall'approvazione del citato codice, pochissimi siano stati i beni e i siti effettivamente vincolati;
    si tratta di lacune che richiedono un impegno straordinario dei Ministeri competenti, delle regioni e degli enti locali territoriali per colmare i vuoti legislativi e, soprattutto, per avviare il censimento, la valutazione e l'apposizione dei vincoli sul patrimonio archeo-minerario d'interesse culturale e paesaggistico di cui ancora disponiamo. Questo censimento rappresenta inevitabilmente un'azione propedeutica ed un punto di partenza imprescindibile per costruire una normativa organica di riferimento per l'intero comparto;
    in questo contesto va inoltre sottolineato come i soggetti pubblici che hanno intrapreso le iniziative di valorizzazione non dispongono comunque di specifici strumenti per la tutela dei beni che si propongono di salvaguardare. Se si escludono i siti minerari d'interesse storico, infatti, non esistono adeguate disposizioni legislative a supporto dei soggetti istituzionali che hanno l'obiettivo di tutelare i parchi minerari;
    negli anni scorsi, in mancanza di una normativa organica, sono stati comunque istituiti, attraverso singoli decreti ministeriali, alcuni parchi di carattere «minerario»:
     il Parco tecnologico ed archeologico delle Colline Metallifere Grossetane (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 28 febbraio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 9 maggio 2002);
     il Parco museo minerario delle miniere di zolfo delle Marche (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 20 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 156 del 7 luglio 2005);
     il Parco museo delle miniere dell'Amiata (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 28 febbraio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2002);
     il Parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 16 ottobre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 14 novembre 2001);
    in questo contesto è significativo rimarcare che uno degli obiettivi prioritari dei parchi sopracitati sia stato quello di promuovere e realizzare la messa in sicurezza, il recupero dei manufatti e la tutela ambientale dei siti minerari dismessi. Non va infatti dimenticato che, in molte occasioni, l'istituzione di un parco minerario è stata il punto di arrivo di una complessa, strutturata e multifunzionale azione di recupero e bonifica di un ex sito produttivo. Un sito che diviene al tempo stesso testimone storico e culturale di un paesaggio antropizzato ed una opportunità di crescita e sviluppo economico e sociale in un territorio legato alle sue nuove e riscoperte peculiarità paesaggistiche, ambientali e faunistiche; complice una rinnovata e moderna interazione sostenibile fra uomo ed ambiente;
    va comunque specificato che tali organismi, pur godendo del riconoscimento di parchi nazionali, sono però estranei alla legge quadro nazionale sui parchi (Legge numero 394 del 1991), concepita per la tutela delle aree protette intese sostanzialmente come luoghi per la conservazione degli elementi naturali e della biodiversità: paesaggi, beni forestali, aree umide, fauna;
    tali tipologie di siti, al contrario, sembrano escludere, concettualmente, gli assetti territoriali scaturiti da attività produttive di tipo minerario, nate per interessi di natura economica e che hanno concorso in modo spesso dirompente ad alterare la «naturalità» del territorio;
    si tratta invece di aree che, con un'accezione più ampia di quella connessa alla sola naturalità dei beni protetti, possono tuttavia configurarsi come paesaggi antropizzati che meritano di essere tutelati per il loro valore storico-documentale e per le profonde interazioni tra il lavoro e le trasformazioni ambientali che questi rappresentano (oltre che per le grandi potenzialità di sviluppo sociale, economico ed occupazionale dei territori di riferimento);
    appaiono, quindi, evidenti i limiti della legislazione nazionale del settore che, anche quando ha previsto la possibilità di istituire parchi minerari, non ha concesso la possibilità a questi enti di approvare un proprio piano, prevalente su quello dei comuni che ricadono nel perimetro del parco. Anche i parchi minerari, dunque, a differenza dei parchi istituiti ai sensi della legge numero 394 del 1991, non dispongono di uno strumento autonomo di pianificazione e di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico per il quale sono stati istituiti;
    emerge con tutta la sua urgenza, anche la necessità di colmare la lacuna normativa dei parchi minerari istituiti con decreti ministeriali attraverso il pieno riconoscimento di tali siti quali parchi nazionali, ai sensi della legge numero 394 del 1991, consentendo a tali istituzioni una dotazione di strumenti finanziari, direttivi e di programmazione stabili nel tempo per poter elaborare un piano gestionale, di attività e di recupero concreto, efficace e strutturato;
    sono presenti attualmente in Parlamento numerosi provvedimenti che prevedono modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394. In particolare l'iter dei seguenti testi è in avanzata fase di discussione presso le Commissioni competenti;
    alla Camera dei deputati: «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (collegato alla legge di stabilità 2014 – AC numero 2093 presentato dal governo)»;
    al Senato della Repubblica: «Nuove norme in materia di parchi e aree protette (AS numero 1034)»,

impegna il Governo

a favorire il pieno riconoscimento legislativo e giuridico dei «parchi geominerari» di interesse nazionale, al fine di consentire una programmazione funzionale delle attività e delle finalità degli enti stessi anche per ciò che concerne la completa bonifica dei territori interessati sui cui ricadevano siti minerari inquinanti.
9/2629-AR/24. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sani, Dallai, Arlotti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel presente decreto «Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive» (AC 2629) sono presenti norme relativi alla bonifica dei siti inquinati ed in particolare di amianto;
    con il termine amianto si comprende un gruppo di sei minerali silicatici che si ritrovano naturalmente nelle rocce ed, a causa della loro aspetto sono considerati tra i materiali naturali più pericolosi per l'essere umano;
    la loro pericolosità consiste, come riconosciuto dalle autorità sanitarie e da ricerche medico-scientifiche, nella capacità di rilasciare fibre potenzialmente inalabili che penetrando nella profondità dei polmoni possono provocare gravi malattie come asbestosi, mesotelioma a carcinoma polmonare;
    fino agli anni novanta purtroppo i materiali amiantiferi hanno avuto un grande utilizzo nell'industria perché la loro struttura fibrosa resiste al fuoco e al calore, all'azione di agenti chimici e biologici, all'abrasione e all'usura, hanno un'alta resistenza meccanica ed un'alta flessibilità, presentano proprietà fonoassorbenti e termoisolanti e si legano facilmente con materiali da costruzione (calce, gesso, cemento) e con alcuni polimeri (gomma, PVC). Per anni sono stati considerati materiali versatili a basso costo, e sono stati utilizzati per la preparazione di materiali quali cemento-amianto, termo e fono isolanti, tessili per l'edilizia sia pubblica che privata;
    solo a seguito di ricerche medico-scientifiche ed al crescente insorgere di patologie polmonari gravi, riscontrate già a partire degli anni ottanta, a carico dei lavoratori del settore con alta esposizione alle fibre di amianto, la comunità tutta ha iniziato a ritenere l'utilizzo e l'esposizione – professionale e non – alle fibre di amianto un grave pericolo per la salute umana ed a considerare l'amianto un contaminante ambientale;
    sulla base di queste considerazioni, oltre alla legge numero 257 del 1992, ha vietato nel nostro paese l'estrazione, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, sono stati emanati alcuni decreti e circolari applicative con l'obiettivo di gestire il potenziale pericolo derivato dalla presenza di amianto negli edifici, manufatti e coperture;
    le metodologie di bonifica tradizionali da materiali amiantiferi, previste dalla legge n. 257 del 1992 e dal relativo decreto ministeriale 6 settembre 1994, comportano interventi specializzati, che molto spesso per l'alto costo richiesto non vengono effettuati con tempismo e consistono in: (i) rimozione dei materiali di amianto e loro conferimento in discariche speciali, (ii) incapsulamento e (iii) confinamento. La messa in sicurezza dei rifiuti derivanti dalla rimozione (i) è sempre più problematica per diversi motivi tra cui la difficoltà a rendere sostenibile per l'ambiente la creazione di nuove discariche dedicate e le difficoltà economiche che i gestori di discariche dovrebbero sopportare per l'adeguamento alla nuova normativa;
    il decreto del 29 luglio 2004 n. 248 ha introdotto ulteriori possibilità di recupero dei rifiuti contenenti amianto definendo i trattamenti e i processi che conducono alla totale trasformazione cristallochimica dell'amianto (i.e. pirolisi, carbonatazione). Tali trattamenti, se adeguatamente realizzati, permettono di evitare il conferimento in discarica e il riutilizzo del prodotto trattato;
    secondo quanto denunciato dal Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) nel 2002, dalle associazioni ambientaliste e dalla Associazione italiana esposti amianto sono più di 32 milioni le tonnellate di amianto nel paese (per un totale di 8 milioni di metri cubi) ed oltre 34 mila i siti da bonificare;
    sempre secondo quanto dichiarato dalle associazioni ambientaliste e dalla «Associazione Italiana Esposti Amianto», la bonifica dei siti contaminati «procede lentamente» tanto che «ai ritmi attuali dovremmo convivere con l'amianto almeno fino al 2100»;
    nel novembre 2012 si è svolta a Venezia la seconda Conferenza governativa nazionale sull'amianto, nel corso della quale sono stati indicati gli obiettivi da perseguire in questa nuova e ultima fase della lotta per la completa eliminazione della fibra killer dall'Italia;
    l'allora Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Corrado Clini, nel corso della conferenza governativa, parlò di 40mila siti censiti in Italia con rilevanti tracce di amianto, di questi almeno 400 importanti dal punto di vista della contaminazione; 2 miliardi e mezzo di metri quadrati di coperture ancora da bonificare e quasi 16mila mesoteliomi maligni rilevati in Italia tra il 1993 e il 2008;
    secondo l'ufficio internazionale del lavoro, sono circa 120.000 i decessi causati nel mondo ogni anno da tumori provocati dall'esposizione all'amianto e sono circa 4.000 quelli risultanti in Italia;
    nei prossimi decenni, stante il lungo periodo di latenza della malattia, che può anche superare i 30 anni, si avrà, anche in Italia, un ulteriore forte incremento dei decessi provocati dall'amianto, incremento che raggiungerà l'apice tra il 2015 e il 2025 (e, secondo alcuni esperti, addirittura nel 2040);
    il 14 marzo 2013 il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione sulle minacce per la salute legate all'amianto e sulle prospettive di eliminazione di tutto l'amianto esistente; si tratta di un importante atto del Parlamento europeo a favore del riciclo del rifiuto amianto; nella risoluzione si afferma che il conferimento dei rifiuti di amianto in discarica non è il sistema più sicuro per eliminare definitivamente il rilascio di fibre di amianto nell'ambiente, in particolare nell'aria e nelle acque di falda;
    nel mese di aprile 2013 è stato presentato il Piano nazionale amianto. In tale documento si rimarca il rischio di mesotelioma dovuto anche all'attività non professionale come ad esempio «l'esposizione ambientale o paraoccupazionale»;
    proprio per avviare concrete politiche di smaltimento il decreto-legge n. 83 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge numero 134 del 2012, all'articolo 11, ha introdotto la possibilità di detrarre del 50 per cento gli oneri per le opere di ristrutturazione e di efficientamento energetico che riguardano anche la bonifica dell'amianto. Tale detrazione copre un tetto massimo di spesa fino a 96.000 euro;
    la detrazione del 50 per cento per la bonifica amianto è attiva dal 23 giugno 2012 e terminerà il 30 giugno 2013;
    alla luce di quanto esposto in premessa appare evidente la necessità di prorogare, se non stabilizzare, tale detrazione soprattutto per promuovere ed incentivare la bonifica degli edifici dall'amianto, sia con metodologie tradizionali che con nuovi metodi di trasformazione definitiva dell'amianto (tramite pirolisi o carbonatazione) e tutelare la salute pubblica;
    il 15 maggio 2013 la Commissione ambiente della Camera dei deputati ha approvato un documento che promuove politiche di incentivazione per gli investimenti in edilizia di qualità: in particolare la risoluzione (numero 8-00001) che impegna il Governo, tra l'altro, a rafforzare le politiche ambientali e a favorire l'edilizia di qualità ed energeticamente efficiente attraverso iniziative dirette alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare, in particolare assumendo iniziative dirette a dare stabilità, se non ad incrementare, all'agevolazione fiscale del 55 per cento per l'efficientamento energetico degli edifici, in scadenza il 10 luglio 2013 (secondo quanto dispone l'articolo 11 del decreto-legge numero 83 del 2012);
    la Camera dei deputati ha approvato il 30 luglio 2013 l'ordine del giorno numero 9/01310-A/008 (a prima firma On. Luigi Dallai) che impegna il governo a «a valutare la possibilità di stabilizzare nel primo provvedimento utile»;
    esponenti del Governo hanno già manifestato la necessità di prorogare gli incentivi previsti dall'articolo 11 del decreto-legge numero 134 del 2012, sia l'articolo 11 del decreto-legge numero, 83 del 2012;
    va inoltre segnalato come le politiche di incentivazione per gli investimenti in edilizia di qualità hanno rappresentato un importante volano per la ripresa economica ed occupazionale del nostro paese, aggravata dalla recessione ancora in atto,

impegna il Governo

a dar seguito concretamente agli indirizzi già espressi dal Parlamento ed a stabilizzare l'agevolazione fiscale per le opere di ristrutturazione e di efficientamento energetico che riguardano la bonifica dell'amianto (introdotta dall'articolo 11 della legge n. 134 del 2012), sia con metodi tradizionali che con trasformazione definitiva dell'amianto.
9/2629-AR/25Dallai.


   La Camera,
   premesso che:
    nel presente decreto «Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive» (AC 2629) sono presenti norme relativi alla bonifica dei siti inquinati ed in particolare di amianto;
    con il termine amianto si comprende un gruppo di sei minerali silicatici che si ritrovano naturalmente nelle rocce ed, a causa della loro aspetto sono considerati tra i materiali naturali più pericolosi per l'essere umano;
    la loro pericolosità consiste, come riconosciuto dalle autorità sanitarie e da ricerche medico-scientifiche, nella capacità di rilasciare fibre potenzialmente inalabili che penetrando nella profondità dei polmoni possono provocare gravi malattie come asbestosi, mesotelioma a carcinoma polmonare;
    fino agli anni novanta purtroppo i materiali amiantiferi hanno avuto un grande utilizzo nell'industria perché la loro struttura fibrosa resiste al fuoco e al calore, all'azione di agenti chimici e biologici, all'abrasione e all'usura, hanno un'alta resistenza meccanica ed un'alta flessibilità, presentano proprietà fonoassorbenti e termoisolanti e si legano facilmente con materiali da costruzione (calce, gesso, cemento) e con alcuni polimeri (gomma, PVC). Per anni sono stati considerati materiali versatili a basso costo, e sono stati utilizzati per la preparazione di materiali quali cemento-amianto, termo e fono isolanti, tessili per l'edilizia sia pubblica che privata;
    solo a seguito di ricerche medico-scientifiche ed al crescente insorgere di patologie polmonari gravi, riscontrate già a partire degli anni ottanta, a carico dei lavoratori del settore con alta esposizione alle fibre di amianto, la comunità tutta ha iniziato a ritenere l'utilizzo e l'esposizione – professionale e non – alle fibre di amianto un grave pericolo per la salute umana ed a considerare l'amianto un contaminante ambientale;
    sulla base di queste considerazioni, oltre alla legge numero 257 del 1992, ha vietato nel nostro paese l'estrazione, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, sono stati emanati alcuni decreti e circolari applicative con l'obiettivo di gestire il potenziale pericolo derivato dalla presenza di amianto negli edifici, manufatti e coperture;
    le metodologie di bonifica tradizionali da materiali amiantiferi, previste dalla legge n. 257 del 1992 e dal relativo decreto ministeriale 6 settembre 1994, comportano interventi specializzati, che molto spesso per l'alto costo richiesto non vengono effettuati con tempismo e consistono in: (i) rimozione dei materiali di amianto e loro conferimento in discariche speciali, (ii) incapsulamento e (iii) confinamento. La messa in sicurezza dei rifiuti derivanti dalla rimozione (i) è sempre più problematica per diversi motivi tra cui la difficoltà a rendere sostenibile per l'ambiente la creazione di nuove discariche dedicate e le difficoltà economiche che i gestori di discariche dovrebbero sopportare per l'adeguamento alla nuova normativa;
    il decreto del 29 luglio 2004 n. 248 ha introdotto ulteriori possibilità di recupero dei rifiuti contenenti amianto definendo i trattamenti e i processi che conducono alla totale trasformazione cristallochimica dell'amianto (i.e. pirolisi, carbonatazione). Tali trattamenti, se adeguatamente realizzati, permettono di evitare il conferimento in discarica e il riutilizzo del prodotto trattato;
    secondo quanto denunciato dal Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) nel 2002, dalle associazioni ambientaliste e dalla Associazione italiana esposti amianto sono più di 32 milioni le tonnellate di amianto nel paese (per un totale di 8 milioni di metri cubi) ed oltre 34 mila i siti da bonificare;
    sempre secondo quanto dichiarato dalle associazioni ambientaliste e dalla «Associazione Italiana Esposti Amianto», la bonifica dei siti contaminati «procede lentamente» tanto che «ai ritmi attuali dovremmo convivere con l'amianto almeno fino al 2100»;
    nel novembre 2012 si è svolta a Venezia la seconda Conferenza governativa nazionale sull'amianto, nel corso della quale sono stati indicati gli obiettivi da perseguire in questa nuova e ultima fase della lotta per la completa eliminazione della fibra killer dall'Italia;
    l'allora Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Corrado Clini, nel corso della conferenza governativa, parlò di 40mila siti censiti in Italia con rilevanti tracce di amianto, di questi almeno 400 importanti dal punto di vista della contaminazione; 2 miliardi e mezzo di metri quadrati di coperture ancora da bonificare e quasi 16mila mesoteliomi maligni rilevati in Italia tra il 1993 e il 2008;
    secondo l'ufficio internazionale del lavoro, sono circa 120.000 i decessi causati nel mondo ogni anno da tumori provocati dall'esposizione all'amianto e sono circa 4.000 quelli risultanti in Italia;
    nei prossimi decenni, stante il lungo periodo di latenza della malattia, che può anche superare i 30 anni, si avrà, anche in Italia, un ulteriore forte incremento dei decessi provocati dall'amianto, incremento che raggiungerà l'apice tra il 2015 e il 2025 (e, secondo alcuni esperti, addirittura nel 2040);
    il 14 marzo 2013 il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione sulle minacce per la salute legate all'amianto e sulle prospettive di eliminazione di tutto l'amianto esistente; si tratta di un importante atto del Parlamento europeo a favore del riciclo del rifiuto amianto; nella risoluzione si afferma che il conferimento dei rifiuti di amianto in discarica non è il sistema più sicuro per eliminare definitivamente il rilascio di fibre di amianto nell'ambiente, in particolare nell'aria e nelle acque di falda;
    nel mese di aprile 2013 è stato presentato il Piano nazionale amianto. In tale documento si rimarca il rischio di mesotelioma dovuto anche all'attività non professionale come ad esempio «l'esposizione ambientale o paraoccupazionale»;
    proprio per avviare concrete politiche di smaltimento il decreto-legge n. 83 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge numero 134 del 2012, all'articolo 11, ha introdotto la possibilità di detrarre del 50 per cento gli oneri per le opere di ristrutturazione e di efficientamento energetico che riguardano anche la bonifica dell'amianto. Tale detrazione copre un tetto massimo di spesa fino a 96.000 euro;
    la detrazione del 50 per cento per la bonifica amianto è attiva dal 23 giugno 2012 e terminerà il 30 giugno 2013;
    alla luce di quanto esposto in premessa appare evidente la necessità di prorogare, se non stabilizzare, tale detrazione soprattutto per promuovere ed incentivare la bonifica degli edifici dall'amianto, sia con metodologie tradizionali che con nuovi metodi di trasformazione definitiva dell'amianto (tramite pirolisi o carbonatazione) e tutelare la salute pubblica;
    il 15 maggio 2013 la Commissione ambiente della Camera dei deputati ha approvato un documento che promuove politiche di incentivazione per gli investimenti in edilizia di qualità: in particolare la risoluzione (numero 8-00001) che impegna il Governo, tra l'altro, a rafforzare le politiche ambientali e a favorire l'edilizia di qualità ed energeticamente efficiente attraverso iniziative dirette alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare, in particolare assumendo iniziative dirette a dare stabilità, se non ad incrementare, all'agevolazione fiscale del 55 per cento per l'efficientamento energetico degli edifici, in scadenza il 10 luglio 2013 (secondo quanto dispone l'articolo 11 del decreto-legge numero 83 del 2012);
    la Camera dei deputati ha approvato il 30 luglio 2013 l'ordine del giorno numero 9/01310-A/008 (a prima firma On. Luigi Dallai) che impegna il governo a «a valutare la possibilità di stabilizzare nel primo provvedimento utile»;
    esponenti del Governo hanno già manifestato la necessità di prorogare gli incentivi previsti dall'articolo 11 del decreto-legge numero 134 del 2012, sia l'articolo 11 del decreto-legge numero, 83 del 2012;
    va inoltre segnalato come le politiche di incentivazione per gli investimenti in edilizia di qualità hanno rappresentato un importante volano per la ripresa economica ed occupazionale del nostro paese, aggravata dalla recessione ancora in atto,

impegna il Governo

a dar seguito concretamente agli indirizzi già espressi dal Parlamento per le opere di ristrutturazione e di efficientamento energetico che riguardano la bonifica dell'amianto (introdotta dall'articolo 11 della legge n. 134 del 2012), sia con metodi tradizionali che con trasformazione definitiva dell'amianto.
9/2629-AR/25. (Testo modificato nel corso della seduta)  Dallai.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 39 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazione, con la legge 11 agosto 2014, n.114, recante «Semplificazioni degli oneri formali nella partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici», ha introdotto il comma 2 bis dell'articolo 38 del Codice dei contratti pubblici;
    il comma 2-bis prevede in caso di mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma secondo dell'articolo 38, l'obbligo per il concorrente di pagamento, in favore della stazione appaltante, di una sanzione pecuniaria stabilita nel bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro;
    che il versamento della suddetta sanzione è garantito dalla cauzione provvisoria presentata dal concorrente a garanzia dell'offerta, ai sensi dell'articolo 75 del Decreto legislativo n. 163 del 2006;
    l'obbligo di pagamento della sanzione pecuniaria, stante l'attuale formulazione letterale della norma, sussista anche nell'ipotesi in cui il concorrente non abbia interesse a regolarizzare le dichiarazioni sostitutive rese in gara e, quindi, venga escluso;
    il legislatore, introducendo il comma 2-bis, ha voluto porsi in linea con i principi comunitari e nazionali volti a tutelare la massima concorrenza, evitando, nei procedimenti di gara, esclusioni per mere carenze formali;
    ai sensi dell'articolo 71 del decreto del Presidente della Repubblica 445 del 2000, è previsto che in caso di autodichiarazioni irregolari o incomplete, non costituenti falsità, ne debba essere consentita la regolarizzazione o il completamento, senza alcun aggravio economico per l'interessato;
    ai sensi del Codice delle Assicurazioni Private (di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005), risulta vietato stipulare contratti di assicurazione che abbiano per oggetto il trasferimento del rischio di pagamento delle sanzioni amministrative (articolo 12);
    un'interpretazione strettamente legata al dato letterale del termine «sanzione» potrebbe non garantire l'applicazione del nuovo disposto dell'articolo 39, poiché renderebbe, de facto, inattuabile la copertura assicurativa del rischio connesso all'irrogazione della sanzione stessa;
    l'attuale testo prevede il pagamento di una sanzione il cui importo può giungere fino a 50.000 euro, con un notevole aggravio per gli operatori economici e possibile pregiudizio per i principi di massima partecipazione e concorrenza;
    si registra una forte disomogeneità applicativa della norma, da parte delle stazioni appaltanti, con proliferazione del contenzioso, di per sé foriero di extra costi a carico dello Stato;
    il comma 2 bis dell'articolo 38 necessita di una modifica che ne definisca meglio l'ambito applicativo, in aderenza con i principi generali in materia di «soccorso istruttorio»,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative volte a sopprimere la previsione della sanzione pecuniaria ovvero, in subordine, a chiarire che l'applicazione della suddetta sanzione sia riferita unicamente all'ipotesi in cui il concorrente decida di produrre le dichiarazioni mancanti o incomplete, eliminando la necessità di produrre cauzione a sua copertura e rideterminando gli importi minimi e massimi della sanzione, in ragione dei costi effettivi legati all'espletamento del procedimento suppletivo di verifica della regolarità delle dichiarazioni integrate dal concorrente.
9/2629-AR/26Matarrese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 163, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, prevede che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si avvalga, per l'esercizio delle attività che gli competono con riferimento a «Lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi», di una Struttura Tecnica di Missione;
    tale Struttura tecnica di missione ha il compito di istruire i progetti relativi alle infrastrutture strategiche da sottoporre al CIPE per la relativa approvazione;
    competono altresì alla Struttura tecnica di missione i compiti di monitoraggio in corso d'opera della realizzazione delle infrastrutture strategiche;
    ai sensi del citato articolo 163, comma 3, sulla base di appositi decreti ministeriali nel corso degli anni sono stati definiti compiti e funzioni della struttura stessa;
    in particolare, in conformità al dettato della citata disposizione, i costi di tale Struttura tecnica sono posti a carico dei fondi, con le modalità stabilite con il decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
    in coerenza con le finalità proprie del decreto legge n. 133 del 2014, cosiddetto «Sblocca Italia», al fine di garantire la continuità delle attività relative alle infrastrutture strategiche in corso, nelle quali anche quelle oggetto dello stesso decreto legge, si rende opportuno dare stabilità alla Struttura all'interno dell'organico del Ministero trasformandola in una Direzione Generale a decorrere dall'anno 2016;
    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è titolare di un apposito finanziamento previsto dalla legge finanziaria del 2004, destinato specificatamente al pagamento degli oneri che derivano dalla Struttura in parola;
    nelle more appare necessario ed opportuno confermare per tutto il 2015 i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con la Struttura tecnica di missione attualmente in vigore, il che peraltro costituisce misura ad impatto nullo sui saldi di bilancio,

impegna il Governo

ad assicurare con ogni forma di intervento ritenuta adeguata la continuità dei compiti svolti dalla Struttura tecnica.
9/2629-AR/27Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 del provvedimento contiene norme in materia di smaltimento di rifiuti; gli articoli 36-38 intervengono in materia di produzione trasporto e stoccaggio di idrocarburi;
    si ritiene opportuno favorire gli interventi volti al recupero ed al riutilizzo energetico dei gas di discarica per la produzione di elettricità, semplificando le procedure autorizzatorie e concedendo agevolazioni ed incentivi già previsti per le fonti rinnovabili, sia pure tenendo conto dell'ambito applicativo,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità potenziare la produzione elettrica ottenuta mediante utilizzo dei gas di discarica prevedendo che:
    gli impianti di captazione, trattamento, distruzione e produzione di energia elettrica del biogas prodotto all'interno di discariche debitamente autorizzate siano considerati interventi di edilizia libera;
    l'energia prodotta goda della priorità di dispacciamento dell'energia elettrica prodotta sulla rete di trasmissione nazionale indipendentemente dal punto di connessione alla stessa;
    la qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (IAFR) e il relativo allaccio alla rete elettrica nazionale qualora riconosciuto a un impianto di bonifica del biogas operante su un originario lotto di discarica, possa essere trasferita, a domanda dell'operatore, anche agli impianti realizzati su nuovi lotti autorizzati presso la medesima discarica.
9/2629-AR/28Piso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 39 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazione, con la legge 11 agosto 2014, n. 114, recante «Semplificazioni degli oneri formali nella partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici», ha introdotto il comma 2-bis dell'articolo 38 del Codice dei contratti pubblici;
    il comma 2-bis prevede in caso di mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma secondo dell'articolo 38, l'obbligo per il concorrente di pagamento, in favore della stazione appaltante, di una sanzione pecuniaria stabilita nel bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro;
    che il versamento della suddetta sanzione è garantito dalla cauzione provvisoria presentata dal concorrente a garanzia dell'offerta, ai sensi dell'articolo 75 del Decreto legislativo n. 163 del 2006;
    l'obbligo di pagamento della sanzione pecuniaria, stante l'attuale formulazione letterale della norma, sussista anche nell'ipotesi in cui il concorrente non abbia interesse a regolarizzare le dichiarazioni sostitutive rese in gara e, quindi, venga escluso;
    il legislatore, introducendo il comma 2-bis, ha voluto porsi in linea con i principi comunitari e nazionali volti a tutelare la massima concorrenza, evitando, nei procedimenti di gara, esclusioni per mere carenze formali;
    ai sensi dell'articolo 71 del decreto del Presidente della Repubblica 445 del 2000, è previsto che in caso di autodichiarazioni irregolari o incomplete, non costituenti falsità, ne debba essere consentita la regolarizzazione o il completamento, senza alcun aggravio economico per l'interessato;
    ai sensi del Codice delle Assicurazioni Private (di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005), risulta vietato stipulare contratti di assicurazione che abbiano per oggetto il trasferimento del rischio di pagamento delle sanzioni amministrative (articolo 12);
    un'interpretazione strettamente legata al dato letterale del termine «sanzione» potrebbe non garantire l'applicazione del nuovo disposto dell'articolo 39, poiché renderebbe, de facto, inattuabile la copertura assicurativa del rischio connesso all'irrogazione della sanzione stessa;
    l'attuale testo prevede il pagamento di una sanzione il cui importo può giungere fino a 50.000 euro, con un notevole aggravio per gli operatori economici e possibile pregiudizio per i principi di massima partecipazione e concorrenza;
    si registra una forte disomogeneità applicativa della norma, da parte delle stazioni appaltanti, con proliferazione del contenzioso, di per sé foriero di extra costi a carico dello Stato;
    il comma 2-bis dell'articolo 38 necessita di una modifica che ne definisca meglio l'ambito applicativo, in aderenza con i principi generali in materia di «soccorso istruttorio»,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a sopprimere la previsione della sanzione pecuniaria ovvero, in subordine, a chiarire che l'applicazione della suddetta sanzione sia riferita unicamente all'ipotesi in cui il concorrente decida di produrre le dichiarazioni mancanti o incomplete, eliminando la necessità di produrre cauzione a sua copertura e rideterminando gli importi minimi e massimi della sanzione, in ragione dei costi effettivi legati all'espletamento del procedimento suppletivo di verifica della regolarità delle dichiarazioni integrate dal concorrente.
9/2629-AR/29Dorina Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 39 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazione, con la legge 11 agosto 2014, n. 114, recante «Semplificazioni degli oneri formali nella partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici», ha introdotto il comma 2-bis dell'articolo 38 del Codice dei contratti pubblici;
    il comma 2-bis prevede in caso di mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma secondo dell'articolo 38, l'obbligo per il concorrente di pagamento, in favore della stazione appaltante, di una sanzione pecuniaria stabilita nel bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro;
    che il versamento della suddetta sanzione è garantito dalla cauzione provvisoria presentata dal concorrente a garanzia dell'offerta, ai sensi dell'articolo 75 del Decreto legislativo n. 163 del 2006;
    l'obbligo di pagamento della sanzione pecuniaria, stante l'attuale formulazione letterale della norma, sussista anche nell'ipotesi in cui il concorrente non abbia interesse a regolarizzare le dichiarazioni sostitutive rese in gara e, quindi, venga escluso;
    il legislatore, introducendo il comma 2-bis, ha voluto porsi in linea con i principi comunitari e nazionali volti a tutelare la massima concorrenza, evitando, nei procedimenti di gara, esclusioni per mere carenze formali;
    ai sensi dell'articolo 71 del decreto del Presidente della Repubblica 445 del 2000, è previsto che in caso di autodichiarazioni irregolari o incomplete, non costituenti falsità, ne debba essere consentita la regolarizzazione o il completamento, senza alcun aggravio economico per l'interessato;
    ai sensi del Codice delle Assicurazioni Private (di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005), risulta vietato stipulare contratti di assicurazione che abbiano per oggetto il trasferimento del rischio di pagamento delle sanzioni amministrative (articolo 12);
    un'interpretazione strettamente legata al dato letterale del termine «sanzione» potrebbe non garantire l'applicazione del nuovo disposto dell'articolo 39, poiché renderebbe, de facto, inattuabile la copertura assicurativa del rischio connesso all'irrogazione della sanzione stessa;
    l'attuale testo prevede il pagamento di una sanzione il cui importo può giungere fino a 50.000 euro, con un notevole aggravio per gli operatori economici e possibile pregiudizio per i principi di massima partecipazione e concorrenza;
    si registra una forte disomogeneità applicativa della norma, da parte delle stazioni appaltanti, con proliferazione del contenzioso, di per sé foriero di extra costi a carico dello Stato;
    il comma 2-bis dell'articolo 38 necessita di una modifica che ne definisca meglio l'ambito applicativo, in aderenza con i principi generali in materia di «soccorso istruttorio»,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative volte a sopprimere la previsione della sanzione pecuniaria ovvero, in subordine, a chiarire che l'applicazione della suddetta sanzione sia riferita unicamente all'ipotesi in cui il concorrente decida di produrre le dichiarazioni mancanti o incomplete, eliminando la necessità di produrre cauzione a sua copertura e rideterminando gli importi minimi e massimi della sanzione, in ragione dei costi effettivi legati all'espletamento del procedimento suppletivo di verifica della regolarità delle dichiarazioni integrate dal concorrente.
9/2629-AR/29. (Testo modificato nel corso della seduta)  Dorina Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    col fine di semplificare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare processi di sviluppo sostenibile, con particolare riguardo al recupero del patrimonio edilizio esistente e alla riduzione del consumo di suolo, l'articolo 17 del decreto-legge in esame, tra l'altro, apporta modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;
    nel corso dell'esame in Commissione è stato modificato il numero 2) della lettera c) del comma 1, del predetto articolo 17, stabilendo che all'amministrazione comunale – in relazione agli interventi di manutenzione straordinaria e alle modifiche interne sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa – debba essere trasmessa non solo la CIL asseverata ma anche l'elaborato progettuale;
    nel testo dell'articolo 17, comma 1, lettera c), n. 3), a seguito dell'approvazione di un emendamento governativo, è stata inserita la previsione che per essere valida anche ai fini del classamento catastale, la comunicazione di inizio dei lavori debba essere integrata con la comunicazione di fine dei lavori;
    l'introduzione dell'obbligo di trasmissione, unitamente alla CIL asseverata, degli elaborati progettuali in tutti i casi di interventi di manutenzione straordinaria e modifiche interne, comporta evidenti aggravi di procedure e di costi a carico dei cittadini, degli operatori del settore e delle amministrazioni comunali, non giustificati nel caso di opere che non abbiano un impatto sul classamento dell'unità immobiliare;
    l'articolo 17-bis (Regolamento unico edilizio), introdotto sempre nel corso dell'esame in Commissione, costituisce una misura di semplificazione in materia edilizia volta a definire un quadro normativo unitario per l'esercizio dell'attività urbanistico-edilizia nel territorio nazionale introducendo un regolamento edilizio tipo che faccia riferimento alle «prestazioni» superando il regime delle «prescrizioni» e che dovrà valere per tutti gli 8.057 comuni italiani,

impegna il Governo

a promuovere interpretazioni, nonché soluzioni applicative anche di carattere amministrativo, utilizzando anche lo schema di regolamento unico edilizio di cui all'articolo 17-bis richiamato in premessa, affinché, nell'ambito degli interventi per i quali è prevista la CIL asseverata, siano definite le tipologie di intervento per le quali, ai fini dell'accatastamento, sia strettamente indispensabile trasmettere all'amministrazione comunale «l'elaborato progettuale», precisando, altresì, in relazione a ciascuna categoria di intervento, il tipo di rappresentazione grafica eventualmente richiesta.
9/2629-AR/30Tancredi.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 8, comma 4, del decreto legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2007, n. 222, concernente «Interventi, per il trasferimento modale da e per la Sicilia e per il miglioramento del trasporto pubblico in Calabria e nello Stretto di Messina» ha consentito l'avvio di un servizio di trasporto marittimo veloce di passeggeri tra le città di Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni;
    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha indetto nel 2008 una procedura di gara, che si è conclusa con l'affidamento dei servizi in questione al Consorzio Metromare dello Stretto di Messina per la somma onnicomprensiva di 24 milioni di euro;
    il servizio, iniziato in data 28 giugno 2010 e conclusosi il 28 giugno 2013 è stato rinnovato per un ulteriore anno fino a giugno 2014 e finanziato ai sensi dell'articolo 1, commi 77 e 78, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014);
    il consistente numero di presenze pari a circa 1.800.000/2.000.000 passeggeri l'anno, ha contribuito ad incidere positivamente sulla mobilità nell'ambito dell'Area metropolitana dello Stretto, con specifico riferimento al trasporto di studenti e lavoratori pendolari;
    in considerazione dei positivi risultati dell'iniziativa e dei significativi effetti sia in termini occupazionali ed economici,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, in occasione della prossima manovra di bilancio, di rifinanziare la proroga del servizio di trasporto marittimo veloce nello Stretto di Messina, di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2007, n. 222.
9/2629-AR/31Garofalo, Piso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 del provvedimento contiene norme in materia di smaltimento di rifiuti;
    in tale ambito uno dei problemi di grande attualità nel panorama normativo ambientale, che resta in attesa di soluzione da parte del legislatore, è rappresentato dalla mancata adozione dei criteri che devono essere soddisfatti per l'individuazione delle operazioni di recupero che consentono la cessazione della qualifica di rifiuto;
    l'attuale situazione di incertezza contribuisce inoltre a sottrarre un sensibile flusso di rifiuti al potenziale percorso di recupero che il legislatore comunitario e nazionale hanno previsto come soluzione prioritaria rispetto all'ipotesi residuale di smaltimento e determina il ricorso all'inutile ed evitabile sfruttamento di risorse naturali;
    si ritiene opportuno prevedere ulteriori norme che consentano l'utilizzo come materie prime secondarie dei rifiuti costituiti dalle ceneri di combustione del carbone nelle centrali termoelettriche;
    al fine di consentire il recupero del rifiuto costituito dalle ceneri di combustione delle centrali termoelettriche provenienti da centrali termoelettriche sono adottate le seguenti misure,

impegna il Governo

a modificare il Codice ambientale, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 nel senso di semplificare l'utilizzo delle ceneri di carbone e delle ceneri leggere prodotte dal concentramento, provenienti da centrali termoelettriche, quali materie prime secondarie per la produzione di calcestruzzo e aggregati per l'edilizia, nel pieno rispetto delle norme UNI-EN vigenti.
9/2629-AR/32Vignali.


   La Camera,
   esaminato il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 3 ha lo scopo di sbloccare la realizzazione di una serie di opere pubbliche individuando gli interventi che possono essere appaltati e cantierati tra il 2014 e 2015; in caso di mancato rispetto dei termini fissati dal decreto-legge si prevede la revoca del finanziamento e l'assegnazione delle risorse ad ulteriori opere, anche individuando una serie di priorità;
    la Strada Statale 12 «dell'Abetone e del Brennero», attraversa la provincia di Verona, nel tratto super trafficato tra gli abitati di Verona Sud, Castel D'Azzano e Buttapietra, ove transitano ogni giorno 25.000 veicoli;
    nel mese di maggio 2014 la Regione Veneto ha affidato a Veneto Strade la progettazione definitiva per la variante SS12 Verona Sud-Buttapietra, concretizzando le istanze dei cittadini di veder realizzata l'attesa variante che sposti il tracciato della statale 12 all'estremo dei centri abitati;
    la Strada Statale 12 è un'arteria trafficatissima che risulta una delle arterie più inquinate del Veneto, in particolare nel tratto che attraversa Borgo Roma e Cadidavid a Verona, Beccacivetta a Castel d'Azzano e Buttapietra, e sottopone quotidianamente i cittadini delle zone attraversate a disagi, inquinamento atmosferico e acustico e incidenti, spesso mortali;
    la realizzazione della variante è di competenza dell'Anas,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per l'immediato finanziamento dei lavori di realizzazione della Variante alla Strada Statale 12 «dell'Abetone e del Brennero», nella provincia di Verona, tratto Verona Sud-Buttapietra.
9/2629-AR/33Matteo Bragantini.


   La Camera,
   esaminato il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 3 ha lo scopo di sbloccare la realizzazione di una serie di opere pubbliche individuando gli interventi che possono essere appaltati e cantierati tra il 2014 e 2015; in caso di mancato rispetto dei termini fissati dal decreto-legge si prevede la revoca del finanziamento e l'assegnazione delle risorse ad ulteriori opere, anche individuando una serie di priorità;
    la variante della «Tremezzina» sulla Strada Statale internazionale 340 «Regina» rientra tra gli interventi che devono essere appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015;
    lo stato attuale della progettazione dell'intera opera rende molto difficile la cantierabilità del progetto per il 30 aprile 2015 e ciò rende molto probabile la revoca del finanziamento per un asse fondamentale per il collegamento Italia-Svizzera che, oltre ad essere una via di accesso importante alla Valchiavenna e alla Valtellina, e l'unica via di collegamento dei paesi del lago, ed è sempre gravata da un intenso traffico turistico e commerciale;
    in particolare il tratto della Tremezzina è diventato ormai del tutto inadeguato sia come dimensioni sia come substrato strutturale, anche per i cedimenti di carattere idrogeologico del sedime spondale, situazione che determina lunghi periodi di chiusura della strada e necessità di ripetuti interventi di emergenza, con provvedimenti tampone che non risolvono i problemi di fondo;
    la variante della Tremezzina è stata inserita tra le opere infrastrutturali prioritarie del piano di Sviluppo della regione Lombardia, è stata inserita tra le opere prioritarie nella programmazione ANAS e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è impegnato ad attivare ogni azione utile per il reperimento delle risorse occorrenti per il finanziamento dell'intervento, in attuazione degli accordi e impegni presi tra il Ministero delle infrastrutture, ANAS, la regione Lombardia, la provincia e la Camera di Commercio di Como;
    la realizzazione della variante della Tremezzina significa per la comunità comasca un traguardo di spinta all'economia locale e nazionale, di propulsione per il turismo locale e internazionale, di immagine positiva per l'intero Paese, poiché il Iago di Como rappresenta spesso, anche a livello mediatico, un'immagine dell'intera nazione;
    è pertanto inaccettabile un rischio di definanziamento dell'opera;
    oltre alle incertezze legate ai tempi assegnati per la cantierizzazione dell'opera esiste un serio problema di finanziamento, in quanto le risorse messe a disposizione nella tabella della stima indicativa dei fabbisogni per ciascuna opera riportata nella relazione tecnica del decreto-legge 133 del 2014, assegna la somma di 210 milioni per la Variante di Tremezzina, mentre il quadro economico del progetto riporta un importo complessivo per la realizzazione dell'opera pari a 330 milioni di euro,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative, anche di carattere legislativo, per permettere la realizzazione effettiva della Variante della Tremezzina, sulla SS 340 «Regina», sia ai fini della revisione della congruità dei tempi assegnati per la cantierabilità del progetto, sia ai fini della copertura integrale dell'onere per la realizzazione dell'opera, anche in considerazione delle risorse rinvenienti dalle eventuali revoche ai sensi del comma 5 dell'articolo 3.
9/2629-AR/34Molteni.


   La Camera,
   esaminato il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 3 ha lo scopo di sbloccare la realizzazione di una serie di opere pubbliche individuando gli interventi che possono essere appaltati e cantierati tra il 2014 e 2015; in caso di mancato rispetto dei termini fissati dal decreto-legge si prevede la revoca del finanziamento e l'assegnazione delle risorse ad ulteriori opere, anche individuando una serie di priorità;
    la variante della «Tremezzina» sulla Strada Statale internazionale 340 «Regina» rientra tra gli interventi che devono essere appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015;
    lo stato attuale della progettazione dell'intera opera rende molto difficile la cantierabilità del progetto per il 30 aprile 2015 e ciò rende molto probabile la revoca del finanziamento per un asse fondamentale per il collegamento Italia-Svizzera che, oltre ad essere una via di accesso importante alla Valchiavenna e alla Valtellina, e l'unica via di collegamento dei paesi del lago, ed è sempre gravata da un intenso traffico turistico e commerciale;
    in particolare il tratto della Tremezzina è diventato ormai del tutto inadeguato sia come dimensioni sia come substrato strutturale, anche per i cedimenti di carattere idrogeologico del sedime spondale, situazione che determina lunghi periodi di chiusura della strada e necessità di ripetuti interventi di emergenza, con provvedimenti tampone che non risolvono i problemi di fondo;
    la variante della Tremezzina è stata inserita tra le opere infrastrutturali prioritarie del piano di Sviluppo della regione Lombardia, è stata inserita tra le opere prioritarie nella programmazione ANAS e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è impegnato ad attivare ogni azione utile per il reperimento delle risorse occorrenti per il finanziamento dell'intervento, in attuazione degli accordi e impegni presi tra il Ministero delle infrastrutture, ANAS, la regione Lombardia, la provincia e la Camera di Commercio di Como;
    la realizzazione della variante della Tremezzina significa per la comunità comasca un traguardo di spinta all'economia locale e nazionale, di propulsione per il turismo locale e internazionale, di immagine positiva per l'intero Paese, poiché il Iago di Como rappresenta spesso, anche a livello mediatico, un'immagine dell'intera nazione;
    è pertanto inaccettabile un rischio di definanziamento dell'opera;
    oltre alle incertezze legate ai tempi assegnati per la cantierizzazione dell'opera esiste un serio problema di finanziamento, in quanto le risorse messe a disposizione nella tabella della stima indicativa dei fabbisogni per ciascuna opera riportata nella relazione tecnica del decreto-legge 133 del 2014, assegna la somma di 210 milioni per la Variante di Tremezzina, mentre il quadro economico del progetto riporta un importo complessivo per la realizzazione dell'opera pari a 330 milioni di euro,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative, anche di carattere legislativo, per permettere la realizzazione effettiva della Variante della Tremezzina, sulla SS 340 «Regina».
9/2629-AR/34. (Testo modificato nel corso della seduta)  Molteni.


   La Camera,
    esaminato il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
    l'articolo 7 interviene in materia di rischio idrogeologico prevedendo procedure acceleratorie per la realizzazione delle opere di difesa del suolo e di mitigazione del rischio idraulico;
    la regione Veneto sta realizzando ed ha programmato di realizzare, successivamente alla drammatica alluvione dell'autunno 2010, una serie di interventi necessari al ripristino delle opere di difesa idrogeologica danneggiate e interventi strutturali nelle zone più delicate dal punto di vista della sicurezza idraulica;
    una delle principali criticità del territorio regionale interessa il bacino idrografico del Brenta-Bacchiglione; infatti, la mitigazione del rischio idraulico del Bacchiglione rientra negli accordi di programma tra la regione Veneto e il Ministero dell'ambiente;
    per il solo bacino idraulico del fiume Bacchiglione e suoi affluenti il censimento dei danni alle sole opere idrauliche, conseguente all'evento di piena del 2010 e accertato nell'ambito della rendicontazione del finanziamento del Fondo di Solidarietà dell'Unione Europea, assomma a 512 milioni di euro;
    l'intervento risolutivo per la mitigazione del rischio idraulico del bacino idrografico del Brenta-Bacchiglione e rappresentato dall'utilizzo dell'idrovia Padova-Venezia, opera lasciata ad oggi incompleta, come scolmatore per la diversione delle piene del sistema Brenta-Bacchiglione;
    uno studio commissionato dalla Regione Veneto ha confermato l'opportunità e la fattibilità di un canale scolmatore sul tracciato del vecchio progetto di idrovia Padova-Venezia; la realizzazione di tale canale proteggerebbe i territori di Padova e Vicenza e parte del veneziano dall'esondazione del Brenta e del Bacchiglione e contrasterebbe i fenomeni erosivi che stanno interessando parte della laguna di Venezia; inoltre, garantirebbe un sollievo all'agricoltura del veneziano in caso di siccità;
    il costo dell'opera non supera i 300 milioni di euro, cifra di molto inferiore a quella spesa per far fronte alle opere idrauliche dei danni conseguenti all'evento di piena del 2010,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per promuovere di concerto con la regione Veneto il finanziamento della realizzazione del canale scolmatore per la diversione delle piene del sistema Brenta-Bacchiglione, sul tracciato del vecchio progetto di idrovia Padova-Venezia, quale opera strategica per la sicurezza idraulica di una delle zone più ricche e densamente abitate del nostro Paese.
9/2629-AR/35Caon.


   La Camera,
    esaminato il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
    l'articolo 7 interviene in materia di rischio idrogeologico prevedendo procedure acceleratorie per la realizzazione delle opere di difesa del suolo e di mitigazione del rischio idraulico;
    la regione Veneto sta realizzando ed ha programmato di realizzare, successivamente alla drammatica alluvione dell'autunno 2010, una serie di interventi necessari al ripristino delle opere di difesa idrogeologica danneggiate e interventi strutturali nelle zone più delicate dal punto di vista della sicurezza idraulica;
    una delle principali criticità del territorio regionale interessa il bacino idrografico del Brenta-Bacchiglione; infatti, la mitigazione del rischio idraulico del Bacchiglione rientra negli accordi di programma tra la regione Veneto e il Ministero dell'ambiente;
    per il solo bacino idraulico del fiume Bacchiglione e suoi affluenti il censimento dei danni alle sole opere idrauliche, conseguente all'evento di piena del 2010 e accertato nell'ambito della rendicontazione del finanziamento del Fondo di Solidarietà dell'Unione Europea, assomma a 512 milioni di euro;
    l'intervento risolutivo per la mitigazione del rischio idraulico del bacino idrografico del Brenta-Bacchiglione e rappresentato dall'utilizzo dell'idrovia Padova-Venezia, opera lasciata ad oggi incompleta, come scolmatore per la diversione delle piene del sistema Brenta-Bacchiglione;
    uno studio commissionato dalla Regione Veneto ha confermato l'opportunità e la fattibilità di un canale scolmatore sul tracciato del vecchio progetto di idrovia Padova-Venezia; la realizzazione di tale canale proteggerebbe i territori di Padova e Vicenza e parte del veneziano dall'esondazione del Brenta e del Bacchiglione e contrasterebbe i fenomeni erosivi che stanno interessando parte della laguna di Venezia; inoltre, garantirebbe un sollievo all'agricoltura del veneziano in caso di siccità;
    il costo dell'opera non supera i 300 milioni di euro, cifra di molto inferiore a quella spesa per far fronte alle opere idrauliche dei danni conseguenti all'evento di piena del 2010,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per promuovere di concerto con la regione Veneto l'inserimento tra le opere prioritarie della realizzazione del canale scolmatore per la diversione delle piene del sistema Brenta-Bacchiglione, sul tracciato del vecchio progetto di idrovia Padova-Venezia, quale opera strategica per la sicurezza idraulica di una delle zone più ricche e densamente abitate del nostro Paese.
9/2629-AR/35. (Testo modificato nel corso della seduta)  Caon.


   La Camera,
   esaminato il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 7 interviene in materia di rischio idrogeologico prevedendo procedure acceleratorie per la realizzazione delle opere di difesa del suolo e di mitigazione del rischio idraulico;

    tra gli interventi contro il rischio idrogeologico della Regione Lombardia che riguardano, in particolare il fiume Seveso, risulta un progetto per la realizzazione di vasche di laminazione e per la depurazione delle acque;
    nel mese di luglio 2014, il capo della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche ha incontrato regione Lombardia, comune di Milano e gli amministratori locali del comune di Senago, che hanno manifestato la propria volontà contraria al progetto delle vasche di laminazione, di cui si prevede la realizzazione nel territorio dello stesso comune;
    è stato concordato tra i suddetti enti che la priorità assoluta di intervento sul torrente Seveso è la depurazione delle acque, indipendentemente dalle opere di salvaguardia idraulica e di contenimento della piena dello stesso Seveso che si andranno ad attuare,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative ai fini dello stralcio dal progetto degli interventi sul fiume Seveso le vasche di laminazione a Senago su Seveso.
9/2629-AR/36Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 36 recante Misure a favore degli interventi di sviluppo delle regioni per la ricerca di idrocarburi, reca modifiche al comma 2 dell'articolo 45, della legge 23 luglio 2009, n. 99 in tema di compensazioni territoriali per le attività di estrazione di idrocarburi, istituendo in particolare un fondo «per la promozione di misure di sviluppo economico e per l'attivazione di una social card nei territori interessati alle estrazioni di idrocarburi liquidi e gassosi» in luogo degli sconti sul prezzo dei carburanti alla pompa;
    l'articolo 30-quinquies del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 ha recentemente modificato l'articolo 45 della legge 23 luglio 2009, n. 99, eliminando il beneficio della riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti nelle regioni interessate dalle attività di rigassificazione, anche attraverso impianti fissi offshore, ossia nella regione Veneto;
    in sede di conversione in legge del decreto 24 giugno 2014, n. 91 alla Camera, il Governo aveva preso l'impegno di correggere la norma e ristabilire la possibilità per la regione Veneto di beneficiare delle compensazioni territoriali da destinare nuovamente ai territori interessati da attività estrattive e di rigassificazione off shore, come stabilito anche da una sentenza del Consiglio di Stato n. 4134 del 6 agosto 2013,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa e a individuare, in un provvedimento da adottare entro fine anno, un meccanismo agevolativo destinato alle regioni interessate dalle attività di rigassificazione, anche attraverso impianti off shore, che assicuri un analogo impatto finanziario e sia in coerenza con le linee fondamentali della strategia energetica nazionale.
9/2629-AR/37Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 36 recante Misure a favore degli interventi di sviluppo delle regioni per la ricerca di idrocarburi, reca modifiche al comma 2 dell'articolo 45, della legge 23 luglio 2009, n. 99 in tema di compensazioni territoriali per le attività di estrazione di idrocarburi, istituendo in particolare un fondo «per la promozione di misure di sviluppo economico e per l'attivazione di una social card nei territori interessati alle estrazioni di idrocarburi liquidi e gassosi» in luogo degli sconti sul prezzo dei carburanti alla pompa;
    l'articolo 30-quinquies del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 ha recentemente modificato l'articolo 45 della legge 23 luglio 2009, n. 99, eliminando il beneficio della riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti nelle regioni interessate dalle attività di rigassificazione, anche attraverso impianti fissi offshore, ossia nella regione Veneto;
    in sede di conversione in legge del decreto 24 giugno 2014, n. 91 alla Camera, il Governo aveva preso l'impegno di correggere la norma e ristabilire la possibilità per la regione Veneto di beneficiare delle compensazioni territoriali da destinare nuovamente ai territori interessati da attività estrattive e di rigassificazione off shore, come stabilito anche da una sentenza del Consiglio di Stato n. 4134 del 6 agosto 2013,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa e a individuare, in un provvedimento da adottare entro fine anno, un meccanismo agevolativo destinato alle regioni interessate dalle attività di rigassificazione, anche attraverso impianti off shore, che sia in coerenza con le linee fondamentali della strategia energetica nazionale.
9/2629-AR/37. (Testo modificato nel corso della seduta)  Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 ha lo scopo di sbloccare la realizzazione di una serie di opere pubbliche individuando gli interventi che possono essere appaltati e cantierati tra il 2014 e 2015; in caso di mancato rispetto dei termini fissati dal decreto-legge si prevede la revoca del finanziamento e l'assegnazione delle risorse ad ulteriori opere, anche individuando una serie di priorità,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative ai fini dell'inserimento tra le priorità dell'ANAS il progetto della sistemazione del Fondo stradale della SS 14 Triestina, per il tratto San Donà-Portoguaro, il cui importo dei lavori ammonta a 5 milioni di euro.
9/2629-AR/38Prataviera.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 ha lo scopo di sbloccare la realizzazione di una serie di opere pubbliche individuando gli interventi che possono essere appaltati e cantierati tra il 2014 e 2015; in caso di mancato rispetto dei termini fissati dal decreto-legge si prevede la revoca del finanziamento e l'assegnazione delle risorse ad ulteriori opere, anche individuando una serie di priorità,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative ai fini dell'inserimento tra le priorità dell'ANAS il progetto della sistemazione del Fondo stradale della SS 14 Triestina, per il tratto San Donà-Portoguaro.
9/2629-AR/38. (Testo modificato nel corso della seduta)  Prataviera.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 ha lo scopo di sbloccare la realizzazione di una serie di opere pubbliche individuando gli interventi che possono essere appaltati e cantierati tra il 2014 e 2015; in caso di mancato rispetto dei termini fissati dal decreto-legge si prevede la revoca del finanziamento e l'assegnazione delle risorse ad ulteriori opere, anche individuando una serie di priorità,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative ai fini dei l'inserimento tra le priorità di finanziamento il progetto per la realizzazione del Ponte di Vidor-Collegamento destra e sinistra del fiume Piave in provincia di Treviso.
9/2629-AR/39Marcolin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 interviene in materia di rischio idrogeologico prevedendo procedure acceleratorie per la realizzazione delle opere di difesa del suolo e di mitigazione del rischio idraulico;
    è oramai dal mese di Luglio che il territorio Lombardo è sottoposto continuamente ad eventi meteorologici avversi, temporali e bombe d'acqua di estrema violenza che provocano lo straripamento di fiumi e torrenti registrando danni ingenti sul territorio e mettendo in ginocchio l'economia di una delle zone più produttive del Paese;
    occorrono risorse immediate per colmare i danni alle proprietà e alle attività di impresa e finanziamenti straordinari per la prevenzione del rischio idrogeologico e la difesa dei cittadini da ulteriori disastri;
    la regione Lombardia ha chiesto la dichiarazione dello stato di emergenza e stima in circa 80 milioni i danni subiti nel proprio territorio,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per provvedere urgentemente in un prossimo Consiglio dei ministri alla dichiarazione dello stato d'emergenza per il territorio lombardo colpito da ripetuti eventi alluvionali negli ultimi mesi e a provvedere allo stanziamento delle necessarie risorse per ristabilire le normali condizioni di vita dei cittadini.
9/2629-AR/40Giancarlo Giorgetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 interviene in materia di rischio idrogeologico prevedendo procedure acceleratorie per la realizzazione delle opere di difesa del suolo e di mitigazione del rischio idraulico;
    è oramai dal mese di Luglio che il territorio Lombardo è sottoposto continuamente ad eventi meteorologici avversi, temporali e bombe d'acqua di estrema violenza che provocano lo straripamento di fiumi e torrenti registrando danni ingenti sul territorio e mettendo in ginocchio l'economia di una delle zone più produttive del Paese;
    occorrono risorse immediate per colmare i danni alle proprietà e alle attività di impresa e finanziamenti straordinari per la prevenzione del rischio idrogeologico e la difesa dei cittadini da ulteriori disastri;
    la regione Lombardia ha chiesto la dichiarazione dello stato di emergenza e stima in circa 80 milioni i danni subiti nel proprio territorio,

impegna il Governo

a valutare i presupposti, in base alla normativa vigente, per la dichiarazione dello stato d'emergenza per il territorio lombardo colpito da ripetuti eventi alluvionali negli ultimi mesi e a provvedere allo stanziamento delle necessarie risorse per ristabilire le normali condizioni di vita dei cittadini.
9/2629-AR/40. (Testo modificato nel corso della seduta)  Giancarlo Giorgetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 interviene in materia di rischio idrogeologico prevedendo procedure acceleratorie per la realizzazione delle opere di difesa del suolo e di mitigazione del rischio idraulico,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative, anche di carattere legislativo, indirizzate a prevedere l'esclusione dei finanziamenti e delle risorse provenienti dallo Stato, dalle regioni e di quelle proprie degli enti locali, destinate ad interventi di prevenzione, manutenzione del territorio e contrasto al dissesto idrogeologico, dai vincoli previsti dal patto di stabilità interno.
9/2629-AR/41Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 reca misure urgenti per l'individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale;
    in particolare, l'articolo 35, per risolvere l'annosa emergenza rifiuti di una serie di regioni del centro Sud, Campania, Calabria, Sicilia, Lazio, dispone lo smaltimento dei rifiuti urbani negli impianti del Nord, portando al massimo il loro carico termico. Significa che diversi impianti, termovalorizzatori, inceneritori, cementifici, potranno bruciare fino al 30 per cento in più di rifiuti;
    il testo del decreto scavalca le «quote» di bacinizzazione regionale e non provvede alle mitigazioni delle emissioni maggiori, dannose per la salute pubblica e alle criticità della pianura padana in tema di polveri sottili. Le regioni maggiormente colpite dalla norma sono le regioni Lombardia e Emilia Romagna che presentano il più alto numero di impianti di trattamento di rifiuti;
    il testo modificato dalla Commissione ambiente assegna comunque priorità per il trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale e in seconda istanza nel territorio nazionale,

impegna il Governo

nell'ambito dell'attuazione dell'articolo 35 a tenere nella massima considerazione la programmazione a livello regionale dei volumi di trattamento dei rifiuti nel proprio territorio.
9/2629-AR/42Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 33 prevede disposizioni per la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale;
    nel Comune di Berzo Demo a Brescia operava, fino al 2010, la ditta SELCA SPA che si occupava del trattamento ed il recupero di rifiuti speciali anche pericolosi ed era dotata di autorizzazione ex decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e poi di AIA ex decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59; nel 2004 la Procura della Repubblica di Brescia ha operato un ingente sequestro a cui è seguito il fallimento e la conseguente necessità di mettere in sicurezza e bonificare l'intero sito;
    l'operato di SELCA Spa è stato oggetto di attenzione degli organi giudiziari ed è citata nella relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti approvata dalla Commissione il 12 dicembre 2012 quale azienda soggetta ad infiltrazioni malavitose; il Sindaco di Berzo Demo, con note del 14 ottobre e del 7 novembre 2013, ha comunicato che un sindaco con meno di 2 mila abitanti si trova nella evidente impossibilità economica di affrontare le spese connesse alla messa in sicurezza e alla successiva bonifica non disponendo nemmeno di una struttura tecnico-amministrativa adeguata per affrontare un intervento di tale portata chiedendo alla regione Lombardia di farsi carico direttamente della problematica anche al fine di evitare altri rischi all'ambiente e alla salute; il fallimento disporrebbe di risorse sufficienti a provvedere alla messa in sicurezza e alla bonifica;
    nel territorio bresciano insiste inoltre, sin dal 2002, il SIN di Caffaro, che è stato individuato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare come sito fortemente contaminato dal pcb e quindi da bonificare; tale sito, nonostante sia in disuso, continua ad emettere policlorobifenili (PCB) e altri pericolosi inquinanti;
    dallo stabilimento ex Caffaro si è costretti a pompare dieci milioni di metri cubi d'acqua l'anno dai pozzi interni all'azienda, con evidenti costi ingenti, per impedire che la prima falda salga troppo e vada a contatto con i veleni sottostanti ai capannoni;
    sebbene quest'acqua, prima di finire nel vaso Franzagola di via Morosini e da qui al Fiume Grande, passi attraverso un sistema di filtraggio a carboni attivi non risultano abbattuti tutti gli inquinanti, con evidenti rischi sanitari;
    occorre intraprendere urgenti misure economiche e ambientali per completare gli interventi di bonifica del SIN di Caffaro e fermare l'emungimento della falda e lo sversamento di inquinanti,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per proseguire e completare le operazioni di bonifica del SIN bresciano dello stabilimento della ex Caffaro e, del sito ex SELCA SpA di Berzo Demo, anche in collaborazione con le strutture regionali.
9/2629-AR/43Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 33 prevede disposizioni per la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale;
    nel Comune di Berzo Demo a Brescia operava, fino al 2010, la ditta SELCA SPA che si occupava del trattamento ed il recupero di rifiuti speciali anche pericolosi ed era dotata di autorizzazione ex decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e poi di AIA ex decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59; nel 2004 la Procura della Repubblica di Brescia ha operato un ingente sequestro a cui è seguito il fallimento e la conseguente necessità di mettere in sicurezza e bonificare l'intero sito;
    l'operato di SELCA Spa è stato oggetto di attenzione degli organi giudiziari ed è citata nella relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti approvata dalla Commissione il 12 dicembre 2012 quale azienda soggetta ad infiltrazioni malavitose; il Sindaco di Berzo Demo, con note del 14 ottobre e del 7 novembre 2013, ha comunicato che un sindaco con meno di 2 mila abitanti si trova nella evidente impossibilità economica di affrontare le spese connesse alla messa in sicurezza e alla successiva bonifica non disponendo nemmeno di una struttura tecnico-amministrativa adeguata per affrontare un intervento di tale portata chiedendo alla regione Lombardia di farsi carico direttamente della problematica anche al fine di evitare altri rischi all'ambiente e alla salute; il fallimento disporrebbe di risorse sufficienti a provvedere alla messa in sicurezza e alla bonifica;
    nel territorio bresciano insiste inoltre, sin dal 2002, il SIN di Caffaro, che è stato individuato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare come sito fortemente contaminato dal pcb e quindi da bonificare; tale sito, nonostante sia in disuso, continua ad emettere policlorobifenili (PCB) e altri pericolosi inquinanti;
    dallo stabilimento ex Caffaro si è costretti a pompare dieci milioni di metri cubi d'acqua l'anno dai pozzi interni all'azienda, con evidenti costi ingenti, per impedire che la prima falda salga troppo e vada a contatto con i veleni sottostanti ai capannoni;
    sebbene quest'acqua, prima di finire nel vaso Franzagola di via Morosini e da qui al Fiume Grande, passi attraverso un sistema di filtraggio a carboni attivi non risultano abbattuti tutti gli inquinanti, con evidenti rischi sanitari;
    occorre intraprendere urgenti misure economiche e ambientali per completare gli interventi di bonifica del SIN di Caffaro e fermare l'emungimento della falda e lo sversamento di inquinanti,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per proseguire e completare le operazioni di bonifica del SIN bresciano dello stabilimento della ex Caffaro anche in collaborazione con le strutture regionali.
9/2629-AR/43. (Testo modificato nel corso della seduta)  Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 30 prevede specifiche disposizioni per la promozione straordinaria del Made in Italy e per l'attrazione degli investimenti;
    il comma 5 prevede che il Ministero dello Sviluppo economico stipuli con l'ICE-Agenzia una convenzione per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiani in cui siano definiti gli obiettivi attribuiti all'ICE, i risultati attesi nonché le risorse finanziarie e il relativo utilizzo,

impegna il Governo

a prevedere che oltre ai risultati attesi siano definiti anche i criteri oggettivi che verranno utilizzati per il raggiungimento dei suddetti risultati attesi.
9/2629-AR/44Bossi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 30 prevede specifiche disposizioni per la promozione straordinaria del Made in Italy e per l'attrazione degli investimenti con l'obiettivo di potenziare la presenza delle imprese italiane sui mercati internazionali e di accrescere il grado di internazionalizzazione del nostro Paese;
    il comma 2 prevede che il Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia dovrà essere articolato in una serie di azioni volte al sostegno alle piccole e medie imprese che operano nel mercato globale e alla promozione delle opportunità di investimenti esteri in Italia,

impegna il Governo

a prevedere che il Piano possa comprendere anche azioni volte alla semplificazione amministrativa della burocrazia incentrata soprattutto sullo snellimento dei tempi di attesa per gli adempimenti per le imprese.
9/2629-AR/45Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    in occasione dell'esame dell'Atto 2629, concernente la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
    apprezzata l'intenzione del Governo di velocizzare il processo di valorizzazione degli immobili militari ritenuti non più utili dall'Amministrazione della Difesa;
    rilevate tuttavia, le grandi difficoltà emerse nel corso degli anni a dismettere le caserme, spesso immobili di gran pregio e molto costosi, quindi difficili da piazzare sul mercato in tempi di crisi economica;
    ritenendo comunque utile al Paese che gli immobili divengano in qualche modo fruibili ed economicamente produttivi per la società,

impegna il Governo

ad assumere le misure necessarie all'agevolazione del transito degli immobili militari ritenuti non più utili dall'Amministrazione della Difesa alle Amministrazioni locali, considerando anche trasferimenti a titolo non oneroso o a prezzi inferiori a quelli di mercato, se necessario anche scaglionando i pagamenti richiesti.
9/2629-AR/46Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    in occasione dell'esame dell'Atto 2629, concernente la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
    apprezzata l'intenzione del Governo di velocizzare il processo di valorizzazione degli immobili militari ritenuti non più utili dall'Amministrazione della Difesa;
    rilevate tuttavia, le grandi difficoltà emerse nel corso degli anni a dismettere le caserme, spesso immobili di gran pregio e molto costosi, quindi difficili da piazzare sul mercato in tempi di crisi economica;
    ritenendo comunque utile al Paese che gli immobili divengano in qualche modo fruibili ed economicamente produttivi per la società,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere le misure necessarie all'agevolazione del transito degli immobili militari ritenuti non più utili dall'Amministrazione della Difesa alle Amministrazioni locali.
9/2629-AR/46. (Testo modificato nel corso della seduta)  Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 prevede l'introduzione, nel regolamento di delegificazione volto a modificare la disciplina sull'autorizzazione paesaggistica riguardante interventi di lieve entità, delle tipologie di interventi per i quali l'autorizzazione paesaggistica non è richiesta;
    per l'economia del nostro Paese il turismo è di prioritaria importanza per il rilancio economico e occupazionale. Il comparto extra alberghiero (campeggi, villaggi turistici, ostelli ecc.) ospita una grossa fetta delle presenze turistiche nel nostro Paese;
    i rappresentanti dei turisti campeggiatori stanziali, da molto tempo, lamentano che le sovrintendenze ai beni ambientali, in particolare quella di Brescia, abbiano emanato già dal giugno 2013 ordinanze di demolizione di manufatti amovibili anche prefabbricati ovvero roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili all'interno di strutture ricettive all'aperto (campeggi) per la sosta ed il soggiorno di turisti, di proprietà dei singoli turisti campeggiatori, in quanto privi della necessaria autorizzazione paesaggistica;
    il decreto-legge n. 47 del 2014 ha modificato il decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001 specificando che non sono da considerare interventi di nuova costruzione i manufatti leggeri anche prefabbricati, quindi non necessitano di autorizzazione edilizia;
    secondo una interpretazione restrittiva delle Soprintendenze gli stessi però rimangono subordinati alla richiesta di autorizzazione paesaggistica che si rende necessaria per nelle aree soggette a vincolo, anche se queste non sono più assimilabili alle costruzioni edilizie in generale,

impegna il Governo

a prevedere, tramite una idonea modifica legislativa, disposizioni volte a dare una interpretazione autentica al fine di escludere chiaramente e senza dubbi interpretativi i manufatti amovibili anche prefabbricati dal regime dell'autorizzazione paesaggistica che si rende necessaria nelle aree soggette a vincolo.
9/2629-AR/47Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 prevede l'introduzione, nel regolamento di delegificazione volto a modificare la disciplina sull'autorizzazione paesaggistica riguardante interventi di lieve entità, delle tipologie di interventi per i quali l'autorizzazione paesaggistica non è richiesta;
    per l'economia del nostro Paese il turismo è di prioritaria importanza per il rilancio economico e occupazionale. Il comparto extra alberghiero (campeggi, villaggi turistici, ostelli ecc.) ospita una grossa fetta delle presenze turistiche nel nostro Paese;
    i rappresentanti dei turisti campeggiatori stanziali, da molto tempo, lamentano che le sovrintendenze ai beni ambientali, in particolare quella di Brescia, abbiano emanato già dal giugno 2013 ordinanze di demolizione di manufatti amovibili anche prefabbricati ovvero roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili all'interno di strutture ricettive all'aperto (campeggi) per la sosta ed il soggiorno di turisti, di proprietà dei singoli turisti campeggiatori, in quanto privi della necessaria autorizzazione paesaggistica;
    il decreto-legge n. 47 del 2014 ha modificato il decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001 specificando che non sono da considerare interventi di nuova costruzione i manufatti leggeri anche prefabbricati, quindi non necessitano di autorizzazione edilizia;
    secondo una interpretazione restrittiva delle Soprintendenze gli stessi però rimangono subordinati alla richiesta di autorizzazione paesaggistica che si rende necessaria per nelle aree soggette a vincolo, anche se queste non sono più assimilabili alle costruzioni edilizie in generale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, tramite una idonea modifica legislativa, disposizioni volte a dare una interpretazione autentica al fine di escludere chiaramente e senza dubbi interpretativi i manufatti amovibili anche prefabbricati dal regime dell'autorizzazione paesaggistica che si rende necessaria nelle aree soggette a vincolo.
9/2629-AR/47. (Testo modificato nel corso della seduta)  Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 ha lo scopo di sbloccare la realizzazione di una serie di opere pubbliche individuando gli interventi che possono essere appaltati e cantierati tra il 2014 e 2015; in caso di mancato rispetto dei termini fissati dal decreto-legge si prevede la revoca del finanziamento e l'assegnazione delle risorse ad ulteriori opere, anche individuando una serie di priorità;
    l'area metropolitana di Torino necessita di opere viarie urgenti per la risoluzione dei problemi di traffico che sottopongono quotidianamente i cittadini a disagi, inquinamento atmosferico e acustico e incidenti;
    tra le opere improcrastinabili rientrano la prosecuzione del sottopasso Carlo Donat Cattin che porta dalla rotonda di Corso Potenza a via Pianezza e Corso Regina Margherita a Torino), la costruzione della linea 2 della metropolitano di Torino e la costruzione della Tangenziale Est di Torino,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per il finanziamento dei lavori di realizzazione delle opere che interessano l'area metropolitana di Torino, quali la prosecuzione del sottopasso Carlo Donat Cattin che porta dalla rotonda di Corso Potenza a via Pianezza e Corso Regina Margherita a Torino), la costruzione della linea 2 della metropolitano di Torino e la costruzione della Tangenziale Est di Torino, anche in considerazione delle risorse rinvenienti dalle eventuali revoche ai sensi del comma 5 dell'articolo 3.
9/2629-AR/48Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il decreto-legge in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dall'articolo 40 in materia di rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga;
    preso atto del taglio per 11.757.411 del Fondo per gli interventi a favore dell'incremento dell'occupazione giovanile;
    ricordato il tasso record di disoccupazione giovanile, pari al 44,2 per cento, il più alto dal 1997;
    ritenuto pertanto folle rifinanziare gli ammortizzatori in deroga scippando risorse agli investimenti per rilanciare l'occupazione giovanile, percorrendo la sciagurata strada di sostegno delle politiche passive del lavoro a svantaggio di quelle attive,

impegna il Governo

a provvedere, nei futuri provvedimenti economici, a reintegrare il Fondo di cui in premessa.
9/2629-AR/49Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il decreto-legge recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
    valutato nel dettaglio la disposizione di cui all'articolo 40, relativamente al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga;
    preso atto che una quota di risorse per tale rifinanziamento, pari a 50 milioni di euro per l'anno in corso, è reperita attraverso la corrispondente riduzione delle risorse destinate a finanziare gli sgravi contributivi sulle retribuzioni previste dalla contrattazione di secondo livello;
    considerata irrazionale ed incoerente la politica che il Governo persegue in tema di rilancio dell'economia e dell'occupazione, giacché la sottrazione di risorse incentivanti per le imprese non può che aumentare la richiesta di ulteriori ammortizzatori sociali, in una perversa logica «del cane che si morde la coda»;
    ritenute peraltro inaccettabili eventuali motivazioni di mancanza di risorse e necessità di reperimento di esse, ricordando che il Governo nel recente decreto-legge cosiddetto «Decreto-Stadi» ha rifinanziato l'operazione Mare Nostrum per 130 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a reperire le necessarie risorse per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, attraverso una riduzione degli stanziamenti in favore delle politiche di asilo e di accoglienza degli stranieri.
9/2629-AR/50Fedriga.


   La Camera,
   premesso che:
    le scuole paritarie del sistema integrato dell'istruzione pubblica, pur rappresentando il 24 per cento delle scuole italiane, accogliendo circa il 10 per cento della popolazione scolastica, ricevono dallo Stato appena l'1 per cento delle risorse stanziate per il sistema nazionale dell'istruzione, situazione peggiorata negli ultimi anni per la costante diminuzione dei fondi stanziati dallo Stato e per il cronico ritardo nell'erogarli;
    la riduzione dello stanziamento delle risorse necessarie, pari a circa 8 milioni di euro a fronte dei 223 milioni approvati dalla Legge di Stabilità 2013, sta causando la chiusura di numerosi istituti. Nel disegno di Legge di Stabilità 2014 non è stata assicurata l'integrale esclusione dal patto di stabilità delle regioni, ma solo per una parte di essi, pari a 100 milioni di euro. Si tratta di un'emergenza formativa, in quanto favorisce la dispersione scolastica anche nelle regioni del Nord del Paese. La suddetta situazione può comportare anche il rischio di un'emergenza occupazionale per gli oltre 160 mila addetti del settore;
    la chiusura delle scuole paritarie causa non solo il ribaltamento dell'impegno formativo su quelle dello stato, ma provoca anche un sensibile aumento dei costi, stante il divario attuale tra i costi standard della scuola statale ed i costi di esercizio delle paritarie;
    la libertà di educazione, sancita dalla legge 10 marzo 2000, n. 62, e la garanzia per la scelta educativa delle famiglie e degli alunni costituiscono un valido metro per giudicare la libertà e la responsabilità di un sistema di istruzione, contribuendo a ridurre una visione arretrata e ideologica dell'istruzione pubblica;
    l'articolo 42 dell'AC 2629, comma 1, introducendo diversi interventi concernenti la finanza delle regioni a statuto ordinario, anticipando il termine, dal 31 ottobre al 31 settembre 2014, entro cui le regioni possono concordare in sede di Conferenza Stato-Regioni gli ambiti di spesa sui quali incidere per realizzare il risparmio e l'ammontare del risparmio riferito a ciascuna regione, in relazione agli anni 2015 e seguenti,

impegna il Governo:

   con riferimento alla somma di cui alla lettera a) del capoverso comma 7-bis, dell'articolo 42, comma 1, a riassegnare l'eventuale quota di spesa non effettuata dalle Regioni al capitolo 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel quale sono iscritti i contributi relativi alle scuole paritarie;
   a ripristinare, in occasione della prossima manovra di bilancio, la totale assegnazione dei fondi per le scuole paritarie al capitolo 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel quale sono iscritti i contributi relativi alle scuole paritarie;
   a verificare l'opportunità di adottare le misure necessarie per l'erogazione alle scuole paritarie di maggiori risorse, per garantire la libertà di educazione senza discriminazioni legate alla scelta, esercitando un diritto riconosciuto dalla Costituzione e dalla rilevante giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani, nonché per evitare la paralisi del servizio pubblico sul quale graverebbero i costi sostenuti dalle famiglie degli studenti delle scuole paritarie;
   a valutare l'opportunità di muovere decisamente il sistema integrato dell'istruzione pubblica verso l'adozione di finanziamento attraverso l'individuazione del costo standard, da riconoscere sia alle scuole direttamente gestite dallo stato sia alle paritarie gestite dai comuni e dai privati.
9/2629-AR/51Gigli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, in generale, importa nell'ordinamento una serie di importanti norme volte a rendere più agevoli e fluide le comunicazioni tra territori;
    in particolare, si segnala un intero pacchetto di norme volte ad incentivare o sbloccare investimenti per le infrastrutture strategiche del Paese;
    all'articolo 6, il provvedimento prevede sgravi fiscali, entro il limite massimo del 50 per cento dell'investimento, per la realizzazione di interventi infrastrutturali di realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga;
    si prevedono, inoltre, ai commi da 2 a 4, ulteriori semplificazioni per la costruzione di reti a banda ultralarga sul territorio nazionale;
    si sblocca davvero il Paese se si riducono davvero le distanze, non soltanto tra luoghi diversi, ma tra le persone, tra le comunità, tra le diversità,

impegna il Governo

a prendere tutte le misure opportune al fine di garantire a tutte le fasce sociali un accesso sempre più ampio – e, ove possibile, gratuito – alla banda larga, attraverso la predisposizione di tutte le infrastrutture necessarie e l'attivazione di politiche volte a favorire la riduzione del digital divide in Italia.
9/2629-AR/52Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133. in corso di conversione, reca disposizioni per il finanziamento di opere urgenti di sistemazione idraulica dei corsi d'acqua nelle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione;
    ulteriori disposizioni presenti all'interno del provvedimento mirano ad introdurre interventi finalizzati a fronteggiare la grave emergenza del dissesto idrogeologico;
    nel frattempo, però, il nostro Paese continua ad essere vittima di tragedie causate dal maltempo, e i cittadini a subire gli effetti disastrosi dovuti a calamità naturali; la giusta risposta dello Stato davanti a simili eventi, in particolare nella prima delicatissima fase di emergenza, deve essere quella di una maggiore vicinanza ed assistenza economica ai cittadini, agli enti locali e alle imprese colpite;
    servono risorse certe, e in tempi molto brevi, ma, soprattutto, servono interventi in grado di produrre effetti immediati e concreti;
    solo a seguito delle proteste dei cittadini, il Ministro dell'economia e delle finanze ha finalmente firmato il decreto che dispone la sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari nelle zone colpite dall'alluvione verificatasi tra il 10 e il 14 ottobre 2014, che ha interessato in particolare la città di Genova, la Liguria e altre aree del Nord Italia, La sospensione, che si applica dal 10 ottobre al 20 dicembre 2014, riguarda tutti i soggetti (persone tisiche e non), anche in qualità di sostituti di imposta, aventi residenza, sede legale o operativa nei territori interessati dal maltempo;
    la sospensione dei tributi è un passo importante, ma si possono portare avanti iniziative ulteriori, come la sospensione dei pagamenti delle rate di mutui e prestiti,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a prevedere, al più presto, anche attraverso un intervento normativo, la sospensione dei pagamenti delle rate di mutui e prestiti nelle zone colpite dalle recenti alluvioni.
9/2629-AR/53Baldelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133. in corso di conversione, reca disposizioni per il finanziamento di opere urgenti di sistemazione idraulica dei corsi d'acqua nelle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione;
    ulteriori disposizioni presenti all'interno del provvedimento mirano ad introdurre interventi finalizzati a fronteggiare la grave emergenza del dissesto idrogeologico;
    nel frattempo, però, il nostro Paese continua ad essere vittima di tragedie causate dal maltempo, e i cittadini a subire gli effetti disastrosi dovuti a calamità naturali; la giusta risposta dello Stato davanti a simili eventi, in particolare nella prima delicatissima fase di emergenza, deve essere quella di una maggiore vicinanza ed assistenza economica ai cittadini, agli enti locali e alle imprese colpite;
    servono risorse certe, e in tempi molto brevi, ma, soprattutto, servono interventi in grado di produrre effetti immediati e concreti;
    solo a seguito delle proteste dei cittadini, il Ministro dell'economia e delle finanze ha finalmente firmato il decreto che dispone la sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari nelle zone colpite dall'alluvione verificatasi tra il 10 e il 14 ottobre 2014, che ha interessato in particolare la città di Genova, la Liguria e altre aree del Nord Italia, La sospensione, che si applica dal 10 ottobre al 20 dicembre 2014, riguarda tutti i soggetti (persone tisiche e non), anche in qualità di sostituti di imposta, aventi residenza, sede legale o operativa nei territori interessati dal maltempo;
    la sospensione dei tributi è un passo importante, ma si possono portare avanti iniziative ulteriori, come la sospensione dei pagamenti delle rate di mutui e prestiti,

impegna il Governo

ad adottare, senza oneri per la finanza pubblica, le opportune iniziative volte a prevedere, al più presto, anche attraverso un intervento normativo, la sospensione dei pagamenti delle rate di mutui e prestiti nelle zone colpite dalle recenti alluvioni.
9/2629-AR/53. (Testo modificato nel corso della seduta)  Baldelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento in esame interviene, tra l'altro, sulla gestione delle risorse idriche, apportando numerose modifiche al Codice ambientale relativamente agli articoli riguardanti la gestione del servizio idrico integrato e l'affidamento di tale servizio (anche a seguito della soppressione degli AATO);
    in particolare, attraverso una modifica al comma 2 dell'articolo 153 del citato Codice ambientale, si introduce l'obbligo per il nuovo gestore affidatario del servizio idrico di riconoscere al gestore uscente un valore di rimborso, secondo criteri che saranno definiti dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico;
    se questa previsione può ritenersi condivisibile in un rapporto tra privati, è evidente che se si ipotizza (come auspicabile ai fini della ripubblicizzazione) che il nuovo Gestore subentrante sia un soggetto pubblico, con questa previsione gli viene di fatto reso molto difficoltoso il subentro nella gestione. Lo stato delle finanze degli enti locali è infatti tale che molto difficilmente potranno sostenere una spesa del genere al fine di farsi carico della gestione del servizio idrico;
    è invece necessario che venga favorita e agevolata la gestione pubblica del servizio idrico a tutela dell'acqua come bene comune,

impegna il Governo

a prevedere l'istituzione di un Fondo finalizzato ad erogare contributi ai soggetti pubblici che subentrano nella gestione del servizio idrico e che devono farsi carico di una spesa, quale è il rimborso al gestore uscente, che in assenza di un «aiuto» finanziario molto difficilmente riuscirebbero a sostenere, o comunque a disporre l'esclusione delle suddette spese di rimborso dal Patto di stabilità interno.
9/2629-AR/54Zaratti, Pellegrino, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    la recente alluvione che ha colpito Genova e la sua provincia, l'ultima in ordine di tempo, ha dimostrato ancora una volta come siano sufficienti uno o più giorni di forti e intense piogge, affinché il nostro Paese si trovi a dover fare i conti con smottamenti, frane, crolli di infrastrutture, argini che non riescono più a trattenere l'impatto con le acque, e allagamenti che troppo spesso assumono le proporzioni di calamità;
    questi drammatici effetti prodotti da eventi naturali sono quasi sempre acuiti e drammaticamente amplificati da una gestione dissennata dei suoli, e dall'assenza di una rigorosa politica di pianificazione, manutenzione e prevenzione territoriale;
    le insufficienti risorse assegnate agli interventi per la difesa del suolo, si sommano peraltro sia al taglio di risorse alle regioni e agli enti locali, che all'obbligo del rispetto del Patto di stabilità interno a cui sono tenuti gli enti territoriali medesimi; il che rende molto difficile per essi poter finanziare e realizzare anche i piani di manutenzione esistenti;
    peraltro anche laddove sia stato deliberato lo stato di emergenza, la normativa attuale prevede che gli enti locali coinvolti non possono escludere dal patto di stabilità interno le spese per gli eventi calamitosi da loro sostenute a valere su risorse proprie o a valere su donazioni di terzi;
    detta esclusione dal patto di stabilità richiede infatti espressamente una specifica previsione normativa: ciò significa che la stessa esclusione può operare solo se e quando è emanata una norma di legge specifica,

impegna il Governo

a prevedere in via generale, attraverso ulteriori iniziative normative l'esclusione automatica dal patto di stabilità interno, senza la necessaria approvazione di una specifica norma di legge come attualmente previsto, delle spese sostenute dai comuni a valere su risorse proprie o su donazioni di terzi, in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali è stato deliberato lo stato di emergenza.
9/2629-AR/55Nicchi, Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 33 del provvedimento in esame, prevede l'individuazione con delibera del Consiglio dei Ministri, delle aree di rilevante interesse nazionale, la prima delle quali viene già individuata nell'area del comprensorio di Bagnoli-Coroglio;
    per ciascuna area di rilevante interesse nazionale, viene predisposto uno specifico programma di risanamento ambientale e un documento di indirizzo per la rigenerazione urbana, contenenti: a) i lavori di messa in sicurezza e bonifica dell'area; b) gli indirizzi per la riqualificazione urbana dell'area; c) la valorizzazione degli eventuali immobili di proprietà pubblica meritevoli di salvaguardia e riqualificazione; d) la localizzazione e la realizzazione delle opere infrastrutturali per il potenziamento della rete stradale e dei trasporti pubblici, per i collegamenti aerei e marittimi, per gli impianti di depurazione e le opere di urbanizzazione primaria e secondaria funzionali agli interventi pubblici e privati; alla predisposizione, attuazione e la gestione del programma di bonifica, risanamento ambientale e di rigenerazione urbana, sono preposti un Commissario straordinario del Governo e un Soggetto Attuatore che viene nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
    a detto Soggetto Attuatore compete l'elaborazione e l'attuazione del programma di risanamento ambientale e quello di rigenerazione urbana, ed opera anche come stazione appaltante per l'affidamento dei lavori di bonifica, di realizzazione delle opere infrastrutturali nonché di interventi urbanistici (comprensivi di premialità edificatorie);
    è quindi evidente il ruolo importante e delicato in capo alla figura del Soggetto Attuatore. Un soggetto che sarà molto probabilmente un soggetto aziendale, «nominato ... nel rispetto dei principi europei di trasparenza e di concorrenza». È evidente peraltro che esso non potrà perseguire criteri diversi da quelli di convenienza economico-finanziaria e di efficienza tecnico-operativa, che inevitabilmente prevarranno su qualsiasi considerazione circa complesse istanze sociali e articolate strategie di governo del territorio;
    specificatamente per il comprensorio di Bagnoli-Coroglio, si prevede inoltre che per la definizione del programma di rigenerazione urbana, il Soggetto Attuatore è tenuto ad acquisire le proposte del comune di Napoli, secondo modalità che saranno stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo:

   a prevedere che il Soggetto Attuatore, che sarà individuato dal Governo per Bagnoli-Coroglio, e per ciascuna area di rilevante interesse nazionale, venga nominato previa documentata verifica dell'assenza di qualsiasi conflitto di interesse, rispetto ai compiti e agli interventi che dovrà attuare;
   a prevedere che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che dovrà individuare forme e modalità con le quali acquisire il parere del comune di Napoli per la definizione del programma di rigenerazione urbana, contempli anche una procedura di consultazione dei soggetti sociali organizzati e della cittadinanza.
9/2629-AR/56Scotto, Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 33 del disegno di legge in esame, prevede l'adozione di interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, individuate con delibera del Consiglio dei Ministri, a cui partecipano i Presidenti delle Regioni interessate, sentita la Conferenza Stato-Regioni;
    in relazione a ciascuna area di interesse nazionale individuata con la delibera del Consiglio dei ministri sono predisposti un programma di risanamento ambientale e di bonifica e di un documento di indirizzo strategico finalizzato alla rigenerazione urbana;
    il comma 10 del suddetto articolo, prevede che il programma di rigenerazione urbana è adottato dal previsto Commissario straordinario del Governo, previa Conferenza dei servizi, e approvato, con decreto del Presidente della Repubblica;
    inoltre si stabilisce che l'approvazione del programma «sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, fermo restando il riconoscimento degli oneri costruttivi in favore delle amministrazioni interessate. Costituisce altresì variante urbanistica automatica e comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di urgenza e indifferibilità dei lavori»;
    è evidente quindi l'impatto che il previsto programma di rigenerazione urbana può avere sul territorio dell'ente locale interessato, soprattutto qualora detto programma si «impone» come variante urbanistica automatica, con il rischio di marginalizzare gli enti locali che, seppur prevista la Conferenza dei servizi, rischiano di non avere adeguata voce in capitolo su interventi urbanistici e infrastrutturali che incidono direttamente sui propri territori,

impegna il Governo

a prevedere, anche attraverso una futura integrazione alla normativa esposta in premessa, che qualora il programma di rigenerazione urbana fosse in variante agli strumenti urbanistici vigenti, la variante debba essere approvata dall'Amministrazione Comunale con procedura semplificata.
9/2629-AR/57Duranti, Scotto, Zaratti, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    le norme del provvedimento in materia edilizia dovrebbero avere l'obiettivo, perlomeno nelle dichiarazioni del governo, di contribuire al rilancio del settore delle costruzioni favorendo conseguentemente la ripresa economica;
    in realtà un vero ed efficace ruolo anticiclico in questo ambito è stato, ed è, quello legato agli incentivi fiscali concessi agli interventi di ristrutturazione edilizia e di efficientamento e risparmio energetico, che hanno prodotto risultati estremamente positivi, come testimonia il forte aumento delle richieste per il bonus energia, balzate nel 2013 oltre quota 355 mila (+35 per cento). Altrettanto positivi – come comunicato dall'Enea – i risultati in termini sia di risparmio energetico, con un aumento del 25 per cento circa rispetto all'anno precedente, sia di investimenti, che raggiungendo quasi i 3,5 miliardi di euro evidenziano un aumento di circa il 20 per cento;
    il Patto di stabilità impedisce la realizzazione di interventi di riqualificazione energetica sul patrimonio edilizio pubblico, e in particolare quello delle Regioni e degli Enti Locali, anche laddove vi sia una riduzione consistente certificata dei consumi energetici;
    va altresì considerato che il settore dell'edilizia e delle costruzioni, e il suo indotto, non solo rappresenta uno dei settori più rilevanti in termini economici e occupazionali, ma è anche una delle attività che maggiormente incidono sull'ambiente, a cominciare dalla fase in cui vengono ricavati i materiali necessari per la costruzione, e per gli inevitabili impatti sui consumi energetici, idrici, e per la produzione di rifiuti;
    diverse regioni si sono già dotate di una loro disciplina non solo per l'efficienza e il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici, ma anche per favorire la diffusione di principi, modalità e tecniche proprie dell'architettura sostenibile e della bioedilizia, e per una maggiore sostenibilità nella progettazione e realizzazione di opere edilizie pubbliche e private: Lazio, Molise, Puglia, Umbria, Veneto, e altre;
    il 15 maggio 2013, la Commissione Ambiente della Camera ha approvato la risoluzione n. 8-00001, con la quale, tra l'altro, si è impegnato il Governo a prevedere «l'incentivazione dell'utilizzo di materiali di bioedilizia certificati e, in ogni caso, nell'allestimento degli immobili, l'utilizzo di materiali e manufatti a basso impatto ambientale e a ridotto consumo energetico»;
    sempre la Commissione Ambiente della Camera, il 1o aprile 2014 ha approvato una ulteriore Risoluzione (n. 8-00043), a prima firma la presentatrice del presente atto di indirizzo, con la quale impegnava il Governo a favorire l'edilizia di qualità valutando, compatibilmente con le risorse disponibili di finanza pubblica, la possibilità di prevedere percentuali di detraibilità maggiori di quelle già esistenti, qualora nelle ristrutturazioni edilizie vengano utilizzati materiali ecosostenibili secondo i criteri della bioedilizia, ed in particolare materiali biocompatibili certificati,

impegna il Governo:

   a prevedere l'esclusione dal patto di stabilità interno degli interventi di riqualificazione energetica sul patrimonio edilizio delle Regioni e degli Enti Locali, laddove questi comportino una riduzione consistente certificata dei consumi energetici, o siano finalizzati al consolidamento antisismico;
   a dare seguito agli impegni approvati con le due Risoluzioni parlamentari n. 8-00001 e n. 8-00043, ricordate in premessa, in materia di maggiori agevolazioni fiscali a favore della bioedilizia e dei materiali biocompatibili certificati.
9/2629-AR/58Pellegrino, Zaratti, Marcon, Ricciatti, Kronbichler.


   La Camera,
   premesso che:
    le norme del provvedimento in materia edilizia dovrebbero avere l'obiettivo, perlomeno nelle dichiarazioni del governo, di contribuire al rilancio del settore delle costruzioni favorendo conseguentemente la ripresa economica;
    in realtà un vero ed efficace ruolo anticiclico in questo ambito è stato, ed è, quello legato agli incentivi fiscali concessi agli interventi di ristrutturazione edilizia e di efficientamento e risparmio energetico, che hanno prodotto risultati estremamente positivi, come testimonia il forte aumento delle richieste per il bonus energia, balzate nel 2013 oltre quota 355 mila (+35 per cento). Altrettanto positivi – come comunicato dall'Enea – i risultati in termini sia di risparmio energetico, con un aumento del 25 per cento circa rispetto all'anno precedente, sia di investimenti, che raggiungendo quasi i 3,5 miliardi di euro evidenziano un aumento di circa il 20 per cento;
    il Patto di stabilità impedisce la realizzazione di interventi di riqualificazione energetica sul patrimonio edilizio pubblico, e in particolare quello delle Regioni e degli Enti Locali, anche laddove vi sia una riduzione consistente certificata dei consumi energetici;
    va altresì considerato che il settore dell'edilizia e delle costruzioni, e il suo indotto, non solo rappresenta uno dei settori più rilevanti in termini economici e occupazionali, ma è anche una delle attività che maggiormente incidono sull'ambiente, a cominciare dalla fase in cui vengono ricavati i materiali necessari per la costruzione, e per gli inevitabili impatti sui consumi energetici, idrici, e per la produzione di rifiuti;
    diverse regioni si sono già dotate di una loro disciplina non solo per l'efficienza e il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici, ma anche per favorire la diffusione di principi, modalità e tecniche proprie dell'architettura sostenibile e della bioedilizia, e per una maggiore sostenibilità nella progettazione e realizzazione di opere edilizie pubbliche e private: Lazio, Molise, Puglia, Umbria, Veneto, e altre;
    il 15 maggio 2013, la Commissione Ambiente della Camera ha approvato la risoluzione n. 8-00001, con la quale, tra l'altro, si è impegnato il Governo a prevedere «l'incentivazione dell'utilizzo di materiali di bioedilizia certificati e, in ogni caso, nell'allestimento degli immobili, l'utilizzo di materiali e manufatti a basso impatto ambientale e a ridotto consumo energetico»;
    sempre la Commissione Ambiente della Camera, il 1o aprile 2014 ha approvato una ulteriore Risoluzione (n. 8-00043), a prima firma la presentatrice del presente atto di indirizzo, con la quale impegnava il Governo a favorire l'edilizia di qualità valutando, compatibilmente con le risorse disponibili di finanza pubblica, la possibilità di prevedere percentuali di detraibilità maggiori di quelle già esistenti, qualora nelle ristrutturazioni edilizie vengano utilizzati materiali ecosostenibili secondo i criteri della bioedilizia, ed in particolare materiali biocompatibili certificati,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di bilancio, di prevedere l'esclusione dal patto di stabilità interno degli interventi di riqualificazione energetica sul patrimonio edilizio delle Regioni e degli Enti Locali, laddove questi comportino una riduzione consistente certificata dei consumi energetici, o siano finalizzati al consolidamento antisismico;
   a dare seguito agli impegni approvati con le due Risoluzioni parlamentari n. 8-00001 e n. 8-00043, ricordate in premessa, in materia di maggiori agevolazioni fiscali a favore della bioedilizia e dei materiali biocompatibili certificati.
9/2629-AR/58. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pellegrino, Zaratti, Marcon, Ricciatti, Kronbichler.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame interviene sulla normativa in materia di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare o in terraferma;
    considerando «di interesse strategiche, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili» le produzioni nazionali di idrocarburi, il governo mira di fatto ad accentrare e velocizzare i processi di autorizzazione, limitando conseguentemente il ruolo delle regioni e degli enti locali interessati, garantendosi le procedure di esproprio, riducendo i tempi per le autorizzazioni ambientali, assegnando alla competenza statale il rilascio dei provvedimenti di VIA per le trivellazioni di idrocarburi sulla terraferma, finora di competenza regionale, ecc.;
    dette attività di approvvigionamento di combustibili fossili, al di là della loro valenza economica e dei conseguenti interessi industriali ad esse sottese, comportano seri potenziali rischi per l'ambiente e per la salute;
    peraltro riguardo alle perforazioni in mare, queste attività estrattive comportano rischi ancora maggiori soprattutto in considerazione delle dimensioni e della conformazione del mare Mediterraneo, con un ricambio bassissimo delle sue acque;
    le norme introdotte nel provvedimento, puntano a sfruttare al massimo le nostre poche risorse di idrocarburi, con tutti i rischi ambientali che questo comporta, perseguendo la strada dell'utilizzo sempre più intensivo dei combustibili fossili, invece di puntare con convinzione sull'efficienza e sulle energie alternative, dalle quali si otterrebbero i medesimi benefici;
    peraltro, come sostiene lo stesso Ministero dello sviluppo economico, le riserve italiane sono limitate: quelle certe sono pari a 126 milioni di tonnellate di olio equivalente. Praticamente raddoppiando la produzione nazionale, dette risorse si esaurirebbero in poco più di 10 anni;
    anche da punto di vista occupazionale, va ricordato come l'industria del petrolio non è ad alta intensità di lavoro, e anche nel caso di un via libera alle trivelle, come tenta di fare il provvedimento in esame, gli occupati stabili sarebbero poche migliaia;
    nonostante il prodotto estratto nei mari italiani sia poco e di scarsa qualità, le compagnie petrolifere trovano molto vantaggiose le condizioni fiscali previste dal nostro Paese per le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi, sia in ragione dell'entità dei canoni annui per i permessi di prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione e di stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana, sia in ragione delle aliquote di prodotto della coltivazione;
    la situazione italiana dimostra, inoltre, che la quota delle royalties spettanti per legge alle regioni, difficilmente riesce ad avere un valore di compensazione rispetto ai danni ambientali ed economici che le attività estrattive comportano. A riguardo, il caso della Val d'Agri, in Basilicata, e della Calabria sono emblematici. In tali regioni, le risorse generate dalle royalties non hanno prodotto la nascita di nuove imprese, né hanno avuto significative ricadute occupazionali sull'indotto, né tantomeno sono state utilizzate per interventi nel campo della tutela, e della conservazione della biodiversità,

impegna il Governo:

   a garantire nell'ambito delle procedure auto rizzati ve di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, il pieno coinvolgimento delle amministrazioni locali e dei cittadini, prevedendo piena pubblicità alle suddette attività;
   a prevedere la sospensione delle attività in corso e del rilascio di future autorizzazioni nelle zone di elevato rischio sismico, vulcanico, di subsidenza e nelle zone di ripopolamento ittico, nonché delle aree maggiormente sensibili e a maggior valenza ambientale e paesaggistica;
   a prevedere, con riguardo all'autorizzazione di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, una preventiva valutazione di costi e benefici riguardo alle aree di zone di pregio turistico ed economico, e l'impatto negativo che dette attività possono avere sull'economia dei territori coinvolti nei diversi settori produttivi, prevedendo in questo caso il divieto delle relative autorizzazioni e concessioni;
   a prendere a riferimento le linee di base delle acque territoriali lungo l'intero perimetro costiero nazionale, e non le linee di costa come attualmente previsto, relativamente al divieto entro le 12 miglia delle attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare;
   a prendere le opportune iniziative volte a prevedere un sensibile incremento delle aliquote di royalties e di prelievo fiscale attualmente vigenti, per le produzioni di idrocarburi, liquidi e gassosi, ottenuti in terraferma e in mare;
   a dare seguito agli impegni previsti dalle Risoluzioni in materia di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, approvate dalla Commissione ambiente della Camera il 6 agosto 2014;
   a sospendere l’iter di tutte le autorizzazioni per nuove attività di prospezione e coltivazione di giacimenti di idrocarburi nel Mediterraneo in attesa della definitiva approvazione e dell'entrata in vigore del nuovo regolamento in materia, e in corso di adozione in sede di Unione europea, accogliendo inoltre la richiesta formulata in tal senso dalla Conferenza internazionale delle regioni adriatiche e ioniche.
9/2629-AR/59Sannicandro, Melilla, Zaratti, Pellegrino, Palazzotto, Paglia, Duranti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame interviene sulla normativa in materia di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare o in terraferma;
    considerando «di interesse strategiche, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili» le produzioni nazionali di idrocarburi, il governo mira di fatto ad accentrare e velocizzare i processi di autorizzazione, limitando conseguentemente il ruolo delle regioni e degli enti locali interessati, garantendosi le procedure di esproprio, riducendo i tempi per le autorizzazioni ambientali, assegnando alla competenza statale il rilascio dei provvedimenti di VIA per le trivellazioni di idrocarburi sulla terraferma, finora di competenza regionale, ecc.;
    dette attività di approvvigionamento di combustibili fossili, al di là della loro valenza economica e dei conseguenti interessi industriali ad esse sottese, comportano seri potenziali rischi per l'ambiente e per la salute;
    peraltro riguardo alle perforazioni in mare, queste attività estrattive comportano rischi ancora maggiori soprattutto in considerazione delle dimensioni e della conformazione del mare Mediterraneo, con un ricambio bassissimo delle sue acque;
    le norme introdotte nel provvedimento, puntano a sfruttare al massimo le nostre poche risorse di idrocarburi, con tutti i rischi ambientali che questo comporta, perseguendo la strada dell'utilizzo sempre più intensivo dei combustibili fossili, invece di puntare con convinzione sull'efficienza e sulle energie alternative, dalle quali si otterrebbero i medesimi benefici;
    peraltro, come sostiene lo stesso Ministero dello sviluppo economico, le riserve italiane sono limitate: quelle certe sono pari a 126 milioni di tonnellate di olio equivalente. Praticamente raddoppiando la produzione nazionale, dette risorse si esaurirebbero in poco più di 10 anni;
    anche da punto di vista occupazionale, va ricordato come l'industria del petrolio non è ad alta intensità di lavoro, e anche nel caso di un via libera alle trivelle, come tenta di fare il provvedimento in esame, gli occupati stabili sarebbero poche migliaia;
    nonostante il prodotto estratto nei mari italiani sia poco e di scarsa qualità, le compagnie petrolifere trovano molto vantaggiose le condizioni fiscali previste dal nostro Paese per le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi, sia in ragione dell'entità dei canoni annui per i permessi di prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione e di stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana, sia in ragione delle aliquote di prodotto della coltivazione;
    la situazione italiana dimostra, inoltre, che la quota delle royalties spettanti per legge alle regioni, difficilmente riesce ad avere un valore di compensazione rispetto ai danni ambientali ed economici che le attività estrattive comportano. A riguardo, il caso della Val d'Agri, in Basilicata, e della Calabria sono emblematici. In tali regioni, le risorse generate dalle royalties non hanno prodotto la nascita di nuove imprese, né hanno avuto significative ricadute occupazionali sull'indotto, né tantomeno sono state utilizzate per interventi nel campo della tutela, e della conservazione della biodiversità,

impegna il Governo:

   a garantire nell'ambito delle procedure autorizzative di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, il pieno coinvolgimento delle amministrazioni locali e dei cittadini, prevedendo piena pubblicità alle predette attività;
   a prevedere il monitoraggio delle attività nelle zone di rischio sismico, vulcanico, e di subsidenza;
   a prevedere, con riguardo all'autorizzazione di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, una preventiva valutazione di costi e benefici riguardo alle aree di zone di pregio turistico ed economico;
   a dare seguito agli impegni previsti dalle Risoluzioni in materia di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, approvate dalla Commissione ambiente della Camera il 6 agosto 2014.
9/2629-AR/59. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sannicandro, Melilla, Zaratti, Pellegrino, Palazzotto, Paglia, Duranti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame, diverse norme intervengono in materia di mitigazione del dissesto idrogeologico e di messa in sicurezza del nostro territorio;
    l'articolo 7, commi 2, 3, 4, interviene sulle questioni della programmazione finanziaria, la disponibilità dei fondi e la loro utilizzazione negli interventi di contrasto al dissesto idrogeologico;
    il comma 8, dell'articolo 7, prevede di assegnare alle Regioni la somma di 110 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione 2007-2013 per interventi di sistemazione idraulica dei corsi d'acqua, al fine di fronteggiare situazioni di criticità ambientale delle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione;
    con l'articolo 4, comma 1, lettera c-bis, viene richiesto che il contrasto al dissesto idrogeologico sia inserito tra i pagamenti da escludere dal patto di stabilità in modo prioritario, a dimostrazione della necessità di intervenire in modo urgente attraverso interventi capillari di messa in sicurezza del territorio, un investimento oramai improcrastinabile e di indubbia utilità in termini di creazione di lavoro e prevenzione dei danni;
    risulta evidente come gli stanziamenti previsti per gli interventi di prevenzione e contrasto al dissesto idrogeologico siano tuttavia, ad oggi, del tutto insufficienti. Stime del Ministero dell'ambiente quantificano infatti in 40 miliardi di euro il fabbisogno di risorse necessario alla messa in sicurezza del territorio nazionale;
    gli eventi calamitosi che si succedono ormai con sempre con maggiore frequenza e intensità, dimostrano come le criticità relative alla fragilità del territorio non possano essere unicamente addebitate allo stato degli argini o alla rettificazione dei corsi d'acqua e, quindi, alla sola sistemazione idraulica degli stessi, ma come, invece, sia necessario mettere in atto politiche strategiche di adattamento ai cambiamenti climatici e di ripensamento della più generale gestione dei suoli, riducendo il carico ambientale delle attività antropiche sugli ecosistemi,

impegna il Governo:

   a predisporre, attraverso provvedimenti normativi e di programmazione finanziaria, un piano pluriennale e straordinario di messa in sicurezza del territorio, prevedendo, già in sede di esame della prossima legge di stabilità per il 2015, opportuni finanziamenti per opere capillari di messa in sicurezza, manutenzione e consolidamento di territori esposti a eventi calamitosi, nonché per interventi strutturali finalizzati ad agevolare la riduzione del rischio sismico, idraulico e idrogeologico;
   a prevedere opportune iniziative legislative, volte a favorire la demolizione o la delocalizzazione di immobili ubicati in aree a rischio idrogeologico;
   a stanziare le indispensabili risorse finanziarie per il ristoro dei danni subiti dai privati e dalle attività produttive, e per la messa in sicurezza delle aree colpite dagli eventi alluvionali di questi ultimi mesi;
   a incrementare le risorse del Fondo per le emergenze nazionali.
9/2629-AR/60Zaccagnini, Quaranta, Pellegrino, Zaratti, Duranti, Fratoianni, Pannarale, Matarrelli, Sannicandro, Nicchi, Kronbichler.


   La Camera,
   premesso che:
    le norme del provvedimento in materia di semplificazioni e deregulation in edilizia, consentiranno, per il governo, di rilanciare il settore delle costruzioni;
    in realtà un vero ed efficace ruolo anticiclico in questo ambito è stato, ed è, quello legato agli incentivi fiscali concessi agli interventi di ristrutturazione edilizia e di efficientamento e risparmio energetico, che hanno prodotto risultati estremamente positivi;
    da un'indagine del Cresme-Enea, risulta come già un anno fa il volume di interventi connessi a tale strumento è stato pari a 1.400.000, per un totale di 17 miliardi di euro di investimento complessivi;
    questi interventi interessano principalmente le piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto, con un ritorno importante anche sotto l'aspetto dell'occupazione; come testimonia il forte aumento delle richieste per il bonus energia, balzate nel 2013 le richieste per il bonus energia ha superato quota 355 mila. Altrettanto positivi – come comunicato dall'Enea – i risultati in termini sia di risparmio energetico, con un aumento del 25 per cento circa rispetto all'anno precedente, sia di investimenti, che raggiungendo quasi i 3,5 miliardi di euro evidenziano un aumento di circa il 20 per cento;
    è indispensabile quindi non solo confermare, ma rafforzare questi strumenti di incentivazione degli interventi di ristrutturazione e di efficientamento energetico degli edifici,

impegna il Governo

a prevedere una riduzione dell'imposta sul valore aggiunto sugli interventi di ristrutturazione degli immobili che già beneficiano delle attuali detrazioni delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici.
9/2629-AR/61Airaudo, Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame, numerose sono le disposizioni nelle quali, al fine di semplificare i processi di approvazione ed esecuzione dei progetti in materia di opere pubbliche, infrastrutturali, energetiche, vengono previste misure di accentramento decisionale, tra cui: commissariamenti; attivazione dei poteri sostitutivi attribuibili al Governo ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della Legge 5 giugno 2003, n. 13; dichiarazioni di preminente (o rilevante) interesse nazionale, di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza; procedure di silenzio-assenso da parte dell'amministrazione;
    disposizioni simili, se, indubbiamente, consentono in taluni casi lo snellimento delle procedure amministrative, rischiano di marginalizzare eccessivamente il ruolo svolto dagli enti locali, nonché di impedire il confronto con la società civile e i territori interessati dalle opere;
    in tal modo viene compromessa sia l'espressione del principio democratico che l'effettiva velocizzazione nella realizzazione dei progetti, spesso rallentati dalla nascita di aspri conflitti ambientali con le comunità locali;
    soprattutto in materia ambientale, i processi decisionali devono risultare quanto più possibile aperti, partecipati e trasparenti, come previsto, tra l'altro, dalle normative comunitarie (Direttiva 2003/4/CE e 2003/35/CE) e internazionali (Convenzione di Aarhus del 25 giugno 2008, ratificata con la Legge 16 marzo 2001, n. 108),

impegna il Governo

ad individuare, anche con appositi interventi normativi successivi, strumenti in grado di consentire un effettivo coinvolgimento delle comunità locali e dei cittadini nei processi decisionali in materia di opere pubbliche, in particolar modo per ciò che concerne i progetti aventi un rilevante impatto ambientale sui territori, anche con riferimento alle forme di consultazione popolare previste dell'articolo 8 del Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
9/2629-AR/62Placido, Pellegrino, Zaratti, Pannarale.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 35, del presente decreto, prevede l'individuazione della capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati, a livello nazionale, degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati;
    il medesimo comma dell'articolo in questione prevede altresì l'individuazione di ulteriori impianti di incenerimento da realizzare per coprire il fabbisogno residuo del territorio nazionale, con finalità di riequilibrio socio-economico tra le diverse aree;
    tali impianti vengono dichiarati, al medesimo comma, infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale;
    il comma 3, dell'articolo 35, dispone inoltre, per tali impianti, l'autorizzazione a saturazione del carico termico, siano essi esistenti o da realizzare;
    la normativa comunitaria relativa alla questione dei rifiuti e principalmente la Direttiva 2008/98/CE, integrata nel decreto-legge aprile 2006, n. 152 attraverso il decreto-legge 3 dicembre 2010, n. 205, prevede alcuni criteri di priorità nella gestione degli stessi, attraverso la fissazione di una gerarchia che parte dalla prevenzione, seguita da: preparazione per il loro utilizzo, riciclaggio, recupero di altro tipo (ad esempio a fini energetici) e, infine, smaltimento;
    la Direttiva 2008/98/CE, al sesto considerando, recita «L'obiettivo principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti dovrebbe essere di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l'ambiente, La politica in materia di rifiuti dovrebbe altresì puntare a ridurre l'uso di risorse e promuovere l'applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti»;
    nel rispetto della Direttiva 2008/98/CE, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha adottato, con decreto direttoriale del 7 ottobre 2013, un Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti, al fine di dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi con la produzione dei rifiuti;
    tale Programma fissa alcune misure di carattere generale (produzione sostenibile, Green Public Procurement, riutilizzo, informazione e sensibilizzazione, strumenti economici, fiscali e di regolamentazione, promozione della ricerca), risultando essere, tuttavia, una dichiarazione di intenti non vincolante più che una reale strategia nazionale;
    nonostante nel testo del decreto 12 settembre 2014, n. 133, esista una generica previsione relativa al rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e riciclaggio, tale norma risulta essere incentrata in modo netto sui processi di smaltimento dei rifiuti, in totale controtendenza rispetto alle succitate direttive comunitarie e alle indicazioni contenute alla Parte IV del decreto-legge 3 aprile 2006, n. 152;
    il decreto in questione, inoltre, indebolisce il principio di prossimità in materia di rifiuti, prevedendo al comma 7 dell'articolo 35 un contributo per i gestori degli impianti da versare alle regioni, per ogni tonnellata di rifiuto urbano di provenienza extraregionale,

impegna il Governo

a predisporre, un efficace programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, che si basi su meccanismi di circolarità, riciclo e riuso, investendo in piani e programmi che rendano sempre più residuale il recupero energetico dei medesimi, puntando sulla loro valorizzazione nel pieno rispetto della direttiva 2008/98/CE che stabilisce un principio gerarchico (riduzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero energetico) nella gestione dei rifiuti, contribuendo in tal modo alla creazione di lavoro innovativo in un'ottica di sostenibilità per l'ambiente e la salute.
9/2629-AR/63Costantino, Pellegrino, Zaratti, Kronbichler, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca all'articolo 9 prevede il riconoscimento e una nuova classificazione degli interventi di estrema urgenza in materia di vincolo idrogeologico, di normativa antisismica e di messa in sicurezza degli edifici scolastici;
    la legge 11 gennaio 1996, n. 23 (Norme per l'edilizia scolastica) riordinando le competenze in materia ha definito le strutture edilizie come elementi fondamentali e costituenti integranti del sistema scolastico nonché ne individuò, tra l'altro, la programmazione degli interventi da realizzare per adeguare alle norme vigenti in materia di agibilità, sicurezza e igiene;
    l'articolo 7 della stessa legge ha disposto che il Ministero della pubblica istruzione dovesse realizzare e curare l'aggiornamento dell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica, in collaborazione con gli enti locali, diretta ad accertare a consistenza, la situazione e la funzionalità del patrimonio edilizio scolastico. L'anagrafe per regioni, infatti, doveva costituire lo strumento conoscitivo fondamentale per la programmazione degli interventi;
    tuttavia a distanza di 18 anni ancora non sono noti e disponibili i dati completi e aggiornati dell'anagrafe e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non permette l'accesso civico ad alcuna banca dati e a qualsivoglia documentazione di merito, anzi non è dato conoscere dell'effettiva costituzione e dell'aggiornamento periodico che, tra l'altro, dovrebbe avvenire con la collaborazione degli enti locali interessati: regioni, province e comuni. Anagrafe scolastica oggetto anche di accordo in sede di Conferenza unificata del mese di febbraio u.s., per una «ripartenza» assieme al relativo Osservatorio dell'edilizia scolastica,

impegna il Governo

a rendere noti e disponibili tutti gli elementi conoscitivi aggiornati dell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica entro il 31 dicembre 2014.
9/2629-AR/64Fratoianni, Giancarlo Giordano, Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca all'articolo 5 disposizioni in materia di concessioni autostradali;
    durante l'esame del provvedimento in commissione Ambiente sono stati approvati diverse proposte emendative che hanno introdotto, rispetto al testo vigente, talune innovazioni al fine di prevedere che: le modifiche del rapporto concessorio da parte dei concessionari delle tratte autostradali nazionali, che devono essere sottoposte entro il 31 dicembre 2014 al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, devono essere esplicitamente finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione delle convenzioni e devono riguardare rapporti concessori in essere. Inoltre, le richieste di modifica del rapporto concessorio prevedono nuovi investimenti da parte dei concessionari, i quali sono comunque tenuti alla realizzazione degli investimenti già previsti nei vigenti atti di concessione. Il nuovo piano economico-finanziario, che deve essere anch'esso sottoposto al Ministro delle infrastrutture, deve essere corredato di idonee garanzie e di asseverazione da parte di soggetti autorizzati. Gli schemi di atto aggiuntivo o di convenzione e i relativi piani economico-finanziari, corredati dei pareri prescritti dalla normativa vigente, sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il procedimento può avere comunque corso. Gli atti sono trasmessi alle Camere da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita per quanto di sua competenza l'Autorità di regolazione dei trasporti. Le procedure riguardanti gli aggiornamenti o le revisioni delle convenzioni autostradali vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge 201/2011 sono disciplinate dall'articolo 43 del medesimo decreto. Una differente procedura è invece disciplinata dal comma 84 dell'articolo 2 decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, per l'approvazione degli schemi di convenzione unica. Il riferimento ai «pareri prescritti dalla normativa vigente» citato nella norma fa riferimento ai pareri del CIPE e al coinvolgimento del Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida sulla regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) previsti nelle citate procedure tutti gli affidamenti dei lavori, nonché delle forniture e dei servizi, avvengono nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica disciplinate dal Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; il testo vigente, invece limita l'applicazione di tali procedure agli affidamenti di importo superiore alla soglia comunitaria, ulteriori rispetto a quelli previsti dalle vigenti convenzioni;
    è stato inoltre approvato un emendamento finalizzato a prevedere che il concessionario, nella sottoposizione di un nuovo piano economico-finanziario al Ministro, possa ricorrere anche alle forme di defiscalizzazione previste dalla normativa vigente. Pur non citandolo esplicitamente, la norma dovrebbe fare riferimento alla defiscalizzazione delle nuove opere incluse in piani o programmi di amministrazioni pubbliche previsti a legislazione vigente (ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 183 del 2011 e della Delibera Cipe 18 febbraio 2013, n. 1), consistente nella possibilità di compensare le imposte con quanto dovuto dalla PA a titolo di contributo pubblico a fondo perduto;
    l'articolo 11 del provvedimento in esame, inoltre, rubricato «disposizioni in materia di defiscalizzazione degli investimenti infrastrutturali in finanza di progetto», modifica la disciplina degli incentivi fiscali per la realizzazione di nuove infrastrutture ampliandone l'ambito alle opere previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche e riducendo da 200 a 50 milioni di euro il valore dell'opera al di sopra del quale viene concesso l'incentivo al fine di precisare che l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 5 del decreto legge è subordinata al rilascio del preventivo assenso da parte dei competenti organi dell'Unione europea;
    infine è stato approvato un emendamento finalizzato a destinare gli introiti pubblici derivanti dai canoni di concessioni autostradali, provenienti dalla modifica del rapporto concessorio ad interventi di manutenzione delle rete stradale in gestione all'ANAS SPA, al Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato, agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, di cui all'articolo 16-bis del decreto-legge 95/2012, nonché, per finalità di investimenti e compensazioni ambientali, al Fondo nazionale per la montagna, di cui all'articolo 2 della legge 97/1994. La destinazione degli introiti alle predette finalità è definita in un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, adottato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze sentite le commissioni parlamentari competenti per materia;
    in questo particolare periodo di crisi economica e dramma sociale che attanaglia il nostro Paese, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il Governo dovrebbe astenersi dalla realizzazione di qualsiasi opera infrastrutturale che comporti un aumento tariffario derivante dall'esazione del pedaggio tale da ripercuotersi in un eccessivo aggravio di costi nei confronti dei cittadini;
    con riferimento a talune tratte autostradali a finanziamento in parte privato ed in parte derivante dall'aumento tariffario dell'esazione del pedaggio, quali la cosiddetta «Gronda di Genova», il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, deve ancora concludere l'analisi del piano finanziario complessivo degli interventi e l'elaborazione di un credibile scadenzamento nel tempo di tali investimenti, coerente con le capacità di assorbimento di risorse da parte degli stessi progetti,

impegna il Governo

al fine di garantire che i volumi di investimento privati connessi alla realizzazione delle tratte autostradali risultino coerenti con le capacità di assorbimento delle risorse da parte degli stessi progetti, senza tuttavia comportare eccessivi costi per l'utenza in applicazione dell'esazione del pedaggio, a valutare l'opportunità di trasmettere, entro il 31 dicembre 2014, al Comitato interministeriale per la programmazione economica, all'Autorità di regolazione dei trasporti, nonché alle competenti Commissioni parlamentari, una relazione dettagliata sulla analisi dei piani finanziari complessivi degli interventi sino ad oggi avviati con riferimento alle concessioni autostradali non ancora scadute alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente provvedimento e rispetto alle quali gli stessi concessionari autostradali abbiano evidenziato criticità sotto il profilo dell'opportunità economica nella realizzazione dell'opera in termini di rapporto costi-benefici.
9/2629-AR/65Quaranta, Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Placido, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Duranti, Piras, Fratoianni, Melilla, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Sannicandro, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca all'articolo 5 disposizioni in materia di concessioni autostradali;
    durante l'esame del provvedimento in commissione Ambiente sono stati approvati diverse proposte emendative che hanno introdotto, rispetto al testo vigente, talune innovazioni al fine di prevedere che: le modifiche del rapporto concessorio da parte dei concessionari delle tratte autostradali nazionali, che devono essere sottoposte entro il 31 dicembre 2014 al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, devono essere esplicitamente finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione delle convenzioni e devono riguardare rapporti concessori in essere. Inoltre, le richieste di modifica del rapporto concessorio prevedono nuovi investimenti da parte dei concessionari, i quali sono comunque tenuti alla realizzazione degli investimenti già previsti nei vigenti atti di concessione. Il nuovo piano economico-finanziario, che deve essere anch'esso sottoposto al Ministro delle infrastrutture, deve essere corredato di idonee garanzie e di asseverazione da parte di soggetti autorizzati. Gli schemi di atto aggiuntivo o di convenzione e i relativi piani economico-finanziari, corredati dei pareri prescritti dalla normativa vigente, sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il procedimento può avere comunque corso. Gli atti sono trasmessi alle Camere da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita per quanto di sua competenza l'Autorità di regolazione dei trasporti. Le procedure riguardanti gli aggiornamenti o le revisioni delle convenzioni autostradali vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge 201/2011 sono disciplinate dall'articolo 43 del medesimo decreto. Una differente procedura è invece disciplinata dal comma 84 dell'articolo 2 decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, per l'approvazione degli schemi di convenzione unica. Il riferimento ai «pareri prescritti dalla normativa vigente» citato nella norma fa riferimento ai pareri del CIPE e al coinvolgimento del Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida sulla regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) previsti nelle citate procedure tutti gli affidamenti dei lavori, nonché delle forniture e dei servizi, avvengono nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica disciplinate dal Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; il testo vigente, invece limita l'applicazione di tali procedure agli affidamenti di importo superiore alla soglia comunitaria, ulteriori rispetto a quelli previsti dalle vigenti convenzioni;
    è stato inoltre approvato un emendamento finalizzato a prevedere che il concessionario, nella sottoposizione di un nuovo piano economico-finanziario al Ministro, possa ricorrere anche alle forme di defiscalizzazione previste dalla normativa vigente. Pur non citandolo esplicitamente, la norma dovrebbe fare riferimento alla defiscalizzazione delle nuove opere incluse in piani o programmi di amministrazioni pubbliche previsti a legislazione vigente (ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 183 del 2011 e della Delibera Cipe 18 febbraio 2013, n. 1), consistente nella possibilità di compensare le imposte con quanto dovuto dalla PA a titolo di contributo pubblico a fondo perduto;
    l'articolo 11 del provvedimento in esame, inoltre, rubricato «disposizioni in materia di defiscalizzazione degli investimenti infrastrutturali in finanza di progetto», modifica la disciplina degli incentivi fiscali per la realizzazione di nuove infrastrutture ampliandone l'ambito alle opere previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche e riducendo da 200 a 50 milioni di euro il valore dell'opera al di sopra del quale viene concesso l'incentivo al fine di precisare che l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 5 del decreto legge è subordinata al rilascio del preventivo assenso da parte dei competenti organi dell'Unione europea;
    infine è stato approvato un emendamento finalizzato a destinare gli introiti pubblici derivanti dai canoni di concessioni autostradali, provenienti dalla modifica del rapporto concessorio ad interventi di manutenzione delle rete stradale in gestione all'ANAS SPA, al Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato, agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, di cui all'articolo 16-bis del decreto-legge 95/2012, nonché, per finalità di investimenti e compensazioni ambientali, al Fondo nazionale per la montagna, di cui all'articolo 2 della legge 97/1994. La destinazione degli introiti alle predette finalità è definita in un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, adottato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze sentite le commissioni parlamentari competenti per materia;
    in questo particolare periodo di crisi economica e dramma sociale che attanaglia il nostro Paese, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il Governo dovrebbe astenersi dalla realizzazione di qualsiasi opera infrastrutturale che comporti un aumento tariffario derivante dall'esazione del pedaggio tale da ripercuotersi in un eccessivo aggravio di costi nei confronti dei cittadini;
    con riferimento a talune tratte autostradali a finanziamento in parte privato ed in parte derivante dall'aumento tariffario dell'esazione del pedaggio, quali la cosiddetta «Gronda di Genova», il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, deve ancora concludere l'analisi del piano finanziario complessivo degli interventi e l'elaborazione di un credibile scadenzamento nel tempo di tali investimenti, coerente con le capacità di assorbimento di risorse da parte degli stessi progetti,

impegna il Governo

al fine di garantire che i volumi di investimento privati connessi alla realizzazione delle tratte autostradali risultino coerenti con le capacità di assorbimento delle risorse da parte degli stessi progetti, senza tuttavia comportare eccessivi costi per l'utenza in applicazione dell'esazione del pedaggio, a valutare l'opportunità di trasmettere al Comitato interministeriale per la programmazione economica, all'Autorità di regolazione dei trasporti, nonché alle competenti Commissioni parlamentari, una relazione dettagliata sulla analisi dei piani finanziari complessivi degli interventi sino ad oggi avviati con riferimento alle concessioni autostradali non ancora scadute alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente provvedimento e rispetto alle quali gli stessi concessionari autostradali abbiano evidenziato criticità sotto il profilo dell'opportunità economica nella realizzazione dell'opera in termini di rapporto costi-benefici.
9/2629-AR/65. (Testo modificato nel corso della seduta)  Quaranta, Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Placido, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Duranti, Piras, Fratoianni, Melilla, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Sannicandro, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca all'articolo 30 prevede l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia;
    sulla tutela del made in Italy l'obbligo di indicazione di origine (cosiddetto «Made in») per tutti i prodotti è disciplinato all'articolo 7 della proposta di Regolamento sulla sicurezza dei prodotti di consumo. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha sempre sostenuto tale orientamento nella convinzione che l'indicazione di origine obbligatoria sia un tema cruciale per la sicurezza dei prodotti e per il corretto funzionamento del mercato interno andando a colmare un vuoto legislativo a livello europeo;
    infatti, l'indicazione del Paese di origine contribuisce a: migliorare la tracciabilità del prodotto a beneficio delle autorità di sorveglianza del mercato; rafforzare la fiducia dei consumatori nei confronti del mercato interno; favorire il contrasto alle false indicazioni di origine; rafforzare la competitività delle produzioni europee; stabilire regole condivise e parità di condizioni tra gli operatori economici europei e non europei (level playing field), nel rispetto degli accordi WTO;
    la tracciabilità del prodotto nella catena di fornitura è un aspetto fondamentale del citato Regolamento sulla sicurezza. In ragione della complessità crescente della distribuzione delle produzioni nell'economia globalizzata, nonché per le crescenti importazioni dai Paesi emergenti, risulta urgente la messa in atto di meccanismi efficaci di tracciabilità di origine per poter garantire l'effettiva sicurezza dei prodotti;
    l'indicazione di origine facilita, infatti, l'identificazione del luogo effettivo di produzione in tutti quei casi in cui non è possibile rintracciare tale informazione (o perché il fabbricante non è contattabile o perché l'informazione non è reperibile – per esempio a causa dell'assenza della confezione del prodotto). Si tratta, inoltre, di un'informazione complementare a beneficio delle autorità di vigilanza del mercato che potranno rafforzare la loro azione attraverso la cooperazione con le autorità del Paese di origine nel quadro della cooperazione bilaterale o multilaterale, anche utilizzando il sistema Rapex – Sistema comunitario di informazione rapida sui prodotti non alimentari – (sull'esempio del Rapex China project);
    i consumatori, grazie all'indicazione di origine, potranno beneficiare di un'informazione che ne rafforzerebbe la fiducia: sia per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti, che per quanto riguarda la trasparenza del mercato. Potranno, inoltre, trarre beneficio dai vantaggi associati alle produzioni europee in termini di elevati standard di sicurezza e qualità dei prodotti e di standard sociali e ambientali;
    con riferimento alla competitività delle produzioni europee, occorre evidenziare anche che l'indicazione di origine è obbligatoria nelle legislazioni di diversi partner dell'Unione europea quali USA, Cina, Giappone e altri (che rappresentano grandi mercati per i prodotti europei). Pertanto, l'introduzione dell'indicazione di origine all'interno del citato Regolamento porrà l'Unione in linea con i modelli commerciali internazionali. In tal modo, sarà stabilita la parità di condizioni per gli operatori economici in un regime di reciprocità e sarà favorita una concorrenza basata su regole comuni (level playing field);
    la previsione di medesimi obblighi di indicazione di origine per i prodotti UE ed extra UE evidenzia la natura non protezionistica dell'articolo 7, rendendolo compatibile con le regole del WTO;
    l'indicazione di origine riveste, dunque, una valenza economica per la competitività dei prodotti europei che saranno chiaramente identificabili sui mercati – sia interni che esteri – e potranno essere scelti più agevolmente dai consumatori;
    tale valenza è rafforzata dal fatto che l'indicazione di origine favorisce anche il contrasto alle false indicazioni di origine sui prodotti – fenomeno che colpisce duramente le produzioni europee e in particolare alcuni settori manifatturieri – attraverso controlli più stringenti legati alla verifica delle disposizioni normative e basati su un quadro legislativo chiaro e comune a tutti gli Stati membri. Si andrebbe così a colmare un'assenza di armonizzazione a livello europeo sul tema del controllo delle pratiche commerciali sleali in relazione al «Made in»;
    la proposta di Regolamento ha ricevuto la sua approvazione dal Parlamento europeo nella Plenaria dello scorso 15 aprile, confermando così il voto della Commissione parlamentare Mercato Interno (IMCO) del 17 ottobre 2013;
    nel corso dell'esame in Consiglio, si sono invece venuti a contrapporre due fronti diversi sul tema dell'articolo 7: i Paesi favorevoli (tra cui Italia e Francia) e i Paesi contrari (in primis la Germania). In questa sede, la Presidenza di turno greca non è riuscita a mediare una posizione di compromesso tra i due gruppi di Paesi;
    la proposta di regolamento, tornata ora al Consiglio per l'approvazione definitiva, rientra tra i temi di interesse primario del Governo italiano nel Semestre di Presidenza italiana dell'UE;
    nel dossier «Pacchetto Sicurezza Prodotti», che ha, anch'esso, rilevanza prioritaria per il Governo italiano, l'articolo 7 costituisce un elemento di blocco per la sua definitiva adozione. Infatti, come sopra evidenziato, su tale articolo vi è una forte opposizione da parte della Germania alla quale si associano altri 16 Stati tra cui il Regno Unito; tra le motivazioni dell'opposizione tedesca vi è anche quella della mancata valutazione d'impatto che l'adozione dell'articolo 7 comporterebbe;
    a sostegno del forte interesse della Presidenza Italiana affinché il regolamento venga approvato nell'ambito del semestre a propria guida, il 16 settembre scorso la stessa Presidenza ha convocato – dopo quasi un anno – il Gruppo di lavoro Consumatori, che ha esaminato il testo approvato in prima lettura dal Parlamento;
    per dare risposta alla richiesta unanime dei membri del Gruppo di acquisire nuovi elementi di analisi utili a facilitare la prosecuzione dei lavori a livello tecnico, la Presidenza ha chiesto alla Commissione europea uno studio di analisi sull'impatto dell'articolo 7, che la Commissione si è detta disponibile a realizzare in tempi stretti (cfr. Messaggio della Rappresentanza Permanente d'Italia presso la UE, prot. 9417 del 29 settembre 2014);
    l'auspicio è che il dibattito a livello Comunitario dia un esito positivo affinché le aziende che producono «Made in», possano trarre beneficio dalla salvaguardia da imitazioni e contraffazioni, da parte di prodotti di qualità inferiore, prodotti all'estero;
    sul fenomeno della contraffazione, invece, va sottolineato che è un fenomeno pervasivo, esteso ormai a tutti i settori produttivi e caratterizzato da una specializzazione territoriale e anche da flessibilità rispetto a mutevoli esigenze di mercato. È certamente un fenomeno globale, nella produzione e nei consumi, tanto che a livello internazionale si stima che il valore dei prodotti contraffatti commercializzati nel mondo possa arrivare entro il 2015 a 960 miliardi di dollari;
    inoltre, va evidenziato che la contraffazione è dominata dalla criminalità organizzata. Ritengo che, anche alla luce di queste caratteristiche, si debba considerare che le conseguenze economiche e anche sociali del fenomeno sono rilevanti e conseguentemente cercare di mettere in campo tutti gli strumenti e le pratiche di contrasto;
    a questo scopo, nel 2011 è stato costituito, come noto, il Consiglio nazionale anticontraffazione, che ha sede presso il Ministero dello sviluppo economico, che riunisce tutti gli operatori del sistema anticontraffazione italiano;
    il Consiglio nazionale anticontraffazione (CNAC), che è l'organismo interministeriale con funzioni di indirizzo, impulso e coordinamento strategico delle iniziative intraprese da ogni amministrazione in materia di lotta alla contraffazione, ha dodici membri, quindi è un Comitato interministeriale particolarmente ampio. Vi partecipano undici Ministeri – sviluppo economico, economia e finanze, affari esteri, difesa, politiche agricole, interno, giustizia, beni e attività culturali, lavoro e politiche sociali, salute e funzione pubblica – più l'ANCI, l'Associazione nazionale dei comuni italiani. Il CNAC ha predisposto un piano nazionale anticontraffazione che si sostanzia di un quadro strategico per la lotta a tale fenomeno e ne indica gli indirizzi per orientare anche l'azione delle amministrazioni;
    il Piano nazionale anticontraffazione ha indicato sostanzialmente sei ambiti prioritari in materia di lotta alla contraffazione; comunicazione, informazione e formazione destinate ai consumatori: enforcement; rafforzamento dei presidi territoriali; lotta alla contraffazione via internet (segno dei tempi); formazione alle imprese in tutela della proprietà industriale; tutela del made in Italy dai fenomeni di usurpazione all'estero. Altro filone di ricerca riguarda il numero dei sequestri di prodotti contraffatti compiuti in Italia, Ad oggi ammontano a circa 335 milioni i prodotti sequestrati per contraffazione da Agenzia delle dogane e Guardia di finanza nel periodo 2008-2013, in circa 100 mila sequestri, per un valore stimato di quasi 3,8 miliardi. Attraverso la banca dati IPERICO (Intellectual Property – Elaborated Report of the Investigation on Counterfeiting), vista l'importanza di monitorare al meglio questo fenomeno attraverso una visione integrata a livello sia nazionale che europeo e globale, vengono raccolti e armonizzati i dati sulle attività di contrasto dei diversi corpi preposti, quindi Guardia di finanza, Agenzia delle dogane. Carabinieri, Polizia di Stato, polizie locali, e anche i dati relativi a diverse tipologie di illeciti, dalla contraffazione alla pirateria, alla violazione in materia di made in Italy, e la normativa sulla sicurezza dei prodotti. Infine, con un'apposita convenzione stipulata in data 6 dicembre 2013, il Mise ha affidato all'Agenzia ICE la costituzione di quattro desk per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale e di assistenza per gli ostacoli al commercio. I desk sono entrati in funzione, a maggio di quest'anno, presso gli Uffici dell'Agenzia ICE di Pechino, Mosca, Istanbul e New York. Le sedi sono state individuate sulla base della rilevanza commerciale del mercato e della diffusione del fenomeno della contraffazione oltreché della particolare difficoltà di accesso al mercato stesso. Il personale incaricato ha il compito di prestare assistenza ad aziende e associazioni italiane sulle problematiche e criticità specifiche sia della contraffazione che della tutela dei marchi. Il contatto diretto con importatori e distributori di prodotti italiani consentirà di monitorare gli aspetti di maggiore interesse per le imprese italiane;
    per quanto attiene al fenomeno del cosiddetto «italian sounding», tipico della contraffazione nel settore agro-alimentare, merita ricordare come nell'ambito del Piano promozionale straordinario «Made in Italy» di cui all'articolo 30 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, viene prevista la realizzazione di campagne di promozione strategica nei mercati più rilevanti proprio a contrasto del fenomeno,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a far approvare, nel contesto della Presidenza italiana del semestre europeo, in via definitiva le disposizioni del regolamento del made in già approvate dal Parlamento europeo in data 15 aprile 2014 dando seguito agli impegni contenuti nella mozione n. 1-00525 Fratoianni e altri approvata dalla Camera dei deputati in data 10 luglio 2014;
    a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a introdurre nel nostro ordinamento una disposizione finalizzata a garantire e tutelare la tipicità, l'originalità e la creatività dei prodotti ideati o progettati interamente dalle imprese italiane a prescindere dal fatto che le fasi di lavorazione e confezionamento dei prodotti stessi siano avvenute o meno nel nostro Paese, anche attraverso l'istituzione del marchio «Stile Italiano-Designed in Italy», al fine di dare ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti che si segnalano per specifiche caratteristiche dello stile italiano.
9/2629-AR/66Ricciatti, Fratoianni, Quaranta, Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Placido, Marcon, Duranti, Piras, Melilla, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Sannicandro, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Fondo di servizio per la patrimonializzazione delle imprese;
    in particolare, detto articolo 15 dispone che il Governo promuova l'istituzione di un Fondo di servizio, avente durata di dieci anni prorogabili, con lo scopo di rilanciare le imprese industriali italiane caratterizzate da «equilibrio economico positivo» e che necessitino di adeguata patrimonializzazione. Scopo del Fondo è il sostegno finanziario e patrimoniale attraverso nuove risorse che favoriscano, tra l'altro, processi di consolidamento industriale rivolgendosi alle imprese con un numero di addetti non inferiore a 150 e con prospettive di mercato, L'intervento del Fondo sarà costituito da operazioni di patrimonializzazione al servizio dello sviluppo operativo e dei piani di medio-termine. Potranno sottoscrivere quote del Fondo i soli investitori istituzionali e professionali: la sua operatività è subordinata alla dotazione minima di 1 miliardo di euro, sottoscritta da almeno tre investitori partecipanti, ciascuno in misura non inferiore al 5 per cento e non superiore al 40 per cento. Tali investimenti dovranno rappresentare complessivamente una quota pari ad almeno il 50 per cento del valore totale dei «prestiti bancari alle imprese italiane non finanziarie», risultanti dalle rilevazioni periodiche del credito bancario effettuate dalla Banca d'Italia;
    il Fondo ha durata decennale prorogabile e gli investimenti hanno una durata di medio e lungo periodo. Il Fondo potrà altresì investire in imprese oggetto di procedure di ristrutturazione societarie e del debito, Le norme affidano la gestione del Fondo ad una società di gestione del risparmio selezionata attraverso procedura ad evidenza pubblica gestita dai sottoscrittori, che assicuri la massima partecipazione, trasparenza e non discriminazione degli operatori finanziari iscritti all'apposito albo delle società di gestione del risparmio tenuto, ai sensi dell'articolo 35 del TUF (decreto legislativo n. 58 del 1998), dalla Banca d'Italia. Sono specificate le caratteristiche obbligatorie della procedura di evidenza pubblica per la selezione del gestore del fondo, con l'obbligo di escludere le offerte che prevedano remunerazioni di carattere speculativo, prevedano un gestore del Fondo soggetto a partecipazione di controllo o di maggioranza da parte di uno o più sottoscrittori del Fondo, e quelle che non prevedano la presenza di un comitato di controllo. Inoltre l'offerta tecnica deve contenere la struttura organizzativa e remunerativa della società di gestione del risparmio;
    il soggetto gestore del Fondo deve operare in Situazione di neutralità e imparzialità rispetto ai sottoscrittori. Deve rendere note ai sottoscrittori ed al Ministero dell'economia e delle finanze le operazioni in cui si trovi in conflitto di interesse e trasmettere annualmente al Ministero dello sviluppo economico una relazione sull'operatività del fondo, insieme ad una banca dati completa per ciascuna operazione. Infine si affida a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'individuazione delle caratteristiche delle imprese beneficiarie dell'intervento del Fondo, le caratteristiche della tipologia di investimento nel Fondo, al fine di evitare remunerazioni di carattere speculativo, e le modalità organizzative del Fondo stesso;
    durante l'esame del provvedimento è stato approvato un emendamento teso a precisare che il fondo di servizio per la patrimonializzazione delle imprese dovrà essere istituito senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche con riferimento alle sue modalità organizzative;
    la crisi economica e finanziaria internazionale che ormai da diverso tempo investe pesantemente l'economia italiana si sta riflettendo con particolare intensità nelle regioni dei Mezzogiorno, dove si registrano evidenti difficoltà nel settore produttivo, significativi e preoccupanti incrementi del tasso di disoccupazione e conseguenti ricadute negative sulle famiglie;
    il perdurare del divario tra le diverse aree territoriali del Paese è confermato dal dato del PIL per abitante e la perdita di occupazione, pur riguardando tutti i settori, risulta di estrema gravità soprattutto nel comparto industriale. Un sistema imprenditoriale già fragile e diradato, se messo a confronto con quello del Centro-Nord, è stato sottoposto negli ultimi anni a un processo di progressivo smantellamento, costellato da crisi d'impresa molto gravi;
    la forte riduzione dell'occupazione non si riflette nel Mezzogiorno in un contemporaneo aumento del tasso di disoccupazione solo per effetto di un patologico incremento dell'area della non attività, dovuto a fenomeni crescenti di «scoraggiamento» che riguardano soprattutto giovani e donne con carichi familiari;
    uno dei principali fattori che determina difficoltà operative alle imprese del Mezzogiorno e il conseguente rallentamento della crescita nel Mezzogiorno è rappresentato dallo scarso sviluppo del settore del credito. Alla ridotta diffusione territoriale delle banche e dei confidi, che da sempre sono motivo di scarsa disponibilità di credito per le imprese, si sono aggiunte le difficoltà generate dalla crisi finanziaria mondiale che hanno accentuato la stretta creditizia nei confronti delle imprese, ed in particolare delle PMI dislocate nelle aree del mezzogiorno;
    la legge di stabilità 2014 (Legge 147/2013 commi 54 e 55) ha introdotto alcune misure volte alla crescita e alla patrimonializzazione dei confidi, destinando una quota di risorse prelevate dal Fondo di garanzia per le PMI nei limiti dell'importo di 225 milioni di euro, nonché una quota fino a 70 milioni di euro del fondo di perequazione delle camere di commercio. Misure sicuramente condivisibili che, pur tuttavia, potrebbero essere ulteriormente potenziate attraverso l'adozione di ulteriori iniziative di sostegno allo sviluppo e ad alla patrimonializzazione dei Confidi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a rafforzare la patrimonializzazione dei Confidi, favorendo l'attività dei Confidi nell'azione di sostegno alle imprese salvaguardandone la loro natura mutualistica e rafforzandone l'importante ruolo di cerniera tra imprese e sistema bancario in questa particolare contingenza economica.
9/2629-AR/67Ferrara, Ricciatti, Quaranta, Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Placido, Marcon, Duranti, Piras, Fratoianni, Melilla, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Sannicandro, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del provvedimento in esame reca disposizioni in materia di reti a banda ultralarga;
    come emerge da una recente inchiesta condotta dal Corriere delle Comunicazioni tutte le Regioni del nostro Paese hanno deliberato in tema di digitalizzazione e sono molte quelle che si sono dotate di Agende digitali, Reti NGN, Cloud e razionalizzazione dell'esistente: i pilastri, in buona sostanza, sui cui poggia buona parte del piani;
    lo scenario che ne emerge è sorprendente: le Regioni sono molto più avanti di quanto si creda in materia di digitalizzazione e non mancano i progetti (di cui moltissimi già portati a termine) votati a rafforzare l'erogazione di servizi innovativi a cittadini e imprese che fanno leva su tecnologie di ultima generazione, il cloud, considerato dai più uno strumento per razionalizzare l’hardware, aumentare la capacità di storage e abbattere i costi in nome dell'efficienza e della spending review;
    fra le priorità anche la dematerializzazione e anche in questo caso a guidare i progetti c’è il duplice obiettivo di efficientare la macchina pubblica ottenendo un sensibile risparmio sulle spese vive, che non guasta in tempi di crisi;
    da evidenziare il rafforzamento degli investimenti in connettività e in particolare in banda larga per consentire l'erogazione di servizi evoluti e spingere l'attuazione di progetti digitali legati in particolare a sanità e scuola, ma anche a sostenere distretti produttivi e a favorirne crescita e sviluppo in chiave di globalizzazione;
    da Nord a Sud, le Agende regionali si somigliano molto; le differenze si misurano per lo più in termini di risorse disponibili e quindi di capacità attuativa delle iniziative sulla carta. Il patto di Stabilità da un lato e l'incapacità di sfruttare appieno i fondi europei dall'altro rappresentano i grandi ostacoli sul cammino;
    le Agende digitali regionali ci sono, dunque, ma ancora non si comprende come potranno integrarsi nel grande progetto nazionale. Attuare un'Agenda digitale nazionale, quando ci sono già 21 Agende locali potrebbe determinare il rischio di una frammentazione che può inficiare l'attuazione stessa dei progetti a causa di annose questioni quali la mancanza di standard e di interoperabilità e la duplicazione delle iniziative, per non parlare del pericolo di ritrovarsi un'Italia digitale eternamente a macchia di leopardo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di informare quanto prima il Parlamento circa l'ammontare preciso e complessivo delle risorse che saranno destinate alla banda larga e ultra-larga, nonché al piano nazionale per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana chiarendo la strategia complessiva da adottare al fine, da un lato, di non sottovalutare il ruolo che le Regioni possono avere in termini di competenze e di conoscenza delle specifiche realtà territoriali ma anche, dall'altro, di evitare inutili «doppioni» e ridondanze che rischierebbero di rallentare i progetti e di non assicurare un efficace impiego delle risorse disponibili.
9/2629-AR/68Franco Bordo, Scotto, Quaranta, Pellegrino, Zaratti, Airaudo, Placido, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Duranti, Piras, Fratoianni, Melilla, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Sannicandro, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 41, reca disposizioni in materia di trasporto pubblico locale nelle regioni Calabria e Campania;
    in particolare si prevede la destinazione di risorse del Fondo di sviluppo e coesione, per un ammontare di 40 milioni per il 2014 (di cui 20 milioni a copertura degli oneri 2013) e di 20 milioni per il 2015 al fine di assicurare la copertura dei costi del sistema di trasporto pubblico locale della regione Calabria e superare l'attuale situazione di disavanzo. Ciò a condizione che il piano di riprogrammazione della regione venga integrato tenendo conto di specifici parametri quali tariffe che tengano conto della tariffa media applicata a livello nazionale per passeggero/k.m e un rapporto tra ricavi da traffico e corrispettivo da regione non inferiore al 20 per cento;
    inoltre, si differisce al 31 dicembre 2015 il blocco, scaduto il 30 giugno 2014, delle azioni esecutive nei confronti delle imprese esercenti il trasporto ferroviario regionale nella regione Campania ed interessate dal piano di rientro dalla situazione di disavanzo: si prevede inoltre che i pignoramenti effettuati non vincolino gli enti debitori e i terzi pignorati;
    il sistema di trasporto pubblico locale della Regione Campania e della Regione Calabria vivono ormai da troppo tempo una situazione di estrema criticità, che si aggrava di giorno in giorno, con continui disservizi e persistenti malfunzionamenti che incidono profondamente sul diritto alla mobilità dei cittadini campani e calabresi e sul sistema economico e sociale della Regioni;
    in particolare, desta molta preoccupazione la situazione in cui versa il trasporto pubblico su gomma,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa volta a migliorare l'efficienza del servizio di trasporto pubblico locale su gomma della Regione Campania e della Regione Calabria, anche attraverso l'utilizzo, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, di risorse aggiuntive rispetto a quelle già previste a legislazione vigente.
9/2629-AR/69Giancarlo Giordano, Scotto, Quaranta, Pellegrino, Zaratti, Airaudo, Placido, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Duranti, Piras, Fratoianni, Melilla, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Sannicandro, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 28 del provvedimento in esame reca disposizioni in materia di funzionalità aeroportuale, intervenendo altresì sul regime contributivo delle indennità di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo, confermando anche per il triennio 2015-2017 l'agevolazione già prevista per il 2014 dalla normativa vigente;
    il trasporto aereo, per merci e persone, ha assunto da tempo in Italia una rilevanza assoluta nell'ambito dell'intero sistema dei trasporti interni e di collegamento internazionale; rilevanza destinata a crescere ulteriormente in relazione alle rotte e al numero dei vettori impiegati, soprattutto con riferimento a regioni insulari come la Sardegna;
    la Sardegna vive ormai da tempo una iniqua condizione aggravata dall'isolamento, dovuta alla sostanziale inadeguatezza del sistema di collegamento da e per l'isola, con il rischio di veder ulteriormente compromessa la propria situazione economica e sociale con conseguenze particolarmente negative anche sui diritti alla continuità territoriale per cittadini e imprese sarde,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di competenza per garantire continuità territoriale ai collegamenti da e per la Sardegna, nonché il rilancio di compagnie aeree di primaria importanza quali Meridiana con l'impiego, la tutela occupazionale e la protezione sociale dei suoi 1.600 lavoratori qualificati.
9/2629-AR/70Piras, Giancarlo Giordano, Scotto, Quaranta, Pellegrino, Zaratti, Airaudo, Placido, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Duranti, Fratoianni, Melilla, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Sannicandro, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo la Relazione tecnica le disposizioni di cui all'articolo 10 sono finalizzate a «liberare» risorse per ulteriori interventi della Cassa Depositi e Prestiti pari a 15 miliardi, che si aggiungono ai circa 80 miliardi già previsti dal Piano industriale 2013-2015 della Cassa Depositi e Prestiti;
    le modifiche apportate all'articolo 5 del decreto-legge n. 269/2003 ampliano le possibilità d'intervento della Cassa depositi e prestiti sia per la «gestione separata» (raccolta garantita dallo Stato) e che per la «gestione ordinaria» (raccolta non garantita dallo Stato);
    per quanto concerne la gestione separata si prevede che la Cassa Depositi e Prestiti disponga finanziamenti e garanzie anche (comma 1 – sub comma 7, lettera a) nei confronti di soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati ai sensi dei decreti del Ministero dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare (comma 1 – sub comma 11, lettera e). Devono sussistere adeguati requisiti di sostenibilità economico-finanziaria della singola operazione considerata;
    la cosiddetta «gestione ordinaria» viene estesa (comma 1 – sub comma 7, lettera b) anche a iniziative di pubblica utilità nonché investimenti finalizzati a: ricerca, sviluppo, innovazione, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, anche in funzione di promozione del turismo, ambiente e efficientemente energetico, in via preferenziale in cofinanziamento con enti creditizi e comunque utilizzando fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, senza garanzia dello Stato;
   altre modifiche (comma 1 – sub comma 11, lettera d) riguardano la garanzia dello Stato sulle esposizioni assunte da Cassa Depositi e Prestiti. Le modifiche sono finalizzate a consentire alla Cassa Depositi e Prestiti un più ampio sostegno delle iniziative per lo sviluppo del Paese grazie alla liberazione di maggiori risorse, attraverso un minore assorbimento di capitale della Cassa assicurato dalla garanzia dello Stato;
   tale garanzia dello Stato, che è a titolo oneroso e deve essere compatibile con la normativa dell'Unione europea, può essere rilasciata su esposizioni assunte o previste da Cassa Depositi e Prestiti nell'ambito della gestione separata;
   è prevista la stipula di apposite convenzioni tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la Cassa Depositi e Prestiti finalizzate a disciplinare i criteri e le modalità operative, la durata e la remunerazione della garanzia statale;
   il comma 2 estende il regime di esenzione della ritenuta sugli interessi e sugli altri proventi corrisposti a fronte di finanziamenti a medio e lungo termine concessi alle imprese da enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell'UE anche agli istituti di promozione dello sviluppo, sempre stabiliti negli Stati membri dell'UE, i quali, pur non avendo natura di enti creditizi, esercitano attività di credito con finalità pubblicistiche di sostegno e promozione dell'economia (tra i quali: in Italia, la Cassa Depositi e Prestiti, in Germania, la Kreditanstalt fdr Wiederautbau (KFW), in Francia, la Caisse des dépdts et consignations (CDC), ecc.;
   in sede referente è stato approvato un emendamento che ha stabilito che la Cassa Depositi e Prestiti potrà intervenire anche con riferimento a iniziative interessanti i territori montani e rurali per investimenti nel campo della green economy;
   tale aggiunta risponde in maniera riduttiva alla proposta di istituzione di una vera e propria Green bank sul modello inglese;
   la Green bank dovrebbe essere costituita nell'ambito della Cassa Depositi e Prestiti, e potrebbe avere un capitale complessivo pari a 1.000.000.000 di euro, di cui almeno il 51 per cento assicurato attraverso apposito stanziamento da parte di Cassa Depositi e Prestiti e almeno il 20 per cento da parte del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che si potrebbe avvalere in proposito di risorse disponibili nell'ambito del quadro di programmazione UE 2014/2020. La restante parte potrebbe essere allocata sul mercato nei confronti di categorie di investitori qualificati;
   la Green bank dovrebbe condurre operazioni ed interventi di sostegno finanziario, diretto ed indiretto, a favore della green economy;
   la Green bank potrebbe contribuire a promuovere e finanziare studi di fattibilità in materia di riqualificazione del patrimonio edilizio a scopo residenziale, servizi, ricettività o simili, che valorizzino edifici e borghi a valenza storica e testimoniale, e partecipare all'attuazione degli interventi stessi. Tali interventi dovrebbero essere elaborati in base a una documentata la validità economica e progettati nonché realizzati almeno in conformità con quanto previsto dalle direttive europee in materia di riqualificazione edilizia e urbana e di efficienza energetica;
   dovrebbero essere privilegiati e incentivati i progetti che, tanto in fase di progettazione quanto di realizzazione, si avvalgono di sistemi di verifica e certificazione trasparenti, la cui documentazione sia pubblicamente disponibile e gestiti da parte terza, riconosciuti dal mercato a livello nazionale ovvero internazionale, che documentino e certifichino attraverso procedure indipendenti aspetti, qui elencati a titolo indicativo non esaustivo, come l'efficienza energetica, la sostenibilità idrica, il benessere termico, acustico, visivo e respiratorio interno, il rapporto tra edifici e contesto, l'uso di materiali sostenibili, il rispetto della valenza storica e testimoniale dell'edificio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di autorizzare la Cassa Depositi e Prestiti ad assolvere ai compiti di istituzione finanziaria per lo sviluppo della «green economy», stipulando un apposita convenzione con la società Cassa depositi e prestiti Spa al fine di avvalersi della medesima e delle società da essa partecipate per l'istruttoria e la gestione dei profili finanziari delle iniziative di investimenti relativi ad operazioni ed interventi di sostegno finanziario diretto ed indiretto e dei quali deve essere garantita una redditività adeguata del capitale investito, a favore delle imprese di piccole e medie dimensioni, nonché degli enti locali, ivi comprese le società da essi controllate c/o partecipate, per investimenti nel campo della «green economy», con particolare riferimento a quelli interessanti i territori montani e rurali italiani, e con peculiare riguardo per il sostegno agli investimenti nel campo dell'innovazione, della ricerca e dello sviluppo nei territori a cosiddetto «fallimento di mercato» al fine di ammortizzare e annullare i deficit strutturali permanenti di tali territori.
9/2629-AR/71Marcon, Zaratti, Pellegrino, Melilla, Borghi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del decreto «Sblocca Italia» è dedicato a Cassa depositi e prestiti. Il governo interviene per allargare e potenziare l'operatività della società per azioni controllata dal ministero del Tesoro, nata per finanziare gli enti locali. Adesso la Cassa potrà dar credito anche a privati impegnati nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, anche in funzione di promozione del turismo, ambiente e efficientamento energetico;
    nello specifico, lo «Sblocca Italia» interviene su un paio di commi dell'articolo 5 della legge 326 del 24 novembre 2003, ovvero quello che ha trasformato la Cassa depositi e prestiti in una società per azioni, aprendo le porte alla successiva privatizzazione di una parte del capitale e a una gestione totalmente «opaca» di Cassa Depositi e Prestiti;
    la modifica della comma 7, lettera a), dell'articolo 5 della legge 326/2003 stabilisce che la Cassa depositi e prestiti, utilizzando «fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali» potrà finanziare non solo lo Stato, le Regioni e gli enti locali ma anche «soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati ai sensi del successivo comma 11 lettera e)». Il comma 11 lettera e), dipende a sua volta dal comma 8, che è quello in cui si fa riferimento a «partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale», ma anche alla possibilità di «acquistare obbligazioni bancarie garantite emesse a fronte di portafogli di mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali». Fa riferimento – inoltre – allo stesso comma 7, lettera a), dell'articolo 5 citato, e specifica che il finanziamento – che è garantito dallo Stato, come pagatore di ultima istanza – può essere destinato a «ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo Statuto sociale della Cassa Depositi e Prestiti spa», uno statuto che viene sovente modificato, con decisioni del consiglio d'amministrazione della Cassa, che non devono né possono essere ratificate da alcun organismo elettivo, per «allargare», appunto, il raggio d'azione della stessa;
    utilizzando i fondi provenienti dall'emissione di titoli, o dall'assunzione di finanziamenti (ad esempio, quelli della Banca europea d'investimenti, come dimostra il caso Passante di Mestre), Cassa Depositi e Prestiti poteva finanziare «opere, impianti e reti» destinati alla fornitura di servizi pubblici e alle bonifiche. Un margine troppo stretto, che è stato ampliato a dismisura intervenendo sulla lettera b) del comma 7 dell'articolo 5, che apre al finanziamento di «iniziative di pubblica utilità (lo stesso decreto-legge “Sblocca Italia”, considera pubblica utilità ogni investimento in campo energetico, per quanto riguarda ricerca, prospezione e sfruttamento di giacimento di petrolio e gas), nonché infrastrutture necessarie al trasporto e allo stoccaggio del gas, e gli investimenti finalizzati a ricerca, sviluppo, innovazione, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, anche in funzione di promozione del turismo, ambiente e efficientemente energetico, in via preferenziale in cofinanziamento con enti creditizi;
   si consente così una valorizzazione in proprio dei beni del Demanio civile e militare che Cassa depositi e prestiti ha acquistato nel corso degli ultimi anni dagli enti locali e dal ministero della Difesa;
   c’è, infine, nel provvedimento al nostro esame un intervento di sostituzione importante che consente a Cassa Depositi e Prestiti spa di assumere partecipazioni (come quella in ENI, ad esempio), «partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale», ma anche ad «acquistare obbligazioni bancarie garantite emesse a fronte di portafogli di mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali». Prima, potevano essere garantite dallo Stato – secondo modalità definite per decreto dal ministero dell'Economia e delle finanze – le esposizioni assunte o previste «ai sensi del comma 7, lettera a)», cioè quelle rivolte fondamentalmente ad enti pubblici. Adesso, con l'intervento di sostituzione che trova spazio nello decreto-legge «Sblocca Italia», il ministero dell'Economia, con atti dirigenziali, avrà la possibilità di allargare la «garanzia dello Stato» a ulteriori settori d'intervento, nell'ambito delle partecipazioni e delle cartolarizzazioni;
   la Campagna per la socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti è promossa dal Forum per una nuova finanza pubblica e sociale, finalizzata ad arrestare il processo di privatizzazione di Cassa Depositi e Prestiti, affinché torni a recuperare il suo ruolo originario di ente che gestisce il risparmio postale al servizio del bene comune;
   nel 2003, Cassa Depositi e Prestiti è stata trasformata in Spa e le fondazioni bancarie sono entrate nel suo capitale sociale (con il 30 per cento, oggi ridotto al 18 per cento). Da quel momento e progressivamente, Cassa Depositi e Prestiti muta strutturalmente la propria funzione che, da pubblica, diviene privatistica, ovvero finalizzata alla produzione di dividendi per gli azionisti (Ministero del Tesoro e fondazioni bancarie);
   la Campagna si batte per la fuoriuscita delle fondazioni bancarie dal capitale sociale di Cassa Depositi e Prestiti. Inoltre rivendica un diverso ruolo di Cassa Depositi e Prestiti, al servizio di un nuovo modello di economia sociale territoriale,

impegna il Governo

   a prendere le opportune iniziative, anche normative, affinché le risorse raccolte attraverso il risparmio postale siano impegnate prioritariamente nel sostenere gli investimenti finalizzati:
    a) alla riappropriazione sociale dei beni comuni e dei servizi pubblici;
    b) alla tutela idrogeologica del territorio, alla messa in sicurezza del patrimonio pubblico e degli edifici scolastici, alla realizzazione di opere pubbliche finalizzate all'espansione dei servizi offerti ai cittadini;
    c) a garantire il diritto all'abitare, attraverso progetti di manutenzione straordinaria del patrimonio abitativo pubblico esistente e progetti di riutilizzo a funzione abitativa popolare di edifici dimessi e/o abbandonati.
9/2629-AR/72Melilla, Marcon, Zaratti, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del provvedimento al nostro esame modifica in parte i compiti della Cassa depositi e prestiti;
    Cassa Depositi e Prestiti è una SpA (con all'interno le fondazioni bancarie) che raccoglie il risparmio postale (240 miliardi) di quasi 24 milioni di persone;
    in alcuni Paesi europei, è importante il ruolo di alcuni grandi strutture finanziarie pubbliche; è il caso in Francia della CDC e in Germania della KFW. Esse, con tutti i loro problemi, svolgono comunque un meritorio lavoro nel sostenere lo sviluppo dell'economia dei loro paesi. Ricordiamo anche come di recente la CDC abbia dato origine ad una grande banca di sviluppo nazionale;
    in Italia abbiamo la Cassa Depositi e Prestiti, sulla cui operatività non si può certo esprimere un giudizio positivo;
    l'istituto è diventato una specie di «prostituta del credito», non negando il suo intervento finanziario a tutti i potenti del nostro paese e invece centellinandolo là dove esso sarebbe più utile. Peraltro si tratta di tendenze che sembrano diffondersi alla gran parte del sistema bancario italiano;
    indubbiamente la Cassa Depositi e Prestiti dovrebbe essere spinta a cambiare i suoi indirizzi gestionali, distogliendo l'attenzione dalle lobbies e rinforzando fortemente il suo intervento a favore della piccola e media impresa e dello sviluppo sostenibile del nostro Paese;
    i flussi di credito dovrebbero essere orientati in direzione di iniziative che incrementino o sostengano l'occupazione, l'innovazione tecnologica, la crescita del settore dell'economia verde;
    non si può peraltro, non sottolineare come la competitività della industria tedesca ha alle spalle una grande Agenzia pubblica, la Fraunhofer, composta da circa quarantamila tra scienziati, tecnologi, ingegneri, etc., espressione dei grandi Politecnici tedeschi, a cui ogni azienda, di fronte ad una qualsiasi strozzatura produttiva, può rivolgersi stabilendo un contratto di ricerca, per avere risposta all'eventuale problema;
    l'Agenzia Fraunhofer alimenta così, con le sue risposte, un continuo flusso di investimenti e, attraverso tale flusso, un processo di innovazione incrementale e sistemico. Gli investimenti infatti non si improvvisano, tanto è vero che oggi, pur portando la BCE il denaro a un costo tendente allo zero, il cavallo non beve, il ciclo di investimenti non riprende;
    nel nostro Paese un'agenzia simile sarebbe ancora più necessaria, vista anche la particolare struttura produttiva italiana in cui le grandi imprese, oltretutto sempre più ridotte di numero, hanno sostanzialmente smantellato i loro istituti di ricerca (pensiamo al CSM a Pomezia per la siderurgia e a tanti altri), e le piccole imprese vivono soprattutto copiando o affidandosi al famigerato «genio italico». Esempio ne è la vicenda dei cosiddetti distretti industriali e la loro tenuta messa a dura prova dall'atavico ed esasperato privatismo individualistico dei loro singoli componenti;
    peraltro, esiste già un'Agenzia italiana sul modello «Fraunhofer» a Bolzano, di diritto privato e di proprietà tedesca, con una microscopica partecipazione dell'imprenditoria altoatesina, che però non ha la pretesa di essere un sistema nazionale, anche se progetta di aprire altre sedi nel nostro Paese;
    occorre dunque agire riorganizzando, unificando, ristrutturando, potenziando e finalizzando i centri di ricerca che pur esistono e spesso anche di notevole qualità; e strutturando un nuovo ruolo del Pubblico a tale livello strategico. Oggi per questa via si fa politica industriale, cioè innovazione di processi e di prodotti, e quindi investimenti e quindi occupazione e diritti;
    oggi, infatti, la politica industriale, scomparse le Partecipazioni statali ed essendo impossibili le svalutazioni competitive, passa essenzialmente per tale via maestra. Si tratta, se non si vuole ridurre la questione investimenti a denuncia o invocazione, di dare quindi un seguito alla grande tradizione italiana dei Natta, degli Ippolito, dei Buzzati-Traverso, ecc... e strutturare un nuovo ruolo strategico del Pubblico, dopo il fallimento degli animals spirits del mercato,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche normative, per la costituzione di un'Agenzia nazionale sul modello «Fraunhofer» al fine di incrementare l'innovazione di processi e prodotti ed incrementare la competitività del nostro apparato produttivo, ed a autorizzare la Cassa Depositi e Prestiti a finanziarla attraverso il Fondo strategico italiano adeguandone opportunamente la mission.
9/2629-AR/73Kronbichler, Scotto, Melilla, Marcon, Zaratti, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    per quanto concerne i Fondi europei, in base alla cosiddetta «regola dell'n+2», per ogni annualità contabile delle risorse impegnate – per ciascun fondo (FSE, FESR) e programma operativo (PO) sul bilancio comunitario – la parte che non risulta effettivamente spesa e certificata alla Commissione entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell'impegno di bilancio viene disimpegnata automaticamente;
    il disimpegno delle risorse comunitarie comporta anche la parallela riduzione di disponibilità delle relative risorse di cofinanziamento nazionale;
    al costante monitoraggio della spesa dei fondi strutturali nel quadro dei programmi operativi, nazionali e regionali, deve provvedere il Ministro per la Coesione territoriale (oppure il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri delegato a ciò) sulla base di dati validati dalla Ragioneria generale dello Stato e dal Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e la Coesione economica;
    al riguardo, la Relazione illustrativa al provvedimento in esame ricorda che la Commissione europea ha già proposto una raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea per un rafforzamento dei poteri delle strutture centrali dello Stato al fine di realizzare un'efficace utilizzazione dei fondi comunitari. Nella Raccomandazione del 29 maggio 2013 (Raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2013 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità dell'Italia 2012-20171) la Commissione europea, nel sottolineare l'azione intrapresa dall'Italia per il miglioramento dell'efficienza e della qualità della spesa pubblica, raccomanda all'Italia di adottare nel periodo 2013-2014 misure strutturali per migliorare la gestione dei fondi dell'UE nelle Regioni del Mezzogiorno, in vista del periodo di programmazione 2014-2020;
    la novità dell'articolo 12 del provvedimento al nostro esame rispetto a quanto già previsto dall'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 69 del 2013 consiste, non tanto nei poteri sostitutivi già previsti ma solo per l'effettiva realizzazione degli interventi programmati con i fondi europei e con i fondi nazionali per le politiche di coesione nel limite delle risorse allo scopo finalizzate, quanto nella possibilità di definanziare e di riprogrammare le risorse; questo potere è stato opportunamente limitato da un emendamento approvato nel corso dell'esame in sede referente dell'Atto Camera n. 2629 che ha stabilito che per tali risorse rimane comunque fermo il principio di territorialità. Le risorse dunque non potranno essere dirottate a favore di altri territori;
    questa riprogrammazione può avvenire da parte del solo Presidente del Consiglio dei ministri «sentita la Conferenza unificata». Il che sembra una procedura un po’ sottodimensionata data la delicatezza delle scelte da compiere in materia,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative affinché sia effettivamente acquisito il parere positivo della Conferenza Unificata in merito alle ipotesi di definanziamento e riprogrammazione delle risorse dei Fondi europei.
9/2629-AR/74Pannarale, Zaratti, Pellegrino, Melilla, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 del provvedimento, al fine di attuare un sistema integrato e moderno di gestione dei rifiuti, atto a conseguire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore, individuando a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento degli impianti, avvia la cosiddetta la mobilità dei rifiuti ed elimina, di fatto, i vecchi limiti territoriali allo smaltimento dei rifiuti, introducendo l'obbligo per gli impianti di trattare i rifiuti che provengono da tutto il Paese e scaricando, in tal modo su quei territori virtuosi che fino ad oggi hanno affrontato con responsabilità il problema dello smaltimento, le inefficienze di altri;
    lo stesso articolo, sino alla suddetta definitiva realizzazione degli impianti necessari per l'integrale copertura del fabbisogno nazionale, consente agli impianti di recupero energetico da rifiuti, ove tecnicamente possibile, di lavorare in regime di saturazione termica, (cioè a massimo carico disponibile), sempre che sia valutata positivamente la compatibilità ambientale degli stessi e sia osservato il rispetto delle disposizioni normative sullo stato di qualità dell'aria;
    pensare di risolvere la questione rifiuti delegandone la soluzione ai territori virtuosi che ospitano impianti di smaltimento, è scelta politica miope e poco lungimirante ai fini di una soluzione definitiva del problema, che piuttosto dovrebbe basarsi sull'impegno a raggiungere risultati di raccolta differenziata di eccellenza, pianificazione di impianti di compostaggio e di trattamento a freddo con graduale dismissione degli impianti di incenerimento esistenti;
    qualsiasi previsione di programmazione di flussi di rifiuti sovra-regionali appare improponibile, se non è limitata a situazioni di emergenza o a fasi transitorie che precedano la realizzazione di nuovi e innovativi sistemi di recupero e smaltimento. Come già anticipato dal clima di allarme sociale che si è acceso a seguito dell'approvazione del suddetto articolo 35, la libera circolazione dei rifiuti da un territorio ad un altro e troverà molti ostacoli, non per protezionismo o scarso senso di solidarietà nazionale, ma perché andrà ad infrangere quel delicato equilibrio tra responsabilità e premialità che sostiene i risultati ed i comportamenti dei cittadini,

impegna il Governo

ad escludere, in sede di individuazione degli impianti di incenerimento strategici deputati ad attuare il sistema integrato a livello nazionale di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 dell'articolo 35 del provvedimento in esame quelli situati nei territori che nell'ultimo quinquennio hanno migliorato almeno del 10 per cento la propria percentuale di raccolta differenziata o nei quali la stessa raggiunga almeno il 50 per cento.
9/2629-AR/75Paglia, Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 del provvedimento, al fine di attuare un sistema integrato e moderno di gestione dei rifiuti, atto a conseguire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore, individuando a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento degli impianti, avvia la cosiddetta la mobilità dei rifiuti ed elimina, di fatto, i vecchi limiti territoriali allo smaltimento dei rifiuti, introducendo l'obbligo per gli impianti di trattare i rifiuti che provengono da tutto il Paese e scaricando, in tal modo su quei territori virtuosi che fino ad oggi hanno affrontato con responsabilità il problema dello smaltimento, le inefficienze di altri;
    lo stesso articolo, sino alla suddetta definitiva realizzazione degli impianti necessari per l'integrale copertura del fabbisogno nazionale, consente agli impianti di recupero energetico da rifiuti, ove tecnicamente possibile, di lavorare in regime di saturazione termica, (cioè a massimo carico disponibile), sempre che sia valutata positivamente la compatibilità ambientale degli stessi e sia osservato il rispetto delle disposizioni normative sullo stato di qualità dell'aria;
    pensare di risolvere la questione rifiuti delegandone la soluzione ai territori virtuosi che ospitano impianti di smaltimento, è scelta politica miope e poco lungimirante ai fini di una soluzione definitiva del problema, che piuttosto dovrebbe basarsi sull'impegno a raggiungere risultati di raccolta differenziata di eccellenza, pianificazione di impianti di compostaggio e di trattamento a freddo con graduale dismissione degli impianti di incenerimento esistenti;
    qualsiasi previsione di programmazione di flussi di rifiuti sovra-regionali appare improponibile, se non è limitata a situazioni di emergenza o a fasi transitorie che precedano la realizzazione di nuovi e innovativi sistemi di recupero e smaltimento. Come già anticipato dal clima di allarme sociale che si è acceso a seguito dell'approvazione del suddetto articolo 35, la libera circolazione dei rifiuti da un territorio ad un altro e troverà molti ostacoli, non per protezionismo o scarso senso di solidarietà nazionale, ma perché andrà ad infrangere quel delicato equilibrio tra responsabilità e premialità che sostiene i risultati ed i comportamenti dei cittadini,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di tenere in considerazione, in sede di individuazione degli impianti di incenerimento strategici deputati ad attuare il sistema integrato a livello nazionale di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 dell'articolo 35 del provvedimento in esame, quelli situati nei territori nei quali la raccolta differenziata abbia raggiunto il 50 per cento.
9/2629-AR/75. (Testo modificato nel corso della seduta)  Paglia, Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21 del provvedimento, al fine di rilanciare il settore immobiliare, riconosce a coloro che acquistano un immobile entro i prossimi tre anni, una deduzione dal reddito complessivo, ai fini Irpef, pari al 20 per cento del prezzo di acquisto dello stesso risultante dall'atto di compravendita nel limite massimo complessivo di spesa di 300.000 euro al quale si aggiunge anche l'importo relativo agli interessi passivi dipendenti dai mutui eventualmente contratti;
    le modifiche al testo intervenute nel corso dell'esame in sede referente in Commissione, hanno snaturato sostanzialmente l'obiettivo originario dell'articolo che era quello di rilanciare il mercato delle locazioni attraverso il suddetto incentivo attraverso la previsione che gli immobili acquistati fossero, entro sei mesi, destinati, per un periodo minimo di otto anni, alla locazione;
    nonostante l'aula abbia successivamente rimediato approvando un emendamento della Commissione che ha ripristinato l'originaria previsione, il giudizio rispetto alla disposizione resta sempre fermamente negativo in quanto incapace di risolvere l'annoso problema del disagio abitativo nel nostro Paese. Infatti, la stessa relazione tecnica di accompagnamento al decreto riporta che beneficeranno degli effetti della norma circa 4.000 immobili l'anno, cifra che, nonostante sia intervenuta l'allargamento della platea, è ben lontana dal risolvere il problema dell'emergenza abitativa in Italia e dell'esclusione di quote sempre crescenti della popolazione dall'accessibilità alle locazioni. La disposizione, pertanto, rischia di risolversi in uno sterile trasferimento di risorse verso la rendita, senza alcuna contropartita in termini sociali;
    a conferma che la disposizione servisse poco al rilancio del mercato degli affitti, è stato approvato un emendamento che ha allargato la platea degli immobili oggetto dell'incentivo includendovi anche gli «invenduti», approvazione che ha fatto trapelare la volontà di stimolare piuttosto le compravendite agevolando le imprese di costruzioni che, non essendo state sufficientemente accontentate con la misura introdotta dal governo Letta che le esentava dal pagamento dell'IMU sui cosiddetti «beni merce», potranno così più facilmente liberarsi degli stessi immobili, grazie al nuovo credito d'imposta riconosciuto agli acquirenti dal suddetto articolo 21 del provvedimento;
    in un quadro che vede l'assoluta inefficienza delle politiche abitative pubbliche, l'insufficienza dell'offerta di patrimonio residenziale pubblico, sono ancora insufficienti le risorse stanziate per il Fondo per il sostegno degli affitti, che dopo l'azzeramento degli anni precedenti è stato recentemente rifinanziato per soli 100 milioni di euro dal decreto-legge n. 47 del 2024 (cosiddetto decreto sull'emergenza abitativa), al fine di fronteggiare il crescente bisogno di quei nuclei che sono schiacciati da gravi difficoltà economiche e non riescono a sostenere il peso dell'affitto; in un quadro che vede l'assoluta inefficienza delle politiche abitative pubbliche e l'insufficienza dell'offerta di patrimonio residenziale pubblico;
    i sindacati degli inquilini Sunia, Sicet e Uniat stimano che sono almeno 400.000 le famiglie italiane che hanno bisogno di un'abitazione a costi sostenibili o di forme di sostegno al reddito che risolvano le morosità già presenti e quelle che possono insorgere;
    il «fattore casa» è stato un elemento che ha contribuito negli ultimi anni a far scivolare molte famiglie sotto la soglia di povertà, facendole precipitare nell'area dell'esclusione sociale,

impegna il Governo

a valutare in un breve arco temporale non superiore a sei mesi, la reale efficacia della suddetta disposizione a rilanciare, incrementando l'offerta abitativa ai soggetti che non riescono ad accedere al mercato della proprietà, il comparto delle locazioni, ed in caso contrario, a dirottare le rimanenti risorse sul Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione.
9/2629-AR/76Matarrelli, Paglia, Nicchi, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del provvedimento al nostro esame apporta numerose modifiche alla disciplina dei cosiddetti project bond, contenuta nell'articolo 157 del Codice dei Contratti Pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006). Si tratta in particolare di quei titoli che possono essere emessi dalle società titolari di un contratto di partenariato pubblico-privato, allo scopo di realizzare una singola infrastruttura o un nuovo servizio di pubblica utilità, anche in deroga ai limiti previsti dal Codice civile in tema di limiti quantitativi all'emissione di obbligazioni (limite del doppio del c.d. patrimonio netto ed altri conseguenti divieti). Tali strumenti sono sottoscritti solo da investitori qualificati e la loro successiva circolazione deve avvenire tra i medesimi soggetti;
    un'altra modifica attiene al regime di circolazione dei project bond. È stato infatti eliminato, al fine di migliorarne la fruibilità sul mercato dei capitali, l'obbligo di registrazione nominativa dei possessori, con la conseguenza di renderli molto più liquidi (così come accade già per tutti gli altri prestiti obbligazionari) ma anche, di converso, di esporli più facilmente alla dematerializzazione. Riguardo a quest'ultimo aspetto, il Commissario per l'anti corruzione dott. Cantone nel corso di un'audizione ha messo in guardia sul pericolo rappresentato dalle possibili condotte di riciclaggio generate dal nuovo regime, parole che aggiungono preoccupazione viste le numerose ed imponenti opere strategiche che il provvedimento punta a rilanciare, alcune delle quali, come il Passante di Mestre o l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, già oggetto di indagini da parte di autorità, italiane ed europee, dell'anticorruzione;
    la disposizione, inoltre, modifica gli adempimenti in materia di rappresentazione del profilo di rischio, eliminando l'onere di riportare anche sul titolo l'avvertimento circa l'elevato rischio associato all'operazione, che dovrà invece rimanere circoscritto alla sola documentazione di offerta, che dovrà riportare chiaramente ed evidenziare distintamente un avvertimento circa il grado di rischio che connota l'investimento. Il sospetto è che non si tratti di una misura di semplificazione, ma di cosmesi normativa per dissimulare, almeno in parte, la rischiosità di un titolo; sarebbe stato invece più opportuno che il sottoscrittore di queste obbligazioni fosse messo in guardia in maniera chiara circa l'alto rischio connesso all'operazione di sottoscrizione;
    per quanto riguarda il regime fiscale degli atti di costituzione e trasferimento di garanzia, il comma 3 dell'articolo in esame estende l'applicazione dell'imposta di bollo in misura agevolata (pari a 200 euro) alle sostituzioni di garanzia relative all'emissione di project bond e ai trasferimenti di garanzie, anche qualora derivino dalla cessione delle predette obbligazioni e titoli di debito, e rende strutturale (scadeva il 30 giugno 2015) l'applicazione dell'aliquota agevolata al 12,5 per cento sugli interessi delle obbligazioni di progetto emesse per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica utilità, mentre il legislatore negli ultimi anni si è mosso nella prospettiva di unificare la tassazione di tutte le rendite finanziarie alla medesima aliquota del 26 per cento;
    oltre che per i nuovi progetti o per i nuovi servizi di pubblica utilità in settori strategici, i project bond possono essere emessi che per rifinanziare il debito precedentemente contratto per la realizzazione di un'infrastruttura o di un'opera connessa ad un servizio di pubblica utilità, così consentendo anche a progetti già avviati di godere di tale strumento di finanziamento,

impegna il Governo:

   a valutare i rischi connessi al nuovo regime di portabilità dei project bond che li rende estremamente materializzabili e quindi oggetto di operazioni di riciclaggio penalmente perseguibili;
   a rafforzare gli obblighi di informativa e di rappresentazione del profilo di rischio legato alla sottoscrizione dei project bond secondo modalità da stabilirsi con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture, che rendano il sottoscrittore pienamente cosciente del rischio specifico associato all'operazione;
   a valutare gli effetti applicativi della norma di cui all'articolo 13, comma 3, al fine di uniformare progressivamente la tassazione sugli interessi dei project bond a quella degli altri strumenti finanziari, e comunque stabilendola ad un livello non inferiore al 26 per cento.
9/2629-AR/77Daniele Farina, Paglia, Marcon, Melilla, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 40 del provvedimento, che dispone il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga incrementando la dotazione del «Fondo sociale per l'occupazione» relativa all'anno 2014 di 728 milioni di euro, provvede al relativo onere riducendo drasticamente la dotazione del cosiddetto Bonus Letta-Giovannini, ovvero quell'incentivo all'assunzione introdotto lo scorso anno dal cosiddetto Decreto Occupazione e riservato a quei datori di lavoro che assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, privi d'impiego ovvero privi di diploma di scuola media superiore o professionale;
    dalla suddetta operazione contabile i giovani del Sud vengono doppiamente penalizzati, poiché risulta che nel 2015, a saldo, ai giovani del Sud vengono sottratti in totale 220 milioni di euro, mentre per i giovani del Centro-nord la dotazione rimane invariata. Infatti a valere sulla quota dei giovani del mezzogiorno vengono prelevati 150 milioni di euro nel 2014 e 70 milioni di euro nel 2015, questi ultimi necessari, si legge nella RT allegata al decreto, a ristorare i 70 milioni di euro che vengono prelevati per il solo anno 2014 a valere sulla quota dei giovani del centro-nord, ai quali pertanto viene restituita la dotazione a danno dei giovani del sud;
    a giustificazione della scelta di prelevare le risorse dallo stanziamento appostato per il cosiddetto Bonus Letta-Giovannini ex articolo 1, comma 12, lettera a) e b) del decreto-legge n. 76 del 2013, risorse vincolati legalmente e moralmente al rilancio dell'occupazione giovanile prevalentemente nel Mezzogiorno, il governo ha riportato nella relazione tecnica semplicemente l'argomentazione che si trattava di una fonte di finanziamento alla quale quasi nessuno beveva, di un incentivo che non ha dato i risultati auspicati e che quindi era inevitabile definanziare. Infatti, secondo dati forniti dall'Inps le domande di assunzione di giovani entro i 29 anni sono state al 14 luglio 2014, e cioè in un anno di vigenza dell'incentivo, circa 22.652, solo un terzo delle quali nel Mezzogiorno, dato, secondo il governo, molto lontano dal trend auspicato dal governo Letta di realizzare, entro il 2015, 200.000 nuove assunzioni;
    tale operazione è resa possibile da una previsione normativa contenuta nello stesso articolo 40, comma 3, del provvedimento che prevede la deroga ai criteri di riparto dei Fondi strutturali, (deroga che invece attribuisce molto di più alle regioni in ritardo del Paese come Campania, Sicilia, Calabria e Puglia), invertendo in tal modo il rapporto di dotazione originario del bonus, scelta, peraltro, dissennata quanto scellerata che nessuno dei governi che si è avvicendato fino ad oggi aveva mai perseguito;
    come mostrano anche gli andamenti della passata programmazione 2007-2013 dei Fondi Strutturali, la maggior parte delle risorse non spese, e quindi a rischio disimpegno, dovrebbero finanziare l'obiettivo Convergenza, ovvero le regioni economicamente disagiate, quelle chi fino ad oggi hanno mostrato una più modesta capacità di spesa, che si esprime in un tasso di realizzazione estremamente ridotto, pari al 45,37 per cento, a fronte delle regioni del centro-nord che, nel loro complesso, registrano un tasso di attuazione del programma del pari al 59,08 per cento. Di conseguenza, le regioni del Mezzogiorno, per via della loro scarsa capacità di spesa, si vedrebbero costrette a rinunciare a risorse pecuniarie che sarebbero vitali per dare impulso al loro sviluppo economico, scenario che produrrebbe anche l'effetto perverso di esacerbare le disparità economiche tra un Nord sviluppato e un Sud strutturalmente in affanno, anziché produrre quell'allineamento che rappresenta la ragion d'essere della politica regionale di coesione. Anche con riferimento alla programmazione 2014-2020 i dati forniti dal Dipartimento per lo Sviluppo e la coesione economica, aggiornati al 31 maggio 2014, dipingono lo stesso andamento, ovvero la limitata capacità delle regioni coinvolte nell'obiettivo Convergenza nello spendere efficacemente gli ingenti stanziamenti finanziari garantiti dall'Ue tramite i Fondi strutturali;
    al fine di scongiurare il rischio di disimpegno delle risorse comunitarie al 31 dicembre 2011, l'allora ministro per la Coesione Territoriale dott. Barca, intervenendo con una mossa disperata ma intelligente per salvare il programma di spesa dei Fondi europei 2007-2013, ha ridotto il cofinanziamento nazionale ai fondi Ue in modo da limitare l'importo complessivo da spendere in base alle severe regole di Bruxelles, e liberando in tal modo, tra l'altro, una somma da riassegnare alle regioni del Sud, (cc.dd. obiettivo Convergenza), nell'ambito del cosiddetto «Piano di Azione e Coesione», alla missione «assunzione Giovani», somma a sua volta impegnata per il c.c. Bonus Letta-Giovannini;
    tale mossa è stata fatta propria, in via preventiva, dall'attuale governo che ha annunciato l'intenzione di ridurre il cofinanziamento relativo alla programmazione 2014-2020 nei riguardi del Mezzogiorno, a danno, in particolare, delle regioni Campania, Calabria, Sicilia, intenzione peraltro confermata con la disposizione di cui all'articolo 40 del provvedimento, e per la quale 220 milioni di euro transitano dal fondo giovani al fondo cassintegrati perdendo, con un codicillo normativo, il loro vincolo territoriale, contravvenendo così anche ai criteri di riparto dei cosiddetti Fondi strutturali,

impegna il Governo

a ripristinare, in occasione della manovra di bilancio per il 2015, la dotazione originaria prevista dall'articolo 1, comma 12, lettera a) e b) del decreto-legge del 2013, al fine di completare, nell'arco temporale già stabilito dalla stessa norma, il ciclo di assunzioni, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, dei giovani disoccupati.
9/2629-AR/78Palazzotto, Scotto, Ferrara, Costantino, Giancarlo Giordano, Pannarale, Kronbichler.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge reca diverse disposizione atte a rilanciare e sboccare le opere pubbliche da tempo finanziate e che a diverso titolo e ragioni, risultano, allo stato bloccate;
    in danno del Presidente della Regione Campania – Commissario per l'attuazione del piano intermodale dell'area flegrea, vengono effettuate, dalla Tesoreria provinciale dello Stato – Banca d'Italia, assegnazione di fondi a terzi dalle disponibilità esistenti sulla contabilità speciale del Commissario, per pignoramenti effettuati alla Presidenza del Consiglio dei ministri a fronte di risarcimenti di cui alla legge n. 89 del 2001 (cosiddetta legge Pinto);
    la Presidenza del Consiglio non si oppone al pignoramento perché reale debitrice, il Commissario Straordinario viene a conoscenza dell'assegnazione a terzi, dei suo fondi, quando la Banca d'Italia invia la comunicazione, ormai è troppo tardi per qualsiasi forma di opposizione;
    dette illegittime assegnazioni stanno mettendo la Struttura Commissariale in condizioni di non poter funzionare e ciò avviene nonostante i pareri emessi, circa la impignorabilità dei fondi dal: Ministero del Tesoro – Ragioneria Generale dello Stato, Avvocatura Distrettuale di Napoli, Dipartimento della Protezione Civile (ben due pareri uno a firma di Bertolaso ed il secondo a firma di Gabrielli), Collegio dei Revisori dei Conti nominati dal Ministero del Tesoro;
    sull'argomento esiste agli atti una nutrita corrispondenza-istanze tra i Presidenti della Regione Campania, pro tempore, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri che dura dal 2006 al 2013, esauritasi per stanchezza;
    tra l'altro la Presidenza del Consiglio, non disponendo di fondi per la cosiddetta legge Pinto, non rimborsa le cifre pignorate al Presidente Commissario legge n. 887 del 1984;
    la Banca d'Italia sostiene che, a tale incresciosa situazione, si può porre rimedio solo emanando un provvedimento legislativo che renda impignorabili specificamente i fondi destinati al Commissario Straordinario legge n. 887 del 1984 come, tra l'altro, è stato già fatto per altre Strutture Commissariali analoghe,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare un necessario provvedimento legislativo per rendere impignorabili i fondi destinati alla attuazione del programma di emergenza bradisismica al fine di consentire il completamento – compreso il programma di adeguamento del sistema del trasporto intermodale nelle aree interessate delle opere che allo stato costituiscono una attività di n. 14 cantieri con 711 addetti, il cui corrispettivo dei lavori è già tutto finanziato, con fondi CEE e FAS, pertanto al fine di «sbloccare le opere indifferibili, urgenti e già cantierate», precisando, altresì, che i fondi FAS trasferiti dalla Regione al Presidente Regione Campania – Commissario Straordinario legge n. 887 del 1984, per il completamento del programma di emergenza bradisismica di cui alla legge del 22 dicembre 1984 n. 887 non concorrono allo sforamento del tetto del patto di stabilità interno Regionale.
9/2629-AR/79Vella.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame reca una specifica disposizione atta a sboccare gli interventi sull'asse ferroviario Napoli – Bari tra l'altro con la nomina dell'Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A. a Commissario per la realizzazione delle opere relative alla citata tratta ferroviaria;
    l'intervento «Nuovo asse ferroviario Napoli-Bari-Linea AV/AC Napoli-Bari: completamento e raddoppio Napoli-Cancello-Frasso Telesino-Apice-Orsara», comprende una serie di opere per un importo complessivo di 5.505 milioni di euro, secondo quanto riportato nell'11o Allegato infrastrutturale sul quale il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ha espresso un parere favorevole nella seduta del 1o agosto 2014. Gran parte dei costi dell'opera, un fabbisogno stimato in 3.480,8 milioni, risulta ancora da finanziare. A parte la «Variante Cancello-Napoli, il cui progetto preliminare è stato approvato con delibera CIPE n. 2 del 13 febbraio 2013 (e che ha un costo stimato pari a 813 milioni di euro), tutte le altre opere che costituiscono l'intervento in questione sono allo stadio della progettazione preliminare;
    la norma legislativa contenuta nel medesimo provvedimento attribuisce al Commissario una serie di poteri tra i quali, in primo luogo, l'approvazione dei progetti allo scopo di avviare i lavori relativi a parte dell'intero tracciato entro e non oltre il 31 ottobre 2015;
    risulta fondamentale il completamento del nodo ferroviario AV/AC di Napoli, indispensabile per l'ammagliamento dei tracciati ferroviari nord-sud (Milano-Napoli) ed est-ovest (Napoli-Bari);
    attualmente, dopo due distinti affidamenti per la sua realizzazione non risulta avviata a completamento la costruzione della Stazione AV/AC di Afragola-Porta della Campania, indispensabile nella dinamica di prosecuzione dei flussi ferroviari verso il Sud, attraverso la linea al nord del Vesuvio e verso Bari;
    si registra un ritardo inaccettabile sui necessari collegamenti metropolitani della Stazione di Afragola con la città capoluogo e con il sistema regionale dei trasporti. Che ad oggi, sia il tracciato della Cancello-Napoli, sia all'arretramento della Circumvesuviana sul terminal di Afragola in funzione di reti metropolitane non risultano attivate;
    ambedue le tratte, originariamente previste in realizzazione contestualmente alla costruzione della Stazione AV/AC di Afragola, non saranno mai attivate per il completamento e la messa in esercizio della Stazione di Afragola, secondo i crono-programmi sostenuti e diffusi dalle Ferrovie dello Stato;
    è evidente il pericolo che l'auspicato completamento della Stazione AV/AC di Afragola, possa determinare una sorta di «Cattedrale nel Deserto» essendo l'opera non in condizione di garantire collegamenti metropolitani con la città di Napoli ed il resto della regione campana,

impegna il Governo

ad adottare i necessari adeguamenti legislativi per estendere la competenza del Commissario di Governo anche sulle opere di completamento del nodo di Napoli in modo da dare certezza dei tempi per la conclusione delle procedure di affidamento dei lavori per il completamento della Stazione AV/AC di Afragola e dei necessari interventi di collegamento della stessa con i sistemi metropolitani, anche attraverso l'adozione di progettualità nuove che tengano in considerazione il fitto reticolo ferroviario che attraversa la provincia di Napoli ed utilizzando, all'uopo, anche i disponibili finanziamenti europei e nazionali che sono stati collocati all'interno di accordi-quadro in precedenza sottoscritti tra Governo e Regione Campania.
9/2629-AR/80Castiello.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge interviene nell'ambito di una molteplicità di norme difformi ed eterogenee fra le quali, si evidenziano, quelle riferite al Capo III, che riguardano misure urgenti in materia ambientale e per la mitigazione del rischio idrogeologico;
    nell'ambito delle finalità legate alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell'Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare;
    il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette; l'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nel ribadire tali divieti, fa salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell'ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi; sempre l'articolo 6 comma 17 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, fa salve le attività di cui all'articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell'ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    a tal fine appaiono necessarie misure atte a superare i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell'ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e le attività di cui all'articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse,

impegna il Governo

ad accelerare l'introduzione delle misure richieste in premessa, in coerenza con l'ordine del giorno n. 9/1865-A/290, accolto dal Governo, nel corso della presente legislatura.
9/2629-AR/81Fabrizio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge contiene una molteplicità di norme difformi ed eterogenee, che incidono su una pluralità di ambiti materiali, di tale complessità che avrebbe necessitato di essere frazionato in più decreti, per consentirne un esame più approfondito e uno svolgimento più ordinato e lineare delle procedure parlamentari di conversione;
    il provvedimento interviene infatti su una serie di norme riguardanti le infrastrutture, l'edilizia, l'ambiente, l'energia, nonché una serie di misure destinate alle imprese e agli enti territoriali, presumibilmente finalizzate ad accelerare e a rilanciare gli investimenti e di semplificazione burocratica, la cui complessità richiedeva un'analisi e di coordinamento più regolare;
    nell'ambito delle misure connesse all'utilizzo delle risorse per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, l'esame del decreto cosiddetto «sblocca-Italia», ha incrociato il verificarsi di episodi drammatici: l'alluvione che ha colpito Genova, poi quella in maremma in Toscana e successivamente l'alluvione nel parmense, che ancora una volta hanno ribadito la fragilità del territorio e l'urgenza di politiche di prevenzione del dissesto idrogeologico;
    il comma 2-sexies dell'articolo 9 a tal fine, intervenendo a seguito dell'evento alluvionale accaduto in Liguria, ha disposto che le opere connesse a situazioni di emergenza relative a calamità naturali, potranno essere operative, anche se sulla gara di affidamento è pendente un ricorso del Tar da parte dei concorrenti e al contempo il provvedimento stesso, ha previsto 50 milioni di euro per il Fondo per le emergenze nazionali della Protezione civile, dimezzato a seguito dei rilievi della Commissione Bilancio, i cui stanziamenti saranno destinati anche ad includere oltre alla città di Genova, anche quelle di Trieste, di Parma e la maremma Toscana;
    le misure di sostegno e di prevenzione contenute all'interno del decreto-legge, in particolare nei riguardi del capoluogo ligure, se appaiono di indubbia condivisione, in considerazione del ripetersi dell'evento alluvionale a distanza di pochi anni, particolarmente intenso e grave, dall'altro, risultano insufficienti per fronteggiare i danni derivanti dai violenti fenomeni temporaleschi verificatisi nella giornata del 14 ottobre scorso nella maremma Toscana e più specificatamente nella provincia di Grosseto;
    la regione Toscana infatti è stata anch'essa interessata, a distanza di due anni, da un'ondata di maltempo che ha causato il decesso di due donne a seguito della tracimazione del fiume Elsa in località Manciano, in provincia di Grosseto, interessando anche l'area limitrofa del comune di Orbetello, peraltro già investita dall'alluvione del 2012;
    l'ente regionale toscano, attraverso l'assessorato all'ambiente, analizzando la situazione complessiva, si è soffermato sul bacino dell'Albegna, precisando che, in seguito all'alluvione del 2012, il presidente della Giunta regionale, quale commissario delegato, ha approvato un piano di ripartizione di 113 milioni di euro, finanziando complessivamente 337 interventi, di cui 237 in provincia di Grosseto;
    nel grossetano dei 60 milioni di euro stanziati, 21 milioni di euro sono stati destinati alla viabilità ed inoltre, secondo quanto risulta dalle dichiarazioni del medesimo assessore, sono stati attivati 231 interventi dei 237 programmati, per un importo di circa 39 milioni di euro, di cui 162 conclusi;
    per gli altri 16 milioni di euro devono essere portate a termine le procedure di gara e tra questi, ci sono quelli che necessitano di procedure più complesse (come espropri o valutazioni di impatto ambientale), in quanto lo Stato non ha concesso nessuna deroga normativa;
    per gli ulteriori interventi, diventa essenziale conoscere se verrà accolta la richiesta di emergenza nazionale, altrimenti la regione potrà contare solo sulle risorse ordinarie, con i limiti del patto di stabilità;
    la situazione complessivamente riportata evidenzia una serie di criticità tuttora irrisolte, connesse allo stato di attuazione delle opere infrastrutturali di prevenzione per i rischi derivanti dal dissesto idrogeologico, sia con riferimento all'alluvione del novembre del 2012, che la relazione all'ultimo tragico evento meteorologico; necessitano pertanto chiarimenti volti a definire quale sia il quadro programmatico e di indirizzo e le iniziative legislative che il Governo intenda portare avanti, sia con riferimento al completamento di ripristino delle opere infrastrutturali, danneggiate nel novembre 2012 e nel presente mese di ottobre, nonché delle decisioni in ordine alla decretazione dello stato di calamità che ha interessato nuovamente l'area regionale ed in particolare la maremma grossetana,

impegna il Governo:

   a chiarire quali iniziative legislative prossime, intenda assumere in tempi rapidi nei riguardi della regione Toscana, eventualmente anche in deroga alla normativa vigente, per velocizzare l'attività di ripristino delle opere danneggiate sia dall'alluvione del 2012 che del presente mese di ottobre;
   a precisare che lo stato di emergenza nazionale per la medesima regione Toscana, deliberato lo scorso 23 ottobre, dal Consiglio dei Ministri come indicato nel comunicato stampa pubblicato dal sito internet, www.governo.it includa anche la provincia di Grosseto, per gli eventi verificatisi nelle scorse settimane, la cui intensità delle precipitazioni ha provocato una serie di gravi dissesti nella maremma grossetana.
9/2629-AR/82Faenzi, Parisi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge nell'ambito delle misure previste per fronteggiare il dissesto idrogeologico, prevede nel complesso disposizioni insufficienti e inadeguate, il cui titolo del Capo III, che recita: «misure urgenti in materia ambientale e per la mitigazione del dissesto idrogeologico», appare fuorviarne e contrastante con le effettive esigenze e richieste provenienti da numerosi territori nazionali, recentemente interessati da fenomeni alluvionali, d'intensità particolarmente grave;
    il provvedimento infatti, nonostante alcune norme integrative sopraggiunte a seguito degli eventi calamitosi che si sono verificati nei mesi di settembre e in quello presente di ottobre, indica nel complesso, un quadro di disposizioni in materia ambientale e di azioni per fronteggiare le situazioni emergenziali accadute a Peschici e successivamente a Genova, nel parmense e nella maremma Toscana, inefficiente nel sostenere le politiche di prevenzione del dissesto idrogeologico e nel contesto di estrema urgenza in cui si trova il Paese;
    il dimezzamento delle risorse attribuite per il Fondo emergenze nazionali della Protezione civile, di 50 milioni di euro, unitamente all'assenza di significative misure di pronto intervento nei riguardi di aree alluvionali coinvolte da gravissimi fenomeni temporaleschi quali ad esempio la città di Genova e molti comuni limitrofi della Liguria, conferma come nell'insieme, il decreto-legge cosiddetto «sblocca Italia», rappresenti nel complesso un provvedimento estremamente deludente nell'ambito delle misure urgenti adottate in materia ambientale;
    il differimento dei termini di pagamento al 20 dicembre prossimo, nei riguardi delle persone fisiche, anche in qualità di sostituti di imposta e delle imprese liguri, per i tributi e gli adempimenti, sebbene condivisibili, risulta essere inoltre, modesto e incapace nel fronteggiare i gravissimi danni che le imprese genovesi, hanno subito a causa dell'alluvione del 9 e 10 ottobre scorso, alle strutture e alle attività;
    l'esonero dal pagamento delle imposte calcolate per i contributi a fondo perduto, ricevuti a qualsiasi titolo ovvero con le modalità del credito di imposta e di finanziamenti agevolati garantiti dallo Stato, per gli anni 2014 e 2015, può rappresentare una valida, sebbene parziale, misura di condivisione, nonostante l'entità finanziaria dei danni, per consentire ai numerosi soggetti imprenditoriali interessati dal recente nubifragio, di evitare la chiusura delle proprie attività con inevitabili conseguenze sui livelli occupazionali,

impegna il Governo

a prevedere nell'ambito delle prossime iniziative legislative, un intervento ad hoc, volto all'esonero per gli anni 2014 e 21015 il pagamento delle imposte calcolate per i contributi a fondo perduto, con le modalità del credito di imposta e di finanziamenti agevolati garantiti dallo Stato, per i soggetti che alla data del 1o settembre 2014 avevano sede legale od operativa che svolgevano attività di impresa o di lavoro autonomo nel comune di Genova, interessato dall'alluvione del 9 e del 10 ottobre 2014 che per effetto dell'evento calamitoso, hanno subito la distruzione ovvero l'inagibilità dell'azienda, dello studio professionale, ovvero la distruzione di attrezzature o di macchinari utilizzati per la loro attività, denunciandole all'autorità comunale e ricevendone verificazione.
9/2629-AR/83Lainati, Biasotti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge nell'ambito delle misure previste per fronteggiare il dissesto idrogeologico, prevede nel complesso disposizioni insufficienti e inadeguate, il cui titolo del Capo III, che recita: «misure urgenti in materia ambientale e per la mitigazione del dissesto idrogeologico», appare fuorviarne e contrastante con le effettive esigenze e richieste provenienti da numerosi territori nazionali, recentemente interessati da fenomeni alluvionali, d'intensità particolarmente grave;
    il provvedimento infatti, nonostante alcune norme integrative sopraggiunte a seguito degli eventi calamitosi che si sono verificati nei mesi di settembre e in quello presente di ottobre, indica nel complesso, un quadro di disposizioni in materia ambientale e di azioni per fronteggiare le situazioni emergenziali accadute a Peschici e successivamente a Genova, nel parmense e nella maremma Toscana, inefficiente nel sostenere le politiche di prevenzione del dissesto idrogeologico e nel contesto di estrema urgenza in cui si trova il Paese;
    il dimezzamento delle risorse attribuite per il Fondo emergenze nazionali della Protezione civile, di 50 milioni di euro, unitamente all'assenza di significative misure di pronto intervento nei riguardi di aree alluvionali coinvolte da gravissimi fenomeni temporaleschi quali ad esempio la città di Genova e molti comuni limitrofi della Liguria, conferma come nell'insieme, il decreto-legge cosiddetto «sblocca Italia», rappresenti nel complesso un provvedimento estremamente deludente nell'ambito delle misure urgenti adottate in materia ambientale;
    il differimento dei termini di pagamento al 20 dicembre prossimo, nei riguardi delle persone fisiche, anche in qualità di sostituti di imposta e delle imprese liguri, per i tributi e gli adempimenti, sebbene condivisibili, risulta essere inoltre, modesto e incapace nel fronteggiare i gravissimi danni che le imprese genovesi, hanno subito a causa dell'alluvione del 9 e 10 ottobre scorso, alle strutture e alle attività;
    l'esonero dal pagamento delle imposte calcolate per i contributi a fondo perduto, ricevuti a qualsiasi titolo ovvero con le modalità del credito di imposta e di finanziamenti agevolati garantiti dallo Stato, per gli anni 2014 e 2015, può rappresentare una valida, sebbene parziale, misura di condivisione, nonostante l'entità finanziaria dei danni, per consentire ai numerosi soggetti imprenditoriali interessati dal recente nubifragio, di evitare la chiusura delle proprie attività con inevitabili conseguenze sui livelli occupazionali,

impegna il Governo

a valutare, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, la possibilità di prevedere nell'ambito delle prossime iniziative legislative, un intervento ad hoc, volto all'esonero per gli anni 2014 e 21015 il pagamento delle imposte calcolate per i contributi a fondo perduto, con le modalità del credito di imposta e di finanziamenti agevolati garantiti dallo Stato, per i soggetti che alla data del 1o settembre 2014 avevano sede legale od operativa che svolgevano attività di impresa o di lavoro autonomo nel comune di Genova, interessato dall'alluvione del 9 e del 10 ottobre 2014 che per effetto dell'evento calamitoso, hanno subito la distruzione ovvero l'inagibilità dell'azienda, dello studio professionale, ovvero la distruzione di attrezzature o di macchinari utilizzati per la loro attività, denunciandole all'autorità comunale e ricevendone verificazione.
9/2629-AR/83. (Testo modificato nel corso della seduta) Lainati, Biasotti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione, presenta un evidente carattere problematico che discende dall'aver unificato in un unico decreto-legge, misure che incidono su una pluralità di ambiti materiali, la cui complessiva riconducibilità ad una ratio unitaria, non appare univocamente desumibile neanche dal preambolo e dal titolo del decreto;
    il provvedimento interviene infatti, su una molteplicità di norme riguardanti le infrastrutture, l'edilizia, l'ambiente, l'energia, nonché su una serie di misure destinate alle imprese, agli enti territoriali, alla tutela del territorio, alla semplificazione burocratica, solo per citarne alcuni aspetti;
    in tale ambito, le misure contenute nei commi da 2 a 9 dell'articolo 7, principalmente finalizzate all'utilizzo delle risorse per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, sono state integrate, a seguito dei recenti eventi verificatisi a Genova, stabilendo che le opere connesse a situazioni di emergenza relative a calamità naturali, potranno essere operative, anche se, sulla gara di affidamento sia pendente un ricorso del Tar da parte dei concorrenti;
    il quadro che completa l'elenco degli interventi connessi alla mitigazione del rischio idrogeologico, all'interno del decreto-legge cosiddetto sblocca-Italia, prevede che per il Fondo per le emergenze nazionali della Protezione civile, siano attribuiti 50 milioni di euro, (a differenza dei 100 milioni di euro inizialmente stabiliti), i cui stanziamenti saranno destinati anche ad includere oltre alla città di Genova, anche quelle di Trieste, di Parma e la maremma Toscana;
    il dimezzamento delle risorse, nei riguardi del suindicato Fondo, stabilito nel corso dell'esame in sede referente, da parte della Commissione Ambiente, che ha recepito le condizioni poste dalla Commissione Bilancio, rappresenta tuttavia, un arretramento negativo e pericoloso, in considerazione che il ridimensionamento degli stanziamenti previsti, risulta del tutto insufficiente per fronteggiare le emergenze connesse al dissesto idrogeologico, la cui fragilità caratterizza l'intero territorio nazionale;
    le misure attribuite nei riguardi della città di Genova, a seguito del tragico evento alluvionale, verificatosi nelle giornate del 9 e del 10 ottobre 2014, appaiono inoltre tanto modeste, quanto inadeguate a fronteggiare i danni e le lesioni, alle strutture produttive, commerciali e artigianali, presenti nel capoluogo ligure;
    la mancanza della deliberazione dello stato di emergenza nei riguardi dei 43 Comuni del genovese e della provincia di La Spezia, i cui danni stimati ammontano ad oltre 250 milioni di euro, di cui 25 milioni di euro soltanto per la città di Genova, da parte del Consiglio dei Ministri, unitamente all'assenza di norme di pronto intervento, sia di sostegno finanziario che di agevolazioni fiscali, nei riguardi del tessuto economico e produttivo, (nonostante il differimento dei termini per gli adempimenti tributari sia stato posticipato fino al 20 dicembre prossimo) confermano infatti la scarsa azione di politiche di difesa e di miglioramento dell'Esecutivo, nell'attivazione di disposizioni per fronteggiare una situazione di dissesto, i cui livelli per la città di Genova, permangono di estrema urgenza e gravità; il conferimento di una somma pari a 10 mila euro, da rendere nella disponibilità immediata, per i soggetti che alla data del 1o settembre 2014 avevano sede legale od operativa e svolgevano attività di impresa o di lavoro autonomo nel comune di Genova interessato dall'alluvione del presente mese di ottobre e che per gli effetti dell'evento calamitoso, hanno subito la distruzione ovvero l'inagibilità dell'azienda, può rappresentare un indubbio strumento finanziario vantaggioso ed opportuno, per favorire la difficile ripresa delle attività produttive, commerciali e artigianali nel capoluogo ligure,

impegna il Governo

a prevedere nell'ambito delle prossime iniziative legislative, un intervento ad hoc volto a stanziare, un contributo una tantum, pari a 10 mila euro nei confronti di ogni titolare d'impresa produttiva, commerciale o artigianale situata all'interno nella città di Genova, la cui attività ha subito danni o interruzioni a causa dell'alluvione delle giornate del 9 e 10 ottobre 2014.
9/2629-AR/84Biasotti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione, contiene una serie di norme che incidono su una pluralità di ambiti materiali, la cui evidente difformità non risponde ai requisiti di specificità e di omogeneità previsti per tale tipo di atto normativo dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, nonché dei principi sanciti dalla Costituzione e dalla giurisprudenza costituzionale e richiamati più volte dalla Presidenza della Repubblica;
    le disposizioni previste all'interno del provvedimento intervengono a tal fine, su una molteplicità di aree dell'ordinamento, riguardanti le infrastrutture, l'edilizia, l'ambiente, l'energia, nonché una serie di misure destinate alle imprese e agli enti territoriali, finalizzate ad accelerare e a rilanciare gli investimenti, nonché introdurre misure di semplificazione burocratica, che si pongono come obiettivo il rilancio della competitività del nostro Paese e di sostegno alla crescita;
    il Capo VII a tal fine, prevede un gruppo di misure urgenti per le imprese, fra le quali: la promozione straordinaria del made in italy e l'attrazione degli investimenti, la diversificazione dell'offerta turistica per favorire gli investimenti volti alla riqualificazione degli esercizi alberghieri esistenti (denominata condhotel), nonché l'equiparazione alle strutture ricettive all'aria aperta per quelle organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (cosiddetto marina resort);
    all'interno delle suesposte norme di stimolo per l'economia nazionale, occorre rafforzare tali interventi, sostenendo un comparto importante dell'industria turistica italiana, che riveste un ruolo determinante in termini di attrattività e di offerta, quale il turismo balneare, il cui mercato è caratterizzato da un'elevata stagionalità, che risente particolarmente dei problemi di competitività e di concorrenza, rispetto ad altri comparti produttivi;
    il fenomeno della stagionalità comporta infatti, lunghi periodi di chiusura durante l'anno delle attività delle imprese turistiche, sia ricettive che balneari, che non consente una piena occupazione e non utilizza adeguatamente l'elevato potenziale del patrimonio storico, artistico e culturale delle numerose aree geografiche nazionali, riconosciute patrimonio mondiale dell'umanità, sebbene le condizioni climatiche particolarmente favorevoli del nostro territorio consentirebbero un afflusso turistico per periodi più lunghi, rispetto a quelli praticati dalle imprese turistiche stagionali;
    l'ampliamento dell'offerta turistica sul territorio nazionale in grado di contribuire ad una migliore integrazione per lo sviluppo degli itinerari turistici nei siti UNESCO italiani, in particolare quelli situati nel Mezzogiorno, destagionalizzando pertanto l'attività degli operatori del settore, può determinare l'innesto di un processo virtuoso per l'economia domestica e l'attrattività turistica straniera, rappresentato dal combinato disposto tra il turismo marino-balneare e il legame di richiamo per le zone limitrofe delle città d'arte e di cultura, indicate quale patrimonio storico-culturale dall'UNESCO;
    attribuire pertanto la decisione di stabilire il periodo della stagione balneare come determinato annualmente dalle ordinanze balneari, essendo il turismo tra le materie residuali di competenza regionale, in capo ai concessionari o titolari d'imprese turistico balneare, fino ad un massimo di cento giorni in più, rispetto al periodo dell'anno attualmente previsto, mantenendo pertanto il regime fiscale attribuito per le attività stagionali, non potrà che innalzare i livelli di crescita e di competitività per l'intera economia turistica italiana, evitando una frammentazione dell'offerta turistica e conseguentemente una perdita di incisività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere attraverso un'intesa tra Stato e regioni interventi ad hoc, anche in via sperimentale, in deroga alla normativa vigente, al fine di consentire ai soggetti concessionari o titolari di imprese turistico-balneare di stabilire in maniera autonoma, il periodo della stagione per lo svolgimento delle attività di balneazione all'interno degli stabilimenti o lidi balneari, fino ad un massimo di cento giorni in più rispetto al periodo annuale attualmente previsto, allo scopo di rafforzare il binomio tra il settore turistico costiero e marittimo, quale motore economico fondamentale per molte regioni costiere, con i numerosi siti nazionali in particolari del Mezzogiorno, riconosciuti dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità.
9/2629-AR/85Altieri, Chiarelli, Ciracì, Fucci, Marti, Sisto, Elvira Savino, Distaso, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione, contiene una molteplicità di norme difformi ed eterogenee, che intervengono su un numero vasto di materie, che coinvolgono le infrastrutture, l'edilizia, l'ambiente, l'energia, nonché una serie di misure destinate alle imprese e agli enti territoriali;
    il provvedimento indica inoltre disposizioni per sostenere il trasporto pubblico locale, in particolare per la regione Calabria, destinando a tal fine risorse del fondo di sviluppo e coesione, per un ammontare di 40 milioni per il 2014 (di cui 20 milioni a copertura degli oneri 2013) e di 20 milioni per il 2015 al fine di assicurare la copertura dei costi;
    il comparto del trasporto pubblico locale in particolare nelle aree del Mezzogiorno, è fortemente caratterizzato da un'insufficienza di risorse finanziarie, in considerazione che la spesa per tale comparto, che costituisce la seconda voce in uscita dai bilanci regionali, ha subito una contrazione dei trasferimenti, nonché una forte incertezza sul livello effettivo delle risorse in quanto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attuazione dell'articolo 16-bis del decreto-legge 95/2012, ha previsto che la dotazione del Fondo nazionale trasporti, sia legata al gettito derivante dall'accisa sui carburanti;
    nella regione Siciliana in particolare, la politica dei trasporti, è stata caratterizzata nel corso degli anni da standard qualitativi per i servizi offerti agli utenti scadenti sia in termini di sicurezza, che in ordine alla dotazione infrastrutturale, stradale, ferroviaria e marittima, attualmente prevista;
    la grave crisi del trasporto pubblico locale nella suddetta regione isolana, è determinata anche dagli effetti negativi e penalizzanti operati dal precedente Governo Letta, che non ha adeguatamente sostenuto e garantito il diritto alla mobilità con effetti di disagio all'utenza per raggiungere il posto di lavoro, in particolare nei riguardi dei pendolari siciliani;
    l'intero settore del trasporto pubblico regionale siciliano dal trasporto urbano-suburbano, gommato ferroviario, marittimo ed aereo, ha subito evidenti perdite di competitività e di crescita, la cui misurazione infrastrutturale attraverso i costi generalizzati ha avuto un impatto nei riguardi delle famiglie e delle imprese siciliane, altamente sfavorevole;
    potenziare il sistema infrastrutturale in particolare quello ferroviario in Sicilia, anche attraverso il ricorso del project financing, nei riguardi di aree ad alta densità turistica e culturale, quali la linea metropolitana Agrigento-Porto Empedocle, il cui progetto è già in fase di avanzamento, può costituire un valido punto di partenza per invertire un trend ostile nei riguardi del Mezzogiorno e innestare un processo virtuoso di favorire l'economia in particolare quella turistica siciliana,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nei prossimi provvedimenti legislativi, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione ed i vincoli di bilancio, interventi volti a sostenere il trasporto pubblico locale nella regione Sicilia, in evidente stato di crisi e difficoltà, anche attraverso un contributo finanziario in favore della linea metropolitana per la città dei templi.
9/2629-AR/86Riccardo Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione, contiene una moltitudine di norme che incidono su una pluralità di ambiti materiali, in maniera vasta e complessa, intervenendo difformemente su settori riguardanti le infrastrutture, l'edilizia, l'ambiente, l'energia, nonché una serie di misure destinate alle imprese e agli enti territoriali;
    il Capo I del provvedimento in particolare, prevede all'articolo 1, attraverso i commi da 1 a 9, una serie di disposizioni in materia infrastrutturale, relativamente agli assi ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina, per la riapertura dei cantieri, stabilendo che l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa sia nominato Commissario per la realizzazione delle opere e stabilire in maniera celere, le condizioni per l'effettiva realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari, in modo da poter avviare i lavori relativi a parte dell'intero tracciato entro e non oltre il 31 ottobre 2015;
    il suindicato Commissario inoltre, secondo quanto disposto dal comma 2, provvede all'approvazione dei relativi progetti al fine di ridurre i costi e i tempi di realizzazione dell'opera, con particolare riferimento alla tratta appenninica Apice-Orsara, rielaborando i progetti anche già approvati ma non ancora appaltati;
    la suesposta tratta è oggetto di alcune proposte avanzate dai comuni di Caserta e Maddaloni in riferimento alla realizzazione del Tratto 2 Cancello-Frasso e Variante di Maddaloni, che risolverebbero l'annoso problema dell'attraversamento per entrambi i comuni, da parte della rete ferroviaria e con particolare riferimento alla deturpazione della Reggia di Caserta da parte della linea ferroviaria stessa;
    a tal fine la convocazione di un tavolo tecnico per le risoluzioni tecnico-progettuali, esaminate in maniera approfondita dal gruppo di lavoro tecnico già costituito dal Comune di Maddaloni e condivise dal Comune di Caserta tese al miglioramento del progetto, da parte dei soggetti istituzionalmente preposti, può determinare una valida soluzione per migliorare il sistema della viabilità e della sicurezza dei tratti interessati,

impegna il Governo

a prevedere la convocazione di un tavolo tecnico per le finalità esposte in premessa, al fine di addivenire ad una soluzione in grado di evidenziare che l'operato del gruppo di lavoro in precedenza indicato non ha inciso sulla fattibilità globale del progetto, assicurando al contempo estrema vantaggiosità in termini di costi di investimento e di esercizio e di recupero di margini di condivisione del progetto.
9/2629-AR/87Petrenga, Sgambato.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione, contiene una moltitudine di norme che incidono su una pluralità di ambiti materiali, in maniera vasta e complessa, intervenendo difformemente su settori riguardanti le infrastrutture, l'edilizia, l'ambiente, l'energia, nonché una serie di misure destinate alle imprese e agli enti territoriali;
    il Capo I del provvedimento in particolare, prevede all'articolo 1, attraverso i commi da 1 a 9, una serie di disposizioni in materia infrastrutturale, relativamente agli assi ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina, per la riapertura dei cantieri, stabilendo che l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa sia nominato Commissario per la realizzazione delle opere e stabilire in maniera celere, le condizioni per l'effettiva realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari, in modo da poter avviare i lavori relativi a parte dell'intero tracciato entro e non oltre il 31 ottobre 2015;
    il suindicato Commissario inoltre, secondo quanto disposto dal comma 2, provvede all'approvazione dei relativi progetti al fine di ridurre i costi e i tempi di realizzazione dell'opera, con particolare riferimento alla tratta appenninica Apice-Orsara, rielaborando i progetti anche già approvati ma non ancora appaltati;
    la suesposta tratta è oggetto di alcune proposte avanzate dai comuni di Caserta e Maddaloni in riferimento alla realizzazione del Tratto 2 Cancello-Frasso e Variante di Maddaloni, che risolverebbero l'annoso problema dell'attraversamento per entrambi i comuni, da parte della rete ferroviaria e con particolare riferimento alla deturpazione della Reggia di Caserta da parte della linea ferroviaria stessa;
    a tal fine la convocazione di un tavolo tecnico per le risoluzioni tecnico-progettuali, esaminate in maniera approfondita dal gruppo di lavoro tecnico già costituito dal Comune di Maddaloni e condivise dal Comune di Caserta tese al miglioramento del progetto, da parte dei soggetti istituzionalmente preposti, può determinare una valida soluzione per migliorare il sistema della viabilità e della sicurezza dei tratti interessati,

impegna il Governo

a prevedere la convocazione di un tavolo tecnico per le finalità esposte in premessa, assicurando al contempo estrema vantaggiosità in termini di costi di investimento e di esercizio e di recupero di margini di condivisione del progetto.
9/2629-AR/87. (Testo modificato nel corso della seduta) Petrenga, Sgambato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del disegno di legge di conversione del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, consente ai concessionari di tratte autostradali nazionali di avviare una procedura di modifica del rapporto concessorio;
    il testo, che è stato modificato nel corso dell'esame in sede referente in Commissione Ambiente, prevede modifiche del rapporto concessorio da parte dei concessionari delle tratte autostradali nazionali, che devono essere sottoposte entro il 31 dicembre 2014 al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, devono essere esplicitamente finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione delle convenzioni e devono riguardare rapporti concessori in essere;
    le richieste di modifica del rapporto concessorio indicano inoltre che, con riferimento ai nuovi investimenti da parte dei concessionari, essi siano tenuti alla realizzazione degli investimenti già previsti nei vigenti atti di concessione e che l'affidamento di tutti gli interventi avverrà soltanto dopo il consenso preventivo dell'Unione europea;
    un emendamento della Commissione ha infatti precisato che l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 5 del decreto legge è subordinata al rilascio del preventivo assenso da parte dei competenti organi dell'Unione europea;
    la disposizione in esame configura un'impostazione dirigista e chiusa al mercato, e si pone in aperto contrasto con la normativa in materia di contratti di concessione e di procedure di gara ad evidenza pubblica;
    anche l'Autorità dei trasporti e l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato hanno sollevato perplessità in merito: la prima ha paventato il rischio di «un ritorno a procedure del passato incentrate sulla determinazione in via amministrativa di canoni, pedaggi e tariffe di accesso alle infrastrutture di trasporto»; l'Antitrust ha sollevato dubbi di anticoncorrenzialità;
    la modifica in sede referente, e il richiamo al «rilascio del preventivo assenso da parte dei competenti organi dell'Unione europea», è intervenuta dopo che la Commissione europea ha avviato, lo scorso 17 ottobre, la pre-procedura di infrazione Eu-Pilot, nella quale è stato chiesto alle autorità italiane di fornire approfondimenti in merito agli effetti della norma, e alla natura e la portata delle modifiche contrattuali che il provvedimento è volto ad autorizzare, per verificare la compatibilità con il diritto europeo dei contratti pubblici; in una comunicazione inviata alle autorità italiane dalla Dg Mercato interno e servizi, si osserva che la misura sembra consentire la realizzazione di «significative modifiche» ai contratti di concessione esistenti riguardanti, in particolare, lavori nell'ambito del rapporto concessorio e livello delle tariffe. Inoltre, come risulta da notizie da stampa, la Commissione, avrebbe avvertito che «potrebbero consistere in proroghe significative della durata di concessioni esistenti». Misure, quindi, che rischiano di violare la legislazione comunitaria in materia di appalti pubblici. La direttiva Ue su questo, infatti, consente lavori complementari non previsti nella concessione in essere «solo quando divenuti necessari, a seguito di una circostanza imprevista, per l'esecuzione dell'opera prevista», con specifiche condizioni;
    inoltre, in base ad una sentenza della Corte di giustizia, se le modifiche ad un contratto pubblico in corso hanno «caratteristiche sostanzialmente diverse» dal contratto iniziale, costituiscono una nuova aggiudicazione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a chiarire gli effetti dell'entrata in vigore della norma di cui all'articolo 5 del decreto-legge in esame, i casi cui verrà applicata in concreto, le modalità con cui si intenda garantire la compatibilità con il diritto europeo, nonché le implicazioni concrete a cui è sottoposta l'Italia a seguito del richiamo da parte della Commissione Europea, al fine di evitare una procedura d'infrazione volta a sanzionare il nostro Paese, a causa di una disposizione normativa la cui compatibilità con il diritto comunitario desta evidenti perplessità.
9/2629-AR/88Bergamini, Abrignani.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 emanato in attuazione della delega contenuta nell'articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio 2009, n. 99, di riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche ha, tra le diverse misure indicate, affinché siano:
     a) di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, e comunque con emissioni di processo nulle, con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW;
     b) di competenza statale le autorizzazioni relative agli impianti geotermici pilota, in quanto, nel caso di sperimentazione di impianti pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, l'autorità competente è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la regione interessata, e che il Ministero dello sviluppo economico stabilisce le condizioni e le modalità di coltivazione del fluido;
    a tal fine l'articolo 38-ter della legge 7 agosto 2012, n. 134 ha modificato il decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 includendo l'energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 239 e nello specifico gli impianti per l'estrazione di energia geotermica di cui al decreto legislativo n. 22 del 1010;
    il decreto-legge n.69 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha disposto che per i progetti geotermici pilota la Valutazione di impatto ambientale sia di competenza del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e non regionale;
    sebbene siano state ricevute istanze sino a coprire la potenza massima prevista (50 MW) riguardanti risorse geotermiche già note, attualmente non sono stati rilasciati né permessi di ricerca né concessioni, per la complessità dell’iter burocratico necessario ad ottenere le diverse autorizzazioni previste;
    risulta d'interesse strategico dello Stato, in considerazione delle osservazioni in precedenza riportate, sviluppare le risorse energetiche e, in particolare, le nuove tecnologie nel settore geotermico, rendendo certi i tempi per il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti e lo sfruttamento di tale risorsa rinnovabile,

impegna il Governo:

   ad individuare nel Ministero dello Sviluppo Economico la competenza in materia di geotermia sperimentale e a considerare strategici sia gli impianti principali che quelli accessori e di servizio necessari all'esercizio della centrale (vapordotti, cavidotti, ecc.);
   a regolamentare, semplificandole, le procedure ed i termini del procedimento ed i poteri sostitutivi dello Stato trattandosi di risorsa strategica nazionale;
   a stabilire che l'attività è svolta a seguito del rilascio di un titolo unico che comprende la fase di ricerca e la successiva fase di coltivazione, e che tale titolo unico sostituisce ogni altra approvazione, contiene la dichiarazione di pubblica utilità ed il suo rilascio ha effetto di variante urbanistica;
   a stabilire altresì un procedimento unico per il rilascio del titolo unico e un termine perentorio (180 giorni) per la sua conclusione, nonché l'adeguamento dei termini del procedimento di Via al nuovo termine così determinato.
9/2629-AR/89Abrignani.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 emanato in attuazione della delega contenuta nell'articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio 2009, n. 99, di riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche ha, tra le diverse misure indicate, affinché siano:
     a) di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, e comunque con emissioni di processo nulle, con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW;
     b) di competenza statale le autorizzazioni relative agli impianti geotermici pilota, in quanto, nel caso di sperimentazione di impianti pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, l'autorità competente è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la regione interessata, e che il Ministero dello sviluppo economico stabilisce le condizioni e le modalità di coltivazione del fluido;
    a tal fine l'articolo 38-ter della legge 7 agosto 2012, n. 134 ha modificato il decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 includendo l'energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 239 e nello specifico gli impianti per l'estrazione di energia geotermica di cui al decreto legislativo n. 22 del 1010;
    il decreto-legge n.69 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha disposto che per i progetti geotermici pilota la Valutazione di impatto ambientale sia di competenza del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e non regionale;
    sebbene siano state ricevute istanze sino a coprire la potenza massima prevista (50 MW) riguardanti risorse geotermiche già note, attualmente non sono stati rilasciati né permessi di ricerca né concessioni, per la complessità dell’iter burocratico necessario ad ottenere le diverse autorizzazioni previste;
    risulta d'interesse strategico dello Stato, in considerazione delle osservazioni in precedenza riportate, sviluppare le risorse energetiche e, in particolare, le nuove tecnologie nel settore geotermico, rendendo certi i tempi per il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti e lo sfruttamento di tale risorsa rinnovabile,

impegna il Governo:

   ad individuare nel Ministero dello Sviluppo Economico la competenza in materia di geotermia sperimentale e a considerare strategici sia gli impianti principali che quelli accessori e di servizio necessari all'esercizio della centrale (vapordotti, cavidotti, ecc.);
   a regolamentare, semplificandole, le procedure ed i termini del procedimento ed i poteri sostitutivi dello Stato trattandosi di risorsa strategica nazionale;
   a stabilire che l'attività è svolta a seguito del rilascio di un titolo unico che comprende la fase di ricerca e la successiva fase di coltivazione, e che tale titolo unico sostituisce ogni altra approvazione, contiene la dichiarazione di pubblica utilità ed il suo rilascio ha effetto di variante urbanistica;
   a stabilire altresì un procedimento unico per il rilascio del titolo unico e un termine perentorio per la sua conclusione, nonché l'adeguamento dei termini del procedimento di Via al nuovo termine così determinato.
9/2629-AR/89. (Testo modificato nel corso della seduta) Abrignani.


   La Camera,
   premesso che:
    la drammatica alluvione che ha flagellato nei giorni 9-12 ottobre 2014 il territorio ligure – e genovese in particolare – ha portato ancora una volta morte e devastazione del territorio con la distruzione di innumerevoli strutture pubbliche, ingentissimi danni a privati cittadini ed a attività commerciali, produttive ed industriali;
    sono 43 i Comuni nella Provincia di Genova colpiti dall'alluvione e 4 i Comuni nella Provincia della Spezia; ad una prima ricognizione si stimano danni per oltre 250 milioni di euro alle strutture pubbliche e 4,4 milioni di euro di danni alla viabilità provinciale; a tali stime bisogna sommare i danni subiti dai soggetti privati ancora oggi non quantificati in maniera definitiva;
    per i soli lavori di messa in sicurezza di strade, strutture, movimenti franosi e argini, sono stati richiesti dai Comuni interessati – attraverso una lettera a firma del Sindaco di Genova Marco Doria, in qualità di Presidente di ANCI Liguria – circa 60 milioni di euro, di cui 23 milioni solo per il Comune di Genova;
    la Regione Liguria ha chiesto al Consiglio dei Ministri di riconoscere in tempi brevi lo Stato di Emergenza Nazionale per i territori colpiti dalla calamità naturale;
    dovranno essere definite con urgenza a partire dai primi provvedimenti legislativi, a partire dalla Legge di Stabilità 2015, misure volte alla copertura finanziaria delle spese dello stato di emergenza,

impegna il Governo:

   ad individuare con urgenza, nei prossimi provvedimenti legislativi, tutte le misure utili a sostenere la ripresa dei territori colpiti dall'alluvione del 9-12 ottobre 2014 mediante interventi che consentano il ritorno alla quotidianità e il superamento dell'emergenza per i cittadini, le imprese e le Istituzioni disponendo al riguardo:
    ad esentare i Comuni colpiti dall'alluvione dalla contribuzione al fondo di solidarietà comunale 2015, oggi obbligatoria per legge attraverso una quota dell'IMU;
    a valutare l'ipotesi di esentare dall'IVA le opere di ripristino nei Comuni colpiti dall'alluvione;
    ad escludere dal Patto di Stabilità le spese effettuate per gli interventi di somma urgenza e di ripristino delle aree colpite dagli eventi alluvionali;
    a stanziare le necessarie risorse da destinare ai finanziamenti agevolati e ai risarcimenti dei soggetti privati coinvolti, in maniera urgente e tempestiva, anche mediante la semplificazione delle procedure per la certificazione dei danni.
9/2629-AR/90Basso, Mariani, Carocci, Giacobbe, Marco Meloni, Pastorino, Tullo, Vazio, Marzano, Dell'Aringa, Fedi, Fabbri, D'Incecco, Brandolin, Tino Iannuzzi, Folino, Minnucci, Amoddio, Martella, Gadda, Marroni, Fontanelli, Marchi, Borghi, Rubinato, Cimbro, Romanini, Casellato, Arlotti, Gasparini.


   La Camera,
   premesso che:
    la drammatica alluvione che ha flagellato nei giorni 9-12 ottobre 2014 il territorio ligure – e genovese in particolare – ha portato ancora una volta morte e devastazione del territorio con la distruzione di innumerevoli strutture pubbliche, ingentissimi danni a privati cittadini ed a attività commerciali, produttive ed industriali;
    sono 43 i Comuni nella Provincia di Genova colpiti dall'alluvione e 4 i Comuni nella Provincia della Spezia; ad una prima ricognizione si stimano danni per oltre 250 milioni di euro alle strutture pubbliche e 4,4 milioni di euro di danni alla viabilità provinciale; a tali stime bisogna sommare i danni subiti dai soggetti privati ancora oggi non quantificati in maniera definitiva;
    per i soli lavori di messa in sicurezza di strade, strutture, movimenti franosi e argini, sono stati richiesti dai Comuni interessati – attraverso una lettera a firma del Sindaco di Genova Marco Doria, in qualità di Presidente di ANCI Liguria – circa 60 milioni di euro, di cui 23 milioni solo per il Comune di Genova;
    la Regione Liguria ha chiesto al Consiglio dei Ministri di riconoscere in tempi brevi lo Stato di Emergenza Nazionale per i territori colpiti dalla calamità naturale;
    dovranno essere definite con urgenza a partire dai primi provvedimenti legislativi, a partire dalla Legge di Stabilità 2015, misure volte alla copertura finanziaria delle spese dello stato di emergenza,

impegna il Governo:

   ad individuare, all'esito della dichiarazione dello stato di emergenza, tutte le misure utili a sostenere la ripresa dei territori colpiti dall'alluvione del 9-12 ottobre 2014 mediante interventi che consentano il ritorno alla quotidianità e il superamento dell'emergenza per i cittadini, le imprese e le Istituzioni disponendo al riguardo:
    ad esentare i Comuni colpiti dall'alluvione dalla contribuzione al fondo di solidarietà comunale 2015, oggi obbligatoria per legge attraverso una quota dell'IMU;
    a valutare l'ipotesi di esentare dall'IVA le opere di ripristino nei Comuni colpiti dall'alluvione;
    ad escludere dal Patto di Stabilità le spese effettuate per gli interventi di somma urgenza e di ripristino delle aree colpite dagli eventi alluvionali;
    a stanziare le necessarie risorse da destinare ai finanziamenti agevolati e ai risarcimenti dei soggetti privati coinvolti, in maniera urgente e tempestiva, anche mediante la semplificazione delle procedure per la certificazione dei danni.
9/2629-AR/90. (Testo modificato nel corso della seduta) Basso, Mariani, Carocci, Giacobbe, Marco Meloni, Pastorino, Tullo, Vazio, Marzano, Dell'Aringa, Fedi, Fabbri, D'Incecco, Brandolin, Tino Iannuzzi, Folino, Minnucci, Amoddio, Martella, Gadda, Marroni, Fontanelli, Marchi, Borghi, Rubinato, Cimbro, Romanini, Casellato, Arlotti, Gasparini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 8, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, in corso di conversione, dispone il rifinanziamento, nella misura di 250 milioni di euro per l'anno 2014 in termini di sola competenza, dell'autorizzazione di spesa finalizzata alla prosecuzione degli interventi per la ricostruzione degli edifici privati nei territori della regione Abruzzo, colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, al fine di consentire la prosecuzione della concessione dei contributi finalizzati alla ricostruzione in Abruzzo, provvedendo, altresì, alla relativa copertura finanziaria;
    tale disposizione non ha subito modifiche nel corso dell'esame del provvedimento in sede referente; il dibattito in Commissione aveva però portato all'approvazione di ulteriori disposizioni recanti interventi a favore delle zone colpite dagli eventi sismici del 2009: disposizioni che però sono state stralciate dal testo a seguito del parere contrario della Ragioneria dello Stato e della Commissione Bilancio della Camera dei deputati;
    si trattava di un nuovo piano di finanziamento per la ricostruzione de L'Aquila: le misure prevedevano che fosse a carico dei comuni coinvolti l'ultimazione delle attività volte alla rimozione delle macerie nei territori della regione Abruzzo, le operazioni di movimentazione e trasporto del materiali derivanti dal crollo degli edifici pubblici e privati, dalle attività di demolizione e abbattimento degli edifici pericolanti a seguito di ordinanza sindacale, da interventi edilizi effettuati su incarico della Pa;
    si prevedeva inoltre l'istituzione di un fondo presso la presidenza del Consiglio nel quale far affluire fino a un massimo dell'1 per cento delle risorse destinate alla ricostruzione privata per provvedere ai servizi di natura tecnica e di assistenza qualificata da parte degli enti locali e degli uffici statali preposti alle attività della ricostruzione, anche in deroga ai limiti di assunzione di personale vigenti;
    le risorse del suddetto fondo sarebbero servite al fine di assicurare la continuità delle attività di ricostruzione e di recupero del tessuto urbano e sociale dei territori abruzzesi colpiti dal sisma, e utilizzate per provvedere ai fabbisogni di prestazioni e servizi di natura tecnica e di assistenza qualificata, in qualunque forma resi, degli enti locali e degli uffici statali istituzionalmente preposti alle attività di ricostruzione; il fabbisogno di personale sarebbe stato definito sulla base di un programma di assistenza tecnica, con cadenza biennale, posto in essere, su proposta degli enti locali e degli uffici interessati, dalla presidenza del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche di tipo normativo, volta a prevedere un nuovo piano di finanziamento per la ricostruzione della città de L'Aquila, disponendo specifici interventi quali quelli stralciati dal provvedimento in esame e riportati in premessa.
9/2629-AR/91Laffranco, Fabrizio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 8, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, in corso di conversione, dispone il rifinanziamento, nella misura di 250 milioni di euro per l'anno 2014 in termini di sola competenza, dell'autorizzazione di spesa finalizzata alla prosecuzione degli interventi per la ricostruzione degli edifici privati nei territori della regione Abruzzo, colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, al fine di consentire la prosecuzione della concessione dei contributi finalizzati alla ricostruzione in Abruzzo, provvedendo, altresì, alla relativa copertura finanziaria;
    tale disposizione non ha subito modifiche nel corso dell'esame del provvedimento in sede referente; il dibattito in Commissione aveva però portato all'approvazione di ulteriori disposizioni recanti interventi a favore delle zone colpite dagli eventi sismici del 2009: disposizioni che però sono state stralciate dal testo a seguito del parere contrario della Ragioneria dello Stato e della Commissione Bilancio della Camera dei deputati;
    si trattava di un nuovo piano di finanziamento per la ricostruzione de L'Aquila: le misure prevedevano che fosse a carico dei comuni coinvolti l'ultimazione delle attività volte alla rimozione delle macerie nei territori della regione Abruzzo, le operazioni di movimentazione e trasporto del materiali derivanti dal crollo degli edifici pubblici e privati, dalle attività di demolizione e abbattimento degli edifici pericolanti a seguito di ordinanza sindacale, da interventi edilizi effettuati su incarico della Pa;
    si prevedeva inoltre l'istituzione di un fondo presso la presidenza del Consiglio nel quale far affluire fino a un massimo dell'1 per cento delle risorse destinate alla ricostruzione privata per provvedere ai servizi di natura tecnica e di assistenza qualificata da parte degli enti locali e degli uffici statali preposti alle attività della ricostruzione, anche in deroga ai limiti di assunzione di personale vigenti;
    le risorse del suddetto fondo sarebbero servite al fine di assicurare la continuità delle attività di ricostruzione e di recupero del tessuto urbano e sociale dei territori abruzzesi colpiti dal sisma, e utilizzate per provvedere ai fabbisogni di prestazioni e servizi di natura tecnica e di assistenza qualificata, in qualunque forma resi, degli enti locali e degli uffici statali istituzionalmente preposti alle attività di ricostruzione; il fabbisogno di personale sarebbe stato definito sulla base di un programma di assistenza tecnica, con cadenza biennale, posto in essere, su proposta degli enti locali e degli uffici interessati, dalla presidenza del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di disporre specifici interventi analoghi a quelli stralciati dal provvedimento in esame e riportati in premessa.
9/2629-AR/91. (Testo modificato nel corso della seduta) Laffranco, Fabrizio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia il tasso di accesso dei giovani agli studi universitari e quello dei laureati nella popolazione sono drammaticamente più bassi delle medie europee e molto lontani dagli obiettivi comunitari, anche perché il diritto allo studio è cronicamente insufficiente. Basti pensare che godono di borsa di studio solo l'8 per cento degli studenti italiani mentre sono oltre il 20 per cento i loro omologhi francesi, spagnoli o tedeschi;
    in fase di approvazione della legge 8 novembre 2013, n. 128, conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, e dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge Stabilità 2014) – con l'approvazione di un emendamento presentato dai parlamentari del PD – era stato finalmente stanziato – nel bilancio dello Stato – un finanziamento stabile per il diritto allo studio universitario; una quota aggiuntiva di 150 milioni di euro a partire dal 2014, cifra che, unita al gettito della tassa regionale per il diritto allo studio, avrebbe garantito ogni anno la copertura di circa 130.000 borse di studio;
    per garantire l'effettiva possibilità di erogazione da parte delle Regioni delle borse di studio, era stato anche stabilito che le spese per le borse di studio fossero poste fuori dal patto di stabilità;
    successivamente, la stessa legge di Stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) e poi la legge 23 giugno 2014, n. 89, conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, hanno però previsto che le Regioni contribuissero al risanamento delle finanze pubbliche nel 2014 mediante la riduzione di 500 milioni dell'indebitamento netto (abbassamento del tetto del patto di stabilità) e di 560 milioni del saldo netto da finanziare (taglio dei trasferimenti statali);
    per realizzare il primo intervento di 500 milioni, l'articolo 42, comma 1, capoverso 7-bis, lettera b) del provvedimento in esame, stabilisce che le spese per le borse di studio finanziate dal bilancio statale rientrino all'interno del patto di stabilità;
    con il suddetto intervento non si avrà più alcuna sicurezza che le Regioni possano effettivamente spendere per le borse di studio i 162 milioni del contributo dello Stato, dovendo o potendo privilegiare altre spese;
    qualora lo stanziamento 2014 per le borse di studio venisse decurtato come sopra descritto si perderebbero circa 50.000 borse, poco meno del 50 per cento di quelle assegnate nel 2013 e in molti casi ciò porterebbe addirittura a sospendere la borsa di studio a chi ne ha già fruito l'anno precedente, togliendo spesso allo studente interessato la possibilità di continuare gli studi e conseguire la laurea,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare l'esclusione dal Patto di stabilità interno delle risorse destinate alle Regioni relativamente agli interventi in materia di diritto allo studio, al fine di non vanificare misure recentemente adottate le quali rivestono una rilevanza strategica a sostegno di studenti e famiglie.
9/2629-AR/92Ghizzoni, Coscia, Ascani, Blazina, Bossa, Carocci, Coccia, Crimì, D'Ottavio, Malisani, Malpezzi, Manzi, Piccoli Nardelli, Narduolo, Pes, Rocchi, Rampi, Sgambato, Paolo Rossi, Ventricelli, Gribaudo, Marchi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di Stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) e poi la legge 23 giugno 2014, n. 89, conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, hanno previsto che le Regioni contribuissero al risanamento delle finanze pubbliche nel 2014 mediante la riduzione di 500 milioni dell'indebitamento netto (abbassamento del tetto del patto di stabilità) e di 560 milioni del saldo netto da finanziare (taglio dei trasferimenti statali);
    per realizzare il primo intervento di 500 milioni, l'articolo 42, comma 1, capoverso 7-bis, del provvedimento in esame, stabilisce che le spese per le borse di studio universitario, contributi e benefici agli studenti anche con disabilità, scuole paritarie e erogazione gratuita di libri di testo finanziate dal bilancio statale rientrino all'interno del patto di stabilità,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate al fine di modificare, nell'ambito della prossima manovra di bilancio, l'articolo 42, ripristinando l'esclusione dal Patto di stabilità interno delle risorse destinate alle Regioni relativamente agli interventi in materia di diritto allo studio, contributi e benefici agli studenti anche con disabilità, erogazione gratuita di libri di testo e scuole paritarie, in considerazione del fatto che l'attuale formulazione della norma rischia di vanificare misure recentemente adottate nel settore scolastico, le quali rivestono una rilevanza strategica nell'ambito della politica di rilancio della scuola e dell'istruzione.
9/2629-AR/93Coscia, Ascani, Blazina, Bossa, Carocci, Coccia, Crimì, D'Ottavio, Malisani, Malpezzi, Manzi, Ghizzoni, Piccoli Nardelli, Narduolo, Pes, Rocchi, Rampi, Sgambato, Paolo Rossi, Ventricelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25, comma 4, stabilisce che entro il 31 dicembre 2014 sia emanato il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, recante le linee guida finalizzate ad assicurare speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico, previsto dall'articolo 96, comma 6 del decreto legislativo n. 63 del 2006;
    nei giorni scorsi l'Aula ha approvato, in prima lettura, l'A.C. 2127 riguardante la «Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, fatta alla Valletta il 16 gennaio 1992»;
    la succitata Convenzione ha come obiettivo primario la conservazione e la valorizzazione del patrimonio archeologico nelle politiche urbane e di pianificazione; riguarda principalmente le modalità di collaborazione tra archeologi, urbanisti e pianificatori; formula degli orientamenti sul finanziamento dei lavori di scavo, di ricerca e di pubblicazione di risultati ottenuti; inoltre, il testo si occupa anche di accesso del pubblico in particolare ai siti archeologici, delle attività educative da sviluppare affinché la pubblica opinione conosca e apprezzi il valore del patrimonio archeologico,

impegna il Governo

in fase di emanazione del decreto recante le linee guida in materia di archeologia preventiva di cui all'articolo 25, comma 4, a rispettare il contenuto della Convenzione europea di protezione del patrimonio archeologico, stipulata a La Valletta, il cui disegno di legge di ratifica è stato già approvato dalla Camera dei deputati in prima lettura.
9/2629-AR/94Malisani, Piccoli Nardelli, Ghizzoni, Coscia, Ascani, Blazina, Bossa, Carocci, Coccia, Crimì, D'Ottavio, Malpezzi, Manzi, Narduolo, Pes, Rocchi, Rampi, Sgambato, Paolo Rossi, Ventricelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 9-bis, articolo 31, della legge 12 novembre 2011, n. 183 – introdotto dall'articolo 1, comma 535, della legge n. 147 del 2013 – ha disposto, nell'ambito della disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali, l'esclusione dal computo del saldo finanziario, in termini di competenza mista, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno per gli enti locali per il 2014, dei pagamenti in conto capitale sostenuti dalle province e dai comuni. Ai fini della distribuzione degli importi da escludere dal patto tra i singoli enti locali, il comma prevedeva l'assegnazione a ciascun ente di uno spazio finanziario calcolato in proporzione all'obiettivo di saldo finanziario fino a concorrenza dell'importo complessivamente messo a disposizione (1.000 milioni). La norma precisava, altresì, che gli enti locali erano tenuti ad utilizzare tali maggiori spazi finanziari esclusivamente per pagamenti in conto capitale da sostenere nel primo semestre del 2014 dandone evidenza in sede di monitoraggio;
    le modifiche apportate dall'articolo 4, comma 7 del provvedimento in esame stabiliscono – riprendendo il dettato di una circolare ministeriale – che l'esclusione dal computo del saldo riguardi soltanto i pagamenti effettuati nei primi sei mesi dell'anno 2014 – e non tutti quelli effettuati nel corso dell'anno – e che gli spazi finanziari resi disponibili dall'esclusione, operante nel primo semestre, debbano essere utilizzati dagli enti interessati per pagamenti in conto capitale da sostenere nel corso dell'intero anno 2014, e non soltanto nel primo semestre;
    nella relazione illustrativa si evidenzia che il comma 7 dell'articolo 4 è finalizzato a meglio chiarire che i maggiori spazi finanziari derivanti dalla predetta esclusione debbano essere obbligatoriamente utilizzati dagli enti interessati per pagamenti in conto capitale diversi da quelli per i quali è stata riconosciuta l'esclusione;
    è evidente che non si tratti di una mera precisazione ma di una sostanziale modifica della normativa vigente sulla base della quale gli enti locali hanno già effettuato importanti scelte di bilancio;
    gli enti locali hanno bisogno di certezza e di continuità delle norme per realizzare i loro programmi senza dover essere costretti a rimettere continuamente in discussione scelte amministrative già compiute,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione citata in premessa al fine di valutare l'opportunità di riconsiderare la norma, che mette seriamente in discussione la tenuta dei bilanci già approvati, prevedendo per l'intero anno 2014 l'assegnazione a ciascun ente locale di uno spazio finanziario sui pagamenti in conto capitale in proporzione all'obiettivo di saldo finanziario.
9/2629-AR/95Guerra, Fragomeli, Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 9-bis, articolo 31, della legge 12 novembre 2011, n. 183 – introdotto dall'articolo 1, comma 535, della legge n. 147 del 2013 – ha disposto, nell'ambito della disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali, l'esclusione dal computo del saldo finanziario, in termini di competenza mista, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno per gli enti locali per il 2014, dei pagamenti in conto capitale sostenuti dalle province e dai comuni. Ai fini della distribuzione degli importi da escludere dal patto tra i singoli enti locali, il comma prevedeva l'assegnazione a ciascun ente di uno spazio finanziario calcolato in proporzione all'obiettivo di saldo finanziario fino a concorrenza dell'importo complessivamente messo a disposizione (1.000 milioni). La norma precisava, altresì, che gli enti locali erano tenuti ad utilizzare tali maggiori spazi finanziari esclusivamente per pagamenti in conto capitale da sostenere nel primo semestre del 2014 dandone evidenza in sede di monitoraggio;
    le modifiche apportate dall'articolo 4, comma 7 del provvedimento in esame stabiliscono – riprendendo il dettato di una circolare ministeriale – che l'esclusione dal computo del saldo riguardi soltanto i pagamenti effettuati nei primi sei mesi dell'anno 2014 – e non tutti quelli effettuati nel corso dell'anno – e che gli spazi finanziari resi disponibili dall'esclusione, operante nel primo semestre, debbano essere utilizzati dagli enti interessati per pagamenti in conto capitale da sostenere nel corso dell'intero anno 2014, e non soltanto nel primo semestre;
    nella relazione illustrativa si evidenzia che il comma 7 dell'articolo 4 è finalizzato a meglio chiarire che i maggiori spazi finanziari derivanti dalla predetta esclusione debbano essere obbligatoriamente utilizzati dagli enti interessati per pagamenti in conto capitale diversi da quelli per i quali è stata riconosciuta l'esclusione;
    è evidente che non si tratti di una mera precisazione ma di una sostanziale modifica della normativa vigente sulla base della quale gli enti locali hanno già effettuato importanti scelte di bilancio;
    gli enti locali hanno bisogno di certezza e di continuità delle norme per realizzare i loro programmi senza dover essere costretti a rimettere continuamente in discussione scelte amministrative già compiute,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione citata in premessa ed il loro impatto sui bilanci degli Enti locali.
9/2629-AR/95. (Testo modificato nel corso della seduta) Guerra, Fragomeli, Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento oggetto di conversione reca, al comma 1, disposizioni In materia di gestione del servizio Idrico integrato, apportando alcune modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale (cosiddetto «codice ambientale»);
    in particolare la lettera d) del citato articolo 7, comma 1, novella il decreto legislativo n. 152 del 2006, introducendovi l'articolo 149-bis, in materia di affidamento del servizio idrico integrato, con il quale si prevede che l'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale (Ato) deliberi la forma di gestione e le modalità di affidamento del servizio, nel rispetto della normativa europea in materia di evidenza pubblica e della normativa nazionale in materia di organizzazione del servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica;
    in sede di conversione, la disposizione introdotta dal citato articolo 7, comma 1, lettera d), del presente provvedimento è stata modificata nell'attuale formulazione, ai sensi della quale l'affidamento diretto può avvenire solo a favore delle società in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione cosiddetta in house, partecipate esclusivamente e direttamente da enti locali compresi nell'ATO;
    l'articolo 106 del trattato sull'Unione europea e del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, al paragrafo 2, stabilisce che «Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata (...)»;
    la normativa europea in materia dispone, da ultimo con la direttiva 2014/24/CE sugli appalti pubblici e la direttiva 2014/25/CE sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nel settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, che modificano e sostituiscono, rispettivamente, la direttiva 2004/18/CE e la direttiva 2004/17/CE, una semplificazione e una maggiore flessibilità delle procedure in materia di concorrenza e ammissibilità di affidamenti in house, nonché un adeguamento per quanto possibile della disciplina di tali settori a quella generale;
    il settore idrico italiano è caratterizzato da un sistema di gestione partecipata fortemente articolato e «multilivello», per quanto riguarda l'attribuzione delle quote detenute da ciascun ente locale nelle società partecipate: nel variegato panorama delle società partecipate che operano nel settore si individuano, infatti, non solo quelle appartenenti al cosiddetto primo livello – ossia società partecipate direttamente dall'ente locale – ma anche quelle di secondo e/o terzo livello, in cui la partecipazione è indiretta e avviene per il tramite delle società di livello inferiore;
    il testo originario della novella introdotta dall'articolo 7, comma 1, lettera d) del provvedimento oggetto di conversione, mirava ad adeguare la normativa italiana al fine di superare alcune procedure d'infrazione a carico dell'Italia in sede europea, derivanti anche dallo stato di profonda inadeguatezza della rete idrica e dalle difficoltà connesse alla sua gestione;
    l'attuale formulazione della novella consente alle sole società di primo livello, ossia quelle direttamente partecipate dagli enti locali, di ottenere la gestione del sistema idrico nell'Ato di riferimento, escludendo invece tutte le altre società in cui la partecipazione pubblica si espleta indirettamente;
    tale formulazione risulta nettamente più restrittiva rispetto al quadro normativo europeo e ai più recenti orientamenti giurisprudenziali, anche nazionali (Corte costituzionale, n. 50/2013 – affidamenti in modalità europea);
    la Corte di giustizia ha più volte ritenuto coerente il modello in house con le direttive in materia di appalti di servizi, purché strutturato in modo tale da evitare una ingiustificata compromissione dei principi di mercato e della concorrenza;
    secondo la giurisprudenza europea, il modello operativo in house non deve costituire il mezzo per consentire alle autorità pubbliche di svolgere, mediante la costituzione di apposite società, attività di impresa in violazione delle regole concorrenziali, che richiedono che venga garantito 11 principio del pari trattamento tra imprese pubbliche e private (articolo 345 TFUE);
    l'esclusione delle società partecipate di secondo o terzo livello dalla gestione dei servizi idrici integrati appare contraria alla logica di una maggiore apertura e concorrenzialità del sistema;
    lo stato attuale di arretratezza e inefficienza del sistema Idrico italiano, più volte censurato in sede europea e derivante anche dalla scarsità di investimenti per l'ammodernamento della rete, richiede un intervento complesso che includa, anziché escludere, nel rispetto dell'ordinamento nazionale e sovranazionale, la più ampia platea di soggetti a partecipazione pubblica In grado di migliorare la qualità dei servizi offerti,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni interventi normativi al fine di consentire l'adeguamento della normativa nazionale a quella europea in materia di concorrenza e ammissibilità degli affidamenti in house, superando e prevenendo potenziali procedure di infrazione, oltreché a consentire una più efficiente gestione dei servizi idrici integrati, in un'ottica di flessibilità delle procedure e ottimizzazione delle risorse.
9/2629-AR/96Fragomeli, Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    le imprese dello spettacolo, riconosciute come tali dalla legge 7 agosto 2012 n. 134 articolo 51-bis, necessitano di una semplificazione per le procedure relative all'autorizzazione e allo svolgimento delle attività di pubblico spettacolo poiché le norme che regolamentano gli spettacoli dal vivo sono particolarmente complesse e intrecciano numerosi livelli di competenza e settori interni alla pubblica amministrazione con la conseguente difficoltà, da parte di un operatore del settore o di un organizzatore, di doversi rivolgere a numerosi interlocutori per ottenere i diversi permessi o autorizzazioni, con conseguente scarsa chiarezza di tempi, procedure e costi;
    l'elevato numero di pratiche e di autorizzazioni da richiedere per lo svolgimento di un pubblico spettacolo e la scarsa chiarezza sopra descritta, molto spesso scoraggiano l'organizzazione di eventi: tutto ciò pone forti limiti non solo alla fruizione di eventi culturali e musicali per i cittadini ma penalizza anche l'indotto economico esistente anche in virtù del potenziale che il settore dello spettacolo dal vivo detiene,

impegna il Governo:

   a valutare l'adozione di disposizioni volte ad orientare l'iniziativa dei Comuni a semplificare e rendere efficienti le procedure relative all'autorizzazione e allo svolgimento delle attività di pubblico spettacolo, nel rispetto dei seguenti criteri:
    valorizzazione e diffusione delle buone pratiche già attuate da comuni virtuosi e attivazione di sperimentazioni volte a semplificare i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività di pubblico spettacolo;
    adeguamento e armonizzazione della normativa relativa allo Sportello Unico Attività Produttive includendo 1 procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività di pubblico spettacolo;
    previsione di specifica modulistica uniforme su tutto il territorio nazionale, privilegiando la procedura telematica e l'utilizzo della posta elettronica certificata;
    valorizzazione dello strumento dell'autocertificazione, in particolare per le attività di cui all'articolo 68 e 69 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 come modificato dalla legge n. 112 del 2013;
    istituzione di un'anagrafe dei luoghi per lo spettacolo (Venue) contenente le ipotesi di allestimento pre-autorizzate dalle commissioni di vigilanza da poter adottare integralmente;
    istituzione di un'anagrafe comunale degli organizzatori di spettacoli dal vivo presenti sul territorio contenente tutta la documentazione inerente gli stessi;
    redazione, di concerto con SIAE, di un tariffario ragionato e semplificato che preveda agevolazioni per spettacoli di base;
   anche valutando l'opportunità di individuare per tali finalità presso il Ministero della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione un Fondo denominato «Fondo per la Semplificazione in materia di Spettacolo» senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.
9/2629-AR/97Tentori, Blazina, Manzi, Narduolo, Rampi, Sgambato, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    le imprese dello spettacolo necessitano di una semplificazione che alleggerisca in maniera significativa gli adempimenti gravosi sotto il profilo economico ed organizzativo delle strutture e degli eventi, in particolare medio-piccoli e non ad alto rischio, previsti dal decreto-legge del Ministero dell'interno n. 261 del 1996, e dunque precedentemente a quanto disposto dal decreto legislativo n. 81 del 2008, che rendono obbligatorio il servizio di vigilanza a pagamento a cura del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco come presidio fisso e continuativo;
    in ottemperanza ad una articolata e costantemente aggiornata normativa specifica, le strutture per lo svolgimento di spettacoli dal vivo sono oggi dotate di addetti all'emergenza, che hanno acquisito professionalità e competenza, con conoscenza diretta dei luoghi e con i percorsi formativi obbligatori presidiati dai Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco per la gestione delle emergenze antincendio, come previsto dal decreto legislativo n. 626 del 1994 e successivo decreto legislativo n. 81 del 2008;
    attraverso la presenza di dette squadre di vigilanza e sicurezza aziendale con personale adeguatamente formato e valutato con attestazione dei competenti organi pubblici, le strutture hanno raggiunto standard strutturali e funzionali di sicurezza elevati e diffusi e sono sottoposte ad una serie calendarizzata e puntuale di controlli e di adempimenti manutentivi per cui la cultura della sicurezza è divenuto patrimonio diffuso e condiviso,

impegna il Governo

a valutare modalità tali per cui il servizio di vigilanza antincendio sui luoghi di spettacolo e trattenimento per tutte le attività previste all'articolo 4 comma 3) del decreto ministeriale 22 febbraio 1996 n. 261, ad esclusione delle attività previste alle lettere d) e h), sia svolto da una squadra aziendale, di numero adeguato a seguito di valutazione del rischio e composta dagli addetti all'emergenza ed antincendio ai sensi dell'articolo 18 comma 1 lettera b) del decreto legislativo n. 81 del 2008, in alternativa al servizio a pagamento del corpo nazionale dei vigili del fuoco, fatta salva la valutazione della commissione provinciale di vigilanza, prevedendo la possibilità che le Commissioni provinciali di Vigilanza, contestualmente alla consueta verifica sulle condizioni della sala di spettacolo, ed a quella dell'esistenza di idonee squadre private, possano altresì prescrivere la stipula di una convenzione tra il titolare dell'attività di spettacolo ed il comando provinciale dei vigili del fuoco per l'espletamento del servizio da parte dei vigili del fuoco da effettuarsi una volta al mese durante il periodo di attività continuativa o per il solo giorno del debutto se la manifestazione è realizzata in spazi non tradizionali.
9/2629-AR/98Rampi, Blazina, Narduolo, Manzi, Sgambato, Tentori, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, viene annualmente redatto il calendario delle limitazioni alla circolazione dei mezzi pesanti e sono individuate le modalità per la richiesta di autorizzazioni in deroga;
    per i veicoli adibiti al trasporto di attrezzature per spettacoli dal vivo, come ad esempio: concerti, spettacoli circensi, viaggianti o di teatro di prosa, nel caso in cui sussista, da parte dello stesso soggetto, l'esigenza di effettuare più viaggi in regime di deroga per la stessa tipologia dei prodotti trasportati, le Prefetture – Uffici Territoriali del Governo, nel cui territorio di competenza si svolge lo spettacolo, previo benestare della Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo nel cui territorio di competenza ha inizio il viaggio, ove non sussistono motivazioni contrarie, rilasciano un'unica autorizzazione di validità temporale non superiore a quattro mesi, sulla quale possano essere diversificate, per ogni giornata in cui è ammessa la circolazione in deroga, la targa dei veicoli autorizzati, il percorso consentito, le eventuali prescrizioni;
    tale procedura non risponde però alle specifiche e reali esigenze delle imprese che operano nei settori dello spettacolo dal vivo, il cui trasporto di attrezzature è condizionato dal rilascio di permessi locali, che pervengono in genere tardivamente, impedendo di fatto, alle imprese medesime, di poter ricorrere alle autorizzazioni in deroga;
    nel settore dell'informazione, tale problematica è stata risolta prevedendo che il divieto di circolazione dei mezzi pesanti, annualmente disposto con decreto ministeriale, non si applichi agli automezzi del servizio radiotelevisivo, quando ricorrono urgenti e comprovate ragioni di servizio,

impegna il Governo

a valutare che analoga previsione possa essere estesa anche agli automezzi utilizzati dalle imprese di spettacolo dal vivo per il trasporto delle attrezzature, al fine di consentire al settore della cultura e dello spettacolo di poter transitare sulle strade – solo «per urgenti e comprovate esigenze di servizio» – anche nelle giornate di divieto.
9/2629-AR/99Manzi, Blazina, Narduolo, Rampi, Sgambato, Tentori, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge cosiddetto sblocca – Italia prevede un numero di disposizioni, talmente difformi ed eterogenee, che non corrispondono ai requisiti costituzionalmente previsti e può annoverarsi certamente uno dei provvedimenti più complessi e disomogenei delle ultime legislature;
    dal titolo nel quale di desumono interventi in numerosi settori di intervento: dall'apertura dei cantieri, alla realizzazione delle opere pubbliche, alla digitalizzazione del Paese, alla semplificazione burocratica, all'emergenza del dissesto idrogeologico e alla ripresa delle attività produttive e nei riguardi delle aree territoriali, contiene nel complesso interventi limitati, la cui attuazione per molte disposizioni è rinviata a decreti attuativi;
    nell'ambito delle misure attribuite alle aree territoriali regionali, il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato il Piano sociosanitario 2012-2015 deliberando, tra l'altro, di procedere all'individuazione della nuova Azienda ospedaliera «Città della Salute e della Scienza di Torino»;
    i Ministeri della salute e dell'economia e finanze, il 17 dicembre 2012, in relazione all'individuazione dell'Azienda in questione, hanno chiesto alla regione di chiarire in che tempi e con quali modalità intendesse procedere alla costituzione della Città della Salute e della Scienza di Novara;
    a seguito di una nota pervenuta dalla regione in data 14 gennaio 2013, i citati Ministeri hanno preso atto dell'attuazione della sperimentazione organizzativa prevista dal Piano Sanitario Regionale 012-2015» e hanno chiesto ulteriori notizie sullo «status» della stessa Azienda, con particolare riferimento;
    ai rapporti con l'università, specificando se la qualifica di Azienda Ospedaliera Universitaria assegnata all'Ospedale San Giovanni Battista-Molinette si estendesse anche alle altre Aziende accorpate; alla collocazione dei Dipartimenti ad attività integrata; alle eventuali modifiche della dotazione organica;
    la regione Piemonte qualifica l'Azienda quale Centro di riferimento della Rete oncologica (unitamente all'istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Fondazione del Piemonte per l'Oncologia di Candiolo), segnalando che presso la Città della Salute ha sede l'Osservatorio Regionale per le gravi reazioni allergiche, parte integrante della Rete di Allergologia, incaricato delle rilevazioni epidemiologiche relative alle patologie più gravi e dell'organizzazione dell'assistenza successiva all'evento acuto;
    la regione specifica che ha affidato all'Azienda Ospedaliera «Città della Salute e della Scienza di Torino» la funzione di supporto nello sviluppo della rete regionale per la gestione del rischio clinico;
    la regione, mediante la proposta di accordo di programma del 2 marzo 2012 ha indicato di utilizzare la somma oggi a sua disposizione di circa 378 milioni di euro, a carico dell'articolo 20 della legge n. 67 del 1988, assegnata con le deliberazioni CIPE n. 98 e n. 97 del 18 dicembre 2008. Tale somma è incrementata dell'importo a carico della regione (5 per cento obbligatorio), pari a circa 20 milioni di euro, nonché da altri finanziamenti pari a circa 300 milioni di euro;
    il valore totale dell'accordo proposto dalla regione relativo alla realizzazione dell'opera ammonta a circa 700 milioni di euro;
    il Ministero della salute ha incontrato i rappresentanti della Direzione Sanità del Piemonte in data 8 aprile 2012. Successivamente, si sono tenuti ulteriori incontri, e comunicazioni per le vie brevi, con amministratori locali e parlamentari, per evidenziare agli uffici regionali la necessità di integrare la documentazione relativa alla proposta di accordo con gli elementi necessari alla valutazione;
    in data 24 maggio 2013, sono state richieste ulteriori integrazioni agli uffici competenti della regione Piemonte e si è tuttora in attesa di acquisire il nuovo documento di programma con le modifiche e/o integrazioni apportate;
    una volta acquisito il parere favorevole da parte del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti e del Sistema di valutazione e verifica delle aziende sanitarie del Ministero della salute, la proposta di accordo sarà inviata tempestivamente al Ministero dell'economia e delle finanze per l'acquisizione del previsto concerto tecnico. La Ragioneria Generale dello Stato si esprimerà sulle citate risorse a carico dello Stato ex articolo 20, legge n. 67 dei 1988, che verranno assegnate in presenza di disponibilità nel bilancio dello Stato;
    dopo l'acquisizione del concerto tecnico finanziario, il nuovo Accordo di programma sarà inoltrato alla Conferenza Stato-Regioni per l'acquisizione dell'Intesa propedeutica alla sottoscrizione del documento da parte del Ministero della salute, del Ministero dell'economia e delle finanze e della regione Piemonte,

impegna il Governo

ad intervenire per quanto di competenza, al fine di accelerare le procedure del concerto tecnico finanziario, per la definizione del nuovo Accordo di programma esposto in premessa.
9/2629-AR/100Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge cosiddetto sblocca – Italia prevede un numero di disposizioni, talmente difformi ed eterogenee, che non corrispondono ai requisiti costituzionalmente previsti e può annoverarsi certamente uno dei provvedimenti più complessi e disomogenei delle ultime legislature;
    dal titolo nel quale di desumono interventi in numerosi settori di intervento: dall'apertura dei cantieri, alla realizzazione delle opere pubbliche, alla digitalizzazione del Paese, alla semplificazione burocratica, all'emergenza del dissesto idrogeologico e alla ripresa delle attività produttive e nei riguardi delle aree territoriali, contiene nel complesso interventi limitati, la cui attuazione per molte disposizioni è rinviata a decreti attuativi;
    nell'ambito delle misure attribuite alle aree territoriali regionali, il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato il Piano sociosanitario 2012-2015 deliberando, tra l'altro, di procedere all'individuazione della nuova Azienda ospedaliera «Città della Salute e della Scienza di Torino»;
    i Ministeri della salute e dell'economia e finanze, il 17 dicembre 2012, in relazione all'individuazione dell'Azienda in questione, hanno chiesto alla regione di chiarire in che tempi e con quali modalità intendesse procedere alla costituzione della Città della Salute e della Scienza di Novara;
    a seguito di una nota pervenuta dalla regione in data 14 gennaio 2013, i citati Ministeri hanno preso atto dell'attuazione della sperimentazione organizzativa prevista dal Piano Sanitario Regionale 012-2015» e hanno chiesto ulteriori notizie sullo «status» della stessa Azienda, con particolare riferimento;
    ai rapporti con l'università, specificando se la qualifica di Azienda Ospedaliera Universitaria assegnata all'Ospedale San Giovanni Battista-Molinette si estendesse anche alle altre Aziende accorpate; alla collocazione dei Dipartimenti ad attività integrata; alle eventuali modifiche della dotazione organica;
    la regione Piemonte qualifica l'Azienda quale Centro di riferimento della Rete oncologica (unitamente all'istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Fondazione del Piemonte per l'Oncologia di Candiolo), segnalando che presso la Città della Salute ha sede l'Osservatorio Regionale per le gravi reazioni allergiche, parte integrante della Rete di Allergologia, incaricato delle rilevazioni epidemiologiche relative alle patologie più gravi e dell'organizzazione dell'assistenza successiva all'evento acuto;
    la regione specifica che ha affidato all'Azienda Ospedaliera «Città della Salute e della Scienza di Torino» la funzione di supporto nello sviluppo della rete regionale per la gestione del rischio clinico;
    la regione, mediante la proposta di accordo di programma del 2 marzo 2012 ha indicato di utilizzare la somma oggi a sua disposizione di circa 378 milioni di euro, a carico dell'articolo 20 della legge n. 67 del 1988, assegnata con le deliberazioni CIPE n. 98 e n. 97 del 18 dicembre 2008. Tale somma è incrementata dell'importo a carico della regione (5 per cento obbligatorio), pari a circa 20 milioni di euro, nonché da altri finanziamenti pari a circa 300 milioni di euro;
    il valore totale dell'accordo proposto dalla regione relativo alla realizzazione dell'opera ammonta a circa 700 milioni di euro;
    il Ministero della salute ha incontrato i rappresentanti della Direzione Sanità del Piemonte in data 8 aprile 2012. Successivamente, si sono tenuti ulteriori incontri, e comunicazioni per le vie brevi, con amministratori locali e parlamentari, per evidenziare agli uffici regionali la necessità di integrare la documentazione relativa alla proposta di accordo con gli elementi necessari alla valutazione;
    in data 24 maggio 2013, sono state richieste ulteriori integrazioni agli uffici competenti della regione Piemonte e si è tuttora in attesa di acquisire il nuovo documento di programma con le modifiche e/o integrazioni apportate;
    una volta acquisito il parere favorevole da parte del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti e del Sistema di valutazione e verifica delle aziende sanitarie del Ministero della salute, la proposta di accordo sarà inviata tempestivamente al Ministero dell'economia e delle finanze per l'acquisizione del previsto concerto tecnico. La Ragioneria Generale dello Stato si esprimerà sulle citate risorse a carico dello Stato ex articolo 20, legge n. 67 dei 1988, che verranno assegnate in presenza di disponibilità nel bilancio dello Stato;
    dopo l'acquisizione del concerto tecnico finanziario, il nuovo Accordo di programma sarà inoltrato alla Conferenza Stato-Regioni per l'acquisizione dell'Intesa propedeutica alla sottoscrizione del documento da parte del Ministero della salute, del Ministero dell'economia e delle finanze e della regione Piemonte,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire per quanto di competenza, al fine di accelerare le procedure del concerto tecnico finanziario, per la definizione del nuovo Accordo di programma esposto in premessa.
9/2629-AR/100. (Testo modificato nel corso della seduta) Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame si prefigge l'obiettivo, tra gli altri, della ripresa delle attività produttive;
    la Direttiva 2006/123/CE (cosiddetta «Direttiva Bolkenstein») – che ha l'obiettivo di garantire che consumatori ed imprese comunitari possano accedere con maggior facilità ai benefici offerti del mercato dei singoli stati membri – è stata recepita in Italia con decreto legislativo 26 marzo 2009, n. 59;
    per il settore termale acquista particolare rilievo quanto previsto dall'articolo 7 del citato decreto legislativo, che stabilisce che le disposizioni dello stesso decreto non si applicano: «b) ai servizi sanitari ed a quelli farmaceutici forniti direttamente a scopo terapeutico nell'esercizio delle professioni sanitarie, indipendentemente dal fatto che vengano prestati in una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione, di finanziamento e dalla loro natura pubblica o privata»;
    di conseguenza, in Italia, la Direttiva Servizi non deve essere applicata alle concessioni minerarie rilasciate per l'esercizio di uno stabilimento termale, in quanto le aziende termali erogano, anche per conto del Servizio Sanitario Nazionale, prestazioni sanitarie;
    tale interpretazione ha trovato conferma, a livello europeo, grazie ad un chiarimento del 4 maggio 2011, fornito dalla Commissione Europea in risposta ad interrogazione, nel quale è stato precisato che: «l'esclusione dei servizi sanitari previsti dall'articolo 2, paragrafo 2, lettera f) della Direttiva 2006/123/CE, (...) riguarda i servizi sanitari e farmaceutici forniti da professionisti del settore sanitario ai propri pazienti per valutare, mantenere o ripristinare le loro condizioni di salute, laddove tali attività sono riservate a professioni del settore sanitario regolamentate nello Stato membro in cui i servizi vengono offerti» e che, pertanto, «se le cure termali (...) sono necessarie per mantenere o ripristinare le condizioni di salute di un paziente e sono prestate da professionisti del settore sanitario la cui attività è regolamentata, le stesse non rientrano nel campo di applicazione della Direttiva 2006/123/CE»;
    ad una specifica richiesta di chiarimenti avanzata dalla Federterme, unica organizzazione rappresentativa delle imprese del settore termale, il 14 maggio 2012, il Ministero della Salute ha sottolineato «la pacifica esclusione dei servizi resi dalle imprese termali di carattere sanitario dall'ambito di applicazione del decreto legislativo»;
    il settore dell'imbottigliamento delle acque minerali deve, parimenti, intendersi escluso dall'ambito di applicazione dello stesso decreto, seppure per motivazioni diverse, in quanto le imprese del comparto non operano per la produzione di servizi ma svolgono attività industriale;
    anche tale interpretazione ha trovato conferma a livello comunitario, sulla base dei chiarimenti formulati dalla già citata Commissione Europea che, con propria nota P-002995/2012 del 2 maggio 2012, ha ritenuto che le attività consistenti nella cura della fonte, estrazione, imbottigliamento e vendita dell'acqua non siano configurabili come «servizi» ai sensi della direttiva 2006/123/CE (cosiddetta «direttiva servizi») ed ha perciò escluso dall'ambito di applicazione della suddetta «Direttiva Bolkenstein» anche le industrie dell'imbottigliamento delle acque minerali in quanto «non produttrici di servizi»;
    malgrado ciò, uno sparuto gruppo di amministrazioni regionali (Campania, Abruzzo e Puglia) ha avanzato il dubbio che le procedure relative al rinnovo e/o all'assegnazione delle concessioni relative allo sfruttamento della risorsa idrotermale, debbano essere attuate attraverso procedure ad evidenza pubblica, sostenendo che le esclusioni di cui sopra riguarderebbero solo il rilascio dell'autorizzazione sanitaria (che non avverrebbe in seguito a procedura di evidenza pubblica) e non quello della concessione mineraria (il cui rilascio avverrebbe in seguito ad una gara, inspiegabilmente anche per le industrie di imbottigliamento delle acque minerali);
    è di tutta evidenza come tale argomentazione sia del tutto strumentale e tesa a fornire un inutile appiglio ad alcune amministrazioni regionali che, sul tema, sono interessate da un aspro contenzioso, posto che la legislazione nazionale e regionale del nostro Paese prevede che il rilascio di una concessione mineraria di acqua per uso termale avvenga unicamente per l'apertura di uno stabilimento nel quale vengono erogate prestazioni terapeutiche, ovvero per l'avvio dell'attività di imbottigliamento delle acque minerali, non essendo consentiti altri usi;
    tale situazione di incertezza influisce in modo molto negativo sulla ripartenza degli investimenti nel settore idrotermale, ai livelli minimi da almeno un triennio;
    è necessario garantire al settore termale ed a quello dell'imbottigliamento delle acque minerali quelle certezze normative minime che costituiscono il presupposto di qualsiasi ordinata attività economico-imprenditoriale, fatta anche di programmazione di investimenti nel medio e lungo termine e di definizione di strategie di ampio respiro,

impegna il Governo

a chiarire che la norma di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, si interpreta nel senso che le disposizioni di cui allo stesso decreto, non si applicano alle attività termali e a quelle di imbottigliamento delle acque minerali e termali, ivi compreso il rilascio ed il rinnovo delle relative concessioni.
9/2629-AR/101Maietta.


   La Camera,
   premesso che:
    il «Piano Nazionale degli Aeroporti», preannunciato dal Ministro delle infrastrutture a trasporti lo scorso gennaio e che dovrà essere emanato con decreto del Presidente della Repubblica, individua 11 aeroporti strategici e 26 aeroporti di interesse nazionale, tra i quali ultimi rientra anche l'aeroporto di Salerno;
    con riferimento al medesimo aeroporto risulta non essere ancora stata approvata la convenzione di gestione totale con Aeroporto di Salerno s.p.a., stipulata per la durata di venti anni;
    il comma 11 dell'articolo 1 del provvedimento in esame dispone l'approvazione con decreto ministeriale dei contratti di programma sottoscritti dall'ENAC con i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale, per consentire l'avvio degli investimenti previsti nei contratti di programma;
    in tal senso si innova la precedente normativa, che prevedeva che i singoli contratti di programma fossero approvati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia, consentendo l'approvazione di tutti i contratti di programma con un unico atto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e individuando termini perentori per la stipula dei contratti;
    ai fini della stipula dei contratti di programma è necessario che siano state approvate le convenzioni di gestione per i singoli scali,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di competenza al fine della tempestiva approvazione del decreto ministeriale di cui in premessa.
9/2629-AR/102Cirielli.


   La Camera,
   premesso che:
    il «Piano Nazionale degli Aeroporti», preannunciato dal Ministro delle infrastrutture a trasporti lo scorso gennaio e che dovrà essere emanato con decreto del Presidente della Repubblica, individua 11 aeroporti strategici e 26 aeroporti di interesse nazionale, tra i quali ultimi rientra anche l'aeroporto di Salerno;
    con riferimento al medesimo aeroporto risulta non essere ancora stata approvata la convenzione di gestione totale con Aeroporto di Salerno s.p.a., stipulata per la durata di venti anni;
    il comma 11 dell'articolo 1 del provvedimento in esame dispone l'approvazione con decreto ministeriale dei contratti di programma sottoscritti dall'ENAC con i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale, per consentire l'avvio degli investimenti previsti nei contratti di programma;
    in tal senso si innova la precedente normativa, che prevedeva che i singoli contratti di programma fossero approvati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia, consentendo l'approvazione di tutti i contratti di programma con un unico atto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e individuando termini perentori per la stipula dei contratti;
    ai fini della stipula dei contratti di programma è necessario che siano state approvate le convenzioni di gestione per i singoli scali;
    l'articolo 28, al comma 8-bis, prevede, altresì, che, nelle more del perfezionamento di nuovi accordi bilaterali o della modifica di quelli esistenti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero degli affari esteri, l'ENAC, nel rispetto delle norme europee, rilascia, previo nulla osta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, autorizzazioni temporanee per le quinte libertà, di durata non inferiore a diciotto mesi, ai vettori che ne facciano richiesta,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di competenza al fine della tempestiva approvazione del decreto ministeriale di cui in premessa, nonché, in sede di applicazione del citato articolo 28, comma 8-bis, al fine di limitare il rilascio delle citate autorizzazioni temporanee di quinta libertà al solo eventuale rinnovo di quelle già rilasciate.
9/2629-AR/102. (Testo modificato nel corso della seduta) Cirielli.


   La Camera,
   premesso che:
    la bonifica del sito industriale di Bagnoli, avviata a metà degli anni novanta, è ancora lontana da una conclusione, da ultimo nuovamente bloccata in seguito al fallimento della società «BagnoliFutura S.p.A.» che aveva in capo la responsabilità della bonifica e della riconversione delle aree, e da un'indagine della Procura di Napoli del 2013 che ipotizza un reato di disastro ambientale nella gestione dei siti e delle stesse operazioni di bonifica;
    l'articolo 33 del presente provvedimento detta una disciplina speciale per la realizzazione di interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, individuate sulla base di una delibera del Consiglio dei Ministri, nonché disposizioni specifiche per la realizzazione di tali interventi nel comprensorio Bagnoli-Caroglio, contestualmente dichiarato area di rilevante interesse nazionale;
    a tali fini, l'articolo in questione prevede la predisposizione di uno specifico programma di risanamento ambientale e di un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana ad opera, alla cui formazione, approvazione e attuazione sono preposti un Commissario straordinario del Governo e un Soggetto attuatore, che con riguardo ai profili procedimentali possono agire anche in deroga a talune disposizioni del Codice ambientale;
    è altresì previsto che il soggetto attuatore sia nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «nel rispetto dei principi europei di trasparenza e di concorrenza» e, con specifico riferimento all'area di Bagnoli, che ad esso sia trasferita anche la proprietà delle aree e degli immobili del comprensorio Bagnoli-Coroglio appartenenti alla società Bagnoli Futura S.p.A.,

impegna il Governo

a procedere alla nomina, nel ruolo di soggetto attuatore ai sensi della presente norma, esclusivamente di soggetti pubblici.
9/2629-AR/103Taglialatela.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del decreto-legge in esame, ai commi 5 e 6 disciplina l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno degli enti territoriali per gli anni 2014 e 2015 dei pagamenti relativi a debiti in conto capitale, sostenuti successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge, per un importo complessivamente pari a 300 milioni di euro;
    le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo possono essere pagate anche mediante compensazione con i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle Amministrazioni pubbliche per somministrazione, forniture e appalti, previa l'ottenimento, da parte del contribuente, di apposita certificazione dei crediti vantati;
    il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, prevede la compensazione tra:
     crediti certificati non prescritti, certi, liquidi ed esigibili verso lo Stato, Regioni e province autonome, enti locali, enti del Servizio Sanitario Nazionale per aver effettuato somministrazioni, forniture e appalti;
     debiti tributari (dello Stato, delle Regioni e degli enti locali), previdenziali e assistenziali oggetto di cartelle di pagamento di Equitalia, di accertamento esecutivo dell'Agenzia delle Entrate e di avviso di addebito dell'Inps, notificate entro il 31 marzo 2014,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di una normativa che consenta, anche temporaneamente, ai soggetti non sottoposti a procedure fallimentari la compensazione di cui in premessa, escludendo dagli importi dovuti le sanzioni, l'aggio e gli interessi di mora.
9/2629-AR/104Corsaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, all'articolo 7, comma 8, al fine di fronteggiare le situazioni di criticità ambientale delle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione, prevede l'assegnazione alle regioni la somma complessiva di 110 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione 2007-2013;
    il «Piano nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici e per la messa in sicurezza del territorio» elaborato dal Ministero dell'Ambiente, al cui interno sono censite le vulnerabilità del territorio nazionale e le tipologie di interventi necessari, ha stimato il fabbisogno finanziario in oltre quaranta miliardi di euro in quindici anni;
    anche la previsione relativa alla revoca di risorse già assegnate a Regioni e altri enti per la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, ai fini di una loro destinazione in apposito fondo istituito presso il Ministero dell'ambiente salvo successiva rassegnazione ad altre opere, appare del tutto insufficiente a garantire i finanziamenti necessari ad operare concretamente e, soprattutto, tempestivamente contro i rischi derivanti dalla fragilità dei territori,

impegna il Governo:

   ad elaborare con le Regioni e gli enti locali un Piano nazionale di interventi di prevenzione e messa in sicurezza del territorio, nonché a prevedere nell'ambito della prossima legge di stabilità gli stanziamenti necessari ad attuare gli stessi, individuando al contempo efficaci meccanismi di spesa;
   ad intervenire opportunamente per ridurre in maniera drastica il consumo di suolo, anche attraverso politiche di sostituzione edilizia, di demolizione di ecomostri e insediamenti abusivi ed ex abusivi attraverso progetti condivisi pubblico/privato tesi alla riqualificazione e al recupero delle coste, delle aree di pregio naturalistico e paesaggistico, delle aree agricole o montane, dei centri storici.
9/2629-AR/105Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, all'articolo 3 prevede un rifinanziamento del Fondo cosiddetto «sblocca cantieri», per gli anni dal 2013 e il 2020, al fine di consentire nell'anno 2014 la continuità dei cantieri in corso o il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori, con riferimento a determinate opere, in base a differenti tempistiche: tra gli interventi per i quali i relativi decreti ministeriali di assegnazione delle risorse devono essere adottati entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, ritenuti cantierabili entro il 31 dicembre dell'anno in corso, figura anche la tratta Colosseo – Piazza Venezia della Linea C;
    ad oggi, pur essendo il predetto termine già trascorso, non risulta essere stato adottato alcun decreto di assegnazione delle risorse;
    la terza linea della metropolitana di Roma, progettata negli anni novanta e inserita nel dicembre 2001 dal CIPE tra le opere strategiche della legge obiettivo, secondo le previsioni attuali dovrebbe essere ultimata entro il 2020, ma allo stato si attende ancora l'apertura della prima tratta (Pantano-Centocelle), originariamente prevista per lo scorso 11 ottobre;
    sinora l'opera è stata più volte al centro di polemiche per le decine di varianti apportate in corso d'opera dalla cui approvazione è derivata – in base ai dati del CIPE – una lievitazione dei costi da 1,9 miliardi del 2001 agli attuali 3,5 miliardi di euro;
    attualmente sulla realizzazione della metro C sono in corso due inchieste giudiziarie, una promossa dalla Corte dei conti e una avviata dalla Procura di Roma;
    dalla scheda 105 dell'8o Rapporto sull'attuazione della «legge obiettivo», che reca dati sullo stato di attuazione al 31 ottobre 2013, si evince che il 100 per cento del finanziamento per la realizzazione della linea C è a carico del settore pubblico,

impegna il Governo:

   ad adottare quanto prima il decreto ministeriale di cui in premessa, al fine di consentire la rapida cantierizzazione della citata tratta della linea C;
   a monitorare la corretta realizzazione dell'opera, di fondamentale importanza per la città di Roma, sia sotto il profilo dei costi, sia sotto quello delle procedure e della tempistica.
9/2629-AR/106Giorgia Meloni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del decreto-legge in esame reca disposizioni per il potenziamento dell'operatività di Cassa depositi e prestiti a supporto dell'economia;
    gli stabilimenti termali la cui proprietà è – direttamente o indirettamente – sotto il controllo pubblico presentano un andamento, nella pressoché totalità dei casi, che è contraddistinto da risultati negativi, spesso dipendenti tanto dalle attuali gestioni quanto dal peso debitorio ereditato dalle precedenti strategie imprenditoriali;
    da tempo viene auspicata l'attuazione dei percorsi virtuosi di privatizzazione, peraltro previsti dall'articolo 3, comma 27, della legge 24 dicembre 2007, numero 244 che, oltre a favorire il rilancio degli stabilimenti termali in oggetto, renderebbe possibile anche il recupero dell'ingente patrimonio presente in molte di queste realtà, oggi dismesso o sottoutilizzato;
    tali dismissioni – se operate adeguatamente – avrebbero anche e soprattutto il pregio di non presentare alcun onere a carico della finanza pubblica ma, anzi, consentirebbero agli enti locali che ancora detengono i suddetti stabilimenti di eliminare voci di costo estremamente gravose per i propri bilanci, senza con ciò depauperare risorse che potrebbero risultare vitali per i territori di riferimento;
    tale dismissione non comporta oneri finanziari ma, anzi, riduzione di costi per l'erario,

impegna il Governo:

   ad elaborare una disciplina che individui i criteri per la dismissione degli stabilimenti termali in oggetto e le modalità di estinzione di eventuali posizioni debitorie sussistenti anche ricorrendo, per l'erogazione dei fondi necessari, ad apposite convenzioni tra la Cassa Depositi e Prestiti Spa e gli Istituti di Credito interessati;
   a vigilare affinché venga data attuazione a quanto previsto all'articolo 3, comma 27, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, anche con riferimento alla dismissione degli stabilimenti termali di proprietà delle amministrazioni centrali dello Stato o di regioni, province, comuni ed enti pubblici, siano essi posseduti direttamente o attraverso società controllate.
9/2629-AR/107Totaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 del decreto-legge in esame dispone l'incentivazione degli interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di incremento dell'efficienza energetica di piccole dimensioni, realizzati in data successiva al 31 dicembre 2011;
    la norma prevede che l'aggiornamento del sistema di incentivi venga effettuato entro il 31 dicembre 2014, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, semplificando le procedure ed utilizzando strumenti per favorire l'accesso alle risorse stanziate;
    a tal fine si rileva la necessità di intervenire per l'applicazione dell'aggiornamento delle norme tecniche UNI/TS 11300 parte 1 e 2, utilizzate, ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, per calcolare l'indice di prestazione energetica degli edifici;
    detto aggiornamento, infatti, è entrato in vigore il 2 ottobre ultimo scorso, senza la previsione di un periodo transitorio per permettere l'adeguamento dei relativi software alle nuove metodologie di calcolo;
    ciò ha di fatto creato uno stallo nella produzione degli attestati di prestazione energetica e un vuoto normativo circa la loro validità, se redatti a decorrere dal 2 di ottobre sulla base della versione non aggiornata della norma tecnica citata,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di prevedere un periodo transitorio di tre mesi per permettere il pieno adeguamento dei sistemi all'aggiornamento delle norme tecniche, facendo salva l'efficacia degli attestati di prestazione energetica (APE) prodotti con la vecchia metodologia a decorrere dal 2 ottobre.
9/2629-AR/108Cozzolino, Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    il nuovo decreto-legge n. 133 del 2014, definito «Sblocca Italia», proposto dal Governo «Renzi» si presenta come un intervento legislativo omnicomprensivo, stante le diverse materie disciplinate. L'ampio spettro di interventi contenuti nel Decreto-legge apre non pochi dubbi in merito alla legittimità di alcuni interventi che parrebbero porsi in modo diametralmente opposto rispetto a quanto dettato dalla normativa ambientale vigente, specie di matrice europea;
    con l'articolo 38, in particolare, viene creato un sistema di semplificazione che ha il preciso scopo di permettere un più rapido rilascio di autorizzazioni alle compagnie petrolifere per le ricerche di idrocarburi (on-shore e off-shore) nel territorio italiano, al fine di potenziare il settore industriale dell'estrazione petrolifera, nonché aumentare il conseguente gettito fiscale in favore dello Stato;
    le associazioni ambientaliste, con in testa Greenpeace, Legambiente e WAVF hanno criticato fortemente i contenuti dell'articolo 38 del decreto «Sblocca Italia» con il quale, grazie ad una serie di forzature normative e costituzionali, si rilanciano indiscriminatamente su tutto il territorio nazionale, sia a terra che in mare, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi in Basilicata e nei mari Adriatico, Ionio, Alto Tirreno e nel Canale di Sicilia;
    le associazioni ritengono, in particolare, che le disposizioni contenute nell'articolo 38 del decreto-legge 133 del 2014: 1) consentano di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche ad una intera categoria di interventi senza individuare alcuna priorità; 2) trasferiscano d'autorità le VIA sulle attività a terra dalle Regioni al Ministero dell'Ambiente; 3) compiano una forzatura rispetto alle competenze concorrenti tra Stato e Regioni cui al vigente Titolo V della Costituzione; 4) prevedano una concessione unica per ricerca e coltivazione in contrasto con la distinzione tra le autorizzazioni per prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi del diritto comunitario; 5) applichino impropriamente e erroneamente la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di Impatto Ambientale; 6) trasformino forzosamente gli studi del Ministero dell'Ambiente sul rischio subsidenza in Alto Adriatico legato alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in «progetti sperimentali di coltivazione»; 7) costituiscano una distorsione rispetto alla tutela estesa dell'ambiente e della biodiversità rispetto a quanto disposto dalla Direttiva Offshore 2013/30/UE e dalla nuova Direttiva 2014/52/UE sulla Valutazione di Impatto Ambientale;
    in particolare in Sicilia è in corso un vero e proprio assalto al mare da parte delle compagnie petrolifere: sono 12.908 i chilometri quadrati interessati dai cinque permessi di ricerca già rilasciati e da altre 15 richieste di concessione, ricerca e prospezione avanzate. Questo, nonostante, già oggi nel Canale di Sicilia vengano estratte (dato a fine 2013) 301.471 tonnellate, il 41 per cento del totale nazionale del petrolio estratto in mare. Dal mare alla terra il passo il breve. Anche sul territorio siciliano sono forti gli interessi delle compagnie petrolifere. Già oggi l'attività è particolarmente intensa, con 5 impianti (Gela, Giurone, Irminio, Ragusa e S. Anna) da cui vengono estratte (dato al 2013) 714.223 tonnellate di petrolio (il 15 per cento della produzione nazionale su terraferma). A queste si devono poi aggiungere i 5 permessi di ricerca, per poco più di 3700 kmq di superficie, e le 11 istanze per 164 mila kmq circa oltre le tre richieste per aprire nuovi impianti estrattivi. Senza contare che gran parte delle richieste in fase di valutazione provengono da compagnie straniere, la cui attività non porterà benefici all'economia nazionale. Una corsa all'oro nero che rischia tra l'altro di compromettere per sempre il futuro delle popolazioni coinvolte da possibili incidenti che metterebbero in pericolo ambiente, turismo e pesca;
    le aree interessante dalle richieste di prospezione petrolifera sono spesso prossime ad aree marine protette, siti di importanza comunitaria, e ad altre aree già individuate per legge per essere sottoposte a tutela. Oltre al grave rischio di incidente rilevante, che avrebbe conseguenze catastrofiche per l'ambiente marino, dunque, le trivellazioni minacciano le economie delle piccole isole e delle comunità costiere che vivono ormai solo di pesca e turismo;
    le prospezioni a fini di ricerca, gli inevitabili svernamenti di greggio e gli incidenti mettono oggi a serio rischio anche l'ambiente e i fondali della riserva marina delle Egadi, la più grande d'Europa, ma anche il suo stesso sistema economico e il tessuto sociale. Le isole minori investono infatti da tempo sulla sostenibilità e sul turismo, e non intendono per tali ragioni vanificare gli sforzi di tanti anni;
    in tale ottica, la Giunta municipale di Favignana (Trapani) ha recentemente approvato la delibera predisposta dall'Anci contro le trivellazioni nel Canale di Sicilia. Il provvedimento fa parte delle iniziative volte a contrastare l'attuazione del decreto che, in buona sostanza, in barba all'ambiente e alla sempre annunciata svolta verso la green energy, favorisce l'assalto delle compagnie petrolifere al mare siciliano;
    contro il decreto si sono già schierati numerosi Comuni, oltre alle citate associazioni ambientaliste, che hanno dato vita ad una protesta proprio su una piattaforma nel Canale di Sicilia. In caso di sua conversione in legge, la richiesta del Comune di Favignana è che il presidente della Regione siciliana proceda addirittura all'impugnazione del decreto di fronte alla Corte Costituzionale;
    l'Amministrazione comunale di Favignana aderisce, così, pienamente alle disposizioni dell'AnciSicilia e resta in prima linea contro il pericolo trivellazioni anche a difesa dell'area marina protetta «Isole Egadi»,

impegna il Governo

ad intraprendere con urgenza ogni opportuna attività di carattere normativo volta a contenere indicazioni precise sul meccanismo di diniego a nuove autorizzazioni di ricerca, prospezione e coltivazione delle acque antistanti le 12 miglia dalle zone costiere, ovvero dal perimetro esterno di aree protette e riserve marine, prevedendo altresì in prospettiva futura di arrestare definitivamente e nel più breve tempo possibile la deriva petrolifera, nell'interesse generale del Paese e di gran parte dei settori economici più avveduti, per avviare anche in Italia una rivoluzione energetica, garantendo uno sviluppo sostenibile e duraturo sul piano economico e occupazionale.
9/2629-AR/109Di Vita.


   La Camera,
   premesso che:
    il nuovo decreto-legge n. 133 del 2014, definito «Sblocca Italia», proposto dal Governo «Renzi» si presenta come un intervento legislativo omnicomprensivo, stante le diverse materie disciplinate. L'ampio spettro di interventi contenuti nel Decreto-legge apre non pochi dubbi in merito alla legittimità di alcuni interventi che parrebbero porsi in modo diametralmente opposto rispetto a quanto dettato dalla normativa ambientale vigente, specie di matrice europea;
    con l'articolo 38, in particolare, viene creato un sistema di semplificazione che ha il preciso scopo di permettere un più rapido rilascio di autorizzazioni alle compagnie petrolifere per le ricerche di idrocarburi (on-shore e off-shore) nel territorio italiano, al fine di potenziare il settore industriale dell'estrazione petrolifera, nonché aumentare il conseguente gettito fiscale in favore dello Stato;
    le associazioni ambientaliste, con in testa Greenpeace, Legambiente e WAVF hanno criticato fortemente i contenuti dell'articolo 38 del decreto «Sblocca Italia» con il quale, grazie ad una serie di forzature normative e costituzionali, si rilanciano indiscriminatamente su tutto il territorio nazionale, sia a terra che in mare, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi in Basilicata e nei mari Adriatico, Ionio, Alto Tirreno e nel Canale di Sicilia;
    le associazioni ritengono, in particolare, che le disposizioni contenute nell'articolo 38 del decreto-legge 133 del 2014: 1) consentano di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche ad una intera categoria di interventi senza individuare alcuna priorità; 2) trasferiscano d'autorità le VIA sulle attività a terra dalle Regioni al Ministero dell'Ambiente; 3) compiano una forzatura rispetto alle competenze concorrenti tra Stato e Regioni cui al vigente Titolo V della Costituzione; 4) prevedano una concessione unica per ricerca e coltivazione in contrasto con la distinzione tra le autorizzazioni per prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi del diritto comunitario; 5) applichino impropriamente e erroneamente la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di Impatto Ambientale; 6) trasformino forzosamente gli studi del Ministero dell'Ambiente sul rischio subsidenza in Alto Adriatico legato alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in «progetti sperimentali di coltivazione»; 7) costituiscano una distorsione rispetto alla tutela estesa dell'ambiente e della biodiversità rispetto a quanto disposto dalla Direttiva Offshore 2013/30/UE e dalla nuova Direttiva 2014/52/UE sulla Valutazione di Impatto Ambientale;
    in particolare in Sicilia è in corso un vero e proprio assalto al mare da parte delle compagnie petrolifere: sono 12.908 i chilometri quadrati interessati dai cinque permessi di ricerca già rilasciati e da altre 15 richieste di concessione, ricerca e prospezione avanzate. Questo, nonostante, già oggi nel Canale di Sicilia vengano estratte (dato a fine 2013) 301.471 tonnellate, il 41 per cento del totale nazionale del petrolio estratto in mare. Dal mare alla terra il passo il breve. Anche sul territorio siciliano sono forti gli interessi delle compagnie petrolifere. Già oggi l'attività è particolarmente intensa, con 5 impianti (Gela, Giurone, Irminio, Ragusa e S. Anna) da cui vengono estratte (dato al 2013) 714.223 tonnellate di petrolio (il 15 per cento della produzione nazionale su terraferma). A queste si devono poi aggiungere i 5 permessi di ricerca, per poco più di 3700 kmq di superficie, e le 11 istanze per 164 mila kmq circa oltre le tre richieste per aprire nuovi impianti estrattivi. Senza contare che gran parte delle richieste in fase di valutazione provengono da compagnie straniere, la cui attività non porterà benefici all'economia nazionale. Una corsa all'oro nero che rischia tra l'altro di compromettere per sempre il futuro delle popolazioni coinvolte da possibili incidenti che metterebbero in pericolo ambiente, turismo e pesca;
    le aree interessante dalle richieste di prospezione petrolifera sono spesso prossime ad aree marine protette, siti di importanza comunitaria, e ad altre aree già individuate per legge per essere sottoposte a tutela. Oltre al grave rischio di incidente rilevante, che avrebbe conseguenze catastrofiche per l'ambiente marino, dunque, le trivellazioni minacciano le economie delle piccole isole e delle comunità costiere che vivono ormai solo di pesca e turismo;
    le prospezioni a fini di ricerca, gli inevitabili svernamenti di greggio e gli incidenti mettono oggi a serio rischio anche l'ambiente e i fondali della riserva marina delle Egadi, la più grande d'Europa, ma anche il suo stesso sistema economico e il tessuto sociale. Le isole minori investono infatti da tempo sulla sostenibilità e sul turismo, e non intendono per tali ragioni vanificare gli sforzi di tanti anni;
    in tale ottica, la Giunta municipale di Favignana (Trapani) ha recentemente approvato la delibera predisposta dall'Anci contro le trivellazioni nel Canale di Sicilia. Il provvedimento fa parte delle iniziative volte a contrastare l'attuazione del decreto che, in buona sostanza, in barba all'ambiente e alla sempre annunciata svolta verso la green energy, favorisce l'assalto delle compagnie petrolifere al mare siciliano;
    contro il decreto si sono già schierati numerosi Comuni, oltre alle citate associazioni ambientaliste, che hanno dato vita ad una protesta proprio su una piattaforma nel Canale di Sicilia. In caso di sua conversione in legge, la richiesta del Comune di Favignana è che il presidente della Regione siciliana proceda addirittura all'impugnazione del decreto di fronte alla Corte Costituzionale;
    l'Amministrazione comunale di Favignana aderisce, così, pienamente alle disposizioni dell'AnciSicilia e resta in prima linea contro il pericolo trivellazioni anche a difesa dell'area marina protetta «Isole Egadi»,

impegna il Governo

a valutare con urgenza ogni opportuna attività di carattere normativo volta a contenere indicazioni precise sul meccanismo di diniego a nuove autorizzazioni di ricerca, prospezione e coltivazione delle acque antistanti le 12 miglia dalle zone costiere, ovvero dal perimetro esterno di aree protette e riserve marine, valutando altresì in prospettiva futura di arrestare definitivamente e nel più breve tempo possibile la deriva petrolifera, nell'interesse generale del Paese e di gran parte dei settori economici più avveduti, per avviare anche in Italia una rivoluzione energetica, garantendo uno sviluppo sostenibile e duraturo sul piano economico e occupazionale.
9/2629-AR/109. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Vita.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca misure per l'emergenza del dissesto idrogeologico;
    lo Stato italiano storicamente concentra la maggior parte degli esigui fondi per il dissesto idrogeologico su interventi strutturali, come dimostrato dai recenti interventi di cui alla legge di stabilità 2013 o del presente decreto;
    questo approccio al problema del dissesto è confermato dalle intenzioni espresse dalla unità di missione governativa «Italia Sicura», nel corso delle audizioni alla VIII Commissione della Camera dei deputati;
    gli ambienti accademici, tecnici e scientifici che studiano le tematiche del dissesto idrogeologico evidenziano da tempo la necessità anche di interventi così detti «non strutturali» come sviluppo di sistemi di previsione e allertamento, produzione di cartografia tematica, elaborazioni di efficaci piani di emergenza, pianificazione territoriale conforme alle caratteristiche geomorfologiche del territorio;
    le principali zone a rischio in Italia sono note e mappate con precisione mediante strumenti di pianificazione come i PAI (Piani di assetto idrogeologico) o con database quali FF1 – inventano dei fenomeni franosi italiani (realizzato dall'ISPRA e dalle regioni e province autonome, per fornire un quadro dettagliato ed una mappatura della distribuzione dei fenomeni franosi sul territorio italiano) o AVI – aree vulnerate italiane (realizzato dal Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche allo scopo di realizzare un censimento delle aree storicamente vulnerate da calamità geologiche – frane – ed idrauliche);
    i database AVI e FF1 hanno caratteristiche diverse: AVI, basato su una mappatura puntuale delle zone già colpite da calamità, è adatto tra l'altro alla calibrazione di sistemi di previsione ed allertamento; IFFI, basato su una mappatura di dettaglio dei poligoni di frana e su una catalogazione della loro tipologia di movimento e stato di attività, potrebbe costituire un ausilio fondamentale per una corretta pianificazione territoriale ed urbanistica;
    il database IIFFI risulta attualmente aggiornato soltanto al 2006 per la maggior parte delle regioni italiane;
    durante la seduta del 26 giugno 2013 la Camera approvava a larga maggioranza la mozione n. 1/00114, che, tra le altre cose, impegnava il Governo pro tempore a «promuovere un profondo aggiornamento ed un'integrazione dei quadri conoscitivi nazionali e degli enti locali, riguardanti le conoscenze geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche e sismiche, allo scopo di produrre nuovi strumenti urbanistici e cartografici geotematici relativi alla pericolosità geomorfologica, idraulica e di microzonazione sismica, finalizzati ad un più razionale e coscienzioso governo del territorio, così come previsto dal quadro normativo comunitario»,

impegna il Governo

a promuovere con urgenza e finanziare un accurato aggiornamento della mappature delle aree esposte a rischio, anche tramite i progetti IFF e AVI richiamati in premessa, ed un'integrazione dei quadri conoscitivi nazionali e degli enti locali, allo scopo di produrre nuovi strumenti urbanistici relativi alla pericolosità geomorfologica ed idraulica.
9/2629-AR/110Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 del decreto in commento, prevede misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene. Il primo comma stabilisce che vengano individuati gli impianti di incenerimento con recupero energetico esistenti o da realizzare nell'intero territorio nazionale ritenendo che detti impianti attuino un sistema integrato e moderno di gestione dei rifiuti urbani e assimilati garantendo la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentendo altresì di superare e prevenire ulteriori procedure d'infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore, limitando il conferimento dei rifiuti in discarica;
    le misure urgenti predisposte dal Governo verrebbero attuate prevalentemente attraverso l'individuazione e realizzazione di nuovi impianti d'incenerimento con recupero energetico, installazioni queste decisamente costose, nonché fortemente impattanti sull'ambiente e sulla salute umana;
    per la realizzazione di un impianto d'incenerimento occorrono mediamente sette anni, tra valutazione preliminare dei siti, gare per la realizzazione, costruzione, avviamento ed infine collaudo e seppure venga previsto dalla norma un dimezzamento dei tempi procedurali in deroga alla disciplina ordinaria, in ogni caso vi è il serio rischio di non poter rispettare urgenza indicata dal relatore, né di superare o prevenire le ulteriori procedure d'infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore;
    il 2 luglio 2014, la Commissione Europea ha presentato una comunicazione sull'economia circolare COM (2014)398 e una proposta di direttiva europea in materia di rifiuti (COM(2014)397, per la revisione delle direttive sui rifiuti e che detta comunicazione da indirizzo di privilegiare il recupero di materia piuttosto che il recupero energetico;
    le principali procedure di infrazioni europee in tema discariche lamentano una mancanza di pretrattamento per stabilizzare il rifiuto da avviare in discarica,

impegna il Governo:

   nel rispetto della rigida gerarchia prevista alla direttiva 2008/98/CE in materia di prevenzione, riuso, riciclo dei rifiuti, ad individuare sistemi di gestione dei rifiuti basati sulla prevenzione a monte della produzione del rifiuto o del suo riutilizzo promuovendo pratiche virtuose come ad esempio il «vuoto a rendere» per gli imballaggi;
   ad individuare nell'ambito della filiera consortile della gestione degli imballaggi, sistemi che privilegino l'effettivo recupero della materia dei rifiuti di imballaggio anziché il recupero di energia dagli stessi, a tal fine rimodulando il contributo obbligatorio sulla base della riciclabilità del materiale a monte e all'effettivo riciclo dello stesso a valle;
    a verificare se ci siano monopoli nella filiera del riciclo;
    a verificare se l'impiantistica di pretrattamento meccanico-biologico e recupero e riciclo della materia sia adeguata alla luce delle finalità esposte e a considerare e farsi precursore delle linee guida contenute nella nuova proposta di direttiva europea in materia di rifiuti (COM(2014)397).
9/2629-AR/111Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto persegue l'obiettivo di semplificare gli iter autorizzatori delle principali infrastrutture, ad alcune delle quali viene, a tal fine, attribuita la qualifica di opere «grandi, urgenti e indifferibili», con conseguente ridimensionamento delle competenze delle amministrazioni locali e dispone interventi che determinano impatti sul governo del territorio, sull'ambiente, sul paesaggio, sui beni culturali e sulla salute, nel segno dell'asserito rilancio dell'economia del Paese;
    in particolare, l'articolo 25, reca misure urgenti di semplificazione amministrativa e di accelerazione delle procedure in materia di patrimonio culturale;
    il comma 4 del succitato articolo, stabilisce che entro il 31 dicembre 2014 sia emanato un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, recante le linee guida finalizzate ad assicurare speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a far sì che nell'emanazione delle linee guida che assicurino speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico, sia coinvolto anche il Ministro dell'ambiente piuttosto che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
9/2629-AR/112Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo il dettato costituzionale i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi;
    tale diritto è attuato anche attraverso le borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso;
    l'articolo 42 comma 1 del provvedimento all'esame inserisce nel novero del patto di stabilità interno il Fondo integrativo statale, ovvero una parte consistente delle risorse destinate alle borse di studio per gli studenti universitari;
    queste risorse, per un ammontare di 150 milioni di euro, erano state stanziate nel 2013 ed escluse dal patto di stabilità interno proprio per favorire il diritto allo studio universitario italiano, già abbastanza compromesso dalla riduzione di fondi che i Governi precedenti hanno apportato negli ultimi anni;
    il sistema di finanziamento statale del diritto allo studio avviene attraverso tre voci ovvero:
     1. il Fondo integrativo statale da ripartire tra le regioni;
     2. il gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio;
     3. dalle risorse proprie delle regioni, pari almeno al 40 per cento dell'assegnazione del Fondo integrativo statale;
    secondo quanto stabilito nella succitata norma, nel 2014, le regioni saranno costrette ad optare se utilizzare risorse per il diritto allo studio o per una qualsiasi altra spesa di competenza regionale e, quindi, non è remota l'ipotesi che alcuni governi regionali optino per una drastica diminuzione delle risorse stanziate per il diritto allo studio;
    tale provvedimento è conseguenza dell'intesa sancita tra le regioni a statuto ordinario in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nella seduta del 29 maggio 2014;
    negli ultimi anni il diritto allo studio universitario è stato umiliato a causa del sempre più frequente fenomeno dell'idoneo a percepire la borsa di studio ma non beneficiano a causa delle insufficienti risorse stanziate dallo Stato;
    nonostante le nuove regole sul diritto allo studio, conseguenti alla riforma Gelmini dell'università abbia causato un numero di studenti idonei a percepire la borsa di studio inferiore rispetto al passato, le regioni non riescono, comunque, ad assegnare le borse a tutti i richiedenti che ne hanno diritto;
    l'Italia si colloca negli ultimi posti in Europa per investimenti sul diritto allo studio, tant’è che in diversi stati dell'unione europea l'iscrizione all'università è gratuita e la borsa di studio garantisce tutti gli studenti privi di mezzi,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché siano stanziate e rese strutturali le risorse sufficienti a garantire la totale copertura delle borse di studio universitarie scorporandole, comunque, da qualsiasi vincolo sulle spese, compreso il patto di stabilità interno.
9/2629-AR/113Vacca, D'Uva, Luigi Gallo, Brescia, Marzana, Simone Valente, Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo il dettato costituzionale i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi;
    tale diritto è attuato anche attraverso le borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso;
    l'articolo 42 comma 1 del provvedimento all'esame inserisce nel novero del patto di stabilità interno il Fondo integrativo statale, ovvero una parte consistente delle risorse destinate alle borse di studio per gli studenti universitari;
    queste risorse, per un ammontare di 150 milioni di euro, erano state stanziate nel 2013 ed escluse dal patto di stabilità interno proprio per favorire il diritto allo studio universitario italiano, già abbastanza compromesso dalla riduzione di fondi che i Governi precedenti hanno apportato negli ultimi anni;
    il sistema di finanziamento statale del diritto allo studio avviene attraverso tre voci ovvero:
     1. il Fondo integrativo statale da ripartire tra le regioni;
     2. il gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio;
     3. dalle risorse proprie delle regioni, pari almeno al 40 per cento dell'assegnazione del Fondo integrativo statale;
    secondo quanto stabilito nella succitata norma, nel 2014, le regioni saranno costrette ad optare se utilizzare risorse per il diritto allo studio o per una qualsiasi altra spesa di competenza regionale e, quindi, non è remota l'ipotesi che alcuni governi regionali optino per una drastica diminuzione delle risorse stanziate per il diritto allo studio;
    tale provvedimento è conseguenza dell'intesa sancita tra le regioni a statuto ordinario in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nella seduta del 29 maggio 2014;
    negli ultimi anni il diritto allo studio universitario è stato umiliato a causa del sempre più frequente fenomeno dell'idoneo a percepire la borsa di studio ma non beneficiano a causa delle insufficienti risorse stanziate dallo Stato;
    nonostante le nuove regole sul diritto allo studio, conseguenti alla riforma Gelmini dell'università abbia causato un numero di studenti idonei a percepire la borsa di studio inferiore rispetto al passato, le regioni non riescono, comunque, ad assegnare le borse a tutti i richiedenti che ne hanno diritto;
    l'Italia si colloca negli ultimi posti in Europa per investimenti sul diritto allo studio, tant’è che in diversi stati dell'unione europea l'iscrizione all'università è gratuita e la borsa di studio garantisce tutti gli studenti privi di mezzi,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché siano stanziate e rese strutturali le risorse sufficienti a garantire la più ampia copertura delle borse di studio universitarie.
9/2629-AR/113. (Testo modificato nel corso della seduta) Vacca, D'Uva, Luigi Gallo, Brescia, Marzana, Simone Valente, Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame contiene norme relative alla realizzazione delle infrastrutture viarie, ferroviarie, portuali e di telecomunicazioni, norme sul dissesto idrogeologico, norme di modifica della legislazione sugli appalti di opere pubbliche, norme di carattere fiscale e finanziario, norme di semplificazione burocratica e amministrativa, norme di edilizia ed urbanistica, norme in materia energetica, norme sul turismo, norme in materia di bonifiche, norme in materia di estrazioni petrolifere, norme in materia di inceneritori, nonché norme in materia di occupazione, trasporto pubblico locale e finanza locale;
    il provvedimento in oggetto persegue l'obiettivo di semplificare gli iter autorizzatori delle principali infrastrutture, ad alcune delle quali viene, a tal fine, attribuita la qualifica di opere «grandi, urgenti e indifferibili», con conseguente ridimensionamento delle competenze delle amministrazioni locali e dispone interventi che determinano impatti sul governo del territorio, sull'ambiente, sul paesaggio, sui beni culturali e sulla salute, nel segno dell'asserito rilancio dell'economia del Paese;
    tra le modifiche che il decreto va ad apportare vi sono anche quelle relative ai cosiddetti project bond, ossia dei titoli emessi da parte delle società di progetto e di altre società ai sensi del decreto legislativo 163/2006,

impegna il Governo

ad adoperarsi per far sì che l'emissione e la circolazione dei project bond non avvenga senza una adeguata informativa circa l'elevato profilo di rischio per gli investitori e che, pertanto, l'avvertimento venga evidenziato non solo sulla relativa documentazione di offerta.
9/2629-AR/114Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 prevede Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene;
    che detto articolo al comma 2 stabilisce fra l'altro che «le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare, ove tecnicamente possibile, un incremento fino al 10 per cento della capacità degli impianti di trattamento dei rifiuti organici per favorire il recupero di tali rifiuti raccolti nel proprio territorio e la produzione di compost di qualità;
    che l'incremento del 10 per cento non appare giustificato da alcun riferimento statistico, tecnico, legislativo, ambientale o contabile,

impegna il Governo

a definire i criteri per il calcolo della quantità dei rifiuti effettivamente prodotti al fine di stabilire se sia effettivamente necessario l'incremento di cui all'articolo 35, comma 2 del provvedimento in esame.
9/2629-AR/115Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 prevede Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene;
    detto articolo al comma 2 stabilisce fra l'altro che «Ai medesimi fini di cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, effettua la ricognizione dell'offerta esistente e individua, con proprio decreto, il fabbisogno residuo di impianti di recupero della frazione organica dei rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata, articolato per regioni; sino alla definitiva realizzazione degli impianti necessari per l'integrale copertura del fabbisogno residuo così determinato»;
    in base agli ultimi dati disponibili non esisterebbe alcun fabbisogno residuo per quanto concerne impianti di recupero della materia organica, semmai esiste per quanto concerne il riciclaggio di tale materiale, e che il riciclaggio esclude espressamente il recupero energetico,

impegna il Governo

a verificare la necessità residua di impianti di compostaggio aerobico, finalizzati al riciclaggio della frazione organica, con lo scopo di implementare nel quadro normativo adeguate politiche di incentivazione del compostaggio domestico e di prossimità.
9/2629-AR/116Artini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 prevede Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene;
    detto articolo al comma 1 stabilisce fra l'altro che «Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale»;
    in base agli ultimi dati disponibili non esisterebbe alcun fabbisogno residuo per quanto concerne impianti di smaltimento o recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati,

impegna il Governo

a verificare la necessità residua di impianti di smaltimento e/o recupero energetico di rifiuti al fine di determinare se effettivamente servano ulteriori impianti.
9/2629-AR/117Barbanti.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge recante Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 35 prevede Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità del rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene;
    detto articolo al comma 1 stabilisce fra l'altro che «Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale»;
    in base all'articolo 183 del decreto legislativo 152/2006 il riciclaggio esclude espressamente sia il recupero energetico diretto che la produzione di combustibile da rifiuti, pertanto è palesemente incompatibile con gli impianti di recupero energetico previsti dal comma 1,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di istituire una ulteriore tassa sullo smaltimento in discarica e sull'incenerimento, finalizzata al finanziamento di politiche di prevenzione dei rifiuti e, in via transitoria, riciclaggio dei materiali.
9/2629-AR/118Battelli.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge recante Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 39-bis modifica la definizione di Teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti di cui all'articolo 2 comma 2, lettera tt) del decreto legislativo 4 Luglio 2014, n. 102, che recepisce la direttiva Europea 2012/27/UE sull'efficienza energetica;
    la modifica proposta è radicalmente difforme dal dettato di cui all'articolo 2 paragrafo 41 della medesima direttiva;
    tale definizione potrebbe incidere sui criteri di classificazione degli impianti di recupero energetico dei rifiuti di cui all'articolo 35 del decreto-legge in esame,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di istituire una ulteriore tassa sullo smaltimento in discarica e sull'incenerimento, finalizzata al finanziamento di politiche di prevenzione dei rifiuti e, in via transitoria, riciclaggio dei materiali.
9/2629-AR/119Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 prevede Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene;
    al comma 1 viene previsto che Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socioeconomico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Gli impianti così individuati costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a sancire il divieto di realizzare impianti di trattamento termico dei rifiuti nella provincia di Napoli.
9/2629-AR/120Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 prevede Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene;
    al comma 1 viene previsto che Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socioeconomico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Gli impianti così individuati costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta ad avviare un'indagine per valutare la necessità di realizzare discariche per rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi in prossimità degli impianti produttivi, tenendo conto della presenza dei necessari interventi di riqualificazione e opere di bonifica nonché di eventuali pareri di compatibilità ambientale positivi alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.
9/2629-AR/121Benedetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 35 prevede Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene;
    al comma 1 viene previsto che Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socioeconomico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Gli impianti così individuati costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativa, volta a stabilire il divieto di realizzare discariche e impianti di trattamento termico dei rifiuti nelle province in cui vi siano aree a rischio ambientale, in assenza degli interventi di riqualificazione e delle opere bonifica.
9/2629-AR/122Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge recante Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 35 prevede Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene;
    al comma 1 viene previsto che Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socioeconomico fra le aree dei territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Gli impianti casi individuati costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a stabilire il divieto di realizzare impianti di trattamento termico dei rifiuti nelle province campane in cui vi siano aree a rischio ambientale, in assenza degli interventi di riqualificazione e delle opere di bonifica e conseguentemente a porre nel nulla tutti i provvedimenti volti alla realizzazione di impianti di trattamenti termico dei rifiuti in tali regioni.
9/2629-AR/123Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 prevede Disposizioni urgenti per sbloccare gli interventi sugli assi ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina ed altre misure urgenti per sbloccare interventi sugli aeroporti di interesse nazionale;
    al comma 1 si prevede che L'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A è nominato, per la durata di due anni dall'entrata in vigore del presente decreto, Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari, di cui al Programma Infrastrutture Strategiche previsto dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e senza compensi aggiuntivi per l'attività di Commissario. L'incarico è rinnovabile con decreto dei Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, tenuto conto anche dei risultati conseguiti e verificati in esito alla rendicontazione di cui al comma 8,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a sancire che la funzione commissariale sia svolta collegialmente facendo in modo che la commissione sia composta, oltre che dal soggetto di cui al comma 1 anche dai provveditori regionali alle opere pubbliche della Campania e della Puglia oltre a due ufficiali delle forze dell'ordine scelti tra gli appartenenti dalla Polizia Giudiziaria in servizio presso le procure di Napoli e Bari. Fare inoltre in modo che le nomine di tali ultimi esperti avvengono con designazione operata dai Procuratori della Repubblica di Napoli e di Bari, uno per ciascun Procuratore. Stabilire che tali ultimi ufficiali abbiano il compito di assumere informazioni preliminari sull'eventuale contiguità delle imprese interessate ai lavori con la criminalità organizzata. Il tutto senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e senza compensi aggiuntivi per l'attività di Commissario, facendo infine in modo che tale commissione resti in carica per la durata di due anni.
9/2629-AR/124Brescia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 prevede Disposizioni urgenti per sbloccare gli interventi sugli assi ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina ed altre misure urgenti per sbloccare interventi sugli aeroporti di interesse nazionale;
    al comma 3 si prevede che gli interventi da praticarsi sull'area di sedime della tratta ferroviaria Napoli-Bari, nonché quelli strettamente connessi alla realizzazione dell'opera, sono dichiarati indifferibili, urgenti e di pubblica utilità,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a sancire che le procedure per l'affidamento dei lavori e dei servizi debbano comunque essere effettuate nel rispetto del principio delle procedure ad evidenza pubblica e delle modalità di cui all'articolo 70 comma 11 decreto legislativo 2006 n. 163.
9/2629-AR/125Brugnerotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 prevede Disposizioni urgenti per sbloccare gli interventi sugli assi ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina ed altre misure urgenti per sbloccare interventi sugli aeroporti di interesse nazionale;
    al comma 3 si prevede che gli interventi da praticarsi sull'area di sedime della tratta ferroviaria Napoli-Bari, nonché quelli strettamente connessi alla realizzazione dell'opera, sono dichiarati indifferibili, urgenti e di pubblica utilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a sancire che le procedure per l'affidamento dei lavori e dei servizi debbano comunque essere effettuate nel rispetto del principio delle procedure ad evidenza pubblica e delle modalità di cui all'articolo 70 comma 11 decreto legislativo 2006 n. 163.
9/2629-AR/125. (Testo modificato nel corso della seduta) Brugnerotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, cd. «Decreto Sblocca-Italia», all'articolo 3 prevede un rifinanziamento di 3890 milioni di euro fino al 2020 del Fondo cd. «Sblocca cantieri», istituito dall'articolo 18 del decreto-legge n. 69 del 2013 nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    in particolare l'articolo 3, alla lettera b) indica, tra gli interventi destinatari di tali risorse, quelli relativi alla linea a/v Verona-Padova;
    tra circa due mesi il progetto che prevede la realizzazione dell'alta velocità Brescia-Verona sarà pronto per essere messo in cantiere con l'acquisizione delle aree interessate, con un costo pari a 2.747 milioni di euro;
    la progettata tratta ferroviaria ad alta velocità causerà notevoli disagi sia alla popolazione locale che a diverse aziende presenti nella zona e sottrarrà circa 300 ettari di vigneti su 1.100 in produzione;
    in data 1o ottobre 2014 è stato pubblicato sul quotidiano L'Arena di Verona l'avviso di comunicazione dell'avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale «per il progetto definitivo della Linea ferroviaria AV/AC Torino-Venezia, tratta Milano-Verona: lotto funzionale Brescia-Verona»;
    tutte le varie amministrazioni comunali interessate, ad eccezione di Verona, hanno richiesto al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una nuova valutazione di impatto ambientale, in considerazione delle mutate condizioni socio-economiche ed urbanistiche avvenute negli ultimi venti anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di produrre una nuova valutazione di impatto ambientale e/o di prorogare il termine, fissato per il 6 novembre p.v., per consentire ai cittadini ed alle amministrazioni locali di esaminare completamente la documentazione depositata.
9/2629-AR/126Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 prevede Disposizioni urgenti per sbloccare gli interventi sugli assi ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina ed altre misure urgenti per sbloccare interventi sugli aeroporti di interesse nazionale;
    al comma 8 si prevede che il Commissario, entro il 31 gennaio dell'esercizio finanziario successivo a quello di riferimento, provvede alla rendicontazione annuale delle spese di realizzazione della tratta ferroviaria Napoli-Bari sulla scorta dei singoli stati di avanzamento dei lavori, segnalando eventuali anomalie e significativi scostamenti rispetto ai termini fissati nel cronoprogramma di realizzazione delle opere, anche ai fini della valutazione di definanziamento degli interventi. Il rendiconto semestrale è pubblicato nei siti web del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e delle regioni il cui territorio è attraversato dalla tratta ferroviaria Napoli-Bari,

impegna il Governo

assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, finalizzata a fare in modo che sul portale internet della stazione appaltante sia obbligatoria la pubblicazione di ogni atto riferibile alla gestione commissariale, sia con riferimento alla fase di indizione gara ovvero di scelta del contraente (in presenza dei presupposti di legge) attraverso procedure negoziate, ex articolo 57 codice degli appalti o procedure in economia ex articolo 125 codice degli appalti (cottimo fiduciario e amministrazione diretta eccetera). Tale pubblicazione deve riguardare tutti gli atti amministrativi contabili e tecnici che intervengono nella fase dell'indizione della gara, dell'esecuzione delle opere e del completamento dei lavori stessi come i bandi, capitolati, disciplinari nonché gli atti tecnici e finanziari, i SAL, i certificati di pagamenti, perizie di varianti sia tecniche che suppletive, i conti finali ed in generale tutti gli atti che consentano a chiunque di verificare eventuali anomalie.
9/2629-AR/127Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione, all'articolo 7, prevede l'inserimento dell'articolo 149-bis al decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo all'affidamento del servizio nel quale si afferma che «L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di cui all'articolo 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. L'affidamento diretto può avvenire a favore di società in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, partecipate esclusivamente e direttamente da enti locali compresi nell'ambito territoriale ottimale»;
    tale modifica vincola l'affidamento al gestore unico e sopprime l'articolo 150 del TUA che al comma 3 prevedeva la possibilità di affidamento a società di diritto pubblico «3. La gestione può essere altresì affidata a società partecipate esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell'ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche»;
    l'articolo 7 inoltre impone l'affidamento al gestore unico in particolare col comma 2 della lettera d) in cui si afferma che «2. Alla successiva scadenza della gestione di ambito, al fine di assicurare l'efficienza, l'efficacia e la continuità del servizio idrico integrato, l'ente di governo dell'ambito dispone l'affidamento al gestore unico di ambito entro i sei mesi antecedenti la data di scadenza dell'affidamento previgente. Il soggetto affidatario gestisce il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale.»;
    questo articolo del decreto in conversione ha inserito il principio di UNICITÀ della gestione, eliminando così quello della UNITARIETÀ della gestione, imponendo tramite tale modifica il Gestore Unico del Servizio Idrico Integrato all'interno dei nuovi enti di governo dell'ambito. Tale gestore unico, guarda caso, sarà scelto tra chi già gestisce il servizio per almeno il 25 per cento della popolazione che insiste su quel territorio (ovvero solo quelli che sono grandi multi utility) innescando un meccanismo di privatizzazione dall'alto, meccanismo propedeutico a quanto verrà inserito nella legge di stabilità in cui con ogni probabilità verrà imposta una ulteriore quotazione in borsa delle partecipate e nella quale si accoglieranno le indicazioni fornite dal commissario alla spending review Cottarelli per quanto riguarda l'accorpamento tra società partecipate, con la creazione di sempre più megautility; il principio di unitarietà della gestione inteso come «superamento della frammentazione verticale delle gestioni» che va intesa rispetto alla gestione dell'intero ciclo integrato dell'acqua, ovvero l'esigenza condivisibile di non spezzettarla in diverse aziende dalla captazione al trattamento delle acque reflue, e non nell'obbligatorietà di prevedere un unico soggetto gestore per Ambito Territoriale;
    il servizio idrico, deve essere inteso quale insieme delle attività di captazione, adduzione e distribuzione di acqua a usi civili, fognatura e depurazione delle acque reflue, come servizio pubblico locale di interesse generale, privo di rilevanza economica. Questo per noi significa difendere l'unitarietà del servizio che, appunto, deve essere integrato, contro l'unicità della gestione, possibilmente privata proposta dal Governo. Questo vuol dire anche rilanciare gli investimenti in questo settore, ma garantendo che vengano effettuati con trasparenza e sotto il controllo delle comunità che vivono nei territori al fine di assicurare a tutta la popolazione la distribuzione nelle case e nei luoghi di lavoro di acqua salubre, priva da agenti patogeni e sostanze contaminanti potenzialmente pericolose per la salute,

impegna il Governo:

   ad avviare la discussione di una proposta legislativa che preveda che la gestione del servizio idrico integrato venga nuovamente affidata ad Enti di diritto pubblico, avviando una fase di transizione verso la ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico, stabilendo la decadenza degli affidamenti in essere in concessione a terzi, e anche quelli a società a capitale misto pubblico-privato o attraverso società a totale capitale pubblico;
   per attuare i processi previsti dalla fase di transizione, bisognerebbe prevedere l'istituzione di un Fondo per la ripubblicizzazione, sostenuto anche dalla Cassa Depositi e Prestiti.
9/2629-AR/128Daga.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21 del decreto in corso di conversione riconosce una deduzione dal reddito del 20 per cento a favore di chi, al di fuori di un'attività commerciale, acquista dal 1o gennaio 2014 al 31 dicembre 2017 un alloggio da un'impresa di costruzione o di ristrutturazione per destinarlo alla locazione a canone concordato per una durata minima di otto anni;
    la deduzione spetta anche nel caso in cui sia lo stesso contribuente a sostenere le spese per la costruzione dell'immobile su una propria area edificabile, ovvero nel caso di acquisto o realizzazione di ulteriori abitazioni da destinare alla locazione;
    si prevede altresì che la deduzione non sia cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste per le medesime spese;
    le modalità attuative saranno definite con apposito decreto interministeriale,

impegna il Governo

a chiarire quali siano le agevolazioni fiscali incompatibili e non cumulabili alla deduzione prevista dall'articolo in esame, onde evitare dubbi o contrasti interpretativi nell'adozione del decreto ministeriale di attuazione, nonché valutare l'opportunità di introdurre un controllo preventivo circa la sussistenza dei presupposti per beneficare della deduzione.
9/2629-AR/129Pesco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione, all'articolo 7, modifica profondamente la disciplina riguardante la gestione dell'acqua arrivando ad imporre un unico gestore in ciascun ambito territoriale e individuando, sostanzialmente, nelle grandi aziende e multiutilities, di cui diverse già quotate in borsa, i poli aggregativi;
    tale articolo si concentra prioritariamente sulla modifica della parte terza del TUA in particolare degli articoli relativi alla gestione del servizio idrico integrato e all'affidamento di tale servizio, andando a normare il vuoto lasciato dalla soppressione degli ATO, ambiti territoriali ottimali. Per quanto riguarda la prima parte dell'articolo, si può con cognizione di causa affermare che sia strumentale all'affermazione dei processi di privatizzazione dei servizi pubblici locali ed in particolare in questo caso dell'acqua;
    l'acqua costituisce un bene comune dell'umanità, un bene irrinunciabile e che appartiene a tutti. Per questo non può essere annoverata tra le «commodity» perché l'acqua non è una merce;
    le politiche di privatizzazione, che hanno fatto dell'acqua una merce e del mercato il punto di riferimento per la sua gestione, provocando dappertutto degrado e spreco della risorsa, precarizzazione del lavoro, peggioramento della qualità del servizio, aumento delle tariffe, riduzione dei finanziamenti per gli investimenti, mancanza di trasparenza e di democrazia. Ovvero, il totale fallimento degli obiettivi promessi da anni di campagne a sostegno dei processi di privatizzazione e del cosiddetto partenariato pubblico-privato-maggiore qualità, maggiore economicità, maggiori investimenti – che come vista l'attuale crisi del sistema hanno evidentemente fallito,

impegna il Governo

a dotare il nostro paese di un quadro legislativo nazionale che sancisca la natura pubblica del «servizio idrico integrato (SII)» e lo sottragga da quello dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.
9/2629-AR/130Cariello.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione, all'articolo 7, si concentra prioritariamente sulla modifica della parte terza del TUA in particolare degli articoli relativi alla gestione del servizio idrico integrato e all'affidamento di tale servizio, andando a normare il vuoto lasciato dalla soppressione degli ATO, ambiti territoriali ottimali;
    che i bacini idrografici sono l'unità di misura in base la quale pianificare la gestione delle risorse idriche. Definendo infatti i bacini idrografici come dimensione ottimale di governo e gestione dell'acqua, si sancisce che per ogni distretto idrografico viene costituita una Autorità di Distretto idrografico che definisce il Piano di gestione sulla base del bilancio idrico, gli strumenti di pianificazione e concede il rilascio e il rinnovo delle concessioni i quali devono essere vincolati al rispetto delle priorità di utilizzo della risorsa;
    il servizio idrico, deve essere inteso quale insieme delle attività di captazione, adduzione e distribuzione di acqua a usi civili, fognatura e depurazione delle acque reflue, come servizio pubblico locale di interesse generale, privo di rilevanza economica. Questo per noi significa difendere l'unitarietà del servizio che, appunto, deve essere integrato, contro l'unicità della gestione, possibilmente privata proposta dal Governo. Questo vuol dire anche rilanciare gli investimenti in questo settore, ma garantendo che vengano effettuati con trasparenza e sotto il controllo delle comunità che vivono nei territori al fine di assicurare a tutta la popolazione la distribuzione nelle case e nei luoghi di lavoro di acqua salubre, priva da agenti patogeni e sostanze contaminanti potenzialmente pericolose per la salute,

impegna il Governo

   a legiferare in modo che:
    la gestione delle risorse idriche sia pianificata a livello di bacini idrografici;
    vengano introdotti Piani di gestione e tutela delle acque, a livello di bacini idrografici, che tengano in considerazione il ciclo idrologico, ovvero la stretta interconnessione tra acqua, agricoltura e produzione di cibo, salute ed energia;
    gli enti locali, attraverso il Consiglio di Bacino possano invece svolgere le funzioni di programmazione del Piano di bacino, organizzazione del servizio idrico integrato, scelta della forma di gestione, modulazione delle tariffe all'utenza, controllo degli investimenti;
    il servizio idrico venga inteso quale insieme delle attività di captazione, adduzione e distribuzione di acqua a usi civili, fognatura e depurazione delle acque reflue, come servizio pubblico locale di interesse generale, privo di rilevanza economica.
9/2629-AR/131Carinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione, all'articolo 7, prevede di affidare un nuovo e ulteriore compito all'AEEGSI ovvero quello di monitorare l'operato degli enti locali (regione e enti locali) e dell'ente di governo dell'ambito ognuno rispetto alle sue competenze, dovendo presentare al parlamento cosa fino ad ora non prevista) una relazione relativa a come gli enti di cui sopra stanno dando attuazione al decreto legislativo n. 152 del 2006;
    inoltre l'articolo 7 prevede di modificare l'articolo 153 del decreto legislativo n. 152 del 2005 inserendo il seguente periodo «Il gestore è tenuto a subentrare nelle garanzie e nelle obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguerli, ed a corrispondere al gestore uscente un valore di rimborso definito secondo i criteri stabiliti dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico.» Tale modifica imponendo al gestore che subentra di corrispondere al gestore uscente un valore di rimborso definito secondo i criteri stabiliti dall'AEEGSI. Cosa corretta nel caso che a subentrare sia un privato, cosa impossibile da realizzare qualora sia il pubblico che voglia tornare a farsi carico della gestione del servizio come da noi auspicato, ma che vista la pessima condizione dei conti pubblici degli enti locali e sotto il ricatto del patto di stabilità, non potrebbero mai sostenere una spesa del genere, considerando che in base all'articolo 143 del TUA le infrastrutture idriche sono di proprietà pubblica e che le concessioni di tali infrastrutture sono ad uso gratuito, quindi il gestore pubblico così dovrebbe rientrare in possesso del servizio pagando ciò che comunque è già suo;
    il decreto in conversione continua ad aumentare a dismisura il potere dell'AEEGSI e inserendo un pericolo precedente in base al quale un Authority controlla l'operato degli enti locali,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad affidare in esclusiva al Ministero dell'Ambiente il governo e la tutela del ciclo naturale dell'acqua, con il fine di regolamentarne tutti gli usi, produttivi e non produttivi, e del servizio idrico, e di determinazione delle componenti delle tariffe, e ad affidare le funzioni di controllo ad una Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di garantire l'osservanza dei principi di cui all'articolo 141, comma 2 del decreto legislativo n. 152 del 2006, con particolare riferimento alla regolare determinazione ed al regolare adeguamento delle tariffe, nonché alla tutela dell'interesse degli utenti, così come era previsto dell'articolo 161 del decreto legislativo n. 152 del 2006 prima della sua abrogazione.
9/2629-AR/132Caso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione, all'articolo 10, prevede in particolare modifiche al comma 7 dell'articolo 5 nella Legge 24 novembre 2003, n. 326, «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici;
    la Cassa Depositi e Prestiti S.p.a. finanzia, sotto qualsiasi forma: a) lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.a. o società da essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato; b) le opere, gli impianti, le reti e le dotazioni destinati alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche, utilizzando fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, senza garanzia dello Stato e con preclusione della raccolta di fondi a vista. La raccolta di fondi è effettuata esclusivamente presso investitori istituzionali. Nelle modifiche apportate dal decreto in conversione, si prevede sempre di più l'intervento di Cassa Depositi e Prestiti su iniziative di pubblica utilità non ben definite, nonché su investimenti finalizzati alla ricerca, sviluppo, innovazione, ambiente ed efficientamento energetico;
    secondo quanto affermato dall'Amministratore Delegato Giovanni Gorno Tempini la cassa ha già previsto inoltre di utilizzare 500 milioni di euro per sostenere i processi di accorpamento tra le partecipate come richiesto dalla spending review. (Processo definito dallo stesso Gorno Tempini «il risiko delle municipalizzate»);
    questo articolo consente alla Cassa Depositi e prestiti di utilizzare le risorse del risparmio postale anche per finanziarie investimenti pubblici e privati in molti settori, tra cui: immobiliare, dell'energia, dell'ambiente, delle calamità naturali e della protezione civile, dei trasporti, piani europei, ricerca, educazione. In sostanza la cosiddetta «gestione separata» della Cassa depositi e prestiti (pari a circa il 95 per cento del risparmio postale, uno stock che corrisponde a 245 miliardi di euro) potrà essere utilizzata non solamente per il finanziamento degli enti locali per realizzare opere pubbliche, ma per investimenti di vario tipo, purché abbiano «finalità di servizio di interesse generale» e mantenendo l'onere di dimostrare la sostenibilità economico-finanziaria dell'intervento; Fino al 2003, quando venne promulgata la legge 326 del 24 novembre 2003, ovvero quella che ha trasformato Cassa Depositi e Prestiti in una società per azioni, gli enti locali potevano, per i propri investimenti, avvalersi di prestiti a tasso agevolato da parte della Cassa Depositi e Prestiti, in quanto ente di raccolta dell'ingente risparmio postale dei cittadini. Oggi tale possibilità è preclusa dalla trasformazione di Cassa Depositi e Prestiti in società privatistica, i cui interventi sono esclusivamente finalizzati alla redditività degli stessi e sempre più orientati a fungere da leva finanziaria per i grandi capitali interessati alle grandi opere, alla privatizzazione dei servizi pubblici locali e alla dismissione del patrimonio pubblico;
    l'articolo 10 del decreto ministeriale Economia del 6 ottobre 2004 stabilisce che i finanziamenti della Cassa Depositi e Prestiti rivolti agli enti pubblici costituiscono «servizio di interesse economico generale»;
    da tempo sosteniamo che si deve urgentemente avviare una fase di transizione verso la ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico, stabilendo la decadenza degli affidamenti in essere in concessione a terzi, e anche quelli a società a capitale misto pubblico-privato o attraverso società a totale capitale pubblico. Per attuare i processi previsti dalla fase di transizione, bisognerebbe dunque prevedere l'istituzione di un Fondo per la ripubblicizzazione, sostenuto anche dalla Cassa Depositi e Prestiti;
    le condizioni della finanza pubblica e gli impegni assunti in sede europea con il Patto di Stabilità e Crescita, nonché i vincoli, attraverso il Patto di Stabilità interno, posti ai vari livelli di amministrazione locale, rendono estremamente complicato fino alla concreta impossibilità, anche laddove ve ne siano le condizioni, ogni intervento volto a programmare finanziamenti in direzione delle necessarie politiche sociali e ad effettuare investimenti nel campo dei beni comuni, dei servizi pubblici e dell'economia territoriale, con la concreta possibilità di vanificazione della stessa funzione pubblica degli enti locali;
    Cassa Depositi e Prestiti deve tornare alla sua originaria funzione quando gli enti locali potevano, per i propri investimenti, avvalersi di prestiti a tasso agevolato da parte della Cassa Depositi e Prestiti, in quanto ente di raccolta dell'ingente risparmio postale dei cittadini;
    Cassa Depositi e Prestiti infatti, essendo costituita dai risparmi postali dei cittadini italiani dovrebbe contribuire ad avviare i processi di ripubblicizzazione e ad accelerare gli investimenti nel servizio idrico integrato, con particolare riferimento alla ristrutturazione della rete idrica. Questi sono gli interventi di interesse generale nei quali vogliamo che venga coinvolta Cassa Depositi e Prestiti,

impegna il Governo

al fine di attuare la fase di transizione dei processi di ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, di prevedere l'istituzione di un Fondo per la ripubblicizzazione, per la cui alimentazione sia autorizzata l'anticipazione da parte di Cassa Depositi e Prestiti.
9/2629-AR/133Castelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione, all'articolo 10, prevede in particolare modifiche al comma 7 dell'articolo 5 nella Legge 24 novembre 2003, n. 326, «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici:
    la Cassa Depositi e Prestiti S.p.a. finanzia, sotto qualsiasi forma: a) lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.a. o società da essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato; b) le opere, gli impianti, le reti e le dotazioni destinati alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche, utilizzando fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, senza garanzia dello Stato e con preclusione della raccolta di fondi a vista. La raccolta di fondi è effettuata esclusivamente presso investitori istituzionali;
    nelle modifiche apportate dal decreto in conversione, si prevede sempre di più l'intervento di Cassa Depositi e Prestiti su iniziative di pubblica utilità non ben definite, nonché su investimenti finalizzati alla ricerca, sviluppo, innovazione, ambiente ed efficientamento energetico;
    le condizioni della finanza pubblica e gli impegni assunti in sede europea con il Patto di Stabilità e Crescita, nonché i vincoli, attraverso il Patto di Stabilità interno, posti ai vari livelli di amministrazione locale, rendono estremamente complicato fino alla concreta impossibilità, anche laddove ve ne siano le condizioni, ogni intervento volto a programmare finanziamenti in direzione delle necessarie politiche sociali e ad effettuare investimenti nel campo dei beni comuni, dei servizi pubblici e dell'economia territoriale, con la concreta possibilità di vanificazione della stessa funzione pubblica degli enti locali;
    fino al 2003, quando venne promulgata la legge 326 del 24 novembre 2003, ovvero quella che ha trasformato Cassa Depositi e Prestiti in una società per azioni, gli enti locali potevano, per i propri investimenti, avvalersi di prestiti a tasso agevolato da parte della Cassa Depositi e Prestiti, in quanto ente di raccolta dell'ingente risparmio postale dei cittadini. Oggi tale possibilità è preclusa dalla trasformazione di Cassa Depositi e Prestiti in società privatistica, i cui interventi sono esclusivamente finalizzati alla redditività degli stessi e sempre più orientati a fungere da leva finanziaria per i grandi capitali interessati alle grandi opere, alla privatizzazione dei servizi pubblici locali e alla dismissione del patrimonio pubblico;
    le modifiche apportate dal decreto in conversione afferma che Cassa depositi e prestiti, utilizzando «fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali» potrà finanziare non solo lo Stato, le Regioni e gli enti locali ma anche «soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati ai sensi del successivo comma 11 lettera e)». Il comma 11 lettera e), dipende a sua volta dal comma 8, che è quello in cui si fa riferimento a partecipazioni, «partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale», ma anche alla possibilità di «acquistare obbligazioni bancarie garantite emesse a fronte di portafogli di mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali». Fa riferimento – inoltre – allo stesso comma 7 lettera a) dell'articolo, e specifica che il finanziamento – che è garantito dallo Stato, come pagatore di ultima istanza – può essere destinato a «ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo Statuto sociale della Cassa Depositi e Prestiti spa», uno statuto che viene sovente modificato, con decisioni del consiglio d'amministrazione della Cassa, che non devono né possono essere ratificate da alcun organismo elettivo, per «allargare», appunto, il raggio d'azione della stessa;
    l'articolo 10 del decreto ministeriale Economia del 6 ottobre 2004 stabilisce che i finanziamenti della Cassa Depositi e Prestiti rivolti agli enti pubblici costituiscono «servizio di interesse economico generale»;
    non vi è una chiara definizione di cosa si intenda per «interesse generale» o per «ogni altra operazione di interesse pubblico»;
    il decreto in conversione allarga il perimetro delle operazioni della Cassa finanziate con la gestione ordinaria includendo le opere, gli impianti, le reti e le dotazioni destinate non più solo alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche ma, in modo più ampio, anche ad iniziative di pubblica utilità nonché gli investimenti finalizzati a ricerca, sviluppo, innovazione, ambiente, cultura, turismo ed efficientamento energetico, in via preferenziale in cofinanziamento con enti creditizi;
    utilizzando i fondi provenienti dall'emissione di titoli, o dall'assunzione di finanziamenti fino al 12 settembre Cassa Depositi e Prestiti poteva finanziare «opere, impianti e reti» destinati alla fornitura di servizi pubblici e alle bonifiche. Un margine troppo stretto, che è stato ampliato a dismisura aprendo al finanziamento di «iniziative di pubblica utilità, dove per pubblica utilità si considera ogni investimento in campo energetico, per quanto riguarda ricerca, prospezione e sfruttamento di giacimento di petrolio e gas, nonché infrastrutture necessarie al trasporto e allo stoccaggio del gas, ndr) nonché investimenti finalizzati a ricerca, sviluppo, innovazione, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, anche in funzione di promozione del turismo, ambiente e efficientamento energetico, in via preferenziale in cofinanziamento con enti creditizi e comunque»;
    si aprono in questo modo le porte per una valorizzazione dei beni del Demanio civile e militare che Cassa depositi e prestiti ha acquistato nel corso degli ultimi anni dagli enti locali e dal ministero della Difesa,

impegna il Governo

   ad attivarsi affinché la Cassa Depositi e Prestiti S.p.a. finanzi, sotto qualsiasi forma:
    investimenti finalizzati alla riappropriazione sociale dei beni comuni e dei servizi pubblici;
    investimenti finalizzati alla tutela del territorio finalizzati alla mitigazione del rischio idrogeologico, alla messa in sicurezza del patrimonio pubblico e degli edifici scolastici, alla realizzazione di opere pubbliche finalizzate all'espansione dei servizi offerti ai cittadini;
    investimenti finalizzati a garantire il diritto all'abitare, attraverso progetti di manutenzione straordinaria del patrimonio abitativo pubblico esistente e progetti di riutilizzo a funzione abitativa popolare di edifici dimessi e/o abbandonati.
9/2629-AR/134Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 contiene le misure per la valorizzazione degli immobili demaniali inutilizzati consentendo la variante urbanistica e la possibilità di modificarne la destinazione d'uso,

impegna il Governo:

   a prevedere il censimento della totalità degli immobili pubblici inutilizzati, valutando preliminarmente la necessità dell'utilizzo del singolo immobile per fini pubblici;
   a recepire misure restrittive, ben definite e concertate con la cittadinanza nell'ambito della dismissione di beni pubblici;
   a vietare cambi di destinazione d'uso dei beni pubblici che siano in contrasto con quanto precedentemente stabilito dalle pianificazioni territoriali locali;
   a verificare preventivamente se gli immobili pubblici destinati a dismissione o a cambio di destinazione d'uso non possano essere utilizzati come sedi di amministrazioni pubbliche, nell'ottica della razionalizzazione delle spese.
9/2629-AR/135De Rosa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 contiene le misure per la valorizzazione degli immobili demaniali inutilizzati consentendo la variante urbanistica e la possibilità di modificarne la destinazione d'uso,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di:
    prevedere il censimento della totalità degli immobili pubblici inutilizzati, valutando preliminarmente la necessità dell'utilizzo del singolo immobile per fini pubblici;
    verificare preventivamente se gli immobili pubblici destinati a dismissione o a cambio di destinazione d'uso non possano essere utilizzati come sedi di amministrazioni pubbliche, nell'ottica della razionalizzazione delle spese.
9/2629-AR/135. (Testo modificato nel corso della seduta, come risultante dalla votazione per parti separate) De Rosa.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'articolo 9 si stabilisce che gli interventi finalizzati alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, alla riduzione dei rischi idraulici e meteorologici del territorio, all'adeguamento alla normativa ambientale, urbanistica e di tutela dei beni culturali sono da considerare di «estrema urgenza» e, di conseguenza, godono di una serie di disposizioni di semplificazione ed accelerazione delle procedure: esclusione di alcune garanzie, riduzione degli obblighi di pubblicazione, decurtazione dei termini, affidamento con procedure ristrette o addirittura, per la messa in sicurezza degli edifici scolastici per importi inferiori a 200mila euro, affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità effettiva e gli effetti negativi di questa deregulation, al fine di intervenire per limitare le agevolazioni per gli edifici scolastici, previste dal presente articolo, esclusivamente per le ristrutturazioni di edifici già esistenti, escludendo nuove costruzioni inutili, al fine di salvaguardare il patrimonio edilizio pubblico esistente e prevenire un ingiustificato abuso del territorio del nostro Paese.
9/2629-AR/136Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 17 contiene l'ennesimo intervento di tipo ordinamentale con decreto-legge, in palese violazione del dettato costituzionale sulle motivazioni di necessità e urgenza che devono giustificare il ricorso alla decretazione urgente. La norma modificata peraltro è il testo unico dell'edilizia, norma di carattere regolamentare, varato con decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
    il nuovo quadro normativo sembra voler privilegiare gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente rispetto al nuovo consumo di suolo, ma le norme sembrano più dichiarazioni di principio che efficaci misure di indirizzo e programmazione,

impegna il Governo

ad ammettere, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, attuati anche in aree industriali dismesse, la richiesta di permesso di effettuare ristrutturazioni di edifici esistenti, al fine dell'utilizzo degli stessi, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l'interesse pubblico e previa consultazione popolare vincolante.
9/2629-AR/137Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21, prevede misure per l'incentivazione degli investimenti in abitazioni in locazione, attraverso una deduzione dal reddito complessivo pari al 20 per cento dei prezzo di acquisto dell'immobile risultante dall'atto di compravendita nel limite massimo complessivo di spesa di 300.000 euro, per chi abbia effettuato l'acquisto dal 1o gennaio 2014 al 31 dicembre 2017, di unità immobiliari a destinazione residenziale, di nuova costruzione od oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia,

impegna il Governo:

   a privilegiare misure di incentivazione rivolte all'acquisto e ristrutturazione di edifici già esistenti come «prima casa»;
   a privilegiare misure di incentivazione mirate esclusivamente ai locatari o agli acquirenti di prima casa, limitando così l'inutile e dannoso proliferare di quartieri-dormitori invenduti e favorendo una redistribuzione della ricchezza, condizione necessaria per la ricostruzione di un tessuto sociale sano.
9/2629-AR/138Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 prevede misure urgenti di semplificazione amministrativa strati va e di accelerazione delle procedure in materia di patrimonio culturale,

impegna il Governo

a rendere essenziali e vincolanti, attraverso ulteriori iniziative normative, il ruolo ed i pareri delle sovrintendenze e del Ministero dei beni culturali, enti fondamentali per alta e specifica professionalità, per la salvaguardia e la valorizzazione, anche economica, del nostro patrimonio culturale, nella selezione e valutazione degli immobili da valorizzare e vendere.
9/2629-AR/139Currò.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 contiene le misure per la valorizzazione degli immobili demaniali inutilizzati consentendo la variante urbanistica e la possibilità di modificarne la destinazione d'uso,

impegna il Governo:

   a prevedere che l'eventuale nuova destinazione d'uso degli immobili risulti compatibile con la storia dell'edificio ed il ruolo dello stesso nel contesto territoriale;
   a prevedere, per gli edifici pubblici dismessi e inutilizzati, l'assegnazione preventiva alle pubbliche amministrazioni le cui sedi siano sottoposte a contratti di locazione o risultino comunque onerose per lo Stato.
9/2629-AR/140D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 contiene le misure per la valorizzazione degli immobili demaniali inutilizzati consentendo la variante urbanistica e la possibilità di modificarne la destinazione d'uso,

impegna il Governo

a prevedere, per gli edifici pubblici dismessi e inutilizzati, l'assegnazione preventiva alle pubbliche amministrazioni le cui sedi siano sottoposte a contratti di locazione o risultino comunque onerose per lo Stato.
9/2629-AR/140. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 37 rende tutto il comparto di trasporto e stoccaggio gas (rigassificatori; gasdotti; stoccaggi e altro) di interesse strategico nazionale. Qualsiasi norma inserita in un piano per la tutela paesaggistica e ambientale (ad esempio un piano di un parco nazionale) potrà quindi essere superata per la realizzazione di tali opere,

impegna il Governo

a prevedere che i soggetti titolari o gestori di beni demaniali, di aree demaniali marittime e lacuali, fiumi, torrenti, canali, miniere e foreste demaniali, strade pubbliche, aeroporti, ferrovie, funicolari, teleferiche, e impianti similari, linee di telecomunicazione di pubblico servizio, linee elettriche, che siano interessati dal passaggio di gasdotti della rete nazionale di trasporto o da gasdotti di importazione di gas dall'estero, debbano esprimere parere vincolante sull'opportunità della realizzazione dell'opera.
9/2629-AR/141Del Grosso.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 38 Tutte le attività connesse allo slittamento dei giacimenti nazionali di idrocarburi, con trivelle, e infrastrutture, diventano di interesse strategico nazionale;
    si arriva al paradosso che, e su cui si fonda la nostra economia non sono attività strategiche a norma di legge mentre lo saranno i pozzi e l'economia del petrolio che sono causa dei cambiamenti climatici e di un pesante inquinamento e su cui fanno grandi profitti poche multinazionali,

impegna il Governo:

   a vietare le attività connesse allo sfruttamento dei giacimenti nazionali di idrocarburi entro un limite di 12 miglia dalla costa nazionale;
   a vietare le attività connesse allo slittamento dei giacimenti nazionali di idrocarburi nel mar Adriatico, nel quale, considerata la natura di mare «chiuso», ogni incidente di natura ambientale avrebbe conseguenze irreparabili;
   a vietare le attività connesse allo sfruttamento dei giacimenti nazionali di idrocarburi in aree naturali in predicato di divenire «parco protetto».
9/2629-AR/142Di Battista.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 38 Tutte le attività connesse allo sfruttamento dei giacimenti nazionali di idrocarburi, con trivelle, e infrastrutture, diventano di interesse strategico nazionale;
    si arriva al paradosso che, e su cui si fonda la nostra economia non sono attività strategiche a norma di legge mentre lo saranno i pozzi e l'economia del petrolio che sono causa dei cambiamenti climatici e di un pesante inquinamento e su cui fanno grandi profitti poche multinazionali,

impegna il Governo:

   considerando la gravità dei cambiamenti climatici di cui siamo testimoni, a pianificare progressivamente la sostituzione dell'energia fossile con fonti di energia alternativa, pulita e sostenibile;
   ad ottimizzare l'utilizzo di energia attraverso strumenti innovativi come le cosiddette «Smart Grid»;
   a spostare gli investimenti destinati alle energie rinnovabili dai grandi impianti ai piccoli impianti destinati all'autosufficienza energetica;
   ad investire in ricerca e sviluppo di tali fonti energetiche nel lungo periodo al fine di pianificare e raggiungere gli obiettivi previsti dalla «Strategia Europa 2020» e dalla COM(2011)885 «Tabella di marcia per l'energia 2050», unica via per il raggiungimento della completa autosufficienza energetica.
9/2629-AR/143Luigi Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 38 Tutte le attività connesse allo sfruttamento dei giacimenti nazionali di idrocarburi, con trivelle, e infrastrutture, diventano di interesse strategico nazionale;
    si arriva al paradosso che, e su cui si fonda la nostra economia non sono attività strategiche a norma di legge mentre lo saranno i pozzi e l'economia del petrolio che sono causa dei cambiamenti climatici e di un pesante inquinamento e su cui fanno grandi profitti poche multinazionali,

impegna il Governo:

   considerando la gravità dei cambiamenti climatici di cui siamo testimoni, a pianificare progressivamente la sostituzione dell'energia fossile con fonti di energia alternativa, pulita e sostenibile;
   ad ottimizzare l'utilizzo di energia attraverso strumenti innovativi come le cosiddette «Smart Grid»;
   ad investire in ricerca e sviluppo di tali fonti energetiche nel lungo periodo al fine di pianificare e raggiungere gli obiettivi previsti dalla «Strategia Europa 2020» e dalla COM(2011)885 «Tabella di marcia per l'energia 2050», unica via per il raggiungimento della completa autosufficienza energetica.
9/2629-AR/143. (Testo modificato nel corso della seduta) Luigi Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione, all'articolo 23 interviene sulla disciplina del cosiddetto «affitto con riscatto», prevedendo le misure da adottare in caso di inadempimento del concedente (restituzione dei canoni versati) e del conduttore (risoluzione dei contratto e perdita dei canoni versati);
    il previsto schema contrattuale consente l'immediato godimento dell'immobile, rimandando al futuro il trasferimento della proprietà, con imputazione al prezzo di parte dei canoni pagati per il godimento;
    il previsto schema contrattuale consente l'immediato godimento dell'immobile, rimandando al futuro il trasferimento della proprietà, con imputazione al prezzo di parte dei canoni pagati per il godimento;
    il diritto di riscatto sia esercitato solo dai conduttori privi di altra abitazione di proprietà adeguata alle esigenze del nucleo familiare nella città di residenza;
    l'immobile riscattato sia rivenduto solo una volta trascorsi almeno dieci anni dal riscatto;
    il prezzo di vendita non sia superiore a quello di acquisto, rivalutato in base agli indici Istat;
    che sia garantito diritto di prelazione agli enti locali competenti per territorio che decidano per l'acquisto ai fini dell'emergenza abitativa e agli inquilini che detengano l'alloggio;
    per evitare che, qualora il conduttore non sia riuscito a pagare i canoni per cause sopraggiunte non per sua responsabilità, come nel caso della morosità incolpevole, possa accedere al fondo previsto dall'articolo 6 comma 5 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dallo legge 28 ottobre 2013, n. 124, in modo da ricevere un sostegno economico per il passaggio di casa in casa. O possa veder coperta la cifra che doveva al conducente per eventualmente poter rivedere il contratto,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, affinché qualora l'inadempienza del conduttore fosse ascrivibile alla fattispecie della morosità incolpevole, il conduttore possa presentare istanza per accedere al contributo economico previsto dall'articolo 6 comma 5 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124.
9/2629-AR/144Manlio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione, all'articolo 23 interviene sulla disciplina del cosiddetto «affitto con riscatto», prevedendo le misure da adottare in caso di inadempimento del concedente (restituzione dei canoni versati) e del conduttore (risoluzione dei contratto e perdita dei canoni versati);
    il previsto schema contrattuale consente l'immediato godimento dell'immobile, rimandando al futuro il trasferimento della proprietà, con imputazione al prezzo di parte dei canoni pagati per il godimento;
    il previsto schema contrattuale consente l'immediato godimento dell'immobile, rimandando al futuro il trasferimento della proprietà, con imputazione al prezzo di parte dei canoni pagati per il godimento;
    il diritto di riscatto sia esercitato solo dai conduttori privi di altra abitazione di proprietà adeguata alle esigenze del nucleo familiare nella città di residenza;
    l'immobile riscattato sia rivenduto solo una volta trascorsi almeno dieci anni dal riscatto;
    il prezzo di vendita non sia superiore a quello di acquisto, rivalutato in base agli indici Istat;
    che sia garantito diritto di prelazione agli enti locali competenti per territorio che decidano per l'acquisto ai fini dell'emergenza abitativa e agli inquilini che detengano l'alloggio;
    per evitare che, qualora il conduttore non sia riuscito a pagare i canoni per cause sopraggiunte non per sua responsabilità, come nel caso della morosità incolpevole, possa accedere al fondo previsto dall'articolo 6 comma 5 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dallo legge 28 ottobre 2013, n. 124, in modo da ricevere un sostegno economico per il passaggio di casa in casa. O possa veder coperta la cifra che doveva al conducente per eventualmente poter rivedere il contratto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le iniziative, anche legislative, affinché qualora l'inadempienza del conduttore fosse ascrivibile alla fattispecie della morosità incolpevole, il conduttore possa presentare istanza per accedere al contributo economico previsto dall'articolo 6 comma 5 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124.
9/2629-AR/144. (Testo modificato nel corso della seduta) Manlio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'articolato del decreto si ricorre molte volte a misure volte ad accelerare gli iter autorizzativi intervenendo sui tempi di presentazione delle osservazioni e quindi diminuendo la possibilità da parte di cittadini di poter partecipare attivamente ai processi decisionali che riguardano opere che andranno ad impattare direttamente sui loro territori e quindi sulle loro vite;
    nei giorni che sono seguiti agli ultimi venti calamitosi che hanno coinvolto il territorio ligure e in particolare l'area del comune di Genova più volte si è fatto riferimento alle lungaggini burocratiche che insieme ai ricorsi al TAR avrebbero rallentato la realizzazione di opere urgenti che avrebbero potuto limitare i danni;
    in molte realtà locali del territorio italiano si sono messe in atto delle azioni mirate al coinvolgimento attivo della cittadinanza chiamata a intraprendere con le amministrazioni percorsi di collaborazione, ascolto e progettualità condivisa che si riflettono positivamente sull'accettazione della cittadinanza stessa delle opere proposte e realizzate;
    questi processi hanno delle ricadute positive proprio sulla durata degli iter autorizzativi che seguono la presentazione dei progetti e riducono drasticamente lo strumento del ricorso ai Tribunali Amministrativi Regionali,

impegna il Governo

al fine di diminuire drasticamente il ricorso ai Tribunali Amministrativi Regionali chiamati a intervenire sulla correttezza degli atti amministrativi che portano all'autorizzazione di progetti impattanti sul territorio, ad adottare ogni iniziativa necessaria per avviare su tutto il territorio nazionale l'uso sistematico da parte delle amministrazioni di ogni livello di meccanismi di partecipazione attiva della cittadinanza che consentano di giungere all'elaborazione di progetti condivisi.
9/2629-AR/145D'Incà.


   La Camera,
   premesso che:
    al capo primo del decreto sono previsti misure per la riapertura dei cantieri e in particolare all'articolo 3 sono presenti disposizioni urgenti per lo sblocco di opere indifferibili, urgenti e cantierabili per il rilancio dell'economia;
    il territorio italiano è caratterizzato da una fragilità conclamata che non può essere ignorata e da un valore paesaggistico che deve essere tutelato, oltre che nel rispetto dell'articolo 9 della Costituzione, nell'ottica di perseguire un'idea nuova di sviluppo che non può essere più legata alla realizzazione delle grandi opere;
    l'Italia necessita di una nuova visione per il suo futuro e per il futuro dei cittadini che deve inevitabilmente tener conto delle ricchezze di cui il territorio è naturalmente dotato. Le grandi opere sono troppo spesso in conflitto con la tutela del paesaggio, delle attività agroalimentari, delle attività legate all'accoglienza e quindi al turismo;
    per questo l'idea di «rilancio dell'economia» legato a qualsiasi opera realizzata dovrebbe essere legata innanzitutto a un esame attento e approfondito del bilancio costi-benefici in grado di consentire anche un confronto con le alternative possibili;
    in particolare questo risulta estremamente necessario net caso della realizzazione di una nuova arteria autostradale per la quale dovrebbe essere imprescindibile una analisi dei flussi del traffico in grado di stabilire se quell'opera è effettivamente necessaria e se sarà in grado di stimolare quello sviluppo e quel rilancio dell'economia dell'area interessata dall'opera stessa al netto della perdita di valore paesaggistico e quindi di appetibilità turistica. È indicativo in questo senso l'esempio della recente realizzazione della bretella BREBEMI,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa necessaria al fine di prevedere tra i documenti necessari all'ottenimento dell'autorizzazione per la realizzazione di qualsiasi opera stradale l'obbligatorietà di una analisi dettagliata dei costi-benefici e dei flussi di traffico in grado di stabilire non solo la necessità dell'opera stessa ma anche la sua sostenibilità economica.
9/2629-AR/146Ferraresi.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 37 vengono dettate le «Misure urgenti per l'approvvigionamento e il trasporto del gas naturale» e in particolare al comma 3 si fa riferimento anche ai sistemi di stoccaggio del gas;
    uno dei sistemi dello stoccaggio gas è quello sotterraneo che riguarda l'uso dei così detti reservoir;
    nel territorio italiano alcuni di questi siti di stoccaggio sono localizzati al di sotto di centri densamente abitati e non mancano a questo proposito forti perplessità riguardo ai rischi connessi;
    significative sono le considerazioni che si possono leggere in un lavoro di Gurevich A.E., Endres B.L., Robertson J.O., Chilingar C.V., «Gas migration from gas and oil fields and associated hazards» pubblicato da Journal of Petroleum Science and Engineering: «l'esperienza ha dimostrato che gli impianti di stoccaggio sotterraneo del gas possono creare un serio rischio di esplosione e incendio, e non dovrebbero essere situati sotto i centri abitati. È virtualmente impossibile assicurare che il gas non migrerà verso la superficie». E ancora: «La vita operativa di un impianto di stoccaggio sotterraneo del gas non supera di norma i 50 anni: tuttavia anche se l'impianto non avesse perdite ad inizio attività, probabilmente le avrà con il tempo. La questione importante non è se l'impianto di stoccaggio avrà perdite, ma piuttosto quando le avrà»;
    nel decreto legislativo n. 130 del 2010 tra le misure finalizzate a rendere il mercato del gas naturale maggiormente concorrenziale, si prevedono apposite misure finanziarie volte a garantire per 5 anni, ai soggetti investitori, effetti equivalenti a quelli che avrebbero disponendo immediatamente della nuova capacità di stoccaggio al fine di ovviare ai «lunghi tempi» di realizzazione di un impianto. In pratica lo Stato italiano, ritenendo lo stoccaggio di gas necessario per il buon funzionamento del mercato del gas e dell'approvvigionamento, garantisce per 5 anni, alle imprese che si sono aggiudicate gli stoccaggi, gli stessi importi che avrebbero se fossero in funzione,

impegna il Governo:

   ad attivarsi anche mediante interventi normativi futuri atti a inserire le attività di stoccaggio fra quelle di tipo «industriale» anziché «minerarie» come sono attualmente considerate e prevedere limitazioni di tale tipo di attività nelle aree abitate, turistiche e di particolare pregio naturalistico e paesaggistico;
   a elaborare delle norme in grado di evitare lo svolgimento delle attività di stoccaggio sotterraneo al di sotto dei centri abitati, in aree di particolare pregio storico, naturalistico e paesaggistico;
   a rivedere il meccanismo di finanziamento previsto all'interno del decreto legislativo n. 130 del 2010 come riportato in premessa.
9/2629-AR/147Fico.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 25 è stata apportata, per l'ennesima volta una modifica, all'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio che regola il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica;
    l'articolo 25, al comma 3, dispone la soppressione del primo e del secondo periodo del comma 9 dell'articolo 146 e la riscrittura del terzo periodo in base al quale l'amministrazione competente (la regione ovvero l'ente subdelegato) – una volta decorsi 60 giorni dalla ricezione della documentazione relativa alla domanda di autorizzazione da parte del soprintendente, senza che quest'ultimo abbia espresso il parere prescritto – provvede sulla stessa domanda di autorizzazione;
    in base allo stesso articolo 146 del Codice dei beni culturali, al comma 5, il parere del Soprintendente – all'esito dell'approvazione delle prescrizioni d'uso relative ai beni paesaggistici oggetto delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico effettuate dalla regione ovvero di quelli individuati dal piano paesaggistico nonché dell'accertamento, da parte dello stesso Ministero, dell'avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici alle stesse prescrizioni – assume natura obbligatoria non vincolante, e viene reso entro il termine di 45 giorni dalla ricezione degli atti, decorsi i quali l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione;
    in base alla modifica all'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'eventuale inerzia del Soprintendente non viene sanzionata attraverso l'applicazione delle regole generali stabilite dalla legge sul procedimento e dunque attraverso la previsione della possibilità di diffidare il soggetto inadempiente, di ricorrere al giudice amministrativo in caso del persistere dell'inerzia, la nomina di un dirigente apicale per l'emissione della pronuncia dovuta al posto del dirigente inadempiente e la possibilità per l'interessato di richiedere allo stesso dirigente apicale la pronuncia dovuta, in base all'articolo 2 della legge n. 241 del 1990;
    la riformulazione dell'articolo 146 comma 9 del Codice dei beni culturali e del paesaggio non introduce un regime normativo finalizzato a indurre i Soprintendenti a rendere il parere prescritto – sanzionando il comportamento di funzionari che si sottraggano agli obblighi di legge – ma punta a sancire la prescindibilità del parere dei Soprintendenti in tutti i casi annullando, di fatto, la differenza tra il regime normativo vigente nei casi previsti al comma 5 nei quali, come scritto in premessa, il parere del soprintendente ha natura obbligatoria e non vincolante, e quello che trova applicazione nei casi restanti, quando non sono state ancora approvate le prescrizioni e i piani paesaggistici e non è stato verificato, da parte del Ministero, l'effettivo adeguamento rispetto a quest'ultimi dei piani urbanistico-territoriali;
    ad esito della riformulazione del comma 9 dell'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, lo stesso articolo, infatti, dispone che nei casi nei quali il parere del soprintendente ha natura obbligatoria non vincolante, l'amministrazione competente può adottare la decisione rispetto alla domanda di autorizzazione, dopo 45 giorni dalla ricezione dei documenti da parte del Soprintendente, senza che quest'ultimo abbia reso il parere prescritto, mentre negli altri casi – e dunque quando il parere del Soprintendente dovrebbe restare obbligatorio e vincolante – l'amministrazione competente può comunque provvedere sulla domanda di autorizzazione, in modo analogo, solo dopo 60 giorni;
    la modifica al comma 9 dell'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio indebolisce, dunque, le disposizioni che incentivano le regioni ad approvare le prescrizioni relative ai beni oggetto delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico e i piani paesaggistici e a richiedere al Ministero dei beni culturali la verifica dell'avvenuto adeguamento della pianificazione urbanistico-territoriale, e dunque di attivare e portare avanti con determinazione le cosiddette attività di copianificazione paesaggistica con lo stesso Ministero;
    è, dunque, necessario rendere disponibili informazioni costantemente aggiornate sia in merito alle singole domande di autorizzazione, alle fasi che articolano il procedimento e alle attività dei soggetti coinvolti;
    è, altresì, opportuno favorire il pieno funzionamento delle misure previste nel Codice dei beni culturali e del paesaggio finalizzate ad implementare, in modo efficace, forme di copianificazione paesaggistica, tra le regioni e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, estese all'intero territorio nazionale, e il pieno adeguamento dei piani urbanistico-territoriali alle misure e alle prescrizioni di tutela dei piani paesaggistici,

impegna il Governo:

   a far sì che nei siti web dei competenti servizi delle regioni e delle direzioni regionali del Ministero dei beni e delle attività culturali venga pubblicata un'anagrafe delle domande di autorizzazione paesaggistica nella quale, per ciascuna domanda, vengano indicate:
    a) una descrizione dell'intervento da autorizzare e della proposta di provvedimento predisposta dall'amministrazione competente;
    b) la data nella quale il Soprintendente ha ricevuto la documentazione trasmessa dall'amministrazione competente e il termine decorso il quale la stessa amministrazione competente può provvedere sulla domanda di autorizzazione;
    c) gli estremi dell'autorizzazione paesaggistica rilasciata ovvero del provvedimento di diniego e una descrizione dei presupposti e dei contenuti della stessa autorizzazione;
    d) le misure e le prescrizioni contenute nell'autorizzazione paesaggistica, da rispettare sia in corso di esecuzione dei lavori sia nella gestione e nell'utilizzo dell'immobile, con un piano delle attività di verifica e controllo delle stesse misure e prescrizioni;
   ad aggiornare il quadro sinottico relativo allo stato della pianificazione paesaggistica presente nel sito web del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che contiene le informazioni relative alle attività di copianificazione tra lo stesso Ministero e le diverse regioni;
   a valutare l'opportunità di introdurre meccanismi premiali – anche attraverso la concessione di appositi contributi ovvero la possibilità di escludere le spese connesse dal patto di stabilità interno – a beneficio delle regioni che, mediante la stipula di appositi atti e protocolli, provvedano a predisporre e approvare, in forma congiunta con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, piani paesaggistici riferiti all'intero territorio regionale e a completare l'adeguamento della pianificazione urbanistico-territoriale alle misure e alle prescrizioni di tutela paesaggistica contenute negli stessi piani.
9/2629-AR/148Mannino.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 25 è stata apportata, per l'ennesima volta una modifica, all'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio che regola il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica;
    l'articolo 25, al comma 3, dispone la soppressione del primo e del secondo periodo del comma 9 dell'articolo 146 e la riscrittura del terzo periodo in base al quale l'amministrazione competente (la regione ovvero l'ente subdelegato) – una volta decorsi 60 giorni dalla ricezione della documentazione relativa alla domanda di autorizzazione da parte del soprintendente, senza che quest'ultimo abbia espresso il parere prescritto – provvede sulla stessa domanda di autorizzazione;
    in base allo stesso articolo 146 del Codice dei beni culturali, al comma 5, il parere del Soprintendente – all'esito dell'approvazione delle prescrizioni d'uso relative ai beni paesaggistici oggetto delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico effettuate dalla regione ovvero di quelli individuati dal piano paesaggistico nonché dell'accertamento, da parte dello stesso Ministero, dell'avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici alle stesse prescrizioni – assume natura obbligatoria non vincolante, e viene reso entro il termine di 45 giorni dalla ricezione degli atti, decorsi i quali l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione;
    in base alla modifica all'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'eventuale inerzia del Soprintendente non viene sanzionata attraverso l'applicazione delle regole generali stabilite dalla legge sul procedimento e dunque attraverso la previsione della possibilità di diffidare il soggetto inadempiente, di ricorrere al giudice amministrativo in caso del persistere dell'inerzia, la nomina di un dirigente apicale per l'emissione della pronuncia dovuta al posto del dirigente inadempiente e la possibilità per l'interessato di richiedere allo stesso dirigente apicale la pronuncia dovuta, in base all'articolo 2 della legge n. 241 del 1990;
    la riformulazione dell'articolo 146 comma 9 del Codice dei beni culturali e del paesaggio non introduce un regime normativo finalizzato a indurre i Soprintendenti a rendere il parere prescritto – sanzionando il comportamento di funzionari che si sottraggano agli obblighi di legge – ma punta a sancire la prescindibilità del parere dei Soprintendenti in tutti i casi annullando, di fatto, la differenza tra il regime normativo vigente nei casi previsti al comma 5 nei quali, come scritto in premessa, il parere del soprintendente ha natura obbligatoria e non vincolante, e quello che trova applicazione nei casi restanti, quando non sono state ancora approvate le prescrizioni e i piani paesaggistici e non è stato verificato, da parte del Ministero, l'effettivo adeguamento rispetto a quest'ultimi dei piani urbanistico-territoriali;
    ad esito della riformulazione del comma 9 dell'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, lo stesso articolo, infatti, dispone che nei casi nei quali il parere del soprintendente ha natura obbligatoria non vincolante, l'amministrazione competente può adottare la decisione rispetto alla domanda di autorizzazione, dopo 45 giorni dalla ricezione dei documenti da parte del Soprintendente, senza che quest'ultimo abbia reso il parere prescritto, mentre negli altri casi – e dunque quando il parere del Soprintendente dovrebbe restare obbligatorio e vincolante – l'amministrazione competente può comunque provvedere sulla domanda di autorizzazione, in modo analogo, solo dopo 60 giorni;
    la modifica al comma 9 dell'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio indebolisce, dunque, le disposizioni che incentivano le regioni ad approvare le prescrizioni relative ai beni oggetto delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico e i piani paesaggistici e a richiedere al Ministero dei beni culturali la verifica dell'avvenuto adeguamento della pianificazione urbanistico-territoriale, e dunque di attivare e portare avanti con determinazione le cosiddette attività di copianificazione paesaggistica con lo stesso Ministero;
    è, dunque, necessario rendere disponibili informazioni costantemente aggiornate sia in merito alle singole domande di autorizzazione, alle fasi che articolano il procedimento e alle attività dei soggetti coinvolti;
    è, altresì, opportuno favorire il pieno funzionamento delle misure previste nel Codice dei beni culturali e del paesaggio finalizzate ad implementare, in modo efficace, forme di copianificazione paesaggistica, tra le regioni e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, estese all'intero territorio nazionale, e il pieno adeguamento dei piani urbanistico-territoriali alle misure e alle prescrizioni di tutela dei piani paesaggistici,

impegna il Governo:

   a valutare che nei siti web dei competenti servizi delle regioni e delle direzioni regionali del Ministero dei beni e delle attività culturali venga pubblicata un'anagrafe delle domande di autorizzazione paesaggistica nella quale, per ciascuna domanda, vengano indicate:
    a) una descrizione dell'intervento da autorizzare e della proposta di provvedimento predisposta dall'amministrazione competente;
    b) la data nella quale il Soprintendente ha ricevuto la documentazione trasmessa dall'amministrazione competente e il termine decorso il quale la stessa amministrazione competente può provvedere sulla domanda di autorizzazione;
    c) gli estremi dell'autorizzazione paesaggistica rilasciata ovvero del provvedimento di diniego e una descrizione dei presupposti e dei contenuti della stessa autorizzazione;
    d) le misure e le prescrizioni contenute nell'autorizzazione paesaggistica, da rispettare sia in corso di esecuzione dei lavori sia nella gestione e nell'utilizzo dell'immobile, con un piano delle attività di verifica e controllo delle stesse misure e prescrizioni;
   ad aggiornare il quadro sinottico relativo allo stato della pianificazione paesaggistica presente nel sito web del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che contiene le informazioni relative alle attività di copianificazione tra lo stesso Ministero e le diverse regioni;
   a valutare l'opportunità di introdurre meccanismi premiali – anche attraverso la concessione di appositi contributi ovvero la possibilità di escludere le spese connesse dal patto di stabilità interno – a beneficio delle regioni che, mediante la stipula di appositi atti e protocolli, provvedano a predisporre e approvare, in forma congiunta con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, piani paesaggistici riferiti all'intero territorio regionale e a completare l'adeguamento della pianificazione urbanistico-territoriale alle misure e alle prescrizioni di tutela paesaggistica contenute negli stessi piani.
9/2629-AR/148. (Testo modificato nel corso della seduta) Mannino.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 25, è stata apportata, per l'ennesima volta una modifica all'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio che regola il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica;
    in base all'articolo 146 comma 9 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, così come modificato dall'articolo 25 del decreto-legge in oggetto, l'amministrazione competente (la regione ovvero l'ente subdelegato) – una volta decorsi 60 giorni dalla ricezione della documentazione relativa alla domanda di autorizzazione da parte del Soprintendente, senza che quest'ultimo abbia espresso il proprio parere – provvede sulla stessa domanda di autorizzazione;
    lo Statuto della Regione Siciliana, all'articolo 14, stabilisce che l'Assemblea regionale ha la legislazione esclusiva, tra le altre materie, su turismo, vigilanza alberghiera e tutela del paesaggio e conservazione delle antichità e delle opere artistiche;
    con decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975 n. 637 (di seguito decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1975) sono state dettate le norme di attuazione dello statuto della Regione Siciliana in materia di tutela del paesaggio e di antichità e belle arti, stabilendo che «l'amministrazione regionale esercita nel territorio della regione tutte le attribuzioni delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato in materia di antichità, opere artistiche e musei, nonché di tutela del paesaggio»;
    con lo stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1975, è stato stabilito che tutti gli atti previsti dalle leggi 1o giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939, n. 1497 – successivamente confluite nel Codice dei beni culturali e del paesaggio – e da ogni altra disposizione comunque concernente le materie indicate al punto precedente sono adottati dall'amministrazione regionale, e che la stessa amministrazione ha però l'obbligo di darne comunicazione bimestrale per conoscenza al Ministero allora denominato per i beni culturali ed ambientali, ora all'attuale Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
    l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1975 ha stabilito, a questo scopo, che gli uffici periferici del Ministero per i beni culturali e ambientali, allora esistenti nel territorio della Regione Siciliana, competenti in materia di protezione dei beni culturali e del paesaggio, passassero alle dipendenze della medesima regione Siciliana ed entrassero a far parte integrante della sua organizzazione amministrativa;
    il ruolo del Soprintendente – che in base al citato articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio è tenuto a partecipare al procedimento finalizzato al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica con le modalità descritte nello stesso articolo – è particolarmente delicato e rilevante al fine di garantire la corretta e autonoma valutazione degli effetti sul paesaggio degli interventi di trasformazione urbanistico-edilizia, anche alla luce del fatto che lo stesso soprintendente è funzionalmente dipendenti da un soggetto – il Ministero dei beni e delle attività culturali – terzo rispetto all'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica che è, di norma, la Regione ovvero un ente subdelegato da quest'ultima;
    in Sicilia, invece, per effetto delle disposizioni richiamate in premessa, le soprintendenze sono funzionalmente dipendenti dalla regione e dunque dalla stessa amministrazione competente rispetto al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, alla quale – come è noto – sono attribuite anche competente relative all'urbanistica e più in generale all'uso e alla trasformazione del territorio;
    ciò rende particolarmente necessario verificare e valutare gli effetti che la disposizione normativa introdotta con il decreto-legge in oggetto – in base alla quale, come scritto in premessa, l'amministrazione competente può adottare la determinazione conclusiva sulla domanda di autorizzazione presentata, in assenza del parere del Soprintendente – può avere in Sicilia,

impegna il Governo

affinché le comunicazioni bimestrali che la Regione Siciliana provvederà a trasmettere in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1975, e in particolare le informazioni relative alle autorizzazioni paesaggistiche che verranno rilasciate in applicazione dell'articolo 146 comma 9 – come modificato dal decreto in oggetto – vengano regolarmente pubblicate in un'apposita sezione del sito web del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
9/2629-AR/149Fraccaro.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 1, è stata disposta la nomina dell'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A. quale Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari e dell'asse ferroviario AV/AC Palermo-Catania-Messina;
    l'articolo 1 del decreto-legge n. 133 del 2014 disegna un regime normativo da applicare alla realizzazione di queste due infrastrutture, derogatorio rispetto a quello speciale che il Codice dei Contratti Pubblici riserva alle opere inserite nel Programma Infrastrutture Strategiche previsto dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443;
    in base a quanto disposto dall'articolo 1 del decreto in oggetto, l'Amministratore Delegato di FS, in qualità di Commissario, assolve le funzioni ordinariamente assegnate al CIPE e al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in ordine all'approvazione dei progetti, alla convocazione e alla gestione delle Conferenza di Servizi, unitamente a quelle che lo stesso Codice riserva al cosiddetto soggetto aggiudicatore;
    in sede di esame del decreto-legge, la Commissione ambiente territorio e lavori pubblici ha approvato un emendamento al comma 2 dello stesso articolo 1, con il quale è stato stabilito che negli avvisi, nei bandi di gara o nelle lettere di invito il Commissario prevede che la mancata accettazione, da parte delle imprese, delle clausole contenute nei protocolli di legalità stipulati con le competenti prefetture-uffici territoriali del Governo, riferite alle misure di prevenzione, controllo e contrasto dei tentativi di corruzione e di infiltrazione mafiosa, nonché per la verifica della sicurezza e della regolarità dei luoghi di lavoro, costituisce causa di esclusione dalla gara e che il mancato adempimento degli obblighi previsti dalle clausole medesime, nel corso dell'esecuzione del contratto, comporta la risoluzione del contratto stesso;
    a seguito dell'approvazione dello stesso emendamento, il decreto-legge, all'articolo 1 comma 2, prevede, anche, che il mancato inserimento delle previsioni richiamate nel punto precedente, comporti la revoca del mandato del Commissario nominato;
    la Commissione ambiente territorio e lavori pubblici ha approvato un emendamento al comma 8 dello stesso articolo 1, con il quale è stato stabilito che rendiconto semestrale delle spese di realizzazione delle tratte ferroviarie oggetto del commissariamento venga pubblicato nei siti web del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e delle regioni il cui territorio è attraversato dalla tratta ferroviaria Napoli-Bari;
    la pericolosa concentrazione di poteri e responsabilità nelle mani dell'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato per la realizzazione di opere infrastrutturali con un importo stimato, per la loro realizzazione, di circa 6 miliardi di euro per la tratta ferroviaria Napoli-Bari e di circa 8 miliardi di euro per l'asse ferroviario AV/AC Palermo-Catania-Messina, deve essere bilanciata con la massima sorveglianza sull'esercizio dei poteri conferiti;
    il pieno ed effettivo funzionamento delle clausole contrattuali e delle misure di prevenzione controllo e contrasto dei tentativi di corruzione e di uso distorto delle risorse pubbliche, di infiltrazione della criminalità organizzata mafiosa può essere rafforzato da sistemi che assicurino la possibilità, per la collettività, di disporre informazioni costanti e aggiornate sulle procedure di aggiudicazione dei contratti e sull'esecuzione degli stessi,

impegna il Governo

affinché nel sito web del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e delle regioni interessate dalla realizzazione delle tratte ferroviarie oggetto del commissariamento – unitamente al rendiconto delle spese – venga pubblicata, e aggiornata con una cadenza almeno semestrale, un'anagrafe dei contratti pubblici per l'acquisizione di beni, servizi e l'affidamento di lavori finalizzati alla realizzazione della tratta ferroviaria Napoli-Bari e dell'asse ferroviario AV/AC Palermo-Catania-Messina, che indichi, per ciascun bene e/o servizio da affidare e lavoro da realizzare, gli estremi del bando di gara, dell'atto di aggiudicazione e della stipula, i riferimenti del contraente e lo stato di avanzamento fisico, procedurale e finanziario del contratto affidato.
9/2629-AR/150Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 1, è stata disposta la nomina dell'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A. quale Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari e dell'asse ferroviario AV/AC Palermo-Catania-Messina;
    l'articolo 1 del decreto-legge n. 133 del 2014 disegna un regime normativo da applicare alla realizzazione di queste due infrastrutture, derogatorio rispetto a quello speciale che il Codice dei Contratti Pubblici riserva alle opere inserite nel Programma Infrastrutture Strategiche previsto dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443;
    in base a quanto disposto dall'articolo 1 del decreto in oggetto, l'Amministratore Delegato di FS, in qualità di Commissario, assolve le funzioni ordinariamente assegnate al CIPE e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in ordine all'approvazione dei progetti, alla convocazione e alla gestione delle Conferenza di Servizi, unitamente a quelle che lo stesso Codice riserva al cosiddetto soggetto aggiudicatore;
    la pericolosa concentrazione di poteri e responsabilità nelle mani dell'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato per la realizzazione di opere infrastrutturali con un importo stimato, per la loro realizzazione, di circa 6 miliardi di euro per la tratta ferroviaria Napoli-Bari e di circa 8 miliardi di euro per l'asse ferroviario AV/AC Palermo-Catania-Messina, deve essere bilanciata con la massima trasparenza rispetto alle modalità con le quali verranno esercitati i poteri straordinari conferiti e saranno utilizzate le somme, in parte già stanziate e in parte da assegnare, destinate alla realizzazione delle opere infrastrutturali in questione;
    la massima trasparenza rispetto all'operato del Commissario deve essere assicurata sia al termine del mandato, sia durante l'esercizio dello stesso, con una cadenza temporale che consenta un monitoraggio continuo sull'avanzamento fisico, procedurale e finanziario degli interventi da realizzare, e sulle attività amministrativa tecnica ed operativa affidate al Commissario e svolte direttamente, ovvero a valere sulle strutture tecniche di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.,

impegna il Governo:

   affinché l'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato, in qualità di Commissario, invii al Parlamento, all'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – semestralmente e al termine dell'incarico – un rapporto contenente la relazione sulle attività amministrative tecniche ed operative svolte e in corso di svolgimento, un'anagrafe degli interventi, delle attività e dei lavori in corso di esecuzione ovvero da eseguire con l'indicazione dettagliata dello stato di avanzamento procedurale fisico e finanziario, e un cronoprogramma degli stessi interventi, attività e lavori;
   affinché l'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato, in qualità di Commissario, invii al Parlamento, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero della salute una relazione sulle attività di controllo e monitoraggio degli impatti sulle matrici ambientali e sulla salute della popolazione determinati dalla realizzazione delle opere in questione, e sulle misure e le prescrizioni adottate e/o da adottare per prevenire danni all'ambiente e per salvaguardare l'incolumità delle maestranze impegnate nell'esecuzione dei lavori e della popolazione interessata;
   affinché l'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato, in qualità di Commissario, riferisca alle competenti Commissioni parlamentari, periodicamente e almeno ogni sei mesi, sullo stato di avanzamento degli interventi nonché, in maniera dettagliata, sull'utilizzo delle risorse stanziate per la realizzazione della tratta ferroviaria Napoli-Bari e dell'asse ferroviario AV/AC Palermo-Catania-Messina.
9/2629-AR/151Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 1, è stata disposta la nomina dell'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A. quale Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari e dell'asse ferroviario AV/AC Palermo-Catania-Messina;
    l'articolo 1 del decreto-legge n. 133 del 2014 disegna un regime normativo da applicare alla realizzazione di queste due infrastrutture, derogatorio rispetto a quello speciale che il Codice dei Contratti Pubblici riserva alle opere inserite nel Programma Infrastrutture Strategiche previsto dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443;
    in base a quanto disposto dall'articolo 1 del decreto in oggetto, l'Amministratore Delegato di FS, in qualità di Commissario, assolve le funzioni ordinariamente assegnate al CIPE e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in ordine all'approvazione dei progetti, alla convocazione e alla gestione delle Conferenza di Servizi, unitamente a quelle che lo stesso Codice riserva al cosiddetto soggetto aggiudicatore;
    la pericolosa concentrazione di poteri e responsabilità nelle mani dell'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato per la realizzazione di opere infrastrutturali con un importo stimato, per la loro realizzazione, di circa 6 miliardi di euro per la tratta ferroviaria Napoli-Bari e di circa 8 miliardi di euro per l'asse ferroviario AV/AC Palermo-Catania-Messina, deve essere bilanciata con la massima trasparenza rispetto alle modalità con le quali verranno esercitati i poteri straordinari conferiti e saranno utilizzate le somme, in parte già stanziate e in parte da assegnare, destinate alla realizzazione delle opere infrastrutturali in questione;
    la massima trasparenza rispetto all'operato del Commissario deve essere assicurata sia al termine del mandato, sia durante l'esercizio dello stesso, con una cadenza temporale che consenta un monitoraggio continuo sull'avanzamento fisico, procedurale e finanziario degli interventi da realizzare, e sulle attività amministrativa tecnica ed operativa affidate al Commissario e svolte direttamente, ovvero a valere sulle strutture tecniche di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.,

impegna il Governo:

   affinché l'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato, in qualità di Commissario, invii al Parlamento, all'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un rapporto contenente la relazione sulle attività amministrative tecniche ed operative svolte e in corso di svolgimento, un'anagrafe degli interventi, delle attività e dei lavori in corso di esecuzione ovvero da eseguire con l'indicazione dettagliata dello stato di avanzamento procedurale fisico e finanziario, e un cronoprogramma degli stessi interventi, attività e lavori;
   affinché l'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato, in qualità di Commissario, riferisca alle competenti Commissioni parlamentari, periodicamente, sullo stato di avanzamento degli interventi nonché, in maniera dettagliata, sull'utilizzo delle risorse stanziate per la realizzazione della tratta ferroviaria Napoli-Bari e dell'asse ferroviario AV/AC Palermo-Catania-Messina.
9/2629-AR/151. (Testo modificato nel corso della seduta) Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione, all'articolo 23, introduce nel nostro ordinamento il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, quale nuova tipologia contrattuale a valenza sociale;
    il previsto schema contrattuale consente l'immediato godimento dell'immobile, rimandando al futuro il trasferimento della proprietà, con imputazione al prezzo di parte dei canoni pagati per il godimento;
    la previsione si aggiunge all'intervento di housing sociale di cui all'articolo 8 del decreto-legge n. 47 del 2014, che prevede un contratto standardizzato di riscatto a termine dell'alloggio sociale;
    l'obiettivo è quello di consentire ai costruttori o proprietari di immobili di utilizzare, con riferimento a tutte le categorie di immobili, e non solo a quelli di edilizia residenziale, questo nuovo strumento già in uso negli altri Paesi europei;
    la disciplina introdotta ha dunque lo scopo di favorire la ripresa delle contrattazioni immobiliari, specie con riguardo alle categorie con maggiori difficoltà ad acquistare per contanti;
    gli enti previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, specie negli ultimi tempi, stanno realizzando una massiccia opera di dismissione del patrimonio immobiliare, anche attraverso conferimenti a fondi immobiliari o SGR;
    gli immobili di proprietà dei suddetti enti, in origine, sono stati realizzati con la precisa finalità di offrire una soluzione al problema dell'emergenza abitativa;
    in questa sede si intende estendere la disciplina prevista per le ipotesi di affitto con riscatto anche agli immobili di proprietà degli enti di cui al citato decreto legislativo del 94, alle seguenti condizioni:
     che il diritto di riscatto sia esercitato solo dai conduttori privi di altra abitazione di proprietà adeguata alle esigenze del nucleo familiare nella città di residenza;
     che l'immobile riscattato sia rivenduto solo una volta trascorsi almeno dieci anni dal riscatto;
     che il prezzo di vendita non sia superiore a quello di acquisto, rivalutato in base agli indici Istat;
     che sia garantito diritto di prelazione agli enti locali competenti per territorio che decidano per l'acquisto ai fini dell'emergenza abitativa e agli inquilini che detengano l'alloggio,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, affinché la disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili sia estesa anche agli immobili in locazione di proprietà di tutti gli enti di cui all'allegato A del decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 509, alle condizioni esposte in premessa.
9/2629-AR/152Lombardi.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 17 comma 1, lettera m) punto 1, viene modificato l'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 per precisare che sono realizzabili mediante Segnalazione Certificata di Inizio Attività anche le varianti ai permessi di costruire nel caso in cui – ove riguardino immobili sottoposti a tutela in base al Codice dei beni culturali e del paesaggio – non prevedono modifiche alla sagoma degli stessi immobili;
    al punto 2 della stessa lettera m) dell'articolo 17 comma 1, viene inserito nell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 il comma 2-bis, in base al quale «sono realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie, e siano attuate dopo l'acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore»;
    in base a quanto stabilito dall'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 rubricato «Determinazione delle variazioni essenziali» – fermo restando il rinvio alla legislazione regionale in materia – l'essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica un aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato, e dunque può non essere considerata essenziale una variazione della sagoma dell'immobile, che non determina un aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio;
    con un precedente decreto-legge – il n. 69 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 – è stato stabilito che:
     a) sono realizzabili mediante Segnalazione Certificata di Inizio Attività le varianti ai permessi di costruire relativi ad interventi su immobili vincolati in base al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, se non comportino modifica della sagoma;
     b) i comuni avevano il compito di individuare con una propria deliberazione – entro il 30 giugno 2014 – le aree comprese all'interno delle zone territoriali omogenee «A», rispetto alle quali escludere la possibilità di presentare varianti ai permessi di costruire mediante la presentazione di una Segnalazione certificata di inizio attività;
    con riferimento a quest'ultima disposizione contenuta nell'articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – che è stato inserito proprio con il citato decreto-legge n. 69/2013 – lo stesso articolo ha stabilito, altresì, che decorso il termine del 30 giugno 2014, e in mancanza di intervento sostitutivo della regione ai sensi della normativa vigente, la deliberazione richiamata nella precedente lettera b) sarebbe dovuta essere adottata da un Commissario nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
    che per effetto delle modifiche all'articolo 22 commi 1 e 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 introdotte con il citato decreto-legge n. 69 del 2013 e con l'articolo 17 comma 1 lettera m) punto 1 del decreto-legge n. 133 del 2014 sono realizzabili mediante Segnalazione Certificata di Inizio Attività le varianti ai permessi di costruire relativi a immobili vincolati in base al Codice dei beni culturali, a condizione che non modifichino la sagoma dell'immobile;
    in base al nuovo comma 2-bis dello stesso articolo 22, introdotto dall'articolo 17 comma 1 lettera m) punto 2 del decreto-legge n. 133 del 2014 sono, invece, realizzabili mediante Segnalazione Certificata di Inizio Attività – per giunta comunicata a fine lavori – le varianti ai permessi di costruire, purché non configurino una variazione essenziale e siano attuate dopo l'acquisizione delle autorizzazioni paesaggistiche e di tutela del patrimonio storico artistico ed archeologico;
    in base al comma 2-bis dell'articolo 22 citato nel punto precedente, sarebbe dunque ammessa la possibilità di utilizzare la SCIA per la presentazione di varianti a permessi di costruire che prevedono la modifica della sagoma – senza che ciò determini una variazione essenziale – anche nel caso di immobili sottoposti a tutela in base al Codice dei Beni Culturali e del paesaggio e di quelli ubicati all'interno delle aree comprese nelle Zone Territoriali Omogenee «A», delimitate dai Comuni in base al citato articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
    l'introduzione, all'interno dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, del sopracitato comma 2-bis – in mancanza di un espresso raccordo con quanto stabilito dal comma 2 dello stesso articolo 22, in ordine agli immobili vincolati in base al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, e dall'articolo 23-bis comma 4 per quel che concerne gli immobili ricadenti all'interno delle cosiddette Zone «A» – rischia di rendere il quadro normativo più incerto e di difficile applicazione, specialmente per quei Comuni che hanno provveduto a delimitare le parti delle Zone «A», ai sensi del citato articolo 23-bis, ovvero per quelli rispetto ai quali le regioni o il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno attivato i previsti poteri sostitutivi,

impegna il Governo:

   a pubblicare l'elenco dei Comuni che hanno provveduto, entro il termine previsto dall'articolo 23-bis comma 4, a delimitare le aree comprese all'interno delle zone territoriali omogenee «A» rispetto alle quali non è possibile presentare varianti ai permessi di costruire, che comportano la modifica della sagoma dell'immobile, mediante la presentazione di una Segnalazione certificata di inizio attività;
   a pubblicare l'elenco dei Comuni rispetto ai quali le Regioni hanno adottato gli interventi sostitutivi previsti dall'articolo 23-bis comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 al fine di delimitare le aree nelle quali non trova applicazione la disciplina normativa introdotta con il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 e ribadita con l'articolo 17 comma 1, lettera m) punto 1 del decreto-legge n. 133 del 2014;
   a rendere noti i Comuni rispetto ai quali il Ministero delle infrastrutture ha nominato i Commissari ad acta ovvero sta predisponendo gli atti propedeutici alla nomina degli stessi;
   a valutare l'opportunità di armonizzare il contenuto dell'articolo 22 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 con le disposizioni contenute nello stesso Decreto relative all'utilizzabilità della Segnalazione Certificata di Inizio Attività per le varianti ai permessi di costruire che interessano immobili vincolati in base al Codice dei beni culturali e del paesaggio (articolo 22 comma 2) e quelli che ricadono all'interno delle cosiddette Zone Territoriali Omogenee «A» (articolo 23-bis comma 4).
9/2629-AR/153Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 17 comma 1, lettera m) punto 1, viene modificato l'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 per precisare che sono realizzabili mediante Segnalazione Certificata di Inizio Attività anche le varianti ai permessi di costruire nel caso in cui – ove riguardino immobili sottoposti a tutela in base al Codice dei beni culturali e del paesaggio – non prevedono modifiche alla sagoma degli stessi immobili;
    al punto 2 della stessa lettera m) dell'articolo 17 comma 1, viene inserito nell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 il comma 2-bis, in base al quale «sono realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie, e siano attuate dopo l'acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore»;
    in base a quanto stabilito dall'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 rubricato «Determinazione delle variazioni essenziali» – fermo restando il rinvio alla legislazione regionale in materia – l'essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica un aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato, e dunque può non essere considerata essenziale una variazione della sagoma dell'immobile, che non determina un aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio;
    con un precedente decreto-legge – il n. 69 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 – è stato stabilito che:
     a) sono realizzabili mediante Segnalazione Certificata di Inizio Attività le varianti ai permessi di costruire relativi ad interventi su immobili vincolati in base al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, se non comportino modifica della sagoma;
     b) i comuni avevano il compito di individuare con una propria deliberazione – entro il 30 giugno 2014 – le aree comprese all'interno delle zone territoriali omogenee «A», rispetto alle quali escludere la possibilità di presentare varianti ai permessi di costruire mediante la presentazione di una Segnalazione certificata di inizio attività;
    con riferimento a quest'ultima disposizione contenuta nell'articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – che è stato inserito proprio con il citato decreto-legge n. 69/2013 – lo stesso articolo ha stabilito, altresì, che decorso il termine del 30 giugno 2014, e in mancanza di intervento sostitutivo della regione ai sensi della normativa vigente, la deliberazione richiamata nella precedente lettera b) sarebbe dovuta essere adottata da un Commissario nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
    che per effetto delle modifiche all'articolo 22 commi 1 e 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 introdotte con il citato decreto-legge n. 69 del 2013 e con l'articolo 17 comma 1 lettera m) punto 1 del decreto-legge n. 133 del 2014 sono realizzabili mediante Segnalazione Certificata di Inizio Attività le varianti ai permessi di costruire relativi a immobili vincolati in base al Codice dei beni culturali, a condizione che non modifichino la sagoma dell'immobile;
    in base al nuovo comma 2-bis dello stesso articolo 22, introdotto dall'articolo 17 comma 1 lettera m) punto 2 del decreto-legge n. 133 del 2014 sono, invece, realizzabili mediante Segnalazione Certificata di Inizio Attività – per giunta comunicata a fine lavori – le varianti ai permessi di costruire, purché non configurino una variazione essenziale e siano attuate dopo l'acquisizione delle autorizzazioni paesaggistiche e di tutela del patrimonio storico artistico ed archeologico;
    in base al comma 2-bis dell'articolo 22 citato nel punto precedente, sarebbe dunque ammessa la possibilità di utilizzare la SCIA per la presentazione di varianti a permessi di costruire che prevedono la modifica della sagoma – senza che ciò determini una variazione essenziale – anche nel caso di immobili sottoposti a tutela in base al Codice dei Beni Culturali e del paesaggio e di quelli ubicati all'interno delle aree comprese nelle Zone Territoriali Omogenee «A», delimitate dai Comuni in base al citato articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
    l'introduzione, all'interno dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, del sopracitato comma 2-bis – in mancanza di un espresso raccordo con quanto stabilito dal comma 2 dello stesso articolo 22, in ordine agli immobili vincolati in base al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, e dall'articolo 23-bis comma 4 per quel che concerne gli immobili ricadenti all'interno delle cosiddette Zone «A» – rischia di rendere il quadro normativo più incerto e di difficile applicazione, specialmente per quei Comuni che hanno provveduto a delimitare le parti delle Zone «A», ai sensi del citato articolo 23-bis, ovvero per quelli rispetto ai quali le regioni o il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno attivato i previsti poteri sostitutivi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di armonizzare il contenuto dell'articolo 22 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 con le disposizioni contenute nello stesso Decreto relative all'utilizzabilità della Segnalazione Certificata di Inizio Attività per le varianti ai permessi di costruire che interessano immobili vincolati in base al Codice dei beni culturali e del paesaggio (articolo 22 comma 2) e quelli che ricadono all'interno delle cosiddette Zone Territoriali Omogenee «A» (articolo 23-bis comma 4).
9/2629-AR/153. (Testo modificato nel corso della seduta) Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 17, sono state introdotte modifiche puntuali al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (di seguito decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001);
    alle modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 contenute nel decreto adottato dal Governo, si aggiungono ulteriori modifiche allo stesso testo unico sull'edilizia approvate durante l'esame del provvedimento in Commissione Ambiente territorio e lavori pubblici;
    in seguito all'approvazione di una delle proposte emendative, l'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 che disciplina le modalità di calcolo della quota del contributo di costruzione dovuto sulla base dell'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, al comma 4 lettera d-ter) prevede che le regioni definiscano le tabelle parametriche, per classi di comuni, anche in relazione «alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso»;
    ai sensi della modifica introdotta all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, «il maggior valore, calcolato dall'amministrazione comunale, viene suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed erogato da quest'ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l'interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l'intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche»;
    la modifica all'articolo 16 descritta sopra – pur essendo introdotta all'interno di un decreto-legge che dovrebbe contenere disposizioni necessarie urgenti e di immediata applicazione – necessita, per divenire pienamente efficace, di provvedimenti regionale che aggiornino la normativa con le tabelle parametriche per il calcolo dei cosiddetti oneri e di successive deliberazioni delle amministrazioni comunali che approvino l'aggiornamento dei parametri per il calcolo del contributo per il permesso di costruire, relativamente agli oneri di urbanizzazione di cui all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
    in sede di aggiornamento delle tabelle per il calcolo del contributo per il permesso di costruire, occorre definire i parametri necessari per il calcolo del contributo dovuto in funzione delle diverse Zone Territoriali Omogenee, della destinazione urbanistica, e delle destinazione d'uso dell'unità immobiliare/edilizia e del tipo di intervento edilizio ammessi al momento della presentazione del progetto, in funzione del tipo di interventi in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso da realizzare;
    l'operazione di aggiornamento delle tabelle parametriche per il calcolo del contributo di costruzione, sulla base della lettera d-ter dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 presuppone, dunque, lo svolgimento di una complessa attività amministrativa che potrebbe richiedere tempi lunghi vanificando ovvero rallentando l'efficacia di una norma che dovrebbe consentire alle amministrazioni comunali di recuperare, per finalità pubbliche, una quota parte delle valorizzazioni indotte dalla realizzazione di interventi in variante e/o in deroga agli strumenti urbanistici ovvero per i cambi di destinazione d'uso degli immobili;
    l'aggiornamento del calcolo del contributo di costruzione conseguente all'inserimento nell'articolo 16 comma 4 della citata lettera d-ter – prevedendo un calcolo dello stesso contributo in funzione del diverso valore economico che il proprietario del bene oggetto di intervento trae dall'esecuzione dell'intervento stesso – finisce per incidere direttamente sul trattamento della proprietà e dunque rientra nell'ambito di materie, come l'ordinamento civile, di esclusiva competenza statale;
    ciò rende necessario che la complessa attività amministrativa – di norma svolta dalle regioni e dai comuni – sia accompagnata e guidata da atti e provvedimenti, di competenza statale, attraverso i quali assicurare una omogenea e tempestiva applicazione alla nuova lettera d-ter dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001,

impegna il Governo:

   ad adottare provvedimenti appositi che forniscano alle Regioni e alle amministrazioni locali le necessarie linee guida per procedere all'aggiornamento del calcolo del contributo di costruzione alla luce del nuovo criterio contenuto nella lettera d-ter dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
   affinché nelle istruzioni – da dare alle Regioni e alle amministrazioni locali – venga stabilito che la quota percentuale del maggior valore conseguito con la realizzazione dell'intervento urbanistico-edilizio, che l'operatore privato dovrà corrispondere al Comune a titolo di contributo straordinario, venga modulata in funzione dello stato dei luoghi interessati dalla trasformazione urbanistico-edilizia prevedendo la corresponsione di detto contributo nella misura massima laddove la stessa trasformazione interessi aree agricole libere, e non urbanizzate a prescindere dalla loro destinazione urbanistica;
   affinché nelle istruzioni – da dare alle Regioni e alle amministrazioni locali – venga stabilito altresì che le amministrazioni locali predispongano un programma per il riutilizzo delle somme versate dagli operatori privati, a titolo di contributo straordinario con l'indicazione degli interventi e delle attività finanziate con le stesse somme e pubblichino, nei siti web, i risultati delle attività di monitoraggio procedurale fisico e finanziario relativo all'esecuzione degli interventi;
   ad adottare i provvedimenti necessari a stabilire che, nelle more dell'aggiornamento delle tabelle parametriche per il calcolo del contributo di costruzione da parte delle Regioni, le amministrazioni locali debbano, comunque, assoggettare gli operatori privati che richiedono la realizzazione di interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso all'obbligo di versare un contributo straordinario commisurato al maggior valore derivante dalla realizzazione degli stessi interventi.
9/2629-AR/154Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 17, sono state introdotte modifiche puntuali al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (di seguito decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001);
    alle modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 contenute nel decreto adottato dal Governo, si aggiungono ulteriori modifiche allo stesso testo unico sull'edilizia approvate durante l'esame del provvedimento in Commissione Ambiente territorio e lavori pubblici;
    in seguito all'approvazione di una delle proposte emendative, l'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 che disciplina le modalità di calcolo della quota del contributo di costruzione dovuto sulla base dell'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, al comma 4 lettera d-ter) prevede che le regioni definiscano le tabelle parametriche, per classi di comuni, anche in relazione «alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso»;
    ai sensi della modifica introdotta all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, «il maggior valore, calcolato dall'amministrazione comunale, viene suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed erogato da quest'ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l'interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l'intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche»;
    la modifica all'articolo 16 descritta sopra – pur essendo introdotta all'interno di un decreto-legge che dovrebbe contenere disposizioni necessarie urgenti e di immediata applicazione – necessita, per divenire pienamente efficace, di provvedimenti regionale che aggiornino la normativa con le tabelle parametriche per il calcolo dei cosiddetti oneri e di successive deliberazioni delle amministrazioni comunali che approvino l'aggiornamento dei parametri per il calcolo del contributo per il permesso di costruire, relativamente agli oneri di urbanizzazione di cui all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
    in sede di aggiornamento delle tabelle per il calcolo del contributo per il permesso di costruire, occorre definire i parametri necessari per il calcolo del contributo dovuto in funzione delle diverse Zone Territoriali Omogenee, della destinazione urbanistica, e delle destinazione d'uso dell'unità immobiliare/edilizia e del tipo di intervento edilizio ammessi al momento della presentazione del progetto, in funzione del tipo di interventi in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso da realizzare;
    l'operazione di aggiornamento delle tabelle parametriche per il calcolo del contributo di costruzione, sulla base della lettera d-ter dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 presuppone, dunque, lo svolgimento di una complessa attività amministrativa che potrebbe richiedere tempi lunghi vanificando ovvero rallentando l'efficacia di una norma che dovrebbe consentire alle amministrazioni comunali di recuperare, per finalità pubbliche, una quota parte delle valorizzazioni indotte dalla realizzazione di interventi in variante e/o in deroga agli strumenti urbanistici ovvero per i cambi di destinazione d'uso degli immobili;
    l'aggiornamento del calcolo del contributo di costruzione conseguente all'inserimento nell'articolo 16 comma 4 della citata lettera d-ter – prevedendo un calcolo dello stesso contributo in funzione del diverso valore economico che il proprietario del bene oggetto di intervento trae dall'esecuzione dell'intervento stesso – finisce per incidere direttamente sul trattamento della proprietà e dunque rientra nell'ambito di materie, come l'ordinamento civile, di esclusiva competenza statale;
    ciò rende necessario che la complessa attività amministrativa – di norma svolta dalle regioni e dai comuni – sia accompagnata e guidata da atti e provvedimenti, di competenza statale, attraverso i quali assicurare una omogenea e tempestiva applicazione alla nuova lettera d-ter dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di fornire alle Regioni e alle amministrazioni locali le necessarie linee guida per procedere all'aggiornamento del calcolo del contributo di costruzione alla luce del nuovo criterio contenuto nella lettera d-ter dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
   affinché nelle istruzioni – da dare alle Regioni e alle amministrazioni locali – venga stabilito che la quota percentuale del maggior valore conseguito con la realizzazione dell'intervento urbanistico-edilizio, che l'operatore privato dovrà corrispondere al Comune a titolo di contributo straordinario, venga modulata in funzione dello stato dei luoghi interessati dalla trasformazione urbanistico-edilizia prevedendo la corresponsione di detto contributo nella misura massima laddove la stessa trasformazione interessi aree agricole libere, e non urbanizzate a prescindere dalla loro destinazione urbanistica;
   affinché nelle istruzioni – da dare alle Regioni e alle amministrazioni locali – venga stabilito altresì che le amministrazioni locali predispongano un programma per il riutilizzo delle somme versate dagli operatori privati, a titolo di contributo straordinario con l'indicazione degli interventi e delle attività finanziate con le stesse somme e pubblichino, nei siti web, i risultati delle attività di monitoraggio procedurale fisico e finanziario relativo all'esecuzione degli interventi;
   ad adottare i provvedimenti necessari a stabilire che, nelle more dell'aggiornamento delle tabelle parametriche per il calcolo del contributo di costruzione da parte delle Regioni, le amministrazioni locali debbano, comunque, assoggettare gli operatori privati che richiedono la realizzazione di interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso all'obbligo di versare un contributo straordinario commisurato al maggior valore derivante dalla realizzazione degli stessi interventi.
9/2629-AR/154. (Testo modificato nel corso della seduta) Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 17 sono state introdotte modifiche puntuali al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (di seguito decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001);
    alle modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 contenute nel decreto adottato dal Governo, si aggiungono ulteriori modifiche allo stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 approvate durante l'esame del provvedimento in Commissione ambiente territorio e lavori pubblici;
    in seguito all'approvazione di una delle proposte emendative, all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 è stato inserito il comma 1-sexies, con il quale è stato stabilito che il Governo, le regioni e le autonomie locali, concludano, in sede di Conferenza Unificata, accordi o intese finalizzati all'adozione di uno schema di regolamento edilizio tipo;
    in base allo stesso comma 1-sexies dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, i comuni sono tenuti ad adottare il regolamento edilizio tipo nei termini fissati dagli accordi, e comunque entro i termini previsti dall'articolo 2 della legge n. 241 del 1990;
    il regolamento edilizio, in modo coordinato con la strumentazione urbanistica e in particolare con le norme tecniche di attuazione dei piani urbanistici, costituisce lo strumento fondamentale attraverso il quale le amministrazioni classificano le tipologie di intervento realizzabili, definiscono i regimi autorizzativi previsti e dunque disciplinano, nel loro complesso, l'attività edilizia e le modalità di trasformazione e uso del territorio e del patrimonio edilizio esistente;
    i fatti drammatici, che con sempre maggiore frequenza si registrano, dimostrano le condizioni di estrema vulnerabilità del territorio, l'insostenibilità dell'assetto urbanistico di grandi città e di numerosi insediamenti cresciuti nella totale indifferenza rispetto alle componenti naturali che strutturano l'ambiente all'interno del quale sono collocati;
    è, dunque, necessario che tra i requisiti prestazionali degli edifici, il regolamento edilizio tipo non tenga conto esclusivamente dell'oggetto edilizio in quanto tale, ma della collocazione di quest'ultimo rispetto all'insediamento urbano ovvero all'area all'interno dei quali è ubicato, delle relazioni esistenti e delle prestazioni ecosistemiche che l'area occupata ovvero da occupare svolge,

impegna il Governo:

   affinché il regolamento edilizio tipo – nella definizione degli interventi urbanistico-edilizio realizzabili e dei relativi regimi autorizzativi – condizioni la realizzabilità degli interventi urbanistico-edilizi che utilizzano aree non urbanizzate e di quelli aventi come oggetto immobili esistenti e aree già urbanizzate che aumentano la superficie coperta e/o impermeabilizzata, al pagamento dei contributi previsti, in misura maggiorata, ovvero alla realizzazione di misure che compensino integralmente le prestazioni ecosistemiche compromesse dall'intervento edificatorio;
   affinché nel regolamento edilizio sia previsto che le amministrazioni locali debbano disporre – ai fini del rilascio delle autorizzazioni edilizie – di una documentazione che, rispetto all'area di intervento, descriva il sito, le relazioni con le componenti naturali che strutturano l'ambito territoriale di riferimento, illustri le caratteristiche e le funzioni ecosistemiche del suolo e della vegetazione presente, e contenga un bilancio delle stesse funzioni ecosistemiche compromesse, reintegrate ovvero da compensare con appositi interventi;
   affinché nel regolamento edilizio sia previsto che – ai fini del rilascio delle autorizzazioni edilizie per gli interventi di sostituzione edilizia – le amministrazioni locali dispongano di una documentazione che evidenzi le funzioni ecosistemiche del sito da recuperare e reintegrare, recuperate/reintegrate con l'intervento edilizio, e di un programma relativo all'idonea e appropriata rilocalizzazione dei residenti e delle attività economiche insediate sia durante l'esecuzione dell'intervento edilizio sia a regime, una volta che l'intervento di sostituzione edilizia è stato completamente realizzato.
9/2629-AR/155Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 17 sono state introdotte modifiche puntuali al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (di seguito decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001);
    alle modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 contenute nel decreto adottato dal Governo, si aggiungono ulteriori modifiche allo stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 approvate durante l'esame del provvedimento in Commissione ambiente territorio e lavori pubblici;
    in seguito all'approvazione di una delle proposte emendative, all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 è stato inserito il comma 1-sexies, con il quale è stato stabilito che il Governo, le regioni e le autonomie locali, concludano, in sede di Conferenza Unificata, accordi o intese finalizzati all'adozione di uno schema di regolamento edilizio tipo;
    in base allo stesso comma 1-sexies dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, i comuni sono tenuti ad adottare il regolamento edilizio tipo nei termini fissati dagli accordi, e comunque entro i termini previsti dall'articolo 2 della legge n. 241 del 1990;
    il regolamento edilizio, in modo coordinato con la strumentazione urbanistica e in particolare con le norme tecniche di attuazione dei piani urbanistici, costituisce lo strumento fondamentale attraverso il quale le amministrazioni classificano le tipologie di intervento realizzabili, definiscono i regimi autorizzativi previsti e dunque disciplinano, nel loro complesso, l'attività edilizia e le modalità di trasformazione e uso del territorio e del patrimonio edilizio esistente;
    i fatti drammatici, che con sempre maggiore frequenza si registrano, dimostrano le condizioni di estrema vulnerabilità del territorio, l'insostenibilità dell'assetto urbanistico di grandi città e di numerosi insediamenti cresciuti nella totale indifferenza rispetto alle componenti naturali che strutturano l'ambiente all'interno del quale sono collocati;
    è, dunque, necessario che tra i requisiti prestazionali degli edifici, il regolamento edilizio tipo non tenga conto esclusivamente dell'oggetto edilizio in quanto tale, ma della collocazione di quest'ultimo rispetto all'insediamento urbano ovvero all'area all'interno dei quali è ubicato, delle relazioni esistenti e delle prestazioni ecosistemiche che l'area occupata ovvero da occupare svolge,

impegna il Governo:

   affinché valuti la possibilità che il regolamento edilizio tipo – nella definizione degli interventi urbanistico-edilizio realizzabili e dei relativi regimi autorizzativi – condizioni la realizzabilità degli interventi urbanistico-edilizi che utilizzano aree non urbanizzate e di quelli aventi come oggetto immobili esistenti e aree già urbanizzate che aumentano la superficie coperta e/o impermeabilizzata, al pagamento dei contributi previsti, in misura maggiorata, ovvero alla realizzazione di misure che compensino integralmente le prestazioni ecosistemiche compromesse dall'intervento edificatorio;
   affinché valuti la possibilità che nel regolamento edilizio sia previsto che le amministrazioni locali debbano disporre – ai fini del rilascio delle autorizzazioni edilizie – di una documentazione che, rispetto all'area di intervento, descriva il sito, le relazioni con le componenti naturali che strutturano l'ambito territoriale di riferimento, illustri le caratteristiche e le funzioni ecosistemiche del suolo e della vegetazione presente, e contenga un bilancio delle stesse funzioni ecosistemiche compromesse, reintegrate ovvero da compensare con appositi interventi;
   affinché valuti la possibilità che nel regolamento edilizio sia previsto che – ai fini del rilascio delle autorizzazioni edilizie per gli interventi di sostituzione edilizia – le amministrazioni locali dispongano di una documentazione che evidenzi le funzioni ecosistemiche del sito da recuperare e reintegrare, recuperate/reintegrate con l'intervento edilizio, e di un programma relativo all'idonea e appropriata rilocalizzazione dei residenti e delle attività economiche insediate sia durante l'esecuzione dell'intervento edilizio sia a regime, una volta che l'intervento di sostituzione edilizia è stato completamente realizzato.
9/2629-AR/155. (Testo modificato nel corso della seduta) Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Atto Camera n. 2629 reca la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 – noto come «Sblocca Italia» – che reca misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
    all'articolo 32, comma 1, del provvedimento in oggetto è previsto, fino al 31 dicembre 2014 e secondo i requisiti stabiliti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il rientro tra le strutture ricettive all'aria aperta di quelle organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato;
    secondo il comma 2 dello stesso articolo, agli oneri derivanti da questa equiparazione (valutati in 2 milioni di euro per l'anno 2014) si provvede utilizzando le somme versate entro il 15 luglio 2014 all'entrata del bilancio dello Stato frutto delle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, come stabilito dall'articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
    il rilancio delle imprese della filiera nautica e del comparto turistico legato al diportismo ha bisogno di misure organiche che rientrino in un sistema di riforme strutturali pianificate e durature, che non rispondano alla contingenza e alla mera sperimentazione per un arco di tempo ristretto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire in occasione della prossima manovra di bilancio una misura che renda permanente la disposizione prevista all'articolo 32, comma 1, del decreto legge Sblocca Italia o che per lo meno individui le risorse idonee a finanziare l'intervento per l'intero 2015.
9/2629-AR/156Prodani.


   La Camera,
   premesso che:
    la realizzazione della tratta 3 della linea 1 della metropolitana di Torino (Collegno-Cascine Vica) garantirebbe benefici significativi per decine di migliaia di cittadini grazie al decongestionamento delle principali vie stradali di accesso a Torino-Ovest;
    una raccolta di più di 22 mila firme ha espresso un grande consenso verso la realizzazione dell'opera da parte della popolazione locale;
    accogliendo l'ordine del giorno 9/01248-AR/172 del 24 luglio 2013 il Governo si era impegnato a valutare la possibilità di adottare atti normativi volti ad assicurare le risorse necessarie a finanziare la tratta 3 della linea 1 della metropolitana di Torino (Collegno-Cascine Vica);
    la lettera c del comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2014, «Sblocca Italia», prevede il finanziamento della metropolitana di Torino (Collegno-Cascine Vica) per la parte di competenza dello Stato;
    parte del finanziamento dell'opera è assegnata agli enti locali interessati,

impegna il Governo

a disporre, in occasione della prossima manovra di bilancio, il finanziamento della realizzazione della tratta 3 della linea 1 della metropolitana di Torino (Collegno-Cascine Vica) anche per la quota di competenza degli enti locali.
9/2629-AR/157Della Valle.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede una serie di misure urgenti volte a favorire la ripresa economica, attraverso il riavvio delle grandi opere pubbliche e l'introduzione di azioni a sostegno del tessuto produttivo nazionale e della diffusione delle produzioni italiane nel mondo;
    l'articolo 30 prevede, a cura del Ministero dello Sviluppo Economico, la predisposizione di un Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia;
    le modalità di stesura, i contenuti e le finalità del documento non sono ben delineati e appaiono sfumati soprattutto per quanto concerne le strategie di contrasto al fenomeno dell’italian sounding;
    nell'ambito di un'azione coordinata di promozione dei prodotti italiani all'estero, appare indispensabile integrare le azioni di promozione con la conoscenza degli aspetti relativi alla cultura, alle tradizioni, all'ambiente e in generale al contesto in cui è stato realizzato il prodotto;
    il rafforzamento del legame tra prodotto e territorio d'origine fa in modo che i prodotti non siano solo merce da allocare sul mercato, ma siano a tutti gli effetti ambasciatori del nostro paese, con ricadute positive sulle politiche di promozione territoriale e con effetti che garantiscono un maggiore impulso alle azioni di contrasto al fenomeno dell’italian sounding,

impegna il Governo

nell'ambito della predisposizione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy, a integrare le azioni di promozione con la divulgazione della conoscenza degli aspetti relativi alla cultura, alle tradizioni, all'ambiente e in generale al contesto territoriale nel quale è stato realizzato il prodotto.
9/2629-AR/158Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento esaminato reca misure urgenti per l'apertura di cantieri, la realizzazione di opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive. Nonostante l'importanza dei temi in questione, il disegno di legge di conversione non è correlato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), che dà conto dell'impatto normativo e della qualità redazionale dei testi sottoposti dal Governo al Parlamento, e manca altresì la relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), il cui scopo precipuo è quello di fornire una valutazione dei costi e dei benefici delle diverse opzioni regolative basata su precisi riscontri empirici e di indicare l'opzione che comporta un beneficio netto per la comunità;
    inoltre, dallo studio del provvedimento emergere un'ulteriore prassi negativa ormai consolidata nell'attuazione delle politiche pubbliche e nella realizzazione di opere pubbliche in Italia: la carenza di un'analisi volta a dimostrarne la fattibilità economico-finanziaria e a fornire un valido rapporto alla definizione delle priorità. Intatti, nonostante gli sforzi normativi, nella realtà del sistema nostrano manca quasi sempre la valutazione degli effetti degli investimenti pubblici da attivare. Nello specifico si rilevano: la scarsità di analisi; l'assenza di valutazioni negative nelle analisi rese note al pubblico; la mancanza di terzietà nelle valutazioni (sempre eseguite da portatori di interessi coinvolti nella realizzazione dell'opera); e la mancanza di analisi comparative. L'unione di questi elementi negativi dà luogo a operazioni caratterizzate da: inefficienza, inefficacia e inutilità; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 agosto 2012, emanato in attuazione dell'articolo 8, comma 3, decreto legislativo 29 dicembre 2001, n. 228, espone i riferimenti metodologici per effettuare tali valutazioni e individua nell'analisi costi-benefici il metodo maggiormente conforme alle finalità della norma, specificando la necessità di: valutazione ex ante dei fabbisogni di infrastrutture e servizi e valutazione ex ante delle singole opere;
    stabilendo, inoltre, criteri e procedure di selezione delle opere e criteri e procedure di valutazione ex post delle opere stesse, e definendo, infine, le attività degli organismi di valutazione;
    l’iter di programmazione delle opere pubbliche dovrebbe, quindi, prevedere un'analisi economica di tipo specialistico finalizzata a migliorare la qualità delle decisioni pubbliche nonché alla razionalizzazione e alla ottimizzazione della spesa pubblica per investimenti. Ma come anticipato non è sempre così. Il progetto della linea dell'alta-velocità Napoli-Bari, ad esempio, è stato supportato da un'analisi costi-benefici che presenta almeno due ordini di fattori critici: è stata elaborata dallo stesso soggetto che avrebbe ricevuto il finanziamento per la realizzazione, ossia Ferrovie dello Stato, e presenta degli errori metodologici. Il traffico merci risulta sovrastimato, in quanto si assumeva una eccessiva elasticità al tempo di viaggio per le merci, e il calcolo dei benefici del traffico divertito è basato sulla differenza dei costi percepiti e non sulle variazioni di surplus. In più è assente l'analisi finanziaria;
    operazioni come quella descritta incidono gravemente sul sistema economico. Gli investimenti pubblici, per costituire un elemento propulsivo di sviluppo, devono essere caratterizzati da qualità e redditività, diversamente incidono negativamente sul debito pubblico alla stregua delle spese correnti,

impegna il Governo:

   valutare l'opportunità di rivisitare, anche in virtù dell'esperienza e delle linee guida apprese in ambito europeo, la strategia di programmazione degli interventi pubblici, impostando piani di investimenti circoscritti e di elevata qualità, di cui siano valutati preventivamente gli effetti economici – dimostrando un'eccedenza dei benefici rispetto ai costi – e per i quali sia prevista una specifica valutazione ex post;
   garantire che le valutazioni, oltre ad essere «terze» e non interne agli apparati pubblici, siano sottoposte a peer review, istituendo la pratica di una «seconda opinione»;
   assicurare che le analisi ex ante, economiche e finanziarie, siano rese pubbliche pinna che i progetti siano approvati in sede politica e che in ugual modo sia data pubblicità ai risultati elettivi delle analisi ex post a seguito della realizzazione delle opere, confrontandoli con le rispettive previsioni in merito agli obiettivi di risultato;
   garantire che le linee guida che stabiliscano i principi dell'analisi costi-benefici, basati sulla teoria economica e adottati a livello internazionale, siano sempre applicate, in particolare dando priorità alla domanda attuale non soddisfatta rispetto alla domanda potenziale e a quella sostitutiva, sulla base degli indici di dotazione infrastrutturali ai fini dello sviluppo locale e tenendo conto dell'impatto economico-sociale;
   valutare l'opportunità di estendere i criteri previsti dal decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 228 anche alla progettazione di opere pubbliche da parte delle regioni e degli enti locali;
   ottemperare, in futuro, all'obbligo di redigere l'AIR, come stabilito dall'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246.
9/2629-AR/159Pinna.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame contiene norme relative alla realizzazione delle infrastrutture viarie, ferroviarie, portuali e di telecomunicazioni, norme sul dissesto idrogeologico, norme di modifica della legislazione sugli appalti di opere pubbliche, norme di carattere fiscale e finanziario, norme di semplificazione burocratica e amministrativa, norme di edilizia ed urbanistica, norme in materia energetica, norme sul turismo, norme in materia di bonifiche, norme in materia di estrazioni petrolifere, norme in materia di inceneritori, nonché norme in materia di occupazione, trasporto pubblico locale e finanza locale;
    il provvedimento in oggetto vorrebbe perseguire l'obiettivo di semplificare l'apparato burocratico e amministrativo e dispone interventi che determinano impatti sul governo del territorio, sull'ambiente, sul paesaggio, sui beni culturali e sulla salute, nel segno dell'asserito rilancio dell'economia del Paese;
    l'articolo 23 – Disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, e prevede che possano essere trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari i contratti con i quali si prevedono l'immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità d'intervenire, anche con idonee misure normative, al fine di introdurre la possibilità di consentire alle parti per l'autentica delle sottoscrizioni in tali contratti, di rivolgersi ad un avvocato, iscritto al consiglio dell'Ordine degli avvocati, che attesti che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza con indicazione del luogo, della data e dell'ora.
9/2629-AR/160Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del decreto di legge in corso di conversione, contiene disposizioni volte ad aumentare l'operatività della Cassa depositi e prestiti Spa e a favorire nuovi investimenti in Italia da parte degli istituti simili presenti negli altri Stati dell'Unione europea;
    in particolare, si prevede che tramite la gestione separata (che utilizza la raccolta postale ed è assistita dalla garanzia dello Stato), la Cassa Depositi e Prestiti possa finanziare (oltre alle operazioni dirette a soggetti pubblici e quelle da loro promosse) operazioni in favore dei soggetti privati in settori di interesse generale individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (lettera a);
    con la gestione ordinaria (che si finanzia sul mercato e non è assistita dalla garanzia statale), si prevede invece che la Cassa Depositi e Prestiti possa finanziare (oltre alle opere, le reti e gli impianti destinati alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche) gli interventi concernenti iniziative di pubblica utilità, nonché gli investimenti finalizzati a ricerca, sviluppo, innovazione, ambiente, cultura, turismo ed efficientamento energetico;
    inoltre, si ampliano le possibilità di concedere la garanzia dello Stato in relazione ad esposizioni assunte dalla Cassa diverse da quelle operate nell'ambito della gestione ordinaria, rinviando ad una o più convenzioni tra il Ministero dell'economia e la Cassa Depositi e Prestiti la disciplina dei relativi criteri e modalità operative,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere attraverso ulteriori iniziative normative, il coinvolgimento delle Commissioni competenti ai fini della specificazione dei settori di intervento della Cassa depositi e prestiti Spa, allo stato rimessa all'adozione di decreti ministeriali di natura non regolamentare ai sensi dell'articolo 5, comma 11, del decreto legge 263/2003.
9/2629-AR/161Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19 del decreto legge in corso di conversione, prevede l'esenzione dalle imposte di registro e di bollo nel caso di registrazione di atti che dispongono esclusivamente la riduzione del canone di un contratto di locazione in corso;
    per tale situazione non è prevista alcuna comunicazione obbligatoria all'Agenzia delle Entrate; con la Risoluzione n. 60/E del 28 giugno 2010, la stessa Agenzia, a seguito di un interpello presentato da un contribuente, ha chiarito che l'accordo tra il locatore ed il conduttore per ridurre il canone di locazione pattuito non incorre nell'obbligo di comunicazione all'Amministrazione Finanziaria. Sono infatti solo le cessioni, le proroghe e le risoluzioni che, ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito T.U.R.), vanno registrate in termine fisso, anche se stipulate verbalmente, con il versamento dell'imposta da versare entro 30 giorni. L'articolo 19 del T.U.R. richiede inoltre di denunciare solo quegli eventi «che danno luogo ad ulteriore liquidazione d'imposta», perciò per esempio il caso di aumento del canone;
    tuttavia va evidenziato come l'accordo di riduzione determina una diminuzione della base imponibile per il locatore ed una diminuzione dei costi per il conduttore; sotto tale profilo, dunque, la riduzione del canone di locazione potrebbe assumere rilevanza ai fini fiscali proprio in relazione al contenuto delle dichiarazioni dei redditi ed al relativo controllo;
    in un tal contesto, è interesse di entrambe le parti nonché della stessa Amministrazione finanziaria avere certezza e cognizione dell'intervenuta variazione del canone di locazione pattuito,

impegna il Governo

a prevedere l'obbligo di registrazione, senza pagamento dell'imposta di registro, o quantomeno l'obbligo di comunicazione all'Agenzia delle Entrate delle variazioni in diminuzione del canone di locazione pattuito, al fine di garantire un adeguato ed efficiente controllo fiscale.
9/2629-AR/162Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del decreto di legge in corso di conversione, contiene disposizioni volte ad aumentare l'operatività della Cassa depositi e prestiti Spa e a favorire nuovi investimenti in Italia da parte degli istituti simili presenti negli altri Stati dell'Unione europea;
    in particolare, si prevede che tramite la gestione separata (che utilizza la raccolta postale ed è assistita dalla garanzia dello Stato), la Cassa Depositi e Prestiti possa finanziare (oltre alle operazioni dirette a soggetti pubblici e quelle da loro promosse) operazioni in favore dei soggetti privati in settori di interesse generale individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (lettera a);
    con la gestione ordinaria (che si finanzia sul mercato e non è assistita dalla garanzia statale), si prevede invece che la Cassa Depositi e Prestiti possa finanziare (oltre alle opere, le reti e gli impianti destinati alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche) gli interventi concernenti iniziative di pubblica utilità, nonché gli investimenti finalizzati a ricerca, sviluppo, innovazione, ambiente, cultura, turismo ed efficientamento energetico;
    inoltre, si ampliano le possibilità di concedere la garanzia dello Stato in relazione ad esposizioni assunte dalla Cassa diverse da quelle operate nell'ambito della gestione ordinaria, rinviando ad una o più convenzioni tra il Ministero dell'economia e la Cassa Depositi e Prestiti la disciplina dei relativi criteri e modalità operative,

impegna il Governo

a prevedere l'obbligo per la Cassa depositi e prestiti a predisporre una relazione annuale sugli effetti della norma, che evidenzi in particolar modo l'ammontare dei finanziamenti concessi, il settore di investimento nonché lo svolgimento del rapporto.
9/2629-AR/163Nuti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 reca una serie di disposizioni finalizzate a semplificare e accelerare le procedure di valorizzazione degli immobili pubblici non utilizzati che si fondano sulla necessaria preventiva assegnazione o modifica della destinazione urbanistica;
    in particolare, il comma 1 riconosce all'accordo di programma sottoscritto tra le amministrazioni interessate il valore di variante urbanistica, riconducendo al comune la facoltà di presentare un progetto di recupero degli immobili non utilizzati al Ministero cui è attribuito in uso il bene stesso, che dovrà valutarlo positivamente, salvo il caso in cui sia già prevista una diversa utilizzazione del bene in questione, e che costituirà oggetto dell'accordo di programma,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere forme di partecipazione o consultazione della popolazione locale in merito all'individuazione da parte dei Comuni del progetto di recupero degli immobili inutilizzati, garantendo l'adozione di scelte condivise e la partecipazione diretta al processo decisionale dei soggetti primariamente interessati dall'intervento.
9/2629-AR/164Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 38 del decreto-legge in esame dispone che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale come attività di interesse strategico, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. Inoltre si prevede che i decreti autorizzativi comprendano la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell'opera, nonché l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni e che il rilascio dell'autorizzazione abbia effetto di variante urbanistica nel caso in cui le opere comportino una variazione degli strumenti urbanistici;
    in Italia sono presenti più di 1.000 pozzi produttivi di idrocarburi, di cui 615 onshore e 395 offshore; di questi, 777 pozzi producono gas mentre i restanti 233 sono mineralizzati ad olio;
    le produzioni annuali di gas (8 GSm3) ed olio (5 Mton) coprono rispettivamente il 10 per cento ed il 7 per cento del fabbisogno energetico nazionale;
    tutte le operazioni di trattamento dei prodotti petroliferi, a qualsiasi livello, hanno la possibilità di emettere quantità più o meno abbondanti di idrogeno solforato, sia sotto forma di disastri accidentali, sia sotto forma di continuo rilascio nell'ambiente, durante le fasi di estrazione, di stoccaggio, lavorazione e trasporto del petrolio. Anche durante le varie fasi di desulfurizzazione esistono forti possibilità di perdite di idrogeno solforato a causa di inevitabili logorii e corrosione. I contenitori di stoccaggio, peraltro, possono rilasciare idrogeno solforato a causa della normale volatilizzazione del prodotto, a causa di cambiamenti di volume dovuti al modificarsi della temperatura fra il giorno e la notte, o durante le operazioni di riempimento;
    l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) consiglia di fissare il limite di rilascio di idrogeno solforato a 0,005 parti per milione (ppm);
    negli Stati Uniti il Governo federale raccomanda un limite di 0,001 ppm con limiti differenti fissati da Stato a Stato (ad esempio la California pone il limite dello 0,002 ppm, ed il Massachusetts dello 0,006);
    in Italia, il limite massimo di rilascio di idrogeno solforato, secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale del 12 luglio 1990, recante le «Linee Guida per il contenimento delle emissioni degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione», è di 5 ppm per l'industria non petrolifera e 30 ppm per quella petrolifera, nonostante sia ormai noto nella letteratura medica e scientifica che quest'ultimo valore è non solo seimila volte più alto dei valori raccomandati dall'OMS già applicati negli USA, ma anche causa di danni irreversibili per la salute umana,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni atto di competenza, anche di carattere normativo, finalizzato ad adeguare i livelli di rilascio di idrogeno solforato in linea con quanto raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche normativa, tesa a salvaguardare la salute delle popolazioni residenti nelle aree esposte alle emissioni di idrogeno solforato ed ove sussistono attività estrattive, di lavorazione e di stoccaggio di prodotti petroliferi.
9/2629-AR/165Petraroli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 38 del decreto-legge in esame dispone che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale come attività di interesse strategico, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. Inoltre si prevede che i decreti autorizzativi comprendano la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell'opera, nonché l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni e che il rilascio dell'autorizzazione abbia effetto di variante urbanistica nel caso in cui le opere comportino una variazione degli strumenti urbanistici;
    in Italia sono presenti più di 1.000 pozzi produttivi di idrocarburi, di cui 615 onshore e 395 offshore, di questi, 777 pozzi producono gas mentre i restanti 233 sono mineralizzati ad olio;
    le produzioni annuali di gas (8 GSm) ed olio (5 Mton) coprono rispettivamente il 10 per cento ed il 7 per cento del fabbisogno energetico nazionale;
    ma, l'Italia è tra i Paesi comunitari più ricco in prodotti tipici, un patrimonio sviluppato nel tempo anche grazie ad una articolata ed innovativa legislazione nazionale. Per proteggere questa ricchezza l'Italia è stata tra i Paesi promotori anche di una legislazione di riferimento a livello comunitario;
    hanno ottenuto un riconoscimento giuridico nazionale numerosi prodotti dei comparti vitivinicolo, caseario, delle carni trasformate, olivicolo e ortofrutticolo. Si ricorda, ad esempio, la legge n. 125 del 1954 sui formaggi, quella sui prosciutti, e la 169 del 1992 sugli oli extra vergini;
    in Italia, le produzioni tipiche nel comparto dei formaggi coprono, con 30 marchi DOC, circa il 50 per cento dell'intera produzione casearia nazionale. Nel comparto vitivinicolo, le circa 280 denominazioni di origine, coprono il 15 per cento della produzione nazionale;
    la produzione nazionale di prosciutto è costituita, per oltre il 30 per cento, da prodotti a denominazione di origine controllata;
    si stima che i prodotti tipici contribuiscono alla ricchezza nazionale per un importo di oltre 5 miliardi di euro,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, al fine di vietare la prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi nella zone di produzione di prodotti agroalimentari riconosciuti dall'Unione europea con il marchio a denominazione di origine controllata o garantita o protetta.
9/2629-AR/166Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 38 del decreto-legge in esame dispone che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale come attività di interesse strategico, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. Inoltre si prevede che i decreti autorizzativi comprendano la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell'opera, nonché l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni e che il rilascio dell'autorizzazione abbia effetto di variante urbanistica nel caso in cui le opere comportino una variazione degli strumenti urbanistici;
    in Italia sono presenti più di 1.000 pozzi produttivi di idrocarburi, di cui 615 onshore e 395 offshore, di questi, 777 pozzi producono gas mentre i restanti 233 sono mineralizzati ad olio;
    l'articolo 18 del decreto legislativo n. 625 del 1996, sui canoni annui per i permessi di prospezione e di ricerca e le concessioni di coltivazione e di stoccaggio di idrocarburi conferiti in Italia, prevede a chilometri quadrati di territorio occupato dalle trivelle, appena, 3,40 euro per il permesso di prospezione, 6,82 euro per quello di ricerca, 13,61 per il permesso di ricerca in prima proroga, 27,23 in seconda proroga, 54,48 euro per quello di coltivazione, 81,71 per coltivazione in proroga, per un totale complessivo di 200,86 euro per chilometri quadrati di aree concesse;
    in Norvegia quasi l'80 per cento del ricavato dell'industria petrolifera viene riscosso dallo Stato. Il regime fiscale prevede un'imposta sul reddito del 28 per cento che si aggiunge ad un'imposta speciale petrolifera del 50 per cento (l'aliquota complessiva è pertanto del 78 per cento). L'elevato livello della tassazione, unito agli alti costi di estrazione al largo, fa sì che soltanto i giacimenti più grandi siano attrattivi per gli operatori, evitando, quindi, trivellazioni poco redditizie che devastano il territorio. È previsto un periodo relativamente breve (6 anni) per l'ammortamento delle spese. Oltre che con le imposte dirette, la Norvegia introita risorse dai propri giacimenti tramite partecipazioni dello Stato;
    la Norvegia richiede 7.700 euro per il rilascio della licenza: per la presentazione delle istanze il costo è di 3.850 euro per chilometro quadrato per il primo anno e 15.400 euro a chilometro quadrato negli anni successivi,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di: vietare attività connesse allo sfruttamento dei giacimenti nazionali di idrocarburi entro un limite di 12 miglia dalla costa nazionale; vietare le attività connesse allo sfruttamento dei giacimenti nazionali di idrocarburi nel mar Adriatico, nel quale, considerata la natura di mare «chiuso», ogni incidente di natura ambientale avrebbe conseguenze irreparabili; vietare le attività connesse allo slittamento dei giacimenti nazionali di idrocarburi in aree naturali in predicato di divenire «parco protetto»;
   nelle more dell'attuazione degli impegni di cui al punto precedente, ad aggiornare i canoni annui di cui all'articolo 18 del decreto legislativo n. 625 del 1996, attualmente non commisurati agli standard internazionali e ai regimi vigenti negli altri Paesi europei, adeguandoli a quelli norvegesi.
9/2629-AR/167Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 38 del decreto-legge in esame dispone che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale come attività di interesse strategico, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. Inoltre si prevede che i decreti autorizzativi comprendano la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell'opera, nonché l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni e che il rilascio dell'autorizzazione abbia effetto di variante urbanistica nel caso in cui le opere comportino una variazione degli strumenti urbanistici;
    in Italia sono presenti più di 1.000 pozzi produttivi di idrocarburi, di cui 615 onshore e 395 offshore, di questi, 777 pozzi producono gas mentre i restanti 233 sono mineralizzati ad olio; le produzioni annuali di gas (8 GSm3) ed olio (5 Mton) coprono rispettivamente il 10 per cento ed il 7 per cento del fabbisogno energetico nazionale;
    il regime fiscale a cui sono sottoposte le imprese operanti in Italia nel settore degli idrocarburi consta principalmente di 2 imposte, una di natura statale, l'IRES, imposta sui redditi delle società, e una di natura regionale, l'IRAP, imposta regionale sulle attività produttive. Sulle attività nel settore petrolifero e del gas pesa, oltre alla percentuale di tassazione IRES, un'addizionale introdotta nel 2008 con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, la Robin Hood tax. L'aliquota, fissata in origine al 5,5 per cento e successivamente elevata al 6,5 per cento (articolo 56, comma 3, della legge n. 99 del 2009), è stata poi innalzata al 10,5 per cento per i periodi di imposta dal 2011 al 2013 (articolo 7, comma 3, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011),

impegna il Governo

ad introdurre una specifica tassazione sulle emissioni di rifiuti tossici derivanti da attività estrattive nel settore degli idrocarburi, nonché ad applicare alle imprese operanti nel settore la disciplina di contrasto all'effetto serra.
9/2629-AR/168Pisano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 38 del decreto-legge in esame dispone che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale come attività di interesse strategico, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. Inoltre si prevede che i decreti autorizzativi comprendano la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell'opera, nonché l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni e che il rilascio dell'autorizzazione abbia effetto di variante urbanistica nel caso in cui le opere comportino una variazione degli strumenti urbanistici;
    in Italia sono presenti più di 1.000 pozzi produttivi di idrocarburi, di cui 615 onshore e 395 offshore, di questi, 777 pozzi producono gas mentre i restanti 233 sono mineralizzati ad olio; le produzioni annuali di gas (8 GSm3) ed olio (5 Mton) coprono rispettivamente il 10 per cento ed il 7 per cento del fabbisogno energetico nazionale;
    nel documento di strategia energetica nazionale, approvata con decreto interministeriale il 14 marzo 2013, il Governo ha indicato di voler investire sulla produzione sostenibile di idrocarburi nazionali, «con un ritorno ai livelli degli anni novanta, nel rispetto dei più elevati standard ambientali e di sicurezza internazionali»; sul sostegno dello sviluppo industriale di un settore che «parte da una posizione di leadership internazionale, presente nei più importanti mercati mondiali, e che rappresenta un importante motore di investimenti ed occupazione»;
    in particolare, si pone l'obiettivo di incrementare l'estrazione di idrocarburi dal mare e dal territorio italiani portando il loro contributo dal 7 al 14 per cento del fabbisogno energetico, aumentando da qui al 2020 l'attuale produzione di gas del 46 per cento e di petrolio del 148 per cento, confermando una scelta, a giudizio del proponente decisamente insensata, perseguita anche dai precedenti Esecutivi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di rivedere integralmente la strategia politica sinora perseguita, e riconfermata nel decreto-legge «sblocca Italia», volta all'incremento della produzione di idrocarburi e alla semplificazione dell’iter di presentazione delle istanze per il conferimento dei permessi e delle concessioni e finalizzata ad aumentare il gettito fiscale.
9/2629-AR/169Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 30 prevede l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia;
    il Piano è adottato dal Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, entro il 12 novembre 2014 (60 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge in esame), d'intesa con il Ministro degli affari esteri e cooperazione internazionale e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali con riferimento alle specifiche azioni che riguardano il settore agroalimentare;
    in sintesi, il Piano interviene a sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese italiane, in particolare piccole e medie, attraverso linee direttrici valevoli per tutti i settori economico produttivi interessanti, prevedendo, con le relative dotazioni finanziarie, le seguenti azioni: iniziative straordinarie di formazione e informazione sulle opportunità offerte dai mercati esteri alle imprese in particolare piccole e medie,

impegna il Governo

a riordinare e razionalizzare il sistema degli incentivi attualmente allocati presso gli enti per l'internazionalizzazione, con particolare attenzione al credito all’export, vero fattore competitivo su scala globale, soprattutto in questa fase di difficoltà del sistema bancario.
9/2629-AR/170Ruocco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 30 prevede l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia;
    il Piano è adottato dal Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, entro il 12 novembre 2014 (60 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge in esame), d'intesa con il Ministro degli affari esteri e cooperazione internazionale e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali con riferimento alle specifiche azioni che riguardano il settore agroalimentare;
    in sintesi, il Piano interviene a sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese italiane, in particolare piccole e medie, attraverso linee direttrici valevoli per tutti i settori economico produttivi interessanti, prevedendo, con le relative dotazioni finanziarie, le seguenti azioni: iniziative straordinarie di formazione e informazione sulle opportunità offerte dai mercati esteri alle imprese in particolare piccole e medie,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di riordinare e razionalizzare il sistema degli incentivi attualmente allocati presso gli enti per l'internazionalizzazione, con particolare attenzione al credito all’export, vero fattore competitivo su scala globale, soprattutto in questa fase di difficoltà del sistema bancario.
9/2629-AR/170. (Testo modificato nel corso della seduta) Ruocco.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo Confindustria, il valore complessivo dei prodotti contraffatti in Italia ammonterebbe a 7 miliardi di euro, mentre, a livello mondiale, l'Ocse stima che il commercio costituito da tali merci riguardi l'8 per cento del totale. Secondo una ricerca pubblicata dal Censis ad aprile 2009, il commercio del falso nel nostro Paese, con il solo riferimento al mercato interno (dunque, senza considerare la quota di merci contraffatte che dall'Italia finiscono sui mercati esteri), ha prodotto, nel 2008, un fatturato di 7 miliardi e 109 milioni di euro, con una perdita per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali di circa 5 miliardi e 281 milioni di euro, una quota pari al 2,5 per cento del totale del gettito dello Stato;
    occorre innanzitutto creare un sistema di condivisione delle esperienze tra produttori, enti di controllo e utilizzatori sfruttando le possibili sinergie che si possono creare;
    i produttori possono mettere ad esempio a disposizione delle autorità di controllo tutta la documentazione tecnica che consenta alle autorità medesime di individuare i prodotti contraffatti sul mercato;
    inoltre è indispensabile sensibilizzare anche gli utilizzatori finali sui rischi che i prodotti contraffatti possono comportare sia in termini di sicurezza che di carattere economico. Questo può essere realizzato attraverso delle campagne di informazione che aiutino ad individuare in maniera semplice i prodotti contraffatti ed evidenzino i rischi che possono comportare;
    l'articolo 30 del decreto-legge in esame prevede l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia,

impegna il Governo

nell'ambito dell'applicazione dell'articolo 30 istituire un tavolo di coordinamento al fine di istituire un sistema di condivisione delle esperienze tra produttori, enti di controllo e utilizzatori sfruttando le possibili sinergie.
9/2629-AR/171Sarti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 31 interviene in materia di esercizi alberghieri, con la finalità di incentivare gli investimenti nel settore, introducendo nell'ordinamento nazionale la definizione di una nuova tipologia di struttura ricettizia, denominata condhotel. Al riguardo, la norma specifica che la caratteristica principale di tale struttura è la composizione integrata tra camere destinate alla ricettività e unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina. La superficie delle unità a destinazione residenziale non può superare il 40 per cento della superficie totale degli immobili interessati;
    va rilevato che una disciplina della definizione strutture alberghiere, con particolare riguardo ai condhotel, è contenuta nel decreto-legge 83 del 2014, convertito con modificazioni, dalla legge 106 del 2014. L'articolo 10, comma 5, del citato decreto demanda ad un decreto del MIBACT, da emanarsi entro 3 mesi, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, l'aggiornamento degli standard minimi e l'uniformità sul territorio nazionale dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche, ivi compresi i condhotel, tenendo conto delle specifiche esigenze connesse alla capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali,

impegna il Governo

a coordinare le disposizioni relative ai condhotel contenute nel decreto legge in esame e quelle contenute nel decreto-legge 83 del 2014 dando priorità ai principi ed ai criteri stabiliti dal decreto MIBACT.
9/2629-AR/172Mucci.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto legge 12 settembre 2014 n. 133, all'articolo 17 sono state introdotte modifiche puntuali al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (di seguito decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001);
    l'articolo 17, al comma 1 lettera q) prevede l'inserimento all'interno del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001, dell'articolo 28-bis che introduce un nuovo titolo edilizio, il permesso di costruire convenzionato, da utilizzare qualora l'autorizzazione alla realizzazione di un intervento edilizio debba essere subordinata al perseguimento di un interesse pubblico che il soggetto richiedente il permesso si assume l'impegno di soddisfare;
    allo scopo sopradescritto – in base al nuovo articolo 28-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001 – il titolare del permesso di costruire e l'amministrazione comunale sottoscrivono una convenzione che regola l'adempimento degli obblighi che le parti assumono, e in particolare quelli gravanti sull'operatore privato; ai sensi dell'articolo 28-bis, la convenzione disciplina:
   a) la cessione di aree anche al fine dell'utilizzo di diritti edificatori;
   b) la realizzazione di opere di urbanizzazione;
   c) le caratteristiche morfologiche degli interventi;
   d) la realizzazione di interventi di edilizia sociale;
    all'articolo 28-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001, durante l'esame parlamentare del provvedimento, è stata apportata una modifica in base alla quale si precisa che la convenzione accessoria al permesso di costruire debba essere approvata dal consiglio comunale, salva diversa previsione regionale;
    è necessario assicurare un'applicazione della norma univoca e omogenea, scongiurando il rischio che la sottoscrizione di convenzioni tra gli operatori e l'amministrazione comunale, approvate di volta in volta dai consigli comunali, possa consentire condotte elusive e/o derogatorie rispetto alla normativa vigente, a partire da quella relativa alla realizzazione delle opere pubbliche, a seconda della contingenza e della tipologia di intervento;
    è, dunque, necessario che venga adottato uno schema tipo di convenzione, da utilizzare tutte le volte nelle quali il piano urbanistico consenta di realizzare in modalità diretta gli interventi ammessi, ma il titolo edilizio deve essere rilasciato subordinatamente alla stipula di un apposito atto convenzionale che regoli l'esecuzione di interventi ovvero la cessione di aree per il soddisfacimento dell'interesse pubblico,

impegna il Governo:

   nell'ambito delle proprie competenze a dare istruzioni alle amministrazioni comunali – attraverso gli opportuni provvedimenti – affinché, con una deliberazione consiliare, approvino uno schema di convenzione tipo da adottare tutte le volte che è possibile procedere al rilascio del permesso di costruire convenzionato ex articolo 28-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001;
   a predisporre e trasmettere – con una apposita circolare – delle istruzioni con le quali precisare che nello schema di convenzione tipo, da approvare con delibera consiliare, debbano essere indicati, a seconda delle caratteristiche del territorio:
    a) la tipologia e la soglia dimensionale massima degli interventi (estensione del lotto e metri quadri e/o metri cubi realizzabili) per i quali è ammesso il rilascio del permesso di costruire convenzionato;
    b) la tipologia e il valore economico massimo delle opere di urbanizzazione e/o pubbliche necessarie ai fini del soddisfacimento dell'interesse pubblico – da calcolare sulla base dei quadri tecnico-economici approvati dall'amministrazione – per le quali è possibile procedere con il permesso di costruire convenzionato e non con il ricorso a strumenti urbanistici attuativi;
    c) la consistenza dimensionale e il relativo valore economico massimi delle aree, anche al fine di utilizzo di diritti edificatori, che è possibile cedere in forza della convenzione accessoria al permesso di costruire convenzionato, e non attraverso il ricorso a strumenti urbanistici attuativi;
    d) la tipologia e il valore economico massimo degli interventi di edilizia residenziale sociale, che è possibile realizzare sulla base della convenzione accessoria al permesso di costruire convenzionato, e non attraverso il ricorso a strumenti urbanistici attuativi;
   affinché la realizzazione delle opere di urbanizzazione e/o pubbliche, oggetto della convenzione tra richiedente il permesso di costruire e l'amministrazione, ex articolo 28-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001, sia, inderogabilmente, assoggettata alle disposizioni del Codice dei Contratti sia per quel che riguarda l'affidamento dei contratti pubblici di lavori e la selezione dei soggetti esecutori, sia per le fasi di esecuzione dei lavori;
   affinché negli schemi di convenzione tipo, venga stabilito che le aree oggetto di cessione, anche ai fini edificatori, debbano rientrare tra quelle che lo strumento urbanistico vigente al momento della stipula della convenzione classifica come edificabili.
9/2629-AR/173Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 31 del decreto-legge in esame interviene in materia di esercizi alberghieri, con la finalità di incentivare gli investimenti nel settore, introducendo nell'ordinamento nazionale la definizione di una nuova tipologia di struttura ricettizia, denominata condhotel;
    ma il provvedimento non ha considerato la realtà dell'albergo diffuso che è una tipologia di recente diffusione in Italia ed Europa, nata dall'idea di utilizzo a fini turistici delle case vuote ristrutturate coi fondi del post terremoto del Friuli (1976);
    la progressiva e costante diffusione dell’«albergo diffuso» è dovuta principalmente all'attenzione di una parte della domanda turistica ai contenuti di sostenibilità e rispetto dell'ambiente proposte da alcuni luoghi di soggiorno. È in questo contesto che va collocata la natura propria di tale tipologia ricettiva. La naturale collocazione, pertanto, dell’«albergo diffuso», riferendosi ad un modello ampio ed elastico definibile come «paese albergo», vede privilegiare i piccoli centri storici ed i borghi e nuclei di antica formazione o gli insediamenti rurali o montani, pur non escludendo la validità di soluzioni legate a singole presenze significative in contesti diversamente urbanizzati;
    sugli alberghi diffusi sono presenti normative regionali sarebbe opportuno coordinarle al fine di creare un'offerta turistica ricettiva omogenea,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, utile, al fine di istituire una strategia nazionale per la promozione e il sostegno dell'albergo diffuso e armonizzare le normative regionali in materia.
9/2629-AR/174Scagliusi.


   La Camera,
   premesso che:
    la recente alluvione sia di Genova che nel territorio di Parma ha creato danni notevoli ai cittadini e soprattutto all'attività produttive e commerciali;
    secondo i dati di Legambiente e Protezione civile sono sei milioni gli italiani che vivono in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni. I comuni in aree a rischio idrogeologico sono 6.633 pari «all'82 per cento del totale»;
    nel 2012 imprese e famiglie italiane hanno versato all'erario, alle Regioni e agli Enti locali quasi 47,2 miliardi di euro di tasse ambientali. Di questo importo, solo 463 milioni di euro, ossia lo 0,98 per cento, è stato destinato a opere e interventi per la sicurezza del territorio. I rimanenti 46,7 miliardi sono stati impiegati per altre finalità;
    si pensi che in più di 20 anni gli italiani hanno versato 847,3 miliardi di euro di tasse verdi: ebbene, solo 7,3 miliardi sono stati effettivamente destinati alla protezione dell'ambiente. I contribuenti versano una sequela di imposte spesso sconosciute che «sborsano» quando fanno il pieno all'auto e quando pagano la bolletta della luce o del gas/metano, il bollo o l'assicurazione dell'auto, non vanno a sostenere le attività di salvaguardia ambientale per le quali sono state introdotte, bensì a finanziare altre voci di spesa;
    l'articolo 7 del decreto-legge in esame dispone una serie di norme principalmente finalizzate all'utilizzo delle risorse per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, nonché disposizioni volte ad agevolare la realizzazione degli interventi stessi;
    ma non è intervenuto sull'incongruenza descritta in premessa ed intanto le attività imprenditoriali dei territori di Genova e Parma hanno subito danni irreparabili,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa al fine di destinare il gettito delle tasse ambientali esclusivamente ad interventi per la sicurezza del territorio;
   ad individuare celermente risorse finanziarie per il sostegno delle attività commerciali, artigianali, turistiche, aventi sede o unità produttive nel territorio del comune di Genova e nelle zone del comune di Parma e provincia colpiti dall'evento alluvionale.
9/2629-AR/175Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    la recente alluvione sia di Genova che nel territorio di Parma ha creato danni notevoli ai cittadini e soprattutto all'attività produttive e commerciali;
    secondo i dati di Legambiente e Protezione civile sono sei milioni gli italiani che vivono in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni. I comuni in aree a rischio idrogeologico sono 6.633 pari «all'82 per cento del totale»;
    nel 2012 imprese e famiglie italiane hanno versato all'erario, alle Regioni e agli Enti locali quasi 47,2 miliardi di euro di tasse ambientali. Di questo importo, solo 463 milioni di euro, ossia lo 0,98 per cento, è stato destinato a opere e interventi per la sicurezza del territorio. I rimanenti 46,7 miliardi sono stati impiegati per altre finalità;
    si pensi che in più di 20 anni gli italiani hanno versato 847,3 miliardi di euro di tasse verdi: ebbene, solo 7,3 miliardi sono stati effettivamente destinati alla protezione dell'ambiente. I contribuenti versano una sequela di imposte spesso sconosciute che «sborsano» quando fanno il pieno all'auto e quando pagano la bolletta della luce o del gas/metano, il bollo o l'assicurazione dell'auto, non vanno a sostenere le attività di salvaguardia ambientale per le quali sono state introdotte, bensì a finanziare altre voci di spesa;
    l'articolo 7 del decreto-legge in esame dispone una serie di norme principalmente finalizzate all'utilizzo delle risorse per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, nonché disposizioni volte ad agevolare la realizzazione degli interventi stessi;
    ma non è intervenuto sull'incongruenza descritta in premessa ed intanto le attività imprenditoriali dei territori di Genova e Parma hanno subito danni irreparabili,

impegna il Governo

ad individuare celermente risorse finanziarie per il sostegno delle attività commerciali, artigianali, turistiche, aventi sede o unità produttive nel territorio del comune di Genova e nelle zone del comune di Parma e provincia colpiti dall'evento alluvionale.
9/2629-AR/175. (Testo modificato nel corso della seduta) Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 contiene le misure per la valorizzazione degli immobili demaniali inutilizzati consentendo la variante urbanistica e la possibilità di modificarne la destinazione d'uso,

impegna il Governo:

   a prevedere, nel cambio di destinazione d'uso, il rispetto di standard minimi, inibendo lo strumento abusato della cosiddetta «deroga»;
   a privilegiare l'assegnazione ad associazioni o piccole imprese, giovani imprenditori e start-up, al fine di favorire lo sviluppo economico e sociale del territorio;
   a prevedere il censimento e la pubblicizzazione dei contratti d'affitto in essere, qualora esistenti e legittimi, sulla totalità degli immobili pubblici;
9/2629-AR/176Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 del decreto in oggetto riguarda alcune modifiche al meccanismo di incentivazione degli interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di incremento dell'efficienza energetica di piccole dimensioni, realizzati in data successiva al 31 dicembre 2011, denominato Conto termico;
    il «Conto termico» è, infatti, una delle misure promosse dall'Italia per il raggiungimento dell'obiettivo, vincolante al 2020, di coprire il 17 per cento dei consumi lordi nazionali con energia prodotta da fonti rinnovabili;
    con tali modifiche si vorrebbe facilitare l'accesso per imprese, famiglie e soggetti pubblici a tali contributi allargando la platea dei potenziali beneficiari ai soggetti di edilizia popolare e alle cooperative di abitanti alle categorie di incentivi della Pubblica Amministrazione;
    il Conto termico, già oggetto di revisione con il decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 che ha recepito la direttiva europea sull'efficienza energetica ha già allargato la platea dei soggetti privati in grado di poter richiedere l'incentivo;
    l'assegnazione e l'erogazione degli incentivi ai soggetti beneficiari è effettuata dal GSE nei limiti di spesa annua cumulata di 200 milioni di euro per gli interventi realizzati o da realizzare da parte delle pubbliche Amministrazioni, e di 700 milioni di euro per gli interventi realizzati dai soggetti privati;
    le somme già accantonate attraverso maggiorazioni tariffarie sono già disponibili in quanto precedentemente prelevate attraverso incrementi della bolletta dei consumatori ma sono state utilizzate in minima parte in quanto il GSE, al 2013, dichiara pervenute 3.194 richieste di concessione degli incentivi in base alla modalità dell'accesso diretto, per un impegno di spesa complessiva, su tutte le rate, stimato pari a circa 9,44 milioni di euro;
    esistono altre realtà per le quali la possibilità di accedere all'incentivo risulterebbe utile anche ai fini del miglioramento dell'offerta in termini economici e di comfort,

impegna il Governo

a considerare l'inserimento, in alternativa alla detrazione prevista dall'articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, delle persone fisiche, le società e gli enti privati titolari di esercizi ricettivi, singoli o associati, ad accedere all'incentivo di cui al comma 1 dell'articolo 28 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.
9/2629-AR/177Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni la figura del diportista italiano è stata oltremodo tassata attraverso una pesante imposta di soggiorno, ipercontrollato (7 Corpi di polizia marina), da sistemi fiscali quali il «redditometro» e additato dall'opinione pubblica prevalente come supremo emblema dell'evasione fiscale;
    il mercato italiano imbarcazioni ha subito ingenti flessioni nella fabbricazione e nelle vendite: si pensi che l'intero comparto produzione è per il 93 per cento ormai unicamente orientato all'estero, mentre l’export è praticamente nullo, secondo i dati forniti dall'ufficio studi dell'Ucina;
    tante aziende medio-piccole del settore hanno dovuto chiudere i battenti, con la conseguente desertificazione del tessuto produttivo, dell'occupazione e delle filiere connesse;
    il Governo Monti ha prodotto all'intero comparto danni incalcolabili con la normativa introdotta nell'articolo 16 del cosiddetto decreto salva Italia, decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 211 del 2011, con la quale veniva imposta una tassa di soggiorno anche agli stranieri determinando la logica fuga di circa 30.000 imbarcazioni recanti bandiera straniera dalle acque italiane col conseguente forte danno turistico-economico;
    nel 2011 si è registrato un netto calo dell'85 per cento della produzione per il mercato nazionale, un calo del 26 per cento di contratti di ormeggio annuali, del 34 per cento di ormeggi di transito, un calo del 39 per cento di ricavi per gli approdi a gestione pubblica, una diminuzione del 56 per cento la spesa turistica dei diportisti sul territorio e infine un calo del 21 per cento il fatturato del settore charter;
    l'articolo 32 del decreto-legge in esame equipara, per un periodo di tempo limitato, alle strutture ricettive all'aria aperta le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (cosiddetta marina resort);
    la principale conseguenza dell'equiparazione alle strutture ricettive turistiche all'aperto dei «marina resort» consiste nell'applicazione alle prestazioni rese ai clienti ivi alloggiati, dell'IVA agevolata al 10 per cento (concessa ai clienti alle strutture ricettive turistiche), invece dell'IVA al 22 per cento applicabile alla portualità turistica e ai servizi associati ma solo per l'anno 2014 non sufficiente per rilanciare un settore peculiare per l'Italia,

impegna il Governo

a stabilizzare l'IVA agevolata al 10 per cento per cosiddetti marina resort.
9/2629-AR/178Tofalo.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 38 il comma 11-quinquies demanda ad un decreto del MISE la definizione di condizioni e modalità per il riconoscimento di una maggiore valorizzazione dell'energia da cogenerazione ad alto rendimento ottenuta dalla conversione degli impianti di produzione di energia elettrica a bioliquidi sostenibili che alimentano siti industriali o artigianali. Il riferimento per la definizione di tale valorizzazione è il meccanismo dei certificati bianchi alla cogenerazione ad alto rendimento;
    la cogenerazione è la produzione combinata, in un unico processo, di energia elettrica – o meccanica – e calore;
    per il riconoscimento della condizione di Alto Rendimento (CAR) delle unità di cogenerazione, bisogna fare riferimento ai criteri stabiliti dal decreto ministeriale 4 agosto 2011, validi a partire dal 1o gennaio 2011, che ha completato il recepimento della Direttiva 2004/8/CE, iniziato con il Decreto legislativo n. 20 del 2007;
    per tali unità, riconosciute CAR dal Gestore dei Servizi Energetici GSE è previsto l'accesso al sistema dei Titoli di Efficienza Energetica (TEE) o certificati bianchi, secondo le condizioni e le procedure stabilite dal Decreto ministeriale 5 settembre 2011;
    gli impianti che beneficeranno di tale norma potrebbero ottenere un duplice incentivo, prima per la loro produzione elettrica e, successivamente, quale impianti in cogenerazione,

impegna il Governo

a considerare gli incentivi già concessi per la valorizzazione dell'energia elettrica prodotta nella definizione delle condizioni e modalità per il riconoscimento di una maggiore valorizzazione dell'energia da cogenerazione ad alto rendimento ottenuta dalla conversione degli impianti di produzione di energia elettrica a bioliquidi sostenibili.
9/2629-AR/179Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 30, 31 e 32 del decreto-legge in esame sono misure a favore delle imprese. L'articolo 30 prevede l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia, l'articolo 31 su riqualificazione degli esercizi alberghieri e l'articolo 32 sul sostegno ai Marina resort;
    purtroppo nulla è stato previsto per affrontare la vera emergenza che è il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese;
    è prioritario ai fini del rilancio dell'economia italiana che il Governo faccia di tutto per accelerare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, perché oramai l'economia italiana si trova in una preoccupante situazione di recessione economica, che rischia di peggiorare ulteriormente e di avvitarsi in una spirale negativa tale da determinare gravi rischi per la stabilità della finanza pubblica. Dall'inizio della crisi economica alla fine del 2012 sono fallite per mancati pagamenti oltre 15 mila imprese; si segnala l'esigenza di concentrare interamente nel 2014 tutte le risorse finanziarie disponibili a tal fine,

impegna il Governo

a reperire ulteriori risorse finanziarie, oltre quelle già previste dal decreto-legge 8 aprile 2013 n. 35 e dal decreto-legge n. 66 del 2014, per completare il piano di pagamento di tutti i debiti pregressi della pubblica amministrazione.
9/2629-AR/180Da Villa.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 38 il comma 11-quinquies demanda ad un decreto del MISE la definizione di condizioni e modalità per il riconoscimento di una maggiore valorizzazione dell'energia da cogenerazione ad alto rendimento ottenuta dalla conversione degli impianti di produzione di energia elettrica a bioliquidi sostenibili che alimentano siti industriali o artigianali. Il riferimento per la definizione di tale valorizzazione è il meccanismo dei certificati bianchi alla cogenerazione ad alto rendimento;
    la cogenerazione è la produzione combinata, in un unico processo, di energia elettrica – o meccanica – e calore;
    per il riconoscimento della condizione di Alto Rendimento (CAR) delle unità di cogenerazione, bisogna fare riferimento ai criteri stabiliti dal decreto ministeriale 4 agosto 2011, validi a partire dal 1o gennaio 2011, che ha completato il recepimento della Direttiva 2004/8/CE, iniziato con il Decreto legislativo n. 20 del 2007;
    per tali unità, riconosciute CAR dal Gestore dei Servizi Energetici GSE è previsto l'accesso al sistema dei Titoli di Efficienza Energetica (TEE) o certificati bianchi, secondo le condizioni e le procedure stabilite dal Decreto ministeriale 5 settembre 2011,

impegna il Governo

ad evitare che nell'applicazione del comma 11-quinquies dell'articolo 38 ci siano maggiorazioni sulle bollette energetiche.
9/2629-AR/181Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 30, 31 e 32 del decreto-legge in esame sono misure a favore delle imprese. L'articolo 30 prevede l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia, l'articolo 31 su riqualificazione degli esercizi alberghieri e l'articolo 32 sul sostegno ai Marina resort. Ma sarebbe stato opportuno prevedere anche misure per le startup innovative;
    la sezione IX del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, reca misure per la nascita e lo sviluppo di imprese startup innovative;
    al 1o ottobre 2014, in Italia, si contano 2.655 startup innovative e 31 incubatori certificati; il tasso di crescita di questo sistema è tra i pochi a risultare positivo ed è circa pari a 30 unità per settimana per quanto concerne le startup innovative;
    secondo l'European BIC Network, nel 2012, gli investimenti privati in startup in Italia sono sensibilmente inferiori rispetto alla media europea, questo a causa di incertezza normativa, elevato costo del lavoro e assenza di appropriati strumenti finanziari;
    secondo lo studio «Foreign Born Scientists: Mobility Patterns for Sixteen Countries», (Chiara Franzoni, Giuseppe Stellato, Paula Stephan) in Italia i ricercatori in ingresso sono il 3 per cento e quelli che fuggono sono il 16 per cento; questo ci porta dunque ad un bilancio tragico: -13 per cento. In Paesi vicini come la Francia ed il Regno Unito questo dato diventa invece rispettivamente +4 per cento e +8 per cento, sino ad arrivare a casi di successo come Svizzera e Svezia che superano il +20 per cento;
    tra i maggiori problemi riscontrati dalle imprese in Italia si individuano il costo del lavoro, l'elevata tassazione ed oneri burocratici non sostenibili,

impegna il Governo

ad individuare le risorse necessarie per aumentare le agevolazioni fiscali previste dal decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 a favore delle imprese startup innovative.
9/2629-AR/182Simone Valente.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 del provvedimento in esame prevede «Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati»;
    che larga parte di essi fanno riferimento alle proprietà della Difesa, in buona parte caserme, sovente collocate in centri cittadini e proprio per questa ubicazione rappresentano una occasione unica per la riqualificazione delle nostre città,

impegna il Governo

a fare in modo, di concerto con le amministrazioni comunali coinvolte, che la diversa destinazione urbanistica preveda prioritariamente finalità a carattere pubblico a favore di situazioni segnate da gravi carenze quali gli istituti di pena; dell'edilizia scolastica; di attività culturali, ambientali e di tutela del patrimonio artistico ed archeologico.
9/2629-AR/183Corda.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 del provvedimento in esame prevede «Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati»;
    che larga parte di essi fanno riferimento alle proprietà della Difesa, in buona parte caserme, sovente collocate in centri cittadini e proprio per questa ubicazione rappresentano una occasione unica per la riqualificazione delle nostre città,

impegna il Governo

a valutare, di concerto con le amministrazioni comunali coinvolte, che la diversa destinazione urbanistica preveda prioritariamente finalità a carattere pubblico a favore di situazioni segnate da gravi carenze quali gli istituti di pena; dell'edilizia scolastica; di attività culturali, ambientali e di tutela del patrimonio artistico ed archeologico.
9/2629-AR/183. (Testo modificato nel corso della seduta) Corda.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 del provvedimento in esame prevede «Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati»;
    che larga parte di essi fanno riferimento alle proprietà della Difesa, in buona parte caserme, sovente collocate in centri cittadini e proprio per questa ubicazione rappresentano una occasione unica per la riqualificazione delle nostre città,

impegna il Governo

di prevedere – anche per razionalità delle spese dello Stato e per una virtuosa politica di risparmio – in sede di attuazione della norma una prelazione a favore di enti pubblici, delle Forze di Polizia e dei Vigili del Fuoco che occupino allo stato attuale immobili in locazione.
9/2629-AR/184Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 del provvedimento in esame prevede «Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati»;
    che larga parte di essi fanno riferimento alle proprietà della Difesa, in buona parte caserme, sovente collocate in centri cittadini e proprio per questa ubicazione rappresentano una occasione unica per la riqualificazione delle nostre città;
    che il comma 7 dell'articolo in questione prevede che «Qualora non sia data attuazione all'accordo di programma, di cui ai commi 1 e 4, nel termine di 90 giorni dalla sua conclusione, il Ministro competente può proporre al Presidente del Consiglio dei Ministri di nominare, previa diffida, un commissario ad acta che provvede alle procedure necessarie per la variante urbanistica»,

impegna il Governo

ad escludere che i poteri del commissario ad acta possano prevedere anche i poteri del consiglio comunale a cui deve rimanere la prerogativa di legge di adottare ed approvare la variante urbanistica.
9/2629-AR/185Basilio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 del provvedimento in esame prevede «Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati»;
    che larga parte di essi fanno riferimento alle proprietà della Difesa, in buona parte caserme, sovente collocate in centri cittadini e proprio per questa ubicazione rappresentano una occasione unica per la riqualificazione delle nostre città,

impegna il Governo

affinché la proposta e il progetto di recupero dell'immobile del Comune di cui al comma 1 del richiamato articolo 26, prevedere forme di consultazione, anche mediante procedure on-line, tese a coinvolgere in un percorso partecipato, la popolazione.
9/2629-AR/186Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 del provvedimento in esame prevede «Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati»;
    che larga parte di essi fanno riferimento alle proprietà della Difesa, in buona parte caserme, sovente collocate in centri cittadini e proprio per questa ubicazione rappresentano una occasione unica per la riqualificazione delle nostre città;
    i Comuni a cui è demandato l'incarico di avanzare una proposta di recupero e riqualificazione, anche quelli più virtuosi che hanno nelle loro casse disponibilità economiche, per le disposizioni «idiote» del patto di stabilità interna non possono utilizzarli se non hanno una entrata analoga nel bilancio in corso,

impegna il Governo

a far si che gli investimenti dei Comuni che partecipano finanziariamente al recupero e riqualificazione sociale degli immobili di cui al presente articolo, siano esclusi dal computo dei vincoli del Patto di Stabilità Interno e di definire con la legge di stabilità per il 2015, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, il limite della esclusione dal patto di stabilità interno.
9/2629-AR/187Frusone.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   considerato che:
    lo stesso articolo 23 disciplina le caratteristiche principali di una nuova tipologia contrattuale, il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili;
    ritenuto che si tratta di un contratto attraverso il quale il godimento di un bene immobile è trasferito dal proprietario ad un conduttore dietro pagamento di un canone (locazione) e con l'accordo che entro un dato termine – liberamente fissato dalle parti – anche la proprietà dello stesso immobile sarà trasferita (compravendita), scomputando dal prezzo di acquisto parte dei canoni già corrisposti,

impegna il Governo:

   ad applicare la disciplina di cui all'articolo 23 anche ai contratti stipulati, in qualità di proprietari, dagli enti previdenziali e dalle casse di previdenza, anche privati o privatizzati, comunque denominati, con determinazione del prezzo di acquisto, da farsi all'atto della stipula o del rinnovo dei contratti medesimi, mediante criteri che ne stabiliscano l'importo conformemente alle disposizioni di cui all'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410;
   ad applicare le disposizioni di cui all'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, ai conduttori titolari di contratti di locazione, stipulati con enti previdenziali e casse di previdenza, anche privati o privatizzati, comunque denominati, in essere, ovvero scaduti ed in fase di rinnovo o di proroga, anche taciti, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, qualora alla medesima data sia stato già avviato il procedimento con l'effettuazione del sopralluogo dell'immobile.
9/2629-AR/188Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 40 detta norme in materia di ammortizzatori sociali e incentivi alle assunzioni. Il comma 1 prevede l'incremento, per 728 milioni di euro nel 2014, del Fondo sociale per l'occupazione la formazione ai fini del rifinanziamento dell'ammortizzatore sociale in deroga e l'incremento, di 70 milioni di euro per il 2015, della dotazione relativa all'incentivo per le nuove assunzioni di cui all'articolo 1, comma 12, lettera b), del decreto-legge 76/2013 (cosiddetto bonus Giovannini);
    ai sensi del comma 2, alla copertura dei richiamati oneri si provvede mediante le seguenti forme di finanziamento: riduzione (150 milioni per il 2014 e 70 milioni di euro per il 2015) della dotazione di risorse a favore di specifiche regioni ai fini del finanziamento dell'incentivo straordinario per le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori fino a 29 anni di età in determinate condizioni di svantaggio (cosiddetto Bonus Giovannini). È altresì prevista un'ulteriore riduzione (70 milioni di euro per il 2014) della richiamata dotazione per le restanti regioni; riduzione (11.757.411 di euro per il 2014), del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne; versamento all'entrata del bilancio dello Stato, da parte dell'INPS, di 292.343.544 euro a valere sulle risorse a favore del Fondo di rotazione per la formazione derivanti dall'aumento contributivo delle aliquote per gli assegni familiari;
    pur considerata la stretta esigenza del rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e emergono rilevanti criticità in ordine alle coperture finanziarie adottate,

impegna il Governo

al corretto utilizzo dei fondi strutturali europei nonché a favorire l'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne nonché a garantire livelli e risorse adeguate per gli assegni familiari.
9/2629-AR/189Rostellato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 40 detta norme in materia di ammortizzatori sociali e incentivi alle assunzioni. Il comma 1 prevede l'incremento, per 728 milioni di euro nel 2014, del Fondo sociale per l'occupazione la formazione ai fini del rifinanziamento dell'ammortizzatore sociale in deroga e l'incremento, di 70 milioni di euro per il 2015, della dotazione relativa all'incentivo per le nuove assunzioni di cui all'articolo 1, comma 12, lettera b), del decreto-legge 76/2013 (cosiddetto bonus Giovannini);
    ai sensi del comma 2, alla copertura dei richiamati oneri si provvede mediante le seguenti forme di finanziamento: riduzione (150 milioni per il 2014 e 70 milioni di euro per il 2015) della dotazione di risorse a favore di specifiche regioni ai fini del finanziamento dell'incentivo straordinario per le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori fino a 29 anni di età in determinate condizioni di svantaggio (cosiddetto Bonus Giovannini). È altresì prevista un'ulteriore riduzione (70 milioni di euro per il 2014) della richiamata dotazione per le restanti regioni; riduzione (11.757.411 di euro per il 2014), del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne; versamento all'entrata del bilancio dello Stato, da parte dell'INPS, di 292.343.544 euro a valere sulle risorse a favore del Fondo di rotazione per la formazione derivanti dall'aumento contributivo delle aliquote per gli assegni familiari;
    pur considerata la stretta esigenza del rifinanziamento degli ammortizzatori sociali,

impegna il Governo

compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, al corretto utilizzo dei fondi strutturali europei nonché a favorire l'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne nonché a garantire livelli e risorse adeguate per gli assegni familiari.
9/2629-AR/189. (Testo modificato nel corso della seduta) Rostellato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 40 detta norma in materia di ammortizzatori sociali e incentivi alle assunzioni. Il comma 1 prevede l'incremento, per 728 milioni di euro nel 2014 del Fondo sociale per l'occupazione la formazione ai fini del rifinanziamento dell'ammortizzatori sociali in deroga e l'incremento, di 70 milioni di euro per il 2015, della dotazione relativa all'incentivo per le nuove assunzioni di cui all'articolo 1, comma 12, lettera b), del decreto-legge 76/2013 (cosiddetto bonus Giovannini);
    ai sensi del comma 2, alla copertura dei richiamati oneri si provvede mediante le seguenti forme di finanziamento: riduzione (150 milioni per il 2014 e 70 milioni di euro per il 2015) della dotazione di risorse a favore di specifiche regioni ai fini del finanziamento dell'incentivo straordinario per le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori fino a 29 anni di età in determinate condizioni di svantaggio (cosiddetto Bonus Giovannini). È altresì prevista un'ulteriore riduzione (70 milioni di euro per il 2014) della richiamata dotazione per le restanti regioni; riduzione (11.757.411 di euro per il 2014), del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne; versamento all'entrata del bilancio dello Stato, da parte dell'INPS, di 292.343.544 euro a valere sulle risorse a favore del Fondo di rotazione per la formazione derivanti dall'aumento contributivo delle aliquote per gli assegni familiari;
    pur considerata la stretta esigenza del rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e emergono rilevanti criticità in ordine alle coperture finanziarie adottate,

impegna il Governo

a favorire l'incremento dell'occupazione giovanile e delle donne nonché a garantire livelli e risorse adeguate per gli assegni familiari.
9/2629-AR/190Colonnese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 38 del decreto-legge in esame dispone che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale come attività di interesse strategico di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. Inoltre si prevede che i decreti autorizzativi comprendano la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell'opera, nonché l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni e che il rilascio dell'autorizzazione abbia effetto di variante urbanistica nel caso in cui le opere comportino una variazione degli strumenti urbanistici;
    in Italia sono presenti più di 1.000 pozzi produttivi di idrocarburi, di cui 615 onshore e 395 offshore; di questi, 777 pozzi producono gas mentre i restanti 233 sono mineralizzati ad olio;
    le produzioni annuali di gas (8 GSm3) ed olio (5 Mton) coprono rispettivamente il 10 per cento ed il 7 per cento del fabbisogno energetico nazionale;
    a tal proposito il centro olio di Viggiano in provincia di Potenza rappresenta uno degli impianti più importanti d'Europa dove avviene il trattamento dell'olio prodotto dai pozzi della Concessione «Vai d'Agri»; ma negli ultimi mesi si sono verificate delle anomalie che hanno destato forte preoccupazione non solo per la comunità del paese di Viggiano ma tutti i comuni limitrofi;
    le anomalie sono consistite in forti fiammate di gas e fuoriuscita di un denso fumo giallo. In merito la scrivente ha presentato un'interrogazione n. 4-06009 non ha ancora ricevuto risposta;
    tutte le operazioni di trattamento dei prodotti petroliferi, a qualsiasi livello, hanno la possibilità di emettere quantità più o meno abbondanti di idrogeno solforato, sia sotto forma di disastri accidentali, sia sotto forma di continuo rilascio nell'ambiente, durante le fasi di estrazione, di stoccaggio, lavorazione e trasporto del petrolio. Anche durante le varie fasi di de-sulfurizzazione esistono forti possibilità di perdite di idrogeno solforato a causa di inevitabili logorii e corrosione. I contenitori di stoccaggio, peraltro, possono rilasciare idrogeno solforato a causa della normale volatilizzazione del prodotto, a causa di cambiamenti di volume dovuti al modificarsi della temperatura fra il giorno e la notte, o durante le operazioni di riempimento;
    l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) consiglia di fissare il limite di rilascio di idrogeno solforato a 0,005 parti per milione (ppm),

impegna il Governo:

   ad intraprendere iniziative rapide e solerti per verificare, per quanto di competenza, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, la situazione onde garantire la salute della cittadinanza, la sicurezza dei lavoratori dell'impianto e la salubrità del patrimonio ambientale del territorio della provincia di Potenza interessato dalla coltivazione di idrocarburi ed obbligare le società operanti in aree come quelle descritte in premessa ai dovuti investimenti in sicurezza ambientale e per la salvaguardia dei lavoratori e della salubrità delle popolazioni;
   a porre in essere ogni atto di competenza, anche di carattere normativo, finalizzato ad adeguare i livelli di rilascio di idrogeno solforato in linea con quanto raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche normativa, tesa a salvaguardare la salute delle popolazioni residenti nelle aree esposte alle emissioni di idrogeno solforato ed ove sussistono attività estrattive, di lavorazione e di stoccaggio di prodotti petroliferi.
9/2629-AR/191Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 30 prevede l'adozione di un Piano per la promozione straordinaria del made in Italy e l'attrazione degli investimenti e specifiche azioni vanno indirizzate al supporto delle esportazioni del settore agroalimentare, con riferimento alla valorizzazione delle produzioni di eccellenza e tutela all'estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine dei prodotti;
    l'attuazione del suddetto Piano è rimessa all'ICE-Agenzia alla quale è tra l'altro assegnata una dotazione del Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese;
    sarebbe opportuno che l'ICE-Agenzia oltre all'attività promozionale e di rappresentanza, fornisse anche assistenza tecnica, legale e logistica agli imprenditori dell'agroalimentare che decidono di lavorare sui mercati esteri al fine di proporre loro uno strumento concreto di risoluzione dei problemi,

impegna il Governo

ad inserire nelle attività del Piano per la promozione straordinaria del made in Italy e l'attrazione degli investimenti, la fornitura di assistenza tecnica, legale e logistica agli imprenditori dell'agroalimentare che decidono di operare all'estero al fine di offrire loro servizi e strumenti volti a risolvere eventuali problematiche, ritardi ed impedimenti all'avvio dell'attività di impresa.
9/2629-AR/192Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 30 prevede l'adozione di un Piano per la promozione straordinaria del made in Italy e l'attrazione degli investimenti e specifiche azioni vanno indirizzate al supporto delle esportazioni del settore agroalimentare, con riferimento alla valorizzazione delle produzioni di eccellenza e tutela all'estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine dei prodotti;
    l'attuazione del suddetto Piano è rimessa all'ICE-Agenzia alla quale è tra l'altro assegnata una dotazione del Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese;
    sarebbe opportuno che l'ICE-Agenzia oltre all'attività promozionale e di rappresentanza, fornisse anche assistenza tecnica, legale e logistica agli imprenditori dell'agroalimentare che decidono di lavorare sui mercati esteri al fine di proporre loro uno strumento concreto di risoluzione dei problemi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di inserire nelle attività del Piano per la promozione straordinaria del made in Italy e l'attrazione degli investimenti, la fornitura di assistenza tecnica, legale e logistica agli imprenditori dell'agroalimentare che decidono di operare all'estero al fine di offrire loro servizi e strumenti volti a risolvere eventuali problematiche, ritardi ed impedimenti all'avvio dell'attività di impresa.
9/2629-AR/192. (Testo modificato nel corso della seduta) Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 30 prevede l'adozione di un Piano per la promozione straordinaria del made in Italy e l'attrazione degli investimenti e specifiche azioni vanno indirizzate al supporto delle esportazioni del settore agroalimentare, con riferimento alla valorizzazione delle produzioni di eccellenza e tutela all'estero dei marchi e delle certificazioni di qualità dei origine dei prodotti;
    l'attuazione del suddetto Piano è rimessa all'ICE-Agenzia alla quale è tra l'altro assegnata una dotazione del Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese;
    sarebbe opportuno specificare la durata del Piano anche al fine di sottoporlo ad eventuali aggiornamenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stabilire in cinque anni la durata del Piano per la promozione straordinaria del made in Italy.
9/2629-AR/193Lupo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 30 prevede l'adozione di un Piano per la promozione straordinaria del made in Italy e l'attrazione degli investimenti e specifiche azioni vanno indirizzate al supporto delle esportazioni del settore agroalimentare, con riferimento alla valorizzazione delle produzioni di eccellenza e tutela all'estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine dei prodotti;
    l'attuazione del suddetto Piano è rimessa all'ICE-Agenzia alla quale è tra l'altro assegnata una dotazione del Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese,

impegna il Governo

ad assegnare parte della dotazione del Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese a sostegno delle attività di contrasto all’italian sounding e allo sviluppo dell’e-commerce nel settore dell'agroalimentare.
9/2629-AR/194L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 reca «Misure di agevolazioni per gli investimenti privati nelle strutture ospedaliere» e in particolare prevede che al fine di favorire la partecipazione di investimenti stranieri per la realizzazione di strutture sanitarie, per la regione Sardegna, con riferimento al carattere sperimentale dell'investimento straniero da realizzarsi nell'ospedale di Olbia, ai fini del rispetto dei parametri del numero di posti letto per mille abitanti, previsti dall'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per il periodo 2015-2017 non si tiene conto dei posti letto accreditati in tale struttura,

impegna il Governo

a garantire che nelle strutture sanitarie realizzate con la partecipazione di investimenti stranieri, e in tale particolare con riferimento all'investimento straniero da realizzarsi nell'ospedale di Olbia, questi siano destinati a realizzare strutture di ad alta qualificazione, finalizzate in particolare alla ricerca scientifica, alla quale dovrà essere destinata una quota annuale non inferiore a 10 milioni di euro.
9/2629-AR/195Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 reca «Misure di agevolazioni per gli investimenti privati nelle strutture ospedaliere» e in particolare prevede che al fine di favorire la partecipazione di investimenti stranieri per la realizzazione di strutture sanitarie, per la regione Sardegna, con riferimento al carattere sperimentale dell'investimento straniero da realizzarsi nell'ospedale di Olbia, ai fini del rispetto dei parametri del numero di posti letto per mille abitanti, previsti dall'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per il periodo 2015-2017 non si tiene conto dei posti letto accreditati in tale struttura,

impegna il Governo

per le parti di propria competenza e in relazione alle strutture di cui al comma 1 dell'articolo 16 del provvedimento in esame, a sostenere le ricadute occupazionali a livello locale degli investimenti di cui al citato comma, le assunzioni derivanti da questi, dovranno rivolgersi prioritariamente a persone residenti nella Regione Sardegna.
9/2629-AR/196Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 reca «Misure di agevolazioni per gli investimenti privati nelle strutture ospedaliere» e in particolare prevede che al fine di favorire la partecipazione di investimenti stranieri per la realizzazione di strutture sanitarie, per la regione Sardegna, con riferimento al carattere sperimentale dell'investimento straniero da realizzarsi nell'ospedale di Olbia, ai fini del rispetto dei parametri del numero di posti letto per mille abitanti, previsti dall'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per il periodo 2015-20 17 non si tiene conto dei posti letto accreditati in tale struttura,

impegna il Governo

a garantire che, in riferimento all'Ospedale di cui al comma 1 dell'articolo 16, del provvedimento in esame, ai fini dei parametri del numero di posti letto per 1000 abitanti, si applichi quanto previsto dall'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
9/2629-AR/197Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 reca «Misure di agevolazioni per gli investimenti privati nelle strutture ospedaliere» e in particolare prevede che al fine di favorire la partecipazione di investimenti stranieri per la realizzazione di strutture sanitarie, per la regione Sardegna, con riferimento al carattere sperimentale dell'investimento straniero da realizzarsi nell'ospedale di Olbia, ai fini del rispetto dei parametri del numero di posti letto per mille abitanti, previsti dall'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per il periodo 2015-2017 non si tiene conto dei posti letto accreditati in tale struttura,

impegna il Governo

a garantire che le società di investimento straniere impegnate nella realizzazione delle strutture sanitarie, di cui al comma 1 dell'articolo 16 del provvedimento in esame, producano la documentazione antimafia, applichino i contratti nazionali di lavoro e le norme in materia di sicurezza del lavoro vigenti nonché le norme in materia di trasparenza.
9/2629-AR/198Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 reca «Misure di agevolazioni per gli investimenti privati nelle strutture ospedaliere» e in particolare prevede che al fine di favorire la partecipazione di investimenti stranieri per la realizzazione di strutture sanitarie, per la regione Sardegna, con riferimento al carattere sperimentale dell'investimento straniero da realizzarsi nell'ospedale di Olbia, ai fini del rispetto dei parametri del numero di posti letto per mille abitanti, previsti dall'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per il periodo 2015-2017 non si tiene conto dei posti letto accreditati in tale struttura,

impegna il Governo

a porre in essere ogni iniziativa utile affinché le società di investimento straniere impegnate nella realizzazione delle strutture sanitarie, di cui al comma 1 dell'articolo 16 del provvedimento in esame, producano la documentazione antimafia, applichino i contratti nazionali di lavoro e le norme in materia di sicurezza del lavoro vigenti nonché le norme in materia di trasparenza.
9/2629-AR/198. (Testo modificato nel corso della seduta) Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 28 reca «Misure urgenti per migliorare la funzionalità aeroportuale» in particolare al comma dispone che nel quadro delle attività volte alla razionalizzazione, efficientamento e riduzione degli oneri a carico dello Stato per l'espletamento dei servizi aeroportuali negli aeroporti civili ed in quelli aperti al traffico civile, il servizio di pronto soccorso è assicurato con oneri a carico del gestore dell'aeroporto che ha sottoscritto la convenzione con ENAC per la gestione totale dello scalo,

impegna il Governo

a garantire che il pronto soccorso assicurato dal gestore del traffico civile sia gratuito per gli utenti aeroportuali, che questo non comporti direttamente o indirettamente l'aumento delle tasse aeroportuali in relazione al servizio di pronto soccorso, che l'erogatore dei servizi di pronto soccorso sia individuato attraverso bandi pubblici e che sul sito istituzionale dell'aeroporto sia pubblicato il risultato del bando nonché i servizi erogati, la loro gratuità e la gestione delle risorse destinate ai servizi di pronto soccorso.
9/2629-AR/199Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Ac 2629 A/R reca la conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014. n. 133. recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
    l'articolo 35 reca «Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene»,

impegna il Governo

a prevedere, anche con appositi interventi legislativi successivi, che le procedure di Valutazione di Impatto Ambientale, e di Autorizzazione Integrale Ambientale, relative agli impianti di cui all'articolo 35, devono essere integrate dallo Studio di Impatto Sanitario al fine di assicurare la tutela della salute dell'individuo e delle comunità interessate residenti nei territori ove saranno realizzati gli impianti di recupero di energia e che la redazione dello studio di impatto sanitario, insieme a tutti gli altri documenti elaborati nelle varie fasi del procedimento ed i costi associati sono a carico del proponente, lo studio dovrà essere redatto da specialisti aventi esperienza almeno pluriennale sugli argomenti oggetto di analisi i cui curricula sono allegati allo studio. Prevedendo, altresì che in assenza dello Studio di Impatto Sanitario gli impianti di cui all'articolo 35 non possono né essere realizzati né essere autorizzati alla entrata in funzione.
9/2629-AR/200Mantero.


   La Camera,
   in sede di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 3 destina al cosiddetto Fondo «sblocca cantieri» 3.890 milioni di euro e dispone che suddette risorse vengano assegnate, con uno o più decreti, sia a singoli interventi sia a categorie generiche di interventi;
    tra gli interventi di cui all'articolo 3 sono presenti esose opere ferroviarie la cui realizzazione non risulta giustificata alla luce delle previsioni di traffico (sia passeggeri che merci) e dell'elevato impatto ambientale e sociale;
    tra queste risulta, ad esempio, il Terzo valico dei Giovi linea AV/AC Milano-Genova i cui parametri e criteri di valutazione e le stime sui flussi di traffico merci sulla base dei quali venne a suo tempo considerata favorevolmente la pubblica utilità, nonché le successive proroghe già concesse, sono fin dall'inizio apparsi quantomeno sovrastimati, non avendo nemmeno trovato sostegno nell'andamento dei dati reali;
    risulta inoltre non essere mai stata preparata una reale e dettagliata valutazione costi-benefici relativa all'infrastruttura;
    secondo quanto sancito nel piano di fattibilità di Rfi del 2004, solo il 15 per cento del costo della realizzazione e delle spese di funzionamento, e relativa manutenzione, dell'opera verrà coperto dai ricavi di mercato, mentre il restante 85 per cento resterà a carico delle casse dello Stato in modo perpetuo,

impegna il Governo:

   a procedere nel più breve tempo possibile ad avviare, secondo criteri di massima trasparenza e attraverso un ampio coinvolgimento dei soggetti interessati, un'analisi dei costi e dei benefici dell'opera esaminando non solo gli aspetti economico-finanziari, ma soprattutto socio-ambientali;
   a valutare l'opportunità di sospendere, anche attraverso l'adozione di ulteriori provvedimenti, la realizzazione dell'opera e a destinare le risorse ad oggi individuate per interventi di ammodernamento e messa in sicurezza delle linee esistenti.
9/2629-AR/201Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   in sede di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 3 destina al cosiddetto Fondo «sblocca cantieri» 3.890 milioni di euro e dispone che suddette risorse vengano assegnate, con uno o più decreti, sia a singoli interventi sia a categorie generiche di interventi;
    tra gli interventi di cui all'articolo 3 sono presenti esose opere la cui realizzazione non risulta giustificata alla luce delle previsioni di traffico (sia passeggeri che merci) e dell'elevato impatto ambientale e sociale;
    all'interno del provvedimento in parola non risultano essere contenute misure volte ad incentivare forme di trasporto sostenibile né interventi in favore della mobilità ciclistica;
    la promozione e l'incentivazione della mobilità sostenibile è uno degli elementi per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020,

impegna il Governo

a trovare le necessarie risorse al fine di rifinanziare adeguatamente il fondo di cui all'articolo 3 dalla Legge 19 ottobre 1998, n. 366, recante norme per il finanziamento della mobilità ciclistica.
9/2629-AR/202De Lorenzis.


   La Camera,
   in sede di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 3 destina al cosiddetto Fondo «sblocca cantieri» 3.890 milioni di euro e dispone che suddette risorse vengano assegnate, con uno o più decreti, sia a singoli interventi sia a categorie generiche di interventi;
    tra gli interventi di cui all'articolo 3 sono presenti esose opere la cui realizzazione non risulta giustificata alla luce delle previsioni di traffico (sia passeggeri che merci) e dell'elevato impatto ambientale e sociale;
    all'interno del provvedimento in parola non risultano essere contenute misure volte ad incentivare forme di trasporto sostenibile né interventi in favore della mobilità ciclistica;
    la promozione e l'incentivazione della mobilità sostenibile è uno degli elementi per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di reperire risorse al fine di rifinanziare adeguatamente il fondo di cui all'articolo 3 dalla Legge 19 ottobre 1998, n. 366, recante norme per il finanziamento della mobilità ciclistica.
9/2629-AR/202. (Testo modificato nel corso della seduta) De Lorenzis.


   La Camera,
   in sede di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto in esame modifica il Codice degli appalti intervenendo sulla disciplina che regola le opere realizzate in regime di project financing ed estendendo al comma 4 la modifica della norma sugli appalti operata con il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (Decreto del fare) in materia di finanzi abilità dei progetti alle proposte già dichiarate di pubblico interesse, precedentemente escluse;
    con la Delibera n. 16/2014/PREV dello scorso 17 luglio, la Sezione centrale del controllo di legittimità della Corte dei conti ha ricusato il visto di legittimità e la conseguente registrazione alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica – Cipe n. 4-73 dell'8 novembre 2013, relativa al «Programma delle infrastrutture strategiche (legge 443/2009). Corridoio viabilità autostradale Civitavecchia – Orte – Mestre. Collegamento autostradale E45-E55 Orte-Mestre. Approvazione progetto preliminare e proposta del promotore»;
    il corridoio autostradale tra Civitavecchia-Orte e Mestre non è ricompreso tra i corridoi infrastrutturali e modali considerati strategici per lo sviluppo delle vie di comunicazione in Europa ma è considerato solo come intervento secondario complementare allo sviluppo delle reti TEN-T,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere – per quanto di competenza – immediate iniziative volte al ritiro del progetto preliminare del corridoio di viabilità autostradale dorsale Civitavecchia-Orte-Mestre – Tratta E45-E55 (Orte-Mestre) e ad intraprendere ogni azione utile per avviare un programma di interventi urgente per la messa in sicurezza del tracciato dell'attuale SS 309 Romea e della autostrada E 45, volto alla riqualificazione e al potenziamento delle infrastrutture esistenti.
9/2629-AR/203Spessotto.


   La Camera,
   in sede di conversione in legge dei decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    il capo IX del decreto relativo a «Misure urgenti in materia di energia» reca agli articoli 36, 37 e 38, disposizioni volte ad attribuire a tutti i progetti di prospezione, ricerca ed estrazione di idrocarburi in terraferma ed in mare, carattere di interesse strategico, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili;
    in particolare l'articolo 38 del decreto in esame attribuisce ai Ministeri competenti il potere di rilascio delle autorizzazioni ambientali per le concessioni offshore in mare, mentre per quelle in terraferma si fa riferimento a generiche «intese» con le Regioni interessate, sotto forma di un titolo concessorio unico, estromettendo le Regioni dal procedimento amministrativo che porta al rilascio del citato titolo concessorio;
    l'articolo 38 prevede altresì che il Ministero dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente, possa autorizzare progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti «al fine di tutelare le risorse nazionali di idrocarburi in mare localizzate in ambiti posti in prossimità delle aree di altri Paesi rivieraschi oggetto di attività di ricerca e di produzione»;
    tra le aeree più interessate soggette al rischio di eventuali trivellazioni al largo del mare Adriatico c’è il Golfo di Venezia e la sua laguna, dove le attività di esplorazione e coltivazione di idrocarburi sono bloccate dal 1991 per il rischio si subsidenza delle coste, fenomeno che può essere indotto dalla minore presenza di fluidi interstiziali residui nel terreno causata, per l'appunto, dall'estrazione di petrolio e gas,

impegna il Governo

al fine di evitare danni irreversibili nel Golfo di Venezia, a tutela del patrimonio ambientale, culturale, storico ed artistico della città e della sua laguna, a valutare tutte le urgenti iniziative, anche normative, finalizzate al divieto assoluto di attività di esplorazione e coltivazione di idrocarburi nel mare Adriatico.
9/2629-AR/204Nicola Bianchi.


   La Camera,
   in sede di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 39 del decreto in esame destina un contributo statale a chi sostituisca un veicolo inquinante con un veicolo a basse emissioni complessive;
    tale incentivo non è previsto inspiegabilmente a favore di chi rottami un veicolo inquinante per acquistare un velocipede;
    non si comprende quali siano le ragioni alla base di tale esclusione, essendo i velocipedi veicoli per definizione ad emissione zero,

impegna il Governo

ad assumere immediate iniziative al fine di incentivare l'acquisto di nuovi velocipedi, anche attraverso specifici contributi a chi sostituisca un veicolo inquinante con un velocipede.
9/2629-AR/205Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   in sede di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 3 destina al cosiddetto Fondo «sblocca cantieri» 3.890 milioni di euro e dispone che suddette risorse vengano assegnate, con uno o più decreti, sia a singoli interventi sia a categorie generiche di interventi;
    tra gli interventi di cui all'articolo 3 sono presenti esose opere ferroviarie la cui realizzazione non risulta giustificata alla luce delle previsioni di traffico (sia passeggeri che merci) e dell'elevato impatto ambientale e sociale;
    all'interno del provvedimento in parola non risultano essere contenute misure volte ad incentivare forme di trasporto sostenibile né interventi in favore della mobilità ciclistica;
    la promozione e l'incentivazione della mobilità sostenibile è uno degli elementi per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020,

impegna il Governo

a provvedere al recupero e alla valorizzazione delle ferrovie abbandonate, in favore dello sviluppo turistico del territorio e della promozione delle attività fisiche, promuovendo la conversione a uso ciclabile delle tratte ferroviarie dismesse ai fini della realizzazione di piste ciclo-pedonali da destinare a itinerari turistici.
9/2629-AR/206Dell'Orco.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 26, comma 1) Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili demaniali inutilizzati, raccordo di programma di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, avente ad oggetto il recupero di immobili non utilizzati del patrimonio immobiliare pubblico, costituisce variante urbanistica;
   allo scopo di individuare i contenuti dell'accordo di programma, il Comune presenta un proprio progetto di recupero dell'immobile anche attraverso il cambio di destinazione d'uso al Ministero titolare del bene che è tenuto a valutarlo salvo opponga diversa ipotesi di utilizzo finanziata o in corso di finanziamento. La variante urbanistica costituisce titolo per l'Agenzia del demanio all'alienazione, alla concessione o alla costituzione del diritto di superficie sull'immobile interessato,

impegna il Governo:

   affinché gli immobili in oggetto vengano alienati con procedura di evidenza pubblica e mediante bandi che contengano tra i criteri di attribuzione di punteggio utile ai fini della aggiudicazione per gli offerenti la presentazione di progetti idonei a riqualificare gli ambiti in cui sono collocati gli immobili, nonché i seguenti criteri anche in via cumulativa tra essi:
     a) progetti che prevedano la realizzazione di residenze a canone convenzionato;
     b) progetti che prevedano non solo residenzialità, ma anche l'avvio di attività che riescano a generare concretamente occupazione e/o indotto occupazionale per il territorio;
     c) impegno al mantenimento degli spazi verdi quali spazi non edificati interni ai centri urbani;
     d) impegno alla cessione degli spazi verdi agli enti locali da destinare alla fruizione collettiva pubblica;
     e) impegno al recupero o alla ristrutturazione o alla manutenzione che determini anche la installazione di impianti di alimentazione energetica da fonti rinnovabili;
     f) che tengano debitamente conto delle opinioni dei comitati locali e/o libere associazioni di cittadini che si impegnano per la rivalutazione delle aree verdi interne alle caserme dismesse.
9/2629-AR/207Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 29, comma 2, al fine di accelerare la realizzazione dei progetti inerenti alla logistica portuale, dispone che le Autorità portuali presentino alla Presidenza del Consiglio dei ministri un resoconto degli interventi correlati a progetti in corso di realizzazione o da intraprendere, corredato dai relativi crono programmi e piani finanziari;
    in tale contesto è fondamentale unire all'azione propositiva delle Autorità portuali l'impulso autonomo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ove vi siano problematiche aperte la cui soluzione possa condurre ad un miglioramento dei servizi offerti ai cittadini e alle imprese;
    l'articolo 16, comma 1 della costituzione stabilisce che «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza»;
    tale principio è stato più volte sancito anche in sede comunitaria, dato che uno dei capisaldi dell'Unione europea è precisamente la libera circolazione di persone e merci tra e all'interno degli Stati membri;
    tal diritto, tuttavia, non viene garantito adeguatamente riguardo ai collegamenti tra Sicilia e Calabria;
    la problematica posta riguardava specificamente l'impossibilità per i pendolari di poter usufruire del servizio aliscafi il sabato e la domenica, i giorni festivi e tutti i giorni dopo le 19,30 fino al mattino successivo;
    la limitazione diverrebbe ancora più grave in caso di condizioni meteo avverse;
    sarebbe state respinta dal Ministero e da RFI la possibilità di utilizzare, per i pendolari, le navi traghetto di RFI che trasportano treni merci e passeggeri per motivi di sicurezza, e per la violazione di quanto disposto dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che già avrebbe sanzionato RFI per aver operato nel mercato marittimo;
    l'unica possibilità individuata dal Ministero sarebbe quella di tentare di ottenere una deroga da parte della suddetta Autorità rispetto quanto previsto dal Provvedimento n. 17447 che sanziona l'attività di traghettamento di mezzi e passeggeri, da parte di RFI;
    come ricorda il Provvedimento, infatti, RFI, in quanto concessionaria della gestione dell'infrastruttura ferroviaria nazionale, è tenuta, ai sensi dell'articolo 8, comma 2-bis, della legge n. 287 del 1990 ad operare mediante società separate nello svolgimento di attività in mercati diversi da quello in cui agisce per l'adempimento degli specifici compiti ad essa affidati e a comunicare la costituzione di tali società o l'acquisizione del controllo sulle stesse ai sensi dell'articolo 8, comma 2-ter, della stessa legge n. 287 del 1990;
    il 23 novembre 2003, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'economia e delle finanze, i Presidenti delle regioni Calabria e Sicilia, il Presidente dell'ANAS, l'amministratore Delegato di RFI e della Stretto di Messina Spa hanno stabilito in un Accordo di programma che «a partire dal primo anno di esercizio del collegamento ferroviario, ovvero dalla data di eventuale anticipazione dell'esercizio rispetto al collaudo finale, e pertanto a partire dall'anno in cui R.F.I. Spa terminerà il servizio di traghettamento ferroviario per la Sicilia, sarà erogato annualmente per tutta la durata della concessione dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alla Stretto di Messina S.p.A. un importo di euro 38 milioni, pari ai contributi connessi all'attività di traghettamento ferroviario per garantire la continuità territoriale tra il continente e la Sicilia versati – in attuazione del contratto di programma tra gli stessi vigente – dallo Stato a R.F.I. S.p.A. nell'anno di stipula della Convenzione di concessione dell'Opera.»,

impegna il Governo

a riavviare celermente un confronto con gli enti locali e le compagnie di trasporto per individuare una soluzione del problema della mobilità marittima tra la Calabria e la Sicilia e garantire la costanza del collegamento marittimo tra i comuni di Villa San Giovanni e Messina anche con l'utilizzo delle risorse individuate attraverso l'accordo di Programma sottoscritto a Roma il 23 novembre 2003.
9/2629-AR/208Dieni.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 38 tutte le attività connesse allo sfruttamento dei giacimenti nazionali di idrocarburi, con trivelle, e infrastrutture, diventano di interesse strategico nazionale;
    si arriva al paradosso che, e su cui si fonda la nostra economia non sono attività strategiche a norma di legge mentre lo saranno i pozzi e l'economia del petrolio che sono causa dei cambiamenti climatici e di un pesante inquinamento e su cui fanno grandi profitti poche multinazionali,

impegna il Governo:

   a considerare di interesse strategico nazionale la salvaguardia del territorio italiano, le produzioni eno-gastronomiche igt, igp d.o.c. e d.o.p., il paesaggio della costa e i tanti impianti e lavorazioni tradizionali che non provocano inquinamento, compresi quelli per la produzione energetica da fonti rinnovabili;
   a prevedere, obbligatoriamente, una consultazione pubblica, vincolante, sulla realizzazione di ogni opera connessa allo sfruttamento dei giacimenti nazionali di idrocarburi, con trivelle e infrastrutture;
   ad avviare contatti con i Paesi che sfruttano giacimenti nel Mar Adriatico al fine di concertare la progressiva dismissione degli impianti di trivellazione, stabilendo comuni standard di sicurezza e stanziando appositi fondi destinati ad eventuali danni diretti che ricadrebbero sul nostro territorio.
9/2629-AR/209Zolezzi.


   La Camera,
   in sede di conversione del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   premesso che:
    l'articolo 5, capo II, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, prevede nuove «misure per il potenziamento delle reti autostradali e di telecomunicazioni»;
    il servizio diretto di collegamento marittimo veloce sullo Stretto di Messina, necessario a tutelare la continuità territoriale, attraverso il trasporto giornaliero di passeggeri tra le sponde dello Stretto di Messina, è stato pienamente garantito fino al 29 giugno 2013, data di scadenza dell'accordo tra il Consorzio Metromare dello Stretto e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
    il 2 luglio 2013, veniva presentata un'interrogazione in commissione, l'atto 5-00475 a firma D'Uva e altri, nella quale venivano richieste informazioni riguardo le misure che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti intendesse assumere per garantire il collegamento nell'area dello Stretto all'indomani della naturale scadenza dell'accordo tra lo stesso Ministero e il Consorzio Metromare dello Stretto;
    in data 11 luglio 2013 il Ministero dava risposta ai quesiti presenti nell'atto 5-00475, sottolineando l'importanza rivestita dal servizio di collegamento giornaliero tra la Sicilia e la Calabria, prospettando la necessità e l'urgenza di un rifinanziamento di tale servizio, stimando il circa 26 milioni di euro la cifra da destinare a tale fine;
    nonostante le rassicurazioni ministeriali per un suo sostanzioso rifinanziamento, il servizio di trasporto veniva successivamente affidato, in regime di proroga per soli sei mesi, alla società Bluferries per la sola tratta Reggio Calabria-Messina, mentre alla società Ustica Lines veniva affidato il servizio di trasporto marittimo veloce tra le città di Messina e Villa San Giovanni;
    a garanzia e tutela della continuità del servizio di collegamento tra le sponde calabresi e siciliane, nonostante la naturale scadenza al 31 dicembre 2014, così come previsto dalla proroga semestrale, non è stata ancora trovata alcuna soluzione, né attraverso lo stanziamento di nuovi fondi per un organico e strutturale piano di trasporti marittimi veloci sullo Stretto di Messina, né attraverso nuove possibili proroghe del servizio;
    in presenza di tali condizioni, sarà inevitabilmente compromessa la possibilità per gli abitanti dello Stretto di usufruire di un adeguato e necessario servizio di collegamento, a garanzia della continuità territoriale, condizione non accettabile per uno Stato che ha il dovere di assicurare a tutti i suoi cittadini il diritto di muoversi liberamente all'interno del proprio territorio,

impegna il Governo

ad intervenire urgentemente, attraverso lo stanziamento di nuovi fondi, al fine di garantire, almeno per il prossimo triennio, il servizio diretto di collegamento marittimo veloce dei passeggeri sullo Stretto di Messina, necessario a tutelare la continuità territoriale tra la Regione Calabria e la Regione Siciliana.
9/2629-AR/210D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi hanno rilevante valore economico a cui si accompagna la necessità di rendere minimo l'impatto sull'ambiente e massima la compatibilità con altre attività economiche;
    il decreto-legge 133/2014 di cui è all'esame il disegno di legge di conversione prevede all'articolo 38 il comma 1-bis introdotto con un emendamento approvato in commissione ambiente che «Il Ministero dello sviluppo economico con proprio decreto, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono consentite le attività di cui al comma 1», ossia le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi;
    il decreto stesso prevede all'articolo 36 comma 1 le attività relative alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi siano accompagnate da attività di bonifica e ripristino ambientale così come di mitigazione del rischio idrogeologico;
    le aree in cui svolgere le attività legate alla estrazione di idrocarburi dovranno essere individuate sulla base di criteri oggettivi che tengano conto della adeguatezza ed economicità delle attività relative alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi così come delle caratteristiche ambientali e produttive dei territori interessati,

impegna il Governo:

   a definire e rendere pubblici i criteri attraverso i quali sono selezionate le aree nelle quali svolgere le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi;
   ad assumere tra i criteri di valutazione per la selezione di queste aree la vicinanza a centri abitati e la presenza di rilevanti beni architettonici, paesaggistici, storici e artistici;
   ad assumere tra i criteri di valutazione per la selezione di queste aree la presenza di falde acquifere e di bacini imbriferi considerando anche la struttura geologica delle aree in esame e la loro fragilità così come i fenomeni di subsidenza;
   ad assumere tra i criteri di valutazione per la selezione di queste aree la possibilità di ripristinare lo stato dei luoghi precedente alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, in particolare nelle aree di reperimento dei parchi nazionali e delle riserve marine così come indicate dagli artt. 34 e 36 della legge 394/91;
   a valutare nella applicazione del divieto di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi la fascia inferiore a dodici miglia a partire dalle linee di base delle acque territoriali;
   a valutare la compatibilità delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi con le altre attività economiche presenti nei territori, al fine di armonizzare al meglio le diverse attività produttive, agricole e turistiche e non pregiudicare la vocazione economica e i sistemi produttivi preesistenti.
9/2629-AR/211Mariastella Bianchi, Ginefra, Famiglietti, Paris, Mariano, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi hanno rilevante valore economico a cui si accompagna la necessità di rendere minimo l'impatto sull'ambiente e massima la compatibilità con altre attività economiche;
    il decreto-legge 133/2014 di cui è all'esame il disegno di legge di conversione prevede all'articolo 38 il comma 1-bis introdotto con un emendamento approvato in commissione ambiente che «Il Ministero dello sviluppo economico con proprio decreto, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono consentite le attività di cui al comma 1», ossia le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi;
    il decreto stesso prevede all'articolo 36 comma 1 le attività relative alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi siano accompagnate da attività di bonifica e ripristino ambientale così come di mitigazione del rischio idrogeologico;
    le aree in cui svolgere le attività legate alla estrazione di idrocarburi dovranno essere individuate sulla base di criteri oggettivi che tengano conto della adeguatezza ed economicità delle attività relative alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi così come delle caratteristiche ambientali e produttive dei territori interessati,

impegna il Governo:

   a definire e rendere pubblici i criteri attraverso i quali sono selezionate le aree nelle quali svolgere le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi;
   ad assumere tra i criteri di valutazione per la selezione di queste aree la vicinanza a centri abitati e la presenza di rilevanti beni architettonici, paesaggistici, storici e artistici;
   ad assumere tra i criteri di valutazione per la selezione di queste aree la presenza di falde acquifere e di bacini imbriferi considerando anche la struttura geologica delle aree in esame e la loro fragilità così come i fenomeni di subsidenza;
   ad assumere tra i criteri di valutazione per la selezione di queste aree la possibilità di ripristinare lo stato dei luoghi precedente alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, in particolare nelle aree di reperimento dei parchi nazionali e delle riserve marine così come indicate dagli artt. 34 e 36 della legge 394/91;
   a prevedere che nella applicazione del divieto di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi possa essere interessata la fascia inferiore a dodici miglia a partire dalle linee di base delle acque territoriali;
   a valutare la compatibilità delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi con le altre attività economiche presenti nei territori, al fine di armonizzare al meglio le diverse attività produttive, agricole e turistiche e non pregiudicare la vocazione economica e i sistemi produttivi preesistenti.
9/2629-AR/211. (Testo modificato nel corso della seduta) Mariastella Bianchi, Ginefra, Famiglietti, Paris, Mariano, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    la recente alluvione che ha colpito la città di Genova e altri comuni della Liguria e altre regioni ha causato ancora una volta vittime, danni al territorio, e conseguenti gravissime per molte attività, commerciali, artigianali e industriali;
    è auspicabile che le misure di sostegno ai privati cittadini, alle attività economiche siano da parte degli Enti Locali e del Governo capaci di poter contribuire in modo celere al superamento delle gravi difficoltà in cui versano;
    altrettanto celeri dovranno essere le risposte per il completamento o l'avvio di quelle opere necessarie per ridurre il rischio di nuovi alluvioni;
    i tempi per la realizzazione di tali opere, ad esempio nel caso della città di Genova, impegneranno risorse e cantieri per almeno dieci anni, e che comunque i mutati eventi climatici impongono maggiore attenzione e preparazione per quanto riguarda misure di prevenzione e «convivenza» con i fattori di rischio;
    anche durante la recente alluvione una importante realtà commerciale ha salvato la propria attività perché dotata di un sistema di protezione, capace di attivarsi in caso di necessità anche senza la presenza di personale e senza necessità di energia elettrica, ma attraverso un innovativo sistema idraulico,

impegna il Governo

a valutare tra le misure da adottare a sostegno delle attività commerciali, industriali, artigianali che operano in zone interessate dal potenziale rischio, ogni misura utile a favorire l'installazione di sistemi capaci di impedire, limitare fortemente le conseguenze di alluvioni e allagamenti.
9/2629-AR/212Tullo, Mariani, Carocci, Vazio, Pastorino, Giacobbe, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    la strada statale 372 Telesina (SS 372) inizia presso il casello di Caianello della Al Milano-Napoli e termina sul raccordo autostradale 9 di Benevento, all'intersezione con la strada statale 7 Appia;
    con delibera 100/2006 il CIPE, nel primo programma delle opere strategiche (legge n. 443/2001), ha approvato il progetto preliminare dei lavori: «itinerario Caianello (A1) – Benevento; adeguamento a 4 corsie della SS “Telesina” dal km 0+000 al km 60+900»;
    tale infrastruttura, per la sua rilevanza strategica, permette di potenziare l'asse stradale Puglia-Campania-Lazio e rappresenta una valida alternativa all'autostrada A16 per i collegamenti verso la Puglia; l'opera è stata inserita nel DPEF 2005/2008 e nei successivi aggiornamenti con la denominazione «Benevento-Caserta-A1-Caianello-Grazzanise e variante di Caserta», dove è indicata come «Opera compresa negli assi di connessione con i corridoi Europei»; inoltre l'opera è stata inserita nel Piano per il Sud. La delibera CIPE 62/2011 ha attribuito a tale opera 90 milioni di euro a completamento del finanziamento della parte pubblica, che si aggiungono all'assegnazione programmatica (delibera CIPE del 2006) di 110 milioni, per un totale quindi di 200 milioni di euro;
    l'articolo 25, comma 11-ter, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013, n. 98, con riferimento a tale opera, ha disposto l'approvazione da parte del CIPE – entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di conversione – delle proposte dei soggetti promotori per l'approvazione dei progetti preliminari, anche suddivisi per lotti funzionali in coerenza con le risorse finanziarie disponibili. Inoltre ha stabilito che le risorse assegnate alla SS 372 Telesina con delibera CIPE n. 100/2006, a valere sulle risorse della «legge obiettivo», nonché quelle assegnate con delibera CIPE n. 62/2011, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, fossero destinate esclusivamente all'infrastruttura in parola: pertanto, oltre agli indicati 90 milioni di euro, anche i 200 milioni di euro che la medesima delibera originariamente aveva assegnato alla realizzazione dell'opera Termoli-San Vittore;
    il citato articolo 25, comma 11-ter ha previsto che la mancata approvazione delle proposte dei promotori, nel predetto termine di 90 giorni, avrebbe determinato l'annullamento della procedura e la revoca dei soggetti promotori: di conseguenza il soggetto promotore sarebbe decaduto il 10 novembre 2013;
    l'articolo 3, commi 1, 2, lettera c) e 5, del decreto-legge n. 133/2014 – nel complessivo incremento del Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di cui all'articolo 18, comma 1, del citato decreto legge 69/2013 – ha destinato ulteriori euro 90 milioni (su un totale di euro 3890 milioni totali) alla realizzazione di questi lavori, a condizione che gli essi siano, a pena di revoca del finanziamento, appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015;
    il comma 11 del medesimo articolo 3, coerentemente con le summenzionate nuove disposizioni procedimentali ha abrogato il citato articolo 25, comma 11-ter, decreto-legge n. 69/2013, come convertito;
    in sede referente, l'VIII Commissione della Camera dei deputati ha approvato l'emendamento 3.42 che, nell'incidere proprio sull'articolo 3, comma 11, da ultimo citato, assolveva ad una funzione meramente ricognitiva degli effetti giuridici ed economici già prodottisi in ragione dell'articolo 25, comma 11-ter su esposto;
    ai sensi della c.d. legge obiettivo, un'opera è definita come «strategica» quando rappresenta una soluzione infrastrutturale la cui realizzazione soddisfi un interesse prioritario della comunità; in tale ottica l'identificazione dello strumento con cui realizzare l'opera, ove considerata inappropriata, può essere superata, per adottare decisioni più adeguate, proprio in ragione della strategicità dell'intervento;
    in coerenza con le finalità di realizzazione delle opere pubbliche proprie del decreto-legge 133/2014 l'emendamento 3.42 mirava a confermare e favorire la realizzazione dei lavori di adeguamento della SS 372, in quanto, senza alcun impatto sui saldi di bilancio già previsti a legislazione vigente, assegnava ad ANAS le funzioni di stazione appaltante e soggetto aggiudicatore, accelerando attività di realizzazione e costruzione;
    tuttavia, il parere reso in data 22 ottobre u.s. dalla V Commissione Bilancio, ha posto quale condizione ex articolo 81 Cost. la soppressione del secondo e del terzo periodo dell'articolo 3, comma 11, «posto che l'annullamento delle procedure avviate e la revoca dei soggetti promotori in relazione agli interventi di adeguamento della strada statale e dello svincolo di Benevento sulla strada statale n. 88, nonché del collegamento autostradale Termoli-San Vittore, potrebbero determinare contenziosi con conseguenti maggiori oneri per la finanza pubblica»;
    tale parere, quindi ha assolto a quella funzione ricognitiva degli effetti giuridici di cui all'articolo 25, comma 11-ter (che proponeva il suddetto emendamento 3.42), solo limitatamente a quelli economici, tralasciando gli effetti giuridici di decadenza del soggetto promotore;
    la situazione suddetta rischia di compromettere il rispetto dei termini di appaltabilità e cantierabilità di cui all'articolo 3, comma 2, lettera c) del decreto-legge 133/2014;
    tutto ciò premesso, sulla base delle considerazioni espresse in relazione all'importanza strategica dell'infrastruttura «Telesina» e delle risorse complessivamente alla stessa dedicate,

impegna il Governo

ad assicurare con ogni forma di intervento ritenuta adeguata – ivi compreso lo strumento normativo – che siano rispettati i termini di cantierabilità ed appaltabilità dell'opera, rispettivamente stabiliti alle date del 30 aprile 2015 e 31 agosto 2015.
9/2629-AR/213Tino Iannuzzi, Speranza.


   La Camera,
   premesso che:
    nel novembre del 2013 una violenta alluvione si è abbattuta sulla Sardegna provocando la morte di 17 persone; precipitazioni a carattere torrenziale, molto intense e persistenti hanno investito la parte orientale dell'isola, e, in particolare, le province di Olbia-Tempio e Nuoro e, in rapida successione, le province di Oristano, Cagliari, Medio Campidano e Ogliastra; l'evento alluvionale – eccezionale per intensità – ha provocato esondazioni diffuse, allagamenti, rottura di argini e il collasso del sistema idrogeologico e idraulico; ondate di piena hanno travolto i bacini idrografici del Flumendosa, del Fluminimanno, del Cedrino e di Posada;
    gravissime le conseguenze sulle abitazioni, sulle colture agricole, sugli allevamenti, ingenti i danni alle attività produttive, alle strutture ricettive e agli esercizi commerciali, alle infrastrutture e ai servizi; particolarmente gravi i danni al settore zootecnico e agricolo;
    la legge di stabilità 2014 all'articolo 1, comma 111, ha stanziato risorse per permettere il rapido avvio nel 2014 di interventi di messa in sicurezza del territorio nazionale; 8 milioni sono stati destinati alla regione Sardegna per la mitigazione del rischio idrogeologico nei Comuni di Olbia e Bitti; tali risorse dovevano essere utilizzate per progetti immediatamente cantierabili per interventi di prevenzione e riduzione del rischio di alluvioni;
    la citata legge ha previsto la revoca del finanziamento statale e la contestuale rifinalizzazione, in caso di mancata pubblicazione del bando di gara o di affidamento dei lavori entro il 31 dicembre 2014; con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le risorse revocate saranno ridestinate ad altri interventi contro il dissesto idrogeologico, ove esistano progetti immediatamente cantierabili compatibili con le finalità della norma, fermo restando il vincolo territoriale di destinazione delle risorse; si prevede la rimodulazione degli accordi di programma;
    il tavolo tecnico della Conferenza Unificata ha rilevato l'esigenza di disporre una proroga dei termini fissati dalla legge di stabilità 2014 per evitare la revoca e la ridestinazione dei fondi destinati alla mitigazione del rischio dei Comuni di Olbia e Bitti; tali risorse sono infatti indispensabili per avviare i primi interventi nei territori di tali Comuni, profondamente segnati dall'evento alluvionale del novembre del 2013 e dove persistono situazioni di grave rischio per le persone e i beni;
   sottolineato che:
    le risorse per i Comuni di Olbia e Bitti sono state assegnate dopo l'evento alluvionale e – nonostante l'impegno delle amministrazioni – è, di fatto, impossibile rispettare il termine imposto dalla legge di stabilità per la pubblicazione del bando di gara entro dicembre 2014; devono infatti essere ancora completati gli adempimenti necessari alla procedura di evidenza pubblica (progettazione, acquisizione di pareri obbligatori),

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di disporre congrua proroga dei termini di cui all'articolo 1, comma 111, quarto periodo, della legge di stabilità 2014 per i finanziamenti concessi con provvedimenti successivi alla Delibera Cipe n. 812012 destinati ai Comuni di Olbia e Bitti;
    a valutare l'opportunità di escludere dal computo delle risorse utili ai fini degli obiettivi del patto di stabilità i fondi destinati agli interventi per il dissesto idrogeologico conseguente all'alluvione del novembre 2013 nella regione Sardegna, sia di pertinenza regionale sia di pertinenza degli enti locali inseriti nell'elenco dei Comuni colpiti.
9/2629-AR/214Giovanna Sanna, Francesco Sanna, Mura, Pes, Scanu, Cani, Marrocu.


   La Camera,
   premesso che:
   il decreto-legge in via di conversione 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive, prevede all'articolo 37 misure urgenti per l'approvvigionamento e il trasporto di gas naturale;
   considerato che:
    il gas naturale è approvvigionabile da una grande pluralità di fonti diverse, sia via gasdotto che via nave e autobotte in forma liquida, e che il suo consumo grazie a questa caratteristica può aumentare significativamente la sicurezza energetica nazionale rispetto ad altre fonti;
    ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti è indifferente la modalità di utilizzo finale del gas naturale, sia in forma gassosa o liquida, e che sempre a finì di sicurezza il sistema nazionale del gas naturale costituisce una filiera industriale organica;
     gli approvvigionamenti di aree rilevanti del Paese, quali la Sardegna, potrà in futuro avvenire con l'utilizzo di piccoli e medi depositi fissi e mobili di metano liquido, di dimensioni molto ridotte rispetto agli attuali rigassificatori, per la successiva alimentazione di singole reti di distribuzione, oltre che di industrie scollegate dalle reti e stazioni di servizio per trasporti terrestri, marittimi e ferroviari;
    le relative tecnologie sono ampiamente disponibili e già ampiamente utilizzate nell'Italia continentale per alimentare industrie e mezzi di trasporto di lungo raggio,

impegna il Governo

in sede di applicazione del decreto in esame a prevedere che l'articolo 37 si applica a tutte le infrastrutture di deposito e movimentazione del metano e non esclusivamente a quelle funzionali al ciclo di rigassificazione dei grandi terminali.
9/2629-AR/215Francesco Sanna, Giovanna Sanna.


   La Camera,
   premesso che:
   il decreto-legge in via di conversione 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive, prevede all'articolo 37 misure urgenti per l'approvvigionamento e il trasporto di gas naturale;
   considerato che:
    il gas naturale è approvvigionabile da una grande pluralità di fonti diverse, sia via gasdotto che via nave e autobotte in forma liquida, e che il suo consumo grazie a questa caratteristica può aumentare significativamente la sicurezza energetica nazionale rispetto ad altre fonti;
    ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti è indifferente la modalità di utilizzo finale del gas naturale, sia in forma gassosa o liquida, e che sempre a finì di sicurezza il sistema nazionale del gas naturale costituisce una filiera industriale organica;
     gli approvvigionamenti di aree rilevanti del Paese, quali la Sardegna, potrà in futuro avvenire con l'utilizzo di piccoli e medi depositi fissi e mobili di metano liquido, di dimensioni molto ridotte rispetto agli attuali rigassificatori, per la successiva alimentazione di singole reti di distribuzione, oltre che di industrie scollegate dalle reti e stazioni di servizio per trasporti terrestri, marittimi e ferroviari;
    le relative tecnologie sono ampiamente disponibili e già ampiamente utilizzate nell'Italia continentale per alimentare industrie e mezzi di trasporto di lungo raggio,

impegna il Governo

in sede di applicazione del decreto in esame a prevedere che l'articolo 37 si applica a tutte le infrastrutture di deposito e movimentazione del metano liquido e non esclusivamente a quelle funzionali al ciclo di rigassificazione dei grandi terminali.
9/2629-AR/215. (Testo modificato nel corso della seduta) Francesco Sanna, Giovanna Sanna.


   La Camera,
   premesso che:
    lunedì 13 ottobre piogge incessanti ed eccezionali hanno causato l'esondazione del torrente Baganza determinando l'alluvione di una vasta porzione della città di Parma;
    la zona della prima periferia sud ovest della città è stata allagata, numerosi ponti cittadini sono stati chiusi al traffico per ore, è crollato il ponte della Navetta sui torrente Baganza, l'ospedale e hospice Piccole figlie e la casa di riposo per anziani Villa Parma sono state evacuate e per i danni alle infrastrutture telefoniche sono rimaste a lungo isolate le province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena. 150 sono le famiglie rimaste prive di energia elettrica e circa 40 le persone sfollate dalle proprie abitazioni;
    per i lavoratori dell'ospedale e dell’hospice Piccole figlie – 110 operatori – è già stato siglato un accordo di cassa integrazione in deroga fino a fine novembre, poi prorogabile, A questi si aggiungono i circa 90 liberi professionisti ed i lavoratori delle cooperative che rischiano di rimanere senza reddito fino alla piena ripresa dell'attività della struttura;
    secondo le prime stime del Dipartimento della Protezione Civile dell'Emilia-Romagna, sono circa 20.000 le persone che hanno subito danni e gravi disagi;
    dalla stima effettuata dall'Amministrazione Provinciale i danni ammonterebbero ad almeno 150 milioni di euro, oltre a più di 4 milioni di euro necessari per il ripristino della viabilità provinciale oggi interrotta sulle SP 40, SP 15 eSP116;
   oltre al comune di Parma colpiti sono i comuni della Val Banganza e dell'Alta Val Parma, in particolarmente Calestano, Corniglio e Berceto, nonché quelli elencati nel decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 20 ottobre 2014 (Sospensione dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti colpiti dagli eventi meteorologici del 10 –14 ottobre 2014);
    la Provincia di Parma ha già avanzato alla Regione Emilia-Romagna l'istanza per la richiesta al Consiglio dei Ministri dello Stato di Emergenza Nazionale per i territori colpiti dalla calamità naturale;
    dovranno essere definite con urgenza, a partire dalla Legge di Stabilità 2015, misure volte alla copertura finanziaria delle spese dello stato di emergenza,

impegna il Governo:

   a deliberare con la massima sollecitudine la dichiarazione dello stato di emergenza per I territori colpiti dagli eventi eccezionali eventi meteorologici del 10-14 ottobre 2014;
   a stanziare le risorse necessarie alla realizzazione della cassa di espansione del torrente Baganza, prevista nell'Accordo di Programma Quadro firmato dalla Regione Emilia-Romagna e dal Ministero dell'Ambiente;
   ad individuare con urgenza, nei prossimi provvedimenti legislativi, tutte le misure necessarie a sostenere la ripresa dei territori colpiti dall'alluvione che ha colpito la provincia di Parma il 13 ottobre 2014 mediante interventi che consentano il ritorno alla quotidianità e il superamento dell'emergenza per i cittadini, le imprese e le Istituzioni disponendo al riguardo:
   ad esentare i Comuni colpiti dall'alluvione dalla contribuzione al fondo di solidarietà comunale 2015, oggi obbligatoria per legge attraverso una quota dell'IMU;
   a valutare l'ipotesi di esentare dall'IVA le opere di ripristino nei Comuni colpiti dall'alluvione;
   ad escludere dal Patto di Stabilità le spese effettuate per gli interventi di somma urgenza e di ripristino delle aree colpite dagli eventi alluvionali;
   a stanziare le necessarie risorse da destinare ai finanziamenti agevolati e ai risarcimenti dei soggetti privati coinvolti, in maniera urgente e tempestiva, anche mediante la semplificazione delle procedure per la certificazione dei danni.
9/2629-AR/216Maestri, Romanini.


   La Camera,
   premesso che:
    lunedì 13 ottobre piogge incessanti ed eccezionali hanno causato l'esondazione del torrente Baganza determinando l'alluvione di una vasta porzione della città di Parma;
    la zona della prima periferia sud ovest della città è stata allagata, numerosi ponti cittadini sono stati chiusi al traffico per ore, è crollato il ponte della Navetta sui torrente Baganza, l'ospedale e hospice Piccole figlie e la casa di riposo per anziani Villa Parma sono state evacuate e per i danni alle infrastrutture telefoniche sono rimaste a lungo isolate le province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena. 150 sono le famiglie rimaste prive di energia elettrica e circa 40 le persone sfollate dalle proprie abitazioni;
    per i lavoratori dell'ospedale e dell’hospice Piccole figlie – 110 operatori – è già stato siglato un accordo di cassa integrazione in deroga fino a fine novembre, poi prorogabile, A questi si aggiungono i circa 90 liberi professionisti ed i lavoratori delle cooperative che rischiano di rimanere senza reddito fino alla piena ripresa dell'attività della struttura;
    secondo le prime stime del Dipartimento della Protezione Civile dell'Emilia-Romagna, sono circa 20.000 le persone che hanno subito danni e gravi disagi;
    dalla stima effettuata dall'Amministrazione Provinciale i danni ammonterebbero ad almeno 150 milioni di euro, oltre a più di 4 milioni di euro necessari per il ripristino della viabilità provinciale oggi interrotta sulle SP 40, SP 15 eSP116;
   oltre al comune di Parma colpiti sono i comuni della Val Banganza e dell'Alta Val Parma, in particolarmente Calestano, Corniglio e Berceto, nonché quelli elencati nel decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 20 ottobre 2014 (Sospensione dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti colpiti dagli eventi meteorologici del 10 –14 ottobre 2014);
    la Provincia di Parma ha già avanzato alla Regione Emilia-Romagna l'istanza per la richiesta al Consiglio dei Ministri dello Stato di Emergenza Nazionale per i territori colpiti dalla calamità naturale;
    dovranno essere definite con urgenza, a partire dalla Legge di Stabilità 2015, misure volte alla copertura finanziaria delle spese dello stato di emergenza,

impegna il Governo a valutare la possibilità di:

   deliberare con la massima sollecitudine la dichiarazione dello stato di emergenza per I territori colpiti dagli eventi eccezionali eventi meteorologici del 10-14 ottobre 2014;
   stanziare le risorse necessarie alla realizzazione della cassa di espansione del torrente Baganza, prevista nell'Accordo di Programma Quadro firmato dalla Regione Emilia-Romagna e dal Ministero dell'Ambiente;
   individuare con urgenza, nei prossimi provvedimenti legislativi, tutte le misure necessarie a sostenere la ripresa dei territori colpiti dall'alluvione che ha colpito la provincia di Parma il 13 ottobre 2014 mediante interventi che consentano il ritorno alla quotidianità e il superamento dell'emergenza per i cittadini, le imprese e le Istituzioni disponendo al riguardo:
   esentare i Comuni colpiti dall'alluvione dalla contribuzione al fondo di solidarietà comunale 2015, oggi obbligatoria per legge attraverso una quota dell'IMU;
   valutare l'ipotesi di esentare dall'IVA le opere di ripristino nei Comuni colpiti dall'alluvione;
   escludere dal Patto di Stabilità le spese effettuate per gli interventi di somma urgenza e di ripristino delle aree colpite dagli eventi alluvionali;
   stanziare le necessarie risorse da destinare ai finanziamenti agevolati e ai risarcimenti dei soggetti privati coinvolti, in maniera urgente e tempestiva, anche mediante la semplificazione delle procedure per la certificazione dei danni.
9/2629-AR/216. (Testo modificato nel corso della seduta) Maestri, Romanini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 33 dei provvedimento in commento reca disposizioni per la bonifica ambientale e la riqualificazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale ed in particolare del comprensorio Bagnoli-Coroglio;
    con il comma 11 si stabilisce che le aree comprese nel comprensorio Bagnoli-Coroglio, perimetrate, per interventi di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale con decreto del Ministro dell'ambiente del 31 agosto 2001, sono dichiarate aree di rilevante interesse nazionale per gli effetti delle disposizioni recate dall'articolo 33;
    il Ministro dell'ambiente di concerto con gli enti locali ricadenti nel suddetto comprensorio, negli anni successivi al 2001, ha avviato un percorso di riperimetrazione dell'area degli interventi, e con il decreto ministeriale dell'8 agosto 2014 ha ridefinito il perimetro del Sito di Interesse Nazionale «Napoli Bagnoli-Coroglio» riducendolo significativamente rispetto alla perimetrazione del 2001;
    l'esame in commissione non ha chiarito le motivazioni che hanno portato il Governo a optare per la perimetrazione dell'area fatta nel 2001, invece di adottare la più recente dell'agosto del 2014, frutto anche di concertazione tra il Ministro dell'Ambiente e gli enti locali, così come richiesto da emendamenti parlamentari;
    il successivo comma 12 dispone che la proprietà delle aree e degli immobili del comprensorio Bagnoli-Coroglio appartenenti alla società Bagnoli Futura S.p.a. in stato di fallimento, sia trasferita, con il medesimo D.P.C.M. di nomina, al Soggetto attuatore, con oneri a carico del medesimo Soggetto attuatore;
    a tale scopo è prevista:
     1) una società per azioni, costituita dal Soggetto Attuatore, con capitale azionario aperto ad altri soggetti per il conferimento di altre aree ed immobili limitrofi al medesimo comprensorio di Bagnoli-Coroglio, meritevoli di salvaguardia e riqualificazione, previa autorizzazione del Commissario straordinario del Governo;
     2) il riconoscimento di un importo alla società Bagnoli Futura S.p.A, determinato sulla base del valore di mercato delle aree e degli immobili trasferiti rilevato dall'Agenzia del Demanio alla data del trasferimento della proprietà;
     3) il versamento dell'importo mediante azioni o altri strumenti finanziari emessi dalla società, con rimborso legato all'incasso delle somme rivenienti dagli atti di disposizione delle aree e degli immobili trasferiti, secondo modalità indicate con il decreto di nomina del Soggetto Attuatore;
    in fase di audizione sono state sollevate diverse perplessità sulla reale esigibilità dei titoli atti a compensare i creditori e tale incertezza nell'ambito delle procedure fallimentare potrebbe determinare significativi contenziosi, con effetti pregiudizievoli se non addirittura paralizzanti anche sulla società che dovrà costituire il Soggetto attuatore; i creditori ipotecari, difatti, non ricevendo alcuna contropartita certa, a fronte dell'estinzione del proprio diritto reale di garanzia, potrebbero opporsi al decreto di nomina del Soggetto attuatore, previsto dal comma 6 dell'articolo 33 e questa eventuale opposizione vedrebbe, nella qualità di cointeressato, la nuova S.p.a. costituita dal Soggetto attuatore stesso;
    a tal fine nelle more delle opposizioni, la società o il Soggetto attuatore non potrebbe stabilire quante azioni e/o strumenti finanziari dovrebbe emettere e a favore di quale beneficiario. Tale incertezza si ripercuoterebbe alla fine sui bilanci rendendone oltremodo difficile la redazione con conseguente rischio di impugnativa da parte di chiunque abbia l'interesse di riscuote il proprio credito, ivi compresi i creditori della precedente società Bagnoli Futura,

impegna il Governo:

   a chiarire le motivazioni che hanno determinato la modifica degli orientamenti del Governo in relazione all'estensione dell'area interessata agli interventi previsti dall'articolo 33 del decreto in esame soprattutto alla luce delle recenti scelte dello stesso Governo effettuate pochi mesi fa mediante il decreto dell'8 agosto 2014;
   a valutare l'opportunità di adottare la diversa perimetrazione individuata dal decreto dell'8 agosto 2014 in ragione della intesa su di essa raggiunta tra Governo ed enti locali interessati;
   a fare gli opportuni approfondimenti in relazione alla procedura individuata al comma 12 affinché essa non determini contenziosi atti a vanificare gli effetti positivi delle disposizioni introdotte nell'articolo 33.
9/2629-AR/217Manfredi, Tino Iannuzzi, Mazzoli, Marroni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 33 dei provvedimento in commento reca disposizioni per la bonifica ambientale e la riqualificazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale ed in particolare del comprensorio Bagnoli-Coroglio;
    con il comma 11 si stabilisce che le aree comprese nel comprensorio Bagnoli-Coroglio, perimetrate, per interventi di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale con decreto del Ministro dell'ambiente del 31 agosto 2001, sono dichiarate aree di rilevante interesse nazionale per gli effetti delle disposizioni recate dall'articolo 33;
    il Ministro dell'ambiente di concerto con gli enti locali ricadenti nel suddetto comprensorio, negli anni successivi al 2001, ha avviato un percorso di riperimetrazione dell'area degli interventi, e con il decreto ministeriale dell'8 agosto 2014 ha ridefinito il perimetro del Sito di Interesse Nazionale «Napoli Bagnoli-Coroglio» riducendolo significativamente rispetto alla perimetrazione del 2001;
    l'esame in commissione non ha chiarito le motivazioni che hanno portato il Governo a optare per la perimetrazione dell'area fatta nel 2001, invece di adottare la più recente dell'agosto del 2014, frutto anche di concertazione tra il Ministro dell'Ambiente e gli enti locali, così come richiesto da emendamenti parlamentari;
    il successivo comma 12 dispone che la proprietà delle aree e degli immobili del comprensorio Bagnoli-Coroglio appartenenti alla società Bagnoli Futura S.p.a. in stato di fallimento, sia trasferita, con il medesimo D.P.C.M. di nomina, al Soggetto attuatore, con oneri a carico del medesimo Soggetto attuatore;
    a tale scopo è prevista:
     1) una società per azioni, costituita dal Soggetto Attuatore, con capitale azionario aperto ad altri soggetti per il conferimento di altre aree ed immobili limitrofi al medesimo comprensorio di Bagnoli-Coroglio, meritevoli di salvaguardia e riqualificazione, previa autorizzazione del Commissario straordinario del Governo;
     2) il riconoscimento di un importo alla società Bagnoli Futura S.p.A, determinato sulla base del valore di mercato delle aree e degli immobili trasferiti rilevato dall'Agenzia del Demanio alla data del trasferimento della proprietà;
     3) il versamento dell'importo mediante azioni o altri strumenti finanziari emessi dalla società, con rimborso legato all'incasso delle somme rivenienti dagli atti di disposizione delle aree e degli immobili trasferiti, secondo modalità indicate con il decreto di nomina del Soggetto Attuatore;
    in fase di audizione sono state sollevate diverse perplessità sulla reale esigibilità dei titoli atti a compensare i creditori e tale incertezza nell'ambito delle procedure fallimentare potrebbe determinare significativi contenziosi, con effetti pregiudizievoli se non addirittura paralizzanti anche sulla società che dovrà costituire il Soggetto attuatore; i creditori ipotecari, difatti, non ricevendo alcuna contropartita certa, a fronte dell'estinzione del proprio diritto reale di garanzia, potrebbero opporsi al decreto di nomina del Soggetto attuatore, previsto dal comma 6 dell'articolo 33 e questa eventuale opposizione vedrebbe, nella qualità di cointeressato, la nuova S.p.a. costituita dal Soggetto attuatore stesso;
    a tal fine nelle more delle opposizioni, la società o il Soggetto attuatore non potrebbe stabilire quante azioni e/o strumenti finanziari dovrebbe emettere e a favore di quale beneficiario. Tale incertezza si ripercuoterebbe alla fine sui bilanci rendendone oltremodo difficile la redazione con conseguente rischio di impugnativa da parte di chiunque abbia l'interesse di riscuote il proprio credito, ivi compresi i creditori della precedente società Bagnoli Futura,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare la diversa perimetrazione individuata dal decreto dell'8 agosto 2014 in ragione della intesa su di essa raggiunta tra Governo ed enti locali interessati;
   a fare gli opportuni approfondimenti in relazione alla procedura individuata al comma 12 affinché essa non determini contenziosi atti a vanificare gli effetti positivi delle disposizioni introdotte nell'articolo 33.
9/2629-AR/217. (Testo modificato nel corso della seduta) Manfredi, Tino Iannuzzi, Mazzoli, Marroni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 reca, tra l'altro, disposizioni urgenti per sbloccare gli interventi sugli assi ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina;
    il raddoppio della tratta Termoli-Lesina della linea Pescara-Bari è in grado di assicurare, a regime, la funzione di collegamento dei porti di Taranto, Brindisi e Bari (nonché, per il tramite della linea jonica, anche dell'infrastruttura marittima di Gioia Tauro), con gli interporti e gli scali del Nord Italia (Bologna e Verona) e con le più importanti piattaforme logistiche dell'Europa dei Nord;
    i porti summenzionati costituiscono, peraltro, i terminali del ramo orientale del corridoio Helsinki-La Valletta che si diparte da Napoli verso Bari; risulta perciò chiaro il ruolo che la dorsale Adriatica può svolgere, a livello potenziale, in una dimensione Trans-Europea;
    nell'anno 2001, con l'entrata in vigore della legge n. 443/2001 e con la successiva approvazione della Delibera CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121, il progetto per il raddoppio della tratta «Termoli-Lesina» della linea Pescara-Bari è stato inserito fra le infrastrutture strategiche di interesse nazionale ed è divenuto, da allora, soggetto alle disposizioni della cosiddetta «Legge Obiettivo»;
    a luglio di quest'anno si era giunti ad una svolta decisiva quando il progetto dell'opera predisposto da FSI ha ricevuto il parere favorevole, con prescrizioni, da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici; le prescrizioni riguardavano sostanzialmente miglioramenti da apportare al progetto per tener conto di danni di natura ambientale e paesaggistica lamentati dalla regione Molise nel caso in cui il progetto si fosse realizzato come inizialmente proposto;
    la Regione Puglia, nel concordare sull'opportunità che nella fase progettuale successiva a quella in fase di approvazione fossero apportate le migliorie indicate dall'organo consultivo ministeriale, chiedeva che si proseguisse nell'iter procedurale stabilito dal codice dei contratti per l'approvazione di progetti che, relativamente alla localizzazione, non avessero il pieno accordo di tutti i territori interessati;
    la dorsale ferroviaria adriatica non è questione d'interesse della sola Regione Puglia ma è una questione di importanza nazionale che richiede gli opportuni ed urgenti interventi per completare, rendere più sicura, moderna, capace e veloce una infrastruttura indispensabile per i cittadini e foriera di notevoli vantaggi di natura economica derivanti dall'accelerazione della circolazione delle merci;
    l'attuale infrastruttura, infatti, non è più in grado di soddisfare la crescente domanda di trasporto, non essendo in condizione di sopportare un incremento del numero dei treni; essa risulta pertanto inadeguata allo sviluppo sociale, economico e industriale dell'area, tanto più che costantemente si registra anche un elevato traffico di passeggeri,

impegna il Governo

a procedere con urgenza e con ogni misura utile, al fine di sbloccare questa fondamentale infrastruttura al servizio della Puglia e dell'intero Paese.
9/2629-AR/218Mariano, Capone, Ginefra, Pelillo, Michele Bordo, Ventricelli, Cassano, Mongiello, Losacco, Massa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Unione Europea ha approvato tre direttive che riformano il settore degli appalti pubblici e delle concessioni (2014/25/UE sugli appalti nei cosiddetti «settori speciali»; 2014/24/UE sugli appalti pubblici nei settori ordinari; 2014/23/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione);
    la normativa comunitaria innova rispetto alla disciplina previgente grazie ad un approccio volto alla semplificazione delle procedure e al peso assegnato al settore degli appalti nell'ambito della «strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva»;
    il recepimento delle nuove direttive europee può rappresentare un'occasione importante per esaminare nella sua organicità il complesso delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni, come delineato nella disciplina contenuta decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e nel relativo Regolamento di attuazione;
    il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, dispone in numerosi punti deroghe e modifiche al Codice dei contratti pubblici, in particolare all'articolo 1 (disposizioni urgenti per sbloccare gli interventi su alcuni rilevanti assi ferroviari); all'articolo 3 (disposizioni urgenti per lo sblocco di opere indifferibili, urgenti e cantierabili) inserendo in tale articolo il nuovo criterio della cantierabilità delle opere, non compreso nel codice; all'articolo 5 (norme in materia di concessioni autostradali);
    le deroghe e le continue modifiche operate in questi anni al codice dei contratti pubblici discendono dall'estrema urgenza di riformarlo, ma la complessità e l'importanza dei temi da affrontare comportano un metodo di lavoro organico che coinvolga tutti i soggetti interessati in un lavoro di accurata revisione e semplificazione legislativa, capace di superare gli interventi sporadici e emergenziali;
    l'attuazione delle citate direttive offre l'opportunità di una vera e propria riscrittura del Codice dei contratti che non si limiti al puro e semplice recepimento dei nuovi istituti, ma si ponga l'ambizioso obiettivo di una riforma del settore degli appalti pubblici in Italia, ispirata a criteri di trasparenza, semplificazione e concorrenza;
    appare, pertanto, necessario accorciare i tempi del recepimento delle nuove direttive attraverso un'approfondita e specifica attività istruttoria che riprenda e valorizzi il lavoro già svolto dall'VII Commissione e che abbia l'obiettivo di coinvolgere in questa attività tutti i soggetti interessati all'opera di aggiornamento normativo,

impegna il Governo

a presentare in tempi rapidi la proposta di riforma del codice dei contratti pubblici, con l'obiettivo di semplificare gli adempimenti e le procedure, accentuare il sistema dei controlli e delle verifiche pubbliche per una maggiore efficacia della lotta alla corruzione e di ridurre il contenzioso anche mediante il ricorso a strumenti alternativi di risoluzione delle controversie.
9/2629-AR/219Arlotti, Mariani, Borghi, Mariastella Bianchi, Braga, Bratti, Carrescia, Cominelli, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Marroni, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Zardini, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    le ultime gravissime calamità naturali ripropongono con maggiore evidenza e drammaticità il problema di una adeguata pianificazione e gestione del territorio, della riduzione del rischio idrogeologico ed idraulico, della efficacia e della tempestività degli interventi di protezione civile nonché di un immediato intervento volto alla riparazione dei danni causati dagli eventi naturali calamitosi;
    l'articolo 7 reca norme per accelerare gli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico; si prevede che a partire dalla programmazione 2015, le risorse destinate ad interventi di prevenzione siano utilizzate tramite accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente; le risorse saranno destinate soprattutto ad interventi integrati finalizzati sia alla mitigazione del rischio, sia alla tutela e al recupero degli ecosistemi e con priorità per la delocalizzazione di edifici e di infrastrutture potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumità;
    il medesimo articolo 7 prevede anche il finanziamento di 110 milioni di euro per opere urgenti di sistemazione idraulica dei corsi d'acqua nelle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione;
    un ulteriore intervento per le fasi emergenziali destina una quota di 50 milioni di euro, a valere sulla quota nazionale delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020 e 2007-2013, al Fondo per le emergenze nazionali;
    in tale contesto rimane un obiettivo prioritario la possibilità per regioni ed enti locali di spendere in tempi rapidi le risorse già stanziate per interventi di prevenzione, liberandole da vincoli del patto di stabilità, al fine di salvare vite umane e ridurre i costi notevolmente più alti della gestione dell'emergenze e della riparazione dei danni;
    insieme a politiche efficaci di prevenzione del rischio occorre disporre di un quadro certo, omogeneo e stabile delle misure di gestione dell'emergenza, al fine di evitare le disparità di trattamento tra diversi territori che purtroppo si sono registrate nel corso degli anni;
    nell'ambito della riforma del titolo V e della conseguente riorganizzazione di soggetti e competenze istituzionali, occorre definire un riordino delle disposizioni legislative in materia di protezione civile, al fine di garantire un'omogenea predisposizione degli strumenti destinati alla prevenzione e alla gestione delle emergenze,

impegna il Governo:

   ad operare in tempi brevi una ricognizione delle disposizioni legislative vigenti in materia di protezione civile, con l'obiettivo di coordinarle ed integrarle anche mediante la redazione di testi unici volti a rendere omogenee e cogenti le modalità di pianificazione dell'emergenza in tutto il territorio nazionale, la disciplina dello stato di emergenza e le conseguenti misure finanziarie e contabili volte alla ripresa delle normali condizioni di vita nelle aree colpite;
   ad incrementare le risorse a valere sul Fondo per le emergenze nazionali e a rifinanziare i Fondi regionali di protezione civile, al fine di consentire la piena operatività delle strutture territoriali, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.
9/2629-AR/220Mariani, Borghi, Arlotti, Mariastella Bianchi, Braga, Bratti, Carrescia, Cominelli, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Marroni, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Zardini, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del decreto in esame introduce modifiche al Codice dell'ambiente nella parte relativa alla gestione delle risorse idriche e, in particolare, interviene sull'organizzazione territoriale del servizio idrico integrato; obiettivo fondamentale dell'articolo 7 del decreto – come modificato e integrato dalla Commissione – è dare piena applicazione alle norme della legge 36/94 sul servizio idrico integrato rimaste sinora, anche in parte, disapplicate ed effettività alle norme della medesima legge che avevano l'obiettivo di garantire, in tutto il territorio nazionale, livelli almeno minimi di servizio, una gestione integrata ed efficiente dell'intero sistema idrico e la piena e completa soddisfazione della domanda dell'utenza;
    i servizi idrici sono organizzati in ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36; sino ad oggi, a vent'anni dall'entrata in vigore della legge n. 36/1994 (cd. Legge Galli), alcune Regioni (Sicilia, Calabria, Campania, Lazio, Molise) non hanno ancora individuato gli enti d'ambito, risultando in tal modo inadempienti rispetto al disposto dell'articolo 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191;
    sinora non era possibile superare l'inerzia o l'inadempimento degli enti territoriali; il codice dell'ambiente non prevedeva l'attivazione del potere sostitutivo dello Stato nel caso in cui le Regioni non avessero definito gli Enti di governo dell'ambito; il decreto in esame – come integrato dalla Commissione – prevede una serie di prescrizioni per gli enti locali e territoriali e l'attivazione di poteri sostitutivi: l'obbligo, per le Regioni che non abbiano individuato gli Enti di governo dell'ambito a provvedere, con delibera, entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014, decorso il quale si applica il potere sostitutivo a norma della legge 131/2003; si prevede altresì l'obbligo, per gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, di partecipare all'ente di governo che esercita le competenze degli enti locali in materia di gestione e di programmazione delle risorse e delle infrastrutture idriche; qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo dell'ambito entro il termine fissato dalle regioni è prevista l'attivazione dei poteri sostitutivi del Presidente della regione e da ultimo – in caso di inerzia dello stesso – del Presidente del Consiglio dei Ministri che nomina un commissario ad acta, le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente;
    quando l'ambito territoriale ottimale (ATO) coincida con l'intero territorio regionale, la gestione del servizio idrico integrato sarà affidata in ambiti territoriali comunque non inferiori al territorio delle province o delle città metropolitane; sono state fatte salve le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti nei comuni montani; l'ente d'ambito potrà deliberare la forma di gestione più adeguata e la modalità più efficiente di affidamento del servizio, nel rispetto della disciplina europea e nazionale; è importante sottolineare che l'affidamento diretto può avvenire a favore di società in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, partecipate esclusivamente e direttamente da enti locali compresi nell'ambito territoriale ottimale;
    il nuovo gestore affidatario del servizio idrico avrà l'obbligo di riconoscere al gestore uscente un valore di rimborso a fine concessione; in tutti gli ambiti territoriali il servizio idrico sarà affidato a gestori unici; anche in questo caso, nel caso di mancato rispetto degli adempimenti, si prevede l'attivazione dei potere sostitutivo da parte del Presidente della Regione e, in caso di mancato esercizio dello stesso, di quello del Governo, mediante la nomina di un commissario ad acta, nonché la responsabilità erariale in caso di violazione delle disposizioni;
    l'articolo 7, con le modifiche operate nel corso dell'esame in Commissione, prevede anche un puntuale meccanismo di verifica da parte del Parlamento di tali adempimenti: entro il 31 dicembre 2014, e, negli anni successivi, entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, l'Authority competente presenterà al Parlamento una relazione relativa al rispetto delle prescrizioni a carico delle Regioni, per la costituzione degli Enti di governo dell'ambito; a carico degli Enti di governo dell'ambito, per l'affidamento del servizio idrico integrato; a carico degli Enti Locali, in relazione alla partecipazione agli Enti di governo dell'ambito e in merito all'affidamento in concessione d'uso gratuito delle infrastrutture del servizio idrico integrato ai gestori affidatari del servizio;
    l'articolo 7 del decreto prevede inoltre la revoca delle risorse stanziate dal CIPE per interventi nel settore idrico non impegnate con atti giuridicamente vincolanti alla data del 30 settembre 2014 e per i quali siano accertati obiettivi impedimenti progettuali o urbanistici o inerzia da parte dei soggetti attuatori; le risorse revocate andranno ad alimentare il Fondo istituito presso il Ministero dell'ambiente per il finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche;
    tra gli obiettivi più importanti conseguiti dal decreto è l'accelerazione degli interventi necessari all'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione oggetto di procedura di infrazione dell'Unione europea per la mancata applicazione della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane; per questi si prevede la possibilità di attivare il potere sostitutivo del Governo anche mediante commissari straordinari appositamente nominati;
    l'esame del decreto si è svolto in concomitanza con drammatici eventi alluvionali a Genova e, in rapida successione, in Maremma e nel Parmense: per questo particolare rilievo ed urgenza assumono le norme del decreto finalizzate all'utilizzo di risorse per interventi di riduzione del rischio idrogeologico e le misure per accelerare tali interventi; a partire dal 2015, le risorse per la riduzione del rischio idrogeologico saranno attivate con accordi di programma sottoscritti dalla Regione interessata e dal Ministero dell'ambiente; per consentire l'immediata realizzazione di interventi nelle zone alluvionate sono state introdotte deroghe al Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo n. 104 del 2010 per «esigenze imperative connesse a un interesse generale» di tutela della incolumità pubblica;
    le misure per la prevenzione del dissesto idrogeologico e la realizzazione degli interventi sui sistemi di depurazione e collettamento, consentono di rendere immediatamente spendibile una mole significativa di risorse – oltre tre miliardi di euro – stanziate nel corso degli anni e non spese per la complessità delle procedure burocratiche e per la notevole mole di contenzioso,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le iniziative necessarie a dare immediata attuazione alle disposizioni dell'articolo 7 – come modificate ed integrate dalla Commissione, – in particolare quelle finalizzate alla realizzazione delle opere necessarie alla riduzione del rischio e del dissesto idrogeologico;
   ad individuare – con priorità – le nuove opere da realizzare e le opere di manutenzione straordinaria per l'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione, per garantire – in tutto il territorio nazionale – il conseguimento almeno dei livelli minimi di servizio e il soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza, anche di quella residente nelle zone a minore accessibilità come le zone montane e nelle aree con minore densità di popolazione.
9/2629-AR/221Bratti, Mariani, Manfredi, Borghi, Braga, Arlotti, Mariastella Bianchi, Carrescia, Cominelli, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Marroni, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Zardini, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del decreto in esame introduce modifiche al Codice dell'ambiente nella parte relativa alla gestione delle risorse idriche e, in particolare, interviene sull'organizzazione territoriale del servizio idrico integrato; obiettivo fondamentale dell'articolo 7 del decreto – come modificato e integrato dalla Commissione – è dare piena applicazione alle norme della legge 36/94 sul servizio idrico integrato rimaste sinora, anche in parte, disapplicate ed effettività alle norme della medesima legge che avevano l'obiettivo di garantire, in tutto il territorio nazionale, livelli almeno minimi di servizio, una gestione integrata ed efficiente dell'intero sistema idrico e la piena e completa soddisfazione della domanda dell'utenza;
    i servizi idrici sono organizzati in ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36; sino ad oggi, a vent'anni dall'entrata in vigore della legge n. 36/1994 (cd. Legge Galli), alcune Regioni (Sicilia, Calabria, Campania, Lazio, Molise) non hanno ancora individuato gli enti d'ambito, risultando in tal modo inadempienti rispetto al disposto dell'articolo 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191;
    sinora non era possibile superare l'inerzia o l'inadempimento degli enti territoriali; il codice dell'ambiente non prevedeva l'attivazione del potere sostitutivo dello Stato nel caso in cui le Regioni non avessero definito gli Enti di governo dell'ambito; il decreto in esame – come integrato dalla Commissione – prevede una serie di prescrizioni per gli enti locali e territoriali e l'attivazione di poteri sostitutivi: l'obbligo, per le Regioni che non abbiano individuato gli Enti di governo dell'ambito a provvedere, con delibera, entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014, decorso il quale si applica il potere sostitutivo a norma della legge 131/2003; si prevede altresì l'obbligo, per gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, di partecipare all'ente di governo che esercita le competenze degli enti locali in materia di gestione e di programmazione delle risorse e delle infrastrutture idriche; qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo dell'ambito entro il termine fissato dalle regioni è prevista l'attivazione dei poteri sostitutivi del Presidente della regione e da ultimo – in caso di inerzia dello stesso – del Presidente del Consiglio dei Ministri che nomina un commissario ad acta, le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente;
    quando l'ambito territoriale ottimale (ATO) coincida con l'intero territorio regionale, la gestione del servizio idrico integrato sarà affidata in ambiti territoriali comunque non inferiori al territorio delle province o delle città metropolitane; sono state fatte salve le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti nei comuni montani; l'ente d'ambito potrà deliberare la forma di gestione più adeguata e la modalità più efficiente di affidamento del servizio, nel rispetto della disciplina europea e nazionale; è importante sottolineare che l'affidamento diretto può avvenire a favore di società in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, partecipate esclusivamente e direttamente da enti locali compresi nell'ambito territoriale ottimale;
    il nuovo gestore affidatario del servizio idrico avrà l'obbligo di riconoscere al gestore uscente un valore di rimborso a fine concessione; in tutti gli ambiti territoriali il servizio idrico sarà affidato a gestori unici; anche in questo caso, nel caso di mancato rispetto degli adempimenti, si prevede l'attivazione dei potere sostitutivo da parte del Presidente della Regione e, in caso di mancato esercizio dello stesso, di quello del Governo, mediante la nomina di un commissario ad acta, nonché la responsabilità erariale in caso di violazione delle disposizioni;
    l'articolo 7, con le modifiche operate nel corso dell'esame in Commissione, prevede anche un puntuale meccanismo di verifica da parte del Parlamento di tali adempimenti: entro il 31 dicembre 2014, e, negli anni successivi, entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, l'Authority competente presenterà al Parlamento una relazione relativa al rispetto delle prescrizioni a carico delle Regioni, per la costituzione degli Enti di governo dell'ambito; a carico degli Enti di governo dell'ambito, per l'affidamento del servizio idrico integrato; a carico degli Enti Locali, in relazione alla partecipazione agli Enti di governo dell'ambito e in merito all'affidamento in concessione d'uso gratuito delle infrastrutture del servizio idrico integrato ai gestori affidatari del servizio;
    l'articolo 7 del decreto prevede inoltre la revoca delle risorse stanziate dal CIPE per interventi nel settore idrico non impegnate con atti giuridicamente vincolanti alla data del 30 settembre 2014 e per i quali siano accertati obiettivi impedimenti progettuali o urbanistici o inerzia da parte dei soggetti attuatori; le risorse revocate andranno ad alimentare il Fondo istituito presso il Ministero dell'ambiente per il finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche;
    tra gli obiettivi più importanti conseguiti dal decreto è l'accelerazione degli interventi necessari all'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione oggetto di procedura di infrazione dell'Unione europea per la mancata applicazione della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane; per questi si prevede la possibilità di attivare il potere sostitutivo del Governo anche mediante commissari straordinari appositamente nominati;
    l'esame del decreto si è svolto in concomitanza con drammatici eventi alluvionali a Genova e, in rapida successione, in Maremma e nel Parmense: per questo particolare rilievo ed urgenza assumono le norme del decreto finalizzate all'utilizzo di risorse per interventi di riduzione del rischio idrogeologico e le misure per accelerare tali interventi; a partire dal 2015, le risorse per la riduzione del rischio idrogeologico saranno attivate con accordi di programma sottoscritti dalla Regione interessata e dal Ministero dell'ambiente; per consentire l'immediata realizzazione di interventi nelle zone alluvionate sono state introdotte deroghe al Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo n. 104 del 2010 per «esigenze imperative connesse a un interesse generale» di tutela della incolumità pubblica;
    le misure per la prevenzione del dissesto idrogeologico e la realizzazione degli interventi sui sistemi di depurazione e collettamento, consentono di rendere immediatamente spendibile una mole significativa di risorse – oltre tre miliardi di euro – stanziate nel corso degli anni e non spese per la complessità delle procedure burocratiche e per la notevole mole di contenzioso,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le iniziative necessarie a dare immediata attuazione alle disposizioni dell'articolo 7 – come modificate ed integrate dalla Commissione, – in particolare quelle finalizzate alla realizzazione delle opere necessarie alla riduzione del rischio e del dissesto idrogeologico;
   a favorire l'individuazione – con priorità – delle nuove opere da realizzare e delle opere di manutenzione straordinaria per l'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione, per garantire – in tutto il territorio nazionale – il conseguimento almeno dei livelli minimi di servizio e il soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza, anche di quella residente nelle zone a minore accessibilità come le zone montane e nelle aree con minore densità di popolazione.
9/2629-AR/221. (Testo modificato nel corso della seduta) Bratti, Mariani, Manfredi, Borghi, Braga, Arlotti, Mariastella Bianchi, Carrescia, Cominelli, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Marroni, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Zardini, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    il 7 ottobre 1998 il Presidente del Consiglio dei Ministri Romano Prodi e il Presidente della Regione Basilicata Angelo Raffaele Dinardo hanno firmato un Protocollo d'intesa che definisce un piano di interventi «per accelerare lo sviluppo socio-economico delle aree della Regione Basilicata (Val d'Agri) interessate all'estrazione di idrocarburi»;
    con la deliberazione n. 2940 del 12 ottobre 1998 la Giunta regionale della Basilicata ha preso atto del citato Protocollo d'intesa;
    con la deliberazione n. 3530 del 18 novembre 1998 la Giunta regionale della Basilicata ha approvato il testo del «Protocollo di intenti» per lo sviluppo delle attività petrolifere in Val d'Agri, che prevede a regime una produzione giornaliera di 104 mila barili/giorno ed investimenti delle compagnie petrolifere per interventi di compensazione e monitoraggio ambientale, promozione dello sviluppo economico e dell'occupazione;
    il 18 novembre 1998 il Presidente della Regione Basilicata Angelo Raffaele Dinardo e l'Amministratore delegato dell'Eni Franco Bernabé hanno firmato il citato «Protocollo di intenti»;
    il 5 gennaio 2000 il Presidente del Consiglio dei ministri Massimo D'Alema e il Presidente della Regione Basilicata Angelo Raffaele Dinardo hanno firmato l'intesa istituzionale di programma fra il Governo e la Regione Basilicata, che prevedeva un impegno finanziario di circa 2.163 miliardi di lire per la realizzazione di infrastrutture di collegamento viario e ferroviario e nel settore sanitario;
    la delibera Cipe del 21 dicembre 2001, collegata all'attuazione della cosiddetta legge obiettivo, prevedeva la realizzazione in Basilicata di 19 infrastrutture viarie, ferroviarie, idriche ed irrigue, che però in massima parte non verranno mai finanziate e realizzate;
    il 18 novembre 2004 i rappresentanti di Regione, Total e Ministero delle attività produttive hanno sottoscritto lo schema di Protocollo d'intesa per lo sviluppo delle attività petrolifere nella valle del Sauro, che a regime prevede una produzione giornaliera di 50 mila barili/giorno ed investimenti delle compagnie petrolifere per interventi di compensazione e monitoraggio ambientale, promozione dello sviluppo economico e dell'occupazione;
    con la deliberazione n. 2618 del 22 novembre 2004, la Giunta regionale della Basilicata ha preso atto dello schema di protocollo d'intesa, trasmettendolo al Consiglio regionale che lo ha a sua volta approvato con la delibera n. 905 del 19 gennaio 2005, autorizzando il presidente della Regione a compiere tutti gli atti conseguenti;
    il 22 settembre 2006 il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, ha sottoscritto l'accordo quadro con le compagnie petrolifere Total, Shell ed Esso relativo alla concessione di coltivazione di idrocarburi nella valle del Sauro;
    il 19 aprile 2011 il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, ed i Sottosegretari Guido Viceconte e Stefano Saglia in rappresentanza del Governo, hanno sottoscritto il Memorandum di intesa Stato-Regione Basilicata per l'accelerazione dello Sviluppo regionale, la crescita occupazionale, l'incremento di infrastrutture e la realizzazione di interventi di ricerca e innovazione in relazione alla ricerca e coltivazioni di fonti fossili in Basilicata;
    in ragione del citato accordo sottoscritto nel 1998, i giacimenti attualmente attivi in Basilicata nel 2013 hanno fatto registrare una produzione petrolifera pari a Kg. 3.940.455.398 (per una produzione media giornaliera di circa 85 mila barili/giorno) e una produzione di gas pari a Smc. 1.270.943.007;
    in ragione dell'accordo sottoscritto nel 2004 e confermato nel 2006 nel 2016 è prevista l'entrata in produzione del giacimento della valle del Sauro, gestito dalla Total, per la quale si prevede a regime una produzione di circa 50 mila barili/giorno;
    da circa 20 anni la Basilicata offre un apporto significativo all'Italia, contribuendo per circa il 7 per cento del fabbisogno energetico nazionale ma, pur in presenza dei citati accordi e impegni sottoscritti dal Governo, ha ricevuto fino ad oggi risposte parziali e inefficaci in termini di investimenti reali per le infrastrutture, lo sviluppo e l'occupazione, in un territorio che vive tutti i disagi connessi alle estrazioni petrolifere;
    l'attività petrolifera, svolta attualmente attraverso i pozzi di estrazione e di reiniezione, il centro Olio e l'oleodotto Viggiano-Taranto, presenta un rilevante impatto sul territorio, che sarà ulteriormente aggravato dall'imminente entrata in produzione del giacimento della valle del Sauro, per il quale è in corso l'attivazione di un altro centro Olio, di altri pozzi e di un nuovo oleodotto;
    destano preoccupazione e allarme sociale i ripetuti malfunzionamenti del centro Olio di Viggiano, che si sono verificati negli ultimi mesi con delle improvvise fiammate dovute probabilmente alle interruzioni della fornitura di energia elettrica;
    il sistema di controllo e monitoraggio ambientale pubblico è risultato disarticolato e debole;
    nella zona delle estrazioni sono presenti la diga del Pertusillo e la diga di Montecotugno, che con la loro notevole capacità di invaso, pari ad oltre 500 milioni di metri cubi, assicurano le risorse idriche per gli usi civili e industriali ad una popolazione di circa 5 milioni di abitanti di Basilicata e Puglia;
    gli impegni assunti con l'intesa istituzionale di programma del 5 gennaio 2000 sono stati solo in parte onorati dai Governi nazionali;
    le opere infrastrutturali inserite nell'elenco delle priorità della legge Obiettivo non sono mai state finanziate;
    l'accordo quadro sottoscritto nel 2006 dalla Regione Basilicata con le compagnie petrolifere Total, Shell ed Esso relativo alla concessione di coltivazione di idrocarburi nella valle del Sauro, non è stato seguito da una nuova intesa istituzionale fra Governo e Regione, così come era avvenuto precedentemente per il protocollo d'intenti con l'Eni;
    con l'ordine del giorno presentato dai deputati del Pd Speranza, Folino e Antezza (9/01865-A/090), e approvato il 20 dicembre 2013, il Governo si è impegnato «a valutare la necessità di ridefinire in maniera organica la normativa (..) con le regioni interessate e a convocare, in particolare, la Regione Basilicata per la definizione di una nuova intesa istituzionale per assicurare le risorse energetiche al Paese e rassicurare le popolazioni ed i territori in termini di salvaguardia ambientale e sviluppo economico»,

impegna il Governo:

   a definire una nuova intesa istituzionale con la Regione Basilicata, «per assicurare le risorse energetiche al Paese e rassicurare le popolazioni ed i territori in termini di salvaguardia ambientale e sviluppo economico», così come previsto dall'ordine del giorno approvato dalla Camera dei deputati il 20 dicembre 2013, allo scopo di:
   definire, entro 60 giorni dall'approvazione della legge di conversione del decreto «Sblocca Italia» e comunque prima di procedere al rilascio dei titoli concessori unici di cui ai commi 5, 6 e 8 dell'articolo 38, la quantità massima di idrocarburi liquidi e gassosi (in termini di barili/giorno) da estrarre in relazione alle aree interessate;
   definire un piano di interventi per lo sviluppo economico ed infrastrutturale della Basilicata, collegato alla programmazione comunitaria, da finanziare con un piano di anticipazioni, in base alle disposizioni dell'articolo 10 del decreto Legge 12 settembre 2014, n. 133, da recuperare a valere sui proventi delle estrazioni petrolifere di cui all'articolo 19, comma 1, e articolo 20 del decreto legislativo 25 novembre 1996 n. 625, all'articolo 16 della legge n. 27 del 2012 e all'articolo 45 della legge 23 luglio 2009 n. 99, (modificati con gli articoli 36-bis e 36 del decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133);
   promuovere, di concerto con la Regione Basilicata, e con il contributo dell'Ispra, dell'Arpab, dell'Università degli Studi della Basilicata e degli enti di ricerca presenti sul territorio regionale, la riorganizzazione dei sistemi di controllo e monitoraggio ambientale;
   promuovere, presso la Regione Basilicata e sotto la diretta responsabilità del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, un «Tavolo della Trasparenza», con la partecipazione delle istituzioni e del mondo associativo del territorio, che operi con la supervisione di una commissione tecnico – scientifica composta come previsto per l'analogo organismo istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 3, dell'OPCM 3267/2003 e dell'articolo 3, comma 2, dell'OPCM 3355/2004, per assicurare la vigilanza e l'informazione sull'impatto delle attività petrolifere per la salute e l'ambiente.
9/2629-AR/222Speranza, Folino, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 43 del decreto-legge 133 del 2014 reca misure in materia di utilizzo del Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti territoriali e del Fondo di solidarietà nazionale;
    nel corso dell'esame parlamentare, nel citato articolo 43, è stato introdotto uno specifico comma 3-bis il quale reca disposizioni volte a limitare, per l'anno 2014, l'applicazione di talune sanzioni previste dalla normativa vigente per il mancato rispetto del patto di stabilità interno 2013 da parte degli enti locali;
    in particolare il comma 3-bis prevede che, per gli enti che non hanno conseguito l'obiettivo del patto, sia ridotta l'applicazione della sanzione consistente nella riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale, di cui alla lettera a) del comma 26 dell'articolo 31 della legge n. 183 del 2011, limitandola ad un importo massimo corrispondente al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo, anziché commisurarla all'effettivo scostamento tra il risultato e l'obiettivo programmatico;
    tale disposizione prevede altresì che, su richiesta dei comuni che hanno attivato nel 2014 la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, nonché dei comuni che nel 2014 hanno deliberato il dissesto finanziario, il pagamento della sanzione possa essere rateizzato in 10 anni e gli effetti finanziari determinati dalla sua applicazione non concorrono alla riduzione degli obiettivi del patto di stabilità interno sulla base della premialità;
    analoghe esigenze vengono manifestate da numerose Amministrazioni Provinciali di tutto il territorio nazionale, le quali si trovano nella impossibilità finanziaria di poter assicurare l'erogazione di servizi minimi ed essenziali di propria pertinenza alla cittadinanza quali la sicurezza stradale e viabilistica, la pulizia della neve dalle arterie stradali di propria competenza, il riscaldamento delle scuole di propria competenza,

impegna il Governo

ad estendere, partendo dalla legge di stabilità, le previsioni di cui all'articolo 43 comma 3-bis anche alle Province che si presentano in analoghe condizioni, valutando altresì per le medesime la possibilità di prevedere un rinvio di cinque anni nel pagamento delle rate dei mutui contratti ed un esonero degli enti provinciali in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale nonché di dissesto finanziario dagli effetti di riduzione dei trasferimenti.
9/2629-AR/223Zardini, Borghi, Arlotti, Mariastella Bianchi, Bratti, Carrescia, Cominelli, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 43 del decreto-legge 133 del 2014 reca misure in materia di utilizzo del Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti territoriali e del Fondo di solidarietà nazionale;
    nel corso dell'esame parlamentare, nel citato articolo 43, è stato introdotto uno specifico comma 3-bis il quale reca disposizioni volte a limitare, per l'anno 2014, l'applicazione di talune sanzioni previste dalla normativa vigente per il mancato rispetto del patto di stabilità interno 2013 da parte degli enti locali;
    in particolare il comma 3-bis prevede che, per gli enti che non hanno conseguito l'obiettivo del patto, sia ridotta l'applicazione della sanzione consistente nella riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale, di cui alla lettera a) del comma 26 dell'articolo 31 della legge n. 183 del 2011, limitandola ad un importo massimo corrispondente al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo, anziché commisurarla all'effettivo scostamento tra il risultato e l'obiettivo programmatico;
    tale disposizione prevede altresì che, su richiesta dei comuni che hanno attivato nel 2014 la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, nonché dei comuni che nel 2014 hanno deliberato il dissesto finanziario, il pagamento della sanzione possa essere rateizzato in 10 anni e gli effetti finanziari determinati dalla sua applicazione non concorrono alla riduzione degli obiettivi del patto di stabilità interno sulla base della premialità;
    analoghe esigenze vengono manifestate da numerose Amministrazioni Provinciali di tutto il territorio nazionale, le quali si trovano nella impossibilità finanziaria di poter assicurare l'erogazione di servizi minimi ed essenziali di propria pertinenza alla cittadinanza quali la sicurezza stradale e viabilistica, la pulizia della neve dalle arterie stradali di propria competenza, il riscaldamento delle scuole di propria competenza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di estendere, partendo dalla legge di stabilità, le previsioni di cui all'articolo 43 comma 3-bis anche alle Province che si presentano in analoghe condizioni, valutando altresì per le medesime la possibilità di prevedere un rinvio di cinque anni nel pagamento delle rate dei mutui contratti ed un esonero degli enti provinciali in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale nonché di dissesto finanziario dagli effetti di riduzione dei trasferimenti.
9/2629-AR/223. (Testo modificato nel corso della seduta) Zardini, Borghi, Arlotti, Mariastella Bianchi, Bratti, Carrescia, Cominelli, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna.


   La Camera,
   premesso che:
    la drammatica alluvione che ha flagellato nei giorni scorsi il territorio piemontese – e l'area della Valle Strona (Vb) in particolare – ha devastazione del territorio con la distruzione di innumerevoli strutture pubbliche, ingentissimi danni a privati cittadini ed a attività commerciali, produttive ed industriali;
    sono 10 i Comuni nella Provincia del Verbano Cusio Ossola colpiti dall'alluvione; ad una prima ricognizione si stimano danni per oltre 1/25 milioni di euro alle strutture pubbliche e di danni alla viabilità provinciale; a tali stime bisogna sommare i danni subiti dai soggetti privati ancora oggi non quantificati in maniera definitiva;
    la Regione Piemonte ha chiesto al Consiglio dei Ministri di riconoscere in tempi brevi lo Stato di Emergenza Nazionale per i territori colpiti dalla calamità naturale;
    dovranno essere definite con urgenza a partire dai primi provvedimenti legislativi, a partire dalla Legge di Stabilità 2015, misure volte alla copertura finanziaria delle spese dello stato di emergenza,

impegna il Governo:

   ad individuare con urgenza, nei prossimi provvedimenti legislativi, tutte le misure utili a sostenere la ripresa dei territori piemontesi colpiti dall'alluvione del 13 ottobre 2014 mediante interventi che consentano il ritorno alla quotidianità e il superamento dell'emergenza per i cittadini, le imprese e le Istituzioni disponendo al riguardo:
    ad esentare i Comuni colpiti dall'alluvione dalla decurtazione del fondo di solidarietà comunale 2015;
    a valutare l'ipotesi di esentare dall'IVA le opere di ripristino nei Comuni colpiti dall'alluvione;
    ad escludere dal Patto di Stabilità le spese effettuate per gli interventi di somma urgenza e di ripristino delle aree colpite dagli eventi alluvionali;
   a stanziare le necessarie risorse da destinare ai finanziamenti agevolati e ai risarcimenti dei soggetti privati coinvolti, in maniera urgente e tempestiva, anche mediante la semplificazione delle procedure per la certificazione dei danni.
9/2629-AR/224Borghi.


   La Camera,
   premesso che:
    la drammatica alluvione che ha flagellato nei giorni scorsi il territorio piemontese – e l'area della Valle Strona (Vb) in particolare – ha devastazione del territorio con la distruzione di innumerevoli strutture pubbliche, ingentissimi danni a privati cittadini ed a attività commerciali, produttive ed industriali;
    sono 10 i Comuni nella Provincia del Verbano Cusio Ossola colpiti dall'alluvione; ad una prima ricognizione si stimano danni per oltre 1/25 milioni di euro alle strutture pubbliche e di danni alla viabilità provinciale; a tali stime bisogna sommare i danni subiti dai soggetti privati ancora oggi non quantificati in maniera definitiva;
    la Regione Piemonte ha chiesto al Consiglio dei Ministri di riconoscere in tempi brevi lo Stato di Emergenza Nazionale per i territori colpiti dalla calamità naturale;
    dovranno essere definite con urgenza a partire dai primi provvedimenti legislativi, a partire dalla Legge di Stabilità 2015, misure volte alla copertura finanziaria delle spese dello stato di emergenza,

impegna il Governo a valutare la possibilità di:

   individuare con urgenza, nei prossimi provvedimenti legislativi, tutte le misure utili a sostenere la ripresa dei territori piemontesi colpiti dall'alluvione del 13 ottobre 2014 mediante interventi che consentano il ritorno alla quotidianità e il superamento dell'emergenza per i cittadini, le imprese e le Istituzioni disponendo al riguardo:
    esentare i Comuni colpiti dall'alluvione dalla decurtazione del fondo di solidarietà comunale 2015;
    valutare l'ipotesi di esentare dall'IVA le opere di ripristino nei Comuni colpiti dall'alluvione;
    escludere dal Patto di Stabilità le spese effettuate per gli interventi di somma urgenza e di ripristino delle aree colpite dagli eventi alluvionali;
   stanziare le necessarie risorse da destinare ai finanziamenti agevolati e ai risarcimenti dei soggetti privati coinvolti, in maniera urgente e tempestiva, anche mediante la semplificazione delle procedure per la certificazione dei danni.
9/2629-AR/224. (Testo modificato nel corso della seduta) Borghi.


   La Camera,
   premesso che:

    l'articolo 31 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, introduce la possibilità di variare la destinazione d'uso degli immobili alberghieri da strutture ricettive a residenziale, promuovendo la formula dei cosiddetti condhotel, che uniscono il servizio degli alberghi alla tipologia degli alloggi residenziali;
    la previsione contenuta nel decreto-legge in esame appare quanto meno inopportuna, in quanto la formula condhotel è già prevista nell'articolo 10 comma 5 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106 che ha demandato a un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo il relativo decreto attuativo in accordo con la Conferenza delle Regioni;
    appare evidente che, se si vuole diversificare l'offerta alberghiera e creare nuove opportunità di investimenti, occorre procedere con i provvedimenti attuativi delle leggi già approvate, e non sovrascrivere ulteriori norme che rischiano di aumentare la confusione normativa e i conflitti di competenze tra amministrazioni dello Stato, vanificando le aspettative degli imprenditori turistici e dando spazio a una vera e propria speculazione immobiliare interessata a trasformare numerosi alberghi, soprattutto nelle aree turisticamente più pregiate, in appartamenti,

impegna il Governo

a coordinare la disciplina dei condhotel recata dall'articolo 31 del decreto-legge in esame con quella recata dall'articolo 10 del decreto-legge n. 83 del 2014 evitando in ogni caso il rischio della speculazione immobiliare e della trasformazione degli esercizi ricettivi in immobili residenziali, privi del tutto o in parte dei servizi offerti dagli alberghi.
9/2629-AR/225Petitti, Borghi, Arlotti, Cominelli, Camani, Mariastella Bianchi, Bratti, Carrescia, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Giovanna Sanna, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 reca, tra l'altro, disposizioni urgenti per sbloccare gli interventi sugli assi ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina;
    la città di Matera, prima città del Meridione ad essere stata dichiarata Patrimonio Unesco nel 1993, è sostanzialmente priva di infrastrutture ferroviarie statali, oltreché di infrastrutture connesse alla rete autostradale;
    il diritto alla mobilità costituzionalmente garantito, assume per Matera una valenza ancora maggiore a seguito della sua recente individuazione come Capitale europea della Cultura del 2019;
    nei prossimi anni la città di Matera sarà sempre più interessata da flussi turistici, continui e consistenti tali da rendere ormai indilazionabile un collegamento primario e funzionale con i principali poli di trasporto e mobilità delle Ferrovie dello Stato;
    allo scopo di reperire i necessari finanziamenti può farsi utilmente riferimento anche ai programmi di sviluppo richiamati dall'articolo 16 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, come modificato dall'articolo 36-bis del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133,

impegna il Governo

ad assicurare, anche utilizzando una quota delle risorse rivenienti dal citato articolo 16, i finanziamenti necessari alla Regione Basilicata per consentire l'inserimento della città di Matera nella rete ferroviaria di livello regionale e nazionale ed il collegamento funzionale con i principali nodi ferroviari nazionali.
9/2629-AR/226Antezza, Speranza, Folino.


   La Camera,
   premesso che:
    in Basilicata la produzione petrolifera avviata a seguito del «Protocollo di intenti» per lo sviluppo delle attività petrolifere in Val d'Agri, firmato il 18 novembre 1998 dalla Regione Basilicata e dall'Eni, nel 2013 è stata pari a Kg. 3.940.455.398 e la produzione di gas è stata pari a Smc. 1.270.943.007;
    a seguito dell'accordo quadro per lo sviluppo delle attività petrolifere nella valle del Sauro, firmato il 22 settembre 2006 dalla Regione Basilicata e da Total, Shell ed Esso si prevede a partire dal 2016 una ulteriore produzione giornaliera di 50 mila barili/giorno;
    in base ai suddetti accordi la produzione massima prevista per i due principali giacimenti (Val d'Agri e Valle del Sauro) è di 154 mila barili / giorno, pari a circa l'80 per cento della produzione giornaliera di greggio italiana ed a circa il 7 per cento del fabbisogno nazionale; attualmente, in forza dei titoli minerari vigenti, la produzione petrolifera in Basilicata è di circa 85 mila barili / giorno e le attività di ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi riguardano un'area di 3,400,76 Kmq;
    dai dati disponibili sul sito internet della Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello Sviluppo economico risultano presentate ad oggi 18 ulteriori istanze per il conferimento di nuovi titoli minerari (di cui 2 in fase di Istruttoria pre-CIRM dalla ricezione dell'istanza all'emanazione del parere della CIRM-MSE, 13 in corso valutazione ambientale dalla richiesta di presentazione della VIA all'emanazione del decreto VIA – Operatore/MATTM/Regione – e 3 in Fase decisoria dal decreto VIA alla Conferenza dei servizi e all'emanazione del decreto di conferimento – MSE), che riguardano un'area di 4102,7 Kmq;
    quindi, in caso di accoglimento delle suddette richieste, il territorio della Basilicata, che si estende per circa 10.000 Kmq, verrebbe interessato dalle attività petrolifere per oltre il 70 per cento,

impegna il Governo

a prevedere il rilascio dei titoli concessori unici di cui all'articolo 38 del presente decreto per la Regione Basilicata entro il limite massimo di produzione di complessivi 154 mila barili/giorno.
9/2629-AR/227Folino, Speranza, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 118, ultimo comma, della Costituzione recita: «Stato, Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà», rendendo evidente l'intento di assecondare e sostenere l'autonomia dei soggetti sociali che operano nell'interesse generale, riconoscendo agli interlocutori associativi una piena legittimazione ad agire per la cura dei beni comuni;
    il mondo associativo, in particolare Cittadinanzattiva, ha evidenziato l'importanza del recupero dei beni pubblici inutilizzati sia per finalità d'interesse generale sia per favorire la creazione di posti di lavoro tramite l'insediamento in quegli stessi beni di nuove attività economiche; il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, cosiddetto «decreto Sblocca Italia», costituisce un'importante occasione per dare attuazione al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118 della Costituzione;
    il decreto reca infatti misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idro-geologico e per la ripresa delle attività produttive conferendo, rispettivamente, negli articoli 24 e 26, un ruolo attivo alla cittadinanza nella tutela e valorizzazione del territorio, nonché nella valorizzazione degli immobili demaniali inutilizzati;
    in particolare, all'articolo 24 – come modificato dalla Commissione – si prevede che i comuni possano definire, con apposita delibera, i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi in un territorio da riqualificare sulla base di progetti presentati da cittadini singoli o associati, che prevedano la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi, piazze, strade, ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere, la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano; per i medesimi interventi, i Comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi per un periodo limitato; l'articolo 24 prevede che tali riduzioni siano concesse prioritariamente a comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute;
    all'articolo 26 del decreto in esame, in considerazione della situazione economico-finanziaria del Paese, e al fine di contribuire alla stabilizzazione finanziaria e al riequilibrio dei conti pubblici, anche promuovendo iniziative di valorizzazione del patrimonio pubblico, si prevede espressamente la possibilità di sottoscrivere ed attivare accordi di programma a norma dell'articolo 34 del Testo Unico degli Enti Locali, aventi ad oggetto il recupero di immobili non utilizzati del patrimonio immobiliare pubblico;
    tali accordi, come disposto dai commi 4, 5, 6 del citato articolo 34, producono gli effetti dell'intesa di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 e determinano eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici, e, con l'assenso del Comune, sostituiscono le concessioni edilizie e determinano variazione degli strumenti urbanistici; l'approvazione dell'accordo di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni;
    l'articolo 26 del decreto in esame dispone che, allo scopo di individuare i contenuti dell'accordo di programma, il Comune presenti una proposta di recupero dell'immobile anche attraverso il cambio di destinazione d'uso all'Agenzia del demanio, che è tenuta a valutarla entro trenta giorni; l'Agenzia del demanio può proporre diversa ipotesi di utilizzo – finanziata o in corso di finanziamento – di valorizzazione o di alienazione;
    saranno valutati con priorità i progetti di recupero di immobili ai fini di edilizia residenziale pubblica, da destinare a nuclei familiari nelle graduatorie comunali per l'accesso ad alloggi sociali e a quelli sottoposti a provvedimenti di rilascio per morosità incolpevole; parimenti saranno valutati con priorità i progetti relativi ad immobili da destinare ad autorecupero, affidati a cooperative costituite esclusivamente da soggetti con i requisiti per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica; gli altri progetti saranno comunque valutati in relazione alla necessità di ridurre – con priorità il disagio abitativo;
    l'articolo 26 detta, altresì disposizioni per il recupero e la valorizzazione – anche con diversa destinazione urbanistica – degli immobili in uso al Ministero della Difesa e non più utili alle sue finalità istituzionali,

impegna il Governo:

   in sede di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 24 del decreto, a valorizzare il ruolo e le iniziative della cittadinanza, e a non frapporre vincoli o limitazioni alla sussidiarietà, quando il libero esplicarsi di essa consenta un evidente vantaggio nel perseguimento dell'interesse pubblico recuperando parte del patrimonio pubblico in disuso, valorizzando il patrimonio storico e artistico del Paese e coinvolgendo i cittadini nel recupero di tali beni e nel loro riuso da parte della comunità e dei singoli;
   in particolare, in applicazione dell'articolo 26 del decreto, a promuovere e favorire, nella fase di individuazione dei contenuti del previsto accordo di programma, il recepimento, da parte del Comune, di progetti di iniziativa civica e, in generale, di progetti sviluppati mediante forme di progettazione partecipata, da presentare al Ministero titolare del bene nell'intento di recuperare il bene anche attraverso il cambio di destinazione d'uso.
9/2629-AR/228Gitti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 118, ultimo comma, della Costituzione recita: «Stato, Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà», rendendo evidente l'intento di assecondare e sostenere l'autonomia dei soggetti sociali che operano nell'interesse generale, riconoscendo agli interlocutori associativi una piena legittimazione ad agire per la cura dei beni comuni;
    il mondo associativo, in particolare Cittadinanzattiva, ha evidenziato l'importanza del recupero dei beni pubblici inutilizzati sia per finalità d'interesse generale sia per favorire la creazione di posti di lavoro tramite l'insediamento in quegli stessi beni di nuove attività economiche; il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, cosiddetto «decreto Sblocca Italia», costituisce un'importante occasione per dare attuazione al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118 della Costituzione;
    il decreto reca infatti misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idro-geologico e per la ripresa delle attività produttive conferendo, rispettivamente, negli articoli 24 e 26, un ruolo attivo alla cittadinanza nella tutela e valorizzazione del territorio, nonché nella valorizzazione degli immobili demaniali inutilizzati;
    in particolare, all'articolo 24 – come modificato dalla Commissione – si prevede che i comuni possano definire, con apposita delibera, i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi in un territorio da riqualificare sulla base di progetti presentati da cittadini singoli o associati, che prevedano la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi, piazze, strade, ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere, la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano; per i medesimi interventi, i Comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi per un periodo limitato; l'articolo 24 prevede che tali riduzioni siano concesse prioritariamente a comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute;
    all'articolo 26 del decreto in esame, in considerazione della situazione economico-finanziaria del Paese, e al fine di contribuire alla stabilizzazione finanziaria e al riequilibrio dei conti pubblici, anche promuovendo iniziative di valorizzazione del patrimonio pubblico, si prevede espressamente la possibilità di sottoscrivere ed attivare accordi di programma a norma dell'articolo 34 del Testo Unico degli Enti Locali, aventi ad oggetto il recupero di immobili non utilizzati del patrimonio immobiliare pubblico;
    tali accordi, come disposto dai commi 4, 5, 6 del citato articolo 34, producono gli effetti dell'intesa di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 e determinano eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici, e, con l'assenso del Comune, sostituiscono le concessioni edilizie e determinano variazione degli strumenti urbanistici; l'approvazione dell'accordo di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni;
    l'articolo 26 del decreto in esame dispone che, allo scopo di individuare i contenuti dell'accordo di programma, il Comune presenti una proposta di recupero dell'immobile anche attraverso il cambio di destinazione d'uso all'Agenzia del demanio, che è tenuta a valutarla entro trenta giorni; l'Agenzia del demanio può proporre diversa ipotesi di utilizzo – finanziata o in corso di finanziamento – di valorizzazione o di alienazione;
    saranno valutati con priorità i progetti di recupero di immobili ai fini di edilizia residenziale pubblica, da destinare a nuclei familiari nelle graduatorie comunali per l'accesso ad alloggi sociali e a quelli sottoposti a provvedimenti di rilascio per morosità incolpevole; parimenti saranno valutati con priorità i progetti relativi ad immobili da destinare ad autorecupero, affidati a cooperative costituite esclusivamente da soggetti con i requisiti per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica; gli altri progetti saranno comunque valutati in relazione alla necessità di ridurre – con priorità il disagio abitativo;
    l'articolo 26 detta, altresì disposizioni per il recupero e la valorizzazione – anche con diversa destinazione urbanistica – degli immobili in uso al Ministero della Difesa e non più utili alle sue finalità istituzionali,

impegna il Governo a valutare la possibilità:

   in sede di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 24 del decreto, di valorizzare il ruolo e le iniziative della cittadinanza, e di non frapporre vincoli o limitazioni alla sussidiarietà, quando il libero esplicarsi di essa consenta un evidente vantaggio nel perseguimento dell'interesse pubblico recuperando parte del patrimonio pubblico in disuso, valorizzando il patrimonio storico e artistico del Paese e coinvolgendo i cittadini nel recupero di tali beni e nel loro riuso da parte della comunità e dei singoli;
   in particolare, in applicazione dell'articolo 26 del decreto, di promuovere e favorire, nella fase di individuazione dei contenuti del previsto accordo di programma, il recepimento, da parte del Comune, di progetti di iniziativa civica e, in generale, di progetti sviluppati mediante forme di progettazione partecipata, da presentare al Ministero titolare del bene nell'intento di recuperare il bene anche attraverso il cambio di destinazione d'uso.
9/2629-AR/228. (Testo modificato nel corso della seduta) Gitti.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 5 gennaio 1994, n. 36, in seguito confluita nel decreto legislativo n. 152 del 2006 e ss.mm.ii., ha dettato i criteri per la tutela e l'uso delle risorse idriche e ha definito il Servizio Idrico Integrato (di seguito S.I.I.) come l'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue;
    che in forza della detta legge (cosiddetta legge Galli), istitutiva degli Ambiti Territoriali Ottimali, è stata attribuita alle singole Autorità d'Ambito Territoriale Ottimali (cosiddetto AATO), mentre alcune AATO hanno effettivamente affidato la gestione del servizio idrico a soggetti qualificati che hanno ben operato, assicurando una erogazione razionale ed economica del servizio, altre AATO non sono invece riuscite ad affidare detto servizio a soggetti capaci di gestirlo correttamente, determinando sovente delle interruzioni del servizio che hanno cagionato alla popolazione dei gravi disagi;
    che in molti casi la gestione del servizio idrico è ritornata ai Comuni, che già prima dell'istituzione delle Autorità d'Ambito li gestivano e che hanno garantito la regolare erogazione del servigio e la manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti e delle reti;
    che l'articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014, cosiddetto «Sblocca Italia», prevede che «gli enti locali partecipano obbligatoriamente all'ente di governo dell'ambito individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma» e che «qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo dell'ambito individuati ai sensi del comma precedente entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Presidente della regione esercita, previa diffida all'ente locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell'ente inadempiente»;
    che il comma 1, lettera i), del medesimo articolo prevede che «gli enti di governo degli ambiti che non abbiano già provveduto alla redazione del Piano d'Ambito di cui all'articolo 149, ovvero non abbiano scelto la forma di gestione ed avviato la procedura di affidamento, sono tenuti, entro il termine perentorio di un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ad adottare i predetti provvedimenti disponendo l'affidamento del servizio al gestore unico con la conseguente decadenza degli affidamenti non conformi alla disciplina pro tempore vigente», ed ancora che «alla scadenza del periodo di affidamento, o alla anticipata risoluzione delle concessioni in essere, i beni e gli impianti del gestore uscente relativi al servizio idrico integrato sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione»,

impegna il Governo

a rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono il processo di unitarietà nella gestione del Servizio Idrico Integrato così come previsto dall'articolo 7, consentendo altresì, nelle more, ai comuni che attualmente hanno affidate le reti, la gestione integrale del servizio al fine di assicurare la continuità nell'erogazione ai cittadini.
9/2629-AR/229Culotta, Ribaudo, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 5 gennaio 1994, n. 36, in seguito confluita nel decreto legislativo n. 152 del 2006 e ss.mm.ii., ha dettato i criteri per la tutela e l'uso delle risorse idriche e ha definito il Servizio Idrico Integrato (di seguito S.I.I.) come l'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue;
    che in forza della detta legge (cosiddetta legge Galli), istitutiva degli Ambiti Territoriali Ottimali, è stata attribuita alle singole Autorità d'Ambito Territoriale Ottimali (cosiddetto AATO), mentre alcune AATO hanno effettivamente affidato la gestione del servizio idrico a soggetti qualificati che hanno ben operato, assicurando una erogazione razionale ed economica del servizio, altre AATO non sono invece riuscite ad affidare detto servizio a soggetti capaci di gestirlo correttamente, determinando sovente delle interruzioni del servizio che hanno cagionato alla popolazione dei gravi disagi;
    che in molti casi la gestione del servizio idrico è ritornata ai Comuni, che già prima dell'istituzione delle Autorità d'Ambito li gestivano e che hanno garantito la regolare erogazione del servigio e la manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti e delle reti;
    che l'articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014, cosiddetto «Sblocca Italia», prevede che «gli enti locali partecipano obbligatoriamente all'ente di governo dell'ambito individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma» e che «qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo dell'ambito individuati ai sensi del comma precedente entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Presidente della regione esercita, previa diffida all'ente locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell'ente inadempiente»;
    che il comma 1, lettera i), del medesimo articolo prevede che «gli enti di governo degli ambiti che non abbiano già provveduto alla redazione del Piano d'Ambito di cui all'articolo 149, ovvero non abbiano scelto la forma di gestione ed avviato la procedura di affidamento, sono tenuti, entro il termine perentorio di un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ad adottare i predetti provvedimenti disponendo l'affidamento del servizio al gestore unico con la conseguente decadenza degli affidamenti non conformi alla disciplina pro tempore vigente», ed ancora che «alla scadenza del periodo di affidamento, o alla anticipata risoluzione delle concessioni in essere, i beni e gli impianti del gestore uscente relativi al servizio idrico integrato sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione»,

impegna il Governo

a rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono il processo di unitarietà nella gestione del Servizio Idrico Integrato così come previsto dall'articolo 7, favorendo altresì il progressivo adeguamento delle gestioni del servizio attualmente facenti capo ai comuni, al fine di assicurare la continuità nell'erogazione ai cittadini.
9/2629-AR/229. (Testo modificato nel corso della seduta) Culotta, Ribaudo, Pellegrino.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Chiarimenti in merito alla partecipazione del direttore dell'Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, alla manifestazione della «Leopolda» – 3-01119

   BRUNETTA e PALESE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi si è tenuta a Firenze la quinta edizione della «Leopolda», la convention ideata dal Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi. Una manifestazione di tre giorni di discussione su temi dell'attualità politica italiana, che non si professa ufficialmente «kermesse di partito», ma che è in ogni caso indissolubilmente legata al Presidente Renzi, che è anche segretario nazionale del Partito democratico;
   una convention, quindi, necessariamente collegata alla politica e, in particolare, al Partito democratico, vista anche la presenza di buona parte dei Ministri del Partito democratico che compongono l'Esecutivo del Presidente Renzi, e di numerosissimi parlamentari del Partito democratico;
   tra gli ospiti che hanno preso parte alla manifestazione fiorentina spicca anche il direttore dell'Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, che, con tutto il rispetto per il ruolo ricoperto, non avrebbe una «giustificazione ufficiale» per la propria partecipazione al suddetto evento;
   si tratta, infatti, di un ruolo di alto profilo che, per correttezza istituzionale e deontologia professionale, non potrebbe prendere parte a manifestazioni direttamente riconducibili a partiti politici: la sua presenza alla «Leopolda» rischia, infatti, di politicizzare una figura che dovrebbe essere super partes, con il solo obiettivo di servire il Paese e i cittadini italiani –:
   se sia coerente con il ruolo ricoperto la partecipazione alla manifestazione della «Leopolda» da parte del direttore dell'Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, o se, al contrario, la sua presenza abbia potuto politicizzare una figura istituzionale super partes che, proprio per l'attività svolta, non potrebbe in alcun modo risultare legata alla politica, né tantomeno ad uno specifico partito. (3-01119)


Iniziative per monitorare la situazione determinatasi a seguito della sentenza n. 162 del 2014 della Corte costituzionale relativa alla fecondazione eterologa – 3-01120

   ROCCELLA, CALABRÒ e PAGANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sentenza n. 162 del 2014 della Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto di fecondazione eterologa previsto dalla legge n. 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita;
   nel mese di agosto 2014 il Ministro interrogato ha inviato una nota ai capigruppo di Camera e Senato in cui si dà conto dell'esito del Consiglio dei ministri, nel quale si era ravvisata la necessità di intervenire per via legislativa al fine di regolamentare la fecondazione eterologa in Italia e di percorrere la via parlamentare e non quella del decreto governativo proposta dal Ministro stesso;
   le regioni hanno invece ritenuto opportuno, il 3 settembre 2014, predisporre un documento di indirizzo condiviso al quale ogni regione potesse fare riferimento per rendere accessibile, mediante delibera regionale, la fecondazione eterologa nel proprio territorio;
   provvedimenti di tipo amministrativo da parte delle regioni non possono comunque garantire la tracciabilità donatore-nato, né istituire il registro nazionale dei donatori e tantomeno completare il recepimento delle normative europee necessarie;
   nonostante le linee di indirizzo sulle fecondazione eterologa siano state condivise dalla totalità dei presidenti delle regioni, permane una notevole disparità fra le regioni italiane circa l'effettivo accesso alla pratica della fecondazione eterologa, riguardo alle strutture del servizio sanitario nazionale ed ai relativi ticket;
   è stato recentemente reso noto che presso il Careggi di Firenze è stata eseguita una fecondazione eterologa con gameti importati da una banca estera, presumibilmente acquistati;
   da fonti di stampa sembrerebbe che la regione Toscana, che per prima ha approvato una delibera che rendeva praticabile la fecondazione eterologa e che pure ha aderito, successivamente, al comune documento delle regioni, abbia recentemente modificato la propria delibera rendendo addirittura inaccessibile, nelle strutture pubbliche, la fecondazione eterologa alle donne con età superiore ai 43 anni, anche a pagamento;
   circa il 70 per cento delle richieste di eterologa viene da donne con un'età superiore ai 43 anni e questa decisione della Toscana indirizzerebbe inevitabilmente le donne di questa regione verso cliniche private, nonostante la sentenza della Corte costituzionale abbia chiaramente stigmatizzato le discriminazioni economiche a carico delle coppie che dovevano rivolgersi a cliniche straniere, a pagamento, quando vigeva il divieto di eterologa nel nostro Paese;
   amministratori e presidenti di diverse regioni nei mesi scorsi hanno pubblicamente dichiarato accessibile in tempi brevi e a tutti l'eterologa nelle strutture pubbliche da loro stessi amministrate, lasciando pensare di essere in grado di fornire tale servizio, quando invece ancora sembrano lontane dall'esserlo;
   questa situazione, sempre da notizie di stampa, sembra aver portato alla formazione di lunghe liste di attesa che, nel caso della Toscana, dovranno essere di nuovo ampiamente modificate e che, in generale, non riescono neppure a garantire e quantificare concretamente i tempi di attesa delle coppie –:
   quali iniziative intenda avviare il Ministro interrogato per monitorare la situazione che si è venuta a creare riguardo all'applicazione della sentenza n. 162 del 2014 della Corte costituzionale, informando al tempo stesso i cittadini del reale stato dei fatti. (3-01120)


Iniziative per ridurre l'incidenza dell'Alzheimer e delle diverse forme di demenza – 3-01121

   BINETTI, GIGLI, BUTTIGLIONE, SBERNA e D'ALIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 21 settembre 2014 è stata la giornata mondiale dell'Alzheimer, la 21o da quando è stata istituita; essa costituisce una manifestazione a livello globale con l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica sull'argomento, combattendo lo stigma che spesso circonda la malattia, per individuare strategie di azione collettive e ridurne il peso complessivo;
   attualmente, 44 milioni di persone soffrono della malattia e l'obiettivo è quello di ridurre il rischio del 25 per cento a livello globale entro il 2025, ma il World Alzheimer report 2014, il rapporto mondiale realizzato dal Alzheimer disease international (Adi), stima che entro il 2025 il numero potrebbe raddoppiare ed entro il 2050 triplicare;
   secondo le stime, nel 2050 il 71 per cento dei soggetti con demenza vivranno in aree più povere e culturalmente meno sviluppate. La realizzazione di campagne di salute pubblica efficaci può contribuire a ridurre il rischio globale;
   i cinque elementi fondamentali per abbassare il rischio di demenza, secondo il World Alzheimer report 2014, sono: attenzione alla salute cardiaca, esercizio fisico e mentale, dieta bilanciata e partecipazione ad attività sociali;
   «Possiamo ridurre il rischio?» è il tema del 2014 che sarà trattato durante il mese mondiale dell'Alzheimer (World Alzheimer's month 2014), che tradizionalmente ricorre in settembre;
   età e caratteristiche genetiche rientrano tra i fattori di rischio, ma l'astinenza dal fumo, il consumo di cibi più sani, l'attività fisica e una buona istruzione, associati all'abitudine di mantenere il cervello in esercizio, contribuiscono in misura significativa a contenere al minimo le possibilità di soffrire di demenza, afferma Graham Stokes, direttore generale di Dementia care;
   anche i momenti di socializzazione potrebbero abbassare il rischio di demenza, ma soltanto il 17 per cento della popolazione è a conoscenza di questo fattore. Uno stile di vita di questo tipo giova anche alle persone che soffrono già di demenza o che presentano segnali della malattia, contribuendo a rallentarne la progressione;
   il costo globale per questa malattia, stimato nel 2010, è risultato pari a circa 600 milioni di dollari; numerosi studi indicano che l'incidenza della demenza è in calo nei Paesi ad alto reddito, grazie al miglioramento dell'istruzione e della salute cardiovascolare;
   secondo Martin Prince, autore del rapporto, «dobbiamo fare tutto quanto in nostro potere per accentuare questa tendenza. Con un costo globale di oltre 600 miliardi di dollari, la posta in gioco non potrebbe essere più alta»;
   uno dei punti su cui si cerca di intervenire a livello mondiale è la salute cardiaca, come è possibile rilevare dalle informazioni disponibili sul sito ufficiale http://www.alz.co.uk/, a cui occorre prestare attenzione per ridurre il rischio individuale di demenza; in particolare, i fumatori rispetto ai non fumatori presentano un rischio di demenza aumentato del 45 per cento;
   il World Alzheimer report 2014 chiede che la demenza sia inserita nei piani nazionali di salute pubblica come altre malattie; in Italia il 27 giugno 2014 il piano demenze è stato presentato al Ministro interrogato ed il 14 novembre 2014 si terrà, presso il Ministero della salute, la Conferenza internazionale sulla demenza, cui partecipa anche la Federazione Alzheimer Italia –:
   quando il piano entrerà in vigore, al fine di aiutare i malati e i loro familiari e creare una rete di servizi ad hoc, ormai diventata indispensabile, e cosa si stia facendo in Italia per ridurre il rischio complessivo di demenza del 25 per cento entro il 2025, come previsto dal World Alzheimer report 2014. (3-01121)


Iniziative per prevenire l'eventuale diffusione della tubercolosi e dell'ebola in Italia e per una corretta informazione in materia – 3-01122

   LENZI, ALBINI, AMATO, ARGENTIN, BECATTINI, BENI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, MARIANO, MIOTTO, MURER, PATRIARCA, PICCIONE, SBROLLINI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sempre più spesso i quotidiani italiani riportano notizie allarmati su possibili casi sospetti di ebola anche in Italia, su persone che per precauzione vengono messe in quarantena, come quella dei soldati americani di stanza alla base militare di Vicenza, di ritorno dalla missione anti-virus in Liberia, o di persone isolate o escluse dalla vita sociale per la paura che siano portatrici del virus, come è accaduto a Fiumicino nel caso della bambina di tre anni che, una volta rientrata in Italia da una vacanza in Uganda, Paese peraltro non contagiato dalla epidemia di ebola, non ha potuto rientrare subito a scuola perché gli altri genitori avevano paura che potesse essere infetta;
   questi fatti provocano tensioni e paure, come tensioni e paure provocano le notizie di contagio di tubercolosi per operatori a contatto con i migranti in arrivo, notizie smentite dalla stessa Polizia di Stato, in un recente comunicato;
   la malattia da virus Ebola, precedentemente nota come febbre emorragica da virus ebola, è una malattia grave, spesso fatale. La malattia colpisce gli uomini e i primati (scimmie, gorilla, scimpanzé);
   l'ebola è apparsa la prima volta nel 1976 in due focolai contemporanei: in un villaggio nei pressi del fiume ebola nella Repubblica democratica del Congo e in una zona remota del Sudan;
   il 13 settembre 2014 il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità ha affermato che finora l'epidemia di ebola in Africa Occidentale – e in particolare in Guinea, Sierra Leone e Liberia – ha ucciso più di 2.400 persone su 4.784 contagiate. Chan ha aggiunto che l'epidemia continua a espandersi a una velocità maggiore di quanto le autorità siano pronte ad affrontare e che i dati sul numero dei morti potrebbero essere molto sottostimati a causa delle difficoltà nella registrazione dei nuovi casi: gran parte dei malati non è ricoverata in un strutture mediche e non rientra, quindi, in alcun bilancio ufficiale;
   nel mese di settembre 2014 l'Organizzazione mondiale della sanità si era detta fiduciosa di poter arginare l'epidemia entro nove mesi, ricorda il New York Times, e aveva previsto che a quel punto il numero delle persone contagiate avrebbe potuto aggirarsi intorno alle 20 mila;
   anche la tubercolosi è una malattia contagiosa che si trasmette per via aerea mediante un batterio, il mycobacterium tuberculosis. Il contagio può avvenire per trasmissione da un individuo malato, tramite saliva, starnuto o colpo di tosse. Per trasmettere l'infezione bastano pochissimi bacilli anche se non necessariamente tutte le persone contagiate dai batteri della tubercolosi si ammalano subito. Il sistema immunitario, infatti, può far fronte all'infezione e il batterio può rimanere quiescente per anni, pronto a sviluppare la malattia al primo abbassamento delle difese. Si calcola che solo il 10-15 per cento delle persone infettate dal batterio sviluppa la malattia nel corso della sua vita. Un individuo malato, però, se non è sottoposto a cure adeguate può infettare, nell'arco di un anno, una media di 10-15 persone –:
   quali misure urgenti il Ministro interrogato abbia adottato o intenda adottare non solo per prevenire ogni possibile ed eventuale diffusione di queste due malattie in Italia, ma anche perché ci sia una corretta informazione che eviti ogni inutile allarmismo e paura. (3-01122)


Iniziative di competenza per consentire un'adeguata fruizione del cosiddetto voucher baby sitting – 3-01126

   GEBHARD, ALFREIDER, PLANGGER, SCHULLIAN e OTTOBRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4, comma 24, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92, ha introdotto per il triennio 2013-2015 la possibilità per la madre lavoratrice di richiedere voucher per l'acquisto di servizi di baby sitting, ovvero un contributo per fare fronte agli oneri degli asili nido della rete pubblica o dei privati accreditati, per un massimo di sei mesi, al termine del congedo di maternità ed entro gli undici mesi successivi, in alternativa al congedo parentale;
   con decreto del 22 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2013, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ha definito i criteri di accesso e le modalità di utilizzo del contributo per l'acquisto dei servizi per l'infanzia, nel limite di spesa di 20 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015;
   il beneficio consisteva in un contributo di 300 euro mensili, erogato per un periodo massimo di sei mesi (tre mesi per le lavoratrici iscritte alla gestione separata), in alternativa alla fruizione del congedo parentale, comportando conseguentemente la rinuncia dello stesso da parte della lavoratrice e a tale beneficio potevano accedere anche le lavoratrici part-time in misura riproporzionata alla ridotta entità della prestazione lavorativa;
   tuttavia per poter accedere al beneficio, da richiedere all'Inps attraverso il sito web istituzionale, bisognava attendere l'emanazione di un bando dell'istituto stesso, nel quale venissero stabiliti i tempi e le modalità di presentazione della domanda da parte delle lavoratrici madri, nonché tutte le informazioni relative alla procedura concorsuale e agli adempimenti conseguenti alla formazione della graduatoria;
   tale bando per il 2013 è stato emanato con la circolare n. 48 del 28 marzo 2013, anche se non adeguatamente pubblicizzato per cui le madri lavoratrici non hanno potuto usufruire del beneficio, mentre per il 2014 il bando non è mai stato pubblicato, considerando che ormai si è al mese di novembre –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché le madri lavoratrici possano beneficiare del cosiddetto voucher baby sitting per il 2014, ormai andato perduto, eventualmente con altre misure compensative, se a tale beneficio siano state ammesse anche le lavoratrici dipendenti delle pubbliche amministrazioni con un apposito decreto e se possa vigilare affinché per il 2015 l'Inps si attivi prontamente ad inizio anno per emanare il bando e per pubblicizzarlo in misura adeguata in modo da permettere ai beneficiari di venirne a conoscenza.
(3-01126)


Iniziative per la salvaguardia dei livelli occupazionali presso la compagnia aerea Meridiana – 3-01127

   PIRAS, SCOTTO, FERRARA e RICCIATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Meridiana è un vettore strategico per il trasporto aereo da e per la Sardegna, il primo vettore privato della storia dell'aviazione civile italiana, che ha storicamente accompagnato lo sviluppo dell'isola, con particolare riferimento al nord-est della stessa;
   tuttora essa riveste un ruolo cruciale per il territorio e per l'afflusso turistico in particolare e gestisce in regime di continuità territoriale le tratte principali per Olbia;
   Meridiana è un'azienda che dà lavoro a migliaia di persone e che negli anni più recenti ha operato una serie di attività di ristrutturazione volte ad abbattere il costo del lavoro, con particolare riferimento all'assorbimento del gruppo Air Italy ed al ruolo che tale azienda opera in tal senso;
   nonostante tutti i dati in possesso mostrino un attivo nei bilanci della compagnia e le recenti rilevazioni sui principali scali sardi ove opera la compagnia mostrino un incremento del numero dei passeggeri, con quello Olbia in particolare che registrava un + 9 per cento rispetto all'anno precedente, la compagnia ha annunciato la procedura di mobilità prima per 1.634 lavoratori, poi – in seguito ai primi incontri fra le parti presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – ridimensionati a 1.366;
   una conclusione in questo senso della vertenza rappresenterebbe un ulteriore grave danno occupazionale per una regione come la Sardegna, già violentemente colpita dalla crisi economica, dalla deindustrializzazione e da tassi di disoccupazione elevatissimi, e non trova alcuna rispondenza nei dati economici reali che mostrano una linea di ristrutturazione dell'azienda Meridiana completamente priva di responsabilità sociale e totalmente centrata sulla riduzione dei costi del personale più anziano;
   il rapporto fra Meridiana e Air Italy si configura, ad avviso degli interroganti, come un vero e proprio dualismo aziendale, prefigurando una sorta di bad company, con un travaso di attività dalla prima sulla seconda (esempio: gestione voli) e con Meridiana che interviene sui costi sostenuti da Air Italy;
   nonostante in verità si tratti di un'unica azienda e i rappresentanti sindacali chiedano con forza che gli esuberi vengano individuati su un'unica lista, la compagnia da cui si attingono i nominativi sui quali insiste la procedura di mobilità è solo la prima;
   l'azienda ha beneficiato per quattro anni di risorse pubbliche finalizzate alla cassa integrazione;
   la procura di Tempio Pausania ha aperto un'inchiesta sul tema del dualismo aziendale e sulla legittimità del comportamento di Meridiana;
   su segnalazione dei sindacati la Guardia di finanza ha aperto – come già pubblicamente trapelato su alcuni autorevoli media sardi – un'indagine nei confronti di Meridiana per truffa ai danni dello Stato, con riferimento all'utilizzo fatto delle risorse pubbliche destinate alla cassa integrazione –:
   come intenda intervenire il Governo per garantire l'occupazione dei dipendenti di Meridiana e per contrastare manovre strumentali dell'azienda. (3-01127)


Problematiche relative alla nomina del professor Tiziano Treu a commissiario straordinario per l'Istituto nazionale di previdenza sociale – 3-01128

   BALDASSARRE, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, ROSTELLATO, BECHIS, CIPRINI e RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 settembre 2014 è stato nominato commissario straordinario per l'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps) il professor Tiziano Treu;
   come si evince da un articolo del 30 settembre 2014 de Il Sole 24 ore, Tiziano Treu sarebbe socio di un famoso studio professionale «Crowe Horwarth», «associazione che potrebbe far storcere il naso a chi teme ci sia un nuovo conflitto di interessi», come riportato dall'articolo stesso;
   ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, è vietato alle amministrazioni pubbliche conferire a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo;
   a parere degli interroganti emergono numerose criticità per i fatti sopra esposti che meritano sicuramente maggiore attenzione da parte del Ministro interrogato, considerata altresì l'importanza dell'Istituto nazionale di previdenza sociale;
   a parere degli interroganti sarebbe auspicabile adottare iniziative di natura normativa, quali una revisione della governance dell'Inps, che prevedano l'incompatibilità del ruolo di presidente/commissario dell'Inps contemporaneamente all'esercizio di qualsiasi altro incarico o funzione, sancendo così il vincolo di esclusività di tale carica –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di consulenze, incarichi o altri tipi di rapporto che possano configurare un conflitto di interessi tra il nuovo commissario Tiziano Treu e l'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), con particolare attenzione all'associazione «Crowe Horwarth» – di cui sarebbe socio il nuovo commissario straordinario – tenendo conto altresì dello stato di quiescenza del medesimo neo commissario, alla luce delle disposizioni di cui al decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90. (3-01128)


Interventi per assicurare parità di trattamento alle aziende fornitrici dell'Ilva di Taranto, indipendentemente dalla loro sede geografica – 3-01123

   PRATAVIERA, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come è noto, anche a seguito di interventi normativi approvati dal Parlamento, la società Ilva con sede in Taranto, soggetta all'attività di direzione e coordinamento di Riva Fire spa, si trova attualmente sottoposta a commissariamento straordinario ai sensi di quanto previsto dal decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 89;
   benché i media abbiano spesso focalizzato l'attenzione sulla necessità, legittima, di tutelare i lavoratori dell’Ilva, occorre parimenti riconoscere l'esistenza di un notevole numero di aziende ed artigiani (più di tremila) che sono a loro volta fornitori della società, il cosiddetto «indotto» e che contrariamente a quanto si pensa comunemente, solo in piccola parte, meno del 40 per cento, hanno la loro sede nell'area tarantina e pugliese;
   questa enorme realtà produttiva merita di essere tutelata, in quanto a propria volta consiste di lavoratori e posti di lavoro che sono stati posti a rischio dalla crisi dell’Ilva al pari dei dipendenti diretti;
   i provvedimenti prima giudiziari, poi legislativi e oggi commissariali che si sono succeduti nella gestione dell’Ilva hanno alterato profondamente la gestione finanziaria dell'azienda, bloccando dapprima e poi rallentando enormemente il sistema dei pagamenti delle forniture rispetto alla loro naturale scadenza; ad oggi si registrano debiti da fornitura di durata pari o superiore ad un anno, in alcuni casi;
   risulta, in base a documenti pubblicati anche sul sito internet della società, che dal 19 settembre 2014 sarebbero in corso i pagamenti dei fornitori dell’Ilva che hanno la sede nella provincia di Taranto. La scelta appare agli interroganti di dubbia legittimità ed inspiegabilmente lesiva dei basilari principi di eguaglianza dei creditori, a maggiore ragione se perpetrata da un commissario di nomina governativa e, come riportato dal sito su istanze di «autorità istituzionali e religiose» e con il placet di Confindustria, per far fronte allo stato di crisi, che sta colpendo tutto il Paese e non certo la sola provincia di Taranto;
   nulla al momento è stato in grado di garantire il Governo, attraverso il proprio commissario, riguardo ai tempi e alle certezze dei pagamenti delle altre aziende non pugliesi che sono in sofferenza a causa del mancato pagamento dei propri debiti da parte dell’Ilva –:
   quali misure intenda assumere il Ministro interrogato, anche per il tramite del commissario, per garantire uguaglianza di trattamento a tutte le aziende che lavorano con l’Ilva, indipendentemente dalla loro sede geografica, e in quali modi e tempi saranno saldati i debiti pregressi verso tutti i fornitori. (3-01123)


Misure a favore del settore del metano per autotrazione, con particolare riferimento al regime di tassazione – 3-01124

   VITELLI e GALGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il settore del metano per autotrazione occupa in Italia – tra segmento commerciale ed industriale – circa 20.000 addetti, ognuno dei quali contribuisce a sviluppare un giro d'affari complessivo pari a circa 1,8 miliardi euro all'anno. L'industria italiana del gas naturale per il trasporto è riconosciuta a livello mondiale come il punto di riferimento nel suo settore di attività. Nel corso degli anni l'industria ha sostenuto e sviluppato progetti di mobilità sostenibile a basso impatto ambientale, sia per i settori del trasporto pubblico che per quello privato. L'Italia è l'unico Paese europeo ad avere una rete abbastanza diffusa sul territorio, parimenti correlata ad un parco circolante di una certa rilevanza;
   a ciò si aggiunge che l'aumento dei prezzi dei carburanti e il calo generalizzato dei consumi, incluso quelli di benzina e gasolio, hanno spinto gli acquirenti verso modelli ad alimentazione alternativa, le cui vendite sono passate dal 5,6 per cento di quota del 2011 al 15,3 per cento del 2013;
   a livello europeo la politica dei trasporti prevede obiettivi di lungo periodo per ricercare, in tutte le scelte strategiche, un equilibrio fra crescita economica, benessere sociale e protezione dell'ambiente. La politica comunitaria dei trasporti ha, inoltre, il fine di integrare gli impegni internazionali in materia ambientale, nonché di contribuire a realizzare gli obiettivi della politica energetica europea, soprattutto in relazione alla sicurezza dell'approvvigionamento e alla sostenibilità;
   i veicoli a gas presentano emissioni inquinanti (PM, NOx, HC) e producono emissioni climalteranti (anidride carbonica) inferiori a quelle di un analogo veicolo tradizionale, soprattutto se si considera l'intero ciclo vita dei carburanti. Essi contribuiscono ad assicurare un percorso virtuoso verso la decarbonizzazione nel rispetto dei vincoli in materia di qualità dell'aria;
   l'adozione del metano, sia per quanto riguarda le immatricolazioni che per le conversioni, ha contribuito fortemente a ridurre le emissioni medie di anidride carbonica delle automobili italiane. Secondo l'Agenzia europea per l'ambiente, negli anni 2011-2013 è continuata la tendenza alla riduzione delle emissioni specifiche di anidride carbonica delle autovetture nuove. In particolare, la media ponderata delle emissioni sul mercato italiano è scesa dai 132,7 grammi per chilometro del 2010 a 129,5 grammi per chilometro nel 2011, raggiungendo in anticipo l'obiettivo europeo già previsto per il 2015, ed è ulteriormente migliorata nel 2012, attestandosi a 126,2 grammi per chilometro e registrando un'ulteriore diminuzione nel 2013, secondo dati provvisori;
   in tale ottica, il 20 marzo 2014 Parlamento e Consiglio dell'Unione europea hanno raggiunto un accordo sul testo finale della direttiva riguardante la realizzazione di infrastrutture per carburanti alternativi. La proposta, parte del pacchetto Clean power for transport, prevede l'elaborazione di quadri strategici nazionali al fine di promuovere la diffusione sul mercato dei combustibili alternativi;
   inoltre, l'8 novembre 2012 la Commissione europea – sotto la responsabilità del Commissario Tajani – ha pubblicato la comunicazione «CARS 2020: piano d'azione per un'industria automobilistica competitiva e sostenibile in Europa», con l'obiettivo di proporre una serie di misure specifiche volte a rilanciare la competitività di questo settore industriale. Tra i quattro pilastri ai quali è stata attribuita alta priorità c’è la promozione «degli investimenti nelle tecnologie avanzate e nell'innovazione in funzione per i veicoli puliti»;
   dal 2011 l'Unione europea sta discutendo una proposta per l'armonizzazione delle accise minime tra i carburanti, volta a modificare la direttiva 2003/96/CE, con il duplice obiettivo di razionalizzare la tassazione del valore energetico dei combustibili e, in particolare, di introdurre una componente che valorizzi le esternalità negative legate alle emissioni di carbonio, da un lato, e di coordinare la tassazione energetica con il sistema «EU ETS», dall'altro;
   la proposta iniziale è stata più volte rimaneggiata in sede di negoziati tra i Paesi membri, ma ogni nuova versione rischia comunque di minare la leva universalmente impiegata per consentire la diffusione su larga scala dell'utilizzo del metano per autotrazione: il regime di fiscalità favorevole, che fa sì che ad oggi il metano abbia un prezzo alla pompa di 0,99 euro al chilogrammo (da paragonarsi a 1,5 litri di benzina);
   stando a quanto affermato dal Viceministro dell'economia e delle finanze pro tempore Legnini in un'audizione presso le Commissioni riunite ambiente, territorio e lavori pubblici ed attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati, nel secondo semestre 2012 alcuni punti cardine della proposta iniziale della Commissione europea, tra cui la concatenazione delle aliquote che di fatto limitava fortemente la sovranità fiscale degli Stati membri, sono stati stralciati. È, invece, stato confermato che i livelli minimi di tassazione previsti nella nuova direttiva dovranno tener conto sia del contenuto energetico dei prodotti sia delle relative emissioni di anidride carbonica, fermo restando che gli Stati membri manterranno completa flessibilità nel determinare le aliquote di tassazione nel rispetto dei livelli minimi comunitari e potranno conservare nelle legislazioni nazionali un'imposta unica (senza distinguere tra le due componenti);
   l'agenda dell'Ecofin del 14 ottobre 2014 prevede la discussione della sopra menzionata direttiva, per chiedere ai Ministri europei un input per sbloccare lo stallo dei negoziati a livello tecnico –:
   in che modo il Governo intenda impegnarsi al fine di tutelare il settore del metano per autotrazione, assoluta eccellenza italiana riconosciuta in tutto il mondo, e se, alla luce del semestre di presidenza del Consiglio dell'Unione europea, intenda adoperarsi per la revisione dell'attuale proposta di direttiva sulla tassazione energetica, al fine di assicurare la sostenibilità economica dell'aliquota sul metano e la dilazione temporale dell'innalzamento della tassazione, anche sulla base delle politiche ambientali dell'Unione europea, che si impegnano alla maggiore diffusione della mobilità sostenibile. (3-01124)


Iniziative urgenti a favore delle imprese danneggiate dai recenti eventi alluvionali che hanno colpito la città di Genova, con particolare riferimento alla sospensione degli adempimenti fiscali, nonché all'erogazione agevolata di crediti per la ricostruzione – 3-01125

   RAMPELLI e TAGLIALATELA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   gli eventi alluvionali che hanno colpito la città di Genova nelle giornate dal 9 al 13 ottobre 2014 avrebbero provocato danni gravissimi complessivamente stimati in un miliardo di euro;
   in particolare, i danni stimati per le opere pubbliche ammonterebbero a circa quattrocento milioni di euro, quelli per le imprese a circa trecentocinquanta milioni di euro ed i danni relativi alle famiglie a circa duecento milioni di euro;
   la drammatica alluvione non solo ha distrutto numerose imprese, ma ha anche messo a rischio la prosecuzione di tantissime altre, già duramente provate dalla crisi economica in atto –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di tutelare e sostenere le imprese colpite e l'intero tessuto produttivo della zona, anche attraverso la sospensione dei pagamenti di tasse ed imposte, nonché attraverso il coinvolgimento del sistema bancario e creditizio nell'erogazione agevolata di crediti per la ricostruzione. (3-01125)


DISEGNO DI LEGGE: S. 1612 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 12 SETTEMBRE 2014, N. 132, RECANTE MISURE URGENTI DI DEGIURISDIZIONALIZZAZIONE ED ALTRI INTERVENTI PER LA DEFINIZIONE DELL'ARRETRATO IN MATERIA DI PROCESSO CIVILE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2681)

A.C. 2681 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

  La Camera,
   premesso che:
    il presente decreto-legge n. 132 del 2014, recante misure volte allo smaltimento dell'arretrato civile, all'introduzione di strumenti stragiudiziali per la riduzione del contenzioso civile, nonché per la semplificazione e l'accelerazione del processo di esecuzione forzata, interviene a disciplinare alcuni aspetti residuali di una materia che andrebbe riformata in modo organico;
    le generiche affermazioni contenute nella relazione del Governo non possono in alcun modo giustificare dal punto di vista costituzionale il presente provvedimento composto da disposizioni prive dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione; è innegabile che il Governo in questa fase stia abusando dello strumento della normativa d'urgenza facendo venir meno il presupposto principale dell'eccezionalità del ricorso al decreto-legge quale deroga al principio di rappresentatività, sottraendo, di fatto, al Parlamento l'esercizio della funzione legislativa;
    l'eterogeneità di contenuto del presente decreto-legge contrasta apertamente con i contenuti dell'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400, di diretta attuazione costituzionale dell'articolo 77 della Costituzione. In base alla citata disposizione, infatti, i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo;
    il provvedimento in oggetto presenta diversi profili di criticità in ordine al rispetto dei profili di costituzionalità. L'utilizzo della normativa d'urgenza trova una giustificazione soltanto politica, infatti, il Governo utilizza il ricorso allo strumento del decreto-legge solo perché un disegno di legge avrebbe tempi per l'approvazione definitiva troppo lunghi. È palese quindi che il Governo operi nella piena consapevolezza di travalicare i limiti costituzionali solo ed esclusivamente perché incapace di trovare una maggioranza parlamentare coesa;
    la questione della mala giustizia e dei tempi biblici per arrivare ad una decisione nei processi civili è una problematica che interessa il nostro Paese oramai da tempi immemorabili e non si concilia con i presupposti della necessità e dell'urgenza necessari all'utilizzo di questo strumento da parte dell'esecutivo;
    lo stesso decreto, peraltro, contiene in sé disposizioni tra loro profondamente eterogenee, in riferimento alle quali si giustifica ancor meno il ricorso allo strumento emergenziale. Nelle premesse del provvedimento, infatti, si invocano i presupposti della necessità e dell'urgenza in tema di giustizia civile, ma allo stesso tempo la riforma non coinvolge soltanto la magistratura giudicante civile, bensì anche quella penale, e la magistratura requirente;
    il ricorso alla decretazione d'urgenza si configura ormai da anni come una forma di sbilanciamento e di forzatura degli equilibri dei poteri previsti dal dettato costituzionale vigente, che ha spostato di fatto in capo al Governo ogni potere regolatorio ed imposto una compressione dei poteri legislativi delle Camere. Il continuo e reiterato uso della decretazione d'urgenza, come normale prassi legislativa, utilizzato dall'attuale Governo e che riprende una modalità introdotta dai precedenti, e più volte censurata dai richiami del Capo dello Stato e da numerose sentenze della Corte Costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale, produce da un lato un vulnus all'articolo 70 della Carta costituzionale, che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere, e, dall'altro lato, uno svuotamento e una mortificazione del ruolo del Parlamento e dei parlamentari;
    è, inoltre, manifestamente incostituzionale introdurre attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza norme la cui applicabilità effettiva è differita nel tempo: ciò contrasta con il dettame dell'articolo 77 della Costituzione che prevede la conversione in legge tassativamente entro sessanta giorni;
    in ogni caso, la frammentarietà e la segmentazione degli interventi riformistici crea incertezza negli operatori in relazione alle norme applicabili alle singole controversie pendenti, così decretando un'assoluta precarietà dell'apparato legislativo, rendendo assai difficile individuare un preciso modello di processo civile,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2681.
N. 1. Molteni, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti.

  La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile, giunge all'esame della Camera dopo che lo scorso 23 ottobre il Senato ha votato la fiducia al Governo, approvando il maxiemendamento interamente sostitutivo del testo;
    il provvedimento si compone di sette capi: il capo I reca disposizioni per l'eliminazione dell'arretrato e il trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti; il capo II disciplina la procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati; il capo III prevede ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio; il capo IV è dedicato alle disposizioni volte a garantire la funzionalità del processo civile di cognizione; il capo V riguarda la tutela dei crediti e l'accelerazione e semplificazione del procedimento di esecuzione forzata; il capo VI è dedicato all'organizzazione giudiziaria; infine, il capo VII concerne le disposizioni finali e reca la disciplina relativa alla copertura finanziaria;
    il testo del decreto-legge, così come approvato dal Consiglio dei Ministri e pubblicato lo scorso 12 settembre 2014, prevede che alcune disposizioni acquistino efficacia decorsi novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto: la sola presenza di una norma che dispone un'entrata in vigore così lontana rispetto all'emanazione del decreto stesso evidenzia la totale mancanza dei presupposti di necessità ed urgenza sanciti dall'articolo 77 della Costituzione e fondamentali per il ricorso alla decretazione d'urgenza, rendendo in questo caso illegittimo il decreto-legge in esame;
    molte norme sono quindi prive di urgenza, a partire da quelle relative alla negoziazione assistita nelle materie della separazione personale, della cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio o di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, ponendosi di fatto in contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione in tema di decretazione d'urgenza;
    lo stesso decreto, peraltro, contiene in sé disposizioni tra loro profondamente eterogenee, in riferimento alle quali si giustifica ancor meno il ricorso allo strumento emergenziale. Tra l'altro, nelle premesse del provvedimento, si invocano i presupposti della necessità e della urgenza in tema di giustizia civile, ma allo stesso tempo la riforma non coinvolge soltanto la magistratura giudicante civile, bensì anche quella penale, e la magistratura requirente;
    nel corso del dibattito al Senato, forti criticità sono state riscontrate in merito agli articoli 6 e 12 del testo; l'articolo 6 disciplina la convenzione di negoziazione assistita nelle materie della separazione personale, della cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio o di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Il maxiemendamento prevede che l'accordo raggiunto tra le parti è trasmesso, per il nulla osta, al procuratore della repubblica presso il tribunale competente. In presenza di figli minori o di figli maggiorenni portatori di handicap o non autosufficienti, l'accordo deve essere autorizzato dal procuratore che, qualora lo ritenga non rispondente all'interesse dei figli, lo trasmette al presidente del tribunale. L'articolo 12 garantisce la possibilità di concludere, dinanzi all'ufficiale di stato civile, un accordo di separazione personale o di scioglimento secondo condizioni concordate;
    oltre ad essere prive, come già evidenziato, dei requisiti di necessità ed urgenza, le norme citate pongono innanzitutto evidenti criticità di metodo: si tratta infatti di temi che sono ancora ad oggi all'attenzione dei lavori di Camera e Senato. In particolare, il disegno di legge A.S. 1504, recante «Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi», già esaminato e approvato dalla Camera dei deputati e attualmente all'esame della Commissione Giustizia del Senato, già affronta la questione (sebbene dal punto di vista dei tempi processuali), e sarebbe stato sicuramente più coerente discutere nel merito delle disposizioni in quella sede, senza forzare decisioni relative a norme dall'ambito di applicazione assai delicato, che mettono in discussione alcuni fondamenti del diritto di famiglia e che rischiano di non tutelare a pieno i cittadini interessati;
    sulle disposizioni di cui agli articoli 6 e 12, in particolare, si è concentrato un dibattito che ha evidenziato contraddizioni all'interno della maggioranza, anche in merito all'inserimento della modifica dei tempi per la cessazione degli effetti civili del matrimonio (riprendendo quanto già approvato da un ramo del Parlamento), senza però procedere ad una discussione elaborata ed attenta agli effetti che le norme, sebbene inserite nell'ambito della separazione consensuale, potrebbero procurare ai coniugi tendenzialmente più deboli nell'ambito della negoziazione, rischiando quindi di non disporre le necessarie tutele, in particolare nei riguardi dei figli minori;
    ancora una volta, quindi, il Governo lede le prerogative del Parlamento: lo strumento del decreto-legge non risponde assolutamente e non può essere in grado in alcun modo di fronteggiare l'esigenza di una riforma del processo civile approfondita, sistematica, coerente;
    l'impianto complessivo del testo, infatti, non riforma il processo civile, ma riguarda aspetti parziali; alcune norme complicano le procedure, generando dubbi interpretativi e applicativi; si introducono nuovi oneri per le parti, e non si incentiva il ricorso agli istituti stragiudiziali; in ogni caso, la frammentarietà e la segmentazione degli interventi riformistici crea incertezza negli operatori in relazione alle norme applicabili, ratione temporis, alle singole controversie pendenti, decretando così un'assoluta precarietà dell'apparato legislativo;
    il provvedimento, inoltre, contiene norme sulla revisione delle circoscrizioni giudiziarie dei giudici di pace, determinando anche in questo senso un utilizzo distorto della decretazione d'urgenza;
    il Governo ha poi presentato un maxiemendamento che, contrariamente ad una prassi consolidata, è difforme dal testo licenziato in sede referente,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2681.
N. 2. Brunetta, Chiarelli.

  La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento «Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132» presenta profili di incompatibilità con la giurisprudenza Costituzionale che è intervenuta ripetutamente in merito alle circostanze che rendono ammissibile o meno l'utilizzo dello strumento del decreto-legge;
    il decreto dovrebbe essere finalizzato – così indica la relazione introduttiva – a fornire una risposta efficace alla richiesta, ormai divenuta pressante, di velocizzazione del processo civile;
    bisogna tuttavia notare che l'esigenza, cui il decreto-legge dichiara di dare una risposta, è da diverso tempo all'attenzione del legislatore che è consapevole che una efficace riforma della giustizia civile non può prescindere dall'attento esame e dall'accurato studio delle problematiche secondo un approccio considerato indispensabile per la complessità del sistema normativo attualmente vigente; malgrado ciò, il Governo ha inteso, con il provvedimento in esame, dettare una propria disciplina in regime di urgenza e con eterogeneità di argomenti e precludendo, con l'imposizione di termini pressanti, ogni possibile confronto nonché il dibattito necessario a garantire il rispetto delle diverse posizioni rappresentate;
    poiché non è pensabile approcciare la riforma dell'intero sistema giudiziario civilistico senza passare attraverso l'introduzione di nuovi istituti, la riscrittura di numerose disposizioni, con conseguente necessità di un'attenta opera di coordinamento normativo, il buon senso e il corretto approccio metodologico, suggeriscono, anzi, impongono un iter legislativo che abbia la possibilità di tener conto delle numerosissime esigenze, tendenze, esperienze che costituiscono il prezioso apporto che ogni categoria interessata, sia operatore del diritto che utente del «servizio giustizia», può e deve offrire al legislatore per la realizzazione di una riforma adeguatamente ponderata e il più possibile condivisa;
    le esigenze ora segnalate non si conciliano affatto con le finalità che, invece, sono previste dal dettato costituzionale e precisamente dall'articolo 77, commi 2 e 3 della Costituzione, per la cosiddetta decretazione emergenziale che, notoriamente, è scandita da tempistiche ben diverse da quelle poc'anzi delineate in considerazione della vastità, delicatezza e complessità della materia trattata;
    non è pertanto ammissibile che, con lo strumento del decreto-legge, il Governo possa validamente far fronte ad un complesso normativo che disciplina un ambito da tutti ritenuto critico e nel contempo decisivo per l'economia nazionale e per i singoli cittadini;
    anche ove lo strumento utilizzato fosse mai ritenuto efficace, sussisterebbe, comunque, il rischio di ottenere un intervento legislativo che, proprio a causa dello strumento normativo utilizzato, non offre sufficienti garanzie di consenso e condivisione da parte degli operatori interessati. Ne consegue il pericolo che la riforma manifesti, sin dal primo utilizzo, tutte le sue carenze, vuoti di tutela ed antinomie; in sostanza, vi è il pericolo, che diviene certezza quando si legge il provvedimento, che i nuovi rimedi, anche ove concepiti su presupposti meritevoli, non siano nella pratica idonei a sortire l'effetto perseguito;
    la scelta di intervenire con decreto-legge comporta evidenti profili di incompatibilità costituzionale soprattutto in quanto una riforma epocale, come quella che riguarda la giustizia civile, viene inserita in quella che possiamo ormai definire una allarmante prassi con la quale si intende intervenire normativamente in maniera sistematica con la sola decretazione d'urgenza, sebbene il Costituente abbia previsto tale strumento con ben diversa finalità; l'atteggiamento espresso e le modalità utilizzate anche nel provvedimento in esame, presta il fianco a quanto censurato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 220 del 2013 con riferimento ad una riforma ordinamentale realizzata con un singolo decreto-legge;
    inoltre, con la continua e reiterata decretazione d'urgenza viene alterato lo schema fisiologico del rapporto fra Governo e Parlamento: non vi è, infatti, soltanto un problema di valutazione della straordinaria necessità ed urgenza, che costituisce il requisito costituzionale dei decreti-legge e di ciascun articolo degli stessi, quanto il trovarsi, da tanto, troppo tempo, di fronte a una sorta di ordinaria attività di normazione sopravveniente svolta dal Governo-amministrazione, con ulteriore confusione tra potere esecutivo e legislativo;
    vano è risultato, finora, segnalare, di volta in volta, gli abusi della decretazione d'urgenza, la palese mancanza dei requisiti costituzionali, la palese o latente illegittimità di parti dell'articolato dei provvedimenti d'urgenza, la violazione sistematica della legge n. 400 del 1988, nonché le sentenze susseguitesi nel tempo della Corte costituzionale, posta a tutela del nostro ordinamento, del rispetto delle norme, della loro gerarchia, delle competenze costituzionali;
    nello specifico, il preambolo dell'intervento normativo di cui trattasi, argomenta «la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni in materia di giurisdizionalizzazione e adottare altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile» esprimendo, così, l'esigenza del ricorso alla decretazione d'urgenza; trascura, tuttavia, di evidenziare la gradazione dei provvedimenti contenuti nel provvedimento in conversione in relazione ai diversi interventi normativi predisposti, come invece è richiesto dal Giudice costituzionale; sul punto si rileva l'indirizzo secondo il quale è richiesto l'esame dell'esistenza dei presupposti straordinari di necessità ed urgenza del decreto-legge anche con riguardo al preambolo del decreto-legge, dove è contenuta la giustificazione dei presupposti giuridici e dunque, soprattutto dei requisiti di necessità ed urgenza del decreto stesso;
    nel caso di specie, inoltre, lo stesso decreto in conversione contiene già disposizioni tra loro profondamente eterogenee, in riferimento alle quali si giustifica ancor meno il ricorso allo strumento emergenziale. Ci si riferisce, ad esempio al fatto che la riforma non coinvolge soltanto la magistratura civile, ma anche quella penale, come è evidente nelle disposizioni dettate in tema di ferie dei magistrati. Non si comprende come un intervento volto a ridurre il periodo di ferie spettanti ai magistrati possa giustificare e sostenere la scelta di sottrarre al Parlamento una materia così importante;
    nelle censure della Suprema Corte vi è l'opportunità e la necessità di sindacare anche in materia di conversione in legge, atteso che l'eventuale vizio del decreto si risolve in un vizio della intervenuta conversione, per aver il legislatore erroneamente valutato l'esistenza dei requisiti di validità in effetti insussistenti e, quindi, per aver convertito in legge un atto privo dei necessari requisiti costituzionali;
    in evidente contrasto con il dettato costituzionale è altresì la scelta, contenuta nel provvedimento, di differenziare l'entrata in vigore delle diverse misure ivi previste; di volta in volta, infatti, si esprime in un termine proprio a cui è collegata la vigenza delle nuove norme previste dal Governo che si sostanzia in un differimento dell'efficacia della modifica stessa. È più che evidente, in quanto appena indicato, la pretestuosità della scelta della decretazione d'urgenza con conseguente vizio di incostituzionalità;
    la Corte Costituzionale, con giurisprudenza costante dal 1995 (sentenza n. 29 del 1995), ha affermato che l'esistenza dei requisiti della straordinarietà del caso di necessità ed urgenza può e deve essere oggetto di scrutinio di costituzionalità, dal momento che il difetto dei predetti requisiti, una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge, in quanto non si può attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie. La urgente necessità del provvedere può certo riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare. La straordinarietà dei casi, che si pone come condizione di validità dell'atto, si dovrebbe tuttavia tradurre nell'eccezionalità dell'impiego. Non è, in altre parole, la sola necessità ed urgenza autoqualificata dal Governo che adotta il provvedimento urgente, ma anche la concreta straordinarietà l'elemento discriminante per il ricorso al decreto,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2681.
N. 3. Bonafede, Agostinelli, Businarolo, Colletti, Ferraresi, Sarti, Turco, Villarosa.