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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 22 ottobre 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 22 ottobre 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonavitacola, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Capezzone, Carbone, Casero, Castiglione, Catania, Cecconi, Centemero, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Costa, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Manlio Di Stefano, Epifani, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Marazziti, Antonio Martino, Merlo, Meta, Miotto, Mogherini, Nicoletti, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Porta, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Tacconi, Taglialatela, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Vitelli, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonavitacola, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Capezzone, Carbone, Casero, Castiglione, Catania, Centemero, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Costa, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Manlio Di Stefano, Epifani, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Marazziti, Antonio Martino, Merlo, Meta, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Porta, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Tacconi, Taglialatela, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villarosa, Villecco Calipari, Vitelli, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa notturna della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonavitacola, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Capezzone, Carbone, Casero, Castiglione, Catania, Cecconi, Centemero, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Costa, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Manlio Di Stefano, Epifani, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Marazziti, Antonio Martino, Merlo, Meta, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Porta, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Tacconi, Taglialatela, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di una proposta di legge.

  In data 21 ottobre 2014 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
   BARGERO e BRUNO BOSSIO: «Disposizioni per la promozione dell'imprenditoria giovanile e della ricerca universitaria attraverso lo sviluppo di società per l'utilizzazione industriale dei risultati di essa (spin-off universitari)» (2677).
  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   III Commissione (Affari esteri):
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Kazakhstan sulla cooperazione militare, fatto a Roma il 7 giugno 2012» (2659) Parere delle Commissioni I, II, IV, V e X.

   IX Commissione (Trasporti):
  CATALANO: «Istituzione di una camera di compensazione per la regolazione dei rapporti nel settore del trasporto delle merci e altre disposizioni per il sostegno del trasporto di merci su strada per conto di terzi» (2584) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, VIII, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

  Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 25 settembre 2014, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).

Trasmissione dal Ministero della difesa.

  Il Ministero della difesa ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 26 settembre 2014, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Questi decreti sono trasmessi alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 29 settembre 2014, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279.

  Questo decreto è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera del 16 ottobre 2014, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data agli ordini del giorno NICCHI ed altri n. 9/2325/1, BINETTI ed altri n. 9/2325/4, VILLECCO CALIPARI ed altri n. 9/2325/5, MIOTTO n. 9/2325/6, MORANI ed altri n. 9/2325/8, BORGHESI n. 9/2325/10, CECCONI n. 9/2325/24, GRILLO n. 9/2325/25, SARTI n. 9/2325/26, TURCO n. 9/2325/27, CANCELLERI n. 9/2325/36, DAGA n. 9/2325/38, PRODANI n. 9/2325/39, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 28 maggio 2014, Matteo BRAGANTINI n. 9/2325/11 e Silvia GIORDANO n. 9/2325/22, accolti come raccomandazione dal Governo nella medesima seduta, in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali), competente per materia.

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera del 17 ottobre 2014, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno DIENI n. 9/2373/90, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 20 maggio 2014, concernente l'estensione, nell'ambito delle opere legate all'Expo 2015, dei controlli previsti per le aziende italiane anche agli enti subappaltanti impegnati nella realizzazione dei padiglioni stranieri.
  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), competente per materia.

Trasmissioni dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettere del 17 ottobre 2014, ha trasmesso quattro note relative all'attuazione data agli ordini del giorno BUENO n. 9/2433/7 e FITZGERALD NISSOLI ed altri n. 9/2433/24, concernenti l'utilizzo delle nuove risorse provenienti dalla trattazione degli atti di riconoscimento della cittadinanza da parte delle sedi diplomatico-consolari, PORTA ed altri n. 9/2433/20, riguardante la possibilità di ricorrere a personale locale a contratto per lo smaltimento dell'arretrato di pratiche di cittadinanza presentate presso gli uffici consolari e SCAGLIUSI ed altri n. 9/2433/71, concernente l'invio al Parlamento di una dettagliata relazione sulle modalità di ripartizione del Fondo istituito ai sensi dell'articolo 53-bis del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, introdotto dall'articolo 16-bis del decreto-legge n. 66 del 2014, nonché sui criteri adottati per la valutazione degli oneri relativi all'incremento del personale a contratto impiegato presso le sedi diplomatico-consolari, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 17 giugno 2014.
  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha altresì trasmesso una nota relativa all'attuazione data alla risoluzione conclusiva DI BATTISTA ed altri n. 8/00063, accolta dal Governo ed approvata dalla III Commissione (Affari esteri) nella seduta dell'11 giugno 2014, sulle relazioni con l'ALBA (Alianza Bolivariana para América Latina y el Caribe).
  Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.

Trasmissione dal Sottosegretario di Stato degli affari esteri.

  Il Sottosegretario di Stato degli affari esteri, con lettera in data 17 ottobre 2014, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 1992, n. 180, concernente la partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace e umanitarie in sede internazionale, l'intenzione di concedere un contributo alla testata giornalistica on line «OnuItalia.com», finalizzato alla valorizzazione e alla promozione dell'impegno italiano a favore dell'azione delle Nazioni unite.

  Questa comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

  Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 50 della legge 23 luglio 2009, n. 99, la relazione concernente l'andamento del processo di liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili, riferita al secondo semestre del 2013 (Doc. LXXI-bis, n. 2).

  Questa relazione è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dal Comando generale della guardia di finanza.

  Il Comando generale della guardia di finanza ha trasmesso decreti del Ministro dell'economia e delle finanze recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, autorizzate, in data 3 ottobre 2014, ai sensi dell'articolo 1, commi 182 e 350, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

  Questi decreti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 21 ottobre 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Attuazione della direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sul quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto (COM(2014) 642 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Consiglio dell'Unione europea, in data 21 e 22 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi del Trattato sull'Unione europea, la posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 96/53/CE del Consiglio, che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale (11296/2/14 REV 2), corredata dalla relativa motivazione (11296/2/14 REV 2 ADD 1), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, con comunicazione in data 21 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettere in data 18 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Casamassima (Bari), Isola del Gran Sasso (Teramo) e San Mango sul Calore (Avellino).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Comunicazione di nomina ministeriale.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 20 ottobre 2014, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina della professoressa Sonia Ferrari a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale della Sila.

  Questa comunicazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 15 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, comma 8, lettera d), del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e successive modificazioni, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale recante approvazione delle linee guida concernenti le modalità di fornitura dei dati di potenza degli impianti radiomobili da parte degli operatori e la determinazione dei fattori di riduzione della potenza degli impianti stessi (115).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), che dovrà esprimere il prescritto parere entro l'11 novembre 2014.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1242 – RATIFICA ED ESECUZIONE DEL PROTOCOLLO AGGIUNTIVO (N. 2) ALL'ACCORDO SULLA SEDE TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E L'ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO, CON ALLEGATO, FATTO A ROMA IL 22 GIUGNO 2011 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2420)

A.C. 2420 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il Protocollo aggiuntivo (n. 2) all'Accordo sulla sede tra il Governo della Repubblica italiana e l'Istituto universitario europeo, con Allegato, fatto a Roma il 22 giugno 2011.

A.C. 2420 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

  1. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 8 del Protocollo stesso.

A.C. 2420 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

  1. Per l'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di euro 30.000 a decorrere dall'anno 2014. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 2420 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DELLA CONVENZIONE EUROPEA PER LA PROTEZIONE DEL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO, FATTA ALLA VALLETTA IL 16 GENNAIO 1992 (A.C. 2127-A)

A.C. 2127-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO

   Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

A.C. 2127-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, fatta alla Valletta il 16 gennaio 1992.

A.C. 2127-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

  1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 14 della Convenzione stessa.

A.C. 2127-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

  1. All'onere derivante dalla presente legge, valutato in euro 2.580 annui a decorrere dall'anno 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
  2. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo provvede al monitoraggio dell'onere di cui alla presente legge e riferisce in merito al Ministro dell'economia e delle finanze. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, provvede con proprio decreto alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie rimodulabili di parte corrente di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, destinate alle spese di missione nell'ambito del programma «Coordinamento ed indirizzo per la salvaguardia del patrimonio culturale» e, comunque, della missione «Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici» dello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Si intendono corrispondentemente ridotti, per il medesimo anno, di un ammontare pari all'importo dello scostamento, i limiti di cui all'articolo 6, comma 12, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni.
  3. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure di cui al comma 2.
  4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 2127-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1219 – RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO DI COOPERAZIONE FRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA ED IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DI ESTONIA SULLA LOTTA CONTRO LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA, IL TERRORISMO ED IL TRAFFICO ILLECITO DI DROGA, FATTO A TALLINN L'8 SETTEMBRE 2009 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2421)

A.C. 2421 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di cooperazione fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Estonia sulla lotta contro la criminalità organizzata, il terrorismo ed il traffico illecito di droga, fatto a Tallinn l'8 settembre 2009.

A.C. 2421 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

  1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 16 dell'Accordo stesso.

A.C. 2421 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

  1. All'onere derivante dalla presente legge, valutato in euro 122.577 a decorrere dall'anno 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
  2. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro dell'interno provvede al monitoraggio degli oneri di cui alla presente legge e riferisce in merito al Ministro dell'economia e delle finanze. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dell'interno, provvede con proprio decreto alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie destinate alle spese di missione e di formazione nell'ambito del programma «Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica» e, comunque, della missione «Ordine pubblico e sicurezza» dello stato di previsione del Ministero dell'interno. Si intendono corrispondentemente ridotti, per il medesimo anno, di un ammontare pari all'importo dello scostamento, i limiti di cui all'articolo 6, commi 12 e 13, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
  3. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure di cui al comma 2.
  4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 2421 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1336 – RATIFICA ED ESECUZIONE DEL PROTOCOLLO DI MODIFICA DELLA CONVENZIONE RELATIVA AI TRASPORTI INTERNAZIONALI FERROVIARI (COTIF) DEL 9 MAGGIO 1980, FATTO A VILNIUS IL 3 GIUGNO 1999 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2621)

A.C. 2621 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il Protocollo di modifica della Convenzione relativa ai trasporti internazionali ferroviari (COTIF) del 9 maggio 1980, fatto a Vilnius il 3 giugno 1999.

A.C. 2621 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

  1. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 4 del Protocollo stesso.

A.C. 2621 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

  1. All'onere derivante dalla presente legge, valutato in euro 135.280 a decorrere dal 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
  2. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui alla presente legge. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1, il Ministro dell'economia e delle finanze provvede con proprio decreto alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie di parte corrente aventi la natura di spese rimodulabili ai sensi dell'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, destinate a spese derivanti da obblighi comunitari ed internazionali nell'ambito del programma «Sviluppo e sicurezza del trasporto ferroviario» e, comunque, della missione «Diritto alla mobilità» dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Si intende corrispondentemente ridotto, per il medesimo anno, di un ammontare pari all'importo dello scostamento, il limite di cui all'articolo 6, comma 12, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni.
  3. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure di cui al comma 2.
  4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 2621 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1300 – RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO DI COOPERAZIONE IN MATERIA DI NAVIGAZIONE SATELLITARE TRA L'UNIONE EUROPEA E I SUOI STATI MEMBRI E IL REGNO DI NORVEGIA, FATTO A BRUXELLES IL 22 SETTEMBRE 2010 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2277)

A.C. 2277 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di cooperazione in materia di navigazione satellitare tra l'Unione europea e i suoi Stati membri e il Regno di Norvegia, fatto a Bruxelles il 22 settembre 2010.

A.C. 2277 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

  1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 12 dell'Accordo stesso.

A.C. 2277 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Entrata in vigore).

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative per prevedere forme di concertazione con le regioni e le comunità locali in materia di politica ambientale ed energetica, con particolare riferimento alla realizzazione di inceneritori e allo svolgimento di attività estrattive – 3-01105

   SORIAL, SIBILIA, LIUZZI, DE ROSA, BUSTO, TERZONI, DAGA, MANNINO, SEGONI, ZOLEZZI, MICILLO, CASTELLI, CASO, BRUGNEROTTO, CARIELLO, COLONNESE, CURRÒ, D'INCÀ e SARTI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   le scelte di politica ambientale ed energetica del Governo Renzi sono sostanzialmente orientate alla centralizzazione delle decisioni in materia di gestione dei rifiuti e trivellazioni petrolifere a danno delle comunità locali, della salute dei cittadini e dell'ambiente;
   l'indirizzo del Governo in materia di gestione del ciclo dei rifiuti punta ad incrementare il ricorso ad impianti di incenerimento con recupero di energia, anche attraverso la creazione di una rete di termovalorizzatori, la loro equiparazione a «infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale», nonché l'obbligo per le regioni di autorizzare la massima capacità degli impianti di incenerimento rifiuti esistenti, che significa che alcuni impianti potranno bruciare fino al 30 per cento in più di immondizia, proveniente anche da altre regioni;
   questo scenario trasformerebbe il nostro Paese in un vero e proprio mercato dei rifiuti, con diverse regioni – tra cui la Lombardia – che vedrebbero vanificare il proprio piano rifiuti per diventare il punto di conferimento dei rifiuti dalle regioni incapaci di gestire la produzione dei rifiuti all'interno del proprio ambito territoriale; a Brescia si prevede un incremento pari al 30 per cento, che porterebbe a oltre un milione di tonnellate annue di materiale bruciato, contro le attuali 800.000, mentre con la «libera circolazione», la spazzatura potrebbe giungere anche da Napoli e Roma con tempi accelerati;
   appare evidente, come confermato dalle preoccupazioni espresse dalle associazioni ambientaliste, che questa strategia rischia di comportare un consistente aumento delle emissioni in regioni, come Lombardia ed Emilia-Romagna, dove l'inquinamento atmosferico è già ben oltre i limiti. La pianura padana è stabilmente tra le cinque regioni più inquinate del pianeta: addirittura nel gennaio 2011 nelle città di Milano, Brescia, Verona, Padova, Treviso e Ferrara l'inquinamento è stato così consistente da produrre un fenomeno di «neve chimica», ovvero una particolare forma di pioggia di ghiaccio causata dalla presenza massiccia di percolato nell'aria;
   è ormai risaputo che politiche di gestione dei rifiuti incentrate sugli inceneritori e sulle discariche non fanno altro che aumentare l'inquinamento ambientale, in particolare quello atmosferico, con gravi, se non nefaste, conseguenze per la salute dei cittadini, sempre più esposti a fattori scatenanti neoplasie ed altre patologie ad esso riconducibili;
   nel 2011, in provincia di Brescia, i tumori infantili sono cresciuti dell'8 per cento rispetto al 2010; nel bresciano si registrano ogni anno 25/30 nuovi casi e ad aumentare sono, soprattutto, i carcinomi nel primo anno di età, dato che conferma il rapporto tra tumore e inquinamento ambientale; l'aria respirata, con le polveri sottili continuamente fuori norma, sta facendo crescere in modo esponenziale anche il numero di bambini che presentano malattie allergiche e respiratorie;
   a parere degli interroganti, un sistema moderno ed integrato non dovrebbe incentrarsi sullo smaltimento o sul recupero energetico dai rifiuti, ma basarsi sulla prevenzione e sulla riduzione a monte della quantità dei rifiuti, poi sul riutilizzo e, infine, qualora esso non sia possibile, contemplare operazioni di riciclo di materia. In tal senso la direttiva 2008/98/CE sui rifiuti prevede obiettivi di riciclo riferiti a specifiche frazioni merceologiche e non certo volumi di energia prodotti dai rifiuti; l'Italia, per superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore, dovrebbe, quindi, implementare una politica di sviluppo della raccolta differenziata e riciclaggio;
   anche per quanto riguarda le trivellazioni petrolifere, il Governo intende svolgere il ruolo di decisore, attribuendo al Ministero dello sviluppo economico la competenza a rilasciare il titolo autorizzativo, ribaltando i principi della legge n. 239 del 2004, che, a garanzia della competenza concorrente con lo Stato in materia di energia, aveva assegnato alle regioni il ruolo di codecisori nel rilascio dei titoli abilitativi concessori e di ogni altra autorizzazione connessa;
   a parere degli interroganti, le royalty utilizzabili dalle regioni interessate dalle attività di estrazione non compenserebbero l'inevitabile quanto grave innalzamento dei livelli di inquinamento ambientale cui si andrebbe incontro a danno della salute dei cittadini, potendo, infatti, essere usate sforando il patto di stabilità solo per i proventi di 4 anni ed esclusivamente per l'aliquota derivante da eventuali maggiori produzioni. Tanto più che la direttiva 2009/28/CE prevede il potenziamento dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, con graduale abbandono dei combustibili fossili –:
   se il Ministro interrogato non ritenga che la linea tracciata dal Governo sia pericolosamente lesiva del principio di sussidiarietà e potenzialmente in contrasto con il titolo V della Costituzione in materia di competenze regionali, se non ritenga necessario l'avvio di un approfondito studio per la preventiva valutazione dei possibili danni ambientali e dei probabili danni alla salute umana, all'uopo coinvolgendo l'Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale e l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, determinati da una politica ambientale che sembra aver cambiato decisamente verso, la cui priorità sembra essere passata dalla tutela di ambiente e salute alla salvaguardia degli interessi economici, e se non ritenga di valutare l'opportunità di procedere all'individuazione di una qualche forma di concertazione con le regioni e le comunità locali interessate dall'eventuale realizzazione di inceneritori o attività estrattiva.
(3-01105)


Chiarimenti in merito al prospettato rifinanziamento delle misure in favore delle guardie forestali della regione Calabria e dei lavoratori socialmente utili di Napoli e Palermo – 3-01106

   GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   è notizia battuta dalle agenzie di stampa nei giorni scorsi quella che la legge di stabilità per il 2015 contiene, tra l'altro, il rifinanziamento degli interventi in favore dei forestali della Calabria e dei lavoratori socialmente utili di Napoli e Palermo;
   in particolare, sembrerebbe che il documento prevede l'autorizzazione di un contributo pari a 140.000.000 di euro a decorrere dal 2017 in favore dei forestali della Calabria e pari a 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2015 in favore dei lavoratori socialmente utili di Napoli e Palermo;
   il sistema di reclutamento dei forestali in Calabria è stato spesso adottato come esempio di clientelismo politico e di spreco delle risorse pubbliche: trattasi di circa 10 mila forestali chiamati a sorvegliare un'area boschiva di 6.500 chilometri quadrati, «due volte e mezzo i ranger canadesi che sovrintendono a un patrimonio forestale di 400 mila chilometri quadrati», come tempo fa ha paragonato il quotidiano Il Giornale;
   secondo uno studio del 2011 della Commissione paritetica per l'attribuzione del federalismo fiscale un ettaro di foresta determina una spesa annua regionale di 597 euro in Calabria, che insieme a quella di 1.455 euro in Sicilia e di 410 euro in Campania, rappresenta il 75,5 per cento di tutte le regioni italiane, nonostante queste tre regioni mantengano complessivamente il 14,5 per cento delle foreste italiane. Di contro in Umbria, che ha il patrimonio boschivo più ampio d'Italia in rapporto all'estensione della regione, operano «solo» 650 operai forestali per 390.255 ettari di bosco, cioè circa 600 ettari a testa;
   parimenti anche i lavori socialmente utili di Napoli e Palermo rappresentano uno scandalo annoso, esempio classico di come un intervento di «emergenza» si possa trasformare in un finanziamento statale perenne: gli interventi prendono il via nel 1984 e da allora son sempre stati – vergognosamente – rifinanziati –:
   se i predetti stanziamenti trovino conferma e, in caso di risposta affermativa, per quali ragioni il Governo, nonostante la politica generalizzata di tagli alla regioni, destini ingenti risorse alle regioni di Campania, Calabria e Sicilia, peraltro a sostegno di una politica occupazionale fallimentare trasformatasi nel tempo in una sorta di ammortizzatore sociale stabilizzato. (3-01106)


Iniziative per estendere il credito di imposta relativo alle erogazioni liberali a sostegno della cultura ai beni culturali appartenenti a privati e fondazioni – 3-01107

   GIGLI, SBERNA, BINETTI e SANTERINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la gran parte del patrimonio culturale italiano, il più vasto del pianeta, versa in uno stato di cattiva conservazione, se non di abbandono;
   il decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, per la prima volta valorizza la possibilità del credito di imposta per favorire il reperimento di erogazioni liberali a sostegno della cultura;
   la norma ha, però, escluso dai possibili beneficiari del provvedimento i beni culturali appartenenti a privati e fondazioni, realizzando, tra l'altro, un'evidente inaccettabile discriminazione contro quanti hanno contribuito a preservare beni, soprattutto monumentali, che benché privati sono riconosciuti dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e sono aperti al pubblico, oltre a dar luogo a una limitazione del principio di sussidiarietà;
   tale limitazione, imposta allora da vincoli di spesa, risulta particolarmente dannosa, soprattutto per l'enorme patrimonio monumentale, museale e archivistico salvaguardato dalla comunità cristiana e dalle autorità religiose del nostro Paese;
   i beni culturali posseduti dall'Italia, specie di carattere monumentale, possono essere il volano della ripresa economica del Paese ed offrire occasioni preziose di occupazione per le nuove generazioni, sia nel settore turistico, sia nella gestione e nella valorizzazione dei beni culturali stessi –:
   se non ritenga di prevedere, anche nell'ambito del disegno di legge di stabilità per il 2015, risorse aggiuntive in grado di estendere la platea dei beneficiari e di individuare meccanismi in grado di superare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, ogni discriminazione tra beni pubblici e beni privati di pubblico interesse nell'individuazione delle istituzioni per il cui sostegno le erogazioni liberali sono ammesse al credito d'imposta. (3-01107)


Criteri e tempi di attuazione della riforma dell'organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – 3-01108

   COSCIA, PICCOLI NARDELLI, ASCANI, BLAZINA, BOSSA, CAROCCI, COCCIA, CRIMÌ, D'OTTAVIO, GHIZZONI, MALISANI, MALPEZZI, MANZI, NARDUOLO, ORFINI, PES, RAMPI, ROCCHI, PAOLO ROSSI, SGAMBATO, VENTRICELLI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel rispetto delle misure previste dall'articolo 2, comma 10, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nonché dall'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, risulta approvato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   si apprende positivamente – da recenti dichiarazioni del Ministro interrogato – che tale riorganizzazione, nata da esigenze di spending review, è stata l'opportunità per intervenire e porre rimedio ad alcuni problemi riconosciuti ed evidenziati dagli addetti ai lavori nell'ultimo decennio, quali: l'assoluta mancanza di integrazione tra i due ambiti di intervento del Ministero, la cultura e il turismo; l'eccessiva moltiplicazione delle linee di comando e le numerose duplicazioni tra centro e periferia e i frequenti conflitti tra direzioni regionali e soprintendenze; il congestionamento dell'amministrazione centrale, ingessata anche dai tagli operati negli ultimi anni; la cronica carenza di autonomia dei musei italiani, che ne limitano grandemente le potenzialità; il ritardo del Ministero nelle politiche di innovazione e di formazione;
   la riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai fini di maggiore efficienza e funzionalità è senza dubbio utile e perciò deve essere attivata nella massima chiarezza dei principi che la ispirano –:
   quali siano i principi ispiratori dell'intervento e in che tempi il Ministro interrogato intenda attuare l'annunciata riforma dell'organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. (3-01108)


Chiarimenti in merito alle iniziative assunte dalle forze dell'ordine nei confronti di alcuni attivisti delle associazioni per il riconoscimento dei diritti degli omosessuali in occasione di una manifestazione svoltasi a Perugia il 29 marzo 2014 – 3-01109

   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la procura di Perugia ha iscritto nel registro degli indagati alcuni soci dell'associazione Omphalos Arcigay Arcilesbica, un'associazione che si batte per il riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali, perché ritenuti colpevoli di scambiarsi dei baci in risposta alla manifestazione delle «Sentinelle in piedi» del 29 marzo 2014 a Perugia;
   nella notifica di conclusione delle indagini ad uno degli indagati si legge che i contromanifestanti scandivano slogan «mascherati con dei “boa di struzzo”, cappellini e ombrelli multicolore» e che il bacio fra una coppia dello stesso sesso è «disturbo della quiete pubblica». Secondo quanto appreso dall'interrogante, i verbali della polizia riporterebbero le seguenti frasi: «avvicinandosi ad altro individuo di sesso maschile si esibiva in un prolungato e concupiscente bacio sulla bocca con lo stesso, nel bel mezzo di Corso Vannucci ed in presenza di numerose famiglie con bambini e ragazzi molti dei quali minorenni che in quel momento affollavano il centro cittadino lasciando i passanti disgustati da tale dimostrazione»;
   nessun atto violento, né osceno, né alcun tipo di provocazione o offesa è stata commessa dai partecipanti al libero presidio in risposta alla manifestazione delle «Sentinelle in piedi», quella sì a giudizio dell'interrogante repressiva nelle intenzioni e discriminatrice nei confronti delle persone omosessuali e della loro dignità;
   nessuna rilevanza giuridica e penale può attribuirsi secondo l'interrogante alle osservazioni verbalizzate dagli agenti e sopra riportate, ma esse dimostrano che le istituzioni assumono ancora atteggiamenti offensivi nei confronti delle persone omosessuali –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario verificare se siano corrette le modalità utilizzate dalla questura e dalla polizia di Perugia nel redigere verbali così gravi nella forma e nel contenuto, in quanto ad avviso dell'interrogante discriminatori e lesivi della dignità e della libertà degli attivisti, e quali iniziative intenda assumere nei confronti di chi ha redatto un verbale di questo tipo. (3-01109)


Iniziative per chiarire le competenze dei prefetti in relazione alla trascrizione dei matrimoni contratti all'estero tra persone dello stesso sesso – 3-01110

   FORMISANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   vari sindaci italiani hanno deciso di trascrivere nel registro di stato civile il matrimonio contratto all'estero tra coppie dello stesso sesso;
   l'atto ha suscitato varie reazioni, tra le quali quelle del prefetto di Roma che ha diffidato, facendo riferimento alla circolare del Ministero dell'interno di inizio ottobre 2014 ed alle attuali norme di legge, il sindaco di Roma a procedere alla trascrizione;
   lo stesso prefetto di Roma ha annunciato «nella sua veste di organo statale di vigilanza sui servizi anagrafici» che, qualora il sindaco non avesse desistito dalla trascrizione, si sarebbe potuto rendere necessario un intervento per cancellare l'atto, annullando, quindi, le eventuali trascrizioni;
   questa presa di posizione del prefetto non sembra, però, sostenuta da norme di legge chiare. Da più parti, infatti, si afferma l'assoluta inesistenza di un potere di procedere all'annullamento delle suddette trascrizioni, tanto in capo agli ufficiali di stato civile quanto, in via gerarchica, in capo al prefetto;
   dunque, è possibile ritenere, ad avviso dell'interrogante, che qualsiasi atto in tal senso potrebbe costituire non solo un atto di dubbia legittimità, ma anche una clamorosa invasione della sfera del potere giurisdizionale;
   il Ministero dell'interno e il prefetto di Roma sostengono, infatti, l'applicabilità dell'articolo 21-nonies della legge n. 241 del 1990, applicabilità che è, invece, quantomeno, molto dubbia. In primo luogo, infatti, il citato articolo 21-nonies fa riferimento al «provvedimento amministrativo», mentre è pacifico che le trascrizioni nel registro dei matrimoni in questione non sono provvedimenti amministrativi, bensì atti pubblici con effetto dichiarativo e di certificazione, in quanto la trascrizione del matrimonio non ha «natura costitutiva ma meramente certificativa e di pubblicità» (così Corte di cassazione, sentenza 15 marzo 2012, n. 4184);
   in secondo luogo, la disciplina dello stato civile portata dal codice civile e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 rimette in via esclusiva al tribunale, su impulso del pubblico ministero, qualsiasi decisione circa l'eventuale cancellazione di un atto indebitamente registrato. Ciò è disposto dall'articolo 95 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 in materia di ricorso contro le suddette trascrizioni e dall'articolo 69, comma 1, lettera e), del medesimo testo, ove – fra gli atti di cui è possibile fare annotazione nel registro degli atti di matrimonio – sono indicate solo le «sentenze con le quali si pronuncia l'annullamento della trascrizione dell'atto di matrimonio» ed i «provvedimenti di rettificazione», ma non altri atti con il medesimo effetto;
   occorre ricordare, inoltre, che la finalità della trascrizione non è quella di dare effetti, ma solo di fare pubblicità all'atto e consentire la certificazione del matrimonio. Si tratta, quindi, di due funzioni importanti per il funzionamento dell'ordinamento, per i terzi e le coppie che trascrivono;
   gli effetti del matrimonio, invece, sorgono in virtù della valida celebrazione nei Paesi dove ciò è possibile. Per i matrimoni tra persone dello stesso sesso, in Italia gli effetti non sono pieni, ma relativi. Infatti, questi matrimoni – che la Corte di cassazione, con la sentenza n. 4184 del 2012, definisce esistenti e validi – producono effetti limitatamente alle materie di competenza dell'Unione europea e in tutti i Paesi che li riconoscono –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per chiarire le competenze giuridiche dei prefetti nella situazione esposta in premessa, in modo da dissipare i dubbi, le incertezze e la poca chiarezza nelle competenze dei vari organi dello Stato. (3-01110)


Iniziative urgenti volte a tutelare le vittime della criminalità organizzata, con particolare riferimento alla vicenda dell'imprenditore Tiberio Bentivoglio – 3-01111

   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'imprenditore di Reggio Calabria Tiberio Bentivoglio si è ribellato alla ’ndrangheta, rifiutandosi di pagare il pizzo e denunciando i suoi estorsori, nel frattempo condannati;
   dal 1992 è testimone di giustizia ma ha continuato a subire minacce, attentati, danneggiamenti e persino un tentato omicidio che oggi lo costringe a vivere sotto scorta;
   la sua attività imprenditoriale è ormai ad un passo dal fallimento, dopo che prima ben tre attentati dinamitardi ed incendiari hanno devastato il suo negozio e il magazzino, mandando in fumo milioni di euro di merci, poi seguito da un crollo del fatturato pari al 75 per cento, visto il sensibile calo di clienti, dovuto alla paura di frequentare il suo negozio;
   a tutto ciò si sono aggiunti lo sfratto esecutivo dai locali del negozio, Equitalia che gli ha notificato l'imminente vendita all'asta della sua casa e le banche che non gli accordano più alcun credito;
   il debito con Equitalia deriva dal mancato pagamento dei contributi Inps per i suoi dipendenti, scelta che l'imprenditore ha fatto pur di non licenziarli, in una Calabria dove la disoccupazione tocca cifre da capogiro;
   la legge 23 febbraio 1999, n. 44, nata con l'intento di proteggere le vittime delle richieste estorsive e dell'usura, prevedendo a tal fine anche l'istituzione di un fondo per i risarcimenti, ha dimostrato, con riferimento al caso di specie, tutte le sue lacune, sia per quanto riguarda la lentezza dei tempi per la concessione dei benefici economici, sia per l'esiguità degli stessi (all'imprenditore in questione sono stati versati appena sedicimila euro), sia per i tempi di sospensione dei procedimenti esecutivi a carico dei beneficiari della legge, troppo limitati nel tempo –:
   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere con riferimento al caso dell'imprenditore di cui in premessa e quali strumenti, anche normativi, intenda adottare al fine di tutelare compiutamente le vittime della criminalità organizzata che aiutano lo Stato nella lotta contro la stessa. (3-01111)


Elementi in ordine allo stato di avanzamento del processo di costruzione degli impianti per l'incenerimento dei rifiuti sul territorio nazionale – 3-01112

   DORINA BIANCHI, PISO e BOSCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le problematiche relative alla produzione di rifiuti hanno assunto, negli ultimi decenni, proporzioni sempre maggiori in relazione al miglioramento delle condizioni economiche, al veloce progredire dello sviluppo industriale, all'incremento della popolazione e delle aree urbane;
   la produzione dei rifiuti è, infatti, progressivamente aumentata quale sintomo del progresso economico e dei consumi. La diversificazione dei processi produttivi ha, inoltre, generato la moltiplicazione della tipologia dei rifiuti con effetti sempre più rilevanti per l'ambiente;
   è certamente noto a tutti, e non solo agli addetti del settore, che in Italia la situazione dello smaltimento dei rifiuti è precaria, sia con riferimento ai rifiuti urbani sia con riferimento a quelli speciali e, in particolare, a quelli pericolosi;
   la ragione principale dei ritardi accumulati nella realizzazione degli impianti di trattamento è da attribuire alla persistente opposizione dell'opinione pubblica alla loro installazione per il timore degli effetti indotti sulla salute –:
   a che punto si sia giunti nel processo di costruzione di impianti per l'incenerimento dei rifiuti urbani sul territorio nazionale, in considerazione del sempre più elevato quantitativo di rifiuti da smaltire e del rispetto della salute dei cittadini che abitano in prossimità degli impianti stessi. (3-01112)


Iniziative urgenti per la piena salvaguardia della riserva naturale di Torre Guaceto in Puglia, in relazione agli asseriti processi di inquinamento in atto nell'area – 3-01113

   MATARRESE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Torre Guaceto è una riserva naturale marina protetta situata sulla costa adriatica dell'alto Salento nella regione Puglia;
   a conferma dell'importanza naturalistica e paesaggistica di quest'area, si sono succeduti, dal 1982 ad oggi, una serie di provvedimenti al fine di monitorarla, studiarla, preservarla e proteggerla da ogni fonte di inquinamento;
   con legge n. 979 del 1982, all'articolo 31, il Ministro della marina mercantile attuò la politica intesa alla protezione dell'ambiente marino ed alla prevenzione di effetti dannosi alle risorse del mare, provvedendo alla formazione, di intesa con le regioni, del piano generale di difesa del mare e delle coste marine dall'inquinamento e di tutela dell'ambiente marino. Con tale provvedimento furono identificate «20 aree marine di reperimento» ovvero riserve naturali protette, tra le quali proprio quella di Torre Guaceto;
   con decreto del Ministro dell'ambiente del 4 dicembre 1991 (Gazzetta ufficiale n. 115 del 19 maggio 1992), fu istituita la riserva naturale marina denominata Torre Guaceto;
   con decreto del Ministro dell'ambiente del 4 febbraio 2000 fu istituita la riserva naturale statale denominata Torre Guaceto (Gazzetta ufficiale n. 124 del 30 maggio 2000);
   l'area marina protetta di Torre Guaceto è attualmente inserita nella lista delle 32 aree specialmente protette di importanza mediterranea identificate dal Protocollo relativo alle aree specialmente protette e la biodiversità in Mediterraneo del 1995, che istituisce aree speciali protette di importanza mediterranea (aspim) o spami (dall'acronimo inglese specially protected areas of Mediterranean importance). Tale protocollo impegna le parti contraenti a promuovere la cooperazione nella gestione e conservazione delle aree naturali e nella protezione delle specie animali minacciate e dei loro habitat;
   l'articolo 4 del predetto decreto del Ministro dell'ambiente del 4 dicembre 1991 (Gazzetta ufficiale n. 115 del 19 maggio 1992) istituisce 3 zone, denominate zona a, zona b e zona c, all'interno delle quali le disposizioni e i divieti di esercitazione di attività varie tesi alla protezione dell'area di Torre Guaceto si rendono ancora più puntuali e stringenti;
   con atto dirigenziale del Servizio risorse idriche della regione Puglia n. 136 del 2 settembre 2014 è stata rilasciata all’Aqp spa l'autorizzazione all'esercizio dello scarico provvisorio nel «Canale Reale» delle acque reflue depurate effluenti dal nuovo impianto consortile di trattamento a servizio dell'agglomerato di Carovigno;
   con nota del 19 settembre 2014, protocollo n. 89903, l’Aqp spa ha comunicato che a decorrere dal 22 settembre 2014 avrebbero avuto inizio le operazioni di avvio all'esercizio dei collettori fognari e, quindi, del successivo scarico;
   secondo quanto si evince dagli organi di stampa, pare che dal giorno 26 settembre 2014 il nuovo depuratore consortile di Carovigno autorizzato dalla regione Puglia, che tratterebbe anche gli scarichi provenienti da San Michele Salentino e San Vito dei Normanni, stia sversando, direttamente e proprio nelle acque della «zona protetta a», prevista dal decreto del 4 dicembre 1991, liquami e schiuma che, secondo quanto affermato dai rappresentanti del consiglio d'amministrazione del consorzio di gestione della riserva, pare non siano stati adeguatamente depurati e rischino di inquinare gravemente l'intera area protetta e il mare;
   il 19 settembre 2014 il consorzio di gestione di Torre Guaceto ha denunciato il fatto alla procura della Repubblica di Brindisi e ai corpi deputati alla tutela dell'ambiente, quali la capitaneria di porto di Brindisi, il Corpo forestale dello Stato e il nucleo operativo ecologico dei carabinieri. Sembrerebbe che, a seguito dei controlli, sia stata denunciata Aqp spa per la mancanza dell'autorizzazione per le emissioni in atmosfera;
   il provvedimento di autorizzazione allo scarico provvisorio delle acque reflue nel «Canale Reale» all'interno della zona a dell'area marina protetta di Torre Guaceto, emesso dalla regione Puglia, sembrerebbe contrastare non solo la normativa vigente in materia, quanto anche i più banali principi del buon senso e della buona amministrazione. In pratica, mentre ben quattro provvedimenti di emanazione nazionale e internazionale tendono a salvaguardare questa meravigliosa area pugliese, vietando qualunque tipo di attività lesiva dell'integrità della biodiversità e della natura del posto e addirittura vietando la balneazione, si autorizza a sversare liquami potenzialmente dannosi nella stessa area e proprio nella più protetta di essa –:
   quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di garantire non solo l'effettiva protezione e la salvaguardia dell'area di Torre Guaceto dai presunti processi di inquinamento in atto, ma anche la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale marino e costiero presente nella predetta riserva naturale marina, con particolare riferimento alla qualità delle acque, alle caratteristiche geomorfologiche, alla flora, alla fauna, nonché all'avifauna acquatica in relazione alla designazione di parte dell'area quale zona umida di importanza internazionale, in base a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1976, «Esecuzione della Convenzione relativa alle zone umide d'importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971» (Gazzetta ufficiale 3 luglio 1976, n. 173, supplemento ordinario). (3-01113)


Iniziative volte a garantire il tempestivo avvio delle opere strategiche correlate al dissesto idrogeologico e a evitare il blocco dei lavori in caso di ricorsi giurisdizionali – 3-01114

   PRESTIGIACOMO e PALESE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il dissesto idrogeologico che continua a colpire il territorio di alcune regioni rende sempre più urgente un intervento tempestivo ed efficace per cercare di prevenire situazioni di disastro ambientale, quali da ultimo quelle gravissime verificatesi in Liguria e in Maremma;
   il punto essenziale, rispetto alla questione più specifica, a prescindere dalle risorse che erano e sono a disposizione, è la drammatica la lentezza con cui questi lavori di avvio delle opere pubbliche per far fronte al dissesto idrogeologico sono stati appaltati;
   per quanto riguarda le esondazioni verificatesi in Liguria e nella città di Genova l'unico tratto di lavoro che è stato realizzato è stato quello, messo in atto dal provveditorato alle opere pubbliche, come primo lotto, e conclusosi a metà dell'anno 2011. Per quanto riguarda i lavori successivi, è stata individuata la suddivisione in due lotti per la realizzazione del primo lotto di adeguamento della copertura i cui lavori sono stati appaltati nel 2005 e realizzati nel 2011, mentre per le altre opere non si è fatto purtroppo in tempo;
   dal 2007 in poi, e dal 2011 al 2014, non si sono realizzate le opere pubbliche necessarie al territorio ligure a causa di precedenti ricorsi e controricorsi amministrativi messi in atto principalmente dalle imprese partecipanti alle gare d'appalto; ed è fondamentale per tali opere, una volta che siano state assegnate, iniziare i lavori, indipendentemente dal fatto che legittimamente si sia presentato un ricorso;
   nell'ultima visita a Manciano in seguito alla devastazione dei territori della Maremma per il maltempo, il Ministro interrogato ha sottolineato come nel programma del Governo sia prioritario far fronte al dissesto idrogeologico e ha espresso la volontà dell'Esecutivo di rimettere in circolo i 2 miliardi di euro di risorse che non si riescono a spendere, realizzando un piano pluriennale per il dissesto idrogeologico, ma purtroppo non sono stati indicati i tempi; per quanto riguarda poi l'ipotesi di una sospensione delle tasse per gli alluvionati, è stato posto in evidenza che si possa realizzare previa una valutazione dei danni e in seguito all'approvazione da parte del Consiglio dei ministri;
   ad Aulla in Maremma, dal 2011 a oggi non è stato fatto quasi nulla e se oggi ripiovesse, probabilmente si verificherebbe lo stesso prevedibile disastro ed è soltanto un esempio di ciò che manca all'Italia: una cultura di prevenzione e di gestione urbanistica del territorio;
   per le opere importanti e strategiche come quelle legate al dissesto idrogeologico e al suo risanamento, urge dunque garantire l'inizio immediato dei lavori, a prescindere anche dai tempi necessari previsti dall'Unione europea perché si dia la possibilità all'eventuale parte lesa di poter ricorrere;
   gli eventi che prima potevano accadere una volta ogni cento anni ora accadono una volta ogni 60 anni, ma sono eventi assolutamente naturali e bisogna agire sul territorio, tenendo conto che questi eventi non rappresentano più un'eccezionalità –:
   quali siano i tempi in cui il Governo intenda attivarsi per evitare il ripetersi di disastri ambientali così gravi e per impedire il blocco dell'avvio delle opere pubbliche conseguente ai numerosi, spesso immotivati, ricorsi presentati dalle imprese partecipanti alle gare per l'assegnazione delle opere suddette. (3-01114)


COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 23 E 24 OTTOBRE

Risoluzioni

   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre assume una particolare rilevanza, coincidente con la guida italiana della Presidenza del Semestre europeo, in una fase caratterizzata da importanti cambiamenti, conseguenti non solo al rinnovo dei membri della Commissione europea ma della sua stessa strategia per i prossimi cinque anni;
    il prossimo Consiglio europeo dovrà decidere su importanti temi all'ordine del giorno, come la situazione economica in Europa – decisioni che, dando seguito alle conclusioni del Consiglio europeo dello scorso giugno relative al primo pilastro dell'agenda strategica, dovranno tener conto della necessità di promuovere la crescita, l'occupazione e la competitività e perseguire l'obiettivo di accelerare le modalità per l'attuazione di tali misure; in particolare, il prossimo Consiglio dovrà prendere decisioni circa il nuovo quadro per le politiche del clima e dell'energia, non solo per confermare l'impegno finalizzato a raggiungere un accordo ambizioso sul pacchetto clima ed energia, ma anche per imprimere maggiori sforzi sulla sicurezza energetica, le interconnessioni, la ripartizione degli oneri e i meccanismi di flessibilità;
    la grande sfida è quella di un'Europa pronta a competere nell'economia globale e per far questo è necessario il massimo impegno, in particolare in questi mesi di guida italiana del Semestre europeo, per mettere al centro i temi del rilancio – nell'ambito della Strategia Europa 2020 – della crescita e della competitività, per l'avvio di una rinascita industriale a partire dal settore manifatturiero (cosiddetto industrial compact), insieme al superamento della decrescita e degli alti tassi di disoccupazione e della modernizzazione dell'economia, attraverso l'estensione delle tecnologie digitali e lo sviluppo di un’ economia verde e sostenibile;
    a tal fine è necessario che, accanto a misure capaci finalmente di favorire crescita e sviluppo dell'intero continente mediante lo sviluppo di nuove politiche industriali, si favorisca una strategia ambiziosa capace di ridurre i costi energetici, una strategia rinnovata incentrata sulla lotta ai cambiamenti climatici, che promuova una maggiore diversificazione delle fonti e delle rotte energetiche e che incoraggi una politica esterna dell'energia dell'Unione focalizzata sulla sicurezza energetica;
    la Presidenza italiana, soprattutto in occasione del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre, è chiamata a giocare un ruolo cruciale nella definizione dell'accordo sul nuovo quadro comunitario per il 2030 su clima ed energia, per la sua capacità di leadership e la volontà politica di investire nello sviluppo di un'economia europea a basse emissioni di carbonio, tale da farci superare la doppia crisi climatica ed economica, creando nuove opportunità dal punto di vista dell'occupazione, dell'innovazione e dello sviluppo di tecnologie pulite; l'azione italiana dovrebbe dunque caratterizzarsi, per un'azione volta a raggiungere l'accordo sul nuovo quadro clima-energia, tale da assicurare alla Unione europea dopo il 2020 il conseguimento di obiettivi ambiziosi, anche in vista del prossimo vertice internazionale sul clima di Parigi nel dicembre 2015;
    come ha ribadito recentemente l'IPCC – il panel scientifico intergovernativo delle Nazioni Unite – la minaccia dei cambiamenti climatici dovuti alle emissioni antropiche è molto preoccupante e vicina alla soglia critica, per evitare la crisi climatica si deve agire dunque in modo efficace entro alcuni anni;
    i tre obiettivi comunitari proposti dalla Commissione per il nuovo quadro europeo per una nuova politica energetica e del clima al 2030 prevedono: una riduzione globale dal 40 per cento delle emissioni CO2 vincolante per gli Stati membri, i quali dovranno sostenere uno sforzo di riduzione sia nei settori ETS (settori industriali maggiori consumatori di energia cosiddetti «energivori») sia in quelli non ETS, rispettivamente del 43 per cento e un 30 per cento al 2030; per assicurare l'effettività nel raggiungimento di questi target, l'uso degli strumenti di flessibilità dovrà essere significativamente aumentato, avendo riguardo anche al consumo nel settore dei trasporti; una condivisione delle energie rinnovabili consumate nella Unione europea dovrà essere di almeno il 27 per cento nel 2030 rispetto al 1990 (il 3 per cento al di sopra dell'attuale trend al 2030) e l'incremento al 30 per cento dell'efficienza energetica rispetto alle proiezioni di consumo energetico futuro (anche se tale obiettivo non risulta espressamente vincolante);
    il Consiglio europeo dovrà confermare l'impegno a rispettare tali target e definire i seguenti punti specifici; rinnovo del già esistente NER 300 (relativamente alla cattura e allo stoccaggio geologico del CO2 e alla produzione di energia da fonti rinnovabili, come previsto dalla direttiva 2003/87/CE e nella gestione delle attività di progetto del protocollo di Kyoto), con medesime facilitazioni estese all'innovazione di basso carbonio nei vari settori industriali, con un incremento di 400 milioni di sovvenzione; una nuova riserva (1-2 per cento) di ribasso da indirizzare agli Stati membri con il più basso prodotto interno e con più alto bisogno di investimenti, allo scopo di migliorare l'efficienza energetica e modernizzare il sistema energetico, per approvvigionare i cittadini con un'energia più pulita sicura e a buon mercato; una distribuzione di fondi della Unione europea ETS da mettere all'asta dagli Stati membri – con propositi di solidarietà o crescita, il 10 per cento sarà distribuito tra i Paesi il cui PIL pro capite non superi il 90 per cento della media dell'Unione europea, mentre il resto sarà distribuito sulla base di emissioni verificate, la definizione di metodologie atte a raggiungere gli obiettivi di riduzione nazionale per i settori non ETS, con applicazione continuata fino al 2030 della metodologia concordata, sulla base della Decisione ESD per il 2020, mediante sforzi distribuiti sulla base dei relativi PIL pro capite;
    il Consiglio europeo si celebra di nuovo in un periodo di grandi tensioni internazionali che attengono alla sicurezza stessa dell'Europa e degli Stati membri e riguardano, come nel caso della questione Ucraina, scenari decisivi per il futuro del nostro continente. In questa direzione è necessario perseguire tutte le vie diplomatiche possibili nella risoluzione delle crisi, come dimostrato nel recente vertice ASEM svoltosi il 16 e 17 ottobre a Milano, coinvolgendo la Russia nelle questioni internazionali sulla base dei valori fondanti della Unione europea e del diritto internazionale;
    in tale contesto internazionale la nomina del Ministro degli esteri italiano alla carica di Alto Rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri conferisce al nostro Paese una responsabilità importante in vista delle difficili questioni da dirimere, in un'Unione che richiede profondi cambiamenti, sia in politica estera per la difficile relazione Europa-Russia, che in materia di sicurezza in favore di una difesa comune europea, impegno storicamente sostenuto dal nostro Paese; ma soprattutto il nuovo Alto Rappresentante dovrà interpretare in maniera più proattiva il ruolo dell'azione di politica internazionale europea, a partire dalla regione mediterranea e mediorientale dove occorre contrastare prioritariamente l'azione del cosiddetto Stato Islamico attraverso un approccio multidimensionale – politico, diplomatico, finanziario e umanitario – ma senza dimenticare i focolai di crisi nel Nord Africa, primo fra tutti quello costituito dalla difficilissima situazione libica a rischio di trasformarsi in pericolosa base di partenza del nuovo terrorismo islamico;
    ugualmente importante sarà l'impegno nei riguardi di grandi emergenze umanitarie tra cui la tragica diffusione nell'Africa subsahariana di Ebola, diventata non solo una catastrofe umanitaria ed economica per i Paesi colpiti ma anche un rischio sanitario globale, che va quindi affrontato in modo coordinato e maggiormente efficace;
    infine, in considerazione della necessità di proseguire sulla strada delineata nell'ultimo Consiglio europeo di giugno, l'Italia quale Paese guida del Semestre europeo, è chiamata a riproporre la necessità di collocare al centro dell'agenda politica europea la definizione urgente di una strategia solida e condivisa, improntata su solidarietà e responsabilità, in materia di immigrazione e diritto d'asilo, in grado anche di approdare a una revisione del vigente regolamento cosiddetto di «Dublino III», la cui applicazione presenta numerose criticità che, caricando sulla gestione dei singoli Stati delle richieste d'asilo, finisce per far appesantire le richieste a carico dei Paesi di primo approdo, come l'Italia e i Paesi membri che affacciano sui Mediterraneo, teatro di numerosi flussi migratori,

impegna il Governo:

   a promuovere, in sede europea, un'azione volta a:
    a) raggiungere un accordo politico sul prossimo quadro Clima-Energia 2030, che costituirà la base di ulteriori discussioni mirate sui nodi tecnici più complessi, con l'obiettivo di una completa definizione dell'intero impianto normativo entro il marzo 2015, promuovendo in tale contesto altresì:
     1) la definizione di un ambizioso obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2, in linea con le proposte della Commissione europea, che consenta all'Unione europea di presentarsi con una posizione comune credibile alle prossime Conferenze internazionali sui cambiamenti climatici ed in particolare alla XXI COP sul clima di Parigi nel dicembre 2015;
     2) una riforma del sistema di ripartizione degli sforzi tra gli Stati membri per raggiungere una significativa riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra nei settori Non-ETS rispetto al 1990, fondata su di un quadro di maggior convergenza ispirato ai principi di solidarietà, trasparenza e obiettività;
     3) importanti decisioni in materia di obiettivi di sviluppo delle energie rinnovabili e di aumento dell'efficienza energetica a livello europeo, per accompagnare in modo sostenibile le necessarie misure per il rilancio della crescita e della competitività;
     4) l'impegno di tutti gli Stati membri ad una rapida azione per centrare gli obiettivi in tema di Sicurezza Energetica dell'Unione europea, fondata sulla concreta attuazione di misure di breve periodo e nella individuazione di una strategia di medio-lungo periodo, da trattare congiuntamente ai negoziati sul Quadro Clima-energia 2030 e sul completamento del Mercato Unico dell'Energia;
     5) nella definizione del quadro 2030, iniziative per ridurre significativamente i costi dell'energia per le imprese europee, rispetto ai principali competitori globali, in coerenza con gli obiettivi fissati nell'ambito della strategia per la rinascita industriale in corso di definizione a livello di Unione europea.
    b) in un quadro caratterizzato da un'economia europea deludente, soprattutto a causa della scarsità di investimenti pubblici e privati per sostenere la domanda a breve termine e la crescita a medio termine, rilanciare il dibattito sulle tematiche economiche, sulla crescita e sull'occupazione, per esplorare quanto prima nuove modalità per promuovere le riforme strutturali negli Stati membri e stimolare gli investimenti;
    c) perseguire attraverso proposte concrete le finalità alla base dei partenariati per la crescita e la occupazione, in ottemperanza agli impegni presi dal Consiglio europeo del dicembre 2013, con l'obiettivo di collegare fra loro la realizzazione delle necessarie riforme e la flessibilità consentita dalle regole;
    d) assicurare un sostegno alla Strategia dell'Unione europea per la regione Adriatico-Ionica, che rappresenta una grande opportunità per l'Unione europea e per i Balcani, portando la coesione basata su valori e standard comunitari oltre i confini dell'Unione, in un'area sensibile per la stabilità del continente, incoraggiando una migliore qualità della spesa pubblica per lo sviluppo dei territori in settori chiave come infrastrutture, ambiente, turismo;
    e) perseguire, nella lotta contro l'ISIS, un approccio multidimensionale con una risposta politica, diplomatica, finanziaria e umanitaria oltre che militare, assumendo iniziative, in tale quadro, per: appoggiare l'elaborazione di una strategia politica dell'Unione europea sulle crisi in Iraq e Siria, incoraggiando maggiore collaborazione da parte della Turchia; cercare il coinvolgimento delle comunità sunnite e l'inclusione di tutte le componenti etnico-religiose del Levante al fine di riempire il vuoto politico e sociale che ha permesso all'ISIS e agli estremisti di prosperare; sostenere il governo centrale di Baghdad e le autorità di Erbil, spingendo l'Iraq ad accelerare il cammino verso la stabilità politica ed economica, adottando un modello inclusivo ed evitando contrapposizioni settarie; rivitalizzare, infine, un processo politico inclusivo in Siria, esprimendo pieno sostegno all'inviato Speciale dell'ONU, Staffan De Mistura;
    f) continuare l'impegno in prima fila dell'Italia per un'intesa politica inclusiva in Libia, intensificando altresì la cooperazione europea e internazionale in materia di intelligence e contro-terrorismo, coinvolgendo i Paesi confinanti, con riguardo alle prossime, cruciali sessioni di dialogo, per coniugare legittimità e inclusività; definire le misure di creazione di fiducia tra le parti e iniziare a dar loro attuazione ed affrontare il coinvolgimento nelle trattative delle milizie ed il loro disarmo;
    g) stimolare un dibattito al più alto livello sull'attuale crisi legata al diffondersi del virus Ebola, favorendo una sempre maggiore collaborazione sia tra Stati membri dell'Unione europea che tra Unione europea e Stati Uniti d'America;
    h) sostenere l'urgenza di una strategia comune e condivisa per la definizione concreta del diritto d'asilo europeo, anche mediante la revisione del regolamento cosiddetto Dublino III.
(6-00088) «Speranza, De Girolamo, Mazziotti Di Celso, Dellai, Pisicchio, Formisano, Alfreider, Di Lello, Di Salvo».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sul Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre prossimi;
   premesso che:
    nella riunione del Consiglio europeo, l'organo di indirizzo «politico» dell'Unione, del 23 e 24 ottobre 2014 si affronteranno i temi del Clima e dell'Energia nonché questioni economiche. È un Consiglio europeo nel quale il nostro Paese giocherà il ruolo fondamentale di Presidente di turno, con la possibilità di decidere concretamente i temi in agenda e le conclusioni da raggiungere insieme ai partners europei;
    il tema dell'Energia è essenzialmente legato alla questione della sicurezza degli approvvigionamenti e del costo delle risorse. Il tema non può essere affrontato con considerazioni generiche come avvenuto negli ultimi Consigli europei perché reso urgente e fonte di preoccupazione a seguito dell’escalation di tensione tra l'Europa ed il suo principale fornitore di gas, la Federazione Russa dopo la crisi ucraina, culminata in sanzioni comunitarie verso Mosca e le conseguenti ritorsioni di quest'ultima su un numero crescente di settori economici;
    la situazione economica dell'unione e dell'area euro è invece ancora ottusamente bloccata a ricette di austerità che non solo non hanno avuto alcuna efficacia nell'arginare la crisi economica e finanziaria internazionale, ma anzi continuano a rappresentare un concreto ostacolo a qualunque iniziativa per favorire la ripresa;
    l'economia del nostro Paese necessita di uno «shock» fiscale ottenibile tramite un cambiamento profondo del sistema impositivo, che attualmente, per il combinato di alta pressione fiscale ed elevata complessità burocratica degli adempimenti, finisce per favorire sistemi di evasione e di elusione;
    è di dolorosa attualità l'urgenza di superare i vincoli economici comunitari almeno per fare fronte alle emergenze conseguenti a fenomeni naturali e al dissesto che in occasione di eventi meteorologici avversi causa danni di enorme ammontare e vittime;
    la Commissione europea ed il Governo degli Stati Uniti d'America stanno negoziando, con una procedura coperta dal massimo riserbo e senza alcuna trasparenza, un accordo epocale destinato ad avere un impatto devastante sul nostro sistema produttivo, superiore a quello determinato dall'ingresso della Cina nel WTO con conseguente invasione dei nostri mercati da parte delle merci cinesi. Il trattato in fase di stesura è destinato alla creazione di un Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, o Transantlantic Trade and Investment Partnership, TTIP, che eliminerà qualunque genere di ostacolo alla circolazione di merci, beni e servizi, indipendentemente da alcuna garanzia per la salute del consumatore e la tutela delle produzioni e dei metodi produttivi;
    rientra appieno tra le questioni di attualità economica l'impatto sul tessuto lavorativo nazionale ed europeo dell'eccezionale ingresso, iniziato nel 2013 e al momento ancora massiccio, di immigrati attraverso le coste del nostro Paese; che comportano ingenti oneri gestionali per il Paese e che, trattandosi di centinaia di migliaia di persone, sono destinati ad avere in futuro un impatto sconvolgente sul mercato del lavoro, sulle politiche sociali e socio sanitarie, sul sistema scolastico, a maggior ragione se il Governo approverà le annunciate modifiche in materia di cittadinanza;
    parimenti non possono prescindere dai futuri equilibri di bilancio le recenti scelte in materia pensionistica, come l'intervento di innalzamento tout court dei requisiti pensionistici per effetto dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 o la decisione – che dovrebbe trovare attuazione nella imminente legge di stabilità per il 2015 – di aumentare la tassazione sulla previdenza complementare ed integrativa, ignorando la necessità di adozione in futuro di ulteriori interventi compensativi, posto che la riforma Fornero produrrà nel complesso circa 120 mila esodati per un costo stimato in 9 miliardi di euro e la frenata alla previdenza integrativa impedirà al lavoratore di costruirsi un accantonamento che controbilanci la riduzione delle prestazioni della previdenza pubblica,

impegna il Presidente del Consiglio dei ministri, in occasione del Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014:

   ad adoperarsi per il superamento del patto di stabilità e crescita, compreso il patto di stabilità interno, al fine di potere efficacemente investire nelle necessarie opere atte a contrastare e prevenire il dissesto idrogeologico e a permettere la riparazione dei danni conseguenti agli eventi alluvionali e sismici che hanno investito il Paese negli ultimi 5 anni;
   a sostenere, in quanto presidente di turno dell'Unione europea, presso i partners europei la revoca immediata delle sanzioni verso la Federazione Russa, anche al fine di garantire gli approvvigionamenti energetici per il prossimo inverno;
   ad esprimersi chiaramente in sede comunitaria contro la conclusione dei negoziati sul TTip;
   a negoziare in sede comunitaria i necessari spazi di manovra necessari ad avviare già dal 2015 un sistema fiscale radicalmente nuovo per cittadini e imprese, basato su una unica aliquota fiscale non superiore al 20 per cento corretta (per le persone fisiche) da una deduzione fissa su base familiare che ne garantisca la progressività;
   a verificare in sede comunitaria la sostenibilità economica, occupazionale e sociosanitaria dell'arrivo di migliaia di migranti sulle coste del continente europeo attraverso l'Italia e la compatibilità delle politiche proposte dal Governo in materia di immigrazione e cittadinanza con le opposte tendenze che si vanno affermando in altri Paesi europei a causa della crisi economica, quali l'idea britannica di reintrodurre un sistema di quote per l'ingresso di lavoratori europei o quella tedesca di non garantire gli stessi sussidi ai propri cittadini e a quelli di altri Paesi europei che si trovino in Germania senza occupazione;
   ad interrompere immediatamente la missione denominata «Mare Nostrum» e ad utilizzare le risorse attualmente impegnate nella gestione degli arrivi per le procedure di riconoscimento, verifica del diritto allo status di rifugiato e rimpatrio immediato di tutti coloro che non hanno le caratteristiche per l'ottenimento della protezione internazionale;
   ad abrogare (articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di nuovi requisiti di accesso al diritto pensionistico, che bloccando di fatto il ricambio generazionale nel mercato del lavoro, ha contribuito all'aumento esponenziale della disoccupazione, specie quella giovanile, ed ha costituito una nuova piaga sociale, quella degli esodati.
(6-00089) «Busin, Borghesi, Marcolin, Prataviera, Simonetti, Grimoldi, Invernizzi, Fedriga, Guidesi, Caparini, Caon».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 23-24 ottobre,
   premesso che:
    obiettivo del prossimo Consiglio europeo è quello di giungere ad un accordo in merito agli obiettivi della politica climatica ed energetica dell'Unione europea per il 2030. Tale politica si concentrerà sugli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, sullo stato del sistema di scambio di quote di emissione, sull'efficienza energetica, sulle fonti energetiche rinnovabili e sulla sicurezza energetica;
    il Consiglio europeo ha già avviato la discussione sulla strategia europea di sicurezza energetica, presentata dalla Commissione e strettamente connessa al quadro per le politiche dell'energia e del clima per il 2030. In particolare, il dibattito si è incentrato sulla necessità di ridurre la dipendenza energetica dell'Unione europea adottando specifiche misure in materia di: rafforzamento dei meccanismi di emergenza e solidarietà esistenti; pieno rispetto delle norme dell'Unione europea in materia di concorrenza e mercato interno con riferimento agli investimenti nelle infrastrutture energetiche anche di Paesi terzi; avvio di un dialogo con i partner internazionali per ridurre il rischio di interruzione nella fornitura di gas naturale; rafforzamento della Comunità dell'energia;
    il Consiglio europeo ha inoltre già discusso sulla opportunità di realizzare una maggiore integrazione del mercato europeo dell'energia e il potenziamento dell'interconnettività;
    ora il Consiglio è chiamato a prendere una decisione in merito al quadro clima ed energia al 2030, in particolare sui criteri per una ripartizione equa degli oneri tra gli Stati membri, sul meccanismo di lotta alla delocalizzazione delle emissioni (carbon leakage) e sull'impatto delle misure proposte (una riduzione vincolante di almeno il 40 per cento delle emissioni di CO2 nel 2030 e l'obiettivo europeo del 27 per cento di rinnovabili) in ogni Stato membro;
    i leader del Consiglio europeo che si riunirà il 23-24 ottobre discuteranno inoltre in merito allo stato dell'economia europea sulla base di una presentazione della Commissione europea e dei lavori preliminari completati in sede di Consiglio «Affari generali». Si prevede che siano discusse anche questioni di rilevanza internazionale quali la crisi dell'Ebola, la situazione in Ucraina e nel Medio Oriente;
sul punto, va rilevato che la situazione internazionale rischia di volgere al peggio, tanto dal punto di vista economico-finanziario, quanto dal punto di vista politico;
    sul piano politico, l'intera Europa è assediata – sia sul fronte sud che ad oriente – da conflitti militari ed economici che ne minano la sicurezza e la espongono alle possibili scorrerie del terrorismo internazionale. Le fratture all'interno dell'Occidente impediscono a quest'ultimo di esercitare quella funzione che, negli anni precedenti, gli ha consentito di governare i conflitti locali e di garantire, pur con contraddizioni e difficoltà, un lungo periodo di pace;
    decisive saranno, in proposito, le elezioni americane di mid-term, per la stabilità politica di quel Paese, visti i possibili cambiamenti negli equilibri politici complessivi;
    la Russia sta vivendo un periodo travagliato. Le vicende ucraine hanno alimentato diffidenze che sembravano appartenere ad un lontano passato. L'improvvisa caduta del prezzo del petrolio ne mina l'economia, sottraendole i mezzi finanziari che, in questi anni, hanno consentito di accelerare il processo di modernizzazione economica e finanziaria, dopo il crollo dell’ancien régime. Processo che è il viatico essenziale per un completo ritorno alla democrazia;
    un'Europa politicamente divisa ed incerta non riesce a coprire quel vuoto che gli avvenimenti appena richiamati rischiano di allargare;
    tutto ciò determina una crisi di leadership di cui sarebbe sbagliato non cogliere i possibili pericoli;
    per quanto riguarda gli aspetti economici e finanziari si assiste, da un lato ad un rallentamento del ritmo di crescita dell'economia reale, dall'altro ad una forte volatilità dei mercati finanziari, con pesanti ricadute sia nel comparto borsistico che in quello obbligazionario, con notevoli ripercussioni sulla dinamica degli spread, specie nei confronti dei Paesi più esposti, e la ripresa di movimenti di capitali flight to quality, soprattutto a vantaggio dei bund tedeschi e dei 10-year Treasury bond americani;
    lo stesso Fondo Monetario Internazionale è stato costretto a rivedere a ribasso le sue precedenti stime sul tasso di crescita complessivo dell'economia mondiale, ritoccandolo dalla previsione originale del 3,7 per cento al 3,4 per cento;
    secondo la valutazione dei principali osservatori internazionali, al centro delle preoccupazioni dei mercati sono soprattutto la forte caduta che si è registrata nel prezzo del petrolio e delle altre materie prime; lo spettro della recessione e della deflazione in Europa; ed un fattore, ugualmente importante ma sottovalutato, quale la crescita del debito complessivo della Cina (debito pubblico e privato), che ha raggiunto il 250 per cento del Pil ed è, ormai, pari alla sua intera ricchezza nazionale;
    in quest'ultimo anno il prezzo del petrolio è sceso dai 115 dollari al barile ad 85, con un calo di quasi il 30 per cento, raggiungendo un valore pari a quello di quattro anni fa, malgrado non vi sia stato alcun aumento della produzione, a dimostrazione del fatto che quella caduta è dovuta essenzialmente a carenza di domanda, a sua volta riflesso dei mancati investimenti. Com’è ulteriormente dimostrato dal calo della produzione elettrica per usi industriali;
    fenomeni analoghi, anche se più contenuti, si registrano in tutti i comparti delle commodities. Il prezzo dei prodotti agricoli, negli ultimi 6 mesi, è sceso in media del 15,5 per cento. Quello delle materie prime industriali del 3,4 per cento. Ne sono derivate forti difficoltà per le bilance commerciali dei Paesi produttori, costretti a ridurre la domanda di importazioni, comprimendo gli spazi di mercato delle economie più avanzate;
    ne è derivato un forte aumento degli squilibri intersettoriali. Se l'economia americana mantiene un tasso di sviluppo più elevato, anche se non privo di interrogativi – l'occupazione cresce meno del previsto – la quasi raggiunta autosufficienza nel settore energetico ne riduce la dipendenza dall'estero e si traduce in un più forte contenimento delle importazioni, determinando impulsi meno espansivi sulla restante parte dell'economia mondiale. In un solo anno l'output derivante dallo sfruttamento dello shale-oil è cresciuto del 13 per cento. Il 56 per cento in più rispetto ai livelli del 2011. Il suo break-even point è ormai inferiore ai 70 dollari al barile. Una rivoluzione silenziosa si sta compiendo, sotto i nostri occhi, senza che se ne abbia piena contezza;
    in Giappone si assiste ad un primo rallentamento della crescita (7,1 nel secondo trimestre dell'anno) determinato dall'aumento, seppur modesto, delle tasse sui consumi (dal 5 per cento all'8 per cento) che ha portato, tuttavia, ad una forte contrazione della domanda interna (circa -2 per cento). Ciò che più hanno preoccupato sono state le motivazioni addotte: l'esigenza prioritaria di porre freno alla crescita di un debito pubblico, che ha ormai raggiunto il 240 per cento del Pil. Nonostante si tratti di un debito quasi interamente domestico, compensato dai forti attivi della sua bilancia dei pagamenti;
    della Cina non preoccupa tanto la solvibilità del suo debito pubblico, quanto il suo sommarsi al debito privato. Insieme, come già detto, raggiunge il 250 per cento del Pil. Con una crescita pari al 150 per cento negli ultimi sei anni. Ed un tasso di incremento annuo simile a quello che precedette la crisi di molte banche asiatiche nel 1997 e quella più recente delle banche americane;
    in Europa il rallentamento complessivo zona dell'euro è un fatto ormai certo. Gli ultimi dati inerenti la produzione industriale mostrano una forte caduta nel mese di agosto (-1,4 per cento sul corrispondente periodo dell'anno precedente). Una vera e propria svolta rispetto ai mesi precedenti. Nei confronti delle altre grandi aree del Pianeta essa è ormai considerata come l'epicentro della deflazione;
    in difficoltà Francia ed Italia, per non parlare della Grecia, ormai stremata dal punto di vista sociale e forse pronta per un cambio di leadership a favore dei movimenti antieuropei. Ma la stessa Germania è stata costretta a rivedere le sue previsioni di crescita per l'anno in corso e per quelli successivi: dall'1,8 per cento all'1,2 per cento e dal 2 per cento all'1,3 per cento per il 2015;
    in compenso – dato paradossale – cresce l'attivo della bilancia commerciale dell'Eurozona: 9.200 miliardi di surplus nell'agosto 2014, contro i 7.300 del corrispondente mese dell'anno precedente. Frutto della compressione della domanda interna e di un eccesso di mercantilismo, dovuto principalmente alla Germania, che vi contribuisce per oltre l'80 per cento;
    all'origine di queste contraddizioni, che fanno girare l'Eurozona al di sotto del suo potenziale produttivo e producono l'artificioso rialzo del valore dell'euro nei confronti del dollaro e dello yen, sono le politiche perseguite nel segno dell'austerity e degli squilibri regionali, contro i quali la stessa politica monetaria, voluta da Mario Draghi, si dimostra essere poco efficace;
    non vi può essere una politica monetaria espansiva ed una politica di bilancio restrittiva. Quest'asimmetria determina un corto circuito che accentua il «circolo vizioso» che divide, da tempo, l'Europa e si risolve in un ulteriore elemento di squilibrio. Favorisce i Paesi finanziariamente più forti, riducendo ulteriormente i loro tassi di interesse per il finanziamento degli investimenti. Gli interessi sui bund tedeschi hanno toccato il loro record più basso: 0,72 per cento in ottobre e tassi reali negativi a lungo termine. Penalizza quelli più deboli costretti a pagare un maggior premio per il rischio, in un gioco a somma negativa per l'intera area monetaria. La carenza di domanda effettiva complessiva impedisce, infatti, anche alle industrie dei Paesi più forti di avere un mercato adeguato alle potenzialità della rispettiva offerta;
    sono questi squilibri intersettoriali, caratteristici di una «area monetaria non ottimale», unite alle incertezze del quadro internazionale che accentuano la deflazione e rischiano di mettere a repentaglio la stessa sopravvivenza dell'euro;
    nei mesi precedenti la Banca centrale europea aveva margini maggiori per intervenire, ma ora il semplice rifinanziamento della provvista bancaria, pur a tassi reali molto contenuti, non è più sufficiente. La deflazione ha ristretto enormemente il mercato. Di conseguenza le imprese non sono in grado, per mancanza di domanda, di programmare i loro investimenti, se non nell'ottica di una fortissima razionalizzazione delle loro produzioni, e pertanto non ricorrono al credito bancario. Le banche, a loro volta, utilizzano solo parzialmente le linee di credito messe a loro disposizione per la carenza di una domanda solvibile da parte delle imprese;
    su ogni altro elemento domina inoltre l'incertezza dei risultati degli stress-test che spinge gli Istituti di credito ad un atteggiamento ancor più conservativo, che li porta a valutare con una severità, a volte anche eccessiva, le richieste di finanziamento che provengono dal mercato. Tutto ciò ha generato quella «tempesta perfetta» che ha gelato ogni attesa di sviluppo;
    a ciò si aggiunga che il 17 settembre la Federal Reserve americana ha ridotto ulteriormente la sua iniezione mensile di liquidità sui mercati, annunciando, tra l'altro, che gli acquisti di ottobre, pari 15 miliardi di dollari, potrebbero essere gli ultimi. Con meno soldi in circolazione le scelte di portafoglio dei gestori diventeranno più selettive e i primi titoli che saranno smobilizzati saranno quelli dei Paesi europei considerati più deboli. La prossima riunione del comitato operativo della Fed è in agenda per il 29 ottobre. Solo allora sapremo se la linea della presidente Janet Yellen verrà confermata, o se prevarranno le istanze del presidente della Federal Reserve di Saint Louis, James Bullard, che, invece, preme per il prolungamento del Quantitative easing. Un'ulteriore data da segnare sul calendario è quella del 17 dicembre: dall'ultima riunione dell'anno della Fed, che si terrà quel giorno, infatti, emergerà anche l'orientamento della banca centrale americana sui tempi per un eventuale aumento dei tassi di interesse negli Usa. Secondo fattore, insieme alla fine del Quantitative easing, di possibile destabilizzazione dei mercati internazionali;
    per risalire la china è indispensabile, come insegna la teoria dei giochi, un atteggiamento cooperativo da parte di tutti i player europei che devono sviluppare linee di politica economica che siano coerenti con le diverse posizioni di partenza;
    i Paesi più deboli dell'Euromed devono dare priorità assoluta alle riforme che aumentano la loro produttività sia a livello aziendale che quella «totale dei fattori» e solo dopo e non prima pensare a misure di carattere espansivo, basate sul rilancio dei semplici consumi interni. Rovesciare quest'ordine di priorità comporta inevitabilmente situazioni di moral hazard. Costringe Paesi troppo deboli nei loro fondamentali ad esercitare una velleitaria funzione di «piccole locomotive», accrescendo la loro dipendenza dall'estero, con conseguente deficit della loro bilancia commerciale e obbligo di rifinanziamento sui mercati internazionali destinato a far lievitare ulteriormente il loro ingente debito pubblico;
    i Paesi più forti, concentrati soprattutto nella zona baltica dell'Europa, devono reflazionare le loro economie, utilizzando pienamente i margini finanziari a loro disposizione. Una stima conservativa per la sola Germania dimostra che la spesa per infrastrutture può aumentare, nel 2015 di circa lo 0,7 per cento del Pil e dello 0,5 per cento nel 2016, senza alcuna violazione delle leggi di bilancio. Su questi temi, com’è noto, insistono da tempo sia le Istituzioni internazionali sia il Dipartimento di Stato americano;
    al tempo stesso è necessario prevedere interventi di carattere comunitario in tema di investimenti – le proposte di Juncker – e riprendere le proposte sugli euro-bond con l'obiettivo di trasformare almeno una parte dei debiti sovrani in obbligazioni europee, visto le aporie interne alla politica monetaria, che non riesce a conseguire gli obiettivi previsti dal suo statuto. In particolare un’inflation targeting del 2 per cento. Per la stessa ragione è necessario sostenere le proposte non convenzionali che il Presidente della Bce riterrà opportuno proporre, aiutandolo a vincere le resistenze più conservative di alcuni Paesi;
    per quanto riguarda invece la situazione internazionale legata al tema delle migrazioni, è chiaro come una politica migratoria europea lungimirante e globale, fondata sulla solidarietà, rappresenti un obiettivo fondamentale per l'Unione europea. Da tempo si invoca un intervento coordinato a livello europeo, per definire una politica migratoria in grado di offrire un approccio equilibrato per affrontare sia l'immigrazione regolare, sia quella clandestina, e per migliorare i controlli alle frontiere;
    purtroppo su questo tema l'Europa non ha saputo ancora offrire una risposta soddisfacente, e il Semestre di presidenza italiana non ha affrontato la questione con la giusta determinazione;
    sarebbe stata infatti necessaria un'importante e decisiva azione ad iniziativa italiana sul tema, proprio perché, secondo l'esperienza che in primis il nostro Paese continua a vivere, appare non più procrastinabile da parte dell'Unione europea un cambio di strategia nel rispondere ai nuovi flussi migratori e ai fenomeni in atto, che chiamano in causa la capacità di intervento e di mobilitare risorse da parte di tutta l'Unione europea, e non solo dei territori più esposti come Lampedusa o Malta;
    il Governo non ha infatti sostenuto con forza in Europa alcune misure necessarie non solo per migliorare le operazioni portate avanti dal nostro Paese, ma anche per garantire a pieno i diritti dei migranti, in particolare dei richiedenti asilo e protezione internazionale provenienti da Paesi caratterizzati da conflitti o da situazioni di violenza generalizzata;
    lo stesso Ministro degli interni ha da tempo affermato che Mare nostrum (che si è comunque rivelata totalmente inadeguata nel contrasto al flusso di immigrazione clandestina) è insufficiente a fronteggiare il carattere strutturale assunto dalle correnti migratorie, proprio perché queste alimentano un flusso che è connesso a mutamenti di portata storica che hanno interessato il continente africano e altri Paesi di origine dei flussi;
    c’è infatti un elemento che mette in evidenza il carattere delle nuove correnti migratorie verso il continente europeo: gli ultimi dati elaborati dall'Ufficio europeo di sostegno all'asilo (EASO, ottobre 2014), riguardanti i richiedenti asilo nel territorio dell’«UE+» (cioè nei 28 Paesi dell'Unione più Svizzera e Norvegia) registrano, nei primi 8 mesi dell'anno, un aumento del 28 per cento delle domande asilo presentate nell'Unione europea rispetto allo stesso periodo del 2013, anno nel quale c’è stato comunque un aumento complessivo di istanze del 30 per cento rispetto al 2012;
    solo ad agosto 2014, i richiedenti asilo siriani (circa 12.800) sono aumentati del 6 per cento rispetto a luglio, quelli eritrei (6.350) del 21 per cento, mentre quelli ucraini (1.700 persone) del 32 per cento, con l'aumento percentualmente più elevato, i richiedenti fuggiti da questo Paese in Polonia avendo per la prima volta dall'inizio della crisi in Ucraina superato quelli in Italia;
    secondo il rapporto annuale Global Trends pubblicato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), si assiste per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale ad un enorme aumento di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni, che in tutto il mondo sono circa 51 milioni di persone. E solo nel 2013 sono aumentati di sei milioni, passando dai 45,2 milioni del 2012 ai 51,2 milioni del 2013; sempre secondo lo stesso UNHCR, questo rapido e significativo aumento è stato causato in larga misura dalla guerra civile in Siria, un disastro umanitario che da solo ha prodotto 6,5 milioni di sfollati interni e 2,5 milioni di rifugiati all'estero, e in secondo luogo dagli esodi forzati avvenuti nella Repubblica Centrafricana e in Sud Sudan;
    il Regolamento Dublino III – che sostituisce il cosiddetto Regolamento Dublino II (Regolamento 343 del 2003), che a sua volta innovava la Convenzione di Dublino del 1990 – contiene i criteri e i meccanismi per individuare lo Stato membro che è competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o apolide;
    all'interno del sistema europeo comune di asilo, il Regolamento Dublino III è stato ampiamente discusso e criticato, non solo dal punto di vista delle conseguenze negative sulla vita dei richiedenti asilo, ma anche per la scarsa efficienza del sistema (COM 2008/820, 3 dicembre 2008); sono state evidenziate una serie di carenze per lo più connesse con il livello di protezione garantito ai richiedenti protezione internazionale soggetti alla procedura Dublino, e con l'efficienza del sistema istituito dall'attuale quadro normativo, dal momento che appena il 25 per cento circa delle richieste di trasferimento in un altro Stato è stato poi seguito da un trasferimento effettivo;
    il principio generale alla base del Regolamento Dublino III è lo stesso della vecchia Convenzione di Dublino del 1990 e di Dublino II: ogni domanda di asilo deve essere esaminata da un solo Stato membro e la competenza per l'esame di una domanda di protezione internazionale ricade in primis sullo Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all'ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri, salvo eccezioni (COM 2008/820, 3 dicembre 2008): la competenza è individuata attraverso i criteri «obiettivi» del Regolamento, che lasciano uno spazio ridottissimo alle preferenze dei singoli, e, quindi, molti dubbi in merito alla tutela dei diritti umani dei richiedenti asilo, laddove l'esercizio di un loro diritto fondamentale – quello a fare domanda di protezione internazionale – è subordinato ad un regolamento, che, in questo caso, non terrebbe pienamente conto di un principio generale universalmente garantito e sovraordinato nella gerarchia delle fonti del diritto, quale quello del rispetto dei diritti umani;
    è stato di recente annunciato l'avvio dell'operazione di Frontex chiamata «Triton», che avrà inizio a novembre con un budget iniziale di 2,9 milioni di euro al mese (a fronte dei 9 milioni mensili spesi per Mare Nostrum);
    non è credibile la progressiva sostituzione di Mare Nostrum da parte di Triton, ma è evidente invece, come sostenuto da Frontex, che questa svolgerà piuttosto un intervento di supporto all'operazione italiana, in quanto dispone di un numero più esiguo di mezzi navali rispetto alla nostra Marina militare e la sua «autonomia» si ferma a trenta miglia dalle coste italiane; non potranno quindi essere garantite le operazioni di salvataggio come fino ad ora gestite da Mare Nostrum, considerando inoltre che il personale della Marina militare italiana opera anche screening sanitari a bordo, che rappresentano un valido deterrente contro la diffusione delle epidemie (ebola e Tbc); nel frattempo il Governo, nonostante ripetuti annunci in merito alla dismissione dell'operazione Mare Nostrum, ne ha disposto il rifinanziamento attraverso il decreto-legge n. 119 del 2014 (cosiddetto decreto «violenza stadi»);
    il semestre di presidenza italiana ha prodotto quindi solo Triton, ovvero un'operazione «di facciata», e una risposta «tiepida» da parte dei principali partner europei coinvolti nei nuovi flussi di migranti. Le frontiere italiane sono le frontiere dell'Unione europea, ma evidentemente non abbiamo ancora avuto la forza di far passare questo fondamentale concetto nelle sedi opportune;
    in vista del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014, è opportuno che il nostro Paese metta in evidenza l'urgenza di definire una politica condivisa in materia di immigrazione e diritto d'asilo;
    vi è la ferma convinzione che si debba separare il problema dell'asilo da quello dell'immigrazione economica, per evitare che il sistema costruito dagli Stati membri per proteggere chi chiede asilo crolli sotto la pressione, comprensibile, di persone in cerca di accettabili livelli di benessere ma non bisognose, in senso stretto, di protezione;
    alla luce del «Sistema Dublino», per il quale, come già ricordato, risulta competente lo Stato membro attraverso il quale il richiedente ha fatto ingresso nel territorio dell'Unione europea, si pone con forza l'esigenza di equilibrare gli sforzi da parte di tutti i Paesi membri proprio nell'accoglienza dei profughi, cioè di coloro che fuggono da situazioni di violenza, auspicando, in tal senso, una revisione dei criteri per la determinazione dello Stato competente per l'esame della domanda di asilo, che non necessariamente coincide con quello nel cui territorio la domanda è stata presentata;
    ogni tentativo di riforma dovrebbe poi essere accompagnato da una periodica determinazione della percentuale di profughi che ciascuno Stato membro sarebbe tenuto ad accogliere in base alla propria situazione economica e da meccanismi di compensazione (burden sharing) per quegli Stati membri che si trovino ad accogliere una percentuale di profughi superiore a quella loro spettante;
    la normativa europea già prevede, con la direttiva 2001/55/CE, che il Consiglio dell'Unione possa concedere protezione temporanea a determinati gruppi di persone, con distribuzione dei profughi tra i vari Stati membri in base alla disponibilità accordata da ciascuno Stato;
    l'istituzione di un regime di questo tipo potrebbe essere accompagnata (anche in base alle disposizioni della direttiva stessa) dalla creazione di corridoi umanitari, ossia da misure di evacuazione dei destinatari della protezione, senza che essi debbano affidarsi a trafficanti e scafisti per raggiungere il territorio dell'Unione europea,

impegna il Governo:

   ad esercitare un'intensa opera diplomatica affinché ci si confronti con il reale stato dell'economia internazionale ed i pericoli impliciti nella sua evoluzione, già così evidenti nell'accresciuta volatilità dei mercati, che rischia di determinare il ripetersi di crisi, anche acute, come quelle conosciute negli anni precedenti;
   a porre particolare attenzione sulle tendenze dei nuovi sviluppi tecnologici. Il calo intervenuto nei prezzi del petrolio segna il possibile passaggio da una situazione di relativa scarsità – com'era quella degli anni passati – ad una situazione di relativa abbondanza, determinata dalle nuove tecniche di estrazione dallo shale-oil, il cui break-even point – come detto in premessa – è ormai inferiore ai 70 dollari al barile. Le potenzialità implicite in questo cambiamento di scenario rischiano di essere vanificate dall'esistenza di atteggiamenti conservativi e dal mancato coordinamento delle politiche economiche tra i diversi partner con la conseguenza di determinare artificiose situazioni di scarsità e quindi di malessere sociale nella potenziale abbondanza;
   a far sì che l'Europa in particolare prenda atto che il ciclo, che si era aperto nel lontano 1989 con il piano Delors, si è ormai concluso. Occorre pertanto ripensare strategicamente al futuro destino del Continente. Puntare sulle forze spontanee del mercato è condizione necessaria, ma non sufficiente. La politica deve fare la sua parte, facendo appello agli elementi costitutivi che rappresentano la ragione stessa della sua esistenza. Senza questo rinnovato slancio la stessa sopravvivenza dell'euro rischia di essere messa in forse, dalla reazione dei mercati e da un crescente disamore di vasti strati della pubblica opinione che comprendono sempre con maggior fatica perché si debba ancora «morire per Danzica»;
   a procedere in tempi rapidi all'aggiornamento della strategia energetica nazionale, favorendo un sistema energetico distribuito, fondato sul risparmio energetico, sull'efficienza e sulle fonti rinnovabili;
   a mettere in atto ogni iniziativa utile a realizzare, in tempi ravvicinati, gli obiettivi di efficienza energetica indicati a livello europeo;
   a procedere, nell'ambito delle proprie competenze, alle opportune iniziative normative in materia ambientale e sanitaria, relativamente alle attività di monitoraggio e controllo con particolare riferimento agli impianti industriali altamente inquinanti;
   ad adoperarsi affinché il Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014 preveda l'applicazione di quanto stabilito in caso di «afflusso massiccio di sfollati nell'Unione europea», con le modalità di concessione della protezione temporanea, secondo quanto previsto dalla direttiva 2001/55/CE, definendo quote di accoglienza per ciascuno Stato membro, anche al fine di garantire ai richiedenti asilo e protezione internazionale il diritto costituzionalmente garantito della libertà di circolazione;
   ad assumere iniziative a livello europeo per una rapida revisione del regolamento «Dublino III» affinché si preveda la compartecipazione di tutti gli Stati membri nelle attività di accoglienza e di identificazione dei migranti superando l'attuale principio del «Paese di primo arrivo», anche al fine di garantire il diritto fondamentale dei richiedenti asilo di presentare domanda di protezione alle autorità del loro Paese di elezione;
   a promuovere un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni, assicurando anche un sistema di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, tale da garantire la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni Stato membro, prodromico all'istituzione del sistema europeo di accoglienza;
   a provvedere all'interruzione dell'operazione Mare nostrum e ad adoperarsi per il potenziamento dell'operazione Triton, garantendo in particolare adeguati controlli sanitari direttamente a bordo delle navi, nonché misure di controllo sanitario più stringenti nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo provenienti dai Paesi attualmente focolaio del virus ebola, quali Liberia, Sierra Leone e Nuova Guinea.
(6-00090) «Brunetta, Palese, Bergamini».


   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio europeo si riunirà a Bruxelles il 23 e 24 ottobre 2014 per giungere ad un accordo in merito agli obiettivi della politica climatica ed energetica dell'Unione europea per il 2030 a per discutere dello stato dell'economia europea nonché di altre questioni di rilevanza internazionale;
    per quanto concerne i temi del clima e l'energia, ritenuto che;
    la Commissione, nella sua comunicazione del 22 gennaio scorso «Quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030», ha presentato le sue proposte per fissare gli obiettivi da raggiungere per il 2030;
    il Consiglio europeo dello scorso marzo ha stabilito che gli obiettivi 2030 verranno decisi «entro ottobre» e saranno «in linea con l'obiettivo a lungo termine per il 2050», contribuendo positivamente alla definizione di un accordo al vertice sul clima delle Nazioni Unite di settembre che si terrà a Parigi;
    la Commissione, propone di fissare, tra gli obiettivi da raggiungere entro il 2030, quello di ridurrà le emissioni di gas a effetto serra nell'Unione europea del 40 per cento rispetto all'anno 1990, ripartendo gli sforzi tra il settore ETS (Emission Trading System) e i risultati collettivi attesi dagli Stati Membri che non rientrano nell'ETS. In particolare, la Commissione propone un obbiettivo per il settore ETS di –43 per cento rispetto al 2005, anno di lancio del meccanismo europeo, contro un obiettivo di riduzione del 21 per cento al 2020 e di riduzione per le attività economiche non ETS che dovrebbe essere pari al 30 per cento;
    la Commissione individua nel 27 per cento l'obiettivo vincolante per l'Unione europea ma non per i singoli Stati Membri, la quota di energia rinnovabile che dovrà essere consumata nell'Unione europea in tale data e non stabilisce nuovi obiettivi per l'efficienza energetica, contrariamente a quanto richiesto da una parte dei Paesi dell'unione;
    il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che definisce la comunicazione relativa al «Quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030» come «miope e poco ambiziosa su una serie di livelli» e in cui si chiede un obiettivo vincolante del 40 per cento anche per l'efficienza energetica e un aumento al 30 per cento del target per le rinnovabili, che peraltro non dovrebbe essere calcolato a livello comunitario ma tradotto in specifici obiettivi nazionali, obiettivi condivisi anche da alcuni Stati membri tra cui Germania e Danimarca;
    l'efficienza energetica e la lotta ai cambiamenti climatici sono elementi centrali del sistema economico europeo, la creazione e il mantenimento di nuovi posti di lavoro altamente qualificati e possono costituire il perno di una nuova politica industriale europea che incentivi anche la ricerca e lo sviluppo e sia attrattiva per investimenti e finanziamenti per le tecnologie sostenibili dando impulso alla competitività e alla crescita;
    per migliorare la sicurezza dell'Unione in materia di approvvigionamento la Commissione europea prospetta di incrementare lo sfruttamento delle fonti energetiche sostenibili interne, ma include in questa definizione anche le riserve autoctone di combustibili fossili convenzionali e non convenzionali (soprattutto gas naturale) e il nucleare, scelta in linea con quanto stabilito dal G7 dell'energia che si è tenuto a Roma ma che appare distante da quanto richiesto dalla maggioranza dei cittadini europei che, in un recente sondaggio speciale Eurobarometro sul cambiamento climatico in quattro su cinque riconoscono l'importanza della lotta al cambiamento climatico e dell'efficienza energetica quale decisivo impulso all'economia e all'occupazione;
    ad oggi ancora non è stata correttamente delineata la fase di transizione verso un sistema energetico comunitario realmente sostenibile, e questo ha dato la possibilità di attribuire al gas un ruolo essenziale; e ha determinato la decisione di arrivare a un unico mercato dell'energia, lasciando però troppo spazio all'influenza dei singoli Stati e non all'Europa nel suo complesso nelle scelte strategiche relative ai sistemi di trasporto e interconnessione internazionali;
    in Italia, nel mese di febbraio 2014, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha coperto il 38 per cento della produzione e il 32 per cento della domanda, con una stima delle ricadute economiche e occupazionali, riferiti al 2012 (fonte GSE) di 12,6 miliardi di euro di investimenti per 53.000 occupati permanenti in attività di esercizio e manutenzione sul parco rinnovabili e di 137.000 occupati temporanei, per le attività di investimento in nuovi impianti;
    il potenziale dell'efficienza energetica, settore in cui il nostro Paese è tra i leader mondiali, e dalle energie rinnovabili non è stato ancora pienamente sfruttato e, secondo la Strategia energetica italiana e la tabella di marcia europea per il 2050, dovranno fornire la quota maggioritaria dell'approvvigionamento energetico, ma per raggiungere tale obiettivo è necessario che siano fissati chiari obiettivi specifici intermedi;
    mentre l'economia europea fa fatica a riprendersi, le energie rinnovabili e il risparmio energetico costituiscono un'attrattiva sempre maggiore per investitori e governi e il raggiungimento degli obiettivi climatici ed energetici per il 2020 consentirebbe: la creazione di 5 milioni di nuovi posti di lavoro; la riduzione della dipendenza da combustibili fossili e il conseguente risparmio fino a 500 miliardi di euro l'anno, a cui si aggiungerebbero ulteriori 200 miliardi per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica;
    è necessario che l'Unione europea imprima un'accelerazione alle politiche su clima ed energia con l'obiettivo, entro il 2030, di: raggiungere il 55 per cento di riduzione delle emissioni interne come contributo ad un accordo globale, ispirato al pieno rispetto dei principi di equità e delle comuni ma differenziate responsabilità e capacità tra paesi industrializzati emergenti e in via di sviluppo; produrre il 45 per cento di energia da fonti rinnovabili; tagliare il consumo di energia del 40 per cento;
    è imprescindibile garantire il rispetto degli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra già sottoscritti, coerentemente con quanto previsto dalla Delibera CIPE n. 17/2013 e, nel contesto dell'Unione, a progredire nel processo per la ratifica degli emendamenti del Protocollo di Kyoto attraverso cui sono fissati gli obiettivi di riduzione per il periodo 2013-2020;
    è necessaria una riforma strutturale del sistema di scambio delle quote di emissione di C02 (EU Emissions Trading System – EU ETS), al fine di compensare gli squilibri sistemici determinati dalla significativa caduta del prezzo del carbonio negli ultimi dodici mesi che ha compromesso la capacità di tale strumento di raggiungere gli obiettivi prefissati e tenendo conto dell'inclusione del trasporto aereo nell'EU ETS;
    la gestione delle risorse, quali l'acqua e i rifiuti, costituisce la basa fondamentale per una efficace politica climatica e in questo senso vanno recepite a livello europeo le istanze provenienti dalle battaglie di civiltà come quella che negli scorsi due anni la Rete europea dei Movimenti dell'Acqua ha portato avanti a livello europeo, una iniziativa dei cittadini europei (ICE), firmata da un milione di abitanti in tutta Europa e presentata alla Commissione Europea e ai Parlamentari europei per chiedere all'Unione europea di riconoscere che l'acqua e i servizi igienico-sanitari siano considerati un diritto umano universale, come sancito dalle Nazioni Unite, e il riconoscimento dell'acqua come bene comune, agevolando così, anche sul piano giuridico, un processo sociale e culturale che sta vedendo comuni come Parigi e Berlino e tante città in Francia avviare la ripubblicizzazione del servizio idrico;
    deve essere ridotto e, in prospettiva, eliminato il danno ambientale provocato dai rifiuti inceneriti o sotterrati, e in tal senso, occorre aumentare l'accessibilità ai dati ambientali e trasformare in normativa vincolante la risoluzione europea che critica l'incenerimento e il conferimento in discarica dei rifiuti biodegradabili o riciclabili puntando alla loro eliminazione entro il 2020, attraverso la riduzione a monte dei rifiuti mediante la diffusione del riutilizzo, dell’ecodesign nonché del mercato del recupero di materiali;
    per quanto riguarda lo stato dell'economia europea considerato che:
     gli Stati membri dell'Unione europea si caratterizzano per condizioni economiche è sociali completamente eterogenee fra loro, motivo per il quale sarebbe preferibile predisporre misure volte a correggere le relative distorsioni sociali ed economiche;
     l'assenza di una politica economica europea unitaria e di un sistema unico di indebitamento acuisce le suddette distorsioni sociali ed economiche;
     al fine di rilanciare l'economia e di migliorare le condizioni sociali ed economiche dei cittadini sarebbe preferibile escludere dal limite del 3 per cento nel rapporto deficit/pil il cofinanziamento dei fondi europei e gli investimenti in settori chiave come, a puro titolo di esempio, la prevenzione dai rischi sismici ed idrogeologici, la ricerca e l'informatizzazione della PA e ciò al fine di rafforzare la fiducia nei mercati, i bilanci delle famiglie e delle imprese nonché stimolare il credito e provocare un impatto positivo su domanda e inflazione;
     il 14 ottobre c.a. si è riunito il Consiglio dell'economia e finanza (ECOFIN), dal quale è emerso che anche il recente andamento macroeconomico europeo è stato deludente, caratterizzato da una bassa crescita del PIL e altissimi e persistenti livelli di disoccupazione;
     come ricorda l'ECOFIN del 14 ottobre c.a., vi è un calo degli investimenti pubblici e privati nell'Unione europea sin dall'insorgere della crisi finanziaria;
     come sottolinea l'ECOFIN del 14 ottobre c.a. la composizione della spesa pubblica dei Paesi europei deve essere più orientata alla crescita ed in particolare a sostegno degli investimenti;
     al fine di accrescere la lotta contro l'evasione fiscale e l'efficienza della riscossione delle imposte, il Consiglio dell'ECOFIN ha approvato un progetto di direttiva che amplia lo scambio automatico obbligatorio di informazioni tra amministrazioni fiscali;
     come ha ribadito Stiglitz durante la sua recente lectio magistralis, nonché come ricordato più volte dai M5S: «se il Pil decresce anche le entrate fiscali si riducono e questo non può far altro che peggiorare la posizione debitoria degli stati. Tutto ciò avviene non perché questi paesi non abbiano realizzato politiche di austerità, ma proprio perché le hanno eseguite»;
     è sotto gli occhi di tutti che l'Europa non è un'area valutaria ottimale, tant’è che in luogo del salario flessibile e della mobilità del lavoro, è vessata da precariato e disoccupazione;
     non aiuta questo quadro di bassa crescita europea la lettera approvata dalla Commissione europea lo scorso 15 ottobre mediante la quale è stato rettificato il progetto di bilancio 2015 e si chiede al Consiglio e al Parlamento europeo di stralciare fondi per quasi mezzo miliardo di euro dal bilancio agricolo per la gestione della PAC 2015, al fine di sopperire alla mancanza di liquidità necessaria per sostenere altre politiche europee;
     è evidente che una tale scelta, sebbene in riposta dalla disciplina di bilancio, penalizza enormemente il comparto primario il quale risulta oltremodo colpito dagli effetti di una crisi che non ha in alcun modo contribuito a creare e sebbene tutte le politiche unionali siano egualmente importanti e necessarie, tanto più quelle rivolte a creare condizioni stabili nei Paesi limitrofi nel loro interesse e in quello degli Stati membri, la sottrazione di risorse alle imprese agricole già in forte difficoltà appare una scelta priva di qualsiasi logica e contraria agli interessi di molti Stati membri in primis dell'Italia;
     quando per l'adozione di sanzioni da parte dell'Unione europea è richiesta un'azione della Comunità, come nel caso del pacchetto di misure restrittive contro la Federazione Russa decise a seguito della crisi russo-ucraina, il Consiglio europeo adotta, pronunciandosi per consenso, una posizione comune ai sensi dell'articolo 15 del Trattato sull'Unione europea;
     come noto, il metodo del consenso non prevede che si proceda ad una vera e propria votazione ed implica invece che una deliberazione sia adottata solo nel momento in cui tutti i componenti del gruppo trovano un accordo; tale procedura si differenzia pertanto da quella della maggioranza qualificata e da quella dell'unanimità in quanto configura una fattispecie particolare basata su una accurata partecipazione, negoziazione ed inclusione delle posizioni al fine, appunto, di conseguire un ampio consenso che integri le ragioni della minoranza;
     ancorché inopportuno da un punto di vista politico che uno Stato membro ponga un qualche diritto di veto, è tuttavia indispensabile che, qualora siano compromessi rilevantissimi interessi nazionali, ciascun Capo di Stato o di governo, accordi il proprio assenso solo dopo aver ottenuto (le più ampie rassicurazioni circa le garanzie da dare al proprio Paese qualora le decisioni da deliberare incidano negativamente su di esso;
     le contromisure commerciali adottate dalla Federazione Russa in risposta alle sanzioni imposte dall'Unione europea stanno arrecando gravissime conseguenze al nostro sistema produttivo in particolare quello agroalimentare e l'Esecutivo comunitario pare intenzionato a sospendere gli aiuti concessi ai produttori unionali a titolo di indennizzo per le mancate esportazioni in Russia,

impegna il Governo:

   a sostenere, nell'ambito del Quadro di riferimento al 2030 per il clima e l'energia, come obiettivi legalmente vincolanti: a) la riduzione del 55 per cento delle emissioni interne di CO2; b) il raggiungimento del 45 per cento di energia rinnovabile sul totale del mix energetico; c) il conseguimento di un risparmio energetico pari, almeno, al 40 per cento;
   a garantire che tutti gli obiettivi su clima ed energia dell'Unione europea per il 2020 siano conseguiti e rafforzati attraverso un piano di riqualificazione energetica delle infrastrutture di rete e del patrimonio edilizio;
   a ridefinire in chiave espansiva il sistema di scambio delle quote di emissione di CO2 (EU Emissions Trading SystemEU ETS);
   a battersi per l'eliminazione dei sussidi dannosi per l'ambiente, come ad esempio quelli destinati ai combustibili fossili e a pratiche agricole non sostenibili;
   a promuovere un'azione comune per incoraggiare investimenti pubblici e privati per sostenere un'economia a basse emissioni di carbonio sul lungo periodo e, nel contempo, per conservare il nostro capitale naturale;
   a potenziare l'azione di contrasto al consumo di suolo come previsto dal Programma generale di azione dell'Unione in materia di ambiente fino al 2020 «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta»;
   a promuovere, presso le istituzioni dell'Unione europea e gli Stati membri, l'avvio di una politica comunitaria finalizzata ad assicurare a tutti i cittadini il diritto all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, a garantire che l'approvvigionamento di acqua potabile e la gestione delle risorse idriche non siano soggetti alle «logiche del mercato unico» e che i servizi idrici siano esclusi da qualsiasi forma di liberalizzazione;
   ad intensificare l'impegno dell'Unione europea per garantire un accesso universale all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari;
   a chiarire le diverse opzioni dei Paesi membri dell'Unione europea nella definizione di una politica energetica sostenibile;
   a provvedere affinché l'Europa, nei suoi programmi di ricerca includa in modo prioritario anche i rischi naturali «natural hazards» relativi al rischio idrogeologico e sismico;
   ad intraprendere ogni iniziativa utile volta ad accelerare e ridurre i tempi per il conseguimento degli obiettivi di diversificazione del trasporto merci di cui nel Libro bianco dei trasporti, in particolare l'obiettivo, su percorrenze superiori ai 300 chilometri, di trasferire verso altri modi, quali la ferrovia o le vie navigabili, entro il 2020 il 30 per cento dell'attuale trasporto merci su strada e che tale percentuale raggiunga il 50 per cento entro il 2030;
   ad intraprendere ogni iniziativa utile affinché, nell'ambito della realizzazione delle reti TEN-T, le risorse stanziate vengano destinate prioritariamente ove presenti, all'ammodernamento delle linee preesistenti piuttosto che a realizzarne di nuove e venga assicurata l'interoperabilità delle linee ferroviarie;
   a favorire lo sviluppo della mobilità sostenibile nelle aree urbane, al fine di ridurre significativamente le emissioni inquinanti e climalteranti prodotte dalla mobilità motorizzata privata;
   a farsi promotore di tutte le iniziative necessarie ad assicurare la piena attuazione della risoluzione del Parlamento europeo del 20 aprile 2012 che sollecita le istituzioni comunitarie a prevedere la piena attuazione della legislazione in materia di rifiuti;
   ad accelerare il processo per cui tutti i dati e le informazioni ambientali nonché sanitari collegati a problematiche ambientali siano ampiamente reperibili, consultabili, divulgabili e fruibili da parte di chiunque;
   a far sì che il Consiglio europeo assuma l'impegno vincolante di ridurre le emissioni di gas-serra di almeno il 95 per cento al 2050, in modo da contribuire a contenere il riscaldamento del pianeta almeno alla soglia critica del 2 per cento ed evitare la catastrofe climatica;
   a sostenere la riduzione, a livello europeo, di almeno il 55 per cento delle emissioni interne entro il 2030 rispetto al 1990, il raggiungimento del 45 per cento di energie rinnovabili e il taglio del consumo di energia del 40 per cento rispetto al 2005 per giungere ad una reale transizione verso un sistema energetico a zero emissioni di carbonio;
   ad attivarsi per promuovere piani di autoproduzione di energia locale tramite fonti energetiche rinnovabili, e di valutare la possibilità di produrre biocarburanti in relazione alle diverse disponibilità dei suoli degli Stati membri, dando priorità all'indipendenza alimentare delle nazioni verificato il loro impatto ambientale;
   a sostenere, a livello europeo, il divieto di trivellazioni a scopo estrattivo di idrocarburi che danneggino l'ambiente irreversibilmente e compromettano l'economia turistica delle aree interessate;
   a promuovere, al fine di migliorare la situazione economica europea, un rafforzamento della cooperazione amministrativa in materia fiscale e sociale tra gli Stati membri, contrastando le pratiche di dumping fiscale e sociale fra gli Stati membri dell'Unione, nonché la concorrenza al ribasso e i conseguenti fenomeni di delocalizzazione di attività produttive;
   assumere iniziative per istituire un sistema alternativo al Fiscal Compact per la riduzione del debito pubblico cominciando dalla riduzione dei tassi d'interesse attraverso l'istituzione di un sistema unico di indebitamento come gli eurobond;
   ad assumere iniziative per prevedere lo scomputo dal calcolo della soglia del 3 per cento del deficit/pil del cofinanziamento dei fondi europei o delle spese effettuate per investimenti in infrastrutture, in prevenzione del rischio sismico ed idrogeologico, messa in sicurezza degli edifici pubblici, investimenti nella ricerca, informatizzazione della PA;
   ad adottare iniziative per disciplinare le modalità di finanziamento e funzionamento del Fondo europeo d'adeguamento alla globalizzazione (FEG) prevedendo una maggiore contribuzione da parte dei Paesi comunitari dove vige un regime fiscale e/o un costo del lavoro al di sotto della media europea, con il fine di contrastare il fenomeno della delocalizzazione;
   a promuovere un'armonizzazione dei F.I.A (Fondi di investimento alternativi) autorizzati ad operare all'interno dell'Unione, essendo ad oggi armonizzato solo il comparto dei GE.F.I.A (gestori dei Fondi di investimento alternativi);
   a introdurre normative volte a migliorare gli attuali meccanismi di emissione dei rating e a responsabilizzare le società stesse, anche prendendo in considerazione la possibilità di incentivare la creazione di una società di rating interna all'Unione europea;
   a introdurre una normativa atta ad impedire l'elusione fiscale attualmente condotta grazie alla complicità dei Paesi iscritti nella black, grey e white list;
   a rendere una volta per tutte obbligatoria, per tutti i Paesi membri, l'adozione di politiche di sostegno economico delle persone che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa, mediante l'istituzione di strumenti come il reddito di cittadinanza, finanziabili anche attraverso la parte di utili, riservati agli Stati membri, generati dalla gestione del servizio, svolto in regime di monopolio, riferito all'ammissione ed alla circolazione di nuova moneta;
   ad assumere iniziative per abolire il trattato sul Fiscal Compact al fine di rilanciare la crescita e l'occupazione, sospendere la partecipazione dell'Italia al Meccanismo Europeo di Stabilità finanziaria (European Stability Mechanism- ESM), ed evitare di fare ricorso allo stesso meccanismo per la ricapitalizzazione delle banche alle quali bisogna imporre di dotarsi di un capitale proprio per far fronte alle crisi anticicliche;
   ad adottare iniziative per revisionare i processi decisionali e gli assetti istituzionali dell'Unione europea nel segno di una maggiore trasparenza, di un più intenso coinvolgimento delle istituzioni parlamentari nazionali e di una più forte responsabilizzazione che obblighi le istituzioni europee a rispondere ai cittadini nei casi di clamorosi fallimenti, quali sono quelli provocati da alcune delle decisioni adottate recentemente per fronteggiare la crisi economica europea;
   ad attuare una sinergia tra i Paesi membri finalizzata a modificare lo statuto della Banca centrale europea affinché diventi prestatore di ultima istanza;
   a richiedere l'introduzione a livello europeo, della legge bancaria Glass-Steagad, volta a contenere la speculazione da parte degli intermediari finanziari e i panici bancari, attraverso una netta separazione tra attività bancaria tradizionale e attività bancaria di investimento, e conseguentemente provvedere alla separazione tra banche commerciali e banche d'investimento, al fine di impedire che l'economia reale sia direttamente esposta al pericolo di eventi negativi di natura prettamente finanziari;
   a promuovere accordi bilaterali o multilaterali tra Paesi membri e Paesi extra Unione europea al fine di agevolare il rientro, nei Paesi di origine, dei capitali esportati illegalmente;
   ad adottare una soluzione di tassazione armonizzata sulle rendite finanziarie in accordo con tutti gli Stati membri;
   ad adottare più opportuni accorgimenti al fine di rendere più attraente l'investimento nell'economia reale rispetto a quello puramente finanziario;
   a promuovere, nelle sedi istituzionali dell'Unione europea e delle organizzazioni internazionali, restituzione di una Black List nella quale inserire gli Stati aventi un regime fiscale privilegiato, al fine di evitare l'elusione delle disposizioni indicate nei decreti ministeriali 23 gennaio 2002, del 21 novembre 2001 e 4 maggio 1999;
   ad avviare fin da ora la riforma dei criteri di formazione del bilancio comunitario ed in particolare procedere alla revisione del meccanismo dello «sconto inglese» stabilito dagli accordi di Fontainebleau del 1984, posto che l'entità della spesa agricola è diminuita nel corso degli anni e che la nuova programmazione della Politica Agricola Comune per il periodo 2014-2020 prevede una significativa decurtazione dei fondi disponibili per il nostro Paese;
   ad esprimere la totale contrarietà dell'Italia alla rettifica al bilancio unionale 2015, a causa anche dei tagli effettuati alla PAC, e ad intraprendere ogni utile iniziative affinché il Consiglio non accolga la proposta dell'Esecutivo comunitario;
   a richiedere le più ampie garanzie a tutela dei consumatori italiani e degli interessi produttivi nazionali nei casi in cui sia chiamato ad accordare, in sede di Consiglio europeo, il proprio consenso a decisioni di politica estera ed internazionale con particolare riguardo alla crisi russo-ucraina, che incidano, seppur indirettamente, sui cittadini e sul tessuto produttivo nazionale.
(6-00091) «Carinelli, Battelli, Nesci, Petraroli, Vignaroli, Cecconi».


   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio dell'Unione europea del 23 e 24 ottobre 2014 il cui ordine del giorno prevede:
    1) che il Consiglio prenda una decisione definitiva sul nuovo quadro della politica climatica ed energetica, ed, in particolare, sulle ulteriori misure volte a rafforzare la sicurezza energetica dell'Europa e sugli obiettivi di interconnessione;
    2) di affrontare la situazione economica nell'Unione europea;
    3) di affrontare specifiche questioni attinenti alle relazioni esterne, alla luce di sviluppi sulla scena internazionale, quali la crisi Ebola, la situazione in Ucraina e in Medio Oriente;
   premesso che:
    il programma della Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea denominato «Europa, un nuovo inizio» illustra per ogni area e settore di competenza del Consiglio dell'Unione europea gli indirizzi e politiche che il Governo italiano intendeva perseguire nei sei mesi della Presidenza italiana. La sintesi del programma è stata presentata dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi al Parlamento europeo in seduta plenaria il 2 luglio scorso;
    sono oramai passati 4 mesi dei sei della Presidenza italiana ed il bilancio consuntivo non è certo brillante;
    alla voce «Un'Europa per il lavoro e la crescita economica» si delineavano svariati interventi per ottenere «la ripresa dalla crisi economica e finanziaria, l'aumento dell'occupazione, il rafforzamento dei diritti fondamentali». Oggi dobbiamo constatare che la crisi che dura da 7 anni, prosegue senza che all'orizzonte si possa scorgere un'inversione di tendenza, che i disoccupati in Europa sono diventati più di 27 milioni mentre il loro numero continua ad aumentare, che non si registra nessun progresso nei diritti fondamentali dei cittadini europei ad iniziare da quelli di nazionalità italiana;
    si affermava che la Presidenza italiana avrebbe fatto ogni sforzo possibile per rivitalizzare la Strategia Europa 2020. I 5 obiettivi che l'Unione europea è chiamata a raggiungere entro il 2020 sono:
     1) l'innalzamento al 75 per cento del tasso di occupazione;
     2) l'aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo al 3 per cento del PIL dell'Unione europea;
     3) riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento rispetto al 1990, 20 per cento del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili, aumento del 20 per cento dell'efficienza energetica;
     4) riduzione dei tassi di abbandono scolastico precoce al di sotto del 10 per cento, aumento al 40 per cento dei 30-34enni con un'istruzione universitaria;
     5) almeno 20 milioni di persone a rischio o in situazione di povertà ed emarginazione in meno;
    i risultati non sono certo incoraggianti:
     1) il tasso di occupazione in Italia è peggiorato dal circa 59 per cento del 2008 al 55 per cento del 2014 e tende ancora al ribasso. Le misure del Jobs Act e della legge di stabilità per il 2015 precarizzano ulteriormente il mercato del lavoro e produrranno più che altro occupazione sostitutiva fino a che non cesseranno i contributi. Manca totalmente una politica di investimenti pubblici per creare una vera e buona occupazione;
     2) l'incidenza percentuale della spesa per R&S sul prodotto interno lordo addirittura diminuisce lievemente passando dall'1,26 per cento del 2010 all'1,25 per cento; aumenta, quindi, la distanza dal target definito dalla Strategia Europa 2020 (3 per cento) nonché dal meno ambizioso obiettivo italiano dell'1,53 per cento e dalla media europea pari al 2,04 per cento;
     3) per gli obiettivi collegati alla sostenibilità energetica osserviamo che:
   a) le emissioni totali di gas serra, espresse in CO2 eq. sono diminuite dell'11,4 per cento tra il 1990 ed il 2012, passando da 519 a 460 milioni di tonnellate di CO2 eq. L'obiettivo nazionale per Kyoto consiste in una riduzione del 6,5 per cento, rispetto all'anno base. Dal 2009, un'ulteriore decrescita delle emissioni settoriali è da attribuirsi alla recessione economica (soprattutto nelle industrie manifatturiere e delle costruzioni), alla delocalizzazione di alcuni settori produttivi, ma anche ad un aumento dell’ efficienza energetica nella produzione di energia e nell'industria. Negli ultimi anni, l'aumento dell'utilizzo delle fonti rinnovabili ha condotto ad una notevole riduzione dell'intensità di CO2;
   b) le energie rinnovabili rappresentano in Italia solo il 13,3 per cento della produzione totale di energia (ENEA – dato 2011) ed il 26,9 per cento del consumo interno lordo di elettricità (dato 2012);
   c) le stime recentemente presentate dall'Unione europea proiettano al 2020 una riduzione solamente del 10 per cento dei consumi rispetto al 20 per cento stabilito. Per l'Italia rimane comunque (secondo l'ENEL) un elevato potenziale di risparmio energetico non sfruttato;
     4) secondo i dati della Commissione Ue: nel 2012 il tasso di rinuncia all'istruzione in Italia è rimasto alto (17,6 per cento), in controtendenza rispetto alla media continentale del 12,7 per cento con numeri ancora più allarmanti nel Mezzogiorno (punte del 25 per cento). Peggio di noi fanno solo Spagna, Malta, Portogallo e Romania. A fronte di una media europea del 36,8 per cento la quota di popolazione italiana tra i 30 e i 34 anni in possesso di un diploma di alta formazione arriva appena al 22,4 per cento, Una performance che ci vale l'ultima piazza nell'Unione europea a 28;
     5) secondo la Caritas sono 4,8 milioni i poveri in Italia, un numero che è raddoppiato in cinque anni. Gli 80 euro del Governo Renzi hanno avuto effetti ridotti, mentre gli aiuti dei Comuni ai poveri sono diminuiti del 6 per cento;
    la dichiarazione d'intenti di «approfondire e rafforzare l'Unione Economica e Monetaria» non si è tradotta in nessun atto concreto di messa in discussione dell'ideologia dell’«austerità espansiva», della politica del rigore di stampo germanico, né dei Trattati fiscali europei che tanta parte hanno avuto nel determinare la crisi che l'Europa patisce negli ultimi anni;
    l'impegno di combattere la disoccupazione giovanile non ha prodotto risultati significativi, anzi: l'Italia registra nel 2014 un nuovo record per la disoccupazione giovanile. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca di lavoro, è pari al 44,2 per cento, ed è ancora in crescita di 3,6 punti rispetto all'anno scorso. Si tratta del dato più alto dal 1977. Secondo l'Eurostat ad aprile 2014 nei 18 Paesi dell'euro il tasso si è attestato al 23,5 per cento, mentre nell'Unione europea a 28 Stati è pari al 22,5 per cento;
    dopo quattro mesi «Garanzia Giovani» non decolla. Le iscrizioni al progetto lanciato dall'Unione europea e che si rivolge ai Paesi membri con un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 25 per cento, sono poche, ma soprattutto sono poche le aziende disposte ad assumere. Di fronte al numero degli iscritti, pari a quasi 100mila giovani italiani, la quota di aziende che a giugno 2014 aveva aderito al progetto è pari a 2.215 aziende, per un totale di 3.352 posti di lavoro. In pratica, stando a questi dati, poco più di 3 giovani su 100 potranno ambire ad avere un posto. Il miliardo e mezzo di euro di finanziamenti Ue per «Garanzia giovani» sono così ripartiti: 567 milioni da fondi comunitari diretti, 567 cofinanziati dalle Regioni e 378 dallo Stato italiano. Soldi che, al momento sono virtuali. Le Regioni, infatti, sono costrette ad anticipare le risorse per «Garanzia giovani» in attesa che arrivino quelle di provenienza statale e quelle europee;
    il vertice europeo sull'occupazione svoltosi nel mese di ottobre 2014 a Torino sotto la Presidenza italiana non ha prodotto nessun risultato concreto. Si sono ritrovate 35 delegazioni governative per fare il punto sulla Carta sociale, un trattato firmato proprio a Torino il 18 ottobre del 1961 con l'obiettivo di garantire le libertà e i diritti fondamentali: lavoro, istruzione, salute, casa, tutela giuridica e sociale, circolazione delle persone. Una piattaforma oggi messa a dura prova dalla crisi e dai regimi di austerità imboccati dagli Stati dell'Unione europea, i cui cittadini negli ultimi anni hanno spesso visto contrarsi (se non addirittura sparire) redditi e diritti;
    la Presidenza italiana si proponeva di raggiungere un accordo sul nuovo quadro clima-energia in occasione del Consiglio europeo di ottobre 2014, che assicuri all'Unione europea dopo il 2020 il conseguimento dei suoi obiettivi climatici, anche in vista del vertice sul clima delle Nazioni Unite a settembre e delle Conferenze delle Parti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) nel 2014 e nel 2015;
    è del tutto insoddisfacente la proposta formulata dalla Commissione Unione europea per un nuovo Pacchetto «Clima-Energia» al 2030 che risulta inadeguata a svolgere un'azione efficace di contrasto dei cambiamenti climatici. Gli Stati membri continuano a mantenere posizioni divergenti su diversi punti della strategia clima energia per l'Europa 2030. Il primo ostacolo riguarda gli obiettivi di efficienza energetica. Regno Unito e Cipro non vogliono alcun target sul miglioramento dell'efficienza energetica. Almeno 7 membri dell'Europa centrale e orientale vorrebbero fissare il limite di 25 per cento mentre altri 12 sono d'accordo sul 30 per cento. La Danimarca invece vede quest'ultimo obiettivo come la soglia minima da raggiungere. Inoltre, gli Stati membri continuano a non essere d'accordo sulla natura stessa del target, ovvero se questi debbano essere vincolanti a livello europeo, a livello nazionale oppure semplicemente indicativi. Solo 6 Stati su 22 vorrebbero accogliere l'obiettivo di efficienza energetica come vincolante a livello europeo. Il secondo punto di disaccordo tra gli Stati membri riguarda la quota di energia rinnovabile che dovrebbe essere consumata in Europa 2030. Anche in questo caso, nonostante l'accordo tra gli Stati membri sul target del 27 per cento proposto dalla Commissione europea, dissidi rimangono in merito alla natura vincolante o meno dell'obiettivo rinnovabili;
    questi contrasti rischiano di far perdere quel ruolo di leadership che l'Unione europea aveva conquistato all'interno dei colloqui UNFCCC, al fine di raggiungere un accordo per contenere il riscaldamento globale e che dovrà essere approvato nell'ambito della Conferenza di Parigi a fine 2015. Non è chiaro qual è stato nei primi mesi di presidenza il ruolo del Governo italiano in tale direzione;
    il Governo italiano non sembra dedicare, infatti, molto interesse alla politica energetica: l'Italia mira a raggiungere con fatica i target previsti dal Pacchetto Clima Energia 2030, ma non è proiettata verso il superamento della soglia, mentre molte associazioni ambientaliste si sono appellate al Premier Renzi, pregando il Governo di puntare al 55 per cento di emissioni di gas in meno, al 40 per cento di risparmio sul consumo energetico e al 45 per cento di energia rinnovabile;
    l'Agenda digitale presentata dalla Commissione europea è una delle sette iniziative faro della strategia Europa 2020, che fissa obiettivi per la crescita nell'Unione europea (Unione europea) da raggiungere entro il 2020. Questa agenda digitale propone di sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per favorire l'innovazione, la crescita economica e il progresso;
    la Presidenza italiana si riprometteva di potenziare le infrastrutture digitali e l'utilizzo della pubblica amministrazione quale strumento per fornire servizi digitali innovativi; promuovere progetti a lungo termine come il cloud computing e i «dati aperti»; investire nelle competenze digitali;
    ma, in realtà, la situazione italiana è rimasta lontana dai livelli europei. Nel 2013, ad esempio, il 56 per cento degli italiani ha utilizzato Internet almeno una volta alla settimana: media ben al di sotto di quella europea, che è al 72 per cento. I 30 Mbps in download sono disponibili per il 21 per cento delle case (62 per cento nell'Unione europea). Inferiore alla media europea anche l’adsl flat (68 per cento contro 76 per cento Unione europea);
    un rapporto del Servizio Studi del Dipartimento Trasporti della Camera dei deputati certifica che in materia di Agenda digitale italiana (decreti-legge «Crescita», «Crescita 2.0», «del Fare»), fra i 55 adempimenti considerati solo 17 sono stati adottati e per quelli non adottati di ben 21 risultano già scaduti i termini. I settori di intervento non ancora disciplinati sono molti, e vanno dal riordino del sistema statistico nazionale alla bigliettazione elettronica, dalla misurazione dei campi elettromagnetici alla trasparenza dell'attività parlamentare;
    troppe le incertezze intorno all'Agenzia per l'Italia Digitale, vero snodo critico di tutta la vicenda che nel rapporto è citata per non aver trasmesso al Presidente del Consiglio o ministro delegato, l'agenda nazionale dei contenuti e degli obiettivi delle politiche di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, come pure risulta manchevole nell'individuazione delle risorse umane, finanziarie e strumentali dell'Agenzia;
    occorrono più soldi, consapevolezza e investimenti per sfruttare quel 3 per cento del PIL (45 miliardi), derivante dall'economia digitale italiana, ma se non ci sono i servizi, non serve a niente avere data center centralizzati e una infrastrutturazione avanzata del territorio, né tubi e fibre ottiche per portare non si sa quali vantaggi al cittadino. In assenza di una seria riforma della Pubblica Amministrazione, è il solito cane che si morde la coda;
    serve il rafforzamento degli investimenti in connettività e in particolare in banda larga per consentire l'erogazione di servizi evoluti e spingere l'attuazione di progetti digitali legati in particolare a sanità e scuola, ma anche a sostenere i distretti produttivi e a favorirne crescita e sviluppo in chiave di globalizzazione;
    alla voce «Un'Europa più vicina ai cittadini: uno spazio di democrazia, diritti e libertà» si prevedeva lo sviluppo di una politica migratoria comune europea, in grado di contribuire all'agenda dell'Unione europea per la crescita, abbinata ad una strategia per promuovere lo sviluppo economico nei paesi di origine dei migranti che veniva individuata come una priorità per il Consiglio dell'Unione europea;
    dopo quattro mesi non si registrano significativi avanzamenti a livello europeo e dal primo novembre, secondo quando sostenuto dal Ministro dell'Interno Alfano, l'operazione Mare nostrum sarà sostituita dall'operazione Ue Triton, operazione di controllo delle frontiere europee alla quale partecipano 20 Paesi;
    il direttore esecutivo dell'agenzia Frontex ha smentito quest'interpretazione sostenendo che Triton non sostituisce le operazioni di controllo delle frontiere e di sicurezza e soccorso che spettano agli Stati, anche in mare;
    in un momento in cui le persone cercano in modo sempre più disperato di fuggire le guerre in Libia, Siria o Iraq è sconcertante ascoltare che Mare Nostrum chiuderà e che il soccorso nel Mediterraneo avrà da ora in poi una finalità limitata;
    sul versante dell'accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo si registra la necessità di rivedere gli accordi di Dublino, di creare un asilo europeo, ma nonostante gli appelli da più parti e le criticità sollevate rispetto al regolamento Dublino III, nulla ha fatto la presidenza italiana in tal senso;
    relativamente alle pari opportunità e all'attuazione del principio di non discriminazione si evidenzia che nulla è stato fatto nella direzione evidenziata, anzi si segnala a questo fine i provvedimenti, attuati dal Governo che vanno nella direzione opposta a quella dell'armonizzazione delle legislazioni in materia di pari opportunità e non discriminazione;
    «i diritti umani e le libertà fondamentali saranno al centro della Presidenza italiana» si leggeva nel documento, indicando il lavoro per il processo di adesione dell'Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. A tal fine non si registrano avanzamenti sul processo di negoziazione dell'adesione, nonostante i proclami, né nuovi incontri sono programmati;
    alla voce «Cambiare marcia alla politica estera dell'Europa» si elencavano una lunga serie di iniziative tra cui: la particolare attenzione all'area mediterranea, l'aiuto nella «rapida ripresa» dei negoziati tra le parti nel processo di pace in Medio oriente, il sostegno per un processo di dialogo e di riconciliazione nazionale autentico e inclusivo in Libia, l'impegno nel dialogare in maniera strategica con la Russia;
    facendo solo riferimento a questi si evidenzia, sino ad ora, un clamoroso fallimento della politica estera europea, e con riferimento all'Italia, aggravata dalla circostanza che il Ministro degli esteri, Federica Mogherini, è stata nominata Alto rappresentante per la politica e la sicurezza comune dell'Unione europea;
    l'area mediterranea dovrebbe rappresentare una visione strategica rafforzando e sostenendo Marocco, Tunisia, Giordania, Libano per i quali è urgente una politica bilaterale europea a sostegno della transizione politica e dello sviluppo economico;
    appare quindi urgente e necessaria l'istituzione in sede europea di un Commissario al Mediterraneo, per la quale il Governo si è detto anche disponibile, senza però dare alcun seguito a tale proposito nelle sedi competenti;
    riguardo al processo di pace in Medio oriente si segnala uno stop nei negoziati, al di là del positivo apporto alla Conferenza internazionale per la ricostruzione a Gaza;
    occorre un impulso maggiore affinché tutti gli Stati dell'Unione europea riconoscano lo Stato di Palestina, quale iniziativa di politica estera dell'Unione che vada nella direzione di una soluzione definitiva al conflitto arabo-palestinese nell'impostazione «due Popoli, due Stati» sulla base dei confini del 1967 e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite e in particolare delle numero 242 e 338;
   per quanto riguarda la situazione economica dell'Unione europea:
    in considerazione del persistere, anzi dell'aggravarsi degli effetti del ciclo economico negativo che si protrae ormai da troppi anni, senza che si intravveda una soluzione nel breve periodo, il Governo doveva predisporre una manovra per il triennio 2015-2017 – seguendo l'esempio francese – che prevedesse un congruo indebitamento a sostegno di una seria e condivisa programmazione di politiche di sviluppo sostenibile e per il lavoro, attraverso il superamento di un punto percentuale del limite del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil;
    la portata della manovra di finanza pubblica 2015 del Governo Renzi, in realtà, non è di 36 miliardi ma bensì di 21 miliardi, essendo il deficit tendenziale a politiche invariate pari al 3,1 per cento (quello a legislazione vigente è pari a 2,2 per cento). Come si sa il deficit programmatico è pari al 2,9 per cento. Non è dunque un quadro programmatico «espansivo» quello predisposto dal Governo, ma bensì «restrittivo» sia pure solo del meno 0,2 per cento;
    lo slittamento al 2017 del pareggio di bilancio non rappresenta una vera sfida alla Commissione europea come lo è la decisione francese di mantenere il deficit sopra il 4 per cento per i prossimi anni. La Francia ha infatti dichiarato che non rientrerà nei limiti del deficit del 3 per cento fino al 2017, l'Italia è vicina a sforarlo anche se continua ad affermare che lo rispetterà. La Banca centrale europea è da tempo ben sotto all'obiettivo dell'inflazione al 2 per cento a cui è vincolata dal suo mandato. La Germania è in surplus commerciale eccessivo (supera il + 6 per cento ed andrebbe sanzionata per «disavanzo eccessivo»). Tutte le parti coinvolte sono in evidente difetto rispetto alle regole che si sono collettivamente e consensualmente date;
    tra accuse reciproche in un gioco in cui l'attribuzione della responsabilità della crisi è sempre e regolarmente dell’«altro», si è finiti sull'orlo di un suicidio collettivo. La Bce bacchetta i governi del Sud e del Nord; i primi per le mancate riforme, i secondi, in particolare la Germania, perché non si fanno motore di una ripresa della domanda attraverso un'espansione di bilancio. I governi francese e italiano si lamentano di un rallentamento inaspettato (sic!) dell'economia. I tedeschi accusano i Paesi che non hanno seguito la via del rigore e delle riforme di non rispettare i patti. Ma, per una ragione o per l'altra, tutti, alla fine, hanno infranto qualche regola;
    un sistema in cui nessuno riesce a rispettare le regole va ripensato. Le misure da attuare subito per rilanciare la domanda, al livello dell'Unione, sono chiare e se non ci fossero vincoli politici e gli interessi dei centri finanziari da salvaguardare, si andrebbe dritti per quella strada. C’è un largo consenso tra gli studiosi sul fatto che quando un'economia è in pericolo di deflazione e appesantita dal debito bisogna attuare politiche di bilancio espansive finanziate dalla Banca centrale;
    il rispetto rigoroso delle regole e il sottostare ai parametri imposti dai Trattati deve essere un comportamento seguito da tutti i partners europei, non sono ammesse eccezioni se non unanimemente concordate. Stando a questo principio elementare non si comprende come la Germania possa derogare ampiamente dal rispetto del parametro del surplus commerciale mentre da «bravo scolaretto» il Governo italiano sottolinea in ogni occasione il rispetto del limite del 3 per cento nel rapporto debito/Pil da parte dell'Italia;
    la politica macro-economica rimane la variabile decisiva per avviare lo sviluppo, che deve basarsi soprattutto su una forte ripresa della domanda aggregata e su di un piano ragionato e massiccio di investimenti pubblici. Soltanto così si possono determinare effetti positivi sulla quantità e qualità dell'occupazione. Insistere per la preliminare attuazione di riforme strutturali vuol dire ingigantire gli ostacoli e aggravare le condizioni dell'economia. Ostacoli a questa impostazione sono le regole europee invecchiate e non più rispondenti all'eccezionalità della crisi attuale, come il Fiscal Compact, e quelle che hanno strutturato sin dall'inizio la filosofia di funzionamento dell'Unione: il Patto di Stabilità e Crescita e, soprattutto, il divieto per la Banca centrale di finanziare direttamente i debiti pubblici. Basterebbe trarre insegnamento dagli errori compiuti nell'uscire dalla crisi degli anni trenta per far divenire l'esito disgregante di quell'esperienza un monito che chiami a iniziative ben più radicali e consistenti di quelle che sono attualmente in discussione nelle riunioni europee;
    dalla crisi si esce solo con la fine delle politiche di austerità, con politiche espansive ed un nuovo intervento dello Stato e, nell'immediato, in particolare, si dovrebbe operare uno scorporo di alcune tipologie di spese e di investimenti dal calcolo dei saldi validi al fine del rispetto del Petto di stabilità e crescita. Tale scorporo, più volte proposto da autorità politiche ed esperti economici in Italia e in Europa, permetterebbe una ripresa della domanda pubblica che è necessaria – in assenza di un'adeguata dinamica della domanda per consumi, investimenti ed export – per condurre l'economia fuori dall'attuale depressione. Gli investimenti nei suddetti settori sono rilevanti in primo luogo per gli effetti aggregati sull'economia, che vedrebbe un aumento del Pil e quindi un miglioramento degli indicatori di sostenibilità del debito. In secondo luogo, l'investimento in tali settori condurrebbe l'Italia ad avvicinarsi in misura significativa agli obiettivi di Europa 2020 in una varietà di campi sociali e ambientali;
   per quanto riguarda i cambiamenti climatici e la politica energetica:
    a quattro mesi dall'assunzione della Presidenza dell'Unione europea il Governo italiano non può accampare nessun risultato significativo in merito ad iniziative volte a definire un accordo sul nuovo quadro comunitario per il 2030 in materia di clima ed energia che ambisca a raggiungere obiettivi ambiziosi nella strategia energetica fondamentale anche per contribuire ad influenzare fortemente le scelte globali che investiranno la conferenza di Parigi del 2015 in cui dovrebbe essere sottoscritto un accordo globale sul clima ambizioso e vincolante;
    scarso è stato il peso italiano nell'ambito della riunione del 23 settembre scorso tra i leader mondiali per parlare di azioni per la lotta ai cambiamenti climatici, organizzata a New York dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon. Poche notizie si hanno sulle linee che verranno perseguite e sulle iniziative intraprese o da intraprendere da parte italiana per la prossima conferenza sul clima che si terrà il prossimo mese di dicembre a Lima, ultima tappa prima della conferenza di Parigi nel 2015;
    si fanno sempre più diffuse le espressioni di insoddisfazione di comunità, istituzioni, enti di ricerca, organismi imprenditoriali e dei lavoratori ed associazioni europei e internazionali, per la mancanza di ambizione che emerge dalla proposta formulata dalla Commissione Unione europea per un nuovo Pacchetto «Clima-Energia» al 2030 che viene giudicato inadeguato ad affrontare la sfida di una economia e di una società low carbon, a svolgere un'azione efficace di contrasto dei cambiamenti climatici e che rischia di far perdere quel ruolo di leadership che l'Unione europea aveva conquistato all'interno dei colloqui UNFCCC, al fine di raggiungere un accordo per contenere il riscaldamento globale entro i 2oC alla fine del secolo;
    gli obiettivi comunitari al 2030 proposti dalla Commissione nel libro bianco, 40 per cento di riduzione delle emissioni interne di CO2 e aumento, vincolante solo a livello comunitario, al 27 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili e un innalzamento al 30 per cento di efficienza energetica, non vincolante per gli Stati europei, non consentono all'Europa di mettere in campo una forte e coerente azione di contrasto ai cambiamenti climatici in grado di invertire la rotta, contribuire ad un accordo globale ambizioso e giusto, abbassare i costi energetici limitando fortemente la dipendenza energetica extraeuropea e contribuendo in modo significativo all'aumento dell'occupazione nell'intera Unione europea;
    il livello degli obiettivi climatici ed energetici proposti dalla Commissione, come dimostrano diverse analisi indipendenti, non è coerente con la traiettoria di riduzione delle emissioni di almeno il 95 per cento al 2050, in grado di contribuire a contenere il riscaldamento del pianeta almeno sotto la soglia critica dei 2o C. Come ha ribadito recentemente l'IPCC – il panel scientifico intergovernativo delle Nazioni Unite – la minaccia dei cambiamenti climatici dovuti alle emissioni antropiche è molto preoccupante e vicina alla soglia critica: per evitare la crisi climatica si deve agire entro alcuni anni. I governi attualmente in carica/pertanto, hanno enormi responsabilità. A tal fine appare cruciale il ruolo delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica, soprattutto per garantire la sicurezza energetica dell'Unione europea, rendendola meno dipendente dalle dinamiche geopolitiche;
    il rapporto dell'Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite (Greenhouse Gas Bulletin) denuncia il livello record di emissioni raggiunto nel 2013 che ha registrato il maggior incremento di CO2 dal 1984. La concentrazione di CO2 in atmosfera è arrivata alla soglia di 396 parti per milione ppm e potrebbe raggiungere, senza significativi interventi globali la soglia critica di 450 ppm che, secondo l'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), il gruppo di esperti Onu sul clima, rappresenta il limite oltre il quale i cambiamenti climatici sono destinati ad essere gravi e irreversibili;
    l'obiettivo del 30 per cento di efficienza energetica, senza indicazione precisa di vincoli, appare del tutto inadeguato a rispondere alle esigenze di sicurezza energetica, riduzione del costo dell'energia, contrasto ai cambiamenti climatici e creazione di occupazione soprattutto se rapportato ai risultati che potrebbero essere realisticamente raggiunti se si adottasse un target vincolante del 40 per cento. È innegabile che il risparmio energetico è il mezzo più efficace per ridurre le importazioni energetiche, per abbattere l'impatto del costo dell'energia sulle produzioni, per creare occupazione. Recenti analisi della Commissione evidenziano che un risparmio energetico del 40 per cento consentirebbe di aumentare la competitività dell'Unione europea, si stima che il prodotto interno lordo crescerebbe del 4,5 per cento contro l'1 per cento generato invece da un obiettivo del 30 per cento. Inoltre, migliorare l'efficienza energetica del 40 per cento consentirebbe di abbassare i costi dell'azione climatica, consentendo all'Unione europea di risparmiare almeno 1 bilione di euro in dieci anni. Infine, le stesse analisi sostengono che ad ogni aumento dell'1 per cento nel risparmio energetico europeo corrisponde una riduzione del 2,6 per cento delle importazioni di gas, con benefiche implicazioni per la sicurezza energetica dell'Unione e un miglioramento notevole della bilancia dei pagamenti;
    i recenti rapporti della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale e dell'Agenzia Internazionale dell'Energia evidenziano che le economie europee saranno fortemente colpite se non saranno adottate politiche energetiche sufficienti a fronteggiare i cambiamenti climatici in atto. L'Europa ha il maggior deficit commerciale al mondo nel settore energetico. Questo deficit lo scorso anno ammontava a 423 miliardi di euro (64 per l'Italia), e le stime ci dicono che può essere ridotto di 239 miliardi di euro con il risparmio energetico al 40 per cento entro il 2030;
    un rapporto dell'istituto Fraunhofer, pubblicato il 4 ottobre 2013, spiega che l'obiettivo del 40 per cento di riduzione del consumo finale di energia entro il 2030 è tecnicamente ed economicamente fattibile e consentirebbe di tagliare l'utilizzo di gas equivalente dalle attuali importazioni dalla Russia e incrementerebbe l'occupazione del 3,1 per cento;
    l'obiettivo comunitario proposto per l'energia prodotta da fonti rinnovabili manca di ambizione, non fornisce l'adeguata garanzia di un progressivo sganciamento dalle dipendenze energetiche legate a dinamiche geopolitiche e non fornisce la necessaria certezza per gli investitori. La proposta di «almeno il 27 per cento» è, infatti, appena il 3 per cento al di sopra dell'attuale trend al 2030. La crescita del settore delle rinnovabili, pertanto, si ridurrebbe dal 7 per cento annuo dell'ultimo decennio a meno del 2 per cento per il periodo 2020-2030;
    per attuare le politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici servono inoltre investimenti pubblici e privati che consentano la riconversione dell'economia, la tutela e manutenzione del territorio, l'efficientamento energetico degli edifici, la transizione energetica e allo stesso tempo una grandissima opportunità occupazionale; per questo si dovrebbe da subito svincolare dal patto di stabilità tutti gli investimenti pubblici che vanno in questa direzione;
    in particolare la transizione energetica è più che mai urgente, non solo per mitigare gli effetti devastanti sul clima, ma anche quelli sulla salute delle popolazioni nonché per ottenere benefici economici e sociali. L'efficienza energetica, insieme allo sviluppo delle fonti rinnovabili, consentirebbe di ridurre le importazioni di energia e di abbattere i costi per le famiglie e per le imprese, rendendo queste ultime anche più competitive sul mercato. Per quanto riguarda l'occupazione è inoltre ormai evidente come l'efficientamento energetico e le energie rinnovabili abbiano un impatto occupazionale notevolmente superiore a quello legato alle fonti fossili;
    il confronto dei prezzi dell'energia tra l'Italia e gli altri membri dell'Unione europea e della stessa Unione europea con quelli dei suoi principali partner commerciali, rileva che i prezzi dell'energia sono notevolmente aumentati in quasi tutti gli Stati membri, ma maggiormente in Italia, a partire dal 2008, soprattutto a causa di imposte e tasse, ma anche dei maggiori costi di rete. Il confronto con i partner europei ed internazionali, evidenzia un aumento dei differenziali di prezzo, che segna la competitività dell'Italia, segnatamente per le industrie ad alta intensità energetica;
    l'Italia paga anche un alto prezzo per gli effetti ormai visibili del cambiamento climatico, caratterizzato da una forte erosione del territorio costiero e montano, con ripercussioni gravi e permanenti anche sull'industria agroalimentare;
    a fronte di tali emergenze ormai conclamate, relative ad un approvvigionamento inefficiente e non competitivo dell'energia nonché agli effetti devastanti sul territorio del cambiamento climatico, l'Italia non si è dotata di nessuno strumento strategico per una politica energetica efficiente ed una politica di risanamento e tutela del dissesto ambientale ed idrogeologico;
    gli ammonimenti del mondo scientifico e le drammatiche conseguenze dei cambiamenti climatici che anche l'Italia sta subendo, soprattutto in termini di aumento dei fenomeni di precipitazioni estreme, alluvioni, dissesti idrogeologici diffusi e ripetuti non riescono ancora a modificare la politica del nostro Governo. Non ci sono segnali di discontinuità in politica energetica rispetto all'uso dei combustibili fossili. Non ci sono investimenti in ricerca per un uso razionale delle risorse, sia in termini di efficienza energetica che in termini di economia circolare e quindi recupero e riuso della materia, anzi si continua a parlare di nuovi inceneritori;
    il Governo Renzi negli ultimi provvedimenti, dimostrandosi cieco e sordo ai moniti del mondo scientifico e all'evidenza delle catastrofi subite dal Paese ha rimesso in discussione in modo retroattivo il sistema degli incentivi alle fonti rinnovabili e penalizzato l'autoconsumo di energia e, infine con il decreto-legge, cosiddetto Sblocca Italia, si rilancia il settore petrolifero e del gas dichiarando opere di interesse strategico nazionale i gasdotti, i rigassificatori, le perforazioni, gli stoccaggi non invece l'efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, «investendo» nelle grandi opere infrastrutturali, invece di destinare le poche risorse alla prevenzione del rischio idrogeologico, alla tutela del patrimonio artistico e culturale, all'istruzione, alla sanità;

per quanto riguarda le questioni attinenti le relazioni esterne:
   l'epidemia da virus Ebola ha finora causato oltre 4.500 vittime nei Paesi dell'Africa occidentale e cresce in maniera esponenziale in Liberia, Sierra Leone e Guinea;
   il Consiglio dei Ministri degli esteri riunito a Lussemburgo lo scorso 20 ottobre in merito alle iniziative da intraprendere per contrastare l'epidemia africana del virus Ebola;
   i Ministri degli esteri dell'Unione europea hanno deciso di proporre al Consiglio europeo l'istituzione di un «coordinatore unico» per l'azione di contrasto al virus;
   il Ministro degli esteri inglese Philip Hammond ha preannunciato che il Regno Unito chiederà al Consiglio europeo il raddoppio dell'impegno finanziario per combattere il virus, portandolo fino a un miliardo di euro, mentre il Ministro degli esteri Olandese, Frans Timmermans, ha dichiarato che «occorre aumentare lo sforzo»;
   la Ministra degli affari esteri nella stessa riunione ha dichiarato che l'Italia attualmente ha impegnato 5 milioni di euro per contrastare il virus Ebola, oltre a sostenere progetti per il sostegno all'emergenza nei Paesi africani;
   è necessario un grande impegno economico e sforzi unitari, coordinati e più intensi che assicurino: un'assistenza appropriata nei Paesi colpiti dall'epidemia per cui si isoli la malattia, ma non i Paesi e una corretta informazione circa i rischi della malattia affinché questa non diventi uno strumento di discriminazione;
   l'Europa ha evidenti problemi di politica estera e la sua espressione, la PESC – Politica europea e di sicurezza comune, rimane inefficace e incomprensibile;
   manifestazione palese della sua incomprensibilità e inefficacia la crisi Ucraina dove si registra una estrema difficoltà nell'attuazione del protocollo «Minsk» sottoscritto lo scorso 5 settembre;
   attualmente, la tregua prevista dal protocollo non risulta essere pienamente attuata e soprattutto nella zona est dell'Ucraina continuano incessantemente i bombardamenti e gli scontri tra le forze filo-governative e i ribelli filo-russi;
   come conseguenza della crisi, permane il problema relativo all'approvvigionamento energetico e degli interessi economici e commerciali dell'Unione europea, duramente messi alla prova dai permanere del conflitto, nonché dalle sanzioni Unione europea alla Russia e alle relative contromisure russe;
   l'atteggiamento europeo di puntare sul muro contro muro con Mosca appare totalmente sbagliato e non tiene per nulla in conto degli storici errori commessi dall'Unione a partire dagli anni 90 che hanno portato in sequenza a conflitti, aperture diplomatiche, minacce reciproche e logoramento delle relazioni;
   la partita geopolitica è stata giocata principalmente sul terreno della «sicurezza» e la mossa principale dell'allargamento ad Est della Nato e le trattative per l'ingresso dell'Ucraina nell'Unione europea, sono state una scelta strategica sbagliata così come la gestione della crisi e le conseguenti sanzioni, da cui l'Europa e i suoi Stati membri pagano un prezzo elevato;
   l'Unione europea dovrebbe ora lavorare intorno alla convocazione di una conferenza di pace che avvii un percorso politico di reale mediazione che sappia garantire la sovranità dell'Ucraina con una forte autonomia per aree russofone del Donbass, e che tolga Mosca dall'accerchiamento;
   occorre al contempo che l'Unione europea abbia un ruolo attivo per arrivare alla definizione del processo di pace del conflitto arabo-israeliano;
   attualmente sono 134 i Paesi che hanno deciso di riconoscere unilateralmente lo Stato di Palestina, tra questi diversi membri dell'Unione europea: Repubblica Ceca, Bulgaria, Cipro, Slovacchia, Ungheria, Malta, Polonia e Romania;
   il 3 ottobre del 2014, il primo Ministro svedese Stefan Löfven ha annunciato in Parlamento che la Svezia riconoscerà lo Stato di Palestina. «Una soluzione a due Stati suppone un riconoscimento reciproco, e la volontà di una coesistenza pacifica. Ecco perché la Svezia riconoscerà lo Stato della Palestina», aveva detto il Primo Ministro durante il suo intervento in Parlamento;
   il 13 ottobre del 2014, la Camera dei Comuni britannica, con una larga maggioranza, ha approvato una mozione che chiede al Governo il riconoscimento della Palestina come Stato. Nel documento si chiede al Governo di «riconoscere lo Stato palestinese insieme a quello di Israele» come parte di un «contributo per assicurare una soluzione negoziata dei due Stati»;
   occorrerebbe un pronunciamento del Consiglio europeo in tal senso, ossia che si arrivi ad un riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di tutti i Membri dell'Unione europea che porti ad accelerazione del processo di pace sull'impostazione «due Popoli due Stati», sulla base dei confini del 1967 e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite e in particolare delle numero 242 e 338;
   la situazione in Siria e Iraq è sempre più preoccupante e l'avanzata delle milizie jihadiste ha procurato nell'ultimo mese, soltanto nella zona del Kurdistan siriano e precisamente nella città di Kobane più di 650 vittime;
   negli ultimi giorni è ripresa con forza l'offensiva anche in Iraq dove continuano i combattimenti e precisamente nella provincia di Al Anbar, a non più di 40 chilometri a ovest di Baghdad, diversi attentati, che hanno preso di mira principalmente civili;
   mentre tutta l'attenzione dei media è concentrata sulla guerra allo Stato islamico, il regime siriano prosegue nei bombardamenti contro aree ribelli, che provocano anche numerose vittime tra i civili;
   la Cooperazione italiana, con riferimento alla Siria, ha stanziato 300.000 euro a favore della Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezza Luna Rossa per assistere i curdi in fuga da Kobane. Per quanto riguarda l'Iraq, il Ministro della difesa, Roberta Pinotti, ha annunciato un nuovo contributo militare, con un aereo Kc-767 per il rifornimento in volo, due velivoli senza pilota Predator e 280 militari, tra istruttori per le forze curde che contrastano l'Isis e consiglieri per gli alti comandi delle forze irachene;
   il fallimento dei raid aerei della coalizione sulle postazioni ISIS, accostato alla necessità dell'invio in tempi rapidi di un contingente di peace enforcement sostenuto e sotto il comando dell'Unione europea che si attenga strettamente alle regole del diritto internazionale e che operi esclusivamente a difesa dei civili minacciati dall'avanzata di ISIS, esige un totale ripensamento della politica estera sin qui condotta dell'Unione europea;
   l'unica strada possibile appare quella della convocazione di una conferenza che veda coinvolti tutti Paesi della regione, Arabia Saudita, Iran, Iraq, Turchia in primis, al fine di mettere a punto un approccio regionale alla crisi e di isolare economicamente e politicamente ISIS e le forze jihadiste che operano in quelle aree, dando applicazione alle decisioni in merito adottate dal Consiglio di Sicurezza ONU,

impegna il Governo:

per quanto riguarda la situazione economica dell'Unione Europea
   a sostenere con forza negli organismi europei la posizione del Governo francese per il superamento temporaneo del tetto dell'indebitamento dei 3 per cento, ed a chiedere una verifica ed una profonda riforma del Fiscal compact, del Six pack e delle altre disposizioni fiscali contenute nei Trattati europei;
   ad adoperarsi negli organismi europei per consentire lo sforamento del limite del deficit del 3 per cento e per ottenere la moratoria, per almeno un quinquennio, sull'applicazione delle misure obbligatorie di abbassamento del debito prevista dal fiscal compact nonché la modifica delle modalità di calcolo dei saldi corretti per il ciclo che penalizzano soprattutto Paesi come il nostro in prolungata recessione;
   a proporre una Conferenza sul debito che ricalchi quanto deciso nel 1953 a favore della Germania, cui vennero condonati i debiti di guerra, prevedendo la rinegoziazione del debito che eccede il 60 per cento del Pil;
   a proporre con determinazione di non conteggiare nei saldi validi ai fini dei Trattati Unione europea i finanziamenti degli investimenti pubblici finalizzati a misure per in per la crescita dell'occupazione e al co-finanziamento dei Fondi europei;
   a proporre lo scorporo nel bilancio delle Pubbliche amministrazioni degli investimenti pubblici in opere di piccole e medie dimensioni, a grande assorbimento di lavoro, relativi ai settori sottoelencati dal computo dell'indebitamento netto delle PP.AA. rilevante per i vincoli del Trattati europei:
    a) pubblica istruzione, università, ricerca;
    b) messa in sicurezza degli edifici scolastici;
    c) riqualificazione delle periferie attraverso piani di recupero;
    d) interventi di salvaguardia dell'assetto idrogeologico dei territori;
    e) recupero, salvaguardia e sviluppo del patrimonio artistico e ambientale;
    f) interventi di risanamento delle reti di distribuzione delle acque potabili;
    g) potenziamento del trasporto pubblico locale con particolare riguardo al pendolarismo regionale e al trasporto su ferro;
    h) interventi di risparmio energetico attraverso l'utilizzo delle energie rinnovabili;
   a proporre un Green New Deal continentale (un Piano europeo per l'Occupazione) il quale stanzi almeno 500-600 miliardi di euro con risorse pubbliche nuove ed aggiuntive rispetto a quelle già stanziate (diversamente da quanto sembra previsto dal cosiddetto «Piano Juncker»), per dare occupazione a 5-6 milioni di disoccupati o inoccupati (di cui un milione in Italia): tanti quanti sono quelli che hanno perso il lavoro dall'inizio della crisi, dando priorità a interventi che rispettano il diritto ad un ambiente sano e integro, al contrario di quanto fanno molte grandi opere che devastano il territorio e che creano poca occupazione, agevolando la transizione verso consumi drasticamente ridotti di combustibili fossili, la creazione di un'agricoltura biologica e multifunzionale, il riassetto idrogeologico dei territori, la valorizzazione non speculativa del patrimonio artistico, il potenziamento dell'istruzione e della ricerca, la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la riqualificazione delle città, l'efficienza energetica degli immobili, l'innovazione tecnologica, la riforma e il rinnovamento della PA e del welfare, l'innovazione e la sostenibilità delle reti (trasporti, energia, digitalizzazione del Paese, e altro);
   questo Piano deve essere finanziato a livello europeo per consentire all'insieme dell'Unione di uscire dal ristagno economico proponendo:
    a) la concessione di crediti da parte della Bce al tasso d'interesse più basso, riservata a istituzioni finanziarie pubbliche in Italia la Cassa depositi e prestiti – impegnate a realizzare il programma di investimenti pubblici necessario all'uscita dalla crisi;
    b) l'emissione di titoli garantiti dall'Eurozona finalizzati alla realizzazione di tali investimenti (eurobond);
    c) l'emissione di liquidità in modalità non convenzionali da parte della Bce a copertura di tale programma d'investimenti;

  per quanto riguarda i cambiamenti climatici e la politica energetica
   ad assumere, nel proprio incarico di Presidenza nel Semestre europeo, un ruolo propulsore per una vera e propria rivoluzione energetica, che veda un'Europa leader nella sfida per un'economia e una società low-carbon al 2030 attraverso la realizzazione di tre obiettivi vincolanti per tutti i Paesi dell'Unione europea: il taglio del 55 per cento delle emissioni di CO2, il raggiungimento di una quota pari ad almeno il 45 per cento di energia da fonti rinnovabili ed ad almeno il 40 per cento di efficienza energetica, soprattutto in vista della conferenza di Parigi del 2015 in cui dovrebbe essere sottoscritto un accordo globale sul clima ambizioso e vincolante;
   ad escludere l'utilizzo di crediti internazionali per il raggiungimento dell'obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra, in quanto attualmente il 75 per cento di tali crediti esterni all'Unione europea grava su Russia, Ucraina e Cina, che vedono pesantemente penalizzati gli investimenti domestici nelle tecnologie pulite;
   a farsi promotore di iniziative incisive per l'accelerazione alla transizione ad un modello alternativo di sviluppo, sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, e che ristabilisca equità e giustizia ricreando, su queste basi, una prospettiva economica ed occupazionale stabili;
   a sostenere il processo di governance della politica energetica dell'Unione europea, garantendo che il piano energetico nazionale sia sufficientemente ambizioso in termini di centralità delle fonti energetiche rinnovabili e che le linee guida e le incentivazioni in esso contenute siano coerenti e conformi per tutto il periodo interessato, prioritariamente attraverso la modifica della Strategia Energetica Nazionale (SEN) per adeguarla a tali obiettivi definiti a livello europeo;
   ad aumentare gli sforzi per una maggior efficienza energetica da parte del comparto privato, del comparto pubblico e del comparto industriale, in linea con quanto fatto già dall'industria europea in termini di investimento e realizzazione in questo settore e al fine di ridurre il fabbisogno energetico;
   ad approvare un ambizioso piano per la messa in sicurezza del territorio italiano, in termini di sicurezza geologica, idrologica ed agroalimentare, in grado di tutelare il territorio ed i suoi abitanti e sviluppare un compatto industriale con potenzialità di volano per l'economia nazionale e elevata qualificazione degli operatori anche per i mercati esteri, facendosi promotore in Europa di un'istanza volta ad escludere dal Patto di stabilità interno gli investimenti rivolti a tali opere;
   a sostenere con mezzi idonei ed efficaci l'innovazione tecnologica nel campo della produzione di energia da fonti rinnovabili;

per quanto riguarda le questioni attinenti le relazioni esterne
   a sostenere negli organismi europei l'impegno finanziario per portare al livello minimo di un miliardo di euro gli stanziamenti europei per contrastare l'epidemia del virus Ebola;
   a proporre un piano per la corretta informazione sull'epidemia del virus Ebola all'interno dell'Unione europea;
   a garantire, anche alla luce della circostanza che l'Italia è presidente di turno dell'Unione europea, alle organizzazioni non governative, ai medici e agli operatori che intendano recarsi presso i Paesi dove sono in corso focolai di infezione, la massima mobilità e sostegno, anche economico;
   ad adoperarsi nelle sedi europee per evitare ogni precipitazione bellica della crisi ucraina, promuovendo con forza una soluzione diplomatica che coinvolga tutte le parti in conflitto e svolgendo, in tale direzione, un ruolo di primo piano anche in considerazione dei consolidati rapporti che intercorrono tra i due Paesi e della circostanza che l'Italia è presidente di turno dell'Unione europea, lavorando per garantire l'integrità territoriale dello Stato ucraino ed il rispetto della sua sovranità in quanto principio internazionale inviolabile, nel rispetto della sicurezza della popolazione civile e al contempo per garantire i diritti delle minoranze e delle nazionalità, l'autonomia amministrativa, l'uso della lingua delle minoranze nelle scuole e nelle istituzioni pubbliche, la presenza di esponenti delle diverse nazionalità nel Governo centrale e di forme di contrappeso istituzionale tali da garantire tutte le nazionalità;
   ad assumere iniziative per garantire che non vi sia alcuna sovrapposizione, ruolo e partecipazione della NATO alla crisi ucraina;
   a svolgere un ruolo attivo nel garantire che le prossime elezioni locali nella regione del Donbass si svolgano sotto il controllo internazionale di organizzazioni, quali Osce e Onu, con l'invio di propri ispettori;
   ad assumere, nel proprio incarico di Presidenza nel Semestre europeo, un molo propulsore affinché tutti gli Stati dell'Unione europea riconoscano lo Stato di Palestina, quale iniziativa di politica estera dell'Unione che vada nella direzione di una soluzione definitiva al conflitto arabo-palestinese nell'impostazione «due Popoli, due Stati» sulla base dei confini del 1967 e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite e in particolare delle numero 242 e 338;
   ad attivarsi prontamente presso il Consiglio europeo e presso i competenti organi delle Nazioni unite per l'invio in tempi rapidi di un contingente di peace enforcement sostenuto e sotto il comando dell'Unione europea che si attenga strettamente alle regole del diritto internazionale e che operi esclusivamente a difesa dei civili minacciati dall'avanzata di ISIS;
   a promuovere, in quanto presidente di turno dell'Unione europea la convocazione di una conferenza che veda coinvolti tutti Paesi della regione, Arabia Saudita, Iran, Iraq, Turchia in primis, al fine di mettere a punto un approccio regionale alla crisi e di isolare economicamente e politicamente ISIS e le forze jihadiste che operano in quelle aree, dando applicazione alle decisioni in merito adottate dal Consiglio di Sicurezza ONU.
(6-00092) «Kronbichler, Pannarale, Scotto, Palazzotto, Pellegrino, Zaratti, Marcon, Melilla, Franco Bordo, Zaccagnini, Ricciatti, Ferrara, Paglia, Duranti, Piras».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla riunione del Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre p.v,
   premesso che:
    tra poco più di una settimana dovrebbe avere inizio l'operazione Triton e concludersi l'operazione Mare nostrum;
    Triton, coordinata a livello europeo dall'Agenzia Frontex, non avrà la connotazione di missione umanitaria, come invece aveva Mare nostrum, ma sarà limitata ai pattugliamenti di fronte alle coste italiane, con uno schieramento di navi e aerei a trenta miglia dal nostro Paese;
    il direttore di Frontex Gil Arias Fernandez ha affermato che ci saranno «l'impiego di due navi d'altura, due navi di pattuglia costiera, due motovedette, due aerei ed un elicottero, oltre a uno stanziamento per novembre e dicembre di 2,9 milioni di euro al mese e un finanziamento di circa 92 milioni di euro per il 2015» (Mare nostrum costava circa 900 milioni di euro al mese), ma ha anche ribadito che «l'Agenzia e l'Unione Europa non possono sostituire gli Stati membri nella responsabilità di controllare le loro frontiere»;
    il Direttore di Frontex ha anche chiarito i migranti recuperati nel corso di Triton «saranno portati in Italia, perché è lo Stato che ospita l'operazione e che è chiaro che l'impegno di Frontex finisce «nel momento dello sbarco di queste persone sul suolo italiano; tutto il resto compete a scelte politiche da fare in sede europea»;
    a Triton parteciperanno 29 Stati ma in realtà operativi saranno soltanto Italia, Francia, Portogallo, Islanda, Finlandia, Malta, Lettonia e Spagna;
    la scelta europea di arretrare la linea di pattugliamento a 30 miglia da Lampedusa rende pressoché impossibile coprire l'intera distanza tra l'Italia e la Libia, dunque dai porti di partenza, che supera le 200 miglia; l'Alto Commissariato per i rifugiati ha lanciato l'allarme ribadendo come «la chiusura di Mare Nostrum senza che venga sostituita da un'operazione europea di soccorso in mare metterà in pericolo la vita delle persone, dunque è necessario mantenere una forte capacità di soccorso in mare dei rifugiati e migranti che tentano di raggiungere l'Europa e aumentare le alternative legali alle pericolose traversate»;
    recentemente l'Eurostat ha pubblicato un dettagliato rapporto sul tema immigrazione che smentisce il luogo comune dell'Italia Paese «ostile» verso gli immigrati; secondo questi dati l'Italia, tra quelli maggiormente coinvolti nel problema immigrazione, è il Paese che respinge meno immigrati: alla fine del 2013 l'Italia era al quarto posto in Europa per numero di richieste di asilo pendenti, pari a 27.930, dopo Germania, Svezia e Gran Bretagna, e ne ha respinte il 36 per cento rispetto al 74 per cento della Germania, l'83 per cento della Francia, il 47 per cento della Svezia, l'82 per cento delle Gran Bretagna e il 68 per cento del Belgio;
    del 64 per cento di richieste accolte nel 12 per cento dei casi è stato riconosciuto lo status di rifugiato, nel 30 per cento dei casi la protezione umanitaria, e nel 22 per cento la «protezione sussidiaria», vale a dire un tipo di protezione concessa a persone che, nel loro Paese, potrebbero subire ingiustizie e che esiste solo nel nostro Paese;
    attraverso il Sistema di Dublino l'Unione europea si è dotata di un sistema di regole condivise per regolamentare e coordinare l'accoglienza e l'esame delle domande di protezione internazionale presentate negli Stati membri da cittadini di un Paese terzo o apolidi;
    la prima Convenzione di Dublino è stata revisionata più volte, fino all'adozione dell'attuale regolamento europeo n. 604 del 2013, approvato il 26 giugno 2013, noto come «Dublino III» ed entrato in vigore il 1° gennaio 2014;
    il regolamento è applicato in una regione geografica che comprende i 28 Stati membri dell'Unione europea, ai quali si aggiungono la Norvegia, l'Islanda, la Svizzera e il Liechtenstein;
    altro pilastro del Sistema di Dublino è l'EURODAC (European Dactyloscopie), una banca dati centrale in cui vengono registrate le generalità di chiunque attraversi irregolarmente le frontiere di uno Stato membro, in particolare le impronte digitali;
    i due strumenti insieme consentono di stabilire dove è avvenuto il primo ingresso in Europa di una persona richiedente asilo e di attribuire a quel Paese l'onere dell'esame di un'eventuale domanda;
    come il precedente, il regolamento da poco entrato in vigore ha il duplice obiettivo di impedire che nessuno Stato si dichiari competente all'esame della domanda di protezione internazionale, privando così il rifugiato del diritto di accedere alla procedura amministrativa prevista per il riconoscimento dello status, e di impedire i movimenti interni all'Unione europea dei richiedenti protezione, dando agli Stati e non allo persone la facoltà di decidere in quale Stato la persona debba veder esaminata la domanda;
    con il nuovo regolamento di Dublino è rimasta invariata la gerarchia, dei criteri per la determinazione dello Stato competente, che prevedono che:
     quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie, che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l'esame della domanda di protezione internazionale; detta responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera;
     quando uno Stato membro non può o non può più essere ritenuto responsabile dell'ingresso irregolare e quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie, che il richiedente – entrato illegalmente nei territori degli Stati membri o del quale non si possano accertare le circostanze dell'ingresso – ha soggiornato per un periodo continuato di almeno cinque mesi in uno Stato membro prima di presentare domanda di protezione internazionale, detto Stato membro è competente per l'esame della domanda di protezione internazionale;
     nei termini previsti lo Stato membro competente è obbligato, a prendere o riprendere in carico il richiedente, a meno che non dimostri che il richiedente aveva lasciato il territorio degli Stati membri conformemente a una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento emessi da quello Stato membro a seguito del ritiro o del rigetto della domanda;
    il 9 settembre 2014 è stato pubblicato il rapporto «Mind the gap: una prospettiva delle ONG sulle sfide dell'Accesso alla Protezione nel Sistema Comune d'Asilo», dal quale emerge che degli immigrati arrivati in Italia solo una percentuale minoritaria presenta la richiesta d'asilo nel nostro Paese, mentre la maggior parte di essi tenta di evitare l'identificazione per andare in altri Paesi europei a chiedere asilo;
    questo essenzialmente perché altri Paesi hanno sistemi di welfare migliori e soprattutto al fine di ricongiungersi ai propri familiari;
    in una ricerca recentemente condotta è emerso che il regolamento di Dublino nella sua concreta applicazione impedisce almeno nella metà dei casi che chi arriva in Italia possa ricongiungersi ai propri parenti che vivono in altro Stato europeo;
    inoltre, il regolamento presenta oneri e difficoltà per gli Stati: i trasferimenti necessitano di risorse economiche e umane e non sembrano portare particolari benefici, se non agli Stati interni dell'Unione europea che possono avere interesse a contenere il numero delle richieste d'asilo;
    le problematiche derivanti dall'applicazione del regolamento di Dublino sono anche legate alle gravi carenze del sistema di accoglienza italiano: posti insufficienti, frammentarietà causata dall'esistenza di diversi tipi di strutture, incoerenza e disomogeneità degli standard; manca un sistema di accoglienza unico, integrato, capace di rispondere a bisogni variabili e di offrire la stessa qualità di protezione in tutta Italia, che possa far riferimento a chiare linee guida nazionali e sia dotato di monitoraggio indipendente; la capacità della rete SPRAR (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), anche se da gennaio 2014 è passata da 3mila a 16mila posti, rimane non proporzionata agli attuali bisogni; inoltre, l'assenza di misure di integrazione efficaci per i titolari di protezione internazionale ha creato un serio rischio di violazione dei diritti umani in Italia;
    la principale finalità del regolamento era prevenire i movimenti secondari di richiedenti asilo all'interno dell'Unione europea, ma le persone continuano a spostarsi in percentuali allarmanti; in media, gli intervistati nell'ambito del progetto DIASP avevano alle spalle già tre o quattro viaggi; la rigidità del Sistema di Dublino infatti spinge i richiedenti asilo a muoversi continuamente in Europa in cerca di protezione, piuttosto che fermarsi in un posto solo, nel tentativo di aggirare un Sistema percepito come poco sicuro;
    inoltre, allo stato attuale chi ottiene la protezione internazionale non ha poi la possibilità di lavorare regolarmente in un altro Stato dell'Unione europea, ciò significa che, salvo eccezioni, lo Stato che viene individuato dal sistema Dublino come competente ad esaminare la domanda sarà poi anche lo Stato in cui l'interessato dovrà rimanere una volta ottenuta la protezione; ciò non tiene conto né delle aspirazioni dei singoli (o dei loro legami familiari o culturali con alcuni Paesi) né delle concrete prospettive di trovare un'occupazione nei diversi Paesi europei, come se Malta, la Grecia, la Germania, la Svezia fossero la stessa cosa,

impegna il Governo:

   a proporre e sostenere nell'ambito della Presidenza di turno dell'Unione europea un'iniziativa volta alla revisione dei criteri del Sistema di Dublino affinché ai migranti sia garantita la libertà di scegliere in quale Paese presentare la propria richiesta di protezione internazionale, eliminando l'obbligo di avanzarla nel Paese di primo ingresso;
   nel medesimo ambito a promuovere l'adozione di un sistema di gestione delle spese di accoglienza che ponga questi oneri in carico alla totalità degli Stati, non lasciando soli i Paesi, come l'Italia, esposti per la loro semplice posizione geografica ai maggiori flussi d'ingresso.
(6-00093) «La Russa, Giorgia Meloni, Rampelli, Corsaro, Cirielli, Nastri, Taglialatela, Totaro, Maietta».