Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 23 settembre 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 23 settembre 2014.

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Capezzone, Carinelli, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Costa, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Battista, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Merlo, Meta, Mogherini, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Valeria Valente, Velo, Vito, Zanetti.

Annunzio di una proposta di legge.

  In data 22 settembre 2014 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
   FORMISANO: «Disposizioni in materia di lavoro, partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, tutela della maternità e disciplina previdenziale, nonché delega al Governo per la separazione contabile dei trattamenti di previdenza e delle erogazioni di natura assistenziale» (2642).

  Sarà stampata e distribuita.

Modifica del titolo di una proposta di legge.

  La proposta di legge n. 2291, d'iniziativa dei deputati ASCANI ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Introduzione dell'insegnamento di educazione e cittadinanza digitale nelle scuole primaria e secondaria».

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 22 settembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1343/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativo a talune disposizioni per la pesca nella zona di applicazione dall'accordo CGPM (Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo) (COM(2014) 457 final).

  Questa relazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 22 settembre 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'Accordo di partenariato economico (APE) tra gli Stati dell'Africa occidentale, l'ECOWAS e l'UEMOA, da una parte, e l'Unione europea e i suoi Stati membri, dall'altra (COM(2014) 578 final), corredata dai relativi allegati (COM(2014) 578 final da Annex 1 a Annex 8), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposte di decisione del Consiglio relative rispettivamente alla firma, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, e all'applicazione provvisoria (COM(2014) 582 final) e alla conclusione, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, (COM(2014) 583 final) di un protocollo dell'accordo euromediterraneo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall'altra, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea, corredate dai rispettivi allegati (COM(2014) 582 final – Annex 1 e COM(2014) 583 final – Annex 1), che sono assegnate in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 374/2014 sulla riduzione o sulla soppressione dei dazi doganali sulle merci originarie dell'Ucraina (COM(2014) 597 final), corredata dai relativi allegati (COM(2014) 597 final – Annex 1 e Annex 2), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Proposta congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 204/2011 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Libia (JOIN(2014) 35 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 12 SETTEMBRE 2014, N. 133, RECANTE MISURE URGENTI PER L'APERTURA DEI CANTIERI, LA REALIZZAZIONE DELLE OPERE PUBBLICHE, LA DIGITALIZZAZIONE DEL PAESE, LA SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA, L'EMERGENZA DEL DISSESTO IDROGEOLOGICO E PER LA RIPRESA DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE (A.C. 2629)

A.C. 2629 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

  La Camera,
   premesso che:
    come conferma il disegno di legge di conversione in esame, il Governo prosegue – secondo una consuetudine invalsa sempre più in questi ultimi anni dai diversi governi – nell'utilizzo ripetuto e continuo dello strumento della decretazione di urgenza, svuotando così le prerogative assegnate dalla nostra Carta costituzionale al Parlamento, e producendo un vulnus all'articolo 70 della nostra Costituzione che affida appunto la funzione legislativa alle due Camere;
    l'eccessivo ricorso alla decretazione di urgenza è stato più volte censurato dai richiami del Capo dello Stato e da numerose sentenze della Corte costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale dei provvedimenti legislativi;
    molte sono le disposizioni del provvedimento che non presentano alcun carattere di urgenza tale da giustificare il loro inserimento in un decreto-legge piuttosto che in un provvedimento legislativo ordinario, e soprattutto non rispettano la caratteristica della «straordinarietà» dell'intervento governativo ex articolo 77 della Costituzione;
    non è rinvenibile alcun carattere di straordinarietà e urgenza, per esempio: all'articolo 8, laddove si dispone l'ennesimo intervento di modifica della normativa in materia di terre e rocce da scavo, attraverso una sorta di vera e propria delega al Governo, con tanto di principi e criteri direttivi da rispettare;
    all'articolo 15, con il quale il Governo «promuove» e quindi «non istituisce» la creazione di un Fondo privato di servizio, per il rilancio delle imprese industriali italiane caratterizzate da equilibrio economico operativo, ma con necessità di adeguata patrimonializzazione. Si tratta della classica norma fantasma priva di qualsiasi effetto operativo a legislazione vigente che promuove l'istituzione di un qualcosa che non esiste, senza istituire alcunché o dettare termini procedurali precisi cui fare riferimento;
    in gran parte dell'articolo 17, volto quasi esclusivamente alla semplificazione ed allo snellimento delle procedure in materia edilizia;
    all'articolo 24, laddove, senza alcun valore vincolante, consente ai Comuni di poter favorire progetti volti alla manutenzione, al recupero ed alla valorizzazione di spazi pubblici (piazze, strade, aree verdi) affidandone la manutenzione, la cura, la pulizia a cittadini ed associazioni;
    all'articolo 31, volto a incentivare la riqualificazione degli esercizi alberghieri esistenti, favorendo lo sviluppo dei cosiddetti «condhotel». Peraltro detta norma va ad impattare, sovrapponendosi, con quanto stabilito dall'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 83 del 2014 recentemente approvato dal Parlamento;
    il contenuto del provvedimento risulta inoltre estremamente eterogeneo e disorganico, in buona parte privo di una matrice unitaria, facendo venir meno i presupposti indicati all'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, secondo cui «i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo»;
    già nel titolo si evidenzia l'estrema eterogeneità delle materie contenute in questo ennesimo provvedimento d'urgenza: si passa dalla realizzazione di opere pubbliche, a misure a favore delle attività produttive, dalla semplificazione burocratica alla lotta al dissesto idrogeologico;
    l'esame del contenuto dell'articolato non solo conferma, ma accentua ancora di più, la totale assenza di omogeneità del provvedimento: interventi infrastrutturali; concessioni autostradali; project bond; semplificazioni edilizie; promozione del made in Italy; bonifiche ambientali; veicoli a basse emissioni; ammortizzatori sociali; trasporto pubblico locale; banda ultralarga, eccetera;
    risulta grave l'inserimento nel provvedimento di norme che rappresentano evidenti e ripetute forzature costituzionali, per quanto riguarda il pieno rispetto delle competenze tra Stato e regioni, laddove si interviene su materie che l'articolo 117 della Costituzione attribuisce alla legislazione concorrente (competenze condivise dove entrambi i soggetti «concorrono», ciascuno nell'ambito delle proprie competenze), e che invece vedono lo Stato prevaricare le potestà regionali e degli enti locali attraverso il ricorso ripetuto a Commissariamenti e al potere sostitutivo;
    detta evidente forzatura costituzionale viene peraltro aggravata dalla previsione, reiterata in diversi articoli del decreto riguardanti opere e impianti da realizzare, di considerare questi ultimi «di interesse strategico», nonché di preminente interesse nazionale, e di «pubblica utilità», con tutto ciò che questo comporta in termini di «militarizzazione» delle aree, e di sovrapposizione dello Stato nei confronti delle regioni, degli enti locali e delle stesse comunità interessate;
    a conferma di ciò, e dello «strappo» costituzionale riguardo le competenze tra Stato e regioni conseguente a uno scavalcamento delle prerogative delle regioni e degli enti locali, si consideri a mero titolo esemplificativo:
     l'articolo 1 volto ad accelerare l'esecuzione di alcune opere infrastrutturali, prevede la nomina di un Commissario a cui si danno ampi poteri, anche in deroga delle normali procedure. Al Commissario vengono assegnati ampi poteri (provvede all'approvazione dei progetti; rielabora i progetti anche già approvati ma non ancora appaltati; può bandire la gara anche sulla base dei soli progetti preliminari; eccetera. Contestualmente si prevedono, con procedura derogatoria, una riduzione dei tempi in sede di Conferenza dei Servizi, e per quanto concerne i pareri, i visti ed i nulla-osta relativi agli interventi. Per quanto attiene alla norma sugli aeroporti, contenuta nel medesimo articolo, è vero che sarà necessario il parere favorevole della Regione interessata, ma questo parere sostituirà la verifica di conformità urbanistica, scavalcando l'eventuale dissenso dei Comuni. Peraltro, nel medesimo articolo, si approva con legge il Contratto di Programma 2012-2016 parte investimenti, stipulato tra «Rete ferroviaria italiana S.p.A.» e Ministero delle Infrastrutture e Trasporti lo scorso 8 agosto 2014, senza che venga tenuto conto del parere delle Commissioni parlamentari competenti e la verifica della Corte dei Conti;
     l'articolo 33 laddove si prevede la nomina di un Commissario straordinario del Governo per l'attuazione dei programmi di risanamento ambientale, nonché, per quanto concerne gli interventi di recuperò e bonifica di Bagnoli viene di fatto esautorato il ruolo centrale che dovrebbe invece essere svolto dal Comune di Napoli;
     l'articolo 35 riguardo l'individuazione e la realizzazione di nuovi inceneritori, il cui ruolo primario che dovrebbe spettare alle regioni e alla loro attività programmatoria, viene esautorato e il tutto viene gestito a livello centrale;
     l'articolo 38 laddove tutte le attività connesse allo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi, diventano di interesse strategico nazionale, e le procedure di VIA per le attività di ricerca, prospezione ed estrazione in terraferma vengono tolte alle regioni e accentrate allo Stato;
    di dubbia costituzionalità sono inoltre le previsioni contenute in numerose norme del provvedimento di deroghe alla normativa vigente, riguardo alla riduzione sensibile dei tempi attualmente vigenti, entro i quali gli enti territoriali, i soggetti interessati e le comunità locali possono far pervenire al governo centrale le loro osservazioni e deduzioni rispetto alla realizzazione di impianti e opere, e alla loro compatibilità ambientale,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2629.
N. 1. Scotto, Pellegrino, Zaratti, Ricciatti, Ferrara, Piras, Pannarale, Duranti, Fratoianni, Matarrelli, Sannicandro.

  La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame recante «Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive», presenta profili di incompatibilità con diverse norme costituzionali e con la giurisprudenza Costituzionale che è intervenuta ripetutamente in merito alle circostanze che rendono ammissibile o meno l'utilizzo dello strumento del decreto-legge;
    la recente prassi legislativa del ricorso continuo e reiterato dell'uso della decretazione d'urgenza utilizzata dall'attuale Governo, e più volte censurata dalle numerose sentenze della Corte Costituzionale che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale, produce uno svuotamento e una mortificazione del ruolo del Parlamento in contrasto ai dettami dell'articolo 70 della costituzione che affida alle due Camere l'esercizio della funzione legislativa;
    la Corte Costituzionale ha più volte censurato la carenza di omogeneità dei decreti-legge ed ha considerato tale requisito rilevante tanto quanto i requisiti espressamente prescritti dall'articolo 77 della Costituzione, nonché quelli indicati all'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988. Il problema dell'omogeneità è intrinsecamente connesso con quello della sussistenza dei presupposti di necessità ed urgenza, del quale costituisce una sorta di corollario;
    l'eterogeneità del decreto-legge all'esame si palesa a partire già dal titolo, in quanto si ritiene erroneamente e per raggirare le censure della Corte Costituzionale che sia sufficiente introdurre nel titolo tutte le materie trattate per far sembrare il testo omogeneo. Ma l'omogeneità richiesta non è riferita al titolo, bensì alle materie trattate;
    lo stesso titolo non è in alcun modo esaustivo né chiarificatore rispetto all'eterogeneità di temi che il decreto in realtà abbraccia, non rappresentando una serie di disposizioni presenti nel testo del decreto-legge, in materia di bonifiche, di ammortizzatori sociali, di trasporto pubblico locale, di veicoli a basse emissioni eccetera;
    sarebbe stato preferibile suddividere le norme del decreto all'esame in più decreti-legge, in relazione al settore interessato dagli interventi di rilancio del Paese ed al differente grado di necessità e urgenza degli stessi. Il provvedimento, infatti, riguarda materie molto diverse, ad esempio le opere pubbliche, la tutela ambientale, l'edilizia scolastica, il rischio idrogeologico;
    come indicato dal Presidente della Repubblica, con lettera del 15 luglio 2009, «provvedimenti eterogenei nei contenuti (...) sfuggono alla comprensione della opinione pubblica e rendono sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge. (...) è indispensabile porre termine a simili» prassi «specie quando si legifera su temi che [..] coinvolgono aspetti qualificanti della convivenza civile e della coesione sociale.»;
    altre sentenze della Corte Costituzionale (n. 171 del 2007 e n. 128 del 2008) collegano «il riconoscimento dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui all'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico. La urgente necessità del provvedere può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie, complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare» (sentenza n. 22 del 2012). Quindi, per la giurisprudenza costituzionale occorre che il corpo di un decreto-legge sia «oggettivamente o teleologicamente unitario», cioè un «insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo» (sentenza n. 22 del 2012). Basta scorrere le rubriche del decreto in esame per rendersi conto che non è così;
    lo strumento del decreto-legge è ritenuto dalla Corte Costituzionale palesemente inadeguato «a realizzare una riforma organica e di sistema», tanto più quando tale riforma è motivata da «esigenze manifestatesi da non breve periodo» e «richiede processi attuativi necessariamente protratti nel tempo, tali da poter rendere indispensabili sospensioni di efficacia, rinvii e sistematizzazioni progressive, che mal si conciliano con l'immediatezza di effetti connaturata al decreto-legge, secondo il disegno costituzionale» (sentenza n. 220 del 2013);
    si tratta delle cosiddette «norme a carattere ordina mentale» che non dovrebbero trovare dunque spazio nella decretazione d'urgenza, in quanto non presentano le caratteristiche di straordinarietà ex articolo 77 della Costituzione, e che invece in questo decreto sono previste; le disposizioni inserite nel decreto-legge in esame non presentano caratteristiche tali da poter motivare il ricorso allo strumento della decretazione d'urgenza;
    la carenza dei requisiti di necessità ed urgenza si palesa ad esempio nell'articolo 3 che propone finanziamenti per la realizzazione delle opere dichiarate «indifferibili, urgenti e cantierabili», ripartiti fino al 2020, proponendo risorse esigue pari a soli 39 milioni per l'anno 2013, 26 milioni per l'anno 2014 e rimandando al 2017 e 2018 lo stanziamento di risorse imponenti pari a 1.073 milioni per l'anno 2017 e 2.066 milioni per l'anno 2018;
    non corrisponde al principio di «urgenza» anche l'articolo 15 che, senza proporre scadenze definite e impegni precisi, operativi o finanziari, da parte del Governo, prevede la «promozione» da parte dello stesso Governo di un Fondo privato di servizio per il rilancio delle imprese industriali, basato per intero sulle eventuali azioni di investitori istituzionali e professionali;
    non si ritiene coerente alle caratteristiche della decretazione di urgenza, oltre che carente di copertura finanziaria, nemmeno l'articolo 24 che contiene perlopiù un «invito» ai comuni per definire criteri e condizioni per la realizzazione di interventi da parte dei privati, per la pulizia, la manutenzione e l'abbellimento delle aree verdi, indicando anche la previsione di riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere;
    inoltre, l'articolo 8 altera l'assetto delle fonti normative in quanto contiene una delega mascherata al Governo «per un coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti» in tema di terre e rocce da scavo, ossia delle disposizioni contenute sia nel decreto ministeriale n. 161 del 2012 e sia nel Codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni, anche permettendo le «modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa»;
    il decreto-legge presenta diversi profili di illegittimità costituzionale anche in riferimento alla violazione dell'articolo 81 della Costituzione. Difatti alcune disposizioni del presente decreto-legge, pur comportando oneri a carico del bilancio dello Stato, non provvedono a illustrarne l'ammontare certo, ovvero indicano in maniera vaga le modalità per farvi fronte, rivalendosi su entrate non certe. Si riscontra, quindi, la palese assenza di elementi idonei a suffragare l'ipotesi di invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica;
    a tal proposito si rileva che l'articolo 22 propone l'aggiornamento del sistema degli incentivi per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili, senza porre un limite alla spesa che trova copertura a valere sul gettito delle componenti delle tariffe del gas naturale, e l'articolo 4, che prevede l'esclusione dal patto di stabilità interno dei pagamenti sostenuti successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, relativi a debiti in conto capitale degli enti territoriali per gli anni 2014 e 2015, individuando gran parte della copertura finanziaria della norma «mediante corrispondente utilizzo di quota dei proventi per interessi derivanti dalla sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari, di cui agli articoli da 23-sexies a 23-duodecies del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, non necessari al pagamento degli interessi passivi da corrispondere sui titoli del debito pubblico emessi ai fini dell'acquisizione delle risorse necessarie alla predetta sottoscrizione»;
    si ritiene discriminatorio e lesivo della certezza del diritto l'articolo 4, che intende favorire la realizzazione delle opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei ministri nel preciso periodo dal 2 al 15 giugno 2014; tali Comuni, in caso di mancato concerto tra Amministrazioni interessate al procedimento amministrativo, possono riconvocare la Conferenza di servizi, anche se già definita; si ritiene che l'intera procedura di approvazione delle opere non soddisfi i criteri di trasparenza visto che, in caso di ulteriori difficoltà amministrative, si prevede l'avvalimento acceleratorio di un'apposita cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. La procedura di riesame dei progetti con la riconvocazione della Conferenza di servizi, ancorché già definita in precedenza, si ritiene alquanto innovativa e non rispettosa del principio costituzionale ex articolo 28 della Costituzione che attribuisce responsabilità penale, civile e amministrativa ai funzionari e dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici nell'esercizio delle proprie funzioni;
    il decreto-legge in più parti viola il riparto delle competenze tra Stato e Regioni, stabilito dall'articolo 117 della Costituzione, utilizzando con estrema facilità i poteri sostitutivi dello Stato nei confronti delle regioni e facendo un ampio uso di commissari straordinari, per il rischio idrogeologico, per l'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione, per la realizzazione delle opere pubbliche, per la formazione e attuazione del programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana; in questo modo si istituisce uno stato di emergenza permanente e stabilizzato nel Paese che costituisce una forzatura del sistema democratico di governo. La gestione delle emergenze attraverso l'adozione di regimi commissariali derogatori, anziché accelerare l'esecuzione delle opere ha, in molti casi, ritardato la realizzazione delle opere stesse. Infatti, il decreto-legge n. 59 del 2012, all'articolo 3, comma 2, ha disposto, per tutte le gestioni commissariali in corso, il divieto di proroga o rinnovo, se non una sola volta e comunque non oltre il 31 dicembre 2012. Si ricorda inoltre che l'articolo 5, comma 1-bis, più volte modificato, della legge n. 225 del 1992, istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile, al fine di contenere e sottoporre a più restrittiva disciplina le gestioni emergenziali svolte sotto l'egida della Protezione civile stabilisce che la durata della dichiarazione dello stato di emergenza non possa superare i 180 giorni e che uno stato di emergenza già dichiarato possa essere prorogato per non più di ulteriori 180 giorni;
    l'articolo 33 con l'evidente scopo del recupero ambientale e urbanistico del comprensorio Bagnoli-Coroglio (palesemente ispirandosi all'intervento sull'impianto dell'Ilva di Taranto), accentra alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ad un Commissario straordinario di Governo tutti gli eventuali interventi di bonifica e rigenerazione urbana di aree che verranno dichiarate, con deliberazione del Consiglio dei Ministri, di rilevante interesse nazionale, scavalcando competenze in materia urbanistica assegnate alle Regioni sia ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione, sia ai sensi della giurisprudenza maturata negli ultimi anni sull'argomento;
    l'articolo 35, che contiene «Misure urgenti per l'individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale», lede le competenze delle regioni in materia di rifiuti urbani e di organizzazione dell'ambito della propria attività. La riorganizzazione degli impianti di termovalorizzazione e incenerimento dei rifiuti a livello nazionale e la previsione che tutti gli impianti esistenti devono lavorare a saturazione del carico termico per consentire l'autosufficienza a livello nazionale, caricano, impropriamente, alle regioni efficienti, che presentano le percentuali più alte di raccolta differenziata e provvedono allo smaltimento integrale dei rifiuti urbani del proprio territorio, tutte le conseguenze e i disagi provenienti dalle carenze delle regioni inefficienti. La norma lede in particolar modo i diritti alla salute (ex articolo 32 della Costituzione) dei cittadini che ospitano impianti di recupero e di termovalorizzazione dei rifiuti nel proprio territorio, che ora vengono sottoposti all'incremento del inquinamento atmosferico e acustico provocato dall'appesantimento del traffico dei rifiuti, e provoca un incremento dei costi di trasporto dei rifiuti innalzando i costi della tariffa rifiuti a carico della collettività;
    le norme che rendono disponibili risorse finanziarie per il trasporto pubblico locale della Regione Calabria (articolo 41, commi 1-4) costituiscono di fatto una reiterazione di analoghe misure già proposte per l'anno 2013, ed approvate per quel periodo dopo essere per ben due volte decadute prima della conversione dei decreti che le contenevano, conosciuti come «salvaroma 1» e «salvaroma 2»; l'articolo, che contiene anche una proroga del blocco delle azioni esecutive nei confronti delle società del trasporto pubblico campano, appare incostituzionale sotto diversi profili: evidente estraneità per contenuto rispetto al titolo del provvedimento e allo strumento del decreto-legge, posto che le misure citate non sono né straordinarie né urgenti, ma rappresentano solo la deplorevole reiterazione di precedenti decreti-legge di compensazione della mala gestione di singoli territori, misure occasionali che diventano in questo modo routinarie e fanno sì che le emergenze non vengono mai superate ma semplicemente rifinanziate a danno del resto del territorio nazionale;
    trattandosi sempre degli stessi territori creano vantaggio solo per i cittadini di quelle aree violando un superiore principio costituzionale;
    infine, molte delle norme contenute nel decreto-legge in esame, oltre a scavalcare i profili di costituzionalità, non possono essere condivise neanche nel merito,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2629.
N. 2. Grimoldi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti.

  La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, AC 2629, recante «Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive» presenta gravi ed evidenti profili di incompatibilità con la Costituzione della Repubblica Italiana nonché con la giurisprudenza costituzionale che è intervenuta in più occasioni in merito alle circostanze che rendono ammissibile o meno l'utilizzo dello strumento del decreto-legge;
    come ha opportunamente sottolineato la Suprema Corte nella sentenza n. 171 del 2007, «Negli Stati che s'ispirano al principio della separazione dei poteri e della soggezione della giurisdizione e dell'amministrazione alla legge, l'adozione delle norme primarie spetta agli organi o all'organo il cui potere deriva direttamente dal popolo», per cui le attribuzioni di poteri normativi al Governo «hanno carattere derogatorio rispetto all'essenziale attribuzione al Parlamento della funzione di porre le norme primarie nell'ambito delle competenze dello Stato centrale», mentre, ancora una volta, il Governo ricorre alla decretazione d'urgenza per legiferare su temi che il nostro dettato costituzionale affida all'ordinario esame parlamentare ai sensi dell'articolo 70 e seguenti della Carta Costituzionale;
    come indicato dal Presidente della Repubblica, con lettera del 15 luglio 2009, «provvedimenti eterogenei nei contenuti (...) sfuggono alla comprensione dell'opinione pubblica e rendono sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge (...) è indispensabile porre termine a simili “prassi” [...]»;
    la Corte costituzionale, con la sentenza n. 22 del 2012, ritiene essenziale che il decreto-legge debba essere inteso «nella sua interezza, come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo». Anche secondo l'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, i decreti-legge «devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo»; il provvedimento in esame contiene norme relative alla realizzazione delle infrastrutture viarie, ferroviarie, portuali e di telecomunicazioni, norme sul dissesto idrogeologico, norme di modifica della legislazione sugli appalti di opere pubbliche, norme di carattere fiscale e finanziario, norme di semplificazione burocratica e amministrativa, norme di edilizia ed urbanistica, norme in materia energetica, norme sul turismo, norme in materia di bonifiche, norme in materia di estrazioni petrolifere, norme in materia di inceneritori, nonché norme in materia di occupazione, trasporto pubblico locale e finanza locale, dando vita ad un provvedimento di eccezionale eterogeneità;
    altre sentenze della Corte Costituzionale (la già citata sentenza n. 171 del 2007 e la sentenza n. 128 del 2008) collegano «il riconoscimento dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui all'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico; l'urgente necessità del provvedere può, senza ombra di dubbio, riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie, complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare» (sentenza n. 22 del 2012), ma è altrettanto evidente che non è sufficiente una vaga quanto temeraria indicazione di un non meglio precisato «rilancio dell'economia» – locuzione che la relazione al disegno di legge riferisce solo ad alcune specifiche misure e non come obiettivo ed elemento unificante dell'atto del Governo – per giustificare l'emanazione di un provvedimento così complesso e articolato; non va dimenticato inoltre che, per la giurisprudenza costituzionale occorre che il corpo di un decreto-legge sia «oggettivamente o teleologicamente unitario» cioè un «insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo» (sentenza n. 22 del 2012); la confusa e disorganica struttura del provvedimento all'esame odierno della Camera sembra del tutto priva dei requisiti indicati;
    la definizione di «grandi, urgenti e indifferibili» attribuita ad alcune opere innesca una pratica autorizzatoria che non rispetta le rispettive competenze delle amministrazioni locali, limitando queste ultime ad un mero atto di assenso su un progetto definitivo anziché su un parere nella prassi autorizzatoria; tutto ciò contrasta con quanto indicato all'articolo 117 della Costituzione, nonché pone limitazioni rispetto alla tutela del paesaggio e dei beni architettonici (articolo 9) e della salute (articolo 32);
    in particolare si segnalano dubbi sulla conformità al dettato costituzionale dei seguenti articoli:
     l'articolo 2, che modifica il codice degli appalti intervenendo sulla disciplina che regola le opere realizzate in project financing, in quanto la disposizione appare di carattere regolamentare e la tempistica di attuazione non sembra giustificare l'uso dello strumento del decreto-legge;
     l'articolo 3 del provvedimento incrementa il Fondo infrastrutture istituito di 3,89 miliardi di euro, dei quali appena 68 milioni assegnati agli esercizi finanziari 2013 e 2014, 231 milioni per il 2015, 159 milioni per il 2016; solo nel 2017 arriverà la prima tranche significativa della dotazione, con 1.073 milioni di euro e 2.066 milioni nel 2018; le risorse del Fondo sono prevalentemente stornate dalla quota nazionale delle risorse relative al ciclo di programmazione 2014-2020 del Fondo per lo sviluppo e la coesione; in sostanza lo strumento della decretazione di urgenza è stato utilizzato per una semplice riallocazione delle risorse, la cui disponibilità per l'esercizio finanziario corrente ammonta a meno del 2 per cento dell'importo complessivo;
     l'articolo 4, che prevede misure di semplificazione per favorire la realizzazione di opere dei Comuni rimaste incompiute in ragione del mancato concerto tra Amministrazioni interessate al procedimento amministrativo e segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei ministri dal 2 al 15 giugno 2014 e che, al fine di riesaminare i pareri ostativi alla realizzazione dell'opera prevede la facoltà di riconvocare la Conferenza di servizi, ancorché già definita in precedenza, in quanto presenta le seguenti criticità:
      1) la norma rimanda ad un complesso di opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei ministri al di fuori di un preciso schema legale di riferimento (la segnalazione in sé è atto dal contenuto e dagli effetti non definibili a priori che impropriamente viene rappresentato come legittimo atto di avvio procedimentale);
      2) unici parametri indicati dalla norma nel definire la fattispecie sono il momento temporale di presentazione delle segnalazioni da parte dell'ente locale, e la circostanza che si tratti di opere per le quali non si è pervenuti ad una concertazione tra le amministrazioni coinvolte, mentre non viene fornito alcun riferimento normativo o documentale che renda rintracciabile l'elenco, la tipologia, la natura e la consistenza delle opere che beneficeranno del regime di semplificazione e di favore in termini finanziari. La mancata definizione dello schema legale che indichi i presupposti oggettivi e soggettivi di conferimento del regime di favore, rappresenta una violazione delle regole di trasparenza, certezza e parità di trattamento, nonché dei principi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione;
      3) la riconvocazione della Conferenza dei Servizi, anche se già definita, appare in contraddizione con l'intento semplificatorio annunciato in rubrica, dal momento che la riedizione di una fase procedimentale, già conclusa, è semmai un aggravamento del procedimento. La facoltà di rinnovare il procedimento, per effetto di una disposizione normativa ad hoc, in modo atipico rispetto agli schemi normativi della Conferenza dei servizi, evidentemente rappresenta un mero formalismo per legittimare l'assunzione di decisioni difformi da quella già assunte e rimuovere gli ostacoli alla realizzazione delle opere, anche in questo caso creando un regime di eccezione rispetto ai modelli procedimentali di rinnovo e riconvocazione della Conferenza dei Servizi di cui agli articoli 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990;
      4) l'ulteriore facilitazione disciplinata dal comma 2, consistente nel dimezzamento dei termini di cui all'articolo 14-ter della legge 241 del 1990, per consentire la definizione del procedimento in tempi celeri, e nella facoltà di avvalersi di un'apposita cabina di regia a scopo consulenziale-acceleratorio, appare incongrua rispetto alla circostanza che la riforma di precedenti decisioni, assunte all'esito di un più accurato iter procedimentale, dovrebbe richiedere un'attenta istruttoria in ordine ai motivi che inducano a concludere il procedimento in senso difforme. Inoltre, non si comprende quali siano i compiti della cabina di regia né la natura e gli effetti sul procedimento dei pareri espressi al suo interno;
      5) i commi successivi disciplinano alcune misure finanziarie a favore dei Comuni. Dette misure di semplificazione sono da ritenersi, in assenza di parametri certi di riferimento, destinate a creare confusione ed incertezza per gli enti locali e gli operatori coinvolti. Il procedimento in questione prende infatti avvio da una mera segnalazione fatta dai Comuni nel giugno 2014, su invito della Presidenza del Consiglio dei ministri, e che prevede da parte degli uffici della Presidenza lo svolgimento di una istruttoria che si concluderà in soli 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto, all'esito della quale verranno individuati i Comuni che beneficeranno della esclusione al patto di stabilità interno e l'importo dei pagamenti da escludere;
     l'articolo 8 reca una norma di settore – la qualifica di rifiuto delle terre e rocce da scavo – relativamente ad un tema sul quale il legislatore è intervenuto innumerevoli volte, anche con la decretazione d'urgenza, aumentando l'incertezza del quadro giuridico; considerato che la norma non produce alcune effetto giuridico immediato, ma demanda ad un atto normativo successivo una disposizione di riordino, ne andrebbe disposta la soppressione;
     l'articolo 9 che attribuisce agli enti locali la possibilità di individuare gli interventi (finalizzati alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, alla riduzione dei rischi idraulici e meteorologici, all'adeguamento alla normativa ambientale, urbanistica e di tutela dei beni culturali) da realizzare con «estrema urgenza», consentendo di conseguenza una semplificazione delle procedure e l'avvio di un quadro derogatorio alla normativa sugli appalti, in palese violazione dei principi, nazionali e comunitari, di libera concorrenza, nonché dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione;
     l'articolo 15, attraverso il quale si vuole favorire la nascita di un fondo finanziario privato per il sostegno delle imprese di medie e grandi dimensioni, che appare privo di una efficace forma giuridica e sembra una «norma di indirizzo», del tutto ingiustificata nell'ambito di un provvedimento di urgenza, e che presenta anche molte incertezze sulla sua effettiva attuabilità, mancando dell'indicazione del soggetto a cui affidare l'istituzione del fondo e la vaghezza e la contraddittorietà di un sistema secondo il quale un'iniziativa squisitamente privata, ai sensi dell'articolo 41, verrebbe in qualche modo sottoposta al controllo dell'esecutivo;
     l'articolo 17 interviene in materia urbanistica ed edilizia apportando numerose modifiche al Testo Unico dell'Edilizia di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, riguardanti i seguenti ambiti: semplificazione relativa agli interventi di manutenzione straordinaria, ancorché incidenti sul numero delle unità immobiliari, carico urbanistico degli immobili, sull'incremento dei parametri urbanistici; estensione dell'utilizzazione della comunicazione di inizio lavori come requisito per interventi edilizi di vario tipo ed eliminazione di diversi obblighi documentali; semplificazioni procedurali relative agli interventi di conservazione; introduzione della possibilità di rilasciare permessi di costruire in deroga agli strumenti urbanistici per talune tipologie di intervento edilizio; modifica della disciplina relativa agli oneri ed alle opere di urbanizzazione; sostanziale riduzione dei termini per il rilascio del permesso di costruire; introduzione di meccanismi «di mercato» per il rilascio dei permessi di costruire; ampliamento delle tipologie di intervento realizzabili con la segnalazione certificata di inizio attività; introduzione di automatismi per taluni cambi di destinazione d'uso degli immobili; attivazione del potere sostitutivo per l'adozione dei piani (urbanistici) attuativi; possibilità di consentire l'attuazione per stralci funzionali delle convenzioni di lottizzazione previste dalla legge urbanistica o dalla legislazione regionale;
     le disposizioni dell'articolo 17 si pongono in palese contrasto con l'articolo 117 della Costituzione come modificato dalla riforma costituzionale del 2001; la materia definita «governo del territorio» rappresenterebbe sostanzialmente un ambito normativo e amministrativo ben più ampio della disciplina denominata «urbanistica» nel testo precedente; la sentenza n. 307 del 2003, con la quale la Corte costituzionale ha chiarito anche che il «governo del territorio» comprende, in linea di principio, tutto ciò che attiene all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti o attività, tutti ambiti rientranti nella sfera della potestà legislativa «concorrente» delle Regioni a statuto ordinario, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, e pertanto caratterizzati dal vincolo al rispetto dei (soli) principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato; la sentenza n. 196 del 2004 ha ribadito l'indirizzo tracciato da due precedenti sentenze (n. 303 e n. 362 del 2003): nei settori dell'urbanistica e dell'edilizia i poteri legislativi regionali sono senz'altro ascrivibili alla nuova competenza di tipo concorrente in tema di «governo del territorio», materia sulla quale, dunque, lo Stato è chiamato ad individuare semplicemente la «cornice» normativa, al cui interno deve essere costruita la normativa regionale; le richiamate disposizioni di cui all'articolo 17 del presente provvedimento, proprio per la loro natura di dettaglio, non possono essere oggetto di intervento di una norma statale e men che meno di un provvedimento di urgenza;
     l'articolo 24, attraverso una non meglio precisata opportunità ai comuni di agevolare interventi di riqualificazione e valorizzazione del territorio, interviene in modo diretto sull'autonomia degli enti locali, con una norma di tipo «volontario», priva dell'imputazione dell'onere finanziario, configurando due possibili scenari: il primo con oneri a carico degli enti locali, con la conseguente compressione della propria autodeterminazione, il secondo con oneri a carico dello Stato, che sarebbe in contrasto con l'articolo 81 della Costituzione, per la mancanza di una precisa quantificazione delle «nuove o maggiori spese» nonché dei «mezzi per farvi fronte»;
     in relazione all'articolo 34, recante modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per la semplificazione delle procedure in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, si rileva come le disposizioni finalizzate a consentire l'affidamento delle opere in deroga al regime ordinario per la concessione di appalti pubblici risulta essere priva del requisito della necessità e dell'urgenza; è facilmente dimostrabile come lo Stato per quel che attiene gli interventi di messa in sicurezza o bonifica di diretta competenza (per i siti ritenuti di interesse nazionale) o in via sostitutiva degli enti locali, in caso di inadempimento del responsabile, ha solo in minima parte proceduto a tali imprescindibili compito per la carenza dei fondi a disposizione e non perché impossibilitato dalla eccessiva complessità delle procedure di bonifica o messa in sicurezza tali da comprometterne la funzionalità come si vuol far credere. Inoltre, le disposizioni contenute nell'articolo 34 si risolvono in disordinate ed episodiche modifiche puntali del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 destinatario di ripetuti interventi che ne alterano la struttura, coerenza e la razionalità dell'intero impianto giuridico, eludendo i criteri contenuti nella legge delega; l'articolo 35, infine, si evidenzia come in contrasto con gli articoli 11, 32 e 42 della Costituzione; l'Italia in virtù della propria appartenenza all'Unione europea, si conforma alla legislazione unionale che sullo specifico tema della gestione dei rifiuti è rappresentata dalla direttiva 2008/98/CE che prescrive criteri di priorità nella gestione dei rifiuti che prevedono il recupero energetico e lo smaltimento come ultima opzione per gli Stati membri. Gli aspetti sanitari connessi all'impiantistica dedicata all'incenerimento, sia esso con recupero energetico nei termini previsti dalla legge o senza, produce una grave impatto sulle matrici naturali a partire dall'atmosfera e dal suolo; l'eventuale espropriazione di fondi per la realizzazione di impianti di recupero mina nella formulazione esposta l'istituto della proprietà privata, qualora operata sulla base di una infondata dichiarazione di pubblica utilità per i motivi su esposti;
     in relazione all'articolo 35, recante «Misure urgenti per l'individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale» va preliminarmente sottolineato come la norma intenda realizzare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti; tale disposizione ha la pretesa di costituire un vero e proprio sistema, peraltro moderno, di gestione dei rifiuti. Tale obiettivo si palesa come evidentemente carente sotto il profilo dell'urgenza, presupposto costituzionale per inserire tale disposizione nel contesto della decretazione d'urgenza ex articolo 77 della Costituzione; una virtuosa gestione dei rifiuti, nonché la prevenzione di essi, che origini un «sistema» si risolve infatti in interventi, molteplici, progressivi e razionali, in applicazione di una strategia nella gestione dei rifiuti e non come una immediata quanto inutile singola azione sia essa ordinaria o emergenziale;
     inoltre, la disposizione in oggetto difetta del requisito dell'urgenza anche smentendo se stessa laddove affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'individuazione non solo degli impianti di incenerimento già esistenti, ma anche di quelli da realizzare in un futuro non definito né definibile, al riguardo contemplando anche l'ipotesi che si debba far ricorso a procedure espropriative di terreni per pubblica utilità con costi in termini di tempo facilmente prevedibili. La norma difetta, inoltre, del requisito della necessità laddove presuppone che le regioni italiane, peraltro espropriate della loro libera programmazione impiantistica in materia di gestione dei rifiuti, registrino una carenza di impianti di smaltimento o di recupero energetico, circostanza quest'ultima erronea, a maggior ragione se riferita all'intero territorio nazionale;
     gli articoli 37 e 38 del decreto-legge in esame violano la competenza concorrenziale stabilita dall'articolo 117 della Costituzione dello Stato con le Regioni in materia di produzione, trasporto e distribuzione dell'energia; è evidente che tali norme sono state scritte per favorire le esigenze della categoria delle multinazionali petrolifere: dai tempi lunghi per l'approvazione dei progetti, impedimenti ed opposizioni dei territori, lentissimo ritorno degli investimenti ed insostenibilità di infrastrutture dai costi elevati e scarsamente redditizi; la norma anticipa in sostanza la riforma dell'articolo 117 della Costituzione, oggi impantanato tra contrattazioni politiche e possibile incostituzionalità dovuta alla prevista applicazione della clausola di supremazia in esso inserita;
     si rileva inoltre che le norme suddette non tengono conto nemmeno della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi appena recepita dal Parlamento nella legge di delegazione europea 2013, in particolare all'articolo 5 che dispone che alle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi è applicabile la Convenzione di Aarhus, specificando che precedentemente alla perforazione di un pozzo di esplorazione deve essere informato il pubblico, attraverso pubblici proclami o mezzi di comunicazione elettronica, consentendo la partecipazione al procedimento di associazioni di tutela degli interessi ambientali diffusi, nonché la proposizione di osservazioni da parte dei soggetti interessati, con successiva comunicazione delle decisioni adottate;
     infine, in relazione all'articolo 38, recante «Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali» si ravvisano profili di incostituzionalità laddove si prevede che i decreti che autorizzano le attività di prospezione, ricerca e coltivazione, comprendano la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza e l'apposizione del vincolo espropriativo, senza distinguere tra una mera attività di prospezione che potrebbe richiedere un provvedimento ablativo di carattere temporaneo e la vera e propria attività di coltivazione che richiede un esproprio dell'area; inoltre, la previsione di cui al citato comma 1, che cita espressamente distinti decreti per ogni attività contrasta con la previsione di un titolo concessorio unico di cui al comma 5 e 6, in violazione degli articoli 42, 43 e 97 della Costituzione, configurandosi, pertanto, il permesso di ricerca unico quale inammissibile limite al godimento della proprietà,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2629.
N. 3. De Rosa, Villarosa, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli, Carinelli, Cecconi, Liuzzi.

  La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante «Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive» interviene su una pluralità di materie dal contenuto disomogeneo e disorganico, con una serie di disposizioni, anche di natura ordinamentale, che non rispondono ai requisiti di necessità ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione, nonché ai criteri di omogeneità richiesti implicitamente dal dettato costituzionale per la decretazione d'urgenza;
    ancora una volta, in totale spregio dei principi sanciti dalla Costituzione, dalla giurisprudenza costituzionale e richiamati più volte dalla Presidenza della Repubblica, il Governo approva un provvedimento d'urgenza eterogeneo e confuso; il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza, che si caratterizza, in questa legislatura, per testi «omnibus» che mettono insieme disposizioni del tutto diverse tra loro, e che riprendono più volte temi affrontati in provvedimenti immediatamente precedenti, dà vita ad una produzione normativa ingestibile, scorretta e illegittima, che sfugge alla comprensione dell'opinione pubblica, degli operatori economici e persino degli addetti ai lavori;
    le disposizioni contenute all'interno del decreto-legge n. 133 del 2014 intervengono nel settore delle opere infrastrutturali, delle concessioni autostradali e dell'agenda digitale; nonché nei confronti degli enti territoriali, in materia ambientale e dell'energia, a cui si aggiungono disposizioni di semplificazione burocratica e per il settore dell'edilizia e immobiliare; di attrazione di investimenti esteri e per il made in Italy; per il sistema delle imprese e del settore turistico, ed ancora: in tema di ammortizzatori sociali ed in materia di porti e aeroporti;
    l'inaccettabile ritardo di quattordici giorni della pubblicazione della Gazzetta Ufficiale della Repubblica rispetto alla data di approvazione del testo da parte del Consiglio dei ministri, rafforza inoltre, anche in questa occasione, la convinzione delle difficoltà giuridiche e legislative riscontrate, riferite in particolare all'eterogeneità delle materie trattate all'interno del medesimo provvedimento;
    il rilievo del criterio di omogeneità nel contenuto costituisce uno dei perni fondamentali sui quali la Corte costituzionale ha da ultimo fondato i percorsi argomentativi legati alla verifica del rispetto degli indispensabili requisiti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione per la legittima adozione dei decreti-legge. Le finalità degli articoli del decreto-legge in esame confermano una netta mancanza di coordinamento delle norme all'interno di un unico provvedimento d'urgenza, violando il vincolo implicitamente disposto dall'articolo 77 della Costituzione, e ribadito esplicitamente dall'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
    in particolare, con la sentenza n. 22 del 2012, la Corte costituzionale ritiene tout court illegittimo il decreto-legge qualora il suo contenuto non rispetti il vincolo della omogeneità. Vincolo che la Corte ritiene implicitamente previsto dall'articolo 77 della Costituzione, ed esplicitato dall'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Quest'ultima disposizione, infatti, «là dove prescrive che il contenuto del decreto-legge» deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo», pur non avendo, in sé e per sé, rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro di legittimità in un giudizio davanti a questa Corte, costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'articolo 77 della Costituzione, il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento»;
    i ripetuti richiami del Presidente della Repubblica, attraverso i messaggi inviati (il 9 aprile 2009, il 15 luglio 2009, il 22 maggio 2010, il 22 febbraio 2011, il 23 febbraio 2012 e, da ultimo, il 27 dicembre 2013), ai Presidenti delle due Assemblee legislative, nel richiamo alla necessità del rispetto dei principi relativi alle caratteristiche e ai contenuti dei provvedimenti di urgenza stabiliti dal suesposto articolo 77 della Costituzione e dalla richiamata legge n. 400 del 1988, nonché le pronunce della Corte Costituzionale (con le sentenze n. 171 del 2007, n. 128 del 2008, n. 22 del 2012 e da ultimo la delibera n.220 del 2013), in merito all'osservanza del vincolo di omogeneità delle disposizioni all'interno del decreto-legge, determinano, quindi, anche nei riguardi del decreto-legge n.133 del 2014, l'incostituzionalità del suo impianto normativo;
    le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 133 del 2014, composto da 45 articoli e suddiviso in dieci Capi, variano dall'apertura dei cantieri per lo sblocco degli interventi infrastrutturali connessi alle opere ferroviarie e aeroportuali (Capo I), ad una serie di norme, presenti nei successivi Capi II e III, in materia di concessioni autostradali, di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga, per la semplificazione delle procedure di scavo, per la realizzazione delle reti di telecomunicazioni mobili, nonché una pluralità di disposizioni in materia ambientale, che intervengono a loro volta in altrettanti e differenti ambiti;
    la disomogeneità delle disposizioni si riscontra anche nei successivi Capi IV, V e VI, che intervengono in tema di semplificazione burocratica nei contesti più diversi: dagli interventi in materia di vincolo idrogeologico e di messa in sicurezza degli edifici scolastici e dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica, alle misure per il potenziamento dell'operatività di Cassa depositi e prestiti, alle disposizioni per favorire i project bond e ancora: per il rilancio del settore dell'edilizia e quello immobiliare, in materia di patrimonio dell'INAIL, nonché di porti e aeroporti;
    intervengono con misure che passano dal sistema delle imprese all'energia, fino al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, come recita l'articolo 40 del provvedimento; altri interventi, invece, risultano essere tardivi rispetto alle esigenze stagionali degli operatori del settore, come quelle in favore del comparto della nautica;
    tra l'altro il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga è coperto con risorse provenienti dallo stanziamento per gli incentivi all'occupazione dei giovani del Mezzogiorno e del Centro-Nord, dal Fondo per l'occupazione dei giovani e delle donne, e dal fondo di rotazione, ovvero il canale di finanziamento della formazione prevalentemente dedicato alle PMI. Vengono quindi depauperati fondi per il sostegno alle politiche occupazionali, e non per mettere in campo politiche attive e mirate per creare occupazione; la decisione di reperire le risorse attraverso la decurtazione di dotazioni finanziarie già insufficienti, per favorire l'inserimento nel mercato del lavoro delle donne e dei giovani del Mezzogiorno, appare tra l'altro tanto grave, quanto contrastante, con le drammatiche esigenze sociali ed economiche del Paese in tema di politiche per il lavoro, evidenziate dagli indicatori statistici internazionali, che posizionano l'Italia fra i più alti livelli di disoccupazione in Europa;
    risulta inoltre illegittima la presenza di norme che non rispettano pienamente le competenze Stato/Regioni, intervenendo su materie che l'articolo 117 affida alla legislazione concorrente (che riguardano, ad esempio, l'individuazione dei nuovi inceneritori, o l'attuazione dei programmi di risanamento ambientale);
    l'articolo 8 (riguardante la modifica della normativa in materia di terre e rocce da scavo), inoltre, dispone una vera e propria delega al Governo, con principi e criteri direttivi, contravvenendo al divieto di inserire deleghe all'interno dei decreti-legge;
    la perseveranza da parte del Governo nel riproporre all'esame del Parlamento provvedimenti d'urgenza al cui interno si rinvengono innumerevoli aspetti problematici, riconducibili al mancato rispetto dei requisiti costituzionali richiesti, rappresenta il proseguimento di un metodo procedurale non più accettabile, che non risponde alle continue sollecitazioni in merito al ripristino di un corretto percorso costituzionale dei provvedimenti, e che determina una produzione normativa fuori controllo e illegittima,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2629.
N. 4. Brunetta, Palese.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1301 – RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO IN MATERIA DI COLLABORAZIONE FINANZIARIA, FATTO A SAN MARINO IL 26 NOVEMBRE 2009 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2278)

A.C. 2278 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino in materia di collaborazione finanziaria, fatto a San Marino il 26 novembre 2009.

A.C. 2278 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

  1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 5 dell'Accordo stesso.
  2. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

A.C. 2278 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Entrata in vigore).

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PROPOSTA DI LEGGE: BOLOGNESI ED ALTRI: INTRODUZIONE NEL CODICE PENALE DEL REATO DI DEPISTAGGIO E INQUINAMENTO PROCESSUALE (A.C. 559-A)

A.C. 559-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 5.

A.C. 559-A – Articolo unico

ARTICOLO UNICO DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.

  1. L'articolo 375 del codice penale è sostituito dal seguente:
  «Art. 375. – (Depistaggio e inquinamento processuale). – È punito con la reclusione da due a otto anni chiunque, al fine di impedire, ostacolare o sviare un'indagine o un processo penale:
  1. immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato;
  2. distrugge, sopprime, occulta o rende comunque inservibili, in tutto o in parte, un documento o un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta di un reato o al suo accertamento;
  3. forma o altera artificiosamente, in tutto o in parte, i documenti o gli oggetti indicati nel numero 2».

  2. Il secondo comma dell'articolo 374 del codice penale è abrogato.
  3. La condanna alla reclusione superiore a tre anni per il delitto di cui all'articolo 375 comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
  4. Dopo l'articolo 383 del codice penale è inserito il seguente:
  «Art. 383-bis. – (Circostanze aggravanti). – Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372, 373 e 375, la pena è della reclusione da tre a dieci anni se dal fatto deriva una condanna alla reclusione non superiore a cinque anni; è della reclusione da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna superiore a cinque anni; è della reclusione da sei a
venti anni se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo.
  Nei casi previsti dagli articoli 367, 368, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374, 375, 377 e 377-bis, la pena è aumentata da un terzo alla metà:
  1. se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle funzioni;
  2. se il fatto è commesso in relazione a procedimenti concernenti i delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 276, 280, 280-bis, 283, 284, 285, 289-bis, 306, 416-bis, 416-ter e 422 del presente codice o i reati previsti dall'articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, ovvero reati concernenti il traffico illegale di armi o di materiale nucleare, chimico o biologico.

  Quando le circostanze di cui ai numeri 1 e 2 del secondo comma concorrono, la pena è aumentata dalla metà fino al doppio».

  5. All'articolo 157, sesto comma, primo periodo, del codice penale, dopo le parole: «agli articoli» sono inserite le seguenti: «375, aggravato ai sensi dell'articolo 383-bis,».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO UNICO DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.

  Sopprimerlo.
1. 150. Chiarelli.

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 1. – 1. All'articolo 374 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni»;
   b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
    «La condanna alla reclusione superiore a tre anni comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».
1. 50. Molteni, Caparini.

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 1. – 1. All'articolo 374, primo comma, del codice penale, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni».
1. 51. Molteni, Caparini.

  Dopo il comma 5 aggiungere il seguente:
  6. All'articolo 374, primo comma, del codice penale, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni».
1. 51.(Testo modificato nel corso della seduta) Molteni, Caparini.
(Approvato)

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 1. – 1. All'articolo 374 del codice penale, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;
1. 152. Chiarelli.

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 1. – 1. Dopo l'articolo 372 del codice penale è aggiunto il seguente:
   «Art. 372-bis. – (Depistaggio). – Il pubblico ufficiale che, richiesto dall'autorità giudiziaria di fornire informazioni in un procedimento penale riguardanti fatti, notizie o documenti concernenti i reati diretti all'eversione dell'ordine costituzionale, i reati di strage previsti dagli articoli 285 e 422, i reati previsti dall'articolo 416-bis, dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, nonché reati concernenti il traffico illegale di armi, materiale nucleare, chimico o biologico, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni».
1. 151. Chiarelli.

  Sopprimere i commi 1 e 2.
1. 164. Chiarelli.

  Sopprimere il comma 1.
1. 153. Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», primo comma, alinea, sostituire le parole: da due a otto anni con le seguenti: fino a quattro anni.

  Conseguentemente:
    al medesimo comma, capoverso «Art. 375», primo comma, alinea, aggiungere, in fine, le parole:
riguardanti i reati diretti all'eversione dell'ordine costituzionale, i reati di strage previsti dagli articoli 285 e 422, i reati previsti dall'articolo 416-bis, dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, nonché i reati concernenti il traffico illegale di armi, materiale nucleare, chimico o biologico;

  sopprimere i commi 4 e 5.
1. 174. Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», primo comma, alinea, sostituire le parole: da due a otto anni con le seguenti: da uno a quattro anni.
1. 154. Chiarelli.

Subemendamenti all'emendamento 1.100. della Commissione

  All'emendamento 1.100 della Commissione, sostituire le parole: da uno a cinque anni con le seguenti: fino a quattro anni.

  Conseguentemente:

  al capoverso «Art. 375», primo comma, alinea, aggiungere, in fine, le parole: riguardanti i reati diretti all'eversione dell'ordine costituzionale, i reati di strage previsti dagli articoli 285 e 422, i reati previsti dall'articolo 416-bis, dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, nonché i reati concernenti il traffico illegale di armi, materiale nucleare, chimico o biologico;

  alla parte consequenziale:
   sopprimere le parole da:
al medesimo capoverso fino a: fino alla metà;
   sostituire le parole da: al comma 4 fino a: il secondo e il terzo comma con le seguenti: sopprimere il comma 4.
0. 1. 100. 7. Chiarelli, Sisto, Palese.

  All'emendamento 1.100 della Commissione, sostituire le parole: da uno a cinque anni con le seguenti: da uno a tre anni.
0. 1. 100. 2. Chiarelli.

  All'emendamento 1.100 della Commissione, sostituire le parole: da uno a cinque anni con le seguenti: da uno a quattro anni.
0. 1. 100. 3. Chiarelli.

  All'emendamento 1.100 della Commissione, sostituire le parole: da uno a cinque anni con le seguenti: fino a quattro anni.
0. 1. 100. 3.(Testo modificato nel corso della seduta) Chiarelli.
(Approvato)

  All'emendamento 1.100 della Commissione, parte consequenziale relativa al capoverso «Art. 375», sopprimere il numero 1).
0. 1. 100. 6. Chiarelli.

  All'emendamento 1.100 della Commissione, parte consequenziale relativa al capoverso «Art. 375», numero 1), sostituire le parole: da un terzo alla metà con le seguenti: di un terzo.
0. 1. 100. 4. Chiarelli.

  All'emendamento 1.100 della Commissione, parte consequenziale relativa al capoverso «Art. 375», numero 2), dopo le parole: chimico o biologico aggiungere le seguenti: e comunque tutti i reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
0. 1. 100. 1. Sarti, Colletti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Ferraresi, Turco.
(Approvato)

  All'emendamento 1.100 della Commissione, parte consequenziale relativa al capoverso «Art. 375», numero 2), sostituire le parole: da sei a dodici anni con le seguenti: da quattro a otto anni.
0. 1. 100. 5. Chiarelli.

  All'emendamento 1.100 della Commissione, parte consequenziale relativa al capoverso «Art. 375», aggiungere, in fine, i seguenti commi:
   
«Le circostanze attenuanti diverse da quelle previste dagli articoli 98, 114 e dal comma successivo del presente articolo, concorrenti con le aggravanti di cui al secondo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste ultime e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.
   La pena è diminuita dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove, nonché per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto di depistaggio e inquinamento processuale e nell'individuazione degli autori.»
0. 1. 100. 100. La Commissione.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», primo comma, sostituire le parole: da due a otto anni con le seguenti: da uno a cinque anni.

  Conseguentemente:
   al medesimo capoverso, dopo il primo comma, aggiungere i seguenti:

    «Nei casi previsti dal primo comma:
     1) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle funzioni la pena è aumentata da un terzo alla metà;
     2) se il fatto è commesso in relazione a procedimenti concernenti i delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 276, 280, 280-bis, 283, 284, 285, 289-bis, 306, 416-bis, 416-ter e 422 del presente codice o i reati previsti dall'articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, ovvero reati concernenti il traffico illegale di armi o di materiale nucleare, chimico o biologico si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni.
    Quando le circostanze di cui ai numeri 1) e 2) del secondo comma concorrono, la pena di cui al numero 2) è aumentata fino alla metà».

   al comma 4, capoverso «Art. 383-bis»:
    primo comma, sostituire le parole:
dieci anni con le seguenti: otto anni;
    sopprimere il secondo e il terzo comma.
1. 100. La Commissione.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», primo comma, alinea, sostituire le parole: da due a otto anni con le seguenti: da uno a cinque anni.
1. 155. Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», primo comma, alinea, sostituire la parola: al con le seguenti: all'evidente.
1. 156. Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», primo comma, alinea, dopo la parola: al aggiungere la seguente: comprovato.
1. 157. Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», primo comma, alinea, dopo la parola: al aggiungere la seguente: chiaro.
1. 158. Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», primo comma, alinea, dopo la parola: al aggiungere la seguente: conclamato.
1. 159. Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», primo comma, numero 1, sostituire la parola: immuta con la seguente: altera.
1. 53. Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», primo comma, numero 2, sostituire le parole da: un documento fino alla fine della lettera con le seguenti: gli elementi di prova del reato emersi nel corso delle indagini o del procedimento, ovvero quelli utili al fine dell'accertamento del reato stesso;
1. 160. Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», primo comma, numero 3, sostituire le parole: i documenti o gli oggetti con le seguenti: gli elementi di prova.
1. 161. Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», primo comma, dopo il numero 3, aggiungere il seguente:
   4. minaccia ovvero carpisce con violenza, promette l'impunità anche parziale, offre o promette denaro o altra utilità, utilizza qualsiasi mezzo fraudolento per impedire, ostacolare o sviare l'indagine, ovvero induce o istiga imputati, testimoni, periti consulenti tecnici, interpreti o collaboratori a tacere in tutto o in parte quanto a loro conoscenza, a rendere dichiarazioni o valutazioni non veritiere o a commettere una delle condotte di cui ai punti precedenti.
1. 162. Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», aggiungere, in fine, il seguente comma:

  Il colpevole non è punibile se, prima che l'attività giudiziaria sia stata in concreto depistata, ostacolata, impedita, o sviata, ripristina lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove.
1. 163. Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 375», sostituire la rubrica con la seguente: Inquinamento processuale e depistaggio.
1. 102. La Commissione.
(Approvato)

  Sopprimere il comma 3.
1. 165. Chiarelli.

  Al comma 3, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: quattro anni.
1. 166. Chiarelli.

  Al comma 3, dopo le parole: all'articolo 375 aggiungere le seguenti:, secondo comma,.
1. 103. La Commissione.
(Approvato)

  Sopprimere il comma 4.
1. 167. Chiarelli.

  Al comma 4, capoverso, primo comma, dopo la parola: 373 aggiungere la seguente:, 374
1. 104. La Commissione.
(Approvato)

  Al comma 4, capoverso, primo comma, sostituire le parole: da tre a dieci anni con le seguenti: da due a otto anni.
1. 168. Chiarelli.

  Al comma 4, capoverso, primo comma, sostituire le parole: da quattro a dodici anni con le seguenti: da tre a dieci anni.
1. 169. Chiarelli.

  Al comma 4, capoverso, primo comma, sostituire le parole: da sei a venti anni con le seguenti: da cinque a quindici anni.
1. 170. Chiarelli.

  Al comma 4, capoverso, secondo comma, alinea, sostituire le parole: da un terzo alla metà con le seguenti: dalla metà al triplo.
1. 54. Sarti, Colletti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Ferraresi, Turco.

  Al comma 4, capoverso, secondo comma, sopprimere il numero 1.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il terzo comma.
1. 171. Chiarelli.

  Al comma 4, capoverso, secondo comma, numero 2, aggiungere, in fine, le parole: e comunque tutti i reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
1. 55. Sarti, Colletti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Ferraresi, Turco.

  Al comma 4, capoverso, terzo comma, sostituire le parole: dalla metà fino al doppio con le seguenti: fino alla metà.
1. 172. Chiarelli.

  Al comma 4, capoverso, aggiungere, in fine, il seguente comma:

  «Le circostanze attenuanti diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, concorrenti con le aggravanti di cui al secondo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste ultime e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti».
1. 57. Sarti, Colletti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Ferraresi, Turco.

  Sopprimere il comma 5.
1. 173. Chiarelli.

  Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:

  6. All'articolo 157 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:
   «Per i reati previsti dall'articolo 383-bis, primo e secondo comma, il computo dei termini di prescrizione decorre dal momento della scoperta della notizia di reato.».
1. 58. Sarti, Colletti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Ferraresi, Turco.

  Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:

  6. All'articolo 384, primo comma, del codice penale, dopo la parola «374» sono aggiunte le seguenti: «375, primo comma,».
1. 101. La Commissione.
(Approvato)