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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 17 settembre 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 17 settembre 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Carinelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Cicchitto, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Manlio Di Stefano, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Galati, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Marazziti, Antonio Martino, Merlo, Meta, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Vargiu, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Carinelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Cicchitto, Cirielli, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Manlio Di Stefano, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Marazziti, Antonio Martino, Merlo, Meta, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Vargiu, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 16 settembre 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   COVA ed altri: «Modifica dell'articolo 10 del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193, in materia di uso di medicinali in deroga per il trattamento veterinario di animali non destinati alla produzione di alimenti» (2635);
   RICCARDO GALLO: «Disposizioni per favorire la modernizzazione delle infrastrutture logistiche del comparto agroalimentare, nell'ambito delle infrastrutture strategiche d'interesse nazionale di cui all'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443» (2636);
   LIBRANDI: «Agevolazioni fiscali per lo scioglimento o la trasformazione delle società immobiliari» (2637).
  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge OLIVERIO ed altri: «Norme per favorire interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia dei castagneti» (475) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Romanini.
  La proposta di legge FIORIO ed altri: «Disposizioni in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi» (1049) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Romanini.
  La proposta di legge IORI ed altri: «Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del bullismo, anche informatico» (2408) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Miotto.

Ritiro di sottoscrizioni ad una proposta di legge.

  I deputati Del Grosso, Di Battista, Manlio Di Stefano, Grande, Scagliusi, Sibilia e Spadoni hanno comunicato di ritirare la propria sottoscrizione alla proposta di legge:
   TACCONI ed altri: «Modifiche alla legge 23 ottobre 2003, n. 286, in materia di disciplina dei Comitati degli italiani all'estero, e abrogazione della legge 6 novembre 1989, n. 368, recante istituzione del Consiglio generale degli italiani all'estero» (1282).

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sotto indicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE FRANCESCO SANNA ed altri: «Modifica all'articolo 83 della Costituzione, concernente la partecipazione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia all'elezione del Presidente della Repubblica» (2499).

   II Commissione (Giustizia):
  GARAVINI ed altri: «Modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in materia di perizie, di consulenze tecniche e di misure cautelari personali» (1329). Parere delle Commissioni I, V, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  GIGLI ed altri: «Introduzione dell'articolo 602-quinquies del codice penale, concernente il divieto di acquisto di servizi sessuali, e altre norme in materia di prostituzione» (2503). Parere delle Commissioni I, V, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  D'ALESSANDRO: «Introduzione del titolo VI-bis del libro primo del codice civile, concernente la disciplina del patto civile di solidarietà» (2560). Parere delle Commissioni I, III, V, VIII e XII.

   X Commissione (Attività produttive):
  NICCHI ed altri: «Modifica dell'articolo 239 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, in materia di limiti alla protezione accordata dal diritto d'autore su disegni e modelli, per l'attuazione della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 27 gennaio 2011 nella causa C-168/09» (2501). Parere delle Commissioni I, II, VII e XIV.

   Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e III (Affari esteri):
  PISICCHIO: «Delega al Governo per l'istituzione di un Dipartimento per la sicurezza dei cittadini italiani all'estero presso l'Agenzia informazioni e sicurezza esterna» (2530). Parere delle Commissioni II, IV, V, IX, XI e XII.

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera in data 15 settembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione relativa alla procedura d'infrazione n. 2014/0386, avviata, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per mancato recepimento della direttiva 2012/39/UE della Commissione, del 26 novembre 2012, che modifica la direttiva 2006/17/CE per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche relative agli esami effettuati su tessuti e cellule umani.
  Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissioni dal Ministro dell'economia e delle finanze.

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 15 settembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione concernente l'impatto finanziario derivante dagli atti e dalle procedure giurisdizionali e di precontenzioso con l'Unione europea, riferita al secondo semestre 2013 (Doc. LXXIII, n. 4).
  Questo documento è trasmesso a tutte le Commissioni permanenti.

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 15 settembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, la relazione sull'attività di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, riferita all'anno 2013 (Doc. CLX, n. 2), comprensiva dei relativi allegati.
  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia) e alla VI Commissione (Finanze).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 16 settembre 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea – Lotta contro la frode – Relazione annuale 2013 (COM(2014) 474 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e VI (Finanze);
   Relazione della Commissione sui lavori dei comitati nel 2013 (COM(2014) 572 final), che è assegnata in sede primaria alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione da adottare a nome dell'Unione europea in sede di comitato per gli appalti pubblici in merito all'adesione del Montenegro all'accordo sugli appalti pubblici (COM(2014) 573 final), corredata dal relativo allegato (COM(2014) 573 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione da adottare a nome dell'Unione europea in sede di comitato per gli appalti pubblici in merito all'adesione della Nuova Zelanda all'accordo sugli appalti pubblici (COM(2014) 574 final), corredata dal relativo allegato (COM(2014) 574 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, con comunicazione in data 31 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Libro verde – Sicurezza dei servizi di ricettività turistica (COM(2014) 464 final);
   Libro verde – Sfruttare al meglio il know-how tradizionale dell'Europa: una possibile estensione della protezione delle indicazioni geografiche dell'Unione europea ai prodotti non agricoli (COM(2014) 469 final);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Affrontare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese (COM(2014) 472 final);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale: investimenti a favore della crescita e della creazione di posti di lavoro (COM(2014) 473 final).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 16 settembre 2014, a pagina 4, seconda colonna, prima riga, le parole: «per l'anno 2012» si intendono sostituite dalle seguenti: «per l'anno 2013».

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 1o AGOSTO 2014, N. 109, RECANTE PROROGA DELLE MISSIONI INTERNAZIONALI DELLE FORZE ARMATE E DI POLIZIA, INIZIATIVE DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO E SOSTEGNO AI PROCESSI DI RICOSTRUZIONE E PARTECIPAZIONE ALLE INIZIATIVE DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI PER IL CONSOLIDAMENTO DEI PROCESSI DI PACE E DI STABILIZZAZIONE, NONCHÉ DISPOSIZIONI PER IL RINNOVO DEI COMITATI DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO (A.C. 2598-A/R)

A.C. 2598-A/R – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:
    sin dall'inizio dell'intervento in Afghanistan l'Italia ha deciso di sostenere l'azione internazionale in risposta all'attacco dell'11 settembre, basata sulla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 1386 del 20 dicembre 2001, essendo presente a Kabul e nell'ampia regione dell'Afghanistan occidentale che comprende le quattro province di Herat, Badghis, Ghowr e Farah;
    l'Italia partecipa alla missione ISAF, posta sotto il comando della NATO dal 2003, alla missione di Polizia EUPOL Afghanistan, sviluppata dall'Unione europea nell'ambito dell'iniziativa di Politica europea di sicurezza e difesa, inoltre, nell'ambito del NATO Training Missione – Afghanistan, è impegnata sia nell'addestramento di piloti e specialisti dell'aviazione afghana sia ad Herat nell'addestramento della Polizia di frontiera;
    a queste missioni si aggiunge un preziosissimo contributo in termini di cooperazione, sia dal punto di vista della quantità di risorse destinate che della qualità dell'iniziativa, fornito attraverso il Ministero degli Esteri e con la partecipazione di organizzazioni non governative e associazioni della società civile italiana capaci di intessere un fecondo tessuto di relazioni di scambio culturale e crescita reciproca tra i due popoli;
    i risultati di stabilizzazione delle province assegnate all'Italia sono stati evidenti e riconosciuti così come apprezzati sono stati gli sforzi relativi al rafforzamento dello Stato di diritto nella fase di formazione e organizzazione della democrazia afghana, delle sue istituzioni e della amministrazione del Governo cui si sommano le numerose opere infrastrutturali costruite grazie al contributo italiano quali i 1.288 progetti realizzati per la popolazione della provincia di Herat nell'ambito della cooperazione CIMIC;
    in questi anni si sono avvicendati oltre 60.000 militari non senza un pesante tributo in termini di caduti – 53 solo quelli del nostro Paese – che hanno permesso alla regione sotto il controllo italiano, (Herat, Badghis, Ghowr, Farah) di essere tra le prime ad avviare il processo di transizione del potere alle autorità locali;
    per finanziare la missione in questi anni il Parlamento italiano ha stanziato oltre cinque miliardi di euro;
    dal primo gennaio 2015 la missione ISAF terminerà per lasciare spazio ad una presenza internazionale con compiti esclusivi di addestramento e non di combattimento, i cui termini sono ancora da concordare con il Governo afghano;
    i militari italiani in Afghanistan sono di conseguenza già scesi a circa 1.600 unità – rispetto alle oltre 3.000 unità del gennaio 2013, e gli oltre 4.000 dei primi anni della missione – di cui 200 a Kabul, sede del comando generale di ISAF, ed il resto nella zona ovest del Paese;
    da febbraio 2014, 600 militari italiani hanno lasciato la base di Shindand in linea con il processo che affida alle forze di sicurezza afghane (giunte a 350 mila effettivi) la responsabilità del controllo dell'intero territorio nazionale;
    non è intenzione dell'Italia disinteressarsi della sicurezza delle popolazioni afghane, si tratta solo di prendere atto della conclusione di una fase;
    si sono nel frattempo moltiplicate nella regione mediterranea, più prossima all'Italia, le situazioni di instabilità politica, i conflitti interni e le crisi che mettono in pericolo ancor più direttamente la sicurezza dell'Europa e del nostro Paese;
    la minaccia jihadista si ripropone in Medio Oriente dopo i colpi subiti in Afghanistan;
    in particolare la situazione in Libia non può non causare forte allarme per la vicinanza geografica, gli interessi economici coinvolti di natura strategica per l'Italia, il riflesso sulla gestione dei flussi migratori, il pericolo di diffusione dell'instabilità in tutta la regione del Maghreb e l'oggettiva pericolosità della presenza di uno «stato fallito» a poche miglia di distanza dalle nostre coste europee,

impegna il Governo

a tradurre la conclusione della missione ISAF in Afghanistan in una rimodulazione del finanziamento delle missioni nel loro complesso, non in un'ottica di riduzione del nostro impegno internazionale, ma al fine di ridefinire le priorità derivanti dalle nuove crisi aperte nella regione del Mediterraneo, contribuendo alla sicurezza e alla stabilità di regioni a noi prossime, in coerenza con le decisioni e i mandati approvati dalle Nazioni Unite, con le linee di politica estera e di difesa comune decise dall'Unione europea e in stretto coordinamento con le scelte dei nostri partner NATO e alleati internazionali.
9/2598-A-R/1Gentiloni Silveri, Amendola.


   La Camera,
   premesso che:
    il recente sanguinosissimo conflitto nella striscia di Gaza ha provocato migliaia di morti e feriti, in particolare tra la popolazione civile;
    la tregua attuale, faticosamente raggiunta anche grazie alla mediazione egiziana, non ha risolto i nodi di fondo politici e di sicurezza alla base delle tensioni e rischia di rivelarsi temporanea e transitoria come in molte altri casi precedenti;
    il riacutizzarsi della questione palestinese minaccia ulteriormente la stabilità di un'area già infiammata dalla guerra civile siriana e, non molto lontano, dalla nascita del sedicente Califfato dell'IS e dalla crisi dello stato iracheno;
    da più parti è stata proposta, anche dai firmatari del presente ordine del giorno, la costituzione di una forza internazionale sul modello della Missione UNIFIL in Libano, da dispiegare sul territorio della striscia di Gaza con l'obiettivo di assicurare la tregua, consentire il disarmo delle milizie palestinesi, riaprire i valichi di frontiera, evitando quindi che lo Stato israeliano inauguri una nuova lunga fase di occupazione;
    la stessa Unione europea, nelle conclusioni del vertice di giugno, si è detta disposta a contribuire alla soluzione della crisi di Gaza ripotenziando se necessario, la missione europea EUBAM al valico di Rafah;
    alla proposta ha fatto riferimento anche il Ministro degli Esteri italiano auspicando si creassero i presupposti politici e di sicurezza minimi per concretizzarla;
    lo stesso Ministro degli esteri israeliano Avigdor Liberman, intervistato da un giornale tedesco, si è detto favorevole alla presenza di ispettori europei ai valichi di confine della Striscia di Gaza sull'esempio della già citata missione EUBAM,

impegna il Governo

a sostenere con determinazione nelle sedi europee e internazionali un approfondimento della fattibilità politica e tecnica della proposta di costituzione di una forza internazionale di pace e monitoraggio dei confini e del rispetto della tregua, sotto egida ONU, lavorando attraverso ogni canale politico e diplomatico perché se ne realizzino le condizioni.
9/2598-A-R/2Amendola, Gentiloni Silveri, Quartapelle Procopio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del provvedimento in esame, al comma 1, autorizza, per il periodo dal 1o luglio 2014 al 31 dicembre 2014, la spesa di 183.635.692 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan ISAF ed EUPOL;
    la missione ISAF – International Security Assistance Force – è stata istituita a seguito della risoluzione ONU n.1386 del 20 dicembre 2001, passando poi sotto la guida della NATO dall'11 agosto 2003. La missione è stata strutturata sostanzialmente in 5 fasi, che nel dettaglio prevedevano: attività di analisi e preparazione; realizzazione dell'espansione sull'intero territorio afgano in 4 distinti stages che hanno riguardato in senso antiorario le aree Nord, Ovest, Sud ed Est; la stabilizzazione del Paese; un periodo di transizione; il rischieramento dei contingenti;
    attualmente si definisce la missione nella sua quarta fase, quella di transizione. A gennaio del 2015 la stessa si concluderà, sottendendo il compimento degli obiettivi preposti;
    la condizione da raggiungere per dichiarare chiusa la missione di assistenza e stabilizzazione dell'Afghanistan è la transizione completa del potere dalle forze NATO al Governo afgano, nei tre ambiti principali individuati dalla dottrina COIN (Counter-Insurgency) e cioè la sicurezza, la governance e lo sviluppo socio-economico;
    in riferimento alla sicurezza, si constata che la ANSF (Afghan National Security Forces) avrebbe dovuto già raggiungere la piena e totale autonomia e capacità organizzativa, ma, allo stato attuale delle cose, non è in grado di garantire la sicurezza del Paese, per cui tale ambito d'intervento non ha trovato ancora realizzazione;
    con riferimento alla governance, lo scorso 14 giugno si è svolto il ballottaggio delle elezioni presidenziali, dopo il primo turno che si è tenuto lo scorso aprile e che ha registrato migliaia di denunce per brogli elettorali, accertate anche dagli osservatori UE. Quasi tre mesi dopo il ballottaggio, Abdullah e il rivale Ashraf Ghani – indicato come vincitore della commissione elettorale – continuano ciascuno a rivendicare la vittoria. Le speranze che la verifica delle schede di voto in corso sotto la supervisione delle Nazioni Unite permetta di superare rapidamente lo stallo, appaiono scarse mentre è sempre più concreta la possibilità di una drammatica precipitazione della controversia;
    per quanto riguarda lo sviluppo socio-economico, dovrebbe avvenire la piena transizione tra i Provincial Reconstruction Teams dei contingenti NATO e le agenzie governative, non governative e le imprese civili afgane idonee a condurre il processo di ricostruzione. Dovrebbero essere adottate misure per lo sviluppo del mercato interno e per commercializzare le risorse interne del paese, svincolando così l'Afghanistan dalla totale dipendenza dalle donazioni estere. Tutto questo processo è attualmente largamente incompleto, pesantemente condizionato dal precario stato della sicurezza nel paese;
    dopo quasi 13 anni di «Missione», la NATO conta perdite umane per più di 3.500 unità militari, mentre diverse decine di migliaia sono i morti tra contractors, forze della sicurezza afghana e civili;
    dal 2015, anche alla luce dell'incompletezza degli obiettivi preposti, la Missione ISAF terminerà venendo sostituita dalla «Resolute Support Mission», la cui natura, e struttura, risulta ancora essere molto poco chiara;
    tali dubbi sarebbero dovuti essere sciolti all'ultimo vertice della NATO in Galles lo scorso 4 e 5 settembre, che invece nulla ha deliberato in merito,

impegna il Governo

a produrre, nel più breve tempo possibile, una informativa dettagliata al Parlamento con un bilancio complessivo della missione del contingente italiano ISAF, prossimo al ritiro, e del possibile impegno del contingente italiano nella «Resolute Support Mission», nonché a valutare la possibile non partecipazione alla stessa.
9/2598-A-R/3Duranti, Marcon, Palazzotto, Piras, Scotto, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del provvedimento in esame, al comma 1, autorizza, per il periodo dal 1o luglio 2014 al 31 dicembre 2014, la spesa di 183.635.692 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan ISAF ed EUPOL;
    la missione ISAF – International Security Assistance Force – è stata istituita a seguito della risoluzione ONU n.1386 del 20 dicembre 2001, passando poi sotto la guida della NATO dall'11 agosto 2003. La missione è stata strutturata sostanzialmente in 5 fasi, che nel dettaglio prevedevano: attività di analisi e preparazione; realizzazione dell'espansione sull'intero territorio afgano in 4 distinti stages che hanno riguardato in senso antiorario le aree Nord, Ovest, Sud ed Est; la stabilizzazione del Paese; un periodo di transizione; il rischieramento dei contingenti;
    attualmente si definisce la missione nella sua quarta fase, quella di transizione. A gennaio del 2015 la stessa si concluderà, sottendendo il compimento degli obiettivi preposti;
    la condizione da raggiungere per dichiarare chiusa la missione di assistenza e stabilizzazione dell'Afghanistan è la transizione completa del potere dalle forze NATO al Governo afgano, nei tre ambiti principali individuati dalla dottrina COIN (Counter-Insurgency) e cioè la sicurezza, la governance e lo sviluppo socio-economico;
    in riferimento alla sicurezza, si constata che la ANSF (Afghan National Security Forces) avrebbe dovuto già raggiungere la piena e totale autonomia e capacità organizzativa, ma, allo stato attuale delle cose, non è in grado di garantire la sicurezza del Paese, per cui tale ambito d'intervento non ha trovato ancora realizzazione;
    con riferimento alla governance, lo scorso 14 giugno si è svolto il ballottaggio delle elezioni presidenziali, dopo il primo turno che si è tenuto lo scorso aprile e che ha registrato migliaia di denunce per brogli elettorali, accertate anche dagli osservatori UE. Quasi tre mesi dopo il ballottaggio, Abdullah e il rivale Ashraf Ghani – indicato come vincitore della commissione elettorale – continuano ciascuno a rivendicare la vittoria. Le speranze che la verifica delle schede di voto in corso sotto la supervisione delle Nazioni Unite permetta di superare rapidamente lo stallo, appaiono scarse mentre è sempre più concreta la possibilità di una drammatica precipitazione della controversia;
    per quanto riguarda lo sviluppo socio-economico, dovrebbe avvenire la piena transizione tra i Provincial Reconstruction Teams dei contingenti NATO e le agenzie governative, non governative e le imprese civili afgane idonee a condurre il processo di ricostruzione. Dovrebbero essere adottate misure per lo sviluppo del mercato interno e per commercializzare le risorse interne del paese, svincolando così l'Afghanistan dalla totale dipendenza dalle donazioni estere. Tutto questo processo è attualmente largamente incompleto, pesantemente condizionato dal precario stato della sicurezza nel paese;
    dopo quasi 13 anni di «Missione», la NATO conta perdite umane per più di 3.500 unità militari, mentre diverse decine di migliaia sono i morti tra contractors, forze della sicurezza afghana e civili;
    dal 2015, anche alla luce dell'incompletezza degli obiettivi preposti, la Missione ISAF terminerà venendo sostituita dalla «Resolute Support Mission», la cui natura, e struttura, risulta ancora essere molto poco chiara;
    tali dubbi sarebbero dovuti essere sciolti all'ultimo vertice della NATO in Galles lo scorso 4 e 5 settembre, che invece nulla ha deliberato in merito,

impegna il Governo

a fornire, nell'ambito delle previste comunicazioni rese al Parlamento sulle missioni internazionali, una informativa dettagliata sul bilancio complessivo della missione del contingente italiano ISAF, prossimo al ritiro, e del possibile impegno del contingente italiano nella «Resolute Support Mission», nonché a valutare la possibile non partecipazione alla stessa.
9/2598-A-R/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Duranti, Marcon, Palazzotto, Piras, Scotto, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del decreto-legge in esame, ai commi 1, 2 e 3, per il periodo dal 1o luglio 2014 al 31 dicembre 2014, proroga la partecipazione del personale militare e di polizia alle missioni in Libia;
    in Libia lo scontro tra milizie islamiche e filo-governative, in atto negli ultimi due mesi, soprattutto nelle due principali città, Tripoli e Bengasi, sta facendo sprofondare il Paese nel caos assoluto;
    la situazione in Libia aveva cominciato ad essere critica a gennaio, quando il GNC (il consiglio nazionale che governava il paese dopo la caduta di Gheddafi) aveva prolungato il proprio mandato (dopo aver votato per l'applicazione della Sharia a dicembre), provocando la reazione dei laici. A febbraio l'ex generale Khalifa Haftar si fa portavoce delle fazioni non islamiste e chiede la dissoluzione del GNC, questi rifiutano la richiesta. Il conflitto inizia il 16 maggio quando Haftar lancia l'operazione «Dignità» bombardando le postazioni dei gruppi islamisti radicali a Bengasi. I risultati delle elezioni del 25 giugno vedono le coalizioni laiche trionfare sul GNC, le milizie islamiste non riconoscono i risultati elettorali e il 13 Luglio formano la coalizione Libyan Dawn (alba libica) e lanciano un'offensiva contro l'aeroporto di Tripoli annunciandone la cattura il 23 Agosto;
    numerose ambasciate sono state temporaneamente evacuate dal Paese, tra cui quella degli Stati Uniti che ha spostato la propria rappresentanza in Tunisia, mentre la grandissima ma maggioranza dei Paesi arabi, nonché Giappone, Turchia e l'ONU hanno chiuso permanentemente le loro sedi diplomatiche;
    esistono, di fatto, due parlamenti in Libia: uno «legittimo», eletto in giugno, ritiratosi a Tobruk e l'altro formato da membri del vecchio governo, appoggiato dagli islamisti, che si riunisce a Tripoli, dove i ministeri sono in mano ai gruppi armati;
    ognuno dei due ha scelto un proprio rappresentante incaricato di formare un governo di «salvezza nazionale»: Abdullah al-Thani a Tobruk, Omar al-Hassi a Tripoli;
    l'Italia ha una presenza in Libia di circa 200 lavoratori e 700 residenti con passaporto italiano e diversi impianti di estrazione di petrolio e gas gestiti da ENI,

impegna il Governo:

  a produrre, nel più breve tempo possibile, una informativa dettagliata al Parlamento con un bilancio complessivo delle missioni del contingente italiano in Libia;

  ad agire, non solo, per la garanzia degli interessi italiani in Libia ma anche per garantire la transizione democratica della Libia e scongiurare una nuova guerra civile;

  a organizzare una conferenza internazionale di pace con tutte le parti in conflitto in Libia e la comunità internazionale.
9/2598-A-R/4Scotto, Duranti, Marcon, Palazzotto, Piras, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del decreto-legge in esame, ai commi 1, 2 e 3, per il periodo dal 1o luglio 2014 al 31 dicembre 2014, proroga la partecipazione del personale militare e di polizia alle missioni in Libia;
    in Libia lo scontro tra milizie islamiche e filo-governative, in atto negli ultimi due mesi, soprattutto nelle due principali città, Tripoli e Bengasi, sta facendo sprofondare il Paese nel caos assoluto;
    la situazione in Libia aveva cominciato ad essere critica a gennaio, quando il GNC (il consiglio nazionale che governava il paese dopo la caduta di Gheddafi) aveva prolungato il proprio mandato (dopo aver votato per l'applicazione della Sharia a dicembre), provocando la reazione dei laici. A febbraio l'ex generale Khalifa Haftar si fa portavoce delle fazioni non islamiste e chiede la dissoluzione del GNC, questi rifiutano la richiesta. Il conflitto inizia il 16 maggio quando Haftar lancia l'operazione «Dignità» bombardando le postazioni dei gruppi islamisti radicali a Bengasi. I risultati delle elezioni del 25 giugno vedono le coalizioni laiche trionfare sul GNC, le milizie islamiste non riconoscono i risultati elettorali e il 13 Luglio formano la coalizione Libyan Dawn (alba libica) e lanciano un'offensiva contro l'aeroporto di Tripoli annunciandone la cattura il 23 Agosto;
    numerose ambasciate sono state temporaneamente evacuate dal Paese, tra cui quella degli Stati Uniti che ha spostato la propria rappresentanza in Tunisia, mentre la grandissima ma maggioranza dei Paesi arabi, nonché Giappone, Turchia e l'ONU hanno chiuso permanentemente le loro sedi diplomatiche;
    esistono, di fatto, due parlamenti in Libia: uno «legittimo», eletto in giugno, ritiratosi a Tobruk e l'altro formato da membri del vecchio governo, appoggiato dagli islamisti, che si riunisce a Tripoli, dove i ministeri sono in mano ai gruppi armati;
    ognuno dei due ha scelto un proprio rappresentante incaricato di formare un governo di «salvezza nazionale»: Abdullah al-Thani a Tobruk, Omar al-Hassi a Tripoli;
    l'Italia ha una presenza in Libia di circa 200 lavoratori e 700 residenti con passaporto italiano e diversi impianti di estrazione di petrolio e gas gestiti da ENI,

impegna il Governo:

  a fornire, nell'ambito delle previste comunicazioni rese al Parlamento sulle missioni internazionali, una informativa dettagliata sul bilancio complessivo delle missioni del contingente italiano in Libia;

  ad agire, non solo, per la garanzia degli interessi italiani in Libia ma anche per garantire la transizione democratica della Libia e scongiurare una nuova guerra civile;

  a organizzare una conferenza internazionale di pace con tutte le parti in conflitto in Libia e la comunità internazionale.
9/2598-A-R/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Scotto, Duranti, Marcon, Palazzotto, Piras, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge in esame è autorizzata, a decorrere dal 1o luglio 2014 al 31 dicembre 2014, la spesa di euro 1.408.035 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle nazioni unite in Mali, denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali (MINUSMA), e per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni dell'Unione europea denominate EUCAP Sahel Niger ed EUTM Mali, nonché per la partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea denominata EUCAP Sahel Mali;
    l'operazione MINUSMA è stata istituita il 25 aprile 2013 con risoluzione 2100 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, al fine di favorire la stabilizzazione del sistema politico, e con una serie di compiti relativi al mantenimento della sicurezza interna;
    la situazione di sicurezza nel Mali ha subito un grave deterioramento all'inizio del gennaio 2013, quando i gruppi di Ansar Dine, il Movimento per l'Unità e la Jihad in Africa Orientale, con il sostegno del gruppo Al-Quaeda del Maghreb islamico sono avanzati verso sud, infliggendo numerose sconfitte all'esercito del Mali;
    la situazione si è precarizzata ulteriormente nel corso del 2014: a febbraio nell'area di Gao si sono verificati diversi incidenti tra etnie Tuareg e Peuls, attacchi frequenti contro contingenti militari e staff MINUSMA; l'8 febbraio Mujao ha rivendicato il sequestro di quattro membri dello staff della croce rossa internazionale; granate e razzi vengono lanciati regolarmente sugli aeroporti di Gao e Toumbouctou;
    la missione MINUSMA deve far fronte a numerose difficoltà per raggiungere la piena capacità operativa prevista nel mese di settembre 2014. Solo il 60 per cento del personale militare e civile è stato dispiegato dal 28 febbraio mentre le forze francesi dell'operazione Serval si sono ridotte a 1600 unità dallo stesso mese;
    secondo i dati dell'OCHA (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) del 27 febbraio 2014 ci sono circa 200.000 sfollati interni e 170.000 rifugiati in paesi limitrofi. Più di 800.000 persone sono dichiarate dalle nazioni unite in urgente bisogno di assistenza in viveri, e secondo l'OIM e l'OCHA solo il 52 per cento dichiara di aver ricevuto assistenza;
    l'ONU ha reso noto a luglio 2014, che i caschi blu della missione MINUSMA utilizzeranno i droni «falco» nel territorio maliano privi di armamento a bordo. I droni italiani acquistati dall'ONU sono 4 e saranno schierati nelle basi di Gao e Timbouctou dove già operano elicotteri da guerra francesi e olandesi,

impegna il Governo

a riferire con urgenza in merito all'impegno italiano in Mali con le missioni MINUSMA e EUCAP Sahel Niger ed EUTM Mali finanziato con 1.408.035 euro, precisando quali percorsi di cooperazione e consolidazione della pace interna stanno portando avanti i militari italiani e dell'ONU, producendo un'informativa in merito agli ultimi sviluppi sui territori coinvolti.
9/2598-A-R/5Palazzotto, Piras, Duranti, Scotto, Marcon, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attacco israeliano nella Striscia di Gaza ha determinato una cifra consistente di morti e feriti fra la popolazione civile palestinese e un ammontare complessivo di danni stimato in circa 7-8 miliardi di dollari;
    il conflitto israelo-palestinese si sviluppa nella quotidianità attraverso una serie ininterrotta di piccoli e grandi momenti di tensione anche in città e territori assai distanti da Gaza, in particolare nella Cisgiordania, anche e soprattutto in conseguenza dell'occupazione dei territori da parte dei coloni ebrei;
    entrambe le comunità tuttavia – quella israeliana e quella palestinese – laddove il conflitto è più distante in particolare, mostrano interessanti elementi di vivacità, un insediamento importante della società civile e una propensione, differente ma certamente notevole, allo sviluppo e alla democrazia;
    il perdurare del conflitto, la trasgressione sistematica degli accordi di pace, gli apici di guerra che si sviluppano frequentemente nella forma di una «escalation» di provocazione – reazione e violenza, rischiano di vanificare gli sforzi di chi – nonostante tutto – opera per alimentare un processo di pace, convivenza, cooperazione e sviluppo economico, culturale e sociale;
    la sicurezza di entrambi i popoli non può che passare per un forte investimento sugli strumenti di pace e attraverso una tutela internazionale del processo medesimo, elemento sul quale – in questa fase – sembrano convergere sia la parte israeliana che quella palestinese;
    il rafforzamento della pace, la garanzia piena degli accordi, la prospettiva di uno sviluppo economico e sociale pieno, costituiscono anche il terreno sul quale è possibile depotenziare e marginalizzare le organizzazioni più violente ed estremistiche di entrambi i campi,

impegna il Governo

in accordo con l'Autorità Nazionale Palestinese, lo Stato d'Israele, i partner internazionali, a promuovere le condizioni per l'invio di una forza internazionale di interposizione e pace sotto l'egida dell'ONU, che preveda l'utilizzo dei caschi blu.
9/2598-A-R/6Piras, Scotto, Palazzotto, Marcon, Duranti, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attacco israeliano nella Striscia di Gaza ha determinato una cifra consistente di morti e feriti fra la popolazione civile palestinese e un ammontare complessivo di danni stimato in circa 7-8 miliardi di dollari;
    il conflitto israelo-palestinese si sviluppa nella quotidianità attraverso una serie ininterrotta di piccoli e grandi momenti di tensione anche in città e territori assai distanti da Gaza, in particolare nella Cisgiordania, anche e soprattutto in conseguenza dell'occupazione dei territori da parte dei coloni ebrei;
    entrambe le comunità tuttavia – quella israeliana e quella palestinese – laddove il conflitto è più distante in particolare, mostrano interessanti elementi di vivacità, un insediamento importante della società civile e una propensione, differente ma certamente notevole, allo sviluppo e alla democrazia;
    il perdurare del conflitto, la trasgressione sistematica degli accordi di pace, gli apici di guerra che si sviluppano frequentemente nella forma di una «escalation» di provocazione – reazione e violenza, rischiano di vanificare gli sforzi di chi – nonostante tutto – opera per alimentare un processo di pace, convivenza, cooperazione e sviluppo economico, culturale e sociale;
    la sicurezza di entrambi i popoli non può che passare per un forte investimento sugli strumenti di pace e attraverso una tutela internazionale del processo medesimo, elemento sul quale – in questa fase – sembrano convergere sia la parte israeliana che quella palestinese;
    il rafforzamento della pace, la garanzia piena degli accordi, la prospettiva di uno sviluppo economico e sociale pieno, costituiscono anche il terreno sul quale è possibile depotenziare e marginalizzare le organizzazioni più violente ed estremistiche di entrambi i campi,

impegna il Governo

in accordo con l'Autorità Nazionale Palestinese, lo Stato d'Israele, i partner internazionali, a sostenere con determinazione nelle sedi europee e internazionali un approfondimento della fattibilità politica e tecnica a promuovere le condizioni per l'invio di una forza internazionale di interposizione e pace sotto l'egida dell'ONU, che preveda l'utilizzo dei caschi blu.
9/2598-A-R/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Piras, Scotto, Palazzotto, Marcon, Duranti, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    la stabilizzazione di un processo di pace duraturo e giusto in Palestina rappresenta un interesse nazionale diretto dell'Italia e un interesse dell'Europa, per il contributo determinante che esso potrebbe rappresentare nella prospettiva di una pacificazione di tutto il teatro mediorientale e per le nuove relazioni euromediterranee di cooperazione pacifica, sul piano economico, culturale e commerciale, che potrebbero scaturirne;
    le ragioni del ciclico acutizzarsi di momenti di conflitto aperto – come quello che ha segnato la vicenda di Gaza tra luglio ed agosto – si annidano nelle tensioni e microconflittualità quotidiane di una condizione paradossale, nella quale solamente una minima parte dei territori assegnati all'Autorità Nazionale Palestinese è effettivamente controllata da essa, in uno scenario in cui continua la politica di occupazione coloniale israeliana, in particolare quella di parte ebrea ultraortodossa, e una condizione di sottrazione delle risorse primarie e di violazione di diritti elementari della popolazione civile palestinese;
    in questo quadro, in assenza di una garanzia internazionale di concreta esigibilità delle condizioni previste dagli accordi di pace, il rischio della proliferazione di organizzazioni estremiste, anche ma non solo di matrice islamica, e di un loro crescente consenso popolare è concreto;
    la società civile palestinese, come quella israeliana, ha tuttavia compiuto degli importanti passi in avanti e in alcune realtà, in particolare quelle in cui si è lentamente affermata almeno una parvenza di normalità, si scorgono le dinamiche e le relazioni abituali di società moderne e complesse, democratiche;
    nello sviluppo di queste positive condizioni non è irrilevante il ruolo della cooperazione allo sviluppo e alla pace svolto dai cooperanti italiani attivi sul territorio e dal Consolato italiano a Gerusalemme;
    una molteplicità di progetti e attività che in decenni di lavoro hanno implementato la crescita di iniziative importanti, la nascita di strutture culturali, sociali, sanitarie;
    la Camera dei deputati ritiene indispensabile associare a un rinnovato impegno internazionale per la pacificazione dell'area, una azione orientata ad implementare le azioni di cui sopra, dotando il Consolato italiano a Gerusalemme e i progetti di cooperazione allo sviluppo e per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e dei rifugiati di maggiori risorse,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di autorizzare – a decorrere dalla approvazione del prossimo decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali – la spesa di euro 50.000.000 per iniziative – aggiuntive rispetto a quelle attualmente esistenti – a sostegno del processo di pace tra Israele e Palestina e per la ricostruzione nei territori palestinesi.
9/2598-A-R/7Nicchi, Piras, Duranti, Scotto, Marcon, Palazzotto, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    la stabilizzazione di un processo di pace duraturo e giusto in Palestina rappresenta un interesse nazionale diretto dell'Italia e un interesse dell'Europa, per il contributo determinante che esso potrebbe rappresentare nella prospettiva di una pacificazione di tutto il teatro mediorientale e per le nuove relazioni euromediterranee di cooperazione pacifica, sul piano economico, culturale e commerciale, che potrebbero scaturirne;
    le ragioni del ciclico acutizzarsi di momenti di conflitto aperto – come quello che ha segnato la vicenda di Gaza tra luglio ed agosto – si annidano nelle tensioni e microconflittualità quotidiane di una condizione paradossale, nella quale solamente una minima parte dei territori assegnati all'Autorità Nazionale Palestinese è effettivamente controllata da essa, in uno scenario in cui continua la politica di occupazione coloniale israeliana, in particolare quella di parte ebrea ultraortodossa, e una condizione di sottrazione delle risorse primarie e di violazione di diritti elementari della popolazione civile palestinese;
    in questo quadro, in assenza di una garanzia internazionale di concreta esigibilità delle condizioni previste dagli accordi di pace, il rischio della proliferazione di organizzazioni estremiste, anche ma non solo di matrice islamica, e di un loro crescente consenso popolare è concreto;
    la società civile palestinese, come quella israeliana, ha tuttavia compiuto degli importanti passi in avanti e in alcune realtà, in particolare quelle in cui si è lentamente affermata almeno una parvenza di normalità, si scorgono le dinamiche e le relazioni abituali di società moderne e complesse, democratiche;
    nello sviluppo di queste positive condizioni non è irrilevante il ruolo della cooperazione allo sviluppo e alla pace svolto dai cooperanti italiani attivi sul territorio e dal Consolato italiano a Gerusalemme;
    una molteplicità di progetti e attività che in decenni di lavoro hanno implementato la crescita di iniziative importanti, la nascita di strutture culturali, sociali, sanitarie;
    la Camera dei deputati ritiene indispensabile associare a un rinnovato impegno internazionale per la pacificazione dell'area, una azione orientata ad implementare le azioni di cui sopra, dotando il Consolato italiano a Gerusalemme e i progetti di cooperazione allo sviluppo e per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e dei rifugiati di maggiori risorse,

impegna il Governo

compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di autorizzare – a decorrere dalla approvazione del prossimo decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali – delle iniziative aggiuntive rispetto a quelle attualmente esistenti a sostegno del processo di pace tra Israele e Palestina e per la ricostruzione nei territori palestinesi.
9/2598-A-R/7. (Testo modificato nel corso della seduta) Nicchi, Piras, Duranti, Scotto, Marcon, Palazzotto, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge in esame è autorizzata, a decorrere dal 1o luglio 2014 e fino al 31 dicembre 2014, la spesa di euro 36.002.777 per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni nei Balcani, di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 16 gennaio 2014, n.2, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 marzo 2014, n. 28 di seguito elencate:
     A) Multinational Specialized Unit (MSU), European Union Rule of Law Missioni in Kosovo (EULEX Kosovo), Security Force Training Plan in Kosovo;
     B) Joint Enterprise;
    sono autorizzate a decorrere dal 1o luglio 2014 al 31 dicembre 2014 le spese di euro 652.610 per la proroga della partecipazione di personale della Polizia dello Stato alla missione EULEX in Kosovo e di euro 31.830 per la partecipazione di personale della Polizia dello Stato alla missione delle Nazioni unite UNMIK in Kosovo;
    il nuovo pericolo che caratterizza il territorio è l'aumentare di spinte terroristiche e del fondamentalismo interno. In base a diverse fonti, tra cui un'inchiesta condotta da L'Espresso, risultano almeno 20 cellule terroristiche attive che coinvolgono 300-400 combattenti di etnia albanese, prevalentemente kosovari, che svolgono il proprio addestramento tra Serbia, Albania, Macedonia, Kosovo, Montenegro e Bosnia;
    nonostante le autorità di Pristina tendano a minimizzare l'impatto di tale fenomeno, valutando in poche decine i volontari arruolati tra i jihadisti, risultano certe 16 vittime legate all'attività terroristica dell'Isis. Questo dato, sommato ad alcune testimonianze dirette di familiari che hanno visto i loro congiunti partire per i territori della Siria e dell'Iraq, confermano la vastità e la non piena controllabilità del fenomeno,

impegna il Governo:

   a riferire in merito all'impegno dei contingenti italiani nei territori del Kosovo;
   a produrre una informativa dettagliata del fenomeno di addestramento e reclutamento di volontari jihadisti sul territorio del Kosovo, grazie anche alla esperienza ed alla intelligence dei nostri contingenti ivi stanziati.
9/2598-A-R/8Pannarale, Scotto, Piras, Duranti, Palazzotto, Marcon, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge in esame è autorizzata, a decorrere dal 1o luglio 2014 e fino al 31 dicembre 2014, la spesa di euro 36.002.777 per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni nei Balcani, di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 16 gennaio 2014, n.2, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 marzo 2014, n. 28 di seguito elencate:
     A) Multinational Specialized Unit (MSU), European Union Rule of Law Missioni in Kosovo (EULEX Kosovo), Security Force Training Plan in Kosovo;
     B) Joint Enterprise;
    sono autorizzate a decorrere dal 1o luglio 2014 al 31 dicembre 2014 le spese di euro 652.610 per la proroga della partecipazione di personale della Polizia dello Stato alla missione EULEX in Kosovo e di euro 31.830 per la partecipazione di personale della Polizia dello Stato alla missione delle Nazioni unite UNMIK in Kosovo;
    il nuovo pericolo che caratterizza il territorio è l'aumentare di spinte terroristiche e del fondamentalismo interno. In base a diverse fonti, tra cui un'inchiesta condotta da L'Espresso, risultano almeno 20 cellule terroristiche attive che coinvolgono 300-400 combattenti di etnia albanese, prevalentemente kosovari, che svolgono il proprio addestramento tra Serbia, Albania, Macedonia, Kosovo, Montenegro e Bosnia;
    nonostante le autorità di Pristina tendano a minimizzare l'impatto di tale fenomeno, valutando in poche decine i volontari arruolati tra i jihadisti, risultano certe 16 vittime legate all'attività terroristica dell'Isis. Questo dato, sommato ad alcune testimonianze dirette di familiari che hanno visto i loro congiunti partire per i territori della Siria e dell'Iraq, confermano la vastità e la non piena controllabilità del fenomeno,

impegna il Governo

a riferire nelle sedi competenti in merito all'impegno dei contingenti italiani nei territori del Kosovo, nonché sul fenomeno di addestramento e reclutamento di volontari jihadisti sul territorio del Kosovo, grazie anche alla esperienza ed alla intelligence dei nostri contingenti ivi stanziati.
9/2598-A-R/8. (Testo modificato nel corso della seduta) Pannarale, Scotto, Piras, Duranti, Palazzotto, Marcon, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    fermo restando il parere contrario del gruppo parlamentare di Sinistra Ecologia Libertà, e dei sottoscrittori del presente atto, all'invio di qualsivoglia tipo di armamento e/o dotazione bellica in altri Paesi, specialmente se attraversati da guerre civili;
    in data 20 agosto, su iniziativa dei Presidenti delle Commissioni esteri e difesa del Senato e della Camera, è stata convocata una riunione d'emergenza per far fronte all'emergenza umanitaria in Iraq e decidere le misure di sostegno alla resistenza curda;
    il Governo, così come annunciato durante il dibattito nelle Commissioni parlamentari, ha fornito ulteriori dati sulla prevista fornitura di armi alle forze curde in Iraq; detto passaggio è stato inserito nella discussione sul «decreto missioni»;
    l'invio delle armi prevedrebbe il seguente elenco:
    100 MG 42/59 + 100 treppiedi (materiale nazionale);
    100 mitragliatrici 12.7 (materiale nazionale)
    250.000 munizioni per ciascuna delle due tipologie di armi;
    1000 razzi RPG 7 (materiale sequestrato);
    1000 razzi RPG 9 (materiale sequestrato);
    400.000 munizioni per mitragliatrici di fabbricazione sovietica;
    le suddette armi e munizioni dovranno essere prelevate nei depositi in Sardegna dove sono state custodite negli ultimi anni a seguito della operazione di contrasto al traffico internazionale di armi denominata «Jadran» avvenuta nel 1994;
    la magistratura, già nel 2006, ne aveva ordinato la distruzione, che in realtà non è mai avvenuta. Per ovviare al precetto della magistratura, il Governo con dichiarazione esplicita del Ministro Pinotti, ha fatto riferimento alla legge 3 agosto 2009, n. 108, che permetterebbe al Ministero della difesa l'utilizzo di materiale d'armamento, anche a seguito di sequestro, per «fini istituzionali»;
    il dottor Sergio Finardi, dell'Istituto di ricerca statunitense Transarms, che si è occupato della vicenda del sequestro Jadran sin dal 2011 ha dichiarato che: «...la legge 108 del 3 agosto 2009, richiamata dal Ministro, prevede che gli armamenti sequestrati possano entrare nella disponibilità del Ministro della Difesa solo dopo un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri della difesa e dell'economia e delle finanze...». Passaggi normativi questi, per quanto a conoscenza della scrivente, non ancora avvenuti;
    le anzidette armi saranno inviate in una zona ad alto rischio di «sviamento», dove organismi ed organizzazione non governative internazionali, ONG, hanno rilevato continue violazioni dei diritti umani e crimini di guerra, poste in essere anche dalle Forze armate irachene e di gruppi di miliziani sciiti che collaborano con esse;
    se il Governo nazionale di Baghdad fungerà formalmente da intermediario, come pare essere, per l'invio delle armi ai Peshmerga kurdi, così come dichiarato dal Ministro Mogherini, i rischi diventano maggiori, come sottolineato inoltre dal Presidente dell'associazione umanitaria «Un ponte per», Martina Pignatti Morano;
    le sparizioni di armi in quella regione sono un dato di fatto ampiamente documentato dai rapporti sia del Pentagono e sia di centri di ricerca autorevoli come il SIPRI di Stoccolma;
    già nel 2007 un rapporto del Pentagono dettagliava come, a fronte di oltre 13 mila armi consegnate all'esercito iracheno, si era persa traccia per più di 12 mila armi: tra quelle armi figurano pistole, fucili d'assalto, mitragliatrici e lanciagranate,

impegna il Governo:

   a garantire la massima trasparenza su tutta l'operazione, fornendo dettagli e documentazione dei quantitativi e dei tipi di armamento spediti;
   a consentire alla società civile, e ai tecnici nazionali e internazionali da essa indicati, la supervisione sui quantitativi di armamento in spedizione, e sulle iniziative intraprese per garantirne una futura tracciabilità;

   a bloccare per il futuro l'invio delle armi e di sistemi militari verso tutti i Paesi in conflitto.
9/2598-A-R/9Fratoianni, Duranti, Piras, Palazzotto, Marcon, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dalla guerra in Kosovo nel 1999 si è affermata in ambito NATO una modalità operativa (denominata CIMIC, Civil Military Cooperation) sperimentata in vari teatri di guerra che lega l'intervento militare a quello umanitario, subordinando quest'ultimo agli obiettivi dell'intervento operativo delle forze militari al campo;
    tale modalità operativa ha avuto attuazione in vari teatri di guerra nei quali sono stati operativi contingenti italiani, come in Iraq ed in Afghanistan;
    nel Codice di comportamento delle organizzazioni umanitarie, inclusa la Croce rossa internazionale, come anche in altri documenti delle principali istituzioni umanitarie internazionali, sono ribaditi – come imprescindibili – i principi dell'imparzialità e la neutralità, che presuppongono la completa indipendenza dagli attori militari sul campo,

impegna il Governo

a prevedere che, nell'attuazione degli interventi previsti dal decreto-legge in esame sia garantita piena autonomia all'intervento umanitario delle istituzioni e delle organizzazioni non governative italiane in piena indipendenza dall'operatività dei contingenti militari italiani impegnati nelle missioni internazionali.
9/2598-A-R/10Marcon, Scotto, Piras, Duranti, Palazzotto, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi delle disposizioni di cui al decreto-legge in esame, si prevedono ulteriori stanziamenti per la missione Active Endeavour, rispetto alla quale l'Italia ha già speso 230 milioni di euro;
    tale missione doveva originariamente essere incentrata sull'intercettazione di eventuali movimenti navali di cellule fondamentaliste islamiche, con un occhio di riguardo per i trasferimenti di armi chimiche o nucleari;
    successivamente il mandato dell'operazione è stato allargato fino a ricomprendere anche tutti i business che arricchiscono i miliziani qaedisti, come il commercio di droga e lo sfruttamento dei migranti;
    dal 2008 sono stati anche potenziati la condivisione delle informazioni ed il network elettronico della sorveglianza, fino ad arrivare alla capacità di monitorare oltre diecimila imbarcazioni al giorno, comprese quelle che attraversano la zona calda dei viaggi disperati verso la Sicilia;
    nonostante tali interventi, incrociatori, portaelicotteri, sottomarini e velivoli radar coinvolti nell'operazione non hanno mai bloccato un solo peschereccio trasportante profughi;
    uno dei quadranti di attività delle cannoniere NATO marca proprio il tragitto tra Libia e Sicilia, dove si sono verificate le stragi più gravi, e un settore di pattugliamento aereo dell'Alleanza militare vigila sulle acque tra Tunisia e Italia, ma né i radar dei più moderni cacciatorpedinieri, né quelli dei ricognitori volanti più sofisticati hanno mai segnalato un barcone in difficoltà o uno scafo di migranti in viaggio,

impegna il Governo:

   a constatare l'evidente inefficacia della missione Active Endeavour e ad evitare ulteriori proroghe della partecipazione italiana alla stessa;
   a ricercare soluzioni diverse e più rispettose dei diritti umani.
9/2598-A-R/11Zaratti, Piras, Duranti, Marcon, Scotto, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Assemblea ha approvato, nel corso dell'esame dei precedenti disegni di legge di conversione dei decreti legge di proroga delle missioni internazionali, ordini del giorno per impegnare il Governo a tutte le iniziative utili ad ottenere il rapido rientro in Patria di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e per coinvolgere a tal fine la comunità internazionale, anche attivando la procedura dell'arbitrato internazionale;
    le Commissioni riunite Affari Esteri e Difesa hanno approvato, durante l'esame in sede referente del presente disegno di legge di conversione, un emendamento affinché la partecipazione dell'Italia alle missioni antipirateria della NATO e dell'UE sia valutata proprio in base all'evolvere in India della vicenda che riguarda i due fucilieri di Marina del Battaglione S. Marco,

impegna il Governo

ad assicurare che tutti i suoi componenti, ed in particolare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per gli affari esteri ed il Ministro della difesa indossino il fiocco giallo in ogni incontro e riunione internazionale, quanto meno durante questo semestre di presidenza italiana dell'Unione europea, al fine di sensibilizzare gli interlocutori e come segno di solidarietà e vicinanza con i due marò.
9/2598-A-R/12Vito.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Assemblea ha approvato, nel corso dell'esame dei precedenti disegni di legge di conversione dei decreti legge di proroga delle missioni internazionali, ordini del giorno per impegnare il Governo a tutte le iniziative utili ad ottenere il rapido rientro in Patria di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e per coinvolgere a tal fine la comunità internazionale, anche attivando la procedura dell'arbitrato internazionale;
    le Commissioni riunite Affari Esteri e Difesa hanno approvato, durante l'esame in sede referente del presente disegno di legge di conversione, un emendamento affinché la partecipazione dell'Italia alle missioni antipirateria della NATO e dell'UE sia valutata proprio in base all'evolvere in India della vicenda che riguarda i due fucilieri di Marina del Battaglione S. Marco,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assicurare che tutti i suoi componenti, ed in particolare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per gli affari esteri ed il Ministro della difesa indossino il fiocco giallo in ogni incontro e riunione internazionale, quanto meno durante questo semestre di presidenza italiana dell'Unione europea, al fine di sensibilizzare gli interlocutori e come segno di solidarietà e vicinanza con i due marò.
9/2598-A-R/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Vito.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del provvedimento reca disposizioni urgenti per il rinnovo dei comitati italiani all'estero. In particolare, la lettera b) del comma 3 dispone che per l'ammissione al voto per corrispondenza gli elettori debbano far pervenire all'ufficio consolare di riferimento, almeno entro 30 giorni prima della data della votazione la domanda di iscrizione nell'elenco elettorale;
    in data 19 agosto 2014 il Consolato Generale di Stoccarda ha inviato una comunicazione (prot. 16825) alle Associazioni, i membri del Comitato di Presidenza del CGIE, i Com.It.Es, corrispondenti consolari e Patronati, con la quale spiegava le modalità attraverso le quali i connazionali dovranno iscriversi presso l'Ufficio Consolare di riferimento;
    permangono seri dubbi circa la procedura prevista, soprattutto rispetto alla reale possibilità che il singolo cittadino si preoccupi di inviare la sua richiesta d'iscrizione all'elenco elettorale per l'ammissione al voto per corrispondenza, o che addirittura si presenti di persona presso l'Ufficio Consolare di riferimento, con la conseguenza che i sette milioni di euro stanziati per questo rinnovo potrebbero risultare un vero spreco in epoca di spending review;
    nonostante il coinvolgimento e massimo impegno di associazioni o patronati, infatti, sarà praticamente impossibile ottenere che nei prossimi trenta giorni si iscrivano tanti connazionali tali da raggiungere un numero che si avvicini almeno a quello registrato nelle ultime quattro elezioni per corrispondenza;
    a titolo esemplificativo, nella circoscrizione di Stoccarda, per le elezioni del rinnovo dei Com.It.Es. del 2004 su circa 112.000 votanti, si sono recati alle urne circa 25 mila. La stessa proporzione tra aventi diritto al voto ed effettivi votanti si è verificata per le elezioni politiche del 2006, 2008 e 2013;
    stiamo parlando di una circoscrizione con un numero elevato di presenze, per cui sono facilmente immaginabili le conseguenze in altre sedi con una concentrazione minore di connazionali;
    attualmente per il cittadino italiano residente all'estero è previsto l'obbligo di iscrizione alla lista AIRE, ma nonostante questa condizione di obbligatorietà, non si riesce ancora ad avere una lista aggiornata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rinviare la data delle elezioni per il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero, al fine di consentire alle sedi consolari e agli altri soggetti (associazioni, Com.It.Es, patronati e tutti i soggetti della società civile coinvolti) di completare il processo di aggiornamento delle liste AIRE o, in alternativa, di consentire lo svolgimento delle elezioni in base alla legge vigente, senza l'obbligo di iscrizione degli aventi diritto al voto, al fine di scongiurare un vero e proprio fallimento, aggravato dallo spreco dei sette milioni di euro stanziati.
9/2598-A-R/13Caruso.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del provvedimento in esame prevede disposizioni in materia di iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione;
    in particolare, all'articolo 8 del provvedimento sono quindi presenti utili interventi volti ad intensificare l'assistenza umanitaria principalmente in Asia ed Africa, nonché il rifinanziamento della legge 7 marzo 2001, n. 58, per interventi in esecuzione di obblighi internazionali per la realizzazione di programmi integrati di sminamento umanitario;
    tali importanti iniziative però si concentrano eccessivamente sul versante della ricostruzione materiale o del sostegno immediato, ma sembra opportuno rilevare che grande importanza dovrebbe rivestire anche il rilancio di tutte quelle iniziative di restaurazione della convivenza civile e quindi volte al ripristino dello spirito di comunità all'interno dei luoghi colpiti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori interventi volti a finalizzare i fondi per la ricostruzione non soltanto al ripristino materiale delle situazioni pregresse ed al sostegno immediato delle popolazioni, ma anche ad iniziative volte alla restaurazione della convivenza tra comunità e gruppi religiosi ed etnici diversi, sostenendo e promuovendo programmi e iniziative di riconciliazione, necessari a una pace duratura, attuando una strategia di lungo periodo volta alla valorizzazione della convivenza umana in luoghi così colpiti da tragedie di grandi proporzioni.
9/2598-A-R/14Santerini, Fitzgerald Nissoli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, contiene disposizioni volte ad assicurare il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero (COMITES);
    a seguito delle elezioni del marzo 2004, nel mondo, operano 123 COMITES, diffusi in 38 Paesi;
    i COMITES contribuiscono ad individuare le esigenze di sviluppo sociale, culturale e civile della comunità di riferimento;
    i COMITES sono chiamati a cooperare con l'Autorità consolare nella tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini italiani residenti nella Circoscrizione consolare;
    il rinnovo dei COMITES è un momento importante di democrazia partecipativa e rappresenta uno strumento prezioso di supporto alle altre forme organizzate di servizio alle nostre Comunità e alle attività consolari;
    dopo un lungo periodo in cui non è stato possibile procedere al rinnovo dei COMITES viene mantenuto l'impegno a procedere entro l'anno al rinnovo della rappresentanza e nonostante le difficoltà economiche e di bilancio del Paese è stata trovata la copertura necessaria per il processo elettorale previsto;
    le procedure poste in essere per permettere l'esercizio del diritto di voto per eleggere i COMITES agli italiani iscritti all'AIRE richiedono una adeguata informazione in grado di rendere consci i connazionali delle operazioni da svolgere per l'esercizio del voto e cioè la preiscrizione in apposite liste di elettori;
    vi è la forte preoccupazione che l'appuntamento elettorale possa essere disatteso da una parte non secondaria di connazionali aventi diritto e interessati a una partecipazione più attiva per la ristrettezza dei tempi e per l'eventuale scarso accesso all'informazione;
    è necessario operare per rendere il diritto di voto per i COMITES realmente effettivo, fermo restando il principio di un maggiore ruolo attivo degli aventi diritto, attraverso la scelta di richiedere la scheda elettorale;
    è necessaria una informazione vera e capillare su questo importante appuntamento elettorale coinvolgendo anche Rai Italia, la stampa di emigrazione e l'associazionismo, peraltro già mobilitato per la convocazione degli «Stati generali»,

impegna il Governo:

   ad attivarsi affinché ogni cittadino italiano iscritto all'AIRE e avente diritto al voto venga tempestivamente informato, nei giorni immediatamente seguenti l'approvazione del presente provvedimento, tramite comunicazione diretta delle nostre Istituzioni, nelle forme opportune, cartacee e online, a tutti gli iscritti all'AIRE, con allegati i relativi moduli, sulla necessità di registrarsi, anche per corrispondenza, nell'apposito elenco degli elettori presso i consolati, per poter ricevere in tempi utili il plico elettorale e votare; tale comunicazione è opportuno abbia requisiti anche grafici esteriori di impatto, al fine di ridurre il rischio di dispersione e di mancata attenzione, nel flusso dei plichi postali normalmente ricevuti;
   a sensibilizzare e a utilizzare adeguatamente tutti i mezzi di comunicazione opportuni per informare al meglio, nei tempi ristretti, i nostri connazionali all'estero, dalle testate giornalistiche RAI a RAI World alla stampa di emigrazione.
9/2598-A-R/15Fitzgerald Nissoli, Dellai, Santerini, Fedi, Gianni Farina, Picchi, Piepoli, Borghese, Sottanelli, Tacconi, Porta, Merlo, Rabino, Binetti, Garavini, La Marca, Caruso, Fauttilli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2598 del Governo di conversione del decreto-legge n. 109 del 2014, recante «proroga delle missioni delle forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione nonché disposizioni per il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero», prevede il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero (COMITES) dopo tre successivi rinvii e cinque anni di ritardo rispetto alla scadenza ordinaria prevista dalle legge istitutiva di tali organismi;
    nelle disposizioni del decreto, nella parte relativa alle elezioni dei COMITES, è previsto il ricorso al voto per corrispondenza, ma con un'importante innovazione rispetto al passato; si prevede, infatti, che il plico elettorale sia inviato solo agli aventi diritto iscritti all'AIRE che si iscrivono nell'elenco degli elettori presso ciascun Consolato almeno trenta giorni prima della data di svolgimento delle elezioni;
    la giusta prenotazione per il voto per corrispondenza, volta a rafforzare il controllo e la sicurezza del voto nonché a contenere gli oneri necessari allo svolgimento delle operazioni elettorali, in coerenza con la linea di contenimento della spesa pubblica perseguita dal Governo, comporta un obiettivo rischio di limitazione della partecipazione degli elettori, che compongono una platea elettorale dispersa in realtà territoriali molto ampie, rispetto alle quali l'informazione e il contatto risultano non agevoli e di complessa realizzazione;
    i tempi ristretti per lo svolgimento delle operazioni previste rappresentano una remora ulteriore che può essere affrontata solo con un'informazione pronta e capillare degli elettori mediante avviso diretto da parte dei consolati e l'attivazione delle forme di comunicazione promosse dalle istituzioni mediante i canali pubblici di informazione, l'impegno della costellazione associativa e l'azione della stampa italiana all'estero;
    in Parlamento sono state presentate diverse proposte di legge che prevedono, nell'ambito della circoscrizione Estero, l'adozione dell'opzione per il voto per corrispondenza anche in occasione delle elezioni politiche e dei referendum, modificando in tal senso la legge 27 dicembre 2001, n. 459,

impegna il Governo:

   a considerare l'esito di questo complesso lavoro preparatorio, realizzato sia pure in tempi ristretti, come una prima banca dati degli elettori italiani all'estero, la cui utilità non può essere circoscritta all'occasione del rinnovo dei COMITES, ma deve essere proiettata anche sulle successive scadenze elettorali;
   a disporre che sia avviato in tempi strettissimi il piano informativo, mediante la comunicazione diretta agli elettori, l'informazione istituzionale tramite i canali pubblici radiotelevisivi e specifici accordi con i soggetti associativi operanti nelle nostre comunità;
   a disporre che la registrazione per il voto per corrispondenza presso i Consolati, con le modalità previste dal decreto-legge in esame, sia resa permanente.
9/2598-A-R/16Garavini, Gianni Farina, Fedi, La Marca, Porta, Tacconi, Fitzgerald Nissoli.


   La Camera,
   esprimendo preoccupazione per il progressivo dilatarsi dell'area geografica interessata dalle operazioni offensive dei miliziani del cosiddetto «Stato Islamico», che lambiscono ormai i confini del Libano;
   rilevando altresì come la sparizione di alcuni velivoli libici abbia provocato nelle scorse settimane un sensibile innalzamento del livello di allerta in alcuni Paesi rivieraschi del Mediterraneo, uno dei quali ha addirittura mobilitato l'artiglieria antiaerea, schierandola a difesa delle proprie principali città;
   sottolineando, quindi, come forse per la prima volta una missione navale alleata in funzioni di sorveglianza e lotta antiterroristica appaia pienamente giustificata;
   evidenziando invece la recente scelta fatta dal Comando supremo delle forze alleate in Europa, SHAPE, di riconfigurare l’Active Endeavour come missione di rassicurazione in favore di alcuni Paesi Nato gravitanti sul Mar Nero, preoccupati degli sviluppi del contenzioso russo-ucraino concernente Crimea e Donbas;
   constatando i gravi effetti negativi sull'economia e la sicurezza europea di un protrarsi ed eventuale aggravarsi delle tensioni tra l'Occidente e la Russia, che hanno già comportato l'adozione di pesanti schemi sanzionatori reciproci da parte di Unione europea e Federazione Russa, con conseguenze che l'agroalimentare del nostro Paese già avverte,

impegna il Governo

ad adoperarsi in tutte le sedi competenti in favore di una distensione dei rapporti euro-russi e, nell'ambito dell'Alleanza atlantica, a chiedere la riconfigurazione in funzione antiterroristica della missione Active Endeavour.
9/2598-A-R/17Gianluca Pini.


   La Camera,
   esprimendo preoccupazione per il progressivo dilatarsi dell'area geografica interessata dalle operazioni offensive dei miliziani del cosiddetto «Stato Islamico», che lambiscono ormai i confini del Libano;
   rilevando altresì come la sparizione di alcuni velivoli libici abbia provocato nelle scorse settimane un sensibile innalzamento del livello di allerta in alcuni Paesi rivieraschi del Mediterraneo, uno dei quali ha addirittura mobilitato l'artiglieria antiaerea, schierandola a difesa delle proprie principali città;
   sottolineando, quindi, come forse per la prima volta una missione navale alleata in funzioni di sorveglianza e lotta antiterroristica appaia pienamente giustificata;
   evidenziando invece la recente scelta fatta dal Comando supremo delle forze alleate in Europa, SHAPE, di riconfigurare l’Active Endeavour come missione di rassicurazione in favore di alcuni Paesi Nato gravitanti sul Mar Nero, preoccupati degli sviluppi del contenzioso russo-ucraino concernente Crimea e Donbas;
   constatando i gravi effetti negativi sull'economia e la sicurezza europea di un protrarsi ed eventuale aggravarsi delle tensioni tra l'Occidente e la Russia, che hanno già comportato l'adozione di pesanti schemi sanzionatori reciproci da parte di Unione europea e Federazione Russa, con conseguenze che l'agroalimentare del nostro Paese già avverte,

impegna il Governo

ad adoperarsi in tutte le sedi competenti in favore di una distensione dei rapporti euro-russi.
9/2598-A-R/17. (Testo modificato nel corso della seduta) Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito del provvedimento sono previste diverse attività militari e non a causa delle quali personale straniero entra, a diverso titolo, nelle caserme sotto controllo nazionale;
    la tracciabilità del personale straniero avrebbe sicuri effetti di ritorno in termini di sicurezza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere iniziative al fine della tracciabilità del personale straniero che entra in contatto con i nostri contingenti all'estero, ad esclusione di quello appartenente ai Paesi aderenti alla NATO, nel rispetto della legislazione in materia di trattamento dei dati personali.
9/2598-A-R/18Marcolin.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito del provvedimento sono previste diverse attività militari e non a causa delle quali personale straniero entra, a diverso titolo, nelle caserme sotto controllo nazionale;
    la tracciabilità del personale straniero avrebbe sicuri effetti di ritorno in termini di sicurezza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere iniziative al fine della tracciabilità del personale straniero che entra in contatto con i nostri contingenti all'estero, ad esclusione di quello appartenente ai Paesi aderenti alla NATO e all'Unione europea, nel rispetto della legislazione in materia di trattamento dei dati personali.
9/2598-A-R/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Marcolin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11, comma 1, lettera d), prevede che parte della copertura finanziaria delle missioni di cui al presente decreto sia effettuata mediante una riprogrammazione straordinaria per l'anno 2014, da parte del Ministero della difesa, delle spese correnti iscritte a legislazione vigente nel proprio stato di previsione, da effettuare entro il 30 ottobre 2014, e la conseguente adozione da parte del Ministro della difesa di decreti per le occorrenti variazioni di bilancio sui pertinenti capitoli da comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di comunicare alle competenti Commissioni parlamentari i decreti del Ministro della difesa adottati in attuazione della citata disposizione.
9/2598-A-R/19Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 312 del Codice dell'ordinamento militare prevede, nell'ambito delle missioni internazionali, la possibilità che i mezzi e i materiali, escluso il materiale d'armamento, utilizzati a supporto dell'attività operativa, per i quali non risulta conveniente il rimpatrio in relazione ai relativi costi, possano essere ceduti, direttamente e a titolo gratuito nelle località in cui si trovano, alle Forze armate e alle Forze di polizia estere, ad autorità locali, a organizzazioni internazionali anche non governative ovvero a organismi di volontariato e di protezione civile, prioritariamente italiani, ivi operanti;
    sussiste la possibilità che, nell'ambito delle missioni internazionali, vi siano mezzi e materiali per i quali non risulta conveniente il rimpatrio in relazione ai relativi costi e che non sia opportuno strategicamente cedere ai soggetti di cui all'articolo 312 del Codice dell'ordinamento militare,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere ogni iniziativa volta a prevedere la possibilità che i mezzi e materiali utilizzati a supporto dell'attività operativa nell'ambito delle missioni internazionali, per i quali non risulta conveniente il rimpatrio in relazione ai relativi costi e che non è opportuno strategicamente cedere ai soggetti di cui all'articolo 312 del Codice dell'ordinamento militare, possano essere distrutti direttamente sul posto.
9/2598-A-R/20Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    in tre cantoni della Siria, in particolare nella regione di Rojava, in risposta alla disgregazione dello Stato centrale siriano e delle violenze settarie e confessionali, la popolazione a prevalenza kurda ma in verità multietnica e multireligiosa, si è organizzata per tutelarsi rendendosi autonoma a partire dal 2011. I gruppi politici locali hanno creato delle istituzioni autonome ed elettive nelle città del Nord che amministrano. Hanno dato sinora accoglienza a molti sfollati dalle altre regioni della Siria e soprattutto hanno avviato una politica inclusiva per le molte minoranze presenti nel loro territorio;
    in Rojava convivono gruppi di diversa cultura e religione e questa cosa dovrebbe essere incoraggiata e sostenuta dalla comunità internazionale. Tutti partecipano alla vita politica e in autunno si terranno le prime elezioni. Sul suo territorio si situano tre campi profughi e accolgono 1 milione di sfollati da altre aree della Siria. Hanno un accordo tacito di non belligeranza con Assad, ma non ci collaborano. Anzi lo accusano di non far arrivare alcun aiuto nella loro area. Inoltre combattono contro l'ISIS proponendo una terza via democratica e di piena tutela di tutte le minoranze. Le esperienze di convivenza tra diversi dovrebbero essere valorizzate dalla comunità internazionale, anche attraverso un intervento sul Governo di Ankara affinché cessi la politica di embargo nei confronti di questa zona libera della Siria, aprendo finalmente le frontiere agli aiuti e agli scambi commerciali ed economici da e per Rojava;
    già con l'ordine del giorno n. 9/1670-AR/62, riformulato dal Governo, si chiedeva di utilizzare la missione diplomatica di cui al comma 2 dell'articolo 6 del decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114 anche per ottenere dalla Turchia e dalla Regione autonoma kurda (KRG) l'apertura dei valichi per consentire il passaggio degli aiuti umanitari e a utilizzare inoltre la presenza del nostro funzionario al confine turco/siriano anche per il coordinamento degli aiuti umanitari italiani ai rifugiati in Turchia e nel Kurdistan iracheno e siriano oltre che per aprire un canale diplomatico con le autorità della Regione autonoma kurda,

impegna il Governo:

   a intervenire sul Governo turco per chiedere la fine all’embargo economico con le regioni libere di Rojava, consentendo la piena fruizione dei valichi di frontiera non controllati dall'ISIS e a operare affinché la sperimentazione democratica dei tre cantoni di Rojava in Siria possa rafforzarsi dentro la prospettiva di un Paese libero, democratico e pluriconfessionale;
   a operare affinché le Nazioni Unite possano cooperare con le autorità autonome di Rojava con invio di aiuti e mettendo sotto la propria egida i campi profughi ospitati in questa zona.
9/2598-A-R/21Artini.


   La Camera,
   premesso che:
    in tre cantoni della Siria, in particolare nella regione di Rojava, in risposta alla disgregazione dello Stato centrale siriano e delle violenze settarie e confessionali, la popolazione a prevalenza kurda ma in verità multietnica e multireligiosa, si è organizzata per tutelarsi rendendosi autonoma a partire dal 2011. I gruppi politici locali hanno creato delle istituzioni autonome ed elettive nelle città del Nord che amministrano. Hanno dato sinora accoglienza a molti sfollati dalle altre regioni della Siria e soprattutto hanno avviato una politica inclusiva per le molte minoranze presenti nel loro territorio;
    in Rojava convivono gruppi di diversa cultura e religione e questa cosa dovrebbe essere incoraggiata e sostenuta dalla comunità internazionale. Tutti partecipano alla vita politica e in autunno si terranno le prime elezioni. Sul suo territorio si situano tre campi profughi e accolgono 1 milione di sfollati da altre aree della Siria. Hanno un accordo tacito di non belligeranza con Assad, ma non ci collaborano. Anzi lo accusano di non far arrivare alcun aiuto nella loro area. Inoltre combattono contro l'ISIS proponendo una terza via democratica e di piena tutela di tutte le minoranze. Le esperienze di convivenza tra diversi dovrebbero essere valorizzate dalla comunità internazionale, anche attraverso un intervento sul Governo di Ankara affinché cessi la politica di embargo nei confronti di questa zona libera della Siria, aprendo finalmente le frontiere agli aiuti e agli scambi commerciali ed economici da e per Rojava;
    già con l'ordine del giorno n. 9/1670-AR/62, riformulato dal Governo, si chiedeva di utilizzare la missione diplomatica di cui al comma 2 dell'articolo 6 del decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114 anche per ottenere dalla Turchia e dalla Regione autonoma kurda (KRG) l'apertura dei valichi per consentire il passaggio degli aiuti umanitari e a utilizzare inoltre la presenza del nostro funzionario al confine turco/siriano anche per il coordinamento degli aiuti umanitari italiani ai rifugiati in Turchia e nel Kurdistan iracheno e siriano oltre che per aprire un canale diplomatico con le autorità della Regione autonoma kurda,

impegna il Governo:

   a intervenire sul Governo turco per chiedere la piena fruizione dei valichi di frontiera non controllati dall'ISIS anche per il coordinamento degli aiuti umanitari e a operare affinché la sperimentazione democratica dei tre cantoni di Rojava in Siria possa rafforzarsi dentro la prospettiva di un Paese libero, democratico e pluriconfessionale;
   a operare affinché le Nazioni Unite possano cooperare con le autorità autonome di Rojava con invio di aiuti e mettendo sotto la propria egida i campi profughi ospitati in questa zona.
9/2598-A-R/21. (Testo modificato nel corso della seduta) Artini.


   La Camera,
   premesso che:
    la Base militare nazionale di supporto di Gibuti è diventata pienamente operativa dal luglio 2014. Dalla relazione allegata al decreto in esame si apprende che la base avrà una forza permanente di 63 militari, per garantire le attività logistico-amministrative della stessa, e una capacità di alloggiamento di 300 altri militari;
    la dimensione stessa della struttura e la sua capacità di ricezione contrastano con le iniziali affermazioni del Governo su un presunto ruolo di supporto alle operazioni dei nuclei di protezione in funzione antipirateria della Marina, da imbarcare sulle unità mercantili che transitano nell'area;
    da notizie di stampa mai smentite dalla Difesa si apprende dell'invio a Gibuti di due velivoli a pilotaggio remoto Predator del 32o Stormo basati sul vicino aeroporto di Chabelley, da dove già operano analoghi aeromobili statunitensi e che dispone di adeguate strutture di ricovero e manutenzione;
    nel decreto in esame per la seconda metà del 2014 non è specificato quali siano i costi diretti e indiretti del mantenimento della base stessa, anche se la voce di spesa indicata per le missioni nell'area del Corno d'Africa è più che raddoppiata, passando da 7 a 17,8 milioni, di euro senza che sia peraltro segnalato un aumento delle attività delle missioni autorizzate;
    la base di Gibuti è la prima base militare italiana permanente al di fuori dei confini nazionali, ma rimangono sconosciuti al Parlamento gli accordi attuativi della cessione da parte della Repubblica di Gibuti alla Repubblica Italiana della base stessa, il suo status giuridico e quello dei nostri militari, nonché il costo complessivo della stessa,

impegna il Governo

a dare al Parlamento tutte le informazioni in merito agli accordi dell'Italia con il Governo gibutino rispetto alla base ed in particolare a rendere noto alle Camere:
   a) quali siano i canoni di affitto corrisposti al Governo di Gibuti e quale durata abbia il contratto di affitto stesso;
   b) quale sia lo status giuridico dei militari presenti nella base gibutina e se vi siano in particolare accordi sulla giurisdizione da applicare agli stessi in caso di controversie;
   c) quali siano le missioni attualmente in essere dalla base stessa e in particolare quale sia il ruolo e l'attività dei velivoli Predator ivi dislocati.
9/2598-A-R/22Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    la Base militare nazionale di supporto di Gibuti è diventata pienamente operativa dal luglio 2014. Dalla relazione allegata al decreto in esame si apprende che la base avrà una forza permanente di 63 militari, per garantire le attività logistico-amministrative della stessa, e una capacità di alloggiamento di 300 altri militari;
    la dimensione stessa della struttura e la sua capacità di ricezione contrastano con le iniziali affermazioni del Governo su un presunto ruolo di supporto alle operazioni dei nuclei di protezione in funzione antipirateria della Marina, da imbarcare sulle unità mercantili che transitano nell'area;
    da notizie di stampa mai smentite dalla Difesa si apprende dell'invio a Gibuti di due velivoli a pilotaggio remoto Predator del 32o Stormo basati sul vicino aeroporto di Chabelley, da dove già operano analoghi aeromobili statunitensi e che dispone di adeguate strutture di ricovero e manutenzione;
    nel decreto in esame per la seconda metà del 2014 non è specificato quali siano i costi diretti e indiretti del mantenimento della base stessa, anche se la voce di spesa indicata per le missioni nell'area del Corno d'Africa è più che raddoppiata, passando da 7 a 17,8 milioni, di euro senza che sia peraltro segnalato un aumento delle attività delle missioni autorizzate;
    la base di Gibuti è la prima base militare italiana permanente al di fuori dei confini nazionali, ma rimangono sconosciuti al Parlamento gli accordi attuativi della cessione da parte della Repubblica di Gibuti alla Repubblica Italiana della base stessa, il suo status giuridico e quello dei nostri militari, nonché il costo complessivo della stessa,

impegna il Governo

a dare al Parlamento tutte le informazioni in merito agli accordi dell'Italia con il Governo gibutino rispetto alla base ed in particolare a rendere noto alle Camere:
   a) quali siano i canoni di affitto corrisposti al Governo di Gibuti e quale durata abbia il contratto di affitto stesso;
   b) quale sia lo status giuridico dei militari presenti nella base gibutina.
9/2598-A-R/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, all'articolo 2, comma 5, autorizza la proroga della partecipazione italiana alla missione TIPH2 (Temporary International Presence in Hebron). La missione è stata voluta dal Governo d'Israele e dall'Autorità nazionale palestinese, firmatari dell'Accordo interinale sulla West Bank e sulla Striscia di Gaza del 28 settembre 1995. Tale accordo prevedeva, oltre al ripiegamento dell'esercito israeliano (IDF) da una parte della città di Hebron, anche la presenza temporanea di una forza di osservatori internazionali. Tra di essi vi sono 13 unità delle Forze armate italiane;
    il Governo, in sede di conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, accoglieva in data 4 dicembre 2013 l'ordine del giorno 9/1670-AR/59 nel quale si impegnava il Governo «a richiedere, da solo o di concerto con gli altri Paesi che aderiscono alla missione TIPH2, al Governo israeliano di cessare la politica degli insediamenti dei coloni nella città di Hebron e di richiedere all'Unesco – anche per tutelare un patrimonio culturale e storico troppo spesso sottoposto a distruzione da parte dell'esercito occupante – di dichiarare la città di Hebron patrimonio mondiale dell'umanità»;
    non risulta essere pervenuta al Servizio Controllo Parlamentare della Camera dei deputati nessuna nota di attuazione dell'ordine del giorno in oggetto;
    nel frattempo il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha annunciato l'espropriazione in Cisgiordania di 400 ettari di terreni palestinesi nel blocco di insediamenti di Gush Etzion, situato tra Betlemme e Hebron, con l'obiettivo di crearvi una mega-colonia e proseguire l'inesorabile sottrazione di territorio vitale ai palestinesi. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, e la stessa Ministro degli esteri italiana, Federica Mogherini, hanno protestato nei confronti delle autorità israeliane, ma tale protesta rischia di essere rituale e certamente non sufficiente a fermare i progetti di espansione delle colonie israeliane in Cisgiordania,

impegna il Governo:

   alla pronta attuazione degli impegni di cui all'ordine del giorno 9/1670-AR/59 citato;
   ad assumere una forte iniziativa sulle autorità di Tel Aviv affinché sia cancellato il progetto di esproprio dei 400 ettari nel blocco di insediamenti di Gush Etzion nella piana tra Betlemme e la città di Hebron.
9/2598-A-R/23Manlio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è impegnata in diverse missioni di pace ai confini e dentro i territori palestinesi occupati (missione EUPOL COPPS, TIPH2, EUBAM Rafah, UNTSO e UNIFIL in Libano);
    secondo la programmazione delle esercitazioni a fuoco per il 2o semestre 2014 del Poligono di Capo Frasca in Sardegna, la Israeli Air Force sarà presente con diversi esemplari di cacciabombardieri F-15 e F-16;
    si tratta degli stessi aerei impiegati nei bombardamenti sulla Striscia di Gaza che hanno fatto oltre 2000 morti e almeno 10mila feriti, moltissimi tra i civili, non risparmiando neanche le scuole e i rifugi sotto il controllo dell'Onu;
    appare del tutto inopportuno e in contrasto con le missioni di pace dichiarate dal decreto in esame mantenere un'esercitazione con le forze armate israeliane fino a quando perdurerà l'assedio militare ai territori palestinesi e l'espansione delle colonie israeliane sui territori,

impegna il Governo

a cancellare la partecipazione dell'Israeli Air Force all'esercitazione aerea prevista a Capo Frasca nel prossimo autunno.
9/2598-A-R/24Corda.


   La Camera,
   premesso che:
    la guerra civile in corso in Ucraina richiede una politica intelligente e unitaria della comunità internazionale anche e soprattutto per conseguire uno stabile cessate il fuoco, il rientro in sicurezza dei profughi nelle loro abitazioni, il riconoscimento dei diritti delle minoranze, l'avvio di un processo politico inclusivo in cui le controversie interne e internazionali siano risolte attraverso la via diplomatica, il dialogo e il negoziato;
    l'Italia partecipa nel teatro dell'ex Urss in Georgia con 4 militari nell’European Union Monitoring Mission (EUMM) per contribuire alla stabilità di quel Paese e delle aree limitrofe, Ossezia del sud e Abkhazia ed è pertanto interesse del nostro Paese e della UE che l'intera area si stabilizzi e cessino le aree di tensione;
    l'Italia collabora fattivamente negli ambiti dei comuni organismi internazionali con la Federazione delle Repubbliche di Russia al fine di stabilizzare le aree di crisi e i processi di pace. Da ultimo, la partecipazione alla distruzione da parte dell'Opac dell'arsenale chimico siriano di cui al comma 8 dell'articolo 9 del decreto-legge in esame;
    la decisione della Ue e degli Usa di attivare un piano di sanzioni – ulteriormente implementate nel recente vertice Nato tenuto in Galles – contro la Federazione delle Repubbliche di Russia, oltre a essere controproducente per gli obiettivi dichiarati (favorire la soluzione pacifica della crisi in Ucraina), è anche autolesionista per l'economia europea e italiana in particolare;
    lo stesso Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha recentemente affermato che la conseguenza delle sanzioni comminate alla Russia rappresenta un danno per l'agricoltura italiana pari a circa 200 milioni di euro per il solo 2014 (con riferimento, peraltro, a un solo comparto produttivo),

impegna il Governo

a dissociarsi dalle sanzioni decise in sede europea di concerto con il Governo statunitense nei confronti della Russia ripristinando i normali rapporti economici con Mosca e chiedendo ai partners europei e agli Stati Uniti di rivedere queste decisioni proponendo al contrario una forte iniziativa diplomatica per una soluzione negoziale della crisi ucraina.
9/2598-A-R/25Gallinella, Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia ha deciso l'invio in funzione anti-Isis, tramite il governo di Bagdad, di armi ai Peshmerga e alle altre milizie curde che agiscono tra la Siria e l'Iraq;
    il Governo ha deliberato di destinare a questo scopo parte del carico di armi destinato alla Croazia che venne sequestrato nel 1994 a bordo della nave maltese Jadran Express di proprietà di una società dell'oligarca russo Alexander Borisovich Zhukov;
    di detto arsenale la magistratura italiana dispose la distruzione, non eseguita poi dalle autorità competenti;
    secondo fonti di stampa parte di queste armi avevano raggiunto nel 2011 Bengasi per armare il nuovo esercito libico anti-Gheddafi. Si trattava di 400 missili anticarro AT-4 Spigot con 50 lanciatori, 30 mila mitragliatori AK-47 con 32 milioni di proiettili, 5 mila razzi Katiuscia e 11 mila razzi anticarro Rpg. Il carico sarebbe stato sbarcato (nel porto di Bengasi) «mascherato» da aiuti umanitari. La stessa tecnica utilizzata dai francesi per trasferire armi e munizioni ai ribelli;
    diverse fonti giornalistiche indicavano come l'addestramento degli insorti all'impiego delle armi (soprattutto dei missili anticarro), dirottate dal deposito in caverna dell'isola sarda di Santo Stefano ai campi d'addestramento del deserto a Sud di Bengasi, sia stato curato direttamente da consiglieri militari italiani. L'Italia, con la Francia e la Gran Bretagna, risultava aver inviato ufficialmente in Libia dieci ufficiali a sostegno dello stato maggiore dei ribelli, affiancando i loro vertici militari ma curando di fatto le funzioni di comando e controllo e coordinando i movimenti degli insorti e i raids aerei della Nato;
    alle diverse interrogazioni parlamentari e a una nuova inchiesta della magistratura il Governo Berlusconi oppose il segreto di Stato su tutta la vicenda;
    il decreto in esame, ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 3 reitera missioni di addestramento e sostegno militare dell'Italia alla Libia, nonostante il forte bilancio politico negativo di questi tre anni. Infatti, la Libia è nella totale anarchia, con governi contrapposti e scontri a fuoco tra le fazioni, con ampio utilizzo delle armi inviate a suo tempo dall'Italia e da altri Paesi europei per rovesciare il regime di Gheddafi,

impegna il Governo

a revocare il segreto di Stato apposto nel 2011 sul destino delle armi sequestrate sulla nave maltese Jadran Express e inviate a sostegno degli insorti libici di Bengasi e a relazionare in modo dettagliato al Parlamento su a chi sono state date le armi e che fine esse abbiano fatto.
9/2598-A-R/26Tofalo.


   La Camera,
   premesso che:
    il 18 agosto 2014 il dipartimento della difesa statunitense ha reso noto che tutti i componenti per la fabbricazione di armi chimiche appartenute al governo siriano sono stati distrutti. Il complicato lavoro di individuazione e smaltimento degli agenti chimici – svolto per lo più dagli ispettori dell'Organizzazione mondiale per la proibizione delle armi chimiche (OPAC) – era iniziato il 2 ottobre 2013, dopo un accordo raggiunto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite cui ha fatto seguito l'adozione della risoluzione n. 2118;
    risultano essere state distrutte 1.300 tonnellate di agenti chimici. Alcuni di questi nel corso degli ultimi mesi sono transitati anche per l'Italia dal porto di Gioia Tauro: le autorità italiane hanno aiutato a trasportare 600 tonnellate di agenti chimici sulla Cape Ray, nave militare americana dove è avvenuto il grosso del processo di distruzione;
    il comma 5 dell'articolo 4 del presente decreto – limitatamente alle operazioni di scorta del carico – e il comma 8 dell'articolo 9, autorizzando la prosecuzione dell'attività di cui all'articolo 9, comma 9, del decreto-legge 16 gennaio 2014, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 marzo 2014, n. 28, ci ricordano il ruolo positivo svolto dall'Italia in questa importante operazione di disarmo;
    l'ordine del giorno 9/2149/17, accolto dal Governo il 13 marzo 2014, impegnava il Governo «a continuare ad assicurare le adeguate modalità di informazione circa la situazione relativa allo smaltimento dei componenti chimici provenienti dalla Siria»,

impegna il Governo

a chiedere all'OPAC una dettagliata relazione sull'esito finale dello smaltimento dell'arsenale chimico siriano e in particolare sul trattamento e la destinazione dei suoi residui e a trasmettere tale relazione al Parlamento.
9/2598-A-R/27Nesci, Frusone.


   La Camera,
   premesso che:
    il PKK e YPG sono tra le principali organizzazioni che da subito e nel silenzio della comunità internazionale si sono contrapposte all'ISIS in Iraq e in Siria difendendo le minoranze etniche e religiose dai progetti reazionari e assassini dell'autoproclamato califfato;
    appare una contraddizione mantenere il Pkk, una forza che si autodefinisce laica e femminista, nella lista delle organizzazioni terroristiche proprio nel momento in cui anche i governi occidentali, dopo averne sostenuto la crescita e la diffusione in Siria e Iraq, si sono accorti della pericolosità dell'ISIS e hanno deciso di inviare aiuti militari e armi ai curdi;
    la risoluzione della questione kurda è del resto strategica per l'assetto dell'intero Medio Oriente e per una pace duratura in questa zona. Proprio dal PKK, sotto la leadership di Abdullah Ocalan, sono emerse disponibilità a risolvere la questione curda con la via del dialogo e del confronto. Tra le proposte avanzate quelle del confederalismo democratico, che potrebbe costituire la base per la soluzione dei problemi della Turchia, della Siria, dell'Iraq e dello stesso Iran, superando i confini nazionali, non su base settaria, come pretendono i fondamentalisti dell'ISIS, ma in modo democratico, nel rispetto delle varie etnie e fedi religiose praticando l'autodeterminazione su base territoriale;
    il tribunale di Roma ha riconosciuto ad Abdullah Ocalan (attualmente detenuto in stato di isolamento in Turchia), in base all'articolo 10 della Costituzione, l'asilo e lo status di rifugiato politico;
    la Repubblica Italiana, mentre è stata solerte a inviare armi ai curdi, non è stata altrettanto sensibile nel sostenere, nei consessi internazionali, il ricorso alla via pacifica e al negoziato per trovare una soluzione alla vicenda curda nel rispetto del diritto internazionale e quello dei diritti umani,

impegna il Governo

a proporre la cancellazione o – in subordine – la sospensione del Pkk dalla lista delle organizzazioni terroristiche al fine di rafforzare sia il fronte anti-ISIS, sia l'avvio di un dialogo e un negoziato tra le parti teso a determinare una soluzione giusta, duratura e includente della vicenda curda.
9/2598-A-R/28Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio di sicurezza delle nazioni Unite il 25 aprile 2013 ha prorogato il mandato della MINURSO, alla quale l'Italia partecipa direttamente con alcuni militari, fino al 30 aprile 2014 (SIRES/2099), dopo aver discusso le conclusioni e le 7 raccomandazioni del Segretario generale dell'ONU sulla situazione in Sahara occidentale (S/2013/220 dell'8 aprile 2013) e dell'iniziativa diplomatica svolta dall'inviato personale delle Nazioni Unite per il Sahara Occidentale Christopher Ross;
    in tale contesto si è affermata la volontà di aiutare le parti a pervenire a una soluzione politica giusta, durevole e reciprocamente accettata, che garantisca l'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, secondo i principi enunciati dalla Carta delle Nazioni Unite ed è stato chiesto alle parti e agli Stati vicini di cooperare con le Nazioni Unite al fine di superare l’impasse in cui si trovano, da tempo, i negoziati e di avanzare verso una soluzione politica capace di rinforzare la cooperazione tra gli Stati del Maghreb arabo e di contribuire a garantire stabilità e sicurezza nella regione del Sahel;
    le risoluzioni delle Nazioni Unite, del Consiglio di Sicurezza e dell'Assemblea generale dell'ONU sul conflitto del Sahara Occidentale hanno ribadito più volte il diritto all'autodeterminazione del popolo saharawi, da realizzarsi attraverso un referendum;
    la Repubblica Araba Saharawi Democratica è stata riconosciuta come Stato libero e indipendente dall'Unione Africana e da più di 80 Paesi nel mondo, anche nell'ottica di assicurare un adeguato sostegno al processo di ammissione della RASD alle Nazioni Unite;
    la difficile situazione nel Sahel rischia di accrescere l'instabilità e l'insicurezza nell'area e rende la soluzione del conflitto del Sahara occidentale più urgente che mai. Purtroppo il Regno del Marocco non sembra intenzionato a trovare una soluzione diplomatica e condivisa del conflitto e si è macchiato di gravi violazioni dei diritti umani nel Sahara occidentale, come evidenziato dai rapporti di Amnesty International, di Human Rights Watch, dall'Organizzazione mondiale contro la tortura, dall'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite e dalla Fondazione Robert F. Kennedy;
    il 19 aprile 2013 il Dipartimento di Stato americano ha pubblicato un dossier sulla situazione dei diritti umani in Sahara occidentale, a sostegno di un progetto di risoluzione che proponeva l'ampliamento del mandato della MINURSO sui diritti umani, poi abbandonato a seguito delle pressioni della diplomazia marocchina;
    la riduzione degli aiuti ai profughi saharawi dovuta alla crisi mondiale da parte di tutti i donatori internazionali sta determinando effetti negativi sulla popolazione saharawi nei campi di rifugiati di Tindouf (Algeria),

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile sul piano internazionale volta a favorire la ripresa dei negoziati diretti, sotto l'egida delle Nazioni Unite, tra Regno del Marocco e Fronte Polisario, al fine di giungere, nel più breve tempo possibile, a una soluzione conforme alle risoluzioni delle Nazioni Unite, che rispetti il diritto all'autodeterminazione del popolo saharawi;
   ad attivarsi nelle opportune sedi internazionali, affinché il mandato della missione MINURSO venga aggiornato sulla base dei più recenti analoghi modelli approvati dal Consiglio di Sicurezza, che includono anche specifici compiti in materia di rispetto dei diritti umani;
   ad adottare, raccordandosi con i partner europei e con le istituzioni comunitarie, ogni iniziativa utile sul piano diplomatico, volta a favorire l'effettivo riconoscimento della libertà di accesso e di circolazione in Sahara Occidentale di osservatori internazionali indipendenti, della stampa e delle organizzazioni umanitarie;
   a stanziare fondi destinati agli aiuti umanitari per la popolazione saharawi rifugiata nei campi di rifugiati Tindouf (Algeria);
   a riconoscere alla rappresentanza in Italia del Fronte Polisario lo status diplomatico, come è stato fatto in passato per altri movimenti di liberazione riconosciuti dall'ONU come interlocutori ufficiali in processi di pace.
9/2598-A-R/29Scagliusi, Incerti.


   La Camera

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile sul piano internazionale volta a favorire la ripresa dei negoziati diretti, sotto l'egida delle Nazioni Unite, tra Regno del Marocco e Fronte Polisario, al fine di giungere, nel più breve tempo possibile, a una soluzione conforme alle risoluzioni delle Nazioni Unite, che rispetti il diritto all'autodeterminazione del popolo saharawi;
   ad attivarsi nelle opportune sedi internazionali, affinché il mandato della missione MINURSO venga aggiornato sulla base dei più recenti analoghi modelli approvati dal Consiglio di Sicurezza, che includono anche specifici compiti in materia di rispetto dei diritti umani;
   ad adottare, raccordandosi con i partner europei e con le istituzioni comunitarie, ogni iniziativa utile sul piano diplomatico, volta a favorire l'effettivo riconoscimento della libertà di accesso e di circolazione in Sahara Occidentale di osservatori internazionali indipendenti, della stampa e delle organizzazioni umanitarie;
   a stanziare fondi destinati agli aiuti umanitari per la popolazione saharawi rifugiata nei campi di rifugiati Tindouf (Algeria).
9/2598-A-R/29. (Testo modificato nel corso della seduta) Scagliusi, Incerti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame porta nel suo titolo tra l'altro «iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione»;
    in particolare il capo II del decreto, agli articoli 8 e 9, predispone iniziative alla cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e di pace;
    il Centro per l'infanzia di Um al Nasser «La Terra dei Bambini», nella Striscia di Gaza, ospitava un asilo con 130 bambini dai tre ai sei anni, il centro donne per 70 madri e uno sportello pediatrico. Durante l'offensiva di terra denominata da Israele «Margine sicuro» asilo, mensa e centro donne sono stati rasi al suolo con i bulldozer israeliani. L'Ong italiana Vento di Terra, che gestiva il Centro, ha denunciato come non si sia trattato di un errore ma di una distruzione deliberata, finendo per demolire anche la nuova mensa comunitaria inaugurata nel maggio scorso, che forniva pasti ai bambini e alle famiglie povere del villaggio;
    «La Terra dei Bambini – ha dichiarato Annibale Rossi, il presidente della Ong che gestiva il Centro – rappresentava un'oasi a difesa dei diritti dell'infanzia che l'esercito israeliano, messo al corrente di tutte le fasi del progetto, ha deciso di distruggere» senza alcuna giustificazione. «Il centro era un punto di riferimento importante per la comunità locale beduina», racconta Rossi, sottolineando come la struttura non sia mai stata utilizzata per scopi militari. Secondo gli operatori del Centro, le autorità israeliane erano perfettamente a conoscenza della sua esistenza dal 2011 ed erano state informate del progetto umanitario costato 300mila euro e finanziato dalla Cooperazione italiana, dalla Cei e dall'Ue, che avevano promosso strutture di eccellenza con pannelli solari e una tecnica di costruzione particolare con sacchi di sabbia per attutire onde d'urto. «Ci sono delle regole dettate dalla Convenzione di Ginevra, dei doveri dell'esercito occupante», continua il presidente della Ong. «Visto che la struttura era stata finanziata dalla Cooperazione italiana chiediamo al nostro Governo di chiedere conto alle autorità israeliane di quanto hanno fatto, e che sia presentata anche una richiesta di un risarcimento», continua Rossi, sottolineando quanto i diritti dei minori palestinesi siano in pericolo,

impegna il Governo

ad assumere, in proprio o insieme alle altre istituzioni internazionali impegnate nel progetto del Centro per l'infanzia di Um al Nasser «La Terra dei Bambini» nella Striscia di Gaza, una iniziativa per chiedere alle autorità israeliane il risarcimento dei danni prodotti dai loro bulldozer durante la recente offensiva militare denominata «Margine Sicuro» o «Margine confine protettivo».
9/2598-A-R/30Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    la Forza di gendarmeria europea (Eurogendfor o EGF) è un'iniziativa multinazionale di cinque Paesi Membri dell'Unione europea (Francia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna, ai quali si sono aggiunte la Romania nel 2008 e la Polonia nel 2011) è destinata a rafforzare le capacità di gestione delle crisi internazionali fuori dai confini dell'Unione Europea;
    la EGF è composta da forze di polizia a ordinamento militare in grado di intervenire in aree di crisi, sotto l'egida della NATO, dell'ONU, dell'UE, dell'OSCE o di coalizioni costituite ad hoc fra diversi Paesi;
    il comando del corpo è situato a Vicenza presso la caserma Chinotto, come i reparti del Centro di eccellenza per le Unità di polizia di stabilità (Center of Excellence for Stability Police Units, CoESPU),

impegna il Governo

a indicare, in uno specifico capitolo di spesa del Ministero della Difesa, le risorse finanziarie messe a disposizione per la partecipazione dell'Italia all'Eurogendfor.
9/2598-A-R/31Basilio.


   La Camera,
   premesso che:
    la Forza di gendarmeria europea (Eurogendfor o EGF) è un'iniziativa multinazionale di cinque Paesi Membri dell'Unione europea (Francia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna, ai quali si sono aggiunte la Romania nel 2008 e la Polonia nel 2011) è destinata a rafforzare le capacità di gestione delle crisi internazionali fuori dai confini dell'Unione Europea;
    la EGF è composta da forze di polizia a ordinamento militare in grado di intervenire in aree di crisi, sotto l'egida della NATO, dell'ONU, dell'UE, dell'OSCE o di coalizioni costituite ad hoc fra diversi Paesi;
    il comando del corpo è situato a Vicenza presso la caserma Chinotto, come i reparti del Centro di eccellenza per le Unità di polizia di stabilità (Center of Excellence for Stability Police Units, CoESPU),

impegna il Governo

a indicare le risorse finanziarie messe a disposizione per la partecipazione dell'Italia all'Eurogendfor.
9/2598-A-R/31. (Testo modificato nel corso della seduta) Basilio.


   La Camera,
   premesso che:
    da fonti di stampa si apprende che l'Italia si sarebbe impegnata a inviare un aerocisterna per rifornire in volo caccia Usa dedicati al bombardamento delle postazioni ISIS in Iraq;
    altre fonti di stampa ancora affermano che gli aerei AMX dell'Italia verrebbero impegnati nei bombardamenti al suolo per sostenere l'attività anti-ISIS dei Peshmerga e dell'esercito iracheno,

impegna il Governo

a non assumere ulteriori iniziative d'invio in Iraq di armi e militari oltre a quelli presenti nel decreto in esame, senza prima aver chiesto e ottenuto la preventiva autorizzazione del Parlamento.
9/2598-A-R/32Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    da fonti di stampa si apprende che l'Italia si sarebbe impegnata a inviare un aerocisterna per rifornire in volo caccia Usa dedicati al bombardamento delle postazioni ISIS in Iraq;
    altre fonti di stampa ancora affermano che gli aerei AMX dell'Italia verrebbero impegnati nei bombardamenti al suolo per sostenere l'attività anti-ISIS dei Peshmerga e dell'esercito iracheno,

impegna il Governo

a non assumere ulteriori iniziative d'invio in Iraq di armi e militari oltre a quelli presenti nel decreto in esame, senza prima aver dato preventiva comunicazione alle Camere o alle Commissioni competenti che adottano le conseguenti deliberazioni.
9/2598-A-R/32. (Testo modificato nel corso della seduta) Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame prevede l'invio di armi alle milizie curde tramite il governo della Repubblica dell'Iraq;
    il recente vertice di Parigi convocato per costituire una larga coalizione di Paesi in funzione anti-Isis ha registrato la defezione d'importanti Paesi come la Turchia e, a causa del veto posto dagli Usa e dall'Arabia Saudita, non è stato invitato l'Iran;
    l'esclusione dell'Iran appare quanto mai una decisione infelice anche alla luce del fatto che questo Paese non ha armato e sostenuto nel recente passato, al contrario di Usa e Arabia Saudita, le forze dell'Isis, né ha partecipato a vario titolo alle invasioni dell'Iraq che hanno contribuito a portare quel Paese al disastro attuale;
    Iran e Russia hanno sostenuto, in forza del diritto internazionale, che non è possibile bombardare parte del territorio siriano senza il consenso della Siria e senza un mandato del Consiglio di Sicurezza dell'Onu,

impegna il Governo

a chiedere nelle sedi opportune che ogni iniziativa sul territorio siriano della coalizione anti-Isis sia autorizzata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con il più largo consenso della comunità internazionale e che siano evitate iniziative unilaterali che possano mettere a rischio la compattezza stessa del fronte anti-Isis.
9/2598-A-R/33Frusone.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame autorizza a decorrere dal 1o luglio 2014 e fino al 31 dicembre 2014, le spese per la proroga di personale militare in diversi paesi tra i quali il Qatar;
    il Qatar, nel cui Paese dovrebbero tenersi i mondiali di calcio del 2022, è nel mirino di diverse organizzazioni per i diritti umani. Prima le denunce di Amnesty International, di Human Rights Watch, dell’International Trade Union Confederation (ITUC), poi gli ispettori della Building and Wood Workers’ International (BWI) e infine l'inviato speciale delle Nazioni Unite per i diritti dei migranti hanno documentato situazioni di palese violazione di alcuni diritti fondamentali della persona e del lavoratore; nel tentativo di salvarsi la faccia, l'emirato cerca di manipolare le missioni di ispettori venuti a Doha da tutto il mondo per verificare le condizioni dei lavoratori stranieri in Qatar, ma i risultati rimangono raccapriccianti;
    le autorità del Qatar hanno impedito che le organizzazioni per i diritti umani svolgessero la loro opera di monitoraggio ed ispettiva, consentendo loro solo visite «blindate», in cantieri e zone preventivamente ripulite e messe a norma;
    Atle Noie, segretario internazionale del sindacato norvegese Fellesforbundet, anche lui membro della missione della BWI a Doha, ha riassunto in poche parole le condizioni dei dormitori dei lavoratori stranieri in Qatar: bagni allagati, cucine devastate, condivisione di letti e persone che dormivano per terra;
    anche l'inviato speciale delle Nazioni Unite per i diritti dei migranti, François Crépeau, durante la sua missione a Doha ha deciso di visitare dei dormitori per lavoratori stranieri senza essere accompagnato da ufficiali governativi. Nel suo rapporto si legge di dormitori ridotti a discarica, problematiche nell'accesso all'acqua e stanze sovraffollate all'inverosimile;
    l'inviato speciale ONU ha potuto ispezionare anche dei campi detentivi, in particolare quelli in cui vengono detenute le donne che hanno avuto un figlio al di fuori del matrimonio o senza essere sposate. L'adulterio in Qatar è un reato e viene punito con la reclusione fino a un anno in carcere. «Queste donne vivono in prigione con i loro bambini in condizioni che sono una chiara violazione dei principi a tutela dell'infanzia» ha scritto Crépeau nel suo rapporto a conclusione della missione, richiedendo alle autorità modifiche radicale della legislazione in materia;
    il Qatar è uno dei paesi più ricchi del mondo a cui è stata riconosciuta la capacità di ospitare uno degli eventi sportivi internazionali più importanti, i Mondiali di calcio del 2022; tuttavia, la politica qatarina di sostegno a forze fondamentaliste (tra le quali l'ISIS, ora autoproclamatosi IS) è incompatibile con gli sforzi di pace che sono impliciti in un grande evento sportivo,

impegna il Governo:

   a condizionare la presenza del contingente militare in Qatar all'evolversi della situazione relativa ai diritti umani e democratici in quel Paese e all'interruzione del sostegno del governo qatarino alle forze jihadiste e integraliste;
   a intervenire sulle autorità del Qatar al fine di ottenere seri impegni per il rispetto dei diritti dei lavoratori impiegati nei cantieri del Mondiale 2022 e per una revisione della attuale legislazione che colpevolizza le donne.
9/2598-A-R/34Del Grosso.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 9 del decreto in esame autorizza la spesa di 1.300.000 di euro per iniziative a sostegno dei processi di pace e di rafforzamento della sicurezza in Africa subsahariana e in America centrale;
    tale somma appare irrisoria se effettivamente si vuole contribuire ai processi di pace in due aree così importanti di due continenti;
    sarebbe inoltre utile estendere questo sostegno italiano anche a Paesi come la Colombia, Paese verso il quale, nel primo processo di pace tra Bogotà e guerriglieri della FARC dei primi anni 2000, l'Italia svolse un ruolo di primo piano dando impulso ai «Paesi amici della Colombia»,

impegna il Governo:

   a prevedere, già nel prossimo decreto missioni, finanziamenti più adeguati a svolgere politiche di sostegno ai processi di pace e di rafforzamento della sicurezza dell'Africa subsahariana e in America centrale aggiungendovi inoltre la Colombia;
   a sostenere nelle opportune sedi internazionali – anche attraverso il rilancio del consesso dei Paesi «Amici della Colombia»- il processo di dialogo tra il governo colombiano e le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia-Ejercito del Pueblo (FARC-Ep) con il fine di contribuire al cammino verso la pace, la democrazia e la giustizia sociale per il popolo colombiano.
9/2598-A-R/35Di Battista.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 9 del decreto in esame autorizza la spesa di 1.300.000 di euro per iniziative a sostegno dei processi di pace e di rafforzamento della sicurezza in Africa subsahariana e in America centrale;
    tale somma appare irrisoria se effettivamente si vuole contribuire ai processi di pace in due aree così importanti di due continenti;
    sarebbe inoltre utile estendere questo sostegno italiano anche a Paesi come la Colombia, Paese verso il quale, nel primo processo di pace tra Bogotà e guerriglieri della FARC dei primi anni 2000, l'Italia svolse un ruolo di primo piano dando impulso ai «Paesi amici della Colombia»,

impegna il Governo:

   a prevedere, già nel prossimo decreto missioni, finanziamenti più adeguati a svolgere politiche di sostegno ai processi di pace e di rafforzamento della sicurezza dell'Africa subsahariana e in America latina;
   a sostenere nelle opportune sedi internazionali – anche attraverso il rilancio del consesso dei Paesi «Amici della Colombia»- il processo di dialogo tra il governo colombiano e le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia-Ejercito del Pueblo (FARC-Ep) con il fine di contribuire al cammino verso la pace, la democrazia e la giustizia sociale per il popolo colombiano.
9/2598-A-R/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Battista.


   La Camera,
   valutata la difficoltà economico-sociale che attraversa il nostro Paese e l'eccessiva pressione fiscale a danno di cittadini e imprese,

impegna il Governo

a prevedere, nel corso del graduale disimpegno internazionale dell'Italia da tutte le missioni che la vedono impegnata militarmente, ad alimentare, con il risparmio che ne deriverebbe, il Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale di cui al comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 e in particolare per interventi di riduzione dell'Irap che spesso viene pagata dalle imprese anche in presenza di una perdita di esercizio andando ulteriormente ad aggravarla.
9/2598-A-R/36Ruocco.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito delle alternative agli interventi militari armati, se pur definiti «di Pace» va facendosi strada la possibilità di interventi non armati e non violenti, con la costruzione di corpi civili di pace, detti anche «caschi bianchi». L'Italia e l'Europa hanno già approfondito la fattibilità dell'utilizzo di questo tipo di modello di difesa alternativa a quella armata;
    il Corpo Civile di Pace si configura come strumento civile permanente, composto di volontari e professionisti della società civile, finanziato e gestito da un'autorità centrale legittima (nel caso europeo una commissione esecutiva, nel caso nazionale un'agenzia pubblica), con compiti di:
     a) monitoraggio,
     b) interposizione,
     c) network building,
     d) confidence building,
     e) comunicazione;
    a livello europeo già da vari anni il Parlamento europeo ha approvato ordini del giorno e commissionato studi di fattibilità su un Corpo Civile di Pace. Nel 1999 ci fu una raccomandazione del Parlamento europeo del 10 febbraio 1999 sulla istituzione di un Corpo Civile di Pace europeo e la risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione europea del 13 dicembre 2001 per l'istituzione di un Corpo Civile di Pace europeo nell'ambito del meccanismo di reazione rapida;
    del 2004 è la redazione di due studi di fattibilità, il primo del Parlamento europeo, in gennaio, «On the European Civil Peace Corps» e il secondo della Commissione europea del novembre 2005 «On the Establishment of a European Civil Peace Corp»;
    in Italia, nel 2004, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha nominato un Comitato di consulenza per la Difesa civile non armata e non violenta (rinominato più volte);
    nel 2007 ci fu l'adozione del cosiddetto «strumento per la stabilità», funzionale a conferire organicità, effettività ed efficacia agli strumenti di intervento civile dell'Unione europea nei contesti di crisi e di conflitto;
    la Commissione europea ha effettuato nel 2006 uno studio di fattibilità sul Corpo Civile di Pace europeo cui, tuttavia, non ha fatto seguito alcun follow-up né alcuna indicazione agli Stati membri;
    nell'ambito del Tavolo per i Corpi Civili di Pace istituito nel 2007 ed operativo sino al 2008, con la fine della XV Legislatura, presso il Ministero degli affari esteri sono stati presentati due lavori sperimentali in questa direzione: 1) una ricerca-azione per il monitoraggio delle esperienze sviluppate; 2) azione di educazione alla pace in Italia, fruendo di canali di finanziamento differenziati, afferenti alle erogazioni degli enti locali e ai fondi presso il MAE;
    nel giugno 2012 è stato istituito il Tavolo ICP (Interventi Civili di Pace), sia attraverso il programma di costruzione di Corpi Civili di Pace in Kosovo sviluppato nell'ambito di IPRI – Rete CCP (2011-2012);
    il Corpo Civile di Pace resta definito come un contingente civile composto da personale civile non armato impegnato in contesti di conflitto, con un mandato che dipende sia dai livelli di escalation della violenza, sia dal compito attinente al contesto di destinazione;
    la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), all'articolo 1, comma 253, prevede l'istituzione in via sperimentale di un contingente di corpi civili di pace destinato alla formazione e alla sperimentazione della presenza di 500 giovani volontari da impegnare in azioni di pace non governative nelle aree di conflitto o a rischio di conflitto o nelle aree di emergenza ambientale autorizzando la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016,

impegna il Governo:

   a riattivare il Tavolo per i Corpi Civili di Pace istituito nel 2007 e operativo sino al 2008, presso il Ministero degli affari esteri;
   ad attivare, nelle aree previste dall'articolo 9 del decreto in esame, il personale di cui alla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), articolo 1, comma 253.
9/2598-A-R/37Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito delle alternative agli interventi militari armati, se pur definiti «di Pace» va facendosi strada la possibilità di interventi non armati e non violenti, con la costruzione di corpi civili di pace, detti anche «caschi bianchi». L'Italia e l'Europa hanno già approfondito la fattibilità dell'utilizzo di questo tipo di modello di difesa alternativa a quella armata;
    il Corpo Civile di Pace si configura come strumento civile permanente, composto di volontari e professionisti della società civile, finanziato e gestito da un'autorità centrale legittima (nel caso europeo una commissione esecutiva, nel caso nazionale un'agenzia pubblica), con compiti di:
     a) monitoraggio,
     b) interposizione,
     c) network building,
     d) confidence building,
     e) comunicazione;
    a livello europeo già da vari anni il Parlamento europeo ha approvato ordini del giorno e commissionato studi di fattibilità su un Corpo Civile di Pace. Nel 1999 ci fu una raccomandazione del Parlamento europeo del 10 febbraio 1999 sulla istituzione di un Corpo Civile di Pace europeo e la risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione europea del 13 dicembre 2001 per l'istituzione di un Corpo Civile di Pace europeo nell'ambito del meccanismo di reazione rapida;
    del 2004 è la redazione di due studi di fattibilità, il primo del Parlamento europeo, in gennaio, «On the European Civil Peace Corps» e il secondo della Commissione europea del novembre 2005 «On the Establishment of a European Civil Peace Corp»;
    in Italia, nel 2004, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha nominato un Comitato di consulenza per la Difesa civile non armata e non violenta (rinominato più volte);
    nel 2007 ci fu l'adozione del cosiddetto «strumento per la stabilità», funzionale a conferire organicità, effettività ed efficacia agli strumenti di intervento civile dell'Unione europea nei contesti di crisi e di conflitto;
    la Commissione europea ha effettuato nel 2006 uno studio di fattibilità sul Corpo Civile di Pace europeo cui, tuttavia, non ha fatto seguito alcun follow-up né alcuna indicazione agli Stati membri;
    nell'ambito del Tavolo per i Corpi Civili di Pace istituito nel 2007 ed operativo sino al 2008, con la fine della XV Legislatura, presso il Ministero degli affari esteri sono stati presentati due lavori sperimentali in questa direzione: 1) una ricerca-azione per il monitoraggio delle esperienze sviluppate; 2) azione di educazione alla pace in Italia, fruendo di canali di finanziamento differenziati, afferenti alle erogazioni degli enti locali e ai fondi presso il MAE;
    nel giugno 2012 è stato istituito il Tavolo ICP (Interventi Civili di Pace), sia attraverso il programma di costruzione di Corpi Civili di Pace in Kosovo sviluppato nell'ambito di IPRI – Rete CCP (2011-2012);
    il Corpo Civile di Pace resta definito come un contingente civile composto da personale civile non armato impegnato in contesti di conflitto, con un mandato che dipende sia dai livelli di escalation della violenza, sia dal compito attinente al contesto di destinazione;
    la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), all'articolo 1, comma 253, prevede l'istituzione in via sperimentale di un contingente di corpi civili di pace destinato alla formazione e alla sperimentazione della presenza di 500 giovani volontari da impegnare in azioni di pace non governative nelle aree di conflitto o a rischio di conflitto o nelle aree di emergenza ambientale autorizzando la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016,

impegna il Governo:

   a riattivare il Tavolo per i Corpi Civili di Pace istituito nel 2007 e operativo sino al 2008;
   ad attivare, nelle aree previste dall'articolo 9 del decreto in esame, il personale di cui alla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), articolo 1, comma 253, tenendo conto del lavoro del Governo sulla riforma del servizio civile e di quanto previsto dalla legge del 28 agosto 2014 n. 125.
9/2598-A-R/37. (Testo modificato nel corso della seduta) Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    la questione delle componenti dei vaccini somministrati e la modalità di somministrazione al personale militare, nonché il monitoraggio delle condizioni immunitarie dei soggetti osservati, è stata nella scorsa legislatura materia di indagine della Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale militare impiegato nelle missioni operative, non solo in territorio internazionale;
    nell'ambito dei lavori della Commissione succitata si è ipotizzato che determinate patologie invalidanti, contratte dal personale militare, potessero essere riferite ad una errata somministrazione dei vaccini;
   considerato che:
    recentemente una sentenza del Tribunale di Ferrara – Sezione Lavoro, ha riconosciuto il diritto al ricorrente alla corresponsione dell'assegno una tantum di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, condannando il Ministero della salute al pagamento in suo favore del relativo trattamento economico,

impegna il Governo

a verificare la corretta applicazione delle norme vigenti e di attivarsi per la proposta di una loro eventuale modificazione, soprattutto in riferimento ai soggetti – qualunque sia il loro status (militare o civili) ed il loro inquadramento gerarchico – che abbiano contratto patologie invalidanti nel corso di missioni operative ovunque esse siano state svolte.
9/2598-A-R/38Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    le Forze armate e le forze di polizia italiane sono impegnate, in diverse parti del pianeta, nell'addestramento di forze armate e forze di polizia di Paesi in via di stabilizzazione e per rafforzare i processi di pace;
    è necessario che questa importante attività addestrativa o di sostegno militare possa essere tracciata in modo da poter monitorare se gli intenti di stabilizzazione e pace siano stati effettivamente realizzati o se, invece, non si sia al contrario addestrato militari che poi hanno aderito a milizie non regolari e alimentato per questa via il terrorismo,

impegna il Governo

nell'ambito delle attività addestrative militari previste dal presente decreto-legge, per il personale straniero, a esclusione di quello dei Paesi aderenti alla Nato, a prescrivere la tracciabilità dei militari addestrati anche attraverso il prelievo dei propri dati biometrici (impronte digitali, Dna, iride, ecc..).
9/2598-A-R/39D'Uva, Tofalo.


   La Camera,
   premesso che:
    le Forze armate e le forze di polizia italiane sono impegnate, in diverse parti del pianeta, nell'addestramento di forze armate e forze di polizia di Paesi in via di stabilizzazione e per rafforzare i processi di pace;
    è necessario che questa importante attività addestrativa o di sostegno militare possa essere tracciata in modo da poter monitorare se gli intenti di stabilizzazione e pace siano stati effettivamente realizzati o se, invece, non si sia al contrario addestrato militari che poi hanno aderito a milizie non regolari e alimentato per questa via il terrorismo,

impegna il Governo

nell'ambito delle attività addestrative militari previste dal presente decreto-legge, per il personale straniero, a esclusione di quello dei Paesi aderenti alla Nato, a valutare l'opportunità di prescrivere la tracciabilità dei militari addestrati anche attraverso il prelievo dei propri dati biometrici (impronte digitali, Dna, iride, ecc..).
9/2598-A-R/39. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Uva, Tofalo.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Elementi in merito all'aumento del costo del farmaco Leukeran e iniziative per contrastare la periodica carenza di alcuni medicinali destinati alla cura di gravi patologie – 3-01021

   MANTERO, GRILLO, SILVIA GIORDANO, BARONI, CECCONI, DALL'OSSO, DI VITA e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi mesi numerosi articoli di stampa hanno evidenziato nel settore farmaceutico accordi di cartello, prezzi elevati dei farmaci e distribuzione di farmaci non sicuri da parte delle aziende farmaceutiche;
   in particolare, i farmaci antitumorali rappresentano una vera e propria ricchezza e risorsa per le aziende farmaceutiche, tanto che il dottor Domenico De Felice, medico opinionista di sanità sociale, in un suo post dichiara che per questi la materia prima aumenta fino ad un milione di volte quando diviene farmaco per il paziente, con un incasso nella filiera della produzione/distribuzione enorme che mal si concilia con la necessità obbligata per pazienti con problematiche cliniche al limite della vita;
   l'Italia è periodicamente interessata da periodi di mancanza o di difficile reperibilità di farmaci, quali, ad esempio: antidepressivi, farmaci per il disturbo dell'ansia generalizzata, per il dolore neuropatico, per l'ipertensione, antiepilettici, antiasmatici, farmaci per la cura del Parkinson, farmaci antitumorali ed altri;
   Federfarma ha più volte dichiarato che le case farmaceutiche producono farmaci in quantità sufficiente;
   una delle principali cause della carenza di farmaci è la cosiddetta esportazione parallela, ovvero acquistare farmaci in Italia dove i prezzi sono più contenuti e rivenderli all'estero con possibilità di guadagnare dal 20 per cento al 60 per cento rispetto al prezzo originale; i medicinali sui quali maggiormente si cerca il profitto sono i medicinali più innovativi, ad elevato valore terapeutico e quelli che non hanno un equivalente alternativo;
   un meccanismo, quello dell'esportazione parallela dovuto alla normativa dell'Unione europea, che ha disciplinato le esportazioni parallele, ed alla normativa vigente dal 2006, che ha dato la possibilità alle farmacie di essere anche grossisti;
   l'ennesima recente dimostrazione riguarda un antitumorale scomparso dal mercato italiano per molto tempo, il Leukeran dell’Aspen, il farmaco «nascosto» all'Italia, ad uso umano adoperato nel trattamento di linfomi non-Hodgkin e di adenocarcinomi ovarici, la cui distribuzione in Italia costava 7,13 euro la confezione da 25 compresse rivestite da 2 milligrammi, ma che veniva esportato all'estero, dove l'incasso, e quindi il costo per il cittadino, era maggiore, oppure veniva venduto on line a costi ancora più elevati ma privi di sicurezza e controlli;
   dal 1o aprile 2014 è stata ammessa la rinegoziazione del medicinale per uso umano Leukeran (clorambucile), ai sensi dell'articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, al prezzo al pubblico (iva inclusa) di euro 94,95, soggetto a prescrizione medica da rinnovare volta per volta (ricetta non ripetibile), dunque il costo della stessa confezione è aumentato da 7,13 euro a 94,95 euro, anche se, essendo in classe A, è a totale carico dello Stato con eventuale ticket;
   agli interroganti appare spropositato, nel caso del Leukeran un aumento così elevato del costo, che costituirà un ulteriore onere per il servizio sanitario nazionale, se la molecola è rimasta la stessa e l'azienda non ha dovuto fare nessun esborso aggiuntivo in relazione a studi clinici o per l'autorizzazione alla immissione in commercio che risale al 2000 –:
   per quale ragione l'Agenzia italiana del farmaco abbia approvato l'aumento e la rinegoziazione del costo del farmaco Leukeran in data 17 marzo 2014, quali siano i motivi alla base dell'aumento del costo del farmaco medesimo e, più in generale, quali siano le iniziative intraprese per evitare la periodica carenza di farmaci e quale sia l'efficacia delle stesse. (3-01021)


Iniziative volte a ridurre le disuguaglianze nell'accesso alla diagnosi e al trattamento della malattia di Parkinson – 3-01022

   GIGLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Parkinson è una patologia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge principalmente alcune funzioni, quali il controllo dei movimenti e dell'equilibrio, ed è considerata la più frequente tra le malattie rientranti nel gruppo dei «disordini del movimento». Quando, a seguito della perdita di neuroni, i livelli di dopamina si riducono di oltre il 60-80 per cento compaiono i sintomi della malattia, sintomi motori e sintomi non motori. I sintomi non motori possono diventare rilevanti nelle fasi più avanzate, assumendo un ruolo determinante sulla disabilità e sulla qualità della vita del paziente e della famiglia;
   si stima che attualmente in Italia 230.000 persone siano affette da parkinsonismo, di cui due terzi presentano la malattia di Parkinson, mentre gli altri sono affetti dai cosiddetti parkinsonismi, quali atrofia multisistemica, paralisi sopranucleare progressiva e degenerazione corticobasale. Le patologie neurodegenerative aumentano con l'età, per cui si prevede che, con il progressivo invecchiamento della popolazione, entro il 2030 il numero di persone affette da parkinsonismo raddoppi, raggiungendo quasi mezzo milione;
   l'esordio della malattia avviene mediamente in età lavorativa, intorno ai 55-60 anni, ma la malattia di Parkinson può comparire a qualsiasi età. In circa il 5 per cento dei casi, soprattutto quando vi è una componente ereditaria, compare in età giovanile, anche tra i 20 e 40 anni. Un esordio prima dei 20 anni è molto raro;
   la malattia di Parkinson si colloca in terza posizione, fra 35 patologie oggetto di analisi dei dati di health search 2010-2011, per numero di contatti/paziente/anno con un valore di 7,86 subito dopo le malattie ischemiche del cuore (8,47) e il diabete mellito di tipo II (8,06), precedendo tutte le altre patologie, molte delle quali hanno notoriamente una prevalenza superiore nella popolazione generale (fibrillazione atriale 7,64; scompenso cardiaco congestizio 6,82; ipertensione non complicata 6,70 e così via);
   la diagnosi è essenzialmente clinica, viene effettuata in base all'anamnesi (storia clinica), ai sintomi ed al loro andamento nel tempo. Nei primi anni di malattia la diagnosi non è facile. In caso di sintomi non ben definiti il paziente, soprattutto nelle prime fasi di malattia, viene erroneamente inviato ad altri specialisti (ortopedico, fisiatra e altri) prima dell'invio ad un neurologo esperto. Infatti, i tempi necessari per ottenere una diagnosi di malattia di Parkinson sono in media di 16,8 mesi;
   ad oggi non esiste un trattamento risolutivo, la terapia farmacologica è essenzialmente una terapia sintomatica che ha lo scopo di ovviare alla carenza di dopamina. La terapia deve essere il più possibile personalizzata ed impostata in base alle caratteristiche del paziente. Non esistono, infatti, linee guida univoche sul trattamento della fase iniziale, a sottolineare come non esista una terapia standardizzata, idonea per tutti i pazienti;
   la velocità della progressione della malattia varia considerevolmente da paziente a paziente. Con le terapie moderne i pazienti parkinsoniani, soprattutto quelli con esordio giovanile, possono vivere a lungo e convivere con la malattia per 30 anni e oltre;
   la gestione del paziente si modifica in funzione della storia naturale della malattia, in fase precoce, intermedia o avanzata, e in relazione all'associazione di sintomi non motori che appaiono determinanti, soprattutto nelle fasi più avanzate, per la disabilita e la qualità della vita del paziente;
   la malattia di Parkinson, in quanto fortemente invalidante, ha elevati costi diretti sanitari ed indiretti, sia a carico del paziente sia a carico dei familiari che se ne prendono cura (ad esempio, esami diagnostici, trasferimento del malato, visite e terapie di supporto ed altro). I costi del trattamento aumentano con la progressione della patologia, la presenza di discinesie, di fluttuazioni motorie, di sintomi non motori e l'aumento del tempo in «off»;
   un paziente affetto da Parkinson in stadio avanzato (caratterizzato da discinesie ed elevata percentuale del tempo in «off») costa al servizio sanitario nazionale circa 73.303,84 euro all'anno comprensivi di costi diretti sanitari, costi indiretti e assistenza specializzata;
   la «Carta dei diritti del parkinsoniano» presentata dall'Associazione italiana Parkinson presso la Camera dei deputati l'8 maggio 2014; individua tre categorie di problemi cui vanno incontro i malati di Parkinson e le relative famiglie: la difficoltà a ottenere in tempi ragionevoli e senza spostamenti troppo gravosi diagnosi accurata e impostazione e gestione nel tempo della terapia presso centri o reti specializzate; la difficoltà a ottenere servizi di sostegno sociale e socio-sanitario adeguati a compensare per quanto possibile la perdita di autonomia e di qualità della vita; la carenza di risorse per la ricerca scientifica finalizzata a combattere la malattia e i suoi esiti invalidanti;
   la stessa «Carta dei diritti del parkinsoniano» chiede ai decisori politici di: avere una visione a 360 gradi della malattia di Parkinson; riqualificare e potenziare l'offerta territoriale di servizi sanitari e socio-sanitari per ridurre le diseguaglianze nell'accesso alla diagnosi, al trattamento e alla gestione della malattia di Parkinson; identificare delle strutture ospedaliere di riferimento che consentano un più rapido accesso alle cure per i pazienti con malattia di Parkinson e, in particolare, nei pazienti in stadi più avanzati della malattia; migliorare e riqualificare il finanziamento per la ricerca scientifica nell'ambito delle malattie neurodegenerative; favorire la formazione e la sensibilizzazione agli specifici problemi della malattia di Parkinson del personale sanitario e dei servizi sociali, oltre che degli amministratori di enti locali e dei componenti di tutti gli organi di decentramento; coinvolgere e recepire le indicazioni dei malati e delle loro famiglie;
   sebbene una delle priorità del servizio sanitario nazionale sia quella di offrire al paziente un modello di assistenza che garantisca appropriatezza terapeutica e continuità assistenziale, è assente un documento nazionale programmatorio specifico per la malattia di Parkinson, né la stessa è oggetto di specifica attenzione nei documenti di programmazione più recentemente approvati, quali il piano sanitario nazionale 2006-2008 e il piano nazionale di prevenzione 2010-2012 –:
   quali siano le iniziative di competenza che intende intraprendere per ridurre le diseguaglianze sul territorio nell'accesso alla diagnosi, nel trattamento e nella gestione della malattia di Parkinson durante tutta la sua evoluzione, ad esempio mediante la definizione di percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, anche identificando delle strutture ospedaliere di riferimento che consentano un più rapido accesso alle cure per i pazienti con malattia di Parkinson e, in particolare, nei pazienti in stadi più avanzati della malattia. (3-01022)


Chiarimenti in merito all'eventuale decremento delle risorse del Fondo sanitario nazionale e iniziative per modulare le riduzioni di spesa sulla base dei costi standard – 3-01023

   GUIDESI, MARCO RONDINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e SIMONETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo indiscrezioni di stampa la manovra di finanza pubblica per il 2014 dovrebbe prevedere un taglio delle risorse per ciascun ministero dell'ordine del 3 per cento. Nel caso del Ministero della salute non è ancora chiaro se si tratti di un taglio ai costi di funzionamento del Ministero stesso o se la percentuale annunciata sia da riferirsi anche all'intero fondo sanitario nazionale;
   questa seconda ipotesi ha creato il prevedibile allarme, soprattutto perché nulla di concreto è stato fatto dal Governo per chiarire quale sarà il metodo di revisione della spesa applicato per raggiungere l'obbiettivo di taglio, salvo generici e ormai abusati e vaghi riferimenti al taglio degli sprechi;
   sul riparto del fondo sanitario nazionale il percorso di applicazione dei costi standard avrebbe dovuto essere completato a partire dal 2014; di fatto, circa il 10 per cento del fondo dovrebbe essere ripartito sulla base di meccanismi premiali e di virtuosità tra gli enti regionali;
   da quest'anno per tutta la ripartizione della restante parte del fondo saranno prese in considerazione le tre regioni che la conferenza Stato-regioni ha deciso di assumere a modello: Umbria, Emilia-Romagna e Veneto. In particolare, è stato calcolato il costo medio pro capite sanitario delle tre regioni di riferimento; questo numero è stato poi moltiplicato per la popolazione pesata delle singole regioni, suddividendo poi i risultati per singoli livelli essenziali di assistenza;
   quello che viene, dunque, proposto come applicazione dei costi standard è in realtà un concetto utilizzato ingannevolmente: nulla a che vedere con il costo del prodotto o del servizio sanitario. Nella sostanza l'espressione costi standard utilizzata dal Governo si riferisce a quanto le regioni pagano, di fatto, oggi per erogare servizi sanitari ai loro cittadini. L'assunzione delle regioni benchmark, benché quelle con i bilanci più sani, sono un punto di riferimento di spesa attuale e non standard, fatta all'unico scopo di decidere come suddividere il fondo sanitario nazionale (stabilito come ammontare disponibile e non come cifra necessaria) tra le varie regioni, senza alcuna garanzia che la spesa venga usata in modo efficiente, né alcuna garanzia di omogeneità nella spesa, a parità di servizio;
   senza una definizione reale del costo standard per beni, servizi e funzioni della sanità il taglio lineare paventato rischia di mettere in discussione il sistema di assistenza sanitaria dell'intero Paese, indistintamente per regioni virtuose o meno, per realtà efficienti e meno efficienti –:
   se il taglio di risorse previsto per il Ministero della salute riguarderà anche il fondo sanitario nazionale e come si intenda agire per ottenere un riparto del taglio basato su costi standard calcolati in termini di efficienza, in modo da superare definitivamente il criterio della spesa storica. (3-01023)


Intendimenti del Governo in merito alle risorse da destinare all'implementazione del processo civile telematico – 3-01024

   DORINA BIANCHI e PAGANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 30 giugno 2014 è divenuto obbligatorio il processo civile telematico per tutti i procedimenti per decreto ingiuntivo e per tutte le memorie endo-procedimentali nelle cause civili di nuova iscrizione, in seguito ad un confronto con i rappresentanti delle diverse componenti del settore della giustizia civile, coinvolte nei lavori di un «tavolo permanente»;
   indubbiamente si tratta di uno strumento dalla grande portata innovativa: in primo luogo perché consente di perseguire lo scopo di una significativa riduzione dei tempi di trattazione delle cause ed inoltre perché si inserisce nell'obiettivo complessivo di una sempre maggiore informatizzazione del sistema giudiziario –:
   quante risorse il Governo intenda destinare all'implementazione del processo civile telematico ed al suo ulteriore dispiegamento, nella ragionevole aspettativa che il Governo prosegua nel metodo adottato con il «tavolo permanente» anche nella gestione e nella verifica del funzionamento del processo civile telematico su cui ci si aspettano precise rassicurazioni. (3-01024)


Elementi in merito alla creazione di un nuovo marchio per i prodotti agroalimentari italiani e ai possibili effetti negativi dello stesso sulle produzioni tutelate da altri marchi di qualità – 3-01025

   RUSSO, FAENZI e PALESE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   i prodotti agricoli italiani scontano una crisi economica senza precedenti, cui si aggiunge la contingenza talvolta delle condizioni atmosferiche avverse e talaltra dell'embargo russo;
   le eccellenze agroalimentari del nostro Paese sopravvivono alle difficoltà perché testimonial di valori esclusivi come la qualità, la tradizione ed il forte potere evocativo dei singoli luoghi di produzione;
   numerosissime sono le aziende che hanno investito risorse nei marchi dop, igp, stg, doc e docg che sono riconosciuti dall'Europa e che rappresentano una garanzia di genuinità, tracciabilità e provenienza specifica;
   sugli agricoltori italiani incombe come un macigno la suggestiva idea che il Governo avrebbe avuto, quella cioè di promuovere con oltre 220 milioni di euro un ennesimo marchio, che si aggiungerebbe a quelli esistenti;
   sembra, quindi, che per sconfiggere il fenomeno noto come italian sounding si è pensato ad un ulteriore marchio, il cui titolo provvisorio sarebbe l'inglesissimo italian original;
   il risultato sarà la solita giostra di risorse dispensate a mediatori vari ed improvvisati e, soprattutto, concorrenza tra gli stessi operatori italiani e tanta confusione, in particolare nei confronti di quelle migliaia di aziende che viceversa hanno creduto nelle dop e nelle igp, garantendo qualità, tracciabilità e territorio;
   nella migliore delle ipotesi, senza considerare i dubbi in merito alla compatibilità con la legislazione europea, si tratterà di un altro regalo parassitario ad un pezzo di un'industria aspecifica di trasformazione di prodotti che giungono dall'estero e deprimono l'agricoltura e le tradizioni italiane;
   se negli Stati Uniti si promuove con i fondi italiani la mozzarella di bufala a marchio italian original, ma viene prodotta con cagliata ucraina oppure se si sponsorizza il vino, sempre italian original, pur essendo a basso costo, ci si chiede che fine faranno la mozzarella di bufala campana dop o i tanti vini a marchio, o il parmigiano reggiano dop. Il rischio è quello di esporre prestigiosi prodotti di eccellenza e più specificatamente quelli a marchio (dop, igp, stg, doc e docg), quali, per esempio, la mozzarella di bufala campana, il parmigiano reggiano ed il prosciutto di Parma, la cui qualità è universalmente riconosciuta e ammirata, al riconoscimento abbinato tra la tipicità e la genericità, con ricadute economiche negative e penalizzanti proprio per quelle filiere che tante difficoltà incontrano nei mercati stranieri per mantenere affidabilità e quote di mercato; tanti rischi e nessun aiuto alle imprese che assumono ogni iniziativa all'estero per sbarcare il lunario e consolidare la loro presenza sui mercati, nessun aiuto sul piano del commercio illegale e sul fronte della concorrenza sleale, nessun aiuto tecnico giuridico nel contrastare l’italian sounding –:
   se sia vero che è stato ideato il marchio italian original e se si sia valutato l'impatto che questo avrebbe, se adeguatamente promosso con 220 milioni di euro, a danno dei prodotti a marchio, che da soli valgono oltre 7 miliardi di euro di fatturato ed una storia di qualità e tracciabilità. (3-01025)


Intendimenti del Governo in ordine alle ricadute ambientali e paesaggistiche del progetto Trans Adriatic Pipeline (TAP), con particolare riferimento alla localizzazione del terminale di ricezione del gas – 3-01026

   PANNARALE, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, DANIELE FARINA, FERRARA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il progetto Trans Adriatic pipeline (TAP) – in base all'accordo siglato ad Atene in data 13 febbraio 2013 dalla Repubblica di Albania, la Repubblica greca e la Repubblica italiana – prevede la costruzione di un gasdotto lungo 871 chilometri finalizzato al trasporto di gas naturale dalla regione caspica alla costa meridionale della Puglia, con attraversamento dei territori greco (510 chilometri), albanese (151 chilometri) e il passaggio nel Mar adriatico;
   il percorso del gas, trasportato mediante una condotta in acciaio, prevede una competenza italiana di circa 50 chilometri, di cui 45 offshore e 8 onshore. Quest'ultimo tratto di condotta dovrebbe concludersi presso il terminale di ricezione del gas da ubicare, come da progetto, nella località turistica di San Foca, in prossimità del comune di Melendugno (Lecce);
   la capacità iniziale di gas viene quantificata in 10 miliardi di metri cubi per anno, potenzialmente espandibili, senza precisazioni su tempi e modalità, a 20 miliardi;
   il Gruppo parlamentare di Sinistra, ecologia e libertà ha ripetutamente espresso la propria contrarietà al progetto in sede di ratifica dell'accordo tra la Repubblica greca e la Repubblica italiana sul progetto Trans Adriatic pipeline;
   la regione Puglia e, più in generale, le istituzioni locali hanno comunicato in diverse occasioni la propria contrarietà al progetto;
   la regione Puglia, già attraverso la deliberazione della giunta regionale n. 1805 del 18 settembre 2012, aveva espresso un giudizio negativo di compatibilità ambientale in merito al primo progetto Trans Adriatic pipeline presentato nel marzo del 2012, per il quale anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio aveva richiesto corpose integrazioni; i termini assegnati erano stati oggetto di numerose proroghe e la variante al progetto è stata presentata solamente nel settembre 2013;
   la regione Puglia ha avviato un percorso partecipato di valutazione del progetto Trans Adriatic pipeline, conclusosi a Lecce nel dicembre 2013. Tale percorso ha reso evidente la forte contrarietà degli enti locali, di numerose associazioni ambientaliste e stakeholder (pesca e turismo) alla realizzazione del gasdotto, in particolare in relazione al previsto approdo nella località di San Foca;
   il comitato regionale di valutazione di impatto ambientale ha espresso, nella seduta del 14 gennaio 2014, parere negativo alla realizzazione del progetto proposto dalla Trans Adriatic pipeline, basandosi sui numerosi pareri, osservazioni e contributi pervenuti. Il comitato ha segnalato la totale assenza, nello studio di impatto ambientale presentato dalla società, di riferimenti all'infrastruttura necessaria per il trasporto del gas nella rete nazionale, in riferimento al collegamento Vernole-Mesagne (Lecce-Brindisi), da realizzarsi a cura di Snam rete gas (si tratta di oltre 20 chilometri di rete); inoltre, veniva rilevata la mancanza di una puntuale disamina della totalità dei soggetti che avrebbero potuto subire impatti negativi dalla realizzazione dell'opera, nonché una scarsa considerazione degli impatti sull'economia locale, di natura fortemente turistica, in particolare per ciò che concerne la qualità delle acque di balneazione in fase di cantiere e di esercizio; ulteriori contrasti venivano riscontrati con le normative di tutela del paesaggio relative all'attraversamento delle dune a ridosso della linea di costa. Il comitato ha, inoltre, stigmatizzato l'esclusione delle alternative progettuali riferite a diversi approdi, sulla scorta di valutazioni poco oggettive e scarsamente condivisibili, in particolare in relazione alla città di Brindisi, considerata non adatta per una generica mancata previsione negli strumenti urbanistici;
   ancora oggi pende un contenzioso tra la regione Puglia e la Trans Adriatic pipeline, in relazione al ricorso straordinario presentato dalla suddetta società al Presidente della Repubblica per l'annullamento della nota del 30 aprile 2014, prot. 0001790. Tale atto prevede, infatti, l'assoggettamento del terminale di ricezione del gasdotto al decreto legislativo n. 334 del 1999 di attuazione della direttiva 96/82/CE, relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, nota anche come «direttiva Seveso II». In tal senso il Servizio rischio industriale della regione Puglia sostiene che, pur non rientrando la condotta sottomarina nel campo di applicazione della normativa, lo stesso non possa dirsi per il terminale di ricezione, che detiene un quantitativo di gas superiore alle soglie previste;
   il 29 agosto 2014 la Commissione nazionale di valutazione di impatto ambientale ha espresso parere favorevole al progetto della Trans Adriatic pipeline; tuttavia, le informazioni relative all'atto non risultano ancora disponibili e quelle reperibili non sono esaurienti;
   in concomitanza con la trasmissione del parere favorevole della Commissione nazionale di valutazione di impatto ambientale, il Presidente del Consiglio dei ministri ha annunciato il via libera al gasdotto, non tenendo conto delle numerose prescrizioni che la Commissione stessa ha posto come condizione allo sviluppo del progetto; in tal modo, il Presidente del Consiglio dei ministri ha, di fatto, trasformato una valutazione tecnica in un provvedimento politico. Ad avvalorare tale considerazione contribuisce la dichiarazione del medesimo relativa alla sua visita ufficiale, in data 20 settembre, a Baku (Azerbaijan);
   contrariamente al giudizio favorevole della Commissione nazionale di valutazione di impatto ambientale, la direzione generale dei beni per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanea del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ha espresso parere tecnico istruttorio negativo alla richiesta di compatibilità ambientale presentata da Trans Adriatic pipeline, in relazione all'alto valore paesaggistico dell'area, dichiarata di notevole interesse pubblico. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo sottolinea, infatti, l'estrema importanza del paesaggio agrario del Salento, territorio particolarmente pregevole e altamente significativo per stato di integrità, valore testimoniale e profondità storica, la cui configurazione si fonda sulla «trama agraria» disegnata dalle «chiusure» realizzate in pietra a secco e dal mosaico continuo dei diversificati sesti di impianto degli uliveti, con presenza di numerosi esemplari aventi caratteristiche monumentali. In un tale contesto, un'opera come quella presentata nel progetto della Trans Adriatic pipeline creerebbe un complesso di natura industriale sproporzionato e incongruo con la natura agraria del sito –:
   quali siano gli intendimenti del Governo a fronte delle criticità emerse in sede istruttoria, ed in particolare alla luce dei rilievi del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, degli enti locali e della regione Puglia, con specifico riferimento all'inadeguatezza dell'approccio metodologico adottato in sede di ponderazione delle ricadute ambientali e paesaggistiche delle varie soluzioni localizzative, anche in ordine all'evidenziata inadeguatezza dell'approdo di San Foca scelto dalla società, nonché all'applicazione delle tutele previste dalla normativa «Seveso» in relazione alla valutazione dei rischi incidentali. (3-01026)


Elementi e iniziative in merito ai ritardi nella definizione della procedura di valutazione di impatto ambientale relativa al potenziamento infrastrutturale dell'aeroporto Gino Lisa di Foggia – 3-01027

   DI GIOIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'annosa vicenda della piena operatività dell'aeroporto «Gino Lisa» di Foggia ha assunto, al di là delle formali dichiarazioni di buona volontà, quelli che all'interrogante appaiono i toni della farsa;
   da anni le istituzioni locali, i cittadini, gli operatori economici richiedono che si dia il via al potenziamento infrastrutturale del territorio a partire proprio dall'aeroporto «Gino Lisa»;
   da mesi la commissione tecnica per la valutazione di impatto ambientale-valutazione ambientale strategica del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è impegnata nella stesura dell'istruttoria tecnica relativa alla procedura di valutazione di impatto ambientale;
   da quanto si apprende la stessa commissione avrebbe richiesto ulteriore documentazione all'Enav e questo prolungamento dei tempi, dopo anni di ritardi e rinvii, sta suscitando una forte preoccupazione tra le popolazioni locali, che, per l'ennesima volta, si vedrebbero sottratta un'opera strategica per la ripresa economica dell'intera provincia;
   in questo modo l'arretratezza delle infrastrutture di mobilità, che, da sempre, rappresenta un pesante handicap con il quale questo territorio deve fare i conti, continuerà a impedire agli operatori economici di poter competere, ad armi pari, con altre realtà produttive del Paese;
   nei fatti si impedisce alla provincia di Foggia e alla Capitanata di sviluppare il potenziale turistico e turistico-religioso che potrebbe fungere da volano per la ripresa e lo sviluppo, così come è stato denunciato, più volte, anche dalla stessa camera di commercio e dall'Associazione industriali della città di Foggia;
   d'altra parte, la dinamica dei ritardi che si sono accumulati negli anni sembrerebbe dimostrare una volontà politica tesa ad impedire il rilancio del territorio e ciò sarebbe in netto contrasto con quella necessità di «puntare» sul Mezzogiorno come asse strategico della ripresa economica del Paese –:
   quali siano le motivazioni dell'assurdo ritardo da parte della commissione tecnica per la valutazione di impatto ambientale-valutazione ambientale strategica del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e come si intenda operare affinché si accelerino tali procedure al fine di non lasciare inevase le giuste aspettative delle popolazioni e delle forze produttive del territorio, che puntano su quest'opera per rilanciare un'economia strutturalmente depressa, soprattutto a causa della cronica mancanza di opere infrastrutturali. (3-01027)


Iniziative volte a promuovere un'interpretazione della normativa in tema di pensione di reversibilità che assicuri pienamente il diritto allo studio dei figli superstiti – 3-01028

   TINAGLI e GALGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 13 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, così come modificato dall'articolo 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218, recante misure inerenti al riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, dispone che: «Nel caso di morte del pensionato o dell'assicurato, sempreché per quest'ultimo sussistano, al momento della morte, le condizioni di assicurazione e di contribuzione di cui all'articolo 9, n. 2, lettere a) e b), spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che, al momento della morte del pensionato o dell'assicurato, non abbiano superato l'età di 18 anni e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi»;
   per i figli superstiti che risultino a carico del genitore al momento del decesso e non prestino lavoro retribuito, il limite di età è elevato a 21 anni qualora frequentino una scuola media professionale e per tutta la durata del corso legale, ma non oltre il 26o anno di età, qualora frequentino l'università;
   ai fini del diritto alla pensione ai superstiti, i figli in età superiore ai 18 anni e inabili al lavoro, i figli studenti, i genitori, nonché i fratelli celibi e le sorelle nubili permanentemente inabili al lavoro, si considerano a carico dell'assicurato o del pensionato se questi, prima del decesso, provvedeva al loro sostentamento in maniera continuativa;
   la ratio della norma è quella di consentire ad un figlio superstite di non vedere ridimensionate le proprie capacità, ma soprattutto di non vedere pregiudicate le possibilità di completare gli studi, fino al conseguimento della laurea nonostante la morte del genitore;
   la norma si riferiva ad un periodo storico in cui il massimo titolo conseguibile era, appunto, la laurea, non essendo all'epoca ancora intervenute le riforme che hanno introdotto molteplici tipologie di titoli universitari (laurea triennale, specialistica, master e altro). La norma, quindi, non prevedeva periodi di interruzione degli studi universitari inevitabili nel passaggio da un corso universitario all'altro;
   l'evoluzione dei percorsi di studio sopra indicati, accompagnata da un'interpretazione restrittiva della norma, può generare situazioni di disagio ed ingiustizia sociale, che penalizzano giovani studenti che perdono il padre nel periodo di transizione da un corso/titolo di studi al successivo; è questo il caso di J.C., che nel marzo 2013, qualche settimana dopo la laurea triennale e prima dell'iscrizione alla laurea specialistica, perde il padre. L'Inps di Gubbio assicura la famiglia che il ragazzo, all'epoca ventitreenne, avrebbe avuto diritto alla pensione di reversibilità;
   nella primavera/estate 2013 il ragazzo ha proceduto con i necessari adempimenti e accertamenti, per iscriversi alla laurea al corso specialistico in inglese e spagnolo presso l'Università di Alicante, dove si è immatricolato il 5 agosto 2013, e al suo ritorno, in data 27 agosto 2013, ha inoltrato la richiesta di pensione, presentando il documento di laurea di Perugia e quello di immatricolazione ad Alicante, dove lo studente si è trasferito nel mese di settembre 2013 per poter iniziare a frequentare i corsi;
   a distanza di diversi mesi e dopo diverse sollecitazioni all'Inps, successive alla richiesta della pensione di reversibilità da parte del ragazzo e della madre, vista la sussistenza dei requisiti necessari (figlio naturale che alla data del decesso del padre era fiscalmente a carico dello stesso), dal momento che la pensione di reversibilità non veniva attribuita, la madre del ragazzo con raccomandata ha inviato all'attenzione dell'Inps ulteriore sollecito della richiesta di pensione di reversibilità a favore del figlio, non ancora ventiseienne, studente presso l'Università di Alicante (Spagna);
   dopo diverse richieste, la madre ha ottenuto dai funzionari Inps la risposta che non sussisterebbe il diritto alla pensione, in quanto alla data del decesso del padre J.C. non era iscritto a nessuna scuola o università, dunque non era studente;
   lo studente J.C. ha seguito un percorso universitario obbligato: ha conseguito nei tempi più brevi e con profitto la laurea triennale e ha espletato le formalità necessarie nei mesi successivi per potersi iscrivere alla laurea specialistica;
   al momento della morte del padre si trovava tra un ciclo e l'altro del suo percorso universitario, dunque in quel momento non avrebbe potuto in nessun caso essere iscritto. Il ragazzo sta proseguendo con sacrifici i suoi studi ad Alicante, che sarà tuttavia costretto ad interrompere in caso di mancata corresponsione della pensione di reversibilità –:
   quali urgenti iniziative intenda porre in essere per ovviare ad un'interpretazione della norma descritta in premessa ormai superata e non rispondente ai percorsi di studi previsti oggi dall'ordinamento italiano, che non premia il merito dei giovani e penalizza quelli già colpiti da gravi situazioni familiari. (3-01028)


Iniziative finalizzate a superare le criticità determinate dal sistema di penalizzazioni per l'accesso alla pensione anticipata introdotto dall'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 – 3-01029

   GNECCHI, ALBANELLA, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, DELL'ARINGA, FARAONE, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GREGORI, GRIBAUDO, INCERTI, MAESTRI, MARTELLI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, ROTTA, SIMONI, ZAPPULLA, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come noto, il comma 10 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 («decreto salva-Italia»), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto nuovi requisiti per l'accesso alla pensione anticipata, prevedendo, tra l'altro, l'introduzione di un sistema di penalizzazioni che si attiva qualora gli aventi diritto – gli uomini con un'anzianità contributiva di almeno 42 anni e 1 mese e le donne di almeno 41 anni e 1 mese – anticipino l'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni, pari a una riduzione di 1 punto percentuale del trattamento pensionistico per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto alla predetta soglia anagrafica e di 2 punti per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni;
   l'articolo 6, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, ha successivamente stabilito la non applicabilità delle predette penalizzazioni ai soggetti che maturano il requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora questa derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, prevedendo solo alcune deroghe quali quelle per i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per L'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria;
   tale quadro normativo finisce per determinare la paradossale conseguenza di penalizzare diverse categorie di soggetti che maggiormente rischiano di subire gli effetti più pesanti di tale meccanismo di decurtazione dell'assegno pensionistico, quali i cosiddetti «precoci» o alcune categorie di lavoratori che in virtù delle particolari condizioni di esecuzione della loro attività lavorativa sono stati riconosciuti meritevoli di apposite disposizioni di tutela, quali i lavoratori che svolgono lavori usuranti o i lavoratori che sono stati esposti per periodi prolungati all'amianto;
   sembrerebbe paradossale che proprio i lavoratori che si trovano a vivere condizioni di maggior fatica e pericolo per la loro salute debbano essere maggiormente penalizzati economicamente per l'effetto dell'applicazione di divergenti disposizioni di legge, ovvero quelle che, da una parte, prevedono delle specifiche anticipazioni dei requisiti anagrafici e, dall'altra, quelle dell'articolo 24, comma 10, del richiamato decreto-legge n. 201 del 2011, che prevedono una decurtazione dell'assegno pensionistico qualora si vada in pensione prima del compimento dei 62 anni;
   per porre rimedio a tale evidente incongruenza delle richiamate disposizioni, in occasione dell'esame del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, si era provveduto a riformulare il disposto del citato articolo 6, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, escludendo, in via generale e senza illogiche distinzioni, l'applicazione delle penali a tutti i soggetti che avrebbero maturato il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017;
   tale intervento correttivo è stato ipotizzato, tenendo conto dei calcoli elaborati dall'Inps relativi ai potenziali beneficiari e ai relativi oneri finanziari. Tuttavia, su tali dati si è registrata una diversa valutazione da parte della Ragioneria generale dello Stato che ha determinato il Governo a espungere tale disposizione, insieme ad altre, nel corso dell'esame da parte dell'altro ramo del Parlamento;
   a prescindere dal ripetersi di situazioni in cui si sono registrate diverse valutazioni tra i diversi enti e organi dello Stato circa gli effetti delle misure in materia previdenziale, si deve rimarcare la mancata soluzione di un problema che, pur essendo stato segnalato sin dalle prime fasi di esame del decreto-legge «salva-Italia», determina una palese ingiustizia a fronte di risparmi piuttosto esigui e aleatori, soprattutto se valutati alla luce della portata finanziaria della manovra operata sul sistema previdenziale del nostro Paese –:
   se non ritenga opportuno, nel quadro di un intervento più organico che ponga rimedio ai problemi più evidenti scaturiti a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, già in occasione del prossimo disegno di legge di stabilità, trovare una specifica soluzione al tema delle penalizzazioni previste dal comma 10 dell'articolo 24 del medesimo decreto, sulla falsa riga di quanto proposto alla Camera dei deputati, in occasione dell'esame del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.
(3-01029)


Iniziative per estendere l'ambito di applicazione del programma «Garanzia giovani» a coloro che abbiano un'età compresa tra i 15 e i 29 anni e siano inseriti in percorsi scolastici, formativi o universitari e per assicurare il regolare ed efficace svolgimento del programma medesimo – 3-01030

   TAGLIALATELA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Europa ha individuato nella disoccupazione giovanile una priorità e con la raccomandazione europea 2013/C120/01 del 22 aprile 2013 ha previsto l'istituzione del programma «Garanzia giovani», in base al quale politici e tecnici sono chiamati a rispondere alle difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro dei ragazzi con tempi e modi uniformi e omogenei, sia nei territori nazionali sia in ambito europeo;
   il programma «Garanzia giovani» (Youth guarantee) prevede l'erogazione di finanziamenti in favore dei Paesi membri dell'Unione europea con tassi di disoccupazione superiori al 25 per cento che saranno investiti in politiche attive di orientamento, istruzione e formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che non sono impegnati in un'attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo (neet - not in education, employment or training);
   in sinergia con la raccomandazione europea del 2013, l'Italia dovrà garantire ai giovani al di sotto dei trenta anni un'offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio, entro 4 mesi dall'inizio della disoccupazione o dall'uscita dal sistema d'istruzione formale;
   il programma «Garanzia giovani» richiede una strategia unitaria e condivisa tra Stato e regioni ai fini di un'efficace attuazione a livello territoriale e, quindi, accanto al piano nazionale che individua le azioni comuni su tutto il territorio nazionale, ciascuna regione ha l'impegno di adottare un proprio piano attuativo per definire quali sono le misure del programma che vengono attivate sul territorio, in coerenza con la strategia nazionale;
   per contribuire a realizzare gli obiettivi previsti dal programma, l'articolo 5 del decreto-legge n. 76 del 2013 ha istituito un'apposita struttura di missione che coinvolge, oltre al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alle sue agenzie tecniche (Isfol e Italia lavoro), l'Inps, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero dello sviluppo economico, il dipartimento della gioventù della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze, le regioni e le province autonome, le province e Unioncamere;
   la struttura di missione ha sviluppato il piano di attuazione italiano della Garanzia per i giovani, nel quale sono declinati gli obiettivi e i risultati attesi, oltre che gli strumenti operativi, del programma in Italia;
   l'esclusione dalla «Garanzia giovani» degli studenti, da ultimo ribadita con la nota del direttore generale della direzione generale per le politiche attive e passive del lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 4 luglio 2014, comporta un ulteriore disallineamento tra le aspettative dei giovani e i reali fabbisogni delle economie locali, posto che la garanzia prevede misure e dispositivi utili a colmare i divari formativi con attività esperienziali (formazione, tirocinio) non previste dal sistema scolastico e universitario e che, al contrario, risultano estremamente utili alle imprese;
   alcune regioni, pur avendo già dato avvio alle iscrizioni per partecipare al programma «Garanzia giovani» non hanno ancora posto in essere le convenzioni con le aziende per dare concreta attuazione agli obiettivi dello stesso –:
   se non ritenga di assumere iniziative per estendere il programma di cui in premessa anche ai giovani di età compresa tra i 15 ed i 29 anni, che siano inseriti in percorsi scolastici, formativi o universitari, e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire il regolare ed efficace svolgimento del programma. (3-01030)