Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 7 agosto 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 7 agosto 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bressa, Brunetta, Camani, Capezzone, Carinelli, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cirielli, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Merlo, Meta, Mogherini, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Tidei, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bressa, Brunetta, Camani, Capezzone, Carinelli, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cirielli, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Epifani, Gianni Farina, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garavini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Merlo, Meta, Miotto, Mogherini, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Tidei, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 6 agosto 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   BINETTI: «Disposizioni per l'istituzione di presìdi sanitari presso i centri commerciali» (2599);
   QUINTARELLI ed altri: «Modifica all'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di certificazione fiscale per le prestazioni di servizi digitali in via telematica ed elettronica» (2600);
   SCHULLIAN: «Introduzione del principio della separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari» (2601);
   ZAMPA ed altri: «Istituzione della Giornata per l'Europa nelle scuole» (2602);
   BAZOLI: «Norme sull'esecuzione delle decisioni di condanna e risarcimento di danno erariale pronunziate dalla Corte dei conti» (2603);
   LENZI ed altri: «Disposizioni di semplificazione e razionalizzazione in materia di medicina fiscale» (2604);
   SBERNA e GIGLI: «Disposizioni in materia di trattamento pensionistico delle madri lavoratrici» (2605).

  In data 7 agosto 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   LAFORGIA: «Modifiche all'articolo 24-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, in materia di sostegno dell'occupazione nelle attività svolte da call center» (2606);
   BRAGA e MARIANI: «Delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale e coordinamento della protezione civile» (2607);
   NASTRI: «Concessione di finanziamenti a tasso agevolato per la promozione dell'occupazione in favore di soggetti operanti nei settori dell'economia ecologicamente sostenibile (green economy) e della ricerca sulle tecnologie per il miglioramento della vita nelle città (smart city)» (2608);
   CIRIELLI ed altri: «Delega al Governo per la modifica della struttura e delle competenze degli organi della rappresentanza militare e delle procedure per la definizione del contratto di lavoro del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare» (2609);
   FERRANTI e VERINI: «Modifica all'articolo 2 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, in materia di requisiti per l'ammissione al concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria» (2610);
   FERRARESI ed altri: «Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis indica e dei suoi derivati» (2611).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge SBROLLINI ed altri: «Disciplina dell'esercizio della musicoterapia» (585) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Narduolo.

  La proposta di legge COCCIA ed altri: «Disposizioni per la promozione dell'attività fisica e sportiva negli istituti penitenziari» (786) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Lattuca.

  La proposta di legge MAESTRI ed altri: «Modifiche alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di rimborsi di spesa erogati dalle organizzazioni di volontariato ai propri membri» (2071) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Lattuca.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  CATANOSO GENOESE: «Disposizioni per l'inquadramento di soggetti incaricati di funzione dirigenziale presso l'Agenzia delle entrate nei ruoli dirigenziali della medesima» (2473) Parere delle Commissioni V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XI;
  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE SCHULLIAN ed altri: «Modifica all'articolo 135 della Costituzione, in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche nella composizione della Corte costituzionale» (2490) Parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   II Commissione (Giustizia):
  BINETTI: «Nuove norme in materia di punibilità dei giovani ultradiciottenni» (2506) Parere delle Commissioni I, V e XII.

   VII Commissione (Cultura):
  CENNI ed altri: «Istituzione della Giornata nazionale per l'educazione alimentare e la prevenzione dei disturbi alimentari» (2403) Parere delle Commissioni I, V, XII e XIII.

   VIII Commissione (Ambiente):
  COSTANTINO ed altri: «Abrogazione del comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, in materia di occupazione abusiva di immobili» (2512) Parere delle Commissioni I e II.

   XII Commissione (Affari sociali):
  BINETTI: «Disposizioni in materia di ricerca sui tumori rari e per la loro prevenzione e cura» (2527) Parere delle Commissioni I, V, VI, VII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite III (Affari esteri) e VI (Finanze):
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America finalizzato a migliorare la compliance fiscale internazionale e ad applicare la normativa F.A.T.C.A. (Foreign Account Tax Compliance Act), con Allegati, fatto a Roma il 10 gennaio 2014, nonché disposizioni concernenti gli adempimenti delle istituzioni finanziarie italiane ai fini dell'attuazione dello scambio automatico di informazioni derivanti dal predetto Accordo e da accordi tra l'Italia e altri Stati esteri» (2577) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, IX, XI e XIV.

Trasmissione dal Ministero della difesa.

  Il Ministero della difesa ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 10 luglio 2014, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Questi decreti sono trasmessi alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro della giustizia.

  Il Ministro della giustizia, con lettera in data 5 agosto 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero della giustizia, riferita all'anno 2013 (Doc. CLXIV, n. 22).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla II Commissione (Giustizia) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissioni dal Ministro della difesa.

  Il Ministro della difesa, con lettera in data 5 agosto 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta dalla Lega navale italiana, nell'anno 2013, corredata del bilancio di previsione per l'anno 2014 nonché della consistenza organica e del conto consuntivo per l'anno 2013.

  Questa relazione è trasmessa alla IV Commissione (Difesa) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Ministro della difesa, con lettera in data 5 agosto 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta dall'Unione italiana tiro a segno nell'anno 2013, corredata del bilancio di previsione per l'anno 2014 nonché della consistenza organica e del conto consuntivo per l'anno 2013.

  Questa relazione è trasmessa alla IV Commissione (Difesa).

  Il Ministro della difesa, con lettera in data 5 agosto 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta dall'Opera nazionale per i figli degli aviatori nell'anno 2013, corredata del bilancio di previsione per l'anno 2014 nonché della consistenza organica e del conto consuntivo per l'anno 2013.

  Questa relazione è trasmessa alla IV Commissione (Difesa).

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera in data 6 agosto 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge 23 marzo 1998, n. 93, la relazione sull'attuazione della convenzione che istituisce l'Ufficio europeo di Polizia (EUROPOL), riferita all'anno 2013 (Doc. CXXXII, n. 2).

  Questa relazione è trasmessa, d'intesa con il Presidente del Senato, al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di EUROPOL, di controllo e vigilanza in materia d'immigrazione.

Trasmissione di delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 6 agosto 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni:
   n. 4/2014 del 14 febbraio 2014, concernente «Contratto di programma ANAS 2014» – alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente);
   n. 17/2014 del 14 febbraio 2014, concernente «Operazioni e rischi assicurabili da SACE Spa (Aggiornamento delibera n. 62/2007)» – alla V Commissione (Bilancio), alla VI Commissione (Finanze) e alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 6 agosto 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, del protocollo aggiuntivo all'accordo commerciale tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Colombia e il Perù, dall'altra, per tener conto dell'adesione della Croazia all'Unione europea (COM(2014) 503 final), corredata del relativo allegato (COM(2014) 503 final – Annex 1);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, e all'applicazione provvisoria del protocollo aggiuntivo all'accordo commerciale tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Colombia e il Perù, dall'altra, per tener conto dell'adesione della Croazia all'Unione europea (COM(2014) 504 final), corredata del relativo allegato (COM(2014) 504 final – Annex 1).

Trasmissione dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

  Il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 6 agosto 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 20 luglio 2004, n. 215, la relazione della medesima Autorità sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi, aggiornata al mese di giugno 2014 (Doc. CLIII, n. 3).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

Trasmissione dal consiglio regionale della Puglia.

  Il Presidente del consiglio regionale della Puglia, con lettera in data 31 luglio 2014, ha trasmesso una risoluzione avente ad oggetto: «Sessione comunitaria 2014. Indirizzi relativi alla partecipazione della regione Puglia alla formazione ed attuazione delle politiche e del diritto dell'Unione europea».

  Questo documento è trasmesso alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Garante del contribuente per il Piemonte.

  Il Garante del contribuente per il Piemonte, con lettera pervenuta in data 5 agosto 2014, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale, per l'anno 2013, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.

  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 4 agosto 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento al dottor Daniele Livon, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di direttore della Direzione generale per l'università, lo studente e il diritto allo studio universitario, nell'ambito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  Tale comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla VII Commissione (Cultura).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1582 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 24 GIUGNO 2014, N. 90, RECANTE MISURE URGENTI PER LA SEMPLIFICAZIONE E LA TRASPARENZA AMMINISTRATIVA E PER L'EFFICIENZA DEGLI UFFICI GIUDIZIARI (APPROVATO DALLA CAMERA E MODIFICATO DAL SENATO) (A.C. 2486-B)

A.C. 2486-B – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 6-bis, così come introdotto alla Camera, aveva disposto la non applicazione delle riduzioni percentuali del trattamento previdenziale ai fini dell'accesso al pensionamento anticipato, limitatamente ai soggetti che avessero maturato il requisito di anzianità contributiva (42 anni e sei mesi per gli uomini e 41 anni e sei mesi per le donne) entro il 31 dicembre 2017 a prescindere dal requisito anagrafico minimo di 62 anni;
    il Senato, in sede di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014, ha soppresso tale norma reinserendo l'obbligo, ai fini del pensionamento, della sussistenza dei requisiti e dell'anzianità contributiva e dell'età anagrafica, come previsto dalla previgente normativa;
    la normativa soppressa dal Senato, avrebbe potuto rappresentare una concreta opportunità, da tempo perseguita, di ricambio generazionale nel mondo del lavoro,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare iniziative normative volte a consentire l'accesso al trattamento pensionistico ai lavoratori e alle lavoratrici che maturano il requisito dell'anzianità contributiva, così come prevista dalla vigente normativa, entro il termine del 31 dicembre 2017, a prescindere dal possesso del requisito dell'anzianità anagrafica, senza l'applicazione delle riduzioni percentuali del trattamento previdenziale.
9/2486-B/1Pilozzi, Migliore, Di Salvo, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Piazzoni, Zan, Fava, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 6-bis, così come introdotto alla Camera, aveva disposto la non applicazione delle riduzioni percentuali del trattamento previdenziale ai fini dell'accesso al pensionamento anticipato, limitatamente ai soggetti che avessero maturato il requisito di anzianità contributiva (42 anni e sei mesi per gli uomini e 41 anni e sei mesi per le donne) entro il 31 dicembre 2017 a prescindere dal requisito anagrafico minimo di 62 anni;
    il Senato, in sede di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014, ha soppresso tale norma reinserendo l'obbligo, ai fini del pensionamento, della sussistenza dei requisiti e dell'anzianità contributiva e dell'età anagrafica, come previsto dalla previgente normativa;
    la normativa soppressa dal Senato, avrebbe potuto rappresentare una concreta opportunità, da tempo perseguita, di ricambio generazionale nel mondo del lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare iniziative normative volte a consentire l'accesso al trattamento pensionistico ai lavoratori e alle lavoratrici che maturano il requisito dell'anzianità contributiva, così come prevista dalla vigente normativa, entro il termine del 31 dicembre 2017, a prescindere dal possesso del requisito dell'anzianità anagrafica, senza l'applicazione delle riduzioni percentuali del trattamento previdenziale.
9/2486-B/1. (Testo modificato nel corso della seduta).  Pilozzi, Migliore, Di Salvo, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Piazzoni, Zan, Fava, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 del decreto-legge n. 90 del 2014, così come modificato dal Senato, ha previsto la soppressione della disciplina in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, di cui alla legge n. 206 del 2004;
    la normativa soppressa in Senato prevedeva la possibilità di estendere i benefici di cui all'articolo 3 comma 1, legge n. 206 del 2004 a favore dei soggetti che avessero subito una invalidità permanente della capacità lavorativa derivante da atti e stragi a matrice terroristica, nonché ai familiari indicati, doveva spettare al coniuge e ai figli dell'invalido, anche se il matrimonio è stato contratto e/o i figli siano nati successivamente all'evento terroristico;
    per l'attuazione delle disposizioni previste dalla normativa abrogata dal Senato, era stata autorizzata la spesa di euro 1.000.000,00 a decorrere dal 2014, a valere sulle risorse del Fondo nazionale integrativo per i comuni montani (comma 5-quinquies), di cui all'articolo 1 comma 319, legge n. 228 del 2012;
    ciò crea una evidente disparità di trattamento tra coloro che fruiscono di tale beneficio e coloro che non possono accedervi solamente per il fatto di essere nati o sposati successivamente all'evento terroristico,

impegna il Governo

a reperire attivando ulteriori iniziative normative le risorse finanziarie necessarie al fine di consentire al coniuge e ai figli di soggetti che avessero subito una invalidità permanente della capacità lavorativa, derivante da atti e stragi di matrice terroristica, il beneficio della reversibilità anche se il matrimonio e/o la nascita sia successiva all'evento terroristico e ciò indipendentemente dall'esistenza di una posizione assicurativa al momento dell'evento terroristico.
9/2486-B/2Fava, Di Salvo, Pilozzi, Piazzoni, Migliore, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Zan, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 del decreto-legge n. 90 del 2014, così come modificato dal Senato, ha previsto la soppressione della disciplina in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, di cui alla legge n. 206 del 2004;
    la normativa soppressa in Senato prevedeva la possibilità di estendere i benefici di cui all'articolo 3 comma 1, legge n. 206 del 2004 a favore dei soggetti che avessero subito una invalidità permanente della capacità lavorativa derivante da atti e stragi a matrice terroristica, nonché ai familiari indicati, doveva spettare al coniuge e ai figli dell'invalido, anche se il matrimonio è stato contratto e/o i figli siano nati successivamente all'evento terroristico;
    per l'attuazione delle disposizioni previste dalla normativa abrogata dal Senato, era stata autorizzata la spesa di euro 1.000.000,00 a decorrere dal 2014, a valere sulle risorse del Fondo nazionale integrativo per i comuni montani (comma 5-quinquies), di cui all'articolo 1 comma 319, legge n. 228 del 2012;
    ciò crea una evidente disparità di trattamento tra coloro che fruiscono di tale beneficio e coloro che non possono accedervi solamente per il fatto di essere nati o sposati successivamente all'evento terroristico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire attivando ulteriori iniziative normative le risorse finanziarie necessarie al fine di consentire al coniuge e ai figli di soggetti che avessero subito una invalidità permanente della capacità lavorativa, derivante da atti e stragi di matrice terroristica, il beneficio della reversibilità anche se il matrimonio e/o la nascita sia successiva all'evento terroristico e ciò indipendentemente dall'esistenza di una posizione assicurativa al momento dell'evento terroristico.
9/2486-B/2. (Testo modificato nel corso della seduta).  Fava, Di Salvo, Pilozzi, Piazzoni, Migliore, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Zan, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 90/2014, il Senato ha previsto la soppressione dell'articolo 1, comma 5, paragrafo 11 che prevedeva la possibilità per il Senato Accademico di procedere alla risoluzione del rapporto con i docenti che avessero compiuto i 68 anni di età prima della conclusione dell'anno accademico e, contestualmente alla assunzione di almeno un nuovo docente universitario o all'attivazione di almeno un nuovo contratto da ricercatore a tempo determinato;
    la norma abrogata in sede di discussione al Senato, avrebbe consentito un concreto cambiamento generazionale nelle Università italiane, caratterizzate da una età media dei docenti tra le più alte nei Paesi Occidentali;
    tale anomala situazione ha impedito, e impedisce tutt'ora, ai giovani docenti e ricercatori italiani di poter esprimere pienamente le loro capacità didattiche e di svolgere una carriera universitaria al pari dei loro colleghi europei,

impegna il Governo

a consentire alle Università italiane di poter risolvere i rapporti contrattuali con i docenti al compimento del 68o anno al fine di consentire un ricambio generazionale del corpo docente in servizio presso le stesse.
9/2486-B/3Migliore, Di Salvo, Pilozzi, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Piazzoni, Zan, Fava, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 90/2014, il Senato ha previsto la soppressione dell'articolo 1, comma 5, paragrafo 11 che prevedeva la possibilità per il Senato Accademico di procedere alla risoluzione del rapporto con i docenti che avessero compiuto i 68 anni di età prima della conclusione dell'anno accademico e, contestualmente alla assunzione di almeno un nuovo docente universitario o all'attivazione di almeno un nuovo contratto da ricercatore a tempo determinato;
    la norma abrogata in sede di discussione al Senato, avrebbe consentito un concreto cambiamento generazionale nelle Università italiane, caratterizzate da una età media dei docenti tra le più alte nei Paesi Occidentali;
    tale anomala situazione ha impedito, e impedisce tutt'ora, ai giovani docenti e ricercatori italiani di poter esprimere pienamente le loro capacità didattiche e di svolgere una carriera universitaria al pari dei loro colleghi europei,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire alle Università italiane di poter risolvere i rapporti contrattuali con i docenti al compimento del 68o anno al fine di consentire un ricambio generazionale del corpo docente in servizio presso le stesse.
9/2486-B/3. (Testo modificato nel corso della seduta).  Migliore, Di Salvo, Pilozzi, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Piazzoni, Zan, Fava, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, all'articolo 24, ha introdotto nuove disposizioni in materia di trattamenti pensionistici;
    in sede di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014, il Senato ha disposto la soppressione dei commi da 6-bis a 6-quater dell'articolo 1, recanti disposizioni in materia di pensionamento anticipato, dell'articolo 1-bis, che prevedeva l'applicazione delle norme per l'accesso al pensionamento vigenti prima del decreto-legge 201/11 (cosiddetta Riforma Fornero) al personale della scuola che aveva maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011-2012 (cosiddetta Quota 96);
    tale modifica introdotta dal Senato, comporta l'impossibilità da parte di migliaia di lavoratori della Scuola di poter accedere al trattamento pensionistico così come era previsto dalla legislazione previgente creando, di fatto, una disparità di trattamento rispetto ai colleghi che, pur avendo gli stessi requisiti, hanno potuto accedere al trattamento pensionistico previsto;
    tale scelta di sopprimere la norma è stata dettata da motivazioni esclusivamente di copertura finanziaria delle previsioni in essa contenute,

impegna il Governo

a reperire entro il mese di agosto 2014 le risorse finanziarie necessarie al fine di consentire il collocamento in quiescenza del personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011-2012.
9/2486-B/4Di Salvo, Pilozzi, Migliore, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Piazzoni, Zan, Fava, Labriola, Damiano, Gnecchi, Maestri, Malisani, Baruffi, Albanella, Giorgio Piccolo, Romanini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, all'articolo 24, ha introdotto nuove disposizioni in materia di trattamenti pensionistici;
    in sede di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014, il Senato ha disposto la soppressione dei commi da 6-bis a 6-quater dell'articolo 1, recanti disposizioni in materia di pensionamento anticipato, dell'articolo 1-bis, che prevedeva l'applicazione delle norme per l'accesso al pensionamento vigenti prima del decreto-legge 201/11 (cosiddetta Riforma Fornero) al personale della scuola che aveva maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011-2012 (cosiddetta Quota 96);
    tale modifica introdotta dal Senato, comporta l'impossibilità da parte di migliaia di lavoratori della Scuola di poter accedere al trattamento pensionistico così come era previsto dalla legislazione previgente creando, di fatto, una disparità di trattamento rispetto ai colleghi che, pur avendo gli stessi requisiti, hanno potuto accedere al trattamento pensionistico previsto;
    tale scelta di sopprimere la norma è stata dettata da motivazioni esclusivamente di copertura finanziaria delle previsioni in essa contenute,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire entro il mese di agosto 2014 le risorse finanziarie necessarie al fine di consentire il collocamento in quiescenza del personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011-2012.
9/2486-B/4. (Testo modificato nel corso della seduta).  Di Salvo, Pilozzi, Migliore, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Piazzoni, Zan, Fava, Labriola, Damiano, Gnecchi, Maestri, Malisani, Baruffi, Albanella, Giorgio Piccolo, Romanini.


   La Camera,
   premesso che:
    è all'esame il disegno di legge di conversione del decreto legge n. 90 del 24 giugno 2014, in materia di misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari;
    l'articolo 23-ter del provvedimento ha introdotto, in particolare, ulteriori disposizioni in materia di acquisizione di lavori, beni e servizi da parte degli enti pubblici, prevedendo al comma 2 che le disposizioni di cui al comma 3-bis dell'articolo 33 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come modificato dal presente decreto, non si applicano alle acquisizioni di lavori, servizi e forniture da parte degli enti pubblici impegnati nella ricostruzione delle località dell'Abruzzo indicate nel decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, e di quelle dell'Emilia-Romagna indicate nel decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2012, n. 122;
    tuttavia, il decreto-legge n. 74 del 2012 aveva per oggetto interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012, riguardando pertanto anche alcune zone della Lombardia e del Veneto, che ora appaiono irragionevolmente escluse dalle previsioni di maggior favore introdotte dall'articolo 23-bis a favore di enti pubblici impegnati nella ricostruzione in aree colpite da eventi sismici,

impegna il Governo

ad interpretare i rinvii operati dall'articolo 23-ter, comma 2, del provvedimento in esame al decreto legge 39 del 2009 e al decreto legge n. 74 del 2012, come implicitamente estesi a tutti territori oggetto dei sopracitati decreti.
9/2486-B/5Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1-bis del decreto-legge, introdotto alla Camera, aveva previsto, al comma 1, (modificando l'articolo 24, comma 14, del decreto-legge 201 del 2011, cosiddetto manovra Fornero) che le disposizioni previgenti alla riforma pensionistica del 2011 in materia di requisiti di accesso al sistema previdenziale continuassero ad applicarsi anche al personale della scuola che avesse maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, secondo quanto disposto dall'articolo 59, comma 9, della legge 449/1997 (cosiddetta quota 96);
    tale intervento serviva a correggere un errore contenuto nella manovra Fornero delle pensioni che ha colpevolmente disconosciuto la specificità dei lavoratori del comparto scuola, in violazione delle disposizioni legislative vigenti in materia;
l'articolo 1-bis riconosceva il beneficio, a decorrere dal 1o settembre 2014, nel limite massimo di: 4.000 soggetti e nei limiti di spesa stabiliti negli anni dal 2014 al 2018;
    i commi 5 e 6 contenevano la copertura finanziaria, stabilendo che le risorse si prendessero dall'aumento dei tagli delle spese dei ministeri come richiesto dalla spending review;
    il Senato ha poi disposto la soppressione del predetto articolo 1-bis, sulla base di un emendamento presentato dal Governo;
    nell'intervento in Aula al Senato il relatore del provvedimento, Senatore Pagliari, ha dichiarato «Per me – anche se credo che questa riflessione coinvolga il Governo e chiunque è stato anche oggi in Commissione – questo è un momento amaro, perché aver dovuto prendere atto della necessità, determinata dal richiamo all'articolo 81 della Costituzione, di sopprimere la norma della cosiddetta «quota 96», ossia quella relativa alla scuola [...] è stato davvero una ragione di disagio, dal punto di vista della coscienza. È stato un momento in cui per me si è percepito un attimo d'impotenza della politica, al quale credo però dobbiamo reagire tutti. Quello che è avvenuto con riferimento a queste disposizioni chiama ad una riflessione e ad una riaffermatone del ruolo proprio della funzione legislativa. Siamo stati costretti, come Senato, a prendere atto che su quelle misure non c'era la copertura finanziaria e a decretarne quindi la soppressione: non capiamo però perché ciò, se è avvenuto in questa sede, non sia avvenuto alla Camera. Se la mancanza di copertura è un dato non opinabile – e non può esserlo – la mancanza di copertura c'era anche al momento della votazione alla Camera dei Deputati e non può subentrare solo al momento della votazione al Senato della Repubblica. Non è assolutamente accettabile che il ruolo tecnico possa determinare condizioni di questo tipo, in cui si crea una contraddizione grave tra i due rami del Parlamento su un dato esclusivamente tecnico e non sul merito politico di una scelta tradotta in una disposizione. Facendo sembrare che Governo e Parlamento tornino indietro su una decisione assunta quando non avrebbe dovuto essere consentita, se, in ragione dell'articolo 81 della Costituzione, non vi era la copertura di bilancio. Credo che questo sia un dato di profonda riflessione, che mi lascia una grande amarezza. Ma credo di non essere il solo. Spero che però questo ricollochi nel loro ruolo la Ragioneria dello Stato ed il Ministero dell'economia e delle finanze rispetto all'indicazione dell'eventuale carenza di copertura, perché le scelte le compiono il Governo ed il Parlamento, non la Ragioneria dello Stato, uscendosene estemporaneamente – ossia fuori dai tempi dovuti – sulla mancanza di una copertura di bilancio»;
    la lettura dei resoconti relativi al passaggio del provvedimento in prima lettura alla Camera dei deputati e la relazione della Ragioneria dello Stato rendono evidente che l'inidoneità della copertura era già stata segnalata alla Camera e che la scelta di inserire l'articolo 1-bis nel decreto-legge è stata pienamente politica e non attribuibile ad errori o prevaricazioni dei tecnici;
    quel che sorprende è che il Governo, nonostante conoscesse la inidoneità della copertura e la volontà del Parlamento di risolvere il problema quota 96, non abbia provveduto ad individuare una copertura idonea; il pasticcio che si è determinato è interno alla maggioranza, alla quale SEL aveva chiesto inserire la soluzione del problema quota 96 nella proposta di legge relativa al problema esodati, già approvata dalla Camera, o in un decreto-legge da adottare appositamente;
    è responsabilità della politica aver illuso i lavoratori e le lavoratrici della scuola facendogli credere che il loro problema sarebbe stato risolto coi decreto-legge al nostro esame;
    è responsabilità della maggioranza e del Governo aver disatteso ai doveri di un legislatore rispettoso dei regolamenti e delle leggi;
    è quindi responsabilità del Governo adottare un decreto-legge che nel giro di pochi giorni corregga definitivamente l'errore e il torto subito dai lavoratori cosiddetta quota 96, al fine di consentire loro di andare in pensione, a domanda, il primo settembre 2014;
    è noto che la normativa che disciplina l'accesso al trattamento pensionistico per il personale del comparto scuola è contenuta nell'articolo 59, comma 9, della legge n. 449 del 1997 (come modificato dall'articolo 1, comma 21, del decreto-legge n. 138 del 2011) secondo il quale la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e accademico dell'anno solare successivo, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell'anno. Ciò vuole dire che esiste una sola finestra per il pensionamento del personale scuola, che coincide con il 1o settembre e se il decreto-legge non verrà adottato per tempo i lavoratori quota 96 resterebbero a lavorare ancora per un anno;
    il Governo dovrà individuare una idonea copertura, tra le quali il Governo potrebbe considerare l'utilizzo di una minima quota parte dei maggiori risparmi determinati dalla riforma Fornero e non ancora iscritti a bilancio. Infatti, è ormai notorio che i risparmi derivati dalla manovra Fornero, calcolati originariamente in 22 miliardi nel decennio 2012-2021, sono stati rideterminati nello stesso periodo – in oltre 90 miliardi dall'ufficio statistico dell'INPS. Sarebbe oltremodo vergognoso se le predette maggiori risorse non fossero restituite tutte – ma il provvedimento ne richiederebbe una minima parte – al sistema previdenziale, mediante la modifica sostanziale della pessima riforma Fornero,

impegna il Governo

a adottare un decreto-legge in tempo utile per consentire ai lavoratori cosiddetta quota 96 di andare in pensione entro il primo settembre 2014.
9/2486-B/6Pannarale, Marcon, Airaudo, Placido, Quaranta, Costantino, Scotto, Fratoianni, Kronbichler, Daniele Farina, Sannicandro, Duranti, Melilla, Paglia, Giancarlo Giordano, Franco Bordo, Ferrara, Matarrelli, Nicchi, Palazzotto, Piras, Ricciatti, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame conteneva articoli e commi che risolveva alcuni errori contenuti nella manovra Fornero (articolo 24 del decreto-legge 201 del 2011). Il decreto-legge ancora contiene norme di natura previdenziali, come l'aumento delle risorse del fondo per il pensionamento anticipato dei giornalisti;
    uno degli errori più marcati della manovra Fornero ha riguardato i lavoratori già iscritti all'ex Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nonché al personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta dei treni, addetto alla manovra, traghettamento, formazione treni ed il personale imbarcato a bordo delle navi traghetto, l'articolo 24, comma 18, del decreto-legge n. 201 del 2011 ha disposto l'armonizzazione delle regole previdenziali per il settore della pubblica sicurezza e delle Forze armate e dello spettacolo, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti, ma a causa di un errore contenuto nell'ultimo periodo della disposizione, dove è stata utilizzata la parola «articolo», anziché «comma», ha impedito di applicare l'armonizzazione anche al predetto personale delle imprese ferroviarie;
    la situazione che si è venuta a creare è particolarmente grave, perché va a sommarsi a una coincidenza infelice accaduta pochi mesi prima: negli stessi giorni, il cosiddetto taglia leggi aveva disposto l'abrogazione di norme degli anni 50 che regolavano la previdenza del citato personale delle imprese ferroviarie, mentre il decreto legislativo in materia di lavori usuranti, lasciava fuori i lavoratori delle imprese ferroviarie sul presupposto che c'erano le norme speciali previste dalla legge degli anni 50. Ne è venuto fuori un pasticcio, che ha visto aumentare di molti anni l'età anagrafica per andare in pensione in maniera irragionevole: si pensi che le aspettative di vita dei macchinisti è di 64,5 anni (rispetto ad una media nazionale di 82 anni), ma questi dovrebbero andare in pensione a 67 anni;
    il Governo non può continuare a ignorare l'esistenza di questa problematica previdenziale e attivarsi, quantomeno, per stabilire che si applica l'armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività, anche ai lavoratori iscritti al fondo speciale istituito presso l'INPS, ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, tra cui macchinisti, personale viaggiante e di manovra delle imprese ferroviarie;
    è importante che tale intervento sia realizzato in termini certi e rapidi;
    il Governo dovrà individuare una idonea copertura, tra le quali il Governo potrebbe considerare l'utilizzo di una minima quota parte dei maggiori risparmi determinati dalla riforma Fornero e non ancora iscritti a bilancio. Infatti, è ormai notorio che i risparmi derivati dalla manovra Fornero, calcolati originariamente in 22 miliardi nel decennio 2012-2021, sono stati rideterminati nello stesso periodo – in oltre 90 miliardi dall'Ufficio statistico dell'INPS. Sarebbe oltremodo vergognoso se le predette maggiori risorse non fossero restituite tutte – ma il provvedimento ne richiederebbe una minima parte – al sistema previdenziale, mediante la modifica sostanziale della pessima riforma Fornero,

impegna il Governo

a modificare fin dal primo provvedimento utile l'articolo 24, comma 18 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, prevedendo che l'armonizzazione ivi prevista, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti, si applichi anche ai lavoratori già iscritti all'ex Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre n. 488, nonché al personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta dei treni, addetto alla manovra, traghettamento, formazione treni ed il personale imbarcato a bordo delle navi traghetto.
9/2486-B/7Placido, Airaudo, Quaranta, Costantino, Scotto, Fratoianni, Kronbichler, Daniele Farina, Sannicandro, Duranti, Marcon, Melilla, Paglia, Giancarlo Giordano, Franco Bordo, Ferrara, Matarrelli, Nicchi, Palazzotto, Pannarale, Piras, Ricciatti, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame conteneva articoli e commi che risolveva alcuni errori contenuti nella manovra Fornero (articolo 24 del decreto-legge 201 del 2011). Il decreto-legge ancora contiene norme di natura previdenziale, come l'aumento delle risorse del fondo per il pensionamento anticipato dei giornalisti;
    la «manovra» Fornero del 2011 ha trasformato il sistema previdenziale innalzando di molti anni l'età per la pensione, sia in termini anagrafici che contributivi;
    come è stato ormai acclarato si è trattato di una «manovra» e non di una «riforma», perché le casse della previdenza pubblica, ovvero i risparmi pensionistici di lavoratrici e lavoratori, sono state utilizzate per drenare risorse a beneficio del debito pubblico;
    una «manovra» scritta in una notte, senza alcun dibattito pubblico, che non ha considerato l'impatto immediato e di lungo termine che produceva su lavoratrici e lavoratori;
    l'assenza di disposizioni transitorie che consentissero il passaggio graduale alle nuove regole previdenziali ha prodotto l'inumano fenomeno dei cosiddetti esodati, lavoratori a cui è stato tolto il pane, la dignità e la speranza; la «sesta» salvaguardia che stiamo approvando non può essere un merito del Governo, della sua maggioranza o del Parlamento, ma ribadisce l'incapacità delle istituzioni di rimediare in maniera definitiva e strutturale a una situazione inaccettabile e indegna di un Paese come l'Italia. A distanza di tre anni l'INPS e il Governo non hanno saputo e voluto indicare quanti e quali sono le lavoratrici e i lavoratori esodati;
    un problema di «coperture» e di risone non esiste, come ben sanno tutti, dal momento che i risparmi che la «manovra» Fornero avrebbe dovuto produrre erano stati calcolati in circa 23 miliardi, nel decennio 2012-2021, dalla nota tecnica della ragioneria generale dello Stato allegata al decreto-legge n. 201 del 2011, mentre l'ufficio attuariale dell'INPS nel 2013 ha calcolato che verranno generati circa 90 miliardi di risparmio nello stesso periodo;
    forse il Governo intende destinarli a coprire i 50 miliardi all'anno che bisogna mettere da parte ogni anno in base al Fiscal compact, ma di certo non intende farle rimanere nell'ambito della previdenza se non intende sanare «per mancanza di risorse» – come ha dichiarato il Ministro Poletti nella riunione con le rappresentanze degli esodati e di altre categorie nel corso dell'incontro avuto il 30 giugno 2014 – le tante situazioni gravi che la Fornero ha prodotto;
    ci sono i 6 lavoratori IBM che rimarranno senza stipendio e senza pensione fino al 2020 solo perché hanno sottoscritto a giugno del 2011 un accordo individuale e hanno avuto la risoluzione del rapporto di lavoro dopo il 31 dicembre 2012 a seguito di un periodo di aspettativa senza retribuzione di circa 2 anni per avere la possibilità di poter conservare i trattamenti della cassa sanitaria aziendale anche con lo «stato» di pensionato; oppure ci sono i dipendenti privati di ex aziende pubbliche che, essendo rimaste iscritte all'INPDAP, come permetteva la legge, anziché transitare all'INPS, oggi si vedono negata la salvaguardia a causa di interpretazioni capziose delle norme di salvaguardia;
    ci sono poi i lavoratori del settore ferroviario, tra cui i macchinisti, non proprio esodati, ma che dovrebbero andare in pensione a 67 anni, mentre hanno un'aspettativa di vita media di solo 63 anni; oppure i lavoratori della scuola, cosiddetta «quota 96» che sono rimasti imprigionati nella Fornero perché a loro non si è voluta applicare la regola, posta dallo Stato, che gli consente di andare in pensione un solo giorno all'anno, il primo settembre; e poi ci sono i lavoratori e le lavoratrici delle poste o quelli che hanno trovato un nuovo lavoro a tempo indeterminato, ma poi lo hanno riperso perché l'azienda è fallita e sono stati puniti e si potrebbero fare molti altri esempi;
    ci sono troppi casi e eccessive fattispecie di lavoratori che la «manovra» Fornero ha lasciato sul lastrico e nella disperazione. Forse è possibile salvaguardarli tutti con tante minute disposizioni speciali, ma non si sa quando e come. Ma per sanare con certezza tutti gli errori serve tornare ad una disposizione che abbia il carattere della legge generale e astratta che possa coprire tutte le fattispecie, ovvero mia riforma strutturale della «manovra» Fornero;
    la «manovra» Fornero ha fallito sul piano sociale e giuridico nel suo intento, tra l'altro intervenendo su un sistema pensionistico che non aveva problemi di sostenibilità perché messo in sicurezza dalle numerose riforme succedutesi negli anni 90 e nel primo decennio del 2000. I suoi costi erano già nella media della spesa pensionistica europea, per incidenza sul PIL, nonostante nella spesa pensionistica, in Italia vengono conteggiati anche il TFR o il TFS, che però sono retribuzioni differite, che negli altri Paesi non vengono conteggiati;
    bisogna prendere atto di tale fallimento e procedere ad una vera riforma pensionistica che abbia il coraggio politico di rafforzare la previdenza rimettendo i lavoratori e la loro dignità al centro del sistema; è necessario abbassare l'età pensionistica, distinguere i lavori, riconoscere a fini contributivi il lavoro domestico e quello di cura, di donne e di uomini, per superare le troppe procedure aperte dall'Unione europea contro l'Italia con riferimento all'età pensionistica delle donne, assicurare che la pensione non valga meno del 60 per cento dell'ultimo salario;
    anche un consistente gruppo di RSU, oltre 170, ha deciso di mobilitarsi per costruire un movimento diffuso e unitario con l'obiettivo di superare e abrogare la legge Fornero sulle pensioni, in modo da ottenere una riforma della previdenza che sia equa dal punto di vista sociale e rispettosa dei diritti dei lavoratori;
    è stato definito un documento e un appello con delle proposte di riforma, chiedendo alle Confederazioni Sindacali di aprire una vertenza generale finalizzata ad ottenere un profondo cambiamento della legge Fornero sulle pensioni,

impegna il Governo

ad abrogare la «manovra» Fornero in materia di pensioni, procedendo a promuovere e realizzare una riforma del sistema previdenziale che tenga conto di quanto indicato in premessa.
9/2486-B/8Airaudo, Placido, Scotto, Fratoianni, Quaranta, Costantino, Kronbichler, Daniele Farina, Sannicandro, Duranti, Marcon, Melilla, Paglia, Giancarlo Giordano, Franco Bordo, Ferrara, Matarrelli, Nicchi, Palazzotto, Pannarale, Piras, Ricciatti, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il personale militare per essere valutato per l'avanzamento a scelta al grado superiore deve trovarsi compreso in apposite aliquote di ruolo;
    nelle aliquote di valutazione è incluso tutto il personale che alla data di formazione delle aliquote ha compiuto i previsti periodi minimi di comando o attribuzioni specifiche;
    non può essere valutato per l'avanzamento il personale che, sebbene riconosciuto vittima del terrorismo, del dovere e della criminalità organizzata, con diritto ad assegno vitalizio ai sensi del comma 562 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, non ha potuto effettuare o completare il periodo di comando o attribuzioni specifiche, a causa dell'infermità contratta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attuare ogni possibile iniziativa affinché il personale militare riconosciuto vittima del terrorismo, del dovere, di cui all'articolo 1 comma 563, legge 23 dicembre 2005, n. 266, e della criminalità organizzata, con diritto ad assegno vitalizio ai sensi del comma 562 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che a causa dell'infermità contratta non abbia potuto effettuare o completare il periodo di comando prescritto nel grado, possa comunque essere iscritto per non più di una volta nell'aliquota di avanzamento per la valutazione al grado superiore, senza che la particolare condizione costituisca titolo equipollente al comando.
9/2486-B/9D'Arienzo, Rosato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13-bis (Fondi per la progettazione e l'innovazione), introdotto dalla Camera dei deputati in prima lettura, aggiunge all'articolo 93 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo n. 163 del 2006) quattro nuovi commi, dopo il comma 7, recanti una nuova disciplina degli incentivi alla progettazione;
    con riferimento alla previsione recata dall'articolo 2, comma 1, primo periodo, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 – ora contenuta nell'articolo 3, comma 8, del decreto legislativo n. 163 del 2006 – il Consiglio di Stato ha rilevato che «Se il legislatore, con la legge n. 109 del 1994, ha eletto ad oggetto del proprio intervento la più ampia categoria dei “lavori pubblici”, in luogo di quella dell'opera pubblica, è proprio perché non viene presa tanto in considerazione l'opera realizzata, bensì viene riqualificato il lavoro che sull'opera è compiuto, cosicché, in definitiva, vengono ad essere ricompresi nell'ottica legislativa non solo i lavori che hanno dato luogo, mediante un'opera di costruzione, ad un'opera o ad un impianto, ma anche i lavori che si limitano ad avere l'opera o l'impianto come oggetto dell'attività»;
    l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Avcp), con deliberazione n. 76 del 19 ottobre 2006, ha osservato che, ai sensi del predetto articolo 3, comma 8, del decreto legislativo n. 163 del 2006, «il termine “lavori” comprende le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione di opere, laddove per “opera” si intende il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica», mentre la “manutenzione”, come definita dall'articolo 3, comma 1, lettera n), del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207[17], «consiste nella combinazione di tutte le azioni tecniche, specialistiche ed amministrative, incluse le azioni di supervisione, volte a mantenere o a riportare un'opera o un impianto nella condizione di svolgere la funzione prevista dal provvedimento di approvazione del progetto»;
    l'articolo 105 («Lavori di manutenzione»), comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, dispone che l'esecuzione dei lavori «può prescindere dall'avvenuta redazione ed approvazione del progetto esecutivo qualora si tratti di lavori di manutenzione, ad esclusione degli interventi di manutenzione che prevedono il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali delle opere»;
    l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ha inoltre osservato che «Ciò significa che i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, programmabili o di pronto intervento, possono essere eseguiti sulla base del progetto definitivo», rilevando che la norma conferma la «derogabilità della disposizione relativa ai tre livelli progettuali (preliminare, definitivo ed esecutivo) ogni qual volta la differenza di definizione tecnica fra il progetto definitivo e quello esecutivo, nella sostanza, non sussiste»;
    la predetta Autorità puntualizza altresì che: «La disposizione [...] non può essere intesa nel senso che nel caso del lavori di manutenzione non è mai obbligatorio redigere il progetto esecutivo. Qualora, infatti, si tratta di lavori di manutenzione straordinaria di un'opera, nella quale va compresa anche la ristrutturazione, il recupero o la trasformazione dell'opera, non si può prescindere dall'obbligo di redigere il progetto esecutivo in quanto sussiste certamente una differenza di livello di definizione tecnica fra il progetto definitivo e quello esecutivo»,

impegna il Governo

a chiarire che la nuova disciplina sugli incentivi alla progettazione non si applica alle sole manutenzioni, ordinarie e straordinarie, che non richiedono la progettazione.
9/2486-B/10Fabbri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, all'articolo 23 commi 4 e 5 ha introdotto nel Codice degli appalti l'obbligo della centralizzazione della committenza, limitandolo ai soli comuni con meno di 5000 abitanti e ne determinava l'applicazione a partire dal 31 marzo 2012;
    tale norma ha visto nel corso degli anni vari rinvii per la data della sua entrata in vigore;
    l'ultimo di questi rinvii prorogava l'obbligatorietà della norma, sempre per i comuni al di sotto dei 5000 abitanti, a partire dal 1o luglio 2014;
    nel frattempo è intervenuto il decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, «Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale», convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, nel quale viene ribadita l'obbligatorietà del ricorso alla Centrale di committenza;
    in quest'ultimo decreto, inoltre, viene aumentata la platea dei comuni obbligati a tutti gli enti, esclusi i capoluoghi di provincia;
    appare evidente che l'imposizione di un obbligo di tale portata per i comuni non capoluogo, ma con popolazione superiore ai 5000 abitanti, crea a questi ultimi non pochi problemi applicativi ed organizzativi;
    non a caso nella Conferenza Stato-città ed autonomie locali del 10 luglio 2014 è stata «sancita intesa» per la proroga di detta scadenza rispettivamente al 1o gennaio 2015 per gli acquisti dei beni e servizi, ed al 1o luglio 2015 per i lavori pubblici;
    è necessario ricordare, però, che sulla centralizzazione degli acquisti di beni, servizi e lavori da parte delle pubbliche amministrazioni sono imputati notevoli risparmi economici, come affermato anche dal Commissario alla spending review Cottarelli, secondo il quale da tale riforma ci si possa attendere ulteriori e duraturi positivi risparmi;
    non si può, invece, affermare, come fa invece la motivazione della citata intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, che i trenta mesi concessi ai piccoli comuni per adeguarsi non sia «un congruo periodo di tempo per l'applicazione della nuova disposizione e per permettere ai comuni di adeguarsi»;
    tra l'altro la maggioranza dei piccoli comuni ha già provveduto ad adeguarsi alle nuove norme, anche perché la formula «accordo consortile, valorizzando i competenti uffici», è ben rispondente alle necessità di una razionalizzazione rispettosa delle esigenze e delle diversità insite nelle organizzazioni dei piccoli comuni;
    si tratta, infatti, di una formulazione molto diversa da quelle, troppo rigide, previste dalla normativa Gao (Gestioni associate obbligatorie), introdotte dal decreto-legge 1o maggio 2010, n. 78, «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e che hanno mostrato di essere inapplicabili, nonostante modifiche e rinvii, e nonostante le stesse norme impongano ai Prefetti il commissariamento dei comuni inadempienti;
    infatti, la prima scadenza, in vigore dal 1 gennaio 2014 non ha visto nessun commissariamento;
    in tutti i casi si può affermare che l'obbligo della Centrale di committenza ha avuto un ampio lasso di tempo per essere applicato, e che durante questo tempo la maggior parte dei piccoli comuni ha utilizzato la formula dell'accordo consortile, mentre per gli altri resta sempre possibile il ricorso alle Unioni, alle Province ed alle altre Centrali di committenza;
    in sede di prima lettura della legge di conversione del decreto è stato approvato un articolo aggiuntivo all'articolo 23, al cui comma 1 si legge: «Le disposizioni di cui al comma 3-bis dell'articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, introdotto dall'articolo 9, comma 4, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, come convertito dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, entrano in vigore il 1o gennaio 2015, quanto all'acquisizione di beni e servizi e il 1o luglio 2015 quanto all'acquisizione di lavori. Sono fatte salve le procedure avviate nelle more dell'entrata in vigore della presente disposizione»;
    questo articolo aggiuntivo, quindi, proroga nuovamente la normativa citata, ma omette una dizione che appare necessaria «limitatamente ai comuni con popolazione pari o superiore ai 5000 abitanti»;
    senza questa dizione, infatti, si riaprirebbero i termini anche per i piccoli comuni, con la perdita evidente di ogni credibilità per il percorso della spending review, e con la beffa per quei comuni con meno di 5000 abitanti che si sono già da tempo adeguati alla normativa prevista,

impegna il Governo

a chiarire il senso della norma citata, valutando la possibilità di intervenire urgentemente per risolvere quella che appare una palese ed inaccettabile ingiustizia nei confronti di coloro che hanno adempiuto a quanto previsto dalle legge.
9/2486-B/11Formisano, Capelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il corso di medicina generale in Italia, nonostante i miglioramenti apportati negli ultimi anni, risulta carente dal punto di vista didattico e necessita di una vera e propria riorganizzazione formativa che metta al centro la figura del corsista;
    il medico di medicina generale sarà sempre di più lo snodo fondamentale dell'assistenza sanitaria primaria e per questo dovrà possedere le necessarie competenze richieste per soddisfare nel territorio, a garanzia della continuità assistenziale e dell'equità sociale, i nuovi bisogni di salute espressi dalla popolazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere all'istituzione della Scuola di specializzazione in Medicina Generale e Cure Primarie, al pari di quanto previsto nella quasi totalità dei Paesi europei, che poggi su una rete formativa integrata. Attraverso la frequenza della Scuola di specializzazione in Medicina Generale e Cure Primarie i medici acquisiranno le ormai indispensabili competenze cliniche di medicina generale, di governo clinico dei percorsi di cura alla persona, integrati e continui e caratterizzati dal lavoro in team multiprofessionale, nonché di gestione di Servizi ed Unità Operative di Cure Primarie e di Distretto.
9/2486-B/12Crimì, Lenzi, Gelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo con il presente decreto- legge ha inteso, tra l'altro, rendere più flessibili e snelle le procedure di trasferimento per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche consentendo il passaggio diretto per i posti vacanti in organico;
    in particolare nei commi 1 e 2 dell'articolo 4 del decreto-legge 90 si prevede altresì che per i dipendenti delle sedi centrali dei differenti Ministeri tale mobilità avvenga entro due mesi dalla richiesta fatta dall'amministrazione di destinazione, senza il nulla osta dell'amministrazione di provenienza;
    tuttavia queste disposizioni se da un lato aprono delle possibilità fino ad oggi non previste per il passaggio di dipendenti della pubblica amministrazione da un ente all'altro, creano altresì un discrimine poco comprensibile nei confronti di tutti quei dipendenti pubblici che non lavorano presso i Ministeri Centrali ma presso tutti gli altri uffici della pubblica amministrazione sparsi sul territorio italiano;
    nelle sole regioni e autonomie locali lavorano circa 515.000 dipendenti pubblici e molti di questi si trovano spesso in difficoltà nel loro legittimo interesse e desiderio di potere cambiare sede di lavoro per i più svariati motivi (personali, familiari, di trasporto...). Queste situazioni creano molto spesso disagio e tensioni lavorative che danneggiano il benessere del lavoratore e conseguentemente anche l'efficienza della pubblica amministrazione;
    la cronica carenza di organico, specie nei comuni medio/piccoli dove i lacci dei patti di stabilità hanno di fatto ingessato le piante organiche, rende tuttavia comprensibile la preoccupazione per gli amministratori pubblici nel vedere «depauperare» le proprie risorse umane che, se non avessero più la necessità di ottenere il consenso per il trasferimento da parte della amministrazione di provenienza, potrebbero di fatto sguarnire di personale qualificato uffici e servizi importanti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere la possibilità di trasferimento tra enti pubblici per tutti i dipendenti aventi qualifica corrispondente senza il consenso della amministrazione di appartenenza e con specifici criteri tali da non creare eccessive carenze nelle piante organiche delle diverse amministrazioni.
9/2486-B/13De Menech, Crimì, Mariastella Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in oggetto reca numerose misure volte a semplificare le procedure amministrative; l'articolo 65 del Codice della nautica da diporto, di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, demanda ad un decreto ministeriale il compito di regolamentare, tra le altre cose, la disciplina relativa ai titoli abilitativi per il comando, la condotta e la direzione nautica delle unità da diporto, ivi compresa l'introduzione di nuovi criteri in materia di requisiti fisici per il conseguimento della patente nautica;
    il 22 settembre 2008 è stato pubblicato il decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146, contenente il regolamento di attuazione dell'articolo 65 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 di cui sopra;
    l'articolo 28 del regolamento di cui al decreto ministeriale in parola elenca le autorità competenti al rilascio delle diverse patenti nautiche. Nel dettaglio, l'articolo 28 riconosce alle capitanerie di porto il compito di rilasciare le patenti nautiche che abilitano alla navigazione entro dodici miglia dalla costa; le patenti nautiche che abilitano alla navigazione senza alcun limite dalla costa e le patenti nautiche che abilitano al comando di navi da diporto. Lo stesso articolo riconosce invece agli uffici circondariali marittimi il compito di rilasciare esclusivamente le prime due tipologie di patenti, ad esclusione, quindi, della terza, ovvero di quelle che abilitano al comando di navi da diporto e agli uffici della motorizzazione civile delle Direzioni generali territoriali del Dipartimento per i trasporti terrestri e il trasporto intermodale il compito di rilasciare solamente la prima categoria, ovvero le patenti nautiche che abilitano alla navigazione entro dodici miglia dalla costa;
    l'articolo 29 del regolamento di cui al decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146 disciplina, invece, la composizione delle commissioni d'esame sancendo che; in caso di conseguimento della patente nautica che abilita alla navigazione entro dodici miglia dalla costa, suddetto esame venga conseguito dinanzi ad un esaminatore nominato dal capo del circondario marittimo; in caso di conseguimento della patente nautica che abilita alla navigazione senza alcun limite dalla costa, suddetto esame venga sostenuto dinanzi ad una commissione nominata dal capo del circondariato marittimo e, infine, in caso di conseguimento di una patente valida per il comando delle navi da diporto, la commissione venga nominata dal capo del compartimento marittimo;
    le motorizzazioni, provvedendo già annualmente al rilascio di un elevato numero di patenti nautiche, risulterebbero tecnicamente pronte ad adempiere al ruolo di unico organo autorizzato a rilasciare suddette patenti;
    l'unificazione di cui in parola consentirebbe di inserire tutte le patenti nautiche nell'archivio delle patenti di guida già esistenti senza creare ulteriori banche dati che prevedrebbero costi molto significativi;
    la motorizzazione, poiché organizzata su base provinciale, è presente in maniera capillare su tutto il territorio nazionale riuscendo, dunque, a garantire un servizio uniforme e diffuso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere ad una riorganizzazione della normativa relativa alle procedure di rilascio e di rinnovo delle diverse tipologie di patenti nautiche riconoscendo ai soli uffici della motorizzazione civile delle Direzioni generali territoriali del Dipartimento per i trasporti terrestri e il trasporto intermodale la potestà di rilasciare le patenti nautiche e al capo del compartimento marittimo il compito di nominare le commissioni d'esame, composte secondo i criteri di cui al comma 2 dell'articolo 29 del Regolamento di attuazione dell'articolo 65 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 di cui al decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146.
9/2486-B/14L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 37 del decreto-legge 24 giugno 2014. n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari introduce (l'obbligo di trasmettere le varianti in corso d'opera di cui all'articolo 132 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad apposita relazione del responsabile del procedimento, all'Autorità nazionale anticorruzione;
    il testo dell'articolo 37 del decreto-legge in discussione, così come modificato nel corso dell'esame da parte delle Camere, precisa che dette varianti in corso d'opera debbano essere trasmesse, tramite le sezioni regionali, all'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza dell'ANAC, anche nel caso di appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria;
   considerato che:
    detta previsione risponde alla necessità di aumentare le forme di contrasto ai fenomeni di corruzione nel settore degli appalti pubblici che, come dimostrano le cronache, riguardano diffusamente le fasi di esecuzione dei contratti, e dunque tutto quello che accade a valle dell'aggiudicazione del contratto di appalto;
    a questo riguardo, e con specifico riferimento agli obblighi a carico dei soggetti aggiudicatari di contratti pubblici – oltre alle note e diffusissime deroghe rispetto al Codice dei Contratti previste per la realizzazione delle cosiddette grandi opere – va rilevato che, in seguito alla conversione in legge del decreto n. 201 del 2011, è stato introdotto un regime derogatorio anche per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria;
    con l'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), infatti, è stato inserito il comma 2-bis, in base al quale l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire, e non trova applicazione il Codice dei Contratti;
    in merito all'approvazione del citato comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – nella Deliberazione n. 43 del 4 aprile 2012 – l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici aveva segnalato quanto segue: «Il campo di applicazione della norma recata dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, così come introdotto dall'articolo 45 comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito nella legge n. 214 del 2011, ovverosia la non applicabilità del Codice per le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia eseguite dal privato titolare del permesso di costruire, appare eccessivamente ampio. La liberalizzazione introdotta consente all'operatore privato di gestire contratti fino ad un valore di 5 milioni di euro, senza tracciabilità degli eventuali, e consistenti, ribassi d'asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici dei lavori stessi, vigilanza dell'Autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che saranno acquisite al patrimonio comunale»;
    l'applicazione del comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 ha consentito, e consente tuttora, di selezionare, senza il ricorso a procedure ad evidenza pubblica, i soggetti che eseguono opere pubbliche – tali vanno considerate le opere di urbanizzazione destinate ad essere acquisite al patrimonio dei comuni e connesse alle infrastrutture esistenti – a valere su risorse pubbliche, perché tali vanno considerati i cosiddetti oneri concessori a detrazione parziale o integrale dei quali le opere in argomento vengono eseguite;
    lo stesso comma 2-bis solleva i soggetti che eseguono opere di urbanizzazione di importo fino a 5 milioni di euro – come evidenziato dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici – dall'obbligo di rispettare tutte le procedure del Codice dei Contratti, finalizzate ad assicurare un ordinato e regolare svolgimento delle fasi di esecuzione dei contratti pubblici, e dunque senza adeguate garanzie rispetto alla qualità dei lavori eseguiti, all'accertamento del valore economico delle opere e alla trasparenza e alla tracciabilità dei flussi finanziari connessi;
    l'applicazione della normativa introdotta con il decreto-legge n. 201 del 2011 sottrae un ingente ammontare di risorse pubbliche dalle procedure del Codice dei Contratti, poste a garanzia della regolare esecuzione dei contratti per la realizzazione di opere pubbliche, che il decreto-legge n. 90 del 2014 ha provveduto a rafforzare;
    in seguito a una denuncia riguardante inadempimenti del diritto comunitario, la Commissione europea – pur non considerando l'articolo 16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 in contrasto con il diritto comunitario – ha affermato che l'interpretazione della norma non è univoca, dal momento che è chiaro se l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria «a carico» del titolare del permesso di costruire sia complementare o alternativa all'obbligo previsto dal comma 1 dello stesso articolo 16, e in particolare se anche in tal caso sia prevista la possibilità di scomputo totale o parziale della quota relativa agli oneri di urbanizzazione,

impegna il Governo

a rivedere, nell'ambito della preannunciata riforma della normativa sui contratti pubblici, l'articolo 16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, rimuovendo il meccanismo derogatorio previsto, e prevedendo – anche per quanto concerne la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo – l'obbligo di ricorrere a gare ad evidenza pubblica e di applicare integralmente le norme vigenti in materia di esecuzione dei contratti aventi come oggetto la realizzazione di opere pubbliche.
9/2486-B/15Mannino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 37 del decreto-legge 24 giugno 2014. n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari introduce (l'obbligo di trasmettere le varianti in corso d'opera di cui all'articolo 132 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad apposita relazione del responsabile del procedimento, all'Autorità nazionale anticorruzione;
    il testo dell'articolo 37 del decreto-legge in discussione, così come modificato nel corso dell'esame da parte delle Camere, precisa che dette varianti in corso d'opera debbano essere trasmesse, tramite le sezioni regionali, all'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza dell'ANAC, anche nel caso di appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria;
   considerato che:
    detta previsione risponde alla necessità di aumentare le forme di contrasto ai fenomeni di corruzione nel settore degli appalti pubblici che, come dimostrano le cronache, riguardano diffusamente le fasi di esecuzione dei contratti, e dunque tutto quello che accade a valle dell'aggiudicazione del contratto di appalto;
    a questo riguardo, e con specifico riferimento agli obblighi a carico dei soggetti aggiudicatari di contratti pubblici – oltre alle note e diffusissime deroghe rispetto al Codice dei Contratti previste per la realizzazione delle cosiddette grandi opere – va rilevato che, in seguito alla conversione in legge del decreto n. 201 del 2011, è stato introdotto un regime derogatorio anche per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria;
    con l'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), infatti, è stato inserito il comma 2-bis, in base al quale l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire, e non trova applicazione il Codice dei Contratti;
    in merito all'approvazione del citato comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – nella Deliberazione n. 43 del 4 aprile 2012 – l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici aveva segnalato quanto segue: «Il campo di applicazione della norma recata dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, così come introdotto dall'articolo 45 comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito nella legge n. 214 del 2011, ovverosia la non applicabilità del Codice per le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia eseguite dal privato titolare del permesso di costruire, appare eccessivamente ampio. La liberalizzazione introdotta consente all'operatore privato di gestire contratti fino ad un valore di 5 milioni di euro, senza tracciabilità degli eventuali, e consistenti, ribassi d'asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici dei lavori stessi, vigilanza dell'Autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che saranno acquisite al patrimonio comunale»;
    l'applicazione del comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 ha consentito, e consente tuttora, di selezionare, senza il ricorso a procedure ad evidenza pubblica, i soggetti che eseguono opere pubbliche – tali vanno considerate le opere di urbanizzazione destinate ad essere acquisite al patrimonio dei comuni e connesse alle infrastrutture esistenti – a valere su risorse pubbliche, perché tali vanno considerati i cosiddetti oneri concessori a detrazione parziale o integrale dei quali le opere in argomento vengono eseguite;
    lo stesso comma 2-bis solleva i soggetti che eseguono opere di urbanizzazione di importo fino a 5 milioni di euro – come evidenziato dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici – dall'obbligo di rispettare tutte le procedure del Codice dei Contratti, finalizzate ad assicurare un ordinato e regolare svolgimento delle fasi di esecuzione dei contratti pubblici, e dunque senza adeguate garanzie rispetto alla qualità dei lavori eseguiti, all'accertamento del valore economico delle opere e alla trasparenza e alla tracciabilità dei flussi finanziari connessi;
    l'applicazione della normativa introdotta con il decreto-legge n. 201 del 2011 sottrae un ingente ammontare di risorse pubbliche dalle procedure del Codice dei Contratti, poste a garanzia della regolare esecuzione dei contratti per la realizzazione di opere pubbliche, che il decreto-legge n. 90 del 2014 ha provveduto a rafforzare;
    in seguito a una denuncia riguardante inadempimenti del diritto comunitario, la Commissione europea – pur non considerando l'articolo 16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 in contrasto con il diritto comunitario – ha affermato che l'interpretazione della norma non è univoca, dal momento che è chiaro se l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria «a carico» del titolare del permesso di costruire sia complementare o alternativa all'obbligo previsto dal comma 1 dello stesso articolo 16, e in particolare se anche in tal caso sia prevista la possibilità di scomputo totale o parziale della quota relativa agli oneri di urbanizzazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere, nell'ambito della preannunciata riforma della normativa sui contratti pubblici, l'articolo 16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, rimuovendo il meccanismo derogatorio previsto, e prevedendo – anche per quanto concerne la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo – l'obbligo di ricorrere a gare ad evidenza pubblica e di applicare integralmente le norme vigenti in materia di esecuzione dei contratti aventi come oggetto la realizzazione di opere pubbliche.
9/2486-B/15. (Testo modificato nel corso della seduta).  Mannino.


   La Camera,
   premesso che:
    il generale impianto della riforma dovrebbe mirare a favorire una profonda riorganizzazione della struttura e del funzionamento della macchina dello Stato in termini di maggiore efficienza, lotta agli sprechi e caos amministrativo;
    l'articolo 18 del decreto, così come modificato in Commissione Affari costituzionali, sulla soppressione delle sedi staccate dei Tar, dispone che nelle more della rideterminazione dell'assetto organizzativo dei Tribunali amministrativi regionali, in assenza di misure di attuazione del piano di cui al comma 1-bis, a decorrere dal 1o luglio 2015 sono soppresse le sezioni staccate di Tribunale amministrativo regionale aventi sede in comuni che non sono sedi di Corte d'appello, ad eccezione della sezione autonoma della Provincia di Bolzano. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, da adottare entro il 31 marzo 2015, sono stabilite le modalità per il trasferimento del contenzioso pendente presso le sezioni soppresse, nonché delle risorse umane e finanziarie, al Tribunale amministrativo della relativa regione. Dal 1o luglio 2015, i ricorsi sono depositati presso la sede centrale del Tribunale amministrativo regionale. A decorrere dal 1o luglio 2015, all'articolo 1 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al terzo comma, le parole: «Emilia-Romagna, Lazio, Abruzzi,» sono soppresse; b) al quinto comma le parole: «, oltre una sezione staccata» sono soppresse;
    una minor presenza sul territorio degli uffici giudiziari, come prospettata dall'articolo 18 del decreto-legge in oggetto, incrementerebbe i costi della tutela giurisdizionale per le spese di trasferta dei patrocinatori e indebolirebbe la tutela contro l'illegalità amministrativa, innalzando i costi della tutela anche per i privati cittadini, disincentivandoli – cosa particolarmente grave nell'ambito del processo amministrativo, che non conosce un pubblico ministero promotore di giustizia, come nel giudizio contabile o in quello penale – dall'agire a tutela delle proprie ragioni e, strumentalmente e indirettamente, a presidio dell'interesse pubblico;
    l'articolo del decreto, così come proposto dal Governo, ai fini della scelta dei Tar da sopprimere, opera un taglio lineare che non tiene conto né della popolazione della circoscrizione giudiziaria, né della produttività dei Tar;
    il Tar di Pescara rappresenta uno dei più importanti presidi di legalità dell'azione amministrativa, possiede infatti un'alta produttività che ha comportato negli ultimi anni la riduzione dell'arretrato del 64 per cento (la percentuale più alta fra le sedi staccate) con un incasso derivante dal versamento del contributo unificato per il solo anno 2013 pari a 528.349 euro, a fronte di un budget di spesa di 167.633 euro complessivi;
    il Tar di Pescara serve una circoscrizione giudiziaria nella quale ricade una popolazione di circa 716.000 abitanti;
    il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 non fa alcun riferimento a dati che dimostrino una apprezzabile diminuzione della spesa pubblica, ma anzi l'attuale sede del Tar di L'Aquila, per accogliere l'organico e la documentazione proveniente dal Tar di Pescara, dovrebbe reperire altri locali (gli uffici teoricamente utilizzabili nella sede del Tar di L'Aquila sono in concreto inagibili perché danneggiati dal terremoto), con un inevitabile incremento di spese che andrebbero ad aggiungersi alle spese ed ai disagi del trasferimento. Inoltre, il trasferimento del contenzioso al Tar di L'Aquila comporterebbe ingenti costi per i cittadini che prima si rivolgevano facilmente al Tar di Pescara, nonché, ove tali costi non possano essere affrontati, una palese violazione del diritto di difesa ex articolo 24 della Costituzione;
    simili considerazioni valgono anche per il Tar di Parma, anch'esso con un'elevata produttività e tuttavia oggetto di un taglio lineare che non tiene assolutamente conto delle peculiarità locali;
    il trasferimento del personale comporterà altresì la necessaria corresponsione delle indennità previste dalla legge per i trasferimenti «forzosi». Tutte le distanze tra le sedi distaccate e le sedi capoluogo superano i 50 km;
    per il reperimento di idonei spazi aggiuntivi nelle sedi regionali, il decreto non prevede alcuna copertura finanziaria. Si può quindi affermare che il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 comporti l'aumento delle spese senza quantificarle e senza indicare i mezzi per farvi fronte, in violazione dell'articolo 81 della Costituzione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa al fine di prevedere di utilizzare come criteri guida per la scelta dei Tar da sopprimere una popolazione della circoscrizione giudiziaria inferiore a 700.000 abitanti e la produttività dei Tar, nonché a salvare, dalla soppressione, quelle sezioni in cui il ricavato del contributo unificato supera le spese di gestione.
9/2486-B/16Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 prevede disposizioni relative alle autorità indipendenti, che introducono norme comuni alle diverse autorità in materia di incompatibilità, reclutamento e trattamento economico del personale, gestione dei servizi strumentali, acquisti di beni e servizi, ubicazione delle sedi, anche al fine di raggiungere risparmi di spesa;
    tra le autorità interessate ai provvedimenti di cui all'articolo in parola risultano l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la Commissione nazionale per le società e la borsa, l'Autorità di regolazione dei trasporti, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati personali, l'Autorità nazionale anticorruzione, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione e la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali;
    i commi da uno a tre dell'articolo 22 introducono alcune novità in materia di incompatibilità dei componenti e dei dirigenti delle autorità indipendenti una volta cessato l'incarico, al fine di garantire ulteriormente l'indipendenza delle Autorità;
    l'Agcom è stata istituita con la legge 31 luglio 1997, n. 249 e il comma 3, dell'articolo 1 dispone che sono organi dell'Autorità il presidente, la commissione per le infrastrutture e le reti, la commissione per i servizi e i prodotti e il consiglio. Ciascuna commissione è organo collegiale costituito dal presidente dell'Autorità e da due commissari. Il consiglio è costituito dal presidente e da tutti i commissari. Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati eleggono due commissari ciascuno, i quali vengono nominati con decreto del Presidente della Repubblica. Ciascun senatore e ciascun deputato esprime il voto indicando un nominativo per il consiglio;
    il Presidente dell'Autorità è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri d'intesa con il Ministro delle comunicazioni (ora Ministro dello sviluppo economico). La designazione del nominativo del Presidente dell'Autorità è previamente sottoposta al parere delle competenti Commissioni Parlamentari ai sensi dell'articolo 3, legge 14 novembre 1995 n. 481;
    l'Agcom, al pari di tutte le altre Autorità, è tenuta a garantire la massima indipendenza e neutralità e le procedure di nomina attualmente in vigore non consentono di assicurare un operato tecnico ed equidistante dagli interessi politici,

impegna il Governo:

   a valutare l'ipotesi di procedere ad una revisione delle procedure di nomina dei membri dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
   a valutare la possibilità di modificare la procedura di nomina del Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, eliminando la designazione diretta da parte Presidente del Consiglio dei Ministri al fine di garantire la massima imparzialità ed indipendenza rispetto al potere politico.
9/2486-B/17Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni in materia di lavoro pubblico, di cui all'articolo 50 del decreto-legge n. 90 del 24 giugno 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza e per l'efficienza degli uffici giudiziari, non raggiungono ad avviso del presentatore l'obiettivo di un intervento di riforma e di taglio degli sprechi in grado di rilanciare il valore e la funzione della Pubblica Amministrazione in quanto le modalità organizzative e i compiti del personale giudiziario e di eventuali figure utilizzate nell’«ufficio per il processo» devono essere demandate alla contrattazione integrativa e rispondere a un modello organizzativo preciso che metta al centro il servizio;
    così come enunciata, la norma risponde, più che a un modello di organizzazione, alla creazione dello «staff» del giudice; se applicata in tal modo creerebbe gravi rallentamenti nella struttura organizzativa con l'ingresso disordinato di più «figure» esterne con compiti non ben definiti, inoltre l'istituzione dell'ufficio per il processo deve necessariamente passare per la valorizzazione del personale interno che attende da tempo un riconoscimento professionale, senza dimenticare che la complessità del modello organizzativo, inoltre, richiede l'utilizzo del personale di cui al comma 344 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 tramite un contratto a tempo determinato a partire dal 1o gennaio 2015;
    pertanto risulta evidente che i 2924 lavoratori/precari della giustizia ricevano al più presto una risposta che costituisca concretamente il punto di partenza per una funzione pubblica moderna, rispondente alle aspettative dei cittadini, volano dello sviluppo dell'economia del Paese, che possa rimettere al centro il ruolo e la dignità del lavoro pubblico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di demandare alla contrattazione nazionale integrativa le scelte relative a nuove funzioni e compiti del personale giudiziario da utilizzare sia per la costituzione dell'ufficio per il processo che per gli ufficiali e funzionari giudiziali tenendo in considerazione l'utilizzazione di contratti a tempo determinato di un anno per l'assunzione dei lavoratori che abbiano completato il tirocinio (articolo 1 comma 344, legge n. 147 del 27 dicembre 2013) per lo smaltimento dell'arretrato tramite progetti specifici.
9/2486-B/18Gallinella, Businarolo, Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, integra le commissioni mediche locali costituite presso le unità sanitarie locali in tutti i capoluoghi di provincia con un rappresentante designato dalle associazioni delle persone disabili esperto in materia;
    le commissioni mediche locali hanno il compito di accertare i requisiti psichici e fisici nei casi di revisione o rinnovo della patente di guida richiesta da mutilati e minorati fisici per minorazioni anatomiche e funzionale di arti o colonne vertebrali;
    il comma 1 dell'articolo 25 in forma generica parla di «esperto in materia» senza specificare la materia nel quale dovrebbe essere esperto, si rende quindi necessario procedere ad una definizione precisa di esperto in materia,

impegna il Governo

a definire compiutamente e in modo adeguato che l'esperto in materia nel quale si fa riferimento al comma 1 dell'articolo 25 è esperto nella valutazione dell'incidenza psicofisica conseguente alle condizioni di disabilità.
9/2486-B/19Castelli, Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del provvedimento in esame dispone in ordine alla soppressione del Magistrato delle acque per le province venete e di Mantova di cui alla legge 5 maggio 1907, n. 257, trasferendo compiti e funzioni al provveditorato interregionale per le opere pubbliche;
    i compiti e le funzioni inerenti espressamente alla salvaguardia di Venezia e della laguna saranno trasferiti alla costituenda città metropolitana;
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, tale assunto non appare il più ragionevole e il più opportuno,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata al fine di prevedere il ripristino dell'istituto del Magistrato delle acque di Venezia, quale amministrazione ad ordinamento autonomo con funzioni strumentali a quelle dello Stato, avente personalità giuridica di diritto pubblico e dotato di autonomia organizzativa, amministrativa, contabile e finanziaria, sottoposto alla opportuna vigilanza del Ministero dell'ambiente.
9/2486-B/20Cozzolino.


   La Camera,
   premesso che:
    a fronte delle specifiche misure disposte dal provvedimento per gli enti di ricerca, in materia di semplificazione e trasparenza preme al firmatario del presente atto sollevare la disparità di trattamento e le difficoltà cui è esposto il personale esterno non strutturato delle università – si tratta, ad esempio, degli assegnisti di ricerca, borsisti o dottorandi, rispetto al personale strutturato, qualunque esso sia, docenti, tecnici o ricercatori;
    le missioni fuori sede di durata superiore alle 24 ore vengono a questi ultimi rimborsate, a norme di legge, entro 30 giorni, in quanto dipendenti pubblici, mentre i primi, che già scontano una posizione ed una condizione precarie, devono spesso attendere anche diversi mesi per i medesimi rimborsi, in quanto «esterni»;
    sembra al firmatario del presente atto che ai «precari» dovrebbe, per lo meno, essere assicurato pari trattamento con riguardo all'aspetto discriminante indicato, affinché non si producano procedure di rimborso privilegiate, che, tra l'altro, vanno a scapito proprio di chi è già in condizioni di minor tutela e maggior bisogno,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche legislative, al fine di estendere il trattamento sancito dall'articolo 3, della legge n. 417 del 1978, al personale esterno non strutturato delle università.
9/2486-B/21Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 introduce nuove norme in materia di incompatibilità per i componenti del vertice della Consob nel periodo successivo alla cessazione del loro mandato;
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo sarebbe opportuno introdurre la medesima incompatibilità quale requisito aggiuntivo a quelli vigenti per l'assunzione dei suddetti incarichi,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, finalizzate al divieto di nomina quali componenti degli organi di vertice, a pena di nullità, per coloro che nei quattro anni precedenti abbiano intrattenuto, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con soggetti regolati dalla Consob o con società da questi ultimi controllate.
9/2486-B/22Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, l'articolo 11, nel suo complesso, era e rimane un articolo controverso; in particolare, l’incipit del comma 4 recita un ingiustificato «Resta fermo» e prosegue autorizzando, o sanando autorizzazioni pregresse, gli organi politici degli enti locali ad inquadrare un collaboratore temporaneo e fiduciario alla stregua dei dirigenti, escludendo attribuzioni di mansioni gestionali (tipiche dei dirigenti), derogando rispetto al livello di inquadramento, rispetto alla retribuzione e rispetto al titolo di studio necessario;
    pur comprendendo le esigenze di personale fiduciario per i gabinetti politici, risulta evidentemente ridondante la sequela di deroghe introdotte per l'assunzione di incarichi dirigenziali, che appare anche di natura ed efficacia retroattiva,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, finalizzate a preservare il possesso del titolo di studio dai requisiti derogati dal comma richiamato in premessa.
9/2486-B/23Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame pur contenendo misure di razionalizzazione della spesa pubblica non affronta il tema delle auto blu;
    sarebbe fondamentale proseguire l'opera intrapresa con il decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 che, all'articolo 15 ha previsto una ulteriore riduzione di spesa per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi dal 50 al 30 per cento;
    alla luce di questo processo si ritiene particolarmente inadeguata la sanzione prevista per le amministrazioni pubbliche che non adempiono, ai fini dei censimento permanente delle autovetture di servizio, all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011,

impegna il Governo

ferme restando le vigenti disposizioni di contenimento della spesa per autovetture già previste per spending review, a diminuire dal 50 al 30 per cento il limite di spesa previsto ai sensi dell'articolo 1 comma 2 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 per le amministrazioni pubbliche che non adempiono, ai fini del censimento permanente delle autovetture di servizio, all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011.
9/2486-B/24Dell'Orco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame pur contenendo misure di razionalizzazione della spesa pubblica non affronta il tema delle auto blu;
    sarebbe fondamentale proseguire l'opera intrapresa con il decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 che, all'articolo 15 ha previsto una ulteriore riduzione di spesa per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi dal 50 al 30 per cento;
    alla luce di questo processo si ritiene particolarmente inadeguata la sanzione prevista per le amministrazioni pubbliche che non adempiono, ai fini dei censimento permanente delle autovetture di servizio, all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011,

impegna il Governo

ferme restando le vigenti disposizioni di contenimento della spesa per autovetture già previste per spending review, a valutare l'opportunità di diminuire dal 50 al 30 per cento il limite di spesa previsto ai sensi dell'articolo 1 comma 2 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 per le amministrazioni pubbliche che non adempiono, ai fini del censimento permanente delle autovetture di servizio, all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011.
9/2486-B/24. (Testo modificato nel corso della seduta).  Dell'Orco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del suddetto decreto «Soppressione delle sezioni staccate di Tribunale amministrativo regionale e del Magistrato delle acque. Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana) dispone la soppressione del Commissario di Governo per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
    sulla base della legislazione vigente l'attuale governance dell'Agenda digitale italiana risulta composta dalla cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, dal Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, organismi previsti dall'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35 e dall'Agenzia per l'Italia digitale, istituita dall'articolo 19 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
    con l'approvazione dello Statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale ad opera del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 gennaio 2014 in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 37 del 14 febbraio 2014 si è dato vita ad un nuovo organo dell'Agenzia denominato Comitato di indirizzo che ai sensi dell'articolo 5 del richiamato Statuto: «[...] nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, è composto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione, un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata e dai membri del Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, tutti in possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dall'articolo 21, comma 2 del decreto istitutivo»;
    appare evidente come le attribuzioni del suddetto Comitato di indirizzo si sovrappongano a quelle degli altri organi previsti e segnatamente la cabina di regia e il tavolo permanente,

impegna il Governo

a provvedere anche per via legislativa alla soppressione della cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e della relativa struttura di missione al fine di procedere ad un'ulteriore semplificazione della governance dell'Agenda digitale italiana per dare nuovo e decisivo impulso alla realizzazione dell'Agenda digitale italiana.
9/2486-B/25De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del suddetto decreto «Soppressione delle sezioni staccate di Tribunale amministrativo regionale e del Magistrato delle acque. Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana) dispone la soppressione del Commissario di Governo per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
    sulla base della legislazione vigente l'attuale governance dell'Agenda digitale italiana risulta composta dalla cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, dal Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, organismi previsti dall'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35 e dall'Agenzia per l'Italia digitale, istituita dall'articolo 19 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
    con l'approvazione dello Statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale ad opera del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 gennaio 2014 in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 37 del 14 febbraio 2014 si è dato vita ad un nuovo organo dell'Agenzia denominato Comitato di indirizzo che ai sensi dell'articolo 5 del richiamato Statuto: «[...] nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, è composto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione, un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata e dai membri del Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, tutti in possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dall'articolo 21, comma 2 del decreto istitutivo»;
    appare evidente come le attribuzioni del suddetto Comitato di indirizzo si sovrappongano a quelle degli altri organi previsti e segnatamente la cabina di regia e il tavolo permanente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere anche per via legislativa alla soppressione della cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e della relativa struttura di missione al fine di procedere ad un'ulteriore semplificazione della governance dell'Agenda digitale italiana per dare nuovo e decisivo impulso alla realizzazione dell'Agenda digitale italiana.
9/2486-B/25. (Testo modificato nel corso della seduta).  De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 3 si rimodulano le limitazioni al turn over per determinate amministrazioni dello Stato (ed altri enti) per il quinquennio 2014-2018; in particolare, per quanto riguarda il criterio basato sui risparmi di spesa legati alle cessazioni dell'anno precedente, vengono confermati i limiti attuali (20 per cento nel 2014, 40 per cento nel 2015, 60 per cento nel 2016, 80 per cento nel 2017, 100 per cento nel 2018),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare risorse derivanti dai maggiori risparmi dei capitoli di spesa relativi all'organizzazione degli uffici di diretta collaborazione con il Ministro, al fine di favorire la stabilizzazione degli idonei inseriti nelle graduatorie dei concorsi banditi dalla pubblica amministrazione.
9/2486-B/26Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 17 del provvedimento in esame prevede la predisposizione di un sistema informatico di acquisizione di dati e delle proposte di razionalizzazione delle amministrazioni statali;
    il comma 2 del medesimo articolo prevede la predisposizione di un sistema informatico di acquisizione di dati relativi alla modalità di gestione dei servizi strumentali, con particolare riferimento ai servizi esternalizzati da parte del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri;
    come avviene per molti altri obblighi di pubblicità previsti dalle leggi adottati negli ultimi anni, anche nei suddetti commi l'obbligo appare sprovvisto di effettività, a causa della carenza di previsioni sanzionatorie in caso di mancata ottemperanza in quanto le disposizioni si limitano a prevedere, al comma 1, che, decorso il termine di tre mesi dall'abilitazione al prescritto inserimento dei dati, «è vietato alle suddette amministrazioni, con riferimento agli enti per i quali i dati e le proposte non siano stati immessi, il compimento di qualsiasi atto nei confronti dei suddetti enti, ivi compresi il trasferimento di fondi e la nomina di titolari e componenti dei relativi organi» e, al comma 2, che «il mancato inserimento rileva ai fini della responsabilità dirigenziale del dirigente competente»;
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo sarebbe opportuno introdurre quale rimedio sanzionatorio effettivo per l'inadempimento degli obblighi disposti una nullità «testuale», quale sanzione che renda effettivo l'obbligo in questione;
    nel presente contesto, una previsione siffatta avrebbe la funzione realmente in grado di rendere effettivo l'obbligo stesso in quanto le amministrazioni che non dovessero ottemperare all'obbligo di trasmettere i dati richiesti, vedrebbero gli atti ad essi conseguenti colpiti da nullità di diritto;
    tale proposta risulta coerente con la parte della riforma che prevede misure deflattive per il contenzioso amministrativo in sede giudiziaria. Se infatti, a fronte della violazione da parte delle amministrazioni delle norme di legge l'ordinario rimedio per i privati interessati è quello di ricorrere al giudice amministrativo per far dichiarare nulli i provvedimenti così adottati, in quanto diversamente essi esplicano pienamente i loro effetti, seppur adottati in violazione di norme di legge, con la proposta in questione, gli atti adottati in violazione degli obblighi di pubblicità e trasparenza sarebbero colpiti da nullità ex lege, senza il necessario intervento dell'autorità giudiziaria e il relativo contenzioso, fonte di ingenti costi e disagi tanto per lo Stato che per i privati;
    la sanzione della nullità potrebbe essere anche «attenuata», con la previsione di un termine temporale, decorrente dal momento dell'iscrizione dell'amministrazione nell'elenco pubblico delle amministrazioni inadempienti, entro il quale l'amministrazione deve ottemperare agli obblighi informativi, decorso il quale si attuerebbe la sanzione della nullità di diritto degli atti relativi ai dati non trasmessi,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, necessarie a istituire, quale adeguato rimedio sanzionatorio nei confronti delle amministrazioni pubbliche che non adempiano al disposto dei commi indicati in premessa la nullità testuale e di diritto degli atti amministrativi eventualmente adottati, anche considerando l'introduzione della previsione «attenuata» come indicata in premessa.
9/2486-B/27Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 49, comma 1, lettera b), del decreto-legge in corso di conversione modifica l'articolo, 17 del decreto legislativo n. 546 del 1992, recante la disciplina del luogo delle notificazioni e comunicazioni nel processo tributario. In particolare, aggiunge al detto articolo il comma 3-bis secondo il quale «in caso di mancata indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in segreteria della Commissione tributaria»;
    la mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata può dipendere da svariati fattori: potrebbe dipendere da problemi di insufficienza di memoria della casella del ricevente così come da problemi di trasmissione/consegna del messaggio insiti nel sistema stesso. In tali casi, se è vero che la ricevuta di mancata consegna della PEC, inoltrata al mittente entro le ventiquattro ore successive all'invio, riporta il motivo della mancata consegna dello stesso, è altrettanto vero che non sempre il contenuto di tale messaggio risulta facilmente intellegibile all'operatore né risulta agevole individuare le cause del mancato inoltro;
    in assenza di validi elementi dai quali poter attribuire con certezza la causa del mancato inoltro a inadempienze del destinatario, appare quindi oltremodo inopportuno far discendere per quest'ultimo conseguenze così onerose, quali la comunicazione mediante deposito in segreteria della Commissione tributaria: in tal caso, infatti, il destinatario della comunicazione potrebbe venire a conoscenza del contenuto della comunicazione soltanto recandosi presso la segreteria della Commissione tributaria; tuttavia, ciò potrebbe avvenire anche a distanza di tempo ovvero dopo il decorso di termini processuali rilevanti ai fini del processo (a prescindere dall'effettiva conoscenza della comunicazione, infatti, gli effetti della notifica o comunicazione decorrono dalla data di deposito dell'atto o provvedimento da comunicare/notificare presso la segreteria della Commissione tributaria): si pensi alla comunicazione relativa alla data di fissazione dell'udienza dalla quale decorrono i termini perentori per il deposito di documenti e per la presentazione di memorie; alla comunicazione del dispositivo della sentenza e della data di deposito della stessa, dalla quale decorrono i termini per l'impugnazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta ad escludere che la mancata trasmissione della PEC comporti come conseguenza la comunicazione mediante deposito presso la segreteria della Commissione tributaria ovvero a prevedere quantomeno strumenti alternativi di comunicazione tali da garantire un adeguato grado di conoscenza o conoscibilità della comunicazione da parte del destinatario.
9/2486-B/28Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 49, comma 1, lettera b), del decreto-legge in corso di conversione modifica l'articolo, 17 del decreto legislativo n. 546 del 1992, recante la disciplina del luogo delle notificazioni e comunicazioni nel processo tributario. In particolare, aggiunge al detto articolo il comma 3-bis secondo il quale «in caso di mancata indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in segreteria della Commissione tributaria»;
    la mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata può dipendere da svariati fattori: potrebbe dipendere da problemi di insufficienza di memoria della casella del ricevente così come da problemi di trasmissione/consegna del messaggio insiti nel sistema stesso. In tali casi, se è vero che la ricevuta di mancata consegna della PEC, inoltrata al mittente entro le ventiquattro ore successive all'invio, riporta il motivo della mancata consegna dello stesso, è altrettanto vero che non sempre il contenuto di tale messaggio risulta facilmente intellegibile all'operatore né risulta agevole individuare le cause del mancato inoltro;
    in assenza di validi elementi dai quali poter attribuire con certezza la causa del mancato inoltro a inadempienze del destinatario, appare quindi oltremodo inopportuno far discendere per quest'ultimo conseguenze così onerose, quali la comunicazione mediante deposito in segreteria della Commissione tributaria: in tal caso, infatti, il destinatario della comunicazione potrebbe venire a conoscenza del contenuto della comunicazione soltanto recandosi presso la segreteria della Commissione tributaria; tuttavia, ciò potrebbe avvenire anche a distanza di tempo ovvero dopo il decorso di termini processuali rilevanti ai fini del processo (a prescindere dall'effettiva conoscenza della comunicazione, infatti, gli effetti della notifica o comunicazione decorrono dalla data di deposito dell'atto o provvedimento da comunicare/notificare presso la segreteria della Commissione tributaria): si pensi alla comunicazione relativa alla data di fissazione dell'udienza dalla quale decorrono i termini perentori per il deposito di documenti e per la presentazione di memorie; alla comunicazione del dispositivo della sentenza e della data di deposito della stessa, dalla quale decorrono i termini per l'impugnazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta ad escludere che la mancata trasmissione della PEC comporti come conseguenza la comunicazione mediante deposito presso la segreteria della Commissione tributaria ovvero a prevedere quantomeno strumenti alternativi di comunicazione tali da garantire un adeguato grado di conoscenza o conoscibilità della comunicazione da parte del destinatario.
9/2486-B/28. (Testo modificato nel corso della seduta).  Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 45, comma 1, lettera c), del decreto-legge in corso di conversione modifica l'articolo 207 del codice di procedura civile, recante la disciplina del processo verbale di assunzione dei mezzi di prova nel processo civile. In particolare, prevede che le dichiarazioni rese in udienza dalle parti e dai testimoni debbano essere riportate in prima persona nel verbale di assunzione nonché lette al dichiarante il quale però, contrariamente alla norma previgente, non deve più sottoscriverle;
    la trascrizione nel verbale d'udienza delle dichiarazioni rese dai testimoni e dalle parti nel corso dell'udienza dovrebbe essere effettuata dal cancelliere, sotto la direzione del giudice;
    trattandosi di atto pubblico, esso fa piena prova fino a querela di falso. Come noto, tuttavia, nella prassi ciò non avviene a causa dell'elevato volume delle cause civili e della carenza di personale di cancelleria. Di tale compito si fanno quindi carico, solitamente, i difensori previa autorizzazione del giudice. In un tal contesto, la sottoscrizione del verbale di assunzione da parte del dichiarante rappresenta una garanzia circa la paternità delle dichiarazioni rese e la corrispondenza tra quanto riferito e quanto trascritto nel verbale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a prevedere la sottoscrizione del verbale di assunzione da parte del dichiarante, quale garanzia della paternità delle dichiarazioni rilasciate e della corrispondenza con quanto in esso trascritto.
9/2486-B/29Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 45, comma 1, lettera c), del decreto-legge in corso di conversione modifica l'articolo 207 del codice di procedura civile, recante la disciplina del processo verbale di assunzione dei mezzi di prova nel processo civile. In particolare, prevede che le dichiarazioni rese in udienza dalle parti e dai testimoni debbano essere riportate in prima persona nel verbale di assunzione nonché lette al dichiarante il quale però, contrariamente alla norma previgente, non deve più sottoscriverle;
    la trascrizione nel verbale d'udienza delle dichiarazioni rese dai testimoni e dalle parti nel corso dell'udienza dovrebbe essere effettuata dal cancelliere, sotto la direzione del giudice;
    trattandosi di atto pubblico, esso fa piena prova fino a querela di falso. Come noto, tuttavia, nella prassi ciò non avviene a causa dell'elevato volume delle cause civili e della carenza di personale di cancelleria. Di tale compito si fanno quindi carico, solitamente, i difensori previa autorizzazione del giudice. In un tal contesto, la sottoscrizione del verbale di assunzione da parte del dichiarante rappresenta una garanzia circa la paternità delle dichiarazioni rese e la corrispondenza tra quanto riferito e quanto trascritto nel verbale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a prevedere la sottoscrizione del verbale di assunzione da parte del dichiarante, quale garanzia della paternità delle dichiarazioni rilasciate e della corrispondenza con quanto in esso trascritto.
9/2486-B/29. (Testo modificato nel corso della seduta).  Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 50, comma 2, del decreto-legge in corso di conversione apporta modifiche all'articolo 73 decreto-legge n. 9 del 2013, recante la disciplina del tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari;
    il periodo di formazione teorico-pratica previsto dalla citata disposizione è ammesso esclusivamente presso le Corti di appello, i tribunali ordinari, gli uffici e i tribunali di sorveglianza e i tribunali per i minorenni della durata nonché presso il Consiglio di Stato, sia nelle sezioni giurisdizionali che consultive, e i Tribunali Amministrativi Regionali; sono dunque escluse le Commissioni tributarie;
    il processo tributario non può considerarsi un processo «minore» rispetto a quello civile, penale o amministrativo; il procedimento disciplinato dal decreto legislativo n. 546 del 1992, infatti, segue le forme e le fasi previste nel processo amministrativo, oltre a richiamare espressamente la normativa prevista dal codice di procedura civile per tutto quanto non espressamente disciplinato dal detto decreto;
    il tirocinio pratico presso le Commissioni tributarie può certamente contribuire alla formazione professionale dei futuri magistrati togati, soprattutto in considerazione del loro crescente impiego all'interno delle Commissioni tributarie,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni al fine di assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a prevedere la possibilità di svolgere il tirocinio formativo di cui all'articolo 73 del detto decreto-legge n. 69 del 2013, anche presso le commissioni tributarie provinciali e regionali.
9/2486-B/30Pisano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 introduce modifiche in materia di semplificazione per soggetti con invalidità. Merita particolare attenzione anche la tutela dei lavoratori invalidi che si assentano per motivi di salute dal luogo di lavoro, ai quali viene effettuata una ritenuta economica relativa ai primi dieci giorni di ogni periodo di assenza per malattia;
    la normativa attuale esclude da tale ritenuta economica le assenze dovute ad infortunio sul lavoro certificate dall'Inail, a ricovero ospedaliero o di day-hospital e le assenze dovute a patologie gravi che necessitano di terapie salvavita,

impegna il Governo

ad attivarsi, anche apportando modifiche alla legge n. 133 del 6 agosto 2008 affinché vengano tutelati i diritti dei lavoratori, affetti da patologie gravi e invalidanti e di quelli ai quali è riconosciuto almeno il 75 per cento di invalidità, che si assentano dal lavoro per motivi di salute con lo stesso regime giuridico previsto per i soggetti che si sottopongono alle terapie salvavita.
9/2486-B/31Petraroli, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3 dell'articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, modifica la disciplina della sosta dei veicoli di persone disabili dotati di apposito contrassegno, e mentre si obbliga i concessionari di aree destinate a parcheggi a pagamento a destinarne una quota a sosta gratuita per i veicoli di persone disabili, mentre per le aree di parcheggio a pagamento gestite direttamente dai comuni diventa una decisione facoltativa, mentre in precedenza era obbligatorio;
    tale norma pare contraddittoria in quanto non sembra plausibile che ai concessionari sia imposto di lasciare a disposizione di soste gratuite mentre per i comuni per le aree parcheggio che gestiscono direttamente diventa facoltativo;
    non sembra, inoltre, che con la modifica introdotta aumenti l'offerta di soste gratuite per i veicoli di persone disabili con contrassegno quando i posti loro assegnati sono occupati o indisponibili,

impegna il Governo

a valutare più attentamente la disposizione al fine di reinserire in successivi provvedimenti la norma che prevede per i comuni l'obbligo a riservare soste gratuite per i veicoli di persone disabili dotate di contrassegno laddove i posti loro assegnati risultino occupati o indisponibili aumentando così sensibilmente l'offerta complessiva di soste gratuite per i veicoli di persone disabili.
9/2486-B/32D'Incà, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 introduce nuove disposizioni in materia di semplificazione e flessibilità nel turn over presso le pubbliche amministrazioni disciplinandone la relativa facoltà assunzionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative legislative finalizzate a garantire una migliore conciliazione tra tempi di vita e di lavoro a vantaggio del dipendente, anche attraverso un migliore e più diffuso utilizzo del contratto a tempo parziale.
9/2486-B/33Carinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 4, comma 1, stabilisce che le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell'amministrazione di appartenenza;
   considerato che:
    il suddetto articolo prevede che, in via sperimentale, e in attesa dell'introduzione di nuove procedure per la determinazione dei fabbisogni standard di personale delle amministrazioni pubbliche, per il trasferimento tra le sedi centrali di differenti ministeri, agenzie ed enti pubblici non economici nazionali, non è richiesto l'assenso dell'amministrazione di appartenenza,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative affinché si intervenga in tempi rapidi per l'individuazione dei citati fabbisogni standard di personale in modo che sia garantito un adeguato bilanciamento tra la necessità di provvedere alla spending review e l'esigenza di garantire l'erogazione dei servizi pubblici.
9/2486-B/34Nuti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 modifica il sistema di conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato negli enti locali, nelle regioni e negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario nazionale con riferimento alla dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa;
    in particolare si interviene sugli uffici di supporto degli organi di direzione politica degli enti locali. In sintesi, viene aumentato dal 10 al 30 per cento dei posti della pianta organica la quota massima di incarichi dirigenziali che gli enti locali possono conferire mediante contratti a tempo determinato, nonostante il comma 3 fissa al dieci per cento il limite dei posti di dotazione organica ricopribili tramite assunzioni a tempo determinato per la dirigenza regionale e la dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale;
   considerato che:
    l'articolo 110, comma 1, del Testo Unico degli Enti Locali prevede la possibilità di ricorrere alla copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire;
    nonostante il parere contrario della sezione regionale delle Corte dei Conti per la Puglia, rimane inalterato il contenuto del comma 2 dell'articolo 110 del decreto legislativo n. 267 del 2000 con riferimento all'attribuzione di incarichi dirigenziali a termine al di fuori della dotazione organica;
    il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire;
    l'articolo 26 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recita «Fino alla ridefinizione delle piante organiche non può essere disposto alcun incremento delle dotazioni organiche per ciascuna delle attuali posizioni funzionali dirigenziali del ruolo sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo»,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere con ulteriori provvedimenti l'applicazione di sanzioni amministrative nei confronti degli enti pubblici locali e territoriali, che non abbiano adempiuto all'obbligo previsto dal comma 3 dell'articolo 26 del decreto legislativo 30 marzo 2001;
   a considerare altresì l'opportunità, nel rispetto dell'autonomia dei singoli enti, di concordare, in sede di Conferenza Unificata, le modalità e le scadenze relative agli aggiornamenti delle dotazioni organiche del personale dirigenziale e non dirigenziale, nonché per la pubblicazione delle predette rideterminazioni sul sito internet del Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri.
9/2486-B/35Dieni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento prevede anche modifiche all'articolo 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, che riguardano l'obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione:
    l'articolo 49 (Disposizioni in materia di informatizzazione del processo tributario e di notificazione dell'invito al pagamento del contributo unificato) ha la finalità di incentivare l'uso delle modalità telematiche nel processo tributario consentendo un cospicuo risparmio dei costi sostenuti per l'utilizzo dei servizi postali;
    in particolare, al comma 2 viene apportata una modifica all'articolo 248, comma 2, del testo unico in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, con la quale si prevede la possibilità di inviare al domicilio eletto, anche digitale, l'invito al pagamento derivante dal mancato o insufficiente pagamento del contributo unificato. È fatto salvo il contenuto della convenzione prevista dall'articolo 1, comma 367, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, mediante la quale il Ministero della giustizia affida ad Equitalia Giustizia la gestione del credito;
    il pagamento del contributo unificato può essere effettuato presso: gli uffici postali utilizzando l'apposito bollettino di conto corrente postale; le tabaccherie mediante lottomatica; il modello F23. All'atto dell'iscrizione a ruolo l'istante deve pagare il contributo dovuto negli importi previsti;
    se il versamento è effettuato presso le rivendite dei generi di monopolio e di valori bollati la ricevuta è costituita dal contrassegno rilasciato dalla rivendita comprovante il pagamento e l'importo. Tale contrassegno cartaceo è apposto sulla nota di iscrizione a ruolo ed in caso di deposito telematico degli atti deve essere portato fisicamente presso le cancellerie dei Tribunali che provvedono ad effettuare i dovuti controlli ed inseriscono il contrassegno nel relativo fascicolo;
    tale attività di verifica e di riordino del fascicolo da parte delle Cancellerie impiega parecchio tempo delle risorse umane addette, attività che invece non deve essere eseguita in caso in cui il pagamento del contributo avvenga in forma telematica,

impegna il Governo

a valutare di prevedere il pagamento obbligatorio in via telematica del contributo unificato di cui all'articolo 14 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo Unico delle Spese di Giustizia), per evitare controlli manuali da parte delle Cancellerie dei Tribunali nonché eventuali ritardi nella gestione degli atti giudiziari.
9/2486-B/36Colonnese, Ferraresi, Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 dispone, al comma 6, la riduzione delle spese per gli incarichi di consulenza, studio e ricerca commissionati dalle autorità indipendenti; la riduzione disposta è pari, nel minimo, al cinquanta per cento della spesa sostenuta nell'anno 2013,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere con future iniziative normative ad un ulteriore innalzamento della soglia minima della riduzione indicata in premessa, fissandola al 7 per cento delle spese dell'anno precedente.
9/2486-B/37D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolato del provvedimento reca una serie di misure intitolate alla semplificazione e alla trasparenza nonché all'organizzazione delle pubbliche amministrazioni in moltissime materie e moltissimi settori, anche con l'obiettivo di una razionalizzazione dell'allocazione delle risorse e delle spese;
    in ordine al comparto degli enti territoriali, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, sarebbe opportuno un decisivo intervento in ordine alle sedi di rappresentanza delle regioni all'estero,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche legislative, finalizzate alla soppressione delle sedi di rappresentanza delle regioni all'estero o, comunque, alla riduzione dei trasferimenti erariali in favore delle regioni per una somma corrispondente alle spese per esse sostenute, al contempo disponendo l'adeguamento, compatibilmente con i loro ordinamenti, da parte delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.
9/2486-B/38Fraccaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolato del provvedimento reca una serie di misure intitolate alla semplificazione e alla trasparenza nonché all'organizzazione delle pubbliche amministrazioni in moltissime materie e moltissimi settori, anche con l'obiettivo di una razionalizzazione dell'allocazione delle risorse e delle spese;
    in ordine al comparto degli enti territoriali, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, sarebbe opportuno un decisivo intervento in ordine alle sedi di rappresentanza delle regioni all'estero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche legislative, finalizzate alla soppressione delle sedi di rappresentanza delle regioni all'estero o, comunque, alla riduzione dei trasferimenti erariali in favore delle regioni per una somma corrispondente alle spese per esse sostenute, al contempo disponendo l'adeguamento, compatibilmente con i loro ordinamenti, da parte delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.
9/2486-B/38. (Testo modificato nel corso della seduta).  Fraccaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 del provvedimento in esame introduce nuove incompatibilità per i componenti degli organi di vertice e per i dirigenti di determinate autorità indipendenti con riguardo al periodo successivo alla cessazione dei loro incarichi;
    dalla disposizione sono esclusi i dirigenti «responsabili esclusivamente degli uffici di supporto»;
    tale deroga risulta priva di motivazione e foriera di incertezze applicative;
    «uffici di supporto» non può ritenersi espressione univoca di significato, in particolare a fronte del contestuale riferimento agli ordinamenti interni delle suddette autorità, della loro specifica autonomia e della conseguente eterogeneità delle articolazioni e delle funzioni organizzative,

impegna il Governo

a centrare gli effetti applicativi della disposizione ai fini di adottare le opportune iniziative, anche legislative, al fine di espungere la deroga richiamata in premessa o a individuare espressamente la tipologia di uffici ai cui responsabili debba intendersi applicata.
9/2486-B/39Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 31 (Modifiche all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001) reca modifiche all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, concernente la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, estendendo la possibilità di denunciare i predetti illeciti, oltre all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, anche all'ANAC;
    attualmente i dipendenti pubblici e privati a seguito di denunce di atti di corruzione e irregolarità subiscono molto spesso provvedimenti disciplinari, mobbing e licenziamenti;
    la posizione dei cosiddetti whistleblower non viene adeguatamente tutelata nelle aziende, in ambito privato e pubblico, da fenomeni di mobbing e altre forme di vessazione o discriminazione che possano pregiudicarne l'integrità psicofisica o la carriera lavorativa;
    non viene nemmeno prevista una ricompensa, anche in termini monetari, nel caso il dipendente sia venuto a conoscenza di atti di corruzione o irregolarità, come invece è previsto in altri ordinamenti, ad esempio negli Stati Uniti, dove non solo il dipendente è tutelato, ma è addirittura incentivato a fare segnalazioni,

impegna il Governo

a valutare di attribuire all'autore di una segnalazione di reati o irregolarità, che comportano un danno erariale e un danno all'immagine della pubblica amministrazione, una somma di denaro a titolo di premio, in percentuale rispetto alla somma recuperata a seguito del provvedimento di condanna definitiva della Corte dei conti.
9/2486-B/40Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in oggetto presenta indubbiamente un contenuto ampio ed articolato riconducibile ad ambiti di intervento del settore pubblico, quali la pubblica amministrazione e il settore della giustizia (principalmente civile, amministrativa e tributaria), o settori ad esso riconducibili (enti controllati, contratti pubblici ed eventi sottoposti a poteri di intervento pubblicistici);
    si rileva che la particolare complessità delle materie trattate dal decreto-legge in oggetto avrebbe meritato altra scelta di politica legislativa, quale quella di un disegno di legge ordinario, con tempi non contingentati e non a ridosso della pausa estiva che già da sola ingenererebbe inspiegabilmente una dannosa fretta nell'esame dei provvedimenti pur rilevanti;
    in relazione all'articolo 9 che ha ad oggetto, tra l'altro, la riforma degli onorari della Avvocatura di Stato e risponde alle urgenti necessità di contenimento della spesa pubblica, riducendo l'ammontare dei compensi professionali non correlati a criteri di valutazione della performance omogenei alle altre categorie dirigenziali, stante le numerose modifiche apportate alla norma in esame sulla percentuale spettante alla già privilegiata categoria degli Avvocati di Stato,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere nuovamente la percentuale sulle liti vinte spettante al personale della Avvocatura dello Stato e riportarla al dieci per cento rispetto alla attuale previsione normativa.
9/2486-B/41Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 modifica il sistema di conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato negli enti locali, nelle regioni e negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario nazionale con riferimento alla dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa;
    in particolare si interviene sugli uffici di supporto degli organi di direzione politica degli enti locali. In sintesi, viene aumentato dal 10 al 30 per cento dei posti della pianta organica la quota massima di incarichi dirigenziali che gli enti locali possono conferire mediante contratti a tempo determinato, prevedendo l'obbligo di selezione pubblica per il conferimento di detti incarichi;
    in particolare, il comma 3 fissa al dieci per cento il limite dei posti di dotazione organica ricopribili tramite assunzioni a tempo determinato per la dirigenza regionale e la dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale;
    si rileva, in proposito, che molte regioni hanno introdotto proprie discipline di regolazione della dirigenza, che, in alcuni casi, consentono il ricorso ad incarichi dirigenziali da conferire a personale esterno;
    in base alla giurisprudenza costituzionale, «l'area delle eccezioni» al concorso deve essere «delimitata in modo rigoroso» (sent. n. 215 del 2009; sent. n. 363 del 2006). Con la sentenza n. 9 del 2010 la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 24, comma 2, della legge regionale n. 23 del 2008 del Piemonte, in quanto tale disposizione oltre a prevedere assunzioni a tempo determinato, con contratto che può avere una durata massima di cinque anni e che è rinnovabile senza alcun limite, e a non richiedere la ricorrenza di alcun presupposto oggettivo perché un incarico di direttore regionale sia affidato ad un soggetto esterno piuttosto che ad un dirigente appartenente ai ruoli dell'amministrazione, contempla una deroga al principio del concorso pubblico di notevole consistenza (30 percento dei posti di direttore regionale),

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme citate in premessa al fine di prevedere nei prossimi provvedimenti concernenti la dirigenza, di rimodulare le percentuali dei posti riservati dagli enti locali e territoriali agli incarichi dirigenziali, fissandoli complessivamente nella misura non superiore al 2 per cento negli enti pubblici che abbiano in organico più di 50 dirigenti di ruolo, del 10 per cento negli enti pubblici che abbiano in organico da 5 a 50 dirigenti di ruolo e del 30 per cento negli enti pubblici che abbiano in organico meno di 5 dirigenti di ruolo.
9/2486-B/42Rostellato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 modifica il sistema di conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato negli enti locali, nelle regioni e negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario nazionale con riferimento alla dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa;
    l'articolo 110, comma 1, TUEL prevede la possibilità di ricorrere alla copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire;
    tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 30 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una unità;
    i predetti contratti non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica; sotto il profilo del trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, questo può essere integrato, con provvedimento motivato della Giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali;
    il predetto trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale;
   considerato che:
    la sentenza della Corte costituzionale n. 233 del 2006, che ha evidenziato come la materia «organizzazione amministrativa della Regione», comprensiva dell'incidenza della stessa sulla disciplina del relativo personale, è attribuita alla competenza residuale delle Regioni (articolo 117, quarto comma, della Costituzione), da esercitare nel rispetto dei «principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» fissati negli statuti (articolo 123 della Costituzione);
    per quanto riguarda più specificatamente i dirigenti e il relativo trattamento economico, nella recente sentenza 61/2014, la Corte costituzionale, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, nella parte in cui concerne il personale dirigenziale regionale e provinciale (i cui rapporti di impiego sono tutti contrattualizzati), ha affermato che tale materia è riconducibile a quella dell’«ordinamento civile» (sent. n. 173 del 2012);
    anche la sentenza n. 77 del 2013 ha affermato che la competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento civile» vincola gli enti ad autonomia differenziata anche con riferimento alla disciplina del rapporto di lavoro con i propri dipendenti,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative per prevedere nell'ambito dei futuri provvedimenti in materia di dirigenza, il trattamento economico onnicomprensivo dei soggetti che svolgono funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa, stabilendo che il trattamento economico (parametrato a quello del primo presidente della Corte di cassazione), non possa ricevere a carico delle finanze pubbliche «indennità o altra retribuzione» nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, nonché, ai sensi dell'articolo 1, commi 471 e 472 della Legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni, con le autorità amministrative indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, e i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle autorità amministrative indipendenti.
9/2486-B/43Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 modifica il sistema di conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato negli enti locali, nelle regioni e negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario nazionale con riferimento alla dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa;
    l'articolo 110, comma 1, TUEL prevede la possibilità di ricorrere alla copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire;
    tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 30 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una unità;
    i predetti contratti non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica; sotto il profilo del trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, questo può essere integrato, con provvedimento motivato della Giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali;
    il predetto trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale;
   considerato che:
    la sentenza della Corte costituzionale n. 233 del 2006, che ha evidenziato come la materia «organizzazione amministrativa della Regione», comprensiva dell'incidenza della stessa sulla disciplina del relativo personale, è attribuita alla competenza residuale delle Regioni (articolo 117, quarto comma, della Costituzione), da esercitare nel rispetto dei «principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» fissati negli statuti (articolo 123 della Costituzione);
    per quanto riguarda più specificatamente i dirigenti e il relativo trattamento economico, nella recente sentenza 61/2014, la Corte costituzionale, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, nella parte in cui concerne il personale dirigenziale regionale e provinciale (i cui rapporti di impiego sono tutti contrattualizzati), ha affermato che tale materia è riconducibile a quella dell’«ordinamento civile» (sent. n. 173 del 2012);
    anche la sentenza n. 77 del 2013 ha affermato che la competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento civile» vincola gli enti ad autonomia differenziata anche con riferimento alla disciplina del rapporto di lavoro con i propri dipendenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere tutte le iniziative per prevedere nell'ambito dei futuri provvedimenti in materia di dirigenza, il trattamento economico onnicomprensivo dei soggetti che svolgono funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa, stabilendo che il trattamento economico (parametrato a quello del primo presidente della Corte di cassazione), non possa ricevere a carico delle finanze pubbliche «indennità o altra retribuzione» nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, nonché, ai sensi dell'articolo 1, commi 471 e 472 della Legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni, con le autorità amministrative indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, e i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle autorità amministrative indipendenti.
9/2486-B/43. (Testo modificato nel corso della seduta).  Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, al capo 1, Misure urgenti in materia di lavoro pubblico, non sono state previste norme volte alla riduzione dell'orario di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, dei decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al fine di incrementarne la produttività e migliorare la qualità della vita degli stessi;
    al fine di intervenire per la riduzione dell'orario di lavoro, l'articolo 3 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, normativa che recepisce le Direttive comunitarie 93/104/CE e 2000/34/CE, stabilisce che l'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali, riservando alla contrattazione collettiva la possibilità di determinare una durata più bassa;
    l'articolo 4, del medesimo decreto, stabilisce che la durata media dell'orario di lavoro non può superare le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario, per ogni periodo di sette giorni; a livello europeo, il comune di Göteborg, seconda città della Svezia, ha intrapreso un esperimento coinvolgendo una parte dei dipendenti dell'amministrazione riducendo l'orario di lavoro giornaliero da 8 a 6 ore, ritenendo che tale intervento riduca le assenze per malattia e incrementi la produttività, lasciando inalterato il salario e quindi senza riduzione dell'attuale stipendio complessivo,

impegna il Governo

a prevedere, in via sperimentale, disposizioni volte a ridurre l'orario di lavoro settimanale, senza ridurre la retribuzione complessiva, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in osservanza degli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, normativa che recepisce le Direttive comunitarie 93/104/CE e 2000/34/CE e di concerto con le sole pubbliche amministrazioni aderenti a tale progetto.
9/2486-B/44Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione dei decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, al capo I non sono state previste norme di modifica in materia di incarichi dirigenziali nelle amministrazioni pubbliche, contenute all'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito del prossimo disegno di legge delega in materia di pubblica amministrazione, una modifica che, nel rispetto del principio di imparzialità, possa stabilire il l'impossibilità di conferire funzioni dirigenziali a soggetti che:
    a) ricoprano cariche di partito o che le abbiano ricoperte nei due anni precedenti, che siano stati candidati in elezioni circoscrizionali, comunali, provinciali, regionali e parlamentari nazionali ed europee o che lo siano stati nei due anni precedenti;
    b) abbiano ricoperto il ruolo di consigliere o ruoli di responsabilità politica in organi di amministrazione e di governo di enti locali, regionali, statali, europei o che li abbiano ricoperti nei due anni precedenti;
    c) che abbiano avuto incarichi di rappresentanza sindacale.
9/2486-B/45Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, al capo I non sono state previste norme di modifica in materia di incarichi dirigenziali nelle amministrazioni pubbliche, contenute all'articolo 19, comma 10, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito del prossimo disegno di legge delega in materia di pubblica amministrazione, che i dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità degli uffici dirigenziali, possano essere collocati in «disponibilità», per un'eventuale ricollocazione, anche per attività di supporto non dirigenziali, in altre amministrazioni regionali, locali o indipendenti, ovvero nelle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche o per svolgere attività lavorativa nel settore privato, presso enti senza scopo di lucro, con sospensione del periodo di disponibilità;
   a porre in essere tutte le misure necessarie per porre il divieto di assegnare ai dirigenti privi d'incarico, (per carenza di disponibilità di idonei posti di funzione o per la mancanza di specifiche qualità professionali), funzioni ispettive, di consulenza, di progettazione, di studio e di ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali.
9/2486-B/46Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 reca disposizioni volte a consentire al personale scolastico il riconoscimento dei requisiti giuridici ed economici, a decorrere dal 1 settembre 2012, in ottemperanza alle modifiche intervenute recentemente in materia di trattamenti pensionistici;
    durante l'esame del decreto-legge in oggetto alla Camera dei Deputati è stato approvato l'articolo 1-bis che prevede la possibilità per il personale della scuola nel limite massimo per 4.000 soggetti di applicare la disciplina previgente alla cosiddetta riforma Fornero, con una copertura non idonea, a parere della Ragioneria dello Stato, tanto da determinare l'abrogazione del predetto articolo;
    al riguardo, si ricorda che il comma 1 dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998, vincola la cessazione dal servizio nel comparto Scuola «all'inizio dell'anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata». Pertanto in detto comparto, al fine di garantire la continuità didattica, la finestra di uscita è costituita da un solo giorno (il 1o settembre) per ogni anno;
    all'avvio dell'anno scolastico 2011/2012 (1o settembre 2011) era vigente il sistema delle cosiddette «quote», risultanti dalla somma dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva, ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 243, così come modificata dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247 e l'eventuale pensione anticipata in base al requisito di anzianità contributiva;
    in virtù della predetta normativa, docenti e personale ATA, avevano presentato nei mesi di ottobre e novembre del 2011, domanda di collocamento a riposo e di dimissioni ai sensi del richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998, finalizzata al trattamento di quiescenza ai sensi della legge n. 247 del 2007;
    l'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetta riforma Fornero), ha introdotto numerose modifiche in materia di trattamenti pensionistici; detto articolo ha previsto, tra l'altro un incremento dei requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia ordinario e anticipato (commi 6, 7 e 9) e l'innalzamento dei requisiti di anzianità contributiva (comma 10, che abolisce il pensionamento anticipato con il sistema delle cosiddette «quote»);
    il «Comparto Scuola», in virtù della specificità espressa anche nel richiamato decreto del Presidente della Repubblica, n. 351 del 1998, ha sempre goduto di apposita normativa in ordine al trattamento pensionistico: in particolare, si ricordano: l'articolo 59 comma 9 della legge n. 449 del 1997, l'articolo 1 comma 2 lettera a) e comma 5 lettera d) della legge n. 247 del 2007; l'articolo 12 comma 1 lettera c) e comma 2 lettera c) legge n. 122 del 2010 nonché l'articolo 1 comma 21 della legge n. 148 del 2011;
    le modifiche introdotte dall'articolo 1, commi 22 e 23 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 148 del 2011, applicano il termine di 6 mesi (o quello di 105 giorni previsto dalle deroghe del decreto-legge n. 138 del 2011) per il pagamento del Trattamento di fine servizio, esclusivamente personale che abbia maturato l'anzianità contribuiva massima ai fini pensionistici, entro il 31 dicembre 2011,

impegna il Governo:

   ad intervenire con un provvedimento legislativo riconoscendo i diritti lesi dei lavoratori della cosiddetta «Quota 96» provvedendo ad una idonea copertura considerando la platea ristretta di coloro che hanno maturato il diritto a pensione il 31 agosto del 2012 con i requisiti antecedenti la Riforma Fornero;
   a valutare l'opportunità di modificare il comma 23 del decreto-legge n. 138 del 2011, al fine di consentire al personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012 di ottenere la liquidazione dei TFS con la disciplina previgente al decreto-legge n. 138 del 2011 e cioè l'erogazione dei TFS non prima di sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e nei successivi tre mesi, decorsi i quali sono dovuti gli interessi (ex decreto-legge n. 79 del 1997 ante modifica da parte dell'articolo 1, comma 22, del decreto-legge n. 138 del 2011);
   valutare inoltre l'opportunità di applicare la disciplina vigente prima della legge n. 147 del 2013 e cioè l'erogazione del TFS in un unico importo annuale se l'ammontare complessivo della prestazione è complessivamente pari o inferiore a 90.000 euro e secondo gli scaglioni di cui all'articolo 12, comma 7, del decreto-legge n. 78/2010 ante legge n. 147 del 2013.
9/2486-B/47Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 1, comma 4, e 3, comma 1 ultimo periodo, recano norme per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni e per la semplificazione e flessibilità nel turn over;
    gli articoli 17, 18, 19, 20, 21 e 22 recano disposizioni in materia di organizzazione della pubblica amministrazione, ricognizione di enti pubblici, soppressione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori e definizione delle funzioni dell'Autorità nazionale anticorruzione, razionalizzazione delle autorità indipendenti;
    in Italia vi sono quattro Forze dell'ordine: Polizia di Stato, Polizia penitenziaria. Arma dei carabinieri. Guardia di Finanza;
    il Comparto sicurezza e difesa, nonostante alcune specificità legate al mantenimento dei requisiti psico-fisici ed attitudinali necessari all'espletamento dei servizi di Polizia, a seguito di interventi normativi in materia previdenziale iniziati con le leggi 8 agosto 1995, n. 335 e i successivi provvedimenti di razionalizzazione della spesa previdenziale fino ad arrivare a quello più recente attuato con la legge n. 92 del 2012 (riforma Fornero), è stato assoggettato ad un processo di quasi assimilazione o armonizzazione alle regole in vigore per la generalità dei pubblici dipendenti;
    tuttavia l'omologazione alla generalità del pubblico impiego non è stata accompagnata da una coerente e conseguente estensione anche dei diritti e delle garanzie di cui godono gli appartenenti agli altri comparti del pubblico impiego: i dipendenti del Comparto sicurezza e difesa, infatti, soffrono la limitazione o inesistenza di alcuni diritti e istituti giuridici presenti nella generalità dei comparti del personale del pubblico impiego quali il diritto di sciopero, piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro, introduzione delle regole del part time, la tutela giurisdizionale ordinaria anziché innanzi alla magistratura amministrativa, diritto a non essere considerato in servizio permanente (24 ore su 24) nonostante il termine dell'ordinario orario giornaliero, piena applicazione della legge n. 104 del 1992, eccetera;
    appare necessario l'avvio di un processo di riforma e razionalizzazione delle suddette Forze che preveda la piena armonizzazione e estensione al Comparto sicurezza e difesa dei diritti e garanzie di cui godono gli appartenenti agli altri comparti del pubblico impiego;
    singolare appare anche la situazione italiana che prevede l'esistenza di ben quattro Forze di polizia tanto che recentemente da più parti si sta affermando l'idea dell'accorpamento e della unificazione delle due principali Forze di polizia – Polizia di Stato e Carabinieri; tale ipotesi appare rispondente all'esigenza di riorganizzazione delle suddette Forze e finalizzata a garantirne l'efficienza, il funzionamento nonché la valorizzazione del personale pur sempre nell'ottica della salvaguardia del fabbisogno di sicurezza e del miglioramento del servizio reso ai cittadini e alla popolazione;
    l'esigenza della estensione dei diritti e delle garanzie previste per la generalità dei pubblici dipendenti al Comparto sicurezza e l'ipotesi dell'accorpamento delle Forze dell'ordine appare improcrastinabile anche in una logica di spending review e di semplificazione per dare certezze e per garantire un impiego delle risorse umane e delle risorse strumentali più efficace,

impegna il Governo

a procedere con le opportune iniziative normative alla progressiva armonizzazione ed estensione ai dipendenti del Comparto sicurezza e difesa dei diritti e delle garanzie previsti per la generalità dei dipendenti appartenenti al pubblico impiego valutando anche la possibilità di sviluppare un progetto di fusione e riorganizzazione delle Forze dell'ordine che preveda modalità e tempi certi di attuazione del progetto anche di intesa con i sindacati e che assicuri, nel rispetto del contenimento della spesa, la piena sicurezza ai cittadini e alla popolazione.
9/2486-B/48Baldassarre, Ciprini.


   La Camera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni misura utile affinché le spese sostenute per l'acquisto dell'abbonamento nominativo da parte dei lavoratori che utilizzano il mezzo pubblico per raggiungere il proprio posto di lavoro, sito in un comune diverso da quello di residenza, siano detraibili sino al limite di 600 euro in ragione d'anno.
9/2486-B/49Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    a fronte delle specifiche misure disposte dal provvedimento per gli enti di ricerca, in materia di semplificazione e trasparenza appare necessario evidenziare la disparità di trattamento e le difficoltà cui è esposto il personale esterno non strutturato delle università (assegnisti di ricerca, borsisti o dottorandi), rispetto al personale strutturato;
    le missioni fuori sede di durata superiore alle 24 ore vengono a questi ultimi rimborsate, a norme di legge, entro 30 giorni, in quanto dipendenti pubblici, mentre i primi, che già scontano una posizione ed una condizione precarie, devono spesso attendere anche diversi mesi per i medesimi rimborsi, in quanto «esterni»;
   considerato che:
    appare necessario assicurare pari trattamento con riguardo all'aspetto discriminante indicato, affinché non si producano procedure di rimborso privilegiate, che, tra l'altro, vanno a scapito proprio di chi è già in condizioni di minor tutela e maggior bisogno,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative, anche legislative, al fine di estendere il trattamento sancito dall'articolo 3, della legge n. 417 del 1978, al personale esterno non strutturato delle università.
9/2486-B/50Brescia.


   La Camera,
   premesso che:
    a fronte delle specifiche misure disposte dal provvedimento per gli enti di ricerca, in materia di semplificazione e trasparenza appare necessario evidenziare la disparità di trattamento e le difficoltà cui è esposto il personale esterno non strutturato delle università (assegnisti di ricerca, borsisti o dottorandi), rispetto al personale strutturato;
    le missioni fuori sede di durata superiore alle 24 ore vengono a questi ultimi rimborsate, a norme di legge, entro 30 giorni, in quanto dipendenti pubblici, mentre i primi, che già scontano una posizione ed una condizione precarie, devono spesso attendere anche diversi mesi per i medesimi rimborsi, in quanto «esterni»;
   considerato che:
    appare necessario assicurare pari trattamento con riguardo all'aspetto discriminante indicato, affinché non si producano procedure di rimborso privilegiate, che, tra l'altro, vanno a scapito proprio di chi è già in condizioni di minor tutela e maggior bisogno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative, anche legislative, al fine di estendere il trattamento sancito dall'articolo 3, della legge n. 417 del 1978, al personale esterno non strutturato delle università.
9/2486-B/50. (Testo modificato nel corso della seduta).  Brescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014 (A.C. 2486-B), in via di approvazione dovrebbe contenere disposizioni finalizzate alla semplificazione ed alla trasparenza amministrativa nonché all'efficienza degli uffici giudiziari, come riportato nel titolo;
    in ultima analisi introduce misure parziali, superficiali e di scarsi risultati attesi supportate tra l'altro da un vistoso aumento delle tasse per l'accesso alla giustizia per tutti i cittadini italiani;
    considerato che lo stesso Governo ad oggi in carica ha proposto alle Camere e fatto approvare nei mesi di permanenza altri decreti su diversi temi, di cui molti economici su cui le forze politiche di minoranza non hanno mai mancato di significare le proprie perplessità e timore circa le misure poco efficaci adottate in relazione allo stato di emergenza economica in cui versa la Nazione;
    considerato altresì che il Governo continua a non prendere in considerazione la tutela dell'ambiente come vero motore per il rilancio economico della Nazione partendo da tre azioni fondamentali quali: lo sviluppo delle energie realmente rinnovabili, il risparmio energetico e il recupero di materia dai rifiuti, considerati i risultati deludenti diramati l'altro ieri dall'Istat che denunciano un calo del Pil su base trimestrale pari allo 0.2 e 0.3 di base annuale a riprova della scarsa efficacia delle misure adottate dal Governo Letta e dalla prosecuzione delle stesse scelte che, ad avviso del presentatore del presente atto, risultano «scellerate» operata dall'attuale Governo in carica, considerata l'ipotesi che una nuova squadra di Governo potrebbe sicuramente portare a risultati migliori rispetto agli attuali e che un vero atto di coscienza per tutto il Governo potrebbe essere la scelta di rassegnare le dimissioni,

impegna il Governo

ad attuare, per quanto possibile, e nel più breve tempo possibile le misure contenute nel presente decreto, con particolare attenzione per quelle che effettivamente possono apportare benefici per i cittadini, considerando in modo approfondito quanto riportato anche in premessa.
9/2486-B/51Pesco, Businarolo, Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del decreto-legge in esame dispone la soppressione del Commissario di Governo per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
    sulla base della legislazione vigente l'attuale governance dell'Agenda digitale italiana risulta composta dalla cabina di regia per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana, dal Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, organismi previsti dall'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e dall'Agenzia per l'Italia digitale, istituita dall'articolo 19 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
    con l'approvazione dello Statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale ad opera del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 gennaio 2014 in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 37 del 14 febbraio 2014 si è dato vita ad un nuovo organo dell'Agenzia denominato Comitato di indirizzo che ai sensi dell'articolo 5 del richiamato Statuto: «[...] nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, è composto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione, un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata e dai membri del Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, tutti in possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dall'articolo 21, comma 2 del decreto istitutivo»;
    appare evidente come le attribuzioni del suddetto Comitato di indirizzo si sovrappongano a quelle degli altri organi previsti e segnatamente la cabina di regia e il tavolo permanente,

impegna il Governo

a provvedere, anche per via legislativa, alla soppressione della cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e della relativa struttura di missione al fine di procedere ad un'ulteriore semplificazione della governance dell'Agenzia digitale italiana per dare nuovo e decisivo impulso alla realizzazione dell'Agenda digitale italiana.
9/2486-B/52Artini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del decreto-legge in esame dispone la soppressione del Commissario di Governo per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
    sulla base della legislazione vigente l'attuale governance dell'Agenda digitale italiana risulta composta dalla cabina di regia per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana, dal Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, organismi previsti dall'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e dall'Agenzia per l'Italia digitale, istituita dall'articolo 19 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
    con l'approvazione dello Statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale ad opera del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 gennaio 2014 in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 37 del 14 febbraio 2014 si è dato vita ad un nuovo organo dell'Agenzia denominato Comitato di indirizzo che ai sensi dell'articolo 5 del richiamato Statuto: «[...] nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, è composto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione, un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata e dai membri del Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, tutti in possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dall'articolo 21, comma 2 del decreto istitutivo»;
    appare evidente come le attribuzioni del suddetto Comitato di indirizzo si sovrappongano a quelle degli altri organi previsti e segnatamente la cabina di regia e il tavolo permanente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere, anche per via legislativa, alla soppressione della cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e della relativa struttura di missione al fine di procedere ad un'ulteriore semplificazione della governance dell'Agenzia digitale italiana per dare nuovo e decisivo impulso alla realizzazione dell'Agenda digitale italiana.
9/2486-B/52. (Testo modificato nel corso della seduta).  Artini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del disegno di legge in materia di «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» (Atto Camera n. 2486) dispone la rideterminazione del cinquanta per cento, per ciascuna associazione sindacale dei contingenti complessivi dei distacchi, aspettative e permessi sindacali, già attribuiti dalle rispettive disposizioni regolamentari e contrattuali vigenti al personale delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
    le associazioni sindacali interessate, devono provvedere in ordine all'utilizzo dei suddetti contingenti, alla rideterminazione delle libertà sindacali a partire dal 1o settembre;
    i contingenti su cui operare la rideterminazione sono quelli complessivi annuali, per cui, fatta salva la messa a regime della riduzione dal 1o gennaio 2015, per gli ultimi quattro mesi del 2014, il taglio del 50% deve essere proporzionato in dodicesimi su base annua, altrimenti si avrebbe, per questi quattro mesi, un taglio in percentuale molto maggiore rispetto a quello previsto dalla norma,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le più opportune iniziative per chiarire che la interpretazione da dare alla norma è quella che il taglio del 50 per cento si applica, per il 2014, con un criterio di proporzionalità temporale, come meglio indicato in premessa, al fine di evitare che l'applicazione dell'articolo 7 del disegno di legge citato determini una aggiuntiva riduzione delle libertà sindacali rispetto a quanto già previsto dal decreto-legge in oggetto.
9/2486-B/53Chimienti.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo;
   ritenute insufficienti le misure volte a favorire la stabilizzazione degli idonei inseriti nelle graduatorie dei concorsi banditi dalla pubblica amministrazione;
   premesso che:
    all'articolo 3 si rimodulano le limitazioni al turn over per determinate amministrazioni dello Stato (ed altri enti) per il quinquennio 2014-2018; in particolare, per quanto riguarda il criterio basato sui risparmi di spesa legati alle cessazioni dell'anno precedente, vengono confermati i limiti attuali (20 per cento nel 2014, 40 per cento nel 2015, 60 per cento nel 2016, 80 per cento nel 2017, 100 per cento nel 2018),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare risorse derivanti dai maggiori risparmi dei capitoli di spesa relativi all'organizzazione degli uffici di diretta collaborazione con il Ministro, al fine di favorire la stabilizzazione degli idonei inseriti nelle graduatorie dei concorsi banditi dalla pubblica amministrazione.
9/2486-B/54Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 28 giugno 2012, n. 92, reca anche la disciplina sul mantenimento dei diritti dei lavoratori nei casi di trasferimento d'azienda o di parte di essa;
    in particolare, si ampliano le fattispecie di trasferimento per le quali un eventuale accordo sindacale – concluso con le rappresentanze sindacali o con i sindacati di categoria, come individuati dall'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, e successive modificazioni – in merito al mantenimento, anche parziale, dell'occupazione, sia legittimato a porre limitazioni al principio della conservazione dei diritti dei lavoratori;
    le nuove ipotesi di trasferimento, che si aggiungono a quelle già individuate dalla disciplina vigente relative alle aziende delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale (a cui è connesso l'intervento di integrazione salariale straordinaria) o per le quali sia stata disposta l'amministrazione straordinaria (con continuazione o mancata cessazione dell'attività), sono quelle relative alle aziende per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo o per le quali vi sia stata l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti;
    l'articolo 47, commi 5 e 6, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, e successive modificazioni ha recepito la direttiva comunitaria 2001/23 che disciplina il trasferimento di impresa con lo scopo di preservare i diritti dei lavoratori interessati, nell'ottica di diminuire le differenze di protezione riconosciute all'interno dei singoli Stati membri dell'Unione europea;
    la citata suddetta norma esclude comunque l'applicazione dell'articolo 2112 del codice civile al trasferimento di un'impresa di cui sia stato accertato lo stato di crisi, cosicché i lavoratori dipendenti dell'impresa trasferita perderebbero il diritto al riconoscimento della loro anzianità, del loro trattamento economico e delle loro qualifiche professionali ed il diritto a prestazioni di vecchiaia derivanti dal regime di sicurezza sociale legale di cui all'articolo 3, n. 1, prima fase, della direttiva 2001/23, nonché il beneficio del mantenimento, per un periodo minimo di un anno, delle condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo, come previsto dall'articolo 3, n. 3, di tale direttiva;
    nel merito, la Corte di giustizia ha dichiarato che il nostro Paese è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 2001/23, in quanto le disposizioni di cui all'articolo 47, commi 5 e 6, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, non garantiscono il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, nel caso di trasferimento di un'azienda il cui stato di crisi sia stato accertato,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ogni utile iniziativa volta a verificare la compatibilità comunitaria della previsione di cui al comma 2 dell'articolo 46-bis del provvedimento in oggetto, garantendo il rispetto delle previsioni comunitarie e nazionali in tema di rispetto dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda o di parte di essa.
9/2486-B/55Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 del decreto in conversione, intervenendo sull'articolo 1, comma 66, della legge n. 190 del 2012, obbliga i magistrati, gli avvocati e i procuratori dello Stato al collocamento «fuori ruolo», non solo quando intendano assumere incarichi di «capo di Gabinetto», ma, più in generale, quando intendano assumere incarichi presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali ed internazionali attribuiti in posizioni apicali o semiapicali, compresi quelli, comunque denominati, negli uffici di diretta collaborazione, quello di consulente giuridico, nonché quelli di componente degli organismi di valutazione;
    il comma 1 precisa che i magistrati e gli altri soggetti elencati, per ricoprire gli incarichi in questione, dovranno porsi fuori ruolo, non potendo ricorrere all'istituto dell'aspettativa;
    il comma 2 fissa in trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto il termine entro il quale i soggetti interessati devono ottenere il collocamento fuori dai ruoli; superato tale termine, la cessazione dall'incarico opererà di diritto;
    il comma 3 fa salvi i provvedimenti di collocamento in aspettativa già concessi alla data di entrata in vigore del presente decreto;
    quest'ultima disposizione sembra vanificare la portata del precedente comma 2, dato che alcuni incarichi di diretta collaborazione sono attualmente attribuiti a magistrati o avvocati di Stato che si trovano in aspettativa;
    per uniformità di trattamento, sarebbe opportuno che l'obbligo del «fuori ruolo» di cui ai commi 1 e 2 del decreto si estendesse anche ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato in aspettativa, non entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ma entro un termine più ampio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare tutte le iniziative, anche legislative, necessarie affinché tutti i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato, collocati in aspettativa per ricoprire incarichi in posizioni apicali o semiapicali presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali ed internazionali, a partire dal 1o gennaio 2015 siano obbligati ad essere collocati in posizione di fuori ruolo fino alla fine della durata dell'incarico.
9/2486-B/56Lombardi, Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 reca disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni ed altre norme in materia pensionistica. I commi da 1 a 3-ter riguardano il trattenimento in servizio nelle pubbliche amministrazioni;
    in particolare il comma 5 – oggetto di un primo emendamento, tra quelli approvati dalla Commissione in sede referente – opera una revisione della disciplina della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro da parte della pubblica amministrazione;
    in base alla nuova normativa – la quale è posta a regime (mentre quella fino ad ora vigente è posta fino al 2014) – le pubbliche amministrazioni possono, a decorrere dalla maturazione del requisito di anzianità contributiva per l'accesso al pensionamento (attualmente pari a 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne) e non prima del compimento dei 62 anni di età (al di sotto della quale opererebbero riduzioni percentuali del trattamento pensionistico), risolvere il rapporto di lavoro ed il contratto individuale;
    il disegno di legge come approvato, in prima lettura, dalla Camera dei deputati prevedeva una risoluzione non prima del sessantottesimo anno i professori universitari (anch'essi esclusi nella disciplina fino ad ora vigente), altresì prevedendo un meccanismo di assunzione di un professore universitario o di un ricercatore a tempo determinato, per ogni professore oggetto di risoluzione del rapporto, da parte della medesima università;
    le suddette previsioni relative ai professori universitari, è stato soppresso in sede d'esame presso la Commissione referente del Senato della Repubblica;
   considerato che:
    nelle università italiane insegnano, facendo sostanzialmente lo stesso lavoro, tre diverse categorie di docenti:
     a) professori ordinari, o di prima fascia, i cosiddetti «baroni» molti dei quali sono autentiche glorie nazionali e luminari della scienza, il cui valore è messo in dubbio dal fatto che fino ad oggi la loro carriera accademica è stata inquinata da gravi fatti di nepotismo;
     b) professori associati, cioè docenti di seconda fascia, che hanno meno prerogative dei professori ordinari, ma che sostanzialmente esercitano le stesse funzioni e spesso, anzi, sono responsabili di corsi più importanti di quelli che sono prerogativa dei professori ordinari; anch'essi, a parità di anzianità di carriera, hanno stipendi inferiori;
     c) ricercatori, la cosiddetta «terza fascia di docenza», personale di ruolo ma con uno status meno qualificato e con stipendi inferiori, a parità di anzianità, a quelli delle due categorie di seguito elencate;
    i contratti di ricerca a tempo determinato hanno creato molta precarizzazione, rimandando il momento dell'ingresso dei giovani nei ruoli della docenza con tempi da considerare inaccettabili rispetto al naturale percorso professionale di una qualsiasi carriera;
    già oggi la maggior parte di coloro che aspirano ad entrare nel ruolo dei ricercatori è vicina alla soglia dei cinquantanni di età;
    i professori ordinari sono collocati in pensione a decorrere dall'inizio dell'anno accademico successivo al compimento del settantesimo anno di età o al termine del biennio opzionale in godimento;
    i professori che venissero collocati in pensione a 68 anni pur avendo esercitata l'opzione di cui al comma 19 possono presentare ricorso al TAR di competenza;
    i ricercatori ed assistenti universitari sono collocati a riposo a decorrere dall'inizio dell'anno accademico successivo al compimento del sessantacinquesimo anno di età, o al termine del biennio opzionale in godimento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di concedere il trattenimento in servizio anche al termine del biennio opzionale in godimento ai ricercatori che non abbiano ancora maturato i quarantadue anni di anzianità contributiva.
9/2486-B/57Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 reca il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni;
    il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 reca disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190;
    la questione della trasparenza di organismi come gli Ordini professionali è stato, quindi, ampiamente regolamentato dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, entrato in vigore il 20 aprile 2013;
    le norme previste dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 chiariscono in maniera inequivocabile le modalità di applicazione dei principi della trasparenza arrivando anche a parlare della componente politica;
    la trasparenza è un obbligo al quale devono sottostare gli ordini professionali, i quali sembra che stiano attuando forme dilatorie nell'applicazione di quanto disposto dai citati decreti legislativi;
    gli ordini professionali in particolare quelli sanitari sembra che siano restii alla piena applicazione degli adempimenti previsti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33;
    in Italia ci sono circa 2000 consigli dell'Ordine tra nazionali e territoriali, si tratta di enti di diritto pubblico alimentati con quote degli iscritti,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le iniziative necessarie affinché gli ordini professionali applichino integralmente tutte le disposizioni recate dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 in materia di trasparenza e dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi;
   a non prevedere di apportare modifiche finalizzate ad esentare gli ordini professionali dagli adempimenti o parte di essi previsti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 in materia di trasparenza e dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi.
9/2486-B/58Baroni, Di Vita.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell’iter della discussione, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» in I Commissione Affari costituzionali è stato approvato un emendamento del Governo, l'articolo 27-bis, che introduce procedure per ristorare i soggetti danneggiati da trasfusione con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie;
    il comma 4 dell'articolo 27-bis prevede che agli oneri derivanti dalla erogazione dell'equo indennizzo di cui al comma 1 del citato articolo si provveda nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nello stato di previsione del Ministero della salute,

impegna il Governo

a comprendere ai fini dell'equa riparazione di cui al comma 1 dell'articolo 27-bis tra le risorse disponibili a legislazione vigente anche le risorse finanziarie non utilizzate o accantonate a decorrere dall'anno 2008.
9/2486-B/59Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell’iter della discussione, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» in I Commissione Affari costituzionali è stato approvato un emendamento del Governo, l'articolo 27-bis, che introduce procedure per ristorare i soggetti danneggiati da trasfusione con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie;
    il comma 4 dell'articolo 27-bis prevede che agli oneri derivanti dalla erogazione dell'equo indennizzo di cui al comma 1 del citato articolo si provveda nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nello stato di previsione del Ministero della salute,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di comprendere ai fini dell'equa riparazione di cui al comma 1 dell'articolo 27-bis tra le risorse disponibili a legislazione vigente anche le risorse finanziarie non utilizzate o accantonate a decorrere dall'anno 2008.
9/2486-B/59. (Testo modificato nel corso della seduta).  Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12, comma 2 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» prevede che la dotazione del Fondo presso il Ministero del lavoro per gli anni 2014 e 2015, finalizzato a reintegrare l'Inail dell'onere conseguente alla copertura degli obblighi assicurativi contro le malattie e gli infortuni in favore dei soggetti beneficiari di ammortizzatori e di altre forme di integrazione al reddito coinvolti in attività di volontariato in favore di comuni ed enti locali, si provveda con corrispondente riduzione del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di sostituire il prelievo delle risorse destinate al Fondo di cui al comma 2 dell'articolo 12, dal Fondo sociale per l'occupazione e la formazione e al contempo di incrementare la dotazione del Fondo disponendo da parte del Ministero dell'economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato con propri decreti dirigenziali la riduzione del 0,1 per cento della quota percentuale destinata alla restituzione delle vincite, applicata alla data di entrata in vigore della presente legge ai giochi di cui al decreto direttoriale AAMS prot. 2011/666/Giochi/Gad del 10 gennaio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 3 febbraio 2011.
9/2486-B/60Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» prevede che per la dirigenza regionale e la dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale, il limite dei posti di dotazione organica attribuibili tramite assunzioni a tempo determinato sia fissato al dieci per cento,

impegna il Governo

a inviare una relazione alle competenti Commissioni parlamentari sul numero di assunzioni, per la dirigenza regionale e la dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa degli enti e aziende del Servizio sanitario nazionale, a tempo determinato alle quali saranno ricorse le singole regioni e i singoli enti e aziende del Servizio sanitario nazionale, alla data del 31 dicembre 2014, nonché sulle motivazioni del ricorso a tali assunzioni e sui costi dei relativi contratti di assunzione.
9/2486-B/61Cecconi, Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» prevede che per la dirigenza regionale e la dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale, il limite dei posti di dotazione organica attribuibili tramite assunzioni a tempo determinato sia fissato al dieci per cento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inviare una relazione alle competenti Commissioni parlamentari sul numero di assunzioni, per la dirigenza regionale e la dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa degli enti e aziende del Servizio sanitario nazionale, a tempo determinato alle quali saranno ricorse le singole regioni e i singoli enti e aziende del Servizio sanitario nazionale, alla data del 31 dicembre 2014, nonché sulle motivazioni del ricorso a tali assunzioni e sui costi dei relativi contratti di assunzione.
9/2486-B/61. (Testo modificato nel corso della seduta).  Cecconi, Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    nell’iter della discussione, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», in I Commissione Affari costituzionali, è stato approvato un emendamento del Governo, l'articolo 27-bis, che introduce procedure per ristorare i soggetti danneggiati da trasfusione con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie;
    il comma 3 dell'articolo 27-bis prevede che la procedura transattiva di cui all'articolo 2 comma 361, prosegue per i soggetti che non intendano avvalersi della somma destinata ad equa riparazione, e che a questi soggetti si applicano, in un'unica soluzione, nei tempi e nei criteri i moduli transattivi allegati al decreto interministeriale 4 maggio 2012,

impegna il Governo

a prevedere che dall'applicazione dei tempi e dei criteri dei moduli transattivi allegati al decreto interministeriale 4 maggio 2012, siano escluse le prescrizioni.
9/2486-B/62Silvia Giordano, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    nell’iter della discussione, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», in I Commissione Affari costituzionali, è stato approvato un emendamento del Governo, l'articolo 27-bis, che introduce procedure per ristorare i soggetti danneggiati da trasfusione con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie;
    il comma 3 dell'articolo 27-bis prevede che la procedura transattiva di cui all'articolo 2 comma 361, prosegue per i soggetti che non intendano avvalersi della somma destinata ad equa riparazione, e che a questi soggetti si applicano, in un'unica soluzione, nei tempi e nei criteri i moduli transattivi allegati al decreto interministeriale 4 maggio 2012,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che dall'applicazione dei tempi e dei criteri dei moduli transattivi allegati al decreto interministeriale 4 maggio 2012, siano escluse le prescrizioni.
9/2486-B/62. (Testo modificato nel corso della seduta).  Silvia Giordano, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» reca norme di semplificazione per le persone con disabilità;
    è ormai accertata la inutilità dei piani straordinari di contrasto nei confronti del falsi invalidi, in quanto i riscontri, a fronte di centinaia di migliaia di verifiche ed ingenti costi sostenuti, non sono risultati congrui rispetto ai risultati attesi;
    dati i risultati dei piani straordinari di contrasto ai falsi invalidi sarebbe coerente prenderne atto e procedere alla sospensione degli stessi,

impegna il Governo

a sospendere le attività previste dai piani straordinari previsti dall'articolo 1 comma 109 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, provvedendo contestualmente a dare immediata attuazione al capitolo 3, Linea di intervento 1, Revisione del sistema di accesso, riconoscimento-certificazione della condizione di disabilità e modello di intervento del sistema socio-sanitario dell'allegato al decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013, recante adozione del programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità.
9/2486-B/63Di Vita.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» reca norme di semplificazione per le persone con disabilità;
    è ormai accertata la inutilità dei piani straordinari di contrasto nei confronti del falsi invalidi, in quanto i riscontri, a fronte di centinaia di migliaia di verifiche ed ingenti costi sostenuti, non sono risultati congrui rispetto ai risultati attesi;
    dati i risultati dei piani straordinari di contrasto ai falsi invalidi sarebbe coerente prenderne atto e procedere alla sospensione degli stessi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sospendere le attività previste dai piani straordinari previsti dall'articolo 1 comma 109 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, provvedendo contestualmente a dare immediata attuazione al capitolo 3, Linea di intervento 1, Revisione del sistema di accesso, riconoscimento-certificazione della condizione di disabilità e modello di intervento del sistema socio-sanitario dell'allegato al decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013, recante adozione del programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità.
9/2486-B/63. (Testo modificato nel corso della seduta).  Di Vita.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari»;
    in particolare l'articolo 25 prevede norme per la semplificazione per le persone disabili;
    è improrogabile assumere iniziative anche di carattere legislativo che intervengano sulle commissioni mediche delle Aziende sanitarie locali in quanto l'attuale composizione non sembra coerente con un percorso di valutazione approfondito che dia certezza di valutazione sia alle persone disabili che alle strutture pubbliche successivamente chiamate ad erogare i benefici derivanti dalle valutazioni;
    sarebbe auspicabile integrare le attuali commissioni mediche delle Asl di un ulteriore medico dell'Inps e una modifica sostanziale delle procedure di valutazione,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di procedere alla modifica della composizione delle commissioni mediche e delle procedure di valutazione e in particolare:
    a) prevedere che le commissioni mediche delle Asl siano integrate da due medici Inps;
    b) che gli accertamenti che la commissione medica integrata conclude con giudizio unanime comportano l'esclusione della persona disabile da ulteriori verifiche;
    c) nel caso in cui la valutazione non unanime dell'accertamento da parte della commissione medica integrata, derivi da giudizi di uno o entrambi i medici di nomina Inps, questi dovranno inserire la motivazione nel verbale, in questo caso l'Inps dovrà sospendere l'invio del verbale alla persona disabile e acquisire dalla Asl la documentazione sanitaria;
    d) nel caso sia disposta una ulteriore visita questa sarà effettuata da una commissione medica sia costituita da: un medico Inps, indicato dal Responsabile della commissione medico legale, diverso dal componente della commissione medica integrata con funzione di presidente, al quale è demandato il giudizio definitivo, da un medico rappresentante delle associazioni di categoria, e da un operatore sociale nei casi previsti dalla normativa vigente.
9/2486-B/64Grillo, Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 introduce modifiche in materia di semplificazione per soggetti con invalidità. Merita particolare attenzione anche la tutela dei lavoratori invalidi che si assentano per motivi di salute dal luogo di lavoro, ai quali viene effettuata una ritenuta economica relativa ai primi dieci giorni di ogni periodo di assenza per malattia;
    la normativa attuale esclude da tale ritenuta economica le assenze dovute ad infortunio sul lavoro certificate dall'Inail, a ricovero ospedaliero o di day hospital e le assenze dovute a patologie gravi che necessitano di terapie salvavita,

impegna il Governo

ad attivarsi, anche apportando modifiche alla legge n. 133 del 6 agosto 2008, affinché vengano tutelati i diritti dei lavoratori, affetti da patologie gravi e invalidanti e di quelli ai quali è riconosciuto almeno il 75 per cento di invalidità, che si assentano dal lavoro per motivi di salute con lo stesso regime giuridico previsto per i soggetti che si sottopongono alle terapie salvavita.
9/2486-B/65Dall'Osso, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 introduce modifiche in materia di semplificazione per soggetti con invalidità. Merita particolare attenzione anche la tutela dei lavoratori invalidi che si assentano per motivi di salute dal luogo di lavoro, ai quali viene effettuata una ritenuta economica relativa ai primi dieci giorni di ogni periodo di assenza per malattia;
    la normativa attuale esclude da tale ritenuta economica le assenze dovute ad infortunio sul lavoro certificate dall'Inail, a ricovero ospedaliero o di day hospital e le assenze dovute a patologie gravi che necessitano di terapie salvavita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi, anche apportando modifiche alla legge n. 133 del 6 agosto 2008, affinché vengano tutelati i diritti dei lavoratori, affetti da patologie gravi e invalidanti e di quelli ai quali è riconosciuto almeno il 75 per cento di invalidità, che si assentano dal lavoro per motivi di salute con lo stesso regime giuridico previsto per i soggetti che si sottopongono alle terapie salvavita.
9/2486-B/65. (Testo modificato nel corso della seduta).  Dall'Osso, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    la nota del MEF del 28 luglio 2014 riporta testualmente «Si comunica che, tenuto conto della normativa in vigore, ai fini della cessione del credito a banche e intermediari finanziari abilitati, per poter beneficiare della garanzia dello Stato, le imprese devono disporre della certificazione del credito stesso. Possono sin d'ora presentare istanza tramite il sito http://certificazionecrediti.mef.gov.it»;
    tale disposizione fa seguito agli impegni assunti nel Protocollo sottoscritto il 21 luglio 2014 dal Ministro Padoan, da Cassa depositi e prestiti s.p.a e dai rappresentanti di regioni, province, comuni, imprese, ordini professionali e banche;
    per poter beneficiare della garanzia assistita dello Stato per la cessione del credito fatta ai sensi del decreto-legge n. 66 del 2014 convertito in legge 23 giugno 2014 n. 89 bisogna certificare il credito per il tramite della citata piattaforma on line entro il 23 agosto 2014;
    molti soggetti interessati a tale misura in questi giorni hanno provato a collegarsi ed hanno riscontrato diverse difficoltà poiché non è stata data diffusione delle banche convenzionate e abilitate;
    si tratta di uno strumento molto importante che consentirebbe a molte cooperative di avere una boccata di ossigeno anche a fronte di impegni non ottemperati da parte delle pubbliche amministrazioni in termini di rispetto dei pagamenti;
    vi è poco tempo per potersi avvalere di questo strumento che tra l'altro cade in pieno periodo estivo;
    molte imprese in particolar modo molte cooperative sociali si trovano strette nella morsa di avere la necessità di liquidità e del poco tempo per gli adempimenti burocratici anche per mancanze che non sono addebitabili a loro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, ove dovessero permanere le condizioni di difficoltà evidenziate in premessa, di prorogare il termine del 23 agosto di ulteriori 30 giorni e consentire così il pieno utilizzo di questa opportunità attraverso la piattaforma informatica senza vanificare una importante misura di sostegno ad imprese e cooperative.
9/2486-B/66Burtone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del decreto in esame interviene in materia di personale delle regioni e degli enti locali;
    in particolare, il comma 1 aumenta dal 10 al 30 per cento dei posti della pianta organica la quota massima di incarichi dirigenziali che gli enti locali possono conferire mediante contratti a tempo determinato e prevede l'obbligo di selezione pubblica per il conferimento di detti incarichi;
    una «selezione pubblica» non meglio specificata, che è contraria al disposto di cui all'articolo 97 della Costituzione, che prevede l'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso;
    la legge può derogare a tale obbligo, ma con regole puntuali, come, ad esempio, quelle che regolano l'accesso di esterni alla dirigenza nelle pubbliche amministrazioni centrali, di cui all'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
    la citata disposizione prevede l'accesso ad una percentuale più bassa di esterni (10 per cento), e una specifica durata dell'incarico; prevede inoltre che tali incarichi dirigenziali «siano conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato»;
    si evince quindi una «selezione pubblica» certamente più trasparente e specifica, e non vaga come quella di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto in esame, che apre solo la strada a future procedure di contenzioso,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di tipo normativo per specificare le caratteristiche e i requisiti richiesti dalla selezione pubblica di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto in esame.
9/2486-B/67Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del decreto in esame interviene in materia di personale delle regioni e degli enti locali;
    in particolare, il comma 1 aumenta dal 10 al 30 per cento dei posti della pianta organica la quota massima di incarichi dirigenziali che gli enti locali possono conferire mediante contratti a tempo determinato e prevede l'obbligo di selezione pubblica per il conferimento di detti incarichi;
    una «selezione pubblica» non meglio specificata, che è contraria al disposto di cui all'articolo 97 della Costituzione, che prevede l'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso;
    la legge può derogare a tale obbligo, ma con regole puntuali, come, ad esempio, quelle che regolano l'accesso di esterni alla dirigenza nelle pubbliche amministrazioni centrali, di cui all'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
    la citata disposizione prevede l'accesso ad una percentuale più bassa di esterni (10 per cento), e una specifica durata dell'incarico; prevede inoltre che tali incarichi dirigenziali «siano conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato»;
    si evince quindi una «selezione pubblica» certamente più trasparente e specifica, e non vaga come quella di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto in esame, che apre solo la strada a future procedure di contenzioso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative di tipo normativo per specificare le caratteristiche e i requisiti richiesti dalla selezione pubblica di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto in esame.
9/2486-B/67. (Testo modificato nel corso della seduta).  Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 5, del decreto-legge in esame, amplia l'ambito applicativo dell'istituto della risoluzione unilaterale del contratto da parte della pubblica amministrazione nei confronti dei dipendenti che abbiano maturato i requisiti pensionistici. È stato previsto che l'istituto non può trovare comunque applicazione prima del raggiungimento di un'età anagrafica che possa dare luogo a una riduzione percentuale dei trattamento pensionistico per effetto del pensionamento anticipato (62 anni);
    tali disposizioni non si applicano al personale di magistratura, ai professori universitari ed ai responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale, nonché ai dirigenti medici e del ruolo sanitario fino al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età;
    il riscatto della laurea è utile ai fini della maturazione del requisito di anzianità contributiva, e, quindi, diventa fondamentale per l'eventuale applicazione delle nuove disposizioni in materia di risoluzione unilaterale del contratto di cui al citato articolo 1, comma 5;
    per una piena tutela di chi ha già provveduto senza conoscere gli effetti sopraggiunti dal decreto in esame a riscattare gli anni di laurea e studio prima dell'entrata in vigore della suddetta norma, è opportuno che per quanto disposto dall'articolo 1, comma 5, il riscatto della laurea non venga considerato ai fini del raggiungimento dell'anzianità contributiva per poter procedere con la risoluzione unilaterale del contratto, se non ove successivo al vigore del decreto,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche di tipo normativo, per prevedere, in caso di applicazione dell'istituto della risoluzione unilaterale del contratto, che il riscatto della laurea e studio sia considerato utile ai fini dell'applicazione dell'istituto della risoluzione unilaterale del contratto solo ove successivo all'entrata in vigore della disposizione di cui all'articolo 1, comma 5, del provvedimento.
9/2486-B/68Sisto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 5, del decreto-legge in esame, amplia l'ambito applicativo dell'istituto della risoluzione unilaterale del contratto da parte della pubblica amministrazione nei confronti dei dipendenti che abbiano maturato i requisiti pensionistici. È stato previsto che l'istituto non può trovare comunque applicazione prima del raggiungimento di un'età anagrafica che possa dare luogo a una riduzione percentuale dei trattamento pensionistico per effetto del pensionamento anticipato (62 anni);
    tali disposizioni non si applicano al personale di magistratura, ai professori universitari ed ai responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale, nonché ai dirigenti medici e del ruolo sanitario fino al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età;
    il riscatto della laurea è utile ai fini della maturazione del requisito di anzianità contributiva, e, quindi, diventa fondamentale per l'eventuale applicazione delle nuove disposizioni in materia di risoluzione unilaterale del contratto di cui al citato articolo 1, comma 5;
    per una piena tutela di chi ha già provveduto senza conoscere gli effetti sopraggiunti dal decreto in esame a riscattare gli anni di laurea e studio prima dell'entrata in vigore della suddetta norma, è opportuno che per quanto disposto dall'articolo 1, comma 5, il riscatto della laurea non venga considerato ai fini del raggiungimento dell'anzianità contributiva per poter procedere con la risoluzione unilaterale del contratto, se non ove successivo al vigore del decreto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche di tipo normativo, per prevedere, in caso di applicazione dell'istituto della risoluzione unilaterale del contratto, che il riscatto della laurea e studio sia considerato utile ai fini dell'applicazione dell'istituto della risoluzione unilaterale del contratto solo ove successivo all'entrata in vigore della disposizione di cui all'articolo 1, comma 5, del provvedimento.
9/2486-B/68. (Testo modificato nel corso della seduta).  Sisto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 37 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari introduce l'obbligo di trasmettere le varianti in corso d'opera di cui all'articolo 132 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad apposita relazione del responsabile del procedimento, all'Autorità nazionale anticorruzione;
    il testo dell'articolo 37 del decreto-legge in discussione, così come modificato nel corso dell'esame da parte delle Commissioni parlamentari competenti, precisa che dette varianti in corso d'opera debbano essere trasmesse, tramite le sezioni regionali, all'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza dell'ANAC, anche nel caso di appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria;
    detta previsione risponde alla necessità di aumentare le forme di contrasto ai fenomeni di corruzione nel settore degli appalti pubblici che, come dimostrano le cronache, riguardano diffusamente le fasi di esecuzione dei contratti, e dunque tutto quello che accade a valle dell'aggiudicazione del contratto di appalto;
    a questo riguardo, e con specifico riferimento agli obblighi a carico dei soggetti aggiudicatari di contratti pubblici – oltre alle note e diffusissime deroghe rispetto al Codice dei contratti previste per la realizzazione delle cosiddette grandi opere – va rilevato che, in seguito alla conversione in legge del decreto n. 201 del 2011, è stato introdotto un regime derogatorio anche per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria;
    con l'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), infatti, è stato inserito il comma 2-bis in base al quale l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire, e non trova applicazione il Codice dei contratti;
    in merito all'approvazione del citato comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – nella Deliberazione n. 43 del 4 aprile 2012 – l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici aveva segnalato quanto segue: «Il campo di applicazione della norma recata dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, così come introdotto dall'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito nella legge n. 214 del 2011, ovverosia la non applicabilità del Codice per le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia eseguite dal privato titolare del permesso di costruire, appare eccessivamente ampio. La liberalizzazione introdotta consente all'operatore privato di gestire contratti fino ad un valore di 5 milioni di euro, senza tracciabilità degli eventuali, e consistenti, ribassi d'asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici dei lavori stessi, vigilanza dell'Autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che saranno acquisite al patrimonio comunale»;
    l'applicazione del comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 ha consentito, e consente tuttora, di selezionare, senza il ricorso a procedure ad evidenza pubblica, i soggetti che eseguono opere pubbliche – tali vanno considerate le opere di urbanizzazione destinate ad essere acquisite al patrimonio dei comuni e connesse alle infrastrutture esistenti – a valere su risorse pubbliche perché tali vanno considerati i cosiddetti oneri concessori, a detrazione parziale o integrale dei quali le opere in argomento vengono eseguite;
    lo stesso comma 2-bis solleva i soggetti che eseguono opere di urbanizzazione di importo fino a 5 milioni di euro – come evidenziato dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici – dall'obbligo di rispettare tutte procedure del Codice dei contratti, finalizzate ad assicurare un ordinato e regolare svolgimento delle fasi di esecuzione dei contratti pubblici, e dunque senza adeguate garanzie rispetto alla qualità dei lavori eseguiti, all'accertamento del valore economico delle opere e alla trasparenza e alla tracciabilità dei flussi finanziari connessi,

impegna il Governo:

   ad acquisire dai comuni l'elenco delle opere di urbanizzazione primaria che, a far data dell'entrata in vigore dell'articolo 16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, sono state realizzate ovvero sono in corso di realizzazione, direttamente dai titolari dei permessi di costruire, con il regime derogatorio previsto dallo stesso comma 2-bis, completo dei relativi quadri tecnico-economici e degli eventuali aggiornamenti degli stessi apportati in corso di esecuzione;
   a trasmettere all'Autorità nazionale anticorruzione le informazioni acquisite dai comuni in ordine alle opere di urbanizzazione primaria che, a far data dell'entrata in vigore dell'articolo 16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, sono state realizzate direttamente da parte dei titolari dei permessi di costruire – e dunque senza l'obbligo di rispettare le disposizioni del Codice dei contratti – al fine di acquisire le necessarie valutazioni da parte della stessa Autorità sull'applicazione della disposizione in argomento.
9/2486-B/69Bonafede, Mannino.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione in legge sul decreto-legge n. 90 del 2014 - AC 2486 recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari»;
    l'articolo 45, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di contenuto e di sottoscrizione del processo verbale e di comunicazione della sentenza non prevede anche la modifica all'articolo 153 secondo comma del codice di procedura civile al fine di consentire la rimessione in termini di una parte processuale qualora si sia verificato un malfunzionamento del sistema telematico del processo civile e per questa causa sia incorsa nella decadenza di un termine processuale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità d'intervenire, anche con idonee misure normative, al fine di tipizzare il caso di rimessione in termini per la parte che sia decaduta dal termine per il deposito di un atto giudiziale a causa del malfunzionamento dei sistemi informatici del PCT stabilendo che in ogni caso in cui il decorso di un termine fissato dalla legge o dal giudice dipenda dalla conoscenza di atti, documenti o provvedimenti ed il deposito di questi sia eseguito con modalità telematiche, il termine per la parte onerata decorre dal momento in cui il contenuto dell'atto, del documento o del provvedimento è reso accessibile dal sistema informatico del dominio Giustizia.it.
9/2486-B/70Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 1, prevede norme volte al ricambio generazionale nella pubblica amministrazione;
    in particolare, il blocco delle proroghe di contratto dei dirigenti scolastici, che abbiano raggiunto i requisiti previsti in merito agli anni di servizio e all'età, potrebbe facilitare il rinnovo generazionale, ma si rilevano alcune criticità in merito;
    l'esperienza professionale di molti presidi a fine carriera non verrebbe più utilizzata per il buon funzionamento delle scuole;
    in assenza di un repentino ricambio, avverrebbe un ulteriore incremento del numero delle reggenze di molti istituti, che resterebbero così senza un dirigente titolare;
    i posti a dirigente scolastico già oggi privi di titolare in Italia sono circa 1000: a questi si aggiungerebbero le 180 scuole dei presidi in attesa di proroga, senza contare i 475 istituti sottodimensionati che, per legge, non possono avere un preside titolare; l'indizione del nuovo corso-concorso, previsto entro il 31 dicembre 2014 per la copertura dei posti vacanti, nella più ottimistica delle previsioni non potrebbe veder insediati nuovi presidi prima dell'1 settembre 2016;
    potrebbe configurarsi una situazione paradossale, con circa il 20 per cento delle scuole statali italiane senza dirigenza autonoma anche per il prossimo anno scolastico e tendente ad aggravarsi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare iniziative normative per sanare l'eventuale carenza di dirigenti già a partire dal prossimo anno scolastico.
9/2486-B/71Santerini, Malisani.


   La Camera,
   esaminato l'AC 2486-B di conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90
   premesso che:
    con un emendamento presentato in Commissione Bilancio Camera è stato inserito nel decreto l'articolo 1-bis recante «disposizioni per il ricambio generazionale nel comparto della scuola» ma più comunemente conosciuto come «quota 96» riguardante il personale scolastico;
    si tratta di una misura di salvaguardia per il personale scolastico che ha raggiunto i requisiti allora in vigore per il pensionamento entro l'anno scolastico 2011/2012 e divenuto a tutti gli effetti «esodato» con l'entrata in vigore della riforma Fornero; la salvaguardia era già stata proposta in sede di esame nell'apposita proposta di legge sugli esodati, ma era stata in quella sede accantonata su esplicita richiesta del presidente della commissione Bilancio, assicurando che avrebbe provveduto a proporre una adeguata copertura per permettere l'attuazione della misura e la tutela dei lavoratori coinvolti;
    l'articolo 1-bis del decreto in esame, presentato a firma dell'onorevole Ghizzoni e dei componenti della Commissione Bilancio, dispone, a copertura della misura «quota 96» per il personale della scuola, un aumento degli obiettivi di risparmio di spesa già previsti dalla legge di stabilità per il 2014 all'articolo 1, commi 427, primo periodo, e 428, primo periodo, cioè quelli prodotti dai provvedimenti di spending review che dovrebbero essere posti in essere in seguito all'attività del commissario Cottarelli;
    al momento, non sono stati resi noti i risultati dei gruppi di lavoro sulla revisione della spesa e nessun provvedimento di revisione è stato trasformato in atto normativo, benché la Legge di stabilità stabilisca che entro il 31 luglio 2014 debbano essere adottate misure di razionalizzazione e di revisione della spesa (...), tali da assicurare una riduzione della spesa in misura non inferiore a 488,4 milioni di euro per l'anno 2014, a 1.448 milioni di euro per l'anno 2015, a 1.988,1 milioni di euro per l'anno 2016, a 1.997,9 milioni di euro per l'anno 2017 e a 1.339,6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018. A queste cifre devono essere aggiunti gli ulteriori risparmi derivanti dal decreto oggi in conversione;
    esprimendo la contrarietà del Governo sulla copertura individuata all'articolo 1-bis, il sottosegretario presente in Commissione ha affermato che non si tratterà di spending review ma «in definitiva di tagli lineari, dal momento che non appare realisticamente possibile, entro il 31 luglio 2014, procedere ad una revisione selettiva della spesa, come previsto dai commi 427 e 428 dell'articolo 1 della Legge di stabilità per il 2014» e ribadendo «la contrarietà del Governo rispetto alla copertura finanziaria di cui al comma 6 dell'articolo 1-bis del provvedimento in esame». Con tale affermazione il Governo sembra voler intendere che tutti i fondi previsti dalla Legge di stabilità che, almeno per il 2014, avrebbero dovuto derivare dalla spending review saranno invece reperiti in meri tagli lineari;
    tale contrarietà del Governo ha prodotto la soppressione dell'articolo 1-bis da parte del Senato della Repubblica, con il paradosso peraltro che il Governo ha chiesto nei due rami del Parlamento la fiducia su due testi diversi,

impegna il Governo

a non utilizzare nei futuri provvedimenti di propria competenza risparmi di spesa prima che essi siano stati effettivamente e concretamente conseguiti.
9/2486-B/72Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il decreto-legge 24 giugno 2014, n.90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari;
    il 3 luglio scorso, durante l'esame in Assemblea del provvedimento in materia di salvaguardia dai nuovi requisiti di accesso al trattamento pensionistico (TU 224 e abb.) il presidente della V Commissione è intervenuto in merito al dibattito apertosi sugli emendamenti riguardanti la cosiddetta «salvaguardia quota “96” per dire che “Sappiamo tutti che questo provvedimento non vedrà la luce al Senato entro i termini necessari a noi per consentire a chi lavora nella scuola di andare in pensione. Quindi, se non è una bandierina – io non penso che sia una bandierina, perché abbiamo lavorato insieme nelle varie Commissioni per provare a risolvere questo problema – io assumo l'impegno, da presidente della Commissione Bilancio e a nome dei miei colleghi, a nome del presidente Damiano, della collega Ghizzoni (penso di poterlo dire a nome di tutti coloro che hanno sostenuto e votato all'unanimità la risoluzione Saltamartini), di presentare un emendamento che è già coperto. (...) Avete la mia garanzia che l'emendamento collettivo (...) dovrà essere proposto e approvato sul prossimo decreto, io penso su quello che ha a che fare con la riforma della pubblica amministrazione.» [res. Sten. Assemblea 3 luglio 2014];
    la copertura degli oneri derivanti dall'emendamento di cui sopra, individuata in un ulteriore aumento degli obiettivi di risparmio attesi dalla spending review, ha avuto il parere contrario dal Governo;
    il Governo in prima lettura Camera ha chiesto il voto di fiducia per approvare il provvedimento nonostante il suo parere contrario sul predetto articolo 1-bis ed al Senato ha voluto la soppressione del medesimo chiedendo comunque un altro voto di fiducia;
    con questo atteggiamento il Governo prima ha illuso 4mila insegnanti alla Camera per poi disilluderli al Senato, giocando sulla pelle delle persone, come già aveva fatto l’ex Ministro Fornero;
    si ricorda che il personale scuola cosiddetto «quota ’96» si trova nell'impossibilità di accedere alla pensione per un errore del precedente Governo, che non ha tenuto conto della peculiarità del settore scolastico, ovvero che la data del pensionamento è legata alla conclusione dell'anno scolastico e non invece all'anno solare;
    il Governo, per rimediare al comportamento ambiguo e rassicurare la maggioranza parlamentare che lo sostiene, ha dichiarato che entro la fine del mese sarà varato un nuovo provvedimento sulla scuola che risolverà l'annosa questione della cosiddetta «quota ’96» e riguarderà una platea ben più ampia dei 4.000 individuati finora,

impegna il Governo

a mantenere fede alle promesse fatte a mezzo stampa senza ulteriori dietrofront e rinvii.
9/2486-B/73Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il contenuto del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari;
    valutate le finalità di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica che talune disposizioni del provvedimento intendono perseguire;
    preso atto dell'intervento contenuto nel cosiddetto «decreto cuneo fiscale» n. 66 del 2014, che ha fissato a 240mila euro il tetto dei compensi dei dirigenti pubblici e dei manager delle società partecipate;
    ricordato che ai sensi dell'articolo 24 del testo unico sul pubblico impiego il trattamento accessorio collegato ai risultati deve costituire almeno il 30 per cento della retribuzione complessiva del dirigente considerata al netto della retribuzione individuale di anzianità e degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell'onnicomprensività e che è esclusa da tale disposizione la dirigenza del Servizio sanitario nazionale;
    tenuto conto che tale decreto-legge è un primo step di una più ampia riforma della pubblica amministrazione, da attuarsi con il disegno di legge delega già depositato presso il Senato della Repubblica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere la norma che collega ai risultati una percentuale del trattamento economico anche ai dirigenti del Servizio sanitario nazionale.
9/2486-B/74Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il contenuto del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari; con particolare riguardo alla disposizione di cui all'articolo 10 del provvedimento, in materia di abrogazione delle quote dei diritti di segreteria e del diritto di rogito spettante ai segretari comunali e provinciali;
    valutata tale disposizione come misura di risparmio e di contenimento della spesa pubblica;
    ricordato quanto già disposto dal decreto-legge n. 78 del 2010 in relazione all'agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, le cui funzioni vengono trasferite al Ministero dell'interno, ritenendo importante prevedere di rendere facoltativa, per i comuni e le Province, la nomina del segretario;
    tale misura è nell'ottica di portare un risparmio di spesa per gli enti locali ed in coerenza con la strategia di liberalizzazione delle professioni, di permettere all'amministrazione di valutare secondo propri criteri discrezionali di avvalersi anche di altre categorie professionali, accrescendo, allo stesso tempo, con un bagaglio culturale differenziato, lo standard di qualità nell'ambito lavorativo delle amministrazioni locali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in sede di riforma della Governance degli enti locali la facoltà per i comuni e le province di nominare o meno il proprio segretario.
9/2486-B/75Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il contenuto del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari;
    l'articolo 6 prevede che le pubbliche amministrazioni non possano conferire incarichi ai soggetti già lavoratori pubblici e privati collocati in quiescenza;
    tale divieto riguarda gli organi di governo di amministrazioni pubbliche, enti e società da essi controllate, nonché gli eventuali organi costituzionali che intendano adeguarsi alla normativa stessa nell'ambito della propria autonomia;
    se è pur vero che non è possibile prevedere l'esplicito divieto per gli organi costituzionali perché in contrasto con l'autonomia costituzionale degli organi stessi, tuttavia è possibile intervenire sui trattamenti pensionistici dei singoli individui che andrebbero a ricoprire incarichi presso i predetti organi, in quanto ciò non lede le scelte e l'operato autonomo degli organi medesimi essendo l'erogazione del trattamento in capo ad un Istituto pubblico di natura non costituzionale,

impegna il Governo

a prevedere, con circolare esplicativa o altro provvedimento di propria competenza, la sospensione del trattamento pensionistico – per tutta la durata dell'incarico – ai lavoratori già in quiescenza che assumano incarichi presso quegli organi costituzionali che non si adeguano alla normativa di cui in premessa.
9/2486-B/76Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    apprezzando la decisione di immettere nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco 1.030 nuovi effettivi, dettata dalla necessità di garantirne «gli standard operativi e i livelli di efficienza e di efficacia»;
    stigmatizzando, tuttavia, la scelta di finanziare parte delle nuove assunzioni con le risorse destinate al personale volontario dei Vigili del Fuoco, già oggetto di altre misure vessatorie, come quelle varate nell'autunno del 2011, che imputano agli aspiranti Vigili del Fuoco Volontari gli oneri connessi agli accertamenti clinico-strumentali e di laboratorio connessi alla loro selezione;
    rilevando, altresì, come i deficit di organico esistenti all'interno del Corpo potrebbero essere colmati proprio attingendo al bacino di capacità rappresentato dai Vigili Volontari;
    sottolineando come in almeno una circostanza, in Parlamento, il Governo abbia manifestato in passato la propria disponibilità a rivedere la situazione, correggendo la normativa di merito alla prima occasione utile, senza tuttavia aver finora tradotto in gesti concreti l'atteggiamento annunciato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di esonerare gli aspiranti Vigili del Fuoco volontari dal pagamento degli oneri di cui all'articolo 4, punto 14, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e quelli relativi agli accertamenti clinico-strumentali e di laboratorio indicati dall'Amministrazione per il reclutamento del personale volontario per le esigenze dei distaccamenti volontari del Corpo nazionale di cui all'articolo 9, comma 2, lettera b) del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, trasferendone la spesa in capo all'Amministrazione degli Interni.
9/2486-B/77Caparini, Molteni, Matteo Bragantini, Invernizzi, Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il decreto-legge recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, e valutate le finalità di semplificazione amministrati va che il medesimo intende perseguire;
    considerato che all'articolo 17 del provvedimento in esame, nell'ambito di misure di semplificazione, si prevede l'unificazione delle banche dati delle società partecipate;
    ritenuto importante eliminare le duplicazioni normative e procedurali oggi esistenti anche nel campo giuridico-amministrativo della circolazione fisica e giuridica dei veicoli, realizzando così risparmi di spesa e, soprattutto, la massima semplificazione tecnica e operativa;
    ricordato che, attualmente, la gestione separata e parallela dei procedimenti di registrazione della proprietà (di competenza del Pra) e di immatricolazione dei veicoli (di competenza del Ministero dei trasporti) rende ancora necessaria una duplice istanza da parte dei cittadini, una per la registrazione e una per l'immatricolazione; una duplice acquisizione di dati da parte di due banche dati; un duplice provvedimento di autorizzazione da parte delle amministrazioni interessate per le rispettive parti di competenza; due distinti documenti, il certificato di proprietà e la carta di circolazione, da rilasciare all'utenza;
    preso atto che negli altri Paesi europei non esiste un pubblico registro automobilistico per la registrazione dei veicoli, ma esistono archivi in cui sono registrati i dati tecnici e di proprietà, così come esiste in Italia l'archivio nazionale veicoli, istituito ai sensi degli articoli 225 e 226 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, che tiene nota di tutte le variazioni di proprietà, le revisioni, le informazioni sui proprietari, gli incidenti. In Italia però, i proprietari dei veicoli già registrati all'archivio nazionale, devono nuovamente fare una registrazione del mezzo presso il pubblico registro automobilistico;
    rammentato che il decreto del Presidente della Repubblica n. 358 del 2000, all'articolo 1 dispone che «in attesa della riforma del regime giuridico degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi e del conseguente riordino amministrativo, viene istituito lo sportello telematico dell'automobilista, allo scopo di semplificare i procedimenti relativi all'immatricolazione, alla re-immatricolazione, alla registrazione della proprietà, ai passaggi di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei loro rimorchi»;
    constatato che tuttora la riforma del regime giuridico e il conseguente riordino amministrativo degli autoveicoli e motoveicoli non è avvenuta e una semplificazione delle procedure relative a immatricolazioni e atti di proprietà sembra necessaria e non più rinviabile,

impegna il Governo

a valutare, nel prosieguo degli interventi di semplificazione e snellimento delle procedure burocratiche per un'ottimizzazione della pubblica amministrazione, di adottare le opportune iniziative normative necessarie per far si che i mutamenti riguardanti l'intestazione dei veicoli, secondo quanto previsto dal Codice della strada, e gli eventi giuridico-patrimoniali sui veicoli medesimi, si registrino unicamente presso l'Archivio nazionale dei veicoli di cui agli articolo 225 e 226 del Codice della strada, procedendo quindi contestualmente alla soppressione del Pubblico Registro Automobilistico e al trasferimento presso l'Archivio nazionale dei compiti e delle funzioni fino ad oggi attribuite al Pubblico registro medesimo.
9/2486-B/78Allasia, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del provvedimento in Senato, il Governo ha stralciato la norma relativa al pensionamento dei 4mila insegnanti c.d. «quota ’96», non concordando sulla relativa copertura che prevedeva un aumento degli obiettivi di risparmio di spesa già previsti dalla legge di stabilità per il 2014 all'articolo 1, commi 427, primo periodo, e 428, primo periodo, cioè quelli prodotti dai provvedimenti di spending review che dovrebbero essere posti in essere in seguito all'attività del Commissario Cottarelli;
    lo stesso Commissario, nel riferirsi in particolare ai pensionamenti della scuola, ha dichiarato, con un intervento nel suo blog, che «si sta diffondendo la pratica di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa» e che «se si utilizzano risorse provenienti da risparmi sulla spesa per aumentare la spesa stessa, il risparmio non potrà essere utilizzato per ridurre la tassazione su lavoro», spiegando che ritiene «essenziale» la riduzione della tassazione del lavoro «per una ripresa dell'occupazione in Italia»;
    il Commissario Cottarelli ha pertanto criticato quella che definisce «una nuova pratica»; «la revisione della spesa come strumento per il finanziamento di nuove spese»;
    il Governo, in considerazione di ciò, ha stralciato dal testo all'esame del Senato la norma relativa alla cosiddetta «quota 96», lasciando però inalterato l'utilizzo dei risparmi derivanti dall'attuazione delle norme di revisione della spesa pubblica per la copertura delle disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, di cui all'articolo 1, comma 6, del provvedimento all'esame, con ciò mantenendo un atteggiamento contradditorio sull'utilizzo di tale copertura;
    già in occasione di precedenti provvedimenti governativi, come il job act ed il decreto riguardante gli 80 euro in più in busta paga, la Lega Nord ha dichiarato che per garantire la ripresa economica e la crescita occupazionale è necessario intervenire pesantemente sul costo del lavoro prevedendo un drastico taglio del cuneo fiscale,

impegna il Governo

a dare immediata attuazione a quanto previsto nella legge di stabilità per il 2014, che fissava al 31 luglio scorso l'adozione di misure di razionalizzazione e revisione della spesa, adottando il relativo provvedimento di revisione e destinando i risparmi ad un taglio del cuneo fiscale a due cifre in termini percentuali e non di miliardi come già fatto con il cosiddetto decreto Irpef n. 66 del 2014 i cui risultati son stati irrilevanti.
9/2486-B/79Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Prataviera.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il contenuto del decreto-legge 24 giugno 2014, n.90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari;
    considerate le finalità di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica che in particolare le misure contenute nell'articolo 11 del provvedimento intendono perseguire;
    ricordato l'intervento contenuto nel cosiddetto «decreto cuneo fiscale» n. 66 del 2014, che ha fissato a 240mila euro il tetto dei compensi dei dirigenti pubblici e dei manager delle società partecipate, e ritenuto il medesimo irrilevante rispetto alla spesa pubblica degli stipendi dei top manager,
    ritenuto fondamentale per un concreto contenimento della spesa pubblica, intervenire pesantemente sulla sburocratizzazione della pubblica amministrazione affinché comporti anche un reale rilancio del Pil,

impegna il Governo

ad adottare entro la fine dell'anno provvedimenti di propria competenza che contemplino a decorrere dall'anno 2015 la soppressione delle deroghe al limite massimo alle retribuzioni di posizioni che fossero previste nei vari contratti di lavoro del pubblico impiego e l'allineamento del 50 per cento delle retribuzioni di posizione e risultato dei dirigenti dello Stato all'andamento crescente o decrescente del PIL.
9/2486-B/80Caon.


   La Camera,
   esaminato il contenuto dei decreto-legge 24 giugno 2014, n.90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, con particolare riguardo alle disposizioni relative ai segretari comunali e provinciali di cui all'articolo 10 del provvedimento;
   ricordato che l'articolo 2, comma 4, del decreto-legge n. 333 del 1992, convertito nella legge n. 438 del 1992, interpretato autenticamente dall'articolo 7, comma 7 del decreto-legge n. 384 del 1992, convertito in legge n. 438 del 1992, ai sensi del quale l'articolo 2, comma 4, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, va interpretato nel senso che dalla data di entrata in vigore del predetto decreto-legge non possono essere più adottati provvedimenti di allineamento stipendiale, ancorché aventi effetti anteriori all'11 luglio 1992», ha dunque eliminato l'istituto del galleggiamento;
   constatato che l'articolo 41, comma 5, del CCNL dei segretari comunali, nel prevedere che «gli enti assicurano, altresì, nell'ambito delle risorse disponibili e nel rispetto della capacità di spesa, che la retribuzione di posizione del segretario non sia inferiore a quella stabilita per la funzione dirigenziale più elevata nell'ente in base al contratto collettivo dell'area della dirigenza o, in assenza di dirigenti, a quello del personale incaricato della più elevata posizione organizzativa» ha mantenuto in vita per i segretari stessi il predetto istituto del galleggiamento;
   preso atto dunque dell'inconciliabilità tra l'articolo 41, comma 5, del CCNL dei segretari ed il divieto, generale, di introdurre il «galleggiamento» attivando provvedimenti di allineamento stipendiale nel pubblico impiego,

impegna il Governo

a prevedere nei prossimi provvedimenti di propria competenza la piena e generale soppressione a decorrere dall'anno 2015 dell'istituto contrattuale del galleggiamento e della relativa applicazione.
9/2486-B/81Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del provvedimento in Senato è stato approvato l'emendamento del Governo che sopprime le disposizioni introdotte dalla Camera dei Deputati relative al riconoscimento di benefici nei criteri di calcolo del trattamento pensionistico e del trattamento di fine rapporto per i dipendenti privati (e loro eredi) che avessero subito un'invalidità permanente in conseguenza di atti di terrorismo, di cui all'articolo 25, commi da 5-bis a 5-quinquies;
    nel dettaglio, i commi da 5-bis a 5-quinquies sono stati verificati negativamente dalla relazione tecnica, in quanto la relativa quantificazione – pari ad 1 milione di euro annui – secondo il Governo risultava sottostimata, posto che la valutazione tecnica dell'INPS ha indicato un onere annuo, a regime, di circa 12 milioni di euro a regime;
    l'attuazione dell'operazione Mare Nostrum comporta una spesa di oltre 9milioni di euro al mese, a dimostrazione che il Governo trova le risorse economiche per ciò che interessa;
    le misure in favore delle vittime del terrorismo costituiscono una forma di doveroso risarcimento istituzionale in favore di chi ha sacrificato la propria vita per la tutela della democrazia e di chi invece l'ha persa per incapacità dello Stato di proteggerla,

impegna il Governo

a reperire le occorrenti risorse per reintrodurre la stralciata norma di cui in premessa nei prossimi provvedimenti di propria competenza.
9/2486-B/82Molteni.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del provvedimento in Senato è stato approvato l'emendamento del Governo che sopprime le disposizioni introdotte dalla Camera dei Deputati relative al riconoscimento di benefici nei criteri di calcolo del trattamento pensionistico e del trattamento di fine rapporto per i dipendenti privati (e loro eredi) che avessero subito un'invalidità permanente in conseguenza di atti di terrorismo, di cui all'articolo 25, commi da 5-bis a 5-quinquies;
    nel dettaglio, i commi da 5-bis a 5-quinquies sono stati verificati negativamente dalla relazione tecnica, in quanto la relativa quantificazione – pari ad 1 milione di euro annui – secondo il Governo risultava sottostimata, posto che la valutazione tecnica dell'INPS ha indicato un onere annuo, a regime, di circa 12 milioni di euro a regime;
    l'attuazione dell'operazione Mare Nostrum comporta una spesa di oltre 9milioni di euro al mese, a dimostrazione che il Governo trova le risorse economiche per ciò che interessa;
    le misure in favore delle vittime del terrorismo costituiscono una forma di doveroso risarcimento istituzionale in favore di chi ha sacrificato la propria vita per la tutela della democrazia e di chi invece l'ha persa per incapacità dello Stato di proteggerla,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire le occorrenti risorse per reintrodurre la stralciata norma di cui in premessa nei prossimi provvedimenti di propria competenza.
9/2486-B/82. (Testo modificato nel corso della seduta).  Molteni.


   La Camera,
   esaminato l'AC 2486-B di conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90;
   premesso che:
    il testo originario del decreto-legge n. 90 varato dal Governo, nel prevedere l'obbligatorio collocamento fuori ruolo dei magistrati che intendano assumere incarichi di capo di gabinetto o di uffici di diretta collaborazione, vietando il ricorso all'istituto dell'aspettativa utilizzato per eludere il limite decennale al collocamento fuori ruolo nell'arco della vita lavorativa, faceva salvi i provvedimenti di collocamento in aspettativa già concessi alla data di entrata in vigore del decreto-legge;
    nel corso dell'esame in 1a lettura alla Camera tale disposizione di salvaguardia per gli incarichi in corso era stata soppressa, ma ripristinata al Senato perché l'interruzione anticipata del rapporto lavorativo non per fatto o colpa del contraente privato potrebbe essere suscettibile di implicare effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
    tale motivazione appare alquanto pretestuosa e la scelta di non estendere l'obbligatorietà del collocamento fuori ruolo anche alle aspettative dei magistrati già in atto sembra configurarsi come una norma salva-giudici, atteso che per altre misure ed in altre occasioni il Governo non si è preoccupato delle implicazioni contabili che l'attuazione tout court di modifiche normative alla legislazione vigente avrebbe prodotto, ricordando a titolo esemplificativo i maggiori effetti finanziari negativi prodotti dalla riforma delle pensioni Fornero con gli esodati,

impegna il Governo

a reinserire la norma che estende il collocamento fuori ruolo obbligatorio anche ai magistrati già collocati in aspettativa nel disegno di legge in combinato al decreto in esame, definito il «cuore» della riforma della pubblica amministrazione, o comunque in altro provvedimento di propria competenza in emanazione entro la fine dell'anno.
9/2486-B/83Matteo Bragantini.


   La Camera,
   esaminato l'AC 2486-B di conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90;
   premesso che:
    il testo originario del decreto-legge n. 90 varato dal Governo, nel prevedere l'obbligatorio collocamento fuori ruolo dei magistrati che intendano assumere incarichi di capo di gabinetto o di uffici di diretta collaborazione, vietando il ricorso all'istituto dell'aspettativa utilizzato per eludere il limite decennale al collocamento fuori ruolo nell'arco della vita lavorativa, faceva salvi i provvedimenti di collocamento in aspettativa già concessi alla data di entrata in vigore del decreto-legge;
    nel corso dell'esame in 1a lettura alla Camera tale disposizione di salvaguardia per gli incarichi in corso era stata soppressa, ma ripristinata al Senato perché l'interruzione anticipata del rapporto lavorativo non per fatto o colpa del contraente privato potrebbe essere suscettibile di implicare effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
    tale motivazione appare alquanto pretestuosa e la scelta di non estendere l'obbligatorietà del collocamento fuori ruolo anche alle aspettative dei magistrati già in atto sembra configurarsi come una norma salva-giudici, atteso che per altre misure ed in altre occasioni il Governo non si è preoccupato delle implicazioni contabili che l'attuazione tout court di modifiche normative alla legislazione vigente avrebbe prodotto, ricordando a titolo esemplificativo i maggiori effetti finanziari negativi prodotti dalla riforma delle pensioni Fornero con gli esodati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reinserire la norma che estende il collocamento fuori ruolo obbligatorio anche ai magistrati già collocati in aspettativa nel disegno di legge in combinato al decreto in esame, definito il «cuore» della riforma della pubblica amministrazione, o comunque in altro provvedimento di propria competenza in emanazione entro la fine dell'anno.
9/2486-B/83. (Testo modificato nel corso della seduta).  Matteo Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    apprezzando la volontà del Governo di rilanciare gli arsenali e gli stabilimenti parte della cosiddetta area tecnico-industriale della Difesa, evidenziata dalle norme all'esame dell'Assemblea che a questo scopo introducono deroghe a specifiche disposizioni varate nel contesto della spending review;
    osservando come a latere dell'elaborazione del Documento Programmatico Pluriennale della Difesa, appena vagliato dalla Commissione Difesa, la Corte dei conti abbia rilevato, ponendola all'attenzione del Parlamento, l'avvenuta attivazione del cosiddetto polo del munizionamento e della demilitarizzazione da parte dell'Agenzia Industrie Difesa;
    evidenziando come il destino dell'area tecnico-industriale della Difesa riguardi non solo la preservazione della capacità delle Forze armate di mantenere in efficienza un parco materiali da anni sottoposto all'usura eccezionale conseguente all'impiego dei mezzi e degli equipaggiamenti su teatri spesso difficili, come quelli afgano, iracheno, libanese, libico o maliano, ma altresì la conservazione di professionalità e posti di lavoro che altrimenti verrebbero cancellati,

impegna il Governo

a proseguire nella propria azione di riqualificazione e rilancio dell'area tecnico-industriale della Difesa, allo scopo di mantenere alle Forze armate un patrimonio di capacità e competenze che andrebbe altrimenti disperso, con la conseguenza di creare disoccupazione aggiuntiva e di costringere l'amministrazione ad appaltare a ditte esterne la futura manutenzione del parco mezzi e materiali.
9/2486-B/84Marcolin.


   La Camera,
   premesso che:
    valutate negativamente le modifiche apportate in sede di seconda lettura al Senato del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90;
    preso atto della soppressione dei commi da 6-bis a 6-quater dell'articolo 1, in materia di non applicazione delle riduzioni percentuali del trattamento previdenziale ai fini dell'accesso al pensionamento anticipato, di cui al comma 10, dell'articolo 24, del decreto-legge cosiddetto «Salva-Italia» n. 201 del 2011, limitatamente ai soli soggetti che maturassero il requisito di anzianità contributiva – pari attualmente a 42 anni e sei mesi per gli uomini e 41 anni e sei mesi per le donne – entro il 31 dicembre 2017;
    appurato che la riforma delle pensioni Fornero, allungando l'età pensionabile e penalizzando l'uscita anticipata sia pure con 40 anni e più di anzianità contributiva, in combinato con l'oggettiva contrazione dell'offerta occupazionale dovuta al periodo di crisi socio-economica, ha di fatto bloccato il ricambio generazionale;
    preso atto dell'annuncio dell'altro giorno del Ministro Poletti di significative deroghe e modifiche alla riforma delle pensioni Fornero nella prossima legge di stabilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in sede della preannunciata revisione della riforma delle pensioni Fornero, di cancellare le penalizzazioni di cui all'articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 201 del 2011 per coloro che abbiano raggiunto un'anzianità contributiva pari o superiore a quaranta anni.
9/2486-B/85Prataviera, Maestri, Baruffi, Albanella, Gnecchi, Romanini, Giorgio Piccolo.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il decreto-legge recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari e valutate negativamente le modifiche apportate in sede di seconda lettura al Senato;
    preso atto dell'approvazione da parte della Commissione Affari costituzionali dell'emendamento soppressivo del Governo del comma 5 dell'articolo 1, relativo in materia di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro per i dirigenti medici e del ruolo sanitario del SSN non prima del compimento dei 65 anni di età e per i responsabili di struttura complessa e per i professori universitari non prima del compimento dei 68 anni di età;
    la motivazione che l'uscita anticipata di due anni determinava «oneri non quantificati» sembra alquanto artificiosa, considerato il ricorso frequente di cui il Governo si avvale per espungere norme non gradite ovvero salvaguardare gradite categorie di soggetti;
    tale scelta, peraltro, appare in contrasto con la dichiarata volontà di perseguire un effettivo ricambio generazionale nella pubblica amministrazione, consentendo la permanenza in servizio a cattedrati e primari ospedalieri fino al 70o anno di età,

impegna il Governo

a prevedere nei futuri provvedimenti di propria competenza l'estensione dell'istituto della risoluzione unilaterale ai professori universitari e primari ospedalieri.
9/2486-B/86Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il decreto-legge recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari e valutate negativamente le modifiche apportate in sede di seconda lettura al Senato;
    preso atto dell'approvazione da parte della Commissione Affari costituzionali dell'emendamento soppressivo del Governo del comma 5 dell'articolo 1, relativo in materia di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro per i dirigenti medici e del ruolo sanitario del SSN non prima del compimento dei 65 anni di età e per i responsabili di struttura complessa e per i professori universitari non prima del compimento dei 68 anni di età;
    la motivazione che l'uscita anticipata di due anni determinava «oneri non quantificati» sembra alquanto artificiosa, considerato il ricorso frequente di cui il Governo si avvale per espungere norme non gradite ovvero salvaguardare gradite categorie di soggetti;
    tale scelta, peraltro, appare in contrasto con la dichiarata volontà di perseguire un effettivo ricambio generazionale nella pubblica amministrazione, consentendo la permanenza in servizio a cattedrati e primari ospedalieri fino al 70o anno di età,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nei futuri provvedimenti di propria competenza l'estensione dell'istituto della risoluzione unilaterale ai professori universitari e primari ospedalieri.
9/2486-B/86. (Testo modificato nel corso della seduta).  Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 1, dell'A.C. 2486-B prevede che «le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici ivi compresi quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazione, possono procedere, per l'anno 2014, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente. La predetta facoltà ad assumere è fissata nella misura del 40 per cento per l'anno 2015, del 60 per cento per l'anno 2016, dell'80 per cento per l'anno 2017, del 100 per cento a decorrere dall'anno 2018. Il criterio della spesa per il personale cessato nell'anno al fine della quantificazione delle immissioni in ruolo nell'ambito del turn over si applica anche ai Corpi di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco; al comparto della scuola e alle università si applica la normativa di settore»;
    l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV), istituita con decreto legislativo 25 febbraio 1999, n. 66, in attuazione della direttiva comunitaria 94/56/CE, si identifica con l'autorità investigativa per la sicurezza dell'aviazione civile dello Stato italiano;
    tale autorità pubblica, che si caratterizza per l'ampia autonomia e la terzietà rispetto al sistema aviazione civile, a garanzia della obiettività del proprio operato, svolge funzioni critiche per la sicurezza dell'aviazione civile e, in particolare, quella di svolgere, a fini di prevenzione, le inchieste di sicurezza relative agli incidenti ed agli inconvenienti occorsi ad aeromobili dell'aviazione civile, emanando, se necessario, le opportune raccomandazioni di sicurezza per evitare che eventi dello stesso tipo si ripetano in futuro;
    già nella propria relazione sull'esercizio finanziario ANSV 2010, la Corte dei conti, constatato il comportamento virtuoso dell'Agenzia sia dal punto di vista operativo, sia da quello finanziario, sia da quello della digitalizzazione, ha invece rilevato come la significativa riduzione da parte dello Stato dello stanziamento ordinario di bilancio a favore dell'ANSV operi in controtendenza rispetto ad un contesto di sempre maggiore sviluppo dei trasporti aerei, che imporrebbe incisivi investimenti da parte degli Stati a salvaguardia della sicurezza del volo;
    i continui tagli lineari alla dotazione finanziaria dell'ANSV, che pongono dei pesanti limiti agli stanziamenti di previsione, paiono essere stati operati senza alcuna valutazione del loro impatto sul funzionamento dell'Autorità;
    risulta al proponente che, entro il prossimo mese di giugno l'ANSV, a fronte dei 12 investigatori previsti dalla dotazione organica, ne resteranno in servizio soltanto 4, in quanto sono previste uscite per raggiungimento dei limiti di età, ma non sarà possibile all'ANSV bandire alcun concorso per investigatori, né assumere gli eventuali vincitori, in ragione delle attuali norme sul turn over;
    con 4 investigatori (ovvero un terzo del relativo organico) diventerà praticamente impossibile gestire la notevole mole di lavoro che grava sull'ANSV, estesamente evidenziata e documentata nel «Rapporto informativo sull'attività svolta dall'ANSV e sulla sicurezza dell'aviazione civile in Italia – Anno 2013»;
    tale situazione avrà inevitabilmente ricadute negative sia sul piano della prevenzione degli incidenti aerei (e quindi della tutela della pubblica incolumità), sia sul piano dell'immagine dello Stato italiano in ambito internazionale e UE, peraltro proprio a ridosso dell'inizio del periodo di presidenza italiana del Consiglio UE;
    in particolare, tale situazione è suscettibile di determinare l'apertura, da parte della Commissione europea, di una procedura di infrazione contro l'Italia per inosservanza dell'articolo 4 del regolamento UE n. 996 del 2010, il quale prescrive che «l'autorità investigativa per la sicurezza è dotata dal rispettivo Stato membro dei mezzi necessari per adempiere alle sue responsabilità in completa indipendenza e deve poter ottenere a tal fine sufficienti risorse»;
    l'articolo 9, comma 2-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 e successive modifiche/integrazioni blocca linearmente la crescita dei fondi unici di amministrazione (FUA) anche in presenza di nuove assunzioni, stabilendo come «tetto» di riferimento quello corrispondente all'ammontare del 2010;
    dal FUA di cui sopra sono tratti i fondi necessari a corrispondere il 52 per cento circa della retribuzione a carattere fisso e continuativo dei tecnici investigatori dell'ANSV, come previsto dal contratto collettivo nazionale ENAC, che si applica anche al personale dell'ANSV in virtù di quanto contemplato dall'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 66 del 1999;
    in data 6 maggio 2014 la Commissione IX ha approvato all'unanimità il seguente parere: «valuti la Commissione di merito l'opportunità di segnalare al Governo l'esigenza, anche in considerazione dei maggiori compiti che potranno derivare dall'attuazione dell'accordo in esame, di evitare ulteriori misure di riduzione delle risorse destinate al funzionamento dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo»;
    il Governo ha risposto all'interrogazione n. 4-05754, relativa alla problematica di cui in premessa, ipotizzando la possibilità di impiegare personale militare per coprire temporaneamente le carenze di organico;
   considerato che:
    la previsione di cui all'articolo 3, comma 1 del decreto-legge in discussione, impedendo l'assunzione di nuovi ispettori, pregiudica irrimediabilmente l'attività dell'ANSV, con le conseguenze di cui ai precedenti considerata;
    il blocco di cui all'articolo 9, comma 2-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 e successive modifiche/integrazioni renderebbe impossibile, a fronte di nuove assunzioni fino a copertura dell'organico, la corresponsione delle relative retribuzioni ai tecnici investigatori,

impegna il Governo:

   a intervenire urgentemente, anche tramite i propri poteri di iniziativa legislativa, al fine di avviare, in deroga a quanto previsto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 90 del 2014, procedure concorsuali presso l'ANSV e a procedere alle relative assunzioni di funzionari tecnici investigatori a tempo indeterminato sino a completamento della relativa dotazione organica;
   a intervenire urgentemente, anche tramite i propri poteri di iniziativa legislativa, al fine di superare i vincoli imposti al FUA (Fondo unico di amministrazione) dell'ANSV dall'articolo 9, comma 2-bis, decreto-legge n. 78 del 2010 e successive modifiche/integrazioni, che bloccano linearmente la crescita dei fondi unici di amministrazione.
9/2486-B/87Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 1, dell'A.C. 2486-B prevede che «le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici ivi compresi quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazione, possono procedere, per l'anno 2014, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente. La predetta facoltà ad assumere è fissata nella misura del 40 per cento per l'anno 2015, del 60 per cento per l'anno 2016, dell'80 per cento per l'anno 2017, del 100 per cento a decorrere dall'anno 2018. Il criterio della spesa per il personale cessato nell'anno al fine della quantificazione delle immissioni in ruolo nell'ambito del turn over si applica anche ai Corpi di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco; al comparto della scuola e alle università si applica la normativa di settore»;
    l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV), istituita con decreto legislativo 25 febbraio 1999, n. 66, in attuazione della direttiva comunitaria 94/56/CE, si identifica con l'autorità investigativa per la sicurezza dell'aviazione civile dello Stato italiano;
    tale autorità pubblica, che si caratterizza per l'ampia autonomia e la terzietà rispetto al sistema aviazione civile, a garanzia della obiettività del proprio operato, svolge funzioni critiche per la sicurezza dell'aviazione civile e, in particolare, quella di svolgere, a fini di prevenzione, le inchieste di sicurezza relative agli incidenti ed agli inconvenienti occorsi ad aeromobili dell'aviazione civile, emanando, se necessario, le opportune raccomandazioni di sicurezza per evitare che eventi dello stesso tipo si ripetano in futuro;
    già nella propria relazione sull'esercizio finanziario ANSV 2010, la Corte dei conti, constatato il comportamento virtuoso dell'Agenzia sia dal punto di vista operativo, sia da quello finanziario, sia da quello della digitalizzazione, ha invece rilevato come la significativa riduzione da parte dello Stato dello stanziamento ordinario di bilancio a favore dell'ANSV operi in controtendenza rispetto ad un contesto di sempre maggiore sviluppo dei trasporti aerei, che imporrebbe incisivi investimenti da parte degli Stati a salvaguardia della sicurezza del volo;
    i continui tagli lineari alla dotazione finanziaria dell'ANSV, che pongono dei pesanti limiti agli stanziamenti di previsione, paiono essere stati operati senza alcuna valutazione del loro impatto sul funzionamento dell'Autorità;
    risulta al proponente che, entro il prossimo mese di giugno l'ANSV, a fronte dei 12 investigatori previsti dalla dotazione organica, ne resteranno in servizio soltanto 4, in quanto sono previste uscite per raggiungimento dei limiti di età, ma non sarà possibile all'ANSV bandire alcun concorso per investigatori, né assumere gli eventuali vincitori, in ragione delle attuali norme sul turn over;
    con 4 investigatori (ovvero un terzo del relativo organico) diventerà praticamente impossibile gestire la notevole mole di lavoro che grava sull'ANSV, estesamente evidenziata e documentata nel «Rapporto informativo sull'attività svolta dall'ANSV e sulla sicurezza dell'aviazione civile in Italia – Anno 2013»;
    tale situazione avrà inevitabilmente ricadute negative sia sul piano della prevenzione degli incidenti aerei (e quindi della tutela della pubblica incolumità), sia sul piano dell'immagine dello Stato italiano in ambito internazionale e UE, peraltro proprio a ridosso dell'inizio del periodo di presidenza italiana del Consiglio UE;
    in particolare, tale situazione è suscettibile di determinare l'apertura, da parte della Commissione europea, di una procedura di infrazione contro l'Italia per inosservanza dell'articolo 4 del regolamento UE n. 996 del 2010, il quale prescrive che «l'autorità investigativa per la sicurezza è dotata dal rispettivo Stato membro dei mezzi necessari per adempiere alle sue responsabilità in completa indipendenza e deve poter ottenere a tal fine sufficienti risorse»;
    l'articolo 9, comma 2-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 e successive modifiche/integrazioni blocca linearmente la crescita dei fondi unici di amministrazione (FUA) anche in presenza di nuove assunzioni, stabilendo come «tetto» di riferimento quello corrispondente all'ammontare del 2010;
    dal FUA di cui sopra sono tratti i fondi necessari a corrispondere il 52 per cento circa della retribuzione a carattere fisso e continuativo dei tecnici investigatori dell'ANSV, come previsto dal contratto collettivo nazionale ENAC, che si applica anche al personale dell'ANSV in virtù di quanto contemplato dall'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 66 del 1999;
    in data 6 maggio 2014 la Commissione IX ha approvato all'unanimità il seguente parere: «valuti la Commissione di merito l'opportunità di segnalare al Governo l'esigenza, anche in considerazione dei maggiori compiti che potranno derivare dall'attuazione dell'accordo in esame, di evitare ulteriori misure di riduzione delle risorse destinate al funzionamento dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo»;
    il Governo ha risposto all'interrogazione n. 4-05754, relativa alla problematica di cui in premessa, ipotizzando la possibilità di impiegare personale militare per coprire temporaneamente le carenze di organico;
   considerato che:
    la previsione di cui all'articolo 3, comma 1 del decreto-legge in discussione, impedendo l'assunzione di nuovi ispettori, pregiudica irrimediabilmente l'attività dell'ANSV, con le conseguenze di cui ai precedenti considerata;
    il blocco di cui all'articolo 9, comma 2-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 e successive modifiche/integrazioni renderebbe impossibile, a fronte di nuove assunzioni fino a copertura dell'organico, la corresponsione delle relative retribuzioni ai tecnici investigatori,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di:
    intervenire urgentemente, anche tramite i propri poteri di iniziativa legislativa, al fine di avviare, in deroga a quanto previsto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 90 del 2014, procedure concorsuali presso l'ANSV e a procedere alle relative assunzioni di funzionari tecnici investigatori a tempo indeterminato sino a completamento della relativa dotazione organica;
    intervenire urgentemente, anche tramite i propri poteri di iniziativa legislativa, al fine di superare i vincoli imposti al FUA (Fondo unico di amministrazione) dell'ANSV dall'articolo 9, comma 2-bis, decreto-legge n. 78 del 2010 e successive modifiche/integrazioni, che bloccano linearmente la crescita dei fondi unici di amministrazione.
9/2486-B/87. (Testo modificato nel corso della seduta).  Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 1-quater dell'A.C. 2486-A stabilisce che «per agevolare il transito dell'erogazione dei servizi di volo dell'ambito militare alla società ENAV Spa negli aeroporti di Roma-Ciampino, Verona-Villafranca, Brindisi-Casale, Rimini e Treviso, il personale militare, in possesso delle abilitazioni di controllore del traffico militare ivi impiegato, può transitare, a domanda, nei corrispondenti ruoli del personale civile dell'ENAV Spa, entro il limite del relativo fabbisogno, secondo i criteri di mobilità geografica e di anzianità di servizio e senza limite di età anagrafica. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
    con interrogazione n. 5-01660, premesso che «risulterebbe all'interrogante che la gestione del personale in Enav avrebbe privilegiato l'assunzione dall'esterno di controllori del traffico aereo nonostante il numeroso personale “esperto di assistenza al volo” già in servizio da anni in azienda, stia aspettando da più di tre anni un corso di formazione interno; nel 2010 una selezione ad hoc ha individuato 60 giovani risorse interne da formare; il corso di formazione delle sopracitate risorse è stato continuamente rinviato e nello stesso periodo si sono registrate assunzioni dall'esterno, si è chiesto «quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati al fine di garantire la reale riqualificazione del personale già operativo presso Enav prima di procedere all'assunzione di nuove unità di personale»;
    nella propria risposta unitaria alle interrogazioni n. 5-01660 e 5-01659, il Governo ha riferito che «sulle iniziative per garantire la reale riqualificazione del personale già operativo presso ENAV e (...) sulle modalità di assunzione dall'esterno di controllori del traffico aereo, la medesima società ha fatto che il processo di reclutamento e selezione del personale è regolato ormai da anni da due procedure operative ad hoc certificate (una per i controllori del traffico aereo e l'altra per il restante personale), adottate in attuazione degli obblighi normativi posti dall'articolo 18, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008 che detta i principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità ed imparzialità in materia di reclutamento del personale delle società pubbliche»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni illustrate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevenire che l'ENAV Spa, per il soddisfacimento del fabbisogno interno, si avvalga prioritariamente del reclutamento del personale attraverso la pubblicazione di un bando di selezione e affinché, qualora siano già in essere, in data di approvazione della presente legge, procedure di reclutamento interno, queste siano prioritarie rispetto all'acquisizione di personale militare.
9/2486-B/88Tacconi, Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 1-quater dell'A.C. 2486-A stabilisce che «per agevolare il transito dell'erogazione dei servizi di volo dell'ambito militare alla società ENAV Spa negli aeroporti di Roma-Ciampino, Verona-Villafranca, Brindisi-Casale, Rimini e Treviso, il personale militare, in possesso delle abilitazioni di controllore del traffico militare ivi impiegato, può transitare, a domanda, nei corrispondenti ruoli del personale civile dell'ENAV Spa, entro il limite del relativo fabbisogno, secondo i criteri di mobilità geografica e di anzianità di servizio e senza limite di età anagrafica. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
    con interrogazione n. 5-01660, premesso che «risulterebbe all'interrogante che la gestione del personale in Enav avrebbe privilegiato l'assunzione dall'esterno di controllori del traffico aereo nonostante il numeroso personale “esperto di assistenza al volo” già in servizio da anni in azienda, stia aspettando da più di tre anni un corso di formazione interno; nel 2010 una selezione ad hoc ha individuato 60 giovani risorse interne da formare; il corso di formazione delle sopracitate risorse è stato continuamente rinviato e nello stesso periodo si sono registrate assunzioni dall'esterno, si è chiesto «quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati al fine di garantire la reale riqualificazione del personale già operativo presso Enav prima di procedere all'assunzione di nuove unità di personale»;
    nella propria risposta unitaria alle interrogazioni n. 5-01660 e 5-01659, il Governo ha riferito che «sulle iniziative per garantire la reale riqualificazione del personale già operativo presso ENAV e (...) sulle modalità di assunzione dall'esterno di controllori del traffico aereo, la medesima società ha fatto che il processo di reclutamento e selezione del personale è regolato ormai da anni da due procedure operative ad hoc certificate (una per i controllori del traffico aereo e l'altra per il restante personale), adottate in attuazione degli obblighi normativi posti dall'articolo 18, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008 che detta i principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità ed imparzialità in materia di reclutamento del personale delle società pubbliche»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni illustrate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevenire che l'ENAV Spa, per il soddisfacimento del fabbisogno interno, si avvalga prioritariamente del reclutamento del personale attraverso la pubblicazione di un bando di selezione e affinché, qualora siano già in essere, in data di approvazione della presente legge, procedure di reclutamento interno, queste siano prioritarie rispetto all'acquisizione di personale militare.
9/2486-B/88. (Testo modificato nel corso della seduta). Tacconi, Catalano.


DISEGNO DI LEGGE: RENDICONTO GENERALE DELL'AMMINISTRAZIONE DELLO STATO PER L'ESERCIZIO FINANZIARIO 2013 (A.C. 2541)

A.C. 2541 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

TITOLO I
RENDICONTO GENERALE DELLO STATO

Capo I
CONTO DEL BILANCIO

Art. 1.
(Entrate).

  1. Le entrate tributarie, extratributarie, per alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti, nonché per accensione di prestiti, accertate nell'esercizio finanziario 2013 per la competenza propria dell'esercizio, risultano stabilite in euro 818.838.846.049,76.
  2. I residui attivi delle Amministrazioni centrali dello Stato, determinati alla chiusura dell'esercizio 2012 in euro 243.277.629.531,76, non hanno subìto modifiche nel corso della gestione 2013. In attuazione dei commi 1 e 3 dell'articolo 23-quater del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, che ha previsto la soppressione dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e la sua incorporazione nell'Agenzia delle dogane, il Ministro dell'economia e delle finanze, con decreto dell'8 novembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 27 novembre 2012, ha disposto, tra l'altro, il trasferimento delle risorse finanziarie dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato all'Agenzia delle dogane, mentre i residui attivi, determinati alla chiusura dell'esercizio finanziario 2012 in euro 1.074.769.809,59, sono confluiti per euro 841.616.414,48 nello stato di previsione dell'entrata. Pertanto, al 1o gennaio 2013, i residui attivi risultano essere pari ad euro 244.119.245.946,24.
  3. I residui attivi al 31 dicembre 2013 ammontano complessivamente a euro 261.123.721.979,74, così risultanti:

Somme versate   Somme rimaste da versare Somme rimaste da riscuotere Totale  
(in euro)
Accertamenti 723.363.878.627,99 23.330.818.432,31 72.144.148.989,46 818.838.846.049,76
Residui attivi dell'esercizio 2012 25.148.144.684,28 16.010.058.286,11 149.638.696.271,86 190.796.899.242,25
261.123.721.979,74

A.C. 2541 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Spese).

  1. Le spese correnti, in conto capitale e per rimborso di passività finanziarie, impegnate nell'esercizio finanziario 2013 per la competenza propria dell'esercizio, risultano stabilite in euro 752.982.586.127,96.
  2. I residui passivi delle Amministrazioni centrali dello Stato, determinati alla chiusura dell'esercizio 2012 in euro 74.029.413.773,65, non hanno subìto modifiche nel corso della gestione 2013. I residui passivi dell'ex Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, determinati alla chiusura dell'esercizio finanziario 2012 in euro 2.286.988.475,47, sono confluiti nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Pertanto, al 1o gennaio 2013, i residui passivi risultano essere pari ad euro 76.316.402.249,12.
  3. I residui passivi al 31 dicembre 2013 ammontano complessivamente a euro 84.216.341.324,65, così risultanti:

Somme pagate   Somme rimaste da pagare Totale  
(in euro)
Impegni 694.469.402.725,15 58.513.183.402,81 752.982.586.127,96
Residui passivi dell'esercizio 2012 37.231.135.186,65 25.703.157.921,84 62.934.293.108,49
84.216.341.324,65

A.C. 2541 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 3.
(Avanzo della gestione di competenza).

  1. L'avanzo della gestione di competenza dell'esercizio finanziario 2013, di euro 65.856.259.921,80, risulta stabilito come segue:

(in euro)

Entrate tributarie 464.884.401.447,03
Entrate extratributarie 85.665.455.237,90
Entrate provenienti dall'alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e dalla riscossione di crediti 3.441.990.459,47
Accensione di prestiti 264.846.998.905,36
      Totale entrate 818.838.846.049,76
Spese correnti 510.835.177.830,70
Spese in conto capitale 71.174.831.876,52
Rimborso di passività finanziarie 170.972.576.420,74
      Totale spese 752.982.586.127,96
      Avanzo della gestione di competenza 65.856.259.921,80

A.C. 2541 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 4.
(Situazione finanziaria).

  1. Il disavanzo finanziario del conto del Tesoro alla fine dell'esercizio 2013, di euro 175.825.267.663,90, risulta stabilito come segue:
(in euro)

Avanzo della gestione di competenza  65.856.259.921,80
Disavanzo finanziario del conto del Tesoro dell'esercizio 2012  213.824.280.524,71
Diminuzione nei residui attivi lasciati dall'esercizio 2012:
  Accertati:
al 1o gennaio 2013  244.119.245.946,24
al 31 dicembre 2013  165.648.754.557,97
78.470.491.388,27
Diminuzione nei residui passivi lasciati dall'esercizio 2012:
  Accertati:
al 1o gennaio 2013 76.316.402.249,12
al 31 dicembre 2013  25.703.157.921,84
50.613.244.327,28
Disavanzo al 31 dicembre 2012  241.681.527.585,70
Disavanzo finanziario al 31 dicembre 2013  175.825.267.663,90

A.C. 2541 – Articolo 5

ARTICOLO 5 E RELATIVI ALLEGATI NN. 1 E 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 5.
(Allegati).

  1. Sono approvati l'Allegato n. 1, annesso alla presente legge, previsto dall'articolo 28, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché l'Allegato n. 2 relativo alle eccedenze di impegni e di pagamenti risultate in sede di consuntivo per l'esercizio 2013 rispettivamente sul conto della competenza, sul conto dei residui e sul conto della cassa, relative alle unità di voto degli stati di previsione della spesa dei Ministeri.

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

Immagine prelevata dal resoconto

A.C. 2541 – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Capo II
CONTO GENERALE DEL PATRIMONIO

Art. 6.
(Risultati generali della gestione patrimoniale).

  1. La situazione patrimoniale dell'Amministrazione dello Stato, al 31 dicembre 2013, resta stabilita come segue:

(in euro)

Attività    
Attività finanziarie    704.452.678.296,15  
Attività non finanziarie prodotte  290.355.561.701,75  
Attività non finanziarie non prodotte  4.200.272.964,61  
    999.008.512.962,51
Passività    
Passività finanziarie  2.561.001.110.152,78  
    2.561.001.110.152,78
Eccedenza passiva al 31 dicembre 2013  1.561.992.597.190,27  

A.C. 2541 – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

TITOLO II
AMMINISTRAZIONI E AZIENDE AUTONOME

Art. 7.
(Istituto agronomico per l'Oltremare).

  1. Le entrate correnti del bilancio dell'Istituto agronomico per l'Oltremare, accertate nell'esercizio finanziario 2013 per la competenza propria dell'esercizio, risultano stabilite dal conto consuntivo dell'Istituto stesso, allegato al conto consuntivo del Ministero degli affari esteri, in euro 3.695.195,50.
  2. I residui attivi, determinati alla chiusura dell'esercizio 2012 in euro 124.713, per effetto di modifiche intervenute nel corso della gestione 2013 per euro 23.418, risultano stabiliti in euro 148.131.
  3. I residui attivi al 31 dicembre 2013 ammontano complessivamente a euro 87.725, così risultanti:

  Somme versate   Somme rimaste da riscuotere Totale  
  (in euro)
Accertamenti  3.695.195,50 -- 3.695.195,50

Residui attivi dell'esercizio 2012 

60.406,00 87.725,00 148.131,00
    87.725,00  

  4. Le spese correnti e in conto capitale del bilancio dell'Istituto agronomico per l'Oltremare, impegnate nell'esercizio finanziario 2013 per la competenza propria dell'esercizio, risultano stabilite in euro 3.695.195,50.
  5. I residui passivi, determinati alla chiusura dell'esercizio 2012 in euro 5.619.089,76, per effetto di modifiche intervenute nel corso della gestione 2013 per euro 23.418, risultano stabiliti in euro 5.642.507,76.
  6. I residui passivi al 31 dicembre 2013 ammontano complessivamente a euro 5.090.126,32, così risultanti:

  Somme pagate   Somme rimaste da pagare Totale  
  (in euro)
Impegni  1.942.262,70 1.752.932,80 3.695.195,50
Residui passivi dell'esercizio 2012  2.305.314,24 3.337.193,52 5.642.507,76
    5.090.126,32  

A.C. 2541 – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 8.
(Archivi notarili).

  1. L'avanzo della gestione del bilancio degli Archivi notarili, per l'esercizio finanziario 2013, risulta stabilito come segue:

  (in euro)

Entrate

310.430.030,89
Spese 285.190.499,15
Avanzo di gestione 25.239.531,74

A.C. 2541 – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 9.
(Fondo edifici di culto).

  1. Le entrate correnti e in conto capitale del bilancio del Fondo edifici di culto, accertate nell'esercizio finanziario 2013 per la competenza propria dell'esercizio, risultano stabilite dal conto consuntivo del Fondo stesso, allegato al conto consuntivo del Ministero dell'interno, in euro 12.479.991,39.
  2. I residui attivi, determinati alla chiusura dell'esercizio 2012 in euro 2.322.034,83, non hanno subìto modifiche nel corso della gestione 2013.
  3. I residui attivi al 31 dicembre 2013 ammontano complessivamente a euro 2.992.000,89, così risultanti:

  Somme versate   Somme rimaste da versare Somme rimaste da riscuotere Totale  
(in euro)
Accertamenti 10.319.147,23 0 2.160.844,16 12.479.991,39
Residui attivi dell'esercizio 2012 1.827.253,65 0 831.156,73 2.658.410,38
    2.992.000,89  

  4. Le spese correnti e in conto capitale del Fondo edifici di culto, impegnate nell'esercizio 2013 per la competenza propria dell'esercizio, risultano stabilite in euro 12.176.035,32.
  5. I residui passivi, determinati alla chiusura dell'esercizio 2012 in euro 9.258.848,50, non hanno subìto modifiche nel corso della gestione 2013.
  6. I residui passivi al 31 dicembre 2013 ammontano complessivamente a euro 8.711.613,84, così risultanti:

  Somme pagate   Somme rimaste da pagare Totale  
  (in euro)
Impegni 6.397.854,92 5.778.180,40 12.176.035,32
Residui passivi dell'esercizio 2012 6.018.878,53 2.933.433,44 8.952.311,97
    8.711.613,84  

  7. La situazione finanziaria dell'amministrazione del Fondo edifici di culto, alla fine dell'esercizio 2013, risulta come appresso:

  (in euro)

Entrate dell'esercizio 2013

12.479.991,39  
Spese dell'esercizio 2013 12.176.035,32  
Saldo attivo della gestione di competenza 303.956,07
Saldo attivo dell'esercizio 2012 6.356.682,52  
Aumento nei residui attivi lasciati dall'esercizio 2012:    
  Accertati:      
al 1o gennaio 2013 2.322.034,83    
al 31 dicembre 2013 2.658.410,38    
    336.375,55  
Diminuzione nei residui passivi lasciati dall'esercizio 2012:    
  Accertati:      
al 1o gennaio 2013 9.258.848,50    
al 31 dicembre 2013 8.952.311,97    
    306.536,53  
Saldo effettivo dell'esercizio 2012 6.999.594,60
Saldo attivo al 31 dicembre 2013 7.303.550,67
       

A.C. 2541 – Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

TITOLO III
APPROVAZIONE DEI RENDICONTI

Art. 10.
(Rendiconti).

  1. Il rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato e i rendiconti delle Amministrazioni e delle Aziende autonome per l'esercizio 2013 sono approvati nelle risultanze di cui ai precedenti articoli.

A.C. 2541 – Ordine del giorno

ORDINE DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    è in corso d'esame il disegno di legge C. 2541, attinente il «Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2013»;
    non si può condurre una disamina esaustiva del rendiconto 2013 per quanto concerne il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Tabella 12), senza richiamare le questioni segnalate dalla Corte dei conti con riferimento al regime delle «quote latte» e alle criticità gestionali relative al recupero dei «prelievi supplementari» dovuti dagli allevatori;
    la Commissione Europea ha stigmatizzato che il sistema ordinamentale italiano dimostri, da lungo tempo, un'intrinseca inefficacia a garantire il recupero, da parte dello Stato italiano stesso, dei «prelievi» sulle eccedenze di produzione delle «quote latte» (cosiddetti «prelievi supplementari»);
    i Regolamenti comunitari n. 804/68, n. 856/84 e n. 1234/2007 (Regolamento unico OCM) assegnano, a ciascuno Stato membro, dei massimali di produzione del latte e di prodotti lattieri che non possono essere superati. All'interno di ciascuno Stato membro, poi, la quota viene divisa fra i vari produttori lattieri, ciascuno dei quali, pertanto, non può superare una soglia specifica;
    lo sforamento di tale tetto massimo, da parte del singolo produttore, impone al medesimo di pagare, sulla produzione in eccedenza e in favore dello Stato cui appartiene, un importo di denaro qualificato come «prelievo supplementare»;
    l'articolo 66 del Regolamento (CE) n. 1234/2007 del 22 ottobre 2007 ha prorogato il sistema delle «quote latte» fino alla campagna lattiera del 2014/2015. Il regime delle quote cesserà il 31 marzo 2015;
    con Decisione 2003/530/CE del 16 luglio 2003, la Commissione Europea ha concesso la rateizzazione dei pagamenti dovuti da quelle aziende che, avendo già contestato in sede giudiziale le ingiunzioni delle Amministrazioni italiane al pagamento dei prelievi, si fossero ritirate dal contenzioso. Un certo numero di produttori aderì a detti piani di rateizzazione;
    la Commissione Europea in data 20 giugno 2013 ha inviato all'Italia la messa in mora. Di fatto, la Commissione Europea ha posto l'Italia sotto procedura di infrazione (n. 2013/2092 – articolo 258 del Trattato di Funzionamento dell'Unione Europea) per il mancato recupero alle casse dello Stato, a tutt'oggi, di prelievi per un importo di 1,423 miliardi di euro. Questa cifra corrisponde al debito, fino ad oggi e per le campagne dal 1995/1996 al 2008/2009, dei produttori lattieri che non hanno aderito ai programmi di rateizzazione (per scelta o in quanto esclusi dalla «copertura» di cui alla citata Decisione), calcolato al netto di 158 milioni di euro non più recuperabili;
    conseguentemente alla procedura di infrazione, il 10 luglio del 2013 la Commissione Europea ha emesso il relativo parere motivato;
    la Commissione Europea ha messo sotto accusa la gestione degli arretrati di quella fascia di produttori che non ha aderito ad alcuna rateizzazione (ne sono state fatte due concordate in sede Ecofin) e che dunque risulta totalmente inadempiente. Per la Commissione l'assenza di progressi significativi del recupero delle multe dopo tanti richiami e campanelli d'allarme, non poteva che concretizzarsi in una procedura di infrazione;
    lo Stato italiano per far fronte agli impegni con la Commissione Europea, che altrimenti si sarebbe rivalsa sui contributi agli agricoltori, è ricorso alle anticipazioni di tesoreria statale, il tutto per sanare un buco di complessivi 4,4 miliardi di euro;
    il recupero delle somme dovute riguardano le pendenze di circa duemila produttori, di cui seicento di loro devono pagare somme superiori a 300 mila euro. Il comportamento di questi soggetti produce una distorsione delle regole del mercato, nonché una concorrenza sleale nei confronti della stragrande maggioranza dei trentotto mila allevatori che si sono messi in regola e hanno rispettato le norme negli anni, acquistando o affittando quote per un valore complessivo di 2,42 miliardi di euro;
    la Corte dei conti con la deliberazione n. 11/2013/G del 21 novembre 2013, ha rilevato notevoli criticità nella gestione degli interventi per il recupero del «prelievo supplementare» dovuto dagli allevatori nell'ambito del regime delle «quote latte»;
    il mancato recupero, sempre secondo la Corte dei conti, potrebbe comportare un trasferimento dell'onere finanziario dagli allevatori inadempienti alla generalità dei contribuenti e, questo modus operandi, consente di mantenere sommerso un debito a carico del bilancio dello Stato, perché la quota del debito è stata detratta dalla Commissione Europea dagli anticipi mensili assegnati all'Italia in attuazione della Politica Agricola Comune;
    nel corso dello svolgimento del question time del 23 luglio 2014 presso la Commissione XIII della Camera, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Gabinetto del Ministro – Ufficio Legislativo, ha affermato, inoltre, che: «...è bene tenere presente che se una procedura di infrazione dovesse concludersi negativamente, oltre agli importi già versati sotto forma di trattenute, l'Italia potrebbe essere condannata dalla Corte di Giustizia a pagare sanzioni pesantissime fino al recupero dei prelievi dovuti...» ed ancora: «... a fronte di tale situazione appare, quindi, necessario intervenire affinché gli interventi fattibili e concreti possano essere finalizzati ad assicurare il recupero delle somme dovute il più celermente possibile...»,

impegna il Governo:

   ad avviare, nel più breve tempo possibile, le azioni necessarie per il recupero dei crediti esigibili dei «prelievi» sulle eccedenze di produzione delle «quote latte» (cosiddetti «prelievi supplementari»);
   a verificare che i crediti già dichiarati dal Governo «inesigibili» lo siano realmente, e in caso affermativo, informare il Parlamento della reale consistenza economica di tale quota e quali iniziative si intendano porre in essere al riguardo.
9/2541/1Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    è in corso d'esame il disegno di legge C. 2541, attinente il «Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2013»;
    non si può condurre una disamina esaustiva del rendiconto 2013 per quanto concerne il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Tabella 12), senza richiamare le questioni segnalate dalla Corte dei conti con riferimento al regime delle «quote latte» e alle criticità gestionali relative al recupero dei «prelievi supplementari» dovuti dagli allevatori;
    la Commissione Europea ha stigmatizzato che il sistema ordinamentale italiano dimostri, da lungo tempo, un'intrinseca inefficacia a garantire il recupero, da parte dello Stato italiano stesso, dei «prelievi» sulle eccedenze di produzione delle «quote latte» (cosiddetti «prelievi supplementari»);
    i Regolamenti comunitari n. 804/68, n. 856/84 e n. 1234/2007 (Regolamento unico OCM) assegnano, a ciascuno Stato membro, dei massimali di produzione del latte e di prodotti lattieri che non possono essere superati. All'interno di ciascuno Stato membro, poi, la quota viene divisa fra i vari produttori lattieri, ciascuno dei quali, pertanto, non può superare una soglia specifica;
    lo sforamento di tale tetto massimo, da parte del singolo produttore, impone al medesimo di pagare, sulla produzione in eccedenza e in favore dello Stato cui appartiene, un importo di denaro qualificato come «prelievo supplementare»;
    l'articolo 66 del Regolamento (CE) n. 1234/2007 del 22 ottobre 2007 ha prorogato il sistema delle «quote latte» fino alla campagna lattiera del 2014/2015. Il regime delle quote cesserà il 31 marzo 2015;
    con Decisione 2003/530/CE del 16 luglio 2003, la Commissione Europea ha concesso la rateizzazione dei pagamenti dovuti da quelle aziende che, avendo già contestato in sede giudiziale le ingiunzioni delle Amministrazioni italiane al pagamento dei prelievi, si fossero ritirate dal contenzioso. Un certo numero di produttori aderì a detti piani di rateizzazione;
    la Commissione Europea in data 20 giugno 2013 ha inviato all'Italia la messa in mora. Di fatto, la Commissione Europea ha posto l'Italia sotto procedura di infrazione (n. 2013/2092 – articolo 258 del Trattato di Funzionamento dell'Unione Europea) per il mancato recupero alle casse dello Stato, a tutt'oggi, di prelievi per un importo di 1,423 miliardi di euro. Questa cifra corrisponde al debito, fino ad oggi e per le campagne dal 1995/1996 al 2008/2009, dei produttori lattieri che non hanno aderito ai programmi di rateizzazione (per scelta o in quanto esclusi dalla «copertura» di cui alla citata Decisione), calcolato al netto di 158 milioni di euro non più recuperabili;
    conseguentemente alla procedura di infrazione, il 10 luglio del 2013 la Commissione Europea ha emesso il relativo parere motivato;
    la Commissione Europea ha messo sotto accusa la gestione degli arretrati di quella fascia di produttori che non ha aderito ad alcuna rateizzazione (ne sono state fatte due concordate in sede Ecofin) e che dunque risulta totalmente inadempiente. Per la Commissione l'assenza di progressi significativi del recupero delle multe dopo tanti richiami e campanelli d'allarme, non poteva che concretizzarsi in una procedura di infrazione;
    lo Stato italiano per far fronte agli impegni con la Commissione Europea, che altrimenti si sarebbe rivalsa sui contributi agli agricoltori, è ricorso alle anticipazioni di tesoreria statale, il tutto per sanare un buco di complessivi 4,4 miliardi di euro;
    il recupero delle somme dovute riguardano le pendenze di circa duemila produttori, di cui seicento di loro devono pagare somme superiori a 300 mila euro. Il comportamento di questi soggetti produce una distorsione delle regole del mercato, nonché una concorrenza sleale nei confronti della stragrande maggioranza dei trentotto mila allevatori che si sono messi in regola e hanno rispettato le norme negli anni, acquistando o affittando quote per un valore complessivo di 2,42 miliardi di euro;
    la Corte dei conti con la deliberazione n. 11/2013/G del 21 novembre 2013, ha rilevato notevoli criticità nella gestione degli interventi per il recupero del «prelievo supplementare» dovuto dagli allevatori nell'ambito del regime delle «quote latte»;
    il mancato recupero, sempre secondo la Corte dei conti, potrebbe comportare un trasferimento dell'onere finanziario dagli allevatori inadempienti alla generalità dei contribuenti e, questo modus operandi, consente di mantenere sommerso un debito a carico del bilancio dello Stato, perché la quota del debito è stata detratta dalla Commissione Europea dagli anticipi mensili assegnati all'Italia in attuazione della Politica Agricola Comune;
    nel corso dello svolgimento del question time del 23 luglio 2014 presso la Commissione XIII della Camera, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Gabinetto del Ministro – Ufficio Legislativo, ha affermato, inoltre, che: «...è bene tenere presente che se una procedura di infrazione dovesse concludersi negativamente, oltre agli importi già versati sotto forma di trattenute, l'Italia potrebbe essere condannata dalla Corte di Giustizia a pagare sanzioni pesantissime fino al recupero dei prelievi dovuti...» ed ancora: «... a fronte di tale situazione appare, quindi, necessario intervenire affinché gli interventi fattibili e concreti possano essere finalizzati ad assicurare il recupero delle somme dovute il più celermente possibile...»,

impegna il Governo:

   a valutare se avviare, nel più breve tempo possibile, le azioni necessarie per il recupero dei crediti esigibili dei «prelievi» sulle eccedenze di produzione delle «quote latte» (cosiddetti «prelievi supplementari»);
   a verificare che i crediti già dichiarati dal Governo «inesigibili» lo siano realmente, e in caso affermativo, informare il Parlamento della reale consistenza economica di tale quota e quali iniziative si intendano porre in essere al riguardo.
9/2541/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Franco Bordo.


DISEGNO DI LEGGE: DISPOSIZIONI PER L'ASSESTAMENTO DEL BILANCIO DELLO STATO E DEI BILANCI DELLE AMMINISTRAZIONI AUTONOME PER L'ANNO FINANZIARIO 2014 (A.C. 2542-A)

A.C. 2542-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE E ANNESSE TABELLE

Art. 1.
(Disposizioni generali).

  1. Nello stato di previsione dell'entrata, negli stati di previsione dei Ministeri e nei bilanci delle Amministrazioni autonome, approvati con legge 27 dicembre 2013, n. 148, sono introdotte, per l'anno finanziario 2014, le variazioni di cui alle annesse tabelle.

A.C. 2542-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e disposizioni relative).

  1. All'articolo 2, comma 3, della legge 27 dicembre 2013, n. 148, le parole: «59.000 milioni di euro» sono sostituite dalle seguenti: «99.000 milioni di euro».
  2. All'articolo 2, comma 7, della legge 27 dicembre 2013, n. 148, le parole: «10.000 milioni di euro» sono sostituite dalle seguenti: «11.000 milioni di euro».

A.C. 2542-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 3.
(Stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e disposizioni relative).

  1. All'articolo 7 della legge 27 dicembre 2013, n. 148, dopo il comma 6 è aggiunto il seguente:
  «6-bis. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le variazioni di bilancio compensative, in termini di competenza e di cassa, occorrenti per il riparto della somma di cui all'articolo 5, comma 3, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, in applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 del medesimo articolo 5».

LE TABELLE RECANTI LE VARIAZIONI ALLO STATO DI PREVISIONE DELL'ENTRATA E AGLI STATI DI PREVISIONE DELLA SPESA, CON GLI ELENCHI AD ESSE ALLEGATI, SONO STATE APPROVATE NEL TESTO PROPOSTO DAL GOVERNO, CON LE SEGUENTI MODIFICAZIONI (1)

 (1) Sono di seguito riportate esclusivamente le voci per le quali la Commissione ha approvato modificazioni e integrazioni alle variazioni proposte dal Governo.
 Le parti modificate sono stampate in neretto; tra parentesi e in corsivo sono riportate le cifre corrispondenti nel testo del Governo.
 Per le restanti parti delle tabelle, nel testo del Governo, si rinvia all'Atto Camera n. 2542.

TABELLA N. 13

MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO
(in euro)

Unità di voto Variazioni
Codice Missione Programma alla previsione di competenza alla autorizzazione di cassa
1.10 1 Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici (21)
Tutela dei beni librari, promozione e
sostegno del libro e dell'editoria (21.10)
11.010.235
(9.010.235)
12.867.383
(10.867.383)
4.1 4 Fondi da ripartire (33)
Fondi da assegnare (33.1)
4.892.858
(– 2.892.858)
4.892.858
(– 2.892.858)

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 1o AGOSTO 2014, N. 109, RECANTE PROROGA DELLE MISSIONI INTERNAZIONALI DELLE FORZE ARMATE E DI POLIZIA, INIZIATIVE DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO E SOSTEGNO AI PROCESSI DI RICOSTRUZIONE E PARTECIPAZIONE ALLE INIZIATIVE DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI PER IL CONSOLIDAMENTO DEI PROCESSI DI PACE E DI STABILIZZAZIONE, NONCHÉ DISPOSIZIONI PER IL RINNOVO DEI COMITATI DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO (A.C. 2598)

A.C. 2598 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

  La Camera,
   premesso che:
    si tratta di un nuovo, ennesimo, decreto-legge di proroga di tutte le diverse missioni internazionali nelle quali è impegnato il nostro Paese che rinnova una delle peggiori consuetudini delle scorse legislature, ritornando a finanziare le missioni internazionali di pace, nonché gli interventi di cooperazione allo sviluppo, per soli sei mesi, non trovando così alcuna giustificazione, non programmabile, di urgenza; durante la XVI legislatura, era stata, invece, inaugurata la positiva decretazione annuale in tale materia;
    manca, tuttora, una legge quadro che disciplini la partecipazione dei contingenti italiani alle missioni internazionali di pace malgrado le buone intenzioni più volte enunciate dai Governi succedutisi in questi anni; attualmente, peraltro, la discussione risulta avviata presso le Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera dei Deputati, anche se si sono tenute solo tre sedute mentre sarebbe stato necessario definire, quando non concludere, la trattazione di tale provvedimento entro la scadenza del 30 giugno 2014;
    il decreto-legge in titolo è stato licenziato dal Consiglio dei Ministri in data 23 luglio 2014 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo il successivo 1o agosto, ovvero 32 giorni dopo la scadenza del precedente decreto-legge, a dimostrazione dell'insussistenza dei requisiti dell'urgenza anche in considerazione del fatto che si tratta di missioni in itinere da svariati anni per alcune delle quali nemmeno è stata presa in considerazione l'eventualità della sua cessazione;
    incertezze di natura politico-economica continuano a gravare sul futuro delle missioni internazionali; con la proroga degli interventi militari in corso all'estero, disposta dal precedente decreto-legge fino al 30 giugno 2014, sono state interamente assorbite le risorse del fondo di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, pari a 613.978.095 euro; si apprende, infatti, dalla lettura dell'articolo 11, lettera b) del provvedimento in esame, che stavolta l'apporto fornito tramite il citato comma 1240 sarà di soli 8.537.318 euro su un importo complessivo per il semestre in corso di 452.731.694 mentre le altre disposizioni relative alla copertura finanziaria restante risultano alquanto incerte e precarie a dispetto dei criteri stabiliti dall'articolo 81 della Costituzione;
    come già accaduto nei precedenti provvedimenti nella stessa materia, continuano a figurare disposizioni difformi rispetto all'oggetto del decreto-legge, come quella che contempla ancora la concessione di finanziamenti all'UN Staff College di Torino, istituzione non direttamente coinvolte nella gestione degli interventi militari e di cooperazione nazionali sui teatri di crisi, o come quella riguardante il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero, disposizione questa assolutamente spuria;
    la cessione di veicoli blindati destinati alle Forze armate di Gibuti, già oggetto di una disposizione contenuta nel precedente decreto di rifinanziamento, e la documentazione tecnica relativa a essi, prevista invece in questo provvedimento per una spesa di 333.000 euro, non può in alcun modo sopperire all'assenza di un trattato tra questo Stato e la Repubblica Italiana – e come tale autorizzato e ratificato poi dal Parlamento – in merito alla creazione di una base militare italiana a Gibuti;
    forti perplessità originano dall'ormai ripetuta usanza di inserire in un unico provvedimento tutte le missioni, in alcuni casi molto diverse tra loro, impedendo in sostanza al Parlamento di valutarle singolarmente in tutte le loro accezioni e incidenze prima di deliberare. Per alcune di queste missioni poi, si pensi anche solo all'Afghanistan (o al Mali), il confine tra intervento di pace e azione di guerra è talmente sottile da rendere indistinguibile la natura stessa dell'intervento;
    l'articolo 76 della Costituzione prevede, tra le altre, che «l'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo .....» e, parimenti, l'uso abnorme della decretazione d'urgenza, dei decreti legge omnibus e delle leggi delega ha generato, in più di una occasione, le perplessità dell'Osservatorio sulla legislazione, nonché i richiami del Presidente della Repubblica e della stessa Corte costituzionale, che da anni e con più sentenze ha stigmatizzato questa prassi, e soprattutto continua a svuotare il Parlamento di alcune delle sue prerogative più importanti, la funzione legislativa e quella di controllo e di indirizzo politico, attraverso un uso davvero elastico dei presupposti che sono alla base dell'utilizzo legittimo di tali strumenti,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2598.
N. 1. Frusone, Nuti, Manlio Di Stefano, Rizzo, Artini, Sibilia, Basilio, Paolo Bernini, Di Battista, Corda, Spadoni, Scagliusi, Grande, Del Grosso, Tofalo.

  La Camera,
   premesso che:
    un ennesimo decreto-legge proroga tutte le missioni internazionali nelle quali è impegnato il nostro Paese, missioni in molti casi di natura assolutamente diversa, nonché gli interventi di cooperazione allo sviluppo;
    l'uso abnorme della decretazione d'urgenza, dei decreti-legge omnibus e delle leggi delega ha generato, in molte occasioni, le perplessità dell'Osservatorio sulla legislazione, nonché i richiami del Presidente della Repubblica e della stessa Corte costituzionale, che da anni e con più sentenze ha stigmatizzato questa prassi;
    l'abuso dei decreti-legge e dei decreti legislativi ha fatto sì che, ormai da anni, le leggi di conversione dei decreti-legge o di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali rappresentino la quasi totalità delle leggi approvate dal Parlamento;
    prerogative più importanti, ovvero la funzione legislativa, nonché quella di controllo e di indirizzo politico, attraverso un uso esageratamente elastico dei presupposti che sono alla base dell'utilizzo legittimo di tali strumenti;
    l'inserimento in un unico provvedimento della proroga di tutte le missioni – circa 26, in molti casi assolutamente diverse tra loro – non può che destare particolare preoccupazione, impedendo al Parlamento di valutarle singolarmente in tutte le loro specificità, prima di deliberare;
    in base all'articolo 11 della Costituzione «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». Accettare un intervento quale strumento di offesa alla libertà dei popoli ma anche quale mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (anche commerciali) conduce de facto al superamento dei principi alla base del dettato costituzionale;
    pur nella consapevolezza degli obblighi che derivano al nostro Paese per la sua appartenenza all'Unione europea, e ad alleanze come la Nato, nonché delle conseguenze politiche importanti qualora l'Italia si tiri indietro, il rapporto con le organizzazioni multilaterali di riferimento non può comportare, per l'Italia, l'obbligo automatico di essere presente in ogni missione;
    valutare per ogni missione se, come e quanto contribuire in via strategica in relazione agli interessi nazionali e alle dinamiche europee nonché transatlantiche, risulta di difficile attuazione, a fronte dei tempi e delle modalità con le quali – sulla scia di una prassi oramai consolidata – si affrontano le periodiche proroghe delle missioni internazionali;
    l'utilizzo dello strumento del decreto-legge impedisce di fatto, un'analisi accurata e una deliberazione consapevole;
    il richiamo ai requisiti di necessità e urgenza per la proroga delle missioni appare, inoltre, azzardato, vista la natura periodica – trattasi di rinnovi semestrali già programmati – e, dunque, assolutamente prevedibile, delle esigenze legate alle missioni internazionali, nonché la natura politica del provvedimento in oggetto;
    il decreto-legge in titolo manca della caratteristica della «straordinarietà» dell'intervento governativo come disposto dall'articolo 77 della Costituzione, anche alla luce dell'inesistenza dei requisiti d'urgenza già richiamati per cui le missioni prorogate sono in itinere da svariati anni e per cui si nega, de facto, l'eventualità di una loro conclusione, confermando i profili di incostituzionalità del provvedimento, comprovando la oramai insopportabile distorsione del rapporto costituzionale tra poteri costituiti: Governo e Parlamento;
    non può che confermare la mancanza del requisito dell'urgenza, la circostanza che il decreto legge in oggetto sia stato licenziato dal Consiglio dei Ministri in data 1o agosto e pubblicato in G.U. il successivo 4 agosto, ossia ben 35 giorni dopo la scadenza del precedente decreto-legge;
    il provvedimento in esame risulta disomogeneo, avendo al suo interno norme circa il finanziamento e la proroga delle missioni all'estero, disposizioni relative alla cooperazione allo sviluppo e addirittura norme per il rinnovo dei comitati degli italiani all'estero, per cui risulta in definitiva mancante dei requisiti prescritti dall'articolo 77 della Costituzione, nonché di quelli indicati all'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2598.
N. 2. Scotto, Duranti, Palazzotto, Piras, Fratoianni, Marcon, Melilla, Airaudo, Quaranta, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Ferrara, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Pannarale, Pellegrino, Placido, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti.

  La Camera,
   premesso che:
    un ennesimo decreto-legge proroga tutte le missioni internazionali nelle quali è impegnato il nostro Paese, missioni in molti casi di natura assolutamente diversa, nonché gli interventi di cooperazione allo sviluppo;
    l'uso abnorme della decretazione d'urgenza, dei decreti-legge omnibus e delle leggi delega ha generato, in molte occasioni, le perplessità dell'Osservatorio sulla legislazione, nonché i richiami del Presidente della Repubblica e della stessa Corte costituzionale, che da anni e con più sentenze ha stigmatizzato questa prassi;
    l'abuso dei decreti-legge e dei decreti legislativi ha fatto sì che, ormai da anni, le leggi di conversione dei decreti-legge o di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali rappresentino la quasi totalità delle leggi approvate dal Parlamento;
    prerogative più importanti, ovvero la funzione legislativa, nonché quella di controllo e di indirizzo politico, attraverso un uso esageratamente elastico dei presupposti che sono alla base dell'utilizzo legittimo di tali strumenti;
    1'inserimento in un unico provvedimento della proroga di tutte le missioni – circa 26, in molti casi assolutamente diverse tra loro – non può che destare particolare preoccupazione, impedendo al Parlamento di valutarle singolarmente in tutte le loro specificità, prima di deliberare;
    in base all'articolo 11 della Costituzione «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». Accettare un intervento quale strumento di offesa alla libertà dei popoli ma anche quale mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (anche commerciali) conduce de facto al superamento dei principi alla base del dettato costituzionale;
    pur nella consapevolezza degli obblighi che derivano al nostro Paese per la sua appartenenza all'Unione europea, e ad alleanze come la Nato, nonché delle conseguenze politiche importanti qualora l'Italia si tiri indietro, il rapporto con le organizzazioni multilaterali di riferimento non può comportare, per l'Italia, l'obbligo automatico di essere presente in ogni missione;
    valutare per ogni missione se, come e quanto contribuire in via strategica in relazione agli interessi nazionali e alle dinamiche europee nonché transatlantiche, risulta di difficile attuazione, a fronte dei tempi e delle modalità con le quali – sulla scia di una prassi oramai consolidata – si affrontano le periodiche proroghe delle missioni internazionali;
    l'utilizzo dello strumento del decreto-legge impedisce di fatto, un'analisi accurata e una deliberazione consapevole;
    il richiamo ai requisiti di necessità e urgenza per la proroga delle missioni appare, inoltre, azzardato, vista la natura periodica – trattasi di rinnovi semestrali già programmati – e, dunque, assolutamente prevedibile, delle esigenze legate alle missioni internazionali, nonché la natura politica del provvedimento in oggetto;

  il decreto-legge in titolo manca della caratteristica della «straordinarietà» dell'intervento governativo come disposto dall'articolo 77 della Costituzione, anche alla luce dell'inesistenza dei requisiti d'urgenza già richiamati per cui le missioni prorogate sono in itinere da svariati anni e per cui si nega, de facto, l'eventualità di una loro conclusione, confermando i profili di incostituzionalità del provvedimento, comprovando la oramai insopportabile distorsione del rapporto costituzionale tra poteri costituiti: Governo e Parlamento;
    non può che confermare la mancanza del requisito dell'urgenza, la circostanza che il decreto legge in oggetto sia stato licenziato dal Consiglio dei Ministri in data 1o agosto e pubblicato in G.U. il successivo 4 agosto, ossia ben 35 giorni dopo la scadenza del precedente decreto-legge;
    il provvedimento in esame risulta disomogeneo, avendo al suo interno norme circa il finanziamento e la proroga delle missioni all'estero, disposizioni relative alla cooperazione allo sviluppo e addirittura norme per il rinnovo dei comitati degli italiani all'estero, per cui risulta in definitiva mancante dei requisiti prescritti dall'articolo 77 della Costituzione, nonché di quelli indicati all'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2598.
N. 3. Gianluca Pini, Marcolin, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Prataviera, Rondini, Simonetti.