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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 31 luglio 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 31 luglio 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bressa, Brunetta, Camani, Caparini, Capezzone, Carinelli, Casero, Castiglione, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Uva, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Epifani, Fava, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Mattiello, Merlo, Meta, Miotto, Mogherini, Orlando, Pes, Piepoli, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bressa, Brunetta, Camani, Caparini, Capezzone, Carinelli, Casero, Castiglione, Catania, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Uva, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Epifani, Fava, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Gozi, Guerra, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Mattiello, Merlo, Meta, Mogherini, Orlando, Pannarale, Pes, Piepoli, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 30 luglio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   SISTO: «Disposizioni in materia di appalti di servizi nelle aree metropolitane» (2581);
   BOCCADUTRI: «Delega al Governo per la disciplina dell'emissione e della circolazione delle monete complementari» (2582);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE FEDRIGA: «Modifica all'articolo 4 della Costituzione, in materia di norme per l'attuazione del diritto al lavoro» (2583);
   CATALANO: «Istituzione di una camera di compensazione per la regolazione dei rapporti nel settore del trasporto delle merci e altre disposizioni per il sostegno del trasporto di merci su strada per conto di terzi» (2584);
   VALERIA VALENTE ed altri: «Introduzione dell'educazione di genere nelle attività didattiche delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università» (2585);
   VALERIA VALENTE ed altri: «Misure per la protezione dei minori e per la tutela della dignità della donna nella pubblicità e nei mezzi di comunicazione» (2586);
   LA MARCA ed altri: «Disposizioni concernenti la gratuità delle prestazioni ospedaliere urgenti in favore dei cittadini iscritti nell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, temporaneamente presenti in Italia» (2587);
   CARUSO: «Disposizioni per la concessione di una riserva di posti nei concorsi pubblici in favore di alcune categorie di militari congedati senza demerito» (2588);
   CARUSO: «Modifiche alla legge 27 dicembre 2002, n. 288, in materia di assegno sostitutivo dell'accompagnatore militare in favore dei grandi invalidi» (2589).
  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a una proposta di legge.

  La proposta di legge ZAMPA ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e altre disposizioni concernenti misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati» (1658) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Costantino e Quaranta.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

   XI Commissione (Lavoro):
  FEDRIGA ed altri: «Modifiche alla disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l'accesso al trattamento pensionistico» (2514) Parere delle Commissioni I, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), IX e XII.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 24 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8-ter del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui è autorizzato, in relazione a un intervento da realizzare tramite contributi assegnati in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale per l'anno 2009, l'utilizzo delle economie di spesa realizzate dalla Diocesi di Cassano allo Jonio (CS), per ulteriori lavori connessi al restauro e consolidamento della relativa Cattedrale.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 30 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) nell'anno 2013, corredata dai relativi allegati.

  Questa relazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale, con lettera in data 25 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia della seguente sentenza che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, è inviata alla V Commissione (Bilancio), nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
  sentenza n. 224 del 15-25 luglio 2014 (Doc. VII, n. 356), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 25 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 luglio 2013, n. 10 (Modifiche di leggi provinciali in materia di urbanistica, tutela del paesaggio, foreste, aree per insediamenti produttivi, miglioramento fondiario, attività ricettiva, espropriazioni, associazioni agrarie, alimenti geneticamente non modificati, protezione degli animali, commercio e inquinamento acustico).

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
  sentenza n. 225 del 15-25 luglio 2014 (Doc. VII, n. 357), con la quale:
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del disposto degli articoli 160 e 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nel testo modificato dal decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 14 maggio 2005, n. 80, dal decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell'articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80), dal decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169 (Disposizioni integrative e correttive al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nonché al decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, in materia di disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell'articolo 1, commi 5, 5-bis e 6, della legge 14 maggio 2005, n. 80), dal decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 28 gennaio 2009, n. 2, e dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, dal tribunale ordinario di Verona, sezione fallimentare:
    alla II Commissione (Giustizia);
  sentenza n. 226 del 15-25 luglio 2014 (Doc. VII, n. 358), con la quale:
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 32, comma 5, della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro), come interpretato autenticamente dall'articolo 1, comma 13, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), sollevata, in riferimento agli articoli 11 e 117 della Costituzione, dal tribunale ordinario di Velletri, in funzione di giudice del lavoro:
    alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  La Corte dei conti – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, con lettera in data 25 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 6/2014 del 10 luglio 2014, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente lo stato di attuazione e i problemi di operatività del «Fondo unico giustizia».

  Questo documento è trasmesso alla II Commissione (Giustizia) e alla V Commissione (Bilancio).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 29 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria delle fondazioni lirico-sinfoniche, per gli esercizi 2011 e 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 182).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 29 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Club alpino italiano (CAI), per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 183).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso un decreto ministeriale recante una variazione di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzata, in data 28 maggio 2014, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dal Ministero della difesa.

  Il Ministero della difesa ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzata, in data 10 luglio 2014, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279.

  Questo decreto è trasmesso alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro dell'economia e delle finanze.

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 29 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la relazione sul conto consolidato di cassa delle amministrazioni pubbliche, comprensiva del raffronto con i risultati del precedente biennio, aggiornata al 31 marzo 2014 (Doc. XXV, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 30 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 21, comma 11, lettere b) ed e), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le schede illustrative – aggiornate al 30 giugno 2014 – di ogni programma del bilancio di previsione della spesa dell'anno finanziario 2014 e del triennio 2014-2016, nonché dei capitoli recanti i fondi settoriali correlati alle principali politiche pubbliche, con le modifiche apportate agli stanziamenti previsti dalla legge di bilancio, con le variazioni di bilancio definitive.

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio).

Comunicazioni ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

  Fintecna Spa, con lettera in data 25 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, comunicazioni concernenti atti comportanti spese per emolumenti o retribuzioni, con l'indicazione del nominativo dei destinatari e dell'importo dei relativi compensi.

  Queste comunicazioni sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 30 luglio 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Orientamenti sull'applicazione delle misure per collegare l'efficacia dei Fondi strutturali e d'investimento europei a una sana gestione economica conformemente all'articolo 23 del regolamento (UE) 1303/2013 (COM(2014) 494 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo – Programma di lavoro annuale 2015 dell'Unione per la normazione europea (COM(2014) 500 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, con comunicazione in data 29 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Verso un approccio integrato al patrimonio culturale per l'Europa (COM(2014) 477 final);

  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – La dimensione urbana delle politiche dell'Unione europea – Elementi fondanti di una agenda urbana UE (COM(2014) 490 final).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettere in data 24 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Borgo San Giovanni (Lodi), Venezia e Zoagli (Genova).
  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Comunicazione di nomine ministeriali.

  Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera in data 25 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento al dottor Paolo Pennesi, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di Segretario generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla XI Commissione (Lavoro) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 24 GIUGNO 2014, N. 90, RECANTE MISURE URGENTI PER LA SEMPLIFICAZIONE E LA TRASPARENZA AMMINISTRATIVA E PER L'EFFICIENZA DEGLI UFFICI GIUDIZIARI (A.C. 2486-A/R)

A.C. 2486-A/R – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il successo del progetto di ammodernamento delle pubbliche amministrazioni e la loro evoluta trasformazione a soggetti capaci di fornire soluzioni efficaci ed efficienti in termini di servizi all'utenza dipende in misura decisiva dalla figura e dalle capacità del dirigente, chiamato come attore di un ruolo strategico del cambiamento, inteso come dimensione permanente della gestione in un mondo in continua e rapida evoluzione;
    l'Agenzia delle entrate ed anche l'ex Agenzia del territorio hanno proceduto sin dalla loro attivazione all'affidamento di incarichi dirigenziali, anche di particolare rilievo, a personale non dirigente, senza procedere, secondo il disposto regolamentare, alla contestuale attivazione dei concorsi per la copertura delle posizioni dirigenziali disponibili ed affidate temporaneamente;
    le due Agenzie, tenuto conto della sempre maggiore carenza di dirigenti, a causa del progressivo collocamento a riposo degli stessi, ed impossibilitate, per le vincolanti disposizioni legislative in materia di assunzione nel pubblico impiego, a promuovere (di fatto) apposite procedure concorsuali, hanno ricorso all'affidamento di incarichi dirigenziali provvisori, attraverso procedure selettive interne (cd. interpelli), previa specifica valutazione dell'idoneità a ricoprire provvisoriamente l'incarico. In particolare, nell'Agenzia delle Entrate, dal 2001, sono stati conferiti a funzionari circa 800 incarichi dirigenziali, che rappresentano la larga maggioranza del totale dei posti assegnati, destinata ad aumentare per ovvie ragioni anagrafiche. Lo stesso è accaduto presso l'ex Agenzia del territorio, ove sono invece stati conferiti circa 170 Incarichi dirigenziali;
    il presupposto normativo che ha consentito alle due Agenzie la gestione autonoma di questa tipologia di contratti può essere rinvenuto nell'articolo 71, comma 3, lettera d), del decreto legislativo n. 300 del 1999, secondo cui ogni Agenzia Fiscale, con il proprio Regolamento di Amministrazione, «determina le regole per l'accesso alla dirigenza». Infatti, nel Regolamento di Amministrazione dell'Agenzia delle Entrate all'articolo 24, comma 1, è previsto che «[...]l'Agenzia può stipulare, previa specifica valutazione dell'idoneità a ricoprire provvisoriamente l'incarico, contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti, con l'obbligo di avviare nei sei mesi successivi la procedura selettiva»;
    gli incarichi dirigenziali attribuiti sono stati assegnati in piena osservanza dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contenente la norma fondamentale che regola il conferimento degli incarichi dirigenziali. Tale norma stabilisce, infatti, che per il conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si deve tener conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo Dirigente, valutate anche in considerazione dei risultati conseguiti. In sostanza, si tratta di combinare le caratteristiche oggettive legate alle funzioni proprie della posizione da ricoprire e agli obiettivi che vi sono connessi e i requisiti soggettivi costituiti dalla personalità del Dirigente e dalla sua storia professionale;
    in relazione a tale criterio generale enunciato dalla legge, vanno evidenziati tre punti: il processo di conferimento degli incarichi dirigenziali ha inteso raccordare al più alto livello possibile le caratteristiche funzionali della posizione da ricoprire con le specifiche competenze professionali dei Dirigenti, in funzione, prioritariamente, dell'efficacia e dell'efficienza del funzionamento delle strutture, valutate in un'ottica di considerazione generale del quadro complessivo delle posizioni dirigenziali, nonché della valorizzazione e della gratificazione professionale delle persone;
    per quel che riguarda le connotazioni funzionali delle posizioni da ricoprire sono stati oggetto di considerazione: le caratteristiche dimensionali e gestionali, anche in relazione alle criticità ambientali; gli obiettivi da perseguire nel presidio della posizione; il contesto in cui si inserisce il conferimento della posizione stessa; i requisiti specifici di esperienza e preparazione professionale, specie ove abbiano particolare rilievo critico per la copertura della posizione, in ragione anche della rilevanza della posizione stessa nell'ordinamento dell'Agenzia;
    per quel che riguarda i profili professionali dei dirigenti sono stati considerati: le competenze possedute, quale somma delle conoscenze e capacità maturate in termini di sapere e saper fare, e delle attitudini individuali; i risultati conseguiti e le prestazioni rese nei precedenti incarichi, desunti dal sistema di valutazione, con riferimento, fra l'altro, agli aspetti di gestione delle risorse e alle capacità di negoziazione e di gestione costruttiva delle situazioni conflittuali, anche con le organizzazioni sindacali; le aspettative di crescita professionale e di carriera coerenti con le esigenze gestionali e organizzative dell'Agenzia;
    con tali procedure selettive sono stati conferiti ai funzionari, in possesso dei necessari requisiti, gli incarichi dirigenziali. Tali incarichi prevedono l'equiparazione in tutto e per tutto ai dirigenti di ruolo con le sole seguenti eccezioni: provvisorietà dell'incarico che, stante il contratto firmato, può essere revocato in qualsiasi momento e non solamente a seguito di una valutazione negativa; mancato riconoscimento ai fini previdenziali e del trattamento di fine rapporto per la parte eccedente gli emolumenti previsti per la qualifica di funzionario;
    la valenza transitoria della norma regolamentare dell'Agenzia delle entrate (come anche quella dell'ex Agenzia del territorio) è stata di anno in anno rinnovata e nessun concorso pubblico è mai stato avviato;
    il blocco del turnover insieme alla complessità delle procedure concorsuali si sono mal conciliate con le urgenze operative ed organizzative dell'Agenzia delle Entrate;
    l'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contiene la norma fondamentale che regola il conferimento degli incarichi dirigenziali. In sintesi, la norma prevede che debbano essere poste in relazione, da un lato, le caratteristiche oggettive legate alle funzioni proprie della posizione da ricoprire, alla complessità della struttura e agli obiettivi che vi sono connessi e, dall'altro, i requisiti soggettivi costituiti dalle attitudini e capacità professionali del singolo Dirigente, dai risultati conseguiti, con la relativa valutazione, e dalle specifiche competenze organizzative possedute, in funzione, prioritariamente, dell'efficacia e dell'efficienza del funzionamento delle strutture;
    la provvisorietà dell'incarico rappresenta un elemento di forte turbamento in considerazione del fatto che l'Amministrazione potrebbe procedere all'interruzione del mandato anche per cause non dipendenti dall'operato del funzionario; la consapevolezza di questa situazione introduce un elemento destabilizzante soprattutto per chi svolge tale incarico già da diversi anni;
    da qui nasce l'esigenza di procedure atte ad eliminare questo stato di precarietà per i suddetti incaricati di funzioni dirigenziali. È diffusa, invero, fra tanti dirigenti dell'Agenzia delle Entrate la percezione di una sorta di incongruenza ed ingiustizia per il fatto che, ai fini del loro passaggio alla qualifica dirigenziale, non abbia potuto contare l'apprezzamento delle capacità e delle attitudini dimostrate concretamente, giorno per giorno, in una vita di lavoro. Indicazioni di segno diverso vengono, invece, oltre che dalle aziende più attente alla tematica della valutazione e della valorizzazione del capitale umano, dalle Amministrazioni pubbliche di grandi Paesi, il cui «modello» non può essere ignorato;
    bisogna considerare poi, che i concorsi per la Dirigenza, a oltre undici anni dall'attivazione dell'Agenzia delle Entrate, non sono stati espletati, ledendo le legittime aspettative di chi da tanti anni esercita le funzioni dirigenziali, senza averne neanche la retribuzione piena (ai fini contributivi e previdenziali), contravvenendo ai principi che stabiliscono parità di retribuzione quando si espletano i medesimi compiti (principio peraltro stabilito dal comma 5 dell'articolo 12 del Regolamento di Amministrazione dell'Agenzia delle Entrate);
    si pone l'attenzione sulla situazione di precarietà degli incaricati di funzioni dirigenziali, la cui fattispecie si configura, tra l'altro, come un «ingiusto arricchimento» per l'Amministrazione finanziaria. Infatti, i Dirigenti incaricati, da una parte, vengono equiparati ai Dirigenti di ruolo, in termini di funzioni, responsabilità e dall'altra hanno diverso trattamento economico e vivono nella costante condizione di provvisorietà dell'incarico stesso che, stante il contratto sottoscritto, potrebbe essere revocato in qualsiasi momento, anche a fronte di valutazioni non negative. Inoltre, per gli stessi incaricati non viene ingiustamente riconosciuta, ai fini previdenziali e del trattamento di fine servizio, la parte eccedente gli emolumenti previsti per la qualifica di funzionario;
    le emergenze sono note e, se è necessario puntare con decisione alla «revisione della spesa», è irrinunciabile il recupero dell'efficienza. In questo particolare momento di crisi economica e finanziaria in cui versa il Paese, la scelta di inquadrare con uno specifico intervento normativo i funzionari pubblici, che da numerosi anni esercitano funzioni dirigenziali a tutti gli effetti, determina una soluzione di giustizia, oltre che di notevole risparmio per le casse dello Stato, che altrimenti dovrebbe investire ingenti somme di denaro per affrontare i necessari concorsi;
    da quanto sopraesposto sorge l'esigenza di procedere ad una proposta che, tenendo in gran conto le priorità della lotta all'evasione e all'elusione fiscale e dell'ormai necessaria revisione dei valori catastali, crei le condizioni necessarie ad un miglior funzionamento della macchina fiscale con una dotazione organica dirigenziale coerente con gli obiettivi affidati dai vertici dell'Agenzia delle Entrate;
    la proposta sarebbe quella di stabilizzare le posizioni ricoperte dal personale in possesso dei requisiti appresso elencati, con l'inserimento, nei ruoli della dirigenza, del personale attualmente incaricato di funzioni dirigenziali che, alla data di entrata in vigore della nuova norma, abbia già; superato un concorso della Pubblica Amministrazione per accedere ad una qualifica per cui è necessaria la Laurea magistrale o equipollente del vecchio ordinamento, come previsto dall'articolo 97 della Costituzione che sancisce l'obbligo di accedere agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni mediante concorso; svolto un'esperienza professionale da funzionario di almeno dieci anni nella Pubblica Amministrazione con qualifica funzionale appartenente all'area contrattuale apicale del relativo CCNL e attualmente in servizio presso l'Agenzia delle Entrate; superato procedure selettive interne per l'accesso all'incarico dirigenziale con specifica valutazione dell'idoneità a ricoprire provvisoriamente l'incarico ai sensi del Regolamento di Amministrazione dell'Agenzia delle Entrate per come stabilito dall'articolo 71, comma 3, lettera d), del decreto legislativo n. 300 del 1999, secondo cui ogni Agenzia Fiscale, con il proprio Regolamento di Amministrazione, «determina le regole per l'accesso alla dirigenza»; un formale contratto di incarico di funzioni dirigenziali, ai sensi dell'articolo 19, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in modo continuativo e da almeno tre anni, presso l'Agenzia delle Entrate (o l'ex Agenzia del Territorio) ed abbia ottenuto per l'incarico dirigenziale valutazioni della gestione dei risultati continuativamente positive,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti legislativi e regolamentari per risolvere la problematica del personale attualmente incaricato di funzioni dirigenziali nelle agenzie fiscali.
9/2486-AR/1Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
   il provvedimento in esame presenta, all'articolo 23, interventi urgenti in materia di riforma delle province e delle città metropolitane;
    con l'entrata in vigore della Legge numero 56 del 2014, le province, cessando di essere un organo elettivo, rimangono comunque ente amministrativo conservando alcune competenze di fondamentale importanza, come l'ambiente, trasporti e l'edilizia scolastica;
    la Cassa Depositi e Prestiti, società per azioni controllata dallo Stato, ha come finalità anche il sostegno agli investimenti pubblici. Tale ente affianca infatti gli enti territoriali supportando le loro politiche di investimento in alcuni settori strategici: viabilità e trasporti; edilizia pubblica e sociale; edilizia scolastica e universitaria impianti sportivi, ricreativi; settore energetico; edilizia sanitaria; settore idrico;
    nel corso degli ultimi anni, anche a seguito delle Leggi di Stabilità e dei provvedimenti legati alla «spending review» le province hanno subito, da parte dell'amministrazione centrale dello Stato, tagli ingenti di risorse economiche stimabili complessivamente (solo tra il 2011 ed il 2013) ad oltre 2,1 miliardi di euro;
    in seguito a tali riduzioni le amministrazioni provinciali hanno segnalato, in numerose occasioni, difficoltà nel pagamento delle rate per i mutui stipulati con la Cassa Depositi e Prestiti; criticità che vengono aggravate anche dai limiti imposti dal patto di stabilità dei relativi bilanci,

impegna il Governo

ad emanare un provvedimento che, nel rispetto dei vincoli della sostenibilità della finanza pubblica, preveda la possibilità per le amministrazioni provinciali di rinegoziare i mutui con la Cassa Depositi e Prestiti al fine di coniugare la solidità dei bilanci degli enti territoriali con l'effettiva realizzazione delle finalità oggetto dei relativi prestiti concessi.
9/2486-AR/2Fiorio.


   La Camera,
   premesso che:
    sul tema del divieto di incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza (articolo 6) si è stabilito durante il dibattito in Commissione che siano consentiti incarichi e collaborazioni esclusivamente a titolo gratuito e per una durata non superiore ad un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione;
    inoltre, come è giusto che sia, si richiede il rendiconto di eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall'organo competente dell'amministrazione interessata;
    pur comprendendo la ratio di tale decisione, purtuttavia appare restrittiva la durata prevista che non dovrebbe, a parere del sottoscritto, essere delineata in maniera così perentoria per legge ma che dovrebbe essere determinata in base alle necessità dell'amministrazione interessata,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa, al fine di rivedere, in successivi provvedimenti legislativi, il tempo previsto per tali incarichi e collaborazioni, prevedendo che lo stesso sia adeguato alle necessità dell'amministrazione interessata che potrebbe determinare, al momento dell'incarico, un tempo adeguato non superiore, nel caso si ritenesse necessario comunque stabilire un tempo, a due anni.
9/2486-AR/3Di Gioia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 6, lettera d), dispone che agli oneri derivanti dalle misure per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni introdotte dal medesimo articolo si provveda, per la quota di 2,6 milioni di euro per l'anno 2014 con corrispondente riduzione delle risorse del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali in liquidazione coatta amministrativa, di cui all'articolo 9, comma 8, del decreto-legge n. 457 del 1997;
    le risorse del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali sono state ridotte, a decorrere dal 2015, di un importo complessivo pari a 7.752.477 euro annui ai sensi del comma 410 dell'articolo unico della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), contestualmente alla proroga di sei mesi dell'incarico del Commissario liquidatore del Fondo e alla previsione che al termine della gestione commissariale la Ragioneria generale dello Stato subentri nella gestione di tali risorse;
    le risorse del Fondo in questione, anche se non ancora utilizzate sono destinate a interventi previsti per legge in favore dei lavoratori portuali e sono oggetto di un ampio contenzioso;
    risulta pertanto necessario garantire che l'utilizzo con finalità di copertura della dotazione del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali non pregiudichi l'adempimento delle finalità per le quali il Fondo è stato istituito;
    già nel parere espresso dalla IX Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 126 del 2013 (atto Camera 1906 Governo), successivamente non convertito in legge, si sottolineava tale esigenza e si richiedeva, a fronte di un utilizzo del Fondo per finalità di copertura, il reintegro della dotazione del Fondo stesso,

impegna il Governo

con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 6, lettera d), del decreto-legge in esame, ad assumere tutte le iniziative opportune per garantire che l'utilizzo di una quota delle risorse del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali per finalità di copertura non pregiudichi l'adeguatezza di tali risorse ad assicurare il raggiungimento delle finalità attribuite dalla legislazione vigente al Fondo, nonché per provvedere tempestivamente al reintegro della dotazione del Fondo medesimo.
9/2486-AR/4Tullo, Mognato, Manciulli, Basso, Ginefra, Pagani, Carloni, Giacobbe, Brandolin, Rocchi, Rosato, Minnucci, Carocci, Pastorino, Carrescia, Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 6, lettera d), dispone che agli oneri derivanti dalle misure per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni introdotte dal medesimo articolo si provveda, per la quota di 2,6 milioni di euro per l'anno 2014 con corrispondente riduzione delle risorse del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali in liquidazione coatta amministrativa, di cui all'articolo 9, comma 8, del decreto-legge n. 457 del 1997;
    le risorse del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali sono state ridotte, a decorrere dal 2015, di un importo complessivo pari a 7.752.477 euro annui ai sensi del comma 410 dell'articolo unico della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), contestualmente alla proroga di sei mesi dell'incarico del Commissario liquidatore del Fondo e alla previsione che al termine della gestione commissariale la Ragioneria generale dello Stato subentri nella gestione di tali risorse;
    le risorse del Fondo in questione, anche se non ancora utilizzate sono destinate a interventi previsti per legge in favore dei lavoratori portuali e sono oggetto di un ampio contenzioso;
    risulta pertanto necessario garantire che l'utilizzo con finalità di copertura della dotazione del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali non pregiudichi l'adempimento delle finalità per le quali il Fondo è stato istituito;
    già nel parere espresso dalla IX Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 126 del 2013 (atto Camera 1906 Governo), successivamente non convertito in legge, si sottolineava tale esigenza e si richiedeva, a fronte di un utilizzo del Fondo per finalità di copertura, il reintegro della dotazione del Fondo stesso,

impegna il Governo

con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 6, lettera d), del decreto-legge in esame, a valutare l'opportunità di assumere tutte le iniziative opportune per garantire che l'utilizzo di una quota delle risorse del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali per finalità di copertura non pregiudichi l'adeguatezza di tali risorse ad assicurare il raggiungimento delle finalità attribuite dalla legislazione vigente al Fondo, nonché per provvedere tempestivamente al reintegro della dotazione del Fondo medesimo.
9/2486-AR/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Tullo, Mognato, Manciulli, Basso, Ginefra, Pagani, Carloni, Giacobbe, Brandolin, Rocchi, Rosato, Minnucci, Carocci, Pastorino, Carrescia, Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 23 del disegno di legge di conversione n. 2486-A modifica la disciplina della legge 7 aprile 2014, n. 56, in materia di città metropolitane, province ed enti locali, intervenendo in materia di elezioni dei consigli metropolitani e provinciali;
    l'articolo 1, commi 27 e 71, della legge n. 56 del 2014 reca disposizioni volte a favorire la rappresentanza di genere nei consigli metropolitani e provinciali;
    i commi 28 e 72 del medesimo articolo 1 prevedono peraltro che le predette disposizioni non si applicano nei primi cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge 23 novembre 2012, n. 215;
    la circolare del Ministero dell'interno n. 32 del 2014, recante le linee guida per lo svolgimento del procedimento elettorale per le città metropolitane e province, dispone invece la non applicabilità delle predette disposizioni per i primi cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge stessa;
    la medesima legge n. 215 del 2012 reca analoghe disposizioni per la promozione della rappresentanza di genere nell'elezione dei consigli comunali, nei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, prevedendo tra l'altro che nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi, con arrotondamento all'unità superiore per il genere meno rappresentato, anche in caso di cifra decimale inferiore a 0,5;
    la circolare del Ministero dell'interno n. 30 del 2013, in sede applicativa, ha peraltro fornito una diversa interpretazione della disposizione, applicando il criterio dell'arrotondamento aritmetico;
    tale interpretazione è difforme dalla lettera della legge e da quanto emerge dai lavori parlamentari, nel corso dei quali è stato indicato il criterio dell'arrotondamento aritmetico; ciò emerge chiaramente dalla relazione illustrativa del disegno di legge governativo (A.C. 4415 della XVI legislatura) da cui la disposizione sull'arrotondamento è ripresa,

impegna il Governo:

   a precisare nella circolare del Ministero dell'interno n. 32 del 2014 che la non applicabilità delle disposizioni per favorire la rappresentanza di genere nei consigli metropolitani e provinciali riguarda i primi cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge n. 215/2012, anziché della legge n. 56/2014;
   a modificare, conformemente alla volontà espressa dal legislatore nel corso dei lavori parlamentari volta a favorire al massimo la rappresentanza di genere, l'interpretazione fornita nella circolare n. 30/2013, applicando nella formazione delle liste elettorali il criterio dell'arrotondamento all'unità superiore, anziché il criterio dell'arrotondamento aritmetico.
9/2486-AR/5Roberta Agostini, Fabbri, Piccione.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e, lo stesso Ministro della salute Lorenzin ha affermato che con questo atto «È stato fatto un importante passo in avanti nel segno della semplificazione, dell'appropriatezza e delle regole a vantaggio di cittadini ed operatori sanitari»;
    un settore della sanità che sicuramente necessità di semplificazione, come è emerso durante l'indagine conoscitiva svolta dalla XII Commissione è quello relativo all'organizzazione dell'attività dei medici fiscali che svolgono gli accertamenti sanitari per verificare lo stato di salute del dipendente assente per malattia;
    l'indagine ha confermato l'utilità di un sistema di controlli che contrasti il fenomeno dell'assenteismo e assicuri un corretto uso delle risorse pubbliche;
    l'educazione al corretto utilizzo dell'istituto dell'assenza per motivi di salute, supportata da un'attività appropriata della medicina di controllo, che consenta di riconoscere e dissuadere eventuali abusi, rappresenta in definitiva il vero presidio di garanzia dei diritti del cittadino costretto ad assentarsi dal lavoro per reali e comprovate esigenze di salute;
    tuttavia, la sostanziale permanenza di un doppio e diverso regime tra lavoratori del settore pubblico e del settore privato non sembra trovare più giustificazione. Coerentemente con quanto già avvenuto per altri aspetti si pensi all'unificazione degli enti previdenziali anche la disciplina che regola i controlli sulle assenze per malattia va armonizzata e uniformata, il permanere di funzioni di accertamento dello stato di salute dei dipendenti assenti per malattia in capo alle aziende sanitarie, su incarico di enti pubblici, non trova giustificazione,

impegna il Governo

ad uniformare negli obiettivi la normativa delle assenze tra dipendenti pubblici e privati assegnando ad un unico ente pubblico la disciplina del controllo e della verifica delle assenze dal luogo di lavoro.
9/2486-AR/6Lenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    tutti i medicinali omeopatici attualmente commercializzati in Italia godono di un'autorizzazione ope legis che scade il 31 dicembre 2015. A partire dal 1o gennaio 2016, dunque, potranno continuare ad essere commercializzati solo i medicinali che abbiano ottenuto il numero di AIC a seguito dell'espletamento della procedura di rinnovo che, secondo l'articolo 20 del decreto legislativo n. 219/2006, avviene nelle forme della cosiddetta procedura di registrazione semplificata;
    ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo n. 219/2006 al fine di procedere al rinnovo, il titolare dell'AIC deve presentare i dossier di registrazione almeno sei mesi prima della data di scadenza della validità dell'autorizzazione medesima. Pertanto, entro la data del 30 giugno 2015 tutte le aziende titolari di medicinali omeopatici presenti sul mercato nazionale devono presentare, per ciascun medicinale da rinnovare, la prescritta documentazione, pena l'eliminazione dal commercio del relativo prodotto;
    allo stato attuale, sussiste un vuoto normativo e le aziende non sono a conoscenza degli importi delle tariffe che sono obbligate a corrispondere al fine di avviare la procedura di rinnovo;
    gli adempimenti che le aziende devono porre in essere per la compilazione della documentazione necessaria al rinnovo e la relativa valutazione da parte di Aifa comportano tempi lunghi e adeguata programmazione vista la numerosità dei medicinali omeopatici presenti in commercio. Peraltro, in Francia e in Germania, analoghe procedure sono state avviate da più di dieci anni e ad oggi non risultano ancora concluse. Non a caso, alla luce dell'elevato numero dei medicinali in commercio, al fine di garantire la reperibilità di tutti i prodotti a medici e pazienti anche dopo il termine del 31 dicembre 2015, la stessa Aifa ha proposto una sorta di calendario delle date di presentazione delle domande. Emerge con evidenza la necessità delle aziende di poter disporre di certezze sulle tariffe, sui tempi e sulle modalità per la compilazione della documentazione. Migliaia di dossier devono essere presentati entro il 30 giugno 2015, un lasso di tempo molto breve per produrre una documentazione che riguarda almeno 3mila sostanze presenti nel repertorio medico,

impegna il Governo:

   a stabilire, con decreto del Ministro della Salute da emanarsi entro il 30 novembre 2014, sentito il parere del Tavolo di Lavoro Tecnico presso l'Agenzia Italiana del Farmaco (determinazione del 3 luglio 2007) attualizzato nei suoi componenti, le specifiche affinché le aziende titolari possano presentare, per ciascun medicinale, una domanda secondo precise modalità semplificate, che prevedano la presentazione di dichiarazioni autocertificative del legale rappresentante dell'azienda richiedente concernenti la parte di qualità, la parte di sicurezza e la parte relativa all'uso omeopatico;
   a definire, per il rinnovo dei medicinali omeopatici presenti sul mercato alla data del 6 giugno 1995, una tariffa pari ad euro ottocento per i medicinali unitari, indipendentemente dalle diluizioni e dalla forma farmaceutica, e ad euro milleduecento per i medicinali complessi, indipendentemente dal numero dei componenti e dalla forma farmaceutica;
   a sostituire, all'articolo 6, comma 8-undecies del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, le parole: «31 dicembre 2015» con le seguenti: «31 dicembre 2018».
9/2486-AR/7Sbrollini, Fossati, Lenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il 24 giugno 2014 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale numero 144 il decreto-legge n. 90 del 2014 recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari»:
    tali misure sono state adottate con straordinaria necessità ed urgenza al fine di favorire la più razionale utilizzazione dei dipendenti pubblici e garantire un miglior livello di certezza giuridica, correttezza e trasparenza delle procedure nei lavori pubblici, nonché al fine di assicurare la ragionevole durata del processo civile, amministrativo, contabile e tributario attraverso un efficace ed efficiente impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
    il decreto-legge è entrato in vigore il 25 giugno 2014, ovvero nel giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (così come stabilito dall'articolo 54 del decreto medesimo);
    l'articolo 6 primo comma del suddetto decreto-legge n. 90 del 2014 relativo ai «Divieti di incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza», dispone tra l'altro innovativamente che alle amministrazioni indicate all'articolo 5 comma 9 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, così come convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, è fatto divieto di conferire incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza (ad eccezione di quelli conferiti a titolo gratuito);
    il secondo comma del medesimo articolo 6 precisa che il divieto si applica «agli incarichi conferiti a decorrere dalla data di entrata in vigore» del decreto n. 90 del 2014;
    la disposizione in ordine all'efficacia temporale del divieto ha creato alcuni dubbi interpretativi in ordine alla salvaguardia degli incarichi conferiti dalle amministrazioni sopra richiamate prima dell'entrata in vigore del decreto n. 90 del 2014 a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza, rispetto ai quali non sia tuttavia intervenuta entro il medesimo termine anche la stipula dell'eventuale contratto che disciplina i diritti ed obblighi connessi allo svolgimento dell'incarico conferito;
    tale incertezza interpretativa rischia di creare situazioni di paralisi amministrativa e l'insorgere di eventuale contenzioso,

impegna il Governo

a ribadire, in sede di applicazione amministrativa dell'articolo 6 secondo comma del decreto in esame che restano salvi gli incarichi dirigenziali o direttivi conferiti a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza, con provvedimento emanato prima della data di entrata in vigore del decreto-legge, cioè entro il 24 giugno 2014, a prescindere dall'intervenuta o meno stipula del contratto che disciplina i diritti ed obblighi connessi allo svolgimento dell'incarico conferito.
9/2486-AR/8Berretta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 dispone in materia di ampliamento del divieto di conferire incarichi dirigenziali, ivi compreso l'incarico di commissario di Governo;
    l'articolo 20 prevede la nomina di un Commissario straordinario, destinato a gestire lo scioglimento dell'Associazione Formez spa;
    la figura del commissario di Governo è regolata dall'articolo 11 della legge n. 400 del 1988, la quale dispone che l'incarico è conferito per il tempo indicato nel decreto di nomina, salvo proroga o revoca;
    i commissari straordinari sostituiscono nelle funzioni uno o più organi degli enti o istituzioni commissariate; al termine del loro mandato deve quindi procedersi alla ricostituzione degli organi;
    per talune istituzioni (ad esempio organi di comuni) tale procedimento è rigorosamente normato; in altri casi (istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, enti pubblici non economici nazionali, aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo), il passaggio dal periodo di commissariamento al regime normale, comporta vuoti e ritardi nella gestione o l'indebito prolungamento del periodo di commissariamento,

impegna il Governo

ad emanare con sollecitudine disposizioni applicative dell'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n.400 che stabiliscano, per gli enti pubblici e altre istituzioni inseriti nell'elenco di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, diversi dalle istituzioni elettive, che prima della loro scadenza i commissari provvedano per tempo ad avviare le procedure necessarie alla ricostituzione degli organi di governo delle istituzioni commissariate, in modo che siano pienamente operative non oltre il termine della scadenza del commissariamento.
9/2486-AR/9Piso.


   La Camera,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità, anche attraverso l'assunzione di atti normativi, di interpretare il comma 4 dell'articolo 2 del presente decreto legge, in conformità con l'interpretazione dell'eccesso di potere giurisdizionale che si ricava dalla lettura combinata di Cass. Sezioni Unite n. 23302 del 9 novembre 2011 e n. 736 del 19 gennaio 2012, prevedendo conseguentemente che le sentenze di ottemperanza possano dar luogo alla nomina di commissari ad acta con i pieni poteri di cui del comma 4 dell'articolo 114 del codice del processo amministrativo (comprensivi delle previsioni di cui alle lettere a) e c)) solo se attengono a sentenze passate in giudicato e che, al contrario, per sentenze non ancora definitive si possa procedere all'ottemperanza – con nomina commissariale – nel solo caso di prevenzione dell'elusione del futuro giudicato;
   a verificare la possibilità di scorporare la previsione di cui sopra dal solo caso delle delibere del CSM, per estenderla a tutti i casi in cui c’è un giudizio di ottemperanza di qua si voglia sentenza di un giudice amministrativo.
9/2486-AR/10Di Lello, Di Gioia, Locatelli, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame reca un contenuto ampio ed articolato, riconducibile ad ambiti di intervento del settore pubblico, quali la pubblica amministrazione e il settore della giustizia o comparti ad esso riconducibili, il cui impianto normativo evidenzia una complessità di norme eterogenee di scarsa efficienza per il tessuto socioeconomico del Paese;
    il provvedimento in particolare, all'articolo 28, secondo le modifiche approvate in Commissione riduce del 35 per cento nel 2015, del 40 per cento nel 2016 e del 50 per cento a decorrere dal 2017, l'importo del diritto annuale dovuto dalle imprese, alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
    ai suesposti criteri di gradualità per la riduzione dei diritti camerali, introdotti nel corso della fase emendativa del decreto-legge n.90, la norma è stata integrata, nel senso di prevedere che i diritti di segreteria e i proventi derivanti dalla gestione di attività e dalla prestazione di servizi e quelli di natura patrimoniale, siano fissati sulla base di costi standard definiti dal Mise, sentiti la Società per gli studi di settore (SOSE) e Unioncamere, secondo criteri di efficienza da conseguire anche attraverso l'accorpamento degli enti e degli organismi del sistema camerale e lo svolgimento in forma associata delle funzioni;
    gli interventi di riformulazione del diritto annuale delle Camere di commercio e di determinazione del criterio di calcolo delle tariffe e dei diritti di segreteria in precedenza esposti, risultano tuttavia condizioni necessarie ma non sufficienti se limitati ad una mera iniziativa di carattere finanziario;
    la prevista riduzione secondo i criteri di gradualità dei diritti camerali, necessita di essere collegata in un più ampio processo di riorganizzazione efficiente e adeguato dell'ordinamento delle Camere di commercio, attraverso l'accorpamento delle realtà minori; interventi di rimodulazione, in grado di razionalizzare le Camere di commercio che rappresentano una realtà differenziata sui territori, finalizzati ad esprimere al meglio i loro compiti a sostegno delle imprese, risultano pertanto essenziali oltre che indifferibili, in un inevitabile processo di riorganizzazione dell'ordinamento camerale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi, interventi volti ad omogeneizzare a livello nazionale, le attività svolte dalle Camere di commercio, salvaguardando i livelli occupazionali, al fine di migliorare l'assistenza ed il sostegno al settore delle imprese, innovando il ruolo del sistema camerale nazionale.
9/2486-AR/11Faenzi, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge del decreto legge n. 90 del 2014, recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», contiene una molteplicità di interventi ampi e articolati, riconducibili ad ambiti d'intervento del settore pubblico, quali la pubblica amministrazione, il settore della giustizia (principalmente civile, amministrativa e tributaria), o settori ad esso riconducibili (enti controllati, contratti pubblici ed eventi sottoposti a poteri di intervento pubblicistici);
    il provvedimento d'urgenza, in particolare, prevede nell'ambito delle disposizioni finanziarie riguardanti il sistema delle Camere di commercio, l'introduzione dei criteri di gradualità per la riduzione dei diritti camerali, la cui norma è stata integrata nel senso di prevedere che i diritti di segreteria e i proventi derivanti dalla gestione di attività e dalla prestazione di servizi e quelli di natura patrimoniale siano fissati sulla base di costi standard definiti dal Mise, sentiti la Società per gli studi di settore (SOSE) e Unioncamere, secondo criteri di efficienza da conseguire anche attraverso l'accorpamento degli enti e degli organismi del sistema camerale e lo svolgimento in forma associata delle funzioni;
    a fronte di tali misure, occorre tuttavia affiancare ulteriori iniziative legislative per sostenere le realtà delle Camere di commercio, il cui diritto annuale dovuto dalle imprese, rappresenta per circa il 70 per cento la principale fonte di finanziamento per il sistema camerale;
    la riduzione del diritto annuale, nei confronti di realtà del Mezzogiorno particolarmente svantaggiate, come la Sicilia, in cui la crisi economica è particolarmente avvertita, rischia di determinare effetti estremamente penalizzanti per le Camere di Commercio Siciliane, gravate peraltro dagli oneri conseguenti al trattamento di quiescenza e previdenza dei dipendenti assunti anteriormente al 1995;
    a tal fine necessitano misure compensative volte a garantire la copertura delle uscite in bilancio, sia dal punto di vista finanziario, che contributivo, in grado di equilibrare le decisioni adottate dal presente decreto-legge,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica ed il rispetto degli equilibri di bilancio, la sottoscrizione di apposita convenzione per l'iscrizione dello stesso personale all'istituto Nazionale di Previdenza Sociale ovvero ad assicurare idonee misure compensative, a favore delle Camere di Commercio Siciliane gravate degli oneri conseguenti al trattamento di quiescenza e previdenza dei dipendenti assunti anteriormente al 1995, al fine di assicurarne il fabbisogno economico.
9/2486-AR/12Riccardo Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 9, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito in legge n. 125 del 2013, che disciplina il processo di stabilizzazione del personale precario, ha confermato il divieto di assunzione a tempo indeterminato per le province contenute nell'articolo 16, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012, nelle more del processo di razionalizzazione delle stesse province;
    la I Commissione in sede referente dopo il comma 6, dell'articolo 3 del decreto-legge n. 90 del 2014 recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» (C. 2486 Governo) ha aggiunto il seguente: «6-bis. I contratti di lavoro a tempo determinato delle province, prorogati fino al 31 dicembre 2014 ai sensi dell'articolo 4, comma 9, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, possono essere ulteriormente prorogati, alle medesime finalità e condizioni, fino all'insediamento dei nuovi soggetti istituzionali così come previsto dalla legge 7 aprile 2014, n. 56. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica»;
    nella regione Sicilia, in esecuzione a previsione statutaria, è intervenuta la legge regionale 24 marzo 2014, n. 8 che ha istituito i liberi Consorzi comunali e le Città metropolitane ed ha prescritto che i liberi Consorzi continuino ad esercitare le funzioni già attribuite alle province regionali, mantenendo la titolarità dei relativi rapporti giuridici, utilizzando le risorse finanziarie, materiali ed umane di spettanza delle corrispondenti province regionali;
    la legge regionale in questione pur disponendo l'immediata assunzione da parte delle province regionali Siciliane della nuova denominazione di «Liberi Consorzi di Comuni», differisce la piena operatività dei nuovi enti, prevedendo un periodo transitorio durante il quale i medesimi enti mantengono le funzioni fondamentali e l'assetto finanziario e patrimoniale previsti dalla legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, tutt'ora in vigore;
    nelle more del completamento del processo di riforma dei liberi Consorzi comunali e delle Città metropolitane di cui alla legge della regione Siciliana 24 marzo 2014, n. 8 con l'approvazione della legge istitutiva di cui al comma 6, dell'articolo 2 della stessa legge regionale, analogamente a quanto disposto dal citato comma 6-bis dell'articolo 3 anzi richiamato per le province, in deroga ai termini e vincoli di cui al comma 9 dell'articolo 4, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, occorre prevedere la possibilità di prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato del personale non dirigenziale dei liberi consorzi dei comuni, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, fino alla ridefinizione delle funzioni dei liberi Consorzi comunali e delle Città metropolitane con la legge istitutiva onde consentire la prosecuzione dei rapporti finalizzata alla stabilizzazione dei rapporti da disporsi da parte dell'organo competente nel rispetto dei termini e dei vincoli di cui al comma 9 citato,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente le opportune iniziative, anche legislative, per estendere analoga previsione contenuta nel comma 6-bis dell'articolo 3, sopra riportato, anche al personale a tempo determinato dei Liberi Consorzi di Comuni istituiti dalla regione Siciliana con legge regionale 24 marzo 2014, n. 8.
9/2486-AR/13Iacono.


   La Camera,
   premesso che:
    la normativa attualmente vigente in tema di criteri relativi ai titoli in possesso di medici operanti nelle strutture private convenzionate sul territorio risulta complessivamente lacunosa e poco chiara;
    partendo dal presupposto dell'equiparazione tra strutture pubbliche e private convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale, si sono verificati casi di adozione di provvedimenti di sospensione nei confronti di professionisti – anche con carriere professionali più che decennali – poiché essendosi costoro laureati in medicina e chirurgia e abilitati all'esercizio della professione in epoca antecedente al 1997 – anno in cui veniva istituito l'obbligo della specializzazione – sono stati ritenuti inidonei alla prosecuzione della propria attività presso le Case di Cura a causa della mancanza del suddetto titolo di specializzazione;
    la maggior parte dei medici operanti in strutture private accreditate con il SSN, ha svolto la propria professione a rapporto libero-professionale, sebbene la tipologia del rapporto di lavoro avesse tutti i caratteri della continuità, coordinazione ed anche subordinazione con turni di lavoro organizzati con presenze stabilite e continuative anche nei festivi e notturni e con un monte ore solitamente non inferiore alle 30 ore settimanali;
    desta dunque preoccupazione la situazione di tutti quei professionisti che essendosi laureati in medicina e chirurgia e abilitati all'esercizio della professione in epoca antecedente all'obbligo della specializzazione rischiano oggi di essere discriminati nei propri diritti rispetto ai medici specializzati, pur avendo nel frattempo esercitato la professione con modalità di tipo libero professionale presso Case di Cura private accreditate con il SSN, per un periodo non inferiore alla durata di un corso di specializzazione, ovvero qualora, per una durata di tempo equivalente, abbiano effettuato un percorso di formazione a titolo di volontariato in una qualsiasi struttura sanitaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'esenzione dall'obbligo della specializzazione, ai fini dello svolgimento della professione nelle strutture accreditate col Servizio Sanitario Nazionale, per tutti i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio della professione in epoca antecedente al 1997 – anno in cui veniva istituito l'obbligo della specializzazione – qualora abbiano operato con modalità di tipo libero professionale, coordinata e/o continuativa presso Case di Cura private accreditate con il Servizio Sanitario Nazionale, per un periodo non inferiore alla durata della corrispondente specializzazione.
9/2486-AR/14Piccione.


   La Camera,
   premesso che:
    una buona parte dei Centri per l'impiego è gestita, paradossalmente, da personale precario appartenente alle Province;
    si tratta, in molti casi, di precari che lavorano presso gli Enti intermedi da più di dieci anni;
    il decreto-legge n. 101 del 2013 ha previsto la stabilizzazione del personale con contratto a tempo determinato alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, con almeno tre anni di servizio negli ultimi cinque anni, attraverso il bando di procedure concorsuali dedicate;
    sarebbe stata quella la sede naturale per porre fine a questa situazione di instabilità lavorativa, ma tale provvedimento ha escluso, tuttavia, i precari delle Province e, quindi, la totalità dei precari dei Centri per l'impiego, i cui contratti saranno soltanto prorogati fino al 31 dicembre del 2014: una evidente discriminazione tra precari di enti pubblici diversi;
    i Centri per l'impiego svolgono un ruolo importante per il sostegno nella ricerca di lavoro, nell'ambito della formazione, nello svolgimento di politiche attive e passive nei confronti dei lavoratori in mobilità e cassa integrazione; tale importanza è amplificata oggi dal programma Youth Guarantee, per la realizzazione di interventi a sostegno dell'occupazione giovanile;
    occorre predisporre le misure necessarie a dare dignità a quanti hanno impegnato anni di lavoro e sacrificio con la massima professionalità e che rischierebbero altrimenti di trovarsi fuori dal mercato del lavoro senza alcuna prospettiva,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative legislative al fine di prorogare, nell'immediato, tutti i contratti in essere con scadenza al 31 dicembre 2014 per almeno un anno, e di prevedere a breve un percorso di stabilizzazione per coloro i quali hanno maturato più di 36 mesi a tempo determinato con due concorsi già vinti secondo quanto già disposto prevista dall'articolo 4, del decreto-legge 101/2013 convertito della legge n. 125 del 2013.
9/2486-AR/15Marazziti, Dellai, Fitzgerald Nissoli.


   La Camera,
   premesso che:
    una buona parte dei Centri per l'impiego è gestita, paradossalmente, da personale precario appartenente alle Province;
    si tratta, in molti casi, di precari che lavorano presso gli Enti intermedi da più di dieci anni;
    il decreto-legge n. 101 del 2013 ha previsto la stabilizzazione del personale con contratto a tempo determinato alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, con almeno tre anni di servizio negli ultimi cinque anni, attraverso il bando di procedure concorsuali dedicate;
    sarebbe stata quella la sede naturale per porre fine a questa situazione di instabilità lavorativa, ma tale provvedimento ha escluso, tuttavia, i precari delle Province e, quindi, la totalità dei precari dei Centri per l'impiego, i cui contratti saranno soltanto prorogati fino al 31 dicembre del 2014: una evidente discriminazione tra precari di enti pubblici diversi;
    i Centri per l'impiego svolgono un ruolo importante per il sostegno nella ricerca di lavoro, nell'ambito della formazione, nello svolgimento di politiche attive e passive nei confronti dei lavoratori in mobilità e cassa integrazione; tale importanza è amplificata oggi dal programma Youth Guarantee, per la realizzazione di interventi a sostegno dell'occupazione giovanile;
    occorre predisporre le misure necessarie a dare dignità a quanti hanno impegnato anni di lavoro e sacrificio con la massima professionalità e che rischierebbero altrimenti di trovarsi fuori dal mercato del lavoro senza alcuna prospettiva,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative legislative al fine di prorogare, nell'immediato, tutti i contratti in essere con scadenza al 31 dicembre 2014, e a valutare l'opportunità di prevedere a breve un percorso di stabilizzazione per coloro i quali hanno maturato più di 36 mesi a tempo determinato con due concorsi già vinti secondo quanto già disposto prevista dall'articolo 4, del decreto-legge 101/2013 convertito della legge n. 125 del 2013.
9/2486-AR/15. (Testo modificato nel corso della seduta)  Marazziti, Dellai, Fitzgerald Nissoli.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo ampio dibattito in Commissione Affari costituzionali il Governo su proposta del relatore ha dato parere favorevole all'emendamento che, su proposta del senato accademico, prolunga i tempi della permanenza in servizio dei professori universitari;
    per quanto riguarda i docenti-medici, la presenza di docenti esperti è fondamentale non solo per la qualificazione dei servizi clinici di diagnosi e cura, ma anche per il livello oggettivo delle scuole di specializzazione, per le quali ciò che più conta è la qualità della preparazione raggiunta dallo specializzando al termine del corso di studi;
    tale qualità è molto spesso legata non solo alla competenza specifica prevista dalla scuola di specializzazione, ma anche alla visione d'insieme che il neo-specialista riesce ad avere sul quadro clinico di pazienti complessi, come sono ad esempio gli anziani fragili, e sul modello organizzativo, soprattutto quando si tratta di unità operativa complessa (UOC), all'interno del Policlinico e in relazione ai servizi territoriali, verso i quali si sta spostando l'assistenza dei pazienti cronici o disabili;
    l'estensione dell'età professionale fino alla soglia dei 70 anni per quei docenti che più e meglio rispondono a questi requisiti è quindi un investimento solido e sicuro per l'intero SSN, perché è facile immaginare che in caso contrario questi stessi docenti avrebbero creato un sistema sanitario parallelo, in evidente concorrenza con quello nazionale, ma soprattutto a diretto carico del paziente, che avrebbe potuto sentirsi attratto dai maggiori livelli di competenza espressi dalle strutture alternative tale criticità lascerebbe emergere una competizione tra pubblico e privato non voluta, non richiesta e chiaramente molto costosa anche per i pazienti e le loro famiglie;
    il DDL prevede inoltre che per ogni docente pensionato venga assunto un nuovo professionista che abbia almeno, in modo chiaro e concreto i requisiti di base, indispensabili per lo svolgimento del ruolo previsto;
    meritocrazia e trasparenza nelle nuove assunzioni sono la vera sfida di questo ordine del giorno, che mentre rende onore alla competenza acquisita, spesso a livelli di eccellenza, apre la porta con determinazione all'ingresso nelle strutture cliniche ai giovani migliori, specialisti spesso con dottorato di ricerca, possibilmente quindi con i requisiti migliori tra quelli che forse posseggono un titolo di ricercatore a tempo determinato, ricostruendo una filiera virtuosa e non troppo lunga per l'inclusione in ruolo delle persone più brillanti per competenza clinica e scientifica, sul piano della assistenza e della ricerca;
    è solo in questo modo infatti che si può ricostruire una vera e propria alleanza tra le diverse generazioni di professionisti, aprendo ai giovani, senza «rottamare» antetempo i più esperti,

impegna il Governo:

   a verificare che l'impianto tradizionale della classica piramide accademica sia sufficientemente rispettato dovunque sia possibile: un ordinario, due associati e sei ricercatori, a vantaggio dei malati per gli elevati livelli di assistenza, a vantaggio degli specializzandi per la qualità della formazione, a vantaggio del sistema nel suo insieme perché si assicura un turn over equilibrato ed efficace;
   a verificare che gli specializzandi, medici in formazione, pur essendo sollecitati a svolgere ruoli sempre più complessi nell'arco temporale della loro specializzazione, non siano mai usati in sostituzione di figure professionali che debbono invece garantire al paziente a e alla struttura una piena maturità nell'acquisizione delle competenze cliniche fondamentali sul piano della diagnosi e cura.
9/2486-AR/16Binetti, Fitzgerald Nissoli.


   La Camera,
   premesso che:
    le norme che regolamentano gli spettacoli dal vivo sono particolarmente complesse e intrecciano numerosi livelli di competenza e settori interni alla pubblica amministrazione con la conseguente difficoltà, da parte di un operatore del settore o di un organizzatore, di doversi rivolgere a numerosi interlocutori per ottenere i diversi permessi o autorizzazioni, con conseguente scarsa chiarezza di tempi, procedure e costi;
    l'elevato numero di pratiche e di autorizzazioni da richiedere per lo svolgimento di un pubblico spettacolo e la scarsa chiarezza sopra descritta, molto spesso scoraggiano l'organizzazione di eventi: tutto ciò pone forti limiti non solo alla fruizione di eventi culturali, musicali e di intrattenimento per i cittadini ma penalizza anche l'indotto economico esistente anche in virtù del potenziale economico ed occupazionale che il settore dello spettacolo dal vivo detiene,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare disposizioni volte ad orientare l'iniziativa dei Comuni a semplificare e rendere efficienti le procedure relative all'autorizzazione e allo svolgimento delle attività di pubblico spettacolo – anche attraverso l'istituzione di un «Fondo» presso il Ministero della semplificazione e della pubblica amministrazione – nel rispetto dei seguenti criteri:
    a) valorizzazione e diffusione delle buone pratiche già attuate da comuni virtuosi e attivazione di sperimentazioni volte a semplificare i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività di pubblico spettacolo;
    b) adeguamento e armonizzazione della normativa relativa allo Sportello Unico Attività Produttive includendo i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività di pubblico spettacolo;
    c) previsione di specifica modulistica uniforme su tutto il territorio nazionale, privilegiando la procedura telematica, anche attraverso il potenziamento del portale online «impresainungiorno.gov.it» e l'utilizzo della posta elettronica certificata;
    d) valorizzazione dello strumento dell'autocertificazione, in particolare per le attività di piccola-media dimensione;
    e) istituzione di un'anagrafe dei luoghi per lo spettacolo (Venue) contenente le ipotesi di allestimento preautorizzate dalle commissioni di vigilanza da poter adottare integralmente;
    f) istituzione di un'anagrafe degli organizzatori di spettacoli dal vivo contenente tutta la documentazione inerente gli stessi;
    g) redazione, di concerto con SIAE, di un tariffario ragionato e semplificato che preveda agevolazioni per spettacoli di base;
9/2486-AR/17Tentori.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25, del provvedimento in esame, contiene misure di semplificazione in materia di invalidità civile e disabilità e, al comma 9, stabilisce che la persona affetta da invalidità uguale o superiore all'80 per cento non è tenuta a sostenere la prova preselettiva eventualmente prevista per le prove d'esame nei concorsi pubblici e per l'abilitazione alle professioni;
    tale percentuale dell'80 per cento include alcuni soggetti come i disabili motori per i quali non si presenta la necessità di procedere alla facilitazione della prova preselettiva,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di intervenire con misure atte a facilitare l'inserimento nel mondo del lavoro delle persone disabili che tengano in considerazione persone con disabilità intellettivo relazionale anche attraverso una previa valutazione delle abilità residue;
   a valutare l'opportunità, attraverso ulteriori iniziative normative, di escludere dalle disposizioni di cui all'articolo 25, comma 9, le persone non affette da disabilità intellettivo relazionale che non presentano alcuna difficoltà a sostenere la prova preselettiva.
9/2486-AR/18Coccia.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 18 del provvedimento di legge in esame, dispone la soppressione, con decorrenza 1o luglio 2015 delle sezioni staccate di Tribunale Amministrativo Regionale dei comuni che non sono sedi di Corte d'Appello;
    lo stesso articolo dispone che entro il 31 dicembre 2014 il Governo, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, presenti al Parlamento una relazione sull'assetto organizzativo dei Tribunali Amministrativi Regionali operando un'analisi dei fabbisogni, dei costi delle sedi e del personale e del carico di lavoro di ciascun tribunale nonché del grado di informatizzazione, allegando alla stessa un piano di riorganizzazione che tenga conto della collocazione geografica, del carico di lavoro e dell'organizzazione degli uffici giudiziari,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a riconsiderare la soppressione della sezione staccata di Parma del Tribunale Amministrativo Regionale dell'Emilia-Romagna nell'ambito del piano di riorganizzazione di cui al comma 1-bis dell'articolo 18 del decreto-legge in esame.
9/2486-AR/19Maestri, Romanini, De Micheli, Gandolfi, Incerti, Iori, Marchi.


   La Camera,
   premesso che:
    tenuto conto che il provvedimento intende realizzare un primo intervento di riforma della pubblica amministrazione, secondo le direttrici di intervento programmatiche individuate dall'Esecutivo, che dovrà trovare completamento con il disegno di legge recante delega al Governo per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, approvato dal Consiglio dei ministri;
    condiviso il complessivo obiettivo della riforma, che intende valorizzare le professionalità dei lavoratori della pubblica amministrazione, garantendo, da un lato, il migliore utilizzo delle risorse umane attualmente in servizio e, dall'altro, il rinnovamento e l'arricchimento delle capacità del personale pubblico attraverso l'ingresso di giovani lavoratori, con un bagaglio di competenze essenziale in special modo nell'attuale fase di modernizzazione e digitalizzazione del settore pubblico;
    considerata, su un piano generale, l'esigenza di valorizzare il ruolo della contrattazione collettiva rispetto alla definizione di aspetti rilevanti, compresi i profili retributivi, dei rapporti di lavoro pubblico e delle prerogative riconosciute alle organizzazioni sindacali, salvaguardando il principio, sancito nell'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 della regolazione su base contrattuale dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche;
    rilevato, in particolare, che il testo all'esame dell'Aula prevede, per i principali istituti afferenti i rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, disciplinati dal presente provvedimento, quali la mobilità, l'assegnazione di nuove mansioni e le prerogative sindacali (articoli 4, 5 e 7), che se ne definiscano le modalità attuative in sede di consultazione sindacale e di contrattazione collettiva;
    valutato che nessun processo di modernizzazione e nessun progetto di innovazione può realisticamente realizzarsi senza la piena partecipazione e il fattivo coinvolgimento dei lavoratori e delle lavoratrici;
    tenuto conto del protrarsi da diversi anni del blocco della contrattazione per il comparto pubblico, sia per la parte economica, sia per la parte normativa,

impegna il Governo

a dare tempestivamente corso alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013-2014 per il personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni, secondo quanto disposto dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, e dall'articolo 9, comma 17, secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come modificato dall'articolo 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
9/2486-AR/20Baruffi, Gnecchi, Albanella, Boccuzzi, Casellato, Damiano, Dell'Aringa, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Rotta, Simoni, Zappulla.


   La Camera,
   premesso che:
    tenuto conto che il provvedimento intende realizzare un primo intervento di riforma della pubblica amministrazione, secondo le direttrici di intervento programmatiche individuate dall'Esecutivo, che dovrà trovare completamento con il disegno di legge recante delega al Governo per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, approvato dal Consiglio dei ministri;
    condiviso il complessivo obiettivo della riforma, che intende valorizzare le professionalità dei lavoratori della pubblica amministrazione, garantendo, da un lato, il migliore utilizzo delle risorse umane attualmente in servizio e, dall'altro, il rinnovamento e l'arricchimento delle capacità del personale pubblico attraverso l'ingresso di giovani lavoratori, con un bagaglio di competenze essenziale in special modo nell'attuale fase di modernizzazione e digitalizzazione del settore pubblico;
    considerata, su un piano generale, l'esigenza di valorizzare il ruolo della contrattazione collettiva rispetto alla definizione di aspetti rilevanti, compresi i profili retributivi, dei rapporti di lavoro pubblico e delle prerogative riconosciute alle organizzazioni sindacali, salvaguardando il principio, sancito nell'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 della regolazione su base contrattuale dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche;
    rilevato, in particolare, che il testo all'esame dell'Aula prevede, per i principali istituti afferenti i rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, disciplinati dal presente provvedimento, quali la mobilità, l'assegnazione di nuove mansioni e le prerogative sindacali (articoli 4, 5 e 7), che se ne definiscano le modalità attuative in sede di consultazione sindacale e di contrattazione collettiva;
    valutato che nessun processo di modernizzazione e nessun progetto di innovazione può realisticamente realizzarsi senza la piena partecipazione e il fattivo coinvolgimento dei lavoratori e delle lavoratrici;
    tenuto conto del protrarsi da diversi anni del blocco della contrattazione per il comparto pubblico, sia per la parte economica, sia per la parte normativa,

impegna il Governo

a dare tempestivamente corso alle procedure contrattuali e negoziali, per la parte normativa, ricadenti negli anni 2013-2014 per il personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni, secondo quanto disposto dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, e dall'articolo 9, comma 17, secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come modificato dall'articolo 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
9/2486-AR/20. (Testo modificato nel corso della seduta) Baruffi, Gnecchi, Albanella, Boccuzzi, Casellato, Damiano, Dell'Aringa, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Rotta, Simoni, Zappulla.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 del decreto-legge in esame detta disposizioni per la razionalizzazione delle Autorità Amministrative indipendenti prevedendo, al comma 1, che i componenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, della Commissione nazionale per le società e la borsa, dell'Autorità di regolazione dei trasporti, dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, del Garante per la protezione dei dati personali, dell'Autorità nazionale anticorruzione, della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, alla cessazione dall'incarico, non possono essere nuovamente nominati componenti di una autorità indipendente, a pena di decadenza, per un periodo pari a cinque anni;
    l'articolo 22, al comma 2 e al comma 3, disciplina i casi di incompatibilità per i componenti e i dirigenti di talune Autorità Amministrative Indipendenti cessati dall'incarico, prevedendo che essi, nei due anni successivi alla cessazione dell'incarico, non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con i soggetti regolati né con società controllate da questi ultimi, stabilendo, altresì, che i contratti conclusi in violazione del presente comma sono nulli;
    la disposizione in esame si applica alla Banca d'Italia, all'IVASS, alla Consob, all'Autorità garante per l'energia elettrica ed il gas e il sistema idrico, all'Autorità di regolazione dei trasporti, all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
    le medesime disposizioni prevedono che le disposizioni del presente comma non si applicano ai dirigenti che negli ultimi due anni di servizio sono stati responsabili esclusivamente di uffici di supporto;
    si tratta, quindi, di una disposizione che, riferita ai poteri di regolazione esercitati dalle singole Autorità Amministrative Indipendenti nei confronti dei soggetti regolati, intende porre un divieto generale della durata di due anni nei confronti dei componenti e di quei dirigenti che nel corso della loro attività presso gli organismi interessati hanno prestato servizio esercitando poteri o svolgendo mansioni nei quali si esprime direttamente la potestà regolatoria che il legislatore ha voluto circondare da presidi di rafforzata tutela, prescrivendo limiti così penetranti all'esercizio di diritti oggetto di tutela costituzionale e rientranti nel novero delle libertà fondamentali riconosciute dal trattato UE ma che possono ammettersi in un quadro di contemperamento di opposti interessi, solo se correttamente riportati al loro ambito più coerente e senza estensione oltre le fattispecie riconosciute dalla legge. D'altro canto si può ragionevolmente ritenere che il legislatore ha, comunque, voluto far salve le attività di patrocinio legale, di revisione dei conti o comunque le altre funzioni regolate dalla legge;
    in tal senso, quindi, le disposizioni che prevedono limiti e divieti alla possibilità di intrattenere rapporti, direttamente o indirettamente, di collaborazione, consulenza o impiego con i soggetti regolati dalle Autorità Amministrative indipendenti interessate, nelle parti in cui escludono dal loro ambito di applicazione i dirigenti che negli ultimi due anni di servizio sono stati responsabili esclusivamente di uffici di supporto, si riferiscono esclusivamente a quegli uffici connotati dall'assenza di funzioni regolatorie proprie dell'Autorità Amministrative Indipendenti e quindi caratterizzati dal mero coordinamento degli apporti di altri uffici;
    inoltre è di tutta evidenza che in questo senso anche gli effetti a fini fiscali delle attività di collaborazione, di consulenza o di impiego rimangono in definitiva estranei dalle disposizioni che prevedono limiti e divieti alla possibilità di intrattenere rapporti, direttamente o indirettamente, di collaborazione, consulenza o impiego con i soggetti regolati dalle Autorità Amministrative indipendenti interessate,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione con quella che è l'effettiva volontà, come sopra individuata, delle disposizioni normative in esame, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che l'ambito di applicazione, oggettivo e soggettivo, delle citate disposizioni sia coerente con quanto specificato nelle premesse.
9/2486-AR/21Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22, al comma 9, prevede che gli organismi di cui al comma 1 del medesimo articolo 22 (Autorità garante della concorrenza e del mercato, Commissione nazionale per le società e la borsa, Autorità di regolazione dei trasporti, Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico. Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Garante per la protezione dei dati personali. Autorità nazionale anticorruzione. Commissione di vigilanza sui fondi pensione e Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali) gestiscano i propri servizi logistici in modo da rispettare, tra gli altri, i seguenti criteri; d) spesa complessiva per sedi secondarie, rappresentanza, trasferte e missioni non superiore al 20 per cento della spesa complessiva; e) presenza effettiva del personale nella sede principale non inferiore al 70 per cento del totale su base annuale, tranne che per la Commissione nazionale per le società e la borsa;
    è di tutta evidenza che il criterio di cui all'articolo 22, comma 9, lettera d), secondo cui, per i citati Organismi, la spesa complessiva per sedi secondarie, rappresentanza, trasferte e missioni non può essere superiore al 20 per cento della spesa complessiva è strettamente connesso al criterio successivo di cui al comma 9, lettera e) sulla base del quale, i citati Organismi, esclusa la Consob, devono assicurare la presenza effettiva del personale nella sede principale non inferiore al 70 per cento del totale su base annuale;
    sulla base della indubbia ed inequivocabile interconnessione tra i due criteri sopra citati, è di tutta evidenza che, così come il legislatore, in considerazione della peculiarità che connota tale Autorità tenendo anche conto dell'importanza strategica sotto il profilo Istituzionale della sede di Milano, ha voluto escludere la Consob dall'ambito di applicazione del criterio dettato all'articolo 22, comma 9, lettera e), il medesimo Istituto debba considerarsi escluso anche dall'ambito di applicazione del criterio dettato all'articolo 22, comma 9, lettera d). Infatti, considerato che alla Consob è attribuita la possibilità di poter disporre di una presenza effettiva di personale nella sede secondaria di Milano superiore al 30 per cento, di conseguenza il criterio riferito al limite delle spese connesse alla sede secondaria non può evidentemente essere applicato alla Consob, implicando una maggiore presenza di personale, tra l'altro impegnato in attività che caratterizzano la specificità dell'istituto, presso la sede secondaria, maggiori spese per rappresentanza, trasferte e missioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione con quella che è l'effettiva volontà, come sopra individuata, delle disposizioni normative in esame, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che l'ambito di applicazione delle citate disposizioni sia coerente con quanto specificato nelle premesse.
9/2486-AR/22Censore.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3 dell'articolo 22 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, in sede di conversione in legge, estende a tutti i dirigenti delle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità – sia di ruolo sia con contratto a tempo determinato – il regime di incompatibilità già previsto per i Componenti degli Organi di Vertice delle medesime autorità, dall'articolo 2, comma 9, della legge istitutiva n. 481 del 1995;
    tale disposizione vieta, per almeno due anni dalla cessazione dell'incarico, di intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza;
    tale regime di incompatibilità, intervenendo anche su contratti a tempo determinato in corso – per loro stessa natura limitati nel tempo (durata massima 5 anni) e peraltro già colpiti dalle recenti disposizioni di legge sui tetti stipendiali – incide negativamente sul pieno esercizio del diritto al lavoro, costituzionalmente garantito, proprio nei confronti di coloro che sono stati selezionati per l'alto grado di competenza in quei settori nei quali, per l'intervento legislativo ex post in questione, non possono farvi rientro per un periodo di tempo significativo;
    tale disposizione oltre a generale un assai probabile contenzioso potrebbe determinare un depauperamento immediato delle professionalità dotate di elevata specializzazione e competenza attualmente in servizio, con contratto a tempo determinato, in posizioni dirigenziali rilevanti negli assetti organizzativi delle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare ulteriori e adeguate misure volte a ricondurre, secondo i generali principi di ragionevolezza, proporzionalità e buon andamento, l'applicazione della disposizione di cui al comma 3 dell'articolo 22 del decreto-legge in esame come riformulato in sede di conversione in legge, solo ai contratti a tempo determinato ovvero ai rinnovi di quelli in essere, stipulati successivamente all'entrata in vigore della presente legge di conversione.
9/2486-AR/23Bargero, Peluffo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge del decreto legge n. 90 del 2014, recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», reca un contenuto ampio ed articolato, riconducibile ad ambiti di intervento del settore pubblico, quali la pubblica amministrazione e il settore della giustizia (principalmente civile, amministrativa e tributaria) o settori ad esso riconducibili (enti controllati, contratti pubblici ed eventi sottoposti a poteri di intervento pubblicistici);
    il provvedimento affronta inoltre ulteriori materie, riferibili in particolare agli enti locali attraverso gli articoli 22-bis e 23-ter che intervengono per il differimento del termine di entrata in vigore dell'obbligo di centrali uniche di committenza al 1o gennaio 2015 per l'acquisizione di beni e servizi e al 1o luglio 2015 per le gare di appalto di opere e lavori pubblici;
    la fissazione dei termini della nuova disciplina, che prevede la centralizzazione delle procedure di acquisizione dei suindicati lavori, per tutti i comuni non capoluogo di provincia, attraverso forme di aggregazione, esclude come disposto dai commi 2 e 3 del suindicato articolo 23-ter, l'applicazione della disciplina medesima ai comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, limitatamente agli acquisti di beni, servizi e lavori di valore inferiore ai 40.000 euro;
    tale decisione appare restrittiva e penalizza le attività produttive ed economiche di numerose comunità locali, la cui densità abitativa risulta tuttavia inferiore alla suindicata cifra;
    appare pertanto necessario prevedere l'attribuzione delle misure in precedenza indicate, ampliando la platea degli enti locali, riproducendo peraltro gli effetti già indicati dal comma 343 della legge di stabilità 2014, al fine di consentire anche per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, l'adesione alla centrale unica di committenza,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme citate, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere anche per i «piccoli comuni» con popolazione superiore a 5 mila abitanti, le acquisizioni di lavori, servizi e forniture, di valore inferiore ai 40.000 euro, effettuate in economia mediante forme di aggregazione, come indicato dall'articolo 23-ter esposto in premessa che fissa i nuovi termini per l'entrata in vigore della nuova disciplina che prevede la centralizzazione.
9/2486-AR/24Garofalo, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    premesso che il decreto legge n. 90 del 2014, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, reca una serie di disposizioni che, conformemente a quanto previsto dall'articolo 97 della Costituzione, sono dirette ad assicurare il buon andamento e l'imparzialità della pubblica amministrazione;
    l'articolo 1 del decreto-legge detta, in particolare, norme volte a favorire il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, disponendo, in particolare, l'abrogazione di talune disposizioni normative che regolano l'istituto del trattenimento in servizio e l'ampliamento dell'ambito applicativo dell'istituto della risoluzione unilaterale del contratto da parte della P.A. nei confronti dei dipendenti che abbiano maturato i requisiti pensionistici;
    con riferimento all'istituto del richiamo in servizio del personale militare restano in vigore le disposizioni di cui agli articoli 992 e 993 del decreto legislativo n. 66 del 2010 sebbene il comma 4 dell'articolo 1 del citato decreto legge n. 90 del 2014, nel testo presentato alla Camera ed oggetto di soppressione nel corso dell'esame in sede referente del provvedimento, limitasse alla data del 31 dicembre 2015 la possibilità di trattenere in servizio il personale militare richiamato dall’ ausiliaria ai sensi degli articoli 992 e 993 del Codice dell'ordinamento militare;
    il Ministero della difesa, da ultimo nel Documento previsionale programmatico per la difesa per il triennio 2014-2016, ha dichiarato di voler fare un uso limitato dell'istituto del richiamo in servizio oltre i limiti di età. Al riguardo, è importante ricordare che è da tempo in corso di realizzazione nell'ambito dell'amministrazione della difesa una revisione interna per effetto della quale l'organico del personale militare passerà a regime dai 190.000 militari effettivi a 150.000, con un decremento secco di circa 40.000 militari, riducendo parallelamente i ruoli del personale civile di 10.000 posizioni organiche;
    ad oggi risultano richiamati in servizio, a titolo gratuito, con decreto del Ministro della difesa, circa 500 marescialli dell'Arma dei Carabinieri per assicurare, tra l'altro, la copertura di numerose posizioni di comando di stazioni di carabinieri:
     l'istituto del richiamo in servizio non è un diritto soggettivo del dipendente ma una facoltà attribuita all'Amministrazione per esigenze funzionali,

impegna il Governo:

   a rivedere la normativa concernente i richiami del personale militare. In linea con le finalità del decreto-legge in esame;
   in attesa di tale revisione a:
    contenere i richiami per altre Amministrazioni a quelli strettamente indispensabili, quali quelli per esigenze di protezione civile, in caso di emergenze e per supplenze di professionalità non altrimenti disponibili con immediatezza;
    limitare, nell'ambito dell'Amministrazione della Difesa, il ricorso all'istituto del richiamo in servizio del personale militare ai casi in cui ciò risulti effettivamente necessario per esigenze funzionali non altrimenti assolvibili, delle Forze Armate, compresa l'Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza, comunque salvaguardando i richiami dal Ruolo d'Onore e per le Forze di Completamento;
    valutare la possibilità del distacco a domanda presso gli Enti e Reparti dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato di un congruo numero di Marescialli, ritenuti in esubero nelle tre Forze Armate, per assegnarli a compiti nel settore logistico, tecnico e amministrativo, al fine di consentire al personale in servizio effettivo a tali Forze di polizia l'attribuzione di compiti operativi, ivi compresi i Comandi di Stazione Carabinieri.
9/2486-AR/25Scanu, Villecco Calipari, Aiello, Bolognesi, D'Arienzo, Ferro, Fioroni, Fontanelli, Carlo Galli, Garofani, Gregori, Marantelli, Massa, Moscatt, Salvatore Piccolo, Giuditta Pini, Stumpo, Valeria Valente, Zanin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'accesso alla carriera di segretario comunale e provinciale è preceduto da un iter selettivo particolarmente duro; il Ministero dell'interno, cui di recente è stata nuovamente trasferita la competenza della gestione dell'albo nazionale, bandisce un concorso per l'ammissione di un certo numero di borsisti a un successivo corso;
    in particolare, è ammesso al corso un numero di borsisti superiore del 30 per cento rispetto al numero di segretari da iscrivere all'albo nazionale alla fine del corso;
    attualmente, si sta svolgendo la procedura del quinto corso selettivo di formazione (COA V): su 260 borsisti saranno iscritti all'albo nazionale 200 segretari;
    peraltro, anche la stessa iscrizione all'albo nazionale non comporterà per i 200 soggetti un'automatica assunzione in servizio presso un comune o una provincia, per via della speciale normativa riguardante i segretari, che devono necessariamente essere nominati da un sindaco, con ciò determinando una prevedibile e ulteriore dilatazione dei tempi di immissione in servizio;
    alla luce del fatto che l'assunzione è tutt'altro che certa, appare necessario inserire nell'ordinamento una tutela per i dipendenti pubblici che partecipano al corso, garantendo loro la possibilità di essere collocati di diritto in aspettativa su domanda e di poter conservare così il posto di lavoro;
    a legislazione vigente, il dipendente pubblico che accede al corso per segretari presso la Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno (SSAI) ha due alternative: chiedere un'aspettativa, verosimilmente per motivi personali e familiari, la cui concessione però è subordinata al parere favorevole dell'amministrazione ed è tutt'altro che scontata, oppure licenziarsi correndo il rischio, qualora non sia tra i vincitori, di perdere il vecchio posto di lavoro e di non riuscire a ottenere il nuovo;
    garanzie ben diverse sono invece offerta dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 272 del 2004 a chi è ammesso al corso per l'accesso alla qualifica di dirigente presso le amministrazioni centrali tenuto dalla Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA);
    i commi 2 e 3 dell'articolo 16 del citato regolamento prevedono rispettivamente che «Agli allievi del corso-concorso selettivo dipendenti pubblici è corrisposto, a cura dell'amministrazione di appartenenza, il trattamento economico in godimento, senza alcun trattamento di missione. L'importo corrisposto sarà rimborsato dall'amministrazione di destinazione del dipendente all'amministrazione che lo ha anticipato. Qualora il trattamento economico del dipendente sia inferiore a millecinquecento euro mensili, la Scuola nazionale dell'amministrazione corrisponde un'integrazione... Gli allievi del corso-concorso selettivo dipendenti pubblici sono collocati a disposizione della Scuola nazionale dell'amministrazione con il riconoscimento dell'anzianità di servizio a tutti gli effetti di legge»: si tratta di una tutela molto ampia offerta dall'ordinamento che prevede quindi, oltre la conservazione del posto di lavoro, anche un congruo trattamento economico;
    per i dipendenti pubblici ammessi a frequentare il corso per segretari comunali presso la SSAI, invece, è stabilita solo la concessione di una borsa di studio, ai sensi dell'articolo 16, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997, e non è previsto nessun diritto all'aspettativa con conservazione del posto di lavoro, come invece avviene per i borsisti presso la SNA;
    tale vuoto normativo causa un'evidente e irragionevole disparità di trattamento tra due categorie, entrambe chiamate a concorrere, con le loro competenze professionali già acquisite e con quelle da acquisire durante il corso di formazione, al miglioramento della macchina amministrativa del Paese;
    il ruolo del segretario comunale e provinciale, anche in forza delle recenti novità normative, è certamente equiparabile, per responsabilità e funzioni, seppure nella sua specialità, a quello di un dirigente pubblico nel particolare ambito delle autonomie locali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure che garantiscano ai dipendenti pubblici che frequentano il corso per segretari comunali e provinciali una tutela economica analoga a quella garantita ai borsisti presso la SNA, o almeno la collocazione di diritto in aspettativa.
9/2486-AR/26Vezzali.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 23, comma 1, lettera d), e), f) del decreto interviene sulla disciplina che regola il rinnovo degli organi di governo delle Province ai sensi della legge n. 56 del 2014, modificando il procedimento previsto ai commi 79, 81 e 82 dell'articolo 1 della medesima allo scopo di rendere contestuali le elezioni del consiglio provinciale e del presidente della Provincia. Tale novella, per un verso, stabilisce che nelle province a scadenza nel 2014 entrambe le elezioni siano svolte (e non solo più convocate) entro il termine del 12 ottobre di quest'anno, perseguendo un rinnovo in tempi certi per entrambi gli organi, tuttavia, per altro verso, elimina il termine temporale perentorio, previsto dal testo originario della legge n. 56 al 31 dicembre 2014, per la decadenza degli organi provvisori, stabilendo che questi vengono meno al momento dell'insediamento dei nuovi (regola valida sia per la provincia a scadenza quest'anno sia per le altre);
    tale situazione normativa, in caso di ritardi nella convocazione e nello svolgimento delle elezioni da tenersi entro il 12 ottobre (termine non sanzionato), potrebbe determinare una durata in carica degli organi provvisori (gli ex presidenti e le giunte ovvero i commissari di governo) potenzialmente illimitata o comunque ben maggiore rispetto al termine del 12 ottobre o quello originariamente previsto del 31 dicembre, non sussistendo più l'incentivo ad un rapido rinnovo fornito dal termine certo di decadenza proprio nei confronti di quegli organi provvisori che contestualmente hanno titolo a convocare i comizi elettorali;
    è perciò opportuno che il Governo, nel verificare l'attuazione della normativa in parola, effettui controlli efficaci e metta in atto ogni soluzione praticabile per garantire un rispetto dei termini previsti e, in ogni caso, una rapida conclusione della fase transitoria,

impegna il Governo

ad attuare efficaci controlli sul rispetto dei termini di convocazione e svolgimento delle elezioni dei nuovi organi provinciali, adottando ogni soluzione praticabile a questo scopo e prevenendo ogni indebito ritardo.
9/2486-AR/27Mazziotti Di Celso, Balduzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 53, comma 2, secondo periodo, del decreto assegna al Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro della giustizia, il potere di rivedere in aumento, con proprio decreto, il contributo unificato di cui al comma 1 della disposizione, al fine di provvedere alle minori entrate rispetto alle quali l'incremento di detto contributo (ai sensi del medesimo comma 1) fornisce copertura finanziaria;
    tale potere, per il quale le norme in parola non individuano alcun criterio di esercizio se non quello implicito nella necessità che l'aumento del contributo sia sufficiente alla compensazione delle minori entrate, mostra elementi di tensione con la riserva di legge, pur relativa, di cui all'articolo 23 Cost., nella parte in cui non riceve dal legislatore alcuna indicazione rispetto alla misura dell'aumento rispetto alle diverse fasce di contribuzione;
    l'onere informativo disposto dal comma 3 della disposizione a beneficio delle Camere si configura come successivo e quindi non pone in condizione le stesse di adottare soluzioni di compensazione delle minori entrate alternative a quella del comma 2, nel caso in cui l'aumento del contributo unificato – i cui effetti, si rammenta, si riverberano direttamente sull'inviolabile diritto d'azione di cui all'articolo 24 Cost. – dovesse risultare parzialmente o complessivamente eccessivo ed ingiusto;
    tale criticità verrebbe almeno contenuta da un'informativa preventiva anziché successiva del Governo alle Camere nell'ipotesi prevista al comma 2, primo periodo,

impegna il Governo

ad informare in via preventiva le Camere o, almeno, le Commissioni competenti sia sui risultati del monitoraggio di cui al comma 2, primo periodo, dell'articolo 3 in parola, sia sui provvedimenti necessari alla compensazione delle minori entrate di cui al secondo periodo di detto comma, nonché a consultare le medesime Commissioni competenti prima dell'adozione di tali provvedimenti, anche allo scopo di valutare soluzioni alternative.
9/2486-AR/28Balduzzi, Mazziotti Di Celso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attuale formulazione dell'articolo 7 del decreto-legge in esame, non sembra assicurare una genuina rappresentanza democratica all'interno dell'ambiente di lavoro; i sindacati maggioritari, verrebbero penalizzati solo marginalmente dal taglio del 50 per cento dei distacchi, in quanto, per numero di iscritti, avrebbero comunque risorse proprie sufficienti per le loro iniziative di difesa delle prerogative dei lavoratori e per la tutela dei loro diritti;
    ad essere maggiormente penalizzati sono i sindacati autonomi, che per numero di iscritti – si pensi ai sindacati di Polizia o ai sindacati autonomi del Personale del Ministero degli esteri, confrontati con problematiche peculiari proprie di quei lavoratori – non sarebbero in grado di accantonare sufficienti risorse organizzative per portare avanti i loro compiti di rappresentanza e di tutela dei loro affiliati;
    l'attività delle associazioni di rappresentanza, infatti, è indirizzata al concepimento di azioni di carattere generale che si sostanziano, principalmente, nella predisposizione di piattaforme rivendicative, di reti informative per i loro iscritti, ecc., attività, quindi, di carattere generale indipendenti dal numero di iscritti rappresentati;
    paradossalmente i sindacati maggioritari trarrebbero un indiscusso vantaggio a scapito dei secondi, della cui concorrenza verrebbero in tal modo liberati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere attraverso ulteriori iniziative normative, nell'ambito della riduzione complessiva dei distacchi e dei permessi sindacali, una diversa graduazione dei tagli tra le varie organizzazioni rappresentative, tale da non penalizzare eccessivamente quelle la cui percentuale di rappresentatività non ecceda la soglia del 15 per cento, calcolata ai sensi dell'articolo 43 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, assicurando così un'equa rappresentanza di tutti i lavoratori.
9/2486-AR/29Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame interviene, tra le altre, in materia di società partecipate da enti pubblici, nazionali, locali e territoriali, allo scopo di attuare una mappatura delle partecipazioni e dei relativi asset ai fini di procedere ad una razionalizzazione e ad un efficientamento;
    un processo di razionalizzazione comprende uno sforzo, da parte degli enti proprietari, che deve coniugarsi con il rispetto dei vincoli di bilancio del settore pubblico, derivanti anche da obblighi comunitari e dai corrispondenti tagli imposti negli ultimi anni a carico degli enti locali;
    gli enti locali sono le strutture che maggiormente risentono del combinato disposto delle normative di riduzione dei fondi e allo stesso tempo della aumentata domanda di servizi;
    le esigenze di bilancio degli enti locali stessi, insieme con le normative sui servizi pubblici locali, sempre più spesso impongono la cessione delle partecipazioni comunali o provinciali in enti o società interamente partecipati dagli enti locali, ma l'attuale normativa impone un regime fiscale contraddittorio sulle plusvalenze di tali cessioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre in futuri provvedimenti una disposizione che permetta, in caso di cessione, entro un termine prestabilito, delle partecipazioni in enti o società interamente partecipati da enti locali, di escludere le eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione dal reddito imponibile e in capo all'ente locale interessato.
9/2486-AR/30Matteo Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame interviene, tra le altre, in materia di società partecipate da enti pubblici, nazionali, locali e territoriali, allo scopo di attuare una mappatura delle partecipazioni e dei relativi asset ai fini di procedere ad una razionalizzazione e ad un efficientamento;
    un processo di razionalizzazione comprende uno sforzo, da parte degli enti proprietari, che deve coniugarsi con il rispetto dei vincoli di bilancio del settore pubblico, derivanti anche da obblighi comunitari e dai corrispondenti tagli imposti negli ultimi anni a carico degli enti locali;
    gli enti locali sono le strutture che maggiormente risentono del combinato disposto delle normative di riduzione dei fondi e allo stesso tempo della aumentata domanda di servizi;
    le esigenze di bilancio degli enti locali stessi, insieme con le normative sui servizi pubblici locali, sempre più spesso impongono la cessione delle partecipazioni comunali o provinciali in enti o società interamente partecipati dagli enti locali, ma l'attuale normativa impone un regime fiscale contraddittorio sulle plusvalenze di tali cessioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre, compatibilmente con i vincoli di bilancio, in futuri provvedimenti una disposizione che permetta, in caso di cessione, entro un termine prestabilito, delle partecipazioni in enti o società interamente partecipati da enti locali, di escludere le eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione dal reddito imponibile e in capo all'ente locale interessato.
9/2486-AR/30. (Testo modificato nel corso della seduta) Matteo Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame prevede, a compensazione delle minori entrate derivanti da alcuni articoli del decreto, l'aumento generalizzato del contributo unificato per l'iscrizione a ruolo nel processo civile;
    a norma rischia di avere effetti distorsivi per quel che riguarda il diritto di ricorso per bassi importi: la soglia minima viene infatti portata a 43 euro, con il risultato che il ricorso per alcune tipologie di contenziosi con l'amministrazione pubblica, ad esempio una contravvenzione di 50 euro, l'entità del contributo equivale quasi alla cifra contestata;
    in questo modo viene di fatto meno la possibilità del diritto al ricorso per i cittadini, necessario per contemperare alcune tentazioni per enti pubblici di «fare cassa» con gli strumenti sanzionatori,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi dell'aumento del contributo unificato di cui al comma 1, lettera a), dell'articolo 53 del decreto in esame, rivedendo tempestivamente, laddove si ravvisassero distorsioni, le disposizioni in esame.
9/2486-AR/31Invernizzi.


   La Camera,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi dell'aumento del contributo unificato di cui al comma 1, lettera a), dell'articolo 53 del decreto in esame, rivedendo tempestivamente, laddove si ravvisassero distorsioni, le disposizioni in esame.
9/2486-AR/31. (Testo modificato nel corso della seduta) Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto è basato in parte su coperture finanziarie prodotte dai risparmi di spesa che dovrebbero derivare dalla cd «spending review», risparmi che dovrebbero prodursi già dall'anno in corso, a pena di violazione dell'articolo 81 della Costituzione;
    a fronte di tali disposizioni non esiste ad oggi nessun riscontro sulle cifre effettive che si possano risparmiare né con quale tempistica. La concreta attività di analisi è stata demandata a numerose commissioni tecniche composte da numerosi esperti;
    da notizie di stampa e da dichiarazioni degli stessi partecipanti ai tavoli di analisi della spesa, apprendiamo che all'inizio di marzo 2014, cioè più di quattro mesi fa, sono stati consegnati al commissario Cottarelli 25 documenti pdf che contengono le relazioni finali dei gruppi di lavoro;
    da allora, tali documenti non hanno avuto apparentemente alcun seguito, e soprattutto non sono stati in alcun modo divulgati o resi consultabili, in spregio alla decantata opera di trasparenza alla quale i Governi di sinistra di questa legislatura si sono richiamati;
    non ve ne è traccia sul sito internet appositamente dedicato alla revisione della spesa, dove è prevista una sezione apposita chiamata Revisione aperta, all'interno della quale «(...) verranno inseriti progressivamente tutti i dati e le informazioni disponibili sulla spesa e sui risultati raggiunti dall'attività di Revisione della spesa»;
    benché le concrete decisioni normative per l'applicazione dei provvedimenti di spending review debbano essere liberamente assunti dal Governo e adottati dopo il confronto parlamentare, appare legittimo che i cittadini-contribuenti abbiano il diritto di sapere quali suggerimenti siano contenuti nei documenti elaborati dai tavoli tecnici,

impegna il Governo

a rendere noti i risultati dell'analisi condotta dai 25 gruppi di lavoro sulla revisione della spesa consegnati al commissario nonché le tempistiche con i quali saranno messi in atto i primi provvedimenti di spending review.
9/2486-AR/32Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto è basato in parte su coperture finanziarie prodotte dai risparmi di spesa che dovrebbero derivare dalla cd «spending review», risparmi che dovrebbero prodursi già dall'anno in corso, a pena di violazione dell'articolo 81 della Costituzione;
    a fronte di tali disposizioni non esiste ad oggi nessun riscontro sulle cifre effettive che si possano risparmiare né con quale tempistica. La concreta attività di analisi è stata demandata a numerose commissioni tecniche composte da numerosi esperti;
    da notizie di stampa e da dichiarazioni degli stessi partecipanti ai tavoli di analisi della spesa, apprendiamo che all'inizio di marzo 2014, cioè più di quattro mesi fa, sono stati consegnati al commissario Cottarelli 25 documenti pdf che contengono le relazioni finali dei gruppi di lavoro;
    da allora, tali documenti non hanno avuto apparentemente alcun seguito, e soprattutto non sono stati in alcun modo divulgati o resi consultabili, in spregio alla decantata opera di trasparenza alla quale i Governi di sinistra di questa legislatura si sono richiamati;
    non ve ne è traccia sul sito internet appositamente dedicato alla revisione della spesa, dove è prevista una sezione apposita chiamata Revisione aperta, all'interno della quale «(...) verranno inseriti progressivamente tutti i dati e le informazioni disponibili sulla spesa e sui risultati raggiunti dall'attività di Revisione della spesa»;
    benché le concrete decisioni normative per l'applicazione dei provvedimenti di spending review debbano essere liberamente assunti dal Governo e adottati dopo il confronto parlamentare, appare legittimo che i cittadini-contribuenti abbiano il diritto di sapere quali suggerimenti siano contenuti nei documenti elaborati dai tavoli tecnici,

impegna il Governo

a individuare le modalità attraverso le quali rendere noti i risultati dell'analisi condotta dai 25 gruppi di lavoro sulla revisione della spesa consegnati al commissario nonché le tempistiche con i quali saranno messi in atto i primi provvedimenti di spending review.
9/2486-AR/32. (Testo modificato nel corso della seduta) Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto ministeriale n. 279 del 2001, al fine di assicurare specifiche forme di tutela ai soggetti affetti da malattie rare, ha istituto la Rete nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare;
    la Rete è costituita da Presidi accreditati, preferibilmente ospedalieri, appositamente individuati dalle Regioni, aventi documentata esperienza in attività diagnostica o terapeutica specifica per le malattie rare e da Centri interregionali che, oltre a coordinare i Presidi della Rete, gestiscono il Registro interregionale delle malattie rare (in coordinamento con il Registro nazionale istituito presso l'Istituto superiore di sanità), lo scambio delle informazioni con gli altri Centri e con organismi internazionali competenti, l'informazione ai cittadini ed alle associazioni dei malati e dei loro familiari in ordine alle malattie rare ed alla disponibilità dei farmaci;
    il decreto reca l'elenco delle malattie rare per le quali è riconosciuto il diritto all'esenzione, dalla partecipazione al costo per le correlate prestazioni di assistenza sanitaria. Tale elenco ne prevede circa 600, classificate per branca patologica. Per consentire l'identificazione univoca delle malattie rare ai fini dell'esenzione, a ciascuna malattia o gruppo di malattie è associato uno specifico codice identificativo;
    il Piano nazionale delle malattie rare era stato presentato, in bozza, nell'ottobre 2012, e affidato al confronto degli addetti ai lavori (associazioni di malati, società scientifiche, presidi della rete nazionale delle malattie rare). In esso trova spazio anzitutto il tema dell'assistenza, ad iniziare dall'organizzazione della rete dei presidi, dal sistema di monitoraggio (il Registro nazionale) e dal percorso diagnostico e assistenziale (una diagnosi tempestiva consente un trattamento appropriato fin dalla fase iniziale con un sensibile miglioramento della qualità di vita). Viene affrontato anche il tema della formazione professionale degli operatori sanitari (le associazioni in tal senso si sono espresse per l'obbligatorietà dello studio delle malattie rare nei percorsi di studio dei medici),

impegna il Governo

attraverso apposito decreto ad aggiornare l'elenco delle malattie rare per le quali è prevista l'esenzione dal costo delle prestazioni sanitarie che risale all'anno 2001, anno nel quale fu approvato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che definiva i Lea, i livelli essenziali di assistenza, con grave svantaggio per coloro che sono stati colpiti da patologie non ancora esplicitamente contemplate in quell'elenco.
9/2486-AR/33Rondini, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto ministeriale n. 279 del 2001, al fine di assicurare specifiche forme di tutela ai soggetti affetti da malattie rare, ha istituto la Rete nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare;
    la Rete è costituita da Presidi accreditati, preferibilmente ospedalieri, appositamente individuati dalle Regioni, aventi documentata esperienza in attività diagnostica o terapeutica specifica per le malattie rare e da Centri interregionali che, oltre a coordinare i Presidi della Rete, gestiscono il Registro interregionale delle malattie rare (in coordinamento con il Registro nazionale istituito presso l'Istituto superiore di sanità), lo scambio delle informazioni con gli altri Centri e con organismi internazionali competenti, l'informazione ai cittadini ed alle associazioni dei malati e dei loro familiari in ordine alle malattie rare ed alla disponibilità dei farmaci;
    il decreto reca l'elenco delle malattie rare per le quali è riconosciuto il diritto all'esenzione, dalla partecipazione al costo per le correlate prestazioni di assistenza sanitaria. Tale elenco ne prevede circa 600, classificate per branca patologica. Per consentire l'identificazione univoca delle malattie rare ai fini dell'esenzione, a ciascuna malattia o gruppo di malattie è associato uno specifico codice identificativo;
    il Piano nazionale delle malattie rare era stato presentato, in bozza, nell'ottobre 2012, e affidato al confronto degli addetti ai lavori (associazioni di malati, società scientifiche, presidi della rete nazionale delle malattie rare). In esso trova spazio anzitutto il tema dell'assistenza, ad iniziare dall'organizzazione della rete dei presidi, dal sistema di monitoraggio (il Registro nazionale) e dal percorso diagnostico e assistenziale (una diagnosi tempestiva consente un trattamento appropriato fin dalla fase iniziale con un sensibile miglioramento della qualità di vita). Viene affrontato anche il tema della formazione professionale degli operatori sanitari (le associazioni in tal senso si sono espresse per l'obbligatorietà dello studio delle malattie rare nei percorsi di studio dei medici),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, attraverso apposito decreto, di aggiornare l'elenco delle malattie rare per le quali è prevista l'esenzione dal costo delle prestazioni sanitarie che risale all'anno 2001, anno nel quale fu approvato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che definiva i Lea, i livelli essenziali di assistenza, con grave svantaggio per coloro che sono stati colpiti da patologie non ancora esplicitamente contemplate in quell'elenco.
9/2486-AR/33. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rondini, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 17 del provvedimento in esame, nell'ambito di misure di semplificazione, si prevede l'unificazione delle banche dati delle società partecipate;
    sembra importante eliminare le duplicazioni normative e procedurali oggi esistenti anche nel campo giuridico-amministrativo della circolazione fisica e giuridica dei veicoli, realizzando così risparmi di spesa e, soprattutto, la massima semplificazione tecnica e operativa;
    attualmente, la gestione separata e parallela dei procedimenti di registrazione della proprietà (di competenza del Pra) e di immatricolazione dei veicoli (di competenza del Ministero dei trasporti) rende ancora necessaria una duplice istanza da parte dei cittadini, una per la registrazione e una per l'immatricolazione; una duplice acquisizione di dati da parte di due banche dati; un duplice provvedimento di autorizzazione da parte delle amministrazioni interessate per le rispettive parti di competenza; due distinti documenti, il certificato di proprietà e la carta di circolazione, da rilasciare all'utenza;
    negli altri Paesi europei non esiste un pubblico registro automobilistico per la registrazione dei veicoli, ma esistono archivi in cui sono registrati i dati tecnici e di proprietà, così come esiste in Italia l'archivio nazionale veicoli, istituito ai sensi degli articoli 225 e 226 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, che tiene nota di tutte le variazioni di proprietà, le revisioni, le informazioni sui proprietari, gli incidenti. In Italia però, i proprietari dei veicoli già registrati all'archivio nazionale, devono nuovamente fare una registrazione del mezzo presso il pubblico registro automobilistico;
    il decreto del Presidente della Repubblica n. 358 del 2000, all'articolo 1 dispone che «in attesa della riforma del regime giuridico degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi e del conseguente riordino amministrativo, viene istituito lo sportello telematico dell'automobilista, allo scopo di semplificare i procedimenti relativi all'immatricolazione, alla reimmatricolazione, alla registrazione della proprietà, ai passaggi di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei loro rimorchi.»;
    tuttora la riforma del regime giuridico e il conseguente riordino amministrativo degli autoveicoli e motoveicoli non è avvenuta e una semplificazione delle procedure relative a immatricolazioni e atti di proprietà sembra necessaria e improcastinabile,

impegna il Governo

a mettere in atto tutte le azioni di carattere normativo necessarie per far sì che i mutamenti riguardanti l'intestazione dei veicoli, secondo quanto previsto dal Codice della strada, e gli eventi giuridico-patrimoniali sui veicoli medesimi, si registrino unicamente presso l'Archivio nazionale dei veicoli di cui agli articolo 225 e 226 del Codice della strada, procedendo quindi contestualmente alla soppressione del Pubblico Registro Automobilistico e al trasferimento presso l'Archivio nazionale dei compiti e delle funzioni fino ad oggi attribuite al Pubblico registro medesimo.
9/2486-AR/34Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    esprimendo preoccupazione per l'evidente crescita della pressione della criminalità sul territorio, in speciale accentuazione nelle regioni centro-settentrionali del Paese, nelle quali nel periodo 2009-20 13 le rapine in casa sono aumentate del 90 per cento, quelle per strada del 75 per cento, i furti nelle abitazioni del 69 per cento, i borseggi del 48 per cento – sia per gli effetti della crisi economica che per il crescere del numero degli immigrati irregolari presenti nel nostro Paese, responsabili del 63 per cento dei borseggi, del 54 per cento dei furti in casa e del 47 per cento delle rapine;
    rilevando come la persistenza del blocco parziale del turn over del personale delle forze dell'ordine implichi, secondo le organizzazioni sindacali della polizia, la perdita di qui al 2020 di ben 80mila effettivi nel comparto sicurezza – 35 mila poliziotti, 30 mila carabinieri e 15 mila finanzieri – praticamente tra i 150 ed i 180 uomini in meno al giorno;
    sottolineando come, di qui al 2020, inoltre, l'età media del personale del compatto possa aumentare fino ai 53 anni, circostanza che implicherebbe evidentemente una sensibile riduzione dell'efficienza operativa di poliziotti, carabinieri e finanzieri;
    osservando come, sempre per risparmiare, saranno altresì chiusi non meno di 300 uffici, razionalizzando la presenza sul territorio delle tre polizie del nostro Paese ad ordinamento civile e militare, ma di fatto diradando sensibilmente il personale effettivamente disponibile per l'azione di presidio e prevenzione del crimine;
    il tuffo accade mentre già adesso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell'interno è obbligato dalle circostanze a movimentare di continuo e con brevi preavvisi il personale per tappare le falle che si aprono ovunque nel controllo del territorio,

impegna il Governo

a varare nel minor tempo possibile misure che reintegrino il turn over al 100 per cento del personale in uscita dalle Forze dell'ordine e dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, in modo tale da frenarne la riduzione e l'invecchiamento degli organici, se necessario impiegando a tale scopo anche le risorse risparmiate tramite l'eventuale ridimensionamento o rimodulazione dei programmi pluriennali di acquisizione di armamenti più controversi.
9/2486-AR/35Molteni.


   La Camera,
   premesso che:
    esprimendo preoccupazione per l'evidente crescita della pressione della criminalità sul territorio, in speciale accentuazione nelle regioni centro-settentrionali del Paese, nelle quali nel periodo 2009-20 13 le rapine in casa sono aumentate del 90 per cento, quelle per strada del 75 per cento, i furti nelle abitazioni del 69 per cento, i borseggi del 48 per cento – sia per gli effetti della crisi economica che per il crescere del numero degli immigrati irregolari presenti nel nostro Paese, responsabili del 63 per cento dei borseggi, del 54 per cento dei furti in casa e del 47 per cento delle rapine;
    rilevando come la persistenza del blocco parziale del turn over del personale delle forze dell'ordine implichi, secondo le organizzazioni sindacali della polizia, la perdita di qui al 2020 di ben 80mila effettivi nel comparto sicurezza – 35 mila poliziotti, 30 mila carabinieri e 15 mila finanzieri – praticamente tra i 150 ed i 180 uomini in meno al giorno;
    sottolineando come, di qui al 2020, inoltre, l'età media del personale del compatto possa aumentare fino ai 53 anni, circostanza che implicherebbe evidentemente una sensibile riduzione dell'efficienza operativa di poliziotti, carabinieri e finanzieri;
    osservando come, sempre per risparmiare, saranno altresì chiusi non meno di 300 uffici, razionalizzando la presenza sul territorio delle tre polizie del nostro Paese ad ordinamento civile e militare, ma di fatto diradando sensibilmente il personale effettivamente disponibile per l'azione di presidio e prevenzione del crimine;
    il tuffo accade mentre già adesso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell'interno è obbligato dalle circostanze a movimentare di continuo e con brevi preavvisi il personale per tappare le falle che si aprono ovunque nel controllo del territorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di varare nel minor tempo possibile misure che reintegrino il turn over al 100 per cento del personale in uscita dalle Forze dell'ordine e dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, in modo tale da frenarne la riduzione e l'invecchiamento degli organici, se necessario impiegando a tale scopo anche le risorse risparmiate tramite l'eventuale ridimensionamento o rimodulazione dei programmi pluriennali di acquisizione di armamenti più controversi.
9/2486-AR/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Molteni.


   La Camera,
   premesso che:
    apprezzando gli sforzi fatti per incrementare i servizi di prevenzione e controllo del territorio connessi allo svolgimento dell'Expo Milano 2015;
    rilevando come proprio a questo scopo siano previste delle deroghe alle disposizioni che attualmente limitano l'immissione di nuovo personale nell'Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato, del Corpo di Polizia penitenziaria e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco;
    osservando come queste misure tamponino un'emergenza più ampia, connessa agli effetti della spending review nel compatto sicurezza, in particolare sotto il profilo del blocco parziale al turn over del personale del compatto;
    ritenendo che occorra delineare con maggior precisione l'entità della minaccia alla legalità ed all'ordine pubblico nel nostro Paese – a breve, medio e lungo termine – allo scopo di determinare il livello ottimale di presenza sul territorio del nostro Paese delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, anche nella forma di un vero e proprio Libro Bianco, a similitudine di quanto sta accadendo nel campo della Difesa,

impegna il Governo

a rivedere le disposizioni concernenti il blocco parziale del turn over e la determinazione dei livelli degli organici delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco alla luce delle risultanze di un apposito Libro Bianco, elaborato dalle Amministrazioni degli interni e della giustizia e quindi discusso dal Parlamento, seguendo l'esempio fornito dal Ministero della Difesa.
9/2486-AR/36Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    apprezzando gli sforzi fatti per incrementare i servizi di prevenzione e controllo del territorio connessi allo svolgimento dell'Expo Milano 2015;
    rilevando come proprio a questo scopo siano previste delle deroghe alle disposizioni che attualmente limitano l'immissione di nuovo personale nell'Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato, del Corpo di Polizia penitenziaria e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco;
    osservando come queste misure tamponino un'emergenza più ampia, connessa agli effetti della spending review nel compatto sicurezza, in particolare sotto il profilo del blocco parziale al turn over del personale del compatto;
    ritenendo che occorra delineare con maggior precisione l'entità della minaccia alla legalità ed all'ordine pubblico nel nostro Paese – a breve, medio e lungo termine – allo scopo di determinare il livello ottimale di presenza sul territorio del nostro Paese delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, anche nella forma di un vero e proprio Libro Bianco, a similitudine di quanto sta accadendo nel campo della Difesa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere le disposizioni concernenti il blocco parziale del turn over e la determinazione dei livelli degli organici delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco alla luce delle risultanze di un apposito Libro Bianco, elaborato dalle Amministrazioni degli interni e della giustizia e quindi discusso dal Parlamento, seguendo l'esempio fornito dal Ministero della Difesa.
9/2486-AR/36. (Testo modificato nel corso della seduta) Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    rilevando come dalle norme all'esame dell'Assemblea risulti evidente la volontà del Governo di mantenere, se non addirittura rilanciare gli arsenali e di stabilimenti parte della cosiddetta area tecnico-industriale della Difesa, derogando a specifiche disposizioni varate nel contesto della spending review;
    osservando come la Corte dei conti abbia reso nota l'avvenuta attivazione del cosiddetto Polo del Munizionamento e della Demilitarizzazione da parte dell'Agenzia Industrie Difesa, senza che peraltro sia stata chiarita la missione istituzionale da questo perseguita;
    sottolineando come il destino dell'area tecnico-industriale della Difesa meriti un dibattito approfondito, dal momento che è in discussione la capacità delle Forze Armate di mantenere in efficienza un parco materiali da anni sottoposto all'usura eccezionale conseguente all'impiego dei mezzi su teatri spesso difficili, come quello afghano od iracheno,

impegna il Governo

a presentare quanto prima al Parlamento una relazione sulla riorganizzazione dell'area tecnico-industriale della Difesa.
9/2486-AR/37Marcolin, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    apprezzando la decisione di immettere nel Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco 1.030 nuovi effettivi, dettata dalla necessità di garantirne «gli standard operativi e i livelli di efficienza e di efficacia;
    stigmatizzando, tuttavia, la scelta di finanziare parte delle nuove assunzioni con le risorse destinate al personale volontario dei vigili del fuoco, già oggetto di altre misure vessatorie, come quelle varate nell'autunno del 2011, che imputano agli aspiranti vigili del fuoco volontari gli oneri connessi agli accertamenti clinico-strumentali e di laboratorio connessi alla loro selezione;
    rilevando, altresì, come i deficit di organico esistenti all'interno del Corpo potrebbero essere colmati proprio attingendo al bacino di capacità rappresentato dai vigili volontari;
    sottolineando come in almeno una circostanza, in Parlamento, il Governo abbia manifestato in passato la propria disponibilità a rivedere la situazione, correggendo la normativa di merito alla prima occasione utile, senza tuttavia aver finora tradotto in gesti concreti l'atteggiamento annunciato,

impegna il Governo

a trasferire, sfruttando all'uopo la prima occasione utile, dagli aspiranti vigili del fuoco volontari all'Amministrazione degli interni il pagamento degli oneri previsti dall'articolo 4, comma 14, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e quelli relativi agli accertamenti clinico-strumentali e di laboratorio indicati dall'Amministrazione per il reclutamento del personale volontario per le esigenze dei distaccamenti volontari del Corpo nazionale di cui all'articolo 9, comma 2, lettera b) del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
9/2486-AR/38Caparini, Molteni, Matteo Bragantini, Invernizzi, Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 prevede che le pubbliche amministrazioni non possano conferire incarichi ai soggetti già lavoratori pubblici e privati collocati in quiescenza;
    tale divieto, a seguito delle modifiche introdotte dalla Commissione di merito, riguarda non solo gli organi di governo di amministrazioni pubbliche, ma anche enti e società da essi controllate, e gli organi costituzionali che intendano adeguarsi alla normativa stessa nell'ambito della propria autonomia,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, nelle more di attuazione del provvedimento, la sospensione del trattamento pensionistico – per tutta la durata dell'incarico – ai lavoratori già in quiescenza che assumano incarichi presso quegli organi costituzionali che non si sono adeguati alla normativa di cui in premessa.
9/2486-AR/39Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato, in particolare, la disposizione di cui all'articolo 10 del provvedimento, in materia di abrogazione delle quote dei diritti di segreteria e del diritto di rogito spettante ai segretari comunali e provinciali;
    ritenuto che tale disposizione si inquadra in un'ottica di risparmio e di contenimento della spesa pubblica;
    la contingente situazione economica del Paese ha determinato in questi ultimi anni l'adozione di una serie di provvedimenti legislativi, alcuni dei quali anche di eccezionale portata, finalizzati a una rimodulazione della spesa pubblica, uno dei mali più grandi del nostro Paese;
    il presente disegno di legge interviene su alcuni settori della pubblica amministrazione rivedendone i costi di funzionamento e di gestione, al fine di consentire risparmi di spesa;
    sulla base di quanto già disposto dal decreto-legge n. 78 del 2010 in relazione all'agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, le cui funzioni vengono trasferite al Ministero dell'interno, è importante prevedere di rendere facoltativa, per i Comuni e le Province, la nomina del segretario;
    tale disposizione è finalizzata a portare un risparmio di spesa per gli enti locali e coerentemente con la strategia di liberalizzazione delle professioni, di permettere all'amministrazione di valutare secondo propri criteri discrezionali di avvalersi anche di altre categorie professionali, accrescendo, allo stesso tempo, con un bagaglio culturale differenziato, lo standard di qualità nell'ambito lavorativo delle amministrazioni locali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nella fase di redazione di un disegno di legge governativo che riorganizzi in modo razionale la governance degli enti locali, di introdurre la facoltà per i comuni e le province di nominare o meno il proprio segretario.
9/2486-AR/40Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma del federalismo fiscale segna una svolta senza precedenti nel nostro sistema Stato, Una riforma che contiene un rinnovato corpus volto a definire un sistema di finanza multilivello che declina in modo nuovo ed originale i rapporti tra Stato, Autonomie ed Unione europea, al fine di assicurare un coordinamento unitario e coerente non solo della finanza pubblica, ma delle stesse politiche pubbliche che si dipanano oggi tra i diversi livelli di governo;
    per poter tagliare la spesa in maniera selettiva occorre rispettare un principio basilare che è quello dell'individuazione dei fabbisogni standard e dell'applicazione consequenziale dei costi standard;
    i tagli non devono essere previsti sui bilanci consuntivi ma su quelli preventivi, cosa che ad oggi non viene fatta. Il passaggio dalla spesa storica al costo standard orienterà la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato;
    è necessario attivare il circuito della responsabilità, favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità attraverso il pieno compimento del passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo/fabbisogno standard (che finanzia i servizi) al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro,

impegna il Governo

ad attivarsi in tutte le sedi competenti, al fine di prevedere l'applicazione sistemica dell'individuazione dei fabbisogni standard e della relativa applicazione dei costi standard.
9/2486-AR/41Giancarlo Giorgetti, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma del federalismo fiscale segna una svolta senza precedenti nel nostro sistema Stato, Una riforma che contiene un rinnovato corpus volto a definire un sistema di finanza multilivello che declina in modo nuovo ed originale i rapporti tra Stato, Autonomie ed Unione europea, al fine di assicurare un coordinamento unitario e coerente non solo della finanza pubblica, ma delle stesse politiche pubbliche che si dipanano oggi tra i diversi livelli di governo;
    per poter tagliare la spesa in maniera selettiva occorre rispettare un principio basilare che è quello dell'individuazione dei fabbisogni standard e dell'applicazione consequenziale dei costi standard;
    i tagli non devono essere previsti sui bilanci consuntivi ma su quelli preventivi, cosa che ad oggi non viene fatta. Il passaggio dalla spesa storica al costo standard orienterà la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato;
    è necessario attivare il circuito della responsabilità, favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità attraverso il pieno compimento del passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo/fabbisogno standard (che finanzia i servizi) al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi in tutte le sedi competenti, al fine di prevedere l'applicazione sistemica dell'individuazione dei fabbisogni standard e della relativa applicazione dei costi standard.
9/2486-AR/41. (Testo modificato nel corso della seduta)  Giancarlo Giorgetti, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    talune disposizioni del provvedimento intendono perseguire finalità di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica;
    l'intervento contenuto nel cosiddetto «decreto cuneo fiscale», decreto-legge n. 65 del 2014, ha fissato a 240mila euro il tetto dei compensi dei dirigenti pubblici e dei manager delle società partecipate;
    ai sensi dell'articolo 24 del testo unico sul pubblico impiego il trattamento accessorio collegato ai risultati deve costituire almeno il 30 per cento della retribuzione complessiva del dirigente considerata al netto della retribuzione individuale di anzianità e degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell'onnicomprensività e che è esclusa da tale disposizione la dirigenza del Servizio sanitario nazionale;
    tale decreto-legge è un primo step di una più ampia riforma della pubblica amministrazione; da attuarsi con il disegno di legge delega già depositato presso il Senato della Repubblica,

impegna il Governo

a prevedere, fermo restando il tetto stipendiale omnicomprensivo, l'aumento della percentuale di trattamento economico collegato ai risultati spettante ai dirigenti pubblici e l'estensione di tale norma anche ai dirigenti del Servizio sanitario nazionale.
9/2486-AR/42Prataviera.


   La Camera,
   premesso che:
    il 3 luglio scorso, durante l'esame in Assemblea dei provvedimento in materia di salvaguardia dai nuovi requisiti di accesso al trattamento pensionistico (TU 224 e abb.) il Presidente della V Commissione è intervenuto in merito al dibattito apertosi sugli emendamenti riguardanti la cosiddetta «salvaguardia quota ’96» per dire che «Sappiamo tutti che questo provvedimento non vedrà la luce al Senato entro i termini necessari a noi per consentire a chi lavora nella scuola di andare in pensione. Quindi, se non è una bandierina – io non penso che sia una bandierina, perché abbiamo lavorato insieme nelle varie Commissioni per provare a risolvere questo problema – io assumo l'impegno, da presidente dello Commissione bilancio e a nome dei miei colleghi, a nome del presidente Damiano, della collega Ghizzoni (penso di poterlo dire a nome di tutti coloro che hanno sostenuto e votato all'unanimità la risoluzione Saltamartini), di presentare un emendamento che è già coperto, (...) Avete la mia garanzia che l'emendamento collettivo (...) dovrà essere proposto e approvato sul prossimo decreto, io penso su quello che ha a che fare con la riforma della pubblica amministrazione». [res. Sten. Assemblea 03.07.201];
    la copertura degli oneri derivanti dall'emendamento di cui sopra, individuata in un ulteriore aumento degli obiettivi di risparmio attesi dalla spending review, ha avuto il parere contrario dal Governo;
    pertanto, ancora una volta i colpiti dalla riforma Fornero, in questo caso il personale della scuola, rischiano di non essere tutelati causa mancanza di coordinamento e di chiarezza tra il Governo e la maggioranza parlamentare,

impegna il Governo

a mantenere la disposizione di cui in premessa ed assumersi la responsabilità di risolvere la questione cosiddetta «salvaguardia quota ’96» prima dell'avvio dell'anno scolastico 2014/2015.
9/2486-AR/43Fedriga, Prataviera.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 47 del provvedimento in esame si proroga il termine già ampiamente scaduto entro il quale le pubbliche amministrazioni devono comunicare al Ministero della giustizia il proprio indirizzo di posta elettronica certificata al fine di ricevere le comunicazioni e notificazioni del processo civile per via telematica;
    la posta certificata è un servizio di comunicazione elettronica che consente ai cittadini e alle imprese di dialogare con le Pubbliche Amministrazioni dotate di PEC posta elettronica certificata, facilitando in tal modo le comunicazioni e rendendole certe, efficaci ed economiche con la possibilità di fornire valore legale alle email così contraddistinte;
    questo provvedimento riconosce l'importanza per le pubbliche amministrazioni di avere una posta certificata e la comunicazione attraverso questo strumento;
    il servizio è offerto dal Governo italiano a titolo gratuito a tutti i cittadini italiani maggiorenni (anche se residenti all'estero) e a tutti i cittadini maggiorenni di nazionalità straniera residenti nel territorio italiano che ne facciano richiesta;
    come previsto dall'articolo 5, commi 1 e 2 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 a partire dal 30 giugno 2013 la PEC è obbligatoria anche per tutte le imprese costituite sia in forma individuale, oltre che per quelle societarie e deve essere comunicata al Registro imprese;
    le società non possono utilizzare il servizio in forma gratuita, ma devono necessariamente avvalersi di portali informatici a pagamento che gestiscono le iscrizioni e registrazioni,

impegna il Governo

a mettere in atto tutte le azioni necessarie, in un periodo di così grave crisi economica, al fine di agevolare le imprese nell'assolvimento del loro obbligo di dotarsi di un indirizzo di posta certificata, offrendo gratuitamente il servizio, così come accade per i singoli cittadini.
9/2486-AR/44Attaguile.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 47 del provvedimento in esame si proroga il termine già ampiamente scaduto entro il quale le pubbliche amministrazioni devono comunicare al Ministero della giustizia il proprio indirizzo di posta elettronica certificata al fine di ricevere le comunicazioni e notificazioni del processo civile per via telematica;
    la posta certificata è un servizio di comunicazione elettronica che consente ai cittadini e alle imprese di dialogare con le Pubbliche Amministrazioni dotate di PEC posta elettronica certificata, facilitando in tal modo le comunicazioni e rendendole certe, efficaci ed economiche con la possibilità di fornire valore legale alle email così contraddistinte;
    questo provvedimento riconosce l'importanza per le pubbliche amministrazioni di avere una posta certificata e la comunicazione attraverso questo strumento;
    il servizio è offerto dal Governo italiano a titolo gratuito a tutti i cittadini italiani maggiorenni (anche se residenti all'estero) e a tutti i cittadini maggiorenni di nazionalità straniera residenti nel territorio italiano che ne facciano richiesta;
    come previsto dall'articolo 5, commi 1 e 2 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 a partire dal 30 giugno 2013 la PEC è obbligatoria anche per tutte le imprese costituite sia in forma individuale, oltre che per quelle societarie e deve essere comunicata al Registro imprese;
    le società non possono utilizzare il servizio in forma gratuita, ma devono necessariamente avvalersi di portali informatici a pagamento che gestiscono le iscrizioni e registrazioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di mettere in atto tutte le azioni necessarie, in un periodo di così grave crisi economica, al fine di agevolare le imprese nell'assolvimento del loro obbligo di dotarsi di un indirizzo di posta certificata, offrendo gratuitamente il servizio, così come accade per i singoli cittadini.
9/2486-AR/44. (Testo modificato nel corso della seduta) Attaguile.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge di riforma e semplificazione della Pubblica amministrazione prevede la riduzione modulata dell'importo del diritto annuale, con l'intento della sua completa eliminazione, che le imprese versano alle Camere di Commercio;
    tuttavia, questo beneficio immediato potrebbe rivelarsi un boomerang in quanto metterebbe a rischio la sostenibilità del sistema camerale e, con esso, i numerosi servizi che fornisce a favore delle imprese, specialmente quelle di piccola dimensione;
    bisogna considerare che il trasferimento delle funzioni camerali ad altri enti pubblici potrebbe addirittura trasformarsi in un aggravio per i conti pubblici, dato che, in tal caso, non sarebbero le imprese a finanziare i servizi camerali, ma lo Stato stesso. Infine la proposta di riforma metterebbe a rischio 2.500 posti di lavoro, comporterebbe un aggravio alle casse dello Stato di 167 milioni di euro ed avrebbe un effetto recessivo complessivo di circa 2,5 miliardi di euro (pari allo 0,2 per cento del valore aggiunto nazionale);
    l'eventuale annullamento del diritto annuale costringerebbe le Camere di Commercio ad un ridimensionamento dei servizi a favore delle imprese, con un progressivo depauperamento del tessuto socioeconomico nei territori caratterizzati da una forte presenza delle piccole e medie imprese;
    verrebbero così messi in discussione i contributi per l'accesso al credito a beneficio delle imprese che, nel 2012, hanno superato gli 82 milioni di euro. Dall'inizio della crisi, i finanziamenti camerali al Confidi sono aumentati complessivamente dell'87 per cento; in particolare, le erogazioni verso il settore dell'artigianato sono incrementate del 134 per cento;
    di tale eliminazione totale ne risentirebbero anche i servizi di supporto all’export: attualmente le Camere di Commercio sono presenti in tutti i continenti grazie ad una diffusa rete di strutture e di collaborazioni con gli uffici camerali di altri Paesi. Diversamente dalle Camere di Commercio, gli istituti bancari e gli altri soggetti privati non possono contare su una rete così diffusa e capillare;
    inoltre la minore disponibilità di risorse potrebbe minare l'attuale livello di eccellenza di un servizio come i) Registro delle Imprese, consultato anche dalle Forze dell'Ordine e dall'Autorità giudiziaria. Possibili ripercussioni negative si potrebbero riscontrare anche per quanto concerne servizi particolarmente utilizzati dalle piccole imprese come la mediazione legale (arbitrato, conciliazione) e per funzioni inerenti come la regolamentazione del mercato (metrologia legale e garanzia della sicurezza dei prodotti), tesa a tutelare la trasparenza del mercato e la salute del consumatori;
    il finanziamento delle Camere di Commercio non incide sulla fiscalità generale: i bilanci camerali si fondano soprattutto sulle entrate da diritto annuale e dai diritti di segreteria, che consente alte Camere di Commercio di avere un grado di autofinanziamento elevatissimo (81 per cento), ben superiore a quello di comuni, province e regioni. Le risorse che le imprese versano alle Camere di Commercio rimangono sul territorio: infatti, un apposito Fondo di perequazione, alimentato dai proventi del diritto annuale, interviene aiutando le Camere con maggiori costi fissi (dovuti ad un basso numero di imprese). Il tutto avviene attraverso un meccanismo che assegna le quote del Fondo attraverso l'applicazione dei costi standard. Ecco perché le Camere di Commercio sono un sistema di federalismo compiuto;
    il Sistema camerale rappresenta inoltre il trait d'union tra il mondo dell'impresa e quello della Pubblica Amministrazione. La possibilità di promuovere le esigenze delle aziende a livello regionale e nazionale sarebbe di molto ridotta senza enti di forte rappresentanza come Unioni Regionali e le Camere di Commercio, parimenti, molti progetti e aiuti non sarebbero possibili senza il lavoro di mediazione delle stesse con la PA, l'Unione europea e il mondo bancario o quello dell'associazionismo;
    la cancellazione o il forte depotenziamento del Sistema camerale avrebbe ripercussioni negative sul mondo imprenditoriale e verrebbe meno un punto di riferimento importante che ad oggi permette di supportare economicamente e organizzativamente le aziende, a porle in relazione con il mondo della Pubblica Amministrazione, ma, soprattutto, a creare sviluppo, che è ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno oggi,

impegna il Governo

a prevedere, in vista del riordino del sistema delle Camere di commercio, in alternativa alla eventuale cancellazione totale dei diritto di iscrizione agli enti camerali, un miglioramento del sistema stesso dal punto di vista dell'efficienza attraverso una riduzione cospicua del numero di Camere e delle aziende speciali mediante una fusione di quelle più piccole e la creazione di Unioni interregionali, il miglioramento della governance puntando in particolare all'elezione democratica degli Amministratori da parte di tutte le imprese iscritte, nonché il potenziamento delle funzioni maggiormente richieste dalle imprese rispetto a quelle meno utilizzate.
9/2486-AR/45Simonetti, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge di riforma e semplificazione della Pubblica amministrazione prevede la riduzione modulata dell'importo del diritto annuale, con l'intento della sua completa eliminazione, che le imprese versano alle Camere di Commercio;
    tuttavia, questo beneficio immediato potrebbe rivelarsi un boomerang in quanto metterebbe a rischio la sostenibilità del sistema camerale e, con esso, i numerosi servizi che fornisce a favore delle imprese, specialmente quelle di piccola dimensione;
    bisogna considerare che il trasferimento delle funzioni camerali ad altri enti pubblici potrebbe addirittura trasformarsi in un aggravio per i conti pubblici, dato che, in tal caso, non sarebbero le imprese a finanziare i servizi camerali, ma lo Stato stesso. Infine la proposta di riforma metterebbe a rischio 2.500 posti di lavoro, comporterebbe un aggravio alle casse dello Stato di 167 milioni di euro ed avrebbe un effetto recessivo complessivo di circa 2,5 miliardi di euro (pari allo 0,2 per cento del valore aggiunto nazionale);
    l'eventuale annullamento del diritto annuale costringerebbe le Camere di Commercio ad un ridimensionamento dei servizi a favore delle imprese, con un progressivo depauperamento del tessuto socioeconomico nei territori caratterizzati da una forte presenza delle piccole e medie imprese;
    verrebbero così messi in discussione i contributi per l'accesso al credito a beneficio delle imprese che, nel 2012, hanno superato gli 82 milioni di euro. Dall'inizio della crisi, i finanziamenti camerali al Confidi sono aumentati complessivamente dell'87 per cento; in particolare, le erogazioni verso il settore dell'artigianato sono incrementate del 134 per cento;
    di tale eliminazione totale ne risentirebbero anche i servizi di supporto all’export: attualmente le Camere di Commercio sono presenti in tutti i continenti grazie ad una diffusa rete di strutture e di collaborazioni con gli uffici camerali di altri Paesi. Diversamente dalle Camere di Commercio, gli istituti bancari e gli altri soggetti privati non possono contare su una rete così diffusa e capillare;
    inoltre la minore disponibilità di risorse potrebbe minare l'attuale livello di eccellenza di un servizio come i) Registro delle Imprese, consultato anche dalle Forze dell'Ordine e dall'Autorità giudiziaria. Possibili ripercussioni negative si potrebbero riscontrare anche per quanto concerne servizi particolarmente utilizzati dalle piccole imprese come la mediazione legale (arbitrato, conciliazione) e per funzioni inerenti come la regolamentazione del mercato (metrologia legale e garanzia della sicurezza dei prodotti), tesa a tutelare la trasparenza del mercato e la salute del consumatori;
    il finanziamento delle Camere di Commercio non incide sulla fiscalità generale: i bilanci camerali si fondano soprattutto sulle entrate da diritto annuale e dai diritti di segreteria, che consente alte Camere di Commercio di avere un grado di autofinanziamento elevatissimo (81 per cento), ben superiore a quello di comuni, province e regioni. Le risorse che le imprese versano alle Camere di Commercio rimangono sul territorio: infatti, un apposito Fondo di perequazione, alimentato dai proventi del diritto annuale, interviene aiutando le Camere con maggiori costi fissi (dovuti ad un basso numero di imprese). Il tutto avviene attraverso un meccanismo che assegna le quote del Fondo attraverso l'applicazione dei costi standard. Ecco perché le Camere di Commercio sono un sistema di federalismo compiuto;
    il Sistema camerale rappresenta inoltre il trait d'union tra il mondo dell'impresa e quello della Pubblica Amministrazione. La possibilità di promuovere le esigenze delle aziende a livello regionale e nazionale sarebbe di molto ridotta senza enti di forte rappresentanza come Unioni Regionali e le Camere di Commercio, parimenti, molti progetti e aiuti non sarebbero possibili senza il lavoro di mediazione delle stesse con la PA, l'Unione europea e il mondo bancario o quello dell'associazionismo;
    la cancellazione o il forte depotenziamento del Sistema camerale avrebbe ripercussioni negative sul mondo imprenditoriale e verrebbe meno un punto di riferimento importante che ad oggi permette di supportare economicamente e organizzativamente le aziende, a porle in relazione con il mondo della Pubblica Amministrazione, ma, soprattutto, a creare sviluppo, che è ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno oggi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, in vista del riordino del sistema delle Camere di commercio, in alternativa alla eventuale cancellazione totale dei diritto di iscrizione agli enti camerali, un miglioramento del sistema stesso dal punto di vista dell'efficienza attraverso una riduzione cospicua del numero di Camere e delle aziende speciali mediante una fusione di quelle più piccole e la creazione di Unioni interregionali, il miglioramento della governance puntando in particolare all'elezione democratica degli Amministratori da parte di tutte le imprese iscritte, nonché il potenziamento delle funzioni maggiormente richieste dalle imprese rispetto a quelle meno utilizzate.
9/2486-AR/45. (Testo modificato nel corso della seduta) Simonetti, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    con un emendamento presentato in commissione referente è stato inserito nel decreto l'articolo 1-bis recante «disposizioni per il ricambio generazionale nel comparto della scuola» ma più comunemente conosciuto come «quota 96» riguardante il personale scolastico;
    si tratta di una misura di salvaguardia per il personale scolastico che ha raggiunto i requisiti allora in vigore per il pensionamento entro l'anno scolastico 2011/2012 e divenuto a tutti gli effetti «esodato» con l'entrata in vigore della riforma Fornero; la salvaguardia era già stata proposta in sede di esame nell'apposita pdl sugli esodati, ma era stata in quella sede accantonata su esplicita richiesta del presidente della commissione Bilancio, assicurando che avrebbe provveduto a proporre una adeguata copertura per permettere l'attuazione della misura e la tutela dei lavoratori coinvolti;
    l'articolo 1-bis del decreto in esame, presentato a firma dell'On. Ghizzoni e del componenti della commissione bilancio, dispone, a copertura della misura «quota 96» per il personale della scuola, un aumento degli obiettivi di risparmio di spesa già previsti dalla legge di stabilità per il 2014 all'articolo 1, commi 427, primo periodo, e 428, primo periodo, cioè quelli prodotti dai provvedimenti di spending review che dovrebbero essere posti in essere in seguito all'attività del commissario Cottarelli;
    al momento, non sono stati resi noti i risultati dei gruppi di lavoro sulla revisione della spesa e nessun provvedimento di revisione è stato trasformato in atto normativo, benché la legge di stabilità stabilisca che entro il 31 luglio 2014 debbano essere adottate misure di razionalizzazione e di revisione della spesa (..), tali da assicurare una riduzione della spesa in misura non inferiore a 488,4 milioni di euro per l'anno 2014, a 1.448 milioni di euro per l'anno 2015, a 1.988,1 milioni di euro per l'anno 2016, a 1.997,9 milioni di euro per l'anno 2017 e a 1.339,6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018. A queste cifre devono essere aggiunti gli ulteriori risparmi derivanti dal decreto oggi in conversione;
    esprimendo la contrarietà del Governo sulla copertura individuata all'articolo 1-bis, il sottosegretario presente in commissione ha affermato che non si tratterà di spending review ma «in definitiva di tagli lineari, dal momento che non appare realisticamente possibile, entro il 31 luglio 2014, procedere ad una revisione selettiva della spesa, come previsto dai commi 427 e 428 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2014» e ribadendo «la contrarietà del Governo rispetto alla copertura finanziaria di cui al comma 6 dell'articolo 1-bis del provvedimento in esame». Con tale affermazione il Governo sembra voler intendere che tutti i fondi previsti dalla legge di stabilità che, almeno per il 2014, avrebbero dovuto derivare dalla spending review saranno invece reperiti in meri tagli lineari,

impegna il Governo

a chiarire se, stante la conclamata incapacità di attuare una revisione della spesa in tempi utili per ottenere j risparmi necessari previsti dal decreto in conversione, i tagli lineari su tutte le pubbliche amministrazioni siano praticabili e sostenibili in misura sufficiente a coprire quanto previsto dalla legge di stabilità e quanto aggiuntivamente previsto dagli articoli 1 e 1-bis del presente decreto, senza la necessità di nuovi o diversi interventi sulle coperture.
9/2486-AR/46Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il contenuto dell'articolo 4 del presente decreto-legge interviene in materia di mobilità obbligatoria e volontaria nella pubblica amministrazione;
    la disciplina tratteggiata nel citato articolo prevede che le amministrazioni pubbliche, attraverso la pubblicazione di un bando, possano ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di altre amministrazioni che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell'amministrazione di appartenenza;
    il menzionato all'articolo 4 estende la definizione di unità produttiva e, conseguentemente, amplia la possibilità per l'amministrazione di trasferire personale, senza peraltro definire le modalità di trasferimento, salvo i soli limiti riconosciuti in caso di dipendente con figlio a carico di età inferiore a tre anni, che può godere dei congedi parentali, o di soggetto beneficiario dei permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 104 del 1992,

impegna il Governo

ad intervenire, con un successivo provvedimento di legge, per rafforzare la possibilità per il dipendente di chiedere il trasferimento volontario ad altra amministrazione, con obbligo per questa di accogliere la domanda, senza ulteriori e maggiori oneri, nonché per individuare le modalità più efficaci per ridurre, con incentivi economici e/o con utilizzo di strumenti contrattuali gli eventuali disagi connessi alla definizione di unità produttiva contenuta nel menzionato articolo 4.
9/2486-AR/47Polverini.


   La Camera,
   premesso che:
    premesso che l'INPS utilizza per lo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali i medici iscritti nelle liste speciali di cui all'articolo 5, comma 12, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito in dalla legge 11 novembre 1983, n. 638;
    considerato che la rilevanza del servizio svolto da tali professionisti è stata riconosciuta anche dal Governo in recenti provvedimenti normativi e, in particolare, nel decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla legge n. 30 ottobre 2013, n. 125, il quale all'articolo 4 ha confermato le liste nominative esistenti;
    rilevata, infine, la professionalità dei medici iscritti a tali liste speciali e ritenendo altresì opportuno la valorizzazione di questi anche attraverso l'espletamento di altre funzioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare adeguati interventi per il migliore e proficuo utilizzo dei medici iscritti nelle liste speciali, ancorché non in possesso del titolo di specializzazione, compatibilmente con la tipologia di assistenza richiesta.
9/2486-AR/48Dorina Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 20 del decreto prevede lo scioglimento del Formez e la nomina di un Commissario straordinario che, entro il 31 ottobre 2014, proponga un piano delle politiche di sviluppo delle amministrazioni dello Stato e degli enti territoriali, assicuri la prosecuzione dei progetti in corso, salvaguardi i livelli occupazionali del personale in servizio e individui eventuali nuove forme per il perseguimento delle suddette politiche;
    il Formez gode di buona salute sia economica sia organizzativa; il bilancio dello scorso esercizio, si è chiuso con un brillante utile lordo pari a circa 4,5 milioni di euro – in decisa controtendenza rispetto al mondo delle realtà pubbliche in house – e con una consistenza patrimoniale di oltre 33 milioni di euro;
    al Formez sono associati tutti Enti territoriali pubblici e al suo interno operano ben 475 unità, moltissime di livello professionale alto, oltre ad un numero di esperti annui per circa 1000 fra i collaboratori a progetto. È vigilato dal Ministero della funzione pubblica e la sua gestione finanziaria è controllata da un Magistrato della Corte dei Conti;
    nell'ultimo decennio ha realizzato centinaia di progetti per circa 60 milioni annui, rispettando sempre i bilanci di previsione e raggiungendo tutti gli obiettivi che ha avuti assegnati. Il Formez garantisce l'esecuzione di progetti comunitari al servizio delle Amministrazioni centrali e regionali;
    il suo scioglimento rischia di sottrarre al Mezzogiorno un Istituto in grado di garantire al meglio l'utilizzo dei fondi comunitari,

impegna il Governo

a consentire la possibilità, peraltro non esclusa, ad avviso del presentatore, dall'attenta lettura del testo approvato, che il Commissario possa proporre un piano di riforma dell'Associazione Formez, che lo confermi strumento gestionale per le politiche di monitoraggio delle azioni di controllo dei costi pubblici e di utilizzo dei fondi comunitari, nonché di selezione del personale pubblico attraverso la commissione interministeriale per la riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM).
9/2486-AR/49Misuraca, Dorina Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 prevede misure per la semplificazione e flessibilità nel turn-over nelle amministrazioni pubbliche;
    è opportuno che le amministrazioni pubbliche procedano, entro il limite del 50 per cento delle loro facoltà assunzionali a tempo indeterminato, all'assunzione tramite il contratto di apprendistato professionalizzante di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167;
    è necessario, altresì, che il contratto di apprendistato possa variare da un minimo di due anni ad un massimo di quattro anni in relazione ai profili e alle categorie così come disciplinato da un apposito decreto che sarà emanato dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
    le assunzioni con contratto di apprendistato devono, altresì, avvenire nel rispetto delle procedure del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre, nelle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, l'istituto dell'apprendistato al fine di assicurare il reclutamento di giovani nella pubblica amministrazione ed in modo da avere una pubblica amministrazione più produttiva ed efficiente.
9/2486-AR/50Tancredi, Dorina Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 del decreto-legge in esame detta disposizioni per la razionalizzazione delle Autorità Amministrative indipendenti prevedendo, al comma 1, che i componenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, della Commissione nazionale per le società e la borsa, dell'Autorità di regolazione dei trasporti, dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, del Garante per la protezione dei dati personali, dell'Autorità nazionale anticorruzione, della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, alla cessazione dall'incarico, non possono essere nuovamente nominati componenti di una autorità indipendente, a pena di decadenza, per un periodo pari a cinque anni;
    ai commi 2 e 3 l'articolo 22, disciplina i casi di incompatibilità per i componenti e i dirigenti di talune Autorità Amministrative Indipendenti cassati dall'incarico, prevedendo che essi, nei due anni successivi alla cessazione dell'incarico, non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con i soggetti regolati né con società controllate da questi ultimi, stabilendo, altresì, che i contratti conclusi in violazione del presente comma sono nulli;
    la disposizione in esame si applica alla Banca d'Italia, all'IVASS, alla Consob, all'Autorità garante per l'energia elettrica ed il gas e il sistema idrico, all'Autorità di regolazione dei trasporti, all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
    le medesime disposizioni prevedono che le disposizioni del presente comma non si applicano ai dirigenti che negli ultimi due anni di servizio sono stati responsabili esclusivamente di uffici di supporto;
    si tratta, quindi, di una disposizione che, riferita ai poteri di regolazione esercitati dalle singole Autorità Amministrative Indipendenti nei confronti dei soggetti regolati, intende porre un divieto generale della durata di due anni nei confronti dei componenti e di quei dirigenti che nel corso della loro attività presso gli organismi interessati hanno prestato servizio esercitando poteri o svolgendo mansioni nei quali si esprime direttamente la potestà regolatoria che il legislatore ha voluto circondare da presidi di rafforzata tutela, prescrivendo limiti così penetranti all'esercizio di diritti oggetto di tutela costituzionale e rientranti nel novero delle libertà fondamentali riconosciute dal trattato UE ma che possono ammettersi in un quadro di contemperamento di opposti interessi, solo se correttamente riportati al loro ambito più coerente e senza estensione oltre le fattispecie riconosciute dalla legge. D'altro canto si può ragionevolmente ritenere che il legislatore ha, comunque, voluto far salve le attività di patrocinio legale, di revisione dei conti o comunque le altre funzioni regolate dalla legge;
    in tal senso, quindi, le disposizioni che prevedono limiti e divieti alla possibilità di intrattenere rapporti, direttamente o indirettamente, di collaborazione, consulenza o impiego con i soggetti regolati dalle Autorità Amministrative indipendenti interessate, nelle parti in cui escludono dal loro ambito di applicazione i dirigenti che negli ultimi due anni di servizio sono stati responsabili esclusivamente di uffici di supporto, si riferiscono esclusivamente a quegli uffici connotati dall'assenza di funzioni regolatorie proprie dell'Autorità Amministrative Indipendenti e quindi caratterizzati dal mero coordinamento degli apporti di altri uffici;
    inoltre è di tutta evidenza che in questo senso anche gli effetti a fini fiscali delle attività di collaborazione, di consulenza o di impiego rimangono in definitiva estranei dalle disposizioni che prevedono limiti e divieti alla possibilità di intrattenere rapporti, direttamente o indirettamente, di collaborazione, consulenza o impiego con i soggetti regolati dalle Autorità Amministrative indipendenti interessate,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione con quella che è l'effettiva volontà, come sopra individuata, delle disposizioni normative in esame, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che l'ambito di applicazione, oggettivo e soggettivo, delle citate disposizioni, sia coerente con quanto specificato nelle premesse.
9/2486-AR/51Leone.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in oggetto reca numerose misure volte a semplificare le procedure amministrative;
    l'articolo 65 del Codice della nautica da diporto, di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, demanda ad un decreto ministeriale il compito di regolamentare, tra le altre cose, la disciplina relativa ai titoli abilitativi per il comando, la condotta e la direzione nautica delle unità da diporto, ivi compresa l'introduzione di nuovi criteri in materia di requisiti fisici per il conseguimento della patente nautica;
    il 22 settembre 2008 è stato pubblicato il decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146, contenente il regolamento di attuazione dell'articolo 65 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 di cui sopra;
    l'articolo 28 del regolamento di cui al decreto ministeriale in parola elenca le autorità competenti al rilascio delle diverse patenti nautiche. Nel dettaglio, l'articolo 28 riconosce alle capitanerie di porto il compito di rilasciare: le patenti nautiche che abilitano alla navigazione entro dodici miglia dalla costa; le patenti nautiche che abilitano alla navigazione senza alcun limite dalla costa e le patenti nautiche che abilitano al comando di navi da diporto. Lo stesso articolo riconosce invece agli uffici circondariali marittimi il compito di rilasciare esclusivamente le prime due tipologie di patenti, ad esclusione, quindi, della terza, ovvero di quelle che abilitano al comando di navi da diporto e agli uffici della motorizzazione civile delle Direzioni generali territoriali del Dipartimento per i trasporti terrestri e il trasporto intermodale il compito di rilasciare solamente la prima categoria, ovvero le patenti nautiche che abilitano alla navigazione entro dodici miglia dalla costa;
    l'articolo 29 del regolamento di cui al decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146 disciplina, invece, la composizione delle commissioni d'esame sancendo che; in caso di conseguimento della patente nautica che abilita alla navigazione entro dodici miglia dalla costa, suddetto esame venga conseguito dinanzi ad un esaminatore nominato dal capo del circondario marittimo; in caso di conseguimento della patente nautica che abilita alla navigazione senza alcun limite dalla costa, suddetto esame venga sostenuto dinanzi ad una commissione nominata dal capo del circondariato marittimo e, infine, in caso di conseguimento di una patente valida per il comando delle navi da diporto, la commissione venga nominata dal capo del compartimento marittimo;
    le motorizzazioni, provvedendo già annualmente al rilascio di un elevato numero di patenti nautiche, risulterebbero tecnicamente pronte ad adempiere al ruolo di unico organo autorizzato a rilasciare suddette patenti;
    l'unificazione di cui in parola consentirebbe di inserire tutte le patenti nautiche nell'archivio delle patenti di guida già esistenti senza creare ulteriori banche dati che prevedrebbero costi molto significativi;
    la motorizzazione, poiché organizzata su base provinciale, è presente in maniera capillare su tutto il territorio nazionale riuscendo, dunque, a garantire un servizio uniforme e diffuso;

impegna il Governo

a procedere ad una riorganizzazione della normativa relativa alle procedure di rilascio e di rinnovo delle diverse tipologie di patenti nautiche riconoscendo ai soli uffici della motorizzazione civile delle Direzioni generali territoriali del Dipartimento per i trasporti terrestri e il trasporto intermodale la potestà di rilasciare le patenti nautiche e al capo del compartimento marittimo il compito di nominare le commissioni d'esame, composte secondo i criteri di cui al comma 2 dell'articolo 29 del Regolamento di attuazione dell'articolo 65 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 di cui al decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146.
9/2486-AR/52L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 modifica il sistema di conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato negli enti locali, nelle regioni e negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario nazionale con riferimento alla dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa;
    l'articolo 110, comma 1, TUEL prevede la possibilità di ricorrere alla copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire;
    tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 30 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una unità;
    i predetti contratti non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica; sotto il profilo del trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, questo può essere integrato, con provvedimento motivato della Giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali;
    il predetto trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale;
    la sentenza della Corte costituzionale n. 233 del 2006, ha evidenziato come la materia «organizzazione amministrativa della Regione», comprensiva dell'incidenza della stessa sulla disciplina del relativo personale, è attribuita alla competenza residuale delle Regioni (articolo 117, quarto comma, Cost.), da esercitare nel rispetto dei «principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» fissati negli statuti (articolo 123 Cost.);
    per quanto riguarda più specificatamente i dirigenti e il relativo trattamento economico, nella recente sentenza n. 61 del 2014, la Corte costituzionale, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, nella parte in cui concerne il personale dirigenziale regionale e provinciale (i cui rapporti di impiego sono tutti contrattualizzati), ha affermato che tale materia è riconducibile a quella dell’«ordinamento civile» (sent. n. 173 del 2012);
    anche la sentenza n. 77 del 2013 ha affermato che la competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento civile» vincola gli enti ad autonomia differenziata anche con riferimento alla disciplina dei rapporto di lavoro con i propri dipendenti,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative per prevedere nell'ambito dei futuri provvedimenti in materia di dirigenza, il trattamento economico onnicomprensivo dei soggetti che svolgono funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa, stabilendo che il trattamento economico (parametrato a quello del primo presidente della Corte di cassazione), non possa ricevere a carico delle finanze pubbliche «indennità o altra retribuzione» nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, nonché, ai sensi dell'articolo 1, commi 471 e 472 della Legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni, con le autorità amministrative indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, e i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle autorità amministrative indipendenti.
9/2486-AR/53Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 37 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari introduce l'obbligo di trasmettere le varianti in corso d'opera di cui all'articolo 132 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad apposita relazione del responsabile del procedimento, all'Autorità nazionale anticorruzione;
    il testo dell'articolo 37 del decreto-legge in discussione, così come modificato nel corso dell'esame da parte delle commissioni parlamentari competenti, precisa che dette varianti in corso d'opera debbano essere trasmesse, tramite le sezioni regionali, all'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza dell'ANAC, anche nel caso di appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria;
    detta previsione risponde alla necessità di aumentare le forme di contrasto ai fenomeni di corruzione nel settore degli appalti pubblici che, come dimostrano le cronache, riguardano diffusamente le fasi di esecuzione dei contratti, e dunque tutto quello che accade a valle dell'aggiudicazione del contratto di appalto;
    a questo riguardo, e con specifico riferimento agli obblighi a carico dei soggetti aggiudicatari di contratti pubblici – oltre alle note e diffusissime deroghe rispetto al Codice dei Contratti previste per la realizzazione delle cd, grandi opere – va rilevato che, in seguito alla conversione in legge del decreto n. 201 del 2011, è stato introdotto un regime derogatorio anche per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria;
    con l'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), infatti, è stato inserito il comma 2-bis in base al quale l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire, e non trova applicazione il Codice dei Contratti;
    in merito all'approvazione del citato comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – nella Deliberazione n. 43 del 4 aprile 2012 – l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici aveva segnalato quanto segue: «Il campo di applicazione della norma recata dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, così come introdotto dall'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito nella legge n. 214 del 2011, ovverosia la non applicabilità del Codice per le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia eseguite dal privato titolare del permesso di costruire, appare eccessivamente ampio. La liberalizzazione introdotta consente all'operatore privato di gestire contratti fino ad un valore di 5 milioni di euro, senza tracciabilità degli eventuali, e consistenti, ribassi d'asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici dei lavori stessi, vigilanza dell'Autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che saranno acquisite al patrimonio comunale»;
    l'applicazione del comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 ha consentito, e consente tuttora, di selezionare, senza il ricorso a procedure ad evidenza pubblica, i soggetti che eseguono opere pubbliche – tali vanno considerate le opere di urbanizzazione destinate ad essere acquisite al patrimonio dei Comuni e connesse alle infrastrutture esistenti – a valere su risorse pubbliche perché tali vanno considerati i cd oneri concessori, a detrazione parziale o integrale dei quali le opere in argomento vengono eseguite;
    lo stesso comma 2-bis solleva i soggetti che eseguono opere di urbanizzazione di importo fino a 5 milioni di euro – come evidenziato dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici – dall'obbligo di rispettare tutte procedure del Codice dei Contratti, finalizzate ad assicurare un ordinato e regolare svolgimento delle fasi di esecuzione dei contratti pubblici, e dunque senza adeguate garanzie rispetto alla qualità dei lavori eseguiti, all'accertamento del valore economico delle opere e alla trasparenza e alla tracciabilità dei flussi finanziari connessi,

impegna il Governo:

   ad acquisire dai Comuni l'elenco delle opere di urbanizzazione primaria che, a far data dell'entrata in vigore dell'articolo 16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, sono state realizzate ovvero sono in corso di realizzazione, direttamente dai titolari dei permessi di costruire, con il regime derogatorio previsto dallo stesso comma 2-bis, completo dei relativi quadri tecnico-economici e degli eventuali aggiornamenti degli stessi apportati in corso di esecuzione;
   a trasmettere all'Autorità nazionale anticorruzione le informazioni acquisite dai Comuni in ordine alle opere di urbanizzazione primaria che, a far data dell'entrata in vigore dell'articolo 16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, sono state realizzate direttamente da parte dei titolari dei permessi di costruire – e dunque senza l'obbligo di rispettare le disposizioni del Codice dei Contratti – al fine di acquisire le necessarie valutazioni da parte della stessa Autorità sull'applicazione della disposizione in argomento.
9/2486-AR/54Mannino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 40, che reca «misure per l'ulteriore accelerazione dei giudizi in materia di appalti pubblici», prescrive che il giudizio venga comunque definito con sentenza in forma semplificata ad una udienza fissata d'ufficio e da tenersi entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente; il collegio, quando dispone misure cautelari, possa subordinare l'efficacia delle stesse alla prestazione, anche mediante fideiussione, di una cauzione di importo commisurato al valore dell'appalto e comunque non superiore allo 0,5 per cento del suddetto valore; le parti, per un periodo sperimentale di due anni, debbano contenere le dimensioni del ricorso e degli altri atti difensivi nei termini stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio di Stato, sentiti il Consiglio nazionale forense, l'Avvocato generale dello Stato nonché le associazioni categoria degli avvocati amministrativisti;
    l'articolo 41, che reca «misure per il contrasto all'abuso del processo», dispone che in ogni caso, il giudice, anche d'ufficio, possa condannare la parte soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, comunque non superiore al doppio delle spese liquidate, in presenza di motivi manifestamente infondati; nelle controversie in materia di appalti pubblici, l'importo della sanzione pecuniaria possa essere elevato fino all'uno per cento del valore del contratto, ove superiore al suddetto limite;
    il combinato disposto dei due articoli in premessa crea condizioni atte a scoraggiare l'accesso alla giustizia amministrativa da parte di cittadini ed imprese nonché a limitare la portata della tutela giurisdizionale ad essa affidata sugli atti della pubblica amministrazione introducendo, in particolare, delle norme speciali sulla delicata materia degli appalti pubblici;
    con le disposizioni poste all'articolo 40, il Governo ha inteso intervenire sul versante dell'organo giudicante, limitandone, di fatto, la capacità di intervento e la pienezza della tutela esercitata attraverso la disposizione di una sentenza in forma semplificata da realizzare in tempi ristretti, ponendo al contempo una serie di «paletti» nei confronti delle parti ricorrenti attraverso – su tutti – la costrizione a contenere gli atti difensivi entro i limiti di sinteticità stabiliti da un decreto del Presidente del Consiglio di Stato, con deroghe in base al valore – non meglio specificato né quantificato in termini misurabili e certi – dei «diversi interessi sostanzialmente perseguiti dalle parti»;
    a quanto sopra si aggiunge che, qualora il ricorso venisse accolto, l'efficacia delle misure cautelari assunte – per un massimo di sessanta giorni – a tutela della legalità dei procedimenti in tema di appalti pubblici può comunque essere subordinata ad una cauzione in denaro a carico del ricorrente;
    e che, all'articolo 41, la parte soccombente promotrice di un ricorso giudicato temerario, è interessata da un rilevante quanto aleatorio aggravio del complesso delle sanzioni già previste per tale fattispecie all'articolo 26 del codice del processo amministrativo;
    l'introduzione di misure volte non soltanto a sveltire i tempi dei procedimenti ma, sostanzialmente, a dissuadere dall'accesso alla giustizia amministrativa non trova giustificazione in termini di smaltimento del contenzioso poiché, al gennaio 2014, il numero dei giudizi definiti presso i Tribunali amministrativi regionali e presso il Consiglio di Stato è stato pari a quasi il doppio dei nuovi ricorsi pervenuti (giudizi definiti 114.592; ricorsi pervenuti 64.483). Ciò – come osservato dal Presidente del Consiglio di Stato in sede di inaugurazione dell'anno giudiziario 2014 – «ha comportato una consistente diminuzione delle pendenze, che si attestano su un numero di circa 322.000 ricorsi, seguendo una linea discendente che, negli ultimi cinque anni, ha più che dimezzato le pendenze stesse (da 667.582 del 2009 agli attuali 322.456), realizzando, in tal modo, per i procedimenti amministrativi, la piena realizzazione del principio di ragionevole durata dei processi, sancito dalla Carta costituzionale e dal codice del processo amministrativo, secondo i parametri più volte affermati dalla Corte europea dei diritti umani, pari a tre anni per il primo grado e a due anni per il secondo grado»;
    in tema di limitazione delle misure cautelari, di cui all'articolo 40 con l'introduzione di una eventuale cauzione subordinante l'efficacia delle stesse, la disponibilità di tali misure è strumentale alla effettività della tutela giurisdizionale garantita dalla Costituzione e costituisce – continua il Presidente del Consiglio di Stato – espressione del principio in virtù del quale «la durata del processo non deve andare in danno del ricorrente che ha ragione nonché, come tale, essa non è né limitabile né, tanto meno, eliminabile»,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative al fine di introdurre, riguardo alle norme in tema di «accelerazione dei giudizi in materia di appalti pubblici» e di «misure per il contrasto all'abuso del processo» specifiche limitazioni volte ad eliminare qualsivoglia margine di indebita discrezionalità nell'applicazione di detta normativa a detrimento degli intangibili principi costituzionali di uguaglianza davanti alla legge, del diritto di agire in giudizio e di difendersi liberamente; nonché a preservare la pienezza della tutela giurisdizionale in materia di appalti pubblici garantendo tempi e modi consoni alla delicatezza della materia; prevedendo, infine, che le norme di cui agli articoli 40 e 41 debbano applicarsi sperimentalmente per un periodo di tempo transitorio non superiore ad un anno.
9/2486-AR/55Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    il generale impianto della riforma dovrebbe mirare a favorire una profonda riorganizzazione della struttura e del funzionamento della macchina dello Stato in termini di maggiore efficienza, lotta agli sprechi e caos amministrativo;
    l'articolo 18 del decreto, così come modificato in Commissione Affari Costituzionali, sulla soppressione delle sedi staccate dei Tar, dispone che nelle more della rideterminazione dell'assetto organizzativo dei tribunali amministrativi regionali, in assenza di misure di attuazione del piano di cui al comma 1-bis, a decorrere dal 1o luglio 2015 sono soppresse le sezioni staccate di tribunale amministrativo regionale aventi sede in comuni che non sono sedi di corte d'appello, ad eccezione della sezione autonoma della provincia di Bolzano. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, da adottare entro il 31 marzo 2015, sono stabilite le modalità per il trasferimento del contenzioso pendente presso le sezioni soppresse, nonché delle risorse umane e finanziarie, al tribunale amministrativo della relativa regione. Dal 1o luglio 2015, i ricorsi sono depositati presso la sede centrale del tribunale amministrativo regionale. A decorrere dal 1o luglio 2015, all'articolo 1 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al terzo comma, le parole: «Emilia-Romagna, Lazio, Abruzzi,» sono soppresse; b) al quinto comma le parole: «, oltre una sezione staccata» sono soppresse;
    una minor presenza sul territorio degli uffici giudiziari, come prospettata dall'articolo 18 del decreto-legge in oggetto, incrementerebbe i costi della tutela giurisdizionale per le spese di trasferta dei patrocinatori e indebolirebbe la tutela contro l'illegalità amministrativa, innalzando i costi della tutela anche per i privati cittadini, disincentivandoli – cosa particolarmente grave nell'ambito del processo amministrativo, che non conosce un pubblico ministero promotore di giustizia, come nel giudizio contabile o in quello penale – dall'agire a tutela delle proprie ragioni e, strumentalmente e indirettamente, a presidio dell'interesse pubblico;
    l'articolo del decreto, così come proposto dal Governo, ai fini della scelta dei Tar da sopprimere, opera un taglio lineare che non tiene conto né della popolazione della circoscrizione giudiziaria, né della produttività dei Tar;
    il Tar di Pescara rappresenta uno dei più importanti presidi di legalità dell'azione amministrativa, possiede infatti un'alta produttività che ha comportato negli ultimi anni la riduzione dell'arretrato del 64 per cento (la percentuale più alta fra le sedi staccate) con un incasso derivante dal versamento del contributo unificato per il solo anno 2013 pari a 528.349 euro, a fronte di un budget di spesa di 167.633 euro complessivi;
    il Tar di Pescara serve una circoscrizione giudiziaria nella quale ricade una popolazione di circa 716.000 abitanti;
    il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 non fa alcun riferimento a dati che dimostrino una apprezzabile diminuzione della spesa pubblica, ma anzi l'attuale sede del Tar di L'Aquila, per accogliere l'organico e la documentazione proveniente dal Tar di Pescara, dovrebbe reperire altri locali (gli uffici teoricamente utilizzabili nella sede del Tar di L'Aquila sono in concreto inagibili perché danneggiati dal terremoto), con un inevitabile incremento di spese che andrebbero ad aggiungersi alle spese ed ai disagi del trasferimento. Inoltre, il trasferimento del contenzioso al Tar di L'Aquila comporterebbe ingenti costi per i cittadini che prima si rivolgevano facilmente al Tar di Pescara, nonché, ove tali costi non possano essere affrontati, una palese violazione del diritto di difesa ex articolo 24 della Costituzione;
    simili considerazioni valgono anche per il Tar di Parma, anch'esso con un'elevata produttività e tuttavia oggetto di un taglio lineare che non tiene assolutamente conto delle peculiarità locali;
    il trasferimento del personale comporterà altresì la necessaria corresponsione delle indennità previste dalla legge per i trasferimenti «forzosi». Tutte le distanze tra le sedi distaccate e le sedi capoluogo superano i 50 km;
    per il reperimento di idonei spazi aggiuntivi nelle sedi regionali, il decreto non prevede alcuna copertura finanziaria. Si può quindi affermare che il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 comporti l'aumento delle spese senza quantificarle e senza indicare i mezzi per farvi fronte, in violazione dell'articolo 81 della Costituzione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa al fine di prevedere di utilizzare come criteri guida per la scelta dei Tar da sopprimere una popolazione della circoscrizione giudiziaria inferiore a 700.000 abitanti e la produttività dei Tar, nonché a salvare, dalla soppressione, quelle sezioni in cui il ricavato del contributo unificato supera le spese di gestione.
9/2486-AR/56Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 53 del decreto dispone che: «1. Alla copertura delle minori entrate derivanti dall'attuazione delle disposizioni del presente capo, valutate in 18 milioni di euro per l'anno 2014 e 52,53 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, di cui 3 milioni di euro per l'anno 2014 e 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015 per l'attuazione dell'articolo 46, comma 1, lettera d), 15 milioni di euro per l'anno 2014 e 42,53 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015 per l'attuazione dell'articolo 52, comma 2, lettere a), b) e c), si provvede con le maggiori entrate derivanti dall'aumento del contributo unificato di cui all'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115» con possibilità per il Ministero dell'economia e delle finanze di aumentare ulteriormente, con proprio decreto, il contributo unificato di cui al comma 1 dell'articolo 53, qualora il Ministro della Giustizia verifichi che le entrate siano minori di quanto richiesto per la copertura finanziaria in oggetto;
   considerato che:
    negli ultimi dieci anni l'ammontare del contributo unificato è stato modificato otto volte e, rispetto ai valori di dieci anni fa, oggi l'accesso alla giustizia può diventare più caro anche del 680 per cento. Introdotto nel 2002, in questi anni il contributo unificato è stato esteso al processo amministrativo (dal 2006) e a quello tributario (dal 2011) ed è stato introdotto per cause che prima erano esenti (come i ricorsi contro le sanzioni amministrative, le cause di lavoro, le separazioni e i divorzi);
    l'aumento del contributo unificato va a ledere il diritto di difesa ex articolo 24 della Costituzione, nonché l'articolo 3 della Costituzione, in quanto impronta il sistema giustizia a sistema che permette soltanto ai cittadini benestanti di tutelarsi e ottenere il riconoscimento dei propri diritti;
    in una necessaria comparazione con gli standard comunitari, da una sommaria ricerca condotta in relazione agli importi del contributo unificato negli altri paesi europei, si è sorprendentemente potuto appurare che: in Svezia e Finlandia vige l'esenzione; in Irlanda, il contributo va dalla esenzione ad un massimo di 125 euro; in Estonia, è pari ad 16 Euro; in Bulgaria il contributo unificato è compreso tra 5 e 25 euro; sia in Slovacchia che in Ungheria, il contributo è di 66 euro; nella Repubblica Ceca, è pari a 76 euro; in Belgio, il contributo unificato è di 82 euro per il giudizio primo grado e di 175 euro per il giudizio di appello; in Austria, il contributo è di 180 euro; in Gran Bretagna, il contributo è di 180 sterline; nei Paesi Bassi, è previsto un contributo di 150 euro per le persone fisiche e di 300 euro per le persone giuridiche; in Germania, infine, è previsto un contributo unificato rapportato progressivamente al valore del contratto, quest'ultimo calcolato in relazione all'utile presunto, pari al 5 per cento del valore effettivo del contratto;
    è sentito il dovere di sottolineare l'esistenza, in Italia, rispetto agli altri paesi europei, di una violazione di fatto del diritto di accesso agli organi di giustizia, combinata con la surrettizia (ma incontrovertibile) violazione del diritto a un ricorso effettivo (si tratta degli articoli 6 e 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo). A quest'ultimo proposito risulta evidente che i pesantissimi oneri economici che il ricorrente deve assumersi solo per domandare tutela giudiziaria, specie nella materia degli appalti, sono potenzialmente lesivi del diritto all'effettività del mezzo di impugnativa che deve poter essere in grado di far valere le ragioni di chi sia leso, per fare un esempio di immediata comprensione, dallo svolgimento di gare pubbliche caratterizzate da poca trasparenza e/o da scarsa parità di trattamento tra i concorrenti;
    la possibilità data al Ministero dell'economia e delle finanze di aumentare ulteriormente, con proprio decreto, il contributo unificato di cui al comma 1 dell'articolo 53, qualora il Ministro della Giustizia verifichi che le entrate siano minori di quanto richiesto per la copertura finanziaria in oggetto, comporta una delegificazione della materia, senza che sia preventivamente introdotto un tetto all'aumento del contributo unificato;
    le maggiori entrate in misura non inferiore a 18 milioni per il 2014 e 53 milioni di euro all'anno a decorrere dal 2015 potrebbero ugualmente ottenersi con l'incremento – entro il limite dello 0,3 per cento – del prelievo erariale unico sugli apparecchi da intrattenimento, di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Tale incremento non comporterebbe, a differenza della misura prevista attualmente nel decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, alcuna lesione dei diritti dei cittadini,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme citate in premessa al fine di prevedere una diminuzione del contributo unificato in modo che ritorni in linea con la media degli altri paesi europei e permetta di diminuire la tassazione per chi richiede la tutela dei propri diritti costituzionalmente garantiti.
9/2486-AR/57Sarti, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca norme per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni e per la semplificazione e flessibilità nel turn over;
    gli articoli 17, 19 e 22 recano disposizioni in materia di organizzazione della pubblica amministrazione, ricognizione di enti pubblici, soppressione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori e definizione delle funzioni dell'Autorità nazionale anticorruzione, razionalizzazione delle autorità indipendenti;
    in Italia vi sono quattro Forze dell'ordine: Polizia di Stato, Polizia penitenziaria. Arma dei carabinieri, Guardia di Finanza;
    il Comparto sicurezza e difesa, nonostante alcune specificità legate al mantenimento dei requisiti psico-fisici ed attitudinali necessari all'espletamento dei servizi di Polizia, a seguito di interventi normativi in materia previdenziale iniziati con le leggi 8 agosto 1995, n. 335 e i successivi provvedimenti di razionalizzazione della spesa previdenziale fino ad arrivare a quello più recente attuato con la legge n. 92 del 2012 (riforma Fornero), è stato assoggettato ad un processo di quasi assimilazione o armonizzazione alle regole in vigore per la generalità dei pubblici dipendenti;
    tuttavia l'omologazione alla generalità del pubblico impiego non è stata accompagnata da una coerente e conseguente estensione anche dei diritti e delle garanzie di cui godono gli appartenenti agli altri comparti del Pubblico impiego: i dipendenti del Comparto sicurezza e difesa, infatti, soffrono la limitazione o inesistenza di alcuni diritti e istituti giuridici presenti nella generalità dei comparti del personale del pubblico impiego quali il diritto di sciopero, piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro, introduzione delle regole del part time, la tutela giurisdizionale ordinaria anziché innanzi alla magistratura amministrativa, diritto a non essere considerato in servizio permanente (24 ore su 24) nonostante il termine dell'ordinario orario giornaliero, piena applicazione della legge n. 104 del 1992, e così via;
    appare necessario l'avvio di un processo di riforma e razionalizzazione delle suddette Forze che preveda la piena armonizzazione e estensione al Comparto sicurezza e difesa dei diritti e garanzie di cui godono gli appartenenti agli altri comparti del Pubblico impiego;
    singolare appare anche la situazione italiana che prevede l'esistenza di ben quattro Forze di polizia tanto che recentemente da più parti si sta affermando l'idea dell'accorpamento e della unificazione delle due principali Forze di polizia – Polizia di Stato e Carabinieri; tale ipotesi appare rispondente all'esigenza di riorganizzazione delle suddette Forze e finalizzata a garantirne l'efficienza, il funzionamento nonché la valorizzazione del personale pur sempre nell'ottica della salvaguardia del fabbisogno di sicurezza e del miglioramento del servizio reso ai cittadini e alla popolazione;
    l'esigenze della estensione dei diritti e delle garanzie previste per la generalità dei pubblici dipendenti al Comparto sicurezza e l'ipotesi dell'accorpamento delle forze dell'ordine appare improcrastinabile anche in una logica di spending review e di semplificazione per dare certezze e per garantire un impiego delle risorse umane e delle risorse strumentali più efficace,

impegna il Governo

a procedere con le opportune iniziative normative alla progressiva armonizzazione ed estensione ai dipendenti del Comparto sicurezza e difesa dei diritti e delle garanzie previsti per la generalità dei dipendenti appartenenti al pubblico impiego valutando anche la possibilità di sviluppare un progetto di fusione e riorganizzazione delle Forze dell'ordine che preveda modalità e tempi certi di attuazione del progetto anche di intesa con i sindacati e che assicuri, nel rispetto del contenimento della spesa, la piena sicurezza ai cittadini e alla popolazione.
9/2486-AR/58Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'entrata in vigore del decreto legislativo 14 marzo 2013. n. 33 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5 aprile 2013, n. 80), sono state riordinate in un unico corpo normativo le disposizioni riguardanti gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 35, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (cosiddetta legge anticorruzione);
    il provvedimento suddetto risponde all'esigenza di assicurare la trasparenza intesa – secondo l'impostazione adottata a partire dal decreto legislativo n. 150 del 2009 – come accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, attraverso la tempestiva pubblicazione delle notizie sui siti istituzionali delle amministrazioni medesime (articolo 1) e altresì, permettere a chiunque abbia diritto di conoscere, fruire gratuitamente ed utilizzare tutti i documenti e le informazioni oggetto di un obbligo di pubblicazione ai sensi del decreto (articolo 3);
    molte amministrazioni pubbliche non stanno perseguendo con la dovuta celerità e attenzione alla pubblicazione sui propri siti dei relativi dati di cui al suddetto decreto, non permettendo altresì la dovuta trasparenza in attuazione delle norme contenute al suo interno;
    analizzando i siti dei maggiori enti – ponendo particolare attenzione a INPS – ci rendiamo immediatamente conto di come le norme suddette siano state interpretate e applicate in maniera opinabile per quanto concerne la possibilità di «favorire forme diffuse di controllo», non essendo presenti dati dettagliati riferiti alle voci di bilancio ma solamente delle voci aggregate in macro settori che rendono impossibile attuare l'obiettivo della trasparenza attesa;
    il diritto alla privacy non viene posto in secondo piano, ne si intende secondario, ma si ritiene che per la tutela dell'interesse pubblico e del bene comune, sia prioritaria la necessità di rendere pubbliche le voci – nel dettaglio – del bilancio stesso;
    in data 2 maggio 2014, il Fatto quotidiano online, pubblicava un articolo a firma Marco Palombi, dal titolo: «Inps, l'appalto per l'archivio dell'istituto è un mistero da 75 milioni di euro – Altro che digitale, senza che vi sia stata una gara, dal 1998 lo Stato paga una società dai proprietari sconosciuti per custodire i faldoni»;
    tali importanti criticità, come quella denunciata dall'articolo suddetto, si sarebbero potute evitare se vi foste stata da parte di INPS la pubblicazione del bilancio in maniera dettagliata con ogni singola voce di uscita dall'istituto stesso e la conseguente possibilità, da parte di ogni cittadino, di poter controllare come vengono spesi i soldi pubblici e i relativi flussi monetari da e verso l'istituto stesso;
    a seguito nei numerosi scandali che hanno colpito la macchina amministrativa pubblica – e di cui ormai ne sentiamo quotidianamente parlare – si ritiene ormai improrogabile mettere in atto tutte le iniziative al fine di garantire un controllo costante e organico da parte di tutti i cittadini che hanno a cuore il bene comune e altresì garantire che le risorse pubbliche non diventino mera fonte di sussistenza di organizzazioni malavitose i quali obiettivi – fino a prova contraria – non coincidono con quelli che dovrebbe perseguire l'amministrazione pubblica stessa,

impegna il Governo:

   a procedere con le opportune iniziative normative al fine di favorire tutti i cittadini nelle forme di controllo diffuse verso le amministrazioni pubbliche e garantire altresì l'accessibilità totale da parte degli stessi ai dati che riguardano utilizzo delle risorse pubbliche;
   a procedere con le opportune iniziative normative al fine di favorire tutti i cittadini nell'accesso ai dati delle pubbliche amministrazioni con particolare riguardo a quelli relativi ai bandi di gara, alle consulenze, alle spese immobiliari di qualsiasi natura, agli appalti e assegnazioni di servizi in maniera diretta, agli investimenti mobiliari e immobiliari, ai compensi – e ogni altra forma di erogazione monetaria – dei dirigenti all'interno degli enti stessi.
9/2486-AR/59Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'entrata in vigore del decreto legislativo 14 marzo 2013. n. 33 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5 aprile 2013, n. 80), sono state riordinate in un unico corpo normativo le disposizioni riguardanti gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 35, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (cosiddetta legge anticorruzione);
    il provvedimento suddetto risponde all'esigenza di assicurare la trasparenza intesa – secondo l'impostazione adottata a partire dal decreto legislativo n. 150 del 2009 – come accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, attraverso la tempestiva pubblicazione delle notizie sui siti istituzionali delle amministrazioni medesime (articolo 1) e altresì, permettere a chiunque abbia diritto di conoscere, fruire gratuitamente ed utilizzare tutti i documenti e le informazioni oggetto di un obbligo di pubblicazione ai sensi del decreto (articolo 3);
    molte amministrazioni pubbliche non stanno perseguendo con la dovuta celerità e attenzione alla pubblicazione sui propri siti dei relativi dati di cui al suddetto decreto, non permettendo altresì la dovuta trasparenza in attuazione delle norme contenute al suo interno;
    analizzando i siti dei maggiori enti – ponendo particolare attenzione a INPS – ci rendiamo immediatamente conto di come le norme suddette siano state interpretate e applicate in maniera opinabile per quanto concerne la possibilità di «favorire forme diffuse di controllo», non essendo presenti dati dettagliati riferiti alle voci di bilancio ma solamente delle voci aggregate in macro settori che rendono impossibile attuare l'obiettivo della trasparenza attesa;
    il diritto alla privacy non viene posto in secondo piano, ne si intende secondario, ma si ritiene che per la tutela dell'interesse pubblico e del bene comune, sia prioritaria la necessità di rendere pubbliche le voci – nel dettaglio – del bilancio stesso;
    in data 2 maggio 2014, il Fatto quotidiano online, pubblicava un articolo a firma Marco Palombi, dal titolo: «Inps, l'appalto per l'archivio dell'istituto è un mistero da 75 milioni di euro – Altro che digitale, senza che vi sia stata una gara, dal 1998 lo Stato paga una società dai proprietari sconosciuti per custodire i faldoni»;
    tali importanti criticità, come quella denunciata dall'articolo suddetto, si sarebbero potute evitare se vi foste stata da parte di INPS la pubblicazione del bilancio in maniera dettagliata con ogni singola voce di uscita dall'istituto stesso e la conseguente possibilità, da parte di ogni cittadino, di poter controllare come vengono spesi i soldi pubblici e i relativi flussi monetari da e verso l'istituto stesso;
    a seguito nei numerosi scandali che hanno colpito la macchina amministrativa pubblica – e di cui ormai ne sentiamo quotidianamente parlare – si ritiene ormai improrogabile mettere in atto tutte le iniziative al fine di garantire un controllo costante e organico da parte di tutti i cittadini che hanno a cuore il bene comune e altresì garantire che le risorse pubbliche non diventino mera fonte di sussistenza di organizzazioni malavitose i quali obiettivi – fino a prova contraria – non coincidono con quelli che dovrebbe perseguire l'amministrazione pubblica stessa,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di procedere con le opportune iniziative normative al fine di favorire tutti i cittadini nelle forme di controllo diffuse verso le amministrazioni pubbliche e garantire altresì l'accessibilità totale da parte degli stessi ai dati che riguardano utilizzo delle risorse pubbliche;
   a valutare l'opportunità di procedere con le opportune iniziative normative al fine di favorire tutti i cittadini nell'accesso ai dati delle pubbliche amministrazioni con particolare riguardo a quelli relativi ai bandi di gara, alle consulenze, alle spese immobiliari di qualsiasi natura, agli appalti e assegnazioni di servizi in maniera diretta, agli investimenti mobiliari e immobiliari, ai compensi – e ogni altra forma di erogazione monetaria – dei dirigenti all'interno degli enti stessi.
9/2486-AR/59. (Testo modificato nel corso della seduta) Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, reca misure urgenti in materia di semplificazione e trasparenza amministrativa, prevedendo, in particolar modo, una riorganizzazione della disciplina di alcune tipologie di Autorità indipendenti. In particolar modo, l'articolo 19 del citato decreto dispone la soppressione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavoro, servizi e forniture, devolvendo contestualmente le relative competenze all'Autorità nazionale anticorruzione;
    la Commissione nazionale per la società e la borsa è un organo collegiale, preposto alla tutela del pubblico risparmio nelle materie di propria competenza, composta da un presidente e da membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    al fine di completare il processo di riorganizzazione delle Autorità indipendenti, di rendere più efficiente l'esercizio delle competenze riservate alla Consob, di migliorare la tutela dei risparmiatori e di rendere più trasparente ed imparziale la nomina del Presidente e dei membri della medesima,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni genere di iniziative, anche di carattere normativo, al fine di:
    a) nominare i componenti della Commissione nazionale per la società e la borsa con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri competenti per materia;
    b) designare esclusivamente soggetti selezionati nell'ambito di un'apposita procedura di sollecitazione pubblica avviata con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di un bando predisposto dalla Presidenza del Consiglio;
    c) subordinare le designazioni del Governo ad un parere vincolate delle Commissioni parlamentari competenti in materia approvato a maggioranza dei due terzi dei relativi componenti, previa pubblicazione del curriculum vitae e delle audizioni delle persone designate;
    d) individuare i componenti della Consob tra persone di indiscussa moralità e indipendenza, nonché di comprovata professionalità ed esperienza nei settori di competenza della medesima Consob, escludendo ogni possibile circostanza di conflitto di interessi ed in particolar modo escludendo dalla designazione coloro i quali nell'anno precedente alla nomina abbiano ricoperto incarichi elettivi politici ovvero abbiano ricoperto incarichi nelle imprese regolate o vigilate, in relazione ai quali permane un conflitto d'interesse con l'esercizio della funzione di regolazione o di vigilanza.
9/2486-AR/60Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, reca misure urgenti in materia di semplificazione e trasparenza amministrativa, prevedendo, in particolar modo, una riorganizzazione della disciplina di alcune tipologie di Autorità indipendenti. In particolar modo, l'articolo 19 del citato decreto dispone la soppressione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavoro, servizi e forniture, devolvendo contestualmente le relative competenze all'Autorità nazionale anticorruzione;
    la Commissione nazionale per la società e la borsa è un organo collegiale, preposto alla tutela del pubblico risparmio nelle materie di propria competenza, composta da un presidente e da membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    al fine di completare il processo di riorganizzazione delle Autorità indipendenti, di rendere più efficiente l'esercizio delle competenze riservate alla Consob, di migliorare la tutela dei risparmiatori e di rendere più trasparente ed imparziale la nomina del Presidente e dei membri della medesima,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziative, al fine di individuare i componenti della Consob tra persone di indiscussa moralità e indipendenza, nonché di comprovata professionalità ed esperienza nei settori di competenza della medesima Consob, escludendo ogni possibile circostanza di conflitto di interessi ed in particolar modo escludendo dalla designazione coloro i quali nell'anno precedente alla nomina abbiano ricoperto incarichi elettivi politici ovvero abbiano ricoperto incarichi nelle imprese regolate o vigilate, in relazione ai quali permane un conflitto d'interesse con l'esercizio della funzione di regolazione o di vigilanza.
9/2486-AR/60. (Testo modificato nel corso della seduta) Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 prevede disposizioni relative alle autorità indipendenti, che introducono norme comuni alle diverse autorità in materia di incompatibilità, reclutamento e trattamento economico del personale, gestione dei servizi strumentali, acquisti di beni e servizi, ubicazione delle sedi, anche al fine di raggiungere risparmi di spesa;
    tra le autorità interessate ai provvedimenti di cui all'articolo in parola risultano l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la Commissione nazionale per le società e la borsa, l'Autorità di regolazione dei trasporti, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati personali, l'Autorità nazionale anticorruzione, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione e la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali;
    i commi da uno a tre dell'articolo 22 introducono alcune novità in materia di incompatibilità dei componenti e dei dirigenti delle autorità indipendenti una volta cessato l'incarico, al fine di garantire ulteriormente l'indipendenza delle Autorità;
    l'Agcom è stata istituita con la legge 31 luglio 1997, n. 249 e il comma 3, dell'articolo 1 dispone che sono organi dell'Autorità il presidente, la commissione per le infrastrutture e le reti, la commissione per i servizi e i prodotti e il consiglio. Ciascuna commissione è organo collegiale costituito dal presidente dell'Autorità e da due commissari. Il consiglio è costituito dal presidente e da tutti i commissari. Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati eleggono due commissari ciascuno, i quali vengono nominati con decreto del Presidente della Repubblica. Ciascun senatore e ciascun deputato esprime il voto indicando un nominativo per il consiglio;
    il Presidente dell'Autorità è nominato con Decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri d'intesa con il Ministro delle Comunicazioni (ora Ministro dello Sviluppo Economico). La designazione del nominativo del Presidente dell'Autorità è previamente sottoposta al parere delle competenti Commissioni Parlamentari ai sensi dell'articolo 3, legge 14 novembre 1995 n. 481;
    l'Agcom, al pari di tutte le altre Autorità, è tenuta a garantire la massima indipendenza e neutralità e le procedure di nomina attualmente in vigore non consentono di assicurare un operato tecnico ed equidistante dagli interessi politici,

impegna il Governo:

   a valutare l'ipotesi di procedere ad una revisione delle procedure di nomina dei membri dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
   a valutare la possibilità di modificare la procedura di nomina del Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, eliminando la designazione diretta da parte Presidente del Consiglio dei Ministri al fine di garantire la massima imparzialità ed indipendenza rispetto al potere politico.
9/2486-AR/61Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del provvedimento all'esame reca disposizioni relative ai corsi delle scuole di specializzazione medica;
    le scuole di specializzazione di area medico sanitaria, così come disciplinate dal Decreto Ministeriale n.270 del 2004, sono Corsi di Specializzazione previsti dal Regolamento Didattico di Ateneo e dallo Statuto, le quali hanno lo scopo di formare specialisti nel settore dell'area medica, chirurgica e dei servizi rilasciando, al termine dei corsi, il titolo di specialista nello specifico settore;
    il Decreto Ministeriale n. 270 del 2004, in particolare, è stato introdotto per attuare la direttiva comunitaria 93/16/CE, riguardante la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei relativi diplomi, certificati e altri titoli;
    secondo l'attuale normativa, l'accesso alle scuole di specializzazione di area sanitaria avviene, sia per i laureati in medicina che per gli altri laureati afferenti alle differenti classi di specializzazione, attraverso la selezione dei candidati in che abbiano partecipato al concorso pubblico appositamente bandito, secondo l'ordine di classificazione nella relativa graduatoria;
    l'accesso alle scuole di specializzazione per i laureati non afferenti alla facoltà di medicina, ovvero i laureati appartenenti alle categorie di veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi ed altre categorie ammesse a partecipare al pubblico concorso per accedere alle scuole di specializzazione di area sanitaria, è altresì disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica, n. 162, del 10 marzo 1982;
    il decreto del Presidente della Repubblica, n. 162, del 10 marzo 1982, che reca disposizioni in materia di riordinamento delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento, richiede il sistema del tempo pieno anche per la formazione specialistica, equiparando di fatto il monte orario dei soggetti specializzandi non medici all'interno delle scuole di specializzazione di area sanitaria a quello disposto per il personale sanitario del Servizio Sanitario Nazionale;
    secondo l'attuale modello normativo è possibile rinvenire notevoli quanto evidenti disparità di trattamento tra le due diverse categorie di soggetti: ammessi a partecipare ai corsi di specializzazione dal momento che, mentre per la categoria di specializzandi laureati in medicina e chirurgia vincitori del relativo concorso si dispone la stipulazione di un contratto di formazione specialistica remunerativo per l'intera durata del corso, tali previsioni non vengono estese anche alle restanti categorie ammesse ai corsi;
    i soggetti specializzandi che non hanno conseguito una laurea in medicina e chirurgia, oltre a non godere delle medesime posizioni di diritto e contrattualistiche e, di conseguenza, in assenza di un trattamento economico, sono tenuti perfino al pagamento del premio per la propria copertura assicurativa per i rischi professionali e le tasse universitarie di iscrizione alla scuola di specializzazione;
    al pari degli specializzandi con laurea in corsi di medicina e chirurgia, viene richiesto agli specializzandi appartenente alle restanti categorie ammesse alle scuole di area sanitaria, un impegno eguale a quello previsto per il personale medico del Servizio Sanitario Nazionale, dal momento che, oltre alla già citata previsione del sistema del tempo pieno, viene loro richiesta la partecipazione alla totalità delle attività del servizio di cui fanno parte le strutture nelle quali si effettua la scuola di specializzazione, andando a contribuire in maniera determinante al regolare funzionamento delle attività di laboratorio e, di conseguenza, all'efficienza del dipartimento o dell'ospedale di riferimento,

impegna il Governo

alla valorizzazione di tutti gli iscritti alle scuole di specializzazione di area sanitaria, valutando la possibilità di estendere i diritti contrattuali attualmente riservati ai soggetti provenienti dalle facoltà medico-chirurgiche anche alle restanti categorie di specializzandi in aree sanitarie, dal momento che, tali soggetti, pur avendo tutti gli obblighi ed i doveri dei colleghi medici, non hanno ad oggi alcun riconoscimento, né economico né di diritto, per la loro fondamentale attività all'interno di strutture e laboratori nei quali si effettua la scuola di specializzazione.
9/2486-AR/62Di Benedetto, D'Uva, Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del provvedimento all'esame reca disposizioni relative ai corsi delle scuole di specializzazione medica;
    le scuole di specializzazione di area medico sanitaria, così come disciplinate dal Decreto Ministeriale n.270 del 2004, sono Corsi di Specializzazione previsti dal Regolamento Didattico di Ateneo e dallo Statuto, le quali hanno lo scopo di formare specialisti nel settore dell'area medica, chirurgica e dei servizi rilasciando, al termine dei corsi, il titolo di specialista nello specifico settore;
    il Decreto Ministeriale n. 270 del 2004, in particolare, è stato introdotto per attuare la direttiva comunitaria 93/16/CE, riguardante la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei relativi diplomi, certificati e altri titoli;
    secondo l'attuale normativa, l'accesso alle scuole di specializzazione di area sanitaria avviene, sia per i laureati in medicina che per gli altri laureati afferenti alle differenti classi di specializzazione, attraverso la selezione dei candidati in che abbiano partecipato al concorso pubblico appositamente bandito, secondo l'ordine di classificazione nella relativa graduatoria;
    l'accesso alle scuole di specializzazione per i laureati non afferenti alla facoltà di medicina, ovvero i laureati appartenenti alle categorie di veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi ed altre categorie ammesse a partecipare al pubblico concorso per accedere alle scuole di specializzazione di area sanitaria, è altresì disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica, n. 162, del 10 marzo 1982;
    il decreto del Presidente della Repubblica, n. 162, del 10 marzo 1982, che reca disposizioni in materia di riordinamento delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento, richiede il sistema del tempo pieno anche per la formazione specialistica, equiparando di fatto il monte orario dei soggetti specializzandi non medici all'interno delle scuole di specializzazione di area sanitaria a quello disposto per il personale sanitario del Servizio Sanitario Nazionale;
    secondo l'attuale modello normativo è possibile rinvenire notevoli quanto evidenti disparità di trattamento tra le due diverse categorie di soggetti: ammessi a partecipare ai corsi di specializzazione dal momento che, mentre per la categoria di specializzandi laureati in medicina e chirurgia vincitori del relativo concorso si dispone la stipulazione di un contratto di formazione specialistica remunerativo per l'intera durata del corso, tali previsioni non vengono estese anche alle restanti categorie ammesse ai corsi;
    i soggetti specializzandi che non hanno conseguito una laurea in medicina e chirurgia, oltre a non godere delle medesime posizioni di diritto e contrattualistiche e, di conseguenza, in assenza di un trattamento economico, sono tenuti perfino al pagamento del premio per la propria copertura assicurativa per i rischi professionali e le tasse universitarie di iscrizione alla scuola di specializzazione;
    al pari degli specializzandi con laurea in corsi di medicina e chirurgia, viene richiesto agli specializzandi appartenente alle restanti categorie ammesse alle scuole di area sanitaria, un impegno eguale a quello previsto per il personale medico del Servizio Sanitario Nazionale, dal momento che, oltre alla già citata previsione del sistema del tempo pieno, viene loro richiesta la partecipazione alla totalità delle attività del servizio di cui fanno parte le strutture nelle quali si effettua la scuola di specializzazione, andando a contribuire in maniera determinante al regolare funzionamento delle attività di laboratorio e, di conseguenza, all'efficienza del dipartimento o dell'ospedale di riferimento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di una valorizzazione di tutti gli iscritti alle scuole di specializzazione di area sanitaria, valutando la possibilità di estendere i diritti contrattuali attualmente riservati ai soggetti provenienti dalle facoltà medico-chirurgiche anche alle restanti categorie di specializzandi in aree sanitarie, dal momento che, tali soggetti, pur avendo tutti gli obblighi ed i doveri dei colleghi medici, non hanno ad oggi alcun riconoscimento, né economico né di diritto, per la loro fondamentale attività all'interno di strutture e laboratori nei quali si effettua la scuola di specializzazione.
9/2486-AR/62. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Benedetto, D'Uva, Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 3, come modificato in Commissione, prevede che tramite le procedure contrattuali e negoziali previste dai rispettivi ordinamenti può essere modificata la ripartizione dei contingenti dei distacchi tra le associazioni sindacali e che in tale ambito è possibile definire, con invarianza di spesa, forme di utilizzo compensativo tra distacchi e permessi sindacali,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative dirette a consentire un rapido avvio delle procedure contrattuali e negoziali di cui in premessa in modo da consentire la messa a regime della riforma prevista dall'articolo 7 entro un termine ragionevole e comunque non oltre il 1o gennaio 2015.
9/2486-AR/63Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, al capo 1, Misure urgenti in materia di lavoro pubblico, non sono state previste norme volte alla riduzione dell'orario di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al fine di incrementarne la produttività e migliorare la qualità della vita degli stessi;
    al fine di intervenire per la riduzione dell'orario di lavoro, l'articolo 3 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, normativa che recepisce le Direttive comunitarie 93/104/CE e 2000/34/CE, stabilisce che l'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali, riservando alla contrattazione collettiva la possibilità di determinare una durata più bassa;
    l'articolo 4, del medesimo decreto, stabilisce che la durata media dell'orario di lavoro non può superare le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario, per ogni periodo di sette giorni;
    a livello europeo, il comune di Göteborg, seconda città della Svezia, ha intrapreso un esperimento coinvolgendo una parte dei dipendenti dell'amministrazione riducendo l'orario di lavoro giornaliero da 8 a 6 ore, ritenendo che tale intervento riduca le assenze per malattia e incrementi la produttività, lasciando inalterato il salario e quindi senza riduzione dell'attuale stipendio complessivo,

impegna il Governo

a prevedere, in via sperimentale, disposizioni volte a ridurre l'orario di lavoro settimanale, senza ridurre la retribuzione complessiva, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in osservanza degli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, normativa che recepisce le Direttive comunitarie 93/104/CE e 2000/34/CE e di concerto con le sole pubbliche amministrazioni aderenti a tale progetto.
9/2486-AR/64Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 24 giugno 20 1 4, n. 90, recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, al capo I non sono state previste norme di modifica in materia di incarichi dirigenziali nelle amministrazioni pubbliche, contenute all'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito del prossimo disegno di legge delega in materia di pubblica amministrazione, una modifica che, nel rispetto del principio di imparzialità, possa stabilire il l'impossibilità di conferire funzioni dirigenziali a soggetti che:
    a) ricoprano cariche di partito o che le abbiano ricoperte nei due anni precedenti, che siano stati candidati in elezioni circoscrizionali, comunali, provinciali, regionali e parlamentari nazionali ed europee o che lo siano stati nei due anni precedenti;
    b) abbiano ricoperto il ruolo di consigliere o ruoli di responsabilità politica in organi di amministrazione e di governo di enti locali, regionali, statali, europei o che li abbiano ricoperti nei due anni precedenti;
    c) che abbiano avuto incarichi di rappresentanza sindacale.
9/2486-AR/65Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1-bis reca disposizioni volte a consentire al personale scolastico il riconoscimento dei requisiti giuridici ed economici, a decorrere dal i settembre 2012, in ottemperanza alle modifiche intervenute recentemente in materia di trattamenti pensionistici;
    al riguardo, si ricorda che il comma 1 dell'articolo I del decreto del Presidente della Repubblica n. 35 1998 vincola la cessazione dal servizio nel comparto Scuola «all'inizio dell'anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata». Pertanto in detto comparto, al fine di garantire la continuità didattica, la finestra di uscita è costituita da un solo giorno (il 1o settembre) per ogni anno;
    all'avvio dell'anno scolastico 2011/2012 (1o settembre 2011) era vigente il sistema delle cosiddette «quote», risultanti dalla somma dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva, ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 243, così come modificata dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247 e l'eventuale pensione anticipata in base al requisito di anzianità contributiva;
    in virtù della predetta normativa, docenti e personale ATA, avevano presentato nei mesi di ottobre e novembre del 2011, domanda di collocamento a riposo e di dimissioni ai sensi del richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998, finalizzata al trattamento di quiescenza ai sensi della legge n. 241 del 2007;
    l'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetta riforma Fornero), ha introdotto numerose modifiche in materia di trattamenti pensionistici; detto articolo ha previsto, tra l'altro un incremento dei requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia ordinario e anticipato (commi 6, 7 e 9) e l'innalzamento dei requisiti di anzianità contributiva (comma 10, che abolisce il pensionamento anticipato con il sistema delle cosiddette «quote»);
    il «Comparto Scuola», in virtù della specificità espressa anche nel richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998, ha sempre goduto di apposita normativa in ordine al trattamento pensionistico: in particolare, si ricordano: l'articolo 59 comma 9 della legge n. 449 del 1997, l'articolo 1 comma 2 lettera a) e comma 5 lettera d) della legge n. 247 del 2007; l'articolo 12 comma 1 lettera c) e comma 2 lettera c) legge n. 122 del 2010 nonché l'articolo 1 comma 21 della legge n. 148 del 2011;
    le modifiche introdotte dall'articolo 1, commi 22 e 23 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 148 del 2011 applicano il termine di 6 mesi (o quello di 105 giorni previsto dalle deroghe del decreto-legge n. 138 del 2011) per il pagamento del Trattamento di fine servizio, esclusivamente personale che abbia maturato l'anzianità contribuiva massima ai fini pensionistici, entro il 31 dicembre 2011,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di modificare l'articolo 1, comma 23, decreto-legge n. 138 del 2011, al fine di consentire al personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012 di ottenere la liquidazione del TFS con la disciplina previgente al decreto-legge n. 138 del 2011 e cioè l'erogazione dei TFS non prima di sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e nei successivi tre mesi, decorsi i quali sono dovuti gli interessi (ex decreto-legge n. 79 del 1997 ante modifica da parte dell'articolo 1, comma 22, del decreto-legge n. 138 del 2011);
   a valutare inoltre l'opportunità di applicare la disciplina vigente prima della legge n. 147 del 2013 e cioè l'erogazione del TFS in un unico importo annuale se l'ammontare complessivo della prestazione è complessivamente pari o inferiore a 90.000 euro e secondo gli scaglioni di cui all'articolo 12, comma 7, del decreto-legge n. 78 del 2010 ante legge n. 147 del 2013.
9/2486-AR/66Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 modifica il sistema di conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato negli enti locali, nelle regioni e negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario nazionale con riferimento alla dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa;
    in particolare si interviene sugli uffici di supporto degli organi di direzione politica degli enti locali. In sintesi, viene aumentato dal 10 al 30 per cento dei posti della pianta organica la quota massima di incarichi dirigenziali che gli enti locali possono conferire mediante contratti a tempo determinato, prevedendo l'obbligo di selezione pubblica per il conferimento di detti incarichi;
    in particolare, il comma 3 fissa al dieci per cento il limite dei posti di dotazione organica ricopribili tramite assunzioni a tempo determinato per la dirigenza regionale e la dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale;
    si rileva, in proposito, che molte regioni hanno introdotto proprie discipline di regolazione della dirigenza, che, in alcuni casi, consentono il ricorso ad incarichi dirigenziali da conferire a personale esterno;
    in base alla giurisprudenza costituzionale, «l'area delle eccezioni» al concorso deve essere «delimitata in modo rigoroso» (sent. n. 215 del 2009; sent. n. 363 del 2006) Con la sentenza 9/2010 la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 24, comma 2, della legge regionale n. 23 del 2008 del Piemonte, in quanto tale disposizione oltre a prevedere assunzioni a tempo determinato, con contratto che può avere una durata massima di cinque anni e che è rinnovabile senza alcun limite, e a non richiedere la ricorrenza di alcun presupposto oggettivo perché un incarico di direttore regionale sia affidato ad un soggetto esterno piuttosto che ad un dirigente appartenente ai ruoli dell'amministrazione, contempla una deroga al principio del concorso pubblico di notevole consistenza (30 per cento dei posti di direttore regionale),

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme citate in premessa al fine di prevedere nei prossimi provvedimenti concernenti la dirigenza, di rimodulare le percentuali dei posti riservati dagli enti locali e territoriali agli incarichi dirigenziali, fissandoli complessivamente nella misura non superiore al 2 per cento negli enti pubblici che abbiano in organico più di 50 dirigenti di ruolo, del 10 per cento negli enti pubblici che abbiano in organico da 5 a 50 dirigenti di ruolo e del 30 per cento negli enti pubblici che abbiano in organico meno di 5 dirigenti di ruolo.
9/2486-AR/67Rostellato.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, al capo I non sono state previste norme di modifica in materia di incarichi dirigenziali nelle amministrazioni pubbliche, contenute all'articolo 19, comma 10, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito del prossimo disegno di legge delega in materia di pubblica amministrazione, che i dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità degli uffici dirigenziali, possano essere collocati in «disponibilità», per un'eventuale ricollocazione, anche per attività di supporto non dirigenziali, in altre amministrazioni regionali, locali o indipendenti, ovvero nelle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche o per svolgere attività lavorativa nel settore privato, presso enti senza scopo di lucro, con sospensione del periodo di disponibilità;
   a porre in essere tutte le misure necessarie per porre il divieto di assegnare ai dirigenti privi d'incarico, (per carenza di disponibilità di idonei posti di funzione o per la mancanza di specifiche qualità professionali), funzioni ispettive, di consulenza, di progettazione, di studio e di ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali.
9/2486-AR/68Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni in materia di lavoro pubblico, di cui all'articolo 50 del decreto-legge n. 90 del 24 giugno 2014 recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza e per l'efficienza degli uffici giudiziari, non raggiungono ad avviso del presentatore l'obiettivo di un intervento di riforma e di taglio degli sprechi in grado di rilanciare il valore e la funzione della Pubblica Amministrazione in quanto le modalità organizzative e i compiti del personale giudizio e di eventuali figure utilizzate nell’«ufficio per il processo» devono essere demandate alla contrattazione integrativa e rispondere a un modello organizzativo preciso che metta al centro il servizio;
    così come enunciata, la norma risponde, più che a un modello di organizzazione, alla creazione dello «staff» del Giudice; se applicata in tal modo creerebbe gravi rallentamenti nella struttura organizzativa con l'ingresso disordinato di più «figure» esterne con compiti non ben definiti, inoltre l'istituzione dell'ufficio per il processo deve necessariamente passare per la valorizzazione del personale interno che attende da tempo un riconoscimento professionale, senza dimenticare che la complessità del modello organizzativo, inoltre, richiede l'utilizzo del personale di cui al comma 344 dell'articolo 1 della legge 147 del 2013 tramite un contratto a tempo determinato a partire dal 1o gennaio 2015;
   pertanto risulta evidente che i 2924 lavoratori/precari della giustizia ricevano al più presto una risposta che costituisca concretamente il punto di partenza per una funzione pubblica moderna, rispondente alle aspettative dei cittadini, volano dello sviluppo dell'economia del Paese, che possa rimettere al centro il ruolo e la dignità del lavoro pubblico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di demandare alla contrattazione nazionale integrativa le scelte relative a nuove funzioni e compiti del personale giudiziario da utilizzare sia per la costituzione dell'ufficio per il processo che per gli ufficiali e funzionari giudiziali tenendo in considerazione l'utilizzazione di contratti a tempo determinato di un anno per l'assunzione dei lavoratori che abbiamo completato il tirocinio (articolo 1 comma 344, legge n. 147 del 27 dicembre 2013) per lo smaltimento dell'arretrato tramite progetti specifici.
9/2486-AR/69Gallinella, Businarolo, Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 25 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, aggiunge un periodo all'articolo 119, comma 4 lettera a) del decreto legislativo 30 aprile 1992 con il quale si afferma che il conducente che presenti situazioni di mutilazione o minorazioni fisica stabilizzate e non suscettibili di aggravamento né di modifica delle prescrizioni per i successivi rinnovi di validità della patente potranno essere esperiti secondo le procedure di cui al comma 2, del citato articolo 119, ovvero procedure semplificate;
    quanto previsto al comma 2 dell'articolo 25 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 è una semplificazione positiva per persone con disabilità;
    sarebbe necessario e positivo procedere ulteriormente nelle iniziative di semplificazione che rappresenterebbero un vantaggio per le persone con disabilità;
    il comma 2-ter dell'articolo 119 del decreto legislativo 30 aprile 1992, prevede che ai fini dell'accertamento dei requisiti psichici e fisici per il primo rilascio della patente di guida di qualunque categoria, l'interessato debba esibire apposita certificazione;
    se la certificazione di cui ai commi 2-ter e 3 dell'articolo 119 del decreto legislativo 30 aprile 1992, potesse essere inviata dalla persona con invalidità anche per posta elettronica certificata, questo rappresenterebbe un ulteriore passo di effettiva semplificazione,

impegna il Governo

a prevedere, come forma di ulteriore semplificazione, la possibilità, anche con modifiche di carattere normativo, che la consegna della certificazione di cui ai commi 2-ter e 3 dell'articolo 119 del decreto legislativo 30 aprile 1992, possa avvenire tramite posta elettronica certificata.
9/2486-AR/70Del Grosso, Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 25 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, integra le commissioni mediche locali costituite presso le unità sanitarie locali in tutti i capoluoghi di provincia con un rappresentante designato dalle associazioni delle persone disabili esperto in materia;
    le commissioni mediche locali hanno il compito di accertare i requisiti psichici e fisici nei casi di revisione o rinnovo della patente di guida richiesta da mutilati e minorati fisici per minorazioni anatomiche e funzionale di arti o colonne vertebrali;
    il comma 1 dell'articolo 25 in forma generica parla di «esperto in materia» senza specificare la materia nel quale dovrebbe essere esperto, si rende quindi necessario procedere ad una definizione precisa di esperto in materia,

impegna il Governo

a definire compiutamente e in modo adeguato che l'esperto in materia nel quale si fa riferimento al comma 1 dell'articolo 25 è esperto nella valutazione dell'incidenza psicofisica conseguente alle condizioni di disabilità.
9/2486-AR/71Castelli, Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    sono giunte da parte di numerosi cittadini segnalazioni su una serie di disfunzioni nella fase di prescrizione e distribuzione da parte delle Asl della Regione Campania dell'ossigeno utilizzato per disturbi e patologie croniche quindi un farmaco necessario;
    appare evidente che le disfunzioni segnalate sulle modalità di prescrizione e distribuzione dell'ossigeno in qualità di farmaco essenziale hanno una ricaduta pesante sui cittadini che hanno diritto e bisogno dell'utilizzo dell'ossigeno per affrontare al meglio le patologie per quali sono costrette a ricorrere momentaneamente o per sempre all'ossigeno,

impegna il Governo:

   per la parte di propria competenza e per garantire il diritto alla salute e alla cura a disporre iniziative finalizzate allo snellimento delle procedure di prescrizione di distribuzione dell'ossigeno nelle Asl della regione Campania;
   a verificare che le disfunzioni segnalate per le Asl della regione Campania non si verifichino anche in nelle altre Regioni;
   a monitorare e confrontare il costo dell'ossigeno nelle regioni evitando che sul servizio sanitario nazionale gravino spese per l'acquisto di ossigeno con costi sensibilmente diversi da regione a regione se non da Asl con Asl.
9/2486-AR/72Caso, Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» reca norme di semplificazione per le persone con disabilità;
    è ormai accertata la inutilità dei piani straordinari di contrasto nei confronti del falsi invalidi, in quanto i riscontri, a fronte di centinaia di migliaia di verifiche ed ingenti costi sostenuti, non sono risultati congrui rispetto ai risultati attesi;
    dati i risultati dei piani straordinari di contrasto ai falsi invalidi sarebbe coerente prenderne atto e procedere alla sospensione degli stessi,

impegna il Governo

a sospendere le attività previste dai piani straordinari previsti dall'articolo 1 comma 109 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, provvedendo contestualmente a dare immediata attuazione al capitolo 3, Linea di intervento 1, «Revisione del sistema di accesso, riconoscimento – certificazione della condizione di disabilità e modello di intervento del sistema socio-sanitario dell'allegato al decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013, recante adozione del programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità.
9/2486-AR/73Di Vita, Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell’iter della discussione, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» in I Commissione Affari Costituzionali è stato approvato un emendamento del Governo, l'articolo 27-bis, che introduce procedure per ristorare i soggetti danneggiati da trasfusione con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie;
    l'articolo 5 del decreto del Ministro della salute 4 maggio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 162 del 13 luglio 2012, prevede alle lettere a) e b) del primo comma e al comma 2, indicazioni prescrittive che di fatto limitano la possibilità da parte dei soggetti aventi diritto alla applicazione dei moduli transattivi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità in successivi provvedimenti legislativi di procedere alla soppressione delle lettere a) e b) del comma 1 e del comma 2 dell'articolo 5 del decreto del Ministero della salute 4 maggio 2012.
9/2486-AR/74Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari»;
    l'articolo 3 del decreto-legge 90 del 2014 reca norme per la semplificazione nel turn over; l'articolo 1 comma 5 del decreto-legge 90 del 2014 prevede le disposizioni di cui all'articolo 72, comma 11 della legge 6 agosto 2008, n. 133 si applichino ai dirigenti medici di struttura complessa che abbiano maturato i requisiti per l'accesso alla pensione dal 1o gennaio 2012;
    i soli dirigenti medici di struttura complessa che potrebbero essere coinvolti dovrebbero essere circa 7000, così come il coinvolgimento di altre categorie interessate potrebbe comportare, senza la possibilità di uno sblocco del turn over, serie conseguenze sul mantenimento dei livelli essenziali di assistenza,

impegna il Governo

a disporre la possibilità di deroga al blocco del turn over del personale del servizio sanitario nazionale, tenuto presente di quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge in esame al fine di assicurare il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza, tale deroga potrebbe essere disposta previo accertamento da parte del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
9/2486-AR/75Cecconi, Grillo, Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari»;
    l'articolo 3 del decreto-legge 90 del 2014 reca norme per la semplificazione nel turn over; l'articolo 1 comma 5 del decreto-legge 90 del 2014 prevede le disposizioni di cui all'articolo 72, comma 11 della legge 6 agosto 2008, n. 133 si applichino ai dirigenti medici di struttura complessa che abbiano maturato i requisiti per l'accesso alla pensione dal 1o gennaio 2012;
    i soli dirigenti medici di struttura complessa che potrebbero essere coinvolti dovrebbero essere circa 7000, così come il coinvolgimento di altre categorie interessate potrebbe comportare, senza la possibilità di uno sblocco del turn over, serie conseguenze sul mantenimento dei livelli essenziali di assistenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre la possibilità di deroga al blocco del turn over del personale del servizio sanitario nazionale, nel rispetto dei vincoli di bilancio, tenuto presente di quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge in esame al fine di assicurare il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza, tale deroga potrebbe essere disposta previo accertamento da parte del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
9/2486-AR/75. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cecconi, Grillo, Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 del decreto-legge in esame recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», aggiunge all'articolo 9 della legge 16 novembre 2001, n. 405 il comma 1-bis;
    il comma 1-bis prevede che nelle more della messa a regime sull'intero territorio nazionale della ricetta dematerializzata di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 2 novembre 2011, per le patologie croniche il medico possa prescrivere medicinali fino ad un massimo di sei pezzi per ricetta;
    la dematerializzazione delle ricette è una delle iniziative più importanti per dotare l'Italia di un sistema moderno che risponda alle esigenze dei cittadini ma anche di razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale;
    a tre anni dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 2 novembre 2011 la ricetta dematerializzata sull'intero territorio nazionale è ancora da «materializzarsi», appare quindi necessario determinare un termine efficace con sanzioni effettive nei confronti di quelle regioni che non adempiano in tempi brevi all'applicazione del citato decreto,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché la dematerializzazione delle ricette di cui al decreto 2 novembre 2011 del Ministero dell'economia e delle finanze sia applicata sull'intero territorio nazionale entro e non oltre il 31 dicembre 2015 e in caso ulteriori inadempienze siano previste sanzioni anche prevedendo una riduzione dei trasferimenti per le regioni inadempienti, evitando provvedimenti tampone come è quanto previsto dall'articolo 26 del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90.
9/2486-AR/76Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell’iter della discussione, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» in I Commissione Affari Costituzionali è stato approvato un emendamento del Governo, l'articolo 27-bis, che introduce procedure per ristorare i soggetti danneggiati da trasfusione con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie;
    il comma 1 dell'articolo 27-bis prevede che ai soggetti di cui all'articolo 2 comma 361 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che hanno presentato domanda di adesione alla procedura transattiva nonché ai loro aventi causa sia riconosciuto un equa riparazione determinata nella misura di euro centomila per i danneggiati da trasfusione di sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e nella misura di euro ventimila per i danneggiati da vaccinazioni obbligatorie;
    le somme destinate alla equa riparazione sono assolutamente esigue e non possono essere certamente definite una equa riparazione,

impegna il Governo

ad incrementare, attraverso ulteriori provvedimenti, le risorse finanziarie disponibili e di conseguenza le somme destinate alla equa riparazione di cui al comma 1 dell'articolo 27-bis destinando una somma non inferiore a euro duecentomila per i danneggiati da trasfusione di sangue infetto, non inferiore a euro trecentomila per i danneggiati da somministrazione di emoderivati infetti, e non inferiore a euro sessantamila per i danneggiati da vaccinazioni obbligatorie.
9/2486-AR/77Dall'Osso, Lorefice, Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell’iter della discussione, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» in I Commissione Affari Costituzionali è stato approvato un emendamento del Governo, l'articolo 27-bis, che introduce procedure per ristorare i soggetti danneggiati da trasfusione con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie;
    il comma 1 dell'articolo 27-bis prevede che ai soggetti di cui all'articolo 2 comma 361 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che hanno presentato domanda di adesione alla procedura transattiva nonché ai loro aventi causa sia riconosciuto un equa riparazione determinata nella misura di euro centomila per i danneggiati da trasfusione di sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e nella misura di euro ventimila per i danneggiati da vaccinazioni obbligatorie;
    le somme destinate alla equa riparazione sono assolutamente esigue e non possono essere certamente definite una equa riparazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incrementare, attraverso ulteriori provvedimenti, le risorse finanziarie disponibili e di conseguenza le somme destinate alla equa riparazione di cui al comma 1 dell'articolo 27-bis.
9/2486-AR/77. (Testo modificato nel corso della seduta) Dall'Osso, Lorefice, Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del decreto-legge 24 giugno 2014 prevede l'istituzione di un Fondo a carattere sperimentale per la copertura assicurativa dei soggetti beneficiari di forme di integrazione o sostegno al reddito, coinvolti in attività di volontariato a fini di utilità sociale;
    si tratta di una sperimentazione interessante di durata biennale ed appare opportuno che al fine di valutare la prosecuzione della sperimentazione o per rendere stabile il Fondo di cui all'articolo 12 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali invii, entro il 31 dicembre 2015, alle competenti commissioni parlamentari una relazione sull'attuazione delle finalità del fondo, dei soggetti coinvolti dei comuni interessati, delle risorse utilizzate, al fine di consentire alle commissioni parlamentari di valutare la prosecuzione di tale Fondo,

impegna il Governo

a inviare alle competenti Commissioni parlamentari entro il 31 dicembre 2015, una relazione sull'attuazione delle finalità del Fondo di cui all'articolo 12 del decreto-legge in esame, sul numero di soggetti coinvolti, sul numero dei comuni interessati, sulla tipologia delle attività di volontariato a fini sociali, sull'ammontare delle risorse utilizzate.
9/2486-AR/78Mantero, Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 reca il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni;
    il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, reca disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190;
    la questione della trasparenza di organismi come gli ordini professionali è stato, quindi, ampiamente regolamentato dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, entrato in vigore il 20 aprile 2013;
    le norme previste dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, chiariscono in maniera inequivocabile le modalità di applicazione dei principi della trasparenza arrivando anche a parlare della componente politica;
    la trasparenza è un obbligo al quale devono sottostare gli ordini professionali, i quali sembra che stiano attuando forme dilatorie nell'applicazione di quanto disposto dai citati decreti legislativi;
    gli ordini professionali, in particolare quelli sanitari, sembra che siano restii alla piena applicazione degli adempimenti previsti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33;
    in Italia ci sono circa 2000 consigli dell'ordine tra nazionali e territoriali, si tratta di enti di diritto pubblico alimentati con quote degli iscritti,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le iniziative necessarie affinché gli ordini professionali applichino integralmente tutte le disposizioni recate dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, in materia di trasparenza e dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi;
   a non prevedere di apportare modifiche finalizzate ad esentare gli ordini professionali dagli adempimenti o parte di essi previsti dai decreti legislativi 14 marzo 2013, n. 33, in materia di trasparenza e dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi.
9/2486-AR/79Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1, comma 5, secondo periodo, del decreto-legge in esame recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», è stata apportata una modifica con emendamento del relatore attraverso la quale per ciascun professore universitario, nei cui confronti si dispone il pensionamento, la relativa università procede prioritariamente all'assunzione di «almeno» un nuovo professore;
    nello stesso comma 5 è previsto anche il pensionamento di dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale e ai responsabili di struttura complessa, senza che sia prevista nessuna possibilità di nuova assunzione;
    appare del tutto discutibile che quanto previsto, giustamente, per i professori universitari, ovvero per ogni pensionamento una nuova assunzione di «almeno» un professore, analogamente non sia previsto che si proceda anche nei confronti del pensionamento di medici dirigenti e del ruolo del Servizio sanitario nazionale e di responsabili di struttura complessa, ovvero di ruoli chiave per il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza e della qualità delle cure,

impegna il Governo

a garantire, anche attraverso successivi atti normativi, che a fronte del pensionamento di dirigenti medici e del ruolo del Servizio sanitario nazionale e di responsabili struttura complessa si provveda ad almeno una nuova assunzione allo scopo di garantire i livelli essenziali di assistenza in ottemperanza all'articolo 32 della Costituzione.
9/2486-AR/80Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1, comma 5, secondo periodo, del decreto-legge in esame recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», è stata apportata una modifica con emendamento del relatore attraverso la quale per ciascun professore universitario, nei cui confronti si dispone il pensionamento, la relativa università procede prioritariamente all'assunzione di «almeno» un nuovo professore;
    nello stesso comma 5 è previsto anche il pensionamento di dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale e ai responsabili di struttura complessa, senza che sia prevista nessuna possibilità di nuova assunzione;
    appare del tutto discutibile che quanto previsto, giustamente, per i professori universitari, ovvero per ogni pensionamento una nuova assunzione di «almeno» un professore, analogamente non sia previsto che si proceda anche nei confronti del pensionamento di medici dirigenti e del ruolo del Servizio sanitario nazionale e di responsabili di struttura complessa, ovvero di ruoli chiave per il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza e della qualità delle cure,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di bilancio, di garantire, anche attraverso successivi atti normativi, che a fronte del pensionamento di dirigenti medici e del ruolo del Servizio sanitario nazionale e di responsabili struttura complessa si provveda ad almeno una nuova assunzione allo scopo di garantire i livelli essenziali di assistenza in ottemperanza all'articolo 32 della Costituzione.
9/2486-AR/80. (Testo modificato nel corso della seduta)  Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    ai fini della razionalizzazione della spesa pubblica, l'articolo 9, commi 17-21, del decreto-legge n. 78/2010 ha disposto il blocco della contrattazione nel pubblico impiego per il triennio 2010-2012;
    il predetto blocco opera nei seguenti termini:
    sospensione (senza possibilità di recupero) delle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012, fatta salva la sola erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale;
    rideterminazione delle risorse previste per i rinnovi contrattuali per il personale statale, le quali comprendono anche gli oneri riflessi a carico delle amministrazioni;
    rideterminazione delle risorse anche da parte delle amministrazioni non statali per il rinnovo contrattuale per l'anno 2011 e a partire dal successivo 2012;
    inoltre, il comma 21 ha stabilito la non applicazione – per gli anni 2011, 2012 e 2013 – al personale in regime di diritto pubblico dei meccanismi di adeguamento retributivo previsti dall'articolo 24 della legge n. 448 del 1998 (adeguamento annuale di diritto, dal 1o gennaio 1998, delle voci retributive del personale richiamato in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive), ancorché a titolo di acconto ed escludendo successivi recuperi;
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 ha infine previsto la possibilità di prorogare al 31 dicembre 2014, con apposito regolamento, le vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni, prevedendo comunque la possibilità che, all'esito di apposite consultazioni con le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative del pubblico impiego, l'ambito applicativo delle disposizioni in materia sia differenziato, in ragione dell'esigenza di valorizzare ed incentivare l'efficienza di determinati settori,

impegna il Governo:

   a porre in essere tutte le iniziative dirette a consentire un rapido avvio, nell'anno 2015, di una sessione negoziale presso l'ARAN, al fine di procedere al rinnovo per la parte normativa ed economica del contratto del pubblico impiego, con riferimento al personale di cui all'articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, per il triennio 2014 -2016;
   a valutare altresì l'opportunità di avviare un'analoga sessione negoziale, per rideterminare le risorse per il rinnovo contrattuale del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni.
9/2486-AR/81Tripiedi, Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    ai fini della razionalizzazione della spesa pubblica, l'articolo 9, commi 17-21, del decreto-legge n. 78/2010 ha disposto il blocco della contrattazione nel pubblico impiego per il triennio 2010-2012;
    il predetto blocco opera nei seguenti termini:
    sospensione (senza possibilità di recupero) delle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012, fatta salva la sola erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale;
    rideterminazione delle risorse previste per i rinnovi contrattuali per il personale statale, le quali comprendono anche gli oneri riflessi a carico delle amministrazioni;
    rideterminazione delle risorse anche da parte delle amministrazioni non statali per il rinnovo contrattuale per l'anno 2011 e a partire dal successivo 2012;
    inoltre, il comma 21 ha stabilito la non applicazione – per gli anni 2011, 2012 e 2013 – al personale in regime di diritto pubblico dei meccanismi di adeguamento retributivo previsti dall'articolo 24 della legge n. 448 del 1998 (adeguamento annuale di diritto, dal 1o gennaio 1998, delle voci retributive del personale richiamato in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive), ancorché a titolo di acconto ed escludendo successivi recuperi;
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 ha infine previsto la possibilità di prorogare al 31 dicembre 2014, con apposito regolamento, le vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni, prevedendo comunque la possibilità che, all'esito di apposite consultazioni con le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative del pubblico impiego, l'ambito applicativo delle disposizioni in materia sia differenziato, in ragione dell'esigenza di valorizzare ed incentivare l'efficienza di determinati settori,

impegna il Governo:

   a porre in essere tutte le iniziative dirette a consentire un rapido avvio, nell'anno 2015, di una sessione negoziale presso l'ARAN, al fine di procedere al rinnovo per la parte normativa ed economica, nel rispetto dei vincoli di bilancio, del contratto del pubblico impiego, con riferimento al personale di cui all'articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, per il triennio 2014 -2016;
   a valutare altresì l'opportunità di avviare un'analoga sessione negoziale, per rideterminare le risorse per il rinnovo contrattuale del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni.
9/2486-AR/81. (Testo modificato nel corso della seduta) Tripiedi, Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 dispone, al comma 1: «All'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1 dell'articolo è sostituito dal seguente: «1. Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. Fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell'incarico.»;
    l'articolo 97 della Costituzione prevede che: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.»,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti finalizzati ad assicurare che tutti i dirigenti delle pubbliche amministrazioni siano selezionati tramite procedura concorsuale.
9/2486-AR/82Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 37 sottopone al controllo dell'ANAC l'effettuazione di alcune tipologie di varianti in corso d'opera, consentite ai sensi del Codice dei contratti pubblici: si tratta di una selezione delle varianti ammesse dalla normativa vigente, tra le quali quelle inerenti a cause impreviste, eventi inerenti al bene, eventi imprevedibili, ritrovamenti;
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo sarebbe opportuno aggiungere il controllo dell'ANAC sulle varianti in corso d'opera per il manifestarsi di errori od omissioni del progetto esecutivo che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell'opera ovvero la sua utilizzazione, di cui alla lettera e) dell'articolo 132 del suddetto Codice,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative, anche legislative, al fine di aggiungere le varianti indicate in premessa tra quelle sottoposte al controllo dell’ ANAC.
9/2486-AR/83Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del provvedimento in esame dispone in ordine alla soppressione del Magistrato delle acque per le province venete e di Mantova di cui alla legge 5 maggio 1907, n. 257, trasferendo compiti e funzioni al provveditorato interregionale per le opere pubbliche;
    i compiti e le funzioni inerenti espressamente alla salvaguardia di Venezia e della laguna saranno trasferiti alla costituenda città metropolitana;
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, tale assunto non appare il più ragionevole e il più opportuno,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata al fine di prevedere il ripristino dell'istituto del Magistrato delle acque di Venezia, quale amministrazione ad ordinamento autonomo con funzioni strumentali a quelle dello Stato, avente personalità giuridica di diritto pubblico e dotato di autonomia organizzativa, amministrativa, contabile e finanziaria, sottoposto alla opportuna vigilanza del ministero dell'ambiente.
9/2486-AR/84Cozzolino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento all'esame riguarda l'abilitazione scientifica nazionale necessaria per l'accesso al ruolo di professore universitario ordinario e associato;
    in particolare, nel testo modificato durante l'esame in Commissione, si prevede: il differimento (dal 31 maggio 2014) al 30 settembre 2014 del termine di conclusione dei lavori delle commissioni riferiti alla tornata 2013; l'indizione della procedura di abilitazione scientifica nazionale relativa al 2014 entro il 28 febbraio 2015, previa revisione del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 222/2011, che ha disciplinato le procedure, in conformità alle modifiche contestualmente introdotte nella legge n. 240 del 2010;
    era diventato assolutamente necessario procedere tempestivamente alla modifica della disciplina sull'abilitazione scientifica nazionale riprendendo parte dei contenuti della risoluzione n. 8-00064 approvata all'unanimità dalla Commissione Cultura in data 18 giugno 2014;
    l'articolo 4 comma 1 del succitato decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011 prevede che con decreto ministeriale siano stabiliti i criteri e i parametri per le valutazioni dei candidati all'abilitazione scientifica nazionale;
    in particolare, il decreto ministeriale attualmente prevede che, nella valutazione dell'attività scientifica, le commissioni possono discostarsi dai parametri e criteri individuati dandone motivazione preventivamente e nel giudizio finale,

impegna il Governo

ad intervenire affinché ogni commissione possa discostarsi dai criteri e parametri definiti per la generalità dei candidati solo con deliberazione unanime e con motivazione dettagliata e per particolari meriti scientifici ampiamente documentati.
9/2486-AR/85Battelli, Vacca, D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento all'esame riguarda l'abilitazione scientifica nazionale necessaria per l'accesso al ruolo di professore universitario ordinario e associato;
    in particolare, nel testo modificato durante l'esame in Commissione, si prevede: il differimento (dal 31 maggio 2014) al 30 settembre 2014 del termine di conclusione dei lavori delle commissioni riferiti alla tornata 2013; l'indizione della procedura di abilitazione scientifica nazionale relativa al 2014 entro il 28 febbraio 2015, previa revisione del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 222/2011, che ha disciplinato le procedure, in conformità alle modifiche contestualmente introdotte nella legge n. 240 del 2010;
    era diventato assolutamente necessario procedere tempestivamente alla modifica della disciplina sull'abilitazione scientifica nazionale riprendendo parte dei contenuti della risoluzione n. 8-00064 approvata all'unanimità dalla Commissione Cultura in data 18 giugno 2014;
    l'articolo 4 comma 1 del succitato decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011 prevede che con decreto ministeriale siano stabiliti i criteri e i parametri per le valutazioni dei candidati all'abilitazione scientifica nazionale;
    in particolare, il decreto ministeriale attualmente prevede che, nella valutazione dell'attività scientifica, le commissioni possono discostarsi dai parametri e criteri individuati dandone motivazione preventivamente e nel giudizio finale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire affinché ogni commissione possa discostarsi dai criteri e parametri definiti per la generalità dei candidati solo con deliberazione unanime e con motivazione dettagliata e per particolari meriti scientifici ampiamente documentati.
9/2486-AR/85. (Testo modificato nel corso della seduta) Battelli, Vacca, D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del provvedimento all'esame reca disposizioni relative ai corsi delle scuole di specializzazione medica;
    in particolare, il comma 2 autorizza l'ulteriore spesa di 6 milioni di euro per il 2014, 40 milioni di euro per il 2015 e 1,8 milioni di euro per il 2016 per la formazione dei medici specialisti;
    al relativo onere si provvede per il 2014 utilizzando quota parte delle entrate derivanti dalle contabilità speciali scolastiche non più alimentate dal 1o gennaio 2013 (articolo 7, comma 39, decreto-legge n. 95 del 2012 – legge n. 135 del 2012), per il 2015 mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica e, per il 2016, mediante riduzione del Fondo per il finanziamento ordinario delle università,

impegna il Governo

ad intervenire affinché le risorse necessarie per incrementare il numero di contratti di formazione presso le scuole di specializzazione medica siano reperite senza ridurre altre voci del bilancio del MIUR.
9/2486-AR/86Simone Valente, Marzana, Vacca, Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del provvedimento all'esame reca disposizioni relative ai corsi delle scuole di specializzazione medica;
    in particolare, Il comma 2 autorizza l'ulteriore spesa di 6 milioni di euro per il 2014, 40 milioni di euro per il 2015 e 1,8 milioni di euro per il 2016 per la formazione dei medici specialisti;
    al relativo onere si provvede per il 2014 utilizzando quota parte delle entrate derivanti dalle contabilità speciali scolastiche non più alimentate dal 1o gennaio 2013 (articolo 7, comma 39, decreto-legge n. 95 del 2012 – legge n. 135 del 2012), per il 2015 mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica e, per il 2016, mediante riduzione del Fondo per il finanziamento ordinario delle università;
    come si legge anche nella relazione che accompagna il provvedimento, il fabbisogno annuo di specializzandi è pari a circa 8.500 unità. Con lo stanziamento attuale verrebbero finanziate, per il prossimo anno accademico che parte a novembre 2014, circa 3.300 borse di studio, meno della metà del fabbisogno;
    pertanto, il succitato comma 2 dell'articolo 15 individua le risorse per garantire la copertura di 5.000 unità, mentre i candidati a partecipare alle prove di ammissione alle scuole di specializzazione in medicina pagano una quota di iscrizione destinata a coprire parte dei costi connessi all'organizzazione delle stesse,

impegna il Governo

ad intervenire affinché siano incrementate le risorse destinate alla formazione dei medici specialisti in modo tale da garantire il numero sufficiente di contratti di formazione presso le scuole di specializzazione medica.
9/2486-AR/87Brescia, D'Uva, Vacca, Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento in esame riguarda le procedure in corso per l'abilitazione scientifica nazionale;
    in particolare il comma 3 prevede la revisione del regolamento emanato con Decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011, che ha disciplinato le procedure, in conformità alle modifiche contestualmente introdotte nella legge n. 240 del 2010 in sede referente;
    come evidenziato con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-03193 presentato da Vacca Gianluca martedì 21 gennaio 2014, seduta n. 156, è emersa una situazione controversa riguardante i membri delle commissioni ed in particolare la necessità di avere una norma chiara sulle incompatibilità dei membri delle commissioni;
    l'articolo 13 del Decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 stabilisce l'aspettativa obbligatoria dei professori universitari per situazioni di incompatibilità e per i quali è collocato in aspettativa d'ufficio;
    nello stesso articolo del Decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, per quanto concerne l'esclusione dalla possibilità di far parte delle commissioni di concorso, stabilisce che «Per quanto concerne l'esclusione della possibilità di far parte delle commissioni di concorso sono fatte salve le situazioni di incompatibilità che si verifichino successivamente alla nomina dei componenti delle commissioni»; tale norma risulta molto ambigua in quanto si presta ad interpretazioni anche di significato opposto tra di loro;
    nella prima tornata di abilitazione scientifica nazionale si è verificato il caso della presenza di un Ministro della Repubblica presente in una commissione di concorso,

impegna il Governo

a prevedere, in sede di revisione del regolamento emanato ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 e delle norme riguardanti l'abilitazione scientifica nazionale, per i professori posti in aspettativa obbligatoria per situazioni di incompatibilità, di non poter far parte delle commissioni di concorso di qualsiasi natura ed in particolare delle commissioni dell'Abilitazione scientifica Nazionale e dei concorsi per la chiamata dei professori universitari.
9/2486-AR/88Vacca, D'Uva, Brescia, Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del provvedimento all'esame reca disposizioni relative ai corsi delle scuole di specializzazione medica;
    la normativa introdotta dal citato articolo apporta alcune modifiche alla disciplina introdotta dall'articolo 21 del decreto-legge 12 settembre 2013, n.104, poi convertito dalla legge 8 novembre 2013, n. 128;
    la legge di conversione 8 novembre 2013, n.128, in particolare, ha introdotto nuove disposizioni circa la durata dei corsi di specializzazione di area medica;
    in accordo con l'attuale disposizione contenuta dall'articolo 15 del provvedimento in esame, tali riduzioni, che garantivano minori oneri per il bilancio dello Stato, venivano disposte al fine di reinvestire tale risparmio di spesa in nuove borse di studio per i neolaureati nei corsi di area medico-sanitaria;
    tuttavia, tale normativa non ha mai trovato alcuna effettiva attuazione, a causa della mancata emissione del Decreto Ministeriale, il quale, a norma di quanto previsto dall'articolo 21 del Decreto Legge 12 settembre 2013, n.104, poi convertito dalla legge 8 novembre 2013, n.128, doveva essere emanato entro il 31 marzo, al fine di stabilire le nuove durate dei singoli corsi e, più in generale, per definire i nuovi ordinamenti didattici;
    per sopperire a tale mancanza l'articolo 15 del provvedimento in esame proroga al 31 dicembre 2014 l'emanazione del Decreto Ministeriale, disponendo l'applicazione delle disposizioni per la riduzione delle durate dei corsi di formazione specialistica a partire dall'anno accademico 2014/2015,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, anche normative, al fine di garantire che anche in caso di mancata emissione del nuovo Decreto Ministeriale entro il 31 dicembre 2014 non venga compromessa entro l'anno accademico 2014/2015 di riferimento per i corsi di specializzazione l'attuazione delle disposizioni che, al fine di garantire un sostanziale aumento del numero di borse per la formazione specialistica dei neo laureati di area medica, senza maggiori oneri per lo Stato, riducano le durate dei vari corsi di formazione specialistica.
9/2486-AR/89D'Uva, Vacca, Brescia, Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    a fronte delle specifiche misure disposte dal provvedimento per gli enti di ricerca, in materia di semplificazione e trasparenza preme al firmatario del presente atto sollevare la disparità di trattamento e le difficoltà cui è esposto il personale esterno non strutturato delle università – si tratta, ad esempio, degli assegnisti di ricerca, borsisti o dottorandi, rispetto al personale strutturato, qualunque esso sia, docenti, tecnici o ricercatori;
    le missioni fuori sede di durata superiore alle 24 ore vengono a questi ultimi rimborsate, a norme di legge, entro 30 giorni, in quanto dipendenti pubblici, mentre i primi, che già scontano una posizione ed una condizione precarie, devono spesso attendere anche diversi mesi per i medesimi rimborsi, in quanto «esterni»;
    sembra al firmatario del presente atto che ai «precari» dovrebbe, per lo meno, essere assicurato pari trattamento con riguardo all'aspetto discriminante indicato, affinché non si producano procedure di rimborso privilegiate, che, tra l'altro, vanno a scapito proprio di chi è già in condizioni di minor tutela e maggior bisogno,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche legislative, al fine di estendere il trattamento sancito dall'articolo 3, della legge n. 417 del 1978, al personale esterno non strutturato delle università.
9/2486-AR/90Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 introduce nuove norme in materia di incompatibilità per i componenti del vertice della Consob nel periodo successivo alla cessazione del loro mandato;
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo sarebbe opportuno introdurre la medesima incompatibilità quale requisito aggiuntivo a quelli vigenti per l'assunzione dei suddetti incarichi,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, finalizzate al divieto di nomina quali componenti degli organi di vertice, a pena di nullità, per coloro che nei quattro anni precedenti abbiano intrattenuto, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con soggetti regolati dalla Consob o con società da questi ultimi controllate.
9/2486-AR/91Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, l'articolo 11, nel suo complesso, era e rimane un articolo controverso; in particolare, l'incipit del comma 4 recita un ingiustificato «Resta fermo» e prosegue autorizzando, o sanando autorizzazioni pregresse, gli organi politici degli enti locali ad inquadrare un collaboratore temporaneo e fiduciario alla stregua dei dirigenti, escludendo attribuzioni di mansioni gestionali (tipiche dei dirigenti), derogando rispetto al livello di inquadramento, rispetto alla retribuzione e rispetto al titolo di studio necessario;
    pur comprendendo le esigenze di personale fiduciario per i gabinetti politici, risulta evidentemente ridondante la sequela di deroghe introdotte per l'assunzione di incarichi dirigenziali, che appare anche di natura ed efficacia retroattiva,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, finalizzate a preservare il possesso del titolo di studio dai requisiti derogati dal comma richiamato in premessa.
9/2486-AR/92Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del suddetto decreto recante «Soppressione delle sezioni staccate di Tribunale amministrativo regionale e del Magistrato delle acque, Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana» dispone la soppressione del Commissario di Governo per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
    in base alla legislazione vigente l'attuale governance dell'Agenda digitale italiana risulta composta dalla cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, dal Tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana, dall'Agenzia per l'Italia digitale e dal Comitato di indirizzo in seno all'Agenzia per l'Italia digitale;
    a fronte di un così corposo apparato burocratico, con conseguente moltiplicazione di poltrone e incarichi relativi, i dati diffusi di recente dalla Commissione europea sugli obiettivi dell'Agenda digitale italiana appaiono sconfortanti soprattutto in relazione alla penetrazione della banda larga e ultralarga;
    dai dati pubblicati dalla Commissione europea con riferimento alla penetrazione della banda larga emerge che solo il 21 per cento delle abitazioni italiane è raggiunto da una rete di accesso veloce ad internet (almeno a 30 Mbps) a fronte di una media europea del 62 per cento e a dati di alcuni Paesi europei quali Regno Unito o Spagna che si attestano sopra la media, rispettivamente all'82 e al 65 per cento di penetrazione e che nei prossimi anni prevedono di raggiungere il 100 per cento di copertura,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa idonea per il reperimento dei fondi e dei finanziamenti necessari a dotare il nostro Paese di una copertura di banda larga e ultralarga secondo gli obiettivi fissati a livello europeo e nazionale.
9/2486-AR/93Nicola Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del suddetto decreto recante «Soppressione delle sezioni staccate di Tribunale amministrativo regionale e del Magistrato delle acque. Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana» dispone la soppressione del Commissario di Governo per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
    in base alla legislazione vigente l'attuale governance dell'Agenda digitale italiana risulta composta dalla cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, dal Tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana, dall'Agenzia per l'Italia digitale e dal Comitato di indirizzo in seno all'Agenzia per l'Italia digitale;
    a fronte di un così corposo apparato burocratico, con conseguente moltiplicazione di poltrone e incarichi relativi, i dati diffusi di recente dalla Commissione europea sugli obiettivi dell'Agenda digitale italiana appaiono sconfortanti in particolare in relazione alla conoscenza e all'uso di internet e delle nuove tecnologie da parte della popolazione italiana;
    in relazione all'utilizzo di internet l'Italia si segnala agli ultimi posti in ambito europeo: il 34 per cento della popolazione italiana non ha mai avuto accesso ad internet (a fronte di una media europea del 20 per cento e di dati di Paesi quali Regno Unito e Spagna rispettivamente all'8 e al 24 per cento) mentre solo il 56 per cento della popolazione accede ad internet almeno una volta a settimana (a fronte di una media europea del 72 per cento) mentre solo il 51 per cento della popolazione accede ad internet quotidianamente (a fronte di una media europea del 62 per cento);
    medesime proporzioni si riscontrano con riferimento alle competenze digitali la Commissione europea, infatti, rileva come ben il 60 per cento della popolazione italiana non ha o ha competenze digitali estremamente ridotte (a fronte di una media europea del 47 per cento),

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa idonea per incrementare l'uso di internet e migliorare le competenze digitali della popolazione anche attraverso specifici programmi e campagne da adottare a livello centrale e in collaborazione con le autonomie locali.
9/2486-AR/94Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame pur contenendo misure di razionalizzazione della spesa pubblica non affronta il tema delle auto blu;
    sarebbe fondamentale proseguire l'opera intrapresa con il decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 che, all'articolo 15 ha previsto una ulteriore riduzione di spesa per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi dal 50 al 30 per cento;
    alla luce di questo processo si ritiene particolarmente inadeguata la sanzione prevista per le amministrazioni pubbliche che non adempiono, ai fini del censimento permanente delle autovetture di servizio, all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011,

impegna il Governo

ferme restando le vigenti disposizioni di contenimento della spesa per autovetture già previste per spending review, a diminuire dal 50 al 30 per cento il limite di spesa previsto ai sensi dell'articolo 1 comma 2 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 per le amministrazioni pubbliche che non adempiono, ai fini del censimento permanente delle autovetture di servizio, all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011.
9/2486-AR/95Dell'Orco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del suddetto decreto recante «Soppressione delle sezioni staccate di Tribunale amministrativo regionale e del Magistrato delle acque, Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana» dispone la soppressione del Commissario di Governo per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
    l'attuale governance dell'Agenda digitale italiana composta da cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, Tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana, organismi previsti dall'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35 e Agenzia per l'Italia digitale, istituita dall'articolo 19 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, non ha dato buona prova di sé essendo caratterizzata da scarso coordinamento e sovrapposizione delle funzioni tra i vari organismi che la compongono,

impegna il Governo

a provvedere ad un'ulteriore semplificazione della governance dell'Agenda digitale italiana anche attraverso l'istituzione di un Ministero ad hoc che in cooperazione con l'Agenzia per l'Italia digitale possa dare nuovo e decisivo impulso per la realizzazione dell'Agenda digitale italiana.
9/2486-AR/96Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del suddetto decreto «Soppressione delle sezioni staccate di Tribunale amministrativo regionale e del Magistrato delle acque. Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana) dispone la soppressione del Commissario di Governo per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana» posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
    sulla base della legislazione vigente l'attuale governance dell'Agenda digitale italiana risulta composta dalla cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, dal Tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana, organismi previsti dall'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35 e dall'Agenzia per l'Italia digitale, istituita dall'articolo 19 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
    con l'approvazione dello Statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale ad opera del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 gennaio 2014 in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 37 del 14 febbraio 2014 si è dato vita ad un nuovo organo dell'Agenzia denominato Comitato di indirizzo che ai sensi dell'articolo 5 del richiamato Statuto: «[...] nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, è composto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione, un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata e dai membri del Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, tutti in possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dall'articolo 21, comma 2 del decreto istitutivo»;
    appare evidente come le attribuzioni del suddetto Comitato di indirizzo si sovrappongano a quelle degli altri organi previsti e segnatamente la cabina di regia e il tavolo permanente,

impegna il Governo

a provvedere anche per via legislativa alla soppressione della cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e della relativa struttura di missione al fine di procedere ad un'ulteriore semplificazione della governance dell'Agenda digitale italiana per dare nuovo e decisivo impulso alla realizzazione dell'Agenda digitale italiana.
9/2486-AR/97De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 30 si affida al Presidente dell'ANAC – che si potrà avvalere di un'apposita unità operativa – il compito di indagare sulla regolarità e sulla trasparenza delle procedure connesse alla realizzazione delle opere del «grande evento» EXPO 2015;
    nell'ambito dell'inchiesta sulla corruzione che ha colpito l'Expo 2015 risultano coinvolgimenti connessi ad appalti della società Sogin per disattivare e smantellare (decommissioning) gli impianti nucleari dismessi e gestire i rifiuti radioattivi, a seguito dell'esito dei referendum abrogativi del 1987,

impegna il Governo

alla luce della particolare delicatezza della materia della gestione dei rifiuti radioattivi, ad informare le Commissioni competenti della Camera e del Senato in ordine ai risultati dei controlli sugli appalti indicati in premessa.
9/2486-AR/98Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 44, contenente modifiche all'articolo 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, riguarda l'obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, volte a garantire l'uniforme applicazione dello stesso sul territorio nazionale;
    in particolare, tale obbligatorietà dinanzi al tribunale ordinario si applica ai procedimenti iniziati dopo il 30 giugno 2014, mentre per quelli precedenti si applica a partire dal 31 dicembre 2014; per le corti di appello l'obbligatorietà decorrere dal 30 giugno 2015;
    nell'ambito della promozione della digitalizzazione della pubblica amministrazione, il PCT o processo civile telematico è parte integrante del piano di e-Government della giustizia civile italiana, avente lo scopo di informatizzare il processo civile e migliorare la durata dei processi. Una serie di attività tipicamente processuali, finora realizzate in forma cartacea, sono destinate a compiersi in via telematica (cioè da remoto) e che per questo richiedono il possesso di alcuni strumenti informatici;
    la gestione telematica di alcune attività processuali richiede il possesso da parte degli avvocati di alcuni strumenti telematici:
     un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC);
     una firma digitale: un certificato che permette di sottoscrivere digitalmente un documento e quindi di assumerne la paternità;
     un programma software, cosiddetto Redattori Atti, strumento informatico che permette la creazione della cosiddetta «busta telematica» (o busta xml) per il deposito degli atti del procedimento;
     un punto di accesso (PDA): una struttura informatica che fornisce agli avvocati i servizi di consultazione c di trasmissione telematica degli atti, ossia permette l'inserimento nel circuito processuale, valida l'identità dell'avvocato dotato di un dispositivo di autenticazione e la sua abilitazione all'esercizio della professione, ne assicura la trasmissione dei dati in forma protetta e crittografata;
    i Punti di Accesso (PDA) sono accreditati dal Ministero della giustizia ai sensi del decreto ministeriale 21 febbraio 2011 n. 44, articolo 24: per essere inseriti nella lista dei Punti di Accesso, il soggetto deve rispettare numerose caratteristiche tecniche, previste dal Ministero con l'articolo 30 delle Regole Tecnico Operative;
    molte piccole aziende informatiche che forniscono prodotti alla pubblica amministrazione si occupano anche degli applicativi necessari al processo civile telematico, tuttavia è emerso che solo pochi colossi informatici possono soddisfare tali requisiti tecnici;
    tali soggetti privati hanno quindi sviluppato gli unici software in grado di poter gestire un meccanismo di delega, garantendo in tal modo la consultazione dei fascicoli degli avvocati, che supportano dal punto di vista informatico: i software sviluppati da questi pochi PDA privati costituiscono pertanto una scelta obbligata per gli studi legali o gli istruttori nelle pubbliche amministrazioni,

impegna il Governo

a valutare se gli stringenti requisiti tecnici previsti per essere accreditati come punto di Accesso non creino di fatto un concentramento di un servizio nelle mani di pochi soggetti, con un potenziale aumento di costi per i professionisti e per l'accesso alla Giustizia da parte dei cittadini.
9/2486-AR/99Benedetti, Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 3 si rimodulano le limitazioni al turn over per determinate amministrazioni dello Stato(ed altri enti) per il quinquennio 2014-2018; in particolare, per quanto riguarda il criterio basato sui risparmi di spesa legati alle cessazioni dell'anno precedente, vengono confermati i limiti attuali (20 per cento nel 2014, 40 per cento nel 2015, 60 per cento nel 2016, 80 per cento nel 2017, 100 per cento nel 2018),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare risorse derivanti dai maggiori risparmi dei capitoli di spesa relativi all'organizzazione degli uffici di diretta collaborazione con il Ministro, al fine di favorire la stabilizzazione degli idonei inseriti nelle graduatorie dei concorsi banditi dalla Pubblica Amministrazione.
9/2486-AR/100Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 17 del provvedimento in esame prevede la predisposizione di un sistema informatico di acquisizione di dati e delle proposte di razionalizzazione delle amministrazioni statali;
    il comma 2 del medesimo articolo prevede la predisposizione di un sistema informatico di acquisizione di dati relativi alla modalità di gestione dei servizi strumentali, con particolare riferimento ai servizi esternalizzati da parte del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri;
    come avviene per molti altri obblighi di pubblicità previsti dalle leggi adottati negli ultimi anni, anche nei suddetti commi l'obbligo appare sprovvisto di effettività, a causa della carenza di previsioni sanzionatorie in caso di mancata ottemperanza in quanto le disposizioni si limitano a prevedere, al comma 1, che, decorso il termine di tre mesi dall'abilitazione al prescritto inserimento dei dati, «è vietato alle suddette amministrazioni, con riferimento agli enti per i quali i dati e le proposte non siano stati immessi, il compimento di qualsiasi atto nei confronti dei suddetti enti, ivi compresi il trasferimento di fondi e la nomina di titolari e componenti dei relativi organi» e, al comma 2, che «il mancato inserimento rileva ai fini della responsabilità dirigenziale del dirigente competente»;
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo sarebbe opportuno introdurre quale rimedio sanzionatorio effettivo per l'inadempimento degli obblighi disposti una nullità «testuale», quale sanzione che renda effettivo l'obbligo in questione;
    nel presente contesto, una previsione siffatta avrebbe la funzione realmente in grado di rendere effettivo l'obbligo stesso in quanto le amministrazioni che non dovessero ottemperare all'obbligo di trasmettere i dati richiesti, vedrebbero gli atti ad essi conseguenti colpiti da nullità di diritto;
    tale proposta risulta coerente con la parte della riforma che prevede misure deflattive per il contenzioso amministrativo in sede giudiziaria. Se infatti, a fronte della violazione da parte delle amministrazioni delle norme di legge l'ordinario rimedio per i privati interessati è quello di ricorrere al giudice amministrativo per far dichiarare nulli i provvedimenti così adottati, in quanto diversamente essi esplicano pienamente i loro effetti, seppur adottati in violazione di norme di legge, con la proposta in questione, gli atti adottati in violazione degli obblighi di pubblicità e trasparenza sarebbero colpiti da nullità ex lege, senza il necessario intervento dell'autorità giudiziaria e il relativo contenzioso, fonte di ingenti costi e disagi tanto per lo Stato che per i privati;
    la sanzione della nullità potrebbe essere anche «attenuata», con la previsione di un termine temporale, decorrente dal momento dell'iscrizione dell'amministrazione nell'elenco pubblico delle amministrazioni inadempienti, entro il quale l'amministrazione deve ottemperare agli obblighi informativi, decorso il quale si attuerebbe la sanzione della nullità di diritto degli atti relativi ai dati non trasmessi,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, necessarie a istituire, quale adeguato rimedio sanzionatorio nei confronti delle amministrazioni pubbliche che non adempiano al disposto dei commi indicati in premessa la nullità testuale e di diritto degli atti amministrativi eventualmente adottati, anche considerando l'introduzione della previsione «attenuata» come indicata in premessa.
9/2486-AR/101Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 49, comma 1, lettera b), del decreto-legge in corso di conversione modifica l'articolo, 17 del decreto legislativo n. 546 del 1992, recante la disciplina del luogo delle notificazioni e comunicazioni nel processo tributario. In particolare, aggiunge al detto articolo il comma 3-bis secondo il quale «in caso di mancata indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in segreteria della Commissione tributaria»;
    la mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata può dipendere da svariati fattori: potrebbe dipendere da problemi di insufficienza di memoria della casella del ricevente così come da problemi di trasmissione/consegna del messaggio insiti nel sistema stesso, In tali casi, se è vero che la ricevuta di mancata consegna della PEC, inoltrata al mittente entro le ventiquattro ore successive all'invio, riporta il motivo della mancata consegna dello stesso, è altrettanto vero che non sempre il contenuto di tale messaggio risulta facilmente intellegibile all'operatore né risulta agevole individuare le cause del mancato inoltro;
    in assenza di validi elementi dai quali poter attribuire con certezza la causa del mancato inoltro a inadempienze del destinatario, appare quindi oltremodo inopportuno far discendere per quest'ultimo conseguenze così onerose, quali la comunicazione mediante deposito in segreteria della commissione tributaria: in tal caso, infatti, il destinatario della comunicazione potrebbe venire a conoscenza del contenuto della comunicazione soltanto recandosi presso la segreteria della commissione tributaria; tuttavia, ciò potrebbe avvenire anche a distanza di tempo ovvero dopo il decorso di termini processuali rilevanti ai fini del processo (a prescindere dall'effettiva conoscenza della comunicazione, infatti, gli effetti della notifica o comunicazione decorrono della data di deposito dell'atto o provvedimento da comunicare/notificare presso la segreteria della commissione tributaria): si pensi alla comunicazione relativa alla data di fissazione dell'udienza dalla quale decorro i termini perentori per il deposito di documenti e per la presentazione di memorie; alla comunicazione del dispositivo della sentenza e della data di deposito della stessa, dalla quale decorrono i termini per l'impugnazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta ad escludere che la mancata trasmissione della PEC comporti come conseguenza la comunicazione mediante deposito presso la segreteria della commissione tributaria ovvero a prevedere quantomeno strumenti alternativi di comunicazione tali da garantire un adeguato grado di conoscenza o conoscibilità della comunicazione da parte del destinatario.
9/2486-AR/102Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 45, comma 1, lettera c), del decreto-legge in corso di conversione modifica l'articolo 207 del codice di procedura civile, recante la disciplina del processo verbale di assunzione dei mezzi di prova nel processo civile. In particolare, prevede che le dichiarazioni rese in udienza dalle parti e dai testimoni debbano essere riportate in prima persona nel verbale di assunzione nonché lette al dichiarante il quale però, contrariamente alla norma previgente, non deve più sottoscriverle;
    la trascrizione nel verbale d'udienza delle dichiarazioni rese dai testimoni e dalle parti nel corso dell'udienza dovrebbe essere effettuata dal cancelliere, sotto la direzione del giudice;
    trattandosi di atto pubblico, esso fa piena prova fino a querela di falso. Come noto, tuttavia, nella prassi ciò non avviene a causa dell'elevato volume delle cause civili e della carenza di personale di cancelleria. Di tale compito si fanno quindi carico, solitamente, i difensori previa autorizzazione del giudice. In un tal contesto, la sottoscrizione del verbale di assunzione da parte del dichiarante rappresenta una garanzia circa la paternità delle dichiarazioni rese e la corrispondenza tra quanto riferito e quanto trascritto nel verbale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a prevedere la sottoscrizione del verbale di assunzione da parte del dichiarante, quale garanzia della paternità delle dichiarazioni rilasciate e della corrispondenza con quanto in esso trascritto.
9/2486-AR/103Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 50, comma 2, del decreto-legge in corso di conversione apporta modifiche all'articolo 73 decreto-legge n. 9 del 2013, recante la disciplina del tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari;
    il periodo di formazione teorico-pratica previsto dalla citata disposizione è ammesso esclusivamente presso le Corti di appello, i tribunali ordinari, gli uffici e i tribunali di sorveglianza e i tribunali per i minorenni della durata nonché presso il Consiglio di Stato, sia nelle sezioni giurisdizionali che consultive, e i Tribunali Amministrativi Regionali; sono dunque escluse le commissioni tributarie;
    il processo tributario non può considerarsi un processo «minore» rispetto a quello civile, penale o amministrativo; il procedimento disciplinato dal decreto legislativo n. 546 del 1992, infatti, segue le forme e le fasi previste nel processo amministrativo, oltre a richiamare espressamente la normativa prevista dal codice di procedura civile per tutto quanto non espressamente disciplinato dal detto decreto;
   il tirocinio pratico presso le commissioni tributarie può certamente contribuire alla formazione professionale dei futuri magistrati togati, soprattutto in considerazione del loro crescente impiego all'interno delle commissioni tributarie,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni al fine di assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a prevedere la possibilità di svolgere il tirocinio formativo di cui all'articolo 73 del detto decreto-legge n. 69 del 2013, anche presso le commissioni tributarie provinciali e regionali.
9/2486-AR/104Pisano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 53, comma 1, del decreto-legge in corso di conversione prevede un aumento del contributo unificato al fine di coprire le minori entrate derivanti dall'attuazione del medesimo decreto;
    il comma 2 del detto articolo, prevede la possibilità di ulteriori aumenti del contributo unificato, senza peraltro nemmeno quantificarne la misura, nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1;
    l'aumento del contributo unificato, peraltro già oggetto di recenti interventi normativi che ne hanno aumentato il valore (in alcuni casi, si pensi ai giudizi in cassazione, si è previsto addirittura il raddoppio del valore), rende certamente più gravoso il ricorso all'autorità giudiziaria da parte dei cittadini, soprattutto per quelli appartenenti alle classi meno abbienti; di fatto dunque, si compromette e si limita l'esercizio del diritto di difesa costituzionalmente garantito,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta ad evitare per il futuro ulteriori aumenti del contributo unificato.
9/2486-AR/105Pesco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 prevede disposizioni relative alle autorità indipendenti, che introducono norme comuni alle diverse autorità in materia di incompatibilità, reclutamento e trattamento economico del personale, gestione dei servizi strumentali, acquisti di beni e servizi, ubicazione delle sedi, anche al fine di raggiungere risparmi di spesa;
    tra le autorità interessate ai provvedimenti di cui all'articolo in parola risultano l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la Commissione nazionale per le società e la borsa, l'Autorità di regolazione dei trasporti, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati personali, l'Autorità nazionale anticorruzione, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione e la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali;
    il comma 7 dell'articolo 22 dispone che le suddette autorità procedano alla gestione unitaria dei servizi strumentali mediante la stipula di convenzioni o la costituzione di uffici comuni (almeno tra due Autorità) al fine di conseguire risparmi di spesa complessivi pari ad almeno il dieci per cento della spesa complessiva sostenuta, per i medesimi servizi, dalle stesse Autorità nel 2013,

impegna il Governo

a valutare l'ipotesi di disporre, a partire dal 2015, di razionalizzare ulteriormente la gestione dei servizi strumentali, al fine di conseguire dei risparmi di spesa complessivi pari ad almeno il 40 per cento rispetto alla spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2013.
9/2486-AR/106Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 53, comma 1, del decreto-legge in corso di conversione prevede un aumento del contributo unificato al fine di coprire le minori entrate derivanti dall'attuazione del medesimo decreto;
    il comma 2 del detto articolo, prevede la possibilità di ulteriori aumenti del contributo unificato, senza peraltro nemmeno quantificarne la misura, nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1;
    l'aumento del contributo unificato, peraltro già oggetto di recenti interventi normativi che ne hanno aumentato il valore (in alcuni casi, si pensi ai giudizi in cassazione, si è previsto addirittura il raddoppio del valore), rende certamente più gravoso il ricorso all'autorità giudiziaria da parte dei cittadini, soprattutto per quelli appartenenti alle classi meno abbienti; di fatto dunque, si compromette e si limita l'esercizio del diritto di difesa costituzionalmente garantito,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni al fine di assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a ridurre il valore del contributo unificato.
9/2486-AR/107Ruocco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 introduce modifiche in materia di semplificazione per soggetti con invalidità. Merita particolare attenzione anche la tutela dei lavoratori invalidi che si assentano per motivi di salute dal luogo di lavoro, ai quali viene effettuata una ritenuta economica relativa ai primi dieci giorni di ogni periodo di assenza per malattia;
    la normativa attuale esclude da tale ritenuta economica le assenze dovute ad infortunio sul lavoro certificate dall'Inail, a ricovero ospedaliero o di day-hospital e le assenze dovute a patologie gravi che necessitano di terapie salvavita,

impegna il Governo

ad attivarsi, anche apportando modifiche alla legge n. 133 del 6 agosto 2008 affinché vengano tutelati i diritti dei lavoratori, affetti da patologie gravi e invalidanti e di quelli ai quali è riconosciuto almeno il 75 per cento di invalidità, che si assentano dal lavoro per motivi di salute con lo stesso regime giuridico previsto per i soggetti che si sottopongono alle terapie salvavita.
9/2486-AR/108Petraroli, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3 dell'articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, modifica la disciplina della sosta dei veicoli di persone disabili dotati di apposito contrassegno, e mentre si obbliga i concessionari di aree destinate a parcheggi a pagamento a destinarne una quota a sosta gratuita per i veicoli di persone disabili, mentre per le aree di parcheggio a pagamento gestite direttamente dai comuni diventa una decisione facoltativa, mentre in precedenza era obbligatorio;
    tale norma pare contraddittoria in quanto non sembra plausibile che ai concessionari sia imposto di lasciare a disposizione di soste gratuite mentre per i comuni per le aree parcheggio che gestiscono direttamente diventa facoltativo;
    non sembra, inoltre, che con la modifica introdotta aumenti l'offerta di soste gratuite per i veicoli di persone disabili con contrassegno quando i posti loro assegnati sono occupati o indisponibili,

impegna il Governo

a valutare più attentamente la disposizione al fine di reinserire in successivi provvedimenti la norma che prevede per i comuni l'obbligo a riservare soste gratuite per i veicoli di persone disabili dotate di contrassegno laddove i posti loro assegnati risultino occupati o indisponibili aumentando così sensibilmente l'offerta complessiva di soste gratuite per i veicoli di persone disabili.
9/2486-AR/109D'Incà, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 introduce nuove disposizioni in materia di semplificazione e flessibilità nel turn over presso le pubbliche amministrazioni disciplinandone la relativa facoltà assunzionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative legislative finalizzate a garantire una migliore conciliazione tra tempi di vita e di lavoro a vantaggio del dipendente, anche attraverso un migliore e più diffuso utilizzo del contratto a tempo parziale.
9/2486-AR/110Carinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 4, comma 1, stabilisce che le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell'amministrazione di appartenenza;
   considerato che:
    il suddetto articolo prevede che, in via sperimentale, e in attesa dell'introduzione di nuove procedure per la determinazione dei fabbisogni standard di personale delle amministrazioni pubbliche, per il trasferimento tra le sedi centrali di differenti ministeri, agenzie ed enti pubblici non economici nazionali, non è richiesto l'assenso dell'amministrazione di appartenenza;

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative affinché si intervenga in tempi rapidi per l'individuazione dei citati fabbisogni standard di personale in modo che sia garantito un adeguato bilanciamento tra la necessità di provvedere alla spending review e l'esigenza di garantire l'erogazione dei servizi pubblici.
9/2486-AR/111Nuti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 modifica il sistema di conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato negli enti locali, nelle regioni e negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario nazionale con riferimento alla dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa;
    in particolare si interviene sugli uffici di supporto degli organi di direzione politica degli enti locali. In sintesi, viene aumentato dal 10 al 30 per cento dei posti della pianta organica la quota massima di incarichi dirigenziali che gli enti locali possono conferire mediante contratti a tempo determinato, nonostante il comma 3 fissa al dieci per cento il limite dei posti di dotazione organica ricopribili tramite assunzioni a tempo determinato per la dirigenza regionale e la dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale;
   considerato che:
    l'articolo 110, comma 1, del Testo Unico degli Enti Locali prevede la possibilità di ricorrere alla copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire;
    nonostante il parere contrario della sezione regionale delle Corte dei Conti per la Puglia, rimane inalterato il contenuto del comma 2 dell'articolo 110 del decreto legislativo n. 267 del 2000 con riferimento all'attribuzione di incarichi dirigenziali a termine al di fuori della dotazione organica;
    il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire;
    l'articolo 26 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recita «Fino alla ridefinizione delle piante organiche non può essere disposto alcun incremento delle dotazioni organiche per ciascuna delle attuali posizioni funzionali dirigenziali del ruolo sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo»;

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere con ulteriori provvedimenti l'applicazione di sanzioni amministrative nei confronti degli enti pubblici locali e territoriali, che non abbiano adempiuto all'obbligo previsto dal comma 3 dell'articolo 26 del decreto legislativo 30 marzo 2001;
   a considerare altresì l'opportunità, nel rispetto dell'autonomia dei singoli enti, di concordare, in sede di Conferenza Unificata, le modalità e le scadenze relative agli aggiornamenti delle dotazioni organiche del personale dirigenziale e non dirigenziale, nonché per la pubblicazione delle predette rideterminazioni sul sito internet del Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri.
9/2486-AR/112Dieni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 44, contenente modifiche all'articolo 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, riguarda l'obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, volte a garantire l'uniforme applicazione dello stesso sul territorio nazionale;
    in particolare, tale obbligatorietà dinanzi al tribunale ordinano si applica ai procedimenti iniziati dopo il 30 giugno 2014; mentre per quelli precedenti si applica a partire dal 31 dicembre 2014; per le corti di appello l'obbligatorietà decorrere dal 30 giugno 2015;
    il regime riguarda esclusivamente gli atti depositati dai difensori e dai soggetti delegati o nominati dall'autorità giudiziaria;
    dal momento che non tutti i soggetti coinvolti nei procedimenti sono obbligati al deposito degli atti e dei provvedimenti, di fatto si creeranno dei fascicoli «misti» formati in parte da atti o provvedimenti cartacei ed in parte da atti o provvedimenti telematici;
    la digitalizzazione dell’iter giudiziario verrebbe pertanto neutralizzata nel caso in cui alcuni atti siano memorizzati in forma digitale nella consolle a disposizione dei vari soggetti ed altri atti o provvedimenti siano contenuti nel fascicolo in versione cartacea per dare continuità allo stesso. Tra i soggetti non obbligati all'utilizzo del Processo Civile Telematico vi sono anche i magistrati,

impegna il Governo

a valutare di prevedere l'obbligatorietà del processo civile telematico anche per i provvedimenti dei magistrati, al fine di evitare che parte degli atti siano in formato elettronico e parte in formato cartaceo nel fascicolo, con conseguente aggravio del lavoro svolto dalle Cancellerie presso i Tribunali.
9/2486-AR/113Ferraresi, Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento prevede anche modifiche all'articolo 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, che riguardano l'obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione:
    l'articolo 49 (Disposizioni in materia di informatizzazione del processo tributario e di notificazione dell'invito al pagamento del contributo unificato) ha la finalità di incentivare l'uso delle modalità telematiche nel processo tributario consentendo un cospicuo risparmio dei costi sostenuti per l'utilizzo dei servizi postali;
    in particolare, al comma 2 viene apportata una modifica all'articolo 248, comma 2, del testo unico in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, con la quale si prevede la possibilità di inviare al domicilio eletto, anche digitale, l'invito al pagamento derivante dal mancato o insufficiente pagamento del contributo unificato. È fatto salvo il contenuto della convenzione prevista dall'articolo 1, comma 367, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, mediante la quale il Ministero della giustizia affida ad Equitalia Giustizia la gestione del credito;
    il pagamento del contributo unificato può essere effettuato presso: gli uffici postali utilizzando l'apposito bollettino di conto corrente postale; le tabaccherie mediante lottomatica; il modello F23. All'atto dell'iscrizione a ruolo l'istante deve pagare il contributo dovuto negli importi previsti;
    se il versamento è effettuato presso le rivendite dei generi di monopolio e di valori bollati la ricevuta è costituita dal contrassegno rilasciato dalla rivendita comprovante il pagamento e l'importo. Tale contrassegno cartaceo è apposto sulla nota di iscrizione a ruolo ed in caso di deposito telematico degli atti deve essere portato fisicamente presso le cancellerie dei Tribunali che provvedono ad effettuare i dovuti controlli ed inseriscono il contrassegno nel relativo fascicolo;
    tale attività di verifica e di riordino del fascicolo da parte delle Cancellerie impiega parecchio tempo delle risorse umane addette, attività che invece non deve essere eseguita in caso in cui il pagamento del contributo avvenga in forma telematica,

impegna il Governo

a valutare di prevedere il pagamento obbligatorio in via telematica del contributo unificato di cui all'articolo 14 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo Unico delle Spese di Giustizia), per evitare controlli manuali da parte delle Cancellerie dei Tribunali nonché eventuali ritardi nella gestione degli atti giudiziari.
9/2486-AR/114Colonnese, Ferraresi, Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 dispone, al comma 6, la riduzione delle spese per gli incarichi di consulenza, studio e ricerca commissionati dalle autorità indipendenti; la riduzione disposta è pari, nel minimo, al cinquanta per cento della spesa sostenuta nell'anno 2013,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere con future iniziative normative ad un ulteriore innalzamento della soglia minima della riduzione indicata in premessa, fissandola al 7 per cento delle spese dell'anno precedente.
9/2486-AR/115D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolato del provvedimento reca una serie di misure intitolate alla semplificazione e alla trasparenza nonché all'organizzazione delle pubbliche amministrazioni in moltissime materie e moltissimi settori, anche con l'obiettivo di una razionalizzazione dell'allocazione delle risorse e delle spese;
    in ordine al comparto degli enti territoriali, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, sarebbe opportuno un decisivo intervento in ordine alle sedi di rappresentanza delle regioni all'estero,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche legislative, finalizzate alla soppressione delle sedi di rappresentanza delle regioni all'estero o, comunque, alla riduzione dei trasferimenti erariali in favore delle regioni per una somma corrispondente alle spese per esse sostenute, al contempo disponendo l'adeguamento, compatibilmente con i loro ordinamenti, da parte delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.
9/2486-AR/116Fraccaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 del provvedimento in esame introduce nuove incompatibilità per i componenti degli organi di vertice e per i dirigenti di determinate autorità indipendenti con riguardo al periodo successivo alla cessazione dei loro incarichi;
    dalla disposizione sono esclusi i dirigenti «responsabili esclusivamente degli uffici di supporto»;
    tale deroga risulta priva di motivazione e foriera di incertezze applicative;
    «uffici di supporto» non può ritenersi espressione univoca di significato, in particolare a fronte del contestuale riferimento agli ordinamenti interni delle suddette autorità, della loro specifica autonomia e della conseguente eterogeneità delle articolazioni e delle funzioni organizzative,

impegna il Governo

a centrare gli effetti applicativi della disposizione ai fini di adottare le opportune iniziative, anche legislative, al fine di espungere la deroga richiamata in premessa o a individuare espressamente la tipologia di uffici ai cui responsabili debba intendersi applicata.
9/2486-AR/117Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 17 del provvedimento in esame prevede l'istituzione di un sistema informatico di acquisizione di dati relativi agli enti pubblici funzionale alla loro razionalizzazione e l'unificazione delle banche dati delle società partecipate;
    dalla formulazione dei commi 1 e 2 del suddetto articolo 17 non è chiaro quali dati e quali informazioni confluiscano nel sistema informatico appositamente predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
    dalla formulazione dei commi 2-bis e 3 non è peraltro comprensibile in quale banca dati saranno inseriti i suddetti dati, stante l'erroneo riferimento al comma 222 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, che non cita alcuna banca dati,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche legislative, affinché siano espressamente specificati i dati che gli enti di cui all'articolo 17 sono tenuti ad inserire nel sistema informatico predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri e quale sia la banca dati in cui inserire i dati medesimi.
9/2486-AR/118Lombardi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 31 (Modifiche all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001) reca modifiche all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, concernente la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, estendendo la possibilità di denunciare i predetti illeciti, oltre all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, anche all'ANAC;
    attualmente i dipendenti pubblici e privati a seguito di denunce di atti di corruzione e irregolarità subiscono molto spesso provvedimenti disciplinari, mobbing e licenziamenti;
    la posizione dei cosiddetti whistleblower non viene adeguatamente tutelata nelle aziende, in ambito privato e pubblico, da fenomeni di mobbing e altre forme di vessazione o discriminazione che possano pregiudicarne l'integrità psicofisica o la carriera lavorativa;
    non viene nemmeno prevista una ricompensa, anche in termini monetari, nel caso il dipendente sia venuto a conoscenza di atti di corruzione o irregolarità, come invece è previsto in altri ordinamenti, ad esempio negli Stati Uniti, dove non solo il dipendente è tutelato, ma è addirittura incentivato a fare segnalazioni,

impegna il Governo

a valutare di attribuire all'autore di una segnalazione di reati o irregolarità, che comportano un danno erariale e un danno all'immagine della pubblica amministrazione, una somma di denaro a titolo di premio, in percentuale rispetto alla somma recuperata a seguito del provvedimento di condanna definitiva della Corte dei conti.
9/2486-AR/119Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in oggetto presenta indubbiamente un contenuto ampio ed articolato riconducibile ad ambiti di intervento del settore pubblico, quali la pubblica amministrazione e il settore della giustizia (principalmente civile, amministrativa e tributaria), o settori ad esso riconducibili (enti controllati, contratti pubblici ed eventi sottoposti a poteri di intervento pubblicistici);
    si rileva che la particolare complessità delle materie trattate dal decreto-legge in oggetto avrebbe meritato altra scelta di politica legislativa, quale quella di un disegno di legge ordinario, con tempi non contingentati e non a ridosso della pausa estiva che già da sola ingenererebbe inspiegabilmente una dannosa fretta nell'esame dei provvedimenti pur rilevanti;
    in relazione all'articolo 9 che ha ad oggetto, tra l'altro, la riforma degli onorari della Avvocatura di Stato e risponde alle urgenti necessità di contenimento della spesa pubblica, riducendo l'ammontare dei compensi professionali non correlati a criteri di valutazione della performance omogenei alle altre categorie dirigenziali, stante le numerose modifiche apportate alla norma in esame sulla percentuale spettante alla già privilegiata categoria degli Avvocati di Stato,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere nuovamente la percentuale sulle liti vinte spettante al personale della Avvocatura dello Stato e riportarla al dieci per cento rispetto alla attuale previsione normativa.
9/2486-AR/120Agostinelli.


   La Camera,
   in sede di conversione in legge sul DL 90/2014 – A.C. 2486 recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», considerato che:
    il superamento del servizio militare di leva ha fatto venire meno tutta una serie di illeciti tipici del rapporto fra autorità dello Stato e cittadino chiamato alle armi e diminuito drasticamente il numero di militari sottoposti ai Tribunali militari;
    numerose sentenze della Corte costituzionale hanno negli anni determinato la progressiva «erosione» della giurisdizione militare in favore di quella ordinaria;
    si è assistito negli ultimi anni ad una caduta verticale del lavoro delle procure militari e dei relativi tribunali e l'emergere di una sottoutilizzazione degli apparati della giurisdizione speciale che ha posto seriamente in dubbio l'opportunità e/o l'utilità di una struttura, che è divenuta per di più chiaramente antieconomica;
    la legge 24 dicembre 2007 n. 244, articolo 2, commi da 603 a 611, ha modificato la «geografia» dei Tribunali Militari, riducendoli, e limitando il numero dei componenti del Consiglio della Magistratura Militare;
    nonostante la soppressione di alcuni tribunali militari con la riforma del 2007, la permanenza delle tre sedi di tribunale a Verona, Roma e Napoli risulta comunque sproporzionata ed antieconomica rispetto ai limitati carichi di lavoro che caratterizzano oggi la giustizia militare;
    ritenuto che la stessa esistenza dei Tribunali Militari debba ritenersi, istituzionalmente storicamente e socialmente superata;
    in attesa di una riforma costituzionale dell'articolo 103, terzo comma, che preveda il definitivo superamento dei tribunali militari con l'istituzione presso ogni organo giudiziario ordinario di una sezione specializzata per i reati militari, vi è la pressante necessità, anche in considerazione della grave crisi economica che sta vivendo il nostro Paese e tenuto conto di quanto testé motivato, di razionalizzare le risorse destinate all'amministrazione della giustizia militare,

impegna il Governo

ad avviare una riduzione, ai fini del contenimento della spesa e della razionalizzazione dell'ordinamento giudiziario militare, della consistenza degli organici della magistratura militare e del relativo personale, per calibrarli sulle effettive esigenze di servizio, e di conseguenza a considerare la soppressione dei tribunali militari e delle procure militari della Repubblica di Verona e di Napoli, nonché del tribunale e dell'ufficio militare di sorveglianza di Roma.
9/2486-AR/121Turco, Rizzo, Paolo Bernini, Corda, Tofalo, Frusone, Artini, Basilio.


   La Camera,
   in sede di conversione in legge sul DL 90/2014 – A.C. 2486 recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», considerato che:
    il superamento del servizio militare di leva ha fatto venire meno tutta una serie di illeciti tipici del rapporto fra autorità dello Stato e cittadino chiamato alle armi e diminuito drasticamente il numero di militari sottoposti ai Tribunali militari;
    numerose sentenze della Corte costituzionale hanno negli anni determinato la progressiva «erosione» della giurisdizione militare in favore di quella ordinaria;
    si è assistito negli ultimi anni ad una caduta verticale del lavoro delle procure militari e dei relativi tribunali e l'emergere di una sottoutilizzazione degli apparati della giurisdizione speciale che ha posto seriamente in dubbio l'opportunità e/o l'utilità di una struttura, che è divenuta per di più chiaramente antieconomica;
    la legge 24 dicembre 2007 n. 244, articolo 2, commi da 603 a 611, ha modificato la «geografia» dei Tribunali Militari, riducendoli, e limitando il numero dei componenti del Consiglio della Magistratura Militare;
    nonostante la soppressione di alcuni tribunali militari con la riforma del 2007, la permanenza delle tre sedi di tribunale a Verona, Roma e Napoli risulta comunque sproporzionata ed antieconomica rispetto ai limitati carichi di lavoro che caratterizzano oggi la giustizia militare;
    ritenuto che la stessa esistenza dei Tribunali Militari debba ritenersi, istituzionalmente storicamente e socialmente superata;
    in attesa di una riforma costituzionale dell'articolo 103, terzo comma, che preveda il definitivo superamento dei tribunali militari con l'istituzione presso ogni organo giudiziario ordinario di una sezione specializzata per i reati militari, vi è la pressante necessità, anche in considerazione della grave crisi economica che sta vivendo il nostro Paese e tenuto conto di quanto testé motivato, di razionalizzare le risorse destinate all'amministrazione della giustizia militare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare una riduzione, ai fini del contenimento della spesa e della razionalizzazione dell'ordinamento giudiziario militare, della consistenza degli organici della magistratura militare e del relativo personale, per calibrarli sulle effettive esigenze di servizio, e di conseguenza a considerare la soppressione dei tribunali militari e delle procure militari della Repubblica di Verona e di Napoli, nonché del tribunale e dell'ufficio militare di sorveglianza di Roma.
9/2486-AR/121. (Testo modificato nel corso della seduta) Turco, Rizzo, Paolo Bernini, Corda, Tofalo, Frusone, Artini, Basilio.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento all'articolo 24-ter, inserito nel corso dell'esame in Commissione, prevede importanti norme volte all'implementazione dell'Agenda Digitale;
    all'articolo 24-quater, inserito nel corso dell'esame in sede referente, si interviene in materia di servizi in rete e basi di dati delle pubbliche amministrazioni, stabilendo una serie di obblighi per le pubbliche amministrazioni in materia di servizi in rete, trasparenza, digitalizzazione;
    l'articolo 24-quinquies, anch'esso inserito nel corso dell'esame in sede referente, stabilisce che le pubbliche amministrazioni comunichino tra loro attraverso la messa a disposizione, a titolo gratuito, degli accessi alle proprie basi di dati alle altre amministrazioni;
    tali importanti iniziative, volte alla digitalizzazione ed all'aumento di trasparenza della pubblica amministrazione, nonché alla semplificazione delle procedure, sono sicuramente auspicabili anche in sede europea, in quanto atte a snellire le procedure, velocizzare le attese burocratiche e pertanto migliorare sensibilmente la vita dei cittadini,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di attivarsi presso le sedi europee al fine di avviare la messa in rete dei comuni d'Europa, finalizzata alla fruizione dei servizi anagrafici da parte di tutti i cittadini dell'Unione presso il proprio comune di residenza.
9/2486-AR/122Fitzgerald Nissoli, Caruso, Buttiglione, Preziosi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 del provvedimento contiene misure di semplificazione in materia di invalidità civile e disabilità. Le disposizioni sono finalizzate all'eliminazione di inutili duplicazioni e alla riduzione dei tempi di risposta della pubblica amministrazione;
    in particolare è prevista la facoltà per la persona disabile affetta da invalidità uguale o superiore all'80 per cento di non sostenere la prova preselettiva eventualmente prevista per le prove d'esame nei concorsi pubblici e per l'abilitazione alle professioni (comma 9);
    l'intervento legislativo è attuato modificando l'articolo 20 della legge n. 104 del 1992 ma potrebbe risultare troppo esclusivo e lasciare tale incombenza a moltissime persone disabili con percentuali di invalidità appena sotto la soglia prevista,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative anche di tipo di normativo volte a riconsiderare la percentuale prevista dalla norma introdotta con l'articolo 25, prevedendo una soglia inferiore che possa ricomprendere le persone disabili con percentuali di invalidità non inferiore al 65 per cento.
9/2486-AR/123Buttiglione, Fitzgerald Nissoli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 del provvedimento contiene misure di semplificazione in materia di invalidità civile e disabilità. Le disposizioni sono finalizzate all'eliminazione di inutili duplicazioni e alla riduzione dei tempi di risposta della pubblica amministrazione;
    in particolare è prevista la facoltà per la persona disabile affetta da invalidità uguale o superiore all'80 per cento di non sostenere la prova preselettiva eventualmente prevista per le prove d'esame nei concorsi pubblici e per l'abilitazione alle professioni (comma 9);
    l'intervento legislativo è attuato modificando l'articolo 20 della legge n. 104 del 1992 ma potrebbe risultare troppo esclusivo e lasciare tale incombenza a moltissime persone disabili con percentuali di invalidità appena sotto la soglia prevista,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative volte a riconsiderare la percentuale prevista dalla norma introdotta con l'articolo 25, prevedendo una soglia inferiore che possa ricomprendere le persone disabili con percentuali di invalidità non inferiore al 65 per cento.
9/2486-AR/123. (Testo modificato nel corso della seduta) Buttiglione, Fitzgerald Nissoli.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari;
    il provvedimento in esame, al comma 4 dell'articolo 18, prevede la modifica dell'organizzazione del Tavolo permanente per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana, disponendo che il suo Presidente sia individuato dal Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, mentre la norma previgente individuava il Presidente nel Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale, posto a capo di un'apposita struttura di missione. L'incarico di Commissario e la struttura di missione vengono quindi contestualmente soppresse;
   considerato che:
    con il termine Agenda digitale si intendono un insieme di specifiche politiche volte al potenziamento delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
    l'Agenda digitale europea è stata presentata dalla Commissione europea nel maggio 2010 (comunicazione «Un'agenda digitale europea» (COM(2010)245) con lo scopo di sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per favorire l'innovazione, la crescita economica e la competitività. Non a caso l'Agenda digitale europea rappresenta una delle sette «iniziative faro» della Strategia per la crescita «Europa 2020», proponendo di realizzare un mercato unico digitale, di garantire un internet «veloce» e «superveloce» accessibile a tutti e a prezzi competitivi, attraverso reti di nuova generazione, di favorire gli investimenti privati e raddoppiare le spese pubbliche nelle sviluppo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Il 20 settembre 2010, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure di attuazione dell'Agenda, tra le quali la comunicazione (COM(2010)472) che indica l'obiettivo di assicurare entro il 2020 l'accesso ad internet a tutti i cittadini con una velocità di connessione superiore a 30 Mbitps (banda ultralarga) e per almeno il 50 per cento delle famiglie con velocità superiore a 100 Mbitps;
    la promozione di reti di banda larga è, infatti, ritenuta di importanza centrale al fine del superamento del cosiddetto digital divide e con il termine «banda larga», nella teoria dei segnali, vengono indicati i metodi che consentono a due o più segnali di condividere la stessa linea di trasmissione. Esso è però divenuto col tempo sinonimo di «alta velocità» di connessione alla rete internet e di trasmissione ed è pertanto un concetto relativo e in evoluzione con l'avanzamento tecnologico. L'attuale sviluppo tecnologico indica generalmente come di «banda larga» le connessioni in Europa superiori a 2 Mbit/s (megabit per secondo);
    il Piano nazionale banda larga, coordinato dal Ministero dello sviluppo economico, mira all'eliminazione del digital divide in tutto il Paese, in particolare tramite l'eliminazione del deficit infrastrutturale presente in oltre 6 mila località del Paese ed i cui costi di sviluppo non possono essere sostenuti dal mercato;
    l'Agenda digitale europea fa riferimento anche alla banda «ultra-larga», termine con il quale sono generalmente indicate velocità di connessione superiori a 30 Mbit/s e che possono raggiungere anche i 100 Mbit/s;
    sullo stato di diffusione della banda larga in Italia fornisce informazioni utili il cosiddetto rapporto «Raggiungere gli obiettivi Europei 2020 della banda larga in Italia: prospettive e sfide» presentato il 30 gennaio 2014 da Francesco Caio, nella sua qualità di Commissario per l'attuazione dell'agenda digitale, ai sensi del decreto-legge n. 69 del 2013;
    il rapporto contiene un'analisi dei piani di investimento dei gestori italiani di telecomunicazioni. Nel rapporto si evidenzia un moderato ottimismo, purché gli operatori continuino ad investire, l'evoluzione tecnologica sia conforme alle attese e vi sia un coordinamento per l'attuazione tra operatori, regolatore e comuni. Per quanto riguarda l'obiettivo della copertura a 30 Mbps per il 100 per cento della popolazione, le prime stime indicano una copertura raggiungibile al 2020 del 70 per cento con piani di dettaglio che arrivano al più fino al 2016-2017 con coperture al 50 per cento. Si ritiene che il raggiungimento completo degli obiettivi dell'Unione europea richieda ulteriori azioni complesse di tipo finanziario e di coordinamento tra i soggetti in campo, con un forte impegno e monitoraggio della Presidenza del Consiglio;
    nell'ottica di promuovere la banda larga sono intervenuti, nel corso della legislatura in corso e di quella precedente diverse disposizioni normative tra le quali si ricordano: 1) l'articolo 2 del decreto-legge n. 112 del 2008 che ha stabilito norme per agevolare i lavori di infrastrutturazione nel settore delle comunicazioni elettroniche, attraverso il ricorso alla procedura della denuncia di inizio attività; 2) l'articolo 1 della legge n. 69 del 2009, che ha stanziato 800 milioni di euro di risorse FAS della programmazione 2007-2013 da destinare alla promozione delle reti di comunicazione elettroniche nelle aree sottoutilizzate, successivamente ridotte dal CIPE, con la delibera n. 1 del 2011, a 400 milioni; 3) l'articolo 30 del decreto-legge n. 98 del 2011 ha attribuito al Ministero dello sviluppo economico l'elaborazione di un progetto nazionale per la banda larga ed ultralarga, sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale e del partenariato pubblico-privato, sempre a valere sulle risorse della programmazione 2007-2013 come definite dalla delibera CIPE n. 1 del 2011; 4) l'articolo 14 del decreto-legge n. 179 del 2012, che ha stanziato 150 milioni di euro per il 2013 per il completamento del piano nazionale banda larga predisposto nell'ottobre 2011 dal Ministero dello sviluppo economico; 5) l'articolo 1, comma 97, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) che ha previsto un nuovo finanziamento di 20,75 milioni di euro per il 2014 per l'attuazione del piano nazionale banda larga;
    inoltre, la Commissione europea ha autorizzato con decisione COM(2012)9833 del 18 dicembre 2012 il progetto nazionale italiano per la banda ultralarga, che sarà gestito nell'ambito di appositi accordi con le regioni. In questo quadro, sono stati emessi a febbraio 2013 i bandi nazionali per 900 milioni di euro per l'azzeramento del digital divide nonché per accelerare lo sviluppo della banda ultralarga;
    l'Agenda digitale italiana è stata istituita, come disposto dall'articolo 47 del decreto-legge n. 5 del 2012, il primo marzo 2012, contestualmente ad un'apposita cabina di regia con il compito di accelerare il percorso di attuazione dell'Agenda digitale italiana. La cabina di regia definisce la strategia italiana per l'Agenda digitale e, a seguito delle modifiche introdotte dall'articolo 13 del decreto-legge n. 69 del 2013, è composta dal Ministro dello sviluppo economico, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, un presidente di regime e un sindaco designati dalla Conferenza Unificata;
    l'Agenzia per l'Italia Digitale, istituita con gli articoli 19, 20 e 21 del decreto-legge n. 83 del 2012 (cosiddetto «decreto crescita»), è preposta alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, in coerenza con gli indirizzi elaborati dalla cabina di regia, con particolare riferimento allo sviluppo delle reti di nuova generazione e dell'interoperabilità tra i sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni e tra questi e quelli dell'Unione europea;
    lo statuto dell'Agenzia è stato approvato solo in data 3 febbraio 2014 a seguito della registrazione da parte della Corte dei conti e del trasferimento delle risorse tramite decreto. È stato introdotto nello statuto un comitato di indirizzo chiamato a coordinare le iniziative della Presidenza del Consiglio e le priorità operative dell'Agenzia;
    il decreto-legge n. 69 del 2013 (cosiddetto «decreto-legge Fare») ha previsto (l'articolo 13) l'istituzione presso la cabina di regia di un organismo consultivo permanente, composto da esperti in materia di innovazione tecnologica e da esponenti delle imprese private e delle università, denominato tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana, e presieduto dal commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale, che viene posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'agenda digitale istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
    con il DEF 2014-2016 l'attuale Governo si è impegnato al raggiungimento degli obiettivi europei al 2020 di garantire al 100 per cento dei cittadini servizi di connettività ad almeno 30 Mbps e incentivando al contempo la sottoscrizione di servizi oltre i 100 Mbps per la metà della popolazione;
    la Commissione IX della Camera dei deputati, il 16 aprile 2014, ha espresso parere favorevole al DEF 2014-2016 evidenziando, tra le altre cose, la priorità di sostenere adeguatamente la piena attuazione dei piani nazionali della banda larga e della banda ultralarga ed operare per il conseguimento degli obiettivi previsti dall'Agenda digitale europea;
    pur tuttavia, si deve evidenziare che con riferimento allo stato di attuazione dell'Agenda Digitale Italia contenute nei decreti-legge n. 83 del 2012, n. 179 del 2012 e n. 69 del 2013, il dossier del servizio studi della Camera dei deputati «Monitoraggio dell'attuazione dell'agenda digitale italiana», pubblicato il 5 marzo 2014 con informazioni aggiornate alla data del 24 febbraio 2014, ha rilevato che dei 55 adempimenti considerati dalla normativa vigente ne sono stati adottati solo 17 (per gli adempimenti non ancora adottati in 21 casi risulta già scaduto il termine per provvedere; rispetto alla ricognizione precedente sono state prese in considerazione le misure dell'articolo 13 del decreto-legge n. 69 del 2013, nonché ulteriori disposizioni del decreto-legge n. 179 del 2012 in precedenza non considerate ma comunque collegate all'attuazione dell'agenda digitale 1);
    si segnala altresì che non risulta mai utilizzata la procedura prevista dall'articolo 13, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 69 del 2013, in base alla quale, per accelerare l'adozione dei provvedimenti attuativi previsti da quattordici specifiche disposizioni del decreto-legge n. 179 del 2012 si consente, per i regolamenti governativi, la loro adozione su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e non dei ministri proponenti previsti (comma 2-bis) e per i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e per i decreti ministeriali la loro adozione su proposta del Presidente del Consiglio anche in assenza del concerto dei ministri previsti (comma 2-ter e 2-quater); infatti, tutti i provvedimenti attuativi in questione risultano ancora da adottare, fatta eccezione per due casi, nei quali si è però utilizzata la procedura ordinaria (si tratta nello specifico del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 agosto 2013, n. 109, attuativo dall'articolo 2, comma 1, e del decreto ministeriale 9 agosto 2013, n. 165, attuativo dell'articolo 14, comma 2-bis);
    eppure la rilevanza strategica dell'agenda digitale, in un momento cruciale per il nostro Paese, imporrebbe la priorità di intervenire con urgenza sull'agenda digitale. Una compiuta dematerializzazione consentirebbe, infatti, di ottenere risparmi pari a 43 miliardi di euro l'anno, di cui 4 miliardi di euro l'anno di soli risparmi per gli approvvigionamenti, 15 miliardi di euro l'anno di risparmi legati all'aumento di produttività del personale, 24 miliardi di euro l'anno di risparmi sui «costi di relazione» tra pubblica amministrazione e imprese, grazie a uno snellimento della burocrazia, come dimostrano i dati dell'Osservatorio fatturazione elettronica e dematerializzazione del Politecnico di Milano;
    non appaiono affatto chiari i motivi di tali ritardi e, per quanto risulta agli interroganti, taluni di questi provvedimenti, pur essendo in fase avanzata di elaborazione, ad oggi non vengono emanati;
    l'adozione di tali provvedimenti implica peraltro l'assunzione della responsabilità politica e amministrativa di procedere in tal senso;
    le modifiche introdotte dal provvedimento in esame che, come si è detto, attribuiscono al Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione il ruolo di Presidente del tavolo permanente per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana mantiene aperta la questione relativa all'adozione di tutti quegli interventi che a livello amministrativo devono essere ancora varati per garantire la piena attuazione dell'Agenda digitale stessa alla luce delle indicazioni previste a livello europeo,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di affrontare in modo deciso l'intera materia relativa all'attuazione dell'Agenda digitale, eventualmente intervenendo con un'iniziativa normativa ad hoc, così da dare finalmente esecuzione ad una serie di procedure di rilevanza essenziale per lo sviluppo e la competitività del nostro Paese;
   a valutare l'opportunità di definire stabilmente la governance relativa all'attuazione dell'Agenda digitale italiana e di rendere pienamente operativi i vertici degli organismi ad essa preposti.
9/2486-AR/124Scotto, Quaranta, Piras, Ricciatti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 28 del provvedimento in esame reca disposizioni in materia di riduzione del diritto annuale dovuto alle Camere di commercio a carico delle imprese;
    prima delle modifiche intervenute in sede referente detto articolo, nella sua versione iniziale, prevedeva il dimezzamento dell'importo del diritto annuale dovuto dalle imprese alle Camere di commercio, ovvero la principale fonte di finanziamento per il sistema camerale, costituendo circa il 70 per cento delle entrate;
    durante l'esame del provvedimento in sede referente, ma anche e soprattutto in sede consultiva presso la Commissione X (Attività Produttive), è emerso che la misura del diritto annuale è determinata dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite l'Unioncamere e le organizzazioni di categoria, sulla base del fabbisogno necessario per l'espletamento dei servizi che il sistema camerale è tenuto a fornire, detratta una quota calcolata in base ad un obiettivo annuale di efficienza del sistema;
    dall'analisi sviluppata da Unioncamere dei dati relativi al diritto annuale effettivamente riscosso nel 2013, risulta che il risparmio medio nominale per ciascuna impresa pagante risulterebbe – stante l'attuale formulazione dell'articolo 28 – pari a 94 euro ed il risparmio medio effettivo (tenendo conto della deducibilità fiscale del diritto) pari a 63 euro;
    secondo l'analisi d'impatto effettuata da Unioncamere, la riduzione del 50 per cento del diritto annuale si tradurrebbe complessivamente in minori entrate per oltre 400 milioni di euro, determinando per 48 Camere di commercio una situazione di non compiuta sostenibilità dei costi del personale e di funzionamento e per le restanti 57 Camere una disponibilità complessiva di risorse per attività promozionali di 145 milioni di euro a fronte dei circa 500 investiti a sostegno dei territori nel 2013;
    elaborazioni sui bilanci camerali del 2012 indicano in circa 416 milioni di euro le risorse dedicate alle prime otto aree d'intervento promozionale del sistema camerale – finanza ed accesso al credito per le MPMI; internazionalizzazione; servizi per il turismo ed i beni culturali; sviluppo locale, promozione del territorio, commercio e servizi; innovazione, trasferimento tecnologico e proprietà industriale; qualificazione e promozione delle filiere; formazione, orientamento, alternanza, università; lavoro e servizi per l'imprenditorialità - cioè in circa l'80 per cento del totale di interventi promozionali per quasi 515 milioni di euro, con effetti moltiplicativi stimati in oltre 2 miliardi di euro;
    il diritto annuale costituisce un'entrata di scopo attraverso la cui definizione e finalizzazione per via legislativa si assicura la dotazione finanziaria necessaria all'espletamento delle funzioni demandate al sistema camerale;
    gli effetti derivanti dall'applicazione del citato dimezzamento avrebbe potuto produrre rilevantissime ricadute sulla tenuta occupazionale degli enti del sistema camerale (circa 11.500 unità);
    durante l'esame in sede referente è stata approvata una serie di emendamenti identici presentati da vari Gruppi Parlamentari ove si prevede, invece, che nelle more del riordino del sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e fino all'eliminazione del diritto annuale, l'importo di questo stesso diritto sia ridotto, per l'anno 2015, del 35 per cento, per l'anno 2016, del 40 per cento e, a decorrere dall'anno 2017, del 50 per cento. Viene previsto, inoltre, che le tariffe e i diritti di cui all'articolo 18, comma 1, lettere b), d) ed e) della legge 29 dicembre 1993, n. 580 – ovvero le tariffe e i diritti di segreteria – siano fissati sulla base di costi standard definiti dal Ministero dello sviluppo economico, sentiti la Società per gli Studi di Settore (SOSE) e Unioncamere, secondo criteri di efficienza da conseguire anche attraverso l'accorpamento degli enti e degli organismi del sistema camerale e lo svolgimento in forma associata delle funzioni;
    in buona sostanza è stata accolta la proposta di avviare un processo triennale di progressivo contenimento del diritto, tale da riflettere ed accompagnare un sostenibile processo di rivisitazione ed efficientamento del modello organizzativo del sistema camerale, che faccia particolarmente leva sulla metodologia dei costi standard,

impegna il Governo:

   a valutare con particolare attenzione gli effetti applicativi derivanti dalla norma in questione sotto il profilo occupazionale, della riduzione del sostegno al sistema infrastrutturale locale (porti e aeroporti, sistema fieristico, autostrade, banda larga), della riduzione di interventi a sostegno del sistema turistico-culturale (già oggetto di scarsi investimenti) e, infine, della riduzione di micro-interventi spesso vitali per mantenere attivo il sistema produttivo locale nei contesti di dimensioni più contenute;
   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa tesa ad affrontare la questione relativa alla riduzione del diritto annuale dovuto alle Camere di commercio a carico delle imprese superando la logica del mero taglio lineare al fine di adottare una soluzione di tipo selettivo che risponda «al tipo di presenza e di azione che serva per sostenere il tessuto produttivo territoriale», vincolando altresì gli enti camerali a indirizzare parte delle risorse verso specifiche direttrici (ad esempio innovazione tecnologica; nuova occupazione; digitalizzazione dei processi; green economy; made in Italy) opportunamente individuate attraverso il coinvolgimento di tavoli territoriali inter-istituzionali: Regioni, Enti locali, CCIAA;
   a porre in esser ogni atto di competenza volto a scongiurare il rischio che l'abbattimento dei diritti camerali previsto dal provvedimento in esame, se non accompagnato da un serio progetto di razionalizzazione e di rilancio del sistema camerale stesso, piuttosto che rappresentare una riforma, costituisca solo l'avvio di un inevitabile indebolimento del sistema economico locale e nazionale.
9/2486-AR/125Ricciatti, Nicchi, Airaudo, Quaranta, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 3, prevede misure per le assunzioni di personale nel Corpo di polizia penitenziaria;
   considerato che:
    l'esecuzione delle pene detentive e delle altre misure privative della libertà personale attiene strettamente alla «sicurezza», in quanto la rieducazione, nonché il reinserimento, del condannato non può che incidere, in concreto, sulla riduzione della recidiva;
    la situazione di invivibilità che caratterizza gli istituti di pena del nostro Paese può migliorare con l'incremento di tutte le professionalità necessarie al percorso di rieducazione e reinserimento dei detenuti;
    è del tutto evidente, infatti, che non sia possibile attuare quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione, trascurando l'assunzione delle figure che proprio di ciò si occupano;
    nonostante sia assolutamente necessario, all'uopo, l'adeguamento numerico e professionale della pianta organica degli operatori in carcere (educatori, psicologi, nonché di tutte le figure che operano in tale ambito), soprattutto in relazione all'entità numerica della popolazione carceraria, fino ad oggi si è assistito solo alla drastica riduzione della presenza di tali figure;
    la (ulteriore) riduzione delle dotazioni organiche, stabilita dalla legge n. 135 del 2012, in rapporto alle stringenti esigenze del settore penitenziario, non può di certo consentire all'amministrazione penitenziaria di adempiere con pienezza il proprio mandato istituzionale, con ciò rendendo estremamente difficile l'effettivo recupero e reinserimento dei detenuti, presupposti per la diminuzione della recidiva, e dunque per garantire la sicurezza dei cittadini,

impegna il Governo:

   a ricomprendere l'intero personale penitenziario tra le ipotesi di deroga alla disciplina sulla riduzione delle piante organiche, ipotizzando in particolare un'estensione all'amministrazione penitenziaria delle deroghe già previste per il cosiddetto «comparto sicurezza»;
   a implementare l'organico degli operatori penitenziari, quali gli educatori, gli psicologi, nonché gli assistenti sociali, affinché sia data concreta attuazione a quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione.
9/2486-AR/126Daniele Farina, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 3, prevede misure per le assunzioni di personale nel Corpo di polizia penitenziaria;
   considerato che:
    l'esecuzione delle pene detentive e delle altre misure privative della libertà personale attiene strettamente alla «sicurezza», in quanto la rieducazione, nonché il reinserimento, del condannato non può che incidere, in concreto, sulla riduzione della recidiva;
    la situazione di invivibilità che caratterizza gli istituti di pena del nostro Paese può migliorare con l'incremento di tutte le professionalità necessarie al percorso di rieducazione e reinserimento dei detenuti;
    è del tutto evidente, infatti, che non sia possibile attuare quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione, trascurando l'assunzione delle figure che proprio di ciò si occupano;
    nonostante sia assolutamente necessario, all'uopo, l'adeguamento numerico e professionale della pianta organica degli operatori in carcere (educatori, psicologi, nonché di tutte le figure che operano in tale ambito), soprattutto in relazione all'entità numerica della popolazione carceraria, fino ad oggi si è assistito solo alla drastica riduzione della presenza di tali figure;
    la (ulteriore) riduzione delle dotazioni organiche, stabilita dalla legge n. 135 del 2012, in rapporto alle stringenti esigenze del settore penitenziario, non può di certo consentire all'amministrazione penitenziaria di adempiere con pienezza il proprio mandato istituzionale, con ciò rendendo estremamente difficile l'effettivo recupero e reinserimento dei detenuti, presupposti per la diminuzione della recidiva, e dunque per garantire la sicurezza dei cittadini,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di ricomprendere l'intero personale penitenziario tra le ipotesi di deroga alla disciplina sulla riduzione delle piante organiche, ipotizzando in particolare un'estensione all'amministrazione penitenziaria delle deroghe già previste per il cosiddetto «comparto sicurezza»;
   a valutare l'opportunità di implementare l'organico degli operatori penitenziari, quali gli educatori, gli psicologi, nonché gli assistenti sociali, affinché sia data concreta attuazione a quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione.
9/2486-AR/126. (Testo modificato nel corso della seduta) Daniele Farina, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del disegno di legge in esame, reca norme relative ai corsi delle scuole di specializzazione medica. Si prevede lo stanziamento 6 milioni per il 2014, 40 milioni per il 2015 e 1,8 milioni per il 2016, per la formazione dei medici, con l'obiettivo dichiarato dal Governo di far salire da 3.300 a 5.000 i posti nelle scuole di specializzazione;
    detti stanziamenti seppure da valutare positivamente, sono ancora insufficienti. Va infatti tenuto presente che ogni anno la Conferenza Stato-Regioni stabilisce il numero di specialisti necessari al servizio sanitario nazionale, e il contingente si aggira costantemente attorno alle 8.500 unità per far fronte al turnover;
    le risorse ora assegnate siano non sufficienti, lo conferma lo stesso Ministro Stefania Giannini quando, il 4 giugno scorso, rispondendo a un question time in Aula alla Camera, dichiarava tra l'altro: «io ritengo che (...) si debba assolutamente trovare quella cifra, che sarebbe di 42 milioni per poter arrivare, guardi, non ai 4.500 ma ai 5 mila, che comunque sarebbero un ritorno ad una soglia che è metà rispetto ai 10 mila medici prodotti dal sistema universitario ad oggi, ma che comunque sarebbe un segnale molto importante»;
    accanto alle scuole di specializzazione medica, va peraltro ricordata la situazione relativa agli specializzandi non medici del settore sanitario (biologici chimici, psicologi, fisici iscritti alle scuole di specializzazione sanitarie eccetera), i quali, pur avendo tutti gli obblighi e doveri dei colleghi medici, non hanno diritto a riconoscimento alcuno, né economici, né in termini di diritti fondamentali;
    i laureati in medicina vincitori di concorso sono infatti assegnatari di un contratto di formazione specialistica per l'intera durata del corso, nonché di un trattamento economico e di una copertura previdenziale. I laureati «non medici», invece, altrettanto vincitori di concorso, non beneficiano della medesima posizione contrattuale né dello stesso trattamento economico, e sono altresì tenuti a pagare il premio per la copertura assicurativa dei rischi professionali;
    il provvedimento in esame nulla prevede per gli specializzandi di area sanitaria non medici,

impegna il Governo:

   a prevedere, già con la prossima legge di stabilità, maggiori risorse per scuole di specializzazione medica;
   a dare una risposta alla situazione in cui versano gli specializzandi non medici del settore sanitario, stanziando adeguate risorse per consentire il finanziamento di contratti/borse di studio da destinare a detti specializzandi non medici iscritti alle scuole di specializzazione di area sanitaria.
9/2486-AR/127Matarrelli, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del disegno di legge in esame, reca norme relative ai corsi delle scuole di specializzazione medica. Si prevede lo stanziamento 6 milioni per il 2014, 40 milioni per il 2015 e 1,8 milioni per il 2016, per la formazione dei medici, con l'obiettivo dichiarato dal Governo di far salire da 3.300 a 5.000 i posti nelle scuole di specializzazione;
    detti stanziamenti seppure da valutare positivamente, sono ancora insufficienti. Va infatti tenuto presente che ogni anno la Conferenza Stato-Regioni stabilisce il numero di specialisti necessari al servizio sanitario nazionale, e il contingente si aggira costantemente attorno alle 8.500 unità per far fronte al turnover;
    che le risorse ora assegnate siano non sufficienti, lo conferma lo stesso Ministro Stefania Giannini quando, il 4 giugno scorso, rispondendo a un question time in Aula alla Camera, dichiarava tra l'altro: «io ritengo che (...) si debba assolutamente trovare quella cifra, che sarebbe di 42 milioni per poter arrivare, guardi, non ai 4.500 ma ai 5 mila, che comunque sarebbero un ritorno ad una soglia che è metà rispetto ai 10 mila medici prodotti dal sistema universitario ad oggi, ma che comunque sarebbe un segnale molto importante»;
    accanto alle scuole di specializzazione medica, va peraltro ricordata la situazione relativa agli specializzandi non medici del settore sanitario (biologici chimici, psicologi, fisici iscritti alle scuole di specializzazione sanitarie eccetera), i quali, pur avendo tutti gli obblighi e doveri dei colleghi medici, non hanno diritto a riconoscimento alcuno, né economici, né in termini di diritti fondamentali;
    i laureati in medicina vincitori di concorso sono infatti assegnatari di un contratto di formazione specialistica per l'intera durata del corso, nonché di un trattamento economico e di una copertura previdenziale. I laureati «non medici», invece, altrettanto vincitori di concorso, non beneficiano della medesima posizione contrattuale né dello stesso trattamento economico, e sono altresì tenuti a pagare il premio per la copertura assicurativa dei rischi professionali;
    il provvedimento in esame nulla prevede per gli specializzandi di area sanitaria non medici,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, rispettando i vincoli di bilancio, già con la prossima legge di stabilità, maggiori risorse per scuole di specializzazione medica;
   a valutare l'opportunità di dare una risposta alla situazione in cui versano gli specializzandi non medici del settore sanitario, stanziando adeguate risorse, rispettando i vincoli di bilancio, per consentire il finanziamento di contratti/borse di studio da destinare a detti specializzandi non medici iscritti alle scuole di specializzazione di area sanitaria.
9/2486-AR/127. (Testo modificato nel corso della seduta) Matarrelli, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni recate dal decreto-legge in materia di lavoro pubblico si distinguono per l'esclusione del sindacato da tutti gli interventi previsti, rivelando l'obiettivo di ridimensionare e attaccare il ruolo del sindacato;
    tali misure sembrano voler andare nella direzione della ri-pubblicizzazione del lavoro nel settore del pubblico impiego, contro la privatizzazione di tali rapporti di lavoro, stabilita dal decreto legislativo n. 29 del 1993;
    sui punti più difficili gli emendamenti hanno restituito solo in parte al sindacato la sua funzione prevedendo, per esempio, che i criteri per regolare la mobilità obbligatoria siano adottati con decreto, sentiti i sindacati, così come per il demansionamento, in sede di contrattazione collettiva, possono essere stabiliti criteri generali con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;
    nulla invece è stato fatto sul fronte delle prerogative sindacali, mantenendo la riduzione dei permessi sindacali, delle aspettative e dei permessi, limitandosi a inserire il principio dell'utilizzo compensativo tra distacchi e permessi sindacali, con invarianza di spesa;
    nel complesso rimane al fondo degli interventi del decreto-legge l'idea che i sindacati siano considerati organizzazioni non necessarie nelle riforme del lavoro pubblico,

impegna il Governo

a consultare e a coinvolgere le organizzazioni sindacali in tutti gli interventi, anche di tipo regolamentare o normativo, che verranno adottati in base alle disposizioni del decreto-legge in materia di pubblico impiego e organizzazione della pubblica amministrazione.
9/2486-AR/128Airaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del decreto legge in esame reca disposizioni in materia di semplificazione e flessibilità nel turn over;
    nel corso dell'esame del provvedimento sono state presentate proposte emendative in materia di soggetti esposti all'amianto;
    nel nostro Paese, dato l'alto numero di addetti a contatto con tale fibra cancerogena, sarebbe opportuna l'adozione di provvedimenti che siano in grado di attenuare la loro condizione di difficoltà;
    in ambito previdenziale, per i lavoratori esposti all'amianto, rimane problematica la mancanza di una esenzione dalle penalizzazioni previste dal comma 10 dell'articolo 24 del decreto-legge 201/2011 in caso di accesso alla pensione anticipata prima dei 62 anni;
    in particolare sarebbe opportuno prevedere un'esenzione per coloro che hanno maturato un'anzianità contributiva di 43 anni per gli uomini e 42 anni per le donne,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere in favore di questi lavoratori la possibilità di derogare a quanto disposto al comma 10 dell'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n.201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, con riferimento ai soggetti di cui al comma 8, dell'articolo 13 della legge 27 marzo 1992, n. 257, per cui garantire l'accesso alla pensione anticipata ad età inferiori ai requisiti anagrafici di cui al comma 6 dell'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
9/2486-AR/129Placido, Matarrelli, Airaudo, Duranti, Franco Bordo, Melilla.


   La Camera,
   in sede di esame dell'A.C. 2486-A, considerato che:
    l'articolo 11 del provvedimento reca disposizioni sul personale delle regioni e degli enti locali;
    i problemi che oggi devono affrontare gli enti territoriali e locali per conservare la gestione diretta e indiretta sono molteplici e complessi, nonostante storicamente le amministrazioni locali, realizzando una importante e significativa rete di servizi educativi e scolastici svolgono talvolta una funzione sostitutiva e sussidiaria di analoghi servizi statali, spesso inesistenti o assolutamente insufficienti a rispondere alla domanda come, ad esempio, nel caso delle scuole dell'infanzia;
    oggi numerose amministrazioni locali, a causa della stratificazione di numerose disposizioni normative che rendono incerte le risorse finanziarie ed umane indispensabili per garantire l'esistenza e la qualità di nidi e scuole dell'infanzia, non sono più in grado di gestire questi importanti servizi. Infatti l'attuale quadro normativo di riferimento in materia di personale per gli Enti Locali, pone gravi limiti alla possibilità di mantenere non solo gli standard di qualità dei servizi erogati ai cittadini, ma addirittura il rischio, in alcuni casi, della paralisi stessa delle attività: primo fra tutti il e «Patto di stabilità interno» che, obbligando Regioni ed enti locali ad un rigido controllo della spesa, condiziona l'azione politica degli stessi e quindi anche la progettazione dei servizi sociali;
    infatti, ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, il comma 557 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, stabilisce per gli enti sottoposti al patto di stabilità interno vincoli per l'assunzione di personale, attraverso il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, e la razionalizzazione delle strutture burocratico-amministrative;
    tutte le amministrazioni locali soggette al patto di stabilità, inclusi dal 1o gennaio 2013 i comuni con popolazione tra i 1.000 ed i 5.000 abitanti, possono effettuare assunzioni a tempo indeterminato entro il tetto del 40 per cento della spesa per il personale cessato nell'anno precedente, percentuale elevata dal decreto-legge n. 16 del 2012, rispetto al già previsto tetto del 20 per cento che, invece, si continua ad applicare nella gran parte delle altre amministrazioni pubbliche;
    successivamente è intervenuto il decreto-legge n. 66 del 2014 (meglio noto come «Decreto Bonus 80 euro») che viene finanziato per buona parte con la spending review operata a carico di aziende, istituzioni e società controllate dalle amministrazioni locali, e dagli enti stessi già, come si è visto, penalizzati da un patto di stabilità interno che impedisce loro di finanziare le misure di welfare locale e municipale tanto più necessarie nell'attuale fase di crisi economico-sociale, andando inevitabilmente ad incidere negativamente sui livelli e la qualità dei servizi;
    il Governo, fermo restando l'obbligo di garantire il raggiungimento degli obiettivi di risparmio e di contenimento della spesa di personale, ha nel tempo accolto le richieste dei Comuni, e, riconoscendo l'esigenza di allentare il patto di stabilità sulle assunzioni di personale nei nidi e nella scuola dell'infanzia per non mettere a rischio un servizio essenziale per le famiglie, ha stabilito all'articolo 4, comma 12 del decreto-legge n. 101 del 2013, che per le aziende speciali e le istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, scolastici e per l'infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB) e le farmacie, a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, incluse le società multiservizi, non si applicano più in modo automatico i suddetti vincoli di assunzione e di trattamento economico individuale;
    la suddetta norma non estende irragionevolmente l'esclusione dal vincolo per gli stessi servizi gestiti direttamente dagli enti locali, contravvenendo al principio di uguaglianza di trattamento scolastico sancito dall'articolo 33 della Costituzione e determinando una disparità di trattamento tra la spesa per i servizi scolastici e per l'infanzia gestiti dalle aziende speciali e dalle istituzioni degli enti locali, che è esclusa dal patto di stabilità interno, e quelli gestiti direttamente dagli enti locali,

impegna il Governo

ad escludere, attraverso ulteriori iniziative normative, dall'applicazione del patto di stabilità e di tutte la altre suddette disposizioni volte al riordino ed alla riduzione della spesa di aziende e società controllate dalle amministrazioni locali, gli enti locali che gestiscono direttamente servizi socio-assistenziali ed educativi all'infanzia, alla persona ed alla terza età, anche al fine di consentire loro di procedere alle assunzioni di personale oltre i limiti del patto stesso per la copertura delle dotazioni organiche.
9/2486-AR/130Paglia, Nicchi.


   La Camera,
   in sede di esame dell'A.C. 2486-A, considerato che:
    l'articolo 11 del provvedimento reca disposizioni sul personale delle regioni e degli enti locali;
    i problemi che oggi devono affrontare gli enti territoriali e locali per conservare la gestione diretta e indiretta sono molteplici e complessi, nonostante storicamente le amministrazioni locali, realizzando una importante e significativa rete di servizi educativi e scolastici svolgono talvolta una funzione sostitutiva e sussidiaria di analoghi servizi statali, spesso inesistenti o assolutamente insufficienti a rispondere alla domanda come, ad esempio, nel caso delle scuole dell'infanzia;
    oggi numerose amministrazioni locali, a causa della stratificazione di numerose disposizioni normative che rendono incerte le risorse finanziarie ed umane indispensabili per garantire l'esistenza e la qualità di nidi e scuole dell'infanzia, non sono più in grado di gestire questi importanti servizi. Infatti l'attuale quadro normativo di riferimento in materia di personale per gli Enti Locali, pone gravi limiti alla possibilità di mantenere non solo gli standard di qualità dei servizi erogati ai cittadini, ma addirittura il rischio, in alcuni casi, della paralisi stessa delle attività: primo fra tutti il e «Patto di stabilità interno» che, obbligando Regioni ed enti locali ad un rigido controllo della spesa, condiziona l'azione politica degli stessi e quindi anche la progettazione dei servizi sociali;
    infatti, ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, il comma 557 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, stabilisce per gli enti sottoposti al patto di stabilità interno vincoli per l'assunzione di personale, attraverso il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, e la razionalizzazione delle strutture burocratico-amministrative;
    tutte le amministrazioni locali soggette al patto di stabilità, inclusi dal 1o gennaio 2013 i comuni con popolazione tra i 1.000 ed i 5.000 abitanti, possono effettuare assunzioni a tempo indeterminato entro il tetto del 40 per cento della spesa per il personale cessato nell'anno precedente, percentuale elevata dal decreto-legge n. 16 del 2012, rispetto al già previsto tetto del 20 per cento che, invece, si continua ad applicare nella gran parte delle altre amministrazioni pubbliche;
    successivamente è intervenuto il decreto-legge n. 66 del 2014 (meglio noto come «Decreto Bonus 80 euro») che viene finanziato per buona parte con la spending review operata a carico di aziende, istituzioni e società controllate dalle amministrazioni locali, e dagli enti stessi già, come si è visto, penalizzati da un patto di stabilità interno che impedisce loro di finanziare le misure di welfare locale e municipale tanto più necessarie nell'attuale fase di crisi economico-sociale, andando inevitabilmente ad incidere negativamente sui livelli e la qualità dei servizi;
    il Governo, fermo restando l'obbligo di garantire il raggiungimento degli obiettivi di risparmio e di contenimento della spesa di personale, ha nel tempo accolto le richieste dei Comuni, e, riconoscendo l'esigenza di allentare il patto di stabilità sulle assunzioni di personale nei nidi e nella scuola dell'infanzia per non mettere a rischio un servizio essenziale per le famiglie, ha stabilito all'articolo 4, comma 12 del decreto-legge n. 101 del 2013, che per le aziende speciali e le istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, scolastici e per l'infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB) e le farmacie, a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, incluse le società multiservizi, non si applicano più in modo automatico i suddetti vincoli di assunzione e di trattamento economico individuale;
    la suddetta norma non estende irragionevolmente l'esclusione dal vincolo per gli stessi servizi gestiti direttamente dagli enti locali, contravvenendo al principio di uguaglianza di trattamento scolastico sancito dall'articolo 33 della Costituzione e determinando una disparità di trattamento tra la spesa per i servizi scolastici e per l'infanzia gestiti dalle aziende speciali e dalle istituzioni degli enti locali, che è esclusa dal patto di stabilità interno, e quelli gestiti direttamente dagli enti locali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere, attraverso ulteriori iniziative normative, dall'applicazione del patto di stabilità e di tutte la altre suddette disposizioni volte al riordino ed alla riduzione della spesa di aziende e società controllate dalle amministrazioni locali, gli enti locali che gestiscono direttamente servizi socio-assistenziali ed educativi all'infanzia, alla persona ed alla terza età, anche al fine di consentire loro di procedere alle assunzioni di personale oltre i limiti del patto stesso per la copertura delle dotazioni organiche.
9/2486-AR/130. (Testo modificato nel corso della seduta) Paglia, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 18, comma 1, prevede, «nelle more della rideterminazione dell'assetto organizzativo dei tribunali amministrativi regionali... a decorrere dal 1o luglio 2015 sono soppresse le sezioni staccate di tribunale amministrativo regionale aventi sede in comuni che non sono sedi di corte d'appello, ad eccezione della sezione autonoma della provincia di Bolzano»;
    l'attuazione di tale disposizione comporterà, dunque, la soppressione a far data dal 1o luglio 2015, della sezione staccata di Parma;
   considerato che:
    tale norma, come anche indicato nella relazione al provvedimento, troverebbe ragione nei conseguenti risparmi «rilevanti», tuttavia tale effetto non appare riconducibile alla sede di Parma, posto che l'attuale sede del TAR di Bologna – per accogliere l'organico e la documentazione proveniente dal TAR di Parma – dovrà reperire altri locali, con un inevitabile incremento di spese che andrebbero ad aggiungersi alle spese e ai disagi del trasferimento;
    inoltre, il TAR di Parma già nell'immediato potrebbe ridurre le spese – già ora ampiamente coperte del contributo unificato – senza che ciò comporti alcun disservizio naturalmente connesso al trasferimento;
    la celerità delle decisioni rese, in sede cautelare e di merito, dalla magistratura amministrativa costituisce un valore di giustizia per tutti i cittadini e si traduce in un beneficio economico aggiunto per le collettività delle tre province, soprattutto se si considera l'elevata produttività del TAR di Parma – come desumibile dalla relativa relazione annuale –, produttività peraltro accompagnata da tempi di decisione particolarmente rapidi rispetto ad altri Tribunali Amministrativi Regionali, tanto da far supporre che l'eventuale estensione della competenza territoriale della Sezione staccata anche al circondario del Tribunale di Modena, oltre che alle tre province già incluse, potrebbe comportare il vantaggio di alleggerire il carico di lavoro del TAR di Bologna e di favorire in tal modo tutta la collettività regionale;
    in tutte le sedi staccate, l'arretrato si è ridotto, negli ultimi anni, in percentuali rilevantissime che vanno dal 23 al 64 per cento, e quella di Parma appare tra quelle più «virtuose»;
    dopo l'abrogazione dei diversi controlli preventivi sugli atti delle pubbliche amministrazioni, i TAR sono rimasti gli unici presidi di legalità dell'azione amministrativa, a cui è dato al cittadino rivolgersi anche in sede di immediata urgenza, sicché la permanenza della sezione staccata di Parma nella sua attuale sede non può che consolidare in tutti la certezza di una tutela di prossimità facilmente accessibile e meglio avvertibile, con derivato effetto dissuasivo, da parte della pubblica amministrazione;
    per la provincia di Piacenza, peraltro, il trasferimento della sezione staccata a Bologna determinerebbe un rilevante incremento dei costi per l'accesso alla giustizia amministrativa, e ciò in contrasto con i principi di uno Stato di diritto, e in particolare con quanto previsto dall'articolo 113 della Costituzione;
    tutto considerato in termini di costi (per il necessario reperimento di nuove sedi, la predisposizione dei locali, per le indennità da corrispondere al personale) di efficienza – per l'ingolfamento delle sedi più grandi, già in maggiore difficoltà rispetto alle altre – di allontanamento della giustizia dai cittadini – che sarebbero costretti a recarsi presso Tribunali distanti dal luogo ove si esercita l'attività,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare la Sezione staccata del TAR di Parma.
9/2486-AR/131Sannicandro, Paglia, Daniele Farina.


   La Camera,
   premesso che:
    il DDL governativo chiamato «jobs act» contiene una norma sul riordino della disciplina in materia di servizi per il lavoro e le politiche attive, istituendo una Agenzia nazionale per l'occupazione partecipata da Stato, Regioni e Province autonome, vigilata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, al cui funzionamento si provveda con le risorse umane e strumentali già disponibili a legislazione vigente;
    nel decreto-legge in conversione è stato inserito dalla Camera un emendamento che consente la possibilità di prorogare ulteriormente i contratti di lavoro a tempo determinato delle province, prorogati fino al 31 dicembre 2014 dal decreto-legge n. 101 del 2013, alle medesime finalità e condizioni stabilite da tale decreto-legge, fino all'insediamento dei nuovi soggetti istituzionali previsti dalla legge 56/2014, in materia di città metropolitane, province e unioni di comuni; presso gli enti provinciali nei servizi per il lavoro e la formazione sono impiegati tanti lavoratori con contratti a tempo determinato e altri con contratti precari che prestano ininterrottamente servizio anche da oltre un decennio, a seguito del superamento di selezioni pubbliche e da ultimo di concorso pubblico per titoli ed esami, senza che sia stata mai avviata alcuna procedura di stabilizzazione;
    tra i servizi erogati dalle Provincia è indispensabile garantire la continuità delle attività dei Centri per l'impiego, anche in considerazione dell'attuazione del programma europeo «Garanzia Giovani», i servizi per il lavoro e la realizzazione di attività di gestione dei fondi strutturali e di interventi da essi finanziati;
    bisogna altresì garantire che non vengano disperse le professionalità acquisite da lavoratori che da così tanto tempo svolgono servizio presso i centri per l'impiego, garantendo che i loro contratti vengano tutti effettivamente rinnovati fino al passaggio dei dipendenti, per effetto di trasferimento di attività, da un ente pubblico ad un altro, garantendo l'applicazione dell'articolo 2112 del codice civile, con conseguente mantenimento da parte del dipendente trasferito dei diritti acquisiti in precedenza e la stabilizzazione dei loro contratti,

impegna il Governo:

   a inserire tutti i lavoratori dei centri dell'impiego tra le risorse umane a disposizione nella fase di riassetto istituzionale prevista dalla Legge 7 aprile 2014, n. 56;
   ad avviare la procedura di richiesta di anticipazione al Ministero del lavoro sui Fondi UE da programmare ancora, in attuazione del comma 219, lettera d), articolo 1 della Legge di stabilità 2014 (L. 147/2013). Infatti il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può erogare alle Regioni che ne facciano richiesta anticipazioni sui contributi da programmare a carico del bilancio dell'Unione europea, nei limiti di 30 milioni di euro a valere sul Fondo di rotazione per la formazione professionale e l'accesso al fondo sociale europeo di cui all'articolo 25 della legge 21 dicembre 1978. n. 845 e come già avviene in altre province (ad es. Firenze e La Spezia con delibera n. 93 del 16 maggio 2014);
    ad impegnarsi affinché a tutti i lavoratori dei centri per l'impiego sia ripristinato un contratto di lavoro a tempo pieno, a fronte della mole di lavoro da svolgere inerente a servizi fondamentali; a individuare o a sostenere fin d'ora un percorso di stabilizzazione dei lavoratori dei Centri per l'impiego come sta avvenendo presso alcuni Enti locali.
9/2486-AR/132Nicchi, Placido, Airaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    il DDL governativo chiamato «jobs act» contiene una norma sul riordino della disciplina in materia di servizi per il lavoro e le politiche attive, istituendo una Agenzia nazionale per l'occupazione partecipata da Stato, Regioni e Province autonome, vigilata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, al cui funzionamento si provveda con le risorse umane e strumentali già disponibili a legislazione vigente;
    nel decreto-legge in conversione è stato inserito dalla Camera un emendamento che consente la possibilità di prorogare ulteriormente i contratti di lavoro a tempo determinato delle province, prorogati fino al 31 dicembre 2014 dal decreto-legge n. 101 del 2013, alle medesime finalità e condizioni stabilite da tale decreto-legge, fino all'insediamento dei nuovi soggetti istituzionali previsti dalla legge 56/2014, in materia di città metropolitane, province e unioni di comuni; presso gli enti provinciali nei servizi per il lavoro e la formazione sono impiegati tanti lavoratori con contratti a tempo determinato e altri con contratti precari che prestano ininterrottamente servizio anche da oltre un decennio, a seguito del superamento di selezioni pubbliche e da ultimo di concorso pubblico per titoli ed esami, senza che sia stata mai avviata alcuna procedura di stabilizzazione;
    tra i servizi erogati dalle Provincia è indispensabile garantire la continuità delle attività dei Centri per l'impiego, anche in considerazione dell'attuazione del programma europeo «Garanzia Giovani», i servizi per il lavoro e la realizzazione di attività di gestione dei fondi strutturali e di interventi da essi finanziati;
    bisogna altresì garantire che non vengano disperse le professionalità acquisite da lavoratori che da così tanto tempo svolgono servizio presso i centri per l'impiego, garantendo che i loro contratti vengano tutti effettivamente rinnovati fino al passaggio dei dipendenti, per effetto di trasferimento di attività, da un ente pubblico ad un altro, garantendo l'applicazione dell'articolo 2112 del codice civile, con conseguente mantenimento da parte del dipendente trasferito dei diritti acquisiti in precedenza e la stabilizzazione dei loro contratti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di inserire tutti i lavoratori dei centri dell'impiego tra le risorse umane a disposizione nella fase di riassetto istituzionale prevista dalla Legge 7 aprile 2014, n. 56;
   a valutare l'opportunità di avviare la procedura di richiesta di anticipazione al Ministero del lavoro sui Fondi UE da programmare ancora, in attuazione del comma 219, lettera d), articolo 1 della Legge di stabilità 2014 (L. 147/2013). Infatti il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può erogare alle Regioni che ne facciano richiesta anticipazioni sui contributi da programmare a carico del bilancio dell'Unione europea, nei limiti di 30 milioni di euro a valere sul Fondo di rotazione per la formazione professionale e l'accesso al fondo sociale europeo di cui all'articolo 25 della legge 21 dicembre 1978. n. 845 e come già avviene in altre province (ad es. Firenze e La Spezia con delibera n. 93 del 16 maggio 2014);
   a valutare l'opportunità di impegnarsi affinché a tutti i lavoratori dei centri per l'impiego sia ripristinato un contratto di lavoro a tempo pieno, a fronte della mole di lavoro da svolgere inerente a servizi fondamentali; a individuare o a sostenere fin d'ora un percorso di stabilizzazione dei lavoratori dei Centri per l'impiego come sta avvenendo presso alcuni Enti locali.
9/2486-AR/132. (Testo modificato nel corso della seduta) Nicchi, Placido, Airaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come modificato, interviene in materia di occupazione presso le USL e in materia previdenziale modificando la manovra pensionistica Fornero;
    la legge 20 maggio 1985, n. 207, recante «Disciplina transitoria per l'inquadramento diretto nei ruoli nominativi regionali del personale non di ruolo delle unità sanitarie locali», ha risolto una situazione ambigua che vedeva molti lavoratori prestare la propria opera per le allora denominate unità sanitarie locali (USL), senza un inquadramento corrispondente all'attività svolta. Si tratta di lavoratori con cosiddetto «contratto a convenzione», cioè quel personale non di ruolo delle allora USL, che svolgevano attività continuativa e subordinata senza tuttavia godere delle garanzie previdenziali proprie dei lavoratori con contratto per rapporto di lavoro subordinato. La legge in questione ha così sanato, regolarizzandole, una serie di posizioni fino a quel momento ambigue in ordine al rapporto tra le allora USL e il personale;
    con tale regolarizzazione tutto il personale di tecnici e laureati (psicologi, psichiatri, chimici, periti chimici, geometri, periti elettronici, periti agrari, maestre ortofoniche-ortofreniche, tecnici della riabilitazione, medici igienisti) ha contribuito a formare quell'ossatura dei servizi delle aziende sanitarie locali (ASL) più «innovativi» rispetto a quella che era fino ad allora la sola sanità «ospedaliera» precedente;
    nell'applicazione delle norme, tuttavia, si sono verificate situazioni disomogenee su tutto il territorio nazionale che hanno visto coinvolti un gran numero di enti e di giurisdizioni, determinando condizioni di palese ingiustizia e disparità di trattamento, in violazione dell'articolo 3 della Costituzione;
    per un numero rilevante di lavoratori che operavano come dipendenti, regolamentati dai cosiddetti contratti a convenzione, si procedeva da un lato a un giusto inquadramento, mentre dall'altro lato non si garantiva il riconoscimento degli anni pregressi ai fini pensionistici;
    al personale che aveva lavorato fino al 1985 come personale di ruolo dipendente e che è stato assunto e inquadrato nei ruoli, non sono stati riconosciuti i diritti in ordine all'anzianità, anche se in alcuni casi documentati le USL trattenevano, come sostituti d'imposta, quote di contribuzione, che in molti casi si è constatato non essere state mai versate ad alcun ente previdenziale; il problema, nel corso degli anni, è stato risolto in modo diverso da caso a caso. In alcune USL vi è stato un immediato riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato (ancorché coperto dal contratto a convenzione). In altre tale riconoscimento è stato rifiutato;
    da qui un ampio contenzioso, con taluni casi in cui la magistratura ha dato ragione al lavoratore ed altri in cui, al contrario, al lavoratore è stata disconosciuta la qualifica di dipendente per il periodo anteriore alla entrata in vigore della legge n. 207 del 1985;
    la situazione ha avuto ulteriori aspetti paradossali: molti lavoratori si sono visti respingere dai giudici amministrativi, che in tale materia all'epoca erano competenti, la richiesta di riconoscimento di lavoro subordinato;
    nello stesso periodo l'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) chiedeva e otteneva vari decreti ingiuntivi, ognuno di importo consistente, contro le USL (e poi contro le ASL) sostenendo che il rapporto a convenzione in realtà mascherava un rapporto di lavoro subordinato, con la conseguenza che l'ente era tenuto a pagare i relativi contributi. In tutti questi casi le USL facevano opposizione davanti al giudice competente (giudice del lavoro), che decideva in favore dei lavoratori;
    dunque, le stesse persone venivano considerate come lavoratori autonomi dal giudice amministrativo in ordine al loro diritto di vedersi riconoscere l'anzianità di servizio e venivano invece considerate lavoratori dipendenti dal giudice del lavoro in ordine all'obbligo della USL di pagarne i relativi contributi;
    infine, quando la competenza, in ordine all'inquadramento, è passata al giudice del lavoro, vi sono stati casi di personale che non avendo mai presentato ricorso al giudice amministrativo ricorreva al giudice del lavoro vedendosi, in questo caso, riconoscere il rapporto di subordinazione;
    tale situazione determina una disparità di trattamento tra lavoratori, in quanto una serie di cittadini che hanno prestato il loro lavoro con contratti a convenzione, ma in realtà avendo un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, poi riconosciuto, hanno trattamenti disuguali e differenti rispetto ad altri cittadini, nella medesima situazione, a cui la qualifica non è stata riconosciuta né da parte della USL per cui lavoravano, né da parte dei magistrati cui hanno fatto ricorso. Inoltre, come già rilevato, molti lavoratori non si sono visti riconoscere il rapporto subordinato dal giudice amministrativo, ma sono stati riconosciuti quali dipendenti dal giudice del lavoro ai soli fini contributivi e le sentenze passate in giudicato del giudice amministrativo impediscono loro di farsi riconoscere i diritti acclarati dal giudice del lavoro,

impegna il Governo:

   a conteggiare gli anni durante i quali i lavoratori di cui in premessa hanno lavorato a convenzione al solo fine di maturare gli anni necessari per maturare il beneficio pensionistico senza che tali anni siano computati per determinare l'importo della pensione;
   a riconoscere gli anni del rapporto a convenzione anche ai fini pensionistici economici, consentendo al lavoratore di poter versare per ogni anno di cui chiede il riscatto i relativi contributi di propria spettanza, attualizzati al momento della richiesta e ricalcolati in euro, certificati dall'INPS che dovrà richiedere alla ASL di provenienza del lavoratore i contributi di spettanza dell'azienda non versati all'epoca, al netto di more, interessi e spese accessorie. I lavoratori in questione potranno rateizzare i versamenti all'INPS;
   a consentire ai lavoratori che siano già in pensione di vedersi riconosciuti gli anni del rapporto a convenzione anche ai fini pensionistici economici, in modo da poter aumentare il loro montante pensionistico; anche in questo caso il lavoratore dovrà versare per ogni anno di cui chiede il riscatto i relativi contributi di propria spettanza, attualizzati al momento della richiesta e ricalcolati in euro, certificati dall'INPS che dovrà richiedere alla ASL di provenienza del lavoratore i contributi di spettanza dell'azienda non versati all'epoca, al netto di more, interessi e spese accessorie. I lavoratori potranno rateizzare all'INPS i contributi eventualmente già trattenuti al lavoratore e non versati all'ente di previdenza;
   a regolamentare i casi nei quali il lavoratore a convenzione aveva già spontaneamente provveduto a corrispondere quanto dovuto ai fini contributivi, permettendogli di conseguire il riconoscimento ai fini dell'anzianità di servizio e della determinazione del trattamento economico;
   a valutare la possibilità che ai lavoratori che chiedono il riscatto, che si trovino ancora in attività o siano già in quiescenza, si applicano le norme previgenti alla riforma previdenziale di cui alla cosiddetta «legge Fornero», relativamente al raggiungimento dei requisiti per l'accesso e la decorrenza del trattamento di vecchiaia o di anzianità oppure all'applicazione del metodo retributivo ove ne ricorrano le condizioni determinate dai nuovi conteggi;
   a individuare le necessarie coperture economiche, tenuto conto della compartecipazione del lavoratore e della ASL di provenienza.
9/2486-AR/133Zaratti, Nicchi, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13, modificato nel corso dell'esame del provvedimento in sede referente, prevede l'abrogazione degli incentivi per la progettazione – contemplati dai commi 5 e 6 dell'articolo 92 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006) – che attualmente vengono corrisposti dalle amministrazioni aggiudicatrici al personale dipendente, ampliando quindi ulteriormente la disposizione contenuta nel testo iniziale del presente decreto, che invece si limita ad escludere l'erogazione di tali incentivi per il solo personale con qualifica dirigenziale, in ragione dell'onnicomprensività del relativo trattamento economico;
    i commi 5 e 6 dell'articolo 92, di cui si è prevista l'abrogazione dispongono il riparto: di una somma non superiore al 2 per cento dell'importo posto a base di gara di un'opera o di un lavoro, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori (comma 5); del 30 per cento della tariffa professionale relativa alla redazione di un atto di pianificazione comunque denominato, tra i dipendenti dell'amministrazione aggiudicatrice che lo abbiano redatto (comma 6);
    l'articolo 13-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente dell'AC 2486, introduce i commi da 7-bis a 7-quinquies all'articolo 93 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006) relativi ad una nuova disciplina degli incentivi alla progettazione soppressi dal precedente articolo 13 a favore dei soli incaricati e loro collaboratori senza qualifica dirigenziale;
    la modifica dell'oggetto dei suddetti articoli determinerà per un certo periodo di tempo, a tutela dei diritti acquisiti degli interessati, l'applicazione contestuale di tre regimi normativi diversi a seconda della data in cui l'amministrazione ha disposto la nomina o l'incarico a norma dei commi 5 e 6 dell'articolo 92 e dei soppravenuti commi da 7-bis a 7-quinquies dell'articolo 93 codice degli appalti:
     i commi 5 e 6 dell'articolo 92 codice degli appalti, si applicano agli incaricati e loro collaboratori con e senza qualifica dirigenziale relative ai piani e alle opere affidate o disposte fino alla data del 24 giugno 2014, giorno antecedente all'entrata in vigore del decreto-legge n. 90 del 2014;
     i commi 5 e 6 dell'articolo 92 codice degli appalti, si applicano solo al personale incaricato e loro collaboratori senza qualifica dirigenziale relative ai piani e alle opere affidate dal 25 giugno 2014, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 90 del 2014;
     gli articoli 13 e 13-bis del provvedimento in esame ai sensi dell'articolo 54, produrranno i loro effetti solo sulle nomine e gli incarichi affidati o disposti dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana,

impegna il Governo

ad emanare una circolare relativa alle disposizioni degli articoli 13 e 13-bis da applicarsi alle nomine e agli incarichi relativi a lavori ed opere pubbliche affidate o disposte successivamente all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e che quindi confermi l'irretroattività degli stessi rispetto ai piani ed ai progetti precedentemente avviati. Le liquidazioni future a SAL (stato avanzamento lavori) delle somme spettanti e già impegnate per i piani, i lavori e le opere pubbliche già affidate, seguono quindi la normativa ed i regolamenti vigenti al momento delle rispettive nomine ed incarichi.
9/2486-AR/134Fabbri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 1, comma 5, estende la facoltà già riconosciuta alle pubbliche amministrazioni dall'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, di collocare in pensione i dipendenti che hanno raggiunto i requisiti i massimi contributivi;
    contemporaneamente, l'articolo 2, comma 1, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, obbliga le pubbliche amministrazioni alla riduzione degli organici e indica i criteri da adottare per il riassorbimento delle unità di personale risultanti in soprannumero all'esito delle riduzioni previste al comma 1 del medesimo decreto;
    in base a tale disposizione, l'INPS, con determinazione del Direttore generale del 14 luglio 2014, ha individuato i dipendenti nei confronti dei quali si è deciso di disporre la risoluzione del rapporto di lavoro;
    in virtù di questi atti, in questi giorni, sono state recapitate diverse comunicazioni di risoluzione del rapporto di lavoro anche a dipendenti che hanno un'anzianità contributiva di poco superiore al minimo di legge dei 20 anni;
    tale circostanza determina un grave pregiudizio economico per i lavoratori interessati, i quali si trovano nell'impossibilità di proseguire il proprio rapporto di lavoro e di integrare, ancora per qualche anno, il montante contributivo, con una drastica riduzione del proprio reddito,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare gli eventuali indirizzi volti ad evitare che per «staffetta generazionale» o esuberi, le pubbliche amministrazioni licenzino persone o mandino in pensionamento coatto dipendenti che sarebbero interessati a rimanere in servizio, in ragione del fatto che per i pochi anni contributivi maturati si troverebbero costretti a vivere con pensioni troppo basse.
9/2486-AR/135Gnecchi, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Damiano, Dell'Aringa, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Rotta, Simoni, Zappulla.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 132 della direttiva 2006/112/CE, sono esenti dal pagamento dell'IVA al 22 per cento, tutti gli enti pubblici, le scuole e le università che acquistano beni di consumo e strumentazioni per la ricerca scientifica, utilizzando finanziamenti pubblici, anche di natura europea;
    negli ultimi anni, le risorse destinate alla ricerca e i finanziamenti per il funzionamento ordinario degli atenei sono state costantemente ridotte. Il pagamento dell'IVA al 22 per cento per beni di consumo e strumentazioni per la ricerca scientifica che gli enti pubblici (CNR, ENEA, INFN e ISS), le scuole e le università acquistano, utilizzando finanziamenti pubblici condiziona pesantemente la ricerca e l'acquisizione di nuove conoscenze tecnologiche, che per il nostro Paese sarebbero importanti per la ripresa e il superamento della crisi economica,

impegna il Governo:

   nelle more degli interventi per la ricerca e l'università previsti dalle finalità del decreto legge n. 90 del 2014 a valutare la revisione della disciplina fiscale per gli enti pubblici a carattere scientifico ed universitario, così da poter applicare entro breve tempo l'esenzione dell'IVA al 22 per cento per tali enti ed equipararsi alla disciplina europea che prevede un'imposizione fiscale al 4 per cento;
   in attesa di tale revisione, a valutare la necessità di interventi a sostegno di tutti gli enti pubblici, le scuole e le università che acquistano beni di consumo e strumentazioni per la ricerca scientifica, utilizzando finanziamenti pubblici anche di natura europea.
9/2486-AR/136Gregori, Albanella.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scorso gennaio 2014, l'Anci ha inviato una missiva ai ministri dell'Economia e della Pubblica Amministrazione, chiedendo un incontro urgente per approfondire «a livello normativo e interpretativo» il tema della contrattazione decentrata negli enti locali, contenuto nel decreto legislativo 150/2009, e alle varie criticità riscontrate in sede di attuazione della norma, chiedendo con urgenza l'applicazione di un regime di salvaguardia per gli atti adottati dagli enti precedentemente, anche al fine di evitare contenziosi costosi e insostenibili a carico della finanza pubblica e tutelare i lavoratori degli enti locali;
    sembra pertanto fondamentale che lo Stato intervenga per svuotare definitivamente il bacino e consenta una stabilizzazione definitiva di questi lavoratori che per molti anni hanno sopperito a mancanze di personale in tante amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo:

   nelle more dell'adozione degli interventi per il personale della pubblica amministrazione previsti dalle finalità del decreto legge n. 90 del 2014, a verificare la disponibilità a varare provvedimenti normativi atti ad una stabilizzazione effettiva dei lavoratori in oggetto, così come la possibilità di convocare un tavolo di confronto con le autorità regionali e le autorità comunali coinvolte, al fine di elaborare soluzione condivise e congiunte a tutela degli stessi;
   a valutare l'opportunità di avviare iniziative legislative o regolamentari volte all'applicazione immediata di un regime di salvaguardia per tutti gli atti adottati dagli enti locali precedentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo 150/2009, al fine di evitare contenziosi costosi e insostenibili a carico della finanza pubblica, così anche da evitare il perseguimento di comportamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori assunti sulla base della precedente normativa.
9/2486-AR/137Albanella, Gregori.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scorso gennaio 2014, l'Anci ha inviato una missiva ai ministri dell'Economia e della Pubblica Amministrazione, chiedendo un incontro urgente per approfondire «a livello normativo e interpretativo» il tema della contrattazione decentrata negli enti locali, contenuto nel decreto legislativo 150/2009, e alle varie criticità riscontrate in sede di attuazione della norma, chiedendo con urgenza l'applicazione di un regime di salvaguardia per gli atti adottati dagli enti precedentemente, anche al fine di evitare contenziosi costosi e insostenibili a carico della finanza pubblica e tutelare i lavoratori degli enti locali;
    sembra pertanto fondamentale che lo Stato intervenga per svuotare definitivamente il bacino e consenta una stabilizzazione definitiva di questi lavoratori che per molti anni hanno sopperito a mancanze di personale in tante amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo:

   nelle more dell'adozione degli interventi per il personale della pubblica amministrazione previsti dalle finalità del decreto legge n. 90 del 2014, a valutare l'opportunità di verificare la disponibilità a varare provvedimenti normativi atti ad una stabilizzazione effettiva dei lavoratori in oggetto, così come la possibilità di convocare un tavolo di confronto con le autorità regionali e le autorità comunali coinvolte, al fine di elaborare soluzione condivise e congiunte a tutela degli stessi;
   a valutare l'opportunità di avviare iniziative legislative o regolamentari volte all'applicazione immediata di un regime di salvaguardia per tutti gli atti adottati dagli enti locali precedentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo 150/2009, al fine di evitare contenziosi costosi e insostenibili a carico della finanza pubblica, così anche da evitare il perseguimento di comportamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori assunti sulla base della precedente normativa.
9/2486-AR/137. (Testo modificato nel corso della seduta) Albanella, Gregori.


   La Camera,
   premesso che:
    la finalità delle disposizioni previste dall'articolo 1 del provvedimento in esame è pienamente condivisibile, trattandosi di promuovere il ricambio generazionale nel settore del lavoro pubblico; in particolare, per il personale di magistratura l'età di ordinaria cessazione dal servizio è stata mantenuta senza alcuna deroga «al compimento del settantesimo anno di età»;
    l'enunciato principio deve essere conciliato comunque con le esigenze di funzionalità degli uffici giudiziari, tenendo conto delle attuali scoperture e di quelle che si verranno a creare con l'applicazione della disciplina in questione;
    secondo i dati forniti dal Ministro della Giustizia, con nota trasmessa il 7 luglio 2014, a fronte di un numero dei magistrati ordinari previsto per legge è di 10.151 unità, alla data del 4 luglio 2014 ne risultavano in servizio 9.410, con una scopertura di 741 unità. Questo dato tiene conto anche dei magistrati senza funzioni, ovvero dei m.o.t. nominati con decreto ministeriale 2 maggio 2013, per i quali è in corso il tirocinio mirato e che prenderanno possesso degli uffici di destinazione nel mese di gennaio 2015, e di quelli nominati con decreto ministeriale 20 febbraio 2014, per i quali è in corso il tirocinio generico e che prenderanno possesso degli uffici di destinazione nel mese di novembre 2015;
    attualmente risulta bandito con decreto ministeriale 30 ottobre 2013 un concorso per 365 posti di magistrato ordinario in tirocinio, le cui tre prove scritte si sono concluse il 27 giugno scorso;
    considerato l'elevato numero di compiti da correggere, il Ministero ha ipotizzato che l'assunzione avverrà non prima del luglio 2016;
    tenuto conto delle informazioni fornite dal Ministero, a seguito dell'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio dei magistrati disposto dal presente provvedimento, si verificherà una scopertura di organico nella magistratura ordinaria pari a 309 unità; il CSM inoltre ha quantificato in 374 unità il numero dei magistrati che entro il 31 dicembre 2015 cesseranno dal servizio per effetto del decreto;
    le scoperture che deriveranno dall'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio si andranno a sommare a quelle attuali, per un totale di oltre 1.200 unità stimate al 31 dicembre 2015;
    in una nota del Primo Presidente della Corte di Cassazione (trasmessa alla Commissione giustizia l'8 luglio 2014) si specifica che il particolare depauperamento delle risorse umane riguarderà soprattutto la Corte di Cassazione, con una percentuale, ipotizzata al 31 dicembre 2015, di vacanze superiore al 35 per cento;
    con riferimento ai magistrati amministrativi, il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, pur valutando positivamente la norma che abroga il trattenimento in servizio, ha rilevato che, a causa del collocamento a riposo al 31 dicembre 2015 di 61 magistrati (tra cui 10 presidenti di Consiglio di stato e 13 presidenti di TAR), si rende necessario ed urgente lo svolgimento del concorso a 33 posti di referendario, che non è stato ancora avviato e che era stato proposto rispetto ad una preesistente carenza di organico di oltre 70 unità;
    la Commissione giustizia, nel parere espresso il 10 luglio 2014, ha posto come condizione la proroga di almeno un anno del termine di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto, per consentire l'espletamento dei concorsi in atto per le nuove assunzioni di magistrati e delle procedure volte alla copertura degli incarichi direttivi e semidirettivi e al conferimento delle funzioni di legittimità (Corte di Cassazione e Procura generale della Cassazione);
    la Commissione di merito non ha ritenuto di prorogare il predetto termine,

impegna il Governo

ad effettuare un attento monitoraggio volto a verificare le ricadute dell'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, sugli uffici giudiziari, assumendo i conseguenti e necessari provvedimenti volti a garantirne la piena funzionalità, anche bandendo un concorso per 350 posti di magistrato ordinario nell'autunno 2014.
9/2486-AR/138Ferranti.


   La Camera,
   premesso che:
    la finalità delle disposizioni previste dall'articolo 1 del provvedimento in esame è pienamente condivisibile, trattandosi di promuovere il ricambio generazionale nel settore di lavoro pubblico; in particolare, per il personale di magistratura l'età di ordinaria cessazione dal servizio è stata mantenuta senza alcuna deroga «al compimento del settantesimo anno di età»;
    l'enunciato principio deve essere conciliato comunque con le esigenze di funzionalità degli uffici giudiziari, tenendo conto delle attuali scoperture e di quelle che si verranno a creare con l'applicazione della disciplina in questione;
    secondo i dati forniti dal Ministro della Giustizia, con nota trasmessa il 7 luglio 2014, a fronte di un numero dei magistrati ordinari previsto per legge di 10.151 unità, alla data del 4 luglio 2014 ne risultavano in servizio 9.410, con una scopertura di 741 unità. Questo dato tiene conto anche dei magistrati senza funzioni, ovvero dei m.o.t. nominati con decreto ministeriale 2 maggio 2013, per i quali è in corso il tirocinio mirato e che prenderanno possesso degli uffici di destinazione nel mese di gennaio 2015, e di quelli nominati con decreto ministeriale 20 febbraio 2014, per i quali è in corso il tirocinio generico e che prenderanno possesso degli uffici di destinazione nel mese di novembre 2015;
    attualmente risulta bandito con decreto ministeriale 30 ottobre 2013 un concorso per 365 posti di magistrato ordinario in tirocinio, le cui tre prove scritte si sono concluse il 27 giugno scorso;
    considerato l'elevato numero di compiti da correggere, il Ministero ha ipotizzato che l'assunzione avverrà non prima del luglio 2016;
    tenuto conto delle informazioni fornite dal Ministero, a seguito dell'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio si verificherà una scopertura di organico nella magistratura ordinaria pari a 309 unità; il CSM inoltre ha quantificato in 374 unità il numero dei magistrati che entro il 31 dicembre 2015 cesseranno dal servizio per effetto del decreto;
    le scoperture che deriveranno dall'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio si andranno a sommare a quelle attuali, per un totale di oltre 1.200 unità stimate al 31 dicembre 2015;
    in sede di audizioni presso la Commissione giustizia è stato rilevato che l'abolizione dell'istituto del trattenimento in servizio si risolve nella riduzione della carriera e, quindi, comporta l'opportunità di rivedere i meccanismi di accesso alla magistratura ordinaria; in particolare si è rilevato che l'età media attuale di ingresso nei ruoli della magistratura, dopo la riforma dell'ordinamento giudiziario del 2006, si attesta intorno ai 33-35 anni, per effetto sia della maggior durata del corso di studi in giurisprudenza che della previsione di titoli di accesso al concorso ulteriori rispetto al diploma di laurea. Ciò incide inevitabilmente sulla maturazione degli anni contributivi per l'accesso alla pensione anticipata al settantesimo anno;
    il sistema vigente di accesso, che prevede la frequenza obbligatoria del corso biennale presso le scuole di specializzazione o il conseguimento del titolo di avvocato o il dottorato di ricerca, inevitabilmente ha ridotto la platea dei possibili candidati al concorso in magistratura, limitando l'effettivo ricambio generazionale e gravando le famiglie dei giovani laureati in giurisprudenza di ulteriori oneri per garantire, dopo la laurea quinquennale, un ulteriore periodo di formazione non inferiore a cinque anni;
    non appare opportuno anticipare l'età pensionabile dei magistrati senza rivedere i meccanismi di accesso al concorso e senza operare al contempo un'adeguata valorizzazione dei titoli di specializzazione universitaria e degli stage formativi presso gli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a consentire l'accesso al concorso di magistrato ordinario ai laureati in giurisprudenza.
9/2486-AR/139Verini, Ferranti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 28 del decreto in esame, prevede la riduzione del diritto annuale – il tributo versato a favore delle Camere di Commercio ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 580 del 1993 s.m.i. – a partire dal 2015 e nell'arco di un triennio fino a giungere al 50 per cento dell'importo versato dalle imprese nell'anno 2014;
    con la legge n. 580 del 1993 Camere di Commercio 1993 le Camere di Commercio sono state riconosciute quali enti pubblici che svolgono funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, di cui sono chiamate a curare lo sviluppo nell'ambito delle economie locali;
    con il decreto legislativo n. 23 del 2010, di modifica della legge n. 580 del 1993, il legislatore ha successivamente confermato le Camere di commercio quali enti espressione della comunità delle imprese nel territorio, nonché istituzioni pubbliche ad esse più vicine secondo il principio della sussidiarietà orizzontale, riconoscendone espressamente la natura di enti dotati di autonomia funzionale e ancorandone l'attività al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118 della Costituzione. Con tale provvedimento (articolo 2) sono state peraltro individuate le funzioni fondamentali delle Camere di commercio, nonché confermata la possibilità per le stesse di esercitare le funzioni ad esse delegate dallo Stato e dalle Regioni, sempre sulla base del principio di sussidiarietà;
    il sistema delle Camere di Commercio ha già attivato un percorso di autoriforma con l'obiettivo di avere dei presidi sui territori distribuiti in maniera tale da efficientare i propri costi di struttura da un lato, dall'altro, di garantire il necessario sostegno alla promozione economica;
    è assegnato alle Camere di Commercio, in forza della loro rete tecnologica ed informatica strutturata su tutto il territorio dello Stato, la tenuta del registro delle imprese che permette un facile accesso alle informazioni economiche da parte di qualsiasi operatore, anche Forze di Polizia e Magistratura, e quel necessario radicamento sul territorio che è utile preservare in quanto consente il raggiungimento di altri due obiettivi:
     la disponibilità di dati al fine di programmare al meglio le attività di promozione economica delle imprese;
     la diffusione dello Sportello Unico delle Attività Produttive in forza del decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 2010;
    le Camere di Commercio, per loro articolazione organizzativa sul territorio, sono già oggi istituzioni in grado di garantire un presidio di «area vasta» riguardo a tutte le funzioni di interesse per il sistema delle imprese rappresentando in tal senso l'ente di riferimento della comunità Imprenditoriale locale, nonché – in un'ottica appunto di sussidiarietà – l'istituzione ad essa più vicina;
    con l'ordine del giorno 21 dicembre 2013 n. 9/1542 – A/28, in sede di approvazione della legge n. 56 del 2014, il Governo si è impegnato a salvaguardare le funzioni del sistema camerale ed a valutare di trasferire alle Camere di Commercio ulteriori funzioni amministrative per il supporto e la promozione del sistema delle imprese,

impegna il Governo:

   a sostenere e promuovere una riforma del sistema camerale con una articolazione di una rete di Camere di commercio sul territorio nazionale ciascuna delle quali abbia almeno 80.000 imprese iscritte al fine di garantire il necessario equilibrio economico finanziario per assicurare l'espletamento di tutte le funzioni istituzionali e la semplificazione degli organi di governo;
   a preservare le funzioni svolte dalle Camere di commercio a supporto e promozione del sistema economico locale con particolare riferimento alle piccole e medie imprese soprattutto sull'accesso al credito, l'internazionalizzazione e la valorizzazione delle produzioni locali, nonché come primi soggetti attuatori del SUAP (sportello unico delle attività produttive);
   a prevedere la salvaguardia occupazionale delle Camere di Commercio non escludendo percorsi di prepensionamento con oneri previdenziali a carico delle stesse al fine di ridurre la spesa di personale per destinare le maggiori risorse economiche disponibili alla promozione dell'economia;
   ad assicurare che a fronte della diminuzione del gettito del diritto annuale, previa adozione dei costi standard e di ogni altra azione atta al ridimensionamento delle spese, si prevedano entrate a favore degli Enti Camerali adeguate al sostenimento di tutte le attività loro assegnate dalla legge.
9/2486-AR/140Rubinato, Moretto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 28 del decreto in esame, prevede la riduzione del diritto annuale – il tributo versato a favore delle Camere di Commercio ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 580 del 1993 s.m.i. – a partire dal 2015 e nell'arco di un triennio fino a giungere al 50 per cento dell'importo versato dalle imprese nell'anno 2014;
    con la legge n. 580 del 1993 Camere di Commercio 1993 le Camere di Commercio sono state riconosciute quali enti pubblici che svolgono funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, di cui sono chiamate a curare lo sviluppo nell'ambito delle economie locali;
    con il decreto legislativo n. 23 del 2010, di modifica della legge n. 580 del 1993, il legislatore ha successivamente confermato le Camere di commercio quali enti espressione della comunità delle imprese nel territorio, nonché istituzioni pubbliche ad esse più vicine secondo il principio della sussidiarietà orizzontale, riconoscendone espressamente la natura di enti dotati di autonomia funzionale e ancorandone l'attività al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118 della Costituzione. Con tale provvedimento (articolo 2) sono state peraltro individuate le funzioni fondamentali delle Camere di commercio, nonché confermata la possibilità per le stesse di esercitare le funzioni ad esse delegate dallo Stato e dalle Regioni, sempre sulla base del principio di sussidiarietà;
    il sistema delle Camere di Commercio ha già attivato un percorso di autoriforma con l'obiettivo di avere dei presidi sui territori distribuiti in maniera tale da efficientare i propri costi di struttura da un lato, dall'altro, di garantire il necessario sostegno alla promozione economica;
    è assegnato alle Camere di Commercio, in forza della loro rete tecnologica ed informatica strutturata su tutto il territorio dello Stato, la tenuta del registro delle imprese che permette un facile accesso alle informazioni economiche da parte di qualsiasi operatore, anche Forze di Polizia e Magistratura, e quel necessario radicamento sul territorio che è utile preservare in quanto consente il raggiungimento di altri due obiettivi:
     la disponibilità di dati al fine di programmare al meglio le attività di promozione economica delle imprese;
     la diffusione dello Sportello Unico delle Attività Produttive in forza del decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 2010;
    le Camere di Commercio, per loro articolazione organizzativa sul territorio, sono già oggi istituzioni in grado di garantire un presidio di «area vasta» riguardo a tutte le funzioni di interesse per il sistema delle imprese rappresentando in tal senso l'ente di riferimento della comunità Imprenditoriale locale, nonché – in un'ottica appunto di sussidiarietà – l'istituzione ad essa più vicina;
    con l'ordine del giorno 21 dicembre 2013 n. 9/1542 – A/28, in sede di approvazione della legge n. 56 del 2014, il Governo si è impegnato a salvaguardare le funzioni del sistema camerale ed a valutare di trasferire alle Camere di Commercio ulteriori funzioni amministrative per il supporto e la promozione del sistema delle imprese,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di sostenere e promuovere una riforma del sistema camerale con una articolazione di una rete di Camere di commercio sul territorio nazionale ciascuna delle quali abbia almeno 80.000 imprese iscritte al fine di garantire il necessario equilibrio economico finanziario per assicurare l'espletamento di tutte le funzioni istituzionali e la semplificazione degli organi di governo;
   a valutare l'opportunità di preservare le funzioni svolte dalle Camere di commercio a supporto e promozione del sistema economico locale con particolare riferimento alle piccole e medie imprese soprattutto sull'accesso al credito, l'internazionalizzazione e la valorizzazione delle produzioni locali, nonché come primi soggetti attuatori del SUAP (sportello unico delle attività produttive);
   a valutare l'opportunità di prevedere la salvaguardia occupazionale delle Camere di Commercio non escludendo percorsi di prepensionamento con oneri previdenziali a carico delle stesse al fine di ridurre la spesa di personale per destinare le maggiori risorse economiche disponibili alla promozione dell'economia;
   a valutare l'opportunità di assicurare che a fronte della diminuzione del gettito del diritto annuale, previa adozione dei costi standard e di ogni altra azione atta al ridimensionamento delle spese, si prevedano entrate a favore degli Enti Camerali adeguate al sostenimento di tutte le attività loro assegnate dalla legge.
9/2486-AR/140. (Testo modificato nel corso della seduta) Rubinato, Moretto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 4, del succitato decreto-legge n. 101 del 2013, convertito (con modificazioni) in legge n. 125 del 2013, dispone che «L'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, è prorogata fino al 31 dicembre 2016»;
    già prima dell'entrata in vigore di tale norma, si era venuto a creare, dopo l'approvazione del decreto legislativo n. 150 del 2009 (cosiddetta legge Brunetta), un enorme contenzioso – tutt'ora pendente – in ordine all'utilizzabilità delle graduatorie relative alle progressioni verticali o concorsi interni (banditi anteriormente all'entrata in vigore di detta normativa), ai fini dell'assunzione dei vincitori e degli idonei (nei posti ascrivibili a qualifiche superiori);
   nonostante il parere contrario – all'utilizzabilità di dette graduatorie – espresso nelle note circolari della Funzione Pubblica dei 2011 e 2013 (l'ultima delle quali è intervenuta dopo l'approvazione del decreto-legge n. 101 dell'ex governo Letta), migliaia di dipendenti hanno proposto ricorsi, dimostrando al Giudice che dette progressioni verticali o concorsi interni costituiscono «Pubblici Concorsi» a tutti gli effetti, e dunque la proroga è un istituto applicabile anche a dette graduatorie, non solo a quelle dei concorsi esterni (v. sentenza n. 1693 del 17 febbraio 2014 del Tribunale di Roma, sezione lavoro; sentenza Tar Lazio n. 3444 del 17 aprile 2012; sentenza Tar Lazio n. 1889 del 23 febbraio 2013; sentenza del Consiglio di Stato n. 6248 del 27 dicembre 2013; sentenza del Consiglio di Stato n. 1061 del 05 marzo 2014). Per di più, il Giudice ha riconosciuto il «Diritto allo scorrimento» delle predette graduatorie anche per gli idonei, e non solo l'utilizzo delle medesime per i soggetti risultati vincitori;
    vi sono state anche pronunce difformi da parte del Consiglio di Stato (v. sentenza n. 136 del Consiglio di Stato del 16 gennaio 2014, che richiama il parere reso dall'Adunanza generale n. 4625 del 06 novembre 2012). Ma tali pronunciamenti sono la conseguenza del nuovo orientamento legislativo inaugurato dalla legge Brunetta, il quale impone determinate modalità di accesso (riserva all'esterno di almeno la metà dei posti banditi) e determinati requisiti culturali (titoli di studio) anche per le progressioni fra aree. Si tratta, tuttavia, di vincoli che concernono le nuove procedure di reclutamento del personale, non l'utilizzo delle graduatorie afferenti procedure già concluse. Diversamente opinando, si andrebbe ad interpretare restrittivamente – a posteriori – la normativa sulle proroghe dell'efficacia delle norme concorsuali (normativa inaugurata sin dalla legge finanziaria del 2004) e retroattivamente – a priori – la stessa legge Brunetta (che impone nuovi requisiti per le procedure avviate successivamente alla sua entrata in vigore, ma non regola l'utilizzo di graduatorie già approvate prima di detta entrata in vigore). Per di più, migliaia di dipendenti pubblici si vedrebbero così «discriminati» solo perché collocati in graduatorie relative a concorsi riservati al personale (quando tuttavia detti concorsi erano pienamente legittimi),

impegna il Governo

ad intraprendere ogni iniziativa urgente affinché per «concorso pubblico» si possa intendere a tutti gli effetti anche il concorso interamente riservato ai dipendenti o la progressione verticale, laddove la relativa graduatoria è stata approvata prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2009.
9/2486-AR/141Bonaccorsi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 4, del succitato decreto-legge n. 101 del 2013, convertito (con modificazioni) in legge n. 125 del 2013, dispone che «L'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, è prorogata fino al 31 dicembre 2016»;
    già prima dell'entrata in vigore di tale norma, si era venuto a creare, dopo l'approvazione del decreto legislativo n. 150 del 2009 (cosiddetta legge Brunetta), un enorme contenzioso – tutt'ora pendente – in ordine all'utilizzabilità delle graduatorie relative alle progressioni verticali o concorsi interni (banditi anteriormente all'entrata in vigore di detta normativa), ai fini dell'assunzione dei vincitori e degli idonei (nei posti ascrivibili a qualifiche superiori);
   nonostante il parere contrario – all'utilizzabilità di dette graduatorie – espresso nelle note circolari della Funzione Pubblica dei 2011 e 2013 (l'ultima delle quali è intervenuta dopo l'approvazione del decreto-legge n. 101 dell'ex governo Letta), migliaia di dipendenti hanno proposto ricorsi, dimostrando al Giudice che dette progressioni verticali o concorsi interni costituiscono «Pubblici Concorsi» a tutti gli effetti, e dunque la proroga è un istituto applicabile anche a dette graduatorie, non solo a quelle dei concorsi esterni (v. sentenza n. 1693 del 17 febbraio 2014 del Tribunale di Roma, sezione lavoro; sentenza Tar Lazio n. 3444 del 17 aprile 2012; sentenza Tar Lazio n. 1889 del 23 febbraio 2013; sentenza del Consiglio di Stato n. 6248 del 27 dicembre 2013; sentenza del Consiglio di Stato n. 1061 del 05 marzo 2014). Per di più, il Giudice ha riconosciuto il «Diritto allo scorrimento» delle predette graduatorie anche per gli idonei, e non solo l'utilizzo delle medesime per i soggetti risultati vincitori;
    vi sono state anche pronunce difformi da parte del Consiglio di Stato (v. sentenza n. 136 del Consiglio di Stato del 16 gennaio 2014, che richiama il parere reso dall'Adunanza generale n. 4625 del 06 novembre 2012). Ma tali pronunciamenti sono la conseguenza del nuovo orientamento legislativo inaugurato dalla legge Brunetta, il quale impone determinate modalità di accesso (riserva all'esterno di almeno la metà dei posti banditi) e determinati requisiti culturali (titoli di studio) anche per le progressioni fra aree. Si tratta, tuttavia, di vincoli che concernono le nuove procedure di reclutamento del personale, non l'utilizzo delle graduatorie afferenti procedure già concluse. Diversamente opinando, si andrebbe ad interpretare restrittivamente – a posteriori – la normativa sulle proroghe dell'efficacia delle norme concorsuali (normativa inaugurata sin dalla legge finanziaria del 2004) e retroattivamente – a priori – la stessa legge Brunetta (che impone nuovi requisiti per le procedure avviate successivamente alla sua entrata in vigore, ma non regola l'utilizzo di graduatorie già approvate prima di detta entrata in vigore). Per di più, migliaia di dipendenti pubblici si vedrebbero così «discriminati» solo perché collocati in graduatorie relative a concorsi riservati al personale (quando tuttavia detti concorsi erano pienamente legittimi),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere ogni iniziativa urgente affinché per «concorso pubblico» si possa intendere a tutti gli effetti anche il concorso interamente riservato ai dipendenti o la progressione verticale, laddove la relativa graduatoria è stata approvata prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2009.
9/2486-AR/141. (Testo modificato nel corso della seduta) Bonaccorsi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo e il Parlamento, nell'obiettivo di ridurre i costi a carico delle imprese e migliorare la competitività delle stesse, hanno intrapreso una serie di iniziative volte a riformare la struttura, le competenze e le funzioni delle Camere di Commercio;
    in particolare, sono in fase di definizione proposte volte a ridurre il costo di iscrizione camerale a carico delle imprese e il numero delle strutture camerali presenti sul territorio nazionale attraverso l'accorpamento di uffici e servizi così da ridurre i costi di gestione e di funzionamento delle Camere di Commercio;
    ciò pone la necessità e l'esigenza di tutelare e salvaguardare i diritti dei lavoratori delle Camere di Commercio e dei livelli occupazionali attuali;
    il nostro Paese infatti, sta compiendo sforzi notevoli per superare la crisi economica, finanziaria, occupazionale e, in una fase di importanti riforme istituzionali ed economiche, la riduzione della forza lavoro delle Camere di Commercio limiterebbe fortemente l'efficienza e l'efficacia dei servizi da esse realizzati, potendo ciò costituire un serio ostacolo al rilancio economico dell'Italia;
    le esigenze di bilancio vanno dunque contemperate con quelle sociali, occupazionali e amministrative nell'obiettivo di supportare il sistema delle imprese nello svolgimento delle proprie funzioni,

impegna il Governo

a salvaguardare e mantenere, nel processo di riforma delle competenze, delle funzioni e della struttura delle Camere di Commercio italiane, i livelli occupazionali attuali, compresi i dipendenti delle società partecipate, e ciò al fine di contemperare le esigenze di riduzione dei costi con quelle di efficienza ed efficacia delle azioni di supporto all'iniziativa imprenditoriale privata.
9/2486-AR/142Migliore, Pilozzi, Di Salvo, Fava, Labriola, Lacquaniti, Lavagno, Nardi, Piazzoni, Zan, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo e il Parlamento, nell'obiettivo di ridurre i costi a carico delle imprese e migliorare la competitività delle stesse, hanno intrapreso una serie di iniziative volte a riformare la struttura, le competenze e le funzioni delle Camere di Commercio;
    in particolare, sono in fase di definizione proposte volte a ridurre il costo di iscrizione camerale a carico delle imprese e il numero delle strutture camerali presenti sul territorio nazionale attraverso l'accorpamento di uffici e servizi così da ridurre i costi di gestione e di funzionamento delle Camere di Commercio;
    ciò pone la necessità e l'esigenza di tutelare e salvaguardare i diritti dei lavoratori delle Camere di Commercio e dei livelli occupazionali attuali;
    il nostro Paese infatti, sta compiendo sforzi notevoli per superare la crisi economica, finanziaria, occupazionale e, in una fase di importanti riforme istituzionali ed economiche, la riduzione della forza lavoro delle Camere di Commercio limiterebbe fortemente l'efficienza e l'efficacia dei servizi da esse realizzati, potendo ciò costituire un serio ostacolo al rilancio economico dell'Italia;
    le esigenze di bilancio vanno dunque contemperate con quelle sociali, occupazionali e amministrative nell'obiettivo di supportare il sistema delle imprese nello svolgimento delle proprie funzioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di salvaguardare e mantenere, nel processo di riforma delle competenze, delle funzioni e della struttura delle Camere di Commercio italiane, i livelli occupazionali attuali, compresi i dipendenti delle società partecipate, e ciò al fine di contemperare le esigenze di riduzione dei costi con quelle di efficienza ed efficacia delle azioni di supporto all'iniziativa imprenditoriale privata.
9/2486-AR/142. (Testo modificato nel corso della seduta) Migliore, Pilozzi, Di Salvo, Fava, Labriola, Lacquaniti, Lavagno, Nardi, Piazzoni, Zan, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    il processo di riforma delle Province è ancora in corso di realizzazione e non si concluderà prima della modifica della Costituzione e dell'approvazione di tutti quei provvedimenti necessari a disciplinare i tanti aspetti della riforma;
    la riforma complessiva dell'istituzione Provincia, presenta clementi di complessità e difficoltà che debbono essere attentamente valutati e ponderati per le importanti implicazioni di carattere sociale ed economico correlate;
    tra gli elementi di maggiore complessità legati alla riforma delle Province, quello della gestione del personale dipendente e del personale assunto con contratti a tempo determinato o con altra forma diversa da quella a tempo indeterminato, risulta tra i più difficili da disciplinare proprio per le ricadute sociali legate a qualsiasi decisione possa essere presa nel merito;
    oggi infatti, il personale assunto con contratti diversi da quello a tempo indeterminato, assicura l'erogazione dei servizi essenziali da parte delle Province che dovranno necessariamente essere svolti anche dai nuovi Enti concepiti in seguito alla riforma recentemente approvata;
    il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato dei dipendenti attualmente in carica alle Province, rischia di impedire alle nuove Città Metropolitane e agli enti che sostituiranno le Province di svolgere le funzioni ad esse assegnate come i servizi per l'impiego,

impegna il Governo

a disporre la proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato, o comunque diversi da quelli a tempo indeterminato, in scadenza alla data del 31 dicembre 2014, stipulati dalle Province per specifiche necessità, fino all'entrata in vigore del decreto legislativo attuativo dell'articolo 1, comma 97, della legge n. 56 del 2014, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.
9/2486-AR/143Di Salvo, Migliore, Pilozzi, Fava, Labriola, Lacquaniti, Lavagno, Nardi, Piazzoni, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    il processo di riforma delle Province è ancora in corso di realizzazione e non si concluderà prima della modifica della Costituzione e dell'approvazione di tutti quei provvedimenti necessari a disciplinare i tanti aspetti della riforma;
    la riforma complessiva dell'istituzione Provincia, presenta clementi di complessità e difficoltà che debbono essere attentamente valutati e ponderati per le importanti implicazioni di carattere sociale ed economico correlate;
    tra gli elementi di maggiore complessità legati alla riforma delle Province, quello della gestione del personale dipendente e del personale assunto con contratti a tempo determinato o con altra forma diversa da quella a tempo indeterminato, risulta tra i più difficili da disciplinare proprio per le ricadute sociali legate a qualsiasi decisione possa essere presa nel merito;
    oggi infatti, il personale assunto con contratti diversi da quello a tempo indeterminato, assicura l'erogazione dei servizi essenziali da parte delle Province che dovranno necessariamente essere svolti anche dai nuovi Enti concepiti in seguito alla riforma recentemente approvata;
    il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato dei dipendenti attualmente in carica alle Province, rischia di impedire alle nuove Città Metropolitane e agli enti che sostituiranno le Province di svolgere le funzioni ad esse assegnate come i servizi per l'impiego,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre la proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato, o comunque diversi da quelli a tempo indeterminato, in scadenza alla data del 31 dicembre 2014, stipulati dalle Province per specifiche necessità, fino all'entrata in vigore del decreto legislativo attuativo dell'articolo 1, comma 97, della legge n. 56 del 2014, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.
9/2486-AR/143. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Salvo, Migliore, Pilozzi, Fava, Labriola, Lacquaniti, Lavagno, Nardi, Piazzoni, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 20 del decreto in esame stabilisce che «Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione propone all'assemblea dell'Associazione Formez PA, di cui al decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 6, lo scioglimento dell'Associazione stessa e la nomina di un Commissario straordinario. A far data dalla nomina del Commissario straordinario decadono gli organi dell'Associazione Formez PA in carica, fatta eccezione per l'assemblea e il collegio dei revisori. Il Commissario assicura la continuità nella gestione delle attività dell'Associazione e la prosecuzione dei progetti in corso. Entro il 31 ottobre 2014 il Commissario propone al suddetto Ministro un piano delle politiche di sviluppo delle amministrazioni dello Stato e degli enti territoriali, che salvaguardi i livelli occupazionali del personale in servizio e gli equilibri finanziari dell'Associazione e individui eventuali nuove forme per il perseguimento delle suddette politiche. Il piano è presentato dal Ministro medesimo all'assemblea ai fini delle determinazioni conseguenti»;
     la relazione di accompagnamento al suddetto decreto legge, evidenzia che il procedimento individuato, che vede il decisivo coinvolgimento dell'assemblea dei soci, consente di contemperare l'urgenza del riordino, anche nell'ottica del risparmio, e la garanzia per le amministrazioni territoriali rispetto alle quali l'Associazione rappresenta organismo in house, conservando il rapporto di controllo analogo tra le amministrazioni stesse e l'Associazione;
    il Formez, nel corso degli anni è passato attraverso vari mutamenti di competenze e funzioni; da ultimo il decreto legislativo n. 6 del 2010, che oltre a cambiare la denominazione in Formez PA, ha attribuito ad esso la funzione di supporto delle riforme e di diffusione dell'innovazione amministrativa nei confronti della amministrazioni associate;
    i dati contabili dell'Istituto evidenziano che il risultato conseguito nel 2013 è il migliore della storia dell'istituto, raggiunto grazie alle capacità del management e alle alte professionalità e specializzazioni presenti nel Formez PA nonostante la crisi economico-finanziaria che ha colpito il Paese e le conseguenti politiche di contenimento della spesa pubblica che hanno comportato la riduzione della contribuzione e delle risorse a disposizione delle amministrazioni associate e committenti. L'utile dell'esercizio, al lordo delle imposte, è stato superiore a 4,3 milioni di euro, portando ad oltre 33 milioni il totale delle riserve, fra fondi e patrimonio. Il volume della produzione è stato pari ad oltre 67 milioni, mantenendosi in linea con gli ultimi anni, a riprova della positiva azione effettuata dall'istituto nel supportare le amministrazioni centrali, regionali e locali nel rafforzamento della capacità amministrativa e nell'impegno ad internazionalizzarne l'azione, nonché del consenso generato fra i cittadini per il servizio di Linea Amica e per le attività di monitoraggio quali il censimento delle auto blu. La relazione di gestione evidenzia con chiarezza i miglioramenti della struttura finanziaria, l'incremento di produttività, le azioni di spending review adottate e tutte le positive indicazioni emerse dai sistema di controlli di natura privatistica e pubblicistica cui è sottoposto l'istituto (il prezioso ruolo di vigilanza svolto dalla Corte dei Conti, nonché dal Collegio dei revisori, dalla società di certificazione del bilancio e dall'organismo di vigilanza ai sensi della legge 231/2001);
    le amministrazioni associate hanno in più occasioni ribadito il ruolo fondamentale svolto dal Formez nelle attività di sostegno alle PA locali e centrali e nel percorso di coesione e modernizzazione del Paese, esprimendo piena soddisfazione per i risultati raggiunti, rimarcando la necessità di garantire continuità all'azione del Formez,

impegna il Governo

a provvedere al riordino dell'istituto attraverso un ripensamento della mission che sia al servizio del progetto di innovazione e modernizzazione della pubblica amministrazione, proprio della riforma della P.A., conservando lo status di organismo in house rispetto anche alle amministrazioni territoriali, e valorizzando le alte professionalità in esso presenti in possesso del know how qualificato per concorrere al raggiungimento degli obiettivi sopra indicati, così peraltro riconoscendo il valore dell'operato e l'impegno degli ultimi anni portati avanti dal management.
9/2486-AR/144Brunetta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 20 del decreto in esame stabilisce che «Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione propone all'assemblea dell'Associazione Formez PA, di cui al decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 6, lo scioglimento dell'Associazione stessa e la nomina di un Commissario straordinario. A far data dalla nomina del Commissario straordinario decadono gli organi dell'Associazione Formez PA in carica, fatta eccezione per l'assemblea e il collegio dei revisori. Il Commissario assicura la continuità nella gestione delle attività dell'Associazione e la prosecuzione dei progetti in corso. Entro il 31 ottobre 2014 il Commissario propone al suddetto Ministro un piano delle politiche di sviluppo delle amministrazioni dello Stato e degli enti territoriali, che salvaguardi i livelli occupazionali del personale in servizio e gli equilibri finanziari dell'Associazione e individui eventuali nuove forme per il perseguimento delle suddette politiche. Il piano è presentato dal Ministro medesimo all'assemblea ai fini delle determinazioni conseguenti»;
     la relazione di accompagnamento al suddetto decreto legge, evidenzia che il procedimento individuato, che vede il decisivo coinvolgimento dell'assemblea dei soci, consente di contemperare l'urgenza del riordino, anche nell'ottica del risparmio, e la garanzia per le amministrazioni territoriali rispetto alle quali l'Associazione rappresenta organismo in house, conservando il rapporto di controllo analogo tra le amministrazioni stesse e l'Associazione;
    il Formez, nel corso degli anni è passato attraverso vari mutamenti di competenze e funzioni; da ultimo il decreto legislativo n. 6 del 2010, che oltre a cambiare la denominazione in Formez PA, ha attribuito ad esso la funzione di supporto delle riforme e di diffusione dell'innovazione amministrativa nei confronti della amministrazioni associate;
    i dati contabili dell'Istituto evidenziano che il risultato conseguito nel 2013 è il migliore della storia dell'istituto, raggiunto grazie alle capacità del management e alle alte professionalità e specializzazioni presenti nel Formez PA nonostante la crisi economico-finanziaria che ha colpito il Paese e le conseguenti politiche di contenimento della spesa pubblica che hanno comportato la riduzione della contribuzione e delle risorse a disposizione delle amministrazioni associate e committenti. L'utile dell'esercizio, al lordo delle imposte, è stato superiore a 4,3 milioni di euro, portando ad oltre 33 milioni il totale delle riserve, fra fondi e patrimonio. Il volume della produzione è stato pari ad oltre 67 milioni, mantenendosi in linea con gli ultimi anni, a riprova della positiva azione effettuata dall'istituto nel supportare le amministrazioni centrali, regionali e locali nel rafforzamento della capacità amministrativa e nell'impegno ad internazionalizzarne l'azione, nonché del consenso generato fra i cittadini per il servizio di Linea Amica e per le attività di monitoraggio quali il censimento delle auto blu. La relazione di gestione evidenzia con chiarezza i miglioramenti della struttura finanziaria, l'incremento di produttività, le azioni di spending review adottate e tutte le positive indicazioni emerse dai sistema di controlli di natura privatistica e pubblicistica cui è sottoposto l'istituto (il prezioso ruolo di vigilanza svolto dalla Corte dei Conti, nonché dal Collegio dei revisori, dalla società di certificazione del bilancio e dall'organismo di vigilanza ai sensi della legge 231/2001);
    le amministrazioni associate hanno in più occasioni ribadito il ruolo fondamentale svolto dal Formez nelle attività di sostegno alle PA locali e centrali e nel percorso di coesione e modernizzazione del Paese, esprimendo piena soddisfazione per i risultati raggiunti, rimarcando la necessità di garantire continuità all'azione del Formez,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere al riordino dell'istituto attraverso un ripensamento della mission che sia al servizio del progetto di innovazione e modernizzazione della pubblica amministrazione, proprio della riforma della P.A., conservando lo status di organismo in house rispetto anche alle amministrazioni territoriali, e valorizzando le alte professionalità in esso presenti in possesso del know how qualificato per concorrere al raggiungimento degli obiettivi sopra indicati, così peraltro riconoscendo il valore dell'operato e l'impegno degli ultimi anni portati avanti dal management.
9/2486-AR/144. (Testo modificato nel corso della seduta) Brunetta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 28 del testo del decreto-legge in esame, dispone un taglio modulato su tre anni (35 per cento nel 2015, 40 per cento nel 2016 e 50 per cento nel 2017) dell'importo del diritto annuale dovuto dalle imprese alle Camere di Commercio, principale fonte di finanziamento per il sistema camerale;
    l'auspicato disegno di ridefinizione della mission e semplificazione del sistema camerale si sta però trasformando in un boomerang che penalizzerà ulteriormente i territori e le imprese che hanno trovato nelle risorse camerali un utile sostegno ai loro progetti di qualificazione e sviluppo;
    la riforma delle camere indotta dalla legge n. 580 del 1993 ha segnato uno stacco profondo rispetto al periodo antecedente, dando alle associazioni d'impresa un ruolo preciso rispetto ai compiti e funzioni delle camere di commercio;
    in questi anni di operatività molte camere di commercio, tra cui quelle umbre, hanno assicurato, oltre al corretto svolgimento della funzione istituzionale della certificazione di impresa in tutti i suoi aspetti, una continuità di azione anche a sostegno delle politiche di sviluppo a favore del sistema economico produttivo locale, nonché, è bene non dimenticarlo, una leva economica che tutte le amministrazioni locali, dai comuni alle province, alla regione, hanno potuto attivare rispetto a progetti-programmi di animazione economica localistica, ma anche di spessore strategico generale, come nel caso di eventi a respiro nazionale o infrastrutture basilari per tutto il territorio regionale;
    queste risorse oculatamente programmate, (nell'ultimo decennio il plafond a sostegno dello sviluppo locale a vario titolo è calcolabile in circa 10 milioni di euro/anno) sono state un moltiplicatore anche per i magri bilanci regionali, accompagnando segnatamente tre politiche fondamentali come il sostegno al sistema di garanzia rappresentato dai confidi regionali, il supporto alle politiche di penetrazione nei mercati esteri, portate avanti dal centro estero da un lato e da raggruppamenti di imprese dall'altro, la partecipazione a tutte le più importanti azioni di promozione del territorio regionale per aumentarne l'attrattività nei confronti dei flussi turistici;
    a queste macrolinee va aggiunto il contributo pesante verso le infrastrutture regionali: in Umbria, senza il sostegno del sistema camerale non si parlerebbe più da tempo dell'aeroporto di San Francesco, senza dimenticare il grande impegno finanziario sulla Quadrilatero, assunto di concerto con la regione Umbria, progetto sul quale andranno risorse superiori ai 30 milioni/euro;
    è quindi necessaria una riflessione complessiva sul sistema camerale, che comunque presenta in altre parti del Paese comportamenti distorcenti, sia per la proliferazione eccessiva di società con le più disparate finalità più o meno connesse al ruolo istituzionale, sia per i costi strutturali e gestionali talvolta esorbitanti e ripetitivi, anche perché da tempo si stava riflettendo sul come semplificare il sistema, specialmente in Umbria in cui le due camere provinciali sono da anni in sintonia sulle programmazioni in chiave regionale;
    semplificazione degli adempimenti e riduzione dei costi a carico delle imprese, riduzione del numero degli enti e degli amministratori, razionalizzazione e riduzione del sistema societario e dismissione delle partecipazioni non funzionali al ruolo delle Camere, che consenta di liberare risorse per le imprese sono tutti concetti sui quali le stesse associazioni d'impresa da tempo concordano,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le opportune iniziative, anche di natura legislativa, per una riforma del sistema camerale, che ne ridefinisca la mission nella funzione di servizio al sistema produttivo, mantenendo in capo alle Camere la gestione del Registro delle Imprese, informata ai principi della semplificazione burocratico-amministrativa e della efficienza, efficacia ed economicità, in una logica di sussidiarietà con i servizi erogati dal sistema di rappresentanza delle imprese;
   a promuovere nell'ambito della propria competenza una razionalizzazione dell'articolazione territoriale delle Camere e del loro sistema di partecipazioni e società in house, in base alla consistenza numerica delle imprese e alla diversa dimensione territoriale;
   ad agevolare una diversa articolazione della rappresentanza all'interno dei consigli e delle giunte camerali, in base a dati certificati, senza penalizzare nei numero le presenze negli organismi, ma invece assicurandone una diminuzione dei costi della governance e del controllo;
   a favorire una revisione dell'entità del diritto annuale, ancorandolo alla razionalizzazione della struttura e alla riorganizzazione funzionale del sistema, che non vada però a penalizzare gli interventi economici a favore delle imprese e del territorio.
9/2486-AR/145Laffranco, Giulietti, Rubinato, Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22, comma 9, del decreto-legge n. 90 del 2014, come emendato in corso di conversione, prevede che le autorità indipendenti gestiscano i propri servizi logistici nel rispetto di una serie di criteri tra cui la concentrazione degli uffici nella sede principale con una presenza effettiva del personale in tale sede non inferiore al 70 per cento del totale su base annuale;
    l'applicazione di tali disposizioni all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ove le medesime non fossero interpretate in funzione dell'attuale distribuzione del personale tra le sedi di Napoli e Roma, comporterebbe gravosissimi problemi di funzionalità stante il progressivo consolidamento della presenza dell'Autorità a Roma che ha trovato riconoscimento nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 luglio 2007 il quale stabilisce un'organizzazione su due sedi: la sede legale a Napoli e quella secondaria operativa a Roma, con una distribuzione equilibrata del personale tra le due sedi;
    l'equiparazione funzionale delle sedi di Napoli e Roma ha consentito un più efficace svolgimento dei compiti istituzionali dell'Autorità, tramite il costante coordinamento con le attività legislative e governative di proprio interesse e le migliori sinergie con le amministrazioni centrali e le altre autorità, nonché con le associazioni dei consumatori. Tale ripartizione ha consentito, altresì, di conseguire risparmi di spesa sotto il profilo logistico ed amministrativo, anche attraverso un attento processo di specializzazione funzionale del personale che opera nelle due sedi;
    attualmente, nella sede di Roma operano 234 unità di personale e nella sede di Napoli 139. Pertanto, ove la norma in corso di conversione venisse applicata senza chiarire che la sede principale è quella di Roma, una parte cospicua del personale dell'Autorità dovrebbe essere trasferito a Napoli, il che produrrebbe inevitabilmente il depauperamento delle professionalità impiegate e un processo di delocalizzazione lungo e complesso;
    è quindi necessario chiarire anche attraverso apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che la sede principale dell'Autorità è quella di Roma. Tale opzione, tra l'altro, appare conforme alla previsione dell'articolo 1, comma 26, della legge n. 249 del 1997 che attribuisce «in via esclusiva ed inderogabile al tribunale amministrativo del Lazio» la gestione dei contenziosi sui provvedimenti dell'Autorità e non si porrebbe neanche in contrasto con il divieto stabilito dall'articolo 2, comma 3, della legge n. 481/95, in quanto l'articolo 22, comma 10, del decreto-legge in corso in conversione ne prevede l'abrogazione esplicita;
    infine la proposta risulta coerente con la ratio del decreto-legge n. 90 dei 2014, teso alla riduzione della spesa, poiché evita ingenti costi di trasferimento e di allestimento di una nuova sede,

impegna il Governo

a mettere in atto tutte le procedure necessarie per chiarire che la sede principale dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è quella di Roma.
9/2486-AR/146Abrignani.


   La Camera,
   premesso che:
    la modifica del decreto-legge n. 90 di riforma della pubblica amministrazione riguardante la riduzione del diritto annuale delle Camere di commercio e la determinazione del criterio di calcolo delle tariffe e dei diritti di segreteria, approvata in Commissione Affari Costituzionali della Camera e che di fatto scagliona in tre anni il taglio degli oneri camerali, è un primo risultato che tuttavia non salva il sistema dai rischi insiti in una riforma poco ragionata e fatta di soli tagli, ma lascia il tempo per pensare a una riorganizzazione del sistema;
    ferma restando la necessità di ridurre ulteriormente un taglio intollerabile per il sistema camerale, bisogna aprire una discussione vera sul rilancio delle Camere di Commercio riordinando la disciplina che le regola seguendo determinati princìpi e criteri direttivi;
    è necessario salvaguardare la natura delle suddette Camere di ente di diritto pubblico a servizio dell'economia locale, dotato di autonomia funzionale e amministrato dalle rappresentanze delle categorie produttive;
    opportuno sarebbe anche ridurre il numero delle camere di commercio e ridefinire le circoscrizioni territoriali di competenza in base all'omogeneità economico-soclale del territorio ed al numero delle imprese, assicurando l'autonomia finanziaria di ciascuna camera, oltre che ridurre il numero del componenti degli Organi camerali riordinando la disciplina in materia di compensi agli organi camerali e delle loro aziende speciali e prevedendo la determinazione di limiti al trattamento economico dei vertici amministrativi delle medesime,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative volte a:
    a) prevedere un piano di razionalizzazione delle aziende speciali, ad esclusione di quelle disciplinate da leggi speciali, mediante accorpamento a livello regionale e senza duplicazione di attività e a predisporre un piano di dismissione delle partecipazioni societarie non riconducibili alle funzioni istituzionali delle camere di commercio o comunque gestibili secondo criteri di efficienza da soggetti privati;
    b) semplificare le procedure di rinnovo degli organi camerali al fine di ridurre il relativo contenzioso, affidando ad Unioncamere il compito di verificare la veridicità dei dati trasmessi dalle Associazioni di categoria in caso di contestazioni;
    c) riordinare i compiti e le funzioni assegnate alle camere di commercio, limitando ed individuando in modo tassativo gli ambiti di attività nei quali svolgere la funzione di promozione del territorio e dell'economia regionale, eliminando duplicazioni di funzioni con altre amministrazioni ed enti pubblici e rafforzando le funzioni di supporto e di assistenza all'avvio e allo svolgimento delle attività economiche superando la dimensione provinciale del registro delle imprese e istituendo un unico registro a livello nazionale.
9/2486-AR/147Gelmini, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    la modifica del decreto-legge n. 90 di riforma della pubblica amministrazione riguardante la riduzione del diritto annuale delle Camere di commercio e la determinazione del criterio di calcolo delle tariffe e dei diritti di segreteria, approvata in Commissione Affari Costituzionali della Camera e che di fatto scagliona in tre anni il taglio degli oneri camerali, è un primo risultato che tuttavia non salva il sistema dai rischi insiti in una riforma poco ragionata e fatta di soli tagli, ma lascia il tempo per pensare a una riorganizzazione del sistema;
    ferma restando la necessità di ridurre ulteriormente un taglio intollerabile per il sistema camerale, bisogna aprire una discussione vera sul rilancio delle Camere di Commercio riordinando la disciplina che le regola seguendo determinati princìpi e criteri direttivi;
    è necessario salvaguardare la natura delle suddette Camere di ente di diritto pubblico a servizio dell'economia locale, dotato di autonomia funzionale e amministrato dalle rappresentanze delle categorie produttive;
    opportuno sarebbe anche ridurre il numero delle camere di commercio e ridefinire le circoscrizioni territoriali di competenza in base all'omogeneità economico-soclale del territorio ed al numero delle imprese, assicurando l'autonomia finanziaria di ciascuna camera, oltre che ridurre il numero del componenti degli Organi camerali riordinando la disciplina in materia di compensi agli organi camerali e delle loro aziende speciali e prevedendo la determinazione di limiti al trattamento economico dei vertici amministrativi delle medesime,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative volte:
    a) a valutare l'opportunità di prevedere un piano di razionalizzazione delle aziende speciali, ad esclusione di quelle disciplinate da leggi speciali, mediante accorpamento a livello regionale e senza duplicazione di attività e a predisporre un piano di dismissione delle partecipazioni societarie non riconducibili alle funzioni istituzionali delle camere di commercio o comunque gestibili secondo criteri di efficienza da soggetti privati;
    b) a valutare l'opportunità di semplificare le procedure di rinnovo degli organi camerali al fine di ridurre il relativo contenzioso, affidando ad Unioncamere il compito di verificare la veridicità dei dati trasmessi dalle Associazioni di categoria in caso di contestazioni;
    c) a valutare l'opportunità di riordinare i compiti e le funzioni assegnate alle camere di commercio, limitando ed individuando in modo tassativo gli ambiti di attività nei quali svolgere la funzione di promozione del territorio e dell'economia regionale, eliminando duplicazioni di funzioni con altre amministrazioni ed enti pubblici e rafforzando le funzioni di supporto e di assistenza all'avvio e allo svolgimento delle attività economiche superando la dimensione provinciale del registro delle imprese e istituendo un unico registro a livello nazionale.
9/2486-AR/147. (Testo modificato nel corso della seduta) Gelmini, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 dei decreto-legge in esame detta disposizioni per la razionalizzazione delle Autorità Amministrative indipendenti prevedendo, al comma 1, che i componenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, della Commissione nazionale per le società e la borsa, dell'Autorità di regolazione dei trasporti, dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, del Garante per la protezione dei dati personali, dell'Autorità nazionale anticorruzione, della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, alla cessazione dall'incarico, non possono essere nuovamente nominati componenti di una autorità indipendente, a pena di decadenza, per un periodo pari a cinque anni;
    l'articolo 22, al comma 2 e al comma 3, disciplina i casi di incompatibilità per i componenti e i dirigenti di talune Autorità Amministrative Indipendenti cessati dall'incarico, prevedendo che essi, nei due anni successivi alla cessazione dell'incarico, non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con i soggetti regolati né con società controllate da questi ultimi, stabilendo, altresì, che i contratti conclusi in violazione del presente comma sono nulli;
    la disposizione in esame si applica alla Banca d'Italia, all'IVASS, alla Consob, all'Autorità garante per l'energia elettrica ed il gas e il sistema idrico, all'Autorità di regolazione dei trasporti, all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
    le medesime disposizioni prevedono che le disposizioni del presente comma non si applicano ai dirigenti che negli ultimi due anni di servizio sono stati responsabili esclusivamente di uffici di supporto;
    si tratta, quindi, di una disposizione che, riferita ai poteri di regolazione esercitati dalle singole Autorità Amministrative Indipendenti nei confronti dei soggetti regolati, intende porre un divieto generale della durata di due anni nei confronti dei componenti e di quei dirigenti che nel corso della loro attività presso gli organismi interessati hanno prestato servizio esercitando poteri o svolgendo mansioni nei quali si esprime direttamente la potestà regolatoria che il legislatore ha voluto circondare da presidi di rafforzata tutela, prescrivendo limiti così penetranti all'esercizio di diritti oggetto di tutela costituzionale e rientranti nel novero delle libertà fondamentali riconosciute dal trattato UE ma che possono ammettersi in un quadro di contemperamento di opposti interessi, solo se correttamente riportati al loro ambito più coerente e senza estensione oltre le fattispecie riconosciute dalla legge. D'altro canto si può ragionevolmente ritenere che il legislatore ha, comunque, voluto far salve le attività di patrocinio legale, di revisione dei conti o comunque le altre funzioni regolate dalla legge;
    in tal senso, quindi, le disposizioni che prevedono limiti e divieti alla possibilità di intrattenere rapporti, direttamente o indirettamente, di collaborazione, consulenza o impiego con i soggetti regolati dalle Autorità Amministrative indipendenti interessate, nelle parti in cui escludono dal loro ambito di applicazione i dirigenti che negli ultimi due anni di servizio sono stati responsabili esclusivamente di uffici di supporto, si riferiscono esclusivamente a quegli uffici connotati dall'assenza di funzioni regolatorie proprie dell'Autorità Amministrative Indipendenti e quindi caratterizzati dal mero coordinamento degli apporti di altri uffici;
    inoltre è di tutta evidenza che in questo senso anche gli effetti a fini fiscali delle attività di collaborazione, di consulenza o di impiego rimangono in definitiva estranei dalle disposizioni che prevedono limiti e divieti alla possibilità di intrattenere rapporti, direttamente o indirettamente, di collaborazione, consulenza o impiego con i soggetti regolati dalle Autorità Amministrative indipendenti interessate,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione con quella che è l'effettiva volontà, come sopra individuata, delle disposizioni normative in esame, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che l'ambito di applicazione, oggettivo e soggettivo, delle citate disposizioni, sia coerente con quanto specificato nelle premesse.
9/2486-AR/148Latronico.


   La Camera,
   premesso che:
    l'informatizzazione, sempre più complessa, delle pubbliche amministrazioni e dei servizi erogati ai cittadini rappresenta una esigenza del tutto imprescindibile e, nel contempo, dà luogo ad un rilevante volume di spesa pubblica di cui si deve garantire la massima efficienza ed efficacia;
    il mercato IT della sola PA centrale nel 2012 ha sviluppato un volume di circa 1,7 miliardi di euro di cui oltre il 40 per cento per spese di manutenzione e gestione e il restante per sviluppo applicativo (fonte Piano Triennale ICT della PAC, DigitPA);
    la normativa di base per il controllo della efficacia ed efficienza della spesa risale al 1993, quando il legislatore, con il decreto legislativo n. 39, stante la necessaria specializzazione tecnica non sempre in possesso delle strutture amministrative appaltanti, ha stabilito, tra l'altro, che i contratti pubblici di fornitura di servizi ICT di grande rilievo stipulati dalle pubbliche amministrazioni centrali debbano essere sottoposti a monitoraggio da parte di società qualificate operanti in posizione di indipendenza rispetto ai fornitori;
    tale attività di monitoraggio, riguardando le fasi della progettazione, realizzazione, manutenzione, gestione e conduzione operativa del sistemi informativi automatizzati, è diretta innanzitutto a migliorare la governance interna delle amministrazioni sui propri servizi ICT e, dunque, a garantirne la migliore efficacia rispetto alle esigenze e agli obiettivi delle amministrazioni;
    le vigenti disposizioni normative, laddove correttamente applicate, hanno fatto conseguire alle amministrazioni pubbliche anche rilevantissimi risparmi di spesa;
    solo per citare qualche esempio, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel periodo 2001-2003, avvalendosi delle attività di monitoraggio di società specializzate per la predisposizione del nuovo capitolato di gara dei servizi di fornitura ICT, ha conseguito un risparmio complessivo sulla base d'asta di circa 67 milioni di Euro rispetto al valore del precedente contratto di fornitura (decremento di circa il 20 per cento) a fronte di una spesa diretta di 120.000 euro, oltre al conseguimento del miglioramento della governance dei servizi e ad ulteriori ingenti risparmi all'esito finale della gara;
    più recentemente, lo stesso Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ottenuto un risparmio di oltre 4 milioni di Euro avvalendosi dei servizi del monitoraggio in corso, affidando alla società di monitoraggio la verifica della consistenza del patrimonio complessivo delle applicazioni software in uso presso l'Amministrazione e in manutenzione presso un fornitore esterno (in precedenza le stime della consistenza erano affidate direttamente ai fornitori dei servizi di manutenzione), a fronte di una spesa diretta per le attività di verifica di circa 75.000 euro;
    la Corte dei conti, per i propri servizi ICT, ha dichiarato e certificato «notevoli risparmi nell'ambito del servizio di sviluppo e manutenzione del software tali da ripagare ampiamente i costi del monitoraggio» grazie ad un contratto di supporto e affiancamento al gruppo di monitoraggio interno della Corte stessa;
    tuttavia, nonostante la normativa primaria e secondaria vigente e la certificata utilità funzionale e convenienza economica dei servizi di monitoraggio, nel tempo si è registrata una diffusa evasione ed elusione degli obblighi di monitoraggio esterno e delle corrette modalità di affidamento di tali contratti da parte delle amministrazioni appaltanti;
    rispetto al 1993 il passaggio del tempo ha visto cambiare più volte l'attribuzione delle competenze regolatorie in materia, affidate ad organismi e ad agenzie dotate di sempre più flebili poteri normativi e sanzionatori nei confronti delle amministrazioni inadempienti,

impegna il Governo:

   ad aggiornare il quadro istituzionale e regolatorio sul regime delle attività dei monitoraggi esterni e qualificati, per garantire qualità, efficienza ed efficacia della spesa pubblica in materia di informatizzazione della P.A.;
   a garantire e presidiare la regolarità degli appalti di servizi informatici per la P.A., impedendo irrealistici e illegittimi affidamenti dei monitoraggi al prezzo più basso che non ne assicurino effettività e pienezza dei risultati;
   a porre in essere, alla luce del processo di decentramento legislativo e amministrativo intervenuto dal 1993 ad oggi e delle contemporanee mutate condizioni del mercato dei servizi ICT, iniziative per l'ampliamento del perimetro dei contratti e delle amministrazioni soggetti agli obblighi di monitoraggio e la definizione di un dissuasivo regime sanzionatorio contro le eventuali violazioni.
9/2486-AR/149Chiarelli, Abrignani, Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'informatizzazione, sempre più complessa, delle pubbliche amministrazioni e dei servizi erogati ai cittadini rappresenta una esigenza del tutto imprescindibile e, nel contempo, dà luogo ad un rilevante volume di spesa pubblica di cui si deve garantire la massima efficienza ed efficacia;
    il mercato IT della sola PA centrale nel 2012 ha sviluppato un volume di circa 1,7 miliardi di euro di cui oltre il 40 per cento per spese di manutenzione e gestione e il restante per sviluppo applicativo (fonte Piano Triennale ICT della PAC, DigitPA);
    la normativa di base per il controllo della efficacia ed efficienza della spesa risale al 1993, quando il legislatore, con il decreto legislativo n. 39, stante la necessaria specializzazione tecnica non sempre in possesso delle strutture amministrative appaltanti, ha stabilito, tra l'altro, che i contratti pubblici di fornitura di servizi ICT di grande rilievo stipulati dalle pubbliche amministrazioni centrali debbano essere sottoposti a monitoraggio da parte di società qualificate operanti in posizione di indipendenza rispetto ai fornitori;
    tale attività di monitoraggio, riguardando le fasi della progettazione, realizzazione, manutenzione, gestione e conduzione operativa del sistemi informativi automatizzati, è diretta innanzitutto a migliorare la governance interna delle amministrazioni sui propri servizi ICT e, dunque, a garantirne la migliore efficacia rispetto alle esigenze e agli obiettivi delle amministrazioni;
    le vigenti disposizioni normative, laddove correttamente applicate, hanno fatto conseguire alle amministrazioni pubbliche anche rilevantissimi risparmi di spesa;
    solo per citare qualche esempio, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel periodo 2001-2003, avvalendosi delle attività di monitoraggio di società specializzate per la predisposizione del nuovo capitolato di gara dei servizi di fornitura ICT, ha conseguito un risparmio complessivo sulla base d'asta di circa 67 milioni di Euro rispetto al valore del precedente contratto di fornitura (decremento di circa il 20 per cento) a fronte di una spesa diretta di 120.000 euro, oltre al conseguimento del miglioramento della governance dei servizi e ad ulteriori ingenti risparmi all'esito finale della gara;
    più recentemente, lo stesso Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ottenuto un risparmio di oltre 4 milioni di Euro avvalendosi dei servizi del monitoraggio in corso, affidando alla società di monitoraggio la verifica della consistenza del patrimonio complessivo delle applicazioni software in uso presso l'Amministrazione e in manutenzione presso un fornitore esterno (in precedenza le stime della consistenza erano affidate direttamente ai fornitori dei servizi di manutenzione), a fronte di una spesa diretta per le attività di verifica di circa 75.000 euro;
    la Corte dei conti, per i propri servizi ICT, ha dichiarato e certificato «notevoli risparmi nell'ambito del servizio di sviluppo e manutenzione del software tali da ripagare ampiamente i costi del monitoraggio» grazie ad un contratto di supporto e affiancamento al gruppo di monitoraggio interno della Corte stessa;
    tuttavia, nonostante la normativa primaria e secondaria vigente e la certificata utilità funzionale e convenienza economica dei servizi di monitoraggio, nel tempo si è registrata una diffusa evasione ed elusione degli obblighi di monitoraggio esterno e delle corrette modalità di affidamento di tali contratti da parte delle amministrazioni appaltanti;
    rispetto al 1993 il passaggio del tempo ha visto cambiare più volte l'attribuzione delle competenze regolatorie in materia, affidate ad organismi e ad agenzie dotate di sempre più flebili poteri normativi e sanzionatori nei confronti delle amministrazioni inadempienti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di aggiornare il quadro istituzionale e regolatorio sul regime delle attività dei monitoraggi esterni e qualificati, per garantire qualità, efficienza ed efficacia della spesa pubblica in materia di informatizzazione della P.A.;
   a valutare l'opportunità di garantire e presidiare la regolarità degli appalti di servizi informatici per la P.A., impedendo irrealistici e illegittimi affidamenti dei monitoraggi al prezzo più basso che non ne assicurino effettività e pienezza dei risultati;
   a valutare l'opportunità di porre in essere, alla luce del processo di decentramento legislativo e amministrativo intervenuto dal 1993 ad oggi e delle contemporanee mutate condizioni del mercato dei servizi ICT, iniziative per l'ampliamento del perimetro dei contratti e delle amministrazioni soggetti agli obblighi di monitoraggio e la definizione di un dissuasivo regime sanzionatorio contro le eventuali violazioni.
9/2486-AR/149. (Testo modificato nel corso della seduta) Chiarelli, Abrignani, Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame reca all'articolo 25 diverse disposizioni in materia di semplificazione per i soggetti con invalidità;
    attualmente l'INPS, per reclutare i sanitari impegnati nelle attività riguardanti l'invalidità, deve ricorrere alla pubblicazione di bandi annuali con un ricambio continuo di risorse dedicate, fortemente criticato dalla Corte dei Conti;
    i medici di controllo iscritti nelle liste speciali ad esaurimento, sono incaricati c/o l'INPS da diversi decenni, e svolgono funzioni di medicina legale all'interno dei Centri Medico Legali dell'istituto;
    la Commissione Affari Sociali della Camera, nel documento conclusivo approvato all'unanimità il 27 maggio c.a., al termine dell'indagine conoscitiva «sull'organizzazione dell'attività dei medici che svolgono gli accertamenti sanitari per verificare lo stato di salute del dipendente assente per malattia», ha indicato, tra l'altro che: «Appare infine utile il percorso di fidelizzazione del personale sanitario anche attraverso il ricorso alla professionalità del medesimo, verificando ad esempio la possibilità che siano chiamati a partecipare alle commissioni per certificazioni di invalidità»,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per affidare ai sanitari addetti alle visite mediche di controllo domiciliari, iscritti nelle liste ad esaurimento di cui all'articolo 4 comma 10-bis legge n. 125 del 2013, anche le funzioni riguardanti l'invalidità civile e l’handicap, assegnate all'INPS con l'articolo 20 legge n. 102 del 2009.
9/2486-AR/150Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame reca all'articolo 25 diverse disposizioni in materia di semplificazione per i soggetti con invalidità;
    attualmente l'INPS, per reclutare i sanitari impegnati nelle attività riguardanti l'invalidità, deve ricorrere alla pubblicazione di bandi annuali con un ricambio continuo di risorse dedicate, fortemente criticato dalla Corte dei Conti;
    i medici di controllo iscritti nelle liste speciali ad esaurimento, sono incaricati c/o l'INPS da diversi decenni, e svolgono funzioni di medicina legale all'interno dei Centri Medico Legali dell'istituto;
    la Commissione Affari Sociali della Camera, nel documento conclusivo approvato all'unanimità il 27 maggio c.a., al termine dell'indagine conoscitiva «sull'organizzazione dell'attività dei medici che svolgono gli accertamenti sanitari per verificare lo stato di salute del dipendente assente per malattia», ha indicato, tra l'altro che: «Appare infine utile il percorso di fidelizzazione del personale sanitario anche attraverso il ricorso alla professionalità del medesimo, verificando ad esempio la possibilità che siano chiamati a partecipare alle commissioni per certificazioni di invalidità»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative per affidare ai sanitari addetti alle visite mediche di controllo domiciliari, iscritti nelle liste ad esaurimento di cui all'articolo 4 comma 10-bis legge n. 125 del 2013, anche le funzioni riguardanti l'invalidità civile e l’handicap, assegnate all'INPS con l'articolo 20 legge n. 102 del 2009.
9/2486-AR/150. (Testo modificato nel corso della seduta) Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 del decreto-legge in esame detta disposizioni per la razionalizzazione delle Autorità Amministrative indipendenti prevedendo, al comma 1, che i componenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, della Commissione nazionale per le società e la borsa, dell'Autorità di regolazione dei trasporti, dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, del Garante per la protezione dei dati personali, dell'Autorità nazionale anticorruzione, della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, alla cessazione dall'incarico, non possono essere nuovamente nominati componenti di una autorità indipendente, a pena di decadenza, per un periodo pari a cinque anni;
    l'articolo 22, al comma 4, in particolare, prevede che le procedure concorsuali per il reclutamento di personale delle Autorità Amministrative Indipendenti ivi indicate siano gestite unitariamente, previa stipula di apposite convenzioni tra gli stessi organismi, che assicurino la trasparenza e l'imparzialità delle procedure e la specificità delle professionalità di ciascun organismo, prevedendo altresì che sono nulle le procedure concorsuali avviate dopo l'entrata in vigore del presente decreto e prima della stipula delle convenzioni o poste in essere, successivamente alla predetta stipula, in violazione degli obblighi di cui al presente comma e le successive eventuali assunzioni;
    si tratta quindi di una disposizione volta a disciplinare le procedure concorsuali per il reclutamento di nuovo personale delle Autorità Amministrative Indipendenti in modo che le stesse, per esigenze di contenimento delle relative spese, siano gestite in modo unitario, facendo comunque salve le procedure volte al mero mutamento del titolo che regola il rapporto di personale già in servizio presso gli organismi in questione nonché le procedure dirette ad assicurare al personale interessato la progressione di carriera attraverso procedure concorsuali interne;
    la medesima disposizione prevede, infatti, che restano valide le procedure concorsuali in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto;
    in tal modo il legislatore con la disposizione in esame ha inteso assicurare la prosecuzione di quelle procedure che, consentite da specifiche disposizioni normative, risultano essere state già avviate alla data di entrata in vigore del decreto legge con la presentazione della relativa istanza da parte del personale interessato;
    si tratta, quindi, di presidi diretti ad assicurare l'efficace e corretto funzionamento degli Organismi interessati anche in considerazione della specifica peculiarità che connota i singoli ordinamenti di tali Amministrazioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione con quella che è l'effettiva volontà, come sopra individuata, delle disposizioni normative in esame, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che l'ambito di applicazione delle citate disposizioni, sia coerente con quanto specificato nelle premesse.
9/2486-AR/151Marotta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22, al comma 9, prevede che gli organismi di cui al comma 1 del medesimo articolo 22 (Autorità garante della concorrenza e del mercato, Commissione nazionale per le società e la borsa, Autorità di regolazione dei trasporti, Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Garante per la protezione dei dati personali, Autorità nazionale anticorruzione, Commissione di vigilanza sui fondi pensione e Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali) gestiscano i propri servizi logistici in modo da rispettare, tra gli altri, i seguenti criteri: d) spesa complessiva per sedi secondarie, rappresentanza, trasferte e missioni non superiore al 20 per cento della spesa complessiva; e) presenza effettiva del personale nella sede principale non inferiore al 70 per cento del totale su base annuale, tranne che per la Commissione nazionale per le società e la borsa;
    è di tutta evidenza che il criterio di cui all'articolo 22, comma 9, lettera d), secondo cui, per i citati Organismi, la spesa complessiva per sedi secondarie, rappresentanza, trasferte e missioni non può essere superiore al 20 per cento della spesa complessiva è strettamente connesso al criterio successivo di cui al comma 9, lettera e) sulla base del quale, i citati Organismi, esclusa la Consob, devono assicurare la presenza effettiva del personale nella sede principale non inferiore al 70 per cento del totale su base annuale;
    sulla base della indubbia ed inequivocabile interconnessione tra i due criteri sopra citati, è di tutta evidenza che, così come il legislatore, in considerazione della peculiarità che connota tale Autorità tenendo anche conto dell'importanza strategica sotto il profilo Istituzionale della sede di Milano, ha voluto escludere la Consob dall'ambito di applicazione del criterio dettato all'articolo 22, comma 9, lettera e), il medesimo Istituto debba considerarsi escluso anche dall'ambito di applicazione del criterio dettato all'articolo 22, comma 9, lettera d). Infatti, considerato che alla Consob è attribuita la possibilità di poter disporre di una presenza effettiva di personale nella sede secondaria di Milano superiore al 30 per cento, di conseguenza il criterio riferito al limite delle spese connesse alla sede secondaria non può evidentemente essere applicato alla Consob, implicando una maggiore presenza di personale, tra l'altro impegnato in attività che caratterizzano la specificità dell'Istituto, presso la sede secondaria, maggiori spese per rappresentanza, trasferte e missioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione con quella che è l'effettiva volontà, come sopra individuata, delle disposizioni normative in esame, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che l'ambito di applicazione delle citate disposizioni, sia coerente con quanto specificato nelle premesse.
9/2486-AR/152Sandra Savino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del decreto in esame, modificato nel corso dell'esame in sede referente, reca disposizioni relative ai corsi delle scuole di specializzazione medica;
    il comma 1 prevede che il decreto interministeriale che deve stabilire la riduzione della durata dei corsi delle scuole di specializzazione medica (articolo 20, comma 3-bis, del decreto legislativo 368/1999) è emanato entro il 31 dicembre 2014 (in luogo del termine, già scaduto, del 31 marzo 2014);
    l'emanazione del suddetto decreto è fondamentale per consentire agli specializzandi di valutare la nuova organizzazione dei corsi ed evitare ulteriori danni alla loro formazione,

impegna il Governo

a procedere immediatamente e comunque nel più breve tempo possibile all'emanazione del decreto interministeriale richiamato in premessa.
9/2486-AR/153Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del decreto in esame, modificato nel corso dell'esame in sede referente, reca disposizioni relative ai corsi delle scuole di specializzazione medica;
    il comma 1 prevede che il decreto interministeriale che deve stabilire la riduzione della durata dei corsi delle scuole di specializzazione medica (articolo 20, comma 3-bis, del decreto legislativo 368/1999) è emanato entro il 31 dicembre 2014 (in luogo del termine, già scaduto, del 31 marzo 2014);
    l'emanazione del suddetto decreto è fondamentale per consentire agli specializzandi di valutare la nuova organizzazione dei corsi ed evitare ulteriori danni alla loro formazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere immediatamente e comunque nel più breve tempo possibile all'emanazione del decreto interministeriale richiamato in premessa.
9/2486-AR/153. (Testo modificato nel corso della seduta) Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21 del decreto in esame unifica le scuole di formazione delle pubbliche amministrazioni;
    in particolare, sopprime la Scuola superiore dell'economia e delle finanze, l'Istituto diplomatico «Mario Toscano», la Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno, il Centro di formazione della difesa, la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche, nonché le sedi distaccate della Scuola nazionale dell'amministrazione prive di centro residenziale ed assegna le funzioni di reclutamento e di formazione degli organismi soppressi alla Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA), di cui si prevede una riorganizzazione per dipartimenti;
    sarebbe opportuno costituire all'interno della Scuola nazionale dell'amministrazione un dipartimento ex novo, ai fini dell'attuazione di quanto previsto dalla legislazione vigente (articolo 17, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104) in materia di reclutamento dei dirigenti scolastici,

impegna il Governo

a considerare la specificità del comparto scuola nell'ambito dell'attuazione delle disposizioni relative alla nuova Scuola nazionale dell'amministrazione.
9/2486-AR/154Palmieri, Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del decreto in esame modifica le disposizioni per l'accesso agli incarichi presso gli uffici di diretta collaborazione; questi ultimi potrebbero essere fondamentali per la formazione dei giovani laureati;
    per permettere infatti ai giovani laureati di specializzarsi e di ottenere una migliore preparazione per sostenere i concorsi indetti dalle amministrazioni dello Stato e per acquisire una maggiore esperienza presso gli uffici di diretta collaborazione, gli uffici dirigenziali centrali e gli uffici dirigenziali periferici dei Ministeri, si dovrebbe prevedere la possibilità, per alcune tipologie di laureati, di accedere ad un tirocinio formativo presso i suddetti uffici ministeriali;
    prevedendo determinati requisiti quali il voto di laurea, una media di almeno 28/30 in esami specifici sostenuti durante il corso di laurea e il non aver compiuto i ventotto anni di età, lo svolgimento del tirocinio per la formazione potrebbe favorire sia gli stessi neo laureati che i dirigenti cui verrebbero affiancati, che verrebbero coadiuvati nel compimento delle ordinarie attività;
    si tratterebbe di un'attività di formazione che non prevede alcun compenso per i dirigenti formatori, salva la facoltà per le predette amministrazioni di procedere all'acquisto dei dispositivi elettronici ed informatici necessari alla formazione dei tirocinanti, alla cui spesa si può dare copertura mediante una rimodulazione delle spese per l'acquisto di materiali informatici e di cancelleria di ciascuna amministrazione stessa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
    l'attività degli ammessi allo stage si svolgerebbe sotto la guida e il controllo del dirigente e nel rispetto degli obblighi di riservatezza e di riserbo riguardo ai dati, alle informazioni e alle notizie acquisite durante il periodo di formazione, con l'obbligo di mantenere il segreto su quanto appreso in ragione della loro attività, prevedendo una collaborazione alla formazione degli ammessi allo stage con i consigli dell'Ordine degli avvocati e con le Scuole di specializzazione per le professioni legali, secondo le modalità individuate dal Capo dell'Ufficio, qualora gli stagisti ammessi risultino anche essere iscritti alla pratica forense o ad una Scuola di specializzazione per le professioni legali;
    lo svolgimento dello stage non darebbe diritto ad alcun compenso e non determinerebbe il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo né di obblighi previdenziali e assicurativi e i ministeri interessati, nell'ambito delle proprie disponibilità e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, potrebbero destinare apposite risorse a copertura degli oneri assicurativi;
    il tirocinio formativo potrebbe essere svolto contestualmente ad altre attività, compreso il dottorato di ricerca, il tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato o di notaio e la frequenza dei corsi delle scuole di specializzazione per le professioni legali, purché con modalità compatibili con il conseguimento di un'adeguata formazione e l'esito positivo dello stage costituirebbe titolo di preferenza a parità di merito, per i concorsi indetti dalle amministrazioni dello Stato di cui all'articolo 1, comma 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, numero 165 nonché darebbe la possibilità, agli aventi titolo, di accedere direttamente alle prove scritte dei concorsi per il reclutamento della dirigenza pubblica oltre che costituire titolo valutabile per l'attribuzione degli incarichi di cui al comma 6, dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,

impegna il Governo

a prevedere il tirocinio formativo presso gli uffici di diretta collaborazione e gli uffici centrali e periferici dei Ministeri allo scopo di incrementare il livello di preparazione dei giovani laureati che vogliono accedere ai concorsi nella Pubblica Amministrazione e al fine di apportare un valido aiuto ai dirigenti dello Stato.
9/2486-AR/155Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del decreto in esame modifica le disposizioni per l'accesso agli incarichi presso gli uffici di diretta collaborazione; questi ultimi potrebbero essere fondamentali per la formazione dei giovani laureati;
    per permettere infatti ai giovani laureati di specializzarsi e di ottenere una migliore preparazione per sostenere i concorsi indetti dalle amministrazioni dello Stato e per acquisire una maggiore esperienza presso gli uffici di diretta collaborazione, gli uffici dirigenziali centrali e gli uffici dirigenziali periferici dei Ministeri, si dovrebbe prevedere la possibilità, per alcune tipologie di laureati, di accedere ad un tirocinio formativo presso i suddetti uffici ministeriali;
    prevedendo determinati requisiti quali il voto di laurea, una media di almeno 28/30 in esami specifici sostenuti durante il corso di laurea e il non aver compiuto i ventotto anni di età, lo svolgimento del tirocinio per la formazione potrebbe favorire sia gli stessi neo laureati che i dirigenti cui verrebbero affiancati, che verrebbero coadiuvati nel compimento delle ordinarie attività;
    si tratterebbe di un'attività di formazione che non prevede alcun compenso per i dirigenti formatori, salva la facoltà per le predette amministrazioni di procedere all'acquisto dei dispositivi elettronici ed informatici necessari alla formazione dei tirocinanti, alla cui spesa si può dare copertura mediante una rimodulazione delle spese per l'acquisto di materiali informatici e di cancelleria di ciascuna amministrazione stessa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
    l'attività degli ammessi allo stage si svolgerebbe sotto la guida e il controllo del dirigente e nel rispetto degli obblighi di riservatezza e di riserbo riguardo ai dati, alle informazioni e alle notizie acquisite durante il periodo di formazione, con l'obbligo di mantenere il segreto su quanto appreso in ragione della loro attività, prevedendo una collaborazione alla formazione degli ammessi allo stage con i consigli dell'Ordine degli avvocati e con le Scuole di specializzazione per le professioni legali, secondo le modalità individuate dal Capo dell'Ufficio, qualora gli stagisti ammessi risultino anche essere iscritti alla pratica forense o ad una Scuola di specializzazione per le professioni legali;
    lo svolgimento dello stage non darebbe diritto ad alcun compenso e non determinerebbe il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo né di obblighi previdenziali e assicurativi e i ministeri interessati, nell'ambito delle proprie disponibilità e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, potrebbero destinare apposite risorse a copertura degli oneri assicurativi;
    il tirocinio formativo potrebbe essere svolto contestualmente ad altre attività, compreso il dottorato di ricerca, il tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato o di notaio e la frequenza dei corsi delle scuole di specializzazione per le professioni legali, purché con modalità compatibili con il conseguimento di un'adeguata formazione e l'esito positivo dello stage costituirebbe titolo di preferenza a parità di merito, per i concorsi indetti dalle amministrazioni dello Stato di cui all'articolo 1, comma 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, numero 165 nonché darebbe la possibilità, agli aventi titolo, di accedere direttamente alle prove scritte dei concorsi per il reclutamento della dirigenza pubblica oltre che costituire titolo valutabile per l'attribuzione degli incarichi di cui al comma 6, dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere il tirocinio formativo presso gli uffici di diretta collaborazione e gli uffici centrali e periferici dei Ministeri allo scopo di incrementare il livello di preparazione dei giovani laureati che vogliono accedere ai concorsi nella Pubblica Amministrazione e al fine di apportare un valido aiuto ai dirigenti dello Stato.
9/2486-AR/155. (Testo modificato nel corso della seduta) Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del decreto-legge in esame reca «disposizioni sul personale delle regioni e degli enti locali»;
    in tale ambito è previsto l'innalzamento dal 10 al 30 per cento dei posti della pianta organica la quota massima di incarichi dirigenziali che gli enti locali possono conferire mediante contratti a tempo determinato;
    la norma appare in contrasto con le esigenze di contenimento della spesa pubblica che dovrebbe animare l'attività di tutti gli organi dello Stato, centrali e periferici,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni al fine della adozione degli opportuni provvedimenti normativi volti a modificare la percentuale di cui in premessa, nel senso del necessario contenimento della spesa pubblica anche degli enti locali.
9/2486-AR/156Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame al Capo II reca «disposizioni per garantire l'effettività del processo telematico»;
    a tal fine le disposizioni del provvedimento intervengono sul testo del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, al cui interno sono collocate le norme in materia di giustizia digitale;
    le disposizioni relative al processo telematico sarebbero, tuttavia, quantomeno a fini di coordinamento legislativo, più utilmente ricomprese nel Codice di procedura civile,

impegna il Governo

a valutare l'adozione degli opportuni provvedimenti normativi al fine di inserire le norme relative al processo civile telematico nell'ambito del citato Codice di procedura.
9/2486-AR/157La Russa.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» con il comma 4 dell'articolo 11 ha aggiunto all'articolo 90 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dopo il comma 3, il seguente: «3-bis. Resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale»;
    alcune attività gestionali sono però intimamente connesse e non possono essere separate all'organizzazione degli uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco e del presidente della provincia e alle funzioni di collaborazione e supporto delle attività di indirizzo e di controllo propri degli organi di direzione politica;
    consentendo, quindi, seppur limitatamente ai compiti e alle funzioni propri di questi uffici di staff, la possibilità di mettere in essere attività gestionale si raggiunge il fine di conseguire davvero e senza limitazioni quell'attività di supporto agli organi di governo cui la norma aspira;
    si garantirebbe piena funzionalità organizzativa agli uffici di supporto agli organi di vertice delle amministrazioni, consentendo a questi di poter disporre della competenza e della capacità gestionale di un dirigente anche esterno, al fine di meglio realizzare un collegamento tra l'attività gestionale e l'attività di indirizzo e di controllo proprie dell'organo politico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre attraverso ulteriori iniziative normative l'eccezione quando l'attività è connessa all'organizzazione degli uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco e del presidente della provincia ed alle funzioni di collaborazione e supporto delle attività di indirizzo e di controllo propri dei predetti organi di direzione politica, nel numero massimo di una unità. Attività queste che restano distinte ma non possono essere separate con il rischio di alzare un muro di incomunicabilità che crea sicuramente danni nella gestione degli Enti; ciò senza oneri aggiuntivi alla finanza pubblica e senza incidere sul tetto della spesa del personale degli Enti Locali e sul limiti al turnover già definiti da altre norme.
9/2486-AR/158Caruso, Fitzgerald Nissoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» all'articolo 39 introduce una semplificazione degli oneri a carico dei concorrenti nella partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici, attraverso un'integrazione dell'articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 recante il codice degli appalti;
    dal 1o luglio 2014, con la riscrittura dell'articolo 33, comma 3-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ad opera dell'articolo 9 del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, i comuni non capoluogo di provincia, per l'acquisizione di lavori, beni e servizi, devono procedere esclusivamente attraverso le unioni di comuni, se esistenti, oppure costituire un apposito accordo consortile, oppure ricorrere ad un soggetto aggregatore o alle province, oppure utilizzare i mezzi elettronici gestiti dalla CONSIP o da un altro soggetto aggregatore;
    nonostante la piccola proroga contenuta all'articolo 23-ter, comma 1, del presente decreto, questa disposizione è un aggravio burocratico ha già causato un blocco di tutti gli appalti per l'impossibilità dei soggetti aggregatori di gestire, senza alcuna facoltà di programmazione e con insufficienti dotazioni di personale, tutti gli appalti dei comuni ad eccezione dei comuni capoluogo;
    per garantire invece celerità, efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa, soprattutto nei piccoli comuni, le stazioni appaltanti dovrebbero poter effettuare autonomamente acquisti di lieve entità, anche al di fuori delle procedure telematiche, e sarebbe dunque assolutamente indispensabile prevedere che tutti i Comuni, in caso di piccoli acquisti inferiori a 5.000 euro, necessari allo svolgimento di prestazioni di servizi e di forniture per il funzionamento degli uffici, possano avere una deroga sia all'obbligo di avvalersi dei soggetti aggregatori, sia all'obbligo di utilizzo della procedura telematica, almeno per i lavori pubblici,

impegna il Governo

a prevedere, nel prossimo provvedimento utile, la possibilità per i comuni, indipendentemente dalle loro dimensioni, di derogare all'articolo 33, comma 3-bis, del decreto legislativo 163/2006, nel senso di consentire loro di acquisire autonomamente le ordinarie provviste per le prestazioni di servizi o di forniture per il funzionamento dei propri uffici, qualora si tratti di piccoli acquisti inferiori a 5.000 euro, anche al di fuori delle procedure telematiche.
9/2486-AR/159Plangger, Schullian, Alfreider, Gebhard, Ottobre, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» all'articolo 39 introduce una semplificazione degli oneri a carico dei concorrenti nella partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici, attraverso un'integrazione dell'articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 recante il codice degli appalti;
    dal 1o luglio 2014, con la riscrittura dell'articolo 33, comma 3-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ad opera dell'articolo 9 del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, i comuni non capoluogo di provincia, per l'acquisizione di lavori, beni e servizi, devono procedere esclusivamente attraverso le unioni di comuni, se esistenti, oppure costituire un apposito accordo consortile, oppure ricorrere ad un soggetto aggregatore o alle province, oppure utilizzare i mezzi elettronici gestiti dalla CONSIP o da un altro soggetto aggregatore;
    nonostante la piccola proroga contenuta all'articolo 23-ter, comma 1, del presente decreto, questa disposizione è un aggravio burocratico ha già causato un blocco di tutti gli appalti per l'impossibilità dei soggetti aggregatori di gestire, senza alcuna facoltà di programmazione e con insufficienti dotazioni di personale, tutti gli appalti dei comuni ad eccezione dei comuni capoluogo;
    per garantire invece celerità, efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa, soprattutto nei piccoli comuni, le stazioni appaltanti dovrebbero poter effettuare autonomamente acquisti di lieve entità, anche al di fuori delle procedure telematiche, e sarebbe dunque assolutamente indispensabile prevedere che tutti i Comuni, in caso di piccoli acquisti inferiori a 5.000 euro, necessari allo svolgimento di prestazioni di servizi e di forniture per il funzionamento degli uffici, possano avere una deroga sia all'obbligo di avvalersi dei soggetti aggregatori, sia all'obbligo di utilizzo della procedura telematica, almeno per i lavori pubblici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel prossimo provvedimento utile, la possibilità per i comuni, indipendentemente dalle loro dimensioni, di derogare all'articolo 33, comma 3-bis, del decreto legislativo 163/2006, nel senso di consentire loro di acquisire autonomamente le ordinarie provviste per le prestazioni di servizi o di forniture per il funzionamento dei propri uffici, qualora si tratti di piccoli acquisti inferiori a 5.000 euro, anche al di fuori delle procedure telematiche.
9/2486-AR/159. (Testo modificato nel corso della seduta) Plangger, Schullian, Alfreider, Gebhard, Ottobre, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 23 del provvedimento in esame reca modifiche alla legge 7 aprile 2014, n. 56 concernente «disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni»;
    il comma 23 della citata legge sostituisce l'articolo 65 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, prevedendo al comma 1, che «Le cariche di presidente provinciale, nonché di sindaco e di assessore dei comuni compresi nel territorio della regione, sono incompatibili con la carica di consigliere regionale»;
    si ritiene opportuno modificare tale disposizione nel senso di estendere le incompatibilità con la carica di consigliere regionale, al fine di realizzare un opportuno bilanciamento dei poteri,

impegna il Governo

nella revisione del quadro normativo in materia di incompatibilità, a modificare l'articolo 65 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto n. 267, come modificato dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, nel senso di prevedere che il regime di incompatibilità con la carica di consigliere regionale sia esteso anche al consigliere del comune capoluogo della città metropolitana.
9/2486-AR/160Bosco, Dorina Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame contiene numerose norme sul pubblico impiego; in particolare all'articolo 3, comma 3-bis, le Forze di Polizia sono autorizzate allo scorrimento delle graduatorie per i concorsi indetti per l'anno 2013, al fine di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio connessi allo svolgimento di Expo 2015;
    sussistono specifiche ed urgenti problematiche in materia di personale anche nell'ambito dell'amministrazione economico-finanziaria, chiamata, anche sulla scorta di norme di recente approvazione (legge 9/2014), ad un potenziamento delle attività connesse al controllo ed al contrasto dell'evasione fiscale nonché alla prevenzione degli illeciti tributari ed extra tributari, impegni che comportano la adozione di immediate misure operative connesse alla realizzazione di opere pubbliche per l'EXPO 2015;
    nel corso degli ultimi anni l'Agenzia delle Dogane, infatti, in concomitanza con la crisi economica mondiale, ha svolto un ruolo essenziale di regolatore dei traffici internazionali puntando su controlli mirati a tutela dell'Erario comunitario e nazionale oltre che su tutte le attività di tutela del cittadino sia dal punto di vista della sicurezza dei prodotti, della tutela dei marchi che della tutela della salute;
    le qualità dell'amministrazione doganale, inoltre, permetteranno di rendere più competitive le aziende italiane, ma specialmente i Porti italiani che potranno permettersi così di poter essere concorrenziali con i Porti del Nord Europa, attirando a se nuovi traffici commerciali e di conseguenza tutto l'indotto lavorativo che ad essi è collegato; è di particolare rilevanza, è il ruolo che la stessa Agenzia riveste sin da ora e in particolar modo rivestirà nel 2015 in occasione dell'EXPO Internazionale di Milano;
    su tale progetto l'Agenzia si propone come istituzione interattiva per i soggetti economici che graviteranno su tale manifestazione sperimentando e attuando programmi di semplificazione quali lo «sportello unico doganale», le procedure di sdoganamento in mare cosiddette in «pre-clearing» e il «corridoio doganale»;
    tale specificità è ben evidenziata e confermata dal testo del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 coordinato con la legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 9, che stabilisce, proprio in relazione all'EXPO, i nuovi termini di risposta dei controlli doganali agli operatori, prevedendo la possibilità di aumento degli orari di apertura su un arco orario H24, purché l'organico degli Uffici doganali sia ogni anno in aumento;
    è necessario quindi dare la possibilità all'amministrazione economico-finanziaria, con particolare riguardo all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, di poter colmare le acclarate carenze (oltre 600 unità) di personale nella III Area Funzionale, tramite assorbimento mediante scorrimento, delle procedure concorsuali per l'accesso alla medesima III Area già bandite, potendosi così avvalere, da subito, di professionalità con qualificata esperienza, ora tanto più necessarie per consentire alla amministrazione fiscale di rispondere alle richiamate necessità di maggiore e più assorbente impegno, peraltro imposte dalla citata normativa di recente approvazione,

impegna il Governo

   ad adottare, al fine di potenziare le attività connesse al monitoraggio della spesa pubblica, le funzioni di controllo e di contrasto dell'evasione fiscale, le attività di prevenzione agli illeciti tributari ed extra tributari, nonché le misure operative connesse alla realizzazione di opere pubbliche per l'EXPO 2015 di cui alla legge 24 febbraio 2014, n. 9 «Destinazione Italia», le opportune iniziative volte a:
   a) autorizzare l'amministrazione economico-finanziaria, almeno per quanto riguarda l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, allo scorrimento delle graduatorie relative alle procedure concorsuali interne già bandite, e ad utilizzare tali graduatorie nel rispetto dei limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente, con priorità rispetto alle procedure di reclutamento tramite mobilità intercompartimentale e/o comando;
   b) prorogare, ove i tempi di adempimento lo rendessero necessario, le graduatorie in scadenza.
9/2486-AR/161Sisto, Rosato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame contiene numerose norme sul pubblico impiego; in particolare all'articolo 3, comma 3-bis, le Forze di Polizia sono autorizzate allo scorrimento delle graduatorie per i concorsi indetti per l'anno 2013, al fine di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio connessi allo svolgimento di Expo 2015;
    sussistono specifiche ed urgenti problematiche in materia di personale anche nell'ambito dell'amministrazione economico-finanziaria, chiamata, anche sulla scorta di norme di recente approvazione (legge 9/2014), ad un potenziamento delle attività connesse al controllo ed al contrasto dell'evasione fiscale nonché alla prevenzione degli illeciti tributari ed extra tributari, impegni che comportano la adozione di immediate misure operative connesse alla realizzazione di opere pubbliche per l'EXPO 2015;
    nel corso degli ultimi anni l'Agenzia delle Dogane, infatti, in concomitanza con la crisi economica mondiale, ha svolto un ruolo essenziale di regolatore dei traffici internazionali puntando su controlli mirati a tutela dell'Erario comunitario e nazionale oltre che su tutte le attività di tutela del cittadino sia dal punto di vista della sicurezza dei prodotti, della tutela dei marchi che della tutela della salute;
    le qualità dell'amministrazione doganale, inoltre, permetteranno di rendere più competitive le aziende italiane, ma specialmente i Porti italiani che potranno permettersi così di poter essere concorrenziali con i Porti del Nord Europa, attirando a se nuovi traffici commerciali e di conseguenza tutto l'indotto lavorativo che ad essi è collegato; è di particolare rilevanza, è il ruolo che la stessa Agenzia riveste sin da ora e in particolar modo rivestirà nel 2015 in occasione dell'EXPO Internazionale di Milano;
    su tale progetto l'Agenzia si propone come istituzione interattiva per i soggetti economici che graviteranno su tale manifestazione sperimentando e attuando programmi di semplificazione quali lo «sportello unico doganale», le procedure di sdoganamento in mare cosiddette in «pre-clearing» e il «corridoio doganale»;
    tale specificità è ben evidenziata e confermata dal testo del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 coordinato con la legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 9, che stabilisce, proprio in relazione all'EXPO, i nuovi termini di risposta dei controlli doganali agli operatori, prevedendo la possibilità di aumento degli orari di apertura su un arco orario H24, purché l'organico degli Uffici doganali sia ogni anno in aumento;
    è necessario quindi dare la possibilità all'amministrazione economico-finanziaria, con particolare riguardo all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, di poter colmare le acclarate carenze (oltre 600 unità) di personale nella III Area Funzionale, tramite assorbimento mediante scorrimento, delle procedure concorsuali per l'accesso alla medesima III Area già bandite, potendosi così avvalere, da subito, di professionalità con qualificata esperienza, ora tanto più necessarie per consentire alla amministrazione fiscale di rispondere alle richiamate necessità di maggiore e più assorbente impegno, peraltro imposte dalla citata normativa di recente approvazione,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di adottare, al fine di potenziare le attività connesse al monitoraggio della spesa pubblica, le funzioni di controllo e di contrasto dell'evasione fiscale, le attività di prevenzione agli illeciti tributari ed extra tributari, nonché le misure operative connesse alla realizzazione di opere pubbliche per l'EXPO 2015 di cui alla legge 24 febbraio 2014, n. 9 «Destinazione Italia», le opportune iniziative volte a:
   a) autorizzare l'amministrazione economico-finanziaria, almeno per quanto riguarda l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, allo scorrimento delle graduatorie relative alle procedure concorsuali interne già bandite, e ad utilizzare tali graduatorie nel rispetto dei limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente, con priorità rispetto alle procedure di reclutamento tramite mobilità intercompartimentale e/o comando;
   b) prorogare, ove i tempi di adempimento lo rendessero necessario, le graduatorie in scadenza.
9/2486-AR/161. (Testo modificato nel corso della seduta) Sisto, Rosato.


   La Camera,
   premesso che:
    con riferimento a quanto disposto al comma 5 dell'articolo 1,

impegna il Governo

a prevedere che le Pubbliche Amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, anche al fine di evitare favoritismi nell'esercizio del proprio potere discrezionale, nel risolvere il rapporto di lavoro e il contratto individuale, debbano motivare per iscritto e analiticamente quali siano le esigenze organizzative che hanno portato alla decisione e quali siano i criteri di scelta applicati.
9/2486-AR/162Gigli, Fitzgerald Nissoli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 37 del testo reca «Trasmissione ad ANAC delle varianti in corso d'opera»;
    il comma 1 dell'articolo 37 citato prevede, nel testo modificato in Commissione parlamentare, per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, l'obbligo di trasmissione all'Autorità Nazionale Anticorruzione delle varianti in corso d'opera (di cui al comma 1, lettera b), c) e d) dell'articolo 132 del D.lgs. 163/2006), laddove di importo eccedente il 10 per cento dell'importo originario del contratto;
    il comma 2 del medesimo articolo prevede, per gli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria, l'obbligo di comunicazione all'Osservatorio dei Lavori pubblici, tramite le sezioni regionali, di tutte le varianti, indipendentemente dall'importo delle stesse, per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti della stessa ANAC;
    è necessario rendere efficace il nuovo sistema di controlli in capo all'ANAC, evitando al contempo un rallentamento nel processo di realizzazione delle opere pubbliche;
    è necessario evitare che l'elevato numero dei documenti da verificare finisca per vanificare l'efficacia dei controlli e per prolungare eccessivamente i tempi per lo svolgimento del procedimento stesso di verifica;
    l'attuale formulazione del testo, prevede, de facto, un obbligo generalizzato di comunicazione e/o trasmissione delle varianti in corso d'opera all'ANAC, dal momento che, solo per gli appalti di valore pari o superiore alla soglia comunitaria, viene previsto un limite di importo pari al 10 per cento dell'importo originario del contratto;
    l'articolo 37 necessita di una modifica che ne definisca meglio l'ambito applicativo, da individuarsi unicamente nelle ipotesi in cui l'importo delle varianti in corso d'opera sia eccedente il 20 per cento dell'importo originario dell'appalto e, comunque, di valore non inferiore ai 250 mila euro,

impegna il Governo:

   a valutare gli enti applicativi delle disposizioni richiamate al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a:
    a) elevare dal 10 al 20 per cento la soglia delle varianti soggette all'obbligo di comunicazione, per gli appalti c.d. sopra-soglia;
    b) limitare, per gli appalti di valore inferiore alla soglia comunitaria, l'obbligo di comunicazione all'Osservatorio dei contratti pubblici alle varianti di importo pari o superiore a duecentocinquantamila euro e comunque eccedenti il venti per cento dell'importo originario del contratto;
   a chiarire la necessità di una tempistica certa e breve entro la quale deve concludersi il procedimento di competenza dell'ANAC, anche nelle forme del silenzio assenso.
9/2486-AR/163Matarrese, D'Agostino, Causin, Vecchio, Molea.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, lascia alla libera scelta delle amministrazioni la possibilità di consentire ai concorrenti l'accesso libero, diretto e completo, con modalità elettronica, alla documentazione, anche progettuale, relativa alla gara;
    le amministrazioni impongono spesso ai concorrenti di visionare la documentazione di gara presso l'amministrazione stessa, richiedendo inoltre contributi economici di rilevante entità per l'acquisizione della medesima;
    la consultazione on line, liberamente accessibile ai concorrenti rappresenterebbe, invece, una forma di notevole alleggerimento procedurale, sia sotto il profilo dell'abbreviazione dei tempi per la predisposizione delle offerte, sia sotto il profilo degli oneri economici gravanti sulle imprese e sarebbe in linea con le direttive comunitarie di prossima emanazione che si muovono in questa direzione;
    la pubblicazione on line della documentazione di gara sarebbe, inoltre, in armonia con gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, introdotti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, attuativo di una delega contenuta nella legge 6 novembre 2012, n. 190, nota come legge anticorruzione, laddove impone alle pubbliche amministrazioni di pubblicare sui propri siti istituzionali, in un'apposita sezione denominata «amministrazione trasparente», le informazioni relative al procedimento di realizzazione dell'opera pubblica, in tutte le sue fasi, a partire dalla deliberazione di avvio fino al collaudo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rendere obbligatorio per le amministrazioni appaltanti l'accesso libero, diretto e completo, con modalità elettronica, alla documentazione, anche progettuale, relativa ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
9/2486-AR/164Mariani, Borghi, Mariastella Bianchi, Braga, Bratti, Carrescia, Cominelli, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Marroni, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 28 del decreto-legge 90/2014 prevede, nelle more del riordino del sistema camerale, la riduzione del diritto annuale che le imprese corrispondono alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura nella misura del 35 per cento nel 2015, del 40 per cento nel 2016 e del 50 per cento a decorrere dal 2017, rispetto a quello attualmente vigente;
    il medesimo articolo 28 del decreto-legge prevede che il Ministero dello sviluppo economico, sentiti la Sose e l'Unioncamere, fissi le tariffe e i diritti di segreteria per i servizi a domanda individuale erogati dalle CCIAA, sulla base di costi standard definiti secondo criteri di efficienza da conseguire anche attraverso l'accorpamento degli enti e degli organismi del sistema camerale e dallo svolgimento delle funzioni in forma associata;
    il riordino delle CCIAA — enti pubblici dotati di autonomia funzionale, autofinanziati e autogovernati dal sistema imprenditoriale — dovrà essere finalizzato al conseguimento di maggiore efficienza e di risparmi per svolgere in modo efficace sia le funzioni di promozione degli interessi generali delle imprese che le funzioni nelle materie amministrative ed economiche relative al sistema produttivo;
    le Camere di commercio svolgono infatti funzioni di interesse generale relative alla pubblicità legale delle imprese, attraverso la tenuta del Registro di cui all'articolo 2188 del cc e di altri albi e registri attraverso i quali si garantisce trasparenza e legalità del mercato oltre che semplificazione amministrativa; promuovono investimenti in infrastrutture per la competitività delle economie dei territori; erogano servizi di tutela del made in Italy e di contrasto alla contraffazione e svolgono attività di regolazione del mercato; realizzano servizi qualificati alle imprese quali il sostegno all'internazionalizzazione, lo start up di nuove imprese e l'orientamento al lavoro; il supporto per l'accesso al credito, in particolare tramite i Consorzi di garanzia fidi a favore dei quali la legge di stabilità 2014 prevede al comma 55 dell'articolo 1 la destinazione da parte delle CCIAA di 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016;
    in occasione dell'approvazione della legge 7 aprile 2014 n.56 recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni» il Governo ha accolto l'ordine del giorno del 21 dicembre 2013 n. 9/01542-A/028 che lo impegna tra l'altro a salvaguardare, in sede di conferimento delle funzioni amministrative nonché ai fini dell'assegnazione di ulteriori funzioni, le attribuzioni del Sistema camerale e dei compiti esercitati localmente in regime di autonomia funzionale e a prevedere che nell'ambito del percorso attuativo del provvedimento si possano trasferire alle Camere di Commercio una serie di funzioni amministrative — in particolare in materia di formazione professionale, ambiente ed energia — per il supporto, la promozione e l'assistenza al sistema delle imprese;
    il sistema camerale, per rendere sostenibile la progressiva riduzione del diritto annuale, ha già avviato un concreto percorso di autoriforma — definito «virtuoso e positivo» dallo stesso Ministro Madia in occasione del suo intervento alla Camera dei Deputati del 28 luglio scorso — che prevede l'accorpamento tra diverse Camere di commercio, sulla base di un piano formalmente adottato in seno all'Unioncamere, finalizzato a portare il numero delle CCIAA dalle attuali 105 a non più di 50-60, con un bacino di imprese presenti nella circoscrizione territoriale determinata a seguito degli accorpamenti pari ad almeno 80.000 unità, garantendo contestualmente la sostenibilità economica degli enti e la valorizzazione dei territori;
    il sistema camerale sta già riorganizzando i propri processi di lavoro in vista dell'adeguamento del sistema di finanziamento sulla base di costi standard definiti dal Ministero dello Sviluppo Economico;
    nel sistema camerale sono impegnati circa 11.000 dipendenti, altamente qualificati dal punto di vista professionale, il cui lavoro sarebbe messo a rischio da ulteriori riduzioni nel sistema di finanziamento delle Camere di commercio;
    il progetto di autoriforma del sistema camerale definito dall'Assemblea di Unioncamere del 29 aprile 2014 prevede anche il conseguimento di ulteriori risparmi attraverso la riduzione, tramite accorpamento a livello regionale o interregionale, delle aziende speciali ed un piano pluriennale di dismissione delle partecipazioni non strategiche,

impegna il Governo:

   a salvaguardare la natura pubblica delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura quali autonomie funzionali chiamate a svolgere funzioni pubbliche d'interesse generale per il sistema delle imprese, anche su delega dello Stato e delle Regioni;
   a sviluppare le funzioni di interesse generale attribuite al sistema camerale, confermando l'impegno assunto con l'ordine del giorno del 21 dicembre 2013 n. 9/1542-A/28, e a rafforzare quelle relative all'informazione economica e alla pubblicità legale d'impresa, alla tutela della legalità e alla semplificazione amministrativa, all'investimento in infrastrutture strategiche per lo sviluppo economico, alla promozione e tutela del made in Italy in Italia e all'estero, alla creazione di nuove imprese, all'orientamento formativo e lavorativo;
   a garantire la completa copertura dei costi relativi alle funzioni e ai servizi obbligatori che le Camere di commercio sono chiamate a svolgere, attraverso appositi diritti pagati dalla comunità delle imprese del territorio, nonché tariffe e diritti di segreteria per i servizi a domanda individuale;
   a salvaguardare i livelli occupazionali dell'intero sistema camerale;
   a promuovere gli accorpamenti tra le Camere di commercio al fine di istituire nuovi enti camerali che, tenendo conto della riduzione del diritto annuale stabilita dall'articolo 28 del decreto-legge, possano assicurare il necessario equilibrio economico finanziario, unitamente ad un bacino di imprese iscritte nel registro delle imprese della circoscrizione territoriale non inferiore a 80.000 unità.
9/2486-AR/165Oliverio, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 28 del decreto-legge 90/2014 prevede, nelle more del riordino del sistema camerale, la riduzione del diritto annuale che le imprese corrispondono alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura nella misura del 35 per cento nel 2015, del 40 per cento nel 2016 e del 50 per cento a decorrere dal 2017, rispetto a quello attualmente vigente;
    il medesimo articolo 28 del decreto-legge prevede che il Ministero dello sviluppo economico, sentiti la Sose e l'Unioncamere, fissi le tariffe e i diritti di segreteria per i servizi a domanda individuale erogati dalle CCIAA, sulla base di costi standard definiti secondo criteri di efficienza da conseguire anche attraverso l'accorpamento degli enti e degli organismi del sistema camerale e dallo svolgimento delle funzioni in forma associata;
    il riordino delle CCIAA — enti pubblici dotati di autonomia funzionale, autofinanziati e autogovernati dal sistema imprenditoriale — dovrà essere finalizzato al conseguimento di maggiore efficienza e di risparmi per svolgere in modo efficace sia le funzioni di promozione degli interessi generali delle imprese che le funzioni nelle materie amministrative ed economiche relative al sistema produttivo;
    le Camere di commercio svolgono infatti funzioni di interesse generale relative alla pubblicità legale delle imprese, attraverso la tenuta del Registro di cui all'articolo 2188 del cc e di altri albi e registri attraverso i quali si garantisce trasparenza e legalità del mercato oltre che semplificazione amministrativa; promuovono investimenti in infrastrutture per la competitività delle economie dei territori; erogano servizi di tutela del made in Italy e di contrasto alla contraffazione e svolgono attività di regolazione del mercato; realizzano servizi qualificati alle imprese quali il sostegno all'internazionalizzazione, lo start up di nuove imprese e l'orientamento al lavoro; il supporto per l'accesso al credito, in particolare tramite i Consorzi di garanzia fidi a favore dei quali la legge di stabilità 2014 prevede al comma 55 dell'articolo 1 la destinazione da parte delle CCIAA di 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016;
    in occasione dell'approvazione della legge 7 aprile 2014 n.56 recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni» il Governo ha accolto l'ordine del giorno del 21 dicembre 2013 n. 9/01542-A/028 che lo impegna tra l'altro a salvaguardare, in sede di conferimento delle funzioni amministrative nonché ai fini dell'assegnazione di ulteriori funzioni, le attribuzioni del Sistema camerale e dei compiti esercitati localmente in regime di autonomia funzionale e a prevedere che nell'ambito del percorso attuativo del provvedimento si possano trasferire alle Camere di Commercio una serie di funzioni amministrative — in particolare in materia di formazione professionale, ambiente ed energia — per il supporto, la promozione e l'assistenza al sistema delle imprese;
    il sistema camerale, per rendere sostenibile la progressiva riduzione del diritto annuale, ha già avviato un concreto percorso di autoriforma — definito «virtuoso e positivo» dallo stesso Ministro Madia in occasione del suo intervento alla Camera dei Deputati del 28 luglio scorso — che prevede l'accorpamento tra diverse Camere di commercio, sulla base di un piano formalmente adottato in seno all'Unioncamere, finalizzato a portare il numero delle CCIAA dalle attuali 105 a non più di 50-60, con un bacino di imprese presenti nella circoscrizione territoriale determinata a seguito degli accorpamenti pari ad almeno 80.000 unità, garantendo contestualmente la sostenibilità economica degli enti e la valorizzazione dei territori;
    il sistema camerale sta già riorganizzando i propri processi di lavoro in vista dell'adeguamento del sistema di finanziamento sulla base di costi standard definiti dal Ministero dello Sviluppo Economico;
    nel sistema camerale sono impegnati circa 11.000 dipendenti, altamente qualificati dal punto di vista professionale, il cui lavoro sarebbe messo a rischio da ulteriori riduzioni nel sistema di finanziamento delle Camere di commercio;
    il progetto di autoriforma del sistema camerale definito dall'Assemblea di Unioncamere del 29 aprile 2014 prevede anche il conseguimento di ulteriori risparmi attraverso la riduzione, tramite accorpamento a livello regionale o interregionale, delle aziende speciali ed un piano pluriennale di dismissione delle partecipazioni non strategiche,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di salvaguardare la natura pubblica delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura quali autonomie funzionali chiamate a svolgere funzioni pubbliche d'interesse generale per il sistema delle imprese, anche su delega dello Stato e delle Regioni;
   a valutare l'opportunità di sviluppare le funzioni di interesse generale attribuite al sistema camerale, confermando l'impegno assunto con l'ordine del giorno del 21 dicembre 2013 n. 9/1542-A/28, e a rafforzare quelle relative all'informazione economica e alla pubblicità legale d'impresa, alla tutela della legalità e alla semplificazione amministrativa, all'investimento in infrastrutture strategiche per lo sviluppo economico, alla promozione e tutela del made in Italy in Italia e all'estero, alla creazione di nuove imprese, all'orientamento formativo e lavorativo;
   a valutare l'opportunità di garantire la completa copertura dei costi relativi alle funzioni e ai servizi obbligatori che le Camere di commercio sono chiamate a svolgere, attraverso appositi diritti pagati dalla comunità delle imprese del territorio, nonché tariffe e diritti di segreteria per i servizi a domanda individuale;
   a valutare l'opportunità di salvaguardare i livelli occupazionali dell'intero sistema camerale;
   a valutare l'opportunità di promuovere gli accorpamenti tra le Camere di commercio al fine di istituire nuovi enti camerali che, tenendo conto della riduzione del diritto annuale stabilita dall'articolo 28 del decreto-legge, possano assicurare il necessario equilibrio economico finanziario, unitamente ad un bacino di imprese iscritte nel registro delle imprese della circoscrizione territoriale non inferiore a 80.000 unità.
9/2486-AR/165. (Testo modificato nel corso della seduta) Oliverio, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
   l'AVCPASS (Authority Virtual Company Passport), servizio informatico realizzato dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, dovrebbe consentire alle Stazioni Appaltanti e agli Enti aggiudicatori l'acquisizione dei documenti comprovanti il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per l'affidamento dei contratti pubblici e, agli operatori economici, di inserire nel sistema i documenti la cui produzione è a proprio carico ai sensi dell'articolo 6-bis, comma 4, del Codice degli appalti;
    dal 1° luglio 2014 è scattato l'obbligo per le stazioni appaltanti e per gli operatori economici dell'uso esclusivo del sistema AVCPASS per le gare d'appalto d'importo a base d'asta pari o superiore ai 40.000 euro nei settori ordinari;
   l'obbligo di utilizzo dell'AVCPASS ha creato ed è destinato a creare non pochi problemi in quanto il sistema ancora non funziona e costituisce un serio limite nella gestione delle gare, tanto per gli operatori quanto per le stazioni appaltanti;
    l'AVCPASS, nella previsione del legislatore, doveva contribuire a risolvere le note criticità relative alle attività di controllo che le Amministrazioni devono svolgere sugli operatori economici partecipanti ad una procedura di appalto, semplificando l'attività delle stazioni appaltanti e degli operatori, riconducendo gli esiti dei controlli ad una univoca chiave di lettura ed evitando così l'eventuale contenzioso;
    in sostanza il legislatore ha disposto che l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici dovesse dar vita ad una semplice piattaforma di consultazione, nella quale grazie ad un identificativo dell'operatore economico partecipante alla gara, si potessero visualizzare tutti i documenti e i dati attestanti il possesso dei requisiti di ordine generale e quelli di natura tecnico organizzativa ed economico finanziaria previsti dal bando di gara ed autodichiarati in sede di gara;
    in pratica il sistema doveva essere in grado, con una semplice interrogazione, di attestare o meno la regolarità dell'operatore economico;
    la sperimentazione del sistema rileva, invece, che è stato dato vita ad un complicatissimo processo di interfacciamento tra le stazioni appaltanti e le amministrazioni certificanti, mentre sarebbe servito un sistema semplice e rapido di caricamento dei dati da parte delle amministrazioni certificanti e degli operatori economici;
    l'AVCPASS non risolve – le problematiche alle quali doveva rispondere ma le accentua ulteriormente, in quanto non è al momento in grado di interfacciarsi con tutte le amministrazioni certificanti e quindi le stazioni appaltanti operano sul sistema per la richiesta di alcuni certificati ed in via tradizionale per altri, senza certezza sui tempi di risposta e con un ulteriore aggravio della propria attività;
    il sistema per poter rispondere all'esigenze di semplificazione, riduzione dei tempi amministrativi e del contenzioso deve poter fornire alle stazioni appaltanti l'esito del controllo in modo certo e in tempi definiti in modalità esclusivamente telematica, se si vuole evitare di rallentare ed appesantire il settore degli appalti pubblici;
    l'incerta situazione in ultimo creatasi con la soppressione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e la definizione delle funzioni dell'Autorità nazionale anticorruzione, previste dall'articolo 19 del decreto-legge in esame, non contribuisce certo a facilitare la risoluzione delle problematiche applicative che si presenteranno alle amministrazioni e agli operatori economici,

impegna il Governo

in armonia con i tempi necessari per il definitivo trasferimento dei compiti e delle funzioni svolti dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, all'Autorità nazionale anticorruzione e nelle more del relativo piano di riordino come indicato dal comma 3 dell'articolo 19 del decreto-legge in esame, a individuare ogni strumento utile a semplificare l'accesso all'AVCPASS, anche prevedendo seminari formativi e ogni altra forma di aiuto volta a supportare le stazioni appaltanti e gli operatori economici a livello territoriale in collaborazione con gli osservatori regionali.

9/2486-AR/166Arlotti, Mariani, Borghi, Mariastella Bianchi, Braga, Bratti, Carrescia, Cominelli, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Marroni, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Zardini, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
   l'AVCPASS (Authority Virtual Company Passport), servizio informatico realizzato dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, dovrebbe consentire alle Stazioni Appaltanti e agli Enti aggiudicatori l'acquisizione dei documenti comprovanti il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per l'affidamento dei contratti pubblici e, agli operatori economici, di inserire nel sistema i documenti la cui produzione è a proprio carico ai sensi dell'articolo 6-bis, comma 4, del Codice degli appalti;
    dal 1° luglio 2014 è scattato l'obbligo per le stazioni appaltanti e per gli operatori economici dell'uso esclusivo del sistema AVCPASS per le gare d'appalto d'importo a base d'asta pari o superiore ai 40.000 euro nei settori ordinari;
   l'obbligo di utilizzo dell'AVCPASS ha creato ed è destinato a creare non pochi problemi in quanto il sistema ancora non funziona e costituisce un serio limite nella gestione delle gare, tanto per gli operatori quanto per le stazioni appaltanti;
    l'AVCPASS, nella previsione del legislatore, doveva contribuire a risolvere le note criticità relative alle attività di controllo che le Amministrazioni devono svolgere sugli operatori economici partecipanti ad una procedura di appalto, semplificando l'attività delle stazioni appaltanti e degli operatori, riconducendo gli esiti dei controlli ad una univoca chiave di lettura ed evitando così l'eventuale contenzioso;
    in sostanza il legislatore ha disposto che l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici dovesse dar vita ad una semplice piattaforma di consultazione, nella quale grazie ad un identificativo dell'operatore economico partecipante alla gara, si potessero visualizzare tutti i documenti e i dati attestanti il possesso dei requisiti di ordine generale e quelli di natura tecnico organizzativa ed economico finanziaria previsti dal bando di gara ed autodichiarati in sede di gara;
    in pratica il sistema doveva essere in grado, con una semplice interrogazione, di attestare o meno la regolarità dell'operatore economico;
    la sperimentazione del sistema rileva, invece, che è stato dato vita ad un complicatissimo processo di interfacciamento tra le stazioni appaltanti e le amministrazioni certificanti, mentre sarebbe servito un sistema semplice e rapido di caricamento dei dati da parte delle amministrazioni certificanti e degli operatori economici;
    l'AVCPASS non risolve – le problematiche alle quali doveva rispondere ma le accentua ulteriormente, in quanto non è al momento in grado di interfacciarsi con tutte le amministrazioni certificanti e quindi le stazioni appaltanti operano sul sistema per la richiesta di alcuni certificati ed in via tradizionale per altri, senza certezza sui tempi di risposta e con un ulteriore aggravio della propria attività;
    il sistema per poter rispondere all'esigenze di semplificazione, riduzione dei tempi amministrativi e del contenzioso deve poter fornire alle stazioni appaltanti l'esito del controllo in modo certo e in tempi definiti in modalità esclusivamente telematica, se si vuole evitare di rallentare ed appesantire il settore degli appalti pubblici;
    l'incerta situazione in ultimo creatasi con la soppressione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e la definizione delle funzioni dell'Autorità nazionale anticorruzione, previste dall'articolo 19 del decreto-legge in esame, non contribuisce certo a facilitare la risoluzione delle problematiche applicative che si presenteranno alle amministrazioni e agli operatori economici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di bilancio, in armonia con i tempi necessari per il definitivo trasferimento dei compiti e delle funzioni svolti dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, all'Autorità nazionale anticorruzione e nelle more del relativo piano di riordino come indicato dal comma 3 dell'articolo 19 del decreto-legge in esame, di individuare ogni strumento utile a semplificare l'accesso all'AVCPASS, anche prevedendo seminari formativi e ogni altra forma di aiuto volta a supportare le stazioni appaltanti e gli operatori economici a livello territoriale in collaborazione con gli osservatori regionali.

9/2486-AR/166. (Testo modificato nel corso della seduta) Arlotti, Mariani, Borghi, Mariastella Bianchi, Braga, Bratti, Carrescia, Cominelli, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Marroni, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Zardini, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone la conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari;
    l'articolo 3 contiene nuove disposizioni in materia di turn over nelle pubbliche amministrazioni attraverso una rimodulazione delle limitazioni al turn over per determinate amministrazioni dello Stato (ed altri enti) per il quinquennio 2014-2018;
    in particolare, con riferimento a specifiche categorie di personale, viene aumentata di 1.030 unità la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco e, conseguentemente, autorizzata l'assunzione di 1.030 nuove unità;
    il medesimo articolo prevede, altresì, l'autorizzazione allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi delle Forze di polizia indetti per il 2013, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2189 del Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 66 del 2010) per l'immissione in ruolo, al fine di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio connessi a EXPO Milano 2015;
    nulla, invece, è stato disposto con riferimento al Corpo della Guardia di Finanza per favorire lo scorrimento delle graduatorie del concorso indetto nell'anno 2012;
    l'immediata assunzione dei tanti giovani in attesa di essere immessi nel ruolo di allievi finanzieri, peraltro senza la necessità di ulteriori costose procedure, sarebbe un esempio di buon senso, oltre che di forte presenza dello Stato,

impegna il Governo

affinché le disposizioni di cui all'articolo 3, in materia di autorizzazione allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi per specifiche categorie di personale, al fine di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio connessi a EXPO Milano 2015, vengano estese anche al Corpo della Guardia di Finanza per lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi indetti nell'anno 2012.
9/2486-AR/167Cirielli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone la conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari;
    l'articolo 3 contiene nuove disposizioni in materia di turn over nelle pubbliche amministrazioni attraverso una rimodulazione delle limitazioni al turn over per determinate amministrazioni dello Stato (ed altri enti) per il quinquennio 2014-2018;
    in particolare, con riferimento a specifiche categorie di personale, viene aumentata di 1.030 unità la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco e, conseguentemente, autorizzata l'assunzione di 1.030 nuove unità;
    il medesimo articolo prevede, altresì, l'autorizzazione allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi delle Forze di polizia indetti per il 2013, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2189 del Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 66 del 2010) per l'immissione in ruolo, al fine di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio connessi a EXPO Milano 2015;
    nulla, invece, è stato disposto con riferimento al Corpo della Guardia di Finanza per favorire lo scorrimento delle graduatorie del concorso indetto nell'anno 2012;
    l'immediata assunzione dei tanti giovani in attesa di essere immessi nel ruolo di allievi finanzieri, peraltro senza la necessità di ulteriori costose procedure, sarebbe un esempio di buon senso, oltre che di forte presenza dello Stato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che le disposizioni di cui all'articolo 3, in materia di autorizzazione allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi per specifiche categorie di personale, al fine di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio connessi a EXPO Milano 2015, vengano estese anche al Corpo della Guardia di Finanza per lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi indetti nell'anno 2012.
9/2486-AR/167. (Testo modificato nel corso della seduta) Cirielli.