Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 29 aprile 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 29 aprile 2014.

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Attaguile, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bellanova, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borghi, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Bruno Bossio, Capezzone, Casero, Castiglione, Causin, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Ambrosio, D'Uva, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fava, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Garavini, Gasbarra, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Magorno, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Sani, Scalfarotto, Scopelliti, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Vecchio, Velo, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 28 aprile 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   TARTAGLIONE: «Modifiche agli articoli 222 e 248 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di anticipazioni di tesoreria» (2326);
   NASTRI: «Disposizioni in materia di sperimentazione dell'armonizzazione degli schemi di bilancio e dei sistemi contabili degli enti territoriali» (2327).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a una proposta di legge.

  La proposta di legge CORDA ed altri: «Norme sull'informazione e sull'eventuale diniego dell'uso dei vaccini per il personale della pubblica amministrazione» (2077) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Di Vita e Silvia Giordano.

Assegnazione di progetto di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro):
  BASSO ed altri: «Modifiche agli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e altre disposizioni in materia di trattamenti economici erogati dalle pubbliche amministrazioni nonché di compensi degli amministratori e dei dipendenti delle società controllate dalle medesime» (2222) Parere delle Commissioni II, V e VI.

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
  sentenza n. 45 del 10-13 marzo 2014 (Doc. VII, n. 237)
   con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 89, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 13, primo comma, 27, secondo comma, e 32 della Costituzione, dal tribunale di Catanzaro:
   alla II Commissione (Giustizia);

  sentenza n. 46 del 10-13 marzo 2014 (Doc. VII, n. 238)
   con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2 della legge della Regione autonoma della Sardegna 23 ottobre 2009, n. 4 (Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 25, 117 e 118 della Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Oristano:
   alla VIII Commissione (Ambiente);

  sentenza n. 47 del 10-13 marzo 2014 (Doc. VII, n. 239)
   con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 60 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 76 della Costituzione, dal tribunale di Grosseto:
   alla II Commissione (Giustizia);

  sentenza n. 51 del 12-21 marzo 2014 (Doc. VII, n. 242)
   con la quale:
    dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 449 (Determinazione delle sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria e per la regolamentazione dei relativi procedimenti, a norma dell'articolo 21, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio:
   alla XI Commissione (Lavoro);

  sentenza n. 55 del 24-27 marzo 2014 (Doc. VII, n. 244)
   con la quale:
    dichiara che non spettava al Senato della Repubblica affermare che le dichiarazioni rese dal senatore Raffaele (detto Lino) Iannuzzi, per le quali pende procedimento penale dinanzi al Giudice per le indagini preliminari del tribunale ordinario di Milano costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione;
    annulla, per l'effetto, la deliberazione di insindacabilità adottata dal Senato della Repubblica il 30 novembre 2011 (Doc. IV-quater n. 6):
   alla I Commissione (Affari costituzionali);

  sentenza n. 60 del 24-28 marzo 2014 (Doc. VII, n. 245)
   con la quale:
    dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dei commi 1 e 3 dell'articolo 1 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 (Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 9 gennaio 2009, n. 1, sollevate dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, in riferimento agli articoli 3, 33 e 97 della Costituzione;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009, «nella parte in cui subordina la non operatività del blocco delle assunzioni per i ricercatori universitari all'avvenuto espletamento – vale a dire, all'avvenuta conclusione – della procedura concorsuale alla data di entrata in vigore della legge 9 gennaio 2009, n. 1, di conversione del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180», sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione;
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009, «nella parte in cui, nel prevedere il divieto di assunzione – a carico delle università “non virtuose” – non prevede anche una sospensione del termine di durata delle idoneità conseguite nei concorsi di ricercatore e professore universitario, per tutto il tempo in cui opera il divieto di assunzione», sollevate dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione:
   alla VII Commissione (Cultura);

  sentenza n. 61 del 24-28 marzo 2014 (Doc. VII, n. 246)
   con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, promosse, in riferimento all'articolo 119 della Costituzione e all'articolo 8, numero 1), ed al Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dalla Provincia autonoma di Bolzano;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 78 del 2010 promossa dalla Provincia autonoma di Bolzano;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010 promosse, in riferimento all'articolo 119 della Costituzione e all'articolo 8, numero 1), ed al Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972, dalla Provincia autonoma di Bolzano;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 78 del 2010 promosse, in riferimento all'articolo 119 della Costituzione e all'articolo 8, numero 1), ed al Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972, dalla Provincia autonoma di Bolzano;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010 promosse, in riferimento all'articolo 119 della Costituzione e all'articolo 8, numero 1), ed al Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972, dalla Provincia autonoma di Bolzano;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010 promosse, in riferimento all'articolo 119 della Costituzione e all'articolo 8, numero 1), ed al Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972, dalla Provincia autonoma di Bolzano;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 promosse, in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, dalla Provincia autonoma di Bolzano;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 29, del decreto-legge n. 78 del 2010 promosse, in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, dalla Provincia autonoma di Bolzano:
   alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro);

  sentenza n. 62 del 24-28 marzo 2014 (Doc. VII, n. 247)
   con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 1, lettera a), della legge della regione Puglia 6 febbraio 2013, n. 7 (Norme urgenti in materia socio-assistenziale), promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 12, comma 1, lettera c), della legge della regione Puglia n. 7 del 2013, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
   alla XII Commissione (Affari sociali);

  sentenza n. 64 del 26 marzo-1o aprile 2014 (Doc. VII, n. 248)
   con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 29 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 8 aprile 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2004 e per il triennio 2004-2006 e norme legislative collegate – Legge finanziaria 2004), e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 agosto 2000, n. 13 (Disposizioni finanziarie in connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della Provincia di Bolzano per l'anno finanziario 2000 e per il triennio 2000-2002 e norme legislative collegate), sollevata, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dal tribunale superiore delle acque pubbliche;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 29 della legge provinciale n. 1 del 2004, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 23, 41 e 117, primo comma, della Costituzione, dal tribunale superiore delle acque pubbliche;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 29 della legge provinciale n. 1 del 2004 e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge provinciale n. 13 del 2000, sollevata, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo dell'arbitrarietà delle norme, ed agli articoli 97, 24 e 113, della Costituzione, dal tribunale superiore delle acque pubbliche;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 29 della legge provinciale n. 1 del 2004 e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge prov. n. 13 del 2000, sollevata, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, sotto il principio della ragionevolezza della disciplina, dal tribunale superiore delle acque pubbliche;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 29 della legge prov. n. 1 del 2004 e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge prov. n. 13 del 2000, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 41 e 120 Cost., ed all'articolo 117, primo comma, Cost., dal Tribunale superiore delle acque pubbliche;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 29 della legge prov. n. 1 del 2004 e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge prov. n. 13 del 2000, sollevata, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., in relazione agli articoli 154 e 171 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dal Tribunale superiore delle acque pubbliche;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 29 della legge prov. n. 1 del 2004 e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge prov. n. 13 del 2000, sollevata, in riferimento agli articoli 1 e 1-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia), agli articoli 5, 9 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e in riferimento all'articolo 3 Cost., sotto il profilo della manifesta irragionevolezza e dell'eccesso di potere legislativo, dal Tribunale superiore delle acque pubbliche;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 29 della legge prov. n. 1 del 2004 e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge prov. n. 13 del 2000, sollevata, in riferimento all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 235 del 1977, all'articolo 3 Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento, ed agli articoli 3, 41 e 120 Cost., dal Tribunale superiore delle acque pubbliche:
   alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);

  sentenza n. 65 del 26 marzo-1o aprile 2014 (Doc. VII, n. 249)
   con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 3, comma 1, e 14, comma 2, del decreto legislativo 1o settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), sollevata, in riferimento all'articolo 76 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Verona;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 54, comma 4, lettera a), della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Verona:
   alla II Commissione (Giustizia);

  sentenza n. 71 del 26 marzo-2 aprile 2014 (Doc. VII, n. 254)
   con la quale:
    dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione promosso dalla Regione siciliana nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, avente ad oggetto il decreto del Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno 26 luglio 2012 (Riduzione delle risorse per sanzione ai comuni e alle province non rispettosi del patto di stabilità – anno 2011), in riferimento agli articoli 76 e 119 della Costituzione, in relazione all'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e all'articolo 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana):
   alla V Commissione (Bilancio);

  sentenza n. 72 del 26 marzo-2 aprile 2014 (Doc. VII, n. 255)
   con la quale:
    dichiara non fondate le questioni relative ai commi 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14 e 19 dell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, promosse, per violazione degli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione e del Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige);
    dichiara non fondata la questione relativa al comma 20, primo periodo, dell'articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, in combinato disposto con i commi 3, 7, 8, 9, 12, 13, 14 e 19 dello stesso articolo, promossa, per violazione degli articoli 117, terzo comma, e 119 Cost. e del Titolo VI dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige;
    dichiara non fondata la questione relativa al comma 20, primo periodo, dell'articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, in combinato disposto con i commi 5, 6 e 11 dello stesso articolo, nella parte in cui non esclude dal proprio ambito di applicazione gli enti locali, gli organismi strumentali (ed in particolare modo il Servizio sanitario provinciale) e le società pubbliche, che fanno capo all'ordinamento provinciale in base al vigente assetto statutario, promossa, per violazione dell'articolo 119 Cost., del Titolo VI dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nonché dell'articolo 16 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale);
    dichiara non fondata la questione relativa al comma 21, secondo periodo, dell'articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, promossa, per violazione dell'articolo 119 Cost. del Titolo VI dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dell'articolo 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento):
   alla V Commissione (Bilancio);

  sentenza n. 73 del 26 marzo-2 aprile 2014 (Doc. VII, n. 256)
   con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 8, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento agli articoli 76 e 77, primo comma, della Costituzione, dal Consiglio di Stato, sezione prima:
   alla II Commissione (Giustizia);

  sentenza n. 81 del 7-8 aprile 2014 (Doc. VII, n. 259)
   con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n. 646 (Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una Commissione parlamentare sul fenomeno della mafia), parzialmente trasfuso nell'articolo 76, comma 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 27, terzo comma, e 42 della Costituzione, dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Trapani:
   alla II Commissione (Giustizia);

  sentenza n. 89 del 7-10 aprile 2014 (Doc. VII, n. 264)
   con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 24-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, promossa, in riferimento all'articolo 8, primo comma, numero 1), e al Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dalla Provincia autonoma di Bolzano:
   alla XI Commissione (Lavoro);

  sentenza n. 90 del 7-10 aprile 2014 (Doc. VII, n. 265)
   con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli articoli 630 e 637, comma 3, del codice di procedura penale sollevata, in riferimento all'articolo 24, quarto comma, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Napoli:
   alla II Commissione (Giustizia);

  sentenza n. 99 del 9-16 aprile 2014 (Doc. VII, n. 269)
   con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, promossa, in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione e agli articoli 79 e 104, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dalla Provincia autonoma di Bolzano:
   alla I Commissione (Affari costituzionali);

  sentenza n. 100 del 9-16 aprile 2014 (Doc. VII, n. 270)
   con la quale:
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 11, commi 1, 2 e 3 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla protezione civile), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 26, sollevate, con riferimento agli articoli 11, 114, secondo comma, 117, primo, secondo e terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania – sezione staccata di Salerno:
   alla VIII Commissione (Ambiente);

  sentenza n. 108 del 14-18 aprile 2014 (Doc. VII, n. 275)
   con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2 della legge della Regione Abruzzo 24 aprile 2013, n. 10, recante «Modifiche alla legge regionale 11 agosto 2011, n. 29 (Razionalizzazione e rideterminazione dei Servizi di Sviluppo Agricolo), alla legge regionale 10 gennaio 2013, n. 2 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Regione Abruzzo – Legge finanziaria regionale 2013), alla legge regionale 10 gennaio 2013, n. 3 (Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2013 – Bilancio pluriennale 2013-2015), alla legge regionale 11 marzo 2013, n. 6 (Misure urgenti per lo sviluppo del Settore dell'Agricoltura e della Pesca in Abruzzo), alla legge regionale 17 dicembre 1997, n. 143 (Norme in materia di riordino territoriale dei comuni: Mutamenti delle circoscrizioni, delle denominazioni e delle sedi comunali. Istituzione di nuovi Comuni, Unioni e Fusioni) e altre disposizioni normative» – promossa in riferimento agli articoli 81, quarto comma, e 117, terzo comma, della Costituzione dal Presidente del Consiglio dei ministri;
    dichiara l'estinzione del processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 5 e 6 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2013, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri:
   alla V Commissione (Bilancio).

  La Corte Costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
  con lettera in data 13 marzo 2014, Sentenza n. 44 del 10-13 marzo 2014 (Doc. VII, n. 236), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, limitatamente alle parole «, a maggioranza dei componenti,», nonché dell'articolo 19, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, limitatamente alle parole «, a maggioranza dei componenti,»;
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 10, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, limitatamente alle parole «, con deliberazione a maggioranza assoluta dei propri componenti,»;
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 7, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, limitatamente alle parole «, con la garanzia che uno dei due appartenga alle opposizioni»;
   dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, commi 1, 3, 4, 5, 7, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 28, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, promosse dalla regione Lazio, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p) e quarto comma, in combinato disposto, agli artt. 118, 133, secondo comma, della Costituzione, dell'articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V parte seconda della Costituzione), nonché del principio di leale collaborazione, con il ricorso n. 134 del 2011;
   dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nella formulazione antecedente la sostituzione introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla regione Puglia, in riferimento agli articoli 114, 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 118 della Costituzione, con il ricorso n. 141 del 2011; dalla regione Emilia-Romagna, in riferimento agli articoli 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 della Costituzione, con il ricorso n. 144 del 2011; dalla regione Veneto, in riferimento agli articoli 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, e 118 della Costituzione, con il ricorso n. 145 del 2011; dalla regione Liguria, in riferimento agli articoli 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 della Costituzione, con il ricorso n. 146 del 2011; dalla regione Umbria, in riferimento agli articoli 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 della Costituzione, con il ricorso n. 147 del 2011;
   dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 7, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nella formulazione antecedente la sostituzione introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla regione Toscana, in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, 133, secondo comma, anche in relazione agli articoli 114, 117, quarto comma, 118 e 119 della Costituzione, con il ricorso n. 133 del 2011; dalla regione Puglia, in riferimento agli articoli 114, 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 118 della Costituzione, con il ricorso n. 141 del 2011; dalla regione Emilia-Romagna, in riferimento agli articoli 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 della Costituzione, con il ricorso n. 144 del 2011; dalla regione Veneto, in riferimento agli articoli 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, e 118 della Costituzione, con il ricorso n. 145 del 2011; dalla regione Liguria, in riferimento agli articoli 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 della Costituzione, con il ricorso n. 146 del 2011; dalla regione Umbria, in riferimento agli articoli 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 della Costituzione, con il ricorso n. 147 del 2011;
   dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 16, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nella formulazione antecedente la sostituzione introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla regione Toscana, in riferimento agli articoli 3, 97, 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, 133, secondo comma, anche in relazione agli articoli 114, 117, quarto comma, 118 e 119 e al principio di leale collaborazione, con il ricorso n. 133 del 2011; dalla regione Puglia, in riferimento agli articoli 3, 97, 114, 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 118 della Costituzione, con il ricorso n. 141 del 2011; dalla regione Emilia-Romagna, in riferimento agli articoli 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 della Costituzione, e al principio di leale collaborazione, con il ricorso n. 144 del 2011; dalla regione Veneto, in riferimento agli articoli 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, e 118 della Costituzione, con il ricorso n. 145 del 2011; dalla regione Liguria, in riferimento agli articoli 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 della Costituzione, e al principio di leale collaborazione, con il ricorso n. 146 del 2011; dalla regione Umbria, in riferimento agli articoli 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 della Costituzione, e al principio di leale collaborazione, con il ricorso n. 147 del 2011;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nella formulazione antecedente la sostituzione introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, 133, secondo comma, anche in relazione agli artt. 114, 117, quarto comma, 118 e 119 Cost., con il ricorso n. 133 del 2011; dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118, secondo comma, Cost., con il ricorso n. 141 del 2011; dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 144 del 2011; dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, 118 Cost., con il ricorso n. 145 del 2011; dalla Regione Liguria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 146 del 2011; dalla Regione Umbria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost. con il ricorso n. 147 del 2011; dalla Regione Campania, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 118, in combinato disposto con gli artt. 117 e 119, quarto comma, Cost., con il ricorso n. 153 del 2011; dalla Regione Lombardia, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 119, quarto comma, 133, secondo comma, e 120 Cost., con il ricorso n. 155 del 2011;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 3, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nella formulazione antecedente la sostituzione introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, 133, secondo comma, anche in relazione agli artt. 114, 117, quarto comma, 118 e 119 Cost., con il ricorso n. 133 del 2011; dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, 114 e 118 Cost., con il ricorso n. 141 del 2011; dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 144 del 2011; dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, e 118 Cost., con il ricorso n. 145 del 2011; dalla Regione Liguria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 146 del 2011; dalla Regione Umbria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 147 del 2011;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nella formulazione antecedente la sostituzione introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, 133, secondo comma, anche in relazione agli artt. 114, 117, quarto comma, 118 e 119 Cost., con il ricorso n. 133 del 2011; dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 114, 117, secondo comma, lettera p), terzo, quarto e sesto comma, e 118 Cost., con il ricorso n. 141 del 2011; dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo, quarto e sesto comma, 118 e 133 Cost., e al principio di leale collaborazione, con il ricorso n. 144 del 2011; dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, e 118 Cost., con il ricorso n. 145 del 2011; dalla Regione Liguria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo, quarto e sesto comma, 118 e 133 Cost., e al principio di leale collaborazione, con il ricorso n. 146 del 2011; dalla Regione Umbria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo, quarto e sesto comma, 118 e 133 Cost., e al principio di leale collaborazione con il ricorso n. 147 del 2011;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nella formulazione antecedente la sostituzione introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, 133, secondo comma, anche in relazione agli artt. 114, 117, quarto comma, 118 e 119 Cost., con il ricorso n. 133 del 2011; dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 114, 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 118 Cost., con il ricorso n. 141 del 2011; dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 144 del 2011; dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, e 118 Cost., con il ricorso n. 145 del 2011; dalla Regione Liguria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 146 del 2011; dalla Regione Umbria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 147 del 2011;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 9, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nella formulazione antecedente la sostituzione introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 114, 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 118 Cost., con il ricorso n. 141 del 2011; dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 144 del 2011; dalla Regione Veneto, in riferimento all'articolo 117, sesto comma, Cost., con il ricorso n. 145 del 2011; dalla Regione Liguria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 146 del 2011; dalla Regione Umbria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 147 del 2011;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 11, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nella formulazione antecedente la sostituzione introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 133, secondo comma, anche in relazione agli artt. 114, 117, quarto comma, 118 e 119 Cost., con il ricorso n. 133 del 2011; dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 114, 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 118 Cost., con il ricorso n. 141 del 2011; dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 144 del 2011; dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, e 118 Cost., con il ricorso n. 145 del 2011; dalla Regione Liguria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 146 del 2011; dalla Regione Umbria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost. con il ricorso n. 147 del 2011;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 12, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nella formulazione antecedente la sostituzione introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 133, secondo comma, anche in relazione agli artt. 114, 117, quarto comma, 118 e 119 Cost., con il ricorso n. 133 del 2011; dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, 114 e 118 Cost. con il ricorso n. 141 del 2011; dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 144 del 2011; dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, e 118 Cost., con il ricorso n. 145 del 2011; dalla Regione Liguria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 146 del 2011; dalla Regione Umbria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 147 del 2011;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 15, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nella formulazione antecedente la sostituzione introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 133, secondo comma, anche in relazione agli artt. 114, 117, quarto comma, 118 e 119 Cost., con il ricorso n. 133 del 2011; dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, 114 e 118 Cost. con il ricorso n. 141 del 2011; dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 144 del 2011; dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, e 118 Cost., con il ricorso n. 145 del 2011; dalla Regione Liguria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 146 del 2011; dalla Regione Umbria, in riferimento agli artt. 3, 5, 77, primo e secondo comma, 97, 114, 117, primo, secondo e quarto comma, 118 e 133 Cost., con il ricorso n. 147 del 2011;
   dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 17, lettera a), del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., con il ricorso n. 133 del 2011;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e dell'articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012; dell'articolo 16, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e dell'articolo 19, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012; dell'articolo 16, commi 6, 9 e 10, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., con il ricorso n. 144 del 2011;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e dell'articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012; dell'articolo 16, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e dell'articolo 19, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012; dell'articolo 16, commi 6, 9 e 10, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Liguria, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., con il ricorso n. 146 del 2011;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e dell'articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012; dell'articolo 16, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e dell'articolo 19, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012; dell'articolo 16, commi 6, 9 e 10, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Umbria, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., con il ricorso n. 147 del 2011;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e dell'articolo 19, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012; dell'articolo 16, commi 6, 9 e 10, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, in riferimento all'articolo 97 Cost., con il ricorso n. 145 del 2011;
   dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, promossa dalle Regioni Emilia-Romagna, Liguria e Umbria, in riferimento agli artt. 5, 77, primo e secondo comma, 114 e 118, primo comma, Cost., con i ricorsi n. 144, 146 e 147 del 2011;
   dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, promossa dalla Regione Veneto, in riferimento all'articolo 117, sesto comma, Cost., con il ricorso n. 145 del 2011;
   dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, promossa dalla Regione Lombardia, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 119, quarto comma, e 133, secondo comma, Cost., con il ricorso n. 155 del 2011;
   dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 19, commi 2, 5 e 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promossa dalla Regione Lazio, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, Cost., con il ricorso n. 145 del 2012;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 19, commi 2, 5 e 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., con il ricorso n. 151 del 2012;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 19, commi 2, 5 e 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, in riferimento all'articolo 119 Cost., con il ricorso n. 151 del 2012;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e dell'articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 95 del 2012; dell'articolo 16, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, e dell'articolo 19, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012; dell'articolo 16, commi 6, 9 e 10, del decreto-legge n. 138 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012; dell'articolo 16, commi 17, lettera a), 19, 20, e 21, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 114, 133, secondo comma, anche in relazione agli artt. 114 e 117, quarto comma, Cost., con il ricorso n. 133 del 2011;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, commi 6 e 9, del decreto-legge n. 138 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost., con il ricorso n. 133 del 2011;
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, e dell'articolo 19, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012; dell'articolo 16, commi 6, 9 e 10, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, promossa dalla Regione Toscana, in riferimento al principio di leale collaborazione, con il ricorso n. 133 del 2011;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, commi 17, lettera a), 19, 20 e 21, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento all'articolo 117, terzo, quarto e sesto comma, ultima parte, Cost., con il ricorso n. 133 del 2011;
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 28, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, promossa dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 120, secondo comma, Cost., con il ricorso n. 133 del 2011;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e dell'articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 95 del 2012; dell'articolo 16, commi 6 e 9, del decreto-legge n. 138 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 114, 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 118 Cost., con il ricorso n. 141 del 2011;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e dell'articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 95 del 2012; dell'articolo 16, commi 6 e 9, del decreto-legge n. 138 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse dalle Regioni Emilia-Romagna, Liguria e Umbria, in riferimento agli artt. 114, primo e secondo comma, 117, primo, secondo comma, lettera p), 118 e 133 Cost. con i ricorsi n. 144, 146 e 147 del 2011;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, commi 6 e 9, del decreto-legge n. 138 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), secondo e sesto comma, e 118 Cost., con il ricorso n. 145 del 2011;
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 28, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, promossa dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 117, 118 e 120 Cost., con il ricorso n. 145 del 2011;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, promosse dalla Regione autonoma Sardegna, in riferimento all'articolo 3, primo comma, lettera b), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e, limitatamente all'articolo 16, comma 4, ultimo periodo, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, in riferimento all'articolo 3, primo comma, lettera b), della legge cost. n. 3 del 1948 e all'articolo 117, sesto comma, Cost., con il ricorso n. 160 del 2011;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 19, commi 2, 5 e 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, in riferimento all'articolo 118, primo e secondo comma, Cost., con il ricorso n. 151 del 2012;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, commi 1, 2, 3, 8, 11, 12 e 13, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, in riferimento all'articolo 117 Cost., con il ricorso n. 151 del 2012;
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 19, commi 2, 5 e 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promossa dalla Regione Campania, in riferimento all'articolo 118 Cost., con il ricorso n. 153 del 2012;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, commi 1, 2, 3, 8, 11, 12 e 13, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Campania, in riferimento all'articolo 117 Cost., con il ricorso n. 153 del 2012;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione autonoma Sardegna, in riferimento all'articolo 3, primo comma, lettera b), della legge cost. n. 3 del 1948, e all'articolo 117, quarto e sesto comma, Cost., con il ricorso n. 160 del 2012;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, commi 1, 2, 3, 4, 6, 8, 9 e 12, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, nel testo sostituito dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e dell'articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2011, promosse dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, 118, secondo comma, e 119, primo, secondo e sesto comma, Cost., con il ricorso n. 172 del 2012:
  alla I Commissione (Affari costituzionali);
   con lettera in data 14 marzo 2014, Sentenza n. 49 del 10-14 marzo 2014 (Doc. VII, n. 240), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16 della legge della Regione Veneto 31 dicembre 2012, n. 55 (Procedure urbanistiche semplificate di sportello unico per le attività produttive e disposizioni in materia urbanistica, di edilizia residenziale pubblica, di mobilità, di noleggio con conducente e di commercio itinerante);
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge della Regione Veneto 14 maggio 2013, n. 8 (Disposizioni in materia di commercio su aree pubbliche. Modifica della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10 «Nuove norme in materia di commercio su aree pubbliche» e successive modificazioni e della legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 «Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo» e successive modificazioni);
   dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 4 della legge regionale n. 55 del 2012, proposta – in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri:
  alla X Commissione (Attività produttive);
   con lettera in data 14 marzo 2014, Sentenza n. 50 del 10-14 marzo 2014 (Doc. VII, n. 241), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale);
   dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale), come sollevata, in riferimento agli artt. 3, 41, 42 e 76 della Costituzione, dal Tribunale di Roma, sezione distaccata di Ostia:
  alla VIII Commissione (Ambiente);
   con lettera in data 27 marzo 2014, Sentenza n. 54 del 24-27 marzo 2014 (Doc. VII, n. 243), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 10, commi 68 e 69, lettera a), 12, commi 30 e 31, e 14, commi 43 e 44, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 29 dicembre 2010, n. 22 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale e annuale della Regione – Legge finanziaria 2011);
   dichiara estinto, relativamente alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1 e 8, 3, comma 37, e 4, comma 68, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 22 del 2010, il giudizio promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri;
   dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell'articolo 10, comma 69, lettera b), della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 22 del 2010, promossa, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione e agli artt. 4 e 5 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), dal Presidente del Consiglio dei ministri:
  alle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XI (Lavoro);
   con lettera in data 2 aprile 2014, Sentenza n. 67 del 26 marzo-2 aprile 2014 (Doc. VII, n. 250),
   con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 22, comma 2, della legge della Regione Puglia 28 dicembre 2006, n. 39 (Norme relative all'esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2007):
  alla VIII Commissione (Ambiente);
   con lettera in data 2 aprile 2014, Sentenza n. 68 del 26 marzo-2 aprile 2014 (Doc. VII, n. 251), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 3, della legge della Regione Abruzzo 10 dicembre 2012, n. 59 (Riconoscimento di Treglio paese dell'affresco);
   dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5, commi 1, 2 e 4, della legge reg. Abruzzo n. 59 del 2012:
  alla VII Commissione (Cultura);
   con lettera in data 2 aprile 2014, Sentenza n. 69 del 26 marzo-2 aprile 2014 (Doc. VII, n. 252), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui al comma 1, lettera d), si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del decreto:
  alla XI Commissione (Lavoro);
   con lettera in data 2 aprile 2014, Sentenza n. 70 del 26 marzo-2 aprile 2014 (Doc. VII, n. 253), con la quale:
   dichiara la illegittimità costituzionale dell'articolo 19 della legge della Provincia autonoma di Trento 27 marzo 2013, n. 4 (Modificazioni della legge provinciale sulle foreste e sulla protezione della natura, di disposizioni in materia urbanistica, del testo unico provinciale sulla tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e della legge finanziaria provinciale 2013), che ha inserito l'articolo 85-ter, rubricato «Autorizzazioni al recupero di rifiuti costituiti da terre e rocce da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni», nel d.P.G.p. 26 gennaio 1987, n. 1-41/legisl. (Testo unico provinciale sulla tutela dell'ambiente dagli inquinamenti), limitatamente alle lettere d) ed e) del suo comma 2:
  alla VIII Commissione (Ambiente);
   con lettera in data 8 aprile 2014, Sentenza n. 79 del 7-8 aprile 2014 (Doc. VII, n. 257), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale del terzo periodo del comma 2 dell'articolo 16 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui non prevede che, in caso di mancata deliberazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze «è comunque emanato entro il 15 febbraio di ciascun anno», «sino all'anno 2015»;
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge n. 95 del 2012;
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 95 del 2012, limitatamente alle parole «e del terzo periodo»;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse in riferimento agli artt. 3, 5 e 117, primo e secondo comma, della Costituzione:
  alla V Commissione (Bilancio);
   con lettera in data 8 aprile 2014, Sentenza n. 80 del 7-8 aprile 2014 (Doc. VII, n. 258), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38;
   dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, sollevata, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dal Tribunale di Bologna:
  alla II Commissione (Giustizia);
   con lettera in data 10 aprile 2014, Sentenza n. 85 del 7-10 aprile 2014 (Doc. VII, n. 260), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 1, della legge della Regione Abruzzo del 10 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo – legge finanziaria regionale 2012);
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 16 della legge della Regione Abruzzo n. 1 del 2012, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione;
   dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 16 della legge della Regione Abruzzo n. 1 del 2012, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, della Costituzione;
   dichiara l'estinzione del processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, 6, comma 2, 42, comma 2, 44, 45, comma 2 e 46, della legge della Regione Abruzzo n. 1 del 2012, nonché alla questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 29 ottobre 2012, n. 51 (Sospensione disposizioni di cui alla legge regionale 10 gennaio 2012, n. 1 «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo – legge finanziaria regionale 2012» in applicazione dell'articolo 17, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri:
  alle Commissioni riunite V (Bilancio) e XII (Affari sociali);
   con lettera in data 10 aprile 2014, Sentenza n. 86 del 7-10 aprile 2014 (Doc. VII, n. 261), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 25, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 ottobre 2012, n. 20 (Legge provinciale sull'energia e attuazione dell'articolo 13 della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione della direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2003/30/CE);
   dichiara l'estinzione del processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 14, 15, 18, comma 1, e 37, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri:
  alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività Produttive);
   con lettera in data 10 aprile 2014, Sentenza n. 87 del 7-10 aprile 2014 (Doc. VII, n. 262), con la quale:
   dichiara, l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2 della legge della Regione autonoma Sardegna 21 febbraio 2013, n. 4 (Modifiche all'articolo 1 della legge regionale n. 1 del 2013, all'articolo 2 della legge regionale n. 14 del 2012 e disposizioni concernenti i cantieri comunali), nel testo sia originario, sia come sostituito dall'articolo 1 della legge della Regione autonoma Sardegna 23 aprile 2013, n. 9 (Interventi urgenti in materia di lavoro e nel settore sociale);
   dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla Costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3 della legge della Regione autonoma Sardegna 2 agosto 2013, n. 21 (Sostegno alle povertà e interventi vari):
  alla XI Commissione (Lavoro);
   con lettera in data 10 aprile 2014, Sentenza n. 88 del 7-10 aprile 2014 (Doc. VII, n. 263), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 10, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione), nella parte in cui non prevede la parola «tecnica», dopo le parole «criteri e modalità di attuazione» e prima delle parole «del presente articolo»;
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 12, comma 3, della legge n. 243 del 2012, nella parte in cui prevede che «Il contributo di cui al comma 2 è ripartito tra gli enti di cui al comma 1 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica», anziché «Il contributo di cui al comma 2 è ripartito tra gli enti di cui al comma 1 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni»;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 10, commi 3, 4 e 5, della legge n. 243 del 2012, promosse, in riferimento agli articoli 4, comma 1, numero 1) e numero 1-bis), 48 e seguenti, 52 e 54 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonché all'articolo 9 del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni), agli articoli 42 e seguenti della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 gennaio 2006, n. 1 (Principi e norme fondamentali del sistema Regione-autonomie locali nel Friuli-Venezia Giulia), dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e, in riferimento agli articoli 69 e seguenti, 74, 79, 80, 81 e 104 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), nonché all'articolo 17 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), all'articolo 31 della legge della Provincia autonoma di Trento 14 settembre 1979, n. 7 (Norme in materia di bilancio e di contabilità generale della Provincia autonoma di Trento), all'articolo 25 della legge della Provincia autonoma di Trento 16 giugno 2006, n. 3 (Norme in materia di governo dell'autonomia del Trentino), dalla Provincia autonoma di Trento, nonché, con riferimento all'articolo 1, commi 132, 136, 152 e 156 della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2011) e alla legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione), dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e dalla Provincia autonoma di Trento;
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 10, comma 5, della legge n. 243 del 2012, promossa, in riferimento al principio di leale collaborazione, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e dalla Provincia autonoma di Trento;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 11 e 12 della legge n. 243 del 2012, promosse, in riferimento all'articolo 5, comma 2, lettera c), della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale) e agli articoli 75 e 79, 104 e 109 del decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972, dalla Provincia autonoma di Trento;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 12 della legge n. 243 del 2012, promosse, con riferimento all'articolo 5, comma 2, lettera c), della legge costituzionale n. 1 del 2012, nonché agli articoli 48 e 49, della legge cost. n. 1 del 1963, all'articolo 9 del decreto legislativo n. 9 del 1997, agli articoli 42 e seguenti della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 1 del 2006, all'articolo 1, commi 132, 136, 152 e 156, della legge n. 220 del 2010, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 11, comma 3, della legge n. 243 del 2012, promossa, in riferimento al principio di leale collaborazione, dalla Provincia autonoma di Trento;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, commi 2 e 3, della legge n. 243 del 2012, promosse, dalla Regione autonoma Friuli- Venezia Giulia e dalla Provincia autonoma di Trento:
  alla V Commissione (Bilancio);
   con lettera in data 15 aprile 2014, Sentenza n. 94 del 9-15 aprile 2014 (Doc. VII, n. 266), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 133, comma 1, lettera l), 134, comma 1, lettera c), e 135, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con cognizione estesa al merito, e alla competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Banca d'Italia;
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4, comma 1, numero 17), dell'Allegato 4 al medesimo decreto legislativo n. 104 del 2010, nella parte in cui abroga l'articolo 145, commi da 4 a 8, del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia);
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4, comma 1, numero 19), dell'Allegato 4 al medesimo decreto legislativo n. 104 del 2010, nella parte in cui abroga gli articoli 187-septies, commi da 4 a 8, e 195, commi da 4 a 8, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52):
  alla II Commissione (Giustizia);
   con lettera in data 16 aprile 2014, Sentenza n. 97 del 9-16 aprile 2014 (Doc. VII, n. 267), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 10, comma 1, della legge della regione Umbria 8 febbraio 2013, n. 3 (Norme per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 15 dicembre 2009):
  alla VIII Commissione (Ambiente);
   con lettera in data 16 aprile 2014, Sentenza n. 98 del 9-16 aprile 2014 (Doc. VII, n. 268), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 17-bis, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nel testo originario, anteriore alla sostituzione dello stesso ad opera dell'articolo 1, comma 611, lettera a), numero 1), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014);
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel testo originario, anteriore alle modificazioni ad esso apportate dall'articolo 1, comma 611, lettera a), della legge n. 147 del 2013, sollevate dalla commissione tributaria provinciale di Benevento, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 Cost., e ad altri non precisati parametri, con l'ordinanza iscritta al registro ordinanze n. 153 del 2013, dalla commissione tributaria provinciale di Ravenna, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 Cost., con le ordinanze iscritte al r.o. n. 270 e n. 271 del 2013, nonché dalla commissione tributaria provinciale di Campobasso, in riferimento all'articolo 111, secondo comma, ultimo periodo, Cost., e all'articolo 111 Cost., con le ordinanze iscritte al r.o. n. 146 e n. 147 del 2013;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel testo originario, anteriore alle modificazioni ad esso apportate dall'articolo 1, comma 611, lettera a), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui prevede la mediazione come, ”di fatto, [...] obbligatoria”, sollevate dalla commissione tributaria provinciale di Perugia, in riferimento agli articoli 3, 24 e 25 Cost., con l'ordinanza iscritta al r.o. n. 68 del 2013;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel testo originario, anteriore alle modificazioni ad esso apportate dall'articolo 1, comma 611, lettera a), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui precluderebbe ai contribuenti la tutela cautelare giurisdizionale durante la procedura amministrativa introdotta con il reclamo, sollevate dalle commissioni tributarie provinciali di Perugia e di Campobasso, in riferimento agli articoli 3, 24 e 25 Cost., con le ordinanze, rispettivamente, iscritte al r.o. n. 68 del 2013 e n. 146 e n. 147 del 2013;
   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel testo originario, anteriore alle modificazioni ad esso apportate dall'articolo 1, comma 611, lettera a), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui, nel caso di accoglimento del reclamo, non prevede il ristoro delle spese sostenute dal contribuente per la presentazione dello stesso e per lo svolgimento della successiva procedura amministrativa, sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Campobasso, in riferimento agli articoli 3 e 24 Cost., con le ordinanze iscritte al r.o. n. 146 e n. 147 del 2013;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel testo originario, anteriore alle modificazioni ad esso apportate dall'articolo 1, comma 611, lettera a), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui prevede l'obbligo, per chi intende proporre ricorso avverso atti emessi dall'Agenzia delle entrate e di valore non superiore a ventimila euro, di presentare preliminarmente reclamo, sollevate dalla commissione tributaria provinciale di Campobasso, in riferimento agli articoli 3, 24 e 113 Cost., con le ordinanze iscritte al r.o. n. 146 e n. 147 del 2013;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel testo originario, anteriore alle modificazioni ad esso apportate dall'articolo 1, comma 611, lettera a), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui non prevede che la mediazione sia svolta da un terzo, sollevate dalla commissione tributaria provinciale di Perugia, in riferimento agli articoli 3, 24 e 25 Cost., con l'ordinanza iscritta al r.o. n. 68 del 2013;
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel testo originario, anteriore alle modificazioni ad esso apportate dall'articolo 1, comma 611, lettera a), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui impone al contribuente di indicare nel reclamo le proprie «prospettazioni difensive» e non gli consente di modificarle nell'eventuale successivo giudizio, sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Campobasso, in riferimento all'articolo 24 Cost., con le ordinanze iscritte al r.o. n. 146 e n. 147 del 2013:
  alla II Commissione (Giustizia);
   con lettera in data 18 aprile 2014, Sentenza n. 104 del 14-18 aprile 2014 (Doc. VII, n. 271), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2 e dell'articolo 11 della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 25 febbraio 2013, n. 5 (Modificazioni alla legge regionale 7 giugno 1999, n. 12 recante «Principi e direttive per l'esercizio dell'attività commerciale»);
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 della legge reg. Valle d'Aosta n. 5 del 2013 nella parte in cui esclude dal proprio ambito di applicazione l'attività di commercio su area pubblica;
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 7 della legge reg. Valle d'Aosta n. 5 del 2013 nella parte in cui subordina il rilascio dell'autorizzazione in esso prevista al rispetto degli indirizzi di cui all'articolo 1-bis della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 7 giugno 1999, n. 12 (Principi e direttive per l'esercizio dell'attività commerciale);
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18 della legge reg. Valle d'Aosta n. 5 del 2013 nella parte in cui stabilisce che le disposizioni modificate o inserite da tale legge le quali prevedono sanzioni amministrative si applicano ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore;
   dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 18 della legge reg. Valle d'Aosta n. 5 del 2013, promossa, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3 della legge reg. Valle d'Aosta n. 5 del 2013, promossa, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri:
  alla X Commissione (Attività produttive);
   con lettera in data 18 aprile 2014, Sentenza n. 105 del 14-18 aprile 2014 (Doc. VII, n. 272), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall'articolo 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'articolo 648, secondo comma, cod. pen., sulla recidiva di cui all'articolo 99, quarto comma, cod. pen.:
  alla II Commissione (Giustizia);
   con lettera in data 18 aprile 2014, Sentenza n. 106 del 14-18 aprile 2014 (Doc. VII, n. 273), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall'articolo 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'articolo 609-bis, terzo comma, cod. pen., sulla recidiva di cui all'articolo 99, quarto comma, cod. pen.:
  alla II Commissione (Giustizia);
   con lettera in data 18 aprile 2014, Sentenza n. 107 del 14-18 aprile 2014 (Doc. VII, n. 274), con la quale:
   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 3, della legge della regione Veneto 23 aprile 2013, n. 6 (Iniziative per la gestione della fauna selvatica nel territorio regionale precluso all'esercizio della attività venatoria), limitatamente alle parole «e i cacciatori residenti nei relativi ambiti territoriali di caccia e comprensori alpini e abilitati ai sensi dell'articolo 15 della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50»;
   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1 e 2, della legge della regione Veneto n. 6 del 2013, promosse, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri:
  alla XIII Commissione (Agricoltura).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 15 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Centro internazionale di studi di architettura «Andrea Palladio» (CISA), per l'esercizio 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 135).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 15 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione Casa Buonarroti, per gli esercizi 2011 e 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 136).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 15 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di studi verdiani, per l'esercizio 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 137).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 15 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di alta matematica «Franceso Severi» (INDAM), per l'esercizio 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 138).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 17 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione Museo nazionale della scienza e della tecnologia «Leonardo da Vinci», per l'esercizio 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 139).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 17 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della fondazione Istituto nazionale di studi sul Rinascimento, per gli esercizi 2011 e 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 140).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 17 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della CONSAP – Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa, per l'esercizio 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 141).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 17 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Rete autostrade mediterranee Spa, per gli esercizi 2011 e 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 142).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 17 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, per l'esercizio 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 143).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 22 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato Spa, per gli esercizi 2011 e 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 144).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissioni dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettere del 15 e del 16 aprile 2014, ha trasmesso due note relative all'attuazione data all'ordine del giorno RIBAUDO n. 9/1865-A/249, concernente la destinazione di risorse all'integrazione del trattamento economico accessorio del personale della Direzione Investigativa Antimafia e, per la parte di propria competenza, all'ordine del giorno RIZZO n. 9/1865-A/80, riguardante la retribuzione delle prestazioni lavorative rese nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale per gli appartenenti alle Forze di polizia ed alle Forze armate, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 20 dicembre 2013.

  Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Trasmissione dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

  Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera del 17 aprile 2014, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data agli ordini del giorno BALDASSARRE ed altri n. 9/1248-AR/13 e ROSTELLATO ed altri n. 9/1248-AR/14, concernenti l'effettiva operatività del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), e ZAPPULLA ed altri n. 9/1248-AR/139, riguardante il monitoraggio degli effetti applicativi delle norme di semplificazione degli adempimenti in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 24 luglio 2013.

  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro) competente per materia.

Trasmissioni dal Ministro dello sviluppo economico.

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettere del 23 aprile 2014, ha trasmesso due note relative all'attuazione data, per la parte di propria competenza, alle mozioni Giancarlo GIORDANO ed altri n. 1/00186, accolta dal Governo ed approvata dall'Assemblea nella seduta del 18 settembre 2013, concernente iniziative in ordine alla crisi di Irisbus Bredamenarini bus, anche in relazione alla situazione del trasporto pubblico locale, e BENAMATI ed altri n. 1/00308, accolta dal Governo ed approvata dall'Assemblea nella seduta del 14 gennaio 2014, riguardante iniziative volte alla salvaguardia dell'interesse nazionale in relazione agli assetti proprietari di aziende di rilevanza strategica per l'economia italiana.

  Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla X Commissione (Attività produttive) competente per materia.

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 24 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un visto di circolazione e che modifica la Convenzione d'applicazione dell'accordo di Schengen e i regolamenti (CE) n. 562/2006 e (CE) n. 767/2008 (COM(2014) 163 final).
  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione dell'avvio di procedure d'infrazione.

  Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 24 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, le seguenti comunicazioni concernenti l'avvio di procedure d'infrazione, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, notificate in data 22 aprile 2014, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni, nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   comunicazione relativa alla procedura d'infrazione n. 2014/4011, avviata per violazione del diritto dell'Unione in relazione all'affidamento dei lavori di costruzione e gestione dell'autostrada Civitavecchia-Livorno – alla VIII Commissione (Ambiente);
   comunicazione relativa alla procedura d'infrazione n. 2014/4128, avviata per violazione del diritto dell'Unione in relazione alle norme sulla formazione delle squadre nelle competizioni sportive organizzate dalla Federazione italiana pallacanestro – alla VII Commissione (Cultura).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettera in data 18 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Arzano (Napoli), Cassolnovo (Pavia) e Monte San Pietrangeli (Fermo).
  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dal difensore civico della regione Liguria.

  Il difensore civico della regione Liguria, con lettera in data 31 marzo 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta dallo stesso difensore civico nell'anno 2013 (Doc. CXXVIII, n. 20).
  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 20 MARZO 2014, N. 36, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI DISCIPLINA DEGLI STUPEFACENTI E SOSTANZE PSICOTROPE, PREVENZIONE, CURA E RIABILITAZIONE DEI RELATIVI STATI DI TOSSICODIPENDENZA, DI CUI AL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9 OTTOBRE 1990, N. 309, NONCHÉ DI IMPIEGO DI MEDICINALI MENO ONEROSI DA PARTE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE (A.C. 2215-A/R)

A.C. 2215-A/R – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante «Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990; n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale», interviene a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies-ter del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49 (cd. legge Fini-Giovanardi);
    dalla pronuncia è conseguita la reviviscenza delle disposizioni del Testo unico sugli stupefacenti, in vigore prima dell'entrata in vigore della legge n. 49 del 106 (cd. legge Iervolino-Vassalli);
    l'efficacia della normativa previgente, caratterizzata da pene più miti, ha determinato un abbassamento di due terzi della pena edittale per le violazioni relative alle sostanze cosiddette «leggere»;
    dalla pena della reclusione da sei a venti anni, si è infatti tornati alla pena previgente, in relazione a tali sostanze, della reclusione da due a sei anni;
    la rideterminazione della pena per i condannati che oggi si trovano a scontare una pena più grave rispetto a quella prevista dalla normativa «reviviscente» a seguito di incostituzionalità di norme caducate – doverosa in ossequio al principio del «favor rei» – è rimessa, in base alle motivazioni della sentenza citata, al giudice comune;
    mentre l'articolo 673 del codice di procedura penale disciplina il caso degli effetti sulle sentenze di condanna e sui decreti penali, laddove venga in una fase successiva abrogata o dichiarata l'illegittimità costituzionale delle norme incriminatrici (abolitio criminis), nulla è previsto nel codice di rito, o in norme extra codice, in relazione agli effetti, sugli stessi atti, nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma applicata per la determinazione della pena, dunque in relazione al solo trattamento sanzionatorio, con reviviscenza di norme più favorevoli al reo;
    stante tale grave lacuna, il caso è stato regolato sinora solo sulla base degli orientamenti giurisprudenziali, con il rischio di lasciare inattuato il principio del favor rei, anche per le lungaggini dovute all'ingolfamento dei tribunali conseguente ai numerosi incidenti di esecuzione sollevati in relazione alle richiesta di rideterminazione delle pene,

impegna il Governo

a intervenire a livello normativo per introdurre nel codice di procedura penale la disciplina degli effetti sulle sentenze di condanna e sui decreti penali nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma applicata per la determinazione della pena, con reviviscenza di norme più favorevoli al reo, in particolare prevedendo che il giudice dell'esecuzione provveda determinando la pena in misura inferiore.
9/2215-AR/1Sannicandro, Migliore, Daniele Farina, Nicchi, Paglia, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante «Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale», all'articolo 1, comma 4, modifica l'articolo 26 del Testo Unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 in tema di coltivazione delle piante previste nelle Tabelle I e II;
    nella Tabella II è indicata la cannabis indica;
    ogni giorno decine di milioni di consumatori in Europa devono acquistare la canapa che consumano, anche a fini terapeutici, ad organizzazioni più o meno criminali, con conseguenze sanitarie, sociali ed economiche catastrofiche;
    in Parlamento giacciono diverse proposte di legge che sulla legalizzazione della canapa;
    i Cannabis social club (CSC), associazioni non-profit operanti legalmente in Spagna e in Belgio – e a breve anche in Francia, Slovenia e nella Repubblica Ceca – organizzano la produzione di una limitata quantità di cannabis per uso personale dei loro membri come alternativa al mercato illegale;
    in particolare, in Spagna è possibile associarsi ad un Cannabis Social Club per poter coltivare fino a tre piante ed avere accesso, per uso personale, alla cannabis;
    il Portogallo, con regole analoghe, ha già registrato un calo netto dell'uso di stupefacenti, depenalizzandolo e prevedendo altresì percorsi di recupero;
    nei Cannabis social club (CSC) la cannabis viene coltivata secondo standard di salute e sicurezza; la distribuzione avviene secondo un criterio guida di prevenzione contro l'uso personale irresponsabile. L'intera dinamica nella quale essi operano è trasparente per i membri dei club, nonché per le autorità;
    i membri dei CSC si impegnano a non vendere cannabis e a non incitare altre persone al consumo, soprattutto se minorenni,

impegna il Governo

a prevedere nel nostro ordinamento la regolamentazione di associazioni che, in generale, abbiano la natura di Cannabis Social Club, con particolare riguardo a quelle composte da pazienti aventi come scopo l'uso terapeutico della cannabis.
9/2215-AR/2Daniele Farina, Migliore, Nicchi, Piazzoni, Sannicandro, Paglia, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame:
     fa seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 12 febbraio 2014, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies-ter del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla lesse 21 .febbraio 2006, n. 49. «in riferimento all'articolo 77, secondo comma della Costituzione per difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte nella legge di conversione» in quanto, detti articoli, introdotti in sede di conversione del decreto «In difetto del necessario legame logico-giuridico, richiesto dall'articolo 77, secondo comma, della Costituzione per «l'assenza di ogni nesso di interrelazione funzionale tra le disposizioni impugnate e le originarie disposizioni del decreto-legge» devono ritenersi adottati in carenza dei presupposti per il legittimo esercizio del potere legislativo di conversione e perciò costituzionalmente illegittimi, integrando con ciò un vizio procedurale;
     ripristina, con qualche modificazione, la disciplina normativa vigente alla data di pubblicazione della sentenza (ad eccezione di quella relativa all'apparato sanzionatorio, che resta pertanto quello risultante a seguito della richiamata sentenza della Corte costituzionale), facendo salvi gli effetti degli atti amministrativi adottati in vigenza della stessa;
    la peculiarità dell'intervento normativo avrebbe reso estremamente utili sia l'analisi di impatto della regolamentazione (AIR) sia, soprattutto, l'analisi tecnico-normativa (ATN);
    l'assenza di tali relazioni non viene in alcun modo giustificata né si fa riferimento all'esenzione evidentemente disposta, in difformità da quanto statuito dall'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 170 del 2008;
    queste mancanze appaiono particolarmente gravi in presenza di un testo che reintroduce nell'ordinamento, con qualche variante, disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, e che quindi hanno già trovato applicazione per otto anni;
    in particolare, l'analisi tecnico-normativa avrebbe potuto e dovuto chiarire l'impatto sull'ordinamento dell'articolo 2, il quale dispone che «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto continuano a produrre effetti gli atti amministrativi adottati sino alla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 12 febbraio 2014», individuando così una data di decorrenza (il 21 marzo, giorno di entrata in vigore del decreto-legge) che sembra segnare una cesura temporale rispetto alla data di efficacia della sentenza della Corte costituzionale (6 marzo) e che potrebbe apparire contraddetta dall'uso dell'espressione «continuano a produrre effetti»;
    la relazione per l'analisi tecnico-normativa avrebbe potuto e dovuto sciogliere tali dubbi interpretativi, delineando il quadro in cui si inserisce il decreto-legge, con specifico riguardo alla salvaguardia dei numerosi provvedimenti emanati in attuazione della disciplina ora richiamata in vigore, cui la relazione illustrativa accenna in via molto generale e che l'ATN avrebbe potuto illustrare nel dettaglio;
    l'assenza delle relazioni e la mancanza di ogni riferimento a tale assenza non possono trovare nessuna giustificazione connessa con l'urgenza: il contenuto della sentenza era infatti noto dal 12 febbraio ed è per di più intercorsa quasi una settimana tra l'approvazione del decreto in Consiglio dei ministri (14 marzo) e l'emanazione (20 marzo);
    risulta in corso di emanazione ormai da molto tempo un nuovo regolamento in materia di AIR e VIR (verifica di impatto della regolazione), sul quale è stata svolta una consultazione pubblica nell'aprile dell'anno scorso e che contiene tra l'altro un modello semplificato di AIR per i decreti-legge;
    nella lunghissima attesa dell'emanazione del nuovo regolamento, il problema si è ulteriormente acuito, dal momento che nella legislatura in corso tutte le decisioni legislative sono state assunte – eccettuate la legge di stabilità, la legge europea e le leggi di delegazione – con lo strumento del decreto-legge;

impegna il Governo:

   a dare piena attuazione alla vigente disciplina in materia di AIR, con particolare riguardo a quanto disposto dall'articolo 9, comma 3 del regolamento di cui al DPCM n. 170 del 2008, in base al quale, quando sia disposta l'esenzione dall'obbligo di redazione dell'AIR, «la relazione illustrativa che accompagna il provvedimento contiene il riferimento alla disposta esenzione e alle sue ragioni giustificative e indica sinteticamente la necessità ed i previsti effetti dell'intervento normativo sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull'organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni, dando conto della eventuale comparazione di opzioni regolatorie alternative»;
   ad informare il Parlamento in ordine alle prospettive di riforma della vigente disciplina in materia di AIR e di VIR, dal momento che la bozza di nuovo regolamento è in cantiere da almeno due anni ed è stata sottoposta sia ad una consultazione di esperti sia ad una consultazione pubblica.
9/2215-AR/3Taglialatela, Balduzzi, Businarolo, Cicu, Fabbri, Giorgis, Gianluca Pini, Sannicandro, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha anche ad oggetto l'impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale;
    a tal fine viene introdotto, all'articolo 1 del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, un nuovo comma 4-bis, regolante la possibilità di erogazione da parte del S.S.N. di un medicinale per un'indicazione terapeutica diversa da quella per il quale è registrato;
    la materia in oggetto presenta profili di particolare delicatezza, in ragione della necessità di garantire, da un lato, la sostenibilità economica del S.S.N., dall'altro la salute dei pazienti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare, per quanto di competenza, iniziative legislative o regolamentari, affinché la valutazione dell'AIFA, di cui al citato comma 4-bis, sia compiuta sulla base di due chiari parametri: quello dell'economicità del trattamento per il S.S.N. e quello della conformità a ricerche condotte nell'ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale ovvero a sperimentazioni condotte secondo le linee guida dell'Unione europea di buona pratica clinica vigenti;
   a valutare l'opportunità di adottare, per quanto di competenza, iniziative legislative o regolamentari, con le quali sia espressamente previsto che il procedimento di cui al citato comma 4-bis possa essere iniziato d'ufficio dell'AIFA o ad istanza di associazioni di malati, società scientifiche, aziende sanitarie, università, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico;
   a valutare l'opportunità di adottare, per quanto di competenza, iniziative legislative o regolamentari, affinché, in caso di valutazione positiva dell'AIFA rispetto all'uso per un'indicazione terapeutica diversa da quella per il quale è registrato, l'AIFA emetta un'espressa «dichiarazione di pubblico interesse»;
   a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a porre al vaglio della Corte dei conti le deliberazioni dell'AIFA, ai sensi del comma 4-bis, idonee a consentire l'erogazione del medicinale a carico del Servizio Sanitario Nazionale, per la relativa registrazione.
9/2215-AR/4Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia l'uso terapeutico dei cannabinoidi è lecito e regolamentato, anche se mal regolamentato. La procedura per accedere ai farmaci è alquanto complessa, e il costo del trattamento è sostanzialmente a carico dei pazienti;
    diverse regioni hanno così deciso di intervenire per consentire il rimborso dei farmaci a carico del Servizio sanitario regionale, e regolarne la prescrizione. Ultima in ordine di tempo, la regione Abruzzo, che con la legge regionale n. 4 del 2014, ha regolamentato l'utilizzo della cannabis a scopo terapeutico con oneri a carico del Sistema sanitario regionale;
    da valutare positivamente la decisione del 7 marzo scorso del Governo attuale, di non impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale la legge regionale abruzzese, perché se a livello nazionale la legge riconosce la legalità della cannabis per uso terapeutico, i precedenti governi, fino a quello tecnico di Mario Monti, avevano sempre impugnato le leggi regionali che avrebbero voluto regolamentare la materia;
    è ormai provata scientificamente l'efficacia terapeutica dei cannabinoidi nel trattamento di numerose patologie, nonché la loro capacità di consentire la riduzione dei dosaggi degli analgesici oppiacei, quali la morfina, necessari a diminuire il dolore ai malati oncologici sottoposti a trattamenti cronici, evitando così i pesanti effetti collaterali legati all'assunzione prolungata dei suddetti oppiacei;
    nonostante quanto suesposto, in Italia non si può coltivare la cannabis per fini terapeutici, I farmaci quindi, devono essere importati dall'estero, e i medici che decidono di sottoporre i propri pazienti a una terapia farmacologica con derivati della cannabis indica, possono richiederne l'importazione all'Ufficio centrale stupefacenti del Ministero della salute, oppure possono utilizzare le preparazioni magistrali fatte dalle farmacie. Peraltro l'articolo 5 del decreto del Ministero della Salute dell'11 febbraio 1997, stabilisce che relativamente all'acquisto di questi farmaci, «l'onere della spesa (...) non deve essere imputato a fondi pubblici, tranne il caso in cui l'acquisto medesimo venga richiesto da una struttura ospedaliera per l'impiego in ambito ospedaliero»;
    in assenza di una specifica normativa statale, i costi spesso molto elevati dei farmaci che vengono importati dall'estero finiscono per ricadere sulle regioni, comprese quelle che hanno legiferato sull'utilizzo della cannabis a scopo terapeutico prevedendone i relativi oneri a carico del Sistema sanitario regionale, e che proprio per gli alti costi dei farmaci importati, hanno difficoltà a garantirne la gratuità di detti farmaci;
    in Italia vi sono solamente due centri autorizzati a coltivare la cannabis a scopo sperimentale: l'istituto chimico farmaceutico militare di Firenze e il centro di ricerca per le colture industriali di Rovigo. Ma nessuno dei due può fornire la materia prima alle aziende farmaceutiche perché in Italia è vietato;
    è quindi necessario rivedere la normativa vigente al fine rendere possibile anche nel nostro Paese la coltivazione della materia prima anche in Italia a fini terapeutici, invece di continuare a importare i farmaci dall'estero a costi elevatissimi,

impegna il Governo

ad avviare le opportune iniziative legislative volte a consentire nel nostro Paese la coltivazione della cannabis indica, la cui produzione è finalizzata a soddisfare il fabbisogno nazionale di preparati medicinali e per uso terapeutico, individuando a tal fine le aree più idonee alla suddetta coltivazione, e i requisiti degli stabilimenti farmaceutici abilitati alla acquisizione e alla lavorazione dei prodotti delle suddette coltivazioni ai fini dello sviluppo dei medicinali, prendendo in considerazione la possibilità più immediata, di consentire allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze – previo Protocollo tra Ministero della difesa e Ministero della salute – di produrre medicinali cannabinoidi per i pazienti italiani.
9/2215-AR/5Nicchi, Piazzoni, Daniele Farina, Aiello, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    la normativa vigente in materia di medicinali omeopatici deriva dal nuovo Codice Europeo (Capo II decreto legislativo n. 219 del 2006) e dalle modifiche introdotte con il decreto legislativo 29 dicembre 2007, n. 274 (Gazzetta Ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2008);
    per medicinale omeopatico si intende ogni medicinale ottenuto a partire da sostanze denominate materiali di partenza per preparazioni omeopatiche o ceppi omeopatici, secondo un processo di produzione omeopatico descritto dalla farmacopea europea o, in assenza di tale descrizione, dalle farmacopee utilizzate ufficialmente negli Stati membri della Comunità europea;
    l'autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale omeopatico è rilasciata con procedura semplificata di registrazione se il medicinale:
   a) è destinato ad essere somministrato per via orale od esterna;
   b) non reca specifiche indicazioni terapeutiche sull'etichetta o tra le informazioni di qualunque tipo che si riferiscono al prodotto;
   c) ha un grado di diluizione tale da garantire la sicurezza; in ogni caso il medicinale non può contenere più di una parte per diecimila di tintura madre, né più di 1/100 della più piccola dose eventualmente utilizzata nell'allopatia per le sostanze attive la cui presenza in un medicinale allopatico comporta l'obbligo di presentare una ricetta medica;
    i medicinali omeopatici presenti sul mercato italiano alla data del 6 giugno 1995 sono soggetti alla procedura semplificata di registrazione prevista dagli articoli 16 e 17 del Codice Europeo, anche quando non abbiano le caratteristiche di cui alle lettere a) e c);
    la suddetta procedura di registrazione prevede, in particolare, che dopo il 31 dicembre 2015 solo i medicinali omeopatici in possesso di un numero AIC e di un formale provvedimento autorizzativo potranno continuare ad essere commercializzati sul territorio italiano;
    nella Gazzetta Ufficiale del 15 marzo 2014 sono state pubblicate le nuove tariffe che le aziende omeopatiche saranno tenute a pagare per la registrazione;
    le suddette tariffe sono state tuttavia aumentate di circa 700 volte e le cifre che le aziende dovranno versare all'atto della presentazione della domanda, secondo un calcolo fatto dall'ALFA, potranno aggirarsi fino anche a più di 20.000 euro per ogni medicinale omeopatico unitario;
    avverso il suddetto decreto è stato proposto dalle aziende produttrici ricorso al Tar Lazio, che lo ha annullato, in quanto l'aumento delle tariffe superava il 10 per cento concesso, e peraltro avveniva attraverso una riclassificazione delle categorie degli stessi medicinali omeopatici;
    da notizie provenienti dagli organi di stampa si apprende che l'AIFA intenderebbe procedere a innalzare nuovamente le tariffe di registrazione dei medicinali omeopatici secondo la procedura semplificata;
    il mercato delle aziende produttrici di farmaci omeopatici è composto PMI, che hanno tutte delle produzioni piuttosto limitate. Si calcola, in particolare il 95 per cento dei medicinali omeopatici unitari in commercio viene venduto in lotti inferiori ai 5000 pezzi all'anno, a volte in solo poche decine di pezzi. Ne deriva che i ricavi, in questi casi, non sono nemmeno sufficienti a coprire le spese di produzione;
    la conseguenza dell'innalzamento di tali costi di registrazione sarà l'eliminazione dal mercato italiano della grande maggioranza delle aziende produttrici, con la sopravvivenza delle sole aziende più grandi, con conseguente impoverimento dell'offerta di medicinali omeopatici presenti nel nostro Paese; le grandi aziende produttrici, infatti, hanno una produzione che per il 90 per cento riguarda farmaci da banco;
    il suddetto innalzamento rischierebbe dunque, di far scomparire l'omeopatia in Italia, oltre ad avere conseguenze drammatiche sul fronte occupazionale;
    l'innalzamento delle tariffe potrebbe non tradursi, necessariamente, in un aumento del gettito; la scomparsa di molti medicinali dal mercato, a causa della mancata convenienza economica alla loro produzione, potrebbe addirittura tradursi in una riduzione del gettito,

impegna il Governo

ad intraprendere iniziative per evitare che un settore così importante per la medicina alternativa sia danneggiato dal probabile futuro innalzamento delle tariffe di registrazione in forma semplificata dei medicinali omeopatici.
9/2215-AR/6Boccadutri, Piazzoni, Aiello.


   La Camera,
   premesso che:
    con la disposizione del decreto-legge in esame a attraverso l'introduzione dell'articolo 1, comma 24-ter, si è previsto un ulteriore depotenziamento della sanzione prevista dall'articolo 73, comma 5 del testo unico in materia di stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), giacché la pena edittale massima prevista è stata ridotta a quattro anni con la conseguenza che coloro che si macchieranno di detti crimini, e stante l'introduzione del nuovo istituto della «messa alla prova», non potrà essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere per detto reato né saranno incentivati al recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, così da non consentire, sia l'aumento della criminalità che un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    da tempo gli organici delle forze di polizia risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie all'Arma dei carabinieri così da consentire, attraverso l'aumento delle piante organiche o comunque la piena copertura delle esistenti, un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/2215-AR/7Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua il depotenziamento delle misure atte a contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti, atteso che si è proceduto ad un forte indebolimento di dette misure poiché si è prevista la soppressione della distinzione tra droghe «leggere» e «pesanti»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa anche al fine di ripristinare anche attraverso provvedimenti emergenziali, la previgente normativa «cosiddetta Fini-Giovanardi» che sanzionava in modo adeguato le condotte illecite.
9/2215-AR/8Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame attraverso l'introduzione dell'articolo 1, comma 24-ter, si è previsto un ulteriore depotenziamento della sanzione prevista dall'articolo 73, comma 5, del testo unico in materia di stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), giacché la pena edittale massima prevista è stata ridotta a quattro anni con la conseguenza che coloro che si macchieranno di detti crimini, e stante l'introduzione del nuovo istituto della «messa alla prova» non potranno né essere arrestati (misura della custodia cautelare in carcere) per detto reato, né saranno incentivati al recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, anche al fine di ripristinare anche attraverso provvedimenti emergenziali la misura previgente, e nello specifico quella della pena edittale massima pari ad anni sei di reclusione, al fine, da un lato, di consentire l'eventuale misura cautelare in carcere, ma consentendo in questo modo, stante «l'impianto normativo», l'effettiva dissuasione a commettere altri reati e, di fatto, incentivando il recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza.
9/2215-AR/9Matteo Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in parola attraverso l'introduzione dell'articolo 1, comma 24-ter, si è previsto un ulteriore depotenziamento della sanzione prevista dall'articolo 73, comma 5, del testo unico in materia di stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), giacché la pena edittale massima prevista è stata ridotta a quattro anni con la conseguenza che coloro che si macchieranno di detti crimini, e stante l'introduzione del nuovo istituto della «messa alla prova», non potrà essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere per detto reato né saranno incentivati al recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, così da non consentire, sia l'aumento della criminalità che un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    da tempo gli organici delle forze di polizia risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie alla polizia di Stato così da consentire, attraverso l'aumento delle piante organiche o comunque la piena copertura delle esistenti, un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/2215-AR/10Buonanno.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in parola attraverso l'introduzione dell'articolo 1, comma 24-ter, si è previsto un ulteriore depotenziamento della sanzione prevista dall'articolo 73, comma 5, del testo unico in materia di stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), giacché la pena edittale massima prevista è stata ridotta a quattro anni con la conseguenza che coloro che si macchieranno di detti crimini, e stante l'introduzione del nuovo istituto della «messa alla prova», non potrà essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere per detto reato né saranno incentivati al recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, così da non consentire, sia l'aumento della criminalità che un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    da tempo gli organici delle forze di polizia risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche con la modifica del patto di stabilità interno, per destinare ulteriori risorse finanziarie affinché si consenta alle amministrazioni comunali di far fronte ad un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge, attraverso una maggiore dotazione di mezzi destinati ai propri corpi di polizia.
9/2215-AR/11Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in parola di fatto si attua il depotenziamento delle misure atte a contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti, atteso che si è proceduto ad un forte indebolimento di dette misure poiché si è prevista la soppressione della distinzione tra droghe «leggere» e «pesanti»;
     appare opportuno prevedere delle misure specifiche per i cittadini extracomunitari che si macchiano dei reati di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, anche al fine di non gravare sulle ridotte risorse pubbliche destinate al settore,

impegna il Governo

a considerare la necessità di incidere ulteriormente sviluppando e intensificando la politica di sottoscrizione di accordi bilaterali o multilaterali con i Paesi di provenienza dei rei stranieri, al fine di consentire che i medesimi siano con immediatezza rimpatriati a scontare la pena nel loro Paese di origine e di informare il Parlamento entro sei mesi dall'approvazione del presente provvedimento dello stato di avanzamento degli accordi bilaterali/multilaterali in parola.
9/2215-AR/12Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in parola di fatto si attua il depotenziamento delle misure atte a contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti, atteso che si è proceduto ad un forte indebolimento di dette misure poiché si è prevista la soppressione della distinzione tra droghe «leggere» e «pesanti»;
    l'attuale formulazione introdotta all'articolo 1, comma 24-ter, lettera b), dispone i suoi effetti solo qualora non debba concedersi l'applicazione della sospensione condizionale della pena, e quindi quando vi sia la probabilità che il reo possa commettere ulteriori reati anche della stessa indole, ed altresì la norma non pone delle limitazioni alla concessione del lavoro di pubblica utilità,

impegna il Governo

ad adottare un provvedimento, anche a carattere di urgenza, che introduca la limitazione all'accesso al procedimento con messa alla prova a coloro che sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99 del codice di procedura penale.
9/2215-AR/13Fedriga.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, nella ricerca di colmare un vuoto normativo, è andato sicuramente oltre quanto i cittadini si aspettassero per la propria sicurezza;
    come rimarcato nel corso delle audizioni svolte in Commissione «non esistono droghe leggere e pesanti, ma una dipendenza più o meno radicata che richiede un serio percorso di recupero. La pericolosità delle singole sostanze, infatti, è determinata non solo dal tipo di sostanza, ma dalla modalità, quantità e frequenza di assunzione»;
    il dato circa la potenziale pericolosità e dipendenza: la percentuale di THC presente nell'hashish e nella marijuana in commercio più di vent'anni fa era decisamente più bassa rispetto a quella che oggi possiamo trovare. Le percentuali sono variate dal 5-10 per cento agli attuali 40-50 per cento,

impegna il Governo

a valutare, alla luce di quanto esposto in premessa, gli effetti applicativi della normativa al fine di adottare ulteriori iniziative volte a prevedere una differenziazione dei tipi di THC presenti nell'hashish e nella marijuana e destinando quelli con la percentuale superiore al 4 per cento per quanto riguarda le infiorescenze ed il 12 per cento per quanto riguarda le sostanze resinose, nella tabella delle droghe pesanti.
9/2215-AR/14Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, all'articolo 3 ha un intento sicuramente apprezzabile, essendo diretto a dare una prima risposta all'evidente carenza normativa posta in luce dalla vicenda che ha portato l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ad infliggere una sanzione ad alcune note aziende farmaceutiche per un'intesa restrittiva della concorrenza che ha comportato oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche;
    il danno procurato alle casse dell'erario da quanto messo in atto dalle case farmaceutiche nel caso divenuto di dominio pubblico nei mesi scorsi è di rilevate entità;
    la mancata concorrenza potrebbe manifestarsi o essere già presente in numerosi altri casi,

impegna il Governo:

a predisporre uno studio approfondito sui costi dei farmaci presenti sul mercato nazionale ed a riferirne alle Commissioni permanenti entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
9/2215-AR/15Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, all'articolo 3 ha un intento sicuramente apprezzabile, essendo diretto a dare una prima risposta all'evidente carenza normativa posta in luce dalla vicenda che ha portato l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ad infliggere una sanzione ad alcune note aziende farmaceutiche per un'intesa restrittiva della concorrenza che ha comportato oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche;
    il danno procurato alle casse dell'erario da quanto messo in atto dalle case farmaceutiche nel caso divenuto di dominio pubblico nei mesi scorsi è di rilevate entità;
    il controllo sul completo raggiungimento degli obbiettivi che il disegno di legge si propone appare indispensabile,

impegna il Governo:

a riferire alle Commissioni competenti entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente provvedimento sul pieno raggiungimento degli obbiettivi di rispetto della concorrenza e salvaguardia delle risorse pubbliche in merito ai farmaci oggetto dell'indagine dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
9/2215-AR/16Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge, nella ricerca di colmare un vuoto normativo è andato sicuramente oltre quanto i cittadini si aspettassero per la propria sicurezza;
    la decadenza del principio dell'equiparazione tra le droghe cosiddette leggere e le droghe pesanti ripropone il nascere di un importante allarme sociale;
    le comunità di recupero sono in prima linea per il sostegno e l'aiuto di soggetti in difficoltà e delle loro famiglie;
    le risorse per il mantenimento delle attività e delle strutture sono sempre limitati;

impegna il Governo:

a prevedere, attraverso apposito decreto, l'esenzione per le comunità di recupero dei tossicodipendenti della TASI per quanto riguarda tutte le attività collegate alla gestione delle strutture.
9/2215-AR/17Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, nella ricerca di colmare un vuoto normativo è andato sicuramente oltre quanto i cittadini si aspettassero per la propria sicurezza;
    la decadenza del principio dell'equiparazione tra le droghe cosiddette leggere e le droghe pesanti ripropone il nascere di un importante allarme sociale;
    le comunità di recupero sono in prima linea per il sostegno e l'aiuto di soggetti in difficoltà e delle loro famiglie,

impegna il Governo:

a reperire risorse finanziarie da destinare al sostegno delle attività delle comunità di recupero affinché possano implementare le proprie possibilità di intervento alla luce del prevedibile incremento di ospiti nelle proprie strutture.
9/2215-AR/18Marcolin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 36 del 20 marzo 2014 introduce una importante novità in materia di farmaci off label, cioè quelli fuori indicazione il cui impiego rappresenta un risparmio per il Ssn, pur essendo di uguale efficacia terapeutica, consentendo una razionalizzazione della spesa farmaceutica con evidenti effetti positivi;
    a fronte di farmaci che possono essere impiegati pur presentando un'iniziale indicazione per malattie diverse, l'AIFA può quindi richiedere una sperimentazione che consenta di utilizzare efficacemente entrambi i farmaci, con la maggiore sicurezza possibile per i pazienti ed un minore costo per il SSN;
    la norma interviene dopo lo scandalo Roche-Novartis, i colossi del farmaco che davanti ad alcune patologie dell'occhio si erano accordati per proibire l’Avastin e promuovere al suo posto, il Lucentis, molto più caro. L'attuale Decreto prevede che l'Aifa possa autonomamente fare sperimentazioni sui farmaci da utilizzare off-label, per accelerare e semplificarne l'accesso con piena garanzia per i pazienti. L'Aifa può quindi avviare anche d'ufficio sperimentazioni su farmaci da utilizzare off-label e può iscriverli provvisoriamente nell'elenco dei farmaci off-label autorizzati, se ciò avviene anche in altri Paesi;
    la tutela del diritto alla salute per tutti i cittadini attraverso un accesso alle cure, che sia gratuito per gli indigenti e rispetti la libertà delle loro scelte, garantito dall'articolo 32 della nostra Costituzione, non esime tuttavia lo Stato, o la regione, dal verificare la qualità di ciò che autorizzano e di cui si fanno carico sul piano economico, a cominciare dai livelli essenziali di assistenza (LEA). Diritti e doveri riguardano in modo analogo sia i cittadini che lo Stato, ognuno per quanto di sua competenza e lo Stato ha l'obbligo di verificare che qualità abbiano i servizi richiesti dai cittadini e quelli da lui offerti;
    l'alleanza terapeutica tra medico e paziente si fonda infatti sul consenso debitamente informato che il paziente dà al trattamento che gli viene proposto, ma se il consenso viene acquisito senza corretta informazione, non può essere considerato valido. Non a caso il consenso informato del paziente è un requisito irrinunciabile per ottenere, solo successivamente, il consenso del Comitato etico alla sperimentazione. I casi recentemente presi in considerazione, da quello Stamina a quello dell'Avastin-Lucentis avevano alla base una informazione parziale, distorta e potenzialmente lesiva per il paziente;
    il decreto 5 dicembre 2006 dell'allora Ministro della sanità, Livia Turco, specificava i casi in cui era ammessa l'utilizzazione di medicinali per terapia cellulare somatica privi dell'autorizzazione in commercio prevista per i medicinali industriali. Venivano, cioè, concesse, in mancanza di valida alternativa terapeutica, alcune deroghe alla normale procedura per quanto riguarda l'immissione in commercio dei farmaci;
    il Regolamento europeo sui medicinali per terapie avanzate, del novembre 2007, contiene norme specifiche sull'autorizzazione, la supervisione e la farmacovigilanza relativa a tale tipologia di medicinali, stabilendo che la produzione di questi medicinali debba essere «autorizzata dall'autorità competente», che in Italia è rappresentata dall'AIFA;
    si ricorda che, per il caso Stamina, in data 8 e 9 maggio 2012 i NAS di Torino, coadiuvati da ispettori dell'AlFA, effettuavano su delega della procura della Repubblica torinese un sopralluogo ispettivo di accertamento e acquisizione di documentazione presso l'Azienda ospedaliera di Brescia. Dopo l'accertamento, il Direttore generale dell'AlFA preannunciava l'intenzione di emettere un'ordinanza inibitoria delle attività di trattamento presso gli Spedali Civili di Brescia e il ministero il 16 maggio 2013 disponeva un'indagine tecnico-amministrativa con relativa visita ispettiva presso l'Azienda ospedaliera di Brescia, da effettuarsi in collaborazione con l'Assessorato alla sanità della Regione Lombardia per verificare la regolarità delle procedure seguite sotto il profilo tecnico e amministrativo nel rapporto tra l'Azienda e Stamina Foundation;
    gli ispettori accertavano che la terapia cellulare effettuata non era riconducibile alla normativa sulla sperimentazione clinica dei medicinali; veniva confermato che il laboratorio dell'Azienda ospedaliera non aveva l'esperienza necessaria per la preparazione di medicinali per terapia cellulare somatica, avendo svolto fino ad allora solo attività di manipolazione di cellule staminali emopoietiche a fine di trapianto, sottoposta ad altra normativa;
    nonostante le molteplici irregolarità riscontrate presso l'Azienda ospedaliera di Brescia e nonostante la piena vigenza della ordinanza dell'AIFA che inibiva la continuazione delle attività, nei mesi successivi numerosi tribunali hanno accolto richieste di malati o loro legali rappresentanti dirette ad ottenere il trattamento secondo il protocollo Stamina. Tali pronunce imponevano all'Ospedale di Brescia di iniziare o proseguire un trattamento disapplicando l'ordinanza dell'AlFA; oppure prendendo atto della non idoneità del laboratorio dell'Ospedale, ordinavano che a provvedere all'allestimento dei prodotti da somministrare un laboratorio regolarmente autorizzato dall'AIFA. Soltanto in alcuni casi le decisioni dei giudici risultavano supportate da una valutazione di un consulente tecnico d'ufficio (CTU) sulla necessità del trattamento in relazione alle condizioni cliniche dei pazienti;
    si è venuta a creare una situazione caotica, anche sulla spinta di ben note campagne mediatiche che continuavano ad alimentare le speranze dei familiari dei malati nei riguardi di una terapia priva di validazione scientifica;
    con il decreto-legge 25 marzo 2013, n. 57, il Governo chiariva e completava il quadro normativo sulla produzione e sull'impiego dei medicinali per terapie avanzate e per superare, senza entrare in conflitto con le singole autorità giudiziarie, l'emergenza conseguente ai tanti interventi dei tribunali;
    il comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge prevedeva che i trattamenti avviati anteriormente alla data del decreto-legge potessero proseguire sotto la responsabilità del medico curante, anche se preparati in un laboratorio, come quello di Brescia, non conforme ai principi delle norme di buona fabbricazione dei medicinali e in difformità dal decreto. Tale disposizione rispondeva ad una esigenza solo apparentemente di ordine etico: non impedire il completamento di un trattamento a pazienti che già l'avevano iniziato ed evitare un contrasto istituzionale clamoroso tra le scelte del legislatore e le decisioni già assunte dall'ordine giudiziario su casi concreti;
    non dovrebbe esistere una ragione etica che imponga di somministrare, a carico di una struttura pubblica, farmaci di cui non si conosce esattamente il funzionamento, esponendo i pazienti a concreti rischi sanitari, legati non solo alla totale inconsistenza scientifica, ma anche alla grossolanità metodologica di produzione e di applicazione, già rilevate e denunciate da NAS e AlFA.
  Non stupisce quindi che siano state formulate pesanti accuse: associazione per delinquere aggravata e finalizzata alla truffa, esercizio abusivo della professione medica e violazione delle norme della privacy, ma soprattutto c'erano esseri umani usati come cavie, approfittando della loro fragilità;
    a riguardo si devono purtroppo registrare ordinanze di tribunali contraddittorie; da una parte, ordinanze che dispongono la ripresa dei trattamenti, dall'altra dispositivi di ordinanze che prevedono accuse che vanno dall'associazione a delinquere finalizzata alla truffa, alla somministrazione di farmaci pericolosi,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte ad impedire che si ripetano in futuro non solo casi come quelli dell'Avastin, Di Bella e soprattutto il recente caso Stamina;
   a garantire ai pazienti attualmente in trattamento con il metodo Stamina una adeguata informazione scientifica sugli avanzamenti scientifici e terapeutici che si renderanno progressivamente disponibili nell'ambito della loro patologia;
   ad adottare misure volte a rendere maggiormente fruibili le più efficaci terapie attualmente disponibili, in quanto autorizzate sulla base di una adeguata documentazione scientifica, siano farmacologiche o meno;
   ad attivare servizi di sostegno psicologico e di counseling genetico alle famiglie anche per evitare che si facciano attrarre da proposte tanto seduttive quanto fallaci;
   ad utilizzare, i fondi accantonati per la sperimentazione del metodo Stamina per venire incontro alle esigenze di questi pazienti ingannati e frastornati da proposte inutili e da false promesse.
9/2215-AR/19Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    per l'autorizzazione di nuove terapie o per il riconoscimento di nuove indicazioni terapeutiche per prodotti già in commercio la correttezza dell'azione delle istituzioni sanitarie richiede che siano tenuti in adeguata considerazione i doveri fondamentali di tutela della salute pubblica, di corretta allocazione delle risorse in sanità e di rispetto del metodo scientifico nella ricerca biomedica e nella ricerca clinica. Ogni autorizzazione non può prescindere da valutazioni di efficacia e di sicurezza basate sulle evidenze scientifiche pubblicate nella letteratura internazionale;
    si ripropongono invece di frequente situazioni nelle quali le istituzioni sanitarie si trovano costrette a rispondere a giustificate aspettative di salute per malattie molto gravi, ad una conseguente pressione di pubblico amplificata dalla comunicazione telematica e dagli organi di informazione, a interventi inappropriati da parte di altre istituzioni a cui non competono i giudizi di efficacia e di sicurezza che appartengono solo alla comunità scientifica e alle istituzioni sanitarie;
    a tale riguardo viene di frequente invocata una libertà di cura fondata su una cattiva interpretazione del principio di autodeterminazione, sulla base del quale si vorrebbe riconosciuto un presunto diritto ad avvalersi di terapie innovative senza che esse siano state precedute da fasi sperimentali tali da soddisfare il rispetto di tutti I criteri previsti dal percorso per la validazione di nuove terapie che la comunità scientifica si è data a livello internazionale;
    né può considerarsi accettabile che più o meno marcate deviazioni dall’iter necessario per mettere nuove terapie a disposizione della comunità possano essere tollerate solo perché frutto di azioni giudiziarie promosse dai pazienti o dalle loro famiglie. La libertà di cura e il diritto alla tutela della salute, che la Costituzione vede come bene non solo dell'individuo ma anche della comunità, non possono infatti arrivare al riconoscimento della facoltà di curarsi con sostanze prive di efficacia o, peggio, pericolose per la salute. Tantomeno tale percorso può realizzare di fatto la possibilità di far prosperare le azioni commerciali di chi, millantando credito, specula sulle aspettative di salute delle persone in condizioni di bisogno;
    in assenza di sicurezza e tollerabilità e di un razionale per il suo possibile funzionamento, la somministrazione di qualsivoglia prodotto a malati, per quanto privi di riconosciute terapie, sarebbe qualificabile soltanto come avventurismo scientifico. Infatti, i paletti che la scienza pone sono nel diretto interesse dei pazienti e nell'interesse della comunità tutta, per evitare danni alla salute dei pazienti ed eventuali speculazioni sui loro bisogni;
    l'Italia è stata ciclicamente interessata dal ripetersi di pressioni per la autorizzazione alla utilizzazione di terapie non sufficientemente validate o prive di qualsivoglia validazione scientifica. Basta richiamare le vicende passate note come «caso Bonifacio» e «caso Di Bella», o il più recente «caso Stamina»;
    occorre, dunque, fare ogni sforzo per evitare che in futuro possano riproporsi altre vicende analoghe. L'Italia non ha bisogno di affrontare dibattiti laceranti su presunte terapie miracolose ogni venti anni. Per far questo, occorre trovare gli strumenti legislativi per far sì che la proposta di autorizzazione a sperimentare nuove cure possa essere portata avanti solo man mano che i suoi fondamenti siano dimostrati, effettuando ciò è un rigoroso controllo sulle credenziali dei proponenti, e affinché siano evitati, in futuro, interventi non pertinenti da parte di autorità diverse dalle istituzioni sanitarie del Paese. Non far ciò significa tornare ad esporsi In futuro a tentativi per ottenere che presunte terapie possano essere validate dalle agitazioni di piazza o da ricorsi in sede giudiziaria;
   in data 20 maggio 2013, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/734-A/6 a firma Gigli ed altri, con il quale, si impegnava il Governo «a valutare la possibilità di nominare una Commissione ad hoc per precisare il meccanismo di verifica delle credenziali scientifiche dei soggetti che propongono sperimentazioni con terapie innovative, affine di escludere eventuali proposte prive di sufficiente background scientifico e di diretta esperienza nel campo oggetto della proposta e a studiare come evitare per il futuro che ordinanze della magistratura possano imporre alle strutture sanitarie l'adozione di protocolli di cura non ancora validati scientificamente»;
    il decreto legge in esame disciplina una nuova procedura per la richiesta di nuove indicazioni terapeutiche per farmaci già commercializzati, prevedendo che ciò possa avvenire solo quando sia noto che la comunità scientifica abbia prodotto sufficienti evidenze a favore della nuova indicazione,

impegna il Governo:

   a predisporre idonei strumenti legislativi atti a scongiurare il ripetersi di casi analoghi a quelli citati in premessa impedendo a qualsiasi ente o istituzione l'autorizzazione all'uso di farmaci o terapie al di fuori del percorso previsto dal decreto in oggetto;
   a dare piena attuazione all'impegno già assunto con l'accoglimento del citato ordine del giorno del 20 maggio 2013.
9/2215-AR/20Gigli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 15 marzo 2010, n. 38, «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore», regolamenta, sul territorio nazionale, le modalità di fruizione e di accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore dei cittadini italiani;
    la stessa legge all'articolo 2, comma 1, lettera c) definisce il malato come persona affetta da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la quale non esistono terapie o, se esse esistono, sono inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita, nonché la persona affetta da una patologia dolorosa cronica da moderata a severa;
    l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato, è garantita nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001, al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
    il 25 luglio 2012 scorso è stata sancita l'intesa della conferenza Stato-Regioni per la definizione dei requisiti minimi e le modalità organizzative per realizzare in ogni regione una rete dei centri di terapia del dolore; allo stato attuale mancano, però, percorsi di cura di qualità in ogni regione, in particolare la disomogeneità territoriale è maggiormente accentuata per quel che riguarda l'aspetto degli investimenti in ricerca e semplificazione delle procedure di accesso ai cannabinoidi;
    all'articolo 10 della legge 15 marzo 2010, n. 38 si riportano le misure di semplificazione delle procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del dolore che modificano il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;
    il Ministero della salute con decreto ministeriale 23 gennaio 2013, ha inserito nella Tabella II, sezione B, i medicinali stupefacenti di origine vegetale a base di Cannabis (sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture), confermando la possibilità di utilizzare in terapia, non solo il delta-9-tetraidrocannabinolo o THC, ma anche i composti vegetali che lo contengono, senza la necessità di un modulo di importazione dall'estero o autorizzazione, ma della sola ricetta non ripetibile redatta su ricettario privato (cosiddetta «ricetta bianca») prescritta da un medico neurologo (senza alcuna particolarità) o da qualsiasi altro medico (oncologo, medico di base, ecc.) nel rispetto dei formalismi previsti dalla legge 8 aprile 1998, n. 94 (Legge «Di Bella»);
    tre tipologie sono le tipologie di farmaci teoricamente utilizzabili, bedrocan: titolato al 19 per cento in THC (Delta-9-tetraidrocannabinolo o dronabinolo) e <1 per cento in CBD (cannabidiolo), bedrobinol: titolato al 12 per cento in THC (Delta-9-tetraidrocarmabinolo o dronabinolo) e <1 per cento in CBD (cannabidiolo), bediol: titolato al 6 per cento in THC (Delta-9-tetraidrocannabinolo o dronabinolo) e <7,5 per cento in CBD (cannabidiolo); ma, di fatto, dalla loro utilizzazione restano escluse un gran numero di persone a causa dei costi proibitivi;
    una delle patologie neuro degenerative che maggiormente necessita di palliativi ed antidolorifici, per la sua dolorosità ed irreversibilità è la sclerosi multipla (SM), della quale in Italia sono affette circa 68 mila persone;
    i farmaci sopracitati costano dalle 42 alle 50 euro a confezione, contenenti 5 grammi di prodotto; il costo della terapia di una persona affetta da SM, calcolando che per 3 mesi sarebbero necessari circa 18 flaconi, ammonterebbe a 900 euro + 200 euro per spese spedizione; il trattamento, benché allo stato attuale sia molto oneroso, potrebbe essere un'importante terapia sostitutiva dell'interferone per un malato di sclerosi multipla, del costo di circa 1500 euro mensili;
    è importante ricordare, in ogni caso, che soltanto in alcune regioni è oggi possibile importare i farmaci a base di cannabis e, peraltro, dietro difficilissima prescrizione medica;
    il dolore cronico di cui soffrono circa 2 milioni di italiani dovrebbe essere inserito nei bandi ministeriali e regionali di ricerca così da dare una speranza a chi, pur vivendo ogni giorno nella sofferenza (a causa, ad esempio, di lesioni cerebrali, amputazioni, fibromialgia, esiti di herpes zoster, traumi, fratture, nevralgia e interventi malriusciti alla schiena... ecc...), non rientra in alcuna patologia riconosciuta e quindi si vede negato il diritto non solo alla salute, ma anche ad esenzioni, rimborsi e programmi di assistenza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intraprendere tutte le azioni necessarie affinché, riguardo l'erogazione di farmaci che possano essere di aiuto nell'alleviare il dolore o di sostegno per la terapia della sclerosi multipla, dell'HIV e dell'inappetenza da chemioterapia, quali i cannabinoidi a vario tenore di THC, ammessi dal Ministero per il trattamento del dolore cronico centrale e per i quali la procedura di prescrizione esiste, siano superate le molteplici criticità di autosufficienza nella produzione nazionale, di acquisto e di fruizione e le relative differenze regionali nei tempi e nei modi di erogazione di questi farmaci.
9/2215-AR/21Massimiliano Bernini, Lupo, Lorefice, Cecconi, Baroni, Dall'Osso, Di Vita, Silvia Giordano, Grillo, Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio dei ministri nella sua riunione del 7 marzo 2014 ha correttamente deciso di non impugnare la legge della regione Abruzzo in materia di uso terapeutico della cannabis;
    altre regioni come Liguria, Toscana, Veneto, Puglia e Trentino-Alto Adige si sono dotate di leggi che consentano l'uso terapeutico del derivati della cannabis;
    in Italia, il ricorso a farmaci cannabinoidi è legittimo ormai da quattordici mesi, ma la possibilità di accedervi per I pazienti è rimasta nulla, essendo la procedura lenta e macchinosa;
    farmaci cannabinoidi valutati dalla letteratura scientifica come efficaci non sono disponibili per alleviare i dolori dei pazienti e per migliorarne la qualità di vita;
    la legge della regione Abruzzo prevede la possibilità di stipulare convenzioni con centri attrezzati per la produzione e la preparazione dei farmaci;
    nessuna azienda farmaceutica italiana tuttavia ha ancora chiesto licenza di produrre farmaci cannabinoidi;
    anche per questo è stata avanzata ai due Ministri una petizione via internet per chiedere che lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, che già prepara diverse tipologie di farmaci, cominci a produrre medicinali cannabinoidi per i pazienti italiani attraverso un protocollo d'intesa tra Ministero della salute e Ministero della difesa. Lo stabilimento avrebbe già dichiarato un interesse in tal senso;
    questo consentirebbe al Sistema sanitario nazionale di godere di una notevole riduzione di tempi e soprattutto costi,

impegna il Governo

ad avviare le necessarie iniziative affinché lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze avvii la produzione di medicinali cannabinoidi anche stipulando con lo stesso una apposita convenzione.
9/2215-AR/22Paolo Bernini, Corda, Artini.


   La Camera,
   premesso che:
    con la sentenza n. 32 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge n. 272 del 2005, convertito, con modificazioni dalla legge n. 49 del 2006 per violazione dell'articolo 77 della costituzione, censurando il difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni originarie del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte ex novo in sede di conversione del predetto decreto, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sulla disciplina sanzionatoria dei delitti concernenti gli stupefacenti;
    l'effetto della declaratoria di incostituzionalità ha determinato la «reviviscenza» delle previgenti fattispecie delittuose e delle relative tabelle che – nel sistema vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 – prevedeva un diverso trattamento sanzionatorio per le condotte illecite aventi ad oggetto le cosiddette «droghe pesanti», articolo 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica, n. 309/1990, tabelle I e III dell'articolo 14 e le cosiddette «droghe leggere», articolo 73, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, tabelle II e IV dell'articolo 14;
    il Governo, nel Consiglio dei Ministri del 14 marzo 2014, ha approvato il testo del decreto legge del 20 marzo 2014, n. 93 che ha ripristinato le tabelle caducate dalla sentenza della Consulta, mantenendo la distinzione tra droghe «leggere» e pesanti;
    il decreto-legge non prevede alcuna norma transitoria volta ad attenuare i devastanti effetti delle sentenze passate in giudicato per reati relativi alla detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti «leggere», sotto la vigenza della legge n. 49 del 2006;
    tale normativa costituzionalmente illegittima e ormai caducata, non prevedendo differenziazione tra le tabelle uniformava il carico sanzionatorio da 6 a 20 anni, ed in forza di essa, tuttavia, molti imputati hanno sopportato una quantificazione di pena eccessiva anche nei casi riferentesi alle sostanze «leggere»;
    la normativa illegittima non dovrebbe continuare a svolgere i suoi effetti dal momento che con le previsioni sanzionatorie oggi in vigore, a seguito della riviviscenza della normativa precedente, molti giudicati avrebbero ricevuto una quantificazione di pena più bassa;
    si ritiene sia straordinariamente necessario e urgente un provvedimento mirato a risolvere la posizione dei soggetti condannati definitivi a causa di una legge incostituzionale la cosiddetta Fini-Giovanardi, volto ad ovviare alla situazione di diffusa illegalità di soggetti detenuti in forza di condanne calibrate su pene oggi dichiarate incostituzionali,

impegna il Governo

ad intervenire anche con idonee misure normative al fine di provvedere all'emissione di uno specifico provvedimento volto a fornire un'interpretazione autentica in merito all'esecuzione delle pene che sono state inflitte per condotte riferentesi a sostanze ricomprese nelle tabelle II e IV dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 309/90, finalizzata ad offrire un trattamento paritario per i soggetti già condannati in forza delle più afflittive norme della legge n. 49 del 2006 ormai dichiarate incostituzionali.
9/2215-AR/23Colletti, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    con la sentenza n. 32 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge n. 272 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 del 2006, per violazione dell'articolo costituzionale, censurando il difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni originarie del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte ex novo in sede di conversione del predetto decreto, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sulla disciplina sanzionatoria dei delitti concernenti gli stupefacenti;
    l'effetto della declaratoria di incostituzionalità ha determinato la «reviviscenza» delle previgenti fattispecie delittuose e delle relative tabelle che - nel sistema vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 – prevedeva un diverso trattamento sanzionatorio per le condotte illecite aventi ad oggetto le cosiddette «droghe pesanti», articolo 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, tabelle I e III dell'articolo 14 e le cosiddette «droghe leggere», articolo 73, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, tabelle II e IV dell'articolo 14;
    il Governo, nel Consiglio dei Ministri del 14 marzo 2014, ha approvato il testo del decreto legge del 20 marzo 2014, n. 93, che ha ripristinato le tabelle caducate dalla sentenza della Consulta, mantenendo la distinzione tra droghe «leggere» e «pesanti»;
    nel testo licenziato dalle Commissioni della Camera si prevedono, all'articolo 75, anche per il solo consumatore, diverse sanzioni amministrative, che variano da due mesi a un anno, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle I e III previste dall'articolo 14, e da uno a tre mesi, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle II e IV previste dallo stesso articolo;
    s'intende promuovere il radicale superamento della concezione repressiva e sanzionatoria volta a punire il consumatore di cannabis sia sul piano penale sia sul piano amministrativo, consentendo la coltivazione di qualche pianta di marijuana per fame uso personale, rendendo quindi inapplicabile sia la sanzione penale sia quella amministrativa;
    dal punto di vista della detenzione illecita, s'intenderebbe eliminare totalmente l'illiceità delle condotte relative alla cannabis definendo e depenalizzando il possesso sotto ogni forma di una «quantità massima detenibile», individuata per legge,

impegna il Governo

ad intervenire anche con ulteriori idonee misure normative al fine di provvedere all'emanazione di uno specifico provvedimento volto ad eliminare la sanzionabilità in via amministrativa, delle fattispecie disciplinate dall'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, per chiunque, per farne uso personale, detenga e utilizzi modiche quantità di cannabis.
9/2215-AR/24Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 14 e l'articolo 3 recano disposizioni in materia di dispensazione e prescrizione di medicinali;
    l'articolo 5 del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 ha previsto la possibilità anche per le parafarmacie di effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica (SOP e OTC), e dei prodotti omeopatici alla presenza e con l'assistenza personale e diretta al cliente di uno o più farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine;
    il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, pur ampliando alla fascia C le categorie di medicinali che possono essere venduti nelle parafarmacie, ha previsto il cosiddetto delisting, sicché nelle parafarmacie possono essere venduti senza ricetta medica anche questi ultimi medicinali, ma con molte eccezioni di prodotti inclusi in un elenco per i quali permane l'obbligo di ricetta medica e dei quali non è consentita la vendita nelle parafarmacie;
    la normativa attualmente esclude per le parafarmacie la possibilità di vendere i farmaci di fascia C con obbligo di ricetta e a carico esclusivo del cittadino;
    la classe dei farmaci di fascia C comprende circa 3.800 medicinali (tra cui farmaci di largo consumo come Aulin, Tavor, Viagra, Yasmin) che insieme ai medicinali da banco rappresentano circa il 30 per cento dell'intero mercato farmaceutico italiano;
    in Italia le parafarmacie sono oltre 4 mila e il divieto normativo di vendere i suddetti farmaci con obbligo di ricetta rappresenta una discriminazione tra farmacie tradizionali e parafarmacie che penalizza non solo i farmacisti titolari di parafarmacie che già stanno scontando il prezzo della pesante crisi economica, ma anche gli interessi dei cittadini che sono gli unici chiamati a sostenere l'onere e la spesa del farmaco di fascia C;
    l'inserimento nel mercato di ulteriori operatori economici accreditati consentirebbe per tali tipi di farmaci una concorrenza che andrebbe a tutto vantaggio del cittadino portando il prezzo di tali farmaci ad una sensibile diminuzione senza compromettere in maniera significativa i margini di ricavo delle farmacie tradizionali;
    è necessario un intervento che promuova la concorrenza nel settore della distribuzione dei farmaci per favorire la diminuzione dei prezzi di questi ultimi a favore del cittadino e nel contempo migliori le condizioni dei farmacisti titolari di parafarmacie,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di tipo normativo, volta ad aumentare la concorrenza nel settore della distribuzione dei farmaci e migliorare l'accessibilità del servizio ai cittadini dando la facoltà ai farmacisti titolari di parafarmacie di vendere anche i farmaci di fascia C non dispensati dal Servizio sanitario nazionale.
9/2215-AR/25Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    con la sentenza n. 32 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge n. 272 del 2005, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 del 2006 per violazione dell'articolo 77 Cost., censurando il difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni originarie del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte ex novo in sede di conversione del predetto decreto, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sulla disciplina sanzionatoria dei delitti concernenti gli stupefacenti;
    l'effetto della declaratoria di incostituzionalità ha determinato la «reviviscenza» delle previgenti fattispecie delittuose e delle relative tabelle che – nel sistema vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 – prevedeva un diverso trattamento sanzionatorio per le condotte illecite aventi ad oggetto le cosiddette «droghe pesanti», di cui all'articolo 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, tabelle I e III dell'articolo 14 e le cosiddette «droghe leggere», di cui all'articolo 73, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, tabelle II e IV dell'articolo 14;
    il Governo, nel Consiglio dei ministri del 14 marzo 2014, ha approvato il testo del decreto-legge in esame, che ha ripristinato le tabelle caducate dalla sentenza della Consulta, mantenendo la distinzione tra droghe «leggere» e «pesanti»;
    nel testo licenziato dalle Commissioni della Camera si prevedono, all'articolo 73, sanzioni penali, con un compasso edittale da sei mesi a quattro anni, per chiunque coltivi piante di cannabis, inserite nelle tabelle II e IV previste dall'articolo 14;
    s'intende promuovere il radicale superamento della concezione repressiva e sanzionatoria volta a punire il consumatore di cannabis sia sul piano penale sia sul piano amministrativo, consentendo la coltivazione di qualche pianta di marijuana per fame uso personale, rendendo quindi inapplicabile sia la sanzione penale sia quella amministrativa;
    dal punto di vista della detenzione illecita, s'intenderebbe eliminare totalmente l'illiceità delle condotte relative alla cannabis definendo e depenalizzando il possesso sotto ogni forma di una «quantità massima detenibile», individuata per legge,

impegna il Governo

ad intervenire, anche con idonee misure normative, al fine di provvedere all'emanazione di uno specifico provvedimento volto ad eliminare la sanzionabilità sia in via penale sia in via amministrativa, delle fattispecie disciplinate dagli articoli 73 e 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90, per chiunque, per fame uso personale, coltivi un numero inferiore a quattro piante di cannabis ovvero detenga e utilizzi modiche quantità di detta sostanza.
9/2215-AR/26Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge prevede per l'autonomo reato speciale previsto dal testo del comma 5 dell'articolo 73 così come modificato dal decreto-legge n. 146/2013, convertito in legge n. 10/2014, nel caso che si tratti di fatti di «lieve entità», una pena massima sino a 4 anni, senza alcuna differenziazione in forza del tipo di sostanza della quale si tratta;
    si ritiene non «coerente» tale disposizione indifferenziata per qualunque tipo di sostanza e, quindi, con l'attuale sistema penale degli stupefacenti, che distingue il trattamento sanzionatorio tra diverse tipologie di sostanze stupefacenti, riverberandosi su nette differenziazioni di pene delle condotte criminose previste nei commi precedenti al 5,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che venga effettuata la differenziazione tra i fatti che riguardano le così dette droghe pesanti ovvero leggere in maniera tale da graduare le disposizioni di cui all'articolo 73, comma 5, così da ottenere che le sanzioni comminate tengano in considerazione la differente collocazione delle sostanze nelle tabelle I e III ovvero II e IV.
9/2215-AR/27Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'accelerazione che si sta imprimendo al presente provvedimento se da un lato può apparire iniziativa meritevole per avere lo scopo di correggere un vuoto normativo determinato dal noto provvedimento della Corte costituzionale, dall'altro deve affrontare con la giusta attenzione le diverse problematiche che sono emerse nel corso di vigenza della normativa che la suprema corte ha dovuto annullare a causa delle ben note motivazioni di forma;
    una delle riflessioni che si impongono riguarda la necessità di svincolare le sanzioni da comminare valutando caso per caso la possibilità di prevedere che queste vengano trattate con un minor rigore,

impegna il Governo

a prevedere che sia il magistrato giudicante a valutare caso per caso la possibilità di sostituire la pena da comminare con il lavoro di pubblica utilità eliminando ogni previsione che possa determinare automatismo nella scelta della sanzione.
9/2215-AR/28Sarti.


   La Camera,
   premesso che:
    con la sentenza n. 32 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge n. 272 del 2005, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 del 2006 per violazione dell'articolo 77 Cost., censurando il difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni originarie del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte ex novo in sede di conversione del predetto decreto, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sulla disciplina sanzionatoria dei delitti concernenti gli stupefacenti;
    l'effetto della declaratoria di incostituzionalità ha determinato la «reviviscenza» delle previgenti fattispecie delittuose e delle relative tabelle che – nel sistema vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 – prevedeva un diverso trattamento sanzionatorio per le condotte illecite aventi ad oggetto le cosiddette «droghe pesanti», di cui all'articolo 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, tabelle I e III dell'articolo 14 e le cosiddette «droghe leggere», di cui all'articolo 73, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, tabelle II e IV dell'articolo 14;
    il Governo, nel Consiglio dei ministri del 14 marzo 2014, ha approvato il testo del decreto-legge in esame che ha ripristinato le tabelle caducate dalla sentenza della Consulta, mantenendo la distinzione tra droghe «leggere» e «pesanti»;
    il decreto-legge prevede per l'autonomo reato speciale previsto dal testo comma 5 dell'articolo 73, così come modificato dal decreto-legge n. 146/2013, convertito in legge n. 10/2014, nel caso che si tratti di fatti di «lieve entità», una pena massima sino a 4 anni, senza alcuna differenziazione in forza del tipo di sostanza della quale si tratta;
    si ritiene non «coerente» tale disposizione indifferenziata per qualunque tipo di sostanza e, quindi, con l'attuale sistema penale degli stupefacenti, che distingue il trattamento sanzionatorio tra diverse tipologie di sostanze stupefacenti, riverberandosi su nette differenziazioni di pene delle condotte criminose previste nei commi precedenti al 5;
    in proposito, si ricorda che l'assenza di tale disciplina potrebbe ingenerare incertezze interpretative in merito alla disciplina sanzionatoria applicabile agli illeciti di «lieve entità», in considerazione del fatto che potrebbe sollevare diverse perplessità dal punto di vista della ragionevolezza-uguaglianza ex articolo 3 Cost.,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di provvedere all'emanazione di uno specifico provvedimento volto a differenziare nei casi di «lieve entità» disciplinati dal comma 5 dell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90 così come modificato dal decreto-legge n. 146/2013, convertito in legge n. 10/2014, gli effetti sanzionatori in relazione alle diverse sostanze stupefacenti o psicotrope appartenenti o alle tabelle I e III ovvero II e IV, ed a graduarne le pene in linea con quelle previste nei commi precedenti al 5 dello stesso articolo.
9/2215-AR/29Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministero della salute, con decreto del 18 aprile 2007 ha aggiornato le tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope, ed ha posto nella Tabella II delle sostanze stupefacenti dotate di proprietà terapeutiche, alla sezione B, alcuni cannabinoidi derivati naturali o di sintesi della Cannabis. Il decreto Ministeriale rende possibile prescrivere ed utilizzare questi principi attivi, quindi mette nella disponibilità un ulteriore strumento terapeutico per la cura palliativa del dolore o per altre applicazioni terapeutiche in molte forme di disabilità fisica e mentale a discrezione del medico, dietro presentazione di ricetta medica, da rinnovarsi di volta in volta nel caso di preparazioni magistrali. Non essendo infatti a tutt'oggi disponibili in commercio nel nostro Paese farmaci e specialità medicinali a base di cannabinoidi di produzione nazionale o comunque dotati di Autorizzazione all'immissione in Commercio per l'Italia, ma solo preparazioni galeniche magistrali, l'unica normativa nazionale di riferimento per tali farmaci è il decreto Ministeriale 11 febbraio 1997 relativo all'importazione di farmaci esteri direttamente dal produttore da parte delle Farmacie del servizio sanitario pubblico, per utilizzo in ambito ospedaliero ed extra-ospedaliero;
    con la Sentenza n. 32 del 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 rendendo urgente e necessaria l'adozione di un decreto-legge che rispondesse al vuoto normativo determinatosi;
    il Governo, in sede di conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale, ha colmato quel vuoto allo stesso tempo procedendo a una riclassificazione delle sostanze in esame attraverso tre tabelle secondo criteri stabiliti in premessa;
    con riferimento a tale riclassificazione, e alla ri-regolamentazione di aspetti dallo stesso Governo ritenuti «fortemente rilevanti come la fabbricazione, la produzione, la commercializzazione e la dispensazione dei medicinali contenti sostanze ad azione stupefacente o psicotropa», le Associazioni dei pazienti e dei malati di Sla, hanno lanciato un allarme che può essere sintetizzato nei modo seguente: «nonostante la Sentenza della Consulta, ancora proibito coltivare per i malati». Tale allarme troverebbe una sua ragion d'essere, sempre secondo le Associazioni, nella reintroduzione del divieto di coltivazione della cannabis anche a scopi terapeutici da parte del Governo con il presente decreto all'attenzione dell'Aula;
    giova ricordare, proprio a tale riguardo, che nella seduta del 7 marzo scorso il Consiglio dei ministri ha deciso di non impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale la legge regionale dell'Abruzzo n. 4 del 2014 che disciplina la «Modalità di erogazione dei farmaci e dei preparati galenici magistrali a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche». Secondo tale norma, i «medicinali cannabinoidi possono essere prescritti, con oneri a carico del Sistema sanitario regionale, da medici specialisti del Ssr e da medici di medicina generale del Ssr, sulla base di un piano terapeutico redatto dal medico specialista». Sempre secondo la norma, la cura potrà avvenire sia «in ambito ospedaliero o in strutture ad esso assimilabile» che «in ambito domiciliare». In entrambi i casi è prevista l'erogazione gratuita. I medicinali «cannabinoidi» sono acquistati dalla farmacia ospedaliera o dell'Azienda sanitaria di appartenenza dell'assistito e posti a carico del Ssr qualora l'inizio del trattamento avvenga nelle strutture ospedaliere o in quelle stesse assimilabili, anche nel caso del prolungamento della cura dopo la dimissione. Decisione che ha segnato un punto di rottura evidente con il comportamento assunto, dal precedente Governo sullo stesso tema, interpretata «come un via libera più generale» (Il Messaggero – 8 marzo 2014);
    sono ormai nove le regioni italiane dove, in attuazione delle disposizioni ministeriali del 2007 in cui si riconosce la valenza terapeutica dei derivati dalla cannabis, i rispettivi Governi hanno approvato leggi che dispongono la gratuità dei cannabinoidi per uso terapeutico: Toscana (dove l'uso della cannabis per fini terapeutici è stato legalizzato dal 2012), Liguria (che si è vista impugnare la legge dal Governo Monti), Marche, Friuli Venezia Giulia, Puglia, Veneto, Umbria, Sicilia (in questo caso una delibera di indirizzo), mentre altre due regioni, Basilicata e Lazio, hanno avviato la discussione in Giunta e si apprestano a varare una normativa. Nove regioni e, come si può constatare leggendo i differenti dispositivi, differenti torsioni di approccio al problema, «nelle modalità di somministrazione e nelle restrizioni relativamente alle patologie trattabili con i cannabinoidi». Inoltre il problema è quello dell'assenza di regolamenti attuativi;
    a latere della decisione del Consiglio dei ministri relativamente alla decisione di non impugnare la legge della regione Abruzzo, il Ministro Lorenzin ha dichiarato: «Ricordo che in Italia i cannabinoidi al pari degli oppiacei per uso curativo sono pienamente legittimi e il costo può essere a carico del Servizio Sanitario Regionale», sebbene, come è stato affermato su autorevoli organi di stampa, pur essendo il ricorso a farmaci cannabinoidi legittimo da ormai quattordici mesi, «questa cura è negata, per mancanza di fondi, quasi dovunque» (L'Unità – 9 marzo 2014), mentre anche relativamente alla decisione di non impugnazione si è commentato: «per i pazienti non cambia nulla. La decisione del Governo di non opporsi alla legge dell'Abruzzo sull'uso terapeutico della cannabis non ha per ora una ricaduta concreta. Continueranno a pagare l'antidolorifico presentando la ricetta bianca che esclude il rimborso» (Corriere della Sera, 9 marzo 2014);
    se le leggi regionali fanno emergere una diffusa nuova sensibilità relativamente alla questione, confermando peraltro «le qualità terapeutiche della cannabis che in relazione a patologie quali alcune malattie neurodegenerative come la sclerosi multipla o alcune forme tumorali sono ampiamente riconosciute» (L'Unità – 8 marzo 2014), al contempo rivelano anche discrasie e contraddizioni, a partire dalla differenza degli impianti legislativi che, in assenza di una legge quadro nazionale, restituiscono complessivamente un quadro a macchia di leopardo. Lo si evince proprio scorrendo la legge regionale dell'Abruzzo, che prevede l'obbligo del Ssr a garantire la terapia gratuitamente sia in ambito ospedaliero, o in struttura ad esso assimilabile, che domiciliare e inoltre, all'articolo 6, recita: «La Giunta regionale può stipulare convenzioni con i Centri e gli Istituti autorizzati ai sensi della normativa statale alla produzione o alla preparazione dei medicinali cannabinoidi (...). Ai fini della presente legge e anche per ridurre il costo dei medicinali cannabinoidi importati dall'estero, è autorizzata ad avviare azioni sperimentali o specifici progetti pilota con lo Stabilimento chimico farmaceutico o con altri soggetti autorizzati, secondo la normativa vigente, a produrre medicinali cannabinoidi»;
    la contraddizione forte che le leggi regionali evidenziano è quella relativa alla produzione dei medicinali cannabinoidi. Come riportato dagli organi di stampa: «In Italia esistono solo due centri che sono autorizzati a coltivare la canapa a scopo sperimentale, e sono l'istituto farmaceutico militare di Firenze e l'istituto farmaceutico militare di Rovigo. Ma nessuno dei due può fornire la materia prima alle case farmaceutiche o a chiunque possieda autorizzazione per i farmaci galenici, perché in Italia è vietato. Ora invece si apre uno spiraglio e con opportune norme sarà possibile la coltivazione della materia prima anche in Italia, invece di importare i farmaci dall'Olanda a costi elevatissimi» (L'Unità – 8 marzo 2014). Tali contraddizioni emergono anche da inchieste giornalistiche dove si racconta la vita concreta di persone affette da sclerosi multipla e però costrette a fare i conti con «trafile lunghe, attese solo a volte risolutive, percorsi burocratici tortuosi» e alla fine «cura negata per mancanza di fondi, quasi ovunque senza eccezioni», dal momento che a quanto si apprende «un flacone costa 750 euro, senza rimborso», e se «dall'aprile 2013 l'Agenzia del farmaco ha inserito nel prontuario il Sativex, medicinale a base di cannabinoidi, per la cura della sclerosi multipla. In teoria dovrebbe essere liberamente distribuito» (L'Unità – 9 marzo 2014);
    sempre relativamente alle leggi regionali già esistenti, è illuminante quanto, ancora sulla stampa, si legge. Ad esempio, in riferimento alla legge regionale Toscana, legge regionale 8 maggio 2012, n. 18, si apprende che «appare impossibile per la Toscana rispettare l'impegno preso con la sua legge», mentre allo stato «tutto sarebbe lettera morta», come afferma anche lo stesso promotore della legge, Enzo Brogi: «Il rischio è che una montagna partorisca un topolino. Aver fatto la legge è certamente importante. Purtroppo, anche per le indicazioni del Consiglio sanitario, oltre che per la lentezza e un eccesso di timore da parte della Giunta, rischiamo di non soddisfare le legittime aspettative di tanti malati» (Il Fatto Quotidiano.it – 5 febbraio 2014);
    a quanto dichiarato in Toscana, fanno eco le difficoltà che anche la regione Sicilia starebbe incontrando nell'attuazione di una delibera di giunta mirata alla distribuzione gratuita nell'isola di farmaci a base di cannabinoidi, In base a detta delibera è in corso una ricognizione per valutare la possibilità di poter stipulare convenzioni con gli istituti autorizzati a produrre medicinali con il principio attivo;
    in questi anni sono state numerose le proposte di legge presentate, nei due rami del Parlamento, aventi come obiettivi prioritari modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti, e la disciplina della coltivazione della cannabis,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incaricare, ai fini della produzione e preparazione dei farmaci, e attraverso un Protocollo tra Ministero dell'interno, Ministero della difesa e Ministero della salute, lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, considerati peraltro i segnali di grande attenzione giunti in questa direzione dai responsabili dello Stabilimento, per la produzione di medicinali cannabinoidi destinati ai pazienti italiani.
9/2215-AR/30Capone, Miotto, Grassi, Beni, Fossati, Lenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 3 così come modificato dalle Commissioni referenti l'approvazione dell'emendamento dei relatori, introduce una modifica all'articolo 48, comma 19, lettera b) numero 3) del decreto-legge n. 269 del 2003 al fine di prevedere che una parte delle risorse del Fondo istituito presso AIFA grazie ad un contributo delle aziende farmaceutiche pari al 5 per cento delle spese promozionali autocertificate, possa essere destinata alla sperimentazione clinica su medicinali per indicazioni terapeutiche diverse da quelle indicate nell'autorizzazione all'immissione in commercio;
    il predetto comma 19 dell'articolo 48 già prevede alcune destinazioni per le risorse derivanti dal fondo AIFA rivolte a studi, ricerche e sperimentazioni, da affidare mediante bando ad evidenza pubblica, modalità che non è esplicitamente prevista per le sperimentazioni introdotte con il comma 1 dell'articolo 3 del decreto in esame,

impegna il Governo

ad affidare le sperimentazioni previste dal comma 1 dell'articolo 3 del decreto in esame esclusivamente mediante bando di gara ad evidenza pubblica.
9/2215-AR/31Miotto, Beni, Grassi, Fossati, Lenzi, D'Incecco, Scuvera, Amato, Sbrollini, Casati.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 3 così come modificato dalle Commissioni referenti con l'approvazione dell'emendamento dei relatori, introduce una modifica della legge n. 648 del 1996 con l'aggiunta del comma 4-bis, prevedendo che anche se sussista altra alternativa terapeutica nell'ambito dei medicinali autorizzati, dopo la valutazione della Commissione tecnico scientifica dell'AlFA, siano inseriti nell'elenco per l'uso consolidato i medicinali off-label, purché l'indicazione diversa da quella autorizzata sia nota e conforme a ricerche condotte nell'ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale, «secondo parametri di economicità e appropriatezza». Resta confermata la previsione sul monitoraggio da parte dell'AlFA, a tutela della sicurezza dei pazienti;
    la legge n. 648 del 1996 costituisce una garanzia per l'erogazione a totale carico del Servizio sanitario nazionale di determinate categorie di farmaci: medicinali innovativi autorizzati in altri Stati ma non sul territorio nazionale, medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica, e medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata qualora non esista valida alternativa terapeutica;
    tra i farmaci attualmente esclusi dalla legge n. 648 per l'uso consolidato figurano i medicinali orfani definiti a livello europeo dal Regolamento (CE) 141/2000 del 16 dicembre 1999, che spesso rappresentano l'unica possibilità di cura per i soggetti affetti da patologie rare;
    estendendo dunque la previsione dell'articolo 4 della legge n. 648 del 1996 anche a tali medicinali si consentirebbe ai soggetti affetti da patologie rare di accedere alle terapie esistenti, rendendole erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere le previsioni dell'articolo 4 della legge n. 648 del 1996 anche ai medicinali definiti a livello europeo dal Regolamento (CE) 141/2000 del 16 dicembre 1999, permettendo la creazione di una nuova lista di medicinali cosiddetti a uso consolidato.
9/2215-AR/32D'Incecco, Casati, Patriarca, Grassi, Piccione, Sbrollini.


   La Camera,
   premesso che:
    il Dipartimento per le politiche antidroga, istituito nel 2008 ed operativo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri dall'ottobre del 2009, costituisce la struttura di supporto per la promozione e il coordinamento dell'azione di Governo in materia di politiche antidroga;
    in particolare il Dipartimento provvede a promuovere, indirizzare e coordinare le azioni di Governo atte a contrastare il diffondersi dell'uso di sostanze stupefacenti, delle tossicodipendenze e delle alcoldipendenze, promuove e realizza attività in collaborazione con le pubbliche amministrazioni competenti nello specifico settore, e con le associazioni e le comunità terapeutiche;
    nell'ambito del Dipartimento opera l'Osservatorio nazionale permanente sulle droghe e sulle tossicodipendenze, che cura e coordina la raccolta centralizzata dei dati, i flussi dei dati provenienti dalle amministrazioni centrali competenti, provvede all'archiviazione, all'elaborazione e all'interpretazione di dati statistico-epidemiologici, farmacologico-clinici, psico-sociali e di documentazione sul consumo, lo spaccio ed il traffico di sostanze stupefacenti e psicotrope e le azioni di prevenzione e contrasto;
    il Dipartimento, inoltre, cura la definizione ed il monitoraggio del piano di azione nazionale antidroga;
    la conoscenza della materia, la competenza e la professionalità degli operatori del Dipartimento sono particolarmente elevate e hanno consentito, sinora, un'utilissima attività di supporto alle strutture governative incaricate della materia della lotta alle tossicodipendenze;
    il decreto-legge in esame, invece, detta alcune disposizioni che, di fatto, determinano uno «svuotamento» delle competenze dello stesso Dipartimento, posto che attribuiscono delle funzioni precedentemente in capo ad esso all'Istituto superiore di Sanità,

impegna il Governo

a preservare le fondamentali funzioni di supporto, coordinamento ed iniziativa svolte dal Dipartimento per le politiche antidroga nella lotta a tutte le dipendenze, riconoscendo, e non disperdendo, il patrimonio di una struttura con un profilo altamente specialistico e che sinora ha operato con grandissima efficacia.
9/2215-AR/33Rampelli.