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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 23 aprile 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 23 aprile 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Casero, Castiglione, Cicchitto, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gasbarra, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Sani, Scalfarotto, Schullian, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Velo, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Casero, Castiglione, Cicchitto, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gasbarra, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Sani, Scalfarotto, Schullian, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Velo, Vito, Zanetti.

Annunzio di una proposta di legge.

  In data 22 aprile 2014 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
   GUIDESI: «Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di abbandono di rifiuti» (2315).

  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   III Commissione (Affari esteri):
  S. 1078. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Turchia sulla previdenza sociale, fatto a Roma l'8 maggio 2012» (approvato dal Senato) (2270) Parere delle Commissioni I, II, V, IX, XI e XII;
  S. 1166. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Congresso di Stato della Repubblica di San Marino sulla cooperazione per la prevenzione e la repressione della criminalità, fatto a Roma il 29 febbraio 2012» (approvato dal Senato) (2271) Parere delle Commissioni I, II e V;
  S. 1143. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Niger in materia di sicurezza, fatto a Niamey il 9 febbraio 2010» (approvato dal Senato) (2272) Parere delle Commissioni I, II, V e VI;
  S. 1216. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Jersey sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 13 marzo 2012» (approvato dal Senato) (2273) Parere delle Commissioni I, II, V e VI;
  S. 1217. – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo delle Isole Cook sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Wellington il 17 maggio 2011» (approvato dal Senato) (2274) Parere delle Commissioni I, II, V e VI;
  S. 1241. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Turchia sulla lotta ai reati gravi, in particolare contro il terrorismo e la criminalità organizzata, fatto a Roma l'8 maggio 2012» (approvato dal Senato) (2276) Parere delle Commissioni I, II e V;
  S. 1300. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione in materia di navigazione satellitare tra l'Unione europea e i suoi Stati membri e il Regno di Norvegia, fatto a Bruxelles il 22 settembre 2010» (approvato dal Senato) (2277) Parere delle Commissioni I, IV, V, IX, X e XIV;
  S. 1301. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino in materia di collaborazione finanziaria, fatto a San Marino il 26 novembre 2009» (approvato dal Senato) (2278) Parere delle Commissioni I, II, V, VI e XIV;
  S. 1243. – «Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati uniti messicani per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, dell'8 luglio 1991, fatto a Città del Messico il 23 giugno 2011» (approvato dal Senato) (2279) Parere delle Commissioni I, II, V e VI.

   Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e IV (Difesa):
  S. 733. – Senatori AMATI ed altri: «Modifica all'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e altre disposizioni in materia di parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco» (2295) Parere della XIII Commissione.

Trasmissione dal Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 18 aprile 2014, ha trasmesso il parere reso dalla Conferenza unificata, nella seduta del 10 aprile 2014, sul disegno di legge recante «Conversione in legge del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, recante disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche» (atto Camera n. 2162, atto Senato n. 1450).

  Questo parere è trasmesso alla Commissione V (Bilancio) e alla Commissione VI (Finanze).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 22 aprile 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Libro verde sulla sanità mobile («mHealth») (COM(2014) 219 final), che è assegnato in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo concernente l'applicazione del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (COM(2014) 225 final), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione del programma strategico in materia di spettro radio (COM(2014) 228 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
   Comunicazione della Commissione al Consiglio a norma dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio (COM(2014) 229 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
   Relazione della Commissione al Consiglio – Quinta relazione sull'attuazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi al cabotaggio marittimo (2001-2010) (COM(2014) 231 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
   Comunicazione della Commissione sull'interpretazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi all'interno degli Stati membri (cabotaggio marittimo) (COM(2014) 232 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea in occasione della 103a sessione della Conferenza internazionale del lavoro concernente una raccomandazione che integra la Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 29 sul lavoro forzato, del 1930 (COM(2014) 239 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

  La Commissione europea, in data 23 aprile 2014, ha trasmesso un ulteriore nuovo testo del documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (SWD(2014) 102 final/3), che sostituisce il testo del documento SWD(2014) 102 final, già assegnato, in data 4 aprile 2014, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XI Commissione (Lavoro), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

  La Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera n), della legge 12 giugno 1990, n. 146, copia delle delibere adottate dalla Commissione nel mese di marzo 2014.

  Questa documentazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dall'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza.

  L'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, con lettera in data 11 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera p), della legge 12 luglio 2011, n. 112, la relazione sull'attività svolta dalla medesima Autorità nell'anno 2013 (Doc. CCI, n. 2).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione da un consiglio comunale.

  Il comune di Ponte Lambro (Como), in data 11 aprile 2014, ha trasmesso un ordine del giorno, approvato dal consiglio comunale nella seduta del 18 marzo 2014, concernente la crisi in Ucraina.

  Questo documento è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 20 MARZO 2014, N. 34, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER FAVORIRE IL RILANCIO DELL'OCCUPAZIONE E PER LA SEMPLIFICAZIONE DEGLI ADEMPIMENTI A CARICO DELLE IMPRESE (A.C. 2208-A)

A.C. 2208-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, approvato dal Governo il 12 marzo scorso nell'ambito delle disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione, l'articolo 2 detta disposizioni per la semplificazione dell'apprendistato, con cui si stabiliscono modificazioni alla disciplina di tale contratto contenuta nell'articolo 2, comma 1, lettere a) ed i), e commi 3-bis e 3-ter, nell'articolo 3 e nell'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, nonché nell'articolo 1, comma 19 della legge 28 giugno 2012, n. 92;
    dette modifiche dispongono, in particolare, il ricorso obbligatorio alla forma scritta per il solo contratto e patto di prova e non più, come in precedenza previsto, l'obbligatorietà della forma scritta anche per il piano formativo individuale;
    la non obbligatorietà della forma scritta per il piano formativo individuale non solo comporta il venir meno dell'ob-bligo della definizione dello stesso in forma scritta, «anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, entro trenta giorni dalla stipulazione del contratto» secondo l'indicazione contenuta nel comma 1 dell'articolo 2 del T.U., ma si riflette anche su altre disposizioni che sino al 20 marzo 2014 erano direttamente collegate all'obbligo della forma scritta per il piano formativo individuale, la cui applicazione ormai risulta venuta meno al pari della forma scritta obbligatoria del piano formativo individuale: l'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167 e l'articolo 2, comma 2, lettera a) del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99;
    anche se quella operata dal legislatore è da considerarsi come una semplificazione, si deve rimarcare, come è stato più volte sottolineato nel corso delle audizione in Commissione Lavoro, che la facoltà della forma scritta per il medesimo deve essere considerata un'opportunità positiva a disposizione dei datori di lavoro, che, a prescindere dalla sua non obbligatorietà dovrebbero essere sempre propensi a predisporre, tramite il piano formativo individuale in forma scritta, un percorso certo e definito in materia di formazione, cui l'apprendista assunto dovrà vincolarsi e fare costantemente riferimento e che, in ogni caso, potrebbe tornare utile soprattutto alla parte datoriale nel caso di eventuali contestazioni nei suoi confronti del lavoratore e/o degli organi istituzionali competenti in materia circa le modalità ed i tempi di realizzazione della formazione, insita nell'apprendistato ,in quanto contratto a causa mista;
    l'impressione che il decreto-legge in esame suscita è certamente quella di un passo verso la liberalizzazione del contratto di apprendistato in quanto le modifiche sopra introdotte vanno in questo senso, ovverosia verso una flessibilizzazione dell'istituto, nell'intento di rimuovere i lacci che il Testo Unico prima, e la cosiddetta riforma Fornero poi, avevano introdotto, da un lato, per garantire l'effettività della finalità formativa del contratto e, dall'altro, per incentivarne l'utilizzo quale forma contrattuale per l'accesso dei giovani nel mercato del lavoro;
    allo stesso tempo però si deve rilevare che le novità introdotte con tale provvedimento mettano a serio rischio entrambi tali profili;
    l'introduzione della libertà di forma per il piano formativo individuale, già peraltro reso facoltativo per la formazione trasversale dal decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, insieme come la facoltizzazione della formazione trasversale nell'apprendistato professionalizzante, aprono la strada ad un utilizzo del contratto di apprendistato elusivo della componente formativa, finalizzato esclusivamente al reperimento di manodopera a più basso costo ed a mascherare «ordinari» rapporti di lavoro subordinato;
    non vi è tuttavia solo il rischio di sminuire la finalità formativa del contratto di apprendistato, il che già di per sé è allarmante. Le innovazioni recentemente introdotte, infatti, conducono anche verso una precarizzazione del lavoro e soprattutto del lavoro dei più giovani, ai quali il contratto di apprendistato è fisiologicamente rivolto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevede la predisposizione di un piano formativo generale redatto e definito dal Ministero del Lavoro che lavoratore e datore di lavoro possono compilare in via telematica, presso i centri per l'impiego territorialmente competenti, e le cui finalità siano intese a valutare gli obiettivi raggiunti e l'acquisizione delle competenze previste nell'ambito del contratto di apprendistato.
9/2208-A/1Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, disciplina all'articolo 4 l'apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere;
    il citato articolo, al comma 3, prevede l'integrazione della formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta sotto la responsabilità della azienda, con l'offerta formativa pubblica, interna o esterna all'azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di base o trasversali;
    le imprese indicano proprio nella difficoltà di accesso a tale formazione di base o trasversale una delle motivazioni principali per il mancato ricorso al contratto di apprendistato;
    su tale aspetto, il Parlamento è già intervenuto, con il disegno di legge in discussione, introducendo un obbligo di risposta da parte delle Regione competente per territorio entro quarantacinque giorni dalla comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro;
    il contratto di apprendistato è per sua natura lo strumento che meglio favorisce l'ingresso nel mercato del lavoro dei giovani, coniugando occupazione e formazione;
    la formazione di base e trasversale è fondamentale per rafforzare l'occupabilità dei giovani e, per questa ragione, deve essere garantita al massimo livello;
    presso le Regioni operano in regime di sussidiarietà, così come previsto dall'articolo 118 della Costituzione, enti autorizzati o accreditati ad erogare formazione professionale qualificata e certificata,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative affinché sia esteso su tutto il territorio nazionale, previa intesa con le Regioni e le Province autonome e sentite le organizzazioni sindacali e datoriali, il sistema dei voucher formativi utilizzabili per accedere alla formazione di base e trasversale.
9/2208-A/2Polverini.


   La Camera,
   premesso che:
    il Documento Unico di Regolarità Contributiva (di seguito denominato DURC) è un certificato che attesta la regolarità della contribuzione di un'impresa a fini previdenziali verso i dipendenti nei confronti di INPS, INAIL e Casse Edili;
    il DURC serve per tutti gli appalti e subappalti di lavori pubblici al fine di verificare la presenza di requisiti per la partecipazione e aggiudicazione delle gare, nonché alla stipula del contratto e alle liquidazioni di saldo, per i lavori privati soggetti al rilascio della concessione edilizia, della DIA o per le attestazioni SOA;
    ogni anno sono circa 5 milioni i certificati emessi da INPS, INAIL e Casse Edili;
    il DURC può essere richiesto dalle imprese per via telematica attraverso i portali internet di INPS, INAIL o Casse Edili, che si vedrà poi consegnare il documento tramite pec all'indirizzo indicato nella richiesta e ha validità di 120 giorni;
    esiste una convenzione tra INPS, INAIL e Casse Edili che stabilisce come termine massimo per l'emissione del DURC quello di 30 giorni, prevedendo inoltre l'impegno congiunto dei 3 enti sopracitati di ridurre ulteriormente le tempistiche;
    il termine di 30 giorni per il rilascio del DURC aumenta a 45 se in fase istruttoria emerge la necessità di una sospensione dei termini per accertamenti ulteriori della pratica;
    il Governo ha più volte sottolineato la volontà di andare incontro alle esigenze delle imprese al fine di agevolare la loro attività e di snellire le pratiche burocratiche che, troppe volte, paralizzano l'attività delle stesse;
    il cosiddetto Decreto Lavoro introduce la semplificazione della procedura trasformando la richiesta in interrogazione telematica;
    la smaterializzazione però non è sufficiente per far fronte alle numerose richieste di certificati che ogni anno vengono rivolte agli enti sopracitati;
    una, possibile soluzione, in attesa dell'interrogazione telematica di cui all'articolo 4 del «Decreto Lavoro», è quella di prevedere la possibilità da parte dell'imprenditore di avvalersi dell'autocertificazione,

impegna il Governo

ad assumere idonee iniziative, anche di tipo normativo, affinché si renda immediatamente possibile l'utilizzo dello strumento dell'autocertificazione.
9/2208-A/3Di Lello, Di Gioia, Locatelli, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368 si dà attuazione alla Direttiva n. 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, CEEP e CES»;
    all'impianto normativo di tale decreto legislativo decreto-legge n. 34 del 2014 ha apportato sostanziali modifiche le quali, però, non sembrano del tutto adeguate alle esigenze della piccola e media imprenditoria. Infatti il limite del 20 per cento indicato all'articolo 1, comma 1 del decreto-legge n. 34 del 2014 risulta essere un limite compatibile con realtà produttive con un cospicuo numero di dipendenti, ma risulta assai penalizzante nei confronti delle piccole imprese o nei confronti di coloro i quali non hanno lavoratori già assunti;
    da un simile assetto deriva l'esclusione di un gran numero di datori di lavoro, e quindi di lavoratori, dalla possibilità di concludere contratti a tempo determinato, con effetti ulteriormente negativi sulla vitalità del mercato del lavoro,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad innalzare il limite massimo di contratti a tempo determinato stipulabili dalle aziende con meno di 15 dipendenti, portandolo dal 20 per cento dei dipendenti al 30 per cento (ovvero max. 5 contratti a tempo determinato su 15 dipendenti).
9/2208-A/4Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368 si dà attuazione alla Direttiva n. 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, CEEP e CES»;
    all'impianto normativo di tale decreto legislativo decreto-legge n. 34 del 2014 ha apportato sostanziali modifiche le quali, però, non sembrano del tutto adeguate alle esigenze della piccola e media imprenditoria. Infatti il limite del 20 per cento indicato all'articolo 1, comma 1 del decreto-legge n. 34 del 2014 risulta essere un limite compatibile con realtà produttive con un cospicuo numero di dipendenti, ma risulta assai penalizzante nei confronti delle piccole imprese o nei confronti di coloro i quali non hanno lavoratori già assunti;
    da un simile assetto deriva l'esclusione di un gran numero di datori di lavoro, e quindi di lavoratori, dalla possibilità di concludere contratti a tempo determinato, con effetti ulteriormente negativi sulla vitalità del mercato del lavoro,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare eventuali modifiche normative volte a ridefinire il limite percentuale di contratti a tempo determinato stipulabili dalle piccole e medie imprese.
9/2208-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta).  Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il rilancio dell'occupazione può meglio realizzarsi se al contempo si crea un quadro legislativo organico in grado di rendere le imprese maggiormente solide e competitive;
    la Costituzione italiana statuisce all'articolo 46 che: «ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende». Inoltre, al successivo articolo 47 non si può sottacere il puntuale riferimento al sostegno all'accesso del risparmio popolare «al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese»;
    per dare piena e compiuta attuazione a quanto sancito dalla Costituzione, e sopra richiamato, è necessario promuovere una legislazione che introduca elementi di partecipazione dei lavoratori nella gestione e nel controllo delle imprese attraverso procedure di informazione e consultazione così come attraverso forme di partecipazione agli utili e ai risultati d'impresa nonché forme di partecipazione azionaria dei lavoratori;
    la definizione di un quadro normativo orientato a favorire la democrazia economica può ingenerare vantaggi non affatto trascurabili in termini di crescita economica, maggiore competitività e redditività delle imprese nonché in termini di migliore produttività da parte dei lavoratori. Ciò, oltre a favorire una crescita sostenibile, favorisce nuove opportunità di lavoro;
    a livello europeo varie istituzioni come la Commissione, il Parlamento europeo e il Comitato economico e sociale (ECOSOC), hanno più volte raccomandato agli Stati membri di dotarsi di una cornice normativa volta a promuovere elementi di democrazia economica all'interno delle imprese al fine non soltanto di potenziare le performance delle imprese stesse ma anche al fine di migliorare l'occupazione e crearne di nuova;
    in Italia, differentemente da altri Paesi membri dell'Unione europea e da numerosi Paesi di origine anglosassone, nonostante il tema della democrazia economica abbia ricevuto attenzione da parte del legislatore, è ancora assente una quadro legislativo organico,

impegna il Governo:

   a dare attuazione alla disposizione prevista nella legge n. 147 del 2013 affinché il Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro dell'Economia, adotti in tempi rapidi il decreto volto a definire modalità e criteri per l'utilizzo delle risorse, pari complessivamente a 7 milioni di euro nel biennio 2014-2015, necessarie per incentivare iniziative rivolte alla partecipazione dei lavoratori al capitale e agli utili delle imprese e per la diffusione dei piani di azionariato rivolti ai lavoratori dipendenti;
    a dare attuazione alla disposizione contenuta nell'articolo 56-ter della legge 98 del 2013 (cosiddetto «Decreto del Fare»), la quale prevede che i Ministri dello Sviluppo economico, della Giustizia, dell'Economia e delle finanze e del Lavoro e politiche sociali debbono trasmettere al Parlamento una relazione sulla disciplina, sulle esperienze e sulle prospettive dell'azionariato diffuso, ovvero della partecipazione, anche azionaria, dei dipendenti agli utili di impresa ed individuano le opportune misure, normative e di incentivazione fiscale, volte a favorire la diffusione delle predette esperienze in ambito nazionale e la collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende ai sensi dell'articolo 46 della Costituzione a partire dai piani di azionariato;
    a riprendere nell'ambito di un provvedimento legislativo i contenuti di cui alla delega prevista al comma 62 dell'articolo 4 della legge n. 92 del 2012 8 (cosiddetto Riforma Fornero), intesa ad introdurre elementi di partecipazione dei lavoratori nella gestione delle imprese e sulla quale, nella precedente legislatura, si era registrata una considerevole convergenza;
    a definire un quadro normativo, compatibile con il contesto europeo, organico, efficace e al tempo stesso semplice in grado di promuovere una legislazione favorevole alla promozione di regimi di partecipazione agli utili così come ai risultati di impresa nonché di partecipazione azionaria dei lavoratori dipendenti;
    a promuovere a livello europeo, alla luce del semestre italiano di presidenza del Consiglio, iniziative volte definire un quadro normativo coerente, in tutti gli Stati membri, in materia di partecipazione agli utili e al capitale di impresa dei lavoratori dipendenti.
9/2208-A/5Tidei.


   La Camera,
   premesso che:
    la disoccupazione in Italia registra tassi sempre più preoccupanti non soltanto nelle fasce giovanili, ma anche in quelle di età più avanzata, che soffrono di maggiori ripercussioni sociali e hanno maggiori difficoltà di ricollocamento nel mercato del lavoro;
    imparare un nuovo mestiere, attraverso un percorso di apprendistato, può essere un modo per riqualificarsi e ricollocarsi nel mercato del lavoro;
    oggi possono accedere allo strumenti dell'apprendistato gli iscritti alle liste di mobilità, ma non altre categorie di disoccupati, come ad esempio i beneficiari di trattamento dell'ASPI o di mini ASPI, o i cassintegrati;
    il Ministro del lavoro Poletti ha annunciato interventi specifici per fasce d'età più ampie, anche con riferimento a coloro che hanno perduto il lavoro in età avanzata,

impegna il Governo

ad individuare in tempi brevissimi, al fine di facilitare la riqualificazione e la ricollocazione nel mercato del lavoro, interventi legislativi e finanziari per permettere l'accesso ai percorsi e ai contratti di apprendistato, con le relative agevolazioni contributive, di quei lavoratori disoccupati di età avanzata che attualmente ne sono esclusi per ragioni anagrafiche.
9/2208-A/6Baldelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la disoccupazione in Italia registra tassi sempre più preoccupanti non soltanto nelle fasce giovanili, ma anche in quelle di età più avanzata, che soffrono di maggiori ripercussioni sociali e hanno maggiori difficoltà di ricollocamento nel mercato del lavoro;
    imparare un nuovo mestiere, attraverso un percorso di apprendistato, può essere un modo per riqualificarsi e ricollocarsi nel mercato del lavoro;
    oggi possono accedere allo strumenti dell'apprendistato gli iscritti alle liste di mobilità, ma non altre categorie di disoccupati, come ad esempio i beneficiari di trattamento dell'ASPI o di mini ASPI, o i cassintegrati;
    il Ministro del lavoro Poletti ha annunciato interventi specifici per fasce d'età più ampie, anche con riferimento a coloro che hanno perduto il lavoro in età avanzata,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di individuare in tempi brevissimi, al fine di facilitare la riqualificazione e la ricollocazione nel mercato del lavoro, interventi legislativi e finanziari per permettere l'accesso ai percorsi e ai contratti di apprendistato, con le relative agevolazioni contributive, di quei lavoratori disoccupati di età avanzata che attualmente ne sono esclusi per ragioni anagrafiche.
9/2208-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta)  Baldelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto legislativo n. 167 del 2001 prevede la possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali per il tramite di fondi paritetici interprofessionali anche attraverso accordi con le Regioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative che garantiscano la possibilità di ulteriormente disciplinare la possibilità di istituire fondi per la formazione anche con gli accordi delle Regioni.
9/2208-A/7Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto legislativo n. 167 del 2001 prevede che la regolamentazione del contratto di apprendistato sia rimessa ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazione dei datori e lavoratori comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative che incentivino ed amplino il ruolo della contrattazione collettiva nella regolamentazione del contratto di apprendistato.
9/2208-A/8Nicola Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto legislativo n. 167 del 2001 prevede una durata massima del contratto di apprendistato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative che garantiscano la possibilità di addivenire a forme incentivanti per l'assunzione definitiva dei lavoratori in apprendistato.
9/2208-A/9Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 167 del 2001 prevede che la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale sia rimessa alle regione e alle province autonome di Trento e Bolzano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative che incentivino le regioni a promuovere l'apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale.
9/2208-A/10(Testo corretto)Brugnerotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, recante «semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di apprendistato», nel caso di apprendistato per la qualifica o il diploma professionale, è riconosciuta una retribuzione che tenga delle ore effettivamente prestate nonché delle ore di formazione nella misura del 35% in relazione al monte ore complessivo;
    premesso che la suddetta nonna dispone un trattamento retributivo ordinario per le ore effettivamente lavorate dall'apprendista a cui deve aggiungersi un trattamento retributivo «ridotto», pari al 35 per cento del relativo monte ore complessivo, per le ore in cui l'apprendista è impegnato in attività di formazione;
    rilevato che la novella legislativa prevede, in considerazione dell'onere formativo a carico delle aziende, una riduzione generalizzata della retribuzione da riconoscere in relazione al numero di ore di formazione espletate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere iniziative che disciplinino ulteriormente lo svolgimento della formazione e le relative previsioni in relazione alle previsioni retributive.
9/2208-A/11Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1 viene introdotto il limite quantitativo, pari al 20 per cento dell'organico complessivo, alla stipulazione di contratti a termine da parte di ciascun datore di lavoro, rapportato in via generale e generica all'organico complessivo. Ai fini della trasparenza del computo dei predetti lavoratori, rispetto all'organico complessivo, l'emendamento Rizzetto 1.34 propone che tali dati siano inviati alla Direzione Provinciale del Lavoro, competente per territorio, stabilendo delle procedure di trasmissione, fissate con decreto non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro e non oltre 30 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo. Tali procedure riguardano il tipo di modello da utilizzare per la comunicazione, il formato di trasmissione ed il sistema di classificazione dei dati, in relazione alle tipologie contrattuali applicate, che ogni singolo datore di lavoro è tenuto a inserire nelle schede anagrafiche e nelle schede professionali dei lavoratori alle proprie dipendenze. Le predette procedure costituiscono la base dei dati del sistema informativo, di cui le singole unità produttive dovranno dotarsi e diffondere on line»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere iniziative volte a garantire il monitoraggio dei limiti quantitativi applicati al numero di contratti a tempo determinato.
9/2208-A/12Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1 vengono emenate disposizioni di semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di lavoro a termine;
    la funzione sociale della maternità continua ad essere penalizzata rispetto all'accesso e alla permanenza nel mercato del lavoro, ciò è imputabile a diversi fattori quali l'iniqua distribuzione dei carichi di lavoro familiare, la persistente carenza dei servizi per l'infanzia, le forme di discriminazione sul lavoro subite dalle donne madri o in gravidanza, l'insufficienza delle reti di aiuto formale (asili nido e strutture per l'infanzia);
    la peculiarità del nostro Paese è ravvisabile nel ricorso intenso alla rete di aiuti informale e alla solidarietà intergenerazionale. Sei bambini su dieci sono affidati ai nonni quando la madre lavora. Questo avviene principalmente per la carenza di servizi per l'infanzia; l'offerta di asili nido, misurata rispetto al numero dei bambini di età inferiore ai tre anni, mostra tuttavia differenze rilevanti nel livello di attivazione territoriale del servizio. La loro carenza, soprattutto al Sud e nelle Isole, condiziona decisamente il rapporto con il lavoro delle donne, al punto tale che 564mila donne inattive hanno dichiarato che sarebbero disponibili a lavorare e a cercare lavoro, in presenza di servizi sociali adeguati; tra le donne occupate, 160 mila passerebbero da un regime orario part-time a full time;
    l'interruzione dell'attività lavorativa dovuta alla nascita di un figlio può comportare un rischio elevato di non reinserirsi nel mondo del lavoro, o di rimanerne a lungo al di fuori. Tra le donne che nel corso della vita hanno smesso di lavorare, il 17,7 per cento lo ha fatto per la nascita del figlio; emerge in tutta evidenza la necessità di tutelare i diritti della donna nella fase della vita in cui deve conciliare l'essere madre con la sua partecipazione alla vita attiva e produttiva,

impegna il Governo

a porre in essere ogni iniziativa, anche di carattere legislativo, volta a favorire le pari opportunità nel mondo del lavoro.
9/2208-A/13Cariello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9-bis del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 608 del 1996 disciplina le denunzie obbligatorie che i datori di lavoro ’’ devono fare al Centro per l'Impiego entro 5 giorni quando assumono o licenziano un lavoratore indicando la tipologia del contratto di lavoro utilizzato (tempo indeterminato, a termine, somministrato, co.co.pro.),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ulteriormente disciplinare le denunzie obbligatorie con specifico riferimento alla necessità di indicare il numero di lavoratori per specifica tipologia contrattuale applicata.
9/2208-A/14Caso.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1 vengono disposte misure di semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di lavoro a termine;
    ogni riforma che possa comportare un aumento dell'insicurezza dei lavoratori debba essere accompagnata da un aumento delle misure di protezione sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di implementare le misure di welfare e protezione sociale.
9/2208-A/15Castelli.


   La Camera,
   premesso che:
    parrebbe opportuno allargare a tutti i sindacati e non unicamente a quelli «più rappresentativi», senza distinzione di categoria, l'individuazione, anche in misura non uniforme, dei limiti quantitativi di utilizzazione dell'istituto del contratto a tempo determinato stipulato ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ulteriormente disciplinare i meccanismi della rappresentanza sindacale.
9/2208-A/16Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    vista l'opportunità di utilizzare i vari strumenti informatici disponibili in seno alle pubbliche amministrazioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, ai fini del monitoraggio dei contratti di lavoro a tempo determinato, la creazione ed il relativo utilizzo di una banca dati on line.
9/2208-A/17Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    vista la necessità di avviare iniziative che ulteriormente rilancino l'occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni ulteriore forma di incentivo alle imprese strumentale al rilancio dell'occupazione.
9/2208-A/18Colonnese.


   La Camera,
   premesso che:
    vista la necessità di avviare iniziative che ulteriormente rilancino l'occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni ulteriore forma di incentivo alle imprese strumentale al rilancio dell'occupazione, in particolare giovanile e femminile.
9/2208-A/18. (Testo modificato nel corso della seduta).  Colonnese.


   La Camera,
   premesso che:
    vista la necessità di avviare iniziative che ulteriormente rilancino l'occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni ulteriore forma di incentivo alle imprese strumentale al rilancio dell'imprenditoria giovanile.
9/2208-A/19Corda.


   La Camera,
   premesso che:
    vista la necessità di avviare iniziative che ulteriormente rilancino l'occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni ulteriore forma di incentivo alle imprese strumentale al rilancio dell'occupazione, in particolare giovanile e femminile.
9/2208-A/19. (Testo modificato nel corso della seduta).  Corda.


   La Camera,
   premesso che:
    vista la necessità di avviare iniziative che ulteriormente rilancino l'occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni ulteriore forma di incentivo alle imprese strumentale al rilancio dell'imprenditoria femminile.
9/2208-A/20Cozzolino.


   La Camera,
   premesso che:
    vista la necessità di avviare iniziative che ulteriormente rilancino l'occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni ulteriore forma di incentivo alle imprese strumentale al rilancio dell'occupazione, in particolare giovanile e femminile.
9/2208-A/20. (Testo modificato nel corso della seduta).  Cozzolino.


   La Camera,
   premesso che:
    vista la necessità di avviare iniziative che ulteriormente rilancino l'occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni ulteriore forma di incentivo alle imprese strumentale al rilancio dell'imprenditoria nel settore della green economy.
9/2208-A/21Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    vista la necessità di avviare iniziative che ulteriormente rilancino l'occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni ulteriore forma di incentivo alle imprese strumentale al rilancio dell'imprenditoria nel settore agricolo.
9/2208-A/22Currò.


   La Camera,
   premesso che:
    vista la necessità di avviare iniziative che ulteriormente rilancino l'occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni ulteriore forma di incentivo alle imprese strumentale al rilancio dell'imprenditoria nel settore del turismo.
9/2208-A/23Da Villa.


   La Camera,
   premesso che:
    vista la necessità di semplificare e riordinare le tipologie contrattuali, nonché agevolare le imprese in ogni processo che vada nella direzione della implementazione delle assunzioni, considerata altresì la necessità di limitare quanto più possibile il contenzioso giudiziale derivante da controversie in materia di lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni iniziativa utile ad economizzare ed ottimizzare il processo del lavoro.
9/2208-A/24Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    vista la necessità di semplificare e riordinare le tipologie contrattuali nonché agevolare le imprese in ogni processo che vada nella direzione della implementazione delle assunzioni considerata altresì la necessità di limitare quanto più possibile il contenzioso giudiziale derivante da controversie in materia di lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni iniziativa utile ad economizzare ed ottimizzare il funzionamento delle Direzioni territoriali del lavoro.
9/2208-A/25Daga.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, in sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese, non ha previsto norme più stringenti volte a disincentivare l'abuso della successione dei contratti a termine;
    la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 alla clausola 1, pone l'obiettivo di «migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione» nonché «creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ulteriormente disciplinare la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti, con norme volte a disincentivare tale pratica adottata dalle aziende in violazione della direttiva europea.
9/2208-A/26Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, in sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese, non ha determinato che nel limite massimo del 20 per cento, previsto dall'articolo 1 del decreto, fossero inclusi anche rapporti di lavoro diversi da quello a tempo determinato;
    secondo l'articolo 01 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ulteriormente disciplinare il limite massimo dei contratti non a tempo indeterminato sottoscrivibili nella aziende fino al massimo del 20 per cento dell'organico, includendo anche rapporti contrattuali diversi da quello a tempo determinato.
9/2208-A/27De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, in sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese, non ha previsto un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea, come previsto dal punto 7 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori e il considerando 3 della direttiva 1999/70/CE;
    si rende necessario rafforzare la tutela dei lavoratori al momento della cessazione del rapporto di lavoro in caso di mancata trasformazione del contratto a tempo determinato di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, incrementando la quota del trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ulteriormente disciplinare la cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato riconoscendo un aumento della quota del trattamento di fine rapporto per queste categorie di lavoratori.
9/2208-A/28Del Grosso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 prevede disposizioni in tema di contratto a tempo determinato;
    le situazioni di disagio lavorativo sono in costante aumento: una percentuale compresa tra il 50 e il 60 per cento delle giornate lavorative perse in un anno è correlata allo stress lavorativo;
    secondo studi condotti dalla «European Agency for Safety and Health at Work» sono cinque le aree di variabili che rendono emergenti i rischi psicosociali e al primo posto c’è: 1) l'utilizzo di nuove forme di contratto di lavoro (contratti flessibili) e l'incertezza e l'insicurezza del lavoro stesso; 2) forza lavoro sempre più vecchia per mancanza di adeguato turn over; 3) gli alti carichi di lavoro; 4) la tensione emotiva elevata; 5) le interferenze e squilibrio tra lavoro e vita privata;
    il ricorso a forme di contratto di lavoro a tempo determinato e flessibile costituisce dunque un fattore di rischio per il lavoratore;
    è necessario conoscere e monitorare i fattori lavorativi di stress ed in particolare lo stress derivante dall'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile e le conseguenze sulla qualità della vita e sul benessere psicosociale del lavoratore anche al fine di prevenire pesanti ricadute economiche sulle aziende e sulle economie nazionali derivanti dal rischio psicosociale di stress che subisce il lavoratore precario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire – senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica – una Commissione di analisi e studio formata da esperti per le finalità di monitoraggio, contrasto e prevenzione delle conseguenze sulla qualità della vita, sui fattori lavorativi di stress e sugli effetti derivanti dalla condizione sociale di lavoratore assunto a tempo determinato e flessibile.
9/2208-A/29Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto legislativo n. 167 del 2001 prevede la possibilità che l'apprendista venga remunerato in modo percentuale e in modo graduale all'anzianità di servizio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative che garantiscano la possibilità di addivenire ad una specifica disciplina regolativa della previsione di remunerazione percentuale del lavoratore in apprendistato prevista dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 167 del 2011.
9/2208-A/30Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto legislativo n. 167 del 2001 prevede la presenza di un tutore o un referente aziendale che assista l'apprendistanelpercorso formativo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di addivenire ad una regolamentazione che disciplini la figura, il ruolo e la funzione del tutore e del referente aziendale.
9/2208-A/31Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
   il Governo, in sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014 n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese, non ha previsto norme volte ad aumentare le retribuzioni dei lavoratori subordinati con contratto a tempo determinato;
    che secondo l'ISFOL la media delle retribuzioni dei lavoratori, con contratto a termine sono inferiori del 28 per cento rispetto a quelle dei lavoratori subordinati con contratto a tempo indeterminato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incrementare le retribuzioni dei lavoratori, anche sotto forma di indennità e bonus temporanei, al fine di disincentivare l'abuso dei contratti a termine, comunque precari rispetto a quelli a tempo indeterminato.
9/2208-A/32Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del decreto in esame reca misure aventi ad oggetto i contratti di solidarietà,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un comitato di monitoraggio, finanziabile con spending review del CNEL, preposto alla verifica della corretta applicazione di quanto disposto in materia di contratti di solidarietà.
9/2208-A/33Pinna.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo, all'articolo 2, interviene in materia di apprendistato, con l'obiettivo di semplificare la disciplina recata dal decreto legislativo 167/2011;
    il decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167 ha definito l'apprendistato uno strumento privilegiato d'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, finalizzato alla formazione e all'occupazione dei giovani, cui erogare un «contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato»;
    l'articolo 2 del provvedimento in titolo aggiunge all'articolo 3 decreto legislativo 14 settembre 2011 , n. 167, il comma 2-ter che, ribadendo l'autonomia della contrattazione collettiva, in considerazione della componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, riconosce al lavoratore «una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché delle ore di formazione nella misura almeno del 35 per cento del relativo monte ore complessivo»;
    la formazione strutturata presso un'azienda, è erogata secondo le modalità definite dalla contrattazione collettiva fra le organizzazioni datoriali e sindacali, nel rispetto degli standard generali definiti in coerenza con l'offerta regionale di istruzione e formazione professionale; le ore di formazione non possono essere inferiori a 400;
    nei confronti degli apprendisti di età superiore ai diciotto anni, invece, le modalità di erogazione dell'ulteriore formazione strutturata presso un'azienda, compresa l'indicazione del monte ore, non fanno riferimento ai livelli essenziali dei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al capo III del sopra citato decreto legislativo n. 226 del 2005, ma sono stabilite liberamente dalla contrattazione collettiva, nel rispetto del Piano formativo dell'apprendista; le ore di formazione possono essere ridotte del 50 per cento,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione recata dal sopra citato comma 2-ter, aggiunto all'articolo 3 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, al fine di adottare un eventuale ulteriore provvedimento che, d'intesa con la Conferenza Unificata, promuova iniziative volte ad intensificare le attività degli organi ispettivi, attivando eventualmente anche misure sanzionatorie.
9/2208-A/34Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 2, recante «semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di apprendistato», viene fatto salvo il principio generale per cui il contratto di apprendistato e il patto di prova deve risultare da atto scritto mentre viene abrogato di fatto l'obbligo di forma scritta del piano formativo individuale;
    tale abrogazione non solo fa venire meno uno dei principali strumenti volti a garantire la effettiva finalità formativa del contratto in esame, posta a tutela del lavoratore/apprendista, ma favorisce un utilizzo di tale fattispecie contrattuale in maniera elusiva della componente formativa per mascherare rapporti di lavoro subordinato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre misure che comunque garantiscano la verifica degli obblighi formativi posti in capo al datore di lavoro.
9/2208-A/35Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 2, recante «semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di apprendistato», viene disposta l'abrogazione della disposizione introdotta dalla «Riforma Fornero» che prevedeva la possibilità di assumere nuovi apprendisti solo nel caso in cui fosse risultato confermato, al termine del percorso formativo, il 50 per cento dei rapporti di apprendistato svolti nell'ultimo triennio;
    la ratio della abrogata «stabilizzazione» era quella di incentivare il ricorso al contratto di apprendistato quale canale privilegiato per l'assunzione a tempo indeterminato dei giovani,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disciplinare con ulteriori misure la posizione dei lavoratori apprendisti.
9/2208-A/36Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, recante «semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di apprendistato», con specifico riferimento al contratto di apprendistato professionalizzante prevede in capo al datore di lavoro una mera possibilità, e non più l'obbligo, di integrare la formazione professionale interna con l'offerta formativa pubblica, nei limiti delle risorse annualmente disponibili;
    la novella legislativa svincola il datore di lavoro dall'obbligo di sottoporre l'apprendista a una formazione erogata sotto il controllo pubblico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di favorire ulteriori iniziative volte ad implementare la formazione di mestiere.
9/2208-A/37Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, recante «semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di apprendistato», con specifico riferimento al contratto di apprendistato professionalizzante prevede in capo al datore di lavoro una mera possibilità, e non più l'obbligo, di integrare la formazione professionale interna con l'offerta formativa pubblica, nei limiti delle risorse annualmente disponibili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di favorire ulteriori iniziative volte ad implementare la formazione di mestiere.
9/2208-A/37. (Testo modificato nel corso della seduta).  Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 reca «semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di apprendistato», e prevede l'abolizione, tra i principi direttivi di legge affidati all'attuazione in sede contrattuale, della possibilità di contemplare forme e modalità per la conferma in servizio di una determinata percentuale di apprendisti al fine di ulteriori assunzioni in apprendistato;
    rilevato che la predetta abrogazione comporta una grave limitazione del ruolo e della funzione dell'autonomia collettiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attribuire alla contrattazione collettiva la facoltà di prevedere e disciplinare forme o percorsi di stabilizzazione a vantaggio degli apprendisti al fine di favorirne l'ingresso stabile nel mondo del lavoro.
9/2208-A/38Basilio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo n. 167 del 2001, all'articolo 2, prevede una durata minima del contratto non inferiore a sei mesi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative che garantiscano la possibilità di addivenire a forme incentivanti per la stabilizzazione dei lavoratori.
9/2208-A/39Battelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto legislativo n. 167 del 2001 prevede la possibilità di inquadrare il lavoratore in apprendistato fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre nuove misure volte a disciplinare le forme di inquadramento dell'apprendista
9/2208-A/40D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 dell'A.C. 2208 «Semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di apprendistato» contiene disposizioni in materia di contratto di apprendistato volte ad integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con l'offerta formativa della scuola pubblica;
    in questo contesto normativo incentivare l'alternanza scuola-lavoro quale progetto formativo utile all'inserimento professionale degli studenti diventa necessario per l'assolvimento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
    il decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, disciplina percorsi di alternanza scuola-lavoro, consistenti nella realizzazione di attività, realizzate, verificate e valutate, sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica o formativa, sulla base di apposite convenzioni con le imprese, o con le rispettive associazioni di rappresentanza, o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con gli enti pubblici e privati, ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di apprendimento in situazione lavorativa, che non costituiscono rapporto individuale di lavoro;
    realizzare l'alternanza scuola lavoro come progetto formativo utile all'inserimento professionale degli studenti è una grande ambizione della scuola italiana;
    unire l'attività lavorativa alla formazione scolastica di tipo professionale costituisce una doppia opportunità;
    da un lato gli studenti hanno la possibilità di approcciarsi al mondo del lavoro ricevendo una certificazione finale che ha valore di credito formativo, e dall'altra gli enti ospitanti hanno la possibilità di preparare i giovani alle attività di loro interesse ottenendo un ritorno in termini produttivi;
    è un progetto a cui è necessario lavorare nell'interesse di tutta la società,

impegna il Governo:

a predisporre delle convenzioni tra l'Agenzia delle entrate, gli Enti locali e gli Istituti Statali d'Istruzione secondaria superiore nei quali sia previsto l'insegnamento delle materie estimo e topografia al fine di consentire agli studenti iscritti agli ultimi due anni del triennio scolastico di avere un'esperienza professionale mediante una collaborazione attiva nell'ambito della realizzazione della riforma del catasto che gli venga, altresì, riconosciuta come credito formativo.
9/2208-A/41Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61 recante «Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES» è finalizzato a disciplinare il contratto di lavoro subordinato a tempo parziale, nelle tre varianti di part time verticale, orizzontale e misto;
    il nostro Paese è caratterizzato da una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro;
    la conciliazione tra vita familiare e vita professionale è per le donne, italiane e soprattutto meridionali, una dimensione di criticità ancora centrale nel loro rapporto con il lavoro, specie con riferimento al momento della maternità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative legislative che vadano ad implementare l'uso del contratto a tempo parziale al fine di rilanciare l'occupazione femminile.
9/2208-A/42Dieni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 151 del 2001 prevede che l'assunzione di personale a tempo determinato e di personale temporaneo, in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo ai sensi del decreto legislativo 151 del 2001, può avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo di inizio del congedo, salvo periodi superiori previsti dalla contrattazione collettiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative legislative che vadano ad ampliare il periodo per l'assunzione di personale con contratto a tempo determinato in sostituzione delle lavoratrici o dei lavoratori in congedo.
9/2208-A/43D'Incà.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 151 del 2001 prevede che l'assunzione di personale a tempo determinato e di personale temporaneo, in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo ai sensi del decreto legislativo 151 del 2001, può avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo di inizio del congedo, salvo periodi superiori previsti dalla contrattazione collettiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative legislative che vadano ad anticipare, sino a tre mesi prima della data di inizio del periodo di congedo, il termine per assumere lavoratori a tempo determinato in sostituzione dei dipendenti assenti per la fruizione del medesimo congedo.
9/2208-A/44Rostellato, Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 151 del 2001 prevede che l'assunzione di personale a tempo determinato e di personale temporaneo, in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo ai sensi del decreto legislativo 151 del 2001, può avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo di inizio del congedo, salvo periodi superiori previsti dalla contrattazione collettiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative legislative che vadano ad anticipare il termine per assumere lavoratori a tempo determinato in sostituzione dei dipendenti assenti per la fruizione del medesimo congedo.
9/2208-A/44. (Testo modificato nel corso della seduta).  Rostellato, Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di discussione del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione a carico delle imprese, all'articolo 4, comma 2, riguardante le semplificazioni in materia di documento di regolarità contributiva, cita le funzioni di INPS ed INAIL,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di coinvolgere maggiormente, INPS ed INAIL per la definizione dei requisiti di regolarità, contenuti e modalità di verifica dei controlli menzionati all’ articolo 4, commi 1 e 2.
9/2208-A/45Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo reca modificazioni al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368;
    in particolare, all'articolo 1, comma 1 del predetto decreto legislativo è consentita l'apposizione del termine al contratto di lavoro acausale di «durata non superiore a 36 mesi, comprensiva di eventuali proroghe,» concluso tra un datore di lavoro e un prestatore di lavoro per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nell'ambito di un contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato;
    l'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 prevede che «se il rapporto di lavoro continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi nonché decorso il periodo complessivo di cui al comma 4-bis, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a “tempo indeterminato” dalla scadenza dei predetti termini»;
    nell'ipotesi in cui il rapporto di lavoro a tempo determinato prosegua dopo la scadenza del termine stesso,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di prevedere, con futuri provvedimenti di legge, che la disposizione concernente la trasformazione del «contratto a termine in contratto a tempo indeterminato», di cui all'ultimo periodo del sopra citato comma 2 dell'articolo 5 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, sia inserita anche al comma 1 del medesimo articolo 5, che prevede esclusivamente modeste sanzioni, in termini di maggiorazione della retribuzione.
9/2208-A/46Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo reca modificazioni al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368;
    l'articolo 5, comma 1, del sopra citato decreto legislativo n. 368 del 2001 prevede, nel caso in cui il rapporto di lavoro continui dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, un periodo di tolleranza durante il quale il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto, pari al 20 per cento fino al decimo giorno successivo ed al 40 per cento per ciascun giorno ulteriore. Qualora il rapporto di lavoro, continui oltre il trentesimo giorno, in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il cinquantesimo giorno, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini (articolo 5, comma 2, decreto legislativo n. 368 del 2001, come modificato dall'articolo 1, comma 9, lettera e), legge n. 92 del 2012 e dall'articolo 7, comma 1, lettera c), n. 1, decreto-legge n. 76 del 2013;
    a seguito dell'abrogazione dell'articolo 5, comma 2-bis del decreto legislativo n. 368 del 2001, ad opera dell'articolo 7, comma 1, lettera b), n. 2 del decreto-legge n. 76 del 2013, viene meno per il datore di lavoro l'onere di comunicazione al Centro per l'impiego territorialmente competente,

impegna il Governo:

nell'ipotesi di cui all'articolo 5, comma 2, a valutare l'opportunità di prevedere, con futuri provvedimenti, il ripristino dell'obbligo per il datore di lavoro di comunicare al Centro per l'impiego territorialmente competente, la prosecuzione «di fatto» del rapporto di lavoro, oltre la scadenza inizialmente fissata, nonché la durata di tale prosecuzione.
9/2208-A/47Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo reca modificazioni al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368;
    le predette modifiche non prevedono un'autentica ristrutturazione del sistema contrattuale italiano, caratterizzato da disomogeneità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disciplinare, con futuri provvedimenti, la ridefinizione di un nuovo sistema contrattuale attraverso una drastica semplificazione a livello nazionale in quattro grandi aree contrattuali (industria, pubblico impiego, artigianato, servizi) che definiscano il salario minimo, l'orario massimo, i diritti non negoziabili, la previsione obbligatoria della formazione permanente e le norme di sicurezza sul lavoro.
9/2208-A/48Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo, all'articolo 2, reca modificazioni al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167;
    il suddetto articolo introduce la modifica concernente «la discrezionalità del datore di lavoro di decidere se integrare la formazione professionale con l'offerta formativa pubblica, nei limiti delle risorse annualmente disponibili»;
    con specifico riferimento alla componente formativa del contratto di apprendistato, la materia della «formazione professionale» rientra nella competenza legislativa esclusiva delle Regioni ai sensi l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
    la Corte costituzionale, con sentenza n. 50 del 2005, ha tuttavia chiarito che nella regolamentazione dell'apprendistato, né la formazione professionale pubblica (di competenza regionale esclusiva), né la formazione aziendale (attinente alla materia di potestà esclusiva statale «ordinamento civile») «appaiono separate nettamente tra di loro e da altri aspetti dell'istituto» con la conseguenza che «occorre tenere conto di tali interferenze»;
    successivamente la Sentenza n. 176 del 2010 ha precisato che in materia di apprendistato «così come le Regioni non possono, nell'esercizio delle loro competenze, svuotare di contenuto la competenza statale», analogamente «non è ammissibile riconoscere allo Stato la potestà di comprimere senza alcun limite il potere legislativo regionale»;
    la medesima Sentenza del 2010 ha inoltre dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 49, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 276 del 2003, nella parte in cui rimetteva la definizione di alcuni aspetti del contratto di apprendistato professionalizzante (in particolare la nozione di formazione aziendale) unicamente alla contrattazione collettiva (escludendo qualunque coinvolgimento delle Regioni),

impegna il Governo:

a valutare gli effetti applicativi della disposizione contenuta nell'articolo 2 , comma 3, lettera c) del provvedimento in titolo, anche al fine di adottare, nei prossimi provvedimenti concernenti la riforma del lavoro, misure volte a semplificare la normativa in relazione alla ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni in materia di apprendistato, tirocinio o incentivazione all'occupazione giovanile, nel rispetto delle rispettive prerogative, nonché della multilocalizzazione delle aziende.
9/2208-A/49Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è un Paese a bassa crescita economica, nel quale permane un grave problema di povertà, soprattutto nelle regioni meridionali;
    la scarsa crescita si è tradotta in un aggravamento delle condizioni sociali delle famiglie italiane;
    la legge n. 92 del 2012, più che incidere sulla flessibilità in uscita, ha prodotto effetti negativi sulle assunzioni, aggravando la crisi occupazionale, senza indirizzare i lavoratori verso un percorso di stabilità;
    parimenti, il cosiddetto «combinato disposto» tra il decreto legge in esame che tipizza dal punto di vista legale il contratto a termine, e il disegno di legge delega o «jobs acts» che apporta modifiche correttive ai contratti precari già esistenti, non ci pone in una situazione di positività, riguardo alla riattivazione nel breve e medio termine del mercato del lavoro;
   secondo gli ultimi dati Istat, il numero di disoccupati è pari a 3 milioni 307 mila, con un aumento dello 0,2 per cento rispetto al mese precedente ( 8 mila) e del 9 per cento su base annua ( 272 mila). Il tasso di disoccupazione giovanile (fascia 15-24enni) è pari al 42,3 per cento (678 mila);
   nell'ambito dell'Accordo di partenariato 2014, la Commissione europea ha posto l'accento sulla necessità di attuare una «strategia di specializzazione intelligente», attraverso la creazione di programmi di trasformazione economica integrati e basati sul territorio che valorizzino i punti di forza, i vantaggi competitivi e il potenziale di eccellenza di ogni paese o regione; supportino l'innovazione tecnologica e basata sulla pratica e promuovano gli investimenti nel settore privato; assicurino la piena partecipazione dei soggetti coinvolti e incoraggino l'innovazione e la sperimentazione, basati su esperienze concrete e includenti validi sistemi di monitoraggio e valutazione,

impegna il Governo:

  a valutare l'opportunità di adoperarsi per promuovere nelle regioni meridionali, politiche attive e passive, attivando misure di carattere universale, quali regimi di aiuto e strumenti finanziari ad hoc, nonché contribuendo all'aumento delle competenze e della qualità del capitale umano, in settori imprenditoriali turistici, agricoli, agro-industriali, della pesca e acquacoltura, in modo tale da sviluppare situazioni innovative nel campo dell'autoimpiego e dell'imprenditorialità;
   ad adottare infine ulteriori misure per favorire la congiunzione delle esigenze sociali con lo sviluppo di «impresa e occupazione» dei singoli territori, al fine di favorire lo sviluppo del non profit.
9/2208-A/50Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di contratti a tempo determinato (cosiddetto lavoro a termine) e somministrazione di lavoro a tempo determinato; in materia di apprendistato, è parità di trattamento delle persone in cerca di occupazione in uno degli Stati membri dell'UE indipendentemente dal luogo di residenza;
    in particolare l'articolo 4 introduce disposizioni volte alla «smaterializzazione» del Documento unico di regolarità contributiva (DURC), attraverso una semplificazione dell'attuale sistema di adempimenti richiesti alle imprese per la sua acquisizione. In particolare, si prevede che la verifica della regolarità contributiva nei confronti dell'INPS, dell'INAIL (e, per le imprese operanti nel settore dell'edilizia, delle Casse edili), avvenga, da parte di chiunque vi abbia interesse, in tempo reale e con modalità esclusivamente telematiche, attraverso un'interrogazione negli archivi dei citati enti che ha una validità di 120 giorni a decorrere dalla data di acquisizione. La puntuale definizione della nuova disciplina della materia è rimessa a un decreto interministeriale, da emanare entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge;
    si rileva che le imprese in questo congiuntura economica hanno difficoltà ad adempiere regolarmente gli obblighi contributivi;
    sarebbe opportuno non riconoscere la irregolarità contributiva alle imprese che si discostano dal versamento contributivo non in modo rilevante al fine di garantire la continuità lavorativa;
    a riguardo con il decreto del Ministero del lavoro del 24 ottobre 2007, emanato in attuazione dell'articolo 1, comma 1176, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono state definite le modalità di rilascio e i contenuti analitici del DURC, prevedendo, all'articolo 8, le cause non ostative al rilascio del documento;
    il comma 3 del citato articolo 8 prevede che, ai soli fini della partecipazione a gare di appalto, non osta al rilascio del DURC uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascun Istituto previdenziale ed a ciascuna Cassa edile e che la medesima norma non considera grave lo scostamento inferiore o pari al 5 per cento tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione o, comunque, uno scostamento inferiore ad euro 100,00, fermo restando l'obbligo di versamento del predetto importo entro i trenta giorni successivi al rilascio del DURC,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, volta ad assicurare la regolarità contributiva alle imprese che hanno uno scostamento, con riferimento a ciascun periodo di contribuzione, tra il dovuto e il versato pari o inferiore al 5 per cento.
9/2208-A/51Mucci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è un Paese a bassa crescita economica, nel quale permane un grave problema di povertà, soprattutto nelle regioni meridionali;
    la scarsa crescita economico-produttiva si è tradotta in un aggravamento delle condizioni sociali delle famiglie italiane;
    si rende quindi necessario intervenire sul sistema sociale italiano al fine di ridurre le disuguaglianze e le disparità di trattamento;
    il lavoro necessita della coniugazione tra politiche attive e passive,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di operare nel prossimo futuro, una seria riforma degli ammortizzatori sociali che preveda un investimento significativo sulla formazione, accompagnata (come avviene in molti Paesi europei) da un reddito di cittadinanza universale, a favore di tutti coloro che ne sono privi, a partire dai precari.
9/2208-A/52Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è un Paese a bassa crescita economica, nel quale permane un grave problema di povertà, soprattutto nelle regioni meridionali;
    la scarsa crescita economico-produttiva si è tradotta in un aggravamento delle condizioni sociali delle famiglie italiane;
    si rende quindi necessario intervenire sul sistema sociale italiano al fine di ridurre le disuguaglianze e le disparità di trattamento;
    il lavoro necessita della coniugazione tra politiche attive e passive,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di operare nel prossimo futuro, una seria riforma degli ammortizzatori sociali che preveda un investimento significativo sulla formazione, accompagnata (come avviene in molti Paesi europei) da un reddito di cittadinanza universale, a favore di tutti coloro che ne sono privi, a partire dai precari, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/2208-A/52. (Testo modificato nel corso della seduta).  Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame si propone di ridurre le rigidità e semplificare il mercato del lavoro per favorire il primo inserimento dei giovani nel mondo del lavoro;
    il tasso di disoccupazione giovanile (fascia 15-24enni) è pari al 42,3 per cento (678 mila);
    risultano sempre più numerosi i cosiddetti NEET (che non lavorano o intendono lavorare, né sono coinvolti in attività di studio o formazione);
    l'incidenza dei NEET è maggiore (circa il 16 per cento) tra i possessori di una laurea nelle discipline umanistiche, quali lettere, storia, filosofia e lingue, nonché i laureati in scienze sociali, giurisprudenza, economia e sociologia, mentre la percentuale si dimezza per ingegneria e scienze mediche;
    risulta estremamente significativo il numero di diplomati che svolgono un lavoro «sottoinquadrato», che richiede competenze inferiori a quelle acquisite mediante il percorso di studio, il cosiddetto overeducation;
    è altrettanto inaccettabile che vi siano anche laureati che svolgono mansioni che non appartengono all'ambito della laurea conseguita, il cosiddetto mismatch;
    al riguardo, lo schema di Accordo di Partenariato con l'Unione europea per l'anno 2014 prevede un utilizzo dei fondi strutturali nel settennio 2014-2020 per un ammontare complessivo – e senza riferimento ai singoli obiettivi – di 4.012,4 milioni di euro, di cui 807,4 milioni, provenienti dal FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) e 3.205 milioni dal FSE (Fondo sociale europeo);
    l'articolo 2, commi 10-13, del decreto-legge convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99 decreto-legge n. 76 del 2013 ha previsto il sostegno dei tirocini curriculari svolti da studenti iscritti ai corsi di laurea di università statali nell'anno accademico 2013-2014, allo scopo di promuovere l'alternanza fra studio e lavoro;
    l'articolo 8 del decreto-legge n. 104 del 2013 ha previsto, dall'anno scolastico 2013-2014, iniziative di orientamento per favorire la conoscenza degli sbocchi occupazionali per gli studenti iscritti all'ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado e agli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado, anche per la realizzazione delle azioni previste dal programma europeo «Garanzia per i giovani» di cui alla Raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea n. 2013/C120/0. Allo scopo, ha autorizzato una spesa di 1,6 milioni di europei 2013 e 5 milioni annui a decorrere dal 2014;
    inoltre, l'articolo 14 ha previsto la possibilità che le università stipulino convenzioni con imprese per la realizzazione di progetti formativi congiunti che prevedano periodi di formazione in azienda sulla base di un contratto di apprendistato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure adeguate per ridurre le situazioni di overeducation e di mismatch, prevedendo iniziative formative concrete in modo tale che, l'aggiornamento delle competenze e dell'acquisizione di qualificazione professionali, possano integrarsi con il sistema d'innovazione regionale per la creazione di start up.
9/2208-A/53Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 2 interviene in materia di apprendistato, con l'obiettivo di semplificare la disciplina recata dal decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167;
    il decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167 ha definito l'apprendistato uno strumento privilegiato d'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, finalizzato alla formazione e all'occupazione dei giovani, cui erogare un «contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato»;
    l'articolo 2 del provvedimento in esame aggiunge all'articolo 3 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, il comma 2-ter che, ribadendo l'autonomia della contrattazione collettiva, in considerazione della componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, riconosce al lavoratore «una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché delle ore di formazione nella misura almeno del 35 per cento del relativo monte ore complessivo»;
   ritenuto che:
    l'articolo 3 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, prevede al comma 2, lettera b) «un monte ore di formazione, esterna od interna all'azienda, congruo al conseguimento della «qualifica o del diploma professionale» da parte dei soggetti con età compresa tra i 15 e i 25 anni, secondo criteri minimi formativi definiti ai sensi degli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;
    l'articolo 17 del decreto legislativo n. 226 del 2011 prevede inoltre un monte orario complessivo obbligatorio di 990 ore;
    la formazione strutturata presso un'azienda, è erogata secondo le modalità definite dalla contrattazione collettiva fra le organizzazioni datoriali e sindacali, nel rispetto degli standard generali definiti in coerenza con l'offerta regionale di Istruzione e Formazione Professionale; le ore di formazione non possono essere inferiori a 400;
    nei confronti degli apprendisti di età superiore ai diciotto anni, invece, le modalità di erogazione dell'ulteriore formazione strutturata presso un'azienda, compresa l'indicazione del monte ore, non fanno riferimento ai livelli essenziali dei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al capo III del sopra citato decreto legislativo 226 del 2005, ma sono stabilite liberamente dalla contrattazione collettiva, nel rispetto del Piano formativo dell'apprendista; le ore di formazione possono essere ridotte del 50 per cento;
    i principi generali della normativa vigente sono i seguenti:
     a) diritto dell'apprendista ad un'adeguata preparazione per l'acquisizione delle competenze di base, trasversali e tecnico professionali comuni e specifiche previste in esito ai percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), facendo dell'apprendistato un canale equivalente per il conseguimento della qualifica e del diploma professionale;
     b) definizione dell'offerta formativa, in coerenza con i relativi Accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni con chiaro riferimento:
      alle competenze tecnico professionali comuni di qualifica professionale nelle aree qualità, sicurezza, igiene e salvaguardia ambientale;
      agli standard minimi formativi delle competenze tecnico professionali;
      agli standard del Sistema Regionale delle Competenze per l'identificazione dei profili regionali di riferimento;
      all'adozione di modelli didattico-organizzativi che favoriscano l'integrazione lavoro-formazione strutturata, finalizzati all'acquisizione delle competenze non facilmente conseguibili nel solo contesto lavorativo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione recata dal sopra citato comma 2-ter, aggiunto all'articolo 3 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, al fine di adottare un eventuale ulteriore provvedimento che, d'intesa con la Conferenza Unificata, indichi e circoscriva l'ambito di competenza e le materie di studio dell'offerta formativa interna, sia obbligatoria, sia scelta liberamente dagli apprendisti maggiorenni, cui vincolare la quota della retribuzione, corrispondente alla percentuale non inferiore al 35 per cento.
9/2208-A/54L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del provvedimento in titolo interviene sul decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167 dal titolo «Testo unico dell'apprendistato» che, a sua volta, all'articolo 2, dispone come «la disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel rispetto dei seguenti principi» a cui poi fa conseguire il relativo elenco;
    il suddetto articolo 2 interviene anche sull'articolo 4 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167 ed in particolare sul comma 3, che recitava: «la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta sotto la responsabilità dell'azienda, è integrata nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dall'offerta formativa pubblica, interna o esterna alla azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali per un monte complessivo non superiore a centoventi ore per la durata del triennio e disciplinata dalle Regioni sentite le parti sociali e tenuto conto dell'età, del titolo di studio e delle competenze dell'apprendista»;
    al riguardo, il provvedimento in esame interviene proprio in relazione alla «offerta formativa pubblica», ovverosia certificabile, che da necessaria diviene facoltativa recitando ora il suddetto comma 3 del decreto legislativo 167 del 2011 che in caso di negligenza da parte delle regioni a comunicare entro il termine perentorio, indicato dalla norma in commento, le modalità di usufruire dell'offerta formativa pubblica ai sensi delle linee guida adottate dalla Conferenza Stato-Regioni, il 20 febbraio 2014, il datore di lavoro non ha più l'obbligo d'integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con quella finalizzata all'acquisizione di competenze di base e trasversali,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative volte a prevedere che con successivo decreto del ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e della Pubblica amministrazione, d'intesa con la Conferenza unificata, siano individuate modalità d'adempimento per l'erogazione della formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta da un datore di lavoro, sotto la propria responsabilità, con la finalità di stabilire un vincolo del monte orario non superiore a 120 ore per un triennio, gli standard e le regole per garantire l'uniformità su tutto il territorio nazionale delle materie da trattare, nonché il sopra citato vincolo del monte orario relativo ai singoli corsi e le modalità di certificazione del percorso formativo.
9/2208-A/55Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, interviene, all'articolo 2, in materia di apprendistato, con l'obiettivo di semplificare la disciplina recata dal decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167;
    in particolare, l'articolo 2 del provvedimento aggiunge, all'articolo 3 del sopra citato Testo Unico sull'apprendistato, il comma 2-ter che, ribadendo l'autonomia della contrattazione collettiva, in considerazione della componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, riconosce al lavoratore «una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché delle ore di formazione nella misura almeno del 35 per cento del relativo monte ore complessivo»;
   ritenuto che:
    l'articolo 3 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, prevede al comma 2, lettera b) «un monte ore di formazione, esterna od interna all'azienda, congruo al conseguimento della «qualifica o del diploma professionale» da parte dei soggetti con età compresa tra i 15 e i 25 anni, secondo criteri minimi formativi definiti ai sensi degli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione recata dal sopra citato comma 2-ter, aggiunto all'articolo 3 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, al fine di adottare un ulteriore provvedimento che, d'intesa con la Conferenza Unificata, preveda di vincolare la quota della retribuzione corrispondente ad una percentuale non inferiore al 35 per cento, attribuendola esclusivamente alla «formazione interna», finalizzata «all'acquisizione delle competenze di base, trasversali e tecnico professionali comuni e specifiche previste in esito ai percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP)».
9/2208-A/56Lombardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, interviene, all'articolo 2, in materia di apprendistato, con l'obiettivo di semplificare la disciplina recata dal decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167;
    in particolare, l'articolo 2 del provvedimento in titolo aggiunge, all'articolo 3 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, il comma 2-ter, che, ribadendo l'autonomia della contrattazione collettiva, in considerazione della componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, riconosce al lavoratore «una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché delle ore di formazione nella misura almeno del 35 per cento del relativo monte ore complessivo»;
    l'articolo 3 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, prevede al comma 2, lettera b) «un monte ore di formazione, esterna od interna all'azienda, congruo al conseguimento della «qualifica o del diploma professionale» da parte dei soggetti con età compresa tra i 15 e i 25 anni, secondo criteri minimi formativi definiti ai sensi degli articoli 14 e 16 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;
    l'articolo 17 del decreto legislativo n. 226 del 2005 prevede inoltre un monte orario complessivo obbligatorio di 990 ore;
    la formazione strutturata interna e/o esterna presso un'azienda, è erogata secondo le modalità definite dalla contrattazione collettiva fra le organizzazioni datoriali e sindacali, nel rispetto degli standard generali definiti in coerenza con l'offerta regionale di Istruzione e Formazione Professionale; essa non può contemplare un monte orario inferiore a 400 ore;
    nei confronti degli apprendisti di età superiore ai diciotto anni, invece, le modalità di erogazione dell'ulteriore formazione strutturata presso l'impresa, compresa l'indicazione del monte ore, non fanno riferimento ai livelli essenziali dei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al capo III del sopra citato decreto legislativo 226 del 2005, ma sono stabilite liberamente dalla contrattazione collettiva, nel rispetto del Piano formativo dell'apprendista, con la possibilità di ridurre le ore di formazione del 50 per cento;
    i principi generali della normativa attualmente vigente sono i seguenti:
     a) diritto dell'apprendista ad un'adeguata preparazione per l'acquisizione delle competenze di base, trasversali e tecnico professionali comuni e specifiche previste in esito ai percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), facendo dell'apprendistato un canale equivalente per il conseguimento della qualifica e del diploma professionale;
     b) definizione dell'offerta formativa, in coerenza con i relativi Accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni con chiaro riferimento:
      alle competenze tecnico professionali comuni di qualifica professionale nelle aree qualità, sicurezza, igiene e salvaguardia ambientale;
      agli standard minimi formativi delle competenze tecnico professionali;
      agli standard del Sistema Regionale delle Competenze per l'identificazione dei profili regionali di riferimento;
      all'adozione di modelli didattico-organizzativi che favoriscano l'integrazione lavoro-formazione strutturata, finalizzati all'acquisizione delle competenze non facilmente conseguibili nel solo contesto lavorativo;
    la norma contenuta nel sopra citato comma 2-ter sembra invece indicare che formazione si dovrà impartire presumibilmente nella misura non inferiore al 35 per cento del relativo monte ore complessivo e di porre pressoché l'intero peso della contribuzione previdenziale ed assicurativa a carico dello Stato italiano,

impegna il Governo

in considerazione dell'ampia offerta formativa interna ed esterna, a valutare gli effetti applicativi della disposizione recata dal sopra citato comma 2-ter, aggiunto all'articolo 3 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, fornendo un'interpretazione autentica, circa l'utilizzo della quota parte della retribuzione dell'apprendista, corrispondente alla misura non inferiore al 35 per cento.
9/2208-A/57Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, interviene, all'articolo 2, in materia di apprendistato, con l'obiettivo di semplificare la disciplina recata dal decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167;
    la suddetta disciplina prevede l'adozione del Piano Formativo Individuale (PFI) e pianificazione delle attività formative che tenga conto della correlazione fra quanto previsto dagli standard professionali e formativi e il percorso di sviluppo personale dell'apprendista, valorizzando le competenze in ingresso dello stesso ai fini del riconoscimento dei crediti formativi;
    la modifica apportata dal decreto-legge n. 34 del 2014 prevede invece il piano formativo individuale definito, in forma sintetica, anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali»;
    al riguardo, non appare chiaro se si applichi il dettato del decreto-legge 76 del 2013 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99 in base al quale è consentito sostituire il «libretto formativo» con un «Documento» dai contenuti minimi, fissati peraltro dal decreto 10 ottobre 2005, emanato dal Ministro del Lavoro recante «Approvazione del modello di libretto formativo del cittadino», in modo tale da indicare le generalità dell'apprendista, la descrizione dei contenuti e delle attività svolte. Il predetto decreto-legge 76 del 2013 prevede, in alternativa l'utilizzo di moduli previsto dal contratto collettivo applicato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'emanazione di Linee Guida, in modo tale da rendere uniformi, su tutto il territorio nazionale, le modalità di compilazione del suddetto «piano formativo sintetico».
9/2208-A/58Mannino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, interviene, all'articolo 2, in materia di apprendistato, con l'obiettivo di semplificare la disciplina recata dal decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167;
    la fattispecie contrattuale dell'apprendistato è stata disciplinata per la prima volta nel dettaglio, dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25;
    successivamente, la legge 24 giugno 1997, n. 196 ha modificato l'istituto dell'apprendistato per valorizzare le relative finalità formative, in armonia con quanto previsto negli altri Paesi europei (Francia e Germania); in seguito, il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 ha diversificato l'istituto dell'apprendistato in tre nuove tipologie di rapporti lavorativi con finalità formative, modulati in base ai soggetti a cui si rivolgevano, alla durata e alle finalità formative;
    l'evoluzione normativa della materia si è avuta comunque con l'emanazione del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, recante Testo Unico dell'apprendistato, a norma dell'articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, che definisce l'apprendistato come un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all'occupazione dei giovani, individuando le seguenti tipologie:
     a) apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale;
     b) apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere;
     c) apprendistato di alta formazione e ricerca.
    le fattispecie contrattuali sopra descritte indicano tre diversi «livelli crescenti» di formazione e specializzazione;
    in particolare:
     1) l'apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale consente l'inserimento con contratto di apprendistato per l'istruzione e formazione, in tutti i settori di attività, anche per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione, di soggetti tra i 15 e 25 anni;
    il percorso formativo per il conseguimento della qualifica professionale, nonché per il conseguimento del diploma professionale in apprendistato, è finalizzato prioritariamente, ma non esclusivamente, al raggiungimento di competenze di base, professionali comuni e professionali specifiche, definite dal Soggetto Attuatore con il supporto del tutor didattico e in accordo con il tutore o referente aziendale, in funzione delle competenze in ingresso del giovane e degli standard professionali e formativi nazionali e regionali;
    l'integrazione dell'offerta formativa nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionali rispettano anche i Livelli Essenziali di Prestazioni fissati dal MIUR (articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 226 del 2005);
    le qualifiche conseguibili con l'Apprendistato di primo livello sono quelle riferibili al Repertorio nazionale di cui agli allegati 2 e 3 dell'Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 27 luglio 2011 e sue modifiche e integrazione, correlate alle Figure del Repertorio Regionale delle Figure Professionali e al Repertorio dei Profili Professionali della Regione Toscana (concernente il contrasto alla dispersione scolastica);
    il tetto salariale imposto ai sensi del comma 1, lettera b) del provvedimento in titolo, che decurta di almeno il 35 per cento la retribuzione del giovane apprendista (già inferiore di due livelli, e privo di sgravio per i contributi a suo carico) sembra far prevalere «la parte formativa»;
     2) l'apprendistato professionalizzante consente di ottenere competenze che abilitano allo svolgimento di un mestiere, creando, a nostro avviso, anche opportunità di lavoro autonomo;
     3) l'apprendistato di alta formazione e ricerca, a nostro avviso, abilita il soggetto specializzato a partecipare ai sistemi innovativi sia delle singole imprese, sia delle regioni, nonché a sperimentare situazioni di auto imprenditorialità;
    la declinazione delle fattispecie contrattuali dei primi due livelli dell'apprendistato ingenera tra l'altro una certa confusione e sovrapposizione delle fattispecie «apprendistato per il diploma professionale» e «apprendistato professionalizzante»;
    sarebbe più opportuno rimodulare le fattispecie contrattuali, declinate nel Testo Unico dell'apprendistato, in base alle peculiarità delle specializzazioni e formative «crescenti», distinguendoli nel modo seguente:
     a) apprendistato di primo livello o contratto per l'istruzione e la formazione (ai sensi del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226);
     b) apprendistato di secondo livello o contratto di mestiere;
     c) apprendistato di terzo livello o contratto di alta formazione e ricerca,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione contenuta all'articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, al fine di adottare ulteriori provvedimenti che prevedano la rimodulazione delle tre tipologie dei contratti d'apprendistato, in base ai soggetti a cui si rivolgono e ai rispettivi «livelli crescenti» di competenza; relativamente «all'apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale», valutare di conseguenza l'opportunità di definire detta tipologia contrattuale, ai sensi del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226.
9/2208-A/59Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, interviene, all'articolo 2, in materia di apprendistato, con l'obiettivo di semplificare la disciplina recata dal decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167;
    la fattispecie contrattuale dell'apprendistato è stata disciplinata per la prima volta nel dettaglio, dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25;
    successivamente, la legge 24 giugno 1997, n. 196 ha modificato l'istituto dell'apprendistato per valorizzare le relative finalità formative, in armonia con quanto previsto negli altri Paesi europei (Francia e Germania); in seguito, il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 ha diversificato l'istituto dell'apprendistato in tre nuove tipologie di rapporti lavorativi con finalità formative, modulati in base ai soggetti a cui si rivolgevano, alla durata e alle finalità formative;
    l'evoluzione normativa della materia si è avuta comunque con l'emanazione del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, recante Testo Unico dell'apprendistato, a norma dell'articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, che definisce l'apprendistato come un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all'occupazione dei giovani, individuando le seguenti tipologie:
     a) apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale;
     b) apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere;
     c) apprendistato di alta formazione e ricerca.
    le fattispecie contrattuali sopra descritte indicano tre diversi «livelli crescenti» di formazione e specializzazione;
    in particolare:
     1) l'apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale consente l'inserimento con contratto di apprendistato per l'istruzione e formazione, in tutti i settori di attività, anche per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione, di soggetti tra i 15 e 25 anni;
    il percorso formativo per il conseguimento della qualifica professionale, nonché per il conseguimento del diploma professionale in apprendistato, è finalizzato prioritariamente, ma non esclusivamente, al raggiungimento di competenze di base, professionali comuni e professionali specifiche, definite dal Soggetto Attuatore con il supporto del tutor didattico e in accordo con il tutore o referente aziendale, in funzione delle competenze in ingresso del giovane e degli standard professionali e formativi nazionali e regionali;
    l'integrazione dell'offerta formativa nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionali rispettano anche i Livelli Essenziali di Prestazioni fissati dal MIUR (articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 226 del 2005);
    le qualifiche conseguibili con l'Apprendistato di primo livello sono quelle riferibili al Repertorio nazionale di cui agli allegati 2 e 3 dell'Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 27 luglio 2011 e sue modifiche e integrazione, correlate alle Figure del Repertorio Regionale delle Figure Professionali e al Repertorio dei Profili Professionali della Regione Toscana (concernente il contrasto alla dispersione scolastica);
    il tetto salariale imposto ai sensi del comma 1, lettera b) del provvedimento in titolo, che decurta di almeno il 35 per cento la retribuzione del giovane apprendista (già inferiore di due livelli, e privo di sgravio per i contributi a suo carico) sembra far prevalere «la parte formativa»;
     2) l'apprendistato professionalizzante consente di ottenere competenze che abilitano allo svolgimento di un mestiere, creando, a nostro avviso, anche opportunità di lavoro autonomo;
     3) l'apprendistato di alta formazione e ricerca, a nostro avviso, abilita il soggetto specializzato a partecipare ai sistemi innovativi sia delle singole imprese, sia delle regioni, nonché a sperimentare situazioni di auto imprenditorialità;
    la declinazione delle fattispecie contrattuali dei primi due livelli dell'apprendistato ingenera tra l'altro una certa confusione e sovrapposizione delle fattispecie «apprendistato per il diploma professionale» e «apprendistato professionalizzante»;
    sarebbe più opportuno rimodulare le fattispecie contrattuali, declinate nel Testo Unico dell'apprendistato, in base alle peculiarità delle specializzazioni e formative «crescenti», distinguendoli nel modo seguente:
     a) apprendistato di primo livello o contratto per l'istruzione e la formazione (ai sensi del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226);
     b) apprendistato di secondo livello o contratto di mestiere;
     c) apprendistato di terzo livello o contratto di alta formazione e ricerca,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione contenuta all'articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, al fine di adottare eventuali provvedimenti che prevedano la ridenominazione delle tre tipologie dei contratti d'apprendistato, in base ai soggetti a cui si rivolgono e ai rispettivi «livelli crescenti» di competenza.
9/2208-A/59. (Testo modificato nel corso della seduta).  Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    le supposte «azioni riformatrici» contenute nel provvedimento in titolo appaiono interventi di destrutturazione della certezza del diritto del lavoro e di, conseguente, ulteriore precarizzazione;
    la situazione economica e finanziaria del nostro Paese è molto preoccupante e le iniziative finora assunte dal Governo hanno rappresentato una risposta debole e non sono del tutto adeguate alle aspettative dell'intero tessuto sociale e produttivo del Paese;
    l'incapacità di mantenere alti livelli di competitività e la mancanza di attrazione del mercato interno si sta inesorabilmente riflettendo sull'andamento del mercato del lavoro;
    la situazione del mercato del lavoro è alquanto drammatica: secondo gli ultimi dati Istat (febbraio 2014) il numero di disoccupati è pari a 3 milioni 307 mila, con un aumento dello 0,2 per cento rispetto al mese precedente (8 mila) e del 9 per cento su base annua (272 mila). Il tasso di disoccupazione giovanile (fascia 15-24enni) è pari al 42,3 per cento (678 mila) senza conteggiare nella disoccupazione anche i lavoratori cassintegrati, i quali difficilmente torneranno ad occupare il proprio posto di lavoro o troveranno nuovi posti di lavoro e gli inattivi; si tratta di 15 milioni di persone, prevalentemente giovani, donne e, lavoratori maturi (50 e 60 anni d'età);
    l'obiettivo del tasso di occupazione al 75 per cento indicato dalla UE appare, per tutte queste ragioni, lontanissimo, a partire dall'attuale 57,2 per cento, in riduzione di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente; anche la sua rimodulazione al 67-69 per cento in ragione dei bassi livelli di partenza appare difficilmente raggiungibile; essa implicherebbe infatti una crescita di occupati di quasi 2 milioni e sette centomila unità nel periodo, a fronte di centinaia di migliaia di persone che escono dal mercato del lavoro;
    un contributo significativo all'andamento negativo del sistema Paese è dato, poi, dall'accentuazione degli squilibri territoriali e dai cronici problemi del Mezzogiorno che dopo anni di costante riduzione del gap con le altre aree territoriali del Paese è tornato ora a regredire in tutti i fondamentali macroeconomici;
    il decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure» all'articolo 4, ai commi 1 e 2, reca misure dirette ad accelerare procedure per la riprogrammazione dei programmi nazionali cofinanziati dai Fondi strutturali europei 2007-2013 e per la rimodulazione del Piano di Azione Coesione, al fine di rendere disponibili le risorse necessarie per il finanziamento degli interventi a favore dell'occupazione giovanile e dell'inclusione sociale nel Mezzogiorno (disposti, rispettivamente, dall'articolo 1, comma 12, lettera a), e dall'articolo 3, commi 1 e 2, del citato decreto-legge) per un importo complessivo pari a 995 milioni di euro negli anni 2013-2016. L'operatività delle suddette misure incentivanti decorre soltanto dalla data di perfezionamento dei rispettivi atti di riprogrammazione;
    l'inclusione sociale e l'occupazione sono strettamente connessi con la ripresa imprenditoriale; è necessario incentivare i datori di lavoro che effettuano assunzioni, con contratto di lavoro a tempo indeterminato;
    è necessario rendere cogenti le raccomandazioni dell'Unione europea, che chiede all'Italia risultati in luogo di indicazioni generiche concernenti gli obiettivi da raggiungere,

impegna il Governo:

   a valutare, nell'ambito della definizione della procedura diretta a rendere disponibili le risorse europee , di cui al citato articolo 4 del decreto-legge n. 76 del 2013, l'opportunità di utilizzare una larga parte di detti fondi per incentivare i datori di lavoro, ad effettuare assunzioni con contratto a tempo indeterminato;
   a valutare conseguentemente gli effetti applicativi di detta misura, al fine di prevedere con ulteriori provvedimenti, le modalità, la durata il valore dell'incentivo, sopra indicato, da corrispondere sotto forma di retribuzione mensile lorda imponibile, ai fini previdenziali, ai soggetti interessati.
9/2208-A/60Pesco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in esame, in più parti modificato nel corso dell'esame in sede referente, contiene disposizioni in materia di contratti a tempo determinato (c.d. lavoro a termine) e somministrazione di lavoro a tempo determinato; in materia di apprendistato, e parità di trattamento delle persone in cerca disoccupazione in uno degli Stati membri dell'UE indipendentemente dal luogo di residenza,
    è stata introdotta una norma volta a chiarire le finalità dell'intervento normativo d'urgenza e il contesto in cui si inserisce, facendo presente che la semplificazione dei contratti a termine è volta a fronteggiare la perdurante crisi occupazionale e interviene nelle more dell'adozione di provvedimenti di riordino complessivo delle forme contrattuali, fermo restando che il contratto di lavoro a tempo indeterminato continua a costituire la forma comune di rapporto di lavoro;
    tale provvedimento, tra gli ulteriori interventi normativi e più necessari, avrebbe potuto affrontare quello relativo al trattamento economico dei lavoratori domenicali, in conseguenza dell'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011 riguardante la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali;
    si rileva che l'ultimo contratto collettivo del commercio dispone che le domeniche vengano retribuite solamente con una maggiorazione del 30 per cento, ed un recupero infrasettimanale nel caso in cui il dipendente superi le 40 ore settimanali di lavoro. In pratica su 6 ore lavorate di domenica spettano in busta paga appena 12 euro lorde in più;
   in virtù della liberalizzazione delle domeniche, il costo del lavoratore si è abbassato vertiginosamente. Il precedente contratto prevedeva difatti un aumento di 80 euro a lavoratore, riconoscendo quindi un'indennità per il lavoro extra,

impegna il Governo

ad adottare ogni misura utile, anche normativa al fine di riconoscere un aumento della maggiorazione dell'indennità lavorativa adeguato e dignitoso per il lavoro svolto durante le festività.
9/2208-A/61Dell'Orco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto-legge n. 167 del 2011, prevede la possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali per il tramite di fondi paritetici interprofessionali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere iniziative volte alla ottimizzazione ed al controllo del finanziamento delle attività formative da parte dei fondi paritetici interprofessionali.
9/2208-A/62Luigi Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto-legge n. 167 del 2011, prevede il divieto di retribuire a cottimo l'apprendista,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disciplinare ulteriormente e con misure più stringenti il divieto di retribuire a cottimo il lavoratore in apprendistato.
9/2208-A/63Manlio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto legislativo n. 167 del 2011, prevede la forma scritta del patto di prova nel contratto di apprendistato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disciplinare ulteriormente l'obbligo della forma scritta del patto di prova con riferimento alla previsione di specifiche sanzioni in caso di omessa redazione per iscritto.
9/2208-A/64Di Vita.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, del presente decreto reca semplificazioni delle disposizioni in materia di contratto di lavoro a termine,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali un comitato di monitoraggio, finanziabile con spending review del CNEL, preposto alla verifica della corretta applicazione di quanto disposto in materia di rinnovo e proroghe dei contratti a tempo determinato.
9/2208-A/65Frusone.


   La Camera,
   premesso che:
    considerato che l'articolo del presente decreto reca misure per l'elenco anagrafico dei lavoratori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali un comitato di monitoraggio, finanziabile con spendine spending review del CNEL, preposto alla verifica della corretta applicazione di quanto disposto in materia di elenco anagrafico dei lavoratori.
9/2208-A/66Benedetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del presente decreto reca misure per La semplificazione in materia di documento di regolarità contributiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali un comitato di monitoraggio, finanziabile con spending review CNEL, preposto alla verifica della corretta applicazione di quanto disposto in materia di DURC.
9/2208-A/67Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame mira a favorire il rilancio dell'occupazione e a semplificare gli adempimenti a carico delle imprese;
    considerato che il tasso di disoccupazione in Italia ha raggiunto il 12,9 per cento, per un totale di oltre 3 milioni di persone;
    la crisi occupazionale incide particolarmente nella fascia di popolazione dai 30 ai 40 anni, spesso giovani con una famiglia sulle spalle che, improvvisamente, si ritrovano senza reddito;
    la legge 9 agosto 2013 n. 99, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) ed altre misure finanziarie urgenti stabilisce che la fascia di età, per la cui assunzione le aziende avranno diritto a degli incentivi economici va dai 18 ai 29 anni;
    posto che per i giovani fino a 29 anni esiste la possibilità di stipulare contratti di apprendistato,

impegna il Governo

considerare l'opportunità di innalzare fino a 40 anni di età la fascia di lavoratori per l'assunzione dei quali l'azienda ha diritto a percepire incentivi.
9/2208-A/68Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame mira a favorire il rilancio dell'occupazione e a semplificare gli adempimenti a carico delle imprese;
    il provvedimento impatta in maniera poco incisiva sul settore del lavoro agricolo che, al contrario, merita una revisione attenta specie in considerazione delle particolari caratteristiche sia contrattuali che in termini di retribuzione che esso presenta;
    gli incentivi alle nuove assunzioni di giovani ed alle trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine, rappresentano uno strumento utile alla promozione dell'occupazione;
    considerato che la stragrande maggioranza dei rapporti di lavoro in agricoltura è a tempo determinato (circa il 90 per cento) in ragione delle caratteristiche dell'attività agricola;
    esistono in agricoltura forme di lavoro stabili ancorché non a tempo indeterminato che meritano di essere promosse ed incentivate come i rapporti a termine reiterati per più anni con lo stesso datore di lavoro per un numero di giornate minimo non inferiore a 100 l'anno;
    un interessante precedente al riguardo è rappresentato dall'articolo 7, comma 2, della legge n. 388 del 2000 che ammetteva al credito d'imposta per nuove assunzioni i datori di lavoro operanti nel settore agricolo che incrementano il numero dei lavoratori operai occupati, ciascuno per almeno 230 giornate all'anno,

impegna il Governo

valutare la possibilità di prevedere incentivi per le tipologie di contratto specifiche del comparto agricolo in considerazione delle particolari caratteristiche di tale occupazione che, ancorché non a tempo indeterminato, sono da considerare forme di lavoro stabili.
9/2208-A/69Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame mira a favorire il rilancio dell'occupazione e a semplificare gli adempimenti a carico delle imprese;
    il provvedimento impatta in maniera poco incisiva sul settore del lavoro agricolo che, al contrario, merita una revisione attenta specie in considerazione delle particolari caratteristiche sia contrattuali che in termini di retribuzione che esso presenta;
    il caporalato è un fenomeno criminale avente ad oggetto lo sfruttamento della manodopera con metodi illegali e la sua forma più diffusa è quella che riguarda la manodopera agricola nella quale, secondo il primo Rapporto su caporalato e agromafie realizzato da Flai Cgil, sarebbero coinvolti circa 400 mila lavoratori, il più delle volte braccianti stagionali;
    il caporalato è un reato perseguibile penalmente essendo considerato un «reato spia» di infiltrazioni criminali nel settore agricolo: si stima che il giro d'affari connesso alle agromafie sia compreso tra i 12 e i 17 miliardi di euro, il 5-10 per cento di tutta l'economia mafiosa, per la maggior parte giocato tra la contraffazione dei prodotti alimentari e il caporalato;
    quello del lavoro nero è un fenomeno che offende la dignità delle persone e che per questo, in un Paese civile, merita di essere contrastato in ogni modo;
    con il fine di contrastare il fenomeno del caporalato, lo scorso 7 agosto 2013, è stato accolto un ordine del giorno che impegna il Governo ad avviare azioni concrete, ma sinora nessun atto ufficiale è stato posto in essere,

impegna il Governo

ad avviare urgentemente ogni possibile azione volta a contrastare il fenomeno del caporalato, considerando soprattutto che la più diffusa forma è proprio quella che riguarda la manodopera agricola, prevedendo controlli incrociati tra produzione dell'azienda agricola, reale fabbisogno della manodopera e contributi versati; a prevedere incentivi ad hoc per la manodopera agricola così da abbassare il costo del lavoro e disincentivare il ricorso al lavoro nero da parte degli imprenditori agricoli.
9/2208-A/70Lupo.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo, premesso che:
    il disegno di legge in esame mira a favorire il rilancio dell'occupazione e a semplificare gli adempimenti a carico delle imprese;
    il provvedimento impatta in maniera poco incisiva sul settore del lavoro agricolo che, al contrario, merita una revisione attenta specie in considerazione delle particolari caratteristiche sia contrattuali che in termini di retribuzione che esso presenta;
    tra le peculiarità che presenta il lavoro agricolo rispetto ad altri impieghi vi è senza dubbio il limitato numero di giornate lavorative nel corso dell'anno, cosa che pone un problema sia per la continuità occupazionale dell'operaio sia per la gestione della forza lavoro da parte del datore di lavoro che deve far fronte tra l'altro a numerosi altri adempimenti quali quelli sulla sicurezza che mal si adattano alle caratteristiche del lavoro agricolo;
    sarebbe certamente opportuno incentivare le imprese agricole affinché possano assumere il lavoratore per un maggior numero di giornate, a prescindere dal fatto che si possa sottoscrivere un contratto a tempo determinato o indeterminato,

impegna il Governo

rivedere, anche per le ragioni esposte in premessa, la disciplina contrattuale del settore agricolo così da garantire una maggiore tutela occupazionale ai lavoratori e al tempo stesso consentire una migliore gestione della forza lavoro da parte dell'imprenditore agricolo.
9/2208-A/71Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto-legge in esame modifica la disciplina sull'apprendistato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riformulare le definizioni dei tipi di apprendistato come segue:
   a) apprendistato scuola-lavoro;
   b) apprendistato di mestiere;
   c) apprendistato di alta formazione e ricerca.
9/2208-A/72Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame in riferimento all'articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, concernente l'attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro,

impegna il Governo

ad affidare a tutte le sigle sindacali, e non unicamente a quelle comparativamente più rappresentative, i limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione di lavoro a tempo determinato contenuti all'interno della stipula dei contratti collettivi nazionali di lavoro di loro competenza.
9/2208-A/73Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame fa riferimento all'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 aprile 1996, n. 608, riguardante le disposizioni in materia di collocamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rendere pubbliche le comunicazioni effettuate dai datori di lavoro con l'ausilio dei Centri per l'Impiego competenti nei differenti ambiti territoriali, su richiesta delle organizzazioni sindacali locali o di qualsiasi soggetto interessato, a rilasciare, con riguardo ad ogni datore di lavoro, l'elenco certificato relativo alle assunzioni e cessazioni intervenute nei tre anni precedenti, con indicazione dell'organico dei dipendenti e collaboratori, attualmente risultante, suddistinto per tipologie contrattuali utilizzate.
9/2208-A/74Fico.


   La Camera,
   premesso che:
    il telelavoro rappresenta una fattispecie poco utilizzata, ma interessante dal punto di vista della qualità della vita e dei conseguenti risparmi da parte della collettività, nonché sul piano della salute, riducendosi di circa 1,5 milioni di tonnellate, le emissioni di CO2;
    la possibilità per un datore di lavoro di installare postazioni all'esterno dell'azienda, in situazioni di co-working, ovverosia di condivisione degli spazi lavorativi, migliora la conciliazione dei tempi di lavoro e di vita del lavoratore, producendo un notevole risparmio per il datore di lavoro, che può beneficiare dell'aumento della produttività, stimata in media del 5,5 per cento, il che assicurerebbe una maggiore ricchezza per 27 miliardi alle aziende interessate, a cui bisognerebbe aggiungere 10 miliardi di costi in meno, derivanti dai suddetti spazi aziendali ridotti;
    in Italia esiste un numero esiguo di imprenditori che abbia utilizzato il telelavoro;
    uno dei maggiori fornitori di spazi per il lavoro flessibile, Regus, ha esaminato il grado di diffusione del telelavoro, analizzando le risposte date da 26 mila dirigenti d'azienda di 90 Paesi diversi. Tale indagine ha evidenziato che quasi la metà (il 46 per cento) dei manager ha dichiarato di lavorare in maniera flessibile per il 50 per cento delle ore settimanali, con un rimbalzo di produttività fino a +76 per cento registrato dalle società italiane che hanno adottato schemi più elastici nell'organizzazione della giornata lavorativa;
    i feedback sono anche emotivi: il 66 per cento degli intervistati si dice più motivato nell'alternanza casa-azienda, il 25 per cento la ritiene cruciale per la responsabilizzazione di giovani alle prima esperienza contrattuale,

impegna il Governo

a valutare le misure applicative della suddetta tipologia contrattuale, prevedendo strumenti incentivanti a favore del datore di lavoro disposto a ricorrere o implementare il telelavoro.
9/2208-A/75Petraroli.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure contenute nel provvedimento in esame sono volte ad accelerare l'incremento occupazionale attraverso un ampliamento della possibilità di stipulare contratti flessibili, di cui all'articolo 1 del decreto-legge;
    lo stesso rappresenta – secondo gli intenti del Governo annunciati – una spinta alla crescita dell'occupazione nell'ambito di un progetto più ampio di riforma strutturale del mercato del lavoro da attuarsi con un disegno di legge delega;
    la flessibilità non è sinonimo di precarietà, bensì di adattabilità al ciclo economico-produttivo del mercato del lavoro;
    è pertanto necessario intervenire sulla segmentazione del mercato del lavoro non eliminando dal nostro ordinamento tipologie contrattuali gradite alla categoria datoriale di lavoro, bensì coniugando le esigenze di flessibilità richieste dai datori di lavoro con la sicurezza contrattuale voluta dal lavoratore,

impegna il Governo

nelle more di attuazione del provvedimento a riformare il mercato del lavoro in una logica di flexicurity, prevedendo l'apposizione di clausole di flessicurezza ai nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato che attribuiscano al datore di lavoro, solo in presenza di comprovate e specifiche esigenze di carattere organizzativo-produttivo, la facoltà di modificare – anche in peius – le mansioni e/o l'orario normale di lavoro settimanale.
9/2208-A/76Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    valutate, nel dettaglio, le disposizioni di cui all'articolo 1, tese a promuovere le assunzioni nel breve-medio periodo;
    preso atto che secondo gli ultimi dati statistici il tasso di disoccupazione giovanile (fascia 15-24enni) è pari al 42,3 per cento (678mila disoccupati),

impegna il Governo

al fine di incentivare nell'immediato l'occupazione giovanile, a coniugare le misure recate dal decreto-legge in esame con interventi altrettanti urgenti di riduzione Irpef per i neo-assunti under trent'anni con contratti di lavoro di natura subordinata a tempo determinato o comunque con le forme contrattuali previste dal decreto legislativo n. 276 del 2003.
9/2208-A/77Attaguile.


   La Camera,
   premesso che:
    vagliate, in particolare, le misure di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame, in materia di semplificazione delle disposizioni sui contratti a termine;
    tenuto conto che tali misure intendono perseguire nel breve periodo una ripresa dell'occupazione;
    ricordato che l'innalzamento dell'età pensionabile introdotto con la riforma Fornero ha ampliato la platea dei cosiddetti «soggetti a rischio di esclusione sociale», ovvero coloro che usciti dal mercato del lavoro faticano a rientrarvi perché troppo specializzati o troppo anziani pur se sempre troppo giovani per accedere alla pensione,

impegna il Governo

a prevedere, nelle more di attuazione del provvedimento e con l'obiettivo di favorire nell'immediato la ricollocazione lavorativa dei soggetti cosiddetti a rischio di esclusione sociale, interventi di riduzione dell'Irpef e di decontribuzione in favore dei disoccupati over 50enni.
9/2208-A/78Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    vagliate, in particolare, le misure di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame, in materia di semplificazione delle disposizioni sui contratti a termine;
    tenuto conto che tali misure intendono perseguire nel breve periodo una ripresa dell'occupazione;
    ricordato che l'innalzamento dell'età pensionabile introdotto con la riforma Fornero ha ampliato la platea dei cosiddetti «soggetti a rischio di esclusione sociale», ovvero coloro che usciti dal mercato del lavoro faticano a rientrarvi perché troppo specializzati o troppo anziani pur se sempre troppo giovani per accedere alla pensione,

impegna il Governo

a prevedere, nelle more di attuazione del provvedimento e con l'obiettivo di favorire nell'immediato la ricollocazione lavorativa dei soggetti cosiddetti a rischio di esclusione sociale, interventi per favorire il ricollocamento dei disoccupati over 50.
9/2208-A/78. (Testo modificato nel corso della seduta).  Borghesi.


   La Camera,
   valutati gli interventi di cui all'articolo 2 del medesimo provvedimento, tesi ad incentivare l'utilizzo del contratto di apprendistato, quali l'eliminazione della condizione della prosecuzione del rapporto di lavoro di almeno una percentuale di precedenti apprendisti per l'assunzione di nuovi apprendisti e l'eliminazione dell'obbligatorietà di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con l'offerta formativa pubblica;
   ritenuti tuttavia tali interventi non sufficienti a favorire il pieno utilizzo da parte dei datori di lavoro dell'istituto dell'apprendistato,

impegna il Governo

nelle more di attuazione del provvedimento a prevedere un abbassamento dell'età minima per la stipula dell'apprendistato di alta formazione degli studenti che devono conseguire un diploma di istruzione secondaria superiore.
9/2208-A/79Matteo Bragantini.


   La Camera,
   considerate le misure recate dall'articolo 2 del medesimo provvedimento in materia di apprendistato;
   valutato l'apprendistato come un'ottima strada – specie nel particolare contesto di crisi socioeconomica – per consentire l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, perché qualifica le competenze del giovane lavoratore ed al contempo offre vantaggi fiscali e contributivi all'azienda;
   ricordato che la generazione maggiormente in difficoltà sotto il profilo occupazionale è proprio quella dei post-trentenni, cioè di quei «giovani» che spesso hanno concluso gli studi e, nonostante corsi di laurea, master, stage e corsi di formazione vari, non hanno ancora un posto di lavoro, neanche precario,

impegna il Governo

a prevedere, nelle more di attuazione del provvedimento, un innalzamento dell'età anagrafica oltre i trent'anni dei soggetti che possono essere assunti come apprendisti.
9/2208-A/80Buonanno.


   La Camera,
   esaminato il decreto-legge n. 34 del 2004, recante «disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese»;
   preso atto – come dichiarato dal Governo – che lo stesso si inserisce in un più ampio disegno di riforma strutturale del mercato del lavoro che ambisce a favorire il rilancio dell'occupazione e la crescita della produttività;
   assodato che l'occupazione è creata principalmente dalle imprese e datori di lavoro in genere e non già solo dalle tipologie contrattuali; pertanto interventi sui contratti devono necessariamente essere accompagnati da misure incentivanti a livello fiscale e contributivo per le imprese;
   evidenziato il trend negativo del saldo delle nati-mortalità delle aziende italiane in cinque anni di crisi; gli ultimi dati registrano che nel 2013 in Italia hanno chiuso in media 54 imprese ogni giorno per un totale di 14.269 fallimenti,

impegna il Governo

ad emanare con urgenza provvedimenti di propria competenza, da coniugare al presente decreto-legge, volti all'abbattimento del costo del lavoro.
9/2208-A/81Busin.


   La Camera,
   esaminato, nel dettaglio, la norma di cui all'articolo 4 del decreto-legge, relativa alla smaterializzazione del DURC (documento unico di regolarità contributiva);
   considerato tale intervento in linea con l'esigenza, indifferibile oramai per le piccole e medie imprese, di snellimento e sburocratizzazione delle procedure;
   ritenuto, tuttavia, necessario procedere anche ad una interpretazione autentica della vigente normativa sulla responsabilità solidale, che prevede, ai sensi del comma 28 dell'articolo 35 del decreto-legge, n. 223 del 2006, «l'appaltatore risponde in solido con il subappaltatore della effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore.»; ciò significa che le imprese appaltanti possono essere chiamate in causa, nonostante abbiano richiesto ed ottenuto il DURC,

impegna il Governo

nelle more di attuazione del provvedimento, a chiarire che la responsabilità solidale dell'appaltatore viene comunque meno dal momento dell'acquisizione del Documento unico di regolarità contributiva (DURC) di cui all'articolo 10 del Decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, fatta eccezione per i casi di accertata cointeressenza nell'omissione contributiva.
9/2208-A/82Fedriga.


   La Camera,
   valutato, in particolare, l'intervento di cui all'articolo 5 del provvedimento, relativo al rifinanziamento del Fondo nazionale per i contratti di solidarietà, con un nuovo limite di spesa massimo fissato a 15 milioni di euro;
   considerato che il medesimo articolo demanda ad uno specifico decreto interministeriale i criteri per l'individuazione dei datori di lavoro beneficiari delle agevolazioni previste per i contratti di solidarietà;
   preso atto di quanto riportato a mezzo stampa e cioè che tale disposizione rappresenta un primo aiuto governativo per la soluzione della vertenza Electrolux;
   ricordato che sono soprattutto le piccole e medie imprese – che costituiscono il tessuto produttivo su cui si fonda la nostra economia – a necessitare di sostegno e agevolazioni;
   valutato positivamente il ricorso ai contratti di solidarietà quale modus operandi per gestire le crisi aziendali, in quanto gli stessi a differenza della cassa integrazione non comportano l'uscita dal processo produttivo,

impegna il Governo

a destinare, in fase di stesura del decreto interministeriale previsto dall'articolo 5 del decreto-legge all'esame, una parte delle nuove risorse in favore delle piccole e medie imprese.
9/2208-A/83Grimoldi.


   La Camera,
   valutato, in particolare, l'intervento di cui all'articolo 5 del provvedimento, relativo al rifinanziamento del Fondo nazionale per i contratti di solidarietà, con un nuovo limite di spesa massimo fissato a 15 milioni di euro;
   considerato che il medesimo articolo demanda ad uno specifico decreto interministeriale i criteri per l'individuazione dei datori di lavoro beneficiari delle agevolazioni previste per i contratti di solidarietà;
   preso atto di quanto riportato a mezzo stampa e cioè che tale disposizione rappresenta un primo aiuto governativo per la soluzione della vertenza Electrolux;
   ricordato che sono soprattutto le piccole e medie imprese – che costituiscono il tessuto produttivo su cui si fonda la nostra economia – a necessitare di sostegno e agevolazioni;
   valutato positivamente il ricorso ai contratti di solidarietà quale modus operandi per gestire le crisi aziendali, in quanto gli stessi a differenza della cassa integrazione non comportano l'uscita dal processo produttivo,

impegna il Governo

a tener conto, nell'individuazione dei criteri dei beneficiari, in fase di stesura del decreto interministeriale previsto dall'articolo 5 del decreto-legge all'esame, delle peculiari esigenze delle piccole e medie imprese.
9/2208-A/83. (Testo modificato nel corso della seduta). Grimoldi.


   La Camera,
   valutata, in particolare, la modifica in sede di esame presso questo ramo del Parlamento che riduce da otto a cinque il numero di proroghe che può interessare il contratto a tempo determinato acausale;
   ritenuta tale modifica un passo indietro rispetto alle già blande aperture sul lavoro a termine operate con il presente decreto-legge,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a riconfermare la previsione di un numero massimo di otto proroghe.
9/2208-A/84Guidesi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo e valutato lo stesso in combinato con il disegno di legge cosiddetto job act;
   preso atto che la tanta decantata riforma del lavoro annunciata dal premier Renzi si risolve in limitati correttivi alle distorsioni provocate nel mercato del lavoro con la Riforma Fornero in materia;
   considerata l'annunciata riduzione del cuneo fiscale di 10 miliardi come fumo negli occhi, traducendosi in percentuale in un taglio di appena il 3 per cento;
   ritenuto improcrastinabile un intervento shock di considerevole abbattimento del costo del lavoro,

impegna il Governo

ad emanare con urgenza provvedimenti di propria competenza che contemplino un taglio del cuneo fiscale a due cifre in termini percentuali e non di miliardi, reperendo le necessarie risorse attraverso la riduzione della spesa pubblica ed il taglio degli sprechi in applicazione dei costi standard.
9/2208-A/85Invernizzi.


   La Camera,
   ritenute le misure recate dal provvedimento in esame insufficienti ed inadeguate per un reale e concreto rilancio dell'occupazione;
   ricordato che il tasso di disoccupazione giovanile ha registrato nell'ultimo trimestre il record negativo del 42,3 per cento;
   preso atto che ad incidere pesantemente su tale dato è stata anche la riforma delle pensioni Fornero, che in combinato con l'oggettiva contrazione dell'offerta occupazionale dovuta al periodo di crisi socio-economica, ha di fatto bloccato l'accesso dei giovani nel mondo del lavoro,

impegna il Governo

a procedere con urgenza all'abrogazione dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di nuovi requisiti di accesso al diritto pensionistico.
9/2208-A/86Marcolin.


   La Camera,
   preso atto che la strada percorsa dal Governo per rilanciare l'occupazione è quella della semplificazione del panorama contrattuale;
   ritenuta tale strategia insufficiente e inefficace per creare maggiore occupazione;
   ricordato infatti che per creare nuovi posti di lavoro è necessario rendere le nostre imprese competitive,

impegna il Governo

ad adottare celermente provvedimenti di propria competenza che contemplino una diminuzione delle imposte sia all'impresa che al lavoratore, traducendosi concretamente in un salario netto più alto per i lavoratori ed in minor oneri per le aziende.
9/2208-A/87Molteni.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del decreto-legge, in materia di contratti a termine acausali e di apprendistato;
   preso atto che con tali interventi il Governo intende rimediare a talune distorsioni compiute con la riforma Fornero del mercato del lavoro per favorire nel breve-medio periodo il rilancio dell'occupazione;
   ricordato che per creare nuova occupazione evitando al contempo ulteriore spreco di risorse pubbliche è imprescindibile intervenire anche sui servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro, per migliorarne l'efficienza e la funzionalità;
   valutato che il pacchetto cosiddetto job act di riforma del mercato del lavoro (decreto-legge all'esame e disegno di legge delega) non contemplano interventi mirati sull'efficienza degli attuali servizi per l'impiego,

impegna il Governo

a procedere, nelle more di attuazione della riforma del mercato del lavoro annunciata, con la soppressione di quei Centri che nell'arco solare di un anno non abbiano collocato/ricollocato almeno una percentuale di lavoratori pari alla media nazionale ridotta dell'1 per cento.
9/2208-A/88Gianluca Pini.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo;
   ritenute le misure in esso contenute inadeguate per un realistico rilancio dell'occupazione;
   consapevoli che per creare nuova occupazione è necessario sostenere tangibilmente le imprese;
   considerato che la misura indicata nell'impegno avrà positivi effetti sul rilancio dell'occupazione,

impegna il Governo

a prevedere, nelle more di attuazione della riforma del mercato del lavoro annunciata, l'introduzione di un'imposta sostituiva forfettaria dell'imposta sul reddito ai fini Irpef e delle relative addizionali, in favore delle imprese che impiegano un massimo di 5 lavoratori con un fatturato annuo massimo di 250.000 euro.
9/2208-A/89Prataviera.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo e valutate le finalità di rilancio dell'occupazione che lo stesso intende perseguire;
   ribadito l'ovvio principio che l'occupazione è creata principalmente dalle imprese e non dalle sole tipologie contrattuali applicabili;
   preso atto che il sistema produttivo è la principale vittima del modello di «banca universale» e della crisi finanziaria e che il tessuto imprenditoriale, costituito in Italia per più del 95 per cento da piccole e medie imprese, ha risentito e continua a risentire del fenomeno del credit crunch, che sta portando alla chiusura di molte imprese che non ricevono dagli istituti di credito il necessario e, in questo periodo, vitale supporto finanziario per il proprio ciclo produttivo;
   ritenuta oramai indifferibile la separazione dell'attività bancaria tipica da quella speculativa, attraverso l'incentivo di una tassazione differenziata sul reddito generato dalle banche a seconda che sia prodotto con i prestiti alle imprese ovvero con l'attività speculativa,

impegna il Governo

ad emanare con urgenza provvedimenti di propria competenza attuativi della separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari, prevedendo il divieto esplicito per le banche che effettuano la raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione di svolgere attività legate alla negoziazione di valori mobiliari in genere.
9/2208-A/90Giancarlo Giorgetti.


   La Camera,
   valutate le norme contenute nel decreto-legge in titolo e le relative finalità di riattivare al più presto il mercato del lavoro;
   preso atto che nel DEF – Documento di Economia e Finanza 2014 si prevede un aumento del tasso di disoccupazione al 12,8 per cento nel 2014, indicando una flebile inversione di tendenza dal 2015, che dovrebbe condurre a un tasso di disoccupazione del 12,5 per cento nel 2015 e del 12,2 per cento nel 2016, dell'11,6 per cento nel 2017 e dell'11 per cento nel 2018;
   ritenute le strategie in materia di lavoro messe in atto con questo decreto legge e con gli altri provvedimenti associati non sufficienti a contrastare la disoccupazione;
   considerato fondamentale intervenire pesantemente sull'abbattimento del cuneo fiscale,

impegna il Governo

a reperire con urgenza le occorrenti risorse per procedere al taglio del cuneo fiscale per 25/30 miliardi di euro.
9/2208-A/91Rondini.


   La Camera,
   valutate le norme contenute nel decreto-legge in titolo e le relative finalità di riattivare nel breve-medio periodo il mercato del lavoro;
   preso atto che il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto il record negativo del 42,3 per cento;
   ricordato come da sempre il mondo dell'agricoltura è un settore strategico per l'economia italiana e rappresenta, specie per i giovani, una valida opportunità occupazionale;
   nell'ultimo anno sono stati proprio i giovani a contribuire in maniera più che rilevante alla crescita del lavoro in agricoltura,

impegna il Governo

a contemplare, nelle more di attuazione dei provvedimenti di rilancio dell'occupazione e sostegno alle imprese, l'introduzione di un'imposta sostitutiva sul reddito delle imprese e delle relative addizionali in favore dei giovani agricoltori.
9/2208-A/92Caon.


   La Camera,
   valutate attentamente gli interventi di rilancio dell'occupazione posti in essere dal Governo in carica con il decreto legge all'esame e con l'accoppiato disegno di legge delega cosiddetto job act;
   preso atto che nessuno dei due provvedimenti reca misure concrete a sostegno dei soggetti ultracinquantenni espulsi dal mercato del lavoro che intendano avviare un'attività di impresa per ricollocarsi lavorativamente,

impegna il Governo

a contemplare, nelle more di attuazione dei provvedimenti di rilancio dell'occupazione e sostegno alle imprese, l'introduzione di un regime fiscale agevolato per le persone fisiche ultracinquantenni, espulse dal mercato del lavoro, che intraprendono l'esercizio di un'attività d'impresa, arte o professione.
9/2208-A/93Caparini.


   La Camera,
   valutate attentamente gli interventi di rilancio dell'occupazione posti in essere dal Governo in carica con il decreto legge all'esame e con l'accoppiato disegno di legge delega cosiddetto job act;
   preso atto che nessuno dei due provvedimenti reca misure concrete a sostegno dei soggetti ultracinquantenni espulsi dal mercato del lavoro che intendano avviare un'attività di impresa per ricollocarsi lavorativamente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di contemplare, nelle more di attuazione dei provvedimenti di rilancio dell'occupazione e sostegno alle imprese, l'introduzione di misure volte a sostenere le persone fisiche ultracinquantenni, espulse dal mercato del lavoro, che intraprendono l'esercizio di un'attività d'impresa, arte o professione.
9/2208-A/93. (Testo modificato nel corso della seduta).  Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nelle intenzioni del Governo, come si evince dallo stesso titolo, è finalizzato in particolare a favorire il rilancio dell'occupazione, soprattutto attraverso una revisione della normativa in materia di contratti a termine e di apprendistato;
    per quanto attiene, nello specifico, alle nuove disposizioni relative ai contratti a termine, l'eliminazione delle causali viene «compensata» con l'introduzione di un tetto massimo del numero di tali tipologie contrattuali stipulabili dal medesimo datore di lavoro, rispetto al totale dei lavoratori assunti con contratti a tempo indeterminato;
    analoghe disposizioni erano già previste dalla contrattazione collettiva in diversi settori;
    la necessità di fare luce con chiarezza sul mondo del precariato, assumendo iniziative volte alla piena trasparenza rispetto all'utilizzo dei contratti a termine acausali, è di particolare importanza, anche rispetto agli obblighi di natura comunitaria e del pieno rispetto dei diritti dei lavoratori;
    nonostante i dati relativi al complesso dei rapporti di lavoro stipulati da ciascun datore di lavoro siano disponibili presso i Centri per l'impiego, di fatto, spesso risulta estremamente difficile, se non impossibile, poter verificare da parte delle organizzazioni sindacali che dette clausole siano effettivamente rispettate, aspetto che – alla luce delle nuove disposizioni introdotte dal presente provvedimento – risulta fondamentale per dare credibilità al nuovo sistema di regolamentazione dei contratti a termine,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni misura utile affinché i Centri per l'impiego prestino una particolare attenzione alla verifica del rispetto del tetto del 20 per cento previsto dall'articolo 1, comma 1, lettera a), punto 1) del presente decreto, a tal riguardo, dandone specifico riscontro nella relazione di cui al medesimo articolo 1, comma 2-bis;
   a favorire, nel rispetto dei diritti alla garanzia dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, la consultabilità di detti dati da parte delle organizzazioni sindacali e delle organizzazioni datoriali detenuti dai Centri per l'impiego territorialmente competenti, relativi alle assunzioni e cessazioni intervenute nei tre anni precedenti, con indicazione dell'organico dei dipendenti e collaboratori, suddistinti per tipologie contrattuali utilizzate, per ciascun datore di lavoro.
9/2208-A/94Gregori, Maestri, Cinzia Maria Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo del decreto in esame si propone di intervenire sulle modalità di verifica della regolarità contributiva delle imprese per l'attestazione dell'assolvimento degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di INPS, INAIL e Cassa Edile;
    questo costituisce un significativo intervento di semplificazione e di riduzione di adempimenti burocratici da parte delle imprese, con criticità lamentate anche da parte delle stazioni appaltanti;
    l'articolo 4 rinvia ad un decreto interministeriale, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, con il quale saranno definiti i requisiti di regolarità, i contenuti e le modalità della verifica, nonché le ipotesi di esclusione;
    la semplificazione ottenuta mediante la cosiddetta «smaterializzazione» non deve compromettere in alcun modo la funzione dello strumento del Documento unico di regolarità contributiva per la tutela degli interessi degli istituti preposti alla riscossione dei contributi stessi, dei lavoratori assicurati e della concorrenza leale tra imprese;
    il successo dell'operazione di semplificazione dipenderà molto dalla completezza, correttezza e tempestività di inserimento dei dati relativi alla situazione contributiva di ciascuna azienda;
    è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 2013 il Decreto ministeriale che permette di portare in compensazione i crediti vantati nei confronti delle PA da parte delle imprese, con il fine di ottenere il rilascio del DURC. Nella nuova procedura di verifica telematica della regolarità contributiva è necessario prevedere modalità con le quali si acquisirà anche la certificazione che attesti la sussistenza e l'importo di crediti certi, liquidi ed esigibili e di importo almeno pari agli oneri contributi previdenziali, assistenziali ed assicurativi accertati e non ancora versati;
    la verifica della regolarità in tempo reale riguarda i pagamenti scaduti sino all'ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata e ove sia scaduto anche il termine di presentazione delle relative denunce retributive; poiché la norma prevede che anche l'impresa possa verificare la corrispondenza dei dati contenuti nelle banche dati alla propria reale situazione, è opportuno che le eventuali richieste di rettifica avvengano all'interno tale periodo, affinché all'atto dell'interrogazione telematica eventuali errori risultino già corretti;
    la risultanza dell'interrogazione ha validità 120 giorni, ai quali si sommano i due mesi previsti al comma 2, lettera a); per appalti per cui i tempi tra la produzione dei requisiti per la partecipazione alla gara e liquidazione finali siano contenuti entro sei mesi, la liquidazione potrebbe avvenire in assenza di regolarità contributiva: è opportuno che, in questi casi, sia effettuata una ulteriore interrogazione prima della liquidazione finale;
    la semplificazione della procedura può rende non più utile la modalità dell'autocertificazione per lavori di importo limitato,

impegna il Governo:

   a provvedere, nei tempi ristretti indicati nell'articolo 4, all'adozione del previsto decreto interministeriale, al fine di garantire piena applicabilità ed efficacia alle disposizioni del provvedimento, e certezza delle regole sia per le imprese, sia per le stazioni appaltanti;
   ad adoperarsi affinché gli Istituti interessati si mettano in condizione di aggiornare le banche dati e di assicurare la correttezza dei dati inseriti, oltre che di operare in integrazione e riconoscimento reciproco;
   ad inserire nelle ipotesi di esclusione tutte le situazioni nelle quali la modalità di interrogazione telematica non sia in grado di garantire la certezza della correttezza e trasparenza della condizione dell'impresa;
   a confermare, tra le cause non ostative al rilascio del Durc, quelle previste nel decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 24 ottobre 2007, all'articolo 8, in particolare per quanto riguarda i casi in cui si verifichi uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, fermo restando l'obbligo del versamento dell'importo dovuto entro un tempo definito, eventualmente prevedendo un meccanismo di aggiornamento periodico dell'importo massimo oggi previsto come soglia ammessa;
   ad accompagnare la riduzione degli adempimenti formali con un rafforzamento degli strumenti necessari ad evitare comportamenti elusivi, la pratica del «massimo ribasso», la non osservanza dei contratti e la mancanza dei necessari requisiti di qualità delle opere eseguite o dei servizi forniti.
9/2208-A/95Giacobbe, Maestri, Cinzia Maria Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo del decreto in esame si propone di intervenire sulle modalità di verifica della regolarità contributiva delle imprese per l'attestazione dell'assolvimento degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di INPS, INAIL e Cassa Edile;
    questo costituisce un significativo intervento di semplificazione e di riduzione di adempimenti burocratici da parte delle imprese, con criticità lamentate anche da parte delle stazioni appaltanti;
    l'articolo 4 rinvia ad un decreto interministeriale, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, con il quale saranno definiti i requisiti di regolarità, i contenuti e le modalità della verifica, nonché le ipotesi di esclusione;
    la semplificazione ottenuta mediante la cosiddetta «smaterializzazione» non deve compromettere in alcun modo la funzione dello strumento del Documento unico di regolarità contributiva per la tutela degli interessi degli istituti preposti alla riscossione dei contributi stessi, dei lavoratori assicurati e della concorrenza leale tra imprese;
    il successo dell'operazione di semplificazione dipenderà molto dalla completezza, correttezza e tempestività di inserimento dei dati relativi alla situazione contributiva di ciascuna azienda;
    è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 2013 il Decreto ministeriale che permette di portare in compensazione i crediti vantati nei confronti delle PA da parte delle imprese, con il fine di ottenere il rilascio del DURC. Nella nuova procedura di verifica telematica della regolarità contributiva è necessario prevedere modalità con le quali si acquisirà anche la certificazione che attesti la sussistenza e l'importo di crediti certi, liquidi ed esigibili e di importo almeno pari agli oneri contributi previdenziali, assistenziali ed assicurativi accertati e non ancora versati;
    la verifica della regolarità in tempo reale riguarda i pagamenti scaduti sino all'ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata e ove sia scaduto anche il termine di presentazione delle relative denunce retributive; poiché la norma prevede che anche l'impresa possa verificare la corrispondenza dei dati contenuti nelle banche dati alla propria reale situazione, è opportuno che le eventuali richieste di rettifica avvengano all'interno tale periodo, affinché all'atto dell'interrogazione telematica eventuali errori risultino già corretti;
    la risultanza dell'interrogazione ha validità 120 giorni, ai quali si sommano i due mesi previsti al comma 2, lettera a); per appalti per cui i tempi tra la produzione dei requisiti per la partecipazione alla gara e liquidazione finali siano contenuti entro sei mesi, la liquidazione potrebbe avvenire in assenza di regolarità contributiva: è opportuno che, in questi casi, sia effettuata una ulteriore interrogazione prima della liquidazione finale;
    la semplificazione della procedura può rende non più utile la modalità dell'autocertificazione per lavori di importo limitato,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di:
    provvedere, nei tempi ristretti indicati nell'articolo 4, all'adozione del previsto decreto interministeriale, al fine di garantire piena applicabilità ed efficacia alle disposizioni del provvedimento, e certezza delle regole sia per le imprese, sia per le stazioni appaltanti;
    adoperarsi affinché gli Istituti interessati si mettano in condizione di aggiornare le banche dati e di assicurare la correttezza dei dati inseriti, oltre che di operare in integrazione e riconoscimento reciproco;
    inserire nelle ipotesi di esclusione tutte le situazioni nelle quali la modalità di interrogazione telematica non sia in grado di garantire la certezza della correttezza e trasparenza della condizione dell'impresa;
    confermare, tra le cause non ostative al rilascio del Durc, quelle previste nel decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 24 ottobre 2007, all'articolo 8, in particolare per quanto riguarda i casi in cui si verifichi uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, fermo restando l'obbligo del versamento dell'importo dovuto entro un tempo definito, eventualmente prevedendo un meccanismo di aggiornamento periodico dell'importo massimo oggi previsto come soglia ammessa;
    accompagnare la riduzione degli adempimenti formali con un rafforzamento degli strumenti necessari ad evitare comportamenti elusivi, la pratica del «massimo ribasso», la non osservanza dei contratti e la mancanza dei necessari requisiti di qualità delle opere eseguite o dei servizi forniti.
9/2208-A/95. (Testo modificato nel corso della seduta).  Giacobbe, Maestri, Cinzia Maria Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    nella logica di introdurre misure di semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese, ai fini di favorire la crescita e la competitività del nostro sistema paese, appare necessario semplificare il procedimento per l'acquisto della personalità giuridica delle società a responsabilità limitata, il tutto anche per agevolare lo start up di nuove società;
    ciò consentirebbe di stimolare la ripresa economica ed attrarre investimenti esteri in una logica di competizione tra ordinamenti nazionali, tra l'altro migliorando la posizione dell'Italia nelle classifiche delle istituzioni internazionali relativi a tempi e modalità di costituzione delle nuove imprese;
    a tali fini appare opportuno rendere più celeri i tempi di costituzione ed operatività delle suddette società,

impegna il Governo

ad adottare le modifiche legislative necessarie a prevedere, relativamente alla costituzione delle società a responsabilità limitata, che l'acquisto della personalità giuridica decorra dal momento della stipulazione dell'atto costitutivo, nei casi in cui non siano richieste autorizzazioni o altre condizioni ai fini dell'iscrizione nel registro delle imprese, riducendo così i tempi di costituzione delle stesse e anche i tempi di deposito dell'atto costitutivo da parte del notaio presso il registro delle imprese, almeno della metà rispetto al termine attuale di 20 giorni.
9/2208-A/96Senaldi, Martelli.


   La Camera,
   premesso che:
    numerose vertenze aperte nella provincia di Massa-Carrara assumono in un contesto nazionale criticità ancora di massima attenzione. Una configurazione territoriale che necessità di autentiche politiche di sviluppo economico e sociale che il Governo, anche attraverso l'approvazione del «decreto Poletti», intende perseguire come una delle priorità indicate dal presidente del consiglio nelle sue dichiarazioni programmatiche all'atto dell'insediamento dell'attuale governo;
    la vicenda «Eaton» multinazionale americana nel 2008 ha abbandonato il territorio collocando in mobilità circa 450 lavoratori alla definizione del nuovo assetto societario dei nuovi cantieri Apuania e anche dopo l'acquisizione da parte di un socio privato, non ha ancora completato il riassorbimento delle maestranze in Cigs;
    il gruppo Benetton collocherà in mobilità lavoratrici del settore commercio a seguito di annunciate chiusure di propri punti vendita nella città di Massa; la Fermet, azienda operante nel settore del ferro, ha indotto, a seguito della messa in liquidazione, alcuni operai a proclamare lo sciopero della fame; la vertenza della Syntech, azienda del gruppo Estel, operante nel settore dei mobili per ufficio, che dopo solo nove anni di attività abbandona il territorio lasciando senza prospettiva più di 40 lavoratori,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di mettere in atto, anche a seguito della approvazione del job acts, idonee politiche che consentano di coniugare buona flessibilità con lavoro sicuro e a tempo indeterminato nel settore privato e nel settore pubblico in ogni sua derivazione;
   in una azione sinergica del Ministero dello sviluppo economico e del lavoro alla attivazione di una task force che congiuntamente alla regione toscana, individui risposte certe per le maestranze e soluzioni industriali che consentano una piena ripresa produttiva e di sviluppo della provincia di Massa-Carrara.
9/2208-A/97Rigoni.


   La Camera,
   premesso che:
    numerose vertenze aperte nella provincia di Massa-Carrara assumono in un contesto nazionale criticità ancora di massima attenzione. Una configurazione territoriale che necessità di autentiche politiche di sviluppo economico e sociale che il Governo, anche attraverso l'approvazione del «decreto Poletti», intende perseguire come una delle priorità indicate dal presidente del consiglio nelle sue dichiarazioni programmatiche all'atto dell'insediamento dell'attuale governo;
    la vicenda «Eaton» multinazionale americana nel 2008 ha abbandonato il territorio collocando in mobilità circa 450 lavoratori alla definizione del nuovo assetto societario dei nuovi cantieri Apuania e anche dopo l'acquisizione da parte di un socio privato, non ha ancora completato il riassorbimento delle maestranze in Cigs;
    il gruppo Benetton collocherà in mobilità lavoratrici del settore commercio a seguito di annunciate chiusure di propri punti vendita nella città di Massa; la Fermet, azienda operante nel settore del ferro, ha indotto, a seguito della messa in liquidazione, alcuni operai a proclamare lo sciopero della fame; la vertenza della Syntech, azienda del gruppo Estel, operante nel settore dei mobili per ufficio, che dopo solo nove anni di attività abbandona il territorio lasciando senza prospettiva più di 40 lavoratori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di mettere in atto, anche a seguito della approvazione del job acts, idonee politiche che consentano di coniugare buona flessibilità con lavoro sicuro e a tempo indeterminato nel settore privato e nel settore pubblico in ogni sua derivazione.
9/2208-A/97. (Testo modificato nel corso della seduta).  Rigoni.


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, ha come principi ispiratori quelli tesi all'adozione del contratto di lavoro a tempo indeterminato come forma comune, prioritaria e principale di assunzione e d'ingresso nel mercato del lavoro rispetto al contratto a tempo determinato,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché sia emanato, con l'urgenza che il caso richiede, il decreto direttoriale, di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto ministeriale 23 ottobre 2013 «Disposizioni applicative necessarie a dare attuazione al contributo sotto forma di credito di imposta alle imprese, per l'assunzione a tempo indeterminato di personale impiegato in attività di Ricerca e di Sviluppo», che si rende necessario per la definizione dei contenuti della domanda di accesso all'agevolazione e la conseguente fruizione del beneficio disposto a favore delle imprese dal suddetto decreto.
9/2208-A/98Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    vi è la necessità di semplificare e riordinare le tipologie contrattuali, nonché agevolare le imprese in ogni processo che vada nella direzione della implementazione delle assunzioni, considerata altresì la necessità di limitare quanto più possibile il contenzioso giudiziale derivante da controversie in materia di lavoro,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere ogni iniziativa utile ad economizzare ed ottimizzare il processo del lavoro;
   a valutare l'opportunità di intervenire, anche con l'uso dello strumento legislativo, al fine di intervenire a tutela dei lavoratori che abbiano contratto malattie professionali, con specifico riferimento ai lavoratori affetti da patologie asbesto correlate.
9/2208-A/99Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 contiene disposizioni tese a facilitare il ricorso ai contratti a tempo determinato (cosiddetto lavoro a termine);
    a tale fine, viene previsto l'innalzamento da 12 a 36 mesi della durata del rapporto a tempo determinato che non necessita dell'indicazione della causale per la sua stipulazione; si prevede inoltre che il numero complessivo di rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datore sia elevato fino al 20 per cento del personale complessivo impiegato a tempo indeterminato; infine, si prevede che un contratto a tempo determinato venga prorogato fino ad un massimo di cinque volte in 36 mesi, ma vi è nella maggioranza di governo chi sostiene che si debba tornare alla possibilità, originariamente prevista nel testo del decreto-legge, di prorogare fino ad un massimo di otto volte i contratti che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto a tempo determinato è stato stipulato;
    sono numerose le storie di lavoratrici e lavoratori che hanno avuto più rapporti di lavoro con la stessa impresa fino ad un massimo di 36 mesi, in parte senza causale e in parte con causali che variavano, pur non cambiando l'attività lavorativa svolta;
    che nonostante la proroga del contratto a tempo determinato non hanno ottenuto che il loro rapporto di lavoro venisse stabilizzato, dopo i 36 mesi, con un contratto a tempo indeterminato; l'esperienza del mondo del lavoro, sempre più precarizzato, dimostra che il ricorso a forme di contratti, come quello a tempo determinato, non porta ad un aumento dei posti di lavoro, né ad una maggiore stabilizzazione degli stessi;
    l'articolo, così come è natura il contratto a termine, contraddice la direttiva europea che lo regola e contraddice il principio di legge secondo cui «la forma comune di rapporto di lavoro è quello a tempo indeterminato»,

impegna il Governo

ad intervenire, in tempi rapidi al fine di rivedere la politica di precarizzazione dei rapporti di lavoro, attraverso la riduzione del numero dei contratti di lavoro esistenti e la reale valorizzazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, come contratto che rappresenti non solo la forma comune di rapporto di lavoro, ma quello che meglio garantisce i lavoratori e l'impresa.
9/2208-A/100Di Salvo, Airaudo, Placido, Duranti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 contiene disposizioni tese a facilitare il ricorso ai contratti a tempo determinato (cosiddetto lavoro a termine);
    a tale fine, viene previsto l'innalzamento da 12 a 36 mesi della durata del rapporto a tempo determinato che non necessita dell'indicazione della causale per la sua stipulazione; si prevede inoltre che il numero complessivo di rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datore sia elevato fino al 20 per cento del personale complessivo impiegato a tempo indeterminato; infine, si prevede che un contratto a tempo determinato venga prorogato fino ad un massimo di cinque volte in 36 mesi, ma vi è nella maggioranza di governo chi sostiene che si debba tornare alla possibilità, originariamente prevista nel testo del decreto-legge, di prorogare fino ad un massimo di otto volte i contratti che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto a tempo determinato è stato stipulato;
    sono numerose le storie di lavoratrici e lavoratori che hanno avuto più rapporti di lavoro con la stessa impresa fino ad un massimo di 36 mesi, in parte senza causale e in parte con causali che variavano, pur non cambiando l'attività lavorativa svolta;
    che nonostante la proroga del contratto a tempo determinato non hanno ottenuto che il loro rapporto di lavoro venisse stabilizzato, dopo i 36 mesi, con un contratto a tempo indeterminato; l'esperienza del mondo del lavoro, sempre più precarizzato, dimostra che il ricorso a forme di contratti, come quello a tempo determinato, non porta ad un aumento dei posti di lavoro, né ad una maggiore stabilizzazione degli stessi;
    l'articolo, così come è natura il contratto a termine, contraddice la direttiva europea che lo regola e contraddice il principio di legge secondo cui «la forma comune di rapporto di lavoro è quello a tempo indeterminato»,

impegna il Governo

ad intervenire, in tempi rapidi al fine di rivedere la situazione di precarizzazione dei rapporti di lavoro, attraverso la riduzione del numero dei contratti di lavoro esistenti e la reale valorizzazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, come contratto che rappresenti non solo la forma comune di rapporto di lavoro, ma quello che meglio garantisce i lavoratori e l'impresa.
9/2208-A/100. (Testo modificato nel corso della seduta).  Di Salvo, Airaudo, Placido, Duranti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 contiene disposizioni tese a facilitare il ricorso ai contratti a tempo determinato (cosiddetto lavoro a termine) in un'ottica che la rubrica chiama di «semplificazione», ma che nella sostanza rivela lo snaturamento del contratto a termine, contraddicendo la direttiva europea che lo regola e contraddicendo il principio di legge secondo cui «la forma comune di rapporto di lavoro è quello a tempo indeterminato»;
    la richiamata direttiva del Consiglio del 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE relativa all'accordo quadro CES, UNICE, CEEP sul lavoro a tempo determinato è stata recepita dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, che nel corso degli anni ha subito radicali emendamenti;
    l'articolo 1 della direttiva 1999/70 stabilisce che essa persegue lo scopo di «attuare l'accordo quadro (...), che figura nell'allegato, concluso (...) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)»;
    il terzo comma del preambolo dell'accordo quadro recita:
     «Il presente accordo stabilisce i principi generali e i requisiti minimi relativi al lavoro a tempo determinato, riconoscendo che la loro applicazione dettagliata deve tener conto delle realtà specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e stagionali. Esso indica la volontà delle parti sociali di stabilire un quadro generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e un uso dei contratti di lavoro a tempo determinato accettabile sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori»; il punto 10 delle considerazioni generali dell'accordo quadro stabilisce che:
     «10. considerando che il presente accordo demanda agli Stati membri e alle parti sociali la formulazione di disposizioni volte all'applicazione dei principi generali, dei requisiti minimi e delle norme in esso stesso contenuti, al fine di tener conto della situazione di ciascuno Stato membro e delle circostanze relative a particolari settori e occupazioni, comprese le attività di tipo stagionale»;
    la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro, rubricata «Principio di non discriminazione», così prevede:
     «Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive»;
    la clausola 5 dell'accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi», dispone quanto segue:
     «1. Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
     a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
     b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
     c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
    2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:
     a) devono essere considerati «successivi»;
     b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato»;
    si deve ricordare che la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro intende attuare uno degli obiettivi perseguiti dall'accordo, vale a dire limitare il ricorso a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come una potenziale fonte di abuso in danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima tese ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti (vedi sentenze Adeneler e a., cit., punto 63; del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C-378/07 a 0380/07, Racc. pag. 1-3071, punto 73, nonché del 26 gennaio 2012, Kiiciik, 0586/10);
    detta disposizione dell'accordo quadro impone, quindi, agli Stati membri, per prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l'adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure in essa enunciate qualora il diritto nazionale non preveda norme equivalenti. Le misure così elencate al punto 1, lettere da a) a c) di detta clausola, in numero di tre, attengono, rispettivamente, a ragioni obiettive che giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi ultimi (vedi citate sentenze Angelidaki e a., punto 74, nonché Kuciik, punto 26);
    l'articolo 1 del decreto-legge ha previsto l'innalzamento da 12 a 36 mesi della durata del rapporto a tempo determinato che non necessita dell'indicazione della causale per la sua stipulazione e ha previsto la possibilità di prorogare fino ad un massimo di cinque volte in 36 mesi tal contratto; una disposizione di tal genere contiene un rispetto di natura puramente formale della clausola 5 dell'Accordo quadro, non contenendo criteri oggettivi e trasparenti atti a verificare se il rinnovo dei contratti (troppi e in un tempo troppo lungo) e, soprattutto, la mancanza di causa (generalizzata in ogni settore produttivo e impresa, senza limitazioni) siano compatibili con lo scopo e l'effettività dell'accordo quadro;
    l'articolo 1 espone l'Italia all'apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, con le conseguenze sul piano economico e procedurale che questo può comportare,

impegna il Governo

ad attivarsi immediatamente presso la Commissione europea e a dame tempestiva informazione al Parlamento, per verificare che l'articolo 1 del decreto-legge in conversione sia compatibile e in che misura con la direttiva europea in materia di contratti a tempo determinato.
9/2208-A/101Pannarale, Ricciatti, Placido, Airaudo, Duranti, Ferrara, Di Salvo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 contiene disposizioni tese a facilitare il ricorso ai contratti a tempo determinato (cosiddetto lavoro a termine) in un'ottica che la rubrica chiama di «semplificazione», ma che nella sostanza rivela lo snaturamento del contratto a termine, contraddicendo la direttiva europea che lo regola e contraddicendo il principio di legge secondo cui «la forma comune di rapporto di lavoro è quello a tempo indeterminato»;
    con le misure recate dall'articolo 1 si indeboliscono ulteriormente le tutele e i diritti dei lavoratori e si sancisce la totale precarizzazione del lavoro sia privato che pubblico;
    con riferimento a quest'ultimo, è pendente dinanzi alla Corte di Giustizia un rinvio pregiudiziale operato dalla Corte costituzionale (ordinanza n. 207 del 2013), in materia di personale precario della scuola, con particolare riferimento al problema della stabilizzazione del personale assunto da vari anni su posto vacante;
    come noto, il decreto legislativo n. 368/2001 –Attuazione della direttiva europea 1999/70/CE, nel confermare che «Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato», precisa che: «È consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro»;
    con la legge n. 247 del 2007 veniva aggiunto all'articolo 5 del decreto legislativo, il comma 4-bis secondo cui «qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del comma 2»;
    l'applicazione di tale disciplina avrebbe dovuto comportare per i precari della scuola assunti con impiego complessivo superiore ai trentasei mesi, la trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato;
    tuttavia il legislatore ha adottato una normativa speciale al fine di escludere il comparto scuola dalla disciplina generale: infatti il decreto-legge n. 134 del 2009 ha stabilito: «I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3 (dell'articolo 4,1. n. 124 del 1999), in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo»;
    il successivo articolo, articolo 9, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, ha aggiunto il comma 4-bis all'articolo 10 del decreto legislativo n. 368 del 2001 prevedendo che: «sono altresì esclusi dall'applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato»;
    inoltre, la legge n. 124 del 1999, accanto alle supplenze necessarie per le assenze temporanee, prevede un'altra tipologia di contratti, per le cosiddette «supplenze annuali», le quali sono disposte per «la copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico (articolo 4, l.cit.). In questo caso – nonostante la definizione di «supplenze» – il lavoratore assunto non va a sostituire un titolare, ma va a coprire un vuoto in organico; nelle predette fattispecie, la giustificazione apposta dal legislatore in ordine alle ragioni che escluderebbero il settore scuola dalla normativa nazionale ed europea in materia di contratto a termine, non è rinvenibile, risolvendosi nella lapalissiana necessità di «garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo»;
    se nel caso delle supplenze disposte per sostituire personale temporaneamente assente, tale giustificazione potrebbe avere fondamento, le suddette ragioni non appaiono però rinvenibili nel caso di «supplenze» su posti privi di titolare;
    peraltro, la citata legge n. 124 prevedeva il ricorso a tali forme di contratto in via transitoria e per un periodo di tempo limitato («in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo»), ma così non è stato;
    in tal modo, quello che doveva essere un ricorso temporaneo ed eccezionale (secondo la citata legge, «i concorsi per titoli ed esami sono indetti su base regionale con frequenza triennale») è divenuta una prassi, suffragando la tesi secondo cui – nei casi indicati – si assisterebbe ad un vero e proprio abuso del contratto a termine, essendo evidente che i posti vacanti devono essere ordinariamente ricoperti con personale di ruolo;
    nonostante un contrario arresto della Corte di Cassazione (sentenza n. 10127 del 2012), molta giurisprudenza ha riconosciuto la non piena conformità della normativa nazionale con la clausola 5 dell'accordo quadro di cui alla Direttiva europea 1999/70/CE;
    di tale ultimo parere è stato anche l'Ufficio del Massimario della Cassazione con una relazione tematica sul precariato scolastico (n.190 del 24 ottobre 2012), che ha contraddetto apertamente quanto affermato nella citata sentenza della Cassazione;
    per tanto tempo lo Stato italiano ha omesso di attivare le procedure concorsuali previste dalla legge n. 124 del 1999 e, inoltre, non ha previsto disposizioni che riconoscono in favore dei lavoratori della scuola il diritto al risarcimento del danno per indebita ripetizione di contratti di lavoro a tempo determinato;
    va tenuto presente che nella recente ordinanza del 12 dicembre 2013, nel procedimento Papalia contro Comune di Aosta, la Corte di giustizia ha affermato che: «l'accordo quadro deve essere interpretato nel senso che esso osta ai provvedimenti previsti da una normativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale (ndr quella italiana), la quale, nell'ipotesi di utilizzo abusivo, da parte di un datore di lavoro pubblico, di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, preveda soltanto il diritto, per il lavoratore interessato, di ottenere il risarcimento del danno che egli reputi di aver sofferto a causa di ciò, restando esclusa qualsiasi trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quando il diritto a detto risarcimento è subordinato all'obbligo, gravante su detto lavoratore, di fornire la prova di aver dovuto rinunciare a migliori opportunità di impiego, se detto obbligo ha come effetto di rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio, da parte del citato lavoratore, dei diritti conferiti dall'ordinamento dell'Unione. Spetta al giudice del rinvio valutare in che misura le disposizioni di diritto nazionale volte a sanzionare il ricorso abusivo, da parte della pubblica amministrazione, a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato siano conformi a questi principi»,

impegna il Governo

a risolvere, anche con provvedimenti di urgenza, il problema del precariato all'interno della scuola, ristabilendo il rispetto della direttiva europea in materia di contratti a tempo determinato anche nel settore pubblico e in particolare in quello scolastico.
9/2208-A/102Giancarlo Giordano, Fratoianni, Costantino, Di Salvo, Placido, Airaudo, Duranti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 contiene disposizioni tese a facilitare il ricorso ai contratti a tempo determinato (cosiddetto lavoro a termine);
    a tale fine, viene previsto l'innalzamento da 12 a 36 mesi della durata del rapporto a tempo determinato che non necessita dell'indicazione della causale per la sua stipulazione;
    si prevede inoltre che il numero complessivo di rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datore sia elevato fino al 20 per cento del personale complessivo impiegato a tempo indeterminato;
    infine, si prevede che un contratto a tempo determinato venga prorogato fino ad un massimo di cinque volte in 36 mesi, ma vi è nella maggioranza di governo chi sostiene che si debba tornare alla possibilità, originariamente prevista nel testo del decreto-legge, di prorogare fino ad un massimo di otto volte i contratti che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto a tempo determinato è stato stipulato;
    l'articolo così come è snatura il contratto a termine, contraddice la direttiva europea che lo regola e contraddice il principio di legge secondo cui «la forma comune di rapporto di lavoro è quello a tempo indeterminato»;
    il rinnovo ripetuto dei contratti a tempo determinato e l'assenza di casualità trasformano il tale contratto in un rapporto di prova che può protrarsi fino a 36 mesi, senza neppure avere la garanzia dell'assunzione al termine del periodo;
    così sono violate numerose disposizioni imperative in materia di lavoro, poste a tutela tanto dei lavoratori tanto del mercato del lavoro: tali sono l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori in materia di licenziamento e la dignità del lavoratore nel posto di lavoro,

impegna il Governo

a valutare le novità in materia di contatto a tempo determinato, al fine di precisare, attraverso ulteriori iniziative normative che esse si applichino come misure speciali giustificate unicamente da una situazione eccezionale del mercato e dell'economia, destinate a cessare entro un anno, per ripristinare l'applicazione di tutte le norme imperative in materia di lavoro.
9/2208-A/103Placido, Di Salvo, Airaudo, Duranti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 contiene disposizioni tese a facilitare il ricorso ai contratti a tempo determinato (cosiddetto lavoro a termine), che snaturano il contratto a termine, contraddicendo la direttiva europea che lo regola e contraddice il principio di legge secondo cui «la forma comune di rapporto di lavoro è quello a tempo indeterminato»;
    viene innalzato da 12 a 36 mesi della durata del rapporto a tempo determinato che non necessita dell'indicazione della causale per la sua stipulazione e che può essere rinnovato fino ad un massimo di cinque volte in 36 mesi;
    si prevede inoltre che il numero complessivo di rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datore sia elevato fino al 20 per cento del personale complessivo impiegato a tempo indeterminato;
    il decreto legge per la prima volta inserisce un limite – più teorico che reale – rappresentato dal tetto dei lavoratori che un'azienda può assumere con contratti a tempo determinato;
    in tal modo viene alzato il tetto previsto dai contratti collettivi di lavoro (in media 10-15 per cento dell'organico), che peraltro non ha mai funzionato, giacché le aziende e i Centri per l'impiego tengono riservati e non accessibili i dati numerici relativi;
    per superare tale problema che non rende controllabile il superamento del tetto, è necessario prevedere che le aziende e i Centri dell'impiego comunichino obbligatoriamente alle organizzazioni sindacali, il numero totale dei dipendenti di ciascuna azienda e la tipologia contrattuale per ciascun dipendente;
    solo conoscendo i predetti dati sarà possibile monitorare l'applicazione della legge e procedere all'irrogazione delle eventuali sanzioni previste in caso di violazioni,

impegna il Governo

a introdurre l'obbligo, giuridicamente sanzionato, per le aziende e i Centri dell'impiego di comunicare alle organizzazioni sindacali, su richiesta di queste ultime, il numero totale dei lavoratori impiegati da ciascun datore di lavoro e la tipologia contrattuale utilizzata per ciascun lavoratore.
9/2208-A/104Ferrara, Airaudo, Placido, Di Salvo, Duranti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 contiene disposizioni tese a facilitare il ricorso ai contratti a tempo determinato (cosiddetto lavoro a termine), mediante l'introduzione di una previsione generale di acausalità e di durata fino a 36 mesi del contratto e fino a 5 rinnovi;
    tali novità comportano uno snaturamento del contratto a tempo determinato, una possibile violazione della direttiva europea recepita dall'Italia in materia di tali contratti e una forte riduzione di diritti dei lavoratori;
    nel decreto sono state introdotte misure che riguardano il diritto di precedenza del lavoratore che, nell'esecuzione di uno o più contratti a termine presso lo stesso datore di lavoro, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi il diritto di precedenza, fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi, per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine;
    per quanto riguarda l'esercizio del diritto di precedenza è stato previsto che il datore di lavoro è tenuto a darne informazione al lavoratore, mediante comunicazione scritta da consegnare al momento dell'assunzione. Tale comunicazione è utile al fine dell'esercizio del diritto, in quanto secondo la norma in vigore, il diritto di precedenza può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro sei mesi (tre mesi in caso di lavori stagionali) dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro;
    per rendere effettivo l'esercizio del diritto di precedenza sarebbe necessario prevedere una disciplina maggiormente organica,

impegna il Governo

a disciplinare in maniera organica l'esercizio del diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato da parte dei datori di lavoro che ricorrono a contratti a tempo determinato, rimettendo la definizione di criteri uniformi alla contrattazione collettiva, prevedendo la predisposizione di graduatorie e introducendo l'obbligo per le imprese di motivare la mancata assunzione con contratto dipendente a tempo indeterminato (o ogni altre tipologia) del lavoratore che sia stato impiegato con contratto di lavoro a tempo determinato.
9/2208-A/105Duranti, Di Salvo, Ferrara, Placido, Airaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 contiene disposizioni in materia di apprendistato, che modificano in più parti il decreto legislativo 167 del 2011 legge 92 del 2012;
    l'obbligo della forma scritta rimane per il contratto e per il patto di prova, mentre per il piano formativo individuale viene ridotto ad una formulazione sintetica da inserire nel contratto (rispetto alla versione originaria del decreto-legge che cancellava la forma scritta e la redazione del piano prova);
    la soppressione della condizione che lega l'assunzione di nuovi apprendisti, per i datori di lavoro che occupino almeno 10 dipendenti, alla prosecuzione del rapporto di lavoro, al termine del periodo di apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50 per cento degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro;
    in base alla nuova previsione legislativa la condizione rimane applicabile esclusivamente per i datori di lavoro che occupano almeno 30 dipendenti, che debbono assicurare la prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 20 per cento degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro;
    che nella retribuzione dell'apprendista, fatta salva l'autonomia della contrattazione collettiva, in considerazione della componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, si debba tener conto delle ore di lavoro effettivamente prestate, nonché delle ore di formazione in misura almeno del 35per cento del relativo monte ore complessivo;
    la facoltà per i datori di lavoro di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere svolta in azienda, con l'offerta formativa pubblica (interna o esterna all'azienda) per l'acquisizione di competenze di base e trasversali. Precedentemente tale formazione pubblica era sempre obbligatoria, mentre ora rimane tale solo se le regioni provvedono «a comunicare al datore di lavoro, entro quarantacinque giorni dalla comunicazione di instaurazione del rapporto, le modalità per usufruire dell'offerta formativa pubblica»;
    le modifiche apportate al contratto di apprendistato rivelano non un intento semplificatorio, ma il tentativo in atto già da tempo, di trasformare tale forma di contratto nel nuovo contratto modello per lo sfruttamento del lavoro precario e non finalizzato realmente alla formazione di lavoratrici e lavoratori, facendo venire meno la sua natura di contratto a causale mista (formativa e lavorativa); grazie a tale impiego distorto del contratto di apprendistato, tutte le altre forme di contratti non standard o precari, non avranno ragione d'essere;
    il contratto di apprendistato stenta a decollare come contratto a causale mista. Si tende erroneamente ad ascrivere la disaffezione per tale contratto agli «appesantimenti» introdotti dalla riforma Fornero del mercato del lavoro, la quale è intervenuta sul regime della durata, sul numero complessivo degli apprendisti in servizio e sul regime delle conferme dei lavoratori apprendisti. Si tratta di accuse infondate, perché il trend negativo va avanti da svariati anni prima; i dati del bilancio ISFOL, INPS e Ministero del Lavoro diffusi il 17 aprile 2014 rivelano che se dal 2011 al 2012 il numero di contratti è calato del 4,6 per cento (469.855 in tutto), il trend decrescente continua dal 2008. Nel 2008 gli apprendisti erano 645.385 unità (con una diminuzione di 175 mila unità rispetto al 2012);
    un confronto meramente numerico mostra che in Germaniiogni anno i contratti di apprendistato sono 1,5 milioni. Il confronto, tuttavia, non può andare più in là dei numeri, essendo sostanziali le differenze del mercato e dell'organizzazione del lavoro nei due Paesi; in Italia vanno particolarmente male i contratti di apprendistato tra i minori e nella fascia di lavoratori tra i 15 e 29 anni, che sono quelli ai quali – paradossalmente – tale contratto serve maggiormente;
    lo scarso ricorso all'apprendistato ha diverse ragioni, nonostante la sua recente disciplina organica introdotta con il testo unico del 2011, che ha previsto significativi sgravi fiscali e incentivi normativi. Le regioni che anno ridotto le risorse per la formazione; l'offerta formativa pubblica si è ridotta dell'1,4 per cento tra il 2011 e il 2012. Solo 3 apprendisti sui 10 (31 per cento) hanno preso parte a interventi formativi organizzati da regioni e province autonome (si scende al 13 per cento nel sud e si sale al 43,5 per cento nel nord). Le risorse stanziate dalle regioni nel 2012 sono scese a 161 milioni, pari a – 15,8 per cento. In alcune regioni, inoltre, non tutti i contratti di apprendistato sono ancora stati normativi per la parte di competenza regionale,

impegna il Governo:

   a contrastare il tentativo di trasformare il contratto di apprendistato in un contratto nel quale, scomparsa o fortemente ridotta la componente formativa, vengano sfruttati i vantaggi fiscali e contributivi che esso assicura, per creare ulteriore precariato;
   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere al più presto la disciplina dell'obbligo di mettere per iscritto il piano formativo individuale, vigilando che la sua sinteticità non si trasformi nella ripetizioni di mere clausole di stile o sterili precetti standard;
   a individuare, insieme con le regioni, risorse necessarie per assicurare la formazione pubblica a favore degli apprendisti, riportando gli stanziamenti almeno ai livelli del 2008 e rivendendo l'efficacia dei piani formativi;
   a svolgere un esame delle disposizioni e prassi in materia di ispezioni e controlli ai datori di lavoro con riferimento ai lavoratori apprendisti, sviluppando, insieme con le parti sindacali e con esperti del settore, protocolli e standard per verificare l'eventuale abuso del contratto, mirato a sfruttare il lavoro degli apprendisti perché economicamente più conveniente e non già a realizzare la indispensabile formazione del lavoratore e della lavoratrice.
9/2208-A/106Airaudo, Duranti, Di Salvo, Ferrara, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 introduce disposizioni volte alla cosiddetta «smaterializzazione» del Documento unico di regolarità contributiva (DURC), che secondo il Governo servirebbe a semplificare l'attuale sistema di adempimenti richiesti alle imprese per la sua acquisizione;
    tale intervento, in assenza delle opportune clausole di coordinamento, si realizza in realtà in un ambito che ha formato oggetto, anche in tempi recenti, di una profonda stratificazione normativa, cui consegue una qualche incertezza nella «ricostruzione» del quadro normativo di riferimento;
    esso incide infatti sulla disciplina della verifica della regolarità contributiva, demandando ad un successivo decreto interministeriale la definizione delle modalità della verifica stessa e delle ipotesi di esclusione dal Documento unico di regolarità contributiva (DURC), impattando su un istituto introdotto dal decreto legislativo n. 494 del 1996, la cui applicazione generalizzata è stata disposta dall'articolo 1, comma 1176, della legge n. 296 del 2006, e sul quale sono intervenuti, negli ultimi mesi, diversi provvedimenti normativi di rango sia primario sia secondario, tra i quali:
   l'articolo 6 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35;
   l'articolo 31, comma 1, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69;
   che ha novellato l'articolo 13-bis, comma 5 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52;
   e sulla base del quale è stato emanato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali in data 13 marzo 2013;
    pertanto, il Governo utilizza l'articolo 4 per introdurre surrettiziamente una vera e propria delega, affidando ad un decreto ministeriale, solitamente di mera applicazione di una norma definita, l'applicazione di un elenco di criteri cui il suddetto decreto deve attenersi per modificare la normativa vigente in materia di DURC;
    i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze dovranno adottare, sentiti INPS ed INAIL, un decreto che a sua volta dovrà raggiungere l'obiettivo della «dematerializzazione» del DURC; appare evidente come un piccolo e reale sforzo del Governo, avrebbe consentito l'immediata efficacia del portato di una disposizione tendente a «sburocratizzare» e che invece viene inserita nel testo senza che essa – e non sarebbe stato difficile – dispieghi immediati effetti;
    inoltre, l'articolo 4 affida ad una fonte normativa secondaria il compito di incidere su disposizioni di rango legislativo, secondo una procedura difforme rispetto a quella prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, che non offre quindi le medesime garanzie individuate da tale procedura;
    non è possibile prevedere con precisione, sul piano sostanziale, la portata negativa del contenuto dell'articolo 4 in materia di documento di regolarità contributiva;
    sarebbe opportuno, invece, se vi è un reale spirito di semplificazione della disciplina in materia di DURC, che il Governo non intervenga con modifiche random;
    sarebbe all'uopo necessario costituire una commissione tecnica per approntare proposte di modifica e semplificati ve dell'attuale disciplina, da al Parlamento e al Governo in modo da consentire di intervenire successivamente in maniera organica e senza abbassare il controllo di legalità dei versamenti contributivi ai lavoratori,

impegna il Governo

al fine di semplificare la disciplina in materia di documento di regolarità contributiva e prevenire la possibilità di interventi normativi non coordinati e disorganici che possano determinare un abbassamento del controllo di legalità e della trasparenza, penalizzando le imprese che operano correttamente, a istituire presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un tavolo tecnico di confronto tra le organizzazioni sindacali e datoriali e rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, dell'INPS, dell'INAIL e delle casse edili per l'elaborazione di proposte di modifica dell'attuale disciplina del documento di regolarità contributiva; con l'obbligo di presentare al Governo e al Parlamento, entro 90 giorni dal suo insediamento, un documento contenente le proposte elaborate dal tavolo tecnico.
9/2208-A/107Palazzotto, Airaudo, Duranti, Di Salvo, Ferrara, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del decreto-legge innalza il limite di spesa relativo alle risorse da destinare ai contratti di solidarietà, pari attualmente a 5,16 milioni di euro ai sensi dell'articolo 1, comma 524, della L. 266/2005, portandolo a 15 milioni di euro a decorrere dal 2014;
    tale beneficio è riconosciuto alle sole imprese rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione straordinaria, che sono quelle che impiegano più di 15 dipendenti; rimangono fuori, invece, le piccole imprese e quelle che pur impiegando più di 15 dipendenti non rientrano comunque nell'ambito di applicazione della CIGS;
    tenuto conto dell'importanza dei contratti di solidarietà, specie in momenti congiunturali come quello che stiamo attraversando, per garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e sostenere la ripresa produttiva delle imprese impedendo che scompaiano dal mercato, appare necessario rifinanziare i contratti di solidarietà in favore delle imprese oggi escluse,

impegna il Governo:

   a consentire la stipulazione di contratti di solidarietà alle imprese di cui all'articolo 5, commi 5 e 8 del decreto-legge 20 maggio 1993, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236;
   a individuare risorse sufficienti per finanziare i contratti di solidarietà alle piccole imprese e a quelle che pur impiegando più di 15 dipendenti non rientrano comunque nell'ambito di applicazione della CIGS, non inferiori alla spesa annua stabilita nell'articolo 5 del decreto-legge in conversione, valutando la loro allocazione per quota parte – definita sulla base della loro capienza – sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, come rifinanziato da successive leggi, e sul Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui al comma 5 dell'articolo 10 del decreto legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
9/2208-A/108Sannicandro, Airaudo, Di Salvo, Placido, Duranti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del decreto-legge innalza il limite di spesa relativo alle risorse da destinare ai contratti di solidarietà, pari attualmente a 5,16 milioni di euro ai sensi dell'articolo 1, comma 524, della L. 266/2005, portandolo a 15 milioni di euro a decorrere dal 2014;
    tale beneficio è riconosciuto alle sole imprese rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione straordinaria, che sono quelle che impiegano più di 15 dipendenti; rimangono fuori, invece, le piccole imprese e quelle che pur impiegando più di 15 dipendenti non rientrano comunque nell'ambito di applicazione della CIGS;
    tenuto conto dell'importanza dei contratti di solidarietà, specie in momenti congiunturali come quello che stiamo attraversando, per garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e sostenere la ripresa produttiva delle imprese impedendo che scompaiano dal mercato, appare necessario rifinanziare i contratti di solidarietà in favore delle imprese oggi escluse,

impegna il Governo:

   compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica:
    a consentire la stipulazione di contratti di solidarietà alle imprese di cui all'articolo 5, commi 5 e 8 del decreto-legge 20 maggio 1993, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236;
    a individuare risorse sufficienti per finanziare i contratti di solidarietà alle piccole imprese e a quelle che pur impiegando più di 15 dipendenti non rientrano comunque nell'ambito di applicazione della CIGS, non inferiori alla spesa annua stabilita nell'articolo 5 del decreto-legge in conversione, valutando la loro allocazione per quota parte – definita sulla base della loro capienza – sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, come rifinanziato da successive leggi, e sul Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui al comma 5 dell'articolo 10 del decreto legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
9/2208-A/108. (Testo modificato nel corso della seduta).  Sannicandro, Airaudo, Di Salvo, Placido, Duranti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 contiene disposizioni tese a facilitare il ricorso ai contratti a tempo determinato (cosiddetto lavoro a termine);
    a tale fine, viene previsto l'innalzamento da 12 a 36 mesi della durata del rapporto a tempo determinato, senza indicazione della causale per la sua stipulazione e con possibilità di rinnovarlo fino a cinque volte;
    sono numerose le storie di lavoratrici e lavoratori che, specie nel settore pubblico, sono stati impiegati con contratti a tempo determinato prorogati ben oltre i 36 mesi, senza essere stabilizzati;
    in particolare, l'Italia ha necessità di procedere al rafforzamento dei Servizi per il Lavoro come è stato recentemente sottolineato da uno studio dell'ISFOL «Lo stato dei Servizi pubblici per l'impiego in Europa: tendenze, conferme e sorprese» del marzo 2014;
    dallo studio svolto si comprende che l'Italia ha bisogno che il sistema sia potenziato aumentando il numero degli operatori, adeguando qualità e quantità dei servizi offerti (http://www.isfol.it/primopiano/studio-isfol-sul-sistema-italianodei-servizi-per-limpiego);
    in considerazione delle risposte da dare ai disoccupati in tema di nuove politiche attive e passive del lavoro nonché del fatto che i Servizi pubblici per l'impiego sono posti al centro del Programma Garanzia Giovani, è necessario che le esperienze e la professionalità maturata dai lavoratori a tempo determinato dei Servizi pubblici per il lavoro e la formazione non possono essere disperse e che occorra procedere alla loro assunzione a tempo indeterminato;
    le recenti disposizioni riguardanti il blocco del turnover per le province hanno impedito tali assunzioni a tempo indeterminato (come previsto, tra l'altro, dalla legge n. 125 del 2013) pur in presenza dei requisiti di legge e dopo un inaccettabile precariato che per molti perdura anche da dodici anni;
    le organizzazioni sindacali hanno chiesto un tavolo di confronto per affrontare il problema anche nell'ambito dei provvedimenti che verranno adottati dal Governo in relazione all'articolo 1, commi 92 e 94 della legge 56/2014 (Del Rio) riguardanti il personale delle province,

impegna il Governo

a impedire la dispersione dell'esperienza e della professionalità del personale impiegato con contratti non a tempo indeterminato presso i Servizi pubblici per il lavoro e la formazione, individuando modalità e risorse per la loro stabilizzazione, a cominciare dalla sollecita attivazione di un tavolo di confronto con le parti sociali e le province, nell'ambito della definizione degli interventi che le riguardano.
9/2208-A/109Nicchi, Nardi, Migliore, Airaudo, Di Salvo, Placido, Sannicandro, Duranti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 contiene disposizioni tese a facilitare il ricorso ai contratti a tempo determinato (cosiddetto lavoro a termine);
    a tale fine, viene previsto l'innalzamento da 12 a 36 mesi della durata del rapporto a tempo determinato, senza indicazione della causale per la sua stipulazione e con possibilità di rinnovarlo fino a cinque volte;
    sono numerose le storie di lavoratrici e lavoratori che, specie nel settore pubblico, sono stati impiegati con contratti a tempo determinato prorogati ben oltre i 36 mesi, senza essere stabilizzati;
    in particolare, l'Italia ha necessità di procedere al rafforzamento dei Servizi per il Lavoro come è stato recentemente sottolineato da uno studio dell'ISFOL «Lo stato dei Servizi pubblici per l'impiego in Europa: tendenze, conferme e sorprese» del marzo 2014;
    dallo studio svolto si comprende che l'Italia ha bisogno che il sistema sia potenziato aumentando il numero degli operatori, adeguando qualità e quantità dei servizi offerti (http://www.isfol.it/primopiano/studio-isfol-sul-sistema-italianodei-servizi-per-limpiego);
    in considerazione delle risposte da dare ai disoccupati in tema di nuove politiche attive e passive del lavoro nonché del fatto che i Servizi pubblici per l'impiego sono posti al centro del Programma Garanzia Giovani, è necessario che le esperienze e la professionalità maturata dai lavoratori a tempo determinato dei Servizi pubblici per il lavoro e la formazione non possono essere disperse e che occorra procedere alla loro assunzione a tempo indeterminato;
    le recenti disposizioni riguardanti il blocco del turnover per le province hanno impedito tali assunzioni a tempo indeterminato (come previsto, tra l'altro, dalla legge n. 125 del 2013) pur in presenza dei requisiti di legge e dopo un inaccettabile precariato che per molti perdura anche da dodici anni;
    le organizzazioni sindacali hanno chiesto un tavolo di confronto per affrontare il problema anche nell'ambito dei provvedimenti che verranno adottati dal Governo in relazione all'articolo 1, commi 92 e 94 della legge 56/2014 (Del Rio) riguardanti il personale delle province,

impegna il Governo

compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, a impedire la dispersione dell'esperienza e della professionalità del personale impiegato con contratti non a tempo indeterminato presso i Servizi pubblici per il lavoro e la formazione, individuando modalità e risorse per la loro stabilizzazione, a cominciare dalla sollecita attivazione di un tavolo di confronto con le parti sociali e le province, nell'ambito della definizione degli interventi che le riguardano.
9/2208-A/109. (Testo modificato nel corso della seduta).  Nicchi, Nardi, Migliore, Airaudo, Di Salvo, Placido, Sannicandro, Duranti, Ferrara.