Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 16 aprile 2014

TESTO AGGIORNATO AL 26 MAGGIO 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 16 aprile 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carbone, Casero, Castiglione, Censore, Cicchitto, Cirielli, Costa, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Galan, Gasbarra, Giachetti, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Antonio Martino, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Orlando, Piepoli, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Rossomando, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Vignali, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carbone, Casero, Castiglione, Censore, Cicchitto, Cirielli, Costa, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Galan, Gasbarra, Giachetti, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Antonio Martino, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Piepoli, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Rossomando, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge d'iniziativa regionale.

  In data 15 aprile 2014 sono state presentate alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione, le seguenti proposte di legge:
   PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LIGURIA: «Modifica al comma 186-bis dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2010), inserito dall'articolo 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42» (2303);
   PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LIGURIA: «Modifica all'articolo 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio» (2304).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a una proposta di legge.

  La proposta di legge ZAMPA ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e altre disposizioni concernenti misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati» (1658) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Beni e Capone.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   I Commissione (Affari costituzionali):
  GUIDESI ed altri: «Disposizioni concernenti le funzioni degli enti locali in materia di pubblica sicurezza, l'organizzazione dei corpi di polizia locale e il coordinamento delle politiche integrate per la sicurezza» (2020) Parere delle Commissioni II, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   II Commissione (Giustizia):
  GARAVINI ed altri: «Modifiche alla legge 22 dicembre 1999, n. 512, in materia di esclusione dei soggetti, a carico dei quali risulti l'appartenenza a organizzazioni mafiose, dalle erogazioni del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime di reati di tipo mafioso» (1837) Parere della I Commissione.
   III Commissione (Affari esteri):
  S. 1218. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Corea in materia di Vacanze-Lavoro, fatto a Seoul il 3 aprile 2012» (approvato dal Senato) (2275) Parere delle Commissioni I, V, XI, XII e XIV.
   VI Commissione (Finanze):
  NASTRI: «Modifiche all'articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, concernente la disciplina dell'imposta di soggiorno» (2037) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   VII Commissione (Cultura):
  INCERTI ed altri: «Dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Cervi in Gattatico» (2072) Parere delle Commissioni I e V.
   VIII Commissione (Ambiente):
  MINARDO ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di rifiuti agricoli vegetali» (1217) Parere delle Commissioni I, XIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  TERZONI ed altri: «Istituzione del Parco nazionale del Matese» (1987) Parere delle Commissioni I, V, VII, X, XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   XI Commissione (Lavoro):
  MOSCA ed altri: «Disposizioni per la promozione di forme flessibili e semplificate di telelavoro» (2014) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, IX, X, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  FEDRIGA ed altri: «Proroga della durata del regime sperimentale di accesso al trattamento pensionistico di anzianità in favore delle lavoratrici mediante opzione per il calcolo secondo il sistema contributivo, di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243» (2046) Parere delle Commissioni I e V.
   XII Commissione (Affari sociali):
  FREGOLENT ed altri: «Modifiche alla legge 30 marzo 2001, n. 130, in materia di disciplina della cremazione e della conservazione o dispersione delle ceneri» (1320) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissioni dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettere del 12 aprile 2014, ha trasmesso due note relative all'attuazione data agli ordini del giorno CATANOSO n. 9/1865-A/1, concernente i criteri di nomina dei nuovi sovrintendenti della Polizia di Stato, ed ARLOTTI n. 9/1865-A/29, riguardante l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi per le strutture turistico-alberghiere, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 20 dicembre 2013.

  Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

  Il Presidente del Parlamento europeo ha trasmesso il testo di quarantotto risoluzioni approvate nella sessione dal 24 al 27 febbraio 2014, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla Commissione III (Affari esteri) e alla Commissione XIV (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio per quanto riguarda talune disposizioni in materia di gestione finanziaria per alcuni Stati membri che si trovano, o rischiano di trovarsi, in gravi difficoltà relativamente alla loro stabilità finanziaria (Doc. XII, n. 369) – alla V Commissione (Bilancio);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che adatta agli articoli 290 e 291 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea una serie di atti giuridici che prevedono il ricorso alla procedura di regolamentazione con controllo (Doc. XII, n. 370) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che adatta all'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea una serie di atti giuridici nel settore della giustizia che prevedono il ricorso alla procedura di regolamentazione con controllo (Doc. XII, n. 371) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che adatta all'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea una serie di atti giuridici che prevedono il ricorso alla procedura di regolamentazione con controllo (Doc. XII, n. 372) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 443/2009 al fine di definire le modalità di conseguimento dell'obiettivo 2020 di ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture nuove (Doc. XII, n. 373) – alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e IX (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio sul marchio comunitario (Doc. XII, n. 374) – alla X Commissione (Attività produttive);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (rifusione) (Doc. XII, n. 375) – alla X Commissione (Attività produttive);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell'Unione europea (Doc. XII, n. 376) – alla II Commissione (Giustizia);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione e la formazione delle autorità di contrasto (Europol) e abroga le decisioni 2009/371/GAI del Consiglio e 2005/681/GAI del Consiglio (Doc. XII, n. 377) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, scambio di alunni, tirocinio retribuito e non retribuito, volontariato e collocamento alla pari (rifusione) (Doc. XII, n. 378) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Corpo volontario europeo di aiuto umanitario «EU Aid Volunteers» (Doc. XII, n. 379) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo di aiuti europei agli indigenti (Doc. XII, n. 380) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 528/2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all'uso di biocidi per quanto riguarda determinate condizioni per l'accesso al mercato (Doc. XII, n. 381) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   risoluzione recante raccomandazioni alla Commissione sulla lotta alla violenza contro le donne (Doc. XII, n. 382) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);
   risoluzione sul seguito della delega dei poteri legislativi e sul controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (Doc. XII, n. 383) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione sul semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: analisi annuale della crescita 2014 (Doc. XII, n. 384) – alla V Commissione (Bilancio);
   risoluzione sulla governance del mercato unico nell'ambito del semestre europeo 2014 (Doc. XII, n. 385) – alla X Commissione (Attività produttive);
   risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di dialogo politico e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e le Repubbliche di Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama, dall'altra, ad eccezione dell'articolo 49, paragrafo 3 (Doc. XII, n. 386) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di dialogo politico e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e le Repubbliche di Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama, dall'altra, riguardo all'articolo 49, paragrafo 3 (Doc. XII, n. 387) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa sulla proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (Doc. XII, n. 388) – alla XI Commissione (Lavoro);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda una dichiarazione IVA standard (Doc. XII, n. 389) – alla VI Commissione (Finanze);
   risoluzione legislativa sulla proposta di decisione del Consiglio che modifica la decisione 2009/831/CE per quanto riguarda il suo periodo di applicazione (Doc. XII, n. 390) – alla VI Commissione (Finanze);
   risoluzione legislativa sulla proposta di decisione del Consiglio che modifica la decisione 2004/162/CE per quanto riguarda la sua applicazione a Mayotte a decorrere dal 1o gennaio 2014 (Doc. XII, n. 391) – alla VI Commissione (Finanze);
   risoluzione legislativa sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo quadro di partenariato globale e cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Indonesia, dall'altra, ad esclusione delle questioni relative alla riammissione (Doc. XII, n. 392) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo quadro di partenariato globale e cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Indonesia, dall'altra, per quanto riguarda questioni relative alla riammissione (Doc. XII, n. 393) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di riammissione delle persone in posizione irregolare tra l'Unione europea e la Repubblica di Turchia (Doc. XII, n. 394) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario dell'Unione europea (rifusione) (Doc. XII, n. 395) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza delle ferrovie (rifusione) (Doc. XII, n. 396) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'Agenzia dell'Unione europea per le ferrovie e che abroga il regolamento (CE) n. 881/2004 (Doc. XII, n. 397) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga il regolamento (CEE) n. 1192/69 del Consiglio relativo alle norme comuni per la normalizzazione dei conti delle aziende ferroviarie (Doc. XII, n. 398) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la segnalazione di taluni eventi nel settore dell'aviazione civile, recante modifica del regolamento (UE) n. 996/2010 e abrogazione della direttiva 2003/42/CE, del regolamento (CE) n. 1321/2007 della Commissione e del regolamento (CE) n. 1330/2007 della Commissione (Doc. XII, n. 399) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai requisiti di omologazione per lo sviluppo del sistema eCall di bordo e che modifica la direttiva 2007/46/CE (Doc. XII, n. 400) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'istituzione del programma «Salute per la crescita», terzo programma pluriennale d'azione dell'Unione europea in materia di salute per il periodo 2014-2020 (Doc. XII, n. 401) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli orientamenti per le reti transeuropee di telecomunicazioni e che abroga la decisione n. 1336/97/CE (Doc. XII, n. 402) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'accessibilità dei siti web degli enti pubblici (Doc. XII, n. 403) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e IX (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un diritto comune europeo della vendita (Doc. XII, n. 404) – alla II Commissione (Giustizia);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati (Doc. XII, n. 405) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   risoluzione sul finanziamento a lungo termine dell'economia europea (Doc. XII, n. 406) – alle Commissioni riunite V (Bilancio) e VI (Finanze);
   risoluzione su SOLVIT (Doc. XII, n. 407) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione legislativa sul progetto di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'ordine europeo di indagine penale (Doc. XII, n. 408) – alla II Commissione (Giustizia);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 539/2001 che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (Doc. XII, n. 409) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo volontario di partenariato tra l'Unione europea e la Repubblica di Indonesia sull'applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati importati nell'Unione europea (Doc. XII, n. 410) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce un regime semplificato per il controllo delle persone alle frontiere esterne basato sul riconoscimento unilaterale, da parte della Croazia e di Cipro, di determinati documenti come equipollenti al loro visto nazionale di transito o per soggiorni previsti di non più di 90 giorni su un periodo di 180 giorni nel loro territorio e che abroga le decisioni del Parlamento europeo e del Consiglio n. 895/2006/CE e n. 582/2008/CE (Doc. XII, n. 411) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 539/2001 che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (Doc. XII, n. 412) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   risoluzione sulla situazione in Iraq (Doc. XII, n. 413) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione sull'utilizzo di droni armati (Doc. XII, n. 414) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea (2012) (Doc. XII, n. 415) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   risoluzione sui prelievi per copie private (Doc. XII, n. 416) – alla VII Commissione (Cultura).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 8, 9, 10, 11, 14 e 15 aprile 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della Commissione XIV (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Quadro di valutazione UE della giustizia 2014 (COM(2014) 155 final), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Una nuova era per il trasporto aereo – Aprire il mercato del trasporto aereo all'uso civile dei sistemi aerei a pilotaggio remoto in modo sicuro e sostenibile (COM(2014) 207 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Relazione sull'attuazione del Quadro dell'Unione europea per le strategie nazionali di integrazione dei Rom (COM(2014) 209 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (COM(2014) 212 final) e relativi allegati (COM(2014) 212 final – Annex 1 e COM(2014) 212 final – Annex 2) e documento di accompagnamento – Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2014) 123 final), che sono assegnati in sede primaria alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze). La predetta proposta di direttiva è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 15 aprile 2014;
   Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2007/36/CE per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda taluni elementi della relazione sul governo societario (COM(2014) 213 final) e relativo documento di accompagnamento – Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2014) 126 final), che sono assegnati in sede primaria alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze). La predetta proposta di direttiva è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 15 aprile 2014;
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione globale sul funzionamento del Fondo di garanzia (COM(2014) 214 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Il quadro d'azione di Hyogo per il dopo 2015: gestire i rischi per raggiungere la resilienza (COM(2014) 216 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e VIII (Ambiente);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – L'introduzione dell'euro in Lettonia (COM(2014) 217 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, nel Comitato misto SEE in merito a una modifica del protocollo 31 dell'accordo SEE sulla cooperazione in settori specifici al di fuori delle quattro libertà (COM(2014) 218 final) e relativo allegato (COM(2014) 218 final – Annex 1), che sono assegnati in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, nel Comitato misto SEE in merito a una modifica del protocollo 30 dell'accordo SEE sulle disposizioni specifiche in materia di organizzazione della cooperazione nel settore statistico (COM(2014) 220 final) e relativo allegato (COM(2014) 220 final – Annex 1), che sono assegnati in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'istituzione di una piattaforma europea per il rafforzamento della cooperazione volta a prevenire e scoraggiare il lavoro sommerso (COM(2014) 221 final) e relativo documento di accompagnamento – Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2014) 138 final), che sono assegnati in sede primaria alla XI Commissione (Lavoro). La predetta proposta di decisione è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 14 aprile 2014;
   Proposta di decisione del Consiglio che definisce la posizione che l'Unione europea deve adottare in seno al Consiglio generale dell'Organizzazione mondiale del commercio in merito all'adesione della Repubblica islamica di Afghanistan all'OMC (COM(2014) 223 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta congiunta della Commissione europea e della Alta rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 147/2003 relativo a talune misure restrittive nei confronti della Somalia (JOIN(2014) 15 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta congiunta della Commissione europea e della Alta rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 204/2011 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Libia (JOIN(2014) 16 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Squilibri macroeconomici – Italia 2014 (SWD(2014) 83 final), che è assegnato in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

  La Commissione europea, in data 10 aprile 2014, ha trasmesso un nuovo testo del documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (SWD(2014) 102 final/2), che sostituisce il documento SWD(2014) 102 final, già assegnato, in data 4 aprile 2014, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XI Commissione (Lavoro), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, con lettera in data 4 febbraio 2014, integrata da successiva nota del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento in data 4 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 1, comma 1-ter, del decreto-legge 30 maggio 2012, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2012, n. 118, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 2003, n. 395, di attuazione della legge 23 ottobre 2003, n. 286, recante disciplina dei Comitati degli italiani all'estero (93).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 16 maggio 2014. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 6 maggio 2014.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Problematiche relative al progetto di riforma del processo civile, con particolare riferimento all'accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti – 3-00766

   CICU e PALESE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'intervento del precedente Governo del 17 dicembre 2013 ha dimostrato l'assenza di una strategia di riforma efficace del processo civile e una totale «ignoranza» sui reali problemi che investono imprese e cittadini, facendo un chiaro passo indietro, sempre nella direzione della rottamazione della giustizia civile italiana. Le misure contenute nell'ultimo disegno di legge delega sono state «vendute» ai mezzi di comunicazione come il rimedio alle evidenti lungaggini dei procedimenti nel nostro Paese, ma in realtà sono una «lista della spesa» infarcita di norme sbagliate ed inutili, come sempre a «costo zero» (come si precisa nell'ultimo articolo del disegno di legge);
   nell'VIII conferenza dell'avvocatura a Napoli del 16 gennaio 2014, l'Oua (Organismo unitario dell'avvocatura) ha messo in evidenza alcuni degli aspetti più controversi della riforma del processo civile, quali la presunta «responsabilizzazione» dei legali rispetto alle cosiddette «liti temerarie», che imbavaglia i legali, minacciando la condanna solidale del professionista, la motivazione a pagamento, assolutamente in contrasto con l'articolo 111 (comma 6) della Costituzione, che limita la possibilità per una vittima di poter ricorrere contro una sentenza sbagliata, se non pagando ulteriormente per la tutela di un diritto, la previsione del giudice unico in appello per alcune materie e per le cause pendenti da oltre tre anni, che comporta una maggiore decisionalità in capo al magistrato e, visto l'enorme arretrato, di fatto fa ritornare in campo proprio quegli «ausiliari», oltretutto mai assunti;
   per quanto riguarda il cosiddetto «appello veloce», che punta alla riduzione della capacità di revisione da parte del magistrato, spinto a rifarsi direttamente a quanto stabilito nel precedente grado senza analisi critica, è tuttavia criticabile perché, per quanto sia condivisibile l'obiettivo di velocizzare e razionalizzare il processo civile, ciò non può andare a discapito di quelle che sono le garanzie fondamentali del processo ed è per questo che è stato dato il via alla protesta nel corso dell'assemblea generale straordinaria del 7 febbraio 2014;
   gli avvocati di tutta la nazione hanno denunciato un attacco senza precedenti al diritto di difesa, contro un sistema giustizia già da troppo tempo gravato da pesantissime carenze di mezzi e di organici, su cui pende il malcelato tentativo di addossare la maggiore responsabilità del cattivo funzionamento e dell'eccessiva durata dei procedimenti giudiziari;
   la protesta si è fatta sempre più paralizzante, fino al punto di dar vita ad una kermesse di 15.000 avvocati in toga a Roma che il 20 febbraio 2014 hanno lasciato i tribunali per scendere in piazza e dettare il loro promemoria al prossimo Governo, che nell'ultima riforma del processo civile ha posto nuove barriere economiche alla giustizia, limitando il numero dei processi, ma lasciando la possibilità soltanto a pochi fortunati di esercitare il proprio diritto alla difesa;
   a detta degli avvocati in protesta, infatti, la giustizia diventerà appannaggio dei più abbienti, perché la riforma del processo civile, a fronte di una crescita incontrollata ed incontrollabile dei costi di accesso, non comprende alcun effettivo e concreto reinvestimento per migliorare il funzionamento del sistema e ha calpestato i diritti dei non abbienti attraverso la drastica ed ingiustificata riduzione delle risorse da dedicare alla loro difesa;
   protesta ancora più estrema è stata posta in essere dagli avvocati sardi, in particolare dagli avvocati di Cagliari, Oristano e Tempio, che hanno incrociato le braccia dall'11 febbraio 2014, contestando la riforma del processo, e che non hanno sospeso ma intendono proseguire ad oltranza – nonostante abbiano ricevuto la comunicazione dell'autorità di garanzia – finché il Ministro interrogato non effettuerà una revisione sostanziale del progetto normativo di riforma del processo civile;
   l'Aiga, Associazione giovani avvocati, a conclusione del tavolo sull'avvocatura convocato dal Ministro interrogato il 27 marzo 2014, ha insistito sulla necessità di riformare l'accesso alla professione forense fin dall'università, che rappresenta il problema principale, ma ha anche sottolineato che non si può ridurre una riforma ad una scommessa che il Ministro interrogato vuole giocare con l'avvocatura, ma è necessario dare attuazione ai tavoli di lavoro proposti che non devono rimanere soltanto un'idea;
   il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, ha sottolineato l'atteggiamento senza dubbio più costruttivo di questo nuovo Governo rispetto a quello precedente che ha varato l'insoddisfacente riforma del processo civile, ma ha chiesto espressamente al Ministro interrogato di ritirare il disegno di legge di riforma –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire con urgenza per una revisione sostanziale del progetto normativo di riforma del processo civile, adottando le misure necessarie per varare una riforma che garantisca il diritto alla difesa a tutti i cittadini a prescindere dalle loro condizioni economiche e sociali. (3-00766)


Iniziative per la piena efficacia della riforma prevista dalla legge n. 62 del 2011, al fine di favorire l'accesso delle detenute madri alle misure cautelari alternative – 3-00767

   TINAGLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 62 del 2011, in vigore da gennaio 2014, le madri potranno scontare la pena con i loro figli fino al compimento del sesto anno di vita del bambino, non più solo fino al terzo, e non in carcere;
   l'intento della norma è quello di facilitare l'accesso delle madri alle misure cautelari alternative: la pena sarà, infatti, scontata in istituti a custodia attenuata, luoghi colorati, senza sbarre, a misura di bambino. Attualmente, però, le strutture esistenti sono solo due e l'obiettivo della legge rischia di rimanere incompiuto;
   occorre prendere coscienza dell'attuale situazione delle carceri femminili, dove i bambini sono costretti a vivere reclusi con le madri (ad oggi, nelle sezioni nido delle carceri italiane sono ospitati circa 60 bambini da 0 a 3 anni di età: numero probabilmente destinato ad aumentare, considerando le mamme detenute in stato di gravidanza) e a condividere con le stesse le problematiche del sovraffollamento, nonché della carenza di organico che rendono ancora più dura la condizione della detenzione;
   in alcuni casi sono ospitati in asili nido, ma non tutte le strutture femminili riescono a garantire questi spazi. E così capita anche che un bambino o una bambina debba crescere dietro le sbarre, scontando la pena per una colpa che non ha commesso, a volte anche da solo;
   bisogna tener presente che piccoli incolpevoli porteranno per sempre i segni di questa violenza psicologica e, per questo, è necessario farsi carico dell'urgenza di trovare soluzioni diverse e dignitose;
   il periodo pre e post-parto risulta caratterizzato da momenti di grande ansia per la maggior parte delle donne, ma per quelle che vivono in carcere i normali stress vengono ad essere moltiplicati, amplificando il vissuto di inadeguatezza ed impotenza;
   il carcere per i propri figli è l'ultima delle soluzioni che una madre ricerca ed è quella che vive con più inquietudine, poiché significa esporre il bambino a qualcosa di cui non solo non conosce esattamente le dinamiche, ma della cui realtà percepisce l'assoluta precarietà e mancanza di diritti, sia come persona che come madre;
   il retroterra sociale di deprivazione, i contatti familiari inconsistenti, l'isolamento, un'instabile salute fisica e/o mentale e la coscienza che il bambino potrà essere affidato ad un ente assistenziale costituiscono soltanto alcuni dei problemi che vivono queste donne, testimoniando un bisogno di tutela particolare;
   da ricordare, poi, anche i bambini che entrano in carcere per far visita al genitore detenuto: circa centomila ogni anno in tutta Italia, secondo le stime fornite dall'Associazione bambini senza sbarre, sono sottoposti a perquisizione prima di entrare, proprio come gli adulti, e spesso sono costretti a incontrare il genitore in spazi grigi e chiusi;
   un passo in avanti è stato fatto nel 2001, quando la «legge Finocchiaro» (legge n. 40 del 2001) ha introdotto modifiche al codice di procedura penale, favorendo l'accesso delle mamme con minori a carico alle misure cautelari alternative alla detenzione;
   la legge n. 40 del 2001 ha sancito il primo cambiamento «culturale» in un sistema ancora connotato dall'ideologia tradizionale nei confronti delle madri detenute: per la prima volta si è anteposto l'interesse del minore, la salvaguardia del rapporto genitore-figlio, la difesa dell'unità familiare a valutazioni sull'entità del reato commesso dai genitori;
   in attuazione del principio sancito dall'articolo 31 della Costituzione, che riconosce il valore sociale della maternità, si è inteso perseguire l'obiettivo di assicurare al bambino un sano sviluppo psicofisico, permettendo alla madre di vivere i primi anni dell'infanzia del minore al di fuori delle mura carcerarie;
   la normativa non ha, però, risolto il problema per le detenute straniere, che, in mancanza di fissa dimora, non possono accedere agli arresti domiciliari: per loro e per i loro piccoli l'unica alternativa al carcere sarebbe il trasferimento negli istituti a custodia attenuata. Si tratta degli icam (istituti a custodia attenuata per madri) e delle case famiglia protette: i primi sono istituti detentivi facenti capo all'amministrazione penitenziaria, le seconde sono, invece, strutture affidate ai servizi sociali e agli enti locali;
   come già accennato, in Italia sono solo due gli istituti a custodia attenuata per madri esistenti: quello di Milano, nato nel 2007 in via sperimentale, e quello di Venezia, inaugurato a luglio 2013. Non esistono, invece, case famiglia protette: principale ostacolo alla realizzazione di queste ultime, gli oneri a carico degli enti locali;
   attualmente, il centro milanese e quello veneziano, da soli, non riescono a garantire spazio per tutti. Le stime si complicano, inoltre, pensando a quei bambini che, usciti dal carcere e allontanati dalla madre al compimento del terzo anno di età, potrebbero rientrare nella struttura perché ancora minori di sei;
   in un'ottica di mantenimento della relazione madre-bambino, anche quando questa è detenuta, come stabilito dalla Convenzione dei diritti dell'infanzia, queste strutture sono certamente la soluzione migliore per tutelare l'interesse superiore del minore, ma è fondamentale che dispongano di fondi adeguati;
   la legge n. 62 del 2011, benché molto attesa, si scontra, di fatto, con difficoltà di applicazione e di interpretazione: le misure alternative sono riconosciute, ma in assenza di «esigenze cautelari di eccezionale rilevanza». Con questa specificazione si intende far riferimento a casi di criminalità organizzata piuttosto che di terrorismo, ma nella prassi le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza si traducono quasi sempre in un rapporto stretto con la recidiva: ciò significa che una detenuta che ha commesso diverse volte reati anche minori o di minore impatto sociale è considerata particolarmente pericolosa, tanto da non poter beneficiare di misure alternative –:
   quali rapidi ed opportuni provvedimenti intenda adottare, al fine di rendere pienamente efficace questa riforma.
(3-00767)


Orientamenti in ordine all'avvio di un'ispezione presso il tribunale per i minorenni di Salerno in relazione ad una vicenda di decadenza dalla potestà genitoriale – 3-00768

   CERA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 15 marzo 2013 a Battipaglia, strappati alle cure materne, sono stati portati in una casa famiglia due fratellini, con il divieto per la madre di vedere i suoi figli (l'isolamento totale è durato ben 73 giorni);
   nel decreto del tribunale per i minorenni di Salerno del 15 marzo 2013 tale estrema e forzata soluzione si giustificava con il fatto che le consulenti del tribunale avevano diagnosticato la «pas» (sindrome di alienazione parentale);
   il difensore della signora Cipriani, madre dei due bambini, presentava istanza con la quale chiedeva il ritorno a casa dei due fratellini, dimostrando che la sindrome di alienazione parentale è una sindrome scientificamente inesistente;
   il tribunale per i minorenni di Salerno, con decreto del 16 settembre 2013, respingeva detta istanza, accantonando, di fatto, la diagnosi di sindrome di alienazione parentale, ma giustificando il permanere dei fratellini presso la comunità (vedono la madre una volta la settimana per due ore con incontri protetti ed è stato loro vietato di frequentare amici, parenti e vecchi compagni di scuola), sul presupposto di una generica inadeguatezza delle capacità genitoriali e dell'esercizio del diritto alla bigenitorialità;
   la difesa Cipriani presentava reclamo presso la corte d'appello di Salerno, sostenendo che la diagnosi di sindrome di alienazione parentale era sbagliata e che nella consulenza tecnica d'ufficio e, di conseguenza, nei decreti del tribunale per i minorenni erano stati rimossi gli indicatori di trauma (sintomi da stress post traumatico) e di abuso sessuale (ipersessualizzazione), in un primo tempo, invece, rilevati (i fratellini hanno dichiarato di avere subito abusi sessuali dal padre);
   la corte d'appello di Salerno respingeva il reclamo della difesa Cipriani, scrivendo che l'allontanamento dei minori (una volta caduta l'ipotesi della sindrome di alienazione parentale) si reggeva sulla personalità labile e precaria della signora Cipriani, sul non positivo giudizio sulle capacità genitoriali della stessa e sull'esistenza di una sindrome di obesità di cui avrebbero sofferto i due figli della signora Cipriani;
   nei provvedimenti del tribunale per i minorenni e della corte d'appello non vi è traccia alcuna di una valutazione o risposta alle argomentazioni della difesa Cipriani in tal senso;
   non è accettabile che dei minori vengano drammaticamente e per un periodo di tempo lungo e indefinito tolti alle cure familiari sulla scorta di valutazioni psicologiche vaghe, generiche e prive di alcuna rilevanza psichiatrica e pediatrica (sindrome di obesità, personalità labile e precaria, carenze sulla genitorialità);
   i fratellini sono in casa famiglia da oltre un anno e chiedono incessantemente di tornare a vivere con la loro madre;
   non appare tollerabile per una nazione civile, che ha firmato la Convenzione di New York sui diritti dei fanciulli, che dei minori vengano tolti drammaticamente alle cure familiari senza motivazioni serie, ma con la superficialità riscontrata in questo caso;
   sarebbe, infine, necessario acquisire comunque direttamente e in maniera indipendente informazioni sullo stato di salute e psicologico dei minori, sui loro bisogni, sui traumi causati dalle drammatiche modalità di allontanamento e sull'isolamento dalla figura materna, anche per valutare il rischio che i minori corrono nella permanenza presso la casa famiglia –:
   se si intenda disporre un'approfondita indagine e un'ispezione ministeriale presso il tribunale per i minorenni di Salerno, al fine di acquisire informazioni sul caso in esame, verificando anche l'esistenza di eventuali casi analoghi.
(3-00768)


Iniziative per il contrasto delle organizzazioni criminali straniere che operano nel territorio nazionale, anche mediante lo sviluppo di forme di cooperazione con le autorità giudiziarie e investigative dei Paesi di origine – 3-00769

   CIRIELLI e RAMPELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Rapporto sulla criminalità in Italia, pubblicato dal Ministero dell'interno, ha rilevato come nel nostro Paese operino da diversi anni aggregazioni criminali costituite da cittadini stranieri, le cosiddette nuove mafie, che presentano caratteristiche proprie a seconda dell'etnia di cui sono espressione;
   secondo il rapporto, tali gruppi interagiscono non solo con le organizzazioni di riferimento nei Paesi d'origine, ma anche con i sodalizi criminali dei Paesi di transito e di destinazione dei traffici illeciti internazionali a cui si dedicano;
   a tale ultimo riguardo, ferma restando l'assoluta centralità del narcotraffico, annoverabile tra gli interessi più remunerativi e tra gli strumenti più efficaci di coesione tra i vari clan coinvolti, e non tralasciando la valenza del contrabbando di sigarette, del commercio di armi e del conseguente riciclaggio di danaro «sporco», il volano finanziario delle organizzazioni criminali a base etnica appare costituito oggi dal traffico di immigrati clandestini e dalla connessa tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale e lavorativo;
   le nuove mafie si caratterizzano per l'interazione sempre più qualificata con le associazioni malavitose nazionali, per l'allarme sociale suscitato nella collettività dalla particolare violenza e aggressività nella commissione dei reati, nonché per l'innalzamento delle proprie potenzialità operative, con riflessi transnazionali;
   le attività criminose e l'aumento dei reati perpetrati dalle organizzazioni criminali straniere, d'altra parte, gettano discredito su intere comunità di immigrati, che nel frattempo si sono perfettamente integrate, che parlano la nostra lingua e vivono e lavorano in Italia;
   appare quanto mai necessario che, nell'ambito della lotta alla criminalità organizzata straniera che opera sul territorio nazionale, siano realizzate efficaci forme di collaborazione con le autorità investigative e giudiziarie dei Paesi di origine –:
   quali opportune iniziative intenda assumere per combattere le organizzazioni criminali straniere operanti in Italia anche attraverso forme di cooperazione e di scambio di dati in ambito internazionale con i Paesi di origine delle nuove mafie, sia a fini di prevenzione, sia nell'ambito dei procedimenti giudiziari e con riferimento all'espiazione della pena dei condannati. (3-00769)


Iniziative di competenza in relazione alle ricerche scientifiche sulle eventuali correlazioni tra terremoti e alterazioni delle pressioni nei giacimenti di idrocarburi – 3-00770

   GUIDESI, GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   venerdì 11 aprile, sulla rivista scientifica specializzata Science, è apparso un articolo a firma di Edwin Cartlidge, noto giornalista scientifico, che mette in evidenza i risultati della relazione della commissione Ichese, incaricata dal presidente della regione Emilia Romagna, alla fine del 2012, di valutare i possibili collegamenti tra la produzione di idrocarburi e i terremoti del 20 e 29 maggio 2012;
   secondo tale commissione, composta da geologi italiani ed esteri, i «terremoti mortali che hanno colpito il Nord Italia nel 2012 potrebbero essere stati scatenati dall'estrazione di petrolio in un giacimento locale»;
   l'articolo spiega che le «fonti che hanno esaminato lo studio sostengono che esso sia stato presentato al governo regionale dell'Emilia-Romagna almeno un mese fa», ma che «i politici, sia a livello regionale che nazionale, si sono subito irritati in merito ai possibili effetti e ne hanno ritardato la sua uscita»;
   la commissione Ichese, secondo le notizie sui siti internet, è formata da due geologi italiani e tre stranieri, incluso il presidente, Peter Styles, della Keele University (Gran Bretagna) e Franco Terlizzese, ingegnere presso il Ministero dello sviluppo economico;
   dalla relazione, datata febbraio 2014, vengono escluse cause legate al deposito gas di Rivara, visto che le trivellazioni per il deposito dovevano ancora iniziare quando i terremoti si verificarono, e indicano un altro sito, il giacimento di Cavone in zona Mirandola, per il quale non potrebbe essere escluso che le attività nel giacimento abbiano avviato il terremoto del 20 maggio 2012, il cui epicentro era circa a 20 chilometri di distanza, anche in relazione all'incremento delle attività estrattive nel pozzo di Cavone a partire dall'aprile 2011;
   secondo quanto riportato dall'articolo, i cambi di pressione dentro la crosta terrestre, risultanti sia dall'asportazione di idrocarburi che dall'iniezione di fluidi per incrementare il flusso, quasi certamente «non sarebbero stati sufficienti da soli per indurre un grande terremoto», ma «è possibile che la faglia coinvolta nelle scosse del 20 maggio 2012 fosse vicina al punto di rottura e che le modifiche nella crosta indotte dall'uomo, pur estremamente piccole, siano state sufficienti a scatenare il terremoto». Secondo Science, poi, il primo sisma avrebbe scatenato il secondo;
   gli esperti dicono che «questo collegamento dovrebbe essere ora confermato da un esempio fisico con le dinamiche del fluido nel bacino idrico e nelle rocce circostanti»;
   tuttavia, altri geologi esperti escludono una connessione tra la produzione di greggio e il sisma del 20 maggio 2012. Ciò sulla base dell'assenza di piccoli terremoti indotti direttamente dalla produzione di petrolio, la significativa distanza tra il pozzo e l'epicentro e la modesta produzione dell'impianto, di circa 500 barili al giorno;
   ad esempio, fenomeni simili in alcune zone del Texas e dell'Oklahoma, dove le trivellazioni sono ben più numerose e profonde, hanno generato scosse deboli non paragonabili a quelle naturali;
   nonostante ciò l'articolo ricorda che «tre scosse con magnitudo tra 4,5 e 5 a Denver nel 1967 sono state attribuite a sostanze chimiche pompate in un pozzo profondo», anche se «l'iniezione si era fermata più di un anno prima ed era stata fatta a più di 10 chilometri dall'epicentro dei sismi»;
   le notizie sopra esposte hanno creato allarme e sospetti tra i cittadini, sul fatto che il terremoto potrebbe essere stato comunque accelerato dall'attività umana; tutti si chiedono se la faglia potesse essere stata vicina al punto di rottura e se l'attività estrattiva del petrolio potesse aver funzionato da innesco per l'evento sismico;
   ciò anche in considerazione del silenzio tenuto dalla regione Emilia-Romagna e dalle istituzioni nei due mesi in cui hanno avuto a disposizione il documento;
   da siti internet si apprende che è stato costituito presso il Ministero dello sviluppo economico, in stretta relazione con la regione, un gruppo di lavoro composto da tecnici del Ministero, del dipartimento della protezione civile e da altri esperti, che sta lavorando per la definizione di linee guida che consentiranno di raccogliere i dati per dare le risposte necessarie. Sembra che si tratti di un'attività di indagine che si colloca ai livelli più avanzati di ricerca del mondo. Il protocollo delle linee guida, che sembrerebbe in fase avanzata di preparazione, dovrebbe essere presentato in tempi rapidi insieme alla pubblicazione integrale del rapporto Ichese;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, pur non avendo competenze specifiche nelle valutazioni ambientali delle attività estrattive a terra, ha comunque competenze per le valutazioni ambientali delle attività estrattive a mare e per la realizzazione di depositi di gas nei giacimenti esauriti a terra e a mare, ove comunque si verificano cambi di pressione dovuti alle attività di continua immissione ed estrazione del gas;
   una simile eventualità di correlazione tra i terremoti e le alterazioni delle pressioni nei giacimenti, dovute ad attività antropiche, dovrebbe comunque essere trattata secondo il principio della precauzione, anche prevedendo appositi monitoraggi per controllare la microsismicità nelle aree interessate da attività estrattive o da futuri depositi di gas –:
   se il Ministro interrogato si sia attivato o intenda attivarsi, secondo il principio della precauzione, per contribuire alle ricerche in corso in merito alle eventuali correlazioni tra i terremoti e le alterazioni delle pressioni nei giacimenti, dovute ad attività antropiche, anche allo scopo di tranquillizzare la popolazione e rendere trasparenti sia le eventuali responsabilità, sia le notizie sulle attività di ricerca in atto, ivi inclusa la versione integrale del rapporto Ichese. (3-00770)


Iniziative per contrastare il fenomeno dell'abusivismo edilizio nella regione Puglia – 3-00771

   LEONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in Puglia l'abusivismo accertato, per il periodo 2012/2013, dalle forze dell'ordine e dalle capitanerie di porto sul solo demanio marittimo sfiora il 15 per cento del totale nazionale, mentre sul fronte dell'abusivismo edilizio, nelle aree demaniali, la Puglia è al quarto posto su scala nazionale, con 420 infrazioni accertate, 906 persone denunciate ed arrestate e 276 sequestri effettuati;
   si tratta di un'enorme speculazione edilizia che si concentra e si è concentrata sulle coste del Gargano e del Salento;
   in Puglia il dato sul rapporto tra ordinanze ed esecuzioni di demolizione è sconcertante, dal momento che si ferma al 5,25 per cento, contro una media nazionale che si attesta al 10 per cento –:
   alla luce dei dati elencati in premessa, quali siano le azioni che si intende intraprendere per fronteggiare la sconfortante realtà dell'abusivismo edilizio nella regione Puglia, al fine di elevarne la percentuale di demolizioni ai livelli attestati su scala nazionale. (3-00771)


Iniziative per la riduzione delle emissioni inquinanti nella città di Brindisi, anche alla luce dei dati sulle malformazioni congenite – 3-00772

   MATARRELLI, DURANTI, FRATOIANNI, PANNARALE, SANNICANDRO, PELLEGRINO, ZAN e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nell'articolo pubblicato nei primi mesi del 2014 sulla rivista scientifica Environmental research da un gruppo di ricercatori, composto da epidemiologi, fisici dell'atmosfera, biologi di alcuni istituti del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa, Lecce e Bologna e neonatologi dell'azienda sanitaria locale di Brindisi (Congenital anomalies among live births in a high environmental risk area – A case-control study in Brindisi, Italy), si evidenzia che le mamme che dal 2001 al 2010 hanno partorito bambini con malformazioni congenite sono state esposte, nel periodo della loro gravidanza che va dalla terza all'ottava settimana, ad una concentrazione di anidride solforosa più elevata delle mamme che hanno partorito negli stessi anni bambini in buona salute;
   sono stati considerati nell'analisi 189 casi di anomalie congenite, di questi 81 sono stati i casi con anomalie congenite cardiache e 44 con difetti del setto ventricolare (gli autori hanno escluso da questo lavoro i casi di anomalie cromosomiche coincidenti). Le concentrazioni degli inquinanti sono generalmente più alte tra i casi rispetto ai controlli, con differenze maggiori che si riscontrano tra le anomalie congenite cardiache. I modelli con variabile di esposizione continua mostrano incrementi di rischio, che, tuttavia, non sono statisticamente significativi. L'esposizione materna alle maggiori concentrazioni rilevate di anidride solforosa sono significativamente correlate con tutti i tipi di malformazioni e, in particolare, con le malformazioni congenite del cuore;
   gli stessi autori un anno fa avevano pubblicato su altra rivista internazionale i dati sulle malformazioni congenite a Brindisi, registrando nello stesso arco temporale un totale di 194 anomalie su 8.503 neonati e osservando una prevalenza di 228 casi su 10.000 nati vivi, approssimativamente il 17 per cento in più rispetto al dato riportato dal registro europeo Eurocat. Circa 3 neonati con malformazioni in più ogni anno rispetto alla media europea. L'eccesso osservato per le anomalie cardiovascolari era del 49 per cento. L'attuale studio costituisce un approfondimento che correla il dato sanitario con il dato ambientale e rappresenta un avanzamento nella conoscenza del fenomeno poiché l'anidride solforosa origina dalle emissioni industriali e dai combustibili per la navigazione marittima. Nella città di Brindisi per l'Arpa Puglia il 90 per cento delle emissioni di anidride solforosa provengono dalla produzione energetica. In realtà i ricercatori precisano che potrebbe non essere solo l'anidride solforosa in quanto tale a provocare il maggior rischio di malformazioni, ma «l'anidride solforosa può essere considerata un surrogato del complesso delle emissioni» che investono la città;
   la regione Puglia nel luglio 2013, probabilmente sulla base delle risultanze del primo studio sulle malformazioni congenite a Brindisi, ha istituito il registro regionale delle malformazioni. È evidente che le misure più urgenti da adottare siano incentrate su un serio programma di riduzione delle emissioni industriali e per la produzione energetica in particolare –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, si intendano avviare al fine di ridurre drasticamente le suddette emissioni inquinanti per garantire la tutela dell'ambiente e conseguentemente la salute pubblica. (3-00772)


Chiarimenti in merito alla Strategia nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici – 3-00773

   BORGHI, BRAGA, ARLOTTI, MARIASTELLA BIANCHI, BRATTI, CARRESCIA, COMINELLI, DALLAI, DECARO, GADDA, GINOBLE, TINO IANNUZZI, MANFREDI, MARIANI, MARRONI, MAZZOLI, MORASSUT, GIOVANNA SANNA, VENTRICELLI, ZARDINI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 13 aprile 2014 gli scienziati del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) – circa 235 esperti provenienti da 58 Paesi che hanno messo a confronto oltre 10.000 fonti scientifiche sull'argomento – hanno presentato a Berlino la terza e ultima parte del quinto rapporto sul clima, redatto sotto l'egida dell'Onu;
   dal rapporto si evince che, tra il 2000 e il 2010, la media delle emissioni globali è aumentata di un miliardo di tonnellate l'anno, ad un ritmo più veloce rispetto ai decenni passati, raggiungendo «livelli senza precedenti»; la principale causa di tali incrementi è l'uso intensivo del carbone come fonte energetica, in particolare in alcuni Paesi, quali Cina, Stati Uniti e India;
   i rappresentanti intergovernativi hanno lanciato un segnale preoccupante sul global warming; per evitare che il surriscaldamento globale superi i 2 gradi centigradi dal livello preindustriale, è necessario contenere fin da subito le emissioni di anidride carbonica e gas serra per arrivare ad una riduzione entro il 2050 tra il 40 e il 70 per cento rispetto al 2010, con l'obiettivo di pervenire ad un mondo a «zero impronta di carbonio» entro la fine del secolo;
   al contrario, in assenza dei necessari interventi di riduzione delle emissioni, lo scenario si delinea catastrofico: la temperatura media del globo terrestre potrebbe crescere tra 3,7 e 4,8 gradi centigradi alla fine del secolo, con conseguente aumento del livello delle acque, incendi, cicloni, desertificazione e aria irrespirabile;
   nel breve periodo gli impatti più rilevanti riguarderanno la regione mediterranea sud-europea, individuata dal rapporto come la regione più a rischio, con pesanti ripercussioni sul turismo, l'agricoltura, le attività forestali, le infrastrutture, l'energia e la salute dei cittadini;
   è stato calcolato che ridurre il riscaldamento climatico richiederebbe investimenti pari allo 0,6 per cento del prodotto interno lordo mondiale, un impegno dunque economicamente a portata di mano, ma che incontra tuttora fortissime resistenze culturali e politiche;
   nel corso dell'audizione in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici alla Camera dei deputati, il Ministro interrogato ha sottolineato come le politiche sul cambiamento climatico rappresentino lo snodo cruciale del disegno di un nuovo modello di sviluppo che renda sostenibili i parametri di crescita ed occupazione proprio attraverso l'uso efficiente e non predatorio delle risorse naturali;
   questa è la posizione che l'Italia porterà in Europa nell'ambito della definizione del pacchetto clima energia al 2030; allo stato attuale la Commissione europea prevede che entro il 2050 dovremo ridurre di oltre l'80 per cento le emissioni di anidride carbonica rispetto al 1990, passando attraverso target intermedi, cioè una riduzione di emissioni del 20 per cento al 2020 e del 40 per cento al 2030;
   l'Italia con la ratifica del protocollo di Kyoto si è impegnata a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra del –6,5 per cento nel periodo 2008-2012 rispetto ai livelli del 1990 e con la decisione n. 406/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sono state regolamentate le emissioni di gas serra dei settori non Emission trading scheme (Ets);
   è importante sfruttare l'occasione del prossimo semestre europeo a guida italiana per precisare e delineare al meglio il «dossier clima», anche in vista dei prossimi appuntamenti internazionali, ovvero il vertice alle Nazioni Unite a settembre 2014, la Conferenza sul clima a Lima a dicembre 2014 e soprattutto la Conferenza Onu di Parigi a fine 2015;
   per rispondere agli impegni di riduzioni delle emissioni sono stati varati due «documenti programmatici»: la Strategia energetica nazionale (Sen), approvata con decreto ministeriale dell'8 marzo 2013, che colloca le politiche verdi in un contesto energetico ampio, e il Piano nazionale per la decarbonizzazione, approvato con delibera Cipe n. 17/2013, che individua, invece, un set di misure dettagliato e completo da mettere in campo per la riduzione dell'anidride carbonica;
   contemporaneamente, è stata trasmessa al Cipe, a fine dicembre 2012, una proposta di delibera che individuava le linee strategiche da seguire in via prioritaria per la messa in sicurezza del territorio e per la predisposizione di una Strategia nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici nell'ambito della Strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici, COM(2013) 216 final –:
   se il Ministro ritenga che la Strategia energetica nazionale (Sen), approvata con decreto ministeriale dell'8 marzo 2013, sia coerente con gli obiettivi di riduzione delle emissioni e di decarbonizzazione indicati dall'ultimo «dossier clima-energia» al 2030 e quali siano i tempi di attuazione della Strategia nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, anche in considerazione delle ingenti risorse messe a disposizione dall'Unione europea per gli interventi di adattamento che gli Stati membri metteranno in campo. (3-00773)


Iniziative per la pubblicazione degli studi svolti dall'Ispra in ordine all'individuazione del sito per la realizzazione del deposito unico nazionale per le scorie nucleari – 3-00774

   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sull'individuazione del sito per la realizzazione del deposito unico nazionale per le scorie nucleari sembra essere stato apposto il segreto di Stato;
   ad oggi nessun atto è stato reso pubblico rispetto all'individuazione, né criteri né studi, del sito del deposito unico nazionale;
   da anni si parla dell'individuazione del sito per la costruzione del deposito nazionale per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi e del connesso parco tecnologico;
   Sogin è la società costituita nel 1999, nell'ambito della riforma del sistema elettrico nazionale, e ha come missione lo smantellamento (decommissioning) degli impianti nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi;
   in data 23 luglio 2012, il Ministero dello sviluppo economico, con una nota trasmessa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Ispra, ha chiesto che l'Ispra avviasse entro il 31 dicembre 2012, ai sensi dell'articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010, le attività per la definizione dei criteri tecnici per la localizzazione del deposito nazionale, precisando che tale struttura è ritenuta di urgente necessità per il Paese;
   l'Ispra – dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale – ha predisposto nel dicembre 2012 una versione preliminare dei criteri tecnici per la localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, scegliendo di elaborarli sotto forma di guida tecnica (guida tecnica n. 29, «Criteri per la localizzazione di un deposito superficiale di smaltimento dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività»), ai sensi dell'articolo 153 del decreto legislativo n. 230 del 1995, e successive modificazioni e integrazioni. La versione preliminare della guida tecnica è stata inviata, in data 18 febbraio 2013, ai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Successivamente l'Ispra ha sottoposto la suddetta guida tecnica ad un processo di revisione internazionale;
   in data 19 dicembre 2013, l'Ispra avrebbe trasmesso ai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una versione aggiornata della guida tecnica, predisposta sulla base degli esiti del confronto effettuato con le autorità di sicurezza nucleare di Paesi europei, che già eserciscono analoghe strutture di deposito, nonché di una revisione internazionale effettuata dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea);
   l'Ispra non ha proceduto ad effettuare la suddetta pubblicazione –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover disporre l'immediata pubblicazione degli studi effettuati, anche al fine di escludere dai siti possibili regioni, come la Sardegna, che peraltro avrebbero già escluso la disponibilità ad ospitare tale sito unico nazionale. (3-00774)


Chiarimenti in ordine alle società affidatarie dei servizi di gestione del materiale cartaceo degli archivi ex Inpdap – 3-00775

   BALDASSARRE, TRIPIEDI, RIZZETTO, BECHIS, CHIMIENTI, CIPRINI, COMINARDI e ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'incorporazione di Inpdap in Inps tutti i servizi ed i relativi contratti sono passati alla diretta gestione di Inps;
   tra i suddetti servizi, di non poco conto sono quelli relativi al deposito, alla gestione, all'archiviazione, alla distruzione e alla distribuzione agli uffici Inps del materiale cartaceo degli archivi ex Inpdap –:
   quali siano le società affidatarie, in modo diretto o in subappalto, dei servizi indicati in premessa e se fra di esse vi sia stata o vi sia la società Delta uno servizi s.p.a. (3-00775)


MOZIONI GIANCARLO GIORGETTI ED ALTRI N. 1-00339, PALESE ED ALTRI N. 1-00414, PICCONE E DORINA BIANCHI N. 1-00415, BRAGA ED ALTRI N. 1-00416, ZAN ED ALTRI N. 1-00417, GIGLI ED ALTRI N. 1-00418, SEGONI ED ALTRI N. 1-00419 E MATARRESE ED ALTRI N. 1-00421 CONCERNENTI INIZIATIVE PER L'ESCLUSIONE DAI VINCOLI PREVISTI DAL PATTO DI STABILITÀ INTERNO DELLE SPESE VOLTE A FINANZIARE INTERVENTI DI CONTRASTO AL DISSESTO IDROGEOLOGICO

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    le incessanti precipitazioni dei primi giorni di febbraio 2014 hanno messo in ginocchio gran parte del Paese; l'ondata di maltempo ha creato frane, allagamenti e straripamenti dei fiumi, da Nord a Sud, e ha fatto registrare fino ad oltre 5 metri di neve e rischio valanghe sulle Alpi orientali;
    la situazione di criticità nel Veneto ha raggiunto i massimi livelli: oltre 1000 gli evacuati, un morto, danni alle colture e alle cose stimati per ora attorno ai 500 milioni di euro; il padovano, dove sono esondati diversi canali collegati al Bacchiglione, interi quartieri sono stati totalmente allagati da oltre un metro e mezzo di acqua, costringendo molte famiglie ad abbandonare le proprie abitazioni attraverso le barche della protezione civile;
    il disastro è arrivato a pochi giorni di distanza dall'alluvione di Modena del 19 gennaio 2014, quando la rottura dell'argine destro del Secchia nella frazione di San Matteo, ha inondato Modena, Bastiglia, Bomporto, San Prospero, Medolla e altre zone della provincia di Modena, provocando l'allagamento di una superficie di 75 chilometri quadrati, l'evacuazione di 600 persone, il blocco delle strade, frane e smottamenti, oltre duemila ettari di coltivazioni con grano e altri cereali sommerse nell'acqua;
    l'Sos idrogeologico lanciato dalla Protezione civile ha riportato alla ribalta il problema cronico di cui soffre il Paese, ossia la mancanza di un programma organico di pratiche di vigilanza attiva e di manutenzione costante del suolo e dei corsi d'acqua, che sia in grado di mantenere in uno stato di concreta sicurezza le aree più sensibili;
    l'abbandono dei terreni montani, il disboscamento, la forte espansione edilizia soprattutto negli anni Settanta e Ottanta, la costruzione, spesso abusiva, sui versanti a rischio, la mancata pulizia dei corsi d'acqua, la forte antropizzazione e la cementificazione di lunghi tratti dei fiumi e dei torrenti contribuiscono all'aumento dell'esposizione della popolazione al rischio idrogeologico e ad alluvioni;
    il nostro Paese ha un territorio estremamente fragile e in crescente pericolo di dissesto; secondo uno studio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il 9,8 per cento della superficie nazionale è ad alta criticità idrogeologica e sono 6.633 i comuni interessati, pari all'81,9 per cento dei comuni italiani. In particolare, il 24,9 per cento dei comuni è interessato da aree a rischio frana, il 18,6 per cento da aree a rischio alluvione e il 38,4 per cento da aree a rischio sia di frana che di alluvione; più di 5 milioni di cittadini italiani ogni giorno vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio; un'indagine mostra che «quasi il 60 per cento degli italiani indica frane e smottamenti come una delle prime tre emergenze ambientali del Paese»;
    secondo i dati elaborati dal Cnr-Irpi, fra il 1960 e il 2012, tutte le 20 regioni italiane hanno subito eventi fatali: 541 inondazioni in 451 località di 388 comuni, che hanno causato 1.760 vittime (762 morti, 67 dispersi, 931 feriti), e 812 frane in 747 località di 536 comuni con 5.368 vittime (3.413 morti compresi i 1.917 dell'evento del Vajont del 1963, 14 dispersi, 1.941 feriti). Le vittime dal 1960 a oggi per frane e inondazioni sono state dunque in totale oltre 4 mila, gli sfollati e i senzatetto per le sole inondazioni superano rispettivamente i 200 mila e i 45 mila;
    secondo i dati apparsi sui giornali in questi giorni, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha quantificato in circa 8,4 miliardi di euro i finanziamenti statali degli ultimi venti anni per politiche di prevenzione e di difesa del suolo, mentre nello stesso periodo sono stati spesi 22 miliardi per riparare i danni causati da frane ed alluvioni;
    tali dati rendono evidente l'impellente necessità di un piano pluriennale di prevenzione e di manutenzione del suolo e dei corsi d'acqua, finanziato dallo Stato e cofinanziato dalle regioni e dagli enti locali, da attuarsi da parte degli enti periferici e territoriali competenti per legge;
    risulta evidente che si tratta di un'emergenza nazionale e che se non si procederà al più presto ad effettuare un vasto piano di prevenzione e messa in sicurezza del territorio, sarà sempre più difficile ed insostenibile fare fronte agli interventi di risarcimento e di ricostruzione delle opere distrutte o danneggiate a seguito di danni provocati dalle alluvioni;
    la ripresa economica di cui abbisogna il Paese è continuamente rallentata e minacciata dall'aumento della fragilità del territorio, dal susseguirsi di drammi umani e danni alle cose; ma sono gli stessi finanziamenti per la prevenzione e per la manutenzione del territorio che possono diventare un volano per l'accelerazione della ripresa economica e per lo sviluppo del Paese, creando indotto e occupazione;
    in questi giorni, i mass media hanno riportato l'esempio del bacino di laminazione di Montebello che ha raccolto, trattenuto ed evitato che si riversassero soprattutto sul basso vicentino e sul padovano circa 4 milioni di metri cubi di acqua. Si tratta di un impianto costruito addirittura nel 1926 che raccoglie a Nord le acque dell'Agno-Gua’ attraverso 12 sifoni di presa e si può trasformare in un lago di 6 milioni di metri cubi d'acqua, su oltre 50 ettari, quasi tutti di proprietà demaniale, raggiungendo una profondità sino a 20 metri; si tratta di un esempio delle soluzioni che servono, certamente costose, ma che sono in grado di mantenere l'acqua il più possibile in bacini per evitare che a valle i fiumi possano provocare danni;
    il 26 giugno 2013 sono state accolte dal Governo alcune delle mozioni presentate alla Camera da tutti i gruppi che hanno impegnato lo stesso Governo sugli obiettivi da raggiungere in merito al dissesto idrogeologico;
    la legge di stabilità 2014 ha cercato di sbloccare circa 1.400 milioni di euro di finanziamenti per il rischio idrogeologico stanziati dai precedenti governi e ha stanziato ulteriori 180 milioni di euro per il triennio 2014-2016;
    tuttavia, nella scorsa legislatura sono state calcolate necessità di prevenzione del rischio idrogeologico per un ammontare di 44 miliardi di euro, di cui 27 miliardi di euro per l'area del Centro-Nord, 13 miliardi di euro per il Mezzogiorno e 4 miliardi di euro per il patrimonio costiero;
   per raggiungere risultati concreti serve la sinergia tra amministrazioni centrali e locali per il finanziamento degli interventi;
    i veri conoscitori dello stato di salute del territorio e delle relative necessità di interventi per la messa in sicurezza e per la prevenzione dei rischi e dei pericoli derivanti dalle calamità naturali sono gli amministratori locali e, pertanto, gli stessi amministratori sono sempre al centro delle attività relative all'individuazione, alla predisposizione ed esecuzione degli interventi e della mitigazione dei rischi;
    negli ultimi anni, le regole stringenti del patto di stabilità e crescita imposte dalla Commissione europea e le conseguenti norme nazionali sul patto di stabilità interno costituiscono un vincolo insormontabile alla spesa delle amministrazioni locali; anche nei casi di disponibilità di risorse, gli investimenti dei comuni per la prevenzione e la manutenzione del proprio territorio sono frenati dal patto di stabilità interno;
    appare necessaria una revisione delle norme vigenti in campo di prevenzione e di lotta al dissesto idrogeologico, non solo verso la semplificazione delle procedure per l'esecuzione degli interventi e l'assegnazione delle risorse ma anche verso l'eliminazione delle disposizioni che, di fatto, rendono impossibile la spesa, come quelle relative all'inclusione degli interventi, indispensabili per la stessa sopravvivenza dei territori e della popolazione, e alla contabilizzazione della spesa per il rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita imposti dalla Unione europea;
    recentemente si è tanto parlato della golden rule sulle infrastrutture, in merito all'uscita delle spese sostenute dal nostro Paese per finanziare gli interventi delle reti infrastrutturali inserite nei corridoi Ten-T europei dal rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita; infatti, nell'ottobre 2013, la Commissione sviluppo regionale del Parlamento europeo ha approvato la necessità di non calcolare nel 3 per cento dei parametri di bilancio le spese per gli investimenti produttivi in infrastrutture, occupazione e formazione; si tratta di una modifica importante ai vincoli di bilancio degli Stati e delle regioni che permette maggiore efficienza di utilizzo dei fondi europei e sostiene il superamento delle politiche di austerità;
    sulla scia dei provvedimenti adottati per le reti infrastrutturali inserite nei corridoi Ten-T, occorre attuare un passo importante a livello dell'Unione europea, per escludere dal rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita, e conseguentemente dal patto di stabilità interno, le spese sostenute per finanziare interventi di prevenzione del dissesto idrogeologico e di manutenzione del suolo e dei corsi d'acqua,

impegna il Governo:

ad assumere le opportune iniziative affinché uno degli obiettivi prioritari e fondamentali del prossimo semestre italiano di presidenza europea diventi l'esclusione, dalla contabilizzazione delle spese ai fini del rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita, delle risorse stanziate dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali per finanziare gli interventi necessari per la prevenzione dei dissesti, la manutenzione del territorio e dei corsi d'acqua e il contrasto del dissesto idrogeologico, provvedendo, conseguentemente, all'esclusione di tali spese dai vincoli previsti dal patto di stabilità interno.
(1-00339) «Giancarlo Giorgetti, Prataviera, Matteo Bragantini, Grimoldi, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Marguerettaz, Molteni, Gianluca Pini, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    il rapporto «Terra e sviluppo» del Consiglio nazionale dei geologi, elaborato con la collaborazione del Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato (Cresme), descrive un'Italia vulnerabile, dal territorio fragile, esposta alle calamità ambientali, oltre la misura di quel che è fisiologicamente ammissibile;
    il 40 per cento della popolazione vive in aree ad alta sismicità; a rischio tellurico elevato soggiacciono 6,3 milioni di edifici e 12,5 milioni di abitazioni private; circa 6 milioni di persone abitano in aree ad elevato rischio idrogeologico; 30.000 chilometri quadrati del territorio sono ad altissimo rischio per eventi naturali, quali frane ed alluvioni;
    i dati sono confermati dal primo rapporto Ance/Cresme «Lo stato del territorio italiano 2012», laddove si evidenzia che l'Italia è considerato un Paese a sismicità medio-alta: in media ogni 100 anni si verificano più di 100 terremoti di magnitudo compresa tra 5,0 e 6,0 e dai 5 ai 10 terremoti di magnitudo superiore a 6,0. Le aree più interessate dal fenomeno si trovano lungo l'intero arco appenninico, nella parte orientale delle Alpi e in corrispondenza delle aree vulcaniche;
    gli oneri del dissesto e dei terremoti, dal dopoguerra ad oggi, sono stimati in 213 miliardi di euro; il meccanismo di spesa per le calamità naturali è fortemente distorto: nel periodo 1991-2008 per la mitigazione del rischio idrogeologico sono stati impiegati 7,3 miliardi di euro, poco più di 400 milioni di euro l'anno;
    nel novembre 2009 il Governo ha presentato alle Camere i dati sul rischio idrogeologico attuale, le stime per gli interventi di messa in sicurezza e le procedure, anche straordinarie, per attivare gli interventi, a cominciare da quelle pluriennali previste dal piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico; il fabbisogno necessario per la realizzazione di interventi per la sistemazione complessiva della situazione di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in 44 miliardi di euro, dei quali 27 miliardi di euro per il Centro-Nord e 13 miliardi di euro per il Mezzogiorno, oltre a 4 miliardi per il fabbisogno relativo al recupero e alla tutela del patrimonio costiero italiano;
    tale fabbisogno finanziario si è scontrato con la cronica scarsità di risorse, sia dei bilanci statali che di quelli regionali, ulteriormente aggravata e dall'intermittenza dei finanziamenti; tale condizione non consente né di attuare la programmazione esistente nei diversi livelli di governo del territorio, né di predisporre un credibile piano nazionale, dotato di uno stabile cronoprogramma di spesa;
    taluni elementi distorsivi sono insiti nella stessa struttura della spesa pubblica e nelle norme che la sostengono: le spese per le emergenze sono difficilmente comprimibili, anche in forza delle attese della pubblica opinione e i mutui destinati alla copertura delle ricostruzioni sono difficilmente riducibili; i piani per la messa in sicurezza e la manutenzione del territorio sono classificati come investimenti o ammortamenti;
    ancora pesano sul bilancio statale eventi come il terremoto del Belice (1968) o dell'Irpinia (1980) e si calcola che la spesa per far fronte al terremoto in Abruzzo dell'aprile 2009 si potrà considerare esaurita nel 2032;
    nel corso degli anni Governi nazionali e regionali, di qualunque colore fossero, afflitti da problemi di deficit di bilancio e, da ultimo, dalla necessità inderogabile di fare fronte alla crisi economica, altro non hanno potuto fare che tagliare il tagliabile, cioè, tra l'altro, investimenti e ammortamenti;
    dall'ultimo rapporto dell'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari (Anbi), presentato nel febbraio 2014, si riconosce che a determinare la situazione di emergenza hanno contribuito sia il mutato regime delle piogge, sia l'impetuosa urbanizzazione, il consumo del suolo, l'omessa manutenzione del sistema idraulico del Paese, lo spopolamento delle montagne, la riduzione del terreno agricolo. Si stima infatti che il consumo del suolo nel periodo 1990-2005 sia stato oltre 244.000 ettari l'anno (circa due volte la superficie del comune di Roma), in pratica 668 ettari al giorno, ma si verifica, paradossalmente, anche il problema opposto: le superfici agricole, già oggetto di aggressione urbana, si riducono di per sé stesse a causa dell'abbandono;
    l'Anbi ha sottolineato che purtroppo le calamità sono generate da eventi idrogeologici non prevedibili né tecnicamente né economicamente, ma che è tuttavia possibile ridurre l'impatto degli eventi eccezionali attraverso azioni volte a rinforzare i territori fragili, a provvedere alle manutenzioni ed agli adeguamenti necessari a garantire la regolazione idraulica, ad assicurare il funzionamento degli impianti idrovori e il consolidamento degli argini;
    non è più procrastinabile quindi un programma di messa in sicurezza del territorio, indispensabile alla vita civile ed alle attività produttive anche attraverso nuove regole d'uso;
    sulla base dei dati Istat nel prossimo decennio l'incremento della popolazione nelle zone sismiche sarà di oltre 500 mila persone, mentre circa 250 mila persone si insedieranno nelle zone a rischio idrogeologico;
    l'Italia è un territorio fortemente antropizzato, con circa 189 abitanti per chilometro quadrato; se si calcolano anche i 5 milioni di immigrati, la densità aumenta a 202 abitanti per chilometro quadrato; se ulteriormente si calcola che su 301 mila chilometri quadrati sono utilizzabili solo 180 mila chilometri quadrati, si arriva a 339 abitanti per chilometro quadrato; il dato è confermato anche dallo studio del Wwf sull'impronta ecologica delle nazioni: l'Italia ha un deficit ecologico di 2,9, cioè occorrerebbe che il nostro Paese avesse una superficie di 2,9 più grande, per sostenere gli attuali impatti della popolazione residente;
    tutto ciò dimostra che l'Italia è un Paese sovraffollato con tutti gli impatti che ne conseguono, primo tra i quali lo sfogo dell'urbanizzazione verso le aree libere, che sono soprattutto le aree agricole, ma anche verso aree meno idonee o assolutamente non idonee alle costruzioni, quali le aree a maggior rischio idrogeologico;
    un recentissimo studio dell'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra), sull'andamento del consumo di suolo, illustra come esso sia cresciuto, negli ultimi cinque anni, al ritmo di oltre 8 metri quadrati al secondo e come risulti coperta dall'urbanizzazione un'area pari al 6,9 per cento del territorio, cioè oltre 20.500 chilometri quadrati (dato del 2010). Nel 1956 era urbanizzato il 2,8 per cento del territorio; il consumo di suolo nel nostro Paese, per oltre 50 anni, sempre secondo l'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, è sempre stato sopra la media europea. La classifica delle regioni più urbanizzate vede in testa la Lombardia, che supera la soglia del 10 per cento del territorio, con 14 regioni oltre il 5 per cento;
    la riforma del titolo V della Costituzione del 2001 prevede, da un lato, che siano di competenza dello Stato la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema (secondo comma, lettera s), dell'articolo 117), dall'altro, prevede, invece, che il governo del territorio sia materia di competenza concorrente tra Stato regioni (comma 3, dell'articolo 117);
    la non chiara delimitazione degli ambiti di competenza ha determinato una confusione dei ruoli, lo spezzettamento delle competenze, una strutturale mancanza di coordinamento; più volte si è tentato, nel corso delle legislature precedenti di approvare una legge nazionale sul Governo del territorio, riformando così, ad oltre sessanta anni dalla sua entrata in vigore, la legge urbanistica del 1942;
    l'Unione europea ha da tempo riconosciuto l'esigenza di politiche pubbliche per una tutela attiva delle funzioni naturali svolte dal suolo. Questa tematica è alla base della strategia tematica per la protezione del suolo adottata dall'Unione europea sin dal 2006 e gli interventi necessari per ridurre il rischio idrogeologico richiedono un investimento di quasi 8 miliardi di euro per circa 3.400 interventi;
    secondo l'Anbi infatti «l'adeguamento delle opere di bonifica idraulica è condizione fondamentale per la sicurezza del territorio» per «qualunque attività economica». I consorzi sono pronti e «qualificati» per contribuire e fornire supporto alle istituzioni ma poi è necessario cogliere anche le opportunità che offrono i fondi comunitari per la politica agricola comune 2014-2020;
    secondo l'Ispra «ogni secondo nel nostro Paese vengono occupati 8 metri quadrati di suolo», pari a 70 ettari al giorno. Per comprendere «l'urgenza» basti ricordare che «dal 2002 al 2014 si sono registrati circa 2000 eventi alluvionali con la perdita di 293 vite umane, oltre ai danni alle popolazioni, alle produzioni e alle infrastrutture». Inoltre, emerge che in Italia «6 milioni di persone abitano in un territorio ad elevato rischio idrogeologico; 22 milioni di persone in zone a medio rischio. Nel nostro Paese vi sono 1.260.000 edifici a rischio idrogeologico e di questi 6.251 sono edifici scolastici e 547 ospedali». I consorzi di bonifica, attraverso un processo di fusioni ed incorporazioni, sono 121 rispetto ai 250 degli anni ’70, ed ai 200 del 1998;
    sul terreno delle risorse occorre essere pronti ad intercettare le opportunità attivabili nel quadro delle politiche di coesione per il ciclo di programmazione comunitaria 2014-2020 ed ad agire in sede europea perché gli interventi di prevenzione e riduzione del rischio idrogeologico possano essere esclusi dai vincoli stringenti del patto di stabilità ed è urgente dare piena attuazione alle direttive europee in materia di acqua e alluvioni, riorganizzando il sistema di responsabilità e competenze, eliminando sovrapposizioni e incongruenze che rendono meno efficace il sistema degli interventi;
    talvolta gli enti locali coinvolti avrebbero risorse proprie per poter disporre interventi di messa in sicurezza e di prevenzione, ma questa loro volontà si scontra con le regole imposte a livello nazionale in applicazione del patto di stabilità;
    è dunque necessaria una revisione delle norme vigenti in campo di prevenzione e di lotta al dissesto idrogeologico, non solo attraverso la semplificazione delle procedure per l'esecuzione degli interventi e l'assegnazione delle risorse, ma anche attraverso l'eliminazione delle disposizioni che, di fatto, rendono impossibile la spesa, come quelle relative all'inclusione degli interventi, indispensabili per la stessa sopravvivenza dei territori e della popolazione;
    la legge finanziaria per il 2014 e il successivo decreto-legge n. 136 del 2013 si limitano a dettare norme che dovrebbero determinare l'utilizzo delle somme già previste negli accordi di programma mentre estremamente modeste sono le nuove previsioni di spesa: 30 milioni per il 2014; 50 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016;
    l'Anbi nel 2013 aveva proposto, ai fini di della riduzione del rischio idrogeologico, 3.342 interventi per un importo di 7.409 milioni e nel 2014 ha proposto 3.383 interventi per un importo pari a 7.995 milioni;
    dal 2010 ad oggi il numero delle opere da realizzare per garantire maggiore sicurezza idrogeologica al Paese è cresciuto del 147,8 per cento mentre il loro fabbisogno economico del 91,1 per cento e l'Anbi ha proposto, nel proprio piano per ridurre il rischio idrogeologico, opere immediatamente cantierabili e con importanti ricadute occupazionali per la sistemazione idraulica di torrenti e rogge, la manutenzione del reticolo idraulico a difesa dei centri abitati, la realizzazione di opere per il contenimento delle piene, il consolidamento di pendici collinari e montane;
    il Governo nazionale è in forte ritardo nel recepire la direttiva europea 2000/60/CE per l'azione comunitaria in materia di acque, concernente la costituzione degli otto distretti idrografici nazionali, dell'autorità di bacino distrettuale e dei relativi piani di gestione per l'attuazione degli interventi necessari a raggiungere gli obiettivi europei, già previsti nella legge n. 152 del 2006, esponendo così l'Italia al rischio di sanzioni. Il medesimo ritardo si sta accumulando nel recepimento della successiva e consequenziale direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, recepita in Italia dal decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49. Gli otto distretti idrografici costituiti e le analoghe autorità di bacino, in base alla direttiva europea 2000/60/CE, hanno competenze sugli interventi locali, legati alla manifestazione e all'evoluzione di rilevanti fenomeni di rischio per il territorio (frane, alluvioni, smottamenti, erosioni, eccetera) e sulla programmazione degli interventi preventivi di messa in sicurezza del suolo e per la gestione delle acque, come definito anche dalla direttiva europea 2007/60/CE (denominata «direttiva frane e alluvioni»). Il 2015 sarà l'anno di scadenza per il recepimento complessivo delle due direttive europee sopra richiamate e per raggiungere gli obiettivi ambientali già prefissati: protezione, miglioramento e ripristino di tutti i corpi idrici superficiali al fine di raggiungere un valido stato qualitativo delle acque; redazione dei piani di gestione del rischio di alluvioni in base alle nuove mappe della pericolosità e del rischio da alluvioni,

impegna il Governo:

   a presentare sollecitamente un disegno di legge contenente le linee generali sul governo del territorio, quale legge quadro cui devono attenersi le regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
   in tale ambito, a riorganizzare il sistema delle competenze e delle responsabilità, in modo tale da evitare sovrapposizioni e conflitti tra le varie autorità e a introdurre disposizioni che obblighino al coordinamento dei diversi piani territoriali regionali e infraregionali;
   ad aggiornare e ad attuare il piano contro il rischio idrogeologico presentato alle Camere nel novembre del 2009, individuando risorse di bilancio certe e continuative per la difesa strutturale del suolo;
   a sbloccare le risorse previste dagli accordi di programma già sottoscritti con le regioni per gli interventi prioritari di prevenzione del rischio idrogeologico e, sotto il profilo dell'attuazione delle regole di finanza pubblica, ad assumere iniziative che ascrivano tra gli obiettivi da realizzare nel prossimo semestre italiano di presidenza europea, l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno delle risorse destinate alle opere finalizzate alla difesa idrogeologica e quelle relative al concorso degli enti territoriali all'attuazione del piano contro il rischio idrogeologico;
   ad introdurre disposizioni che prevedano che tra gli interventi dello Stato destinati a rimuovere le condizioni di squilibrio territoriale, economico e sociale, ai sensi del quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione, possano essere ricomprese le azioni di rilocalizzazione di insediamenti esposti ai rischi naturali e di riqualificazione ambientale di territori danneggiati, da attuare attraverso gli strumenti della programmazione negoziata;
   ad individuare quanto prima soluzioni idonee per il reperimento delle risorse anche attraverso una proiezione quindicennale dell'impegno di spesa che potrebbe realizzarsi mediante mutui, secondo una soluzione già adottata nel recente passato.
(1-00414) «Palese, Castiello, Distaso, Gregorio Fontana, Romele, Vella».


   La Camera,
   premesso che:
    il rapporto «Terra e sviluppo» del Consiglio nazionale dei geologi, elaborato con la collaborazione del Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato (Cresme), descrive un'Italia vulnerabile, dal territorio fragile, esposta alle calamità ambientali, oltre la misura di quel che è fisiologicamente ammissibile;
    il 40 per cento della popolazione vive in aree ad alta sismicità; a rischio tellurico elevato soggiacciono 6,3 milioni di edifici e 12,5 milioni di abitazioni private; circa 6 milioni di persone abitano in aree ad elevato rischio idrogeologico; 30.000 chilometri quadrati del territorio sono ad altissimo rischio per eventi naturali, quali frane ed alluvioni;
    i dati sono confermati dal primo rapporto Ance/Cresme «Lo stato del territorio italiano 2012», laddove si evidenzia che l'Italia è considerato un Paese a sismicità medio-alta: in media ogni 100 anni si verificano più di 100 terremoti di magnitudo compresa tra 5,0 e 6,0 e dai 5 ai 10 terremoti di magnitudo superiore a 6,0. Le aree più interessate dal fenomeno si trovano lungo l'intero arco appenninico, nella parte orientale delle Alpi e in corrispondenza delle aree vulcaniche;
    gli oneri del dissesto e dei terremoti, dal dopoguerra ad oggi, sono stimati in 213 miliardi di euro; il meccanismo di spesa per le calamità naturali è fortemente distorto: nel periodo 1991-2008 per la mitigazione del rischio idrogeologico sono stati impiegati 7,3 miliardi di euro, poco più di 400 milioni di euro l'anno;
    nel novembre 2009 il Governo ha presentato alle Camere i dati sul rischio idrogeologico attuale, le stime per gli interventi di messa in sicurezza e le procedure, anche straordinarie, per attivare gli interventi, a cominciare da quelle pluriennali previste dal piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico; il fabbisogno necessario per la realizzazione di interventi per la sistemazione complessiva della situazione di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in 44 miliardi di euro, dei quali 27 miliardi di euro per il Centro-Nord e 13 miliardi di euro per il Mezzogiorno, oltre a 4 miliardi per il fabbisogno relativo al recupero e alla tutela del patrimonio costiero italiano;
    tale fabbisogno finanziario si è scontrato con la cronica scarsità di risorse, sia dei bilanci statali che di quelli regionali, ulteriormente aggravata e dall'intermittenza dei finanziamenti; tale condizione non consente né di attuare la programmazione esistente nei diversi livelli di governo del territorio, né di predisporre un credibile piano nazionale, dotato di uno stabile cronoprogramma di spesa;
    taluni elementi distorsivi sono insiti nella stessa struttura della spesa pubblica e nelle norme che la sostengono: le spese per le emergenze sono difficilmente comprimibili, anche in forza delle attese della pubblica opinione e i mutui destinati alla copertura delle ricostruzioni sono difficilmente riducibili; i piani per la messa in sicurezza e la manutenzione del territorio sono classificati come investimenti o ammortamenti;
    ancora pesano sul bilancio statale eventi come il terremoto del Belice (1968) o dell'Irpinia (1980) e si calcola che la spesa per far fronte al terremoto in Abruzzo dell'aprile 2009 si potrà considerare esaurita nel 2032;
    nel corso degli anni Governi nazionali e regionali, di qualunque colore fossero, afflitti da problemi di deficit di bilancio e, da ultimo, dalla necessità inderogabile di fare fronte alla crisi economica, altro non hanno potuto fare che tagliare il tagliabile, cioè, tra l'altro, investimenti e ammortamenti;
    dall'ultimo rapporto dell'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari (Anbi), presentato nel febbraio 2014, si riconosce che a determinare la situazione di emergenza hanno contribuito sia il mutato regime delle piogge, sia l'impetuosa urbanizzazione, il consumo del suolo, l'omessa manutenzione del sistema idraulico del Paese, lo spopolamento delle montagne, la riduzione del terreno agricolo. Si stima infatti che il consumo del suolo nel periodo 1990-2005 sia stato oltre 244.000 ettari l'anno (circa due volte la superficie del comune di Roma), in pratica 668 ettari al giorno, ma si verifica, paradossalmente, anche il problema opposto: le superfici agricole, già oggetto di aggressione urbana, si riducono di per sé stesse a causa dell'abbandono;
    l'Anbi ha sottolineato che purtroppo le calamità sono generate da eventi idrogeologici non prevedibili né tecnicamente né economicamente, ma che è tuttavia possibile ridurre l'impatto degli eventi eccezionali attraverso azioni volte a rinforzare i territori fragili, a provvedere alle manutenzioni ed agli adeguamenti necessari a garantire la regolazione idraulica, ad assicurare il funzionamento degli impianti idrovori e il consolidamento degli argini;
    non è più procrastinabile quindi un programma di messa in sicurezza del territorio, indispensabile alla vita civile ed alle attività produttive anche attraverso nuove regole d'uso;
    sulla base dei dati Istat nel prossimo decennio l'incremento della popolazione nelle zone sismiche sarà di oltre 500 mila persone, mentre circa 250 mila persone si insedieranno nelle zone a rischio idrogeologico;
    l'Italia è un territorio fortemente antropizzato, con circa 189 abitanti per chilometro quadrato; se si calcolano anche i 5 milioni di immigrati, la densità aumenta a 202 abitanti per chilometro quadrato; se ulteriormente si calcola che su 301 mila chilometri quadrati sono utilizzabili solo 180 mila chilometri quadrati, si arriva a 339 abitanti per chilometro quadrato; il dato è confermato anche dallo studio del Wwf sull'impronta ecologica delle nazioni: l'Italia ha un deficit ecologico di 2,9, cioè occorrerebbe che il nostro Paese avesse una superficie di 2,9 più grande, per sostenere gli attuali impatti della popolazione residente;
    tutto ciò dimostra che l'Italia è un Paese sovraffollato con tutti gli impatti che ne conseguono, primo tra i quali lo sfogo dell'urbanizzazione verso le aree libere, che sono soprattutto le aree agricole, ma anche verso aree meno idonee o assolutamente non idonee alle costruzioni, quali le aree a maggior rischio idrogeologico;
    un recentissimo studio dell'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra), sull'andamento del consumo di suolo, illustra come esso sia cresciuto, negli ultimi cinque anni, al ritmo di oltre 8 metri quadrati al secondo e come risulti coperta dall'urbanizzazione un'area pari al 6,9 per cento del territorio, cioè oltre 20.500 chilometri quadrati (dato del 2010). Nel 1956 era urbanizzato il 2,8 per cento del territorio; il consumo di suolo nel nostro Paese, per oltre 50 anni, sempre secondo l'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, è sempre stato sopra la media europea. La classifica delle regioni più urbanizzate vede in testa la Lombardia, che supera la soglia del 10 per cento del territorio, con 14 regioni oltre il 5 per cento;
    la riforma del titolo V della Costituzione del 2001 prevede, da un lato, che siano di competenza dello Stato la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema (secondo comma, lettera s), dell'articolo 117), dall'altro, prevede, invece, che il governo del territorio sia materia di competenza concorrente tra Stato regioni (comma 3, dell'articolo 117);
    la non chiara delimitazione degli ambiti di competenza ha determinato una confusione dei ruoli, lo spezzettamento delle competenze, una strutturale mancanza di coordinamento; più volte si è tentato, nel corso delle legislature precedenti di approvare una legge nazionale sul Governo del territorio, riformando così, ad oltre sessanta anni dalla sua entrata in vigore, la legge urbanistica del 1942;
    l'Unione europea ha da tempo riconosciuto l'esigenza di politiche pubbliche per una tutela attiva delle funzioni naturali svolte dal suolo. Questa tematica è alla base della strategia tematica per la protezione del suolo adottata dall'Unione europea sin dal 2006 e gli interventi necessari per ridurre il rischio idrogeologico richiedono un investimento di quasi 8 miliardi di euro per circa 3.400 interventi;
    secondo l'Anbi infatti «l'adeguamento delle opere di bonifica idraulica è condizione fondamentale per la sicurezza del territorio» per «qualunque attività economica». I consorzi sono pronti e «qualificati» per contribuire e fornire supporto alle istituzioni ma poi è necessario cogliere anche le opportunità che offrono i fondi comunitari per la politica agricola comune 2014-2020;
    secondo l'Ispra «ogni secondo nel nostro Paese vengono occupati 8 metri quadrati di suolo», pari a 70 ettari al giorno. Per comprendere «l'urgenza» basti ricordare che «dal 2002 al 2014 si sono registrati circa 2000 eventi alluvionali con la perdita di 293 vite umane, oltre ai danni alle popolazioni, alle produzioni e alle infrastrutture». Inoltre, emerge che in Italia «6 milioni di persone abitano in un territorio ad elevato rischio idrogeologico; 22 milioni di persone in zone a medio rischio. Nel nostro Paese vi sono 1.260.000 edifici a rischio idrogeologico e di questi 6.251 sono edifici scolastici e 547 ospedali». I consorzi di bonifica, attraverso un processo di fusioni ed incorporazioni, sono 121 rispetto ai 250 degli anni ’70, ed ai 200 del 1998;
    sul terreno delle risorse occorre essere pronti ad intercettare le opportunità attivabili nel quadro delle politiche di coesione per il ciclo di programmazione comunitaria 2014-2020 ed ad agire in sede europea perché gli interventi di prevenzione e riduzione del rischio idrogeologico possano essere esclusi dai vincoli stringenti del patto di stabilità ed è urgente dare piena attuazione alle direttive europee in materia di acqua e alluvioni, riorganizzando il sistema di responsabilità e competenze, eliminando sovrapposizioni e incongruenze che rendono meno efficace il sistema degli interventi;
    talvolta gli enti locali coinvolti avrebbero risorse proprie per poter disporre interventi di messa in sicurezza e di prevenzione, ma questa loro volontà si scontra con le regole imposte a livello nazionale in applicazione del patto di stabilità;
    è dunque necessaria una revisione delle norme vigenti in campo di prevenzione e di lotta al dissesto idrogeologico, non solo attraverso la semplificazione delle procedure per l'esecuzione degli interventi e l'assegnazione delle risorse, ma anche attraverso l'eliminazione delle disposizioni che, di fatto, rendono impossibile la spesa, come quelle relative all'inclusione degli interventi, indispensabili per la stessa sopravvivenza dei territori e della popolazione;
    la legge finanziaria per il 2014 e il successivo decreto-legge n. 136 del 2013 si limitano a dettare norme che dovrebbero determinare l'utilizzo delle somme già previste negli accordi di programma mentre estremamente modeste sono le nuove previsioni di spesa: 30 milioni per il 2014; 50 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016;
    l'Anbi nel 2013 aveva proposto, ai fini di della riduzione del rischio idrogeologico, 3.342 interventi per un importo di 7.409 milioni e nel 2014 ha proposto 3.383 interventi per un importo pari a 7.995 milioni;
    dal 2010 ad oggi il numero delle opere da realizzare per garantire maggiore sicurezza idrogeologica al Paese è cresciuto del 147,8 per cento mentre il loro fabbisogno economico del 91,1 per cento e l'Anbi ha proposto, nel proprio piano per ridurre il rischio idrogeologico, opere immediatamente cantierabili e con importanti ricadute occupazionali per la sistemazione idraulica di torrenti e rogge, la manutenzione del reticolo idraulico a difesa dei centri abitati, la realizzazione di opere per il contenimento delle piene, il consolidamento di pendici collinari e montane;
    il Governo nazionale è in forte ritardo nel recepire la direttiva europea 2000/60/CE per l'azione comunitaria in materia di acque, concernente la costituzione degli otto distretti idrografici nazionali, dell'autorità di bacino distrettuale e dei relativi piani di gestione per l'attuazione degli interventi necessari a raggiungere gli obiettivi europei, già previsti nella legge n. 152 del 2006, esponendo così l'Italia al rischio di sanzioni. Il medesimo ritardo si sta accumulando nel recepimento della successiva e consequenziale direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, recepita in Italia dal decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49. Gli otto distretti idrografici costituiti e le analoghe autorità di bacino, in base alla direttiva europea 2000/60/CE, hanno competenze sugli interventi locali, legati alla manifestazione e all'evoluzione di rilevanti fenomeni di rischio per il territorio (frane, alluvioni, smottamenti, erosioni, eccetera) e sulla programmazione degli interventi preventivi di messa in sicurezza del suolo e per la gestione delle acque, come definito anche dalla direttiva europea 2007/60/CE (denominata «direttiva frane e alluvioni»). Il 2015 sarà l'anno di scadenza per il recepimento complessivo delle due direttive europee sopra richiamate e per raggiungere gli obiettivi ambientali già prefissati: protezione, miglioramento e ripristino di tutti i corpi idrici superficiali al fine di raggiungere un valido stato qualitativo delle acque; redazione dei piani di gestione del rischio di alluvioni in base alle nuove mappe della pericolosità e del rischio da alluvioni,

impegna il Governo:

   a presentare sollecitamente un disegno di legge contenente le linee generali sul governo del territorio, quale legge quadro cui devono attenersi le regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
   in tale ambito, a riorganizzare il sistema delle competenze e delle responsabilità, in modo tale da evitare sovrapposizioni e conflitti tra le varie autorità e a introdurre disposizioni che obblighino al coordinamento dei diversi piani territoriali regionali e infraregionali;
   ad aggiornare e ad attuare il piano contro il rischio idrogeologico presentato alle Camere nel novembre del 2009, individuando risorse di bilancio certe e continuative per la difesa strutturale del suolo;
   a sbloccare le risorse previste dagli accordi di programma già sottoscritti con le regioni per gli interventi prioritari di prevenzione del rischio idrogeologico e, sotto il profilo dell'attuazione delle regole di finanza pubblica, ad assumere iniziative che ascrivano tra gli obiettivi da realizzare nel prossimo semestre italiano di presidenza europea, l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno delle risorse destinate alle opere finalizzate alla difesa idrogeologica e quelle relative al concorso degli enti territoriali all'attuazione del piano contro il rischio idrogeologico;
   ad introdurre disposizioni che prevedano che tra gli interventi dello Stato destinati a rimuovere le condizioni di squilibrio territoriale, economico e sociale, ai sensi del quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione, possano essere ricomprese le azioni di rilocalizzazione di insediamenti esposti ai rischi naturali e di riqualificazione ambientale di territori danneggiati, da attuare attraverso gli strumenti della programmazione negoziata;
   a valutare l'opportunità di individuare quanto prima soluzioni idonee per il reperimento delle risorse anche attraverso una proiezione quindicennale dell'impegno di spesa che potrebbe realizzarsi mediante mutui, secondo una soluzione già adottata nel recente passato.
(1-00414)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Palese, Castiello, Distaso, Gregorio Fontana, Romele, Vella».


   La Camera,
   premesso che:
    la tutela della sicurezza del territorio italiano rappresenta una priorità per la tutela dei cittadini e per il nostro Paese. Infatti, il rischio naturale legato alle catastrofi idrogeologiche è in Italia tra i problemi più rilevanti sia per i danni prodotti sia per il numero delle vittime registrate. A tal proposito è necessario ricordare come nel periodo 2008-2012 si sia assistito ad un aumento delle vittime degli eventi alluvionali con un'interruzione del precedente trend in diminuzione negli anni 2001-2007;
    infatti, ogni anno si è costretti a sopportare perdite di vite umane e costi sociali elevati, a causa di calamità che in molti casi potrebbero essere evitate solo se si seguissero le più elementari regole di pianificazione e se si facessero investimenti nella messa in sicurezza del territorio;
    sono moltissimi i comuni italiani in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico, circa l'82 per cento del totale: una fragilità del territorio che riguarda numerose regioni della nostra penisola. La dimensione delle aree a rischio idrogeologico riguarda circa 30 mila chilometri quadrati, quindi, circa il 10 per cento del territorio nazionale e ben 5 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni;
    il sempre maggiore impatto delle catastrofi idrogeologiche, tra le altre cose, è dovuto ai cambiamenti climatici, ma anche ai mutati scenari territoriali che hanno privilegiato l'occupazione e lo sfruttamento delle aree naturalizzate;
    è da considerare come siano 700 mila le frane in Europa, 500 mila delle quali solo in Italia: è un dato sicuramente allarmante quello relativo al fatto che molti smottamenti interessano centri storici e preziosi beni culturali, tra i più importanti al mondo. Infatti, sono interessati dal dissesto idrogeologico alcuni siti di enorme valore, come Pompei ed Agrigento. In questo modo, si perde cultura, turismo ed immagine nel mondo;
    infatti, una grande parte del dissesto del territorio del nostro Paese è prevalentemente determinata dai comportamenti umani;
    è da considerare che negli ultimi decenni si è assistito ad una crescita continua dell'urbanizzazione, ad interventi artificiali sui corsi d'acqua e alla sottrazione di aree allagabili e di aree libere, agricole e boschive, che rappresentano presidi essenziali per la tenuta del nostro territorio, di cui si paga un prezzo altissimo ogni qualvolta, sul Paese, si abbattono piogge particolarmente intense;
    da ciò nasce l'esigenza sulla necessità di riflettere per sviluppare percorsi risolutivi in grado di rispondere in modo efficace alle ripetute emergenze collegate al rischio idrogeologico nel nostro Paese, emergenze che scattano ormai sistematicamente nei periodi di autunno e non solo a causa di una mancata politica di prevenzione e di governo del territorio;
    pertanto, il problema del dissesto idrogeologico deve essere affrontato non più in una logica puramente emergenziale, ma soprattutto con un'attività di prevenzione che possa garantire la riduzione dello stesso e con una politica attiva di difesa del suolo;
    le politiche di gestione del territorio continuano a destinare gran parte delle risorse disponibili all'emergenza, anziché ad un'effettiva opera di prevenzione e messa in sicurezza del territorio che costituisce l’ unica via possibile per superare il problema ed evitare la perdita di vite umane e danni economici;
    nel corso degli anni numerosi sono state gli interventi legislativi che hanno cercato di operare in modo strutturale, tanto sulla pianificazione, quanto sulla gestione delle situazioni straordinarie di emergenza. Tuttavia, gli stanziamenti per le ricostruzioni necessarie a seguito degli eventi calamitosi hanno spesso assorbito la gran parte delle previsioni di spesa a scapito della prevenzione;
    è da considerare, infatti, che il bilancio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal 2004 al 2011, è stato ridotto del 48 per cento e che sin dall'avvio dei finanziamenti risalenti alla legge n. 183 del 1989 sulla difesa del suolo si è verificata una commistione fra i fondi per la prevenzione e quelli destinati agli interventi post-evento. I fondi inizialmente stanziati, infatti, sono stati in gran parte distolti per fare fronte agli eventi calamitosi verificatisi in alcune regioni italiane e poi azzerati da successive manovre finanziarie;
    occorre, quindi, valutare la possibilità di riattivare investimenti immediatamente cantierabili da parte degli enti locali e quindi rivedere il patto di stabilità interno degli stessi anche perché un piano di riduzione e gestione del rischio idrogeologico del territorio e dei corsi d'acqua rappresenta uno straordinario strumento di rilancio economico e di creazione di occupazione;
    è stato annunciato che dal 1o aprile saranno previsti stanziamenti pari a 1,5 miliardi di euro per interventi finalizzati alla tutela del territorio ed alla lotta al dissesto idrogeologico. Anche per la difesa del territorio, quindi, l'obiettivo del Governo è quello di accelerare le procedure di spesa di circa 1,7 miliardi di euro, di cui seicento milioni già disponibili,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere tutte le iniziative necessarie affinché l'utilizzo delle risorse stanziate dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali per interventi di prevenzione e manutenzione del territorio siano esclusi dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno;
   a valutare la possibilità di assumere tutte le iniziative di propria competenza affinché siano previste risorse aggiuntive da destinare ad interventi di prevenzione del rischio idrogeologico e di manutenzione ordinaria del territorio.
(1-00415) «Piccone, Dorina Bianchi, Piso».


   La Camera,
   premesso che:
    i dati del dissesto idrogeologico del territorio italiano sono noti da tempo: l'82 per cento dei comuni è esposto a rischio idrogeologico: sono oltre 5 milioni e 700 mila i cittadini che vivono in aree di potenziale pericolo, 1,2 milioni gli edifici che insistono su queste aree. Secondo dati ufficiali, in poco più di cento anni ci sono stati 12.600 tra morti, dispersi o feriti e più di 700 mila sfollati. Tra il 2002 e il 2014 si contano 293 morti, 24 nell'ultimo anno; dal 2002 ad oggi si sono verificati quasi 2.000 episodi di dissesto e ancora più sconcertante è che dal gennaio 2014, in soli 23 giorni (data dell'ultima rilevazione), si sono registrati 110 episodi in tutto il territorio italiano;
    secondo dati recenti il costo complessivo dei danni provocati in Italia da calamità naturali è pari a circa 3,5 miliardi di euro all'anno e le risorse necessarie per fronteggiare gli effetti di questi eventi tendono ad aumentare di anno in anno; nonostante ciò ancora molti territori attendono il riconoscimento delle risorse dovute per il risarcimento dei danni e il ripristino delle condizioni di sicurezza di infrastrutture pubbliche e degli insediamenti civili e produttivi;
    tra le principali cause di tale dissesto idrogeologico generalizzato vi è da una parte una sostanziale disattenzione delle previsioni degli strumenti urbanistici e di pianificazione infrastrutturale ai temi della prevenzione dei rischi naturali e all'assesto geomorfologico e idrogeologico e dall'altra, una diffusa illegalità nella trasformazione del territorio, avendo l'abusivismo edilizio aggredito le coste italiane, gli alvei dei fiumi, i versanti collinari, le aree di subsidenza e di esondazione come individuati dagli strumenti di pianificazione di bacino;
    è quanto mai attuale la necessità di una revisione della governance, già inserita nel cosiddetto collegato ambientale alla legge di stabilità, e della regolamentazione della pianificazione urbanistica del territorio, con particolare riferimento alla riduzione del consumo di suolo: entrambi provvedimenti il cui iter è già avviato;
    senza ombra di dubbio una efficace politica di prevenzione del dissesto si basa sul concreto e fattivo contrasto all'abusivismo edilizio, utilizzando tutti gli strumenti per la conoscenza il monitoraggio e la valutazione del fenomeno, già nella disponibilità degli enti locali e che non si può ritenere più tollerabile l'inerzia delle istituzioni nel predisporre una efficace azione di contrasto al fenomeno dell'abusivismo a partire dai mancati interventi di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi in particolare per le aree soggette a rischio idrogeologico;
    la colpevole inerzia nel reprimere illegalità e abusi costituisce il primo intervento di prevenzione, restituendo ai territori fragili, alluvionabili e soggetti a frane un adeguato riequilibrio dal punto di vista idrogeologico e geomorfologico oltre che paesaggistico ed ambientale;
    risulta necessario provvedere con la massima urgenza alla predisposizione di interventi di messa in sicurezza diffusa ma anche ad azioni di delocalizzazione per gli insediamenti residenziali e produttivi più a rischio per la tutela della vita umana, in quadro di intervento strutturale e sistemico senza dover continuamente rincorrere le situazioni di disastro e gli ingenti risarcimenti di danni a persone e immobili;
    è necessario creare una cornice normativa chiara per affrontare le emergenze, nella quale possa agire la protezione civile; questo passaggio risulta fondamentale per garantire, da un lato, certezza e rapidità di intervento, dall'altro, omogeneità di provvedimenti sul territorio, con particolare riguardo alle esigenze delle comunità già tragicamente colpite;
    riguardo agli interventi finalizzati alla prevenzione occorre rilevare che gli stanziamenti statali ordinari di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono fortemente diminuiti negli ultimi anni, passando da 551 milioni di euro nel 2008 a 159 milioni di euro nel 2014;
    parimenti è da registrare che l'intervento straordinario avviato nel 2009 per la prevenzione del dissesto idrogeologico, da attuare mediante accordi di programma sottoscritti tra le regioni e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per un importo pari a 2,1 miliardi di euro, non ha prodotto risultati apprezzabili poiché il 78 per cento degli interventi non ha ancora visto l'apertura dei cantieri trattandosi di oltre 1.100 cantieri da avviare per oltre 1,6 miliardi di euro;
    i ritardi nell'utilizzo dei fondi ministeriali sono in larga parte imputabili all'incertezza della disponibilità delle risorse e all'inefficacia delle gestioni commissariali, che non hanno consentito di ottenere un rapido impiego delle risorse e che, proprio in ragione dei limiti di questa esperienza, vedranno la loro conclusione il 31 dicembre 2014;
    il Presidente del Consiglio dei ministri ha comunicato la costituzione, presso la Presidenza del Consiglio, di una struttura di missione che avrà immediatamente a disposizione 1,7 miliardi di euro da destinare ad interventi a tutela del territorio contro il dissesto idrogeologico con l'obiettivo di rendere più efficace ed efficiente la spesa in tale ambito con investimenti concreti per superare la logica dell'emergenza;
    risulta indispensabile provvedere affinché le risorse già a disposizione e quelle annualmente preposte dal Governo per il dissesto idrogeologico, vengano rapidamente impiegate, poiché è inaccettabile per un Paese come il nostro, costretto a fare i conti quotidianamente con frane e allagamenti, che sia stato speso solo il 4 per cento dei 2 miliardi stanziati da oltre quattro anni dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dalle regioni;
    con l'interrogazione a risposta immediata n. 3-689 svolta il 12 marzo 2014 il gruppo del PD ha interrogato il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per conoscere quali iniziative intendesse porre in essere per ottenere la destinazione di una quota significativa delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, come previsto dall'articolo 1, comma 7, della legge di stabilità per il 2014, ad interventi di messa in sicurezza del territorio, di ripristino delle condizioni di sicurezza e di salvaguardia dei siti interessati da gravi fenomeni di inquinamento ambientale, in particolare per quanto riguarda le risorse idriche superficiali e profonde, nonché ad interventi di prevenzione del rischio idrogeologico finalizzati alla manutenzione ordinaria ed equilibrata del territorio;
    il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunicato di aver predisposto e trasmesso formalmente, nel mese di febbraio 2014, sia al Ministro per la coesione territoriale pro tempore sia al dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, un documento di strategia unitaria che contempla la programmazione dei fondi strutturali per il ciclo 2014-2020 in sinergia e complementarietà con il Fondo sviluppo e coesione che si basa sull'indicazione contenuta proprio nella nota tecnica divulgata dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica dove, nel proporre un'ipotesi di allocazione dei fondi strutturali, si fa riferimento ad ulteriori e necessarie operazioni di infrastrutturazione e di interventi assimilabili alla categoria di opere pubbliche;
    è stato scelto di proporre e sostenere una programmazione unitaria sulle tematiche ambientali ritenute prioritarie, il cui finanziamento dovrà trovare pertinente collocazione sulle risorse sia comunitarie che nazionali, assicurando la contestuale fattibilità delle iniziative sia strutturali che di governance;
    il documento elaborato è stato il risultato di un primo confronto avuto con le regioni in merito ai temi ambientali ritenuti prioritari: prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico, messa in sicurezza e bonifica dei siti di interesse nazionale e dei siti di interesse regionale, amianto, tutela delle acque e gestione delle risorse idriche, gestione integrata dei rifiuti, biodiversità, efficienza energetica, qualità dell'aria, produzione e consumi sostenibili in agricoltura;
    la stima approssimativa del fabbisogno finanziario per gli interventi ambientali è stata effettuata grazie all'avvio di una prima istruttoria di carattere speditivo che ha permesso di quantificare, in 7.715 milioni di euro il fabbisogno finanziario per la prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico ed adattamento al cambiamento climatico, 2.500 milioni di euro il fabbisogno finanziario per la bonifica e riqualificazione ambientale dei siti inquinati, 3.532,5 milioni di euro per la tutela delle acque e la gestione delle riserve idriche;
    appare ormai evidente la necessità di realizzare una svolta radicale nelle politiche di governo e di trasformazione del territorio, avendo come obiettivo prioritario quello della prevenzione e della riduzione del rischio idrogeologico, affinché non si continui costantemente a rincorrere le emergenze e si risolvano finalmente i nodi critici sopra illustrati, come quest'aula ha già formalmente impegnato a fare il Governo attraverso le mozioni parlamentari approvate in data 26 giugno 2013 e la risoluzione della VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati approvata in data 3 ottobre 2013;
    per le risorse stanziate si rende necessario prevedere un'adeguata ripartizione tra il finanziamento di interventi per la prevenzione e il finanziamento di interventi per le emergenze, in modo da potere quantificare i finanziamenti in maniera certa e da favorire un graduale passaggio dall'emergenza alla prevenzione, rendendo effettivamente spendibili in tempi certi le risorse;
    risulta necessario agire con particolare rapidità e concretezza nel finalizzare l'utilizzo delle risorse attivabili sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, in quanto nella programmazione comunitaria che si sta avviando, possano essere reperite ulteriori risorse necessarie e aggiuntive per la tutela del territorio e dell'ambiente, soprattutto sul fronte della prevenzione dei rischi naturali,

impegna il Governo:

   nel rivedere le regole del patto di stabilità a consentire agli enti locali di realizzare quelle opere fondamentali e necessarie di manutenzione e consolidamento del territorio, di rinaturalizzazione dei corsi d'acqua, di prevenzione del dissesto, nonché gli interventi di messa in sicurezza statica e strutturale degli edifici, a partire da quelli scolastici, consapevoli che tali interventi diffusi risultano essere la più grande opera di cui il nostro Paese necessita nei prossimi anni, che si può trasformare in una straordinaria occasione per generare investimenti e occupazione;
   a costruire una cornice normativa chiara per affrontare le emergenze conseguenti alle calamità naturali, nella quale possa agire la protezione civile, e a rifinanziare adeguatamente il Fondo unico per le calamità, al fine di garantire certezza, rapidità e omogeneità degli interventi a beneficio dei territori tragicamente colpiti;
   ad affrontare la questione relativa all'efficace gestione dei centri di spesa e dei livelli di governo, anche nell'ambito della discussione parlamentare del cosiddetto collegato ambientale, portando a compimento il percorso di riforma e di semplificazione del quadro dei soggetti, dalle competenze e degli strumenti in materia di difesa del suolo;
   ad investire con ogni possibile azione sulla sicurezza e sulla bellezza del territorio italiano in quanto fonte straordinaria ed inesauribile, a patto che venga tutelata, per produrre ricchezza, occupazione e sviluppo di qualità.
(1-00416) «Braga, Borghi, Cominelli, Arlotti, Mariastella Bianchi, Bratti, Carrescia, Dallai, Decaro, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Ventricelli, Malisani, Moscatt, Fabbri».


   La Camera,
   premesso che:
    il quinto «Piano per la riduzione del rischio idrogeologico», presentato nel mese di febbraio 2014 dall'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari (Anbi), ha ricordato come dal 2002 al 2014 nel nostro Paese si sono registrati circa 2 mila eventi alluvionali che hanno determinato 293 morti oltre a ingenti danni. Il 68,9 per cento dei comuni italiani è a forte rischio idrogeologico Sei milioni di persone abitano in un territorio ad elevato rischio idrogeologico, e 22 milioni di persone in zone a medio rischio; 1.260.000 edifici minacciati da frane e di questi 6.251 sono edifici scolastici e 547 ospedali. A determinare tale situazione hanno certamente contribuito più fattori: da un lato, il mutato regime delle piogge, particolarmente accentuato nella sua variabilità negli ultimi anni; dall'altro, l'impetuosa urbanizzazione, il consumo del suolo, l'omessa manutenzione del sistema idraulico del Paese, lo spopolamento delle montagne, la riduzione del terreno agricolo;
    il progetto Iffi (Inventario dei fenomeni franosi in Italia), realizzato dall'Ispra e dalle regioni e province autonome, ha censito dal 1900 ad oggi oltre 486 mila fenomeni franosi e il 68 per cento delle frane europee si è verificato in Italia;
    peraltro gli effetti conseguenti ai cambiamenti climatici in atto sono tali che gli eventi alluvionali in Italia hanno subito un fortissimo aumento, passando da uno circa ogni 15 anni, prima degli anni novanta, agli attuali 4-5 l'anno;
    dal 2002 al 2012 sono stati stanziati 2,98 miliardi di euro a seguito delle dichiarazioni dello stato di calamità, e che dei 2 miliardi di euro previsti dal piano contro il dissesto idrogeologico del 2010, riconfermati negli anni seguenti al fine di rispondere al dissesto idrogeologico del Paese, si è speso appena il 4 per cento;
    si ricorda che nell'ambito degli interventi contro il dissesto idrogeologico, e proprio nel tentativo di accelerare la spendibilità delle poche risorse assegnate alla difesa del territorio, la legge di stabilità per il 2014, ha fissato una road map di procedure e scadenze per verificare i progetti per la difesa del suolo cantierabili o messi in atto dai soggetti responsabili degli interventi. Tra l'altro si prevede che entro il 30 aprile 2014, i soggetti titolari delle contabilità speciali concernenti gli interventi contro il dissesto idrogeologico devono finalizzare le risorse disponibili agli interventi immediatamente cantierabili e sono tenuti a presentare una specifica informativa al Cipe indicando il relativo cronoprogramma e lo stato di attuazione degli interventi già avviati;
    da troppi anni si continua a discutere della fragilità del nostro territorio e della necessità di intervenire per la sua messa in sicurezza, ma gli interventi di prevenzione sono praticamente inesistenti, nonostante è dimostrato che prevenire ha un costo di molto inferiore che ricostruire e riparare i danni; senza contare le centinaia di vittime che verrebbero risparmiate;
    la spesa per la prevenzione è stata in media di 250 milioni l'anno. Per ogni milione speso per prevenire, ne abbiamo spesi 10 per riparare i danni della mancata prevenzione;
    il fenomeno della perdita di suolo, che per la gran parte si identifica con la perdita di suolo agricolo, ha raggiunto livelli allarmanti e ha conseguenze non solo sulla produzione agricola, ma, per la multifunzionalità delle aree rurali, su aspetti paesaggistici, ambientali, sociali e di sicurezza del territorio;
    troppo spesso, come dimostrano molte delle calamità naturali che hanno colpito il nostro Paese, gestire le emergenze, piuttosto che investire nelle opere di prevenzione per la difesa del suolo, ha rappresentato e rappresenta un «affare» dal punto di vista economico e politico;
    il fabbisogno necessario per la realizzazione degli interventi per la sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in circa 40 miliardi di euro;
    va ripensato il nostro modo di costruire, di canalizzare le acque, di gestire i fiumi e le coste, nonché i sistemi urbani;
    è ormai improcrastinabile un adeguato impegno finanziario del governo al fine di poter finalmente finanziare con adeguate risorse un Piano pluriennale di interventi per la difesa del suolo e il contrasto al dissesto idrogeologico nel nostro Paese, consentendo contestualmente la loro effettiva spendibilità, troppo spesso impedita a causa dell'obbligo del rispetto del Patto di stabilità interno da parte delle regioni e degli enti locali;
    peraltro il taglio di risorse alle regioni e agli enti locali, sommato all'obbligo del rispetto del Patto di stabilità interno a cui sono tenuti, rende molto difficile per essi poter finanziare e realizzare anche i piani di manutenzione esistenti;
    è quindi indispensabile che le spese sostenute dalle regioni e d agli enti locali per gli interventi di prevenzione e manutenzione del territorio e di contrasto al dissesto idrogeologico, possano beneficiare dell'esclusione dai vincoli del Patto di stabilità, che rappresentano un evidente fortissimo freno per l'avvio di interventi concreti da realizzare sui territori. Interventi che, è bene ricordare significano apertura di cantieri diffusi sul territorio e quindi importanti ricadute occupazionali. L'opera di risanamento territoriale, al contrario della grande opera infrastrutturale, è infatti distribuita e diffusa sul territorio, realizzabile anche per gradi e per processi di intervento monitorati nel tempo, in grado di produrre attività ed economie durevoli, oltreché un elevato numero di persone impiegate nettamente superiore al modello della «grande infrastruttura»;
    il comparto dell'agricoltura italiana può e deve essere indirizzato al fine di attivare politiche vere a difesa e valorizzazione dell'ambiente, con pratiche virtuose che prevedano servizi ambientali integrati con l'agricoltura,

impegna il Governo:

   ad attivarsi in sede europea affinché vengano scorporate dai saldi di finanza pubblica, relativi al rispetto del patto di stabilità e crescita, delle risorse stanziate per il contrasto al dissesto idrogeologico;
   a prevedere comunque, già in sede di predisposizione del documento di economia e finanza 2014, che l'utilizzo delle risorse proprie e delle risorse provenienti dallo Stato, da parte di regioni ed enti locali per interventi di prevenzione e manutenzione del territorio e di contrasto al dissesto idrogeologico, venga escluso dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, dando eventualmente priorità agli interventi sulle aree a più elevato rischio;
   ad avviare conseguentemente un piano pluriennale per la difesa del suolo nel nostro Paese, quale principale «grande opera» infrastrutturale in grado non solamente di mettere in sicurezza il fragile territorio italiano, ma di attivare migliaia di cantieri distribuiti sul territorio, con evidenti ricadute importanti dal punto di vista economico e occupazionale;
   a prevedere l'esclusione automatica dal patto di stabilità interno, senza la necessaria approvazione di una specifica norma di legge come attualmente previsto, delle spese sostenute dai comuni a valere su risorse proprie o su donazioni di terzi, in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali è stato deliberato lo stato di emergenza;
   ad attivarsi nel monitoraggio delle aree agricole, di proprietà della pubblica amministrazione, che risultino essere dismesse, abbandonate, o comunque aree non più utilizzate per finalità produttive da riconvertire all'agricoltura sostenibile, prevedendo un apposito programma nazionale, che prediliga l'affidamento e/o l'affitto agevolato delle aree in questione ai giovani agricoltori ed a organizzazioni, associazioni e imprese che operano nel campo dell'agricoltura sociale.
(1-00417) «Zan, Zaratti, Pellegrino, Franco Bordo, Palazzotto, Marcon, Ricciatti, Melilla, Boccadutri, Pannarale, Migliore, Di Salvo, Piazzoni».


   La Camera,
   premesso che:
    il quinto «Piano per la riduzione del rischio idrogeologico», presentato nel mese di febbraio 2014 dall'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari (Anbi), ha ricordato come dal 2002 al 2014 nel nostro Paese si sono registrati circa 2 mila eventi alluvionali che hanno determinato 293 morti oltre a ingenti danni. Il 68,9 per cento dei comuni italiani è a forte rischio idrogeologico Sei milioni di persone abitano in un territorio ad elevato rischio idrogeologico, e 22 milioni di persone in zone a medio rischio; 1.260.000 edifici minacciati da frane e di questi 6.251 sono edifici scolastici e 547 ospedali. A determinare tale situazione hanno certamente contribuito più fattori: da un lato, il mutato regime delle piogge, particolarmente accentuato nella sua variabilità negli ultimi anni; dall'altro, l'impetuosa urbanizzazione, il consumo del suolo, l'omessa manutenzione del sistema idraulico del Paese, lo spopolamento delle montagne, la riduzione del terreno agricolo;
    il progetto Iffi (Inventario dei fenomeni franosi in Italia), realizzato dall'Ispra e dalle regioni e province autonome, ha censito dal 1900 ad oggi oltre 486 mila fenomeni franosi e il 68 per cento delle frane europee si è verificato in Italia;
    peraltro gli effetti conseguenti ai cambiamenti climatici in atto sono tali che gli eventi alluvionali in Italia hanno subito un fortissimo aumento, passando da uno circa ogni 15 anni, prima degli anni novanta, agli attuali 4-5 l'anno;
    dal 2002 al 2012 sono stati stanziati 2,98 miliardi di euro a seguito delle dichiarazioni dello stato di calamità, e che dei 2 miliardi di euro previsti dal piano contro il dissesto idrogeologico del 2010, riconfermati negli anni seguenti al fine di rispondere al dissesto idrogeologico del Paese, si è speso appena il 4 per cento;
    si ricorda che nell'ambito degli interventi contro il dissesto idrogeologico, e proprio nel tentativo di accelerare la spendibilità delle poche risorse assegnate alla difesa del territorio, la legge di stabilità per il 2014, ha fissato una road map di procedure e scadenze per verificare i progetti per la difesa del suolo cantierabili o messi in atto dai soggetti responsabili degli interventi. Tra l'altro si prevede che entro il 30 aprile 2014, i soggetti titolari delle contabilità speciali concernenti gli interventi contro il dissesto idrogeologico devono finalizzare le risorse disponibili agli interventi immediatamente cantierabili e sono tenuti a presentare una specifica informativa al Cipe indicando il relativo cronoprogramma e lo stato di attuazione degli interventi già avviati;
    da troppi anni si continua a discutere della fragilità del nostro territorio e della necessità di intervenire per la sua messa in sicurezza, ma gli interventi di prevenzione sono praticamente inesistenti, nonostante è dimostrato che prevenire ha un costo di molto inferiore che ricostruire e riparare i danni; senza contare le centinaia di vittime che verrebbero risparmiate;
    la spesa per la prevenzione è stata in media di 250 milioni l'anno. Per ogni milione speso per prevenire, ne abbiamo spesi 10 per riparare i danni della mancata prevenzione;
    il fenomeno della perdita di suolo, che per la gran parte si identifica con la perdita di suolo agricolo, ha raggiunto livelli allarmanti e ha conseguenze non solo sulla produzione agricola, ma, per la multifunzionalità delle aree rurali, su aspetti paesaggistici, ambientali, sociali e di sicurezza del territorio;
    troppo spesso, come dimostrano molte delle calamità naturali che hanno colpito il nostro Paese, gestire le emergenze, piuttosto che investire nelle opere di prevenzione per la difesa del suolo, ha rappresentato e rappresenta un «affare» dal punto di vista economico e politico;
    il fabbisogno necessario per la realizzazione degli interventi per la sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in circa 40 miliardi di euro;
    va ripensato il nostro modo di costruire, di canalizzare le acque, di gestire i fiumi e le coste, nonché i sistemi urbani;
    è ormai improcrastinabile un adeguato impegno finanziario del governo al fine di poter finalmente finanziare con adeguate risorse un Piano pluriennale di interventi per la difesa del suolo e il contrasto al dissesto idrogeologico nel nostro Paese, consentendo contestualmente la loro effettiva spendibilità, troppo spesso impedita a causa dell'obbligo del rispetto del Patto di stabilità interno da parte delle regioni e degli enti locali;
    peraltro il taglio di risorse alle regioni e agli enti locali, sommato all'obbligo del rispetto del Patto di stabilità interno a cui sono tenuti, rende molto difficile per essi poter finanziare e realizzare anche i piani di manutenzione esistenti;
    è quindi indispensabile che le spese sostenute dalle regioni e d agli enti locali per gli interventi di prevenzione e manutenzione del territorio e di contrasto al dissesto idrogeologico, possano beneficiare dell'esclusione dai vincoli del Patto di stabilità, che rappresentano un evidente fortissimo freno per l'avvio di interventi concreti da realizzare sui territori. Interventi che, è bene ricordare significano apertura di cantieri diffusi sul territorio e quindi importanti ricadute occupazionali. L'opera di risanamento territoriale, al contrario della grande opera infrastrutturale, è infatti distribuita e diffusa sul territorio, realizzabile anche per gradi e per processi di intervento monitorati nel tempo, in grado di produrre attività ed economie durevoli, oltreché un elevato numero di persone impiegate nettamente superiore al modello della «grande infrastruttura»;
    il comparto dell'agricoltura italiana può e deve essere indirizzato al fine di attivare politiche vere a difesa e valorizzazione dell'ambiente, con pratiche virtuose che prevedano servizi ambientali integrati con l'agricoltura,

impegna il Governo:

   ad attivarsi in sede europea affinché vengano scorporate dai saldi di finanza pubblica, relativi al rispetto del patto di stabilità e crescita, delle risorse stanziate per il contrasto al dissesto idrogeologico;
   a valutare la possibilità di intervenire sulla normativa esistente al fine di consentire l'utilizzo delle risorse proprie e delle risorse provenienti dallo Stato, da parte di regioni ed enti locali per interventi di prevenzione e manutenzione del territorio e di contrasto al dissesto idrogeologico, venga escluso dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, dando eventualmente priorità agli interventi sulle aree a più elevato rischio;
   ad avviare conseguentemente un piano pluriennale per la difesa del suolo nel nostro Paese, quale principale «grande opera» infrastrutturale in grado non solamente di mettere in sicurezza il fragile territorio italiano, ma di attivare migliaia di cantieri distribuiti sul territorio, con evidenti ricadute importanti dal punto di vista economico e occupazionale;
   a valutare la possibilità di intervenire sulla normativa esistente al fine di prevedere l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese sostenute dai comuni a valere su risorse proprie o su donazioni di terzi, in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali è stato deliberato lo stato di emergenza;
   ad attivarsi nel monitoraggio delle aree agricole, di proprietà della pubblica amministrazione, che risultino essere dismesse, abbandonate, o comunque aree non più utilizzate per finalità produttive da riconvertire all'agricoltura sostenibile, prevedendo un apposito programma nazionale, che prediliga l'affidamento e/o l'affitto agevolato delle aree in questione ai giovani agricoltori ed a organizzazioni, associazioni e imprese che operano nel campo dell'agricoltura sociale.
(1-00417)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Zan, Zaratti, Pellegrino, Franco Bordo, Palazzotto, Marcon, Ricciatti, Melilla, Boccadutri, Pannarale, Migliore, Di Salvo, Piazzoni».


   La Camera,
   premesso che:
    le sempre più frequenti emergenze derivanti da eventi calamitosi che hanno colpito e colpiscono il territorio italiano, senza distinzioni di aree geografiche, rimarcano le gravissime carenze del Paese rispetto al tema del governo del territorio e della prevenzione dei dissesti idrogeologici del medesimo;
    oltre al danno economico e ambientale, frane, alluvioni, inondazioni ed eventi sismici hanno prodotto anche una drammatica contabilità di perdite umane non trascurabili;
    a determinare tale situazione, oltre al fattore puramente climatico o geologico, ha contributo fortemente uno sconsiderato depauperamento delle aree libere e naturali causato da una urbanizzazione selvaggia, sia urbana che industriale, che ha colpito il territorio nazionale con incrementi degli insediamenti superiori anche al 500 per cento rispetto ai primi anni del dopoguerra;
   oltre alla progressiva urbanizzazione, l'esposizione al pericolo di dissesti del nostro fragile territorio è aggravata dall'elevata densità della popolazione, dall'abbandono ed il continuo disboscamento dei terreni montani, dall'uso di tecniche agricole poco rispettose dell'ambiente e dalla mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d'acqua;
    a conferma della dimensione del rischio idrogeologico, collegato anche al consumo di suolo, vi è l'evidenza di alcuni dati: si stima, infatti, che oltre 80 comuni italiani su 100 sono interessati da una situazione allarmante di dissesto idrogeologico sul proprio territorio e che in zone ad alto rischio vivono circa 6 milioni di persone, mentre in quelle a rischio medio, comunque preoccupante, sono ben 22 milioni, cioè più di un terzo della popolazione italiana;
    sempre in tema di dati, si segnala che, a partire dall'inizio del secolo, gli eventi di dissesto idrogeologico gravi sono stati oltre 4.000, provocando circa 12.600 morti, mentre il numero dei dispersi, dei feriti e degli sfollati supera i 700 mila. In totale le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44 per cento della superficie nazionale (131 mila chilometri quadrati), mentre quelle ad elevata criticità idrogeologica rappresentano circa il 10 per cento della superficie italiana (29.500 chilometri quadrati);
    secondo il primo rapporto Cresme-Ance, il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 al 2012, è stato pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all'anno: il 75 per cento del totale, 181 miliardi, riguarda i terremoti, il restante 25 per cento, 61,5 miliardi, è da addebitare al dissesto idrogeologico;
    ammonterebbero a soli 8,4 miliardi di euro, secondo i dati diffusi dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i finanziamenti statali degli ultimi venti anni per politiche di prevenzione e di difesa del suolo; nello stesso periodo sono stati spesi 22 miliardi per riparare i danni causati da frane ed alluvioni;
    il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha quantificato in 1,2 miliardi di euro all'anno per 20 anni il costo di un piano nazionale per la sicurezza e la manutenzione del territorio, e solo per mettere in sicurezza le aree a più elevato rischio idrogeologico servirebbero circa 11 miliardi, mentre ammonterebbero a 40 miliardi di euro (68 per cento al Centro-Nord e 32 per cento al Sud) i fondi necessari a mettere in atto gli interventi previsti dai piani regionali per l'assetto idrogeologico;
    dal 1991 al 2011 risultano finanziati interventi per circa 10 miliardi di euro, meno di 500 milioni all'anno, per l'80 per cento gestiti dal ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    sempre secondo il citato rapporto, in 10 anni (2002-2012) i bandi di gara per lavori di sistemazione e prevenzione del dissesto idrogeologico rappresentano, rispetto all'intero mercato delle opere pubbliche, solo il 5 per cento per numero di interventi e il 2 per cento per importi di gara, con un ulteriore ridimensionamento a partire dal 2007;
    già lo scorso giugno 2013 il Governo si era impegnato, con l'accoglimento delle mozioni presentate dai gruppi parlamentari, ad adottare iniziative finalizzate a prevenire i rischi derivanti dal dissesto idrogeologico;
    nel novembre 2012 la Commissione europea ha sollecitato la corretta applicazione della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 2007/60/CE del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, secondo la quale tutti gli Stati membri devono svolgere, per ciascun distretto idrografico una valutazione preliminare del rischio di alluvioni. Compresa una descrizione delle alluvioni significative avvenute in passato, qualora si ipotizzi che, in futuro, da eventi dello stesso tipo possano derivare notevoli conseguenze negative;
    le risorse per la prevenzione del dissesto idrogeologico potrebbero rinvenire dal nuovo ciclo di programmazione europea 2014-2020 e tal fine la legge di stabilità per il 2014 ha previsto che il Ministro per la coesione territoriale, d'intesa con i ministri interessati, destini una quota parte delle risorse del Fondo per le politiche di coesione al finanziamento degli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti di interesse nazionale e di altri interventi in materia di politiche ambientali;
    sempre la legge di stabilità per il 2014 ha destinato alle misure di riduzione del rischio, tutela e recupero degli ecosistemi e della biodiversità le risorse esistenti sulle contabilità speciali relative al dissesto idrogeologico fino a 600 milioni di euro, più 804,4 milioni di risorse dalle delibere Cipe n. 6 del 2012 e n. 8 del 2012 del 20 gennaio 2012;
    ogni intervento ed ogni piano di azione per la prevenzione del dissesto idrogeologico è destinato a fallire senza il pieno coinvolgimento degli enti locali sia per la diretta conoscenza del territorio e sia perché sono coloro che vengono a trovarsi in prima linea in caso di evento calamitoso,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e agli enti locali dalla legislazione vigente, anche di natura economica, finalizzate alla predisposizione di un piano straordinario di manutenzione dei versanti montani;
   a verificare, a oltre 4 anni dall'avvio del piano nazionale straordinario per la mitigazione del rischio idrogeologico, lo stato di attuazione degli interventi previsti e destinati agli oltre mille cantieri di messa in sicurezza del territorio;
   a procedere ad una rapida destinazione delle risorse stanziate dalla legge di stabilità per il 2014, disponibili e già autorizzate in termini di cassa, e verificare la possibilità dell'impiego in tempi rapidi delle risorse derivanti dal nuovo ciclo di programmazione europea 2014-2020;
   a promuovere una rivisitazione della normativa vigente in materia di controlli, al fine di prevedere l'introduzione di meccanismi sanzionatori in caso di inadempienze accertate da parte delle pubbliche amministrazioni;
   ad adoperarsi nelle competenti sedi europee affinché, nel corso del semestre europeo, si affronti al più presto il delicato problema della prevenzione e della difesa del territorio, anche eventualmente sollecitando l'adozione di provvedimenti incisivi che consentano soluzioni condivise e comuni, a partire dalla esclusione dal computo nel saldo finanziario utile ai fini del rispetto del patto di stabilità interno, delle risorse destinate alla gestione del territorio e per il monitoraggio delle situazioni a rischio idrogeologico e che eventualmente prevedano anche la costituzione di un fondo per la bonifica degli alvei dei fiumi e dei loro affluenti, nonché la costituzione di un centro europeo di raccolta dati;
   a valutare l'opportunità di vincolare una quota del bilancio statale alla costituzione di un fondo di garanzia per il lucro cessante delle attività economiche esistenti sul territorio oggetto di evento sismico e/o idrogeologico.
(1-00418) «Gigli, Cera, De Mita, Sberna, Fauttilli, Schirò, Caruso, Piepoli, Marazziti, Binetti, Fitzgerald Nissoli».


   La Camera,
   premesso che:
    le sempre più frequenti emergenze derivanti da eventi calamitosi che hanno colpito e colpiscono il territorio italiano, senza distinzioni di aree geografiche, rimarcano le gravissime carenze del Paese rispetto al tema del governo del territorio e della prevenzione dei dissesti idrogeologici del medesimo;
    oltre al danno economico e ambientale, frane, alluvioni, inondazioni ed eventi sismici hanno prodotto anche una drammatica contabilità di perdite umane non trascurabili;
    a determinare tale situazione, oltre al fattore puramente climatico o geologico, ha contributo fortemente uno sconsiderato depauperamento delle aree libere e naturali causato da una urbanizzazione selvaggia, sia urbana che industriale, che ha colpito il territorio nazionale con incrementi degli insediamenti superiori anche al 500 per cento rispetto ai primi anni del dopoguerra;
   oltre alla progressiva urbanizzazione, l'esposizione al pericolo di dissesti del nostro fragile territorio è aggravata dall'elevata densità della popolazione, dall'abbandono ed il continuo disboscamento dei terreni montani, dall'uso di tecniche agricole poco rispettose dell'ambiente e dalla mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d'acqua;
    a conferma della dimensione del rischio idrogeologico, collegato anche al consumo di suolo, vi è l'evidenza di alcuni dati: si stima, infatti, che oltre 80 comuni italiani su 100 sono interessati da una situazione allarmante di dissesto idrogeologico sul proprio territorio e che in zone ad alto rischio vivono circa 6 milioni di persone, mentre in quelle a rischio medio, comunque preoccupante, sono ben 22 milioni, cioè più di un terzo della popolazione italiana;
    sempre in tema di dati, si segnala che, a partire dall'inizio del secolo, gli eventi di dissesto idrogeologico gravi sono stati oltre 4.000, provocando circa 12.600 morti, mentre il numero dei dispersi, dei feriti e degli sfollati supera i 700 mila. In totale le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44 per cento della superficie nazionale (131 mila chilometri quadrati), mentre quelle ad elevata criticità idrogeologica rappresentano circa il 10 per cento della superficie italiana (29.500 chilometri quadrati);
    secondo il primo rapporto Cresme-Ance, il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 al 2012, è stato pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all'anno: il 75 per cento del totale, 181 miliardi, riguarda i terremoti, il restante 25 per cento, 61,5 miliardi, è da addebitare al dissesto idrogeologico;
    ammonterebbero a soli 8,4 miliardi di euro, secondo i dati diffusi dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i finanziamenti statali degli ultimi venti anni per politiche di prevenzione e di difesa del suolo; nello stesso periodo sono stati spesi 22 miliardi per riparare i danni causati da frane ed alluvioni;
    il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha quantificato in 1,2 miliardi di euro all'anno per 20 anni il costo di un piano nazionale per la sicurezza e la manutenzione del territorio, e solo per mettere in sicurezza le aree a più elevato rischio idrogeologico servirebbero circa 11 miliardi, mentre ammonterebbero a 40 miliardi di euro (68 per cento al Centro-Nord e 32 per cento al Sud) i fondi necessari a mettere in atto gli interventi previsti dai piani regionali per l'assetto idrogeologico;
    dal 1991 al 2011 risultano finanziati interventi per circa 10 miliardi di euro, meno di 500 milioni all'anno, per l'80 per cento gestiti dal ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    sempre secondo il citato rapporto, in 10 anni (2002-2012) i bandi di gara per lavori di sistemazione e prevenzione del dissesto idrogeologico rappresentano, rispetto all'intero mercato delle opere pubbliche, solo il 5 per cento per numero di interventi e il 2 per cento per importi di gara, con un ulteriore ridimensionamento a partire dal 2007;
    già lo scorso giugno 2013 il Governo si era impegnato, con l'accoglimento delle mozioni presentate dai gruppi parlamentari, ad adottare iniziative finalizzate a prevenire i rischi derivanti dal dissesto idrogeologico;
    nel novembre 2012 la Commissione europea ha sollecitato la corretta applicazione della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 2007/60/CE del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, secondo la quale tutti gli Stati membri devono svolgere, per ciascun distretto idrografico una valutazione preliminare del rischio di alluvioni. Compresa una descrizione delle alluvioni significative avvenute in passato, qualora si ipotizzi che, in futuro, da eventi dello stesso tipo possano derivare notevoli conseguenze negative;
    le risorse per la prevenzione del dissesto idrogeologico potrebbero rinvenire dal nuovo ciclo di programmazione europea 2014-2020 e tal fine la legge di stabilità per il 2014 ha previsto che il Ministro per la coesione territoriale, d'intesa con i ministri interessati, destini una quota parte delle risorse del Fondo per le politiche di coesione al finanziamento degli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti di interesse nazionale e di altri interventi in materia di politiche ambientali;
    sempre la legge di stabilità per il 2014 ha destinato alle misure di riduzione del rischio, tutela e recupero degli ecosistemi e della biodiversità le risorse esistenti sulle contabilità speciali relative al dissesto idrogeologico fino a 600 milioni di euro, più 804,4 milioni di risorse dalle delibere Cipe n. 6 del 2012 e n. 8 del 2012 del 20 gennaio 2012;
    ogni intervento ed ogni piano di azione per la prevenzione del dissesto idrogeologico è destinato a fallire senza il pieno coinvolgimento degli enti locali sia per la diretta conoscenza del territorio e sia perché sono coloro che vengono a trovarsi in prima linea in caso di evento calamitoso,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e agli enti locali dalla legislazione vigente, anche di natura economica, finalizzate alla predisposizione di un piano straordinario di manutenzione dei versanti montani;
   a verificare, a oltre 4 anni dall'avvio del piano nazionale straordinario per la mitigazione del rischio idrogeologico, lo stato di attuazione degli interventi previsti e destinati agli oltre mille cantieri di messa in sicurezza del territorio;
   a procedere ad una rapida destinazione delle risorse stanziate dalla legge di stabilità per il 2014, disponibili e già autorizzate in termini di cassa, e verificare la possibilità dell'impiego in tempi rapidi delle risorse derivanti dal nuovo ciclo di programmazione europea 2014-2020;
   a valutare l'opportunità di promuovere una rivisitazione della normativa vigente in materia di controlli, al fine di prevedere l'introduzione di meccanismi sanzionatori in caso di inadempienze accertate da parte delle pubbliche amministrazioni;
   ad adoperarsi nelle competenti sedi europee affinché, nel corso del semestre europeo, si affronti al più presto il delicato problema della prevenzione e della difesa del territorio, anche eventualmente sollecitando l'adozione di provvedimenti incisivi che consentano soluzioni condivise e comuni, a partire dalla esclusione dal computo nel saldo finanziario utile ai fini del rispetto del patto di stabilità interno, delle risorse destinate alla gestione del territorio e per il monitoraggio delle situazioni a rischio idrogeologico e che eventualmente prevedano anche la costituzione di un fondo per la bonifica degli alvei dei fiumi e dei loro affluenti, nonché la costituzione di un centro europeo di raccolta dati;
   a valutare l'opportunità di vincolare una quota del bilancio statale alla costituzione di un fondo di garanzia per il lucro cessante delle attività economiche esistenti sul territorio oggetto di evento sismico e/o idrogeologico.
(1-00418)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Gigli, Cera, De Mita, Sberna, Fauttilli, Schirò, Caruso, Piepoli, Marazziti, Binetti, Fitzgerald Nissoli».


   La Camera,
   premesso che:
    il rischio idrogeologico è una conclamata emergenza nazionale, corroborata da dati statistici, analisi scientifiche, ricorrenti fatti di cronaca e prese di posizione pubbliche da parte di politici e ministri;
    uno degli argomenti più ricorrenti è l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità delle spese effettuate dagli enti territoriali per opere di mitigazione del rischio idrogeologico e di ripristino a seguito di eventi calamitosi;
    tale misura, nonostante indubbiamente efficace e acclamata sia dal mondo scientifico che dai tecnici che da esponenti del mondo politico e delle istituzioni locali, non può costituire l'unico strumento per la soluzione di un problema così complesso come quello del rischio idrogeologico che è determinato da quattro principali concause: la forzante meteorologica, una congenita predisposizione al dissesto di una parte del territorio nazionale, una sconsiderata gestione del territorio, la mancata diffusione di un'adeguata percezione del rischio nella popolazione e nella classe tecnico-politica a tutti i livelli, dal nazionale al locale;
    in data 26 giugno 2013 la Camera dei deputati approva all'unanimità – o, in alcuni casi, a larghissima maggioranza – le mozioni n. 1-00114, n. 1-00017, n. 1-00112, n. 1-00117 e n. 1-00124, alcune delle quali contenenti dispositivi molto articolati ma quasi tutte accomunate dall'impegno di escludere dal patto di stabilità le spese sostenute dagli enti territoriali per il dissesto idrogeologico;
    a tali mozioni, che affrontano il problema del rischio idrogeologico in chiave nazionale, a seguito di eventi calamitosi di particolare entità, fa seguito una serie di mozioni, n. 1-00263 ed abbinate (riguardanti la Sardegna) e n. 1-00367 ed abbinate (inerenti le alluvioni che hanno colpito il Veneto e l'Emilia-Romagna), in cui vengono formulati svariati impegni, tra cui quello di allentare il patto di stabilità per opere di contrasto al dissesto idrogeologico;
    in data 3 ottobre 2013, in occasione del cinquantesimo anniversario della tragedia del Vajont, la VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati approvava all'unanimità la risoluzione n. 8-00016, che conteneva numerosi impegni tra cui l'esclusione dal patto di stabilità, lo stanziamento di fondi cospicui e certi, l'adozione di programmi, anche in ambito forestale, per la mitigazione del rischio idrogeologico;
    in data 20 dicembre 2013, viene accolto l'ordine del giorno 9/1865-A/185 che impegna il Governo a valutare la «possibilità (...) di un congruo innalzamento della dotazione delle risorse complessive per interventi contro il dissesto idrogeologico, destinando una quota di esse al rifinanziamento del progetto Iffi (inventario fenomeni franosi italiani)», che costituisce un ottimo ausilio ad una corretta pianificazione territoriale e «a destinare prioritariamente le risorse per gli interventi che incidano sul reticolo idrografico, alla delocalizzazione degli immobili siti in aree a rischio e ad interventi sinergici e integrati in aree classificate a rischio R3 e R4, preferibilmente adottando tali interventi a valle di processi partecipati e con particolare riguardo affinché tali interventi non alterino l'equilibrio sedimentario del corso d'acqua e gli interventi di naturalizzazione risultino prioritari rispetto agli interventi di artificializzazione»;
    alla Camera dei deputati, in Commissione bilancio, è iniziato l'esame della proposta di legge C. 1233 «Disposizioni concernenti l'esclusione delle spese per la prevenzione e la riduzione del rischio idrogeologico e sismico, effettuate dagli enti pubblici territoriali, dal saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno»;
    alla Camera dei deputati, oltre la succitata proposta di legge C. 1233, sono state depositate altre proposte di legge che affrontano direttamente il problema del rischio idrogeologico; tra queste si segnalano: C. 1578 «Agevolazioni fiscali per la realizzazione di interventi volti alla riduzione del rischio idrogeologico e sismico», C. 2209 «Disposizioni concernenti l'applicazione delle tecniche di ingegneria naturalistica nelle opere pubbliche», C. 1533 «Interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche», C. 1952 «Introduzione dell'articolo 62-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernente l'istituzione degli uffici geologici territoriali di zona per la mitigazione del dissesto idrogeologico e la prevenzione delle catastrofi naturali»;
    vi è oramai la diffusa consapevolezza dell'esigenza di affrontare senza ulteriore indugio la tematica del dissesto idrogeologico in maniera organica ed urgente,

impegna il Governo:

   a recepire in tempi brevi, in un atto normativo di prossima approvazione, quanto espresso dai numerosi atti di indirizzo approvati dalla Camera dei deputati e citati in premessa;
   ad adottare iniziative per disporre l'esclusione delle spese per la prevenzione e la riduzione del rischio idrogeologico e sismico, effettuate dagli enti pubblici territoriali, dal saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno;
   ad adottare iniziative per istituire delle agevolazioni fiscali per la realizzazione di interventi volti alla riduzione del rischio idrogeologico e sismico;
   a promuovere l'adozione di disposizioni volte a favorire l'applicazione delle tecniche di ingegneria naturalistica nelle opere pubbliche;
   ad intervenire per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche;
   ad istituire uffici geologici territoriali di zona in cui figure professionali specifiche supportino attivamente gli enti territoriali per favorire la mitigazione del dissesto idrogeologico e la prevenzione delle catastrofi naturali.
(1-00419) «Segoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Tofalo, Zolezzi, Nuti».


   La Camera,
   premesso che:
    il rischio idrogeologico è una conclamata emergenza nazionale, corroborata da dati statistici, analisi scientifiche, ricorrenti fatti di cronaca e prese di posizione pubbliche da parte di politici e ministri;
    uno degli argomenti più ricorrenti è l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità delle spese effettuate dagli enti territoriali per opere di mitigazione del rischio idrogeologico e di ripristino a seguito di eventi calamitosi;
    tale misura, nonostante indubbiamente efficace e acclamata sia dal mondo scientifico che dai tecnici che da esponenti del mondo politico e delle istituzioni locali, non può costituire l'unico strumento per la soluzione di un problema così complesso come quello del rischio idrogeologico che è determinato da quattro principali concause: la forzante meteorologica, una congenita predisposizione al dissesto di una parte del territorio nazionale, una sconsiderata gestione del territorio, la mancata diffusione di un'adeguata percezione del rischio nella popolazione e nella classe tecnico-politica a tutti i livelli, dal nazionale al locale;
    in data 26 giugno 2013 la Camera dei deputati approva all'unanimità – o, in alcuni casi, a larghissima maggioranza – le mozioni n. 1-00114, n. 1-00017, n. 1-00112, n. 1-00117 e n. 1-00124, alcune delle quali contenenti dispositivi molto articolati ma quasi tutte accomunate dall'impegno di escludere dal patto di stabilità le spese sostenute dagli enti territoriali per il dissesto idrogeologico;
    a tali mozioni, che affrontano il problema del rischio idrogeologico in chiave nazionale, a seguito di eventi calamitosi di particolare entità, fa seguito una serie di mozioni, n. 1-00263 ed abbinate (riguardanti la Sardegna) e n. 1-00367 ed abbinate (inerenti le alluvioni che hanno colpito il Veneto e l'Emilia-Romagna), in cui vengono formulati svariati impegni, tra cui quello di allentare il patto di stabilità per opere di contrasto al dissesto idrogeologico;
    in data 3 ottobre 2013, in occasione del cinquantesimo anniversario della tragedia del Vajont, la VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati approvava all'unanimità la risoluzione n. 8-00016, che conteneva numerosi impegni tra cui l'esclusione dal patto di stabilità, lo stanziamento di fondi cospicui e certi, l'adozione di programmi, anche in ambito forestale, per la mitigazione del rischio idrogeologico;
    in data 20 dicembre 2013, viene accolto l'ordine del giorno 9/1865-A/185 che impegna il Governo a valutare la «possibilità (...) di un congruo innalzamento della dotazione delle risorse complessive per interventi contro il dissesto idrogeologico, destinando una quota di esse al rifinanziamento del progetto Iffi (inventario fenomeni franosi italiani)», che costituisce un ottimo ausilio ad una corretta pianificazione territoriale e «a destinare prioritariamente le risorse per gli interventi che incidano sul reticolo idrografico, alla delocalizzazione degli immobili siti in aree a rischio e ad interventi sinergici e integrati in aree classificate a rischio R3 e R4, preferibilmente adottando tali interventi a valle di processi partecipati e con particolare riguardo affinché tali interventi non alterino l'equilibrio sedimentario del corso d'acqua e gli interventi di naturalizzazione risultino prioritari rispetto agli interventi di artificializzazione»;
    alla Camera dei deputati, in Commissione bilancio, è iniziato l'esame della proposta di legge C. 1233 «Disposizioni concernenti l'esclusione delle spese per la prevenzione e la riduzione del rischio idrogeologico e sismico, effettuate dagli enti pubblici territoriali, dal saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno»;
    alla Camera dei deputati, oltre la succitata proposta di legge C. 1233, sono state depositate altre proposte di legge che affrontano direttamente il problema del rischio idrogeologico; tra queste si segnalano: C. 1578 «Agevolazioni fiscali per la realizzazione di interventi volti alla riduzione del rischio idrogeologico e sismico», C. 2209 «Disposizioni concernenti l'applicazione delle tecniche di ingegneria naturalistica nelle opere pubbliche», C. 1533 «Interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche», C. 1952 «Introduzione dell'articolo 62-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernente l'istituzione degli uffici geologici territoriali di zona per la mitigazione del dissesto idrogeologico e la prevenzione delle catastrofi naturali»;
    vi è oramai la diffusa consapevolezza dell'esigenza di affrontare senza ulteriore indugio la tematica del dissesto idrogeologico in maniera organica ed urgente,

impegna il Governo:

   a recepire in tempi brevi, in un atto normativo di prossima approvazione, quanto espresso dai numerosi atti di indirizzo approvati dalla Camera dei deputati e citati in premessa;
   ad adottare iniziative per disporre l'esclusione delle spese per la prevenzione e la riduzione del rischio idrogeologico e sismico, effettuate dagli enti pubblici territoriali, dal saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno;
   ad adottare iniziative per istituire delle agevolazioni fiscali per la realizzazione di interventi volti alla riduzione del rischio idrogeologico e sismico;
   a promuovere l'adozione di disposizioni volte a favorire l'applicazione delle tecniche di ingegneria naturalistica nelle opere pubbliche;
   ad intervenire per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche.
(1-00419)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Segoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Tofalo, Zolezzi, Nuti».


   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno del dissesto idrogeologico rappresenta un problema estremamente diffuso nel nostro Paese che risulta, infatti, soggetto a rapidi e periodici processi che ne alterano il territorio e producono conseguenze spesso devastanti; molto spesso si tratta di fenomeni connessi al defluire delle acque libere in superficie e nel sottosuolo che causano l'alterazione dello stato di stabilità dei terreni e dei pendii e/o l'esondazione dei corsi d'acqua per rilevanti e repentini aumenti di portata. Questi fenomeni si manifestano sotto forma di erosioni, frane o alluvioni dovuti a cause strutturali o occasionali. Gli effetti del dissesto incidono sia sulla perdita di vite umane e provocano evidenti alterazioni ambientali e dei territori che si ripercuotono su tutte le attività dell'uomo, con rilevanti danni per le comunità colpite;
    il rischio idrogeologico nel nostro Paese è in gran parte imputabile all'azione dell'uomo nella trasformazione ed edificazione dei territori. La densità della popolazione, la progressiva urbanizzazione, l'abbandono dei terreni montani, l'edificazione in aree a rischio, il disboscamento e la mancata o carente manutenzione dei corsi d'acqua e dei versanti e/o pendii a rischio di instabilità hanno sicuramente aggravato la situazione e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano, aumentandone l'esposizione ai rischi di dissesto idrogeologico;
    i pericoli per la popolazione italiana sono evidenti se si osserva l'andamento dei fenomeni di dissesto verificatisi negli ultimi cinquanta anni. L'analisi del documento di studio in materia prodotto da Ance e da Cresme evidenzia un progressivo aumento del rischio per la popolazione dovuto all'espansione urbana, che ha interessato tutta l'Italia in maniera rilevante a partire dal dopoguerra e che ha determinato l'antropizzazione anche dei territori più fragili dal punto di vista idrogeologico. Negli anni il mutato stile di vita della popolazione ha determinato un progressivo allontanamento dalle aree interne a favore dei centri urbani e l'abbandono della funzione di manutenzione e presidio territoriale, che da sempre assicurava un equilibrio del territorio. I versanti boschivi, gli alvei fluviali e i territori agricoli abbandonati hanno lasciato posto a frane e inondazioni;
    la dimensione del problema appare evidente solo se si pensa che, a partire dall'inizio del secolo, gli eventi di dissesto idrogeologico gravi sono stati oltre 4.000 e hanno provocato ingenti danni a persone, case e infrastrutture, ma, soprattutto, hanno provocato circa 12.600 morti, mentre il numero dei dispersi, dei feriti e degli sfollati supera i 700 mila;
    sulla base dei dati raccolti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attraverso il progetto Avi, tra il 1985 e il 2001 si sono verificati in Italia circa 15.000 eventi di dissesto (gravi e/o lievi), di cui 13.500 frane e 1.500 piene. Alcuni di questi hanno avuto ripercussioni sulla popolazione, provocando vittime o danneggiando i centri abitati. Dei 15.000 eventi, 120 hanno provocato vittime, 95 frane e 25 alluvioni e hanno causato circa 970 morti;
    successivamente al 2002 il progetto Avi è stato interrotto. Il Cresme e l'Ance, sulla base di un lavoro di raccolta dati, sono riusciti a ricostruire l'andamento degli eventi di dissesto nel periodo recente, dimostrando come il territorio italiano sia caratterizzato da un forte rischio naturale;
    secondo i predetti dati, le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44 per cento della superficie nazionale (131 mila chilometri quadrati) e interessano il 36 per cento dei comuni (2.893) e quelle ad elevata criticità idrogeologica (rischio frana e/o alluvione) rappresentano circa il 10 per cento della superficie italiana (29.500 chilometri quadrati) e riguardano l'89 per cento dei comuni (6.631);
    nelle aree ad elevato rischio sismico vivono 21,8 milioni di persone (36 per cento della popolazione), per un totale di 8,6 milioni di famiglie, e si trovano circa 5,5 milioni di edifici tra residenziali e non residenziali;
    la popolazione residente nelle aree ad elevato rischio idrogeologico è, invece, pari a 5,8 milioni di persone (9,6 per cento della popolazione), per un totale di 2,4 milioni di famiglie. In queste aree si trovano oltre 1,2 milioni di edifici. Tra questi, particolarmente esposti al rischio, sono i capannoni per le attività produttive, che, richiedendo ampi spazi costruttivi, spesso si trovano ai margini delle città, al confine con aree a rischio, e le aree urbane interessate da corsi d'acqua soggetti a rapide variazioni di regime idraulico;
    geograficamente, il rischio sismico maggiore riguarda le regioni della fascia appenninica e del sud Italia. Al primo posto c’è la Campania, in cui 5,3 milioni di persone vivono nei 489 comuni a rischio sismico elevato. Seguono la Sicilia, con 4,7 milioni di persone in 356 comuni a rischio e la Calabria, dove tutti i comuni sono coinvolti, per un totale di circa 2 milioni di persone. In queste tre regioni il patrimonio edilizio è esposto a rischio sismico maggiore: Sicilia (2,5 milioni di abitazioni), Campania (2,1 milioni di abitazioni), Calabria (1,2 milioni);
    la superficie italiana ad elevata criticità idrogeologica è per il 58 per cento soggetta a fenomeni di frane (17.200 chilometri quadrati) e per il 42 per cento è a rischio alluvione (12.300 chilometri quadrati). Sommando questi due elementi di criticità, l'Emilia-Romagna è la regione che presenta un maggior livello di esposizione al rischio, con 4.316 chilometri quadrati, pari al 19,5 per cento della superficie. Seguono la Campania (19,1 per cento di aree critiche), il Molise (18,8 per cento) e la Valle d'Aosta (17,1 per cento). Su scala regionale, invece, in cinque regioni – la Valle d'Aosta, l'Umbria, il Molise, la Calabria e la Basilicata – tutti i comuni hanno una quota di superficie territoriale interessata da aree di elevata criticità idrogeologica. Su scala provinciale, invece, al primo posto c’è Napoli, dove 576 mila persone risiedono nelle aree a rischio elevato (208 mila abitazioni), al secondo posto Torino (326 mila persone e 148 mila abitazioni) e al terzo Roma (216 mila persone e quasi 96 mila abitazioni);
    la pericolosità degli eventi naturali è senza dubbio amplificata dall'elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano. Oltre il 60 per cento degli edifici (circa 7 milioni) è stato costruito prima del 1971, quindi prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica per nuove costruzioni (1974). Di questi, oltre 2,5 milioni risultano in pessimo o mediocre stato di conservazione e, quindi, più esposti ai rischi idrogeologici;
    il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 al 2012, è pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all'anno. Il 75 per cento del totale, 181 miliardi di euro, riguarda i terremoti, il restante 25 per cento, 61,5 miliardi di euro, è da addebitare al dissesto idrogeologico. Solo dal 2010 a oggi si stimano costi per 20,5 miliardi (l'8 per cento del totale), considerando i 13,3 miliardi di euro quantificati per il terremoto in Emilia-Romagna;
    il Governo, nella legge di stabilità 2014, al comma 111 dell'articolo 1, ha stanziato complessivamente 1.584.000.000 di euro per il contrasto al fenomeno del dissesto idrogeologico in Italia;
    in particolare, il comma 111 così recita: «Al fine di permettere il rapido avvio nel 2014 di interventi di messa in sicurezza del territorio, le risorse esistenti sulle contabilità speciali relative al dissesto idrogeologico, non impegnate alla data del 31 dicembre 2013, comunque nel limite massimo complessivo di 600 milioni di euro, nonché le risorse finalizzate allo scopo dalle delibere CIPE n. 6/2012 e n. 8/2012 del 20 gennaio 2012, pari rispettivamente a 130 milioni di euro e 674,7 milioni di euro, devono essere utilizzate per i progetti immediatamente cantierabili, prioritariamente destinandole agli interventi integrati finalizzati alla riduzione del rischio, alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità e che integrino gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, e della direttiva 2007/60/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni. A tal fine, entro il 1o marzo 2014, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare verifica la compatibilità degli accordi di programma e dei connessi cronoprogrammi con l'esigenza di massimizzare la celerità degli interventi in relazione alle situazioni di massimo rischio per l'incolumità delle persone e, se del caso, propone alle regioni le integrazioni e gli aggiornamenti necessari. Entro il 30 aprile 2014 i soggetti titolari delle contabilità speciali concernenti gli interventi contro il dissesto idrogeologico finalizzano le risorse disponibili agli interventi immediatamente cantierabili contenuti nell'accordo e, per il tramite del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, presentano specifica informativa al CIPE indicando il relativo cronoprogramma e lo stato di attuazione degli interventi già avviati. La mancata pubblicazione del bando di gara, ovvero il mancato affidamento dei lavori entro il 31 dicembre 2014, comporta la revoca del finanziamento statale e la contestuale rifinalizzazione, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, delle risorse ad altri interventi contro il dissesto idrogeologico, fermo restando il vincolo territoriale di destinazione delle risorse attraverso una rimodulazione dei singoli accordi di programma, ove esistano progetti immediatamente cantierabili compatibili con le finalità della norma. A decorrere dal 2014, ai fini della necessaria programmazione finanziaria, entro il mese di settembre, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta al CIPE una relazione in ordine agli interventi in corso di realizzazione ovvero alla prosecuzione ed evoluzione degli accordi di programma, unitamente al fabbisogno finanziario necessario per gli esercizi successivi. Gli interventi contro il dissesto idrogeologico sono monitorati ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 29 dicembre 2011. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per l'anno 2014, di 50 milioni di euro per l'anno 2015 e di 100 milioni di euro per l'anno 2016. All'articolo 17, comma 1, primo periodo, del decreto-legge n. 195 del 30 dicembre 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 26 febbraio 2010, le parole: «non oltre i tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «non oltre i sei anni»;
    secondo quanto si evince dai dati dell'Ance, circa 1,6 miliardi di euro stanziati per circa 1.100 progetti nell'ambito del programma straordinario di messa in sicurezza del territorio avviato a fine 2009 devono ancora essere utilizzati;
    secondo quanto si evince dai dati citati in premessa, appare evidente la necessità della realizzazione di un piano di previsione e prevenzione dei danni causati da fenomeni di dissesto idrogeologico nonché di manutenzione del suolo e dei corsi d'acqua che siano finanziati dallo Stato e cofinanziati dalle regioni e dagli enti locali, da attuarsi da parte degli enti periferici e territoriali competenti per legge;
    purtroppo, nel corso degli anni, i rigorosi e sempre più stringenti vincoli dettati dal patto di stabilità e crescita imposti dalla Commissione europea e le conseguenti norme nazionali sul patto di stabilità interno rappresentano un problema insormontabile per le amministrazioni locali che intendono investire risorse per la risoluzione dei problemi legati al dissesto idrogeologico; anche nei casi di disponibilità di risorse, gli investimenti dei comuni per la prevenzione e la manutenzione del proprio territorio sono continuamente ostacolati, dunque, dal patto di stabilità interno;
    alla fine dell'anno 2013, 5 miliardi di euro di risorse di cassa che comuni e province avrebbero potuto destinare ad investimenti contro i danni da dissesto idrogeologico risultano bloccati dai vincoli imposti dal patto di stabilità interno; si tratta, in particolare, di 990 milioni di euro in Lombardia, di 586 milioni di euro in Veneto, di 482 milioni di euro in Campania e di 261 milioni di euro in Puglia;
    il Patto di stabilità e crescita europeo prevede la sostanziale esclusione dai parametri di governance economica delle spese sostenute dai Paesi per interventi di breve periodo a seguito di eventi naturali eccezionali;
    recentemente si è tanto parlato della golden rule sulle infrastrutture, in merito all'esclusione delle spese sostenute per finanziare gli interventi di sviluppo, tra cui quelli delle reti infrastrutturali inserite nei corridoi Ten-T europei dal rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita; su questo tema, nell'ottobre 2013, la Commissione sviluppo regionale del Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nella quale viene evidenziata la necessità di non calcolare nel 3 per cento dei parametri di bilancio le spese per gli investimenti produttivi in infrastrutture, occupazione e formazione; si tratterebbe di una modifica importante ai vincoli di bilancio degli Stati e delle regioni che permetterebbe maggiore efficienza all'utilizzo dei fondi europei e sosterrebbe il superamento delle politiche di austerità;
    appare evidente, necessario ed improcrastinabile, dunque, un intervento a livello dell'Unione europea che tenda alla esclusione dal rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita, e conseguentemente dal patto di stabilità interno, delle spese sostenute per finanziare interventi di prevenzione del dissesto idrogeologico e di manutenzione del suolo e dei corsi d'acqua,

impegna il Governo:

   ad assumere immediate iniziative per garantire la rapida realizzazione dei 1.100 progetti di messa in sicurezza del territorio già finanziati con circa 1,6 miliardi di euro nell'ambito del piano nazionale straordinario avviato a fine 2009;
   a destinare almeno il 10 per cento dei 117 miliardi di euro della programmazione dei fondi strutturali europei e del fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 a programmi di manutenzione del territorio e di riduzione del rischio idrogeologico;
   ad allentare il Patto di stabilità interno al fine di consentire agli enti territoriali che dispongono già di risorse di cassa, di realizzare opere per la prevenzione dei dissesti, la manutenzione del territorio e dei corsi d'acqua e il contrasto del dissesto idrogeologico;
   a definire, con accordo interministeriale, le tipologie di spese da escludere dal patto di stabilità interno;
   ad adottare, nel corso del prossimo semestre italiano di presidenza europea, ogni utile ed opportuna iniziativa affinché sia garantita l'esclusione dai vincoli previsti dal patto di stabilità interno di tutte le spese e di tutte le risorse stanziate dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali per la realizzazione di interventi che consentano non solo la totale messa in sicurezza del territorio italiano dai rischi derivanti da fenomeni di dissesto idrogeologico ma anche e soprattutto la previsione e la prevenzione di tali pericoli nonché la mitigazione di quelli già esistenti, al fine di garantire, con estrema urgenza e celerità, la tutela della incolumità della popolazione nonché la costante manutenzione del territorio e dei corsi d'acqua.
(1-00421) «Matarrese, D'Agostino, Andrea Romano, Causin, Antimo Cesaro, Vecchio, Galgano».


   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno del dissesto idrogeologico rappresenta un problema estremamente diffuso nel nostro Paese che risulta, infatti, soggetto a rapidi e periodici processi che ne alterano il territorio e producono conseguenze spesso devastanti; molto spesso si tratta di fenomeni connessi al defluire delle acque libere in superficie e nel sottosuolo che causano l'alterazione dello stato di stabilità dei terreni e dei pendii e/o l'esondazione dei corsi d'acqua per rilevanti e repentini aumenti di portata. Questi fenomeni si manifestano sotto forma di erosioni, frane o alluvioni dovuti a cause strutturali o occasionali. Gli effetti del dissesto incidono sia sulla perdita di vite umane e provocano evidenti alterazioni ambientali e dei territori che si ripercuotono su tutte le attività dell'uomo, con rilevanti danni per le comunità colpite;
    il rischio idrogeologico nel nostro Paese è in gran parte imputabile all'azione dell'uomo nella trasformazione ed edificazione dei territori. La densità della popolazione, la progressiva urbanizzazione, l'abbandono dei terreni montani, l'edificazione in aree a rischio, il disboscamento e la mancata o carente manutenzione dei corsi d'acqua e dei versanti e/o pendii a rischio di instabilità hanno sicuramente aggravato la situazione e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano, aumentandone l'esposizione ai rischi di dissesto idrogeologico;
    i pericoli per la popolazione italiana sono evidenti se si osserva l'andamento dei fenomeni di dissesto verificatisi negli ultimi cinquanta anni. L'analisi del documento di studio in materia prodotto da Ance e da Cresme evidenzia un progressivo aumento del rischio per la popolazione dovuto all'espansione urbana, che ha interessato tutta l'Italia in maniera rilevante a partire dal dopoguerra e che ha determinato l'antropizzazione anche dei territori più fragili dal punto di vista idrogeologico. Negli anni il mutato stile di vita della popolazione ha determinato un progressivo allontanamento dalle aree interne a favore dei centri urbani e l'abbandono della funzione di manutenzione e presidio territoriale, che da sempre assicurava un equilibrio del territorio. I versanti boschivi, gli alvei fluviali e i territori agricoli abbandonati hanno lasciato posto a frane e inondazioni;
    la dimensione del problema appare evidente solo se si pensa che, a partire dall'inizio del secolo, gli eventi di dissesto idrogeologico gravi sono stati oltre 4.000 e hanno provocato ingenti danni a persone, case e infrastrutture, ma, soprattutto, hanno provocato circa 12.600 morti, mentre il numero dei dispersi, dei feriti e degli sfollati supera i 700 mila;
    sulla base dei dati raccolti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attraverso il progetto Avi, tra il 1985 e il 2001 si sono verificati in Italia circa 15.000 eventi di dissesto (gravi e/o lievi), di cui 13.500 frane e 1.500 piene. Alcuni di questi hanno avuto ripercussioni sulla popolazione, provocando vittime o danneggiando i centri abitati. Dei 15.000 eventi, 120 hanno provocato vittime, 95 frane e 25 alluvioni e hanno causato circa 970 morti;
    successivamente al 2002 il progetto Avi è stato interrotto. Il Cresme e l'Ance, sulla base di un lavoro di raccolta dati, sono riusciti a ricostruire l'andamento degli eventi di dissesto nel periodo recente, dimostrando come il territorio italiano sia caratterizzato da un forte rischio naturale;
    secondo i predetti dati, le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44 per cento della superficie nazionale (131 mila chilometri quadrati) e interessano il 36 per cento dei comuni (2.893) e quelle ad elevata criticità idrogeologica (rischio frana e/o alluvione) rappresentano circa il 10 per cento della superficie italiana (29.500 chilometri quadrati) e riguardano l'89 per cento dei comuni (6.631);
    nelle aree ad elevato rischio sismico vivono 21,8 milioni di persone (36 per cento della popolazione), per un totale di 8,6 milioni di famiglie, e si trovano circa 5,5 milioni di edifici tra residenziali e non residenziali;
    la popolazione residente nelle aree ad elevato rischio idrogeologico è, invece, pari a 5,8 milioni di persone (9,6 per cento della popolazione), per un totale di 2,4 milioni di famiglie. In queste aree si trovano oltre 1,2 milioni di edifici. Tra questi, particolarmente esposti al rischio, sono i capannoni per le attività produttive, che, richiedendo ampi spazi costruttivi, spesso si trovano ai margini delle città, al confine con aree a rischio, e le aree urbane interessate da corsi d'acqua soggetti a rapide variazioni di regime idraulico;
    geograficamente, il rischio sismico maggiore riguarda le regioni della fascia appenninica e del sud Italia. Al primo posto c’è la Campania, in cui 5,3 milioni di persone vivono nei 489 comuni a rischio sismico elevato. Seguono la Sicilia, con 4,7 milioni di persone in 356 comuni a rischio e la Calabria, dove tutti i comuni sono coinvolti, per un totale di circa 2 milioni di persone. In queste tre regioni il patrimonio edilizio è esposto a rischio sismico maggiore: Sicilia (2,5 milioni di abitazioni), Campania (2,1 milioni di abitazioni), Calabria (1,2 milioni);
    la superficie italiana ad elevata criticità idrogeologica è per il 58 per cento soggetta a fenomeni di frane (17.200 chilometri quadrati) e per il 42 per cento è a rischio alluvione (12.300 chilometri quadrati). Sommando questi due elementi di criticità, l'Emilia-Romagna è la regione che presenta un maggior livello di esposizione al rischio, con 4.316 chilometri quadrati, pari al 19,5 per cento della superficie. Seguono la Campania (19,1 per cento di aree critiche), il Molise (18,8 per cento) e la Valle d'Aosta (17,1 per cento). Su scala regionale, invece, in cinque regioni – la Valle d'Aosta, l'Umbria, il Molise, la Calabria e la Basilicata – tutti i comuni hanno una quota di superficie territoriale interessata da aree di elevata criticità idrogeologica. Su scala provinciale, invece, al primo posto c’è Napoli, dove 576 mila persone risiedono nelle aree a rischio elevato (208 mila abitazioni), al secondo posto Torino (326 mila persone e 148 mila abitazioni) e al terzo Roma (216 mila persone e quasi 96 mila abitazioni);
    la pericolosità degli eventi naturali è senza dubbio amplificata dall'elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano. Oltre il 60 per cento degli edifici (circa 7 milioni) è stato costruito prima del 1971, quindi prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica per nuove costruzioni (1974). Di questi, oltre 2,5 milioni risultano in pessimo o mediocre stato di conservazione e, quindi, più esposti ai rischi idrogeologici;
    il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 al 2012, è pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all'anno. Il 75 per cento del totale, 181 miliardi di euro, riguarda i terremoti, il restante 25 per cento, 61,5 miliardi di euro, è da addebitare al dissesto idrogeologico. Solo dal 2010 a oggi si stimano costi per 20,5 miliardi (l'8 per cento del totale), considerando i 13,3 miliardi di euro quantificati per il terremoto in Emilia-Romagna;
    il Governo, nella legge di stabilità 2014, al comma 111 dell'articolo 1, ha stanziato complessivamente 1.584.000.000 di euro per il contrasto al fenomeno del dissesto idrogeologico in Italia;
    in particolare, il comma 111 così recita: «Al fine di permettere il rapido avvio nel 2014 di interventi di messa in sicurezza del territorio, le risorse esistenti sulle contabilità speciali relative al dissesto idrogeologico, non impegnate alla data del 31 dicembre 2013, comunque nel limite massimo complessivo di 600 milioni di euro, nonché le risorse finalizzate allo scopo dalle delibere CIPE n. 6/2012 e n. 8/2012 del 20 gennaio 2012, pari rispettivamente a 130 milioni di euro e 674,7 milioni di euro, devono essere utilizzate per i progetti immediatamente cantierabili, prioritariamente destinandole agli interventi integrati finalizzati alla riduzione del rischio, alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità e che integrino gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, e della direttiva 2007/60/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni. A tal fine, entro il 1o marzo 2014, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare verifica la compatibilità degli accordi di programma e dei connessi cronoprogrammi con l'esigenza di massimizzare la celerità degli interventi in relazione alle situazioni di massimo rischio per l'incolumità delle persone e, se del caso, propone alle regioni le integrazioni e gli aggiornamenti necessari. Entro il 30 aprile 2014 i soggetti titolari delle contabilità speciali concernenti gli interventi contro il dissesto idrogeologico finalizzano le risorse disponibili agli interventi immediatamente cantierabili contenuti nell'accordo e, per il tramite del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, presentano specifica informativa al CIPE indicando il relativo cronoprogramma e lo stato di attuazione degli interventi già avviati. La mancata pubblicazione del bando di gara, ovvero il mancato affidamento dei lavori entro il 31 dicembre 2014, comporta la revoca del finanziamento statale e la contestuale rifinalizzazione, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, delle risorse ad altri interventi contro il dissesto idrogeologico, fermo restando il vincolo territoriale di destinazione delle risorse attraverso una rimodulazione dei singoli accordi di programma, ove esistano progetti immediatamente cantierabili compatibili con le finalità della norma. A decorrere dal 2014, ai fini della necessaria programmazione finanziaria, entro il mese di settembre, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta al CIPE una relazione in ordine agli interventi in corso di realizzazione ovvero alla prosecuzione ed evoluzione degli accordi di programma, unitamente al fabbisogno finanziario necessario per gli esercizi successivi. Gli interventi contro il dissesto idrogeologico sono monitorati ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 29 dicembre 2011. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per l'anno 2014, di 50 milioni di euro per l'anno 2015 e di 100 milioni di euro per l'anno 2016. All'articolo 17, comma 1, primo periodo, del decreto-legge n. 195 del 30 dicembre 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 26 febbraio 2010, le parole: «non oltre i tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «non oltre i sei anni»;
    secondo quanto si evince dai dati dell'Ance, circa 1,6 miliardi di euro stanziati per circa 1.100 progetti nell'ambito del programma straordinario di messa in sicurezza del territorio avviato a fine 2009 devono ancora essere utilizzati;
    secondo quanto si evince dai dati citati in premessa, appare evidente la necessità della realizzazione di un piano di previsione e prevenzione dei danni causati da fenomeni di dissesto idrogeologico nonché di manutenzione del suolo e dei corsi d'acqua che siano finanziati dallo Stato e cofinanziati dalle regioni e dagli enti locali, da attuarsi da parte degli enti periferici e territoriali competenti per legge;
    purtroppo, nel corso degli anni, i rigorosi e sempre più stringenti vincoli dettati dal patto di stabilità e crescita imposti dalla Commissione europea e le conseguenti norme nazionali sul patto di stabilità interno rappresentano un problema insormontabile per le amministrazioni locali che intendono investire risorse per la risoluzione dei problemi legati al dissesto idrogeologico; anche nei casi di disponibilità di risorse, gli investimenti dei comuni per la prevenzione e la manutenzione del proprio territorio sono continuamente ostacolati, dunque, dal patto di stabilità interno;
    alla fine dell'anno 2013, 5 miliardi di euro di risorse di cassa che comuni e province avrebbero potuto destinare ad investimenti contro i danni da dissesto idrogeologico risultano bloccati dai vincoli imposti dal patto di stabilità interno; si tratta, in particolare, di 990 milioni di euro in Lombardia, di 586 milioni di euro in Veneto, di 482 milioni di euro in Campania e di 261 milioni di euro in Puglia;
    il Patto di stabilità e crescita europeo prevede la sostanziale esclusione dai parametri di governance economica delle spese sostenute dai Paesi per interventi di breve periodo a seguito di eventi naturali eccezionali;
    recentemente si è tanto parlato della golden rule sulle infrastrutture, in merito all'esclusione delle spese sostenute per finanziare gli interventi di sviluppo, tra cui quelli delle reti infrastrutturali inserite nei corridoi Ten-T europei dal rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita; su questo tema, nell'ottobre 2013, la Commissione sviluppo regionale del Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nella quale viene evidenziata la necessità di non calcolare nel 3 per cento dei parametri di bilancio le spese per gli investimenti produttivi in infrastrutture, occupazione e formazione; si tratterebbe di una modifica importante ai vincoli di bilancio degli Stati e delle regioni che permetterebbe maggiore efficienza all'utilizzo dei fondi europei e sosterrebbe il superamento delle politiche di austerità;
    appare evidente, necessario ed improcrastinabile, dunque, un intervento a livello dell'Unione europea che tenda alla esclusione dal rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita, e conseguentemente dal patto di stabilità interno, delle spese sostenute per finanziare interventi di prevenzione del dissesto idrogeologico e di manutenzione del suolo e dei corsi d'acqua,

impegna il Governo:

   ad assumere immediate iniziative per garantire la rapida realizzazione dei 1.100 progetti di messa in sicurezza del territorio già finanziati con circa 1,6 miliardi di euro nell'ambito del piano nazionale straordinario avviato a fine 2009;
   a destinare almeno il 10 per cento dei 117 miliardi di euro della programmazione dei fondi strutturali europei e del fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 a programmi di manutenzione del territorio e di riduzione del rischio idrogeologico;
   ad allentare il Patto di stabilità interno al fine di consentire agli enti territoriali che dispongono già di risorse di cassa, di realizzare opere per la prevenzione dei dissesti, la manutenzione del territorio e dei corsi d'acqua e il contrasto del dissesto idrogeologico;
   a valutare la possibilità di favorire, con accordo interministeriale, le tipologie di spese da escludere dal patto di stabilità interno;
   ad adottare, nel corso del prossimo semestre italiano di presidenza europea, ogni utile ed opportuna iniziativa affinché sia garantita l'esclusione dai vincoli previsti dal patto di stabilità interno di tutte le spese e di tutte le risorse stanziate dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali per la realizzazione di interventi che consentano non solo la totale messa in sicurezza del territorio italiano dai rischi derivanti da fenomeni di dissesto idrogeologico ma anche e soprattutto la previsione e la prevenzione di tali pericoli nonché la mitigazione di quelli già esistenti, al fine di garantire, con estrema urgenza e celerità, la tutela della incolumità della popolazione nonché la costante manutenzione del territorio e dei corsi d'acqua.
(1-00421)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Matarrese, D'Agostino, Andrea Romano, Causin, Antimo Cesaro, Vecchio, Galgano».


Risoluzione

   La Camera,
   al termine del dibattito sulle mozioni concernenti le iniziative per l'esclusione dai vincoli previsti dal Patto di stabilità interno delle spese volte a finanziare interventi di contrasto al dissesto idrogeologico,
   premesso che:
    la fragilità del territorio italiano è ormai una realtà documentata e sotto gli occhi di tutti: i dati forniti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sul finire della passata legislatura classificano circa il 10 per cento del territorio nazionale ad elevata criticità idrogeologica, ossia a rischio di alluvioni, frane e valanghe; i due terzi delle aree esposte a rischio riguardano i centri urbani, le infrastrutture e le aree produttive; più in generale e con diversa intensità, il rischio di frane e alluvioni riguarda tutto il territorio nazionale; l'89 per cento dei comuni è soggetto a rischio idrogeologico e 5,8 milioni di italiani vivono sotto tale minaccia;
    secondo i dati statistici, stancamente ripetuti anche in quest'Aula, il trend del consumo di suolo nel nostro Paese è cresciuto a ritmi impressionanti, pari a 244.000 ettari all'anno di suolo divorato da cemento ed asfalto; si è assistito, negli ultimi decenni, ad una crescita continua dell'urbanizzazione, al diffondersi di una cementificazione incontrollata di aree libere, agricole e boschive; tutti fenomeni di cui si paga un prezzo altissimo ogni qualvolta, sul nostro Paese, si abbattano piogge particolarmente intense;
    gli eventi alluvionali che hanno colpito, anche in questi ultimi mesi, diverse parti del territorio nazionale dimostrano quanto il problema del dissesto idrogeologico necessiti, non di rimedi puntuali e contingenti, ma di una soluzione «di sistema», coordinata fra i vari livelli istituzionali, in grado di garantire ai territori, e alle popolazioni che li abitano, una tutela finalmente adeguata;
    per dare un'idea del livello di criticità in cui versa il territorio nazionale, nel Veneto ci sono stati oltre 1000 gli evacuati, un morto, danni alle colture e alle cose stimati per ora attorno ai 500 milioni di euro; e altre situazioni analoghe sono registrabili anche in altre parti, come ad esempio nella provincia di Modena;
    più in generale, occorre sottolineare come la politica di tutela del territorio continua a destinare la gran parte delle risorse disponibili, che restano comunque scarse, all'emergenza, anziché ad una effettiva opera di prevenzione; ad esempio, a fronte di un finanziamento della legge n. 183 del 1989 per la difesa «strutturale» del suolo, pari a soli 2 miliardi di euro negli ultimi 20 anni, sono stati spesi ben 213 miliardi di euro per arginare le mille emergenze che si sono verificate; 161 miliardi di euro per coprire i danni provocati dai terremoti e 52 miliardi di euro per riparare i disastri derivanti dal dissesto idrogeologico. Tra il 1999 ed il 2008, inoltre, sono stati spesi 58 miliardi di euro per la difesa del suolo, la riduzione dell'inquinamento e l'assetto idrogeologico, ma di questi oltre il 50 per cento è stato assorbito dalle spese di parte corrente e solo 26 miliardi di euro sono stati destinati ad investimenti per la prevenzione dei rischi;
    il piano straordinario per la prevenzione del rischio idrogeologico, previsto dalla Legge finanziaria per il 2010, che aveva assegnato per interventi straordinari al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare fondi per 1 miliardo di euro a valere sulle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, non ha mai prodotto i risultati attesti i suddetti fondi destinati a finanziare gli accordi di programma sottoscritti con le regioni, che concorrevano con 954 milioni di euro a valere sulla quota regionale del fondo per le aree sottoutilizzate, per la realizzazione degli interventi prioritari di prevenzione, sono stati prima ridotti di oltre 200 milioni di euro per far fronte ai danni provocati da alcune calamità naturali e poi, di fatto, azzerati dai tagli di bilancio voluti, soprattutto con il decreto-legge n. 138 del 2011, dal Governo Berlusconi e dal Ministro dell'economia e delle finanze pro tempore, Giulio Tremonti;
    anche il Governo Monti cercò di arginare il problema con strumenti para-emergenziali, senza però ottenere apprezzabili risultati; vennero infatti adottate tre apposite delibera del Cipe, la prima (n. 8 del 2012) allo scopo di individuare tra gli interventi di rilevanza strategica regionale quelli per la mitigazione del rischio idrogeologico individuati negli accordi di programma già sottoscritti fra il Ministero dell'ambiente e le regioni del Mezzogiorno, con conseguente assegnazione di complessivi 680 milioni di euro; la seconda (la n. 6 del 2012) per lo stanziamento di 130 milioni di euro, anch'essi per interventi diretti a fronteggiare i fenomeni di dissesto idrogeologico in alcune aree delle regioni del Centro-Nord; la terza (la n. 87 del 2012) per l'assegnazione di ulteriori 1.060 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per il finanziamento di interventi per la manutenzione straordinaria del territorio nelle regioni del Mezzogiorno;
    ad oggi, dunque, manca un vero piano di coordinamento delle azioni a difesa del suolo e di gestione dalle risorse idriche, nonché di prevenzione del rischio idrogeologico: le profonde incertezze sulla competenze e sulle responsabilità in materia di pianificazione territoriale e di tutela delle risorse ambientali, il mancato adeguamento a buona parte delle direttive europeo intervenute sul punto, lo scarso coinvolgimento in materia dei livelli di governo più prossimi al territorio, costituiscono gli indici di una situazione non più tollerabile;
    a quanto sin qui esposto, negli ultimi anni, le stringenti regole che governano i bilanci delle pubbliche amministrazioni, imposte dalla Commissione europea e dalle conseguenti norme nazionali sui Patto di stabilità interno, costituiscono per le prime un ostacolo insormontabile al finanziamento di interventi per la prevenzione del rischio idrogeologico,

impegna il Governo

   ad assumere idonee iniziative, anche di tipo normativo, nel campo della prevenzione e della lotta al dissesto idrogeologico, non solo attraverso la semplificazione delle procedure per l'esecuzione degli interventi, ma anche attraverso il riordino della legislazione vigente in materia;
   a contrastare ogni iniziativa di indebolimento della pianificazione territoriale e di ricorso a nuovi condoni edilizi, salvaguardando la centralità della pianificazione territoriale integrata di scala vasta anche nelle scelte in itinere di ridefinizione dei livelli istituzionali esistenti, privilegiando la logica della prevenzione rispetto a quella di gestione dell'emergenza, anche nell'allocazione delle risorse economiche che devono essere rese stabili, utilizzabili in tempi certi e ricondotte ad una gestione ordinaria delle procedure, in primo luogo salvaguardando e sbloccando le risorse previste dagli accordi di programma già sottoscritti con le regioni per gli interventi prioritari di prevenzione dal rischio idrogeologico;
   ad adottare politiche, che, contrastando il fenomeno dell'abbandono dei terreni, del disboscamento e, quindi dell'improduttività del terreno stesso, riconoscano il valore strategico dell'agricoltura come presidio del territorio;
   a dare piana attuazione, nell'ambito della propria competenza, ai principi e ai contenuti delle direttive europee in materia di gestione delle risorse idriche e di alluvioni, assumendo le opportune iniziative di natura amministrativa e normativa che possano portare ad una significativa riorganizzazione del sistema di responsabilità e competenze, puntando ad una maggiore cooperazione tra i diversi livelli di governo del territorio;
   ad assumere le opportune iniziative affinché uno degli obiettivi prioritari del prossimo semestre italiano di presidenza europea diventi la derogabilità dei parametri del Patto di stabilità e crescita per quelle risorse stanziate dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali per finanziare gli interventi necessari per la prevenzione dei dissesti idrogeologici.
(6-00063) «Pastorelli, Di Lello, Di Gioia, Locatelli».


TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: REALACCI ED ALTRI; BRATTI ED ALTRI; DE ROSA ED ALTRI: ISTITUZIONE DEL SISTEMA NAZIONALE A RETE PER LA PROTEZIONE DELL'AMBIENTE E DISCIPLINA DELL'ISTITUTO SUPERIORE PER LA PROTEZIONE E LA RICERCA AMBIENTALE (A.C. 68-110-1945-A)

A.C. 68-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 68-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:
   all'articolo 3, comma 3, sostituire le parole: sono svolte con le seguenti: possono essere svolte, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,;
   all'articolo 4, comma 2, dopo le parole: dalla normativa vigente, aggiungere le seguenti: senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,;
   all'articolo 7, comma 4, sostituire le parole: a valere sugli specifici finanziamenti di cui all'articolo 15, comma 3, con le seguenti: nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente,;
   all'articolo 11, comma 1, dopo le parole: L'ISPRA provvede aggiungere le seguenti:, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente;
   all'articolo 12, dopo il comma 3, aggiungere il seguente: 3-bis. All'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
   all'articolo 14 apportare le seguenti modificazioni:
    al comma 1, dopo le parole: uno schema di regolamento che stabilisce aggiungere le seguenti:, nell'ambito delle risorse umane disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
    al comma 3, dopo le parole: su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aggiungere le seguenti:, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
    dopo il comma 3 aggiungere il seguente: 3-bis. Lo schema di regolamento di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica che ne evidenzi la neutralità finanziaria, è trasmesso alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario. I pareri sono espressi entro venti giorni dall'assegnazione, decorsi i quali il regolamento può essere comunque adottato;
   all'articolo 15, apportare le seguenti modificazioni:
    sostituire i commi 1, 2 e 3 con il seguente: 1. L'ISPRA e le agenzie provvedono allo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
    al comma 6, sopprimere le parole da: nonché le modalità fino alla fine del comma;
   all'articolo 16, comma 1, sostituire le parole da: possono procedere fino alle fine del comma, con le seguenti:, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, fermo restando il rispetto delle regole del patto di stabilità interno e dei vincoli normativi assunzionali, possono procedere all'assunzione del personale e all'acquisizione dei beni strumentali necessari.

  Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 4.51, 4.53, 4.54, 6.52, 14.50. 15.51, 16.50, 16,51 e 16.52 e sull'articolo aggiuntivo 11.050, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 68-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.
(Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente).

  1. Al fine di assicurare omogeneità ed efficacia all'esercizio dell'azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell'ambiente a supporto delle politiche di sostenibilità ambientale e di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica, è istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, di seguito denominato «Sistema nazionale», del quale fanno parte l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e le agenzie regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano per la protezione dell'ambiente, di seguito denominate «agenzie».
  2. Il Sistema nazionale concorre al perseguimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile, della riduzione del consumo di suolo, della salvaguardia e della promozione della qualità dell'ambiente e della tutela delle risorse naturali e della piena realizzazione del principio «chi inquina paga», anche in relazione agli obiettivi nazionali e regionali di promozione della salute umana, mediante lo svolgimento delle attività tecnico-scientifiche di cui alla presente legge.

A.C. 68-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.
(Definizioni).

  1. Ai fini della presente legge si intende per:
   a) Sistema nazionale: l'insieme composto dall'ISPRA, istituito ai sensi dell'articolo 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e dalle agenzie istituite in attuazione dell'articolo 03 del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, quale rete che attua i livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (LEPTA), nel rispetto della presente legge e delle leggi regionali e delle province autonome vigenti in materia;
   b) stato dell'ambiente: la qualità di tutte le componenti delle matrici ambientali;
   c) pressioni sull'ambiente: le cause specifiche degli impatti sull'ambiente dovuti alle attività antropiche, quali le emissioni nell'aria, nell'acqua, nel suolo e nel sottosuolo, nonché gli agenti fisici e biologici, i rifiuti e l'uso e il consumo di risorse naturali;
   d) impatti: gli effetti sull'ecosistema determinati dall'alterazione delle qualità ambientali, in particolare con riferimento a obiettivi determinati dai programmi europei riguardanti la salute e l'ambiente;
   e) livello essenziale di prestazione: il livello qualitativo e quantitativo di attività che deve essere garantito in modo omogeneo sul piano nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, di cui i LEPTA costituiscono l'applicazione in materia di ambiente.

A.C. 68-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.
(Funzioni del Sistema nazionale).

  1. Nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, il Sistema nazionale svolge le seguenti funzioni:
   a) monitoraggio dello stato dell'ambiente, del consumo di suolo, delle risorse ambientali e della loro evoluzione in termini quantitativi e qualitativi, eseguito avvalendosi di reti di osservazione e strumenti modellistici;
   b) controllo dei fattori di inquinamento delle matrici ambientali e delle pressioni sull'ambiente derivanti da processi territoriali e da fenomeni di origine antropica o naturale anche di carattere emergenziale, e dei relativi impatti, mediante attività di campionamento, analisi e misura, sopralluogo e ispezione, ivi inclusa la verifica delle forme di autocontrollo previste dalla normativa vigente;
   c) attività di ricerca finalizzata all'espletamento dei compiti e delle funzioni di cui al presente articolo, sviluppo delle conoscenze e produzione, promozione e pubblica diffusione dei dati tecnico-scientifici e delle conoscenze ufficiali sullo stato dell'ambiente e sulla sua evoluzione, sui fattori di inquinamento, sulle pressioni ambientali, sui relativi impatti e sui rischi naturali e ambientali, nonché trasmissione sistematica degli stessi ai diversi livelli istituzionali preposti al governo delle materie ambientali e diffusione al pubblico dell'informazione ambientale ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195. Gli elementi conoscitivi di cui alla presente lettera costituiscono riferimento ufficiale e vincolante per le attività di competenza delle pubbliche amministrazioni;
   d) attività di supporto alle attività statali e regionali nei procedimenti e nei giudizi civili, penali e amministrativi ove siano necessarie l'individuazione, la descrizione e la quantificazione del danno ambientale mediante la redazione di consulenze tecniche di parte di supporto alla difesa degli interessi pubblici;
   e) supporto tecnico-scientifico alle amministrazioni competenti per l'esercizio di funzioni amministrative in materia ambientale espressamente previste dalla normativa vigente, mediante la redazione di istruttorie tecniche e l'elaborazione di proposte sulle modalità di attuazione nell'ambito di procedimenti autorizzativi e di valutazione, l'esecuzione di prestazioni tecnico-scientifiche analitiche e di misurazione e la formulazione di pareri e valutazioni tecniche anche nell'ambito di conferenze di servizi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241;
   f) supporto tecnico alle amministrazioni e agli enti competenti, con particolare riferimento alla caratterizzazione dei fattori ambientali causa di danni alla salute pubblica, anche ai fini di cui all'articolo 7-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;
   g) collaborazione con istituzioni scolastiche e universitarie per la predisposizione e per l'attuazione di programmi di divulgazione e di educazione ambientale, nonché di formazione e di aggiornamento del personale di amministrazioni e di enti pubblici operanti nella materia ambientale;
   h) partecipazione, anche attraverso azioni di integrazione dei sistemi conoscitivi e di erogazione di servizi specifici, ai sistemi nazionali e regionali preposti agli interventi di protezione civile, sanitaria e ambientale, nonché collaborazione con gli organismi aventi compiti di vigilanza e ispezione;
   i) attività istruttoria per il rilascio di autorizzazioni e di irrogazione di sanzioni, nel rispetto delle competenze di altri enti previste dalla normativa vigente;
   l) attività di monitoraggio degli effetti sull'ambiente derivanti dalla realizzazione di opere infrastrutturali di interesse nazionale e locale, anche attraverso la collaborazione con gli osservatori ambientali eventualmente costituiti;
   m) funzioni di supporto tecnico allo sviluppo e all'applicazione di procedure di certificazione di qualità ecologica dei prodotti e dei sistemi di produzione;
   n) funzioni di valutazione comparativa di modelli e strutture organizzative, di funzioni e servizi erogati, di sistemi di misurazione e valutazione delle prestazioni, quale attività di confronto finalizzato al raggiungimento di migliori livelli prestazionali mediante la definizione di idonei indicatori e il loro periodico aggiornamento, ivi inclusa la redazione di un rapporto annuale di valutazione comparativa dell'intero Sistema nazionale.

  2. Ai fini del perseguimento delle finalità di cui all'articolo 1 e dello svolgimento delle funzioni di cui al comma 1 del presente articolo, anche in forma associata tra loro e in concorso con gli altri soggetti operanti nel sistema della ricerca, l'ISPRA e le agenzie partecipano e realizzano attività di ricerca e sperimentazione scientifica e tecnica.
  3. Le funzioni di cui al comma 1 sono svolte anche mediante convenzioni stipulate con enti pubblici competenti del sistema della ricerca nazionale, come le università, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), il Consiglio nazionale delle ricerche e i laboratori pubblici, per l'acquisizione di specifiche conoscenze necessarie all'assolvimento dei propri compiti di prevenzione, controllo e monitoraggio dell'ambiente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 3.
(Funzioni del Sistema nazionale).

  Al comma 1, lettera b), dopo la parola: controllo aggiungere le seguenti: delle fonti e.

  Conseguentemente, al medesimo comma, lettera c), dopo le parole: sua evoluzione, aggiungere le seguenti: sulle fonti e.
3. 51. Zan, Pellegrino.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera c), sopprimere le parole: e vincolante.
3. 1. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera g), aggiungere, in fine, le parole: nonché del personale operante in materia ambientale degli enti locali.
3. 52. Pastorelli.

  Al comma 1, dopo la lettera n), aggiungere la seguente:
   o) sviluppo e gestione di un unico sistema nazionale, con architettura cloud computing, di contabilità aziendale.
3. 53. Coppola, Catalano, Quintarelli, Bergamini.

  Al comma 1, dopo la lettera n), aggiungere la seguente:
   o) competenze attribuite ai sensi dell'articolo 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
3. 54. Zan, Pellegrino.

  Al comma 3, sostituire le parole: sono svolte con le seguenti: possono essere svolte, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,.
3. 100. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
  4. I dati e le informazioni statistiche derivanti dalle attività di cui al comma 1, trattati e pubblicati ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 come modificato dal decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, costituiscono riferimento tecnico ufficiale da utilizzare ai fini delle attività di competenza della pubblica amministrazione.
3. 55. Catalano, Coppola, Quintarelli, Bergamini.
(Approvato)

A.C. 68-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 4.
(Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale).

  1. L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, di seguito denominato ISPRA, è persona giuridica di diritto pubblico dotata di autonomia tecnico-scientifica, di ricerca, organizzativa, finanziaria, gestionale, patrimoniale e contabile, sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  2. L'ISPRA, fermi restando i compiti e le funzioni ad esso attribuiti dalla normativa vigente, adegua la propria struttura organizzativa e tecnica al perseguimento degli obiettivi di cui alla presente legge. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo le procedure previste dall'articolo 6, comma 2, e dall'articolo 14, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 21 maggio 2010, n. 123, sono adeguati i regolamenti di funzionamento e di organizzazione e lo statuto dell'ISPRA, per la parte relativa alle funzioni conferite dalla presente legge.
  3. L'ISPRA svolge funzioni tecniche e scientifiche per la più efficace pianificazione e attuazione delle politiche di sostenibilità delle pressioni sull'ambiente, sia a supporto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sia in via diretta tramite attività di monitoraggio, di valutazione, di controllo, di ispezione e di gestione dell'informazione ambientale, nonché di coordinamento del Sistema nazionale.
  4. L'ISPRA adotta, con il concorso delle agenzie, norme tecniche vincolanti per il Sistema nazionale in materia di monitoraggio, di valutazioni ambientali, di controllo, di gestione dell'informazione ambientale e di coordinamento del Sistema nazionale, per assicurare l'armonizzazione, l'efficacia, l'efficienza e l'omogeneità dei sistemi di controllo e della loro gestione nel territorio nazionale, nonché il continuo aggiornamento, in coerenza con il quadro normativo nazionale e sovranazionale, delle modalità operative del Sistema nazionale e delle attività degli altri soggetti tecnici operanti nella materia ambientale.
  5. Per il più efficace espletamento delle proprie attribuzioni l'ISPRA opera in una logica di rete, assicurando il pieno raccordo con gli altri soggetti competenti favorendo le più ampie sinergie.
  6. I componenti degli organi dell'ISPRA, come individuati ai sensi dell'articolo 28, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, durano in carica per quattro anni e possono essere rinnovati per un solo mandato. Il contratto che regola il rapporto del direttore generale dell'ISPRA, reclutato secondo le modalità di cui all'articolo 8 della presente legge, ha durata di quattro anni ed è rinnovabile una sola volta.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 4.
(Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale).

  Al comma 1, sostituire le parole da: persona giuridica fino alla fine del comma, con le seguenti: ente pubblico nazionale di ricerca con competenza scientifica multidisciplinare, vigilato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, di autonomia tecnico-scientifica, di ricerca, organizzativa, finanziaria, gestionale, patrimoniale e contabile.
4. 51. Zan, Pellegrino.

  Al comma 2, primo periodo, dopo le parole: dalla normativa vigente, aggiungere le seguenti: senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,.
4. 100. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Al comma 3, sostituire le parole: e scientifiche con le seguenti:, scientifiche e di ricerca.

  Conseguentemente, al medesimo comma, dopo le parole: tramite attività aggiungere le seguenti: di ricerca applicata,.
4. 52. Zan, Pellegrino.

  Al comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: A tal fine elabora e realizza, in collaborazione con le università, italiane ed estere, e con gli altri enti pubblici di ricerca, progetti di ricerca e sperimentazione, scientifica e tecnica, in materia di ecologia, sviluppo sostenibile, nonché di gestione delle risorse biologiche.
4. 53. Pastorelli.

  Al comma 4, dopo le parole: con il concorso delle agenzie aggiungere le seguenti: e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
4. 5. Grimoldi.

  Al comma 4, aggiungere, in fine, il seguente periodo: L'ISPRA cura la raccolta, la catalogazione dei dati e delle informazioni geografiche, territoriali ed ambientali, assicurandone l'accesso, la diffusione, l'interoperatività e la condivisione in tempo reale.
4. 54. Pastorelli.

A.C. 68-A – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 5.
(Disposizioni per assicurare l'espletamento di alcune attività del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare).

  1. Dopo il comma 2 dell'articolo 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è inserito il seguente:
  «2-bis. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono individuate le funzioni degli organismi collegiali già operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui all'articolo 12, comma 20, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, trasferite all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ne assicura l'adempimento nell'ambito dei compiti e delle attività di cui all'articolo 2, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 2009, n. 140. A tal fine, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo precedente, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale procede al conseguente adeguamento statutario della propria struttura organizzativa».
  2. Il decreto di cui al comma 2-bis dell'articolo 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  3. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

A.C. 68-A – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 6.
(Funzioni di indirizzo e di coordinamento dell'ISPRA).

  1. Fatte salve le competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le funzioni di indirizzo e di coordinamento tecnico dell'ISPRA sono finalizzate a rendere omogenee, sotto il profilo tecnico, le attività del Sistema nazionale e sono svolte con il contributo e la partecipazione di tutte le componenti del Sistema medesimo, nell'ambito del Consiglio di cui all'articolo 13. Tali funzioni comprendono:
   a) l'istruttoria ai fini della determinazione dei LEPTA ai sensi dell'articolo 9, comma 3;
   b) la definizione di procedure ufficiali, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, relative alle specifiche attività che l'ISPRA svolge a supporto delle agenzie o in collaborazione con esse, nel territorio di loro competenza;
   c) la definizione degli strumenti, delle modalità operative e dei criteri di periodicità e di omogeneità per l'esecuzione delle attività di controllo, tali da garantire una valutazione periodica dei dati esaminati, nonché la definizione di metodologie per le attività di raccolta, valutazione e analisi dei dati ambientali;
   d) la promozione e il coordinamento della rete nazionale dei laboratori anche ai fini del miglioramento qualitativo delle prove effettuate e del completamento del processo di accreditamento dei laboratori;
   e) lo sviluppo e la gestione del sistema nazionale di qualità dei dati di monitoraggio ambientale in conformità agli standard europei, a completamento e in coerenza con quanto previsto dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, e dagli articoli da 76 a 79 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni;
   f) l'elaborazione di criteri e di parametri uniformi per lo svolgimento dell'attività conoscitiva nell'ambito della difesa del suolo e della pianificazione di bacino, nonché la realizzazione del sistema informativo di cui all'articolo 55, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni;
   g) il rilevamento, l'aggiornamento e la pubblicazione della carta geologica nazionale, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera g), della legge 11 marzo 1988, n. 67, nonché l'aggiornamento dell'Inventario dei fenomeni franosi in Italia in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   h) lo svolgimento di ricerche, controlli e studi applicativi per la conoscenza dell'ambiente terrestre e per la prevenzione dei rischi geologici, con particolare attenzione al dissesto idrogeologico, nonché per la conoscenza dell'ambiente marino e per la prevenzione e la gestione dei rischi per la salute del mare e della fascia costiera;
   i) la realizzazione e la gestione del Sistema informativo nazionale ambientale di cui all'articolo 11;
   l) la creazione di un legame diretto tra le esigenze delle amministrazioni pubbliche e le agenzie ambientali, che garantisca a tutti gli enti locali, a tutte le figure istituzionali e a tutte le associazioni di protezione ambientale legalmente riconosciute, oltre che una fruizione libera dei dati ambientali, anche la possibilità di fare specifiche richieste su determinati valori ambientali;
   m) le attività di coordinamento con l'Agenzia europea dell'ambiente e con gli organismi europei e internazionali competenti in materia ambientale, con specifico riferimento all'attività di trasferimento dei dati ambientali e al fine dell'adeguamento agli standard internazionali.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 6 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 6.
(Funzioni di indirizzo e di coordinamento dell'ISPRA).

  Al comma 1, lettera b), dopo le parole: la definizione aggiungere le seguenti: d'intesa con la singola regione o provincia autonoma.
6. 50. Grimoldi.

  Al comma 1, sopprimere le lettere e), f), g), h) ed i).
6. 51. Morassut.

  Aggiungere, in fine, i seguenti commi:
  2. Per rendere più attendibili i valori e gli obiettivi di qualità dell'aria di cui al comma 2, dell'articolo 1 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, all'articolo 1, comma 2, lettera a), del citato decreto legislativo n. 155 del 2010, sono aggiunte, in fine, le parole: «acido solfidrico (H2S), mercaptani; idrocarburi policiclici aromatici (IPA) come il benz(a)antracene, il dibenz(a,h)antracene, il benzo(b)fluorantene, il benzo(k)fluorantene e l'indeno(1,2,3,-c,d)pirene); tra gli idrocarburi non metanici: i VOC. Tra gli idrocarburi aromatici: il benzene i cui livelli di valutazione si intendono su media oraria giornaliera».
  3. All'allegato I (tabella 1) del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, per il benzene, mercaptani, acido solfidrico, metalli pesanti e particolato, le misurazioni si devono applicare in continuo, con calcolo sulla base di dati orari e aggiornate ogni ora.
  4. Al fine della creazione di una rete di monitoraggio della qualità dell'aria e dei rischi ambientali, ogni Regione incarica la propria A.R.P.A. (Agenzia Regionale per la protezione dell'ambiente) alla progettazione, realizzazione e gestione del sistema denominato «S.I.M.A.G.E.» (Sistema integrato per il monitoraggio ambientale e la gestione delle emergenze). L'A.R.P.A. gestisce il progetto S.I.M.A.G.E. attraverso personale proprio. Gli oneri previsti si intendono ripartiti in misura paritetica tra la Regione e le aziende delle aree interessate dal monitoraggio.
6. 52. Marzana.

  Aggiungere, in fine, i seguenti commi:
  2. Per rendere più attendibili i valori e gli obiettivi di qualità dell'aria di cui al comma 2, dell'articolo 1 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, all'articolo 1, comma 2, lettera a), del citato decreto legislativo n. 155 del 2010, sono aggiunte, in fine, le parole: «acido solfidrico (H2S), mercaptani; idrocarburi policiclici aromatici (IPA) come il benz(a)antracene, il dibenz(a,h)antracene, il benzo(b)fluorantene, il benzo(k)fluorantene e l'indeno(1,2,3,-c,d)pirene); tra gli idrocarburi non metanici: i VOC. Tra gli idrocarburi aromatici: il benzene i cui livelli di valutazione si intendono su media oraria giornaliera».
  3. All'allegato I (tabella 1) del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, per il benzene, mercaptani, acido solfidrico, metalli pesanti e particolato, le misurazioni si devono applicare in continuo, con calcolo sulla base di dati orari e aggiornate ogni ora.
6. 53. Marzana.
(Inammissibile)

A.C. 68-A – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 7.
(Agenzie per la protezione dell'ambiente).

  1. Le agenzie per la protezione dell'ambiente sono persone giuridiche di diritto pubblico, dotate di autonomia tecnico-scientifica, amministrativa e contabile.
  2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi la struttura, il funzionamento, il finanziamento e la pianificazione delle attività delle agenzie, nel rispetto dei LEPTA e tenendo conto delle disposizioni contenute nel programma triennale delle attività, di cui all'articolo 10.
  3. Le agenzie svolgono le attività istituzionali tecniche e di controllo obbligatorie necessarie a garantire il raggiungimento dei LEPTA nei rispettivi territori di competenza.
  4. Le agenzie possono svolgere attività istituzionali obbligatorie ulteriori rispetto a quelle individuate ai sensi degli articoli 9 e 10, a valere sugli specifici finanziamenti di cui all'articolo 15, comma 3, a condizione che non interferiscano con il pieno raggiungimento dei LEPTA.
  5. Le agenzie possono svolgere altresì attività ulteriori rispetto a quelle di cui al comma 4, in favore di soggetti pubblici o privati, sulla base di specifiche disposizioni normative ovvero di accordi o convenzioni, applicando tariffe definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a condizione che non interferiscano con il pieno raggiungimento dei LEPTA.
  6. Le attività di cui al comma 5 devono in ogni caso essere compatibili con l'imparzialità delle agenzie nell'esercizio delle attività istituzionali di vigilanza e di controllo e, comunque, non devono determinare situazioni di conflitto di interessi, anche solo potenziale; in particolare, è vietato lo svolgimento di attività di consulenza in favore di soggetti privati su materie sottoposte a vigilanza da parte del Sistema nazionale.
  7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano apportano alle leggi istitutive delle rispettive agenzie le modifiche necessarie ad assicurare il rispetto del presente articolo, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 7 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 7.
(Agenzie per la protezione dell'ambiente).

  Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole: e sono sottoposte alla vigilanza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.
7. 50. Grimoldi.

  Al comma 3, aggiungere, in fine, le parole: nel rispetto del principio di leale collaborazione con gli enti locali in essi presenti.
7. 51. Pastorelli.

  Al comma 4, sostituire le parole: a valere sugli specifici finanziamenti di cui all'articolo 15, comma 3, con le seguenti: nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente,.
7. 100. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

A.C. 68-A – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 8.
(Requisiti del direttore generale dell'ISPRA e delle agenzie).

  1. Il direttore generale dell'ISPRA e i direttori generali delle agenzie sono nominati, secondo le procedure previste dalla legge per ciascun ente, tra soggetti di elevata professionalità e qualificata esperienza nel settore ambientale che non ricoprano incarichi politici elettivi a livello dell'Unione europea, nazionale e regionale, che non siano componenti della giunta regionale, che non rivestano l'ufficio di presidente o di assessore nella giunta provinciale, di sindaco o di assessore o di consigliere comunale nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, che non siano amministratori o dipendenti di imprese o società di produzione di beni o servizi che partecipano ad attività o programmi dell'ISPRA o delle agenzie, che non siano titolari di altri incarichi retribuiti, che non siano stati condannati con sentenza passata in giudicato né interdetti dai pubblici uffici.
  2. Presso l'ISPRA è istituita un'anagrafe dei direttori generali dell'ISPRA e delle agenzie, costantemente aggiornata, contenente le informazioni sui requisiti professionali e sulla retribuzione dei medesimi. In fase di prima applicazione della presente legge, sono iscritti nell'anagrafe i direttori generali in carica alla data della sua entrata in vigore.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 8 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 8.
(Requisiti del direttore generale dell'ISPRA e delle agenzie).

  Al comma 2, primo periodo, dopo le parole: costantemente aggiornata aggiungere le seguenti: e pubblicata sul sito internet dell'ISPRA medesima.
8. 50. Grimoldi.
(Approvato)

A.C. 68-A – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 9.
(Livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali).

  1. I LEPTA costituiscono il livello minimo omogeneo in tutto il territorio nazionale per le attività di cui all'articolo 3 che il Sistema nazionale è tenuto a garantire, anche ai fini del perseguimento degli obiettivi di prevenzione collettiva previsti dai livelli essenziali di assistenza sanitaria.
  2. I LEPTA, nell'intento di raggiungere alti livelli di efficienza e di avanguardia a livello nazionale, costituiscono i parametri funzionali, operativi, programmatici, strutturali, quantitativi e qualitativi delle prestazioni delle agenzie. I relativi aspetti organizzativi, gestionali e finanziari, riferibili a costi standard per tipologia di prestazione, sono definiti tramite l'adozione di un Catalogo nazionale dei servizi.
  3. I LEPTA e i criteri di finanziamento per il raggiungimento dei medesimi nonché il Catalogo nazionale dei servizi sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si avvale del Consiglio del Sistema nazionale di cui all'articolo 13, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
  4. Al fine di elevare costantemente verso i massimi standard internazionali i livelli tecnico-scientifici, i LEPTA e il Catalogo nazionale dei servizi sono aggiornati secondo le modalità di cui al comma 3, in funzione delle emergenze e delle esigenze specifiche del territorio nazionale, come emerse dall'annuario dei dati ambientali, redatto dall'ISPRA, e comunque non oltre i cinque anni.
  5. Nella pianificazione delle proprie attività, il Sistema nazionale adotta come obiettivo prioritario il conseguimento dei LEPTA.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 9 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 9.
(Livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali).

  Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
  3-bis. Le regioni e le province autonome, previo parere del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che si avvale del Consiglio del Sistema nazionale di cui all'articolo 13, acquisita l'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, possono apportare modulazioni ai LEPTA, al fine di adattarli a particolari situazioni orografiche, climatiche, paesaggistiche o antropiche locali.
9. 50. Grimoldi.

A.C. 68-A – Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 10.
(Programmazione delle attività).

  1. L'ISPRA, previo parere vincolante del Consiglio del Sistema nazionale di cui all'articolo 13, predispone il programma triennale delle attività del Sistema nazionale individuando le principali linee di intervento finalizzate ad assicurare il raggiungimento dei LEPTA nell'intero territorio nazionale.
  2. Il programma triennale, approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, costituisce il documento di riferimento per la definizione dei piani delle attività delle agenzie.
  3. Il presidente dell'ISPRA, previo parere del Consiglio del Sistema nazionale, entro il secondo trimestre di ciascun anno, trasmette al Presidente del Consiglio dei ministri, alle Camere e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano un rapporto sull'attività svolta nell'anno precedente dal Sistema nazionale.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 10 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 10.
(Programmazione delle attività).

  Al comma 2, sostituire le parole: previo parere della con le seguenti: previa intesa in sede di.
10. 50. Grimoldi.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole: ad integrazione dei piani delle attività definiti dalle singole regioni e province autonome.
10. 51. Grimoldi.

A.C. 68-A – Articolo 11

ARTICOLO 11 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 11.
(Sistema informativo nazionale ambientale).

  1. L'ISPRA provvede alla realizzazione e alla gestione del Sistema informativo nazionale ambientale (SINA), avvalendosi di poli territoriali costituiti da punti focali regionali (PFR), cui concorrono i sistemi informativi regionali ambientali (SIRA) e la cui gestione è affidata alle agenzie territorialmente competenti. Il SINA, i PFR e i SIRA costituiscono la rete informativa nazionale ambientale denominata SINANET.
  2. Nella gestione integrata della rete SINANET di cui al comma 1, l'ISPRA, in collegamento con le agenzie, collabora con le amministrazioni statali, con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano al fine di garantire l'efficace raccordo con le iniziative attuate da tali soggetti nella raccolta e nell'organizzazione dei dati e il mantenimento coerente dei flussi informativi tra i soggetti titolari delle medesime iniziative e la rete SINANET.
  3. È garantita, indipendentemente dalla sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, la divulgazione libera e accessibile della rete SINANET a tutti gli enti della pubblica amministrazione, a tutti gli enti e laboratori di ricerca, a tutti i professionisti e in generale a tutti i cittadini.
  4. Le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, gli enti pubblici, le società per azioni operanti in regime di concessione e quelle che comunque raccolgono dati nella materia ambientale, trasmettono i dati in proprio possesso alla rete SINANET secondo le modalità di cui all'articolo 7, comma 5, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 32, e all'articolo 23, comma 12-quaterdecies, del decreto-legge 7 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
  5. Il Sistema nazionale concorre, per le materie di propria competenza, nel rispetto delle disposizioni dei commi 2 e 3 del presente articolo, alle attività promosse e coordinate dall'ISPRA ai sensi del comma 12-quaterdecies dell'articolo 23 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per la catalogazione, la raccolta, l'accesso, l'interoperabilità e la condivisione, anche in tempo reale, dei dati e delle informazioni geografiche, territoriali e ambientali generati dalle attività sostenute, anche parzialmente, con risorse pubbliche. Tali dati e informazioni devono essere forniti in forma libera e interoperabile.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 11 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 11.
(Sistema informativo nazionale ambientale).

  Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: L'ISPRA provvede aggiungere le seguenti:, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
11. 100. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Al comma 4, dopo le parole: trasmettono i dati in proprio possesso aggiungere le seguenti: esclusivamente per via telematica secondo i principi della cooperazione applicativa, ai sensi dell'articolo 72, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82,.
11. 50. Coppola, Catalano, Quintarelli, Bergamini.

  Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:
  Art. 11-bis. – (Sistema integrato per il monitoraggio ambientale e la gestione delle emergenze). — 1. Al fine della creazione di una rete di monitoraggio della qualità dell'aria e dei rischi ambientali, ogni regione incarica la propria Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) della progettazione, realizzazione e gestione del sistema denominato SIMAGE (Sistema integrato per il monitoraggio ambientale e la gestione delle emergenze). L'ARPA gestisce il progetto SIMAGE attraverso personale proprio. Gli oneri previsti si intendono ripartiti in misura paritetica tra la regione e le aziende delle aree interessate dal monitoraggio.
11. 050. Marzana, De Rosa, Segoni, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi.

A.C. 68-A – Articolo 12

ARTICOLO 12 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 12.
(Rete nazionale dei laboratori accreditati).

  1. Il Sistema nazionale organizza i propri laboratori che si occupano di analisi ambientali in una rete nazionale di laboratori accreditati per armonizzare i sistemi di conoscenza, di monitoraggio e di controllo delle matrici ambientali, anche al fine di assicurare economie nelle attività di laboratorio che presentino natura di elevata complessità e specializzazione.
  2. I laboratori che appartengono alla rete nazionale dei laboratori accreditati sono tenuti ad applicare i metodi elaborati e approvati dal Sistema nazionale come metodi ufficiali di riferimento.
  3. Il Sistema nazionale, per le proprie attività ordinarie e straordinarie, ricorre in via prioritaria alla rete nazionale dei laboratori interni; in caso di urgente necessità, è ammesso il ricorso a laboratori esterni, con preferenza per i laboratori di enti pubblici, mediante le convenzioni previste dall'articolo 3, comma 3.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 12 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 12.
(Rete nazionale dei laboratori accreditati).

  Al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Sono fatte salve le attività di laboratorio e le attività attribuite ai sensi dell'articolo 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
*12. 50. Morassut.
(Approvato)

  Al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Sono fatte salve le attività di laboratorio e le attività attribuite ai sensi dell'articolo 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
*12. 51. Zan, Pellegrino.
(Approvato)

  Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
  4. All'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
12. 100. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

A.C. 68-A – Articolo 13

ARTICOLO 13 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 13.
(Consiglio del Sistema nazionale).

  1. Al fine di promuovere e di indirizzare lo sviluppo coordinato delle attività del Sistema nazionale, anche in una logica di sinergica collaborazione tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituito il Consiglio del Sistema nazionale, presieduto dal presidente dell'ISPRA e composto dai legali rappresentanti delle agenzie, i quali eleggono fra loro un vice presidente, e dal direttore generale dell'ISPRA. La partecipazione al Consiglio non comporta la corresponsione di gettoni o altri emolumenti, ivi compresi rimborsi di spese, diarie e indennità, e l'attività del Consiglio non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e regionale.
  2. Il Consiglio del Sistema nazionale esprime il proprio parere vincolante sul programma triennale di cui all'articolo 10, comma 1, e su tutti gli atti di indirizzo o di coordinamento relativi al governo del Sistema medesimo, nonché sui provvedimenti del Governo aventi natura tecnica in materia ambientale.
  3. Il Consiglio del Sistema nazionale segnala al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano l'opportunità di interventi, anche legislativi, ai fini del perseguimento degli obiettivi di cui alla presente legge.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 13 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 13.
(Consiglio del Sistema nazionale).

  Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole:, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni rappresentative degli operatori economici.
13. 50. Grimoldi.

A.C. 68-A – Articolo 14

ARTICOLO 14 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 14.
(Disposizioni sul personale ispettivo).

  1. L'ISPRA, con il contributo delle agenzie, predispone, basandosi sul principio di merito, uno schema di regolamento che stabilisce le modalità di individuazione del personale incaricato degli interventi ispettivi nell'ambito delle funzioni di controllo svolte dal Sistema nazionale, ai sensi della vigente normativa ambientale dell'Unione europea, nazionale e regionale, il codice etico, le competenze del personale ispettivo e i criteri generali per lo svolgimento delle attività ispettive, prevedendo il principio di rotazione del medesimo personale nell'esecuzione delle visite nei singoli siti o impianti, al fine di garantire la terzietà dell'intervento ispettivo.
  2. Con il regolamento di cui al comma 1 sono altresì determinate le modalità per la segnalazione di illeciti ambientali da parte dei cittadini.
  3. Il regolamento di cui al comma 1 è emanato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  4. In attuazione del regolamento di cui al comma 1, il presidente dell'ISPRA e i legali rappresentanti delle agenzie, attraverso specifici regolamenti interni, individuano il rispettivo personale incaricato degli interventi ispettivi.
  5. Il personale di cui al comma 4 può accedere agli impianti e alle sedi di attività oggetto di ispezione e ottenere i dati, le informazioni e i documenti necessari per l'espletamento delle funzioni stesse; alle richieste non può essere opposto il segreto industriale.
  6. Il presidente dell'ISPRA e i legali rappresentanti delle agenzie possono individuare e nominare, tra il personale di cui al presente articolo, i dipendenti che, nell'esercizio delle loro funzioni, operano con la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria. A tale personale sono garantite adeguata assistenza legale e copertura assicurativa a carico dell'ente di appartenenza.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 14 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 14.
(Disposizioni sul personale ispettivo).

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 14. – (Disposizioni sul personale ispettivo). 1. Il personale incaricato degli interventi ispettivi effettuati nell'ambito delle funzioni di controllo svolte dal Sistema nazionale delle agenzie è individuato tra il personale del Servizio sanitario nazionale di cui al decreto ministeriale 17 gennaio 1997, n. 58; detto personale – che opera con compiti ispettivi e di vigilanza – svolge la propria attività ai sensi della vigente normativa ambientale nazionale, regionale e dell'Unione europea.
  2. L'ISPRA, con il contributo delle agenzie, elabora, nel rispetto del codice etico, uno schema di regolamento, adottato secondo i principi di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190, e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, per lo svolgimento delle attività ispettive, prevedendo il principio di rotazione del medesimo personale nell'esecuzione delle visite nei singoli siti o impianti al fine di garantire la terzietà dell'intervento ispettivo.
  3. Con il regolamento di cui al comma 2 sono individuate le modalità di segnalazione da parte dei cittadini di presunti illeciti ambientali, nonché le modalità di accesso per la diffusione delle informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni di cui al citato decreto legislativo n. 33 del 2013.
  4. Il regolamento di cui al comma 2 è emanato con decreto sul Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  5. In attuazione del regolamento di cui al comma 2 il presidente dell'ISPRA e i legali rappresentanti delle agenzie individuano e nominano, tra il personale di cui al presente articolo, quanti, nell'esercizio dello loro funzioni, operano con la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria. A tale personale è garantita adeguata assistenza legale e copertura assicurativa a carico dell'ente.
  6. Il personale di cui al comma 2 può accedere agli impianti e alle sedi di attività oggetto di ispezione e ottenere i dati, le informazioni e i documenti necessari per l'espletamento delle funzioni stesse; alle richieste non può essere opposto il segreto industriale.
14. 50. Zan, Pellegrino.

  Al comma 1, dopo le parole: uno schema di regolamento che stabilisce aggiungere le seguenti:, nell'ambito delle risorse umane disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,.

  Conseguentemente
   al comma 3
, dopo le parole: su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aggiungere le seguenti: , di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

  3-bis. Lo schema di regolamento di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica che ne evidenzi la neutralità finanziaria, è trasmesso alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario. I pareri sono espressi entro venti giorni dall'assegnazione, decorsi i quali il regolamento può essere comunque adottato.
14. 100. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Al comma 2, sostituire le parole da: altresì determinate fino alla fine del comma, con le seguenti: individuate le modalità di segnalazione da parte di cittadini, singoli, o associati, di presunti illeciti ambientali.
14. 53. De Rosa, Segoni, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi.

  Al comma 2, sostituire le parole da: altresì determinate fino alla fine del comma, con le seguenti: individuate le modalità di segnalazione da parte di enti e di cittadini, singoli, o associati, di presunti illeciti ambientali.
14. 53.(Testo modificato nel corso della seduta) De Rosa, Segoni, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi.
(Approvato)

  Al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Le agenzie sono vincolate alla verifica dei presunti illeciti ambientali segnalati e all'intervento tempestivo ed efficace per la risoluzione degli stessi.
14. 51. Segoni, De Rosa, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi.

  Al comma 4, dopo le parole: attraverso specifici regolamenti interni aggiungere le seguenti:, previa intesa con la regione o provincia autonoma competente.
14. 52. Grimoldi.

A.C. 68-A – Articolo 15

ARTICOLO 15 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 15.
(Modalità di finanziamento).

  1. Il finanziamento dell'esercizio delle funzioni dell'ISPRA previste dalla presente legge è garantito con un contributo dello Stato determinato periodicamente in relazione alle previsioni del piano annuale delle attività dell'Istituto, a integrazione del fondo ordinario previsto per lo svolgimento delle altre attività istituzionali.
  2. In considerazione del preminente concorso delle agenzie alle funzioni di tutela e di prevenzione in materia di salute pubblica, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione dell'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sulla base dei criteri fissati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 9, comma 3, della presente legge, vincola annualmente le regioni e le province autonome al finanziamento delle agenzie per una parte variabile tra lo 0,6 e lo 0,8 per cento della rispettiva quota del Fondo sanitario nazionale, in funzione dei LEPTA da garantire e dei relativi criteri di finanziamento stabiliti dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  3. Le attività istituzionali, obbligatorie o non obbligatorie, ulteriori rispetto a quelle necessarie per il raggiungimento dei LEPTA, sono oggetto di specifici finanziamenti da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in favore dell'ISPRA e da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano in favore delle rispettive agenzie.
  4. Le spese relative al rilascio dei pareri sulle domande di autorizzazione ambientale e allo svolgimento dei successivi controlli programmati relativi a impianti e opere sottoposti alle vigenti procedure di valutazione ambientale, compresi gli impianti soggetti a rischio di incidente rilevante, nonché alle convalide delle indagini analitiche prodotte dai soggetti tenuti alle procedure di bonifica e di messa in sicurezza di siti inquinati, sono poste a carico dei gestori stessi, sulla base di tariffe nazionali approvate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  5. Nelle more dell'approvazione delle tariffe nazionali di cui al comma 4 si applicano le tariffe delle agenzie, approvate dalle rispettive regioni o province autonome.
  6. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate le modalità di assegnazione alle agenzie degli introiti conseguenti all'attuazione delle disposizioni del comma 4, nonché le modalità di compartecipazione delle stesse agenzie a parte dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dalle medesime agenzie nei casi di violazione delle disposizioni previste dalla normativa ambientale vigente.
  7. Le spese strettamente connesse ad attività di indagine delegate dall'autorità giudiziaria sono poste a carico del Ministero della giustizia nell'ambito delle spese processuali e sono liquidate sulla base dei criteri e delle tariffe nazionali approvati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della giustizia.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 15 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 15.
(Modalità di finanziamento).

  Sostituire i commi 1, 2 e 3 con il seguente:
  
1. L'ISPRA e le agenzie provvedono allo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

  Conseguentemente, al comma 6, sopprimere le parole da: nonché le modalità fino alla fine del comma.
15. 100. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Al comma 6, dopo le parole: sanzioni amministrative irrogate aggiungere le seguenti: sulla base dell'istruttoria svolta.
15. 50. Grimoldi.

  Dopo il comma 7, aggiungere il seguente:
  8. Per l'attuazione della presente legge, l'ISPRA è autorizzata a mantenere in servizio il personale a tempo determinato nel triennio 2014-2016. Nel suddetto triennio, ad invarianza di spesa e invariato contingente di personale in ruolo, è autorizzata ad utilizzare il 90 per cento del turn over nel rispetto del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
15. 51. De Rosa, Segoni, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi.

A.C. 68-A – Articolo 16

ARTICOLO 16 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 16.
(Disposizioni transitorie e finali).

  1. Ai fini dell'efficace svolgimento delle funzioni attribuite dalla presente legge al Sistema nazionale con particolare riferimento all'obbligo di garantire i LEPTA, l'ISPRA e le agenzie possono procedere all'assunzione del personale e all'acquisizione dei beni strumentali necessari, nei limiti dei finanziamenti previsti dall'articolo 15.
  2. Sono fatte salve, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni attuative della presente legge, le vigenti disposizioni regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
  3. La presente legge entra in vigore decorsi centottanta giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome recepiscono le disposizioni della medesima legge.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 16 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 16.
(Disposizioni transitorie e finali).

  Al comma 1, sostituire le parole da: possono procedere fino alle fine del comma, con le seguenti: , nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, fermo restando il rispetto delle regole del patto di stabilità interno e dei vincoli normativi assunzionali, possono procedere all'assunzione del personale e all'acquisizione dei beni strumentali necessari.
16. 100. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole:, nonché nei limiti della dotazione organica e nel limite dei risparmi di spesa derivanti dalle cessazioni dal servizio nel quadriennio 2013-2016.
16. 53. Zan, Pellegrino.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Per ISPRA il limite di spesa è fissato ai sensi dell'articolo 1, comma 643, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
*16. 50. Segoni, De Rosa, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Per ISPRA il limite di spesa è fissato ai sensi dell'articolo 1, comma 643, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
*16. 51. Zan, Pellegrino.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Per ISPRA il limite di spesa è fissato ai sensi dell'articolo 1, comma 643, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
*16. 52. Morassut.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Con decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sessanta giorni dalla data della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale, sono indicate espressamente le disposizioni di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, che, risultando incompatibili rispetto alle disposizioni di cui alla presente legge, sono abrogate dalla data di entrata in vigore della presente legge.
16. 54. Grimoldi.
(Approvato)

A.C. 68-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   in sede di esame della proposta di legge di Istituzione del Sistema nazionale delle agenzie ambientali e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale,
   premesso che:
    la proposta di legge in esame è volta a riformare il sistema delle agenzie ambientali anche attraverso sostanziali innovazioni strumentali e organizzative;
    al fine di assicurare un controllo efficace e omogeneo di qualità dell'aria, oltre ad attribuire rilievo normativo e supporto sistemico alle agenzie ambientali, è opportuno implementare il monitoraggio attraverso l'utilizzo di strumenti specifici;
    i piani e i programmi di qualità dell'aria non possono prescindere dall'analisi di una gamma ben specifica degli elementi inquinanti presenti in essa, pertanto al fine di ottenere dei valori più attendibili rispetto alla qualità dell'aria, non solo sarebbe opportuno l'inserimento di sostanze inquinanti come i solforati, gli idrocarburi non metanici (VOC) e il benzene orario, non espressamente previste nel decreto legislativo n. 155 del 2010, ma diventa necessario un monitoraggio orario invece delle attuali misurazioni discontinue e distribuite nel corso dell'anno;
    in ambito europeo, la Germania si è già dotata di un'organica normativa sulle sostanze inquinanti, costituita da una legge quadro sulle emissioni a cui si affiancano le linee tecniche per la prevenzione dell'inquinamento dell'aria e la direttiva sugli odori del 13 maggio 1998 ed è lo Stato europeo più all'avanguardia nel controllo degli inquinanti dell'aria grazie all'installazione delle cosiddette stazioni di controllo ambientale «Air sense»;
    in Italia, solo nel Veneto, con l'Accordo di Programma sulla Chimica di Porto Marghera, siglato nel 1998, si è proceduto alla realizzazione del SEMAGE, un progetto di osservazione dell'ambiente che attraverso specifici strumenti riesce a controllare «in continuo» sia il valore della concentrazione di numerosi inquinanti nell'aria, sia a fornire informazioni potenzialmente utili sullo sviluppo e l'evoluzione di una situazione di emergenza ambientale;
    l'articolo 11 della proposta di legge in esame, affida all'ISPRA, istituito dall'articolo 28 del decreto-legge n. 112 del 2008, il compito di provvedere alla realizzazione e gestione del Sistema informativo nazionale ambientale (SINA), cui concorrono i sistemi informativi regionali ambientali (SERA) gestiti dalle agenzie territorialmente competenti;
    il Ministero dell'ambiente, Direzione Generale per le Valutazioni Ambientali – Divisione IV – Rischio rilevante e autorizzazione integrata ambientale, aggiorna semestralmente l'inventario nazionale degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti, in collaborazione con il Servizio Rischio Industriale di ISPRA;
   in tutto il territorio nazionale vi sono diverse aree in cui sono concentrate sostanze classificate come pericolose e che per questo costituiscono un pericolo costante per le persone e per l'ambiente, una zona in particolare è presente nella Regione siciliana, nel cosiddetto quadrilatero industriale Siracusa-Priolo-Melilli-Augusta, che rappresenta il più grande polo petrolchimico d'Europa con ben 4 raffinerie in piena attività,

impegna il Governo

a creare una rete omogenea di monitoraggio sul territorio nazionale della qualità dell'aria e dei rischi ambientali, attraverso l'utilizzo di strumenti di rilevamento (come ad esempio SIMAGE, AIR SENSE) capaci di controllare «in continuo» il valore della concentrazione dei numerosi inquinanti nell'aria, fornendo, all'occorrenza, informazioni utili sullo sviluppo e l'evoluzione di una situazione di emergenza ambientale su specifiche aree di interesse.
9/68-A/1Marzana, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'istituzione di un Sistema nazionale di coordinamento delle agenzie ambientali regionali, così come l'implementazione delle funzioni di monitoraggio e ricerca dell'ISPRA, costituisce una valorizzazione della ricerca di cui il Paese aveva bisogno da tempo;
    in particolare le attività delle singole agenzie ambientali regionali ricoprono un ruolo chiave in ordine alla tutela quotidiana dei singoli territori, conoscendone le singole e specifiche peculiarità;
    le funzioni di quest'ultime debbono necessariamente essere armonizzate con il complesso quadro delle istituzioni locali contemporaneamente operanti su un medesimo territorio;
    al fine di evitare eventuali, anche se involontarie, interferenze fra i diversi livelli di amministrazione di un determinato territorio, appare opportuno che le attività di monitoraggio ambientale del medesimo sia svolto sempre all'insegna della massima sinergia tra i diversi enti competenti;
    la stessa attività delle agenzie regionali ambientali sarebbe facilitata, se non addirittura arricchita dal supporto, logistico, tecnico e operativo, degli enti locali nel cui territorio esse operano;
    sotto altro profilo, un maggiore coinvolgimento (attivo e passivo) degli enti locali nelle attività di monitoraggio dell'ambiente arricchirebbe ulteriormente le potenzialità delle singole agenzie regionali,

impegna il Governo

nell'ambito delle proprie competenze, a considerare forme e modalità attraverso le quali le Agenzie ambientali regionali possano esercitare le proprie funzioni nel rispetto del principio di leale collaborazione con gli enti locali.
9/68-A/2Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    le ARPA operano per la prevenzione e tutela dell'ambiente, affiancando le istituzioni regionali locali nonché le imprese private in molteplici attività, che riguardano la lotta all'inquinamento atmosferico ed acustico, gli interventi per la tutela delle acque superficiali e sotterranee, il monitoraggio dei campi elettromagnetici, le indagini sulla contaminazione del suolo e sui processi di bonifica;
    le ARPA possono svolgere attività a favore di soggetti pubblici o privati, a condizione che tali attività non configurino situazioni di conflitto di interesse, anche potenziale;

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare, in accordo con la Conferenza Stato-Regioni, una definizione dettagliata delle tipologie di attività che possano essere svolte dalle Agenzie regionali a favore di soggetti pubblici o privati, nonché dei relativi ambiti e limiti di applicazione, al fine di garantire su tutto il territorio nazionale una univoca interpretazione che impedisca il verificarsi di situazioni in conflitto a seguito dell'opera di consulenza che le ARPA forniscono sia in ambito pubblico che privato.
9/68-A/3Garofalo, Dorina Bianchi, Alli, Piccone, Bratti, Braga, Mariani, Realacci.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi del decreto ministeriale del 21 maggio 2010, n. 123, l'ISPRA svolge compiti ed attività tecnico-scientifiche di ricerca, consulenza strategica, sperimentazione e controllo, di monitoraggio e valutazione, nonché di informazione e formazione anche post-universitaria, in materia ambientale, con riferimento alla tutela delle acque, alla difesa dell'ambiente atmosferico, del suolo, del sottosuolo, della biodiversità marina e terrestre e delle rispettive colture nonché alla tutela della natura e della fauna omeoterma;
    secondo quanto già previsto in tema di riorganizzazione dell'ISPRA attraverso la ridefinizione delle sue competenze, è necessario rafforzare la parte relativa alle funzioni di coordinamento e di controllo;
    la coesistenza all'interno dell'istituto di tali funzioni con quelle relative alla ricerca potrebbe costituire elemento di difficile integrazione organizzativa e funzionale;

impegna il Governo

a rafforzare le funzioni tecnico-scientifiche di coordinamento dell'ISPRA, avvalendosi anche delle funzioni delle Agenzie regionali e di controllo, nel rispetto dei vincoli di bilancio.
9/68-A/4Dorina Bianchi, Garofalo, Piccone, Bratti, Braga, Mariani.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge n. 68 «Istituzione del Sistema nazionale delle agenzie ambientali e disciplina dell'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in iter di approvazione, prevede all'articolo 3 la definizione delle funzioni attribuite al Sistema nazionale;
    la legislazione ambientale, sostanzialmente di derivazione comunitaria, ha ripartito le funzioni amministrative tra una pluralità di enti determinando:
   appesantimento e allungamento dei procedimenti;
   moltiplicazione delle diverse interpretazioni e modalità attuative delle norme;
   prassi di natura «concertativa» per effetto della compartecipazione dei diversi Enti ai procedimenti;
   in taluni casi, incoerenza nell'individuazione degli Enti coinvolti rispetto alle diverse fasi endoprocedimentali;
   aggravamento degli oneri burocratici e finanziari a carico delle imprese;
    le specifiche competenze necessarie per l'esercizio di tali funzioni sono di esclusiva natura tecnica, piuttosto che non amministrativa;
    risulta improcrastinabile operare una razionalizzazione di tali funzioni ed una semplificazione dei relativi procedimenti così da concorrere ad un alleggerimento degli adempimenti e degli oneri a carico delle imprese;
    tuttavia, da tale alleggerimento potrebbe derivare un rafforzamento degli strumenti di tutela ambientale qualora dette funzioni venissero concentrate in enti dotati di rilevanti competenze tecnico ambientali;
    inoltre, da tale razionalizzazione potrebbe derivare, altresì, una riduzione complessiva delle risorse pubbliche, umane e finanziarie, complessivamente necessarie, in relazione alle economie «di scala» e «di scopo» realizzabili;
    infine, si sta realizzando un processo di revisione istituzionale, attraverso il necessario strumento legislativo di rango costituzionale, finalizzato a razionalizzare e semplificare il sistema di «governance» del Paese,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di predisporre e presentare al Parlamento una proposta di razionalizzazione delle funzioni amministrative in campo ambientale, a tal fine valutando anche la possibilità di conferirne alcune alle Agenzie ambientali, così da avviare un processo di individuazione di un unico ente quale soggetto amministrativo competente, in particolare ai fini delle autorizzazioni e dei relativi controlli;
   quanto sopra, prevedendo, ove necessario, una specifica disciplina per la separazione funzionale tra le funzioni autorizzatorie e quelle di controllo, così da assicurare la necessaria distinzione delle relative responsabilità.
9/68-A/5Piccone, Dorina Bianchi, Alli, Garofalo, Bratti, Braga, Mariani, Realacci.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge n. 68 «Istituzione del Sistema nazionale delle agenzie ambientali e disciplina dell'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in iter di approvazione, prevede all'articolo 9 la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (LEPTA)»;
    i LEPTA costituiscono il livello minimo omogeneo in tutto il territorio nazionale per le attività che il Sistema delle agenzie è tenuto a garantire, definendo parametri funzionali, operativi, programmatici, strutturali, quantitativi e qualitativi delle prestazioni delle Agenzie;
    i relativi aspetti organizzativi, gestionali e finanziari, riferibili a costi standard per tipologia di prestazione sono definiti tramite l'adozione di un Catalogo nazionale dei servizi;
    i LEPTA e i criteri di finanziamento per il raggiungimento dei medesimi, nonché il Catalogo nazionale dei servizi sono stabiliti con DPCM su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si avvale del Consiglio del sistema nazionale, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,

impegna il Governo

a garantire, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica e nell'ambito delle necessarie interlocuzioni in sede di Conferenza permanente tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, l'integrale finanziamento dei LEPTA in tutto il territorio nazionale, in particolare attraverso l'accesso al FSN (Fondo Sanitario Nazionale), in una corretta logica di prevenzione e quindi di conseguente successiva riduzione dell'attuale carico prestazionale e finanziario in capo al Servizio Sanitario Nazionale.
9/68-A/6Alli, Dorina Bianchi, Garofalo, Piccone, Bratti, Braga, Mariani, Realacci.


   La Camera,
   premesso che:
    nel 1986 con la Legge n. 349 istitutiva del Ministero dell'Ambiente, il Servizio Geologico Nazionale viene trasferito, dopo 113 anni dalla sua fondazione, dal Ministero dell'industria, al nuovo Dicastero, dove viene strutturato come Direzione Generale e dotato di autonomia funzionale e scientifica;
    con ulteriori atti normativi, a partire dal decreto-legge 373 del 1987 «Interventi urgenti in materia di difesa del suolo» sino al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 ottobre 1988 «Organizzazione del Servizio Geologico d'Italia», vennero stanziati fondi per il potenziamento e la riorganizzazione della struttura e per la prosecuzione dei rilevamenti della carta geologica nazionale, ma è con la Legge quadro sulla difesa del suolo (Legge n. 183 del 18 maggio 1989) che il Servizio Geologico viene collocato (insieme agli altri Servizi tecnici nazionali Idrografico, Sismico e Dighe) presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in un sistema coordinato e unitario posto sotto l'alta vigilanza del Comitato dei Ministri dei Lavori Pubblici, dell'Ambiente, dell'Agricoltura, del Mezzogiorno e Protezione Civile;
    in questo contesto il Servizio ha svolto e sviluppato le sue attività istituzionali fino al 1999 contribuendo a fornire alla collettività e alle altre Amministrazioni dello Stato i necessari contributi per la salvaguardia del territorio e la riduzione del dissesto idrogeologico, collaborando inoltre alla realizzazione e alla gestione del Progetto CARG (CARtografia Geologica), avviato nel 1988, e che prevede la realizzazione di 652 fogli geologici e geotematici alla scala 1:50.000 per la copertura dell'intero territorio nazionale, e dell'Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (Progetto IFFI), finanziato nel 1997 dal Comitato dei Ministri;
    nel medesimo periodo il Servizio Geologico d'Italia ha partecipato anche, con le proprie competenze specialistiche, agli interventi emergenziali per lo smaltimento dei rifiuti necessari in diverse zone del Paese, venendo citato negli Atti Parlamentari della Camera dei Deputati (XII Legislatura – seduta dell'11 marzo 1996 della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse) come: «l'unica struttura tecnica dello Stato effettivamente attiva nel settore degli accertamenti tecnici ed analitici necessari all'individuazione di siti oggetto di smaltimento abusivo di rifiuti»;
    il decreto-legge n. 300 del 1999 «Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997 n. 59» ha determinato il passaggio del Servizio Geologico e di altri Servizi Tecnici dello Stato, nonché dell'ANPA (Agenzia Nazionale Protezione Ambiente) nel nuovo organismo agenziale denominato APAT (Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici), presso il quale è stato chiamato a svolgere le sue funzioni generali concernenti il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo sotto i suoi molteplici aspetti;
    l'APAT è stata articolata in diversi Dipartimenti tra i quali il «Dipartimento Difesa del Suolo», che ha ricevuto, tra l'altro, le competenze ed il ruolo del Servizio Geologico d'Italia; nell'APAT il Servizio ha esteso i propri compiti occupandosi anche delle attività sui siti contaminati (previste dal decreto ministeriale 471 del 1999) e delle attività per la lotta alla desertificazione;
    il 21 agosto 2008, con l'emanazione della Legge n. 133 che sancisce la fusione dell'APAT con l'ICRAM (Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica applicata al Mare) e con INFS (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), il Servizio Geologico d'Italia è stato riconfigurato nell'ISPRA («Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale») , anche in questo caso come parte del “Dipartimento Difesa del Suolo»;
    è iniziato un lungo periodo di incertezza legato alla nascita e alla riorganizzazione dell'ISPRA e il 9 dicembre 2013 è stato trasmesso dal Ministero dell'Ambiente il testo del nuovo Statuto dell'ISPRA nel quale il Servizio Geologico Nazionale è stato individuato finalmente come Dipartimento a se stante;
    è inutile sottolineare come in tale periodo di «riorganizzazione» e a seguito dell'incorporazione del Servizio Geologico nel Dipartimento Difesa del Suolo, le attività del medesimo Servizio abbiano risentito del defatigante processo di revisione organizzativa avviato con la legge n. 133 del 2008, senza mai raggiungere il necessario funzionamento a regime, anche per la mancata nomina ufficiale del suo Direttore;
    considerato che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dovrà adottare, sulla base della legge istitutiva del Sistema nazionale delle Agenzie Ambientali e disciplina dell'istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientali, il nuovo Statuto dell'ISPRA e che ciò non deve comportare un nuovo rallentamento della riorganizzazione dell'Istituto e conseguentemente un nuovo vulnus alla capacità operativa del Servizio Geologico Nazionale in un contesto in cui il tema «dissesto idrogeologico» è all'ordine del giorno,

impegna il Governo

a confermare, nel contesto del nuovo Statuto dell'ISPRA, il Servizio Geologico Nazionale come uno dei Dipartimenti tecnico-scientifici in cui deve articolarsi l'ISPRA stesso al fine di valorizzarne il ruolo e renderlo immediatamente operativo anche a supporto della costituenda Unità di missione per gli interventi di difesa del suolo e di gestione del territorio.
9/68-A/7Carrescia.