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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 10 aprile 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 10 aprile 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Casero, Castiglione, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, Costantino, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Galati, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Antonio Martino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Nicoletti, Orlando, Pannarale, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Porta, Portas, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rigoni, Rossi, Rughetti, Sani, Santerini, Scalfarotto, Schullian, Sereni, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Valeria Valente, Vargiu, Velo, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 9 aprile 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   CAPELLI: «Concessione di indulto per i reati di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, commessi entro l'11 febbraio 2014» (2290);
   ASCANI: «Introduzione dell'insegnamento dell'educazione alla cittadinanza digitale nelle scuole primaria e secondaria» (2291);
   GULLO: «Modifica all'articolo 180 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di esibizione della patente di guida e del certificato di assicurazione» (2292);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE BOSSI: «Modifiche agli articoli 97, 117 e 119 della Costituzione, concernenti il rapporto tra l'ordinamento italiano e l'ordinamento dell'Unione europea» (2293).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di una proposta di legge d'iniziativa popolare.

  In data 9 aprile 2014 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge:
   PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE: «Tutela della salute degli individui tramite il riordino delle norme vigenti in materia di giochi con vincite in denaro-giochi d'azzardo» (2294).

  Sarà stampata, previo accertamento della regolarità delle firme dei presentatori, ai sensi della legge 25 maggio 1970, n. 352, e distribuita.

Trasmissione dal Senato.

  In data 9 aprile 2014 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
   S. 733. – Senatori AMATI ed altri: «Modifica all'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e altre disposizioni in materia di parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco» (approvata dal Senato) (2295).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge VERINI ed altri: «Istituzione della “Giornata della memoria e dell'impegno per le vittime delle mafie» (540) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Piazzoni.

  La proposta di legge SPERANZA ed altri: «Modifiche alla legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero» (1955) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Binetti, Cesa, D'Agostino, Galgano, Gitti, Schirò, Vargiu e Vezzali.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sotto indicate Commissioni permanenti:

   III Commissione (Affari Esteri):
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione nel campo della cultura e dell'istruzione e dello sport fra il Governo della Repubblica italiana ed il Consiglio dei Ministri della Bosnia Erzegovina, fatto a Mostar il 19 luglio 2004» (2125) Parere delle Commissioni I, II, V, VII e VIII;

   IV Commissione (Difesa):
  BOLOGNESI ed altri: «Istituzione dell'Autorità per la vigilanza sull'acquisizione dei sistemi d'arma e sulle compensazioni e introduzione del capo II-bis del titolo II del libro terzo del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, concernente il procedimento per la stipulazione dei contratti relativi a sistemi d'arma e gli obblighi di compensazione industriale» (1917) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VI, X, XI e XIV;

   XI Commissione (Lavoro):
  CIPRINI ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 185, e all'articolo 38 del codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, concernenti l'esonero dal lavoro notturno per il personale di volo dell'aviazione civile» (1888) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, IX, XII e XIV;

   XII Commissione (Affari Sociali):
  GULLO: «Istituzione della figura dell'interprete per sordi» (1968) Parere delle Commissioni I, II, V, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Adesione di un deputato ad una proposta di modificazione al Regolamento.

  La proposta di modificazione al Regolamento, Doc. II, n. 9: «Articoli 49, 53 e 65: Misure per la trasparenza dei lavori delle Commissioni parlamentari», presentata dal deputato Giachetti ed altri (annunziata nella seduta del 16 gennaio 2014), è stata successivamente sottoscritta anche dal deputato Coppola.

Trasmissione dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

  La Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, con lettera in data 10 aprile 2014, ha inviato – ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lett. o) della legge 19 luglio 2013, n. 87, – la relazione sulle prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

  Il predetto documento sarà stampato e distribuito (Doc. XXIII, n. 1).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 6 MARZO 2014, N. 16, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI FINANZA LOCALE, NONCHÉ MISURE VOLTE A GARANTIRE LA FUNZIONALITÀ DEI SERVIZI SVOLTI NELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE (A.C. 2162-A/R)

A.C. 2162-A/R – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    con la legge di stabilità 2014, al fine di consentire di risolvere i problemi occupazionali connessi alla gestione dei servizi di pulizia e ausiliari delle istituzioni scolastiche ed educative statali e degli enti locali, è stata garantita la prima proroga dei contratti per l'acquisto di servizi di pulizia e di altri servizi ausiliari in quei territori in cui non è stata attivata la convenzione CONSIP;
    il decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, recante «disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche» con l'articolo 19 proroga nuovamente detti contratti al 31 marzo al fine di individuare le giuste soluzioni per la continuazione del servizio e la salvaguardia dei tanti posti di lavoro;
    la questione connessa alla gestione dei servizi di pulizia e degli ausiliari negli istituti scolastici e degli enti locali interessa diverse migliaia di lavoratori sparsi sul tutto il territorio italiano ed è diventata di fatto una questione sociale di grande rilievo;
    la situazione rischia di compromettere il regolare svolgimento dell'attività didattica a causa delle precarie situazioni igieniche che si verrebbero a creare in numerosi plessi scolastici;
    i tanti lavoratori e le tante famiglie coinvolti, vivono, dunque in una situazione di incertezza e di precarietà in attesa di una risposta da parte delle istituzioni capace di andare oltre il 2014,

impegna il Governo

a porre in essere tutti i provvedimenti utili a trovare le soluzioni necessarie alla problematica connessa alla gestione dei servizi di pulizia e ausiliari delle istituzioni scolastiche ed educative statali e degli enti locali.
9/2162-AR/1Moscatt, Culotta, Pastorino, Bruno Bossio, Lauricella, Lodolini, Paolucci, Ribaudo, Pelillo, Palma, Gullo.


   La Camera,
   premesso che:
    le concessioni demaniali marittime hanno ad oggetto l'occupazione e l'uso, anche esclusivo, di beni facenti parte del demanio necessario dello Stato (articolo 822, comma 1, codice civile), dietro la corresponsione di un canone;
    l'articolo 1 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, prevede che la concessione dei beni demaniali marittimi possa essere rilasciata, non solo per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive, ma anche per la gestione di stabilimenti balneari, di esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio, di noleggio di imbarcazioni e natanti in genere, di gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive, di esercizi commerciali, nonché di servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo;
    nel 2009, la Commissione Europea ha sottoposto l'Italia a una procedura d'infrazione relativa alla normativa in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime in quanto, secondo la Commissione, tale normativa contrasterebbe con la citata direttiva 2006/123/CE, nota come direttiva servizi, sia per il diritto preferenziale di insistenza di cui, all'articolo 37 del codice della navigazione, sia per il rinnovo automatico della scadenza della concessione per ulteriori sei anni, prevista dall'articolo 1, comma 2 del citato decreto-legge 400 del 1993;
    al fine di superare i rilievi della Commissione, l'articolo 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217 (legge comunitaria 2010) non solo ha soppresso il rinnovo automatico ma ha anche delegato il Governo ad emanare, entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime;
    a tutt'oggi il decreto legislativo non è stato emanato, con la conseguenza che la materia delle concessioni demaniali è di non chiara applicazione, sia per quanto riguarda l'ambito di operatività, sia per quanto riguarda il riparto di competenze tra Stato, regioni ed enti locali;
    tale situazione di grave incertezza normativa sta creando un serio rischio che investe soprattutto i titolari di immobili adibiti a civile abitazione insistenti sulle concessioni aventi carattere abitativo e/o residenziale in alcune aree rivierasche del Paese, con la conseguenza ulteriore di generare ed amplificare progressivamente un grave contenzioso amministrativo;
    le concessioni demaniali presentano, infatti, morfologia e differenze sostanziali non solo con riferimento ai beni su cui insistono ma anche con riguardo agli interessi sottesi e ai soggetti titolari delle concessioni;
    è evidente che, nel predispone il citato decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime, debbano distinguersi le concessioni che hanno un reale contenuto produttivo ed imprenditoriale, quali quelle con finalità turistico-balneari e/o ricreative, da quelle che invece ne sono prive, quali quelle con finalità abitative e/o residenziali, regolando diverse procedure di assentimento e di rinnovo delle concessioni in relazione alle diverse finalità delle stesse;
    si aggiunga che l'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, come modificato dall'articolo 34-duodecies del decreto-legge n. 179 del 2012 ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015;
    l'articolo 1, comma 547 della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013) ha esteso, a sua volta, le previsioni dell'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, alle concessioni aventi ad oggetto il demanio marittimo, con finalità sportive, demanio lacuale e fluviale per concessioni con finalità turistico-ricreative e sportive nonché ai beni destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto;
    le citate proroghe non sembrerebbero comprendere le concessioni demaniali aventi carattere abitativo e/o residenziale;
    dev'essere, dunque, accelerato il procedimento diretto all'adozione del decreto legislativo di revisione e riordino della regolazione delle concessioni demaniali marittime, differenziando quelle di natura imprenditoriale da quelle di diversa natura, quali quelle con carattere abitativo e/o residenziale, e prevedendo in ogni caso diverse procedure di assentimento e/o di rinnovo garantendo la certezza del diritto e la parità di trattamento a tutti i concessionari del demanio pubblico,

impegna il Governo

nelle more dell'approvazione del decreto legislativo previsto dall'articolo 11 della legge n. 217 del 2011, ad includere le concessioni demaniali marittime a carattere abitativo e/o residenziale nella proroga al 2020 disposta dall'articolo 34-duodecies del decreto-legge n. 179 del 2012 e in subordine ad interpretare la norma di cui all'articolo 34-duodecies stesso come riferibile anche alle concessioni a carattere abitativo e/o residenziale.
9/2162-AR/2De Micheli.


   La Camera,
   premesso che:
    le concessioni demaniali marittime hanno ad oggetto l'occupazione e l'uso, anche esclusivo, di beni facenti parte del demanio necessario dello Stato (articolo 822, comma 1, codice civile), dietro la corresponsione di un canone;
    l'articolo 1 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, prevede che la concessione dei beni demaniali marittimi possa essere rilasciata, non solo per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive, ma anche per la gestione di stabilimenti balneari, di esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio, di noleggio di imbarcazioni e natanti in genere, di gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive, di esercizi commerciali, nonché di servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo;
    nel 2009, la Commissione Europea ha sottoposto l'Italia a una procedura d'infrazione relativa alla normativa in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime in quanto, secondo la Commissione, tale normativa contrasterebbe con la citata direttiva 2006/123/CE, nota come direttiva servizi, sia per il diritto preferenziale di insistenza di cui, all'articolo 37 del codice della navigazione, sia per il rinnovo automatico della scadenza della concessione per ulteriori sei anni, prevista dall'articolo 1, comma 2 del citato decreto-legge 400 del 1993;
    al fine di superare i rilievi della Commissione, l'articolo 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217 (legge comunitaria 2010) non solo ha soppresso il rinnovo automatico ma ha anche delegato il Governo ad emanare, entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime;
    a tutt'oggi il decreto legislativo non è stato emanato, con la conseguenza che la materia delle concessioni demaniali è di non chiara applicazione, sia per quanto riguarda l'ambito di operatività, sia per quanto riguarda il riparto di competenze tra Stato, regioni ed enti locali;
    tale situazione di grave incertezza normativa sta creando un serio rischio che investe soprattutto i titolari di immobili adibiti a civile abitazione insistenti sulle concessioni aventi carattere abitativo e/o residenziale in alcune aree rivierasche del Paese, con la conseguenza ulteriore di generare ed amplificare progressivamente un grave contenzioso amministrativo;
    le concessioni demaniali presentano, infatti, morfologia e differenze sostanziali non solo con riferimento ai beni su cui insistono ma anche con riguardo agli interessi sottesi e ai soggetti titolari delle concessioni;
    è evidente che, nel predispone il citato decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime, debbano distinguersi le concessioni che hanno un reale contenuto produttivo ed imprenditoriale, quali quelle con finalità turistico-balneari e/o ricreative, da quelle che invece ne sono prive, quali quelle con finalità abitative e/o residenziali, regolando diverse procedure di assentimento e di rinnovo delle concessioni in relazione alle diverse finalità delle stesse;
    si aggiunga che l'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, come modificato dall'articolo 34-duodecies del decreto-legge n. 179 del 2012 ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015;
    l'articolo 1, comma 547 della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013) ha esteso, a sua volta, le previsioni dell'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, alle concessioni aventi ad oggetto il demanio marittimo, con finalità sportive, demanio lacuale e fluviale per concessioni con finalità turistico-ricreative e sportive nonché ai beni destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto;
    le citate proroghe non sembrerebbero comprendere le concessioni demaniali aventi carattere abitativo e/o residenziale;
    dev'essere, dunque, accelerato il procedimento diretto all'adozione del decreto legislativo di revisione e riordino della regolazione delle concessioni demaniali marittime, differenziando quelle di natura imprenditoriale da quelle di diversa natura, quali quelle con carattere abitativo e/o residenziale, e prevedendo in ogni caso diverse procedure di assentimento e/o di rinnovo garantendo la certezza del diritto e la parità di trattamento a tutti i concessionari del demanio pubblico,

impegna il Governo

nelle more dell'approvazione del decreto legislativo previsto dall'articolo 11 della legge n. 217 del 2011, a valutare la possibilità di includere le concessioni demaniali marittime a carattere abitativo e/o residenziale nella proroga al 2020 disposta dall'articolo 34-duodecies del decreto-legge n. 179 del 2012 e in subordine a verificare la possibilità di interpretare la norma di cui all'articolo 34-duodecies stesso come riferibile anche alle concessioni a carattere abitativo e/o residenziale.
9/2162-AR/2. (Testo modificato nel corso della seduta).  De Micheli.


   La Camera,
   premesso che:
    la provincia di Genova è creditrice, nei confronti dello Stato, di una somma pari a 32.611.388,65 euro, in conseguenza di trasferimenti erariali mai erogati dovuti a norma delle nuove disposizioni sul regime di tesoreria unica, vigenti dal 2008;
    le province, con la riforma in corso con il disegno di legge n. 1542 da poco approvato, stanno vivendo un momento di grave precarietà, con ripercussioni negative sui territori e sui servizi di cui gli enti provinciali sono ancora responsabili;
    la provincia di Genova ha sempre dato il suo contributo all'equilibrio complessivo della finanza pubblica, come richiesto dagli obblighi europei e nazionali, adottando una gestione finanziaria prudente e improntata al massimo rispetto della normativa vigente in materia di contabilità pubblica;
    la provincia di Genova a causa dei mancati pagamenti ha dovuto anticipare quanto dovutogli dallo Stato, al fine di non trovarsi nella situazione di non poter più assicurare i servizi pubblici essenziali, a partire dall'ambito vitale del trasporto, né garantire il pagamento dei propri debiti ai privati, in particolare enti e fondazioni non a scopo di lucro che operano nel campo della formazione professionale, delle politiche del lavoro e dell'assistenza agli studenti con disabilità;
    gli enti locali e i parlamentari liguri hanno ripetutamente sollecitato il Governo affinché provvedesse ai pagamenti dovuti;
    il Ministero degli interni ha già indicato nell'articolo 159 «pagamenti urgenti» del regolamento dell'amministrazione contabile del Ministero degli interni il capitolo da utilizzare nel caso in cui i due Ministeri decidessero di effettuare il pagamento,

impegna il Governo

nel rispetto della compatibilità di finanza pubblica, a provvedere con urgenza al versamento della somma dovuta alla provincia di Genova, in modo da consentire all'ente di onorare i propri debiti nei confronti dei propri creditori.
9/2162-AR/3Basso, Tullo, Carocci, Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, prevede che il finanziamento attribuito al comune di Lampedusa e Linosa a valere sul Fondo di sviluppo delle isole minori, per le annualità 2008 e 2009, pari a euro 1.421.021,13, venga interamente erogato e destinato alla realizzazione di interventi urgenti del comune per far fronte alla situazione di emergenza connessa all'accoglienza dei profughi e ai bisogni primari della comunità isolana;
    i dipendenti delle Aziende Sanitaria Provinciali (ASP) che, per motivi di servizio, devono raggiungere le isole minori, da tempo lamentano condizioni di disagio nei trasporti da e per le isole minori, anche relativamente ai costi che sono costretti a sostenere;
    i costi di trasporto da e per le isole minori sostenuti dai dipendenti ASP rappresentano una criticità che deve essere affrontata per consentire ai medesimi di svolgere al meglio le proprie mansioni;
    in attesa di un miglioramento delle condizioni di trasporto sarebbe preferibile ridurre i costi delle tariffe di trasporto per i dipendenti delle ASP al fine di compensare il disagio ricevuto ed evitare un aggravamento delle già precarie condizioni sociali ed economiche che interessano non solo i suddetti comuni, ma la regione Sicilia nel suo complesso,

impegna il Governo

nell'ambito delle proprie competenze, ad istituire un tavolo tecnico con le regioni al fine di prevedere tariffe agevolate nei trasporti da e per le isole minori per i lavoratori delle Aziende Sanitarie Provinciali, che non sono residenti nelle medesime ma, per ragioni di servizio, devono recarsi quotidianamente presso le stesse.
9/2162-AR/4Villarosa, D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, che si compone di 20 articoli recanti disposizioni di carattere sostanziale (divenuti 23 a seguito dell'esame in sede referente), reca un insieme di misure in materia di finanza degli enti locali, disposizioni in favore degli enti territoriali, nonché interventi volti a fronteggiare l'emergenza occupazionale nel settore della scuola, dei quali solo parzialmente dà conto il titolo, nel quale risulta in particolare assente ogni riferimento agli enti territoriali;
    alle omissioni presenti nel titolo, si aggiungono le carenze del preambolo. Lo scarno preambolo – a fronte di un testo tanto articolato ed esteso – si limita infatti a recitare: «(...) Considerata la straordinaria necessità ed urgenza di adottare disposizioni in materia di finanza locale, misure volte a consentire il superamento di situazioni di crisi finanziaria degli enti territoriali, nonché per garantire l'equilibrio di bilancio e la stabilità finanziaria dei medesimi: Considerata, altresì, la necessità ed urgenza di fronteggiare l'emergenza occupazionale nel settore della scuola; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 febbraio 2014; senza menzionare alcune delle misure contenute nel testo (come, ad esempio, l'abrogazione della norma sull'acquisto di spazi pubblicitari on-line, contenuta all'articolo 2, comma 1, lettera a), la quale non risulta neanche riconducibile agli ambiti materiali oggetto del decreto-legge), né le nuove o persistenti ragioni di necessità di urgenza che hanno portato all'emanazione delle disposizioni contenute all'articolo 16, comma 5, primo e secondo periodo, e all'articolo 17, comma 1, le quali riproducono, con limitate modificazioni, i contenuti, rispettivamente, dell'articolo 4, comma 1, primo e secondo periodo, del decreto-legge 31 dicembre 2013, n. 151 (in materia di compiti del nuovo Commissario straordinario di Roma capitale) e dell'articolo 3, comma 7, del medesimo decreto-legge in materia di trasporto ferroviario nella regione Valle d'Aosta;
    a tale proposito, si ricorda come, dalla giurisprudenza costituzionale, si possa ricavare una specifica indicazione in merito alla necessità che nel preambolo dei decreti-legge vengano indicati tutti gli elementi che, da un lato, appaiono indispensabili ai fini dell'individuazione del contenuto dei provvedimenti d'urgenza e – in circostanze analoghe a quella oggi all'esame – dei nuovi e sopravvenuti motivi ovvero dei persistenti presupposti di necessità e di urgenza che ne hanno determinato l'emanazione;
    in relazione al primo aspetto, si ricorda infatti che la giurisprudenza costituzionale annovera «tra gli indici alla stregua dei quali verificare se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza di provvedere, la evidente estraneità della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto legge in cui è inserita», nonché rispetto all'intestazione del decreto e al preambolo. A ciò consegue che – ferma restando la necessità di un'ulteriore riflessione in merito ai decreti-legge che si configurino come atti ab origine a contenuto plurimo, «di per sé non (...) esenti da problemi rispetto al requisito dell'omogeneità» (v. Corte cost., sent. n. 32 del 2014) che, come sempre raccomandato dal Comitato per la legislazione nei suoi pareri, sarebbe preferibile fossero sostituiti da «atti normativi urgenti del potere esecutivo distinti e separati» al fine di evitare «la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e finalità eterogenei, in ragione di presupposti, a loro volta, eterogenei» – l'analitica indicazione nel preambolo dei decreti-legge dei presupposti di necessità e di urgenza alla base delle misure adottate (accompagnata dalla menzione, nel titolo, dei singoli oggetti di disciplina), per quanto tra loro eterogenei, appare doverosa al fine di giustificare l'emanazione da parte del Governo di provvedimenti provvisori con forza di legge;
    in relazione al secondo aspetto, si ricorda che la Corte costituzionale, nella nota sentenza n. 360 del 1996, pur non avendo escluso in sé il fenomeno della reiterazione dei decreti-legge lo ha tuttavia ricondotto nell'alveo dell'articolo 77 della Costituzione, precisando come, nel caso di mancata conversione di un decreto-legge, il Governo non risulti spogliato del potere di intervenire nella stessa materia con lo strumento della decretazione d'urgenza, purché il successivo intervento governativo risulti caratterizzato da contenuti normativi sostanzialmente diversi ovvero da presupposti giustificativi nuovi di natura «straordinaria». La Corte richiede dunque che l'atto politico-giuridico che produce la reitera presenti alcuni requisiti di forma, consistenti nell'esplicitazione dei motivi sopravvenuti o persistenti di necessità e di urgenza che sono a fondamento della stessa, dei quali il decreto-legge all'esame risulta privo,

impegna il Governo

ad inserire nei preamboli dei decreti-legge tutti gli elementi che, alla luce della giurisprudenza costituzionale, appaiono indispensabili al fine di individuare compiutamente il contenuto dei provvedimenti d'urgenza e di motivare le ragioni che hanno indotto il Governo ad emanare provvedimenti provvisori con forza di legge, nonché, in fattispecie analoghe a quella all'esame, nella quale si ravvisa una seppur parziale e limitata reitera di disposizioni contenute in un decreto non convertito in legge, ad indicare analiticamente nei preamboli i nuovi e i sopravvenuti motivi, ovvero i persistenti presupposti di necessità e di urgenza che hanno determinato la reitera stessa.
9/2162-AR/5Taglialatela, Balduzzi, Businarolo, Cicu, Fabbri, Giorgis, Gianluca Pini, Sannicandro, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    dal tenore della norma di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), non emerge con chiarezza che la potestà accordata ai Comuni di superare il limite del 2,5 per mille previsto per la determinazione delle aliquote TASI per il 2014, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, sia esclusivamente condizionata al finanziamento di detrazioni d'imposta o altre misure sulle abitazioni principali e le unità immobiliari ad esse equiparate che generino effetti sul carico di imposta equivalenti a quelli determinatisi con riferimento all'IMU per la stessa tipologia di immobili, lasciando così agli stessi Comuni margini di discrezionalità rispetto alla destinazione del relativo extragettito per altre finalità di bilancio;
    inoltre, anche in considerazione della articolata disciplina IMU in materia di esenzioni e detrazioni, a cui la disciplina TASI è collegata, la formulazione della norma in commento non chiarisce se l'effetto equivalente sul carico d'imposta debba ritenersi riferito a ciascun immobile, se cioè ciascun contribuente deve trovarsi nelle medesime condizioni rispetto all'IMU, o a ciascuna tipologia di immobili, se cioè l'equivalenza debba riguardare analoghe «tipologie di immobili» e, conseguentemente, gli effetti sul singolo contribuente potrebbero essere diversi rispetto al carico impositivo IMU;
    dalla lettura della medesima disposizione sembrerebbe rimessa a ciascun comune anche la scelta relativa alle categorie di immobili sulle quali concentrare le detrazioni;
    a giudicare dalle prime deliberazioni dei comuni, le eventuali detrazioni si stanno rivelando di gran lunga inferiori non solo a quelli previsti dalla precedente Imu, pari a 200 euro per l'abitazione principale a cui aggiungere 50 euro per ogni figlio convivente, ma anche alla cifra di 115 euro individuata dall'Anci come soglia minima per pareggiare l'onere fiscale tra Imu e Tasi e quindi per continuare quantomeno ad esentare da quest'ultima coloro che erano già esenti dall'Imu,

impegna il Governo

a vigilare affinché sia garantita la piena autonomia dispositiva dei comuni in merito a importo delle detrazioni, modalità di selezione della platea dei beneficiari, determinazione delle categorie cui applicare la potenziale maggiorazione dello 0,8 per mille, anche in modo differenziato e progressivo, anche riservandosi di intervenire in corso d'anno per risolvere eventuali contenziosi interpretativi della norma, fermo restando l'impegno alla destinazione della sostanziale totalità del maggior gettito garantito dall'addizionale a riduzioni del carico fiscale sulle categorie più deboli.
9/2162-AR/6Paglia, Lavagno.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame interviene sulle modalità di versamento della TASI, che vengono rese omogenee a quelle dell'IMU, permettendo l'utilizzo esclusivamente del modello bancario o del bollettino postale;
    il pagamento delle imposte è un dovere per i cittadini, ma non può tradursi anche nell'esborso di commissioni e balzelli ulteriori, non versati al bilancio dello stato, ma intascato da intermediari che non sono enti di diritto pubblico e che hanno un indiretto beneficio dall'imposizione fiscale a carico dei cittadini,

impegna il Governo

ad adoperarsi, anche attraverso accordi con ABI e con Poste Italiane, per fare sì che nessuna commissione né altro costo aggiuntivo possa essere applicato dagli intermediari previsti dalla legge per il pagamento di imposte e tasse.
9/2162-AR/7Borghesi, Busin, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame interviene sulle modalità di versamento della TASI, che vengono rese omogenee a quelle dell'IMU, permettendo l'utilizzo esclusivamente del modello bancario o del bollettino postale;
    il pagamento delle imposte è un dovere per i cittadini, ma non può tradursi anche nell'esborso di commissioni e balzelli ulteriori, non versati al bilancio dello stato, ma intascato da intermediari che non sono enti di diritto pubblico e che hanno un indiretto beneficio dall'imposizione fiscale a carico dei cittadini,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di concludere accordi con Poste Italiane, per fare sì che nessuna commissione né altro costo aggiuntivo possa essere applicato dagli intermediari previsti dalla legge per il pagamento di imposte e tasse, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.
9/2162-AR/7. (Testo modificato nel corso della seduta).  Borghesi, Busin, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene, benché in maniera non organica, con singoli interventi che incidono sul comparto degli enti locali e sulla relativa disciplina di bilancio, nonché con alcuni interventi sul patto di stabilità, in particolare del comune di Roma per il quale le misure previste dal decreto sono escluse dalle entrate rilevanti ai fini del patto di stabilità interno;
    nel decreto si interviene sui bilanci di enti in disavanzo e sulle società partecipate dai relativi enti locali, prevedendo anche la possibilità di rivederne gli assetti di personale;
    appare oggi improcrastinabile una riforma complessiva delle norme che regolano il patto di stabilità interno per gli enti locali concedendo maggiore flessibilità non indifferenziata, ma solo a quegli enti virtuosi che abbiano già organizzato nel modo più efficiente la propria struttura interna;
    evidenti ragioni di buon senso dovrebbero indurre a misurare la virtuosità di un ente anche dalla capacità di razionalizzare il proprio personale e di non utilizzare la leva delle assunzioni facili per incontrare favore politico;
    tra le esigenze prioritarie segnalate dagli stessi comuni vi è quella di potere offrire risposte efficaci alla crescente richiesta di interventi per la sicurezza da parte dei cittadini, che si vedono minacciati ed indifesi rispetto ad una criminalità in crescita, conseguenza anche di provvedimenti di eccessivo lassismo giurisdizionale da parte del Governo,

impegna il Governo

ad adoperarsi per una riforma del patto di stabilità interno che consideri dirimente, nell'imposizione di obblighi di bilancio agli enti locali, il rapporto che si registra in ciascun ente tra il numero di abitanti che ricadono sotto la sua amministrazione ed il numero di dipendenti dell'ente stesso, in particolare per permettere investimenti anche in personale da parte dei comuni per la sicurezza dei cittadini.
9/2162-AR/8Bossi, Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    questo decreto interviene sul bilancio di alcuni enti locali, in particolare su quello del comune di Roma, e sulla relativa gestione finanziaria;
    il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 ha disposto la riduzione delle risorse destinate ai Comuni per un importo pari a 2 miliardi e 250 milioni di euro per l'anno 2013, così che la situazione della finanza pubblica locale risulta pertanto estremamente complessa, sia alla luce della pesante riduzione di risorse operata attraverso la rideterminazione dei trasferimenti erariali, sia per il fatto che le amministrazioni locali, proprio per sopperire a tali deficit, in numerosi casi ricorrono all'aumento delle imposte locali;
    gli enti locali, e non certo solo il comune di Roma, si sono trovati, in numerosi casi, in grande difficoltà nella messa a punto del bilancio di previsione 2014, anche a causa delle incertezze riguardanti la corretta quantificazione del gettito dell'imposta municipale unica;
    il provvedimento in esame autorizza il Commissario straordinario del Governo del comune di Roma ad inserire nella massa passiva di cui al documento predisposto per l'accertamento definitivo del debito, le eventuali ulteriori partite debitorie rivenienti da obbligazioni od oneri del comune di Roma anteriori al 28 aprile 2008,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assegnare maggiori risorse ai comuni che hanno evidenziato criticità nelle assegnazioni 2013 a valere sul Fondo di solidarietà comunale 2013.
9/2162-AR/9Matteo Bragantini, Busin, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 20 del decreto in esame reca disposizioni agevolative rispetto al Patto di stabilità interno in favore dei comuni della regione Abruzzo colpiti dal sisma del 2009;
    è sempre più indispensabile, prevedere risorse aggiuntive per far fronte all'altissimo livello di pericolosità del territorio nazionale in quanto risulta evidente che, se non si procederà al più presto ad effettuare un vasto piano di prevenzione e messa in sicurezza del territorio, sarà sempre più difficile ed insostenibile fare fronte agli interventi di risarcimento e di ricostruzione delle opere distrutte o danneggiate a seguito di danni provocati dalle calamità naturali;
    in numerosi casi gli enti locali, a causa dei stringenti vincoli del Patto di stabilità, non possono effettuare i necessari interventi per investire in opere di difesa idraulica,

impegna il Governo

ad attivare un programma di finanziamento pluriennale di interventi per il riassetto territoriale delle aree a rischio idrogeologico, escludendo dai vincoli del Patto di stabilità interno delle regioni e dei comuni le risorse investite per opere finalizzate alla difesa idraulica.
9/2162-AR/10Grimoldi, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 20 del decreto in esame reca disposizioni agevolative rispetto al Patto di stabilità interno in favore dei comuni della regione Abruzzo colpiti dal sisma del 2009;
    è sempre più indispensabile, prevedere risorse aggiuntive per far fronte all'altissimo livello di pericolosità del territorio nazionale in quanto risulta evidente che, se non si procederà al più presto ad effettuare un vasto piano di prevenzione e messa in sicurezza del territorio, sarà sempre più difficile ed insostenibile fare fronte agli interventi di risarcimento e di ricostruzione delle opere distrutte o danneggiate a seguito di danni provocati dalle calamità naturali;
    in numerosi casi gli enti locali, a causa dei stringenti vincoli del Patto di stabilità, non possono effettuare i necessari interventi per investire in opere di difesa idraulica,

impegna il Governo

ad attivare un programma di finanziamento pluriennale di interventi per il riassetto territoriale delle aree a rischio idrogeologico, rendendo compatibile il programma stesso con i vincoli del Patto di stabilità interno delle regioni e dei comuni.
9/2162-AR/10. (Testo modificato nel corso della seduta).  Grimoldi, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento interviene in materia di trasporto regionale ferroviario, prevedendo, tra l'altro il blocco delle azioni esecutive in relazione alla situazione del trasporto regionale campano;
    nel 2011 è stato istituito un Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, con una dotazione di 400 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2011. Successivamente l'articolo 30, comma 3, del decreto legge n. 201 del 2011 ha incrementato il Fondo di 800 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012;
    da ultimo il sistema del finanziamento del trasporto pubblico locale è stato riformato dall'articolo 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013) che ha istituito il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, alimentato da una quota di compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L'aliquota di compartecipazione verrà determinata con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in misura tale che la dotazione del Fondo corrisponda agli attuali stanziamenti, con una maggiorazione di 465 milioni di euro per l'anno 2013, 443 milioni di euro per l'anno 2014 e 507 milioni di euro annui a decorrere dal 2015. La norma detta disposizioni per la ripartizione del Fondo, prevedendo criteri di ripartizione finalizzati alla razionalizzazione e al miglioramento dell'efficienza del servizio;
    questi sono i fondi a disposizione di tutte le regioni italiane, che tutte le regioni denunciano come del tutto insufficienti alle esigenze di servizio, e soprattutto sono ripartite senza alcuna corrispondenza con il livello di efficacia e di efficienza nella erogazione del servizi,

impegna il Governo

ad adoperarsi per una assegnazione adeguata di risorse per il trasporto regionale ferroviario ed una loro ripartizione che tenga conto della qualità del servizio offerto a livello regionale.
9/2162-AR/11Allasia, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento interviene in materia di trasporto regionale ferroviario, prevedendo, tra l'altro il blocco delle azioni esecutive in relazione alla situazione del trasporto regionale campano;
    nel 2011 è stato istituito un Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, con una dotazione di 400 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2011. Successivamente l'articolo 30, comma 3, del decreto legge n. 201 del 2011 ha incrementato il Fondo di 800 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012;
    da ultimo il sistema del finanziamento del trasporto pubblico locale è stato riformato dall'articolo 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013) che ha istituito il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, alimentato da una quota di compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L'aliquota di compartecipazione verrà determinata con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in misura tale che la dotazione del Fondo corrisponda agli attuali stanziamenti, con una maggiorazione di 465 milioni di euro per l'anno 2013, 443 milioni di euro per l'anno 2014 e 507 milioni di euro annui a decorrere dal 2015. La norma detta disposizioni per la ripartizione del Fondo, prevedendo criteri di ripartizione finalizzati alla razionalizzazione e al miglioramento dell'efficienza del servizio;
    questi sono i fondi a disposizione di tutte le regioni italiane, che tutte le regioni denunciano come del tutto insufficienti alle esigenze di servizio, e soprattutto sono ripartite senza alcuna corrispondenza con il livello di efficacia e di efficienza nella erogazione del servizi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di disciplinare un'assegnazione adeguata di risorse per il trasporto regionale ferroviario ed una loro ripartizione che tenga conto della qualità del servizio offerto a livello regionale.
9/2162-AR/11. (Testo modificato nel corso della seduta).  Allasia, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione reca disposizioni riguardanti il debito pregresso e la gestione debitoria corrente di Roma Capitale, ed interviene per evitare una definizione del bilancio capitolino non in equilibrio;
    a partire dal 2008 più di 20 miliardi di debito di Roma sono stati progressivamente spostati sulla gestione commissariale della Capitale, laddove verranno gradualmente ripianati con fondi a carico del bilancio dello Stato;
    Roma Capitale ha partecipazioni dirette in 21 società, per lo più S.p.A. e S.r.l. (due delle quali oggi in liquidazione) una mutua assicuratrice e due Aziende Speciali. Tra queste imprese, una è quotata in borsa (ACEA S.p.A.) e nove sono comunali al 100 per cento (tra le più note ATAC S.p.A. e AMA S.p.A.). Nelle imprese partecipate direttamente sono impiegate circa 37.000 persone, mentre il Comune impiega circa 25.000 dipendenti;
    al 30 giugno 2012, quando per l'ultima volta Roma capitale ha fornito i dati in ossequio alla legge finanziaria 2007, gli amministratori di nomina capitolina erano circa cinquanta e nel complesso percepivano compensi per 4.600.000 euro;
    a fronte di tali compensi, i risultati, soprattutto nelle società interamente partecipate da Roma Capitale, si sono rivelati molto negativi. Su tutti il caso del gruppo ATAC il cui debito ammonta oggi a 1,6 miliardi di euro,

impegna il Governo

a elaborare e trasmettere al Parlamento una relazione riguardo alle partecipazioni detenute da tutti i comuni con più di 50 mila abitanti e sullo stato di salute economico finanziaria di tali partecipazioni, nell'ottica di scongiurare ulteriori interventi a carico del bilancio dello Stato per riequilibrare i bilanci di enti locali.
9/2162-AR/12Buonanno, Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione reca disposizioni riguardanti il debito pregresso e la gestione debitoria corrente di Roma Capitale, ed interviene per evitare una definizione del bilancio capitolino non in equilibrio;
    a partire dal 2008 più di 20 miliardi di debito di Roma sono stati progressivamente spostati sulla gestione commissariale della Capitale, laddove verranno gradualmente ripianati con fondi a carico del bilancio dello Stato;
    Roma Capitale ha partecipazioni dirette in 21 società, per lo più S.p.A. e S.r.l. (due delle quali oggi in liquidazione) una mutua assicuratrice e due Aziende Speciali. Tra queste imprese, una è quotata in borsa (ACEA S.p.A.) e nove sono comunali al 100 per cento (tra le più note ATAC S.p.A. e AMA S.p.A.). Nelle imprese partecipate direttamente sono impiegate circa 37.000 persone, mentre il Comune impiega circa 25.000 dipendenti;
    al 30 giugno 2012, quando per l'ultima volta Roma capitale ha fornito i dati in ossequio alla legge finanziaria 2007, gli amministratori di nomina capitolina erano circa cinquanta e nel complesso percepivano compensi per 4.600.000 euro;
    a fronte di tali compensi, i risultati, soprattutto nelle società interamente partecipate da Roma Capitale, si sono rivelati molto negativi. Su tutti il caso del gruppo ATAC il cui debito ammonta oggi a 1,6 miliardi di euro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di elaborare e trasmettere al Parlamento una relazione riguardo alle partecipazioni detenute da tutti i comuni con più di 50 mila abitanti e sulla situazione economico finanziaria di tali partecipazioni, nell'ottica di scongiurare ulteriori interventi a carico del bilancio dello Stato per riequilibrare i bilanci di enti locali.
9/2162-AR/12. (Testo modificato nel corso della seduta).  Buonanno, Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione reca misure inerenti il bilancio del comune di Roma e la gestione dei debiti e dei crediti di tale ente;
    la stessa Capitale ha a più riprese manifestato l'ambizione di ospitare grandi eventi sportivi internazionali, da ultimo la proposta di Roma come sede per i giochi olimpici del 2024;
    l'ambizione della città ad ospitare i giochi risale già al 1996, quando la candidatura proposta dall'allora sindaco Rutelli per l'anno 2004 fu scartata dal Comitato olimpico internazionale a favore di Atene; a distanza di quasi 10 anni, molti imputano proprio allo sforzo economico per l'organizzazione delle olimpiadi, eccessivo per le finanze elleniche, l'inizio delle difficoltà per il bilancio greco;
    la nuova candidatura di Roma come sede per i giochi olimpici del 2020 è stata bloccata dal Governo Monti nel febbraio 2012, quando il premier tecnico non ha ritenuto di firmare la necessaria lettera di impegno economico da parte del Governo anche per non gravare sui contribuenti mentre si approntavano misure restrittive in termini di tasse, di lavoro e di pensioni;
    la proposta del premier Letta avanzata in primavera di candidare Roma ai giochi del 2024, ha subito trovato entusiastico accoglimento da parte di tutti gli amministratori coinvolti, il sindaco ed il presidente della regione, comprese le opposizioni, come l'ex sindaco Alemanno;
    in tema di eventi sportivi internazionali, è ancora forte il brutto ricordo dell'organizzazione nella Capitale dei mondiali di nuoto 2009, dove ad un ingente impegno finanziario non è corrisposta alcuna eredità di strutture sportive né infrastrutture, e la competizione si è svolta in impianti improvvisati dopo che i lavori per le piscine non sono stati conclusi o sono state realizzate strutture inservibili perché fuori misura regolamentare;
    la candidatura della città di Roma appare alquanto, velleitaria considerando la situazione finanziaria del Comune. A seguito della nomina (articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008) di un Commissario straordinario del Governo per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del comune di Roma e delle società da esso partecipate, nel 2010 era stato accertato un debito fuori bilancio pari a 22,4 miliardi. Al 31 dicembre del 2012 il debito lordo del comune di Roma risulta di 16,8 miliardi di euro, di cui 4 miliardi e 432 milioni di oneri non finanziari e 12 miliardi e 370 milioni di debiti finanziari;
    con il decreto-legge n. 78 del 2010 (articolo 14) è stato definito un contributo a carico del bilancio dello Stato a decorrere dall'anno 2011 di 500 milioni all'anno, fino al completo ripianamento del debito e dei relativi oneri finanziari;
    di questi, 300 milioni sono a carico dell'erario, 200 sono a carico di Roma Capitale che però deve recuperarli con l'aumento delle addizionali comunali Irpef e dell'addizionale sui diritti d'imbarco per i passeggeri degli aeroporti di Fiumicino e Ciampino;
    da ultimo, il provvedimento in esame come inizialmente concepito avrebbe dovuto prevedere un ulteriore aumento delle addizionali IRPEF per un ammontare di 150 milioni di euro annui, necessari per l'equilibrio del bilancio del Comune,

impegna il Governo

a non appoggiare alcuna candidatura della città di Roma ad alcun evento internazionale fino a quando non saranno ripianati tutti i debiti della gestione commissariale di Roma capitale.
9/2162-AR/13Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene, benché in maniera non organica, con singoli interventi che incidono sul comparto degli enti locali e sulla relativa disciplina di bilancio, nonché con alcuni interventi sul patto di stabilità, in particolare del comune di Roma per il quale le misure previste dal decreto sono escluse dalle entrate rilevanti ai fini del patto di stabilità interno;
    appare oggi improcrastinabile una riforma complessiva delle norme che regolano il patto di stabilità interno che superi le attuali rigidità concedendo maggiore flessibilità non indifferenziata, ma solo a quegli enti virtuosi che abbiano già organizzato nel modo più efficiente la propria struttura interna;
    tra le esigenze prioritarie segnalate dagli stessi comuni vi è quella di potere offrire risposte efficaci alla crescente richiesta di interventi per la sicurezza da parte dei cittadini, che si vedono minacciati ed indifesi rispetto ad una criminalità in crescita, conseguenza anche di provvedimenti di eccessivo lassismo giurisdizionale da parte del Governo;
    si rileva la gravità della sfida rappresentata dal degrado delle condizioni di sicurezza in parti del territorio nazionale sempre più ampie, situazione oggetto di frequenti atti di sindacato ispettivo;
    proprio l'insufficienza delle capacità delle forze dell'ordine è spesso alla base della scelta di ricorrere anche alle Forze Armate, che si vedono affidare funzioni di concorso nel mantenimento della sicurezza interna, da ultimo con riferimento all'emergenza ambientale nella cosiddetta Terra dei Fuochi;
    è disponibile un importante bacino di capacità addizionali, quello delle Polizie locali, valorizzabile attraverso il loro inserimento in un progetto organico di promozione della sicurezza nei Comuni, di cui sussistono già alcuni elementi, ma che andrebbe completato;
    il rispetto del cosiddetto Patto di stabilità interno pregiudica a numerosi comuni, anche virtuosi, la possibilità di procedere a reclutamenti nelle forze delle Polizie locali,

impegna il Governo

ad adottare quanto prima misure idonee a migliorare il coordinamento sul campo tra le forze di polizia di Stato e quelle locali, a valorizzare il ruolo dei sindaci nella difesa dell'ordine pubblico e a sottrarre le spese per la sicurezza dal vincolo imposto ai comuni con il Patto di stabilità interno.
9/2162-AR/14Molteni, Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche;
    il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 ha disposto ulteriori riduzioni ai bilanci dei Comuni e la situazione della finanza pubblica locale risulta pertanto estremamente complessa;
    gli enti locali si sono trovati, in numerosi casi, in grande difficoltà nella costruzione del bilancio di previsione 2013, proprio a causa delle incertezze riguardanti la corretta quantificazione del gettito dell'imposta municipale unica;
    alcuni comuni, nonostante le difficoltà nel recuperare le risorse necessarie, sono riusciti ad evitare un aumento della tassazione immobiliare IMU sulla prima casa, riuscendo così a sgravare i propri cittadini dall'onere di un aggravio fiscale, particolarmente oneroso in una situazione economica tanto complessa come quella attuale;
    l'articolo 7 del provvedimento in esame interviene sulla nota questione della verifica del gettito IMU 2013 al fine di assicurare la più precisa ripartizione del fondo di solidarietà comunale e stabilendo, sulla base di una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali, la verifica di detto gettito dell'imposta municipale propria dell'anno 2013, con particolare riferimento alla distribuzione degli incassi relativi ai fabbricati di categoria D;
    l'articolo 16 del provvedimento in esame autorizza il Commissario straordinario del Governo del comune di Roma ad inserire nella massa passiva di cui al documento predisposto per l'accertamento definitivo del debito, le eventuali ulteriori partite debitorie rivenienti da obbligazioni od oneri del comune di Roma anteriori al 28 aprile 2008,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assegnare maggiori risorse ai comuni che hanno evidenziato criticità nelle assegnazioni 2013 a valere sul Fondo di solidarietà comunale 2013, in particolar modo per quei comuni dove è notevole il valore del gettito degli immobili catastali D.
9/2162-AR/15Busin, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche;
    evidenziata la grave difficoltà nelle quale si ritrovano oggi numerosi enti locali, e che tali problematicità sono da imputare per lo più ai vincoli imposti dal Patto di stabilità interno (PSI) il quale impone agli enti medesimi il raggiungimento di un obbiettivo di saldo finanziario per il concorso dell'ente stesso al contenimento dei saldi di finanza pubblica;
    le attuali modalità di applicazione del PSI hanno negative ricadute soprattutto sulle spese di investimento, dal momento che queste subiscono, a causa dei limiti oggi imposti, gravi ritardi nei tempi di finalizzazione, in quanto l'utilizzo del principio di competenza mista obbliga gli enti a posticipare queste spese,

impegna il Governo

a rivedere l'impianto del Patto di stabilità interno per gli enti locali.
9/2162-AR/16Caon, Busin, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche;
    l'articolo 16 del provvedimento in esame autorizza il Commissario straordinario del Governo del comune di Roma ad inserire nella massa passiva di cui al documento predisposto per l'accertamento definitivo del debito, le eventuali ulteriori partite debitorie rivenienti da obbligazioni od oneri del comune di Roma anteriori al 28 aprile 2008;
    il decreto-legge 31 ottobre 2013 n. 126, poi decaduto, recava al suo interno analoghe disposizioni a favore del comune di Roma, ed anzi, allo scopo di sostenere con più vigore la difficile situazione delle casse comunali, lo stesso introduceva, al comma 6 dell'articolo 1, un nuovo comma 18-bis all'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, il quale prevedeva che l'incremento dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche attribuita al comune di Roma non rileva ai fini della determinazione del limite massimo della variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale previsto dall'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in ragione della difficile situazione finanziaria dell'ente comunale e allo scopo di non utilizzare ulteriori misure legislative di finanza pubblica, di permettere l'incremento della misura dell'aliquota dell'addizionale comunale all'IRPEF.
9/2162-AR/17Attaguile, Busin, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche;
    ad oggi il provvedimento non risulta corredato né della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), né della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), senza che nella relazione di accompagnamento si riferisca in merito all'eventuale esenzione dall'obbligo di redigerla, in difformità dunque da quanto statuito dall'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 170 del 2008;
    appare opportuno che il provvedimento sia corredato dei suddetti documenti in occasione dell'esame da parte dell'altro ramo del Parlamento,

impegna il Governo

a valutare la l'opportunità di integrare in tempi utili il provvedimento con la relazione sull'analisi tecnico-normativa e la relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione.
9/2162-AR/18Fedriga, Busin, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche;
    preso atto della difficile situazione nella quale si ritrovano numerosi enti locali la quale ha determinato una conseguente riduzione del livello dei servizi in favore dei cittadini;
    proprio a causa della gravità della situazione, gli enti locali hanno dovuto rivedere completamente la loro pianificazione economica e finanziaria;
    già nel corso del 2013 le continue modifiche normative alla finanza locale hanno determinato grave instabilità al quadro normativo ed economico dei comuni, con gravi ripercussioni tanto per i cittadini quanto per gli amministratori locali;
    l'attuale situazione della finanza locale è particolarmente grave, sia alla luce della pesante riduzione di risorse negli ultimi anni a carico dei Comuni, sia per il fatto che gli amministratori locali si stanno muovendo in quadro normativo estremamente incerto ed instabile, tanto che anche il provvedimento in esame differisce ulteriormente i termini per l'approvazione dei bilanci preventivi 2014,

impegna il Governo

a prevedere un immediato riordino del quadro normativo di finanza per gli enti locali chiaro e coerente con la attuale situazione economica, evitando un nuovo aggravio sulla finanza locale ed escludendo continue e reiterate modifiche normative in ambito di programmazione economico-finanziaria dei medesimi enti.
9/2162-AR/19Invernizzi, Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche;
    il terzo articolo del provvedimento in discussione detta disposizioni volte ad ampliare le possibilità di accesso alle procedure di riequilibrio finanziario da parte degli enti locali che si trovino in difficoltà finanziarie suscettibili di provocarne il dissesto;
    anche la legge di stabilità 2014, recentemente approvata, era intervenuta su tale problematicità, consentendo la riproposizione, da parte degli enti locali interessati della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale riferita non al giudizio negativo della Corte dei conti, bensì a quello espresso dall'organo consiliare dell'ente;
    il comma 573 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 infatti introduceva, per l'esercizio 2014, in favore degli enti locali che hanno avuto il diniego d'approvazione da parte del consiglio comunale del piano di riequilibrio finanziario e che non abbiano, tuttavia, ancora dichiarato il dissesto finanziario, come invece previsto dall'articolo 243-quater, comma 7, del TUEL, la possibilità di riproporre la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall'articolo 243-bis,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un intervento legislativo di riordino complessivo della normativa in materia di dissesto finanziario degli enti locali.
9/2162-AR/20Marcolin, Busin, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche;
    il provvedimento prevede per il solo comune di Venezia, benché non abbia rispettato il Patto di stabilità interno per l'anno 2013, di essere esentato dalla sanzione derivante, che gli impedirebbe di procedere ad ulteriori assunzioni di personale per l'anno 2014;
    osservando come non sia chiara la corrispondenza tra le richieste di maggiori assunzioni e il loro tradursi in nuovi o migliori servizi per i cittadini di Venezia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che eventuali nuove richieste di sforamento da parte del comune di Venezia possano essere assecondate, se necessarie per il bene della popolazione veneziana, solo a seguito di un commissariamento dell'attuale amministrazione.
9/2162-AR/21Prataviera, Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche;
    il decreto in esame interviene, a dispetto del titolo, non con generiche disposizioni in materia di finanza locale, bensì soprattutto con interventi mirati a sostegno di singoli enti locali o realtà regionali, che sono accomunati dal fatto di presentare bilanci in disavanzo, persistenti squilibri gestionali e patrimoniali, o che evidenziano, a seguito di specifiche analisi condotte dalla magistratura contabile, incapacità strutturali di gestire la riscossione della propria fiscalità, sulla quale sono costruiti i bilanci;
    la stragrande maggioranza degli enti di cui alla precedente premessa sono localizzati in alcune aree del Paese;
    contestualmente agli interventi, previsti non solo da questo decreto, ma da plurime disposizioni normative, a sostegno di enti in disavanzo od in dissesto per garantirne la sopravvivenza o la funzionalità, si è assistito ad un progressivo aumento della pressione fiscale in tutto il Paese;
    affermazioni inerenti a questo tema e che ricalcano lo spirito di queste premesse sarebbero state pronunciate anche, stando a quanto riportato dalla stampa, nelle intercettazioni telefoniche dei 24 cosiddetti secessionisti veneti arrestati la settimana scorsa,

impegna il Governo

a trasmettere al Parlamento una relazione contenente un raffronto tra il numero degli enti in disavanzo ed in dissesto suddivisi per le tre macro aree del Paese del nord, del centro e del sud.
9/2162-AR/22Gianluca Pini, Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene, benché in maniera non organica, con singoli interventi che incidono sul comparto degli enti locali e sulla relativa disciplina di bilancio, nonché con alcuni interventi sul patto di stabilità, in particolare del comune di Roma per il quale le misure previste dal decreto sono escluse dalle entrate rilevanti ai fini del patto di stabilità interno;
    nel decreto si interviene sui bilanci di enti in disavanzo e sulle società partecipate dai relativi enti locali, prevedendo anche la possibilità di rivederne gli assetti di personale;
    appare oggi improcrastinabile una riforma complessiva delle norme che regolano il patto di stabilità interno per gli enti locali concedendo maggiore flessibilità non indifferenziata, ma solo a quegli enti virtuosi che abbiano già organizzato nel modo più efficiente la propria struttura interna;
    evidenti ragioni di buon senso dovrebbero indurre a misurare la virtuosità di un ente anche dalla capacità di razionalizzare il proprio personale e di non utilizzare la leva delle assunzioni facili per incontrare favore politico,

impegna il Governo

ad adoperarsi per una riforma del patto di stabilità interno che preveda una normativa più favorevole per i comuni che registrano un rapporto tra il numero di abitanti ed il numero di dipendenti dell'ente stesso inferiore alla media nazionale.
9/2162-AR/23Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene, benché in maniera non organica, con singoli interventi che incidono sul comparto degli enti locali e sulla relativa disciplina di bilancio, nonché con alcuni interventi sul patto di stabilità, in particolare del comune di Roma per il quale le misure previste dal decreto sono escluse dalle entrate rilevanti ai fini del patto di stabilità interno;
    nel decreto si interviene sui bilanci di enti in disavanzo e sulle società partecipate dai relativi enti locali, prevedendo anche la possibilità di rivederne gli assetti di personale;
    appare oggi improcrastinabile una riforma complessiva delle norme che regolano il patto di stabilità interno per gli enti locali concedendo maggiore flessibilità non indifferenziata, ma solo a quegli enti virtuosi che abbiano già organizzato nel modo più efficiente la propria struttura interna;
    evidenti ragioni di buon senso dovrebbero indurre a misurare la virtuosità di un ente anche dalla capacità di razionalizzare il proprio personale e di non utilizzare la leva delle assunzioni facili per incontrare favore politico,

impegna il Governo

nell'ambito della riforma del patto di stabilità interno ad assumere iniziative per una normativa più favorevole per i comuni che registrano un rapporto tra il numero di abitanti ed il numero di dipendenti dell'ente stesso inferiore alla media nazionale.
9/2162-AR/23. (Testo modificato nel corso della seduta).  Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche;
    il decreto interviene con diverse disposizioni puntuali a sanare situazioni al limite della procedura di dissesto o anche oltre, intervenendo con dispositivi di legge e fondi pubblici in favore di enti le cui amministrazioni non hanno saputo produrre bilanci solidi, non hanno saputo riscuotere la propria fiscalità, non hanno effettuato interventi di efficientamento della propria amministrazione;
    l'intervento del legislatore nazionale, in spregio a qualunque principio di responsabilità e senza tenere conto di alcun principio di virtuosità, appare anche eticamente scorretto di fronte al fatto che gli enti bene amministrati non hanno visto alcun vantaggio in termini di allentamento del Patto di stabilità interno o della possibilità di effettuare investimenti od interventi a supporto dei propri cittadini;
    l'attuale situazione della finanza locale è particolarmente grave, sia alla luce della pesante riduzione di risorse negli ultimi anni a carico dei comuni, sia per il fatto che gli amministratori locali si stanno muovendo in quadro normativo estremamente incerto ed instabile,

impegna il Governo

ad attuare e rafforzare la normativa in materia di federalismo fiscale al fine di far coincidere la decisione di spesa di ciascun ente con l'assunzione di responsabilità diretta da parte dei suoi amministratori.
9/2162-AR/24Rondini, Busin, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche;
    il provvedimento interviene, benché in maniera non organica, con singoli interventi che incidono sul comparto degli enti locali e sulla relativa disciplina di bilancio, nonché con alcuni interventi sul patto di stabilità, in particolare del comune di Roma per il quale le misure previste dal decreto sono escluse dalle entrate rilevanti ai fini del patto di stabilità interno;
    per il comune di Concesio in provincia di Brescia una sentenza di rivalutazione di alcuni terreni soggetti ad esproprio rischia di creare un insostenibile squilibrio di bilancio, benché l'amministrazione abbia sempre correttamente operato;
    il Piano insediamento produttivo di Concesio è stato approvato fin dall'anno 2000. Successivamente due dei proprietari delle aree interessate hanno intentato una serie di ricorsi contro il comune di Concesio opponendosi alla determinazione del valore di esproprio, che hanno da ultimo vinto;
    le amministrazioni comunali, succedutesi, hanno operato nella massima correttezza, sul piano amministrativo, ottenendo ben due sentenze favorevoli del Consiglio di Stato del 2004 e del 2005, oltre al pronunciamento favorevole della Commissione Provinciale Espropri;
    l'amministrazione comunale aveva applicato l'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, che allora disciplinava la procedura di esproprio, ma a seguito del procrastinarsi della sentenza relativa al ricorso dei proprietari e della coincidenza temporale di sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo, avvenuta nel 2006, recepita dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 348 del 2007, si arrivava all'annullamento della legge sopra citata;
    l'annullamento della legge usato (allora in piena legittimità) per condurre e valorizzare l'esproprio ha condotto alla riesumazione di una legge di quasi 150 anni fa, promulgata agli albori dello Stato unitario, attribuendo quale valore di esproprio euro 150,00 per metro quadrato contro il valore di esproprio stabilito dalla Commissione Provinciale di euro 55,00 per metro quadrato;
   il comune di Concesio e conseguentemente gli assegnatari dell'area P.l.P. dovranno sostenere un enorme costo aggiuntivo di quasi sette milioni di euro,

impegna il Governo

ad escludere, per l'anno 2014 dai saldi contabilizzati ai fini del rispetto del patto di stabilità interno le eventuali maggiori somme dovute da enti locali fino a 20 mila abitanti per la rivalutazione dei valori di esproprio a seguito della sentenza n. 348 del 2007 della Corte Costituzionale relative a procedure di esproprio già deliberate al 31 dicembre 2007.
9/2162-AR/25Caparini, Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche;
    il provvedimento interviene, benché in maniera non organica, con singoli interventi che incidono sul comparto degli enti locali e sulla relativa disciplina di bilancio, nonché con alcuni interventi sul patto di stabilità, in particolare del comune di Roma per il quale le misure previste dal decreto sono escluse dalle entrate rilevanti ai fini del patto di stabilità interno,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di rivedere la disciplina della contabilizzazione ai fini del rispetto del patto di stabilità interno delle eventuali maggiori somme dovute da enti locali per la rivalutazione dei valori di esproprio a seguito della sentenza n. 348 del 2007 della Corte Costituzionale relative a procedure di esproprio già deliberate al 31 dicembre 2007.
9/2162-AR/25. (Testo modificato nel corso della seduta).  Caparini, Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, recante disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche, prevede la riproposizione di una serie di norme difformi, eterogenee, alcune delle quali senza alcun requisito d'urgenza, già contenute nei precedenti decreti legge n. 126 del 2013 e n. 151 del 2013, entrambi decaduti;
    il provvedimento in particolare, stabilisce all'articolo 4 una specifica procedura di riassorbimento graduale delle somme attribuite al personale delle regioni e degli enti locali in violazione dei vincoli finanziari imposti alla contrattazione collettiva integrativa;
    i commi 1 e 2 della suindicata disposizione, stabiliscono l'obbligatorietà, per le regioni e gli enti locali che non abbiano rispettato i vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva integrativa, di recuperare integralmente, a valere sulle risorse finanziarie destinate alla stessa contrattazione, rispettivamente al personale dirigenziale e non dirigenziale, le somme indebitamente erogate, attraverso il loro graduale riassorbimento, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento di tali vincoli;
    nei predetti casi le regioni e gli enti locali devono inoltre adottare misure di contenimento della spesa per il personale, attraverso misure di razionalizzazione organizzativa e di riduzione delle dotazioni organiche del personale;
    il comma 3 del medesimo articolo 4 stabilisce che la sanzione della nullità delle clausole contrattuali adottate in violazione dei vincoli finanziari imposti alla contrattazione collettiva integrativa non trovi applicazione con riferimento ai soli atti di utilizzo dei fondi per la contrattazione decentrata adottati entro una certa data, che non abbiano comportato il superamento dei vincoli finanziari per la costituzione dei medesimi fondi, a condizione che le regioni e gli enti locali abbiano rispettato il patto di stabilità interno, la vigente disciplina in materia di spese ed assunzione di personale, nonché le disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, che ha recato una serie di interventi volti al contenimento delle spese in materia di impiego pubblico;
    il mancato rispetto dei vincoli finanziari delle suindicate disposizioni per la contrattazione collettiva è derivato a seguito di un'attività di monitoraggio avviata dall'Ispettorato per la funzione pubblica nel 2009, che ha provveduto ad informare la Corte dei Conti che ha intrapreso una serie di verifiche al fine di accertare la natura della violazione delle suindicate condizioni vincolanti;
    le disposizioni in precedenza esposte, rilevano un'evidente confusione e disorientamento in ordine all'effettiva applicazione delle disposizioni a valere sulle risorse finanziarie destinate alla medesima contrattazione, evidenziando la necessità di un intervento volto a rafforzare il controllo da parte dell'amministrazione competente,

impegna il Governo

ad intensificare l'attività di sorveglianza e monitoraggio previsto per il trattamento economico accessorio del personale dipendente rispettivamente dell'area dirigenziale e non dirigenziale, finanziato tramite il fondo delle risorse decentrate la cui disciplina fondamentale è contenuta negli articoli 31 e 32 del CCNL 22 gennaio 2004 e nell'articolo 15 del CCNL 1o aprile 1999, ed evitare il perpetuarsi di violazione dei vincoli finanziari imposti dalla contrattazione collettiva integrativa.
9/2162-AR/26Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione, in legge del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, prevede una serie di disposizioni peraltro già proposte nell'identico contenuto, nei precedenti decreti rispettivamente n.126 e n. 151, che intervengono in materia di finanza degli enti locali;
    l'articolo 4 in particolare indica una particolare procedura di riassorbimento graduale delle somme attribuite al personale delle regioni e degli enti locali in violazione dei vincoli finanziari imposti alla contrattazione collettiva integrativa;
    la disposizione in precedenza esposta, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa al provvedimento, rientra nell'ambito di una serie di rilievi del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, con riferimento ad alcune amministrazioni dello Stato, che ha evidenziato numerose situazioni di illegittimità relative alla costituzione e utilizzazione del fondo per la contrattazione decentrata, con riguardo all'appostamento di risorse in misura superiore a quella consentita e all'attribuzione di indennità accessorie non in linea con il vigente quadro regolativo;
    il mancato rispetto dei vincoli finanziari per la contrattazione collettiva, evidenzia una palese lacuna, nell'ambito della struttura normativa che compone l'utilizzo del «Fondo per il salario accessorio» e la ripartizione delle quote tra quelle fisse e variabili attribuite per le indennità fisse e accessorie, richiedendo conseguentemente un perfezionamento della norma interessata,

impegna il Governo

a rivisitare in maniera incisiva l'intero quadro regolatorio che disciplina l'utilizzo delle risorse, per la contrattazione integrativa nel settore pubblico contenuta nell'articolo 40, comma 3-quinquies, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
9/2162-AR/27Latronico.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito delle articolate ed eterogenee disposizioni contenute all'interno del disegno di legge di conversione, l'articolo 4 prevede una specifica procedura di riassorbimento graduale delle somme attribuite al personale delle regioni e degli enti locali in violazione dei vincoli finanziari imposti alla contrattazione collettiva integrativa;
    i commi 1 e 2 dispongono l'obbligo, per le regioni e gli enti locali che non abbiano rispettato i vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva integrativa, di recuperare integralmente, a valere sulle risorse finanziarie destinate alla stessa contrattazione, rispettivamente al personale dirigenziale e non dirigenziale, le somme indebitamente erogate, attraverso il loro graduale riassorbimento, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento di tali vincoli;
    nei suindicati casi le regioni e gli enti locali devono adottare misure di contenimento della spesa per il personale attraverso misure di razionalizzazione organizzativa garantendo in ogni caso la riduzione delle dotazioni organiche entro i parametri definiti dal decreto (a cadenza triennale) previsto dall'articolo 263, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000;
    al fine di conseguire l'effettivo contenimento della spesa, per le unità di personale eventualmente risultanti in soprannumero in virtù dei richiamati piani di riorganizzazione, trovano applicazione le disposizioni previste dall'articolo 2; commi 11 e 12, del decreto-legge n. 95 del 2012, applicando i limiti temporali indicati, nei limiti temporali della vigenza della predetta norma. Le cessazioni dal servizio conseguenti alle misure di riorganizzazione non possono essere calcolate come risparmio utile per definire l'ammontare delle disponibilità finanziarie da destinare alle assunzioni o il numero delle unità sostituibili in relazione alle limitazioni del turn over;
    con riferimento alle suindicate considerazioni il provvedimento non appare chiaro in merito al riferimento ai «limiti temporali della vigenza della predetta norma», posto che i commi richiamati presentano una pluralità di limiti temporali,

impegna il Governo

a chiarire in ordine ai limiti temporali della vigenza della norma esposta in premessa ed evitare il verificarsi di controversie in sede di giurisdizione amministrativa.
9/2162-AR/28Milanato.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito delle articolate ed eterogenee disposizioni contenute all'interno del disegno di legge di conversione, l'articolo 4 prevede una specifica procedura di riassorbimento graduale delle somme attribuite al personale delle regioni e degli enti locali in violazione dei vincoli finanziari imposti alla contrattazione collettiva integrativa;
    i commi 1 e 2 dispongono l'obbligo, per le regioni e gli enti locali che non abbiano rispettato i vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva integrativa, di recuperare integralmente, a valere sulle risorse finanziarie destinate alla stessa contrattazione, rispettivamente al personale dirigenziale e non dirigenziale, le somme indebitamente erogate, attraverso il loro graduale riassorbimento, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento di tali vincoli;
    nei suindicati casi le regioni e gli enti locali devono adottare misure di contenimento della spesa per il personale attraverso misure di razionalizzazione organizzativa garantendo in ogni caso la riduzione delle dotazioni organiche entro i parametri definiti dal decreto (a cadenza triennale) previsto dall'articolo 263, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000;
    al fine di conseguire l'effettivo contenimento della spesa, per le unità di personale eventualmente risultanti in soprannumero in virtù dei richiamati piani di riorganizzazione, trovano applicazione le disposizioni previste dall'articolo 2; commi 11 e 12, del decreto-legge n. 95 del 2012, applicando i limiti temporali indicati, nei limiti temporali della vigenza della predetta norma. Le cessazioni dal servizio conseguenti alle misure di riorganizzazione non possono essere calcolate come risparmio utile per definire l'ammontare delle disponibilità finanziarie da destinare alle assunzioni o il numero delle unità sostituibili in relazione alle limitazioni del turn over;
    con riferimento alle suindicate considerazioni il provvedimento non appare chiaro in merito al riferimento ai «limiti temporali della vigenza della predetta norma», posto che i commi richiamati presentano una pluralità di limiti temporali,

impegna il Governo

a chiarire l'ambito temporale della vigenza della norma esposta in premessa anche per evitare il verificarsi di controversie in sede di giurisdizione amministrativa.
9/2162-AR/28. (Testo modificato nel corso della seduta).  Milanato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'IMU rappresenta una imposta, soggetta al pagamento da parte di tutti i proprietari di immobili residenziali, commerciali e terreni agricoli, i titolari di diritti reali di godimento, gli utilizzatori con contratti di leasing finanziario e i concessionari di beni demaniali;
    con il decreto-legge 54/2013 il Governo aveva sospeso il versamento della prima rata IMU (acconto 2013) con scadenza 17/06/2013 per le abitazioni principali e relative pertinenze, che riguardava i fabbricati rurali e terreni agricoli, in attesa della riforma fiscale sul patrimonio immobiliare, entrata in vigore dal 31/08/2013;
    secondo quanto specificato da una nota del Ministero dell'Economia del dicembre 2013, il concetto di «fabbricati costruiti», cui fa riferimento il decreto legge 102/2013 per disporre l'esclusione dall'imposta dovuta dopo il 30 giugno 2013 e a partire dal primo gennaio 2014, comprende «anche il fabbricato costruito dall'impresa costruttrice sulla quale la stessa procede a interventi di incisivo recupero ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f) del Dpr 6 giugno 2001, n. 380»;
    dall'esenzione del pagamento dell'IMU pertanto restano fuori, in base al tenore letterale del parere rilasciato dal suindicato Ministero, gli immobili acquistati su cui il costruttore si è limitato a eseguire interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, e dunque anche gli immobili invenduti;
    l'estensione dell'esenzione, per ragioni di uniformità e, di conseguenza, di equità, dovrebbe essere prevista anche nei confronti delle società che effettuano attività di compravendita e locazione di immobili, per le quali pure si pone il problema del costo rappresentato dal pagamento di un'imposta su beni che i soggetti in questione non riescono né a vendere né a locare,

impegna il Governo

ad estendere il campo di applicazione dell'esenzione Imu prevista per gli immobili delle imprese di costruzione che le imprese stesse non riescano né a vendere né a locare.
9/2162-AR/29Galati.


   La Camera,
   premesso che:
    la TASI rappresenta un tributo che necessita di un'opera di correzione caratterizzata da una maggiore logica e più coerenza;
    una effettiva service tax dovrebbe rappresentare un impianto che sommariamente potrebbe fondare il proprio collegamento con i servizi nell'individuazione da parte della legge nazionale dei parametri (metropolitana, linee tranviarie, vicinanza a centri di interesse pubblico tipo scuole ecc.) che aumentino il valore degli immobili nonché dei parametri (illuminazione, pulizia urbana ecc.) che facciano riferimento a servizi a favore degli abitanti, a qualsiasi titolo, ivi compresa l'occupazione a titolo non precario, degli immobili;
    il carico fiscale da attribuire ai parametri individuati in sede nazionale ai fini di stabilire il tributo dovuto rispettivamente, dai proprietari e dagli occupanti degli immobili, proprietari compresi, dovrebbe essere lasciato alla valutazione dei singoli comuni, nell'ambito di un differenziale prestabilito dalla legge (conoscendo gli enti locali la realtà del territorio);
    un siffatto tributo consentirebbe finalmente di avviare un tipo di federalismo atto ad affidare alle comunità il controllo della spesa locale e potrebbe essere previsto anche solo da una delega al Governo per istituire una specifica tipologia di imposta a partire dal 2015, riuscendo in tal modo ad inviare un importante segnale al mercato ed agli operatori e ricreare quella fiducia che si era appalesata dopo l'annuncio di agosto della riforma dell'imposizione immobiliare,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere l'introduzione di un intervento legislativo volto a sancire puntualmente l'impegno per la realizzazione di una effettiva service tax, impostando in tempi rapidi un tributo che operi un'effettiva correlazione fra servizi forniti agli immobili, beneficio dagli stessi ottenuto e livello di imposizione conseguente.
9/2162-AR/30Prestigiacomo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame che si compone di 20 articoli recanti disposizioni di carattere sostanziale, cui si aggiunge un ventunesimo articolo che ne disciplina l'entrata in vigore, contiene un insieme di misure in materia di finanza degli enti locali, in favore degli enti territoriali, nonché interventi volti a fronteggiare l'emergenza occupazionale nel settore della scuola, dei quali dà succintamente conto il preambolo ma solo in parte il titolo, nel quale è in particolare assente ogni riferimento agli enti territoriali;
    la presenza all'articolo 19, della disciplina in materia di occupazione, servizi nella scuola ed edilizia scolastica, rende il decreto-legge all'esame un atto ab origine a contenuto plurimo e dunque, non esente da problemi come specificato dalla recente sentenza n. 32 del 2014 della Corte Costituzionale poiché privi del «requisito dell'omogeneità»;
    il provvedimento in esame, che segue due provvedimenti d'urgenza, entrambi non convertiti nei termini costituzionali, che si sono susseguiti nell'ultimo bimestre dello scorso anno (si tratta del decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126, e del decreto-legge 31 dicembre 2013, n. 151), riprende in parte i contenuti di norme introdotte durante l'esame parlamentare dei suddetti provvedimenti d'urgenza, cui si aggiungono disposizioni parzialmente riproduttive di norme presenti nel testo del secondo decreto (il decreto-legge n. 151 del 2013) come licenziato dal Consiglio dei ministri;
    in relazione a tali disposizioni, si osserva che, in difformità rispetto a quanto richiesto dalla giurisprudenza costituzionale, nel preambolo del decreto risulta assente l'esplicitazione dei nuovi motivi di necessità e di urgenza che ne hanno determinato la reiterazione;
    nel procedere a numerose modifiche della disciplina vigente, il decreto legge, ricorre generalmente alla tecnica della novellazione, ma in alcuni casi, non vi è un soddisfacente coordinamento con le preesistenti fonti normative, in ragione del fatto che talune disposizioni intervengono su di esse mediante modifiche non testuali, ovvero introducono misure che, nell'ambito delle partizioni del testo nelle quali sono inserite, appaiono decontestualizzate e fanno sistema con quelle oggetto di altri provvedimenti senza dunque semplificare e riordinare la legislazione vigente,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi misure atte ad introdurre tutti gli elementi che, alla luce della giurisprudenza costituzionale, appaiono indispensabili ai fini dell'individuazione del contenuto dei provvedimenti d'urgenza.
9/2162-AR/31Sandra Savino.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni contenute nel decreto-legge in esame intervengono, su materie già affrontate in precedenza nell'ambito dei precedenti decreti-legge, il n. 126 e il n. 151 del 2013, che, furono entrambi dichiarati decaduti per decorrenza dei termini di conversione;
    nell'ambito della riproposizione di norme omnibus, in materia di fiscalità locale, per la definizione dei rapporti finanziari tra Roma Capitale e la gestione commissariale, per il trasporto ferroviario nelle regioni a statuto speciale, per i servizi di pulizia e di ausiliariato nelle scuole e per il superamento delle conseguenze del sisma verificatosi nella regione Abruzzo, s'inseriscono una serie di disposizioni in materia di TARI e TASI introdotte dalla legge di stabilità del 2014, (legge n. 147 del 2013) per consentire ai comuni di finanziare detrazioni d'imposta sulla prima casa, attribuendo ai medesimi la possibilità di elevare l'aliquota massima TASI di un ulteriore 0,8 per mille ed incrementa il contributo statale in favore dei comuni di 125 milioni di euro;
    la regola riscritta nel corso dell'esame in sede referente, sebbene consenta ai comuni di applicare un'aliquota aggiuntiva dello 0,8 per mille sull'abitazione principale e sugli altri immobili non impone tuttavia l'utilizzo dell'extragettito per le detrazioni, consentendo ampio margine d'autonomia decisionale per i comuni perfino sullo 0,8 per mille, che doveva tuttavia essere interamente destinato alle detrazioni;
    tale decisione normativa, i cui aumenti si prevedono all'interno di un allegato al bilancio comunale in cui sono indicati il gettito aggiuntivo prodotto dallo 0,8 per mille, rappresenta un'ennesima imposizione i cui effetti negativi e penalizzanti si manifesteranno in sede di dichiarazione dei redditi, il cui termine di presentazione dei modelli è di prossima scadenza;
    l'impostazione del nuovo tributo sui servizi indivisibili TASI, per le modalità con cui è stato strutturato, rischia di determinare un aggravamento della tassazione complessiva dei contribuenti, nell'ambito dei tributi locali, in considerazione che secondo quanto disposto dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014), il tetto massimo per l'abitazione principale era pari allo 0,25 per cento calcolato sulla medesima base imponibile dell'IMU,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nei prossimi interventi normativi, iniziative volte a finanziare le detrazioni sui servizi indivisibili, i cui elevati livelli di tassazione locale rischiano di aggravare ulteriormente il mercato immobiliare già pesantemente danneggiato dalla crisi economica.
9/2162-AR/32Laffranco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene una serie di disposizioni difformi ed eterogenee ed interviene su una molteplicità di materie anche di carattere fiscale;
    nell'ambito delle disposizioni previste per i tributi dei servizi indivisibili e sui rifiuti, rispettivamente TASI e TARI, occorre evidenziare come la stessa TASI sia diretta al finanziamento dei servizi indivisibili dei comuni e incorpora anche una quota dell'IMU;
    il provvedimento in ordine al regime della TASI per i fabbricati rurali strumentali, non chiarisce tuttavia se il tributo sia assoggettabile per medesimi fabbricati sebbene per effetto di quanto previsto dalla legge di stabilità 2014, godono con aliquota agevolata che non può superare l'1 per mille,

impegna il Governo

in considerazione del carattere strumentale dei fabbricati rurali che già scontano per tale ragione una significativa riduzione dell'aliquota applicabile per il pagamento della TASI, a valutare la possibilità di prevedere nei prossimi interventi legislativi, l'esenzione tout court del medesimo tributo per i medesimi fabbricati per il corrente anno 2014.
9/2162-AR/33Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene una serie di disposizioni difformi ed eterogenee ed interviene su una molteplicità di materie anche di carattere fiscale;
    nell'ambito delle disposizioni previste per i tributi dei servizi indivisibili e sui rifiuti, rispettivamente TASI e TARI, occorre evidenziare come la stessa TASI sia diretta al finanziamento dei servizi indivisibili dei comuni e incorpora anche una quota dell'IMU;
    il provvedimento in ordine al regime della TASI per i fabbricati rurali strumentali, non chiarisce tuttavia se il tributo sia assoggettabile per medesimi fabbricati sebbene per effetto di quanto previsto dalla legge di stabilità 2014, godono con aliquota agevolata che non può superare l'1 per mille,

impegna il Governo

in considerazione del carattere strumentale dei fabbricati rurali che già scontano per tale ragione una significativa riduzione dell'aliquota applicabile per il pagamento della TASI, a valutare la possibilità di prevedere nei prossimi interventi legislativi la revisione della disciplina della TASI per i medesimi fabbricati.
9/2162-AR/33. (Testo modificato nel corso della seduta).  Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legge in esame introduce alcune disposizioni in favore degli enti locali che hanno avuto il diniego di approvazione da parte del consiglio comunale del piano di riequilibrio finanziario e che non hanno ancora dichiarato il dissesto, la possibilità di riproporre la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale entro il termine di 120 giorni;
    il provvedimento amplia, altresì, di trenta giorni il termine perentorio per la deliberazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale da parte degli enti locali che si trovano in difficoltà finanziarie suscettibili di provocarne il dissesto;
    queste, ed altre misure contenute nel provvedimento, sono norme che tendono a prevenire la deliberazione di dissesto finanziario introducendo elementi di flessibilità di indubbia utilità;
    purtroppo nulla è invece stato previsto nei confronti di quegli enti che hanno già deliberato lo stato di dissesto finanziario; neanche la norma che voleva consentire a questi enti il pagamento degli debiti contratti con le imprese attraverso la contrazione di mutui a valere su uno stanziamento previsto dai relatori, è andata in porto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere iniziative, anche di tipo normativo, volte a introdurre procedimenti e meccanismi che consentano ai comuni che hanno già deliberato il dissesto finanziario di rientrare da tale situazione, anche attraverso la costituzione di un apposito fondo, e a considerare altresì l'opportunità di riproporre nel primo provvedimento utile la norma volta a favorire il pagamento dei debiti contrattati da questi enti con le imprese al fine di sostenere la situazione critica di tali imprese e ridare impulso ai sistemi produttivi locali.
9/2162-AR/34Fauttilli.


   La Camera,
   premesso che:
    il 30 marzo scorso è stato siglato a Roma l'accordo che dovrebbe chiudere in modo «non perfetto» ma positivo la partita degli appalti nelle scuole. Prima di questa data, i passi della politica sono stati scanditi da presidii dei lavoratori, interrogazioni parlamentari, tavoli di discussione;
    la novità più importante è il reperimento delle risorse necessarie (circa 450 milioni). Al fine di tutelare i livelli occupazionali, è stato inoltre deciso di ampliare i servizi che le cooperative possono fornire alla scuola, non solo più pulizia e custodia, ma anche piccola manutenzione. Per l'eventuale personale in esubero saranno attivati gli ammortizzatori sociali. Mentre per tutti sono previsti corsi di riqualificazione;
    da molti anni, per centinaia di edifici scolastici in tutta Italia, le pulizie e altre attività di supporto alla gestione erano state affidate attraverso appalti a imprese e cooperative. Quest'esperienza ha consentito di evitare nuove assunzioni nella pubblica amministrazione e permesso, soprattutto alle cooperative sociali, di avviare al lavoro cittadini in condizioni di disagio;
    di particolare valore e positività è stata, in questi anni, l'esperienza realizzata dal comune di Torino e in molte parti della regione Piemonte dove un'idea della gravità della situazione che si è creata è data dai numeri che i sindacati hanno presentato in un incontro avuto con la prefettura. I bidelli delle cooperative che attualmente lavorano 38 ore settimanali, a causa dei tagli scenderebbero a i 3 ore. Gli incaricati delle pulizie da 20 ore settimanali a 9. In Piemonte sono i 300 i lavoratori a rischio. 500 nella sola città di Torino. Il 45 per cento appartiene ai lavoratori delle fasce cosiddette svantaggiate, il restante 55 è rappresentato da donne spesso oltre i 50 anni, monoreddito con figli. Senza una decisione sensata, il Governo rischiava di aprire un'emergenza sociale che avrebbe avuto costi ben maggiori di quelli che si vogliono risparmiare,

impegna il Governo

a sostenere il tavolo regionale, già attivo in Piemonte, dedicando l'attenzione necessaria al territorio e alle sue specificità e a valutare l'opportunità per il futuro di continuare con appalti al massimo ribasso le cui conseguenze ricadono solo sui lavoratori.
9/2162-AR/35D'Ottavio, Paola Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    il 30 marzo scorso è stato siglato a Roma l'accordo che dovrebbe chiudere in modo «non perfetto» ma positivo la partita degli appalti nelle scuole. Prima di questa data, i passi della politica sono stati scanditi da presidii dei lavoratori, interrogazioni parlamentari, tavoli di discussione;
    la novità più importante è il reperimento delle risorse necessarie (circa 450 milioni). Al fine di tutelare i livelli occupazionali, è stato inoltre deciso di ampliare i servizi che le cooperative possono fornire alla scuola, non solo più pulizia e custodia, ma anche piccola manutenzione. Per l'eventuale personale in esubero saranno attivati gli ammortizzatori sociali. Mentre per tutti sono previsti corsi di riqualificazione;
    da molti anni, per centinaia di edifici scolastici in tutta Italia, le pulizie e altre attività di supporto alla gestione erano state affidate attraverso appalti a imprese e cooperative. Quest'esperienza ha consentito di evitare nuove assunzioni nella pubblica amministrazione e permesso, soprattutto alle cooperative sociali, di avviare al lavoro cittadini in condizioni di disagio;
    di particolare valore e positività è stata, in questi anni, l'esperienza realizzata dal comune di Torino e in molte parti della regione Piemonte dove un'idea della gravità della situazione che si è creata è data dai numeri che i sindacati hanno presentato in un incontro avuto con la prefettura. I bidelli delle cooperative che attualmente lavorano 38 ore settimanali, a causa dei tagli scenderebbero a i 3 ore. Gli incaricati delle pulizie da 20 ore settimanali a 9. In Piemonte sono i 300 i lavoratori a rischio. 500 nella sola città di Torino. Il 45 per cento appartiene ai lavoratori delle fasce cosiddette svantaggiate, il restante 55 è rappresentato da donne spesso oltre i 50 anni, monoreddito con figli. Senza una decisione sensata, il Governo rischiava di aprire un'emergenza sociale che avrebbe avuto costi ben maggiori di quelli che si vogliono risparmiare,

impegna il Governo

a sostenere il tavolo regionale, già attivo in Piemonte, dedicando l'attenzione necessaria al territorio e alle sue specificità.
9/2162-AR/35. (Testo modificato nel corso della seduta).  D'Ottavio, Paola Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 27 dicembre 2013, n. 147, (legge di stabilità 2014) ha introdotto un dispositivo disarmonico di norme fiscali (cosiddetta Web Tax) con cui si prevede che: a) «i soggetti passivi che intendano acquistare servizi di pubblicità e link sponsorizzati on line, anche attraverso centri media e operatori terzi, siano obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita IVA rilasciata dall'amministrazione finanziaria italiana» (articolo 1 comma 33); b) la determinazione del reddito ai fini del Transfer Pricing con specifico riferimento alle società che operano nel settore della raccolta di pubblicità on line (articolo 1 comma 177); c) l'obbligo di tracciabilità dei pagamenti dei servizi di pubblicità on line (articolo 1, comma 178);
    tale dispositivo è stato oggetto di numerose critiche da parte degli operatori del settore in quanto in contrasto con i principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione delle merci dei servizi e dei capitali di cui all'articolo 26 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) ed, inoltre, con i principi di cui all'articolo 41 della Costituzione, che stabilisce la libertà dell'iniziativa economica privata, che implica anche la libertà di commerciare fuori dei confini del territorio nazionale;
    la Commissione europea ha infatti scritto al Governo italiano una lettera sulla necessità di approfondire il tema negli adeguati consessi comunitari, e l'OCSE consapevole della complessità della materia ha avviato un gruppo di studio per giungere a delle soluzioni condivise in materia di fiscalità internazionale come quelle del reddito attribuibile alle imprese estere e alla Digital economy;
    alla luce delle problematiche di compatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea dell'opportunità di discutere la questione durante il semestre italiano di presidenza, l'attuale Governo con il decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16 (articolo 2, comma 1) ha deciso di abrogare la parte più controversa del dispositivo, lasciando inalterati e attualmente in vigore i commi 177 e 178 relativi rispettivamente al Transfer Pricing e alla tracciabilità dei pagamenti;
    il comma 178 prevede che «l'acquisto di servizi di pubblicità on-line e di servizi ad essa ausiliari debba avvenire esclusivamente mediante bonifico bancario o postale dal quale devono risultare anche i dati identificativi del beneficiano, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni e a veicolare la partita IVA del beneficiano»;
    siffatta misura è in palese contraddizione con il citato articolo 2 del decreto in esame che ha abrogato l'obbligo di dotarsi di partita IVA;
    per evidenti ragioni di coerenza sistematica, erano stati presentati in Commissione in maniera bipartisan degli emendamenti volti a chiarire la disposizione prevista dal comma 178 nel senso della non obbligatorietà della misura, ovvero prevedendo la soppressione della locuzione relativa alla presenza della partita IVA del beneficiario;
    la stessa Agenzia delle entrate, interpellata sull'argomento, anche in relazione all'emanando provvedimento previsto dal comma 178, ha confermato la fondatezza della questione e l'esigenza di addivenire ad un chiarimento in assenza del quale i prestatori di servizi di pubblicità on line si troverebbero nella paradossale situazione di dover fornire dei dati di cui non vige più l'obbligo di legge, con la conseguenza di creare confusione regolatoria in uno dei pochi mercati in crescita, come quello del digitale,

impegna il Governo

a chiarire, in sede di interpretazione della norma – anche in vista dell'adozione del provvedimento attuativo dell'Agenzia delle entrate – che l'indicazione della partita IVA del beneficiano di cui al predetto comma 178, alla luce dell'abrogazione del comma 33, sia da considerare non obbligatoria.
9/2162-AR/36Palmieri, Bergamini, Coppola.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 27 dicembre 2013, n. 147, (legge di stabilità 2014) ha introdotto un dispositivo disarmonico di norme fiscali (cosiddetta Web Tax) con cui si prevede che: a) «i soggetti passivi che intendano acquistare servizi di pubblicità e link sponsorizzati on line, anche attraverso centri media e operatori terzi, siano obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita IVA rilasciata dall'amministrazione finanziaria italiana» (articolo 1 comma 33); b) la determinazione del reddito ai fini del Transfer Pricing con specifico riferimento alle società che operano nel settore della raccolta di pubblicità on line (articolo 1 comma 177); c) l'obbligo di tracciabilità dei pagamenti dei servizi di pubblicità on line (articolo 1, comma 178);
    tale dispositivo è stato oggetto di numerose critiche da parte degli operatori del settore in quanto in contrasto con i principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione delle merci dei servizi e dei capitali di cui all'articolo 26 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) ed, inoltre, con i principi di cui all'articolo 41 della Costituzione, che stabilisce la libertà dell'iniziativa economica privata, che implica anche la libertà di commerciare fuori dei confini del territorio nazionale;
    la Commissione europea ha infatti scritto al Governo italiano una lettera sulla necessità di approfondire il tema negli adeguati consessi comunitari, e l'OCSE consapevole della complessità della materia ha avviato un gruppo di studio per giungere a delle soluzioni condivise in materia di fiscalità internazionale come quelle del reddito attribuibile alle imprese estere e alla Digital economy;
    alla luce delle problematiche di compatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea dell'opportunità di discutere la questione durante il semestre italiano di presidenza, l'attuale Governo con il decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16 (articolo 2, comma 1) ha deciso di abrogare la parte più controversa del dispositivo, lasciando inalterati e attualmente in vigore i commi 177 e 178 relativi rispettivamente al Transfer Pricing e alla tracciabilità dei pagamenti;
    il comma 178 prevede che «l'acquisto di servizi di pubblicità on-line e di servizi ad essa ausiliari debba avvenire esclusivamente mediante bonifico bancario o postale dal quale devono risultare anche i dati identificativi del beneficiano, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni e a veicolare la partita IVA del beneficiano»;
    siffatta misura è in palese contraddizione con il citato articolo 2 del decreto in esame che ha abrogato l'obbligo di dotarsi di partita IVA;
    per evidenti ragioni di coerenza sistematica, erano stati presentati in Commissione in maniera bipartisan degli emendamenti volti a chiarire la disposizione prevista dal comma 178 nel senso della non obbligatorietà della misura, ovvero prevedendo la soppressione della locuzione relativa alla presenza della partita IVA del beneficiario;
    la stessa Agenzia delle entrate, interpellata sull'argomento, anche in relazione all'emanando provvedimento previsto dal comma 178, ha confermato la fondatezza della questione e l'esigenza di addivenire ad un chiarimento in assenza del quale i prestatori di servizi di pubblicità on line si troverebbero nella paradossale situazione di dover fornire dei dati di cui non vige più l'obbligo di legge, con la conseguenza di creare confusione regolatoria in uno dei pochi mercati in crescita, come quello del digitale,

impegna il Governo

in vista dell'adozione del provvedimento attuativo da parte dell'Agenzia delle entrate, a chiarire la portata interpretativa della norma.
9/2162-AR/36. (Testo modificato nel corso della seduta).  Palmieri, Bergamini, Coppola.


   La Camera,
   premesso che:
    gli enti locali che attivano le procedure per l'estinzione anticipata dei mutui assunti presso la Cassa depositi e prestiti devono corrispondere oltre al capitale residuo anche un indennizzo calcolato ai sensi del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 20 giugno 2003;
    l'entità dei suddetti indennizzi supera spesso, per i mutui a tasso fisso, il 10 per cento del capitale da rimborsare, configurandosi come una sorta di «penalità» per gli enti locali;
    il rimborso anticipato del mutuo consente all'ente di ridurre l'indebitamento pubblico e di utilizzare risorse (avanzo di amministrazione) altrimenti non utilizzabili visti i limiti imposti dal patto di stabilità; le vigenti disposizioni legislative in materia di patto di stabilità interno, di fatto, impediscono agli enti locali di utilizzare l'avanzo di amministrazione per investimenti;
    i tempi di deliberazione degli enti locali non sempre sono compatibili con i tempi brevi di comunicazione dell'importo economico complessivo finale, previsto da Cassa Depositi a sole tre settimane dalla data prestabilita per l'estinzione del mutuo, per cui quando gli indennizzi finali calco lati risultano essere di importo superiore rispetto agli importi precedentemente quantificati in delibera, l'operazione di estinzione risulta impraticabile,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di concertare le modalità di rimborso degli indennizzi da parte degli enti locali in modo da far conciliare la pur imprescindibile esigenza remunerativa di Cassa depositi e prestiti con la necessità degli enti locali stessi di ridurre il loro indebitamento avendo a disposizione offerte economiche di estinzione, a tassi equi e tempi congrui con la predisposizione formale degli atti di indirizzo e di bilancio senza creare ulteriori aggravi.
9/2162-AR/37Fabbri, De Maria, Lenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 20 prevede una serie di iniziative per favorire il superamento delle conseguenze del sisma nella regione Abruzzo dell'aprile 2009;
    tuttavia, come è noto, nel 20 1 2 anche alcuni comuni delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto sono state colpite da eventi sismici;
    il 14 gennaio 2013, il Dipartimento della Gioventù e del Servizio civile nazionale aveva adottato un bando per la selezione di i 00 volontari da impiegare nei progetti di servizio civile nazionale da realizzarsi nei comuni delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, al fine di favorire la ripresa della normalità nelle aree colpite dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012;
    nonostante il grande apprezzamento da parte delle popolazioni interessate in ordine all'utilità del lavoro svolto dai volontari del servizio civile, e nonostante siano stati stanziati sulla legge 8 luglio 1998, n. 230 più di 100 milioni di euro per l'anno 2014, tale bando non è stato più indetto,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, per quanto di sua competenza, al fine di destinare, nell'ambito dei fondi già stanziati per l'anno 2014 sul Fondo nazionale per il servizio civile di cui all'articolo 19 della legge 8 luglio 1998, n. 230, 3.000.000 di euro per la realizzazione di un nuovo bando speciale per la selezione di 100 volontari da avviare al servizio civile nazionale nell'anno 2014 in progetti ubicati nei comuni delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012.
9/2162-AR/38Baruffi, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 20 prevede una serie di iniziative per favorire il superamento delle conseguenze del sisma nella regione Abruzzo dell'aprile 2009;
    tuttavia, come è noto, nel 20 1 2 anche alcuni comuni delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto sono state colpite da eventi sismici;
    il 14 gennaio 2013, il Dipartimento della Gioventù e del Servizio civile nazionale aveva adottato un bando per la selezione di i 00 volontari da impiegare nei progetti di servizio civile nazionale da realizzarsi nei comuni delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, al fine di favorire la ripresa della normalità nelle aree colpite dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012;
    nonostante il grande apprezzamento da parte delle popolazioni interessate in ordine all'utilità del lavoro svolto dai volontari del servizio civile, e nonostante siano stati stanziati sulla legge 8 luglio 1998, n. 230 più di 100 milioni di euro per l'anno 2014, tale bando non è stato più indetto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa utile, per quanto di sua competenza, al fine di destinare, nell'ambito dei fondi già stanziati per l'anno 2014 sul Fondo nazionale per il servizio civile di cui all'articolo 19 della legge 8 luglio 1998, n. 230, 3.000.000 di euro per la realizzazione di un nuovo bando speciale per la selezione di 100 volontari da avviare al servizio civile nazionale nell'anno 2014 in progetti ubicati nei comuni delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012.
9/2162-AR/38. (Testo modificato nel corso della seduta).  Baruffi, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 1, lettera b), del presente provvedimento modifica il comma 688 della legge di stabilità 2014, riguardante le modalità di pagamento della Tassa sui Servizi Indivisibili – TASI – e della Tariffa rifiuti – TARI;
    in particolare, le modalità di versamento della TASI vengono rese omogenee a quelle dell'imposta municipale unica – IMU – prevedendo il versamento con modello F24 e bollettino di conto corrente postale compatibile con le norme concernenti i versamenti unitari ed eliminando le altre modalità di pagamento; ovvero i servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari e postali – previste dalla norma originaria;
    secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa la presente disposizione è volta a consentire la disponibilità immediata dei dati anche in funzione delle regolazioni finanziarie previste nell'ambito del Fondo di solidarietà comunale;
    risulta quanto mai opportuno esplicitare, al fine di non creare pregiudizio alle entrare erariali degli enti locali, che la TASI sia riscossa dai Comuni, con facoltà di inviare ai contribuenti i modelli di pagamento preventivamente compilati, fermo restando che, qualora il Comune non provveda in tal senso, il contribuente sia comunque tenuto al versamento della TASI in autoliquidazione,

impegna il Governo

ad esplicitare attraverso ulteriori atti di propria competenza al fine di non creare pregiudizio alle entrate erariali degli enti locali, la possibilità, per i comuni, di poter avvalersi dello strumento dell'autoliquidazione ai fini della riscossione della TASI.
9/2162-AR/39Fragomeli.


   La Camera,
   premesso che:
    è necessario chiarire in via definitiva la portata applicativa del comma 557 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), anche a seguito delle recenti pronunce della Corte dei Conti che hanno fornito una lettura del dettato normativo molto restrittiva, fatto salvo il rispetto degli specifici obblighi di riduzione delle spese di personale e di contenimento delle assunzioni già definiti dalla legge;
    coerentemente con quanto già previsto per le Amministrazioni statali, è necessario ampliare, nel rispetto degli obiettivi posti dal Patto di stabilità, le possibilità assunzionali degli Enti locali, per i quali il blocco delle assunzioni sta determinando serie difficoltà nell'erogazione di servizi alla comunità;
    risulta altresì necessario evitare che i comuni di piccole e piccolissime dimensioni demografiche e le unioni di comuni, assoggettate al patto di stabilità – rispettivamente – a decorrere dal 2013 e dal 2014, debbano applicare il regime relativo alle spese e alle assunzioni di personale attualmente previsto per gli enti sottoposti al patto di stabilità, maggiormente penalizzante per il turn over e tale da compromettere, negli enti di minori dimensioni, la conservazione degli organici minimi necessari per assicurare lo svolgimento delle funzioni fondamentali e l'erogazione dei servizi;
    al fine di tener conto del fatto che i comuni fino a 5.000 abitanti sono stati assoggettati alla disciplina del patto di stabilità in un momento successivo agli altri comuni è necessario spostare dal 2008 al 2004 l'anno di riferimento per le spese sostenute da tali enti per il personale;
    è necessario altresì chiarire che, fermi restando i vincoli complessivi previsti dalle vigenti disposizioni in materia di spese di personale ed assunzioni, i processi associativi si realizzano garantendo forme di compensazione fra gli Enti coinvolti, fermi restando i vincoli, proprio al fine di garantire una maggiore flessibilità,

impegna il Governo:

   in considerazione della difficoltà che si registra nell'erogazione di servizi alla comunità, ad ampliare le possibilità assunzionali degli enti locali a tal fine prevedendo, nel rispetto dei vincoli posti dalla normativa sul patto di stabilità e del limite massimo di incidenza delle spese per il personale sulle spese correnti, che:
    a) con decorrenza dall'anno 2014, gli enti assicurino, nell'ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, il contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio precedente, considerando la spesa di personale, comprensiva della spesa corrispondente alle assunzioni programmate ai sensi dell'articolo 39, comma 1, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449, senza che ciò comporti una prenotazione d'impegno contabile;
    b) ai comuni di piccole e piccolissime dimensioni demografiche e le unioni di comuni, assoggettate al patto di stabilità, non si applichi il regime relativo alle spese e alle assunzioni di personale attualmente previsto per gli enti sottoposti al patto di stabilità;
    c) l'anno di riferimento per le spese di personale sostenute dai comuni fino a 5.000 abitanti sia spostato dal 2008 al 2004;
    d) i processi associativi si realizzino garantendo forme di compensazione di personale fra gli enti coinvolti.
9/2162-AR/40Marchetti, Fragomeli, Giulietti.


   La Camera,
   premesso che:
    è necessario chiarire in via definitiva la portata applicativa del comma 557 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), anche a seguito delle recenti pronunce della Corte dei Conti che hanno fornito una lettura del dettato normativo molto restrittiva, fatto salvo il rispetto degli specifici obblighi di riduzione delle spese di personale e di contenimento delle assunzioni già definiti dalla legge;
    coerentemente con quanto già previsto per le Amministrazioni statali, è necessario ampliare, nel rispetto degli obiettivi posti dal Patto di stabilità, le possibilità assunzionali degli Enti locali, per i quali il blocco delle assunzioni sta determinando serie difficoltà nell'erogazione di servizi alla comunità;
    risulta altresì necessario evitare che i comuni di piccole e piccolissime dimensioni demografiche e le unioni di comuni, assoggettate al patto di stabilità – rispettivamente – a decorrere dal 2013 e dal 2014, debbano applicare il regime relativo alle spese e alle assunzioni di personale attualmente previsto per gli enti sottoposti al patto di stabilità, maggiormente penalizzante per il turn over e tale da compromettere, negli enti di minori dimensioni, la conservazione degli organici minimi necessari per assicurare lo svolgimento delle funzioni fondamentali e l'erogazione dei servizi;
    al fine di tener conto del fatto che i comuni fino a 5.000 abitanti sono stati assoggettati alla disciplina del patto di stabilità in un momento successivo agli altri comuni è necessario spostare dal 2008 al 2004 l'anno di riferimento per le spese sostenute da tali enti per il personale;
    è necessario altresì chiarire che, fermi restando i vincoli complessivi previsti dalle vigenti disposizioni in materia di spese di personale ed assunzioni, i processi associativi si realizzano garantendo forme di compensazione fra gli Enti coinvolti, fermi restando i vincoli, proprio al fine di garantire una maggiore flessibilità,

impegna il Governo

in considerazione della difficoltà che si registra nell'erogazione di servizi alla comunità, a valutare la possibilità di ampliare le possibilità assunzionali dei comuni di piccole e piccolissime dimensioni demografiche.
9/2162-AR/40. (Testo modificato nel corso della seduta).  Marchetti, Fragomeli, Giulietti.


   La Camera,
   premesso che:
    in materia di finanza locale, negli ultimi anni sono stati promossi numerosi interventi normativi principalmente rivolti al contenimento della spesa e alla riduzione dell'indebitamento da parte degli enti locali, a tal fine prevedendo una progressiva diminuzione del tetto dell'indebitamento rispetto al totale delle entrate correnti dal 25 per cento del 2004 al 6 per cento dell'anno 2013;
    con l'articolo 16, comma 31, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, hanno trovato applicazione dal 2013 le disposizioni in materia di patto di stabilità interno anche per i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti che hanno comportato una forte limitazione della possibilità di impiego degli avanzi di amministrazione anche per i piccoli comuni e un obbligo di riduzione del tetto dell'indebitamento al fine di liberare risorse sia sulla parte corrente (quota interessi) sia sulla quota capitale, riducendo l'indice di rigidità dei bilanci;
    gli enti locali che attivano le procedure per l'estinzione anticipata dei mutui – molti dei quali assunti presso la Cassa depositi e prestiti – devono corrispondere oltre al capitale residuo anche un indennizzo;
    l'entità dei suddetti indennizzi supera spesso, per i mutui a tasso fisso, il 10 per cento del capitale da rimborsare, configurandosi come una sorta di «penalità» per gli enti locali;
    oltre a questa circostanza occorre sottolineare che l'effettiva estinzione dei mutui è resa più difficile dal fatto che conteggi concernenti gli indennizzi subiscono continue variazioni,

impegna il Governo:

   a semplificare le procedure per l'estinzione anticipata dei mutui erogati da Cassa depositi e prestiti agli enti locali, stabilendo che gli indennizzi dovuti dai comuni per l'estinzione del debito devono essere comunicati almeno quarantacinque giorni prima del termine per il rimborso e che i relativi conteggi siano vincolanti per un periodo di almeno quarantacinque giorni;
   a verificare la possibilità di rivedere la disciplina relativa alla rinegoziazione dei mutui.
9/2162-AR/41Guerra, Fragomeli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del presente provvedimento prevede una specifica procedura di riassorbimento graduale delle somme attribuite al personale delle regioni e degli enti locali in violazione dei vincoli finanziari imposti alla contrattazione collettiva integrativa;
    in particolare, il comma 3 prevede che la sanzione della nullità delle clausole contrattuali adottate in violazione dei vincoli finanziari imposti alla contrattazione collettiva integrativa non trovi applicazione, con riferimento ai soli atti di utilizzo dei fondi adottati entro una certa data che non abbiano comportato né il superamento dei vincoli finanziari per la costituzione dei medesimi fondi né il riconoscimento giudiziale della responsabilità erariale, adottati dalle regioni e dagli enti locali che hanno rispettato il patto di stabilità interno, la vigente disciplina in materia di spese ed assunzione di personale nonché le disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,

impegna il Governo

a precisare, attraverso opportuni atti interpretativi, che con la locuzione «riconoscimento giudiziale della responsabilità erariale» si intende far riferimento alle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore del decreto.
9/2162-AR/42Ginato.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame, contiene, tra l'altro, disposizioni in materia di servizi di pulizia e ausiliari nelle scuole. Più specificamente la disposizione di cui all'articolo 19, comma 1, proroga di un mese il termine del 28 febbraio per la prosecuzione dei contratti in essere al 31 dicembre 2013, stipulati dalle istituzioni scolastiche ed educative statali per l'acquisto di servizi di pulizia e di altri servizi ausiliari. Tale proroga viene disposta in deroga al limite di spesa di cui all'articolo 58, comma 5, del decreto-legge n. 69 del 2013 che viene a tal fine incrementato di euro 20 milioni per l'esercizio finanziario 2014. Al relativo onere si fa fronte mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa alla dotazione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi;
    si noti che l'articolo 1, comma 748, della legge n. 147 del 2013 dispone la prosecuzione, sino al 28 febbraio 2014, dei contratti, in essere al 31 dicembre 2013, stipulati dalle istituzioni scolastiche ed educative statali per l'acquisto di servizi di pulizia ed altri servizi ausiliari ove, alla predetta data del 31 dicembre 2013, non siano state attivate convenzioni con la CONSIP;
    la succitata norma, prevede, altresì, che le istituzioni scolastiche situate nei territori ove è attiva la convenzione CONSIP per l'acquisto di servizi di pulizia ed altri ausiliari, acquistino servizi ulteriori, al fine di effettuare servizi straordinari di pulizia e ausiliari individuati da ciascuna istituzione, avvalendosi delle imprese aggiudicatarie della gara CONSIP fino al 28 febbraio 2014. Tali servizi aggiuntivi potranno essere effettuati nel limite di spesa di euro 34,6 milioni;
    pertanto per i lavoratori interessati, lunedì 31 marzo è scaduta l'ennesima proroga dei finanziamenti dei corrispettivi di appalto;
    pochi giorni fa è stato emanato un decreto-legge che, al fine di garantire lo svolgimento del servizio scolastico consente anche alle istituzioni scolastiche delle regioni in cui non è ancora attiva la convenzione Consip per l'affidamento dei servizi di pulizia e altri servizi ausiliari, entro e non oltre il 31 agosto 2014, di continuare ad acquistarli dalle stesse imprese in attesa che si concludano le gare d'appalto in corso, purché con oneri non superiori a quelli previsti dalla nuova convenzione Consip;
    è dunque palese che le succitate scelte governative rappresentano provvedimenti tampone destinati soltanto ad arginare le emergenze, e che non tengono conto sia dei lavoratori che da anni, precari, operano nelle scuole, i quali, con la riduzione delle risorse disponibili sono in grave difficoltà, con il rischio prevedibile dell'immancabile riduzione delle ore di lavoro e il conseguente crollo della retribuzione, con molte scuole di fatto sporche e inagibili;
    risulta pertanto evidente che tutti questi interventi sporadici non sono risolutivi del problema, e quindi che dalla esternalizzazione dei servizi non deriva alcun vantaggio economico per le casse dello Stato (o degli enti), inoltre si continua a mantenere i lavoratori coinvolti in uno stato di perenne precarietà e non è garantita la pulizia per le nostre scuole; di conseguenza vengono meno gli stessi presupposti che giustificherebbero il ricorso alle esternalizzazioni stesse,

impegna il Governo

al fine di evitare il ricorso ad ulteriori proroghe, le quali si limitano ad arginare il problema e rimandarne ad oltranza la soluzione, ad attivarsi per risolvere definitivamente il problema delle pulizie nelle istituzioni scolastiche, abrogando progressivamente le esternalizzazioni e dando la possibilità agli ex LSU impiegati dalle ditte di pulizia di entrare nella graduatoria ATA per le stesse mansioni, anche considerando l'attuazione di un piano di assunzione graduale in concomitanza con lo scadere di tutte le convenzioni.
9/2162-AR/43Marzana, Luigi Gallo, Vacca, Brescia, D'Uva, Battelli, Simone Valente, Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del provvedimento presso le commissioni riunite bilancio e finanze, sono state respinte alcune proposte emendative che proponevano di escludere gli inquilini dal pagamento della Tasi;
    infatti la Tasi, come ribadito anche dalla Corte dei Conti nel corso delle audizioni dedicate al provvedimento, rischia di produrre incertezza sul sistema di finanziamento degli enti e provvisorietà per i contribuenti. Inoltre, la stessa magistratura contabile ha messo in guardia il Parlamento sull'ampio margine di scelta attribuito alle amministrazioni locali nella determinazione delle aliquote, che inciderebbe sull'accentuazione delle differenze di imposizione, e comporterebbe significative disparità di trattamento fiscale a carico di famiglie e di imprese, pur in presenza di un uguale imponibile;
    le suddette differenze possono, peraltro, incidere sul comportamento dei contribuenti e tradursi nella delocalizzazione di imprese e persone fisiche in base alla convenienza fiscale, con importanti ricadute negative sotto il profilo della tax compliance;
    la stessa imposta, che nelle intenzioni del legislatore doveva costituire una service tax che, per questo, come accade in altri Paesi europei, incide sugli occupanti, e quindi sugli inquilini, di immobili a uso abitativo sulla base di un parametro di massima dei benefici derivanti dai servizi comunali, qual è la superficie dell'abitazione tenendo conto dell'ampiezza e della composizione della famiglia occupante, nella sua connotazione italiana ha perso completamente il proprio carattere d'imposta sui servizi comunali, per tradursi in una mini patrimoniale pagata da chi la porzione patrimoniale non la possiede, ma lo utilizza;
    in moltissimi comuni questa ipotetica imposta sui servizi sarà pagata solo sulle prime case, dato che le seconde case e le attività economiche esauriscono con l'IMU lo spazio impositivo disponibile, ed andrà a pesare sulle spalle dei soggetti più deboli, che si troveranno da soli a pagare il prezzo di una promessa mancata, e cioè l'abolizione dell'Imu sulla prima casa,

impegna il Governo

a proporre, con futuri interventi normativi, l'esclusione degli inquilini dal pagamento della Tasi.
9/2162-AR/44Lavagno, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il patto di stabilità interno per gli enti locali è attualmente disciplinato dall'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come successivamente modificato ed integrato dall'articolo 1, commi 532-535, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014);
    il rispetto del patto di stabilità per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario – calcolato quale differenza tra entrate e spese finali, comprese dunque le spese in conto capitale, con l'eccezione di alcune voci – espresso in termini di competenza mista;
    l'applicazione di questa disciplina ed il raggiungimento degli obiettivi, continuamente modificati nel corso del tempo, hanno comportato un oggettivo il blocco delle spese per investimento degli enti locali in particolare nel settore delle piccole opere;
    emblematico è il caso della provincia di Mantova per opere di completamento degli interventi di ricostruzione connessi al sisma del 20 e 29 maggio 2012,

impegna il Governo

a consentire che, per gli anni 2015-2016, nel saldo finanziario in termini di competenza mista, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, non siano considerate le spese sostenute dalla provincia di Mantova per la realizzazione di infrastrutture a valenza sovracomunale finalizzate al completamento degli interventi di ricostruzione connessi al sisma del 20 e 29 maggio 2012.
9/2162-AR/45Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    il patto di stabilità interno per gli enti locali è attualmente disciplinato dall'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come successivamente modificato ed integrato dall'articolo 1, commi 532-535, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014);
    il rispetto del patto di stabilità per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario – calcolato quale differenza tra entrate e spese finali, comprese dunque le spese in conto capitale, con l'eccezione di alcune voci – espresso in termini di competenza mista;
    l'applicazione di questa disciplina ed il raggiungimento degli obiettivi, continuamente modificati nel corso del tempo, hanno comportato un oggettivo il blocco delle spese per investimento degli enti locali in particolare nel settore delle piccole opere;
    emblematico è il caso della provincia di Mantova per opere di completamento degli interventi di ricostruzione connessi al sisma del 20 e 29 maggio 2012,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire che, per gli anni 2015-2016, nel saldo finanziario in termini di competenza mista, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, non siano considerate le spese sostenute dalla provincia di Mantova per la realizzazione di infrastrutture a valenza sovracomunale finalizzate al completamento degli interventi di ricostruzione connessi al sisma del 20 e 29 maggio 2012, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.
9/2162-AR/45. (Testo modificato nel corso della seduta). Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    la sostituzione dell'IMU-prima abitazione con la TASI comporterà perdite di gettito per i comuni con aliquota IMU superiore all'aliquota base del 4 per mille e che anche per i comuni con aliquota base del 4 per mille l'equivalenza di gettito si ottiene solo applicando l'aliquota massima della TASI fissata, per il 2014, al 2,5 per mille e senza concedere detrazioni;
    il Governo, con il decreto in esame, ha introdotto la possibilità per i comuni che intendono concedere detrazioni, al fine di evitare che la TASI sia più onerosa dell'IMU, soprattutto per le categorie di immobili con rendite più basse, di introdurre una addizionale dello 0,8 per mille sulla prima abitazione e/o sugli altri immobili, purché l'aliquota complessiva non superi, inclusa l'addizionale dello 0,8, il 3,3 per mille sulla prima abitazione e l'11,4 per mille sugli altri immobili;
    il medesimo decreto ha stanziato 625 milioni a favore dei comuni, di cui 500 provenienti dalla legge di stabilità 2014 (legge 147/2014) e originariamente previsti per incentivare i Comuni ad introdurre detrazioni (obiettivo a cui ora è rivolto lo strumento più pregnante dell'addizionale dello 0,8) e che a questi 500 milioni ne sono stati aggiunti altri 125 poiché tale è il divario aggregato di gettito nel passaggio IMU-TASI, nei Comuni con aliquota IMU superiore al 4 per mille,

impegna il Governo

ad utilizzare, in sede di applicativa, come criteri di riparto fra i comuni dei 625 milioni stanziati dal decreto in esame, la differenza di gettito fra IMU prima abitazione, in base alle aliquote del 2013, e la TASI ad aliquota massima del 2,5 per mille, in assenza di detrazioni, al finanziamento delle quali è destinata l'addizionale dello 0,8 per mille.
9/2162-AR/46Lenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    la sostituzione dell'IMU-prima abitazione con la TASI comporterà perdite di gettito per i comuni con aliquota IMU superiore all'aliquota base del 4 per mille e che anche per i comuni con aliquota base del 4 per mille l'equivalenza di gettito si ottiene solo applicando l'aliquota massima della TASI fissata, per il 2014, al 2,5 per mille e senza concedere detrazioni;
    il Governo, con il decreto in esame, ha introdotto la possibilità per i comuni che intendono concedere detrazioni, al fine di evitare che la TASI sia più onerosa dell'IMU, soprattutto per le categorie di immobili con rendite più basse, di introdurre una addizionale dello 0,8 per mille sulla prima abitazione e/o sugli altri immobili, purché l'aliquota complessiva non superi, inclusa l'addizionale dello 0,8, il 3,3 per mille sulla prima abitazione e l'11,4 per mille sugli altri immobili;
    il medesimo decreto ha stanziato 625 milioni a favore dei comuni, di cui 500 provenienti dalla legge di stabilità 2014 (legge 147/2014) e originariamente previsti per incentivare i Comuni ad introdurre detrazioni (obiettivo a cui ora è rivolto lo strumento più pregnante dell'addizionale dello 0,8) e che a questi 500 milioni ne sono stati aggiunti altri 125 poiché tale è il divario aggregato di gettito nel passaggio IMU-TASI, nei Comuni con aliquota IMU superiore al 4 per mille,

impegna il Governo

a tenere conto, in sede applicativa nella determinazione dei criteri, delle problematiche indicate in premessa.
9/2162-AR/46. (Testo modificato nel corso della seduta). Lenzi.