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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 27 gennaio 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 27 gennaio 2014

  Aiello, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Balduzzi, Baretta, Bergamini, Berretta, Bindi, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Carrozza, Casero, Castiglione, Causin, Centemero, Cesa, Chaouki, Cicchitto, Cicu, Cirielli, Costa, Costantino, D'Alia, D'Incà, Dambruoso, De Girolamo, Del Grosso, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Duranti, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Galati, Gasbarra, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pannarale, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rigoni, Andrea Romano, Rossi, Rossomando, Sani, Santerini, Scanu, Schullian, Sereni, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Valeria Valente, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Aiello, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bergamini, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Carrozza, Casero, Castiglione, Causin, Centemero, Cesa, Chaouki, Cicchitto, Cicu, Cirielli, Costa, Costantino, D'Alia, D'Incà, Dambruoso, De Girolamo, Del Grosso, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Duranti, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Galati, Gasbarra, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pannarale, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rigoni, Andrea Romano, Rossi, Sani, Santerini, Scanu, Schullian, Sereni, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Valeria Valente, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 24 gennaio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   MELILLA: «Disposizioni per la rimozione delle barriere della comunicazione, per il riconoscimento della lingua dei segni italiana e della lingua dei segni italiana tattile e per la promozione dell'inclusione sociale delle persone sorde e sordo-cieche» (1995);
   ZARATTI: «Norme per la riduzione del consumo di suolo» (1996);
   ARGENTIN: «Disposizioni per l'istituzione della figura professionale dell'interprete della lingua dei segni italiana» (1997);
   NASTRI: «Disposizioni in materia di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese» (1998).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di una proposta di legge d'iniziativa del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

  In data 24 gennaio 2014 è stata presentata alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 99, terzo comma, della Costituzione, la seguente proposta di legge:
   CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO: «Modifiche e integrazioni alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, sui contenuti delle leggi di bilancio, in attuazione dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione. Politiche pubbliche di bilancio e amministrazione di risultato» (1999).

  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   I Commissione (Affari costituzionali):
  MARZANO ed altri: «Disposizioni concernenti la valutazione dell'impatto di genere della regolamentazione e delle statistiche» (1693) Parere delle Commissioni II, V, VII, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   II Commissione (Giustizia):
  S. 925. – FERRANTI ed altri; COSTA: «Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili» (approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (331-927-B) Parere delle Commissioni I, V, VI, VII, VIII, X, XI e XII;
  SOTTANELLI ed altri: «Modifica all'articolo 1917 del codice civile in materia di assicurazione della responsabilità civile» (1497) Parere delle Commissioni I e VI;
  BIANCONI ed altri: «Modifiche agli articoli 575, 579 e 584 del codice penale, in materia di omicidio» (1565) Parere della I Commissione;
  S. 580. – Senatori FALANGA ed altri: «Disposizioni in materia di criteri di priorità per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi» (approvata dal Senato) (1994) Parere delle Commissioni I, V, VII, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   III Commissione (Affari esteri):
  Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica federativa del Brasile riguardante lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico amministrativo, fatto a Roma l'11 novembre 2008, con Scambio di lettere interpretativo, fatto a Roma il 28 agosto e il 12 ottobre 2012» (1923) Parere delle Commissioni I, II, V, X e XI.

   IV Commissione (Difesa):
  BURTONE: «Istituzione della Giornata nazionale delle vittime civili di guerra» (1623) Parere delle Commissioni I, V e VII.

   VI Commissione (Finanze):
  GIULIETTI ed altri: «Delega al Governo per la riforma della disciplina dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi» (1730) Parere delle Commissioni I, II, V, X e XIV.

   VII Commissione (Cultura):
  TENTORI e BRAGA: «Introduzione dell'educazione di genere nelle attività didattiche delle scuole del sistema nazionale di istruzione» (1230) Parere delle Commissioni I, V, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XI Commissione (Lavoro):
  DAMIANO: «Modifiche al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e altre disposizioni concernenti la disciplina degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza trasformati in persone giuridiche private, nonché di tutela previdenziale dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione» (1132) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, X, XII e XIII.

   XII Commissione (Affari sociali):
  CRISTIAN IANNUZZI ed altri: «Modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281, concernenti l'istituzione dell'anagrafe degli animali di affezione, la disciplina dei canili e gattili comunali e dei rifugi per cani nonché i limiti all'esportazione di animali verso Paesi esteri» (1300) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, X, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  MATTEO BRAGANTINI ed altri: «Determinazione della residenza quale criterio prioritario per l'accesso alle prestazioni dei servizi sociali e socio-sanitari» (1494) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  La Corte dei conti – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, con lettera in data 22 gennaio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 19/2013 del 19 dicembre 2013, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente «Il fondo per il sostegno della formazione universitaria e la fondazione per il merito».

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

  Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con lettera in data 23 gennaio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 15 dicembre 1998, n. 444, le relazioni in ordine agli immobili adibiti a teatro ammessi ai contributi di cui alla medesima legge n. 444 del 1998, agli obiettivi perseguiti e ai risultati raggiunti, riferite rispettivamente agli anni 2011 e 2012.

  Queste relazioni sono trasmesse alla VII Commissione (Cultura).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 24 gennaio 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'andamento delle spese del FEAGA - Sistema d'allarme n. 12/2013 (COM(2014) 19 final) e relativo allegato – Utilizzazione provvisoria al 31 dicembre 2013 degli stanziamenti del FEAGA (COM(2014) 19 final – Annex 1), che sono assegnati in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Proposta di decisione del Consiglio che modifica la decisione 2004/162/CE per quanto riguarda la sua applicazione a Mayotte a decorrere dal 1o gennaio 2014 (COM(2014) 24 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze). Tale proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 27 gennaio 2013.

Trasmissione dal consiglio regionale della Toscana.

  Il presidente del consiglio regionale della Toscana, con lettera in data 21 gennaio 2014, ha trasmesso un voto, approvato dal medesimo consiglio il 14 gennaio 2014, concernente la proposta di legge atto Camera n. 1253 Giorgia Meloni ed altri, recante «Disposizioni in materia di pensioni superiori a dieci volte l'integrazione al trattamento minimo INPS».

  Questo documento è trasmesso alla XI Commissione (Lavoro).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con lettera in data 16 gennaio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, il decreto ministeriale di nomina del professor Massimo Inguscio a presidente dell'Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM) e dell'ingegner Aldo Godone a componente del consiglio di amministrazione del medesimo istituto.

  Questo decreto è trasmesso alla VII Commissione (Cultura).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1188 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 30 NOVEMBRE 2013, N. 133, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI CONCERNENTI L'IMU, L'ALIENAZIONE DI IMMOBILI PUBBLICI E LA BANCA D'ITALIA (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1941)

A.C. 1941 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione, approvato dal Senato con modificazioni, del decreto-legge n. 133 del 2013, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia, interviene su una molteplicità di materie differenti, attraverso disposizioni eterogenee come si evince anche dal titolo medesimo;
    nell'ambito dei contenuti indicati dall'articolo 1, il provvedimento reca disposizioni che prevedono l'abolizione dalla seconda rata IMU per l'anno 2013, per una serie di immobili indicati dalla disposizione, salvo l'obbligo di versamento di una quota di imposta dovuta per il 2013, nei comuni che hanno deliberato aumenti rispetto all'aliquota di base;
    all'interno della riorganizzazione dell'imposta municipale unica, numerosi enti locali evidenziano una serie di criticità provenienti dai proprietari di superfici edificabili e dal rapporto tra il medesimo tributo e lo strumento urbanistico, Piano strutturale comunale – PSC; dall'entrata in vigore del PSC, si è configurata dal punto di vista fiscale, secondo quanto segnalano numerosi soggetti imprenditoriali, una nuova categoria sui terreni «edificandi» che ha permesso agli enti locali, di trasformare un verbo gerundio senza scadenza in qualcosa di presente ed attuale;
    in realtà, il concetto di edificabilità corrisponde all'inclusione del terreno nel POC (piano operativo comunale), in considerazione che soltanto in quel momento il bene immobile acquista valore economico;
    gli effetti di quanto predetto, determinano una mancanza di disponibilità per gli imprenditori edili, nell'acquistare una superficie edificabile inserita all'interno del PSC, in considerazione che il passaggio dal piano strutturale al piano operativo può richiedere anche 15 anni;
    numerosi comuni non considerano tuttavia le difficoltà che riscontrano le imprese edili nell'ambito di quanto esposto in precedenza e a fini di fiscalità locale, tassano come edificabile indistintamente, quanto rientra all'interno del PSC;
    intervenire attraverso una modifica al quadro normativo e regolatorio al fine di ricondurre la tassabilità all'effettiva edificabilità, momento che dovrà essere identificato con il momento di rilascio, anche potenziale del permesso di costruire, risulta pertanto necessario al fine di stabilire una migliore chiarezza nell'ambito delle norme fiscali locali che regolano il rapporto tra enti locali e contribuenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi interventi legislativi, misure volte a stabilire che il pagamento dell'imposta municipale propria è dovuta al comune, per gli immobili la cui destinazione della superficie risulti effettivamente edificabile e coincidente con il rilascio anche potenziale dell'autorizzazione prevista per la costruzione di fabbricati destinati alla vendita.
9/1941/1Palmizio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 5, del presente provvedimento, prevede che, l'eventuale differenza tra l'ammontare dell'imposta municipale propria risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione per ciascuna tipologia di immobile per i quali non è dovuta la seconda rata deliberate o confermate dal comune per l'anno 2013 e, se inferiore, quello risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione di base previste dalle norme statali per ciascuna tipologia di immobile per i quali non è dovuta la seconda rata, sia versata dal contribuente, in misura pari al 40 per cento, entro il 24 gennaio 2014;
    in molti casi, l'applicazione della citata imposta, denominata «mini-Imu», determina il pagamento di un importo di esigua entità i cui costi di gestione, da parte degli enti locali potrebbero ricadere sui contribuenti costretti a sopportare oneri talvolta superiori all'imposta dovuta;
    in particolare, i cittadini, nel mese di gennaio, sono tenuti a pagare sia la cosiddetta mini-Imu, sia la maggiorazione del Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi – Tares, relativo al 2013 creando non poche complicazioni procedurali e burocratiche per i contribuenti;
    ai sensi dell'articolo 1, comma 168, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), gli enti locali, nel rispetto dei principi stabiliti dall'articolo 25 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, (Finanziaria 2003), stabiliscono la soglia minima per l'esigibilità di ciascun tributo locale; in caso di inottemperanza, si applica la disciplina di cui al medesimo articolo 25 della legge n. 289 del 2002, che fissa la soglia minima per la riscossione dei tributi erariali locali a 12 euro;
    l'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 prevede che i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti;
    l'articolo 1, comma 736, della legge 27 dicembre 2013 n. 147, modificando l'articolo 3, comma 10, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, ha eliminato il riferimento all'importo minimo per gli accertamenti comunali,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso un intervento legislativo, che i comuni possano, nell'ambito della propria autonomia, stabilire la detraibilità della cosiddetta Mini-Imu, di cui all'articolo 1 comma 5 del presente provvedimento, da quanto dovuto a titolo di tributo per i servizi indivisibili (TASI) di cui all'articolo 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
9/1941/2Fragomeli, Causi, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 reca disposizioni in materia di IMU e, in particolare, abolisce la seconda rata IMU per l'anno 2013;
    con il passaggio dall'ICI all'IMU si è verificata una mancanza di coordinamento legislativo e non è stata recepita una semplificazione che invece era prevista per il pagamento dell'ICI sulle multiproprietà;
    in regime ICI infatti, ai sensi dell'articolo 19 della legge 23 dicembre 2000 n. 388 (legge finanziaria 2001) l'amministratore della multiproprietà era autorizzato al pagamento dell'ICI per conto di tutte le porzioni materiali costituenti la consistenza edificatoria dell'immobile;
    tale previsione, nel nuovo regime dell'IMU, è venuta meno con la conseguenza che il comune interessato alla riscossione difficilmente introita i singoli importi, tutti di modesto valore e che, se si verifica il superamento del minimo previsto, pari a 12 euro, ogni amministrazione comunale viene tempestata da piccoli versamenti per ogni porzione materiale per due volte all'anno, con un notevole lavoro dell'ufficio tributi competente a rilevare i singoli pagamenti;
    sarebbe opportuno dunque ripristinare la previsione appena illustrata anche nel nuovo regime dell'IMU, al fine di semplificare notevolmente il versamento dell'IMU delle multiproprietà e garantire in tal modo il sicuro introito per i comuni sulle multiproprietà, evitando così ogni elusione contributiva dei singoli proprietari, e l'agevolazione del lavoro per l'amministrazione interessata,

impegna il Governo

a ripristinare nel nuovo regime dell'IMU le modalità previste dall'articolo 19 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 per il versamento dell'ICI delle multiproprietà, consentendo all'amministratore della multiproprietà di pagare l'IMU per conto di tutte le porzioni materiali costituenti la consistenza edificatoria dell'immobile.
9/1941/3Schullian, Alfreider, Gebhard, Plangger, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento al nostro esame individua le categorie di investitori che possono acquisire le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia;
    si tratta in particolare di:
     banche aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia;
     imprese di assicurazione e di riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia;
     fondazioni bancarie di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 153 del 1999;
     enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede legale in Italia;
     il comma 4 dell'articolo 6 abroga il comma 10 dell'articolo 19 della legge n. 262 del 2005, il quale prevedeva la ridefinizione con regolamento dell'assetto proprietario della Banca d'Italia e la disciplina del trasferimento delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici: «10. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è ridefinito l'assetto proprietario della Banca d'Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici.»;
    tale Regolamento non è mai stato emanato;
    il comma 10 citato, peraltro, non contrasta – come sostenuto da alcuni – con l'indipendenza della Banca d'Italia. Lo stesso Draghi intervenendo al Parlamento (2006) ebbe a riconoscere che per assicurare tale indipendenza «le indicazioni comparate mostrano un ampia varietà di soluzioni. Il modello di una proprietà esclusivamente pubblica, pur essendo diffuso (Francia, Germania), non è l'unico». Non è l'unico, ma comunque è del tutto compatibile con l'indipendenza della banca centrale;
    sarebbe utile che al capitale della Banca d'Italia partecipassero almeno le Regioni il cui possesso di piccole quote azionarie non rischia certo mettere in discussione l'indipendenza e l'autonomia dell'istituto,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative affinché sia garantita la partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano al capitale della Banca d'Italia.
9/1941/4Airaudo, Paglia, Boccadutri, Lavagno, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    alle plusvalenze derivanti dalle disposizioni di cui al Titolo II del provvedimento al nostro esame si applicherà la misura fiscale agevolativa, la quale prevede un'imposta sostitutiva con un'aliquota pari al 12 per cento (di cui al comma 148 della legge di stabilità 2014, per i beni non ammortizzabili), in luogo della sottoposizione a IRES e IRAP secondo le regole generali;
    il comma 6 dell'articolo 6, al fine di costituire un mercato delle partecipazione al capitale di Banca d'Italia e al fine di favorire effettivamente gli scambi, dispone che i partecipanti al capitale della Banca d'Italia, a partire dall'esercizio in corso al 30 novembre 2013 (data di entrata in vigore del decreto in esame) iscrivano le relative quote, ove già non incluse, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione (portafoglio di trading);
    restano in ogni caso ferme le disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, che obbliga alcune tipologie societarie (tra cui banche ed assicurazioni) a redigere il bilancio di esercizio in conformità ai principi contabili internazionali;
    l'articolo 1, comma 148 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) dispone che al predetto trasferimento delle quote all'interno delle scritture contabili dei partecipanti al capitale della Banca d'Italia si applichino alcune disposizioni del DM 8 giugno 2011 e, in particolare le disposizioni concernenti (articolo 4) la valenza fiscale attribuita agli strumenti finanziari sottoposti a riclassificazione;
    il predetto comma 148 della legge di stabilità 2014 consente:
     di applicare l'articolo 4 sul rilievo fiscale delle attività riclassificate in una categoria IAS 39 all'ipotesi de qua (la quota di partecipazione al capitale della Banca d'Italia è ex lege classificata come attività detenuta per la negoziazione), qualunque fosse la categoria in cui le quote erano precedentemente classificate;
     di sottoporre i maggior valori derivanti dalla riclassificazione contabile delle quote (che le attività detenute per la negoziazione sono infatti valutate al fair value), aventi rilievo fiscale, all'imposta sostitutiva al 12 per cento (di cui al comma 143 della legge di stabilità, per i beni non ammortizzabili), in luogo della sottoposizione a IRES e IRAP secondo le regole generali;
    tutto questo insieme di norme configura un regalo fiscale notevole agli istituti di credito partecipanti al capitale di Banca d'Italia stimabile in più di 1,5 miliardi di euro di mancate entrate tributarie;
    inoltre, il pagamento dell'imposta sostitutiva con l'aliquota super agevolata del 12 per cento potrà avvenire in tre rate annuali,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative per sottoporre le plusvalenze derivanti dalle disposizioni di cui al Titolo II del decreto al nostro esame all'Ires, all'Irap ed alle eventuali addizionali.
9/1941/5Piazzoni, Paglia, Lavagno.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge, di conversione, approvato dal Senato con modificazioni, del decreto-legge n. 133 del 2013, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia, contiene disposizioni che incidono su ambiti materiali differenti attraverso un contenuto, complessivamente difforme ed eterogeneo;
    in particolare il provvedimento reca all'articolo 7 alcune disposizioni di coordinamento in materia di accise, precisando che gli incrementi di accisa su birra, prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico, previsti a copertura di alcune norme di tutela dei beni culturali e del finanziamento del tax credit nel settore cinematografico (disposte dall'articolo 15, comma 2, lettere e-bis) e e-ter) del decreto-legge n. 91 del 2013;
    l'aumento dell'accisa su un settore emergente quale l'agroalimentare ed in particolare quello sulle bevande alcoliche, intermedie e analcoliche, rischia di determinare un'ulteriore contrazione dei consumi del settore anche a causa dell'aumento dell'IVA sui prodotti alimentari, avvenuto lo scorso settembre;
    nel corso degli ultimi anni il Parlamento è intervenuto nell'ambito delle norme necessarie per la copertura dei provvedimenti legislativi, attraverso innalzamento delle aliquote sui medesimi prodotti agroalimentari, determinando un aumento del prezzo finale e penalizzando un settore che crea reddito e occupazione;
    occorre conseguentemente interrompere, il proseguimento di un processo normativo che desta perplessità nell'ambito delle procedure di copertura finanziarie per i provvedimenti, attraverso continui aumenti di accise sulle bevande medesime,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sospendere per i futuri provvedimenti legislativi, interventi di natura finanziaria volti a prevedere incrementi in materia di accisa su birra, prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico, previsti come copertura finanziaria.
9/1941/6Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 6 dell'articolo 4 autorizza la Banca d'Italia ad effettuare operazioni di acquisto temporaneo delle proprie quote presso quegli azionisti che detengano partecipazioni superiori al 3 per cento;
    il decreto prevede un limite massimo alle singole quote, pari al 3 per cento del capitale della Banca (la soglia era pari al 5 per cento nel decreto originale; è stata abbassata al 3 per cento in fase di conversione). Esso autorizza la Banca d'Italia a effettuare operazioni di acquisto (temporaneo) delle proprie quote, presso quegli azionisti che detengano partecipazioni superiori a quel limite;
    con riferimento alle norme del comma 6 dell'articolo 4, le quali consentono alla Banca d'Italia di effettuare operazioni di acquisto temporaneo di quote di partecipazione al suo capitale, la BCE ha preso atto che tali operazioni di acquisto possono comportare un trasferimento di risorse finanziarie agli azionisti, raccomandando pertanto che esse, per quanto di carattere temporaneo, siano conformi a tutte le pertinenti normative dell'Unione;
    vi potrà dunque essere un ritorno immediato di disponibilità finanziarie per le banche, ed in particolare per Banca Intesa e Unicredit, a loro utilissimo in questa fase di regole più severe in termini di solidità patrimoniale dei bilanci e di stress test;
    la Banca d'Italia rischia di finanziare gli istituti di credito fino ad un massimo di circa 4,2 miliardi di euro compromettendo le proprie riserve;
    appare più adeguato, onde evitare ogni rischio riferito alla solidità della Banca d'Italia, che l'eventuale acquisto temporaneo delle quote eccedenti sia eseguito da parte della Cassa depositi e prestiti, in attesa poi di rivenderle sul mercato in modo tale che la pubblica amministrazione non debba essere finanziariamente penalizzata da tale operazione,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative affinché la procedura di acquisto temporaneo delle quote eccedenti facenti capo ad ogni singolo soggetto sia effettuata dalla Cassa depositi e prestiti.
9/1941/7Duranti, Lavagno, Paglia, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 modificato durante l'esame al Senato, individua le categorie di investitori che possono acquisire le quote di partecipazione al capitale dell'istituto;
    si tratta di:
     banche aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia;
     imprese di assicurazione e di riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia;
     fondazioni bancarie di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 153 del 1999;
    ed in particolare, di enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede legale in Italia;
    rispetto alla norma vigente, è introdotta la possibilità di partecipazione da parte dei fondi pensione (istituiti in Italia ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 252 del 2005);
    rispetto alla formulazione originaria del decreto-legge, le modifiche al Senato hanno escluso la possibilità di partecipare al capitale per i fondi pensione istituiti in UE ai sensi dell'articolo 15-ter dello stesso decreto legislativo n. 252 del 2005,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche legislative, al fine di stabilire, nell'ambito di una gestione prudenziale del patrimonio dei fondi pensione di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 5 dicembre n. 252 del 2005, una quota massima delle riserve patrimoniali che i fondi medesimi possono utilizzare per acquisire quote del capitale della Banca d'Italia.
9/1941/8Fava, Lavagno, Paglia, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento contempla misure in materia d'imposizione fiscale sugli immobili;
    l'attuale riformulazione delle esenzioni dell'IMU relative gli immobili di proprietà dello Stato e degli enti territoriali riprende quasi integralmente la previgente normativa dell'ICI (articolo 7, comma 1 del decreto legislativo n. 504);
    tuttavia, non essendo più vigente il decreto 504, il riferimento all'esclusione di tutti gli immobili di proprietà comunale non è più applicabile, determinandosi così una situazione atipica di formale assoggettamento al tributo (almeno per la parte di spettanza dello Stato) degli immobili comunali che non siano «destinati esclusivamente a compiti istituzionali», anche se situati nel territorio del Comune impositore. Ciò determinerebbe un ingente «trasferimento» di risorse dai Comuni allo Stato per immobili di uso sociale (affidati gratuitamente per scopi meritori, affittati a canone sociale, e altro) o che concorrono alle finanze comunali in quanto immessi nel mercato delle locazioni a valori di mercato,

impegna il Governo

ad emanare una norma che disponga che l'imposta municipale propria è dovuta al comune per gli immobili la cui superficie insiste, interamente o prevalentemente, sul proprio territorio, e che la stessa non è dovuta per gli immobili di cui il comune è proprietario ovvero titolare di diritti di cui all'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, quando la loro superficie insiste interamente o prevalentemente sul proprio territorio.
9/1941/9Ferrara, Paglia, Lavagno.


   La Camera,
   premesso che:
    i comuni hanno facoltà di deliberare con regolamento riguardo ad alcune fattispecie agevolative, facoltà che di fatto comportano trattamenti differenti tra contribuenti sul territorio nazionale come per esempio: differenti aliquote agevolate per abitazioni principali, equiparazione alla prima casa dell'unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata, dell'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata, introduzione di fasce Isee di esenzione per i redditi minimi ed applicazione per le fasce superiori di principi di progressività, e altro;
    l'imposta sugli immobili IMU si applica anche sugli immobili in comodato d'uso. Il decreto-legge n. 201 del 2011, nell'introdurre in via sperimentale l'imposta ha cancellato la disposizione (il comma 3, dell'articolo 58 e le lettere d), e) ed h) del comma 1, dell'articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446) che consentiva, nell'ambito della disciplina della vecchia ICI di assimilare all'abitazione principale gli immobili concessi ad uso gratuito ai familiari;
    infatti il Ministero dell'economia e delle finanze con propria circolare ha definito ai fini Imu l'abitazione principale come l'immobile nel quale il possessore ed il suo nucleo familiare dimorano abitualmente, definizione questa che non integra in sé la norma prevista dalla disciplina sull'Ici che comprende al suo interno una quantità enorme di rapporti di comodato di fatto e che caratterizzano i rapporti interni al gruppo familiare e parentale;
    la suddetta tipologia di immobili è considerata imponibile come seconda casa e soggetta ad aliquota ordinaria, e non può beneficiare né delle detrazioni per l'abitazione principale, né della riduzione di aliquota. La normativa prevede invece che l'eventuale regime di favore può essere deliberato dai singoli comuni nell'ambito della potestà regolamentare loro riconosciuta, contribuendo in tal modo a determinare una disparità di trattamento tributario sul territorio nazionale rispetto ad un utilizzo particolare dell'immobile;
    sono sempre più numerosi coloro che ricorrono al notaio per costituire un diritto di abitazione, o per provvedere alla cessione o donazione dell'usufrutto anche temporaneo a favore del figlio o del nipote e viceversa, anche al fine di attuare il trasferimento di soggettività dell'imposta dal comodante al comodatario, vanificando a volte, in tal modo, lo spirito solidaristico che c’è alla base dell'atto di liberalità tra parenti in linea retta,

impegna il Governo

ad emanare una norma che equipari l'immobile concesso in comodato gratuito ai parenti in linea retta di primo grado che la occupano a titolo di abitazione principale, alle fattispecie di immobili contemplate all'articolo 1, lettere a), b) e c) del provvedimento.
9/1941/10Costantino, Lavagno, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 9 dell'articolo 1 conferma la possibilità per i comuni di equiparare alle abitazioni principali le unità immobiliari possedute dai cittadini italiani non residenti nel territorio italiano a titolo di proprietà e di usufrutto, a condizione che non risultino locate;
    la suddetta equiparazione è dunque rilasciata alla potestà regolamentare dei comuni, creando di fatto una disparità di trattamento fiscale tra contribuenti i cui immobili ricadono in territori differenti,

impegna il Governo

a disporre per legge la suddetta equiparazione tra abitazione principale ed unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, al fine evitare discriminazioni tra identiche fattispecie imponibili.
9/1941/11Nardi, Paglia, Lavagno.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento dispone la definitiva sospensione della seconda rata dell'IMU relativa all'anno 2013 dovuta per l'abitazione principale, equiparando a quest'ultima alcune fattispecie quali: le unità immobiliari di proprietà di anziani e disabili residenti in istituti di ricovero o sanitari e quelle di cittadini italiani non residenti, le unità immobiliari di cooperative edilizie a proprietà indivisa, gli alloggi assegnati dagli IACP e dagli Enti di edilizia residenziale pubblica, mentre per altre tipologie ha lasciato ai comuni la facoltà di assimilarle alla prima casa;
    riguardo al concetto di abitazione principale, fino ad oggi si è teso distinguere la condizione di chi ha una sola casa, ma non la abita, da chi abita una casa di tante. Ma in questa distinzione vi sono spesso storie personali e familiari molto diverse e con capacità patrimoniali e finanziarie molto lontane;
    equiparare all'abitazione principale l'unica casa non di lusso, ove però il contribuente non risiede, è una scelta politica di equità che garantirebbe un risparmio fiscale alle fasce sociali più deboli, maggiormente aggredite dalla crisi economica generale, con una minima perdita di un gettito che potrebbe essere assorbita applicando il principio di progressività sui grandi patrimoni immobiliari, così come, del resto, richiestoci anche dall'Unione europea;
    l'IMU può infatti rappresentare anche uno strumento di riequilibrio sociale attraverso un parziale e modesto trasferimento monetario delle risorse. Tutto questo è doveroso, equo e possibile soltanto se la progressività per le grandi ricchezze e l'esenzione per l'unica abitazione non di lusso, divengono obiettivi di una politica fiscale seria e condivisa;
    il pagamento dell'IMU non dovrebbe dunque limitarsi a distinguere due fattispecie, abitazione principale e altri immobili, ma dovrebbe determinare una diversificazione delle categorie con aliquote e detrazioni più stringenti e più equilibrate, consentendo agli amministratori locali di attivare forme di progressività, chiedendo di più a chi ha tanto ed assoggettare ad aliquota ridotta per prima casa chi possiede un unico immobile non di lusso;
    per questi motivi è auspicabile andare oltre il concetto generico di prima casa, separando il caso di coloro che possiedono un solo immobile da coloro che ne hanno più d'uno: è assai diversa, infatti, la situazione patrimoniale della prima casa di una, rispetto alla prima casa di tante, magari anche di lusso,

impegna il Governo

nell'ambito di una revisione organica della disciplina dell'imposizione fiscale del patrimonio immobiliare, ad estendere l'aliquota agevolata per l'abitazione principale all'unica abitazione non di lusso posseduta dal contribuente, purché non locata.
9/1941/12Pellegrino, Paglia, Lavagno, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento, dispone la sospensione della seconda rata dell'IMU 2013 indiscriminatamente per tutti i contribuenti proprietari di prima casa, in forma lineare e senza alcun collegamento con i reali valori economici sottostanti all'imposta stessa, sganciati, quindi, dalla capacità contributiva degli stessi, violando manifestatamente i principi di capacità contributiva e di progressività delle imposte sui quali si fonda il nostro sistema tributario, ed in cui l'IMU occupa una posizione di rilievo, ed enunciati dall'articolo 53, della Costituzione;
    la rigidità insita nella definizione del tributo, che sgancia il valore patrimoniale dalla capacità contributiva del singolo proprietario, prevedendo un'aliquota unica e non progressiva, oltre a disattendere il suddetto principio costituzionale di progressività del sistema, stabilisce di fatto una disparità tra contribuenti, violando anche il principio di uguaglianza di tutti i cittadini sancito all'articolo 3 della Costituzione;
    il presente decreto, sospendendo il tributo per tutti i contribuenti proprietari di prima casa, avalla di fatto tale disuguaglianza in violazione dell'articolo 3 della Costituzione e dell'articolo 53 secondo comma, in quanto più della metà del gettito Imu prima casa proviene dagli ultimi tre decili di rendita della scala della distribuzione dei redditi, cioè da coloro che guadagnano di più. Pertanto l'abolizione tout court dell'Imu sull'abitazione principale, alleggerisce il peso fiscale sulla prima casa delle famiglie benestanti, avvantaggiandole rispetto alle meno abbienti in misura più che proporzionale,

impegna il Governo:

   ad introdurre, con futuri provvedimenti, correttivi alla disciplina dell'imposta municipale sugli immobili che garantiscano l'equità del sistema prevedendo che il carico del tributo cresca in misura più che proporzionale al crescere della ricchezza imponibile;
   ad introdurre ulteriori elementi di personalizzazione dell'imposta stabilendo agevolazioni aggiuntive per situazioni particolari, al fine di renderla più equa e legarla alla capacità di reddito del contribuente, che prevedano un sistema di deduzioni e detrazioni collegate a determinate soglie Isee, alla titolarità di un mutuo ipotecario sull'abitazione principale e a specifiche situazioni particolari all'interno del nucleo familiare, quali la presenza di persone anziane, di disoccupati e di diversamente abili.
9/1941/13Nicchi, Paglia, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento al nostro esame, come modificato durante l'esame del decreto legge al Senato, detta disposizioni concernenti il capitale della Banca d'Italia;
    in particolare, si ribadisce che la Banca d'Italia è indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze, analogamente a quanto previsto per la BCE dall'articolo 282, paragrafo 3, del Trattato UE;
    a livello nazionale, le principali fonti normative che riguardano funzioni e organizzazione dell'istituto sono:
     il decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 (TUB);
     il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF);
     il decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43 (adeguamento dell'ordinamento nazionale alle disposizioni del Trattato CE in materia di politica monetaria e SEBC);
     la legge 28 dicembre 2005, n. 262 (disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari);
     il decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 303 (norme di coordinamento del TUB e del TUF con la legge 28 dicembre 2005, n. 262);
     il decreto del Presidente della Repubblica 12 dicembre 2006 (approvazione del nuovo Statuto);
     e infine il decreto del Presidente della Repubblica 27 dicembre 2013, che ha concluso l'iter di approvazione delle modifiche allo Statuto della Banca d'Italia, indotte dal decreto legge in esame;
    la governance della Banca si fonda sui principi di autonomia e di indipendenza affermati in sede comunitaria e nell'ordinamento nazionale, e ribaditi dallo Statuto;
    l'organizzazione della Banca d'Italia è stata significativamente modificata dell'articolo 19 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, ed in particolare il comma 7 dell'articolo 19 ha limitato a sei anni il mandato del Governatore (nell'assetto previgente mancava un limite temporale alla sua durata nella carica), con la possibilità di un solo rinnovo;
    gli altri membri del Direttorio durano in carica sei anni, con la possibilità di un solo rinnovo. Ai sensi del comma 8, la nomina del Governatore è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d'Italia;
    i componenti di altre Autorità indipendenti, quali quelli dell'Antitrust (legge n. 287 del 1990 – articolo 10, comma 3) oppure quelli delle Autorità per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (legge n. 481 del 1995 – articolo 2, comma 8), proprio per rafforzare i criteri di autonomia e di indipendenza di tali istituzioni prevedono un solo mandato (di 7 anni) non rinnovabile;
    sarebbe opportuno che per il medesimo scopo in particolare il mandato del Governatore della Banca d'Italia fosse non rinnovabile alla sua scadenza,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative legislative al fine di prevedere per il Governatore della Banca d'Italia un unico mandato non rinnovabile.
9/1941/14Giancarlo Giordano, Di Salvo, Paglia, Marcon, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    la disciplina, recata dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del provvedimento, è finalizzata a dare tutela a situazioni abitative di particolare rilevanza sul piano sociale ed economico, prevedendo l'esenzione dal pagamento anche della seconda rata dell'IMU al caso dell'unico immobile iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unità immobiliare, posseduto dal personale in servizio permanente appartenente al Comparto sicurezza e difesa a prescindere dalle condizioni della dimora abituale o della residenza anagrafica;
    la norma in questione dà riconoscimento alla specificità del Comparto sicurezza e difesa, in considerazione della condizione in cui versa un numero assai elevato di operatori, ivi incluso il personale civile, che, per ragioni di servizio, sono tenuti a risiedere in luogo diverso da quello in cui è situato l'unico immobile di proprietà e che, in assenza di una disciplina ad hoc, dovrebbero versare l'imposta relativa all'immobile di proprietà con le aliquote aggravate previste per la seconda casa, con evidenti profili di iniquità e penalizzazione per chi, per ragioni di servizio allo Stato, già sostiene sacrifici e aggravi economici;
    lo stesso provvedimento non contempla però un identico trattamento per tutti gli altri lavoratori, sia dipendenti pubblici che privati, che, sempre per motivi di lavoro, dimorano abitualmente in un immobile situato in un comune diverso e di cui non sono proprietari,

impegna il Governo

a disporre per legge l'equiparazione della fattispecie dei lavoratori che per motivi di lavoro abitano in un comune diverso dal proprio, a quella del personale delle Forze armate e delle forze di polizia, ai fini dell'equiparazione, ai fini IMU, dei loro unici immobili non locati all'abitazione principale.
9/1941/15Di Salvo, Paglia, Lavagno, Duranti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento contempla misure in materia d'imposizione fiscale sugli immobili;
    infatti, la legislazione di esenzione in materia d'imposizione sugli immobili destinati all'esercizio delle attività istituzionali «con modalità non commerciali» non presenta, nonostante il regolamento emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze n. 200 del 2012, una configurazione giuridica dai confini certi se legata esclusivamente al requisito di commercialità e disgiunta da elementi che devono essere valutati nella tassazione ai fini delle imposte sul reddito, tra cui, in primis, la valorizzazione del rapporto associativo tra l'iscritto e l'ente;
    gli elementi di discrezionalità ed i profili di disomogeneità nei presupposti utilizzati nel classamento tipologico delle attività, così come l'incertezza applicativa derivata dall'introduzione di misuratori astratti del tasso di commercialità, non tengono conto della importante funzione assegnata agli indicatori obiettivi della capacità contributiva (cfr. decreto Ministero dell'Economia e delle Finanze 19 novembre 2012 n. 200, articolo 4);
    la disciplina dell'IMU come introdotta dal decreto-legge n. 201 del 2011, pone dubbi interpretativi in ordine all'applicazione dell'imposta agli a enti scopo di lucro, che in precedenza erano esentati dal pagamento dell'ICI. Infatti contrariamente a quanto disposto dalla disciplina dell'ICI, con l'introduzione dell'Imu sperimentale, dall'anno 2012 è stato esteso il pagamento della stessa anche agli immobili di cui sono proprietari od usufruttuari gli enti ecclesiasti e non-profit, destinati esclusivamente allo svolgimento, con modalità non commerciali, di attività assistenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive;
    successivamente, con decreto ministeriale n. 200 del 2012, e con le risoluzioni n. 3/F e n. 4/F e 7/F del 2013, il Ministero dell'economia e delle finanze ha inteso chiarire gli ambiti di soggettività passiva e le condizioni per poter usufruire dell'esenzione dell'imposta da parte degli enti no-profit, senza riuscire però a delineare una disciplina univoca e chiara per l'intero e variegato mondo del terzo settore che conta oltre 235.000 organizzazioni, tra le quali, anche quelle di matrice cattolica, e nel quale vi lavorano circa 750.000 persone in forma retribuita e vi operano oltre 3 milioni di volontari, che contribuisce al 5 per cento del Pil e fornisce servizi fondamentali ai cittadini (dalle mense ai dormitori, dall'assistenza ai disabili alla cura degli anziani, dalla protezione civile alla difesa del patrimonio culturale), il tutto a fronte di esigui sostegni ed incentivi;
    si tratta di disposizioni che hanno forti ricadute perché rivolte all'ampia area di enti che svolgono, senza scopo di lucro, attività con finalità di interesse generale, molti dei quali, più strettamente legati all'impegno sociale, sono componente determinante del sistema di welfare in atto e costituiscono la struttura portante di una sua rimodulazione basata sulla compartecipazione tra «pubblico» e «privato»,

impegna il Governo:

   a prevedere una normativa chiara e non penalizzante per il settore cosiddetto onlus, che definisca meglio l'ambito di operatività della disciplina Imu per tali soggetti, ai quali va debitamente riconosciuta la loro lodevole funzione di coesione sociale, e che equipari i beni immobili da questi posseduti e strumentali alla loro attività istituzionale alle abitazioni principali;
   a contenere il gravame impositivo nei confronti dei suddetti enti attraverso l'estensione agli stessi di aliquote e detrazioni previste dalla legge per le abitazioni principali, anche restituendo ai Comuni qualsiasi potere di iniziativa di regolamentazione della fattispecie in chiave beneficiale.
9/1941/16Lavagno, Paglia, Boccadutri, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    alle plusvalenze derivanti dalle disposizioni di cui al Titolo II del provvedimento al nostro esame si applicherà la misura fiscale agevolativa, la quale prevede un'imposta sostitutiva con un'aliquota pari al 12 per cento (di cui al comma 148 della legge di stabilità 2014, per i beni non ammortizzabili), in luogo della sottoposizione a IRES e IRAP secondo le regole generali;
    il comma 6 dell'articolo 6, al fine di costituire un mercato delle partecipazione al capitale di Banca d'Italia e al fine di favorire effettivamente gli scambi, dispone che i partecipanti al capitale della Banca d'Italia, a partire dall'esercizio in corso al 30 novembre 2013 (data di entrata in vigore del decreto in esame) iscrivano le relative quote, ove già non incluse, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione (portafoglio di trading);
    restano in ogni caso ferme le disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, che obbliga alcune tipologie societarie (tra cui banche ed assicurazioni) a redigere il bilancio di esercizio in conformità ai principi contabili internazionali;
    l'articolo 1, comma 148, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) dispone che al predetto trasferimento delle quote all'interno delle scritture contabili dei partecipanti al capitale della Banca d'Italia si applichino alcune disposizioni del decreto ministeriale 8 giugno 2011 e, in particolare le disposizioni concernenti (articolo 4) la valenza fiscale attribuita agli strumenti finanziari sottoposti a riclassificazione;
    il predetto comma 148 della legge di stabilità 2014 consente:
     di applicare l'articolo 4 sul rilievo fiscale delle attività riclassificate in una categoria IAS 39 all'ipotesi de qua (la quota di partecipazione al capitale della Banca d'Italia è ex lege classificata come attività detenuta per la negoziazione), qualunque fosse la categoria in cui le quote erano precedentemente classificate;
     di sottoporre i maggior valori derivanti dalla riclassificazione contabile delle quote (che le attività detenute per la negoziazione sono infatti valutate al fair value), aventi rilievo fiscale, all'imposta sostitutiva al 12 per cento (di cui al comma 143 della legge di stabilità, per i beni non ammortizzabili), in luogo della sottoposizione a IRES e IRAP secondo le regole generali;
    tutto questo insieme di norme configura un regalo fiscale notevole agli istituti di credito partecipanti al capitale di Banca d'Italia stimabile in più di 1,5 miliardi di euro di mancate entrate tributarie;
    inoltre, il pagamento dell'imposta sostitutiva con l'aliquota super agevolata del 12 per cento potrà avvenire in tre rate annuali,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di prendere le opportune iniziative per sottoporre le plusvalenze derivanti dalle disposizioni di cui al Titolo II del decreto al nostro esame all'Ires, all'Irap ed alle eventuali addizionali.
9/1941/17Kronbichler, Paglia, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è il terzo paese al mondo per consistenza di riserve auree (dopo Stati Uniti e Germania) con 2.451,8 tonnellate di oro, pari oggi ad una somma di circa 110 miliardi di euro, che, pur con qualche oscillazione, cresce tendenzialmente di anno in anno;
    i lingotti della riserva sarebbero per la maggior parte custoditi nei sotterranei della Banca d'Italia, ma sembrerebbe che una parte della nostra riserva aurea sia ancora detenuta all'estero;
    pur mantenendo la natura giuridica pubblicistica della Banca d'Italia, la sostanziale privatizzazione dell'istituto operata dal provvedimento in esame, solleva più di qualche perplessità in ordine al destino delle riserve auree;
    queste ultime, tuttavia, appartengono senza ombra di dubbio allo Stato italiano ed al popolo italiano, e questo principio va riaffermato con chiarezza;
    le riserve auree, inoltre, in seguito alla sospensione del regime di convertibilità dei biglietti di banca «in oro o, a scelta della banca medesima, in divise su paesi esteri nei quali sia vigente la convertibilità dei biglietti di banca in oro», prevista dal regio decreto-legge 21 dicembre 1927, n. 2325, hanno svolto una funzione essenziale per il governo della bilancia dei pagamenti e, quindi, dell'esposizione dell'Italia verso l'estero e, pertanto, anche di garanzia dell'indipendenza e della sovranità del popolo italiano;
    sulla base degli studi di alcuni costituzionalisti «l'analisi della normativa sinora vigente induce a ritenere che si tratti di beni pubblici di natura quasi demaniale, destinati ad uso di utilità generale, che Bankitalia non avrebbe più titolo per detenere, essendo la sua funzione monetaria confluita in quella affidata ormai alla Banca Centrale Europea; l'oro, insomma, sarebbe degli Italiani e dovrebbe pertanto essere restituito allo Stato»,

impegna il Governo:

   a valutare la tempestiva adozione di un atto normativo che ribadisca, in maniera esplicita, che le riserve auree sono di proprietà dello Stato italiano e non della Banca d'Italia, a prescindere dall'assetto statutario di quest'ultima;
   ad adottare le iniziative opportune affinché le riserve auree eventualmente ancora detenute all'estero siano fatte rientrare nel territorio nazionale, entro il termine massimo di dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
9/1941/18Giorgia Meloni, Corsaro, Rampelli, Totaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 5 dell'articolo 6, nel prevedere l'adeguamento dello Statuto della Banca d'Italia alle disposizioni introdotte dal testo in esame, con le modalità previste dal decreto legislativo n. 43 del 1998 (articolo 10, comma 2), entro sei mesi dalla loro entrata in vigore (ovvero entro il 30 maggio 2014);
    la norma esplicita una serie di principi direttivi da tenere in considerazione per l'adeguamento statutario. Anche a seguito delle modifiche apportate al Senato, tali principi criteri direttivi prevedono, in particolare, alla lettera d) di abrogare la clausola di gradimento alla cessione delle quote, che può avvenire solo fra gli investitori autorizzati a detenere appartenenti alle categorie indicate all'articolo 4, comma 4 (banche aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia; imprese di assicurazione e riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia; fondazioni bancarie, enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede legale in Italia e fondi pensione istituiti italiani);
    lo Statuto della Banca, all'articolo 19, comma 3, lettera l), prevede che il Consiglio vigili sul rispetto dei requisiti di partecipazione al capitale della Banca, nonché sulla ricorrenza dei requisiti di onorabilità in capo agli esponenti aziendali e ai partecipanti dei soggetti acquirenti previsti dalla disciplina normativa e statutaria a questi applicabile;
    tuttavia il nuovo Statuto non contiene la sanzione dell'annullabilità della cessione delle quote,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative, al fine di ristabilire la sanzione dell'annullabilità della cessione delle quote qualora l'investitore che entra in possesso di quote del capitale dell'istituto non rispetti i requisiti di onorabilità in capo agli esponenti aziendali e ai partecipanti dei soggetti acquirenti previsti dalla disciplina normativa e statutaria a questi applicabile.
9/1941/19Scotto, Boccadutri, Melilla, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 4-bis, del decreto-legge 16 del 23 gennaio 1993, convertito con modificazioni dalla legge 75 del 24 marzo 1993, ha stabilito che «... per i cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, si considera direttamente adibita ad abitazione principale l'unità Immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata»;
    le disposizioni citate, legittimano una sostanziale equiparazione, tra le abitazioni principali dei residenti in Italia e le abitazioni dei non residenti, purché non locate;
    la suddetta norma è stata superata con l'entrata in vigore del cosiddetto Decreto Salva Italia e successivamente il decreto-legge 16/2012 ha previsto che i Comuni possono riservare alle unità immobiliari in questione lo stesso trattamento previsto per l'abitazione principale, vale a dire applicazione dell'aliquota ridotta, detrazione e maggiorazione per i figli, introducendo di fatto un principio di discrezionalità altamente discutibile e dalla dubbia legittimità;
    considerando le note criticità finanziarie che condizionano i comuni italiani, molti hanno optato per il riconoscimento della citata tipologia immobiliare come «secondaria» con tutte le conseguenze in termini di entrate economiche;
    appare opportuno evidenziare che il Governo si è impegnato in più occasioni a rivedere il principio di discrezionalità dei Comuni consentendo il riconoscimento automatico come «abitazione principale» dell'unità immobiliare dei residenti oltre confine, in chiara ottemperanza con quanto sancito dalla legge n. 75 del 1993,

impegna il Governo

a dare seguito, nel primo provvedimento utile, agli impegni già presi disponendo il superamento del principio di discrezionalità in capo ai comuni in materia di riconoscimento dell'abitazione principale delle unità immobiliari possedute dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato.
9/1941/20Fitzgerald Nissoli, Caruso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 dispone l'abolizione della seconda rata IMU per l'anno 2013 per una serie di immobili, salvo l'obbligo di versamento di una quota di imposta dovuta per il 2013, nei comuni che hanno deliberato aumenti rispetto alle norme statali;
    più in dettaglio, la seconda rata IMU non è dovuta per l'immobile posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e di polizia e dal personale appartenente alla carriera prefettizia trasferito d'autorità, quale riconoscimento degli oneri e della specificità della professione svolta dal personale in divisa. In sintesi, per detto personale, non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica (immobili di cui all'articolo 2, comma 5, del decreto-legge del 31 agosto 2013, n. 102);
    per tali soggetti dunque è possibile ottenere il riconoscimento di «abitazione principale» a fini IMU per l'immobile posseduto, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, e non concesso in locazione, anche in assenza delle condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica, ma sono comunque soggetti al pagamento della quota dell'eventuale differenza tra l'ammontare dell'IMU risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione per la «prima casa» deliberate o confermate dal comune per l'anno 2013 e, se inferiore, quello risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione di base previste dalle norme statali; è evidente che la ratio delle motivazioni che hanno condotto il Governo ha introdurre la deroga per i proprietari di immobili che operano nel comparto Difesa e Sicurezza rispetto alla esenzione dal pagamento della prima rata IMU mantiene inalterata la sua validità anche per la mini IMU. In caso contrario si configurerebbero tra l'altro profili di iniquità e penalizzazione per chi, per ragioni di servizio allo Stato, già sostiene sacrifici e aggravi economici, risiedendo in luogo diverso da quello in cui è situato l'unico immobile di proprietà e che è tenuto a pagare la mini IMU,

impegna il Governo

a sollecitare, nell'ambito delle proprie competenze l'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani affinché vengano adottate iniziative che dispongano per il personale sopra indicato misure di compensazione tra la cosiddetta «Mini Imu», già saldata, e gli eventuali ulteriori tributi comunali dovuti dai soggetti proprietari degli immobili di cui all'articolo 2, comma 5, del decreto-legge del 31 agosto 2013, n. 102.
9/1941/21Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 5 dell'articolo 4 del provvedimento in esame prevede che: «ciascun partecipante non può possedere, direttamente a indirettamente, una quota del capitale della Banca d'Italia superiore al 3 per cento. (...) Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di voto ed i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia»;
    queste ultime previsioni dovrebbero indurre gli istituti di credito e le assicurazioni proprietari di quote eccedenti il limite del 3 per cento quali Intesa S. Paolo (quota eccedente pari al 27,3 per cento), Unicredit (quota eccedente pari a 19,1 per cento), Generali (quota eccedente pari al 3,3 per cento), eccetera a dismettere le proprie quote in eccesso;
    l'articolo 6, comma 5, lettera c), prevede che per un periodo di adeguamento di trentasei mesi non spetti per tali quote in eccesso il diritto di voto mentre, viceversa, sono riconosciuti i relativi dividendi;
    è singolare il parallelismo tra tale periodo di godimento dei dividendi che potranno essere pari a 450 milioni annui (il 6 per cento del capitale rivalutato) e la possibilità degli istituti di credito che beneficeranno della rivalutazione di pagare l'imposta sostitutiva (con l'aliquota super agevolata del 12 per cento) in tre rate annuali;
    di fatto i dividendi pagheranno l'imposta e gli istituti di credito potrebbero ricevere un incremento di capitale praticamente pari a 7,5 miliardi a costo zero;
    tutti gli utili della Banca d'Italia derivano direttamente o indirettamente dallo sfruttamento di un bene pubblico. I soggetti privati titolari delle quote del capitale della Banca d'Italia non potrebbero dunque vantare alcun diritto sugli utili dell'istituto ne usufruire dei vantaggi della rivalutazione delle loro quote di partecipazione al capitale,

impegna il Governo

entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto in esame, anche in seguito al concreto processo di dismissione delle quote eccedenti il 3 per cento da parte dei soggetti interessati a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni dichiarate in premessa al fine di prendere eventuali iniziative per ridurre la durata del periodo di adeguamento di cui all'articolo 6, comma 5, lettera c), durante il quale sono riconosciuti dividendi relativi alle quote possedute in eccesso.
9/1941/22Quaranta, Paglia, Boccadutri, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 5 dell'articolo 4 del provvedimento in esame prevede che: «ciascun partecipante non può possedere, direttamente a indirettamente, una quota del capitale della Banca d'Italia superiore al 3 per cento. (...) Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di voto ed i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia»;
    queste ultime previsioni dovrebbero indurre gli istituti di credito e le assicurazioni proprietari di quote eccedenti il limite del 3 per cento quali Intesa S. Paolo (quota eccedente pari al 27,3 per cento), Unicredit (quota eccedente pari a 19,1 per cento), Generali (quota eccedente pari al 3,3 per cento), eccetera a dismettere le proprie quote in eccesso;
    l'articolo 6, comma 5, lettera c), prevede che per un periodo di adeguamento di trentasei mesi non spetti per tali quote in eccesso il diritto di voto mentre, viceversa, sono riconosciuti i relativi dividendi;
    tutti gli utili della Banca d'Italia derivano direttamente o indirettamente dallo sfruttamento di un bene pubblico. I soggetti privati titolari delle quote del capitale della Banca d'Italia non potrebbero dunque vantare alcun diritto sugli utili dell'istituto né usufruire dei vantaggi della rivalutazione delle loro quote di partecipazione al capitale;
    è singolare il parallelismo tra tale periodo di godimento dei dividendi che potranno essere pari a 450 milioni annui (il 6 per cento del capitale rivalutato) e la possibilità degli istituti di credito che beneficeranno della rivalutazione di pagare l'imposta sostitutiva (con l'aliquota super agevolata del 12 per cento) in tre rate annuali;
    di fatto i dividendi pagheranno l'imposta e gli istituti di credito potrebbero ricevere un incremento di capitale praticamente pari a 7,5 miliardi a costo zero,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative normative al fine di ottenere il pagamento dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze realizzate dai soggetti partecipanti al capitale della Banca d'Italia in conseguenza della rivalutazione di tale capitale in un'unica rata.
9/1941/23Paglia, Marcon, Boccadutri, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 6, prevede che la Banca d'Italia, al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al proprio capitale fissati al comma 5 (il 3 per cento), possa acquistare temporaneamente le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le medesime;
    tali operazioni sono autorizzate dal Consiglio Superiore (al quale partecipano gli istituti di credito che partecipano al capitale) ed effettuate con i soggetti appartenenti alle categorie di cui al comma 4;
    con riferimento alle norme che consentono alla Banca d'Italia di effettuare operazioni di acquisto temporaneo di quote di partecipazione al suo capitale, la BCE ha preso atto che tali operazioni di acquisto possono comportare un trasferimento di risorse finanziarie agli azionisti, raccomandando pertanto che esse, per quanto di carattere temporaneo, siano conformi a tutte le pertinenti normative dell'Unione;
    vi potrà dunque essere un ritorno immediato di disponibilità finanziarie per le banche, ed in particolare per Banca Intesa e Unicredit, utilissimo per loro in questa fase di regole più severe in termini di solidità patrimoniale dei bilanci e di stress test;
    in sostanza, la Bce richiama l'attenzione sul potenziale costo, a carico della banca centrale, di quelle operazioni a favore dei suoi azionisti;
    la Bce non quantifica questo costo, ma naturalmente, il costo effettivo dipenderà dalle decisioni del Consiglio superiore della Banca d'Italia. Si può solo indicare una forchetta, che va da un minimo pari a zero, qualora il Consiglio decidesse di non fare alcuna operazione di riacquisto, a un massimo indicato pari a 4.192,5 milioni, praticamente il 55,9 per cento del capitale della Banca;
    tale importo massimo è stato calcolato moltiplicando le quote di capitale che devono essere cedute da alcuni azionisti della Banca d'Italia (in pratica le partecipazioni in eccesso rispetto alla soglia del 3 per cento) per il valore nominale del capitale della Banca, che rappresenta il prezzo massimo d'acquisto da parte della Banca d'Italia;
    con tale prezzo massimo Banca Intesa S. Paolo incasserebbe 2.047,5 milioni, Unicredit 1.432,5 milioni, le Generali 247,5 milioni, la Cassa di risparmio di Bologna 240 milioni, Carige 75 milioni, mentre l'Inps otterrebbe 150 milioni;
    si tratta, dunque di importi rilevanti, che sommano a un totale di quasi 4.2 miliardi di euro, corrispondente a quasi il 56 per cento del capitale della Banca;
    malgrado che il citato comma 6 preveda «modalità tali da assicurare trasparenza, parità di trattamento e salvaguardia del patrimonio della Banca d'Italia, con riferimento al presumibile valore di realizzo», si doveva evitare di introdurre una discrezionalità, il cui esercizio potrebbe esporre la banca centrale al rischio di acquistare le proprie quote a un prezzo superiore a quello al quale le dovrà rivendere in un momento successivo;
    lo stesso decreto prevede che le quote eccedenti siano «sterilizzate»: private del diritto di voto e di ricevere dividendi (dopo un periodo transitorio di ben 36 mesi);
    il comma 6-bis dell'articolo 4, prevede che la Banca d'Italia riferisca annualmente alle Camere in merito alle operazioni di partecipazione al proprio capitale in base a quanto stabilito dall'articolo 4,

impegna il Governo

ad inviare al Parlamento in occasione della trasmissione da parte della Banca d'Italia della relazione di cui al comma 6-bis dell'articolo 4 del decreto in esame, le proprie valutazioni sui risultati conseguiti in ordine alle disposizioni di cui al comma 6 del medesimo articolo in merito all'acquisto temporaneo di proprie quote azionarie da parte dell'istituto, e le eventuali misure correttive anche legislative che l'Esecutivo intende assumere in proposito.
9/1941/24Daniele Farina, Boccadutri, Paglia, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    il dibattito sul capitale della Banca d'Italia e, segnatamente, sulla partecipazione allo stesso, risulti particolarmente ampio e risalente, a partire dalle decisioni che furono assunte nel 1936 con l'approvazione di un nuovo Statuto della Banca;
    a tale proposito si possono richiamare due posizioni teoriche, una delle quali prevede che la Banca centrale sia interamente posseduta da soggetti pubblici, mentre l'altra, seguita dalla citata normativa italiana del 1936, prevede una maggiore distanza dell'assetto proprietario della Banca centrale rispetto ai poteri pubblici secondo uno schema che è stato avvicinato, sia pure impropriamente, a quello della public company;
    l'assetto scelto nel 1936 costituisce, forse, una delle migliori realizzazioni assunte in un regime politico, quello dell'epoca, che non può certo essere rimpianto, ma ha subito, nel corso dei decenni, una torsione conseguente al processo di privatizzazione e di aggregazione bancaria avviato negli anni 90 del secolo scorso e che ha portato a concentrare oltre il 50 per cento delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in mano a due soli gruppi bancari;
    quest'ultima circostanza stona evidentemente con il principio di indipendenza delle banche centrali facenti parte del Sistema europeo delle Banche centrali sancito dai Trattati europei, tant’è che già nel 2005, con la legge n. 262, si era tentato di intervenire su tale aspetto, unitamente ad altre storiche modifiche nell'assetto interno della Banca d'Italia;
    in particolare, con quell'intervento normativo si stabiliva che il Ministero dell'economia e delle finanze procedesse alla quantificazione del valore delle quote di capitale della Banca d'Italia, ai fini del suo riacquisto, dettando una previsione che, tuttavia, non è stata mai applicata;
    l'aumento del capitale della Banca d'Italia previsto dall'articolo 4 del decreto-legge riporta dunque il dibattito politico intorno ai temi della pubblicizzazione o meno della proprietà della Banca stessa, le cui conclusioni sono evidentemente condizionate dalla fiducia che si abbia relativamente alla maggiore o minore vicinanza dell'istituto rispetto alla mano pubblica;
    in tale quadro il decreto-legge consiste, per questo profilo, nella riforma dell'assetto definito nel 1936, in un'ottica di rivisitazione e correzione delle scelte allora compiute, mantenendo comunque una certa distanza tra la proprietà della Banca e l'autorità governativa, ma privatizzando un asset pubblico sostanzialmente per venire incontro alle esigenze di tre soggetti diversi ma che hanno trovato nelle disposizioni del provvedimento al in esame una convergenza di interessi:
   a) gli istituti di credito che senza colpo ferire intascano una plusvalenza di 7,5 miliardi di euro;
   b) il Governo che incasserà circa un miliardo di euro dalla tassazione, sia pur agevolata, di tali plusvalenze;
   c) la stessa dirigenza della Banca d'Italia che ottiene la frammentazione della proprietà e di fatto anche il progressivo ridimensionamento dei poteri del Consiglio superiore dell'istituto;
    tale processo di ulteriore privatizzazione della Banca d'Italia suscita perplessità e dubbi espressi anche dalla stessa BCE nella sua lettera dei 27 dicembre scorso,

impegna il Governo

a riferire ogni sei mesi alle Camere in merito ai risultati conseguiti dalle operazioni relative al capitale della Banca d'Italia in base a quanto stabilito dal Titolo II del provvedimento in esame.
9/1941/25Piras, Paglia, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 3, del provvedimento in esame fissa un tetto massimo ai dividendi, corrisposti annualmente, pari al 6 per cento del capitale;
    come sottolineato dal Governatore, poiché il capitale viene portato a 7,5 miliardi, l'ammontare massimo dei dividendi distribuibili ai partecipanti è di 450 milioni di euro annui. Rispetto alla situazione attuale, si passa da un dividendo ridotto, ma crescente indefinitamente negli anni futuri, a uno oggi più elevato ma soggetto a un tetto fisso nel tempo, mantenendo l'equivalenza tra il valore attuale dei due flussi di pagamenti;
    gli articoli 39 e 40 dello Statuto della Banca d'Italia prevedevano in passato la possibilità di accantonare annualmente alle riserve importi fino al 40 per cento degli utili netti dell'esercizio (tale misura, nel nuovo Statuto, è abbassata al 20 per cento);
    l'articolo 39 prevedeva in particolare che ai partecipanti fossero distribuiti dividendi per un importo fino al 10 per cento del capitale (ossia sino a un massimo di 15.600 euro; oggi, come già detto, tale limite è al 6 per cento, cioè pari a 450 milioni di euro);
    l'articolo 40 stabiliva la possibilità, dai frutti annualmente percepiti sugli investimenti delle riserve, su proposta del Consiglio Superiore e con l'approvazione dell'assemblea ordinaria, di prelevare e distribuire – in aggiunta a quanto previsto dall'articolo 39 – una somma non superiore al 4 per cento dell'importo delle riserve medesime quali risultano dal bilancio dell'anno precedente. I partecipanti potevano quindi ricevere una somma aggiuntiva, prelevata dai frutti degli investimenti delle riserve, ma non superiore al 4 per cento di queste ultime;
    tale somma aggiuntiva – come evidenziato dal Rapporto sull'aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d'Italia sopra citato – ha costituito la vera remunerazione dei partecipanti negli ultimi decenni;
    l'importo distribuito si è sempre collocato su valori di gran lunga inferiori al limite massimo del 4 per cento delle riserve (negli ultimi 14 anni si è commisurato allo 0.5 per cento); per il 2012 sono stati distribuiti a tale titolo circa 70 milioni di euro;
    la rivalutazione e i dividendi fanno capo alla funzione pubblica di Banca d'Italia, e non si capisce perché i benefici di tale funzione pubblica (utili fatti comprando titoli – di Stato e non – in momenti di stress di mercato; utili derivanti dalla gestione del patrimonio conferito) devono andare a dei privati;
    gli utili delle banche centrali vengono distribuiti allo Stato, Tuttavia, non tutti gli utili della Banca d'Italia vengono distribuiti allo Stato, perché una parte significativa è accantonata a riserva. Lo statuto della Banca d'Italia prevede, infatti, che possano essere accantonati a riserva fino al 40 per cento degli utili. Le riserve sono investite in asset che generano a loro volta interessi e proventi, che si sommano ai ricavi derivanti dal diritto di signoraggio. In sostanza, tutti gli utili della Banca d'Italia derivano direttamente o indirettamente dallo sfruttamento di un bene pubblico. I soggetti privati titolari delle quote del capitale della Banca d'Italia non possono dunque vantare alcun diritto sui quegli utili;
    le norme contenute dall'articolo 40 dello Statuto della Banca d'Italia, nella sua precedente formulazione, prevedevano di distribuire una somma, prelevata dai frutti degli investimenti delle riserve, non superiore al 4 per cento delle riserve stesse;
    permane in capo al Consiglio superiore della Banca il potere di determinare discrezionalmente l'importo dei dividendi da distribuire annualmente, e, dunque, nonostante le assicurazioni fornite in merito dall'istituto stesso, non possa sussistere a oggi alcuna garanzia circa le decisioni che verranno in concreto assunte al riguardo, risultando pertanto del tutto incerto se i partecipanti accetteranno un basso livello di dividendi;
    la maggior parte degli utili della Banca d'Italia derivano dal signoraggio da essa esercitato in qualità di istituto di emissione; nell'ultimo bilancio, essi sono ammontati a circa 2,5 miliardi di euro, dei quali solo 70 milioni sono stati distribuiti come dividendo ai soggetti partecipanti al capitale, laddove invece, a seguito dell'aumento del capitale disposto dal decreto-legge, secondo quanto affermato dallo stesso Ministro, gli utili potenzialmente distribuibili ammonteranno a 450 milioni di euro l'anno;
    è necessario chiarire meglio il meccanismo di determinazione degli utili, la cui distribuzione ai partecipanti in misura più elevata che in passato ridurrà le entrate per lo Stato e sottrarrà impropriamente fondi all'autofinanziamento della Banca,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative al fine di porre limiti più stringenti relativi ai dividendi annuali da distribuire ai possessori di quote del capitale della Banca d'Italia.
9/1941/26Lacquaniti, Marcon, Boccadutri, Paglia, Lavagno.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del provvedimento al nostro esame detta disposizioni concernenti gli organi della Banca d'Italia, in particolare disponendo che né l'Assemblea dei partecipanti, né il Consiglio superiore della Banca d'Italia abbiano ingerenza nelle materie relative all'esercizio delle funzioni istituzionali dell'istituto. Inoltre sono recate norme sulla composizione del predetto Consiglio Superiore e sui requisiti dei partecipanti;
    in particolare, il comma 1 stabilisce che l'Assemblea dei partecipanti e il Consiglio superiore della Banca d'Italia non abbiano ingerenza nelle materie relative all'esercizio delle funzioni istituzionali dell'istituto (si tratta, in sostanza, delle funzioni pubbliche attribuite alla Banca d'Italia o al Governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali dal Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, dallo Statuto del SEBC e della BCE, dalla normativa dell'Unione Europea e dalla legge);
    la norma riprende, ampliandolo, il principio contenuto al comma 1 dell'articolo 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 691 del 1947, secondo il quale il Consiglio superiore della Banca d'Italia (che è organo nominato dai partecipanti al capitale) non ha ingerenza nella materia devoluta dall'articolo 1 al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (ossia la vigilanza in materia di tutela del risparmio, in materia di esercizio della funzione creditizia e in materia valutaria);
    il comma 2 prevede che il Consiglio Superiore della Banca d'Italia si compone del Governatore e di 13 consiglieri, nominati nelle assemblee dei partecipanti presso le sedi della Banca, fra i candidati individuati da un comitato costituito all'interno dello stesso Consiglio tra persone che posseggano i requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità previsti dallo Statuto della Banca d'Italia;
    lo Statuto della Banca d'Italia, nella formulazione precedente, già prevedeva tale composizione del Consiglio superiore (Governatore e 13 consiglieri nominati nelle assemblee dei partecipanti presso le sedi della Banca);
    la novità apportata dal comma 2 consiste pertanto nell'istituzione di apposito comitato a cui viene affidato il compito di selezionare una lista di candidati, in possesso dei requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità, da sottoporre per l'elezione alle assemblee presso le sedi della Banca,

impegna il Governo

a richiedere alla Banca d'Italia una valutazione, da trasmettere anche alle Camere, sull'opportunità di un'eventuale adozione di iniziative normative per la soppressione del Consiglio superiore dell'istituto al termine dell'operazione sul capitale della Banca stessa di cui al Titolo II del decreto al nostro esame, venendo sostanzialmente meno molte delle sue reali funzioni.
9/1941/27Aiello, Paglia, Lavagno, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento al nostro esame, così come modificato dal Senato, individua le categorie di investitori che possono acquisire le quote di partecipazione al capitale dell'istituto;
    si tratta in particolare di:
   banche aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia; nella formulazione originaria del decreto, si consentiva la partecipazione anche alle banche con la sola sede legale italiana, nonché a quelle aventi sede legale e amministrazione centrale in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia;
   imprese di assicurazione e di riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia; nella formulazione originaria del decreto, si consentiva la partecipazione anche alle imprese assicurative con la sola sede legale italiana, ovvero aventi sede legale e amministrazione centrale in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia;
   fondazioni bancarie di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 153 del 1999;
   enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede legale in Italia; rispetto alla norma vigente, è introdotta la possibilità di partecipazione da parte dei fondi pensione (istituiti in Italia ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 252 del 2005). Rispetto alla formulazione originaria del decreto-legge, le modifiche al Senato hanno escluso la possibilità di partecipare al capitale per i fondi pensione istituiti in UE ai sensi dell'articolo 15-ter dello stesso decreto legislativo n. 252 del 2005;
    la norma chiarisce altresì che tutte le banche possono partecipare al capitale dell'istituto, mentre in precedenza solo le banche succedute nelle posizioni giuridiche delle aziende creditizie considerate dalla legge n. 375 del 1936 (casse di risparmio, istituti di credito di diritto pubblico, banche di interesse nazionale) risultavano pienamente legittimate al possesso delle quote;
    il comma 4-bis dispone che, ove le banche e le imprese di assicurazione partecipanti al capitale della Banca d'Italia dovessero perdere il requisito di sede legale o di amministrazione centrale in Italia, si proceda alla vendita delle quote a favore di un soggetto in possesso dei requisiti di territorialità richiesti dalle norme, con sospensione del relativo diritto di volo fino alla vendita delle predette quote;
    di conseguenza, con le modifiche apportate al Senato viene esclusa – rispetto al testo originario della norma – la possibilità che banche, assicurazioni e fondi pensione di stati membri dell'Unione europea partecipino al capitale della Banca;
    si sottolinea il caso di istituti quali BNL – BNP Paribas o Assicurazioni Generali, che hanno sede in Italia, ma il cui capitale azionario è in possesso di società non italiane;
    lo stesso relatore ha sottolineato come egli non ritenga che la partecipazione di soggetti esteri al capitale della Banca debba risultare problematica, pur rilevando come ai rilievi critici espressi in merito da parte della Bundesbank si possa replicare che è comunque libera la possibilità per tutti gli investitori, indipendentemente dalla loro nazionalità, di investire in azioni dei soggetti partecipanti al capitale della Banca d'Italia;
    dunque, se si vuole applicare realmente la disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 4 ed assicurare il possesso di quote della Banca esclusivamente da parte di società italiane, bisognerebbe effettuare verifiche puntuali sul controllo di fatto esercitato da società o gruppi stranieri sui partecipanti al capitale della stessa Banca;
    in ogni caso sarebbe opportuno verificare la compatibilità della modifica così intervenuta con la disciplina europea,

impegna il Governo

a chiarire con un'apposita comunicazione al Parlamento se gli organismi dell'Unione europea autorizzano la messa in opera di tale disposizione, ed in caso affermativo, come intenda procedere per rendere effettiva l'applicazione di tale disposizione e quale amministrazione pubblica intenda attivare per compiere verifiche sul controllo di fatto esercitato o meno da società o gruppi stranieri sui partecipanti al capitale della Banca d'Italia.
9/1941/28Pannarale, Ricciatti, Boccadutri, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento al nostro esame, come modificato durante l'esame del decreto legge al Senato, detta disposizioni concernenti il capitale della Banca d'Italia;
    il provvedimento al nostro esame prevede una serie di misure rivolte secondo l'intenzione del Governo ad affermare l'indipendenza e l'autonomia della gestione della nostra banca centrale;
    a tale fine sono previste una serie di disposizioni che mirano a frammentare la proprietà del capitale della Banca d'Italia, a regolare gli organi della Banca stessa, a ribadire che né l'assemblea dei partecipanti, né il Consiglio superiore della Banca abbiano ingerenza nelle materie relative all'esercizio delle funzioni istituzionali dell'istituto;
    l'indipendenza della Banca, quale Autorità di vigilanza, da interferenze indirette dei partecipanti è garantita da norme risalenti (articolo 5, comma 1, decreto legislativo C.P.S. n. 691 del 1947) che escludono dalle competenze del Consiglio superiore la materia della vigilanza creditizia e finanziaria;
    con decreto del Presidente della Repubblica del 12 dicembre 2006 è stato approvato il previgente Statuto dell'istituto, che ha introdotto innovazioni riguardanti organi, competenze, procedure, ed in particolare l'enunciazione del principio dell'indipendenza della Banca (articolo 1: «Nell'esercizio delle proprie funzioni, la Banca d'Italia e i componenti dei suoi organi operano con autonomia e indipendenza nel rispetto del principio di trasparenza, e non possono sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici e privati.»);
    negli ultimi anni dirigenti della Banca d'Italia hanno assunto ruoli apicali presso il Ministero dell'economia e delle finanze, organismo che, per così dire, rappresenta l’alter ego dell'istituto nell'ambito della politica economica e della gestione della finanza pubblica;
    la legge n. 481 del 1995, all'articolo 2, comma 9, prevede per i membri di altre Autorità indipendenti, quelle per la regolazione di servizi di pubblica utilità, onde evitare ogni possibile condizionamento dei loro membri anche prima della fine del loro mandato, che «per almeno quattro anni dalla cessazione dell'incarico i componenti delle Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza»;
    l'indipendenza e l'autonomia della Banca dal potere politico risulterebbe rafforzata se si introducesse una norma analoga nello Statuto della Banca d'Italia,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche legislative, al fine di prevedere l'incompatibilità a ricoprire incarichi presso il Ministero dell'economia e delle finanze per un determinato periodo dalla fine del loro mandato per coloro che abbiano ricoperto incarichi dirigenziali nell'ambito dell'istituto.
9/1941/29Pilozzi, Boccadutri, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del decreto-legge in esame, come modificato durante l'esame del decreto-legge al Senato, detta disposizioni concernenti il capitale della Banca d'Italia;
    in particolare, il comma 1 ribadisce che la Banca d'Italia è:
     istituto di diritto pubblico (ai sensi dell'articolo 20 del regio decreto-legge n. 375 del 1936 e dell'articolo 19 della legge n. 262 del 2005);
     banca centrale della Repubblica italiana e parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali (ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 43 del 1998 e dell'articolo 19 della legge n. 262 del 2005);
     autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico di cui all'articolo 6 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013;
    inoltre, la norma ribadisce che la Banca d'Italia è indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze, analogamente a quanto previsto per la BCE dall'articolo 282, paragrafo 3, del Trattato UE;
    l'istituzione del meccanismo di vigilanza unico nell'autunno 2014 rappresenta uno dei passaggi previsti per la realizzazione dell'unione bancaria in Europa, volta a dare vita a un quadro finanziario integrato per salvaguardare la stabilità finanziaria e ridurre al minimo il costo dei fallimenti delle banche. Le sue componenti saranno il meccanismo di vigilanza unico e i nuovi quadri integrati di garanzia dei depositi e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi;
    la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione dal titolo «Un piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita» (COM(2012) 777), che descrive in dettaglio gli elementi e le tappe necessari per un'Unione bancaria, economica, fiscale e politica a pieno titolo;
     il cosiddetto «pacchetto sull'Unione bancaria», sul quale la discussione tra i partner europei è ancora molto aperta, comprende:
   1) la proposta di regolamento che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi;
   2) l'istituzione dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea);
   3) le proposte sul risanamento e la risoluzione delle crisi delle banche per affrontare le conseguenze di eventuali dissesti di enti creditizi, definendo un quadro efficace di gestione ordinata dei fallimenti bancari ed evitando il contagio ad altri enti;
    l'Unione bancaria per essere fattibile si deve inserire in un progetto più ampio di unione fiscale e politica, anche perché, per funzionare ed essere credibile, deve potere contare su risorse che solo un vero e proprio bilancio federale può assicurare. Il corretto funzionamento della Unione bancaria richiede, infatti, l'introduzione di un finanziamento di ultima istanza di natura fiscale e, quindi, una qualche forma di bilancio federale, con rilevanti cessioni di sovranità dagli Stati nazionali al «governo federale»,

impegna il Governo:

   a sostenere la rapida approvazione ed attuazione delle misure per la realizzazione di un'effettiva e completa Unione bancaria europea che includa un sistema centralizzato di vigilanza anche sulle banche di importanza nazionale e regionale, ma anche:
    1) un quadro comune sugli strumenti nazionali di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi;
    2) un fondo di garanzia europeo unico dei depositi bancari;
    3) la creazione di un'Autorità europea unica e di un fondo unico di risoluzione per la gestione delle crisi bancarie.
9/1941/30Marcon, Paglia, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    più che da vera e propria urgenza, le disposizioni del provvedimento in esame relative alla Banca d'Italia sembrano essere dettate dalla «fretta» di riformare l'assetto proprietario e la governance dell'Istituto, che nell'attuale assetto non ha finora peraltro comportato problemi legati all'indipendenza della Banca d'Italia e alla libertà delle scelte rispetto ai condizionamenti degli attuali detentori delle quote così come risulta dalla approfondita ed esaustiva recente relazione del Governatore Visco in Commissione Finanze al Senato;
    tale riforma, che riveste per di più caratteri ordinamentali oggettivamente incompatibili con i caratteri di necessità e urgenza che dovrebbe recare il decreto-legge, come quelle che la hanno preceduta nella lunga storia dell'Istituto, dovrebbe passare al vaglio di un approfondito dibattito politico, che affronti distesamente ed analiticamente tutti gli aspetti connessi, sottraendola alle semplificazioni insite nella decretazione d'urgenza, per di più, in piena sessione di bilancio e a ridosso della scadenza d'anno e con un Parlamento letteralmente invaso da provvedimenti d'urgenza in modo tale da configurare a volte veri e propri ingorghi a totale detrimento della necessaria riflessione e ponderazione parlamentare di norme a volte fondamentali per il nostro Paese;
    si sarebbe dovuto quindi consentire al Parlamento di affrontare tali rilevanti questioni con tempi adeguati ad una più ponderata valutazione di tutti i temi ad esso connessi, trattandosi di una norma ordinamentale così come sostiene la stessa relazione illustrativa del provvedimento;
    si sarebbe dovuto quindi disporre lo stralcio prevedendo, per le norme relative alla Banca d'Italia, l'iter previsto dall'articolo 72 della Costituzione per i disegni di legge ordinari;
    osserviamo, infatti, che senza essere preceduto dal minimo dibattito politico, si è proceduto per decreto ad una riforma storica dell'assetto proprietario e della governance della Banca d'Italia che pregiudica palesemente la tutela del risparmio sancito dall'articolo 47 della Costituzione che recita «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito»;
    mentre si dibatte all'infinito di come tassare la prima casa, nessuno, governo, politici, media, si preoccupa di discutere sul fatto che chiunque potrà comprarsi un «pezzo» della Banca d'Italia, anche un soggetto straniero. Il governo non si è preoccupato di dire nulla, ad esempio, sulle possibili conseguenze del fatto che le quote di partecipazione nella nostra banca centrale diventeranno liberamente trasferibili, cioè scambiabili sul mercato;
    il comma 6-bis dell'articolo 4 del decreto in esame prevede che la Banca d'Italia riferisca annualmente alle Camere in merito alla partecipazione al proprio capitale in base a quanto stabilito dal medesimo articolo 4,

impegna il Governo

ad affiancare a tale relazione della Banca d'Italia proprie valutazioni sui risultati, conseguiti o meno, dalle disposizioni sul capitale di Banca d'Italia di cui al presente decreto, ed in particolare in merito al rafforzamento dell'autonomia e dell'indipendenza della Banca, nonché sui risultati conseguiti in termini di saldi di finanza pubblica, insieme ad eventuali proposte anche di ordine legislativo per modificare la normativa al nostro esame.
9/1941/31Ragosta, Lavagno, Boccadutri, Melilla, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    la rivalutazione delle quote azionarie e i dividendi, di cui al titolo II del provvedimento al nostro esame, fanno capo alla funzione pubblica di Banca d'Italia, e non si capisce perché i benefici di tale funzione pubblica, svolta dalla banca centrale in condizione di monopolio per legge dello Stato (utili fatti comprando titoli – di Stato e non – in momenti di stress di mercato; utili derivanti dalla gestione del patrimonio conferito), devono andare a dei privati;
    la ricchezza accumulata dalla Banca d'Italia appartiene ai cittadini italiani e non può andare a dei privati. In sostanza, tutti gli utili della Banca d'Italia derivano direttamente o indirettamente dallo sfruttamento di un bene pubblico. I soggetti privati titolari delle quote del capitale della Banca d'Italia non possono dunque vantare alcun diritto sui quegli utili;
    l'operazione consentirà agli istituti di credito di presentare una forza patrimoniale superiore a quella attuale; siamo sul terreno della «finanza creativa» che certo non aiuta a ristabilire un clima di fiducia tra gli investitori e tra gli stessi istituti di credito, venendo a mancare la necessari trasparenza dei bilanci;
    l'articolo 6, comma 5, del provvedimento al nostro esame prevede alla lettera c) al fine di facilitare l'equilibrata distribuzione delle quote fra i partecipanti, prevede un periodo di adeguamento non superiore a 35 mesi, pertanto sarebbe opportuno che prima della fine di tale periodo gli istituti di credito si astenessero da computare nel proprio capitale di riserva le quote azionarie rivalutate,

impegna il Governo

a vigilare, anche prendendo le opportune iniziative legislative, affinché le quote azionarie rivalutate facenti riferimento al capitale di Banca d'Italia e possedute dagli istituti di credito, nonché le somme eventualmente derivanti dalla loro vendita ad altri soggetti privati o dal loro riacquisto da parte della Banca d'Italia ai sensi del comma 6 dell'articolo 4 del decreto al nostro esame, non siano valutate ai fini della determinazione del capitale di riserva degli istituti stessi prima dell'esercizio finanziario 2017.
9/1941/32Boccadutri, Paglia, Lavagno, Melilla, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    le norme del Titolo II del provvedimento al nostro esame concernenti il capitale di Banca d'Italia sono state considerate urgenti dopo circa 80 anni dalle disposizioni che avevano definito la proprietà della nostra banca centrale;
    la fretta nel disporre e rendere applicabili le nuove norme ha contagiato, oltre che il Governo, anche gli organismi dirigenti della Banca che appena pubblicato il decreto legge dalla Gazzetta Ufficiale hanno immediatamente provveduto a modificare lo Statuto della Banca stessa (Assemblea straordinaria del 23 dicembre 2013), modifiche recepite con altrettanta rapidità dal decreto del Presidente della Repubblica del 27 dicembre 2013;
    il tutto talmente in fretta che ne il Governo ne la Banca d'Italia hanno atteso per le loro deliberazioni ne la conversione in legge del decreto, ne il dovuto parere della Banca centrale europea;
    infatti, la stessa BCE – nella sua lettera del 27 dicembre 2013 – ha sottolineato che: «anche in casi di estrema urgenza, le autorità nazionali non sono esonerate dall'obbligo di consultare la BCE e di accordarle un tempo sufficiente a consentire che il suo parere sia tenuto in considerazione, come stabilito dagli articoli 127, paragrafo 4, e 282, paragrafo 5, del Trattato. Inoltre, l'articolo 3, paragrafo 4 della Decisione 98/415/CE obbliga gli Stati membri a sospendere il processo di approvazione di un progetto di disposizioni legislative in attesa della ricezione del parere della BCE. La BCE ha ricevuto la richiesta di consultazione il 22 novembre 2013, mentre il decreto legge è stato approvato il 27 novembre 2013. Poiché l'approvazione di disposizioni normative prima della pronuncia del parere della BCE o della scadenza del termine stabilito equivale a un caso di non consultazione, la BCE desidera richiamare l'attenzione del Ministero circa il rispetto della procedura di consultazione, tenuto conto, in particolare, della rilevanza della normativa per la Banca d'Italia e l'Eurosistema»;
    peraltro, l'articolo 6, comma 5, del decreto al nostro esame prevedeva l'adeguamento della Statuto della Banca d'Italia alle disposizioni del presente decreto entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto medesimo (ovvero entro il 30 maggio 2014) sulla base di alcuni principi peraltro modificati nel corso dell’iter del provvedimento al Senato il 9 gennaio scorso;
    in questi comportamenti si ravvisa per lo meno il mancato rispetto dovuto al ruolo del Parlamento ed alla funzione delle istituzioni europee, ed un evidente ed intollerabile forzatura nei confronti del potere legislativo,

impegna il Governo

al fine di ristabilire un corretto rapporto con il Parlamento e le istituzioni dell'Unione europea, in particolare con la BCE, a prendere le opportune iniziative, anche legislative, al fine di revocare il decreto del Presidente della Repubblica del 27 dicembre 2013 e di chiedere agli organi della Banca d'Italia di convocare, dopo la definitiva conversione in legge del presente decreto, una nuova assemblea straordinaria al fine di adeguare lo Statuto della Banca alle disposizioni del presente decreto come modificato dalla legge di conversione e per tenere in debito conto le osservazioni della BCE.
9/1941/33Fratoianni, Boccadutri, Paglia, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 53 della Costituzione richiama la nozione di capacità contributiva intesa come forza economica su cui commisurare il prelievo fiscale ed il principio di progressività su cui dev'essere informato il sistema tributario;
    nella attuale disciplina, la progressività assicurata in maniera strutturale dal collegamento dell'IMU alle rendite catastali non sussiste, in quanto la revisione dei catasti urbani è lungi dall'essere completata e, specialmente nei centri urbani di grandi e medie dimensioni, si assiste a disparità scandalose nell'attribuzione dei valori catastali, che non solo vanificano la progressività dell'imposta, ma, a volte, ne determinano una contraria in favore dei redditi più alti;
    infatti, i criteri di determinazione della base imponibile, basati su rendite catastali completamente avulse, in misura più o meno ampia, per eccesso o per difetto, dalla realtà, sono largamente erratici ed intrinsecamente sperequati, erraticità che risulta doppiamente enfatizzata a causa dell'incremento, fino al 60 per cento del coefficiente di attualizzazione delle rendite disposto dal cosiddetto decreto Salva-Italia, da una parte, e dell'incremento delle aliquote di prelievo, fino al 10,6 per mille, livello a cui quasi tutti i comuni sono stati costretti a posizionarsi;
    i suddetti incrementi della base imponibile IMU realizzati attraverso l'applicazione alle rendite di coefficienti moltiplicativi uniformi ha anche lasciato aperto il problema dell'iniquità dell'attuale sistema catastale tra diverse aree territoriali del Paese, tra diverse zone delle aree urbane, tra diverse tipologie di immobili soprattutto residenziali, rendendo urgente il compimento della riforma degli estimi;
    il sistema catastale italiano, progettato prima dell'inizio della seconda guerra mondiale, pur essendo in vigore dai primi anni ’60, ha subito una revisione negli anni ’90 con l'aggiornamento delle sole tariffe d'estimo, lasciando immutati classamenti e zone censuarie: esso è pertanto arretrato rispetto alla diffusa realtà economica immobiliare, sia sul piano della rappresentazione che su quello dell'adeguamento ai valori effettivi di mercato;
    il processo di revisione delle rendite catastali, che verrà avviato al termine dell'iter parlamentare della delega fiscale e che sarà inevitabilmente lungo e complesso, condurrà alla perequazione effettiva dei suddetti differenziali, assicurando una redistribuzione del carico tributario coerente con il valore degli immobili;
    a tutt'oggi la mancata revisione dei valori catastali ha inoltre determinato il crescente divario fra il valore del patrimonio abitativo dichiarato a fini fiscali e la ricchezza immobiliare effettiva: secondo le più recenti stime dell'Agenzia del territorio, il valore di mercato del patrimonio abitativo è 3,7 volte superiore a quello dell'imponibile fiscale, e tale scostamento è generalmente più spiccato nei grandi centri urbani e nelle regioni del Centro;
    la riforma del sistema estimativo catastale, che avrebbe riflessi anche su altre imposte basate sulle rendite, quali Irpef, imposta di registro, imposte catastali, e quella sulle successioni e donazioni, potrebbe infondere nella collettività la percezione di una fiscalità immobiliare più equa e trasparente,

impegna il Governo:

   ad avviare quanto prima il processo di revisione delle rendite catastali;
   in sede di revisione delle rendite catastali a porre le basi per un nuovo sistema di valutazione ed attribuzione della rendita degli immobili, al fine di migliorare i livelli di equità, perequazione, trasparenza e qualità delle informazioni reddituali e patrimoniali nel settore immobiliare e di correggere le sperequazioni, insite nelle attuali rendite, ed accentuate dall'aumento generalizzato disposto con il decreto-legge n. 201 del 2011, revisione che dovrà condurre alla riclassificazione dei beni immobiliari ed al superamento dell'attuale sistema per categorie e per classi, correlando il valore dell'immobile o il reddito dello stesso, alla sua localizzazione ed alle relative caratteristiche edilizie ed urbanistiche.
9/1941/34Melilla, Nardi, Lavagno, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'avvio sperimentale dell'IMU, disposto dal cosiddetto decreto Salva Italia n. 201 del 2011, è stato introdotto un regime di favore per l'abitazione principale che prevedeva oltre all'applicazione di un'aliquota ridotta, pari al 4 per cento, anche una detrazione di base di importo pari a 200 euro, maggiorata di 50 euro per ogni figlio convivente di età non superiore a 26 anni fino ad un massimo di 400 euro;
    tale meccanismo di detrazioni rendeva, di fatto, già esente dall'imposizione IMU sull'abitazione principale circa il 25 per cento degli immobili, assicurando una forma di progressività del prelievo al crescere del valore (catastale) dell'immobile, e facendo esplicare all'imposta anche un ruolo redistributivo sui redditi;
    un ulteriore incremento della detrazione di base consentirebbe pertanto di allargare la platea dei soggetti totalmente esenti dall'IMU per l'abitazione principale, realizzando un effetto redistributivo sui redditi;
    d'altra parte un aumento generalizzato della detrazione di base, slegato dal reddito dichiarato, finirebbe con il beneficiare in misura maggiore i proprietari di immobili con rendita catastale più elevata, beneficiando di un maggior vantaggio in valore assoluto, rispetto ai proprietari di immobili con rendita catastale più bassa, avendo quest'ultimi minore capienza nell'IMU dovuta;
    quest'ultimo effetto potrebbe essere superato subordinando l'accesso alle detrazioni di base alla situazione reddituale del soggetto beneficiario. Una soluzione potrebbe essere rappresentata dall'utilizzo dello strumento selettivo per l'accesso alle prestazioni di welfare, vale a dire l’«Indicatore della Situazione Economica Equivalente» (il cosiddetto ISEE);
    ordinando le famiglie per reddito «equivalente» (cioè un reddito pro capite del nucleo familiare che tiene conto delle economie di scala della famiglia attraverso opportune scale di equivalenze, come ad esempio ISEE o scala OCSE modificata), l'intervento comporterà una diminuzione dell'incidenza dell'imposta pari a 0,48 per cento. In particolare, sarà beneficiato maggiormente il primo quinto di reddito (1,03 per cento), mentre i restanti quinti beneficeranno di una variazione compresa tra «0,41 per cento e 0,55 per cento;
    l'articolo 1 del provvedimento all'esame dell'aula dispone la sospensione della seconda rata IMU relativa all'anno 2013 per le abitazioni principali e per altre fattispecie assimilate, mentre la legge di stabilità per il 2014 ne ha messo a regime l'esenzione dal pagamento per la stessa tipologia di immobili;
    la stessa legge di stabilità 2014 stabilisce l'applicazione dell'IMU sulle prime case signorili accordando, paradossalmente, alle stesse anche la detrazione di base di 200 euro oltre all'aliquota agevolata,

impegna il Governo

a reintrodurre l'IMU sull'abitazione principale coniugandola ad una detrazione aggiuntiva fino a 600 euro rispetto ai citati 200 euro, decrescente al crescere dell'indicatore ISEE, fondato su coefficienti di equivalenza che tengono conto del numero e della tipologia dei componenti familiari.
9/1941/35Placido, Paglia, Nicchi, Lavagno.


   La Camera,
   premesso che:
    una delle attuali criticità in merito all'applicazione dell'IMU è rappresentata dalla determinazione della base imponibile correlata a valori catastali che non rappresentano una base aggiornata del valore degli immobili censiti in catasto;
    la revisione del Catasto avrà infatti effetti positivi sul piano distributivo, poiché l'attuale divario tra rendite catastali e valori di mercato appare assai ampio e tale da generare fenomeni di iniquità con tendenza a favorire i contribuenti più abbienti;
    tuttavia l'attuazione del nuovo Catasto previsto dalla cosiddetta Delega fiscale, ancora all'esame del Parlamento, necessiterà di tempi lunghi;
    per correggere l'effetto di sperequazione territoriale, una soluzione potrebbe essere il ricorso ai valori contenuti nella banca dati delle quotazioni immobiliari di compravendita dell'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia delle Entrate (OMI) e che rileva sull'intero territorio nazionale e con periodicità semestrale i valori medi di compravendita e locazione di immobili ordinari;
    i segmenti di mercato rilevati sono rappresentati tramite la zonizzazione del territorio, in quanto la localizzazione è la caratteristica che incide maggiormente sul valore di mercato degli immobili;
    dal punto di vista redistributivo l'impatto principale sarebbe quello del riequilibrio, pur approssimato, tra diversi gradi di sottostima nei vari Comuni e, all'interno di essi, tra zone di pregio e zone periferiche, a vantaggio di queste ultime. Dunque la natura di questa redistribuzione sarebbe sia verticale (beneficio per i più poveri, correlati a fabbricati siti nelle periferie), sia orizzontale (beneficio per i Comuni con valori catastali oggi più vicini a quelli di mercato),

impegna il Governo

ad emanare un provvedimento che, nelle more della compiuta ridefinizione delle rendite catastali, sostituisca gli attuali indici di rivalutazione delle rendite catastali per la determinazione della base imponibile con i valori OMI.
9/1941/36Matarrelli, Paglia, Boccadutri, Piazzoni, Lavagno.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento dispone la sospensione della seconda rata IMU relativa all'anno 2013 per le abitazioni principali e per altre fattispecie assimilate, mentre la legge di stabilità per il 2014 ne ha messo a regime l'esenzione dal pagamento per la stessa tipologia di immobili;
    da un'analisi condotta dallo stesso MEF emerge che l'esenzione dall'IMU dell'abitazione principale ha un effetto fortemente regressivo: il beneficio, infatti, aumenterà al crescere del reddito complessivo. I contribuenti con redditi tra i 75 mila euro e i 120 mila euro risparmieranno 455 euro e quelli con redditi superiori a 120 mila euro 629 euro. Al contrario, il beneficio per i contribuenti più poveri sarà sensibilmente inferiore: per i contribuenti con reddito fino a 10 mila euro il risparmio sarà di soli 187 euro;
    ordinando le famiglie per reddito «equivalente» (cioè un reddito pro capite del nucleo familiare che tiene conto delle economie di scala della famiglia attraverso opportune scale di equivalenze, come ad esempio ISEE o scala OCSE modificata), l'intervento comporterà una diminuzione dell'incidenza dell'imposta pari a 0,48 per cento. In particolare, sarà beneficiato maggiormente il primo quinto di reddito (1,03 per cento), mentre i restanti quinti beneficeranno di una variazione compresa tra 0,41 per cento e 0,55 per cento;
    lo stesso studio evidenzia che, su base territoriale, l'intervento comporterà un maggior beneficio per i contribuenti dei Comuni dell'Italia centrale con un risparmio medio d'imposta di 293 euro, e un minor vantaggio per i contribuenti dei Comuni del sud e delle isole con un beneficio medio di 176 euro;
    il reddito medio risulta concentrato nella fascia 10.000-25.000 euro, mentre il versamento medio IMU relativo all'abitazione principale si concentra per lo più nell'intervallo 0-340 euro. La relazione tra le due variabili è positiva: al crescere del reddito medio cresce anche il versamento medio IMU ma in misura meno che proporzionale;
    la proposta di esenzione totale dall'IMU per l'abitazione principale non sembra pertanto pienamente giustificabile sul piano dell'equità ed efficienza del tributo, come peraltro emerge anche dalle audizioni del Copaff e di Banca d'Italia e dalle raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale;
    d'altra parte in tutti i Paesi dell'Unione Europea esistono forme di imposizione sugli immobili che includono anche il prelievo sull'abitazione principale;
    sotto il profilo dell'equità si rileva come il possesso dell'abitazione principale è uno dei fattori per la definizione della condizione economica dei contribuenti e la relativa capacità contributiva. In particolare il godimento dell'abitazione di residenza costituisce una delle determinanti principali delle condizioni di vulnerabilità delle famiglie: i proprietari, specialmente quando non gravati dagli oneri del mutuo, sono infatti, a parità di altre condizioni, ovunque meno esposti a rischi di povertà e deprivazione economica;
    l'effetto regressivo determinato dall'abolizione dell'IMU sulla prima casa contravviene anche ai dettami dell'articolo 53 della Costituzione per il quale il sistema tributario italiano, di cui l'imposta svolge un ruolo di rilievo, deve informarsi alla progressività,

impegna il Governo

a ripristinare l'assoggettabilità delle abitazioni principali all'IMU al fine di restituire all'imposta il suo ruolo redistributivo sui redditi.
9/1941/37Palazzotto, Lavagno, Paglia, Di Salvo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del decreto-legge in esame opportunamente persegue l'obiettivo di rendere più efficace e spedito il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da attuare anche attraverso operazioni di dimissione di immobili pubblici che in molti casi, per la loro natura e per lo speciale regime giuridico che li caratterizza, risultano carenti dal punto di vista di una piena conformità alle norme urbanistiche ed edilizie;
    i citati obiettivi di finanza pubblica vanno perseguiti con strumenti tali da non determinare il sacrificio e la compromissione di diritti fondamentali e di beni costituzionalmente protetti, a partire dall'ambiente, dal patrimonio storico artistico e dal paesaggio;
    le misure contenute nell'articolo 3 non sembrano soddisfare appieno tale condizione e rischiano, anzi, di tradursi in un segnale negativo ai cittadini sotto il profilo sia della qualità che degli effetti della legislazione, laddove:
     1) al fine di velocizzare le procedure dirette a sanare le eventuali irregolarità edilizie degli immobili da alienare, invece delle specifiche norme del Testo unico dell'edilizia, ripropongono una prolungata riapertura della sanatoria sull'abusivismo edilizio del 1985, il cosiddetto condono Craxi-Nicolazzi;
     2) individuano il raggiungimento del prefissato ammontare degli introiti finanziari come un insuperabile limite alle richieste avanzate dal Ministero dei beni culturali e dal Ministero dell'ambiente (anche su segnalazione dei rappresentanti delle comunità locali e delle associazioni dei cittadini portatrici di interessi diffusi) di conservare la proprietà pubblica degli immobili di più rilevante interesse ambientale o culturale o paesaggistico;
    sottolineata l'importanza del parere espresso sul decreto-legge approvato dalla VIII Commissione della Camera in sede consultiva,

impegna il Governo:

   ad adottare, in sede applicativa, iniziative urgenti dirette a garantire che le Commissioni parlamentari competenti per materia siano tempestivamente ed esaustivamente informate in ordine ai beni individuati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dal Ministero dell'ambiente come meritevoli di essere mantenuti nella proprietà dello Stato, nonché ai progetti per la loro tutela e valorizzazione che le medesime amministrazioni dello Stato sono tenute a predisporre ai sensi dei commi 2-quater e 2-quinquies dell'articolo 3;
   a svolgere una incisiva azione di monitoraggio degli effetti derivanti dall'applicazione delle richiamate norme di sanatoria, a livello delle singole cessioni di immobili, al fine di scongiurare ogni rischio di ulteriori abusi a danno dell'ambiente e del patrimonio culturale e paesaggistico, tenendo costantemente informato il Parlamento dei risultati di tale azione ed adottando, ove necessario, iniziative normative urgenti, dirette a ricondurre le procedure di dismissione degli immobili pubblici al rispetto dell'ordinaria disciplina legislativa.
9/1941/38Realacci, Borghi, Braga, Arlotti, Mariastella Bianchi, Bratti, Carrescia, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Pastorelli, Zaratti, Basso, Gadda.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, detta disposizioni concernenti l'aumento di capitale della Banca d'Italia;
    in particolare è prevista una ricapitalizzazione del sistema bancario connessa all'aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d'Italia;
    la crisi finanziaria iniziata nell'agosto 2007 ha comportato un inasprimento delle condizioni di offerta di finanziamenti;
    nonostante le misure di sostegno all'accesso al credito dirette a imprese e famiglie, quali sospensioni del rimborso del debito (cd. moratorie), prestazioni di garanzia su alcuni tipi di finanziamento e varie forme di incentivo alla concessione di nuovi prestiti la situazione del tessuto industriale e manifatturiero italiano stenta a migliorare;
    l'allargamento dell'accesso al credito e la revisione dei meccanismi di garanzia a favore delle piccole e medie imprese volte a ridurne i costi potrebbero rilanciare l'indice del clima di fiducia delle imprese e con esso gli investimenti e la crescita,

impegna il Governo

contestualmente alla ricapitalizzazione del sistema bancario connessa all'attuazione del provvedimento in esame a rivedere tutte le convenzioni in essere con il sistema bancario al fine di migliorare le condizioni di accesso al credito, di costo e di garanzia delle piccole e medie imprese.
9/1941/39Petrini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, detta disposizioni concernenti il capitale della Banca d'Italia volte a ribadire la natura della Banca d'Italia come istituto di diritto pubblico, banca centrale della Repubblica italiana e parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali ed autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo e ad affermarne l'indipendenza nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze;
    a norma del comma 2, l'Istituto è autorizzato ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di 7,5 miliardi di euro;
    a seguito dell'aumento, il capitale sarà rappresentato da quote di nuova emissione, pari a 25.000 euro ciascuna e ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale;
    anche in considerazione dell'attuale situazione del Paese le remunerazioni dei vertici aziendali delle banche appaiono troppo elevate;
    lo scorso 13 marzo la Banca d'Italia ha diramato una circolare che sottolinea la necessità di una significativa riduzione della remunerazione variabile per tutte le banche ed ha obbligato le aziende di credito che hanno chiuso l'esercizio in perdita a non riconoscere o pagare bonus a valere sui risultati dell'esercizio 2012 ai componenti degli organi con funzione di supervisione strategica e di gestione, al direttore generale, nonché ad altro «personale più rilevante», la cui remunerazione variabile sia esclusivamente o prevalentemente collegata ad obiettivi riferiti all'intera azienda,

impegna il Governo

ad adottare ogni necessario provvedimento, anche a carattere legislativo, affinché il nuovo capitale di vigilanza formatosi nel patrimonio degli istituti bancari per effetto della rivalutazione delle quote della Banca d'Italia non rilevi ai fini della determinazione delle retribuzioni dei manager.
9/1941/40Marco Di Maio, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    a norma dell'articolo 4, comma 5, ciascun partecipante non può possedere una quota di capitale superiore al 3 per cento né direttamente né indirettamente; conseguentemente alle quote in eccesso non spetta il diritto di voto e i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia;
    il comma 6-bis), del medesimo articolo 4, introduce l'obbligo, per la Banca d'Italia, di riferire annualmente alle Camere sulle operazioni di partecipazione al proprio capitale;
    l'articolo 6, comma 5 prevede l'adeguamento dello Statuto della Banca d'Italia alle disposizioni introdotte dal testo in esame ed esplicita una serie di principi direttivi da tenere in considerazione per l'adeguamento statutario;
    in particolare, a norma della lettera c) del medesimo comma 5, lo Statuto deve prevedere un periodo di adeguamento – non superiore a 36 mesi – durante il quale, per le quote di partecipazione eccedenti la soglia del 3 per cento del capitale non spetta il diritto di voto, ma sono riconosciuti i relativi dividendi. Tale periodo di adeguamento decorre dal completamento dell'aumento di capitale all'importo di 7,5 miliardi di euro disposto dall'articolo 4, comma 2,

impegna il Governo

dopo il primo anno di applicazione delle norme sulla rivalutazione delle quote di capitale della Banca d'Italia e successivamente alla presentazione della prima relazione annuale della Banca d'Italia sulle operazioni di partecipazione al proprio capitale, prevista al comma 6-bis dell'articolo 4, a valutare l'opportunità di ridurre il termine di 36 mesi previsto al comma 5, lettera c), dell'articolo 6, concernente il periodo di adeguamento delle quote di partecipazione eccedenti la soglia di partecipazione indicata al comma 5 dell'articolo 4.
9/1941/41Causi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca misure finanziarie urgenti in materia di finanza locale e ha altresì previsto come per l'anno 2013 non fosse dovuta la seconda rata dell'imposta municipale sperimentale (IMU), di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per una serie di immobili (abitazioni principali e assimilati, casa coniugale assegnata al coniuge, immobili del personale in servizio permanente delle Forze armate, terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, fabbricati rurali ad uso strumentale);
    l'applicazione, sul calcolo dell'imposta dovuta, a causa del moltiplicatore fissato a 65 per gli immobili di categoria D, grava pesantemente sulle aziende, già duramente colpite dalla crisi economica;
    la pressione fiscale a carico delle imprese pesa già in modo rilevante sulle stesse, rallentando così il tanto auspicato processo di ripresa economica,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, a decorrere dall'esercizio 2014, di diminuire il valore del moltiplicatore sugli immobili catastali D.
9/1941/42Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca misure finanziarie urgenti in materia di finanza locale e ha altresì previsto come per l'anno 2013 non fosse dovuta la seconda rata dell'imposta municipale sperimentale (IMU), di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per una serie di immobili (abitazioni principali e assimilati, casa coniugale assegnata al coniuge, immobili del personale in servizio permanente delle Forze armate, terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, fabbricati rurali ad uso strumentale);
    l'articolo 1, comma 380, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, alla lettera b) ha previsto l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, del Fondo di solidarietà comunale il quale è alimentato con una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali;
    il gettito oggi derivante dall'IMU sui fabbricati accatastati in categoria D vena incassato interamente dallo Stato, privando così i Comuni di una importante voce di entrata,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di considerare, nella ripartizione del fondo di solidarietà comunale di cui l'articolo 1, comma 380, lettera b), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, anche il gettito generato dagli immobili di categoria D situati nel singolo Comune.
9/1941/43Marcolin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, il quale reca misure finanziarie urgenti in materia di finanza locale e che ha altresì previsto come per l'anno 2013 non fosse dovuta la seconda rata dell'imposta municipale sperimentale (IMU), di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per una serie di immobili (abitazioni principali e assimilati, casa coniugale assegnata al coniuge, immobili del personale in servizio permanente delle Forze armate, terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, fabbricati rurali ad uso strumentale);
    l'attuale situazione della finanza locale è particolarmente grave, sia alla luce della pesante riduzione di risorse negli ultimi anni a carico dei Comuni, sia per il fatto che gli amministratori locali si stanno muovendo in quadro normativo estremamente incerto ed instabile il quale ha portato più volte al differimento dei termini per l'approvazione dei bilanci preventivi 2013;
    oltre alla mancanza di risorse, i Comuni devono altresì far fronte alle difficoltà legate al rispetto dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità Interno e che impone agli enti medesimi il raggiungimento di un obbiettivo di saldo finanziario per il concorso dell'ente stesso al contenimento dei saldi di finanza pubblica;
    il procedimento per la determinazione di tale saldo, definito attualmente dalla Legge di Stabilità 2012 (Legge n. 183/2011), oltre che particolarmente complesso dal punto di vista metodologico risulta in numerosi casi assolutamente gravoso, anche per il fatto che in taluni casi la causa è da rintracciarsi in investimenti pregressi rispetto all'esercizio in corso, determinando così un aumento costante negli ultimi anni degli enti inadempienti al rispetto del Patto;
    le attualità modalità di applicazione del patto di stabilità interno hanno negative ricadute anche e soprattutto sulle spese di investimento, dal momento che queste subiscono, a causa dei limiti oggi imposti, gravi ritardi nei tempi di finalizzazione, in quanto l'utilizzo del principio di competenza mista obbliga gli enti a posticipare queste spese,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre sistemi premiali ai fini del Patto di Stabilità per i Comuni virtuosi, ovvero per i Comuni che hanno rispettato nel corso degli anni il Patto di Stabilità Interno e che presentano, all'interno del proprio bilancio, un indice di equilibrio corrente.
9/1941/44Prataviera.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, il quale reca misure finanziarie urgenti in materia di finanza locale e che ha altresì previsto come per l'anno 2013 non fosse dovuta la seconda rata dell'imposta municipale sperimentale (IMU), di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per una serie di immobili (abitazioni principali e assimilati, casa coniugale assegnata al coniuge, immobili del personale in servizio permanente delle Forze armate, terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, fabbricati rurali ad uso strumentale);
    il decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, ha riformulato gli obblighi di pagamento di diritti e tributi speciali in relazione all'acquisizione di dati e certificazioni di natura catastale ed ipotecaria, mantenendo tuttavia la gratuità per gli accessi e i certificati richiesti «presso gli uffici» dai possessori dell'immobile;
    tale disposizione è stata finora interpretata dall'Agenzia del territorio, ora accorpata nell'Agenzia delle entrate, in senso restrittivo, ritenendo cioè che la gratuità dovesse limitarsi ai casi di richieste presentate agli uffici dell'Amministrazione finanziaria, e che tale orientamento discrimina ingiustificatamente i cittadini che si rivolgono agli sportelli catastali gestiti dai Comuni che attuano sperimentazioni di decentramento in tale campo, causando inoltre notevoli appesantimenti procedurali per gli stessi Comuni gestori,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di rivedere la normativa in oggetto, ovvero consentendo l'accesso ai servizi di consultazione delle banche dati ipotecaria e catastale gestite dall'Agenzia del territorio gratuitamente e in esenzione da tributi se ciò avviene presso gli uffici, ivi compresi gli sportelli comunali, nei comuni dove è in atto la sperimentazione catastale.
9/1941/45Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, il quale reca misure finanziarie urgenti in materia di finanza locale e che ha altresì previsto come per l'anno 2013 non fosse dovuta la seconda rata dell'imposta municipale sperimentale (IMU), di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per una serie di immobili (abitazioni principali e assimilati, casa coniugale assegnata al coniuge, immobili del personale in servizio permanente delle Forze armate, terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, fabbricati rurali ad uso strumentale);
    la pressione fiscale a carico delle imprese pesa già in modo rilevante sulle stesse, rallentando così il tanto auspicato processo di ripresa economica;
    l'applicazione dell'imposta immobiliare sugli immobili strumentali all'impresa sottrae importanti risorse economiche all'imprenditore, impedendogli di investire le stesse in nuovi investimenti ovvero in occupazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di permettere l'integrale deduzione dell'imposta municipale propria relativa agli immobili strumentali ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni e ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.
9/1941/46Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, il quale reca, tra le disposizioni, anche misure finanziarie in materia di fiscalità locale;
    è sempre più indispensabile, anche alla luce dei recenti fatti accaduti in Sardegna, prevedere risorse aggiuntive per far fronte all'altissimo livello di pericolosità del territorio nazionale in quanto risulta evidente che, se non si procederà al più presto ad effettuare un vasto piano di prevenzione e messa insicurezza del territorio, sarà sempre più difficile ed insostenibile fare fronte agli interventi di risarcimento e di ricostruzione delle opere distrutte o danneggiate a seguito di danni provocati dalle calamità naturali;
    in numerosi casi gli enti locali, a causa dei stringenti vincoli del Patto di Stabilità, non possono effettuare i necessari interventi per investire in opere di difesa idraulica,

impegna il Governo

ad attivare un programma di finanziamento pluriennale di interventi per il riassetto territoriale delle aree a rischio idrogeologico, escludendo dai vincoli del Patto di Stabilità Interno delle Regioni e dei Comuni le risorse investite per opere finalizzate alla difesa idraulica.
9/1941/47Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, il quale reca, tra le disposizioni, anche misure finanziarie in materia di fiscalità locale;
    dal momento della sua prima applicazione, l'imposta municipale propria ha generato molte difficoltà, sia per il maggior peso fiscale a carico dei proprietari di immobili, sia per i Comuni, il cui sistema di finanza è stato profondamente rivisto;
    da più parti è stato evidenziato come l'attuale sistema di calcolo dell'imposta ha generato numerose situazioni di sperequazioni tra gli immobili, con proprietari di edifici dal valore catastale inferiore che hanno dovuto pagare una imposta maggiore di proprietari di edifici di maggior pregio,

impegna il Governo

a prevedere con la massima urgenza una riforma del catasto, fissando con precisione un limite temporale entro il quale definire la stessa e consentendo così di superare le attuali criticità.
9/1941/48Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, il quale reca, tra le disposizioni, anche misure finanziarie in materia di fiscalità locale;
    dal momento della sua prima applicazione, l'imposta municipale propria ha generato molte difficoltà, sia per il maggior peso fiscale a carico dei proprietari di immobili, sia per i Comuni, il cui sistema di finanza è stato profondamente rivisto;
    la legge di Stabilità per l'anno 2014 ha rivisto ulteriormente il quadro di finanza locale per i Comuni, introducendo la TASI, ovvero l'imposta sui servizi indivisibili erogati dal Comune;
    il Governo ha stanziato delle risorse, seppur limitate, per consentire ai Comuni di poter attuare delle detrazioni sulla TASI a favore dei cittadini, così da ridurre il carico fiscale a loro carico,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di consentire ai Comuni, nell'ambito delle proprie competenze, attraverso le opportune iniziative normative e in ragione dell'autonomia ad essi riconosciuta, di deliberare con proprio regolamento e senza alcun limite ulteriori riduzioni ed esenzioni rispetto a quelle oggi già previste.
9/1941/49Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, il quale reca, tra le disposizioni, anche misure in materia di Banca d'Italia;
    nelle norme recate dagli articoli che intendono conferire certezza al quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia non si ravvisano quei caratteri di necessità e urgenza esplicitamente richiamati dal secondo comma dell'articolo 77 della Costituzione;
    il provvedimento autorizza la Banca d'Italia ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di 7,5 miliardi di euro e che il capitale, a seguito dell'aumento, è rappresentato da quote nominative di partecipazione di un predefinito valore e che ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale;
    ciascun partecipante non può possedere una quota di capitale superiore al 3 percento, né direttamente né indirettamente, e che per le quote in eccesso i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, per gli anni 2014 e 2015, di destinare i dividendi delle quote in eccesso del capitale di Banca d'Italia ad un Fondo destinato alla riduzione del cuneo fiscale sulle imprese.
9/1941/50Fedriga.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante «Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici» ha apportato alcune modifiche alla disciplina sull'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni e degli enti locali recata dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, con riguardo in particolare ai tempi ed ai criteri concernenti la fase della sperimentazione del nuovo regime contabile;
    l'articolo ha prolungato di un anno la durata della fase della sperimentazione del nuovo regime contabile e ne integra alcuni dei criteri già previsti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di applicare già dal 2014 l'entrata in vigore della disciplina contabile in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio.
9/1941/51Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    a causa del terremoto del sisma del 20 e 29 maggio 2012 che ha colpito l'Emilia Romagna, la Lombardia e il Veneto, sono inagibili un numero notevole di fabbricati abitativi commerciali e produttivi;
    il mancato gettito dell'imposta municipale per i comuni colpiti dal sisma il quale rende particolarmente difficile la gestione delle attività e dei servizi erogati dalle amministrazioni coinvolte sebbene gli stessi enti locali, seppur a fronte di evidenti difficoltà, eroghino gli stessi servizi ai cittadini,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di corrispondere ai comuni delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 un rimborso in ragione della mancata entrata derivante dagli immobili inagibili per l'anno 2013.
9/1941/52Bossi, Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scollamento della nozione di commercialità delineato in ambito IMU rispetto al quadro normativo prevalente e la complessità del meccanismo congegnato sono tali da renderlo inidoneo a consentire agli enti di accedere alla sua corretta applicazione;
    lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze, nella risoluzione n. 7/DF del 5 giugno 2013, ha ammesso che «il calcolo dall'imposta (...) richiede, oggettivamente, un'elaborazione più complessa rispetto a quella della generalità dei contribuenti IMU»;
    appare evidente lo stato di confusione e di paralisi applicativa indotti dalla complessità del meccanismo, dall'assenza di parametrazioni precise a sostegno dei presupposti, dal ritardo nell'emanazione dei regolamenti attuativi, dall'estraneità del modello legale delineato rispetto a quello più generale che interessa le attività commerciali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nell'ambito del riesame complessivo della materia, di una revisione della normativa IMU in relazione agli enti non commerciali, affinché i medesimi siano tenuti al pagamento dell'IMU solo per gli immobili effettivamente destinati ad attività commerciali.
9/1941/53Attaguile.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scollamento della nozione di commercialità delineato in ambito IMU rispetto al quadro normativo prevalente e la complessità del meccanismo congegnato sono tali da renderlo inidoneo a consentire agli enti di accedere alla sua corretta applicazione;
    tra gli effetti negativi dell'IMU sul patrimonio immobiliare emerge in particolare l'aggravio impositivo sui settori dei servizi e della produzione, che in nessun modo hanno beneficiato di alcuna attenuazione dell'imposta, né in fase di determinazione della base imponibile da parte dello Stato, né in fase di determinazione delle aliquote da parte dei comuni;
    nell'attuale congiuntura in cui a una crisi che sembra non finire mai si somma una pressione fiscale già a livelli record, continuare a oberare in maniera così insistente le imprese, soprattutto quelle del terziario di mercato e dell'artigianato, non solo penalizza le loro potenzialità di crescita, ma mette a rischio la loro stessa sopravvivenza, tanto che i dati sulla mortalità aziendale indicano altresì che nel 2012 ha chiuso l'8,4 per cento delle imprese artigiane, e le previsioni per il 2013 sono persino peggiori, paventando un tasso del 10 per cento;
    gli immobili strumentali delle imprese sono destinati alla produzione, e per questo sono già sottoposti ad imposizione attraverso la tassazione Irpef o Ires per il reddito che contribuiscono a generare,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare un apposito atto normativo volto a prevedere uno sgravio diretto sui parametri IMU, aliquote e valori catastali, in particolare per le attività artigianali e le PMI.
9/1941/54Giancarlo Giorgetti, Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    in questo momento di grave crisi economica, non sono infrequenti i casi nei quali gli inquilini di un immobile smettano di pagare l'affitto e che, pur avendo ottenuto un procedimento di sfratto esecutivo, continuano ad occupare illecitamente l'immobile;
    in tale situazione il contratto con l'inquilino viene meno e l'edificio debba essere tassato come se fosse sfitto con l'applicazione della relativa aliquota fissata dal Comune, per lo più maggiore di quella applicata qualora l'immobile fosse stato regolarmente affittato, magari con canone concordato;
    in tale situazione il proprietario dell'immobile si ritrova nella paradossale situazione di avere un minor incasso dovuto al mancato pagamento da parte dell'inquilino dell'affitto congiuntamente ad un maggior onere, sempre a suo carico, dovuto all'applicazione di una aliquota IMU standard maggiore,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere misure normative finalizzate a regolamentare situazioni così descritte, specificando come sugli immobili sottoposti a procedimento di sfratto esecutivo nei quali continua a dimorare l'inquilino insolvente si applichi l'aliquota dell'imposta municipale propria stabilita per gli immobili locati.
9/1941/55Busin, Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    gli enti locali si sono trovati in grande difficoltà nel 2013 nella costruzione del bilancio di previsione a causa delle incertezze riguardanti la corretta applicazione dei tributi locali e dell'imposta municipale unica, in quanta oggetto di rivisitazione a più riprese da parte del Governo,

impegna il Governo

a garantire che dalle modifiche in materia di Imu e tassa sui rifiuti nel 2014 non derivino ulteriori minori entrate a scapito degli enti locali e che possano pregiudicare le previsioni di bilancio dell'anno in corso, e a garantire che siano definite le previsioni di entrata riferibili alle imposizioni fiscali delegate agli enti locali in tempi tali congrui e tali da consentire ai Comuni la predisposizione e l'approvazione dei propri bilanci entro i termini stabiliti dalla legge.
9/1941/56Matteo Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    gli enti locali si sono trovati in grande difficoltà nel 2013 nella costruzione del bilancio di previsione a causa delle incertezze riguardanti la corretta applicazione dei tributi locali e dell'imposta municipale unica, in quanta oggetto di rivisitazione a più riprese da parte del Governo;
    con la riforma del 2009 (legge n. 42 del 2009) si è inteso creare i presupposti per potere correggere dare forma a un federalismo fiscale capace di stimolare un'effettiva responsabilità a livello locale, attraverso l'esercizio dell'autonomia fiscale, l'imposizione di una piena trasparenza nell'assegnazione delle risorse a ciascun ente locale e l'abbandono graduale del circolo vizioso della spesa storica;
    a tutt'oggi, e nonostante l'avvenuta emanazione di numerosi decreti attuativi, la trama complessiva della legge delega n. 42 del 2009 per l'attuazione del federalismo fiscale è ancora lungi dall'essere attuata nel suo complesso;
    il passaggio dai criteri fondati sulla spesa storica ai concetti di costo e fabbisogno standard appare fondamentale, ai fini di un'apprezzabile riduzione quantitativa della spesa pubblica e, conseguentemente, della pressione fiscale, secondo logiche però qualitative e di efficienza, in contrapposizione alle logiche di tagli lineari, presenti soprattutto per quanto riguarda i trasferimenti agli enti locali, idonei a creare talvolta inefficienze addirittura maggiori dei risparmi che generano;
    la legge di stabilità per l'anno 2014 ha rivisto la imposizione fiscale locale, introducendo la IUC, l'imposta unica comunale, e che l'IMU sui fabbricati di categoria D verrà incassato anche quest'anno dallo Stato,

impegna il Governo

a dare piena e completa attuazione alla legge delega sul federalismo fiscale n. 42 del 2009, adottando tutti i decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive che saranno ritenuti utili e ad assumere iniziative per elaborare una vera service tax federale, il cui gettito sia interamente destinato ai comuni.
9/1941/57Gianluca Pini, Prataviera.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13, comma 12-ter, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 disciplina la dichiarazione IMU, e questa prevede che «i soggetti passivi devono presentare la dichiarazione entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta, utilizzando il modello approvato con il decreto di cui all'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere le normative in materia di dichiarazione IMU, modificando il termine per la presentazione della dichiarazione stessa, consentendo ai soggetti passivi, a decorrere dall'anno 2014, la possibilità di presentarla in coincidenza con la dichiarazione dei redditi del periodo d'imposta nel quale sono intervenute eventuali variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta stessa.
9/1941/58Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    i danni conseguenti al terremoto emiliano del maggio 2012, che ha interessato i comuni del territorio compreso tra le province di Bologna, Ferrara, Modena, Mantova, Parma, Padova e Rovigo, sono tuttora evidenti, sia per quanto riguarda il patrimonio immobiliare, sia per quanto riguarda il sistema economico e produttivo dell'area interessata dal sisma, e a seguito delle verifiche eseguite nel tempo dai vigili del fuoco, i numerosi edifici gravemente danneggiati dal sisma sono stati dichiarati parzialmente o completamente inagibili,

impegna il Governo

a prevedere, per gli edifici accatastati in categoria «D» e dichiarati inagibili a causa del terremoto emiliano la completa esenzione dal versamento dell'IMU fino alla dichiarazione di completa agibilità degli stessi.
9/1941/59Buonanno.


   La Camera,
   preso atto della difficile situazione nella quale nel 2013 si sono ritrovati numerosi enti locali e che questa ha determinato una conseguente riduzione del livello dei servizi in favore dei cittadini;
   stimato come i continui cambiamenti normativi hanno determinato una estrema incertezza nei comuni, molti dei quali, non avendo certezza della norma né del gettito da essa derivante, hanno potuto elaborare un bilancio previsionale per l'esercizio finanziario 2013 solo a novembre 2013;
   la legge di stabilità per l'anno 2014 ha rivisto la imposizione fiscale locale, introducendo la IUC, l'imposta unica comunale, e che l'IMU sui fabbricati di categoria D verrà incassato anche quest'anno dallo Stato,

impegna il Governo

a prevedere, per l'esercizio finanziario 2014, un quadro normativo di finanza per gli enti locali chiaro e coerente con la attuale situazione economica, evitando un nuovo aggravio sulla finanza locale ed escludendo continue modifiche normative in ambito di programmazione economico-finanziaria dei medesimi enti.
9/1941/60Molteni.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento, anche normativo, diretto a scongiurare che la norma in esame sia interpretata nel senso di consentire la sanatoria edilizia su immobili vincolati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004), della legge quadro sui parchi (l. n. 394 del 1991) di ogni altra legge statale, regionale e di strumenti urbanistici diretti alla tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici, anche a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali.
9/1941/61Luigi Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a impedire che la norma in esame sia interpretata nel senso di consentire la sanatoria edilizia per superfici superiori ai 750 mc.
9/1941/62Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere che la norma in esame sia applicata per sanare abusi edilizi realizzati dopo la scadenza del termine massimo del 1o ottobre 1983, come previsto dall'articolo 31 della medesima legge n. 47 del 1985.
9/1941/63Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare nuove opere e ristrutturazioni edilizie pesanti.
9/1941/64Artini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate in zone a rischio sismico.
9/1941/65Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate in zone a rischio idrogeologico.
9/1941/66Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate nella fascia entro 300 metri dalla spiaggia del mare.
9/1941/67Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate nella fascia entro 150 metri dalle rive dei corsi d'acqua.
9/1941/68Basilio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate nei centri storici di cui al decreto ministeriale n. 1444 del 1968.
9/1941/69Battelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate su edifici vincolati per ragioni storiche, architettoniche e archeologiche in base al decreto legislativo n. 42 del 2004.
9/1941/70Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto della assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento, normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate in una fascia di 300 metri dalle rive dei laghi.
9/1941/71Benedetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto della assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento, normativo, diretto a chiarire che il condono in parola serve a sanare l'immobile soltanto sotto un profilo amministrativo, rimanendo salve e impregiudicate le azioni penali da esercitarsi nei confronti dei responsabili degli abusi.
9/1941/72Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    preso atto della assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, secondo quali criteri economici, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento, normativo, diretto a chiarire che le somme da corrispondere ai fini della sanatoria sono almeno quelle di cui al decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, come applicato dalle diverse normative regionali.
9/1941/73Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché i comuni e l'Agenzia del demanio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge, provvedano al censimento degli immobili di proprietà pubblica e alla loro catalogazione, con riferimento in particolare alla presenza di unità immobiliari e fabbricati inutilizzati, al loro stato di manutenzione e allo stato di manutenzione degli immobili utilizzati.
9/1941/74Nicola Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché i comuni, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, approvino i programmi di recupero all'uso sociale del patrimonio pubblico inutilizzato e da dismettere.
9/1941/75Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché i comuni e le amministrazioni a vario titolo proprietarie di immobili non utilizzabili a fini istituzionali redigano un piano di utilizzazione dei medesimi immobili destinandoli, sulla base delle loro caratteristiche, ad usi pubblici o sociali, assicurando la pubblicazione e l'informazione ai cittadini sugli immobili da utilizzare.
9/1941/76Brescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    ai commi 2-quater e seguenti si prevede che alcune aree pubbliche vengano mantenute in proprietà dallo Stato,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, creino un apposito registro, al quale dare ogni forma di pubblicità idonea, dove gli interessati possano depositare e visionare le richieste di mantenimento della proprietà pubblica degli immobili.
9/1941/77Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché i proventi del condono siano destinati, per la parte di competenza degli enti locali, a un fondo vincolato destinato a interventi di bonifica dei suoli, mantenimento delle aree verdi, recupero e riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico esistente, con priorità per gli interventi di messa in sicurezza e risanamento conservativo degli edifici scolastici, nonché interventi di riduzione del rischio idrogeologico.
9/1941/78Corda.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché il valore degli immobili pubblici oggetto di sanatoria sia stabilito dalla filiale dell'Agenzia del demanio competente per territorio con riguardo al valore di mercato aumentato dell'importo corrispondente alla somma necessaria per la sanatoria delle irregolarità e il ripristino dello status quo ante.
9/1941/79Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, ulteriori iniziative, legislative, affinché l'esistenza di provvedimenti sanzionatori non ancora eseguiti, ovvero ancora impugnabili o nei cui confronti pende l'impugnazione, impedisca il conseguimento della sanatoria.
9/1941/80Currò.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative affinché nell'ambito delle azioni di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso la dismissione di beni immobili pubblici, l'alienazione di tali immobili per il futuro avvenga con bando pubblico e il cui prezzo di vendita sia determinato secondo criteri e valori di mercato.
9/1941/81Da Villa.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché il Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con le amministrazioni o gli enti interessati, rediga per ogni amministrazione o ente titolare di contratti di locazione passiva di immobili, un piano di ricollocazione delle sedi per lo svolgimento delle attività istituzionali mediante l'utilizzazione prioritaria degli immobili di proprietà pubblica.
9/1941/82Daga.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché restino prioritarie, rispetto alla cessione, le iniziative di manutenzione, ristrutturazione, restauro, risanamento conservativo di edifici esistenti ai fini dell'uso sociale, per servizi pubblici e della fruizione pubblica degli stessi.
9/1941/83Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del provvedimento concerne le operazioni di dismissione di immobili pubblici e prevede per la loro vendita il ricorso alla trattativa privata;
    è disposto che la vendita degli immobili sia preclusa ai soggetti che siano stati condannati, con sentenza irrevocabile, per reati fiscali o tributari,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative legislative, finalizzate ad introdurre il divieto di vendita dei beni indicati in premessa ai soggetti condannati per reati societari.
9/1941/84Rostellato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 prevede la possibilità, ai commi 2-quater e 2-quinquies, di non procedere alla dismissione dei beni di rilevante interesse culturale o paesaggistico in ordine ai quali il ministro competente ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti di tutela e valorizzazione nonché dei beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali il ministro competente ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette;
    il comma 2-sexies, nel disporre una clausola di invarianza finanziaria, dispone che le suddette norme non devono comunque determinare una riduzione dell'introito complessivo connesso ai processi di dismissione, in quanto finalizzati alla riduzione del debito pubblico;
    la norma di cui al comma 2-sexies risulta in aperta contraddizione rispetto a quanto indicato dai due commi che la precedono, vanificandola,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di non subordinare la conservazione nella proprietà pubblica dei beni eventualmente individuati ai sensi dei commi 2-quater e 2-quinquies al mancato introito che ne deriverebbe, bensì provvedendo alla sua copertura con le risorse rinvenienti dalla revisione della spesa pubblica in corso.
9/1941/85Cozzolino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo rappresenta un ulteriore esempio del continuo e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza, che altera lo schema fisiologico del rapporto fra Governo e Parlamento: non vi è, infatti, soltanto un problema di valutazione della straordinaria necessità ed urgenza, che costituisce il requisito costituzionale dei decreti-legge e di ciascun articolo degli stessi, quanto il trovarsi di fronte a una sorta di ordinaria attività di normazione sopravveniente svolta dal Governo-amministrazione, con ulteriore confusione tra potere esecutivo e legislativo;
    il contenuto specifico del provvedimento risulta oltremodo in contrasto con i pronunciamenti della Corte costituzionale, in particolare con riguardo al fatto che il legislatore-Governo – alla luce, in particolare, della sentenza n. 22 del 2012 – non può adottare norme di «evidente estraneità rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita» e dovrebbe avere cura di «adottare atti normativi urgenti distinti e separati, evitando la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e finalità eterogenei, in ragione di presupposti, a loro volta, eterogenei»,

impegna il Governo

a rispettare, nell'emanazione dei provvedimenti di cui all'articolo 77 della nostra Costituzione, i requisiti ivi disposti per l'esercizio straordinario del potere legislativo nonché i principi del nostro ordinamento ed i pronunciamenti della Corte costituzionale.
9/1941/86Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 1 e 2 del provvedimento in titolo ineriscono alla materia fiscale, segnatamente il versamento della seconda rata IMU e il versamento degli acconti IRES;
    si assiste ad una sequenza incessante di interventi normativi che hanno portato, a decorrere dal 2008 e fino ad oggi, alla scomparsa dell'ICI, sostituita dall'IMU, a sua volta sostituita dall'IUC, senza contare le diverse e contrastanti sorti della tariffa/tassa sui rifiuti;
    ne consegue la sovrapposizione di numerosissime disposizioni, anche allocate in provvedimenti diversi ma contemporanei (la legge di stabilità per il 2014, ad esempio, per quanto riguarda il versamento IMU e le sue modalità), che si stratificano e vengono incessantemente modificate in un lasso temporale brevissimo: ciò crea imbarazzanti e critici riflessi sulla certezza del diritto e sul diritto alla certezza degli adempimenti da parte dei contribuenti, che soggiacciono a sanzioni anche nel caso di errori materiali o formali;
    tale modo di agire su temi fiscali e quanto ne consegue – mole di oneri burocratici, incessante, crescente e disordinato susseguirsi di modalità, procedure e termini di versamento – si traduce in una vera e propria vessazione nei confronti dei cittadini ed è in contrasto con i principi del nostro ordinamento, in particolare per quanto riguarda i principi di buon andamento e sana gestione della pubblica amministrazione, ledendo i diritti dei cittadini e vanificando le prescrizioni dello Statuto del contribuente a loro tutela,

impegna il Governo

a rispettare per il futuro i principi, i diritti e le prescrizioni fissati dal nostro ordinamento in materia fiscale.
9/1941/87Nuti.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile, ad avviso del presentatore, lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché sia previsto che la cessione delle quote deve risultare da girata, autenticata da notaio, attergata al certificato originale, il quale deve essere presentato all'Amministrazione centrale della Banca che provvederà al rilascio di un nuovo certificato intestato al cessionario e, ove il trasferimento sia parziale, di un nuovo certificato intestato al cedente. Il cessionario potrà fare valere i diritti di partecipante solo dal momento della presentazione del titolo ceduto.
9/1941/88Scagliusi.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile ad avviso del presentatore strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché sia previsto che la Banca d'Italia assolve inoltre gli altri compiti ad essa attribuiti dalla legge ed esercita le attività bancarie strumentali alle proprie funzioni, sia mantenuta la sede legale della Banca d'Italia in Roma, sia razionalizzata l'articolazione territoriale e la competenza delle sedi, secondo criteri di efficienza, efficacia e buon andamento, sia ribadito che l'articolazione territoriale della Banca d'Italia e la competenza di sedi e succursali sono stabilite con delibera del Consiglio superiore.
9/1941/89Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, finalizzate affinché sia precisato che l'assemblea ordinaria annuale della Banca d'Italia si riunisce presso l'Amministrazione centrale, non più tardi del 31 maggio, per deliberare sull'approvazione del bilancio, sul riparto degli utili e l'assegnazione dei frutti delle riserve e, ove occorra, sulla nomina dei sindaci e del Presidente del Collegio sindacale.
9/1941/90Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia previsto che l'Assemblea centrale determina i compensi spettanti ai consiglieri superiori, ai sindaci, ai reggenti delle sedi e ai consiglieri delle succursali e che entro il 31 luglio 2014 tali compensi sono ridotti almeno del 20 per cento rispetto a quelli effettivamente percepiti nell'anno 2013.
9/1941/91Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia ribadito che i compensi spettanti ai consiglieri superiori, ai sindaci, ai reggenti delle sedi e ai consiglieri delle succursali della Banca d'Italia siano direttamente proporzionali agli utili della Banca stessa.
9/1941/92Tofalo.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché la Banca d'Italia quale autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo sia soggetta al dovere di cooperazione in buona fede e all'obbligo di scambio di informazioni.
9/1941/93Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia previsto che non possono far parte degli organi della Banca d'Italia soggetti condannati, anche con pena non definitiva, per reati non colposi.
9/1941/94Simone Valente.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 133 del 2013, recato dall'AC 1941 all'articolo 3 prevede interventi ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici e disposizioni in materia di immobili pubblici,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative normative affinché la domanda di sanatoria prevista al comma 1 dell'articolo 3 non possa essere presentata per immobili insistenti su aree protette ai sensi della legislazione vigente.
9/1941/95Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 133 del 2013, recato dall'AC 1941 all'articolo 3 prevede interventi ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici e disposizioni in materia di immobili pubblici,

impegna il Governo

a valutare la possibilità che nei comuni nei quali vi siano immobili soggetti a valorizzazione non solo si prevengano nuove urbanizzazioni ma queste siano oggetto di moratoria per almeno tre anni.
9/1941/96Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 133 del 2013, recato dall'AC 1941 all'articolo 3 prevede interventi ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici e disposizioni in materia di immobili pubblici,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di emanare norme, per quanto di propria competenza, al fine di evitare speculazioni in relazione agli immobili pubblici da dismettere evitando che possano essere soggetti a cambio di destinazione d'uso.
9/1941/97Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 133 del 2013, recato dall'AC 1941 all'articolo 3 prevede interventi ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici e disposizioni in materia di immobili pubblici,

impegna il Governo

a valutare attraverso l'adozione delle opportune iniziative normative, la possibilità del riutilizzo da parte dei comuni di una percentuale degli immobili pubblici valorizzati per l'incremento dell'offerta di alloggi sociali.
9/1941/98Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 133 del 2013, recato dall'AC 1941 all'articolo 3 prevede interventi ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici e disposizioni in materia di immobili pubblici,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di procedere oltre che alla valorizzazione degli immobili pubblici ai fini della dismissione anche al loro pieno utilizzo a fini sociali e abitativi.
9/1941/99Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile ad avviso del presentatore lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, anche legislative, affinché sia previsto che a decorrere dall'esercizio in corso alla data del presente provvedimento i partecipanti al capitale della Banca d'Italia trasferiscono le quote, ove già non incluse, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori di iscrizione del comparto di provenienza.
9/1941/100Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia previsto che i membri del Direttorio diversi dal Governatore in carica alla data del 30 novembre 2013 cessino dai rispettivi mandati alla scadenza dei dieci anni di permanenza nel Direttorio.
9/1941/101Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
     gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, finalizzate affinché sia precisato che i senatori e i deputati e le altre persone titolari di cariche politiche non possono far parte dei Consigli della Banca.
9/1941/102Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia previsto che il Consiglio superiore non possa consentire che i componenti del Direttorio e tutti i dipendenti dell'istituto assumano funzioni di amministratore di società o di altri enti.
9/1941/103Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia precisato che i componenti del Direttorio e tutti i dipendenti dell'istituto non possono esercitare attività di impresa commerciale, essere amministratori, institori o sindaci in qualsiasi società, partecipare a società in nome collettivo o, come accomandatario, in società in accomandita.
9/1941/104Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia precisato che i componenti del Direttorio e tutti i dipendenti dell'istituto non possono svolgere attività nell'interesse di banche, intermediari finanziari e altri soggetti vigilati.
9/1941/105Sarti.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia precisato che nell'esercizio delle proprie funzioni, la Banca d'Italia e i componenti dei suoi organi operino con autonomia e indipendenza nel rispetto del principio di trasparenza, e non possano sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici e privati.
9/1941/106Ruocco.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile, ad avviso dei firmatari, lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, anche regolamentari ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere delle competenti Commissioni Parlamentari per ridefinire l'assetto proprietario della Banca d'Italia, e disciplinare le modalità di trasferimento, entro tre anni delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici.
9/1941/107Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 reca disposizioni in materia di IMU e, nello specifico, prevede l'abolizione della seconda rata IMU per l'anno 2013 per una serie di immobili indicati nei commi 1, 2 e 9 del succitato articolo, salvo l'obbligo di versamento di una quota di imposta dovuta per il 2013, nei comuni che hanno deliberato aumenti rispetto alle norme statali;
    dal 2008 il Governo e il Parlamento intervengono periodicamente sul tema della tassazione degli immobili con l'abrogazione di vecchie tasse, l'imposizione di nuove e con continui provvedimenti correttivi, creando incertezza e disagio tra i contribuenti;
    in alcuni casi, le norme appaiono scoordinate tra loro e prive della necessaria coerenza normativa;
    più in generale, come rilevato anche dall'esame tecnico-analitico del provvedimento da parte dei soggetti competenti, la sovrapposizione di numerose disposizioni, peraltro modificate in brevissimo lasso di tempo, potrebbe avere riflessi sulla certezza del diritto e, in particolare, apportare elementi di incertezza in ordine agli adempimenti dei contribuenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare un provvedimento finalizzato a differire di un lasso di tempo congruo i termini dei pagamenti delle imposte recentemente modificate.
9/1941/108Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 interviene sulla disciplina della dismissione in blocco di immobili pubblici ai sensi del già citato articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, apportando alcune modifiche al comma 1;
    in particolare, la lettera a) del comma 2 introduce la possibilità per l'Agenzia del demanio, previa autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze, di vendere a trattativa privata (anche in blocco), anche i beni immobili ad uso prevalentemente non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico;
    la precisazione sull'uso prevalentemente non abitativo consentirebbe di superare criticità emerse nei casi in cui l'immobile sia adibito ad uso non abitativo ma comprenda, ad esempio, locali adibiti a custodia o foresteria (quali caserme dimesse presidiate da un addetto alla custodia che vi alloggia);
    il decreto 23 dicembre 2013 del Ministero dell'economia e delle finanze ha autorizzato l'agenzia del demanio a vendere a trattativa privata, anche in blocco, i beni immobili di proprietà dello Stato individuati dalla stessa Agenzia, costituiti prevalentemente da caserme, magazzini, campi sportivi militari e altre strutture,

impegna il Governo

a valutare, anche al fine di garantire l'interesse pubblico nell'alienazione dei beni, gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate al fine di adottare le opportune iniziative normative volte a rivedere il meccanismo di vendita degli immobili, evitando il ricorso alla trattativa privata e prevedendo l'avvio di bandi pubblici, caratterizzati dalla massima trasparenza.
9/1941/109Pesco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, modificato durante l'esame al Senato, detta disposizioni concernenti il capitale della Banca d'Italia. In estrema sintesi, si ribadisce la natura della Banca d'Italia di istituto di diritto pubblico, banca centrale della Repubblica italiana e parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali ed autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo; se ne afferma l'indipendenza nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze;
    il comma 6-bis), inserito al Senato, introduce l'obbligo dell'istituto di riferire annualmente alle Camere sulle operazioni di partecipazione al proprio capitale,

impegna il Governo

a creare un tavolo di confronto tra il consiglio superiore della Banca d'Italia, il Ministro dell'economia o un suo delegato e i rappresentati delle principali associazioni di utenti e consumatori al fine di dare la massima visibilità e trasparenza all'attività dell'istituto bancario indipendente.
9/1941/110Pinna.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, modificato durante l'esame al Senato, detta disposizioni concernenti il capitale della Banca d'Italia. In estrema sintesi, si ribadisce a natura della Banca d'Italia di istituto di diritto pubblico, banca centrale della Repubblica italiana e parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali ed autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo; se ne afferma l'indipendenza nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze;
    il comma 6-bis), inserito al Senato, introduce l'obbligo dell'istituto di riferire annualmente alle Camere sulle operazioni di partecipazione al proprio capitale,

impegna il Governo

ad acquisire e a pubblicare sul proprio sito web l'intera documentazione trasmessa alle Camere in merito alle operazioni di partecipazione al capitale della Banca d'Italia.
9/1941/111Prodani.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 133 del 2013 ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché nella cessione degli immobili pubblici viziati da irregolarità edilizie o urbanistiche, il responsabile delle irregolarità urbanistiche debba motivare le ragioni per le quali non si è proceduto al ripristino dello stato dei luoghi secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche ed edilizie, e l'acquirente debba impegnarsi alla rimozione delle irregolarità medesime in un termine congruo.
9/1941/112Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 133 del 2013 ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

affinché si adoperi, al fine di ridurre gli oneri della pubblica amministrazione per le locazioni degli immobili anche attraverso il censimento, da parte dell'Agenzia del Demanio, del patrimonio immobiliare pubblico inutilizzato o da recuperare, al fine di destinarlo a sede di uffici, enti ed istituzioni che utilizzano immobili in locazione da soggetti privati.
9/1941/113Brugnerotto.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, anche legislative, affinché le nuove quote di partecipazione emesse da Banca d'Italia siano sottoposte ad un'imposta straordinaria, non inferiore al 25 per cento del valore della plusvalenza realizzata, da determinare con provvedimento successivo.
9/1941/114Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché per l'anno 2014, Banca d'Italia trasmetta semestralmente una relazione alle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. La relazione dovrà riguardare l'attività svolta nel corso dell'esercizio 2014 da Banca d'Italia, evidenziando, in particolar modo, l'acquisito parere della BCE sulle modifiche normative introdotte dal presente provvedimento.
9/1941/115Di Vita.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione delle immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    il comma 2-quinquies assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di individuare, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite,

impegna il Governo

ad adottare le misure necessarie a far sì che nell'individuazione dei beni immobili di proprietà dello Stato aventi rilevante interesse ambientale di cui in premessa, siano tenute in conto, oltre alle segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, anche quelle provenienti da comitati di cittadini residenti nell'area ove sia localizzato l'immobile.
9/1941/116D'Incà.


   La Camera,
   premesso che:
    decreto-legge ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione delle immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    il comma 2-quinquies assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di individuare, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite,

impegna il Governo

ad adottare le misure necessarie a far sì che nell'individuazione dei beni immobili di proprietà dello Stato aventi rilevante interesse ambientale di cui in premessa, siano individuati i criteri attraverso i quali definire le associazioni portatrici di interesse diffusi.
9/1941/117Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    decreto-legge ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione delle immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    il comma 2-quinquies assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di individuare, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite,

impegna il Governo

ad adottare le misure necessarie a far sì che nell'individuazione dei beni immobili di proprietà dello Stato aventi rilevante interesse ambientale di cui in premessa, le segnalazioni provenienti da associazioni portatrici di interessi diffusi siano necessariamente valutate dal dicastero competente, sollecitando quest'ultimo a comunicare alla popolazione residente le eventuali decisioni difformi rispetto ad esse.
9/1941/118Fico.


   La Camera,
   premesso che:
    decreto-legge ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione delle immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    il comma 2-quinquies assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di individuare, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite,

impegna il Governo

ad adottare le misure necessarie a far sì che nell'individuazione dei beni immobili di proprietà dello Stato aventi rilevante interesse ambientale di cui in premessa, sia tenuto in conto, oltre alle segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, anche quelle provenienti da qualunque associazione operante da almeno 2 anni nella provincia ove sia localizzato l'immobile.
9/1941/119Frusone.


   La Camera,
   premesso che:
    decreto-legge ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione delle immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    il comma 2-quinquies assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di individuare, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite,

impegna il Governo

ad adottare le misure necessarie a far sì che nell'individuazione dei beni immobili di proprietà dello Stato aventi rilevante interesse ambientale di cui in premessa, sia tenuto in conto, oltre alle segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, anche quelle provenienti dalle associazioni di protezione ambientale ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349.
9/1941/120Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    risultano estremamente penalizzanti per il comparto primario le disposizioni introdotte in materia di imposta municipale sperimentale;
    il provvedimento in parola interviene sull'importante tema della dismissione dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola, così come previsto dall'articolo 66 decreto-legge del 24 gennaio 2012 n. 1, stabilendo, in particolare che il decreto di individuazione dei terreni è adottato entro il 30 aprile 2014;
    l'assegnazione in affitto o concessione ai giovani imprenditori agricoli dei terreni demaniali a vocazione agricola non potrà avvenire ad un canone inferiore rispetto a quello base indicato nell'avviso pubblico di gara, al fine di assicurare la tutela dell'interesse economico nell'utilizzo di beni pubblici;
    posto che, se il concessionario o l'affittuario è destinatario di un pagamento di base o di un pagamento per i giovani agricoltori a valere sulla Politica Agricola Comune, qualora il canone di cui sopra fosse superiore all'eventuale pagamento PAC, ne risulterebbe del tutto vanificato il beneficio comunitario,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di stabilire, qualora il concessionario o affittuario di un terreno demaniale a vocazione agricola riceva pagamenti a titolo PAC, un canone di assegnazione non superiore all'eventuale beneficio comunitario.
9/1941/121Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    risultano estremamente penalizzanti per il comparto primario le disposizioni introdotte in materia di imposta municipale sperimentale;
    il provvedimento in parola interviene sull'importante tema della dismissione dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola, così come previsto dall'articolo 66 decreto-legge del 24 gennaio 2012 n. 1, stabilendo, in particolare che il decreto di individuazione dei terreni è adottato entro il 30 aprile 2014;
    alcuni recenti interventi normativi hanno disposto la vendita dei terreni agricoli e a vocazione agricola di proprietà dello Stato e degli enti territoriali ai giovani imprenditori agricoli;
    alienare la terra pubblica significa non considerare il fatto che essa è un bene comune e garantire il suo accesso deve essere una prerogativa dello Stato; al contrario mettere in vendita la terra pubblica «al miglior offerente» potrebbe comportare gravi conseguenze in termini speculazione; vedi il fenomeno, esacerbato dalla crisi energetica, del land grabbing: oltre 700.000 piccole aziende sono sparite nell'arco di un decennio e il 30 per cento dei terreni fertili è in mano all'1 per cento delle aziende;
    considerato che la stessa finalità di sostegno e potenziamento del settore agricolo nazionale può essere adeguatamente perseguita attraverso l'affidamento in locazione di detti terreni ai giovani imprenditori e ai giovani agricoltori come definiti dal Regolamento CE n. 1698/2005 del Consiglio del 20 settembre 2005,

impegna il Governo

a promuovere e potenziare l'occupazione giovanile valorizzando il settore agricolo nazionale e in particolare valutando la possibilità di disporne l'affidamento in locazione delle terre agricole e a vocazione agricola favorendo il ricambio generazionale e l'accesso alla terra da parte dei giovani agricoltori, con priorità a quei soggetti che presentino progetti di agricoltura biologica non intensiva e volta a valorizzare i prodotti agroalimentari del territorio nazionale.
9/1941/122Lupo.


   La Camera,
   premesso che:
    risultano estremamente penalizzanti per il comparto primario le disposizioni introdotte in materia di imposta municipale sperimentale;
    il provvedimento in parola all'articolo 1 stabilisce l'abolizione della seconda rata IMU relativa al 2013, con riferimento a determinate categorie di immobili tra cui i terreni agricoli e i fabbricati rurali ad uso strumentale;
    in particolare l'abolizione della seconda rata IMU 2013 si applica ai terreni agricoli, nonché ai terreni non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti (CD) e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti nella previdenza agricola e analoga abolizione è prevista per i fabbricati rurali ad uso strumentale, quali quelli elencati nell'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge n. 557 del 1993;
    visto che restano esclusi dall'applicazione dell'agevolazione i terreni agricoli e i fabbricati rurali non rientranti nelle fattispecie sopra delineate, comportano un'evidente penalizzazione del comparto agricolo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad esonerare dalla seconda rata IMU 2013, al fine di non penalizzare il comparto agricolo, tutti i terreni agricoli e gli immobili rurali, senza eccezioni, come peraltro già disposto dal decreto-legge n. 54 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge 18 luglio 2013, n. 85 e dal decreto n. 102 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124.
9/1941/123Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    risultano estremamente penalizzanti per il comparto primario le disposizioni introdotte in materia di imposta municipale sperimentale;
    vista l'urgenza di rivedere la fiscalità agricola, e in particolare, l'IMU rurale, al fine di disporre a regime l'esenzione per i fabbricati rurali ad uso strumentale e per i terreni agricoli;
    al fine di quantificare il minor gettito derivante dalla non debenza della seconda rata dell'imposta municipale sperimentale disposta dal provvedimento in esame, si è considerato il gettito IMU riferito all'anno 2012;
    tuttavia che il gettito dei terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, nonché quelli non coltivati, è un aggregato più ristretto rispetto a quello dell'anno 2012 che riguardava tutti i terreni e che la stessa considerazione è da farsi per il gettito riferito ai fabbricati rurali ad uso strumentale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ricalcolare l'entità del gettito associato alle diverse fattispecie che hanno portato alla quantificazione stimata con riguardo alle differenze previste dalle disposizioni di cui al provvedimento in titolo rispetto a quanto stabilito dal decreto-legge n. 54 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge 18 luglio 2013, n. 85 e dal decreto n. 102 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, al fine di precisare l'importo complessivo dell'onere derivante dalla non debenza dell'IMU rurale e riassegnare al comparto primario le maggior risorse finalizzate al ristoro del minor gettito complessivo.
9/1941/124Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile ad avviso dei presentatori lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché ai fini della determinazione del limite di possesso di quote del capitale della Banca d'Italia stabilito dal comma 5, si applichi la nozione di controllo il quale sussiste, anche con riferimento a soggetti diversi dalle società, nei casi previsti dall'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile e in presenza di contratti o di clausole statutarie che abbiano per oggetto o per effetto il potere di esercitare l'attività di direzione e coordinamento.
9/1941/125Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché i soggetti che, anche attraverso società controllate, svolgono in misura rilevante attività d'impresa in settori non bancari né finanziari non possano essere autorizzati ad acquisire partecipazioni quando la quota dei diritti di voto complessivamente detenuta sia superiore al 15 per cento o quando ne consegua, comunque, il controllo della banca. A tali fini, la Banca d'Italia individua i diritti di voto e gli altri diritti rilevanti.
9/1941/126Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, al fine di separare le banche commerciali dalle banche d'affari, anche mediante modifica, integrazione e coordinamento della disciplina vigente di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.
9/1941/127Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché la Banca d'Italia autorizzi preventivamente l'acquisizione a qualsiasi titolo in una banca di partecipazioni che comportano il controllo o la possibilità di esercitare un'influenza notevole sulla banca stessa o che attribuiscono una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 5 per cento, tenuto conto delle azioni o quote già possedute.
9/1941/128Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, finalizzate ad introdurre le modalità di restituzione delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia, in ottemperanza al disposto dell'articolo 20 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, assumendo come importo base il valore nominale delle partecipazioni medesime e applicando come all'importo base la maggiorazione pari alla media degli utili netti assegnati ai partecipanti negli ultimi cinque anni.
9/1941/129Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo:

   ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, anche legislative, al fine di prevedere il divieto per le banche commerciali di detenere partecipazioni o di stabilire accordi di collaborazione commerciale di qualsiasi natura con i soggetti di seguito elencati:
    1) banche d'affari;
    2) banche d'investimento;
    3) società di intermediazione mobiliare;
    4) tutte le altre tipologie di società finanziarie che non effettuano la raccolta di depositi tra il pubblico.
9/1941/130Mucci.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, al fine di introdurre il divieto per i rappresentanti, i direttori, i soci di riferimento e gli impiegati delle banche d'affari, le banche d'investimento, le società di intermediazione mobiliare e in generale tutte le società finanziarie che non effettuano la raccolta di depositi tra il pubblico, di detenere posizioni di controllo e di ricoprire cariche direttive nelle banche commerciali.
9/1941/131Parentela, Petraroli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del testo in esame prevede un processo di ricapitalizzazione fino a 7,5 miliardi di euro della Banca d'Italia e la messa sul mercato di quote non superiori al 3 per cento del capitale;
    il testo originario del decreto stabiliva che quote di partecipazione al capitale potranno appartenere tra l'altro a banche e imprese di assicurazione e di riassicurazione, aventi sede legale in Italia ovvero aventi sede legale e amministrazione centrale in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia;
    il testo originario prevedeva altresì che all'acquisizione di quote di capitale fossero ammessi anche i fondi pensione complementari comunitari operativi in Italia, stabilendo altresì il requisito della soggettività giuridica;
    il Senato ha soppresso queste possibilità stabilendo che possano partecipare alle quote solo banche e imprese di assicurazione e di riassicurazione e aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia; ha altresì soppresso la possibilità di partecipazione alle quote dei fondi pensione complementari comunitari operativi in Italia;
    queste esclusioni sollevano perplessità per quel che riguarda la compatibilità con la normativa comunitaria; tali perplessità trovano riscontro nel parere della Commissione lavoro, almeno per quel che riguarda l'esclusione dalla partecipazione di fondi pensioni comunitari;
    è opportuno che il procedimento di messa sul mercato delle quote, successivamente alla ricapitalizzazione sia svolta con il massimo ordine e nel rigoroso rispetto dei principi e delle norme dell'Unione Europea;
    numerose perplessità sono state sollevate nel corso del dibattito, in relazione al fatto che le norme in esame non attribuiscono allo Stato Italiano una percentuale significativa delle quote; questo è stato percepito da diverse forze politiche come una sorta di perdita di Sovranità Nazionale,

impegna il Governo:

   a disporre la sospensione del procedimento di messa sul mercato delle quote derivanti dalla ricapitalizzazione della Banca d'Italia al fine di richiedere all'Unione Europea un parere di compatibilità su quanto previsto dall'articolo 4, comma 4, lettere a), b) e d) del provvedimento in titolo;
   a valutare la possibilità di detenere presso il Tesoro una percentuale delle quote di Bankitalia, tale da garantirne il controllo pubblico.
9/1941/132Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, finalizzate affinché si stabilisca un differente trattamento fiscale tra banche commerciali e banche d'affari orientato a favorire le prime, in considerazione della loro attività a sostegno dell'economia reale e in particolare in favore dei risparmiatori e delle piccole e medie imprese.
9/1941/133Pisano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    l'articolo 117 della Costituzione prevede che il «governo del territorio» sia materia affidata alla competenza concorrente di Stato e Regioni mentre queste ultime, nel nuovo condono edilizio approvato nel decreto legge in esame, vengono completamente esautorate dal poter esprimere la loro competenza legislativa, in chiara violazione del dettato costituzionale così come chiarito, in occasione dell'ultimo condono (decreto-legge n. 269 del 2003), dalla stessa Corte costituzionale (sent. n. 196 del 2004),

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a sospenderne l'efficacia;
   a convocare, nel più breve tempo possibile, una Conferenza Stato-regioni al fine di consentire il pieno esercizio della potestà legislativa concorrente da parte delle regioni in materia di «governo del territorio».
9/1941/134Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché per le aree pubbliche da destinare a parco siano immediatamente avviate le relative procedure istitutive.
9/1941/135Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché per identificare le aree pubbliche da destinare a parco siano previste forme di consultazione popolare dotate della massima pubblicità e trasparenza.
9/1941/136Cariello.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché per salvaguardare le aree pubbliche da destinare a parco siano previste delle misure di salvaguardia fin dalla loro individuazione da parte degli enti pubblici locali.
9/1941/137Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché nella istituzione delle nuove aree parco sia garantita la cogestione e la partecipazione dei cittadini attraverso il ricorso allo strumento della comunità del parco, da inserire all'interno dello statuto dell'ente di gestione.
9/1941/138Carinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché per salvaguardare le aree pubbliche da destinare a parco siano previste delle misure di salvaguardia fin dalla loro individuazione da parte degli enti pubblici locali.
9/1941/139Caso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché sia previsto che gli edifici da destinare permanentemente alla proprietà pubblica, siano destinati prioritariamente ad usi che ne valorizzino definitivamente la fruizione pubblica.
9/1941/140Castelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
   l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché la domanda di sanatoria possa essere presentata soltanto se gli interventi irregolari consistano in interventi di restauro e di risanamento conservativo e quando l'opera sia conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati sia al momento della realizzazione dell'abuso, sia al momento della presentazione della domanda.
9/1941/141Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché non possano presentare domanda di sanatoria edilizia soggetti condannati per reato non colposo o per violazioni della normativa urbanistico-edilizia.
9/1941/142Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, i comuni, le province, e le regioni, le amministrazioni statali e tutti i soggetti pubblici provvedano ad inviare al Ministero dell'economia e delle finanze l'elenco delle proprietà immobiliari private con contratto di locazione passivo, con specificazione dei canoni e degli oneri sostenuti per la locazione.
9/1941/143Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché il rilascio della sanatoria sia subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, di un contributo speciale aggiuntivo determinato con legge regionale.
9/1941/144Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché per la individuazione degli immobili da mantenere in proprietà pubblica si possa tener conto anche delle segnalazioni dei singoli cittadini.
9/1941/145Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché le procedure di dismissione prevedano la più ampia trasparenza sulla struttura finanziaria delle operazioni di compravendita degli immobili pubblici, con particolare riferimento alla pubblicazione degli atti, informazioni, documenti utili alla conoscenza dei passaggi di titolarità del patrimonio pubblico e alla valutazione degli effetti sulla finanza pubblica delle operazioni di cartolarizzazione di immobili pubblici.
9/1941/146Della Valle.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    all'articolo 3, comma 1, è introdotto un'allargamento del condono edilizio di cui all'articolo 40 della legge n. 47 del 1985,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché il responsabile dell'abuso edilizio motivi le ragioni per le quali non si è proceduto al ripristino dello stato dei luoghi secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche ed edilizie e l'acquirente si impegni alla rimozione dell'irregolarità medesime in un termine congruo.
9/1941/147Dell'Orco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    ai commi 2-quater e seguenti si prevede che alcune aree pubbliche vengano mantenute in proprietà dallo Stato,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché, per la individuazione degli immobili da mantenere in proprietà pubblica, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo motivino in tempi brevi l'eventuale diniego alla richieste di mantenimento della proprietà pubblica.
9/1941/148Colonnese.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché le acquisizioni degli immobili pubblici non possano essere effettuate da soggetti pubblici o privati aventi sede in paradisi fiscali o che abbiano usufruito, negli ultimi venti anni, di procedure di scudo fiscale per il rientro di capitali illecitamente esportati o detenuti all'estero.
9/1941/149De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché siano esclusi dalla trattativa per l'acquisto degli immobili pubblici i soggetti che siano stati condannati o abbiano procedimenti in corso per reati fiscali o tributari.
9/1941/150Del Grosso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché si assicuri la vigilanza sulle operazioni di vendita e cartolarizzazione al fine di verificare la corretta attuazione delle normative vigenti in materia, prevenire fenomeni di riciclaggio o autoriciclaggio dei capitali di provenienza illecita, garantire la prevenzione e il contrasto delle operazioni speculative.
9/1941/151De Rosa.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché, prima di procedere alle alienazioni di immobili pubblici, pubblichi il censimento degli immobili pubblici situati all'interno dei territori comunali.
9/1941/152D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
    l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
    l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
    l'articolo 118 della Costituzione affida agli enti territoriali gli interventi di pianificazione e controllo locale, mentre, a seguito della norma in esame le Regioni e gli enti locali sono costretti a subire, anziché governare, le destinazioni urbanistiche del territorio;
    preso atto della assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a restituire agli enti territoriali la capacità di governo del territorio, anche mediante l'attribuzione della possibilità di escludere parti del proprio territorio dall'applicabilità della nuova forma di condono edilizio.
9/1941/153Lombardi.


   La Camera,
   premesso che:
    sono estremamente penalizzanti per il comparto primario le disposizioni introdotte in materia di imposta municipale sperimentale;
    il provvedimento in parola interviene sull'importante tema della dismissione dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola, così come previsto dall'articolo 66 del decreto-legge del 24 gennaio 2012 n. 1, stabilendo, in particolare che il decreto di individuazione dei terreni è adottato entro il 30 aprile 2014;
    è necessario sostenere il ricambio generazionale nel settore primario, posto che l'occupazione giovanile, come risulta da recenti statistiche cresce solo in agricoltura che fa registrare un aumento record di oltre l'8,5 per cento nelle assunzioni di giovani sotto i 35 anni di età al primo trimestre 2013, nonostante gli effetti negativi della crisi economica che impatta fortemente sui costi di produzione non adeguatamente compensati da un aumento dei consumi;
    alcuni recenti interventi normativi hanno disposto la vendita dei terreni agricoli e a vocazione agricola di proprietà dello Stato e degli enti territoriali ai giovani imprenditori agricoli;
    la terra è un bene comune e che il suo accesso non può essere inquadrato in uno schema di vendita che, di fatto, trasforma i terreni agricoli statali in un bene privato,

impegna il Governo

a valorizzare, promuovere e potenziare il settore agricolo nazionale valutando la possibilità di rivedere la disciplina della vendita delle terre agricole e a vocazione agricola al fine di disporne l'affidamento in locazione favorendo il ricambio generazionale e il primo insediamento da parte di giovani imprenditori e giovani agricoltori.
9/1941/154L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento, il cui contenuto non è variato durante l'esame al Senato, modifica il quadro normativo in materia di accise, precisando che gli incrementi di accisa su birra, prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico, previsti a copertura di alcune norme di tutela dei beni culturali e del finanziamento del tax credit nel settore cinematografico si riferiscono alle aliquote di accisa come successivamente rideterminate dall'articolo 25 del decreto-legge n. 104 del 2013;
    per effetto del combinato disposto dei decreti-legge n. 91 del 2013 e n. 104 del 2013 sono stati disposti successivi aumenti delle aliquote di accisa relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico;
    in aggiunta a tali disposizioni, le lettere e-bis) ed e-ter) del comma 2 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 91 del 2013 hanno previsto ulteriori incrementi delle aliquote di accisa relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico, a copertura, rispettivamente, dell'articolo 5, commi 3 e 3-bis (restauro del Mausoleo di Augusto, tutela di beni culturali e celebrazioni di particolari ricorrenze), e dell'articolo 8 (tax credit cinema) del medesimo decreto-legge; gli incrementi di accisa previsti dalle citate lettere e-bis) ed e-ter) si riferiscono alle aliquote di accisa come rideterminate dall'articolo 25 del decreto-legge n. 104 del 2013;
    non sembra condivisibile il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza con interventi di rimodulazione delle accise, ancorché con finalità apprezzabili, dando vita ad una sorta di tassazione di scopo priva di una ragionevole correlazione,

impegna il Governo

ad effettuare e trasmettere al Parlamento una puntuale e completa ricognizione del quadro normativo in materia di accise, evidenziando anche, sul piano cronologico, sia l'andamento del gettito in funzione delle relative aliquote sia – là dove presente – le finalità previste.
9/1941/155Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, anche legislative, finalizzate affinché ai fini degli obblighi di pubblicità e di trasparenza delle retribuzioni e degli emolumenti del Governatore della Banca d'Italia e dei membri del direttorio, si applichi quanto stabilito all'articolo 3, commi 44, 45 e 46 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. A tal fine, qualsiasi forma di compenso, a qualsiasi titolo corrisposto ai predetti soggetti deve essere conoscibile mediante pubblicazione sul sito Internet istituzionale della Banca d'Italia in osservanza di quanto stabilito dall'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e successive modificazioni.
9/1941/156Manlio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché la Banca d'Italia autorizzi preventivamente l'acquisizione a qualsiasi titolo in una banca di partecipazioni che comportano il controllo o la possibilità di esercitare un'influenza notevole sulla banca stessa o che attribuiscono una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 5 per cento, tenuto conto delle azioni o quote già possedute.
9/1941/157Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché nelle sue funzioni di autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo, la Banca d'Italia, di concerto con la Banca Centrale Europea assolva i compiti di vigilanza collegati ai piani di risanamento e alle misure di intervento precoce qualora un ente creditizio o gruppo non soddisfi o rischi di violare i requisiti prudenziali applicabili, nonché, solo nei casi previsti espressamente dal pertinente diritto dell'Unione per le autorità competenti, a cambiamenti strutturali richiesti agli enti creditizi per prevenire lo stress finanziario o il fallimento, ad esclusione dei poteri di risoluzione.
9/1941/158Fraccaro.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché ai partecipanti il capitale sociale della Banca d'Italia possano essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore a una percentuale del capitale sociale pari al tasso medio ponderato riconosciuto sui titoli del debito pubblico con durata non superiore all'anno, emessi nell'anno solare precedente dallo Stato italiano.
9/1941/159Ferraresi.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché in veste di autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo, la Banca d'Italia, di concerto con la Banca Centrale Europea eserciti la vigilanza su base consolidata sulle imprese madri degli enti creditizi stabilite in uno degli Stati membri partecipanti al meccanismo di vigilanza unico, comprese le società di partecipazione finanziaria e le società di partecipazione finanziaria mista.
9/1941/160D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché il Consiglio Superiore della Banca d'Italia, composto del Governatore e di 13 consiglieri, sia nominato nelle assemblee dei partecipanti presso le sedi della Banca, fra i candidati individuati nell'ambito di un comitato costituito all'interno dello stesso Consiglio tra persone che posseggano i requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità previsti dallo Statuto della Banca d'Italia; ad adoperarsi affinché tra le cause di esclusione dalla carica di componente del Consiglio sia necessariamente ricompresa l'emissione a carico dei medesimi soggetti di una sentenza di condanna in primo grado per i reati non contravvenzionali previsti dalle norme in materia di mercati e valori mobiliari e di strumenti di pagamento.
9/1941/161Di Battista.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché quale autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo, la Banca d'Italia, di concerto con la Banca Centrale Europea effettui le valutazioni prudenziali comprese, se del caso in coordinamento con l'Autorità Bancaria Europea, le prove di stress e la loro eventuale pubblicazione, per accertare se i dispositivi, le strategie, i processi e meccanismi instaurati dagli enti creditizi e i fondi propri da essi detenuti permettano una gestione solida e la copertura dei rischi e, alla luce di tale valutazione prudenziale, imporre agli enti creditizi obblighi specifici in materia di fondi propri aggiuntivi, specifici requisiti di informativa e di liquidità, nonché altre misure, ove specificamente contemplati dal pertinente diritto dell'Unione.
9/1941/162Dieni.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo:

   ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, anche legislative, affinché, ai fini della determinazione del limite di possesso di quote del capitale della Banca d'Italia, si applichi la nozione di controllo definitiva nei seguenti termini;
   il controllo si considera esistente nella forma dell'influenza dominante, salvo prova contraria, allorché ricorra una delle seguenti situazioni:
    1) esistenza di un soggetto che, sulla base di accordi, ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza degli amministratori o del consiglio di sorveglianza ovvero dispone da solo della maggioranza dei voti ai fini delle deliberazioni relative alle materie di cui agli articoli 2364 e 2364-bis del codice civile;
    2) possesso di partecipazioni idonee a consentire la nomina o la revoca della maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza;
    3) sussistenza di rapporti, anche tra soci, di carattere finanziario ed organizzativo idonei a conseguire uno dei seguenti effetti:
   a) la trasmissione degli utili o delle perdite;
   b) il coordinamento della gestione dell'impresa con quella di altre imprese ai fini del perseguimento di uno scopo comune;
   c) l'attribuzione di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dalle partecipazioni possedute;
   d) l'attribuzione, a soggetti diversi da quelli legittimati in base alla titolarità delle partecipazioni, di poteri nella scelta degli amministratori o dei componenti del consiglio di sorveglianza o dei dirigenti delle imprese;
    4) assoggettamento a direzione comune, in base alla composizione degli organi amministrativi o per altri concordanti elementi.
9/1941/163Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
    è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,

impegna il Governo:

   ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché, sia sancito ed incardinato il principio della Proprietà popolare della moneta nel rispetto delle seguenti norme:
    1. La moneta all'atto dell'emissione è di proprietà dei cittadini italiani e va accreditata dalla Banca centrale allo Stato.
    2. Presso la Banca d'Italia è attivato un Fondo finalizzato alla restituzione di somme alle vittime di dissesti finanziari, di seguito denominato «Fondo di cittadinanza».
    3. L'accensione del Fondo di cittadinanza avviene automaticamente entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ed è finalizzato alla restituzione di somme per tutti i cittadini italiani rimasti vittime di dissesti finanziari.
    4. A valere sulle risorse del Fondo di cittadinanza non sono permesse operazioni se non quelle previste dalla legge di conversione del presente decreto.
    5. Il valore delle banconote emesse da parte della Banca d'Italia in base all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43, è accreditato sul Fondo di cittadinanza al momento dell'emissione.
    6. I costi di stampa e di emissione delle banconote sono rimborsati dallo Stato alla Banca d'Italia tramite un apposito fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze e alimentato dalla fiscalità generale.
    7. Le operazioni della Banca d'Italia con il sistema bancario o con lo Stato avvengono attraverso il Fondo di cittadinanza, che è gestito dalla Banca d'Italia gratuitamente.
    8. Il valore delle banconote emesse costituisce una passività per il solo Fondo di cittadinanza; tale passività è addebitata al momento in cui le banconote sono scambiate con lo Stato o con gli istituti bancari.
    9. Il valore delle attività scambiate con lo Stato o con gli istituti bancari per le banconote emesse è accreditato sul Fondo di cittadinanza.
9/1941/164Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legge 30 in esame, all'articolo 3, disposizioni in materia di immobili pubblici;
    l'articolo 3, al comma 1, prevede che alle alienazioni di immobili di cui all'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge 2 dicembre 2005, n. 248 si applicano le disposizioni di cui al sesto comma dell'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;
    il sesto comma del citato articolo 40 prevede la possibilità di presentare domanda di sanatoria, ai fini urbanistico-edilizi, relativamente a immobili oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, entro centoventi giorni dall'atto di trasferimento dell'immobile, sempre che l'immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della stessa legge 28 febbraio 1985, n. 47;
    la domanda di sanatoria – relativamente agli immobili di cui all'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 – può essere presentata entro un anno dall'atto di trasferimento;
    l'articolo 3, al comma 1, del decreto legge 30 novembre 2013, n. 133 estende la possibilità di presentare domanda di sanatoria per gli immobili interessati dai processi di dismissione finalizzati ad obiettivi di finanza pubblica;
    il capo IV della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come integrato e modificato da successivi provvedimenti legislativi, definisce, tra le altre cose, non suscettibili di sanatoria, le opere realizzate in contrasto con i vincoli, elencati nell'articolo 33 della stessa legge e qualora detti vincoli comportino in edificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse;
    lo stesso articolo 33 stabilisce che sono escluse dalla sanatoria le opere realizzate su edifici ed immobili assoggettati alla tutela della legge 1o giugno 1939, n. 1089, ossia sui beni culturali di cui alla parte seconda del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che non siano compatibile con la tutela medesima;
    lo stesso capo IV della legge 28 febbraio 1985, n. 47 fissa le condizioni in presenza delle quali le opere costruite su aree sottoposte a vincoli possono essere sanate, e disciplina la procedura da osservare in questi casi stabilendo che il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è, comunque, subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso;
    la disposizione normativa introdotta con il decreto legge 30 novembre 2013, n. 133, con specifico riferimento agli immobili pubblici oggetto di atti di trasferimento già sottoscritti, può innescare dei contenziosi tra le parti, in caso di non suscettibilità di sanatoria delle opere realizzate ovvero di rigetto della domanda di sanatoria,

impegna il Governo:

   1. a provvedere affinché l'Agenzia del Demanio comunichi ai soggetti che hanno sottoscritto atti di trasferimento di immobili pubblici – per i quali non è decorso il termine di 12 mesi fissato dall'articolo 3, comma 1 – la data entro la quale possono presentare domanda di sanatoria, di cui all'articolo 40, sesto comma, della legge n. 47 del 1985, informandone contestualmente, con appositi avvisi pubblici, i comuni nel cui territorio è ubicato l'immobile oggetto della compravendita;
   2. con particolare riferimento agli immobili pubblici oggetto di atti di trasferimento, già sottoscritti e divenuti comunque efficaci, a intervenire – anche nel primo provvedimento di iniziativa governativa utile – per definire:
    a) il regime giuridico degli stessi immobili, in caso di non suscettibilità di sanatoria delle opere realizzate ovvero di rigetto della domanda di sanatoria di cui all'articolo 40, sesto comma, della legge n. 47 del 1985, presentata nei termini stabiliti dall'articolo 3, comma 1, del decreto-legge in esame;
    b) i procedimenti da osservare – in caso di non suscettibilità di sanatoria delle opere realizzate ovvero di rigetto della domanda di sanatoria di cui all'articolo 40, sesto comma, della legge n. 47 del 1985 – per provvedere alla demolizione delle opere abusive, alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi e/o alla rifunzionalizzazione degli immobili e delle aree in questione, compatibile con la strumentazione urbanistica e i regolamenti edilizi approvati e vigenti ovvero comunque adottati;
   inserire nei provvedimenti con i quali vengono indette le aste pubbliche per la cessione degli immobili pubblici, l'indicazione concernente la sussistenza dell'obbligo di presentare la domanda di sanatoria, di cui all'articolo comma 40, sesto comma, della legge n. 47 del 1985;
   sospendere, in modo espresso, l'efficacia degli atti di trasferimento degli immobili – per i quali è necessario presentare la domanda di sanatoria, di cui all'articolo comma 40, sesto comma, della legge n. 47 del 1985 – al buon esito del procedimento di rilascio della sanatoria edilizia.
9/1941/165Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legge 30 in esame, all'articolo 3, disposizioni in materia di immobili pubblici;
    l'articolo 3, al comma 2-quater, prevede che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, proceda all'individuazione – nell'ambito dei beni demaniali e di quelli facenti parte del patrimonio indisponibile e disponibile di cui alla legge 23 novembre 2001, n. 210 – dei beni di rilevante interesse culturale o paesaggistico in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti di tutela e valorizzazione ai sensi delle disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio;
    l'articolo 3, al comma 2-quinquies, prevede che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, proceda all'individuazione – nell'ambito dei beni demaniali e di quelli facenti parte del patrimonio indisponibile e disponibile di cui alla legge 23 novembre 2001, n. 210 – dei beni di rilevante interesse culturale o paesaggistico in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti finalizzati all'istituzione di aree naturali protette ai sensi della legge quadro in materia di aree protette, o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite;
    l'articolo 3, al comma 2-sexies prevede che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, comunicano l'avvio dei procedimenti, di cui ai richiamati commi 2-quater e 2-quinquies, all'Agenzia del demanio che entro e non oltre due mesi dal ricevimento della comunicazione procede conseguentemente alla sospensione di eventuali procedure di dismissione o conferimento a società di gestione;
    l'articolo 3, ai commi 2-quater e 2-quinquies, stabilisce che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare procedono all'individuazione dei beni da sottoporre a tutela – dei quali deve essere mantenuta la proprietà dello Stato – anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi,

impegna il Governo:

   affinché nell'ambito dei procedimenti – di cui all'articolo 3, commi 2-quater e 2-quinquies del decreto-legge in esame – finalizzati all'individuazione, da parte dei Ministri dei beni e delle attività culturali e del turismo e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dei beni da sottoporre a tutela dei quali deve essere mantenuta la proprietà dello Stato, la consultazione con le regioni, gli enti locali e le associazioni portatrici di interessi diffusi e con le comunità interessate avvenga mediante lo svolgimento di un'inchiesta pubblica, con modalità da definire in modo analogo a quanto previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 24;
   affinché dell'avvio dei procedimenti, di cui all'articolo 3, commi 2-quater e 2-quinquies del decreto-legge in esame finalizzati all'individuazione dei beni da sottoporre a tutela dei quali deve essere mantenuta la proprietà dello Stato, da parte dei Ministri dei beni e delle attività culturali e del turismo e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare venga data notizia a mezzo stampa e sul sito web dei Ministeri competenti e di tutte le regioni italiane, con l'indicazione dei modi e dei termini per la presentazione, da parte di chiunque, di osservazioni e proposte.
9/1941/166Mannino.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 individua le categorie di investitori che possono acquisire le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia: banche, assicurazioni, fondazioni, enti e istituti di previdenza e assicurazione;
    ai sensi del comma 5 del medesimo articolo ciascun partecipante non può possedere una quota capitale superiore al 3 per cento, né direttamente, né indirettamente;
    il successivo comma 6 consente alla Banca d'Italia di acquistare temporaneamente le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le medesime, al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al proprio capitale fissati dal precedente comma; per tali quote il diritto di voto viene sospeso e i dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia,

impegna il Governo:

   ad intervenire quanto prima con un provvedimento che applichi a tutte le quote che eccedono i limiti del 3 per cento fissati al comma 5 l'imputazione dei dividendi a riserve statutarie della Banca d'Italia, ristabilendo così un reale incentivo alle banche private detentrici di suddette quote a cederle entro i tempi previsti per legge;
   a raccomandare alla Banca d'Italia di assicurare che nell'esercizio della facoltà di acquisto temporaneo delle proprie quote di capitale e di successiva cessione, finalizzata a favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al capitale fissati al comma 5 dell'articolo 4, il prezzo di rivendita non sia inferiore a quello del precedente acquisto, e che il pagamento del prezzo per l'acquisto delle quote di partecipazione sia differito al momento dell'effettivo realizzo da parte di Banca d'Italia;
   a invitare altresì la Banca d'Italia, sempre nell'ambito dell'esercizio della predetta facoltà, a contrarre nella misura massima possibile l'intervallo temporale tra l'acquisto temporaneo e la successiva cessione.
9/1941/167Tinagli.