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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 20 dicembre 2013

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 20 dicembre 2013.

  Angelino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Baldelli, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Caparini, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Incà, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Di Maio Luigi, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grande, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Antonio Martino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Orlando, Picchi, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Quartapelle Procopio, Ravetto, Realacci, Sani, Sereni, Speranza, Tabacci, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Incà, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Di Maio Luigi, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grande, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Antonio Martino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Orlando, Picchi, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Quartapelle Procopio, Ravetto, Realacci, Sani, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Vargiu, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 19 dicembre 2013 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   SARRO: «Modifiche all'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di accesso del figlio adottato alle informazioni riguardanti la sua origine» (1901);
   MONCHIERO: «Norme in materia di responsabilità professionale del personale sanitario» (1902);
   GREGORI ed altri: «Modifiche all'articolo 5 della legge 8 marzo 2000, n. 53, in materia di congedi per la formazione» (1903);
   DAMIANO: «Disposizioni in materia di informazione e consultazione dei lavoratori» (1904);
   SCUVERA: «Modifiche all'articolo 2107 del codice civile e al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nei settori pubblico e privato» (1905).
  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di una proposta di inchiesta parlamentare.

  In data 19 dicembre 2013 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa dei deputati:
   FRATOIANNI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul trattamento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione» (Doc. XXII, n. 18).
  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

  La proposta di legge TRIPIEDI ed altri: «Introduzione di un limite di importo per i trattamenti pensionistici per il triennio 2014-2016» (1896) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Baldassarre.

Trasmissione dal Senato.

  In data 20 dicembre 2013 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
  S. 1149. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126, recante misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio. Proroghe di termini previsti da disposizioni legislative» (approvato dal Senato) (1906).

  Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

  XIII Commissione (Agricoltura):
   DELLA VALLE ed altri: «Modifica all'articolo 12 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, per la tutela dei minori contro il rischio di incidenti provocati dall'uso di armi da fuoco nel corso dell'attività venatoria» (1686) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio della pendenza di un procedimento giudiziario ai fini di una deliberazione in materia di insindacabilità.

  Con lettera pervenuta in data 18 dicembre 2013, il deputato Fabrizio Cicchitto, ha rappresentato alla Presidenza, allegando la relativa documentazione, che è pendente presso il tribunale di Roma un procedimento civile intentato nei suoi confronti dall'onorevole Antonio Di Pietro, per fatti che, a suo avviso, concernono opinioni espresse nell'esercizio delle sue funzioni parlamentari, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

  Tali atti sono stati assegnati alla competente Giunta per le autorizzazioni.

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte Costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
   con lettera in data 17 dicembre 2013, sentenza n. 307 del 10-17 dicembre 2013 (Doc. VII, n. 199), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 5, della legge della Regione Puglia 24 settembre 2012, n. 25 (Regolazione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili);
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 2, della legge della Regione Puglia 24 settembre 2012, n. 25 (Regolazione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili);
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18, comma 2, ultimo periodo, della legge della Regione Puglia 24 settembre 2012, n. 25 (Regolazione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili);
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, commi 3 e 6, della legge della Regione Puglia 24 settembre 2012, n. 25 (Regolazione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili), sollevata, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 15, della legge regionale n. 25 del 2012, sollevata, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione dal Presidente del Consiglio dei ministri;
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 18, della legge regionale n. 25 del 2012, sollevata, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 1, lettera f), della legge regionale n. 25 del 2012, sollevata, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione dal Presidente del Consiglio dei ministri;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 6, della legge regionale n. 25 del 2012, sollevata, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione dal Presidente del Consiglio dei ministri;
   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, comma 1, della legge regionale n. 25 del 2012, sollevata, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione dal Presidente del Consiglio dei ministri:
   alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);
   con lettera in data 17 dicembre 2013, sentenza n. 308 del 10-17 dicembre 2013 (Doc. VII, n. 200), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, della legge della Regione autonoma Sardegna 12 ottobre 2012, n. 20 (Norme di interpretazione autentica in materia di beni paesaggistici);
    dichiara l'illegittimità costituzionale, in via consequenziale, dell'articolo 1, comma 2, della legge della Regione autonoma Sardegna 12 ottobre 2012, n. 20 (Norme di interpretazione autentica in materia di beni paesaggistici):
   alla VIII Commissione (Ambiente);
   con lettera in data 17 dicembre 2013, sentenza n. 309 del 10-17 dicembre 2013 (Doc. VII, n. 201), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 novembre 2012, n. 19 (Disposizioni per la valorizzazione dei servizi volontari in Provincia di Bolzano e modifiche di leggi provinciali in materia di attività di cooperazione allo sviluppo e personale), limitatamente alle parole: «nonché tramite il servizio civile nazionale volontario di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64»;
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 9, della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2012;
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 6, commi 5 e 6, della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2012, limitatamente alla parte in cui i suddetti commi si riferiscono anche all'ipotesi in cui il servizio previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera a), sia svolto dai volontari del servizio civile nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64;
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 15, comma 1, lettera b), della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2012, nella parte in cui esclude i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nello Stato italiano dalla possibilità di prestare servizio sociale volontario;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'intero articolo 6, comma 5, della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2012, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio:
   alla I Commissione (Affari costituzionali);

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
   Sentenza n. 310 del 10-17 dicembre 2013 (Doc. VII, n. 202), con la quale:
    dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36 e 53 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sezione staccata di Pescara;
    dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 2, del medesimo d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 122 del 2010, sollevata, in riferimento agli artt. 42 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 21, primo, secondo e terzo periodo, del medesimo decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 122 del 2010, sollevate, in riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 9, 33, 34, 36, 37, 42, 53, 77 e 97 della Costituzione, dai Tribunali amministrativi regionali per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, per la Lombardia e per il Piemonte, dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, dai Tribunali amministrativi regionali per l'Umbria e per la Puglia:
   alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Sentenza n. 311 del 10-17 dicembre 2013 (Doc. VII, n. 203), con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 3, comma 1, lettera b), 7, comma 1, lettere d) ed e), e 13, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 5 dicembre 2012, n. 21 (Disciplina di professioni turistiche), promosse, in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera e), e 117, primo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri:
   alla X Commissione (Attività produttive);
   Sentenza n. 312 del 10-17 dicembre 2013 (Doc. VII, n. 204), con la quale:
    dichiara estinto il processo limitatamente alle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 25, comma 5, e 38, comma 2, della legge della Regione Marche 27 novembre 2012, n. 37 (Assestamento del bilancio 2012), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri;
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 28, comma 1, della legge della regione Marche n. 37 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 3, 81, quarto comma, e 97 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri:
   alla XI Commissione (Lavoro);
   Sentenza n. 313 del 10-17 dicembre 2013 (Doc. VII, n. 205), con la quale:
    dichiara che non spettava al Senato della Repubblica affermare che le dichiarazioni rese da Francesco Storace, senatore all'epoca dei fatti, per le quali pende procedimento penale davanti al Tribunale di Roma per il reato di cui all'articolo 278 del codice penale costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione; annulla, per l'effetto, la delibera di insindacabilità adottata dal Senato della Repubblica nella seduta del 19 febbraio 2009 (Doc. IV-quater, n. 1):
   alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Sentenza n. 314 del 10-17 dicembre 2013 (Doc. VII, n. 206), con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 35, comma 3, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n. 35, sollevate – in riferimento agli artt. 3, 102 e 111, primo comma, della Costituzione – dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio:
   alla II Commissione (Giustizia);
   Sentenza n. 315 del 10-17 dicembre 2013 (Doc. VII, n. 207), con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 2, della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 11 dicembre 2012, n. 34 (Modificazioni a leggi regionali in materia di professioni e altre disposizioni), promossa, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione e all'articolo 2, comma 1, lettera u), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), dal Presidente del Consiglio dei ministri:
   alla VII Commissione (Cultura);
   Sentenza n. 320 del 19-20 dicembre 2013 (Doc. VII, n. 208), con la quale:
    dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 27 febbraio 2001, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Maurizio Gasparri nei confronti dei dottori Gian Paolo Cariello, Donato D'Auria e Giovanna Di Donna, promosso dalla Corte di cassazione:
   alla I Commissione (Affari costituzionali);

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri.

  Il Ministro degli affari esteri, con lettere del 17 e del 18 dicembre 2013, ha trasmesso quattro note relative all'attuazione data agli ordini del giorno DI BATTISTA ed altri n. 9/1248-AR/227, concernente la disciplina delle imprese miste nell'ambito della cooperazione internazionale, e GRANDE n. 9/1248-AR/229, riguardante la concessione di crediti agevolati alle imprese miste operanti nel settore della cooperazione internazionale, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 25 luglio 2013, alla risoluzione BERGAMINI ed altri n. 7/00061, accolta dal Governo ed approvata dalla III Commissione (Affari esteri) nella seduta del 30 luglio 2013, sul contrasto della violenza sessuale nelle situazioni di conflitto e di post-conflitto, nonché alla risoluzione conclusiva AMENDOLA ed altri n. 8/00017, accolta dal Governo ed approvata dalla III Commissione (Affari esteri) nella seduta del 16 ottobre 2013, sul processo democratico in Myannar.

  Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 20 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'attivazione dello strumento di flessibilità (COM(2013) 559 final).

  Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione di delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 19 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la delibera CIPE n. 51/2013 del 2 agosto 2013, concernente «Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443/2001) – Completamento corridoio tirrenico meridionale A12-Appia e bretella autostradale Cisterna-Valmontone-Tratto A12 Roma Civitavecchia-Roma (Tor De’ Cenci) – Reiterazione del vincolo preordinario all'esproprio, approvazione del progetto definitivo e parere sullo schema di convenzione».

  Questa delibera è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 19 dicembre 2013, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo – Trentunesima relazione annuale della Commissione al Parlamento europeo sulle attività antidumping, antisovvenzioni e di salvaguardia dell'Unione europea (2012) (COM(2013) 890 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che adegua con effetto dal 1o luglio 2011 le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell'Unione europea e i coefficienti correttori applicati alle retribuzioni e pensioni (COM(2013) 895 final), che è assegnata in sede primaria alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che adegua con effetto dal 1o luglio 2012 le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell'Unione europea e i coefficienti correttori applicati alle retribuzioni e pensioni (COM(2013) 896 final), che è assegnata in sede primaria alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Valutazione del Quadro europeo delle qualifiche – Attuazione della raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sullacostituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente (COM(2013) 897 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite VII (Cultura) e XI (Lavoro);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sui vari metodi di stordimento dei volatili da cortile (COM(2013) 915 final) e relativo allegato (COM(2013) 915 – Annex 1), che sono assegnati in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 19 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazioni di nomine ministeriali.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 16 dicembre 2013, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina del dottor Gian Luigi Pillola a commissario straordinario del Parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna.

  Questa comunicazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 19 dicembre 2013, a pagina 94, seconda colonna, ventiquattresima riga, le parole: «legge n. 15» si intendono sostituite dalle seguenti: «legge n. 95»;
   a pagina 191, seconda colonna, quarantacinquesima riga, dopo le parole: «situate nei territori nei quali» deve intendersi inserita la seguente: «non»;
   a pagina 200, la tabella: «RIDUZIONE CONSUMI INTERMEDI» deve intendersi sostituita dalla seguente:

«RIDUZIONE CONSUMI INTERMEDI

Ministero   2014 2015 2016
(Milioni di euro)
Ministero dell'economia e delle finanze 48,714  48,662  48,620 
Ministero dello sviluppo economico 0,812  0,799  0,756 
Ministero del lavoro e delle politiche sociali 1,143  1,220  1,205 
Ministero della giustizia 15,478  15,589  16,360 
Ministero degli affari esteri 7,353  7,382  6,891 
Ministero dell'interno 21,843  22,737  23,103 
Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare
0,969  0,974  0,976 
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 8,057  7,963  7,873 
Ministero della difesa 41,769  39,950  39,765 
Ministero delle politiche agricole alimentari
e forestali
2,825  3,012  2,875 
Ministero della salute 3,037  3,011  2,877 
Totale    152,000  151,300  151,300 

                                           ».

DISEGNO DI LEGGE: S. 1120 – DISPOSIZIONI PER LA FORMAZIONE DEL BILANCIO ANNUALE E PLURIENNALE DELLO STATO (LEGGE DI STABILITÀ 2014) (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1865-A)

A.C. 1865-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    la situazione del personale della Polizia di Stato, composto da circa 94 mila unità, vede la presenza di circa 65 mila tra agenti ed assistenti, ed il resto suddiviso tra ispettori e sovrintendenti e il ruolo dei funzionari direttivi (Capo della Polizia compreso);
    come si potrà ben evidenziare, la stragrande maggioranza del personale rientra nella categoria della “truppa” a voler usare un termine mutuato dalle caserme. In questo momento vi sono, però, tuttora vigenti ed utilizzabili ben due graduatorie definitive ed una terza in via di pubblicazione per Vice sovrintendenti in cui rientrerebbero circa 8 mila poliziotti al netto di doppie/triple idoneità e fisiologiche rinunce;
    il decreto-legge n. 227 del 2012 ha autorizzato l'amministrazione ad attivare procedure e modalità concorsuali semplificate per la copertura dei posti relativi a detta qualifica e a detta delle maggiori organizzazioni sindacali fra le quali gli «Autonomi di Polizia» e del «Comitato tutti sovrintendenti», l'unico ostacolo allo scorrimento era rappresentato da una speciale disciplina normativa (decreto legislativo n. 53 del 2001) che imponeva concorsi a cadenza annuale. Ma oggi alla luce del nuovo decreto questo vincolo non si pone più, ragion per cui non esiste più alcun motivo ostativo allo scorrimento delle graduatorie;
    nel caso in cui l'amministrazione volesse procedere ugualmente a bandire il concorso questa sarebbe soggetta ad uno stringente obbligo di motivazione derivante dalle nuove recenti dottrine che pongono dei nuovi principi giuridici di massima stabiliti in via definitiva dall'Adunanza Plenaria (Cons. Stato Sent. 28-07-2011, n. 14);
    pur apprezzando il fatto che l'amministrazione dell'Interno abbia riconosciuto una grave situazione dovuta ad uno squilibrio di organico pauroso di 8.000 unità nel ruolo dei Sovrintendenti, classificandola come non più prorogabile e che questa si stia impegnando a fondo per risolverla, non vuol dire che le soluzioni proposte siano le migliori applicabili sia in termini di tempi per la loro realizzazione che per il punto di vista del costo da sostenere a carico del bilancio dello Stato;
    l'idea di recuperare con concorsi plurimi semplificati i 18 concorsi mancanti, oltre ad essere una scelta eticamente scorretta che promuoverebbe dei dipendenti sulla base di regole diverse da quelle prestabilite e condivise da tutti, darebbe il via a modalità concorsuali che non garantirebbero un'adeguata trasparenza ed imparzialità;
    stante la volontà di coprire i posti vacanti, e risolvere la questione attraverso «procedure di emergenza» di carattere «straordinari» previsti dal decreto in oggetto, siamo certi che l'amministrazione dell'Interno converrà che il principio dell'efficienza amministrativa della Pubblica Amministrazione implica il raggiungimento degli obiettivi con il minor impiego di tempo e il minor impiego di risorse, attraverso scelte responsabili e lungimiranti finalizzate al solo e unico dallo scopo di perseguire l'interesse pubblico generale;
    a giudizio dell'odierno interrogante, la soluzione di voler procedere all'indizione di nuovi concorsi senza dare luogo prima ad un semplice e coerente scorrimento delle graduatorie, appare essere una soluzione irresponsabile e inopportuna, prima ancora che giuridicamente illegittima alla luce della nuova dottrina giuridica sopra specificata;
    in presenza di circa 8.000 idonei, con anzianità media di 18 anni di servizio, che potrebbero essere avviati facilmente e senza alcun ulteriore aggravio economico al corso di formazione, per essere impiegati su strada in pochi mesi, continuare a percorrere la strada dei concorsi così detti «semplificati», con i tempi e i rischi che questi potrebbero comportare, si palesa come una scelta miope e senza senso;
    appare a dir poco discutibile ritenere che 8.000 idonei, frutto di leggi, regole e criteri preesistenti condivisi da tutti, per i quali sono già stati spesi milioni di euro, poliziotti inseriti in graduatorie ufficiali le quali producono effetti giuridici tutelati da norme di rango legislativo a portata generale, possano venire sacrificati per dare spazio ad ulteriori concorsi che produrrebbero altrettanti poliziotti idonei con un grado di preparazione inferiore oltretutto sulla base di regole non altrettanto condivise e accettate da tutti;
    questo non potrebbe che generare solo iniquità, malcontento e demotivazione tra il personale. Questi «pseudo-concorsi» non servirebbero a produrre elementi professionalmente più preparati, visto che verrebbe abolita completamente la prova d'esame scritta;
    una corretta ed equa valutazione del «merito» e della «preparazione professionale», infatti, presuppone il contemperamento di due elementi fondamentali inscindibili essendo un risultato che scaturisce da un giudizio ponderato ed equilibrato basato certamente sull'anzianità, sull'esperienza operativa e sui titoli di servizio ottenuti ma anche e soprattutto sulle conoscenze teorico-giuridiche del dipendente. Sono fattori ineludibili che vivono in simbiosi e che non possono fare a meno l'uno dell'altro;
    togliendo uno di questi due elementi verrebbe a mancare un dato oggettivo essenziale per una corretta e meritocratica valutazione professionale del dipendente;
    queste maxi-procedure concorsuali comporterebbero tra l'altro un abissale allungamento dei tempi, visto l'immenso e difficilissimo lavoro di selezione di titoli che dovrebbe realizzarsi a priori, attraverso un preventivo conteggio dei titoli per 65.000 operatori di polizia, aggiornando anno per anno dal 2004 fino al 2012 i titoli di ognuno di questi. Un lavoro immane che nella migliore delle ipotesi avrebbe termine non prima di 5 anni e con esiti incerti. Tempi di attuazione biblici per una grave emergenza come questa, che dovrebbe essere sanata entro l'anno 2013 al massimo entro il 2014;
    la modalità dei concorsi «per soli titoli» ridurrebbe di fatto drasticamente il campo della trasparenza, con il rischio di dare origine a clientelismi di ogni sorta e a contenziosi di ogni genere;
    il «sacrificio» di questi idonei non servirebbe nemmeno a produrre personale più giovane e motivato visto che i concorsi per titoli avvantaggerebbero inesorabilmente il personale più anziano che è anche il meno motivato e il meno produttivo in termini di presenze e di disponibilità, con il risultato che queste elefantiache procedure concorsuali non garantiranno nel tempo adeguati livelli di efficienza con un conseguente assottigliamento di servizi essenziali per il cittadino, il tutto a danno dell'amministrazione e, soprattutto, della collettività;
    riteniamo che questo giudizio sia equidistante dagli interessi di parte, un giudizio formatosi su elementi oggettivi di fatto e di diritto. Un giudizio basato sulla logica e sulla razionalità che nasce dal senso di responsabilità e dalla conoscenza approfondita delle problematiche e se lo scorrimento fosse stato un provvedimento giuridicamente scorretto, dispendioso come inopportuno o insensato, non lo avremmo mai proposto anche in presenza di interessi legittimi;
    Lo «scorrimento delle graduatorie» è la procedura più economica e più rapida. Il provvedimento obbiettivamente più opportuno e risolutivo, il più economico per eccellenza, che ogni pubblica amministrazione è solita adottare in via discrezionale quando pienamente e abbondantemente giustificata, tanto più che oggi c’è un decreto-legge che permette di coprire i posti attraverso procedure semplificate;
    lo scorrimento delle graduatorie è un istituto giuridico riconosciuto da tutti gli ordinamenti dello Stato e non esiste alcuna ragione valida perché non possa essere riconosciuto anche in questo caso,

impegna il Governo

ad attivarsi concretamente affinché i nuovi sovrintendenti della Polizia di Stato vengano nominati dalle graduatorie degli idonei dei concorsi del 2010, 2011 e 2012.
9/1865-A/1Catanoso Genoese.


   La Camera,
   premesso che:
    la situazione del personale della Polizia di Stato, composto da circa 94 mila unità, vede la presenza di circa 65 mila tra agenti ed assistenti, ed il resto suddiviso tra ispettori e sovrintendenti e il ruolo dei funzionari direttivi (Capo della Polizia compreso);
    come si potrà ben evidenziare, la stragrande maggioranza del personale rientra nella categoria della “truppa” a voler usare un termine mutuato dalle caserme. In questo momento vi sono, però, tuttora vigenti ed utilizzabili ben due graduatorie definitive ed una terza in via di pubblicazione per Vice sovrintendenti in cui rientrerebbero circa 8 mila poliziotti al netto di doppie/triple idoneità e fisiologiche rinunce;
    il decreto-legge n. 227 del 2012 ha autorizzato l'amministrazione ad attivare procedure e modalità concorsuali semplificate per la copertura dei posti relativi a detta qualifica e a detta delle maggiori organizzazioni sindacali fra le quali gli «Autonomi di Polizia» e del «Comitato tutti sovrintendenti», l'unico ostacolo allo scorrimento era rappresentato da una speciale disciplina normativa (decreto legislativo n. 53 del 2001) che imponeva concorsi a cadenza annuale. Ma oggi alla luce del nuovo decreto questo vincolo non si pone più, ragion per cui non esiste più alcun motivo ostativo allo scorrimento delle graduatorie;
    nel caso in cui l'amministrazione volesse procedere ugualmente a bandire il concorso questa sarebbe soggetta ad uno stringente obbligo di motivazione derivante dalle nuove recenti dottrine che pongono dei nuovi principi giuridici di massima stabiliti in via definitiva dall'Adunanza Plenaria (Cons. Stato Sent. 28-07-2011, n. 14);
    pur apprezzando il fatto che l'amministrazione dell'Interno abbia riconosciuto una grave situazione dovuta ad uno squilibrio di organico pauroso di 8.000 unità nel ruolo dei Sovrintendenti, classificandola come non più prorogabile e che questa si stia impegnando a fondo per risolverla, non vuol dire che le soluzioni proposte siano le migliori applicabili sia in termini di tempi per la loro realizzazione che per il punto di vista del costo da sostenere a carico del bilancio dello Stato;
    l'idea di recuperare con concorsi plurimi semplificati i 18 concorsi mancanti, oltre ad essere una scelta eticamente scorretta che promuoverebbe dei dipendenti sulla base di regole diverse da quelle prestabilite e condivise da tutti, darebbe il via a modalità concorsuali che non garantirebbero un'adeguata trasparenza ed imparzialità;
    stante la volontà di coprire i posti vacanti, e risolvere la questione attraverso «procedure di emergenza» di carattere «straordinari» previsti dal decreto in oggetto, siamo certi che l'amministrazione dell'Interno converrà che il principio dell'efficienza amministrativa della Pubblica Amministrazione implica il raggiungimento degli obiettivi con il minor impiego di tempo e il minor impiego di risorse, attraverso scelte responsabili e lungimiranti finalizzate al solo e unico dallo scopo di perseguire l'interesse pubblico generale;
    a giudizio dell'odierno interrogante, la soluzione di voler procedere all'indizione di nuovi concorsi senza dare luogo prima ad un semplice e coerente scorrimento delle graduatorie, appare essere una soluzione irresponsabile e inopportuna, prima ancora che giuridicamente illegittima alla luce della nuova dottrina giuridica sopra specificata;
    in presenza di circa 8.000 idonei, con anzianità media di 18 anni di servizio, che potrebbero essere avviati facilmente e senza alcun ulteriore aggravio economico al corso di formazione, per essere impiegati su strada in pochi mesi, continuare a percorrere la strada dei concorsi così detti «semplificati», con i tempi e i rischi che questi potrebbero comportare, si palesa come una scelta miope e senza senso;
    appare a dir poco discutibile ritenere che 8.000 idonei, frutto di leggi, regole e criteri preesistenti condivisi da tutti, per i quali sono già stati spesi milioni di euro, poliziotti inseriti in graduatorie ufficiali le quali producono effetti giuridici tutelati da norme di rango legislativo a portata generale, possano venire sacrificati per dare spazio ad ulteriori concorsi che produrrebbero altrettanti poliziotti idonei con un grado di preparazione inferiore oltretutto sulla base di regole non altrettanto condivise e accettate da tutti;
    questo non potrebbe che generare solo iniquità, malcontento e demotivazione tra il personale. Questi «pseudo-concorsi» non servirebbero a produrre elementi professionalmente più preparati, visto che verrebbe abolita completamente la prova d'esame scritta;
    una corretta ed equa valutazione del «merito» e della «preparazione professionale», infatti, presuppone il contemperamento di due elementi fondamentali inscindibili essendo un risultato che scaturisce da un giudizio ponderato ed equilibrato basato certamente sull'anzianità, sull'esperienza operativa e sui titoli di servizio ottenuti ma anche e soprattutto sulle conoscenze teorico-giuridiche del dipendente. Sono fattori ineludibili che vivono in simbiosi e che non possono fare a meno l'uno dell'altro;
    togliendo uno di questi due elementi verrebbe a mancare un dato oggettivo essenziale per una corretta e meritocratica valutazione professionale del dipendente;
    queste maxi-procedure concorsuali comporterebbero tra l'altro un abissale allungamento dei tempi, visto l'immenso e difficilissimo lavoro di selezione di titoli che dovrebbe realizzarsi a priori, attraverso un preventivo conteggio dei titoli per 65.000 operatori di polizia, aggiornando anno per anno dal 2004 fino al 2012 i titoli di ognuno di questi. Un lavoro immane che nella migliore delle ipotesi avrebbe termine non prima di 5 anni e con esiti incerti. Tempi di attuazione biblici per una grave emergenza come questa, che dovrebbe essere sanata entro l'anno 2013 al massimo entro il 2014;
    la modalità dei concorsi «per soli titoli» ridurrebbe di fatto drasticamente il campo della trasparenza, con il rischio di dare origine a clientelismi di ogni sorta e a contenziosi di ogni genere;
    il «sacrificio» di questi idonei non servirebbe nemmeno a produrre personale più giovane e motivato visto che i concorsi per titoli avvantaggerebbero inesorabilmente il personale più anziano che è anche il meno motivato e il meno produttivo in termini di presenze e di disponibilità, con il risultato che queste elefantiache procedure concorsuali non garantiranno nel tempo adeguati livelli di efficienza con un conseguente assottigliamento di servizi essenziali per il cittadino, il tutto a danno dell'amministrazione e, soprattutto, della collettività;
    riteniamo che questo giudizio sia equidistante dagli interessi di parte, un giudizio formatosi su elementi oggettivi di fatto e di diritto. Un giudizio basato sulla logica e sulla razionalità che nasce dal senso di responsabilità e dalla conoscenza approfondita delle problematiche e se lo scorrimento fosse stato un provvedimento giuridicamente scorretto, dispendioso come inopportuno o insensato, non lo avremmo mai proposto anche in presenza di interessi legittimi;
    Lo «scorrimento delle graduatorie» è la procedura più economica e più rapida. Il provvedimento obbiettivamente più opportuno e risolutivo, il più economico per eccellenza, che ogni pubblica amministrazione è solita adottare in via discrezionale quando pienamente e abbondantemente giustificata, tanto più che oggi c’è un decreto-legge che permette di coprire i posti attraverso procedure semplificate;
    lo scorrimento delle graduatorie è un istituto giuridico riconosciuto da tutti gli ordinamenti dello Stato e non esiste alcuna ragione valida perché non possa essere riconosciuto anche in questo caso,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di attivarsi concretamente affinché i nuovi sovrintendenti della Polizia di Stato vengano nominati dalle graduatorie degli idonei dei concorsi del 2010, 2011 e 2012.
9/1865-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Catanoso Genoese.


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi che investe da tempo il nostro Paese coinvolge anche la dirigenza in tutti i settori, ivi inclusa la dirigenza della scuola;
    la figura del dirigente scolastico ha subito, nel tempo, numerosi cambiamenti determinati da diversi fattori quali, per esempio, un decentramento amministrativo incompleto, un dimensionamento delle istituzioni scolastiche, le numerose procedure concorsuali (talune non ancora completate), i meccanismi di sostituzione del personale assente, i mancati riconoscimenti economici, e altro;
   premesso che:
    i dirigenti scolastici che, a decorrere dall'anno scolastico 2006-2007, hanno avuto la conferma dell'incarico di presidenza per almeno un triennio, hanno maturato una grande esperienza;
    al fine di eliminare definitivamente gli incarichi annuali di dirigenza scolastica e in previsione del passaggio ad un nuovo sistema di reclutamento, l'esperienza di detti dirigenti scolastici dovrebbe essere salvaguardata a vantaggio delle comunità scolastiche;
    a tal fine sarebbe opportuno prevedere la iscrizione di detti dirigenti scolastici nelle graduatorie ad esaurimento di cui all'articolo 24-quinquies del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008 n. 31, previo superamento di adeguati corsi-concorsi riservati per titoli ed esami;
   considerato che:
    pur in circostanze avverse e difficili, infatti, i sopra citati capi di istituto hanno continuato a dirigere le proprie scuole con responsabilità e, nel contempo, sviluppando condivisione e progettualità sia tra gli insegnanti che tra gli insegnanti e le loro famiglie;
    detti dirigenti scolastici, nonostante il grande impegno profuso, si sentono vessati da un diffuso stato di incertezza,

impegna il Governo

a consentire ai docenti incaricati per almeno un triennio di accedere alle graduatorie ad esaurimento dei vincitori dell'ultimo concorso a preside e a prevedere un concorso ad essi riservato.
9/1865-A/2Tancredi.


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi che investe da tempo il nostro Paese coinvolge anche la dirigenza in tutti i settori, ivi inclusa la dirigenza della scuola;
    la figura del dirigente scolastico ha subito, nel tempo, numerosi cambiamenti determinati da diversi fattori quali, per esempio, un decentramento amministrativo incompleto, un dimensionamento delle istituzioni scolastiche, le numerose procedure concorsuali (talune non ancora completate), i meccanismi di sostituzione del personale assente, i mancati riconoscimenti economici, e altro;
   premesso che:
    i dirigenti scolastici che, a decorrere dall'anno scolastico 2006-2007, hanno avuto la conferma dell'incarico di presidenza per almeno un triennio, hanno maturato una grande esperienza;
    al fine di eliminare definitivamente gli incarichi annuali di dirigenza scolastica e in previsione del passaggio ad un nuovo sistema di reclutamento, l'esperienza di detti dirigenti scolastici dovrebbe essere salvaguardata a vantaggio delle comunità scolastiche;
    a tal fine sarebbe opportuno prevedere la iscrizione di detti dirigenti scolastici nelle graduatorie ad esaurimento di cui all'articolo 24-quinquies del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008 n. 31, previo superamento di adeguati corsi-concorsi riservati per titoli ed esami;
   considerato che:
    pur in circostanze avverse e difficili, infatti, i sopra citati capi di istituto hanno continuato a dirigere le proprie scuole con responsabilità e, nel contempo, sviluppando condivisione e progettualità sia tra gli insegnanti che tra gli insegnanti e le loro famiglie;
    detti dirigenti scolastici, nonostante il grande impegno profuso, si sentono vessati da un diffuso stato di incertezza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di consentire ai docenti incaricati per almeno un triennio di accedere alle graduatorie ad esaurimento dei vincitori dell'ultimo concorso a preside e a prevedere un concorso ad essi riservato.
9/1865-A/2. (Testo modificato nel corso della seduta) Tancredi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del decreto-legge n. 69 del 2013, ha previsto, per consentire la continuità dei cantieri in corso ovvero il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori, l'istituzione nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un Fondo con una dotazione complessiva pari a 2.069 milioni di euro, di cui 335 milioni di euro per l'anno 2013, 405 milioni di euro per l'anno 2014, 652 milioni di euro per l'anno 2015, 535 milioni di euro per l'anno 2016 e 142 milioni di euro per l'anno 2017;
    in particolare, il comma 2 del medesimo articolo 18, ha stabilito che con uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, si sarebbe provveduto all'individuazione degli specifici interventi da finanziare e all'assegnazione delle risorse occorrenti, nei limiti delle disponibilità annuali del Fondo, tra i quali veniva menzionato il collegamento ferroviario funzionale tra la regione Piemonte e la Valle d'Aosta;
    il disegno di legge di stabilità, nella versione iniziale depositata al Senato, prevedeva alla Tabella E, lo stanziamento delle risorse per gli anni 2014, 2015 e 2016, relative all'articolo 18, comma 2, punto 5, del decreto-legge n. 69 del 2013, ossia per il collegamento ferroviario funzionale tra la regione Piemonte e la Valle d'Aosta, assegnando le somme alla sola regione Valle d'Aosta;
    la destinazione di tali risorse, erroneamente indicate solo per la regione Valle d'Aosta, è stata oggetto di modifiche al Senato che, tuttavia, invece di approdare alla correzione auspicata dalle parti interessate con l'assegnazione delle somme alle regioni Piemonte e Valle d'Aosta si è risolta con una modificazione che ha riconosciuto gli importi originariamente previsti per il collegamento ferroviario funzionale tra la regione Piemonte e la Valle d'Aosta ad RFI per generici e non meglio specificati interventi di miglioramento della rete ferroviaria,

impegna il Governo

a destinare, come previsto dall'articolo 18, comma 2, punto 5 del decreto-legge n. 69 del 2013, le somme inserite nella Tabella E, esclusivamente per il collegamento ferroviario funzionale tra la regione Piemonte e la Valle d'Aosta, ripartendo le somme al 50 per cento tra le due regioni.
9/1865-A/3Fregolent, Bonomo, Biondelli, Patriarca, Rossomando, Bonaccorsi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il disegno di legge C 1865-A, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014);
   rilevato che:
    a) le città sono i motori dell'economia europea e possono essere considerate catalizzatori di creatività e innovazione;
    b) nell'Unione europea il 68 per cento circa della popolazione risiede in una regione metropolitana; le regioni metropolitane generano il 67 per cento del PIL dell'Unione europea;
    c) trattandosi di sistemi complessi, in cui si concentrano numerosissime attività, il loro governo richiede l'adozione di politiche coerenti ed efficaci;
    d) la condizione generale delle maggiori città italiane registra evidenti e sempre più accentuati ritardi rispetto alla situazione della maggior parte delle città europee delle stesse dimensioni, con particolare riguardo alla carenza di servizi efficienti ai cittadini, soprattutto sul versante ambientale; esemplari al riguardo appaiono le carenze che affliggono le maggiori città italiane per quanto riguarda la mobilità e i trasporti pubblici, con conseguente congestione del traffico e bassa qualità dell'aria, così come la gestione dei rifiuti per l'intenso ricorso alle discariche a differenza di quanto avviene all'estero;
    e) l'Italia sino ad ora non è riuscita ad avvalersi sistematicamente dei vantaggi che potevano essere assicurati dall'adozione di interventi coerenti con gli indirizzi che in materia di governo delle aree urbane sono offerti dall'Unione europea, indirizzi che si ispirano all'obiettivo di coniugare in un approccio integrato le molteplici dimensioni – ambientale, economica, sociale e culturale – che caratterizzano le realtà urbane; sono intrecciate nella dimensione urbana. A tal fine l'Unione europea ha definito diversi programmi finanziabili con i fondi strutturali e di coesione e diretti al recupero dei siti industriali e alla bonifica delle aree contaminate; ai progetti di riqualificazione urbana e rurale; ai trasporti urbani ecologici e all'edilizia abitativa, oltre ai programmi più specifici URBACT II, JESSICA (Joint European Support for Sustainable Investment in City Areas – Sostegno europeo comune per investimenti sostenibili nelle aree urbane), e Urban Audit;
    f) anche il disegno di legge di legge di stabilità per il 2014 ripropone gli stessi difetti; gli interventi a favore delle aree urbane non risultano infatti riconducibili a coerenti strategie di carattere generale ma sembrano piuttosto rispondere all'esigenza di fronteggiare affannosamente specifiche situazioni di emergenza: esemplari in proposito appaiono le disposizioni che stanziano risorse per i trasporti locali;
    g) del tutto insufficienti risultano anche le disposizioni relative all'utilizzo dei fondi strutturali e allo stanziamento delle quote di cofinanziamento statale e regionale, in relazione ai quali non si pone alcun vincolo e non si individuano priorità e strategie, la cui determinazione è interamente rimessa ai negoziati che il Governo condurrà direttamente con le istituzioni europee, senza alcun effettivo coinvolgimento del Parlamento,

impegna il Governo

   a) a trasmettere alle Camere l'accordo di partenariato per l'individuazione delle priorità da perseguire nell'utilizzo dei finanziamenti dell'Unione europea, da stipulare con la Commissione europea, prima della sua adozione definitiva e comunque in tempo utile per consentirne una accurata valutazione:
   b) a dedicare particolare attenzione, nell'ambito delle priorità, ai programmi volti alla riqualificazione delle aree urbane, con particolare riferimento ai profili ambientali;
   c) ad adottare tutte le misure necessarie per utilizzare al meglio l'occasione preziosa costituita dal nuovo progetto, lanciato dalle istituzioni europee nel 2012, per un partenariato per l'innovazione a sostegno dello sviluppo di tecnologie «intelligenti» nelle città (Smart Cities and Communities European Innovation Partnership – SCC). Si tratta, infatti, di un'iniziativa che intende sostenere un numero circoscritto di progetti pilota da realizzare nella logica dello sviluppo urbano sostenibile nei settori della produzione di energia e del risparmio energetico (edilizia, riscaldamento e raffreddamento), della mobilità urbana (veicoli elettrici e a idrogeno) e delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) in diverse città europee. Con un finanziamento iniziale di 365 milioni di euro per il 2013 nell'ambito del 7° Programma quadro per la ricerca – che potrà essere esteso anche nel prossimo quadro finanziario 2014-2020 (Programma Horizon 2020) – il partenariato intende mettere in comune risorse pubbliche (europee e nazionali) e private al fine di dimostrare la fattibilità a livello locale di progressi rapidi nel raggiungimento degli obiettivi dell'Unione europea in campo energetico e climatico, e accelerare la commercializzazione di tali innovazioni.
9/1865-A/4Luigi Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    il 23 maggio 2012, il Parlamento europeo ha espresso parere favorevole sulla proposta della Commissione di una direttiva che introduca l'imposta sulle transazioni finanziarie;
    la legge di stabilità 2013 (articolo 1, commi da 491 a 500) ha introdotto l'imposta sulle transazioni finanziarie, cosiddetta Tobin Tax;
    in data 26 luglio 2013 presso la Camera dei deputati veniva accolto l'ordine del giorno in Assemblea sul disegno di legge 9/1248-AR/71, a prima firma Boccia, e cofirmato da esponenti della maggioranza dei gruppi presenti in questo ramo del Parlamento, relativo all'imposta sulle transazioni finanziarie;
    il testo dell'ordine del giorno, al secondo punto, impegnava il Governo «qualora siano confermate, in tale sede, le ipotesi che stimano un gettito notevolmente inferiore a quanto valutato in occasione dell'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, a valutare, in maniera condivisa con il Parlamento la possibilità di una riforma della medesima imposta finalizzata a ridurne l'aliquota e ampliarne la base imponibile, destinando l'eventuale maggior gettito alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro.»;
    appare evidente che così come normata la Tobin Tax risulta essere inefficace sia per l'erario che come deterrente per la speculazione, considerato che il gettito inizialmente stimato per l'introduzione della tassa risulterebbe ridimensionato da 1,2 miliardi di euro a circa 175 milioni;
    nelle riunioni del Consiglio Europeo del 22 giugno e del 10 luglio 2012 si è appurato che persistevano differenze fondamentali di opinione riguardo alla necessità di istituire un sistema comune di ITF a livello dell'Unione e che il principio di un'imposta;
    armonizzata sulle transazioni finanziarie non avrebbe ottenuto un consenso unanime in sede di Consiglio in un futuro immediato;
    undici Stati membri, tra cui l'Italia, hanno deciso di introdurre comunque l'ITF armonizzata e la Commissione ha messo in atto una procedura di cooperazione rafforzata volta a inserire l'imposta solo in tali Stati membri;
    in sede di esame dell'A.C. 1865 presso la Commissione Bilancio della Camera dei deputati, Legge di Stabilità, a seguito del ritiro dell'emendamento 1.866, è stato assunto l'impegno formale da parte del presidente della stessa commissione, di convocare le commissioni congiunte Bilancio e Finanze, al fine di esaminare nel merito la citata proposta emendativa sottoscritta da numerosi gruppi politici, in modo da delineare un organico testo di riforma della legislazione vigente,

impegna il Governo

   a presentare entro gennaio 2014 una relazione alle Commissioni congiunte circa i risultati dell'applicazione della Tobin tax relativa all'anno 2013, con particolare attenzione alle ragioni dell'insuccesso rispetto al gettito atteso;
    nell'ambito della procedura di cooperazione rafforzata, a tener conto delle linee guida e delle proposte contenute nell'emendamento n. 1.866 al progetto di legge in fase di approvazione;
   ad inserire nell'agenda del semestre di presidenza italiano del Consiglio europeo, la necessità di arrivare entro la conclusione dello stesso semestre ad una normativa europea relativa alla tassazione sulle transazioni finanziarie, sulla base dei principi e dei criteri già recentemente approvati nella risoluzione del Parlamento Europeo.
9/1865-A/5Bobba, Causi, Marcon, Paglia, Carra, Andrea Romano, Tabacci, Anzaldi, Fanucci, Basso, Coppola, Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    il 23 maggio 2012, il Parlamento europeo ha espresso parere favorevole sulla proposta della Commissione di una direttiva che introduca l'imposta sulle transazioni finanziarie;
    la legge di stabilità 2013 (articolo 1, commi da 491 a 500) ha introdotto l'imposta sulle transazioni finanziarie, cosiddetta Tobin Tax;
    in data 26 luglio 2013 presso la Camera dei deputati veniva accolto l'ordine del giorno in Assemblea sul disegno di legge 9/1248-AR/71, a prima firma Boccia, e cofirmato da esponenti della maggioranza dei gruppi presenti in questo ramo del Parlamento, relativo all'imposta sulle transazioni finanziarie;
    il testo dell'ordine del giorno, al secondo punto, impegnava il Governo «qualora siano confermate, in tale sede, le ipotesi che stimano un gettito notevolmente inferiore a quanto valutato in occasione dell'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, a valutare, in maniera condivisa con il Parlamento la possibilità di una riforma della medesima imposta finalizzata a ridurne l'aliquota e ampliarne la base imponibile, destinando l'eventuale maggior gettito alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro.»;
    appare evidente che così come normata la Tobin Tax risulta essere inefficace sia per l'erario che come deterrente per la speculazione, considerato che il gettito inizialmente stimato per l'introduzione della tassa risulterebbe ridimensionato da 1,2 miliardi di euro a circa 175 milioni;
    nelle riunioni del Consiglio Europeo del 22 giugno e del 10 luglio 2012 si è appurato che persistevano differenze fondamentali di opinione riguardo alla necessità di istituire un sistema comune di ITF a livello dell'Unione e che il principio di un'imposta;
    armonizzata sulle transazioni finanziarie non avrebbe ottenuto un consenso unanime in sede di Consiglio in un futuro immediato;
    undici Stati membri, tra cui l'Italia, hanno deciso di introdurre comunque l'ITF armonizzata e la Commissione ha messo in atto una procedura di cooperazione rafforzata volta a inserire l'imposta solo in tali Stati membri;
    in sede di esame dell'A.C. 1865 presso la Commissione Bilancio della Camera dei deputati, Legge di Stabilità, a seguito del ritiro dell'emendamento 1.866, è stato assunto l'impegno formale da parte del presidente della stessa commissione, di convocare le commissioni congiunte Bilancio e Finanze, al fine di esaminare nel merito la citata proposta emendativa sottoscritta da numerosi gruppi politici, in modo da delineare un organico testo di riforma della legislazione vigente,

impegna il Governo

   a presentare entro gennaio 2014 una relazione alle Commissioni congiunte circa i risultati dell'applicazione della Tobin tax relativa all'anno 2013, con particolare attenzione alle ragioni dello scarto tra il gettito atteso e il gettito conseguito;
    nell'ambito della procedura di cooperazione rafforzata, a tener conto delle linee guida e delle proposte contenute nell'emendamento n. 1.866 al progetto di legge in fase di approvazione;
   ad inserire nell'agenda del semestre di presidenza italiano del Consiglio europeo, il completamento e l'avvio dell'attuazione della direttiva comunitaria.
9/1865-A/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Bobba, Causi, Marcon, Paglia, Carra, Andrea Romano, Tabacci, Anzaldi, Fanucci, Basso, Coppola, Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 ha normato i livelli essenziali di assistenza da garantirsi alle persone non autosufficienti, prevedendo lo sviluppo di un sistema socio-sanitario di servizi territoriali in lungo-assistenza;
    le regioni hanno dato in questi anni attuazione a tale normativa secondo modelli diversificati, basati sulle evidenze epidemiologiche e sulle caratteristiche socioeconomiche dei territori;
    il Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 4 ottobre 2013, in attuazione della legge 3 marzo 2009, n. 18 (recepimento della Convenzione ONU), ha previsto per l'area prioritaria «long term care» la promozione dell'integrazione socio-sanitaria secondo piani di trattamento e presa in carico individualizzata;
    tale decreto del Presidente della Repubblica specifica che «in base all'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992 n. 421, modificato dal decreto legislativo 229 del 1999, le prestazioni socio-sanitarie comprendono tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute»,

impegna il Governo

ad adottare le misure necessarie per consentire alle regioni – in attuazione di quanto sopra, nel rispetto degli equilibri economici e finanziari definiti annualmente con i Ministeri competenti, anche nell'ambito di Piani di rientro, di disciplinare modelli di servizi domiciliari integrati a carico del Servizio Sanitario Nazionale per una quota pari al 50 per cento, tenendo conto in maniera globale dei bisogni, dei fattori ambientali e personali e assicurando percorsi flessibili finalizzati all'aiuto personale, familiare e tutelare, garantendone appropriatezza ed economicità in rapporto alla spesa altrimenti da sostenere per il trattamento di queste persone in strutture residenziali. Tali percorsi devono essere coordinati con i necessari trattamenti medici, riabilitativi, infermieristici di esclusiva competenza sanitaria e sono monitorati, in quanto ai loro esiti, in termini di incidenza sul tasso di ricovero ospedaliero e sulla durata di vita della persona assistita, al fine di orientare virtuosamente i percorsi di cura anche attraverso processi di riconversione di spesa.
9/1865-A/6Paola Bragantini, Bobba, Biondelli, D'Ottavio, Giorgis.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 ha normato i livelli essenziali di assistenza da garantirsi alle persone non autosufficienti, prevedendo lo sviluppo di un sistema socio-sanitario di servizi territoriali in lungo-assistenza;
    le regioni hanno dato in questi anni attuazione a tale normativa secondo modelli diversificati, basati sulle evidenze epidemiologiche e sulle caratteristiche socioeconomiche dei territori;
    il Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 4 ottobre 2013, in attuazione della legge 3 marzo 2009, n. 18 (recepimento della Convenzione ONU), ha previsto per l'area prioritaria «long term care» la promozione dell'integrazione socio-sanitaria secondo piani di trattamento e presa in carico individualizzata;
    tale decreto del Presidente della Repubblica specifica che «in base all'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992 n. 421, modificato dal decreto legislativo 229 del 1999, le prestazioni socio-sanitarie comprendono tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le misure necessarie per consentire alle regioni – in attuazione di quanto sopra, nel rispetto degli equilibri economici e finanziari definiti annualmente con i Ministeri competenti, anche nell'ambito di Piani di rientro, di disciplinare modelli di servizi domiciliari integrati a carico del Servizio Sanitario Nazionale per una quota pari al 50 per cento, tenendo conto in maniera globale dei bisogni, dei fattori ambientali e personali e assicurando percorsi flessibili finalizzati all'aiuto personale, familiare e tutelare, garantendone appropriatezza ed economicità in rapporto alla spesa altrimenti da sostenere per il trattamento di queste persone in strutture residenziali. Tali percorsi devono essere coordinati con i necessari trattamenti medici, riabilitativi, infermieristici di esclusiva competenza sanitaria e sono monitorati, in quanto ai loro esiti, in termini di incidenza sul tasso di ricovero ospedaliero e sulla durata di vita della persona assistita, al fine di orientare virtuosamente i percorsi di cura anche attraverso processi di riconversione di spesa.
9/1865-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Paola Bragantini, Bobba, Biondelli, D'Ottavio, Giorgis.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS) è stato più volte oggetto di tagli importanti, lasciando le Regioni e quindi gli Enti locali ad affrontare da soli le necessità più importanti per i cittadini, come l'assistenza domiciliare, attività inerente a persone affette da disabilità gravi;
    nella riunione del 25 luglio 2012, la Conferenza delle regioni e delle province autonome, ha espresso la mancata intesa sullo schema di decreto di riparto del FNPS per l'anno 2012 come trasmesso dal Governo, chiedendo, a fronte di una previsione relativa alla quota destinata alle Regioni e alle Province autonome, pari a 10,8 milioni di euro, e di un accantonamento di 32,8 milioni di euro per spese ministeriali giudicate indifferibili, l'interlocuzione con l'esecutivo per ridiscutere il finanziamento delle politiche sociali;
    la stessa Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nel Documento per una azione di rilancio delle politiche sociali del 6 ottobre, ha evidenziato alcune osservazioni in materia di politiche sociali, sottolineando al contempo l'impossibilità, per i livelli di governo territoriali, di garantire, nel corso del 2013, il sistema dei servizi sociali sul territorio,

impegna il Governo:

a porre in essere le opportune misure al fine di tutelare le Regioni dai tagli al Fondo Nazionale per le Politiche Sociali.
9/1865-A/7Zanin, Bobba, Biondelli, Amoddio, Taricco, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS) è stato più volte oggetto di tagli importanti, lasciando le Regioni e quindi gli Enti locali ad affrontare da soli le necessità più importanti per i cittadini, come l'assistenza domiciliare, attività inerente a persone affette da disabilità gravi;
    nella riunione del 25 luglio 2012, la Conferenza delle regioni e delle province autonome, ha espresso la mancata intesa sullo schema di decreto di riparto del FNPS per l'anno 2012 come trasmesso dal Governo, chiedendo, a fronte di una previsione relativa alla quota destinata alle Regioni e alle Province autonome, pari a 10,8 milioni di euro, e di un accantonamento di 32,8 milioni di euro per spese ministeriali giudicate indifferibili, l'interlocuzione con l'esecutivo per ridiscutere il finanziamento delle politiche sociali;
    la stessa Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nel Documento per una azione di rilancio delle politiche sociali del 6 ottobre, ha evidenziato alcune osservazioni in materia di politiche sociali, sottolineando al contempo l'impossibilità, per i livelli di governo territoriali, di garantire, nel corso del 2013, il sistema dei servizi sociali sul territorio,

impegna il Governo:

a valutare le opportune misure al fine di tutelare le Regioni dai tagli al Fondo Nazionale per le Politiche Sociali.
9/1865-A/7. (Testo modificato nel corso della seduta) Zanin, Bobba, Biondelli, Amoddio, Taricco, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    il collegamento autostradale A4 (Santhià) – Biella – A26 (Ghemme) è un'importante e strategica infrastruttura finanziata in parte con fondi pubblici e in parte privati con modalità di project-financing;
    a seguito della risposta scritta, pubblicata Venerdì 15 novembre 2013, nell'allegato B della seduta n. 119, all'atto di sindacato ispettivo n. 4-02035, presentata da TOFALO Angelo, il Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi, rispondeva precisando la necessità della costruzione della Pedemontana biellese;
    in particolare il Ministro di cui in premessa faceva presente che vi erano il parere favorevole della Regione Piemonte, della nuova commissione VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che, nominata nel luglio 2011 a seguito della scadenza dei termini della precedente, ha riesaminato integralmente il progetto, così come il parere tecnico favorevole del Ministero per i beni e le attività culturali;
    lo stesso Ministro Lupi nella stessa sede precisava che «il quadro economico dell'intervento è stato aggiornato in euro 654,5 milioni, di cui euro 501,3 milioni per lavori e di euro 153,2 milioni per somme a disposizione» e che «la Pedemontana Piemontese è un tratto strategico di completamento di un Sistema Pedemontano che attraversa tutto il nord Italia (si collega, tramite un tratto di A26 alla Pedemontana Lombardo - Veneta) proprio nell'ottica di elevare il livello di competitività di aree che sono state sempre penalizzate dalla congestione dell'asse autostradale Torino-Venezia»;
    nel corso del 2012 è stata, altresì, disposta l'assegnazione delle somme relative al finanziamento pubblico: quanto alla regione Piemonte euro 120 milioni mentre, per la quota di competenza dello Stato, euro 80 milioni (articolo 1, comma 212, legge n. 228 del 2012);
    il soggetto privato Satap ha deciso di non finanziare più la parte dell'opera che doveva servire al collegamento autostradale tra la Provincia di Biella e la A26, Biella infatti è l'unica provincia che non ha un collegamento autostradale,

impegna il Governo

a proseguire nella realizzazione del III lotto del progetto, relativo alla prosecuzione della super strada Biella-Cossato e al collegamento Cossato-Ghemme Romagnano Sesia, individuando le risorse necessarie.
9/1865-A/8Biondelli, Bobba.


   La Camera,
   premesso che:
    il collegamento autostradale A4 (Santhià) – Biella – A26 (Ghemme) è un'importante e strategica infrastruttura finanziata in parte con fondi pubblici e in parte privati con modalità di project-financing;
    a seguito della risposta scritta, pubblicata Venerdì 15 novembre 2013, nell'allegato B della seduta n. 119, all'atto di sindacato ispettivo n. 4-02035, presentata da TOFALO Angelo, il Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi, rispondeva precisando la necessità della costruzione della Pedemontana biellese;
    in particolare il Ministro di cui in premessa faceva presente che vi erano il parere favorevole della Regione Piemonte, della nuova commissione VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che, nominata nel luglio 2011 a seguito della scadenza dei termini della precedente, ha riesaminato integralmente il progetto, così come il parere tecnico favorevole del Ministero per i beni e le attività culturali;
    lo stesso Ministro Lupi nella stessa sede precisava che «il quadro economico dell'intervento è stato aggiornato in euro 654,5 milioni, di cui euro 501,3 milioni per lavori e di euro 153,2 milioni per somme a disposizione» e che «la Pedemontana Piemontese è un tratto strategico di completamento di un Sistema Pedemontano che attraversa tutto il nord Italia (si collega, tramite un tratto di A26 alla Pedemontana Lombardo - Veneta) proprio nell'ottica di elevare il livello di competitività di aree che sono state sempre penalizzate dalla congestione dell'asse autostradale Torino-Venezia»;
    nel corso del 2012 è stata, altresì, disposta l'assegnazione delle somme relative al finanziamento pubblico: quanto alla regione Piemonte euro 120 milioni mentre, per la quota di competenza dello Stato, euro 80 milioni (articolo 1, comma 212, legge n. 228 del 2012);
    il soggetto privato Satap ha deciso di non finanziare più la parte dell'opera che doveva servire al collegamento autostradale tra la Provincia di Biella e la A26, Biella infatti è l'unica provincia che non ha un collegamento autostradale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di proseguire nella realizzazione del III lotto del progetto, relativo alla prosecuzione della super strada Biella-Cossato e al collegamento Cossato-Ghemme Romagnano Sesia, individuando le risorse necessarie.
9/1865-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta) Biondelli, Bobba.


   La Camera,
   premesso che:
    il nuovo ordinamento del sistema educativo di istruzione e formazione, previsto dalla legge delega 28 marzo 2003, n. 53 e dai successivi decreti legislativi n. 76 e n. 226 del 2005, è entrato in vigore a partire dall'anno scolastico e formativo 2010/2011;
    per effetto di tali norme e delle successive modificazioni e integrazioni, gli studenti assolvono l'obbligo d'istruzione ed esercitano il diritto/dovere all'istruzione e alla formazione sino al conseguimento di una qualifica professionale, di durata almeno triennale, sia nei percorsi scolastici sia in quelli d'istruzione e formazione professionale (leFP) realizzati dalle strutture formative accreditate dalle Regioni;
    nell'anno scolastico 2012/2013, 281.648 studenti hanno frequentato percorsi di leFP, di cui 130.000 nelle strutture formative accreditate dalle Regioni ed una parte della domanda è rimasta comunque insoddisfatta, non tutelando il diritto di scegliere questo tipo di offerta formativa che, come esposto in premessa, è, a pieno titolo, parte integrante dei nuovi ordinamenti del sistema educativo di istruzione e formazione dall'anno 2010/2011;
    la mancata considerazione del ruolo svolto dal sistema di leFP costituisce anche un aggravio per l'erario pubblico, in quanto i percorsi di leFP comportano un risparmio per le finanze statali, in relazione alla loro minore durata rispetto a quelli scolastici, 3 anni per le qualifiche e 4 per i diplomi professionali, anziché 5 per i diplomi di istruzione, con un costo studente/anno su base capitaria di almeno 2 mila euro in meno;
    il sistema della formazione professionale investe cifre ingenti per attrezzare i propri laboratori, consentendo di imparare un mestiere attraverso la manualità e nonostante il costo dei laboratori, la leFP è inferiore rispetto alle scuole statali di analogo indirizzo del 25-30 per cento;
    la legge n. 135 del 2012, di conversione del decreto-legge n. 95 del 2012, all'articolo 7, comma 37, ha ricondotto tutte le risorse finanziarie disponibili nel fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, comprese le risorse di cui alla legge n. 440 del 1997, oltre a quelle del piano programmatico di spesa di cui alla legge delega n. 53 del 2003, articolo 1, comma 3, e a quelle di cui alla legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 634. Ciò ha determinato il venire meno di tutte le fonti da cui il Ministero dell'istruzione ha reperito le risorse dal 1999 (attuazione dell'obbligo formativo nella formazione professionale di cui alla legge n. 144 del 99, articolo 68) al 2008 per sostenere l'attuazione dei percorsi di leFP,

impegna il Governo

a individuare la quota di risorse utili, nella misura mediamente stanziata fin dall'esercizio 2008, al fine di sostenere la qualità e lo sviluppo dei percorsi di leFP e di garantire il diritto alla scelta del percorso formativo.
9/1865-A/9Gelli, Biondelli, Bobba, D'Ottavio, Sbrollini, Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    nel settore autostradale, a causa dell'attuale situazione di crisi economica e conseguente contrazione dei consumi, si registra una situazione di rilevante diminuzione dei livelli di traffico, dovuta anche alle tariffe di percorrenza delle autostrade che concorrono, unitamente al rincaro del prezzo dei carburanti, a contrarre la domanda di mobilità sulle autostrade;
    tale cambiamento del contesto di riferimento per lo specifico settore incide sensibilmente sulle prospettive future in termini di flussi di traffico e finanziabilità delle opere, anche in ragione delle sempre più limitate risorse pubbliche disponibili,
   considerando che:
    occorre pertanto individuare soluzioni innovative per sostenere la mobilità del Paese, che agevolino la finanziabilità degli investimenti previsti dai piani economici finanziari delle convenzioni di concessione autostradali e rendano sostenibili gli attuali piani finanziari e le relative opere, permettendo eventualmente anche la possibilità di intervenire sui piani tariffari in modo che le tariffe abbiano un minore impatto sull'utenza;
    una soluzione potrebbe consistere nell'unificazione della gestione di tratte autostradali tra loro contigue o interconnesse che consenta al soggetto titolare della concessione di sfruttare le economie di scala in modo tale da avere maggiore facilità di accesso al credito e di omogeneizzare le rispettive tariffe in modo anche da poter adottare tariffe di minore impatto sull'utenza,

impegna il Governo

ad introdurre, nel rispetto della normativa comunitaria, misure volte a consentire sistemi di gestione unificata di tratte autostradali contigue o interconnesse, anche mediante la costituzione di un unico soggetto concessionario.
9/1865-A/10Bressa, Baruffi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel settore autostradale, a causa dell'attuale situazione di crisi economica e conseguente contrazione dei consumi, si registra una situazione di rilevante diminuzione dei livelli di traffico, dovuta anche alle tariffe di percorrenza delle autostrade che concorrono, unitamente al rincaro del prezzo dei carburanti, a contrarre la domanda di mobilità sulle autostrade;
    tale cambiamento del contesto di riferimento per lo specifico settore incide sensibilmente sulle prospettive future in termini di flussi di traffico e finanziabilità delle opere, anche in ragione delle sempre più limitate risorse pubbliche disponibili,
   considerando che:
    occorre pertanto individuare soluzioni innovative per sostenere la mobilità del Paese, che agevolino la finanziabilità degli investimenti previsti dai piani economici finanziari delle convenzioni di concessione autostradali e rendano sostenibili gli attuali piani finanziari e le relative opere, permettendo eventualmente anche la possibilità di intervenire sui piani tariffari in modo che le tariffe abbiano un minore impatto sull'utenza;
    una soluzione potrebbe consistere nell'unificazione della gestione di tratte autostradali tra loro contigue o interconnesse che consenta al soggetto titolare della concessione di sfruttare le economie di scala in modo tale da avere maggiore facilità di accesso al credito e di omogeneizzare le rispettive tariffe in modo anche da poter adottare tariffe di minore impatto sull'utenza,

impegna il Governo

ad individuare, nel rispetto della normativa comunitaria, misure volte a consentire sistemi di gestione unificata di tratte autostradali contigue o interconnesse, anche mediante la costituzione di un unico soggetto concessionario.
9/1865-A/10. (Testo modificato nel corso della seduta) Bressa, Baruffi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità reca disposizioni concernenti la stabilizzazione degli associati in partecipazione;
    l'articolo 3, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, prevede che le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento delle procedure concorsuali finalizzate alla copertura dei posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Il trasferimento è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell'area funzionale e posizione economica corrispondente a quella presso le amministrazioni di provenienza; il trasferimento può essere disposto anche se la vacanza sia presente in area diversa da quella di inquadramento, assicurando la necessaria neutralità finanziaria;
    è opportuno che l'INPS sia autorizzata a trattenere in assegnazione temporanea fino all'ammissione prioritaria in ruolo prevista dal citato decreto legislativo n. 165 del 2001 il personale dipendente delle pubbliche amministrazioni in organico per salvaguardare la professionalità acquisita dal suddetto personale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, con successivo provvedimento legislativo, che l'INPS possa trattenere in assegnazione temporanea, fino all'ammissione prioritaria in ruolo, il personale dipendente proveniente da altre pubbliche amministrazioni in organico da almeno un anno per salvaguardare la professionalità acquisita dal suddetto personale.
9/1865-A/11Minardo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 160, del disegno di legge in esame detta disposizioni per il pagamento delle somme di denaro conseguenti alle pronunce di condanna emesse nei confronti dello Stato per mancato o ritardato recepimento nell'ordinamento di direttive o di altri provvedimenti dell'Unione europea;
    le sanzioni che la Corte di giustizia può comminare ad uno Stato membro per violazioni del diritto dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, consistono in una somma forfetaria e/o in una penalità di mora;
    le due sanzioni possono essere inflitte cumulativamente qualora la violazione del diritto dell'Unione sia particolarmente grave e persistente;
    i criteri per la quantificazione della somma forfettaria e delle penalità di mora sono indicati in due comunicazioni della Commissione europea del 2005 e del 2010;
    tali comunicazioni prendono in considerazione la gravità delle singola procedura di infrazione, senza tenere conto della condotta complessiva dello Stato membro interessato rispetto all'adempimento degli obblighi europei;
    l'Italia, pur registrando un numero ancora elevato di procedure di infrazione, ha compiuto al riguardo rilevanti progressi dal 2006 ad oggi, passando da oltre 270 procedure pendenti a circa 100;
    ferma restando la competenza esclusiva della Commissione europea a determinare, ai sensi dell'articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, l'ammontare delle sanzioni da richiedere alla Corte di giustizia, potrebbe risultare utile che la medesima Commissione tenesse conto dei progressi dello Stato inadempiente verso una maggiore conformità dell'ordinamento interno a quello europeo,

impegna il Governo

ad adoperarsi presso le competenti Istituzioni dell'Unione europea affinché, nella determinazione delle sanzioni da infliggere in caso di violazione del diritto dell'Unione, si tenga conto delle azioni specifiche poste in essere dallo Stato membro interessato verso la riduzione del numero complessivo delle procedure pendenti e, più in generale, verso una maggiore conformità dell'ordinamento interno a quello europeo.
9/1865-A/12Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014) sono presenti norme che riguardano il Patto di Stabilità degli enti locali;
    in particolare, il comma 357 stabilisce per l'anno 2014 l'esclusione dal calcolo del saldo rilevante ai fini del patto dei pagamenti in conto capitale sostenuti dalle province e dai comuni per un importo complessivo di 1.000 milioni di euro;
    uno degli obiettivi più rilevanti delle politiche ambientali è la bonifica dei siti contaminati che, oltre a soddisfare esigenze di tutela della salute, favorisce il riutilizzo e la riconversione economico-produttiva di aree industriali;
    per raggiungere l'obiettivo di restituire a condizioni di equilibrio naturale territori gravemente inquinati o danneggiati dal punto di vista ecologico è necessario lo stanziamento di ingenti risorse pubbliche;
    tuttavia, in moltissimi casi, anche quando le amministrazioni, in particolare gli enti locali, hanno a disposizione le somme per procedere agli interventi di bonifica, questi non possono essere realizzati a causa dei vincoli imposti dal patto di stabilità;
    un caso emblematico è rappresentato dalla vicenda del comune di Abbadia San Salvatore in provincia di Siena, nella zona del Monte Amiata;
    dopo una lunga trattativa l'Eni trasferisce al comune di Abbadia San Salvatore tutto il sito del patrimonio minerario, comprendesi immobili, terreni e pertinenze; contestualmente il comune solleva da ogni obbligo l'Eni dalla bonifica dietro versamento di 18,3 milioni di euro, tale versamento viene effettuato in una unica soluzione nel 2008;
    in questo modo il comune assume contrattualmente l'obbligo di bonifica che la legge impone all'ultimo concessionario e vincola le somme ricevute alla bonifica e alla riqualificazione del territorio;
    il comune elabora quindi un nuovo progetto di bonifica diventato esecutivo nel maggio del 2012 di cui realizza parte degli interventi per una spesa complessiva di circa 2,5 milioni di euro. Per completare la bonifica dovrebbe corrispondere circa 3,5 milioni di euro l'anno, per 4 anni ma tale impegno non può essere però eseguito a causa dei limiti di spesa imposti dalle regole del Patto di stabilità interno;
    il Patto di stabilità interno per gli enti locali è attualmente disciplinato dall'articolo 31 della legge 12 novembre 2011 n. 183, come successivamente modificato ed integrato  dall'articolo 1, commi 428-447, della legge di stabilità per il 2013;
    il rispetto del patto di stabilità per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario – calcolato quale differenza tra entrate e spese finali, comprese dunque le spese in conto capitale, con l'eccezione di alcune voci – espresso in termini di competenza mista;
    nel caso del comune di Abbadia San Salvatore, l'impedimento al completamento degli interventi di bonifica deriva anche dal fatto che non possono essere utilizzate somme già iscritte in bilanci precedenti per finanziare nuove attività;
    va segnalato ed evidenziato come il completamento di bonifica sopracitato rivesta particolare carattere di urgenza dal momento che nell'area si trovava uno dei maggiori giacimenti di mercurio d'Europa, l'unico in Italia, attivo dal 1847 al 1982, che nella zona del Monte Amiata sia presente la più importante falda acquifera che provvede all'approvvigionamento idropotabile di un grande bacino di utenza che comprende le popolazioni delle province di Siena e di Grosseto, e quanto il rispetto dei tempi previsti nell'attuazione puntuale della bonifica sia rilevante anche dal punto di vista sanitario,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di inserire, nel primo provvedimento utile, una specifica deroga nell'applicazione del Patto che consenta al comune di Abbadia San Salvatore di ultimare gli interventi di bonifica e riqualificazione del sito minerario, rispettando gli impegni previsti e ponendo in sicurezza il territorio.
9/1865-A/13Cenni, Dallai.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014) sono presenti norme che finanziano il completamento di infrastrutture viarie;
    nel provvedimento in esame sono inoltre presenti, nello specifico al comma 40 dell'articolo 1, finanziamenti mirati «per la realizzazione di nuove opere e la prosecuzione degli interventi previsti dai contratti di programma già stipulati tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società ANAS Spa». Per tali opere «è autorizzata la spesa di 335 milioni di euro per l'anno 2014 e di 150 milioni di euro per l'anno 2015. Per la realizzazione di nuove opere è data priorità a quelle già definite da protocolli di intesa attuativi e conseguenti ad accordi internazionali»;
    con l'accordo europeo sulle grandi strade a traffico internazionale, concluso a Ginevra il 15 novembre 1975 e recepito dall'Italia con la legge 29 novembre 1980, la strada di grande comunicazione Grosseto-Fano è stata inserita tra gli itinerari internazionali con la sigla E78. La rilevanza nazionale della strada di grande comunicazione Grosseto-Fano (E78) e la sua validità sono state ripetutamente ribadite dai governi italiani che l'hanno inserita tra le priorità della intera rete italiana. La E78 è presente fra le infrastrutture strategiche individuate dalla delibera Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) numero 121 del 21/12/2001 della «Legge Obiettivo» (legge 21 dicembre 2001, numero 443);
    la Siena-Grosseto, parte integrante della E78, è inserita nel contratto di programma Anas fin dal triennio «2003-2005». L'E78 è stata successivamente inserita nel documento «Priorità infrastrutturali» redatto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a conclusione della consultazione con le regioni. L'E78 è stata poi inserita nell'Allegato infrastrutture del Documento di programmazione economica e finanziaria 2008-2012: in particolare, è presente nella Tabella B3 «Legge Obiettivo opere in corso con copertura parziale»;
    nel mese di gennaio 2010 è stato inoltre firmato a Palazzo Chigi l'atto aggiuntivo all'intesa generale quadro (strumento della Legge obiettivo) tra l'allora Governo e la regione Toscana. A siglare l'intesa furono il Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Stefania Prestigiacomo, il Ministro per gli affari regionali, Raffaele Fitto, e il presidente della regione Toscana, Claudio Martini. Tra le opere previste nell'intesa era presente anche il completamento della Grosseto-Fano;
    da quanto appena esposto appare quindi palese come la E78 rientri pienamente tra le infrastrutture prioritarie citate dal comma 40 dell'articolo 1 del provvedimento in esame;
    all'interno del tracciato complessivo della E78 riveste particolare interesse il completamento del tratto che collega Siena a Grosseto. Tale infrastruttura ha una fondamentale rilevanza per la mobilità e lo sviluppo economico, produttivo e sociale dell'intero centro Italia oltre a presentare un consistente stato avanzamento dei lavori;
    9 degli 11 lotti in cui è suddivisa la Siena-Grosseto sono stati, nel corso degli anni, finanziati: sono infatti aperti al traffico (interamente o parzialmente) o interessati dai lavori di edificazione;
     sono comunque 2 i tratti della Siena-Grosseto non ancora finanziati. In particolare, secondo quanto reso noto da Anas:
     il 4o Lotto (Tratto Civitella Marittima - Lanzo - da prog. 27+200 a prog. 30+040 Provincia di Grosseto. Comune Civitella Paganico). Il costo complessivo dell'intervento, di lunghezza pari a 2,84 km, è di 103 milioni di euro. È stata completata la progettazione definitiva. Il progetto definitivo è stato trasmesso per l'approvazione ed il finanziamento al Ministero delle infrastrutture a luglio 2011, ai sensi della Legge Obiettivo;
     il 9o Lotto (Tratto Ornate - Svincolo di Orgia - da prog. 41+600 a prog. 53+400 - Provincia di Siena. Comuni Monticiano, Murlo e Sovicille). Il costo complessivo dell'intervento, di lunghezza pari a 11,8 km, è di 144 milioni di euro. Il progetto definitivo è stato trasmesso per l'approvazione ed il finanziamento al Ministero delle infrastrutture a marzo 2008, ai sensi della Legge Obiettivo. La procedura di acquisizione dei pareri si è conclusa positivamente e, pertanto, è stata chiusa la Conferenza dei Servizi presso la Struttura Tecnica del Ministero delle infrastrutture;
    va ricordato che l'intero tratto della Siena-Grosseto era già finanziato per 530 milioni nel documento di programmazione economico finanziaria 2006-2011;
    risulta evidente che i ritardi nella realizzazione dei lotti numero 4 e 9, in concomitanza con la progressiva apertura al traffico degli altri tratti, potrebbero causare profondi disagi e pericoli alla mobilità sull'intera infrastruttura oltre a non valorizzare con efficacia gli investimenti fatti sino ad oggi;
    in questi anni, in molteplici occasioni la regione Toscana, le province di Siena e Grosseto, le istituzioni, gli enti ed i parlamentari del territorio, le forze politiche, sociali e sindacali, oltre al diversificato tessuto associazionistico, economico locale, hanno sollecitato il Governo, i ministeri competenti ed Anas al fine di intervenire tempestivamente per risolvere le problematiche ed i disagi connessi ai deficit infrastrutturale causato dai ritardi sul completamento della Siena-Grosseto;
    lo stesso Governo ha in numerose occasioni ribadito l'importanza strategica della Siena-Grosseto. Nello scorso mese di settembre il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi, intervenendo a Firenze in un incontro con il presidente della Toscana Enrico Rossi, ha ricordato che il completamento della Siena-Grosseto è una priorità dell'attuale esecutivo;
    nello scorso mese di novembre il Governo, per voce del sottosegretario alle infrastrutture e trasporti, Erasmo D'Angelis, ha dichiarato «l'impegno a reperire nel prossimo Decreto Fare 2, la cifra di 115 milioni per un ulteriore lotto del tratto Grosseto-Siena della E78»;
    va ancora una volta ribadito che nonostante questi impegni, nell'Allegato III Programma di infrastrutture strategiche alla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (aggiornato al mese di settembre 2013), i lotti 4 e 9 della Siena-Grosseto, pur essendo stati inseriti nella tabella del Programma delle infrastrutture strategiche (Pis), non sono stati finanziati; e che nel provvedimento in esame, nonostante la presenza di numerosi commi dedicati ai finanziamenti per le infrastrutture e trasporti, non sono presenti stanziamenti specifici per il completamento della Siena-Grosseto,

impegna il Governo

a stanziare nel primo provvedimento utile le risorse per edificare i lotti 4 e 9 della Siena-Grosseto, coerentemente con quanto esposto in premessa ed in particolare nel rispetto dei contenuti dell'atto in esame, degli impegni dello stesso Governo, dell'avanzamento dei lavori della infrastruttura in oggetto e della sua rilevanza strategica per la mobilità nazionale.
9/1865-A/14Dallai, Cenni, Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014) sono presenti norme che finanziano il completamento di infrastrutture viarie;
    nel provvedimento in esame sono inoltre presenti, nello specifico al comma 40 dell'articolo 1, finanziamenti mirati «per la realizzazione di nuove opere e la prosecuzione degli interventi previsti dai contratti di programma già stipulati tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società ANAS Spa». Per tali opere «è autorizzata la spesa di 335 milioni di euro per l'anno 2014 e di 150 milioni di euro per l'anno 2015. Per la realizzazione di nuove opere è data priorità a quelle già definite da protocolli di intesa attuativi e conseguenti ad accordi internazionali»;
    con l'accordo europeo sulle grandi strade a traffico internazionale, concluso a Ginevra il 15 novembre 1975 e recepito dall'Italia con la legge 29 novembre 1980, la strada di grande comunicazione Grosseto-Fano è stata inserita tra gli itinerari internazionali con la sigla E78. La rilevanza nazionale della strada di grande comunicazione Grosseto-Fano (E78) e la sua validità sono state ripetutamente ribadite dai governi italiani che l'hanno inserita tra le priorità della intera rete italiana. La E78 è presente fra le infrastrutture strategiche individuate dalla delibera Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) numero 121 del 21/12/2001 della «Legge Obiettivo» (legge 21 dicembre 2001, numero 443);
    la Siena-Grosseto, parte integrante della E78, è inserita nel contratto di programma Anas fin dal triennio «2003-2005». L'E78 è stata successivamente inserita nel documento «Priorità infrastrutturali» redatto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a conclusione della consultazione con le regioni. L'E78 è stata poi inserita nell'Allegato infrastrutture del Documento di programmazione economica e finanziaria 2008-2012: in particolare, è presente nella Tabella B3 «Legge Obiettivo opere in corso con copertura parziale»;
    nel mese di gennaio 2010 è stato inoltre firmato a Palazzo Chigi l'atto aggiuntivo all'intesa generale quadro (strumento della Legge obiettivo) tra l'allora Governo e la regione Toscana. A siglare l'intesa furono il Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Stefania Prestigiacomo, il Ministro per gli affari regionali, Raffaele Fitto, e il presidente della regione Toscana, Claudio Martini. Tra le opere previste nell'intesa era presente anche il completamento della Grosseto-Fano;
    da quanto appena esposto appare quindi palese come la E78 rientri pienamente tra le infrastrutture prioritarie citate dal comma 40 dell'articolo 1 del provvedimento in esame;
    all'interno del tracciato complessivo della E78 riveste particolare interesse il completamento del tratto che collega Siena a Grosseto. Tale infrastruttura ha una fondamentale rilevanza per la mobilità e lo sviluppo economico, produttivo e sociale dell'intero centro Italia oltre a presentare un consistente stato avanzamento dei lavori;
    9 degli 11 lotti in cui è suddivisa la Siena-Grosseto sono stati, nel corso degli anni, finanziati: sono infatti aperti al traffico (interamente o parzialmente) o interessati dai lavori di edificazione;
     sono comunque 2 i tratti della Siena-Grosseto non ancora finanziati. In particolare, secondo quanto reso noto da Anas:
     il 4o Lotto (Tratto Civitella Marittima - Lanzo - da prog. 27+200 a prog. 30+040 Provincia di Grosseto. Comune Civitella Paganico). Il costo complessivo dell'intervento, di lunghezza pari a 2,84 km, è di 103 milioni di euro. È stata completata la progettazione definitiva. Il progetto definitivo è stato trasmesso per l'approvazione ed il finanziamento al Ministero delle infrastrutture a luglio 2011, ai sensi della Legge Obiettivo;
     il 9o Lotto (Tratto Ornate - Svincolo di Orgia - da prog. 41+600 a prog. 53+400 - Provincia di Siena. Comuni Monticiano, Murlo e Sovicille). Il costo complessivo dell'intervento, di lunghezza pari a 11,8 km, è di 144 milioni di euro. Il progetto definitivo è stato trasmesso per l'approvazione ed il finanziamento al Ministero delle infrastrutture a marzo 2008, ai sensi della Legge Obiettivo. La procedura di acquisizione dei pareri si è conclusa positivamente e, pertanto, è stata chiusa la Conferenza dei Servizi presso la Struttura Tecnica del Ministero delle infrastrutture;
    va ricordato che l'intero tratto della Siena-Grosseto era già finanziato per 530 milioni nel documento di programmazione economico finanziaria 2006-2011;
    risulta evidente che i ritardi nella realizzazione dei lotti numero 4 e 9, in concomitanza con la progressiva apertura al traffico degli altri tratti, potrebbero causare profondi disagi e pericoli alla mobilità sull'intera infrastruttura oltre a non valorizzare con efficacia gli investimenti fatti sino ad oggi;
    in questi anni, in molteplici occasioni la regione Toscana, le province di Siena e Grosseto, le istituzioni, gli enti ed i parlamentari del territorio, le forze politiche, sociali e sindacali, oltre al diversificato tessuto associazionistico, economico locale, hanno sollecitato il Governo, i ministeri competenti ed Anas al fine di intervenire tempestivamente per risolvere le problematiche ed i disagi connessi ai deficit infrastrutturale causato dai ritardi sul completamento della Siena-Grosseto;
    lo stesso Governo ha in numerose occasioni ribadito l'importanza strategica della Siena-Grosseto. Nello scorso mese di settembre il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi, intervenendo a Firenze in un incontro con il presidente della Toscana Enrico Rossi, ha ricordato che il completamento della Siena-Grosseto è una priorità dell'attuale esecutivo;
    nello scorso mese di novembre il Governo, per voce del sottosegretario alle infrastrutture e trasporti, Erasmo D'Angelis, ha dichiarato «l'impegno a reperire nel prossimo Decreto Fare 2, la cifra di 115 milioni per un ulteriore lotto del tratto Grosseto-Siena della E78»;
    va ancora una volta ribadito che nonostante questi impegni, nell'Allegato III Programma di infrastrutture strategiche alla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (aggiornato al mese di settembre 2013), i lotti 4 e 9 della Siena-Grosseto, pur essendo stati inseriti nella tabella del Programma delle infrastrutture strategiche (Pis), non sono stati finanziati; e che nel provvedimento in esame, nonostante la presenza di numerosi commi dedicati ai finanziamenti per le infrastrutture e trasporti, non sono presenti stanziamenti specifici per il completamento della Siena-Grosseto,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di stanziare nel primo provvedimento utile le risorse per edificare i lotti 4 e 9 della Siena-Grosseto, coerentemente con quanto esposto in premessa ed in particolare nel rispetto dei contenuti dell'atto in esame, degli impegni dello stesso Governo, dell'avanzamento dei lavori della infrastruttura in oggetto e della sua rilevanza strategica per la mobilità nazionale.
9/1865-A/14. (Testo modificato nel corso della seduta) Dallai, Cenni, Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    al comma 117 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, veniva istituito un fondo di perequazione finanziato dalle province autonome di Trento e di Bolzano: tale fondo ha l'obiettivo di finanziare progetti, di durata anche pluriennale, per la valorizzazione, lo sviluppo economico e sociale, l'integrazione e la coesione dei territori dei comuni appartenenti alle province di regioni a statuto ordinario confinanti rispettivamente con la provincia autonoma di Trento e con la provincia autonoma di Bolzano. Ciascuna delle due province autonome di Trento e di Bolzano assicura annualmente un intervento finanziario determinato in 40 milioni di euro. Al comma 118 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 al fine di attuare gli indirizzi di cui sopra veniva istituito un organismo d'indirizzo per la valutazione e l'approvazione dei progetti di cui al comma 117;
    a distanza di oltre tre anni il meccanismo di valutazione dei progetti e di erogazione delle risorse ha dimostrato tutti i suoi limiti, impedendo, di fatto, l'utilizzo delle risorse da parte dei comuni aventi titolo;
    in questi anni numerosi ricorsi sviluppati sia dai comuni appartenenti alle province di regioni a statuto ordinario confinanti rispettivamente con Trento e con Bolzano, sia dalle stesse province autonome hanno, di fatto, impedito il regolare utilizzo delle risorse disponibili;
    la situazione di grave crisi dei territori oggetto dell'intervento obbliga tutte le istituzioni a una rapida risoluzione dei contenziosi al fine di consentire lo sblocco immediato delle risorse disponibili, in particolare confermando le graduatorie approvate per gli anni 2010-2011-2012;
    si rende necessaria la presenza all'interno degli organi d'indirizzo di un rappresentante dei territori appartenenti alle province a statuto ordinario confinanti con Trento e Bolzano;
    al comma 343 del provvedimento in esame sono introdotte delle modifiche al comma 117 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e che tali modifiche non consentono fino in fondo una piena attuazione degli obiettivi sopra riportati;
    per tutto quanto sopra detto appare dunque quanto mai necessario uno sforzo congiunto delle istituzioni al fine di sbloccare immediatamente le risorse di cui all'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, comma 117 relative alle annualità 2010-2011-2012;
    allo stesso modo si rende necessario attivare procedure semplificate al fine di rendere agevole e certo ai territori l'utilizzo delle risorse per gli anni futuri,

impegna il Governo:

   a garantire che le graduatorie relative al comma 117 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, per le annualità 2010, 2011, 2012 siano confermate e che le risorse relative siano messe immediatamente a disposizione dei comuni aventi titolo;
   a coordinare le azioni del nuovo organismo d'indirizzo in modo che i territori delle province a statuto ordinario confinanti con le province autonome abbiano una rappresentanza e che le risorse disponibili siano effettivamente utilizzate nei territori appartenenti alle province di regioni a statuto ordinario confinanti con la provincia autonoma di Trento e con la provincia autonoma di Bolzano al fine di finanziare progetti, per la valorizzazione, lo sviluppo economico e sociale, l'integrazione e la coesione di quelle aree.
9/1865-A/15Zardini, De Menech, Crimi, Bressa, Alfreider, Gebhard, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    al comma 117 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, veniva istituito un fondo di perequazione finanziato dalle province autonome di Trento e di Bolzano: tale fondo ha l'obiettivo di finanziare progetti, di durata anche pluriennale, per la valorizzazione, lo sviluppo economico e sociale, l'integrazione e la coesione dei territori dei comuni appartenenti alle province di regioni a statuto ordinario confinanti rispettivamente con la provincia autonoma di Trento e con la provincia autonoma di Bolzano. Ciascuna delle due province autonome di Trento e di Bolzano assicura annualmente un intervento finanziario determinato in 40 milioni di euro. Al comma 118 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 al fine di attuare gli indirizzi di cui sopra veniva istituito un organismo d'indirizzo per la valutazione e l'approvazione dei progetti di cui al comma 117;
    a distanza di oltre tre anni il meccanismo di valutazione dei progetti e di erogazione delle risorse ha dimostrato tutti i suoi limiti, impedendo, di fatto, l'utilizzo delle risorse da parte dei comuni aventi titolo;
    in questi anni numerosi ricorsi sviluppati sia dai comuni appartenenti alle province di regioni a statuto ordinario confinanti rispettivamente con Trento e con Bolzano, sia dalle stesse province autonome hanno, di fatto, impedito il regolare utilizzo delle risorse disponibili;
    la situazione di grave crisi dei territori oggetto dell'intervento obbliga tutte le istituzioni a una rapida risoluzione dei contenziosi al fine di consentire lo sblocco immediato delle risorse disponibili, in particolare confermando le graduatorie approvate per gli anni 2010-2011-2012;
    si rende necessaria la presenza all'interno degli organi d'indirizzo di un rappresentante dei territori appartenenti alle province a statuto ordinario confinanti con Trento e Bolzano;
    al comma 343 del provvedimento in esame sono introdotte delle modifiche al comma 117 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e che tali modifiche non consentono fino in fondo una piena attuazione degli obiettivi sopra riportati;
    per tutto quanto sopra detto appare dunque quanto mai necessario uno sforzo congiunto delle istituzioni al fine di sbloccare immediatamente le risorse di cui all'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, comma 117 relative alle annualità 2010-2011-2012;
    allo stesso modo si rende necessario attivare procedure semplificate al fine di rendere agevole e certo ai territori l'utilizzo delle risorse per gli anni futuri,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di garantire che le graduatorie relative al comma 117 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, per le annualità 2010, 2011, 2012 siano confermate e che le risorse relative siano messe immediatamente a disposizione dei comuni aventi titolo;
   a coordinare le azioni del nuovo organismo d'indirizzo in modo che i territori delle province a statuto ordinario confinanti con le province autonome abbiano una rappresentanza e che le risorse disponibili siano effettivamente utilizzate nei territori appartenenti alle province di regioni a statuto ordinario confinanti con la provincia autonoma di Trento e con la provincia autonoma di Bolzano al fine di finanziare progetti, per la valorizzazione, lo sviluppo economico e sociale, l'integrazione e la coesione di quelle aree.
9/1865-A/15. (Testo modificato nel corso della seduta) Zardini, De Menech, Crimi, Bressa, Alfreider, Gebhard, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2014) sono presenti norme a sostegno delle zone che hanno subito danni a seguito di calamità naturali;
    nello specifico è stato istituito, presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze, un fondo finalizzato ad interventi in conto capitale per la ricostruzione e messa in sicurezza del territorio nelle zone interessate da eventi emergenziali pregressi per le quali vi sia stato il rientro all'ordinario ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Tale fondo può essere utilizzato anche per la concessione di contributi per scorte e beni mobili strumentali all'attività produttiva, inclusa quella agricola;
    nel provvedimento in esame è stato inoltre rifinanziato per 30 milioni di euro il Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio istituito con l'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112;
    all'interno della Legge di Stabilità sono stati poi finanziati 50 milioni di euro per l'anno 2014, destinati ad interventi in conto capitale nei territori colpiti da eventi calamitosi verificatisi dall'anno 2009;
    sempre nel provvedimento in discussione sono state destinate al Ministero delegato alle politiche per la coesione territoriale risorse per il finanziamento degli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti d'interesse nazionale e di altri interventi in materia di politiche ambientali. Una quota del cinque per cento delle risorse di tale Fondo può essere destinata anche nel settore agricolo;
    va comunque sottolineato che il provvedimento in esame non interviene in maniera specifica ed efficace su altre rilevanti situazioni di emergenza che hanno colpito il paese recentemente, come l'evento alluvionale di eccezionale entità che ha devastato, nel mese di novembre 2012, interi territori (in particolare in Liguria, Toscana, Umbria, Triveneto ed Alto Lazio), causando vittime tra la popolazione civile, l'evacuazione di migliaia di persone dalle proprie case, danni ingenti a numerosi centri abitati, aree artigianali, commerciali, produzioni agricole e al patrimonio storico artistico e culturale territoriale. Si tratta di territori che hanno ottenuto il riconoscimento dello stato di calamità naturale;
    nonostante siano state intraprese alcune misure di sostegno per tali territori rimangono ancora molte problematiche in sospeso, soprattutto in relazione al tessuto di imprese colpite dall'alluvione ed al risarcimento per i privati;
    per consentire la ripresa produttiva delle aree interessate, sono infatti ancora necessari interventi adeguati, articolati in modo conforme a quanto previsto in passato per situazioni del tutto analoghe;
    risulta particolarmente grave la situazione del comparto agricolo (seminativi, ortofrutta, vitivinicolo, florovivaismo), zootecnico e dell'acquacoltura, ma anche nel settore dell'agroindustria e dell'industria alimentare, poiché l'intensità delle precipitazioni e le acque di inondazione sono state causa di ingenti danni alle strutture agricole, ma anche al patrimonio di scorta soprattutto foraggi, farine, gasolio agricolo e macchine e attrezzature;
    la situazione presenta danni alla viabilità rurale, alla rete idraulica scolante aziendale ed interaziendale; gravi danni hanno subito anche i fabbricati rurali strumentali per le attività che caratterizzano le aree colpite, quali opere di recinzione, serre, magazzini e rimesse attrezzi, stalle per allevamenti bovini e ovini, fabbricati ad uso civile abitazione e agriturismi; sono pesanti anche i danni subiti da produzioni vitivinicole di pregio;
    in alcuni casi molte imprese agricole e le relative attività risultano pressoché distrutte per cui, stante la difficoltà del momento, viene addirittura messa in dubbio la ripresa delle attività. In molti casi pertanto, al danno si aggiunge la perdita di posti di lavoro, poiché gli interventi di ripristino si presentano importanti e privi di un adeguato sostegno finanziario;
    per quel che riguarda la sola provincia di Grosseto (una delle zone maggiormente colpite) le aree più interessano circa 30.000,00 ettari di superfici a seminativo, di cui circa 1/3 già seminati, mentre la restante parte è di difficile messa a coltura a causa della difficoltà del recupero della rete idraulica scolante in concomitanza dell'attuale annata agraria,

impegna il Governo:

   a utilizzare le risorse stanziate nel provvedimento in oggetto anche a sostegno dei territori colpiti dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2012 riconosciute dallo stato di calamità naturale. Nello specifico:
    per la ricostruzione dei danni subiti dai privati;
    per le imprese che abbiano subito danni alle scorte e ai beni immobili strumentali all'attività produttiva;
    per sostenere il reddito ed i livelli occupazionali delle aziende che hanno dovuto sospendere le attività;
    per il rilancio del settore agroalimentare complessivo gravemente danneggiato; ed in particolare per quelle aziende che hanno ricevuto risarcimenti inferiori ai danni registrati certificati.
9/1865-A/16Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2014) sono presenti norme a sostegno delle zone che hanno subito danni a seguito di calamità naturali;
    nello specifico è stato istituito, presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze, un fondo finalizzato ad interventi in conto capitale per la ricostruzione e messa in sicurezza del territorio nelle zone interessate da eventi emergenziali pregressi per le quali vi sia stato il rientro all'ordinario ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Tale fondo può essere utilizzato anche per la concessione di contributi per scorte e beni mobili strumentali all'attività produttiva, inclusa quella agricola;
    nel provvedimento in esame è stato inoltre rifinanziato per 30 milioni di euro il Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio istituito con l'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112;
    all'interno della Legge di Stabilità sono stati poi finanziati 50 milioni di euro per l'anno 2014, destinati ad interventi in conto capitale nei territori colpiti da eventi calamitosi verificatisi dall'anno 2009;
    sempre nel provvedimento in discussione sono state destinate al Ministero delegato alle politiche per la coesione territoriale risorse per il finanziamento degli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti d'interesse nazionale e di altri interventi in materia di politiche ambientali. Una quota del cinque per cento delle risorse di tale Fondo può essere destinata anche nel settore agricolo;
    va comunque sottolineato che il provvedimento in esame non interviene in maniera specifica ed efficace su altre rilevanti situazioni di emergenza che hanno colpito il paese recentemente, come l'evento alluvionale di eccezionale entità che ha devastato, nel mese di novembre 2012, interi territori (in particolare in Liguria, Toscana, Umbria, Triveneto ed Alto Lazio), causando vittime tra la popolazione civile, l'evacuazione di migliaia di persone dalle proprie case, danni ingenti a numerosi centri abitati, aree artigianali, commerciali, produzioni agricole e al patrimonio storico artistico e culturale territoriale. Si tratta di territori che hanno ottenuto il riconoscimento dello stato di calamità naturale;
    nonostante siano state intraprese alcune misure di sostegno per tali territori rimangono ancora molte problematiche in sospeso, soprattutto in relazione al tessuto di imprese colpite dall'alluvione ed al risarcimento per i privati;
    per consentire la ripresa produttiva delle aree interessate, sono infatti ancora necessari interventi adeguati, articolati in modo conforme a quanto previsto in passato per situazioni del tutto analoghe;
    risulta particolarmente grave la situazione del comparto agricolo (seminativi, ortofrutta, vitivinicolo, florovivaismo), zootecnico e dell'acquacoltura, ma anche nel settore dell'agroindustria e dell'industria alimentare, poiché l'intensità delle precipitazioni e le acque di inondazione sono state causa di ingenti danni alle strutture agricole, ma anche al patrimonio di scorta soprattutto foraggi, farine, gasolio agricolo e macchine e attrezzature;
    la situazione presenta danni alla viabilità rurale, alla rete idraulica scolante aziendale ed interaziendale; gravi danni hanno subito anche i fabbricati rurali strumentali per le attività che caratterizzano le aree colpite, quali opere di recinzione, serre, magazzini e rimesse attrezzi, stalle per allevamenti bovini e ovini, fabbricati ad uso civile abitazione e agriturismi; sono pesanti anche i danni subiti da produzioni vitivinicole di pregio;
    in alcuni casi molte imprese agricole e le relative attività risultano pressoché distrutte per cui, stante la difficoltà del momento, viene addirittura messa in dubbio la ripresa delle attività. In molti casi pertanto, al danno si aggiunge la perdita di posti di lavoro, poiché gli interventi di ripristino si presentano importanti e privi di un adeguato sostegno finanziario;
    per quel che riguarda la sola provincia di Grosseto (una delle zone maggiormente colpite) le aree più interessano circa 30.000,00 ettari di superfici a seminativo, di cui circa 1/3 già seminati, mentre la restante parte è di difficile messa a coltura a causa della difficoltà del recupero della rete idraulica scolante in concomitanza dell'attuale annata agraria,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di utilizzare le risorse stanziate nel provvedimento in oggetto anche a sostegno dei territori colpiti dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2012 riconosciute dallo stato di calamità naturale. Nello specifico:
    per la ricostruzione dei danni subiti dai privati;
    per le imprese che abbiano subito danni alle scorte e ai beni immobili strumentali all'attività produttiva;
    per sostenere il reddito ed i livelli occupazionali delle aziende che hanno dovuto sospendere le attività;
    per il rilancio del settore agroalimentare complessivo gravemente danneggiato; ed in particolare per quelle aziende che hanno ricevuto risarcimenti inferiori ai danni registrati certificati.
9/1865-A/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    appare ormai indifferibile la necessità, ravvisata da più parti, di dare maggiore impulso al sistema idroviario come risposta alternativa al trasporto su gomma e su ferrovia;
    l'area padano-veneta, oltre che strategica per la sua posizione, è anche fortemente interessata al fenomeno per via della sua particolare conformazione che la vede ricca di vie navigabili;
    si ravvede da più parti la necessità di prevedere adeguate forme di incentivo ad hoc per l'ammodernamento della flotta fluviomarittima;
    in particolare, tale impegno appare improcrastinabile anche per quanto attiene una specifica ed aggiornata preparazione professionale degli equipaggi ai fini di una più efficace salvaguardia della sicurezza e dell'incolumità delle persone,

impegna il Governo

a promuovere gli interventi di risanamento e gli incentivi a sostegno di catene logistiche che utilizzano il sistema idroviario padano-veneto, gli incentivi al rinnovo ed allo sviluppo della flotta fluviomarittima nonché quelli per la formazione e l'aggiornamento professionale del personale navigante ai fini della sicurezza della navigazione e della tutela dell'ambiente.
9/1865-A/17Crivellari.


   La Camera,
   premesso che:
    appare ormai indifferibile la necessità, ravvisata da più parti, di dare maggiore impulso al sistema idroviario come risposta alternativa al trasporto su gomma e su ferrovia;
    l'area padano-veneta, oltre che strategica per la sua posizione, è anche fortemente interessata al fenomeno per via della sua particolare conformazione che la vede ricca di vie navigabili;
    si ravvede da più parti la necessità di prevedere adeguate forme di incentivo ad hoc per l'ammodernamento della flotta fluviomarittima;
    in particolare, tale impegno appare improcrastinabile anche per quanto attiene una specifica ed aggiornata preparazione professionale degli equipaggi ai fini di una più efficace salvaguardia della sicurezza e dell'incolumità delle persone,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di promuovere gli interventi di risanamento e gli incentivi a sostegno di catene logistiche che utilizzano il sistema idroviario padano-veneto, gli incentivi al rinnovo ed allo sviluppo della flotta fluviomarittima nonché quelli per la formazione e l'aggiornamento professionale del personale navigante ai fini della sicurezza della navigazione e della tutela dell'ambiente.
9/1865-A/17. (Testo modificato nel corso della seduta) Crivellari.


   La Camera,
   visto:
    l'articolo 4 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, contenente misure per la riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche;
    la sentenza della Corte Costituzionale n. 229 del 23 luglio 2013, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dei commi 1 e 2 del citato articolo sul meccanismo delle partecipazioni societarie in riferimento alle società partecipate delle Regioni;
   valutato:
    l'ordine del giorno della Camera dei deputati numero 9/01682-A/003;
    l'ordine del giorno del Senato numero G3.200;
   considerata:
    la necessità di salvaguardare il patrimonio professionale, assicurando nel contempo l'efficienza dei servizi erogati al cittadino e alla pubblica amministrazione e la razionalizzazione della spesa pubblica,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le misure utili ad assicurare la continuità dei servizi erogati dalle società partecipate della pubblica amministrazione, in particolare degli enti locali, allo scopo di garantire i livelli occupazionali, anche attraverso processi di mobilità interna e fra società partecipate contrattate con le organizzazioni sindacali;
   in merito all'obbligo di accantonamento delle risorse a copertura delle perdite di esercizio, a prevedere che gli enti locali fino a 50mila abitanti possano accantonare un importo pari a non più del 50 per cento delle relative perdite.
9/1865-A/18Polverini, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 50-ter dell'articolo 1 dell'atto camera 1865 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» consente di apportare modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali anche ai veicoli in circolazione appartenenti alla categoria internazionale M, ovvero ai veicoli a motore destinati al trasporto di persone ed aventi almeno quattro ruote e non più esclusivamente ai veicoli appartenenti, oltre alla categoria L e N1 che rimangono invariate, alla categoria M1, ovvero veicoli destinati al trasporto di persone aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente;

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative volte a dare immediata attuazione al regolamento ECE/ONU n. 100 recante «Disposizioni uniformi relative all'omologazione dei veicoli a batteria elettrica per quanto riguarda i requisiti specifici per la costruzione e la sicurezza funzionale» e a favorire l'omologazione dei kit di conversione presso i centri di prova italiani quali le università, i centri di ricerca, le Motorizzazioni Civili e l'Enea.
9/1865-A/19Mucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto ministeriale 5 luglio 2012 all'articolo 1 comma 4 lettera c) ha disposto che il quarto conto energia continua ad applicarsi agli impianti realizzati su aree delle amministrazioni pubbliche entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012;
    la legge 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1 comma 425 ha prorogato il termine di entrata in esercizio di tali impianti su aree delle pubbliche amministrazioni: al 31 marzo 2013, per gli impianti autorizzati; al 30 giugno 2013, per gli impianti autorizzati alla data del 31.3.2013 e sottoposti a procedura di VIA; al 30 ottobre 2013, nel caso di impianti sottoposti a procedura di VIA e autorizzati successivamente alla data del 31 marzo 2013;
    la AEEG in data 6 giugno 2013 con nota n. 250/2013/R/EFR trasmessa al Ministro dello sviluppo economico e al Ministro dell'ambiente nonché al GSE ha determinato la data in cui il costo indicativo cumulato annuo degli incentivi agli impianti fotovoltaici ha raggiunto il valore di euro 6,7 miliardi, ai sensi del decreto interministeriale 5 luglio 2012;
    a partire dal 6 luglio 2013, come da citata determinazione della AEEG, si è quindi chiuso il conto energia essendo esauriti i fondi, anche per le pubbliche amministrazioni per le quali la citata legge aveva disposto la proroga al 30 ottobre 2013;
    stante le revoche nel frattempo intervenute per gli impianti non in possesso dei requisiti, si sono liberate risorse finanziarie,

impegna il Governo

a rivedere le citate norme sul cosiddetto conto energia affinché le risorse finanziarie disponibili siano destinate agli enti pubblici che, per motivi tecnici, urbanistici e ambientali non hanno potuto completare i lavori alle scadenze previste dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1 comma 425 pur in presenza di connessione alla rete elettrica.
9/1865-A/20Ferro, Carella.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto ministeriale 5 luglio 2012 all'articolo 1 comma 4 lettera c) ha disposto che il quarto conto energia continua ad applicarsi agli impianti realizzati su aree delle amministrazioni pubbliche entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012;
    la legge 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1 comma 425 ha prorogato il termine di entrata in esercizio di tali impianti su aree delle pubbliche amministrazioni: al 31 marzo 2013, per gli impianti autorizzati; al 30 giugno 2013, per gli impianti autorizzati alla data del 31.3.2013 e sottoposti a procedura di VIA; al 30 ottobre 2013, nel caso di impianti sottoposti a procedura di VIA e autorizzati successivamente alla data del 31 marzo 2013;
    la AEEG in data 6 giugno 2013 con nota n. 250/2013/R/EFR trasmessa al Ministro dello sviluppo economico e al Ministro dell'ambiente nonché al GSE ha determinato la data in cui il costo indicativo cumulato annuo degli incentivi agli impianti fotovoltaici ha raggiunto il valore di euro 6,7 miliardi, ai sensi del decreto interministeriale 5 luglio 2012;
    a partire dal 6 luglio 2013, come da citata determinazione della AEEG, si è quindi chiuso il conto energia essendo esauriti i fondi, anche per le pubbliche amministrazioni per le quali la citata legge aveva disposto la proroga al 30 ottobre 2013;
    stante le revoche nel frattempo intervenute per gli impianti non in possesso dei requisiti, si sono liberate risorse finanziarie,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di rivedere le citate norme sul cosiddetto conto energia affinché le risorse finanziarie disponibili siano destinate agli enti pubblici che, per motivi tecnici, urbanistici e ambientali non hanno potuto completare i lavori alle scadenze previste dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1 comma 425 pur in presenza di connessione alla rete elettrica.
9/1865-A/20. (Testo modificato nel corso della seduta) Ferro, Carella.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi del citato comma 23 dell'articolo 55, della legge 449 del 1997, la società Anas spa ha previsto, a decorrere dal 1998, un adeguamento del canone sui passi carrai sulla base delle nuove tabelle e di nuovi coefficienti di calcolo, che hanno comportato aumenti discrezionali, in particolare nella regione Veneto;
    l'articolo 27, comma 8, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, prevede che nella determinazione della somma da versare all'Anas si deve tenere conto delle soggezioni che derivano alla strada o all'autostrada statale, del valore economico risultante dal provvedimento e del vantaggio che il beneficiario ricava dal provvedimento stesso;
    la formula matematica e i parametri per l'individuazione dei canoni non sono stabiliti dal legislatore ma approvati unilateralmente dal consiglio di amministrazione della società e sono parte costitutiva del provvedimento annuale di determinazione dei canoni (sottoposto a vigilanza ministeriale, quindi firmato dal presidente della società ANAS spa e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale ai sensi e per gli effetti della disposizione citata);
    il meccanismo ha prodotto un'evidente disparità di trattamento tra i cittadini gravati dal canone per l'accesso a strade statali e i cittadini soggetti al canone per l'accesso a strade non statali, con l'ovvia conseguenza che il valore di abitazioni e/o attività commerciali affacciate sulle strade statali si è drasticamente deprezzato;
    il comma 353-bis del provvedimento in esame, al fine di risolvere il problema del contenzioso in merito all'adeguamento dei canoni e dei corrispettivi dovuti all'ANAS per le concessioni e le autorizzazioni dei passi carrai, istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un tavolo di lavoro fra i funzionari del medesimo Ministero, i rappresentanti dell'ANAS Spa e i rappresentanti dei comitati dei passi carrai, con il compito di raggiungere un accordo transattivo fra le parti entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge;
    la norma è stata reputata suscettibile di determinare nel tempo maggiori introiti per effetto della risoluzione del contenzioso in corso tra le parti;
    nel corso dell'esame del provvedimento è stata avanzata la richiesta di prevedere la sospensione, da parte dell'ANAS, di tutte le attività di riscossione nei sei mesi in cui è prevista l'istituzione di un tavolo di lavoro per la risoluzione del relativo contenzioso;
    il Governo ha assicurato di trovare in maniera concreta le opportune soluzioni in merito alla sospensione dell'attività di riscossione presso il tavolo di lavoro che sarà istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,

impegna il Governo

a prevedere che nei sei mesi in cui è prevista l'istituzione del tavolo di lavoro presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, siano sospese tutte le attività di riscossione oggetto del contenzioso da parte di Anas Spa, nonché a prevedere che il tavolo sia finalizzato, tra l'altro, a superare le disparità di trattamento, affrontando la revisione dei meccanismi di calcolo dei canoni, in particolare improntando tali meccanismi a criteri di logicità; consentendo ai concessionari di verificare ed eventualmente contestare l'ammontare della pretesa economica e prevedendo che gli eventuali aumenti richiesti a decorrere dal 1998 a ciascun soggetto titolare di concessione o di autorizzazione, non sia superiore, per ciascun anno di riferimento, al tasso d'inflazione rilevato dall'istituto nazionale di statistica (ISTAT) nell'anno relativamente precedente.
9/1865-A/21De Menech, Miotto, Rubinato, Casellato, Crimì, Crivellari, Dal Moro, D'Arienzo, Ginato, Martella, Mognato, Moretti, Moretto, Murer, Naccarato, Narduolo, Rotta, Sbrollini, Zardini, Zoggia.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi del citato comma 23 dell'articolo 55, della legge 449 del 1997, la società Anas spa ha previsto, a decorrere dal 1998, un adeguamento del canone sui passi carrai sulla base delle nuove tabelle e di nuovi coefficienti di calcolo, che hanno comportato aumenti discrezionali, in particolare nella regione Veneto;
    l'articolo 27, comma 8, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, prevede che nella determinazione della somma da versare all'Anas si deve tenere conto delle soggezioni che derivano alla strada o all'autostrada statale, del valore economico risultante dal provvedimento e del vantaggio che il beneficiario ricava dal provvedimento stesso;
    la formula matematica e i parametri per l'individuazione dei canoni non sono stabiliti dal legislatore ma approvati unilateralmente dal consiglio di amministrazione della società e sono parte costitutiva del provvedimento annuale di determinazione dei canoni (sottoposto a vigilanza ministeriale, quindi firmato dal presidente della società ANAS spa e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale ai sensi e per gli effetti della disposizione citata);
    il meccanismo ha prodotto un'evidente disparità di trattamento tra i cittadini gravati dal canone per l'accesso a strade statali e i cittadini soggetti al canone per l'accesso a strade non statali, con l'ovvia conseguenza che il valore di abitazioni e/o attività commerciali affacciate sulle strade statali si è drasticamente deprezzato;
    il comma 353-bis del provvedimento in esame, al fine di risolvere il problema del contenzioso in merito all'adeguamento dei canoni e dei corrispettivi dovuti all'ANAS per le concessioni e le autorizzazioni dei passi carrai, istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un tavolo di lavoro fra i funzionari del medesimo Ministero, i rappresentanti dell'ANAS Spa e i rappresentanti dei comitati dei passi carrai, con il compito di raggiungere un accordo transattivo fra le parti entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge;
    la norma è stata reputata suscettibile di determinare nel tempo maggiori introiti per effetto della risoluzione del contenzioso in corso tra le parti;
    nel corso dell'esame del provvedimento è stata avanzata la richiesta di prevedere la sospensione, da parte dell'ANAS, di tutte le attività di riscossione nei sei mesi in cui è prevista l'istituzione di un tavolo di lavoro per la risoluzione del relativo contenzioso;
    il Governo ha assicurato di trovare in maniera concreta le opportune soluzioni in merito alla sospensione dell'attività di riscossione presso il tavolo di lavoro che sarà istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che nei sei mesi in cui è prevista l'istituzione del tavolo di lavoro presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, siano sospese tutte le attività di riscossione oggetto del contenzioso da parte di Anas Spa, nonché a prevedere che il tavolo sia finalizzato, tra l'altro, a superare le disparità di trattamento, affrontando la revisione dei meccanismi di calcolo dei canoni, in particolare improntando tali meccanismi a criteri di logicità; consentendo ai concessionari di verificare ed eventualmente contestare l'ammontare della pretesa economica e prevedendo che gli eventuali aumenti richiesti a decorrere dal 1998 a ciascun soggetto titolare di concessione o di autorizzazione, non sia superiore, per ciascun anno di riferimento, al tasso d'inflazione rilevato dall'istituto nazionale di statistica (ISTAT) nell'anno relativamente precedente.
9/1865-A/21. (Testo modificato nel corso della seduta) De Menech, Miotto, Rubinato, Casellato, Crimi, Crivellari, Dal Moro, D'Arienzo, Ginato, Martella, Mognato, Moretti, Moretto, Murer, Naccarato, Narduolo, Rotta, Sbrollini, Zardini, Zoggia.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge finanziaria del 2006 i così detti «pertinenziali incamerati» (circa 1000 imprese balneari) si sono visti aumentare i canoni sino a 5000 per cento;
    nella legge di stabilità 2013 si prevede di realizzare la riforma delle concessioni e dei canoni demaniali entro il 15 di maggio 2014;
    nelle more della suddetta riforma, nella legge di stabilità si è trovata una soluzione al contenzioso derivante dall'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni delle concessioni demaniali marittime ai sensi dell'articolo 3, comma 1 lettera b), numero 2.1) del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modifiche, prevedendo che i procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 settembre 2013 concernente il pagamento a favore dello Stato dei canoni e degli utilizzi dei beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze, possono essere integralmente definiti mediante il versamento: 1) in un'unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme dovute; 2) rateizzato fino ad un massimo di sei rate annuali, di un importo pari al 60 per cento delle somme dovute;
    in tal modo si è raggiunto un importante risultato dando finalmente una giusta soluzione ad una annosa questione che sembrava irrisolvibile;
    molto è stato fatto ma che ancora molto resta da fare specie a tutela di coloro i quali in modo virtuoso hanno pagato canoni molti esosi, talvolta impegnando persino il loro intero patrimonio per evitare di incorrere in sanzioni o nella decadenza della concessione;
    non è possibile penalizzare solo coloro che hanno pagato l'intero importo,

impegna il Governo

ad intervenire a favore dei «pertinenziali-incamerati», che virtuosamente hanno versato per intero i canoni demaniali, nell'ambito della riforma complessiva delle concessioni demaniali da realizzarsi, secondo quanto previsto nella legge di stabilità 2013, entro il 15 maggio 2014, trovando forme idonee di compensazione attraverso i canoni futuri.
9/1865-A/22Pizzolante.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento sono contenute disposizioni volte a ridurre gli impatti degli incrementi tariffari sui cittadini;
    è in corso di definizione la procedura di aggiornamento annuale delle tariffe autostradali che entrerà in vigore dal 1o gennaio 2014;
    l'aumento dei pedaggi per la percorrenza delle tratte autostradali conseguente all'applicazione dell'aggiornamento annuale andrà a costituire un ulteriore costo per l'utenza e conseguentemente un ulteriore rincaro del costo della vita per i cittadini;
   considerato che:
    nell'attuale periodo di crisi economica un aumento consistente dei pedaggi sarebbe senz'altro difficilmente sostenibile sotto il profilo sociale;
    occorre pertanto intervenire in modo che gli aumenti tariffari abbiano un minore impatto sull'utenza, individuando soluzioni e misure correttive che conducano a riconoscere aumenti tariffari compatibili con l'attuale contesto economico, fatto salvo il rispetto degli atti convenzionali vigenti;
    le possibili soluzioni dovrebbero poter tenere conto dell'individuazione di un limite di incremento percentuale tariffario anche prevedendo idonee misure di compensazione volte a non far gravare interamente sull'utente il maggior importo tariffario derivante dall'aggiornamento delle tariffe,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre, in tema di tariffe per la percorrenza delle autostrade, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, dei principi e del diritto comunitari, nonché degli atti convenzionali vigenti, misure volte a calmierare gli incrementi derivanti dagli aggiornamenti tariffari per l'anno 2014, tali da assicurare un impatto sostenibile sull'utenza e di non contrarre ulteriormente la domanda di traffico sulla rete autostradale.
9/1865-A/23Piso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201 – Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici – conosciuto come «Decreto salva Italia», all'articolo 16, comma 2, ha reintrodotto l'obbligo del pagamento di una tassa di possesso annuale dovuta da tutte le unità da diporto superiori a 10 metri, salvo alcune esclusioni;
    per ovviare almeno in parte a tali effetti, l'imposta è stata oggetto, dopo l'emanazione del decreto del Fare decreto-legge n. 69 del 2013, di una rimodulazione degli importi;
    il settore nautico sta pagando un pesante tributo alla crisi economica del Paese, oltre al danno della recessione europea e della crisi internazionale dei mercati, il settore ha subito una riduzione del fatturato del 70-80 per cento, ma anche un calo del 26 per cento di gettito per l'erario in quanto molte imbarcazioni si sono spostate su porti esteri;
    la normativa Europea imporrà, a breve, vincoli sempre più stringenti in materia di emissioni (SOx, NOx, CO2, rumore, eccetera) e di efficienza energetica, già da oggi nel Mar Baltico l'attività marittima si svolge in un regime normativo particolarmente vincolante denominato (ECA Emission Controlled Area) di cui si può prevedere l'estensione anche al Mare Mediterraneo;
    per stimolare il rientro di imbarcazioni che negli ultimi anni hanno privilegiato stazionamento all'estero attraverso, ad esempio: tariffe di ormeggio competitive, praticate da marina riqualificati sotto il profilo energetico, l'offerta incentivante per imbarcazioni rispettose dell'ambiente e con interventi di refitting in chiave green o di demolizione acquisto di una nuova imbarcazione in linea con le nuove normative ambientali;
    lo strumento incentivante può essere individuato in un meccanismo analogo a quello utilizzato per le detrazioni di riqualificazione energetica degli edifici introdotto dalla Legge n. 296 del 27.12.2006 (Finanziaria 2007) articolo 1 commi 344-349;
    l'onere a carico della finanza pubblica per gli incentivi verrebbe bilanciato da vantaggi per l'erario derivanti dall'incremento del giro di affari dei marina, delle ditte di assistenza alla nautica e dai cantieri costruttori;
    per quanto attiene in particolare ai marina si può prevedere di incentivare interventi di riqualificazione impiantistica per favorire forme di autosufficienza energetica prodotta con fonti rinnovabili alternative a quelle tradizionali, ciò consentirebbe di vendere il surplus di energia alla rete inserendo i marina nel modello previsto dal Piano Energetico nazionale e di realizzare un quadro gestionale più favorevole in modo da offrire tariffe di stazionamento più attraenti per le imbarcazioni da diporto,

impegna il Governo

a predisporre uno strumento per il rilancio del settore nautico analogo a quello utilizzato per le detrazioni per le spese di riqualificazione energetica degli edifici (legge 296 del 27 dicembre 2006) mediante l'introduzione di una specifica previsione nell'articolo 16-bis del TUIR (Testo unico Imposte sui Redditi).
9/1865-A/24Brandolin, Marco Di Stefano, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201 – Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici – conosciuto come «Decreto salva Italia», all'articolo 16, comma 2, ha reintrodotto l'obbligo del pagamento di una tassa di possesso annuale dovuta da tutte le unità da diporto superiori a 10 metri, salvo alcune esclusioni;
    per ovviare almeno in parte a tali effetti, l'imposta è stata oggetto, dopo l'emanazione del decreto del Fare decreto-legge n. 69 del 2013, di una rimodulazione degli importi;
    il settore nautico sta pagando un pesante tributo alla crisi economica del Paese, oltre al danno della recessione europea e della crisi internazionale dei mercati, il settore ha subito una riduzione del fatturato del 70-80 per cento, ma anche un calo del 26 per cento di gettito per l'erario in quanto molte imbarcazioni si sono spostate su porti esteri;
    la normativa Europea imporrà, a breve, vincoli sempre più stringenti in materia di emissioni (SOx, NOx, CO2, rumore, eccetera) e di efficienza energetica, già da oggi nel Mar Baltico l'attività marittima si svolge in un regime normativo particolarmente vincolante denominato (ECA Emission Controlled Area) di cui si può prevedere l'estensione anche al Mare Mediterraneo;
    per stimolare il rientro di imbarcazioni che negli ultimi anni hanno privilegiato stazionamento all'estero attraverso, ad esempio: tariffe di ormeggio competitive, praticate da marina riqualificati sotto il profilo energetico, l'offerta incentivante per imbarcazioni rispettose dell'ambiente e con interventi di refitting in chiave green o di demolizione acquisto di una nuova imbarcazione in linea con le nuove normative ambientali;
    lo strumento incentivante può essere individuato in un meccanismo analogo a quello utilizzato per le detrazioni di riqualificazione energetica degli edifici introdotto dalla Legge n. 296 del 27.12.2006 (Finanziaria 2007) articolo 1 commi 344-349;
    l'onere a carico della finanza pubblica per gli incentivi verrebbe bilanciato da vantaggi per l'erario derivanti dall'incremento del giro di affari marina, delle ditte di assistenza alla nautica e dai cantieri costruttori;
    per quanto attiene in particolare ai marina si può prevedere di incentivare interventi di riqualificazione impiantistica per favorire forme di autosufficienza energetica prodotta con fonti rinnovabili alternative a quelle tradizionali, ciò consentirebbe di vendere il surplus di energia alla rete inserendo i marina nel modello previsto dal Piano Energetico nazionale e di realizzare un quadro gestionale più favorevole in modo da offrire tariffe di stazionamento più attraenti per le imbarcazioni da diporto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre uno strumento per il rilancio del settore nautico analogo a quello utilizzato per le detrazioni per le spese di riqualificazione energetica degli edifici (legge 296 del 27 dicembre 2006) mediante l'introduzione di una specifica previsione nell'articolo 16-bis del TUIR (Testo unico Imposte sui Redditi).
9/1865-A/24. (Testo modificato nel corso della seduta) Brandolin, Marco Di Stefano, Basso, Tullo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo contiene misure in materia di garanzia di assistenza sanitaria ai cittadini e di sviluppo della ricerca e del progresso tecnologico in materia sanitaria;
    l'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) fondazione Santa Lucia di Roma è una struttura di eccellenza nazionale nel campo della neuro-riabilitazione ed un centro di rilievo internazionale per la ricerca scientifica nel campo delle neuroscienze; la struttura opera con 750 dipendenti con rapporto subordinato a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato e ospita molti operatori dell'università e di strutture di ricerca con circa 450 studenti che seguono i corsi di laurea per le professioni sanitarie;
    in più occasioni il T.A.R. ed il Consiglio di Stato hanno confermato il riconoscimento e quindi l'accreditamento della Fondazione quale ospedale di alta specialità neuro-riabilitativa bloccando ogni tentativo regionale di limitazione nella dotazione dei posti letto, e di esclusione della struttura dalla cura delle di tutte le patologie neurologiche;
    la Regione Lazio ha mantenuto le proprie posizioni in materia di configurazione e tariffe, pretendendo da ultimo di imporre il contratto di remunerazione 2013, nonostante i ripetuti annullamenti del TAR e del Consiglio di Stato e ritarda a far fronte alle proprie obbligazioni di pagamento. Tale illegittimo ed ingiustificabile comportamento della Regione è la principale minaccia alla continuazione delle attività di assistenza e ricerca, per cui la Fondazione è costretta all'unica strada del ricorso alla giustizia presso tutte le sedi competenti per ottenere il riconoscimento dei propri diritti;
    il mancato incasso delle somme dovute dalla Regione, unitamente alla richiesta in atto di restituzione dei prestiti da parte delle banche, provocherà a breve la paralisi delle attività di cura, ricerca e didattica della Fondazione per l'impossibilità di pagare il personale (938 tra medici, infermieri, terapisti, ricercatori e personale di supporto) ed i fornitori di beni e servizi essenziali;
    il Consiglio Regionale del Lazio in data 19 novembre 2013 ha approvato all'unanimità la risoluzione n. 44 per riconoscere la Fondazione Santa Lucia quale struttura di eccellenza nella riabilitazione e nelle neuroscienze, adottando ogni opportuna iniziativa per risolvere la grave situazione economica in cui versa la Fondazione,

impegna il Governo:

   ad intervenire, con i poteri di vigilanza previsti dall'articolo 16 del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288 presso la Regione Lazio al fine di risolvere la situazione dell'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) fondazione Santa Lucia di Roma;
   a valutare la possibilità di intervenire finanziariamente in favore dell'istituto ai sensi dell'articolo 12, comma 2, lettera a), numero 3) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
9/1865-A/25Sammarco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo contiene misure in materia di garanzia di assistenza sanitaria ai cittadini e di sviluppo della ricerca e del progresso tecnologico in materia sanitaria;
    l'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) fondazione Santa Lucia di Roma è una struttura di eccellenza nazionale nel campo della neuro-riabilitazione ed un centro di rilievo internazionale per la ricerca scientifica nel campo delle neuroscienze; la struttura opera con 750 dipendenti con rapporto subordinato a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato e ospita molti operatori dell'università e di strutture di ricerca con circa 450 studenti che seguono i corsi di laurea per le professioni sanitarie;
    in più occasioni il T.A.R. ed il Consiglio di Stato hanno confermato il riconoscimento e quindi l'accreditamento della Fondazione quale ospedale di alta specialità neuro-riabilitativa bloccando ogni tentativo regionale di limitazione nella dotazione dei posti letto, e di esclusione della struttura dalla cura delle di tutte le patologie neurologiche;
    la Regione Lazio ha mantenuto le proprie posizioni in materia di configurazione e tariffe, pretendendo da ultimo di imporre il contratto di remunerazione 2013, nonostante i ripetuti annullamenti del TAR e del Consiglio di Stato e ritarda a far fronte alle proprie obbligazioni di pagamento. Tale illegittimo ed ingiustificabile comportamento della Regione è la principale minaccia alla continuazione delle attività di assistenza e ricerca, per cui la Fondazione è costretta all'unica strada del ricorso alla giustizia presso tutte le sedi competenti per ottenere il riconoscimento dei propri diritti;
    il mancato incasso delle somme dovute dalla Regione, unitamente alla richiesta in atto di restituzione dei prestiti da parte delle banche, provocherà a breve la paralisi delle attività di cura, ricerca e didattica della Fondazione per l'impossibilità di pagare il personale (938 tra medici, infermieri, terapisti, ricercatori e personale di supporto) ed i fornitori di beni e servizi essenziali;
    il Consiglio Regionale del Lazio in data 19 novembre 2013 ha approvato all'unanimità la risoluzione n. 44 per riconoscere la Fondazione Santa Lucia quale struttura di eccellenza nella riabilitazione e nelle neuroscienze, adottando ogni opportuna iniziativa per risolvere la grave situazione economica in cui versa la Fondazione,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di intervenire, con i poteri di vigilanza previsti dall'articolo 16 del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288 presso la Regione Lazio al fine di risolvere la situazione dell'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) fondazione Santa Lucia di Roma;
   a valutare la possibilità di intervenire finanziariamente in favore dell'istituto ai sensi dell'articolo 12, comma 2, lettera a), numero 3) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
9/1865-A/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Sammarco.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede che con apposito decreto ministeriale vengano individuati «specifici criteri di valutazione ai fini dell'ammissione alla garanzia del Fondo da parte delle imprese sociali di cui al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, nonché delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381»,

impegna il Governo

ad estendere l'ammissione al fondo di cui in premessa agli organismi no profit e segnatamente alle Associazioni di promozione sociale ed a determinate tipologie di Onlus, purché aventi caratteristiche di presenza territoriale che ne certifichino la rilevanza nazionale.
9/1865-A/26Bargero, Bobba.


   La Camera,
   premesso che:
    gli investimenti in edilizia di qualità, in risparmio energetico in fonti rinnovabili, in innovazione e ricerca e, più in generale, in interventi di green economy sono un importante volano per la ripresa dell'economia italiana dalla grave e prolungata crisi economica in atto, perché consentono di coniugare l'obiettivo di maggiore competitività e di modernizzazione del Paese con un modello di sviluppo sostenibile per l'ambiente e la società, vicino alle esigenze delle persone, delle comunità e dei territori;
    l'Italia ha siglato accordi internazionali, con il protocollo di Kyoto, e con l'Unione europea nell'ambito del pacchetto «clima-energia» vincolanti per l'avvio di una transizione verso una economia a basso contenuto di carbonio attraverso un approccio integrato che preveda politiche energetiche e politiche per la lotta ai cambiamenti climatici; in tale contesto il contenimento delle emissioni di anidride carbonica per ridurre il rischio di mutamenti climatici è uno degli impegni più importanti e vincolanti per l'Italia;
    il perseguimento degli obiettivi del miglioramento del patrimonio edilizio e dell'efficientamento energetico è stato attuato anche mediante un sistema di incentivi fiscali efficaci e semplici per il cittadino, finalizzati a facilitare la realizzazione di interventi per l'efficienza energetica. Tra questi, particolare rilievo, hanno le agevolazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica degli edifici (cosiddetto Ecobonus) che hanno avuto un enorme successo;
    secondo i più recenti dati forniti alla VIII Commissione dal Servizio Studi della Camera e dal Cresme, il credito d'imposta per le ristrutturazioni edilizie e l'Ecobonus hanno prodotto, nel solo 2013, 19 miliardi di euro di investimenti, con oltre 283 mila posti di lavoro tra diretti e indotto, che hanno interessato soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto qualificando il sistema imprenditoriale del settore nel suo complesso, riducendo, inoltre, i consumi energetici, l'inquinamento e le bollette delle famiglie, determinando, infine, una consistente emersione dal nero che ha permesso all'erario di recuperare una notevole base imponibile;
    si tratta di interventi importanti che valgono oltre un punto percentuale di Pil e che in termini occupazionali hanno rappresentato una vera e propria boccata di ossigeno per un settore chiave dell'economia italiana come l'edilizia che, dall'inizio della crisi, ha perso oltre 500 mila addetti, considerando l'indotto, e che ha visto chiudere oltre 12 mila imprese;
    inoltre, dal 1o luglio 2013, grazie all'approvazione di un emendamento proposto all'unanimità dalla VIII Commissione in sede di esame del decreto-legge n. 63 di recepimento della direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell'edilizia, il livello dell'Ecobonus, elevato dal provvedimento al 65 per cento, è stato esteso anche agli interventi di adeguamento antisismico degli edifici, sia pure limitatamente a quelli ricadenti nelle zone a più alta pericolosità sismica;
    nel contesto giuridico nazionale, dunque, le agevolazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica rappresentano una delle misure più importanti di green economy attuata con rilevanti e significativi risultati anche per quel che riguarda i risparmi nella emissione di CO2 contribuendo così ad alleggerire la bolletta energetica delle famiglie. Infatti, tra una casa costruita con materiali innovativi secondo criteri di efficienza energetica e una casa costruita con tecniche vetuste e materiali di scarsa qualità esiste un risparmio medio di circa 1.500 euro all'anno;
    in definitiva, come ormai confermato dalle varie indagini al riguardo, in primo luogo quella citata del Servizio Studi della Camera e del Cresme, l'Ecobonus è una delle misure anticicliche di gran lunga più efficaci attivate negli ultimi anni con effetti decisamente positivi sul bilancio del nostro Paese;
    tuttavia, è giusto sottolineare che gli interventi hanno riguardato quasi esclusivamente la sostituzione di infissi, di caldaie e il solare termico. I più importanti interventi di coibentazione dell'involucro esterno sono stati praticamente assenti. Le incentivazioni inoltre hanno riguardato solo il patrimonio edilizio privato;
    occorrerebbe pertanto, anche tramite il supporto tecnico dell'ENEA, trovare soluzioni nuove per ampliare la platea dei soggetti fruitori e per estendere la riqualificazione agli interi edifici, agli interventi di consolidamento antisismico su tutto il territorio nazionale, agli interventi di bonifica degli edifici dall'amianto e a quelli relativi agli alloggi di edilizia residenziale pubblica; inoltre, come è noto, gran parte del patrimonio edilizio italiano è di qualità scadente e lontano dagli standard antisismici e di efficienza energetica indispensabili nel nostro Paese e sono spesso gli edifici pubblici a registrare un insufficiente standard di sicurezza e di qualità: oltre la metà delle scuole italiane è stata costruita prima del 1974, anno dell'entrata in vigore della normativa antisismica;
    sotto questo profilo, va detto anzitutto che secondo la Consip la spesa annua per i consumi energetici degli edifici pubblici ammonta a oltre 5 miliardi di euro l'anno: notevoli sarebbero dunque i benefici derivanti da un intervento su larga scala di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico;
   inoltre, occorre sottolineare che entro il prossimo mese di aprile l'Italia è tenuta a presentare in sede europea un Piano nazionale per l'efficienza energetica in edilizia, all'interno del quale, in primo luogo, dovranno essere previste misure capaci di garantire il conseguimento dell'obiettivo annuale della riqualificazione energetica del 3 per cento degli edifici pubblici e, in secondo luogo, dovranno essere definiti proposte e strumenti, anche di tipo normativo, per affrontare efficacemente – sotto i diversi profili della prevenzione, della manutenzione e dell'innovazione – la questione complessiva della riqualificazione energetica e della messa in sicurezza del patrimonio edilizio pubblico e privato;
    la Camera e, in particolare la Commissione Ambiente, si è occupata ripetutamente, con pareri e atti, di questi temi: in particolare, nella seduta del 14 maggio 2013, come primo atto della XVII legislatura, la Commissione ha approvato una risoluzione per la stabilizzazione dell'Ecobonus e, più avanti, nella seduta del 20 settembre 2013, ha approvato insieme alla Commissione Finanze una nuova risoluzione che, fra l'altro, ha impegnato il Governo a rendere stabile l'Ecobonus, ad estenderlo agli interventi di consolidamento antisismico degli edifici, a renderlo fruibile anche per i soggetti fiscalmente incapienti, a consentire agli enti locali che abbiano risorse proprie da investire, di realizzare interventi di efficientamento energetico e di messa in sicurezza antisismica degli edifici pubblici, a partire dalle scuole e dagli ospedali, escludendo tali spese dal Patto di stabilità interno;
    inoltre, dopo l'approvazione del richiamato emendamento al decreto-legge n. 63 del 2013, i deputati della Commissione ambiente hanno trasversalmente promosso, in occasione dell'approvazione definitiva della legge europea per il 2013, la presentazione di diversi ordini del giorno in Assemblea, tutti accettati dal Governo nella seduta del 31 luglio 2013, con cui si chiede che il Governo si adoperi per attuare in tempi rapidi una piena applicazione della normativa europea sull'efficienza energetica in edilizia, a partire dall'approntamento di un incisivo piano strategico d'azione per aumentare l'efficienza energetica degli edifici pubblici che preveda, tra l'altro, di aumentare progressivamente l'obiettivo minimo annuo del 3 per cento della superficie degli edifici pubblici da sottoporre a riqualificazione energetica,

impegna il Governo

   a rafforzare le politiche ambientali e di sostegno dell'edilizia di qualità, anche nell'ottica del perseguimento di quello sviluppo sostenibile sostenuto a livello globale e su cui l'Italia ha assunto impegni precisi anche nella recente Conferenza dell'ONU «Rio+20», in particolare valutando l'opportunità di assumere iniziative dirette:
    1) a dare definitivamente stabilità all'Ecobonus;
    2) a prevedere ulteriori misure volte:
     2.a) ad ampliare la platea dei possibili fruitori dell'Ecobonus, in particolare rendendolo applicabile anche a favore dei soggetti fiscalmente incapienti che intendano investire in interventi di efficientamento energetico degli edifici;
     2.b) ad estendere l'Ecobonus sia agli interventi di consolidamento antisismico degli edifici su tutto il territorio nazionale, sia agli interventi per la bonifica degli edifici dall'amianto, sia agli interventi per l'incremento dell'efficienza idrica degli edifici, sia, infine, agli interventi per la riqualificazione energetica degli alloggi di edilizia residenziale pubblica;
     2.c) a mantenere fermo nel tempo il parametro normativo che prevede una differenza di 15 punti percentuali tra l'Ecobonus e le agevolazioni riconosciute per gli ordinari interventi di ristrutturazione edilizia;
    3) ad assumere ogni iniziativa utile, anche sul piano normativo, per promuovere, nel quadro della normativa recata dalla legge di stabilità 2014 per l'allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno, la realizzazione da parte degli enti locali di interventi di efficientamento energetico e di messa in sicurezza antisismica degli edifici pubblici, a partire dalle scuole e dagli ospedali;
    4) ad operare fattivamente affinché il Piano di azione nazionale per l'efficienza energetica, che l'Italia deve presentare in sede europea entro aprile 2014, venga approntato senza alcun ritardo e senza alcuna sottovalutazione dell'importanza di tale strumento.
9/1865-A/27Realacci, De Rosa, Tino Iannuzzi, Borghi, Busto, Castiello, Matarrese, Zan, Dorina Bianchi, Pastorelli, Grimoldi, Arlotti, Mariastella Bianchi, Braga, Bratti, Carrescia, Cominelli, Daga, D'Agostino, Dallai, Decaro, Gadda, Ginoble, Manfredi, Mannino, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Moretto, Pellegrino, Giovanna Sanna, Segoni, Terzoni, Zaratti, Zardini, Zolezzi, Biondelli, Amoddio, Malisani, Basso, Taricco, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    la sofferenza abitativa in Italia è certificata da dati incontrovertibili: 650.000 domande per una casa popolare utilmente collocate in graduatoria a cui i comuni non riescono a dare risposta; circa 70.000 sfratti emessi nel 2012, di cui ormai la morosità è responsabile del 90 per cento delle sentenze emesse;
    il Governo ha iniziato, nei limiti consentiti dalla condizione attuale della finanza pubblica, a mettere in campo misure utili ad affrontare questi problemi con interventi tesi a favorire i canoni concordati, a ripristinare finanziamenti per il fondo sociale affitti e per istituire un nuovo fondo per la morosità incolpevole;
    sono in itinere ulteriori interventi, annunciati dal Governo durante la Conferenza Stato regioni straordinaria dello scorso 31 ottobre e che ancora non si sono tradotti in provvedimenti esecutivi;
    anche l'attivazione del nuovo fondo per la morosità incolpevole prevede l'adempimento del decreto ministeriale al fine di definire i requisiti per poter accedere al fondo e per la ripartizione delle risorse alle regioni;
    nel frattempo, l'approssimarsi della scadenza della sospensione dell'esecuzione degli sfratti per determinate categorie sociali svantaggiate e per specifiche motivazioni, al 31 dicembre 2013 rischia di determinare una condizione di gravissima difficoltà in quanto le misure già assunte e quelle avviate e non ancora definite, pur se indirizzate nella giusta direzione, hanno evidentemente necessità di un congruo tempo al fine di poter dispiegare gli effetti sperati e per monitorarne gli effettivi esiti;

impegna il Governo

a rinnovare la proroga del blocco delle esecuzioni, rinnovando la proroga in scadenza il prossimo 31 dicembre 2013, al fine di permettere il pieno dispiegarsi dell'insieme delle misure già varate ed in itinere e sulla base di una verifica degli effetti realmente prodotti.
9/1865-A/28Morassut, Braga.


   La Camera,
   premesso che:
    la sofferenza abitativa in Italia è certificata da dati incontrovertibili: 650.000 domande per una casa popolare utilmente collocate in graduatoria a cui i comuni non riescono a dare risposta; circa 70.000 sfratti emessi nel 2012, di cui ormai la morosità è responsabile del 90 per cento delle sentenze emesse;
    il Governo ha iniziato, nei limiti consentiti dalla condizione attuale della finanza pubblica, a mettere in campo misure utili ad affrontare questi problemi con interventi tesi a favorire i canoni concordati, a ripristinare finanziamenti per il fondo sociale affitti e per istituire un nuovo fondo per la morosità incolpevole;
    sono in itinere ulteriori interventi, annunciati dal Governo durante la Conferenza Stato regioni straordinaria dello scorso 31 ottobre e che ancora non si sono tradotti in provvedimenti esecutivi;
    anche l'attivazione del nuovo fondo per la morosità incolpevole prevede l'adempimento del decreto ministeriale al fine di definire i requisiti per poter accedere al fondo e per la ripartizione delle risorse alle regioni;
    nel frattempo, l'approssimarsi della scadenza della sospensione dell'esecuzione degli sfratti per determinate categorie sociali svantaggiate e per specifiche motivazioni, al 31 dicembre 2013 rischia di determinare una condizione di gravissima difficoltà in quanto le misure già assunte e quelle avviate e non ancora definite, pur se indirizzate nella giusta direzione, hanno evidentemente necessità di un congruo tempo al fine di poter dispiegare gli effetti sperati e per monitorarne gli effettivi esiti;

impegna il Governo

ad assumere idonee iniziative finalizzate a rinnovare la proroga del blocco delle esecuzioni, rinnovando la proroga in scadenza il prossimo 31 dicembre 2013, al fine di permettere il pieno dispiegarsi dell'insieme delle misure già varate ed in itinere e sulla base di una verifica degli effetti realmente prodotti.
9/1865-A/28. (Testo modificato nel corso della seduta) Morassut, Braga.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto del Ministro dell'interno 16 marzo 2012, reca l'obbligo del piano straordinario biennale, adottato ai sensi dell'articolo 15, commi 7 e 8 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, concernente l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre venticinque posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno del 9 aprile 1994, che non abbiano completato l'adeguamento alle suddette disposizioni di prevenzione incendi;
    le disposizioni del decreto del Ministero dell'interno del 9 aprile 1994 recante «approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l'esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere» devono essere aggiornate semplificando i requisiti prescritti, in particolare per le strutture ricettive turistico-alberghiere fino a 50 posti letto,

impegna il Governo

nelle more dell'adeguamento della citata regola tecnica a sospendere i termini previsti per l'applicazione delle disposizioni contenute nel decreto del Ministero dell'interno del 16 marzo 2012, rimodulando conseguentemente i tempi e le modalità di applicazione del decreto medesimo.
9/1865-A/29Arlotti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto del Ministro dell'interno 16 marzo 2012, reca l'obbligo del piano straordinario biennale, adottato ai sensi dell'articolo 15, commi 7 e 8 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, concernente l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre venticinque posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno del 9 aprile 1994, che non abbiano completato l'adeguamento alle suddette disposizioni di prevenzione incendi;
    le disposizioni del decreto del Ministero dell'interno del 9 aprile 1994 recante «approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l'esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere» devono essere aggiornate semplificando i requisiti prescritti, in particolare per le strutture ricettive turistico-alberghiere fino a 50 posti letto,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nelle more dell'adeguamento della citata regola tecnica a sospendere i termini previsti per l'applicazione delle disposizioni contenute nel decreto del Ministero dell'interno del 16 marzo 2012, rimodulando conseguentemente i tempi e le modalità di applicazione del decreto medesimo.
9/1865-A/29. (Testo modificato nel corso della seduta) Arlotti.


   La Camera,
   premesso che:
    gli ultimi concorsi universitari per selezionare i professori di 1a fascia vennero banditi nel 2008 ed espletati nel 2010 e per lo svolgimento delle procedure di selezione ed il completamento dell’iter amministrativo il MIUR ha impiegato notevoli risorse finanziarie;
    nonostante una parte consistente dei vincitori non sia ancora riuscita a prendere servizio, diversi di questi che invece hanno preso servizio prestano la loro attività o con una qualifica superiore solo perché si trovavano in Atenei con una condizione finanziaria migliore o perché hanno avuto la precedenza in un periodo di riduzione del turn-over;
    molti rischiano di perdere l'idoneità di I Fascia (durata 5 anni) con grave pregiudizio sia in termini economici che di esperienza acquisita presso i vari Atenei;
    negli ultimi anni si assiste ad una forte diminuzione del numero dei professori ordinari in servizio con grave detrimento nella direzione della didattica e della ricerca, soprattutto in sede internazionale, e nello stesso governo democratico degli atenei;
    il comma 307 lettera b) del disegno di legge «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato», Legge di Stabilità per l'anno 2014, intervenendo sull'articolo 66 comma 13-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 dispone, per il biennio 2012-2013, che le università statali possano procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. La predetta facoltà è fissata nella misura del 50 per cento per il biennio 2014-2015 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2016,

impegna il Governo

a verificare l'opportunità di prevedere che il contingente delle assunzioni attribuito a ciascuna università statale per l'anno 2013 sia aumentato della quota necessaria alla chiamata come professori di prima fascia, ai sensi dell'articolo 29, comma 4, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, di coloro che sono in possesso della relativa idoneità conseguita a seguito di concorsi banditi dalle università ai sensi della legge 3 luglio 1998, n.210, e successive modificazioni, e che sono in servizio presso il medesimo ateneo in qualità di professore di seconda fascia.
9/1865-A/30Di Lello, Locatelli, Di Gioia, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il gioco d'azzardo attraversa una fase in continua espansione e trasformazione rispetto alle modalità in cui storicamente si presentava. Il rinnovato allarme sociale si fonda ed è giustificato da alcune caratteristiche del «moderno» gioco d'azzardo che ne accentuano la pericolosità: la spesa, nel 2012, degli italiani è stata di circa 85 miliardi di euro, a fronte di un gettito erariale pari a soli 8 miliardi di euro. Se si pensa che nel 2000 la spesa era poco più di 14 miliardi, il fatturato risulta quintuplicato;
    le difficoltà che ogni anno lo Stato italiano incontra per far quadrare i propri bilanci aumentano esponenzialmente, comportando spesso tagli ai servizi fondamentali quali, ad esempio, istruzione, sanità, incentivi al mondo del lavoro;
    le cosiddette videolottery (VLT), che ricomprendono poker online, slot con jackpot, roulette e blackjack, in base all'articolo 1 comma 479 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, hanno una tassazione pari al 5 per cento dell'ammontare delle somme giocate;
    il gioco del Bingo, introdotto in Italia con il decreto ministeriale n. 29 del 2000, prevedeva inizialmente una tassazione sull'ammontare delle somme giocate pari al 20 per cento. Tale percentuale di tassazione fu ridotta all'11 per cento secondo quanto disciplinato dalla legge n. 44 del 2012, quasi dimezzando il prelievo erariale derivante da questo tipo di gioco;
    mediamente ogni italiano spende più di 1.700 euro all'anno per il gioco d'azzardo;
    questo dato non tiene conto della rilevante quota del sommerso, che in alcune regioni sfiora il 50 per cento;
    secondo una recente ricerca i giocatori problematici sono per un 50 per cento disoccupati che tentano la fortuna, 25 per cento casalinghe e il 17 per cento studenti e pensionati. I ragazzi tra i 15 e i 19 anni crescono con la media del 13 per cento annuo;
    le nuove modalità con cui è possibile giocare d'azzardo hanno in comune alcune caratteristiche quali la velocità della giocata, la facile accessibilità dei giochi (ormai quasi tutti gli esercizi commerciali sono dotati di slot), la «normalizzazione» del gioco d'azzardo, la legalizzazione – visto che il primo promotore è lo Stato – che inculcano nel giocatore la sensazione di avere quasi il dovere di provarci che, rafforzata dal contesto, elude o minimizza la presa di coscienza del pericolo di una dipendenza che man mano si consolida;
    l'organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato l'allarme affermando che quasi 1 milione di italiani sono giocatori patologici;
    di recente, il disegno di legge 13 settembre 2012 n. 158 (articolo 5), ha inserito la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza (Lea), con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da questa patologia;
    ogni giocatore patologico costa al sistema sanitario nazionale circa 38 mila euro all'anno di cure per guarire da tale dipendenza;
    nella legge di stabilità 2011, legge n. 220 del 2010, l'articolo 1 comma 70 contiene un preciso impegno del Governo: «Con decreto interdirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e del Ministero della salute sono adottate, d'intesa con la Conferenza unificata, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee d'azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo»,

impegna il Governo

ad intervenire incrementando gli introiti derivanti dal gioco d'azzardo sia attraverso l'aumento del prelievo erariale sull'ammontare delle somme giocate derivanti da videolottery e bingo, sia contrastando con ogni forma e mezzo il gioco illegale che sottrae rilevanti introiti all'erario e alimenta la criminalità organizzata, al fine di poterne in parte reinvestire per la cura dei malati patologici di ludopatia.
9/1865-A/31Locatelli, Di Lello, Di Gioia, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    larghissima parte della rete stradale della Regione Abruzzo versa in condizioni di grave ed esteso degrado, divenute negli ultimi anni drammatiche a causa, per un verso, della successione di eventi calamitosi che hanno colpito in più riprese il territorio regionale e, per altro verso, della progressiva contrazione delle risorse pubbliche per investimenti, che ha di fatto precluso ogni programmazione di interventi ordinari e straordinari di manutenzione, anche laddove indispensabili per assicurare le condizioni minime di accessibilità alle aree interne e montane;
    questa situazione, oltre che condizionare pesantemente i livelli di competitività territoriale, ostacolando lo sviluppo locale e la connessione delle aree produttive alle reti principali, costituisce ormai un rilevante problema per la sicurezza dei cittadini e la coesione sociale, in quanto rende disagevole e talora impossibile la fruizione di servizi sociali, assistenziali e sanitari, anche fondamentali, in particolare per quella parte della popolazione residente nelle aree più interne, rurali o montane, che per condizione oro-geografica e qualità dei collegamenti è oggi continuamente esposta all'isolamento territoriale,

impegna il Governo

nell'esercizio delle sue prerogative e competenze in materia di programmazione degli interventi e assegnazione delle risorse a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), ad adottare ogni iniziativa utile affinché, nell'ambito del programma attuativo PAR-FAS 2007-2013 della Regione Abruzzo, una quota fino al 15 per cento del totale delle risorse FAS e, comunque, non inferiore ad 80 milioni di euro, venga riservata agli interventi di ripristino, manutenzione e messa in sicurezza della rete stradale.
9/1865-A/32Ginoble, Amato, Castricone, D'Incecco.


   La Camera,
   premesso che:
    larghissima parte della rete stradale della Regione Abruzzo versa in condizioni di grave ed esteso degrado, divenute negli ultimi anni drammatiche a causa, per un verso, della successione di eventi calamitosi che hanno colpito in più riprese il territorio regionale e, per altro verso, della progressiva contrazione delle risorse pubbliche per investimenti, che ha di fatto precluso ogni programmazione di interventi ordinari e straordinari di manutenzione, anche laddove indispensabili per assicurare le condizioni minime di accessibilità alle aree interne e montane;
    questa situazione, oltre che condizionare pesantemente i livelli di competitività territoriale, ostacolando lo sviluppo locale e la connessione delle aree produttive alle reti principali, costituisce ormai un rilevante problema per la sicurezza dei cittadini e la coesione sociale, in quanto rende disagevole e talora impossibile la fruizione di servizi sociali, assistenziali e sanitari, anche fondamentali, in particolare per quella parte della popolazione residente nelle aree più interne, rurali o montane, che per condizione oro-geografica e qualità dei collegamenti è oggi continuamente esposta all'isolamento territoriale,

impegna il Governo

nell'esercizio delle sue prerogative e competenze in materia di programmazione degli interventi e assegnazione delle risorse a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), a valutare la possibilità di adottare ogni iniziativa utile affinché, nell'ambito del programma attuativo PAR-FAS 2007-2013 della Regione Abruzzo, una quota fino al 15 per cento del totale delle risorse FAS e, comunque, non inferiore ad 80 milioni di euro, venga riservata agli interventi di ripristino, manutenzione e messa in sicurezza della rete stradale.
9/1865-A/32Ginoble, Amato, Castricone, D'Incecco.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'Accordo di programma tra la Regione Abruzzo e il Ministero dell'Ambiente del 16 settembre 2010, la Regione ha delineato un intervento per la sistemazione del corso d'acqua del fiume Pescara nei suoi tratti terminali mediante opere di adeguamento delle sezioni di deflusso e della capacità di trasporto dell'alveo, con costruzione di nuove arginature, al fine della riduzione dell'evidente rischio idraulico ivi presente;
    inoltre, il fiume Pescara riversa alla foce una quantità enorme di materiale che ne provoca il graduale insabbiamento; le operazioni di dragaggio di recente terminate e che hanno messo fine ad una emergenza in corso dal 2011, hanno, tuttavia, causato pesanti disagi per l'utenza, le attività commerciali e a tutti gli operatori coinvolti;
    in tale contesto è necessario prevedere interventi infrastrutturali di natura strutturale che siano in grado di evitare l'insabbiamento del porto e l'esondazione del fiume, permettendo i normali traffici commerciali e turistici ed evitare la necessità di dover ricorrere ad una costosa manutenzione dei lavori di dragaggio al fine di evitare il rischio di nuove esondazioni per le aree urbane più prossime all'asta fluviale e l'inagibilità per gli impianti portuali;
    risulta, quindi, prioritario pianificare un intervento infrastrutturale risolutivo per il porto della città di Pescara, in funzione del particolare grado di antropizzazione dei relativi territori e delle infrastrutture e servizi ivi presenti, nonché dell'urgenza riscontrata, al fine della prevenzione e della riduzione delle attuali condizioni di rischio;
    la Regione Abruzzo stima che solo per evitare le esondazioni del fiume Pescara e mettere in sicurezza la città e il porto servono 73 milioni da utilizzare per la realizzazione delle vasche di raccolta, degli argini e delle difese spondali nelle zone terminali del fiume; allo stato attuale la Regione non è in grado di sostenere finanziariamente tale onere;
    il provvedimento in commento, al comma 5, determina la dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione relativamente al ciclo di programmazione 2014-2020 nella misura di 54.810 milioni di euro e ne dispone l'immediata iscrizione nel bilancio 2014-2016 nella misura di 50 milioni nel 2014, di 500 milioni nel 2015 e 1 miliardo nel 2016. Per gli anni successivi, la quota residua, sarà ripartita in quote annuali secondo le determinazioni della tabella E delle singole leggi di stabilità;
    la Commissione bilancio ha approvato un emendamento il quale prevede che il Ministro delegato alle politiche per la coesione territoriale, d'intesa con i ministri interessati, destina quota parte delle risorse del Fondo per le politiche di coesione, al finanziamento degli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti SIN, e di altri interventi in materia di politiche ambientali; il programma delle infrastrutture strategiche di cui all'allegato III alla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanze 2013, aggiornato a settembre 2013, per l'infrastruttura dell’hub portuale di Pescara stima un costo di 20 milioni di euro e un fabbisogno complessivo di pari importo,

impegna il Governo:

   a destinare una quota, pari ad almeno 15 milioni di euro, delle risorse del Fondo per le politiche di coesione, al finanziamento, per il 2014, di interventi infrastrutturali e di bonifica lungo l'asse fluviale del Fiume Pescara e nel porto canale della città di Pescara, per far fronte alla grave emergenza idrogeologica e ambientale che interessa il bacino del fiume Pescara e superare con soluzioni strutturali il problema dell'insabbiamento dell'alveo del fiume Pescara;
   a prevedere nell'ambito della programmazione finanziaria delle opere prioritarie le risorse necessarie alla copertura del fabbisogno previsto per la realizzazione delle opere infrastrutturali del porto di Pescara.
9/1865-A/33Castricone, D'Incecco, Melilla, Amato, Ginoble.


   La Camera,
   premesso che:
    straordinari eventi sismici hanno interessato tutto il territorio della Lunigiana e della Garfagnana nel mese di giugno 2013, causando danni ingenti, valutati in circa 30 milioni di euro e più di 450 persone ancora evacuate;
    1.100 abitazioni sono inagibili o parzialmente inagibili nella provincia di Lucca e Massa-Carrara, con il 95 per cento delle abitazioni inagibili ubicate nei comuni di Fivizzano e Casola in Lunigiana in provincia di Massa e nel comune di Minucciano in provincia di Lucca;
    gli eventi sismici, considerati straordinarietà, purtroppo, nel corso di questi ultimi anni, sono diventati quasi «ordinarietà» e costringono, gioco forza, istituzioni, enti, imprese, società civile, semplici cittadini, a ripensare e rivedere il modello di sviluppo che dovrà, necessariamente, risultare più attento alle esigenze del territorio;
    dopo le prime fasi dell'emergenza, in cui tutto il sistema di protezione civile ha più che egregiamente fronteggiato l'incalzare dei tragici eventi assieme alle forze dello Stato, di concerto con il pronto intervento della regione Toscana e delle squadre di volontariato regionale e provinciale, nonché l'impegno dei sindaci e degli enti locali, occorre adesso mettere mano alle operazioni di messa in sicurezza del territorio e delle abitazioni nonché allo stanziamento di finanziamenti per la ricostruzione di tutte le aree danneggiate e degli immobili; al comma 70-ter del provvedimento in oggetto si prevede uno stanziamento pari a 50 milioni di euro per l'anno 2014 finalizzato per interventi in conto capitale nei territori colpiti da eventi calamitosi verificatisi successivamente all'anno 2009,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assicurare la finalizzazione di parte dei fondi di cui al citato comma 70-ter, pari ad almeno 5 milioni di euro per l'anno 2014, per consentire l'avvio dell'opera di ricostruzione necessaria nei territori della Toscana a seguito dell'evento sismico verificatosi il 21 giugno 2013, ed in particolare nei comuni di Fivizzano e Casola in provincia di Massa-Carrara e nel comune di Minucciano in provincia di Lucca.
9/1865-A/34Rigoni.


   La Camera,
   premesso che:
    gli ultimi eventi calamitosi hanno fortemente compromesso la viabilità ordinaria di tutta la Calabria con particolare riferimento alla provincia di Crotone;
    sono ormai trascorsi 15 anni dal trasferimento delle competenze da parte dell'Anas verso le province ma queste non hanno ricevuto adeguati finanziamenti né per l'ordinaria manutenzione, tanto meno per interventi straordinari;
    a seguito dell'alluvione dei primi del mese di dicembre 24 delle 66 strade provinciali crotonesi sono interdette alla circolazione. Per altre 6 il traffico è limitato ai soli mezzi leggeri e, su altre 17 arterie provinciali, si registrano cedimenti di parte della sede stradale, smottamenti e frane la cui pericolosità non può e non deve essere sottovalutata;
    le situazioni più delicate riguardano i comuni di Strongoli, Cutro, Scandale, Mesoraca, Verzino, Roccabernarda, Petilia Policastro, Umbriatico, Cirò, Carfizzi, San Nicola dell'Alto;
    la stessa SS 106 jonica è stata interessata da enormi danni alla sede stradale;
    si tratta, tra l'altro, di zone storicamente condizionate nel loro sviluppo dall'assenza di adeguate strade di collegamento;
    è indispensabile affrontare questa emergenza che sta sempre di più condizionando la vita quotidiana di queste comunità,

impegna il Governo

ad istituire entro 60 giorni dall'approvazione della presente legge un tavolo di concertazione, coinvolgendo anche con gli Enti Locali interessati, presso il Ministero delle infrastrutture finalizzato ad affrontare le numerose e gravi emergenze di viabilità della Provincia di Crotone.
9/1865-A/35Oliverio.


   La Camera,
   premesso che:
    gli ultimi eventi calamitosi hanno fortemente compromesso la viabilità ordinaria di tutta la Calabria con particolare riferimento alla provincia di Crotone;
    sono ormai trascorsi 15 anni dal trasferimento delle competenze da parte dell'Anas verso le province ma queste non hanno ricevuto adeguati finanziamenti né per l'ordinaria manutenzione, tanto meno per interventi straordinari;
    a seguito dell'alluvione dei primi del mese di dicembre 24 delle 66 strade provinciali crotonesi sono interdette alla circolazione. Per altre 6 il traffico è limitato ai soli mezzi leggeri e, su altre 17 arterie provinciali, si registrano cedimenti di parte della sede stradale, smottamenti e frane la cui pericolosità non può e non deve essere sottovalutata;
    le situazioni più delicate riguardano i comuni di Strongoli, Cutro, Scandale, Mesoraca, Verzino, Roccabernarda, Petilia Policastro, Umbriatico, Cirò, Carfizzi, San Nicola dell'Alto;
    la stessa SS 106 jonica è stata interessata da enormi danni alla sede stradale;
    si tratta, tra l'altro, di zone storicamente condizionate nel loro sviluppo dall'assenza di adeguate strade di collegamento;
    è indispensabile affrontare questa emergenza che sta sempre di più condizionando la vita quotidiana di queste comunità,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di istituire entro 60 giorni dall'approvazione della presente legge un tavolo di concertazione, coinvolgendo anche con gli Enti Locali interessati, presso il Ministero delle infrastrutture finalizzato ad affrontare le numerose e gravi emergenze di viabilità della Provincia di Crotone.
9/1865-A/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Oliverio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 6, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, prevedeva, con riferimento agli interventi in materia di edilizia sanitaria di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, che alla Regione Abruzzo fosse riconosciuta priorità nell'utilizzo delle risorse disponibili nel bilancio statale ai fini della sottoscrizione di un apposito Accordo di programma mirato alla ricostruzione ed alla riorganizzazione delle strutture sanitarie regionali, secondo standards idonei a ridurre il rischio sismico;
    la medesima disposizione prevedeva inoltre che, con riferimento agli interventi programmati nell'ambito dell'Accordo di programma a suo tempo vigente, la Regione Abruzzo procedesse, previo parere del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, alle opportune rimodulazioni, al fine di favorire le opere di consolidamento e di ripristino delle strutture danneggiate;
   considerato che:
    in relazione alla suddetta disciplina, la Regione Abruzzo ha avviato con le amministrazioni centrali competenti un'interlocuzione che, nonostante l'avvenuta acquisizione dei relativi pareri, non risulta abbia condotto ad alcuna determinazione da parte dell'amministrazione regionale, con la conseguenza che a tutt'oggi, ad oltre quattro anni dalla sua previsione normativa, il prioritario accesso alle risorse statali per gli interventi regionali di edilizia sanitaria non ha ancora trovato attuazione;
   considerato, in particolare, che:
    la mancata attuazione della suddetta disciplina ha condizionato la programmazione di interventi edilizi anche urgenti, quali la realizzazione, secondo standards costruttivi anti-sismici, di cinque nuove strutture ospedaliere, nei comuni rispettivamente di Giulianova, Vasto, Lanciano, Sulmona e Avezzano,

impegna il Governo:

   a verificare, nell'ambito delle proprie prerogative e competenze, se la mancata attuazione della disposizione di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, sia ascrivibile a difficoltà di ordine procedurale o amministrativo ovvero a responsabilità e inerzie dell'amministrazione regionale interessata;
   ad adottare ogni iniziativa idonea a sollecitare la regione Abruzzo alla sottoscrizione dell'Accordo di programma di cui alla medesima disposizione, affinché possa essere finalmente avviato un programma di ricostruzione e riorganizzazione delle strutture sanitarie regionali, idoneo a garantire alla popolazione abruzzese un'adeguata dotazione di strutture ospedaliere conformi agli standards anti-sismici.
9/1865-A/36Amato, D'Incecco, Castricone, Ginoble.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014), predisposto sulla base del criterio della legislazione vigente, ai sensi dell'articolo 21, comma 1, della legge di contabilità pubblica, prevede una serie di missioni, che rappresentano le funzioni principali della spesa pubblica e ne delineano gli obiettivi strategici, ed i programmi di spesa, che costituiscono le unità di voto parlamentare;
    la manovra di bilancio e di finanza pubblica in particolare evidenzia una molteplicità di norme ed interviene nella disciplina di una pluralità di ambiti materiali e più differenti, che incidono su diversi settori dell'ordinamento nell'ottica del disegno di legge di stabilità per il 2014;
    nel settore dei trasporti e del diritto alla mobilità, il disegno di legge di stabilità e di bilancio, contiene sia all'interno dell'articolato, che nelle tabelle, una serie di misure a favore delle politiche dei trasporti a sostegno dei sistemi stradali, autostradali, ferroviari ed intermodali;
    nel corso dell'esame in sede referente, fra le diverse proposte emendative approvate, sono state inserite alcune misure connesse alla continuità territoriale e alle strategie trasportistiche, tra la terraferma e le isole, configurata attraverso i servizi di trasporto marittimo in particolare quello veloce;
    per assicurare la prosecuzione dei collegamenti di servizio di trasporto marittimo veloce nello stretto di Messina per l'anno 2014, il disegno di legge di stabilità, autorizza la spesa complessiva di 8,4 milioni di euro, limitatamente all'anno 2014, per sostenere l'esigenza legata all'aumento del traffico passeggeri e garantire al contempo, la continuità territoriale nell'area dello Stretto di Messina, attraverso il trasporto marittimo veloce di passeggeri tra le città di Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni, il cui contratto di servizio scade il prossimo 31 dicembre 2013;
    la proroga di dodici mesi, se nell'immediato supplisce le attuali criticità, dall'altro non costituisce una soluzione definitiva alle complessità riconducibili alla difesa di una continuità permanente nei riguardi degli utenti del servizio di collegamento marittimo;
    la suindicata proposta emendativa approvata, s'inserisce in coerenza con le dichiarazioni del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito dell'esposizione delle linee guida delle attività connesse «al diritto alla mobilità» previsto dall'articolo 16 della Costituzione e della necessità di garantire la mobilità, attraverso un servizio di trasporto che non penalizzi i cittadini residenti nei territori meno favoriti;
    nell'ambito della risposta fornita all'interrogazione n. 5-00402, dello scorso 25 giugno 2013, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ben consapevole dell'importanza che tale servizio riveste nei collegamenti giornalieri tra Sicilia e Calabria, ha in più occasioni prospettato la necessità e l'urgenza di un rifinanziamento di detto servizio, stimato in circa 26 milioni di euro per il triennio 2014-2016, come, peraltro, richiesto dalle Autorità locali (Regioni, Province e Comuni) anche in considerazione dei buoni risultati conseguiti nel corso degli anni;
    la suindicata risposta tuttavia, ha altresì evidenziato, che in sede di programmazione da parte del Ministero dell'Economia e delle finanze non è stato possibile dare seguito a causa delle note difficoltà di bilancio, sostenendo inoltre che rimane comunque fermo l'impegno del Governo a porre in essere ogni utile iniziativa atta al reperimento delle risorse necessarie per l'avvio di una nuova gara che assicuri l'espletamento del servizio per un arco di tempo (2014-2016);
    un meccanismo di copertura dei costi in grado di assicurare per il successivo biennio all'anno 2014, il servizio di collegamento tra le città di Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni, su un'area delicata nella quale i trasporti marittimi sono essenziali, risulta pertanto fondamentale nell'ambito dell'area metropolitana dello Stretto, in particolare per i pendolari che quotidianamente si spostano tra le due sponde dello Stretto,

impegna il Governo

a prevedere nei prossimi interventi legislativi, misure finanziarie volte ad integrare per gli anni 2015 e 2016, i collegamenti di servizio di trasporto marittimo veloce nello Stretto di Messina, al fine di evitare ulteriori penalizzazioni nei confronti di quelle aree geografiche insulari, in un quadro più generale di garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini e di coesione di natura economica e sociale, promosso in sede europea.
9/1865-A/37Garofalo, D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014), predisposto sulla base del criterio della legislazione vigente, ai sensi dell'articolo 21, comma 1, della legge di contabilità pubblica, prevede una serie di missioni, che rappresentano le funzioni principali della spesa pubblica e ne delineano gli obiettivi strategici, ed i programmi di spesa, che costituiscono le unità di voto parlamentare;
    la manovra di bilancio e di finanza pubblica in particolare evidenzia una molteplicità di norme ed interviene nella disciplina di una pluralità di ambiti materiali e più differenti, che incidono su diversi settori dell'ordinamento nell'ottica del disegno di legge di stabilità per il 2014;
    nel settore dei trasporti e del diritto alla mobilità, il disegno di legge di stabilità e di bilancio, contiene sia all'interno dell'articolato, che nelle tabelle, una serie di misure a favore delle politiche dei trasporti a sostegno dei sistemi stradali, autostradali, ferroviari ed intermodali;
    nel corso dell'esame in sede referente, fra le diverse proposte emendative approvate, sono state inserite alcune misure connesse alla continuità territoriale e alle strategie trasportistiche, tra la terraferma e le isole, configurata attraverso i servizi di trasporto marittimo in particolare quello veloce;
    per assicurare la prosecuzione dei collegamenti di servizio di trasporto marittimo veloce nello stretto di Messina per l'anno 2014, il disegno di legge di stabilità, autorizza la spesa complessiva di 8,4 milioni di euro, limitatamente all'anno 2014, per sostenere l'esigenza legata all'aumento del traffico passeggeri e garantire al contempo, la continuità territoriale nell'area dello Stretto di Messina, attraverso il trasporto marittimo veloce di passeggeri tra le città di Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni, il cui contratto di servizio scade il prossimo 31 dicembre 2013;
    la proroga di dodici mesi, se nell'immediato supplisce le attuali criticità, dall'altro non costituisce una soluzione definitiva alle complessità riconducibili alla difesa di una continuità permanente nei riguardi degli utenti del servizio di collegamento marittimo;
    la suindicata proposta emendativa approvata, s'inserisce in coerenza con le dichiarazioni del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito dell'esposizione delle linee guida delle attività connesse «al diritto alla mobilità» previsto dall'articolo 16 della Costituzione e della necessità di garantire la mobilità, attraverso un servizio di trasporto che non penalizzi i cittadini residenti nei territori meno favoriti;
    nell'ambito della risposta fornita all'interrogazione n. 5-00402, dello scorso 25 giugno 2013, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ben consapevole dell'importanza che tale servizio riveste nei collegamenti giornalieri tra Sicilia e Calabria, ha in più occasioni prospettato la necessità e l'urgenza di un rifinanziamento di detto servizio, stimato in circa 26 milioni di euro per il triennio 2014-2016, come, peraltro, richiesto dalle Autorità locali (Regioni, Province e Comuni) anche in considerazione dei buoni risultati conseguiti nel corso degli anni;
    la suindicata risposta tuttavia, ha altresì evidenziato, che in sede di programmazione da parte del Ministero dell'Economia e delle finanze non è stato possibile dare seguito a causa delle note difficoltà di bilancio, sostenendo inoltre che rimane comunque fermo l'impegno del Governo a porre in essere ogni utile iniziativa atta al reperimento delle risorse necessarie per l'avvio di una nuova gara che assicuri l'espletamento del servizio per un arco di tempo (2014-2016);
    un meccanismo di copertura dei costi in grado di assicurare per il successivo biennio all'anno 2014, il servizio di collegamento tra le città di Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni, su un'area delicata nella quale i trasporti marittimi sono essenziali, risulta pertanto fondamentale nell'ambito dell'area metropolitana dello Stretto, in particolare per i pendolari che quotidianamente si spostano tra le due sponde dello Stretto,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere nei prossimi interventi legislativi misure finanziarie volte ad integrare per gli anni 2015 e 2016, i collegamenti di servizio di trasporto marittimo veloce nello Stretto di Messina, al fine di evitare ulteriori penalizzazioni nei confronti di quelle aree geografiche insulari, in un quadro più generale di garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini e di coesione di natura economica e sociale, promosso in sede europea.
9/1865-A/37. (Testo modificato nel corso della seduta) Garofalo, D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 122 del disegno di legge in esame reca «Misure di carattere sociale» e, in particolare prevede uno stanziamento di 600 milioni di euro per il Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, al fine di rifinanziare gli ammortizzatori sociali in deroga di cui all'articolo 2, commi 64, 65 e 66, della legge 28 giugno 2012, n. 92;
    il comma 133 prevede il rifinanziamento, nella misura di 250 milioni di euro per l'anno 2014, del programma Carta acquisti di cui all'articolo 81, commi 29 e seguenti del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
    sempre al comma 133, è stato indicato che quanto già previsto sotto forma di carta acquisti diventi una sperimentazione di un apposito programma di sostegno per l'inclusione attiva, volto al superamento della condizione di povertà, all'inserimento e al reinserimento lavorativo e all'inclusione sociale;
    l'introduzione della Carta Acquisti non costituisce un intervento adeguato alla situazione di grave emergenza sociale in cui versa il paese; peraltro, ulteriori tentativi già attuati di regolare l'apporto economico degli appositi fondi europei tramite il solo utilizzo di carte di acquisto rischiano di comportare la mancata assistenza da parte dello Stato per milioni di cittadini in condizioni di povertà o di esclusione sociale;
    permane la necessità di provvedere alla realizzazione di un piano di riassetto complessivo degli strumenti di tutela del reddito;
    risulta del tutto discriminatorio ed anticostituzionale il fatto che ad oggi solo alcune tipologie di lavoratori e non tutti i cittadini beneficino di ammortizzatori sociali;
    è indispensabile semplificare il welfare e renderlo al contempo più certo ed essenziale, più concretamente presente nella vita dei cittadini molti dei quali sono costretti a sopravvivere al problema occupazionale dovendosi al contempo confrontare con un sistema eccessivamente frammentato e non in grado di fornire certezze;
    è necessario che ogni persona abbia la possibilità di affrancarsi dall'ansia della precarietà e che il mondo del lavoro, ad oggi malato a causa dell'eccessiva offerta di lavoro e della scarsità della domanda, possa riqualificarsi in modo generale consentendo ad ogni lavoratrice e ad ogni lavoratore di rifiutare offerte di lavoro mal retribuite e spesso non in regola;
    tra gli ammortizzatori sociali andrebbe previsto il cosiddetto reddito minimo, o il simile istituto del reddito di cittadinanza, ispirato a principi di universalità, essendo anch'esso rientrante nel complesso di misure finalizzate al sostegno del reddito di coloro che si trovano involontariamente in una situazione d'indigenza;
    misure di attuazione del cosiddetto reddito di cittadinanza sono presenti nella maggior parte dei paesi dell'Unione europea e in molti paesi non comunitari;
    il reddito di cittadinanza è uno strumento che assicura, in via principale e preminente, l'autonomia delle persone e la loro dignità, e non si riduce ad una mera misura assistenzialistica contro la povertà;
    appare necessario abbandonare al più presto il criterio della legislazione «emergenziale» ed assicurare ai cittadini la certezza dello stato sociale e il reale accompagnamento all'inserimento lavorativo,

impegna il Governo

   ad assumere iniziative che prevedano l'introduzione del reddito di cittadinanza tramite:
    l'integrazione adeguata del reddito delle persone affinchè tutti possano vivere con dignità,
    la tutela del diritto all'abitazione,
    la tutela delle persone senza fissa dimora,
    la lotta al lavoro nero,
    il giusto inserimento nel mondo del lavoro,
    l'ottimizzazione dei processi svolti nel settore pubblico anche in cooperazione con il settore privato e riferiti all'accompagnamento ed al reinserimento lavorativo delle persone,
    l'incentivazione per le aziende che assumono persone in difficoltà economica,
    l'istituzione di un salario minimo,
    la lotta all'abbandono scolastico,
    l'incentivazione all'acquisizione di una qualifica professionale,
    azioni che permettano l'accrescimento del senso di comunità.
9/1865-A/38Pesco, Alberti, Baroni, Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone in materia di società controllate dalle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 dell'articolo 1 del decreto legislativo n.165 del 2011, modificando quanto previsto in materia di soppressione e riorganizzazione dal decreto-legge n. 95 del 2012;
    la forma societaria è stata scelta dal legislatore affinché gli enti pubblici potessero svolgere le proprie funzioni secondo criteri di economicità ed efficienza; ove ciò non si verifichi, tenuto conto che le funzioni pubbliche non possono fare mero riferimento allo scopo di lucro, è opportuno procedere o alla soppressione dell'organismo deficitario o alla sostituzione dei suoi amministratori,

impegna il Governo

   a valutare la possibilità di introdurre modifiche legislative volte a prevedere che, nell'ambito società controllate dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 4, comma 1, di cui al decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, si considerino automaticamente decaduti i componenti dei consigli di amministrazione di quelle società che abbiano registrato un disavanzo di esercizio consecutivo negli anni 2012, 2013, 2014, con esclusione delle società che prestano i servizi essenziali di cui all'articolo 1 della legge 12 giugno 1990, n. 146, nonché delle società il cui risultato economico, benché negativo, sia coerente con un piano di risanamento preventivamente approvato dall'ente controllante;
   a prevedere per tali società la nomina di un Commissario governativo, affidando tale compito al Commissario straordinario per la spending review (articolo 49-bis decreto-legge n.69 del 2013)
   a prevedere, nel caso in cui le suddette società siano a parziale partecipazione regionale o miste, l'approvazione, entro 12 mesi dalla chiusura del terzo bilancio, l'adozione di un piano di cessione delle quote pubbliche da parte dell'Amministrazione pubblica partecipante.
9/1865-A/39Costa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone in materia di società controllate dalle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 dell'articolo 1 del decreto legislativo n.165 del 2011, modificando quanto previsto in materia di soppressione e riorganizzazione dal decreto-legge n. 95 del 2012;
    la forma societaria è stata scelta dal legislatore affinché gli enti pubblici potessero svolgere le proprie funzioni secondo criteri di economicità ed efficienza; ove ciò non si verifichi, tenuto conto che le funzioni pubbliche non possono fare mero riferimento allo scopo di lucro, è opportuno procedere o alla soppressione dell'organismo deficitario o alla sostituzione dei suoi amministratori,

impegna il Governo

   a valutare la possibilità di introdurre modifiche legislative volte a prevedere che, nell'ambito società controllate dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 4, comma 1, di cui al decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, si considerino automaticamente decaduti i componenti dei consigli di amministrazione di quelle società che abbiano registrato un disavanzo di esercizio consecutivo negli anni 2012, 2013, 2014, con esclusione delle società che prestano i servizi essenziali di cui all'articolo 1 della legge 12 giugno 1990, n. 146, nonché delle società il cui risultato economico, benché negativo, sia coerente con un piano di risanamento preventivamente approvato dall'ente controllante;
   a valutare la possibilità di prevedere per tali società la nomina di un Commissario governativo, affidando tale compito al Commissario straordinario per la spending review (articolo 49-bis decreto-legge n.69 del 2013)
   a prevedere, nel caso in cui le suddette società siano a parziale partecipazione regionale o miste, l'approvazione, entro 12 mesi dalla chiusura del terzo bilancio, l'adozione di un piano di cessione delle quote pubbliche da parte dell'Amministrazione pubblica partecipante.
9/1865-A/39. (Testo modificato nel corso della seduta) Costa.


   La Camera,
   premesso che:
    con Delibera del Consiglio dei Ministri del 19 novembre 2013 è stato dichiarato lo stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi metereologici verificatesi nel territorio della Regione autonoma della Sardegna con il quale, per l'attuazione dei primi interventi, si è previsto uno stanziamento di 20 milioni di euro;
    precedentemente il 15 novembre sempre con delibera del Consiglio dei ministri sono stati inoltre dichiarati due stati di emergenza per contrastare i danni causati da eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito la Toscana il 20, 21 e 24 ottobre 2013, nonché i comuni di Ginosa, Castellaneta, Palagianello e Laterza (Taranto) nei giorni 7 e 8 ottobre;
    nei giorni scorsi anche la regione Basilicata è stata duramente colpita da eventi simili per cui è stata richiesta la dichiarazione dello stato di emergenza;
    in sede di approvazione del disegno di legge «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato», Legge di stabilità per il 2014, sono stati previsti una serie di interventi, a favore della Regione Sardegna, per la messa in sicurezza del territorio, nonché per l'esclusione del patto di stabilità interno di talune spese e specifiche disposizioni per il ripristino della viabilità interrotta o danneggiata;
    il Commissario straordinario delegato per l'emergenza ha confermato, il 25 novembre scorso, che il numero dei Comuni colpiti dall'alluvione è 61 e ha aggiunto che per avere una prima stima dei danni del nubifragio ci vorranno circa 60 giorni;
    la devastazione del territorio sardo ricorda gli eventi sismici che hanno colpito l'Emilia Romagna ed il Veneto nel maggio del 2012 a seguito dei quali il Governo ha adottato una serie di interventi mirati all'aiuto alla popolazione e alle aziende;
    in tal senso la Legge di Stabilità per l'anno 2014 prevede ancora degli interventi specifici per quelle popolazioni volti ad un alleggerimento del patto di stabilità interno per la ricostruzione, per favorire la ripresa delle attività per l'attuazione di piani di ristrutturazione e di ripristino dei danni;
    con il decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74 convertito con modificazioni dalla legge 1o agosto 2012, n. 122 «Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012» è stato introdotto all'articolo 8 comma 3-bis una deroga all'articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi per cui, fino al 31 dicembre 2012, non concorrevano alla formazione del reddito di lavoro dipendente, i sussidi occasionali, le erogazioni liberali e i benefìci di qualsiasi genere, concessi da parte dei datori di lavoro a favore dei lavoratori dipendenti, residenti nei comuni colpiti dal sisma;
    allo stesso modo, prosegue la norma, non concorrevano alla formazione del reddito di lavoro dipendente, i sussidi occasionali, le erogazioni liberali e i benefici di qualsiasi genere, concessi da parte dei datori di lavoro operanti nei predetti territori, a favore dei propri lavoratori, anche se non residenti in tali comuni;
    la norma ammette una deroga temporanea ai principi di omnicomprensività della tassazione di tutte le somme e i valori erogati in relazione ad un rapporto di lavoro dipendente intendendo, in tal modo, agevolare le situazioni di disagio dei lavoratori dipendenti conseguenti agli eventi sismici del 20 e 29 maggio del 2012;
    in considerazione del perdurare della situazione di disagio dei lavoratori residenti nelle località colpite dagli eventi alluvionali, la previsione una deroga nel senso sopra esposto potrebbe agevolare i lavoratori dipendenti dei comuni della Sardegna colpiti in modo così violento dal nubifragio;
    sempre con riferimento agli eventi sismici verificatesi in Emilia Romagna il Governo, con il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 «Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012» convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 ha introdotto all'articolo 11 comma 4 alcune agevolazioni a favore degli aderenti alla previdenza complementare per l'ottenimento dell'anticipazione agevolata del TFR da utilizzare per l'acquisto o la ristrutturazione della prima casa o per ulteriori esigenze;
    tale previsione normativa sarebbe di estrema utilità per molte famiglie sarde che oggi, a seguito degli eventi alluvionali, si trovano ad affrontare l'inagibilità della propria casa senza avere disponibilità finanziarie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, apportando modifiche temporanee alla normativa vigente, anche per le popolazioni delle Regioni di cui in premessa colpite dagli eventi alluvionali ed atmosferici nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2013, una serie di disposizioni tese alla non assoggettabilità ai fini dell'imposta delle erogazioni liberali da parte dei datori di lavoro ai lavoratori dipendenti e la previsione di strumenti che permettano l'anticipazione del TRF; nonché predisporre strumenti normativi idonei volti ad attuare, anche per queste Regioni, deroghe al patto di stabilità indispensabili per la ricostruzione e la ripresa delle attività economiche.
9/1865-A/40Tabacci, Capelli.


   La Camera,
   premesso che:
    con Delibera del Consiglio dei Ministri del 19 novembre 2013 è stato dichiarato lo stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatesi nel territorio della Regione Sardegna con il quale, per l'attuazione dei primi interventi, si è previsto uno stanziamento di 20 milioni di euro;
    anche per altre regioni italiane il Consiglio dei ministri ha dovuto dichiarare lo stato di emergenza per contrastare i danni causati ancora da eccezionali eventi meteorologici; nonostante con il disegno di legge «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato», Legge di stabilità per il 2014, siano stati previsti una serie di interventi, a favore della Regione Sardegna, per la messa in sicurezza del territorio, nonché per l'esclusione del patto di stabilità interno di talune spese e specifiche disposizioni per il ripristino della viabilità interrotta o danneggiata, la devastazione che ha colpito il territorio sembra aver assunto proporzioni tali da assimilare i danni arrecati a cose e persone a quelli subiti dalle popolazioni dell'Emilia e del Veneto in conseguenza del sisma del 2012; con riferimento a queste ultime il decreto-legge n. 74 del 2012 ha dettato un'articolata disciplina degli interventi per la ricostruzione, l'assistenza alle popolazioni e la ripresa economica nel territorio;
    modifiche al decreto, nonché ulteriori norme destinate ai territori colpiti dai predetti eventi sismici sono contenute nei decreti legge n. 83 e 95 del 2012, nonché nell'articolo 11 del decreto-legge n. 174 del 2012 e nei commi 365-379 dell'articolo unico della legge di stabilità per il 2013 e da ultimo con la previsione di ulteriori misure nel disegno di legge di Stabilità per il 2014;
    in particolare il decreto-legge n. 74 del 2012 ha previsto:
   a) il differimento dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari con il decreto ministeriale economia e delle finanze del 1o giugno 2012;
   b) l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un «Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma» presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
   c) sono state previste una serie di disposizioni in materia di ricostruzione e riparazione delle abitazioni private o di immobili ad uso non abitativo; in proposito, prevedendo anche la possibilità (articolo 2-bis del decreto-legge n. 1 del 2013) di concedere dei contributi anche in modo tale da coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili;
   d) sono state, inoltre, dettate disposizioni per la predisposizione di un piano di interventi urgenti per il ripristino degli immobili pubblici, nonché in materia di edilizia scolastica e di beni culturali;
   e) sono state inserite norme per la sospensione temporanea dei termini di pagamento delle fatture relativamente ai settori dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas, l'esenzione temporanea dalle imposte sui redditi e dall'IMU dei fabbricati ubicati nelle zone del sisma; la sospensione e il differimento di adempimenti a carico delle aziende zootecniche. Ulteriori disposizioni hanno riguardato: la non sottoposizione ai fini IRPEF dei benefici concessi dai datori di lavoro privati ai lavoratori residenti e non residenti nei comuni colpiti dagli eventi sismici; la proroga di dodici mesi dei titoli di soggiorno a favore degli immigrati non in possesso dei requisiti di lavoro ovvero di residenza nei comuni colpiti dagli eventi sismici; l'esenzione dall'imposta di bollo per le istanze presentate alla pubblica amministrazione;
    per quanto riguarda gli interventi per le imprese il decreto-legge n. 74 del 2012 ha disciplinato l'intervento del Fondo di garanzia, a titolo gratuito e con priorità per tre anni in favore delle micro, piccole e medie imprese; inoltre è stato previsto l'attivazione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, per una quota fino a 25 milioni di euro, a favore delle grandi imprese che avessero le sedi operative danneggiate nei territori delle regioni colpite dagli eventi sismici; oltre alla disciplina concernente i finanziamenti per la ricostruzione è stata disciplinata la procedura per concedere ai titolari di reddito di impresa che hanno i requisiti per accedere ai contributi per la ricostruzione degli immobili danneggiati, in aggiunta ai predetti contributi, la possibilità di chiedere ai soggetti autorizzati all'esercizio del credito un finanziamento, assistito dalla garanzia dello Stato, della durata massima di due anni per provvedere al pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi, nonché di quelli da versare dal 1o dicembre 2012 al 30 giugno 2013;
    quanto alle misure dirette ai lavoratori, il decreto-legge n. 74 del 2012 ha previsto l'erogazione di specifici strumenti di tutela del reddito per determinate categorie e misure finalizzate a consentire l'espletamento delle attività in condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro; inoltre, l'istituzione di zone a burocrazia zero nelle province interessate dagli eventi sismici e la possibilità, per i lavoratori autonomi e i titolari di reddito d'impresa che hanno cessato l'esercizio delle attività, residenti nelle zone colpite dal sisma, di compensare, per gli anni 2012 e 2013, le somme dovute a titolo di imposte dirette con i crediti – non prescritti, certi, liquidi ed esigibili – vantati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale;
    per quanto riguarda il decreto-legge n. 95 del 2012 consente che i contributi per la ricostruzione degli immobili ubicati nelle zone colpite dal sisma siano concessi anche mediante finanziamenti agevolati;
    mentre il decreto-legge n. 83 del 2012 ha attribuito a imprese e lavoratori autonomi con sede legale od operativa nei territori colpiti dal sisma un contributo, sotto forma di credito di imposta, pari al costo sostenuto, per la ricostruzione, il ripristino o la sostituzione dei beni d'impresa o di lavoro autonomo distrutti o inagibili a causa del sisma stesso;
    con la legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità per il 2013) si è previsto un'ulteriore ipotesi di finanziamento garantito dallo Stato a favore dei titolari di imprese industriali, commerciali, agricole ovvero per i lavoratori autonomi, che abbiano subito un danno economico alle loro attività a seguito del sisma, al fine di poter fare fronte al pagamento dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l'assicurazione obbligatoria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche per la popolazione, per le imprese e per i lavoratori della Regione Sardegna e per le altre regioni citate in premessa colpite dagli eventi alluvionali ed atmosferici nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2013, disposizioni che per contenuto ed effetti riprendano le norme poste in essere a seguito del sisma del 2012 al fine di agevolare la ricostruzione, la ripresa economica ed il sostegno a famiglie e aziende colpite da così gravi devastazioni.
9/1865-A/41Capelli, Tabacci.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 162 stanzia la somma di 614 milioni di euro per l'anno 2014 per missioni militari internazionali;
   considerato che tali missioni:
    non sempre sono finalizzate a reali necessità per il nostro Paese;
    tendono a venire prorogate senza chiare prospettive di conclusione e senza chiari obiettivi da raggiungersi entro tempi certi;
    fanno registrare, segnatamente in Afghanistan, peggioramenti nello stato di pacificazione del territorio in cui si svolgono;
    comportano ingenti spese e sacrifici, anche di vite umane, per il nostro Paese; impediscono la realizzazione di programmi non militari di pacificazione,

impegna il Governo

ad utilizzare parte dello stanziamento suddetto per organizzare il rientro di tutti i reparti militari impegnati in Afghanistan e utilizzare le somme eccedenti per le spese di indennizzo al personale italiano esposto a particolari fattori di rischio di cui all'articolo 603 del decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66, Codice dell'ordinamento militare.
9/1865-A/42Corda, Bonaccorsi, Marco Meloni.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scorso 22 ottobre 2013 la Commissione Europea ha creato un «Gruppo di Esperti di Alto Livello» allo scopo di esaminare la migliore soluzione per regimi di tassazione dedicati al settore dell'economia digitale in Europa, con attenzione sia ai benefici che ai rischi di diversi approcci;
    lo scorso 13 gennaio 2012 la Commissione europea ha avviato un percorso per la semplificazione degli adempimenti IVA transfrontalieri per il commercio elettronico ed i servizi di telecomunicazione, primo passo verso l'introduzione di uno sportello unico per gli scambi UE a partire dal 1o gennaio 2015;
    a partire dal 1o luglio 2014 l'Italia avrà la presidenza del Consiglio Europeo e potrebbe affrontare il tema della tassazione nell'era globale in quella sede, avendo così a disposizione adeguati strumenti giuridici;
    l'articolo 26 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea sancisce il principio della libertà di stabilimento e della libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni dei trattati all'interno di uno spazio senza frontiere interne;
    Il Presidente del Consiglio, On. Enrico Letta, in occasioni pubbliche ed istituzionali, non ultimo nel corso del proprio intervento al Digital Agenda Annual Forum organizzato da Confindustria lo scorso 21 ottobre 2013, ha ribadito la centralità dell'Agenda Digitale per l'Italia quale riforma per lo Stato e la necessità di un cambio culturale e di mentalità verso le nuove tecnologie e l'innovazione, in grado di creare posti di lavoro e aumentare la competitività del Sistema Paese;
   considerato che:
    il comma 17-ter dell'A.C. 1865, disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)», ha introdotto a seguito dell'approvazione dell'emendamento 1.1702, nuova formulazione, l'obbligo per i soggetti passivi che intendano acquistare servizi di pubblicità on-line, anche attraverso centri media ed operatori terzi, ad acquistarli da soggetti titolari di una partita IVA italiana;
    la disposizione prevede inoltre che gli spazi pubblicitari on-line e i link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca, visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito o la fruizione di un servizio on-line attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili, devono essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti titolari di partita IVA italiana;
    a quanto risulta, non è stato esperito l'obbligo di notifica relativo a progetti delle regolamentazioni tecniche relative ai prodotti e, quanto prima possibile, ai servizi della società dell'informazione, alla Commissione e agli altri Stati membri prima che queste siano adottate nelle legislazioni nazionali, come previsto dalla direttiva 98/34/CE (ex 83/189/CEE);
    tale notifica in fase di progetto e il successivo esame con conseguente valutazione del contenuto, al fine di diminuire il rischio di originare barriere ingiustificate tra i diversi Stati membri, si propone di garantire trasparenza e controllo sulle regolamentazioni indicate;
    il Servizio Studi della Camera dei deputati – Dipartimento Bilancio, nel proprio documento di sintesi delle proposte di emendamento approvate all'A.C. 1865, con riferimento all'emendamento 1.1702, nuova formulazione approvato nella seduta del 13 dicembre 2013, sottolinea come appaia opportuno verificare la compatibilità con la normativa comunitaria in materia di libertà di circolazione di beni e servizi;
    come riportato da alcune fonti di stampa lo scorso 9 dicembre, il Governo avrebbe predisposto parere negativo alla proposta emendativa già presentata al Senato sottolineandone il contrasto con i principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione delle merci dei servizi e dei capitali di cui all'articolo 26 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) ed inoltre con i principi di cui all'articolo 41 della Costituzione, che stabilisce la libertà dell'iniziativa economica privata, che implica anche la libertà di commerciare fuori dei confini del territorio nazionale;
   considerato inoltre che:
    la previsione che siano visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito o la fruizione di un servizio on-line attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili, esclusivamente spazi pubblicitari on-line e link sponsorizzati acquistati attraverso soggetti titolari di partita IVA italiana è contraria alla natura stessa della rete di internet, e la sua implementazione sarebbe possibile solamente attraverso la creazione di un sistema di filtraggio della rete che non esiste in alcun Paese democratico;
    già oggi l'IVA sui servizi prestati per via elettronica è dovuta nel paese di destinazione quando il committente sia soggetto passivo e nelle transazioni tra un soggetto non stabilito nel territorio dell'Unione e un consumatore finale;
    dal gennaio 2015, lo stesso principio varrà anche per le transazioni B2C intracomunitarie. Considerato che si fa esplicito riferimento al solo caso di committenti che siano soggetti passivi, si tratta di una misura senza effetto alcuno sul piano del gettito IVA;
    il meccanismo, pur non esplicitato, sembrerebbe quello di costringere le imprese straniere ad aprire partita IVA per poter dimostrare, attraverso tale requisito formale, che dispongono di una «stabile organizzazione» nel nostro paese, così da realizzare il presupposto per l'applicazione delle imposte sui redditi a tale organizzazione riferibili. Tuttavia, è ingiustificato ritenere che sussista un'equazione necessaria tra la titolarità della partita IVA e una «stabile organizzazione»; e, anzi, proprio il già citato regolamento n. 282/2011 all'articolo 11 comma 3 preclude questa conclusione, sostenendo che «il fatto di disporre di un numero di identificazione IVA non è di per sé sufficiente per ritenere che un soggetto passivo abbia una stabile organizzazione»;
    senza adeguate norme interpretative la norma costringerebbe a chiudere le decine di migliaia di agenzie che in Italia acquistano pubblicità dai grandi gruppi internazionali e la rivendono a inserzionisti italiani, a totale nocumento quindi del sistema produttivo italiano;
    allo stesso modo, la norma metterebbe in una situazione di illegittimità tutti i contratti già siglati da inserzionisti italiani, che potrebbero condurre anche a richieste di risarcimento danni nel caso la norma in questione fosse effettivamente dichiarata contraria alle disposizioni europee,

impegna il Governo

   a notificare quanto prima la norma alla Commissione UE, come previsto dalla direttiva 98/34/CE (ex 83/189/CEE);
   ad intraprendere ogni iniziativa urgente utile a evitare che la norma introdotta procuri un danno anche solo indiretto allo sviluppo dell'economia digitale nel nostro paese, eventualmente anche sospendendo gli effetti della norma introdotta, con particolare riferimento al sistema produttivo italiano, e valutare l'opportunità di prevedere meccanismi correttivi della disposizione in oggetto e aggiungere meccanismi di forte impulso allo sviluppo dell'economia digitale nel nostro Paese in un primo provvedimento utile.
9/1865-A/43Bonaccorsi, Coppola, Causi, Giampaolo Galli, Bonomo.


   La Camera,
   premesso che:
    per minore straniero non accompagnato, «si intende il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo politico, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano» (articolo 1 comma 2, D.P.C.M. n. 535 del 1999);
    i minori stranieri non accompagnati che rientrano nella competenza della Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione sono quelli che:
     hanno meno di 18 anni;
     sono sul territorio nazionale privi di figure genitoriali e/o parentali di riferimento secondo le leggi italiane;
     non hanno fatto richiesta di protezione internazionale;
     non sono cittadini comunitari;
    secondo la direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione Divisione IV, al 30 novembre 2013 erano segnalati sul nostro territorio 8.655 minori di cui 6.537 presenti e 2.118 irreperibili;
    tra tutti questi minori (577 femmine e 8.078 maschi) ve ne sono 23 nella fascia di età fra gli 0 e i 6 anni, 635 fra i 7 e i 14 anni, 747 che hanno 15 anni, 1.516 che hanno 16 anni e 3.616 che hanno 17 anni;
    la Legge di Stabilità attualmente all'esame dell'Aula prevedeva nella sua stesura iniziale all'articolo 1 comma 130 l'incremento di 20 milioni per gli anni 2015 e 2016 del Fondo di cui all'articolo 23 comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 per l'assistenza sul territorio italiano dei minori stranieri non accompagnati, non contemplando nessun finanziamento per il 2014;
    durante l'esame in Commissione bilancio è stato approvato un emendamento che introduce il comma 130-bis e che prevede per il 2014 l'incremento di 40 milioni di euro sul fondo di cui all'articolo 23, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,

impegna il Governo

   a predisporre tutte le misure normative, regolamentari e finanziarie necessarie affinché il problema dei minori stranieri non accompagnati non sia più gestito solo in maniera emergenziale ma in un un'ottica gestionale, individuando come punto focale non solo l'immediato collocamento dei minori, ma anche i percorsi di reale inserimento;
   a intraprendere una maggiore collaborazione, fin dalle prime fasi di collocazione dei minori con gli enti locali, ed in primis con quei comuni, che vista la loro collocazione territoriale risultano maggiormente coinvolti nell'accoglienza dei minori stranieri;
   nella suddivisione dei 40 milioni stanziati per il 2014 per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati di cui al comma 130-bis nonché quelli previsti al comma 130 per gli anni 2015 e 2016 coinvolgendo in maniera continuativa attraverso, eventualmente la Conferenza Unificata, anche gli enti locali.
9/1865-A/44Lenzi, Scuvera, Murer, Miotto, Sbrollini, Amoddio, Malisani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede che venga istituito per il 2014, presso la Presidenza del Consiglio, un fondo per i nuovi nati in cui confluiranno i circa 22 milioni di euro residui del precedente «Fondo di credito per i nuovi nati»;
    si tratta di una misura di estrema importanza, soprattutto in questo periodo di crisi, dal momento che dà la possibilità di favorire l'accesso al credito delle famiglie con un nuovo figlio nato o adottato;
    in Italia ci troviamo in pieno inverno demografico e la famosa «Bomba demografica», di cui tanto si è parlato fino a qualche decennio fa non è mai esplosa: la minaccia della sovrappopolazione, ha creato una situazione nuova nella storia, dai risvolti ancora inesplorati e sottovalutati. Sta accadendo nei paesi ricchi e in quelli poveri, ad Est come in Occidente, sotto tutte le forme di governo: i tassi di fertilità stanno scendendo, in molti stati al di sotto del naturale livello di sostituzione; meno bambini, più anziani e grandi anziani (gli over 80);
    in Italia il loro numero supera già il numero dei ragazzi sotto i 14 anni. «La piramide è rovesciata», le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Dal crollo dei mercati, all'insostenibilità del sistema pensionistico, dalla fragilità economica, alla complessa situazione sociale creata dall'immigrazione; la questione demografica è una delle sfide più pressanti, più importanti ma anche più taciuta del nostro mondo;
    alla riduzione delle nascite si somma un ulteriore fattore demografico, legato allo sviluppo tecnologico; mentre il sistema sociale spinge le giovani coppie a rimandare sempre più avanti il figlio che vorrebbero, i progressi della scienza e della tecnica incoraggiano a ricorrere in molti casi alla procreazione medicalmente assistita, con la conseguenza che spesso nascono bambini immaturi e sottopeso;
    l'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce pre-termine o prematuro il bambino nato prima della 37a settimana di gestazione. I bambini pretermine rappresentano attualmente circa il 7 per cento di tutti i nati. In Italia ogni anno nascono circa 40.000 bambini pretermine, ma il rischio è in forte aumento. Sono bambini che spesso presentano dei difetti congeniti in grado di determinare una disabilità. I difetti congeniti conosciuti sono migliaia e possono essere causati da fattori genetici o ambientali, le cui cause nella maggior parte dei casi (più dei 2/3) non sono chiare;
    tuttavia, dette misure rischiano di avere una portata limitata se non supportate da mezzi in grado di rendere più sicuri i punti nascita, avvalendosi anche del potenziamento delle unità di terapia intensiva neonatale (TIN), contribuendo così a migliorare significativamente l'assistenza ai neonati prematuri, attraverso screening neonatali allargati, per patologie metaboliche ereditarie, per la cui terapia esistono evidenze scientifiche efficaci;
    l'evento nascita ha dei forti risvolti sociali per l'intero Paese e se da un lato occorre facilitare alle giovani coppie un livello di occupazione che permetta loro di diventare rapidamente autonome, dall'altro occorre garantire ai bambini che nasceranno le migliori condizioni di vita possibili,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di prevedere la razionalizzazione dei punti nascita e il potenziamento del numero dei posti di terapia intensiva nelle grandi maternità accompagnando l'erogazione dei bonus alla maternità con misure che rendano più sicura la nascita;
   ad assicurare, anche attraverso iniziative legislative future, screening neonatali allargati, per patologie metaboliche ereditarie, obbligatori in tutti i punti nascita.
9/1865-A/45Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha istituito, a decorrere dall'anno 2013 il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale nelle regioni a statuto ordinario, alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina;
    secondo il comma 3, del medesimo articolo i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
    tali criteri, basati sulla spesa storica, sono individuati, in particolare, tenendo conto del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali, salvaguardando le esigenze della mobilità nei territori anche con differenziazione dei servizi, e sono finalizzati a incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare e rendere efficiente la programmazione e la gestione dei servizi;
    poiché la legge delega 5 maggio 2009, n. 42 tra i princìpi e criteri direttivi generali, annovera la determinazione del costo e del fabbisogno standard quale costo e fabbisogno che, valorizzando l'efficienza e l'efficacia, costituisce l'indicatore rispetto al quale comparare e valutare l'azione pubblica e la definizione degli obiettivi di servizio cui devono tendere le amministrazioni regionali e locali nell'esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o alle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione,

impegna il Governo

a prevedere che, a decorrere dal 1° gennaio 2014, una quota del fondo, non inferiore al 50 per cento sia definita e ripartita sulla base del costo standard di produzione dei servizi determinato per ciascuna modalità di trasporto.
9/1865-A/46Marchetti, Lodolini, Petrini, Preziosi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha istituito, a decorrere dall'anno 2013 il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale nelle regioni a statuto ordinario, alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina;
    secondo il comma 3, del medesimo articolo i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
    tali criteri, basati sulla spesa storica, sono individuati, in particolare, tenendo conto del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali, salvaguardando le esigenze della mobilità nei territori anche con differenziazione dei servizi, e sono finalizzati a incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare e rendere efficiente la programmazione e la gestione dei servizi;
    poiché la legge delega 5 maggio 2009, n. 42 tra i princìpi e criteri direttivi generali, annovera la determinazione del costo e del fabbisogno standard quale costo e fabbisogno che, valorizzando l'efficienza e l'efficacia, costituisce l'indicatore rispetto al quale comparare e valutare l'azione pubblica e la definizione degli obiettivi di servizio cui devono tendere le amministrazioni regionali e locali nell'esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o alle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che, a decorrere dal 1° gennaio 2014, una quota del fondo, non inferiore al 50 per cento sia definita e ripartita sulla base del costo standard di produzione dei servizi determinato per ciascuna modalità di trasporto.
9/1865-A/46. (Testo modificato nel corso della seduta) Marchetti, Lodolini, Petrini, Preziosi.


   La Camera,
   premesso che:
    il protrarsi della crisi economica e occupazionale del paese, in Sicilia ha assunto dimensioni drammatiche, con un numero di occupati che ha toccato il livello più basso degli ultimi diciassette anni e con un prodotto interno lordo che dovrebbe registrare una flessione prossima al 3,0 per cento. In tale contesto, si segnala la particolare situazione della provincia di Siracusa che oltre a dover affrontare gli effetti della più grave recessione dalla seconda guerra mondiale, sconta i ritardi nel finanziamento di due grandi programmi di riconversione e innovazione industriale e di riqualificazione ambientale del territorio;
    come noto, nel 2009 è stato siglato l'accordo di programma per interventi di riqualificazioni ambientali funzionali alla reindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel sito di interesse nazionale di Priolo, mentre nel dicembre 2005 era stato siglato l'accordo di programma sulla chimica e la riqualificazione delle attività industriali dell'area industriale di Priolo, Melilli, Augusta e Siracusa, finalizzato tra l'altro alla realizzazione di un centro di ricerche sulle nuove tecnologie sostenibili da utilizzare nella chimica, nella raffinazione e nell'energia e la realizzazione del Polo Metalmeccanico;
    rispetto a tali obiettivi, sinora sono state rese disponibili risorse assolutamente inadeguate per consentire la pur minima realizzazione di quelle opere necessarie per risanare il territorio siracusano afflitto da un grave dissesto ambientale e per rilanciare il suo comparto industriale,

impegna il Governo

a definire un programma, certo nelle quantità e nei tempi, per il finanziamento degli accordi di programma citati in premessa, nonché per l'attivazione di una sede di confronto con la Regione Sicilia, le amministrazioni locali interessate e le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro al fine di definire le modalità di attuazione di detti accordi di programma, consentendo finalmente il rispetto di impegni già assunti da diversi anni e l'attuazione di quelle misure che possano offrire risposte al territorio e alle comunità della provincia di Siracusa sul piano della sicurezza e della tutela dell'ambiente e della salute nonché la promozione dello sviluppo industriale sostenibile e l'insediamento di un tessuto di piccole e medie imprese.
9/1865-A/47Zappulla, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    il protrarsi della crisi economica e occupazionale del paese, in Sicilia ha assunto dimensioni drammatiche, con un numero di occupati che ha toccato il livello più basso degli ultimi diciassette anni e con un prodotto interno lordo che dovrebbe registrare una flessione prossima al 3,0 per cento. In tale contesto, si segnala la particolare situazione della provincia di Siracusa che oltre a dover affrontare gli effetti della più grave recessione dalla seconda guerra mondiale, sconta i ritardi nel finanziamento di due grandi programmi di riconversione e innovazione industriale e di riqualificazione ambientale del territorio;
    come noto, nel 2009 è stato siglato l'accordo di programma per interventi di riqualificazioni ambientali funzionali alla reindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel sito di interesse nazionale di Priolo, mentre nel dicembre 2005 era stato siglato l'accordo di programma sulla chimica e la riqualificazione delle attività industriali dell'area industriale di Priolo, Melilli, Augusta e Siracusa, finalizzato tra l'altro alla realizzazione di un centro di ricerche sulle nuove tecnologie sostenibili da utilizzare nella chimica, nella raffinazione e nell'energia e la realizzazione del Polo Metalmeccanico;
    rispetto a tali obiettivi, sinora sono state rese disponibili risorse assolutamente inadeguate per consentire la pur minima realizzazione di quelle opere necessarie per risanare il territorio siracusano afflitto da un grave dissesto ambientale e per rilanciare il suo comparto industriale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di definire un programma, certo nelle quantità e nei tempi, per il finanziamento degli accordi di programma citati in premessa, nonché per l'attivazione di una sede di confronto con la Regione Sicilia, le amministrazioni locali interessate e le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro al fine di definire le modalità di attuazione di detti accordi di programma, consentendo finalmente il rispetto di impegni già assunti da diversi anni e l'attuazione di quelle misure che possano offrire risposte al territorio e alle comunità della provincia di Siracusa sul piano della sicurezza e della tutela dell'ambiente e della salute nonché la promozione dello sviluppo industriale sostenibile e l'insediamento di un tessuto di piccole e medie imprese.
9/1865-A/47. (Testo modificato nel corso della seduta) Zappulla, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore della produzione della birra è un comparto produttivo che va dai grandi birrifici industriali, alle malterie fino alle centinaia di birrifici artigianali, distribuiti su tutto il territorio nazionale, a testimonianza della capacità degli italiani di fare impresa in ogni area del nostro Paese, dove le birre vengono acquistate e consumate quotidianamente da più di 35 milioni di persone;
    a seguito dell'adozione di alcuni provvedimenti normativi, la tassazione sulla birra è stata aumentata in maniera oltremodo eccessiva – fino a 50 centesimi su una birra di 1 euro – il che ha condotto l'Italia ai primi posti in Europa per il livello di tassazione – con oltre il triplo delle tasse pagate rispetto a Germania e Spagna – e sta comportando una diminuzione nei consumi i cui effetti stanno trasferendosi sul comparto produttivo, con rischi collegati all'occupazione ed estesi anche all'indotto;
    l'emergenza occupazionale, soprattutto giovanile, è oggi una priorità che il nostro Paese deve affrontare ed è, quindi, utile non discriminare un comparto che già contribuisce con oltre 4 miliardi di euro annui all'erario e che occupa circa 140.000 persone che vi lavorano nell'indotto allargato,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito di ulteriori e successivi provvedimenti normativi e regolamentari e nell'ottica di un complessivo riequilibrio con altri prodotti analoghi ed in particolare con le bibite ad alto contenuto di zucchero, una revisione delle accise sulla birra tale da evitare la possibile crisi del comparto produttivo.
9/1865-A/48Marco di Stefano, Brandolin.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore della produzione della birra è un comparto produttivo che va dai grandi birrifici industriali, alle malterie fino alle centinaia di birrifici artigianali, distribuiti su tutto il territorio nazionale, a testimonianza della capacità degli italiani di fare impresa in ogni area del nostro Paese, dove le birre vengono acquistate e consumate quotidianamente da più di 35 milioni di persone;
    a seguito dell'adozione di alcuni provvedimenti normativi, la tassazione sulla birra è stata aumentata in maniera oltremodo eccessiva – fino a 50 centesimi su una birra di 1 euro – il che ha condotto l'Italia ai primi posti in Europa per il livello di tassazione – con oltre il triplo delle tasse pagate rispetto a Germania e Spagna – e sta comportando una diminuzione nei consumi i cui effetti stanno trasferendosi sul comparto produttivo, con rischi collegati all'occupazione ed estesi anche all'indotto;
    l'emergenza occupazionale, soprattutto giovanile, è oggi una priorità che il nostro Paese deve affrontare ed è, quindi, utile non discriminare un comparto che già contribuisce con oltre 4 miliardi di euro annui all'erario e che occupa circa 140.000 persone che vi lavorano nell'indotto allargato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito di ulteriori e successivi provvedimenti normativi e regolamentari e nell'ottica di un complessivo riequilibrio con altri prodotti analoghi ed in particolare con le bibite ad alto contenuto di zucchero, una revisione delle accise sulla birra tale da evitare la possibile crisi del comparto produttivo.
9/1865-A/48. (Testo modificato nel corso della seduta) Marco di Stefano, Brandolin.


   La Camera,
   premesso che:
    anche questa manovra finanziaria prevede una decurtazione delle risorse per la politica estera del nostro Paese, anche se con un impatto minore rispetto alle ultime manovre finanziarie, avendo riguardo ad alcuni ambiti strategici per i quali si è riusciti a trovare una congrua compensazione in altre poste di bilancio (come per il capitolo relativo alla cooperazione allo sviluppo);
    rispetto alle previsioni assestate per il 2013, gli stanziamenti di competenza iscritti nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri per il 2014 fanno registrare un decremento complessivo di 284,2 milioni di euro, dei quali 275,1 milioni di parte corrente, e 9,1 milioni nel conto capitale. Con la conseguenza che gli stanziamenti di competenza nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri per il 2013 (previsioni assestate) erano pari a 1.980,9 milioni di euro, di cui 1.956,3 milioni di euro per la parte corrente e 24,6 milioni di euro per il conto capitale;
    si tratta di tagli che incidono purtroppo su ambiti di attività particolarmente strategici per il comparto Esteri, tra cui rilevano voci come lo sviluppo della rete diplomatico-consolare (-39,77 milioni, pari al 39,46 per cento rispetto allo scorso anno); i servizi ai cittadini ed alle imprese (-42,77 milioni, pari al 6,9 per cento), spese connesse alle esigenze di funzionamento e mantenimento delle sedi diplomatiche e consolari, degli istituti di cultura e delle scuole italiane all'estero;
    la rete diplomatica italiana con 319 sedi estere tra ambasciate, rappresentanze permanenti, uffici consolari e istituti di cultura è oggetto di una profonda riorganizzazione per adeguarla non solo alle esigenze di spending review, ma anche ai cambiamenti geopolitici e rispondere ai nuovi scenari internazionali. La legge n. 135 del 2012 ha indicato alla Farnesina di riorganizzare la propria rete attuando una riduzione del 20 per cento del personale diplomatico e dirigenziale e il 10 per cento del restante personale di ruolo, appartenente alle aree funzionali;
    è necessario, tuttavia, separare dal tema del piano di razionalizzazione della spesa pubblica quei capitoli virtuosi del sistema, in quanto proiezione strategica del sistema Italia nel mondo. In tale prospettiva, occorre considerare che gli Istituti Italiani di cultura ricevono 12 milioni di euro dal bilancio dello Stato ma generano circa 17 milioni con sponsorizzazioni e corsi. Ogni euro pubblico investito negli Istituti ne genera in media 1,4: 1,8 in Asia/Oceania o 2,32 in America latina, le aeree geografiche dove si registra più profitto. A Lima per ogni euro attribuito all'istituto se ne generano 10, a Rio 5, a Istanbul 3,3, a Beirut 2;
    è evidente che la strada maestra non è quella della chiusura dei nostri Istituti, centri con bilanci in attivo e che non rappresentano un peso per il bilancio dello Stato;
    l'Italia deve cogliere la nuova rilevanza strategica della cultura per rafforzare influenza e ruolo politico del Paese nel contesto europeo ed internazionale Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna hanno investito notevoli risorse nella promozione culturale all'estero e hanno operato una profonda revisione dei propri Istituti di Cultura, rendendoli da una parte più efficienti in Europa e dall'altra investendo in nuove aree di interesse strategico, come l'Africa e il Medio Oriente;
    a fronte dei finanziamenti pubblici agli Istituti di cultura (IIC) di cui sopra, la Francia mette a disposizione della sua rete di lingua e cultura risorse per 760 milioni di euro, di cui 135 per spese di gestione e personale e 625 milioni per azioni di promozione. Il British Council dispone di 826 milioni di euro annui in finanziamento pubblico, il Goethe Institut ha 156 sedi in 93 paesi con 3.000 dipendenti di cui solo 250 distaccati dalla Germania e riceve complessivamente 218 milioni di contributi statali e 103 milioni da sponsorizzazioni. In Spagna la rete dei Cervantes è attiva in 150 paesi con 1.100 dipendenti e un bilancio di 97 milioni di euro, di cui 80 milioni di contributi pubblici;
    il Presidente del Consiglio Enrico Letta, intervenendo all'assemblea generale dell'Onu, ha lanciato, nell'ambito del piano «Destinazione Italia», una serie di interventi che puntano ad attrarre investimenti esteri per favorire il rilancio della competitività quale «segnale forte che l'Italia lancia al mondo (...) perché l'Italia ha un drammatico bisogno di investimenti esteri, abbiamo scarsa capacità di attrazione»;
    è necessaria la consapevolezza dell'importanza strategica della lingua e cultura italiana come volano della promozione del Sistema Paese e dell'esigenza di pervenire a una riforma organica degli Istituti italiani di cultura all'estero,

impegna il Governo

a intervenire per cancellare dalla riorganizzazione e dalle misure contenitive previste per la rete diplomatico consolare il sistema degli Istituti Italiani di Cultura, predisponendo misure specifiche volte a valorizzare la rete degli IIC, al fine di garantire la presenza della cultura italiana nel mondo, anche alla luce degli esiti dell'indagine conoscitiva sulla promozione della lingua e cultura italiana, avviata congiuntamente nel corso della XVI legislatura dalle Commissioni Esteri ed Istruzione della Camera.
9/1865-A/49Gianni Farina.


   La Camera,
   premesso che:
    anche questa manovra finanziaria prevede una decurtazione delle risorse per la politica estera del nostro Paese, anche se con un impatto minore rispetto alle ultime manovre finanziarie, avendo riguardo ad alcuni ambiti strategici per i quali si è riusciti a trovare una congrua compensazione in altre poste di bilancio (come per il capitolo relativo alla cooperazione allo sviluppo);
    rispetto alle previsioni assestate per il 2013, gli stanziamenti di competenza iscritti nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri per il 2014 fanno registrare un decremento complessivo di 284,2 milioni di euro, dei quali 275,1 milioni di parte corrente, e 9,1 milioni nel conto capitale. Con la conseguenza che gli stanziamenti di competenza nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri per il 2013 (previsioni assestate) erano pari a 1.980,9 milioni di euro, di cui 1.956,3 milioni di euro per la parte corrente e 24,6 milioni di euro per il conto capitale;
    si tratta di tagli che incidono purtroppo su ambiti di attività particolarmente strategici per il comparto Esteri, tra cui rilevano voci come lo sviluppo della rete diplomatico-consolare (-39,77 milioni, pari al 39,46 per cento rispetto allo scorso anno); i servizi ai cittadini ed alle imprese (-42,77 milioni, pari al 6,9 per cento), spese connesse alle esigenze di funzionamento e mantenimento delle sedi diplomatiche e consolari, degli istituti di cultura e delle scuole italiane all'estero;
    la rete diplomatica italiana con 319 sedi estere tra ambasciate, rappresentanze permanenti, uffici consolari e istituti di cultura è oggetto di una profonda riorganizzazione per adeguarla non solo alle esigenze di spending review, ma anche ai cambiamenti geopolitici e rispondere ai nuovi scenari internazionali. La legge n. 135 del 2012 ha indicato alla Farnesina di riorganizzare la propria rete attuando una riduzione del 20 per cento del personale diplomatico e dirigenziale e il 10 per cento del restante personale di ruolo, appartenente alle aree funzionali;
    è necessario, tuttavia, separare dal tema del piano di razionalizzazione della spesa pubblica quei capitoli virtuosi del sistema, in quanto proiezione strategica del sistema Italia nel mondo. In tale prospettiva, occorre considerare che gli Istituti Italiani di cultura ricevono 12 milioni di euro dal bilancio dello Stato ma generano circa 17 milioni con sponsorizzazioni e corsi. Ogni euro pubblico investito negli Istituti ne genera in media 1,4: 1,8 in Asia/Oceania o 2,32 in America latina, le aeree geografiche dove si registra più profitto. A Lima per ogni euro attribuito all'istituto se ne generano 10, a Rio 5, a Istanbul 3,3, a Beirut 2;
    è evidente che la strada maestra non è quella della chiusura dei nostri Istituti, centri con bilanci in attivo e che non rappresentano un peso per il bilancio dello Stato;
    l'Italia deve cogliere la nuova rilevanza strategica della cultura per rafforzare influenza e ruolo politico del Paese nel contesto europeo ed internazionale Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna hanno investito notevoli risorse nella promozione culturale all'estero e hanno operato una profonda revisione dei propri Istituti di Cultura, rendendoli da una parte più efficienti in Europa e dall'altra investendo in nuove aree di interesse strategico, come l'Africa e il Medio Oriente;
    a fronte dei finanziamenti pubblici agli Istituti di cultura (IIC) di cui sopra, la Francia mette a disposizione della sua rete di lingua e cultura risorse per 760 milioni di euro, di cui 135 per spese di gestione e personale e 625 milioni per azioni di promozione. Il British Council dispone di 826 milioni di euro annui in finanziamento pubblico, il Goethe Institut ha 156 sedi in 93 paesi con 3.000 dipendenti di cui solo 250 distaccati dalla Germania e riceve complessivamente 218 milioni di contributi statali e 103 milioni da sponsorizzazioni. In Spagna la rete dei Cervantes è attiva in 150 paesi con 1.100 dipendenti e un bilancio di 97 milioni di euro, di cui 80 milioni di contributi pubblici;
    il Presidente del Consiglio Enrico Letta, intervenendo all'assemblea generale dell'Onu, ha lanciato, nell'ambito del piano «Destinazione Italia», una serie di interventi che puntano ad attrarre investimenti esteri per favorire il rilancio della competitività quale «segnale forte che l'Italia lancia al mondo (...) perché l'Italia ha un drammatico bisogno di investimenti esteri, abbiamo scarsa capacità di attrazione»;
    è necessaria la consapevolezza dell'importanza strategica della lingua e cultura italiana come volano della promozione del Sistema Paese e dell'esigenza di pervenire a una riforma organica degli Istituti italiani di cultura all'estero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire per cancellare dalla riorganizzazione e dalle misure contenitive previste per la rete diplomatico consolare il sistema degli Istituti Italiani di Cultura, predisponendo misure specifiche volte a valorizzare la rete degli IIC, al fine di garantire la presenza della cultura italiana nel mondo, anche alla luce degli esiti dell'indagine conoscitiva sulla promozione della lingua e cultura italiana, avviata congiuntamente nel corso della XVI legislatura dalle Commissioni Esteri ed Istruzione della Camera.
9/1865-A/49. (Testo modificato nel corso della seduta) Gianni Farina.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 62 dell'articolo 1 del disegno di legge concernente «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014)», nel riscrivere la disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 60 della legge n. 289 del 2002, ridefinisce la percentuale di riserva da destinare alla spesa per investimenti in favore dei beni culturali, calcolata per il triennio 2014-2016 fino al 3 per cento e nel limite di 100 milioni di euro annui delle risorse aggiuntive annualmente previste per infrastrutture e iscritte nello stato di previsione della spesa delle Infrastrutture e dei Trasporti;
    l'assegnazione della predetta quota è disposta dal Cipe e nell'ambito delle risorse effettivamente disponibili, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base di un programma di interventi in favore dei beni culturali;
    è necessario che nel novero degli interventi ricompresi nel programma in favore dei beni culturali siano considerati anche quelli volti a una riqualificazione funzionale di sedi destinate agli archivi di stato, con particolare riguardo a quegli archivi destinatari di importanti versamenti documentali anticipati e a tutt'oggi inadeguati ad accogliere tali versamenti;
   considerato che:
    alcuni locali o ex caserme dismesse e non più utilizzate dal Ministero della difesa si prestano ad essere riqualificate e, previ accordi interistituzionali, finalizzate a una diversa destinazione d'uso, tra cui rileva l'assegnazione a sedi di archivi di stato (nazionali o provinciali);
    in tale direzione, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, mediante la Direzione generale per gli archivi, ha in fase di conclusione un accordo con il Ministero della Difesa per la concessione di un sito da rendere funzionale alle esigenze di tutela, di conservazione, studio e consultazione della documentazione novecentesca dell'Archivio di Stato di Roma e dell'Amministrazione archivistica statale;
    l'Archivio di Stato di Roma – preposto ad accogliere la documentazione storica prodotta dagli organi centrali e romani dello Stato pontificio e quella prodotta dagli organismi statali territoriali, compresi i documenti giudiziari provenienti dalla Procura, dal Tribunale, dalla Corte d'appello – tutela, conserva e valorizza circa 55 chilometri di documentazione storica dall'Alto medioevo al Novecento; tale Archivio è attualmente diviso in due sedi, quella centrale di S. Ivo alla Sapienza (circa 30 chilometri) e quella succursale in via Galla Placidia (circa 25 chilometri);
    il 9 maggio 2011 il Tribunale Ordinario di Roma e l'Archivio di Stato di Roma hanno siglato un accordo per il versamento anticipato della documentazione processuale della Corte d'Assise di Roma dal 1972 al 1990 (ai sensi dell'articolo 41, comma 2 del decreto legislativo n. 42 del 2004), che comprende fonti essenziali ai fini della ricostruzione di fasi decisive della storia italiana (circa un chilometro di documentazione). Si tratta di una mole di documentazione significativa, un corpus cui occorre aggiungere anche quello relativo al periodo 1951-1971 ordinariamente da versare (ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004, articolo 41 comma 1). L'insieme dei due nuclei comprende processi importanti come quelli relativi al caso Sifar, al cosiddetto golpe Borghese, alle stragi di Fiumicino, al caso Moro, alla banda della Magliana, all'attentato al Sommo pontefice Giovanni Paolo II, a quelli per insurrezione armata contro i poteri dello Stato, al caso P2;
    la riorganizzazione funzionale di sedi e caserme dismesse dal Ministero della Difesa risponde, peraltro, all'esigenza di scegliere soluzioni allocative economicamente più vantaggiose per l'erario, operando investimenti in grado di effettuare, a regime, risparmi strutturali di spesa, costituendo un esempio di buone pratiche per una reale spending review, efficace e selettiva, in favore di una gestione oculata ed efficiente del patrimonio pubblico, volta al futuro e alla crescita culturale del Paese;
   valutato altresì che:
    ad oggi il costo per locazione di sedi a carico del Ministero dei Beni culturali per gli Archivi di Stato risulta essere di 18.412.046,49 euro l'anno, pari ai quattro quinti del budget annuale dell'Amministrazione archivistica statale; per quanto riguarda la sede succursale dell'Archivio di Stato di Roma, concessa in affitto dagli anni Ottanta, questa costa all'Amministrazione archivistica 907.500 euro di canone annuale, corrisposta a SO.GE.CO.RI. srl;
    nel corso di una recente audizione in Commissione Finanze della Camera, nell'ambito del lavoro in corso sulla razionalizzazione degli spazi collegata al piano di razionalizzazione della spesa pubblica – cosiddetta spending review – il direttore dell'Agenzia del demanio, Stefano Scalera, ha evidenziato come gli immobili di terzi occupati dalla Pubblica amministrazione sono oltre 11mila e costano, tra affitto e manutenzione, oltre 1,5 miliardi l'anno. Le Amministrazioni dello Stato saranno presto chiamate a scegliere – nell'individuazione degli immobili da assumere in locazione passiva – soluzioni allocative economicamente più vantaggiose per l'erario;
    la riorganizzazione funzionale di locali e caserme dismesse dal Ministero della difesa consentirebbe di conseguire, con un investimento iniziale di entità contenuta, un risparmio per gli anni futuri per il bilancio dello Stato, con il vantaggio di un miglioramento degli indicatori di performance in riferimento alle soluzioni allocative per finalità istituzionali,

impegna il Governo

   a prevedere che, in sede di attuazione e ripartizione delle riserve di spesa, di cui al comma 62 dell'articolo 1 del presente provvedimento, quota parte delle risorse aggiuntive, di cui allo stato di previsione della spesa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e destinata alla spesa per investimenti in favore dei beni culturali, sia finalizzata alla riconversione e valorizzazione di sedi non utilizzate dal Ministero della Difesa, con particolare riferimento alle ex caserme dismesse oggetto di accordo interistituzionale fra il Ministero della Difesa e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, per la destinazione a nuove sedi degli Archivi di Stato; tale quota è volta ad agevolare una riqualificazione funzionale di sedi dismesse in favore degli Archivi che sono destinatari di rilevanti versamenti documentali anticipati e attualmente inadeguati a farvi fronte;
    ad attivarsi al fine di agevolare la conclusione di accordi interistituzionali per la riqualificazione funzionale di ex caserme dismesse per una diversa destinazione d'uso in favore di nuove sedi degli Archivi di Stato, al fine di non disperdere materiale prezioso per la tutela, lo studio e la conoscenza del patrimonio storico, culturale e politico del nostro Paese.
9/1865-A/50Bolognesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge concernente «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014)», al comma 174, autorizza la spesa di euro 56.000.000 per l'anno 2014 e di euro 2.000.000 per l'anno 2015, per l'adempimento di attività e impegni connessi al semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea del 2014;
    nel corso dell'esame della commissione bilancio sono state apportate alcune modificazioni al comma 174, tra cui rilevano, da un lato, la previsione secondo cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha l'obbligo di trasmettere ai competenti organi parlamentari – prima dell'inizio del semestre di Presidenza italiana e in ogni caso, entro e non oltre il 30 maggio 2014 – una nota puntuale sul riparto delle risorse, suddivisa per finalità e iniziative; dall'altro, la previsione aggiuntiva di spesa di 2 milioni di euro assegnati alla Presidenza del Consiglio dei ministri (nell'ambito della già prevista autorizzazione di spesa per l'anno 2014), per lo svolgimento delle attività di comunicazione del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea del 2014;
    il semestre di presidenza italiano dell'Unione europea rappresenterà una tappa importante tanto per il nostro Paese quanto per l'Europa; un'opportunità per rinnovare l'impegno europeista, rilanciare il ruolo dell'Italia quale protagonista dell'Unione, rafforzare le politiche economiche europee di rilancio degli investimenti, di riattivazione della crescita, dell'innovazione, della ricerca, dell'occupazione giovanile e soprattutto per riavvicinare l'Europa ai cittadini;
    per i fini su citati, occorre che le attività di comunicazione e di informazione, nell'ambito delle previste azioni della Presidenza del Consiglio, siano sviluppate per favorire il processo di partecipazione diffusa sui territori e rafforzare il coinvolgimento delle comunità alle politiche dell'Unione europea,

impegna il Governo

a prevedere, in considerazione del successivo riparto delle risorse in relazione alle iniziative da organizzare in vista del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea nel 2014, la destinazione di quota parte degli stanziamenti di spesa di cui al comma 174, con particolare riguardo alle somme finalizzate ad attività di comunicazione istituzionale, in favore della promozione della cosiddetta «Europa partecipata», da realizzare sia mediante l'attivazione di progetti di informazione e formazione dei cittadini e del personale degli enti territoriali, volti a un migliore e pieno utilizzo dei fondi strutturali europei, sia attraverso l'attivazione di iniziative e strumenti, come l'apertura di specifici sportelli rivolti ai cittadini, allo scopo di favorire la piena conoscenza delle azioni europee e il loro impatto sulle politiche nazionali e territoriali.
9/1865-A/51Moscatt, Ventricelli, Culotta, Ribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge concernente «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014)», al comma 174, autorizza la spesa di euro 56.000.000 per l'anno 2014 e di euro 2.000.000 per l'anno 2015, per l'adempimento di attività e impegni connessi al semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea del 2014;
    nel corso dell'esame della commissione bilancio sono state apportate alcune modificazioni al comma 174, tra cui rilevano, da un lato, la previsione secondo cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha l'obbligo di trasmettere ai competenti organi parlamentari – prima dell'inizio del semestre di Presidenza italiana e in ogni caso, entro e non oltre il 30 maggio 2014 – una nota puntuale sul riparto delle risorse, suddivisa per finalità e iniziative; dall'altro, la previsione aggiuntiva di spesa di 2 milioni di euro assegnati alla Presidenza del Consiglio dei ministri (nell'ambito della già prevista autorizzazione di spesa per l'anno 2014), per lo svolgimento delle attività di comunicazione del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea del 2014;
    il semestre di presidenza italiano dell'Unione europea rappresenterà una tappa importante tanto per il nostro Paese quanto per l'Europa; un'opportunità per rinnovare l'impegno europeista, rilanciare il ruolo dell'Italia quale protagonista dell'Unione, rafforzare le politiche economiche europee di rilancio degli investimenti, di riattivazione della crescita, dell'innovazione, della ricerca, dell'occupazione giovanile e soprattutto per riavvicinare l'Europa ai cittadini;
    per i fini su citati, occorre che le attività di comunicazione e di informazione, nell'ambito delle previste azioni della Presidenza del Consiglio, siano sviluppate per favorire il processo di partecipazione diffusa sui territori e rafforzare il coinvolgimento delle comunità alle politiche dell'Unione europea,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, in considerazione del successivo riparto delle risorse in relazione alle iniziative da organizzare in vista del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea nel 2014, la destinazione di quota parte degli stanziamenti di spesa di cui al comma 174, con particolare riguardo alle somme finalizzate ad attività di comunicazione istituzionale, in favore della promozione della cosiddetta «Europa partecipata», da realizzare sia mediante l'attivazione di progetti di informazione e formazione dei cittadini e del personale degli enti territoriali, volti a un migliore e pieno utilizzo dei fondi strutturali europei, sia attraverso l'attivazione di iniziative e strumenti, come l'apertura di specifici sportelli rivolti ai cittadini, allo scopo di favorire la piena conoscenza delle azioni europee e il loro impatto sulle politiche nazionali e territoriali.
9/1865-A/51. (Testo modificato nel corso della seduta) Moscatt, Ventricelli, Culotta, Ribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
     è sempre più urgente la necessità di accelerare l'adeguamento della rete elettrica alla nuova realtà conseguente al crescente apporto di fonti energetiche rinnovabili, anche attraverso reti più intelligenti in grado di far combaciare meglio domanda e offerta e migliorare la gestione dell'energia prodotta;
    per gli impianti a fonte rinnovabile non programmabile, come eolico e fotovoltaico, è indispensabile incentivare la «raccolta» integrale della producibilità rinnovabile, da effettuarsi anche con sistemi di accumulo/stoccaggio dell'energia elettrica prodotta per immagazzinare la produzione degli impianti stessi. Ciò consente di sfruttare tutto il potenziale della fonte energetica;
    nei prossimi anni, i sistemi fotovoltaici dovranno essere sempre più abbinati a sistemi di accumulo individuale. L'adozione dei sistemi di accumulo per gli impianti residenziali e commerciali, appare come una valida opportunità di far crescere ulteriormente il fotovoltaico domestico anche dopo la chiusura del Quinto Conto Energia;
    l'esigenza di sistemi di accumulo sarà sempre maggiore quanto più aumenterà la produzione delle rinnovabili non programmabili. Peraltro si stima che l'alto costo delle batterie scenderà del 50 per cento nei prossimi 3/5 anni, permettendo una più capillare diffusione;
    i sistemi di accumulo collegati a fonti rinnovabili, rappresentano il futuro per l'energia rinnovabile e consentono di costruire una rete ramificata che permette ad ogni edificio di essere autonomo non solo dal punto di vista dell'efficienza ma anche della stessa produzione di energia;
    l'attuale contesto normativo italiano non regolamenta direttamente l'applicazione dei sistemi di accumulo domestici, come invece già succede in alcuni paesi, come per esempio la Germania e gli USA, che al contrario riconoscono l'importanza di una corretta diffusione di sistemi di accumulo domestici e già si sono attivati per introdurre facilitazioni per la loro installazione;
    un ulteriore ritardo nella definizione di regole chiare e certe, inciderebbe negativamente sullo sviluppo di questo comparto innovativo. Se ciò accadesse, gli unici ad averne un vantaggio sarebbero le compagnie elettriche, che hanno motivi di temere la generazione distribuita, rinnovabili, autoconsumo e stoccaggio;
    si ricorda peraltro che sia Enel distribuzione che Terna, stanno realizzando sistemi di accumulo sulla base di proprie prescrizioni indipendentemente dal fatto che non esistono ancora norme di sistema/prodotto relativamente ai sistemi di accumulo,

impegna il Governo:

   ad attivarsi per una rapida definizione del quadro normativo e delle regole per l'utilizzo e la connessione alla rete nel nostro Paese dei dispositivi di accumulo abbinati a impianti rinnovabili in ambito residenziale, industriale e commerciale, al fine di incentivare la realizzazione di sistemi di accumulo/stoccaggio dell'energia elettrica prodotta;
    ad adottare opportune iniziative mirate a favorire tutte le forme di autoproduzione di energia elettrica e termica e i contratti di scambio e vendita diretta dell'energia prodotta da nuovi impianti rinnovabili.
9/1865-A/52Migliore, Zan, Lacquaniti, Zaratti, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
     è sempre più urgente la necessità di accelerare l'adeguamento della rete elettrica alla nuova realtà conseguente al crescente apporto di fonti energetiche rinnovabili, anche attraverso reti più intelligenti in grado di far combaciare meglio domanda e offerta e migliorare la gestione dell'energia prodotta;
    per gli impianti a fonte rinnovabile non programmabile, come eolico e fotovoltaico, è indispensabile incentivare la «raccolta» integrale della producibilità rinnovabile, da effettuarsi anche con sistemi di accumulo/stoccaggio dell'energia elettrica prodotta per immagazzinare la produzione degli impianti stessi. Ciò consente di sfruttare tutto il potenziale della fonte energetica;
    nei prossimi anni, i sistemi fotovoltaici dovranno essere sempre più abbinati a sistemi di accumulo individuale. L'adozione dei sistemi di accumulo per gli impianti residenziali e commerciali, appare come una valida opportunità di farcrescere ulteriormente il fotovoltaico domestico anche dopo la chiusura del Quinto Conto Energia;
    l'esigenza di sistemi di accumulo sarà sempre maggiore quanto più aumenterà la produzione delle rinnovabili non programmabili. Peraltro si stima che l'alto costo delle batterie scenderà del 50 per cento nei prossimi 3/5 anni, permettendo una più capillare diffusione;
    i sistemi di accumulo collegati a fonti rinnovabili, rappresentano il futuro per l'energia rinnovabile e consentono di costruire una rete ramificata che permette ad ogni edificio di essere autonomo non solo dal punto di vista dell'efficienza ma anche della stessa produzione di energia;
    l'attuale contesto normativo italiano non regolamenta direttamente l'applicazione dei sistemi di accumulo domestici, come invece già succede in alcuni paesi, come per esempio la Germania e gli USA, che al contrario riconoscono l'importanza di una corretta diffusione di sistemi di accumulo domestici e già si sono attivati per introdurre facilitazioni per la loro installazione;
    un ulteriore ritardo nella definizione di regole chiare e certe, inciderebbe negativamente sullo sviluppo di questo comparto innovativo. Se ciò accadesse, gli unici ad averne un vantaggio sarebbero le compagnie elettriche, che hanno motivi di temere la generazione distribuita, rinnovabili, autoconsumo e stoccaggio;
    si ricorda peraltro che sia Enel distribuzione che Terna, stanno realizzando sistemi di accumulo sulla base di proprie prescrizioni indipendentemente dal fatto che non esistono ancora norme di sistema/prodotto relativamente ai sistemi di accumulo,

impegna il Governo:

   ad attivarsi per una rapida definizione del quadro normativo e delle regole per l'utilizzo e la connessione alla rete nel nostro Paese dei dispositivi di accumulo abbinati a impianti rinnovabili in ambito residenziale, industriale e commerciale, al fine di incentivare la realizzazione di sistemi di accumulo/stoccaggio dell'energia elettrica prodotta;
    a valutare l'adozione di opportune misure mirate a favorire tutte le forme di autoproduzione di energia elettrica e termica e i contratti di scambio e vendita diretta dell'energia prodotta da nuovi impianti rinnovabili.
9/1865-A/52. (Testo modificato nel corso della seduta) Migliore, Zan, Lacquaniti, Zaratti, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia i dati relativi alle sentenze di sfratto emesse, diffuse dal Ministero dell'interno dicono che nel solo 2012 le sentenze di sfratto sono state circa 68 mila e gli sfratti per morosità incolpevole sono stati oltre 60 mila;
    la crisi economica da almeno cinque anni si sta facendo sentire anche nel settore delle locazioni e produce precarietà abitativa, riduzione dei redditi e disagio sociale che spesso sfociano in questioni di ordine pubblico;
    l'articolo 6 comma 5 della legge n. 124 del 2013 ha istituito un fondo nazionale per la morosità incolpevole e ha disposto che i comuni programmino azioni di accompagnamento sociale per il passaggio da casa a casa per sfrattati e ha disposto anche che i prefetti graduino gli sfratti sulla base delle attività di accompagnamento predisposte dai comuni;
    resta da emanare il decreto attuativo di quanto disposto dall'articolo 6, comma 5 della legge n. 124 del 2013 in materia di ripartizione delle risorse del fondo contro la morosità incolpevole alle regioni e la definizione della morosità incolpevole valida per quelle regioni e comuni che ad oggi non hanno ancora proceduto alla definizione;
    il prossimo 31 dicembre 2013 scade la proroga degli sfratti relativamente a famiglie in disagio abitativo con sfratti per sola finita locazione (ormai la minima parte degli sfratti esecutivi) con redditi inferiori ai 27 mila euro lordi e che hanno al loro interno minori, portatori di handicap e ultrasessantacinquenni;
    è necessario, e doveroso, procedere ad una nuova proroga degli sfratti, per dare il tempo necessario a far sì che gli adempimenti di legge da parte di Governo e regioni, siano emanati e per dare modo ai comuni di procedere alla realizzazione dei programmi di accompagnamento sociale per il passaggio da casa a casa per le famiglie con sfratto esecutivo anche per morosità incolpevole;
    occorre affrontare la precarietà abitativa, non solo espressa dalla questione sfratti, con interventi che devono avere carattere strutturale: il blocco degli sfratti da solo non risolve l'emergenza abitativa se contemporaneamente non si avvia una politica di edilizia pubblica sociale destinata alle famiglie a basso reddito puntando più che su nuove costruzioni sul recupero e l'adattamento del vecchio costruito;
    il Governo intende procedere alla dismissione di numerosi immobili pubblici spesso situati in aree urbane a forte disagio abitativo, che potrebbero – previi lavori di ristrutturazione – essere destinati ad edilizia residenziale pubblica, o che potrebbero fornire risorse importanti per la manutenzione e la ristrutturazione di alloggi popolari oggi inutilizzati,

impegna il Governo:

   nelle more degli adempimenti previsti dall'articolo 6, comma 5 della legge n. 124 del 2013 e per dare modo alle regioni e ai comuni di procedere alla programmazione e alle attività necessarie per affrontare la questione sfratti in maniera strutturale e basata sul passaggio da casa a casa, nonché per dare modo al Governo stesso di avviare i provvedimenti già illustrati dal Ministro delle infrastrutture, di procedere alla proroga degli sfratti compresi quelli per morosità incolpevole per tutto l'anno 2014;
   a prendere le opportune iniziative per:
    a) il recupero di decine di migliaia di case popolari oggi inutilizzate;
    b)sostenere gli affitti agevolati con una ulteriore riduzione della cedolare secca;
    c) un aumento delle risorse a favore del Fondo nazionale di sostegno per l'accesso allo abitazioni in locazione (cosiddetto Fondo affitti).
9/1865-A/53Piazzoni, Aiello, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia i dati relativi alle sentenze di sfratto emesse, diffuse dal Ministero dell'interno dicono che nel solo 2012 le sentenze di sfratto sono state circa 68 mila e gli sfratti per morosità incolpevole sono stati oltre 60 mila;
    la crisi economica da almeno cinque anni si sta facendo sentire anche nel settore delle locazioni e produce precarietà abitativa, riduzione dei redditi e disagio sociale che spesso sfociano in questioni di ordine pubblico;
    l'articolo 6 comma 5 della legge n. 124 del 2013 ha istituito un fondo nazionale per la morosità incolpevole e ha disposto che i comuni programmino azioni di accompagnamento sociale per il passaggio da casa a casa per sfrattati e ha disposto anche che i prefetti graduino gli sfratti sulla base delle attività di accompagnamento predisposte dai comuni;
    resta da emanare il decreto attuativo di quanto disposto dall'articolo 6, comma 5 della legge n. 124 del 2013 in materia di ripartizione delle risorse del fondo contro la morosità incolpevole alle regioni e la definizione della morosità incolpevole valida per quelle regioni e comuni che ad oggi non hanno ancora proceduto alla definizione;
    il prossimo 31 dicembre 2013 scade la proroga degli sfratti relativamente a famiglie in disagio abitativo con sfratti per sola finita locazione (ormai la minima parte degli sfratti esecutivi) con redditi inferiori ai 27 mila euro lordi e che hanno al loro interno minori, portatori di handicap e ultrasessantacinquenni;
    è necessario, e doveroso, procedere ad una nuova proroga degli sfratti, per dare il tempo necessario a far sì che gli adempimenti di legge da parte di Governo e regioni, siano emanati e per dare modo ai comuni di procedere alla realizzazione dei programmi di accompagnamento sociale per il passaggio da casa a casa per le famiglie con sfratto esecutivo anche per morosità incolpevole;
    occorre affrontare la precarietà abitativa, non solo espressa dalla questione sfratti, con interventi che devono avere carattere strutturale: il blocco degli sfratti da solo non risolve l'emergenza abitativa se contemporaneamente non si avvia una politica di edilizia pubblica sociale destinata alle famiglie a basso reddito puntando più che su nuove costruzioni sul recupero e l'adattamento del vecchio costruito;
    il Governo intende procedere alla dismissione di numerosi immobili pubblici spesso situati in aree urbane a forte disagio abitativo, che potrebbero – previi lavori di ristrutturazione – essere destinati ad edilizia residenziale pubblica, o che potrebbero fornire risorse importanti per la manutenzione e la ristrutturazione di alloggi popolari oggi inutilizzati,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, nelle more degli adempimenti previsti dall'articolo 6, comma 5 della legge n. 124 del 2013 e per dare modo alle regioni e ai comuni di procedere alla programmazione e alle attività necessarie per affrontare la questione sfratti in maniera strutturale e basata sul passaggio da casa a casa, nonché per dare modo al Governo stesso di avviare i provvedimenti già illustrati dal Ministro delle infrastrutture, di procedere alla proroga degli sfratti compresi quelli per morosità incolpevole per tutto l'anno 2014;
   a prendere le opportune iniziative per:
    a) il recupero di decine di migliaia di case popolari oggi inutilizzate;
    b) sostenere gli affitti agevolati con una ulteriore riduzione della cedolare secca;
    c) un aumento delle risorse a favore del Fondo nazionale di sostegno per l'accesso allo abitazioni in locazione (cosiddetto Fondo affitti).
9/1865-A/53. (Testo modificato nel corso della seduta) Piazzoni, Aiello, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge recante: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)»;
    la legge 9 agosto 2013, n. 99 recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, recante «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti», ha introdotto una imposta del 58.5 per cento del prezzo di vendita sulla sigaretta elettronica, comprese le parti di ricambio (ad esempio batterie, ricariche batterie, vaporizzatori, ecc.) e i liquidi o ricariche per sigarette elettroniche, a partire dal 1° gennaio 2014;
    sotto il profilo dell'impatto sui prezzi, la suddetta tassazione del 58.5 per cento del prezzo di vendita al pubblico sulla sigaretta elettronica avrebbe quale conseguenza principale un aumento del 140 per cento (per mantenere i margini costanti) incidendo sulla domanda che soprattutto in periodi di congiuntura economica negativa, risulterebbe di tipo contrattivo;
    sotto il profilo dell'impatto della domanda, non essendovi ancora dati riferiti all'elasticità della domanda, il Servizio Bilancio del Senato della Repubblica ha osservato come non sembri «che si sia tenuto conto di possibili effetti disincentivanti in relazione alle ricadute sul prezzo derivanti all'imposta introdotta»;
    secondo i dati (DOXA-ISS 2013) 1.6 milioni di persone utilizza la sigaretta elettronica;
    un tale aggravio sul prezzo finale porterebbe almeno il 70 per cento (dati Anafe/Fiesel) a spostarsi su prodotti venduti tramite il web, ove lo Stato non potrebbe esercitare nessun controllo, non essendo il mercato regolamentato a livello UE;
    la legge 9 agosto 2013 n. 99 recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, prevede, peraltro, che il rivenditore è tenuto alla preventiva cauzione a garanzia dell'imposta dovuta per ciascun periodo di imposta;
   in buona sostanza, si chiede al rivenditore di anticipare l'imposta di consumo prevista dalla disposizione, quando i 4.500 punti vendita attualmente esistenti non sono nelle possibilità di poter versare l'imposta in anticipo. Pertanto ciò comporterebbe la chiusura nei 60 giorni successivi all'entrata in vigore della tassazione;
    bisogna inoltre sottolineare che il 78 per cento delle persone acquista le e-cig e le relative ricariche tramite i rivenditori specializzati. La chiusura dei rivenditori inciderebbe sulla reperibilità del prodotto, e quindi anche sulle vendite e la sigaretta elettronica tornerebbe ad essere un «fenomeno» di nicchia e si sposterebbe sul web, dove lo Stato non potrebbe esercitare un adeguato controllo;
    sotto il profilo dell'impatto sull'occupazione l'imposta di consumo e gli aggravi «burocratici», conseguenti introdotti dalla la legge 9 agosto 2013, n. 99 causerebbero: la chiusura di almeno 4.000 punti vendita e la perdita di almeno 6.000 posti di lavoro;
    a fronte dell'imposta di consumo del 58,5 per cento – secondo la relazione tecnica presentata dall'esecutivo – il gettito previsto sarebbe di 117 milioni di euro;
    fermo restando l'esattezza di tale dato, non viene preso in considerazione la contrazione di gettito erariale derivante da quello che sarà il mancato pagamento di alcune imposte successivamente alla chiusura di aziende e negozi (IRPEF, IRES, IRAP, IVA, imposte comunali sulla pubblicità, cedolare sugli affitti e altro);
    durante la discussione del disegno di legge di stabilità 2014 è saltata nel maxiemendamento approvato dall'Aula del Senato della Repubblica l'emendamento accolto dalla Commissione di merito (Bilancio) che prevedeva la modifica della tassazione sulle sigarette elettroniche;
    in particolare tale norma stabiliva la riduzione per i liquidi delle sigarette elettroniche dell'imposta di consumo dal 58.5 per cento al 25 per cento del prezzo di vendita al pubblico. Per tutti gli altri prodotti contenenti nicotina e altre sostanze sostitutive dei tabacchi lavorati era prevista un'imposta di 0.25 euro;
    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo la decisione di espungere dal testo del maxiemendamento una rimodulazione della tassazione sulle sigarette elettroniche al 25 per cento appare quanto mai grave e preoccupante perché avrebbe consentito a nuove eccellenze imprenditoriali italiane di crescere sul mercato e soprattutto di abbattere costi sociali connessi al consumo del tabacco;
    si segnala, inoltre, che la scorsa estate il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/1458/74 a prima firma Lavagno ove si impegnava «a valutare l'opportunità, in attesa di evidenze conclusive oggettive, di valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare già con il prossimo provvedimento di natura economica, adeguate iniziative, anche normative, volte ad introdurre una forma di tassazione per le sigarette elettroniche molto più moderata di quella prevista dal provvedimento in esame, tenendo conto degli investimenti già effettuati da parte degli esercenti dei nuovi negozi di sigarette elettroniche, evitando così che un improvviso intervento da parte del potere pubblico mandi in disgrazia questi nuovi esercizi commerciali»,

impegna il Governo

   a dare seguito, già con il prossimo provvedimento di natura economica, all'impegno contenuto nel citato ordine del giorno 9/1458/74;
   a valutare l'opportunità, già con il prossimo provvedimento di natura economica, di porre un livello dell'imposta di consumo non oltre il 25 per cento del prezzo di vendita sui soli liquidi per sigarette elettroniche, stabilendo una tassazione di euro 0,25 per tutti i prodotti non rientranti in questa categoria.
9/1865-A/54Lacquaniti, Lavagno, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, prevede che le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione relativamente al ciclo di programmazione 2014-2020, stanziate dal precedente comma 5, secondo il riparto dell'80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento nelle aree del Centro-Nord, vengano destinate anche per gli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti d'interesse nazionale e di altri interventi in materia di politiche ambientali;
    il capitolo delle bonifiche dei siti inquinati, e quindi del risanamento di aree fortemente compromesse, rappresenta uno dei più importanti e preoccupanti aspetti delle politiche ambientali, sia per la sua valenza di necessaria tutela ambientale e sanitaria, sia per la sua valenza sociale e produttiva in quanto le aree bonificate, in particolare quelle industriali, possono ridiventare l'occasione di una rinascita di dette aree, attraverso nuove iniziative imprenditoriali, o utilizzabili per aree e attrezzature di interesse pubblico: attualmente in Italia, vi sono 57 siti di interesse nazionale (SIN), che rappresentano le zone maggiormente inquinate del nostro Paese, con un impatto rilevante sull'ambiente circostante e sulla salute pubblica. Ma dei 57 SIN sono state finora approvate bonifiche soltanto per il 10 per cento di queste aree;
    la bonifica dei SIN, di fatto non riesce a «decollare», tanto che di questi siti finora praticamente nessuno ha potuto certificare l'avvenuta completa bonifica e quindi la possibilità di avvio di un recupero completo dell'area. Territori che aspettano interventi di bonifica da anni, e intanto causano malattie e danni ambientali inaccettabili. Uno studio ha preso in considerazione 44 SIN (sui 57 complessivi) calcolando che tra il 1995 e il 2002, hanno provocato 10 mila morti in più;
    uno dei freni all'avvio di piano efficace di bonifica delle aree più inquinate, risiede certamente nei limiti di spesa imposti agli enti territoriali dal rispetto del Patto di stabilità interno,

impegna il Governo

a prevedere l'esclusione dal Patto di stabilità interno delle risorse proprie e delle risorse provenienti dallo Stato, utilizzate dalle regioni e dagli enti locali, per interventi finalizzati alla bonifica dei siti di interesse nazionale.
9/1865-A/55Lavagno, Marcon, Zan, Melilla, Zaratti, Boccadutri, Pellegrino, Di Salvo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, prevede che le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione relativamente al ciclo di programmazione 2014-2020, stanziate dal precedente comma 5, secondo il riparto dell'80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento nelle aree del Centro-Nord, vengano destinate anche per gli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti d'interesse nazionale e di altri interventi in materia di politiche ambientali;
    il capitolo delle bonifiche dei siti inquinati, e quindi del risanamento di aree fortemente compromesse, rappresenta uno dei più importanti e preoccupanti aspetti delle politiche ambientali, sia per la sua valenza di necessaria tutela ambientale e sanitaria, sia per la sua valenza sociale e produttiva in quanto le aree bonificate, in particolare quelle industriali, possono ridiventare l'occasione di una rinascita di dette aree, attraverso nuove iniziative imprenditoriali, o utilizzabili per aree e attrezzature di interesse pubblico: attualmente in Italia, vi sono 57 siti di interesse nazionale (SIN), che rappresentano le zone maggiormente inquinate del nostro Paese, con un impatto rilevante sull'ambiente circostante e sulla salute pubblica. Ma dei 57 SIN sono state finora approvate bonifiche soltanto per il 10 per cento di queste aree;
    la bonifica dei SIN, di fatto non riesce a «decollare», tanto che di questi siti finora praticamente nessuno ha potuto certificare l'avvenuta completa bonifica e quindi la possibilità di avvio di un recupero completo dell'area. Territori che aspettano interventi di bonifica da anni, e intanto causano malattie e danni ambientali inaccettabili. Uno studio ha preso in considerazione 44 SIN (sui 57 complessivi) calcolando che tra il 1995 e il 2002, hanno provocato 10 mila morti in più;
    uno dei freni all'avvio di piano efficace di bonifica delle aree più inquinate, risiede certamente nei limiti di spesa imposti agli enti territoriali dal rispetto del Patto di stabilità interno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'esclusione dal Patto di stabilità interno delle risorse proprie e delle risorse provenienti dallo Stato, utilizzate dalle regioni e dagli enti locali, per interventi finalizzati alla bonifica dei siti di interesse nazionale.
9/1865-A/55. (Testo modificato nel corso della seduta) Lavagno, Marcon, Zan, Melilla, Zaratti, Boccadutri, Pellegrino, Di Salvo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'articolo 1, comma 76, introduce un incremento delle detrazioni per lavoro dipendente che scende all'aumentare del reddito, un accorgimento che però non risolve i problemi relativi alla progressività dell'imposta sui redditi, troppo accentuata sui primi scaglioni, che non restituisce il drenaggio fiscale ai lavoratori e lascia intatti i problemi dovuti all'introduzione delle addizionali locali che, quando dovute, colpiscono il contribuente nel complesso della sua capacità contributiva, con il risultato di una altissima progressività dell'imposta per i redditi medio bassi che agisce come una trappola della povertà;
    al successivo articolo 1, commi da 288-bis a 288-sexies, è contemplata l'istituzione di un «fondo per la riduzione della pressione fiscale», finanziato con i risparmi aggiuntivi derivanti dalla spending review e le maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale, finalizzato all'incremento, in uguale misura, delle deduzioni per lavoratori autonomi ed imprese e delle detrazioni per lavoratori e pensionati;
    entrambe le disposizioni non tengono conto di due emergenze sociali che numerosi indicatori economici ed autorevoli indagini ci restituiscono; quello dell'aumento incessante dei cosiddetti incapienti e quello dell'inesorabile scivolamento verso l'indigenza di numerose famiglie italiane;
    gli interventi fiscali degli ultimi anni, infatti, hanno prodotto iniquità non solo riguardo alla distribuzione del carico fiscale, ma anche modificando profondamente quell'imposta, l'IRPEF, che avrebbe dovuto ridistribuire il peso sulla base della capacità reddituale;
    da una recente indagine dell'Associazione Bruno Trentin-lsf-lres e del Cer (Centro Europa ricerche), emerge che, a causa della progressiva perdita di capacità redistributiva del sistema, dei 19,2 milioni di contribuenti che si collocano nel primo scaglione Irpef, circa la metà, 9,3 milioni (cioè il 46,4 per cento), sono incapienti, ossia i contribuenti che non possono usufruire di sgravi fiscali perchè il loro livello di reddito è talmente basso da non percepirne il beneficio;
    più dei quattro quinti della platea, cioè 3,8 milioni, si distribuiscono, in misura equivalente fra i contribuenti che dichiarano redditi da lavoro dipendente e redditi da pensione. Il restante 18 per cento comprende gli «altri» soggetti Irpef (lavoro autonomo, professionisti, impresa individuale, rentier). Dalla stessa indagine emerge inoltre che la quota degli incapienti all'interno di ciascuna categoria, di contribuenti risulta fortemente diversificata. A fronte di un valore medio di circa il 23 per cento, gli «altri» superano il 36 per cento a fronte del più contenuto peso fra i pensionati (25 per cento) e fra i dipendenti (18 per cento). Ulteriori indicazioni di natura distributiva si traggono da un «focus» sui redditi fino a 15.000 euro, la classe in cui, come si è sottolineato, si concentra la quasi totalità degli incapienti (il 95,7 per cento);
    gli effetti del riordino delle detrazioni Irpef per i redditi da lavoro dipendente previsto dal suddetto comma 76 del provvedimento interessa circa 17,5 milioni, dei quali poco più di 4,5 milioni (26,08 per cento) sono esclusi dal beneficio perché, appunto, incapienti. La stessa norma non ricomprende neanche misure destinate a ridurre l'incidenza del carico fiscale per le famiglie, e previste, invece, dall'articolo 12 del TUIR;
    il rigore nella gestione dei conti pubblici ed il rientro del debito pubblico sono priorità irrinunciabili per il nostro Paese, come sottolineato anche da numerose Raccomandazioni dell'Unione Europea, che riconoscono come altrettanto prioritario ed urgente restituire alle famiglie italiane la possibilità di guardare con fiducia al futuro,

impegna il Governo

a ricomprendere, con future disposizioni normative, nel novero delle fattispecie contemplate dalle suddette misure redistributive le famiglie e gli incapienti ingiustamente esclusi dalle stesse, al fine di far percepire alle une i benefici legati all'aumento delle detrazioni d'imposta e agli altri un bonus annuale compensativo pari o superiore al mancato godimento delle stesse.
9/1865-A/56Melilla, Di Salvo, Paglia, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'articolo 1, comma 76, introduce un incremento delle detrazioni per lavoro dipendente che scende all'aumentare del reddito, un accorgimento che però non risolve i problemi relativi alla progressività dell'imposta sui redditi, troppo accentuata sui primi scaglioni, che non restituisce il drenaggio fiscale ai lavoratori e lascia intatti i problemi dovuti all'introduzione delle addizionali locali che, quando dovute, colpiscono il contribuente nel complesso della sua capacità contributiva, con il risultato di una altissima progressività dell'imposta per i redditi medio bassi che agisce come una trappola della povertà;
    al successivo articolo 1, commi da 288-bis a 288-sexies, è contemplata l'istituzione di un «fondo per la riduzione della pressione fiscale», finanziato con i risparmi aggiuntivi derivanti dalla spending review e le maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale, finalizzato all'incremento, in uguale misura, delle deduzioni per lavoratori autonomi ed imprese e delle detrazioni per lavoratori e pensionati;
    entrambe le disposizioni non tengono conto di due emergenze sociali che numerosi indicatori economici ed autorevoli indagini ci restituiscono; quello dell'aumento incessante dei cosiddetti incapienti e quello dell'inesorabile scivolamento verso l'indigenza di numerose famiglie italiane;
    gli interventi fiscali degli ultimi anni, infatti, hanno prodotto iniquità non solo riguardo alla distribuzione del carico fiscale, ma anche modificando profondamente quell'imposta, l'IRPEF, che avrebbe dovuto ridistribuire il peso sulla base della capacità reddituale;
    da una recente indagine dell'Associazione Bruno Trentin-lsf-lres e del Cer (Centro Europa ricerche), emerge che, a causa della progressiva perdita di capacità redistributiva del sistema, dei 19,2 milioni di contribuenti che si collocano nel primo scaglione Irpef, circa la metà, 9,3 milioni (cioè il 46,4 per cento), sono incapienti, ossia i contribuenti che non possono usufruire di sgravi fiscali perchè il loro livello di reddito è talmente basso da non percepirne il beneficio;
    più dei quattro quinti della platea, cioè 3,8 milioni, si distribuiscono, in misura equivalente fra i contribuenti che dichiarano redditi da lavoro dipendente e redditi da pensione. Il restante 18 per cento comprende gli «altri» soggetti Irpef (lavoro autonomo, professionisti, impresa individuale, rentier). Dalla stessa indagine emerge inoltre che la quota degli incapienti all'interno di ciascuna categoria, di contribuenti risulta fortemente diversificata. A fronte di un valore medio di circa il 23 per cento, gli «altri» superano il 36 per cento a fronte del più contenuto peso fra i pensionati (25 per cento) e fra i dipendenti (18 per cento). Ulteriori indicazioni di natura distributiva si traggono da un «focus» sui redditi fino a 15.000 euro, la classe in cui, come si è sottolineato, si concentra la quasi totalità degli incapienti (il 95,7 per cento);
    gli effetti del riordino delle detrazioni Irpef per i redditi da lavoro dipendente previsto dal suddetto comma 76 del provvedimento interessa circa 17,5 milioni, dei quali poco più di 4,5 milioni (26,08 per cento) sono esclusi dal beneficio perché, appunto, incapienti. La stessa norma non ricomprende neanche misure destinate a ridurre l'incidenza del carico fiscale per le famiglie, e previste, invece, dall'articolo 12 del TUIR;
    il rigore nella gestione dei conti pubblici ed il rientro del debito pubblico sono priorità irrinunciabili per il nostro Paese, come sottolineato anche da numerose Raccomandazioni dell'Unione Europea, che riconoscono come altrettanto prioritario ed urgente restituire alle famiglie italiane la possibilità di guardare con fiducia al futuro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ricomprendere, con future disposizioni normative, nel novero delle fattispecie contemplate dalle suddette misure redistributive le famiglie e gli incapienti ingiustamente esclusi dalle stesse, al fine di far percepire alle une i benefici legati all'aumento delle detrazioni d'imposta e agli altri un bonus annuale compensativo pari o superiore al mancato godimento delle stesse.
9/1865-A/56. (Testo modificato nel corso della seduta) Melilla, Di Salvo, Paglia, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    l'evoluzione del sistema finanziario mondiale dovuta all'innovazione tecnologica, alla crescente sofisticazione, alla partecipazione di operatori sempre più numerosi e diversi per modalità operative, ha prodotto situazioni del tutto nuove. Molti operatori, incluse le banche commerciali tradizionali, sono impegnati in attività speculative di breve termine sui cambi che possono risultare fortemente destabilizzanti per le economie e i Paesi presi di mira dalla speculazione finanziaria, incluso il nostro;
    secondo dati del FMI, negli ultimi 25 anni si sono susseguite 158 crisi finanziarie dovute soprattutto alle forti pressioni sui cambi. Dunque lo stesso mondo della finanza è vulnerabile ed esposto alle conseguenze di quegli stessi fattori che sembrano costituirne i punti di forza: libero movimento dei capitali, deregolamentazione, assenza di vincoli per gli operatori, costante innovazione dei prodotti finanziari;
    una percentuale molto alta delle transazioni che avvengono nei mercati trova giustificazione solamente nell'intenzione di fare profitti spostando rapidamente capitali da una valuta all'altra. Tali operazioni non costituiscono investimenti produttivi, e alimentano invece l'instabilità dei tassi di cambio;
    ciò che è più grave, è che le crisi finanziarie non sono un gioco «a somma zero» dove le perdite di una parte sono compensate dai guadagni di un'altra, poiché anche chi non partecipa al gioco viene travolto dagli effetti economici e sociali delle crisi legate alle speculazioni finanziarie, che possono essere devastanti: riduzione dei servizi legati alla pubblica istruzione, alla salute e all'ambiente conseguenti ai tagli di spesa; riduzione delle importazioni di beni anche indispensabili come generi alimentari e farmaci; distruzione dell'ambiente, perché il bisogno di capitali spinge i governi a cedere più facilmente concessioni minerarie, petrolifere e di sfruttamento di materie prime; svendita di risorse economiche nazionali a società straniere, attraverso la privatizzazione di imprese statali;
    in più, la fuga dei capitali che usualmente si accompagna alle crisi valutarie rende il credito più costoso, cosicché anche imprese sane sono costrette a chiudere o a ridimensionare la loro attività, con un effetto spesso drammatico sull'occupazione;
    le suddette considerazioni unite all'impegno a cui il Governo doveva ottemperare a seguito dell'approvazione nel corso della precedente legislatura di numerose mozioni che rappresentavano tutte le forze politiche presenti in Parlamento che lo impegnavano a collaborare con le istituzioni europee e con gli altri Governi già favorevoli all'introduzione nel nostro sistema fiscale di una tassazione sulle transazioni finanziarie, cosiddetta Tobin tax, principalmente volta a scoraggiare e quindi ridurre i flussi di capitali speculativi, a generare maggior gettito fiscale da destinare a scopi sociali, a rafforzare il potere di intervento delle autorità nazionali e internazionali sui mercati speculativi;
    la suddetta disciplina introdotta dall'articolo 1, commi 491-500 della legge di stabilita 2013, prevede che il trasferimento della proprietà di azioni e altri strumenti finanziari partecipativi emessi da società residenti nel territorio italiano, di titoli rappresentativi dei predetti strumenti, indipendentemente dalla residenza del soggetto emittente e di azioni a seguito della conversione di obbligazioni, venga assoggettato, per il solo anno 2013, ad un'imposta sulle transazioni finanziarie con l'aliquota dello pari allo 0,22 per cento sul valore della transazione, aliquota ridotta allo 0,12 per quei trasferimenti che avvengono in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione;
    in occasione dell'esame in sede referente presso la Commissione Bilancio dell'A.C. 1865-A con riferimento alle proposte di revisione della disciplina della suddetta tassazione ed oggetto degli emendamenti 1.382 Marcon, 1.866 Bobba ed altri e 1.2883 Zaccagnini, il Governo si è impegnato ad intervenire entro il mese di gennaio p.v., presso le Commissioni riunite Bilancio e Finanze per riferire sui risultati del primo anno di applicazione della Tobin tax, con particolare attenzione alle motivazioni dell'evidente insuccesso rispetto al gettito atteso, ma anche rispetto al fine di delineare un testo organico di riforma della legislazione vigente, che contempli anche l'eventuale riduzione dell'aliquota in vigore compensata dall'ampliamento dell'imponibile dell'imposta al valore di ogni singola operazione e non solo al valore delle transazioni regolate giornalmente;
    anche sulla base del magro gettito realizzato nel 2013, pari a circa 159 milioni di euro, che ha disatteso le aspettative del proponente ministro Monti pari a circa 1 miliardo di euro, occorrerebbe ricomprendere nel perimetro dell'imposta oltre che le azioni e gli strumenti finanziari partecipativi, anche, le obbligazioni dei privati ed i fondi di investimento e, soprattutto il cosiddetto trading intraday,

impegna il Governo

in occasione del semestre di presidenza italiano al consiglio d'Europa e nell'ambito della procedura di cooperazione rafforzata a cui hanno aderito numerosi Paesi dell'Unione europea e finalizzata all'emanazione di una specifica direttiva comunitaria in materia di tassazione delle transazioni finanziarie, che rappresenti la premessa per l'adozione di una normativa europea, a proporre modifiche che migliorino fa struttura dell'imposta estendendola a tutte le tipologie di derivati e ad ogni singola transazione, allargamento che oltre a garantire maggiore gettito, permetterebbe anche di scoraggiare e quindi contrastare in maniera efficace la speculazione finanziaria.
9/1865-A/57Marcon, Paglia, Boccadutri, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    l'evoluzione del sistema finanziario mondiale dovuta all'innovazione tecnologica, alla crescente sofisticazione, alla partecipazione di operatori sempre più numerosi e diversi per modalità operative, ha prodotto situazioni del tutto nuove. Molti operatori, incluse le banche commerciali tradizionali, sono impegnati in attività speculative di breve termine sui cambi che possono risultare fortemente destabilizzanti per le economie e i Paesi presi di mira dalla speculazione finanziaria, incluso il nostro;
    secondo dati del FMI, negli ultimi 25 anni si sono susseguite 158 crisi finanziarie dovute soprattutto alle forti pressioni sui cambi. Dunque lo stesso mondo della finanza è vulnerabile ed esposto alle conseguenze di quegli stessi fattori che sembrano costituirne i punti di forza: libero movimento dei capitali, deregolamentazione, assenza di vincoli per gli operatori, costante innovazione dei prodotti finanziari;
    una percentuale molto alta delle transazioni che avvengono nei mercati trova giustificazione solamente nell'intenzione di fare profitti spostando rapidamente capitali da una valuta all'altra. Tali operazioni non costituiscono investimenti produttivi, e alimentano invece l'instabilità dei tassi di cambio;
    ciò che è più grave, è che le crisi finanziarie non sono un gioco «a somma zero» dove le perdite di una parte sono compensate dai guadagni di un'altra, poiché anche chi non partecipa al gioco viene travolto dagli effetti economici e sociali delle crisi legate alle speculazioni finanziarie, che possono essere devastanti: riduzione dei servizi legati alla pubblica istruzione, alla salute e all'ambiente conseguenti ai tagli di spesa; riduzione delle importazioni di beni anche indispensabili come generi alimentari e farmaci; distruzione dell'ambiente, perché il bisogno di capitali spinge i governi a cedere più facilmente concessioni minerarie, petrolifere e di sfruttamento di materie prime; svendita di risorse economiche nazionali a società straniere, attraverso la privatizzazione di imprese statali;
    in più, la fuga dei capitali che usualmente si accompagna alle crisi valutarie rende il credito più costoso, cosicché anche imprese sane sono costrette a chiudere o a ridimensionare la loro attività, con un effetto spesso drammatico sull'occupazione;
    le suddette considerazioni unite all'impegno a cui il Governo doveva ottemperare a seguito dell'approvazione nel corso della precedente legislatura di numerose mozioni che rappresentavano tutte le forze politiche presenti in Parlamento che lo impegnavano a collaborare con le istituzioni europee e con gli altri Governi già favorevoli all'introduzione nel nostro sistema fiscale di una tassazione sulle transazioni finanziarie, cosiddetta Tobin tax, principalmente volta a scoraggiare e quindi ridurre i flussi di capitali speculativi, a generare maggior gettito fiscale da destinare a scopi sociali, a rafforzare il potere di intervento delle autorità nazionali e internazionali sui mercati speculativi;
    la suddetta disciplina introdotta dall'articolo 1, commi 491-500 della legge di stabilita 2013, prevede che il trasferimento della proprietà di azioni e altri strumenti finanziari partecipativi emessi da società residenti nel territorio italiano, di titoli rappresentativi dei predetti strumenti, indipendentemente dalla residenza del soggetto emittente e di azioni a seguito della conversione di obbligazioni, venga assoggettato, per il solo anno 2013, ad un'imposta sulle transazioni finanziarie con l'aliquota dello pari allo 0,22 per cento sul valore della transazione, aliquota ridotta allo 0,12 per quei trasferimenti che avvengono in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione;
    in occasione dell'esame in sede referente presso la Commissione Bilancio dell'A.C. 1865-A con riferimento alle proposte di revisione della disciplina della suddetta tassazione ed oggetto degli emendamenti 1.382 Marcon, 1.866 Bobba ed altri e 1.2883 Zaccagnini, il Governo si è impegnato ad intervenire entro il mese di gennaio p.v., presso le Commissioni riunite Bilancio e Finanze per riferire sui risultati del primo anno di applicazione della Tobin tax, con particolare attenzione alle motivazioni dell'evidente insuccesso rispetto al gettito atteso, ma anche rispetto al fine di delineare un testo organico di riforma della legislazione vigente, che contempli anche l'eventuale riduzione dell'aliquota in vigore compensata dall'ampliamento dell'imponibile dell'imposta al valore di ogni singola operazione e non solo al valore delle transazioni regolate giornalmente;
    anche sulla base del magro gettito realizzato nel 2013, pari a circa 159 milioni di euro, che ha disatteso le aspettative del proponente ministro Monti pari a circa 1 miliardo di euro, occorrerebbe ricomprendere nel perimetro dell'imposta oltre che le azioni e gli strumenti finanziari partecipativi, anche, le obbligazioni dei privati ed i fondi di investimento e, soprattutto il cosiddetto trading intraday,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in occasione del semestre di presidenza italiano al consiglio d'Europa e nell'ambito della procedura di cooperazione rafforzata a cui hanno aderito numerosi Paesi dell'Unione europea e finalizzata all'emanazione di una specifica direttiva comunitaria in materia di tassazione delle transazioni finanziarie, che rappresenti la premessa per l'adozione di una normativa europea, di proporre modifiche che migliorino fa struttura dell'imposta estendendola a tutte le tipologie di derivati e ad ogni singola transazione, allargamento che oltre a garantire maggiore gettito, permetterebbe anche di scoraggiare e quindi contrastare in maniera efficace la speculazione finanziaria.
9/1865-A/57. (Testo modificato nel corso della seduta). Marcon, Paglia, Boccadutri, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    la grave crisi economica che ha colpito in maniera particolare il nostro Paese, ha determinato una cospicua perdita di posti di lavoro, crescente precarietà di reddito ed occupazionale, determinando anche la non possibilità per numerose famiglie di rispettare le scadenze per il pagamento dei mutui finalizzati all'acquisto della propria abitazione;
    questa situazione peggiora anche i requisiti patrimoniali degli istituti di credito determinando inoltre un'ulteriore spinta alla rarefazione del eredito per l'acquisto di prime case e per le imprese;
    sarebbe opportuno trovare una soluzione a questo aspetto dell'emergenza abitativa dando alla Cassa Depositi e Prestiti SpA, tramite l'istituzione di un apposito Fondo, la facoltà di acquisire crediti bancari derivanti da mutuo ipotecario o fondiario in condizione di sofferenza ad un prezzo, ad esempio, pari al 50 per cento della residua quota capitale, acquisendo la titolarità della relativa ipoteca;
    gli immobili acquisiti da tale Fondo gravati da ipoteca potrebbero essere concessi in affitto a canone concordato, e le entrate derivanti dai canoni potrebbero essere destinate al servizio del debito relativo all'immobile oggetto dell'operazione. Fino a che persista la condizione di affitto le spese di manutenzione straordinaria sarebbero a carico del Fondo, mentre resterebbero a carico del locatario le spese di manutenzione ordinaria;
    i crediti acquisiti potrebbero essere riscadenzati in un termine di 15 anni, con ammortamento a rate costanti a scadenza trimestrale. La CDP potrebbe applicare il tasso determinato da CDP SpA, per i mutui fondiari agli enti locali leggermente maggiorato,

impegna il Governo

a valutare la proposta sommariamente esposta in premessa al fine di dare una positiva soluzione al dramma abitativo vissuto da tante famiglie.
9/1865-A/58Paglia, Piazzoni, Aiello, Boccadutri, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 189 (C. 1865) autorizza lo stanziamento di 5 milioni di euro per l'anno 2014, al fine di potenziare il servizio fitosanitario nazionale, con particolare riferimento all'emergenza provocata dal batterio «Xylella fastidiosa» attraverso il potenziamento dei sistemi di monitoraggio e controllo, ivi compresi i controlli sulle sementi provenienti da organismi geneticamente modificati;
     le colture olivicole rivestono eccezionale importanza per l'assetto ambientale e per l'economia agricola della Puglia, in relazione alla diffusa caratterizzazione del paesaggio storico regionale, al valore botanico delle varietà e degli esemplari arborei presenti sul territorio e alla qualità delle produzioni olearie che ne derivano;
    in particolare, il patrimonio olivicolo del Salento, con i suoi circa 9 milioni di alberi, è oggi esposto ad un rischio di un danno incalcolabile per l'economia del territorio, che comporterebbe anche il mutamento dei connotati di un'area del nostro Paese da sempre associata alle immense distese di ulivo;
    è stato riscontrato all'interno dell'area olivicola della provincia di Lecce un fenomeno di disseccamento rapido delle piante che si manifesta con danni estesi alle chiome, imbrunimenti interni del fusto e rapida compromissione delle piante, con caratteristiche espansive che determinano una notevole preoccupazione negli operatori del settore e nelle autorità locali;
    l'Osservatorio Fitosanitario della regione Puglia, d'intesa con altri enti ed istituzioni scientifiche, ha effettuato un approfondito monitoraggio del fenomeno e della sua localizzazione, riscontrando attacchi parassitari alle piante, con particolare riferimento al «Rodilegno giallo» (Zenzera pyrina) e ad un agente patogeno da quarantena denominato «Xylella fastidiosa»;
    l'agente patogeno da quarantena è stato inoltre riscontrato, nell'area, anche su piante di mandorlo e oleandro;
    la «Xylella fastidiosa» è un batterio sino ad ora non diffuso in Europa e non riscontrato su piante come gli olivi, di tipo patogeno inserito nell'elenco A1 della EPPO, l'organizzazione intergovernativa responsabile della cooperazione europea per la salute delle piante, cioè inserito nella lista nera dei batteri da quarantena, necessariamente da isolare a causa della sua portata infettiva;
    l'agente patogeno è invece presente soprattutto in Asia e in America dove ha provocato malattie su numerose specie di piante, tra cui vite, agrumi, mandorle e caffè, rappresentando una seria minaccia per le realtà agricole poiché responsabile di gravi perdite di raccolti;
    si rendono necessari interventi a sostegno di un'economia che subirà, nella migliore delle ipotesi, un forte rallentamento se non addirittura un arresto a causa del fenomeno in atto e in conseguenza degli interventi che dovranno essere messi in campo per combattere e contrastare il diffondersi della malattia;
    la regione Puglia ha già avviato il protocollo tecnico-amministrativo previsto dalle normative vigenti, per quanto di competenza, al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ed alla Commissione europea;
    l'emergenza fitosanitaria manifestatasi in Puglia per la sua estensione e gravità travalica i confini regionali, assumendo, per la portata delle conseguenze in termini ambientali ed economici, rilievo nazionale tale da rendere necessario un intervento del Governo, anche in considerazione dell'obbligatorietà che impone la normativa comunitaria in caso di ritrovamento di agenti patogeni da quarantena;
    è la prima volta che la presenza della «Xylella fastidiosa» viene rilevata in un Paese dell'Unione europea e su una pianta come quella dell'ulivo dove non esistono studi, ricerche e bibliografia approfondita sul fenomeno che consentano di capire fino in fondo cosa abbiamo di fronte e cosa serve realmente per combatterla, quindi il fenomeno va studiato ex novo;
    in passato l'Unione europea ha contestato allo Stato italiano l'inadeguata applicazione delle misure dirette a impedire la diffusione di diversi organismi nocivi, prescritte dalla normativa europea e l'omessa notifica della presenza, o della comparsa, di organismi nocivi sul proprio territorio;
    la regione Puglia ha stanziato 300 mila euro di fondi regionali per la ricerca e 2 milioni di euro per la pulizia dei canali prossimi alle zone oggetto del contagio;
    la Commissione europea ha promesso di stanziare un contributo pari al 50 per cento delle spese rimborsabili;
    al caso suesposto, si ritiene che possano trovare applicazione quei regolamenti comunitari cui si è fatto già ricorso in passato per vicende analoghe;
    è opportuno ricordare che la Commissione Europea in data 21 aprile 2008 (Decisione 2006/923/CE e correlate) approvava il programma di misure presentato dal Portogallo per contrastare la propagazione del «Bursaphelenchus xylophilus» (Steiner et Buhrer) Nickle et al (nematode del pino) in altri Stati membri. In quell'occasione, nonostante il contributo finanziario della Comunità in genere copra non oltre il 50 per cento delle spese rimborsabili, venne concesso un contributo finanziario comunitario pari al 75 per cento,

impegna il Governo

   a reperire adeguate risorse finanziarie per il cofinanziamento nazionale del programma di contrasto ed eradicazione del batterio da quarantena conosciuto come «Xylella fastidiosa», nonché per il ristoro dei danni economici subiti dagli agricoltori;
   a sostenere adeguatamente presso la Commissione europea il programma di misure, in via di definizione, per contrastare la propagazione della «Xylella fastidiosa», al quale stanno lavorando, sinergicamente, il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e la regione Puglia, anche al fine di veder riconosciuto al nostro Paese un contributo finanziario straordinario della Comunità che possa assicurare una copertura delle spese rimborsabili del 75 per cento così come è avvenuto per il Portogallo, se non nella misura del 90 per cento, visto che esiste la reale possibilità che il contagio dell'agente patogeno da quarantena non riguardi solo il territorio italiano, ma potrebbe, realisticamente, propagarsi in Europa così come paventato dagli esperti in materia.
9/1865-A/59Franco Bordo, Palazzotto, Pannarale, Fratoianni, Duranti, Matarrelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 189 (C. 1865) autorizza lo stanziamento di 5 milioni di euro per l'anno 2014, al fine di potenziare il servizio fitosanitario nazionale, con particolare riferimento all'emergenza provocata dal batterio «Xylella fastidiosa» attraverso il potenziamento dei sistemi di monitoraggio e controllo, ivi compresi i controlli sulle sementi provenienti da organismi geneticamente modificati;
     le colture olivicole rivestono eccezionale importanza per l'assetto ambientale e per l'economia agricola della Puglia, in relazione alla diffusa caratterizzazione del paesaggio storico regionale, al valore botanico delle varietà e degli esemplari arborei presenti sul territorio e alla qualità delle produzioni olearie che ne derivano;
    in particolare, il patrimonio olivicolo del Salento, con i suoi circa 9 milioni di alberi, è oggi esposto ad un rischio di un danno incalcolabile per l'economia del territorio, che comporterebbe anche il mutamento dei connotati di un'area del nostro Paese da sempre associata alle immense distese di ulivo;
    è stato riscontrato all'interno dell'area olivicola della provincia di Lecce un fenomeno di disseccamento rapido delle piante che si manifesta con danni estesi alle chiome, imbrunimenti interni del fusto e rapida compromissione delle piante, con caratteristiche espansive che determinano una notevole preoccupazione negli operatori del settore e nelle autorità locali;
    l'Osservatorio Fitosanitario della regione Puglia, d'intesa con altri enti ed istituzioni scientifiche, ha effettuato un approfondito monitoraggio del fenomeno e della sua localizzazione, riscontrando attacchi parassitari alle piante, con particolare riferimento al «Rodilegno giallo» (Zenzera pyrina) e ad un agente patogeno da quarantena denominato «Xylella fastidiosa»;
    l'agente patogeno da quarantena è stato inoltre riscontrato, nell'area, anche su piante di mandorlo e oleandro;
    la «Xylella fastidiosa» è un batterio sino ad ora non diffuso in Europa e non riscontrato su piante come gli olivi, di tipo patogeno inserito nell'elenco A1 della EPPO, l'organizzazione intergovernativa responsabile della cooperazione europea per la salute delle piante, cioè inserito nella lista nera dei batteri da quarantena, necessariamente da isolare a causa della sua portata infettiva;
    l'agente patogeno è invece presente soprattutto in Asia e in America dove ha provocato malattie su numerose specie di piante, tra cui vite, agrumi, mandorle e caffè, rappresentando una seria minaccia per le realtà agricole poiché responsabile di gravi perdite di raccolti;
    si rendono necessari interventi a sostegno di un'economia che subirà, nella migliore delle ipotesi, un forte rallentamento se non addirittura un arresto a causa del fenomeno in atto e in conseguenza degli interventi che dovranno essere messi in campo per combattere e contrastare il diffondersi della malattia;
    la regione Puglia ha già avviato il protocollo tecnico-amministrativo previsto dalle normative vigenti, per quanto di competenza, al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ed alla Commissione europea;
    l'emergenza fitosanitaria manifestatasi in Puglia per la sua estensione e gravità travalica i confini regionali, assumendo, per la portata delle conseguenze in termini ambientali ed economici, rilievo nazionale tale da rendere necessario un intervento del Governo, anche in considerazione dell'obbligatorietà che impone la normativa comunitaria in caso di ritrovamento di agenti patogeni da quarantena;
    è la prima volta che la presenza della «Xylella fastidiosa» viene rilevata in un Paese dell'Unione europea e su una pianta come quella dell'ulivo dove non esistono studi, ricerche e bibliografia approfondita sul fenomeno che consentano di capire fino in fondo cosa abbiamo di fronte e cosa serve realmente per combatterla, quindi il fenomeno va studiato ex novo;
    in passato l'Unione europea ha contestato allo Stato italiano l'inadeguata applicazione delle misure dirette a impedire la diffusione di diversi organismi nocivi, prescritte dalla normativa europea e l'omessa notifica della presenza, o della comparsa, di organismi nocivi sul proprio territorio;
    la regione Puglia ha stanziato 300 mila euro di fondi regionali per la ricerca e 2 milioni di euro per la pulizia dei canali prossimi alle zone oggetto del contagio;
    la Commissione europea ha promesso di stanziare un contributo pari al 50 per cento delle spese rimborsabili;
    al caso suesposto, si ritiene che possano trovare applicazione quei regolamenti comunitari cui si è fatto già ricorso in passato per vicende analoghe;
    è opportuno ricordare che la Commissione Europea in data 21 aprile 2008 (Decisione 2006/923/CE e correlate) approvava il programma di misure presentato dal Portogallo per contrastare la propagazione del «Bursaphelenchus xylophilus» (Steiner et Buhrer) Nickle et al (nematode del pino) in altri Stati membri. In quell'occasione, nonostante il contributo finanziario della Comunità in genere copra non oltre il 50 per cento delle spese rimborsabili, venne concesso un contributo finanziario comunitario pari al 75 per cento,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di reperire adeguate risorse finanziarie per il cofinanziamento nazionale del programma di contrasto ed eradicazione del batterio da quarantena conosciuto come «Xylella fastidiosa», nonché per il ristoro dei danni economici subiti dagli agricoltori;
   a sostenere adeguatamente presso la Commissione europea il programma di misure, in via di definizione, per contrastare la propagazione della «Xylella fastidiosa», al quale stanno lavorando, sinergicamente, il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e la regione Puglia, anche al fine di veder riconosciuto al nostro Paese un contributo finanziario straordinario della Comunità che possa assicurare una copertura delle spese rimborsabili del 75 per cento così come è avvenuto per il Portogallo, se non nella misura del 90 per cento, visto che esiste la reale possibilità che il contagio dell'agente patogeno da quarantena non riguardi solo il territorio italiano, ma potrebbe, realisticamente, propagarsi in Europa così come paventato dagli esperti in materia.
9/1865-A/59. (Testo modificato nel corso della seduta).  Franco Bordo, Palazzotto, Pannarale, Fratoianni, Duranti, Matarrelli.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)»;
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di razionalizzazione della spesa nel pubblico impiego;
    RetItalia internazionale spa è una società a partecipazione pubblica, il cui capitale è dal dicembre 2008 interamente posseduto dall'ex istituto nazionale per il commercio con l'estero (Ice), attualmente Lce-Agenzia per la promozione all'estero e per l'internazionalizzazione delle imprese italiane, che svolge compiti di analisi di fabbisogni, progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture, servizi e sistemi informativi a supporto dell'internazionalizzazione e dei processi gestionali interni all'Lce, consentendo la loro integrazione e interconnessione con sistemi esterni, nonché di fornitura di assistenza qualificata al personale dell'Ice e alle piccole e medie imprese italiane;
    il Ministero dello sviluppo economico ha assegnato a RetItalia internazionale Spa nel giugno 2011 e nell'aprile 2012 il portale made in Italy, un sistema di commercio elettronico dei prodotti italiani sul mercato internazionale e l’International Trade Hub – Italia, un portale sponsorizzato dal «Tavolo strategico nazionale per la Trade-Facilitation», che consente alle imprese italiane di accedere da un unico punto a tutti i processi relativi all'internazionalizzazione;
    a seguito della «Spending review» decreto-legge 6 luglio 2012. n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 il Ministero dello sviluppo economico ha dato indicazione di provvedere all'alienazione di RetItalia internazionale-Spa e ha posto come prerequisito una severa ristrutturazione della società, al fine di renderla appetibile al mercato;
    in relazione alla natura in house di RetItalia internazionale Spa e delle limitate risorse rese disponibili alla Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, le professionalità e lo stesso patrimonio informatico, in gestione a RetItalia internazionale Spa, rischiano di andare dispersi in conseguenza dell'alienazione della società:
    appare ulteriormente opportuno segnalare che nella Tabella C del provvedimento in esame è stato previsto un ulteriore incremento delle risorse destinate al funzionamento dell'Lce-Agenzia per il triennio 2014-2016;
    il Governo si è impegnato in più occasioni a definire soluzioni di garanzia nei confronti della suddetta società anche alla luce degli incrementi previsti dalla legge di stabilità 2013, rinnovati dal presente provvedimento, alle risorse dell'Ice-Agenzia;
    si rileva, infatti, che la legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità per il 2013) ha previsto un incremento delle risorse destinate al funzionamento dell'lce-Agenzia pari a dieci milioni di euro per l'anno 2013;
    in data 13 dicembre 2012, nell'ambito della discussione del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, è stato accolto alla Camera dei deputati l'ordine del giorno 9/5626/33, che impegnava il Governo a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, l'opportunità «di procedere all'integrazione del personale a tempo indeterminato appartenente alla società RetItalia internazionale spa nei ruoli dell'Agenzia per l'Italia digitale previa procedura selettiva, finalizzata al collocamento del personale all'interno dell'Agenzia»;
    tale impegno veniva rinnovato dal Governo, in data 21 dicembre 2012, nell'ambito della discussione della legge di stabilità per il 2013, con l'accoglimento e l'approvazione dell'ordine del giorno 9/5534-bis B/36, in cui veniva evidenziato che, alla luce degli incrementi previsti dalla legge di stabilità per il 2013 alle risorse dell'lce-Agenzia, «sarebbe ipotizzabile che parte di quelle risorse potesse essere utilizzata al fine di garantire il mantenimento di quel patrimonio di know how ed expertise rappresentato dalla società RetItalia internazionale spa e messo al servizio della pubblica amministrazione»;
     il 30 aprile 2013, in seguito al mancato accordo con le parti sociali, in merito all'attuazione della cassa integrazione guadagni straordinaria, l'amministrazione di RetItalia internazionale spa non ha anticipato al personale il contributo Inps relativo, con gravissime conseguenze sugli emolumenti percepiti dai lavoratori;
    il 6 maggio 2013 la totalità del personale di RetItalia internazionale spa è stata posta in cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore, con la clausola – di assoluto favore per la proprietà – che il personale sarebbe stato richiamato in relazione alla necessità del momento;
    nel luglio 2013, a seguito di uno sciopero di tutti i lavoratori, sono stati sbloccati dei fondi dal Ministero dello sviluppo economico per i progetti «made in Italy» e «International trade Hub Italia» e, in generale, per lo sviluppo di altre piattaforme in gestione a RetItalia internazionale spa, il che ha consentito l'erogazione dell'anticipo del contributo Inps e l'alleggerimento nel periodo settembre-dicembre 2013 della cassa integrazione guadagni straordinaria dal 60 per cento al 20 per cento;
    tuttavia, da gennaio 2014 la situazione precipiterà nuovamente e la cassa integrazione guadagni straordinaria tornerà di nuovo al 60 per cento;
   considerato che:
    malgrado le premesse, in data 8 novembre 2013 è stato emanato il Bando di gara finalizzato all'alienazione ad esterni della suddetta società;
    tale Bando, tuttavia, contempla i progetti strategici summenzionati assegnati a RetItalia internazionale e realizzati dalla società e non prevede in alcun modo il rispetto delle garanzie del mantenimento dei livelli occupazionali e del rispetto delle professionalità finora maturate, disattendendo di fatto quanto garantito dal Governo,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di sospendere definitivamente la procedura di alienazione in essere di cui all'articolo 4 comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012. n. 135, relativa alla società RETITALIA Internazionale SpA al fine di individuare una soluzione di garanzia occupazionale verso i dipendenti;
   oppure, in alternativa, a disporre in termini chiari e inconfutabili che nel bando di gara per la vendita di RetItalia internazionale spa l'Ice-Agenzia individui il mantenimento dei livelli occupazionali come precondizione imprescindibile;
   ovvero ancora, a porre in esser ogni atto di competenza finalizzato all'integrazione del personale di RetItalia internazionale spa nelle strutture della pubblica amministrazione, salvaguardando in tal modo le conoscenze professionali specializzate maturate e la tenuta dei progetti avviati, nonché la continuità operativa segnatamente sul versante dell'integrazione ed interconnessione dei servizi e dei sistemi informativi con i sistemi esterni.
9/1865-A/60Nardi, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    la grave crisi economica che il nostro Paese sta attraversando, si è ripercossa pesantemente sui livelli occupazionali, con una gravissima riduzione dei posti di lavoro e un aumento della precarietà;
    il disegno di legge in esame, prevede alcune norme volte a favorire l'occupazione e la stabilizzazione di rapporti di lavoro. Tra queste, il comma 321 reca una disposizione riguardante l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani licenziati in conseguenza di provvedimenti di soppressione o riorganizzazione delle basi militari, i quali abbiano prestato servizio continuativo, come personale civile, per almeno un anno alla data del 31 dicembre 2012, alle dipendenze di organismi militari;
    in questo ambito vanno ricordate le migliaia di lavoratori precari, gran parte dei quali sono dipendenti di società cooperative, addetti da diversi anni ai servizi di manovalanza e di facchinaggio presso gli Enti, le basi e i reparti dell'Amministrazione della Difesa;
    la loro attività ha garantito e garantisce lo svolgimento di attività proprie del Ministero della Difesa non più eseguite da personale interno; ed è essenziale ai fini dell'operatività delle strutture militari presso le quali prestano la loro opera;
    gran parte dei servizi ai quali sono addetti questi lavoratori precari sono di carattere continuativo e permanenti nel tempo, e nella stragrande maggioranza dei casi tali tipologie di lavoro si configurano per orari e modalità di organizzazione come lavoro subordinato tra l'Amministrazione della Difesa e tale personale;
    le politiche di contenimento della spesa pubblica operate in questi anni, hanno inciso e incidono in maniera significativa sulle attività di mantenimento della Difesa, con pesanti ricadute anche sui contratti con imprese e società di servizi che supportano dall'esterno l'Amministrazione della Difesa e di conseguenza sui livelli retributivi ed occupazionali del personale interessato,

impegna il Governo:

   a stanziare adeguate risorse finanziarie volte alla salvaguardia occupazionale dal personale operante nei servizi di manovalanza e di facchinaggio presso gli Enti, le basi e i reparti dell'Amministrazione della Difesa;
   a prevedere opportune modalità di superamento delle condizione di precarietà dei suddetti, in gran parte dipendenti di società cooperative, anche mediante il loro inquadramento nei ruoli civili del Ministero della Difesa.
9/1865-A/61Zaratti, Airaudo, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    la grave crisi economica che il nostro Paese sta attraversando, si è ripercossa pesantemente sui livelli occupazionali, con una gravissima riduzione dei posti di lavoro e un aumento della precarietà;
    il disegno di legge in esame, prevede alcune norme volte a favorire l'occupazione e la stabilizzazione di rapporti di lavoro. Tra queste, il comma 321 reca una disposizione riguardante l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani licenziati in conseguenza di provvedimenti di soppressione o riorganizzazione delle basi militari, i quali abbiano prestato servizio continuativo, come personale civile, per almeno un anno alla data del 31 dicembre 2012, alle dipendenze di organismi militari;
    in questo ambito vanno ricordate le migliaia di lavoratori precari, gran parte dei quali sono dipendenti di società cooperative, addetti da diversi anni ai servizi di manovalanza e di facchinaggio presso gli Enti, le basi e i reparti dell'Amministrazione della Difesa;
    la loro attività ha garantito e garantisce lo svolgimento di attività proprie del Ministero della Difesa non più eseguite da personale interno; ed è essenziale ai fini dell'operatività delle strutture militari presso le quali prestano la loro opera;
    gran parte dei servizi ai quali sono addetti questi lavoratori precari sono di carattere continuativo e permanenti nel tempo, e nella stragrande maggioranza dei casi tali tipologie di lavoro si configurano per orari e modalità di organizzazione come lavoro subordinato tra l'Amministrazione della Difesa e tale personale;
    le politiche di contenimento della spesa pubblica operate in questi anni, hanno inciso e incidono in maniera significativa sulle attività di mantenimento della Difesa, con pesanti ricadute anche sui contratti con imprese e società di servizi che supportano dall'esterno l'Amministrazione della Difesa e di conseguenza sui livelli retributivi ed occupazionali del personale interessato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare adeguate risorse finanziarie volte alla salvaguardia occupazionale dal personale operante nei servizi di manovalanza e di facchinaggio presso gli Enti, le basi e i reparti dell'Amministrazione della Difesa.
9/1865-A/61. (Testo modificato nel corso della seduta).  Zaratti, Airaudo, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 281/1991, in materia di animali di affezione e di prevenzione del randagismo, viene annualmente finanziata dalla legge di stabilità;
    le risorse stanziate ai fini della sua attuazione, sono andate diminuendo negli anni, tanto che il disegno di legge di stabilità 2014 in esame, stanzia per detta importante legge, solamente 325 mila euro per il 2014, 309 mila euro per il 2015, e 310 mila euro per l'anno 2016;
    risorse praticamente inesistenti che di fatto impediscono l'attuazione della legge, e non consentono più nemmeno ai comuni di poter attuare politiche di sterilizzazione dei randagi e dei cani inselvatichiti, con conseguenti rischi per la salute pubblica, e con la conseguenza che in molte aree (soprattutto al sud) si ricorre sempre più all'avvelenamento di molti cani vaganti adulti e cuccioli;
    il randagismo non è un problema minore, una questione privata del mondo animalista. Limitare le nascite attraverso campagne di sterilizzazione significherebbe, tra l'altro, non riempire i canili dei Comuni, significa fermare il fenomeno dei «canili lager» gestiti dalla criminalità organizzata che lucra sulla pelle degli animali attraverso le convenzioni con i Comuni che non riescono a esercitare i necessari controlli,

impegna il Governo

a prevedere maggiori risorse finanziarie per consentire l'attuazione della legge 281/91 per la prevenzione del randagismo, al fine di garantire la salute pubblica e il benessere degli animali, mettendo in condizione i comuni di poter realizzare una politica di prevenzione dei randagismo attraverso efficaci campagne di sterilizzazione.
9/1865-A/62Placido, Nicchi, Piazzoni, Aiello.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 281/1991, in materia di animali di affezione e di prevenzione del randagismo, viene annualmente finanziata dalla legge di stabilità;
    le risorse stanziate ai fini della sua attuazione, sono andate diminuendo negli anni, tanto che il disegno di legge di stabilità 2014 in esame, stanzia per detta importante legge, solamente 325 mila euro per il 2014, 309 mila euro per il 2015, e 310 mila euro per l'anno 2016;
    risorse praticamente inesistenti che di fatto impediscono l'attuazione della legge, e non consentono più nemmeno ai comuni di poter attuare politiche di sterilizzazione dei randagi e dei cani inselvatichiti, con conseguenti rischi per la salute pubblica, e con la conseguenza che in molte aree (soprattutto al sud) si ricorre sempre più all'avvelenamento di molti cani vaganti adulti e cuccioli;
    il randagismo non è un problema minore, una questione privata del mondo animalista. Limitare le nascite attraverso campagne di sterilizzazione significherebbe, tra l'altro, non riempire i canili dei Comuni, significa fermare il fenomeno dei «canili lager» gestiti dalla criminalità organizzata che lucra sulla pelle degli animali attraverso le convenzioni con i Comuni che non riescono a esercitare i necessari controlli,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere maggiori risorse finanziarie per consentire l'attuazione della legge 281/91 per la prevenzione del randagismo, al fine di garantire la salute pubblica e il benessere degli animali, mettendo in condizione i comuni di poter realizzare una politica di prevenzione dei randagismo attraverso efficaci campagne di sterilizzazione.
9/1865-A/62. (Testo modificato nel corso della seduta).  Placido, Nicchi, Piazzoni, Aiello.


   La Camera,
   premesso che:
    il 18 novembre scorso molti comuni della regione Sardegna, sono stati colpiti da un violentissimo nubifragio, che ha causato la morte di 16 persone, e circa novecento sfollati. Territori devastati da frane, ponti crollati, quartieri sommersi, con voragini nelle strade e strade rurali spazzate via da torrenti in piena, nonché danni ingentissimi alle infrastrutture, alle abitazioni private, alle attività produttive e alle aziende agricole con centinaia di animali morti;
    a seguito dell'alluvione, il 19 novembre il Consiglio dei Ministri ha quindi deliberato lo «stato di emergenza» per la regione Sardegna;
    il disegno di legge di stabilità prevede diverse norme volte a dare una prima risposta all'emergenza e ad avviare la ricostruzione e la ripresa delle attività produttive colpite. Sono state stanziate le prime risorse finanziarie a favore della regione, seppure va rilevata la loro complessiva esiguità e inadeguatezza, laddove da una prima stima, e per la sola Gallura, è plausibile parlare di circa 500 milioni di danni. Risorse che dovranno quindi inevitabilmente essere incrementate quanto prima;
    è indispensabile prevedere anche per la regione Sardegna, quanto era stato già disposto per gli eventi sismici del maggio 2012 ai fini della reperibilità di ulteriori risorse finanziarie e per consentire l'espletamento da parte dei lavoratori delle attività in condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro;
    il decreto-legge 83/2012, all'articolo 10, comma 13, aveva disposto che in conseguenza dei suddetti eventi sismici che il 35 per cento delle risorse destinate dall'INAIL al finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro (ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del D. Lgs. 81/2008) venisse trasferito alle contabilità speciali per finanziare interventi di messa in sicurezza, delle attività produttive colpite,

impegna il Governo:

   a incrementare le risorse per finanziare la ricostruzione e la messa in sicurezza dei territori della Sardegna interessati dagli eventi climatici del novembre scorso;
   a destinare, anche al fine di consentire l'espletamento da parte dei lavoratori delle attività in condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro, la somma di 50 milioni di euro in quota parte delle risorse destinate nell'esercizio 2013 dall'INAIL al finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro, ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per il finanziamento di interventi di messa in sicurezza, anche attraverso la loro ricostruzione, dei capannoni, degli impianti industriali, agricoli e dell'allevamento a seguito degli eventi alluvionali che hanno colpito la Sardegna.
9/1865-A/63Piras, Boccadutri, Melilla, Marcon, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    il 18 novembre scorso molti comuni della regione Sardegna, sono stati colpiti da un violentissimo nubifragio, che ha causato la morte di 16 persone, e circa novecento sfollati. Territori devastati da frane, ponti crollati, quartieri sommersi, con voragini nelle strade e strade rurali spazzate via da torrenti in piena, nonché danni ingentissimi alle infrastrutture, alle abitazioni private, alle attività produttive e alle aziende agricole con centinaia di animali morti;
    a seguito dell'alluvione, il 19 novembre il Consiglio dei Ministri ha quindi deliberato lo «stato di emergenza» per la regione Sardegna;
    il disegno di legge di stabilità prevede diverse norme volte a dare una prima risposta all'emergenza e ad avviare la ricostruzione e la ripresa delle attività produttive colpite. Sono state stanziate le prime risorse finanziarie a favore della regione, seppure va rilevata la loro complessiva esiguità e inadeguatezza, laddove da una prima stima, e per la sola Gallura, è plausibile parlare di circa 500 milioni di danni. Risorse che dovranno quindi inevitabilmente essere incrementate quanto prima;
    è indispensabile prevedere anche per la regione Sardegna, quanto era stato già disposto per gli eventi sismici del maggio 2012 ai fini della reperibilità di ulteriori risorse finanziarie e per consentire l'espletamento da parte dei lavoratori delle attività in condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro;
    il decreto-legge 83/2012, all'articolo 10, comma 13, aveva disposto che in conseguenza dei suddetti eventi sismici che il 35 per cento delle risorse destinate dall'INAIL al finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro (ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del D. Lgs. 81/2008) venisse trasterito alle contabilità speciali per finanziare interventi di messa in sicurezza, delle attività produttive colpite,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di incrementare le risorse per finanziare la ricostruzione e la messa in sicurezza dei territori della Sardegna interessati dagli eventi climatici del novembre scorso;
   a destinare, anche al fine di consentire l'espletamento da parte dei lavoratori delle attività in condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro, la somma di 50 milioni di euro in quota parte delle risorse destinate nell'esercizio 2013 dall'INAIL al finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro, ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per il finanziamento di interventi di messa in sicurezza, anche attraverso la loro ricostruzione, dei capannoni, degli impianti industriali, agricoli e dell'allevamento a seguito degli eventi alluvionali che hanno colpito la Sardegna.
9/1865-A/63. (Testo modificato nel corso della seduta).  Piras, Boccadutri, Melilla, Marcon, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    annualmente sono circa 10 mila le matricole che si iscrivono al corso di laurea in medicina, mentre nel post-lauream l'accesso alla formazione dei neolaureati è possibile soltanto per 4.500 specializzandi e circa 900 corsisti di medicina generale;
    per quanto riguarda l'anno accademico appena cominciato, la previsione, a causa di mancanza di risorse, è di una contrazione dei contratti di specializzazione a finanziamento ministeriale (circa 2.500);
    l'ammontare complessivo dei fondi stanziati ai sensi dell'articolo 39, del decreto legislativo n. 368/1999 (pari a circa 562 milioni di euro) ed il numero costante di specializzandi in corso di formazione, ha permesso fino all'anno accademico 2011/2012 di finanziare 5.000 contratti per il primo anno di corso;
    come ha dichiarato il 7 novembre scorso il sottosegretario Fadda rispondendo all'interrogazione presentata in Commissione Affari sociali dalla prima firmataria del presente atto di indirizzo, «per l'anno accademico 2013/2014, in mancanza di un incremento delle risorse finanziare correnti, potranno essere immatricolati al primo anno di corso circa 2.000 specializzandi». Insomma ancora l'ennesima dimostrazione di un Paese che non decide di investire sui giovani e quindi sul futuro;
    si ricorda peraltro che dopo la laurea e l'abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo, per avere diritto all'accesso ai ruoli del servizio sanitario nazionale è necessario essere in possesso di un titolo di specialista in area medica, chirurgica, dei servizi clinici ovvero conseguire l'attestato di frequenza del corso di formazione specifica di medicina generale per accedere in regime di convenzionamento alla medicina generale;
    non dovrebbe quindi essere ipotizzabile una programmazione degli accessi al corso di laurea in medicina e chirurgia, che non sia correlata alla possibilità che i futuri medici completino la propria formazione accedendo ad una scuola di specializzazione o al corso di formazione in medicina generale;
    va peraltro ricordata la situazione in cui versano gli specializzandi del settore sanitario (biologici chimici, psicologi, fisici iscritti alle scuole di specializzazione sanitarie, ecc.), i quali, pur avendo tutti gli obblighi e doveri dei colleghi medici, non hanno diritto a riconoscimento alcuno, né economici, né in termini di diritti fondamentali;
    i laureati in medicina vincitori di concorso sono infatti assegnatari di un contratto di formazione specialistica per l'intera durata del corso, nonché di un trattamento economico e di una copertura previdenziale;
    i laureati «non medici», invece, altrettanto vincitori di concorso, non beneficiano della medesima posizione contrattuale né dello stesso trattamento economico, e sono altresì tenuti a pagare il premio per la copertura assicurativa dei rischi professionali e le tasse universitarie di iscrizione alla scuola di specializzazione;
    la legge di stabilità in esame, al comma 282-bis, stanzia 30 milioni di euro per l'anno 2014 e 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, per la formazione dei medici specialisti. Risorse certamente necessarie, ma del tutto insufficienti. Peraltro nulla viene previsto per gli specializzandi di area sanitaria non medici,

impegna il Governo

   a incrementare le risorse finanziarie necessarie per le scuole di specializzazione non solo di area medica ma anche per quelle di area sanitaria non medica, al fine di permettere una adeguata programmazione delle figure sanitarie, necessarie per garantire il livello e la qualità dell'assistenza sanitaria.
9/1865-A/64Nicchi, Pellegrino, Aiello, Palese, Gigli, Francesco Sanna.


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma «Fornero» (DL. n. 201/2011, convertito dalla Legge n. 214/1011) con i criteri rigidi di applicazione ha negato il diritto alla pensione ai lavoratori della scuola che, a causa della peculiarità e delle diverse scadenze organizzative rispetto ai restanti comparti della Pubblica Amministrazione, legate cioè all'anno scolastico e non a quello solare, avrebbero maturato il diritto alla pensione nell'unica scadenza legislativa per loro prevista e possibile nell'anno scolastico 2011-2012, ovvero al 31 agosto del 2012: si tratta del problema meglio conosciuto come «quota 96» e ancora irrisolto;
    inoltre, le stesse regole dell'ennesima riforma delle pensioni del 2011 nel breve volgere di un biennio hanno ridotto di oltre un terzo il turn over del personale della scuola e impedito la stabilizzazione di migliaia di precari, smentendo nel concreto tutti gli impegni pubblici propagandati dal Governo per la soluzione del problema della disoccupazione giovanile,

impegna il Governo

a trovare una soluzione per un numero tutto sommato esiguo di lavoratori della scuola in «quota 96» (cfr nota tecnica del MEF del 29 novembre 2013) ingiustamente penalizzati dalla riforma «Fornero», anche impiegando parte dei maggiori e non calcolati risparmi verificatisi nel complesso del sistema pensionistico dall'introduzione della riforma delle pensioni: circa 70 mld di euro su 90 mld preventivati nel decennio.
9/1865-A/65Pannarale, Boccadutri, Melilla, Marcon, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma «Fornero» (DL. n. 201/2011, convertito dalla Legge n. 214/1011) con i criteri rigidi di applicazione ha negato il diritto alla pensione ai lavoratori della scuola che, a causa della peculiarità e delle diverse scadenze organizzative rispetto ai restanti comparti della Pubblica Amministrazione, legate cioè all'anno scolastico e non a quello solare, avrebbero maturato il diritto alla pensione nell'unica scadenza legislativa per loro prevista e possibile nell'anno scolastico 2011-2012, ovvero al 31 agosto del 2012: si tratta del problema meglio conosciuto come «quota 96» e ancora irrisolto;
    inoltre, le stesse regole dell'ennesima riforma delle pensioni del 2011 nel breve volgere di un biennio hanno ridotto di oltre un terzo il turn over del personale della scuola e impedito la stabilizzazione di migliaia di precari, smentendo nel concreto tutti gli impegni pubblici propagandati dal Governo per la soluzione del problema della disoccupazione giovanile,

impegna il Governo

a valutare l'individuazione di una soluzione per un numero tutto sommato esiguo di lavoratori della scuola in «quota 96» (cfr nota tecnica del MEF del 29 novembre 2013) ingiustamente penalizzati dalla riforma «Fornero», anche impiegando parte dei maggiori e non calcolati risparmi verificatisi nel complesso del sistema pensionistico dall'introduzione della riforma delle pensioni: circa 70 mld di euro su 90 mld preventivati nel decennio.
9/1865-A/65. (Testo modificato nel corso della seduta). Pannarale, Boccadutri, Melilla, Marcon, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal 1o gennaio 2000 con la Legge n. 124/1999 furono trasferite allo Stato le competenze svolte dagli Enti Locali nelle Scuole elementari e in parte degli Istituti secondari superiori, tra le quali i servizi di pulizia ed altre attività ausiliarie;
    con successivo decreto del Ministro della Pubblica Istruzione fu disposto il subentro per la parte concernente l'attuazione di compiti propri del personale ATA (Amministrativo. Tecnico e Ausiliario), tra i quali le pulizie, mediante l'affidamento a cooperative e/o consorzi di cooperative che si impegnarono ad assumere il personale ex LSU già in servizio nelle scuole di competenza di comuni e province;
    l'affidamento dei predetti compiti di pulizia a cooperative in luogo dell'assunzione di personale dipendente fu realizzato mediante il taglio del 25 per cento dei posti in organico dei Collaboratori scolastici statali nelle scuole;
    tale provvedimento era finalizzato alla salvaguardia dei livelli occupazionali dei lavoratori ex LSU che rimasero a lavorare nelle Scuole elementari (già di competenza dei comuni) e, soltanto, in alcuni Istituti superiori: Licei classici, Istituti professionali per il commercio e Istituti tecnici commerciali e per geometri (già di competenza provinciale);
    situazione profondamente modificata con le successive riforme della scuola e la nascita degli IC - Istituti comprensivi (ex scuole elementari e medie) e degli IIS - Istituti di Istruzione Secondaria (comprendenti più ordini di scuola), ecc;
    questa situazione, ormai insostenibile, si trascina da troppo tempo passando attraverso una serie di provvedimenti tampone e tagli alle risorse disponibili per i contratti stipulati da ogni singola scuola con pesanti ricadute sull'occupazione, sulla cassa integrazione e disordine funzionale e gestionale negli istituti scolastici, fino all'ultimo provvedimento previsto dalla presente Legge di stabilità, che autorizza il rinnovo o la prosecuzione dei contratti in essere con risorse finanziarie fino al 28 febbraio 2014, senza aver mai affrontato è rinviato la definizione di un modello organizzativo non occasionale dei servizi ausiliari delle scuole ed eliminato i problemi burocratici del lutto impropri che soffocano l'autonomia scolastica,

impegna il Governo

a trovare una soluzione risolutiva, con il confronto con tutte le parti interessate, entro il mese di gennaio 2014 sia ai problemi occupazionali compresa la stabilizzazione dei lavoratori ex LSU nel settore scolastico, sia alla definizione di un modello organizzativo funzionale ed efficiente delle pulizie, dei servizi ausiliari e della sorveglianza delle scuole.
9/1865-A/66Fratoianni, Duranti, Pannarale, Giancarlo Giordano, Costantino, Boccadutri, Melilla, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal 1o gennaio 2000 con la Legge n. 124/1999 furono trasferite allo Stato le competenze svolte dagli Enti Locali nelle Scuole elementari e in parte degli Istituti secondari superiori, tra le quali i servizi di pulizia ed altre attività ausiliarie;
    con successivo decreto del Ministro della Pubblica Istruzione fu disposto il subentro per la parte concernente l'attuazione di compiti propri del personale ATA (Amministrativo. Tecnico e Ausiliario), tra i quali le pulizie, mediante l'affidamento a cooperative e/o consorzi di cooperative che si impegnarono ad assumere il personale ex LSU già in servizio nelle scuole di competenza di comuni e province;
    l'affidamento dei predetti compiti di pulizia a cooperative in luogo dell'assunzione di personale dipendente fu realizzato mediante il taglio del 25 per cento dei posti in organico dei Collaboratori scolastici statali nelle scuole;
    tale provvedimento era finalizzato alla salvaguardia dei livelli occupazionali dei lavoratori ex LSU che rimasero a lavorare nelle Scuole elementari (già di competenza dei comuni) e, soltanto, in alcuni Istituti superiori: Licei classici, Istituti professionali per il commercio e Istituti tecnici commerciali e per geometri (già di competenza provinciale);
    situazione profondamente modificata con le successive riforme della scuola e la nascita degli IC - Istituti comprensivi (ex scuole elementari e medie) e degli IIS - Istituti di Istruzione Secondaria (comprendenti più ordini di scuola), ecc;
    questa situazione, ormai insostenibile, si trascina da troppo tempo passando attraverso una serie di provvedimenti tampone e tagli alle risorse disponibili per i contratti stipulati da ogni singola scuola con pesanti ricadute sull'occupazione, sulla cassa integrazione e disordine funzionale e gestionale negli istituti scolastici, fino all'ultimo provvedimento previsto dalla presente Legge di stabilità, che autorizza il rinnovo o la prosecuzione dei contratti in essere con risorse finanziarie fino al 28 febbraio 2014, senza aver mai affrontato è rinviato la definizione di un modello organizzativo non occasionale dei servizi ausiliari delle scuole ed eliminato i problemi burocratici del lutto impropri che soffocano l'autonomia scolastica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di una soluzione risolutiva, con il confronto con tutte le parti interessate, entro il mese di gennaio 2014 sia ai problemi occupazionali compresa la stabilizzazione dei lavoratori ex LSU nel settore scolastico, sia alla definizione di un modello organizzativo funzionale ed efficiente delle pulizie, dei servizi ausiliari e della sorveglianza delle scuole.
9/1865-A/66. (Testo modificato nel corso della seduta). Fratoianni, Duranti, Pannarale, Giancarlo Giordano, Costantino, Boccadutri, Melilla, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione europea aveva espresso preoccupazione sulla manovra di bilancio presentata dal Governo italiano invitando le autorità italiane «a prendere le misure necessarie» per assicurare che la Finanziaria per il 2014 rispettasse le norme del Patto di stabilità e crescita relative alla diminuzione del debito pubblico;
    il Presidente del Consiglio Letta rispose affermando che «di troppa austerità si muore», ma neanche una settimana dopo presentò un nuovo Programma per la revisione della spesa: infatti, la legge di stabilità, sanciva che «nessun risparmio» era previsto per il 2014 mentre negli anni successivi i risparmi erano pari a 3,6 miliardi nel 2015, 8.3 miliardi nel 2016 e 11,3 miliardi a decorrere dal 2017;
    dopo il richiamo di Bruxelles, il Piano della spending review ha raggiunto quota 32 miliardi nel solo triennio 2014-2016 (prima erano previsti 11,9 miliardi) e ha previsto un piano di privatizzazioni di 12 miliardi;
    è importante ricordare che per la prima volta, dalla nascita dell'Europa di Maastricht, il progetto di legge di stabilità è stato vagliato dalla Commissione europea, che ha la possibilità di imporre correttivi e comminare sanzioni in caso di inadempienza;
    con l'entrata in vigore del cosiddetto two-pack il pacchetto di due regolamenti approvato dal parlamento di Strasburgo nel maggio scorso, si è infatti chiuso il cerchio in tema di «sorveglianza» europea sui bilanci dei paesi dell'eurozona, con tutto quello che ciò comporta per la sovranità e l'autonomia politica degli stessi;
    è del tutto evidente che dentro un meccanismo così congegnato la funzione dei parlamenti nazionali è ridotta: le forze politiche parlamentari non hanno grandi margini di manovra per modificare l'impianto e la filosofia del documento di bilancio se alla Commissione europea è stato riconosciuto un sostanziale diritto di veto sui bilanci nazionali;
    la legge di stabilità ed i provvedimenti collegati a differenza che in passato, sono in primo luogo manovre contabili atte a correggere l'andamento dei conti pubblici, e solo secondariamente strumenti attraverso cui incidere sui processi economici e sociali;
    in tale quadro istituzionale, le politiche di austerità promosse dai Paesi dell'Unione europea, inclusa l'Italia, hanno portato a una recessione che oggi ha dimostrato tutti i suoi effetti devastanti inducendo quegli stessi governi a invocare la crescita come rimedio alla crisi e al problema dell'aumento della disoccupazione;
    ma le imprese aumentano la produzione, aumentando conseguentemente l'occupazione, solo se cresce la domanda o vi sono concreti elementi che indichino che essa crescerà;
    i 25 milioni di disoccupati nell'Unione europea al 2013 comportano una riduzione del PIL potenziale dell'intera Unione dell'ordine del 5 per cento l'anno, corrispondente a circa 800 miliardi di euro, per l'Italia, si tratta di 80 miliardi di ricchezza reale che non viene creata. Inoltre la disoccupazione di lunga durata genera ulteriori costi derivanti dalla perdita di produttività del lavoro e comporta costi sociali quali povertà, perdita della casa, criminalità, denutrizione, abbandoni scolastici, antagonismo etnico, crisi familiari, tensioni sociali potenzialmente esplosive. Il Premio Nobel Amartya Sen ha scritto: «le pene della disoccupazione possono essere enormemente più gravi di quanto possano suggerire le statistiche sulla distribuzione del reddito [...] E i due problemi sono come ovvio, interrelati, ma ciascuno e a modo suo significativo e va distinto dall'altro. I loro effetti negativi sono cumulativi, ed essi agiscono individualmente e congiuntamente nel loro scardinare e sovvertire la vita personale e sociale» (International Labor Review, 1987);
    i dati Istat relativi a ottobre 2013 riportano la spaventosa cifra di 3 milioni e 189 mila disoccupati. Anche se il quadro economico mutasse e vi fosse un boom non si riuscirebbe a creare lavoro per una tale mole di lavoratori e occorrerebbero non meno di 15 anni per riportare la disoccupazione a livelli che si possano considerare fisiologici, ma non si riuscirebbe comunque a tornare ai livelli precedenti (ad esempio al dato del 2005 che ha costituito l'anno migliore del nuovo secolo per l'occupazione nei Paesi UE), tenendo presente che la maggior parte delle imprese stanno provvedendo a sostituire in misura e rapidità crescente il lavoro umano con varie forme di automazione;
    il lavoro come diritto è solennemente sancito da tutte le Carte fondamentali nazionali e sovranazionali, incluso la nostra Costituzione che include tra i principi fondamentali non solo il riconoscimento a tutti i cittadini del diritto al lavoro, ma anche la promozione effettiva da parte della Repubblica delle condizioni che rendano effettivo questo diritto (articolo 4);
    è giunto il momento che il Governo italiano prenda l'iniziativa per sollecitare le istituzioni dell'Unione europea e gli altri Paesi membri dell'Unione affinché i trattati e il diritto dell'Unione vengano modificati nel senso di includere la lotta alla disoccupazione tra gli obiettivi principali delle politiche dell'Unione, più che il pareggio di bilancio;
    a tal proposito merita ricordare che nelle versioni consolidate del Trattato sull'Unione europea (TUE) e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), l'espressione promuovere «un elevato livello di occupazione» ricorre pochissime volte. Inoltre, i testi rendono chiaro che essa non è un impegno dell'Unione, bensì dovrebbe essere l'esito dell'economia sociale di mercato fortemente competitiva, di stampo neo-liberale, che purtroppo l'Unione e le sue istituzioni (BCE in testa) hanno promosso;
    di fronte alla vera e propria emergenza nazionale e europea rappresentata dalla disoccupazione, occorre una inversione di tendenza che abbandoni l'ideologia neo-liberale per contrastare i populismi crescenti, ponendo finalmente la piena, occupazione come obiettivo della politica dell'Unione e venga riconosciuto il principio che essa può essere perseguita efficacemente con politiche pubbliche;
    tra i piani su cui si potrebbe procedere andrebbero collocati integrazioni e modifiche del TUE, nonché dello Statuto del Sistema europeo di Banche centrali (SEBC) e della BCE al fine di collocare la piena occupazione tra i fini preminenti dell'UE e delle sue istituzioni finanziarie. Inoltre alla BCE andrebbe richiesto di includere tra i principi generali per le operazioni di credito a banche dell'eurozona la condizione per cui un credito viene concesso soltanto se appare sicuramente promuovere l'occupazione netta nel Paese dell'ente richiedente,

impegna il Governo

ad attivarsi formalmente presso le istituzioni dell'Unione europea e gli altri Paesi membri dell'Unione affinché i trattati, il diritto e le politiche dell'Unione vengano modificati nel senso di includere la lotta alla disoccupazione tra gli obiettivi principali delle politiche dell'Unione, come meglio precisato in premessa.
9/1865-A/67Ricciatti, Pannarale, Boccadutri, Di Salvo, Airaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo tanti sacrifici molti attendevano che la legge di Stabilità del Governo Letta ridesse fiato all'economia italiana, la quale dal 2007 ad oggi ha perso addirittura il 9 per cento della produzione di beni e servizi e ha visto crescere la disoccupazione a tassi che mostrano un quadro di assoluta gravità e che continuano a peggiorare;
    i dubbi sono quasi certezza sul fatto che la manovra non riuscirà a portare il Pil a crescere almeno di un punto percentuale nel 2014 come il Governo prevede;
    non determinante, trascurabile o irrilevante e l'impegno che la legge di stabilita contiene per combattere la disoccupazione: tali sono le misure relative al taglio del cuneo fiscale, quelle che stanziano risorse per gli strumenti di sostegno al reddito, quelle su assunzioni, rinnovi di contratti e stabilizzazioni nella P.A.;
    la disoccupazione rappresenta una vera e propria emorragia di posti di lavoro, che colpisce gli under 30, ma non di meno tutte le altre fasce di età. Quello che più turba è l'enorme crescita di quanti si dicono «scoraggiati», che hanno smesso di cercare lavoro perché ritengono di non trovarlo;
    i costi economici della disoccupazione sono incalcolabili: incidono direttamente sul PIL che non viene prodotto in percentuale di molto superiore al costo delle misure di sostegno al reddito dei disoccupati – si tratta di 80 miliardi di ricchezza reale che non viene creata –: generano costi ulteriori derivanti dalla perdita di produttività del lavoro e comportano costi sociali quali povertà, perdita della casa, criminalità, denutrizione, abbandoni scolastici, antagonismo etnico, crisi familiari, tensioni sociali potenzialmente esplosive;
    i dati Istat relativi a ottobre 2013 riportano la spaventosa cifra di 3 milioni e 189 mila disoccupati. Anche se il quadro economico mutasse e vi fosse un boom non si riuscirebbe a creare lavoro per una tale mole di lavoratori e occorrerebbero non meno di 15 anni per riportare la disoccupazione a livelli che si possano considerare fisiologici, ma non si riuscirebbe comunque a tornare ai livelli precedenti (ad esempio al dato del 2005 che ha costituito Panno migliore del nuovo secolo per l'occupazione nei Paesi UE), tenendo presente che la maggior parte delle imprese stanno provvedendo a sostituire in misura e rapidità crescente il lavoro umano con varie forme di automazione;
    riteniamo, pertanto, che non vi sia altra possibilità di creare lavoro e riassorbire l'enorme mole di disoccupati se non ricorrendo allo Stato come datore di lavoro di ultima istanza attraverso la creazione di un Piano nazionale del lavoro basato su un programma nazionale di interventi pubblici, che si ispiri al New Deal statunitense che tra il 1933 e il 1943 riuscì a creare occupazione per circa 8,5 milioni di lavoratori;
    è importante porsi l'obiettivo minimo di cerare un milione e mezzo di posti di lavoro in un triennio, sostenendo un'occupazione produttiva e un lavoro dignitoso, come promossi dall'Organizzazione internazionale del lavoro e dall'Unione europea;
    l'obiettivo del Piano deve essere quello di occupare lavoratori tra le persone inoccupate, disoccupate o occupate in cerca di altra occupazione, qualora il loro reddito sia al di sotto di ottomila euro, dando tuttavia la priorità a coloro che a parità di altre condizioni rientrano nella definizione di lavoratori svantaggiati ai sensi dell'articolo 2, lettera f) del Regolamento CE del 12 dicembre 2002. n. 2204 e che possiedono un patrimonio personale finanziario, mobiliare e immobiliare inferiore; oppure tra persone che usufruiscono di ammortizzatori sociali;
    un tale Programma deve essere realizzato da tutte le amministrazioni dello Stato e dagli enti locali ispirandosi ad interventi che, oltre ad assicurare la creazione di occupazione, consentano lo sviluppo di un nuovo modello produttivo al quale l'Italia deve ambire, ponendosi come obietto primario quello della tutela dell'ambiente e della salute, innanzitutto attraverso il recupero di aree urbane e rurali, degli ecosistemi e della biodiversità;
    gli interventi, pertanto, sono da realizzarsi nei settori della protezione del territorio per prevenire e contrastare il dissesto idrogeologico del Paese; per bonificare e riqualificare dal punto di vista ambientale tutte le aree del territorio nazionale; per recuperare, ristrutturare, adeguare, mettere in sicurezza e valorizzare edifici scolastici, ospedali, asili nido pubblici e il patrimonio immobiliare pubblico da destinare a prima casa e a iniziative di cohusing e coworking; per incrementare l'efficienza energetica e ridurre i consumi per gli uffici pubblici; per recuperare e valorizzare il patrimonio storico, architettonico, museale e archeologico italiano; per recuperare terreni pubblici incolti o abbandonati e salvare dall'inquinamento fiumi, aree paludose, spiagge e coste;
    per il funzionamento del Programma è possibile prevedere l'istituzione di un'Agenzia nazionale snella e poco costosa, vigilata da più ministeri, che svolga funzioni di organizzazione, programmazione, attuazione, indirizzo controllo e coordinamento;
    il Programma dovrebbe basarsi su progetti presentati dagli enti locali e che questi vogliono realizzare, utilizzando le strutture periferiche del Ministero delle attività produttive, per la valutazione dei progetti, e del Ministero del lavoro, per l'assunzione del personale;
    lo Stato dovrebbe mettere a disposizione dei progetti le risorse, con la partecipazione degli Enti locali, e le attrezzature e gli strumenti già in dotazione o di proprietà delle Forze armate e di polizia, nonché quelle degli Enti locali, mentre i centri per l'impiego dovrebbero procedere a organizzare la formazione dei lavoratori da impiegare;
    i Progetti non direttamente realizzati dagli enti pubblici devono essere assegnati attraverso gare d'appalto ad imprese che si impegnino ad assumere, con contratto a tempo determinato per la durata dell'appalto o a tempo indeterminato, almeno il 50 per cento del personale necessario tra i lavoratori svantaggiati come definiti dal Regolamento europeo n. 2204 del 2002, di cui si è scritto sopra. La riserva di manodopera nei bandi di appalto sarebbe così conforme alle norme dell'Unione europea in materia di aiuti di stato;
    per quanto riguarda le risorse da destinare alla realizzazione del Programma Nazionale per un triennio sperimentale lo Stato dovrebbe stanziare risorse non inferiori a 29 miliardi da ripartire tra un Fondo nazionale per finanziare i progetti e l'incremento delle risorse a disposizione – a legislazione vigente – degli interventi per la messa in sicurezza del territorio, per gli asili nido pubblici, per la messa in sicurezza degli edifici scolastici pubblici e per incrementare l'efficienza, la prestazione energetica e la riduzione del consumo di energia negli edifici pubblici;
    per mettere insieme le risorse necessarie si potrebbe far ricorso alla Cassa Depositi e Prestiti che può impiegare risorse proprie e emettere obbligazioni da far sottoscrivere alle Fondazioni bancarie, all'INAIF e ai Fondi pensioni negoziali; destinare quota parte dei fondi strutturali europei escludere dal patto di stabilità interno, per il triennio di sperimentazione, le spese in conto capitale collegate ai Progetti; ridurre le tax expenditures, i costi per auto blu e taxi, la deducibilità degli interessi passivi per le banche, la spesa per gli F35, le fregate FREMM e la TAV Lione-Torino; utilizzare le risorse del cuneo fiscale; incrementare l'aliquota sostitutiva sulle rendite finanziarie e riformare la tassa sulle transazioni finanziarie, etc.,

impegna il Governo

a creare, con apposito provvedimento normativo, un Piano sperimentale per la creazione di nuovi posti di lavoro per contrastare la piaga della disoccupazione, sulla base di quanto indicato in premessa.
9/1865-A/68Airaudo, Migliore, Di Salvo, Aiello, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo tanti sacrifici molti attendevano che la legge di Stabilità del Governo Letta ridesse fiato all'economia italiana, la quale dal 2007 ad oggi ha perso addirittura il 9 per cento della produzione di beni e servizi e ha visto crescere la disoccupazione a tassi che mostrano un quadro di assoluta gravità e che continuano a peggiorare;
    i dubbi sono quasi certezza sul fatto che la manovra non riuscirà a portare il Pil a crescere almeno di un punto percentuale nel 2014 come il Governo prevede;
    non determinante, trascurabile o irrilevante e l'impegno che la legge di stabilita contiene per combattere la disoccupazione: tali sono le misure relative al taglio del cuneo fiscale, quelle che stanziano risorse per gli strumenti di sostegno al reddito, quelle su assunzioni, rinnovi di contratti e stabilizzazioni nella P.A.;
    la disoccupazione rappresenta una vera e propria emorragia di posti di lavoro, che colpisce gli under 30, ma non di meno tutte le altre fasce di età. Quello che più turba è l'enorme crescita di quanti si dicono «scoraggiati», che hanno smesso di cercare lavoro perché ritengono di non trovarlo;
    i costi economici della disoccupazione sono incalcolabili: incidono direttamente sul PIL che non viene prodotto in percentuale di molto superiore al costo delle misure di sostegno al reddito dei disoccupati – si tratta di 80 miliardi di ricchezza reale che non viene creata –: generano costi ulteriori derivanti dalla perdita di produttività del lavoro e comportano costi sociali quali povertà, perdita della casa, criminalità, denutrizione, abbandoni scolastici, antagonismo etnico, crisi familiari, tensioni sociali potenzialmente esplosive;
    i dati Istat relativi a ottobre 2013 riportano la spaventosa cifra di 3 milioni e 189 mila disoccupati. Anche se il quadro economico mutasse e vi fosse un boom non si riuscirebbe a creare lavoro per una tale mole di lavoratori e occorrerebbero non meno di 15 anni per riportare la disoccupazione a livelli che si possano considerare fisiologici, ma non si riuscirebbe comunque a tornare ai livelli precedenti (ad esempio al dato del 2005 che ha costituito Panno migliore del nuovo secolo per l'occupazione nei Paesi UE), tenendo presente che la maggior parte delle imprese stanno provvedendo a sostituire in misura e rapidità crescente il lavoro umano con varie forme di automazione;
    riteniamo, pertanto, che non vi sia altra possibilità di creare lavoro e riassorbire l'enorme mole di disoccupati se non ricorrendo allo Stato come datore di lavoro di ultima istanza attraverso la creazione di un Piano nazionale del lavoro basato su un programma nazionale di interventi pubblici, che si ispiri al New Deal statunitense che tra il 1933 e il 1943 riuscì a creare occupazione per circa 8,5 milioni di lavoratori;
    è importante porsi l'obiettivo minimo di cerare un milione e mezzo di posti di lavoro in un triennio, sostenendo un'occupazione produttiva e un lavoro dignitoso, come promossi dall'Organizzazione internazionale del lavoro e dall'Unione europea;
    l'obiettivo del Piano deve essere quello di occupare lavoratori tra le persone inoccupate, disoccupate o occupate in cerca di altra occupazione, qualora il loro reddito sia al di sotto di ottomila euro, dando tuttavia la priorità a coloro che a parità di altre condizioni rientrano nella definizione di lavoratori svantaggiati ai sensi dell'articolo 2, lettera f) del Regolamento CE del 12 dicembre 2002. n. 2204 e che possiedono un patrimonio personale finanziario, mobiliare e immobiliare inferiore; oppure tra persone che usufruiscono di ammortizzatori sociali;
    un tale Programma deve essere realizzato da tutte le amministrazioni dello Stato e dagli enti locali ispirandosi ad interventi che, oltre ad assicurare la creazione di occupazione, consentano lo sviluppo di un nuovo modello produttivo al quale l'Italia deve ambire, ponendosi come obietto primario quello della tutela dell'ambiente e della salute, innanzitutto attraverso il recupero di aree urbane e rurali, degli ecosistemi e della biodiversità;
    gli interventi, pertanto, sono da realizzarsi nei settori della protezione del territorio per prevenire e contrastare il dissesto idrogeologico del Paese; per bonificare e riqualificare dal punto di vista ambientale tutte le aree del territorio nazionale; per recuperare, ristrutturare, adeguare, mettere in sicurezza e valorizzare edifici scolastici, ospedali, asili nido pubblici e il patrimonio immobiliare pubblico da destinare a prima casa e a iniziative di cohusing e coworking; per incrementare l'efficienza energetica e ridurre i consumi per gli uffici pubblici; per recuperare e valorizzare il patrimonio storico, architettonico, museale e archeologico italiano; per recuperare terreni pubblici incolti o abbandonati e salvare dall'inquinamento fiumi, aree paludose, spiagge e coste;
    per il funzionamento del Programma è possibile prevedere l'istituzione di un'Agenzia nazionale snella e poco costosa, vigilata da più ministeri, che svolga funzioni di organizzazione, programmazione, attuazione, indirizzo controllo e coordinamento;
    il Programma dovrebbe basarsi su progetti presentati dagli enti locali e che questi vogliono realizzare, utilizzando le strutture periferiche del Ministero delle attività produttive, per la valutazione dei progetti, e del Ministero del lavoro, per l'assunzione del personale;
    lo Stato dovrebbe mettere a disposizione dei progetti le risorse, con la partecipazione degli Enti locali, e le attrezzature e gli strumenti già in dotazione o di proprietà delle Forze armate e di polizia, nonché quelle degli Enti locali, mentre i centri per l'impiego dovrebbero procedere a organizzare la formazione dei lavoratori da impiegare;
    i Progetti non direttamente realizzati dagli enti pubblici devono essere assegnati attraverso gare d'appalto ad imprese che si impegnino ad assumere, con contratto a tempo determinato per la durata dell'appalto o a tempo indeterminato, almeno il 50 per cento del personale necessario tra i lavoratori svantaggiati come definiti dal Regolamento europeo n. 2204 del 2002, di cui si è scritto sopra. La riserva di manodopera nei bandi di appalto sarebbe così conforme alle norme dell'Unione europea in materia di aiuti di stato;
    per quanto riguarda le risorse da destinare alla realizzazione del Programma Nazionale per un triennio sperimentale lo Stato dovrebbe stanziare risorse non inferiori a 29 miliardi da ripartire tra un Fondo nazionale per finanziare i progetti e l'incremento delle risorse a disposizione – a legislazione vigente – degli interventi per la messa in sicurezza del territorio, per gli asili nido pubblici, per la messa in sicurezza degli edifici scolastici pubblici e per incrementare l'efficienza, la prestazione energetica e la riduzione del consumo di energia negli edifici pubblici;
    per mettere insieme le risorse necessarie si potrebbe far ricorso alla Cassa Depositi e Prestiti che può impiegare risorse proprie e emettere obbligazioni da far sottoscrivere alle Fondazioni bancarie, all'INAIF e ai Fondi pensioni negoziali; destinare quota parte dei fondi strutturali europei escludere dal patto di stabilità interno, per il triennio di sperimentazione, le spese in conto capitale collegate ai Progetti; ridurre le tax expenditures, i costi per auto blu e taxi, la deducibilità degli interessi passivi per le banche, la spesa per gli F35, le fregate FREMM e la TAV Lione-Torino; utilizzare le risorse del cuneo fiscale; incrementare l'aliquota sostitutiva sulle rendite finanziarie e riformare la tassa sulle transazioni finanziarie, etc.,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di creare, con apposito provvedimento normativo, un Piano sperimentale per la creazione di nuovi posti di lavoro per contrastare la piaga della disoccupazione, sulla base di quanto indicato in premessa.
9/1865-A/68. (Testo modificato nel corso della seduta). Airaudo, Migliore, Di Salvo, Aiello, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma Fornero delle pensioni contenuta nel decreto-legge 201 del 2011 oltre alle evidenti iniquità contiene anche errori;
    la legge di stabilità in esame reca norme che intervengono, in maniera insufficiente e parziale, a rimediare ad alcune delle predette iniquità ed errori, aumentando il numero dei lavoratori cosiddetti salvaguardati, ai quali continuerà ad applicarsi la normativa ante riforma;
    uno degli errori più marcati ha riguardato i lavoratori già iscritti all'ex Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nonché al personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta dei treni, addetto alla manovra, traghettamento, formazione treni ed il personale imbarcato a bordo delle navi traghetto, l'articolo 24, comma 18, del decreto-legge n. 201/2011 ha disposto l'armonizzazione delle regole previdenziali per il settore della pubblica sicurezza e delle forze armate e dello spettacolo, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti, ma a causa di un errore contenuto nell'ultimo periodo della disposizione, dove è stata utilizzata la parola «articolo», anziché «comma», ha impedito di applicare l'armonizzazione anche al predetto personale delle imprese ferroviarie;
    la situazione che si è venuta a creare è particolarmente grave, perché va a sommarsi a una coincidenza infelice accaduta pochi mesi prima: negli stessi giorni, il c.d. taglia leggi aveva disposto l'abrogazione di norme degli anni 50 che regolavano la previdenza del citato personale delle imprese ferroviarie, mentre il decreto legislativo in materia di lavori usuranti, lasciava fuori i lavoratori delle imprese ferroviarie sul presupposto che c'erano le norme speciali previste dalla legge degli anni 50. Ne è venuto fuori un pasticcio, che ha visto aumentare di molti anni l'età anagrafica per andare in pensione in maniera irragionevole: si pensi che le aspettative di vita dei macchinisti è di 64,5 anni (rispetto ad una media nazionale di 82 anni), ma questi dovrebbero andare in pensione a 67 anni;
    il Governo non può continuare a ignorare l'esistenza di questa problematica previdenziale e attivarsi, quantomeno, per stabilire che si applica l'armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività, anche ai lavoratori iscritti al fondo speciale istituito presso l'INPS, ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, tra cui macchinisti, personale viaggiante e di manovra delle imprese ferroviarie;
    è importante che tale intervento sia realizzato in termini certi e rapidi;
    occorre sottolineare che non esistono problemi di copertura per la realizzazione dell'intervento di armonizzazione, dal momento che il Governo può utilizzare una minima quota parte dei maggiori risparmi determinati dalla riforma Fornero e non ancora iscritti a bilancio. Infatti, è ormai notorio che le previsioni della Ragioneria generale dello Stato, che aveva sbagliato calcolando in 22 miliardi i risparmi derivanti dalla riforma nel decennio 2012-2021, sono stati rideterminati nello stesso periodo – in oltre 90 miliardi dall'Ufficio statistico dell'INPS. Sarebbe oltremodo vergognoso se le predette maggiori risorse non fossero restituite tutte – ma qui se ne chiede una minima parte – al sistema previdenziale, mediante la modifica sostanziale della pessima riforma Fornero,

impegna il Governo

a modificare, con il primo provvedimento di natura legislativa adottando, l'articolo 24, comma 18 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, prevedendo che l'armonizzazione ivi prevista, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti, si applichi anche ai lavoratori già iscritti all'ex Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre n. 488, nonché al personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta dei treni, addetto alla manovra, traghettamento, formazione treni ed il personale imbarcato a bordo delle navi traghetto.
9/1865-A/69Di Salvo, Airaudo, Placido, Tripiedi, Rizzetto, Rostellato, Baldelli, Brunetta, Calabria, Biondelli, Arlotti, Antezza, Gitti.


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma Fornero delle pensioni contenuta nel decreto-legge 201 del 2011 oltre alle evidenti iniquità contiene anche errori;
    la legge di stabilità in esame reca norme che intervengono, in maniera insufficiente e parziale, a rimediare ad alcune delle predette iniquità ed errori, aumentando il numero dei lavoratori cosiddetti salvaguardati, ai quali continuerà ad applicarsi la normativa ante riforma;
    uno degli errori più marcati ha riguardato i lavoratori già iscritti all'ex Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nonché al personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta dei treni, addetto alla manovra, traghettamento, formazione treni ed il personale imbarcato a bordo delle navi traghetto, l'articolo 24, comma 18, del decreto-legge n. 201/2011 ha disposto l'armonizzazione delle regole previdenziali per il settore della pubblica sicurezza e delle forze armate e dello spettacolo, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti, ma a causa di un errore contenuto nell'ultimo periodo della disposizione, dove è stata utilizzata la parola «articolo», anziché «comma», ha impedito di applicare l'armonizzazione anche al predetto personale delle imprese ferroviarie;
    la situazione che si è venuta a creare è particolarmente grave, perché va a sommarsi a una coincidenza infelice accaduta pochi mesi prima: negli stessi giorni, il c.d. taglia leggi aveva disposto l'abrogazione di norme degli anni 50 che regolavano la previdenza del citato personale delle imprese ferroviarie, mentre il decreto legislativo in materia di lavori usuranti, lasciava fuori i lavoratori delle imprese ferroviarie sul presupposto che c'erano le norme speciali previste dalla legge degli anni 50. Ne è venuto fuori un pasticcio, che ha visto aumentare di molti anni l'età anagrafica per andare in pensione in maniera irragionevole: si pensi che le aspettative di vita dei macchinisti è di 64,5 anni (rispetto ad una media nazionale di 82 anni), ma questi dovrebbero andare in pensione a 67 anni;
    il Governo non può continuare a ignorare l'esistenza di questa problematica previdenziale e attivarsi, quantomeno, per stabilire che si applica l'armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività, anche ai lavoratori iscritti al fondo speciale istituito presso l'INPS, ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, tra cui macchinisti, personale viaggiante e di manovra delle imprese ferroviarie;
    è importante che tale intervento sia realizzato in termini certi e rapidi;
    occorre sottolineare che non esistono problemi di copertura per la realizzazione dell'intervento di armonizzazione, dal momento che il Governo può utilizzare una minima quota parte dei maggiori risparmi determinati dalla riforma Fornero e non ancora iscritti a bilancio. Infatti, è ormai notorio che le previsioni della Ragioneria generale dello Stato, che aveva sbagliato calcolando in 22 miliardi i risparmi derivanti dalla riforma nel decennio 2012-2021, sono stati rideterminati nello stesso periodo – in oltre 90 miliardi dall'Ufficio statistico dell'INPS. Sarebbe oltremodo vergognoso se le predette maggiori risorse non fossero restituite tutte – ma qui se ne chiede una minima parte – al sistema previdenziale, mediante la modifica sostanziale della pessima riforma Fornero,

impegna il Governo

a modificare, adottando, l'articolo 24, comma 18 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, prevedendo che l'armonizzazione ivi prevista, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti, si applichi anche ai lavoratori già iscritti all'ex Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre n. 488, nonché al personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta dei treni, addetto alla manovra, traghettamento, formazione treni ed il personale imbarcato a bordo delle navi traghetto.
9/1865-A/69. (Testo modificato nel corso della seduta). Di Salvo, Airaudo, Placido, Tripiedi, Rizzetto, Rostellato, Baldelli, Brunetta, Calabria, Biondelli, Arlotti, Antezza, Gitti.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi dal 437 al 439 prevedono sia norme per le procedure di selezione concorrenziale delle concessioni di gioco per la raccolta del Bingo che l'avvio delle procedure per la riattribuzione delle concessioni vigenti per la raccolta del gioco Bingo e la posta in gara di ulteriori 30 nuove concessioni;
    non appare condivisibile la scelta di procedere ad ulteriori concessioni per la raccolta del gioco Bingo, in una fase di gravissima crisi economica e vista la gravità che sta assumendo il gioco di azzardo patologico che vede già coinvolte milioni di persone; in una fase di gravissima crisi economica recessiva si dovrebbe procedere a forme di disincentivazione all'accesso al gioco d'azzardo che da una parte crea dipendenza e dall'altra produce ulteriore indebitamento e impoverimento dei settori sociali più svantaggiati con evidenti gravissime conseguenze;
    in alternativa sarebbe necessario procedere alla modifica all'articolo 4 del Decreto Direttoriale AAMS del 10 gennaio 2011, n. 666, prevedendo l'applicazione alle tipologie di giochi come indicati all'articolo 1 del citato Decreto Direttoriale, di una imposta unica non inferiore al ventidue per cento utilizzando eventuali maggiori introiti al finanziamento delle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone affette da gioco d'azzardo patologico,

impegna il Governo

a procedere alla modifica dell'articolo 4 del Decreto Direttoriale AAMS del 10 gennaio 2011, n. 666, prevedendo l'applicazione alle tipologie di giochi come indicati all'articolo 1 del citato Decreto Direttoriale, di una imposta unica non inferiore al ventidue per cento della raccolta del giocato, utilizzando quota parte degli eventuali maggiori introiti, al finanziamento delle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone affette da gioco d'azzardo patologico.
9/1865-A/70Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 437, 438 e 439 prevedono: a) norme per le procedure di selezione concorrenziale delle concessioni di gioco per la raccolta del Bingo; b) l'avvio delle procedure per la riattribuzione concorrenziale delle concessioni vigenti per la raccolta del gioco Bingo; c) la posta in gara di ulteriori 30 nuove concessioni per la raccolta del medesimo gioco per soddisfare l'eventuale domanda di nuove concessioni;
    non appare condivisibile la scelta di procedere ad ulteriori concessioni per la raccolta del gioco Bingo, in una fase di gravissima crisi economica e vista la gravità che sta assumendo il gioco di azzardo patologico che vede già coinvolte milioni di persone,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di:
    a) fissare la soglia minima corrispettiva per l'attribuzione di ciascuna concessione a 300.000 euro;
    b) sospendere la posta in gara per trenta nuove concessioni per la raccolta del gioco Bingo.
9/1865-A/71Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 131 dell'A.C. 1865 destina alla liquidazione della quota del 5 per mille nell'anno 2014 un importo di 400 milioni di euro;
    la somma destinata dal comma 131 dell'A.C. 1865 non rappresenta l'insieme della quota di cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche scelta dai contribuenti in sede di dichiarazioni di redditi;
    il 5 per mille è diventato sempre più un istituto precario a rinnovo e quantificazione delle risorse annuale;
    le organizzazioni no profit hanno necessità di stabilizzazione e certezza di tempi nell'erogazione delle risorse anche per rispondere alla necessità di programmare le attività da finanziare attraverso gli introiti derivanti dal 5 per mille,

impegna il Governo

a procedere alla stabilizzazione del 5 per mille, fornendo alle associazioni no profit, certezza di risorse in aderenza alla scelte operate dai contribuenti, superando la fase sperimentale e la determinazione delle risorse con cadenza annuale in sede di legge di stabilità, garantendo altresì tempi certi per l'erogazione delle risorse.
9/1865-A/72Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Ac 1865 reca «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014);
    il comma 385, dell'articolo 1, dell'Ac 1865, prevede che entro il 31 gennaio 2014 siano adottati i provvedimenti normativi di razionalizzazione delle detrazioni per oneri di cui all'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 al fine di assicurare maggiori entrate negli anni 2014, 2015 e 2016;
    dalla razionalizzazione delle detrazioni previste dal comma 385 non possono derivare riduzioni delle stesse che vadano a colpire soggetti deboli e svantaggiati quali persone invalide, disabili o non autosufficienti,

impegna il Governo

nell'adozione dei provvedimenti normativi di razionalizzazione delle detrazioni per oneri di cui all'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, a non prevedere riduzioni delle detrazioni vigenti in favore di persone con invalidità, disabilità o non autosufficienti.
9/1865-A/73Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera 1865 reca «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2014);
    l'atto Camera 1865 prevede una riduzione delle risorse per servizio sanitario nazionale di 540 milioni di euro per il 2015 e di 610 milioni di euro per il 2016;
    a fronte di continui e reiterati tagli alle risorse destinate al servizio sanitario nazionale si continua a non operare alcuna azione strutturale, coerente e concreta rispetto alla razionalizzazione e contenimento della spesa in materia di assistenza protesica e agli sprechi nell'ambito della sanità pubblica;
    il nomenclatore tariffario delle protesi e delle ortesi è in vigore dal 1999 e questo ha comportato e comporta un grave ritardo nella qualità delle prestazioni e degli interventi riabilitativi, compensativi o medici a favore delle persone con menomazioni;
    si è assistito in materia di qualità della spesa in materia di protesti e ortesi ad una situazione profondamente disomogenea a livello locale tanto che è improcrastinabile dotare il servizio sanitario nazionale di uno strumento trasparente che indichi caratteristiche e costi medi dei prodotti erogabili anche in relazione ad una efficace spending rewiew,

impegna il Governo:

   a modificare, sentito il parere della Conferenza Stato-regioni, il Regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n. 332, in particolare tenendo conto dell'innovazione tecnologica intervenuta dal 1999 ad oggi nell'ambito delle protesi, ortesi ed ausili e le relative tecniche abilitative;
   a provvedere in tempi rapidi all'istituzione del repertorio dei presidi protesici ortesici erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale come strumento di riferimento dei servizi di riabilitazione, di trasparenza e di controllo qualitativo e quantitativo della spesa a carico del Servizio sanitario nazionale e dei programmi regionali.
9/1865-A/74Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera 1865 reca «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2014);
    l'atto Camera 1865 prevede una riduzione delle risorse per servizio sanitario nazionale di 540 milioni di euro per il 2015 e di 610 milioni di euro per il 2016;
    a fronte di continui e reiterati tagli alle risorse destinate al servizio sanitario nazionale si continua a non operare alcuna azione strutturale, coerente e concreta rispetto alla razionalizzazione e contenimento della spesa in materia di assistenza protesica e agli sprechi nell'ambito della sanità pubblica;
    il nomenclatore tariffario delle protesi e delle ortesi è in vigore dal 1999 e questo ha comportato e comporta un grave ritardo nella qualità delle prestazioni e degli interventi riabilitativi, compensativi o medici a favore delle persone con menomazioni;
    si è assistito in materia di qualità della spesa in materia di protesti e ortesi ad una situazione profondamente disomogenea a livello locale tanto che è improcrastinabile dotare il servizio sanitario nazionale di uno strumento trasparente che indichi caratteristiche e costi medi dei prodotti erogabili anche in relazione ad una efficace spending rewiew,

impegna il Governo:

   a modificare, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili per il Servizio sanitario nazionale, sentito il parere della Conferenza Stato-regioni, il Regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n. 332, in particolare tenendo conto dell'innovazione tecnologica intervenuta dal 1999 ad oggi nell'ambito delle protesi, ortesi ed ausili e le relative tecniche abilitative;
   a provvedere, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili per il Servizio sanitario nazionale, in tempi rapidi all'istituzione del repertorio dei presidi protesici ortesici erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale come strumento di riferimento dei servizi di riabilitazione, di trasparenza e di controllo qualitativo e quantitativo della spesa a carico del Servizio sanitario nazionale e dei programmi regionali.
9/1865-A/74. (Testo modificato nel corso della seduta). Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera 1865 reca «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2014);
    l'atto Camera 1865 prevede una riduzione delle risorse per il Servizio sanitario nazionale di 540 milioni di euro per il 2015 e di 610 milioni di euro per il 2016;
    a fronte di continui e reiterati tagli alle risorse destinate al servizio sanitario nazionale si continua a non operare alcuna azione strutturale, coerente e concreta rispetto alla razionalizzazione e contenimento della spesa farmaceutica e agli sprechi nell'ambito della sanità pubblica,

impegna il Governo

a procedere, anche con provvedimenti normativi, sentita la Conferenza Stato-regioni, l'Aifa, nonché previo parere delle competenti commissioni parlamentari, alla definizione delle modalità per la produzione e distribuzione dei farmaci in forma monodose, sia nelle strutture sanitarie pubbliche e private, che nella prescrizione medica e distribuzione attraverso la rete delle farmacie.
9/1865-A/75Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera 1865 reca «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2014);
    l'atto Camera 1865 prevede una riduzione delle risorse per il Servizio sanitario nazionale di 540 milioni di euro per il 2015 e di 610 milioni di euro per il 2016;
    a fronte di continui e reiterati tagli alle risorse destinate al servizio sanitario nazionale si continua a non operare alcuna azione strutturale, coerente e concreta rispetto alla razionalizzazione e contenimento della spesa farmaceutica e agli sprechi nell'ambito della sanità pubblica,

impegna il Governo

a realizzare d'intesa con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano infrastrutture tecnologiche al fine di supportare il passaggio alle prescrizioni mediche digitali e il superamento della ricetta cartacea. Le infrastrutture tecnologiche a supporto delle prescrizioni mediche digitali dovranno assicurare la piena operabilità tra sistemi di telecomunicazioni a livello regionale e interregionale.
9/1865-A/76Di Vita.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera 1865 reca «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2014);
    l'atto Camera 1865 prevede una riduzione delle risorse per il Servizio sanitario nazionale di 540 milioni di euro per il 2015 e di 610 milioni di euro per il 2016;
    a fronte di continui e reiterati tagli alle risorse destinate al servizio sanitario nazionale si continua a non operare alcuna azione coerente e concreta rispetto alla razionalizzazione e contenimento della spesa farmaceutica e agli sprechi nell'ambito della sanità pubblica,

impegna il Governo

a predisporre gli atti e le iniziative necessarie, anche di carattere normativo, attraverso accordi con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, affinché il medico che curi un paziente per la prima volta, per una patologia cronica, per il cui trattamento sono disponibili medicinali equivalenti, indichi nella ricetta del Servizio sanitario nazionale la sola denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco.
9/1865-A/77Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 145-bis dell'AC 1865-A nel prevedere la soppressione dei commi da 89 a 92-quater dell'articolo 4 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e successive modificazioni, dispone che nell'ambito dei processi di riorganizzazione del Ministero della salute di cui all'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, dispone che l'esercizio delle funzioni statali in materia di assistenza sanitaria al personale navigante e aeronavigante sia concentrato presso gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF);
    i commi da 89 a 92-quater dell'articolo 4 della legge 12 novembre 2011, n. 138, prevedeva il passaggio delle cosiddette Asl del mare alle regioni, tale passaggio doveva avvenire entro il 2013;
    dal passaggio dell'assistenza sanitaria al personale navigante e aeronavigante alle regioni si sarebbero prodotti risparmi non inferiori a sessanta milioni di euro,

impegna il Governo

a inviare una relazione alle competenti commissioni parlamentari, comprensivo di tutti i dati disponibili, in particolare quelli in relazione ai costi di gestione diretti e indiretti, con particolare rilievo ai dati relativi alla locazione dei locali in uso e alle convenzioni con personale del Sistema sanitario nazionale e ai relativi oneri, alla quantificazione del personale interessato amministrativo, e agli eventuali risparmi adeguatamente riscontrabili, attesi dalla concentrazione presso l'USMAF delle funzioni in materia di assistenza sanitaria e al personale navigante e aeronavigante.
9/1865-A/78Spadoni, Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    nel recepire la direttiva 2010/45/UE sul sistema comune di imposta sul valore aggiunto, la legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228 del 24 dicembre 2012, articolo 1, comma 325, lettere c) e d), punto 2) ha modificato il decreto del Presidente della Repubblica 633/72 introducendo – per le operazioni non rilevanti territorialmente in Italia – l'obbligo di fatturazione (finora limitato alle prestazioni di servizi «generiche», ad esempio le consulenze), estendendolo alla generalità delle operazioni, che di conseguenza dovranno essere registrate e concorreranno alla determinazione del volume di affari annuo, ancorché le fatture non siano soggette ad IVA;
    pertanto, dal primo gennaio 2013, l'operazione effettuata da un professionista o da una società che rende servizi professionali all'estero, pur rimanendo non soggetta a IVA, viene fatta rientrare nel volume d'affari del contribuente e, dal momento che il regime contributivo della maggior parte degli Enti di previdenza privati prevede che i propri iscritti applichino una maggiorazione percentuale del 4 per cento su tutti i corrispettivi rientranti nel volume della cifra di affari professionale ai fini IVA, professionisti e società che operano all'estero sono tenuti ad imporre a committenti esteri una nuova voce di costo pari al 4 per cento del totale della prestazione da remunerare;
    fino al 31 dicembre 2012 le prestazioni svolte all'estero non rientravano nell'imponibile ai fini del calcolo dell'Iva e, quindi, le società che rendono servizi professionali, così come tutti i liberi professionisti, non avevano mai dovuto corrispondere alle Casse previdenziali alcunché su quanto svolto all'estero,

impegna il Governo

a risolvere, con norma di interpretazione autentica, le problematiche derivanti, per società e professionisti operanti all'estero, dal combinato disposto delle norme in materia IVA introdotte con la citata legge di stabilità 2013 e di quelle in materia previdenziale delle Casse di previdenza e assistenza per i liberi professionisti, ponendo fine a una situazione di rilevantissima perdita di competitività delle società e dei professionisti italiani rispetto ai competitors stranieri.
9/1865-A/79Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    in ordine al comma 316:
     esso interviene sul decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170 e sul decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, che recepiscono, rispettivamente, l'accordo sindacale ed il provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare (quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007) e lo schema di concertazione per le Forze armate relativo al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003;
     esso dispone che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà più diritto alla retribuzione a titolo di lavoro straordinario per intero, ma solo ed esclusivamente per le ore eccedenti l'ordinario turno di servizio giornaliero;
     esso reca, in sostanza, un oggettivo peggioramento ai danni del lavoratore;
     esso reca le nuove disposizioni in forma di interpretazione autentica di normative previgenti di carattere contrattuale;
     il ricorso all'interpretazione autentica, in particolare in ordine all'effetto retroattivo che ne consegue, appare del tutto in contrasto con le prescrizioni del nostro ordinamento e con i principi e i chiarimenti della giurisprudenza costituzionale: il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica, oltre che in presenza di effettive incertezze sull'applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, così rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore;
     esso fa salvi gli effetti delle sole sentenze che risultano passate in giudicato alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, con ciò rischiando di collidere con l'articolo 25, comma 2, della Costituzione, contrastando valori e principi costituzionalmente protetti – nel caso di specie, che «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima dei fatto commesso» –, di inficiare il principio della ragionevolezza e, infine, suscettibile di creare ulteriore contenzioso,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate, al fine di adottare le opportune iniziative, anche legislative, finalizzate al superamento delle distorsioni del comma richiamato, in particolare espungendone gli effetti retroattivi.
9/1865-A/80Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 131 e 132 della Legge di stabilità definiscono modalità di uso dei finanziamenti dell'8 e del 5 per mille destinati allo Stato;
    le scelte inespresse dai contribuenti sull'8 per mille del gettito IRPEF rappresentano una quota che varia tra i 600 e i 700 milioni di euro annui e sono state fino ad oggi suddivise tra le varie confessioni religiose (secondo le percentuali dei cittadini che hanno espresso una preferenza) e solo in misura minore allo Stato;
    il Presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta, in sede di presentazione del nuovo decreto-legge sul finanziamento ai partiti, ha dichiarato che per il 2 per mille «i cittadini non saranno fregati ed i fondi inespressi saranno destinati allo Stato»,

impegna il Governo

anche al fine di rendere trasparente ed uniforme la destinazione delle scelte dei contribuenti per il 2, il 5 e l'8 per mille del gettito IRPEF, di destinare allo Stato anche tutti i fondi inespressi dell'8 per mille.
9/1865-A/81Basilio.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 131 e 132 della Legge di stabilità definiscono modalità di uso dei finanziamenti dell'8 e del 5 per mille destinati allo Stato;
    le scelte inespresse dai contribuenti sull'8 per mille del gettito IRPEF rappresentano una quota che varia tra i 600 e i 700 milioni di euro annui e sono state fino ad oggi suddivise tra le varie confessioni religiose (secondo le percentuali dei cittadini che hanno espresso una preferenza) e solo in misura minore allo Stato;
    il Presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta, in sede di presentazione del nuovo decreto-legge sul finanziamento ai partiti, ha dichiarato che per il 2 per mille «i cittadini non saranno fregati ed i fondi inespressi saranno destinati allo Stato»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche al fine di rendere trasparente ed uniforme la destinazione delle scelte dei contribuenti per il 2, il 5 e l'8 per mille del gettito IRPEF, di destinare allo Stato anche tutti i fondi inespressi dell'8 per mille.
9/1865-A/81. (Testo modificato nel corso della seduta). Basilio.


   La Camera,
   premesso che:
    il servizio dell'assistenza spirituale alle Forze armate dello Stato, istituito per integrare la formazione spirituale delle Forze armate stesse è assicurato e disciplinato da norme basate, per ciò che attiene la religione cattolica sulle intese tra la Repubblica italiana e la Santa sede secondo i principi stabiliti dal Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, e successive modificazioni, e per ciò che attiene le altre confessioni religiose sulle intese stipulate in attuazione dell'articolo 8 della Costituzione;
    la grave crisi economica e la necessità di ridurre il debito contratto dal nostro Paese impone di ottimizzare i risparmi nelle Forze Armate;
    nell'attuale crisi, pur nel rispetto degli accordi citati in premessa, appare necessario ridurre l'impatto economico dei Cappellani militari sul bilancio dello Stato,

impegna il Governo

a riorganizzare il servizio di assistenza spirituale alle Forze Armate dello Stato in modo tale da minimizzare e razionalizzare l'impatto economico dello stesso anche attraverso il blocco delle assunzioni – a decorrere dal 1o gennaio 2014 – di nuovi cappellani militari nelle file delle nostre Forze Armate.
9/1865-A/82Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il 15 novembre, per la durata di 6 mesi e un costo di 200 mila euro al giorno, la portaerei Cavour è impegnata in una operazione di «promo» nei mari dell'Africa orientale per poi circumnavigarla con l'obiettivo esplicito, come dichiarato dal Ministro Mauro di «promuovere il sistema Italia in Africa»;
    il viaggio della Cavour – accompagnata da altre due navi, la nuovissima fregata lanciamissili Bergamini (tipo FREMM) e la nave logistica Etna – ha al suo seguito stand di Expo Milano 2015, di Fincantieri, di diverse aziende del Gruppo Finmeccanica, la società missilistica MBDA, l'elicotterista Agusta Westland ed altre ancora. Insomma un vero e proprio «negozio galleggiante» di sistemi d'arma che dopo i paesi del Golfo, supererà il nuovamente Hormuz spingendosi nell'Oceano Indiano per circumnavigare l'Africa con soste previste in Mozambico e in almeno altri tre Paesi di interesse per la penetrazione commerciale e militare dell'Italia;
    gli impegni internazionali del nostro Paese, come dimostra il comma 162 della Legge di Stabilità che stanzia per le missioni internazionali 614 milioni di euro per il 2014, sono tali da sconsigliare il proseguimento di questo tipo d'iniziativa «promo» in alcun modo riconducibile ai compiti istituzionali delle nostre Forze Armate,

impegna il Governo

a interrompere immediatamente la missione in oggetto della portaerei Cavour e di destinare le risorse risparmiate al Fondo Globale per la lotta all'Aids, Tubercolosi e Malaria, malattie che colpiscono gravemente in particolare Paesi oggetto del tour della stessa portaerei.
9/1865-A/83Frusone.


   La Camera,
   premesso che:
    le Camere di Commercio italiane all'estero (CCIE) sono 73 realtà operanti in 52 Paesi del Mondo, che associano, su base volontaria, 24.000 imprese e hanno sviluppato lo scorso anno più di 300 mila contatti di affari, connesse «a rete» in un sistema di promozione delle piccole e medie imprese;
    questo sistema, radicato sui territori esteri, è un punto di referenza per le comunità di affari italo-locali e permette all'Italia di disporre di una rete all'estero che, in virtù del suo importante ruolo, è riconosciuta dallo Stato italiano;
    ai sensi delle leggi n. 518 del 10 luglio 1970 e n. 549 del 1995 le CCIE sono destinatarie annualmente di un cofinanziamento sul valore dei programmi di promozione realizzati, nell'ambito delle disponibilità di cui alla tab. C. cap. 2501 (6.2.1) (4.1.1) del Ministero dello sviluppo economico;
    ogni anno viene effettuata la ripartizione delle disponibilità sul capitolo sulla base del valore dei programmi presentati e approvati dallo stesso Ministro dello sviluppo economico, che ha impegnato negli ultimi anni, orientativamente, poco più del 50 per cento delle risorse complessive del capitolo 2501 per l'attività delle CCIE;
    nell'anno 2013 la dotazione del capitolo 2501 è stata ridotta a 8,8 milioni di euro, a fronte di una disponibilità complessiva di quattro anni or sono di 24.4 milioni di euro;
    di conseguenza il cofinanziamento alle CCIE è stato nel 2013 di circa il 12 per cento, a fronte di un'indicazione normativa che prevede di poter arrivare al 50 per cento;
    questa situazione rischia di produrre situazioni di dissesto in soggetti che hanno visto, in quattro anni, ridurre il cofinanziamento pubblico a meno di un terzo, mettendo a repentaglio la continuità di servizio, la capacità di rappresentanza degli interessi imprenditoriali all'estero, nonché l'attivo supporto ai processi d'internazionalizzazione delle piccole e media imprese italiane;
    nell'anno 2013 il Ministero ha approvato programmi di attività delle Camere per una spesa di quasi 40 milioni di euro;
    nell'anno 2013, anche per effetto del termine della legislatura, si sono determinate incertezze nella normativa amministrativa di applicazione alle CCIE, che hanno contribuito a creare forte disagio operativo,

impegna il Governo:

   in sede di ripartizione del cap. 2501 (6.2.1) (4.1.1) ad assicurare alle Camere di commercio italiane all'estero un contributo non inferiore al 65 per cento della dotazione globale del capitolo, al fine di realizzare una coerente copertura dei programmi già attuati;
   a realizzare una normativa applicativa che restituisca un quadro di certezza operativa e che sia coerente con la natura e l'operatività delle CCIE, assicurando loro uno scenario di riferimento valido nel medio termine.
9/1865-A/84Fedi, Porta, La Marca, Garavini.


   La Camera,
   premesso che:
    le Camere di Commercio italiane all'estero (CCIE) sono 73 realtà operanti in 52 Paesi del Mondo, che associano, su base volontaria, 24.000 imprese e hanno sviluppato lo scorso anno più di 300 mila contatti di affari, connesse «a rete» in un sistema di promozione delle piccole e medie imprese;
    questo sistema, radicato sui territori esteri, è un punto di referenza per le comunità di affari italo-locali e permette all'Italia di disporre di una rete all'estero che, in virtù del suo importante ruolo, è riconosciuta dallo Stato italiano;
    ai sensi delle leggi n. 518 del 10 luglio 1970 e n. 549 del 1995 le CCIE sono destinatarie annualmente di un cofinanziamento sul valore dei programmi di promozione realizzati, nell'ambito delle disponibilità di cui alla tab. C. cap. 2501 (6.2.1) (4.1.1) del Ministero dello sviluppo economico;
    ogni anno viene effettuata la ripartizione delle disponibilità sul capitolo sulla base del valore dei programmi presentati e approvati dallo stesso Ministro dello sviluppo economico, che ha impegnato negli ultimi anni, orientativamente, poco più del 50 per cento delle risorse complessive del capitolo 2501 per l'attività delle CCIE;
    nell'anno 2013 la dotazione del capitolo 2501 è stata ridotta a 8,8 milioni di euro, a fronte di una disponibilità complessiva di quattro anni or sono di 24.4 milioni di euro;
    di conseguenza il cofinanziamento alle CCIE è stato nel 2013 di circa il 12 per cento, a fronte di un'indicazione normativa che prevede di poter arrivare al 50 per cento;
    questa situazione rischia di produrre situazioni di dissesto in soggetti che hanno visto, in quattro anni, ridurre il cofinanziamento pubblico a meno di un terzo, mettendo a repentaglio la continuità di servizio, la capacità di rappresentanza degli interessi imprenditoriali all'estero, nonché l'attivo supporto ai processi d'internazionalizzazione delle piccole e media imprese italiane;
    nell'anno 2013 il Ministero ha approvato programmi di attività delle Camere per una spesa di quasi 40 milioni di euro;
    nell'anno 2013, anche per effetto del termine della legislatura, si sono determinate incertezze nella normativa amministrativa di applicazione alle CCIE, che hanno contribuito a creare forte disagio operativo,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, in sede di ripartizione del cap. 2501 (6.2.1) (4.1.1), di assicurare alle Camere di commercio italiane all'estero un contributo non inferiore al 65 per cento della dotazione globale del capitolo, al fine di realizzare una coerente copertura dei programmi già attuati;
   a valutare l'opportunità di realizzare una normativa applicativa che restituisca un quadro di certezza operativa e che sia coerente con la natura e l'operatività delle CCIE, assicurando loro uno scenario di riferimento valido nel medio termine.
9/1865-A/84. (Testo modificato nel corso della seduta). Fedi, Porta, La Marca, Garavini.


   La Camera,
   premesso che:
    lo strumento della cosiddetta «staffetta generazione» utile allo scopo di sostenere l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro e l'attuazione di meccanismi di flessibilità positiva per i lavoratori maturi, pur consapevole che la misura prevista non risolve la questione della disoccupazione giovanile, ma convinta che essa possa contribuire a ridurre il numero dei giovani inoccupati e disoccupati;
    lo stesso Ministro del lavoro Giovannini, in varie occasioni pubbliche, oltre che nell'Audizione tenuta in 11a Commissione (Lavoro e Previdenza sociale) del Senato il 14 maggio 2013, aveva affermato di ritenere utile lo strumento della staffetta generazionale;
    appare, quindi, necessario tornare a riflettere e decidere sul tema della «staffetta generazionale» per precisarne i contenuti e le modalità,

impegna il Governo

a riprendere concretamente ed in tempi rapidi il tema della «staffetta generazionale», in modo da consentire, anche in via sperimentale, la concreta attuazione di uno strumento utile per facilitare l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro.
9/1865-A/85Formisano, Portas.


   La Camera,
   premesso che:
    dal 1993 fino al 2011 l'unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani residenti all'estero è stata equiparata all'abitazione principale ai fini dell'applicazione dell'ICI;
    dopo ben 18 anni di vigenza, con l'introduzione dell'IMU tale previsione è stata improvvisamente cancellata;
    le nostre collettività residenti all'estero (quasi 5 milioni di cittadini) rivendicano ora il ripristino di una concessione che lo Stato italiano aveva garantito per tanti anni anche in segno di riconoscenza per i sacrifici sostenuti con l'emigrazione e il contributo dato all'Italia con le loro rimesse e i loro investimenti;
    allo stato attuale delle cose i cittadini italiani residenti all'estero proprietari di immobili in Italia saranno tenuti a pagare sia l'IMU (con aliquote che quasi tutti i comuni hanno spostato verso il massimale del 10,6 per mille), sia la TARI (anche se la produzione di rifiuti è molto limitata per il semplice fatto che vivono all'estero), sia la TASI (che si applicherà anche a quelle che vengono considerate seconde case); insomma una vera e propria stangata tributaria;
    tuttavia la legge di stabilità per il 2014 prevede che i comuni possono introdurre agevolazioni fiscali sulle imposte comunali (IMU, TARI e TASI) a favore dei cittadini italiani residenti all'estero;
    in particolare il comma 522-ter prevede che per l'anno 2014, al Fondo di solidarietà comunale sono assegnati ulteriori 500 milioni di euro finalizzati a finanziare la previsione, da parte dei comuni, di detrazioni dalla TASI a favore dell'abitazione principale e che tali risorse possono essere utilizzate dai comuni anche per finanziare detrazioni in favore dei cittadini italiani iscritti all'AIRE;
    non bisogna vanificare la legittima e lungimirante volontà di Governo e Parlamento di venire incontro alle richieste e alle esigenze dei nostri connazionali da anni penalizzati dal ridimensionamento della tutela dei loro diritti da parte dello Stato italiano,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché nel decreto che il Ministro dell'economia e delle finanze dovrà adottare entro il 28 febbraio 2014 per stabilire la ripartizione dello spazio finanziario disponibile per ciascun comune nel limite degli ulteriori 500 milioni di euro assegnato al Fondo di solidarietà comunale e le detrazioni adottabili da ciascun comune, sia riservata una dotazione da assegnare alle agevolazioni fiscali previste dalla legge di stabilità per il 2014 a favore delle comunità italiane residenti all'estero al fine di ridurre gli oneri tributari relativi alla TASI e all'IMU.
9/1865-A/86Garavini.


   La Camera,
   premesso che:
    dal 1993 fino al 2011 l'unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani residenti all'estero è stata equiparata all'abitazione principale ai fini dell'applicazione dell'ICI;
    dopo ben 18 anni di vigenza, con l'introduzione dell'IMU tale previsione e’ stata improvvisamente cancellata;
    le nostre collettività residenti all'estero (quasi 5 milioni di cittadini) rivendicano ora il ripristino di una concessione che lo Stato italiano aveva garantito per tanti anni anche in segno di riconoscenza per i sacrifici sostenuti con l'emigrazione e il contributo dato all'Italia con le loro rimesse e i loro investimenti;
    allo stato attuale delle cose i cittadini italiani residenti all'estero proprietari di immobili in Italia saranno tenuti a pagare sia l'IMU (con aliquote che quasi tutti i comuni hanno spostato verso il massimale del 10,6 per mille), sia la TARI (anche se la produzione di rifiuti è molto limitata per il semplice fatto che vivono all'estero), sia la TASI (che si applicherà anche a quelle che vengono considerate seconde case); insomma una vera e propria stangata tributaria;
    tuttavia la legge di stabilità per il 2014 prevede che i comuni possono introdurre agevolazioni fiscali sulle imposte comunali (IMU, TARI e TASI) a favore dei cittadini italiani residenti all'estero;
    in particolare il comma 522-ter prevede che per l'anno 2014, al Fondo di solidarietà comunale sono assegnati ulteriori 500 milioni di euro finalizzati a finanziare la previsione, da parte dei comuni, di detrazioni dalla TASI a favore dell'abitazione principale e che tali risorse possono essere utilizzate dai comuni anche per finanziare detrazioni in favore dei cittadini italiani iscritti all'AIRE;
    non bisogna vanificare la legittima e lungimirante volontà di Governo e Parlamento di venire incontro alle richieste e alle esigenze dei nostri connazionali da anni penalizzati dal ridimensionamento della tutela dei loro diritti da parte dello Stato italiano,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché nel decreto che il Ministro dell'economia e delle finanze dovrà adottare entro il 28 febbraio 2014 per stabilire la ripartizione delle risorse di cui al comma 522-ter, le detrazioni previste possano essere applicate anche a favore degli italiani iscritti all'AIRE, al fine di ridurre gli oneri tributari relativi, oltre che alla TASI, anche all'IMU.
9/1865-A/86. (Testo modificato nel corso della seduta). Garavini.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 281 del 1991 rappresenta uno strumento fondamentale nella prevenzione del randagismo attraverso l'istituto dell'anagrafe canina e delle sterilizzazioni per il controllo delle nascite;
    ciò nonostante, si registrano ancora forti ritardi nella sua applicazione, anche a causa dei fondi che negli anni recenti sono stati erogati in modo insufficiente, sino ad essere quasi completamente cancellati, a detrimento degli enti locali;
    si pone con stringente evidenza la necessità del rifinanziamento della normativa nazionale, in quanto il randagismo costituisce un fenomeno complesso dalle molteplici implicazioni: aspetti di carattere sanitario, ambientale ma anche di diffusa illegalità. Esso in primo luogo comporta infinite sofferenze per gli animali;
    viene, generalmente, sottovalutato il business praticato sui randagi attraverso il regime di convenzioni che comuni disattenti, che non operano i necessari controlli, permettono a criminalità piccola o organizzata, con i canili lager tristemente noti all'opinione pubblica;
    la Commissione XIII Agricoltura della Camera alcuni mesi fa, nell'ambito della discussione di alcune risoluzioni riguardanti i danni attribuiti alla fauna, ha trattato, anche con audizioni, la vicenda dei cani definiti «inselvatichiti», abbandonati dall'uomo e stretti in gruppi nel tentativo di sopravvivere;
   ad essi vengono a volte imputati danni dagli allevatori: la Commissione medesima, nell'approvazione di una risoluzione unitaria, ha convenuto, tra l'altro, sulla necessità di restituire adeguate risorse finanziarie alla legge n. 281;
    tale rifinanziamento, teso ad una efficace politica di sterilizzazioni, rappresenta un autentico investimento per i comuni, in quanto causa la diminuzione della popolazione canina, evita la saturazione delle strutture, agevola le adozioni, che costituiscono un altro punto fondamentale della legge;
    giungono in questo periodo allarmanti notizie di uccisioni di randagi, soprattutto attraverso avvelenamenti, nelle zone in cui il fenomeno è più rilevante,

impegna il Governo

a reperire in tempi brevi adeguate risorse finanziarie per la legge nazionale di prevenzione del randagismo n. 281 del 1991, con stretto riferimento agli interventi di sterilizzazione.
9/1865-A/87Totaro, Fabrizio Di Stefano, Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 281 del 1991 rappresenta uno strumento fondamentale nella prevenzione del randagismo attraverso l'istituto dell'anagrafe canina e delle sterilizzazioni per il controllo delle nascite;
    ciò nonostante, si registrano ancora forti ritardi nella sua applicazione, anche a causa dei fondi che negli anni recenti sono stati erogati in modo insufficiente, sino ad essere quasi completamente cancellati, a detrimento degli enti locali;
    si pone con stringente evidenza la necessità del rifinanziamento della normativa nazionale, in quanto il randagismo costituisce un fenomeno complesso dalle molteplici implicazioni: aspetti di carattere sanitario, ambientale ma anche di diffusa illegalità. Esso in primo luogo comporta infinite sofferenze per gli animali;
    viene, generalmente, sottovalutato il business praticato sui randagi attraverso il regime di convenzioni che comuni disattenti, che non operano i necessari controlli, permettono a criminalità piccola o organizzata, con i canili lager tristemente noti all'opinione pubblica;
    la Commissione XIII Agricoltura della Camera alcuni mesi fa, nell'ambito della discussione di alcune risoluzioni riguardanti i danni attribuiti alla fauna, ha trattato, anche con audizioni, la vicenda dei cani definiti «inselvatichiti», abbandonati dall'uomo e stretti in gruppi nel tentativo di sopravvivere;
   ad essi vengono a volte imputati danni dagli allevatori: la Commissione medesima, nell'approvazione di una risoluzione unitaria, ha convenuto, tra l'altro, sulla necessità di restituire adeguate risorse finanziarie alla legge n. 281;
    tale rifinanziamento, teso ad una efficace politica di sterilizzazioni, rappresenta un autentico investimento per i comuni, in quanto causa la diminuzione della popolazione canina, evita la saturazione delle strutture, agevola le adozioni, che costituiscono un altro punto fondamentale della legge;
    giungono in questo periodo allarmanti notizie di uccisioni di randagi, soprattutto attraverso avvelenamenti, nelle zone in cui il fenomeno è più rilevante,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire in tempi brevi adeguate risorse finanziarie per la legge nazionale di prevenzione del randagismo n. 281 del 1991, con stretto riferimento agli interventi di sterilizzazione.
9/1865-A/87. (Testo modificato nel corso della seduta). Totaro, Fabrizio Di Stefano, Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    dal 2006 ad oggi il comprensorio calabrese della provincia di Catanzaro è stato colpito da ben quattordici alluvioni che sono costate purtroppo anche vite umane oltre ad ingenti sismi danni;
    la popolazione è stata costretta ad affrontare anche in questo ultimo autunno ed inizio di inverno una situazione disastrosa di proporzioni enormi;
    questo è accaduto anche in considerazione del fatto che non sono mai state trasferite le risorse necessarie per affrontare adeguatamente una politica di cura del territorio e di prevenzione;
    le condizioni di criticità di corsi d'acqua, infrastrutture pubbliche e private, e viabilità in generale sono ben note e la quantificazione del costo degli interventi è ben nota anche sulla base delle indicazioni effettuate dalla protezione civile e dalle amministrazioni locali;
    si è purtroppo registrato negli anni scorsi un mancato trasferimento di risorse finalizzate a fronteggiare l'emergenza legata all'assetto del territorio;
    dall'alluvione del 2008 non si è registrato per il comprensorio in questione alcun trasferimento di risorse per la messa in sicurezza del territorio, complice anche una non sempre chiara ripartizione delle competenze sulla base del titolo V;
    la situazione si è aggravata anche per la presenza del patto di stabilità e per la impossibilità di poter agire tempestivamente sulle emergenze che si sono cronicizzate;
    molti comuni sono a rischio isolamento, la viabilità è fortemente compromessa, da anni non ci sono interventi di pulizia degli alvei dei corsi d'acqua,

impegna il Governo:

ad attivare a seguito della approvazione della presente legge, in tempi rapidi e comunque non oltre 60 giorni, un tavolo di confronto con i ministeri interessati e le amministrazioni interessate per affrontare le priorità in termini di messa in sicurezza del territorio nel comprensorio catanzarese.
9/1865-A/88D'Attorre.


   La Camera,
   premesso che:
    dal 2006 ad oggi il comprensorio calabrese della provincia di Catanzaro è stato colpito da ben quattordici alluvioni che sono costate purtroppo anche vite umane oltre ad ingenti sismi danni;
    la popolazione è stata costretta ad affrontare anche in questo ultimo autunno ed inizio di inverno una situazione disastrosa di proporzioni enormi;
    questo è accaduto anche in considerazione del fatto che non sono mai state trasferite le risorse necessarie per affrontare adeguatamente una politica di cura del territorio e di prevenzione;
    le condizioni di criticità di corsi d'acqua, infrastrutture pubbliche e private, e viabilità in generale sono ben note e la quantificazione del costo degli interventi è ben nota anche sulla base delle indicazioni effettuate dalla protezione civile e dalle amministrazioni locali;
    si è purtroppo registrato negli anni scorsi un mancato trasferimento di risorse finalizzate a fronteggiare l'emergenza legata all'assetto del territorio;
    dall'alluvione del 2008 non si è registrato per il comprensorio in questione alcun trasferimento di risorse per la messa in sicurezza del territorio, complice anche una non sempre chiara ripartizione delle competenze sulla base del titolo V;
    la situazione si è aggravata anche per la presenza del patto di stabilità e per la impossibilità di poter agire tempestivamente sulle emergenze che si sono cronicizzate;
    molti comuni sono a rischio isolamento, la viabilità è fortemente compromessa, da anni non ci sono interventi di pulizia degli alvei dei corsi d'acqua,

impegna il Governo:

ad attivare a seguito della approvazione della presente legge, in tempi rapidi un tavolo di confronto con i ministeri interessati e le amministrazioni interessate per affrontare le priorità in termini di messa in sicurezza del territorio nel comprensorio catanzarese.
9/1865-A/88. (Testo modificato nel corso della seduta). D'Attorre.


   La Camera,
   premesso che:
    in molte regioni la platea dei beneficiari degli ammortizzatori in deroga risulta in attesa dei pagamenti per diverse mensilità a copertura dell'anno fino al 31 dicembre 2013;
    nonostante il riparto degli ultimi 500 milioni di euro non è assicurata ancora la copertura fino alla fine di quest'anno;
    pur in presenza di 30 milioni di euro di fondi residui questi non sono sufficienti secondo quanto sostenuto dalle organizzazioni sindacali a fronteggiare il fabbisogno necessario per le ultime mensilità;
    permane quindi un clima di incertezza devastante per migliaia di lavoratori e le loro famiglie;
    pur apprezzando lo sforzo posto in essere dal governo c’è la necessità di assicurare la copertura finanziaria degli ammortizzatori per l'anno 2013;
    a questo bisogna aggiungere che non poche preoccupazioni desta l'ipotesi di riforma dei requisiti per l'accesso agli ammortizzatori in deroga che rischia di penalizzare migliaia di lavoratori in assenza di adeguati sostegni al reddito e in presenza di oggettive difficoltà per la ricerca di una nuova occupazione a causa del perdurare di una crisi senza precedenti;
    il presente disegno di legge per l'anno 2014 assicura un implemento di 600 milioni di euro per la copertura finanziaria degli ammortizzatori in deroga,

impegna il Governo:

ad assicurare entro la fine di quest'anno il riparto necessario per completare la copertura per tutti i beneficiari per l'anno 2013 e a valutare, in presenza del perdurare della crisi, il posticipo della eventuale riforma dei requisiti di accesso agli ammortizzatori in deroga possa al fine di poter affrontare in maniera organica la questione del sostegno al reddito per chi ha perso il lavoro.
9/1865-A/89Battaglia.


   La Camera,
   premesso che:
    in molte regioni la platea dei beneficiari degli ammortizzatori in deroga risulta in attesa dei pagamenti per diverse mensilità a copertura dell'anno fino al 31 dicembre 2013;
    nonostante il riparto degli ultimi 500 milioni di euro non è assicurata ancora la copertura fino alla fine di quest'anno;
    pur in presenza di 30 milioni di euro di fondi residui questi non sono sufficienti secondo quanto sostenuto dalle organizzazioni sindacali a fronteggiare il fabbisogno necessario per le ultime mensilità;
    permane quindi un clima di incertezza devastante per migliaia di lavoratori e le loro famiglie;
    pur apprezzando lo sforzo posto in essere dal governo c’è la necessità di assicurare la copertura finanziaria degli ammortizzatori per l'anno 2013;
    a questo bisogna aggiungere che non poche preoccupazioni desta l'ipotesi di riforma dei requisiti per l'accesso agli ammortizzatori in deroga che rischia di penalizzare migliaia di lavoratori in assenza di adeguati sostegni al reddito e in presenza di oggettive difficoltà per la ricerca di una nuova occupazione a causa del perdurare di una crisi senza precedenti;
    il presente disegno di legge per l'anno 2014 assicura un implemento di 600 milioni di euro per la copertura finanziaria degli ammortizzatori in deroga,

impegna il Governo:

ad assicurare, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, entro la fine di quest'anno il riparto necessario per completare la copertura per tutti i beneficiari per l'anno 2013.
9/1865-A/89. (Testo modificato nel corso della seduta). Battaglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo o 25 novembre 1996 n. 625, articolo 19 comma 1 prevede che la corresponsione di un'aliquota del 7 per cento del valore del prodotto estratto;
    con la legge 23 luglio 2009 n. 99. all'articolo 45, l'aliquota è stata elevata dal 7 al 10 per cento destinando l'incremento a un fondo preordinato alla riduzione del prezzo alla pompa per i residenti delle regioni interessate dalle estrazioni di idrocarburi liquidi e gassosi, nonché dalle attività di rigassificazione anche attraverso impianti fissi off shore;
    ai sensi dell'articolo 45 comma 4 della legge n. del 2009, si demandava al Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, l'emanazione di apposito decreto di attuazione, e con il comma 5 la destinazione di tali somme a favore dei residenti di ciascuna regione interessata, calcolate in proporzione alle produzioni ivi ottenute;
    il Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero dello sviluppo economico emanava il predetto decreto di attuazione in data 12 novembre 2010 pubblicato sulla « Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 2011»;
    a seguito di ricorso da parte della Regione Veneto è stata emanata una sentenza da parte del TAR del Lazio confermata recentemente dal Consiglio di Stato, per effetto della quale non è stato ancora emanato il decreto di destinazione delle somme relative agli anni 2011-2013;
    in sede di esame della legge di Stabilità 2014 al Senato, veniva introdotta al comma 202 una modifica con la quale si prevedeva di finanziare opere, pur importanti come la Metanizzazione in alcune aree del Mezzogiorno, ma senza una relazione diretta con le estrazioni petrolifere, attingendo appunto al fondo di cui al citato articolo 45;
    in sede di esame della legge di Stabilità 2014 presso la Commissione Bilancio della Camera è stato opportunamente eliminato l'attingimento al fondo di cui all'articolo 45;
    è quanto mai necessario provvedere alla modifica dell'articolo 45 della legge 99 del 2009, anche al fine di risolvere il contenzioso derivante dalle citate sentenze e al fine di evitare di insorgenza di proteste dalle popolazioni dei territori interessati alle estrazioni petrolifere;
    nel caso specifico della Basilicata, che produce oltre il 50 per cento degli idrocarburi nazionali, si stava procedendo all'approvazione, da parte del Governo e della giunta regionale, di un protocollo d'intesa del «memorandum» relativo alla ridefinizione delle problematiche derivanti dalle estrazioni petrolifere;
    il Ministero dello sviluppo economico ha emanato il decreto 12 settembre 2012, in attuazione dell'articolo 16 della legge n. 27 del 2012, senza alcuna concentrazione con le regioni interessate;
    richiamata in merito l'intesa istituzionale del 1998 tra il Governo e la Regione Basilicata,

impegna il Governo

a valutare la necessità di ridefinire in maniera organica la normativa di cui in premessa cd in particolare l'articolo 45 della legge n. 99 del 2009, con le regioni interessate e a convocare, in particolare, la Regione Basilicata per la definizione di una nuova intesa istituzionale per assicurare le risorse energetiche al Paese e rassicurare le popolazioni ed i territori in termini di salvaguardia ambientale e sviluppo economico.
9/1865-A/90Speranza, Folino, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    la presente legge di Stabilità pur contenendo alcune norme riguardanti la disabilità come lo stanziamento pari a 350 milioni di euro per il 2014 sul Fondo per le non autosufficienze di cui all'articolo 1. comma 1264 della legge n. 296 del 2006; il riconoscimento della contribuzione figurativa a coloro che usufruiscono dei permessi della legge 104; i finanziamenti all'unione italiani ciechi manca però di una politica globale sulla disabilità, ed in particolare mancano disposizioni volte ad intraprendere nonché a risolvere il complesso problema del cosiddetto “dopo di noi”;
    dopo, uno dei problemi che rende difficile, e a volte persino paralizzante, il dialogo tra famiglie e servizi, è l'incertezza del «dopo»: «dopo» la nascita di un bambino disabile, «dopo» quel trattamento riabilitativo, «dopo» la scuola, «dopo» la formazione, «dopo» la morte dei genitori;
    il non poter avere una ragionevole sicurezza circa le varie tappe esistenziali che il proprio figlio dovrà affrontare spesso determina nei genitori sfiducia, distacco e un rapporto a volte antagonista con i servizi;
    tutto questo crea tensione e non produce cambiamenti, ma chiusure, regressioni e una forzata ricerca di soluzioni individuali che spesso si rivelano non adeguate, costose e a volte del tutto negative;
    inoltre, dal gennaio 2014 entrerà in vigore il nuovo modello Isee per accedere ai benefici assistenziali o di sostegno al reddito che introduce nel conteggio stesso dei redditi, per la prima volta, anche i redditi esenti da imposte, oltre ai trattamenti indenni tari,

impegna il Governo:

   nell'ottica della realizzazione del già approvato specifico Programma pluriennale per la disabilità a:
    a) promuovere una politica di interventi in materia di solidarietà sociale incrementando il sistema di protezione sociale e di cura per le persone affette da disabilità grave prive del sostegno familiare istituendo un Fondo per l'assistenza a tali persone nonché favorendo la creazione di comunità alloggio, a carattere familiare, case – famiglie, piccoli gruppi in appartamento gestiti attraverso la supervisione e il controllo delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni familiari affinché le persone disabili gravi o gravissimi dopo la perdita dei loro familiari possano trovare assistenza ed accoglienza;
    b) predisporre, prima dell'entrata in vigore del nuovo Isee una modifica dell'articolo 5, comma 1 della legge 22 dicembre 2011, n. 214, escludendo dal conteggio del livello di reddito quelli di natura assistenziale;
    c) a modificare il testo unico delle imposte sui redditi al fine di prevedere sgravi fiscali per le somme destinate gli addetti all'assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana;
    d) a modificare, tenendo in particolare considerazione l'innovazione tecnologica intervenuta nell'ambito delle protesi, ortesi ed ausili e nell'ambito relative tecniche abilitativi, il regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n. 332.
9/1865-A/91Argentin, Biondelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la presente legge di Stabilità pur contenendo alcune norme riguardanti la disabilità come lo stanziamento pari a 350 milioni di euro per il 2014 sul Fondo per le non autosufficienze di cui all'articolo 1. comma 1264 della legge n. 296 del 2006; il riconoscimento della contribuzione figurativa a coloro che usufruiscono dei permessi della legge 104; i finanziamenti all'unione italiani ciechi manca però di una politica globale sulla disabilità, ed in particolare mancano disposizioni volte ad intraprendere nonché a risolvere il complesso problema del cosiddetto “dopo di noi”;
    dopo, uno dei problemi che rende difficile, e a volte persino paralizzante, il dialogo tra famiglie e servizi, è l'incertezza del «dopo»: «dopo» la nascita di un bambino disabile, «dopo» quel trattamento riabilitativo, «dopo» la scuola, «dopo» la formazione, «dopo» la morte dei genitori;
    il non poter avere una ragionevole sicurezza circa le varie tappe esistenziali che il proprio figlio dovrà affrontare spesso determina nei genitori sfiducia, distacco e un rapporto a volte antagonista con i servizi;
    tutto questo crea tensione e non produce cambiamenti, ma chiusure, regressioni e una forzata ricerca di soluzioni individuali che spesso si rivelano non adeguate, costose e a volte del tutto negative;
    inoltre, dal gennaio 2014 entrerà in vigore il nuovo modello Isee per accedere ai benefici assistenziali o di sostegno al reddito che introduce nel conteggio stesso dei redditi, per la prima volta, anche i redditi esenti da imposte, oltre ai trattamenti indenni tari,

impegna il Governo:

   nell'ottica della realizzazione del già approvato specifico Programma pluriennale per la disabilità a:
    a) promuovere una politica di interventi in materia di solidarietà sociale incrementando il sistema di protezione sociale e di cura per le persone affette da disabilità grave prive del sostegno familiare istituendo un Fondo per l'assistenza a tali persone nonché favorendo la creazione di comunità alloggio, a carattere familiare, case – famiglie, piccoli gruppi in appartamento gestiti attraverso la supervisione e il controllo delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni familiari affinché le persone disabili gravi o gravissimi dopo la perdita dei loro familiari possano trovare assistenza ed accoglienza;
    b) a valutare l'opportunità di predisporre, prima dell'entrata in vigore del nuovo Isee una modifica dell'articolo 5, comma 1 della legge 22 dicembre 2011, n. 214, escludendo dal conteggio del livello di reddito quelli di natura assistenziale;
    c) a valutare l'opportunità di modificare il testo unico delle imposte sui redditi al fine di prevedere sgravi fiscali per le somme destinate gli addetti all'assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana;
    d) a valutare l'opportunità di modificare, tenendo in particolare considerazione l'innovazione tecnologica intervenuta nell'ambito delle protesi, ortesi ed ausili e nell'ambito relative tecniche abilitativi, il regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n. 332.
9/1865-A/91. (Testo modificato nel corso della seduta). Argentin, Biondelli, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    il 7 febbraio u.s. il Parlamento Europeo ha adottato la Dichiarazione scritta n. 32 in cui si chiede la designazione del 2014 come Anno europeo per la conciliazione tra la vita lavorativa e la vita familiare;
    le politiche per la conciliazione rappresentano un importante fattore di innovazione dei modelli sociali, economici e culturali, servono a fornire strumenti che, rendendo compatibili sfera lavorativa e sfera familiare, consentano a ciascun individuo di vivere al meglio i molteplici ruoli che gioca all'interno di una società complessa. Queste politiche coinvolgono la società nella sua interezza, uomini e donne, organizzazioni, la sfera privata e quella pubblica e hanno un impatto sul riequilibrio dei carichi di cura all'interno della coppia, sull'organizzazione del lavoro e dei tempi delle città;
    l'anno europeo della conciliazione di lavoro e vita familiare dovrebbe cercare di aumentare la consapevolezza di politiche specifiche negli Stati membri; sollecitare gli sforzi e ottenere un nuovo impegno politico per rispondere ai problemi che interessano le famiglie, e in particolare quelli connessi alla crisi economica e sociale; attrarre l'attenzione e diffondere buone pratiche fra gli Stati membri; promuovere politiche family friendly;
    per questa via si spera anche di contribuire a raggiungere gli obiettivi di Europa 2020, che mira a sottrarre almeno 20 milioni di persone dalla povertà e dall'esclusione sociale; innalzare al 75 per cento il tasso di occupazione delle donne e degli uomini di età compresa tra i 20 e i 64 anni. Per il nostro Paese il tasso è stato fissato al 67 per cento. Dati recenti rilevano che il tasso di occupazione in Italia è pari al 61 per cento: serve aumentare il tasso di 6 punti percentuali. E proprio mettendo in campo politiche di conciliazione e di condivisione dei carichi di cura, si potrà rilanciare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, rafforzare l'uguaglianza di genere e contribuire a rispondere alle sfide demografiche;
    lo sviluppo di politiche per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro è stato un percorso graduale nel tempo. Le istituzioni hanno cercato negli anni, e cercano ancora oggi, di trovare risposte adeguate, non solo a livello normativo ma anche culturale;
    le politiche di conciliazione dei tempi di vita privata e lavoro riguardano uomini e donne ed una distribuzione più equilibrata dei tempi di vita e quelli di lavoro, il cui squilibrio oggi ostacola la possibilità in particolare delle donne di trovare e mantenere un lavoro soprattutto dopo la nascita del primo figlio. Gli impegni familiari si concentrano infatti sulle spalle delle donne: una gestione che, diversamente da quanto spesso succede, dovrebbe essere condivisa tra uomini e donne all'interno del nucleo familiare,

impegna il Governo:

   ad attivare un insieme articolato di misure per favorire il sostegno alla maternità ed alla conciliazione familiare, presupposto indispensabile per garantire la promozione dell'uguaglianza di genere nel mercato del lavoro e la crescita del Paese;
   a potenziare il sistema dei congedi parentali e delle tutele previste per le lavoratrici ed i lavoratori dipendenti e per le lavoratrici e per i lavoratori parasubordinati in materia di maternità e di paternità;
   ad incentivare le politiche per l'infanzia, a partire dall'aumento del numero di asili nidi su tutto il territorio nazionale finalizzato a raggiungere l'obiettivo europeo del 33 per cento con particolare riguardo al Mezzogiorno, valutando la possibilità di istituire un contributo, non più solo in via provvisoria così come disciplinato dal decreto ministeriale 22 dicembre 2012, volto all'acquisto di servizi all'infanzia, destinato alle lavoratrici con figli di età inferiore ai tre anni;
   a stabilire risorse finanziarie certe per incrementare ed aiutare l'imprenditorialità femminile.
9/1865-A/92Roberta Agostini, Gnecchi, Lenzi, Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    il 7 febbraio u.s. il Parlamento Europeo ha adottato la Dichiarazione scritta n. 32 in cui si chiede la designazione del 2014 come Anno europeo per la conciliazione tra la vita lavorativa e la vita familiare;
    le politiche per la conciliazione rappresentano un importante fattore di innovazione dei modelli sociali, economici e culturali, servono a fornire strumenti che, rendendo compatibili sfera lavorativa e sfera familiare, consentano a ciascun individuo di vivere al meglio i molteplici ruoli che gioca all'interno di una società complessa. Queste politiche coinvolgono la società nella sua interezza, uomini e donne, organizzazioni, la sfera privata e quella pubblica e hanno un impatto sul riequilibrio dei carichi di cura all'interno della coppia, sull'organizzazione del lavoro e dei tempi delle città;
    l'anno europeo della conciliazione di lavoro e vita familiare dovrebbe cercare di aumentare la consapevolezza di politiche specifiche negli Stati membri; sollecitare gli sforzi e ottenere un nuovo impegno politico per rispondere ai problemi che interessano le famiglie, e in particolare quelli connessi alla crisi economica e sociale; attrarre l'attenzione e diffondere buone pratiche fra gli Stati membri; promuovere politiche family friendly;
    per questa via si spera anche di contribuire a raggiungere gli obiettivi di Europa 2020, che mira a sottrarre almeno 20 milioni di persone dalla povertà e dall'esclusione sociale; innalzare al 75 per cento il tasso di occupazione delle donne e degli uomini di età compresa tra i 20 e i 64 anni. Per il nostro Paese il tasso è stato fissato al 67 per cento. Dati recenti rilevano che il tasso di occupazione in Italia è pari al 61 per cento: serve aumentare il tasso di 6 punti percentuali. E proprio mettendo in campo politiche di conciliazione e di condivisione dei carichi di cura, si potrà rilanciare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, rafforzare l'uguaglianza di genere e contribuire a rispondere alle sfide demografiche;
    lo sviluppo di politiche per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro è stato un percorso graduale nel tempo. Le istituzioni hanno cercato negli anni, e cercano ancora oggi, di trovare risposte adeguate, non solo a livello normativo ma anche culturale;
    le politiche di conciliazione dei tempi di vita privata e lavoro riguardano uomini e donne ed una distribuzione più equilibrata dei tempi di vita e quelli di lavoro, il cui squilibrio oggi ostacola la possibilità in particolare delle donne di trovare e mantenere un lavoro soprattutto dopo la nascita del primo figlio. Gli impegni familiari si concentrano infatti sulle spalle delle donne: una gestione che, diversamente da quanto spesso succede, dovrebbe essere condivisa tra uomini e donne all'interno del nucleo familiare,

impegna il Governo:

   ad attivare, fatti salvi i vincoli di finanza pubblica, un insieme articolato di misure per favorire il sostegno alla maternità ed alla conciliazione familiare, presupposto indispensabile per garantire la promozione dell'uguaglianza di genere nel mercato del lavoro e la crescita del Paese;
   a potenziare il sistema dei congedi parentali e delle tutele previste per le lavoratrici ed i lavoratori dipendenti e per le lavoratrici e per i lavoratori parasubordinati in materia di maternità e di paternità;
   ad incentivare le politiche per l'infanzia, a partire dall'aumento del numero di asili nidi su tutto il territorio nazionale finalizzato a raggiungere l'obiettivo europeo del 33 per cento con particolare riguardo al Mezzogiorno, valutando la possibilità di istituire un contributo, non più solo in via provvisoria così come disciplinato dal decreto ministeriale 22 dicembre 2012, volto all'acquisto di servizi all'infanzia, destinato alle lavoratrici con figli di età inferiore ai tre anni;
   a stabilire risorse finanziarie certe per incrementare ed aiutare l'imprenditorialità femminile.
9/1865-A/92. (Testo modificato nel corso della seduta). Roberta Agostini, Gnecchi, Lenzi, Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    la normativa comunitaria in materia di sicurezza alimentare, in particolare il regolamento (CE) n. 178/2002, concernente i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare e l'istituzione dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha imposto agli Stati membri l'individuazione di un punto di contatto rispetto all'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA):
    l'Italia ha provveduto a tale obbligo istituendo il Segretariato nazionale della valutazione del rischio della catena alimentare, incardinato nel Dipartimento della sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare del Ministero della salute, e organizzando le funzioni in materia di valutazione del rischio. Si ricorda a proposito che il decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, convertito in legge con modificazioni dalla legge 30 novembre 2005, n. 244 – in materia di misure urgenti per la prevenzione dell'influenza aviaria aveva previsto, tra l'altro, l'istituzione, presso il Ministero della salute, del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare (CNSA), organo tecnico consultivo che agisce in stretta collaborazione con l'EFSA e partecipa, attraverso un proprio rappresentante, al forum consultivo della stessa EFSA;
    l'istituzione del predetto comitato presso il Ministero della salute è intervenuta successivamente con il decreto interministeriale a firma dei Ministri Turco e De Castro del 26 luglio 2007, con lo specifico compito di agire in stretta collaborazione con l'EFSA per il coordinamento delle funzioni previste dal citato Regolamento (CE) n. 178/2002;
    ai sensi dell'articolo 2, comma 356, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria per il 2008), il predetto comitato nazionale, in virtù dei particolari compiti ad esso affidati, ha assunto la denominazione di Autorità nazionale per la sicurezza alimentare, con la sede istituzionale presso il Ministero della salute e con la previsione di una sede referente operante presso la città di Foggia;
    l'articolo 11 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248. convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, modificando la legge finanziaria (articolo 2, comma 356), ha sostituito la denominazione di «Autorità nazionale per la sicurezza alimentare» con quella di «Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare», con unica sede in Foggia, posta sotto la vigilanza del Ministero della salute. Tale norma prevedeva, altresì, l'adozione di un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la definizione dell'organizzazione, del funzionamento e dell'amministrazione dell'Agenzia medesima: il provvedimento non è mai stato adottato, in quanto il Governo pro tempore, successivamente all'approvazione della norma, non aveva ritenuto opportuno attivare le procedure per la realizzazione di quanto previsto dalla legge finanziaria 2008;
    anche il Ministero della salute, nel 2010, interpellato al riguardo e specificamente sui motivi della mancata attuazione della norma (Orientamenti del Governo circa il ripristino dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare e la conferma dell'indicazione di Foggia quale sede dell'Agenzia – n. 2-00704), aveva risposto che a causa delle restrizioni finanziarie imposte dalla crisi economica iniziata nel 2008 si era determinata un'azione generale di contenimento della spesa, che aveva impedito l'attivazione di tale organismo esterno all'amministrazione centrale, per il quale si sarebbe reso necessario assumere un impegno di spesa di parecchi milioni di euro, al fine di garantire la dotazione della sede, del personale e delle risorse strumentali;
    in tali circostanze, però, il Ministro interpellato ometteva di ricordare che per lo svolgimento delle attività e il funzionamento della sede di Foggia, la stessa legge finanziaria autorizzava lo stanziamento, a favore del Ministero della salute, di un contributo di 2.5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 1,5 milioni di euro per l'anno 2010, ma anche l'articolo 11 del predetto decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (cosiddetto mille proroghe), prevedeva “che la predetta Autorità nazionale per la sicurezza alimentare, a decorrere dal 15 gennaio 2008, si trasformasse in Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, con sede in Foggia, fermo restando lo stanziamento di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 1,5 milioni di euro per l'anno 2010";
    l'ente in questione, ancorché mai costituito, è ad ogni modo rientrato tra gli enti soppressi, a norma delle previsioni per il contenimento della spesa (articolo 26 del decreto-legge n. 112 del 2008. convertito dalla legge n. 133 del 2008, cosiddetta legge Brunetta). In base alla citata norma sono stati soppressi tutti gli enti pubblici non economici per i quali, alla scadenza del 31 ottobre 2009, non fossero stati emanati i regolamenti di riordino, ai sensi del comma 634, dell'articolo 2, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 con conseguente comunicazione, nei successivi novanta giorni, da parte dei Ministri vigilanti ai Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa degli enti che risultavano soppressi ai sensi dello stesso articolo;
    da quanto sopra riferito emerge che la sede di Foggia, nonostante le norme di rango principale lo prevedessero, non si è mai concretizzata seppure tale mancata attuazione non abbia ad ogni modo comportato la cessazione delle funzioni dell'Autorità nazionale, quale punto di contatto rispetto all'EFSA;
    infatti, il comma 2 dell'articolo 26 del decreto-legge n. 112 del 2008, sopra citato, stabilisce che le funzioni esercitate dagli enti soppressi ai sensi del comma 1 sono attribuite all'amministrazione vigilante o a quella titolare delle maggiori competenze nella materia che ne è oggetto: detta amministrazione succede a titolo universale all'ente soppresso e ne acquisisce le eventuali risorse finanziarie, strumentali e di personale;
    in tale ambito, il decreto del Presidente della Repubblica 11 marzo 2011, n. 108, all'articolo 1 comma 2 ha stabilito che «presso il Ministero operano il Consiglio superiore di sanità, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, e il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, di cui al decreto del Ministro della salute in data 26 luglio 2007»;
    da ultimo, il decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 44, recante "Regolamento recante il riordino degli organi collegiali ed altri organismi operanti presso il Ministero della salute, ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge 4 novembre 2010, n. 183», ha inteso razionalizzare gli organismi collegiali del Ministero della salute ed è stata soppressa la Consulta delle associazioni dei consumatori e dei produttori in materia di sicurezza alimentare e le relative funzioni sono state trasferite al Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, articolato in due sezioni;
    lo stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 44 del 2013, all'articolo 8 ha previsto la completa revisione ordinamentale della materia, facendo rivivere esplicitamente il predetto Comitato nazionale;
    l'articolo 8 in oggetto prevede che «Il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare opera presso il competente Dipartimento del Ministero della salute e svolge le funzioni di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244, e al decreto del Ministro della salute del 26 luglio 2007, nonchè le altre attribuitegli dalla normativa vigente. Ad esso sono altresì trasferite le funzioni in atto esercitate dalla Consulta delle associazioni dei consumatori e dei produttori in materia di sicurezza alimentare, di cui all'articolo 8, comma 4, del Decreto del Presidente della Repubblica 11 marzo 2011, n. 108;
    riguardo alla genesi ed ai punti di forza che hanno consentito a Foggia di candidarsi ad ospitare la sede dell'Agenzia per la sicurezza alimentare, si ricorda che nei primi mesi del 2005 era stato costituito a Foggia il comitato tecnico-istituzionale per la strutturazione e il sostegno della candidatura del capoluogo della capitanata a sede dell'autorità per la sicurezza alimentare. Coordinati dalla provincia di Foggia, ne hanno fatto parte o ne hanno condiviso l'operato: l'Università degli studi di Foggia, la camera di commercio di Foggia, tutti gli enti locali, le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali e gli enti di ricerca che operano nel territorio foggiano;
    la candidatura di Foggia a sede dell'autorità nazionale per la sicurezza alimentare era allora ed è ancora tutt'oggi fondata su alcuni pilastri: la rilevanza della produzione agricola e agroalimentare e la presenza di centri di formazione e di ricerca di eccellenza che operano nel settore agricolo e agroalimentare;
    la produzione agricola foggiana è pari a quella dell'intero Molise o dell'intera Basilicata;
    sul fronte agroalimentare, Foggia ospita il più importante pastificio del gruppo Barilla dopo quello storico di Parma, insieme al più grande impianto di trasformazione di pomodoro del Sud dell'Italia;
    lo sviluppo della filiera agricola è stato sollecitato e assecondato dai centri di ricerca, alcuni dei quali storici, presenti nel territorio provinciale: l'istituto sperimentale per la cerealicoltura, l'istituto per le colture foraggere, l'istituto sperimentale per la zootecnia, l'istituto zooprofilattico sperimentale di Puglia e Basilicata, il Lachimer (Laboratorio chimico merceologico della camera di commercio), l'istituto per lo studio degli ecosistemi costieri del Cnr di Lesina, il servizio igiene e prevenzione dell'azienda sanitaria locale Foggia 3;
    all'interno dell'università di Foggia, grazie anche alla presenza della facoltà di agraria, si sono, inoltre, sviluppate strutture di assoluto rilievo in campo scientifico: il Biopolo dauno e il centro di ricerca interdisciplinare Bioagromed;
    la regione Puglia ha individuato nella provincia di Foggia la sede ideale per il distretto agroalimentare regionale, destinato alla promozione dell'innovazione in agricoltura;
    dalla ricostruzione dei fatti sopra esposta, appare evincersi come tutt'oggi si confermi la inderogabile necessità di conferire una conclusione effettiva, ed in linea con gli auspici in precedenza richiamati, all’iter amministrativo che permetta la collocazione presso la Città di Foggia della sede referente del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare,

impegna il Governo

ad intraprendere le occorrenti iniziative, se del caso anche normative ed urgenti, volte a far si che il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, di cui al decreto interministeriale 26 luglio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 231 del 4 ottobre 2007, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, assuma la denominazione di Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare ed abbia la propria sede principale ed amministrativa in Foggia sotto la vigilanza del Ministero della salute, se del caso mantenendo specifiche funzioni istituzionali e di collegamento con l'Unione Europea presso il Ministero della salute, come allo scopo previsto dall'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 marzo 2011, n. 108 e dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 44.
9/1865-A/93Mongiello, Di Gioia, Cera, Michele Bordo, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    la normativa comunitaria in materia di sicurezza alimentare, in particolare il regolamento (CE) n. 178/2002, concernente i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare e l'istituzione dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha imposto agli Stati membri l'individuazione di un punto di contatto rispetto all'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA):
    l'Italia ha provveduto a tale obbligo istituendo il Segretariato nazionale della valutazione del rischio della catena alimentare, incardinato nel Dipartimento della sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare del Ministero della salute, e organizzando le funzioni in materia di valutazione del rischio. Si ricorda a proposito che il decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, convertito in legge con modificazioni dalla legge 30 novembre 2005, n. 244 – in materia di misure urgenti per la prevenzione dell'influenza aviaria aveva previsto, tra l'altro, l'istituzione, presso il Ministero della salute, del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare (CNSA), organo tecnico consultivo che agisce in stretta collaborazione con l'EFSA e partecipa, attraverso un proprio rappresentante, al forum consultivo della stessa EFSA;
    l'istituzione del predetto comitato presso il Ministero della salute è intervenuta successivamente con il decreto interministeriale a firma dei Ministri Turco e De Castro del 26 luglio 2007, con lo specifico compito di agire in stretta collaborazione con l'EFSA per il coordinamento delle funzioni previste dal citato Regolamento (CE) n. 178/2002;
    ai sensi dell'articolo 2, comma 356, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria per il 2008), il predetto comitato nazionale, in virtù dei particolari compiti ad esso affidati, ha assunto la denominazione di Autorità nazionale per la sicurezza alimentare, con la sede istituzionale presso il Ministero della salute e con la previsione di una sede referente operante presso la città di Foggia;
    l'articolo 11 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248. convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, modificando la legge finanziaria (articolo 2, comma 356), ha sostituito la denominazione di «Autorità nazionale per la sicurezza alimentare» con quella di «Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare», con unica sede in Foggia, posta sotto la vigilanza del Ministero della salute. Tale norma prevedeva, altresì, l'adozione di un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la definizione dell'organizzazione, del funzionamento e dell'amministrazione dell'Agenzia medesima: il provvedimento non è mai stato adottato, in quanto il Governo pro tempore, successivamente all'approvazione della norma, non aveva ritenuto opportuno attivare le procedure per la realizzazione di quanto previsto dalla legge finanziaria 2008;
    anche il Ministero della salute, nel 2010, interpellato al riguardo e specificamente sui motivi della mancata attuazione della norma (Orientamenti del Governo circa il ripristino dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare e la conferma dell'indicazione di Foggia quale sede dell'Agenzia – n. 2-00704), aveva risposto che a causa delle restrizioni finanziarie imposte dalla crisi economica iniziata nel 2008 si era determinata un'azione generale di contenimento della spesa, che aveva impedito l'attivazione di tale organismo esterno all'amministrazione centrale, per il quale si sarebbe reso necessario assumere un impegno di spesa di parecchi milioni di euro, al fine di garantire la dotazione della sede, del personale e delle risorse strumentali;
    in tali circostanze, però, il Ministro interpellato ometteva di ricordare che per lo svolgimento delle attività e il funzionamento della sede di Foggia, la stessa legge finanziaria autorizzava lo stanziamento, a favore del Ministero della salute, di un contributo di 2.5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 1,5 milioni di euro per l'anno 2010, ma anche l'articolo 11 del predetto decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (cosiddetto mille proroghe), prevedeva “che la predetta Autorità nazionale per la sicurezza alimentare, a decorrere dal 15 gennaio 2008, si trasformasse in Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, con sede in Foggia, fermo restando lo stanziamento di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 1,5 milioni di euro per l'anno 2010";
    l'ente in questione, ancorché mai costituito, è ad ogni modo rientrato tra gli enti soppressi, a norma delle previsioni per il contenimento della spesa (articolo 26 del decreto-legge n. 112 del 2008. convertito dalla legge n. 133 del 2008, cosiddetta legge Brunetta). In base alla citata norma sono stati soppressi tutti gli enti pubblici non economici per i quali, alla scadenza del 31 ottobre 2009, non fossero stati emanati i regolamenti di riordino, ai sensi del comma 634, dell'articolo 2, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 con conseguente comunicazione, nei successivi novanta giorni, da parte dei Ministri vigilanti ai Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa degli enti che risultavano soppressi ai sensi dello stesso articolo;
    da quanto sopra riferito emerge che la sede di Foggia, nonostante le norme di rango principale lo prevedessero, non si è mai concretizzata seppure tale mancata attuazione non abbia ad ogni modo comportato la cessazione delle funzioni dell'Autorità nazionale, quale punto di contatto rispetto all'EFSA;
    infatti, il comma 2 dell'articolo 26 del decreto-legge n. 112 del 2008, sopra citato, stabilisce che le funzioni esercitate dagli enti soppressi ai sensi del comma 1 sono attribuite all'amministrazione vigilante o a quella titolare delle maggiori competenze nella materia che ne è oggetto: detta amministrazione succede a titolo universale all'ente soppresso e ne acquisisce le eventuali risorse finanziarie, strumentali e di personale;
    in tale ambito, il decreto del Presidente della Repubblica 11 marzo 2011, n. 108, all'articolo 1 comma 2 ha stabilito che «presso il Ministero operano il Consiglio superiore di sanità, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, e il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, di cui al decreto del Ministro della salute in data 26 luglio 2007»;
    da ultimo, il decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 44, recante "Regolamento recante il riordino degli organi collegiali ed altri organismi operanti presso il Ministero della salute, ai sensi dell'articolo 2. comma 4, della legge 4 novembre 2010, n. 183», ha inteso razionalizzare gli organismi collegiali del Ministero della salute ed è stata soppressa la Consulta delle associazioni dei consumatori e dei produttori in materia di sicurezza alimentare e le relative funzioni sono state trasferite al Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, articolato in due sezioni;
    lo stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 44 del 2013, all'articolo 8 ha previsto la completa revisione ordinamentale della materia, facendo rivivere esplicitamente il predetto Comitato nazionale;
    l'articolo 8 in oggetto prevede che «Il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare opera presso il competente Dipartimento del Ministero della salute e svolge le funzioni di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244, e al decreto del Ministro della salute del 26 luglio 2007, nonchè le altre attribuitegli dalla normativa vigente. Ad esso sono altresì trasferite le funzioni in atto esercitate dalla Consulta delle associazioni dei consumatori e dei produttori in materia di sicurezza alimentare, di cui all'articolo 8, comma 4, del Decreto del Presidente della Repubblica 11 marzo 2011, n. 108;
    riguardo alla genesi ed ai punti di forza che hanno consentito a Foggia di candidarsi ad ospitare la sede dell'Agenzia per la sicurezza alimentare, si ricorda che nei primi mesi del 2005 era stato costituito a Foggia il comitato tecnico-istituzionale per la strutturazione e il sostegno della candidatura del capoluogo della capitanata a sede dell'autorità per la sicurezza alimentare. Coordinati dalla provincia di Foggia, ne hanno fatto parte o ne hanno condiviso l'operato: l'Università degli studi di Foggia, la camera di commercio di Foggia, tutti gli enti locali, le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali e gli enti di ricerca che operano nel territorio foggiano;
    la candidatura di Foggia a sede dell'autorità nazionale per la sicurezza alimentare era allora ed è ancora tutt'oggi fondata su alcuni pilastri: la rilevanza della produzione agricola e agroalimentare e la presenza di centri di formazione e di ricerca di eccellenza che operano nel settore agricolo e agroalimentare;
    la produzione agricola foggiana è pari a quella dell'intero Molise o dell'intera Basilicata;
    sul fronte agroalimentare, Foggia ospita il più importante pastificio del gruppo Barilla dopo quello storico di Parma, insieme al più grande impianto di trasformazione di pomodoro del Sud dell'Italia;
    lo sviluppo della filiera agricola è stato sollecitato e assecondato dai centri di ricerca, alcuni dei quali storici, presenti nel territorio provinciale: l'istituto sperimentale per la cerealicoltura, l'istituto per le colture foraggere, l'istituto sperimentale per la zootecnia, l'istituto zooprofilattico sperimentale di Puglia e Basilicata, il Lachimer (Laboratorio chimico merceologico della camera di commercio), l'istituto per lo studio degli ecosistemi costieri del Cnr di Lesina, il servizio igiene e prevenzione dell'azienda sanitaria locale Foggia 3;
    all'interno dell'università di Foggia, grazie anche alla presenza della facoltà di agraria, si sono, inoltre, sviluppate strutture di assoluto rilievo in campo scientifico: il Biopolo dauno e il centro di ricerca interdisciplinare Bioagromed;
    la regione Puglia ha individuato nella provincia di Foggia la sede ideale per il distretto agroalimentare regionale, destinato alla promozione dell'innovazione in agricoltura;
    dalla ricostruzione dei fatti sopra esposta, appare evincersi come tutt'oggi si confermi la inderogabile necessità di conferire una conclusione effettiva, ed in linea con gli auspici in precedenza richiamati, all’iter amministrativo che permetta la collocazione presso la Città di Foggia della sede referente del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere le occorrenti iniziative, se del caso anche normative ed urgenti, volte a far si che il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, di cui al decreto interministeriale 26 luglio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 231 del 4 ottobre 2007, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, assuma la denominazione di Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare ed abbia la propria sede principale ed amministrativa in Foggia sotto la vigilanza del Ministero della salute, se del caso mantenendo specifiche funzioni istituzionali e di collegamento con l'Unione Europea presso il Ministero della salute, come allo scopo previsto dall'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 marzo 2011, n. 108 e dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 44.
9/1865-A/93. (Testo modificato nel corso della seduta). Mongiello, Di Gioia, Cera, Michele Bordo, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    sono trascorsi ben 33 anni dal terribile terremoto che il 23 novembre 1980 devastò Irpinia e Basilicata;
    sulla base dei riparti ex lege 219/81 stratificati nel corso degli anni risultano non ancora liquidato ai comuni il 30 per cento delle risorse stanziate con Delibera CIPE n. 37/2006;
    per gli anni successivi non è stato assegnato un solo euro per il completamento definitivo della ricostruzione;
    i 225 milioni assegnati e non ancora liquidati a cui si dovrebbero aggiungere altri 300 milioni di euro derivanti dai mutui accesi mediante le finanziarie dei Governi Prodi sarebbero fondamentali per la chiusura della fase di ricostruzione;
    queste risorse, già presenti nel bilancio dello Stato e bloccate da farraginose procedure burocratiche più volte denunciate dagli amministratori locali, consentirebbero l'apertura di cantieri e una boccata d'ossigeno per l'intero settore edile, uno dei settori chiave dell'economia locale che negli ultimi anni ha visto crollare il numero di imprese e lavoratori;
    sarebbero risorse fondamentali soprattutto in presenza del patto di stabilità,

impegna il Governo

a sbloccare entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della presente legge, d'intesa con le amministrazioni interessate, le risorse giacenti ex lege 219/81 finalizzate alla ricostruzione post sisma dei comuni irpini e lucani.
9/1865-A/94Famiglietti.


   La Camera,
   premesso che:
    sono trascorsi ben 33 anni dal terribile terremoto che il 23 novembre 1980 devastò Irpinia e Basilicata;
    sulla base dei riparti ex lege 219/81 stratificati nel corso degli anni risultano non ancora liquidato ai comuni il 30 per cento delle risorse stanziate con Delibera CIPE n. 37/2006;
    per gli anni successivi non è stato assegnato un solo euro per il completamento definitivo della ricostruzione;
    i 225 milioni assegnati e non ancora liquidati a cui si dovrebbero aggiungere altri 300 milioni di euro derivanti dai mutui accesi mediante le finanziarie dei Governi Prodi sarebbero fondamentali per la chiusura della fase di ricostruzione;
    queste risorse, già presenti nel bilancio dello Stato e bloccate da farraginose procedure burocratiche più volte denunciate dagli amministratori locali, consentirebbero l'apertura di cantieri e una boccata d'ossigeno per l'intero settore edile, uno dei settori chiave dell'economia locale che negli ultimi anni ha visto crollare il numero di imprese e lavoratori;
    sarebbero risorse fondamentali soprattutto in presenza del patto di stabilità,

impegna il Governo

a sbloccare d'intesa con le amministrazioni interessate, le risorse giacenti ex lege 219/81 finalizzate alla ricostruzione post sisma dei comuni irpini e lucani.
9/1865-A/94. (Testo modificato nel corso della seduta). Famiglietti.


   La Camera,
   premesso che:
    è del tutto evidente l'impegno che il governo nazionale ha profuso in questi mesi di attività per la messa in sicurezza e la salvaguardia dell'ambiente per quanto riguarda i siti industriali da bonificare;
    in questa direzione va anche il decreto-legge n. 136/2013 finalizzato a fronteggiare le emergenze ambientali e industriali presenti in Italia con particolare riferimento ad alcune aree territoriali; Il prossimo 31 dicembre scade il termine per l'utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) 2007-2013 che rischia di compromettere le azioni di bonifica per alcuni siti industriali come ad esempio Gela e la Valbasento;
    gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica delle acque di falda e dei suoli in siti che sono di interesse nazionale sono indispensabili per ripristinare condizioni favorevoli ad una nuova fase di sviluppo;
    il potenziale smobilizzo delle risorse deliberate dal Cipe per i siti in questione comporterebbe un ulteriore aggravio per i territori e una beffa per le imprese presenti e interessate alla realizzazione degli interventi di caratterizzazione e bonifica;
    ove venissero perse queste risorse questo comporterebbe conseguenze negative a cascata per tutto il sistema produttivo di siti che necessitano di azioni di rilancio soprattutto in considerazione dello sforzo che il Governo sta compiendo con le misure di «destinazione Italia» finalizzate ad attirare investimenti anche esteri,

impegna il Governo

considerata la ravvicinata scadenza del 31 dicembre 2013, ad attivare tutte le misure necessarie per evitare che le risorse finalizzate alla bonifica dei siti di interesse nazionale possano essere perse vanificando le azioni di messa in sicurezza e rilancio delle aree industriali interessate.
9/1865-A/95Burtone.


   La Camera,
   premesso che:
    il servizio postale rappresenta un servizio pubblico essenziale per i cittadini italiani;
    nel corso degli anni si è assistito ad un ridimensionamento considerevole del servizio che ha colpito in particolar modo i piccoli centri e le aree interne del nostro paese con la chiusura di uffici postali e con un servizio di recapito della corrispondenza non continuo;
    quotidianamente si registrano disservizi che si ripercuotono sulla vita di persone e imprese;
    il Ministero delle comunicazioni, quale autorità di regolazione del settore postale, sentita la Conferenza unificata, è autorizzato a stipulare, previo conforme avviso del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché del CIPE, un apposito Atto aggiuntivo al contratto di programma con Poste italiane Spa, al fine di assicurare, quale livello essenziale minimo delle prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale;
    nonostante gli impegni assunti in precedenza questo non è avvenuto con il conseguente permanere di situazioni di disagio e disservizio in particolare nelle zone montane e periferiche,

impegna il Governo

a provvedere a partire dal 2014 a rideterminare il contratto di programma impegnando Poste italiane a garantire nei confronti dei cittadini effettivamente la presenza di livelli essenziali di prestazioni del servizio postale uniformemente su tutto il territorio nazionale nonché a riferire semestralmente presso la commissione competente, sugli standard e sulla qualità del servizio postale con particolare riferimento alle aree disagiate del territorio nazionale.
9/1865-A/96Pierdomenico Martino.


   La Camera,
   premesso che:
    il servizio postale rappresenta un servizio pubblico essenziale per i cittadini italiani;
    nel corso degli anni si è assistito ad un ridimensionamento considerevole del servizio che ha colpito in particolar modo i piccoli centri e le aree interne del nostro paese con la chiusura di uffici postali e con un servizio di recapito della corrispondenza non continuo;
    quotidianamente si registrano disservizi che si ripercuotono sulla vita di persone e imprese;
    il Ministero delle comunicazioni, quale autorità di regolazione del settore postale, sentita la Conferenza unificata, è autorizzato a stipulare, previo conforme avviso del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché del CIPE, un apposito Atto aggiuntivo al contratto di programma con Poste italiane Spa, al fine di assicurare, quale livello essenziale minimo delle prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale;
    nonostante gli impegni assunti in precedenza questo non è avvenuto con il conseguente permanere di situazioni di disagio e disservizio in particolare nelle zone montane e periferiche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere a partire dal 2014 a rideterminare il contratto di programma impegnando Poste italiane a garantire nei confronti dei cittadini effettivamente la presenza di livelli essenziali di prestazioni del servizio postale uniformemente su tutto il territorio nazionale nonché a riferire semestralmente presso la commissione competente, sugli standard e sulla qualità del servizio postale con particolare riferimento alle aree disagiate del territorio nazionale.
9/1865-A/96. (Testo modificato nel corso della seduta). Pierdomenico Martino.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, in occasione dell'esame in sede referente presso la Commissione Bilancio dell'AC 1865-A, ha presentato un emendamento che modificava la normativa di cui all'articolo 23, commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies, della legge 24 febbraio 2012, n. 14, in materia di compensi dei manager delle società direttamente o indirettamente controllate dalla pubbliche amministrazioni, che ha successivamente ritirato al fine, a suo dire, di consentire sulla questione un confronto più approfondito con il Parlamento;
    le disposizioni previste dall'emendamento sarebbero servite, come riportato nella relazione di accompagnamento allo stesso, per risolvere alcuni problemi applicativi ed interpretativi insorti in sede di prima applicazione nella normativa;
    nella stessa relazione si precisava che l'emendamento era teso ad escludere, in coerenza con i principi generali dell'ordinamento, eventuali emolumenti derivanti da clausole contrattuali di fine mandato e che la misura di riduzione del compenso non può in alcun caso incidere sui diritti economici derivanti dal rapporto di lavoro, lasciando così fuori dal perimetro della disciplina la c.d. buonuscita, o trattamento di fine mandato, che costituisce la parte più cospicua del compenso;
    lo stesso emendamento nel sostituire, al comma 5-quinquies dell'articolo 23 della suddetta legge n. 14 del 2012, l'esplicito riferimento della legge alle figure dell'amministratore delegato e del presidente del consiglio di amministrazione, con quello generico di «amministratori con deleghe», fa sorgere il legittimo sospetto che si volesse escludere dalla disciplina qualche figura apicale del panorama delle società a partecipazione pubblica,

impegna il Governo

a riproporre, in sede di confronto con il Parlamento, una disciplina che includa tra gli emolumenti comunque percepiti dai manager delle società a partecipazione pubblica, ai fini del calcolo dell'ammontare complessivo annuo percepito a qualsiasi titolo, anche ogni emolumento derivante da clausole contrattuali di fine mandato, e che mantenga esplicito il riferimento normativo al presidente del consiglio di amministrazione riguardo alla fattispecie di cui all'articolo 23, comma 5 quinquies, secondo periodo, della legge n. 14 del 2012, nella parte in cui dispone l'efficacia temporale delle norme sulla fissazione del limite massimo degli emolumenti da parte dei consigli di amministrazione.
9/1865-A/97Boccadutri, Di Salvo, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, in occasione dell'esame in sede referente presso la Commissione Bilancio dell'AC 1865-A, ha presentato un emendamento che modificava la normativa di cui all'articolo 23, commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies, della legge 24 febbraio 2012, n. 14, in materia di compensi dei manager delle società direttamente o indirettamente controllate dalla pubbliche amministrazioni, che ha successivamente ritirato al fine, a suo dire, di consentire sulla questione un confronto più approfondito con il Parlamento;
    le disposizioni previste dall'emendamento sarebbero servite, come riportato nella relazione di accompagnamento allo stesso, per risolvere alcuni problemi applicativi ed interpretativi insorti in sede di prima applicazione nella normativa;
    nella stessa relazione si precisava che l'emendamento era teso ad escludere, in coerenza con i principi generali dell'ordinamento, eventuali emolumenti derivanti da clausole contrattuali di fine mandato e che la misura di riduzione del compenso non può in alcun caso incidere sui diritti economici derivanti dal rapporto di lavoro, lasciando così fuori dal perimetro della disciplina la c.d. buonuscita, o trattamento di fine mandato, che costituisce la parte più cospicua del compenso;
    lo stesso emendamento nel sostituire, al comma 5-quinquies dell'articolo 23 della suddetta legge n. 14 del 2012, l'esplicito riferimento della legge alle figure dell'amministratore delegato e del presidente del consiglio di amministrazione con quello generico di «amministratori con deleghe», fa sorgere il legittimo sospetto che si volesse escludere dalla disciplina qualche figura apicale del panorama delle società a partecipazione pubblica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riproporre, in sede di confronto con il Parlamento, una disciplina che includa tra gli emolumenti comunque percepiti dai manager delle società a partecipazione pubblica, ai fini del calcolo dell'ammontare complessivo annuo percepito a qualsiasi titolo, anche ogni emolumento derivante da clausole contrattuali di fine mandato, e che mantenga esplicito il riferimento normativo al presidente del consiglio di amministrazione riguardo alla fattispecie di cui all'articolo 23, comma 5 quinquies, secondo periodo, della legge n. 14 del 2012, nella parte in cui dispone l'efficacia temporale delle norme sulla fissazione del limite massimo degli emolumenti da parte dei consigli di amministrazione.
9/1865-A/97. (Testo modificato nel corso della seduta). Boccadutri, Di Salvo, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto, in relazione alla lunga e profonda crisi economico-finanziaria che ha colpito il Paese, prevede la realizzazione di iniziative finalizzate, in modo particolare, a sostenere il mercato del lavoro sotto il profilo delle politiche attive e passive;
    a tal fine il presente disegno di legge contiene, tra le altre, disposizioni che mirano, da un lato, a finanziare, relativamente all'anno 2014, gli ammortizzatori sociali in deroga, i contratti di solidarietà e la cassa integrazione guadagni straordinaria e dall'altro a potenziare le misure e le iniziative in favore dei giovani, dei lavoratori disoccupati e svantaggiati;
    particolarmente rilevante è la disposizione contenuta nel comma 528, con la quale si stabilisce che per i lavoratori autonomi, titolari di posizione fiscale ai fini dell'IVA, iscritti in forma esclusiva alla gestione separata e non pensionati, l'aliquota contributiva determinata dall'articolo 1, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 47, non sia oggetto del previsto incremento di 1 punto percentuale e resti bloccata, per l'anno 2014, al 27 per cento;
    i lavoratori in possesso delle cosiddette partite IVA «esclusive» – iscritti esclusivamente alla Gestione separata Inps e non pensionati – rappresentano una delle categorie maggiormente penalizzate dall'attuale assetto del mercato del lavoro, essendo sottoposti a un'aliquota contributiva superiore a ogni altro contribuente autonomo, non godendo di compensi equi garantiti, in grado di evitare che la crescita del costo previdenziale ricada sul loro reddito netto – già poco consistente e in progressiva diminuzione – e non potendo avvalersi di una rivalsa obbligatoria che renda effettiva la possibilità di ripartire il peso contributivo con i committenti;
    tale platea di soggetti è composta da oltre 182 mila lavoratori altamente professionalizzati ed effettivamente autonomi – collocati prevalentemente fuori dai fenomeni di evasione fiscale – ma dotati di scarsissime protezioni sociali e sforniti di qualsiasi forma di ammortizzatore sociale;
    è necessario intervenire allo scopo di garantire tutele e garanzie ai citati lavoratori,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di:
    operare al fine di evitare anche per i prossimi anni l'innalzamento dell'aliquota contributiva dei lavoratori autonomi, titolari di posizione fiscale ai fini dell'IVA, iscritti in forma esclusiva alla gestione separata e non pensionati, e di definire al più presto una normativa organica in materia di contribuzione, di equità dei compensi, di tutele sociali;
    convocare al più presto un tavolo di confronto con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale nonché con le principali associazioni professionali di rappresentanza dei professionisti iscritti alla Gestione Separata INPS al fine di predisporre un'ipotesi condivisa per la soluzione strutturale della problematica, definendo: i livelli di garanzia del reddito e dei compensi dei soggetti con partita Iva iscritti alla Gestione Separata INPS; le eventuali forme di rivalsa o di erogazione diretta di parte dei contributi a carico dei committenti; l'armonizzazione e le forme di effettivo godimento delle prestazioni sociali; le modalità di estensione degli ammortizzatori sociali.
9/1865-A/98Gribaudo, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Madia, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    il tema del superamento del dualismo del mercato del lavoro, o quanto meno l'attenuazione delle differenze di trattamento dei lavoratori rispetto ad un nucleo di diritti fondamentali, è un obiettivo di civiltà che deve essere perseguito con costanza, coerenza e organicità;
    appare maturo il tempo per compiere un altro passo avanti su questo terreno, superando l'anacronistica esclusione dei lavoratori parasubordinati dall'applicazione del così detto principio di automaticità della prestazione previdenziale e assistenziale, prevista per i lavoratori dipendenti dall'articolo 2116 del codice civile;
    con l'instaurazione del rapporto di lavoro sorge, in favore del lavoratore, il diritto all'adempimento degli obblighi assicurativi da parte del datore di lavoro, che è un vero e proprio diritto soggettivo alla integrità contributiva;
    per un principio di ragionevolezza, detto diritto non può non essere applicato anche al lavoratore parasubordinato, al quale, a differenza del libero professionista, non possono essere imputate omissioni contributive del proprio datore di lavoro,

impegna il Governo

a favorire, per quanto di sua competenza, il superamento dell'esclusione dei lavoratori parasubordinati dalle tutele previste dall'articolo 2116 del codice civile.
9/1865-A/99Paris, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Madia, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame parlamentare del presente provvedimento sono state presentate molte proposte emendative in materia di soggetti esposti all'amianto;
    la tematica rimane, purtroppo, di grande attualità, date le tante questioni ancora irrisolte e il vasto numero di persone che richiede l'adozione di provvedimenti in grado di attenuare la loro condizione di difficoltà;
    in ambito previdenziale, resta particolarmente dannosa la mancata previsione di una esenzione, per i lavoratori esposti all'amianto, dalle penalizzazioni previste dall'articolo 24, comma 10 del decreto-legge 201/2011 (Salvaltalia) in caso di accesso alla pensione anticipata prima dei 62 anni;
    è sempre più urgente la necessità di intervenire al fine di consentire che anche i contributi figurativi derivanti da esposizione all'amianto siano equiparati a prestazioni effettive di lavoro, al fine di non pregiudicare i diritti maturati dai lavoratori;
    inoltre, stante la gravità del fenomeno, occorrerebbe disporre misure che consentano una piena tutela in riferimento al riconoscimento e alla concessione dei benefici contributivi e previdenziali previsti per i lavoratori in oggetto,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di adoperarsi:
    per estendere anche ai contributi figurativi derivanti da esposizione all'amianto l'equiparazione ai periodi effettivi di lavoro, in materia di non applicazione della riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici in caso di accesso alla pensione anticipata;
    al fine di non precludere ad alcun lavoratore esposto all'amianto la possibilità di ottenere il riconoscimento dell'esposizione e l'eventuale conseguente concessione dei benefici contributivi previsti dall'articolo 13, comma 8 della legge 257/1992 e dall'articolo 47 del decreto-legge n. 269/2003.
9/1865-A/100Boccuzzi, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Madia, Albanella, Baruffi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Mariano, Biondelli, Basso, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto, in relazione alla lunga e profonda crisi economico-finanziaria che ha colpito il Paese, prevede la realizzazione di iniziative finalizzate, in modo particolare, a sostenere il mercato del lavoro sotto il profilo delle politiche attive e passive;
    a tal fine il presente disegno di legge contiene, tra le altre, disposizioni che mirano, da un lato, a finanziare, relativamente all'anno 2014, gli ammortizzatori sociali in deroga, i contratti di solidarietà e la cassa integrazione guadagni straordinaria e dall'altro a potenziare le misure e le iniziative in favore dei giovani, dei lavoratori disoccupati e svantaggiati;
    in tema di giovani e di lavoro precario resta, tra le altre, ancora irrisolta la problematica relativa alla inadeguatezza delle forme di ammortizzatori sociali attualmente previste dal nostro ordinamento;
    il cosiddetto «bonus precari» - l'indennità una tantum riservata ai titolari di contratto a progetto, istituita dall'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 – si è rivelato uno strumento inappropriato a tutelare il reddito dei lavoratori disoccupati, anche a causa delle restrizioni previste per la concessione del beneficio;
    occorrono interventi incisivi volti a estendere la platea di beneficiari della suddetta indennità – quali i titolari di Partita Iva iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps – e a restringere le limitazioni che hanno sinora impedito il pieno utilizzo delle risorse a disposizione;
    nella seduta del 7 agosto 2013, il Governo, accogliendo l'ordine del giorno 9/01458/035, ha mostrato consapevolezza dell'esistenza del problema,

impegna il Governo

in riferimento alla summenzionata indennità una tantum, a stabilire criteri di accesso meno restrittivi, al fine di consentirne l'utilizzo ad una platea più vasta, anche mediante l'accesso ai titolari di partita Iva e ad altre categorie di lavoratori atipici.
9/1865-A/101Madia, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto, in relazione alla lunga e profonda crisi economico-finanziaria che ha colpito il Paese, prevede la realizzazione di iniziative finalizzate, in modo particolare, a sostenere il mercato del lavoro sotto il profilo delle politiche attive e passive;
    a tal fine il presente disegno di legge contiene, tra le altre, disposizioni che mirano, da un lato, a finanziare, relativamente all'anno 2014, gli ammortizzatori sociali in deroga, i contratti di solidarietà e la cassa integrazione guadagni straordinaria e dall'altro a potenziare le misure e le iniziative in favore dei giovani, dei lavoratori disoccupati e svantaggiati;
    in tema di giovani e di lavoro precario resta, tra le altre, ancora irrisolta la problematica relativa alla inadeguatezza delle forme di ammortizzatori sociali attualmente previste dal nostro ordinamento;
    il cosiddetto «bonus precari» - l'indennità una tantum riservata ai titolari di contratto a progetto, istituita dall'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 – si è rivelato uno strumento inappropriato a tutelare il reddito dei lavoratori disoccupati, anche a causa delle restrizioni previste per la concessione del beneficio;
    occorrono interventi incisivi volti a estendere la platea di beneficiari della suddetta indennità – quali i titolari di Partita Iva iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps – e a restringere le limitazioni che hanno sinora impedito il pieno utilizzo delle risorse a disposizione;
    nella seduta del 7 agosto 2013, il Governo, accogliendo l'ordine del giorno 9/01458/035, ha mostrato consapevolezza dell'esistenza del problema,

impegna il Governo

in riferimento alla summenzionata indennità una tantum, fatti salvi i vincoli di finanza pubblica, a stabilire criteri di accesso meno restrittivi, al fine di consentirne l'utilizzo ad una platea più vasta, anche mediante l'accesso ai titolari di partita Iva e ad altre categorie di lavoratori atipici.
9/1865-A/101. (Testo modificato nel corso della seduta). Madia, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Biondelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore del turismo balneare e le imprese che operano in esso sono parte importante dell'economia nazionale e delle potenzialità di sviluppo del Paese;
    è essenziale che anche in questo settore si realizzino investimenti, rafforzamento della struttura delle imprese, qualificazione del lavoro, accanto ad interventi di salvaguardia e valorizzazione del litorale;
    il settore vive da anni una situazione di incertezza, rispetto ai possibili esiti dell'applicazione della normativa europea sulla concorrenza; tale incertezza riduce la propensione ad investire e a qualificare le imprese e la loro attività;
    sul settore e sulle regole che presiedono ad esso insistono diversi strumenti normativi e competenze di diversi livelli istituzionali;
    questo ambito economico potrebbe generare un reddito ed un gettito per la finanza pubblica superiore a quello che oggi viene registrato; per ottenere questo obiettivo è necessario dare alle imprese certezze e chiarezza sulle prospettive, e strumenti alle regioni e agli enti locali;
    a questo fine occorre rivendicare in ambito comunitario il riconoscimento della specificità del settore in Italia; così come è stato fatto per questo ed altri settori in altri Stati Europei, è possibile fare sì che, anche nell'ambito dell'applicazione della Direttiva sui Servizi, siano individuati gli spazi per una soluzione adeguata, capace di dare prospettive alle imprese che hanno investito e investono, che creano lavoro e assicurano qualità del servizio e di garantire condizioni di concorrenza leale;
    occorre, inoltre, intervenire tempestivamente con nuove normative nazionali per un riordino complessivo in materia di concessioni del demanio marittimo a fini turistici e dei relativi canoni;
    tale revisione dovrà essere definita con il pieno coinvolgimento degli Enti Locali e delle Regioni, ed essere informata ad un preciso criterio: si tratta di questioni che riguardano la proprietà pubblica di beni inalienabili, ma tali beni hanno bisogno al contempo di una gestione, cura, valorizzazione, che l'impresa tradizionalmente radicata nel settore è in grado di assicurare, per le peculiarità del nostro litorale e dell'economia turistica ad esso collegata;
    è allo stesso modo imprescindibile la necessità di tutelare la qualità ambientale e paesaggistica, non consentendo alcuna sanatoria o condono di abusi edilizi, ed il carattere pubblico e libero dell'accesso al mare;
    questo processo deve fondare un nuovo patto tra lo Stato, nelle sue articolazioni, ed il sistema delle imprese del settore, basato sulla valorizzazione di un bene comune, sul fatto che la comunità deve avere beneficio dall'utilizzo di tale bene a fini economici, sulla fedeltà fiscale e sul superamento di ogni pura rendita di posizione,

impegna il Governo

a procedere in tempi brevi all'adozione di tutti gli atti necessari per pervenire alle revisione della normativa, secondo i criteri indicati, previo confronto con le associazioni rappresentative del settore.
9/1865-A/102Giacobbe, Velo, Petitti, Tullo, Impegno.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, pur contenendo diverse disposizioni in materia di pubblico impiego, non ha affrontato il tema dei lavoratori comandati presso le sedi Inps ed ex Inpdap, per i quali non è stata disposta la proroga dei comandi;
    l'istituto del comando, previsto dall'articolo 56 del Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, stabilisce che un lavoratore può essere comandato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso enti pubblici, esclusi quelli sottoposti alla vigilanza dell'amministrazione cui l'impiegato appartiene, per un tempo determinato e in via eccezionale, per riconosciute esigenze di servizio o quando sia richiesta una speciale competenza;
    nel corso del tempo l'Inps ha fatto esteso ricorso a tale istituto – al fine di sopperire alle gravi carenze di organico e di garantire il regolare svolgimento dei servizi e delle attività istituzionali – al punto di rinnovare la maggior parte dei comandi per periodi di 5-6 anni;
    attualmente il personale comandato è impiegato quasi esclusivamente nelle sedi territoriali, le quali alla luce del perdurare del blocco del turn over per le pubbliche amministrazioni e dell'elevata età media dei dipendenti in servizio – preludio a un crescente numero di pensionamenti nei prossimi anni – si trovano in una condizione di deficit di personale;
    le ulteriori fasi delle procedure di spending review porteranno, dunque, con tutta probabilità ad individuare un numero significativo di pensionamenti che potrebbero produrre carenze di organico da sopperire con procedure concorsuali che risulterebbero onerose e produrrebbero grave danno per l'efficienza del servizio;
    le citate procedure relative alla spending review negli enti di provenienza del personale comandato, d'altra parte, non risultano concluse, con la conseguenza che in essi si potrebbero registrare esuberi per le figure professionali relative al personale che oggi risulta comandato presso l'Inps;
    i lavoratori comandati – appositamente selezionati e formati per ricoprire ruoli fondamentali – hanno acquisito competenze specifiche, nelle sedi di appartenenza, non facilmente trasmissibili in tempi brevi;
    il mancato rinnovo dei comandi potrebbe mettere a rischio l'esistenza di alcune agenzie territoriali Inps e di compromettere l'espletamento delle attività istituzionali di alcune sedi provinciali ex Inpdap non ancora integrate;
    risulta che la Direzione Generale dell'Inps abbia richiesto al Dipartimento per la Funzione Pubblica la proroga dei comandi – che non comporta spese aggiuntive a carico del bilancio pubblico – presso le proprie strutture,

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine di garantire il rinnovo dei comandi dei dipendenti pubblici impiegati presso le sedi Inps e ex Inpdap, in attesa che sia verificata puntualmente la situazione delle dotazioni organiche dell'Istituto, e che siano completate le procedure di revisione della spesa negli enti di provenienza del personale comandato; ciò al fine di non disperdere professionalità preziose e di non mettere in crisi la funzionalità di servizi impegnati in attività strategiche per l'Istituto.
9/1865-A/103Incerti, Giacobbe, Cenni, Faraone.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, pur contenendo diverse disposizioni in materia di pubblico impiego, non ha affrontato il tema dei lavoratori comandati presso le sedi Inps ed ex Inpdap, per i quali non è stata disposta la proroga dei comandi;
    l'istituto del comando, previsto dall'articolo 56 del Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, stabilisce che un lavoratore può essere comandato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso enti pubblici, esclusi quelli sottoposti alla vigilanza dell'amministrazione cui l'impiegato appartiene, per un tempo determinato e in via eccezionale, per riconosciute esigenze di servizio o quando sia richiesta una speciale competenza;
    nel corso del tempo l'Inps ha fatto esteso ricorso a tale istituto – al fine di sopperire alle gravi carenze di organico e di garantire il regolare svolgimento dei servizi e delle attività istituzionali – al punto di rinnovare la maggior parte dei comandi per periodi di 5-6 anni;
    attualmente il personale comandato è impiegato quasi esclusivamente nelle sedi territoriali, le quali alla luce del perdurare del blocco del turn over per le pubbliche amministrazioni e dell'elevata età media dei dipendenti in servizio – preludio a un crescente numero di pensionamenti nei prossimi anni – si trovano in una condizione di deficit di personale;
    le ulteriori fasi delle procedure di spending review porteranno, dunque, con tutta probabilità ad individuare un numero significativo di pensionamenti che potrebbero produrre carenze di organico da sopperire con procedure concorsuali che risulterebbero onerose e produrrebbero grave danno per l'efficienza del servizio;
    le citate procedure relative alla spending review negli enti di provenienza del personale comandato, d'altra parte, non risultano concluse, con la conseguenza che in essi si potrebbero registrare esuberi per le figure professionali relative al personale che oggi risulta comandato presso l'Inps;
    i lavoratori comandati – appositamente selezionati e formati per ricoprire ruoli fondamentali – hanno acquisito competenze specifiche, nelle sedi di appartenenza, non facilmente trasmissibili in tempi brevi;
    il mancato rinnovo dei comandi potrebbe mettere a rischio l'esistenza di alcune agenzie territoriali Inps e di compromettere l'espletamento delle attività istituzionali di alcune sedi provinciali ex Inpdap non ancora integrate;
    risulta che la Direzione Generale dell'Inps abbia richiesto al Dipartimento per la Funzione Pubblica la proroga dei comandi – che non comporta spese aggiuntive a carico del bilancio pubblico – presso le proprie strutture,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi al fine di garantire il rinnovo dei comandi dei dipendenti pubblici impiegati presso le sedi Inps e ex Inpdap, in attesa che sia verificata puntualmente la situazione delle dotazioni organiche dell'Istituto, e che siano completate le procedure di revisione della spesa negli enti di provenienza del personale comandato; ciò al fine di non disperdere professionalità preziose e di non mettere in crisi la funzionalità di servizi impegnati in attività strategiche per l'Istituto.
9/1865-A/103. (Testo modificato nel corso della seduta). Incerti, Giacobbe, Cenni, Faraone.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge di Stabilità 2014 prevede stanziamenti diversi a favore di soggetti ed istituzioni culturali di particolare rilievo nazionale ed internazionale;
    il 2013 è stato dichiarato, dalla legge 12 novembre 2012, n. 206, «Anno Verdiano», nell'occasione del secondo centenario della nascita di Giuseppe Verdi;
    le celebrazioni per il Bicentenario hanno richiamato, a Parma, in Italia e nel mondo una crescente attenzione alla figura del Maestro di Busseto; attenzione che è doveroso mantenere viva anche una volta terminate le celebrazioni,

impegna il Governo

a stanziare adeguate risorse per assicurare il proseguimento degli eventi relativi al Festival Verdi di Parma e Busseto anche dopo il termine celebrazioni per il Bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi.
9/1865-A/104Maestri.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge di Stabilità 2014 prevede stanziamenti diversi a favore di soggetti ed istituzioni culturali di particolare rilievo nazionale ed internazionale;
    il 2013 è stato dichiarato, dalla legge 12 novembre 2012, n. 206, «Anno Verdiano», nell'occasione del secondo centenario della nascita di Giuseppe Verdi;
    le celebrazioni per il Bicentenario hanno richiamato, a Parma, in Italia e nel mondo una crescente attenzione alla figura del Maestro di Busseto; attenzione che è doveroso mantenere viva anche una volta terminate le celebrazioni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di stanziare adeguate risorse per assicurare il proseguimento degli eventi relativi al Festival Verdi di Parma e Busseto anche dopo il termine celebrazioni per il Bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi.
9/1865-A/104. (Testo modificato nel corso della seduta). Maestri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'ultima manovra, decreto-legge n. 201 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul nostro sistema previdenziale penalizzando fortemente coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa;
    le deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 che consentono per alcune situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, non coprono comunque tutte quelle situazioni che si sono prodotte nel corso di questi anni di crisi occupazionale;
    nello specifico si evidenzia una carenza nella manovra salva Italia che non ha previsto alcuna salvaguardia per l'accesso con previgenti requisiti pensionistici, che vada incontro alle necessità dei lavoratori autonomi che hanno chiuso l'attività a causa della perdurante crisi. Lo stesso dicasi per gli esercenti le attività commerciali che hanno chiuso l'esercizio e che erano già fruitori, ante manovra salva Italia – legge 214/2011 –, dell'indennizzo di accompagnamento alla pensione, previsto dal decreto legislativo 207/1996;
    bisogna tenere conto anche di artigiani e di commercianti, che hanno cessato l'attività a causa della crisi e che si sono ritrovati senza alcun reddito da lavoro e da pensione, a causa dei nuovi requisiti pensionistici introdotti dalla manovra salva Italia,

impegna il Governo

ad estendere le salvaguardie previste dal comma 14 dell'articolo 24 della manovra salva Italia anche a queste categorie di lavoratori, così pesantemente colpiti dalla crisi, con l'accesso alla pensione che può prevedere un'attesa fino a sette anni e che non fruiscono di nessuna forma di ammortizzatore sociale.
9/1865-A/105Cinzia Maria Fontana, Gnecchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'ultima manovra, decreto-legge n. 201 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul nostro sistema previdenziale penalizzando fortemente coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa;
    le deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 che consentono per alcune situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, non coprono comunque tutte quelle situazioni che si sono prodotte nel corso di questi anni di crisi occupazionale;
    nello specifico si evidenzia una carenza nella manovra salva Italia che non ha previsto alcuna salvaguardia per l'accesso con previgenti requisiti pensionistici, che vada incontro alle necessità dei lavoratori autonomi che hanno chiuso l'attività a causa della perdurante crisi. Lo stesso dicasi per gli esercenti le attività commerciali che hanno chiuso l'esercizio e che erano già fruitori, ante manovra salva Italia – legge 214/2011 –, dell'indennizzo di accompagnamento alla pensione, previsto dal decreto legislativo 207/1996;
    bisogna tenere conto anche di artigiani e di commercianti, che hanno cessato l'attività a causa della crisi e che si sono ritrovati senza alcun reddito da lavoro e da pensione, a causa dei nuovi requisiti pensionistici introdotti dalla manovra salva Italia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere le salvaguardie previste dal comma 14 dell'articolo 24 della manovra salva Italia anche a queste categorie di lavoratori, così pesantemente colpiti dalla crisi, con l'accesso alla pensione che può prevedere un'attesa fino a sette anni e che non fruiscono di nessuna forma di ammortizzatore sociale.
9/1865-A/105. (Testo modificato nel corso della seduta). Cinzia Maria Fontana, Gnecchi.


   La Camera,
   premesso che:
    con diversi atti di sindacato ispettivo, con ordini del giorno, si è posto più volte in evidenza, fin dall'approvazione della manovra Salva Italia, legge 214/2011, la necessità di correggere un palese errore formale presente nel comma 18 dell'articolo 24 della manovra salva Italia, riguardante la previsione di armonizzare i requisiti minimi di accesso alla pensione, diversi da quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria, per alcune categorie di lavoratori iscritti a particolari regimi pensionistici, fra i quali anche i lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488;
    il comma 18 dell'articolo 24 della legge 214/2011 recita testualmente:
     «18. Allo scopo di assicurare un processo di incremento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento anche ai regimi pensionistici e alle gestioni pensionistiche per cui siano previsti, alla data di entrata in vigore del presente decreto, requisiti diversi da quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria, ivi compresi quelli relativi ai lavoratori di cui all'articolo 78, comma 23, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e al personale di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, di cui alla legge 27 dicembre 1941, n. 1570, nonché ai rispettivi dirigenti, con regolamento da emanare entro il 30 giugno 2012, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono adottate le relative misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti. Fermo restando quanto indicato al comma 3, primo periodo, le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488»;
    appare evidente che non ha nessun senso affermare «le disposizioni di cui al presente articolo si applicano...», l'articolo è composto da 31 commi, alcuni di questi non possono in nessun modo essere riferiti anche ai lavoratori iscritti al fondo speciale FS, inoltre l'ultimo periodo del comma inizia «Fermo restando quanto indicato al comma 3, primo periodo...» quindi richiama la certificazione dei requisiti anche per questi lavoratori, se fosse corretto il richiamo all'intero articolo non occorrerebbe riconfermare un comma dell'articolo 24, quindi è evidente che si deve leggere che le disposizioni del comma 18 vanno applicate anche ai lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'Inps ai sensi dell'articolo 43 della legge 488/99, quindi anche questi lavoratori devono rientrare nei regolamenti di armonizzazione;
    abbiamo motivo di ritenere, che fosse volontà precisa del legislatore inserire nel processo di armonizzazione previsto dal comma 18, i lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, in ragione della particolare usura e delle specifiche aspettative di vita, nonché per garantire la sicurezza del trasporto ferroviario, il personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta dei treni, addetto alla manovra, traghettamento, formazione treni ed il personale imbarcato a bordo delle navi traghetto, dovrebbe godere di una disciplina specifica in materia di accesso al trattamento pensionistico,

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine di correggere l'errore formale presente nel comma 18 dell'articolo 24 della manovra salva Italia per comprendere nel processo di armonizzazione i lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.
9/1865-A/106Gnecchi, Damiano, Bellanova, Madia, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Biondelli, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    con diversi atti di sindacato ispettivo, con ordini del giorno, si è posto più volte in evidenza, fin dall'approvazione della manovra Salva Italia, legge 214/2011, la necessità di correggere un palese errore formale presente nel comma 18 dell'articolo 24 della manovra salva Italia, riguardante la previsione di armonizzare i requisiti minimi di accesso alla pensione, diversi da quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria, per alcune categorie di lavoratori iscritti a particolari regimi pensionistici, fra i quali anche i lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488;
    il comma 18 dell'articolo 24 della legge 214/2011 recita testualmente:
     «18. Allo scopo di assicurare un processo di incremento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento anche ai regimi pensionistici e alle gestioni pensionistiche per cui siano previsti, alla data di entrata in vigore del presente decreto, requisiti diversi da quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria, ivi compresi quelli relativi ai lavoratori di cui all'articolo 78, comma 23, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e al personale di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, di cui alla legge 27 dicembre 1941, n. 1570, nonché ai rispettivi dirigenti, con regolamento da emanare entro il 30 giugno 2012, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono adottate le relative misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti. Fermo restando quanto indicato al comma 3, primo periodo, le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488»;
    appare evidente che non ha nessun senso affermare «le disposizioni di cui al presente articolo si applicano...», l'articolo è composto da 31 commi, alcuni di questi non possono in nessun modo essere riferiti anche ai lavoratori iscritti al fondo speciale FS, inoltre l'ultimo periodo del comma inizia «Fermo restando quanto indicato al comma 3, primo periodo...» quindi richiama la certificazione dei requisiti anche per questi lavoratori, se fosse corretto il richiamo all'intero articolo non occorrerebbe riconfermare un comma dell'articolo 24, quindi è evidente che si deve leggere che le disposizioni del comma 18 vanno applicate anche ai lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'Inps ai sensi dell'articolo 43 della legge 488/99, quindi anche questi lavoratori devono rientrare nei regolamenti di armonizzazione;
    abbiamo motivo di ritenere, che fosse volontà precisa del legislatore inserire nel processo di armonizzazione previsto dal comma 18, i lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, in ragione della particolare usura e delle specifiche aspettative di vita, nonché per garantire la sicurezza del trasporto ferroviario, il personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta dei treni, addetto alla manovra, traghettamento, formazione treni ed il personale imbarcato a bordo delle navi traghetto, dovrebbe godere di una disciplina specifica in materia di accesso al trattamento pensionistico,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adoperarsi al fine di correggere l'errore formale presente nel comma 18 dell'articolo 24 della manovra salva Italia per comprendere nel processo di armonizzazione i lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.
9/1865-A/106. (Testo modificato nel corso della seduta). Gnecchi, Damiano, Bellanova, Madia, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla.


   La Camera,
   premesso che:
    la cessazione dell'attività commerciale e la conseguente cancellazione dal registro delle imprese presso la camera di commercio, cosiddetta «rottamazione delle licenze commerciali», prevedeva un indennizzo stabilito dalla legge, a partire dal 1996 percepito sino alla decorrenza della pensione di vecchiaia;
    la prestazione funziona come un ammortizzatore sociale, ovvero accompagnare fino alla pensione coloro che cessano definitivamente l'attività commerciale, riconsegnando ai comuni le licenze e cancellando le loro posizioni in camera di commercio e presso l'Agenzia delle entrate;
    tale prestazione non comporta assistenza a carico dello Stato, trattandosi di autogestione in quanto la concessione dell'indennizzo è finanziata – fino al 31 dicembre 2013 – tramite la maggiorazione dello 0,09 per cento dell'aliquota contributiva a carico dei commercianti in attività iscritti all'Inps;
    a seguito dell'emanazione della legge n. 214 del 2011 (cosiddetta Riforma Fornero) l'aumento del requisito anagrafico per il conseguimento della pensione di vecchiaia ha attualmente determinato, per il collettivo femminile, un periodo in cui le attuali beneficiarie non percepiranno né l'indennizzo né la pensione di vecchiaia;
    con messaggio Inps n. 000219 del 4 gennaio 2013 e successiva rettifica fornita con messaggio Inps n. 0001183 del 21 gennaio 2013, l'istituto – nell'attesa che i Ministeri vigilanti sciogliessero la riserva in materia – autorizzava le proprie sedi a prorogare l'erogazione dell'indennizzo per cessazione dell'attività commerciale fino ad un massimo di 18 mesi dal compimento dell'età pensionabile prevista dalla normativa previgente alla Riforma Fornero e cioè fino a 61 anni e 6 mesi per la richiedente donna e fino a 66 anni e 6 mesi per il richiedente uomo;
    con il messaggio n. 9656 del 13 giugno 2013 l'Inps ha comunicato che, a seguito del parere reso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'indennizzo in parola non può essere prorogato oltre l'età massima di 66 anni e 6 mesi per gli uomini e 61 anni e 6 mesi per le donne;
    mercoledì 11 dicembre 2013 presso la Commissione XI (Lavoro) della Camera dei deputati, il sottosegretario al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Carlo Dell'Aringa, nel rispondere all'interrogazione a risposta in Commissione 5/01363 sulla medesimo oggetto di cui in premessa, prima firma Bobba, precisava che la possibilità di un'ipotesi interpretativa «ispirata dall'esigenza di garantire l'erogazione dell'indennizzo fino all'effettiva decorrenza della pensione di vecchiaia è stata, tuttavia, successivamente abbandonata dal momento che – come osservato dal Ministero dell'economia e delle finanze – la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'erogazione del beneficio in questione è prevista soltanto fino al 31 dicembre 2014»;
    il sottosegretario Dell'Aringa, nella stessa sede, concludeva precisando che «sulla base di una lettura resa di fatto necessitata dall'entità delle risorse stanziate, la corresponsione dell'indennizzo oltre la predetta data non può prescindere da uno specifico intervento normativo per il quale è necessario individuare la relativa copertura finanziaria»;
    ad oggi resterebbero escluse dalla possibilità di beneficiare degli indennizzi, ex articolo 19-ter, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, circa 1.000 donne, che secondo i dati INPS, comporterebbero un maggiore onere per lo Stato pari a 2.330.000 euro per il 2014, 5.073.000 euro per il 2015 e 6.696.000 per il 2016,

impegna il Governo

a fronte dei maggiori oneri previsti, così come da dati Inps di cui in premessa, ad individuare le risorse utili, al fine di assicurare la possibilità di beneficiare degli indennizzi ad una popolazione più estesa, secondo opportuni criteri, in primis anagrafici, evitando l'ingente danno nei confronti dei soggetti interessati, in maggioranza donne, già fortemente penalizzate nell'accesso al mondo del lavoro e svantaggiate dall'innalzamento dei requisiti pensionistici.
9/1865-A/107Murer, Bobba, Gnecchi.


   La Camera,
   premesso che:
    la cessazione dell'attività commerciale e la conseguente cancellazione dal registro delle imprese presso la camera di commercio, cosiddetta «rottamazione delle licenze commerciali», prevedeva un indennizzo stabilito dalla legge, a partire dal 1996 percepito sino alla decorrenza della pensione di vecchiaia;
    la prestazione funziona come un ammortizzatore sociale, ovvero accompagnare fino alla pensione coloro che cessano definitivamente l'attività commerciale, riconsegnando ai comuni le licenze e cancellando le loro posizioni in camera di commercio e presso l'Agenzia delle entrate;
    tale prestazione non comporta assistenza a carico dello Stato, trattandosi di autogestione in quanto la concessione dell'indennizzo è finanziata – fino al 31 dicembre 2013 – tramite la maggiorazione dello 0,09 per cento dell'aliquota contributiva a carico dei commercianti in attività iscritti all'Inps;
    a seguito dell'emanazione della legge n. 214 del 2011 (cosiddetta Riforma Fornero) l'aumento del requisito anagrafico per il conseguimento della pensione di vecchiaia ha attualmente determinato, per il collettivo femminile, un periodo in cui le attuali beneficiarie non percepiranno né l'indennizzo né la pensione di vecchiaia;
    con messaggio Inps n. 000219 del 4 gennaio 2013 e successiva rettifica fornita con messaggio Inps n. 0001183 del 21 gennaio 2013, l'istituto – nell'attesa che i Ministeri vigilanti sciogliessero la riserva in materia – autorizzava le proprie sedi a prorogare l'erogazione dell'indennizzo per cessazione dell'attività commerciale fino ad un massimo di 18 mesi dal compimento dell'età pensionabile prevista dalla normativa previgente alla Riforma Fornero e cioè fino a 61 anni e 6 mesi per la richiedente donna e fino a 66 anni e 6 mesi per il richiedente uomo;
    con il messaggio n. 9656 del 13 giugno 2013 l'Inps ha comunicato che, a seguito del parere reso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'indennizzo in parola non può essere prorogato oltre l'età massima di 66 anni e 6 mesi per gli uomini e 61 anni e 6 mesi per le donne;
    mercoledì 11 dicembre 2013 presso la Commissione XI (Lavoro) della Camera dei deputati, il sottosegretario al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Carlo Dell'Aringa, nel rispondere all'interrogazione a risposta in Commissione 5/01363 sulla medesimo oggetto di cui in premessa, prima firma Bobba, precisava che la possibilità di un'ipotesi interpretativa «ispirata dall'esigenza di garantire l'erogazione dell'indennizzo fino all'effettiva decorrenza della pensione di vecchiaia è stata, tuttavia, successivamente abbandonata dal momento che – come osservato dal Ministero dell'economia e delle finanze – la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'erogazione del beneficio in questione è prevista soltanto fino al 31 dicembre 2014»;
    il sottosegretario Dell'Aringa, nella stessa sede, concludeva precisando che «sulla base di una lettura resa di fatto necessitata dall'entità delle risorse stanziate, la corresponsione dell'indennizzo oltre la predetta data non può prescindere da uno specifico intervento normativo per il quale è necessario individuare la relativa copertura finanziaria»;
    ad oggi resterebbero escluse dalla possibilità di beneficiare degli indennizzi, ex articolo 19-ter, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, circa 1.000 donne, che secondo i dati INPS, comporterebbero un maggiore onere per lo Stato pari a 2.330.000 euro per il 2014, 5.073.000 euro per il 2015 e 6.696.000 per il 2016,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, a fronte dei maggiori oneri previsti, così come da dati Inps di cui in premessa, di individuare le risorse utili, al fine di assicurare la possibilità di beneficiare degli indennizzi ad una popolazione più estesa, secondo opportuni criteri, in primis anagrafici, evitando l'ingente danno nei confronti dei soggetti interessati, in maggioranza donne, già fortemente penalizzate nell'accesso al mondo del lavoro e svantaggiate dall'innalzamento dei requisiti pensionistici.
9/1865-A/107. (Testo modificato nel corso della seduta). Murer, Bobba, Gnecchi.


   La Camera,
   premesso che:
    dal 21 al 23 novembre 2012 si è svolta a Venezia la Seconda Conferenza Nazionale sull'Amianto, nel corso della quale sono stati indicati gli obiettivi da perseguire in questa, al contempo, nuova e ultima fase della lotta per la completa eliminazione della fibra killer dall'Italia in tempi certi;
    che l'8 marzo 2013 a Casale Monferrato, città simbolo dell'esposizione e della mortalità da amianto, il Ministro della salute del precedente governo, Renato Balduzzi ha presentato il Piano Nazionale Amianto composto da 3 capitoli generali a riguardo dei problemi sanitari (sorveglianza sanitaria, epidemiologia, ricerca clinica), di quelli ambientali o delle bonifiche dei siti contaminati da amianto, di quelli sociali e previdenziali;
    che detto Piano, predisposto dal Ministero della salute, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero del lavoro, è stato sottoposto alla Conferenza Unificata nella seduta del 10 aprile 2013; che in tale sede il Ministero dell'economia e delle finanze ha richiesto ai predetti Ministeri informazioni integrative in merito agli aspetti finanziari del medesimo Piano, che tali informazioni aggiuntive sono state fornite; che non risulta che il Ministero dell'economia e delle finanze abbia ancora formulato le successive valutazioni di competenza;
    secondo l'Ufficio internazionale del lavoro, sono circa 120.000 i decessi causati nel mondo ogni anno da tumori provocati dall'esposizione all'amianto e sono circa 4.000 quelli risultanti in Italia;
    nei prossimi decenni, stante il lungo periodo di latenza della malattia, che può superare anche i 30 anni si avrà, anche in Italia, un ulteriore forte incremento dei decessi provocati dall'amianto, incremento che raggiungerà l'apice tra il 2015 e il 2025 (e, secondo alcuni esperti, addirittura nel 2040) dovuto alle numerose situazioni a rischio individuate dalle attività di mappatura dell'amianto condotte sul territorio nazionale;
    nella precedente legislatura, nella seduta del 7 febbraio 2012, il Senato ha approvato quasi all'unanimità una risoluzione (6-00121, Casson ed altri 27 firmatari) che impegnava il Governo in ordine ai sei specifici seguenti punti: 1) modificare il decreto emanato dal Ministro del lavoro e previdenza sociale in data 12 gennaio 2011 in attuazione della legge finanziaria del 2008 (n. 244 del 2007), al fine di garantire il funzionamento del Comitato organizzatore e la gestione del Fondo per le vittime dell'amianto, disciplinare le procedure e le modalità di erogazione delle prestazioni a favore di tutte le persone (civili e militari, lavoratori e non lavoratori), che abbiano contratto patologie asbesto-correlate per esposizione all'amianto a qualsiasi titolo, in situazioni lavorative, domestiche o ambientali e, in caso di premorte, in favore degli eredi. A tal fine occorre prioritariamente valutare la piena conformità del decreto ministeriale in questione con le previsioni di cui alla legge n. 244 del 2007, anche al fine di proporre eventuali modifiche alla normativa primaria di riferimento; 2) istituire un apposito Fondo per realizzare, in accordo con il coordinamento degli assessori regionali alla salute, un programma di indirizzo e coordinamento e messa in rete dei programmi delle singole regioni, in materia di «Sorveglianza sanitaria, diagnosi precoce e terapie efficaci» delle persone dichiaratesi esposte all'amianto e per le persone che hanno ricevuto e riceveranno dall'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e/o dalle Aziende unità sanitarie locali (AUSL) l'attestato di avvenuta esposizione all'amianto; 3) istituire, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo nazionale per il risanamento degli edifici pubblici, per il finanziamento degli interventi finalizzati ad eliminare i rischi per la salute pubblica derivanti dalla presenza di amianto negli edifici pubblici e nelle strutture e mezzi di trasporto pubblico, prevedendo prioritariamente la messa in sicurezza degli edifici scolastici ed universitari, delle strutture ospedaliere, degli uffici aperti al pubblico e delle caserme e delle navi militari; 4) favorire l'instaurazione di un quadro interpretativo omogeneo il quale risulti idoneo ad assicurare il tempestivo rilascio delle certificazioni di esposizione all'amianto in favore dei lavoratori esposti e agli ex esposti, al fine di consentire loro l'accesso ai benefici e alle prestazioni sanitarie previste dalla normativa vigente; 5) provvedere alla riapertura del termine del 15 giugno 2005, di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 27 ottobre 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 295 del 17 dicembre 2004, in attuazione di quanto previsto dal decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, riapertura già sollecitata con Atto Senato n. 2141 del 28 aprile 2010; 6) provvedere alla indizione e organizzazione della Conferenza Nazionale sulle patologie asbesto-correlate nonché sulla conoscenza, prevenzione e bonifica dei siti contaminati da amianto;
    ad ulteriore testimonianza dell'attualità ed importanza della materia si evidenzia la Risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2013 sulle «Minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all'amianto e le prospettive di eliminazione di tutto l'amianto esistente» che, tra l'altro, «invita gli stati membri a portare avanti la progressiva eliminazione dell'amianto nel minor tempo possibile», «invita la Commissione a includere una strategia coordinata in materia di amianto nella prossima strategia dell'UE 2014-2020 per la salute e la sicurezza...», formulando altresì una nutrita serie di raccomandazioni in materia sanitaria, ambientale e previdenziale;
    su tali impegni risulta che il Governo abbia risposto positivamente solo in ordine al sesto punto, concernente l'organizzazione della seconda Conferenza nazionale governativa sull'amianto;
    si ritiene necessario riproporre al Governo tutte le ricordate inevase questioni, unitamente a quelle concernenti la lentezza dei processi e delle indagini relativi alle persone decedute a causa dell'amianto. Infatti, i richiesti interventi della magistratura, a tutela delle parti offese (per i casi di malattie asbesto-correlate), devono ritenersi obbligatori e prioritari a norma del codice penale e di procedura penale, anche perché la recente normativa annovera questa tipologia di reati (infortuni sul lavoro e malattie professionali) tra quelli che devono essere trattati, dopo quelli concernenti le più gravi forme di criminalità organizzata, con criteri di precedenza rispetto agli altri;
    gli obblighi di tutela dei lavoratori (e dei loro familiari superstiti) si rinvengono finanche nella Carta costituzionale, che fa costantemente richiamo ai doveri di solidarietà sociale;
    in data 8 ottobre 2013 il Coordinamento Nazionale Amianto, formato dalla gran parte delle associazioni delle vittime, degli ex esposti all'amianto, da organizzazione scientifiche volte alla ricerca, allo studio della prevenzione, dell'epidemiologia, delle bonifiche da amianto, ha manifestato davanti al Parlamento per chiedere che nella Legge di Stabilità per il 2013 venisse ripreso l’iter di approvazione del Piano Nazionale Amianto e venissero inseriti i primi finanziamenti urgenti, assistiti da deroga al Patto di Stabilità, necessari al fine di avviare e/o completare le bonifiche sulle situazioni a più alto rischio così come individuate dalla Mappatura dell'amianto sul territorio nazionale di cui alla legge del 23 marzo 2001, n. 93;
    l'allargamento della platea degli aventi diritto al Fondo per le vittime dell'amianto a coloro che hanno contratto malattie e morte (loro eredi), per l'amianto diffuso in ambienti di vita, utilizzando fondi INAIL;
    la conferma dei finanziamenti per la sorveglianza sanitaria degli ex esposti, per la ricerca clinica per combattere le malattie più gravi correlate all'amianto,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di:
    dare sollecita attuazione al complesso degli impegni contenuti nella richiamata risoluzione 6-00121, già approvata dal Senato, in particolare per ciò che riguarda l'assegnazione di risorse finanziarie al Fondo Nazionale Amianto (utilizzando anche Fondi INAIL) nonché l'erogazione dello stesso anche ai cittadini colpiti da malattie asbesto-correlate (o loro eredi) di origini diverse da quelle professionali e per la sorveglianza sanitaria degli ex esposti;
    ricomprendere nelle salvaguardie previste dall'articolo 24, comma 14, del decreto-legge n. 201 del 2011 – cosiddetto decreto «Salva Italia» – anche i soggetti ex esposti;
    prevedere – per gli interventi di bonifica di particolare urgenza – l'assegnazione di adeguate risorse economiche anche al fine di finanziare le attività regionali sulla mappatura e la possibilità di una deroga al Patto di Stabilità per gli Enti locali, necessaria al fine di avviare e/o completare le attività di mappatura e di bonifica dei siti contaminati;
    ricostituire una cabina di regia nazionale o organo similare di coordinamento delle iniziative in tema di amianto, ai sensi della previsione della legge n. 257 del 1992 (ex Commissione Nazionale Amianto), il cui funzionamento può essere assicurato dalle risorse proprie di ogni Dicastero partecipante.
9/1865-A/108Antezza, Biondelli, Amoddio, Arlotti, Boccuzzi, Iacono, Castricone, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene, ai commi 122 e 123, interventi per il finanziamento, per l'anno 2014, di ammortizzatori sociali in deroga, contratti di solidarietà e cassa integrazione guadagni straordinaria;
    lo stanziamento di risorse da indirizzare a una vasta platea di popolazione in condizione di difficoltà economica rappresenta una misura necessaria, che evidenzia l'attenzione posta dalle forze parlamentari sulle gravi problematiche causate dal perdurare delle crisi economica e sociale;
    ancora irrisolta risulta invece essere la situazione riguardante i lavoratori avventizi del settore agricolo, agroalimentare e saccarifero, soggetti alla diminuzione delle giornate lavorative e, contestualmente, impossibilitati ad accedere alle forme di ammortizzatori sociali previste per altre categorie di lavoratori;
    si ritiene non ulteriormente procrastinabile l'adozione di misure volte a garantire la sussistenza economica di migliaia di famiglie, anche mediante l'estensione degli ammortizzatori sociali in deroga per i lavoratori avventizi che non abbiano potuto conseguire i requisiti minimi per il riconoscimento dell'indennità di disoccupazione agricola,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere ai lavoratori avventizi del settore agricolo, agroalimentare e saccarifero, forme di ammortizzatori sociali in deroga dalle quali sono stati, finora, esclusi.
9/1865-A/109Venittelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene, tra le altre, disposizioni finalizzate a sostenerne la programmazione musicale, mediante incentivi di carattere economico, evidenziando – pur in un contesto socio-economico profondamente segnato da una congiuntura negativa che mostra solo ora i primi segnali di attenuazione – la possibilità di intervenire in tale materia;
    la formazione musicale in Italia ha sempre rappresentato, purtroppo, un settore di nicchia, non adeguatamente incentivato e supportato a livello istituzionale; a tale carenza hanno spesso supplito gli istituti civici musicali, le associazioni e gli enti privati;
    le spese sostenute per frequentare i corsi delle strutture private sono nella maggior parte dei casi a totale carico degli alunni e delle loro famiglie, le quali decidono di investire sulla formazione musicale dei propri figli consapevoli che, oltre alla possibilità di eventuali sbocchi professionali, si tratta di un investimento per la formazione umana dei ragazzi;
    un intervento volto a introdurre una detrazione fiscale per la frequenza delle scuole di musica – come già previsto, a esempio, per le attività sportive – o per l'acquisto di strumenti di qualità – come avviene per l'acquisto di computer o di elettrodomestici di classe A+ o di mobili nell'ambito di interventi di recupero del patrimonio edilizio – rappresenterebbe un forte segnale di attenzione verso un settore culturale troppo spesso marginalizzato;
    incentivare la formazione musicale e artistica in generale, inoltre, può comportare positive ricadute economiche e occupazionali per il settore, abbassandone i costi e producendo un aumento del numero degli allievi e dei formatori,

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine di prevedere forme di detrazione fiscale per le spese sostenute per la frequenza delle Scuole di Musica e per l'acquisto degli strumenti musicali necessari allo studio.
9/1865-A/110Raciti, Gribaudo, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene, tra le altre, disposizioni finalizzate a sostenerne la programmazione musicale, mediante incentivi di carattere economico, evidenziando – pur in un contesto socio-economico profondamente segnato da una congiuntura negativa che mostra solo ora i primi segnali di attenuazione – la possibilità di intervenire in tale materia;
    la formazione musicale in Italia ha sempre rappresentato, purtroppo, un settore di nicchia, non adeguatamente incentivato e supportato a livello istituzionale; a tale carenza hanno spesso supplito gli istituti civici musicali, le associazioni e gli enti privati;
    le spese sostenute per frequentare i corsi delle strutture private sono nella maggior parte dei casi a totale carico degli alunni e delle loro famiglie, le quali decidono di investire sulla formazione musicale dei propri figli consapevoli che, oltre alla possibilità di eventuali sbocchi professionali, si tratta di un investimento per la formazione umana dei ragazzi;
    un intervento volto a introdurre una detrazione fiscale per la frequenza delle scuole di musica – come già previsto, a esempio, per le attività sportive – o per l'acquisto di strumenti di qualità – come avviene per l'acquisto di computer o di elettrodomestici di classe A+ o di mobili nell'ambito di interventi di recupero del patrimonio edilizio – rappresenterebbe un forte segnale di attenzione verso un settore culturale troppo spesso marginalizzato;
    incentivare la formazione musicale e artistica in generale, inoltre, può comportare positive ricadute economiche e occupazionali per il settore, abbassandone i costi e producendo un aumento del numero degli allievi e dei formatori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi al fine di prevedere forme di detrazione fiscale per le spese sostenute per la frequenza delle Scuole di Musica e per l'acquisto degli strumenti musicali necessari allo studio.
9/1865-A/110. (Testo modificato nel corso della seduta). Raciti, Gribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, al comma 322, reca disposizioni in tema di trattamenti pensionistici, rimodulandone le percentuali di rivalutazione previste per il triennio 2014-2016; nel corso dell'esame alla Camera sono state apportate modificazioni che hanno consentito di migliorare la portata delle norme che incidono sui trattamenti pensionistici di fascia medio-bassa;
    troppo spesso negli ultimi anni, per far fronte a esigenze di cassa, sono state adottate misure che hanno condotto a un progressivo depauperamento degli importi pensionistici in essere, rischiando di relegare una sempre più consistente platea di popolazione in una condizione di difficoltà economica e di disagio sociale;
    al fine di evitare un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita di milioni di pensionati, è necessario invertire il percorso intrapreso in questi anni, adottando iniziative volte alla tutela degli importi dei trattamenti pensionistici;
    nella XV legislatura, successivamente all'entrata in vigore del protocollo su «Previdenza, lavoro e competitività per l'equità e la crescita sostenibili» del 23 luglio 2007 è stata istituita una Commissione composta da rappresentanti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, del Ministero dell'economia e delle finanze, della Presidenza del Consiglio dei ministri e delle Organizzazioni sindacali, allo scopo di attuare la previsione di cui all'articolo 11, comma 2 del decreto legislativo n. 503 del 1992, «relativo alla possibilità di stabilire con la legge finanziaria ulteriori aumenti delle pensioni rispetto a quelli assicurati dalla perequazione automatica in relazione all'andamento dell'economia e tenuto conto degli obiettivi di stabilizzazione del rapporto tra spesa previdenziale e PIL»;
    l'istituzione della Commissione era, dunque, mirata a introdurre disposizioni volte non solo a salvaguardare i trattamenti pensionistici – che nell'80 per cento dei casi non raggiungono i 2 mila euro lordi – dalla erosione provocata dall'inflazione ma a incrementarli;
    dopo il lungo periodo di austerity e sacrifici che ha pesantemente inciso sullo status economico e sociale dei pensionati, la citata iniziativa può rappresentare un modello virtuoso da seguire,

impegna il Governo

ad adoperarsi per istituire un tavolo di concertazione tra i Ministeri competenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative – sul modello dell'organismo creato in attuazione delle previsioni contenute nel «Protocollo su Previdenza, lavoro e competitività per l'equità e la crescita sostenibili» del 2007 – allo scopo di definire misure di salvaguardia degli importi dei trattamenti pensionistici e di prevedere la possibilità di intraprendere interventi volti all'incremento dei medesimi, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica.
9/1865-A/111Damiano, Gnecchi, Bellanova, Madia, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 70, al fine di favorire i processi di ricostruzione e ripresa economica delle zone della regione Sardegna interessate dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2013, prevede che il presidente della regione, in qualità di Commissario delegato per l'emergenza, predisponga entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, un piano di interventi urgenti per la messa in sicurezza e il ripristino del territorio interessato dagli eventi alluvionali, in accordo con il Commissario straordinario per il dissesto idrogeologico nominato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26;
    si prevedono altresì norme volte a favorire un'oculata pianificazione territoriale e urbanistica, compatibile con una riduzione complessiva del rischio idrogeologico e interventi sul reticolo idrografico per i quali possono essere utilizzate le risorse non programmate alla data di entrata in vigore della presente legge giacenti sulla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario per il dissesto e quelle di cui al comma 71, ad esclusione dei fondi di provenienza dal bilancio della regione Sardegna:
    manca, invece, la necessaria previsione relativa all'affrancamento delle norme in materia di patto di stabilità, per i comuni della regione Sardegna colpiti dalle grave calamità del 18 e 19 novembre 2013 per il triennio 2013/2015, in relazione a tutte le spese sostenute per interventi effettuati sul territorio interessato dalla calamità a far data dal 18 novembre 2013;
    in particolare l'esclusione dal patto di stabilità deve riguardare gli impegni di parte corrente e/o spese in conto capitale per interventi sulle strade urbane ed extraurbane, in edifici pubblici, interventi di edilizia scolastica, interventi di raccolta rifiuti e/o pulizia bonifiche siti entro il perimetro urbano e nella campagne dei paesi coinvolti; interventi urgenti sostitutivi di enti e/o organi competenti in relazione ad argini e similari; spese per informazione comunicazione alla cittadinanza delle situazioni di emergenza; interventi similari di ricovero dei cittadini privi di abitazione,

impegna il Governo

a riconsiderare le necessità dei comuni della regione Sardegna colpiti dalla devastante alluvione del 18 e 19 novembre 2013 in relazione alle spese sostenute per interventi effettuati sul territorio interessato dalla calamità.
9/1865-A/112Scanu.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 70, al fine di favorire i processi di ricostruzione e ripresa economica delle zone della regione Sardegna interessate dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2013, prevede che il presidente della regione, in qualità di Commissario delegato per l'emergenza, predisponga entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, un piano di interventi urgenti per la messa in sicurezza e il ripristino del territorio interessato dagli eventi alluvionali, in accordo con il Commissario straordinario per il dissesto idrogeologico nominato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26;
    si prevedono altresì norme volte a favorire un'oculata pianificazione territoriale e urbanistica, compatibile con una riduzione complessiva del rischio idrogeologico e interventi sul reticolo idrografico per i quali possono essere utilizzate le risorse non programmate alla data di entrata in vigore della presente legge giacenti sulla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario per il dissesto e quelle di cui al comma 71, ad esclusione dei fondi di provenienza dal bilancio della regione Sardegna:
    manca, invece, la necessaria previsione relativa all'affrancamento delle norme in materia di patto di stabilità, per i comuni della regione Sardegna colpiti dalle grave calamità del 18 e 19 novembre 2013 per il triennio 2013/2015, in relazione a tutte le spese sostenute per interventi effettuati sul territorio interessato dalla calamità a far data dal 18 novembre 2013;
    in particolare l'esclusione dal patto di stabilità deve riguardare gli impegni di parte corrente e/o spese in conto capitale per interventi sulle strade urbane ed extraurbane, in edifici pubblici, interventi di edilizia scolastica, interventi di raccolta rifiuti e/o pulizia bonifiche siti entro il perimetro urbano e nella campagne dei paesi coinvolti; interventi urgenti sostitutivi di enti e/o organi competenti in relazione ad argini e similari; spese per informazione comunicazione alla cittadinanza delle situazioni di emergenza; interventi similari di ricovero dei cittadini privi di abitazione,

impegna il Governo

a riconsiderare, laddove siano rinvenute adeguate risorse compensative, le necessità dei comuni della regione Sardegna colpiti dalla devastante alluvione del 18 e 19 novembre 2013 in relazione alle spese sostenute per interventi effettuati sul territorio interessato dalla calamità.
9/1865-A/112. (Testo modificato nel corso della seduta). Scanu.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 70, al fine di favorire i processi di ricostruzione e ripresa economica delle zone della regione Sardegna interessate dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2013, prevede che il presidente della regione, in qualità di Commissario delegato per l'emergenza, predisponga entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, un piano di interventi urgenti per la messa in sicurezza e il ripristino del territorio interessato dagli eventi alluvionali, in accordo con il Commissario straordinario per il dissesto idrogeologico nominato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26;
    si prevedono altresì norme volta a favorire un'oculata pianificazione territoriale e urbanistica, compatibile con una riduzione complessiva del rischio idrogeologico e interventi sul reticolo idrografico per i quali possono essere utilizzate le risorse non programmate alla data di entrata in vigore della presente legge giacenti sulla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario per il dissesto e quelle di cui al comma 71, ad esclusione dei fondi di provenienza dal bilancio della regione Sardegna;
    manca, invece, la necessaria previsione relativa all'affrancamento delle norme in materia di patto di stabilità, per i comuni della regione Sardegna colpiti dalle grave calamità del 18 e 19 novembre 2013 per il triennio 2013/2015, in relazione a tutte le spese sostenute per interventi effettuati sul territorio interessato dalla calamità a far data dal 18 novembre 2013;
    inoltre è indispensabile la deroga alle disposizioni in tema di limiti e contingentamento delle spese per autovetture e mezzi operativi dei comuni colpiti dai gravi eventi,

impegna il Governo

nel primo provvedimento utile a considerare l'opportunità di una deroga alle disposizioni contenute nella seconda spending review (articolo 5 del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con legge n. 135 del 2012) oppure, in alternativa, a considerare tutte le spese determinate dalla grave contingenza, come escluse dai limiti predetti.
9/1865-A/113Pes.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 62 del 2000 ha stabilito che «il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali», definite come «le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione e sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie» e, «svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap»;
    il sistema paritario è fondamentale in particolare per assicurare il raggiungimento dell'obiettivo considerato prioritario dall'ordinamento «dell'espansione dell'offerta formativa e conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita», in linea con la strategia per la crescita «Europa 2020» che prevede di raggiungere la scolarizzazione del 95 per cento dei bambini fra i 4 ed i 6 anni, un traguardo semplicemente impossibile senza l'apporto delle scuole paritarie dell'infanzia;
    a livello nazionale le scuole paritarie rappresentano il 24 per cento delle scuole italiane ed accolgono il 10 per cento della popolazione scolastica; in particolare le scuole dell'infanzia – che raccolgono bambini per i quali non c’è posto nelle strutture statali – accolgono oltre il 40 per cento dei bambini (642.040 nell'anno scolastico 2012/2013), con punte dal 55 al 68 per cento in alcune regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Veneto);
    le scuole paritarie, incluse quelle comunali, ricevono complessivamente dallo Stato appena l'1 per cento delle risorse stanziate per il sistema nazionale dell'istruzione, nonostante il rilevante risparmio che dalle stesse deriva per la finanza pubblica, come riconosciuto di recente anche dall'OCSE, in una sorta di applicazione del principio di sussidiarietà al contrario, nel senso che sono esse ad aiutare finanziariamente lo Stato;
    negli ultimi anni la situazione è peggiorata, per la costante diminuzione dei fondi stanziati dallo Stato e per il cronico ritardo nell'erogarli, aggravato dalla procedura introdotta dall'articolo 2, comma 47, della legge n. 203 del 2008, nonché da ultimo dalla disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 (che ha visto bloccati al Ministero dell'economia e delle finanze ben 80 dei 223 milioni di euro stanziati nella Legge di Stabilità 2013, disaccantonati solo in data 16 dicembre scorso), con il risultato che ad oggi le scuole non hanno ancora ricevuto alcunché dello stanziamento approvato dal Parlamento nella Stabilità 2013 fuori dal Patto di Stabilità delle regioni al capitolo 1299 (complessivi 223 milioni), mentre si sono dovute far carico di anticipare le spese necessarie alla gestione del servizio pubblico erogato con la conseguenza che la maggior parte delle stesse versa ormai in una condizione di assoluta precarietà ed emergenza economico-finanziaria;
    in forza del disegno di legge di Stabilità 2014 e del disegno di legge di Bilancio 2014-2016, nei capitoli 1299 e 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca risultano iscritti per l'anno 2014, in favore delle istituzioni scolastiche non statali, rispettivamente 220.000.000 di euro e 273.898.626 euro, con una ulteriore diminuzione rispetto all'anno in corso pari a complessivi 8.023.366 euro; inoltre non è stata assicurata l'integrale esclusione dal patto di stabilità delle regioni dei 220 milioni previsti nel disegno di legge di Stabilità, come invece era stato disposto nella legge di Stabilità 2013, ma solo per una parte e precisamente per 100 milioni di euro;
    tale situazione rischia di aggravare ancor di più la situazione, causando la chiusura di numerosi istituti e una vera e propria emergenza formativa, già in atto peraltro visto che è in aumento la dispersione scolastica anche nelle regioni del Nord, in quanto a causa della crisi i genitori non sono in grado di sostenere la retta (pur contenuta) alla scuola dell'infanzia o all'asilo nido. Tale situazione è stata confermata pochi giorni fa dal rapporto stilato da Save the Children, che ha presentato alla presenza del ministro Giovannini il 4o Atlante dell'infanzia in Italia, da cui emerge un impressionante aumento dell'infanzia povera e come la scuola non riesca a contenere la dispersione scolastica. Dal 2007 al 2012 sono raddoppiati i minori in povertà assoluta (circa un milione, il 16,9 per cento, che salgono a 1.876.000 minori in condizione di povertà relativa). Impressiona il fatto che nel solo 2012 si è registrato rispetto al 2011 un aumento del 30 per cento, con un boom al Nord (che segna un aumento del 43 per cento, +166.000 bambini in povertà assoluta) e al Centro (+41 per cento) ed un aumento del 20 per cento al Sud, già peraltro fortemente impoverito. Il rapporto attesta anche che nel 2012 per la prima volta dal 2004 sono calati i bambini iscritti agli asili e alle scuole dell'infanzia;
    a ciò si aggiunge il rischio di un'emergenza occupazionale, in quanto il sistema delle scuole paritarie conta oltre 150.000 addetti secondo dati di quest'anno della Cisl. Senza considerare le ricadute sul sistema nazionale dell'istruzione, visto che le scuole statali, che già oggi hanno consistenti liste di attesa, non sono in grado di assorbire un eventuale aumento del flusso dei bambini, con il fondato rischio di un pesante aggravio delle risorse finanziarie a carico dello Stato e delle regioni per garantire il servizio formativo dell'infanzia e della scuola primaria a circa un milione di bambini oggi accolti dalla scuole paritarie;
    tale situazione è in netta controtendenza con quanto accade negli altri Paesi europei e con le indicazioni del Parlamento europeo che già nel 1984 sanciva in una risoluzione l'obbligo per gli Stati membri «di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie allo svolgimento dei loro compiti e all'adempimento dei loro obblighi in condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli istituti pubblici corrispondenti senza discriminazione nei confronti degli organizzatori, dei genitori, degli alunni e del personale» (Risoluzione del Parlamento europeo «Libertà d'insegnamento nella Comunità europea» approvata il 13 marzo 1984, articolo 1.9). Indicazioni ribadite da ultimo nella risoluzione europea approvata il 4 ottobre 2012, che richiama con forza gli Stati membri a tutelare e garantire concretamente il diritto alla libertà di scelta educativa;
    il segretario generale dell'OCSE, Angel Gurria, ha invitato i governi nonostante la crisi della finanza pubblica a non essere miopi e a massimizzare i loro investimenti in materia di scuola e salute dei bambini, perché intervenire durante la prima infanzia a favore dei bambini svantaggiati consente di spezzare il ciclo della povertà e dell'esclusione;
    la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 50/2008, ha ricordato che le prestazioni erogate dalle scuole paritarie «inseriscono a diritti fondamentali dei destinatari», il che impone allo Stato di garantire «continuità nella erogazione delle risorse finanziarie» relative,

impegna il Governo

   a reperire e stanziare, in un provvedimento da presentare al Parlamento entro il primo quadrimestre del 2014, le risorse per la compensazione sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto al fine di prevedere che, per le finalità di cui all'articolo 1, comma 13, della legge 10 marzo 2000, n. 62, la somma di 220 milioni di euro prevista all'articolo 1, comma 166, del disegno di legge di Stabilità 2014 sia allocata nel capitolo 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (contributi alle scuole paritarie comprese quelle della Valle d'Aosta) anziché nel capitolo 1299 (somme da trasferire alle regioni per il sostegno alle scuole paritarie);
   a prendere atto che le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, non sono applicabili alle risorse da trasferirsi alle regioni che siano destinate alle finalità di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62;
   ad accelerare il saldo dei contributi e garantire l'effettivo trasferimento alle scuole paritarie che svolgono un servizio pubblico di tutte le risorse allo scopo stanziate dal Parlamento, comprese quelle già stanziate nel 2013.
9/1865-A/114Rubinato, Bobba, Fioroni, Vignali, Gigli, De Mita, Ginato, De Menech, Dal Moro, Malpezzi, Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 62 del 2000 ha stabilito che «il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali», definite come «le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione e sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie» e, «svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap»;
    il sistema paritario è fondamentale in particolare per assicurare il raggiungimento dell'obiettivo considerato prioritario dall'ordinamento «dell'espansione dell'offerta formativa e conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita», in linea con la strategia per la crescita «Europa 2020» che prevede di raggiungere la scolarizzazione del 95 per cento dei bambini fra i 4 ed i 6 anni, un traguardo semplicemente impossibile senza l'apporto delle scuole paritarie dell'infanzia;
    a livello nazionale le scuole paritarie rappresentano il 24 per cento delle scuole italiane ed accolgono il 10 per cento della popolazione scolastica; in particolare le scuole dell'infanzia – che raccolgono bambini per i quali non c’è posto nelle strutture statali – accolgono oltre il 40 per cento dei bambini (642.040 nell'anno scolastico 2012/2013), con punte dal 55 al 68 per cento in alcune regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Veneto);
    le scuole paritarie, incluse quelle comunali, ricevono complessivamente dallo Stato appena l'1 per cento delle risorse stanziate per il sistema nazionale dell'istruzione, nonostante il rilevante risparmio che dalle stesse deriva per la finanza pubblica, come riconosciuto di recente anche dall'OCSE, in una sorta di applicazione del principio di sussidiarietà al contrario, nel senso che sono esse ad aiutare finanziariamente lo Stato;
    negli ultimi anni la situazione è peggiorata, per la costante diminuzione dei fondi stanziati dallo Stato e per il cronico ritardo nell'erogarli, aggravato dalla procedura introdotta dall'articolo 2, comma 47, della legge n. 203 del 2008, nonché da ultimo dalla disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 (che ha visto bloccati al Ministero dell'economia e delle finanze ben 80 dei 223 milioni di euro stanziati nella Legge di Stabilità 2013, disaccantonati solo in data 16 dicembre scorso), con il risultato che ad oggi le scuole non hanno ancora ricevuto alcunché dello stanziamento approvato dal Parlamento nella Stabilità 2013 fuori dal Patto di Stabilità delle regioni al capitolo 1299 (complessivi 223 milioni), mentre si sono dovute far carico di anticipare le spese necessarie alla gestione del servizio pubblico erogato con la conseguenza che la maggior parte delle stesse versa ormai in una condizione di assoluta precarietà ed emergenza economico-finanziaria;
    in forza del disegno di legge di Stabilità 2014 e del disegno di legge di Bilancio 2014-2016, nei capitoli 1299 e 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca risultano iscritti per l'anno 2014, in favore delle istituzioni scolastiche non statali, rispettivamente 220.000.000 di euro e 273.898.626 euro, con una ulteriore diminuzione rispetto all'anno in corso pari a complessivi 8.023.366 euro; inoltre non è stata assicurata l'integrale esclusione dal patto di stabilità delle regioni dei 220 milioni previsti nel disegno di legge di Stabilità, come invece era stato disposto nella legge di Stabilità 2013, ma solo per una parte e precisamente per 100 milioni di euro;
    tale situazione rischia di aggravare ancor di più la situazione, causando la chiusura di numerosi istituti e una vera e propria emergenza formativa, già in atto peraltro visto che è in aumento la dispersione scolastica anche nelle regioni del Nord, in quanto a causa della crisi i genitori non sono in grado di sostenere la retta (pur contenuta) alla scuola dell'infanzia o all'asilo nido. Tale situazione è stata confermata pochi giorni fa dal rapporto stilato da Save the Children, che ha presentato alla presenza del ministro Giovannini il 4o Atlante dell'infanzia in Italia, da cui emerge un impressionante aumento dell'infanzia povera e come la scuola non riesca a contenere la dispersione scolastica. Dal 2007 al 2012 sono raddoppiati i minori in povertà assoluta (circa un milione, il 16,9 per cento, che salgono a 1.876.000 minori in condizione di povertà relativa). Impressiona il fatto che nel solo 2012 si è registrato rispetto al 2011 un aumento del 30 per cento, con un boom al Nord (che segna un aumento del 43 per cento, +166.000 bambini in povertà assoluta) e al Centro (+41 per cento) ed un aumento del 20 per cento al Sud, già peraltro fortemente impoverito. Il rapporto attesta anche che nel 2012 per la prima volta dal 2004 sono calati i bambini iscritti agli asili e alle scuole dell'infanzia;
    a ciò si aggiunge il rischio di un'emergenza occupazionale, in quanto il sistema delle scuole paritarie conta oltre 150.000 addetti secondo dati di quest'anno della Cisl. Senza considerare le ricadute sul sistema nazionale dell'istruzione, visto che le scuole statali, che già oggi hanno consistenti liste di attesa, non sono in grado di assorbire un eventuale aumento del flusso dei bambini, con il fondato rischio di un pesante aggravio delle risorse finanziarie a carico dello Stato e delle regioni per garantire il servizio formativo dell'infanzia e della scuola primaria a circa un milione di bambini oggi accolti dalla scuole paritarie;
    tale situazione è in netta controtendenza con quanto accade negli altri Paesi europei e con le indicazioni del Parlamento europeo che già nel 1984 sanciva in una risoluzione l'obbligo per gli Stati membri «di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie allo svolgimento dei loro compiti e all'adempimento dei loro obblighi in condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli istituti pubblici corrispondenti senza discriminazione nei confronti degli organizzatori, dei genitori, degli alunni e del personale» (Risoluzione del Parlamento europeo «Libertà d'insegnamento nella Comunità europea» approvata il 13 marzo 1984, articolo 1.9). Indicazioni ribadite da ultimo nella risoluzione europea approvata il 4 ottobre 2012, che richiama con forza gli Stati membri a tutelare e garantire concretamente il diritto alla libertà di scelta educativa;
    il segretario generale dell'OCSE, Angel Gurria, ha invitato i governi nonostante la crisi della finanza pubblica a non essere miopi e a massimizzare i loro investimenti in materia di scuola e salute dei bambini, perché intervenire durante la prima infanzia a favore dei bambini svantaggiati consente di spezzare il ciclo della povertà e dell'esclusione;
    la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 50/2008, ha ricordato che le prestazioni erogate dalle scuole paritarie «inseriscono a diritti fondamentali dei destinatari», il che impone allo Stato di garantire «continuità nella erogazione delle risorse finanziarie» relative,

impegna il Governo

   a reperire e stanziare nel rispetto dei soldi di finanza pubblica, in un provvedimento da presentare al Parlamento entro il primo quadrimestre del 2014, le risorse per la compensazione sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto al fine di prevedere che, per le finalità di cui all'articolo 1, comma 13, della legge 10 marzo 2000, n. 62, la somma di 220 milioni di euro prevista all'articolo 1, comma 166, del disegno di legge di Stabilità 2014 sia allocata nel capitolo 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (contributi alle scuole paritarie comprese quelle della Valle d'Aosta) anziché nel capitolo 1299 (somme da trasferire alle regioni per il sostegno alle scuole paritarie);
   a fornire un'interpretazione circa il fatto che le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, non sono applicabili alle risorse da trasferirsi alle regioni che siano destinate alle finalità di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62;
   ad accelerare il saldo dei contributi e garantire l'effettivo trasferimento alle scuole paritarie che svolgono un servizio pubblico di tutte le risorse allo scopo stanziate dal Parlamento, comprese quelle già stanziate nel 2013.
9/1865-A/114. (Testo modificato nel corso della seduta). Rubinato, Bobba, Fioroni, Vignali, Gigli, De Mita, Ginato, De Menech, Dal Moro, Malpezzi, Santerini, Moretto, Ascani, Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in commento al comma 189, autorizza la spesa di 5 milioni di euro per il 2014 per potenziare il servizio fitosanitario nazionale destinando tale somma, in particolare, a combattere l'emergenza sanitaria provocata, dal batterio Xylella fastidiosa;
    la XIII Commissione mediante un emendamento aveva proposto di stanziare ulteriori 3 milioni per consentire al Ministero della salute di intervenire con tempestività anche su emergenze derivanti da altri batteri e imenotteri;
    infatti, attualmente un'altra produzione di eccellenza italiana, la castanicoltura, rischia di essere messa a repentaglio dalla diffusione di un insetto parassita, il «cinipide galligeno del castagno» (Dryocosmus kuriphilus), originario dei Paesi dell'Oriente (Cina), che attacca le piante, riducendo drasticamente, quantitativamente e qualitativamente la produzione dei frutti e pregiudicando la stessa sopravvivenza degli alberi;
    la diffusione del cinipide galligeno del castagno ha determinato negli ultimi anni una sensibile riduzione della produzione nazionale delle castagne e sta mettendo a rischio centinaia di ettari di bosco, con conseguente riduzione del gettito fiscale per via della perdita di fatturato da parte delle imprese di produzione e di quelle di esportazione;
    il castagno europeo (Castanea sativa Miller) presente in Italia e nel resto d'Europa produce frutti con caratteristiche organolettiche differenti spesso superiori rispetto alle specie asiatiche, la produzione italiana si aggira tra le 50 mila e le 70 mila tonnellate facendo ancora dell'Italia il principale produttore europeo con il 30 per cento della produzione;
    le castagne italiane sono uno dei frutti di qualità certificata, con 17 specie fra DOP e IGP, senza considerare tutti i prodotti tradizionali a base di castagne che si producono ogni anno nel nostro paese;
    è fondamentale tutelare le tante imprese agricole di collina e di montagna, nonché le aziende di trasformazione del prodotto che sarebbero, in mancanza di tale fonte, costrette a chiudere ed abbandonare i territori,

impegna il Governo

a prevedere con urgenza le necessarie risorse per consentire al Ministero della salute di intervenire con tempestività in ragione dell'emergenza in cui versa la castanicoltura italiana al fine di potenziare il finanziamento alla lotta contro il cinipide galligeno del castagno.
9/1865-A/115Terrosi, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Sani, Taricco, Tentori, Valiante, Venittelli, Zanin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in commento al comma 189, autorizza la spesa di 5 milioni di euro per il 2014 per potenziare il servizio fitosanitario nazionale destinando tale somma, in particolare, a combattere l'emergenza sanitaria provocata, dal batterio Xylella fastidiosa;
    la XIII Commissione mediante un emendamento aveva proposto di stanziare ulteriori 3 milioni per consentire al Ministero della salute di intervenire con tempestività anche su emergenze derivanti da altri batteri e imenotteri;
    infatti, attualmente un'altra produzione di eccellenza italiana, la castanicoltura, rischia di essere messa a repentaglio dalla diffusione di un insetto parassita, il «cinipide galligeno del castagno» (Dryocosmus kuriphilus), originario dei Paesi dell'Oriente (Cina), che attacca le piante, riducendo drasticamente, quantitativamente e qualitativamente la produzione dei frutti e pregiudicando la stessa sopravvivenza degli alberi;
    la diffusione del cinipide galligeno del castagno ha determinato negli ultimi anni una sensibile riduzione della produzione nazionale delle castagne e sta mettendo a rischio centinaia di ettari di bosco, con conseguente riduzione del gettito fiscale per via della perdita di fatturato da parte delle imprese di produzione e di quelle di esportazione;
    il castagno europeo (Castanea sativa Miller) presente in Italia e nel resto d'Europa produce frutti con caratteristiche organolettiche differenti spesso superiori rispetto alle specie asiatiche, la produzione italiana si aggira tra le 50 mila e le 70 mila tonnellate facendo ancora dell'Italia il principale produttore europeo con il 30 per cento della produzione;
    le castagne italiane sono uno dei frutti di qualità certificata, con 17 specie fra DOP e IGP, senza considerare tutti i prodotti tradizionali a base di castagne che si producono ogni anno nel nostro paese;
    è fondamentale tutelare le tante imprese agricole di collina e di montagna, nonché le aziende di trasformazione del prodotto che sarebbero, in mancanza di tale fonte, costrette a chiudere ed abbandonare i territori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere con urgenza le necessarie risorse per consentire al Ministero della salute di intervenire con tempestività in ragione dell'emergenza in cui versa la castanicoltura italiana al fine di potenziare il finanziamento alla lotta contro il cinipide galligeno del castagno.
9/1865-A/115. (Testo modificato nel corso della seduta). Terrosi, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Sani, Taricco, Tentori, Valiante, Venittelli, Zanin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 123, del provvedimento in commento destina, per l'anno 2014, una somma pari a 30 milioni di euro per il riconoscimento dell'istituto della Cassa integrazione guadagni in deroga nel settore della pesca;
    tale somma è posta nell'ambito delle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione già destinate, per il medesimo anno 2014, al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga;
    il pagamento delle istanze di cassa integrazione in deroga del settore pesca relative all'anno 2013, correttamente presentate in base a quanto stabilito nel verbale di accordo in sede governativa del 29 luglio 2013, non è stato completato. La misura è comunque necessaria per tutelare i lavoratori imbarcati in tutti i periodi in cui, per cause diverse dalla volontà dell'armatore, si è costretti a sospendere l'attività di pesca (es. interruzione temporanea della pesca),

impegna il Governo

a reperire le risorse necessarie al pagamento delle istanze di cassa integrazione in deroga del settore pesca relative all'anno 2013, correttamente presentate in base a quanto stabilito nel verbale di accordo in sede governativa del 29 luglio 2013.
9/1865-A/116Luciano Agostini, Oliverio, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 123, del provvedimento in commento destina, per l'anno 2014, una somma pari a 30 milioni di euro per il riconoscimento dell'istituto della Cassa integrazione guadagni in deroga nel settore della pesca;
    tale somma è posta nell'ambito delle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione già destinate, per il medesimo anno 2014, al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga;
    il pagamento delle istanze di cassa integrazione in deroga del settore pesca relative all'anno 2013, correttamente presentate in base a quanto stabilito nel verbale di accordo in sede governativa del 29 luglio 2013, non è stato completato. La misura è comunque necessaria per tutelare i lavoratori imbarcati in tutti i periodi in cui, per cause diverse dalla volontà dell'armatore, si è costretti a sospendere l'attività di pesca (es. interruzione temporanea della pesca),

impegna il Governo

a reperire, fatti salvi i vincoli di finanza pubblica, le risorse necessarie al pagamento delle istanze di cassa integrazione in deroga del settore pesca relative all'anno 2013, correttamente presentate in base a quanto stabilito nel verbale di accordo in sede governativa del 29 luglio 2013.
9/1865-A/116. (Testo modificato nel corso della seduta). Luciano Agostini, Oliverio, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in commento interviene su Cassa Depositi e Prestiti; con il comma 26 estende anche alle grandi imprese la possibilità di accedere ai finanziamenti di Cassa depositi e prestiti mediante le risorse provenienti dai fondi della raccolta del risparmio postale e degli altri fondi con garanzia statale con finalità di sostegno all'economia; con i commi da 27 a 30 estende il perimetro delle attività che possono essere svolte da Cassa depositi e prestiti con finalità di sostegno all'economia attraverso le risorse provenienti dai fondi della raccolta del risparmio postale e degli altri fondi con garanzia statale, prevedendo inoltre che le stesse possano ricomprendere anche l'acquisto di titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione concernenti crediti vantati verso piccole e medie imprese; gli acquisti di tali titoli, se effettuati a valere sulla raccolta postale o su altri fondi assistiti dalla garanzia dello stato, possono essere garantiti dallo Stato, secondo criteri da stabilirsi con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze;
    le operazioni di finanziamento alle imprese possono assumere qualsiasi forma, quale la concessione di finanziamenti, la prestazione di garanzie e l'assunzione di capitale di rischio; inoltre Cassa può utilizzare i fondi garantiti dallo Stato per sostenere l'internazionalizzazione delle imprese quando sono assistite garanzia assicurativa con riferimento anche ad operatori assicurativi diversi dalla SACE;
    le imprese agricole attraversano da tempo una pesante crisi e presentano in moltissimi casi una forte esposizione finanziaria col sistema bancario. Dall'indagine conoscitiva che sta svolgendo la XIII Commissione della Camera dei deputati emerge che l'impatto della crisi economico finanziaria internazionale ha provocato una contrazione creditizia – che ha penalizzato le imprese agricole a partire dal 2011 – e un mutamento delle esigenze finanziarie delle imprese agricole rispetto ai fabbisogni di finanziamento esterno: in crescita le linee di credito di breve periodo, in flessione quelle di medio, stazionarie quelle di lungo. Il credito a breve è aumentato perché è cresciuta l'esigenza di finanziare la gestione ordinaria dell'impresa a sfavore delle iniziative per investimenti e ristrutturazioni;
    in un simile quadro risulta fondamentale che siano attivati con la massima urgenza tutti gli strumenti finanziari di livello nazionale per favorire l'accesso al credito delle imprese agricole sia attraverso un aumento delle risorse complessivamente disponibili per il credito all'agricoltura, sia attraverso una riduzione del costo dell'indebitamento riducendo i rischi derivanti dall'eccessiva dipendenza dall'indebitamento con il sistema creditizio,

impegna il Governo

   a dare piena attuazione alla disciplina che consente alle imprese agricole di utilizzare le operazioni di finanziamento e di garanzie di Cassa depositi e prestiti, predisponendo quegli strumenti che meglio possano rispondere alle esigenze delle aziende agricole;
   a garantire, anche mediante la sottoscrizione di un protocollo di intesa tra l'Associazione Bancaria Italiana e il Ministero delle Politiche Agricole, sia l'incremento delle linee di credito e dell'ammontare dei finanziamenti concessi ad imprese agricole, sia la riduzione del costo dell'indebitamento mediante operazioni di ristrutturazione del debito delle imprese agricole.
9/1865-A/117Marco Carra, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in commento interviene su Cassa Depositi e Prestiti; con il comma 26 estende anche alle grandi imprese la possibilità di accedere ai finanziamenti di Cassa depositi e prestiti mediante le risorse provenienti dai fondi della raccolta del risparmio postale e degli altri fondi con garanzia statale con finalità di sostegno all'economia; con i commi da 27 a 30 estende il perimetro delle attività che possono essere svolte da Cassa depositi e prestiti con finalità di sostegno all'economia attraverso le risorse provenienti dai fondi della raccolta del risparmio postale e degli altri fondi con garanzia statale, prevedendo inoltre che le stesse possano ricomprendere anche l'acquisto di titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione concernenti crediti vantati verso piccole e medie imprese; gli acquisti di tali titoli, se effettuati a valere sulla raccolta postale o su altri fondi assistiti dalla garanzia dello stato, possono essere garantiti dallo Stato, secondo criteri da stabilirsi con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze;
    le operazioni di finanziamento alle imprese possono assumere qualsiasi forma, quale la concessione di finanziamenti, la prestazione di garanzie e l'assunzione di capitale di rischio; inoltre Cassa può utilizzare i fondi garantiti dallo Stato per sostenere l'internazionalizzazione delle imprese quando sono assistite garanzia assicurativa con riferimento anche ad operatori assicurativi diversi dalla SACE;
    le imprese agricole attraversano da tempo una pesante crisi e presentano in moltissimi casi una forte esposizione finanziaria col sistema bancario. Dall'indagine conoscitiva che sta svolgendo la XIII Commissione della Camera dei deputati emerge che l'impatto della crisi economico finanziaria internazionale ha provocato una contrazione creditizia – che ha penalizzato le imprese agricole a partire dal 2011 – e un mutamento delle esigenze finanziarie delle imprese agricole rispetto ai fabbisogni di finanziamento esterno: in crescita le linee di credito di breve periodo, in flessione quelle di medio, stazionarie quelle di lungo. Il credito a breve è aumentato perché è cresciuta l'esigenza di finanziare la gestione ordinaria dell'impresa a sfavore delle iniziative per investimenti e ristrutturazioni;
    in un simile quadro risulta fondamentale che siano attivati con la massima urgenza tutti gli strumenti finanziari di livello nazionale per favorire l'accesso al credito delle imprese agricole sia attraverso un aumento delle risorse complessivamente disponibili per il credito all'agricoltura, sia attraverso una riduzione del costo dell'indebitamento riducendo i rischi derivanti dall'eccessiva dipendenza dall'indebitamento con il sistema creditizio,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di dare piena attuazione alla disciplina che consente alle imprese agricole di utilizzare le operazioni di finanziamento e di garanzie di Cassa depositi e prestiti, predisponendo quegli strumenti che meglio possano rispondere alle esigenze delle aziende agricole;
   a valutare l'opportunità di garantire, anche mediante la sottoscrizione di un protocollo di intesa tra l'Associazione Bancaria Italiana e il Ministero delle Politiche Agricole, sia l'incremento delle linee di credito e dell'ammontare dei finanziamenti concessi ad imprese agricole, sia la riduzione del costo dell'indebitamento mediante operazioni di ristrutturazione del debito delle imprese agricole.
9/1865-A/117. (Testo modificato nel corso della seduta). Marco Carra, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame (Disposizioni per la formazione dei bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2014) sono presenti norme che riguardano il comparto agricolo e le misure fiscali delle imprese;
    la legge 30 dicembre 2004, n. 311 all'articolo 1, comma 109, ha introdotto una norma in merito all'acquisto del tartufo fresco e alla relativa commercializzazione. Tale norma prevede che i soggetti, che nell'esercizio di impresa si rendono acquirenti del prodotto dai raccoglitori (commercianti), possono autofatturare il prodotto senza indicarne né il cessionario (raccoglitore), né il luogo di provenienza;
    questo elemento normativo, nato come elemento di semplificazione amministrativa e fiscale, rischia di produrre una forte distorsione nel mercato: apre infatti la strada ad un commercio ingannevole nei confronti del consumatore e arreca pesanti danni economici ai territori vocati alla produzione di tartufi;
    la certificazione e la tracciabilità dei prodotti, in particolar modo quelli agricoli e agroalimentari, rappresentano la garanzia per i consumatori, costituiscono la nuova sfida di qualità sui mercati e sono al centro della legislazione sia in sede comunitaria che nazionale;
    il mercato del tartufo in Italia è sottoposto anch'esso alla concorrenza dei prodotti di importazione dai paesi comunitari ed extra-europei. Secondo le associazioni di categoria sono oltre triplicate, negli ultimi tempi, le importazioni di tartufo dall'estero; si tratta di prodotti di scarsa qualità che vengono però commercializzati come italiani;
    la Commissione Agricoltura della Camera sta discutendo, in sede referente, alcune proposte di legge in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi; questo provvedimento affronta alcune tematiche ancora irrisolte prendendo spesso spunto dalle indicazioni della filiera stessa, come la problematica della cosiddetta «cerca libera», la regolamentazione dei «prodotti tartufati» (alimenti aromatizzati al tartufo), e la tracciabilità del prodotto,

impegna il Governo

   a mettere in campo tutte le iniziative atte, pur nel rispetto dei differenti ruoli e prerogative, per accelerare l'iter legislativo delle proposte di legge attualmente in discussione presso le Commissioni competenti del Parlamento;
   a promuovere gli strumenti di tracciabilità del tartufo per salvaguardare tale prodotto come eccellenza dell'agroalimentare «Made in Italy», tutelando i consumatori e le imprese del settore;
   ad introdurre un regime fiscale della vendita del tartufo fresco capace di certificarne l'origine ed incentivare il contrasto e la prevenzione del fatturato «sommerso».
9/1865-A/118Fiorio, Carra, Sani, Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame (Disposizioni per la formazione dei bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2014) sono presenti norme che riguardano il comparto agricolo e le misure fiscali delle imprese;
    la legge 30 dicembre 2004, n. 311 all'articolo 1, comma 109, ha introdotto una norma in merito all'acquisto del tartufo fresco e alla relativa commercializzazione. Tale norma prevede che i soggetti, che nell'esercizio di impresa si rendono acquirenti del prodotto dai raccoglitori (commercianti), possono autofatturare il prodotto senza indicarne né il cessionario (raccoglitore), né il luogo di provenienza;
    questo elemento normativo, nato come elemento di semplificazione amministrativa e fiscale, rischia di produrre una forte distorsione nel mercato: apre infatti la strada ad un commercio ingannevole nei confronti del consumatore e arreca pesanti danni economici ai territori vocati alla produzione di tartufi;
    la certificazione e la tracciabilità dei prodotti, in particolar modo quelli agricoli e agroalimentari, rappresentano la garanzia per i consumatori, costituiscono la nuova sfida di qualità sui mercati e sono al centro della legislazione sia in sede comunitaria che nazionale;
    il mercato del tartufo in Italia è sottoposto anch'esso alla concorrenza dei prodotti di importazione dai paesi comunitari ed extra-europei. Secondo le associazioni di categoria sono oltre triplicate, negli ultimi tempi, le importazioni di tartufo dall'estero; si tratta di prodotti di scarsa qualità che vengono però commercializzati come italiani;
    la Commissione Agricoltura della Camera sta discutendo, in sede referente, alcune proposte di legge in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi; questo provvedimento affronta alcune tematiche ancora irrisolte prendendo spesso spunto dalle indicazioni della filiera stessa, come la problematica della cosiddetta «cerca libera», la regolamentazione dei «prodotti tartufati» (alimenti aromatizzati al tartufo), e la tracciabilità del prodotto,

impegna il Governo

   a mettere in campo tutte le iniziative atte, pur nel rispetto dei differenti ruoli e prerogative, per accelerare l'iter legislativo delle proposte di legge attualmente in discussione presso le Commissioni competenti del Parlamento;
   a promuovere gli strumenti di tracciabilità del tartufo per salvaguardare tale prodotto come eccellenza dell'agroalimentare «Made in Italy», tutelando i consumatori e le imprese del settore;
   a valutare la possibilità di introdurre un regime fiscale della vendita del tartufo fresco capace di certificarne l'origine ed incentivare il contrasto e la prevenzione del fatturato «sommerso».
9/1865-A/118. (Testo modificato nel corso della seduta). Fiorio, Carra, Sani, Cenni.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge recante disposizioni per la formazione dei bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014);
   considerato che appare sempre più urgente chiarire con precisione la definizione di autonoma organizzazione ai fini dell'assoggettabilità all'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) dei professionisti e dei piccoli imprenditori, dal momento che il contenzioso in materia di Irap vede contrapposte l'Amministrazione Pubblica ed una vasta platea di professionisti che, per le ridotte dimensioni della loro attività, ritengono di non dover pagare l'imposta per carenza del requisito richiesto dell'autonoma organizzazione;
   stimata l'assenza di una norma o di un atto amministrativo da parte dell'Agenzia delle Entrate che stabilisca criteri più oggettivi per individuare le situazioni fisiologicamente escluse dall'ambito di applicazione del tributo;
   ricordato come la linea di demarcazione tra pagamento ed esonero IRAP dovrebbe essere collegata non alla qualificazione dell'attività svolta ma all'esistenza o meno di una struttura organizzativa e in che termini essa possa fungere da valore aggiuntivo e incrementale dell'attività medesima,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative legislative idonee a definire con precisione le nozioni di «autonoma organizzazione» e di «lavoro autonomo» così da chiarire espressamente e con precisione le situazioni di esclusione dall'applicazione dell'IRAP.
9/1865-A/119Molteni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame non contiene indirizzi precisi per il sostegno del settore del turismo;
    il settore del turismo è strategico per l'economia del Paese. Il contributo del turismo al prodotto interno lordo dell'Italia ammonta ad oltre 130 miliardi di euro (circa il 9 per cento della produzione nazionale) con e le persone impiegate in questo settore sono circa 2,2, milioni (un lavoratore su dieci);
    la contrazione dei consumi nel settore turistico ha avuto ripercussioni sull'industria turistica. Per la stagione 2013, si stimano perdite per 2,7 miliardi di euro di fatturato; le notizie più allarmanti riguardano l'occupazione stagionale, per cui si prevede un calo di 250-300 mila unità;
    in questo contesto bisogna anche considerare che il patrimonio alberghiero in molti casi appare obsoleto e non più rispondente alle esigenze dei consumatori, richiedendo la realizzazione di ingenti investimenti;
    sarebbe opportuno promuovere un intervento normativo che punti in primo luogo a favorire gli interventi per l'ammodernamento delle strutture alberghiere, necessari per restituire un nuovo impulso allo sviluppo dell'offerta turistica, che sia rinnovata e di maggiore qualità,

impegna il Governo

ad individuare specifici indirizzi e risorse finanziarie adeguate per il sostegno del settore turistico, con particolare riferimento all'attuazione di iniziative per la riqualificazione e l'ammodernamento delle strutture alberghiere presenti in Italia.
9/1865-A/120Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame non contiene indirizzi precisi per il sostegno del settore del turismo;
    il settore del turismo è strategico per l'economia del Paese. Il contributo del turismo al prodotto interno lordo dell'Italia ammonta ad oltre 130 miliardi di euro (circa il 9 per cento della produzione nazionale) con e le persone impiegate in questo settore sono circa 2,2, milioni (un lavoratore su dieci);
    la contrazione dei consumi nel settore turistico ha avuto ripercussioni sull'industria turistica. Per la stagione 2013, si stimano perdite per 2,7 miliardi di euro di fatturato; le notizie più allarmanti riguardano l'occupazione stagionale, per cui si prevede un calo di 250-300 mila unità;
    in questo contesto bisogna anche considerare che il patrimonio alberghiero in molti casi appare obsoleto e non più rispondente alle esigenze dei consumatori, richiedendo la realizzazione di ingenti investimenti;
    sarebbe opportuno promuovere un intervento normativo che punti in primo luogo a favorire gli interventi per l'ammodernamento delle strutture alberghiere, necessari per restituire un nuovo impulso allo sviluppo dell'offerta turistica, che sia rinnovata e di maggiore qualità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare specifici indirizzi e risorse finanziarie adeguate per il sostegno del settore turistico, con particolare riferimento all'attuazione di iniziative per la riqualificazione e l'ammodernamento delle strutture alberghiere presenti in Italia.
9/1865-A/120. (Testo modificato nel corso della seduta). Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo approvato destina le risorse disponibili già stanziate contro il rischio idrogeologico e ulteriori 180 milioni di euro per interventi immediatamente cantierabili, prevedendo un meccanismo di revoca agganciato alla mancata pubblicazione del bando o al mancato affidamento dei lavori;
    considerato che gli enti locali assumono un ruolo fondamentale ai fini della prevenzione del rischio idrogeologico e della manutenzione del proprio territorio e, spesso, nonostante abbiano la disponibilità delle risorse non riescono ad intervenire per il finanziamento e la realizzazione degli interventi a causa dei vincoli imposti dal patto di stabilità interno,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative per prevedere l'esclusione dai vincoli previsti dal patto di stabilità interno dei finanziamenti pluriennali e delle risorse provenienti dallo Stato, dalle regioni e di quelle proprie degli enti locali, destinate ad interventi di prevenzione, manutenzione del territorio e contrasto al dissesto idrogeologico.
9/1865-A/121Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo approvato destina le risorse disponibili già stanziate contro il rischio idrogeologico e ulteriori 180 milioni di euro per interventi immediatamente cantierabili, prevedendo un meccanismo di revoca agganciato alla mancata pubblicazione del bando o al mancato affidamento dei lavori;
    considerato che gli enti locali assumono un ruolo fondamentale ai fini della prevenzione del rischio idrogeologico e della manutenzione del proprio territorio e, spesso, nonostante abbiano la disponibilità delle risorse non riescono ad intervenire per il finanziamento e la realizzazione degli interventi a causa dei vincoli imposti dal patto di stabilità interno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere le opportune iniziative per prevedere l'esclusione dai vincoli previsti dal patto di stabilità interno dei finanziamenti pluriennali e delle risorse provenienti dallo Stato, dalle regioni e di quelle proprie degli enti locali, destinate ad interventi di prevenzione, manutenzione del territorio e contrasto al dissesto idrogeologico.
9/1865-A/121. (Testo modificato nel corso della seduta). Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo approvato prevede l'istituzione di un apposito fondo per un piano straordinario di bonifica delle discariche abusive individuate dallo Stato in relazione alla procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2007;
    la dotazione del Fondo è pari ad euro 30 milioni per ciascuno degli esercizi 2014 e 2015;
    i siti inquinati di interesse nazionale (SIN) nel nostro paese sono 57 e ricoprono oltre il 3 per cento del territorio nazionale;
    gli enti locali e le regioni intervengono sia con le risorse statali sia con proprie risorse per la messa in sicurezza di territori e situazioni locali di inquinamento, anche diversi dei SIN, e, spesso, nonostante abbiano la disponibilità delle risorse non riescono ad intervenire per il finanziamento e la realizzazione delle bonifiche a causa dei vincoli imposti dal patto di stabilità interno,

impegna il Governo

a sostenere gli enti locali e le regioni che con proprie risorse intervengono per la bonifica o messa in sicurezza dei territori inquinati, anche diversi dei SIN, prevedendo l'allentamento degli obblighi del patto di stabilità interno per gli investimenti locali utilizzati per la messa in sicurezza e riconversione industriale dei siti inquinati.
9/1865-A/122Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo approvato prevede l'istituzione di un apposito fondo per un piano straordinario di bonifica delle discariche abusive individuate dallo Stato in relazione alla procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2007;
    la dotazione del Fondo è pari ad euro 30 milioni per ciascuno degli esercizi 2014 e 2015;
    i siti inquinati di interesse nazionale (SIN) nel nostro paese sono 57 e ricoprono oltre il 3 per cento del territorio nazionale;
    gli enti locali e le regioni intervengono sia con le risorse statali sia con proprie risorse per la messa in sicurezza di territori e situazioni locali di inquinamento, anche diversi dei SIN, e, spesso, nonostante abbiano la disponibilità delle risorse non riescono ad intervenire per il finanziamento e la realizzazione delle bonifiche a causa dei vincoli imposti dal patto di stabilità interno,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di sostenere gli enti locali e le regioni che con proprie risorse intervengono per la bonifica o messa in sicurezza dei territori inquinati, anche diversi dei SIN, prevedendo l'allentamento degli obblighi del patto di stabilità interno per gli investimenti locali utilizzati per la messa in sicurezza e riconversione industriale dei siti inquinati.
9/1865-A/122. (Testo modificato nel corso della seduta). Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014);
    ricordato come negli scorsi mesi l'Agenzia delle Entrate aveva reso noti a mezzo stampa alcuni dati relativi ad una operazione condotta dall'Agenzia stessa e denominata «case fantasma»;
    valutato come l'operazione ha portato all'individuazione di 1.261.096 unità immobiliari finora senza rendita catastale definitiva, ovvero edifici costituenti abusi edilizi e fino ad ora completamente sconosciuti alle amministrazioni pubbliche;
    stimato come è stato possibile individuare gli immobili grazie all'incrocio delle mappe catastali con le immagini aeree rese disponibili dall'Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) per avvistare i fabbricati costruiti e presenti sul territorio ma assenti nelle banche dati;
    ricordato come il disegno di legge 78 del 2010 ha previsto, in attesa dell'accatastamento definitivo, l'attribuzione d'ufficio di una rendita presunta agli immobili mai dichiarati e non ancora regolarizzati, associando agli stessi una rendita catastale provvisoria;
    valutato come, nel giro di pochi mesi, il Governo è intervenuto a più riprese e con più provvedimenti legislativi in materia di imposta immobiliare, e che il mancato incasso del gettito IMU causato dagli immobili fantasma genera un considerevole ammanco nelle casse dei Comuni ovvero dell'erario, gravando così in misura maggiore sui cittadini che già sostengono l'imposta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre, per gli immobili non accatastati, una tassazione immobiliare maggiorata, così da ridurre i fenomeni di elusione fiscale ed incentivare altresì i Comuni a verificare e contrastare il grado di diffusione dello stesso.
9/1865-A/123Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento prevede l'istituzione per l'anno 2014 di un Fondo per i nuovi nati, al fine di sostenere economicamente i bambini nuovi nati o adottati delle famiglie a basso reddito;
    tale misura oltre ad essere finalizzata al sostegno economico delle famiglie a basso reddito ai sensi dell'articolo 31 della Costituzione, è finalizzata ad incentivare le nascite al fine di contrastare la piaga della denatalità del nostro Paese;
    uno dei principi cardine della politica della Lega Nord è la protezione, valorizzazione e sviluppo dei nuclei familiari, come istituzione base irrinunciabile per garantire la salvaguardia di principi e dei valori necessari per l'educazione dei figli;
    la piaga della denatalità affligge il nostro Paese. Si registra un decremento del numero medio di figli per donna da livelli prossimi all'equilibrio demografico (2,1) fino ad un valore minimo di 1,18;
    il nostro Paese è oggi al penultimo posto in Europa per crescita demografica, appena davanti alla Spagna;
    siamo chiamati a prendere esempio dalle politiche messe in atto in questi anni in altri Paesi europei; tra tutti la Francia che in pochi anni è riuscita ad invertire il trend demografico negativo, grazie ad interventi mirati a considerare la famiglia parte integrante dello Stato al centro di una politica di sicurezza sociale;
    la famiglia, nonostante, in questi ultimi anni abbia subito gli attacchi di una politica tesa alla sua disgregazione, rappresenta sostanzialmente ancora il pilastro su cui si fondano le comunità locali, il sistema educativo, le strutture di produzione di reddito, il contenimento delle forme di disagio sociale;
    per rilanciare la famiglia è necessario quindi mettere in campo nuovi strumenti a sostegno delle responsabilità familiari, e soprattutto misure che ne definiscano in modo coerente il suo carattere di soggetto attivo, titolare di diritti e doveri;
    l'obiettivo principale di questa misura introdotta nel presente disegno di legge deve essere finalizzata ad incentivare la natalità,

impegna il Governo

nella fase di predisposizione del decreto attuativo della disposizione citata in premessa di considerare requisito necessario alla fruizione del beneficio la cittadinanza di almeno uno dei due genitori.
9/1865-A/124Bossi.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo approvato autorizza la spesa di 335 milioni di euro in favore dell'ANAS ai fini della manutenzione straordinaria e messa in sicurezza della rete stradale;
    la SS 434 Transpolesana è un'importante strada statale che collega Verona a Rovigo; il percorso, che ha una lunghezza di oltre 80 Km, inizia a Verona allacciandosi alla Tangenziale Sud tra le uscite dell'autostrada A4 di Verona Sud e Verona Est, attraversa i comuni della bassa veronese, entra in provincia di Rovigo nel comune di Giacciano con Baruchella, attraversa Badia Polesine, Lendinara, Villamarzana, dove è costruito lo svincolo dell'autostrada A13, e termina in una rotatoria in località Borsea del comune di Rovigo;
    la strada, classificata come strada extraurbana principale, ha un tracciato a 2 corsie per senso di marcia;
    la Transpolesana è nota per la storica incidentalità di alcuni tratti, fenomeno diminuito negli ultimi anni grazie all'installazione di guard-rail lungo l'intero percorso, il numero delle vittime provocato da questa strada, nel solo tratto veronese, secondo un dato dell'ottobre 2008, ammonta a 139 persone;
    negli ultimi anni lo stato di manutenzione della statale appare molto compromesso in termini di degrado del manto stradale, tanto che si è reso necessario abbassare il limite di velocità da 110 km/h a 70 km/h, in svariati punti, specie nel tratto in provincia di Rovigo;
    la crisi economica in atto, che ha comportato un generale spostamento dei flussi di traffico dalla rete autostradale a pagamento verso la viabilità statale, e l'inizio della stagione estiva hanno fatto registrare un sensibile incremento del traffico sulla SS 434, verso mare, diretto a bypassare il circuito A/22-A/14 Verona/Bologna/Ancona;
    tale incremento di traffico ha reso ancora più evidente lo stato di usura del manto stradale e ha messo in crisi la possibilità di mantenimento dei minimi standard di sicurezza stradale;
    i cittadini locali e le aziende lamentano disagi insopportabili con gravi ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale;
    il Compartimento ANAS locale ha effettuato due interventi di somma urgenza per un totale di 400.000 euro e altre manutenzioni parziali per 110.000 euro e ha già appaltato per il mese di luglio lavori per 3,5 milioni di euro; tali interventi rappresentano una risposta significativa per un tratto di soli 25 Km;
    il Compartimento ha in programma ulteriori interventi per una spesa di 8 milioni di euro, ancora non finanziati;
    da notizie locali, sembra che la realizzazione di interventi a carattere definitivo su tutti i sottofondi stradali comporterebbe una spesa totale pari a circa 30 milioni di euro;
    il Governo, con l'articolo 18 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, ha previsto l'attuazione di un programma di interventi di manutenzione straordinaria della rete stradale di interesse nazionale in gestione all'ANAS Spa, riconoscendo che tale rete soffre di un significativo debito manutentorio e che richiede, in particolare, interventi di messa in sicurezza e ripristino delle opere; si prevede la diffusione degli interventi sull'intero territorio nazionale attraverso la sottoscrizione di una Convenzione da parte dell'ANAS Spa e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
    lo stesso Ministro in indirizzo, nell'ambito della presentazione alle Camere delle proprie linee programmatiche, ha evidenziato la necessità di individuare risorse per la manutenzione della rete stradale,

impegna il Governo

ad includere i lavori di manutenzione straordinaria e messa in sicurezza della Strada Statale 434 Verona/Rovigo – Transpolesana nell'ambito dei programmi di manutenzione della rete stradale gestita dall'ANAS Spa, finanziati ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge di stabilità 2014.
9/1865-A/125Matteo Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo approvato autorizza la spesa di 335 milioni di euro in favore dell'ANAS ai fini della manutenzione straordinaria e messa in sicurezza della rete stradale;
    la SS 434 Transpolesana è un'importante strada statale che collega Verona a Rovigo; il percorso, che ha una lunghezza di oltre 80 Km, inizia a Verona allacciandosi alla Tangenziale Sud tra le uscite dell'autostrada A4 di Verona Sud e Verona Est, attraversa i comuni della bassa veronese, entra in provincia di Rovigo nel comune di Giacciano con Baruchella, attraversa Badia Polesine, Lendinara, Villamarzana, dove è costruito lo svincolo dell'autostrada A13, e termina in una rotatoria in località Borsea del comune di Rovigo;
    la strada, classificata come strada extraurbana principale, ha un tracciato a 2 corsie per senso di marcia;
    la Transpolesana è nota per la storica incidentalità di alcuni tratti, fenomeno diminuito negli ultimi anni grazie all'installazione di guard-rail lungo l'intero percorso, il numero delle vittime provocato da questa strada, nel solo tratto veronese, secondo un dato dell'ottobre 2008, ammonta a 139 persone;
    negli ultimi anni lo stato di manutenzione della statale appare molto compromesso in termini di degrado del manto stradale, tanto che si è reso necessario abbassare il limite di velocità da 110 km/h a 70 km/h, in svariati punti, specie nel tratto in provincia di Rovigo;
    la crisi economica in atto, che ha comportato un generale spostamento dei flussi di traffico dalla rete autostradale a pagamento verso la viabilità statale, e l'inizio della stagione estiva hanno fatto registrare un sensibile incremento del traffico sulla SS 434, verso mare, diretto a bypassare il circuito A/22-A/14 Verona/Bologna/Ancona;
    tale incremento di traffico ha reso ancora più evidente lo stato di usura del manto stradale e ha messo in crisi la possibilità di mantenimento dei minimi standard di sicurezza stradale;
    i cittadini locali e le aziende lamentano disagi insopportabili con gravi ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale;
    il Compartimento ANAS locale ha effettuato due interventi di somma urgenza per un totale di 400.000 euro e altre manutenzioni parziali per 110.000 euro e ha già appaltato per il mese di luglio lavori per 3,5 milioni di euro; tali interventi rappresentano una risposta significativa per un tratto di soli 25 Km;
    il Compartimento ha in programma ulteriori interventi per una spesa di 8 milioni di euro, ancora non finanziati;
    da notizie locali, sembra che la realizzazione di interventi a carattere definitivo su tutti i sottofondi stradali comporterebbe una spesa totale pari a circa 30 milioni di euro;
    il Governo, con l'articolo 18 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, ha previsto l'attuazione di un programma di interventi di manutenzione straordinaria della rete stradale di interesse nazionale in gestione all'ANAS Spa, riconoscendo che tale rete soffre di un significativo debito manutentorio e che richiede, in particolare, interventi di messa in sicurezza e ripristino delle opere; si prevede la diffusione degli interventi sull'intero territorio nazionale attraverso la sottoscrizione di una Convenzione da parte dell'ANAS Spa e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
    lo stesso Ministro in indirizzo, nell'ambito della presentazione alle Camere delle proprie linee programmatiche, ha evidenziato la necessità di individuare risorse per la manutenzione della rete stradale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di includere i lavori di manutenzione straordinaria e messa in sicurezza della Strada Statale 434 Verona/Rovigo – Transpolesana nell'ambito dei programmi di manutenzione della rete stradale gestita dall'ANAS Spa, finanziati ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge di stabilità 2014.
9/1865-A/125. (Testo modificato nel corso della seduta). Matteo Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure contenute nella manovra di bilancio a sostegno delle forze dell'ordine, in particolare quelle che concernono i nuovi reclutamenti ed il rafforzamento delle protezioni in vista dell'Expo di Milano 2015;
   rilevando tuttavia, al tempo stesso, la gravità della sfida rappresentata dal degrado delle condizioni di sicurezza in parti del territorio nazionale sempre più ampie, situazione oggetto di frequenti atti di sindacato ispettivo;
   sottolineando come proprio l'insufficienza delle capacità delle forze dell'ordine sia spesso alla base della scelta di ricorrere anche alle Forze Armate, che si vedono affidare funzioni di concorso nel mantenimento della sicurezza interna, da ultimo con riferimento all'emergenza ambientale nella cosiddetta Terra dei Fuochi;
   evidenziando come sia disponibile un importante bacino di capacità addizionali, quello delle Polizie locali, valorizzabile attraverso il loro inserimento in un progetto organico di promozione della sicurezza nei Comuni, di cui sussistono già alcuni elementi, ma che andrebbe completato;
    altresì, la circostanza che il rispetto del cosiddetto Patto di Stabilità interno pregiudica a numerosi Comuni, anche virtuosi, la possibilità di procedere a reclutamenti nelle forze delle Polizie locali,

impegna il Governo

  ad adottare quanto prima misure idonee a migliorare il coordinamento sul campo tra le forze di polizia della Repubblica e quelle locali, a valorizzare il ruolo dei Sindaci nella difesa dell'ordine pubblico e a sottrarre le spese per la sicurezza dal vincolo imposto ai Comuni con il Patto di Stabilità interno.
9/1865-A/126Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure contenute nella manovra di bilancio a sostegno delle forze dell'ordine, in particolare quelle che concernono i nuovi reclutamenti ed il rafforzamento delle protezioni in vista dell'Expo di Milano 2015;
   rilevando tuttavia, al tempo stesso, la gravità della sfida rappresentata dal degrado delle condizioni di sicurezza in parti del territorio nazionale sempre più ampie, situazione oggetto di frequenti atti di sindacato ispettivo;
   sottolineando come proprio l'insufficienza delle capacità delle forze dell'ordine sia spesso alla base della scelta di ricorrere anche alle Forze Armate, che si vedono affidare funzioni di concorso nel mantenimento della sicurezza interna, da ultimo con riferimento all'emergenza ambientale nella cosiddetta Terra dei Fuochi;
   evidenziando come sia disponibile un importante bacino di capacità addizionali, quello delle Polizie locali, valorizzabile attraverso il loro inserimento in un progetto organico di promozione della sicurezza nei Comuni, di cui sussistono già alcuni elementi, ma che andrebbe completato;
    altresì, la circostanza che il rispetto del cosiddetto Patto di Stabilità interno pregiudica a numerosi Comuni, anche virtuosi, la possibilità di procedere a reclutamenti nelle forze delle Polizie locali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare quanto prima misure idonee a migliorare il coordinamento sul campo tra le forze di polizia della Repubblica e quelle locali, a valorizzare il ruolo dei Sindaci nella difesa dell'ordine pubblico e a sottrarre le spese per la sicurezza dal vincolo imposto ai Comuni con il Patto di Stabilità interno.
9/1865-A/126. (Testo modificato nel corso della seduta)  Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    tenuto conto che tra le misure dello stesso è prevista l'istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze in attuazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 116 del 3-5 giugno 2013, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del contributo di perequazione sulle pensioni oltre i 90 mila euro ex articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011;
    contestata tale sentenza dei giudici in quanto i predetti trattamenti pensionistici rappresentano già di per sé una inosservanza del principio di giustizia ed equità sociale, non trattandosi di erogazioni sulla base degli effettivi versamenti effettuati dal lavoratore/lavoratrice nell'arco della propria vita lavorativa;
    ricordato, infatti, che centinaia di alti funzionari dello Stato, magistrati, ambasciatori, docenti universitari, avvocati dello Stato, dirigenti pubblici, ammiragli, generali, giornalisti, notai, manager pubblici e privati, percepiscono una pensione il cui importo è spropositato rispetto alla quota di contributi effettivamente versati durante la carriera professionale, in quanto erogata con il calcolo retributivo;
    richiamato alla memoria quanto dichiarato recentemente dal Ministro del lavoro Giovannini, che ha definito tali trattamenti pensionistici «quelle pensioni il cui elevato importo appare stridente nell'attuale contesto socio-economico e di sacrifici imposti alla generalità della popolazione»,

impegna il Governo

ad andare oltre la previsione transitoria per il triennio 2014-2016 di un contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici obbligatori eccedenti il limite di 150 mila euro lordi annui, ponendo a regime un tetto massimo per le pensioni pubbliche e private erogate con il calcolo retributivo.
9/1865-A/127Marcolin, Fedriga.


   La Camera,
   premesso che:
    tenuto conto che tra le misure dello stesso è prevista l'istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze in attuazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 116 del 3-5 giugno 2013, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del contributo di perequazione sulle pensioni oltre i 90 mila euro ex articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011;
    contestata tale sentenza dei giudici in quanto i predetti trattamenti pensionistici rappresentano già di per sé una inosservanza del principio di giustizia ed equità sociale, non trattandosi di erogazioni sulla base degli effettivi versamenti effettuati dal lavoratore/lavoratrice nell'arco della propria vita lavorativa;
    ricordato, infatti, che centinaia di alti funzionari dello Stato, magistrati, ambasciatori, docenti universitari, avvocati dello Stato, dirigenti pubblici, ammiragli, generali, giornalisti, notai, manager pubblici e privati, percepiscono una pensione il cui importo è spropositato rispetto alla quota di contributi effettivamente versati durante la carriera professionale, in quanto erogata con il calcolo retributivo;
    richiamato alla memoria quanto dichiarato recentemente dal Ministro del lavoro Giovannini, che ha definito tali trattamenti pensionistici «quelle pensioni il cui elevato importo appare stridente nell'attuale contesto socio-economico e di sacrifici imposti alla generalità della popolazione»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di andare oltre la previsione transitoria per il triennio 2014-2016 di un contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici obbligatori eccedenti il limite di 150 mila euro lordi annui, ponendo a regime un tetto massimo per le pensioni pubbliche e private erogate con il calcolo retributivo.
9/1865-A/127. (Testo modificato nel corso della seduta) Marcolin, Fedriga.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il disegno di legge in titolo, con particolare riguardo agli interventi in favore delle categorie di lavoratori cosiddetti «esodati»;
    considerato, nel dettaglio, il comma 127-bis del provvedimento, che amplia di ulteriori seimila unità la platea dei beneficiari della salvaguardia dagli interventi previdenziali recati dal decreto-legge cosiddetto «Salva-Italia» e successive integrazioni e modificazioni;
    tenuto conto, altresì, delle disposizioni di cui ai commi da 127-bis a 127-quinquies, che prevedono l'applicazione delle disposizioni previdenziali vigenti prima del cosiddetto «decreto Salva Italia» ai lavoratori – nel limite di 17 mila soggetti – che perfezionano i requisiti anagrafici e contributivi, ancorché successivamente al 31 dicembre 2011, entro il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore dello stesso «Salva-Italia»;
    preso atto dell'imbroglio sottostante ai citati commi 127-bis 127-quinquies, laddove si prevede al successivo comma 127-sexies che l'efficacia delle predette disposizioni è subordinata al conferimento al Fondo esodati dei risparmi di spesa derivanti dall'adozione delle misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico delle altre Gestioni previdenziali;
    constatato, pertanto, che l'ampliamento reale di seimila unità e quello virtuale di diciassettemila della platea di salvaguardati non è esaustivo della problematica;
    ritenuto, peraltro, che il provvedimento in oggetto contenga taluni sprechi di risorse pubbliche che avrebbero potuto confluire, invece, nell'incremento delle disponibilità finanziare per la salvaguardia dei lavoratori esodati, come ad esempio lo stanziamento per lo svolgimento di attività di comunicazione del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea,

impegna il Governo

a non dare ulteriori false speranze a lavoratori che da oramai due anni vivono senza alcuna copertura reddituale a causa di scellerate politiche pensionistiche adottate dal precedente Governo e reperire le necessarie risorse – senza ricorrere a nuove tassazioni – per la soluzione definitiva di tutti i casi di lavoratori cosiddetti esodati.
9/1865-A/128Fedriga.


   La Camera,
   premesso che:
    valutata in particolare la norma concernente la sperimentazione della cosiddetta carta acquisti che estende la platea dei possibili beneficiari ai familiari di cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno CE;
    evidenziato che il maggior fardello della crisi economica in atto è riversato sulle famiglie italiane, che hanno sperimentato una significativa riduzione del proprio reddito reale;
    temuto che l'allargamento dei beneficiari della social card ai familiari di stranieri non cittadini comunitari possa provocare una nuova ondata di ricongiungimenti familiari, con imponderabili ma sicuramente negativi effetti sulla finanza pubblica,

impegna il Governo

a riconsiderare, nelle more di attuazione del disegno di legge di stabilità per il 2014, la disposizione di cui in premessa limitando il campo di applicazione ai familiari con cittadinanza comunitaria entro il primo grado.
9/1865-A/129Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il disegno di legge di stabilità 2014, con particolare riguardo alle misure di deducibilità ai fini Irap del costo del personale;
    accertato che per creare nuovi posti di lavoro e porre fine all'incessante chiusura, delocalizzazione e/o fallimento delle nostre imprese è necessario ed urgente alleggerire il cuneo fiscale, che tanto strangola oggigiorno le nostre aziende, associando al taglio Irap interventi sull'Irpef e sulla contribuzione previdenziale,

impegna il Governo

ad emanare celermente provvedimenti di propria competenza finalizzati ad un concreto e significativo abbattimento del cuneo fiscale.
9/1865-A/130Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il disegno di legge di stabilità 2014, con particolare riguardo alle misure di deducibilità ai fini Irap del costo del personale;
    accertato che per creare nuovi posti di lavoro e porre fine all'incessante chiusura, delocalizzazione e/o fallimento delle nostre imprese è necessario ed urgente alleggerire il cuneo fiscale, che tanto strangola oggigiorno le nostre aziende, associando al taglio Irap interventi sull'Irpef e sulla contribuzione previdenziale,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare ulteriori interventi finalizzati ad un concreto e significativo abbattimento del cuneo fiscale.
9/1865-A/130. (Testo modificato nel corso della seduta) Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 26, estende alle grandi imprese la possibilità di finanziamento da parte di Cassa depositi e prestiti, prevista dall'articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, a favore delle sole piccole e medie imprese;
    la norma in questione permette alla Cassa depositi e prestiti di utilizzare la provvista di risparmio postale per operazioni di finanziamento a favore delle PMI operate dagli istituti di credito;
    la modifica dell'articolo 3, comma 4-bis, del suddetto decreto-legge, che serve a contrastare lo stato di crisi in cui versano alcune grandi imprese, rischia di far affluire minori risorse in favore delle PMI;
    le PMI, a causa del prolungarsi della crisi, sono in uno stato di profonda sofferenza; molte di loro sono ormai condannate alla chiusura a causa della scarsa liquidità di cui dispongono, anche per le difficoltà di accesso al credito bancario;
    la sempre più stringente attenzione verso la tutela delle banche ha progressivamente inciso sul rilascio di liquidità da parte di quest'ultime, determinando un vero e proprio ristagno economico che sta compromettendo la possibilità da parte delle imprese di improntare nuovi investimenti, e conseguentemente di programmare la propria crescita;
    secondo i dati forniti da Confindustria, il credito erogato alle imprese nell'agosto 2013 è risultato dell'otto per cento più basso rispetto a settembre 2011. Appaiono quindi necessari opportuni interventi per rafforzare la capacità di credito in favore delle PMI;
    la perdita di competitività delle PMI, che sono il motore dell'economia italiana, ha ricadute importanti sul Paese, sia in termini produttivi che occupazionali,

impegna il Governo

ad adottare immediate misure di sostegno alle piccole e medie imprese adottando tutti gli strumenti necessari affinché venga garantito un effettivo accesso al credito nei loro confronti.
9/1865-A/131Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 87, proroga al 31 dicembre 2014 le attuali agevolazioni fiscali in materia di efficientamento energetico e ristrutturazioni edilizie, prevedendo, a partire dal 2015, una graduale riduzione delle stesse;
    le suddette misure appaiono insoddisfacenti e poco incisive anche in relazione al fatto che non sono strutturali;
    i risultati fino ad oggi ottenuti con lo strumento delle detrazioni fiscali sono stati molto importanti, rappresentando un valido strumento di supporto alla crescita e allo sviluppo delle imprese che operano in numerose attività connesse ai settori interessati;
    secondo un'indagine del Cresme – Enea, lo scorso anno il volume complessivo di interventi connessi alle sole agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici è stato pari a 1.400.000, per un totale di 17 miliardi di euro di investimento complessivi ed ha interessato sopratutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto;
    dal punto di vista occupazionale, il regime delle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici, ha contribuito a creare ogni anno 55 mila posti di lavoro nei settori interessati, con particolare riferimento a quello dell'edilizia;
    i positivi effetti delle detrazioni ricadono su tutto il sistema economico del Paese in quanto le stesse non solo rappresentano un importante sostegno al rilancio dei consumi ma contribuiscono anche all'emersione del sommerso in settori ritenuti strategici per la ripresa economica, come quello edile,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti indirizzati a rendere immediatamente strutturali e a regime gli incentivi finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici, nonché per l'incremento del loro rendimento energetico.
9/1865-A/132Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 87, proroga al 31 dicembre 2014 le attuali agevolazioni fiscali in materia di efficientamento energetico e ristrutturazioni edilizie, prevedendo, a partire dal 2015, una graduale riduzione delle stesse;
    le suddette misure appaiono insoddisfacenti e poco incisive anche in relazione al fatto che non sono strutturali;
    i risultati fino ad oggi ottenuti con lo strumento delle detrazioni fiscali sono stati molto importanti, rappresentando un valido strumento di supporto alla crescita e allo sviluppo delle imprese che operano in numerose attività connesse ai settori interessati;
    secondo un'indagine del Cresme – Enea, lo scorso anno il volume complessivo di interventi connessi alle sole agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici è stato pari a 1.400.000, per un totale di 17 miliardi di euro di investimento complessivi ed ha interessato sopratutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto;
    dal punto di vista occupazionale, il regime delle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici, ha contribuito a creare ogni anno 55 mila posti di lavoro nei settori interessati, con particolare riferimento a quello dell'edilizia;
    i positivi effetti delle detrazioni ricadono su tutto il sistema economico del Paese in quanto le stesse non solo rappresentano un importante sostegno al rilancio dei consumi ma contribuiscono anche all'emersione del sommerso in settori ritenuti strategici per la ripresa economica, come quello edile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare gli opportuni provvedimenti indirizzati a rendere immediatamente strutturali e a regime gli incentivi finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici, nonché per l'incremento del loro rendimento energetico.
9/1865-A/132. (Testo modificato nel corso della seduta) Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure di sostegno al sistema delle imprese appaiono assolutamente inefficaci a contrastare la crisi in cui queste versano, anche per la ridotta dotazione finanziaria;
    uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi è quello manifatturiero;
    il settore ha un ruolo di traino dell'economia del Paese, inglobando l'eccellenza della piccola e media impresa italiana che è rappresenta da oltre 450 mila artigiani e piccoli imprenditori, i quali danno lavoro a quasi 2 milioni di addetti e realizzano un valore aggiunto di 60 miliardi;
    la competitività del settore è minacciata, oltre che dal prolungarsi della crisi, anche dalla presenza sui mercati internazionali di prodotti contraffatti e di bassissima qualità, provenienti principalmente dai paesi del sud-est asiatico, come la Cina;
    le economie di questi paesi da tempo minacciano l'Italia e l'Europa con politiche commerciali aggressive favorite da bassissimi costi di produzione, anche legati alla violazione dei diritti umani e dei più elementari standard di sicurezza del lavoro, della salute e dell'ambiente;
    l'affermazione delle imprese nazionali sul mercato internazionale deve avvenire in primo luogo attraverso l'adozione di iniziative di contrasto alla contraffazione e di maggiore tutela delle produzioni artigianali di qualità,

impegna il Governo

ad adottare una strategia che porti all'affermazione delle imprese nazionali sul mercato internazionale attraverso l'adozione di politiche di contrasto alla contraffazione e di tutela della produzione artigianale di qualità ed il made in Italy.
9/1865-A/133Buonanno.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto che il testo approvato dalla Commissione Bilancio della Camera, con lo scopo di risolvere il problema del contenzioso in merito agli aumenti unilaterali da parte della società ANAS SpA del canone sui passi carrai, che hanno comportato aumenti discrezionali che per alcune attività, in Veneto, sono arrivati anche all'8.000 per cento, ha istituito un tavolo di lavoro, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fra i funzionari del Ministero medesimo, l'ANAS SpA e i rappresentanti dei comitati dei passi Carrai, con il compito di raggiungere un accordo fra le parti entro i successivi 6 mesi dall'entrata in vigore della legge di stabilità 2014;
    considerato che le incongruenze sull'ammontare dei canoni ANAS e la richiesta di cinque anni di arretrati hanno acceso da tempo contenziosi e numerose proteste da parte dei cittadini, alle quali sono seguite numerose iniziative parlamentari finora rimaste senza risposta;
    tenuto conto che sulla base di tali proteste è nato il cosiddetto «Comitato passi carrai», che, una volta definita la propria costituzione formale (2008), è stato riconosciuto, dalle strutture della società ANAS SpA, quale soggetto interlocutore, in grado di fornire una rappresentazione più ampia, rispetto alle singole posizioni, in materia di accessi stradali;
    tenuto conto altresì che il Comitato è sorto con la finalità di favorire «l'eliminazione delle disparità di trattamento applicate da diversi enti proprietari di strade eliminando gli effetti distorsivi che tali situazioni hanno sulla concorrenza», nonché per creare le condizioni affinché il «potere di fissare l'importo dei canoni, quale ne sia la fonte, non si sostanzi attraverso posizioni di privilegio e senza limiti legali, ma sia anche improntato a criteri di logicità e buon senso tale da consentire ai concessionari di verificare e contestare l'ammontare della pretesa economica;
    valutato che occorre porre fine alla disparità di trattamento che subiscono i cittadini e le imprese da parte della società ANAS SpA nelle modalità di calcolo del canone dovuto per i passi carrai, intervenendo sulle disposizioni di legge che affidano alla società medesima piena discrezionalità per il computo degli importi, nonché stabilendo che gli incrementi dei canoni non possano superare l'andamento dell'inflazione corrente,

impegna il Governo

nell'ambito del tavolo di lavoro per la risoluzione dei problemi legati all'incremento dei canoni ANAS per i Passi carrai, a promuovere l'applicazione degli eventuali aumenti entro i limiti del tasso d'inflazione rilevato dall'istituto nazionale di statistica (ISTAT) nell'anno precedente a quello di riferimento, sia per i canoni futuri che per quelli pregressi, sospendendo, fino alla rideterminazione dei nuovi importi dei canoni, tutte le attività di riscossione.
9/1865-A/134Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto che il testo approvato dalla Commissione Bilancio della Camera, con lo scopo di risolvere il problema del contenzioso in merito agli aumenti unilaterali da parte della società ANAS SpA del canone sui passi carrai, che hanno comportato aumenti discrezionali che per alcune attività, in Veneto, sono arrivati anche all'8.000 per cento, ha istituito un tavolo di lavoro, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fra i funzionari del Ministero medesimo, l'ANAS SpA e i rappresentanti dei comitati dei passi Carrai, con il compito di raggiungere un accordo fra le parti entro i successivi 6 mesi dall'entrata in vigore della legge di stabilità 2014;
    considerato che le incongruenze sull'ammontare dei canoni ANAS e la richiesta di cinque anni di arretrati hanno acceso da tempo contenziosi e numerose proteste da parte dei cittadini, alle quali sono seguite numerose iniziative parlamentari finora rimaste senza risposta;
    tenuto conto che sulla base di tali proteste è nato il cosiddetto «Comitato passi carrai», che, una volta definita la propria costituzione formale (2008), è stato riconosciuto, dalle strutture della società ANAS SpA, quale soggetto interlocutore, in grado di fornire una rappresentazione più ampia, rispetto alle singole posizioni, in materia di accessi stradali;
    tenuto conto altresì che il Comitato è sorto con la finalità di favorire «l'eliminazione delle disparità di trattamento applicate da diversi enti proprietari di strade eliminando gli effetti distorsivi che tali situazioni hanno sulla concorrenza», nonché per creare le condizioni affinché il «potere di fissare l'importo dei canoni, quale ne sia la fonte, non si sostanzi attraverso posizioni di privilegio e senza limiti legali, ma sia anche improntato a criteri di logicità e buon senso tale da consentire ai concessionari di verificare e contestare l'ammontare della pretesa economica;
    valutato che occorre porre fine alla disparità di trattamento che subiscono i cittadini e le imprese da parte della società ANAS SpA nelle modalità di calcolo del canone dovuto per i passi carrai, intervenendo sulle disposizioni di legge che affidano alla società medesima piena discrezionalità per il computo degli importi, nonché stabilendo che gli incrementi dei canoni non possano superare l'andamento dell'inflazione corrente,

impegna il Governo

nell'ambito del tavolo di lavoro per la risoluzione dei problemi legati all'incremento dei canoni ANAS per i Passi carrai, a valutare l'opportunità di promuovere l'applicazione degli eventuali aumenti entro i limiti del tasso d'inflazione rilevato dall'istituto nazionale di statistica (ISTAT) nell'anno precedente a quello di riferimento, sia per i canoni futuri che per quelli pregressi, sospendendo, fino alla rideterminazione dei nuovi importi dei canoni, tutte le attività di riscossione.
9/1865-A/134. (Testo modificato nel corso della seduta) Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014);
    ricordato come, secondo quanto previsto dal decreto-legge n. 54 del 2013, la sospensione della rata dell'IMU avrebbe operato nelle more di una complessiva riforma della disciplina dell'imposizione sul patrimonio immobiliare;
    evidenziato che per l'anno 2013 non è dovuta la prima rata dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, relativa agli immobili di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2013, n. 85, e che al fine di assicurare ai Comuni il ristoro del minor gettito dell'imposta municipale propria è stato attribuito ai medesimi Comuni un contributo di circa 2,3 miliardi di euro per l'anno 2013;
    valutato che gli enti locali si sono trovati in grande difficoltà nella costruzione del bilancio di previsione 2013, proprio a causa delle incertezze riguardanti la corretta quantificazione del gettito dell'imposta municipale unica, la cui seconda rata sulle abitazioni principali viene soppressa con una compensazione che per molti Comuni sarà solo parziale rispetto a quanto preventivato all'interno dei rispetti bilanci;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di definire, per il 2014 e gli esercizi successivi, un quadro normativo in materia di finanza locale più stabile e chiaro di quello con il quale hanno dovuto confrontarsi nel 2013 sia gli amministratori locali, sia i contribuenti, stabilendo regole certe già a partire dai prossimi provvedimenti legislativi.
9/1865-A/135Giancarlo Giorgetti.


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione Trasporti del Parlamento europeo ha approvato il regolamento per lo sviluppo della rete trans europea dei trasporti (Ten.T) che comprende il Corridoio n. 5 Helsinki-Valletta, ampliando il percorso del Berlino-Palermo a Meridione e includendo anche collegamenti del tipo Autostrade del Mare tra la Sicilia e Malta;
    posto che il Corridoio Helsinki-Valletta, nel suo tracciato meridionale, si fonda sulla centralità dell'asse ferroviario ad AV/AC in Italia, in particolare tra i nodi di Verona-Bologna-Firenze-Roma-Napoli-Reggio Calabria-Messina e Palermo. Solo alcune di queste tratte risultano ad oggi completate (ad esempio il collegamento ad AV/AC Bologna-Napoli);
    visto che per quanto riguarda la Sicilia, mancano collegamenti AV/AC che pure rientrerebbero a pieno titolo nella programmazione pluriennale delle risorse da impiegare per la costruzione del Corridoio n. 5 (Helsinky-La Valletta). Tratto che rappresenta il nodo più meridionale della rete del 1'intera area del bacino del Mediterraneo ed assolve l'importantissima funzione di raccordare aree periferiche del continente europeo;
   valutata 1'importanza del Mediterraneo nello scenario del commercio internazionale come dimostrato anche dalla crescita dei traffici container attraverso il Canale di Suez tra il 2000 ed il 2011;
    considerato che in questo senso, il Corridoio n. 5 si può considerare di assoluta rilevanza per il sistema Paese. Ma, per fare in modo che effettivamente colleghi il Nord e il Sud dell'Europa, dovrà necessariamente essere corredato dal Ponte sullo Stretto di Messina. Se infatti così non fosse, lo stesso Corridoio europeo non avrebbe senso, non riuscirebbe infatti a completare la tratta per il quale è stato programmato e sarebbe poco comprensibile, se non illogico, immaginare il Corridoio Helsinky-La Valletta, che prevede la sezione ferroviaria Napoli-Reggio Calabria, nonché la sezione Messina-Palermo, non specificando come collegare la Calabria alla Sicilia;
    ci si chiede, infatti, come si potrebbe realizzare la tanto invocata multi modalità senza colmare questa cesura di percorso rappresentata dal braccio di mare che separa la Calabria dalla Sicilia e su cui dovrebbero correre i treni veloci;
    valutato che il progetto «Ponte sullo Stretto», che correrebbe su una distanza pari a km 3,33 tra i due piloni principali, col legherebbe oltre 5 milioni di abitanti al resto dell'Europa con vantaggi enormi riguardo lo sviluppo del Sud dell'Italia;
    posto che sinora per il Ponte sullo Stretto sono stati già spesi, per il progetto e il mantenimento della società Ponte sullo Stretto, circa 383 milioni di euro, la mancata realizzazione del Ponte sullo Stretto porterebbe al pagamento di penali stimate fino a 700 milioni di euro per un totale quindi di oltre un miliardo di euro. Una cifra che corrisponde quasi all'investimento per cui lo Stato si era impegnato poiché 1'ulteriore finanziamento sarebbe dovuto gravare su fondi privati;
    si ricorda che il costo dell'opera realizzata sarebbe di circa 7 miliardi a valori correnti;
    la mancata realizzazione del Ponte sullo Stretto comporterebbe quindi una perdita che ha un valore economico pari a quello di una infrastruttura realizzata, ma senza usufruire di alcuna infrastruttura. Oltre al danno, la beffa;
    alla Sicilia, che conta una popolazione di oltre 5 milioni di abitanti, deve essere garantito lo stesso «grado di libertà» di collegamento al continente concesso ad altri Paesi europei;
   si pensi all'impulso che le attività commerciali, turistiche, agricole e industriali avrebbero da un attraversamento veloce dello Stretto e come, grazie a questo potenziamento infrastrutturale, regioni come la Sicilia e la Calabria ridurrebbero drasticamente il gap di sviluppo che le separa dalle altre regioni d'Italia;
    è necessario evitare la messa in liquidazione della società Stretto di Messina, e quindi 1'ulteriore spesa di 700 milioni di euro di penali, e ridare la possibilità di riavviare l'iter per la costruzione del Ponte; allo stesso momento è necessario che il Governo intraprenda una forte azione italiana in sede europea per fare in modo che il Corridoio n. 5 sia compreso nella programmazione della UE per gli anni 2014-2020, anche per il col legamento previsto sino a Palermo con risorse che portino ad opere cantierabili e ricomprendano la realizzazione del Ponte sullo Stretto;
    è fondamentale indirizzare una forte azione italiana per coinvolgere anche le istituzioni europee in una valutazione sui benefici che porterebbe la definitiva realizzazione del Ponte sullo Stretto per i collegamenti attraverso la Sicilia dei paesi del Mediterraneo, da e per il Nord Europa,

impegna il Governo:

  a valutare modifiche normative che prevedano che al fine di garantire la continuità territoriale prevista dal Corridoio 5, Helsinki-Valletta della rete trans europea dei trasporti e sviluppare la parte terminale dell'asse ferroviario ad AV/AC in Italia, in particolare tra i nodi di Verona - Bologna - Firenze - Roma - Napoli - Reggio Calabria - Messina e Palermo siano introdotte le disposizioni conseguenti:
   a) il comma 8 dell'articolo 34-decies del decreto-legge 18 ottobre 2012 n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221, è abrogato e tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione nonché le convenzioni ed ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla società concessionaria proseguono. È conseguentemente abrogato il riferimento al comma 8 contenuto al successivo comma 9.
   b) dopo il comma 7 dell'articolo 34-decies del decreto-legge 18 ottobre 2012 n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221, sono aggiunti i commi seguenti: 7-bis. «L'atto aggiuntivo di cui al comma 1 è stipulato entro il 30 novembre 2014 anche disciplinando, senza maggiori oneri per la finanza pubblica, le reciproche posizioni di pretesa e di contestazione della concessionaria del contraente generale dedotte in giudizio ovvero ancora da dedurre nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge. Sono altresì adeguati conseguentemente, nei successivi 30 giorni, gli ulteriori rapporti contrattuali con gli altri soggetti affidatari dei servizi connessi alla realizzazione dell'Opera». 7-ter. «Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emettere entro 30 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, è revocato lo stato di liquidazione della società Stretto di Messina S.p.A. e contestualmente nominato un amministratore unico, con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione. La revoca dello stato di liquidazione avrà effetto dalla data dell'iscrizione del predetto Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri presso il registro delle imprese, in deroga, al disposto del secondo comma dell'articolo 2487-ter c. c. Salvo diversa determinazione dell'Amministratore Unico, restano salvi ed impregiudicati gli effetti dell'atto d'indirizzo emesso in attuazione del comma 7.»
9/1865-A/136Attaguile.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità per l'anno 2014 presenta disposizioni contraddittorie dal punto di vista della spesa pubblica legata al personale delle diverse articolazioni dello Stato;
    se da un lato è confermata l'architettura del Patto di stabilità interno, fortemente limitativo dell'autonomia gestionale di enti locali e territoriali, dall'altro sono previste deroghe alle assunzioni, palesemente tarate su specifici ambiti pubblici o territoriali, creando evidenti disparità rispetto ad altri: è il caso degli LSU della Calabria e della Sicilia, delle assunzioni di personale per la Presidenza del Consiglio ed i Ministeri, fino alla deroga prevista dal comma 152-bis dell'articolo 1 che permetterà stabilizzazioni per alcune regioni;
    in alcuni casi la conseguenza delle politiche verso gli enti locali comporterà difficoltà nell'espletamento di alcuni servizi ad alto carattere sociale, con effetti controproducenti: è il caso, ad esempio, del Comune di Venezia che, non in grado di rispettare il Patto di Stabilità, sarà costretto, non potendo ricorrere a personale supplente per le Scuole per l'infanzia e per i Nidi, ad esternalizzare tali servizi;
    ciò è dovuto anche a dispositivi di legge che sembrano essere tra loro incongruenti perché impongono all'ente locale obblighi che si autoescludono: da un lato vietando assunzioni di nuovo personale ma dall'altro imponendo un determinato rapporto numerico tra educatori e bambini,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di escludere il personale educatore/insegnante di nidi e scuole per l'infanzia dal blocco delle assunzioni e dai limiti alle assunzioni di personale da parte degli enti locali,
9/1865-A/137Prataviera.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge di stabilità in esame introduce il Fondo per la riduzione della pressione fiscale;
    introduce altresì nuovi strumenti fiscali destinati a finanziare, in particolare, le esigenze degli enti locali. Ciò ha diffuso, tra le organizzazioni imprenditoriali e i cittadini, il timore di un inasprimento della pressione fiscale, che appare insostenibile alla luce dell'attuale situazione economica;
    la legge sul Federalismo fiscale (n. 42 del 2009), assicura un'ampia autonomia impositiva in favore degli enti territoriali; nel testo della Legge di stabilità il Governo ha posto dei limiti, anche temporanei, alle aliquote applicabili delle nuove imposte locali, tuttavia gli enti territoriali possono stabilire ulteriori nuove imposte ed addizionali;
    la legge sul Federalismo fiscale, che è attuativa dell'articolo 119 della Costituzione, prevede all'articolo 28, comma 2, lettera b) che nei decreti legislativi di attuazione «sia garantita la determinazione periodica del limite massimo della pressione fiscale nonché del suo riparto tra i diversi livelli di governo e sia salvaguardato l'obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva anche nel corso della fase transitoria.»;
    l'impegno ad individuare «il limite massimo della pressione fiscale» è stato sinora disatteso, sia nei decreti applicativi del Federalismo fiscale, sia tra gli obblighi della legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196 del 2009, come modificata dalla legge n. 39 del 2011): nell'articolo 10 di tale legge, relativo ai contenuti del Documento di economia e finanza, si fa riferimento alla pressione fiscale solo come «indicazione della pressione fiscale delle amministrazioni pubbliche», cioè come registrazione di un dato di fatto e di una tendenza;

impegna il Governo

ad attuare, a decorrere dal prossimo ciclo di bilancio e quale obbligo costituzionalmente tutelato, il disposto dell'articolo 28, comma 2, lettera b), della legge sul Federalismo fiscale n. 42 del 2009, in materia di «determinazione periodica del limite massimo della pressione fiscale», nonché il «suo riparto tra i diversi livelli di governo», utilizzando, per la sua definizione, gli strumenti di coordinamento Stato - Regioni - Enti locali previsti dalla legge n. 42 medesima e tenendo conto dell'obbligo di salvaguardare «l'obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva».
9/1865-A/138Saltamartini, Costa, Misuraca, Vignali, Alli, Bernardo, Dorina Bianchi, Bosco, Calabrò, Cicchitto, Garofalo, Leone, Minardo, Pagano, Piccone, Piso, Pizzolante, Roccella, Sammarco, Scopelliti, Tancredi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del disegno di legge, ai commi da 251 a 253, conferisce al Governo il potere di emanare un regolamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la razionalizzazione della normativa vigente in materia di erogazione dei contributi statali in favore degli istituti culturali, di cui alla legge 17 ottobre 1996, n. 534;
    tra le norme regolatrici della materia a questo fine stabilite, il comma 252, alla lettera d), prevede la razionalizzazione del sistema di contribuzione statale secondo unicità di visione e conseguente programmazione delle risorse statali, tenendo conto anche dei contributi agli istituti che fruiscono, di finanziamenti disposti per legge a carico del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
    la previsione legislativa dì tali contributi, operata nella vigenza del sistema disciplinato dalla legge 17 ottobre 1996, n. 534, e in coordinamento con esso, risponde alla positiva valutazione della rilevanza culturale e scientifica delle attività svolte dagli istituti destinatari e alle esigenze dì iniziative di ricerca da essi promosse e organizzate, che importano una programmazione di medio-lungo periodo,

impegna il Governo

ad attuare le disposizioni dei commi da 251 a 253 dell'articolo 1 del disegno di legge atto Camera n. 1865, con particolare riferimento, alla lettera d) del comma 252, assicurando la salvaguardia delle disposizioni di legge vigenti in favore degli istituti culturali di cui alla citata lettera per la continuità delle attività istituzionali, confermando il carattere non esclusivo dei contributi da esse disposti nell'ambito del sostegno statale alle istituzioni culturali.
9/1865-A/139Piccoli Nardelli, Coscia, Ascani, Blazina, Bonafè, Bossa, Carocci, Coccia, D'Ottavio, Ghizzoni, Malisani, Malpezzi, Narduolo, Manzi, Orfini, Pes, Raciti, Rampi, Rocchi, Zampa, Zoggia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del disegno di legge, ai commi da 251 a 253, conferisce al Governo il potere di emanare un regolamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la razionalizzazione della normativa vigente in materia di erogazione dei contributi statali in favore degli istituti culturali, di cui alla legge 17 ottobre 1996, n. 534;
    tra le norme regolatrici della materia a questo fine stabilite, il comma 252, alla lettera e), prevede che il sistema di contribuzione statale sia prioritariamente e prevalentemente orientato a favore delle istituzioni culturali di rilievo nazionale, anche al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni con il sistema delle contribuzioni erogate dalle regioni e dagli enti locali;
    il sostegno dello Stato all'attività d'interesse pubblico svolta dalle istituzioni culturali, anche di rilevanza nazionale e internazionale, non può escludere la partecipazione di altri soggetti, pubblici e privati, con l'erogazione di contributi o con altre forme di finanziamento, la cui eventuale presenza non deve quindi considerarsi preclusiva – ove sussistano i prescritti requisiti – dell'ammissione degli istituti al contributo statale,

impegna il Governo

ad attuare le disposizioni dei commi da 251 a 253 dell'articolo 1 del disegno di legge atto Camera n. 1865, con particolare riferimento alla lettera e) del comma 252, facendo salva la possibilità che gli istituti culturali in possesso dei requisiti per l'ammissione al contributo statale ricevano finanziamenti relativi allo svolgimento di attività di specifico interesse locale o altre forme di contribuzione da parte delle regioni, degli enti locali e di altri soggetti pubblici o privati, senza che ciò risulti preclusivo del contributo statale medesimo.
9/1865-A/140Manzi, Coscia, Ascani, Blazina, Bonafè, Bossa, Carocci, Coccia, D'Ottavio, Ghizzoni, Malisani, Malpezzi, Narduolo, Orfini, Pes, Piccoli Nardelli, Raciti, Rampi, Rocchi, Zampa, Zoggia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del disegno di legge, ai commi da 251 a 253, conferisce al Governo il potere di emanare un regolamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la razionalizzazione della normativa vigente in materia di erogazione dei contributi statali in favore degli istituti culturali, di cui alla legge 17 ottobre 1996, n. 534;
    tra le norme regolatrici della materia a questo fine stabilite, il comma 252, alla lettera e), prevede che il sistema di contribuzione statale sia prioritariamente e prevalentemente orientato a favore delle istituzioni culturali di rilievo nazionale, anche al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni con il sistema delle contribuzioni erogate dalle regioni e dagli enti locali;
    il sostegno dello Stato all'attività d'interesse pubblico svolta dalle istituzioni culturali, anche di rilevanza nazionale e internazionale, non può escludere la partecipazione di altri soggetti, pubblici e privati, con l'erogazione di contributi o con altre forme di finanziamento, la cui eventuale presenza non deve quindi considerarsi preclusiva – ove sussistano i prescritti requisiti – dell'ammissione degli istituti al contributo statale,

impegna il Governo

ad attuare le disposizioni dei commi da 251 a 253 dell'articolo 1 del disegno di legge atto Camera n. 1865, con particolare riferimento alla lettera e) del comma 252, facendo salva la possibilità che gli istituti culturali destinatari del contributo statale ricevano anche eventuali contributi relativi allo svolgimento di attività di specifico interesse locale.
9/1865-A/140. (Testo modificato nel corso della seduta) Manzi, Coscia, Ascani, Blazina, Bonafè, Bossa, Carocci, Coccia, D'Ottavio, Ghizzoni, Malisani, Malpezzi, Narduolo, Orfini, Pes, Piccoli Nardelli, Raciti, Rampi, Rocchi, Zampa, Zoggia.


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2019 l'Italia avrà di nuovo l'occasione di esprimere la Capitale Europea della Cultura, e che, quindi, dopo Firenze, Bologna e Genova, un'altra città potrà testimoniare a livello internazionale quella cultura urbana di cui il nostro Paese ha rappresentato la culla;
    questo evento si colloca in linea di ideale continuità rispetto a Expo 2015, insieme al quale può tradursi in una straordinaria opportunità per il rilancio dell'economia e dello sviluppo dell'intero Paese;
    molte città italiane hanno presentato la propria candidatura al bando, promosso dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, per l'individuazione della Capitale europea della cultura 2019 e, in particolare: Aosta, Bergamo, Mantova, Venezia, Ravenna, Urbino, Pisa, Siena, Perugia con i Luoghi di Francesco d'Assisi e dell'Umbria, L'Aquila, Lecce, Taranto, Caserta, Matera, Reggio Calabria, Palermo, Siracusa, Cagliari;
    si è conclusa la prima fase di selezione a cura del panel degli esperti italiani ed europei con la designazione delle città Cagliari, Lecce, Matera, Perugia con i Luoghi di Francesco d'Assisi, Ravenna e Siena;
    le città candidate hanno compiuto uno sforzo di portata non ordinaria per migliorare se stesse, non solo nell'ammodernamento del sistema culturale e turistico, ma anche avviando trasformazioni sul piano infrastrutturale, urbanistico e architettonico, attraverso forme di progettazione partecipata con uno straordinario coinvolgimento di migliaia di cittadini, associazioni, enti, e che il livello della competizione e i requisiti richiesti dal bando portano a ritenere che la qualità progettuale dei dossier sia buona;
    la possibilità per l'Italia – che si trova spesso a rinunciare all'uso di risorse europee, anche per mancanza o debolezza di capacità progettuali - di poter disporre di una banca-progetti, e a un livello di definizione economico-finanziaria piuttosto avanzato, rappresenta certamente una rilevante opportunità in vista dell'attività programmatoria dei prossimi anni;
    appare quindi opportuno – senza interferire nel processo che porterà alla individuazione della Città Capitale Europea della Cultura 2019 – stabilire forme di collaborazione tra i vari attori istituzionali al fine di consentire di valorizzare appieno la capacità progettuale delle città candidate, anche mediante il ricorso alle risorse previste con il nuovo ciclo di programmazione 2014/2020 e i programmi comunitari come Creative Europe o Cultural Heritage;
    per questa via, il «Programma Italia 2019» potrà effettivamente consentire di realizzare nel Paese un sistema di crescita economica e civile che faccia perno su infrastrutture materiali e immateriali in grado di favorire la rinascita delle città medie italiane, lo sviluppo della produzione culturale e la valorizzazione delle industrie culturali, dando una dimensione innovativa anche alla conservazione del patrimonio culturale e risultando determinante ai tini del miglioramento del benessere dei cittadini e dello sviluppo del turismo di qualità;
    in tale contesto, la città che sarà scelta come Capitale europea della cultura 2019 potrà porsi come «capofila» di una rete di città rinnovate, capaci di rappresentare in ambito internazionale il ruolo centrale dell'intero Paese nel contesto della cultura europea;
    il «Programma Italia 2019» può essere una esperienza esemplare anche per l'Europa,

impegna il Governo

ad individuare idonei strumenti, anche nell'ambito della programmazione 2014/2020, al fine di sostenere e realizzare, attraverso il concorso dello Stato, delle Regioni e degli enti territoriali, il «Programma Italia 2019», quale rilevante opportunità per la valorizzazione della progettualità espressa dalle città candidate a Capitale europea della cultura e quale occasione fondamentale per sostenere la ripresa economica, sociale e culturale del Paese.
9/1865-A/141Sereni, Luciano Agostini, Amoddio, Antezza, Ascani, Battaglia, Bellanova, Brunetta, Capone, Carnevali, Carra, Causi, Cenni, Ciprini, Colaninno, Dallai, Fontana, Fontanelli, Galgano, Gallinella, Gelli, Giulietti, Guerini, Laffranco, Latronico, Lauricella, Locatelli, Marchetti, Marcon, Marguerettaz, Martella, Misiani, Mognato, Morani, Moretto, Mura, Murer, Pagani, Paglia, Palese, Piccione, Picierno, Pinna, Realacci, Sanga, Schirò, Taranto, Ventricelli, Verini, Zoggia, Zolezzi, Petrenga, Culotta, Bindi, Martelli, Zappulla, Sbrollini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6, del decreto-legge 20 maggio 1993. n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993. n. 237, prevede interventi per favorire la razionalizzazione, la ristrutturazione e la riconversione produttiva delle imprese operanti nel settore della produzione di materiali di armamento;
    per tali fini sono stati complessivamente stanziati e utilizzati fino al 2001 circa 360 milioni di euro;
    altre risorse finanziarie sono state assegnate nel 2007 (42 milioni di euro) e nel 2012 (49,4 milioni di euro), con le quali sono stati attivati investimenti per oltre 340 milioni di euro;
    i progetti finanziati con tali risorse hanno consentito di conseguire importanti risultati sia in termini occupazionali, sia sotto il profilo della qualificazione delle imprese interessate, che hanno potuto introdurre rilevanti innovazioni di prodotto e processo in un mercato caratterizzato dalla forte competitività internazionale e da una continua evoluzione, per l'elevato impatto tecnologico;
    la continuità di questa linea di intervento potrebbe costituire un valido strumento agli investimenti di ingenti risorse interne in ricerca e sviluppo, attività essenziale per mantenere competitività nel settore, specificatamente rivolto ad aziende operanti in un settore strategico, in grado, non solo di generare positive ricadute occupazionali anche a favore delle PMI dell'indotto, ma soprattutto di garantire il consolidamento ed il miglioramento delle posizioni raggiunte, anche in funzione delle esigenze dello Stato in tema di difesa e sicurezza nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rifinanziare, anche attraverso la riutilizzazione di risorse destinate a incentivi alle imprese di diversa origine, la Legge 19 luglio 1993, n. 237 affinché le imprese interessate possano realizzare investimenti, innovazione e aumento della produttività e diversificazione delle attività.
9/1865-A/142Giulietti, Sereni, Benamati.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 309 dell'articolo 1 prevede l'effettuazione nel 2014 di nuove assunzioni nel comparto sicurezza in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente, assunzioni possono essere effettuate a condizione che il turn over complessivo relativo allo stesso anno non sia superiore al 55 per cento e che il contingente complessivo di assunzioni sia corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 51,5 milioni di euro per il 2014 e a 126 milioni di euro a decorrere dal 2015, con riserva di assunzione di 1.000 unità per la Polizia di Stato, 1.000 unità per l'Arma dei carabinieri e 600 unità per il Corpo della guardia di finanza;
    in Italia esistono oltre ventisettemila militari in esubero che dovranno trovare sistemazione nei prossimi anni;
    due schemi di decreto del Ministero della difesa, attualmente al vaglio delle commissioni difesa dei Parlamento, propongono tra le soluzioni una esenzione dal servizio di tale personale «nel decennio antecedente alla data di raggiungimento del limite di età ordinamentale previsto», vale a dire, poiché l’«età ordinamentale» per il pensionamento dei militari scatta a 60 anni, che tale esenzione dal servizio può essere disposta per il personale che abbia compiuto i 50 anni; il personale in questione percepirà l'85 per cento delle «competenze fondamentali e accessorie fisse e continuative» come determinate al momento dell'esenzione dal servizio, e potrà cumulare questo trattamento con redditi di lavoro autonomo, «collaborazioni e consulenze con soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche». Il periodo di esenzione dal servizio verrà però computato ai fini pensionistici come se l'interessato avesse goduto della retribuzione piena;
    la succitata proposta appare non solo in contrasto con il principio della necessità di allungamento dell'età pensionabile applicato a tutti gli altri lavoratori, ma anche in contrasto con il principio della spending review, soprattutto alla luce alle carenze di personale delle forze di sicurezza che si prevede di coprire con nuove assunzioni (con relativa spesa di centinaia di milioni nei prossimi anni) anziché essere più efficientemente coperte da procedure di mobilità interna alla pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a istituire una idonea procedura di riqualificazione e trasferimento interno tra amministrazioni pubbliche affinché almeno l'80 per cento delle assunzioni del comparto sicurezza previste dal comma 309 sia coperto mediante riqualificazione e trasferimento del personale eccedentario delle Forze armate ai sensi di quanto disposto dalla legge 244 del 2012.
9/1865-A/143Tinagli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 132, autorizza una spesa complessiva pari a 126 milioni di euro in favore dei lavori socialmente utili (LSU) nei territori di Napoli, Palermo e della regione Calabria, nonché nei comuni con meno di 50.000 abitanti;
    in particolare, sono previsti 100 milioni di euro per gli LSU di Napoli e Palermo, 25 milioni per gli LSU della Calabria (specificando che nell'ambito delle risorse ad essa assegnate la regione Calabria deve provvedere al pagamento degli arretrati dell'anno 2013 dei progetti degli LSU e dei lavoratori di pubblica utilità) ed 1 milione per i comuni con meno di 50.000 abitanti;
    inoltre, per l'anno 2014, al fine di favorire l'inserimento lavorativo, mediante contratti a tempo determinato, degli LSU e dei lavoratori titolari di determinati strumenti di sostegno al reddito (CIGS, indennità di mobilità e trattamento speciale di disoccupazione) degli enti pubblici della sola regione Calabria, si prevede la possibilità di utilizzare le risorse di cui all'articolo 1, comma 1156, lettera g)-bis, della legge n. 296/2006 (pari a 50 milioni annui, a carico del Fondo per l'occupazione, previsti per la stabilizzazione degli LSU in favore delle regioni che rientrano negli obiettivi di convergenza dei fondi strutturali dell'Unione europea);
    le assunzioni a tempo determinato possono avvenire in deroga alla normativa vigente, che limita, a vario titolo, le assunzioni, anche a tempo determinato, da parte delle PA, fermo restando il rispetto del Patto di stabilità interno,

impegna il Governo

a non procedere a stabilizzazioni del personale LSU senza regolari procedure concorsuali aperte, utilizzando in via prioritaria come strumento di inserimento nel mondo del lavoro le forme di politiche attive del lavoro previste dal comma 132-novies.
9/1865-A/144Andrea Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 7 e 8 ottobre 2013, la Puglia e, precisamente, il comune di Ginosa e la frazione di Marina di Ginosa in provincia di Taranto, sono state colpite da eventi metereologici di eccezionale e notevole intensità che hanno determinato gravi fenomeni di dissesto idrogeologico, alluvioni ed allagamenti e causato ingentissimi danni ad opere infrastrutturali, ad abitazioni ed alle colture, nonché il decesso di 4 cittadini;
    l'area jonica colpita dal nubifragio è molto estesa e comprende principalmente la zona di Ginosa, la zona del Metapontino, Laterza, Castellaneta, Palagiano e Palagianello, una zona la cui conformazione naturale la pone ad una quota più bassa rispetto a tutte le aree circostanti e quindi di fatto costituisce un bacino di raccolta delle acque provenienti da monte. Tale circostanza, in presenza di eventi meteo di eccezionale intensità come quelli verificatisi, la espone ai rischi di alluvioni ed allagamenti dovuti al convogliamento naturale di enormi quantità d'acqua che vengono ad interessare questa zona. È quindi inevitabile che in queste occasioni vengano a distruggersi le colture nelle campagne coinvolgendo tutte le produzioni agricole;
    l'area colpita non è nuova a simili eventi metereologici e già due anni fa un violento nubifragio provocò devastazioni e allagamenti. In particolare, l'area è già stata drammaticamente colpita nel 2010 e nel 2011 con analoghi i danni ad opere infrastrutturali e ad abitazioni, nonché alle attività agricole per le quali le imprese danneggiate sono ancora oggi in attesa di ricevere atti concreti di ristoro da parte dello Stato;
    allo stato attuale nessuna opera di manutenzione ordinaria o straordinaria è stata posta in essere, nonostante sia già stato deliberato lo stato di emergenza dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 15 Novembre 2013,

impegna il Governo

a garantire, e a destinare prioritariamente, con estrema urgenza e nell'ambito delle risorse stanziate dal comma 66 del disegno di legge di Stabilità per contrastare i fenomeni di dissesto idrogeologico, i fondi necessari alla realizzazione di quelle opere di manutenzione preventiva e di regimentazione idraulica del territorio dei comuni di Ginosa, Castellaneta, Palagianello e Laterza, in provincia di Taranto, interessati da dissesto idrogeologico dovute all'alluvione del 7 e 8 ottobre 2013, indispensabili per scongiurare il ripetersi di ulteriori tragici eventi e per ripristinare completamente gli standard minimi di sicurezza per l'intera cittadinanza.
9/1865-A/145Matarrese, Causin, Zanetti, Sottanelli, D'Agostino, Vecchio.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 7 e 8 ottobre 2013, la Puglia e, precisamente, il comune di Ginosa e la frazione di Marina di Ginosa in provincia di Taranto, sono state colpite da eventi metereologici di eccezionale e notevole intensità che hanno determinato gravi fenomeni di dissesto idrogeologico, alluvioni ed allagamenti e causato ingentissimi danni ad opere infrastrutturali, ad abitazioni ed alle colture, nonché il decesso di 4 cittadini;
    l'area jonica colpita dal nubifragio è molto estesa e comprende principalmente la zona di Ginosa, la zona del Metapontino, Laterza, Castellaneta, Palagiano e Palagianello, una zona la cui conformazione naturale la pone ad una quota più bassa rispetto a tutte le aree circostanti e quindi di fatto costituisce un bacino di raccolta delle acque provenienti da monte. Tale circostanza, in presenza di eventi meteo di eccezionale intensità come quelli verificatisi, la espone ai rischi di alluvioni ed allagamenti dovuti al convogliamento naturale di enormi quantità d'acqua che vengono ad interessare questa zona. È quindi inevitabile che in queste occasioni vengano a distruggersi le colture nelle campagne coinvolgendo tutte le produzioni agricole;
    l'area colpita non è nuova a simili eventi metereologici e già due anni fa un violento nubifragio provocò devastazioni e allagamenti. In particolare, l'area è già stata drammaticamente colpita nel 2010 e nel 2011 con analoghi i danni ad opere infrastrutturali e ad abitazioni, nonché alle attività agricole per le quali le imprese danneggiate sono ancora oggi in attesa di ricevere atti concreti di ristoro da parte dello Stato;
    allo stato attuale nessuna opera di manutenzione ordinaria o straordinaria è stata posta in essere, nonostante sia già stato deliberato lo stato di emergenza dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 15 Novembre 2013,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di garantire, e a destinare prioritariamente, con estrema urgenza e nell'ambito delle risorse stanziate dal comma 66 del disegno di legge di Stabilità per contrastare i fenomeni di dissesto idrogeologico, i fondi necessari alla realizzazione di quelle opere di manutenzione preventiva e di regimentazione idraulica del territorio dei comuni di Ginosa, Castellaneta, Palagianello e Laterza, in provincia di Taranto, interessati da dissesto idrogeologico dovute all'alluvione del 7 e 8 ottobre 2013, indispensabili per scongiurare il ripetersi di ulteriori tragici eventi e per ripristinare completamente gli standard minimi di sicurezza per l'intera cittadinanza.
9/1865-A/145. (Testo modificato nel corso della seduta) Matarrese, Causin, Zanetti, Sottanelli, D'Agostino, Vecchio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 66, del disegno di legge di stabilità per l'anno 2014 reca un'articolata disciplina volta a destinare risorse già esistenti o allo scopo finalizzate a interventi contro il dissesto idrogeologico immediatamente cantierabili;
    tali risorse sono quelle esistenti sulle contabilità speciali relative al dissesto idrogeologico non impegnate alla data del 31 dicembre 2013, nel limite massimo complessivo di 600 milioni di euro e quelle finalizzate allo scopo delle delibere CIPE n. 6 e n. 8 del 2012 pari rispettivamente a 130 milioni di euro e 674,7 milioni di euro;
    al riguardo, nel corso dell'esame in sede referente, è stato precisato che le risorse devono essere prioritariamente destinate agli interventi integrati finalizzati alla riduzione del rischio, alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità;
    si prevede, inoltre, un nuovo stanziamento di risorse pari a 30 milioni per il 2014, 50 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016 e una nuova disciplina delle modalità di finanziamento di tali interventi,

impegna il Governo

a destinare una parte cospicua di tali risorse per interventi di manutenzione, di messa in sicurezza del territorio e di mitigazione e prevenzione del rischio da dissesto idrogeologico nei territori in provincia di Chieti, Teramo e Pescara, colpiti da recenti eventi alluvionali del 12 e 13 novembre 2013 e del 2 dicembre 2013.
9/1865-A/146Sottanelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 66, del disegno di legge di stabilità per l'anno 2014 reca un'articolata disciplina volta a destinare risorse già esistenti o allo scopo finalizzate a interventi contro il dissesto idrogeologico immediatamente cantierabili;
    tali risorse sono quelle esistenti sulle contabilità speciali relative al dissesto idrogeologico non impegnate alla data del 31 dicembre 2013, nel limite massimo complessivo di 600 milioni di euro e quelle finalizzate allo scopo delle delibere CIPE n. 6 e n. 8 del 2012 pari rispettivamente a 130 milioni di euro e 674,7 milioni di euro;
    al riguardo, nel corso dell'esame in sede referente, è stato precisato che le risorse devono essere prioritariamente destinate agli interventi integrati finalizzati alla riduzione del rischio, alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità;
    si prevede, inoltre, un nuovo stanziamento di risorse pari a 30 milioni per il 2014, 50 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016 e una nuova disciplina delle modalità di finanziamento di tali interventi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di destinare una parte cospicua di tali risorse per interventi di manutenzione, di messa in sicurezza del territorio e di mitigazione e prevenzione del rischio da dissesto idrogeologico nei territori in provincia di Chieti, Teramo e Pescara, colpiti da recenti eventi alluvionali del 12 e 13 novembre 2013 e del 2 dicembre 2013.
9/1865-A/146. (Testo modificato nel corso della seduta) Sottanelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 51 del TUIR prevede che le erogazioni liberali da parte dei datori di lavoro concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente e pertanto siano assoggettabili ai fini IRPEF, INPS e INAIL;
    il testo del nuovo comma 3-bis introdotto in sede di conversione del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74 convertito in legge 1o agosto 2012, n. 122 «Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo il 20 e 29 maggio 2012» stabilisce che (fino al 31 dicembre 2012) i sussidi occasionali, le erogazioni liberali e i benefici di qualsiasi genere concessi dai datori di lavoro ai lavoratori dipendenti residenti nei comuni elencati nell'allegato 1 dello stesso decreto non concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente, di cui all'articolo 51 del TUIR sopra richiamato;
    tale norma prevede altresì che, allo stesso modo, non concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente i sussidi occasionali, le erogazioni liberali ed i benefici di qualsiasi genere concessi dai datori di lavoro operanti nei territori colpiti dal sisma a favore dei propri lavoratori, anche se non residenti nei comuni di cui all'allegato 1 di cui sopra;
    in occasione dello stesso evento sismico, una ulteriore modifica alla normativa generale introdotta con il decreto- legge 10 ottobre 2012, n. 174 convertito in legge 7 dicembre 2012, n. 213 Titolo III, articolo 11, comma 4 prevede la possibilità di erogazione anticipata del TFR ai lavoratori dipendenti aderenti alla previdenza complementare che si trovano in difficoltà per i danni causati dal terremoto,

impegna il Governo

analogamente a quanto già riconosciuto in passato, a valutare immediatamente l'opportunità di estendere anche alle aree della Sardegna colpite dall'alluvione dello scorso 18 novembre i benefici normativi sopra menzionati, ovvero la non assoggettabilità ai fini contributivi e fiscali delle erogazioni liberali effettuate da parte dei datori di lavoro nei confronti dei propri dipendenti, unitamente alla possibilità di erogare anticipatamente quota del TFR.
9/1865-A/147Vargiu.


   La Camera,
   premesso che:
    decine di migliaia di pensionati italiani residenti all'estero hanno ricevuto e stanno ricevendo una lettera dell'Inps con la quale viene chiesta la restituzione di somme "indebitamente" percepite e contestate dall'istituto previdenziale in seguito agli accertamenti reddituali effettuati all'estero;
    di norma si tratta di indebiti che si sono costituiti perché, i nostri connazionali hanno nel tempo riscosso importi pensionistici superiori al dovuto a causa del ritardo con cui l'Inps ha acquisito le informazioni reddituali degli interessati, e quindi effettuato il ricalcolo delle prestazioni legate al reddito (trattamento minimo, maggiorazioni sociali, assegni familiari);
    i ritardi dell'Inps nel ricalcolo delle prestazioni sono la conseguenza della farraginosità e della sporadicità con le quali fino al 2008 venivano effettuati gli accertamenti reddituali dei pensionati residenti all'estero (in Italia invece la cadenza era ed è annuale), e del complicato iter procedurale che queste rilevazioni comportano;
    gli importi da restituire variano da poche centinaia ad alcune migliaia di euro: l'impatto economico, umano e psicologico sui pensionati i quali ricevono le lettere di recupero da parte dell'Inps è devastante, considerate le precarie condizioni economiche degli interessati (i quali – è bene esserne consapevoli – sono percettori di prestazioni legate al basso reddito) e soprattutto la loro totale buona fede che esclude la presenza di dolo;
    in taluni casi alcune sedi provinciali dell'Inps intimano che la restituzione degli importi deve avvenire in un'unica soluzione tramite bonifico entro 60 giorni dalla data di ricezione della lettera e che se non dovesse essere rispettata tale scadenza, sarà dato corso all'azione legale per il recupero coattivo delle somme indebite;
    è utile ricordare che nelle scorse legislature, ed anche nell'attuale, sono stati presentati in Parlamento, senza esito, disegni e proposte di legge finalizzati a sanare le situazioni debitorie nei confronti di soggetti che avevano percepito indebitamente (ma senza dolo) prestazioni a carico dell'Inps;
    purtroppo il Parlamento italiano si è sempre dimostrato insensibile alla problematica ed ha ignorato le giuste richieste delle collettività italiane all'estero: infatti anche stavolta l'emendamento alla legge di stabilità per il 2014 relativo ad una sanatoria degli indebiti pensionistici fino al 2008 presentata da alcuni parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero non è stato accolto;
    vale la pensa ricordare che in una recente Sentenza, la Corte Costituzionale ha sostenuto il principio dell'importanza dell'affidamento dei pensionati nel diritto di non dover restituire trattamenti pensionistici indebitamente percepiti in buona fede; principio che – secondo la Corte – è tanto più meritevole di tutela ove si tratti di pensionati a reddito non elevato che destinano le prestazioni pensionistiche, pur indebite, al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e della famiglia;
    l'abbandono del recupero degli indebiti pensionistici a carico dei nostri connazionali residenti all'estero è una delle rivendicazioni più importanti ed urgenti invocate dalle nostre collettività emigrate e la sua attuazione rappresenterebbe un segnale di sensibilità e di attenzione di questo Governo e di questo Parlamento nei riguardi di decine di migliaia di pensionati italiani residenti all'estero ai quali, anche in questa legge Finanziaria, sono stati riservati solo tagli di spesa e politiche restrittive,

impegna il Governo

a predisporre un provvedimento legislativo che preveda una sanatoria degli indebiti pensionistici a carico di pensionati residenti all'estero in assenza di dolo e in presenza di determinati limiti reddituali per gli indebiti insorti fino al 2008, anno a partire dal quale l'Inps ha iniziato con cadenza annuale le rilevazioni reddituali all'estero, ed a riaprire le trattative con i Paesi di emigrazione italiana per il rinnovo delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale oramai obsolete perchè ratificate negli anni ’70 e ’80 e la stipula di nuove convenzioni con i Paesi ancora non convenzionati, anche alla luce dei nuovi e consistenti fenomeni migratori dall'Italia di tanti giovani che rivendicano tutele adeguate in materia socio-previdenziale.
9/1865-A/148Porta, Gianni Farina, Fedi, La Marca, Garavini.


   La Camera,
   premesso che:
    decine di migliaia di pensionati italiani residenti all'estero hanno ricevuto e stanno ricevendo una lettera dell'Inps con la quale viene chiesta la restituzione di somme "indebitamente" percepite e contestate dall'istituto previdenziale in seguito agli accertamenti reddituali effettuati all'estero;
    di norma si tratta di indebiti che si sono costituiti perché, i nostri connazionali hanno nel tempo riscosso importi pensionistici superiori al dovuto a causa del ritardo con cui l'Inps ha acquisito le informazioni reddituali degli interessati, e quindi effettuato il ricalcolo delle prestazioni legate al reddito (trattamento minimo, maggiorazioni sociali, assegni familiari);
    i ritardi dell'Inps nel ricalcolo delle prestazioni sono la conseguenza della farraginosità e della sporadicità con le quali fino al 2008 venivano effettuati gli accertamenti reddituali dei pensionati residenti all'estero (in Italia invece la cadenza era ed è annuale), e del complicato iter procedurale che queste rilevazioni comportano;
    gli importi da restituire variano da poche centinaia ad alcune migliaia di euro: l'impatto economico, umano e psicologico sui pensionati i quali ricevono le lettere di recupero da parte dell'Inps è devastante, considerate le precarie condizioni economiche degli interessati (i quali –è bene esserne consapevoli – sono percettori di prestazioni legate al basso reddito) e soprattutto la loro totale buona fede che esclude la presenza di dolo;
    in taluni casi alcune sedi provinciali dell'Inps intimano che la restituzione degli importi deve avvenire in un'unica soluzione tramite bonifico entro 60 giorni dalla data di ricezione della lettera e che se non dovesse essere rispettata tale scadenza, sarà dato corso all'azione legale per il recupero coattivo delle somme indebite;
    è utile ricordare che nelle scorse legislature, ed anche nell'attuale, sono stati presentati in Parlamento, senza esito, disegni e proposte di legge finalizzati a sanare le situazioni debitorie nei confronti di soggetti che avevano percepito indebitamente (ma senza dolo) prestazioni a carico dell'Inps;
    purtroppo il Parlamento italiano si è sempre dimostrato insensibile alla problematica ed ha ignorato le giuste richieste delle collettività italiane all'estero: infatti anche stavolta l'emendamento alla legge di stabilità per il 2014 relativo ad una sanatoria degli indebiti pensionistici fino al 2008 presentata da alcuni parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero non è stato accolto;
    vale la pensa ricordare che in una recente Sentenza, la Corte Costituzionale ha sostenuto il principio dell'importanza dell'affidamento dei pensionati nel diritto di non dover restituire trattamenti pensionistici indebitamente percepiti in buona fede; principio che – secondo la Corte – è tanto più meritevole di tutela ove si tratti di pensionati a reddito non elevato che destinano le prestazioni pensionistiche, pur indebite, al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e della famiglia;
    l'abbandono del recupero degli indebiti pensionistici a carico dei nostri connazionali residenti all'estero è una delle rivendicazioni più importanti ed urgenti invocate dalle nostre collettività emigrate e la sua attuazione rappresenterebbe un segnale di sensibilità e di attenzione di questo Governo e di questo Parlamento nei riguardi di decine di migliaia di pensionati italiani residenti all'estero ai quali, anche in questa legge Finanziaria, sono stati riservati solo tagli di spesa e politiche restrittive,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di predisporre un provvedimento legislativo che preveda una sanatoria degli indebiti pensionistici a carico di pensionati residenti all'estero in assenza di dolo e in presenza di determinati limiti reddituali per gli indebiti insorti fino al 2008, anno a partire dal quale l'Inps ha iniziato con cadenza annuale le rilevazioni reddituali all'estero, ed a riaprire le trattative con i Paesi di emigrazione italiana per il rinnovo delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale oramai obsolete perchè ratificate negli anni ’70 e ’80 e la stipula di nuove convenzioni con i Paesi ancora non convenzionati, anche alla luce dei nuovi e consistenti fenomeni migratori dall'Italia di tanti giovani che rivendicano tutele adeguate in materia socio-previdenziale.
9/1865-A/148. (Testo modificato nel corso della seduta) Porta, Gianni Farina, Fedi, La Marca, Garavini.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità, al comma 186, dell'articolo 1, stabilisce misure «a favore degli italiani nel mondo»;
    la Consulta Nazionale dell'Emigrazione (CNE), espressione delle associazioni nazionali dell'emigrazione italiana, attraverso le sue articolazioni all'estero è impegnata, nella comunità italiana ed a favore dei nostri connazionali e delle loro famiglie, nella promozione di attività sociali plurali spesso svolte anche, nei fatti, in sussidiarietà con quelle consolari;
    da anni l'associazionismo nazionale ha visto fortemente limitate, fino ad esaurirsi, ogni forma di sostegno pubblico con la conseguente contrazione delle sue attività che appare essenziale rafforzare in vista dei rinnovati impegni cui si trova di fronte e della necessaria tutela, sotto forma organizzata, i diritti degli italiani all'estero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare risorse e forme di sostegno finalizzate a sviluppare l'associazionismo tra le nostre comunità nel mondo per sostenere i processi di integrazione nei territori di accoglienza e promuovere l'impegno sociale, politico e culturale dei connazionali all'estero attorno ai valori della cittadinanza e della partecipazione.
9/1865-A/149Fitzgerald Nissoli.


   La Camera,
   premesso che:
    le sedi consolari all'estero hanno il compito di assicurare la tutela degli interessi italiani fuori dai confini nazionali, e in quest'ottica l'Italia mantiene aperte, oltre alle Ambasciate nelle capitali, le rappresentanze consolari, specialmente in quei Paesi nei quali vi è una forte presenza di connazionali;
    in Slovenia ed in Croazia risiedono comunità italiane fortemente radicate, posto che non costituiscono il frutto di un processo di emigrazione/immigrazione ma sono comunità autoctone, in quanto le terre d'Istria, del Quarnaro e della Dalmazia sono da sempre terre coabitate da sloveni, croati ed italiani;
    nonostante il fatto che dopo la seconda guerra mondiale circa trecentocinquantamila persone hanno dovuto abbandonare le proprie case e fuggire dal regime jugoslavo, ancora oggi gli italiani in quella zona sono decine di migliaia, e ad essi si aggiunge quel dieci per cento della popolazione dell'Istria che si definisce «istriana», rifiutando le categorie nazionali e riconoscendo così il carattere multiculturale della regione (censimento 2011);
    inoltre, la lingua italiana è diffusa in tutta la regione anche più dell'inglese, e il dialetto istro-veneto è parlato diffusamente anche da coloro che si definiscono croati;
    in questo quadro i nostri consolati hanno fin qui svolto un ruolo di fondamentale importanza, rappresentando in queste zone un punto di riferimento importante nella diffusione e nella difesa della nostra cultura, attraverso un'attività riconosciuta e apprezzata non solo dalla comunità italiana residente in queste terre, ma anche dalle comunità slovene e croate;
    attualmente, in Slovenia esiste il solo Consolato di Capodistria, mentre in Croazia i consolati aperti risultano essere il Consolato generale di Fiume, il Consolato di Spalato, i Consolati onorari di Pola e Ragusa, e il Viceconsolato onorario di Buie;
    nell'ambito di un procedimento di razionalizzazione della spesa il Ministero degli affari esteri ha annunciato dapprima la chiusura dei consolati di Capodistria e di Spalato, ma di fronte alle polemiche il viceministro Dassù ha annunciato il ritiro della decisione di chiusura del consolato di Capodistria, confermando, invece, quella relativa a quello di Spalato;
    la locale comunità degli italiani ha dato il via a una raccolta di firme durante il mese di agosto 2013, che ha totalizzato diverse centinaia di consensi fra i quali quello del sindaco della città, e il «Comitato 10 Febbraio», parallelamente, ha lanciato una petizione Online che ha raccolto ad oggi 1.023 firme a sostegno del mantenimento in funzione del Consolato di Spalato;
    l'Italia ha in quella regione grandi interessi economici, e che l'ingresso della Croazia nell'Unione Europea può rappresentare, anche grazie alla forte minoranza italiana della popolazione, un'occasione per l'Italia per tornare a svolgere il suo ruolo naturale nell'Alto Adriatico, ruolo che sembra attualmente interessare più i croati che noi stessi;
    il Consolato d'Italia a Spalato tutela gli italiani di tutta la Dalmazia, svolgendo un'importante funzione di salvaguardia e diffusione in loco della lingua e della cultura italiana, nonché costituisce un elemento indispensabile per consentire agli operatori economici e finanziari italiani di consolidare l'interscambio commerciale con la Repubblica di Croazia, di cui l'Italia è il primo partner;
    pur comprendendo la necessità di una razionalizzazione della spesa del Ministero non si ritiene che essa debba avvenire a scapito della nostra presenza in aree così rilevanti sotto il profilo dei legami storici, culturali ed economici con l'Italia, ma piuttosto attraverso la riduzione di capitoli di spesa di diversa natura, nonché attraverso la riduzione di sprechi e duplicazioni e l'implementazione dei programmi di rinnovamento tecnologico,

impegna il Governo

a riconsiderare la decisione relativa alla chiusura del Consolato di Spalato, preservando il ruolo delle nostre comunità in loco, e valutando interventi di diversa natura finalizzati a conseguire i risparmi di spesa che ne deriverebbero.
9/1865-A/150La Russa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'amianto è stato utilizzato fino agli anni ottanta prioritariamente nella coibentazione di edifici, tetti, navi e treni, e come materiale per da costruzione per l'edilizia, utilizzato per fabbricare tegole, pavimenti, tubazioni, vernici, o canne fumarie;
    in seguito all'accertamento della sua natura altamente nociva e cancerogena si sono costituite numerose imprese impegnate nella bonifica dall'amianto e nello smaltimento dello stesso;
    in Italia la produzione e la lavorazione dell'amianto sono state dichiarate fuori legge all'inizio degli anni novanta, quando la legge 27 marzo 1992, n. 257, ha stabilito le norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto;
    la legge n. 257 del 1992, oltre a stabilire termini e procedure per la dismissione delle attività inerenti all'estrazione e la lavorazione dell'asbesto, ha previsto le prime disposizioni in favore dei lavoratori esposti all'amianto, introducendo diversi benefici per essi, consistenti sostanzialmente in una rivalutazione contributiva del 50 per cento ai fini pensionistici dei periodi lavorativi comportanti un'esposizione al minerale nocivo;
    in particolare, tale beneficio è stato previsto: per i lavoratori di cave e miniere di amianto, a prescindere dalla durata dell'esposizione, per i lavoratori che abbiano contratto una malattia professionale asbesto-correlata in riferimento al periodo di comprovata esposizione, e per tutti i lavoratori che siano stati esposti per un periodo superiore ai 10 anni;
    i danni derivanti dall'esposizione all'amianto, tuttavia, hanno colpito anche lavoratori molto giovani che non avevano ancora maturato il citato requisito di dieci anni di esposizione, ma sui quali i danni sono ancora peggior perché sono in parte stati resi inabili al lavoro al contempo rimanendo esclusi dai benefici di legge,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire, ai fini del computo dei dieci anni di esposizione all'amianto richiesti dalla vigente normativa, un criterio di riequilibrio, computando in modo diverso gli anni in considerazione dell'età anagrafica del lavoratore.
9/1865-A/151Taglialatela.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 437 e seguenti del disegno di legge in esame dispongono che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli proceda nel corso dell'anno 2014 alla riattribuzione, mediante selezione concorrenziale, delle concessioni di gioco per la raccolta del Bingo in scadenza negli anni 2013 e 2014, fissando alcuni criteri;
    la Commissione Affari sociali della Camera è attualmente impegnata nell'esame di numerose proposte di legge volte a contrastare il fenomeno del gioco d'azzardo patologico, che colpisce in Italia diverse migliaia di persone, con conseguenze disastrose;
    il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante «Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici», ha disposto un fortissimo sconto, pari a quasi due miliardi di euro, sulle sanzioni dovute dai concessionari per la gestione della rete telematica del gioco lecito, già condannati al risarcimento per danno erariale per aver violato gli obblighi di servizio relativamente al mancato collegamento degli apparecchi da gioco alla apposita rete telematica;
    quindi, se da un lato si promettono norme restrittive sul gioco, dall'altro si continuano ad approvare disposizioni che agevolano i concessionari, pur a fronte del grave rischio sociale che le attività da essi esercitate comportano,

impegna il Governo

a valutare un incremento delle somme che i concessionari dovranno corrispondere sia per il rinnovo delle concessioni, sia per continuare ad esercitare la propria attività da parte dei concessionari in scadenza che intendano partecipare al bando di gara per la riattribuzione della concessione.
9/1865-A/152Corsaro.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 3 maggio 1999, n. 124, recante «Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico», ha previsto che il personale ATA degli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado fosse a carico dello Stato, abrogando le disposizioni che prevedevano la fornitura di tale personale da parte dei comuni e delle province;
    la legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) tuttavia, al comma 218 ha dettando un'interpretazione «autentica» della citata norma, disconoscendo i diritti acquisiti dai lavoratori ex dipendenti enti locali, e determinando, in capo ad essi, l'obbligo della restituzione di ingenti somme di denaro sino ad allora percepite, penalizzando ulteriormente la situazione economica già difficile di molte famiglie;
    con la Risoluzione n. 8-00196, approvata il 25 luglio 2012 in Commissione Lavoro, il Governo si era impegnato affinché, entro tempi brevi, si giungesse ad una equilibrata risoluzione della vicenda, con l'obiettivo di realizzare una definitiva soluzione dell'annosa problematica del personale ITP e del personale ATA, e al fine di provvedere al riconoscimento delle posizioni giuridiche ed economiche;
    la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo il 7 giugno 2011 ha sentenziato che l'applicazione retroattiva della legge di interpretazione autentica, pur legittima in linea di principio, contrasta con l'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, posto che «l'articolo 6 della Convenzione non consente allo Stato di emanare leggi interpretative retroattive per ottenere delle sentenze favorevoli nei processi in cui l'amministrazione statale sia parte in causa», condannando, quindi, l'Italia a liquidare un milione e ottocento mila euro ai 124 ricorrenti;
    peraltro, a livello europeo, la direttiva 77/187/CEE del 14 febbraio 1977, dispone che i dipendenti coinvolti in un trasferimento d'azienda (così la Corte di giustizia considera il passaggio dagli enti locali allo Stato) non possano essere «collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento»,

impegna il Governo

ad intervenire tempestivamente in merito alla vicenda di cui in premessa, prevedendo che al personale trasferito nei ruoli statali del personale amministrativo tecnico ed ausiliario e nei ruoli statali degli insegnati tecnico pratici sia riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza.
9/1865-A/153Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 3 maggio 1999, n. 124, recante «Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico», ha previsto che il personale ATA degli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado fosse a carico dello Stato, abrogando le disposizioni che prevedevano la fornitura di tale personale da parte dei comuni e delle province;
    la legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) tuttavia, al comma 218 ha dettato un'interpretazione «autentica» della citata norma, disconoscendo i diritti acquisiti dai lavoratori ex dipendenti enti locali, e determinando, in capo ad essi, l'obbligo della restituzione di ingenti somme di denaro sino ad allora percepite, penalizzando ulteriormente la situazione economica già difficile di molte famiglie;
    con la Risoluzione n. 8-00196, approvata il 25 luglio 2012 in Commissione Lavoro, il Governo si era impegnato affinché, entro tempi brevi, si giungesse ad una equilibrata risoluzione della vicenda, con l'obiettivo di realizzare una definitiva soluzione dell'annosa problematica del personale ITP e del personale ATA, e al fine di provvedere al riconoscimento delle posizioni giuridiche ed economiche;
    la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo il 7 giugno 2011 ha sentenziato che l'applicazione retroattiva della legge di interpretazione autentica, pur legittima in linea di principio, contrasta con l'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, posto che «l'articolo 6 della Convenzione non consente allo Stato di emanare leggi interpretative retroattive per ottenere delle sentenze favorevoli nei processi in cui l'amministrazione statale sia parte in causa», condannando, quindi, l'Italia a liquidare un milione e ottocento mila euro ai 124 ricorrenti;
    peraltro, a livello europeo, la direttiva 77/187/CEE del 14 febbraio 1977, dispone che i dipendenti coinvolti in un trasferimento d'azienda (così la Corte di giustizia considera il passaggio dagli enti locali allo Stato) non possano essere «collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento»,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intervenire tempestivamente in merito alla vicenda di cui in premessa, prevedendo che al personale trasferito nei ruoli statali del personale amministrativo tecnico ed ausiliario e nei ruoli statali degli insegnanti tecnico pratici sia riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza.
9/1865-A/153. (Testo modificato nel corso della seduta) Rampelli, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    premesso che il comma 256 della legge di stabilità per il 2014 prevede un programma straordinario di cessioni di immobili pubblici,

impegna il Governo:

   ad escludere dal citato programma di cessioni gli immobili di interesse storico, artistico, paesaggistico, archeologico e scientifico;
   a cedere esclusivamente gli immobili del patrimonio disponibile alla data 31 dicembre 2013 a valori non inferiori alla quotazione dell'Osservatorio del Mercato Immobiliare;
   ad indicare alle competenti Commissioni parlamentari ed a pubblicare sul sito istituzionale del Governo gli identificativi catastali, i dati riguardanti la titolarità e la relativa quota di proprietà, la dimensione, la destinazione d'uso, il valore catastale e la quotazione dell'Osservatorio del Mercato Immobiliare degli immobili oggetto di cessione.
9/1865-A/154Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    premesso che i commi 105 e 106 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2014 prevedono agevolazioni fiscali per gli enti creditizi e finanziari in relazione alle svalutazioni ed alle perdite sui crediti verso la clientela,

impegna il Governo

predisporre misure affinché le agevolazioni fiscali per gli enti creditizi e finanziari siano relazionate e parametrate a maggiori investimenti nell'economia reale.
9/1865-A/155Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    premesso che i commi 105 e 106 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2014 prevedono agevolazioni fiscali per gli enti creditizi e finanziari in relazione alle svalutazioni ed alle perdite sui crediti verso la clientela,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre misure affinché le agevolazioni fiscali per gli enti creditizi e finanziari siano relazionate e parametrate a maggiori investimenti nell'economia reale.
9/1865-A/155. (Testo modificato nel corso della seduta) Barbanti.


   La Camera,

impegna il Governo:

    a ridurre l'aliquota dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, per il secondo immobile e relative pertinenze in possesso del soggetto passivo d'imposta, prevedendo che la riduzione si applichi agli immobili in oggetto in base ad una disposizione in ordine crescente in relazione al valore determinato ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 13;
    ad aumentare progressivamente l'aliquota dell'imposta municipale propria, di cui al citato articolo 13, a partire dal terzo immobile e relative pertinenze in possesso del soggetto passivo d'imposta, prevedendo che l'aumento si applichi agli immobili in oggetto in base ad una disposizione in ordine crescente in relazione al valore determinato ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 13.
9/1865-A/156Villarosa.


   La Camera,

impegna il Governo

ad anticipare al 31 marzo 2014 il termine di cui all'articolo 7, comma 2, lettera gg-ter), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e all'articolo 3, commi 24, 25 e 25-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, per la cessazione delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate da parte della società Equitalia Spa, le società per azioni dalla stessa partecipate e la società Riscossione Sicilia Spa.
9/1865-A/157Ruocco.


   La Camera,

impegna il Governo

a ridurre le agevolazioni fiscali di cui all'articolo 188-bis del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 per le persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d'Italia.
9/1865-A/158Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 174 del ddl di stabilità 2014, autorizza la spesa complessiva di euro 56.000.000 per l'anno 2014 e di euro 2.000.000 per l'anno 2015 al fine di assicurare l'adempimento degli impegni connessi con l'organizzazione e lo svolgimento del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea del 2014 e con il funzionamento della delegazione per la Presidenza. Per quanto concerne la gestione del personale viene previsto un contributo fisso onnicomprensivo sostitutivo di ogni altro pagamento o maggiorazione per i particolari carichi di lavoro e orario di servizio connessi con l'attività della delegazione, ma vengono omesse le modalità di assunzione, le cui procedure dovrebbero essere rese pubbliche in ogni loro passaggio. Inoltre, si reputa di fondamentale importanza che il personale da assumere debba dimostrare di possedere l'attitudine e le qualificazioni professionali necessarie per lo svolgimento delle mansioni cui dovrà essere preposto, tra le quali sarà indispensabile la conoscenza delle lingue italiana, inglese e francese. La sussistenza di tali requisiti verrà verificata tramite apposito concorso per titoli ed esami;
    sulla base di queste considerazioni,

impegna il Governo

ad attuare una selezione pubblica, attraverso apposito concorso per titoli ed esami, che assicuri le qualificazioni professionali del personale da assumersi nell'ambito delle previsioni di spesa connesse con il semestre di presidenza italiana per l'assunzione di personale per le esigenze di servizio della Rappresentanza permanente di Italia presso l'Unione europea.
9/1865-A/159Vignaroli, Carinelli, Colonnese, Luigi Di Maio, Fico, Nesci, Pinna, Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo;
    preso atto che la programmazione dei fondi della politica di coesione dell'Unione europea per il periodo 2014-2020 rappresenta per il nostro Paese una preziosa opportunità per rilanciare gli investimenti produttivi;
    considerato che la dotazione complessiva che spetta all'Italia a titolo del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo vale quasi 30 miliardi di euro, ai quali va aggiunta una corrispondente quota di cofinanziamento nazionale;
    posto che, anche in considerazione della mala gestione che ha caratterizzato l'utilizzo dei fondi strutturali nelle precedenti programmazioni, è indispensabile assicurare una miglior qualità della spesa al fine di assegnare le risorse a progetti in grado di massimizzare le ricadute positive in termini di creazione di posti di lavoro e di opportunità di crescita;
    preso atto della necessità di agevolare le amministrazioni regionali e locali nella programmazione e realizzazione degli interventi e di assicurare l'accelerazione della spesa, e che a tal fine risulta indispensabile sbloccare gli investimenti pubblici produttivi per progetti in linea con le priorità concordate in sede di Unione europea,

impegna il Governo

ad assicurare che il cofinanziamento nazionale ai programmi operativi di attuazione del Fondo europeo di Sviluppo regionale e del Fondo Sociale europeo sia svincolato dal patto di stabilità interno al fine di migliorare e velocizzare la spesa per gli investimenti produttivi e a garantire le condizioni affinché le politiche strutturali diano un significativo contributo al superamento della crisi economica.
9/1865-A/160Carinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 43, del disegno di legge di stabilità 2014, autorizza la spesa complessiva di 401 milioni di euro per gli anni 2014-2017, per consentire la prosecuzione immediata dei lavori e il completamento dell'intero sistema MO.S.E.;
    tale grande opera è stata ricompresa nella legge n. 443 del 2001 (cosiddetta «legge obiettivo») tra le infrastrutture strategiche volte alla tutela e alla salvaguardia della laguna di Venezia; come noto, sono stati stanziati dallo Stato italiano 4,9 miliardi sui previsti 5,4 miliardi di euro, quali costo totale dell'opera;
    il Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico dello Stato italiano, incaricato dal 1983 per conto de Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Magistrato delle Acque di Venezia della realizzazione de MO.S.E., in conformità con quanto previsto dalla Legislazione speciale per Venezia, è stato coinvolto direttamente, con capi di imputazione quali corruzione, concussione, turbativa d'asta e reati fiscali, in un'indagine ancora in corso;
    tale indagine ha portato allo scoperto l'esistenza di una vera e propria associazione a delinquere, assurta a sistema, dedita alla distrazione di risorse destinate alla realizzazione del MO.S.E, mediante la costituzione di «fondi neri»;
    in particolare, al centro delle indagini dei magistrati veneti ci sono presunte distorsioni del sistema di appalti per i lavori del MO.S.E., inclusa l'accusa di turbativa d'asta;
    a seguito degli scandali che hanno interessato il sistema di commesse per la realizzazione del progetti MO.S.E., parallelamente alle indagini della Magistratura, è stata istituita una commissione speciale di inchiesta dal Comune di Venezia, al fine di far luce sul regolare svolgimento dei controlli di competenza ministeriale sul MO.S.E.;
    sulla base di queste considerazioni,

impegna il Governo

alla luce di quanto esposto in premessa, ad adottare nei confronti del Mose, tutte le necessarie misure cautelari, quali il blocco dei finanziamenti previsti per la prosecuzione dei lavori, in attesa dei risultati dell'indagine tuttora in corso da parte della Magistratura, al fine di contrastare le pratiche gravi e penalmente rilevabili emerse sino ad oggi dall'inchiesta sul sistema MO.S.E., a tutela dei principi di massima trasparenze legalità nella gestione delle gare di appalto.
9/1865-A/161Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 43, comma 10, della legge 24 dicembre, n. 234, dispone che il diritto di rivalsa si esercita anche per gli oneri finanziari sostenuti dallo Stato per le definizioni delle controversie dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo che si siano concluse con decisione di radiazione oppure con la cancellazione della causa dal ruolo ai sensi degli articoli 37 e 39 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
    le controversie dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'Uomo possono concludersi prima di arrivare alla sentenza di condanna, con la definizione di un regolamento amichevole o con un'offerta unilaterale ritenuta congrua dalla Corte europea, ai quali consegue una pronuncia di radiazione della causa dal ruolo. È opportuno segnalare che tali definizioni, valutate sul presupposto delle responsabilità dell'ente di violazione di norme della Convenzione, comportano normalmente un esborso inferiore, da parte dello Stato, rispetto agli oneri derivanti dall'esecuzione di sentenze di condanna pronunciate ai sensi dell'articolo 41 della Convenzione;
    tale proposta di definizione in via transattiva deve essere esaminata preliminarmente dalla Corte nella sua congruità rispetto al valore della causa e nel caso la Corte ratificasse l'accordo, ritenendo congrua l'offerta, la conseguenza sarebbe la cancellazione della causa dal ruolo;
    in tale disposizione manca del tutto la richiesta di un parere positivo alla definizione in via transattiva o con regolamento amichevole della vertenza da parte dell'ente presunto autore della violazione della convenzione dei diritti dell'uomo,

impegna il Governo

a introdurre un parere obbligatorio da parte dell'ente presunto autore della violazione della Convenzione dei diritti dell'uomo, nell'ambito della definizione delle controversie dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo che si siano concluse in via transattiva.
9/1865-A/162Colonnese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 174 del disegno di legge di stabilità 2014, nell'autorizzare fondi di spesa per gli impegni connessi allo svolgimento del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea del 2014, stabilisce che «nei limiti temporali e nell'ambito dello stanziamento di cui al presente comma, si applicano altresì le disposizioni di cui all'articolo 7, commi 1,4 e 6 del decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 febbraio 2013, n. 12. Ai componenti della delegazione di cui al presente comma è corrisposta, se inviati in missione all'estero, l'indennità di cui al regio decreto 3 giugno 1926, n. 941;
    il comma 1, articolo 7 del disegno di legge n. 227 del 2012 autorizza il Ministero degli affari esteri, nei casi di necessità ed urgenza, per le finalità e nei limiti temporali posti dagli articoli 5 e 6, a ricorrere ad acquisti e lavori in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, ricorrendo preferibilmente all'impiego di risorse locali sia umane che materiali;
    nell'espletamento del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea non si ravvisano le condizioni di necessità ed urgenza, presupposto delle disposizioni del citato decreto-legge n. 227 del 2012, che si riferisce infatti a missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione;
    il regio decreto n. 941 del 1926 reca la disciplina generale del trattamento di missione all'estero del personale statale, secondo cui le indennità per l'estero sono dovute dal giorno in cui si passa il confine o si sbarca all'estero, fino al giorno in cui si ripassa il confine o si prenda imbarco per il ritorno o si sbarca in Italia, sino al giorno del ritorno in residenza;
    la necessità per il nostro Paese di contenimento della spesa pubblica ai fini del rispetto dei vincoli fiscali imposti dall'appartenenza all'Unione Monetaria Europea;
    sulla base di queste considerazioni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni normative, al fine di adottare iniziative anche normative volte ad astenersi dal ricorso ad acquisti e lavori in economia in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato previste dal decreto-legge 227/2012 e prevedere, per i componenti della Delegazione inviati in missione all'estero, indennità in misura significativamente inferiore a quelle stabilite dal regio decreto n. 941 del 1926.
9/1865-A/163Fico.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in discussione prevede alcune misure volte ad affrontare l'emergenza scatenata dal tragico evento che il 18 novembre si è abbattuto sulla Sardegna. Tuttavia, si continua a privilegiare la stabilità di bilancio e le novità introdotte con il decreto «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» rappresentano unicamente un primo passo verso un aiuto concreto alla regione colpita dalla devastante alluvione;
    l'isola, che soffre una serie di svantaggi rispetto ad altre aree del Paese e che ha subito fortemente la crisi economica degli ultimi anni, è stata messa in ginocchio dall'emergenza di novembre;
    vi è necessità e urgenza di interventi volti a una ripresa. Fra questi vi è la possibilità di adottare una deroga temporanea ai principi di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente per i residenti (datori di lavoro e dipendenti) nelle zone e nei comuni colpiti dall'alluvione del 18 novembre, così come stabilito nel comma 3-bis, introdotto in sede di conversione del decreto-legge n. 74 del 2012, per le zone interessate dal terremoto del 20 e 29 Maggio 2012;
    un altro importante aspetto riguarda la possibilità di erogazione anticipata del TFR a favore dei lavoratori dipendenti in difficoltà per i danni causati dall'alluvione del 18 novembre, aderenti alla previdenza complementare. Questa possibilità è stata adottata in occasione del terremoto del 2012 in Emilia, Lombardia e Veneto e sarebbe di estrema utilità per le molte famiglie sarde che oggi si trovano ad affrontare l'inagibilità della propria casa senza avere disponibilità finanziarie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di un intervento che favorisca la non assoggettabilità ai fini contributivi e fiscali delle erogazioni liberali effettuate da parte dei datori di lavoro nei confronti dei propri dipendenti, unitamente alla possibilità di erogare anticipatamente quota del TFR, nell'ambito delle misure attivate per l'alluvione della Sardegna.
9/1865-A/164Pinna, Currò, Nicola Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014) ed il disegno di legge recante il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per il triennio 2014-2016;
    gli interventi contenuti nel disegno di legge di stabilità 2013 comportano nel complesso un aumento delle entrate nel 2014 per circa 1 miliardo di euro ed un aumento della spesa pubblica nel 2014 per 2,6 miliardi di euro come risulta nell'allegato 3 del ddl stabilità che riepiloga gli effetti sui saldi di finanza pubblica delle misure adottate con il ddl di stabilità. A coprire i circa 11 miliardi di uscite nel 2014, concorreranno per 3,5 miliardi i tagli alla spesa pubblica, così ripartiti: 2,5 miliardi di tagli alla spesa statale e 1 miliardo in meno alle Regioni;
    in tale quadro si evidenzia lo scarso rilievo assegnato alla materia giustizia nella sessione di bilancio e si conferma, pertanto, la consolidata tendenza a non investire – ed anzi a disinvestire – nella efficienza del sistema giudiziario e nell'accelerazione dei processi, nella rapidità dell'accertamento dei reati e, conseguentemente, nella certezza della pena quale contributo per il progresso socio-economico del paese,

impegna il Governo

a provvedere nell'anno 2014, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, a indire un concorso pubblico per esami per l'assunzione di personale afferente le figure professionali di 350 cancellieri e di 150 ufficiali giudiziari per le posizioni economiche B3, C1 e C2. A tal fine è autorizzata la spesa di euro 500.000,00 per l'anno 2014 e di 27,25 milioni.
9/1865-A/165Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014) ed il disegno di legge recante il Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per il triennio 2014-2016;
    gli interventi contenuti nel disegno di legge di stabilità 2013 comportano nel complesso un aumento delle entrate nel 2014 per circa 1 miliardo di euro ed un aumento della spesa pubblica nel 2014 per 2,6 miliardi di euro come risulta nell'allegato 3 del ddl stabilità che riepiloga gli effetti sui saldi di finanza pubblica delle misure adottate con il ddl di stabilità. A coprire i circa 11 miliardi di uscite nel 2014, concorreranno per 3,5 miliardi i tagli alla spesa pubblica, così ripartiti: 2,5 miliardi di tagli alla spesa statale e 1 miliardo in meno alle Regioni;
    in tale quadro si evidenzia lo scarso rilievo assegnato alla materia giustizia nella sessione di bilancio e si conferma, pertanto, la consolidata tendenza a non investire – ed anzi a disinvestire – nella efficienza del sistema giudiziario e nell'accelerazione dei processi, nella rapidità dell'accertamento dei reati e, conseguentemente, nella certezza della pena quale contributo per il progresso socio-economico del paese;
    nell'articolato viene sancita una proroga della durata del mandato dei giudici di pace, onorari e viceprocuratori per l'esercizio delle rispettive funzioni di operatori della magistratura tassativamente elencati nella norma stessa. La proroga opera fino alla riforma organica della magistratura onoraria e comunque non oltre il 31 dicembre 2014;
    la finalità della misura risiede nella necessità di non ostacolare la riforma in corso della geografia giudiziaria di 156 del 2012 assicurando la continuità delle funzioni svolte dalla magistratura onoraria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere con provvedimento normativo, che fino alla riforma organica della magistratura onoraria, il magistrato che esercita le funzioni di giudice di pace, il cui mandato non può più essere rinnovato ai sensi dell'articolo 7, comma 1, della legge 21 novembre del 1991, n. 374 e successive modificazioni, o che sia stato prorogato fino al 31 dicembre 2013 ovvero il cui mandato scade entro il 31 dicembre 2014, possa essere confermato per un ulteriore mandato di due anni, subordinatamente al giudizio di idoneità di cui all'articolo 7, commi 2-bis e 2-ter della Legge 21 novembre 1991, n. 374.
9/1865-A/166Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in oggetto si recano disposizioni volte alla razionalizzazione della spesa delle amministrazioni pubbliche. In tale contesto appare necessario razionalizzare la spesa carceraria, utilizzando anche strumenti posti a disposizione dalle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia;
    recenti inchieste giornalistiche hanno evidenziato come, secondo i dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), le carceri italiane ospitino quasi 23.000 detenuti stranieri, quasi un terzo della popolazione carceraria. Il costo medio per detenuto, calcolato dalla Direzione bilancio del Dap, sfiora 125 euro al giorno, il che comporterebbe un ammontare complessivo di oltre 900 milioni di euro per i detenuti stranieri. Considerando il costo unitario per i 12.509 detenuti stranieri che scontano una condanna definitiva, si tratta di una spesa di 568 milioni di euro annui;
    la Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983 alla quale hanno aderito numerosi paesi, disciplina la procedura in base alla quale un condannato che sta già scontando la pena in un paese viene trasferito in un altro paese, generalmente quello d'origine, per ivi proseguire e terminare l'esecuzione della pena, anche al fine di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate. Ai sensi dell'articolo 3 della Convenzione una persona condannata può essere trasferita se la persona condannata è cittadino dello Stato di esecuzione; la sentenza è definitiva; la durata della pena che la persona condannata deve ancora scontare è di almeno sei mesi alla data di ricevimento della richiesta di trasferimento, o indeterminata; la persona condannata – o, allorquando in considerazione della sua età o delle sue condizioni fisiche o mentali uno dei due Stati lo ritenga necessario, il suo rappresentante legale – acconsente al trasferimento; gli atti o le omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato ai sensi della legge dello Stato di esecuzione o costituirebbero reato se fossero commessi sul suo territorio; lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione sono d'accordo sul trasferimento. Oltre al consenso della persona condannata, che però in taluni casi è superabile, risulta essenziale che vi sia anche l'accordo dei due Stati, i quali sono soggetti a dei precisi obblighi, secondo quanto previsto dall'articolo 4 della Convenzione medesima;
    secondo le suddette inchieste giornalistiche, la convenzione, che l'Italia ha ratificato con legge 25 luglio 1988, n. 334, nonché perfezionato con una serie di accordi bilaterali allargati anche a Stati non compresi nella lista dei settanta paesi sottoscrittori, non risulterebbe applicata efficacemente dal nostro paese, ne’ risulterebbero firmati accordi con i paesi da cui provengono ingenti quote della popolazione carceraria, in particolare Marocco, Algeria e Tunisia,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative volte ad incentivare – nel pieno rispetto dei diritti riconosciuti alle persone detenute e delle norme nazionali ed internazionali di carattere pattizio – il trasferimento delle persone straniere detenute cha abbiano subito condanna definitiva, assicurando a tal fine una più ampia ed efficace applicazione della Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983 e favorendo altresì la conclusione di appositi accordi in tal senso con altri paesi, in modo da consentire ad un maggior numero di persone di scontare la condanna nel paese d'origine.
9/1865-A/167Sarti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in oggetto si recano disposizioni volte alla razionalizzazione della spesa delle amministrazioni pubbliche. In tale contesto appare necessario razionalizzare la spesa carceraria, utilizzando anche strumenti posti a disposizione dalle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia;
    recenti inchieste giornalistiche hanno evidenziato come, secondo i dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), le carceri italiane ospitino quasi 23.000 detenuti stranieri, quasi un terzo della popolazione carceraria. Il costo medio per detenuto, calcolato dalla Direzione bilancio del Dap, sfiora 125 euro al giorno, il che comporterebbe un ammontare complessivo di oltre 900 milioni di euro per i detenuti stranieri. Considerando il costo unitario per i 12.509 detenuti stranieri che scontano una condanna definitiva, si tratta di una spesa di 568 milioni di euro annui;
    la Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983 alla quale hanno aderito numerosi paesi, disciplina la procedura in base alla quale un condannato che sta già scontando la pena in un paese viene trasferito in un altro paese, generalmente quello d'origine, per ivi proseguire e terminare l'esecuzione della pena, anche al fine di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate. Ai sensi dell'articolo 3 della Convenzione una persona condannata può essere trasferita se la persona condannata è cittadino dello Stato di esecuzione; la sentenza è definitiva; la durata della pena che la persona condannata deve ancora scontare è di almeno sei mesi alla data di ricevimento della richiesta di trasferimento, o indeterminata; la persona condannata – o, allorquando in considerazione della sua età o delle sue condizioni fisiche o mentali uno dei due Stati lo ritenga necessario, il suo rappresentante legale – acconsente al trasferimento; gli atti o le omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato ai sensi della legge dello Stato di esecuzione o costituirebbero reato se fossero commessi sul suo territorio; lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione sono d'accordo sul trasferimento. Oltre al consenso della persona condannata, che però in taluni casi è superabile, risulta essenziale che vi sia anche l'accordo dei due Stati, i quali sono soggetti a dei precisi obblighi, secondo quanto previsto dall'articolo 4 della Convenzione medesima;
    secondo le suddette inchieste giornalistiche, la convenzione, che l'Italia ha ratificato con legge 25 luglio 1988, n. 334, nonché perfezionato con una serie di accordi bilaterali allargati anche a Stati non compresi nella lista dei settanta paesi sottoscrittori, non risulterebbe applicata efficacemente dal nostro paese, ne’ risulterebbero firmati accordi con i paesi da cui provengono ingenti quote della popolazione carceraria, in particolare Marocco, Algeria e Tunisia,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative volte ad incentivare – nel pieno rispetto dei diritti riconosciuti alle persone detenute e delle norme nazionali ed internazionali di carattere pattizio – il trasferimento delle persone straniere detenute cha abbiano subito condanna definitiva, assicurando a tal fine una più ampia ed efficace applicazione della Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983 e favorendo altresì la conclusione di appositi accordi in tal senso con altri paesi, in modo da consentire ad un maggior numero di persone di scontare la condanna nel paese d'origine, purché nel rispetto dell'inviolabilità dei diritti umani.
9/1865-A/167. (Testo modificato nel corso della seduta) Sarti.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014) ed il disegno di legge recante il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per il triennio 2014-2016;
    gli interventi contenuti nel disegno di legge di stabilità 2013 comportano nel complesso un aumento delle entrate nel 2014 per circa 1 miliardo di euro ed un aumento della spesa pubblica nel 2014 per 2,6 miliardi di euro come risulta nell'allegato 3 del ddl stabilità che riepiloga gli effetti sui saldi di finanza pubblica delle misure adottate con il ddl di stabilità. A coprire i circa 11 miliardi di uscite nel 2014, concorreranno per 3,5 miliardi i tagli alla spesa pubblica, così ripartiti: 2,5 miliardi di tagli alla spesa statale e 1 miliardo in meno alle Regioni;
    con il comma 410 si modifica la disciplina dell'ordinamento forense, materia già trattata nello scorso governo Monti con evidenti risultati in tema di soddisfazione della categoria professionale. Nello specifico tale disposizione introduce un ulteriore contributo di 50 euro da pagare a carico del candidato che voglia partecipare al concorso per diventare avvocato. Aggiungere tale somma significa veramente speculare sulla pelle di chi cerca non dico un lavoro, ma una semplice abilitazione a poter esercitare una professione;
    con il comma si vuole far sostenere all'aspirante notaio una ulteriore somma di euro 50 per sostenere l'esame. Attualmente l'aspirante notaio deve pagare la marca da bollo, la tassa di 1,55 euro per l'archivio notarile ed euro 49,48 in virtù del combinato disposto della legge del 1956 n. 1378 (legge sugli esami di stato e l'abilitazione all'esercizio delle professioni) e DPCM del 21 dicembre 1990. Quindi si vogliono aggiungere altri 50 euro ad una somma già considerevole che il povero concorsista è costretto a pagare;
    con il comma 413 si modifica la disciplina per l'accesso al concorso in magistratura. Si vuole far pagare al concorsista una ulteriore somma di euro 50 in aggiunta alle spese che già deve sostenere,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative volte ad abbassare i costi che il candidato-avvocato, il candidato-magistrato ed il candidato-notaio è costretto a sostenere per poter partecipare agli esami/concorso di abilitazione alla professione.
9/1865-A/168Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014) ed il disegno di legge recante il Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per il triennio 2014-2016;
    gli interventi contenuti nel disegno di legge di stabilità 2013 comportano nel complesso un aumento delle entrate nel 2014 per circa 1 miliardo di euro ed un aumento della spesa pubblica nel 2014 per 2,6 miliardi di euro come risulta nell'allegato 3 del ddl stabilità che riepiloga gli effetti sui saldi di finanza pubblica delle misure adottate con il ddl di stabilità. A coprire i circa 11 miliardi di uscite nel 2014, concorreranno per 3,5 miliardi i tagli alla spesa pubblica, così ripartiti: 2,5 miliardi di tagli alla spesa statale e 1 miliardo in meno alle Regioni;
    in tale quadro si evidenzia lo scarso rilievo assegnato alla materia giustizia nella sessione di bilancio e si conferma, pertanto, la consolidata tendenza a non investire – ed anzi a disinvestire – nella efficienza del sistema giudiziario e nell'accelerazione dei processi, nella rapidità dell'accertamento dei reati e, conseguentemente, nella certezza della pena quale contributo per il progresso socio-economico del paese;
    nell'articolato si introduce la necessità che il notaio versi su un conto corrente dedicato:
     a) le somme dovute a titolo di onorari, diritti, accessori, rimborsi spese e contributi, nonché a titolo di tributi per i quali il medesimo sia sostituto o responsabile d'imposta, in relazione agli atti dallo stesso ricevuti o autenticati e soggetti a pubblicità immobiliare, ovvero in relazione ad attività e prestazioni per le quali lo stesso sia delegato dall'autorità giudiziaria;
     b) ogni altra somma affidatagli e soggetta ad obbligo di annotazione nel registro delle somme e dei valori di cui alla legge 22 gennaio 1934, n. 64, comprese le somme dovute a titolo di imposta in relazione a dichiarazioni di successione;
     c) l'intero prezzo o corrispettivo, ovvero il saldo degli stessi, se determinato in denaro, oltre alle somme destinate ad estinzione delle spese condominiali non pagate o di altri oneri dovuti in occasione del ricevimento o dell'autenticazione, di contratti di trasferimento della proprietà o di trasferimento, costituzione od estinzione di altro diritto reale su immobili o aziende;
    detta norma dovrebbe avere il fine di tutelare l'acquirente qualora nell'eseguire la trascrizione dell'atto dovessero risultare delle formalità pregiudizievoli. La garanzia per l'acquirente è data dal mancato versamento di quanto sborsato direttamente all'alienante;
    le disposizioni in oggetto, lungi dal comportare un effetto deflazionistico delle controversie, in tutta probabilità, porteranno ad un aumento dei premi delle assicurazioni professionali e ad un aumento delle aliquote sugli onorari repertoriali per compensare i risarcimenti dei danni;
    non si può non considerare che vi sarà sicuramente un aggravio dei costi per gli acquirenti nonché un'ulteriore arresto del mercato immobiliare,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate al fine di adottare iniziative normative volte a prevedere che, le disposizioni di cui ai commi dal 34 al 39 vengano abrogate in quanto, lungi dal comportare un effetto deflazionistico delle controversie, in tutta probabilità, porteranno ad un aumento dei premi delle assicurazioni professionali e ad un aumento delle aliquote sugli onorari repertoriali per compensare i risarcimenti dei danni.
9/1865-A/169Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    al comma 181 si stabilisce che il Ministero della giustizia assuma 331 magistrati ordinari vincitori di concorso già concluso autorizzando, al contempo, una spesa di 18,6 milioni di euro per l'anno 2014, di 25,3 milioni di euro per l'anno 2015 e di 31,2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016;
    la relazione tecnica della legge di stabilità indica, ai fini della copertura del comma 181, una duplice fonte di reperimento di risorse, e cioè attraverso:
     a) una riduzione di spesa con «l'abbattimento di un terzo dei compensi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all'investigatore privato nei casi di patrocinio a spese dello Stato» – circa 10 milioni;
     b) maggior gettito derivante l'innalzamento da 8 a 27 euro dell'anticipazione forfettaria (marca da bollo) per le notificazioni nei procedimenti giurisdizionali, +43,7 milioni;
    entrambe le citate disposizioni fanno riferimento a modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 apportate al comma 416, lettere a) e b) della presente legge di stabilità;
    considerato favorevolmente l'incremento del personale di magistratura ordinaria, procedendo peraltro all'immissione in ruolo di magistrati già vincitori di pubblico concorso, è altresì da valutarsi negativamente ad una legittima necessità di maggiore efficienza di sistema sia contrapposta una flessione del diritto all'accesso al sistema giudiziario per il cittadino;
    valutato che, con riguardo ai commi 416 e 417 si osserva che l'aumento di oltre il 300 per cento (da euro 8 a euro 27) dell'anticipazione forfetaria per le notificazioni aggrava eccessivamente gli oneri a carico dei cittadini per l'avvio dell'azione processuale, con un'evidente lesione del diritto di difesa costituzionalmente garantito (articolo 24);
    ritenuto che detta anticipazione forfetaria è assimilabile ad un'imposta che non rispetta però i principi della progressività e della capacità contributiva sanciti dall'articolo 53 della Costituzione, restringendo l'accesso alla tutela dei diritti a tutto discapito dei cittadini dai redditi più bassi;
    ritenuto altresì che il medesimo effetto di discriminazione sociale e di lesione del diritto di difesa, in violazione rispettivamente degli articoli 3 e 24 della Costituzione, deriva dalla riduzione di un terzo dei compensi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all'investigatore privato nei casi di patrocinio a spese dello Stato;
    ricordato che detti compensi sono già stati ridotti del 50 per cento dal Decreto Ministeriale n. 140 del 20 luglio 2012 contenente i nuovi parametri per la determinazione delle tariffe forensi e che la materia è stata oggetto della riforma contenuta nella Legge n. 247 del 31 dicembre 2012 sulle cui modalità di attuazione pende ad oggi il parere del Consiglio Nazionale Forense,

impegna il Governo

ad operare un interevento legislativo, anche nella prospettiva dell'imminente esame parlamentare dei più recenti decreti governativi sul tema della giustizia, volto alla valorizzazione dell'istituto del gratuito patrocinio ed alla riduzione generalizzata delle spese di giustizia a carico dei cittadini (contributo unificato, marche da bollo, anticipazioni, e altre), a partire dalla soppressione delle misure previste al comma 416, articolo 1 del presente provvedimento, ovvero l'innalzamento da 8 a 27 dell'anticipazione forfettaria (marca da bollo) per le notificazioni nei procedimenti giurisdizionali e la riduzione di un terzo degli importi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all'investigatore privato autorizzato nei casi di patrocinio a spese dello Stato.
9/1865-A/170Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014) ed il disegno di legge recante il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per il triennio 2014-2016;
    gli interventi contenuti nel disegno di legge di stabilità 2013 comportano nel complesso un aumento delle entrate nel 2014 per circa 1 miliardo di euro ed un aumento della spesa pubblica nel 2014 per 2,6 miliardi di euro come risulta nell'allegato 3 del ddl stabilità che riepiloga gli effetti sui saldi di finanza pubblica delle misure adottate con il ddl di stabilità. A coprire i circa 11 miliardi di uscite nel 2014, concorreranno per 3,5 miliardi i tagli alla spesa pubblica, così ripartiti: 2,5 miliardi di tagli alla spesa statale e 1 miliardo in meno alle Regioni;
    in tale quadro si evidenzia lo scarso rilievo assegnato alla materia giustizia nella sessione di bilancio e si conferma, pertanto, la consolidata tendenza a non investire – ed anzi a disinvestire – nella efficienza del sistema giudiziario e nell'accelerazione dei processi, nella rapidità dell'accertamento dei reati e, conseguentemente, nella certezza della pena quale contributo per il progresso socio-economico del paese;
    nell'articolato si modifica la normativa sui compensi professionali a seguito di sentenze favorevoli alla pubblica amministrazione in favore di dipendenti pubblici compresa avvocatura dello Stato;
    si prevede che a decorrere dal 1o gennaio 2014 e fino al 31 dicembre 2016, i compensi professionali liquidati, esclusi, nella misura del 50 per cento, quelli a carico della controparte, a seguito di sentenza favorevole per le pubbliche amministrazioni ai sensi del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, o di altre analoghe disposizioni legislative o contrattuali, in favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale dell'Avvocatura dello Stato, sono corrisposti nella misura del 75 per cento,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, con ogni provvedimento idoneo, di prevedere che, per tutte le liquidazioni definite con sentenza emessa in data successiva al 1o gennaio 2014, i compensi professionali spettanti per effetto di sentenza favorevole per le pubbliche amministrazioni ai sensi del regio decreto 27 novembre 1933, n. 1578 e successive modificazioni, o di altre analoghe disposizioni legislative o contrattuali, in favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, ivi incluso il personale dell'Avvocatura dello Stato, siano corrisposti nella misura del 50 per cento;
    a valutare, altresì, l'opportunità di apportare modifiche all'articolo 22 del R.D. 30 ottobre 1933, n.161 riducendo del trenta per cento le retribuzioni rispetto agli importi riportati nelle tabelle di riferimento, per i contratti di lavoro stipulati dopo il 1o gennaio 2014.
9/1865-A/171Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel testo della legge di stabilità 2014 in esame sono stati introdotti i commi 9-bis, 9-ter, 9-quater e 9-quinquies, che prevedono l'assunzione a tempo indeterminato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, di un numero di persone, fino ad un massimo di 120 unità, da destinare al rafforzamento delle strutture, che svolgono le funzioni connesse alla gestione degli interventi cofinanziati con i Fondi strutturali europei;
    le suddette assunzioni hanno suscitato perplessità durante l'esame in Commissione, in merito alle motivazioni, che sottostanno alla necessità di ricorrere a soggetti «altamente qualificati» per accelerare ed incrementare l'utilizzo delle risorse suddette per il periodo «2014-2020»:
    di fatto, sorge il dubbio sulle mancanze del personale, già in servizio nei Dipartimenti preposti alle suddette funzioni, esistenti sia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri sia presso i Ministeri dello Sviluppo economico e dell'economia e finanze;
    inoltre, attualmente, in tutto il comparto della Pubblica Amministrazione è presente personale in esubero, da mettere in mobilità, nonché personale qualificato e da riqualificare;
   considerato che:
    la predetta assunzione non è a «costo zero»;
    in un periodo di grave crisi economica aumentano i soggetti che perdono il posto di lavoro, ovvero non riescono a trovare occupazione;
    la norma richiamata non esplicita palesemente il ricorso a procedure concorsuali per le assunzioni previste,

impegna il Governo

a procedere alle assunzioni citate mediante procedure concorsuali, assicurando la massima trasparenza e pubblicità alla selezione delle professionalità richieste, e previa valutazione dell'esistenza di personale presso altre Amministrazioni con le qualifiche richieste, al fine di ridurre il numero delle assunzioni.
9/1865-A/172Currò.


   La Camera,
   premesso che:
    dalla consultazione del sito del MEF si apprende lo stato dei pagamenti dei debiti della P.A., scaduti al 31 dicembre 2012, nei confronti delle imprese fornitrici, realizzati con le risorse messe a disposizione con il decreto-legge n. 35 del 2013 e successive modifiche;
    alla data del 29 novembre risultano erogati 16,3 miliardi rispetto ai 47,2 miliardi stanziati per gli anni 2013 e 2014;
    alla conclusione delle operazioni di pagamento previste dal decreto-legge n. 35 del 2013, resteranno ancora circa 50 miliardi di debiti non onorati, posto che da stime effettuate anche dalla Banca di Italia, l'ammontare dei debiti scaduti della pubblica amministrazione si aggirava intorno ai 90 miliardi a maggio 2013;
    lo stanziamento dei suddetti 40 miliardi è costato ai cittadini italiani l'emissione di ulteriore debito pubblico, a causa della riduzione delle entrate dello Stato conseguenti alla forte flessione del Prodotto Interno Lordo;
    inoltre, non si è fronteggiato il fenomeno dell'accumulo negli anni scorsi del debito con una efficace e puntuale razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, cosiddetta «spending review»;
    nel testo della legge di stabilità 2014 in esame sono state stanziate risorse per un miliardo nel 2014 da destinare alla deroga dai vincoli del patto di stabilità per gli enti locali al fine di destinarli ai pagamenti in conto capitale;
    realizzati i suddetti interventi permarrebbero inevasi debiti per circa 50 miliardi e, considerato le gravi difficoltà in cui versa la nostra economia, è necessario provvedere in tempi brevi ad estinguere i debiti residui per immettere liquidità «dovute» nel sistema – imprese e scongiurare la chiusura di altre aziende;
   considerato che:
    i suddetti pagamenti dei debiti alle imprese, concordati con l'Unione europea, hanno un benefico effetto sulla crescita del prodotto interno lordo, stimato nello 0,5 per cento come indicato dal Governo nella Nota di aggiornamento al DEF 2013,

impegna il Governo

a concludere il processo di ricognizione dei debiti e valutare il relativo onere finanziario e reperire le risorse necessarie, da concordare con l'Unione europea, per il completamento entro il 2014 dei pagamenti dell'intero stock dei debiti della pubblica amministrazione scaduti al 31 dicembre 2012, al fine di contribuire alla ripresa dell'economia immettendo liquidità nel sistema produttivo.
9/1865-A/173Cariello.


   La Camera,
   premesso che:
    dalla consultazione del sito del MEF si apprende lo stato dei pagamenti dei debiti della P.A., scaduti al 31 dicembre 2012, nei confronti delle imprese fornitrici, realizzati con le risorse messe a disposizione con il decreto-legge n. 35 del 2013 e successive modifiche;
    alla data del 29 novembre risultano erogati 16,3 miliardi rispetto ai 47,2 miliardi stanziati per gli anni 2013 e 2014;
    alla conclusione delle operazioni di pagamento previste dal decreto-legge n. 35 del 2013, resteranno ancora circa 50 miliardi di debiti non onorati, posto che da stime effettuate anche dalla Banca di Italia, l'ammontare dei debiti scaduti della pubblica amministrazione si aggirava intorno ai 90 miliardi a maggio 2013;
    lo stanziamento dei suddetti 40 miliardi è costato ai cittadini italiani l'emissione di ulteriore debito pubblico, a causa della riduzione delle entrate dello Stato conseguenti alla forte flessione del Prodotto Interno Lordo;
    inoltre, non si è fronteggiato il fenomeno dell'accumulo negli anni scorsi del debito con una efficace e puntuale razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, cosiddetta «spending review»;
    nel testo della legge di stabilità 2014 in esame sono state stanziate risorse per un miliardo nel 2014 da destinare alla deroga dai vincoli del patto di stabilità per gli enti locali al fine di destinarli ai pagamenti in conto capitale;
    realizzati i suddetti interventi permarrebbero inevasi debiti per circa 50 miliardi e, considerato le gravi difficoltà in cui versa la nostra economia, è necessario provvedere in tempi brevi ad estinguere i debiti residui per immettere liquidità «dovute» nel sistema – imprese e scongiurare la chiusura di altre aziende;
   considerato che:
    i suddetti pagamenti dei debiti alle imprese, concordati con l'Unione europea, hanno un benefico effetto sulla crescita del prodotto interno lordo, stimato nello 0,5 per cento come indicato dal Governo nella Nota di aggiornamento al DEF 2013,

impegna il Governo

a concludere il processo di ricognizione dei debiti e valutare il relativo onere finanziario e fatti salvi i vincoli di finanza pubblica, reperire le risorse necessarie, da concordare con l'Unione europea, per il completamento entro il 2014 dei pagamenti dell'intero stock dei debiti della pubblica amministrazione scaduti al 31 dicembre 2012, al fine di contribuire alla ripresa dell'economia immettendo liquidità nel sistema produttivo.
9/1865-A/173. (Testo modificato nel corso della seduta) Cariello.


   La Camera,
   premesso che:
    il Programma sostegno all'editoria (15.4) reca stanziamenti complessivi, in conto competenza, pari a 172,3 milioni di euro, registrando un incremento in conto capitale del Fondo per gli investimenti del Dipartimento dell'editoria. In particolare, il comma 167 dispone l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, del «Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all'editoria» con la dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2014, 40 milioni di euro per l'anno 2015 e 30 milioni di euro per l'anno 2016, destinato ad incentivare investimenti delle imprese editoriali;
    più precisamente il Fondo sarà finalizzato ad incentivare gli investimenti delle imprese editoriali, anche di nuova costituzione, orientati all'innovazione tecnologica e digitale, a promuovere l'ingresso di giovani professionisti qualificati nel campo dei nuovi media ed a sostenere le ristrutturazioni aziendali e gli ammortizzatori sociali;
    oltre a quest'ultima suddetta, numerose sono le disposizioni, contenute nella legge all'esame che prevedono aiuti ulteriori all'informazione e all'editoria: ulteriori 200.000 euro nel 2014 a favore delle Agenzie di stampa specializzate per i servizi di interesse degli italiani all'estero; un ulteriore milione di euro per il 2014 a favore della stampa italiana all'estero; 6 milioni per collaborazione in campo radiotelevisivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino; 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 per la proroga, per due ulteriori anni, della convenzione stipulata fra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione S.p.A, titolare dell'emittente Radio Radicale, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari; inoltre è prevista una disciplina transitoria per la concessione dei contributi ai periodici italiani diffusi all'estero (comma 214);
    considerato che:
    allo scopo di contribuire all'obiettivo del pareggio di bilancio entro la fine dell'anno 2013, l'articolo 29, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011 ha disposto la cessazione del sistema di erogazione dei contributi diretti all'editoria dal 31 dicembre 2014, con riferimento alla gestione 2013, nonché la revisione, dal 1° gennaio 2012, del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 al fine di una più rigorosa selezione nell'accesso alle risorse e di un risparmio di spesa;
    ha anche disposto che il risparmio conseguito, compatibilmente con le esigenze del pareggio di bilancio, sarà destinato alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta, all'innovazione tecnologica del settore, a fronteggiare l'aumento del costo delle materie prime, all'informatizzazione della rete distributiva;
    in tale contesto, le modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 sono state poi apportate dal decreto-legge n. 63 del 2012 (legge n. 103 del 2012), con il quale è stata dettata una disciplina transitoria, nelle more di una più compiuta ridefinizione delle forme di sostegno al settore editoriale;
   considerato infine che:
    è più che mai necessario, a fronte di disposizioni transitorie, il riordino della normativa vigente, al fine di contenere gli oneri e consentire una maggiore selezione dei beneficiari, nonché sono indispensabili incentivi per l'avvio di nuove imprese editoriali, per l'innovazione tecnologica e per la multimedialità;
    la normativa europea vieta gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne i casi esplicitamente indicati,

impegna il Governo

a destinare a partire dal 2015 le risorse di sostegno all'editoria primariamente allo sviluppo di nuovi sistemi di informazione, per sostenere gli investimenti di nuove imprese editoriali, diretti unicamente all'innovazione tecnologica e digitale e all'ingresso di giovani professionisti, di età inferiore a 35 anni e free-lance, qualificati nel campo dei nuovi media.
9/1865-A/174Brescia, Gallo, Vacca, Marzana, D'Uva, Simone Valente, Battelli, Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il Programma sostegno all'editoria (15.4) reca stanziamenti complessivi, in conto competenza, pari a 172,3 milioni di euro, registrando un incremento in conto capitale del Fondo per gli investimenti del Dipartimento dell'editoria. In particolare, il comma 167 dispone l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, del «Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all'editoria» con la dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2014, 40 milioni di euro per l'anno 2015 e 30 milioni di euro per l'anno 2016, destinato ad incentivare investimenti delle imprese editoriali;
    più precisamente il Fondo sarà finalizzato ad incentivare gli investimenti delle imprese editoriali, anche di nuova costituzione, orientati all'innovazione tecnologica e digitale, a promuovere l'ingresso di giovani professionisti qualificati nel campo dei nuovi media ed a sostenere le ristrutturazioni aziendali e gli ammortizzatori sociali;
    oltre a quest'ultima suddetta, numerose sono le disposizioni, contenute nella legge all'esame che prevedono aiuti ulteriori all'informazione e all'editoria: ulteriori 200.000 euro nel 2014 a favore delle Agenzie di stampa specializzate per i servizi di interesse degli italiani all'estero; un ulteriore milione di euro per il 2014 a favore della stampa italiana all'estero; 6 milioni per collaborazione in campo radiotelevisivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino; 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 per la proroga, per due ulteriori anni, della convenzione stipulata fra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione S.p.A, titolare dell'emittente Radio Radicale, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari; inoltre è prevista una disciplina transitoria per la concessione dei contributi ai periodici italiani diffusi all'estero (comma 214);
    considerato che:
    allo scopo di contribuire all'obiettivo del pareggio di bilancio entro la fine dell'anno 2013, l'articolo 29, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011 ha disposto la cessazione del sistema di erogazione dei contributi diretti all'editoria dal 31 dicembre 2014, con riferimento alla gestione 2013, nonché la revisione, dal 1° gennaio 2012, del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 al fine di una più rigorosa selezione nell'accesso alle risorse e di un risparmio di spesa;
    ha anche disposto che il risparmio conseguito, compatibilmente con le esigenze del pareggio di bilancio, sarà destinato alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta, all'innovazione tecnologica del settore, a fronteggiare l'aumento del costo delle materie prime, all'informatizzazione della rete distributiva;
    in tale contesto, le modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 sono state poi apportate dal decreto-legge n. 63 del 2012 (legge n. 103 del 2012), con il quale è stata dettata una disciplina transitoria, nelle more di una più compiuta ridefinizione delle forme di sostegno al settore editoriale;
   considerato infine che:
    è più che mai necessario, a fronte di disposizioni transitorie, il riordino della normativa vigente, al fine di contenere gli oneri e consentire una maggiore selezione dei beneficiari, nonché sono indispensabili incentivi per l'avvio di nuove imprese editoriali, per l'innovazione tecnologica e per la multimedialità;
    la normativa europea vieta gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne i casi esplicitamente indicati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare a partire dal 2015 le risorse di sostegno all'editoria primariamente allo sviluppo di nuovi sistemi di informazione, per sostenere gli investimenti di nuove imprese editoriali, diretti unicamente all'innovazione tecnologica e digitale e all'ingresso di giovani professionisti, di età inferiore a 35 anni e free-lance, qualificati nel campo dei nuovi media.
9/1865-A/174. (Testo modificato nel corso della seduta) Brescia, Gallo, Vacca, Marzana, D'Uva, Simone Valente, Battelli, Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    durante l'esame in Commissione bilancio è stato approvato un emendamento, che incrementa di 50 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2014 il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68;
    pur tuttavia non si può non constatare la modesta portata delle risorse previste e delle misure adottate; senz'altro i settori dell'istruzione, dell'Università e della Ricerca avrebbero meritato di più che misure frammentarie e risorse esigue;
    è evidente che gli interventi e le risorse stanziate sono assolutamente insufficienti anche solo a provare a risarcire i succitati settori messi in ginocchio dai tagli sconsiderati effettuati negli ultimi anni;
   considerato che:
    un ulteriore tipo di sostegno è rappresentato dalla possibilità per gli studenti di disporre e poter fruire a costi contenuti di testi, documenti e strumenti di apprendimento;
    l'articolo 6, comma 1, lettera b), paragrafo 3-bis del decreto-legge 12 settembre 2013 n. 104, convertito con modificazioni nella legge 8 novembre 2013 n. 128, cosiddetto decreto Istruzione, prevede disposizioni in tal senso per le istituzioni scolastiche;
    in particolare, si prevede che, al fine di potenziare la disponibilità e la fruibilità, a costi contenuti, di testi, documenti e strumenti didattici da parte delle scuole, degli alunni e delle loro famiglie, nel termine di un triennio, a decorrere dall'anno scolastico 2014-2015, anche per consentire ai protagonisti del processo educativo di interagire efficacemente con le moderne tecnologie digitali e multimediali in ambienti preferibilmente con software open source e di sperimentare nuovi contenuti e modalità di studio con processo di costruzione dei saperi, gli istituti scolastici possono elaborare il materiale didattico digitale per specifiche discipline da utilizzare come libri di testo e strumenti didattici per la disciplina di riferimento;
    nello specifico, l'elaborazione di ogni prodotto è affidata ad un docente supervisore che garantisce, anche avvalendosi di altri docenti, la qualità dell'opera sotto il profilo scientifico e didattico, in collaborazione con gli studenti delle proprie classi in orario curriculare nel corso dell'anno scolastico;
    l'opera didattica è registrata con licenza che consenta la condivisione e la distribuzione gratuite e successivamente inviata, entro la fine dell'anno scolastico, al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e resa disponibile a tutte le scuole statali, anche adoperando piattaforme digitali già preesistenti prodotte da reti nazionali di istituti scolastici e nell'ambito di progetti pilota del Piano Nazionale Scuola Digitale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'azione «Editoria Digitale Scolastica»;
    infine è sancito che lo Stato promuove lo sviluppo della cultura digitale, definisce politiche di incentivo alla domanda di servizi digitali e favorisce l'alfabetizzazione informatica anche tramite una nuova generazione di testi scolastici preferibilmente su piattaforme aperte che prevedano la possibilità di azioni collaborative tra docenti, studenti ed editori, nonché la ricerca e l'innovazione tecnologiche, quali fattori essenziali di progresso e opportunità di arricchimento economico, culturale e civile come previsto dall'articolo 8 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82,

impegna il Governo

ad intervenire affinché le disposizioni succitate siano estese anche alle università e agli studenti universitari che, oltre ad avere il diritto di vedere garantito il diritto allo studio, hanno anche l'esigenza di operare in strutture e con mezzi moderni, all'avanguardia e competitivi rispetto agli studenti degli altri Paesi europei.
9/1865-A/175Luigi Gallo, Marzana, Brescia, D'Uva, Vacca, Simone Valente, Battelli, Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame, al comma 210, introdotto al Senato, modifica le procedure previste per la liquidazione ed il trasferimento della società Cinecittà Luce S.p.A. alla società Fintecna S.p.A., o ad una società da essa interamente controllata;
    dalla fusione di Cinecittà holding e Istituto Luce, è stata costituita l'11 novembre 2011, ai sensi dell'articolo 14, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, una nuova società denominata Istituto Luce-Cinecittà Srl, interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, rispetto al quale il Ministero per i beni e le attività culturali esercita i diritti del socio, sentito il Ministero dell'economia, per quanto riguarda i profili patrimoniali, finanziari e statutari;
    Cinecittà-Luce SpA è passata dall'essere una società a capitale interamente statale, a società a responsabilità limitata con un capitale sociale di 15.000 euro; la mission è stata drasticamente ridotta alla sola conservazione e diffusione dell'archivio storico, alla promozione del cinema italiano classico e contemporaneo e alla distribuzione sul territorio italiano di opere prime e seconde;
    l'80 per cento di quella che era la Cinecittà di Fellini e Visconti, è già in mano privata; la Cinecittà Studios SpA di Luigi Abete ha una grossa partecipazione e progetta di realizzare un complesso alberghiero di lusso con piscine e parcheggi; a Castel Romano, aprirà i battenti nel 2014 Cinecittà World, un parco divertimenti a tema «dedicato» al cinema;
    le ultime vestigia di quella che fu la gloriosa città del cinema italiano e internazionale, stanno per essere svendute, in nome della cultura del mattone e di logiche speculative di Abete, De Laurentis & Co.;
    già dal momento in cui fu chiaro agli addetti ai lavori quali fossero gli interessi che giravano attorno a Cinecittà, la società francese degli Autori, registi e produttori (ARP), a riprova di quale importanza, anche simbolica, Cinecittà riveste nel panorama cinematografico mondiale, ha creduto giusto lanciare una petizione per proteggere gli studios dalla «cementificazione», firmata da moltissimi esponenti del settore, come Constantin Costa-Gavras, Michel Hazanavicius, Raoul Peck, Cedric Klapisch, Coline Serreau, Jean-Paul Salomé, Claude Lelouch, Jean-Jacques Beineix, Jeanne Labrune, Olivier Nakache, Abderrahmane Sissako;
    nella petizione dell'ARP che sostiene Cinecittà e difende i lavoratori dal rischio di chiusura si legge: «Allarmati dal nostro collega Ettore Scola, i cineasti europei sono scandalizzati di constatare che gli studios di Cinecittà, luogo emblematico del patrimonio cinematografico mondiale, sono in pericolo per motivi speculativi e sono vergognosamente considerati alla stregua di un parcheggio e di un supermercato. È così urgente distruggere questo luogo del cinema di Fellini, Visconti, Comencini, Lattuada e tanti altri per costruire un centro di fitness? Dimagrire alle spese del patrimonio e della cultura è simbolico»;
   considerato che:
    attorno a Cinecittà, seppur già mutilata e mortificata, ruota un universo di piccole aziende e di tecnici e maestranze altamente specializzati, che sono uno straordinario esempio di cultura del lavoro e di sviluppo dell'eccellenza;
    si calcola che l'indotto che – malgrado tutto – continua a girare attorno agli studios, sia di circa 250.000 lavoratori;
    il mondo del cinema ha già espresso il suo sdegno per l'arrogante e sprezzante piano speculativo di cui la classe politica si sta rendendo complice, preda di una ignavia che diventa connivenza;
    non possiamo assistere inermi alla trasformazione dei teatri di posa in cui risiede buona parte del nostro comune patrimonio culturale cinematografico, in luna park per super ricchi,

impegna il Governo:

   a varare nel più breve tempo possibile un piano di rilancio e recupero degli studi di Cinecittà, che non solo ridia lustro alla struttura, ma si faccia carico di una pianificazione a lungo termine nel segno della creazione di posti di lavoro, nella protezione di quelli esistenti e nell'alta formazione di nuove maestranze;
   a bloccare la procedura di liquidazione in mano privata della residua quota degli studios ancora pubblica;
   a restituire al loro ruolo i teatri di posa: quello di fare cinema.
9/1865-A/176Di Benedetto, Battelli, Simone Valente, Marzana, Luigi Gallo, Vacca, Brescia, D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 206 del presente disegno di legge dispone misure volte a rilanciare il sistema nazionale musicale di eccellenza, concedendo alle fondazioni lirico-sinfoniche la possibilità di dotarsi di forme organizzative speciali mantenendo fermo il rispetto di tutti i requisiti previsti dalla legge 29 giugno 2010 n. 100, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 64 del 2010, in materia di spettacolo e di attività culturali;
    le fondazioni liriche possiedono proprie peculiarità dovute alla specificità della storia e della cultura sinfonica e alle eccezionali capacità produttive e che al fine di perseguire nonché valorizzare tali prerogative ricevono un consistente apporto finanziario da parte di operatori privati;
    attualmente il settore versa in uno stato di crisi e i primi segnali di indebolimento vengono ricondotti alla trasformazione dei Teatri dell'Opera da enti pubblici in fondazioni di diritto privato e ai crescenti costi di produzione che non hanno trovato nel FUS un adeguato sostegno finanziario;
    pertanto, è stato attuato un significativo intervento volto al risanamento di tutte le fondazioni che versavano in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale, grazie all'emanazione del decreto-legge n. 91 del 2013, cosiddetto Valore Cultura, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112 del 2013;
    tale normativa ha formulato diverse misure volte ad una loro rivalutazione tra cui l'obbligo in capo alle stesse di presentare un piano di risanamento, la nomina di un commissario straordinario del Governo deputato a verificare i piani di rientro, una serie di disposizioni volte a determinare un coordinamento dei programmi e delle attività nonché i criteri per l'attribuzione a ciascuna fondazione della quota del FUS;
    il comma 207 del disegno di legge di stabilità oggi in esame prevede, per la sola Fondazione Teatro alla Scala di Milano, una disciplina derogatoria rispetto alla forma organizzativa prevista dal Decreto «Valore Cultura», lasciando i poteri del previsto Consiglio d'indirizzo al suo Consiglio di Amministrazione, dove, per il Teatro alla Scala, non vi sono limiti di partecipazione dei privati,

impegna il Governo

ad assicurare, in tempi brevi, nuovi interventi normativi che assicurino alle Fondazioni un proporzionato apporto economico da parte dello Stato e forme di agevolazioni fiscali che incentivino realmente i privati ad entrare come soci fondatori e, dunque, apportare nuovi fondi di sostegno agli Enti lirici, prevedendo altresì, una leggera riduzione della quota parte di FUS spettante a quelle Fondazioni che riusciranno a reperire sul mercato consistenti contributi privati.
9/1865-A/177Simone Valente, Di Benedetto, Battelli, Luigi Gallo, Marzana, Vacca, Brescia, D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame, al comma 530-bis, al fine di consentire la risoluzione dei problemi occupazionali collegati ai lavoratori impegnati nei servizi esternalizzati proroga i contratti in essere al 31 dicembre 2013, stipulati dalle istituzioni scolastiche ed educative statali per l'acquisto di servizi di pulizia ed altri servizi ausiliari ove, alla predetta data del 31 dicembre 2013, non siano state attivate convenzioni Consip;
    nei territori ove è attiva la convenzione Consip per l'acquisto di servizi di pulizia ed altri ausiliari, le istituzioni scolastiche possono procedere all'acquisto di servizi ulteriori avvalendosi delle imprese aggiudicatarie della gara Consip al fine di effettuare servizi straordinari di pulizia e ausiliari fino al 28 febbraio 2014,
   considerato che:
    per la proroga delle convenzioni già stipulate e degli appalti esterni dei servizi di pulizia di cui al presente comma si provvede nel limite della differenza tra la spesa sostenuta per i servizi nel 2013 e il limite di cui all'articolo 58, comma 5, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, quantificato in euro 34.6 milioni;
    questa drastica riduzione di risorse produce come conseguenza il taglio delle ore di lavoro settimanale dei lavoratori impegnati nei servizi esternalizzati che passerebbero da 24 a 6 ore (dipendenti di cooperative comunali e provinciali) oppure da 35 a 15 ore settimanali (dipendenti di consorzi nazionali), pertanto tale condizione lavorativa è maggiormente penalizzante rispetto al licenziamento poiché in questo caso non sarebbe prevista neppure l'erogazione dell'indennità di disoccupazione;
    poiché dall'esternalizzazione di questi servizi non deriva alcun vantaggio economico per le casse dello Stato, vengono meno i presupposti che giustificano tali esternalizzazioni;
   considerato infine che:
    le istituzioni scolastiche ed educative per i servizi di pulizia ed altri ausiliari si affidano a personale ATA inserito nelle graduatorie ad esaurimento per le corrispondenti mansioni, sulla base degli accantonamenti sui posti di organico di diritto,

impegna il Governo:

   a ridurre le esternalizzazioni delle pulizie delle scuole fino alla fine delle convenzioni già stipulate, per attingere, per le stesse mansioni alle graduatorie ad esaurimento del personale ATA;
   per i suddetti posti accantonati, a provvedere ad assegnare le supplenze per l'anno in corso solo dopo che sia riconosciuta la possibilità, in deroga rispetto ai titoli di accesso, di inserimento in graduatoria del personale dipendente dalle ditte esterne, assunto anche con contratti di collaborazione;
    a valutare la possibilità, in deroga rispetto ai titoli di accesso, di inserire nella graduatoria del personale ATA, i lavoratori impiegati, anche con contratti di collaborazione, nei servizi esternalizzati in virtù del servizio prestato presso le scuole.
9/1865-A/178Marzana, Luigi Gallo, Vacca, Brescia, D'Uva, Battelli, Di Benedetto, Simone Valente.


   La Camera,
   premesso che:
    il dissesto idrogeologico è un fenomeno diffuso in maniera omogenea in tutto il territorio nazionale, con cause rinvenibili nella sua particolare conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un'orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento e, per questo, soggetto a fattori di rischio particolarmente elevati;
    il territorio italiano, nel corso degli ultimi anni, ha evidenziato in maniera preoccupante la propria fragilità, con riferimento ai numerosi casi in cui questo è stato soggetto a condizioni metereologiche avverse, ovvero in presenza di calamità naturali di particolare intensità;
    i territori di alcune regioni italiane, quali la Sicilia, la Calabria, la Liguria e la Sardegna, colpiti da fenomeni naturali particolarmente importanti, hanno sollevato con grande urgenza il problema della inadeguatezza dei sistemi di tutela del territorio previsti nel nostro Paese, dati gli ingenti danni subiti e, soprattutto, viste le numerose vittime;
    i sistemi adottati dalle regioni in tema di sicurezza e tutela dai pericoli causati dal fenomeno del dissesto idrogeologico mostrano evidenti lacune, vista l'assenza o la poca efficacia di politiche che dovrebbero essere incentrate sulla prevenzione e sulla individuazione dei fattori di rischio e che invece troppo spesso si limitano alla ricostruzione dei territori colpiti;
    tra le cause principali del dissesto idrogeologico figurano l'abbandono dei terreni montani, l'abusivismo edilizio, il disboscamento, l'uso di tecniche agricole non rispettose dell'ambiente e, soprattutto, la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d'acqua;
    l'assenza di un piano organico di messa in sicurezza dei territori e di politiche incentrate sulla prevenzione ha costretto numerosi comuni italiani a sopportare ingenti spese di ricostruzione, dal momento che, in numerosi casi, condizioni particolarmente avverse hanno causato fenomeni alluvionali dalle drammatiche conseguenze;
    in data 4 settembre 2013, l'O.D.G. G1, così come accolto dal Sottosegretario di Stato per l'ambiente Cirillo presso l'Aula del Senato della Repubblica, prevedeva l'impegno del Governo ad effettuare interventi finalizzati a una maggiore integrazione della pianificazione urbanistica con le opere di difesa del suolo e prevedeva una celere esecuzione al piano straordinario previsto nella scorsa legislatura per il quale era stata stanziata la cifra di 2,5 miliardi di euro;
    tra gli impegni assunti dal Governo, così come riportati dall'Ordine del Giorno, figuravano la non limitazione ai soli piccoli comuni circa la possibilità di accedere alle risorse per la messa in sicurezza del territorio e la previsione di un'esclusione dal Patto di stabilità per le risorse destinate ai comuni per la messa in sicurezza dei territori;
    al comma 66 del Disegno di Legge 27 novembre 2013, n. 1120, il Governo tiene fede agli impegni assunti con l'accoglimento dell'ordine del giorno, ma limitandosi a legiferare circa la prima richiesta,

impegna il Governo

a garantire, così come previsto dall'O.D.G. G1 del 4 settembre 2013, che le spese sostenute in occasione di calamità naturali di particolare rilevanza anche dalle amministrazioni locali, non vengano assoggettate ai vincoli del Patto di stabilità interno.
9/1865-A/179D'Uva, Brescia, Luigi Gallo, Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    il dissesto idrogeologico è un fenomeno diffuso in maniera omogenea in tutto il territorio nazionale, con cause rinvenibili nella sua particolare conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un'orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento e, per questo, soggetto a fattori di rischio particolarmente elevati;
    il territorio italiano, nel corso degli ultimi anni, ha evidenziato in maniera preoccupante la propria fragilità, con riferimento ai numerosi casi in cui questo è stato soggetto a condizioni metereologiche avverse, ovvero in presenza di calamità naturali di particolare intensità;
    i territori di alcune regioni italiane, quali la Sicilia, la Calabria, la Liguria e la Sardegna, colpiti da fenomeni naturali particolarmente importanti, hanno sollevato con grande urgenza il problema della inadeguatezza dei sistemi di tutela del territorio previsti nel nostro Paese, dati gli ingenti danni subiti e, soprattutto, viste le numerose vittime;
    i sistemi adottati dalle regioni in tema di sicurezza e tutela dai pericoli causati dal fenomeno del dissesto idrogeologico mostrano evidenti lacune, vista l'assenza o la poca efficacia di politiche che dovrebbero essere incentrate sulla prevenzione e sulla individuazione dei fattori di rischio e che invece troppo spesso si limitano alla ricostruzione dei territori colpiti;
    tra le cause principali del dissesto idrogeologico figurano l'abbandono dei terreni montani, l'abusivismo edilizio, il disboscamento, l'uso di tecniche agricole non rispettose dell'ambiente e, soprattutto, la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d'acqua;
    l'assenza di un piano organico di messa in sicurezza dei territori e di politiche incentrate sulla prevenzione ha costretto numerosi comuni italiani a sopportare ingenti spese di ricostruzione, dal momento che, in numerosi casi, condizioni particolarmente avverse hanno causato fenomeni alluvionali dalle drammatiche conseguenze;
    in data 4 settembre 2013, l'O.D.G. G1, così come accolto dal Sottosegretario di Stato per l'ambiente Cirillo presso l'Aula del Senato della Repubblica, prevedeva l'impegno del Governo ad effettuare interventi finalizzati a una maggiore integrazione della pianificazione urbanistica con le opere di difesa del suolo e prevedeva una celere esecuzione al piano straordinario previsto nella scorsa legislatura per il quale era stata stanziata la cifra di 2,5 miliardi di euro;
    tra gli impegni assunti dal Governo, così come riportati dall'Ordine del Giorno, figuravano la non limitazione ai soli piccoli comuni circa la possibilità di accedere alle risorse per la messa in sicurezza del territorio e la previsione di un'esclusione dal Patto di stabilità per le risorse destinate ai comuni per la messa in sicurezza dei territori;
    al comma 66 del Disegno di Legge 27 novembre 2013, n. 1120, il Governo tiene fede agli impegni assunti con l'accoglimento dell'ordine del giorno, ma limitandosi a legiferare circa la prima richiesta,

impegna il Governo

a promuovere in sede di Unione europea princìpi volti a garantire, così come previsto dall'O.D.G. G1 del 4 settembre 2013, che le spese sostenute in occasione di calamità naturali di particolare rilevanza anche dalle amministrazioni locali, non vengano assoggettate ai vincoli del Patto di stabilità interno.
9/1865-A/179. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Uva, Brescia, Luigi Gallo, Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 comma l del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, introduce un sistema di credito d'imposta a favore delle imprese produttrici di fonogrammi e videogrammi musicali e delle imprese organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo nel limite massimo di spesa di 4,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016;
    tale credito d'imposta è riconosciuto nella misura del 30 per cento delle spese sostenute per le attività di sviluppo, produzione, digitalizzazione e promozione delle registrazioni fonografiche e videografiche musicali, esclusivamente per le opere prime e seconde di nuovi artisti;
    il provvedimento al nostro esame, all'articolo 1 comma 524, prevede una riduzione di tale credito d'imposta. In base al combinato disposto dai già citati articoli, il credito d'imposta viene riconosciuto nella misura dell'85 per cento del 30 per cento dei costi ammissibili sostenuti;
    abbiamo particolarmente apprezzato questo intervento legislativo del Governo e del Ministro Bray anche perché lo abbiamo sollecitato, in particolare con l'ordine del giorno 9/01248-AR/197 del 24 luglio 2013 a prima firma Battelli, accolto dal Governo,
   considerato che:
    è nostra convinzione che la musica registrata generi valore aggiunto per una molteplicità di imprese, operatori e settori industriali: piattaforme digitali e di social media, produttori di apparecchiature audio, lettori Mp3 e smartphone, motori di ricerca, rivenditori e gestori di locali dove si fa intrattenimento, programmatori radiotelevisivi, commercianti e promoter di concerti. Ognuno di essi trae vantaggio dai continui investimenti che le case discografiche dedicano alla scoperta, alla crescita e alla promozione dei talenti artistici. Le cifre raccolte dall'ifpi rivelano che l'industria investe annualmente il 26 per cento dei suoi ricavi – 4,5 miliardi di dollari – in questo genere di attività;
    il settore musicale costituisce un momento strategico e di crescita civile e sociale del cittadino e della collettività, e rappresenta un importante segmento economico del Paese: un settore che individua e sviluppa nuovi talenti, valorizzandoli, promuovendoli anche all'estero. Questo patrimonio artistico, fatto di tradizioni, esperienze e professionalità, va tutelato, promosso, rilanciato e incentivato in quanto esso rappresenta l'identità del nostro Paese. Pertanto, la musica, come gli altri settori dello spettacolo, ha bisogno di un progetto politico forte e di una disciplina nazionale di sistema,

impegna il Governo

a considerare l'urgenza di ripristinare il sistema del tax-credit così come previsto dal decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112.
9/1865-A/180Battelli, Marzana, Luigi Gallo, Vacca, Brescia, D'Uva, Di Benedetto, Simone Valente.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame, al comma 165, incrementa il fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di 150 milioni di euro per l'anno 2014, che andranno a sommarsi agli attuali 6.694 milioni di euro previsti per il 2013;
    il suddetto fondo, è stato decurtato pesantemente – 760 milioni in appena quattro anni, che rappresentano una sforbiciata superiore al 10 per cento rispetto ai 7.500 milioni di euro del 2009 –; i 150 milioni previsti dalla legge di stabilità pur rappresentando ossigeno puro per le casse delle università più in difficoltà, restano poca cosa rispetto ai milioni tagliati negli ultimi quattro anni;
    si assiste ad un progressivo deterioramento delle condizioni delle università italiane, ormai prossime al collasso finanziario ed organizzativo e gli atenei italiani sono costretti a rivolgersi sempre più agli studenti – e alle loro famiglie – per evitare il default;
    le cause di tale declino sono molteplici e vanno individuate soprattutto nel quadro nazionale di forte incertezza creato dalla progressiva riduzione delle risorse statali, che ha portato il sistema, già pesantemente sottofinanziato, al di sotto della soglia di sostenibilità,
   considerato che:
    il comma 307 prolunga sino al 2018 il blocco parziale del turn over del personale delle università statali e degli enti pubblici di ricerca, già in vigore dal 2008 e, quindi, delle assunzioni di giovani docenti e ricercatori;
    non è previsto inoltre alcun incremento del finanziamento del fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) e, quindi, del finanziamento della ricerca di base e libera delle università e degli enti pubblici di ricerca, già pesantemente decurtato nel 2013 rispetto agli anni precedenti,

impegna il Governo

   a considerare la necessità di reperire ulteriori e più adeguate risorse al fine di adottare iniziative concrete per modernizzare le università italiane, che portino senza incertezze a un rilancio e a un rinnovamento del sistema universitario portando il finanziamento per il diritto allo studio al pari della media europea e valorizzando i meriti e le professionalità;
   ad intervenire con ogni mezzo affinché siano preservate le eccellenze della ricerca impedendo così inevitabili e progressive riduzioni degli standard qualitativi della ricerca e dell'offerta universitaria italiana.
9/1865-A/181Vacca, D'Uva, Brescia, Luigi Gallo, Marzana, Simone Valente, Battelli, Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 440 istituisce l'imposta unica comunale denominata IUC, che comprende al suo interno la tassa sui rifiuti denominata TARI, il Governo chiede, pertanto, ulteriori sforzi finanziari alle famiglie che vivono in questi anni la peggiore situazione economica degli ultimi anni;
    la Tari pagata dai cittadini andrà a finanziare i costi del servizio raccolta e smaltimento dei rifiuti. Purtroppo in Italia, salvo rare eccezioni la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti non rispettano le linee guida tracciate dall'Europa – in particolare la cosiddetta gerarchia dei rifiuti così come definita dall'articolo 4 della direttiva 2008/98/CE che descrive l'approccio generale da adottare nel trattamento dei rifiuti per minimizzarne la quantità prodotta e massimizzare il recupero di materiali ed energie, al fine di ottenere il miglior risultato ambientale complessivo. Sono, infatti, individuate le seguenti operazioni in ordine di priorità:
   a) prevenzione (misure per contenere la quantità di rifiuti prodotta);
   b) preparazione per il riutilizzo;
   c) riciclaggio (misure che permettono al rifiuto di svolgere un ruolo utile);
   d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia (misure che permettono al rifiuto di svolgere un ruolo utile);
   e) smaltimento (l'obiettivo è di far arrivare a questa fase la minor quantità possibile di rifiuti);

  lo smaltimento è considerato, dunque, come l'estrema ratio anche del comportamento della PA nei confronti del rifiuto. Purtroppo la normativa vigente non recepisce sostanzialmente questa gerarchia e così facendo c’è il serio rischio che i cittadini finiscano per pagare più e più volte anche per le ricadute negative di un errato comportamento nella gestione complessiva del rifiuto, a tal fine anche considerando il costo aggiuntivo di eventuali bonifiche e danni sanitari,

impegna il Governo

ad adeguare la normativa sulla produzione, raccolta e smaltimento dei rifiuti ai princìpi emanati della Comunità Europea.
9/1865-A/182Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    lo studio «Sentieri» condotto dell'istituto Superiore di Sanità ha evidenziato un importante aumento di gravi patologie a carico delle comunità che vivono in 44 dei Siti di Interesse Nazionale per le Bonifiche, alcuni dei quali «declassati» ingiustificatamente a Siti di Interesse Regionale per le Bonifiche nel 2013. In queste aree vivono alcuni milioni di persone che oggi manifestano giustamente inquietudine per la propria salute e per quella delle giovani generazioni. L'impegno richiesto al Governo mira a garantire il Diritto alla salute tutelato dalla Costituzione Italiana attraverso l'identificazione precoce delle malattie connesse all'inquinamento attivando finalmente misure di mitigazione delle problematiche sanitarie che vengono incrementate dal gravissimo stato di compromissione della qualità ambientale;
    risulta urgente finanziare la prevenzione delle malattie nelle popolazioni che abitano nei siti inquinati anziché destinare risorse a spese per l'acquisito di cacciabombardieri dell'aereonautica militare,

impegna il Governo

ad introdurre un provvedimento che preveda lo stanziamento di contributi prolungati, anche ventennali ai fini dello screening per la prevenzione di malattie collegate all'inquinamento ambientale e per la diagnosi precoce di patologie collegate alla situazione di contaminazione ambientale nei Siti di Interesse nazionale di Bonifica nonché negli ex SIN declassati nel 2013 a Siti di Interesse Regionale per le Bonifiche.
9/1865-A/183Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    lo studio «Sentieri» condotto dell'istituto Superiore di Sanità ha evidenziato un importante aumento di gravi patologie a carico delle comunità che vivono in 44 dei Siti di Interesse Nazionale per le Bonifiche, alcuni dei quali «declassati» ingiustificatamente a Siti di Interesse Regionale per le Bonifiche nel 2013. In queste aree vivono alcuni milioni di persone che oggi manifestano giustamente inquietudine per la propria salute e per quella delle giovani generazioni. L'impegno richiesto al Governo mira a garantire il Diritto alla salute tutelato dalla Costituzione Italiana attraverso l'identificazione precoce delle malattie connesse all'inquinamento attivando finalmente misure di mitigazione delle problematiche sanitarie che vengono incrementate dal gravissimo stato di compromissione della qualità ambientale;
    risulta urgente finanziare la prevenzione delle malattie nelle popolazioni che abitano nei siti inquinati anziché destinare risorse a spese per l'acquisito di cacciabombardieri dell'aereonautica militare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre un provvedimento che preveda lo stanziamento di contributi prolungati, anche ventennali ai fini dello screening per la prevenzione di malattie collegate all'inquinamento ambientale e per la diagnosi precoce di patologie collegate alla situazione di contaminazione ambientale nei Siti di Interesse nazionale di Bonifica nonché negli ex SIN declassati nel 2013 a Siti di Interesse Regionale per le Bonifiche.
9/1865-A/183. (Testo modificato nel corso della seduta) Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    con la desecretazione dei verbali di Carmine Schiavone si sono rafforzati nell'opinione pubblica l'interesse e l'attenzione rivolti verso il problema dei siti inquinati su tutto il territorio nazionale;
    è forte, oggi più che mai, la richiesta di interventi significativi e in grado da una parte di porre fine ai fenomeni di sversamenti illeciti e dall'altra di bonificare le aree inquinate;
    la voce che finalmente è stata data alle migliaia di cittadini che sono stati costretti negli anni a subire sulla propria pelle le conseguenze di queste pratiche illegali chiede di dare maggiore forza sotto tutti i punti di vista all'azione di bonifica dei siti inquinati comprendendo interventi di contrasto alle attività illecite che hanno provocato tale stato di degrado e inquinamento. Quindi non solo servono maggiori risorse ma misure di prevenzione, protezione e sorveglianza dei siti inquinati;
    nell'ottica della trasparenza e della partecipazione dei cittadini, che significa anche responsabilizzare e sensibilizzare l'opinione pubblica, è necessario rendere accessibili i dati che riguardano l'avanzamento dei lavori che interessano i singoli interventi e quelli relativi all'aggiornamento della mappatura dei siti oggetto di abbandoni e depositi illeciti di rifiuti,

impegna il Governo

   ad aumentare le risorse destinate alla bonifica dei siti inquinati con particolare attenzione alla «Terra dei fuochi»;
   a prevedere dei piani di prevenzione di ulteriori abbandoni e depositi illeciti di rifiuti, anche tramite sistemi di sorveglianza in remoto e la chiusura o il traffico regolamentato delle strade di accesso ai siti interessati dalle anzidette operazioni illecite.
9/1865-A/184Terzoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    con la desecretazione dei verbali di Carmine Schiavone si sono rafforzati nell'opinione pubblica l'interesse e l'attenzione rivolti verso il problema dei siti inquinati su tutto il territorio nazionale;
    è forte, oggi più che mai, la richiesta di interventi significativi e in grado da una parte di porre fine ai fenomeni di sversamenti illeciti e dall'altra di bonificare le aree inquinate;
    la voce che finalmente è stata data alle migliaia di cittadini che sono stati costretti negli anni a subire sulla propria pelle le conseguenze di queste pratiche illegali chiede di dare maggiore forza sotto tutti i punti di vista all'azione di bonifica dei siti inquinati comprendendo interventi di contrasto alle attività illecite che hanno provocato tale stato di degrado e inquinamento. Quindi non solo servono maggiori risorse ma misure di prevenzione, protezione e sorveglianza dei siti inquinati;
    nell'ottica della trasparenza e della partecipazione dei cittadini, che significa anche responsabilizzare e sensibilizzare l'opinione pubblica, è necessario rendere accessibili i dati che riguardano l'avanzamento dei lavori che interessano i singoli interventi e quelli relativi all'aggiornamento della mappatura dei siti oggetto di abbandoni e depositi illeciti di rifiuti,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di aumentare le risorse destinate alla bonifica dei siti inquinati con particolare attenzione alla «Terra dei fuochi»;
   a valutare l'opportunità di prevedere dei piani di prevenzione di ulteriori abbandoni e depositi illeciti di rifiuti, anche tramite sistemi di sorveglianza in remoto e la chiusura o il traffico regolamentato delle strade di accesso ai siti interessati dalle anzidette operazioni illecite.
9/1865-A/184. (Testo modificato nel corso della seduta) Terzoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    al comma 66 al fine di incrementare la dotazione delle risorse complessive per interventi contro il dissesto idrogeologico, viene autorizzata una spesa di 30 milioni per il 2014, di 50 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016;
    tali risorse non appaiono sufficienti in relazione alla complessità e rilevanza degli interventi in oggetto considerata la precaria situazione idrogeologica in cui versa il nostro Paese, evidenziata da frequenti eventi calamitosi;
    si rende necessario un inventario dei fenomeni franosi italiani che raccolga informazioni complete e tempestive onde prevenire e controllare quanto più il verificarsi di eventi calamitosi in oggetto;
    troppo frequentemente gli interventi sul reticolo idrografico comportano l'alterazione dell'equilibrio sedimentario dei corsi d'acqua con conseguenze non prevedibili,

impegna il Governo:

   a prevedere un congruo innalzamento della dotazione delle risorse complessive per interventi contro il dissesto idrogeologico, destinando una quota di esse al rifinanziamento del progetto IFFI (inventario fenomeni franosi italiani), come da proposta tecnicoeconomica approvata in data 23/10/2013 dalla Conferenza Stato-regioni;
   a destinare prioritariamente le risorse per gli interventi che incidano sul reticolo idrografico, alla delocalizzazione degli immobili siti in aree a rischio e ad interventi sinergici e integrati in aree classificate a rischio R3 e R4, preferibilmente adottando tali interventi a valle di processi partecipati e con particolare riguardo affinché tali interventi non alterino l'equilibrio sedimentario del corso d'acqua e gli interventi di naturalizzazione risultino prioritari rispetto agli interventi di artificializzazione.
9/1865-A/185Segoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Terzoni, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    al comma 66 al fine di incrementare la dotazione delle risorse complessive per interventi contro il dissesto idrogeologico, viene autorizzata una spesa di 30 milioni per il 2014, di 50 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016;
    tali risorse non appaiono sufficienti in relazione alla complessità e rilevanza degli interventi in oggetto considerata la precaria situazione idrogeologica in cui versa il nostro Paese, evidenziata da frequenti eventi calamitosi;
    si rende necessario un inventario dei fenomeni franosi italiani che raccolga informazioni complete e tempestive onde prevenire e controllare quanto più il verificarsi di eventi calamitosi in oggetto;
    troppo frequentemente gli interventi sul reticolo idrografico comportano l'alterazione dell'equilibrio sedimentario dei corsi d'acqua con conseguenze non prevedibili,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, di un congruo innalzamento della dotazione delle risorse complessive per interventi contro il dissesto idrogeologico, destinando una quota di esse al rifinanziamento del progetto IFFI (inventario fenomeni franosi italiani), come da proposta tecnicoeconomica approvata in data 23/10/2013 dalla Conferenza Stato-regioni;
   a destinare prioritariamente le risorse per gli interventi che incidano sul reticolo idrografico, alla delocalizzazione degli immobili siti in aree a rischio e ad interventi sinergici e integrati in aree classificate a rischio R3 e R4, preferibilmente adottando tali interventi a valle di processi partecipati e con particolare riguardo affinché tali interventi non alterino l'equilibrio sedimentario del corso d'acqua e gli interventi di naturalizzazione risultino prioritari rispetto agli interventi di artificializzazione.
9/1865-A/185. (Testo modificato nel corso della seduta) Segoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Terzoni, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    tra le opere connesse a Expo 2015 è stato inserito l'intervento per la riqualificazione ed il potenziamento della Strada Provinciale n. 46 Rho-Monza;
    il collegamento tra la tangenziale nord (A52) e la Rho-Monza (SP46), unita al potenziamento dell'attuale Milano-Meda e alla realizzazione di complanari per la circolazione locale costituiranno un unicum infrastrutturale di 14 corsie autostradali più le complanari;
    i Comuni, in particolar modo Paderno Dugnano, pur favorevoli alla realizzazione dell'opera, hanno fortemente criticato la realizzazione di tratti sopraelevati di attraversamento dei centri abitati, che in molti casi si trovano a breve distanza dalle abitazioni dei cittadini, in particolare di una scuola che ospita circa 2000 studenti;
    la devastazione del territorio e l'inquinamento che deriverà da quest'opera, in un contesto urbano già pesantemente compromesso dalla presenza di altre importanti direttrici, provocherà un danno drammatico e irreversibile per la salute delle future generazioni;
    i comitati cittadini hanno proposto un progetto alternativo di interramento del primo tratto condiviso e approvato da tutti gli organi di governo dei comuni;

impegna il Governo

a valutare in via prioritaria la proposta progettuale che prevede l'interramento del primo lotto di riferimento nel Comune di Paderno Dugnano come indicato dai comitati di cittadini e dagli enti locali.
9/1865-A/186De Rosa, Busto, Daga, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    i drammatici eventi meteorologici che, con una frequenza sempre più serrata, colpiscono il nostro paese mostrano con esiti drammatici lo stato di fatiscenza nel quale versano le infrastrutture stradali e ferroviarie esistenti;
   con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, è stata prevista – all'articolo 18 comma 10 – l'approvazione, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, del programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA;
    con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze n. 268 del 17 luglio 2013, è stato autorizzato, a favore di ANAS, un finanziamento di 300 milioni di euro distribuito nell'arco di un triennio 2013/2015 per l'attuazione del programma degli interventi di manutenzione straordinaria presentato da ANAS, in data 8 luglio 2013;
    il decreto n. 268 del 17 luglio 2013 stanzia 300 milioni di euro, a fronte di un importo complessivo del programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA, di 360 milioni;
    in data 31 luglio 2013, è stata sottoscritta tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e ANAS S.p.A. una convenzione che disciplina l'attuazione del programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA;
    in base all'articolo 5 della Convenzione del 31 luglio 2013, l'ottanta per cento del ribasso d'asta e le somme previste nel quadro economico che alla fine dei lavori risultassero inutilizzate, concorreranno a formare le economie da impiegare immediatamente per finanziare le opere riportate nel Programma, denominate «Ulteriori interventi», non coperte da finanziamento;
    l'articolo 10 della Convenzione del 31 luglio 2013 prevede che il Responsabile del Programma, nominato dall'ANAS, trasmetta al Ministero delle Infrastrutture una relazione trimestrale sull'avanzamento delle attività e sull'attuazione del programma, dando conto dell'avanzamento fisico, procedurale e finanziario del programma;
   considerato che:
    il disegno di legge contenente disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014) modifica l'articolo 18 comma 10 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, prevedendo che il programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA, venga integrato con ulteriori interventi mirati ad incrementare la sicurezza e a migliorare le condizioni dell'infrastruttura viaria,

impegna il Governo a:

   reperire le risorse necessarie per assicurare la copertura finanziaria di tutti gli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale compresi nel programma presentato da ANAS, in data 8 luglio 2013;
   prevedere nell'aggiornamento della Convenzione tra Ministero delle Infrastrutture e ANAS SpA del 31 luglio 2013 – che si renderà necessario alla luce della intervenuta novità normativa – quanto segue:
    a) la pubblicazione, in un'apposita sezione del sito web dell'ANAS S.p.A. e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti della relazione, predisposta dal responsabile del Programma di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale, con una cadenza almeno semestrale;
    b) l'obbligo per ANAS S.p.A. di pubblicare – in un'apposita sezione del proprio sito web – la consistenza delle risorse disponibili per il finanziamento di interventi manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale, derivante da finanziamenti statali ovvero dalle economie formatesi nel corso dell'attuazione del programma;
    c) la destinazione delle maggiori somme stanziate ovvero delle economie che si formeranno – come previsto dall'articolo 5 della Convenzione già sottoscritta – al finanziamento di interventi di ripristino della piena funzionalità e di messa in sicurezza di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale, rispetto ai quali gli enti locali interessati hanno dovuto disporre forme di calmierazione del traffico, oppure prevedere forme di circolazione alternata e/o deviazioni per alcune categorie di mezzi, a causa della ridotta funzionalità dell'infrastruttura.
9/1865-A/187Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Segoni, Terzoni, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    i drammatici eventi meteorologici che, con una frequenza sempre più serrata, colpiscono il nostro paese mostrano con esiti drammatici lo stato di fatiscenza nel quale versano le infrastrutture stradali e ferroviarie esistenti;
   con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, è stata prevista – all'articolo 18 comma 10 – l'approvazione, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, del programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA;
    con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze n. 268 del 17 luglio 2013, è stato autorizzato, a favore di ANAS, un finanziamento di 300 milioni di euro distribuito nell'arco di un triennio 2013/2015 per l'attuazione del programma degli interventi di manutenzione straordinaria presentato da ANAS, in data 8 luglio 2013;
    il decreto n. 268 del 17 luglio 2013 stanzia 300 milioni di euro, a fronte di un importo complessivo del programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA, di 360 milioni;
    in data 31 luglio 2013, è stata sottoscritta tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e ANAS S.p.A. una convenzione che disciplina l'attuazione del programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA;
    in base all'articolo 5 della Convenzione del 31 luglio 2013, l'ottanta per cento del ribasso d'asta e le somme previste nel quadro economico che alla fine dei lavori risultassero inutilizzate, concorreranno a formare le economie da impiegare immediatamente per finanziare le opere riportate nel Programma, denominate «Ulteriori interventi», non coperte da finanziamento;
    l'articolo 10 della Convenzione del 31 luglio 2013 prevede che il Responsabile del Programma, nominato dall'ANAS, trasmetta al Ministero delle Infrastrutture una relazione trimestrale sull'avanzamento delle attività e sull'attuazione del programma, dando conto dell'avanzamento fisico, procedurale e finanziario del programma;
   considerato che:
    il disegno di legge contenente disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014) modifica l'articolo 18 comma 10 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, prevedendo che il programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA, venga integrato con ulteriori interventi mirati ad incrementare la sicurezza e a migliorare le condizioni dell'infrastruttura viaria,

impegna il Governo a:

   reperire le risorse necessarie per assicurare la copertura finanziaria di tutti gli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale compresi nel programma presentato da ANAS, in data 8 luglio 2013;
   prevedere nell'aggiornamento della Convenzione tra Ministero delle Infrastrutture e ANAS SpA del 31 luglio 2013 – che si renderà necessario alla luce della intervenuta novità normativa – quanto segue:
    a) la pubblicazione, in un'apposita sezione del sito web dell'ANAS S.p.A. e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti della relazione, predisposta dal responsabile del Programma di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale, con una cadenza almeno semestrale;
    b) l'obbligo per ANAS S.p.A. di pubblicare – in un'apposita sezione del proprio sito web – la consistenza delle risorse disponibili per il finanziamento di interventi manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale, derivante da finanziamenti statali ovvero dalle economie formatesi nel corso dell'attuazione del programma;
    c) valutare la possibilità di destinare le maggiori somme stanziate ovvero delle economie che si formeranno – come previsto dall'articolo 5 della Convenzione già sottoscritta – al finanziamento di interventi di ripristino della piena funzionalità e di messa in sicurezza di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale, rispetto ai quali gli enti locali interessati hanno dovuto disporre forme di calmierazione del traffico, oppure prevedere forme di circolazione alternata e/o deviazioni per alcune categorie di mezzi, a causa della ridotta funzionalità dell'infrastruttura.
9/1865-A/187. (Testo modificato nel corso della seduta) Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Segoni, Terzoni, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 227,228, 233-bis, 233-ter, 237 dell'articolo 1 prevedono misure al fine di agevolare la ripresa delle attività e per il ripristino dei danni causati dagli eccezionali eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 in Emilia, anche in relazione alla ricostruzione del patrimonio culturale e al regolare svolgimento della didattica la legge 3 agosto 2013, n. 90, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 conosciuto anche come Ecobonus, prevede all'articolo 15 di estendere il meccanismo delle detrazioni fiscali al 65 per cento anche agli interventi di adeguamento antisismico su edifici (adibiti ad abitazione principale o ad attività produttive) ricadenti nelle zone sismiche 1 e 2 della classificazione sismica (alta e media sismicità);
    i Comuni che ricadono nel cratere sismico del maggio 2012 rientrano sulla base dell'attuale classificazione sismica in zona 3, ovvero come aree a sismicità medio-bassa;
   considerato che:
    la vigente classificazione sismica dei Comuni dell'Emilia-Romagna deriva dall'applicazione dell'Ordinanza P.C.M. n. 3274 del 20 marzo 2003;
    nel 2006 viene pubblicata (OPCM 3519/2006) la nuova mappa di pericolosità sismica di riferimento per il territorio nazionale (MPS04), elaborata dall'INGV secondo i criteri dell'Allegato 1 dell'OPCM n. 3274/2003;
    nel 2008 vengono approvate dal Governo (decreto ministeriale 14 settembre 2008) le nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC 2008);
    dopo l'entrata in vigore di queste norme, la mappa di classificazione sismica diventa uno strumento solo di natura amministrativa e non tecnico, ovvero tutti gli strumenti tecnici per la sicurezza sismica del territorio e dei cittadini (progettazione e recupero degli edifici esistenti) fanno riferimento alla carta della pericolosità sismica (MPS04) del 2006;
    la Regione Emilia-Romagna è impegnata da alcuni anni in studi sull'assetto sismo-tettonico dell'Appennino emiliano-romagnolo e della pianura padana per comprendere i fenomeni sismici e a contribuire alla realizzazione di una nuova mappa di pericolosità sismica;
   valutato che:
    attualmente la riclassificazione del territorio regionale può essere fatta solo in applicazione dei criteri proposti dall'OPCM n. 3274/2003;
    la riclassificazione sismica del territorio regionale non risolverebbe l'oggettiva iniquità che esclude i cittadini del «cratere sismico» che non potrebbero comunque beneficiare del 15 per cento in più di detrazione fiscale come previsto dall'Ecobonus;
    fermo restando le leggi attuali, la soluzione per eliminare tale iniquità è quella di estendere, a livello nazionale, la maggiorazione per le ristrutturazioni anche a quelle aree che, seppur non ricadenti nelle zone 1 e 2 della classificazione sismica, sono attualmente interessate dallo stato di emergenza;
    diversi interventi, sotto forma di Atti di indirizzo, sia alla Camera che al Senato, hanno, da più parti politiche, richiesto in tal senso l'intervento del Governo;
    sia la Camera dei Deputati che il Senato della Repubblica hanno adottato un ordine del giorno, durante la discussione sul DL Ecobonus, che impegna il Governo, tra l'altro, ad: «adottare tempestivamente ulteriori iniziative normative volte ad estendere la misura agevolativa del 65 per cento anche ai Comuni colpiti da eventi sismici» e, in particolare: «ad estendere tali interventi di adeguamento sismico per le costruzioni site nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012»;
    l'Assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna ha deliberato con voto unanime una Risoluzione (Prot. n. 36196 dell'11 settembre 2013) in cui si chiede al Governo di estendere, a livello nazionale, la maggiorazione dell'Ecobonus per le ristrutturazioni anche a quelle aree che, seppur non ricadenti nelle zone 1 e 2 della classificazione sismica, sono attualmente interessate dallo stato di emergenza;

impegna il Governo:

   ad adottare i necessari provvedimenti per il pieno riconoscimento della detrazione fiscale del 65 per cento anche per gli adeguamenti antisismici sugli edifici civili e produttivi delle imprese dei territori per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza – e preferibilmente a tutti i Comuni ricadenti in zona sismica 3 – attraverso un provvedimento di modifica dell'attuale legge in vigore;
   a promuovere a livello nazionale un confronto tecnico-scientifico tra le Regioni, il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile e l'istituto Nazionale di Geofisica per la verifica della revisione della carta della pericolosità, non solo in base a criteri sismologici, ma anche in base alle condizioni geologiche strutturali e con criteri di massima salvaguardia della sicurezza dei cittadini.
9/1865-A/188Zolezzi, Ferraresi, Dell'Orco, Spadoni, Sarti, Dall'Osso, Paolo Bernini, Mucci, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 227,228, 233-bis, 233-ter, 237 dell'articolo 1 prevedono misure al fine di agevolare la ripresa delle attività e per il ripristino dei danni causati dagli eccezionali eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 in Emilia, anche in relazione alla ricostruzione del patrimonio culturale e al regolare svolgimento della didattica la legge 3 agosto 2013, n. 90, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 conosciuto anche come Ecobonus, prevede all'articolo 15 di estendere il meccanismo delle detrazioni fiscali al 65 per cento anche agli interventi di adeguamento antisismico su edifici (adibiti ad abitazione principale o ad attività produttive) ricadenti nelle zone sismiche 1 e 2 della classificazione sismica (alta e media sismicità);
    i Comuni che ricadono nel cratere sismico del maggio 2012 rientrano sulla base dell'attuale classificazione sismica in zona 3, ovvero come aree a sismicità medio-bassa;
   considerato che:
    la vigente classificazione sismica dei Comuni dell'Emilia-Romagna deriva dall'applicazione dell'Ordinanza P.C.M. n. 3274 del 20 marzo 2003;
    nel 2006 viene pubblicata (OPCM 3519/2006) la nuova mappa di pericolosità sismica di riferimento per il territorio nazionale (MPS04), elaborata dall'INGV secondo i criteri dell'Allegato 1 dell'OPCM n. 3274/2003;
    nel 2008 vengono approvate dal Governo (decreto ministeriale 14 settembre 2008) le nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC 2008);
    dopo l'entrata in vigore di queste norme, la mappa di classificazione sismica diventa uno strumento solo di natura amministrativa e non tecnico, ovvero tutti gli strumenti tecnici per la sicurezza sismica del territorio e dei cittadini (progettazione e recupero degli edifici esistenti) fanno riferimento alla carta della pericolosità sismica (MPS04) del 2006;
    la Regione Emilia-Romagna è impegnata da alcuni anni in studi sull'assetto sismo-tettonico dell'Appennino emiliano-romagnolo e della pianura padana per comprendere i fenomeni sismici e a contribuire alla realizzazione di una nuova mappa di pericolosità sismica;
   valutato che:
    attualmente la riclassificazione del territorio regionale può essere fatta solo in applicazione dei criteri proposti dall'OPCM n. 3274/2003;
    la riclassificazione sismica del territorio regionale non risolverebbe l'oggettiva iniquità che esclude i cittadini del «cratere sismico» che non potrebbero comunque beneficiare del 15 per cento in più di detrazione fiscale come previsto dall'Ecobonus;
    fermo restando le leggi attuali, la soluzione per eliminare tale iniquità è quella di estendere, a livello nazionale, la maggiorazione per le ristrutturazioni anche a quelle aree che, seppur non ricadenti nelle zone 1 e 2 della classificazione sismica, sono attualmente interessate dallo stato di emergenza;
    diversi interventi, sotto forma di Atti di indirizzo, sia alla Camera che al Senato, hanno, da più parti politiche, richiesto in tal senso l'intervento del Governo;
    sia la Camera dei Deputati che il Senato della Repubblica hanno adottato un ordine del giorno, durante la discussione sul DL Ecobonus, che impegna il Governo, tra l'altro, ad: «adottare tempestivamente ulteriori iniziative normative volte ad estendere la misura agevolativa del 65 per cento anche ai Comuni colpiti da eventi sismici» e, in particolare: «ad estendere tali interventi di adeguamento sismico per le costruzioni site nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012»;
    l'Assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna ha deliberato con voto unanime una Risoluzione (Prot. n. 36196 dell'11 settembre 2013) in cui si chiede al Governo di estendere, a livello nazionale, la maggiorazione dell'Ecobonus per le ristrutturazioni anche a quelle aree che, seppur non ricadenti nelle zone 1 e 2 della classificazione sismica, sono attualmente interessate dallo stato di emergenza;

impegna il Governo:

   ad adottare i necessari provvedimenti per il pieno riconoscimento della detrazione fiscale del 65 per cento anche per gli adeguamenti antisismici sugli edifici civili e produttivi delle imprese dei territori per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza;
   a promuovere a livello nazionale un confronto tecnico-scientifico tra le Regioni, il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile e l'istituto Nazionale di Geofisica per la verifica della revisione della carta della pericolosità, non solo in base a criteri sismologici, ma anche in base alle condizioni geologiche strutturali e con criteri di massima salvaguardia della sicurezza dei cittadini.
9/1865-A/188. (Testo modificato nel corso della seduta) Zolezzi, Ferraresi, Dell'Orco, Spadoni, Sarti, Dall'Osso, Paolo Bernini, Mucci, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 227, 228, 233-bis, 233-ter, 237 dell'articolo 1 prevedono misure al fine di agevolare la ripresa delle attività e per il ripristino dei danni causati dagli eccezionali eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 in Emilia, anche in relazione alla ricostruzione del patrimonio culturale e al regolare svolgimento della didattica;
    nei territori dei Comuni interessati dal sisma del maggio 2012, di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2012, n. 122, la ricostruzione degli edifici, in particolare ad uso abitativo, procede con rilento;
    i nuclei famigliari che stanno beneficiato del Cas (contributo per l'autonoma sistemazione) sono circa 10 mila; sono complessivamente 760 i moduli prefabbricati abitativi allestiti in ambito urbano, che ospitano circa 2.300 persone, a questi si aggiungono circa 200 moduli abitativi collocati in area rurale;
    la situazione occupazionale è stata pesantemente aggravata dal sisma: sono 4.800 i posti di lavoro persi imputabili in modo più o meno diretto all'effetto terremoto (di cui 2.779 solo all'interno del cosiddetto cratere), al 30 giugno 2013 l'uso degli ammortizzatori sociali con «causale sisma» è pari a 3,7 milioni di ore di Cig, corrispondenti a 2.408 lavoratori;
    tale situazione comporta che chi si trova a fronteggiare la mancanza di abitazione, distrutta o in parte lesionata, comunque inagibile, è costretto ad alloggi diversi, che in tanti avevano acceso un mutuo presso un istituto bancario o finanziario per tale abitazione, che la mancanza di lavoro o la precarietà del reddito impedisce il pagamento delle rate del mutuo;

impegna il Governo

a prolungare la sospensione delle rate dei mutui e dei finanziamenti di qualsiasi genere per immobili di edilizia abitativa fino al completo ripristino delle agibilità degli edifici stessi, così come previsto dall'articolo 8 comma 1, numero 9) del decreto-legge n. 74 del 2012;
    ad autorizzare i Commissari delegati di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge lo agosto 2012, n. 122, ad impiegare fino ad un massimo di euro 3 milioni del Fondo per la ricostruzione di cui all'articolo 2 del medesimo decreto-legge, per il pagamento dei maggiori interessi maturati a carico dei soggetti che hanno contratto tali mutui o finanziamenti e che usufruiscono della sospensione delle rate.
9/1865-A/189Ferraresi, Dell'Orco, Spadoni, Sarti, Dall'Osso, Paolo Bernini, Mucci.


   La Camera,
   premesso che:
    Il comma 58 ripristina la spesa di 20,75 milioni di euro per il 2014 per il completamento del piano nazionale della banda larga che con il Decreto del fare (legge 9 agosto 2013, n. 98 Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia) erano stati tagliati a favore degli indennizzi alle TV locali;
    l'agenda digitale europea (COM (2010) 245), pone la banda larga come una delle sette iniziative chiave della strategia Europa 2020, prevedendo tra i suoi obiettivi: banda larga di base per tutti entro il 2013 e accesso a reti di nuova generazione (velocità pari o superiori a 30 Mbps) per tutti i cittadini europei entro il 2020;
    il decreto c.d. crescita 2.0 (dl 179/2012), mediante i decreti attuativi, prevede la creazione di nuove imprese innovative (startup), strumenti fiscali per agevolare la realizzazione di opere infrastrutturali con capitali privati, attrazione degli investimenti esteri in Italia e interventi di liberalizzazione;
    come risulta dall'ultima valutazione della Commissione Europea di Giugno 2013 sul raggiungimento degli obiettivi posti dall'Agenda digitale, l'Italia è all'ultimo posto per quanto riguarda la diffusione della banda larga ad alta velocità e attualmente i decreti attuativi del decreto crescita 2.0 risultano in forte ritardo, tra cui l'istituzione dello Statuto;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare ulteriori fondi, nel rispetto degli obiettivi dell'Agenda Digitale europea citati nelle premesse volti, per il completamento del Piano Nazionale della banda larga e della banda ultra larga.
9/1865-A/190Liuzzi, Catalano, Nicola Bianchi, Cristian Iannuzzi, Dell'Orco, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 52 dell'articolo 1 dell'atto Camera 1865 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» autorizza la spesa di 300 milioni di euro per l'anno 2014 per interventi in favore del settore dell'autotrasporto;
    il settore dell'autotrasporto necessita di interventi che mirino ad una razionalizzazione, ad una ottimizzazione e alla messa in sicurezza dello stesso riducendo così le inefficienze e consentendo di ottenere importanti risparmi e un abbattimento dell'impatto ambientale dovuto da tale attività,

impegna il Governo

ad adoperarsi affinché quota parte delle risorse stanziate nel comma 52 vengano destinate prioritariamente a strutture societarie risultanti dall'aggregazione delle imprese di autotrasporto.
9/1865-A/191Nicola Bianchi, Catalano, Cristian Iannuzzi, Liuzzi, Dell'Orco, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 52 dell'articolo 1 dell'atto Camera 1865 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» autorizza la spesa di 300 milioni di euro per l'anno 2014 per interventi in favore del settore dell'autotrasporto;
    il settore dell'autotrasporto necessita di interventi che mirino ad una razionalizzazione, ad una ottimizzazione e alla messa in sicurezza dello stesso riducendo così le inefficienze e consentendo di ottenere importanti risparmi e un abbattimento dell'impatto ambientale dovuto da tale attività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi affinché quota parte delle risorse stanziate nel comma 52 vengano destinate prioritariamente a strutture societarie risultanti dall'aggregazione delle imprese di autotrasporto.
9/1865-A/191. (Testo modificato nel corso della seduta) Nicola Bianchi, Catalano, Cristian Iannuzzi, Liuzzi, Dell'Orco, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 285 dell'articolo 1 dell'atto Camera 1865 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» introduce delle misure di razionalizzazione e revisione della spesa, di ridimensionamento delle strutture e di riduzione delle spese per beni e servizi, al fine di assicurare una riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni in misura non inferiore a 60 milioni di euro nell'anno 2014, a 700 milioni di euro nell'anno 2015 e a 1.410 milioni di euro negli anni 2016 e 2017;
    il decreto 9 agosto 2013, n. 110, del Ministro dello sviluppo economico, recante Regolamento su «norme per la progressiva dematerializzazione dei contrassegni di assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi per danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada, attraverso la sostituzione degli stessi con sistemi elettronici o telematici, di cui all'articolo 31 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27» definisce le modalità per la progressiva dematerializzazione del contrassegno assicurativo,

impegna il Governo

a procedere alla realizzazione di uno strumento informativo unico, in cui confluiscano i dati e le caratteristiche tecniche regolamentari, della proprietà, della regolarità fiscale (bollo regionale) ed assicurative dei veicoli.
9/1865-A/192Cristian Iannuzzi, Catalano, Nicola Bianchi, Liuzzi, Dell'Orco, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 285 dell'articolo 1 dell'atto Camera 1865 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» introduce delle misure di razionalizzazione e revisione della spesa, di ridimensionamento delle strutture e di riduzione delle spese per beni e servizi, al fine di assicurare una riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni in misura non inferiore a 60 milioni di euro nell'anno 2014, a 700 milioni di euro nell'anno 2015 e a 1.410 milioni di euro negli anni 2016 e 2017;
    il decreto 9 agosto 2013, n. 110, del Ministro dello sviluppo economico, recante Regolamento su «norme per la progressiva dematerializzazione dei contrassegni di assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi per danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada, attraverso la sostituzione degli stessi con sistemi elettronici o telematici, di cui all'articolo 31 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27» definisce le modalità per la progressiva dematerializzazione del contrassegno assicurativo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere alla realizzazione di uno strumento informativo unico, in cui confluiscano i dati e le caratteristiche tecniche regolamentari, della proprietà, della regolarità fiscale (bollo regionale) ed assicurative dei veicoli.
9/1865-A/192. (Testo modificato nel corso della seduta) Cristian Iannuzzi, Catalano, Nicola Bianchi, Liuzzi, Dell'Orco, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Zardini, Gandolfi.


   La Camera,
   premesso che:
    da anni FIAB (federazione italiana amici della bicicletta), chiede, in virtù del numero crescente di iscritti e in generale di persone che usano la bici per gli spostamenti quotidiani, l'adozione di un provvedimento che tuteli i cittadini che scelgono tale mezzo per recarsi sul posto di lavoro;
    secondo un sondaggio del 2013 condotto da Legambiente e Irp Marketing, l'uso della bici in Italia è aumentato di tre volte nei giorni feriali. Se nel 2001 solo il 2,9 per cento degli italiani utilizzava la bicicletta per muoversi in città, oggi il 9 per cento dei cittadini sceglie le due ruote per muoversi negli spazi urbani. In cifre questa percentuale corrisponde a circa 5 milioni di persone;
    sempre più persone in Italia scelgono la bicicletta come mezzo di trasporto anche per recarsi al lavoro, non solo per il vantaggio in termini di risparmio economico, ma anche in termini di tutela ambientale. L'utilizzo della bicicletta al posto delle autovetture, si traduce in un minor impatto ambientale, evitando di produrre emissioni di inquinanti e di particolato proveniente dagli scarichi dei veicoli a motore;
    l'utilizzo della bicicletta al posto delle autovetture, negli orari «di punta» favorisce un miglior flusso circolatorio del traffico urbano, di fatto, riducendo lo spazio stradale che normalmente viene occupato dall'autovettura, l'utilizzo della bicicletta impedisce la formazione di lunghe code e di ingorghi, limitando quindi le congestioni urbane dovute al traffico veicolare;
    l'articolo 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000 n. 38 recante «Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali a norma dell'articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144» prevede, all'articolo 12, «l'infortunio in itinere»;
    l'infortunio in itinere consiste nell'infortunio occorso al lavoratore durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, oppure durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. Tuttavia l'articolo 12 non specifica se l'uso della bicicletta sia ricompreso tra i casi in oggetto,

impegna il Governo

a valutare l'ipotesi di inserire l'uso della bicicletta coperto da assicurazione, anche nel caso di percorsi brevi o di possibile utilizzo del mezzo pubblico, all'interno dei casi previsti dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, «Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali».
9/1865-A/193De Lorenzis, Catalano, Nicola Bianchi, Cristian Iannuzzi, Liuzzi, Dell'Orco, Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 50-ter dell'articolo 1 dell'atto Camera 1865 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» consente di apportare modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali anche ai veicoli in circolazione appartenenti alla categoria internazionale M, ovvero ai veicoli a motore destinati al trasporto di persone ed aventi almeno quattro ruote e non più esclusivamente ai veicoli appartenenti, oltre alla categoria L e N1 che rimangono invariate, alla categoria M1, ovvero veicoli destinati al trasporto di persone aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente,

impegna il Governo

ad istituire, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo a sostegno delle operazioni di retrofit elettrico.
9/1865-A/194Catalano, Nicola Bianchi, Cristian Iannuzzi, Liuzzi, Dell'Orco, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 50-ter dell'articolo 1 dell'atto Camera 1865 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» consente di apportare modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali anche ai veicoli in circolazione appartenenti alla categoria internazionale M, ovvero ai veicoli a motore destinati al trasporto di persone ed aventi almeno quattro ruote e non più esclusivamente ai veicoli appartenenti, oltre alla categoria L e N1 che rimangono invariate, alla categoria M1, ovvero veicoli destinati al trasporto di persone aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo a sostegno delle operazioni di retrofit elettrico.
9/1865-A/194. (Testo modificato nel corso della seduta) Catalano, Nicola Bianchi, Cristian Iannuzzi, Liuzzi, Dell'Orco, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 50-bis dell'articolo 1 dell'atto Camera 1865 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» dispone che entro il 31 marzo 2014 con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti vengano definiti, con criteri di uniformità a livello nazionale, i costi standard dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, nonché i criteri per l'aggiornamento e l'applicazione degli stessi;
    il comma 300, articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» ha istituito, presso il Ministero dei trasporti, l'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale, al fine di creare una banca dati e un sistema informativo pubblico e di assicurare la verifica dell'andamento del settore e del completamento del processo di riforma;
    nel quadro della discussione sui cosiddetti fabbisogni standard di comuni, province e città metropolitane la Società per gli studi di settore spa, il cui capitale è detenuto per l'89 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e per l'11 per cento dalla Banca d'Italia, è stato chiamato a giocare un ruolo fondamentale nella individuazione delle metodologie di calcolo e nella definizione dei specifici fabbisogni standard,

impegna il Governo

ad adoperarsi affinché, nel rispetto del principio di economicità e di cooperazione tra enti pubblici, l'Osservatorio nazionale del trasporto pubblico locale e la Sose Spa, in quanto affidataria nella determinazione dei costi standard nel trasporto pubblico locale, possano collaborare nella definizione di tali costi standard, garantendo la possibilità di interscambio fruibile dei dati.
9/1865-A/195Paolo Nicolò Romano, Catalano, Nicola Bianchi, Cristian Iannuzzi, Liuzzi, Dell'Orco, De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 227, 228, 233-bis, 233-ter, 237 dell'articolo 1 prevedono misure al fine di agevolare la ripresa delle attività e per il ripristino dei danni causati dagli eccezionali eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 in Emilia, anche in relazione alla ricostruzione del patrimonio culturale e al regolare svolgimento della didattica;
    nei comuni interessati dal sisma del maggio 2012, di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2012, n. 122, permane una diffusa stagnazione economica a conseguenza di una difficile ricostruzione, che incide pesantemente sulle attività produttive, economiche, occupazionali, specialmente nel tessuto della piccola e media impresa;
    al fine di favorire la ripresa economica locale le associazioni imprenditoriali hanno più volte chiesto di provvedere, in sede legislativa, alla definizione di una fiscalità di provvisorio vantaggio, come in altri simili casi è avvenuto ed avviene;
    al 31 dicembre 2013 è in scadenza la normativa di cui all'articolo 19-bis del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2012, n. 122, che prevedeva nei territori delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessati dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012, l'istituzione in via sperimentale delle zone a burocrazia zero ai sensi dell'articolo 43 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
    anche al fine di favorire l'occupazione sarebbe opportuno istituire la cosiddetta fiscalità di vantaggio, attraverso la previsione di minori oneri fiscali per le imprese nel rispetto del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione; l'istituzione di aree in deroga può e deve essere portata avanti con determinazione presso le competenti sedi europee, in applicazione del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), articolo 107, par. 2, lett. b), che prevede che nel caso di calamità naturali «gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali» siano compatibili de iure con il mercato interno,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative al fine di istituire una fiscalità di vantaggio nell'area colpita dal sisma del maggio 2012 in ossequio alla normativa europea.
9/1865-A/196Dell'Orco, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Liuzzi, Catalano, Cristian Iannuzzi, Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi da 301 a 305, prevede disposizioni inerenti il trattamento economico del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche e l'ulteriore blocco della contrattazione per il 2014 per la parte economica, disposizioni concernenti l'indennità di vacanza contrattuale e il trattamento accessorio dei dipendenti pubblici;
   considerato che:
    le disposizione richiamate prevedono – in buona sostanza – la proroga fino al dicembre del 2014 del blocco degli aumenti retributivi, degli incrementi dell'indennità di vacanza contrattuale e del trattamento accessorio dei dipendenti dalle amministrazioni pubbliche, peraltro già previsto dal regolamento n. 122 del 2013 adottato con decreto del Presidente della Repubblica;
    il prospettato blocco presenta profili di dubbia legittimità costituzionale;
    le disposizioni in esame perseguono la riduzione del passivo del bilancio statale (anche in esecuzione dei patti assunti con l'Unione Europea con il cosiddetto «fiscal compact») e sarebbero state adottate in considerazione della eccezionalità della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea;
    tuttavia tale obiettivo deve essere perseguito con criteri di proporzionalità e ragionevolezza e nel rispetto dei principi di uguaglianza formale e sostanziale in base agli articoli 2 e 3 della Costituzione, e conformemente agli altri valori tutelati dalla Costituzione, tra cui anche quelli definiti dall'articolo 36 della Costituzione;
    la Corte Costituzionale, in occasione di pregresse manovre economiche, recanti deroghe temporanee a tali meccanismi rivalutativi di adeguamento, disposte, in particolare, in occasione della grave congiuntura economica del 1992, ha indicato i limiti e le condizioni entro i quali un tale intervento può ritenersi rispettoso dei principi costituzionali;
    in particolare, la Corte, con l'ordinanza n. 299 del 1999 nel sindacare la costituzionalità del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438 (dopo aver premesso che il suddetto decreto-legge era stato emanato in un momento molto delicato per la vita economico-finanziaria del Paese, caratterizzato dalla necessità di recuperare l'equilibrio di bilancio), ha affermato che «per esigenze così stringenti il legislatore ha imposto a tutti sacrifici anche onerosi (sentenza n. 245 del 1997) e che norme di tale natura possono ritenersi non lesive del principio di cui all'articolo 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarietà sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza), a condizione che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso» (Corte Costituzionale 7 luglio 1999, n. 299). In particolare, (come è stato ripreso anche dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 2012), la suddetta pronuncia ha precisato che tale intervento, «pur collocandosi in un ambito estremo, non lede tuttavia alcuno dei precetti indicati, in quanto il sacrificio imposto ai pubblici dipendenti dal comma 3 del citato articolo 7 è stato limitato a un anno; così come limitato nel tempo è stato il divieto di stipulazione di nuovi accordi economici collettivi, previsto dal comma 1 dell'articolo 7 e che quindi, tale norma ha imposto un sacrificio non irragionevolmente esteso nel tempo (sentenza n. 99 del 1995), né irrazionalmente ripartito fra categorie diverse di cittadini»;
    tuttavia l'attuale regime di proroga pare oltrepassare i limiti tracciati dalla suddetta giurisprudenza della Corte;
    le misure restrittive sono state disposte per un triennio e prorogate sino a dicembre 2014, in tal modo difettando nella sostanza quel requisito dell'eccezionalità e temporaneità della disciplina. Infatti la sospensione della negoziazione sugli incrementi retributivi disposta per un triennio determina un vero e proprio «congelamento» della fisiologica dinamica retributiva, non comparabile nemmeno alla manovra passata del decreto-legge n. 384/1992, effettivamente di natura transitoria ed emergenziale in quanto circoscritto ad un anno. La proroga per un ulteriore anno delle limitazioni ai trattamenti economici – tra l'altro già esercitata per effetto del regolamento n. 122/2013 adottato con decreto del Presidente della Repubblica – rende di fatto stabile una disposizione a carattere eccezionale e, addirittura, disponendo ex novo la sospensione dell'indennità di vacanza contrattuale per gli anni 2013-2014, è stato determinato un effetto permanente del blocco dell'adeguamento delle retribuzioni;
    con la legge di stabilità per il 2014 si vuole rendere «strutturale» la misura emergenziale già adottata;
    anche il tribunale di Roma recentemente ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle norme che prevedono la proroga del blocco degli aumenti retributivi (articolo 9, comma 1 e 17, decreto-legge n. 78/2010 e articolo 16, comma 1, decreto-legge n. 98/2011) con ordinanza del 27 novembre 2013 trasmettendo gli atti alla Corte Costituzionale;
    le misure di risanamento sono state adottate agendo sulle retribuzioni dei soli pubblici dipendenti, ciò che prospetta la contemporanea violazione del principio di uguaglianza tra i cittadini e del dovere di solidarietà politica, sociale ed economica di cui rispettivamente agli articoli 3 e 2 della Costituzione;
    la proroga ancora di un ulteriore anno del blocco dei meccanismi e dei trattamenti economici sopra individuati, impone ai dipendenti pubblici un sacrificio esteso nel tempo sullo stesso presupposto del primo blocco facendo gravare il peso della crisi – nuovamente – sull'intero pubblico impiego anziché ricercare percorsi alternativi al raggiungimento della «stabilizzazione finanziaria» e la previsione di misure di equa distribuzione del «carico» dei sacrifici ripartendolo diversamente fra categorie diverse di cittadini;
    tali disposizioni possono produrre anche effetti negativi sul buon andamento della pubblica amministrazione;
    in particolare, il blocco della contrattazione nella parte economica e il suo previsto prolungamento provocherebbe un ulteriore sostanziale impoverimento retributivo in danno della categoria dei pubblici dipendenti, categoria già peraltro oggetto degli ultimi anni di politiche fortemente penalizzanti;
    le conseguenze a livello macroeconomico di una compressione dei redditi medio bassi di una così ampia categoria sociale non possono che risultare spiccatamente recessive;
    è auspicabile una sospensione della continua proroga di disposizioni volte alla compressione del reddito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e l'avvio di un confronto per la revisione delle politiche in atto;
    infine le disposizioni che «congelano» gli aumenti retributivi e gli scatti di anzianità per i pubblici dipendenti, senza alcuna valutazione e distinzione in ordine al merito e alla performance del settore dell'amministrazione e alla performance del singolo dipendente, di fatto procrastinano l'applicazione dei nuovi istituti contrattuali retributivi legati al merito previsti dal decreto legislativo n. 150 del 2009 (cosiddetta riforma «Brunetta») che prevede numerosi strumenti (anche economici) per premiare il merito e la professionalità del dipendente pubblico (articoli 20 e seguenti decreto legislativo n. 150/2009),

impegna il Governo:

   ad individuare idonee risorse finanziarie e i fondi necessari al fine di superare il blocco e/o congelamento dei trattamenti retributivi economici dei dipendenti dalle amministrazioni pubbliche e dare piena attuazione all'articolo 36 della Costituzione;
   a dare piena ed effettiva attuazione agli istituti contrattuali retributivi legati al merito previsti dal decreto legislativo n. 150 del 2009 (cosiddetta riforma «Brunetta») volti a premiare il merito e la professionalità del dipendente pubblico.
9/1865-A/197Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    ad oggi circa 2.000 lavoratori affetti da gravi patologie asbesto-correlate di origine professionale, non hanno ancora raggiunto i requisiti per la maturazione del diritto alla pensione, anche dopo la rivalutazione del periodo contributivo ai sensi dell'articolo 13, comma 7, legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni;
   ad oggi chi è affetto da gravi patologie asbesto-correlate è condannato a rapida e dolorosa morte senza possibilità di alcuna cura efficace,

impegna il Governo

a varare una norma che permetta ai suddetti lavoratori affetti da patologie asbesto-correlate di origine professionale di accedere al pensionamento anticipato con il sistema contributivo, e ad individuare le idonee risorse finanziarie ed i fondi necessari al fine di permettere loro di conservare tutte le altre provvidenze vigenti quali i benefici previsti dagli articoli 140 e seguenti del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, e ogni altra disposizione vigente in favore dei lavoratori affetti da patologie asbestocorrelate.
9/1865-A/198Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge n. 1865, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014)»; l'articolo 1 comma 117 reca disposizioni in materia di regime delle partite IVA;
    nell'attuale scenario socio-economico, corre l'obbligo di puntare i riflettori sulle opportunità che avvantaggino le piccole e medie imprese e che favoriscano la nascita di nuove attività, nelle quali possano operare, in particolare, i giovani;
    la soglia di esenzione IVA del regime dei minimi è oggi stabilita in 30.000 euro; il regime di esenzione scadrebbe il 31 dicembre 2013;
    accogliendo le richieste dell'Italia, il Consiglio Europeo, con decisione di esecuzione 2013/678/UE, del 15 novembre 2013, ha autorizzato la Repubblica italiana a continuare ad applicare una misura speciale di deroga all'articolo 285 della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, in G.U. legge 316 del 27 novembre 2013 pagine 35-36;
    con tale decisione, l'Italia, in deroga all'articolo 285 della direttiva 2006/112/CE, è autorizzata ad esentare dall'IVA i soggetti passivi il cui volume d'affari annuo non supera i 65000 euro e ad aumentare tale soglia al fine di mantenere il valore dell'esenzione in termini reali. Tale misura consente di esonerare detti soggetti passivi da alcuni o dalla totalità degli obblighi in materia di IVA di cui al titolo XI, capi da 2 a 6, della direttiva 2006/112/CE.
    ora è auspicabile che il legislatore italiano adotti il relativo provvedimento, che confermerebbe, oltretutto, una serie di semplificazioni e di riduzioni degli obblighi fiscali, come l'esonero dalle registrazioni e dalla tenuta di talune scritture contabili. L'aumento delle nuove partite IVA nate grazie all'avvento del regime di esenzione dimostra l'efficacia di questo strumento

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di esentare dall'IVA i soggetti passivi il cui volume d'affari annuo non supera i 65.000 euro.
9/1865-A/199Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame dell'A.C. n. 1865 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014)»),
    l'articolo 1 comma 302 reca disposizioni in materia di blocco della contrattazione ed incrementi stipendiali nella pubblica amministrazione;
    l'articolo 64, comma 9, del decreto- legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, prevede che «una quota parte delle economie di spesa di cui al comma 6 è destinata, nella misura del 30 per cento, ad incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della scuola a decorrere dall'anno 2010, con riferimento ai risparmi conseguiti per ciascun anno scolastico. Gli importi corrispondenti alle indicate economie di spesa vengono iscritti in bilancio in un apposito Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, a decorrere dall'anno successivo a quello dell'effettiva realizzazione dell'economia di spesa, e saranno resi disponibili in gestione con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca subordinatamente alla verifica dell'effettivo ed integrale conseguimento delle stesse rispetto ai risparmi previsti»;
    l'articolo 8, comma 14 del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, richiama le risorse di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto 25 giugno 2008 n. 112 e conferma che le medesime «(...) sono comunque destinate, con le stesse modalità di cui al comma 9, secondo periodo, del citato articolo 64, al settore scolastico. Alle stesse finalità possono essere destinate risorse da individuare in esito ad una specifica sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e nel rispetto degli obiettivi programmati dei saldi di finanza pubblica. La destinazione delle risorse previste dal presente comma e’ stabilita con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;
    l'articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122 prevede che il blocco degli incrementi contrattuali per tutto il personale della Pubblica Amministrazione, e dunque anche per il comparto scuola, venga esteso fino al 31 dicembre 2014, e precisamente afferma che «si dà luogo, alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013-2014 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche così come individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, per la sola parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica. Per il medesimo personale non si dà luogo, senza possibilità di recupero, al riconoscimento degli incrementi contrattuali eventualmente previsti a decorrere dall'anno 2011;
    le amministrazioni scolastiche, in accordo con le organizzazioni sindacali rappresentative, avrebbero deciso di prelevare 350 milioni di euro dai 985 milioni che il Miur destina ogni anno per le attività pomeridiane, i progetti a completamento della formazione ordinaria e le visite culturali al fine di garantire il pagamento degli scatti stipendiali dell'annualità 2012 al personale della scuola;
    la riduzione di oltre un terzo di questi fondi determinerebbe, inoltre, un compenso ridotto ai docenti coordinatori per le attività a supporto della didattica, le cosiddette funzioni strumentali, e al personale Ata a supporto;

impegna il Governo

a destinare la quota parte delle economie di spesa, nella misura del 30 per cento, ottenuta dal piano quadriennale di razionalizzazione del settore scolastico stabilito dal decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, al riconoscimento degli incrementi contrattuali del personale della scuola per gli anni 2012 e seguenti, così come statuito dall'articolo 64, comma 9, del decreto in questione.
9/1865-A/200Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo non ha previsto norme volte alla riduzione delle disuguaglianze sociali sotto il profilo dei salari;
    al fine di contrastare l'accumulazione della ricchezza in mano a pochi, recentemente in Svizzera è stato proposto un referendum per introdurre nella costituzione il principio del rapporto 1 a 12 tra i salari più bassi e quelli più alti versati dalla stessa azienda;
    nello specifico, la proposta di legge costituzionale svizzera riconosce che il salario massimo versato da un impresa non può essere superiore di oltre dodici volte il salario minimo versato dalla stessa impresa; tenuto conto anche della grave crisi occupazionale come quella attuale che si attesta in Italia intorno al 12,5 per cento, l'introduzione di un principio di equità sociale nella distribuzione dei salari, sia nel privato quanto nel pubblico, può incidere in senso positivo sull'economia del paese;
    in questo senso, con riferimento al settore pubblico, con l'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 2014, è stato inserito quale parametro massimo di riferimento, per tutti coloro che percepiscono emolumenti da parte della pubblica amministrazione, il trattamento economico annuale del primo presidente della Corte di Cassazione pari ad euro 302.937,00 per l'anno 2013;
    pertanto, si rende necessario un intervento al fine di ridurre le diversità salariali tra i lavoratori che percepiscono stipendi quasi al di sotto della soglia di povertà e manager privati o dirigenti della pubblica amministrazione che percepiscono emolumenti milionari;

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere norme finalizzate alla riduzione delle disuguaglianze sociali salariali introducendo il principio del rapporto salariale 1 a 12 sia nel settore pubblico quanto nel settore privato.
9/1865-A/201Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 11 giugno 1974, n. 252, cosiddetta «Legge Mosca», sulla Regolarizzazione della posizione assicurativa dei dipendenti dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di tutela e rappresentanza della cooperazione;
    detto provvedimento ha concesso il riconoscimento di un regime contributivo agevolato a persone che hanno prestato attività lavorativa alle dipendenze di partiti politici, sindacati, istituti di patronato e associazioni del movimento cooperativo ed ha rappresentato un palese caso di «conflitto di interesse», poiché è stata proposta dall'onorevole Giovanni Mosca, sindacalista della Cgil, per favorire partiti e sindacati;
    è fatto notorio, difatti, che la legge Mosca, a causa degli inadeguati criteri ivi previsti per l'attribuzione del contributo previdenziale, si è rivelata illegittima poiché ha consentito il riconoscimento di anni di «falsa» attività lavorativa a coloro che vi hanno beneficiato;
    difatti, sono stati incardinati molteplici procedimenti giudiziari che hanno coinvolto un centinaio di Procure della Repubblica e che si sono conclusi con la condanna per truffa e falso ideologico di soggetti che hanno avuto accesso al trattamento pensionistico regolato dalla legge in questione; il caso più clamoroso è il processo istruito contro centoundici lavoratori fittizi di Pci, Dc, Cisl e Lega Coop, accusati di aver usufruito della pensione garantita dalla legge Mosca senza aver mai prestato attività lavorativa, rispettivamente, presso partiti, sindacati e cooperative;
    sicché, tale legge, nel tempo prorogata, ha consentito a circa 40.000 persone di beneficiare di pensioni agevolate e di godere del riscatto a basso costo degli anni trascorsi nel partito politico o nel sindacato, prevedendo, irragionevolmente, quale requisito sufficiente per l'attribuzione dei contributi, la mera dichiarazione del rappresentante del partito o del sindacato per attestare l'avvenuta prestazione lavorativa;
    è stato stimato che il costo della legge in questione all'erario dello Stato ha superato i 25.000 miliardi di lire, ossia gli attuali 17 miliardi di euro, sottraendo dunque all'Inps i contributi versati ai fini pensionistici da coloro che realmente avevano prestato attività lavorativa;
    pur essendo nota l'illegittimità dei diritti previdenziali conseguiti attraverso la legge Mosca, nel tempo, la classe politica si è resa, immotivatamente, passiva dinanzi ad ogni proposta volta a fare chiarezza sulla vicenda e a riparare i danni determinati al patrimonio pubblico,

impegna il Governo

a disporre l'abrogazione della legge 11 giugno 1974, n. 252, adottando ulteriori iniziative, anche normative, volte a porre rimedio al danno finanziario determinato all'Inps dal provvedimento in esame.
9/1865-A/202Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo non ha previsto norme volte alla tutela pensionistica del personale addetto alla condotta dei treni, del personale di accompagnamento e del personale di manovra delle ferrovie, nonché per garantire la sicurezza dei trasporto ferroviario;
    in ragione della particolare usura e delle specifiche aspettative di vita, nonché per garantire la sicurezza del trasporto ferroviario, si rende necessario che il personale addetto alla condotta dei treni delle ferrovie, il personale di accompagnamento e il personale di manovra maturi il diritto alla pensione al raggiungimento del requisito anagrafico di cinquantotto anni di età e del requisito contributivo di trentasette anni, di cui almeno venti anni effettivi da addetto;
    le coperture finanziarie degli oneri derivanti, sono corrisposti dalla riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, articolo 10, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

impegna il Governo

a prevedere entro 60 giorni interventi normativi volti a tutelare, rivalutandone l'età pensionabile, le categorie di lavoratori del personale addetto alla condotta dei treni, del personale di accompagnamento e del personale di manovra delle ferrovie sottoposte all'usura causata dall'eccessivo lavoro, la conseguente loro reale aspettativa di vita e le eventuali ripercussioni sulla sicurezza ferroviaria che inevitabilmente comportano un eccessivo sfruttamento psicofisico insieme ad un'età avanzata dei lavoratori.
9/1865-A/203Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    sono circa 200.000 i lavoratori autonomi iscritti alla gestione previdenziale separata dell'INPS (disciplinata all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335);
    i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS sono da sempre una categoria previdenziale residuale rispetto agli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria e agli altri lavoratori autonomi iscritti in altre casse previdenziali;
    molte delle figure professionali rientranti nella summenzionata categoria operano nell'ambito dell'economia della conoscenza (informatici, consulenti, grafici, interpreti), e si contraddistinguono per una elevata professionalità e capacità di innovazione;
    questa categoria di lavoratori, obbligata al versamento nella gestione separata, rappresenta realtà diversificate e contraddistinte da una pervadente precarietà ed è quindi tra quelle maggiormente colpite dalla crisi economica e dai suoi effetti a lungo termine;
    i lavoratori autonomi titolari di partite IVA individuali versano una contribuzione pari al 27,72 per cento del reddito (aliquota modificata dall'articolo 22 comma 1 legge 183/2011) e che tale aliquota è destinata ad aumentare al 33 per cento progressivamente fino al 2018 in applicazione delle disposizioni contenute nella legge n. 92 del 2012;
    l'evoluzione degli ultimi dati sui professionisti iscritti alla gestione separata e sui loro contributi segnala che l'aumento della contribuzione non assicura più un gettito aggiuntivo (-20 per cento nel 2012). Infatti molti professionisti, soprattutto quelli con un reddito più elevato sono fuggiti verso altre gestioni meno costose, come quella di commercianti e artigiani, oltre che verso le casse private e questo fenomeno non potrà che intensificarsi se si procedesse con ulteriori aumenti,
   considerato che:
    gli iscritti alla gestione separata sono in maggioranza lavoratori autonomi che percepiscono meno di 30.000 euro l'anno e lavorano con pubbliche amministrazioni e aziende e non solo;
    il carico fiscale e contributivo complessivo nei confronti di tali soggetti ammonta a circa il 60 per cento delle loro entrate, rendendo particolarmente gravoso l'ulteriore aumento della contribuzione previdenziale;
    il versamento della contribuzione previdenziale per i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata è demandato interamente al lavoratore stesso, senza diritto di rivalsa obbligatoria da parte del committente;
    il progressivo aumento comporterà ulteriori chiusure di partite IVA causa insostenibilità dei costi in relazione al fatturato;
    un sondaggio svolto dall'Associazione Consulenti del Terziario Avanzato condotto nel 2012 svela che circa un quarto degli interpellati sostiene di non avere un reddito sufficiente a mantenersi, un altro 47,7 per cento di avere un reddito appena sufficiente a sopravvivere e che complessivamente il 27 per cento dichiara di riuscire ad arrivare a fine mese solo grazie al reddito del partner, il 12,8 per cento grazie ai genitori;
    la categoria summenzionata non gode di alcuna forma di ammortizzatori sociali e le relative associazioni di rappresentanza sono di fatto escluse dai tavoli di concertazione,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di rivedere le aliquote contributive previste dalle disposizioni della legge n. 92 del 2012 in favore dei lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata;
   a realizzare una cassa denominata Gestione Separata Speciale, avente autonoma gestione e con contabilità separata rispetto a quella ordinaria, alla quale sono tenuti ad iscriversi i soggetti che esercitano abitualmente una attività di lavoro autonomo e a garantire ad essi, il versamento di una aliquota (senza aumenti progressivi) pari a quella corrisposta fino al 31 dicembre 2013 alla gestione separata ordinaria.
9/1865-A/204Rostellato.


   La Camera,
   premesso che:
    sono circa 200.000 i lavoratori autonomi iscritti alla gestione previdenziale separata dell'INPS (disciplinata all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335);
    i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS sono da sempre una categoria previdenziale residuale rispetto agli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria e agli altri lavoratori autonomi iscritti in altre casse previdenziali;
    molte delle figure professionali rientranti nella summenzionata categoria operano nell'ambito dell'economia della conoscenza (informatici, consulenti, grafici, interpreti), e si contraddistinguono per una elevata professionalità e capacità di innovazione;
    questa categoria di lavoratori, obbligata al versamento nella gestione separata, rappresenta realtà diversificate e contraddistinte da una pervadente precarietà ed è quindi tra quelle maggiormente colpite dalla crisi economica e dai suoi effetti a lungo termine;
    i lavoratori autonomi titolari di partite IVA individuali versano una contribuzione pari al 27,72 per cento del reddito (aliquota modificata dall'articolo 22 comma 1 legge 183/2011) e che tale aliquota è destinata ad aumentare al 33 per cento progressivamente fino al 2018 in applicazione delle disposizioni contenute nella legge n. 92 del 2012;
    l'evoluzione degli ultimi dati sui professionisti iscritti alla gestione separata e sui loro contributi segnala che l'aumento della contribuzione non assicura più un gettito aggiuntivo (-20 per cento nel 2012). Infatti molti professionisti, soprattutto quelli con un reddito più elevato sono fuggiti verso altre gestioni meno costose, come quella di commercianti e artigiani, oltre che verso le casse private e questo fenomeno non potrà che intensificarsi se si procedesse con ulteriori aumenti,
   considerato che:
    gli iscritti alla gestione separata sono in maggioranza lavoratori autonomi che percepiscono meno di 30.000 euro l'anno e lavorano con pubbliche amministrazioni e aziende e non solo;
    il carico fiscale e contributivo complessivo nei confronti di tali soggetti ammonta a circa il 60 per cento delle loro entrate, rendendo particolarmente gravoso l'ulteriore aumento della contribuzione previdenziale;
    il versamento della contribuzione previdenziale per i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata è demandato interamente al lavoratore stesso, senza diritto di rivalsa obbligatoria da parte del committente;
    il progressivo aumento comporterà ulteriori chiusure di partite IVA causa insostenibilità dei costi in relazione al fatturato;
    un sondaggio svolto dall'Associazione Consulenti del Terziario Avanzato condotto nel 2012 svela che circa un quarto degli interpellati sostiene di non avere un reddito sufficiente a mantenersi, un altro 47,7 per cento di avere un reddito appena sufficiente a sopravvivere e che complessivamente il 27 per cento dichiara di riuscire ad arrivare a fine mese solo grazie al reddito del partner, il 12,8 per cento grazie ai genitori;
    la categoria summenzionata non gode di alcuna forma di ammortizzatori sociali e le relative associazioni di rappresentanza sono di fatto escluse dai tavoli di concertazione,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di rivedere le aliquote contributive previste dalle disposizioni della legge n. 92 del 2012 in favore dei lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata;
   a valutare la possibilità di realizzare una cassa denominata Gestione Separata Speciale, avente autonoma gestione e con contabilità separata rispetto a quella ordinaria, alla quale sono tenuti ad iscriversi i soggetti che esercitano abitualmente una attività di lavoro autonomo e a garantire ad essi, il versamento di una aliquota (senza aumenti progressivi) pari a quella corrisposta fino al 31 dicembre 2013 alla gestione separata ordinaria.
9/1865-A/204. (Testo modificato nel corso della seduta) Rostellato.


   La Camera,
   premesso che:
    a fronte delle condizioni in cui versano i conti pubblici, risalta oltremodo l'assenza, nel provvedimento in esame, di interventi a riduzione della spesa pubblica secondo un'ottica di ottimizzazione e migliore allocazione delle risorse, effettivo ed unico significato, oltre che corretta traduzione, della cosiddetta «spending review», della quale non vi è ombra nonostante i numerosi studi commissionati e via via accumulati dai recenti Governi, ed in luogo della quale la legge di stabilità per il 2014 adotta, ancora una volta, i «tagli lineari»;
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, l'assunzione straordinaria di 120 unità di personale, con una spesa di oltre 5 milioni di euro, connessa al «monitoraggio» finalizzato al reperimento di risorse comunitarie derivanti dai fondi omonimi, insieme all'assunzione di personale, con una spesa di 2 milioni di euro, da dedicare alla «comunicazione» connessa alla presidenza di turno del semestre europeo, sono scelte ingiustificabili e contrarie ai princìpi di buon andamento della pubblica amministrazione, che diventano oltraggiose nel contesto economico del nostro Paese, ridicole rispetto all'annunciata volontà di razionalizzazione e migliore allocazione delle risorse pubbliche;
    l'incarico assegnato lo scorso mese di Novembre al Commissario Cottarelli segue, a ruota, quelli affidati, negli anni recenti e nel susseguirsi dei Governi, nell'ordine: alla Commissione Biasco, a Piero Giarda (chiamato dal ministro Tremonti), ancora a Piero Giarda (chiamato da Mario Monti, la cui ultima fatica sui criteri e le modalità per la spending review è datata marzo 2013), a Francesco Giavazzi (per la razionalizzazione dei contributi alle imprese), a Enrico Bondi; i quali hanno prodotto dossier, via via accumulatisi, di analisi, criteri e metodologie di «spending review»;
    il comma 285 del provvedimento in esame stabilisce che entro il 31 luglio 2014 dovranno essere adottate misure tali da produrre, attraverso riorganizzazioni e revisioni del comparto pubblico, una riduzione della spesa pubblica di almeno 600 milioni di euro nel 2015 e 1,3 miliardi negli anni 2016 e 2017 (non è chiaro se i risparmi del 2017 siano da intendersi nel senso di ulteriori rispetto a quelli del 2016);
    le «cifre», pur grezze, circolate sugli organi della stampa ai tempi delle «prime» spending review, erano di altro tenore: risultava che su oltre 807 miliardi di spesa pubblica la quota definita aggredibile supererebbe i 295 miliardi, dei quali 80 miliardi da poter «aggredire» in tempi brevi;
    un obiettivo così esiguo e poco ambizioso, quale quello indicato dal suddetto comma, da raggiungere in un arco temporale pari ad oltre un biennio, appare in forte contrasto con lo stato in cui versano i conti pubblici, con l'entità del debito e della pressione fiscale che grava in particolare su certe fasce di cittadini e sulle imprese;
    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo una legge di stabilità per il 2014 priva di corposi tagli alla spesa pubblica rappresenta un ossimoro e, in particolare, l'assenza di tagli ai cosiddetti «costi della politica» nonché alle spese degli organi e degli organismi istituzionali e costituzionali, a fronte dei sacrifici imposti ai cittadini risulta ancor più odiosa, soprattutto ove si tenga conto del fatto che, al contrario, la spesa di funzionamento degli organi costituzionali – Missione n. 21 (Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei ministri) di cui alla Tabella n. 2 – registra, paradossalmente, un incremento degli stanziamenti e parimenti per le spese di funzionamento di tutti gli organi a rilevanza costituzionale, che registrano un aumento, ad eccezione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL);
    ad esperti e tecnici può essere affidato lo studio, l'analisi e la metodologia più idonei per l'applicazione della revisione della spesa, restando l'essenza di essa il prodotto di scelte eminentemente politiche;
    è necessario dare ai cittadini e alle imprese un segnale immediato di credibilità e di assunzione di responsabilità,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, finalizzate alla riduzione dell'indennità parlamentare di cui all'articolo l, della legge 31 ottobre 1965, n. 1261.
9/1865-A/205Lombardi, Dadone, Cozzolino, D'Ambrosio, Dieni, Fraccaro, Nesci, Nuti, Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 309 prevede l'effettuazione, nel 2014, di assunzioni aggiuntive nel comparto sicurezza in deroga a quanto previsto dalla normativa, vigente, al fine di incrementare l'efficienza dell'impiego delle risorse tenendo conto della specificità e delle peculiari esigenze dello stesso; in particolare, è riservata alla Polizia di Stato l'assunzione di 1.000 unità;
    ai sensi del comma 310, le suddette assunzioni possono essere riservate al personale volontario in ferma prefissata di un anno delle Forze armate e sono autorizzate con specifico decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dell'economia e delle finanze, nonché del Ministro responsabile dell'amministrazione che intende procedere alle assunzioni stesse;
    questione aperta ed insoluta resta quella dell'assorbimento di tutti i vincitori di concorsi effettuati – principio adottato dal recente decreto-legge cosiddetto «pubblica amministrazione», n. 101/2013 – in luogo dell'effettuazione di nuovi concorsi;
    il comma 310 introduce la sola opzione facoltativa per le amministrazioni interessate dalle assunzioni di cui al comma precedente,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, per procedere alle assunzioni riservate alla Polizia di Stato, previo reclutamento dei concorrenti giudicati vincitori nei concorsi per Agenti di Polizia del 2008, 2010 e da ultimo 2011, rientrati nella seconda aliquota e per i quali era previsto l'immissione di ruolo solo dopo aver prestato servizio nelle Forze Armate in qualità di volontario in ferma prefissata quadriennale.
9/1865-A/206Dadone, Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi dal 132 al 132-octies hanno per oggetto la disciplina dei lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità;
    i soggetti appartenenti a queste categorie ancorché a conoscenza del perverso sistema attraverso il quale questi contratti venivano dati, sono costretti a vivere in un perenne stato di precariato che ormai si protrae da trent'anni, attraverso proroghe di sei mesi in sei mesi;
    diversi miliardi sono stati spesi dallo Stato e dagli Enti locali per sostenere questa categoria, denaro dei contribuenti utilizzato dalla politica per assicurarsi un proprio bacino elettorale, ma, ciononostante, ci troviamo a votare una legge che destina milioni di euro per il pagamento degli stipendi arretrati, senza poter sapere dove sono stati allocati i finanziamenti pubblici;
    la Costituzione, all'ultimo comma dell'articolo 97, stabilisce che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso», come ribadito dalla Corte Costituzionale in numerose sentenze, per cui la stessa stabilizzazione senza concorso è, quantomeno, di dubbia legittimità costituzionale;
    nella consapevolezza della necessità di assicurare parte delle risorse al pagamento degli stipendi arretrati e del fatto che parte di questi lavoratori svolge funzioni necessarie per la collettività,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, al fine di procedere alla determinazione di eventuali carenze di organica createsi a seguito della cessazione dei progetti di lavoro socialmente utile e alla copertura delle stesse non tramite una stabilizzazione generalizzata e priva di criteri e requisiti, bensì tramite concorso pubblico per titoli ed esami, in ossequio a quanto stabilito dalla nostra Carta Fondamentale e ribadito più volte dalla Corte Costituzionale.
9/1865-A/207Nuti, Nesci, Parentela, Dieni.


   La Camera,
   premesso che:
    a fronte delle condizioni in cui versano i conti pubblici, risalta oltremodo l'assenza, nel provvedimento in esame, di interventi a riduzione della spesa pubblica secondo un'ottica di ottimizzazione e migliore allocazione delle risorse, effettivo ed unico significato, oltre che corretta traduzione, della cosiddetta «spending review», della quale non vi è ombra nonostante i numerosi studi commissionati e via via accumulati dai recenti Governi, ed in luogo della quale la legge di stabilità per il 2014 adotta, ancora una volta, i «tagli lineari»;
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, l'assunzione straordinaria di 120 unità di personale, con una spesa di oltre 5 mln di euro, connessa al «monitoraggio» finalizzato al reperimento di risorse comunitarie derivanti dai fondi omonimi, insieme all'assunzione di personale, con una spesa di 2 mln di euro, da dedicare alla «comunicazione» connessa alla presidenza di turno del semestre europeo, sono scelte ingiustificabili e contrarie ai principi di buon andamento della pubblica amministrazione, che diventano oltraggiose nel contesto economico del nostro Paese, ridicole rispetto all'annunciata volontà di razionalizzazione e migliore allocazione delle risorse pubbliche;
    una legge di stabilità priva di tagli alla spesa pubblica rappresenta un ossimoro e, in particolare, l'assenza di tagli ai cosiddetti «costi della politica» nonché alle spese degli organi e degli organismi istituzionali e costituzionali, a fronte dei sacrifici imposti ai cittadini risulta ancor più odiosa, soprattutto ove si tenga conto del fatto che, al contrario, la spesa di funzionamento degli organi costituzionali - Missione n. 21 (Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei ministri) di cui alla Tabella n. 2 - registra, paradossalmente, un incremento degli stanziamenti e parimenti per le spese di funzionamento di tutti gli organi a rilevanza costituzionale, che registrano un aumento, ad eccezione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL);
    l'obiettivo minimo stabilito dal comma 285 del provvedimento in esame – entro il 31 luglio 2014 dovranno essere adottate misure tali da produrre, attraverso riorganizzazioni e revisioni del comparto pubblico, una riduzione della spesa pubblica di almeno 600 mln di euro nel 2015 e 1,3 miliardi negli anni 2016 e 2017 (non è chiaro se i risparmi del 2017 siano da intendersi nel senso di ulteriori rispetto a quelli del 2016) – appare in netto contrasto non solo con le impellenti necessità del nostro Paese, ma con gli studi e le analisi metodologiche di spending review commissionati negli anni recenti dai recenti Governi, pubblicati e via via accumulatisi senza che nulla fosse intrapreso;
    è da segnalare che l'incarico affidato nel novembre scorso all'ennesimo neo-Commissario straordinario per la spesa pubblica segue, a ruota, quelli affidati, negli anni recenti e nel susseguirsi dei Governi, alla Commissione Biasco, a Piero Giarda (chiamato dal ministro Tremonti), ancora a Piero Giarda (chiamato da Mario Monti, la cui ultima fatica sui criteri e le modalità per la spending review è datata marzo 2013), a Francesco Giavazzi (per la razionalizzazione dei contributi alle imprese), a Enrico Bondi;
    ad esperti e tecnici può essere affidato lo studio, l'analisi e la metodologia più idonei per l'applicazione della revisione della spesa, restando l'essenza di essa il prodotto di scelte eminentemente politiche;
    con riguardo allo stato dei conti pubblici e, soprattutto, alle aspettative e ai sacrifici imposti ai cittadini e alle imprese, occorre dare un segnale immediato di credibilità e di assunzione di responsabilità, iniziando con il disboscare enti ed organismi che appaiono sacche di privilegio e che da tempo sono noti quali enti «inutili»,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, finalizzate alla soppressione degli enti pubblici non economici, economici inclusi nell'elenco di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, escludendo gli ordini professionali e loro federazioni, le federazioni sportive, gli enti operanti nei settori della cultura e della ricerca scientifica, degli enti la cui funzione consiste nella conservazione e nella trasmissione della memoria della Resistenza e delle deportazioni e le Autorità portuali, ed alla conseguente attribuzione delle funzioni da essi esercitate all'amministrazione vigilante ovvero a quella titolare delle maggiori competenze nella materia che ne è oggetto.
9/1865-A/208Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    a fronte delle condizioni in cui versano i conti pubblici, risalta oltremodo l'assenza, nel provvedimento in esame, di interventi a riduzione della spesa pubblica secondo un'ottica di ottimizzazione e migliore allocazione delle risorse, effettivo ed unico significato, oltre che corretta traduzione, della cosiddetta «spending review», della quale non vi è ombra nonostante i numerosi studi commissionati e via via accumulati dai recenti Governi, ed in luogo della quale la legge di stabilità per il 2014 adotta, ancora una volta, i «tagli lineari»;
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, l'assunzione straordinaria di 120 unità di personale, in assenza di legittima procedura concorsuale, con una spesa di oltre 5 mln di euro, connessa al «monitoraggio» finalizzato al reperimento di risorse comunitarie derivanti dai fondi omonimi, insieme all'assunzione di personale, con una spesa di 2 mln di euro, da dedicare alla «comunicazione» connessa alla presidenza di turno del semestre europeo, sono scelte ingiustificabili e contrarie ai princípi di buon andamento della pubblica amministrazione, che diventano oltraggiose nel contesto economico del nostro paese, ridicole rispetto all'annunciata volontà di razionalizzazione e migliore allocazione delle risorse pubbliche;
    l'incarico assegnato lo scorso mese di novembre al Commissario Cottarelli segue, a ruota, quelli affidati, negli anni recenti e nel susseguirsi dei Governi, nell'ordine: alla Commissione Biasco, a Piero Giarda (chiamato dal ministro Tremonti), ancora a Piero Giarda (chiamato da Mario Monti, la cui ultima fatica sui criteri e le modalità per la spending review è datata marzo 2013), a Francesco Giavazzi (per la razionalizzazione dei contributi alle imprese), a Enrico Bondi; i quali hanno prodotto dossier, via via accumulatisi, di analisi, criteri e metodologie di «spending review»;
    il comma 285 del provvedimento in esame stabilisce che entro il 31 luglio 2014 dovranno essere adottate misure tali da produrre, attraverso riorganizzazioni e revisioni del comparto pubblico, una riduzione della spesa pubblica di almeno 600 mln di euro nel 2015 e 1,3 miliardi negli anni 2016 e 2017 (non è chiaro se i risparmi del 2017 siano da intendersi nel senso di ulteriori rispetto a quelli del 2016);
    un obiettivo così esiguo e poco ambizioso, quale quello indicato dal suddetto comma, da raggiungere in un arco temporale pari ad oltre un biennio, appare in forte contrasto con lo stato in cui versano i conti pubblici, con l'entità del debito e della pressione fiscale che grava in particolare su certe fasce di cittadini e sulle imprese;
    le «cifre», pur grezze, circolate sugli organi della stampa ai tempi dei risultati delle «prime» spending review, erano di ben altro tenore: risultava che su oltre 807 miliardi di spesa pubblica la quota definita aggredibile supererebbe i 295 miliardi, dei quali 80 miliardi da apportare in tempi relativamente brevi;
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo una legge di stabilità per il 2014 priva di corposi tagli alla spesa pubblica rappresenta un ossimoro;
    ad esperti e tecnici può essere affidato lo studio, l'analisi e la metodologia più idonei per l'applicazione della revisione della spesa, restando l'essenza di essa il prodotto di scelte eminentemente politiche,

impegna il Governo

a riferire in questa sede entro il mese di aprile in ordine agli obiettivi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica e alle modalità nonché alla tempistica per conseguirli.
9/1865-A/209Fraccaro.


   La Camera,
   premesso che:
    a fronte delle condizioni in cui versano i conti pubblici, risalta oltremodo l'assenza, nel provvedimento in esame, di interventi a riduzione della spesa pubblica secondo un'ottica di ottimizzazione e migliore allocazione delle risorse, effettivo ed unico significato, oltre che corretta traduzione, della cosiddetta «spending review», della quale non vi è ombra nonostante i numerosi studi commissionati e via via accumulati dai recenti Governi, ed in luogo della quale la legge di stabilità per il 2014 adotta, ancora una volta, i «tagli lineari»;
    l'incarico assegnato lo scorso mese di novembre al Commissario Cottarelli segue, a ruota, quelli affidati, negli anni recenti e nel susseguirsi dei Governi, nell'ordine: alla Commissione Biasco, a Piero Giarda (chiamato dal ministro Tremonti), ancora a Piero Giarda (chiamato da Mario Monti, la cui ultima fatica sui criteri e le modalità per la spending review è datata marzo 2013), a Francesco Giavazzi (per la razionalizzazione dei contributi alle imprese), a Enrico Bondi; i quali hanno prodotto dossier, via via accumulatisi, di analisi, criteri e metodologie di «spending review»;
    il comma 285 del provvedimento in esame stabilisce che entro il 31 luglio 2014 dovranno essere adottate misure tali da produrre, attraverso riorganizzazioni e revisioni del comparto pubblico, una ridu- zione della spesa pubblica di almeno 600 mln di euro nel 2015 e 1,3 miliardi negli anni 2016 e 2017 (non è chiaro se i risparmi del 2017 siano da intendersi nel senso di ulteriori rispetto a quelli del 2016);
    un obiettivo così esiguo e poco ambizioso, quale quello indicato dal suddetto comma, da raggiungere in un arco temporale pari ad oltre un biennio, appare in forte contrasto con lo stato in cui versano i conti pubblici, con l'entità del debito e della pressione fiscale che grava in particolare su certe fasce di cittadini e sulle imprese;
    le «cifre», pur grezze, circolate sugli organi della stampa ai tempi dei risultati delle «prime» spending review, erano di ben altro tenore: risultava che su oltre 807 miliardi di spesa pubblica la quota definita aggredibile supererebbe i 295 miliardi, dei quali 80 miliardi da apportare in tempi relativamente brevi;
    ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo una legge di stabilità per il 2014 priva di corposi tagli alla spesa pubblica rappresenta un ossimoro;
    ad esperti e tecnici può essere affidato lo studio, l'analisi e la metodologia più idonei per l'applicazione della revisione della spesa, restando l'essenza di essa il prodotto di scelte eminentemente politiche,

impegna il Governo

a riferire in questa sede entro il mese di aprile in ordine agli obiettivi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica e alle modalità nonché alla tempistica per conseguirli.
9/1865-A/209. (Testo modificato nel corso della seduta) Fraccaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 1, comma 193 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 per consentire la proroga per lo stesso anno della convenzione stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 224 del 1998 tra il Ministero dello sviluppo economico ed il Centro di produzione s.p.a., titolare dell'emittente Radio radicale, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
    considerato che la legge n. 224 del 1998, allo scopo di garantire la continuità del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, e confermando lo strumento della convenzione da stipulare a seguito di gara pubblica, i cui criteri sarebbero dovuti essere definiti nel quadro dell'approvazione della riforma generale del sistema delle comunicazioni, aveva disposto, in via transitoria, il rinnovo per un triennio, con decorrenza 21 novembre 1997, della convenzione stipulata ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 602 del 1994 (poi decaduto), ed approvata con decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni 21 novembre 1994 tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro servizi Spa, per la trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari;
    in relazione al citato rinnovo, l'onere fu quantificato in 11,5 miliardi di lire annui e le successive proroghe triennali sono stato autorizzate e finanziate con leggi finanziarie, ad eccezione della penultima, disposta con il decreto-legge n. 194 del 2009 (legge 25/2010). In particolare, per la proroga della convenzione scaduta il 21 novembre 2000, l'articolo 145, comma 20, della legge finanziaria 2001 (legge n. 388 del 2000) ha autorizzato la spesa di lire 15 miliardi di lire (circa 7,75 milioni di euro) per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003; con l'articolo 4, comma 7, della legge finanziaria 2004 (legge n. 350 del 2003) è stata autorizzata una spesa di 8,5 milioni di euro per gli anni 2004, 2005 e 2006; con l'articolo 1, comma 1242, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) è stata autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009; con il decreto-legge n. 194 del 2009 (legge n. 25 del 2010) era stata autorizzata la spesa di 9,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011; con l'articolo 33, comma 8 della legge n. 183 del 2011 e con l'articolo 28 della legge n. 14 del 2012 è stata autorizzata la spesa complessiva di 10 milioni per il 2012; con l'articolo 33-sexies del Dl 179 del 2012 è stata da ultimo autorizzata la spesa per l'anno in corso di ulteriori 10 milioni di euro;
    Radio Radicale continua da anni a percepire un consistente contributo statale senza essersi aggiudicata alcuna gara pubblica, nonostante la citata legge n. 224 del 1998 sancisca chiaramente, all'articolo 1, il principio della gara pubblica per garantire la continuità del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
    il servizio fornito oggi da Radio Radicale non rappresenta più l'unico modo di poter seguire in diretta i lavori del parlamento esistendo ora canali satellitari e web sia della Camera dei deputati che del Senato della Repubblica che trasmettono le dirette dei lavori d'Aula ed, in alcuni casi, di quelli svolti dalle Commissioni Parlamentari,

impegna il Governo

   a dare celermente piena attuazione a quanto previsto dalla legge 11 luglio 1998, n. 224, in materia di affidamento a seguito di gara pubblica del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
   ad informare quanto prima il Parlamento circa le modalità attraverso le quali vengono esercitati i controlli da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, e segnatamente dal Dipartimento dell'editoria, affinché i fondi assegnati siano effettivamente destinati alle finalità previste nella convenzione stipulata tra il Ministero dello sviluppo economico ed il Centro di produzione s.p.a., titolare dell'emittente Radio radicale.
9/1865-A/210Cozzolino.


   La Camera,
   premesso che:
    in diverse disposizioni del provvedimento in esame è chiamata in causa la Corte dei conti, in ordine alle prerogative ed ai suoi poteri di controllo, di condanna, di irrogazione delle sanzioni nonché della loro riscossione;
    la questione inerente all'esecuzione delle decisioni di condanna per danno erariale pronunciate dalla Corte dei conti risulta al momento irrisolta o, quantomeno, scarsamente considerata con riguardo alla sua effettività e all'incisività degli effetti, che si ripercuotono sui mancati benefici economici per le casse dello Stato;
    in sostanza, moltissime condanne della Corte dei Conti rimangono sulla carta, non vengono eseguite o efficacemente perseguite, trattasi di sanzioni inflitte a chi ha provocato un danno allo Stato – cittadini, dipendenti pubblici, imprese – la cui entità risulta pari a centinaia di milioni, la quota più consistente delle quali pare sarebbe allocata nei capitoli gestiti dai dipartimenti del ministero dell'Economia oltre a quelli, pure cospicui, del Ministero della Difesa, della Giustizia e dell'Interno;
    negli anni "90 lo Stato incassava circa l'un per cento delle somme cui aveva diritto; la Procura della Corte dei Conti ha tracciato un bilancio dell'attività tra il 2005 e il 2010: si è arrivati a recuperare il 19,8 per cento delle somme stabilite dai giudici, meno di un quinto del totale;
    la procedura prevede che le medesime amministrazioni danneggiate provvedano a farsi restituire le somme e, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, esse, in questo caso, si comportano da creditore poco aggressivo; la previsione del pignoramento di un bene, posto che giunga, spesso giunge tardiva, quando il ”bene” risulta svanito, né è possibile rivalersi, ad esempio, sulla liquidazione del dipendente pubblico eventualmente licenziato per il danno arrecato, in quanto anche nel caso di truffa allo Stato il trattamento di fine rapporto rimane saldo e salvo; e lo stesso dicasi per il pignoramento del quinto dello stipendio, in quanto anche al dipendente pubblico che ha truffato lo Stato; infine, è previsto che il procuratore della Corte dei conti competente intervenga solo per una nuova ipotesi di danno erariale qualora le somme relative alla condanna non vengano recuperate ed il credito si prescrive;
    il nocumento per i conti pubblici risulta evidente, come anche, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, il perseverare diabolico, anche in questa fattispecie, del principio dell'incertezza della pena, paradossale incentivo,

impegna il Governo

ad adottare le opportune e necessarie iniziative, anche legislative, che diano certezza all'esecuzione delle decisioni di condanna per danno erariale pronunciate dalla Corte dei conti, prevedendone l'affidamento, per competenza ed in via esclusiva, alle Procure che hanno promosso il giudizio contabile, secondo le procedure esecutive del codice di procedura civile secondo il rinvio di cui all'articolo 26 del R.D. 13 agosto 1933, n. 1038 (regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti
9/1865-A/211D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    in diverse disposizioni del provvedimento in esame è chiamata in causa la Corte dei conti, in ordine alle prerogative ed ai suoi poteri di controllo, di condanna, di irrogazione delle sanzioni nonché della loro riscossione;
    la questione inerente all'esecuzione delle decisioni di condanna per danno erariale pronunciate dalla Corte dei conti risulta al momento irrisolta o, quantomeno, scarsamente considerata con riguardo alla sua effettività e all'incisività degli effetti, che si ripercuotono sui mancati benefici economici per le casse dello Stato;
    in sostanza, moltissime condanne della Corte dei Conti rimangono sulla carta, non vengono eseguite o efficacemente perseguite, trattasi di sanzioni inflitte a chi ha provocato un danno allo Stato – cittadini, dipendenti pubblici, imprese – la cui entità risulta pari a centinaia di milioni, la quota più consistente delle quali pare sarebbe allocata nei capitoli gestiti dai dipartimenti del ministero dell'Economia oltre a quelli, pure cospicui, del Ministero della Difesa, della Giustizia e dell'Interno;
    negli anni "90 lo Stato incassava circa l'un per cento delle somme cui aveva diritto; la Procura della Corte dei Conti ha tracciato un bilancio dell'attività tra il 2005 e il 2010: si è arrivati a recuperare il 19,8 per cento delle somme stabilite dai giudici, meno di un quinto del totale;
    la procedura prevede che le medesime amministrazioni danneggiate provvedano a farsi restituire le somme e, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, esse, in questo caso, si comportano da creditore poco aggressivo; la previsione del pignoramento di un bene, posto che giunga, spesso giunge tardiva, quando il ”bene” risulta svanito, né è possibile rivalersi, ad esempio, sulla liquidazione del dipendente pubblico eventualmente licenziato per il danno arrecato, in quanto anche nel caso di truffa allo Stato il trattamento di fine rapporto rimane saldo e salvo; e lo stesso dicasi per il pignoramento del quinto dello stipendio, in quanto anche al dipendente pubblico che ha truffato lo Stato; infine, è previsto che il procuratore della Corte dei conti competente intervenga solo per una nuova ipotesi di danno erariale qualora le somme relative alla condanna non vengano recuperate ed il credito si prescrive;
    il nocumento per i conti pubblici risulta evidente, come anche, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, il perseverare diabolico, anche in questa fattispecie, del principio dell'incertezza della pena, paradossale incentivo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune e necessarie iniziative, anche legislative, che diano certezza all'esecuzione delle decisioni di condanna per danno erariale pronunciate dalla Corte dei conti, prevedendone l'affidamento, per competenza ed in via esclusiva, alle Procure che hanno promosso il giudizio contabile, secondo le procedure esecutive del codice di procedura civile secondo il rinvio di cui all'articolo 26 del R.D. 13 agosto 1933, n. 1038 (regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti
9/1865-A/211. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento affronta in numerosi e diversi articoli questioni inerenti al comparto delle forze dell'ordine e della sicurezza nonché, in particolare, delle forze della polizia di Stato; in particolare, sono stati introdotti incrementi di somme per le assunzioni a tempo indeterminato per i Corpi di polizia per il prossimo triennio, nonché risorse per assunzioni aggiuntive per il comparto sicurezza, in deroga al vigente contesto normativo;
    al 31 dicembre 2012 si è registrato un vuoto di organico nel ruolo dei sovrintendenti della Polizia di Stato, pari a 7.597 unità;
    all'uopo è da evitare che si proceda, per la copertura del vuoto d'organico, a maxiconcorsi, ritenuti dal Consiglio di Stato non in linea con le disposizioni adottate dal decreto-legge n. 127/2012;
    al momento, la soluzione più realistica, rapida, semplice, legittima e, soprattutto, più economica, appare lo scorrimento delle graduatorie, perfettamente in linea con il dettato costituzionale, fedelmente corrispondente al principio di economicità e speditezza della pubblica amministrazione, nonché ribadita ed esplicitamente disposta quale principio generale per le amministrazioni pubbliche, dal recente decreto-legge cosiddetto «pubblica amministrazione», n. 101/2013;
    lo scorrimento delle graduatorie, anche in virtù del richiamato decreto-legge n. 127, che permette di attivare procedure straordinarie semplificate, consentirebbe di azzerare subito ed in maniera rapida l'intero vuoto di organico, risparmiano ingenti e preziose risorse pubbliche, garantendo al contempo l'efficienza dei servizi istituzionali;
    tale soluzione risulta, dunque, anche rientrare a pieno titolo tra gli obiettivi di riduzione della spesa pubblica, oltre ad esaudire il dettato di provvedimenti vigenti,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune e necessarie iniziative, anche legislative, al fine di attivare le procedure straordinarie in deroga all'articolo 24-quater del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335, per l'accesso alla qualifica di Vice sovrintendente della Polizia di Stato, attraverso lo scorrimento delle graduatorie vigenti, nei limiti dei posti complessivamente disponibili in organico al 31 dicembre 2013, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica
9/1865-A/212Nesci, Parentela, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Dieni, Fraccaro, Lombardi, Nuti, Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato nell'ambito delle risorse stanziate per favorire interventi in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo il disegno di legge in esame, alla Tabella C, voce Ministero della Salute, programma «sanità pubblica veterinaria, igiene e sicurezza degli alimenti», assegna 325 milioni di euro per il 2014, 309 milioni per il 2015 e 310 milioni per il 2016;
    il randagismo è un fenomeno molto diffuso in Italia, basti pensare al numero totale di cani che si trovano nei canili e al numero di gatti presenti nelle cosiddette colonie: 104.142 cani, 68.382 gatti, ed è causa di diversi problemi di sanità pubblica legati alla diffusione di diverse patologie trasmissibili sia da animale ad animale, che da animale a uomo;
    la legge 281 del 1991 per la tutela degli animali d'affezione e la prevenzione del randagismo prevede diverse modalità di tutela dei randagi, la cui competenza è in capo alle regioni e alle amministrazioni locali, ed individua un fondo contro l'abbandono degli animali e per la prevenzione al randagismo che purtroppo non viene adeguatamente finanziato da diversi anni, passando dai 4.271.578 di euro del 2005 ai 310.190 di euro del 2012;
    nella risoluzione 8-00003 approvata dalla Commissione XIII il 19 giugno 2013 tra gli impegni del Governo c’è quello di intervenire con urgenza presso le competenti istituzioni locali per approntare una efficace strategia per ridurre il fenomeno del randagismo e, stanziare le opportune risorse, per l'ormai improcrastinabile applicazione della legge n. 281 del 1991, la cui inadempienza è la causa del fenomeno dei cani inselvatichiti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incrementare in maniera concreta il finanziamento degli interventi in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, al fine di ridurre il fenomeno dei cani abbandonati ed inselvatichiti che presenta numerosi problemi di sanità pubblica nonché di violazione dei diritti degli animali così come riconosciuti dalla «Dichiarazione universale dei diritti dell'animale».
9/1865-A/213Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato;
    il comma 187 prevede di riportare in capo ad AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) le attività a carattere tecnico-operativo relative al coordinamento della politica agricola comune, portandola ad agire come unico rappresentante dello Stato italiano nei confronti della Commissione europea per tutte le questioni relative al FEAGA ed al FEASR ed affidandole la responsabilità nei confronti dell'Unione europea degli adempimenti connessi alla gestione degli aiuti derivanti dalla politica agricola comune, nonché degli interventi sul mercato e sulle strutture del settore agricolo, finanziati dal FEAGA e dal FEASR;
    il coordinamento di tali attività era affidato alla stessa AGEA fino allo scorso anno, quando, con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 tale coordinamento è stato assegnato al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, con il preciso scopo di ridurre le spese di funzionamento e di incrementare e migliorare la qualità dei servizi resi alle imprese agricole;
    la decisione espressa dal decreto 95 del 2012 era stata presa a seguito della continua ed acclarata malagestione dell'Agenzia,

impegna il Governo

a mantenere in capo al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e forestali la competenza sulle attività a carattere tecnico-operativo relative al coordinamento della PAC, al fine di avviare, concretamente, una significativa riduzione dei costi e una razionalizzazione delle risorse.
9/1865-A/214L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato;
    al comma 19 si prevedono interventi sulle modalità di affitto o concessione di terreni demaniali a vocazione agricola ai giovani di età compresa tra i 18 e i 40 anni, senza prevedere dei reali incentivi per i disoccupati rispetto a coloro che hanno già un'occupazione;
    la disoccupazione in Italia coinvolge circa 3 milioni di persone, tra coloro che non hanno lavoro e coloro che lo hanno perso, e ci sono almeno 7 milioni di persone con disagio occupazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di privilegiare per l'affitto o la concessione dei terreni demaniali agricoli giovani di età compresa tra i 18 e i 40 anni che risultino privi di impiego ed iscritti ai centri per l'impiego, che possiedano conoscenze e competenze professionali adeguate allo svolgimento dell'attività imprenditoriale agricola.
9/1865-A/215Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato;
    le attività di ricerca nel settore agricolo, e in particolare quelle relative alla conservazione del germoplasma vegetale ed animale autoctono sono una ricchezza per l'agricoltura del nostro Paese e per la tutela nazionale e mondiale della biodiversità;
    le banche del germoplasma concorrono alla Strategia nazionale per la biodiversità richiesta dalla Convenzione sulla diversità biologica, hanno la funzione di proteggere e mantenere elevata la biodiversità di una data specie, di studiare e migliorare le sementi destinate allo sviluppo agricolo, analizzando parassiti e malattie;
    tali banche raccolgono e conservano i semi delle specie endemiche rare o a rischio di estinzione, andando a costituire le riserve per reintrodurre negli habitat originali le varietà che vanno scomparendo per cause naturali o in seguito all'intervento umano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il «Fondo per il potenziamento delle attività di ricerca nel settore della conservazione del germoplasma» con una dotazione di almeno 1 milione di euro per l'anno 2014.
9/1865-A/216Lupo.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo;
    ritenute insufficienti le misure introdotte a sostegno del comparto primario le cui difficoltà sono ampiamente note e vanno dall'aumento dei costi di produzione alle difficoltà di accesso al credito per le aziende agricole;
    preso atto che gli stanziamenti a valere sulla politica agricola comune hanno subito una considerevole diminuzione rispetto alle precedenti programmazioni;
    posto che lo sviluppo rurale costituisce un settore di vitale importanza e l'agricoltura e la silvicoltura sono le forme prevalenti di utilizzazione del suolo e di gestione delle risorse naturali, oltre a costituire un'importante piattaforma per la diversificazione delle attività economiche nelle comunità rurali;
    considerato che a seguito della chiusura, nello scorso mese di maggio, della procedura di deficit eccessivo a carico del nostro Paese, esponenti di governo e studiosi della materia si sono espressi in favore di un possibile svincolo dal patto di stabilità interno delle regioni dei cofinanziamenti dei fondi strutturali per la programmazione 2014-2020;
    valutato che al fine di rilanciare gli investimenti in ambito rurale sarebbe utile poter utilizzare tutte le risorse pubbliche disponibili anche al fine di innalzare i target di spesa e realizzare progetti con un considerevole impatto nel lungo periodo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di svincolare dal patto di stabilità interno delle regioni i cofinanziamenti nazionali dei programmi di sviluppo rurale per il periodo 2014-2020.
9/1865-A/217Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo;
    ritenute insufficienti le misure introdotte a sostegno del comparto primario le cui difficoltà sono ampiamente note e vanno dall'aumento dei costi di produzione alle difficoltà di accesso al credito per le aziende agricole;
    preso atto che gli stanziamenti a valere sulla politica agricola comune hanno subito una considerevole diminuzione rispetto alle precedenti programmazioni;
    posto che lo sviluppo rurale costituisce un settore di vitale importanza e l'agricoltura e la silvicoltura sono le forme prevalenti di utilizzazione del suolo e di gestione delle risorse naturali, oltre a costituire un'importante piattaforma per la diversificazione delle attività economiche nelle comunità rurali;
    considerato che a seguito della chiusura, nello scorso mese di maggio, della procedura di deficit eccessivo a carico del nostro Paese, esponenti di governo e studiosi della materia si sono espressi in favore di un possibile svincolo dal patto di stabilità interno delle regioni dei cofinanziamenti dei fondi strutturali per la programmazione 2014-2020;
    valutato che al fine di rilanciare gli investimenti in ambito rurale sarebbe utile poter utilizzare tutte le risorse pubbliche disponibili anche al fine di innalzare i target di spesa e realizzare progetti con un considerevole impatto nel lungo periodo,

impegna il Governo

a promuovere nelle sedi dell'Unione europea l'esclusione dal patto di stabilità interno delle regioni i cofinanziamenti nazionali dei programmi di sviluppo rurale per il periodo 2014-2020.
9/1865-A/217. (Testo modificato nel corso della seduta) Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 5-undecies dell'articolo 2 della legge 26 febbraio 2011, n. 10, prevede che siano destinatari degli interventi del Programma nazionale gli imprenditori ittici di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, e successive modificazioni, i soggetti individuati in relazione ai singoli interventi previsti dal Programma nazionale e, relativamente alle iniziative di cui agli articoli 16,17 e 18 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, le associazioni nazionali riconosciute delle cooperative della pesca, le associazioni nazionali delle imprese di pesca con rappresentanza diretta nel CNEL, le associazioni nazionali delle imprese di acquacoltura e le organizzazioni sindacali nazionali stipulanti il contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento nel settore della pesca e gli enti bilaterali previsti da tale contratto collettivo di riferimento del settore, i consorzi riconosciuti ed i soggetti individuati in relazione ai singoli interventi previsti dal Programma nazionale;
    l'inciso «con rappresentanza diretta nel CNEL» attribuito imprese alle associazioni nazionali delle imprese di pesca, blinda la ripartizione dei fondi pubblici di Piani Triennali della Pesca, vincolando la possibilità per un'associazione di imprese di ottenere aiuti al solo requisito della rappresentanza diretta nel CNEL, cosa che non solo solleva delicati profili di costituzionalità in riferimento all'articolo 3 (uguaglianza sostanziale), all'articolo 18 (libertà di associazione) e, primariamente all'articolo 39 (libertà sindacale attiva e passiva), ma privilegia annualmente, con cospicue somme di pubblico danaro, alcune associazioni a discapito di altre, perciò annullando 2 precise sentenze del TAR del Lazio che avevano categoricamente escluso che la presenza nel CNEL di un'Associazione o di un Sindacato potesse essere indicativa di una maggior rappresentatività,

impegna il Governo

ad estendere il diritto agli interventi del Programma nazionale le associazioni nazionali delle imprese di pesca che non abbiano rappresentanza diretta nel CNEL.
9/1865-A/218Benedetti.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo;
    ritenute insufficienti le misure volte ad incentivare il ricambio generazionale in agricoltura;
    considerato che il provvedimento in parola dispone che l'assegnazione in affitto o concessione ai giovani imprenditori agricoli dei terreni demaniali a vocazione agricola non possa avvenire ad un canone inferiore rispetto a quello base indicato nell'avviso pubblico di gara, al fine di assicurare la tutela dell'interesse economico nell'utilizzo di beni pubblici;
    posto che, se il concessionario o l'affittuario è destinatario di un pagamento di base o di un pagamento per i giovani agricoltori a valere sulla Politica Agricola Comune, qualora il canone di cui sopra fosse superiore all'eventuale pagamento PAC, ne risulterebbe del tutto vanificato il beneficio comunitario,

impegna il Governo

    a valutare la possibilità di stabilire, qualora il concessionario o affittuario di un terreno demaniale a vocazione agricola riceva pagamenti a titolo PAC, un canone di assegnazione non superiore all'eventuale beneficio comunitario.
9/1865-A/219Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 202 del disegno di legge in esame, prevede interventi in materia di metanizzazione del Mezzogiorno a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione relative alla programmazione nazionale 2014-2020, per un importo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2020;
    nella originaria previsione, così come pervenuta dal Senato, la copertura era a valere sull'aliquota di prodotto, pari al 10 per cento, per le produzioni di idrocarburi liquidi e gassosi ottenute in terraferma, di cui all'articolo 45 della legge 23 luglio 2009, n. 99; in sostanza sulle royalties che i produttori di idrocarburi versano ad un Fondo costituito presso stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico;
    tale Fondo è preordinato alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per i residenti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi e, inopinatamente alle regioni che ospitano attività di rigassificazione anche attraverso impianti fissi offshore;
    con la modifica operata alla Camera si è impedito che le regioni produttrici di petrolio, nelle quali le royalties sono destinate al ristoro dei danni ambientali prodotti dall'estrazione e allo sviluppo economico dei propri territori, tramite riduzione dei prezzi dei carburanti, finanziassero opere pubbliche in altre regioni;
    da tre anni le interpretazioni della norma contenuta nel comma 2 dell'articolo 45 della legge 99 del 2009 hanno di fatto bloccato risorse per 250 milioni di euro presso il citato Fondo, per la pretesa di altre regioni di attingere allo stesso per compensare i territori in cui insistono impianti di rigassificazione, il cui impatto ambientale è estremamente inferiore rispetto all'estrazione di idrocarburi;
    questo blocco si sta rivelando esiziale per l'economia della Basilicata, regione che è la principale alimentatrice del Fondo di cui all'articolo 45 della legge n. 99 del 2009;

impegna il Governo

ad intervenire con urgenza in un prossimo provvedimento, al fine di consentire che le quote spettanti alla Basilicata del Fondo di cui al comma 2 dell'articolo 45 della legge n.99 del 2009, siano ad essa attributi, sopprimendo il riferimento alle attività di rigassificazione contenuto nel medesimo comma 2.
9/1865-A/220Latronico.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 202 del disegno di legge in esame, prevede interventi in materia di metanizzazione del Mezzogiorno a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione relative alla programmazione nazionale 2014-2020, per un importo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2020;
    nella originaria previsione, così come pervenuta dal Senato, la copertura era a valere sull'aliquota di prodotto, pari al 10 per cento, per le produzioni di idrocarburi liquidi e gassosi ottenute in terraferma, di cui all'articolo 45 della legge 23 luglio 2009, n. 99; in sostanza sulle royalties che i produttori di idrocarburi versano ad un Fondo costituito presso stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico;
    tale Fondo è preordinato alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per i residenti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi e, inopinatamente alle regioni che ospitano attività di rigassificazione anche attraverso impianti fissi offshore;
    con la modifica operata alla Camera si è impedito che le regioni produttrici di petrolio, nelle quali le royalties sono destinate al ristoro dei danni ambientali prodotti dall'estrazione e allo sviluppo economico dei propri territori, tramite riduzione dei prezzi dei carburanti, finanziassero opere pubbliche in altre regioni;
    da tre anni le interpretazioni della norma contenuta nel comma 2 dell'articolo 45 della legge 99 del 2009 hanno di fatto bloccato risorse per 250 milioni di euro presso il citato Fondo, per la pretesa di altre regioni di attingere allo stesso per compensare i territori in cui insistono impianti di rigassificazione, il cui impatto ambientale è estremamente inferiore rispetto all'estrazione di idrocarburi;
    questo blocco si sta rivelando esiziale per l'economia della Basilicata, regione che è la principale alimentatrice del Fondo di cui all'articolo 45 della legge n. 99 del 2009;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire con urgenza in un prossimo provvedimento, al fine di consentire che le quote spettanti alla Basilicata del Fondo di cui al comma 2 dell'articolo 45 della legge n.99 del 2009, siano ad essa attributi, sopprimendo il riferimento alle attività di rigassificazione contenuto nel medesimo comma 2.
9/1865-A/220. (Testo modificato nel corso della seduta) Latronico.


   La Camera,
   premesso che:
    è stata inserita nella proposta di legge la norma che pone fine alla sovrapposizione tra il pubblico registro automobilistico e l'archivio nazionale dei veicoli, prevedendo l'unificazione degli elenchi in uno unico;
    la norma mira a semplificare e ridurre i passaggi amministrativi e burocratici a carico dei cittadini, a creare un archivio che possa essere fonte unica di certificazione della proprietà dei veicoli, annullando le casistiche di registri che indicano proprietà difformi, e mira a ridurre i costi a carico dell'utenza;
    l'unificazione dei registri consente di poter ridefinire i compiti e le funzioni delle strutture amministrative che oggi gestiscono i due diversi registri, potendo prevedere un rafforzamento degli interventi in alcuni settori inerenti la medesima materia,

impegna il Governo:

   a prevedere, nell'ambito della creazione dell'archivio unico, una riorganizzazione della pubblica amministrazione che possa valorizzare le professionalità oggi impiegate nell'Automobile club d'Italia, nelle società collegate e negli uffici della Motorizzazione civile, prevedendo anche nuove funzioni e compiti che possano per esempio incrementare la lotta all'evasione assicurativa che sta creando un danno economico all'Erario, alle compagnie assicurative, all'utenza;
    ad incontrare, nell'ambito della riorganizzazione delle strutture e società collegate conseguenti all'unificazione degli archivi, le rappresentanze sindacali e aziendali al fine di concordare il percorso di ridefinizione dei compiti e delle funzioni in modo da evitare che dall'applicazione della norma possano derivare licenziamenti di personale.
9/1865-A/221Rosato.


   La Camera,
   premesso che:
    è stata inserita nella proposta di legge la norma che pone fine alla sovrapposizione tra il pubblico registro automobilistico e l'archivio nazionale dei veicoli, prevedendo l'unificazione degli elenchi in uno unico;
    la norma mira a semplificare e ridurre i passaggi amministrativi e burocratici a carico dei cittadini, a creare un archivio che possa essere fonte unica di certificazione della proprietà dei veicoli, annullando le casistiche di registri che indicano proprietà difformi, e mira a ridurre i costi a carico dell'utenza;
    l'unificazione dei registri consente di poter ridefinire i compiti e le funzioni delle strutture amministrative che oggi gestiscono i due diversi registri, potendo prevedere un rafforzamento degli interventi in alcuni settori inerenti la medesima materia,

impegna il Governo:

   a prevedere, nell'ambito della creazione dell'archivio unico, una riorganizzazione della pubblica amministrazione che possa valorizzare le professionalità oggi impiegate nell'Automobile club d'Italia, nelle società collegate e negli uffici della Motorizzazione civile, prevedendo anche nuove funzioni e compiti che possano per esempio incrementare la lotta all'evasione assicurativa che sta creando un danno economico all'Erario, alle compagnie assicurative, all'utenza;
    a valutare l'opportunità di incontrare, nell'ambito della riorganizzazione delle strutture e società collegate conseguenti all'unificazione degli archivi, le rappresentanze sindacali e aziendali al fine di concordare il percorso di ridefinizione dei compiti e delle funzioni in modo da evitare che dall'applicazione della norma possano derivare licenziamenti di personale.
9/1865-A/221. (Testo modificato nel corso della seduta) Rosato.


   La Camera,
   premesso che:
    la strada statale 106 Jonica nel suo tratto calabrese rappresenta una priorità nazionale nella sua necessità di ammodernamento;
    il suo ammodernamento che non può passare solo attraverso piccoli interventi deve collegarsi al rafforzamento della rete dei collegamenti a partire dai porti di Crotone, Cariati e Corigliano Calabro nonché dello stesso aeroporto della città capoluogo;
    la atavica carenza infrastrutturale condiziona fortemente in negativo le potenzialità di sviluppo di un comprensorio in difficoltà;
    in particolare va finalmente sviluppata e realizzata la variante che congiungerebbe la SS 280 dei due mari a Crotone superando la criticità della SS 106 da Catanzaro a Crotone;
    si tratterebbe di un vero intervento di ammodernamento e velocizzazione dei collegamenti che favorirebbe lo sviluppo comprensoriale,

impegna il Governo

entro e non oltre 90 giorni dalla approvazione della presente legge, ad attivare presso il ministero delle infrastrutture un tavolo istituzionale con le amministrazioni interessate, per velocizzare l'ammodernamento della SS 106 jonica e la realizzazione della citata variante che consentirebbe al comprensorio crotonese di superare la condizione di isolamento.
9/1865-A/222Stumpo.


   La Camera,
   premesso che:
    la strada statale 106 Jonica nel suo tratto calabrese rappresenta una priorità nazionale nella sua necessità di ammodernamento;
    il suo ammodernamento che non può passare solo attraverso piccoli interventi deve collegarsi al rafforzamento della rete dei collegamenti a partire dai porti di Crotone, Cariati e Corigliano Calabro nonché dello stesso aeroporto della città capoluogo;
    la atavica carenza infrastrutturale condiziona fortemente in negativo le potenzialità di sviluppo di un comprensorio in difficoltà;
    in particolare va finalmente sviluppata e realizzata la variante che congiungerebbe la SS 280 dei due mari a Crotone superando la criticità della SS 106 da Catanzaro a Crotone;
    si tratterebbe di un vero intervento di ammodernamento e velocizzazione dei collegamenti che favorirebbe lo sviluppo comprensoriale,

impegna il Governo

entro e non oltre 90 giorni dalla approvazione della presente legge, a valutare l'attivazione, presso il ministero delle infrastrutture, di un tavolo istituzionale con le amministrazioni interessate, per velocizzare l'ammodernamento della SS 106 jonica e la realizzazione della citata variante che consentirebbe al comprensorio crotonese di superare la condizione di isolamento.
9/1865-A/222. (Testo modificato nel corso della seduta) Stumpo.


   La Camera,
   premesso che:
    le limitazioni in materia di personale, contenute nel comma 28 dell'articolo 9 del decreto-legge n.78 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 e nel provvedimento in esame:
     generano gravi e crescenti problemi operativi ad alcuni Enti Pubblici non economici che si occupano di materie particolarmente importanti per il bene pubblico come la Difesa del suolo, i Servizi fitosanitari, le Compensazioni e Riqualificazioni ambientali;
      pongono problemi crescenti perché a distanza di 5 anni dal 2009, un'interpretazione restrittiva delle funzioni dei diversi enti rischia addirittura di ostacolare riorganizzazioni e razionalizzazioni delle diverse strutture pubbliche deputate a questi settori;
     producono interpretazioni contraddittorie da parte dei diversi organi di controllo sul territorio nazionale,
   ritenuto che:
    lo spirito di razionalizzazione e riduzione della spesa debba essere salvaguardato senza però generare blocchi funzionali che si potrebbero creare a seguito di interpretazioni restrittive della norma stessa;
    già nel passato sono intervenute deroghe saltuarie e non coordinate che rischiano di generare disparità di trattamenti nel paese;
    l'interpretazione restrittiva in atto in alcune parti del paese rischia di pregiudicare le sinergie con i fondi comunitari e con i fondi privati potenzialmente coordinabili per le finalità sopracitate con il risultato paradossale di rendere più difficile il loro impiego;
    l'interpretazione contraddittoria genera ostacoli al rispetto degli obiettivi di spesa per i fondi comunitari, con il rischio di penalizzazioni future anche a causa di procedure di infrazione a livello comunitario;
    le situazioni sopra descritte rischiano di generare tensioni sociali ed occupazionali senza peraltro raggiungere il risultato voluto, ma mettendo in pericolo l'operatività di gestione in ambiti essenziali,

impegna il Governo:

   a intervenire fornendo una interpretazione adeguata della norma citata, al fine di chiarire che il limite alle spese per assunzioni a tempo determinato, in particolare per gli Enti Pubblici non economici che si occupano di Difesa del suolo, Servizi fitosanitari, Compensazioni e Riqualificazioni ambientali, non riguarda:
     i fondi comunitari e i cofinanziamenti per ottimizzare il loro uso;
     i fondi privati coinvolti nel cofinanziamento di opere o servizi pubblici;
     le finalità e attività affidate agli enti pubblici non economici dopo il 2009;
     le emergenze e la loro prevenzione.
9/1895-A/223Alli, Mosca, Dorina Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il 19 novembre 2013 la Camera ha approvato una mozione contro la povertà infantile, con cui si impegna il Governo a diverse azioni che agiscono su varie dimensioni, tra cui il rifinanziamento del Fondo infanzia e adolescenza previsto dall'articolo 1 della legge 285 del 1997;
    il comma 1 di tale norma ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, finalizzato alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e locale per favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell'infanzia e dell'adolescenza, privilegiando l'ambiente ad esse più confacente ovvero la famiglia naturale, adottiva o affidataria, in attuazione dei principi della Convenzione sui diritti del fanciullo resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991. n. 176. e degli articoli 1 e 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
    il comma 2 della medesima norma riserva una quota pari al 30 per cento delle risorse del suddetto Fondo al finanziamento di interventi da realizzare nei comuni di Venezia. Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze. Roma. Napoli. Bari. Brindisi, Taranto. Reggio Calabria, Catania, Palermo e Cagliari;
    negli anni il Fondo è stato progressivamente ridotto arrivando nel 2013 alla consistenza di 28,688 milioni di euro, stanziamento confermato nella legge di stabilità 2014;
    la commissione Bilancio ha approvalo un emendamento del relatore che ha incrementato il Fondo di euro 2 milioni, portandolo a 30,688 milioni di euro (si rileva che tale emendamento ha assorbito emendamenti della Commissione XII e del Partito democratico con cui si chiedeva l'incremento del Fondo dai 12 ai 15 milioni di euro);
    tale incremento non può considerarsi esaustivo per il completo ripristino del Fondo, che dovrebbe riportarsi alla somma di euro 40 milioni;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre ulteriori stanziamenti, anche con provvedimenti successivi alla Legge di stabilità, per il completo ripristino del Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza di cui all'articolo 1 della legge n. 285 del 1997
9/1865-A/224Scuvera, Lenzi, Murer, Patriarca, Biondelli, Burtone, Fossati, Beni, Bellanova, Iori, Casati, Grassi, Amato, Capone, Sbrollini, Zampa, D'Incecco, Miotto, Mariano, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    Il comma 186 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame concerne interventi a favore degli italiani nel mondo;
    la lettera b) del citato comma destina la somma di 1 milione di euro per l'anno 2014 per il sostegno degli enti gestori di corsi di lingua e cultura italiana all'estero;
    i circa 90 Istituti Italiani di Cultura (IIC) nei cinque continenti sono un'importante vetrina dell'Italia nel mondo, un luogo di incontro e di dialogo per intellettuali e artisti, per gli italiani all'estero e per chiunque voglia coltivare un rapporto con il nostro Paese;
    tuttavia, questi istituti, proprio in relazione al ruolo di grande rilevanza nella promozione della cultura e della lingua italiana, dovrebbero essere potenziati e adeguatamente sostenuti da fondi destinati allo sviluppo delle loro attività e delle infrastrutture, mentre invece, pur nell'ottica del processo di spending review che sta interessando anche il MAE, proseguono i tagli ai predetti fondi;
    a fronte dell'autonomia finanziaria di cui gli IIC godono, risulta che molti istituti presentano bilanci in attivo e, pertanto, al fine di evitare tagli indiscriminati, sarebbe necessario prendere visione della documentazione contabile di tutti gli IIC per valutarne la regolarità,

impegna il Governo

a sostenere maggiormente quegli istituti di cultura italiana che, sulla base di criteri obiettivi di merito, si siano distinti per buona gestione delle risorse pubbliche.
9/1865-A/225Manlio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    Il comma 186 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame concerne interventi a favore degli italiani nel mondo;
    la lettera b) del citato comma destina la somma di 1 milione di euro per l'anno 2014 per il sostegno degli enti gestori di corsi di lingua e cultura italiana all'estero;
    i circa 90 Istituti Italiani di Cultura (IIC) nei cinque continenti sono un'importante vetrina dell'Italia nel mondo, un luogo di incontro e di dialogo per intellettuali e artisti, per gli italiani all'estero e per chiunque voglia coltivare un rapporto con il nostro Paese;
    tuttavia, questi istituti, proprio in relazione al ruolo di grande rilevanza nella promozione della cultura e della lingua italiana, dovrebbero essere potenziati e adeguatamente sostenuti da fondi destinati allo sviluppo delle loro attività e delle infrastrutture, mentre invece, pur nell'ottica del processo di spending review che sta interessando anche il MAE, proseguono i tagli ai predetti fondi;
    a fronte dell'autonomia finanziaria di cui gli IIC godono, risulta che molti istituti presentano bilanci in attivo e, pertanto, al fine di evitare tagli indiscriminati, sarebbe necessario prendere visione della documentazione contabile di tutti gli IIC per valutarne la regolarità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sostenere maggiormente quegli istituti di cultura italiana che, sulla base di criteri obiettivi di merito, si siano distinti per buona gestione delle risorse pubbliche.
9/1865-A/225. (Testo modificato nel corso della seduta) Manlio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 186 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame concerne interventi a favore degli italiani nel mondo;
    la lettera a) del citato comma destina un ammontare di 2 milioni di euro per l'anno 2014 per le elezioni inerenti il rinnovo dei Comites e del CGIE,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune misure volte ad assicurare la massima trasparenza sul corretto utilizzo dei fondi di cui alla premessa, con particolare riferimento allo svolgimento delle elezioni per il rinnovo dei Comites.
9/1865-A/226Di Battista.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento all'esame, non vi era traccia di alcun nuovo incremento del fondo integrativo per il diritto allo studio universitario, che sarebbe rimasto quindi, a legislazione vigente, pari, per il 2014, a circa due terzi dello stanziamento del 2013, con una significativa riduzione delle borse di studio attribuibili, già peraltro, da molti anni, assai inferiori al numero di coloro che ne avrebbero diritto;
    durante l'esame in commissione bilancio è stato approvato un emendamento, che incrementa di 50 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2014 il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2012. n. 68;
    pur apprezzando l'intervento in corsa, non si può non rilevare la scarsa considerazione che il Governo ha dimostrato in materia e, comunque, resta il fatto che la succitata quasi riparatoria disposizione rappresenta poca cosa rispetto alle reali esigenze, in quanto continueranno ad essere numerosi gli aventi diritto che non avranno la possibilità di ricevere la borsa di studio;
   considerato che:
    si stanno creando enormi discrepanze territoriali nell'effettiva garanzia del diritto allo studio, poiché le regioni, che si trovano in ogni caso a non poter garantire la copertura totale, sono costrette a tagliare ulteriormente i servizi e ad aumentare le tasse regionali sul diritto allo studio, facendo ricadere i costi sugli stessi studenti e sulle famiglie che avrebbero bisogno di sostegno;
    è indiscutibile che l'investimento nella formazione delle nuove generazioni rappresenta un parametro vitale per qualunque Paese voglia elaborare un positivo progetto di crescita per il proprio futuro, anche valorizzando concretamente il merito e promuovendo l'uguaglianza delle opportunità;
    è più che necessario investire risorse in maniera da valorizzare le immense risorse culturali e le competenze professionali che risiedono nel Paese, nella consapevolezza piena che l'università deve rappresentare un motore essenziale della mobilità sociale e della crescita dell'intero Paese;
    è incontestabile che il calpestamento del diritto allo studio, della cultura e della formazione, preclude totalmente l'unica vera via d'uscita dalla crisi, un'economia fondata sull'innovazione e sulla conoscenza,

impegna il Governo

a considerare l'urgenza di reperire maggiori risorse per garantire il diritto allo studio, al fine di sostenere i giovani meritevoli, molti dei quali si vedranno altrimenti costretti ad interrompere il percorso di studi intrapreso.
9/1865-A/227Tofalo, Artini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 17 del disegno di legge di stabilità per il 2014, nel testo giunto dal Senato, conteneva una norma inserita dall'altro ramo del Parlamento, che eliminava l'obbligo per i produttori agricoli esonerati dalla dichiarazione IVA di comunicare all'amministrazione finanziaria le operazioni rilevanti a fini IVA (c.d. «spesometro»);
    il comma in questione abrogava l'articolo 36, comma 8-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. Tale norma aveva assoggettato i produttori agricoli esonerati dalla dichiarazione IVA, all'obbligo di comunicazione all'amministrazione finanziaria delle operazioni rilevanti a fini IVA (c.d. spesometro»);
    si ricorda che i produttori agricoli che hanno realizzato, o in caso di inizio di attività prevedono di realizzare, un volume d'affari non superiore a 7 mila euro sono esonerati dal versamento dell'Iva e da tutti gli obblighi documentali e contabili dall'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto);
    nel corso dell'esame del Ddl stabilità presso la Commissione Bilancio della Camera il comma, contenente l'abrogazione dell'articolo 36, comma 8, è stato sorprendentemente soppresso. Sfugge la logica che sottende tale intervento normativo in quanto l'abrogazione del comma 17 non comportava per lo Stato un recupero di risorse e l'intervento rappresentava una mera semplificazione che non poteva che essere positivamente accolta dal mondo agricolo;
    infatti l'obbligo previsto dal comma 8-bis dell'articolo 36 del decreto-legge 179/2012 non rappresentava altro che un ulteriore onere burocratico per i produttori agricoli senza rappresentare nessun vantaggio diretto né per l'imprenditore né per il consumatore. Peraltro le disposizioni di cui all'articolo 8-bis di fatto annullano le esenzioni di cui all'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi derivanti dalla soppressione della norma citata in premessa al fine di valutare l'opportunità di inserirla in uno dei provvedimenti che saranno all'esame del Parlamento all'inizio del 2014.
9/1865-A/228Schullian, Alfreider, Gebhard, Plangger, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    i requisiti previgenti di presenza territoriale degli Istituiti di patronato, prima delle modifiche apportate dalla legge n. 228 del 24 dicembre 2012 (legge di stabilità 2013) e del consequenziale decreto attuativo del Ministro del Lavoro del 20 febbraio 2013, erano disciplinati dall'articolo 2 della legge n. 152 del 2001 e si rapportavano alle 110 province allora esistenti: in definitiva, questa norma, richiedeva la presenza organizzativa stabile in almeno 1/3 delle province (37) dislocate in almeno 1/3 delle regioni (7);
    la predetta norma ha consentito la nascita e l'operatività d'istituti di patronato presenti soltanto in una parte del territorio nazionale: patronati soltanto del nord; patronati soltanto del centro; patronati soltanto del sud;
    con la legge n. 228 del 24 dicembre 2012 (legge di stabilità 2013) – articolo 1 commi 9/14 – viene prevista, tra l'altro, una radicale modifica dei requisiti di presenza territoriale degli Istituiti di patronato sul presupposto (articolo 17 decreto-legge n. 95 del 2012 convertito con la legge n. 135 del 2012) della riduzione/accorpamento del numero delle province (64 di cui 50 nelle regioni a statuto ordinario e 14 in quelle a statuto speciale): viene introdotto un doppio requisito di presenza territoriale che deve essere raggiunto gradualmente tra il 2014 ed il 2015 (livello nazionale: 2/3 delle province e 2/3 delle regioni – livello macro regione: omogenea distribuzione sul territorio nazionale per evitare l'operatività di alcuni patronati soltanto al sud – soltanto al centro – soltanto al nord);
    decreto del Ministro del lavoro del 20 febbraio 2013, in attuazione della legge di stabilità 2013, introduce la radicale modifica dei requisiti di presenza territoriale degli Istituiti di patronato (sempre sul presupposto della riduzione/accorpamento del numero delle province) prevedendo la presenza territoriale degli istituti di patronato su almeno 2/3 delle province e delle regioni (livello nazionale) dislocate omogeneamente nelle 5 aree geografiche individuate dallo stesso Decreto (nord est - nord ovest - centro - sud - isole);
    in questa situazione di confusione si rischia la chiusura di almeno dieci istituti di patronato, in quanto agli stessi è richiesto di essere operativi in almeno 74 province a fronte delle attuali 37; infatti, in questo momento, ai fini dell'esistenza dei requisiti di rappresentatività nazionale sia per le associazioni sindacali e datoriali sia per gli istituti di patronato, si fa riferimento alle «vecchie» 110 province non tenendo conto che alcune norme introdotte nel frattempo (dicembre 2012) avevano, quale presupposto, la riduzione/accorpamento delle province (luglio 2012) successivamente dichiarate illegittime (luglio 2013);
    inoltre, bisognerebbe considerare che nelle regioni a statuto speciale, come la Sicilia, dove si è proceduto alla soppressione delle province non è più possibile fare riferimento a tale parametro;
    infine bisogna ricordare che lo scopo che si voleva raggiungere, con la legge di stabilità 2013, era adeguare alcuni istituti di patronato, storicamente e particolarmente concentrati solo in alcune aree geografiche, ad uno standard di uniforme operatività articolato su tutto il territorio nazionale mediante l'obbligatoria presenza quantitativa nelle cinque aree geografiche appositamente individuate dal Decreto del Ministro del Lavoro del 20 febbraio 2013 e, non di certo, quello di arrivare al rischio chiusura degli istituti di patronato;

impegna il Governo

1) a valutare l'opportunità di emanare provvedimenti, anche di tipo normativo, atti a modificare le norme in oggetto, tenuto conto che, a tutt'oggi, il numero delle province è rimasto invariato e che il legislatore intendeva, attraverso la legge di stabilità 2013, innalzare gradualmente i requisiti di rappresentatività degli istituti di Patronato richiedendo agli stessi una maggiore ed omogenea presenza territoriale: su base regionale da almeno 1/3 delle regioni ad almeno 2/3 delle regioni e su base provinciale da almeno 1/3 delle province (37 su 110) ad almeno 2/3 delle province accorpate (42 su 64).
9/1865-A/229Di Gioia, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 218 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame, stabilisce risorse rivolte all'assunzione di personale della magistratura ordinaria nonché, per il solo anno 2014, nella prospettiva di migliorare l'efficienza degli uffici giudiziari e per consentire a coloro che hanno completato il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari a norma dell'articolo 1, comma 25, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, lo svolgimento di un periodo di perfezionamento da completare entro il 31 dicembre 2014, nel limite di spesa di 7,5 milioni di euro. La titolarità del relativo progetto formativo è assegnata al Ministero della giustizia;
    a decorrere dall'anno 2015 tale ultima quota è destinata all'incentivazione del personale amministrativo appartenente agli uffici giudiziari che abbiano raggiunto gli obiettivi di cui al comma 12, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 e alle spese di funzionamento degli uffici giudiziari;
    tra le proposte emendative approvate in sede referente, l'emendamento n. 1.4031 ha portato tale limite di spesa a 15 milioni;
    le pesanti carenze di organico che affliggono i tribunali italiani, mettono a repentaglio il corretto funzionamento del sistema giudiziario continuano ad esporre il nostro Paese a lentezze, malfunzionamenti e alle procedure sanzionatorie comminate dall'Unione europea,

impegna il Governo

ad assumere tutti i provvedimenti formali e sostanziali, con effetto immediato, per attuare in maniera tempestiva i suddetti impegni di spesa, al fine di garantire l'assunzione del personale della magistratura ordinaria e consentire lo svolgimento dei tirocini formativi presso gli uffici giudiziari, a norma dell'articolo 1, comma 25, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, entro il 31 dicembre 2014.
9/1865-A/230Gregori.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 218 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame, stabilisce risorse rivolte all'assunzione di personale della magistratura ordinaria nonché, per il solo anno 2014, nella prospettiva di migliorare l'efficienza degli uffici giudiziari e per consentire a coloro che hanno completato il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari a norma dell'articolo 1, comma 25, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, lo svolgimento di un periodo di perfezionamento da completare entro il 31 dicembre 2014, nel limite di spesa di 7,5 milioni di euro. La titolarità del relativo progetto formativo è assegnata al Ministero della giustizia;
    a decorrere dall'anno 2015 tale ultima quota è destinata all'incentivazione del personale amministrativo appartenente agli uffici giudiziari che abbiano raggiunto gli obiettivi di cui al comma 12, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 e alle spese di funzionamento degli uffici giudiziari;
    tra le proposte emendative approvate in sede referente, l'emendamento n. 1.4031 ha portato tale limite di spesa a 15 milioni;
    le pesanti carenze di organico che affliggono i tribunali italiani, mettono a repentaglio il corretto funzionamento del sistema giudiziario continuano ad esporre il nostro Paese a lentezze, malfunzionamenti e alle procedure sanzionatorie comminate dall'Unione europea,

impegna il Governo

ad assumere tutti i provvedimenti formali e sostanziali per attuare in maniera tempestiva i suddetti impegni di spesa, al fine di garantire l'assunzione del personale della magistratura ordinaria e consentire lo svolgimento dei tirocini formativi presso gli uffici giudiziari, a norma dell'articolo 1, comma 25, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, entro il 31 dicembre 2014.
9/1865-A/230. (Testo modificato nel corso della seduta) Gregori.


   La Camera,
   premesso che:
    alcuni finanziamenti previsti per le opere infrastrutturali ricomprese nel cosiddetto Tavolo Lombardia potrebbero venire revocati per alimentare il costituendo «Fondo Unico EXPO: infrastrutture strategiche di connessione all'EXPO 2015»,

impegna il Governo

a garantire prioritariamente il mantenimento del finanziamento delle opere per le quali esiste il «Progetto definitivo» e per le quali è già stato assegnato l'appalto. Il tutto per evitare anche eventuali penali che graverebbero sui costi alla finanza pubblica.
9/1865-A/231Casati, Mauri, Cova, Rampi, Cimbro, Malpezzi, Mosca, Gasparini.


   La Camera,
   premesso che:
    la strada statale 21, che collega il sud del Piemonte con il sud francese attraverso il Colle della Maddalena e collega in particolare la città di Cuneo con Gap (Hautes-Alpes, PACA), attraversa i Comuni di Demonte ed Aisone ove la strada passa all'interno dei centri abitati con strettoie pericolose sia per la transitabilità ordinaria sia per la sicurezza statica degli edifici prospicienti;
    detta strada statale è percorsa ogni giorno da oltre mille mezzi pesanti (autorimorchi o autoarticolati) in parte per il trasporto merci tra Italia e Francia e in parte per il trasporto di acque minerali prodotte in lata valle;
    il Consiglio di Amministrazione dell'Anas, approvava già nel 2008 un progetto preliminare per una variante alla strada statale 21 «Colle della Maddalena», in provincia di Cuneo che prevedeva, tra l'altro, 4 gallerie, 4 viadotti e 4 rotatorie, con una previsione di spesa per un importo complessivo dell'opera di circa 252 milioni da realizzarsi in tre lotti, di cui il primo (variante di Demonte) era inserito già nel Contratto di Programma Anas 2007-2011, con previsione d'appaltabilità nel 2009;
    nel 2010 il progetto veniva rivisto per l'eccessiva onerosità e l'ANAS si assumeva il compito di riprogettare l'opera individuando una soluzione che consentiva un risparmio di molte decine di milioni di euro per la sola circonvallazione di Demonte. La nuova variante prevedeva una sola galleria, invece delle due originarie, e un viadotto di circa 350 metri. Un'ipotesi progettuale che, estesa anche ad Aisone, consentirebbe di dimezzare i costi complessivi dell'opera;
    l'ANAS ha praticamente completato sia la progettazione, ormai in fase di cantierabilità, sia tutte le valutazioni di impatto e le autorizzazioni necessarie, tanto da permettere di poter avviare l'opera a partire dal 2014;
    il traffico sulla Strada Statale 21 in ulteriore intensificazione negli ultimi anni creando enormi disagi e problemi di sostenibilità e sicurezza della viabilità locale, con problemi anche con gli Enti locali e le popolazioni della Valle;
    diventando alla luce dei fatti suesposti necessario trovare una risposta alla viabilità della SS 21 ed in particolare agli attraversamenti degli abitati di Demonte e di Aisone,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di inserire l'opera, o almeno un primo lotto, nel contratto di programma 2014, autorizzando la stessa ANAS alla stipula di accordi di programma con gli altri soggetti istituzionali coinvolti e interessati.
9/1865-A/232Taricco, Gribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    la linea ferroviaria Cuneo-Ventimiglia è oggi a rischio di chiusura per grave degrado strutturale. Tale eventualità sarebbe estremamente dannosa per la popolazione italiana come per quella francese. Questo sia nei centri direttamente toccati dalla tratta, sia nella scala più vasta che congiunge le due importanti aree metropolitane di Torino e Nizza;
    numerose sono le iniziative intraprese a sostegno della linea in maniera congiunta da istituzioni, associazioni e privati cittadini di entrambi i Paesi. Già nel 2008, nell'ambito del Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT), che ha sostanziato la costruzione dell'Euroregione Alpes-Mediterranée tra Valle d'Aosta, Liguria. Piemonte, Provence-Alpes-Còte d'Azur e Rhóne-Alpes, è stata firmata una dichiarazione d'intenti fra PACA, Piemonte e Liguria, finalizzata a scongiurare l'abbandono della linea e a rimarcare, viceversa, i vantaggi economici che il suo mantenimento e il suo rilancio possono determinare;
    l'area in oggetto si estende per 18 mila chilometri quadrati e conta 4 milioni di abitanti ed oltre 492 mila imprese (Fonte: Unioncamere Piemonte su dati InfoCamere. INSEE 2011). I dati CC1AA (Ita) e CCI (Fra), testimoniano i rilevantissimi interessi economici di tipo agricolo, industriale e turistico che legano le aree di Cuneo, Torino. Imperia e PACA. Per questo anche le unioni camerali riferibili alla citata Euroregione AlpMEd, si sono da tempo unitariamente espresse in favore dell'immediato ripristino. Il Col di Tenda è infatti Punico valico alpino sia stradale che ferroviario, insieme al Frejus, che colleghi il quadrante Nord-Ovest e l'alta pianura padana con la Francia.
  La tratta è stata da ultimo riconosciuta strategica per i due Paesi in occasione del Vertice binazionale del 20 novembre scorso a Roma. Un ruolo testimoniato sia nella Dichiarazione congiunta finale, sia nelle parole del Presidente del Consiglio Letta rese nella conferenza stampa conclusiva, il quale ha segnalato l'opera come «importante infrastruttura per rendere ancora più osmotici i nostri due Paesi» al pari della TAV Torino-Lione.
  Il Vertice si è espresso in favore dell'aggiornamento della Convenzione del 1970 che ripartisce gli oneri tra i due Paesi,

impegna il Governo

a reperire urgentemente le misure di finanziamento ordinario necessarie agli interventi di immediato ripristino, calcolate nell'ordine dei 29 milioni di euro, in coerenza con la posizione espressa in occasione del ricordato Vertice bilaterale ed impedendo il rischio di una chiusura de facto della tratta prima che si completi la ridefinizione degli accordi internazionali per i quali l'Italia si è già impegnata, rendendoli vani o comunque più onerosi per le Parti.
9/1865-A/233Mattiello, Taricco, Gribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità 2014 prevede una serie di disposizioni, nell'ambito della nuova disciplina dei finanziamenti relativi all'evento Expo 2015, nonché l'istituzione di un nuovo Fondo nell'ambito dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti denominato «Fondo unico Expo: infrastrutture strategiche di connessione all'Expo 2015»;
    oltre alla Lombardia, anche la regione Piemonte sarà chiamata ad assorbire circa il 30 per cento dei 34 milioni di pernottamenti previsti per tutta la durata dell'evento storico rappresentato dall'Expo Milano 2015;
    l'esigenza derivante dalla portata mondiale rappresentata dall'Expo Milano 2015, costituisce un'opportunità di rilancio e di sviluppo per l'economia regionale piemontese, di creazione di nuova occupazione, nonché un incoraggiamento alla produzione di ricchezza economica e culturale;
    includere pertanto tra le misure previste all'interno del disegno di legge di stabilità 2014 la regione Piemonte, valorizzando il proprio patrimonio storico, naturale, paesaggistico e gastronomico, potrà contribuire a determinare un successo di livello internazionale per l'Italia, con la consapevolezza che l'evento dell'Expo Milano 2015 potrà rappresentare una straordinaria vetrina mondiale per il nostro Paese in termini di sviluppo e di competitività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere anche per la regione Piemonte, le misure previste all'interno del disegno di stabilità 2014 e attribuite a favore dell'EXPO 2015, nei riguardi delle strutture alberghiere piemontesi che intendono avviare iniziative volte a ospitare e ad accogliere l'enorme afflusso turistico proveniente da tutto il mondo che si recherà a visitare un evento di portata storica quale l'Expo Milano 2015.
9/1865-A/234Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 339 riguarda l'intesa tra lo Stato e le province autonome di Trento e di Bolzano sul trasferimento e la delega di alcune funzioni appositamente individuate dalla disposizione;
    durante l'esame presso la Commissione Bilancio è stata fatta un'aggiunta per specificare che l'esclusione di alcune delle funzioni delle agenzie fiscali opera anche in relazione ad ambiti di materia relativi a concessioni statali e alle reti di acquisizione del gettito tributario;
    il provvedimento, nel testo sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia, presenta ulteriori criticità, lesive in più punti dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 e successive modificazioni;
    il comma 119-quater stabilisce che le maggiori entrate derivanti dall'imposta sostitutiva affluiscano al fondo per gli interventi strutturali di politica economica e costituisce, di fatto, una riserva all'erario, formulata in maniera evidentemente incompatibile con le norme statutarie;
    il comma 132-septies, in materia di patto di stabilità dei comuni, prevede l'applicazione di norme di dettaglio anche agli enti territoriali delle regioni a statuto speciale ma, anche in questo caso, la norma contrasta con l'articolo 79 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige, che prevede la competenza delle province autonome di Trento e di Bolzano per la regolazione del patto di stabilità con i propri enti locali;
    il comma 288-sexies stabilisce che le entrate incassate dalle misure straordinarie di contrasto all'evasione fiscale siano finalizzate alla riduzione della pressione fiscale mediante riassegnazione al fondo a ciò destinato ma, pur ritenendo condivisibile la finalità della norma, è in contrasto con le quote di gettito statutariamente previste per le province autonome di Trento e di Bolzano;
    il comma 325-bis contiene misure di contenimento in materia pensionistica e i relativi risparmi, anche se riferiti a misure adottate dalle regioni e dalle province autonome sono versati all'entrata del bilancio dello Stato, sempre sotto forma di una riserva all'erario;
    il comma 505-quinquies, ripropone il meccanismo degli accantonamenti con riguardo all'esenzione IMU per i fabbricati rurali ad uso strumentale, sul quale ci sono già diversi contenziosi aperti; è utile rilevare che, nelle ultime pronunce, la Corte costituzionale non ha più considerato la clausola di salvaguardia una mera formula di stile, priva di significato normativo, ma gli ha riconosciuto la precisa funzione di rendere applicabile la normativa statale agli enti ad autonomia differenziata solo a condizione che siano «rispettati» gli statuti speciali e le relative norme di attuazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa, al fine di inserire, nei prossimi provvedimenti utili, nell'inciso introdotto al comma 339, volto a specificare che l'esclusione di alcune funzioni delle agenzie fiscali opera anche in relazione ad ambiti di materia relativi a concessioni statali e alle reti di acquisizione del gettito tributario e a garantire, con un intervento legislativo, che l'applicazione delle norme sopra richiamate non si ponga in contrasto con lo Statuto speciale di Autonomia e con le relative norme di attuazione.
9/1865-A/235Alfreider, Gebhard, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame alla Camera del disegno di legge di stabilità per il 2014-2016 è stato approvato un emendamento sostenuto dal Governo che per il 2014 riserva non oltre il 50 per cento delle risorse del FUG destinate al Ministero dell'interno e della giustizia all'alimentazione dei distinti FESI della Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato, Polizia Penitenziaria e dei Vigili del fuoco. L'ammontare dello stanziamento deve essere determinato con decreti dei Ministri competenti;
    l'emendamento di cui al punto precedente non destina alcuna risorsa per l'alimentazione del paritetico Fondo di Efficienza dei Servizi Istituzionali delle Forze armate, non tenendo in alcun conto che il Comparto Difesa e Sicurezza è un comparto unitario, come da ultimo chiarito dall'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, sulla «specificità»;
    in occasione dei rinnovi contrattuali le risorse stanziate per l'adeguamento delle retribuzioni del personale del Comparto Difesa e Sicurezza hanno comportato incrementi retributivi uguali a parità di grado e qualifica per tutto il personale del Comparto;
    anche in occasione della previsione normativa per l'istituzione del fondo per finanziare gli assegni una tantum da corrispondere, a fronte del vigente blocco delle retribuzioni, al personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, è stato specificatamente previsto che le risorse «sono attribuite in modo da assicurare trattamenti omogenei al personale delle Forze armate e a quello delle Forze di polizia» (articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 27 del 2011);
    nella stessa sede parlamentare è stato approvato un altro emendamento, che riserva all'incremento del trattamento accessorio delle sole Forze di polizia, per il 2014, altri 100 milioni di euro, destinato sempre a finanziare il FESI delle Forze di Polizia;
    anche la ratio di questo ultimo provvedimento è finalizzato ad incrementare l'efficienza della sola componente Sicurezza del Comparto, escludendo quindi la componente Difesa e creando peraltro gravi problemi di funzionalità atteso che il personale dell'Arma dei carabinieri, seppur organicamente facente parte della Difesa, sarebbe destinatario dei predetti stanziamenti;
    entrambi i provvedimenti sono finalizzati a dare una prima concreta attuazione al dettato legislativo previsto dall'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, in materia di «specificità» del Comparto Difesa e Sicurezza;
    le Forze Armate, al pari delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, sono costantemente impegnate in Patria ed all'estero nella tutela dell'ordine pubblico e nella salvaguardia delle istituzioni

impegna il Governo

al fine di incrementare l'efficienza dell'impiego delle risorse tenendo conto della specificità e delle peculiari esigenze delle Forze Armate, a incrementare, con il primo provvedimento legislativo ritenuto utile, le risorse disponibili per il trattamento accessorio del personale appartenente a Esercito, Marina, Aeronautica Militare e Capitanerie di Porto, oltre a quelle previste dagli ordinari stanziamenti di bilancio per l'anno 2014, di euro 55 milioni, attingendo alle disponibilità di spesa recate dall'articolo 10, comma 5, decreto- legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. Ciò fermo restando che in relazione alle somme di cui a tale disposizione non trova applicazione quanto previsto dall'articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni.
9/1865-A/236Adornato, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame alla Camera del disegno di legge di stabilità per il 2014-2016 è stato approvato un emendamento sostenuto dal Governo che per il 2014 riserva non oltre il 50 per cento delle risorse del FUG destinate al Ministero dell'interno e della giustizia all'alimentazione dei distinti FESI della Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato, Polizia Penitenziaria e dei Vigili del fuoco. L'ammontare dello stanziamento deve essere determinato con decreti dei Ministri competenti;
    l'emendamento di cui al punto precedente non destina alcuna risorsa per l'alimentazione del paritetico Fondo di Efficienza dei Servizi Istituzionali delle Forze armate, non tenendo in alcun conto che il Comparto Difesa e Sicurezza è un comparto unitario, come da ultimo chiarito dall'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, sulla «specificità»;
    in occasione dei rinnovi contrattuali le risorse stanziate per l'adeguamento delle retribuzioni del personale del Comparto Difesa e Sicurezza hanno comportato incrementi retributivi uguali a parità di grado e qualifica per tutto il personale del Comparto;
    anche in occasione della previsione normativa per l'istituzione del fondo per finanziare gli assegni una tantum da corrispondere, a fronte del vigente blocco delle retribuzioni, al personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, è stato specificatamente previsto che le risorse «sono attribuite in modo da assicurare trattamenti omogenei al personale delle Forze armate e a quello delle Forze di polizia» (articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 27 del 2011);
    nella stessa sede parlamentare è stato approvato un altro emendamento, che riserva all'incremento del trattamento accessorio delle sole Forze di polizia, per il 2014, altri 100 milioni di euro, destinato sempre a finanziare il FESI delle Forze di Polizia;
    anche la ratio di questo ultimo provvedimento è finalizzato ad incrementare l'efficienza della sola componente Sicurezza del Comparto, escludendo quindi la componente Difesa e creando peraltro gravi problemi di funzionalità atteso che il personale dell'Arma dei carabinieri, seppur organicamente facente parte della Difesa, sarebbe destinatario dei predetti stanziamenti;
    entrambi i provvedimenti sono finalizzati a dare una prima concreta attuazione al dettato legislativo previsto dall'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, in materia di «specificità» del Comparto Difesa e Sicurezza;
    le Forze Armate, al pari delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, sono costantemente impegnate in Patria ed all'estero nella tutela dell'ordine pubblico e nella salvaguardia delle istituzioni,

impegna il Governo

al fine di incrementare l'efficienza dell'impiego delle risorse tenendo conto della specificità e delle peculiari esigenze delle Forze Armate, a valutare l'opportunità di incrementare, con il primo provvedimento legislativo ritenuto utile, le risorse disponibili per il trattamento accessorio del personale appartenente a Esercito, Marina, Aeronautica Militare e Capitanerie di Porto, oltre a quelle previste dagli ordinari stanziamenti di bilancio per l'anno 2014, di euro 55 milioni, attingendo alle disponibilità di spesa recate dall'articolo 10, comma 5, decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. Ciò fermo restando che in relazione alle somme di cui a tale disposizione non trova applicazione quanto previsto dall'articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni.
9/1865-A/236. (Testo modificato nel corso della seduta) Adornato, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    dal 2015 la nuova imposta IMU secondaria sostituirà alcuni prelievi che attualmente gravano su un determinato utilizzo del suolo pubblico ovvero varie forme di pubblicità ed occupazione suolo pubblico disciplinate dalle normative succedutasi nel tempo: il decreto legislativo n. 507 del 1993 capo primo e capo secondo ed il titolo terzo del decreto legislativo n. 446 del 1997 articoli nn. 62, 63 e 64;
    la nuova imposta assume come presupposto l'uso del suolo pubblico e pare quindi escludere dal suo ambito applicativo la collocazione di impianti pubblicitari posti su suolo privato che paradossalmente non sarebbero più gravati da tributo;
    tale considerazione deriva dalla lettera a) dei criteri stabiliti per l'emanazione del regolamento da adottare d'intesa con la conferenza Stato-città;
    esiste tuttavia un certo margine di ambiguità perché in taluni casi un mezzo pubblicitario posto su uno spazio soprastante il suolo sarebbe gravato del pagamento del nuovo tributo. Questa ambiguità solleva molti dubbi applicativi. Infatti le amministrazioni locali potrebbero decidere di non consentire la collocazione d'impianti pubblicitari in ambito privato in quanto essi non sarebbero remunerativi per le casse comunali;
    non è inoltre chiaro il rapporto tra i canoni di occupazione suolo pubblico attuali che, in base a quanto definito dalla Corte costituzionale nella sua sentenza n. 64 del 2008, hanno natura sinallagmatica e non debbono essere considerati un tributo e la previsione di comprensione degli stessi tra i tributi;
    gli altri criteri sono molto generici e si limitano ad indicare al governo alcuni elementi propri di qualsiasi tributo e non indicano precisi elementi guida per la loro applicazione alle singole fattispecie che il regolamento dovrebbe regolare. Lo stesso vale per le vigenti esenzioni,

impegna il Governo

ad introdurre, in sede di elaborazione del citato regolamento, disposizioni volte a superare le descritte ambiguità, non suscettibile di contestazioni amministrative, e consentire alle amministrazioni locali di poter disporre di un tributo utile al risanamento finanziario.
9/1865-A/237De Mita, Fauttilli.


   La Camera,
   premesso che:
    dal 2015 la nuova imposta IMU secondaria sostituirà alcuni prelievi che attualmente gravano su un determinato utilizzo del suolo pubblico ovvero varie forme di pubblicità ed occupazione suolo pubblico disciplinate dalle normative succedutasi nel tempo: il decreto legislativo n. 507 del 1993 capo primo e capo secondo ed il titolo terzo del decreto legislativo n. 446 del 1997 articoli nn. 62, 63 e 64;
    la nuova imposta assume come presupposto l'uso del suolo pubblico e pare quindi escludere dal suo ambito applicativo la collocazione di impianti pubblicitari posti su suolo privato che paradossalmente non sarebbero più gravati da tributo;
    tale considerazione deriva dalla lettera a) dei criteri stabiliti per l'emanazione del regolamento da adottare d'intesa con la conferenza Stato-città;
    esiste tuttavia un certo margine di ambiguità perché in taluni casi un mezzo pubblicitario posto su uno spazio soprastante il suolo sarebbe gravato del pagamento del nuovo tributo. Questa ambiguità solleva molti dubbi applicativi. Infatti le amministrazioni locali potrebbero decidere di non consentire la collocazione d'impianti pubblicitari in ambito privato in quanto essi non sarebbero remunerativi per le casse comunali;
    non è inoltre chiaro il rapporto tra i canoni di occupazione suolo pubblico attuali che, in base a quanto definito dalla Corte costituzionale nella sua sentenza n. 64 del 2008, hanno natura sinallagmatica e non debbono essere considerati un tributo e la previsione di comprensione degli stessi tra i tributi;
    gli altri criteri sono molto generici e si limitano ad indicare al governo alcuni elementi propri di qualsiasi tributo e non indicano precisi elementi guida per la loro applicazione alle singole fattispecie che il regolamento dovrebbe regolare. Lo stesso vale per le vigenti esenzioni,

impegna il Governo

ad introdurre, in sede di elaborazione del citato regolamento, disposizioni non suscettibili di contestazioni amministrative, e consentire alle amministrazioni locali di poter disporre di un tributo utile al risanamento finanziario.
9/1865-A/237. (Testo modificato nel corso della seduta) De Mita, Fauttilli.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo l'ultimo rapporto Istat l'11,1 per cento delle famiglie italiane, pari a 8,2 milioni di individui, versa in condizioni di povertà relativa mentre il 5,2 per cento delle famiglie, per un totale di 3,4 milioni di individui, versa in condizioni di povertà assoluta, ovvero non è in grado di acquisire i beni e i servizi necessari a raggiungere uno standard di vita minimo accettabile;
    da sempre l'aiuto alimentare è il primo intervento che si effettua in ogni percorso di reinserimento sociale e storicamente il sostegno più significativo in tal senso è sempre pervenuto da organizzazioni non profit che operano in modo capillare sul territorio e utilizzano, per la distribuzione di alimenti agli indigenti, prodotti donati dalle imprese, contribuendo a ridurre sensibilmente gli sprechi alimentari presenti nella produzione e nella distribuzione;
    il PEAD è il più importante aiuto pubblico per la distribuzione di alimenti ai poveri ed opera, da oltre 20 anni, nell'ambito della Politica agricola comune (PAC) dell'Unione europea e gestito in Italia dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) in concorso con la rete nazionale di enti caritativi presenti sul territorio nazionale;
    a partire dal 2014 questo programma, che nel corso degli anni è arrivato a raggiungere circa 3,5 milioni di persone, non avrà più luogo per l'indisponibilità di alcuni Stati membri dell'Unione europea a finanziare attraverso la nuova PAC l'acquisto di generi alimentari per scopi sociali. A livello europeo verrà sostituito da un nuovo Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) che tuttavia presenta numerose differenze rispetto al precedente programma;
    il decreto-legge n. 83 del 2012, ha istituito un fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari agli indigenti, per aumentare la quota di cibo recuperato nella filiera alimentare, sottraendolo alle varie forme di spreco oggi esistenti;
    tale distribuzione non rappresenta tanto un aiuto di tipo assistenziale, ma permette anche l'attivazione di una rete di sostegno a favore di famiglie, singoli, persone anziane e immigrati. Tale rete consente di personalizzare gli interventi, che rischiano altrimenti di essere sottoposti solo a criteri burocratici;
    il comma 139 della legge di stabilità prevede un rifinanziamento del predetto fondo nella misura di 10 milioni per il 2014, che risulta insufficiente a soddisfare le attuali necessità,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a reperire ulteriori risorse a quelle previste dalla attuale legge di stabilità al fine di consentire un adeguato sostegno a questo tipo di intervento, che grazie alla capillare opera sul territorio di organizzazioni non profit ha permesso la distribuzione degli alimenti a persone e famiglie in difficoltà.
9/1865-A/238Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo l'ultimo rapporto Istat l'11,1 per cento delle famiglie italiane, pari a 8,2 milioni di individui, versa in condizioni di povertà relativa mentre il 5,2 per cento delle famiglie, per un totale di 3,4 milioni di individui, versa in condizioni di povertà assoluta, ovvero non è in grado di acquisire i beni e i servizi necessari a raggiungere uno standard di vita minimo accettabile;
    da sempre l'aiuto alimentare è il primo intervento che si effettua in ogni percorso di reinserimento sociale e storicamente il sostegno più significativo in tal senso è sempre pervenuto da organizzazioni non profit che operano in modo capillare sul territorio e utilizzano, per la distribuzione di alimenti agli indigenti, prodotti donati dalle imprese, contribuendo a ridurre sensibilmente gli sprechi alimentari presenti nella produzione e nella distribuzione;
    il PEAD è il più importante aiuto pubblico per la distribuzione di alimenti ai poveri ed opera, da oltre 20 anni, nell'ambito della Politica agricola comune (PAC) dell'Unione europea e gestito in Italia dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) in concorso con la rete nazionale di enti caritativi presenti sul territorio nazionale;
    a partire dal 2014 questo programma, che nel corso degli anni è arrivato a raggiungere circa 3,5 milioni di persone, non avrà più luogo per l'indisponibilità di alcuni Stati membri dell'Unione europea a finanziare attraverso la nuova PAC l'acquisto di generi alimentari per scopi sociali. A livello europeo verrà sostituito da un nuovo Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) che tuttavia presenta numerose differenze rispetto al precedente programma;
    il decreto-legge n. 83 del 2012, ha istituito un fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari agli indigenti, per aumentare la quota di cibo recuperato nella filiera alimentare, sottraendolo alle varie forme di spreco oggi esistenti;
    tale distribuzione non rappresenta tanto un aiuto di tipo assistenziale, ma permette anche l'attivazione di una rete di sostegno a favore di famiglie, singoli, persone anziane e immigrati. Tale rete consente di personalizzare gli interventi, che rischiano altrimenti di essere sottoposti solo a criteri burocratici;
    il comma 139 della legge di stabilità prevede un rifinanziamento del predetto fondo nella misura di 10 milioni per il 2014, che risulta insufficiente a soddisfare le attuali necessità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a reperire ulteriori risorse a quelle previste dalla attuale legge di stabilità al fine di consentire un adeguato sostegno a questo tipo di intervento, che grazie alla capillare opera sul territorio di organizzazioni non profit ha permesso la distribuzione degli alimenti a persone e famiglie in difficoltà.
9/1865-A/238. (Testo modificato nel corso della seduta) Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministro del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, rispondendo in Aula ad un question time, ha riferito in merito alla possibilità di finanziare per l'anno accademico 2013-2014 soltanto 2000 contratti di formazioni specialistica medica, a fronte dei 4500 dell'anno precedente e dei 5000 di due anni fa;
    i neo-laureati in medicina che concorreranno al prossimo bando per entrare nelle scuole di specializzazione sono circa 7500, ai quali debbono aggiungersi i tanti giovani che negli scorsi anni sono restati senza possibilità di iscriversi alle scuole di specializzazione;
    con i fondi aggiuntivi assegnati al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per i contratti di formazione specialistica medica nella Legge di Stabilità sarà possibile arrivare a circa 3200 contratti per l'anno accademico 2013-2014 e a 4000 nei due anni successivi;
    malgrado l'inversione di tendenza il numero resterà ancora drammaticamente insufficiente senza peraltro neanche riportarsi ai livelli precedenti il 2012. È pertanto urgente l'individuazione di risorse aggiuntive in grado di operare un ulteriore se pur parziale riequilibrio del sistema formativo che permetta ai giovani medici di poter ottenere la formazione indispensabile per poter lavorare nel SSN;
    i contratti di formazione specialistica sono attualmente assoggettati dal punto di vista previdenziale ad una duplice aliquota che si è rivelata sin dalla sua applicazione essere iniqua, tanto in ragione dell'inconsistente rendita prodotta, quanto in relazione al ricorso all'eventuale ricongiungimento dei contributi versati ai fini della totalizzazione che a titolo oneroso;
    nel particolare, i medici titolari di contratto di formazione specialistico-medico, contribuiscono obbligatoriamente alla quota A dell'ENPAM (ente previdenziale dei medici), in quanto iscritti agli ordini professionali, e sono soggetti anche alla Gestione Separata INPS, che con l'attuale aliquota impatta per una cifra pari a circa 4 mila euro annui, 2/3 dei quali versati dall'amministrazione universitaria trattenendoli da quelli assegnati per il contratto;
    sarebbe possibile un inquadramento previdenziale meno oneroso (per esempio con passaggio ad una contribuzione esclusiva in ENPAM) che, mantenendo gli attuali emolumenti per gli specializzandi e garantendo un'invarianza di rendita previdenziale rispetto al sistema contributivo vigente, consenta al contempo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un risparmio di spesa per i contributi previdenziali che potrebbe essere riutilizzato per aumentare il numero dei contratti;
    a tale riguardo le simulazioni prodotte dalla SIMG (Associazione dei Giovani Medici) hanno permesso di calcolare un risparmio oscillante tra un minimo di 23,76 e un massimo di 55,260 milioni di euro, corrispondenti a un numero di nuovi contratti di formazione specialistica tra 900 e 2300,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di riconfigurare l'inquadramento previdenziale degli specializzandi in medicina, sottraendolo alla gestione separata INPS e trasferendolo su forme di previdenzialità meno onerose, mantenendo inalterato il livello degli emolumenti e conseguentemente la possibilità, già a partire dall'anno accademico 2013-2014, di destinare al finanziamento di nuovi contratti di formazione specialistica le risorse che potrebbero in tal modo liberarsi, in analogia con quanto il Governo si è già impegnato a fare con i fondi derivanti dall'accorciamento dei corsi di specializzazione previsto dal decreto-legge n. 104.
9/1865-A/239Gigli, Binetti, Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito delle agevolazioni previste dalla Legge Smuraglia per incrementare il lavoro penitenziario, quelle a vantaggio delle imprese profit sono state scarsamente utilizzate e non hanno sortito l'effetto desiderato;
    di fronte all'alta complessità burocratica e logistica richiesta dall'organizzazione di un lavoro intramurario, tali aziende hanno preferito fino ad oggi delocalizzare le attività portandole all'estero;
    si ritiene perciò che il coinvolgimento delle aziende profit nell'inserimento dei detenuti possa essere meglio agevolato attraverso la progettazione e lo sviluppo di un percorso organico, dove le complessità e le problematiche del mondo carcerario siano a carico di un soggetto specifico che possiede il know how professionale e sociale idoneo a operare in maniera efficace, vale a dire le cooperative sociali e i loro consorzi, le uniche in grado di garantire la continuità dell'inserimento lavorativo nel delicato passaggio tra il lavoro all'interno e quello all'esterno fino all'inserimento in imprese profit;
    è necessario incrementare le occasioni di lavoro per i detenuti, principale possibilità di rieducazione e reinserimento sociale, con benefici economici e sociali per tutta la collettività (come ricordato di recente anche dalla Corte dei Conti nella delibera n. 6 del 18 luglio 2013 - pagg. 32-37),

impegna il Governo

al fine di rendere più interessante l'investimento nel lavoro penitenziario per le imprese profit, di valutare l'opportunità di introdurre agevolazioni fiscali per le aziende citate in relazione alle lavorazioni affidate a cooperative sociali, da svolgere con detenuti all'interno delle carceri, prevedendo altresì che l'ammontare derivante dall'agevolazione introdotta sia finalizzata dalle aziende non per realizzare utile ma per essere investita in innovazioni tecnologiche, ricerca scientifica, formazione e nuove attrezzature.
9/1865-A/240Fauttilli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 131 indica in 400 milioni di euro l'importo destinato alla liquidazione nell'anno 2014 della quota del cinque per mille;
    l'innalzamento del tetto di spesa sarebbe stato necessario per rispettare la volontà dei 17 milioni di contribuenti che ogni anno destinano risorse al cinque per mille;
    negli anni passati l'imposizione del tetto ai 400 milioni ha determinato una decurtazione sul totale della cifra destinata dai contribuenti. Infatti, nelle dichiarazioni dei redditi relative all'anno 2010, il totale degli importi assegnati dai contribuenti ai percettori del 5 per mille risulta essere stato di 463 milioni di euro a fronte di una effettiva erogazione, per motivazioni non ancora ad oggi chiarite, addirittura inferiore al tetto dei 400 milioni di euro, che si è attestata su soli 383 milioni di euro;
    i beneficiari hanno così subito una decurtazione percentuale del 17 per cento rispetto a quanto assegnato dai contribuenti italiani. Analoga decurtazione è avvenuta per le dichiarazioni dei redditi relative all'anno 2011 in cui per dichiarazione del viceministro dell'Economia alla Camera le assegnazioni dei contribuenti erano pari a 488 milioni mentre l'erogato è stato di soli 395 milioni;
    ne deriva una sottrazione di risorse disponibili alle organizzazioni non profit di oltre 170 milioni di euro in due anni,

impegna il Governo

ad adottare iniziative finalizzate a ripristinare la quota del cinque per mille effettivamente ad esso destinata dai contribuenti al momento della liquidazione delle imposte dirette, assicurando in tal modo le risorse necessarie alle organizzazioni non profit per svolgere le loro attività a scopo sociale.
9/1865-A/241Piepoli, Fauttilli, Gigli, Santerini, Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 302 del provvedimento, modifica il comma 17 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, disponendo che per gli anni 2013 e 2014 si darà luogo unicamente alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per la parte normativa, senza possibilità di recupero per la parte economica;
    anche per il 2014, quindi vigerà il blocco della concertazione economica relativa al Comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso;
    il trattamento economico accessorio del personale appartenente al Comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso risulta ancora basato su un impianto normativo ormai anacronistico e non più rispondente alla moderna organizzazione e agli attuali compiti delle Forze di Polizia, delle Forze Armate e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;
    sarebbe pertanto opportuno procedere ad una revisione dell'attuale architettura delle indennità operative, attualmente basata sostanzialmente sulla mera appartenenza a una tipologia di organismo, con un nuovo impianto orientato a privilegiare la remunerazione delle attività effettivamente svolte dal personale,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte ad attuare una razionalizzazione del trattamento economico accessorio del comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso attraverso una concertazione economica, a saldi di spesa invariati
9/1865-A/242Cera, Rossi, Fauttilli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 302 del provvedimento, modifica il comma 17 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, disponendo che per gli anni 2013 e 2014 si darà luogo unicamente alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per la parte normativa, senza possibilità di recupero per la parte economica;
    anche per il 2014, quindi vigerà il blocco della concertazione economica relativa al Comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso;
    il trattamento economico accessorio del personale appartenente al Comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso risulta ancora basato su un impianto normativo ormai anacronistico e non più rispondente alla moderna organizzazione e agli attuali compiti delle Forze di Polizia, delle Forze Armate e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;
    sarebbe pertanto opportuno procedere ad una revisione dell'attuale architettura delle indennità operative, attualmente basata sostanzialmente sulla mera appartenenza a una tipologia di organismo, con un nuovo impianto orientato a privilegiare la remunerazione delle attività effettivamente svolte dal personale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte ad attuare una razionalizzazione del trattamento economico accessorio del comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso attraverso una concertazione economica, a saldi di spesa invariati
9/1865-A/242. (Testo modificato nel corso della seduta) Cera, Rossi, Fauttilli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, Codice dell'ordinamento militare, prevede l'istituto della riserva di posti a favore dei volontari in ferma prefissata nei concorsi relativi all'accesso nelle carriere iniziali delle Forze di Polizia. Tale riserva dei posti è stata istituita a seguito della sospensione della leva obbligatoria e dell'avvio della professionalizzazione delle Forze Armate. Ciò allo scopo di incentivare l'arruolamento dei giovani volontari ai quali viene chiesto di dedicare uno o più anni al servizio dell'Istituzione militare senza, peraltro, una garanzia di stabilizzazione all'interno della Forza Armata di appartenenza;
    l'articolo 1, comma 310 del disegno di legge recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014) prevede che le assunzioni di cui al comma 309 «possono» essere riservate al personale volontario in ferma prefissata di un anno delle Forze armate, e che è un dovere morale proseguire a prestare attenzione a tale personale «precario» che può portare all'interno delle Forze di Polizia e del Corpo dei Vigili del Fuoco la preziosa esperienza maturata nelle operazioni militari all'estero e in quelle sul territorio nazionale a concorso delle medesime Forze di Polizia/Corpo dei Vigili del Fuoco;
    la legge di revisione dello strumento militare n. 244 del 2012 riducendo la consistenza organica delle Forze Armate da 190.000 a 150.000 unità sta incontrovertibilmente riducendo gli sbocchi per il personale in questione per i successivi passaggi nei volontari in ferma prefissata di quattro anni ovvero all'interno delle Forze Armate,

impegna il Governo

a garantire che le assunzioni di cui al comma 309 avvengano nel rispetto delle riserve di posti già individuate dalla vigente normativa a favore del menzionato personale volontario delle Forze Armate.
9/1865-A/243Rossi, Fauttilli.


   La Camera,
   premesso che:
    i sistemi di teleriscaldamento contribuiscono alla riduzione dell'inquinamento locale, soprattutto se alimentati da biomasse, e rappresentano una soluzione alternativa, rispettosa dell'ambiente, sicura ed economica per il riscaldamento degli edifici;
    il calore prodotto da biomasse, distribuito a mezzo di reti di teleriscaldamento beneficia, a vantaggio dell'utente finale di un credito di imposta pari a 0,02582 per ogni Kwh di energia prelevato dal cliente finale;
    con il comma 387 della legge di stabilità si prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri verranno stabilite le quote percentuali di fruizione per una serie di crediti di imposta inseriti in apposito elenco, in una misura che sarà comunque non inferiore all'85 per cento di quanto spettante sulla base della normativa vigente;
    tra i crediti di imposta interessati a tale misura figura quello relativo alla agevolazioni sulle reti di teleriscaldamento;
    questo taglio, tuttavia, risulta insostenibile poiché mirato a penalizzare esclusivamente il calore prodotto con le biomasse senza andare a toccare altre fonti energetiche (incentivi al gas metano o gasolio) e rischia quindi di mettere fuori mercato moltissimi impianti rispetto a quelli alimentati da fonti fossili con cui competono,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riconsiderare, attraverso l'adozione di iniziative anche di tipo normativo, la decisione di inserire il credito di imposta per le agevolazioni sulle reti di teleriscaldamento tra quelli interessati dalla citata disposizione, al fine di favorire lo sviluppo del teleriscaldamento alimentato da biomasse legnose vergini locali soprattutto in quelle aree marginali montane e rurali del Paese sulle quali la ricaduta economica di questa attività risulta particolarmente rilevante.
9/1865-A/244Dellai.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità per l'anno 2014 prevede all'articolo 1 comma 437 disposizioni in materia di gioco del bingo al fine di contemperare il principio di fonte comunitaria secondo il quale le concessioni pubbliche vanno attribuite ovvero riattribuite, dopo la loro scadenza, secondo procedure di selezione concorrenziale con l'esigenza di perseguire, in materia di concessioni di gioco per la raccolta del Bingo, il tendenziale allineamento temporale di tali concessioni;
    in tale quadro è importate l'adozione di iniziative volte a prevenire il diffondersi della ludopatia nonché ad assicurare il corretto versamento delle imposte dovute per la vendita dei generi di monopolio. A tal fine è quindi necessaria l'adozione tempestiva di misure normative che prevedano che il pagamento dei corrispettivi per l'acquisto dei giochi di Stato e dei generi di monopoli non possa avvenire mediante carte di credito, di debito o prepagate;
    in tale logica acquista rilievo anche la necessaria tutela che deve essere apprestata a favore di soggetti che acquistano crediti di imposta sul valore aggiunto relativi a cessioni di beni e servizi nei casi previsti dalla normativa vigente. A tal fine, ed in considerazione dei rilevanti interessi pubblici che afferiscono all'attività di tali soggetti, è assolutamente necessario il mantenimento di presidi di sicurezza elevatissimi che non possono essere certamente affievoliti dalla previsione che le attività prestate dalle società di tax free non siano considerate attività di concessione di finanziamenti;
    infatti solo il mantenimento delle citate società tra i soggetti che svolgono attività di concessione di finanziamenti assicura rigidi controlli, adeguati requisiti di capitalizzazione, obblighi di trasparenza e la gestione di archivi obbligatori che offrono garanzie rispetto ad attività che, in quanto permettono al negoziante di portarsi a credito cospicui importi di IVA che vengono liquidati periodicamente dall'Agenzia delle Entrate, potrebbero esporre l'intero mercato al rischio di infiltrazioni di soggetti che con un capitale irrisorio potrebbero attivare società simili sfuggendo agli attuali controlli;
    è pertanto assolutamente fondamentale che il Ministro dell'economia e delle finanze, in sede di adozione delle misure attuative del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, recante attuazione della direttiva europea in materia di credito al consumo, da ultimo modificato e integrato dal decreto legislativo 19 settembre 2012, n. 169, includa tra le attività di concessione di finanziamenti anche l'acquisto dei crediti di imposta sul valore aggiunto relativi a cessioni di beni e servizi nei casi previsti dalla normativa vigente,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento normativo nonché applicativo al fine di dare tempestiva attuazione a quanto specificato in premessa.
9/1865-A/245Bernardo.


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva 2006/112/CE adesso sostituita dalla direttiva 209/47/CE autorizza gli Stati membri ad applicare una o due aliquote ridotte, che non possono essere inferiori al 5 per cento;
   pertanto è possibile portare l'IVA per i prodotti energetici dal 10 al 5 per cento, con enormi vantaggi in termini di consumi e investimenti esteri,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità ai fini di un maggiore sviluppo nel nostro Paese delle energie rinnovabili di applicare tale aliquota IVA ridotta del 5 per cento ai prodotti energetici risultanti da processi a carattere rinnovabile.
9/1865-A/246Pellegrino, Zaratti, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    come è noto da tempo in atto il procedimento di istituzione di una Zona Franca Urbana a fiscalità di vantaggio nei 23 comuni della provincia di Carbonia Iglesias. Lo stesso è stato in ultimo concretizzato con la pubblicazione in data 13 dicembre 2013 del decreto del Ministero dello sviluppo economico che approva il modello delle istanze di accesso, la tempistica della loro presentazione nonché le risorse a disposizione;
    l'esclusione del comune di Teulada, in provincia di Cagliari, e delle imprese operanti sul suo territorio dall'ambito di applicazione di tali agevolazioni, pur condividendo col territorio circostante il medesimo stato di crisi economica e sociale, costituisce fonte di estrema preoccupazione per i risvolti pratici che esso comporterà;
    le imprese operanti a Teulada dovranno fare infatti fronte a situazioni di concorrenza con quelle limitrofe beneficiarie di agevolazioni fiscali che di fatto produrrà un effetto di spiazzamento del mercato tale da comprometterne la reale possibilità di resistere sul mercato. Lo scenario che si prospetta è, senza timore di essere smentiti, drammatico, tale da minare nel concreto l'effettiva condizione di sopravvivenza di un tessuto socio economico già di per se stesso debole, e con esso la sopravvivenza di una intera comunità che, giova ricordarlo, ha dato e dà ancora tanto alla «Pubblica Utilità» ospitando lo Stato, a mezzo della Base Militare di Capo Teulada, che impegna un terzo del suo territorio (7.200 ettari);
    è quanto meno paradossale che lo Stato si «dimentichi» di Teulada quando si tratta di attuare misure volte ad alleviare condizioni di crisi economica ed occupazionale, tenendola fuori dai limiti geografici di applicazione delle stesse misure, limiti geografici e amministrativi ma non certo coincidenti con le realtà di fatto;
    l'esame del provvedimento riguardante la riforma delle province rende ancor più evidente il limite della delimitazione della ZFU solo ai comuni della provincia di Carbonia Iglesias per i motivi suddetti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di includere, in via eccezionale per i motivi esposti nella premessa, il comune di Teulada all'interno della ZFU di Carbonia Iglesias al fine di evitare il declino di una comunità che al contrario, per il servizio svolto dovrebbe ricevere dallo Stato segnali di riconoscenza ed un adeguato sostegno.
9/1865-A/247Caruso, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'estensione agevolativa del 65 per cento per le misure relative agli interventi di adeguamento sismico riguardano gli edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) di cui all'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, riferite a costruzioni adibite ad abitazione principale o ad attività produttiva;
   considerato che:
    con il sisma del 20 e 29 maggio 2012 molte abitazioni civili, capannoni industriali, edifici rurali, ecc. sono stati fortemente danneggiati e prosegue in questi mesi il gravoso lavoro della ricostruzione in un'area estesa che comprende le province di Modena, Bologna, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo;
    queste province sono classificate in zona sismica 3, a cui si applica l'agevolazione fiscale del 50 per cento per gli interventi di adeguamento sismico;
    molte abitazioni, pur avendo subito danni di una certa consistenza, anche se non alle strutture portanti e comunque non tali da compromettere l'agibilità degli stessi, dovranno essere ristrutturate e, auspicabilmente, adeguate dal punto di vista sismico:
    tutti i fabbricati produttivi del cratere, danneggiati o meno, dovranno adeguarsi dal punto di vista sismico, con oneri rilevanti a carico di aziende e famiglie;
   valutato che:
    risulterebbe quantomeno contraddittorio da un lato, e pur giustamente, sostenere l'adeguamento sismico non obbligatorio con il beneficio fiscale del 65 per cento, per edifici in aree considerate ad alto rischio sismico ma che fortunatamente non hanno subito danni da terremoto; dall'altro negare pari sostegno fiscale per edifici e in un'area fortemente colpita dal sisma, con significativi lavori di ricostruzione e adeguamento in itinere o incombenti, comunque obbligatori,

impegna il Governo:

   a ricercare una soluzione positiva per risolvere questa evidente contraddizione che vede doppiamente penalizzato un territorio duramente colpito dal sisma ma sostenuto nei lavori di ricostruzione e adeguamento con un beneficio fiscale inferiore (50 per cento rispetto al 65 per cento);
   ad estendere quindi, attraverso le modalità che si renderanno possibili, il riconoscimento di tale beneficio fiscale (65 per cento) agli interventi di adeguamento sismico per le costruzioni site nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, così come da decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, integrato dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95.
9/1865-A/248Baruffi, Ghizzoni, Bratti, Lenzi, Marchi, Benamati, Carra, Realacci.


   La Camera,
   premesso che:
    la DIA in questi anni ha svolto un lavoro straordinario nella lotta alle mafie con risultati importanti anche sotto il profilo del sequestro del patrimonio e dei beni spesso intestati a prestanomi dei mafiosi;
    proprio in questi ultimi giorni ha dato luogo ad un'importante operazione in Sicilia che ha portato agli arresti di tanti affiliati e stretti parenti di pericolosi latitanti come Messina Denaro;
    a fronte della crescente complessità delle attività di contrasto delle organizzazioni mafiose, si è assistito ad una costante riduzione dei fondi nel settore, passati dai 28 milioni di euro nel 2001 ai 9 milioni di euro nel 2012; si aggiunga che la legge n. 183 del 2011 ha comportato recentemente una drastica riduzione del trattamento economico accessorio percepito da tutto il personale dipendente della DIA fin dalla sua nascita, che, per l'anno 2012 è stato tagliato del 64 per cento e, a decorrere dal 2013, del 57 per cento;
    la «Lotta alla Criminalità Organizzata», nel periodo agosto 2011-luglio 2012, ha fatto registrare sequestri per un valore totale di 4,124 miliardi di euro e confische per un valore di 1,567 miliardi di euro. Di cui la D.I.A. nello stesso periodo annovera sequestri per circa un miliardo di euro e confische per circa un miliardo di euro;
    a conferma della reale volontà di questo governo di combattere seriamente l'infiltrazione nel tessuto economico sociale delle organizzazioni criminali, occorre dotare di risorse e mezzi le strutture preposte in attuazione ai principi fondanti dalla legge n. 410 del 1991;
    nella legge di stabilità è stato stanziato un fondo di euro 100 milioni per far fronte al pagamento di salario accessorio al personale del Ministero di grazia e giustizia, delle forze di Polizia e dei Vigili del Fuoco, demandando ad apposito decreto interministeriale per la ripartizione tali risorse,

impegna il Governo

ad utilizzare parte di detto stanziamento per garantire l'integrazione del trattamento accessorio al personale della DIA come previsto all'articolo 4 della legge istitutiva n. 410 del 1991.
9/1865-A/249(Versione corretta)Ribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    la DIA in questi anni ha svolto un lavoro straordinario nella lotta alle mafie con risultati importanti anche sotto il profilo del sequestro del patrimonio e dei beni spesso intestati a prestanomi dei mafiosi;
    proprio in questi ultimi giorni ha dato luogo ad un'importante operazione in Sicilia che ha portato agli arresti di tanti affiliati e stretti parenti di pericolosi latitanti come Messina Denaro;
    a fronte della crescente complessità delle attività di contrasto delle organizzazioni mafiose, si è assistito ad una costante riduzione dei fondi nel settore, passati dai 28 milioni di euro nel 2001 ai 9 milioni di euro nel 2012; si aggiunga che la legge n. 183 del 2011 ha comportato recentemente una drastica riduzione del trattamento economico accessorio percepito da tutto il personale dipendente della DIA fin dalla sua nascita, che, per l'anno 2012 è stato tagliato del 64 per cento e, a decorrere dal 2013, del 57 per cento;
    la «Lotta alla Criminalità Organizzata», nel periodo agosto 2011-luglio 2012, ha fatto registrare sequestri per un valore totale di 4,124 miliardi di euro e confische per un valore di 1,567 miliardi di euro. Di cui la D.I.A. nello stesso periodo annovera sequestri per circa un miliardo di euro e confische per circa un miliardo di euro;
    a conferma della reale volontà di questo governo di combattere seriamente l'infiltrazione nel tessuto economico sociale delle organizzazioni criminali, occorre dotare di risorse e mezzi le strutture preposte in attuazione ai principi fondanti dalla legge n. 410 del 1991;
    nella legge di stabilità è stato stanziato un fondo di euro 100 milioni per far fronte al pagamento di salario accessorio al personale del Ministero di grazia e giustizia, delle forze di Polizia e dei Vigili del Fuoco, demandando ad apposito decreto interministeriale per la ripartizione tali risorse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di utilizzare parte di detto stanziamento per garantire l'integrazione del trattamento accessorio al personale della DIA come previsto all'articolo 4 della legge istitutiva n. 410 del 1991.
9/1865-A/249(Versione corretta – Testo modificato nel corso della seduta)Ribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    ogni anno più di 10.000 studenti si iscrivono alla Facoltà di Medicina e Chirurgia e che per avere diritto all'accesso ai ruoli del Servizio Sanitario Nazionale è indispensabile essere in possesso di un titolo di specialista in area medica, chirurgica, dei servizi clinici ovvero in medicina generale;
    solamente 5.000 giovani medici accedono alle borse stanziate dal Ministero per la formazione medica specialistica e soltanto 800 ai corsi di formazione specialistica in Medicina generale, numero gravemente inferiore alle necessità del Servizio Sanitario Nazionale;
    il decreto legislativo n. 368 del 1999 ha recepito la direttiva 93/16/CE, la quale al fine di agevolare la libera circolazione dei medici, ha introdotto alcune disposizioni in materia di libera circolazione e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, definendo a tal riguardo i criteri minimi concernenti l'accesso alla formazione specialistica, la sua durata minima, il modo e il luogo in cui quest'ultima deve essere effettuata, nonché il controllo di cui deve formare oggetto;
    la normativa comunitaria prevede altresì che al medico in formazione specialistica sia corrisposto un trattamento annuo, fissato ogni tre anni nei limiti dei fondi previsti e delle quote del fondo sanitario nazionale ad esso destinate;
    il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sul riassetto delle Scuole di Specializzazione di area sanitaria dello 01/08/2005 ha innalzato a 5 anni la durata legale delle scuole di specializzazione che precedentemente era di 4 anni;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dello 08/03/2007 ha definito il trattamento economico dei medici in formazione specialistica in circa 26.000 euro lordi annui per gli iscritti agli ultimi tre anni di corso e circa 25.000 euro annui per gli iscritti agli anni antecedenti gli ultimi tre;
    nell'anno accademico 2012-2013 è stato attivato per la prima volta il quinto anno delle Scuole di Specializzazione, comportando un incremento di necessità di circa 3.000 unità contrattuali in formazione specialistica per anno,

impegna il Governo:

   a reperire, per il prossimo anno accademico, la copertura di almeno 5.000 nuove borse di studio, sostenendo quindi l'incremento della durata del corso di specializzazione in seno al capitolo di spesa relativo alle Scuole di Specializzazione mediche;
   ad utilizzare a questo scopo, ed al fine di integrare le scarse risorse finanziarie, il Fondo per la Coesione 2014-2020 e il Fondo Sociale Europeo.
9/1865-A/250Crimì, Lenzi, Gigli, Miotto, De Menech, Coscia, Cova, Carrescia, Marco Di Maio, Moretto, Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    ogni anno più di 10.000 studenti si iscrivono alla Facoltà di Medicina e Chirurgia e che per avere diritto all'accesso ai ruoli del Servizio Sanitario Nazionale è indispensabile essere in possesso di un titolo di specialista in area medica, chirurgica, dei servizi clinici ovvero in medicina generale;
    solamente 5.000 giovani medici accedono alle borse stanziate dal Ministero per la formazione medica specialistica e soltanto 800 ai corsi di formazione specialistica in Medicina generale, numero gravemente inferiore alle necessità del Servizio Sanitario Nazionale;
    il decreto legislativo n. 368 del 1999 ha recepito la direttiva 93/16/CE, la quale al fine di agevolare la libera circolazione dei medici, ha introdotto alcune disposizioni in materia di libera circolazione e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, definendo a tal riguardo i criteri minimi concernenti l'accesso alla formazione specialistica, la sua durata minima, il modo e il luogo in cui quest'ultima deve essere effettuata, nonché il controllo di cui deve formare oggetto;
    la normativa comunitaria prevede altresì che al medico in formazione specialistica sia corrisposto un trattamento annuo, fissato ogni tre anni nei limiti dei fondi previsti e delle quote del fondo sanitario nazionale ad esso destinate;
    il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sul riassetto delle Scuole di Specializzazione di area sanitaria dello 01/08/2005 ha innalzato a 5 anni la durata legale delle scuole di specializzazione che precedentemente era di 4 anni;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dello 08/03/2007 ha definito il trattamento economico dei medici in formazione specialistica in circa 26.000 euro lordi annui per gli iscritti agli ultimi tre anni di corso e circa 25.000 euro annui per gli iscritti agli anni antecedenti gli ultimi tre;
    nell'anno accademico 2012-2013 è stato attivato per la prima volta il quinto anno delle Scuole di Specializzazione, comportando un incremento di necessità di circa 3.000 unità contrattuali in formazione specialistica per anno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire, per il prossimo anno accademico, la copertura di almeno 5.000 nuove borse di studio, sostenendo quindi l'incremento della durata del corso di specializzazione in seno al capitolo di spesa relativo alle Scuole di Specializzazione mediche.
9/1865-A/250. (Testo modificato nel corso della seduta) Crimì, Lenzi, Gigli, Miotto, De Menech, Coscia, Cova, Carrescia, Marco Di Maio, Moretto, Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 101/2013 convertito dalla legge 125/2013 recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni» prevede all'articolo 4, comma 6, che le amministrazioni pubbliche, per favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto a tempo determinato, possano bandire procedure concorsuali per assunzioni a tempo indeterminato per personale non dirigenziale, nonché a favore di coloro che alla data di pubblicazione della legge di conversione del sopra citato decreto abbiano maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio con contratto a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando;
    tale provvedimento esclude, tuttavia, i precari delle Province e, quindi, la totalità dei precari dei Centri per l'impiego, i quali, secondo il comma 9 del già citato articolo 4 possono essere soltanto prorogati fino al 31 dicembre del 2014: una evidente discriminazione tra precari di enti pubblici diversi;
    tali precari hanno già sostenuto una prova concorsuale ad evidenza pubblica per il tempo determinato, le risorse destinate al pagamento dei loro stipendi provengono da fondi stanziati dall'Unione europea e, ancora, come già avviene per i loro colleghi che hanno usufruito, in passato, di un percorso di stabilizzazione definitiva, tale contributo economico dei fondi comunitari si manterrebbe anche nel caso di assunzione a tempo indeterminato almeno fino al 2020;
    va sottolineata la grande importanza rivestita oggi dai Centri per l'impiego, che svolgono una funzione determinante per il sostegno nella ricerca di lavoro di tanti disoccupati, nell'ambito della formazione, nell'applicazione dei servizi di politiche attive e passive nei confronti dei lavoratori in mobilità e cassa integrazione. Il ruolo fondamentale di tali Centri viene confermato da molte iniziative dell'Unione europea, come il programma Youth Guarantee, ovvero la Garanzia europea per i giovani, in base al quale gli Stati membri dovranno realizzare interventi a sostegno dell'occupazione giovanile e, in questo contesto, un ruolo chiave spetterà ai Centri per l'impiego;
   nel provvedimento in commento, al comma 352-bis, si dispone che le Regioni che abbiano fatto ricorso all'utilizzo di personale assunto con contratto a tempo determinato della durata di 36 mesi, oggetto di proroghe anche non continuative negli ultimi cinque anni ... possono procedere alla stabilizzazione a domanda del personale interessato,

impegna il Governo

a disporre le necessarie misure legislative affinché i dipendenti delle Provincie occupati presso i Centri per l'impiego siano ricompresi nella disciplina prevista dall'articolo 4, comma 6-quater della legge n. 125 del 2013.
9/1865-A/251Ferrari.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 101/2013 convertito dalla legge 125/2013 recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni» prevede all'articolo 4, comma 6, che le amministrazioni pubbliche, per favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto a tempo determinato, possano bandire procedure concorsuali per assunzioni a tempo indeterminato per personale non dirigenziale, nonché a favore di coloro che alla data di pubblicazione della legge di conversione del sopra citato decreto abbiano maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio con contratto a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando;
    tale provvedimento esclude, tuttavia, i precari delle Province e, quindi, la totalità dei precari dei Centri per l'impiego, i quali, secondo il comma 9 del già citato articolo 4 possono essere soltanto prorogati fino al 31 dicembre del 2014: una evidente discriminazione tra precari di enti pubblici diversi;
    tali precari hanno già sostenuto una prova concorsuale ad evidenza pubblica per il tempo determinato, le risorse destinate al pagamento dei loro stipendi provengono da fondi stanziati dall'Unione europea e, ancora, come già avviene per i loro colleghi che hanno usufruito, in passato, di un percorso di stabilizzazione definitiva, tale contributo economico dei fondi comunitari si manterrebbe anche nel caso di assunzione a tempo indeterminato almeno fino al 2020;
    va sottolineata la grande importanza rivestita oggi dai Centri per l'impiego, che svolgono una funzione determinante per il sostegno nella ricerca di lavoro di tanti disoccupati, nell'ambito della formazione, nell'applicazione dei servizi di politiche attive e passive nei confronti dei lavoratori in mobilità e cassa integrazione. Il ruolo fondamentale di tali Centri viene confermato da molte iniziative dell'Unione europea, come il programma Youth Guarantee, ovvero la Garanzia europea per i giovani, in base al quale gli Stati membri dovranno realizzare interventi a sostegno dell'occupazione giovanile e, in questo contesto, un ruolo chiave spetterà ai Centri per l'impiego;
   nel provvedimento in commento, al comma 352-bis, si dispone che le Regioni che abbiano fatto ricorso all'utilizzo di personale assunto con contratto a tempo determinato della durata di 36 mesi, oggetto di proroghe anche non continuative negli ultimi cinque anni ... possono procedere alla stabilizzazione a domanda del personale interessato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre le necessarie misure legislative affinché i dipendenti delle Provincie occupati presso i Centri per l'impiego siano ricompresi nella disciplina prevista dall'articolo 4, comma 6-quater della legge n. 125 del 2013.
9/1865-A/251. (Testo modificato nel corso della seduta) Ferrari.


   La Camera,
   premesso che:
    la disciplina in materia di detrazione IRPEF delle spese di ristrutturazione edilizia, introdotta nell'ordinamento tributario dall'articolo 1 della legge n. 449 del 1997 (legge finanziaria per il 1998), è stata costantemente prorogata negli anni successivi;
    la detraibilità, inizialmente prevista solo in favore degli interventi effettuati dai proprietari degli immobili, è stata successivamente estesa, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), anche agli interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile: in tal caso, l'assegnatario o l'acquirente possono beneficiare della detrazione del 36 per cento su un importo pari al 25 per cento del prezzo dell'unità immobiliare risultante nell'atto pubblico di compravendita o di assegnazione e, comunque, entro l'importo massimo di 48.000 euro. L'articolo 1, comma 17, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) ha prorogato tale disciplina fino al 2012; in tale contesto, l'articolo 1, comma 387, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), nel prorogare, per l'anno fiscale 2007, la detraibilità delle medesime spese di ristrutturazione, ha fatto tuttavia riferimento alle sole spese sostenute dai proprietari e non anche a quelle sostenute dalle imprese, di cui ai predetto articolo 9, comma 2, della legge n. 448 del 2001;
    successivamente l'articolo 1, comma 17, lettera b), della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), ha prorogato tale detrazione per le spese sostenute per gli interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione e da cooperative edilizie, dal 1o gennaio 2008 al 31 dicembre 2012, che provvedono alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile entro il 30 giugno 2013, non ricomprendendo, quindi, gli interventi eseguiti nell'anno 2007;
   l'esclusione, con riferimento al solo anno fiscale 2007, della detraibilità delle spese di ristrutturazione sostenute da imprese che abbiano successivamente rivenduto l'immobile, determina una differenziazione nel regime tributario applicabile a fattispecie che il legislatore ha invece regolato unitariamente negli anni precedenti e successivi; tutto ciò manca di una giustificazione logica e penalizza i contribuenti che hanno acquistato una casa ristrutturata nel corso del 2007;
    gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria in diverse occasioni (si ricorda in proposito la Guida edita dall'Agenzia delle entrate nel 2010 «Agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie» consultabile sul sito www.agenziaentrate.it) hanno infatti evidenziato che essendo stato reintrodotto il beneficio a partire dall'anno 2008 non vi è continuità con il precedente periodo d'imposta;
    è perciò necessario sanare il vuoto normativo che ha penalizzato coloro che hanno acquistato o sono stati assegnatari dal 1o luglio 2007 al 30 giugno 2008 di un immobile ristrutturato tra il 1o gennaio 2007 e il 31 dicembre 2007 da un'impresa e che si trovano in una situazione diversa da quanti, negli anni antecedenti e successivi, hanno compiuto analoga operazione,

impegna il Governo

il Governo ad estendere le agevolazioni fiscali di cui all'articolo 9, comma 2 della legge 28 dicembre 2001, n. 148, nel testo vigente al 31 dicembre 2003, anche a coloro che hanno acquistato o sono stati assegnatari dal 13 luglio 2007 al 30 giugno 2008 di un immobile facente parte di interi fabbricati oggetto di interventi di restauro e di risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 31, comma 1, lett. c) e d) della legge 5 agosto 1978, n. 457, eseguiti dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2007 da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare o da cooperative edilizie e di prevedere che la detrazione, fino a concorrenza dell'imposta lorda e fino ad un importo massimo di quarantottomila euro, possa essere rateizzata in dieci anni.
9/1865-A/252Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    la disciplina in materia di detrazione IRPEF delle spese di ristrutturazione edilizia, introdotta nell'ordinamento tributario dall'articolo 1 della legge n. 449 del 1997 (legge finanziaria per il 1998), è stata costantemente prorogata negli anni successivi;
    la detraibilità, inizialmente prevista solo in favore degli interventi effettuati dai proprietari degli immobili, è stata successivamente estesa, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), anche agli interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile: in tal caso, l'assegnatario o l'acquirente possono beneficiare della detrazione del 36 per cento su un importo pari al 25 per cento del prezzo dell'unità immobiliare risultante nell'atto pubblico di compravendita o di assegnazione e, comunque, entro l'importo massimo di 48.000 euro. L'articolo 1, comma 17, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) ha prorogato tale disciplina fino al 2012; in tale contesto, l'articolo 1, comma 387, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), nel prorogare, per l'anno fiscale 2007, la detraibilità delle medesime spese di ristrutturazione, ha fatto tuttavia riferimento alle sole spese sostenute dai proprietari e non anche a quelle sostenute dalle imprese, di cui ai predetto articolo 9, comma 2, della legge n. 448 del 2001;
    successivamente l'articolo 1, comma 17, lettera b), della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), ha prorogato tale detrazione per le spese sostenute per gli interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione e da cooperative edilizie, dal 1o gennaio 2008 al 31 dicembre 2012, che provvedono alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile entro il 30 giugno 2013, non ricomprendendo, quindi, gli interventi eseguiti nell'anno 2007;
   l'esclusione, con riferimento al solo anno fiscale 2007, della detraibilità delle spese di ristrutturazione sostenute da imprese che abbiano successivamente rivenduto l'immobile, determina una differenziazione nel regime tributario applicabile a fattispecie che il legislatore ha invece regolato unitariamente negli anni precedenti e successivi; tutto ciò manca di una giustificazione logica e penalizza i contribuenti che hanno acquistato una casa ristrutturata nel corso del 2007;
    gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria in diverse occasioni (si ricorda in proposito la Guida edita dall'Agenzia delle entrate nel 2010 «Agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie» consultabile sul sito www.agenziaentrate.it) hanno infatti evidenziato che essendo stato reintrodotto il beneficio a partire dall'anno 2008 non vi è continuità con il precedente periodo d'imposta;
    è perciò necessario sanare il vuoto normativo che ha penalizzato coloro che hanno acquistato o sono stati assegnatari dal 1o luglio 2007 al 30 giugno 2008 di un immobile ristrutturato tra il 1o gennaio 2007 e il 31 dicembre 2007 da un'impresa e che si trovano in una situazione diversa da quanti, negli anni antecedenti e successivi, hanno compiuto analoga operazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere le agevolazioni fiscali di cui all'articolo 9, comma 2 della legge 28 dicembre 2001, n. 148, nel testo vigente al 31 dicembre 2003, anche a coloro che hanno acquistato o sono stati assegnatari dal 13 luglio 2007 al 30 giugno 2008 di un immobile facente parte di interi fabbricati oggetto di interventi di restauro e di risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 31, comma 1, lett. c) e d) della legge 5 agosto 1978, n. 457, eseguiti dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2007 da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare o da cooperative edilizie e di prevedere che la detrazione, fino a concorrenza dell'imposta lorda e fino ad un importo massimo di quarantottomila euro, possa essere rateizzata in dieci anni.
9/1865-A/252. (Testo modificato nel corso della seduta) Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    i trasferimenti delle risorse statali ai Comuni a seguito delle manovre finanziarie sono diminuite negli ultimi 3 anni di circa 6 miliardi e 450 milioni determinando una situazione finanziaria di assoluta insostenibilità;
    in questo quadro di riduzione progressiva di trasferimenti si inserisce l'anomalia rappresentata dalla legge 24 aprile 1941, n 392 recante «Trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari» che pone anacronisticamente a carico dei Comuni le spese per la gestione degli uffici giudiziari che poi sono rimborsate dal Ministero della Giustizia con l erogazione di un contributo economico annuo, mai integrale tale previsione normativa che mette a carico dei Comuni le spese degli uffici giudiziari è stata emanata nel 1941 cioè prima della nascita della Repubblica e dell'approvazione della nostra Carta costituzionale che per ora assegna allo Stato le funzioni in materia di giustizia;
    a fronte di una spesa media annuale dei tribunali ed uffici giudiziari – ed anticipate dai bilanci dei Comuni – pari a 315 milioni di euro annuo, negli ultimi tre anni il contributo versato dallo Stato ai Comuni a titolo di rimborso è stato compreso tra il 60-80 per cento delle spese effettivamente sostenute e che gli acconti e i saldi sono stati spesso erogati accumulando gravi ritardi, a volte anche di diversi anni;
    nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della Giustizia sono iscritti per l'esercizio in corso risorse inadeguate rispetto alle spese sostenute dai Comuni che, per il corrente anno sono state di oltre 300 milioni di euro, già anticipati dalle casse delle amministrazioni comunali;
    il processo di riorganizzazione delle sedi giudiziarie sul territorio nazionale ha, tra le inevitabili conseguenze, una maggiore concentrazione di spese sui Comuni dove sono state accorpate le sedi giudiziarie soppresse dal decreto legislativo 7 settembre 2012 n 155;
    a ciò si aggiunge che nei Comuni accorpanti le sedi giudiziarie soppresse, iniziano a pervenire nuove richieste di spesa da mettere a carico dei bilanci comunali che si esplicitano in spese per il trasloco, spese per la realizzazione, adeguamento e messa in sicurezza di nuove sedi, spese per le nuove utenze, spese per i nuovi servizi di vigilanza e di gestione ordinata degli immobili, con richiesta da parte dei Tribunali di risorse aggiuntive;
    tali risorse sono state impiegate dai Comuni solo ed esclusivamente per garantire l'erogazione di un servizio di diretta gestione statale;

impegna il Governo

il Governo ad assumere iniziative urgenti sia per garantire il pagamento ai Comuni dei debiti pregressi per le spese per la gestione degli uffici giudiziari per le evidenti difficoltà di cassa che l'inadempienza statale determina.
9/1865-A/253Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    i trasferimenti delle risorse statali ai Comuni a seguito delle manovre finanziarie sono diminuite negli ultimi 3 anni di circa 6 miliardi e 450 milioni determinando una situazione finanziaria di assoluta insostenibilità;
    in questo quadro di riduzione progressiva di trasferimenti si inserisce l'anomalia rappresentata dalla legge 24 aprile 1941, n 392 recante «Trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari» che pone anacronisticamente a carico dei Comuni le spese per la gestione degli uffici giudiziari che poi sono rimborsate dal Ministero della Giustizia con l erogazione di un contributo economico annuo, mai integrale tale previsione normativa che mette a carico dei Comuni le spese degli uffici giudiziari è stata emanata nel 1941 cioè prima della nascita della Repubblica e dell'approvazione della nostra Carta costituzionale che per ora assegna allo Stato le funzioni in materia di giustizia;
    a fronte di una spesa media annuale dei tribunali ed uffici giudiziari – ed anticipate dai bilanci dei Comuni – pari a 315 milioni di euro annuo, negli ultimi tre anni il contributo versato dallo Stato ai Comuni a titolo di rimborso è stato compreso tra il 60-80 per cento delle spese effettivamente sostenute e che gli acconti e i saldi sono stati spesso erogati accumulando gravi ritardi, a volte anche di diversi anni;
    nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della Giustizia sono iscritti per l'esercizio in corso risorse inadeguate rispetto alle spese sostenute dai Comuni che, per il corrente anno sono state di oltre 300 milioni di euro, già anticipati dalle casse delle amministrazioni comunali;
    il processo di riorganizzazione delle sedi giudiziarie sul territorio nazionale ha, tra le inevitabili conseguenze, una maggiore concentrazione di spese sui Comuni dove sono state accorpate le sedi giudiziarie soppresse dal decreto legislativo 7 settembre 2012 n 155;
    a ciò si aggiunge che nei Comuni accorpanti le sedi giudiziarie soppresse, iniziano a pervenire nuove richieste di spesa da mettere a carico dei bilanci comunali che si esplicitano in spese per il trasloco, spese per la realizzazione, adeguamento e messa in sicurezza di nuove sedi, spese per le nuove utenze, spese per i nuovi servizi di vigilanza e di gestione ordinata degli immobili, con richiesta da parte dei Tribunali di risorse aggiuntive;
    tali risorse sono state impiegate dai Comuni solo ed esclusivamente per garantire l'erogazione di un servizio di diretta gestione statale;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative urgenti sia per garantire il pagamento ai Comuni dei debiti pregressi per le spese per la gestione degli uffici giudiziari per le evidenti difficoltà di cassa che l'inadempienza statale determina.
9/1865-A/253. (Testo modificato nel corso della seduta) Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, ha previsto la possibilità di attivare, su base volontaria, con specifiche convenzioni, percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le attività delle imprese, individuando «zone a burocrazia zero»;
    il territorio del Canavese è un'area che ha subito negli ultimi anni una trasformazione profonda passando dall'essere caratterizzata dalla presenza di alcune medio-grandi imprese, tra le quali la principale era l'Olivetti, ad un tessuto industriale composto da alcune migliaia di piccole-medie imprese impegnate principalmente nei settori dell'automotive, della meccatronica, dell'elettronica e dello stampaggio a caldo. Negli ultimi 10 anni, tuttavia, sia a seguito di questa trasformazione ma soprattutto a causa della forte crisi degli ultimi anni e di un deficit infrastrutturale e di servizi sta vivendo un periodo di forte declino industriale;
    in una logica di rilancio del territorio Confindustria Canavese insieme a vari amministratori e rappresentanti del territorio ha iniziato un percorso per istituire la «Zona a Burocrazia Zero» sul territorio del Canavese;
    tale percorso entro fine mese si concluderà con l'approvazione attraverso varie delibere degli Enti coinvolti della Convenzione siglata tra il Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, il Ministero dello sviluppo economico, la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, la CCIAA di Torino e i comuni rappresentativi del territorio del Canavese, finalizzato all'attivazione di percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per le imprese presenti sul territorio;
    appare pertanto opportuno che il Governo intraprenda idonee iniziative di politica industriale indispensabili per rilanciare un'area con una forte tradizione imprenditoriale;

impegna il Governo

ad assumere idonee iniziative per il rilancio del Canavese e per la riconversione e riqualificazione della struttura industriale in particolare utilizzando quest'area come zona sperimentale per l'attuazione delle misura della «zona a burocrazia zero» attraverso la destinazione di fondi volti alla realizzazione di misure di semplificazione ed informatizzazione dei procedimenti amministrativi, al funzionamento dei SUAP e al coordinamento di essi con gli enti terzi e riconoscendo l'area in situazione di crisi industriale complessa delimitata con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, nonché prevedendo l'incremento del Fondo di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto-legge 22 giugno 2013, n. 83, convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, al fine di finanziare progetti di riconversione e riqualificazione industriale con particolare riguardo alla promozione di progetti di ricerca, sviluppo ed innovazione di rilevanza strategica, al rafforzamento della struttura produttiva e al riutilizzo di impianti produttivi.
9/1865-A/254Bonomo, Portas, Fregolent, Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, ha previsto la possibilità di attivare, su base volontaria, con specifiche convenzioni, percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le attività delle imprese, individuando «zone a burocrazia zero»;
    il territorio del Canavese è un'area che ha subito negli ultimi anni una trasformazione profonda passando dall'essere caratterizzata dalla presenza di alcune medio-grandi imprese, tra le quali la principale era l'Olivetti, ad un tessuto industriale composto da alcune migliaia di piccole-medie imprese impegnate principalmente nei settori dell'automotive, della meccatronica, dell'elettronica e dello stampaggio a caldo. Negli ultimi 10 anni, tuttavia, sia a seguito di questa trasformazione ma soprattutto a causa della forte crisi degli ultimi anni e di un deficit infrastrutturale e di servizi sta vivendo un periodo di forte declino industriale;
    in una logica di rilancio del territorio Confindustria Canavese insieme a vari amministratori e rappresentanti del territorio ha iniziato un percorso per istituire la «Zona a Burocrazia Zero» sul territorio del Canavese;
    tale percorso entro fine mese si concluderà con l'approvazione attraverso varie delibere degli Enti coinvolti della Convenzione siglata tra il Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, il Ministero dello sviluppo economico, la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, la CCIAA di Torino e i comuni rappresentativi del territorio del Canavese, finalizzato all'attivazione di percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per le imprese presenti sul territorio;
    appare pertanto opportuno che il Governo intraprenda idonee iniziative di politica industriale indispensabili per rilanciare un'area con una forte tradizione imprenditoriale;

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere idonee iniziative per il rilancio del Canavese e per la riconversione e riqualificazione della struttura industriale in particolare utilizzando quest'area come zona sperimentale per l'attuazione delle misura della «zona a burocrazia zero» attraverso la destinazione di fondi volti alla realizzazione di misure di semplificazione ed informatizzazione dei procedimenti amministrativi, al funzionamento dei SUAP e al coordinamento di essi con gli enti terzi e riconoscendo l'area in situazione di crisi industriale complessa delimitata con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, nonché prevedendo l'incremento del Fondo di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto-legge 22 giugno 2013, n. 83, convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, al fine di finanziare progetti di riconversione e riqualificazione industriale con particolare riguardo alla promozione di progetti di ricerca, sviluppo ed innovazione di rilevanza strategica, al rafforzamento della struttura produttiva e al riutilizzo di impianti produttivi.
9/1865-A/254. (Testo modificato nel corso della seduta) Bonomo, Portas, Fregolent, Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 233-ter della legge di stabilità per il 2014, al fine di consentire un'adeguata continuità di funzione degli Istituti coinvolti nell'attività di emergenza e ricostruzione del patrimonio culturale nelle aree colpite dal sisma del maggio 2012, prevede che le disposizioni che consentono alle pubbliche amministrazioni l'utilizzo in via temporanea di personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a tre anni di cui all'articolo 30, comma 2-sexies, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non si applichino al personale comandato da altre Amministrazioni presso gli Uffici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che hanno sede o competenze di tutela sull'area territoriale colpita dal sisma delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, fino all'approvazione definitiva degli organici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e all'assorbimento nei ruoli del personale comandato da altre amministrazioni che ne faccia richiesta;
    la citata disposizione sembra interessare le sole soprintendenze emiliane competenti per i territori colpiti dal terremoto escludendo quella avente competenza per i territori delle province di Parma e Piacenza con sede in Parma che, pertanto, a seguito della riorganizzazione, subirà un riduzione del personale da otto unità a cinque;
    il rischio della chiusura della sede ed il conseguente passaggio delle competenze alla sede di Bologna potrebbe comportare gravi lacune sull'espletamento dell'attività istituzionale della tutela monumentale e paesaggistica dei territorio,

impegna il Governo

ad intraprendere le opportune iniziative al fine di (comprendere tra i territori interessati dalla disposizione volta consentire un'adeguata continuità di funzione degli Istituti coinvolti nell'attività di emergenza e ricostruzione del patrimonio culturale nelle aree colpite dal sisma del maggio 2012, anche le province di l'arma e Piacenza in modo tale da salvaguardare l'organico della Soprintendenza Beni Architettonici con sede in Parma, che si è particolarmente adoperata durante l'emergenza del terremoto.
9/1865-A/255De Micheli, Maestri.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 233-ter della legge di stabilità per il 2014, al fine di consentire un'adeguata continuità di funzione degli Istituti coinvolti nell'attività di emergenza e ricostruzione del patrimonio culturale nelle aree colpite dal sisma del maggio 2012, prevede che le disposizioni che consentono alle pubbliche amministrazioni l'utilizzo in via temporanea di personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a tre anni di cui all'articolo 30, comma 2-sexies, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non si applichino al personale comandato da altre Amministrazioni presso gli Uffici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che hanno sede o competenze di tutela sull'area territoriale colpita dal sisma delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, fino all'approvazione definitiva degli organici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e all'assorbimento nei ruoli del personale comandato da altre amministrazioni che ne faccia richiesta;
    la citata disposizione sembra interessare le sole soprintendenze emiliane competenti per i territori colpiti dal terremoto escludendo quella avente competenza per i territori delle province di Parma e Piacenza con sede in Parma che, pertanto, a seguito della riorganizzazione, subirà un riduzione del personale da otto unità a cinque;
    il rischio della chiusura della sede ed il conseguente passaggio delle competenze alla sede di Bologna potrebbe comportare gravi lacune sull'espletamento dell'attività istituzionale della tutela monumentale e paesaggistica dei territorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere le opportune iniziative al fine di (comprendere tra i territori interessati dalla disposizione volta consentire un'adeguata continuità di funzione degli Istituti coinvolti nell'attività di emergenza e ricostruzione del patrimonio culturale nelle aree colpite dal sisma del maggio 2012, anche le province di l'arma e Piacenza in modo tale da salvaguardare l'organico della Soprintendenza Beni Architettonici con sede in Parma, che si è particolarmente adoperata durante l'emergenza del terremoto.
9/1865-A/255. (Testo modificato nel corso della seduta) De Micheli, Maestri.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento interviene in materia di «cuneo fiscale» determinando l'incremento della detrazione IRPEF per lavoro dipendente fine di ridurre il carico tributario;
    durante l'esame in Commissione è stato rideterminato l'importo delle detrazioni IRPEF spettanti per i redditi da lavoro dipendente, sia relativamente alle fasce di reddito cui si applicano le detrazioni, sia relativamente all'importo di tali detrazioni;
    ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i buoni pasto fino a un valore complessivo giornaliero di 5,29 euro il confronto della disciplina domestica con quella di altri Paesi stranieri offre lo spunto, ancor più in un periodo di crisi economica internazionale, per adeguare il valore dei buoni pasto al reale costo della vita;
    il valore defiscalizzato del buono pasto in Spagna ammonta a 9 euro (circa il 70,1 per cento in più dell'Italia), in Francia a 7 euro; in Portogallo a 6,70 euro;
    l'adeguamento al costo della vita del valore dei buoni pasto non è stato effettuato negli ultimi quindici anni; applicando il coefficiente di rivalutazione Istat il suo valore crescerebbe automaticamente a circa 7 euro;
    in molti Paesi stranieri, la quota di defiscalizzazione è costantemente aggiornata in funzione dell'andamento dell'inflazione,

impegna il Governo

compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, ad incrementare a 7 euro l'importo fissato dal comma 2, lettera c), dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e a valutare di prevederne l'adeguamento, dall'anno successivo, in base all'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai.
9/1865-A/256Causi.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento interviene in materia di «cuneo fiscale» determinando l'incremento della detrazione IRPEF per lavoro dipendente fine di ridurre il carico tributario;
    durante l'esame in Commissione è stato rideterminato l'importo delle detrazioni IRPEF spettanti per i redditi da lavoro dipendente, sia relativamente alle fasce di reddito cui si applicano le detrazioni, sia relativamente all'importo di tali detrazioni;
    ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i buoni pasto fino a un valore complessivo giornaliero di 5,29 euro il confronto della disciplina domestica con quella di altri Paesi stranieri offre lo spunto, ancor più in un periodo di crisi economica internazionale, per adeguare il valore dei buoni pasto al reale costo della vita;
    il valore defiscalizzato del buono pasto in Spagna ammonta a 9 euro (circa il 70,1 per cento in più dell'Italia), in Francia a 7 euro; in Portogallo a 6,70 euro;
    l'adeguamento al costo della vita del valore dei buoni pasto non è stato effettuato negli ultimi quindici anni; applicando il coefficiente di rivalutazione Istat il suo valore crescerebbe automaticamente a circa 7 euro;
    in molti Paesi stranieri, la quota di defiscalizzazione è costantemente aggiornata in funzione dell'andamento dell'inflazione,

impegna il Governo

compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di incrementare a 7 euro l'importo fissato dal comma 2, lettera c), dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e a valutare di prevederne l'adeguamento, dall'anno successivo, in base all'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai.
9/1865-A/256. (Testo modificato nel corso della seduta) Causi.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni previste dai commi dal 27 al 30 del presente provvedimento, sono finalizzate ad estendere il perimetro delle attività che possono essere svolte dalla Cassa Depositi e Prestiti con finalità di sostegno all'economia attraverso l'utilizzo delle risorse della cosiddetta gestione separata, prevedendo che le stesse possano ricomprendere anche l'acquisto di titoli emessi nell'ambito delle operazioni di cartolarizzazione concernenti crediti verso piccole e medie imprese;
    il Governo ha dichiarato di essere in procinto di predisporre una norma per la ristrutturazione dei debiti delle regioni,

impegna il Governo

a sollecitare, per mezzo delle funzioni di indirizzo e controllo del Ministero dell'economia e delle finanze, la Cassa depositi e Prestiti a procedere, nel rispetto della propria autonomia e dei propri fini istituzionali, alla ristrutturazione delle operazioni di indebitamento aventi come controparte le Regioni e gli enti locali, limitando l'applicazione di penali a carico dei medesimi enti territoriali.
9/1865-A/257Pelillo.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni previste dai commi dal 27 al 30 del presente provvedimento, sono finalizzate ad estendere il perimetro delle attività che possono essere svolte dalla Cassa Depositi e Prestiti con finalità di sostegno all'economia attraverso l'utilizzo delle risorse della cosiddetta gestione separata, prevedendo che le stesse possano ricomprendere anche l'acquisto di titoli emessi nell'ambito delle operazioni di cartolarizzazione concernenti crediti verso piccole e medie imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere il perimetro operativo della Cassa depositi e Prestiti includendo la possibilità di utilizzare le risorse provenienti dal risparmio postale o da altri fondi suscettibili di essere assistiti da garanzia dello Stato per operazioni con finalità di servizio di interesse economico generale, per le quali il diritto europeo consente regimi giuridici rispondenti all'interesse pubblico sotteso a tal fine, prevedendo che detta estensione sia comunque condizionata alla preventiva specificazione, prima da parte di apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e poi da parte dello Statuto di CDP e, operativamente, alla sussistenza di adeguati requisiti di sostenibilità economico-finanziaria della singola operazione considerata.
9/1865-A/258Petrini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 105, lettera a), del provvedimento introduce alcune modifiche all'articolo 101, comma 5, del TUIR, in materia di minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze passive e perdite, aggiungendo un periodo al citato comma in forza del quale «gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili»;
    la relazione illustrativa al disegno di legge motiva la modifica dell'ultimo periodo del comma 5 con l'obiettivo di migliorare la coerenza fra le regole fiscali e la disciplina di redazione del bilancio, a prescindere dai principi contabili adottati, estendendo l'ipotesi in cui si considerano soddisfatti i requisiti per la deducibilità delle perdite su crediti anche all'ipotesi di cancellazione dei crediti dal bilancio redatto secondo i principi contabili nazionali;
    tale modifica consentirebbe di garantire parità di trattamento nei confronti di tutte le tipologie di imprese, a prescindere dagli standard contabili che adottano;
    va ricordato che il quadro normativo vigente distingue tra soggetti che adottano i principi contabili internazionali e i soggetti tenuti all'applicazione della disciplina di bilancio contenuta nel codice civile;
    il decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38 individua i soggetti tenuti all'osservanza, per obbligo o per facoltà, dei principi contabili internazionali e stabilisce che tali principi contabili sono quelli emanati dall'International Accounting Standards Board (IASB) e recepiti nell'ordinamento comunitario dalla Commissione Europea secondo la procedura stabilita dall'articolo 6 del regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002;
    per gli altri si fa riferimento ai principi contabili emanati dall'Organismo Italiano di Contabilità (OIC), di cui all'articolo 2, comma 86, 87 e 88 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che definisce le modalità di finanziamento dell'Organismo;
    il riferimento generico ai principi contabili operato dal comma 105, lettera a), mentre non genera dubbi per i soggetti IAS/IFRS adopter in quanto il decreto legislativo 38/2005 definisce con certezza sia il corpus dei principi contabili sia i soggetti destinatari, altrettanto non può dirsi per coloro che redigono il bilancio secondo i principi contabili nazionali,

impegna il Governo

a chiarire che i principi contabili presi a riferimento dalla norma sono quelli internazionali per i soggetti IAS e quelli nazionali emanati dall'Organismo Italiano di Contabilità per gli altri soggetti, così da dare certezza agli operatori che li applicano.
9/1865-A/259Rostan.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento prevede disposizioni in materia di giochi pubblici autorizzando l'Agenzia delle dogane e dei monopoli a procedere nel corso del 2014 alla riattribuzione delle concessioni di gioco per la raccolta del Bingo in scadenza negli anni 2013 e 2014 attraverso procedure di selezione concorrenziale, nonché alla attribuzione di ulteriori nuove 30 concessioni;
    sarebbe quanto mai necessario rafforzare il regime concessorio riconducendo ad esso un'ampia area grigia al momento non regolamentata, costituita dai soggetti che, non essendo dotati di concessione, offrono comunque servizi di gioco;
    sarebbe inoltre necessario prevedere la revisione del prelievo erariale unico omogeneizzando le aliquote sui giochi gestiti dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nonché prevedendo, al fine di contrastare il fenomeno della ludopatia, un limite massimo alla percentuale destinata alle vincite (pay-out),

impegna il Governo:

   in sede di attuazione della delega fiscale ovvero entro dodici mesi qualora il progetto di legge recante la delega fiscale non trovi attuazione entro il prossimo anno:
    ad intervenire in sede legislativa al fine di omogeneizzare le aliquote sui giochi gestiti dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e a valutare di fissare in misura non inferiore all'80 per cento la percentuale del limite massimo destinata alle vincite (pay-out) e in misura pari al 10 per cento l'aliquota del PREU;
    a regolamentare il regime fiscale dei soggetti che, non essendo dotati di concessione, offrono comunque servizi di gioco;
    a introdurre e garantire l'applicazione di regole trasparenti e uniformi nell'intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all'esercizio dell'offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, garantendo forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, che tenga conto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l'intero territorio nazionale, della dislocazione locale di sale da gioco e di punti di vendita in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito di cui all'articolo 110, camma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni.
9/1865-A/260Ginato, Bobba.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge 4 maggio 2007, n. 56 «Istituzione del Giorno della memoria» dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, la Repubblica italiana ha riconosciuto il 9 maggio, anniversario dell'uccisione di Aldo Moro, quale «Giorno della memoria» al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo interno e internazionale;
    nell'ambito della legge di stabilità è prevista al comma 62 una destinazione di spesa nel limite di 100 milioni di euro annui per investimenti in favore dei beni culturali, la cui assegnazione è disposta dal CIPE su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base di un programma di interventi in favore dei beni culturali;
    a valere su tale destinazione di spesa sono stati inoltre previsti, al comma 62-bis, interventi di recupero e valorizzazione dei luoghi della memoria della lotta al nazifascismo, della Resistenza e della Guerra di Liberazione, anche nell'ambito della promozione e dello svolgimento delle celebrazioni del settantesimo anniversario della Resistenza e della Guerra di Liberazione;
    ad oggi non esiste a Roma un «luogo della memoria» atto a perpetuare il ricordo e la trasmissione alle giovani generazioni delle vittime del terrorismo, a partire dalla più illustre, il Presidente Aldo Moro, le cui spoglie furono rinvenute il 9 maggio 1978 a Roma, davanti al civico 9 di Via Michelangelo Caetani;
    l'istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza «Istituti Riuniti di Assistenza Sociale – Roma Capitale», proprietaria del complesso immobiliare di Via M. Caetani 8 e 9 e della Chiesa di S. Caterina d'Alessandria in Via dei Funari, ha formalizzato alle Istituzioni nazionali e locali, l'intenzione di destinare ad un istituendo «luogo della memoria» in onore di Aldo Moro e delle vittime del terrorismo, appositi locali di sua proprietà mediante un accordo di collaborazione con Regione Lazio e Roma Capitale;
    la realizzazione di tale «luogo della memoria», oltre a rappresentare un punto di riferimento culturale, storico e morale atto a consentire innanzitutto alle giovani generazioni di conoscere e approfondire una fase cruciale della storia della Repubblica Italiana, potrebbe consentire di avviare tempestivamente un programma di attività in occasione del 40 anniversario della morte di Aldo Moro, da celebrarsi nel 2018;

impegna il Governo

a includere nel programma di interventi in favore dei beni culturali da emanarsi ai fini dell'utilizzo delle risorse finanziarie di cui al comma 62 della legge di Stabilità 2014, anche la realizzazione e l'allestimento presso i locali di proprietà dell'IPAB Istituti Riuniti di Assistenza Sociale «Roma Capitale» siti nel luogo di rinvenimento delle spoglie di Aldo Moro, di un «luogo della memoria» in onore di Aldo Moro e delle vittime del terrorismo.
9/1865-A/261Gasbarra, Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge 4 maggio 2007, n. 56 «Istituzione del Giorno della memoria» dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, la Repubblica italiana ha riconosciuto il 9 maggio, anniversario dell'uccisione di Aldo Moro, quale «Giorno della memoria» al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo interno e internazionale;
    nell'ambito della legge di stabilità è prevista al comma 62 una destinazione di spesa nel limite di 100 milioni di euro annui per investimenti in favore dei beni culturali, la cui assegnazione è disposta dal CIPE su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base di un programma di interventi in favore dei beni culturali;
    a valere su tale destinazione di spesa sono stati inoltre previsti, al comma 62-bis, interventi di recupero e valorizzazione dei luoghi della memoria della lotta al nazifascismo, della Resistenza e della Guerra di Liberazione, anche nell'ambito della promozione e dello svolgimento delle celebrazioni del settantesimo anniversario della Resistenza e della Guerra di Liberazione;
    ad oggi non esiste a Roma un «luogo della memoria» atto a perpetuare il ricordo e la trasmissione alle giovani generazioni delle vittime del terrorismo, a partire dalla più illustre, il Presidente Aldo Moro, le cui spoglie furono rinvenute il 9 maggio 1978 a Roma, davanti al civico 9 di Via Michelangelo Caetani;
    l'istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza «Istituti Riuniti di Assistenza Sociale – Roma Capitale», proprietaria del complesso immobiliare di Via M. Caetani 8 e 9 e della Chiesa di S. Caterina d'Alessandria in Via dei Funari, ha formalizzato alle Istituzioni nazionali e locali, l'intenzione di destinare ad un istituendo «luogo della memoria» in onore di Aldo Moro e delle vittime del terrorismo, appositi locali di sua proprietà mediante un accordo di collaborazione con Regione Lazio e Roma Capitale;
    la realizzazione di tale «luogo della memoria», oltre a rappresentare un punto di riferimento culturale, storico e morale atto a consentire innanzitutto alle giovani generazioni di conoscere e approfondire una fase cruciale della storia della Repubblica Italiana, potrebbe consentire di avviare tempestivamente un programma di attività in occasione del 40 anniversario della morte di Aldo Moro, da celebrarsi nel 2018;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di includere nel programma di interventi in favore dei beni culturali da emanarsi ai fini dell'utilizzo delle risorse finanziarie di cui al comma 62 della legge di Stabilità 2014, anche la realizzazione e l'allestimento presso i locali di proprietà dell'IPAB Istituti Riuniti di Assistenza Sociale «Roma Capitale» siti nel luogo di rinvenimento delle spoglie di Aldo Moro, di un «luogo della memoria» in onore di Aldo Moro e delle vittime del terrorismo.
9/1865-A/261. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gasbarra, Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    la spending review e il blocco del turn over nel comparto Sicurezza hanno comportato una riduzione delle assunzioni di personale e una rimodulazione dei piani assunzionali delle amministrazioni, a concorsi già banditi o a graduatorie già pubblicate;
    vi sono molti vincitori di concorsi regolarmente banditi, che attendono di essere assunti dalle amministrazioni, le cui posizioni in graduatoria vanno tutelate in attesa dello scorrimento delle stesse;
    vi sono candidati risultati idonei i quali, in condizioni «normali», di turn over al 100 per cento, sarebbero stati assunti per effetto dello scorrimento delle graduatorie;
    è inaccettabile che i provvedimenti di revisione della spesa possano ledere i diritti e le aspettative di candidati risultati idonei o finanche vincitori di concorsi regolarmente banditi;
    i presentatori ritengono che anche al comparto Sicurezza vada applicata la legge D'Alia che non prevede deroghe nella pubblica amministrazione,

impegna il Governo:

   a prevedere l'assunzione di tutti i candidati risultati vincitori nei concorsi le cui graduatorie sono ancora in vigore, al fine di assorbire personale andando ad esaurire le graduatorie almeno per quanto riguarda i posti messi a concorso;
   a disporre che per i concorsi banditi dalle amministrazioni sia previsto un punteggio aggiuntivo per i candidati risultati idonei nei concorsi già espletati.
9/1865-A/262Fiano, Rosato, Antezza, Tullo.


   La Camera,
   premesso che:
    la spending review e il blocco del turn over nel comparto Sicurezza hanno comportato una riduzione delle assunzioni di personale e una rimodulazione dei piani assunzionali delle amministrazioni, a concorsi già banditi o a graduatorie già pubblicate;
    vi sono molti vincitori di concorsi regolarmente banditi, che attendono di essere assunti dalle amministrazioni, le cui posizioni in graduatoria vanno tutelate in attesa dello scorrimento delle stesse;
    vi sono candidati risultati idonei i quali, in condizioni «normali», di turn over al 100 per cento, sarebbero stati assunti per effetto dello scorrimento delle graduatorie;
    è inaccettabile che i provvedimenti di revisione della spesa possano ledere i diritti e le aspettative di candidati risultati idonei o finanche vincitori di concorsi regolarmente banditi;
    i presentatori ritengono che anche al comparto Sicurezza vada applicata la legge D'Alia che non prevede deroghe nella pubblica amministrazione,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di: prevedere l'assunzione di tutti i candidati risultati vincitori nei concorsi le cui graduatorie sono ancora in vigore, al fine di assorbire personale andando ad esaurire le graduatorie almeno per quanto riguarda i posti messi a concorso;
   a disporre che per i concorsi banditi dalle amministrazioni sia previsto un punteggio aggiuntivo per i candidati risultati idonei nei concorsi già espletati.
9/1865-A/262. (Testo modificato nel corso della seduta) Fiano, Rosato, Antezza, Tullo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 490 della legge di stabilità 2014 stabilisce che le disposizioni relative all'aumento dell'IVA per le prestazioni socioassistenziali rese sia dalle cooperative sociali che da quelle generiche «si applicano alle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013»;
    tuttavia, tale formulazione pone dubbi interpretativi dal momento che i contratti di appalto o convenzioni possono conoscere passaggi negoziali e novativi intermedi, anche relativi all'attuazione delle normative regionali sul sovvenzionamento od accreditamento dei servizi, che non influiscono tuttavia sull'aggiudicazione originaria e sui contratti in essere con IVA al 4 per cento aventi scadenza futura e lontana nel tempo alla quale sono rapportati i piani economici finanziari dell'appalto;
    un'errata interpretazione sul punto, fra l'altro, provocherebbe un cambiamento sulla disciplina nel corso dello svolgimento di un rapporto contrattuale e applicherebbe trattamenti fiscali differenziati a soggetti che effettuano le stesse prestazioni, peraltro di elevato valore sociale;
    sussiste, inoltre, l'ulteriore dubbio relativo alla decorrenza dell'aumento IVA in relazione alle così dette «prestazioni rese direttamente» ovvero diverse da quelle affidate da pubbliche amministrazioni sulla base di contratti d'appalto o convenzioni, per i quali, un'interpretazione nel senso di una decorrenza dal 1o gennaio 2013 provocherebbe irreparabile pregiudizio per il settore;
    il comma 117 ripristina l'aliquota IVA ridotta del 4 per cento – anziché del 10 per cento – per le prestazioni socio-sanitarie o educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità, in favore di anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, di handicappati psicofisici, di minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative sociali e loro consorzi, sia direttamente sia in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale, ma nulla stabilisce per le cooperative e consorzi generici per i quali l'aumento, quindi, è conformato, così come i dubbi interpretativi evidenziati;
    è quanto mai necessario intervenire, anche in sede amministrativa, al fine di fornire un'interpretazione chiara ed univoca, ai fini IVA, al trattamento delle cooperative generiche, già penalizzate con l'aumento dell'IVA di ben 18 punti, pur effettuando prestazioni socio-sanitarie ed educative, in particolare prevedendo l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta ai contratti in essere al 31 dicembre 2013, fino al momento del loro effettivo rinnovo, escludendo le semplici novazioni che non presuppongono nuove procedure selettive per il riaffidamento del servizio e chiarendo la decorrenza per quelle che rendo le prestazioni direttamente,

impegna il Governo

a chiarire, tramite i debiti strumenti amministrativi, che il comma 490 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2013 si intende nel senso nel senso che le disposizioni di cui ai commi 488 e 489 della medesima legge, come modificati dal comma 117, non si applicano ai servizi per prestazioni sociosanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale, affidati sulla base di contratti d'appalto o convenzioni con pubbliche amministrazioni stipulati prima del 31 dicembre 2013, fino alla effettiva cessazione del rapporto instauratosi con l'originaria aggiudicazione del servizio medesimo, indipendentemente dalla stipula in corso di modificazioni, trasformazioni, del contratto in essere, anche dovute all'adeguamento dello stesso a precetti normativi vigenti o sopravvenuti, inclusi quelli relativi alla disciplina del sovvenzionamento od accreditamento dei servizi medesimi, ove le modificazioni, trasformazioni, non presuppongano nuove procedure selettive per il riaffidamento degli stessi. Riguardo ai servizi di cui al periodo precedente, diversi da quelli affidati da pubbliche amministrazioni sulla base di contratti d'appalto o convenzioni, il citato comma 490 si interpreta nel senso che le disposizioni di cui ai commi 488 e 489, come modificati dal comma 117, si applicano in ogni caso a decorrere dal 1o gennaio 2014.
9/1865-A/263Marco Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 490 della legge di stabilità 2014 stabilisce che le disposizioni relative all'aumento dell'IVA per le prestazioni socioassistenziali rese sia dalle cooperative sociali che da quelle generiche «si applicano alle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013»;
    tuttavia, tale formulazione pone dubbi interpretativi dal momento che i contratti di appalto o convenzioni possono conoscere passaggi negoziali e novativi intermedi, anche relativi all'attuazione delle normative regionali sul sovvenzionamento od accreditamento dei servizi, che non influiscono tuttavia sull'aggiudicazione originaria e sui contratti in essere con IVA al 4 per cento aventi scadenza futura e lontana nel tempo alla quale sono rapportati i piani economici finanziari dell'appalto;
    un'errata interpretazione sul punto, fra l'altro, provocherebbe un cambiamento sulla disciplina nel corso dello svolgimento di un rapporto contrattuale e applicherebbe trattamenti fiscali differenziati a soggetti che effettuano le stesse prestazioni, peraltro di elevato valore sociale;
    sussiste, inoltre, l'ulteriore dubbio relativo alla decorrenza dell'aumento IVA in relazione alle così dette «prestazioni rese direttamente» ovvero diverse da quelle affidate da pubbliche amministrazioni sulla base di contratti d'appalto o convenzioni, per i quali, un'interpretazione nel senso di una decorrenza dal 1o gennaio 2013 provocherebbe irreparabile pregiudizio per il settore;
    il comma 117 ripristina l'aliquota IVA ridotta del 4 per cento – anziché del 10 per cento – per le prestazioni socio-sanitarie o educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità, in favore di anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, di handicappati psicofisici, di minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative sociali e loro consorzi, sia direttamente sia in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale, ma nulla stabilisce per le cooperative e consorzi generici per i quali l'aumento, quindi, è conformato, così come i dubbi interpretativi evidenziati;
    è quanto mai necessario intervenire, anche in sede amministrativa, al fine di fornire un'interpretazione chiara ed univoca, ai fini IVA, al trattamento delle cooperative generiche, già penalizzate con l'aumento dell'IVA di ben 18 punti, pur effettuando prestazioni socio-sanitarie ed educative, in particolare prevedendo l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta ai contratti in essere al 31 dicembre 2013, fino al momento del loro effettivo rinnovo, escludendo le semplici novazioni che non presuppongono nuove procedure selettive per il riaffidamento del servizio e chiarendo la decorrenza per quelle che rendo le prestazioni direttamente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire, tramite i debiti strumenti amministrativi, che il comma 490 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2013 si intende nel senso nel senso che le disposizioni di cui ai commi 488 e 489 della medesima legge, come modificati dal comma 117, non si applicano ai servizi per prestazioni sociosanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale, affidati sulla base di contratti d'appalto o convenzioni con pubbliche amministrazioni stipulati prima del 31 dicembre 2013, fino alla effettiva cessazione del rapporto instauratosi con l'originaria aggiudicazione del servizio medesimo, indipendentemente dalla stipula in corso di modificazioni, trasformazioni, del contratto in essere, anche dovute all'adeguamento dello stesso a precetti normativi vigenti o sopravvenuti, inclusi quelli relativi alla disciplina del sovvenzionamento od accreditamento dei servizi medesimi, ove le modificazioni, trasformazioni, non presuppongano nuove procedure selettive per il riaffidamento degli stessi. Riguardo ai servizi di cui al periodo precedente, diversi da quelli affidati da pubbliche amministrazioni sulla base di contratti d'appalto o convenzioni, il citato comma 490 si interpreta nel senso che le disposizioni di cui ai commi 488 e 489, come modificati dal comma 117, si applicano in ogni caso a decorrere dal 1o gennaio 2014.
9/1865-A/263. (Testo modificato nel corso della seduta)  Marco Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    la violenza contro le donne coinvolge come vittime «indirette» i minori:
    c’è però, un'altra platea di vittime, contigua e in parte coincidente con la precedente, che non è ridotta come si potrebbe pensare, e che è rappresentata dai figli di donne uccise o gravemente menomate il cui padre, dopo aver ucciso la madre, si toglie la vita;
    gli orfani di queste immani tragedie oltre a dover affrontare le terribili difficoltà che conseguono a simili orribili fatti si trovano anche a dover affrontare condizioni economiche precarie dovute all'immediato venir meno di qualsiasi tipo di mantenimento o sostegno;
    è assolutamente necessario che queste vittime non vengano dallo Stato abbandonate a loro stesse: in questo senso, in sede di conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province era stato approvato un ordine del giorno, il 9/1540-A/40, che impegnava il Governo a valutare l'opportunità di reperire, in sede di approvazione della prossima legge di stabilità, risorse adeguate per individuare e adottare misure di sostegno rivolte agli orfani delle vittime del femminicidio, che siano oltre che di tipo economico finanziario, anche di agevolazione all'ingresso nel mondo del lavoro, e di sostegno psicologico da parte del servizio sanitario nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, anche in via sperimentale, provvedimenti volti a disporre incentivi contributivi per i datori di lavoro che assumano con contratto a tempo indeterminato i figli orfani delle vittime del femminicidio.
9/1865-A/264Amoddio, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato», introducendo misure di varia natura, concernenti anche la spesa delle amministrazioni pubbliche;
    come recentemente ribadito nel messaggio inviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, in tema di amministrazione penitenziaria permangono ad oggi numerose criticità, sia per ciò che riguarda l'adeguatezza delle strutture, sia sul versante delle condizioni di detenzione;
    la cronica assenza di risorse, peraltro finisce per incidere proprio su quegli istituti – quale quello relativo all'esecuzione penale esterna – che avrebbero il compito di svolgere, tra le altre, una funzione dell'attiva del sovraffollamento carcerario, tra le cause principali delle inaccettabili condizioni di detenzione dei carcerati italiani;
    in particolare i cosiddetti uffici UEPE dovrebbero curare l'applicazione e l'esecuzione delle misure alternative, delle sanzioni sostitutive e delle misure di sicurezza, e dovrebbero offrire servizi rivolti ai cittadini, di età superiore ai 18 anni, condannati ad uno o più reati, e che stanno scontando una condanna in carcere o sul territorio attraverso le misure alternative alla detenzione oppure che sono in attesa che il Tribunale di Sorveglianza decida se concedere o meno la possibilità di scontare la condanna fuori dal carcere, presso un domicilio segnalato dal condannato;
    tali uffici dovrebbero svolgere, se messi in condizione di operare, una funzione fondamentale e delicatissima, sia nell'offrire informazioni e consulenza a chi intenda accedere da una misura alternativa alla detenzione; sia nell'offrire un aiuto diretto nell'inserimento sociale, e di controllo sull'adempimento degli impegni indicati nel verbale di sottoposizione all'affidamento; sia nell'offrire sostegno e assistenza alle famiglie delle persone detenute, in collaborazione con i servizi sociali territoriali, oppure favorendo gli interventi di servizio sociale nei confronti dei semi liberi, operando anche una funzione di vigilanza sul rispetto di quanto indicato nel programma di trattamento predisposto dall’équipe del carcere;
    tuttavia, appare evidente come tale delicatissima funzione può essere svolta dagli uffici Uepe solo grazie all'apporto di personale adeguatamente qualificato e specializzato, mentre la cronica assenza di risorse adeguate rischia complessivamente di inficiare il sistema di misure alternative alla detenzione in carcere che dovrebbero costituire una delle vie maestre al fine di incidere positivamente sull'annoso problema del sovraffollamento carcerario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa utile, anche di natura normativa, finalizzata a consentire le necessarie autorizzazioni di spesa per reperire tutte le risorse necessarie volte a garantire un efficiente ed efficace funzionamento degli uffici Uepe, a dotarli di personale adeguatamente qualificato e aggiornato, nonché individuando nuove e ulteriori sedi idonee allo svolgimento delle funzioni sopra citate, anche al fine di realizzare il potenziamento del servizio.
9/1865-A/265Morani, Verini, Ferranti, Ermini, Biffoni, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    sottolineata la carenza di risorse finanziarie ed umane a favore di strumenti alternativi al carcere finalizzati al recupero di detenuti tossico-dipendenti, così come peraltro evidenziato dal Ministro della giustizia nel corso dell'audizione svoltasi il 17 ottobre 2013, presso la Commissione giustizia e come ribadito in una nota trasmessa alla medesima Commissione in data 22 novembre 2013 con riferimento all'istituto dell'affidamento terapeutico ai sensi dell'articolo 94 del testo unico sugli stupefacenti;
    rilevato, secondo quanto affermato dal Ministro della giustizia, che si registra uno scarso ricorso all'istituto «il che appare sorprendente se si pensa che la legge intendeva riconoscere la specificità del tossicodipendente guardando con favore alla soluzione extracarceraria, come è dimostrato dal fatto che rispetto all'affidamento ordinario ex articolo 47 Ordinamento Penitenziario, l'articolo 94 Testo Unico stupefacenti prevede la concessione della misura per pene detentive fino a 6 anni. I motivi che determinano questo dato sono, in sintesi, le scarse risorse rese disponibili alle Asl/SERT responsabili della presa in carico dei detenuti alcool o tossico dipendenti e della elaborazione di un programma di trattamento che poi deve essere valutato dalla Magistratura di sorveglianza ai fini della concessione; risorse che, peraltro, vanno impiegate anche per i detenuti imputati che potrebbero essere beneficiari di analoghe misure extracarcerarie nel corso del giudizio. La carenza di risorse umane e finanziarie porta a una selezione dei detenuti da prendere in carico, con esclusione quasi completa dei detenuti stranieri e spesso optando per gli italiani che hanno una pena breve da scontare»;
    sottolineato come la «scarsa applicazione» dell'istituto possa comportare una concreta violazione del principio costituzionale della funzione rieducativa della pena nei confronti di quei detenuti tossico-dipendenti che si trovano nelle condizioni previste dalla legge per poter accedere alla concessione dell'affidamento terapeutico ai sensi dell'articolo 94 del testo unico sugli stupefacenti;
    rilevato inoltre che una corretta applicazione del predetto istituto avrebbe una funzione deflativa in relazione al sovraffollamento carcerario, considerato che il 23,84 per cento dei detenuti presenti rientra nella categoria dei detenuti tossico-dipendenti;
    sottolineato che il decreto-legge in materia carceraria approvato dal Consiglio dei ministri il 17 dicembre scorso contiene disposizioni volte ad ampliare l'ambito di applicazione dell'affidamento terapeutico eliminando il divieto di reiterazione,

impegna il Governo

ad individuare risorse finanziarie aggiuntive per l'anno 2014 finalizzate, mediante specifiche e vincolanti intese Stato-regioni, all'incremento ed alla effettiva applicazione dei trattamenti alternativi al carcere per i detenuti tossico-dipendenti, con particolare attenzione anche ai percorsi alternativi all'ingresso in carcere per gli imputati tossico-dipendenti sottoposti a processo per direttissima.
9/1865-A/266Ferranti, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato», introducendo misure di varia natura, concernenti anche la spesa delle amministrazioni pubbliche;
    come tristemente noto dai fatti di cronaca, e come ripetutamente sottolineato dalle più alte cariche dello Stato, nonché ribadito anche recentemente da sentenze di condanna di organismi sovranazionali, in tema di amministrazione penitenziaria permangono ad oggi numerose criticità, sia per ciò che riguarda l'adeguatezza delle strutture, sia sul versante delle condizioni di detenzione;
    tali criticità assumono un carattere ancora più preoccupante, in ragione della condizione di particolare vulnerabilità, quando sono rapportate alla delicata situazione dei minori residenti in carcere a causa della detenzione dei propri genitori;
    la legge 21 aprile 2011, n. 62, recante «Modifiche al codice di procedura penale e alla legge n. 354 del 26 luglio 1975, e altre disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori» – ha disposto, all'articolo 1, comma 1, che «Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza»;
    tale legge ha altresì disposto, per talune fattispecie, che il giudice possa disporre la custodia «presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri, ove le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza lo consentano» e ha altresì stabilito che la pena possa essere espiata presso case famiglia protette, ove esse siano state istituite;
    il Ministero della Giustizia ha emanato in data 8 marzo 2013 il decreto, di cui all'articolo 4 della legge n. 62 del 2011, recante «Requisiti delle case famiglia protette», che rappresentano una tappa importante nel cammino di applicazione della legge e apre significative opportunità nella prospettiva di tutela degli interessi e dei diritti dei minori, per un equilibrato sviluppo degli stessi, pur nelle gravi criticità che caratterizzano le circostanze detentive dei genitori;
    tuttavia, l'articolo 4 della legge n. 62 del 2011 ha previsto che le citate strutture siano realizzate stipulando idonee convenzioni «senza nuovi oneri per la finanza pubblica», una circostanza che rischia di compromettere l'intero progetto di tutela dei minori in carcere, a causa della mancanza delle risorse necessarie ad attuarlo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa utile, anche di natura normativa, finalizzata a consentire le necessarie autorizzazioni di spesa per la costruzione delle case famiglia protette, di cui alla legge 21 aprile 2011, n. 62. necessarie a tutelare i diritti dei minori e a garantire il loro sano sviluppo nella relazione affettiva con il genitore, anche nelle gravi condizioni che caratterizzano le situazioni di detenzione.
9/1865-A/267Giuliani, Verini, Ferranti, Morani, Picierno, Bazoli, Amoddio, Magorno, Scalfarotto, Mattiello, Marzano, Tartaglione, Moretti, Rossomando, Marroni.


   La Camera,
   premesso che:
    è noto che per rendere più efficiente il sistema giustizia e per garantire un buon funzionamento degli uffici sarebbe necessario prevedere misure strutturali che pongano rimedio alle gravi carenze negli organici grave degli uffici giudiziari;
    negli ultimi anni, anche a causa del blocco del turn over e dei tagli lineari alle spese dei Ministeri al fine di far funzionare gli uffici giudiziari sono state studiate anche misure sperimentali, di concerto con gli enti locali, nell'ambito di progetti formativi;
    è questo il caso di circa 3.200 lavoratori, attualmente in servizio presso gli uffici giudiziari di tutto il Paese, che hanno aderito ai bandi che gli Enti locali (soprattutto Regioni e Province) hanno emanato, a partire dal 2010, per consentire ai lavoratori disoccupati, cassaintegrati, in mobilità e socialmente utili, di prendere parte a progetti formativi attraverso un percorso formativo a tempo determinato;
    si tratta di progetti che hanno avuto un ottimo riscontro, e hanno formato lavoratori pienamente integrati negli uffici giudiziari, lavoratori che sono stati e sono, tuttora, molto utili, se non indispensabili, al funzionamento della macchina giustizia, così come dimostrato anche dalle numerose lettere di capi dei suddetti uffici indirizzate anche al Ministro della Giustizia, per tutte si richiama la nota del primo Presidente della Corte di Cassazione, Giorgio Santacroce, e del Procuratore Generale Giancarlo Ciani, che chiedono espressamente che vengano create le condizioni necessarie per salvaguardare le specifiche professionalità che si sono maturate, rivelatesi «un ausilio di speciale rilievo nello sforzo di recupero dell'arretrato e di incremento dell'efficienza di un sistema già portato ai limiti massimi delle materiali possibilità del personale in servizio» e che si è dimostrato «di qualità senz'altro elevata e in alcuni casi davvero eccellente»;
    stante la nota carenza di organico del personale giudiziario il legislatore con la legge di stabilità 2012 (legge n. 228 del 24 dicembre 2012) ha prorogato i suddetti rapporti di lavoro per tutto l'anno 2013 a copertura delle carenze di personale, prevedendo uno stanziamento di 7,5 milioni di euro;
    tale stanziamento è stato raddoppiato dal provvedimento in esame, raggiungendo un totale di 15 milioni di euro che risultano però sufficienti a coprire la proroga dei contratti solo per un periodo di sei mesi, mentre sarebbero necessari altri 15 milioni di euro per garantire la copertura annuale,

impegna il Governo

a garantire, sin dal prossimo provvedimento utile, lo stanziamento e la destinazione delle risorse necessarie per la copertura dell'intero contratto annuale dei lavoratori di cui in premessa, risorse che permettano di mantenere la retribuzione minima media erogata fino ad ora, a fronte di un servizio che si è rivelato fondamentale al buon funzionamento degli uffici giudiziari di tutto il Paese soprattutto finalizzato allo smaltimento dell'arretrato.
9/1865-A/268Verini, Ferranti, Morani, Leva, Vazio, Amoddio, Ferro, Carella.


   La Camera,
   considerato che:
    la Commissione Bilancio, in sede referente, al comma 60-ter, ha incrementato di 100 milioni le risorse complessivamente disponibili per il trattamento economico accessorio del personale appartenente ai Corpi di polizia sia ad ordinamento civile che militare,

impegna il Governo

nella ripartizione di tale trattamento economico accessorio a favorire il personale effettivamente impegnato nel servizio esterno di ordine pubblico.
9/1865-A/269Manfredi, Morani.


   La Camera,
   considerato che:
    il comma 100 dispone in materia di proroga della concessione di incentivi in materia di impianti rinnovabili;
    con emendamento approvato in Commissione bilancio è stata soppressa la ulteriore proroga di un anno del termine per l'entrata in esercizio degli impianti fotovoltaici realizzati su edifici pubblici e su aree delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 1, comma 4, lettera c) del decreto ministeriale del Ministero dello sviluppo economico del 5 luglio 2012, in modo da usufruire degli incentivi previsti dal decreto ministeriale 5 maggio 2011, (pagina 132 disegno di legge n. 1865-A seduta del 19/12/2013);
    il testo precedente del comma in titolo, approvato al Senato, teneva conto del fatto che gli impianti realizzati in aree pubbliche o su edifici pubblici così come disciplinati dall'articolo 1, comma 4, lettera c) del decreto del Ministro dello sviluppo economico 5 luglio 2012 necessitavano di una proroga a causa degli eventi calamitosi nel biennio 2012 e 2013, così come si evince dal testo licenziato dal Senato;
    tale situazione ha reso insufficiente il precedente termine contenuto nel comma 425 dell'articolo unico della legge 24 dicembre 2012 n. 228 (Legge di Stabilità 2013) che fissava al 30 ottobre 2013 il termine di entrata in esercizio di tali impianti;
    gli impianti realizzati su aree ed edifici pubblici non potevano accedere ai registri, per procedura, e di conseguenza ne veniva preclusa la possibilità di pre-assegnazione di somme, così come previsto e garantito dai registri; dove di fatto sono confluite tutte le risorse previste dal V conto energia ed i residui del IV. Tali disposizioni amministrative hanno recato gravi pregiudizi economici, sociali ed occupazionali a tutte quelle Amministrazioni che hanno creduto nelle leggi dello Stato, che doveva, tramite il gestore GSE, garantire la disponibilità delle somme dedicate a tali impianti fino al 30 ottobre 2013. Purtroppo con un meccanismo poco chiaro e trasparente le somme sono state stornate sui registri penalizzando di fatto le Amministrazioni virtuose che avevano creduto e scommesso sulla valorizzazione delle aree pubbliche e che non potevano prenotare le risorse necessarie sul conto energia dedicato;
    presso la provincia di Caltanissetta, area individuata dal decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1995, pubblicato sul supplemento ordinario n.51 della Gazzetta Ufficiale 2 maggio 1995, n.100, poiché caratterizzata da un rilevante degrado ambientale, sono in corso di realizzazione taluni impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile su edifici ed aree pubbliche, anche con il concorso di risorse comunitarie;
    è opportuno dare un reale contributo al miglioramento alla qualità di vita delle comunità locali, favorendo la possibilità di assicurare maggiori entrate alle Amministrazioni pubbliche, garantendo l'accesso agli incentivi a quegli impianti per i quali i lavori sono iniziati entro il 31/07/2013, confidando nella disponibilità delle somme previste fino al 30/10/2013, mediante le risorse che si renderanno disponibili nella gestione economica dei conti energetici di riferimento (V conto energia) indipendentemente dallo stato di calamità delle aree di ubicazione,

impegna il Governo

in sede di revisione del sistema di incentivi di cui all'articolo 28, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n.28, da attuare in coerenza con gli obiettivi di riqualificazione energetica su edifici pubblici e su aree delle amministrazioni pubbliche previsti dalla direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, a prevedere l'accesso agli incentivi anche per gli impianti di cui all'articolo 1, comma 4, lettera c) del decreto ministeriale del Ministero dello sviluppo economico del 5 luglio 2012, per gli impianti da realizzare nelle aree individuate dal decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1995, pubblicato sul supplemento ordinario n. 51 della Gazzetta Ufficiale 2 maggio 1995, n. 100.
9/1865-A/270Pagano.


   La Camera,
   considerato che:
    il comma 100 dispone in materia di proroga della concessione di incentivi in materia di impianti rinnovabili;
    con emendamento approvato in Commissione bilancio è stata soppressa la ulteriore proroga di un anno del termine per l'entrata in esercizio degli impianti fotovoltaici realizzati su edifici pubblici e su aree delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 1, comma 4, lettera c) del decreto ministeriale del Ministero dello sviluppo economico del 5 luglio 2012, in modo da usufruire degli incentivi previsti dal decreto ministeriale 5 maggio 2011, (pagina 132 disegno di legge n. 1865-A seduta del 19/12/2013);
    il testo precedente del comma in titolo, approvato al Senato, teneva conto del fatto che gli impianti realizzati in aree pubbliche o su edifici pubblici così come disciplinati dall'articolo 1, comma 4, lettera c) del decreto del Ministro dello sviluppo economico 5 luglio 2012 necessitavano di una proroga a causa degli eventi calamitosi nel biennio 2012 e 2013, così come si evince dal testo licenziato dal Senato;
    tale situazione ha reso insufficiente il precedente termine contenuto nel comma 425 dell'articolo unico della legge 24 dicembre 2012 n. 228 (Legge di Stabilità 2013) che fissava al 30 ottobre 2013 il termine di entrata in esercizio di tali impianti;
    gli impianti realizzati su aree ed edifici pubblici non potevano accedere ai registri, per procedura, e di conseguenza ne veniva preclusa la possibilità di pre-assegnazione di somme, così come previsto e garantito dai registri; dove di fatto sono confluite tutte le risorse previste dal V conto energia ed i residui del IV. Tali disposizioni amministrative hanno recato gravi pregiudizi economici, sociali ed occupazionali a tutte quelle Amministrazioni che hanno creduto nelle leggi dello Stato, che doveva, tramite il gestore GSE, garantire la disponibilità delle somme dedicate a tali impianti fino al 30 ottobre 2013. Purtroppo con un meccanismo poco chiaro e trasparente le somme sono state stornate sui registri penalizzando di fatto le Amministrazioni virtuose che avevano creduto e scommesso sulla valorizzazione delle aree pubbliche e che non potevano prenotare le risorse necessarie sul conto energia dedicato;
    presso la provincia di Caltanissetta, area individuata dal decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1995, pubblicato sul supplemento ordinario n.51 della Gazzetta Ufficiale 2 maggio 1995, n.100, poiché caratterizzata da un rilevante degrado ambientale, sono in corso di realizzazione taluni impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile su edifici ed aree pubbliche, anche con il concorso di risorse comunitarie;
    è opportuno dare un reale contributo al miglioramento alla qualità di vita delle comunità locali, favorendo la possibilità di assicurare maggiori entrate alle Amministrazioni pubbliche, garantendo l'accesso agli incentivi a quegli impianti per i quali i lavori sono iniziati entro il 31/07/2013, confidando nella disponibilità delle somme previste fino al 30/10/2013, mediante le risorse che si renderanno disponibili nella gestione economica dei conti energetici di riferimento (V conto energia) indipendentemente dallo stato di calamità delle aree di ubicazione,

impegna il Governo

in sede di revisione del sistema di incentivi di cui all'articolo 28, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n.28, da attuare in coerenza con gli obiettivi di riqualificazione energetica su edifici pubblici e su aree delle amministrazioni pubbliche previsti dalla direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, a valutare l'opportunità di prevedere l'accesso agli incentivi anche per gli impianti di cui all'articolo 1, comma 4, lettera c) del decreto ministeriale del Ministero dello sviluppo economico del 5 luglio 2012, per gli impianti da realizzare nelle aree individuate dal decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1995, pubblicato sul supplemento ordinario n. 51 della Gazzetta Ufficiale 2 maggio 1995, n. 100.
9/1865-A/270. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pagano.


   La Camera,
    premesso che:
    è in corso un percorso di riforma dei criteri di assegnazione delle risorse del Fondo Unico Spettacolo, sulla base di un riordino dell'intero sistema dello spettacolo dal vivo;
    la riforma nasce dall'esigenza, segnalata da più parti, di rivedere complessivamente, criteri e logiche del comparto;
    nessuna riforma, però, ha senso se non si avvia una riflessione seria sulle dotazioni del Fondo Unico dello Spettacolo, che è diminuito in termini reali del 53 per cento dal 1985 a oggi, passando dallo 0,0832 per cento del PIL allo 0,0263 per cento del 2012;
    a preoccupare in modo particolare è la scarsità di risorse che, nel riparto del Fus, sembra essere destinata al comparto della Danza;
    i criteri di assegnazione dei fondi FUS Danza, infatti, prevedono una diminuzione dei soggetti riconosciuti come organismi della promozione pari all'85-90 per cento in meno di quelli attualmente previsti, ovvero non più di 5 sui 35 dell'annualità 2013;
    il settore della promozione istituito e voluto dal MIBAC alla fine degli anni ’90 e che fino al 2013 ha visto l'ingresso di nuovi soggetti destinati a svolgere questo fondamentale ruolo per la danza italiana, viene quindi smantellato;
    allo stesso tempo nelle azioni trasversali è previsto un capitolo denominato ex ETI con finanziamenti di azioni e progetti che l'Amministrazione realizza in prima persona, per il perseguimento e lo sviluppo dei compiti e delle funzioni di promozione; in tale senso si intravede un anomalo intento di centralizzare la promozione della danza in Italia;
    a ciò si aggiunge, una totale assenza delle attività di formazione professionale, documentazione, coordinamento della Produzione, che viene a questo punto delegato alla distribuzione che, allo stesso tempo, non può eccedere il limite di un unico soggetto per regione;
    la riforma, così come prospettata, rischia di avere drammatiche ed inevitabili ripercussioni sui soggetti che praticano e promuovono la danza sul territorio nazionale, con ricadute anche in termini di perdita di posti di lavoro,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di incrementare la dotazione economica del Fondo Unico per lo Spettacolo, procedendo al tempo stesso ad un ripensamento rispetto alla formulazione dei criteri di intervento sul comparto Danza, che rischia di essere quello dove la scure della riforma si abbatterà in maniera violenta e indiscriminata;
   a valutare, inoltre, la possibilità di ripristinare le modalità di accesso per i progetti destinati ai settori della promozione, perfezionamento professionale, documentazione, promozione del pubblico, con le modalità già esistenti nel decreto ministeriale 8 novembre 2007 attualmente in vigore, aggiungendo altri settori individuati nei proposti criteri di assegnazione ovvero il ricambio generazionale nello spettacolo dal vivo, l'incentivazione dello spettacolo dal vivo come forma di inclusione e di recupero nei contesti di disagio sociale, senza un limite numerico dei progetti approvabili, così come per gli altri settori.
9/1865-A/271Bossa.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 505 del provvedimento in esame reca una serie di modifiche all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 istitutivo dell'IMU, finalizzate principalmente ad escludere l'applicazione dell'imposta sull'abitazione principale;
    il numero 3, lettera b) reca sia le ipotesi di esclusione ex lege dall'IMU, sia i casi in cui il comune può disporre l'esenzione IMU per alcune categorie di immobili, tramite la potestà di assimilazione all'abitazione principale;
    la ratio delle esclusioni ex lege risiede anche nella decisione del legislatore di tutelare degli edifici che rivestono una funzione sociale come nel caso dei fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali, le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari o la casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;
    poiché tra le esclusioni non sono contemplate quelle dedicate ad edifici in cui si svolgono importanti funzioni per lo sviluppo culturale e la conservazione del patrimonio artistico come i conservatori,

impegna il Governo

a prevedere, nel prossimo provvedimento utile, l'esclusione da tale pagamento degli enti finanziatori obbligati alla manutenzione dei conservatori.
9/1865-A/272Preziosi, Marchetti, Morani.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 505 del provvedimento in esame reca una serie di modifiche all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 istitutivo dell'IMU, finalizzate principalmente ad escludere l'applicazione dell'imposta sull'abitazione principale;
    il numero 3, lettera b) reca sia le ipotesi di esclusione ex lege dall'IMU, sia i casi in cui il comune può disporre l'esenzione IMU per alcune categorie di immobili, tramite la potestà di assimilazione all'abitazione principale;
    la ratio delle esclusioni ex lege risiede anche nella decisione del legislatore di tutelare degli edifici che rivestono una funzione sociale come nel caso dei fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali, le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari o la casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;
    poiché tra le esclusioni non sono contemplate quelle dedicate ad edifici in cui si svolgono importanti funzioni per lo sviluppo culturale e la conservazione del patrimonio artistico come i conservatori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel prossimo provvedimento utile, l'esclusione da tale pagamento degli enti finanziatori obbligati alla manutenzione dei conservatori.
9/1865-A/272. (Testo modificato nel corso della seduta)  Preziosi, Marchetti, Morani.


   La Camera,
   premesso che:
    nel sistema dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari le istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB) e le Aziende Pubbliche di Assistenza alla Persona, nonché le Istituzioni, talora provenienti dalla trasformazione delle IPAB ai sensi del decreto legislativo 4 maggio 2001 n. 207, svolgono un ruolo fondamentale ed insostituibile nell'area della non autosufficienza, con particolare riguardo ai servizi residenziali e domiciliari in favore di anziani, minori e disabili;
    le II.PP.AA.BB., APSP, Istituzioni e le Aziende Speciali concorrono al sistema locale e nazionale dei servizi sociali anche con risorse proprie provenienti dalle rendite dei rispettivi patrimoni, contribuendo conseguentemente alla sostenibilità del sistema, con costi di gestione spesso inferiori a quelli di altri soggetti pubblici e privati operanti in tale ambito;
    ad oggi il ruolo delle predette istituzioni non è adeguatamente riconosciuto ma soprattutto vengono spesso assimilate genericamente alla Pubblica Amministrazione che ha subito in questi anni tagli continui e blocco al turn-over che invece è assolutamente impensabile nei servizi alla persona che si fondano sulla continuità dell'assistenza lungo l'intero arco temporale di 365 giorni all'anno, 24 ore al giorno;
    il comma 376 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 introdotto al Senato, ha lo scopo di sottrarre dai vincoli del patto di stabilità la spesa del personale di dette istituzioni, ma la procedura individuata rischia di aggravare le criticità esistenti nella gestione di dette istituzioni, vincolando l'esercizio del turn-over del personale ad appositi atti autorizzativi da parte degli enti locali; si tratta di un potere discrezionale che apre spazi di condizionamento su soggetti pubblici dotati di autonomia statutaria e gestionale, aventi peraltro l'obbligo del pareggio di bilancio, che destano fondate preoccupazioni in ordine alla continuità dei servizi gestiti;
    in particolare la necessità di ottenere le autorizzazioni in materia di assunzioni del personale rischia di aprire una stagione di esternalizzazioni e di precarizzazione del personale che rappresentano l'anticamera della privatizzazione dei servizi alle persone più fragili e più bisognose;
    peraltro occorre ribadire che il quadro normativo e regolamentare esistente a livello nazionale e regionale in materia di autorizzazione ed accreditamento dei servizi sociali, assistenziali e sociosanitari, si fonda su standard organizzativi e strutturali che vincolano il funzionamento di tali servizi a predefiniti rapporti numerici fra utenti ed operatori, il che comporta che i costi del personale incidano in misura prevalente rispetto agli altri costi del servizio;
    inoltre la natura giuridica delle IPAB e delle APSP non è affatto assimilabile a quella di altri soggetti controllati o partecipati dagli Enti Locali, né alle gestioni in house e pertanto sarebbe auspicabile un chiarimento per evitare dannosi contenziosi, anche alla luce di recenti pronunce delle sezioni regionali della Corte dei conti nonché della Corte costituzionale,

impegna il Governo

a salvaguardare in fase di attuazione del comma 376, la specificità e l'autonomia delle istituzioni pubbliche – IPAB, APSP, Istituzioni, Aziende Speciali – che operano nel campo assistenziale, educativo e socio-sanitario, assicurando che le procedure indicate nella norma non compromettano la ratio che l'ha ispirata e cioè la esclusione dai vincoli del patto di stabilità per la spesa del personale, al fine di evitare il rischio di compromettere la continuità dei servizi alle persone.
9/1865-A/273Miotto, Marco Di Stefano, Lenzi, Rubinato, Murer, Moretto, Lattuca, Moretto.


   La Camera,
   premesso che:
    le associazioni regionali allevatori (ARA) offrono fondamentali servizi al settore dell'allevamento regionale e nazionale. Esse infatti, tra l'altro, prestano assistenza tecnica agrozootecnica e veterinaria ed effettuano la preziosa attività di tenuta dei libri genealogici delle varie razze, con finanziamento dello Stato, inoltre, provvedono a valorizzare le produzioni zootecniche regionali e sono in grado di attuare tutte le iniziative in grado di contribuire ad un più rapido miglioramento del bestiame allevato e ad una più efficiente valorizzazione del bestiame stesso e dei prodotti da questo derivati;
    dal 1o gennaio 2011, a seguito del riordinamento nazionale del Sistema Allevatoriale, le ARA si sono trasformate da organismo di II Grado ad organismo di I grado, assumendo direttamente le funzioni ed i compiti della gestione delle attività, affidate fino al 2010 alle Associazioni Provinciali ed Interprovinciali Allevatori;
    le ARA non hanno fine di lucro e sono socie dell'Associazione Italiana Allevatori (AIA), operando nel quadro della politica generale e delle direttive organizzative dell'AIA in armonia con la programmazione agricola regionale;
    da oltre un anno numerose associazioni regionali allevatori versano in condizioni molto problematiche e molte di esse rischiano di interrompere le proprie attività con pericolo di licenziamento dei relativi lavoratori e ciò per la mancanza di trasferimenti di risorse da parte delle istituzioni pubbliche competenti. Esse sono pertanto impossibilitate a portare avanti le attività di servizio ed assistenza a tutto il comparto zootecnico con gravi ripercussioni per il settore dell'allevamento;
    in merito alle criticità di finanziamento da parte dello Stato in favore della associazioni regionali allevatori, è da ultimo intervenuto anche il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali pro tempore, il quale, il 4 ottobre 2012, in risposta ad una specifica interrogazione (n. 4-16337) vertente sul mancato finanziamento per gli anni 2011 e 2012 delle attività svolte dalle associazioni regionali allevatori, faceva sapere che l'amministrazione del dicastero agricolo, al fine di mantenere una struttura unitaria del sistema delle associazioni allevatori sul territorio nazionale (presupposto fondamentale di competitività della zootecnica italiana) aveva già avanzato una proposta di rimodulazione finanziaria delle disponibilità recate dai capitoli 7637 e 7638 del proprio bilancio di previsione, risorse finalizzate all'attuazione delle funzioni amministrative trasferite alle regioni, destinate però alle sole Regioni a Statuto speciale;
    tale proposta di rimodulazione (che avrebbe consentito di destinare la somma complessiva di euro 25 milioni alle attività di miglioramento genetico per tutte le Regioni), seppur approvata dal comitato tecnico permanente di coordinamento in materia di agricoltura nella seduta del 23 giugno 2011, non aveva ottenuto il parere favorevole del Ministero dell'economia e delle finanze, in quanto non compatibile con la normativa di bilancio. A fronte di tale parere lo «schema d'intesa» fu rimodulato, lasciando inalterata la dotazione finanziaria di ciascun capitolo, in modo da destinare alle attività di miglioramento genetico del bestiame tutti i fondi recati dal capitolo 7637 (pari a 9 milioni di euro) e parte dei fondi recati dal capitolo 7638 (nella misura di 16 milioni di euro) rientrando, tali attività, tra quelle trasferite alle Regioni ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2001;
    a seguito del parere favorevole del Ministero dell'economia e delle finanze, e acquisito un nuovo parere positivo dal comitato permanente agricoltura nella seduta del 21 luglio 2011, la suddetta proposta fu quindi trasmessa alla Conferenza Stato Regioni che si dichiarava favorevole e così le fu inoltrato il programma annuale dei controlli funzionali concernente i criteri e gli indirizzi unitari in conformità all'articolo 2 della legge n. 280 del 1999;
    il programma in questione, aveva previsto, per il 2011, la riorganizzazione del sistema degli allevatori, con l'attivazione di un sistema operativo regionale (cioè, basato su associazioni regionali di allevatori) a fronte delle associazioni provinciali. L'implementazione di tale sistema (che in alcune regioni è ancora in fase di realizzazione) avrebbe permesso una riduzione del costo dell'attività di un ulteriore 10 per cento rispetto all'anno precedente, con una spesa prevedibile di 69 milioni e un contributo massimo concedibile di 55,2 milioni. Il programma in oggetto, oltre ad indicare le «linee di indirizzo tecnico per la riorganizzazione dei sistemi dei controlli» (in modo da mantenere dei buoni livelli qualitativi del servizio e, al contempo, di perseguire ulteriori economie), proponeva la ripartizione fra le regioni della disponibilità finanziaria di 25 milioni considerati nella predetta intesa;
    riguardo l'attività per l'anno 2012, il Ministero in argomento avrebbe provveduto a predisporre una nuova proposta di programma in cui sono stati ridefiniti sia i parametri tecnici che economici utilizzando la metodologia e i criteri previsti dal «Manuale per il finanziamento dell'attività di tenuta dei libri genealogici e dei controlli funzionali delle Associazioni Provinciali Allevatori», denominato «Manuale del Forfait»;
    il predetto programma, esaminato e condiviso, con modifiche, dal Comitato monitoraggio di cui al decreto ministeriale 23485 del 13 novembre 2006 sarebbe stato trasmesso alle regioni e alle associazioni degli allevatori per acquisire eventuali osservazioni, prima di sottoporlo alla conferenza Stato regioni per la prevista intesa. Il documento avrebbe previsto, per province e per regione, la spesa ammessa e il relativo contributo nazionale per l'anno 2012 (pari, rispettivamente, ad euro 64.033.969 e ad euro 50.191.322,98) nonché gli indirizzi per l'elaborazione delle linee guida per la riorganizzazione del sistema della selezione animale;
    ad oggi purtroppo le situazioni di criticità in cui versano le predette ARA non sono mutate ed anzi esse hanno iniziato a licenziare i loro lavoratori,

impegna il Governo

ad intraprendere le occorrenti iniziative volte a consentire l'immediato finanziamento di competenza pubblica in favore delle associazioni regionali allevatori ed in tale ambito, ove ancora non attuato, a provvedere al trasferimento delle risorse finanziarie, non solo per il 2012, ma anche per gli anni successivi, con priorità nei riguardi di quelle ARA che hanno in corso procedure di licenziamento dei propri lavoratori o che hanno accumulato ritardi prolungati di pagamento degli stipendi verso i loro dipendenti.
9/1865-A/274Pastorelli, Mongiello, Di Gioia.


   La Camera,
   premesso che:
    le associazioni regionali allevatori (ARA) offrono fondamentali servizi al settore dell'allevamento regionale e nazionale. Esse infatti, tra l'altro, prestano assistenza tecnica agrozootecnica e veterinaria ed effettuano la preziosa attività di tenuta dei libri genealogici delle varie razze, con finanziamento dello Stato, inoltre, provvedono a valorizzare le produzioni zootecniche regionali e sono in grado di attuare tutte le iniziative in grado di contribuire ad un più rapido miglioramento del bestiame allevato e ad una più efficiente valorizzazione del bestiame stesso e dei prodotti da questo derivati;
    dal 1o gennaio 2011, a seguito del riordinamento nazionale del Sistema Allevatoriale, le ARA si sono trasformate da organismo di II Grado ad organismo di I grado, assumendo direttamente le funzioni ed i compiti della gestione delle attività, affidate fino al 2010 alle Associazioni Provinciali ed Interprovinciali Allevatori;
    le ARA non hanno fine di lucro e sono socie dell'Associazione Italiana Allevatori (AIA), operando nel quadro della politica generale e delle direttive organizzative dell'AIA in armonia con la programmazione agricola regionale;
    da oltre un anno numerose associazioni regionali allevatori versano in condizioni molto problematiche e molte di esse rischiano di interrompere le proprie attività con pericolo di licenziamento dei relativi lavoratori e ciò per la mancanza di trasferimenti di risorse da parte delle istituzioni pubbliche competenti. Esse sono pertanto impossibilitate a portare avanti le attività di servizio ed assistenza a tutto il comparto zootecnico con gravi ripercussioni per il settore dell'allevamento;
    in merito alle criticità di finanziamento da parte dello Stato in favore della associazioni regionali allevatori, è da ultimo intervenuto anche il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali pro tempore, il quale, il 4 ottobre 2012, in risposta ad una specifica interrogazione (n. 4-16337) vertente sul mancato finanziamento per gli anni 2011 e 2012 delle attività svolte dalle associazioni regionali allevatori, faceva sapere che l'amministrazione del dicastero agricolo, al fine di mantenere una struttura unitaria del sistema delle associazioni allevatori sul territorio nazionale (presupposto fondamentale di competitività della zootecnica italiana) aveva già avanzato una proposta di rimodulazione finanziaria delle disponibilità recate dai capitoli 7637 e 7638 del proprio bilancio di previsione, risorse finalizzate all'attuazione delle funzioni amministrative trasferite alle regioni, destinate però alle sole Regioni a Statuto speciale;
    tale proposta di rimodulazione (che avrebbe consentito di destinare la somma complessiva di euro 25 milioni alle attività di miglioramento genetico per tutte le Regioni), seppur approvata dal comitato tecnico permanente di coordinamento in materia di agricoltura nella seduta del 23 giugno 2011, non aveva ottenuto il parere favorevole del Ministero dell'economia e delle finanze, in quanto non compatibile con la normativa di bilancio. A fronte di tale parere lo «schema d'intesa» fu rimodulato, lasciando inalterata la dotazione finanziaria di ciascun capitolo, in modo da destinare alle attività di miglioramento genetico del bestiame tutti i fondi recati dal capitolo 7637 (pari a 9 milioni di euro) e parte dei fondi recati dal capitolo 7638 (nella misura di 16 milioni di euro) rientrando, tali attività, tra quelle trasferite alle Regioni ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2001;
    a seguito del parere favorevole del Ministero dell'economia e delle finanze, e acquisito un nuovo parere positivo dal comitato permanente agricoltura nella seduta del 21 luglio 2011, la suddetta proposta fu quindi trasmessa alla Conferenza Stato Regioni che si dichiarava favorevole e così le fu inoltrato il programma annuale dei controlli funzionali concernente i criteri e gli indirizzi unitari in conformità all'articolo 2 della legge n. 280 del 1999;
    il programma in questione, aveva previsto, per il 2011, la riorganizzazione del sistema degli allevatori, con l'attivazione di un sistema operativo regionale (cioè, basato su associazioni regionali di allevatori) a fronte delle associazioni provinciali. L'implementazione di tale sistema (che in alcune regioni è ancora in fase di realizzazione) avrebbe permesso una riduzione del costo dell'attività di un ulteriore 10 per cento rispetto all'anno precedente, con una spesa prevedibile di 69 milioni e un contributo massimo concedibile di 55,2 milioni. Il programma in oggetto, oltre ad indicare le «linee di indirizzo tecnico per la riorganizzazione dei sistemi dei controlli» (in modo da mantenere dei buoni livelli qualitativi del servizio e, al contempo, di perseguire ulteriori economie), proponeva la ripartizione fra le regioni della disponibilità finanziaria di 25 milioni considerati nella predetta intesa;
    riguardo l'attività per l'anno 2012, il Ministero in argomento avrebbe provveduto a predisporre una nuova proposta di programma in cui sono stati ridefiniti sia i parametri tecnici che economici utilizzando la metodologia e i criteri previsti dal «Manuale per il finanziamento dell'attività di tenuta dei libri genealogici e dei controlli funzionali delle Associazioni Provinciali Allevatori», denominato «Manuale del Forfait»;
    il predetto programma, esaminato e condiviso, con modifiche, dal Comitato monitoraggio di cui al decreto ministeriale 23485 del 13 novembre 2006 sarebbe stato trasmesso alle regioni e alle associazioni degli allevatori per acquisire eventuali osservazioni, prima di sottoporlo alla conferenza Stato regioni per la prevista intesa. Il documento avrebbe previsto, per province e per regione, la spesa ammessa e il relativo contributo nazionale per l'anno 2012 (pari, rispettivamente, ad euro 64.033.969 e ad euro 50.191.322,98) nonché gli indirizzi per l'elaborazione delle linee guida per la riorganizzazione del sistema della selezione animale;
    ad oggi purtroppo le situazioni di criticità in cui versano le predette ARA non sono mutate ed anzi esse hanno iniziato a licenziare i loro lavoratori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere le occorrenti iniziative volte a consentire l'immediato finanziamento di competenza pubblica in favore delle associazioni regionali allevatori ed in tale ambito, ove ancora non attuato, a provvedere al trasferimento delle risorse finanziarie, non solo per il 2012, ma anche per gli anni successivi, con priorità nei riguardi di quelle ARA che hanno in corso procedure di licenziamento dei propri lavoratori o che hanno accumulato ritardi prolungati di pagamento degli stipendi verso i loro dipendenti.
9/1865-A/274. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pastorelli, Mongiello, Di Gioia.


   La Camera,
   premesso che:
    la strada statale n. 340 «Regina», che percorre l'intera sponda occidentale del lago di Como, costituisce una importante arteria di collegamento internazionale con la Svizzera ed il nord Europa, oltre ad essere l'unica via di collegamento dei e tra i paesi del lago e via di accesso alla Valchiavenna ed alla Valtellina;
    la strada statale 340 è gravata anche da un intenso traffico turistico e commerciale che la conduce ormai regolarmente al collasso nel periodo estivo;
    la strada statale 340 è infatti, nel tratto della Tremezzina, ormai del tutto inadeguata sia sotto il profilo delle dimensioni, che per quanto riguarda il suo attraversamento dei centri storici degli abitati che per le sue condizioni strutturali in relazione anche alla situazione idrogeologica del sedime spondale su cui si appoggia;
    nel tratto della Tremezzina già in più occasioni cedimenti e franamenti ne hanno determinato la chiusura anche per lunghi periodi con la necessità di interventi di emergenza ed il blocco della circolazione sull'unica arteria di collegamento;
    in data 30 luglio 2007 tra il Ministero delle infrastrutture, ANAS, la Regione Lombardia, la Provincia e la Camera di Commercio di Como, è stata sottoscritta una convenzione recante impegni per la progettazione ed il successivo finanziamento della cosiddetta variante della Tremezzina della strada statale 340, tratto Colonno-Griante;
    in data 8 giugno 2012 ANAS spa ha approvato il progetto preliminare dell'intervento;
    in data 6 febbraio 2013 tra gli stessi enti è stato sottoscritto un atto aggiuntivo della Convenzione che definisce impegni, modalità e tempistica della progettazione definitiva dell'opera, da concludersi entro il marzo 2014, e impegni per il suo inserimento tra le opere di interesse statale prioritarie nella programmazione ANAS, e per il reperimento delle risorse necessarie alla sua realizzazione;
    in particolare, il Ministero delle infrastrutture si è impegnato ad attivare ogni azione utile per il reperimento delle risorse occorrenti per il finanziamento dell'intervento, anche in relazione alla programmazione pluriennale ANAS, e ad indire ed espletare la Conferenza di servizi sul progetto definitivo ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 1994;
    Regione Lombardia ha inserito la variante della Tremezzina tra le opere infrastrutturali prioritarie del piano Regionale di Sviluppo,

impegna il Governo

a dare seguito agli impegni assunti con gli atti convenzionali richiamati in premessa, anche attraverso la promozione, entro febbraio 2014, di una verifica congiunta con gli enti sottoscrittori finalizzata a concordare tempistica, modalità procedimentali e di reperimento delle risorse necessarie alla realizzazione dell'opera.
9/1865-A/275Guerra, Braga, Molteni.


   La Camera,
   premesso che:
    la strada statale n. 340 «Regina», che percorre l'intera sponda occidentale del lago di Como, costituisce una importante arteria di collegamento internazionale con la Svizzera ed il nord Europa, oltre ad essere l'unica via di collegamento dei e tra i paesi del lago e via di accesso alla Valchiavenna ed alla Valtellina;
    la strada statale 340 è gravata anche da un intenso traffico turistico e commerciale che la conduce ormai regolarmente al collasso nel periodo estivo;
    la strada statale 340 è infatti, nel tratto della Tremezzina, ormai del tutto inadeguata sia sotto il profilo delle dimensioni, che per quanto riguarda il suo attraversamento dei centri storici degli abitati che per le sue condizioni strutturali in relazione anche alla situazione idrogeologica del sedime spondale su cui si appoggia;
    nel tratto della Tremezzina già in più occasioni cedimenti e franamenti ne hanno determinato la chiusura anche per lunghi periodi con la necessità di interventi di emergenza ed il blocco della circolazione sull'unica arteria di collegamento;
    in data 30 luglio 2007 tra il Ministero delle infrastrutture, ANAS, la Regione Lombardia, la Provincia e la Camera di Commercio di Como, è stata sottoscritta una convenzione recante impegni per la progettazione ed il successivo finanziamento della cosiddetta variante della Tremezzina della strada statale 340, tratto Colonno-Griante;
    in data 8 giugno 2012 ANAS spa ha approvato il progetto preliminare dell'intervento;
    in data 6 febbraio 2013 tra gli stessi enti è stato sottoscritto un atto aggiuntivo della Convenzione che definisce impegni, modalità e tempistica della progettazione definitiva dell'opera, da concludersi entro il marzo 2014, e impegni per il suo inserimento tra le opere di interesse statale prioritarie nella programmazione ANAS, e per il reperimento delle risorse necessarie alla sua realizzazione;
    in particolare, il Ministero delle infrastrutture si è impegnato ad attivare ogni azione utile per il reperimento delle risorse occorrenti per il finanziamento dell'intervento, anche in relazione alla programmazione pluriennale ANAS, e ad indire ed espletare la Conferenza di servizi sul progetto definitivo ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 1994;
    Regione Lombardia ha inserito la variante della Tremezzina tra le opere infrastrutturali prioritarie del piano Regionale di Sviluppo,

impegna il Governo

a dare seguito agli impegni assunti con gli atti convenzionali richiamati in premessa, anche attraverso la promozione di una verifica congiunta con gli enti sottoscrittori finalizzata a concordare tempistica, modalità procedimentali e di reperimento delle risorse necessarie alla realizzazione dell'opera.
9/1865-A/275. (Testo modificato nel corso della seduta)  Guerra, Braga, Molteni.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 22, articolo 11 del decreto-legge n. 76 del 2013 (convertito con modificazioni in legge n. 99 del 2013) su occupazione e IVA dispone l'applicazione, a partire dal primo gennaio 2014, di un'imposta al 58,5 per cento sui prodotti succedanei dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo (cosiddette sigarette elettroniche, e-cig);
    l'imposta al consumo inciderà profondamente sui livelli occupazionali di aziende che avevano strutturato l'iniziativa imprenditoriale priva di nuove misure normative e fiscali a così alta incidenza;
    la vendita delle sigarette elettroniche ha costituito un mercato con cifre da record nel 2012, visto che tra negozi e produzione ha creato 4000 posti di lavoro con un'età media degli addetti di 30 anni e un fatturato pari a 350 milioni di euro. La normativa attuale sulle e-cig rischia quindi di stroncare questo settore;
    al provvedimento in esame è stato presentato in sede referente l'emendamento 1.1480 Prodani e altri, che riscrive la normativa prevista dal summenzionato comma 22, articolo 11, del decreto-legge n. 76 del 2013 sostituendo l'imposta al consumo con un'imposta di fabbricazione di 20 centesimi di euro per millilitro sui liquidi contenenti nicotina o altre sostanze da utilizzare con le e-cig;
    la proposta emendativa bocciata dalla commissione Bilancio prevedeva, tra l'altro, una nuova procedura autorizzativa, semplificata rispetto a quella in vigore che fa riferimento all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, basata sulla comunicazione preventiva allo Sportello unico per le attività produttive (SUAP),

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative urgenti a tutela degli investimenti delle imprese dei settore e del personale dipendente occupato, sostituendo l'attuale imposta di consumo con un'imposta di fabbricazione sui liquidi somministrati mediante vaporizzazione, rivedendo nel complesso la normativa vigente e disponendo la contestuale sospensione del decreto attuativo già emanato.
9/1865-A/276Prodani.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scorso anno, in seguito alla messa a regime della riforma prevista dal DM 1o agosto 2005, realizzata ad invarianza di fondi, si è verificata una riduzione di cinquecento unità delle borse di studio (contratti) relative alle Specializzazioni Mediche e alle Borse di studio per i Corsisti di Medicina Generale;
    la somma attualmente stanziata, sul capitolo di competenza, per le borse di studio relative al prossimo anno, pari a 562.101.876 euro, non appare sufficiente a consentire il previsto numero di cinquemila contratti di formazione ministeriali;
    ad oggi si stima, infatti, il capitolo di spesa attuale possa finanziare per il prossimo anno solamente 2.500 nuovi contratti di formazione specialistica, a fronte di ingressi annui pari a circa diecimila studenti di medicina per anno, e con una incidenza di abilitazioni e iscrizioni all'albo di neolaureati comprese in media tra le seimila e le settemilacinquecento unità;
    tale situazione andrebbe ad indebolire ancora una volta il nostro Servizio sanitario nazionale, che si basa in grandissima parte sul lavoro degli specializzandi, che tengono in piedi con il loro lavoro moltissime strutture ospedaliere;
    inoltre, a causa di un uso scorretto della macchina pubblica e dei tanti sprechi che si verificano nel settore sanitario pubblico, si corre il rischio per una questione di mancanza di soldi, di avere tra circa un decennio una situazione paradossale di assenza di giovani professionisti, come dimostrano i continui appelli ad un futuro calo dei medici che il relativo ordine professionale sta diramando,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre un finanziamento aggiuntivo in favore del citato capitolo di spesa, al fine di consentire l'accesso al percorso di specializzazione al previsto numero di studenti.
9/1865-A/277Maietta.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità 2014, contiene una serie di disposizioni eterogenee, ed in netto contrasto con la disciplina vigente, che attraverso l'articolo 11 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nel disciplinare i limiti di contenuto della legge di stabilità, oltre a precludere l'introduzione in tale legge di norme di delega, fa divieto di inserire disposizioni di carattere localistico o micro settoriale;
    nel corso dell'esame in sede referente sono state tuttavia previste una serie di disposizioni di carattere ordinamentale o organizzatorio finalizzate al rilancio dell'economia territoriale di numerose aree del Paese, nonché a fronteggiare situazioni di crisi anche derivanti da eventi atmosferici calamitosi o situazioni di dissesto idrogeologico;
    l'emergenza idrica nel territorio delle isole Eolie è stata contrastata, ma tuttavia non superata definitivamente, attraverso interventi di carattere emergenziale, attraverso l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3738 del 5 febbraio 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 2009 e successive modificazioni;
    una proroga per il 2014, secondo quanto disposto dall'Opcm del 5 febbraio 2009, limitatamente alle previsioni volte ad assicurare la risoluzione dell'emergenza idrica nel territorio delle isole Eolie, risulta indispensabile, per ripristinare le normali condizioni idriche a favore della popolazione eolica,

impegna il Governo

a prorogare, per l'anno 2014, l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto-legge 14 gennaio 2013, n. 1, convertito con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013, n. 11, limitatamente alle previsioni di cui all'articolo 17 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3738 del 5 febbraio 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 2009 e successive modificazioni.
9/1865-A/278Prestigiacomo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità 2014, contiene una serie di disposizioni eterogenee, ed in netto contrasto con la disciplina vigente, che attraverso l'articolo 11 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nel disciplinare i limiti di contenuto della legge di stabilità, oltre a precludere l'introduzione in tale legge di norme di delega, fa divieto di inserire disposizioni di carattere localistico o micro settoriale;
    nel corso dell'esame in sede referente sono state tuttavia previste una serie di disposizioni di carattere ordinamentale o organizzatorio finalizzate al rilancio dell'economia territoriale di numerose aree del Paese, nonché a fronteggiare situazioni di crisi anche derivanti da eventi atmosferici calamitosi o situazioni di dissesto idrogeologico;
    l'emergenza idrica nel territorio delle isole Eolie è stata contrastata, ma tuttavia non superata definitivamente, attraverso interventi di carattere emergenziale, attraverso l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3738 del 5 febbraio 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 2009 e successive modificazioni;
    una proroga per il 2014, secondo quanto disposto dall'Opcm del 5 febbraio 2009, limitatamente alle previsioni volte ad assicurare la risoluzione dell'emergenza idrica nel territorio delle isole Eolie, risulta indispensabile, per ripristinare le normali condizioni idriche a favore della popolazione eolica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare, per l'anno 2014, l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto-legge 14 gennaio 2013, n. 1, convertito con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013, n. 11, limitatamente alle previsioni di cui all'articolo 17 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3738 del 5 febbraio 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 2009 e successive modificazioni.
9/1865-A/278. (Testo modificato nel corso della seduta)  Prestigiacomo.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità prevede passi importanti e significativi segnali d'attenzione per l'agricoltura, sia per quanto riguarda l'estensione al settore dei benefici del Fondo di sviluppo e coesione e di quello per la calamità, sia per quanto concerne gli sforzi compiuti nella direzione di una politica agricola nazionale, capace di ridare centralità al settore agricolo;
    il settore agroalimentare Made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
    il settore agricolo ha una notevole importanza sia per l'economia nazionale sia in quanto custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale e il Made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto», dati i suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
    gli allevamenti italiani di suini presenti principalmente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è di circa 1.299.000 tonnellate l'anno;
     l'Italia è al settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione a circa 105 mila addetti;
    la stampa europea ha messo in evidenza come l'industria della carne suina tedesca è efficiente e basata su prodotti a basso costo, ma ciò è dovuto ad una mancanza di controlli che permette la presenza di operai sottopagati, inquinamento di falde acquifere e tecniche di allevamento che prediligono l'utilizzo di antibiotici;
    siamo in presenza di violazioni palesi della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e di condotte fraudolente e scorrette dirette allo scopo di far credere al consumatore che la provenienza dei prodotti è italiana; in particolare non viene rispettato il Regolamento CE n. 1169/2011 che prevede l'indicazione del paese d'origine obbligatoria per le carni dei codici della nomenclatura combinata (NC) tra le quali rientrano le carni suine,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi misure dirette al rispetto dell'obbligo imposto dal Regolamento suddetto per assicurare il regolare funzionamento del mercato e contrastare il fenomeno della contraffazione di indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza delle carni suine.
9/1865-A/279Riccardo Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 260 del provvedimento in esame interviene sul decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 – di attuazione della delega in tema di nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero (geografia giudiziaria) – aggiungendo il comma 4-bis all'articolo 8 di tale decreto legislativo con riguardo all'utilizzazione degli immobili di uffici soppressi;
    il nuovo comma 4-bis, nell'ottica di una graduale attuazione della riforma delle geografia giudiziaria, stabilisce che in via sperimentale, il Ministro della giustizia può disporre, nell'ambito di apposite convenzioni stipulate con le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, che – per l'esercizio di funzioni giudiziarie nelle relative sedi – vengano utilizzati, per il tempo necessario, gli immobili adibiti a servizio degli uffici giudiziari periferici e delle sezioni distaccate soppressi. Le spese di gestione e manutenzione degli immobili e di retribuzione del personale di servizio oggetto delle convenzioni sono integralmente a carico del bilancio regionale;
    non si interviene invece sul decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, di attuazione della delega in tema di nuova organizzazione e soppressione di numerosi uffici del Giudice di Pace, distribuiti sul territorio dello Stato, non prevedendo neanche una possibilità di convenzione come nel caso precedentemente evidenziato;
    le disposizioni dei decreti sopra citati, che incidono sulla distribuzione territoriale dei Tribunali e degli uffici del Giudice di Pace, non rispondono in molti casi a perseguire l'obiettivo di efficienza del sistema giudiziario;
    a titolo di esempio, nell'intento di ridefinire l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri «oggettivi e omogenei» in molti casi, invece, si è adottato un criterio opposto, procedendo a sopprimere sedi di Tribunali e GdP molto più grandi, sotto ogni parametro, di decine di altre che invece sono state mantenute;
    alcune Regioni sono state particolarmente penalizzate, altre, invece, particolarmente salvaguardate. In alcuni casi il criterio enunciato è stato quello degli abitanti, in altri quello della superficie, in altri ancora quello del numero dei procedimenti, o quello del numero dei magistrati;
    a distanza di oltre due mesi dalla chiusura degli uffici la situazione, in generale, rimane caotica, disorganizzata e con notevoli dispendi di denaro pubblico senza dimenticare i maggiori costi di tempo e di viaggio per raggiungere le poche sedi dislocate sul territorio a seguito del citato accorpamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, sin dai prossimi interventi in materia, di adottare iniziative ispirate a principi di efficienza ed economicità prevedendo in via sperimentale, come per il citato comma 260, la possibilità per il Ministro della giustizia di disporre di apposite convenzioni stipulate con gli enti locali interessati, anche consorziati tra loro, per il mantenimento delle funzioni giudiziarie nelle relative sedi degli immobili adibiti ad uffici del giudice di pace soppressi, con competenza sui rispettivi territori, e comunque di prevedere la possibilità per gli enti locali interessati, quando sussistono specifiche ragioni organizzative o funzionali, in deroga ai termini stabiliti dall'articolo 3 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, di richiedere al Ministro della giustizia il mantenimento degli uffici del giudice di pace soppressi, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio di giustizia nelle relative sedi.
9/1865-A/280Chiarelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel mese di novembre il territorio marchigiano è stato interessato da un'ondata di maltempo eccezionale;
    la Protezione Civile ha svolto un lavoro istruttorio serio e accurato, insieme alla Regione e alle amministrazioni locali, per fronteggiare la prima emergenza,

impegna il Governo

a valutare, nel rispetto dei vincoli previsti dalla disciplina di bilancio, di rendere disponibili al più presto i fondi per fronteggiare la prima emergenza, che dovrebbero corrispondere ad oltre sedici milioni di euro, e reperire le ulteriori risorse necessarie, ai sensi della legge n. 119 del 2013, al fine di sostenere i soggetti privati che hanno subito gravi danni a seguito degli eventi di maltempo sopracitati.
9/1865-A/281Baldelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità 2014, nell'ambito della dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) relativamente al ciclo di programmazione 2014-2020, dispone l'iscrizione in bilancio delle risorse nella misura dell'80 per cento subordinando l'utilizzo della restante quota ad una verifica di metà periodo (da effettuare precedentemente alla predisposizione della legge di stabilità per il 2019, quindi nella primavera-estate 2018) dell'effettivo impiego delle prime risorse assegnate;
    tali risorse sono destinate a sostenere esclusivamente interventi per lo sviluppo, anche di natura ambientale, secondo la chiave di riparto dell'80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento nelle aree del Centro-Nord;
    si tratta di una nuova chiave di riparto che modifica la ripartizione dei fondi, rispetto a quella finora adottata nei precedenti cicli di programmazione, che era inizialmente determinata nelle quote dell'85 per cento alle aree del Mezzogiorno e del 15 per cento alle aree del Centro-Nord;
    la formulazione della disposizione sembra tuttavia essere scarsamente appropriata all'utilizzo esclusivo delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione per finalità di investimento, nei riguardi delle aree del Mezzogiorno, ad alta densità di disagio socio-economico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riconsiderare la ripartizione delle quote esposte in premessa sostituendo le parole «80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e 20 per cento nelle aree del Centro-Nord» previste all'interno del provvedimento con le seguenti: di cui al comma 3 dell'articolo 18 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.
9/1865-A/282Galati.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità 2014, prevede una serie di disposizioni in materia di politiche per la coesione, che apprestano le risorse necessarie per il finanziamento degli interventi del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 e stabiliscono le procedure per l'utilizzo delle quote di cofinanziamento nazionale dei programmi europei di coesione;
    l'Unione europea, a tal fine ha stanziato circa 107 miliardi di euro per le politiche di coesione nel settennato 2014-2020, la cui quantità finanziaria rappresenta una cifra considerevole, in grado di condizionare in maniera positiva e effettiva lo sviluppo di un Paese, se utilizzata nel migliori dei modi;
    i soggetti attuatori del programma, regioni, comuni, province che sono i responsabili dell'attuazione del programma medesimo, hanno recentemente manifestato sul programma in corso, 2007-2013, un grave problema, che ha implicato a livello europeo da un lato la possibilità di attribuire le risorse, concedendo anche un margine di tempo per utilizzare, dall'altro, un vincolo previsto dal Patto di stabilità interno, che non consente ai soggetti attuatori, in particolare le regioni di poter spendere le doti finanziarie ad essi attribuite;
    nel corso dell'interrogazione a risposta immediata, lo scorso 27 novembre, il Ministro per gli affari europei, ha assunto un impegno abbastanza generico da parte del Governo in riferimento alle iniziative da assumere, con riferimento a quanto in precedenza riportato;
    l'Europa ha peraltro anche aggravato le eventuali sanzioni qualora l'Italia dovesse superare di nuovo il 3 per cento rispetto al rapporto deficit/PIL, paventando addirittura la sospensione dei fondi europei previsti per il settennato prossimo;
    nettizzare l'utilizzo dei fondi strutturali, rispetto ai vincoli del patto di stabilità interno, onde consentire l'utilizzo delle risorse citate in premessa nei tempi previsti, fondamentali per l'economia nazionale, costituisce una iniziativa importante e condivisibile per migliorare i livelli di competitività del Paese nell'ambito del cofinanziamento nazionale degli interventi dei fondi strutturali dell'Unione europea,

impegna il Governo

ad intervenire in sede europea, al fine di consentire che le disposizioni in materia di politiche per la coesione, che attribuiscono le risorse necessarie per il finanziamento degli interventi del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, stabiliscano procedure di nettizzazione per l'utilizzo delle quote di cofinanziamento nazionale dei programmi europei di coesione nei riguardi dell'Italia.
9/1865-A/283Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 70 prevede alcuni interventi per far fronte allo stato di emergenza dichiarato nella regione Sardegna in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nel mese di novembre 2013, nonché interventi per la messa in sicurezza del territorio sintetizzati in un piano predisposto dal Presidente della Regione e dal Commissario straordinario per il dissesto idrogeologico, nominato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto-legge n. 195 del 2009, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge;
    per realizzare tale obiettivo è previsto l'utilizzo delle risorse, nel limite massimo di 27,6 milioni di euro, non impegnate alla data di entrata in vigore della presente legge, giacenti sulla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario per il dissesto e le risorse assegnate alla Regione Sardegna dalla delibera CIPE n. 8 del 20 gennaio 2012;
    si vorrebbe ampliare tale processo di ricostruzione e di messa in sicurezza e ripresa economica anche della regione Toscana che è stata interessata dagli eventi alluvionali nel novembre 2012 e nei mesi di novembre e dicembre 2013,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi misure a favore anche della Regione Toscana, per fronteggiare l'emergenza derivante dagli eventi calamitosi e per permettere la ricostruzione e la ripresa economica della suddetta Regione.
9/1865-A/284Parisi, Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 361 interviene sul patto di stabilità interno degli enti locali prevedendo tra gli enti soggetti alle regole del patto di stabilità interno dal terzo anno successivo a quello della loro istituzione, gli enti locali istituiti a decorrere dall'anno 2011;
    il suddetto comma prevede inoltre che siano gli enti locali istituiti negli anni 2009 e 2010 che adottano come base di calcolo su cui applicare le regole del patto di stabilità, le risultanze medie del biennio 2010 e 2011 e le risultanze dell'anno 2011;
    in base alla legge n.183 per il 2011 nel caso di inadempienza del patto di stabilità interno l'ente locale inadempiente è assoggettato, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato;
    per regolare più specificatamente il caso in cui l'ente locale inadempiente abbia una popolazione superiore ai 15.000 abitanti e abbia comunque rispettato il patto di stabilità interno per il triennio precedente all'anno in corso,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere che, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno degli enti locali dell'anno 2013, all'ente locale inadempiente che abbia una popolazione superiore a 15.000 abitanti, ma che tuttavia abbia rispettato il patto di stabilità interno per il triennio 2010-2012, sia ridotto il fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura non superiore al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo.
9/1865-A/285Milanato.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità 2014, composto da un unico articolo, contiene disposizioni in materia di rapporti di lavoro e di prestazioni previdenziali nei confronti di un'ampia platea di soggetti professionali;
    nell'ambito delle norme di interpretazione autentica, sulla legittimità di deliberazioni in materia previdenziale, il provvedimento interviene nei riguardi di alcune disposizioni in differenti settori, al fine di precisare il meccanismo operativo, attraverso il quale la norma di interpretazione autentica viene ed esplicare i propri effetti;
    diverse interpretazioni da parte dell'istituto nazionale di previdenza sociale a livello nazionale, hanno determinato un contenzioso importante, dagli esiti incerti, nei confronti dei soci delle cooperative artigiane che instaurano, un rapporto di lavoro di tipo autonomo, ai fini della titolarità per l'iscrizione nella gestione artigiani INPS;
    ulteriori profili di criticità interpretative ai fini previdenziali e fiscali, (IRES) si rilevano nei confronti delle cooperative con qualifica artigiana, nell'ambito della gestione speciale, nonché dell'attribuzione dell'aliquota applicabile ai fini del calcolo dell'imposta sul reddito tra il dichiarato e l'inquadramento,

impegna il Governo:

   a prevedere anche in deroga a quanto previsto dal terzo comma dell'articolo 2 del regolamento di cui al regio decreto 28 agosto 1924, n. 1422, affinché i soci delle cooperative artigiane iscritte all'albo di cui all'articolo 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443, e successive modificazioni, che stabiliscono un rapporto di lavoro in forma autonoma ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142 e successive modificazioni, abbiano titolo all'iscrizione nella gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani in conformità alla legge 2 agosto 1990, n. 233;
   a stabilire che il trattamento economico complessivo per i relativi rapporti di lavoro stabiliti in forma autonoma, costituisca base imponibile per la contribuzione previdenziale nella relativa gestione, fermo restando il minimale contributivo, e che in ogni caso, ai fini dell'imposta sul reddito si applica l'articolo 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;
   a dichiarare l'estinzione d'ufficio, per gli eventuali procedimenti amministrativi e i giudizi di qualunque natura, ancora pendenti alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, relativi al contenzioso, attraverso la compensazione delle spese tra le parti e stabilire che i provvedimenti giudiziari non passati in giudicato restino privi di effetto.
9/1865-A/286Laffranco.


   La Camera,
   premesso che:
    il piano nazionale per la banda larga predisposto dal ministero dello sviluppo economico nell'ottobre 2011 ha prefigurato, per le aree del territorio italiano individuate nel digital divide, tre tipologie di interventi volti a ridurre quel gap che vede l'Italia all'ultimo posto in Europa per quanto riguarda la diffusione della banda larga ad alta velocità;
    oltre alla realizzazione di infrastrutture pubbliche, in particolare quelle in fibra ottica propedeutiche per la realizzazione della rete di nuova generazione e all'individuazione di progetti d'investimento presentati dagli operatori del settore per la diffusione della banda larga nei territori di digital divide, il piano prevede il sostegno agli utenti pubblici e privati per l'acquisto di apparecchiature in quelle aree, rurali e marginali, dove le condizioni geomorfologiche non consentono l'accesso a soluzioni adeguate attraverso le reti terrestri, o laddove gli interventi infrastrutturali risultino scarsamente sostenibili economicamente o non realizzabili. L'attivazione di questa ultima tipologia di interventi è comunque previsto essere subordinata al completamento delle precedenti;
    fra le tipologie di apparecchiature atte al superamento del digital divide in zone rurali o particolarmente impervie o dove i costi di infrastrutturazione risultino eccessivamente onerosi, l'utilizzo di Internet via satellite si è dimostrato utile soprattutto nelle zone non coperte dal servizio ADSL e in quelle aree che non consentono all'utente un servizio efficace e altrettanto affidabile;
    per poter utilizzare una connessione internet satellitare, l'utente ha la necessità di installare un particolare tipo di modem satellitare ed un'antenna parabolica, capace di acquisire il segnale richiesto da un satellite geostazionario. Il sistema satellitare, di facile installazione e rapida attivazione, consente un'ottima alternativa ai tradizionali sistemi di collegamento ad internet, consentendo di raggiungere più velocemente gli obiettivi previsti nel piano della banda larga, portando risultati migliori in termini di banda disponibile, minor impatto ambientale, riduzione di costi di infrastrutture di rete;
    permettere alle aziende, in particolare alle piccole e micro aziende ubicate in zone remote ed ancora in digital divide, di avere la stessa opportunità di accesso alla banda larga, elemento fondamentale per la crescita economica e l'internazionalizzazione dell'impresa, deve essere un obiettivo centrale dell'azione dell'esecutivo,

impegna il Governo

a prevedere in modo esplicito e a favorire, nell'ambito dei finanziamenti previsti per l'acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte delle piccole, medie e micro imprese la possibilità di accedere a finanziamenti e contributi per collegamenti ad internet mediante la tecnologia satellitare, anche anticipando l'attuazione dell'ultimo punto del piano nazionale per la banda larga.
9/1865-A/287Bergamini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità 2014, sebbene contenga una serie d'interventi per l'agricoltura, rivolti al sostegno dell'attività d'impresa, attraverso misure in favore dei giovani che vogliono intraprenderne l'attività, la riforma di alcune norme di carattere fiscale d'interesse del settore e l'attribuzione di specifici finanziamenti finalizzati al funzionamento delle strutture di supporto della politica agricola, tuttavia non contempla misure significative, nell'ambito del cuneo fiscale, contributivo e del regime di determinazione del reddito per le società agricole;
    interventi volti al contenimento del costo del lavoro agricolo, (cuneo fiscale) di sgravi contributivi, in grado di consentire di ridurre l'onere previdenziale a carico delle imprese agricole, nei confronti di un'amplia platea di lavoratori del comparto, unitamente a misure che autorizzano la definizione delle liti pendenti, che possano agevolare e concretizzare la riscossione degli importi dovuti, appaiono condivisibili in un'ottica volta alla regolarizzazione delle posizioni debitorie nei confronti dell'amministrazione dello Stato;
    una transazione definitiva in grado di addivenire ad una soluzione concordata e favorevole per entrambi i soggetti interessati, a cui affiancare interventi volti alla riduzione del cuneo fiscale e contributivo, determinerà effetti positivi per l'intero comparto agricolo, i cui livelli di pressione fiscale hanno raggiunto dimensioni insostenibili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi interventi legislativi misure in grado di consentire una sospensione degli aumenti delle aliquote fiscali e contributive nei riguardi delle imprese e dei lavoratori agricoli, e interventi volti a sospendere le controversie in corso, attraverso una definizione agevolata nei confronti del medesimo comparto.
9/1865-A/288Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'attenzione dell'assemblea è in più commi intervenuto a favore di associazioni e fondazioni coinvolte nel sociale;
    con la legge di stabilità del 2013 era stato erogato un finanziamento da 5 milioni di euro in favore della Fondazione Gerolamo Gaslini, ente di diritto pubblico impegnato nella cura, difesa e assistenza dell'infanzia, il cui scopo principale è il potenziamento dell'istituto Giannina Gaslini di Genova, considerata una struttura pediatrica d'eccellenza a livello nazionale, una realtà sanitaria fiore all'occhiello non solo della Liguria, ma di tutto il Paese e di cui la Fondazione finanzia le attività mediche, scientifiche e le necessità strutturali;
    era altresì previsto che tale importo non fosse uno stanziamento una tantum ma rimanesse costante nel tempo;
    gli amministratori regionali, in incontri informali, avevano avuto rassicurazioni dal Ministro competente relative alla riconferma del finanziamento per la struttura ligure;
    nel corso dell'esame in sede referente della legge di stabilità 2014, sono stati ripristinati 2 milioni di euro in favore dell'istituto Gaslini, che rappresentano tuttavia meno della metà delle risorse necessarie per garantire un adeguato funzionamento della struttura,

impegna il Governo

a prevedere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, misure volte a ripristinare il contributo alla meritoria struttura impegnata nella cura, difesa e assistenza dell'infanzia e della maternità.
9/1865-A/289Biasotti, Tullo, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    per le finalità legate alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell'Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare;
    il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette;
    l'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nel ribadire tali divieti, fa salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell'ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi;
    sempre l'articolo 6 comma 17 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, fa salve le attività di cui all'articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre, nei prossimi provvedimenti legislativi, misure atte a superare i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell'ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e le attività di cui all'articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse.
9/1865-A/290Fabrizio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni e integrazioni ha previsto per il biennio 2012-2013 che il sistema delle università statali, possa procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al venti per cento di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente;
    il decreto ministeriale 9 agosto 2013 n. 713, definisce i criteri e il conseguente contingente per l'applicazione di quanto previsto all'articolo 66, comma 13 bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni e integrazioni, in tema di assunzioni nelle Università Statali per l'anno 2013, stabilendo i valori di turn over,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di aumentare i valori del turn over assegnati ai singoli Atenei, previsti dal decreto ministeriale 9 agosto 2013 n. 713, nella misura della quota occorrente a coprire le prese di servizio nel ruolo di professore ordinario degli idonei alla I Fascia, ai sensi della legge 3 luglio 1998 n. 210 e successive modificazioni, attualmente in servizio negli Atenei medesimi nel ruolo di professore associato.
9/1865-A/291Palmizio.


   La Camera,
   premesso che:
    i locali ipogei della Basilica di Assisi accolgono spazi proficuamente utilizzabili per fluidificare il transito dei numerosi pellegrini che quotidianamente si recano a visitare le munificienze artistiche della zona annoverate fra i patrimoni artistico-culturali dell'umanità;
    tali strutture, pertanto, se adeguatamente adattate e rese conformi alle normative vigenti, possono svolgere un importante ruolo di interesse collettivo per la mobilità dell'intera area;
    il progetto esecutivo, già predisposto, è immediatamente cantierabile,

impegna il Governo

a destinare, nell'ambito delle risorse destinate agli investimenti in favore dei beni culturali e nel limite dei vincoli di bilancio, adeguate risorse al fine di dare avvio ai lavori di ristrutturazione dei locali ipogei sottostanti la Basilica di Assisi.
9/1865-A/292Polidori.


   La Camera,
   premesso che:
    i locali ipogei della Basilica di Assisi accolgono spazi proficuamente utilizzabili per fluidificare il transito dei numerosi pellegrini che quotidianamente si recano a visitare le munificienze artistiche della zona annoverate fra i patrimoni artistico-culturali dell'umanità;
    tali strutture, pertanto, se adeguatamente adattate e rese conformi alle normative vigenti, possono svolgere un importante ruolo di interesse collettivo per la mobilità dell'intera area;
    il progetto esecutivo, già predisposto, è immediatamente cantierabile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare, nell'ambito delle risorse destinate agli investimenti in favore dei beni culturali e nel limite dei vincoli di bilancio, adeguate risorse al fine di dare avvio ai lavori di ristrutturazione dei locali ipogei sottostanti la Basilica di Assisi.
9/1865-A/292. (Testo modificato nel corso della seduta)  Polidori.


   La Camera,
   premesso che:
    i Collegi Universitari di Merito legalmente riconosciuti sono istituzioni di natura giuridica privata, che esercitano funzioni di interesse pubblico;
    la storia dei Collegi, dal punto di vista legislativo, parte con il Regio Decreto 31 agosto 1933 n. 1592 (Testo unico dell'istruzione superiore) che stabiliva all'articolo 191 che «le Opere e le fondazioni che hanno per fine l'incremento degli studi superiori e l'assistenza nelle sue varie forme agli studi nelle Università e negli Istituti di Istruzione Superiore, sono sottoposte alla vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione». Tale norma costituiva il fondamento giuridico del riconoscimento dell'esistenza di alcune istituzioni, anche private, che, per statuto, si proponevano il fine di ampliare l'accesso agli studi superiori e di assistere gli studenti nel corso degli studi universitari;
    il recente Decreto di Riforma dell'Università (Legge 240/2010) all'articolo 5 prevede l'obiettivo della valorizzazione dei Collegi di Merito, attraverso la definizione di una apposita disciplina, punto di arrivo di un percorso volto a definire sempre meglio il ruolo istituzionale e profilo giuridico-amministrativo riconoscendo nei Collegi uno strumento per migliorare la qualità del sistema universitario ed incentivare il merito;
    i Collegi di merito si propongono come opportunità di eccellenza per studenti motivati che nel proprio percorso universitario desiderino approfondire la propria formazione personale, valorizzare le loro aspirazioni e i loro talenti, vivere un'esperienza comunitaria in un contesto vivace di cultura e convivenza, in una dimensione internazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le risorse di bilancio, il finanziamento di interventi in favore dei Collegi universitari di merito legalmente riconosciuti di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68.
9/1865-A/293Palmieri.


   La Camera,
   premesso che:
    gli Istituti Italiani di cultura promuovono e diffondono la cultura e la lingua italiana all'estero, negli Stati con cui l'Italia intrattiene relazioni diplomatiche;
    le istituzioni scolastiche italiane e i corsi di lingua e di cultura italiane all'estero sono ad oggi regolamentati dalla legge 3 marzo 1971, n. 153, e dalla parte V del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. La presenza di istituzioni scolastiche e di iniziative di formazione al di fuori del territorio metropolitano nacque storicamente con l'intento di fornire risposte alle esigenze dei figli dei nostri emigranti per consentire loro di non perdere le loro radici culturali e di reinserirsi nella società italiana in caso di rientro in Italia. Rispetto al momento storico di nascita del quadro normativo, la situazione è radicalmente mutata per il significativo attenuarsi del fenomeno dell'emigrazione e per il progressivo trasformarsi delle caratteristiche sociali e culturali degli italiani all'estero, oggi connotate da una presenza intellettualmente e professionalmente qualificata, alle cui esigenze formative le iniziative scolastico-culturali non sono più in grado di rispondere. Accanto a ciò è cresciuta la domanda di conoscenza della lingua e della cultura italiane nei Paesi esteri, domanda che non risulta soddisfatta da un'offerta qualificata e strutturata;
    la necessità di procedere ad una ristrutturazione dell'intero settore è legata anche alla considerazione che le nostre istituzioni scolastiche all'estero e i corsi di lingua e di cultura italiane costituiscono una parte importante del nostro «sistema Paese», nonché della promozione e della penetrazione della nostra immagine in termini culturali, ma anche economici;
    il quadro della presenza italiana all'estero nel settore scolastico, formativo e culturale va pertanto ripensato sia in termini organizzativi che contenutistici in modo sistematico e armonico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, per gli insegnamenti di materie obbligatorie previste nell'ordinamento scolastico italiano, individuate con provvedimenti adottati di concerto tra il Ministro degli affari esteri e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'assegnazione con contratto regolato dalla legislazione locale al personale italiano o straniero, avente una conoscenza della lingua italiana adeguata ai compiti lavorativi e residente nel paese ospitante da almeno un anno, in possesso dei requisiti previsti dalla normativa italiana e, con lo stesso provvedimento, stabilire i criteri e le procedure di assunzione di detto personale.
9/1865-A/294Picchi.


   La Camera,
   premesso che:
    le pari opportunità tra uomo e donna fanno parte dei principi fondamentali di ogni democrazia moderna;
    negli ultimi anni, grazie al contributo del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono stati attivati numerosi percorsi formativi che hanno permesso la diffusione della cultura di genere nelle istituzioni culturali, sociali e politiche;
    grazie a questi percorsi, si è affermata sempre di più una maggiore consapevolezza del mondo femminile che ha portato a qualificare e aumentare la presenza e la partecipazione delle donne nella vita attiva;
    la diffusione della cultura di genere e delle pari opportunità rischia, senza adeguato seguito, a rimanere lettera morta e mera enunciazione di principio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le risorse di bilancio, il rifinanziamento del «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità» per la diffusione della cultura di genere e delle pari opportunità (articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248).
9/1865-A/295Carfagna.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia la prima biblioteca per i ciechi sorse a Firenze alla fine del secolo XIX, per iniziativa della regina Margherita di Savoia, ma non riuscì a svilupparsi. Fu l'Unione Italiana dei Ciechi a fondare nel 1928, a Genova, la Biblioteca Nazionale per i Ciechi «Regina Margherita», che da allora è sempre stata la principale biblioteca al servizio dei ciechi in Italia;
    qualche anno dopo la Biblioteca fu trasferita a Milano, dove rimase fino al 1943, quando, per sottrarla ai pericoli della guerra, fu portata a Monza, in alcuni locali della Villa Reale, la prestigiosa residenza estiva di Casa Savoia. Doveva rimanervi pochi mesi, ma la sede di Milano fu distrutta dalle bombe e così la sistemazione provvisoria divenne definitiva;
    il patrimonio librario della Biblioteca fu pazientemente creato con molta gradualità e pazienza, poiché i libri per i ciechi, realizzati con il sistema Braille, devono essere copiati dagli originali, per poter essere utilizzati dai lettori non vedenti;
    per la realizzazione del proprio patrimonio librario, la Biblioteca ricorse, per la trascrizione in Braille, a copisti che utilizzavano la tradizionale tavoletta per la scrittura a mano. In seguito, furono impiegate speciali macchine dattilografiche, che resero più confortevole e rapida la trascrizione. Questo lavoro di copisteria era assai lento e non consentiva la trascrizione di più copie di un'unica opera. Pertanto, la Biblioteca dovette dotarsi di una stamperia vera e propria, dotata di innovativi strumenti tipografici;
    con l'introduzione delle macchine punzonatrici e delle presse per la stampa potè essere realizzata la produzione a grande tiratura di libri e periodici in scrittura Braille. La Biblioteca di Monza divenne così il principale centro di produzione di pubblicazioni Braille in Italia. Nel 1985 la Biblioteca si dotò della prima punzonatrice elettronica e di una potente pressa automatica in grado di stampare ad altissima velocità;
    la Biblioteca è oggi, non solo patrimonio artistico del Paese, ma centro d'eccellenza nella solidarietà sociale, perseguendo lo scopo di agevolare l'istruzione dei minorati della vista e di elevarne il livello culturale, tecnico e professionale, attuando le finalità della Legge 20 gennaio 1994, n. 53. In particolare, i servizi svolti dalla Biblioteca Italiana per Ciechi Regina Margherita sono molteplici, spaziando da quelli più tradizionali a quelli che i recenti sviluppi della tecnologia hanno reso possibile, tutte rivolte a stimolare la curiosità e l'interesse dei lettori soddisfandone le loro esigenze,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, compatibilmente con le risorse di bilancio, l'implementazione del contributo alla Biblioteca italiana per i ciechi «Regina Margherita» di Monza, di cui alla legge 18 maggio 2011, n. 76.
9/1865-A/296Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità 2014, prevede una serie di norme eterogenee, ed intervengono anche in ambito sanitario;
    la Conferenza delle regioni e delle province autonome riunitasi recentemente, sulla proposta di riparto destinate al finanziamento del servizio sanitario nazionale, nel ribadire l'attuazione in via sperimentale, dei costi standard, ha concordato un accordo politico nei termini allegati alla tabella A;
    la Conferenza medesima ha evidenziato la necessità di rivedere e riqualificare i criteri di cui all'articolo 27 del decreto legislativo 68/2011, sulla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali, tenendo conto del trend, di miglioramento per il raggiungimento degli standard di qualità e attraverso nuove modalità di pesature, da definire entro il primo trimestre del 2014, secondo i criteri già indicati dall'articolo 1 comma 34 della legge 662/96;
    l'utilizzo delle risorse accantonate nei riparti per gli anni 2012, e 2013, relativi ai meccanismi premiali tenendo anche conto dei criteri di riequilibrio del riparto,

impegna al Governo

a valutare l'opportunità di disporre quanto esposto in premessa.
9/1865-A/297Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 339 prevede mediante intese tra lo Stato, la regione Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e di Bolzano, da concludere entro il 30 giugno 2014, che siano definiti gli ambiti per il trasferimento o la delega delle funzioni statali e dei relativi oneri finanziari riferiti, in particolare, ai servizi ferroviari di interesse locale per la Valle d'Aosta, alle Agenzie fiscali dello Stato e alle funzioni amministrative, organizzative e di supporto riguardanti la giustizia civile, penale e minorile, con esclusione di quelle relative al personale di magistratura, nonché al Parco nazionale dello Stelvio;
    con questa previsione – con legge ordinaria, si modifica inaccettabilmente il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, vale a dire lo Statuto d'Autonomia del Trentino Alto Adige, che ha rango costituzionale e dunque modificabile solo con la procedura rafforzata prevista dall'articolo 138 della Costituzione;
    le regioni Veneto e Lombardia sono insorte in quanto la previsione dell'autonomia fiscale attribuita in via esclusiva alle province autonome di Bolzano, lede il principio di concorrenza delle regioni confinanti che sono le stesse che contribuiscono in forma consistente al PIL nazionale;
    che con i citati trasferimenti alle province autonome si accompagneranno ulteriori ingenti trasferimenti economici utili a coprire la seconda rata dell'IMU;
    recentemente il Ministro per gli affari regionali ha nominato a schiacciante maggioranza filo governativa le commissioni paritetiche previste dallo Statuto d'Autonomia del Trentino Alto Adige che dovrebbero attuare le previsioni previste dal comma 339,

impegna il Governo

ad eliminare dal testo della legge di stabilità il sopra citato comma nel passaggio al Senato in quanto palesemente incostituzionale e lesivo del principio di concorrenza citato dalle regioni confinanti.
9/1865-A/298Biancofiore.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 128 autorizza interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi, anche predisponendo appositi fondi, nel rispetto dei vincoli previsti dalla disciplina di bilancio, per interventi di abbattimento di barriere architettoniche, al fine di rendere fruibili in piena autonomia i dispositivi degli sportelli bancomat degli uffici postali e degli istituti bancari.
9/1865-A/299Bianconi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di discussione del disegno di legge di stabilità 2014 A.C. 1865;
    premesso che la legge 2/2009 (articolo 19-ter) ha consentito fino al 2011 ai titolari e collaboratori di piccole imprese di vendita al dettaglio, bar e ristoranti di rinunciare alla licenza commerciale in cambio di un indennizzo (trattamento minimo di pensione) fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia;
    la legge 122/2010 ha introdotto le finestre mobili con il prolungamento dell'indennizzo a 18 mesi dal compimento dell'età di 60 anni per le donne e 65 per gli uomini per offrire un sostegno economico fino alla maturazione dei requisiti anagrafici per ottenere la pensione di vecchiaia. Successivamente è intervenuta la cosiddetta Riforma Fornero, introdotta dall'articolo 26 del decreto-legge 201/2011, che ha innalzato ulteriormente i requisiti anagrafici ai fini pensionistici creando i cosiddetti «esodati del commercio»,

impegna il Governo

ad intervenire con una deroga ai requisiti introdotti dalla legge Fornero (articolo 26 comma 6 del decreto-legge 201/2011) o attraverso il prolungamento dell'indennizzo introdotto dalla legge 122/2010 provvedendo così a risolvere definitivamente la questione dei lavoratori cosiddetti «esodati del commercio» rimasti senza reddito.
9/1865-A/300Sbrollini.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di discussione del disegno di legge di stabilità 2014 A.C. 1865;
    premesso che la legge 2/2009 (articolo 19-ter) ha consentito fino al 2011 ai titolari e collaboratori di piccole imprese di vendita al dettaglio, bar e ristoranti di rinunciare alla licenza commerciale in cambio di un indennizzo (trattamento minimo di pensione) fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia;
    la legge 122/2010 ha introdotto le finestre mobili con il prolungamento dell'indennizzo a 18 mesi dal compimento dell'età di 60 anni per le donne e 65 per gli uomini per offrire un sostegno economico fino alla maturazione dei requisiti anagrafici per ottenere la pensione di vecchiaia. Successivamente è intervenuta la cosiddetta Riforma Fornero, introdotta dall'articolo 26 del decreto-legge 201/2011, che ha innalzato ulteriormente i requisiti anagrafici ai fini pensionistici creando i cosiddetti «esodati del commercio»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire con una deroga ai requisiti introdotti dalla legge Fornero (articolo 26 comma 6 del decreto-legge 201/2011) o attraverso il prolungamento dell'indennizzo introdotto dalla legge 122/2010 provvedendo così a risolvere definitivamente la questione dei lavoratori cosiddetti «esodati del commercio» rimasti senza reddito.
9/1865-A/300. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sbrollini.