Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 21 novembre 2013

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 21 novembre 2013.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Berretta, Mariastella Bianchi, Bindi, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carbone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, De Rosa, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gebhard, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Leva, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Antonio Martino, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Moretto, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Rigoni, Sani, Santelli, Santerini, Schullian, Sereni, Speranza, Tabacci, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Berretta, Mariastella Bianchi, Bindi, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carbone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, De Rosa, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gebhard, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Leva, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Antonio Martino, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Moretto, Orlando, Pannarale, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Rigoni, Sani, Santelli, Schullian, Sereni, Speranza, Tabacci, Villarosa, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 20 novembre 2013 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
  GRIMOLDI: «Aumento del contributo dello Stato in favore della Biblioteca italiana per ciechi “Regina Margherita” di Monza» (1827);
  PILI: «Misure urgenti per la ricostruzione delle aree della regione Sardegna colpite dall'alluvione del 18 novembre 2013» (1828);
  DAGA ed altri: «Modifica all'articolo 3 del libro primo del testo unico di cui al regio decreto 2 gennaio 1913, n. 453, concernente la nomina dei parlamentari membri della Commissione per la vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti» (1829).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

  La proposta di legge SEGONI ed altri: «Agevolazioni fiscali per la realizzazione di interventi volti alla riduzione del rischio idrogeologico e sismico» (1578) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Alberti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  CATANOSO GENOESE: «Modifiche all'articolo 70 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e al decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, in materia di applicazione dell'istituto della mobilità tra le pubbliche amministrazioni relativamente ai ruoli tecnici, amministrativo-contabili e tecnico-informatici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco» (1289) Parere delle Commissioni V e XI;
  CATANOSO GENOESE: «Estensione dell'applicazione del procedimento negoziale del personale direttivo e dirigente del Corpo nazionale dei vigili del fuoco al personale appartenente ai profili amministrativo-contabili e tecnico-informatici del medesimo Corpo e delega al Governo per il riordino dei relativi ruoli e carriere» (1290) Parere delle Commissioni V e XI;
  TONINELLI ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione del Senato della Repubblica» (1657) Parere della V Commissione.

  II Commissione (Giustizia):
  BOCCUZZI ed altri: «Istituzione della Procura nazionale della Repubblica per la sicurezza sul lavoro» (546) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VIII Commissione (Ambiente):
  FAMIGLIETTI ed altri: «Norme per la realizzazione di una rete della mobilità dolce nonché per la tutela e la valorizzazione del patrimonio stradale e ferroviario in abbandono» (1640) Parere delle Commissioni I, V, VII, IX (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XII Commissione (Affari sociali):
  D'INCECCO ed altri: «Disposizioni in materia di donazione e conservazione del sangue da cordone ombelicale» (1252) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  MURER ed altri: «Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario» (1432) Parere delle Commissioni I e II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento).

Trasmissione dal Ministero degli affari esteri.

  Il Ministero degli affari esteri ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 1o luglio, 29 agosto, 10 e 19 settembre, 1o, 4, 15, 16 e 25 ottobre e 8 e 12 novembre 2013, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Tali decreti sono trasmessi alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministero dell'economia e delle finanze.

  Il Ministero dell'economia e delle finanze ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 25 ottobre 2013, ai sensi dell'artico1o 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, con lettera in data 13 novembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76, la relazione concernente le decisioni assunte ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione in merito alle leggi delle regioni a statuto ordinario che approvano il rendiconto generale della regione, aggiornata al 30 settembre 2013 (Doc. LXXXVI, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera in data 20 novembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, le relazioni sui programmi di protezione, sulla loro efficacia e sulle modalità generali di applicazione per coloro che collaborano con la giustizia, riferite rispettivamente al secondo semestre 2012 (Doc. XCI, n. 2) e al primo semestre 2013 (Doc. XCI, n. 3).

  Queste relazioni sono trasmesse alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione di delibere dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 20 novembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni:
   n. 50/2013 del 2 agosto 2013, concernente «Regione Abruzzo – Ricostruzione post-sisma dell'aprile 2009 – Ripartizione delle risorse di cui all'articolo 7-bis del decreto-legge n. 43 del 2013» – alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente);
   n. 64/2013 dell'8 agosto 2013, concernente «Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC): riprogrammazione di risorse assegnate con la delibera n. 62 del 2011 – Regione Calabria. Copertura delle esigenze della Società ferrovie della Calabria Srl (articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 83 del 2012 convertito nella legge n. 134 del 2012)» – alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 20 novembre 2013, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti – Un mercato unico per la crescita e l'occupazione: analisi dei progressi compiuti e degli ostacoli ancora esistenti negli Stati membri – Contributo all'analisi annuale della crescita 2014 (COM(2013) 785 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla valutazione intermedia del programma europeo di monitoraggio della terra (GMES) e della sua fase iniziale di operatività (2011-2013) (COM(2013) 805 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Comunicazione della Commissione – Documenti programmatici di bilancio 2014 della zona euro: valutazione generale della situazione di bilancio e prospettive (COM(2013) 900 final) e relativo allegato (COM(2013) 900 Annex 1), che sono assegnati in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Comunicazione della Commissione - Valutazione del seguito dato da Spagna, Francia, Malta, Paesi Bassi e Slovenia alle raccomandazioni del Consiglio del 21 giugno 2013 per porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo e dal Belgio in risposta alla decisione di intimazione del Consiglio del 21 giugno 2013 (COM(2013) 901 final) e relativo allegato (COM(2013) 901 Annex 1), che sono assegnati in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio intesa a far cessare la situazione di disavanzo pubblico eccessivo in Polonia (COM(2013) 906 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Raccomandazione di decisione del Consiglio che stabilisce che la Polonia non ha dato seguito effettivo alla raccomandazione del Consiglio del 21 giugno 2013 (COM(2013) 907 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Proposta di parere del Consiglio sul programma di partenariato economico dei Paesi Bassi (COM(2013) 910 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dalla regione autonoma della Sardegna.

  La presidenza della regione autonoma della Sardegna, con lettera in data 18 novembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 5, della legge regionale 7 ottobre 2005, n. 13, il decreto del presidente della regione di scioglimento del consiglio comunale di Serrenti.

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 18 giugno 2013, a pagina 4, seconda colonna, ventottesima riga, dopo la parola: «previdenziale)» si intende inserita la seguente: «, XII».

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 15 OTTOBRE 2013, N. 120, RECANTE MISURE URGENTI DI RIEQUILIBRIO DELLA FINANZA PUBBLICA NONCHÉ IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE (A.C. 1690-A)

A.C. 1690-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sull'articolo aggiuntivo 2.0500 della Commissione.

A.C. 1690-A – Proposte emendative

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE AGLI ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE

ART. 1.
(Disposizioni in materia di immigrazione).

  Al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Una quota del Fondo di cui al presente comma, pari a 70 milioni di euro per l'anno 2013, è destinata alla copertura delle maggiori spese derivanti dalle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 5, lettera 0a) del presente decreto.

  Conseguentemente all'articolo 2, comma 5, alla lettera a) premettere la seguente: 0a) al comma 1, le parole: «dall'anno 2013» sono sostituite dalle seguenti: «dall'anno 2014».
1. 17. Guidesi, Borghesi.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Le finalità di utilizzo delle disponibilità del Fondo di cui al presente comma sono definite con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti, trasmesso al Ministero dell'interno entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
1. 9. Guidesi, Borghesi.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2.1. Il fondo di cui al comma 2 è volto prioritariamente a fronteggiare, stante il forte afflusso di donne straniere sul territorio nazionale, le esigenze straordinarie delle donne in stato di gravidanza, sia che abbiano partorito in mare, sia all'arrivo in terra ferma o che siano in attesa di partorire, garantendo loro tutte le tutele del caso sia in termini medici che di alloggio e assistenza psicologica.
1. 120. Zaccagnini.

  Al comma 4, sopprimere la lettera c).
1. 1. Boccadutri, Marcon, Melilla, Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 4, lettera c), sostituire le parole da: riduzione della dotazione fino alla fine della lettera, con le seguenti: quota parte delle riduzioni delle spese di bilancio dello Stato di cui al successivo articolo 3, comma 1.

  Conseguentemente, all'articolo 3:
   sostituire il comma 1 con il seguente:

  1. Al fine di consentire il finanziamento di cui all'articolo 1, comma 4, lettera c) ed il rientro dallo scostamento dagli obiettivi di contenimento dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni entro il limite definito in sede europea, per l'anno 2013, le disponibilità di competenza e di cassa relative alle spese del bilancio dello Stato sono accantonate e rese indisponibili per ciascun Ministero secondo quanto indicato nell'allegata tabella B tali da assicurare complessivamente un miglioramento dell'indebitamento netto delle Pubbliche Amministrazioni di 640 milioni di euro per il medesimo anno.
   alla tabella B, voce Ministero dell'economia e delle finanze sostituire la cifra: 704,8 con la seguente: 754,8.
1. 2. Boccadutri, Marcon, Melilla, Daniele Farina, Sannicandro.

  Dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
  4.1. All'articolo 17, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A decorrere dall'anno 2013, nelle more dell'espressione della richiamata intesa sulla ripartizione delle disponibilità complessive destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato ad erogare, in favore dell'Istituto per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà, a titolo di acconto, una quota pari al 90 per cento del citato importo vincolato.».
1. 123. Lenzi, Roccella, Binetti, Amato, Argentin, Beni, Biondelli, Burtone, Capone, Carnevali, Casati, D'Incecco, Fossati, Gelli, Grassi, Iori, Miotto, Murer, Patriarca, Sbrollini, Scuvera.

  Dopo il comma 4-bis, aggiungere il seguente:
  4-ter. All'articolo 17, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A decorrere dall'anno 2013, qualora entro il 31 ottobre di ciascun anno non sia intervenuta l'intesa di cui al secondo periodo, il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato ad erogare, a titolo di acconto, in favore dell'Istituto per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà, il 90 per cento dell'importo destinato nell'anno di riferimento al predetto istituto ai sensi del presente comma.».
1. 500. La Commissione.
(Approvato)

ART. 2.
(Disposizioni in tema di finanza degli enti territoriali).

  Al comma 1, sostituire le parole: 120 milioni di euro, ripartito con le seguenti: 125 milioni di euro, di cui 5 milioni di euro ad incremento, per l'anno 2013, del contributo spettante ai comuni, ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e i restanti 120 milioni di euro ripartiti.

  Conseguentemente:
   al comma 3, sostituire le parole: 120 milioni di euro per l'anno 2013, si provvede, quanto a 30 milioni con le seguenti: 125 milioni di euro per l'anno 2013, si provvede, quanto a 35 milioni;
   al comma 4, sostituire le parole: euro 1.000.000 con le seguenti: euro 1.050.000.
2. 500. La Commissione.
(Approvato)

  Al comma 1, sostituire le parole: 120 milioni di euro con le seguenti: 150 milioni di euro, di cui 30 milioni di euro destinati ad incrementare, per l'anno 2013, il contributo spettante alle unioni di comuni, ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e per i restanti 120 milioni di euro.

  Conseguentemente:
   sostituire il comma 3, con il seguente:
  3. Alla copertura dell'onere derivante dal comma 1, pari a 150 milioni di euro per l'anno 2013, si provvede, quanto a 60 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 10, del decreto- legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, utilizzando la dotazione per l'anno 2013 della «Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali» e quanto a 90 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo l, comma 122, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, per la parte di contributo non attribuito alle Regioni Puglia e Molise;
   al comma 4, sostituire le parole: euro 1.000.000 con le seguenti: euro 2.000.000.
2. 31. Guerra, Marchi, Marchetti, Rughetti, Braga, Giuseppe Guerini, Lorenzo Guerini.

  Sopprimere il comma 2.

  Conseguentemente, sostituire il comma 3 con il seguente:
  3. Alla copertura dell'onere derivante dal comma 1, pari a 120 milioni di euro per il 2013, si provvede in quota parte a valere sulle disponibilità del Fondo di cui all'articolo 1, comma 2 del presente decreto.
2. 14. Guidesi, Borghesi.

Sopprimere il comma 2.
2. 100. Currò.

  Al comma 2, sopprimere la parola: non.
2. 8. Boccadutri, Marcon, Melilla, Pilozzi, Kronbichler.

  Al comma 2, sostituire le parole: non è considerato con le seguenti: e le relative spese non sono considerati.

  Conseguentemente, al medesimo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Alla copertura delle eventuali maggiori spese derivanti dal presente comma si provvede a valere sul Fondo di cui all'articolo 1, comma 2, del presente decreto.
2. 19. Guidesi, Borghesi.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Per i Comuni che hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all'articolo 243-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il contributo di cui al comma 1 è commisurato al gettito dell'imposta municipale conseguente all'applicazione delle aliquote deliberate per la realizzazione del suddetto piano di riequilibrio.
2. 140. Currò, Castelli, Brugnerotto, Cariello, Caso, D'Incà, Sorial.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Per i Comuni che hanno deliberato il dissesto finanziario ai sensi dell'articolo 246 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il contributo di cui al comma 1 è commisurato al gettito conseguente all'applicazione delle aliquote deliberate ai sensi dell'articolo 251, comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
2. 141. Castelli, Currò, Brugnerotto, Cariello, D'Incà, Sorial.

  Dopo il comma 4-quater, aggiungere il seguente:
  4-quinquies. La somma ricevuta da un ente territoriale a titolo di estinzione anticipata di un derivato, corrispondente al valore di mercato positivo che il derivato presenta al momento della sua estinzione anticipata, può essere destinata alla riduzione degli oneri finanziari o all'estinzione anticipata del debito dell'ente medesimo anche con riferimento a quello maturato a seguito delle anticipazioni di liquidità ricevute a valere sul Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64.
2. 501. La Commissione.
(Approvato)

  Sopprimere il comma 5.

  Conseguentemente, all'articolo 3, comma 1:
   sostituire le parole: 590 milioni con le seguenti: 1040 milioni;
   alla Tabella B:
    voce: Ministero dell'economia e finanze sostituire la cifra: 704,8 con la seguente: 904,8;
    voce: Ministero dello sviluppo economico sostituire la cifra: 23,0 con la seguente: 273,0.
2. 33. Castelli, Brugnerotto, Cariello, Caso, Currò, D'Incà, Sorial.

  Sopprimere il comma 5.

  Conseguentemente all'articolo 3, comma 1, sostituire le parole: 590 milioni con le seguenti: 1.040 milioni.
2. 13. Guidesi, Borghesi.

  Al comma 5, alla lettera a), premettere la seguente:
   0a) al comma 1, le parole: «dall'anno 2013» sono sostituite dalle seguenti: «dall'anno 2015».

  Conseguentemente, dopo il comma 5 aggiungere il seguente:
  5-bis. Ai maggiori oneri derivanti dal comma 5, lettera 0a), si provvede per l'anno 2013 a valere sulle disponibilità del Fondo di cui all'articolo 1, comma 2, del presente decreto per una quota pari a 70 milioni di euro e per l'anno 2014 tramite una riduzione lineare delle dotazioni di parte corrente, relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla Tabella C allegata alla legge di stabilità per l'anno 2013 per un importo pari a 500 milioni di euro.
2. 20.(versione corretta) Guidesi, Borghesi.

  Al comma 5, lettera a), sostituire il capoverso 2-ter con il seguente: 2-ter. Le disposizioni del comma 2-bis non si applicano ai comuni coinvolti dagli eventi di afflusso di stranieri nell'anno 2013.

  Conseguentemente:
   all'articolo 3, comma 1, sostituire le parole: 590 milioni con le seguenti: 595 milioni.
   alla Tabella B, voce: Ministero dell'interno sostituire la cifra: 32,4 con la seguente: 37,4.
2. 132.(versione corretta) Currò, Brugnerotto, Cariello, Castelli, Caso, D'Incà, Sorial.

  Al comma 5, lettera a), sostituire il capoverso 2-ter con il seguente: 2-ter. Le disposizioni del comma 2-bis non si applicano ai comuni coinvolti dagli eventi di afflusso di stranieri nell'anno 2013, da individuare con decreto del Ministro dell'interno previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

  Conseguentemente:
   all'articolo 3, comma 1, sostituire le parole: 590 milioni con le seguenti: 595 milioni.
   alla Tabella B, voce: Ministero dell'interno sostituire la cifra: 32,4 con la seguente: 37,4.
2. 132.(versione corretta – Testo modificato nel corso della seduta) Currò, Brugnerotto, Cariello, Castelli, Caso, D'Incà, Sorial.
(Approvato)

  Al comma 6, primo periodo, sostituire le parole: è consentita la riduzione delle con le seguenti: è fatto obbligo di ridurre pariteticamente le.

  Conseguentemente, al medesimo comma:
   medesimo periodo, sopprimere le parole da: ovvero la destinazione fino a: 6 giugno 2013, n. 64;
   secondo periodo:
    sostituire le parole: è consentita la riduzione delle con le seguenti: è fatto obbligo di ridurre pariteticamente le.
    sopprimere le parole da: ovvero la destinazione fino a: 6 giugno 2013, n. 64;
   al terzo periodo, sopprimere le parole: o destinazione a finalità extrasanitarie.
2. 16. Zanetti.

  Al comma 7, alla lettera a), premettere la seguente:
   0a) All'articolo 1, comma 7, le parole: «Per l'anno 2013» sono sostitute dalle seguenti: «Per gli anni 2013 e 2014».
*2. 131.(parte ammissibile) Boccadutri, Marcon, Melilla.

  Al comma 7, alla lettera a), premettere la seguente:
   0a) All'articolo 1, comma 7, le parole: «Per l'anno 2013» sono sostitute dalle seguenti: «Per gli anni 2013 e 2014».
*2. 144. Causi.

  Al comma 7, sopprimere le lettere a) e b).
2. 101. Castelli, Brugnerotto, Cariello, Caso, Currò, D'Incà, Sorial.

  Al comma 7, sopprimere la lettera b).
2. 12. Guidesi, Borghesi.

  Al comma 7, lettera c), capoverso, primo periodo, dopo le parole: all'immediata estinzione dei propri debiti aggiungere le seguenti: se compatibile con gli obiettivi del patto di stabilità interno.
2. 5. Boccadutri, Marcon, Melilla, Pilozzi, Kronbichler.

  Sopprimere il comma 8.
*2. 35. Castelli, Brugnerotto, Cariello, Caso, Currò, D'Incà, Sorial.

  Sopprimere il comma 8.
*2. 4. Melilla, Boccadutri, Marcon, Pilozzi, Kronbichler.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:

Art. 2-bis.

  1. Anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa di cui agli articoli 2, comma 5, e 3, comma 1, le amministrazioni dello Stato, le regioni e gli enti locali, nonché gli organi costituzionali nell'ambito della propria autonomia, hanno facoltà di recedere entro il 31 dicembre 2014, dai contratti di locazione di immobili in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il termine di preavviso per l'esercizio del diritto di recesso è stabilito in trenta giorni, anche in deroga ad eventuali clausole difformi previste dal contratto.
2. 0500. La Commissione.
(Approvato)

ART. 3.
(Disposizioni finanziarie).

  Al comma 1, sostituire le parole: 590 milioni di euro con le seguenti: 640 milioni di euro.

  Conseguentemente:
   al medesimo comma, tabella B, voce Ministero dell'economia e delle finanze sostituire la cifra: 704,8 con la seguente: 754,8;
   sopprimere il comma 5.
3. 2. Marcon, Boccadutri, Melilla, Daniele Farina, Sannicandro.

  Alla tabella B, voce Ministero dell'economia e finanze sostituire la cifra: 704,8 con la seguente: 729,8.

  Conseguentemente:
   alla medesima tabella, voce Ministero dello sviluppo economico sostituire la cifra: 23,0 con la seguente: 43,0;
   sopprimere il comma 5.
3. 6. Castelli, Brugnerotto, Cariello, Caso, Currò, D'Incà, Sorial, Ruocco.

  Al comma 2, secondo periodo, dopo le parole: dei Ministeri aggiungere le seguenti: dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

  Conseguentemente, al medesimo periodo, sopprimere le parole da: ed alla realizzazione fino alla fine del periodo.
3. 102. Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Segoni, Tofalo, Zolezzi, Castelli, Brugnerotto, Cariello, Caso, Currò, D'Incà, Sorial, Terzoni.

  Al comma 2, secondo periodo, sostituire le parole: della Missione «Ricerca e innovazione» con le seguenti: delle Missioni «Ricerca e innovazione» e «Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente».

  Conseguentemente, al medesimo periodo, sopprimere le parole da: ed alla realizzazione fino alla fine del periodo.
3. 101. Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Segoni, Tofalo, Zolezzi, Castelli, Brugnerotto, Cariello, Caso, Currò, D'Incà, Sorial, Terzoni.

  Al comma 2, secondo periodo, sopprimere le parole: ed alla realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento «Expo Milano 2015».
3. 5. Caso, Castelli, Brugnerotto, Cariello, Currò, D'Incà, Sorial.

  Sopprimere il comma 5.
3. 1. Marcon, Boccadutri, Melilla, Daniele Farina, Sannicandro.

A.C. 1690-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il comma 26 dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012), da ultimo sostituito dal comma 439 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) a decorrere dal 1o gennaio 2013, disciplina le sanzioni applicabili agli enti locali inadempienti al patto di stabilità interno;
    la lettera a) del sopra citato articolo 26 sancisce, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, la sanzione della riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio e del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato;
    il comma 384 dell'articolo 1 della citata legge n. 228 del 2012 ha disposto che, per gli anni 2013 e 2014, le disposizioni vigenti in materia di sanzioni che richiamano il fondo sperimentale di riequilibrio o i trasferimenti erariali in favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna si intendono riferite al fondo di solidarietà comunale di cui al comma 380 del citato articolo 1;
    la precedente disciplina sanzionatoria rinviava alle disposizioni di cui all'articolo 7, commi 2 e seguenti, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 recante «meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42»;
    il menzionato articolo 7 è stato, fra l'altro, modificato dall'articolo 4, comma 12-bis, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, nel senso di eliminare la previsione di un limite massimo alla riduzione delle risorse del Fondo, fissato dalla normativa vigente in un importo comunque non superiore al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo;

   ritenuto che:
    l'attuale mancanza di un limite alla decurtazione sanzionatoria determina una condizione di notevole ed ingiustificato sfavore specialmente per le amministrazioni locali che hanno rispettato il patto di stabilità interno per il triennio 2010 – 2012,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reintrodurre, con la legge di stabilità per l'anno 2014, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo all'anno 2013, in favore dell'ente locale inadempiente, con popolazione superiore a 15.000 abitanti, che abbia tuttavia rispettato il patto di stabilità interno per il triennio 2010 – 2012, la previsione di un limite massimo alla riduzione delle risorse del Fondo ai fini dell'applicazione della sanzione di cui alla lettera a) del comma 26 dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012), nella misura stabilita dalla previgente normativa o, in subordine, in quella prevista, in via straordinaria per l'anno 2013, dal comma 207 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013).
9/1690-A/1Milanato, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame serve sostanzialmente, secondo il Governo, a correggere l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2013 (pari tendenzialmente al 3,1 per cento del Pil) dello 0,1 per cento (pari a circa 1,6 miliardi di euro);
    per ottenere tale correzione si provvede con gli interventi di cui all'articolo 2, comma 5 (riduzione della spesa corrente dei comuni per 450 milioni), all'articolo 3, commi 1 e 4 (limitazione delle spese delle amministrazioni statali per 316 milioni e risorse dal Fondo compensazione attualizzazione contributi pluriennali per 274 milioni), comma 5 (residui non utilizzati del fondo piccole opere per 35 milioni), per un totale complessivo pari a 1.075 milioni di euro;
    ai fini del raggiungimento dell'obiettivo concorre altresì, per i rimanenti 525 milioni di euro, un programma di dismissioni immobiliari, da adottare con procedure a legislazione vigente, da realizzare entro l'anno;
    ancora una volta, l'ottimismo, un po’ di maniera, manifestato da esponenti del Governo nei mesi scorsi è stato puntualmente sconfessato dai dati e da quello che poi, in realtà, è successo, ovvero lo sforamento della soglia del 3 per cento;
    si tratta della filosofia un po’ stupida dei parametri e dei vincoli che l'Europa impone al nostro Paese. Bisognerebbe avere più coraggio per, in qualche modo, rompere i vincoli e i paletti di questa impostazione. Intanto, le risorse potevano essere reperite in altro modo, dalla riduzione delle spese militari alla riduzione delle spese per le grandi opere, a una serie di interventi riguardanti gli sprechi della pubblica amministrazione;
    si tratta di una filosofia generale che il nostro Governo non ha l'intenzione di mettere in discussione. A parole, sì, perché il Primo Ministro Letta ha ricordato in sede europea come sia necessario puntare sulla crescita e anche molti altri esponenti di Governi di Paesi europei fanno affermazioni di questo tipo; dall'altra parte però, nella concreta pratica delle decisioni che vengono assunte, siamo ligi e disciplinati a una impostazione che è completamente sbagliata e che ha portato alla depressione economica dell'Europa, ha portato all'aumento della disoccupazione, ha portato a una maggiore difficoltà delle nostre imprese e delle imprese di molti Paesi europei, e ha sostanzialmente portato l'Europa su una strada sbagliata;
    permanendo questa situazione, infatti, non ci saranno le condizioni per avere strumenti economici e finanziari nel 2014 per fare uscire il Paese dalla crisi e per fare uscire l'Europa dalla depressione economica in cui si trova. Si è persa, cioè, un'occasione per affrontare questo tema in Europa e per, attraverso una decisione coraggiosa, riaprire il dibattito per andare in una direzione diversa da quella che l'Europa, le istituzioni europee, la burocrazia europea, ci ha imposto in questi anni;
    non è un caso che la Commissione europea ha finalmente aperto un'indagine sulla potenza tedesca e il suo sbalorditivo saldo positivo della bilancia commerciale (l'eccesso delle esportazioni sulle importazioni);
    va infatti rilevato il carattere asimmetrico della crisi e le gravi responsabilità della Germania, ed in particolare va sottolineato il carattere aggressivo della politica economica tedesca, finalizzata a comprimere i salari per ottenere due risultati: da un lato, abbassare il costo del lavoro per unità di prodotto, rendendo più competitive le imprese nazionali e aumentando le esportazioni; dall'altro lato, contenere il reddito disponibile delle famiglie tedesche e quindi le importazioni di merci e servizi dal resto d'Europa. Così facendo, la Germania ha fatto mancare la sua domanda in Europa (perché le importazioni tedesche sono le esportazioni del resto d'Europa), contribuendo ad alimentare la crisi, e ha accumulato clamorosi avanzi della bilancia commerciale a cui sta facendo seguito una tentacolare crescita del potere e dell'influenza delle multinazionali tedesche nel continente;
    consultando i dati ufficiali della stessa Commissione europea, si deduce che dal 1995 ad oggi i salari nominali sono cresciuti in Germania 21 punti percentuali in meno rispetto alla media dell'area euro. Una differenza enorme, che spiega in grande misura la contrazione relativa del costo del lavoro per unità di prodotto in Germania rispetto al resto d'Europa. Contemporaneamente, i dati della Commissione europea mostrano che la Germania ha praticato una linea di austerità addirittura più drastica di quanto richiesto in Europa, tenendosi molto al di sotto del vincolo sul deficit al 3 per cento. Il risultato è, appunto, che la Germania ha contratto la sua domanda di prodotti europei e ha accresciuto molto le sue esportazioni, facendo l'esatto contrario di ciò che il paese più ricco dovrebbe fare, cioè agire da locomotiva della domanda europea. Il tutto accumulando avanzi commerciali intorno al 7 per cento del pil, ben al di sopra del limite, già particolarmente elevato, del 6 per cento stabilito dai trattati europei (Six Pack);
    la più forte economia dell'Unione Monetaria non ha fatto i compiti a casa. Si è fatta paladina di una rigida politica di austerità che alimenta la crisi e impone ai paesi periferici costi sociali – in primo luogo disoccupazione – non più sostenibili. Trae da questo quadro macroeconomico enormi vantaggi sul piano commerciale e accresce la sua influenza sull'intero sistema economico europeo. Ciò che forse Berlino non ha seriamente considerato è che l'eurozona non può resistere ancora a lungo sotto il peso dei processi di divergenza territoriale in corso. Se l'eurozona saltasse, e la Germania dovesse tornare al marco, le sue esportazioni, per via di un cambio non più favorevole, subirebbero un drastico calo;
    tutto questo considerato, si ritiene profondamente errato aver destinato un miliardo e 600 milioni per una correzione dello 0,1 per cento del PIL, per stare dentro il 3 per cento. Potevamo in qualche modo concordare e avviare con la Commissione europea e con le istituzioni europee un dialogo per permettere al nostro Paese di sforare il tetto del 3 per cento. Anzi, questa impostazione va ribadita nei prossimi mesi per avere in qualche modo una maggiore elasticità, un maggiore allentamento di questi vincoli da ricontrattare con le istituzioni europee, – in modo tale da permettere di finanziare la crescita, di finanziare interventi per l'economia e permettere di sostenere interventi per l'occupazione,

impegna il Governo

   a porre con forza all'ordine del giorno dei prossimi vertici europei, anche in vista della Presidenza europea affidata all'Italia nel secondo semestre del 2014:
    a) la questione di un mutamento radicale del trattato sulla convergenza dei bilanci, il cosiddetto «Fiscal compact», una delle cause della recessione, concordando con i partner europei misure sostanziali a favore dello sviluppo sostenibile;
    b) lo slittamento della scadenza per il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali dei Paesi membri e per l'avvio della riduzione dello stock del debito e/o l'esclusione di alcune spese per investimenti (golden rule) dai saldi del Patto di stabilità;
    c) proporre, a trattati vigenti, che si garantisca, come già è stato deciso in favore della Spagna, la possibilità di un rientro più morbido e dilazionato nel tempo del debito sovrano;
    d) un orientamento più espansivo della politica monetaria della Banca centrale e anche con una revisione degli statuti che regolano l'attività della Banca centrale stessa, in modo da dare pari dignità all'obiettivo della crescita rispetto a quello che ha oggi, il mantenimento della stabilità dei prezzi;
    e) una più incisiva politica di bilancio federale, a cui corrisponda anche una unione di bilancio tra i Paesi membri dell'Unione, perché è evidente che la possibilità di attuare politiche anticicliche e di fare investimenti che possano rimettere in moto l'economia europea, sono anche legate a un maggior attivismo del livello federale dell'Unione.
9/1690-A/2Melilla, Marcon, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame serve sostanzialmente, secondo il Governo, a correggere l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2013 (pari tendenzialmente al 3,1 per cento del Pil) dello 0,1 per cento (pari a circa 1,6 miliardi di euro);
    per ottenere tale correzione si provvede con gli interventi di cui all'articolo 2, comma 5 (riduzione della spesa corrente dei comuni per 450 milioni), all'articolo 3, commi 1 e 4 (limitazione delle spese delle amministrazioni statali per 316 milioni e risorse dal Fondo compensazione attualizzazione contributi pluriennali per 274 milioni), comma 5 (residui non utilizzati del fondo piccole opere per 35 milioni), per un totale complessivo pari a 1.075 milioni di euro;
    ai fini del raggiungimento dell'obiettivo concorre altresì, per i rimanenti 525 milioni di euro, un programma di dismissioni immobiliari, da adottare con procedure a legislazione vigente, da realizzare entro l'anno;
    ancora una volta, l'ottimismo, un po’ di maniera, manifestato da esponenti del Governo nei mesi scorsi è stato puntualmente sconfessato dai dati e da quello che poi, in realtà, è successo, ovvero lo sforamento della soglia del 3 per cento;
    si tratta della filosofia un po’ stupida dei parametri e dei vincoli che l'Europa impone al nostro Paese. Bisognerebbe avere più coraggio per, in qualche modo, rompere i vincoli e i paletti di questa impostazione. Intanto, le risorse potevano essere reperite in altro modo, dalla riduzione delle spese militari alla riduzione delle spese per le grandi opere, a una serie di interventi riguardanti gli sprechi della pubblica amministrazione;
    si tratta di una filosofia generale che il nostro Governo non ha l'intenzione di mettere in discussione. A parole, sì, perché il Primo Ministro Letta ha ricordato in sede europea come sia necessario puntare sulla crescita e anche molti altri esponenti di Governi di Paesi europei fanno affermazioni di questo tipo; dall'altra parte però, nella concreta pratica delle decisioni che vengono assunte, siamo ligi e disciplinati a una impostazione che è completamente sbagliata e che ha portato alla depressione economica dell'Europa, ha portato all'aumento della disoccupazione, ha portato a una maggiore difficoltà delle nostre imprese e delle imprese di molti Paesi europei, e ha sostanzialmente portato l'Europa su una strada sbagliata;
    permanendo questa situazione, infatti, non ci saranno le condizioni per avere strumenti economici e finanziari nel 2014 per fare uscire il Paese dalla crisi e per fare uscire l'Europa dalla depressione economica in cui si trova. Si è persa, cioè, un'occasione per affrontare questo tema in Europa e per, attraverso una decisione coraggiosa, riaprire il dibattito per andare in una direzione diversa da quella che l'Europa, le istituzioni europee, la burocrazia europea, ci ha imposto in questi anni;
    non è un caso che la Commissione europea ha finalmente aperto un'indagine sulla potenza tedesca e il suo sbalorditivo saldo positivo della bilancia commerciale (l'eccesso delle esportazioni sulle importazioni);
    va infatti rilevato il carattere asimmetrico della crisi e le gravi responsabilità della Germania, ed in particolare va sottolineato il carattere aggressivo della politica economica tedesca, finalizzata a comprimere i salari per ottenere due risultati: da un lato, abbassare il costo del lavoro per unità di prodotto, rendendo più competitive le imprese nazionali e aumentando le esportazioni; dall'altro lato, contenere il reddito disponibile delle famiglie tedesche e quindi le importazioni di merci e servizi dal resto d'Europa. Così facendo, la Germania ha fatto mancare la sua domanda in Europa (perché le importazioni tedesche sono le esportazioni del resto d'Europa), contribuendo ad alimentare la crisi, e ha accumulato clamorosi avanzi della bilancia commerciale a cui sta facendo seguito una tentacolare crescita del potere e dell'influenza delle multinazionali tedesche nel continente;
    consultando i dati ufficiali della stessa Commissione europea, si deduce che dal 1995 ad oggi i salari nominali sono cresciuti in Germania 21 punti percentuali in meno rispetto alla media dell'area euro. Una differenza enorme, che spiega in grande misura la contrazione relativa del costo del lavoro per unità di prodotto in Germania rispetto al resto d'Europa. Contemporaneamente, i dati della Commissione europea mostrano che la Germania ha praticato una linea di austerità addirittura più drastica di quanto richiesto in Europa, tenendosi molto al di sotto del vincolo sul deficit al 3 per cento. Il risultato è, appunto, che la Germania ha contratto la sua domanda di prodotti europei e ha accresciuto molto le sue esportazioni, facendo l'esatto contrario di ciò che il paese più ricco dovrebbe fare, cioè agire da locomotiva della domanda europea. Il tutto accumulando avanzi commerciali intorno al 7 per cento del pil, ben al di sopra del limite, già particolarmente elevato, del 6 per cento stabilito dai trattati europei (Six Pack);
    la più forte economia dell'Unione Monetaria non ha fatto i compiti a casa. Si è fatta paladina di una rigida politica di austerità che alimenta la crisi e impone ai paesi periferici costi sociali – in primo luogo disoccupazione – non più sostenibili. Trae da questo quadro macroeconomico enormi vantaggi sul piano commerciale e accresce la sua influenza sull'intero sistema economico europeo. Ciò che forse Berlino non ha seriamente considerato è che l'eurozona non può resistere ancora a lungo sotto il peso dei processi di divergenza territoriale in corso. Se l'eurozona saltasse, e la Germania dovesse tornare al marco, le sue esportazioni, per via di un cambio non più favorevole, subirebbero un drastico calo;
    tutto questo considerato, si ritiene profondamente errato aver destinato un miliardo e 600 milioni per una correzione dello 0,1 per cento del PIL, per stare dentro il 3 per cento. Potevamo in qualche modo concordare e avviare con la Commissione europea e con le istituzioni europee un dialogo per permettere al nostro Paese di sforare il tetto del 3 per cento. Anzi, questa impostazione va ribadita nei prossimi mesi per avere in qualche modo una maggiore elasticità, un maggiore allentamento di questi vincoli da ricontrattare con le istituzioni europee,- in modo tale da permettere di finanziare la crescita, di finanziare interventi per l'economia e permettere di sostenere interventi per l'occupazione,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di porre con forza all'ordine del giorno dei prossimi vertici europei, anche in vista della Presidenza europea affidata all'Italia nel secondo semestre del 2014:
    a) la questione di un mutamento radicale del trattato sulla convergenza dei bilanci, il cosiddetto «Fiscal compact», una delle cause della recessione, concordando con i partner europei misure sostanziali a favore dello sviluppo sostenibile;
    b) lo slittamento della scadenza per il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali dei Paesi membri e per l'avvio della riduzione dello stock del debito e/o l'esclusione di alcune spese per investimenti (golden rule) dai saldi del Patto di stabilità;
    c) proporre, a trattati vigenti, che si garantisca, come già è stato deciso in favore della Spagna, la possibilità di un rientro più morbido e dilazionato nel tempo del debito sovrano;
    d) un orientamento più espansivo della politica monetaria della Banca centrale e anche con una revisione degli statuti che regolano l'attività della Banca centrale stessa, in modo da dare pari dignità all'obiettivo della crescita rispetto a quello che ha oggi, il mantenimento della stabilità dei prezzi;
    e) una più incisiva politica di bilancio federale, a cui corrisponda anche una unione di bilancio tra i Paesi membri dell'Unione, perché è evidente che la possibilità di attuare politiche anticicliche e di fare investimenti che possano rimettere in moto l'economia europea, sono anche legate a un maggior attivismo del livello federale dell'Unione.
9/1690-A/2. (Testo modificato nel corso della seduta) Melilla, Marcon, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    parte delle risorse finanziarie (quantificate complessivamente dalla Relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 120 del 2013 in circa 1,6 miliardi) necessarie per consentire nel 2013 il rientro entro il limite del 3 per cento del rapporto tra indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e PIL, correggendo in tal modo lo scostamento dello 0,1 per cento indicato nella Nota di aggiornamento del DEF 2013, saranno reperite, secondo quanto indicato nella medesima Relazione tecnica, mediante un programma di dismissioni immobiliari, da realizzare entro l'anno con procedure a legislazione vigente e dunque non contemplato dalle norme del decreto-legge, il quale dovrà generare entrate per 525 milioni di euro;
    alla luce dell'esperienza degli ultimi vent'anni, tutti i tentativi di vendere il patrimonio immobiliare pubblico hanno prodotto risultati mediocri e insufficienti (si ricorda tra i molteplici tentativi Immobiliare Italia SpA, Scip 1 e Scip 2, Patrimonio SpA, etc.);
    negli ultimi anni si è, inoltre, aggiunta una forte contrazione del mercato del credito, contrazione che non consentirà di realizzare prezzi di vendita adeguati all'effettivo valore degli immobili dismessi;
    il Governo ha dichiarato che si sta provvedendo a selezionare il portafoglio immobiliare interessato, precisando che, in considerazione dei tempi ristretti a disposizione, è stato espresso il nulla osta all'avvio di procedure di dismissione da parte dell'Agenzia del demanio mediante il coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti;
    ancora una volta si utilizza la Cassa depositi e prestiti come un bancomat per «salvare» le finanze pubbliche; si dispone cioè in maniera strumentale dei circa 260 miliardi di euro derivanti dal risparmio postale delle famiglie italiane;
    inoltre, sempre in relazione al programma di dismissioni immobiliari richiamato dalla Relazione tecnica allegata al disegno di legge, occorre verificare se il ricorso alle risorse derivanti dal predetto programma di dismissioni immobiliari possa determinare effetti di dequalificazione della spesa, qualora tali risorse fossero utilizzate a copertura anche di oneri di natura corrente,

impegna il Governo

ad una compiuta e tempestiva informazione, anche preventiva, al Parlamento in merito al contenuto e all'andamento del programma di dismissioni immobiliari da realizzare a legislazione vigente, che, in base a quanto indicato nella Relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge, dovrà contribuire per circa un terzo agli interventi necessari per riportare il rapporto indebitamento – PIL entro il limite del 3 per cento nel 2013.
9/1690-A/3Boccadutri, Ragosta, Marcon, Paglia, Melilla, Lavagno.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 2, del decreto legge n. 120 del 2013 istituisce un fondo di 190 milioni di euro per il 2013 per far fronte alle problematiche derivanti dall'eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale. Di questo fondo, eccetto che sia gestito dal Ministero dell'interno, non si sa nulla, non viene detto a chi andranno questi soldi, per svolgere quali attività, con quali obiettivi, e come sarà effettuata la verifica o il controllo dei fondi impiegati;
    dei 190 milioni stanziati, ben 95 costituiranno oneri per il personale, e considerando che il decreto è del 15 ottobre, parrebbe che in due mesi e mezzo verrà spesa una simile cifra per pagare non si sa quale personale, scelto con quali criteri, con quale inquadramento. Sul punto la relazione tecnica è assolutamente vaga, limitandosi a parafrasare il dispositivo e non chiarisce di quante unità e per quale inquadramento contrattuale sia stata calcolata una cifra così ingente;
    non si capisce neanche se una parte di questi fondi sarà destinata a degli interventi non condivisibili ed, in particolare, se saranno spesi per l'operazione mare nostrum oppure per il rafforzamento dei centri di identificazione e di espulsione;
    dal 2005 al 2012 sono stati stanziati in Italia almeno un miliardo e seicento milioni di euro per finanziare le politiche di contrasto all'immigrazione irregolare: una spesa pubblica significativa, largamente inefficiente e, irrispettosa dei diritti umani fondamentali dei migranti. Sono i costi delle politiche del rifiuto funzionali a garantire il controllo dei mari e delle frontiere, la detenzione dei migranti nei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) e lo sviluppo della cooperazione con i paesi terzi finalizzata al contrasto dell'immigrazione irregolare;
    l'impegno della Marina militare con il dispositivo «mare nostrum» vede ancora infatti prevalere i meccanismi di un sistema ispirato alle politiche di sicurezza pubblica anziché a quelle umanitarie e alle relative politiche di accoglimento sostanziale dei diritti internazionalmente riconosciuti;
    l'operazione mare nostrum fu annunciata dal ministro Mario Mauro dopo la strage del 3 ottobre, quando a poche miglia da Lampedusa annegarono 364 tra donne, uomini e bambini provenienti dal continente africano e dal Medio oriente. Non sono conosciute le regole d'ingaggio. È da ritenersi che il motivo sia da ricercare nella possibilità di avere le mani libere per sperimentare in mare se e come intervenire, se e come soccorrere, se e come allontanare, respingere o scortare a quei «porti sicuri» che il ministro Alfano ritiene esistano pure nella Libia dilaniata dalla guerra civile;
    nell'operazione saranno impiegati aerei, elicotteri, missili, unità navali, sommergibili, cannoni che aspiriamo a vendere ai paesi NATO e ai regimi partner della sponda sud mediterranea. Sistemi d'arma che nulla hanno a che fare conAuello che in linguaggio militare si chiama «SAR – Search and Rescue», ricerca e soccorso in mare, ma che invece delineano un modello di proiezione avanzata, aggressiva, di vera e propria penetrazione sino a dentro i confini degli stati nordafricani;
    se si vogliono «arrestare i flussi migratori», come spiegano generali, ammiragli, politici di governo e opinion maker embedded, bisogna impedire infatti a profughi e migranti di raggiungere le coste e le città portuali. Bloccarli nel deserto, detenerli nei lager del deserto e far fare il gioco sporco alle nuove polizie di frontiera che i Carabinieri armano e addestrano in Libia e nelle caserme in Veneto, Lazio, Toscana;
    fonti di stampa filogovernative hanno previsto per l'operazione mare nostrum un onere finanziario di circa 4 milioni di euro al mese ma, conti alla mano, la spesa potrebbe essere più che doppia. Il Sole 24 Ore ha preso a riferimento le «tabelle di onerosità» sul costo orario delle missioni delle unità navali, degli aerei e degli elicotteri impegnati nel Canale di Sicilia. Aggiungendo le indennità d'imbarco dei circa 800 marinai delle unità navali coinvolte (il personale militare destinato al «contenimento» delle migrazioni e però di non meno di 1.500 uomini), il quotidiano di Confindustria ha calcolato una spesa media giornaliera di 300 mila euro, cioè 9 milioni al mese a cui vanno aggiunti 1,5 milioni di euro per le unità costiere già in azione da tempo: totale 10,5 milioni. La rivista specializzata Analisi Difesa ritiene invece che la spesa complessiva sfiorerà i 12 milioni al mese;
    dato che il governo non ha previsto stanziamenti aggiuntivi sul capitolo «difesa», è presumibile che il denaro per alimentare la macchina militare anti-migranti sarà prelevato dal fondo straordinario di 190 milioni di euro messo a disposizione per far fronte alla nuova emergenza immigrazione. Come dire che da qui alla fine dell'anno bruceremo in gasolio e pattugliamenti aeronavali il 20 per cento di quanto è stato destinato per «sostenere», «soccorrere» ed «accogliere»;
    inoltre, avere preso, per finanziare questi interventi, 50 milioni dal fondo di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso è una decisione profondamente errata; come è stato un errore, nei precedenti provvedimenti presentati dal Governo e approvati dal Parlamento, che si siano «dirottati» circa 70 milioni di euro dei 150 milioni destinati all'8 per mille di competenza statale;
    infatti, in base a un regolamento approvato dalla Commissione speciale istituita in attesa che si costituissero le Commissioni permanenti, era stato deciso che una quota ben definita, ovvero il 25 per cento dei fondi derivanti dall'8 per mille, fosse destinata a misure relative al tema degli interventi per i richiedenti asilo e per i rifugiati. Quindi, da una parte, mettiamo dei soldi per gli interventi che riguardano l'immigrazione, ma, in questi Mesi, in realtà, abbiamo tolti molti milioni a quegli stessi interventi, previsti dalla parte di competenza statale di gestione del fondo dell'8 per mille, che riguardavano proprio l'inclusione e l'integrazione dei rifugiati,

impegna il Governo

a non utilizzare le risorse del Fondo di cui al comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge al nostro esame per finanziare l'operazione detta «mare nostrum» o per la costruzione o l'ampliamento di Centri di identificazione e espulsione.
9/1690-A/4Marcon, Scotto, Boccadutri, Fava, Duranti, Melilla, Piras.


   La Camera,
   premesso che
    il Comune di Campione d'Italia, in relazione alla sua particolare posizione geografica di exclave italiana in Svizzera, si trova collocato in un assetto economico-finanziario dalle caratteristiche assolutamente peculiari, ricadendo in una zona considerata area doganale di riferimento della Confederazione elvetica, tanto che la moneta utilizzata per le transazioni e per la stesura del bilancio è il franco svizzero;
    il Governo, fin dal 1933, ha autorizzato l'apertura di una casa da gioco con il solo fine di assicurare al Comune di Campione d'Italia l'adeguatezza dei mezzi finanziari per fronteggiare la situazione sopra descritta, che non può essere confrontata con altre realtà similari per entità demografica od estensione territoriale; a riprova di ciò si evidenzia la presenza all'interno del bilancio comunale di spese correnti non riconducibili a quelle relative a funzioni proprie di un comune, bensì riferibili a competenze, funzioni e attività statali nonché ai rapporti con la Confederazione elvetica regolati da specifici accordi;
    la quota di proventi della casa da gioco di spettanza del Comune, fino ad oggi determinata dalla legge sulla base di precedenti decreti ministeriali di determinazione del contributo annuale, serve non solo a finanziare attività peculiari in ambito istituzionale dell'ente, ma anche altri servizi pubblici delegati al Comune di Campione d'Italia, come da ultimo previste nel Decreto del Ministero dell'Interno del 6 ottobre 1998, quali il sussidio integrativo dei trattamenti pensionistici, l'erogazione dell'assegno di confine ai dipendenti statali (insegnanti e carabinieri) residenti sul territorio, il pagamento dell'indennità di trasferta al personale della scuola elementare e media non residente, il contributo convenzionale al Canton Ticino per i servizi essenziali (strade, trasporti, scuola superiore) resi alla comunità campionese in base alla «Dichiarazione di cooperazione tra Repubblica e Canton Ticino e il Comune di Campione d'Italia» firmata tra i due enti;
    a seguito della significativa contrazione dei proventi della Casa da gioco (motore dell'economia della comunità e fonte delle entrate necessarie per il pareggio di bilancio del Comune), dovuta sia al mutato mercato del gioco in Italia, che all'indebolimento dell'euro contro il franco svizzero, l'ammontare del contributo versato dalla Casa da gioco al Comune di Campione d'Italia per l'anno 2012 è stato fortemente ridotto per Fr.Sv. 30.000.000;
    a partire dall'anno 2013, e per gli anni futuri, il contributo sui proventi è stato ridotto a Fr.Sv. 40.000.000, e ciò comporta la predisposizione del bilancio di previsione 2013 e di quello pluriennale 2014-2015 con una contrazione di oltre il 20 per cento della spesa corrente, rispetto agli anni precedenti;
    l'applicazione nel contesto descritto della normativa in materia di patto di stabilità a decorrere dal 1o gennaio 2014 risulta pressoché insostenibile e ingestibile da parte del comune di Campione d'Italia, in quanto i meccanismi di definizione degli obiettivi del patto di stabilità producono un saldo fortemente sovradimensionamento rispetto alle effettive possibilità di manovra della spesa da parte del Comune, che ha già operato il taglio annuale sopra richiamato di Fr.Sv. 20.000.000,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'esclusione, a decorrere dall'anno 2014, dal saldo finanziario di parte corrente, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, delle spese a carico del Comune di Campione d'Italia elencate nel citato decreto del Ministero dell'Interno del 6 ottobre 1998 riferite alle peculiarità territoriali dell'exclave, nei limiti della spesa media relativa al triennio di riferimento per la fissazione dell'obiettivo di patto, delle spese sostenute per le medesime finalità.
9/1690-A/5Lorenzo Guerini, Guerra.


   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno dell'immigrazione e le problematiche relative all'accoglienza ed alla gestione dei flussi continuano ad essere un tema di primo piano nell'agenda politica del Paese ed anno assunto un forte rilevanza anche a livello comunitario;
    le recenti tragedie dei barconi di migranti affondati vicino le coste di Lampedusa hanno per l'ennesima volta la drammaticità del lungo esodo proveniente dal continente africano verso l'Italia ed il continente europeo;
    negli ultimi mesi, centinaia di persone, tra le quali anche donne in gravidanza, madri con bambini di pochi mesi e minori non accompagnati sono arrivate sulle coste italiane in condizioni critiche quando non disperate;
    il Canale di Sicilia, infatti, negli ultimi anni è stata teatro di molte tragedie, dove donne, uomini e bambini, mossi da un anelito di speranza per un futuro migliore, hanno perso la vita nel tentativo disperato di raggiungere le coste italiane;
    i dati elaborati da Fortres Europe stimano che dal 1994 ad lungo il canale di Sicilia si sono registrati 6.200 morti con un ulteriore numero di 4.790 dispersi;
    secondo quanto sancito dallo stesso Testo Unico sull'immigrazione, allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti;
    una parte consistente dei migranti che arrivano in Italia dalle diverse frontiere sono soggetti deboli, come minori non accompagnati, donne incinte, ovvero soggetti che necessitano protezione ai sensi dell'articolo 10 della Costituzione e delle disposizioni previste dal decreto legislativo n. 251 del 2007;
    tuttavia ad oggi gli strumenti di intervento, le strategie politiche e le norme adottate si sono rivelate incapaci di affrontare adeguatamente il flusso migratorio proveniente dalle coste africane ed evitare episodi tragici come quello che si è appena consumato;
    di fronte all'opinione pubblica e al dramma umanitario la politica e le istituzione non possono limitarsi al cordoglio lasciando immutate le scelte e le strategie di fondo sulla questione dell'immigrazione;
    per far fronte alla difficile questione immigrazione, il Governo con il decreto legge n. 120 del 2013 ha previsto diverse misure di carattere normativo e finanziario;
    con il provvedimento in questione, tra le altre cose, si incrementa per l'anno 2013: il Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (20 milioni di euro) e si istituisce altresì un Fondo immigrazione con una dotazione di 190 milioni di euro;
    gli interventi del Governo, se pur lodevolissimi, non sono capaci di risolvere tutte le questioni relative all'accoglienza, il primo soccorso, l'assistenza sociale e psicologica;
    diverse strutture per l'immediata accoglienza rimangono, infatti, centri precari ed inadeguati (si pensi alla tendopoli eretta in adiacenza al punto di sbarco nel porto di Porto Empedocle);
    manca ancora una strategia complessiva che sia capace di affrontare la situazione di emergenza generale e che sia al contempo capace di affrontare adeguatamente le situazioni dei singoli migranti che presentano peculiarità specifiche in ordine allo stato di salute fisico e psicologico;
    occorre un maggiore coinvolgimento di tutti i livelli di governance ed una strategia complessiva capace di rendere efficiente e virtuosa l'interazione tra soggetti pubblici e privati coinvolti,

impegna il Governo

  compatibilmente con le risorse disponibili e le azioni già intraprese, ad adottare tutti i provvedimenti necessari affinché i decreti attuativi legati al provvedimento in esame e le scelte strategiche di spesa delle somme previste siano concertate con le realtà che operano nel settore immigrazione e con l'ANCI e tengano conto:
    della necessità di potenziare il fondo SPRAR;
    della necessità di strutturare ed istituzionalizzare una nuova tipologia di centri di «immediata accoglienza umanitaria» utili ad accogliere i migranti nell'immediatezza dello sbarco e necessari a sostituire le strutture di accoglienza precarie e deficitarie (tipo tendopoli di Porto Empedocle) ed alleviare il carico dell'accoglienza all'isola di Lampedusa;
    della necessità di creare ed istituzionalizzare un servizio di «primo soccorso» umanitario-psico-sanitario utile ad intervenire al momento dello sbarco al fine di offrire cure ed assistenza qualificata ed organizzata ai migranti. Tale servizio potrebbe essere realizzato di concerto con gli enti del terzo settore che vantano competenza certificata nell'ambito di interesse;
    della necessità di sperimentare e creare nuovi modelli di intervento, ovvero di percorsi di assistenza ed accoglienza per far fronte ad esigenze individuali di particolare rilievo in ordine a questioni della salute dei migranti per eliminare l'attuale deficit del sistema e la frammentazione che questo vive e creare un unico strumento qualificato, efficiente ed organizzato;
    della necessità di avviare una campagna di sensibilizzazione coinvolgendo le scuole e gli Enti locali per favorire l'integrazione e l'inserimento sociale dei migranti che hanno diritto a permanere nel territorio dello Stato;
    della necessità di potenziare le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, e ove fosse possibile di istituirne una nuova in particolare nella Provincia di Agrigento che è come notorio direttamente interessata;
    della necessità di avviare un piano straordinario di formazione del personale coinvolto nel circuito dell'accoglienza, soprattutto degli Enti Pubblici;
    della necessità di proporre un programma organico e particolareggiato per i minori stranieri non Accompagnati che razionalizzi la spesa, garantisca certezza dei pagamenti alle P.A. ed agli enti del terzo settore e qualifichi i servizi di accoglienza ed integrazione, mettendo in rete le comunità presenti nel Paese – come avviene con il programma SPRAR - utilizzando e riproponendo, ove fosse possibile, modelli già testati e sperimentati, come il «Programma MSNA» realizzato anni addietro di concerto con l'Anci;
    della necessità di porre tutti gli interventi economici e non finalizzati a sostenere l'Amministrazione, le forze Civili e Militari e la popolazione di Lampedusa che in prima linea affronta e vive il fenomeno;
   ad effettuare una verifica degli eventuali debiti ancora attivi delle pubbliche amministrazioni contratti per la gestione dell'accoglienza dei minori stranieri negli anni 2010-2012 ed a verificare quali strumenti possano essere posti in essere per sostenere tali amministrazioni;
   all'individuazione di «Linee guida per l'accoglienza» che seguano il percorso di accoglienza e integrazione dall'arrivo del soggetto alla fuoriuscita dalla strutture di accoglienza;
   ad immaginare ed istituzionalizzare una strumento operativo tipo «cabina di regia interforze territoriale» che abbia le caratteristiche della permanenza e della stabile finalizzata ad affrontare meglio il fenomeno secondo i principi di sussidiarietà ed ad effettuare interventi sia di soccorso ed assistenza in maniera organizzata ed efficace;
   a sollecitare, con ancora più forza, l'intervento della Comunità europea ed in particolare a porre al questione della facilitazione del sistema di accesso direttamente dalle coste del maghreb attraverso appositi centri, capaci di favorire il diritto di libero accesso, una migliore gestione e formazione della documentazione necessaria, garantire il ricongiungimento con un familiare ed così limitare il sistema migratorio clandestino.
9/1690-A/6Moscatt, Boccuzzi, Cominelli, Pastorino, Ventricelli, Raciti, Ribaudo, Culotta.


   La Camera,
   premesso che:
    il Comune di Campione d'Italia, a causa della sua particolare posizione geografica di exclave italiana in Svizzera, si trova collocato in un assetto economico-finanziario dalle caratteristiche assolutamente peculiari, ricadendo in una zona considerata area doganale di riferimento della Confederazione elvetica, tanto che la moneta utilizzata per le transazioni e per la stesura del bilancio è il franco svizzero;
    per consentire il finanziamento del bilancio comunale il Governo, fin dal 1933, ha autorizzato l'apertura di una casa da gioco, con il solo fine di assicurare al Comune di Campione d'Italia l'adeguatezza dei mezzi finanziari per fronteggiare tale situazione, che non può essere confrontata con altre realtà similari per entità demografica od estensione territoriale;
    la peculiarità del Comune di Campione d'Italia è altresì dimostrata dalla presenza, nel bilancio comunale, di spese correnti non riconducibili a quelle relative a funzioni proprie di un comune, ma bensì riferibili a competenze, funzioni e attività statali, nonché ai rapporti con la Confederazione elvetica regolati da specifici accordi;
    la quota di proventi della casa da gioco di spettanza del Comune, fino ad oggi determinata dalla legge sulla base di precedenti decreti ministeriali di determinazione del contributo annuale, serve a finanziare non solo attività peculiari in ambito istituzionale dell'ente, ma anche altri servizi pubblici delegati al Comune di Campione d'Italia, come da ultimo previste nel Decreto del Ministro dell'Interno del 6 ottobre 1998, per un importo pari a circa dieci milioni di euro annui;
    in particolare, tra questi si annoverano: il sussidio integrativo dei trattamenti pensionistici previsti dalla normativa statutaria e regolamentare vigente a livello comunale, atto a consentire ai pensionati di poter sostenere il maggior costo dell'economia svizzera; l'erogazione dell'assegno di confine ai dipendenti statali residenti nel territorio; il pagamento delle indennità di trasferta al personale non residente della Scuola elementare e media; il contributo convenzionale al Canton Ticino per i servizi essenziali (strade, trasporti, scuola superiore) resi alla comunità campionese in base alla «Dichiarazione di cooperazione tra Repubblica e Canton Ticino e il Comune di Campione d'Italia» firmata tra i due enti;
    a seguito della significativa contrazione dei proventi della Casa da gioco, motore dell'economia della comunità campionese, dovuta sia al mutato mercato del gioco in Italia, che all'indebolimento dell'euro rispetto al franco svizzero, l'ammontare del contributo versato dal Casinò al Comune di Campione d'Italia, per l'anno 2012 é stato inferiore di circa il 50 per cento rispetto alla previsione normativa;
    a partire dall'anno 2013, e per gli anni futuri, il contributo sui proventi é stato comunque diminuito di circa il trenta per cento, e ciò comporta la predisposizione del Bilancio di previsione 2013 e di quello pluriennale 2014-2015 con una pari contrazione;
    con riferimento al patto di stabilità per le annualità successive al 2013, la difficoltà che il Comune deve affrontare risiede nel fatto che dovendo considerare la spesa media relativa al triennio di riferimento previsto dalla legge (2007-2009) per la determinazione dell'obiettivo del Patto di stabilità interno (anni in cui non si era verificata né la contrazione dei proventi della Casa da gioco, né il deterioramento del rapporto di cambio dell'euro contro franco svizzero), il raggiungimento dell'obiettivo di saldo è chiaramente sovradimensionato rispetto alle effettive possibilità di manovra da parte del Comune, che ha già operato considerevoli interventi di riduzione della spesa,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti volti ad escludere dalle spese elencate dal Decreto del Ministro dell'Interno del 6 ottobre 1998 dal totale della spesa corrente, nei limiti della spesa media relativa al triennio di riferimento per la fissazione dell'obiettivo di patto, al fine di consentire il rispetto dell'obiettivo di patto da parte dell'Amministrazione Comunale, atteso anche il taglio delle spese già operato rispetto all'esercizio precedente.
9/1690-A/7Corsaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 796, lettera t), della legge 27 dicembre 2006, n, 296 stabilisce che le regioni provvedano ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire che dal 1o gennaio 2013 cessino gli accreditamenti provvisori di tutte le altre strutture sanitarie e socio-sanitarie private, nonché degli stabilimenti termali;
    alcune regioni si sono trovate nella oggettiva impossibilità di raggiungere questo obiettivo entro la scadenza individuata dalla disposizione;
    si è prodotta, in questo modo, una situazione di fatto che compromette la compiuta e definitiva realizzazione di tutti gli obiettivi del patto nazionale per la salute e la possibilità di ripristinare una situazione di piena legalità attraverso la conclusione dei procedimenti di accreditamento istituzionale ancora in corso,

impegna il Governo

a prevedere, nel primo provvedimento utile, lo spostamento del termine per la cessazione degli accreditamenti provvisori al 31 ottobre 2014 e, alla scadenza di tale data, l'eventuale nomina di un commissario ad acta da parte del Consiglio dei Ministri in caso di ulteriore inadempienza dell'ente territoriale.
9/1690-A/8Gasbarra, Causi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, interviene in merito al c.d. «federalismo demaniale», di cui al decreto legislativo n. 185 del 2010 (attuativo della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale), relativamente al trasferimento, a titolo non oneroso, agli enti territoriali di taluni beni dello Stato, mobili e immobili, che non fossero espressamente esclusi dal trasferimento dal decreto legislativo stesso;
    il comma 11 del medesimo articolo specifica che, in considerazione dell'esigenza prioritaria di riduzione del debito pubblico, destina al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, con le modalità previste dall'articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, il 10 per cento delle risorse nette derivanti dalla alienazione dell'originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali, salvo che una percentuale uguale o maggiore non sia destinata per legge alla riduzione del debito del medesimo ente;
    si tratta di risorse derivanti dall'alienazione del patrimonio degli enti locali e pertanto sarebbe opportuno che rimanessero nella disponibilità degli enti medesimi,

impegna il Governo

a prevedere che le risorse nette derivanti dalla alienazione dell'originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali siano destinate alla riduzione del debito dell'ente medesimo.
9/1690-A/9Petrini, Fragomeli, Lorenzo Guerini, Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, interviene in merito al c.d. «federalismo demaniale», di cui al decreto legislativo n. 185 del 2010 (attuativo della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale), relativamente al trasferimento, a titolo non oneroso, agli enti territoriali di taluni beni dello Stato, mobili e immobili, che non fossero espressamente esclusi dal trasferimento dal decreto legislativo stesso;
    il comma 11 del medesimo articolo specifica che, in considerazione dell'esigenza prioritaria di riduzione del debito pubblico, destina al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, con le modalità previste dall'articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, il 10 per cento delle risorse nette derivanti dalla alienazione dell'originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali, salvo che una percentuale uguale o maggiore non sia destinata per legge alla riduzione del debito del medesimo ente;
    si tratta di risorse derivanti dall'alienazione del patrimonio degli enti locali e pertanto sarebbe opportuno che rimanessero nella disponibilità degli enti medesimi,

impegna il Governo

compatibilmente con le disponibilità di bilancio, a prevedere che le risorse derivanti dalla alienazione dell'originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali siano destinate prioritariamente alla riduzione del debito dell'ente medesimo.
9/1690-A/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Petrini, Fragomeli, Lorenzo Guerini, Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 7, del decreto legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64 ha previsto che, per l'anno 2013, non rilevano ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno delle regioni e delle Province autonome i trasferimenti da esse effettuati in favore degli enti locali soggetti al patto di stabilità interno a valere sui residui passivi di parte corrente, purché a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali;
    i maggiori spazi finanziari devono essere utilizzati da tali enti esclusivamente per il pagamento dei debiti di parte capitale certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2012, ovvero per quelli per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il medesimo termine;
    poiché si tratta di una misura che ha fornito una notevole iniezione di liquidità agli enti locali e garantito, conseguentemente, una forte accelerazione dei pagamenti;

impegna il Governo

ad estendere l'applicazione di tali disposizioni anche all'anno 2014.
9/1690-A/10Causi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo ha predisposto misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione attraverso il decreto-legge n. 120 del 2013 – A.C. 1690-A;
    tale provvedimento all'articolo 1 del decreto-legge in esame incrementa di 20 milioni di euro per l'anno 2013 il Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (comma 1);
    sono moltissimi i piccoli Comuni, e in special modo i Comuni con un numero di abitanti anche inferiore ai 5.000 abitanti, che quotidianamente sono chiamati ad affrontare il compito di accogliere presso idonee strutture minori stranieri in situazione di abbandono,

impegna il Governo

a tener conto della specificità dei piccoli Comuni e a valutare l'opportunità di prevedere specifiche misure che, anche in materia di immigrazione e di accoglienza dei minori, possano venire incontro alle esigenze dei piccoli Comuni, in special modo dei Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.
9/1690-A/11Crivellari.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo ha predisposto misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione attraverso il decreto-legge n. 120 del 2013 – A.C. 1690-A;
    tale provvedimento all'articolo 1 del decreto-legge in esame incrementa di 20 milioni di euro per l'anno 2013 il Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (comma 1);
    sono moltissimi i piccoli Comuni, e in special modo i Comuni con un numero di abitanti anche inferiore ai 5.000 abitanti, che quotidianamente sono chiamati ad affrontare il compito di accogliere presso idonee strutture minori stranieri in situazione di abbandono,

impegna il Governo

a tener conto della specificità dei piccoli Comuni e a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito delle risorse aggiuntive stanziate, specifiche misure che possano venire incontro alle esigenze dei piccoli Comuni, in special modo dei Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.
9/1690-A/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Crivellari.


   La Camera,
   premesso che:
    nel decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, ai fini del rientro dello scostamento del rapporto deficit/PIL, nella misura dello 0,1 per cento per l'anno 2013 è prevista una dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, che dovrebbe contribuire al miglioramento del deficit per un importo di 525 milioni di euro;
    la suddetta dismissione è citata esclusivamente nella relazione tecnica del Governo ma non è prevista da apposita norma nel decreto-legge in oggetto;
    in seguito alla richiesta effettuata al Governo di fornire delucidazioni in merito, è stata fornita una nota del Mef, in cui si informa che la dismissione del patrimonio immobiliare avverrà tramite l'intervento della Cassa Depositi e Prestiti, in quanto la medesima ha manifestato la propria disponibilità,

impegna il Governo

a presentare alle Commissioni competenti un documento da cui risultino gli identificativi catastali, i dati riguardanti la titolarità e la relativa quota di diritto, la dimensione, la destinazione d'uso, il valore catastale, la quotazione dell'Osservatorio del Mercato Immobiliare degli immobili oggetto di dismissione, nonché le modalità ed i criteri di partecipazione della Cassa Depositi e Prestiti alla procedura di acquisizione dei predetti immobili.
9/1690-A/12Brugnerotto, Barbanti, Cariello, Currò, Castelli, D'Incà, Sorial.


   La Camera,
   in occasione dell'esame del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione;
   premesso che:
    il decreto in esame ha come obiettivo la correzione dell'indebitamento netto e del saldo netto da finanziare in misura di 0,1 punti percentuali del PIL nell'anno 2013;
    nel preambolo del decreto-legge si ritiene necessario ed urgente adottare misure per il «riequilibrio della finanza pubblica», in conformità ai parametri fissati dall'Unione europea;
    si rileva che ai sensi dell'articolo 79 del Regolamento della Camera, in sede di esame dei provvedimenti assegnati in sede referente, ai sensi del comma 4, «la Commissione provvede ad acquisire gli elementi di conoscenza necessari per verificare la qualità e l'efficacia delle disposizioni contenute nel testo»;
    nel caso particolare, si dispone nel medesimo comma che: «l'istruttoria prende a tal fine in considerazione i seguenti aspetti: ... la conformità della disciplina proposta alla Costituzione, la sua compatibilità con la normativa dell'Unione europea e il rispetto delle competenze delle regioni e delle autonomie locali»;
   considerato che:
    per quanto sopra, si rileva che il preambolo del decreto-legge in esame è carente dei presupposti normativi di riferimento, che impongono all'Italia di rientrare immediatamente nel limite del 3 per cento del deficit per il 2013, a cui il Governo provvede nell'ultimo trimestre dell'anno finanziario tagliando le spese del bilancio dello Stato e modificando i parametri correlati ai vincoli del patto di stabilità dei comuni a soli 2 mesi dalla chiusura dell'anno;
    peraltro non sono citate le risoluzioni approvate in relazione sia al DEF 2013 che alla relativa Nota di aggiornamento, in cui si delineano gli impegni dettati al Governo dal Parlamento in materia di programmazione economica e finanziaria;
    nel settore della programmazione economica e finanziaria vige la disciplina contenuta nella legge 196 del 2009, che dispone lo strumento della programmazione economica e finanziaria triennale e non accidentale,

impegna il Governo

nella presentazione dei prossimi decreti legge, da sottoporre all'approvazione del Parlamento, ad inserire nel relativo preambolo tutti i riferimenti normativi, che impongono al Governo di intervenire con le disposizioni contenute nei medesimi.
9/1690-A/13Cariello, Castelli, D'Incà, Sorial, Currò, Brugnerotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame dell'Assemblea reca misure volte a consentire, in conformità ai parametri dell'Unione europea, il contenimento del deficit del bilancio 2013 entro un valore non superiore al 3 per cento del PIL;
    alle suindicate disposizioni il medesimo decreto-legge reca inoltre ulteriori disposizioni in materia di finanza locale, di pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni territoriali nonché, infine, misure volte a fronteggiare le esigenze indotte dal fenomeno dell'immigrazione;
    l'articolo 1 in particolare, incrementa di 20 milioni di euro per l'anno 2013 il Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati ed istituisce un Fondo immigrazione con una dotazione di 190 milioni di euro per l'anno 2013;
    gli effetti negativi e penalizzanti della suindicata norma, determineranno in realtà lo svuotamento del Fondo per i rimpatri, la cui capienza sarà prevista attraverso il prelievo della destinazione per il supporto alle vittime della mafia e dell'estorsione;
    ridurre pesantemente le risorse per il rimpatrio dei clandestini immigrati essendo sostituite dai fondi volti a determinare migliori accoglienze rischia fortemente di pregiudicare i livelli di sicurezza del territorio, che rinuncia a determinare la propria capacità di ospitalità accorpandola con la dignità che deve essere garantita ai cittadini del nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, nei prossimi provvedimenti di finanza pubblica interventi di natura finanziaria, volti ad accrescere i livelli di sicurezza derivanti dall'accentuarsi del fenomeno dell'immigrazione clandestina la cui irregolarità determina spesso manifestazioni riconducibili a comportamenti delinquenziali ed i cui standard di pericolosità e di attenzione sociale ed economica del Paese destano evidenti segnali di preoccupazione a livello nazionale.
9/1690-A/14Nastri.


   La Camera,
   in occasione dell'esame del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante misere urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione,

impegna il Governo

a modificare la disciplina del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura, al fine di adottare modalità di attuazione che consentano il pieno utilizzo da parte degli interessati del sostegno ivi previsto.
9/1690-A/15Castelli, Currò, Cariello, D'Incà, Sorial, Brugnerotto, Nesci.


   La Camera,
   in occasione dell'esame del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante misere urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione,

impegna il Governo

a verificare, secondo gli indirizzi che potranno essere espressi dalla Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, la disciplina del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura, al fine di adottare modalità di attuazione che consentano il pieno utilizzo da parte degli interessati del sostegno ivi previsto.
9/1690-A/15. (Testo modificato nel corso della seduta) Castelli, Currò, Cariello, D'Incà, Sorial, Brugnerotto, Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    il contributo destinato alle Unioni di comuni ed alle fusioni per il 2013 è stato ridotto dai 30 milioni di euro degli anni precedenti a 10 milioni di euro;
    tale riduzione è in aperta e ingiustificata contraddizione con l'aumento, nel frattempo intervenuto, del numero di Unioni e fusioni, nonché con la normativa indirizzata a promuovere e sostenere i processi associativi e di aggregazione dei piccoli comuni, penalizzando proprio le amministrazioni che per prime si sono mosse in questa direzione;
    nel corso dell'esame del presente provvedimento le disponibilità finanziarie destinate a queste finalità sono state incrementate solo nella misura di 5 milioni di euro,

impegna il Governo

a incrementare nella ulteriore misura di almeno 15 milioni di euro il contributo spettante alle Unioni e fusioni ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, con i provvedimenti all'esame del Parlamento da licenziare entro il 31 dicembre 2013.
9/1690-A/16Mauro Guerra, Squeri, Fabbri.


   La Camera,
   premesso che:
    il contributo destinato alle Unioni di comuni ed alle fusioni per il 2013 è stato ridotto dai 30 milioni di euro degli anni precedenti a 10 milioni di euro;
    tale riduzione è in aperta e ingiustificata contraddizione con l'aumento, nel frattempo intervenuto, del numero di Unioni e fusioni, nonché con la normativa indirizzata a promuovere e sostenere i processi associativi e di aggregazione dei piccoli comuni, penalizzando proprio le amministrazioni che per prime si sono mosse in questa direzione;
    nel corso dell'esame del presente provvedimento le disponibilità finanziarie destinate a queste finalità sono state incrementate solo nella misura di 5 milioni di euro,

impegna il Governo

a incrementare ulteriormente per il 2013 il contributo spettante alle Unioni e fusioni ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, con i provvedimenti all'esame del Parlamento da licenziare entro il 31 dicembre 2013.
9/1690-A/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Mauro Guerra, Squeri, Fabbri.


INTERPELLANZE URGENTI

Elementi ed iniziative in merito alle finalità della visita del rappresentante diplomatico del Governo eritreo presso l'isola di Lampedusa – 2-00311

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per l'integrazione, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   è di questi giorni la denuncia di don Mussie Zerai, il sacerdote eritreo presidente e fondatore dell'agenzia umanitaria Habesshia per la cooperazione allo sviluppo, che dalle pagine de Il Secolo XIX e da quelle del sito della sua associazione ha richiamato l'attenzione sul fatto che circa dieci giorni dopo la morte dei 365 migranti nella tragedia di Lampedusa, non appena l'attenzione mediatica iniziava a calare, Zemede Tekle, il diplomatico che a Roma rappresenta il Governo eritreo, ovvero il regime dittatoriale di Isaias Afewerki, si sarebbe recato a Lampedusa per portare, in via ufficiale, il sostegno e la solidarietà ai sopravvissuti, ma in realtà con ben altri intenti;
   al suo seguito si sarebbe presentata Aster Tesfamariam, quale responsabile della comunità eritrea in Europa, nota invece per essere una collaboratrice dell'ambasciatore, nonché Tedros Goytom, responsabile giovanile del partito al potere;
   come anche riportato dal giornalista Corrado Giustiniani nelle pagine del suo blog su l'Espresso, sembrerebbe che l'ambasciatore e i suoi accompagnatori/collaboratori, dietro l'apparente testimonianza di solidarietà, abbiano, invece, cercato di raccogliere e schedare i nomi dei sopravvissuti e avrebbero cercato di sapere dagli stessi i nomi dei defunti per comunicarli al regime di Isaias Afewerki;
   in Eritrea, come noto, vige un regime politico che limita ogni libertà, totalitario, sanguinario, che avrebbe fatto guadagnare al Paese il non raccomandabile titolo di «Nord Corea africana»;
   i sopravvissuti alla drammatica vicenda di Lampedusa, esasperati dal regime sanguinario di Afewerki, tanto da aver affrontato un viaggio verso l'ignoto proprio per sfuggire allo stesso, e ancora traumatizzati per la tragedia di inizio ottobre 2013, nella quale hanno perso fratelli, sorelle, figlie e genitori, hanno comprensibilmente rifiutato qualsiasi incontro con il diplomatico;
   mentre l'ambasciatore di Asmara, Tekle, girava indisturbato con il suo gruppo per Lampedusa a schedare i sopravvissuti, la Ministra Kyenge avrebbe ricevuto, forse per un errore, in buona fede, i rappresentanti della comunità eritrea capeggiati dal signor Deres Araya, residente da molti anni in Italia, che proprio don Mussie Zerai descrive quale «il vero sostenitore e finanziatore del regime eritreo che è il più sanguinario e totalitario dell'Africa dei nostri tempi» –:
   di quali informazioni dispongano i Ministri interpellati sui fatti riferiti in premessa;
   se si intendano adottare misure e, in caso affermativo, di quale genere e in quali tempi, per verificare se l'ambasciatore Tekle e il suo seguito abbiano schedato i fuggitivi eritrei, che, in quanto richiedenti asilo politico in Europa, non possono che essere visti dal regime di Afewerki come ribelli, con tutte le intuibili conseguenze circa l'incolumità dei familiari rimasti nel territorio eritreo.
(2-00311) «Migliore, Costantino, Pilozzi, Fratoianni, Palazzotto».


Iniziative per garantire il mantenimento dei livelli produttivi e occupazionali della società Franco Tosi meccanica spa – 2-00289

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   fondata nel 1881, la Franco Tosi meccanica spa è un'azienda leader a livello internazionale per l'ingegnerizzazione, la produzione e la vendita di turbine a vapore e turbine idrauliche, inserita in un mercato che prevede per il futuro una forte e continua crescita, soprattutto nei Paesi emergenti;
   il Ministero dello sviluppo economico ha organizzato nell'ultimo anno diversi incontri con i rappresentati della Gammon India limited, società indiana che detiene il controllo della maggioranza dell'azionariato dal 2008, al fine di trovare una soluzione alla critica situazione aziendale, anche attraverso l'ingresso di nuovi partner aziendali nel capitale. Numerosi sono stati gli incontri presso le istituzioni locali, quali regione Lombardia e comune di Legnano, numerose le manifestazioni e gli scioperi organizzate dalle rappresentanze sindacali dell'impresa e numerosi gli articoli di diverse testate giornalistiche, quali Il Sole 24 ore, Il Giorno, La Prealpina, che hanno puntualmente riportato l'evolversi della situazione aziendale. Da quasi due anni è in atto un continuo e sempre più rapido deteriorarsi del patrimonio industriale, tecnologico e commerciale di uno storico marchio di rilievo internazionale;
   in relazione alle vicende della stessa azienda è già stata presentata un'interrogazione parlamentare dall'onorevole Daniele Farina il 29 aprile 2013, che riporta «il 16 aprile presso il Ministero dello sviluppo economico si è svolto un incontro tra la Gammon India limited, la regione Lombardia, la provincia di Milano, i sindacati e l'amministrazione comunale di Legnano e la società Termomeccanica, altra storica azienda italiana, che ha presentato una proposta di acquisto della Franco Tosi meccanica spa;
   nei mesi successivi la proprietà della Franco Tosi meccanica spa, vista negata la richiesta di concordato presentata presso il tribunale di Milano, ha rischiato il fallimento, di fatto scongiurato dal commissariamento: il dottor Filippo D'Aquino, giudice delegato del tribunale di Milano, ha autorizzato il commissario giudiziario, l'avvocato Gian Paolo Barazzoni, a ricercare un affittuario del ramo d'azienda produttivo di Franco Tosi meccanica spa in data 31 luglio 2013. Nel mese di settembre 2013 sono state aperte le offerte presentate per il bando di gara per l'affitto della storica azienda di Legnano; l'interesse è stato manifestato da quattro realtà industriali di carattere internazionale. Il tribunale di Milano ha poi fissato per il 23 ottobre 2013 la data entro la quale si sarebbe dovuto prendere una decisione sulla delicata vicenda;
   tale decisione viene superata dalla nomina da parte del Ministero dello sviluppo economico di un amministratore straordinario, il dottor Andrea Lolli, nel mese di ottobre 2013. Nelle prossime due settimane, si evince dalla stampa, sentito i pareri del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'economia e delle finanze ed ottenute le finanze necessarie, il commissario straordinario potrebbe decidere di traghettare l'azienda fino all'estate del 2014 e prevedere un nuovo bando internazionale, questa volta non destinato all'affitto, ma all'acquisto della Franco Tosi meccanica spa;
   il continuo procrastinare una scelta definitiva da quasi due anni per la storica azienda di Legnano potrebbe risultare catastrofico, dato che i livelli produttivi ed occupazionali dell'azienda sono ridotti al minimo storico, con un fatturato ormai inferiore ai 70 milioni di euro e con circa 400 dipendenti, di cui gran parte in cassa integrazione guadagni straordinaria;
   il know-how tecnologico e produttivo rappresentato da giovani menti potrebbe definitivamente essere disperso, e difficilmente poi recuperato, con l'esodo di ingegneri e tecnici di produzione dall'azienda stessa;
   il valore e la stima del marchio Franco Tosi meccanica spa nei confronti di clienti di spicco internazionale potrebbe perdere sensibilmente di valore di mese in mese;
   gli interessi di creditori privati ed istituzionali – l'esposizione verso Equitalia spa sembra essere superiore ai 40 milioni di euro, mentre il totale dei debiti dell'azienda sembra raggiungere cifre ben più importanti – potrebbero essere ulteriormente lesi nei prossimi mesi;
   potrebbe nel tempo venire meno l'interesse di possibili acquirenti, che già hanno manifestato le loro intenzioni attraverso le procedure previste dal tribunale di Milano per l'affitto ed il successivo acquisto dell'azienda stessa –:
   quali ulteriori iniziative i Ministri interpellati, per quanto di competenza, intendano intraprendere al fine di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e di quelli produttivi della società Franco Tosi meccanica spa ed entro quale data tali iniziative verranno intraprese.
(2-00289) «Cimbro, Cassano, Chaouki, Arlotti, D'Ottavio, Gianni Farina, Bersani, Villecco Calipari, Monaco, Manfredi, Marchi, De Micheli, Gribaudo, Zoggia, Causin, Oliaro, Amendola, Pollastrini, Carlo Galli, De Maria, Carnevali, Bosco, Galperti, Bolognesi, Genovese, Peluffo, Giorgio Piccolo, Scanu, Porta, Realacci, Lacquaniti, Fava, Marcon, Airaudo, Ferrari, Quartapelle Procopio, Giacomelli, Daniele Farina, Moretti, Giampaolo Galli».


Misure a favore del settore dell'elettrodomestico, con particolare riferimento alla situazione degli stabilimenti della multinazionale Electrolux – 2-00302

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   com’è noto, la multinazionale svedese Electrolux, leader nel settore degli elettrodomestici e delle apparecchiature per uso professionale, è da tempo alle prese con la difficile situazione del mercato dell'elettrodomestico, che ha portato in pochi anni a ben tre riorganizzazioni, con notevoli ripercussioni sul piano produttivo ed occupazionale che hanno interessato, in modo particolare, i due stabilimenti di Porcia (Pordenone) e Susegana (Treviso);
   il piano industriale di ristrutturazione presentato dall'azienda alle organizzazioni sindacali di categoria il 10 febbraio 2011 prevedeva, con riferimento specifico a tali siti, il licenziamento di circa 800 lavoratori e il trasferimento della parte più significativa della produzione, il frigorifero free standing, dal sito di Susegana all'Ungheria;
   a seguito del tavolo tecnico di confronto tra i rappresentanti dell’Electrolux e le organizzazioni sindacali, alla presenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro interpellato, avviato il 24 febbraio 2011, è stato raggiunto un accordo, che prevedeva, da un lato, il riallineamento strategico degli stabilimenti di Porcia e di Susegana e, dall'altro, un piano sociale che, oltre al ricorso agli ammortizzatori sociali (cassa integrazione guadagni straordinaria), metteva in campo una serie di strumenti per favorire la ricollocazione dei lavoratori in esubero (ad esempio, lavoro part time, ricollocazione professionale con incentivo economico iniziative di autoimprenditorialità). Tali misure non hanno, tuttavia, prodotto i risultati sperati: nel 2012, infatti, il numero degli esuberi è cresciuto in tutti i siti (Susegana, Porcia, Solaro e Forlì) rispetto ai termini dell'accordo del 2011;
   l'assemblea dei soci Electrolux ha, quindi, presentato un nuovo piano strategico che prevedeva: per l'anno 2012 la volontà di continuare a ridurre i costi e potenziare la propria presenza a Est e nei mercati emergenti; la riduzione della capacità produttiva nei mercati cosiddetti «maturi»; la proroga, fino al 2015, del progetto di riposizionamento produttivo, al fine di diminuire ulteriormente la capacità produttiva nei Paesi ad alto costo e trasferirla in quelli low cost;
   dopo un'intensa trattativa tra sindacati e azienda, il 30 marzo 2012 è stato sottoscritto un nuovo accordo in sede ministeriale, preceduto da un referendum tra i lavoratori negli stabilimenti del gruppo, per gestire i predetti consistenti esuberi. Il nuovo piano sociale, ferma restando la cassa integrazione guadagni straordinaria a rotazione mensile per 120-130 lavoratori alla volta, prevede, altresì, l'utilizzo della cassa integrazione a riduzione d'orario giornaliero con turni di 6 ore in tutti gli stabilimenti del gruppo e offre misure incentivanti l'esodo, fondi, garanzie e consulenza per promuovere l'autoimprenditorialità, nonché formazione finalizzata all’outplacement;
   va rilevato, altresì, che sin dall'accordo del marzo del 2011 la proprietà ha messo a disposizione, a condizioni particolarmente agevolate, le aree inutilizzate degli stabilimenti di Susegana e Porcia, a favore di processi di reindustrializzazione ad opera di soggetti industriali con un piano solido e credibile che siano intenzionati ad assumere lavoratori Electrolux;
   lo stato del comparto nazionale dell'elettrodomestico è noto: il settore soffre da tempo di una crisi di competitività, aggravata negli ultimi quattro anni a causa della rilevante contrazione della domanda e della concorrenza di produzione da Paesi a basso costo del lavoro, ormai di qualità comparabile, al punto che è minacciata la sostenibilità del comparto anche nel breve periodo. Da tempo è, altresì, evidente la necessità di costruire un piano di ampio respiro di politica industriale, capace di dare sostegno e rilancio ad un settore che riveste da sempre in Italia un ruolo strategico e di primaria importanza, con una leadership per investimenti in ricerca e sviluppo e per qualità del prodotto, essendo il secondo comparto manifatturiero, dopo quello dell'automobile, con 130 mila lavoratori addetti tenuto conto dell'indotto, che sta parimenti soffrendo e comprende aziende, come, ad esempio, l’Acc compressors spa di Mei (Belluno), nata da uno spin-off di Electrolux, a sua volta leader europeo nel settore dei compressori per il freddo;
   per tale ragione, sin dall'intesa del marzo del 2011, i Ministri pro tempore del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico hanno stabilito l'opportunità di costituire un tavolo nazionale del settore dell'elettrodomestico;
   in data 17 maggio 2012, nel corso della XVI Legislatura, in risposta all'interpellanza urgente 2-01486, presentata dalla prima firmataria del presente atto di sindacato ispettivo, il rappresentante del Ministero dello sviluppo economico ha riferito che:
    a) «il tavolo con le organizzazioni sindacali e l'azienda è operante e consente di tenere sotto monitoraggio continuo la situazione. La nostra opzione è quella che l'azienda realizzi il piano di allineamento, assestamento e ripresa industriale nei termini concordati nel marzo 2011» e «oltre a confrontarci con l'azienda, ci stiamo confrontando con l'associazione di categoria Ceced Italia, con la quale stiamo ragionando sulle criticità complessive del comparto»;
    b) «la seconda proposta degli interpellanti, ossia quella di valutare, in particolare per i siti di Susegana e Porcia, le iniziative atte a dare corso ad un piano di reindustrializzazione delle aree oggi inutilizzate degli stabilimenti già messe a disposizione dalla proprietà, quali, ad esempio, l'assegnazione delle aree stesse alle società strumentali delle regioni interessate, aventi la mission specifica della promozione dello sviluppo economico, rappresenta un tema che affronteremo senz'altro. Questa è un'indicazione che raccogliamo. Naturalmente il problema generale della reindustrializzazione è già sotto osservazione da parte del Ministero. Questa proposta di assegnare le aree alle società strumentali delle due regioni interessate può essere interessante ed è una proposta su cui lavoreremo»;
    c) «l'altra proposta che viene avanzata dagli interpellanti, quella di attivare presso il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e coinvolgendo le istituzioni, le regioni e via dicendo e, ovviamente, sindacati e aziende, un tavolo nazionale per il settore dell'elettrodomestico viene accolta dal Governo (...) e convocheremo al più presto un tavolo sulla filiera dell'elettrodomestico in cui analizzare la situazione che, come rileva correttamente l'interpellante, è una situazione critica, certamente acuita dalla pesante recessione che colpisce il nostro come gli altri Paesi avanzati dal 2008, ma che richiede anche interventi di fondo, di strategia industriale, perché attinge ad una ridislocazione complessiva delle produzioni rispetto ai mercati di sbocco del settore degli elettrodomestici a livello, non solo europeo, ma internazionale»;
   successivamente, in data 25 luglio 2012, il Governo Monti, accogliendo l'ordine del giorno 9/5312/184, presentato dalla prima firmataria del presente atto di sindacato ispettivo, in sede di esame dell'atto Camera n. 5312-A, si è, inoltre, impegnato, tra l'altro, a valutare l'opportunità di:
    a) avviare immediate misure di contenimento del costo dell'energia, introducendo regimi tariffari speciali per i grandi consumatori industriali di energia elettrica;
    b) sostenere la domanda di mercato, estendendo la detrazione per la ristrutturazione edilizia anche all'acquisto di elettrodomestici da incasso di classe energetica non inferiore ad A+;
    c) prorogare la detrazione per la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni prevista dal comma 353 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007;
    d) sostenere, anche mediante incentivi fiscali per aziende e consumatori (ad esempio, un «eco-prestito decennale»), l'innovazione, la ricerca e lo sviluppo nelle imprese del settore;
    e) favorire l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese del settore;
    f) contrastare la concorrenza sleale e intensificare, altresì, i controlli sui prodotti importati, per garantire qualità e sicurezza ai consumatori;
   tuttavia, il tavolo nazionale permanente a livello governativo per la protezione e lo sviluppo del sistema industriale di questo settore non è stato costituito, né è stato concertato il piano d'azione tra tutti i soggetti interessati per dare risposte al comparto e non sono state messe in atto le azioni necessarie al suo rilancio, con l'unica eccezione contenuta nel decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, dell'estensione della detrazione del 50 per cento dall'irpef prevista per la ristrutturazione edilizia all'acquisto di grandi elettrodomestici di classe energetica A+ (classe A per i forni) finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione per le spese sostenute, fino ad un limite massimo di euro 10.000;
   di recente Ceced Italia (l'Associazione nazionale dei produttori di apparecchi domestici e professionali) ha commissionato autonomamente uno studio sullo stato del mercato e la competitività del settore dell'elettrodomestico, al fine di favorire finalmente l'avvio del tavolo di lavoro nazionale, studio che dovrebbe essere completato nel mese di gennaio 2014;
   nel frattempo, Electrolux, stante il trend allarmante del declino della produzione italiana (tornata ai livelli di 25 anni fa) e di quella europea allocata nel nostro Paese (scesa al 17 per cento), e considerato, altresì, che il divario competitivo si sta allargando (il raffronto tra costo del lavoro per un operaio polacco ed uno italiano è tra 4 euro all'ora e 23 euro all'ora), ha avviato un'investigazione di competitività sostenibile di tutte le fabbriche Emea presenti in Italia, volta a valutare la sostenibilità competitiva delle diverse produzioni ed esplorare tutte le vie percorribili per consolidare i fattori di competitività e le azioni necessarie per permettere nelle aree più critiche un rapido ritorno alla profittabilità. Tale investigazione si concluderà entro aprile 2014, essendo volontà di Electrolux assumere le eventuali decisioni operative che consentano di recuperare competitività in tempo utile per cogliere le opportunità di crescita entro il 2015, incluso ove necessario, a tal fine, il ridimensionamento degli stabilimenti italiani. Tuttavia, in tale contesto, il 28 ottobre 2013, l'azienda ha annunciato alle organizzazioni sindacali ulteriori 461 esuberi, conseguenti alla decisione di delocalizzare in altri siti la produzione, arrivando così il numero complessivo di esuberi del gruppo nei quattro siti italiani a 1.550, a fronte di 6.185 dipendenti Electrolux;
   a tale cifra, già di per sé ingente, va aggiunta la perdita occupazionale ancor più consistente nell'indotto del settore e la prospettiva concreta di una desertificazione industriale del Nordest del Paese, ove l'industria del bianco rappresenta ciò che la Fiat rappresenta per il Nordovest dell'Italia;
   appare, pertanto, non più dilazionabile la messa in campo come sistema Paese di soluzioni di breve e di medio periodo da portare al tavolo di confronto con Electrolux entro l'inizio del 2014, al fine di garantire che sui temi chiave della competitività Governo e sindacati siano disponibili ad azioni concertate, se Electrolux si impegna a sua volta ad investire ancora in Italia. A tal fine va costruito in tempi rapidissimi un vero e proprio «patto» tra Governo, regioni interessate e sindacati, da un lato, ed Electrolux, dall'altro, che – nel breve periodo – metta in campo tutti gli strumenti possibili per evitare l'accelerazione della delocalizzazione delle produzioni del medio di gamma verso l'Est Europa e nel medio periodo progetti un'alternativa di sviluppo concreta per il territorio, salvaguardando in ogni caso la permanenza in Italia del settore strategico della ricerca e dello sviluppo e la produzione manifatturiera di più alto valore aggiunto sull'alto di gamma e sui nuovi prodotti;
   più in generale, va osservato, altresì, che nell'ambito dei gruppi multinazionali hanno particolare rilevanza i fenomeni di rilocazione all'estero di funzioni aziendali, rischi imprenditoriali, beni materiali o immateriali, i quali non scontano oggi nel nostro Paese un livello di imposizione adeguato ai valori attuali o potenziali trasferiti; tale situazione di fatto è agevolata dalle diverse possibili interpretazioni, attualmente sostenibili, della disciplina sui prezzi di trasferimento applicabile alle riorganizzazioni aziendali, ai sensi delle linee guida sui prezzi di trasferimento emanate dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), ad oggi principale riferimento internazionale e domestico in materia;
   appare, perciò, necessario salvaguardare l'interesse nazionale in presenza di tali fenomeni, anche alla luce della legislazione già implementata nella Repubblica federale di Germania, che ha dato prova di salvaguardare l'interesse erariale, economico e sociale in conformità sia alle menzionate linee guida sui prezzi di trasferimento emanate dall'Ocse, sia al diritto comunitario, introducendo un contesto normativo più rigoroso sul piano fiscale, che tuteli, in particolar modo, il know how delle aziende italiane che rappresentano l'eccellenza del tessuto produttivo manifatturiero italiano, al fine di scongiurare che aziende multinazionali possano essere in grado di acquisire e/o replicare a basso costo, attraverso la delocalizzazione delle produzioni, il know how italiano nel mondo –:
   se non ritenga il Presidente del Consiglio dei ministri di avocare a sé l'iniziativa in materia per istituire con estrema urgenza il tavolo nazionale per il settore dell'elettrodomestico, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, coinvolgendo le rappresentanze sindacali e di categoria, nonché le regioni interessate, stante l'urgenza di intervenire in un comparto produttivo strategico per l'industria in Italia, alla pari di Fiat, Alitalia e Telecom, per definire entro i prossimi mesi una strategia di politica industriale di breve e medio periodo e per implementare con urgenza le azioni necessarie per il rilancio del settore, inclusa la sorveglianza di mercato per il sostegno e la difesa del valore aggiunto del prodotto italiano, affinché possa continuare a dare il suo importante contributo alla crescita del Paese e alla salvaguardia dei livelli occupazionali;
   se non ritengano, in occasione del semestre italiano di Presidenza europea, di affrontare la questione del declino del mercato europeo occidentale dell'elettrodomestico e del rischio della desertificazione produttiva nei Paesi dell'Europa occidentale, a causa della delocalizzazione del «bianco» nei Paesi dell'Europa dell'Est, ponendo a tema delle politiche comunitarie, di concerto con il Vicepresidente della Commissione europea, con delega per l'industria e l'imprenditoria Antonio Tajani, la situazione di insostenibile disparità tra i Paesi membri in tema di costo del lavoro e dei servizi;
   se non ritengano di intervenire direttamente nei confronti della proprietà e del management di Electrolux per rendere esplicita la volontà del Paese di mantenere una forte presenza del gruppo in Italia, sollecitando l'operatività del tavolo di confronto già esistente presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dello sviluppo economico tra i vertici dell'azienda Electrolux ed i sindacati, coinvolgendo anche le regioni interessate, in particolare Veneto e Friuli Venezia Giulia, e le amministrazioni locali, con l'obiettivo, da un lato, di verificare l'attuazione da parte di Electrolux del piano di allineamento, assestamento e ripresa industriale nei termini concordati nel marzo 2011, e, dall'altro, di individuare nuove misure di sostegno alla competitività che possono essere messe in campo dalle istituzioni e dalle parti sociali e quelle di competenza dell'azienda, che consentano di salvaguardare i poli produttivi in Italia, in particolare quelli di Susegana e Porcia, ed i livelli occupazionali, potenziando in ogni caso il settore strategico Ricerca e Sviluppo e lavorando, infine, anche sulla proposta di assegnazione delle aree dismesse dalla multinazionale svedese nei due siti alle società strumentali delle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, per dare corso ad un piano di reindustrializzazione, che potrebbe comprendere anche l'ipotesi di interventi di ottimizzazione energetica utili al rilancio degli investimenti;
   se non ritengano, infine, di assumere iniziative per l'introduzione anche in Italia di norme fiscali sulle riorganizzazioni transfrontaliere e delocalizzazioni, che, sull'esempio di quanto già avviene in alcuni Paesi, come la Germania, nel rispetto della normativa comunitaria, salvaguardino l'interesse economico e sociale nazionale, pur senza contraddire i principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento.
(2-00302) «Rubinato, Sandra Savino, Sanga, Ginato, Grassi, Rosato, Brandolin, Zanin, Rizzetto, Prodani, De Menech, Gnecchi, Cominelli, Madia, Lodolini, Valiante, Martella, Mognato, Fioroni, Rigoni, Zanetti, D'Incecco, Fedriga, Marcolin, Gentiloni Silveri, Prataviera, Marantelli, Cova, Maestri, Marco Di Maio, Gigli, D'Arienzo, Dal Moro, Benamati, Peluffo, Crivellari, Moretto, Casellato, Bonafè, Velo, Gasbarra, Milanato, Sbrollini».


Problematiche riguardanti l'obbligo di iscrizione delle società di mutuo soccorso presso il registro delle imprese – 2-00309

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   le società di mutuo soccorso, istituite mediante la legge 15 aprile 1886, n. 3818, hanno svolto da sempre un importante ruolo di coesione sociale e di tutela delle fasce meno abbienti in settori di primaria importanza, quali lavoro e sanità, mediante il nobile principio della mutualità volontaria. Il progressivo miglioramento del livello di scolarizzazione e del servizio sanitario pubblico ha spinto le suddette società ad una rivisitazione delle loro attività istituzionali verso fini culturali, educativi e formativi. A distanza di oltre un secolo dalla loro costituzione, le società di mutuo soccorso, grazie soprattutto ai contributi ed al lavoro gratuito di alcune generazioni di soci, hanno potuto conseguire una maggiore autonomia economico-finanziaria attraverso la costituzione di un patrimonio immobiliare di tutto rispetto;
   l'articolo 23 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, incide pesantemente sulla disciplina relativa alle società di mutuo soccorso, di cui alla legge 15 aprile 1886, n. 3818, prevedendo, tra l'altro, l'obbligo di iscrizione presso il registro delle imprese secondo criteri e modalità stabilite con un decreto del Ministro dello sviluppo economico;
   il citato articolo 23 prevede, a carico delle società di mutuo soccorso, obblighi che risultavano essere in contrasto con la loro autonomia privata sancita dalla legge, nonché la soppressione di segni distintivi importanti e dell'identità delle stesse società di mutuo soccorso, alle quali è fatto obbligo di iscriversi al registro delle imprese, laddove imprese non sono; infatti, la normativa appare alquanto incongruente, perché, da una parte, costituiva obbligo per le società di mutuo soccorso di iscriversi al registro delle imprese, dall'altra, vietava espressamente alle stesse società di svolgere attività d'impresa;
   più in particolare, le norme emanate in attuazione delle suddette linee di politica economica impongono alle società di mutuo soccorso, entro e non oltre il 19 novembre 2013, di:
    a) adottare esclusivamente nel proprio statuto, quale oggetto sociale, una o più attività previste dal nuovo articolo 1 della legge n. 3818 del 1886, così come modificato del decreto-legge n. 179 del 2012;
    b) iscriversi presso apposita sezione del registro delle imprese mediante il deposito del proprio statuto ed atto costitutivo conformi ai nuovi dettami;
    c) divieto di svolgere qualunque attività d'impresa;
    d) devolvere il proprio patrimonio in caso di liquidazione o di perdita della natura di società di mutuo soccorso;
   sono numerose le società di mutuo soccorso, i cui statuti non rispondono ai dettami delle nuove disposizioni normative, che hanno difficoltà ad adeguare in tempi brevi i propri statuti, a causa del gran numero di soci e degli elevati quorum deliberativi necessari a recepire le suddette disposizioni;
   a seguito dell'approvazione del decreto-legge n. 179 del 2012, in tutto il Paese si è determinato un clima di sfiducia e d'incertezza e una grave situazione di disagio per le oltre 1.100 società di mutuo soccorso ancora operanti nel nostro Paese, le quali, anche a seguito dell'esclusione dal tavolo della riforma dei coordinamenti regionali che le rappresentavano, il 17 novembre 2012 hanno dato vita all'Aisms (Associazione italiana delle società di mutuo soccorso);
   il nuovo soggetto giuridico di rappresentanza, dopo essersi attivato per portare a conoscenza di tutti gli organismi istituzionali interessati i motivi di doglianza delle oltre 100 società a essa aderenti (numero in continua crescita) e dopo aver inviato al Consiglio dei ministri una richiesta di rinvio di 24 mesi della data prevista per l'iscrizione delle società al registro delle imprese (19 novembre 2013), si è visto costretto a rivolgersi all'autorità giudiziaria per richiedere che siano dichiarate non applicabili le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge n. 3818 del 1886 riformata, considerato che sarebbero costituzionalmente illegittime;
   le società di mutuo soccorso non intendono sottrarsi ad una regolamentazione normativa, purché sia adeguata alla loro specifica realtà, nella convinzione che le stesse società, se adeguatamente disciplinate e supportate, possano diventare parte integrante del welfare nazionale –:
   se il Ministro interpellato non ritenga necessario valutare, al fine di tutelare i diritti inviolabili sanciti dalla Costituzione, di assumere iniziative normative per la concessione di una proroga biennale alle società di mutuo soccorso per l'adozione delle nuove disposizioni previste dall'articolo 23 del decreto-legge n. 179 del 2012;
   se il Ministro interpellato non ritenga necessario chiarire, anche a mezzo di iniziativa normativa, le conseguenze derivanti dalla mancata adozione nei termini di legge delle disposizioni previste dalla nuova formulazione degli articoli 1 e 2 della legge 15 aprile 1886, n. 3818;
   se il Ministro interpellato non ritenga necessario chiarire, anche a mezzo di iniziativa normativa, quale sia l'ambito di applicazione del divieto di svolgimento di qualunque attività d'impresa di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 15 aprile 1886, n. 3818, precisando se, così come previsto per gli enti associativi senza fini di lucro, sia consentito lo svolgimento, in via del tutto sussidiaria ed accessoria rispetto alle finalità istituzionali, di attività diverse da quelle previste dall'articolo 2195 del codice civile effettuate nei confronti dei soci ed in conformità alle finalità istituzionali dell'ente, senza specifica organizzazione e verso il pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione;
   se non ritenga necessario chiarire, in questa fase transitoria, quale sia l'organo competente ad effettuare il controllo di legalità degli statuti eventualmente depositati senza l'intervento notarile, in quanto ritenuti conformi ai dettami di legge da parte degli organi direttivi delle società stesse, ossia se tale competenza spetti al registro delle imprese all'atto della ricezione della documentazione ovvero ai revisori ministeriali o delle associazioni maggiormente rappresentative in sede di primo controllo.
(2-00309) «Giancarlo Giorgetti, Rondini, Busin, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera».


Iniziative di competenza in ordine alla prospettata riduzione dei treni intercity da parte di Trenitalia – 2-00276

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   l'articolo 16 della Costituzione, sancendo che «Ogni cittadino può circolare (...) liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale», salvo deroga imputabile a motivi di sanità e sicurezza, configura il diritto alla mobilità, ponendo conseguentemente in capo allo Stato l'onere di costituire le condizioni di diritto e di fatto ad esso conseguenti;
   un sistema di mobilità pubblica moderna ed efficiente rappresenta un obiettivo strategico per la costruzione di politiche tese a promuovere sviluppo sostenibile, strategie di crescita economica e di progresso sociale, migliori condizioni di tutela della salute dei cittadini;
   sono 2 milioni e 903 mila i pendolari che utilizzano quotidianamente in Italia i servizi su rotaia: a dirlo è il rapporto «Pendolaria 2012» di Legambiente, che dal 2007 a oggi ha registrato un incremento del 20 per cento del numero dei viaggiatori giornalieri italiani;
   in particolare, il servizio dei treni intercity rappresenta, per un'ampia e diversificata fascia di utenza, su tutto il territorio nazionale, un mezzo di trasporto pubblico fondamentale per garantire il diritto alla mobilità ai cittadini che sono costretti quotidianamente ad affrontare spostamenti per motivi di lavoro, studio o salute;
   l'offerta di servizi per i pendolari è, infatti, basata essenzialmente sul trasporto pubblico regionale su ferro, finanziato dalle regioni, e sull'interazione con i treni intercity, che, sulle lunghe percorrenze di carattere interregionale, rappresentano, peraltro, l'unico mezzo disponibile presso molte stazioni capoluogo di provincia o con un bacino di area vasta anch'esso interregionale;
   il contratto di servizio pubblico – si legge sul sito internet di Trenitalia – è un atto stipulato tra l'autorità pubblica (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dell'economia e finanze) e Trenitalia, allo scopo di garantire il diritto alla mobilità, tramite servizi di trasporto effettuati per soddisfare esigenze sociali, ambientali e di assetto del territorio, e per far fronte all'esigenza di garantire particolari condizioni e tariffe a specifiche categorie di passeggeri. Nella misura in cui tali servizi siano in contrasto con l'interesse commerciale dell'impresa, l'autorità pubblica, a fronte dell'obbligo di produzione di detti servizi, è tenuta a corrispondere a Trenitalia un'adeguata compensazione economica;
   con il contratto di servizio pubblico l'azienda è impegnata a garantire:
    a) l'adozione di una politica di prezzi, legata al raggiungimento degli obiettivi fissati nel contratto;
    b) la manutenzione ordinaria e straordinaria del materiale rotabile, che deve rispondere a caratteristiche di sicurezza, pulizia ed efficienza;
   il contratto di servizio segnala, inoltre, che «Trenitalia monitora costantemente la performance erogata per questi servizi, comunicando trimestralmente all'autorità competente i risultati di questa analisi. Sono oggetto del contratto di servizio pubblico tutti i treni notte e la maggior parte dei treni intercity»;
   nonostante ciò, si è verificato, negli ultimi anni, un progressivo ed inequivocabile ridimensionamento dei servizi ferroviari interregionali e nazionali (soprattutto nei treni intercity) non rientranti nell'alta velocità, che ha penalizzato, soprattutto, gli utenti pendolari italiani che devono quotidianamente raggiungere le regioni limitrofe;
   tali riduzioni si sommano ai già molti disservizi, a cui sono sottoposti giornalmente i passeggeri che viaggiano sui treni intercity tra cui: lunghi tempi di percorrenza; mancanza di puntualità; soppressione senza preavviso delle corse; carenza di informazione, non garanzia di partenza delle coincidenze; guasti tecnici; carrozze non adeguate e poco pulite; sovraffollamento dei convogli; condizioni precarie delle infrastrutture ferroviarie; aumenti delle tariffe non giustificati dalla bassa qualità e riduzione dei servizi offerti;
   tali disfunzioni e inefficienze inducono, quindi, spesso i passeggeri a ricorrere al trasporto regionale, che risulta, però, scadente per ciò che concerne la qualità del materiale rotabile, decoro di viaggio, disponibilità di convogli, affollamento, riduzione delle corse, aumento dei tempi di percorrenza, ritardi molto pesanti e sistematici, guasti alle locomotrici e alle vetture;
   va, inoltre, sottolineato che, a causa dell'inadeguatezza infrastrutturale delle ferrovie italiane, la frequenza dei treni ad alta capacità che viaggiano sulle linee ad alta velocità ha creato ulteriori problemi al trasporto locale, dal momento che, in molte tratte, il transito degli intercity, soprattutto nelle fasce orarie di maggiore affluenza, è stato spostato sulle linee lente già sature per la presenza dei treni regionali;
   da quanto è emerso, nei giorni scorsi, da organi di informazione Trenitalia avrebbe avanzato l'ipotesi di sopprimere 12 treni interregionali intercity, che riguardano l'utenza di 9 regioni;
   i presidenti delle regioni interessate (Toscana, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e Campania) hanno inviato il 24 ottobre 2013 una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, al Ministro dell'economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, ed all'amministratore delegato di Trenitalia, Vincenzo Soprano, per esprimere la totale contrarietà delle nove regioni interessate all'ipotesi avanzata da Trenitalia di sopprimere 12 treni interregionali intercity: «Con sempre maggior insistenza – riporta la lettera – ci giungono segnali sulla definitiva soppressione di ogni ormai residuo servizio intercity sulla linea dorsale che collega capoluoghi ed importanti centri di Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Campania. Il danno che ne deriverebbe per i cittadini delle nostre regioni, e per i pendolari in particolare, sarebbe di assoluta gravità. Chiediamo di dissipare ogni dubbio sul mantenimento del servizio e comunque di convocare un incontro con la presenza dei vertici Trenitalia»;
   sempre secondo fonti di informazione il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, e l'assessore regionale ai trasporti, Vincenzo Ceccarelli, hanno incontrato, il 24 ottobre 2013, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, ottenendo «rassicurazioni sulla sua volontà di affrontare al più presto la questione». «Non è accettabile – ha spiegato dopo la riunione l'assessore Vincenzo Ceccarelli – ed è del tutto contraddittorio che, da un lato, si emani un decreto per fare sconti agli operatori dell'alta velocità, che genereranno minori introiti per 70 milioni di euro a Rete ferroviaria italiana e risparmi per 50 e 20 milioni di euro a Trenitalia ed al gestore privato, mentre, dall'altro lato, si procede al taglio di servizi essenziali ed irrinunciabili per i cittadini»;
   risulta, quindi, evidente che, qualora fosse attuata un'ulteriore riduzione dei treni intercity da parte di Trenitalia, verrebbero a mancare non solo il principio stesso del diritto alla mobilità, ma anche i contenuti del contratto di servizio sopra citato –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza delle reali intenzioni di Trenitalia di sopprimere collegamenti intercity e nello specifico in quali tratte e quali bacini di utenza coinvolgono tali riduzioni di servizio;
   se i Ministri interpellati non ritengano conseguentemente necessario assumere iniziative urgenti per evitare tali riduzioni di servizio insostenibili per garantire il diritto alla mobilità a milioni di cittadini, a partire da una revisione ed aggiornamento del contratto nazionale di servizio con Trenitalia, per vincolare la società al rispetto di standard qualitativi effettivamente adeguati e promuovere un effettivo ottenimento di miglioramenti nel trasporto ferroviario pubblico.
(2-00276) «Dallai, Donati, Parrini, Faraone, Marco Di Maio, Gelli, Biffoni, Bini, Lotti, Magorno, Ermini, Bonafè, Cenni, Carrescia, Anzaldi, Boschi, Mariani, Braga, Richetti, Malpezzi, De Menech, Bratti, Fontanelli, Coppola, Terrosi, Nardella, Zanin, Ventricelli, Manzi, Carra, Sani, Senaldi».


Iniziative di competenza per garantire un adeguato servizio di trasporto ferroviario in Umbria nonché il pieno rispetto degli standard qualitativi europei sul territorio nazionale – 2-00298

F)

   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni si è registrato un forte degrado del trasporto pubblico su rotaia nella regione Umbria, in particolare per quanto riguarda la linea che collega le stazioni umbre alle città di Roma e Firenze e Perugia/Ancona, via Foligno;
   sono migliaia le persone che ogni giorno si muovono dall'Umbria per dirigersi, per motivi di lavoro o di studio, verso la capitale;
   la tratta è frequentata costantemente anche da un numero rilevante di turisti, nazionali e internazionali, essendo le zone interessate fortemente attrattive dal punto di vista paesaggistico, artistico e religioso;
   sono molte le sollecitazioni pervenute in ordine ai vari disservizi del trasporto ferroviario su tale linea, alla bassa qualità dei treni utilizzati, vetusti e fatiscenti, e alle cattive condizioni igieniche delle vetture, proprio in un momento in cui, anche per la crisi economica esistente, bisogna garantire servizi efficienti e continuativi ai tanti utenti che preferiscono viaggiare in treno piuttosto che in auto;
   negli ultimi anni si sono moltiplicate le denunce di associazioni di consumatori, comitati di pendolari e singoli utenti sull'insostenibilità del servizio ferroviario della linea Firenze-Roma e Ancona/Perugia, via Foligno;
   sono molti i disservizi a cui sono sottoposti giornalmente i passeggeri che viaggiano sui treni intercity della linea direttissima, a contratto di servizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: lunghi tempi di percorrenza, mancanza di puntualità, soppressione senza preavviso delle corse, carenza di informazione, non garanzia di partenza delle coincidenze, guasti tecnici all'ormai obsoleto materiale rotabile dotato di motrici vecchie e carrozze non adeguate e poco pulite, sovraffollamento dei convogli, condizioni precarie delle infrastrutture ferroviarie, aumenti delle tariffe non giustificati dalla bassa qualità e riduzione dei servizi offerti;
   tali disfunzioni e inefficienze inducono spesso gli utenti a ricorrere al trasporto regionale, parimenti scadente per qualità del materiale rotabile, decoro di viaggio, disponibilità di convogli, affollamento, riduzione delle corse, aumento dei tempi di percorrenza, ritardi molto pesanti e sistematici, guasti alle locomotrici e alle vetture;
   a causa dell'inadeguatezza infrastrutturale delle ferrovie italiane, la frequenza dei treni ad alta capacità che viaggiano sulle linee ad alta velocità ha creato ulteriori problemi al trasporto locale, dal momento che, in molte tratte, il transito degli intercity e degli interregionali, soprattutto nelle fasce orarie di maggiore affluenza, è stato spostato sulle linee lente già sature per la presenza dei treni regionali;
   i treni intercity e interregionali subiscono spesso soppressioni di corse, variazioni di orario o notevoli ritardi, tali da rendere estremamente disagevoli i collegamenti tra le città umbre e le regioni limitrofe;
   le carrozze di questi treni sono sovraffollate e spesso vetuste e fatiscenti, con bagni poco igienici e impianti di condizionamento e riscaldamento malfunzionanti e non dimensionati decentemente per resistere a condizioni normali di temperatura invernale ed estiva; in alcuni casi le carrozze di prima classe («revampizzate», non diverse «fisicamente» da quelle di seconda classe) vengono declassate per un viaggio di andata, grazie ad un foglietto applicato sulla porta di interconnessione della carrozza con scritto «2», mentre al viaggio di ritorno diventano nuovamente di prima classe: ciò causa confusione tra i passeggeri ed imbarazzo nei controllori che non riescono a spiegare come la medesima carrozza sia di 1a o di 2a classe a seconda del foglietto di carta applicato sulla porta, piuttosto che ai servizi che dovrebbero essere diversi;
   una quota parte non trascurabile del materiale rotabile dei treni del trasporto regionale, non oggetto di interventi di revisione, è ancora dotata di finestrini tradizionali, senza doppi vetri, e con la possibilità di apertura da parte dei viaggiatori; pertanto, in caso di guasto o malfunzionamento degli impianti di climatizzazione, diventa consuetudine che i viaggiatori aprano i finestrini per ottenere un minimo di refrigerio, causando forti correnti d'aria che possono risultare disagevoli per altri viaggiatori;
   il grave problema che, tuttavia, scaturisce da tale situazione è il forte livello di pressione anche acustico che si produce nelle gallerie della linea direttissima, in speciale modo durante gli incroci con i treni di alta velocità: un impatto teorico a circa 400 chilometri orari, visto che i treni regionali viaggiano a 160 chilometri orari ed i treni ad alta velocità a 250 chilometri orari, per cui la pressione che si produce in tal circostanze, anche a livello acustico, può essere pericolosa per i viaggiatori e per l'apparato uditivo;
   inoltre, persistono con frequenza e diffusione, su tutti i treni intercity e interregionali transitanti per l'Umbria, problemi riguardanti il funzionamento e il bloccaggio delle porte esterne ed interne delle vetture, che spesso sono causa delle soppressioni di corse ferroviarie o dei ritardi dei treni e sono motivo di disagio e anche di pregiudizio per la sicurezza attiva e passiva;
   l'inadeguatezza funzionale della rete ferroviaria nella regione Umbria e il peggioramento del servizio, sia dal punto di vista quantitativo, per disponibilità di convogli e infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo, in termini di affidabilità e pulizia, crea incertezza e precarietà nei collegamenti tra le diverse aree della regione, con gravi conseguenze sui flussi legati all'economia del territorio, al lavoro e al turismo;
   per quanto concerne l'attività ispettiva della regione Umbria sui servizi di Trenitalia, da un comunicato pubblicato sul portale regionale, relativo alle sanzioni applicate a Trenitalia per inadempienze riguardanti il contratto di servizio, si evince che «la regione è costantemente impegnata a verificare il rispetto degli accordi sottoscritti da Trenitalia per la fornitura dei servizi ferroviari, attraverso un'attenta attività ispettiva e di monitoraggio su puntualità e regolarità dei treni, pulizia, comfort di viaggio e affidabilità». Tuttavia, nessuna autorità regionale ha finora specificato come e da chi sia svolta tale attività e come sia possibile agli utenti chiedere l'intervento di tali ispettori. Di fatto, a quanto consta all'interpellante, è pressoché inesistente un'attività ispettiva sulle inadempienze di Trenitalia, nonché il servizio segnalazione dei disservizi, in Umbria come in molte altre regioni italiane –:
   se sia a conoscenza della situazione di emergenza del servizio ferroviario nelle tratte in regione Umbria (sia sulla linea Firenze-Roma, che sulla linea Ancona/Perugia, via Foligno) e dei gravi disagi a cui sono sottoposti giornalmente migliaia di passeggeri, in particolare lavoratori, studenti e turisti, che viaggiano sulla linea che collega le stazioni umbre a tali città;
   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza e nei confronti di Trenitalia, per evitare che continuino a verificarsi quei disservizi e malfunzionamenti dei treni denunciati in premessa, accertando lo stato di manutenzione delle vetture impiegate e di conformità delle stesse, adottando ogni utile provvedimento a tutela degli utenti, della loro sicurezza di viaggio e della regolarità del servizio ferroviario;
   se non ritenga opportuno intervenire presso Trenitalia affinché provveda a garantire alla regione Umbria una sufficiente copertura del territorio in termini di trasporto pubblico, nonché un servizio ferroviario continuativo e non disagevole, con treni adeguati e senza ripetuti e frequenti ritardi, che i passeggeri sono costretti a subire ormai da troppo tempo;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per il potenziamento infrastrutturale delle linee ferroviarie utilizzate dai pendolari, e in particolare delle linee umbre verso la capitale, per l'adeguamento dell'offerta di trasporto pubblico locale, per l'ammodernamento del parco rotabile su gomma, destinando risorse per un serio piano di ristrutturazione delle carrozze e dei servizi ai passeggeri, che metta in condizione i viaggiatori di usufruire di un servizio di trasporto dignitoso ed efficiente;
   quali iniziative intenda assumere nei confronti di Trenitalia al fine di assicurare, su tutto il territorio nazionale, il pieno rispetto degli standard qualitativi europei in merito a puntualità, affidabilità, affollamento, pulizia, comfort, decoro e informazione;
   se non ritenga opportuno rivedere e aggiornare il contratto nazionale di servizio con Trenitalia per vincolare la società al rispetto di tali standard qualitativi, condizionando l'assegnazione di ulteriori risorse a Trenitalia all'effettivo ottenimento di miglioramenti nel trasporto ferroviario pubblico.
(2-00298) «Galgano».


Chiarimenti in merito alla compensazione a favore dei comuni della prevista soppressione della seconda rata IMU sull'abitazione principale e ai criteri di ripartizione del fondo di solidarietà comunale 2013 – 2-00310

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha disposto la riduzione delle risorse destinate ai comuni per un importo pari a 2 miliardi e 250 milioni di euro per l'anno 2013;
   la situazione della finanza pubblica locale risulta estremamente complessa, sia alla luce della pesante riduzione di risorse operata attraverso la rideterminazione dei trasferimenti erariali, sia per il fatto che le amministrazioni locali, proprio per sopperire a tali deficit, in numerosi casi potrebbero essere costrette a rivedere in aumento delle imposte locali, a partire dall'imu;
   la difficoltà attuale degli enti locali è ulteriormente acuita dal fatto che gli amministratori locali si stanno muovendo in quadro normativo estremamente variabile ed incerto, soprattutto con riferimento al gettito della imposta municipale propria, e questo ha portato al differimento del termine per l'approvazione dei bilanci preventivi 2013;
   il decreto-legge n. 102 del 2013 reca un'ulteriore proroga, rispetto a quelle già precedentemente intervenute, del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2013 degli enti locali, fissandolo alla data del 30 novembre 2013, facendo così coincidere tale adempimento con l'approvazione dell'assestamento di bilancio; l'ulteriore proroga deriva dalla necessità di consentire agli enti locali di acquisire maggior certezza sull'entità delle proprie entrate, in considerazione delle numerose modifiche legislative apportate in corso d'anno sulla materia;
   il decreto-legge n. 54 del 2013 ha sospeso – per l'anno 2013 – il versamento della prima rata dell'imu per determinate categorie immobiliari e, secondo quanto previsto dal decreto-legge stesso, tale sospensione opera nelle more di una complessiva riforma della disciplina dell'imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare, da realizzare sulla base di alcuni principi;
   la compensazione disposta copre solo parzialmente le risorse incassate dai comuni per il gettito imu complessivo incassato nel 2012, che, ad aliquota standard del 4 per mille, ammontava per il comparto a circa 3,8 miliardi di euro, e, mentre i comuni che hanno già approvato il bilancio di previsione hanno già impegnate, quando non spese, le risorse iscritte in funzione del gettito imu previsto ad inizio anno, i comuni che devono ancora predisporre i bilanci preventivi non hanno ad oggi conoscenza precisa delle risorse che saranno loro a disposizione come ristoro per il mancato incasso dell'imposta municipale propria; questo potrebbe comportare gravi situazioni di squilibrio economico-finanziario, nel caso in cui il rimborso non fosse in linea con le previsioni attese;
   l'articolo 1, comma 380, lettera b), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, prevede l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, del fondo di solidarietà comunale, il quale è alimentato con una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali;
   il citato articolo 1, comma 380, lettera b), della legge n. 228 del 2012 dispone che con il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono stabiliti i criteri di formazione e di riparto del fondo di solidarietà comunale, tenendo anche conto per i singoli comuni degli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni di cui alle lettere a) ed f) del medesimo comma 380, della definizione dei costi e dei fabbisogni standard, della dimensione demografica e territoriale, della dimensione del gettito dell'imposta municipale propria ad aliquota base di spettanza comunale, della diversa incidenza delle risorse soppresse di cui alla lettera e) sulle risorse complessive per l'anno 2012, delle riduzioni di cui al comma 6 dell'articolo 16 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, dell'esigenza di limitare le variazioni, in aumento ed in diminuzione, delle risorse disponibili ad aliquota base, attraverso l'introduzione di un'appropriata clausola di salvaguardia;
   sono state recentemente comunicate ai comuni le risorse a valere sul fondo sperimentale comunale 2013, determinate sui criteri sopra descritti, e in numerosi enti tali risorse ammontano a zero;
   in numerosi casi, tuttavia, gli enti locali, soprattutto in Veneto, stando a tali quantificazioni, si ritrovano nella paradossale situazione di dover restituire allo Stato risorse, così che, di fatto, il valore del fondo di solidarietà comunale 2013 loro spettante risulta oggi negativo;
   l'articolo 2-bis del decreto-legge n. 102 del 2013 stabilisce come, nelle more di una riforma complessiva della tassazione immobiliare, con riferimento alla seconda rata dell'anno 2013 dell'imu, i comuni possano equiparare all'abitazione principale le abitazioni non di lusso concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado, che le utilizzano come abitazione principale, e a ciascun comune spetta la definizione di criteri e modalità per l'applicazione dell'agevolazione, anche con riferimento al limite dell'indicatore della situazione economica equivalente (isee) al quale subordinare la fruizione del beneficio;
   il comma 2 del provvedimento stabilisce anche il ristoro a favore dei comuni del minor gettito derivante dalla disposizione, nella misura massima di 18,5 milioni di euro per l'anno 2013, e la copertura necessaria è rinvenuta nella riduzione lineare delle dotazioni finanziarie di ciascun Ministero;
   i comuni possono modificare le aliquote di imposta, in aumento o diminuzione, entro margini stabiliti dalla legge e comunque entro il termine massimo del 30 novembre, ma, alla luce delle evidenti difficoltà di redigere i bilanci previsionali, peraltro resa più complessa dal fatto che, a fronte della vigente normativa sugli immobili D, il cui gettito da quest'anno sarà interamente riversato nelle casse dell'erario, è presumibile supporre come numerosi enti locali saranno costretti ad aumentare le aliquote su tutto gli altri immobili al fine di compensare il gettito oggi mancante a seguito delle disposizioni dello Stato centrale, determinando così un aumento della pressione fiscale a carico dei cittadini –:
   se non ritenga opportuno, alla luce dell'incertezza relativamente alle risorse economiche a disposizione dell'ente e dell'imminente scadenza del 30 novembre, precisare chiaramente quando verranno comunicate agli enti locali le risorse a valere per l'esercizio 2013 per la compensazione della prevista soppressione della seconda rata imu sull'abitazione principale;
   se si intendano rivedere le metodologie e i criteri con i quali sono state definite le risorse del fondo di solidarietà comunale 2013, in particolar modo verificando i casi di quei comuni che oggi sono nella situazione di restituire parte delle risorse allo Stato;
   se si intendano adottare iniziative normative per garantire il ristoro a favore di quei comuni che hanno equiparato, per il 2013, le abitazioni principali non di lusso concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale, precisando, altresì, i criteri e le modalità con i quali si provvederà al riparto di tali risorse.
(2-00310) «Giancarlo Giorgetti, Busin, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


Intendimenti del Governo in ordine all'adozione di decreti legislativi in materia di reclutamento, organi collegiali, stato giuridico e trattamento economico del personale della scuola – 2-00312

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   l'8 novembre 2013 il Consiglio dei ministri ha cominciato l'esame collegato alla legge di stabilità, che delega il Governo ad adottare, entro 9 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, «uno o più decreti legislativi al fine di provvedere al riassetto ed alla codificazione delle disposizioni vigenti in materia di istruzione, università e ricerca»;
   in particolare, per il settore istruzione, le materie oggetto di tale «riassetto» dovrebbero essere il reclutamento del personale, gli organi collegiali, lo stato giuridico e il trattamento economico del personale della scuola;
   per quanto attiene al reclutamento del personale scolastico, sembra che sia nell'intenzione del Ministro interpellato avviarne una riforma organica «anche attraverso il ricorso al corso-concorso per l'accesso all'insegnamento presso le istituzioni scolastiche»; espressione che, tra l'altro, lascia pensare alla volontà di introdurre la cosiddetta «chiamata diretta» degli insegnanti da parte del dirigente scolastico; una via già tentata e non riuscita durante la XVI legislatura nella regione Lombardia e contro cui si è scagliato unanime il dissenso del mondo della scuola, consapevole del rischio per il sistema di istruzione pubblico, di non essere più in grado di garantire il rispetto del principio del merito nella scelta degli insegnanti e di vedere sacrificate anche le logiche del clientelismo locale;
   per quanto riguarda la riforma degli organi collegiali, nella bozza del disegno di legge in questione si parla di «mantenimento delle sole funzioni consultive» ed è, quindi, evidente la volontà di una modifica sostanziale all'attuale normativa con la definitiva rinuncia al principio democratico della collegialità, che, a partire dall'istituzione degli organi collegiali della scuola (decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 416), è stato posto a fondamento irrinunciabile per il buon funzionamento delle nostre istituzioni scolastiche e con il sacrificio definitivo del principio della libertà di insegnamento, garantito dalla Costituzione, ed esercitato in particolare nell'ambito del collegio dei docenti, attraverso la definizione degli obiettivi e delle scelte didattico-educative della scuola;
   per quanto riguarda la riforma dello stato giuridico dei docenti, si vorrebbe intervenire nella «precisa definizione dei rapporti tra le diverse fonti di disciplina pubblicistica e negoziale»; ciò permetterebbe, ad avviso degli interpellanti, con un'operazione di dubbia legittimità, al Governo-legislatore, che è anche, in questo caso, il datore di lavoro, di intervenire, senza alcuna mediazione, sul contratto di lavoro dei propri dipendenti;
   inoltre, la delega vorrebbe intervenire per semplificare una serie di procedimenti in materia finanziaria, di bilancio e controlli, valutazione, organizzazione delle università, contributi universitari, reclutamento dei docenti e ricerca universitaria; per il settore della ricerca, le materie interessate dalla semplificazione dovrebbero essere: il finanziamento, il personale degli enti, la durata del programma nazionale della ricerca e la gestione delle risorse finanziarie;
   appare, quindi, subito evidente che gli argomenti oggetto di questo disegno di legge sono particolarmente delicati e di interesse collettivo; ad avviso degli interpellanti, è pertanto necessario che attorno ad essi venga attivato un costruttivo dibattito fuori e dentro le istituzioni, evitando a tutti i costi intraprendere strade come quelle del trasferimento alla sede legislativa, che, pur del tutto legittime sul piano regolamentare, di fatto rendono meno accessibile l'argomento all'attenzione dell'opinione pubblica;
   il sistema di istruzione italiano ha bisogno di essere adeguatamente rifinanziato per allineare gli investimenti a quelli degli altri Paesi dell'Ocse, prima di qualsiasi altra illusoria riforma a costo zero come quelle degli ultimi Governi (si confrontino le riforme Gelmini della scuola primaria – decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137 – della scuola secondaria di secondo grado – decreti del Presidente della Repubblica n. 88 e n. 89 del 2009) che hanno avuto il deprecabile effetto non solo di sottrarre alla scuola più di 130 mila unità negli organici del personale, ma anche di depotenziare e dequalificare l'intero sistema di istruzione italiano e di farlo piombare in coda alle classifiche internazionali;
   è del 18 novembre 2013 la notizia che, con una nota sintetica, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha fatto sapere che il testo del disegno di legge delega circolata negli ultimi giorni e a cui si fa riferimento è da ritenersi «del tutto superato» –:
   quali siano i motivi che hanno spinto il Ministro interpellato ad affidare tali materie ad un disegno di legge delega, peraltro collegato alla legge di stabilità e pertanto caratterizzato da specifici vincoli procedurali durante il dibattito parlamentare, tradendo in tal modo, ad avviso degli interpellanti, in maniera definitiva le aspettative che il mondo della scuola aveva riposto in questo nuovo Governo e nella sua volontà dichiarata di operare una netta inversione di tendenza rispetto ai precedenti in materia di politica scolastica;
   se il Ministro interpellato non ritenga opportuno precisare quali siano le modifiche che intende apportare, tali da far ritenere «del tutto superata» la bozza di legge delega che è circolata presso gli organi di stampa in questi giorni.
(2-00312) «Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Vacca, Di Benedetto, Marzana, D'Uva, Battelli, Chimienti, Rostellato, Tripiedi, Cominardi, Bechis, Rizzetto, Cecconi, Di Vita, Baroni, Dall'Osso, Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Mantero, Dadone, Nuti, Dieni, Fraccaro, Lombardi, Toninelli, Cozzolino, D'Ambrosio, Mucci, Di Battista».


Chiarimenti e iniziative in merito alle misure di razionalizzazione e di revisione della spesa, anche con riferimento ai fabbisogni e ai costi standard – 2-00286

I)

   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni, la necessità di un'analisi puntuale dei meccanismi che incidono sull'andamento della spesa pubblica e l'esigenza di individuare interventi mirati al contenimento e alla sua progressiva riqualificazione sono state più volte al centro dell'attenzione del legislatore, divenendo tema fondamentale della politica finanziaria e di bilancio, reso ancora più stringente alla luce del percorso di consolidamento dei conti pubblici necessario ai fini del rispetto degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea;
   a fronte delle difficoltà riscontrate nel perseguire un raffreddamento delle dinamiche della spesa pubblica, è emersa la necessità di potenziare il monitoraggio dei flussi di finanza pubblica e di elaborare nuovi strumenti, di carattere più strutturale e selettivo, finalizzati a consentire un più penetrante controllo anche qualitativo della spesa; ed è in questa prospettiva che si colloca l'avvio, sin dalla XV legislatura, di un programma straordinario di analisi e valutazione della spesa, comunemente denominato, sulla base di analoghe esperienze internazionali, «spending review»;
   tale programma – che s'innestava nella cornice di un'estesa riclassificazione in senso funzionale del bilancio dello Stato, articolato in missioni e programmi – veniva fin dall'inizio configurato come uno strumento di programmazione economico-finanziaria, volto a fornire una metodologia sistematica per migliorare sia il processo di decisione delle priorità e di allocazione delle risorse, sia la performance delle amministrazioni pubbliche in termini di economicità, qualità ed efficienza dei servizi offerti ai cittadini;
   tra gli obiettivi sottesi alla spending review vi è quello di superare sia la logica dei tagli lineari alle dotazioni di bilancio, sia il criterio della «spesa storica»;
   nel corso della XVI legislatura, il processo di analisi e revisione della spesa è stato dapprima incorporato e reso permanente nel sistema delle decisioni di bilancio ad opera della nuova legge di contabilità e finanza pubblica, legge n. 196 del 2009, e successivamente rilanciato, anche in ragione delle persistenti esigenze di consolidamento dei conti pubblici, con misure specifiche e nuove modalità operative introdotte in larga parte attraverso provvedimenti d'urgenza;
   la legge n. 196 del 2009 ha previsto l'istituzionalizzazione del processo di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali, attraverso la costituzione di apposite strutture specializzate (nuclei di analisi e valutazione della spesa) e la sua graduale estensione alle altre amministrazioni pubbliche;
   i risultati conseguiti dai nuclei di analisi e valutazione della spesa ed esposti nelle relazioni annuali sono utilizzati ai fini dell'elaborazione del rapporto triennale sulla spesa delle amministrazioni dello Stato – documento di sintesi dell'attività triennale di spending review volto ad illustrare la composizione e l'evoluzione della spesa, i risultati conseguiti con le misure adottate ai fini del suo controllo e quelli relativi al miglioramento del livello di efficienza delle amministrazioni – previsto anch'esso dalla legge di contabilità e presentato alle Camere, per la prima volta, nell'agosto 2012;
   alla normativa in tema di analisi e revisione della spesa si sono affiancati, a partire dall'estate del 2011, specifici interventi legislativi che, oltre ad ampliarne l'ambito di operatività, hanno definito modalità applicative di carattere speciale rispetto alla disciplina generale sopra richiamata, facendo in particolare leva sulla diffusione del metodo dei fabbisogni e dei costi standard utilizzato e sancito sul piano normativo, con rifermento agli enti territoriali, dalla legge delega n. 42 del 2009 di attuazione del federalismo fiscale;
   in particolare, un primo insieme di misure è contenuto nel decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, che ha previsto, a decorrere dall'anno 2012, l'avvio di un ciclo di spending review mirato alla definizione dei fabbisogni standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato. In questa prospettiva, l'attività di analisi e revisione della spesa – affidata al dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze – viene finalizzata a individuare, tra l'altro, le eventuali criticità nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici, le possibili duplicazioni di strutture e le strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse disponibili. Per le amministrazioni periferiche dello Stato si prevede, invece, la proposizione di specifiche metodologie per quantificarne i relativi fabbisogni, anche ai fini dell'allocazione delle risorse nell'ambito della loro complessiva dotazione;
   il complesso normativo appena illustrato è stato in seguito integrato da ulteriori disposizioni introdotte dal decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, che ha a sua volta riproposto, seppur con talune modifiche, alcune norme contenute nel precedente decreto-legge n. 98 del 2011;
   in particolare, il decreto-legge n. 138 del 2011, riproponendo, con talune varianti, quanto disposto dal precedente decreto-legge n. 98 del 2011, ha previsto che la Ragioneria generale dello Stato dia inizio, a partire dall'anno 2012, d'intesa con i Ministeri interessati, a un ciclo di spending review mirata alla definizione dei «costi standard» dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, prevedendo, al contempo, per gli anni 2012 e 2013, una serie di obiettivi di riduzione delle spese relative alle missioni di ciascun Ministero, nonché, per gli anni 2014, 2015 e 2016, di contenimento dell'aumento in termini nominali della spesa primaria del bilancio dello Stato, da realizzare nella misura delle risorse finanziarie discendenti dall'attuazione del citato programma per la riorganizzazione della spesa pubblica e del ciclo di revisione della spesa mirato alla definizione dei costi standard delle amministrazioni centrali;
   un ulteriore filone di interventi in materia di spending review si è registrato nell'ultimo anno della XVI legislatura, anche a seguito della presentazione, in data 30 aprile 2012, del citato rapporto, che ha inteso affrontare il problema della spesa pubblica dal punto di vista delle singole attività, funzioni o organizzazioni nelle quali l'offerta di beni e servizi al cittadino si organizza;
   il rapporto presenta un'analisi del livello e della struttura della spesa pubblica italiana, evidenziando, in particolare, come l'attuale dimensione della spesa e della sua struttura costituisca oggi un «ostacolo ad uno scenario di ripresa ciclica dell'economia». L'importo presumibile della spesa che può essere oggetto di revisione nel breve e lungo termine, la cosiddetta «spesa aggredibile», viene quantificato in circa 295 miliardi di euro;
   pressoché contestualmente alla presentazione del rapporto, il 3 maggio 2012, è stata adottata una direttiva del presidente del Consiglio dei ministri, che ha disciplinato l'attività di revisione della spesa delle amministrazioni centrali da realizzare nell'arco del periodo 1o giugno-31 dicembre 2012, al fine di conseguire un obiettivo di riduzione della spesa indicato in un importo pari a 4,2 miliardi di euro per l'anno 2012;
   la direttiva ha indicato ai dicasteri le linee da seguire per contenere le spese di gestione. Gli interventi enunciati contemplano la riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi, la revisione dei programmi di spesa, il ridimensionamento delle strutture dirigenziali esistenti, la riduzione, anche mediante accorpamento, degli enti strumentali e vigilati e delle società pubbliche, la ricognizione degli immobili pubblici in uso alle pubbliche amministrazioni al fine di possibili dismissioni, nonché la riduzione della spesa per locazioni e l'eliminazione di spese di rappresentanza e per convegni;
   con due appositi provvedimenti d'urgenza si è, dunque, provveduto ad avviare il nuovo ciclo di spending review; in particolare, in una prima fase, con il decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 2012, recante «Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica», è stata istituito un comitato interministeriale per la revisione della spesa pubblica, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, al quale è stato attribuito il compito di svolgere attività di indirizzo e di coordinamento, in particolare, in materia di revisione dei programmi di spesa e dei trasferimenti a imprese, razionalizzazione delle attività e dei servizi offerti, ridimensionamento delle strutture, riduzione delle spese per acquisto di beni e servizi, ottimizzazione dell'uso degli immobili e nelle altre materie individuate dalla citata direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 maggio 2012;
   nell'ambito di tale comitato, è stato delegato alla spending review il Ministro per i rapporti con il Parlamento, cui è stato attribuito il coordinamento dell'azione del Governo in materia di programma di Governo e analisi e studio per il riordino della spesa pubblica. Contemporaneamente, è stata prevista la nomina del commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche, designato dal Governo Monti nella persona di Enrico Bondi (poi dimessosi nel gennaio 2013 e sostituito dal ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio), con il compito di definire per voci di costo il livello di spesa per acquisti di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni, nonché di coordinarne l'attività di approvvigionamento e di assicurarne una riduzione;
   in un secondo momento, con il decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», si è proceduto all'adozione di una serie di misure di contenimento e riorganizzazione della spesa pubblica volte a realizzare, per quanto concerne il comparto delle amministrazioni centrali, gli obiettivi indicati nella direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 maggio 2012, nonché, per ciò che attiene al generale settore della pubblica amministrazione, ad operare una rimozione della spesa per beni e servizi, anche sulla base delle risultanze dell'analisi svolta del commissario straordinario per la spending review;
   il Consiglio dei ministri del 4 ottobre 2013 ha nominato Carlo Cottarelli, già responsabile del dipartimento finanza pubblica del Fondo monetario internazionale, nuovo commissario straordinario per la spending review;
   l'esperienza dei suoi predecessori dimostra che il compito non è affatto semplice: le misure messe in atto hanno infatti raramente inciso sulla spesa pubblica improduttiva. Va anche detto che tali lavori hanno avuto il merito di evidenziare determinati margini di razionalizzazione e di avviare una proficua dialettica con le amministrazioni coinvolte; ad ogni modo, se l'approccio basato sulla partecipazione e il coinvolgimento delle amministrazioni non dovesse produrre i risultati attesi, allora si potrà pensare di procedere con riduzioni di spesa selettive e guidate dai risultati delle evidenze empiriche; il gruppo di lavoro del commissario Bondi ha comunque «censito» circa 60 miliardi di euro dei 136 miliardi di euro destinati all'acquisto di beni e servizi intermedi, e ha riscontrato «eccessi di spesa» nell'ordine del 25-40 per cento (con un record in Sicilia dove è stimato circa il 51,8 per cento di spesa anomala registrata sul totale di tutte le regioni a statuto speciale);
   la spesa pubblica italiana è un unicum mondiale dove, su 807 miliardi di euro totali, oltre 330 miliardi di euro sono destinati a oneri sul debito e a pensioni; la manovrabilità è limitata, ma sulla carta sono aggredibili, in tempi brevi, almeno 100 miliardi di euro; la sanità è il principale imputato perché conta una spesa annua di oltre 106 miliardi di euro (destinati alle regioni) e anche un semplice intervento sui servizi non sanitari, secondo il rapporto del commissario Bondi, avrebbe potuto fruttare 3,2 miliardi di euro solo grazie alla rinegoziazione dei contratti di pulizia, mensa e manutenzione degli ospedali;
   il 1o agosto 2013, la Conferenza Stato-regioni aveva rinviato a settembre, per «necessari approfondimenti tecnici», la discussione del documento del Ministero della Salute, utile per individuare le tre regioni di riferimento per la determinazione del «fabbisogno sanitario standard» (le regioni in lizza per il benchmark sanitario al momento sono cinque, in quest'ordine: Umbria, Marche, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto); ad oggi, però, non risulta essere stata ancora presa alcuna decisione in merito;
   sempre sul tema dei costi standard, è stata effettuata una prima ricognizione relativa ai settori di polizia locale e «amministrazione generale»; si attendeva un ulteriore passo in merito al tema «istruzione» e alle altre funzioni fondamentali, ma ad oggi non ancora arrivati alla loro approvazione definitiva;
   il processo dell'attribuzione di risorse basate sull'individuazione dei fabbisogni standard, finalizzato alla ridefinizione degli assetti e delle potestà fiscali tra amministrazione centrale ed autonomie territoriali, strettamente legato all'intero impianto della spending review, risulta quindi ancora in itinere;
   dopo un susseguirsi pressoché ininterrotto di norme ed interventi di vario genere sopra riportati, spending review e individuazione dei fabbisogni e dei costi standard sono ancora oggi al centro del dibattito. Sembra che il tutto sia ancora in fase di «prova», di «monitoraggio» e fermo, come se non fosse abbastanza chiaro che razionalizzare la spesa pubblica con un processo celere e rigoroso sia un obbligo morale oltre che una necessità contabile e un dovere che si ha nei confronti del nostro Paese;
   considerato il proficuo lavoro fin qui svolto da chi ha esaminato con grande attenzione i comparti e le voci di spesa «aggredibili», è necessaria una presa di posizione da parte del Governo di larghe intese e partire finalmente con tagli reali di spesa improduttiva, con grande «attenzione», ma senza avere il timore di prendere decisioni «coraggiose», non facili, ma comunque indispensabili;
   è fondamentale partire dal presupposto che non è più sostenibile incidere sull'imposizione fiscale e gravare ancora di più su cittadini e imprese; per avviare la ripresa è chiaro che l'unica soluzione sembra essere quella di mettere finalmente il taglio della spesa pubblica al centro dell'impostazione dell'azione di bilancio per il 2014, e fondare l'azione di Governo su decisioni chiare ed effettive in merito ai tagli di spesa aggredibile e improduttiva, e non su aumenti di tasse e accise che sembrano aver caratterizzato questi primi mesi dell'Esecutivo;
   con i risparmi conseguiti si dovrà provvedere al taglio del cuneo fiscale, ovvero meno tasse per imprese e lavoratori, e al taglio in generale della tassazione che oggi grava in maniera spropositata su tutti i cittadini; ad ogni modo, non si dovrà procedere solo con tagli netti, ma anche con un processo generale di revisione delle strutture pubbliche, a partire dalle procedure che le caratterizzano e che spesso sono fonte di inefficienza che incide necessariamente sugli equilibri di bilancio;
   il processo di «tagli» e di «revisione» della spesa e delle strutture pubbliche (anche in tema di dismissioni immobiliari) dovrà seguire criteri di competenza massima e di attenzione, senza però mai perdere di vista l'obiettivo finale, che rimane quello di contenere il complesso della spesa pubblica, favorendo, al contempo, una maggiore qualità della stessa e una allocazione più efficiente delle risorse nella direzione di ridurre la pressione fiscale –:
   quali siano stati, ad oggi, gli effetti concreti delle misure di razionalizzazione e di revisione della spesa messe in atto e riportate in premessa, come il Governo abbia fino ad ora utilizzato i dati forniti dall'analisi svolta del commissario straordinario per la spending review e quali siano stati i tagli di spesa effettivamente conseguiti;
   quali siano stati, ad oggi, i risultati dell'attività di monitoraggio e di revisione dei fabbisogni e dei costi standard delle funzioni e dei servizi resi dalle regioni e dagli enti locali;
   attraverso quali provvedimenti e con quali azioni il Governo intenda assumere le necessarie decisioni in merito al taglio della spesa pubblica, e, in particolare quali siano i risparmi di spesa previsti gli anni 2014, 2015 e 2016 e quali i settori di spesa «aggredibile» su cui intende incidere e per quali cifre, anche sulla base dei dati forniti dalle analisi svolte;
   quali siano i possibili effetti in termini di riduzione della pressione fiscale alla luce dei risparmi di spesa previsti per il prossimo triennio;
   se i prossimi interventi in tema di analisi e revisione della spesa troveranno concreta applicazione attraverso la diffusione del metodo dei fabbisogni e dei costi standard, anche rapportando la perequazione delle risorse destinate agli enti territoriali in base a questi indicatori, superando, quindi, definitivamente il criterio della spesa storica, che alimenta l'inefficienza, favorendo una maggiore qualità della spesa pubblica e un'allocazione più efficiente delle risorse, sempre nella direzione di ridurre la pressione fiscale.
(2-00286) «Gelmini».


Iniziative in relazione alla composizione del consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti – 2-00303

L)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la Cassa depositi e prestiti è una società per azioni a controllo pubblico che agisce al di fuori del perimetro della pubblica amministrazione: il Ministero dell'economia e delle finanze detiene l'80,1 per cento del capitale, il 18,4 per cento è posseduto da un gruppo di fondazioni di origine bancaria, il restante 1,5 per cento in azioni proprie;
   la Cassa depositi e prestiti gestisce una parte consistente del risparmio nazionale, il risparmio postale (buoni fruttiferi e libretti), che rappresenta la sua principale fonte di raccolta; inoltre, è azionista di riferimento del Fondo strategico italiano, di Eni spa, Terna spa e Snam spa, possiede il 100 per cento di Sace spa, il 76 per cento di Simest spa, il 100 per cento di Fintecna spa;
   secondo l'articolo 15 dello statuto il consiglio di amministrazione è composto da nove membri, i quali durano in carica per un periodo non superiore a tre esercizi e sono rieleggibili;
   l'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, nel disciplinare la trasformazione di Cassa depositi e prestiti in società per azioni, al comma 10 dispone che, per l'amministrazione della gestione separata, il consiglio di amministrazione è integrato dai membri, con funzioni di amministratore, indicati alle lettere c), d) ed f) del primo comma dell'articolo 7 della legge 13 maggio 1983, n. 197;
   in particolare, l'articolo 7, comma 1, lettera f), della citata legge n. 197 del 1983 dispone che i rappresentanti delle autonomie locali nel consiglio di amministrazione siano tre esperti in materie finanziarie, scelti da terne presentate dalla Conferenza dei presidenti delle giunte regionali, dall'Unione delle province italiane (Upi), dall'Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) e nominati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, in rappresentanza, rispettivamente, delle regioni, delle province e dei comuni;
   il consiglio di amministrazione attualmente in carica risulta composto per la parte governativa esclusivamente da dirigenti del Ministero dell'economia e delle finanze;
   la composizione dell'attuale consiglio di amministrazione, interamente frutto della designazione del Governo, eccezion fatta per i rappresentanti delle fondazioni bancarie, rischia di mettere in discussione anche la stessa natura giuridica della Cassa depositi e prestiti inquadrata oggi al di fuori del perimetro della pubblica amministrazione, qualificazione questa che deve essere preservata per evitare che operazioni finanziarie, anche di un certo valore specifico, vengano riclassificate e imputate dentro i saldi di finanza pubblica –:
   quali azioni e con quale tempistica il Governo intenda assumere per integrare il consiglio di amministrazione con i rappresentanti degli enti territoriali;
   se il Governo intenda attivarsi per dare alla Cassa depositi e prestiti un consiglio di amministrazione rappresentativo e qualificato, tale da scongiurare il rischio che la Cassa depositi e prestiti possa essere qualificata come ente pubblico, con la conseguente riclassificazione di tutte le operazioni da essa compiute con lo Stato, a cominciare dagli acquisti di Sace spa e Fintecna spa.
(2-00303) «Rughetti, Parrini, Fanucci, Morani, Martelli, Coscia, Ginefra, Palese, Rostan, Simoni, Valiante, Rigoni, Gentiloni Silveri, Bobba, Giachetti, Bonifazi, Bressa, Paola Bragantini, Marantelli, Marchetti, Boccia, Giacomelli, Giovanna Sanna, Morassut, Iori, Fedi, Ghizzoni, Fabbri, Marrocu, Nicoletti, Montroni, Pierdomenico Martino, Taranto, Guidesi, Andrea Romano, Marcon, Bazoli, Bonaccorsi, Marco Di Stefano, Fiano, Giorgis, Picierno, Ribaudo».


Chiarimenti in merito alle ipotesi di rivalutazione delle quote di capitale della Banca d'Italia – 2-00308

M)

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il 9 novembre 2013 sul sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze è stato pubblicato il rapporto sull'aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d'Italia inviato il 23 ottobre 2013, in osservanza a quanto disposto dal comma 10 dell'articolo 19 della legge 28 dicembre 2005, n. 262 (legge finanziaria 2006);
   la sopra indicata disposizione prevede, infatti, che: «con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è ridefinito l'assetto proprietario della Banca d'Italia e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici»;
   il medesimo documento, predisposto con l'ausilio di un comitato di esperti, è stato reso noto a seguito di diverse sollecitazioni da parte dell'interpellante, il quale ha in diverse occasioni inoltrato l'invito a fornire delucidazioni sui metodi di calcolo alla base della rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici;
   l'urgenza e la necessità di acquisire tali importanti indicazioni di politica economica e monetaria erano dettate sia dall'esigenza di valutare, considerata l'attuale fase di congiuntura economica, in tempi rapidi, i criteri e le modalità utilizzate dal predetto comitato, che dalla consistenza dell'effettivo valore delle quote necessarie dal gettito, atteso che poteva essere utilizzato per finanziare alcune delle modifiche alla legge di stabilità per il 2014;
   l'interpellante rileva che a tutt'oggi il capitale della Banca d'Italia ammonta all'anacronistica cifra di 156 mila euro, a fronte di riserve iscritte a bilancio, per il 2012, di 22,6 miliardi di euro, a differenza degli utili netti riportati nello stesso esercizio, che invece ammontano a 2,5 miliardi di euro;
   l'evidente discordanza nei dati contabili ha portato fin dalla primavera del 2013 ad ipotizzare, sulla base dei normali parametri di borsa (price earning e valore di libro), in una chiave assolutamente prudenziale, un valore effettivo del suddetto capitale pari a circa 25 miliardi di euro, ipotizzando un moltiplicatore degli utili di gran lunga inferiore rispetto ai possibili valori di mercato;
   ristabilire le giuste proporzioni non comporterebbe, a giudizio dell'interpellante, soltanto un immediato vantaggio per le finanze pubbliche, dovuto al pagamento, da parte degli azionisti privati, delle imposte per la rivalutazione dei cespiti delle quote di capitale in loro possesso, tassabili al 16 per cento, ma determinerebbe anche un corrispondente aumento del loro patrimonio netto;
   tale operazione risulta, a giudizio dell'interpellante, ulteriormente necessaria, in considerazione del fabbisogno di capitale richiesto, ai fini di una patrimonializzazione delle banche italiane in vista di Basilea III e degli stress-test, che, sotto l'egida del single supervisory mechanism, saranno avviati nel corso del 2014;
   se la rivalutazione dei cespiti delle quote di capitale fosse stata compiuta nei tempi originariamente proposti (prima dell'estate 2013) ne sarebbe derivata un'attenuazione del credit crunch, con immediato beneficio per le famiglie e le imprese, grazie all'allentamento di quella morsa finanziaria che ha contribuito, non poco, a peggiorare la performance dell'economia italiana rispetto al resto dell'eurozona;
   le entrate aggiuntive al bilancio dello Stato, grazie alla rivalutazione dei partecipanti al capitale la Banca d'Italia, avrebbe poi consentito di migliorare l'azione a favore di famiglie e imprese, a partire dall'eliminazione della seconda rata dell'imu;
   nel mese di settembre 2013 è stato nominato dalla Banca d'Italia un comitato di esperti per definire l'effettivo valore del proprio capitale e, quindi, poter procedere al relativo aumento, destinato a scattare, almeno in termini di competenza economica, nel 2014;
   gli effetti derivanti dalla suddetta disposizione introdurranno, a giudizio dell'interpellante, ulteriori ritardi e complicazioni per la gestione della finanza pubblica, in considerazione delle evidenti carenze di adeguate risorse necessarie ad affrontare gli impegni assunti dal Presidente del Consiglio dei ministri, nel corso della presentazione alle Camere del programma di Governo;
   secondo quanto risulta da organi di informazione il suddetto comitato ha terminato i suoi lavori e prodotto un report che sarebbe stato consegnato al Ministro interpellato;
   nel documento conclusivo le ipotesi di rivalutazione indicate dal comitato dei saggi sono ben inferiori alle cifre sopra richiamate e risentono di un metodo di calcolo quanto mai discutibile –:
   per quale ragione, nel valutare i profili complessivi del problema, si sia tenuto solo conto degli aspetti contabili in senso stretto, costruiti su sottostanti ipotesi estremamente restrittive, e senza considerazione alcuna circa i restanti profili – patrimonializzazione del sistema bancario, maggiori entrate per l'erario e altro – che solo una visione più complessiva, pur nel rispetto dello statuto della Banca d'Italia, avrebbe consentito.
(2-00308) «Brunetta».