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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 11 settembre 2013

TESTO AGGIORNATO AL 24 OTTOBRE 2013

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta dell'11 settembre 2013.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baretta, Berretta, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, D'Ambruoso, Damiano, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Lello, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gebhard, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lorenzin, Lupi, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Orlando, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Rigoni, Sani, Santelli, Santerini, Sereni, Spadoni, Speranza, Tinagli, Valeria Valente, Vezzali, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baretta, Berretta, Biancofiore, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, D'Ambruoso, Damiano, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gebhard, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lorenzin, Lupi, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Orlando, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Rigoni, Sani, Santelli, Sereni, Spadoni, Speranza, Tinagli, Valeria Valente, Vezzali, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 10 settembre 2013 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   PICIERNO: «Disposizioni per favorire la testimonianza e la conservazione della memoria storica sui fatti di mafia e terrorismo» (1561);
   BARONI ed altri: «Disposizioni concernenti la disciplina del gioco d'azzardo e le sanzioni relative al suo esercizio nonché la prevenzione del gioco d'azzardo patologico, la cura e la riabilitazione dei soggetti da esso affetti» (1562);
   LACQUANITI: «Disposizioni per il contrasto dell'obsolescenza programmata dei beni di consumo» (1563);
   TERZONI ed altri: «Modifica all'articolo 10 della legge 21 novembre 2000, n. 353, in materia di obbligo di aggiornamento del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco» (1564);
   BIANCONI ed altri: «Modifiche agli articoli 575, 579 e 584 del codice penale, in materia di omicidio» (1565).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge costituzionale CIRIELLI: «Modifica dell'articolo 27 della Costituzione in materia di responsabilità penale» (30) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Rampelli e Totaro.

  La proposta di legge costituzionale CIRIELLI: «Modifica all'articolo 111 della Costituzione in materia di tutela delle vittime di reati e delle persone danneggiate da reati» (31) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Giorgia Meloni, Rampelli e Totaro.

  La proposta di legge CIRIELLI: «Modifica all'articolo 138 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, in materia di requisiti delle guardie particolari giurate» (37) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Giorgia Meloni.

  La proposta di legge CIRIELLI: «Introduzione dell'articolo 187-bis del codice penale e altre disposizioni in materia di risarcimento dei danni da parte dello Stato in favore delle vittime di reati» (39) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Giorgia Meloni, Rampelli e Totaro.

  La proposta di legge CIRIELLI: «Modifica all'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e altre disposizioni in materia di parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco» (109) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Giorgia Meloni, Nastri, Rampelli e Totaro.

  La proposta di legge MURER ed altri: «Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne, l'assistenza delle vittime e la promozione della soggettività femminile» (951) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Carnevali.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sotto indicate Commissioni permanenti:

   VI Commissione (Finanze):
  BOCCIA: «Modifiche all'articolo 29 e introduzione dell'articolo 29-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di accertamento e riscossione delle imposte, nonché modifiche all'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, concernente l'aggio dovuto all'agente della riscossione, e all'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, concernente la dilazione del pagamento di somme iscritte a ruolo» (1127) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, XI e XIV.

   VII Commissione (Cultura):
  GHIZZONI ed altri: «Disposizioni per la statizzazione degli istituti musicali pareggiati» (1046) Parere delle Commissioni I, V e XI.

   XI Commissione (Lavoro):
  DI SALVO: «Disposizioni in materia di modalità di pagamento delle retribuzioni ai lavoratori» (1041) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, IX e X.

   XII Commissione (Affari sociali):
  FUCCI: «Delega al Governo per la modifica della disciplina in materia di responsabilità professionale del personale sanitario e per la riduzione del relativo contenzioso» (259) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V e VI.

   Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XIII (Agricoltura):
  ROSATO ed altri: «Istituzione della specialità della Polizia ambientale nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, superamento del Corpo forestale dello Stato e delega al Governo per il trasferimento delle funzioni, del personale e delle dotazioni già ad esso spettanti» (735) Parere delle Commissioni II, III, V, VI, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI, XII e XIV.

Annunzio di una proposta di modificazione al Regolamento.

  In data 9 agosto 2013 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di modificazione al Regolamento d'iniziativa della deputata:
   VALENTE: «Articolo 22: Istituzione della XV Commissione permanente – Diritti delle donne e pari opportunità (Doc. II n. 6).

  Sarà pubblicata e trasmessa alla Giunta per il Regolamento.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 10 settembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 9 agosto 2013, a pagina 5, seconda colonna, diciottesima e diciannovesima riga, le parole: «Parere della V Commissione» si intendono soppresse.

MOZIONI GRANDE ED ALTRI N. 1-00113, MIGLIORE ED ALTRI N. 1-00177, SPERANZA, BRUNETTA, DELLAI E PISICCHIO N. 1-00178, GIORGIA MELONI ED ALTRI N. 1-00179 E GIANCARLO GIORGETTI ED ALTRI N. 1-00180 CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE ALLA CRISI SIRIANA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    secondo una stima delle Nazioni Unite il conflitto in Siria ha causato circa 100.000 vittime e 1.600.000 rifugiati, gran parte dei quali sta riversandosi entro i confini del territorio libanese e giordano, impegnando questi ultimi Paesi a forme di assistenza non concordate;
    sarebbe quantomeno fuorviante correlare la crisi siriana solo a questioni di equilibri strategici interni al Paese basate su questioni politico-religiose: in territorio mediorientale, com’è ampiamente noto, si stanno concentrando gli interessi e le attenzioni di tutte le grandi economie, unitamente a quelli dei Paesi limitrofi, consentendo all'intera area geografica di poter divenire, da qui a breve, un campo di confronto aperto a questioni di varia natura;
    questi temi, in virtù della loro polivalenza, consentono di avviare un ragionamento di più larga natura ed offrono interessanti spunti di analisi per favorire una ben determinata riflessione a tutti i livelli – locale, regionale ed ovviamente internazionale – fino ad arrivare alla possibilità di concentrare le attenzioni e le sensibilità sulle più annose contrapposizioni tra oriente ed occidente, lasciando pertanto spazio ad una più approfondita ricerca su ogni possibile esito e prospettiva politica. Per lo stesso motivo anche lo sviluppo del conflitto potrebbe evolversi in molteplici direzioni e portare a conseguenze insanabili sul territorio mediorientale e sugli equilibri di potere all'interno della stessa area;
    in queste ultime settimane la crisi siriana sta ulteriormente inasprendosi, causando, quale preoccupante conseguenza, un deterioramento delle trattative diplomatiche;
    il 7 giugno 2013 le Nazioni Unite hanno lanciato un appello, impegnandosi a mettere a disposizione un fondo di 4,4 miliardi di dollari quale aiuto – il più cospicuo della storia di questo organismo – per assistere il sempre crescente numero delle vittime;
    l'Unione europea ha deciso di rinnovare per un altro anno ancora le sanzioni contro la Siria, ad eccezione però dell'embargo sulle armi che viene lasciato come decisione autonoma ai singoli Stati, ma che andrebbe inevitabilmente a sostenere le operazioni belliche dei rivoltosi;
    in virtù di quanto sopra evidenziato, le fonti di informazione forniscono quadri politici diversi e troppo spesso nettamente contrastanti tra loro, rendendo l'analisi dei problemi in questione – cosa già di per sé assai complessa – un autentico rebus per chiunque, pur sensibile alle problematiche in essere, non abbia modo di attingere direttamente alle fonti perché impossibilitato a presenziare alle fasi del conflitto così come alle fasi delle trattative diplomatiche. Detto ciò, risulterà ovvio quanto l'informazione a sostegno di Assad sia interessata a promuovere una compattezza popolare per risollevare le sorti di un Governo già de facto esistente, così come, d'altro canto, i ribelli abbiano tutto l'interesse ad attenersi a fonti atte a sostenere la tesi diametralmente opposta. Va però ricordato che, indipendentemente da ciò, il popolo siriano deve rimanere sovrano su ogni decisione interna al proprio Paese;
    l'articolo 1 dello statuto delle Nazioni Unite e l'articolo 1 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, così come l'Atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, noto anche come Atto finale di Helsinki del 1975, sanciscono che l'autodeterminazione dei popoli è un diritto universale che permette ad ogni popolazione di decidere liberamente il proprio statuto politico senza ingerenza esterna, così come l'articolo 11 della Costituzione italiana dichiara che: «l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»,

impegna il Governo:

   ad assumere un ruolo proattivo nelle trattative diplomatiche in attesa della conferenza di Ginevra II, sia a livello di politica interna europea che internazionale;
   ad utilizzare perciò tutti i canali diplomatici di cui si dispone per evitare l'intervento militare di altri Paesi in territorio siriano e proporsi quale mediatore per una soluzione pacifica del conflitto;
   a non partecipare ad alcun tipo di intervento in territorio siriano, né di carattere militare né tantomeno ad operazioni di peacekeeping, ma a fornire piuttosto aiuto ed esperienza in termini diplomatici, anche attraverso la creazione di partnership con il Paese stesso;
   a promuovere un'operazione di mediazione sovranazionale, affinché l'embargo economico che grava sulle spalle di una popolazione già stremata da anni di conflitto venga rimosso, favorendo un percorso attraverso cui il nostro Paese possa, presso le sedi competenti, proporre di rivedere la decisione presa in sede europea di lasciare libertà ai singoli Paesi membri sull'embargo di armi in territorio siriano, affinché la diffusione di queste ultime sia, se non proprio ridotta, almeno non incentivata da parte dei Paesi dell'Unione europea;
   a non sostenere e ad ostacolare ogni proposta di riapertura di forniture di armi e materiale bellico e ad impedirne anzi il transito in porti, aeroporti e stazioni ferroviarie, negando inoltre di disporre delle acque territoriali e dello spazio aereo italiano a chiunque intendesse trasportare armi in Siria, favorendo le cause della guerra, ed a contrastare con forza l'uso delle basi militari presenti sul territorio, incluse quelle di Sigonella, Aviano e Napoli;
   a creare, di concerto con altri partner internazionali, le condizioni per una de-escalation di violenza nel Paese affinché possa evitarsi un allargamento del conflitto su più vasta scala, incentivando perciò il dialogo con ogni attore coinvolto per promuovere un clima di maggiore distensione politica perché possa cessare ogni violenza armata promossa da chiunque tra le parti in causa;
   a non prendere parte, ed, anzi, a dissuadere ogni tipo di ingerenza relativa alla politica interna del Paese e a lasciare altresì al popolo siriano la decisione ultima su ogni questione, favorendo perciò un percorso di pacifica partecipazione democratica, che rispetti la sovranità, l'indipendenza, l'unità e l'integrità della Repubblica araba siriana.
(1-00113)
(Nuova formulazione) «Grande, Tacconi, Scagliusi, Del Grosso, Pesco, Spadoni, Di Battista, Manlio Di Stefano, Sibilia, Spessotto, Carinelli, Colonnese, Vignaroli, Currò, Chimienti, Cariello, Caso, Vacca, Luigi Gallo, Cristian Iannuzzi, Battelli, Baroni, Dall'Osso, Di Vita, Frusone, Mucci, Alberti, Rizzo, Cancelleri, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Bonafede, Segoni, Sorial, Micillo, Rostellato, Cominardi, Bechis, Baldassarre, Basilio, Grillo, Benedetti, Zaccagnini, Da Villa, Prodani, Crippa, Vallascas, Della Valle, Liuzzi, Tofalo, Daga, Gagnarli, L'Abbate, Rizzetto, Turco, Agostinelli, Fico, Castelli, Businarolo, Furnari, Labriola, Mantero, Toninelli, Cozzolino, Pinna, Brugnerotto, D'Uva, Artini, Simone Valente, Di Benedetto, Cecconi, Dadone, Nesci, D'Ambrosio, Ruocco, Nuti, Corda, Ciprini, Gallinella, Fraccaro».
(21 giugno 2013)


   La Camera,
   premesso che:
    la Repubblica araba siriana, teatro da almeno due anni di un conflitto terribile e sanguinoso che ha indignato l'opinione pubblica mondiale, non può non destare particolare preoccupazione in relazione al destino geopolitico di un'area molto indebolita da una guerra civile che ha lasciato sul campo oltre centomila morti;
    le guerre in Iraq ed in Afghanistan, l'onda lunga delle primavere arabe e la persistenza del conflitto israelo-palestinese, nonostante i propositi di riapertura di un dialogo tra le parti della seconda amministrazione Obama, dimostrano che il quadro geopolitico dell'area sta vivendo trasformazioni profondissime; allo stesso tempo, si affacciano sulla scena nuovi «player» statuali (Qatar, Turchia, Arabia Saudita ed altre «petromonarchie») e si rafforzano gli interessi strategici di potenze regionali, e non, quali Iran e Russia, che puntano ad una nuova egemonia militare ed economica in tutta l'area;
    il regime di Assad si è macchiato di crimini inaccettabili sin dall'inizio del conflitto, evoluzione tragica di un movimento spontaneo di protesta popolare che, come nel solco della stagione del risveglio arabo, chiedeva democrazia e rispetto dei diritti umani. A fronte della durissima repressione dei movimenti di protesta, settori delle opposizioni in Siria, ed all'estero, hanno optato per la via delle armi. La scelta della strada dell’escalation militare ha trasformato profondamente anche la natura del fronte dei ribelli, che si è arricchito di sostegni internazionali significativi, mentre la logica dello scontro militare ha fatto passare in secondo piano e reso invisibile il lavoro coraggioso ed incessante di una miriade di organizzazioni, coordinamenti, collettivi ed altri soggetti che praticano forme di autogestione, comunicazione alternativa, ricostruzione e mutualismo tra le popolazioni civili martoriate dal conflitto;
    tutti gli analisti ed esperti del settore concordano ormai nel definire di «stallo» la fase dei combattimenti e nel ritenere che, nell'attuale situazione, qualsiasi soluzione di tipo militare sia impraticabile e arrecherebbe ulteriori gravi sofferenze ad una popolazione civile ormai allo stremo, oltre ad aprire la strada ad uno scenario simile a quello attuale in Iraq, con una guerra civile e religiosa che sta provocando, nel dopoguerra, un numero elevatissimo di vittime civili e rischia di portare il Paese alla conflagrazione;
    le forze combattenti in opposizione alle truppe lealiste sono estremamente articolate e disomogenee, con forte prevalenza, accanto alle espressioni militari delle varie opposizioni politiche, almeno nella fase attuale, di formazioni più marcatamente jihadiste, quali Al Nusra, che si sono talvolta distinte anche per forme di rappresaglia cruente nei confronti delle truppe lealiste di Assad e di minoranze religiose, quali le comunità cristiane, come descrive la vicenda di Maaloula, la città patrimonio dell'Unesco, uno degli ultimi tre luoghi al mondo dove si parla ancora l'aramaico;
    in un simile scenario, l'Europa dimostra tutta la sua incapacità di parlare con una sola voce e di svolgere un ruolo di attore politico globale: da una parte, nelle diverse prese di posizioni di Paesi membri circa la rimozione o meno dell'embargo dell'invio di armi ai ribelli, dall'altra, nella debolezza negoziale solo in parte mitigata dalla posizione unitaria, seppur ambigua, assunta riguardo al ricorso alla diplomazia internazionale, quale unica soluzione possibile alla crisi siriana. Lo stesso dicasi per il nostro Paese che sostiene a gran voce la via negoziale e, condannando l'uso di armi chimiche contro i civili, si oppone ad un intervento militare senza mandato dell'Onu e, nel contempo, grazie alle maglie larghe delle norme di controllo sul commercio di armi, ha tuttavia permesso ad imprese italiane produttrici di armi di vendere armi al regime di Assad;
    il Governo, già in data 26 agosto 2013, con l'audizione del Ministro degli affari esteri Emma Bonino presso le Commissioni congiunte affari esteri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, si è espresso in maniera molto netta ed inequivocabile contro un'eventuale azione militare; è necessario che tale posizione rimanga integra e senza ambiguità, soprattutto all'indomani del fallimento del G20, dove le potenze presenti hanno vissuto una spaccatura profonda e l'Italia ha scelto di sottoscrivere il documento degli Usa che, in forma assai ambigua, non escludeva una reazione militare in caso di accertamento dell'attacco chimico da parte di Assad. In tal modo, il nostro Paese rischia di vedere compromessa la sua capacità di mediazione e proposta politica per la ripresa di un negoziato che porti alla cessazione delle ostilità e costringa le parti a trattare;
    è evidente che, se venisse confermato l'uso di gas Sarin nell'agosto 2013 da parte delle truppe lealiste, le stesse avrebbero commesso un crimine contro l'umanità, causando 1400 morti, come documentato in molti video;
    va anche segnalato che il Protocollo di Ginevra del 1925 per la proibizione dell'uso de gas asfissianti, avvelenanti e altri gas, e dei metodi di guerra batteriologica e la Convenzione sulle armi chimiche (Cac) firmata a Parigi nel 1993 sulla proibizione dello sviluppo, della produzione, dell'acquisizione, della detenzione, della conservazione, del trasferimento e uso di armi chimiche e dei materiali ad esse collegati, non hanno mai visto l'adesione e la ratifica da parte della Siria;
    pur nelle more del definitivo responso da parte degli ispettori circa l'uso delle armi chimiche nel conflitto, tuttavia, si va paventando un intervento militare a guida di Francia ed Usa in un quadro pressoché unilaterale, che rischia di determinare una escalation di violenza e guerra in una regione estremamente difficile, con un ancor più diretto coinvolgimento nel conflitto dell'Iran e degli Hezbollah;
    gli effetti, pericolosi e preoccupanti, si ripercuoterebbero anche in un'area particolarmente fragile sul terreno istituzionale e dell'equilibrio etnico e religioso, quale è il Libano, dove la missione Unifil, costruita in un quadro multilaterale nel 2006 – e, oggi, a guida italiana – rischia di essere messa in discussione e di non riuscire a svolgere fino in fondo la funzione positiva di peacekeeping che finora ha portato avanti; in questo quadro, anche l'invio della nave Andrea Doria al largo del Mar Mediterraneo acquista un significato che merita di essere chiarito ulteriormente dalle autorità militari;
    l'azione militare, che potrebbe partire già nei prossimi giorni, non gode del consenso internazionale e turba profondamente l'opinione pubblica mondiale, configurandosi ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo come illegittima ed illegale e ben potrebbe portare ad un'ulteriore tragica escalation in Siria, oltre che ad una spirale di violenza a livello regionale, allontanando le prospettive di rilancio del processo negoziale di Ginevra II;
    è estremamente urgente mettere in pratica una strategia di de-escalation in vista della conferenza di Ginevra II, individuata dal The European Council of Foreign Relations, che si fonderebbe sui pilastri della conferenza Ginevra II, ovvero: il cessate il fuoco immediato, il disarmo delle parti in conflitto interrompendo il flusso di riarmo dei protagonisti della guerra, un governo di transizione democratica che mantenga integra la sovranità e l'indipendenza della Siria, l'accesso di tutte le organizzazioni umanitarie in Siria, a partire dalle aree più colpite dalla guerra;
    è altissimo il numero di profughi coinvolti, circa un milione e mezzo, prevalentemente distribuiti tra la Giordania e il Libano, Paesi che rischiano un'autentica deflagrazione del tessuto sociale, per non dimenticare gli effetti già visibili in Libano di uno «spill-over» del conflitto, evidente nei recenti attentati a Tripoli;
    in tale quadro, il timore di una escalation militare ha mobilitato non solo la società civile pacifista, attraverso anche lo straordinario messaggio del Pontefice contro la guerra, ma ha riconsegnato la giusta ed adeguata centralità ai Parlamenti, come nel caso della Gran Bretagna, dove la Camera dei Comuni ha bocciato la proposta del Primo ministro Cameron di aderire all'azione militare in Siria, e degli Usa, dove il Presidente Obama ha deciso di sottoporre al voto del Congresso e del Senato l'eventuale via libera all'attacco,

impegna il Governo:

   ad intensificare la propria iniziativa in tutte le sedi, in particolare in seno all'Unione europea, per un processo negoziale e politico che porti alla soluzione diplomatica del conflitto, e che preveda il cessate il fuoco, il disarmo delle parti coinvolte, nonché il rilancio del processo di Ginevra, coinvolgendo tutti gli attori regionali, a partire dall'Iran, condannando, altresì, qualsiasi intervento armato al di fuori di un mandato Onu e sostenendo il ruolo centrale dell'inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba, Lakhdar Brahimi;
   a proporre la riunione di un Consiglio europeo straordinario che abbia all'ordine del giorno la de-escalation, l'agenda di Ginevra e la richiesta di convocazione di una sessione speciale dell'Assemblea delle Nazioni Unite sulla crisi siriana;
   a riaffermare l'indisponibilità dell'Italia a partecipare direttamente o indirettamente (concedendo, ad esempio, l'uso delle basi militari presenti sul territorio nazionale o autorizzando altre forme di supporto logistico, o il diritto di sorvolo degli aerei d'attacco) a qualsiasi intervento militare in Siria;
   a destinare ulteriori finanziamenti alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative per l'assistenza umanitaria e sanitaria dei profughi e a sollecitare uno sforzo concreto e coerente dell'intera Unione europea per sostenere le popolazioni civili siriane nelle aree di conflitto e nei Paesi vicini;
   a prevedere, come ha scelto di fare la Svezia, l'immediato riconoscimento dello status di rifugiato a tutti i siriani che fuggono dalla Siria e che ne fanno richiesta.
(1-00177) «Migliore, Scotto, Duranti, Fava, Piras, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Zan, Zaratti».
(9 settembre 2013)


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi siriana ha raggiunto dimensioni tali da mettere a rischio la stessa sopravvivenza della Siria come Stato e come nazione unitaria e da più di due anni sottopone la popolazione a sofferenze insopportabili per i civili, con stime di circa centodiecimila vittime e due milioni di rifugiati e profughi, gran parte dei quali al di fuori dei confini nazionali, ormai alla ricerca di terre più sicure fino ai tragici episodi che hanno toccato le coste siciliane;
    la mattina del 21 agosto 2013 un attacco missilistico con armi chimiche nella periferia di Damasco, nella zona di Ghouta, ha causato numerosissime vittime civili, documentate da testimonianze oculari e filmati-video;
    le Nazioni Unite hanno inviato in Siria una missione ispettiva al fine di svolgere i dovuti accertamenti, purtroppo ritardati a causa della mancanza della tempestiva autorizzazione da parte del Governo di Damasco, e di riferirne gli esiti al Segretario generale, Ban Ki-Moon;
    le armi chimiche sono considerate armi di distruzione di massa, la loro produzione e il loro stoccaggio sono stati messi al bando dalla Convenzione sulle armi chimiche del 1993, di cui pure la Siria non è parte, ma sono certamente armi illecite e il loro uso è vietato anche dal diritto internazionale consuetudinario – consolidatosi a partire dal Protocollo di Ginevra del 1925 sulla proibizione delle armi chimiche in guerra di cui anche la Siria è parte – come ha dichiarato lo stesso Segretario generale delle Nazioni Unite, ribadendo che, qualora accertato, l'utilizzo di agenti chimici configurerebbe «una grave violazione del diritto internazionale ed un oltraggioso crimine di guerra»;
    l'ulteriore grave violazione di una norma internazionale fondamentale, quale il divieto di utilizzare armi chimiche indiscriminatamente contro la popolazione civile, rappresenta una forma di escalation del conflitto che richiede una risposta ferma e decisa da parte della comunità internazionale, non solo per le morti ingiuste e atroci provocate, ma anche per la conseguenza che l'eventuale sottovalutazione dell'azione possa ridurre ogni deterrenza e ogni scrupolo per l'utilizzo di dette armi in conflitti successivi;
    il Presidente Obama ha deciso di chiedere al Congresso degli Stati Uniti l'autorizzazione a un attacco militare limitato e mirato, volto a colpire obiettivi militari legittimi per rispondere all'uso di armi chimiche da parte del regime siriano, per esercitare una forte deterrenza e ridurre la possibilità per l'esercito siriano di ricorrere nuovamente all'uso di tali armi in futuro, come si legge nella risoluzione approvata dalla commissione per gli affari esteri del Senato statunitense;
    il Governo italiano ed altri Governi europei hanno manifestato le loro preoccupazioni sull'effettiva opportunità di un intervento militare non sostenuto da un ampio consenso internazionale, pur mantenendo assolutamente ferma la condanna dell'uso delle armi chimiche così come ribadendo l'impegno a cercare gli strumenti più efficaci e opportuni per prevenire e punire le violazioni del diritto internazionale;
    a margine del G20 di San Pietroburgo 11 Stati (Australia, Canada, Francia, Italia, Giappone, Repubblica di Corea, Arabia saudita, Spagna, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti d'America), cui si è poi aggiunta la Germania, hanno sottoscritto una dichiarazione comune che richiede una «forte risposta alla grave violazione» e un «forte messaggio che questo tipo di atrocità non possono essere ripetute», ribadendo la necessità di far valere la responsabilità degli autori dei crimini, ricordando che «il conflitto siriano non ha una soluzione militare» e che si rimane impegnati nella ricerca di una soluzione politica attraverso l'attuazione del comunicato finale della Conferenza di Ginevra del 2012;
    la proposta avanzata dal Segretario generale dell'Onu di creare aree supervisionate internazionalmente in cui le armi chimiche presenti in Siria possano essere immagazzinate e distrutte, rilanciata dalla Federazione russa e ripresa anche dall'Unione europea e dagli Stati Uniti, merita la massima considerazione al fine di conseguire il prioritario obiettivo di tutelare la popolazione civile da altri attacchi analoghi a quello del 21 agosto 2013;
    l'Italia e l'Unione europea hanno fin dall'inizio ritenuto necessario sostenere le richieste profonde di democrazia e dignità della popolazione siriana e di fronte alla durezza delle risposte governative hanno sempre sostenuto la necessità di un negoziato di pace e di una soluzione politica e non militare;
    è da condannare il comportamento del presidente Assad di fronte alle aperture per una soluzione politica avanzate dal Governo italiano e da altri Governi, così come dopo gli autorevolissimi richiami del Papa anche nei confronti dei leader del G20 riunito a San Pietroburgo, posizioni responsabili che vengono sfruttate dal regime siriano, data la gravità dei fatti;
    all'interno delle stesse forze che combattono il regime siriano è solo da poco tempo che si sta registrando con molta fatica la progressiva affermazione di una leadership, mentre non si è ancora consolidata un'intesa politica interna quale alternativa capace di tutelare pienamente le componenti laiche e religiose democratiche, di mantenere l'integrità del Paese e di garantire la transizione verso uno Stato di diritto pluralista e tollerante, tanto che si manifesta la viva preoccupazione che l'opposizione possa essere egemonizzata da gruppi estremisti e terroristi;
    il processo di escalation militare non lascia intravedere né nel breve periodo né nel lungo periodo un vincitore, ma già lascia sul terreno un intero mondo di vittime civili e ha diffuso la fuga o il terrore in gran parte delle comunità etniche e religiose storicamente insediate in Siria, mettendo a serissimo rischio la continuità di un modello di convivenza pacifica di popoli e di fedi assai raro nel mondo;
    il regime di Bashar Assad è in ogni caso da ritenere un interlocutore politico delegittimato nella sua rappresentatività dalla violenza messa in atto che, se ne fossero accertate le responsabilità in relazione all'utilizzo delle armi di distruzione di massa, risulterebbe addirittura inaccettabile;
    l'azione positiva dispiegata dal Governo fa sì che l'Italia stia guardando con attenzione e lungimiranza alla regione mediorientale nel suo complesso, nella consapevolezza che la delicatezza e l'intreccio delle questioni richiedono determinazione e non semplificazione, affinché si assicuri la libera e autonoma decisione del popolo siriano sul suo futuro;
    la notizia della liberazione del giornalista Domenico Quirico è motivo di soddisfazione per la società italiana ed il mondo dell'informazione ed induce a sperare che possa essere favorevole anche la conclusione del sequestro di padre Dall'Oglio e degli altri esponenti religiosi,

impegna il Governo:

   a svolgere, ancor più alla luce dei recentissimi sviluppi, un ruolo proattivo per favorire e rendere possibile una soluzione politica della crisi e un negoziato tra le parti;
   a sostenere l'iniziativa volta a far emergere, a mettere sotto controllo internazionale e a neutralizzare l'arsenale chimico siriano, con l'obiettivo irrinunciabile che non possa essere nuovamente usato, confidando che una risoluzione in tal senso sia presto adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;
   a proseguire nella sua azione di condanna assoluta ed inequivocabile dell'utilizzo di armi chimiche e della necessaria punizione dei responsabili, anche attraverso il ricorso agli strumenti politici, diplomatici e convenzionali possibili, incluso il deferimento al Tribunale penale internazionale;
   ad insistere perché la reazione della comunità internazionale sia ferma e funzionale al raggiungimento di obiettivi chiari, ivi inclusa la prevenzione dell'ulteriore utilizzo di armi chimiche, attraverso strumenti proporzionati, assicurando il più ampio consenso internazionale nel rispetto del ruolo delle Nazioni Unite, escludendo la partecipazione ad interventi militari in assenza di un esplicito mandato del Consiglio di sicurezza e, in ogni caso, valutando con attenzione che ogni azione intrapresa non comporti solo un aggravamento della situazione politica e di instabilità dell'area;
   ad intensificare l'impegno umanitario in favore dei profughi;
   a prendere tutte le iniziative che possano essere utili ad accelerare una tregua, per un cessate il fuoco bilaterale più ampio, e a creare le condizioni per un nuovo negoziato internazionale capace di dare voce adeguata all'opposizione siriana interna e all'estero, alla società civile siriana e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto che possono avere peso nella ricerca di una soluzione equa e nella fine del conflitto stesso;
   a verificare tutte le strade diplomatiche e politiche perché la situazione in Siria si apra alla transizione democratica per superare l'attuale regime, assicurando la rappresentanza di tutte le componenti, la tutela delle minoranze, il rispetto dei principi dello Stato liberale e di diritto;
   a far sì che la soluzione politica e diplomatica coinvolga necessariamente tutti gli attori importanti, regionali e internazionali, inclusi la Russia e l'Iran, attraverso il rilancio del processo di Ginevra per giungere alla convocazione di una conferenza internazionale;
   a portare avanti la riflessione, con i partner europei, sulle modalità di applicazione delle sanzioni nei confronti della Siria in funzione dell'obiettivo di condurre le parti al tavolo negoziale, perché sia più forte la pressione sull'attuale regime e si attenuino invece gli effetti sulla popolazione civile;
   a farsi promotore di una politica europea unitaria, sulla base del joint statement sottoscritto a margine dei lavori del G20 di San Pietroburgo, degli esiti positivi della riunione informale dei Ministri degli esteri dell'Unione europea a Vilnius e della comune determinazione sulla condanna dell'utilizzo di armi chimiche, da far valere anche in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con l'ambizione di far evolvere la politica estera e di sicurezza comune verso uno strumento effettivo ed efficace, in prospettiva del Consiglio europeo di dicembre 2013 sulla difesa, nonché del semestre italiano di presidenza nella seconda parte del 2014;
   a valutare attentamente le conseguenze del conflitto siriano sul contesto in cui si svolge la missione Unifil, adeguando le condizioni di sicurezza del contingente italiano dislocato in Libano;
   a riferire tempestivamente al Parlamento sugli sviluppi della crisi in Siria anche al fine delle conseguenti determinazioni relative alla posizione dell'Italia.
(1-00178) «Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio».
(10 settembre 2013)


   La Camera,
   premesso che:
    dopo oltre due anni dall'inizio del conflitto la situazione in Siria non accenna a migliorare e, anzi, appare costretta in una pericolosa situazione di stallo, nella quale appare in modo sempre più evidente come nessuna delle due parti abbia ragionevoli possibilità di prevalere definitivamente sull'altra, né, tantomeno, di riuscire a stabilizzare il Paese, anche se una delle parti dovesse guadagnare ulteriore terreno;
    sinora, né gli sforzi della comunità internazionale volti a fermare i massacri, né, tantomeno, la ferma condanna delle violenze, espressa a più riprese, hanno potuto impedire la continua escalation dello scontro tra le forze governative e quelle di opposizione riunite nella Coalizione nazionale siriana;
    secondo l'ultimo bilancio delle Nazioni Unite, dall'inizio del conflitto sono state uccise oltre novantamila persone, tra le quali anche migliaia di donne e bambini, e vi sarebbero circa oltre quattro milioni di sfollati nel Paese e un milione e mezzo di rifugiati siriani, riparati nei Paesi limitrofi (Giordania, Libano, Turchia, Iraq ed Egitto);
    la crisi siriana è ancora una volta il segno del profondo mutamento in atto nel contesto regionale del Mediterraneo, ma la sua peculiarità sta proprio nel fatto di non essere più una crisi regionale, ma di aver assunto una dimensione mondiale, all'interno della quale si muovono i soggetti internazionali che hanno condotto la partita sin qui e attraverso la quale appare pienamente la complessità dello scenario siriano;
    mentre, infatti, il Governo di Damasco riceve da parte di Russia e Iran rifornimenti in strumenti, armi, oltre a uomini di Hezbollah provenienti dal Libano, tra gli Stati che sostengono con mezzi e armamenti l'insurrezione vanno annoverati il Qatar, l'Arabia Saudita, la Giordania e la Turchia;
    il dieci per cento della popolazione siriana è di fede cristiana ed è già stata oggetto di attacchi da parte dei ribelli, che hanno colpito con ferocia sia le aree cristiane delle città di Damasco ed Aleppo, sia la cittadina di Homs e, da ultimo, anche il villaggio di Maaloula, uno dei siti cristiani più importanti di tutta la Siria, saccheggiando alcune chiese e monasteri e minacciando i cristiani di vendicarsi su di loro dopo il trionfo della rivoluzione;
    pur essendo rappresentata all'interno del Consiglio nazionale siriano, per la comunità cristiana si prefigura quindi il rischio, in una Siria senza Assad, di perdere le garanzie dei propri diritti e quella tolleranza religiosa che il regime laico le aveva finora garantito;
    in ambito europeo, con la decisione del Consiglio degli affari esteri di lasciar decadere a partire dal 1o giugno 2013 l'embargo sulla vendita di armi (sia al regime che ai ribelli), prolungando di ulteriori dodici mesi le sole sanzioni economiche, si è di fatto spaccato il fronte comune dell'Unione europea rispetto al conflitto in corso nel Paese, e se anche un accordo politico tra i 27 Stati membri prevedeva che non ci sarebbe stato alcun invio di armi almeno fino alla fine del mese di agosto, allo stato attuale ciascun Paese può decidere autonomamente;
    in Italia, i Ministri della difesa e degli affari esteri hanno sinora espresso la propria personale contrarietà in merito all'eventuale invio di armi alla Siria, una decisione che, tuttavia, compete al Governo nella sua collegialità;
    in ambito internazionale, inoltre, rimangono incerti sia la tempistica sia lo stesso formato della conferenza di pace Ginevra II, per la quale si sono impegnate negli scorsi mesi le diplomazie di Russia e Stati Uniti, la quale dovrebbe realizzare l'intento di fare sedere intorno allo stesso tavolo forze di governo e oppositori, nonché tutti i Paesi che siano in grado di influenzare la crisi e possano poi contribuire all'attuazione delle intese che verranno auspicabilmente decise, tra i quali i Paesi confinanti (Libano, Giordania, Iraq e Turchia) e i principali attori regionali, tra cui l'Arabia Saudita o l'Egitto;
    nelle intenzioni della comunità internazionale, la conferenza Ginevra II dovrebbe, inoltre, passando attraverso il rafforzamento delle strutture organizzative dell'opposizione sul terreno e dando un forte segnale politico al regime, rappresentare un primo passo per convincere il Presidente siriano Assad che il negoziato dovrà condurre ad una vera transizione politica nel Paese;
    in quest'ambito, «l'Italia e i partner del Gruppo Amici della Siria si stanno adoperando per convincere la Coalizione nazionale siriana ad alleggerire le precondizioni per l'avvio del negoziato e ad aumentare la sua rappresentatività e quindi la sua credibilità al tavolo negoziale», come riferito dal Ministro degli affari esteri durante una recente audizione parlamentare;
    il Governo di Damasco è stato accusato di aver perpetrato, nelle prime ore dell'alba del 21 agosto 2013 nei quartieri est di Damasco, un attacco con armi chimiche, causando la morte di oltre mille persone, perlopiù civili;
    ai sensi dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, l'uso di armi chimiche caratterizzato dalla sistematicità e consapevolezza dell'attacco contro la popolazione civile è configurabile anche come crimine di guerra;
    rispetto all'attacco del 21 agosto 2013 è stata disposta un'ispezione dell'Onu, volta ad accertare l'effettivo impiego delle armi chimiche, ma gli ispettori, che si trovavano nel Paese già da due giorni prima dell'attacco, e cioè dal 18 agosto 2013, sono stati ammessi a visitare i siti interessati solo a partire dal 26 agosto 2013;
    il tempo concesso agli ispettori per ultimare il proprio lavoro è di tre settimane, ma il suo risultato non sarà dirimente, posto che il rapporto, come da mandato, si limiterà a confermare o meno l'utilizzo del gas, senza però attribuire precise responsabilità;
    la notizia dell'attacco chimico ha suscitato non solo l'immediata ed energica condanna internazionale, ma anche l'avvio di una valutazione relativa ad una risposta adeguata da parte della stessa comunità internazionale;
    in quest'ambito, la Francia e gli Stati Uniti hanno sostenuto la necessità di un intervento militare, mentre il resto della comunità internazionale auspica ancora una soluzione negoziale, che passi anche attraverso un'interlocuzione con la Russia;
    il Governo italiano si è associato alla condanna degli attacchi, ma il Ministro degli affari esteri ha espresso la convinzione che «debba essere il Consiglio di sicurezza ad assumersi con tempestività e pienamente le responsabilità che discendono dal suo ruolo e dalle sue funzioni di garante supremo della pace e sicurezza internazionali. Riteniamo quindi che sia il Consiglio di sicurezza che debba pronunciarsi in modo inequivocabile e senza distinguo»;
    allo stato attuale, l'Onu ha dichiarato di non ritenere opportuno un intervento militare nel Paese;
    sul versante Nato, il Segretario generale Anders Fogh Rasmussen, in occasione della conferenza stampa mensile del 3 settembre 2013, ha comunicato che la Nato non parteciperà all'operazione militare contro la Siria prospettata dagli Usa, ma, anche in assenza di questo coinvolgimento diretto nella guerra, è stato già da tempo posto in essere il rafforzamento delle difese aeree della Turchia, Paese chiave dell'Alleanza atlantica;
    l'Europa è ancora vista dai Paesi mediterranei come un interlocutore importante e, in questo ambito, l'Italia dovrebbe riappropriarsi di un ruolo da protagonista, considerata la sua posizione strategica nell'area e facendo leva sulla propria credibilità internazionale, rendendosi promotrice di un'iniziativa negoziale che consenta una via politica di uscita dalla crisi e, in un'ottica più a lungo raggio, di una nuova politica europea per il Mediterraneo;
    l'Italia rimane fortemente impegnata anche sul fronte umanitario, sia attraverso l'impegno annunciato alla Conferenza dei paesi donatori per la Siria di Kuwait City, di complessivi 22 milioni di euro per il 2013 (secondo contributo a livello europeo dopo la Gran Bretagna), che vanno ad aggiungersi ai 7,5 milioni di euro del 2012, sia sotto il profilo delle iniziative sul piano umanitario, realizzate sia sul piano bilaterale sia d'intesa con le agenzie Onu, con interventi destinati alle fasce più deboli della popolazione, in particolare bambini e donne;
    un intervento militare in Siria avrebbe implicazioni su scala mondiale, tenuto conto che in questa partita giocano un ruolo la Russia, la Turchia, l'Arabia Saudita, il Qatar, la Giordania e il Libano, che sullo sfondo c’è il problema della sicurezza di Israele e che i Paesi confinanti con la Siria appaiono minacciati in maniera crescente dagli effetti destabilizzanti del conflitto;
    altri 14 Paesi, tra cui gli Emirati arabi uniti e il Qatar, hanno aderito alla dichiarazione che condanna la Siria per l'attacco con armi chimiche del 21 agosto 2013 e in cui si chiede una risposta internazionale forte perché il Governo siriano si assuma la propria responsabilità, in precedenza siglato da 11 Paesi, tra cui l'Italia, in occasione del G20 a San Pietroburgo;
    lunedì 9 settembre 2013 la Siria ha accolto favorevolmente la proposta russa di mettere sotto il controllo della comunità internazionale le proprie armi chimiche, proposta che avrebbe incassato anche il sostegno dell'Iran;
    dapprima la posizione interventista della Francia e poi la proposta russa ed il suo accoglimento da parte siriana evidenziano, ancora una volta, l'incapacità europea di agire in modo concordato ed incisivo nell'ambito delle crisi internazionali;
    una volta messo in sicurezza l'arsenale chimico di Assad, la negoziazione di una soluzione politica alla crisi continua a rappresentare l'unica via percorribile al fine di realizzare una stabilizzazione di lungo periodo della Siria e dell'intera regione,

impegna il Governo:

   a non appoggiare un eventuale intervento militare in Siria;
   a ricercare, al contempo, una via di uscita politica dal conflitto siriano, anche attraverso il sostegno alla proposta di requisizione delle armi chimiche siriane su cui già diverse diplomazie europee si sono pronunciate favorevolmente, mantenendo un dialogo costante con i partner del Gruppo Amici della Siria, e valutando l'opportunità dell'avvio di contatti diretti con la Russia e l'Iran, anche con l'obiettivo di agganciare quest'ultimo Paese al processo di Ginevra;
   a sostenere nelle competenti sedi internazionali l'avvio dei negoziati tra le parti attraverso la tempestiva convocazione della conferenza internazionale «Ginevra II», atta a definire una via d'uscita al conflitto in Siria che favorisca la cessazione delle ostilità e l'avvio della transizione democratica nel Paese;
   ad attivarsi affinché alla comunità cristiana residente in Siria continuino ad essere garantite sia la sicurezza sia la libertà di culto;
   a sostenere in sede europea la necessità di un rafforzamento della politica estera comune;
   a farsi protagonista in ambito europeo dell'elaborazione di una nuova politica per il Mediterraneo, che consenta una stabilizzazione dell'intera regione.
(1-00179)
(Nuova formulazione) «Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Rampelli, Taglialatela, Totaro».
(10 settembre 2013)


   La Camera,
   premesso che:
    esprimendo il proprio apprezzamento per il tentativo in atto in queste ore, teso a scongiurare l'attacco alla Siria e a rilanciare il dialogo tra le parti coinvolte nel locale conflitto civile, con l'obiettivo finale di giungere ad una sua ricomposizione su basi eque, come recentemente raccomandato anche dalla Santa Sede;
    consapevole che la strada della pace in Siria e nella regione, alla quale è funzionale anche il disarmo chimico di Damasco, rimane irta di ostacoli, anche per l'esistenza di attori che hanno interessi di varia natura alla prosecuzione ed all'aggravamento della guerra in corso;
    condividendo la posizione adottata dal Governo italiano nella veste comunicata alle Commissioni Esteri dei due rami del Parlamento dal Ministro degli affari esteri lo scorso 27 agosto, in base alla quale risultava evidente il carattere pregiudiziale della presenza di un mandato delle Nazioni Unite all'appoggio di qualsiasi intervento armato contro il regime di Damasco;
    rilevando tuttavia, come l'apposizione della firma italiana alla Dichiarazione di San Pietroburgo, avvenuta da parte del Presidente del Consiglio al margine del G20, abbia non solo sancito una nuova spaccatura in seno all'Unione europea, per la decisione della Germania di non condividerla, ma altresì modificato la posizione dell'Italia nella crisi siriana senza alcuna consultazione con il Parlamento, prefigurando un appoggio politico del nostro Paese al possibile attacco alla Siria anche in assenza di un mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, mentre venivano contestualmente date ampie assicurazioni alla Presidenza di turno del G20 circa il fatto che l'Italia rimaneva indisponibile a partecipare attivamente ad un intervento militare contro il regime di Damasco, generando conseguentemente incertezza sulla reale collocazione del nostro Governo;
    sottolineando come l'atteggiamento prescelto sia connotato da un'ambiguità che ha obiettivamente reso poco nitida e difficilmente leggibile la posizione italiana, con l'effetto di indebolirla rispetto a tutte le parti in causa;
    osservando altresì, come l'offerta di appoggio politico da parte dell'Italia alla coalizione dei volenterosi in predicato di attaccare la Siria ponga in condizioni di oggettivo pericolo i 1.100 soldati italiani partecipanti all'Unifil II, di stanza nel Libano meridionale, esponendoli al rischio di rappresaglie da parte dell'Hezbollah, in caso di intervento militare contro il regime di Damasco;
    ricordando inoltre, che la percezione del crescente pericolo di estensione al Libano della guerra civile siriana ha già indotto il Governo turco a ritirare recentemente i propri caschi blu dall'Unifil II e quello degli Stati Uniti a disporre il rimpatrio di tutto il personale diplomatico non strettamente necessario in servizio nel Paese dei Cedri;
    segnalando che la decisione della Difesa italiana di inviare nelle acque prospicienti il Libano del cacciatorpediniere Andrea Doria parrebbe comprovare l'esistenza di preoccupazioni anche all'interno delle Forze armate del nostro Paese, che peraltro il rischieramento della citata unità non è in grado di dissipare completamente, essendo insufficiente a dissuadere o respingere eventuali attacchi terroristici da parte dell'Hezbollah;
    sottolineando che la prosecuzione degli interventi militari italiani nei teatri di crisi all'estero è assicurata soltanto fino al prossimo 30 settembre e sono da reperire i fondi per coprire le esigenze operative ad essi connesse sino al termine dell'anno in corso,

impegna il Governo:

   a chiarire in modo univoco e non ambiguo che l'Italia non appoggerà alcuna iniziativa militare internazionale che non abbia solide fondamenta nel diritto internazionale, e comunque previa autorizzazione del Parlamento, e nell'accertamento delle responsabilità per quanto accaduto alla periferia di Damasco lo scorso 21 agosto, tuttora oggetto di controverse ricostruzioni, in conformità con le deliberazioni adottate a suo tempo dal Consiglio Supremo di Difesa il 19 marzo 2003, alla vigilia di Iraqi Freedom, se del caso dichiarando espressamente come allora la non belligeranza dell'Italia;
   a predisporre comunque in via cautelativa il rimpatrio del contingente italiano di stanza in Libano, in ogni caso prima del varo del prossimo decreto-legge di proroga delle missioni internazionali delle nostre Forze armate, atteso entro il 30 settembre prossimo.
(1-00180)
(Testo corretto) «Giancarlo Giorgetti, Gianluca Pini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Prataviera, Rondini».


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

Risoluzione

   La Camera,
   premesso che:
    in Siria, fin dal marzo 2011, le proteste antigovernative contro il regime di Bashar Al Assad chiedono la fine del regime dittatoriale allo scopo di avviare un processo democratico che porti il popolo siriano alla libertà e al riconoscimento dei propri diritti;
    il regime, dal canto suo, ha ignorato tali richieste reagendo con brutalità e mettendo in atto repressioni, torture ed esecuzioni sommarie che hanno causato, secondo quanto affermato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite e secondo le stime di numerose organizzazioni internazionali, più di centomila vittime, due milioni di rifugiati nei paesi vicini e cinque milioni di internally displaced;
    la comunità internazionale, al fine di favorire un percorso volto alla democratizzazione del paese, ha più volte rivolto al regime di Assad appelli che sono rimasti completamente inascoltati;
    peraltro, la situazione è evoluta nella direzione di una tragica guerra civile, dove sono emerse anche presenze inquietanti di gruppi ad indirizzo estremista, che non vogliamo e non dobbiamo confondere con l'opposizione democratica siriana;
    il 21 agosto scorso il conflitto ha raggiunto un drammatico apice con l'utilizzo di armi chimiche in un attacco che ha portato alla morte di 1.400 innocenti, tra cui più di 400 bambini, un attacco che costituisce un crimine contro l'umanità e non può essere ignorato né dalla comunità internazionale nel suo insieme né dai singoli paesi;
    la Siria risulta essere il paese con il più consistente stoccaggio di armi chimiche, in netto contrasto con la Convenzione del 1993 delle Nazioni Unite che mette al completo bando l'utilizzo di tali armi;
    la Siria è uno dei cinque paesi membri delle Nazioni Unite, insieme ad Angola, Corea del Nord, Egitto e Sud Sudan, che non hanno né firmato né ratificato la Convenzione di Parigi del ’93 sulla proibizione delle armi chimiche;
    le Nazioni Unite, attraverso i loro ispettori, stanno agendo per accertare le responsabilità di questo atroce crimine;
    l'Unione europea, nell'incontro informale dei Ministri degli esteri di Vilnius, è riuscita a superare le sue divergenze con una dichiarazione affidata all'Alto Rappresentante per la politica estera dell'Unione europea che condanna l'uso delle armi chimiche, prevede il ricorso alla Corte penale internazionale contro i responsabili, ribadisce la necessità di attendere il rapporto degli ispettori ONU e le deliberazioni del Consiglio di sicurezza, come l'Italia ha sostenuto sin dall'inizio della crisi siriana;
    condividendo la posizione espressa dalla Ministra degli esteri Emma Bonino secondo la quale non dovremmo mai perdere di vista due riferimenti irrinunciabili: il diritto internazionale, e quindi l'imprescindibilità di una decisione a livello di Nazioni Unite, e gli interessi nazionali, fra cui quello di garantire pace e stabilità e diritti umani allo stesso tempo, promuovendo le azioni opportune ad evitare un'escalation, e ad ottenere la fine dei crimini e delle violenze privilegiando i mezzi diplomatici;
    ritenendo che la guerra sia sempre l'ultima istanza, e che la condizione giuridica necessaria di un'autorizzazione delle Nazioni non garantirebbe da sola la condizione sufficiente dell'efficacia dell'intervento, non potendo essere sottovalutati i rischi che un'azione militare comporterebbe per la stabilità della regione mediorientale, con la prospettiva di ancor più drammatici sviluppi e con perdite gravissime di vite umane;
    riconoscendo, in particolare, l'opportunità di tutelare le minoranze religiose, tra cui, ma non soltanto, quella cristiana in Siria, che pagherebbero particolarmente un'escalation militare;
    evidenziando la posizione strategica dell'Italia nel Mediterraneo che porta inevitabilmente il nostro Paese a giocare un ruolo importante qualora l'ONU decida di intervenire in Siria e ad essere particolarmente esposto anche geograficamente nel Mediterraneo, crocevia delle flotte militari in azione;
    avendo come obiettivo imprescindibile e finale l'affermazione in Siria di democrazia, libertà e diritto,

impegna il Governo:

   a farsi promotore di un'azione affinché il Consiglio di sicurezza dell'ONU imponga a tutti i contendenti, privilegiando le vie politico-diplomatiche, avendo cura dell'incolumità della popolazione civile e dei rischi oggettivi di escalation nell'area, sulla base dell'articolo 39 della Carta, un cessate il fuoco che a sua volta dovrebbe permettere la ricerca di una soluzione politica;
   ad operare affinché l'Unione europea continui a parlare con una voce sola e a ricercare una soluzione, che può essere resa possibile esortando i paesi vicini alle parti antagoniste della drammatica guerra civile, tra i quali anche Iran e Russia da un lato, Turchia, Arabia Saudita e Qatar dall'altro, ad esercitare un'azione di convincimento perché rinuncino al loro obiettivo massimo di eliminazione totale dell'avversario e accettino un compromesso che garantisca tutte le diverse presenze, comprese le minoranze;
   a individuare, nell'ambito dell'opposizione siriana, i soggetti politici e i movimenti ispirati a valori democratici, distinguendo tra essi e formazioni fondamentaliste e potenzialmente ispiratrici di regimi autoritari e di ulteriori violazioni dei diritti umani;
   a partecipare alla definizione di una cornice politica e diplomatica che abbia il fine di avviare un processo democratico volto al riconoscimento dei diritti umani e all'eliminazione definitiva dell'arsenale chimico siriano, affinché non si abbiano a ripetere mai più in futuro simili atrocità;
   a fare pressioni perché la Siria e gli altri quattro paesi che ancora non lo hanno fatto firmino e ratifichino la Convenzione di Parigi del 1993 che mette al completo bando l'utilizzo di tali armi;
   a continuare a sostenere, come obiettivo dell'azione dell'Unione europea in seno alle Nazioni Unite, il conseguimento del seggio europeo nel Consiglio di sicurezza.
(6-00026) «Locatelli, Di Lello, Di Gioia, Pastorelli».


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative disciplinari in relazione a perquisizioni effettuate nei confronti di consulenti tecnici per la difesa nell'ambito del processo riguardante i fatti occorsi il 27 giugno 2011 e il 3 luglio 2011 nell'area interessata dal progetto della nuova linea ferroviaria Torino-Lione – 3-00293.

   DELLA VALLE e CASTELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 giugno 2013 è stata disposta la perquisizione dell'appartamento del dottor Pierpaolo Pittavino, consulente tecnico sin dal giugno 2012 per l'avvocato Claudio Novaro, uno dei difensori nei processi per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011 accaduti in località Chiomonte (Torino) durante manifestazioni di protesta del Movimento NoTav. La perquisizione è stata disposta a seguito di accusa di stalking ai danni di un operaio del cantiere del cunicolo esplorativo per il progetto della nuova linea Torino-Lione, tale Adelmo Tessa, persona la cui identità risulta essere tuttora ignota al dottor Paolo Pittavino;
   in data 29 luglio 2013 sono state disposte perquisizioni per dodici cittadini italiani accusati per i reati di cui all'articolo 280, comma 1, n. 3, del codice penale e agli articoli 10 e 121 della legge n. 497 del 1974 per i fatti del 10 luglio 2013, sempre in Chiomonte (Torino) e tra i perquisiti figura la dottoressa Dana Lauriola, parimenti consulente tecnico, sin dal giugno 2012, di avvocati difensori nel processo per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011;
   a seguito delle suddette perquisizioni non sono state rinvenute né «armi micidiali», né elementi che possano supportare la gravissima accusa di terrorismo, sono invece stati sequestrati indumenti, zaini, effetti personali, telefoni cellulari e computer;
   i computer sequestrati al dottor Pierpaolo Pittavino e alla dottoressa Dana Lauriola contengono informazioni riservate e legalmente privilegiate, legate alla loro attività professionale di consulenza tecnica nei processi per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011, svolte dai consulenti sin dal mese di giugno del 2012;
   tale processo con 53 imputati si svolge a Torino nell'aula bunker del carcere delle Vallette ed è entrato da poche settimane nella fase dell'istruttoria dibattimentale;
   i dottori Pittavino e Lauriola, insieme ad ulteriori consulenti, da più di un anno hanno creato diversi database di informazioni, la replicazione informatica delle produzioni della procura della Repubblica in tale processo (ammontanti queste ultime a svariate decine di migliaia di pagine e migliaia di documenti cartacei, oltre a più di 100 dvd contenenti centinaia di ore di video della polizia scientifica o digos), oltre ad avere curato un'imponente raccolta di materiale probatorio documentale, fotografico e video, da differenti fonti informative, finalizzata a costituire supporto alle linee difensive di tutti gli avvocati della difesa dei 53 imputati, costituitisi in un coordinamento di più di 40 legali dal mese di giugno del 2012;
   fra gli strumenti utilizzati dal coordinamento dei legali impegnati nella difesa nel processo per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011 rientra una mailing list, estesa ai consulenti, inclusi pertanto i dottori Pittavino e Lauriola, e da questi amministrata. Sulla mailing list in oggetto, a partire dal mese di giugno 2012, sono transitate, e transitano, tutte le più importanti comunicazioni che i 40 e più difensori, anche per ragioni logistiche dettate dal numero e dalle rispettive localizzazioni geografiche in diverse e numerose regioni d'Italia, scambiano fra di loro nell'ideazione e gestione delle strategie difensive relative al processo citato. A titolo esemplificativo della delicatezza e strategicità dello strumento informatico, sul flusso della mailing list in oggetto si è discorso di identità di testimoni da indicare in lista, scelta di video e/o fotografie da produrre, discussioni circa la selezione di riti alternativi;
   fra i titolari del più volte citato processo per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011, nei quali prestano consulenza tecnica a favore della difesa i medesimi dottori Pittavino e Lauriola, vi sono i pubblici ministeri Antonio Rinaudo ed Andrea Padalino, ovverosia i medesimi pubblici ministeri che hanno disposto le suddette perquisizioni a carico dei dottori Pittavino e Lauriola per diversi fatti avvenuti nell'anno 2013;
   cittadini, amministratori locali, membri del Parlamento italiano e giuristi indipendenti hanno espresso forti criticità nel merito della validità dei capi di imputazione iscritti a carico della Dr.ssa Lauriola e di altri come lei, che risulterebbero non contestualizzabili nelle vicende legate all'opposizione alla realizzazione del cunicolo esplorativo della Maddalena;
   va considerata la possibile violazione, a parere degli interroganti:
    a) dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6, comma 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà, che prevedono che il processo si svolga nel contraddittorio tra difesa e accusa in condizioni di parità, posto che, se una delle parti conosce in anticipo le strategie e le tattiche difensive dell'altra (in questo caso, se così fosse, di ben 53 imputati), ciò integra svantaggio sostanziale ed irreparabile e come tale in contrasto con il sistema costituzionale che regola i diritti degli imputati;
    b) dell'articolo 103, comma 2, del codice di procedura penale relativo alle garanzie di libertà del difensore e dei suoi consulenti, posto che il sequestro presso il consulente è vietato, di modo che la polizia giudiziaria avrebbe dovuto astenersi dal procedere a sequestrare e poi copiare materiali e strumenti utilizzati per fornire la consulenza, appena ricevutane la notizia dai perquisendi;
    c) dell'articolo 103, comma 5, del codice di procedura penale qualora la procura della Repubblica di Torino fosse entrata in possesso, in tutto o in parte, del flusso informativo costituito sulla mailing list di cui si è detto, giacché in tale modo essa avrebbe avuto accesso a comunicazioni riservate tra difensori, nonché a comunicazioni riservate tra difensori e loro consulenti, protette a norma del comma 5. In tale evenienza, fermo quanto sopra in merito all'ipotesi di violazione dell'articolo 111 della Costituzione, ci si troverebbe, di fatto, in presenza di intercettazioni di comunicazioni ex articolo 266 e 266-bis del codice di procedura penale, del tutto vietate se a carico di difensori e consulenti;
    d) dell'articolo 256 del codice di procedura penale in merito alla procedura prevista, e alle relative garanzie, quando si debba reperire documentazione detenuta per ragioni di ufficio e si formuli opposizione del segreto professionale da parte dei consulenti, i quali sono equiparati, secondo la previsione dell'articolo 200 del codice di procedura penale, ai difensori, e cioè a soggetti che non possono essere obbligati a deporre sui fatti conosciuti per la loro professione. Secondo tale disciplina i pubblici ministeri non possono procedere al sequestro nei confronti dei consulenti di quei documenti detenuti per ragioni del loro ufficio, se non a fronte dell'infondatezza della dichiarazione fatta dal consulente circa le ragioni della detenzione dei medesimi documenti. Nel caso di specie risulta, invece, dai verbali di perquisizione che la dottoressa Lauriola abbia prontamente esibito le nomine a consulente da parte delle difese, circostanza peraltro già ampiamente nota ai pubblici ministeri procedenti, ed indicato che i supporti informatici su cui si stava operando il sequestro contenevano materiale elaborato su incarico dei difensori che la avevano nominata. Analogamente ha dichiarato il dottor Pittavino, come appare dal verbale di perquisizione –:
   se il Ministro interrogato, nell'ambito delle sue competenze, intenda verificare gli elementi esposti in premessa, adottando, qualora una delle ipotesi qui svolte si rilevasse fondata, le iniziative disciplinari che gli competono, oltre ad ogni più opportuna iniziativa a termine di legge che si rivelasse necessaria. (3-00293)
(10 settembre 2013)


Misure per contrastare il fenomeno della cosiddetta povertà sanitaria – 3-00294.

   PIAZZONI, NICCHI e AIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto rilevato recentemente dalla stampa nazionale la povertà sanitaria è cresciuta del 57 per cento in tre anni. In sostanza la gente non riesce più a pagarsi i farmaci;
   in Italia, infatti, dal 2006 al 2013 la povertà sanitaria è aumentata in media del 97 per cento: sono, cioè, aumentati i cittadini che hanno difficoltà ad acquistare i medicinali, anche quelli con prescrizione medica. Lo rivela un dossier realizzato dalla Fondazione banco farmaceutico onlus e recentemente portato all'attenzione dell'opinione pubblica;
   se prima la crisi colpiva le famiglie, costringendole a fare a meno di alimenti, vestiario e generi di consumo – si legge nel documento – oggi è in difficoltà anche la capacità di procurarsi le medicine;
   i dati emersi dal dossier sono il frutto del lavoro svolto da sette anni, dal 2006 al 2013, dalla Fondazione banco farmaceutico onlus, che sul territorio nazionale raccoglie – grazie alla Giornata nazionale di raccolta del farmaco e alle donazioni aziendali – e distribuisce agli enti convenzionati che fanno richiesta di medicinali;
   le categorie sociali che fanno richiesta di medicinali sono ampie: dalle famiglie numerose, agli anziani con pensione minima, fino agli immigrati, anche irregolari. I risultati sono stati poi incrociati con i dati della Caritas italiana provenienti da un campione di 336 centri di ascolto attivi in 45 diocesi. In termini percentuali, l'aumento delle richieste di farmaci è stato pari al 57,1 per cento in tre anni, anche se in termini assoluti non è tra le richieste prioritarie. Molto probabilmente, tale forma di richiesta è assorbita da altre voci del sistema di classificazione. In effetti, tre sole voci – richiesta generica di beni primari, richiesta generica di sussidi economici e assistenza sanitaria – coprono il 70,4 per cento delle richieste complessive;
   quanto precede rappresenta un dato di eccezionale gravità idoneo a colpire in modo profondo il diritto alla salute e l'accesso alle cure dei cittadini più deboli e bisognosi –:
   quale iniziative urgenti intenda assumere il Governo alla luce di quanto descritto in premessa al fine di garantire il pieno rispetto del principio costituzionalmente tutelato del diritto alla salute e dell'accesso alle cure da parte dei cittadini più deboli e bisognosi del nostro Paese.
(3-00294)
(10 settembre 2013)


Iniziative per potenziare la sicurezza negli ambulatori di psichiatria – 3-00295.

   BINETTI, VARGIU, MONCHIERO, GIGLI e SCHIRÒ PLANETA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
    è drammaticamente attuale il dibattito in merito alla sicurezza negli ambulatori di psichiatria, scaturito successivamente alla follia omicida che ha portato all'uccisione della dottoressa Paola Labriola, psichiatra presso un centro di salute mentale di Bari, accoltellata a morte, durante una visita, da un paziente con problemi di tossicodipendenza;
   si tratta di una vicenda drammatica, emblematica di differenti forme di disattenzione legate, anche e soprattutto, alla gestione complessiva di qualità e attenzione verso questi pazienti psichiatrici;
   il dibattito generatosi è legato, soprattutto, alle circostanze che avrebbero potuto impedire l'omicidio, dal momento che quel malato non sarebbe stato nuovo a comportamenti aggressivi e a minacce e si ipotizza che il suo comportamento fosse prevedibile;
   purtroppo, a parere degli interroganti, non esiste una metodologia di prevenzione della follia, meno che mai delle linee guida e neanche un esercito di vigilantes può impedire che qualcosa di tragico avvenga. L'unico modo per prevenirla è tentare di curarla attraverso delle organizzazioni adeguate, degli operatori preparati ed in numero sufficiente, nonché delle risorse anche se minime;
   se le strutture fossero adeguatamente organizzate e attrezzate, sarebbe sicuramente ridotto il verificarsi di simili drammi, anche perché gli operatori sono in grado di gestire ogni genere di situazioni. Purtroppo accade che alcune regioni, per problemi di risparmio, abbiano accorpato la salute mentale con la dipendenza, pur trattandosi di problematiche molto diverse. Ci sono dipartimenti con organici decimati e questo accentua la fragilità delle strutture in cui si opera;
   oggi i servizi per le dipendenze e per la salute mentale vessano in situazioni drammatiche, con operatori esposti a continui rischi e malati sempre più numerosi rispetto alle forze reali degli operatori stessi e delle strutture in cui operano;
   per il rispetto che si deve a Paola Labriola e per i tanti operatori che come lei rischiano la vita in strutture non adeguatamente organizzate, occorrerebbe ripensare, a parere degli interroganti, ad una modifica della legge n. 180 del 1978, attraverso interventi adeguati per pazienti e operatori, tenendo conto delle necessità territoriali, presenti e future, dei malati di mente, potenziando i finanziamenti disponibili, cercando di creare nel sistema le condizioni per ridurre ragionevolmente le tante piccole crisi, in cui gli operatori sono troppo spesso lasciati soli –:
   quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda attuare per potenziare la sicurezza negli ambulatori di psichiatria e se non ritenga opportuno porre particolare attenzione alla gestione complessiva degli ambulatori psichiatrici specificatamente in merito alla sicurezza di operatori e pazienti. (3-00295)
(10 settembre 2013)


Problematiche riguardanti il rispetto dei livelli essenziali di assistenza nell'ambito del territorio dell'azienda sanitaria locale Na3sud in Campania – 3-00296.

   FORMISANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il commissario ad acta del piano di rientro del settore sanitario con decreto n. 49 del 27 settembre 2010 ha approvato il riassetto della rete ospedaliera territoriale, disponendo che i direttori generali ed commissari straordinari delle aziende sanitarie locali procedessero alla presentazione di un piano attuativo aziendale di riorganizzazione, di riconversione, di riallocazione e/o di dismissione dei propri presidi, ovvero di concentrazione di funzione specifiche come quelle relative alle attività di emergenza e di pronto soccorso;
   il suddetto piano individuava tra le strutture da riconvertire il presidio ospedaliero A. Maresca di Torre del Greco, per trasformarlo da emergenza ed urgenza di II livello a centro di lungodegenza e riabilitazione;
   l'applicazione di tale piano si palesava da subito incongrua con le reali necessità del territorio su cui insiste l'ospedale Maresca, provocando l'impossibilità di una totale applicazione delle richieste e delineando una situazione ibrida tra le funzioni che svolgeva la struttura inizialmente e quelle alle quali avrebbe dovuto assolvere;
   per garantire il servizio sanitario nella fascia territoriale della provincia sud di Napoli si procedeva all'individuazione di due plessi distinti su cui distribuire i servizi, procedendo nella fattispecie alla formazione degli ospedali riuniti del Golfo comprendenti il presidio ospedaliero A. Maresca e il presidio ospedaliero Sant'Anna&SS. Madonna della neve di Boscotrecase, nonché imponendo alle stesse unità operative di coprire entrambi i presidi e trasferendo in completo alcuni reparti;
   la riconversione stessa del presidio ospedaliero Maresca era subordinata all'attivazione dell'emergenza ed urgenza all'ospedale del Mare di Ponticelli, struttura polifunzionale che tuttora è in costruzione e interessata da provvedimenti legali e contrattuali che ne inficiano il completamento e l'apertura;
   nonostante le difficoltà già palesi, con un decreto del 31 dicembre 2012, la regione Campania ha determinato il blocco per un anno di qualsiasi tipo di assunzione, mobilità e trasferimento di personale all'interno delle aziende sanitarie locali, provocando in sintesi l'impossibilità totale di sopperire a mancanze, carenze, pensionamenti e stati di malattia del personale stesso;
   il piano di rientro non ha tenuto conto dell'utenza che usufruiva dei servizi dell'ospedale A. Maresca, che insiste su un territorio comprendente le città di Torre del Greco, Ercolano, Portici, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio per un totale di trecentocinquantamila (350.000) abitanti;
   i disagi e le criticità provocate hanno allertato la cittadinanza, al punto tale da promuovere la formazione di comitati civici spontanei di protesta sostenuti da operatori sanitari, forze politiche e sindacali, amministrazioni ed enti che da anni sottopongono ai vertici politici ed istituzionali che hanno compito decisionale la grave situazione in cui versa il territorio;
   la cittadinanza e le amministrazioni dei comuni interessati, gli organi di stampa e di informazione anche nazionali hanno più volte avuto rassicurazione da parte dei vertici di aziende sanitarie locali e regione sull'inapplicabilità del decreto n. 49 del 2010 per la parte riguardante l'ospedale Maresca, ma tuttora tale decreto è di riferimento per la redazione dei piani attuativi;
   le innumerevoli ed esasperate proteste cittadine, nonché le vibranti richieste delle amministrazioni che si sono succedute e le innumerevoli denunce ad organi competenti, hanno prodotto incontri pubblici, tavoli tecnici, audizioni, conferenze dei sindaci, conferenze di servizi, commissioni consiliari, consigli comunali monotematici, commissioni regionali e innumerevoli documentazioni ed atti formali ed informali, che vanno tutti verso la risoluzione di assicurare l'emergenza e urgenza al presidio ospedaliero Maresca e l'attivazione dei reparti utili a sostenere tale fine, senza che mai nessuno si assumesse le responsabilità di scelte che il proprio ruolo, nonché gli impegni presi gli consegnavano;
   dall'incontro ottenuto da comitati e amministrazione di Torre del Greco con il subcommissario Morlacco e il presidente Stefano Caldoro, del giorno 29 luglio 2011 si è ottenuta la stesura della delibera n. 830 contenente:
    a) 16 posti letto destinati al reparto di chirurgia;
    b) 22 posti letto destinati al reparto di medicina;
    c) 10 posti letto destinati al reparto di gastroenterologia;
    d) 16 posti letto destinati al reparto di servizio psichiatrico di diagnosi e cura;
    e) 70 posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza in conformità allo stesso decreto n. 49 del 2010;
   ciò al fine di garantire definitivamente il servizio di emergenza e urgenza unitamente alla destinazione d'impiego indicata dal piano di rientro;
   tale delibera non è mai stata resa realmente attuativa a discapito di impegni ufficialmente sottoscritti;
   la dismissione dell'emergenza e urgenza viene subordinata nel decreto n. 49 del 2010 alla costruzione e abilitazione ai servizi dell'ospedale del Mare di Ponticelli, nonostante quest'ultimo non fosse stato ancora strutturalmente completato e la cui situazione versi tuttora in uno stato di criticità all'attenzione della prefettura;
   le criticità del servizio sanitario pubblico hanno provocato innumerevoli disagi alla popolazione, provocando casi gravissimi di malasanità tra cui decessi annunciati ed evitabili che continuano a verificarsi sempre più numerosi;
   le forze e il numero del personale medico e sanitario diviso su due plessi sono ormai esigue e insufficienti a garantire anche il minimo servizio di sanità pubblica al territorio, con conseguente rischio per la salute dei lavoratori e la vita dei cittadini;
   l'incapacità di assolvere adeguatamente da parte dell'ospedale Sant'Anna alle necessità dell'utenza costringe a continui spostamenti in ambulanza tra i due plessi, anche in situazioni di estrema urgenza, producendo quello che all'interrogante appare un ulteriore cattivo uso delle risorse economiche e ponendo il personale in condizioni di operatività al limite della legalità;
   buona parte dei dati acquisiti dalla regione per la valutazione degli sprechi forniscono, ad avviso dell'interrogante, una rappresentazione lontana dalla realtà e, tra l'altro, non risulta che siano stati effettuati idonei riscontri da parte delle autorità competenti;
   la normativa nazionale in materia di sanità prevede 3,6 posti letto per 1.000 abitanti e attualmente l'azienda sanitaria locale Na3sud è in grado di coprire un fabbisogno per 0,3 posti letto per 1.000 abitanti, consegnando una situazione drammatica e palesemente al di sotto delle necessità e dei fabbisogni del cittadino;
   la città di Napoli conta un alto numero di posti letto per 1.000 abitanti, dovuto anche alla volontà di tenere aperte tutte le sedi dei policlinici universitari, mentre la provincia versa in una situazione insostenibile relativamente alla semplice necessità di emergenza e urgenza;
   un piano di rientro economico, a giudizio dell'interrogante, non può essere applicato senza tener conto dei danni effettivi che provoca alla cittadinanza, dismettendo una struttura ospedaliera funzionante senza valutare il gran numero di abitanti (350.000) che vengono lasciati senza assistenza sanitaria pubblica, rafforzando strutture isolate e fatiscenti, con conseguenti perdite in termini monetari e di diritto alla salute pubblica;
   non può consentirsi una riorganizzazione tale della sanità pubblica da permettere che a fronte dei 3,6 posti letto per 1.000 abitanti che prevede la legge nazionale se ne garantiscano nel territorio interessato dall'azienda sanitaria locale solo 0,3;
   infine, non si può permettere l'applicazione, tra l'altro manchevole e a singhiozzi, di un piano di rientro economico, che, ad avviso dell'interrogante, quasi scientificamente mette in conto contestualmente al risparmio economico la perdita di vite umane;
   a giudizio dell'interrogante, il presidente della regione Campania, il sub-commissario ad acta nella regione Campania, il presidente della provincia, il direttore generale dell'azienda sanitaria locale Na3sud, che dovrebbero da anni essere a conoscenza di tali problematiche e che non hanno preso, secondo l'interrogante, adeguati provvedimenti, stanno producendo quello che all'interrogante appare un disastro in termini di servizio al cittadino, salute pubblica e vite umane, nonostante le innumerevoli e vibranti richieste di intervento da parte di amministrazioni comunali, forze politiche e sindacali, comitati cittadini e di quartiere, associazioni di commercio, culturali e di volontariato, nonché da parte di dipendenti delle strutture e degli operatori sanitari tutti; va aggiunto il rischio di un forte danno all'erario dello Stato, non essendo razionale la gestione della spesa perché fondata su dati di spreco ed economici, ad avviso dell'interrogante, errati e mai realmente comparati o riscontrati;
   tutto quanto premesso era già stato sottoposto all'attenzione del Ministro interrogato nell'interrogazione a risposta scritta 4/00151 presentata in data 3 aprile 2013 dagli onorevoli Scotto Arturo, Bossa Luisa, Formisano Aniello, Gallo Luigi, Piccolo Giorgio;
   in questo quadro, appare necessario riconsiderare le reali disponibilità complessive in termini di unità operative, strutture, materiali, beni mobili ed immobili ai fini di una corretta ridistribuzione sull'intero territorio regionale a beneficio della cittadinanza tutta, magari valutando le unità operative in forza agli ospedali militari attualmente in parte inoperosi, che potrebbero essere impiegate a sostegno di quella che è una vera è propria area di crisi sanitaria –:
   se non si ritenga doveroso, con riguardo al territorio dell'azienda sanitaria locale Na3sud, con urgenza, verificare, nell'ambito del monitoraggio sull'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in generale, per riportare in Campania il rapporto degenti/posti letto più vicino alla media nazionale e, in particolare, lo stato dei servizi di assistenza, emergenza ed urgenza forniti al cittadino, nonché la legittimità di tutti gli atti che il commissario ad acta ha già posto formalmente in essere e tendenti, secondo le motivazioni e le documentazioni, a rientrare economicamente sugli sprechi, senza a parere dell'interrogante aver valutato l'incidenza in termini di forti rischi per i territori. (3-00296)
(10 settembre 2013)


Misure a favore dei cittadini infettati da emoderivati, trasfusioni e vaccinazioni, anche alla luce di una recente sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo – 3-00297.

   LENZI, AMATO, ARGENTIN, BENI, BIONDELLI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, IORI, MIOTTO, MURER, PATRIARCA, PICCIONE, SBROLLINI, SCUVERA, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 settembre 2013 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che lo Stato italiano deve versare un adeguamento dell'indennità integrativa a tutti i cittadini infettati da hiv, epatite B o C dopo una trasfusione o somministrazione di emoderivati;
   sino a oggi i cittadini interessati ricevevano un indennizzo che, sulla base della legge n. 210 del 1992, si attestava a circa 542 euro al mese. Una somma che, però, non è mai stata rivalutata tenendo conto dell'indice Istat utilizzato per calcolare l'adeguamento al tasso di inflazione e, quindi, al costo della vita. In sostanza, per oltre vent'anni, si è rimasti legati ai parametri del 1992. La sentenza di Strasburgo afferma, invece, il principio che nessun cittadino può essere escluso dalla retroattività dell'adeguamento Istat;
   in precedenza la situazione non si era sbloccata neppure dopo che la Corte costituzionale italiana, nel 2011, aveva dichiarato l'illegittimità del decreto-legge n. 78 del 2010, che limitava la rivalutazione dell'indennità a quella base, escludendo quindi quella integrativa;
   un provvedimento, quest'ultimo, ora censurato anche dalla Corte di Strasburgo, secondo la quale lo Stato italiano ha solo voluto garantirsi un vantaggio economico nei processi intentati dai ricorrenti contro il mancato pagamento della rivalutazione dell'indennità, violando così i diritti dei ricorrenti e di tutti coloro che si trovano nella loro stessa situazione;
   in base a quanto stabilito dai giudici europei, lo Stato italiano avrà sei mesi di tempo, dal momento in cui la sentenza diventerà definitiva, «per stabilire una data inderogabile» entro cui si impegna a pagare rapidamente le somme dovute. La sentenza non sarà comunque definitiva prima di tre mesi, cioè il tempo a disposizione del Governo italiano per chiedere la revisione del caso davanti alla Grande Camera della stessa Corte;
   finalmente, grazie a questa sentenza, si riconosce a tutti i circa 60 mila cittadini italiani infettati, senza differenze, la possibilità di percepire gli arretrati dell'adeguamento Istat per l'indennizzo loro riconosciuto –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere affinché dopo più di venti anni di sofferenti battaglie a questi cittadini venga riconosciuto finalmente un loro diritto, aggiungendo ai 542 euro già previsti la rivalutazione dell'indennità calcolata in circa 140 euro al mese e gli arretrati, circa 15 mila euro a persona, nonché quante siano ancora attualmente le cause pendenti tra lo Stato italiano ed i cittadini per il riconoscimento del danno causato da emoderivati, trasfusioni e vaccinazioni e quali iniziative urgenti intenda adottare per accelerare i tempi relativi alla definizione delle singole azioni legali.
(3-00297)
(10 settembre 2013)


Iniziative in relazione alla vendita on line di medicinali soggetti a prescrizione medica – 3-00298.

   CALABRÒ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   per quanto si evince da notizie di stampa, attraverso il sito www.121doc.it continua a essere effettuata la vendita on line di medicinali soggetti a prescrizione medica per la cura di patologie varie, quali l'obesità, calvizie, farmaci per la contraccezione e la salute sessuale;
   l'attività del predetto sito, pubblicizzata attraverso i media, costituisce un concreto pericolo per la salute, soprattutto delle giovani generazioni, oltre ad essere svolta, a quanto pare, in violazione delle disposizioni legislative vigenti, sia nazionali che comunitarie, in materia di vendita al pubblico dei medicinali sottoposti a prescrizione medica –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per assicurare, in relazione ai menzionati fenomeni, il rispetto della normativa nazionale e comunitaria a tutela della salute pubblica.
(3-00298)
(10 settembre 2013)


Situazione debitoria del comune di Roma, anche in relazione all'ipotesi di una candidatura della capitale come sede per i giochi olimpici del 2024 – 3-00299.

   GRIMOLDI, ALLASIA, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, PRATAVIERA, GIANLUCA PINI e RONDINI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato di volere presentare la candidatura della città di Roma come sede per i giochi olimpici del 2024;
   l'ambizione della città ad ospitare i giochi risale già al 1996, quando la candidatura proposta dall'allora sindaco Rutelli per l'anno 2004 fu scartata dal Cio a favore di Atene; a distanza di quasi 10 anni, molti imputano proprio allo sforzo economico per l'organizzazione delle olimpiadi, eccessivo per le finanze elleniche, l'inizio delle difficoltà per il bilancio greco;
   la nuova candidatura di Roma come sede per i giochi olimpici del 2020 è stata bloccata dal Governo Monti nel febbraio 2012, quando il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore non ha ritenuto di firmare la necessaria lettera di impegno economico da parte del Governo, anche per non gravare sui contribuenti mentre si approntavano misure restrittive in termini di tasse, di lavoro e di pensioni;
   la proposta del Presidente del Consiglio dei ministri Letta, appena resa nota, ha subito trovato entusiastico accoglimento da tutti gli amministratori coinvolti, il sindaco ed il presidente della regione, comprese le opposizioni, come l'ex sindaco Alemanno;
   in tema di eventi sportivi internazionali, è ancora forte il brutto ricordo dell'organizzazione nella capitale dei mondiali di nuoto 2009, dove ad un ingente impegno finanziario non è corrisposta alcuna eredità di strutture sportive, né infrastrutture, e la competizione si è svolta impianti improvvisati dopo che i lavori per le piscine non sono stati conclusi o hanno realizzato strutture inservibili perché fuori misura regolamentare;
   la candidatura della città di Roma appare alquanto velleitaria, considerando la situazione finanziaria del comune. A seguito della nomina (articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008) di un commissario straordinario del Governo per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del comune di Roma e delle società da esso partecipate, nel 2010 era stato accertato un debito fuori bilancio pari a 22,4 miliardi di euro. Al 31 dicembre del 2012 il debito lordo del comune di Roma risulta di 16,8 miliardi di euro, di cui 4 miliardi e 432 milioni di oneri non finanziari e 12 miliardi e 370 milioni di debiti finanziari;
   con il decreto-legge n. 78 del 2010 (articolo 14) è stato definito un contributo a carico del bilancio dello Stato a decorrere dall'anno 2011 di 500 milioni di euro all'anno, fino al completo ripianamento del debito e dei relativi oneri finanziari;
   di questi, 300 milioni di euro sono a carico dell'erario, 200 milioni di euro sono a carico di Roma capitale, che, però, deve recuperarli con l'aumento delle addizionali comunali irpef e dell'addizionale sui diritti d'imbarco per i passeggeri degli aeroporti di Fiumicino e Ciampino –:
   a quanto ammonti ad oggi il debito del comune di Roma, e quanta parte di esso sia stato ad oggi pagato e a quanto ammonti il residuo, e se entro l'anno 2024 il debito del comune di Roma potrà essere ripianato e quindi la città potrà disporre di risorse proprie per onorare la proposta di candidatura ad ospitare i giochi olimpici, attesi anche i meri vincoli e gravami derivanti dal fiscal compact, che necessariamente indurranno il Governo ad imporre ulteriori gravami sui contribuenti italiani. (3-00299)
(10 settembre 2013)


Elementi ed iniziative riguardanti la tutela del bilinguismo nell'ambito della toponomastica della provincia di Bolzano – 3-00300.

   GIORGIA MELONI e RAMPELLI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   la Provincia autonoma di Bolzano ha da tempo in animo la cancellazione di parte della toponomastica italiana;
   tale cancellazione è dettata da ragioni esclusivamente politiche ed ora anche elettorali, vista l'imminenza delle consultazioni provinciali e regionali;
   in passato, il partito di maggioranza assoluta nella regione, la Südtiroler volkspartei (Svp), si era posta l'obiettivo di mantenere soltanto 500 toponimi degli attuali ottomila di lingua italiana, a fronte di circa centoventimila in lingua tedesca;
   sulla base di una proposta che non ha ottenuto alcun voto favorevole dai consiglieri del gruppo linguistico italiano, la Südtiroler volkspartei, forte della maggioranza assoluta in consiglio provinciale, è riuscita ad approvare una legge che furbescamente avrebbe portato alla cancellazione di migliaia di toponimi di lingua italiana;
   tale legge è stata impugnata dal precedente Governo innanzi alla Corte costituzionale, la quale a parere degli interroganti non potrà che dichiararla incostituzionale, posto che lo statuto di autonomia è legge costituzionale e prevede espressamente l'obbligo del bilinguismo nella toponomastica;
   la fragilità della legge provinciale approvata è talmente evidente che i rappresentanti della Südtiroler volkspartei si sono affrettati a chiedere al candidato Premier «in pectore», onorevole Bersani, di ritirare il ricorso in caso di vittoria elettorale, alla quale la Südtiroler volkspartei avrebbe contribuito portando in dote il proprio pacchetto elettorale;
   dalle dichiarazioni del Ministro interrogato e del Presidente del Consiglio dei ministri in occasione di altrettanti incontri con gli esponenti della Südtiroler volkspartei, avvenuti a Roma e a Bolzano, si evince che è stata fatta una trattativa per la cancellazione di una parte della toponomastica di lingua italiana, la cui portata non è nota e comunque non avrebbe una base giuridica, e che tale trattativa avrebbe totalmente escluso dai colloqui i rappresentanti del gruppo linguistico italiano;
   qualora vi fosse l'intenzione di intervenire nella materia del bilinguismo, l'ipotesi di procedere con una norma di attuazione allo statuto (che non potrebbe comunque modificare lo statuto stesso) costituirebbe una forzatura delle stesse regole democratiche e di rispetto delle minoranze, tenuto conto che nella commissione paritetica non siedono rappresentanti dell'opposizione e che fornisce il parere al Governo che vara la norma senza alcun passaggio in Parlamento;
   la toponomastica di lingua italiana è patrimonio culturale dell'intera comunità nazionale e viene utilizzata da circa un secolo e come tale dovrebbe essere preservata e valorizzata e non mortificata o cancellata –:
   quale tipo di accordo, e su quali basi, sia stato preso con i rappresentanti di lingua tedesca della Provincia autonoma di Bolzano e se si stia prendendo in considerazione l'ipotesi di una modifica dello statuto di autonomia tesa a cancellare l'obbligo del bilinguismo. (3-00300)
(10 settembre 2013)


CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 31 AGOSTO 2013, N. 102, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI IMU, DI ALTRA FISCALITÀ IMMOBILIARE, DI SOSTEGNO ALLE POLITICHE ABITATIVE E DI FINANZA LOCALE, NONCHÉ DI CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI E DI TRATTAMENTI PENSIONISTICI (A.C. 1544)

A.C. 1544 – Questione pregiudiziale

QUESTIONE PREGIUDIZIALE

  La Camera,
   premesso che:
    i sottoscrittori del presente atto segnalano nuovamente e ribadiscono la stigmatizzazione della trasformazione per via di prassi dei classici sistemi di produzione normativa, lo spostamento radicale della produzione legislativa dal Parlamento al Governo, nonché il perpetuarsi di deroghe sistematiche alle procedure ordinarie di formazione delle leggi – attraverso la decretazione di urgenza, la pratica dei decreti cosiddetti «omnibus», il ricorso sistematico alla posizione della questione di fiducia, che dovrebbe risultare innaturale ed estraneo rispetto ai principi ed al dettato costituzionali di cui agli articoli 70 e 77 della Costituzione, in quanto, oltre che lesivo delle prerogative del Parlamento, il suddetto abbinamento è in grado di alterare gli equilibri istituzionali ravvisabili, oltre che nel dettato della nostra Carta fondamentale, nei pronunciamenti della Corte Costituzionale;
    già nel corso della precedente legislatura così si espresse il Presidente della Repubblica: «è stato compresso – per le modalità adottate nel corso del tempo da parte di governi rappresentativi di diversi e opposti schieramenti – l'esercizio del ruolo del Parlamento»;
    con la continua e reiterata decretazione d'urgenza – ad ancor più con il meccanismo dell'utilizzo e del rinvio a successivi meri decreti di natura non regolamentare – viene alterato lo schema fisiologico del rapporto fra Governo e Parlamento: non vi è, infatti, soltanto un problema di valutazione della straordinaria necessità ed urgenza, che costituisce il requisito costituzionale dei decreti-legge e di ciascun articolo degli stessi, quanto il trovarsi, da tanto, troppo tempo, di fronte a una sorta di ordinaria attività legislativa sopravveniente svolta dal Governo-amministrazione, con ulteriore confusione tra potere esecutivo e legislativo;
    vano è risultato, finora, segnalare, di volta in volta, gli abusi della decretazione d'urgenza, la palese mancanza dei requisiti costituzionali, la palese o latente illegittimità di parti dell'articolato dei provvedimenti d'urgenza, la violazione sistematica della legge n. 400 del 1988, nonché le sentenze susseguitesi nel tempo della Corte costituzionale, i moniti del Capo dello Stato, guardiani del nostro ordinamento, del rispetto delle norme, della loro gerarchia, delle competenze costituzionali;
    ad avviso dei sottoscrittori del presente atto, i profili critici ed i vizi di incostituzionalità del contenuto dei provvedimenti d'urgenza e delle procedure adottate sottopongono a torsione il nostro sistema ordinamentale, perseverando i Governi nel fare ciò che la Costituzione vieta loro, con ciò svuotando le istituzioni ed inficiando le regole democratiche;
    in ordine al contenuto del provvedimento:
     l'articolo 15, recante le disposizioni di copertura finanziaria degli oneri del decreto-legge, pari a 2.934,4 milioni di euro per 2013, pari a 553,3 milioni di euro per il 2014 e a 617,1 milioni di euro per il 2015, esclusi gli oneri arrecati dal comma 6 dell'articolo 9, prevede che una quota di oneri pari a 1.525 milioni di euro per il 2013 mediante due norme che non costituiscono riduzioni certe di spesa pubblica, ma da cui ci si attendono maggiori entrate;
     le suddette maggiori entrate sono caratterizzate sia da pregiudizio per il Bilancio dello Stato, sia da aleatorietà;
     per quanto concerne la prima, ci si riferisce all'articolo 14, con il quale si dispone la definizione agevolata in appello dei giudizi di responsabilità amministrativo-contabile correlati a fatti anche avvenuti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, indipendentemente dalla data dell'evento dannoso. La previsione di maggiori entrate per 600 milioni di euro è correlata in particolare alla speranza di definizione del contenzioso con i concessionari per la gestione della rete telematica del gioco lecito, condannati con sentenza della Corte dei Conti;
     si rileva il pregiudizio e danno per i saldi di finanza pubblica, in quanto si è in presenza di una condanna per danno erariale pari a 2.475.000.000 euro, sui quali la norma del decreto-legge in esame consente la definizione pagando un minimo pari al 25 per cento;
     la seconda copertura, pari a maggiori entrate per 925 milioni di euro è correlata alla disposizione dell'articolo 13, ossia a maggiori entrate per versamento dell'IVA, in seguito ai maggiori pagamenti dei debiti della P.A. verso le imprese, consentiti mediante un ulteriore stanziamento di 8 miliardi di euro, mediante emissione di debito pubblico, disposte dal comma 1 dell'articolo 15. In merito, non possono essere considerate certe le suddette nuove entrate, in quanto non è garantito il versamento dell'IVA da parte delle aziende che ricevono i pagamenti, sia perché ciò presuppone la massima correttezza degli adempimenti fiscali, sia perché le aziende in grave difficoltà di liquidità potrebbero omettere ovvero dilazionare il pagamento dell'imposta;
     inoltre, l'incertezza delle aspettative delle entrate dei suddetti articoli 13 e 14 è confermata anche da quanto disposto dal comma 4 dell'articolo 15, che introduce la «clausola di salvaguardia», ai sensi del comma 1 dell'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità e di finanza pubblica);
     il citato comma 4 dispone che il Ministro dell'economia e finanze debba monitorare il conseguimento delle suddette entrate: nel caso in cui il monitoraggio rilevi un diverso andamento che non consenta il raggiungimento degli obiettivi prefissati, egli è autorizzato a disporre con decreto entro novembre 2013 l'aumento della misura degli acconti ai fini IRES ed IRAP;
     la suddetta clausola di salvaguardia deve garantire la corrispondenza, anche dal punto di vista temporale, tra l'onere e la relativa copertura, mentre il suddetto comma 4 dell'articolo 15 non soddisfa tale criterio né quanto disposto dal comma 12 dell'articolo 17 della legge di contabilità, in merito all'effettività e automaticità della clausola, poiché le misure compensative di aumento di entrata non sono definite nel quantum;
    ad onta delle dichiarazioni e delle aspettative del Governo, le citate disposizioni normative ben potrebbero determinare effetti finanziari negativi sui saldi di finanza pubblica: in violazione dell'articolo 81 della Costituzione, non sono indicati concretamente i mezzi finanziari necessari per il compimento degli adempimenti prescritti, né la corretta identificazione delle coperture finanziarie e, non risolvendo con certezza la questione, prevedendo il ricorso alla clausola di salvaguardia, al contempo ravvisandosi il rischio di esporre a pregiudizio i conti pubblici,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge C. 1544.
n. 1. Nuti, Castelli, Caso, Cariello, D'Incà, Currò, Brugnerotto, Sorial, Dadone, Dieni, Fraccaro, Lombardi, Toninelli, Cozzolino, D'Ambrosio.

RELAZIONE AL PARLAMENTO PREDISPOSTA AI SENSI DELL'ARTICOLO 10-BIS, COMMA 6, DELLA LEGGE 31 DICEMBRE 2009, N. 196 (DOC. LVII-BIS, N. 2)

Doc. LVII-bis, n. 2 – Risoluzioni

RISOLUZIONI

   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 10-bis, comma 6, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) ha trasmesso una relazione al Parlamento, approvata dal Consiglio dei Ministri il 28 agosto, contestualmente all'approvazione del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102;
    la Relazione opera un primo esame della situazione macroeconomica e di finanza pubblica per l'anno in corso e per il triennio successivo, in attesa della imminente presentazione della nota di aggiornamento al DEF, ed illustra gli impatti sull'economia e sulla finanza pubblica derivanti dalle misure contenute nel decreto-legge, provvedendo altresì a ridefinire gli obiettivi di finanza pubblica e a modificare conseguentemente i saldi di finanza pubblica;
  rilevato che:
   per quanto riguarda l'andamento del prodotto interno lordo:
    la relazione evidenzia un peggioramento delle stime di crescita per l'anno in corso rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile 2013, in considerazione dell'andamento recessivo dell'economia italiana nella prima parte dell'anno, pur rilevando i primi segnali di una progressiva stabilizzazione del ciclo economico;
    in particolare, la variazione acquisita del prodotto interno lordo per il 2013 evidenzia una decrescita pari all'1,7 per cento, valore peggiore di quanto previsto nel DEF, in cui si stimava una contrazione dell'1,3 per cento per l'intero anno;
    all'andamento negativo del prodotto interno lordo nei primi tre mesi dell'anno in corso ha contribuito il leggero calo delle esportazioni in termini reali, legato ad una temporanea moderazione della domanda mondiale e la prosecuzione della debolezza del settore delle costruzioni, mentre gli investimenti in macchinari e attrezzature e i consumi privati hanno registrato un'attenuazione del fenomeno recessivo;
    la Relazione rileva tuttavia che il prodotto interno lordo dovrebbe stabilizzarsi a partire dal terzo trimestre dell'anno, sulla base degli ultimi dati disponibili relativi al livello della produzione industriale, agli ordinativi e agli indicatori di fiducia; si rafforzano le attese di un ritorno alla crescita nel quarto trimestre con una più decisa inversione di tendenza della congiuntura economica e si confermano le prospettive favorevoli per il 2014;
    la Relazione reca altresì un'analisi degli effetti sul prodotto interno lordo dell'aumento dell'anticipazione di liquidità per il pagamento di debiti da parte della pubblica amministrazione disposto dal decreto-legge n. 102 del 2013, pari a 7,2 miliardi per l'anno 2013, rispetto alle erogazioni già previste dal decreto-legge n. 35 del 2013, ammontanti a 20 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014;
    l'effetto di miglioramento del prodotto interno lordo, principalmente riconducibile ad una ripresa degli investimenti favoriti dalle maggiori disponibilità liquide, è quantificato in misura pari allo 0,1 per cento nell'anno in corso e allo 0,2 per cento nel 2014, mentre sostanzialmente nulla dovrebbe essere la variazione aggiuntiva nel 2015;
    secondo la Relazione ulteriori benefici sul quadro macroeconomico dovrebbero derivare dall'insieme delle misure a sostegno del settore immobiliare contenute in alcuni provvedimenti adottati negli ultimi mesi, quali l'efficientamento energetico nell'edilizia, le agevolazioni fiscali per il recupero del patrimonio edilizio e il Piano casa per famiglie disagiate, i cui effetti positivi sul prodotto interno lordo sono quantificati in misura pari allo 0,1 per cento nel 2013, grazie principalmente ai maggiori investimenti, mentre trascurabile dovrebbe essere l'effetto negli anni successivi in mancanza di una conferma delle misure medesime;
   per quanto riguarda gli obiettivi di finanza pubblica:
    la Relazione conferma gli obiettivi relativi al 2013, con un livello di indebitamento netto pari al 2,9 per cento del prodotto interno lordo e al biennio 2016-2017, con valori rispettivamente pari ad un indebitamento dello 0,9 e un avanzo pari allo 0,4 per cento del prodotto interno lordo;
    per ciascun anno del biennio 2014-2015, la Relazione sottolinea, invece, come il rapporto programmatico tra indebitamento netto e prodotto interno lordo elaborato sulla base delle attuali (e ancora provvisorie) previsioni di crescita dell'economia evidenzia un peggioramento di circa 0,7 punti percentuali rispetto ai valori indicati nel DEF, rispettivamente pari all'1,8 e all'1,5 per cento;
    tale peggioramento, come chiarito dal rappresentante del Governo nel corso dell'esame della Relazione in Commissione bilancio, è interamente attribuibile al ciclo economico e non è riconducibile alla minore efficacia di alcune misure di contenimento della spesa o di aumento di entrate;
   per quanto riguarda i saldi di finanza pubblica:
    l'aumento dell'anticipazione di liquidità per il pagamento dei debiti delle amministrazioni locali, pari a 7,2 miliardi nei 2013, determina, tuttavia, un aumento di pari importo del saldo netto da finanziare, il cui limite massimo è aumentato di 8 miliardi rispetto a quello fissato dalla Legge di stabilità per il 2013, come modificata dall'articolo 12, comma 8, del decreto-legge n. 35 del 2013;
    aumentano parimenti il fabbisogno di cassa del settore statale e lo stock di debito pubblico: il decreto-legge n. 102 del 2013, all'articolo 15, comma 1, autorizza infatti l'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 8 miliardi per tale esercizio e, conseguentemente, è rideterminato in aumento il livello massimo del ricorso al mercato; la misura non comporta, invece, effetti diretti sull'indebitamento netto in quanto i pagamenti sono a fronte non di nuove spese, ma di impegni già assunti in passato dalla pubblica amministrazione e già scontati nei tendenziali;
   considerato che:
    la revisione dei saldi indicata nella Relazione avvicina le stime del Governo a quelle dei principali organismi internazionali (Commissione europea, OCSE, FMI) e centri di ricerca: queste risultano sostanzialmente allineate per quanto riguarda il 2013, mentre indicano un deficit nominale più elevato a quello a suo tempo indicato nel DEF per quanto riguarda il 2014;
    sulla revisione delle stime dell'indebitamento netto non sono stati ancora computati gli effetti delle misure recate dal decreto-legge n. 102 del 2013 che, secondo la relazione tecnica e il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato al decreto medesimo, risultano più che compensate e dovrebbero comportare pertanto un miglioramento del deficit per circa 10,6 milioni nel 2013, 98 milioni nel 2014, 264 milioni nel 2015 e 64 milioni nel 2016;
    gli oneri e le relative coperture finanziarie risultanti dal decreto-legge n. 102 del 2013 dovranno comunque essere oggetto di un'attenta e puntuale verifica nel corso dell'esame in sede referente del disegno di legge di conversione del predetto decreto-legge da parte delle Commissioni riunite V e VI;
    una più esaustiva valutazione della situazione macroeconomica e di finanza pubblica potrà essere effettuata, alla luce dei nuovi dati forniti dall'ISTAT, all'atto dell'esame della nota di aggiornamento al DEF, che sarà presentata entro il 20 settembre prossimo;
   considerato altresì che:
    la Relazione al Parlamento, a differenza del Documento di economia e finanza e della relativa nota di aggiornamento, che costituiscono gli ordinari documenti di programmazione economico-finanziaria, rappresenta uno strumento di natura non ordinaria attivabile in determinate circostanze previste dall'articolo 1 10-bis della legge di contabilità e finanza pubblica;
    dal 2011 ad oggi la Relazione è già stata presentata in due occasioni, in una delle quali si è anche provveduto, come ora accade con la presente Relazione, alla modifica dei saldi di finanza pubblica;
    l'aggiornamento degli obiettivi di finanza pubblica di cui all'articolo 10-bis, comma 6, della legge di contabilità e finanza pubblica, come previsto dalla medesima disposizione, dovrebbe essere limitato a casi del tutto eccezionali, anche se riferita esclusivamente al saldo netto da finanziare e al ricorso al mercato;
    le modifiche al saldo netto da finanziare possono infatti riflettersi anche sui saldi validi ai fini del rispetto dei parametri stabiliti dall'Unione europea, direttamente (rapporto tra debito e prodotto interno lordo) o indirettamente attraverso un aggravio della spesa per interessi, ove tale spesa non risulti adeguatamente coperta (rapporto tra indebitamento netto e prodotto interno lordo).
   Ritenuto che:
    alla luce di tale eccezionalità e anche in considerazione delle rilevanti conseguenze che ne discendono sul piano della copertura finanziaria dei provvedimenti e delle proposte emendative recanti nuovi o maggiori oneri, la modifica legislativa dei saldi di finanza pubblica, adottata in coerenza con i nuovi obiettivi programmatici, al di fuori della sessione di bilancio, debba essere soggetta a vincoli procedurali ben definiti che potrebbero essere stabiliti anche con un'opportuna integrazione della vigente disciplina contabile;
    in particolare, si potrebbe prevedere espressamente che la modifica dei saldi in corso d'anno debba essere sottoposta allo stesso procedimento previsto per la definizione dei saldi stessi, vale a dire la previa deliberazione di un atto di indirizzo parlamentare che faccia propri i nuovi obiettivi programmatici definiti dal Governo e debba essere ancorata a precisi vincoli quantitativi da definire ex ante anche in valori assoluti nel corso della sessione di bilancio, nell'ipotesi in cui tale modifica sia funzionale alla creazione di nuovi spazi finanziari da utilizzare a copertura;
   preso atto del fatto che:
    secondo la relazione il decreto-legge n. 102 del 2013 deve intendersi collegato alla manovra di finanza pubblica,

impegna il Governo

   a confermare per l'anno 2013 il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario vigenti, rispettivamente, a 39,6 miliardi di euro e a 273 miliardi di euro, come stabilito dall'articolo 15, comma 5, del decreto-legge n. 102 del 2013;
   ad adottare opportune iniziative volte ad integrare la vigente legge di contabilità e finanza pubblica, per ancorare a precisi vincoli quantitativi da definire ex ante nel corso della sessione di bilancio, anche in valori assoluti, la modifica dei saldi di finanza pubblica, ove essa sia funzionale alla creazione di nuovi spazi finanziari da utilizzare a copertura;
   in attesa della predetta integrazione, a procedere alla modifica legislativa dei saldi di finanza pubblica in coerenza con i nuovi obiettivi programmatici, solo previa deliberazione parlamentare che faccia propri gli obiettivi medesimi, analogamente a quanto previsto per la definizione dei saldi stessi.
(6-00027) «Marchi, Palese, Tabacci, Andrea Romano».


   La Camera,
   premesso che:
    per informare il Parlamento sugli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica conseguenti alle misure finanziarie adottate con il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102 «Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici», in virtù di quanto disposto dall'articolo 10-bis, comma 6, della legge n. 196 del 2009, legge di contabilità e di finanza pubblica, il Governo ha presentato la Relazione in esame;
    le suddette misure impattano su un quadro economico caratterizzato da una contrazione nel primo trimestre della crescita del PIL nella misura di 0,6 punti percentuali, superiore a quella prevista nel Documento di economia e finanze, pari a –1,3 per il 2013. Nel caso in cui permanesse il trend negativo registrato nel primo trimestre, il tasso di decrescita del PIL nell'anno in corso peggiorerebbe a –1,7 per cento;
    la Relazione informa che, secondo le ultime rilevazioni ISTAT, è migliorato il trend di crescita del PIL, che ha registrato nel secondo semestre una contrazione nella misura ridotta dello 0,2 per cento, sintomo di un processo di progressiva stabilizzazione del ciclo economico, mentre si evidenzia la necessità di adottare misure per il rilancio dell'economia e per contrastare il calo della domanda di beni e servizi, rivelatosi peggiore di quanto previsto, causato dalla rigida politica di consolidamento fiscale adottata nel 2012 dal precedente Governo tecnico;
    le misure introdotte con il decreto-legge n. 102 oltre alla già annunciata cancellazione della prima rata IMU per gli immobili, che avevano beneficiato della sospensione di cui al decreto-legge n. 54 del 2013 e ulteriori agevolazioni IMU per alcune categorie di immobili e contribuenti, prevedono:
     una nuova emissione di debito pubblico fino ad un massimo di 10 miliardi di euro per l'anno in corso per ampliare le risorse destinate al pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione alle imprese fornitrici;
     un ulteriore stanziamento di 500 milioni di euro per finanziare la cassa integrazione guadagni;
     lo stanziamento di fondi per il sostegno dei lavoratori esodati, che hanno optato per il licenziamento individuale;
     misure di politiche abitative, mediante lo stanziamento di risorse per incentivare l'acquisto della prima casa, il sostegno agli inquilini incolpevoli in difficoltà per il pagamento degli affitti, il finanziamento agevolato di mutui per l'acquisto della prima casa con l'intervento della Cassa depositi e prestiti, autorizzata ad effettuare una iniezione di liquidità a favore degli istituti di credito, che aderiranno all'iniziativa, l'ulteriore riduzione della aliquota della cedolare secca dal 19 al 15 per cento applicata ai contratti a canone concordato;
    secondo l'analisi effettuata dal Governo, l'ammontare aggiuntivo dei pagamenti di debiti da parte della pubblica amministrazione comporterà un incremento della crescita del PIL pari a 0,1 nel 2013, a 0,2 nel 2014, nonché effetti di maggior crescita dei consumi e degli investimenti rispetto alle previsioni correlate ai pagamenti autorizzati dal decreto-legge n. 35 del 2013;
    le misure adottate comportano oneri finanziari pari a 2.934,4 milioni di euro per 2013, esclusi gli oneri arrecati dal comma 6 dell'articolo 9, pari a 553,3 milioni di euro per il 2014 e a 617,1 milioni di euro per il 2015;
    si rileva che alla copertura di una quota dell'onere, pari a 1.525 milioni di euro per il 2013, si provvede tramite le maggiori entrate valutate in 600 milioni di euro, conseguenti alla definizione del contenzioso con i concessionari per la gestione della rete telematica del gioco lecito (articolo 14) e in 925 milioni di euro, che dovrebbero introitare dai maggiori versamenti dell'imposta sul valore aggiunto, che si presume le imprese fornitrici delle pubblica amministrazione verseranno in seguito ai maggiori pagamenti dei debiti disposti dall'articolo 13;
    a tal proposito si ritiene che le suddette entrate non possano essere considerate coperture attendibili nel quantum, anche in ragione del fatto che lo stesso Governo inserisce al comma 4 dell'articolo 15 la clausola di salvaguardia, prevista dalla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009, clausola assolutamente non coerente con gli obiettivi di sostegno e crescita dell'economia, in quanto da una parte si emette nuovo debito pubblico per pagare le forniture pregresse e sostenere le imprese in difficoltà a causa della mancanza di liquidità, dall'altra, al verificarsi di minori introiti attesi, il Ministro dell'economia e finanze può disporre entro novembre 2013 un ulteriore aumento della misura degli acconti dell'IRES e dell'IRAP a carico delle aziende, rispetto a quanto già disposto di recente con il decreto-legge n. 76 del 2013;
    inoltre, la clausola di salvaguardia prevede anche eventuali aumenti delle accise, che comporterebbe un inevitabile aumento dei prezzi di beni e servizi, e ciò ridurrà gli effetti della riduzione della pressione fiscale correlata alla abolizione dell'IMU per il 2013 sulla prima casa. Medesimo effetto contrario alla riduzione della pressione fiscale operata con l'abolizione a regime dell'IMU sulla prima casa, che il Governo ha annunciato di realizzare dal 2014, sarà l'introduzione della «service tax» che dovrà per evidenti ragioni assicurare ai comuni il medesimo gettito dell'IMU soppressa;
    si consideri, tra l'altro, che pur condividendo l'abolizione dell'IMU per il 2013 sugli immobili destinati ad abitazione principale, con la sola esclusione degli immobili di grande pregio, una parte dell'onere di tale misura, in un contesto economico finanziario ancora fortemente critico ed imprevedibile, ricadrà sul sistema produttivo, laddove sarà attivata la suddetta clausola di salvaguardia;
    altra copertura finanziaria, pari a 300 milioni di euro 2013, è costituita dai tagli lineari dei consumi intermedi e degli investimenti fissi lordi delle amministrazioni centrali, tipologia di copertura su cui il Governo abitualmente esprime parere contrario durante i lavori delle Commissioni parlamentari, dall'inizio della legislatura, se proposte per coprire emendamenti presentati dalle forze politiche, soprattutto di opposizione;
    per una quota di onere pari a 675,8 milioni di euro per il 2013 la copertura è data dai tagli di autorizzazioni di spesa ripartite fra gli stati di previsione, anche critici, quali i contributi in conto impianti per la rete ferroviaria nazionale per 200 milioni di euro. Anche in questa circostanza si evidenzia la discrezionalità del Governo di poter tagliare stanziamenti per le autorizzazioni di legge, con un provvedimento di necessità ed urgenza, senza attendere una valutazione e razionalizzazione complessiva delle risorse di bilancio, essendo prossimi i tempi dell'apertura della sessione di bilancio con la presentazione della legge di stabilità per il 2014;
    considerato che:
     nel complesso è evidente che i provvedimenti adottati con il decreto-legge in esame, in particolare l'abolizione della prima rata dell'IMU, già sospesa, comportano difficoltà di coperture finanziarie conseguite mettendo a rischio la sostenibilità dei saldi di finanza pubblica;
     è palese che la forzatura operata con le misure adottate sono il frutto non di una responsabile politica economico-finanziaria, finalizzata alla ripresa economica, bensì la risposta forzata alle istanze di una parte della maggioranza al Governo per la sopravvivenza del medesimo;

impegna il Governo:

   in occasione dell'esame del provvedimento nelle Commissioni riunite di merito, a valutare le coperture proposte, affinché siano appurate nella loro attendibilità, per scongiurare l'attivazione della clausola di salvaguardia, che opererebbe un ulteriore aggravio della pressione fiscale sia a carico dei singoli contribuenti, sia a carico delle imprese;
   ad evitare, anche consentendo modifiche del contenuto del decreto-legge n. 102 del 2013, di adottare misure di riduzione della pressione fiscale compensate con l'aumento di imposte diverse da quelle ridotte, annullando, di fatto, la riduzione complessiva del prelievo fiscale;
   a rivedere la clausola di salvaguardia, di cui al comma 4 dell'articolo 15, concernente l'eventuale aumento della misura dell'acconto IRES, che, già aumentata dal 100 al 101 per cento dall'articolo 11, comma 20, del decreto-legge n. 76 del 2013, recentemente approvato, si configura come un «forzato prestito» di liquidità allo Stato a carico delle imprese, senza che siano corrisposti interessi;
   a valutare con imparzialità le coperture delle proposte emendative delle altre forze politiche, se omogenee e conformi a quelle proposte dal Governo, per consentire che la bocciatura o la approvazione delle medesime siano frutto delle volontà politiche espresse dai membri del Parlamento, senza l'influenza del parere sfavorevole del rappresentante del Governo;
   in occasione dell'adozione di ulteriori misure in materia fiscale in sede di sessione di bilancio, a favorire l'adozione di provvedimenti di riduzione di pressione fiscale meno incisivi, ma idoneamente coperti e che non compromettano il rispetto degli obiettivi di risanamento dei conti pubblici, e, inoltre, abbiano come finalità concreti effetti di redistribuzione più equa del carico fiscale tra le fasce dei contribuenti, al fine di rispettare il principio della progressività dell'imposta sancita dalla Costituzione;
   ad evitare il ricorso alla decretazione d'urgenza, per introdurre variazioni «straordinarie» di rilievo della normativa fiscale, in considerazione della opportunità di un confronto parlamentare ampio sul nuovo sistema fiscale, ed in particolare, sul riordino della tassazione del patrimonio immobiliare, anche in ragione del contestuale esame nella Commissione finanze della delega fiscale al Governo;
   in relazione alla copertura correlata alla definizione agevolata del contenzioso con i concessionari per la gestione della rete telematica del gioco lecito (articolo 14), a rivedere le condizioni da proporre per la definizione, che assicuri un maggior gettito per l'erario, in considerazione dell'ammontare del credito vantato, accertato con sentenza della Corte dei conti, al fine di limitare il più possibile il pregiudizio finanziario per le casse dello Stato.
(6-00028) «Currò, Castelli, Sorial, Cariello, Caso, Fico, Fraccaro, Lombardi, Dadone, Dieni, Cozzolino, Toninelli».


   La Camera,
    esaminata la Relazione del Governo sulle modifiche agli obiettivi programmatici di finanza pubblica (Doc. LVII-bis, n. 2)
   premesso che:
    il Governo non ha predisposto nei mesi scorsi la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2013 redatta precedentemente dal Governo Monti;
    nell'introduzione al DEF 2013, l'allora Presidente del Consiglio Mario Monti scriveva con riferimento allo stesso, che «coerentemente con la fase di “prorogatio” il Governo in carica non può formulare orientamenti per il futuro che presuppongano scelte d'indirizzo politico-legislativo o l'avvio di nuove politiche di vasto respiro che non siano già state condivise dal Parlamento»;
    tale orientamento di provvisorietà del DEF presentato, veniva confermato alla conferenza stampa di presentazione dello stesso, il 10 aprile 2013, allorquando si sosteneva che «il nuovo Governo dovrà intervenire per integrare e aggiornare il DEF»;
    il Ministro dell'economia e delle finanze, nell'audizione alle Commissioni speciali riunite di Camera e Senato il 2 maggio scorso dichiarava che «il Governo si impegna a presentare ma una nota aggiuntiva nei tempi compatibili con la chiusura della procedura dei disavanzi eccessi, mediante il quale potrà assumere a pieno titolo gli obiettivi strategici recentemente espressi dal Presidente del Consiglio»;
    la presentazione di tale nota appariva un passaggio non omissibile, e sarebbe stata determinante per definire le politiche pubbliche che il Governo intendeva adottare e per comprendere quali misure concrete il Governo intendeva assumere per il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale come definiti nella strategia «Europa 2020»;
    nel discorso alle Camere, il Presidente del Consiglio, aveva dichiarato che il Governo avrebbe agito con primi interventi per dare ossigeno alle famiglie, in particolare a quelle meno abbienti, e alle imprese tramite la riduzione fiscale sul lavoro, il superamento della tassazione sulla prima casa, l'alleggerimento dell'Iva, senza tuttavia indicare ancora oggi con quali misure tali riduzioni di entrate e maggiori spese saranno compensate;
    di fatto, così facendo, l'attuale Governo ha sancito la sua continuità con l'operato dei Governi Berlusconi-Monti, operato che, unitamente agli effetti della crisi, ha ridotto il nostro Pil dal 2008 ad oggi di 230 miliardi (stima della Corte di conti), che ha portato il nostro debito dal 103 per cento del Pil, risultato raggiunto nel 2007 dal Governo Prodi, all'attuale 134 per cento, livello mai raggiunto (essenzialmente perché il Pil è crollato), e che ha penalizzato i ceti popolari, riducendo i consumi, aumentando la disoccupazione, la povertà, nonché il divario tra una minoranza dei più abbienti e la maggior parte della popolazione, mentre la ripresa economica è al di là da venire;
    infatti, anche se la Relazione al nostro esame afferma che «la situazione dell'economia comincia a migliorare, anche in conseguenza delle iniziative governative intraprese nei mesi scorsi», la realtà è ben diversa;
    d'altronde, lo ammette, contraddittoriamente, la stessa Relazione dove afferma che «la previsione di crescita annua contenuta del DEF (pari a –1,3 per cento) dovrà essere rivista verso il basso». Ancora una volta le previsioni governative, viziate dall'illusione che le politiche di austerità possano risultare espansive, sono erronee. La congiuntura favorevole significa solo un minore ritmo di contrazione dell'economia;
    nel novero delle economie europee, quella italiana presenta segni di maggiore affanno, con il Pil ancora contrassegnato dal segno meno dopo 8 trimestri consecutivi. Secondo l'ultima stima di Eurostat, nel secondo trimestre 2013 il Pil è cresciuto dello 0,3 per cento sia nell'Eurozona sia nella Unione europea-27, mentre in Italia si è avuto un –0,2 per cento. Beninteso, il dato complessivo dell'Eurozona e della Unione europea non dice che l'Europa è uscita dalla crisi in cui è piombata da più di un lustro ormai: ben altri ritmi dovrebbe avere la crescita per recuperare il terreno perduto e compensare i danni che stanno provocando le politiche di austerità. Nondimeno in un contesto che fa registrare qualche segnale di ripresa, l'Italia rimane al palo;
    ancora meno rassicuranti sono le stime che ha fornito recentemente l'Ocse: per il 2013 si prevede ulteriore contrazione della ricchezza nazionale (-1,8 per cento) in rapporto al 2012, che, come si sa, si chiuse con un vistoso calo del 2,4 per cento su base annua;
    sono preoccupanti anche i dati sull'occupazione, se è vero, come l'Istat rileva, che il tasso di disoccupazione è tornato al 12 per cento (un punto percentuale in più sulla media europea) e quello giovanile vicino al 40 per cento, in aumento del 4,3 per cento rispetto al 2012. Solo nell'ultimo anno i disoccupati sono aumentati di 325 mila unità. E in queste stime non si dà conto, in maniera disaggregata, della situazione drammatica, specifica, in cui versano tanti disoccupati con oltre 40 o 50 anni d'età, quelli che hanno perso il lavoro in età avanzata e sono ancora molto lontani dalla pensione, anche per effetto delle recenti «riforme» della previdenza che hanno sensibilmente aumentato l'età pensionabile;
    tale situazione critica del nostro apparato produttivo viene confermata anche dalla crescita del numero delle vertenze gestite dalla task force del Ministero dello sviluppo economico con circa 700 casi affrontati dall'inizio della crisi ad oggi e con altre 150 aziende in amministrazione controllata, casi che coinvolgono tutti i settori;
    colpisce anche la vera e propria epidemia che ha colpito la piccola e media impresa: le aziende che hanno chiuso battenti tra gennaio e marzo 2013 sono state ben 31 mila. Un dato, come ha fatto rilevare recentemente Il Sole 24 Ore, peggiore addirittura rispetto al 2009, l'anno più buio della crisi, quando il saldo negativo si fermò intorno alle 30mila unità;
    anche i consumi soffrono della crisi. L'ultima indagine Istat sul commercio al dettaglio mostra una diminuzione del 3 per cento a giugno rispetto all'anno precedente, la dodicesima consecutiva (si prevede un –2,2 per cento su base annua rispetto all'anno precedente). Un calo continuo, che non risparmia nemmeno i beni di primissima necessità, come gli alimenti ed i farmaci;
    una situazione così delicata che quantunque l'Italia agganciasse la flebile ripresa europea (per il 2014 è impensabile prevedere una ripresa superiore al punto di Pil), ciò sarebbe assolutamente insufficiente a mettere benzina nella sua economia. Per uscire da questa recessione prolungata, riparando pure i danni procurati dal combinato disposto di crisi e austerità, il nostro Paese dovrebbe crescere nei prossimi anni ad un tasso del 3-4 per cento almeno;
    per l'anno 2014 è del tutto illusorio ipotizzare una ripresa superiore ad un punto di Pil;
    del tutto ingiustificato, dunque, è l'ottimismo degli esponenti governativi, a seguito della chiusura dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, gravante sull'Italia dal 2009;
    i provvedimenti previsti dal decreto-legge n. 102 del 2013, si legge nella Relazione, «avranno un impatto favorevole sull'economia»;
    in realtà, confermando la cancellazione della prima rata dell'Imu 2013, rinviando alla legge di stabilità la decisione sulla seconda rata e spostando sulla «service tax» il compito di sostituire l'Imu nel 2014, il Governo Letta-Alfano non ha solo ribadito la sua abilità nella tattica del rinvio, ma ha operato una ridistribuzione del carico fiscale che penalizza i giovani, i più poveri, i territori più in difficoltà;
    viene cancellata la prima rata dell'Imu 2013 per le abitazioni principali (e le pertinenze). Lo stesso accade per terreni agricoli e fabbricati rurali strumentali. Dall'intervento scaturisce una sforbiciata al gettito Imu del 2013 pari a 2.396,2 milioni, di cui circa 2 miliardi ascrivibili alle abitazioni principali di proprietà individuale, circa 0,3 miliardi ai terreni e la restante quota alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative a proprietà indivisa, all'edilizia residenziale pubblica e ai fabbricati rurali strumentali;
    dal 2014 si introduce la «service tax»: si tratta non solo dell'ennesimo cambio di nome della stessa imposta, ma anche di uno spostamento del carico fiscale: da imposta pagata dai proprietari (cioè patrimoniale) come Ici e Imu, a imposta pagata da chi vive in una casa, cioè anche dagli inquilini;
    per finanziare l'abolizione dell'Imu prima casa anche per i proprietari che non avevano bisogno di questa agevolazione, si fa pagare agli inquilini una parte della futura service tax;
    inoltre, si rinuncia ad affrontare adeguatamente il disagio abitativo di chi è colpito da sfratto per morosità, in assenza di un mercato dell'affitto a prezzo sostenibili. Anzi si riducono le risorse destinate a questo scopo:
     le risorse per il Fondo sociale per l'affitto e per il Fondo per la morosità incolpevole, partiranno solo dal 2014 e si rivelano più esigue del previsto: 60 milioni per il primo e 40 milioni per il secondo, sono da ripartire tra il 2014 e il 2015. Forse a quella data, gli inquilini interessati avranno già perso la casa;
     il Fondo sociale per l'affitto quando fu istituito 15 anni fa, aveva una dotazione statale di 300 milioni di euro ed erogava un contributo medio annuo alle famiglie modenesi che copriva 6 mensilità di affitto;
     con lo stanziamento di soli 30 milioni di euro nel 2014 (e altri 30 milioni nel 2015) unitamente all'aumento esponenziale delle famiglie in disagio economico ed abitativo, il contributo annuo alle famiglie in difficoltà non potrà che essere insignificante;
    nel frattempo si abolisce l'unica imposta patrimoniale esistente in Italia. In linea generale, i motivi per la sopravvivenza di un'imposta patrimoniale sugli immobili c'erano e ci sono tutti. Peraltro lo chiederebbe anche la Costituzione che chiede di commisurare le tasse alla capacità contributiva. E non c’è dubbio sul fatto che chi possiede una casa ha maggiore capacità contributiva di chi non ce l'ha;
    semmai è necessario discutere di come esentare una fascia di proprietari poveri, con scarso reddito: ma solo di questi, non di altri. Invece, l'Imu sulla prima casa è abolita per tutti (quest'anno la pagheranno solo i proprietari di ville e castelli);
    se si guarda alle generazioni le cose sono chiare: i giovani sono tutti inquilini o potenziali tali, salvo i figli delle famiglie con più di una casa. Tra gli under 30, la maggioranza è danneggiata dal decreto Letta-Alfano. Un'ulteriore conferma del fatto che la retorica giovanilista dispensata all'insediamento dal governo Letta era, appunto, retorica. E non basta certo, per riequilibrare i pesi, riavviare la macchina dei mutui a vita, con gli incentivi a indebitarsi per comprare casa: non tutti potranno farlo. Certo aiuterà i più grandi operatori del mercato immobiliare, che non sanno più a chi vendere gli smisurati quartieri che hanno costruito alle periferie delle nostre città;
    nel decreto è contenuto un altro regalo ai costruttori: sulle case nuove, costruite e invendute, non si pagherà l'Imu. Cioè i costruttori risparmieranno qualcosa come 35 milioni (nel complesso), a fronte di un patrimonio invenduto che si aggira sugli 1,5 miliardi (stime riportate dal Sole 24 ore, 29 agosto 2013);
    in sintesi: meno tasse sul patrimonio; più tasse sull'abitare; meno certezze sulle entrate dei comuni; qualche incerto taglio di spese per coprire il mancato incasso della prima rata dell'Imu; rinvio per le coperture della seconda rata;
    il decreto conferma poi lo stanziamento di altri 500 milioni di euro per la cassa integrazione in deroga. Confermata inoltre la tutela per altri 6.500 esodati per una spesa complessiva di 151 milioni nel 2014; 164 nel 2015; 124 nel 2016; 85 nel 2017; 47 nel 2018 e infine 12 nel 2019: ai cassaintegrati ed agli esodati sono andate le briciole che restano dopo avere trovate le coperture per l'Imu;
    con questo decreto il Governo ha praticamente azzerato il fondo per l'occupazione, che finanziava per 650 milioni l'anno la decontribuzione degli aumenti salariali previsti da accordi di secondo livello. Il fondo era già stato falcidiato dalla legge di stabilità 2013 che sottraeva 150 milioni. Altri 250 milioni sono stati tolti dal fondo dai provvedimenti del Governo sulla sospensione della prima rata Imu e sul primo rifinanziamento della cassa integrazione in deroga. Gli ultimi 250 milioni sono stati stornati ora con questo decreto e le nuove norme sulla Cig e sull'eliminazione della prima rata Imu;
    i tagli per le coperture sono al fondo per l'occupazione (meno 250 milioni), alla manutenzione della rete ferroviaria, alla lotta all'evasione fiscale, alle energie rinnovabili ed alla sicurezza;
    anche le altre coperture, alcune delle quali del tutto incerte, sono inique:
     vengono ridotti di 20 milioni i finanziamenti per assumere nuovi ispettori da impegnare nel contrasto all'evasione fiscale, riduzione che si porta dietro altri 10 milioni che erano stati stanziati per incentivare la mobilità e le trasferte del personale impiegato nel contrasto all'evasione e alle frodi fiscali, al lavoro nero, al gioco clandestino;
     altri 300 milioni vengono prelevati dai 40 conti Mps dove erano state versate le risorse della Cassa conguaglio settore elettrico per finanziare l'efficienza energetica e le rinnovabili;
     ancora: 300 milioni vengono sottratti agli investimenti e alla manutenzione straordinaria della rete ferroviaria;
     vengono tagliati diversi capitoli di spesa per le assunzioni tra polizia, vigili del fuoco (erano state promesse 1.000 assunzioni per i pompieri) e forze armate. In tutto, 35 voci ministeriali ridotte per quasi un miliardo;
     è prevista una stretta sulla detraibilità delle polizze vita, con un aggravio per i contribuenti pari a 458,5 milioni di euro per l'anno 2014, a 661 milioni di euro per l'anno 2015 e a 490 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016;
     viceversa è prevista una sanatoria per le società che gestiscono le slot machine che dovevano pagare 98 miliardi di euro di multe e sanzioni per non avere collegate le slot al cervellone dei Monopoli di Stato, cifra che prima è stata ridotta drasticamente dalla Corte dei conti a circa 2,5 miliardi ed ora con l'attuale ulteriore mega sconto, dovranno pagare solo 600 milioni. Tra di loro anche società gestite da personaggi in odore di mafia;
    un elemento positivo è comunque la previsione di un ulteriore tranche di pagamento dei debiti degli enti locali nel corso del 2013 per ulteriori 7,2 miliardi;
    ma data l'incertezza, in particolare di questi pagamenti e dell'adesione delle società concessionarie dei giochi alla sanatoria prevista, si è dovuti ricorrere ad una clausola di salvaguardia che autorizza il Governo ad aumentare l'importo degli acconti Ires e Irap e delle accise per complessivi 1,5 miliardi di euro. A novembre, dunque, saranno possibili aumenti degli acconti Ires ed Irap e delle accise;
    il decreto ha fatto, dunque, un grosso favore ai ricchi ed alla rendita, distribuito un po’ di risorse del tutto insufficienti ai cassintegrati in deroga ed a poche migliaia di «esodati», mentre ha aumentato la pressione fiscale a carico dei ceti popolari,

impegna il Governo:

   a predisporre nell'ambito dei provvedimenti della prossima sessione di bilancio:
    un insieme di misure organiche di politica economica che superino le politiche di austerity a favore di interventi ed investimenti di sostegno alla domanda, al lavoro, ai redditi, alla lotta alla povertà;
    un vero e proprio piano per il lavoro per il prossimo triennio fondato su una politica di investimenti pubblici, di sostegno alle imprese, sulla riconversione ecologica dell'economia, la promozione di un piano straordinario di «piccole opere», il sostegno al welfare;
    una diversa politica fiscale che alleggerisca la pressione sul lavoro e le imprese e colpisca maggiormente le rendite finanziarie e i grandi patrimoni e la speculazione finanziaria sulla base di una più incisiva imposta sulle transazioni finanziarie;
    una politica di contenimento della spesa pubblica, riducendo i finanziamenti per le «infrastrutture strategiche» (grandi opere), gli investimenti nei sistemi d'arma (in particolare gli F35), i sussidi alle scuole private;
    una rinnovata politica industriale fondata sugli investimenti in innovazione e ricerca, sulla green economy, sulle produzioni ed i consumi sostenibili nella direzione di un nuovo modello di sviluppo;
    una politica di investimenti nella formazione, conoscenza e nella ricerca, aumentando le risorse per la scuola e l'università, combattendo la dispersione e l'abbandono scolastico;
    prevedere obiettivi più stringenti e adeguati a quello che ci viene chiesto a livello comunitario nell'ambito della realizzazione della strategia «Europa 2020», obiettivi che nel DEF 2013 sono indicati al ribasso e che devono essere rivisti verso l'alto;
    prevedere un organico piano di investimenti nel welfare che preveda l'introduzione del reddito di cittadinanza, dei livelli essenziali di assistenza (LIVEAS) previsti dalla legge n. 328 del 2000, ed un piano straordinario per la diffusione degli asili nido pubblici su tutto il territorio.
(6-00029) «Marcon, Migliore, Di Salvo, Boccadutri, Melilla, Ragosta, Paglia, Lavagno, Airaudo, Placido, Lacquaniti, Matarrelli, Ferrara».