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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 12 luglio 2013

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 12 luglio 2013.

  Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baretta, Berretta, Bocci, Boccia, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cirielli, D'Alia, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Lello, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Gebhard, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Merlo, Migliore, Moretto, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Sani, Santelli, Sereni, Simoni, Speranza, Valeria Valente, Vezzali, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

   In data 11 luglio 2013 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   BARBANTI ed altri: «Disposizioni concernenti la disciplina e il regime tributario delle banche a carattere regionale» (1351);
   ARGENTIN e BIONDELLI: «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone affette da disabilità grave prive del sostegno familiare» (1352);
   ANTEZZA ed altri: «Norme in favore dei lavoratori e dei cittadini esposti ed ex esposti all'amianto e dei loro familiari nonché in materia di protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione all'amianto e delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni legislative in materia di esposizione all'amianto» (1353);
   GALAN: «Modifica all'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di deducibilità delle erogazioni liberali a sostegno delle manifestazioni culturali» (1354);
   PAGANO: «Modifica all'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di deducibilità dei contributi versati per i portieri di stabili» (1355);
   PAGANO: «Modifica all'articolo 162 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di classificazione delle spese degli enti locali» (1356);
   VARGIU: «Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18. Istituzione delle circoscrizioni Sardegna e Sicilia per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia» (1357);
   GIORGIA MELONI ed altri: «Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di impignorabilità dell'abitazione principale, e altre norme per la tutela dei contribuenti» (1358).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge REALACCI ed altri: «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali nonché deleghe al Governo per la riforma del sistema di governo delle medesime aree e per l'introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ambientali» (65) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Narduolo.

  La proposta di legge REALACCI ed altri: «Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle manifestazioni dei cortei in costume, delle rievocazioni e dei giochi storici» (66) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Narduolo.

  La proposta di legge REALACCI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti» (67) è stata sottoscritta in data 11 luglio 2013 dal deputato Antezza.

  La proposta di legge REALACCI ed altri: «Norme per la tutela e la valorizzazione del patrimonio ferroviario in abbandono e la realizzazione di una rete della mobilità dolce» (72) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Narduolo.

  La proposta di legge REALACCI ed altri: «Introduzione del titolo V-bis del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante disposizioni per la tutela e lo sviluppo della mobilità ciclistica» (73) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Narduolo.

  La proposta di legge BOCCI ed altri: «Disposizioni per la riqualificazione e la rivitalizzazione dei centri storici e dei borghi antichi d'Italia» (602) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Narduolo.

Trasmissione dal Presidente del Senato.

  Il Presidente del Senato, con lettera in data 10 luglio 2013, ha comunicato che sono state approvate, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento del Senato, le seguenti risoluzioni:
   risoluzione della 11a Commissione (Lavoro) sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle misure intese ad agevolare l'esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori (COM(2013)236 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n. 3), che è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione della 1a Commissione (Affari costituzionali) sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, scambio di alunni, tirocinio retribuito e non retribuito, volontariato e collocamento alla pari (Rifusione) (COM(2013)151 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n. 4), che è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione della 1a Commissione (Affari costituzionali) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme per quanto riguarda la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata dall'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (COM(2013)197 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n. 8), che è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione della 1a Commissione (Affari costituzionali) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che promuove la libera circolazione di cittadini e imprese semplificando l'accettazione di alcuni documenti pubblici nell'Unione europea e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 (COM(2013)228 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n. 9), che è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla II Commissione (Giustizia) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione della 12a Commissione (Sanità) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 528/2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all'uso dei biocidi per quanto riguarda determinate condizioni per l'accesso al mercato (COM(2013)288 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n. 10), che è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 8 luglio 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Gestore dei servizi elettrici (GSE) Spa, per gli esercizi 2010 e 2011. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 42).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissioni dal Ministro degli affari esteri.

  Il Ministro degli affari esteri, con lettera in data 10 luglio 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6 della legge 7 marzo 2001, n. 58, la relazione sullo stato di attuazione della citata legge n. 58 del 2001, concernente l'istituzione del Fondo per lo sminamento umanitario, riferita all'anno 2012 (Doc. CLXXIII, n. 1).
  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

  Il Ministro degli affari esteri, con lettera in data 10 luglio 2013, ha trasmesso, al sensi dell'articolo 3, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero degli affari esteri, riferita all'anno 2012 (Doc. CLXIV, n. 5).
  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 11 luglio 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dalla regione Piemonte.

  La regione Piemonte, con lettera in data 4 luglio 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19-bis, comma 5, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, la relazione sullo stato di attuazione delle deroghe in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, previste dall'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE, riferita all'anno 2012.

  Questa relazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura).

Trasmissione dal difensore civico della regione Abruzzo.

  Il difensore civico della regione Abruzzo, con lettera pervenuta in data 9 luglio 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta dallo stesso difensore civico nell'anno 2012 (Doc. CXXVIII, n. 10).
  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 10 luglio 2013, a pagina 5, seconda colonna, trentatreesima riga, le parole: «alle Comunità europee» si intendono sostituite dalle seguenti: «all'Unione europea».

INTERPELLANZE URGENTI

Elementi in merito allo stato di attuazione delle zone franche urbane in Sicilia, con particolare riferimento alle risorse spettanti al comune di Bagheria – 2-00121

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la coesione territoriale, per sapere – premesso che:
   la legge finanziaria per il 2007 e le successive modificazioni ed integrazioni hanno introdotto nel nostro Paese, a seguito dell'esperienza francese, le zone franche urbane;
   le zone franche urbane sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese, con l'obiettivo prioritario di favorire lo sviluppo di zone e quartieri caratterizzati da situazioni di disagio sociale, economico e occupazionale e con potenzialità di sviluppo inespresse;
   ogni comune, con popolazione pari a 25 mila abitanti, poteva presentare un progetto per l'insediamento della zone franche urbane nel proprio territorio;
   la circolare 26 giugno 2008, n. 1418, del Ministero dello sviluppo economico individuava i requisiti di ammissibilità e di valutazione per i progetti proposti dalle amministrazioni comunali;
   con la delibera 30 gennaio 2008, n. 5, il Cipe ha definito i criteri e gli indicatori per l'individuazione e la delimitazione delle zone franche urbane, il cui numero è stato inizialmente determinato in 18, elevato poi a 22 dalla delibera Cipe n. 14 del 2009;
   per quanto riguarda i finanziamenti, l'articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006, ha previsto per il fondo delle zone franche urbane una dotazione di 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi nelle zone stesse;
   successivamente, l'articolo 3, quinto comma, della legge n. 99 del 2009, ha disposto che il Cipe, nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione del Fondo per le aree sottoutilizzate, destini una quota del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, fino al limite annuale di 50 milioni di euro per le zone franche urbane. La delibera Cipe n. 30 del 2010 ha specificato che il suddetto finanziamento nel triennio 2010-2012 era di un importo complessivo di 150 milioni di euro. La delibera Cipe n. 1 del 2011 ne ha disposto l'azzeramento;
   nel corso del 2011 è stata avviata, d'intesa con la Commissione europea, l'azione per accelerare l'attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013 sulla base di quanto stabilito dalla citata delibera Cipe n. 1 del 2011 e concordata in sede di Comitato nazionale del quadro strategico nazionale da tutte le regioni, dalle amministrazioni centrali interessate e dal partenariato economico e sociale;
   successivamente, l'articolo 37 del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, ha previsto un finanziamento di talune agevolazioni in favore delle piccole e medie imprese localizzate nelle zone franche urbane ricadenti nelle regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Tale regime agevolativo viene esteso anche alle aree industriali delle medesime regioni, per le quali è stata già avviata una procedura di riconversione industriale, purché siano state precedentemente utilizzate per la produzione di autovetture e abbiano registrato un numero di addetti, precedenti all'avvio delle procedure per la cassa integrazione guadagni straordinaria, non inferiore a mille unità;
   in particolare, si ricorda che il primo comma dell'articolo 37 del citato decreto-legge stabilisce che le risorse provenienti dalla riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013, nell'ambito del Piano di azione per la coesione, nonché ulteriori risorse regionali possono essere destinate anche al finanziamento delle agevolazioni, in favore delle imprese di micro e piccola dimensione localizzate nelle zone franche urbane individuate dalla delibera Cipe n. 14 del 2009, ricadenti nelle regioni ammissibili all'obiettivo «Convergenza». Al proposito, si segnala che queste risorse riguardano le quattro regioni dell'obiettivo «Convergenza», vale a dire Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Oltre alle zone franche urbane individuate dalla citata delibera n. 14 del 2009, il Cipe doveva provvedere ad individuare ulteriori zone franche urbane entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto-legge;
   da ultimo si ricorda che le condizioni e le modalità delle agevolazioni sono rimesse ad un decreto interministeriale (Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell'economia e delle finanze);
   nell'incontro tenutosi a Roma il 6 dicembre 2013, tra il presidente della regione Rosario Crocetta e il Ministro per la coesione territoriale pro tempore, Fabrizio Barca, la regione è riuscita ad ottenere lo sblocco di 150 milioni di euro per i venti comuni siciliani in graduatoria da due anni zone franche urbane: nella speciale graduatoria, allora stilata dalla regione, Bagheria è al secondo posto subito dopo Palermo e Brancaccio –:
   quale sia lo stato di attuazione delle zone franche urbane in Sicilia e quali siano i tempi per la loro definitiva attuazione;
   se risulti quale sia la quota di risorse spettanti al comune di Bagheria.
(2-00121) «Giammanco, Mottola, Milanato, Elvira Savino, Laffranco, Bosco, Bernardo, Squeri, Alli, Calabria, Galati, Galan, Pili, Minardo, Vella, Castiello, Sammarco, Riccardo Gallo, Sarro, Pagano, Marotta, Leone, Latronico, Abrignani, Prestigiacomo, Gregorio Fontana, Misuraca, Catanoso, Bergamini, Vito, Polverini».


Elementi ed iniziative volte ad assicurare la corretta gestione del centro di identificazione ed espulsione di Modena – 2-00139

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   in provincia di Modena è attivo un centro di identificazione ed espulsione (cie), già centro di permanenza temporaneo (cpt);
   per l'istituzione del centro di permanenza temporaneo (funzionante secondo il regime della legge 6 marzo 1998, n. 40) furono proprio i cittadini di Modena a mobilitarsi, insieme all'amministrazione comunale; viceversa, con la trasformazione del centro in centro di identificazione ed espulsione (secondo la disciplina della legge del 30 luglio del 2002, n. 189) a maggior ragione dopo l'entrata in vigore della legge 2 luglio 2009, n. 94, che ha introdotto il reato di clandestinità, si è perso l'obiettivo iniziale ed è profondamente mutata la natura del centro, facendone a tutti gli effetti una struttura paracarceraria e lontana dalla sensibilità della città;
   dal 2007 e fino al 30 giugno 2012 il centro di identificazione ed espulsione di Modena è stato gestito in appalto dalla confraternita della Misericordia di Modena, che riceveva dalla prefettura di Modena 75 euro al giorno per trattenuto;
   il 15 febbraio 2012 è stato pubblicato il nuovo bando per l'affidamento della gestione, che ha stabilito, come base d'asta, la quota di 30 euro al giorno per trattenuto, con presentazione dell'offerta entro il 15 marzo 2012 e aggiudicazione prevista attraverso il criterio del prezzo più basso (ex articolo 82 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006);
   numerosi attori sociali della città, a partire dalla Cgil di Modena, hanno da subito evidenziato come la base d'asta non fosse sufficiente a garantire il rispetto di quanto previsto nel capitolato ed il rispetto delle leggi, delle norme e dei contratti vigenti, e, al tempo stesso, come il criterio del prezzo più basso finisse, di fatto, con l'impedire la partecipazione proprio a quelle imprese che offrivano maggiori garanzie di affidabilità;
   l'unica offerta presentata è stata quella della confraternita della Misericordia di Modena che, tuttavia, non è stata ritenuta idonea in quanto superiore alla base d'asta stabilita; la prefettura di Modena ha, quindi, attivato una procedura ristretta tramite inviti a presentare offerte (ex articolo 67 del decreto legislativo n. 163 del 2006), cui ha aderito solamente il consorzio «l'Oasi» di Siracusa, che, aggiudicandosi la gestione del centro con un ribasso del 3 per cento rispetto alla base d'asta (pari quindi a 29,1 euro al giorno per trattenuto), è subentrato nella gestione a partire dal 1o luglio 2012;
   sin dall'avvio della gestione, i dipendenti del consorzio «l'Oasi» hanno avuto difficoltà crescenti a ricevere i propri stipendi e, dopo varie promesse disattese, si è arrivati a più riprese alla proclamazione di uno sciopero;
   solo il pagamento degli stipendi da parte della prefettura – in virtù dell'articolo 1676 del codice civile a norma del quale «coloro che, alle dipendenze dell'appaltatore, hanno dato la loro attività per l'opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per eseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda» – ha consentito, a più riprese, di sbloccare una situazione sempre più insostenibile;
   tale situazione si è però ripresentata sistematicamente, arrivando, ad oggi, alla quinta giornata di sciopero, dovendosi quindi la prefettura fare integralmente carico del pagamento delle diverse mensilità;
   prima dell'attuale momentanea chiusura per ristrutturazione, una situazione molto simile si era creata presso il centro di identificazione ed espulsione di Bologna dove, dal 1o dicembre 2012, era stata affidata la gestione dei servizi al consorzio «l'Oasi», con un compenso pari a 28,50 euro al giorno per trattenuto, e su cinque mensilità ben quattro erano state pagate direttamente dalla prefettura di Bologna, con le stesse procedure e modalità descritte, essendo il consorzio inadempiente verso i lavoratori;
   problemi analoghi si sono registrati presso il centro di identificazione ed espulsione di Milo dove, nonostante le irregolarità rilevate dagli ispettori del lavoro nella gestione, il 16 gennaio 2013 il consorzio «l'Oasi» aveva espresso l'intenzione di assumere quindici nuovi dipendenti per la gestione del centro, pur non riuscendo a pagare con regolarità gli stipendi agli oltre cinquanta lavoratori già in servizio presso la struttura; da notizie di stampa si è appreso che la prefettura di Trapani avrebbe diffidato il consorzio a pagare gli stipendi arretrati, minacciando la revoca della concessione;
   dall'inizio della gestione del centro di identificazione ed espulsione di Modena si sono avvicendati ben quattro direttori, talvolta per il mancato pagamento del loro stesso stipendio, rendendo impossibile ogni stabile programmazione interna delle attività e ogni efficace relazione con tutti i soggetti coinvolti dentro e fuori dal centro di identificazione ed espulsione;
   in questi mesi, per lo stesso motivo, si sono allontanati i medici e gli psicologi impiegati presso il centro di identificazione ed espulsione che è rimasto, quindi, del tutto privo dell'assistenza psicologica adeguata, come invece prevede il capitolato d'appalto;
   la Garante per i diritti delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale ha più volte segnalato problemi sulla qualità dei pasti;
   i sindacati di polizia modenesi hanno segnalato un forte clima di tensione, sfociato in alcune rivolte, dovuto a mancanze elementari nei confronti dei trattenuti;
   il consorzio ad avviso degli interpellanti ha chiaramente dimostrato di non avere una propria necessaria autonomia finanziaria, sufficiente a garantire la gestione di una struttura di tale complessità ed importanza;
   nella giornata di sabato 6 luglio 2013, a fronte del permanere e dell'acutizzarsi dei problemi menzionati, la Cgil di Modena ha proclamato sei giorni di sciopero consecutivi, a partire dal martedì successivo, per i lavoratori che operano nel centro alle dipendenze del consorzio «l'Oasi»;
   tale fatto, senza precedenti per portata, oltre a rimarcare una volta di più l'insostenibilità della situazione e il grado di esasperazione a cui sono giunti i lavoratori, rappresenterebbe senz'altro un delicatissimo problema per la sicurezza del centro stesso, sapendo quali ripercussioni potrà avere sulla vita dei trattenuti una sospensione dei servizi, soprattutto nel periodo di Ramadan (diversi trattenuti sono di fede musulmana);
   ancora una volta, solo l'intervento della prefettura ha determinato la sospensione dello sciopero, a fronte di impegni assunti dalla stessa nei confronti dei lavoratori; peraltro lo sciopero, indetto, risulterebbe solo sospeso e posticipato, permanendo inalterate le gravi carenze sopra riportate;
   una delegazione di parlamentari modenesi – i deputati Davide Baruffi e Edoardo Patriarca e il senatore Stefano Vaccari – dopo avere incontrato a più riprese i lavoratori, nella giornata di sabato 6 luglio 2013 hanno effettuato una lunga visita al centro, incontrando sia la direzione del consorzio, sia gli operatori di sicurezza operanti nel centro, sia i trattenuti: da questa visita hanno potuto riscontrare direttamente le carenze lamentate dal sindacato, una qualità decisamente inadeguata delle strutture, una condizione igienico-sanitaria insostenibile e un'esasperazione dei trattenuti derivante anche da questo stato di cose, decisamente più insostenibile nei mesi estivi dell'anno –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti riportati e quali siano i suoi orientamenti in merito;
   se non si ritenga necessario, alla luce di quanto esposto, promuovere ispezioni miranti ad appurare l'agibilità dei locali e il rispetto delle più elementari norme igienico-sanitarie;
   quali risultino essere i motivi che impediscono il regolare flusso dei pagamenti da parte della prefettura di Modena verso il consorzio l'Oasi;
   quali iniziative di propria competenza il Ministro interpellato intenda adottare per garantire i lavoratori del consorzio che operano presso il centro di identificazione ed espulsione di Modena, nonché presso le altre sedi presenti sul territorio nazionale;
   se risultino i motivi che hanno portato a cambiare ripetutamente il direttore del consorzio e quali misure di propria competenza il Ministro interpellato intenda adottare al fine di garantire una maggiore continuità nella gestione dello stesso;
   se ritenga che vi siano state da parte dello stesso consorzio gravi, ripetute e sistematiche violazioni della convenzione tali da comportare la revoca della stessa e l'indizione di una nuova procedura per l'affidamento della gestione del centro di identificazione ed espulsione di Modena;
   se non ritenga necessario che l'avvio di una nuova procedura per l'affidamento della gestione debba essere su una base d'asta più equa rispetto agli obblighi previsti e che il soggetto affidatario debba essere individuato attraverso il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (ex articolo 83 del decreto legislativo n. 163 del 2006) anziché utilizzando il criterio del prezzo più basso (ex articolo 82);
   se non ritenga utile avviare una seria riflessione sull'utilità dei centri di identificazione ed espulsione dal momento che, allo stato, a giudizio degli interpellanti essi non corrispondono alle caratteristiche e ai requisiti fissati dallo stesso Ministero dell'interno.
(2-00139) «Baruffi, Ghizzoni, Gribaudo, Incerti, Maestri, Gregori, Lenzi, Gnecchi, Bratti, Gandolfi, Chaouki, Montroni, Patriarca, Giuditta Pini, Bargero, Carra, Bolognesi, Martella, Zampa, Fregolent, Carlo Galli, Berlinghieri, Marchi, Iori, Richetti, De Micheli, Fabbri, D'Ottavio, Faraone, Piccione, Pagani, Petitti, Marco Di Maio, Arlotti, De Maria, Benamati».


Iniziative volte ad evitare la soppressione delle sedi giudiziarie di Ischia e di Capri – 2-00140

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   le strutture giudiziarie presenti sulle isole minori rispondono all'esigenza di garantire adeguato accesso al sistema giudiziario anche a chi, in quanto isolano, vedrebbe limitato il suo diritto proprio a causa di tale condizione, a partire da quella logistica;
   con decreto del presidente del tribunale di Napoli, dottor Alemi, adottato il 18 marzo 2013, è stato disposto che la sezione distaccata di Ischia, a decorrere dal 15 settembre 2013, sia accorpata alla sede centrale del tribunale di Napoli, presso il centro direzionale di Napoli;
   il bacino d'utenza della sezione distaccata ad Ischia è molto vasto, si tratta di circa 65.000 abitanti stabili, cui devono aggiungersi gli oltre 3 milioni di turisti che soggiornano sull'isola ogni anno;
   il presidio di legalità territoriale ischitano non comporta oneri economici per lo Stato, poiché ubicato in un edificio di proprietà comunale in comodato gratuito, mentre la sua abolizione comporterebbe ingenti spese per il trasferimento dei fascicoli, degli arredi, delle attrezzature e dell'archivio, per la dismissione dei relativi rifiuti speciali, e, soprattutto per la quotidiana trasferta a Napoli di migliaia di persone tra cui anche dipendenti ministeriali e comunali;
   la sezione distaccata di Ischia ha sede nel medesimo immobile che ospita a titolo gratuito anche l'ufficio del giudice di pace, sopravvissuto ex lege alla separazione dei due uffici giudiziari;
   la sezione distaccata di Capri ha sede nel medesimo immobile che ospita anche l'ufficio del giudice di pace, sopravvissuto ex lege;
   la soppressione delle sedi giudiziarie di Ischia e di Capri, in considerazione del bacino d'utenza, del contenzioso, della mancanza di continuità territoriale e delle difficoltà di raggiungimento della terraferma, di recente aggravate dalla riduzione del numero dei collegamenti marittimi, comporterebbe seri disagi ai cittadini ed agli operatori del diritto;
   a tutto ciò si deve aggiungere il fortissimo disagio per tutti i cittadini portatori di handicap e per le loro famiglie, che, in sede di volontaria giurisdizione, chiedono abitualmente al tribunale amministrazioni di sostegno, interdizioni, curatele, autorizzazioni correlate e rendono i conti della gestione e che con il trasferimento dell'ufficio vedrebbero complicarsi i propri adempimenti;
   il palazzo di giustizia di Napoli, già allo stato notoriamente sovraffollato, non dispone di spazi sufficienti ad accogliere tutte le otto sezioni distaccate soppresse –:
   se il Governo sia intenzionato ad adottare, nei tempi e modi di cui all'articolo 1, quinto comma, della legge n. 148 del 2011, idonee disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 155 del 2012, che tengano conto della specificità territoriale e delle esigenze civili delle comunità isolane preservando i presidi giudiziari esistenti nelle isole minori, in particolare delle sedi ubicate sulle isole di Ischia e Capri;
   se, in subordine, il Governo, considerate le problematiche di natura logistica di tale rilevanza ed eccezionalità da non consentire in alcun modo il trasferimento delle risorse materiali, umane e dei servizi dei presidi giudiziari di Ischia e Capri, intenda avviare la procedura di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012, per l'utilizzo dei rispettivi palazzi di giustizia quali sedi distaccate del tribunale di Napoli;
   se, in subordine, il Governo abbia intenzione di assicurare con modalità diverse da quelle indicate l'effettivo e regolare esercizio del diritto di accesso alla giustizia per i cittadini delle isole minori.
(2-00140) «Tartaglione, Paris, Bonavitacola, Valiante, Roberta Agostini, Preziosi, Malpezzi, Laforgia, Marzano, Giorgio Piccolo, Chaouki, Capozzolo, Bruno, Amendola, Giuliani, Incerti, Coccia, Manfredi, Argentin, Borghi, Gadda, Morani, Lotti, Gozi, Carbone, Ermini, Di Lello, Pastorelli, Marantelli, Pes, Fioroni, Impegno, Mariastella Bianchi, Scanu, Sanga, Rughetti, Biondelli, Gentiloni Silveri, Murer, Petrini, Picierno, Rigoni, Venittelli, Zardini».


Iniziative di competenza per monitorare lo stato delle bonifiche dei siti contaminati da amianto, con particolare riferimento ai fabbricati del comune di Montevago in provincia di Agrigento – 2-00124

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   il terremoto del Belice, avvenuto nel 1968, ha tragicamente colpito le popolazioni del luogo;
   in quell'occasione, nel comune di Montevago, che ha pagato il più alto numero di vittime al terremoto, moltissime case distrutte dal sisma sono state sostituite grazie alla solidarietà dei giornali Il Tempo, Il Piccolo di Trieste, e L'Eco di Bergamo, con edifici prefabbricati forniti di coperture in amianto tuttora sussistente;
   l'amianto è un minerale naturale a struttura fibrosa che per le sue ottime proprietà fonoassorbenti e termoisolanti, oltre che per l'economicità, è stato largamente utilizzato in passato in innumerevoli applicazioni industriali ed edilizie. Con il tempo però tale materiale si è rivelato nocivo per la salute dell'uomo per la sua proprietà di rilasciare fibre che, se inalate, possono provocare patologie gravi ed irreversibili a carico dell'apparato respiratorio (asbestosi, carcinoma polmonare) e delle membrane sierose, principalmente la pleura (mesoteliomi);
   queste patologie si manifestano dopo molti anni dall'esposizione: da 10 a 15 anni per l'asbestosi, ad anche 20-40 anni per il carcinoma polmonare ed il mesotelioma;
   dopo più di vent'anni dall'entrata in vigore della legge n. 257 del 1992, che mise al bando l'amianto nel nostro Paese, le bonifiche sono troppo lente e i dati relativi ai siti da bonificare non ancora definitivi. La legge prevedeva che entro 180 giorni ogni regione dovesse predisporre uno specifico piano per il censimento e la rimozione dell'amianto. Ma questo non è avvenuto e in molti casi la legge è stata totalmente disattesa;
   è, pertanto, urgente la riqualificazione di tali fabbricati tramite un'opera di bonifica da compiere al più presto per tutelare gli abitanti e l'ambiente –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se si intendano assumere le iniziative di competenza per monitorare la situazione e per stanziare specifiche risorse idonee allo scopo di porre in sicurezza i fabbricati ove sia presente amianto, come quelli del comune di Montevago, in modo da dotarli di coperture a norma di legge.
(2-00124) «Schirò Planeta, Molea, Galgano, Rossi».


Iniziative volte a garantire la bonifica del sito di interesse nazionale di Brindisi – 2-00128

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   la legge 8 luglio 1986, n. 349, all'articolo 7, poi modificato dall'articolo 6 della legge 28 agosto 1989, n. 305, e infine abrogato dall'articolo 74 del decreto legislativo n. 112 del 1998, ha definito gli ambiti territoriali, con eventuali tratti marittimi, da dichiararsi «aree ad elevato rischio di crisi ambientale»;
   i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 novembre 1990 e del 30 luglio 1997 hanno dichiarato parte del territorio della provincia di Brindisi «area ad elevato rischio di crisi ambientale»;
   essa comprende Brindisi, San Pietro Vernotico, Torchiarolo e Carovigno. Dal 2002, con delibere della giunta regionale della Puglia 515/01 e 596/02, tale area a rischio fu allargata al comune di Cellino San Marco. In totale, l'area a rischio del territorio brindisino si estende su una superficie di 550 chilometri quadrati e interessa una popolazione di 130.000 abitanti circa;
   con il decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 1998 fu approvato il piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Brindisi;
   tale piano era soprattutto finalizzato «alla riduzione delle emissioni in atmosfera, alla riduzione del rischio di incidente rilevante e mitigazione delle conseguenze incidentali, nonché al risanamento di aree contaminate e degradate» (articolo 2). L'impostazione del piano di risanamento era specificamente mirata a progettare soluzioni delle problematiche ambientali «(...) non limitando l'analisi agli impatti diretti dei singoli insediamenti industriali, ma considerando anche impatti cumulativi ed indiretti determinati da una pressione sull'ambiente e sul territorio costante e combinata da parte del polo industriale nel suo complesso». Così si veniva a superare la logica del semplice rispetto dei limiti normativi applicabili ai singoli punti di emissione per proporre uno schema di risanamento che tenesse conto della sensibilità delle componenti ambientali, dell'intensità della pressione complessiva sull'ambiente dell'area a rischio e dei rischi congiunti connessi alla presenza dello specifico polo industriale (quinto comma del punto 1.1 dell'allegato A);
   tale piano è confermato dall'articolo 6 (piano regionale di intervento) della legge regionale 7 maggio 2008, n.6, (disposizioni in materia di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose);
   il decreto legislativo n. 22 del 1997 e il successivo decreto legislativo n. 152 del 2006 hanno incluso Brindisi tra i 57 siti di interesse nazionale per interventi di bonifica. Il territorio in questione ha un'estensione complessiva di aree private di 21 chilometri quadrati e di aree pubbliche di circa 93 chilometri quadrati, con una popolazione residente nelle aree limitrofe pari a un terzo della popolazione regionale. Il criterio di inclusione di un sito tra quelli di interesse nazionale dipende dal rischio sanitario che le condizioni di quel sito determinano per le popolazioni;
   il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dell'11 gennaio 2013 non ha declassificato Brindisi a sito di interesse regionale;
   l'ordinanza sindacale n. 18 del 28 giugno 2007, a firma del sindaco Domenico Mennitti, ha vietato la coltivazione dei prodotti alimentari nei terreni limitrofi alla centrale termoelettrica a carbone Enel Federico II ed al nastro trasportatore di carbone non coperto della stessa lungo ben 12 chilometri;
   l'ordinanza sindacale del 2011, a firma del sindaco Mennitti, ha previsto l'interdizione totale dell'area Micorosa nei pressi del petrolchimico di Brindisi a causa dell'elevato tasso di inquinamento dei terreni;
   il piano regionale della qualità dell'aria predisposto dall'Arpa Puglia inserisce Brindisi in fascia C, la più critica, che necessita di azioni di riduzione dell'inquinamento;
   la legge regionale 24 luglio 2012, n. 21, «Norme a tutela della salute, dell'ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate a elevato rischio ambientale», introduce all'articolo 2, in riferimento sia a Taranto che a Brindisi, in quanto dichiarate entrambe «aree ad elevato rischio ambientale», l'obbligo di redigere con cadenza annuale un rapporto di «valutazione del danno sanitario»;
   ad oggi, nel sito di interesse nazionale di Brindisi l'apparato industriale è caratterizzato da un imponente polo chimico e dal più grande polo energetico nazionale. In questi due poli operano numerose aziende – alcune delle quali dichiarate a rischio di incidente rilevante – chimiche (l'ex Polimeri Europa oggi Versalis, Syndial, Enipower, Basell Brindisi, Chemgas, Dow Poliuretani Italia, Evc), farmaceutiche, elettriche (per un totale di potenza installata di circa 5.200 megawatt con produzione di elettricità tramite energie fossili e comprensiva della più potente centrale termoelettrica a ciclo combinato – gas metano – di 1170 megawatt dell'Eni, in sostituzione del vecchio petrolchimico), industrie aeronautiche, un deposito di stoccaggio di gpl di 20.000 tonnellate, lo zuccherificio della Sfir alimentato da una centrale elettrica a biomasse, una discarica di rifiuti pericolosi e nocivi, un inceneritore di rifiuti industriali e ospedalieri e una discarica di rifiuti industriali pericolosi e di sostanze altamente nocive di 50 ettari, chiamata Micorosa (in cui sono presenti cloruro di vinile, benzene, arsenico e altro), il cui volume supera i 4 milioni rispetto ai limiti di legge e la cui profondità di sedimentazione è di ben 5 metri;
   in particolare, come è noto, Brindisi ospita la centrale elettrica più climalterante d'Italia – la Federico II Enel spa – con la produzione di circa 12 milioni e mezzo di tonnellate di anidride carbonica nel 2012 ed una quantità di carbone movimentata e bruciata pari a circa 5/6 milioni di tonnellate, trasportate da un nastro scoperto lungo 12 chilometri;
   in particolare, destano serissima preoccupazione i dati rivenienti da numerosi studi condotti da singoli o gruppi di ricercatori che, insieme con gli elementi conoscitivi apportati dall'Arpa Puglia e dalla asl di Brindisi, permettono di concludere che l'industrializzazione di Brindisi, avviata negli anni ’60, ha prodotto un gravissimo inquinamento di suolo, falde, mare e aria;
   sebbene i dati forniti dall'Arpa per la qualità dell'aria mostrano, mediamente, un rispetto dei limiti di legge dei macroinquinanti misurati, è bene evidenziare che sussistono alcune criticità con riferimento sia alla localizzazione delle centraline, sia alla gamma degli inquinanti misurabili, sia alla misura di microinquinanti pericolosi, ad oggi ancora non monitorati con continuità. Tuttavia, la relazione finale «Brindisi area ad alto rischio e sito nazionale per le bonifiche, ipotesi di lavoro per la tutela della salute» evidenzia come nella città di Brindisi si registri un elevato carico emissivo di diversi inquinanti, molti dei quali con effetti cancerogeni (tonnellate di ossidi di zolfo, ossidi di azoto, particolato, metalli pesanti, benzene, idrocarburi policiclici aromatici e altro). Si fa presente che le emissioni provenienti da autodichiarazioni e/o stime si basano sul funzionamento «normale» dell'impianto. Sono, pertanto, escluse emissioni accidentali che pure si sono rivelate molto frequenti;
   a tal proposito è opportuno tenere presente, in perfetta coerenza con le dichiarazioni rese dal presidente dell'Arpa Puglia in occasione delle audizioni presso le Commissioni VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) e X (Attività produttive, commercio e turismo) della Camera dei deputati sul decreto n. 61 del 2013, che «la convinzione per la quale i limiti ambientali (sia quelli emissivi degli impianti industriali, sia gli indicatori di qualità dell'aria urbana) siano di per sé intrinsecamente idonei a tutelare la salute della popolazione residente nell'area urbana» è certamente discutibile e che solo specifiche informazioni sullo stato della salute della popolazione possono correggere la rigidità di tale approccio;
   nonostante la colpevole assenza, ad oggi, dell'attivazione di un registro sui tumori in provincia di Brindisi, numerosi studi hanno mostrato eccessi di mortalità generale e specifica per alcune tipologie di tumori, mentre ulteriori studi specifici hanno rilevato eventi sanitari in relazione alle distanze di residenza dall'area industriale o in relazione all'innalzamento di alcuni inquinanti atmosferici, nonostante questi ultimi fossero in concentrazione inferiore ai limiti previsti dalla legge. Ciò evidentemente fa emergere l'importanza di un'analisi non solo quantitativa, ma anche qualitativa delle polveri;
   tali iniziative di indagine e prevenzione sanitaria sono assolutamente necessarie, atteso che diversi studi, tra i quali si segnala «Acute effects of urban and industrial pollution in a government-designated» Environmental risk area: «the case of Brindisi, Italy Gianicolo EAL A., Mangia C, Cervino M., Vigotti MA International Journal of Environmental Health Research in press», confermano un rischio sanitario, nel sito di interesse nazionale di Brindisi, associato ad esposizione a inquinanti atmosferici, nonostante gli inquinanti considerati nell'analisi (pm10 e diossido di azoto), per il periodo 2001-2007 considerato, siano in concentrazione inferiore ai limiti di legge;
   del resto, già uno studio di Portaluri, Gianicolo, Mangia e Vigotti «Acute effects of air pollution in Brindisi (Italy): a case-crossover analysis: Epidemiol Prev. 2010 34(3):100-107» aveva dimostrato che, per il periodo 2003-2006, incrementi della concentrazione di pm10 – benché nei limiti di legge – sono risultati associati ad incrementi percentuali del rischio di morte sia per le cause naturali sia per le patologie cardiovascolari, con effetti immediati;
   inoltre è fondamentale ricordare che:
    a) lo studio Sentieri, per il sito di interesse nazionale di Brindisi, sulla base delle risultanze epidemiologiche, propone di svolgere tre ulteriori tipi di indagini: 1) indagini subcomunali, nelle popolazioni vicine alle attività industriali fonti di rischio, come il petrolchimico e le centrali elettriche, soprattutto per patologie come i tumori pleurico e del polmone; 2) uno studio sullo stato di salute dei lavoratori occupati negli insediamenti industriali di rischio; 3) uno studio di biomonitoraggio per l'individuazione di inquinanti presenti negli organismi delle popolazioni più esposte alle fonti di rischio;
    b) lo studio «Congenital anomalies among live births in apolluted area. A ten-year retrospective study», («Anomalie congenite tra i nati vivi in una zona inquinata. Uno studio retrospettivo di dieci anni»), condotto da undici ricercatori dell'istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Lecce e di Pisa, dell'università di Pisa, della asl di Brindisi, del reparto di neonatologia dell'ospedale di Brindisi, diretto dal dottor Giuseppe Latini e reso noto nel 2011, che ha riguardato la diagnosi di anomalie congenite in nati da madri residenti a Brindisi che hanno partorito in qualunque ospedale italiano dal 2001 al 2009, nell'età da 0 a 28 giorni di vita, ha rilevato 176 anomalie su 7.644 neonati, pari al 18 per cento in più rispetto al dato del registro europeo di sorveglianza sulle malattie congenite (Eurocat), osservandosi una percentuale di prevalenza di 230 su 10.000 nati vivi. È addirittura del 67 per cento l'eccesso rilevato per le malattie cardiovascolari. L'importanza di tale studio consiste nel fatto che esso fornisce un nuovo indicatore sanitario, in quanto «le malformazioni congenite sono una spia molto precoce e molto sensibile di sostanze nocive nell'ambiente» (dottor Maurizio Portaluri, primario del reparto di radiooncologia dell'ospedale Perrino di Brindisi) e, quindi, in grado di dimostrare l'attualità del danno sanitario. Da qui la richiesta urgente dei medici pugliesi per l'ambiente, rivolta al presidente della regione, dell'istituzione di un registro regionale delle malformazioni congenite;
   inoltre, nella stessa relazione della «Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo di rifiuti» (XVI legislatura) è specificato che: «(...) la Puglia, in virtù della vocazione prevalentemente agricola della sua economia, subisce i maggiori impatti ambientali a seguito degli illeciti connessi all'abbandono e allo sversamento illegale di rifiuti nelle aree agricole, già martoriate dalle emissioni industriali dei principali insediamenti attivi (Brindisi e Taranto). La contaminazione delle aree agricole è forse la più insidiosa in termini di potenziali rischi per la salute umana in quanto i contaminanti dal terreno passano nella catena alimentare attraverso i prodotti agricoli di consumo. In riferimento agli studi sanitari ed epidemiologici condotti per le aree di Bari-Fibronit, Brindisi, Taranto e Manfredonia, appare accertata la correlazione tra attività industriali ed incremento della morbilità e mortalità per i sin di Brindisi e Taranto»;
   quanto sinora detto, aveva trovato parte della soluzione in un'apposita convenzione sottoscritta il 12 novembre 1996, fatta propria nel decreto del Presidente della Repubblica del 23 aprile 1998 che, al secondo periodo del punto 6.1, recita: «Agli interventi specifici individuati, si aggiunge l'insieme dei provvedimenti che riguardano l'esercizio della Centrale Enel Nord e l'avvio di Enel Sud, previsti nella Convenzione del ’96 Enel-enti locali, che daranno effetti di graduali miglioramenti nei vari periodi in cui è articolata la Convenzione stessa». All'articolo 6 della stessa, si prevedeva un sistema integrato di monitoraggio ambientale globale dell'aria riguardante tutte le industrie e le attività fonte di inquinamento, oltre il monitoraggio ambientale proprio del polo energetico, costituito da una rete di rilevamento in continuo delle immissioni e delle emissioni delle due centrali elettriche denominate Brindisi Nord e Brindisi Sud;
   per l'intero polo energetico brindisino, la convenzione prevedeva i seguenti limiti di emissioni massiche annue di anidride solforosa (13.000 tonnellate), di ossidi di azoto (10.000 tonnellate) e di polveri (1.700 tonnellate). A tali limiti di emissioni massiche annue, ritenuti i massimi compatibili per l'area a rischio di crisi di Brindisi, avrebbero concorso, nel regime definitivo, la chiusura graduale e programmata della centrale di Brindisi nord per il 31 dicembre 2004 – ritenuta già allora un vero e proprio rudere industriale – e una quantità annua di carbone da movimentare e utilizzare pari a 2 milioni di tonnellate, integrato per espressa volontà del Governo, dall'articolo 1-bis (clausola integrativa) che, sancendo rigorosamente i limiti produttivi nell'uso del carbone, garantiva «ogni intervento utile allo scopo, anche assicurando l'utilizzo di quantitativi aggiuntivi di gas naturale», oltre quelli già convenuti di 1,2 miliardi di mc annui di metano al p.9 dell'articolo 1 per la centrale elettrica di Brindisi sud a regime, attrezzata appositamente e «completamente per il funzionamento policombustibile», con una «energia prodotta annualmente alle sbarre dalla centrale di Brindisi sud limitata a non più di 15 miliardi di Kwh»;
   infine, è recente la notizia che Enel, per la divisione ingegneria e ricerca, ha ridotto progetti e budget e si appresta ad effettuare a Brindisi, nel comparto ricerca, una riduzione di personale. Accanto a ciò è annunciata la chiusura di impianti sperimentali e pilota anche di ultima generazione, quale quello di cattura di anidride carbonica, inaugurato nel 2012 proprio presso l'impianto della Federico II. Un chiaro segnale, se ce ne fosse ancora bisogno, di totale disinteresse verso la concreta realizzazione di attività di ricerca e sviluppo in Italia, nello specifico a Brindisi, verso le attività di monitoraggio, valutazione e riduzione degli impatti ambientali –:
   come i Ministri interpellati intendano intervenire per migliorare le condizioni ambientali e sanitarie dell'area a elevato rischio di crisi ambientale di Brindisi;
   se, anche a fronte delle enormi quantità di anidride carbonica emesse, in quest'area pari a 3 milioni e mezzo in più delle quote assegnate, non sia opportuno prevedere una drastica riduzione della quantità di carbone movimentato e bruciato in quell'area fino al raggiungimento di livelli sostenibili, anche attraverso una parziale e/o totale metanizzazione della centrale policombustibile Enel di Cerano;
   quali siano gli intendimenti del Governo circa il futuro della centrale a carbone di Edipower – A2A Brindisi nord, mai convertita a ciclo combinato nonostante gli impegni presi e già oggi funzionante ai minimi livelli di produzione, la quale ha presentato un piano industriale che prevede la co-combustione di carbone e di un derivato di combustibile da rifiuti (Ecodeco);
   se non sia in ogni caso fondamentale dotare l'area a rischio della provincia di Brindisi di quel sistema integrato di monitoraggio ambientale globale per tutte le emissioni e le immissioni inquinanti, già previsto 17 anni fa, progettato e mai creato;
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere riguardo ai non più procrastinabili interventi di bonifica del sito di interesse nazionale di Brindisi, alla luce degli impegni presi anche dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con le sue dichiarazioni programmatiche nell'audizione presso l'VIII Commissione parlamentare (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati;
   se il Ministro della salute non ritenga di attivare, tramite l'Istituto superiore di sanità, le indagini sub-comunali, di corte e di biomonitoraggio, suggerite dal progetto Sentieri, riguardo all'area a rischio di Brindisi, ad oggi non monitorata da alcun registro sanitario locale;
   se, sulla base di quanto già avvenuto per Taranto (così come previsto dalla legge regionale n. 21 del 2012 della Puglia), si intendano assumere iniziative per pervenire con urgenza anche per Brindisi alla redazione del già previsto rapporto di valutazione del danno sanitario, ciò al fine di acquisire utili elementi di conoscenza sullo stato di salute della popolazione, quali informazioni indispensabili affinché le autorizzazioni ministeriali alle modalità di esercizio degli impianti industriali garantiscano il giusto equilibrio tra produzione e ambiente, tra diritto al lavoro e diritto alla salute.
(2-00128) «Mariano, Bratti, Bellanova, Capone, Cassano, Mariani, Decaro, Ginefra, Marrocu, Garavini, Mongiello, Ventricelli, Grassi, Martelli, Pelillo, Giorgis, Michele Bordo, Braga, Mazzoli, Marroni, Mattiello, Marzano, Impegno, Genovese, Campana, Capozzolo, Boccuzzi, Rotta, Ginoble, Scalfarotto».


Chiarimenti ed iniziative in merito a procedure arbitrali relative a contenziosi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – 2-00137

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   con atto di sindacato ispettivo n. 4-00324 del 29 aprile 2013, gli interpellanti hanno chiesto al Governo specifiche notizie in merito agli arbitrati concessi dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al signor Edoardo Longarini, ex concessionario dei piani di ricostruzione post-bellica di Ancona, Ariano Irpino e Macerata;
   l'interrogazione parlamentare, ancora senza risposta, richiama gli atti dei piani di ricostruzione post bellica;
   con disciplinare 12 novembre 1964, n. 3758, sono stati affidati in concessione alla srl Adriatica costruzioni i lavori del 1o e 2o lotto del piano di ricostruzione della città di Macerata;
   con ulteriore disciplinare del 15 dicembre 1975, sono stati affidati in concessione alla medesima società anche i lavori del 3o, 4o e 5o lotto del piano di ricostruzione di Macerata;
   con domanda di arbitrato, notificata in data 25 giugno 2007, il signor Edoardo Longarini, in qualità di unico socio assegnatario di tutti i rapporti facenti capo alla suddetta società posta in liquidazione, ha avviato un contenzioso riguardante il suddetto rapporto concessorio per la realizzazione del piano di ricostruzione di Macerata;
   con l'atto di cui sopra il signor Edoardo Longarini ha designato quale arbitro di parte l'ingegnere Vito Gamberale;
    l'Avvocatura generale dello Stato, con atto di declinatoria della competenza arbitrale, datato 2 luglio 2007, nel richiamare la sentenza n. 152 del 1996 della Corte costituzionale, che consente alla parte cui è notificata la domanda di poter declinare la competenza arbitrale, e nell'attestare l'intenzione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di avvalersi della relativa facoltà, ha, di conseguenza, declinato la competenza arbitrale in ordine alla suddetta controversia;
   in data 26 giugno 2007, ovvero il giorno successivo alla domanda di arbitrato, è stato sottoscritto a firma delle parti (Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore e Longarini) il verbale di nomina, quale arbitro di parte ministeriale, dell'avvocato Domenico Condello, nonché, in veste di presidente del collegio arbitrale, del professore Carlo Malinconico;
   nell'atto di cui sopra, sottoscritto presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si apprende che: «le Parti concordano nel deferire ad arbitri la controversia di cui alle premesse e nel designare – casi come designano con il presente verbale – il professor Carlo Malinconico quale terzo arbitro con funzione di Presidente, ai fini della risoluzione della controversia insorta come in epigrafe indicata»;
   a distanza di 30 minuti dalla firma di suddetto verbale di nomina il collegio arbitrale, così come stabilito dall'articolo 809 del codice di procedura civile, si è riunito e ha designato, quale terzo arbitro con funzione di presidente, il professore Carlo Malinconico;
   si apprende dal verbale di costituzione di suddetto collegio arbitrale che, in tale occasione, si è anche proceduto alla nomina dell'ufficio di segreteria, cui sono stati preposti la signora Rita Rufini e il signore Guglielmo Marconi, che hanno accettato l'incarico e sono stati immessi immediatamente nelle loro funzioni;
   con ordinanza datata 16 luglio 2007, il presidente Malinconico ha disposto la nomina dell'avvocato Sergio Fidanzia, quale terzo segretario del collegio arbitrale;
   il professore Carlo Malinconico all'epoca dei fatti esercitava le funzioni di segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   l'ingegnere Vito Gamberale all'epoca dei fatti era amministratore delegato di Fondo 2 infrastrutture (F2i), costituito a cura del Ministro dell'economia e delle finanze, di natura pubblica;
   l'avvocato Domenico Condello, tra gli altri incarichi, era docente presso le università di Urbino e di Roma «La Sapienza» e «Roma tre», nonché giudice costituzionale aggregato (eletto dal Parlamento in seduta comune il 5 luglio 2006);
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, nel corso di un'intervista pubblicata sul Sole 24 Ore in data 7 settembre 2007, ha dichiarato di essere contrario agli arbitrati in quanto la pubblica amministrazione era sempre soccombente ed ha annunciato norme urgenti per sopprimerli, salvo poi, in meno di 24 ore dalla pubblicazione dell'articolo, accordare l'arbitrato;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nel concedere l'arbitrato di cui sopra, non ha atteso che l'organo di difesa dello Stato potesse, nei 20 giorni previsti dalla legge, declinare la competenza arbitrale, cosa che è puntualmente avvenuta. L'Avvocatura generale dello Stato, infatti, in data 2 luglio 2007, ha «declinato la competenza arbitrale in relazione alla controversia introdotta con domanda notificata il 26 giugno 2007 ed invitato la controparte a proporre le proprie domande e istanze avanti al Giudice Ordinario secondo le vigenti norme di rito»;
   nel 1999, il Parlamento ha approvato una norma d'interpretazione autentica della legge n. 317 del 1993, che prevede: «che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministero dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori». Tale norma, a detta degli interpellanti, non sembra essere stata presa in considerazione al fine di contrastare la fondatezza delle pretese del signor Longarini;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore ha espressamente sottoscritto la nomina del terzo arbitro con funzioni di presidente – unitariamente alla controparte – facendo espressa menzione dell'accettazione («concordano») di deferire agli arbitri la controversia, senza attendere che, come sopra visto, l'Avvocatura dello Stato potesse esercitare la facoltà di declinatoria;
   il professore Carlo Malinconico ha rinunciato all'incarico e la controversia, in data 27 giugno 2008, veniva quindi trasferita al medesimo collegio arbitrale (presidente avvocato Vincenzo Nunziata, arbitro l'ingegnere Vito Gamberale, arbitro l'avvocato Ignazio Messina) già costituito per la risoluzione della vertenza relativa al comune di Ariano Irpino e ciò «in ragione della suddetta attinenza di questioni giuridiche e tecniche, e pertanto per ragioni di economicità, speditezza ed efficienza della procedura arbitrale»;
   con il verbale di costituzione del collegio arbitrale del 27 giugno 2008, si è anche proceduto alla nomina dell'ufficio di segreteria, cui sono stati preposti la dottoressa Maria Caterina Giuffrè e confermati i signori Rita Ruffini e Guglielmo Marconi già nominati dal precedente collegio arbitrale: «Tutti accettano l'incarico e vengono immediatamente immessi nelle funzioni»;
   la legge n. 317 del 1993 è stata inserita, in coincidenza con i fatti sopra descritti, nell'elenco delle leggi da sopprimere poiché considerata superata e inutile;
   in un articolo pubblicato in data 9 luglio 2008 su Il Corriere della Sera, a firma di Gian Antonio Stella, si leggeva quanto segue: «Ricordate Edoardo Longarini, era famoso negli anni ’80. La facilità con cui riusciva ad avere dai protettori politici «piacerini» incredibili come il riconoscimento di un anno lavorativo di soli 180 giorni (tre e mezzo a settimana) con il risultato che arrivò a ottenere 29 anni e un mese di tempo per costruire una strada di 4 chilometri. L'inserimento in un decreto di due righe che, in contrasto con tre leggi precedenti, toglievano dei lavori all'ANAS per darli a lui. Due righine infilate in un decreto sullo smaltimento delle arance invendute in Sicilia. Quella volta il regaluccio, scoperto all'ultimo istante, saltò per un solo voto: 171 a 170. Ma oggi (...), Edoardo Longarini sta per essere benedetto di nuovo da una nuova leggina ad hoc. Nel calderone delle norme da «disboscare», infatti, una misteriosa manina ha inserito la legge 317 del 1993»;
   a seguito della pubblicazione del Il Corriere della Sera, numerosi parlamentari protestarono vivamente e il Ministro per la semplificazione normativa pro tempore Calderoli rimediò alla definita «svista», evitando la soppressione della legge;
   come risulta dall'elenco «pubblicità incarichi conferiti e autorizzati dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa» in data 6 novembre 2008, è stato affidato al professore Pasquale De Lise l'incarico di presidente del collegio arbitrale per la risoluzione della controversia tra il signore Edoardo Longarini e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nominato dalle parti per un petitum di 300.000.000 euro (trecento milioni di euro). Oltre al presidente De Lise, dovrebbero far parte del collegio arbitrale anche il professor Aldo Pezzana e l'avvocato Aurelio Vessichelli;
   il professore De Lise, era, all'epoca della nomina, presidente aggiunto del Consiglio di Stato e nel 2012 è stato indicato, dal Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, Corrado Passera, nella terna delle personalità da valutare per la carica di presidente della nascente autorità indipendente sui trasporti, mentre l'avvocato Vessichelli fa parte dell'Avvocatura generale dello Stato;
   ad avviso degli interpellanti, nel periodo 2007 e 2008 (Ministri delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore Di Pietro e Matteoli), il signor Longarini ha dato corso agli arbitrati contro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sono stati costituiti i collegi che, presumibilmente, hanno concluso o si apprestano a concludere i propri lavori e a stabilire se e quanto spetti alle parti;
   riguardo all'arbitrato sul piano di ricostruzione di Macerata, in base ad un articolo di stampa su Il Corriere della Sera del 10 gennaio 2012 dal titolo «Tutti i super incarichi del tecnico trasversale», allusivamente rivolto al professore Malinconico, il giornalista Sergio Rizzo scriveva: «il costruttore Edoardo Longarini, come noto alle cronache di Tangentopoli, aveva attivato un arbitrato per il vecchio Piano di ricostruzione di Macerata chiedendo allo Stato 70 milioni di euro. La clausola era nel contratto e il Ministro Di Pietro era con le spalle al muro. Nominò come proprio arbitro l'Avvocato dipietrista Domenico Condello. Longarini designò invece l'ex amministratore di Autostrade Vito Gamberale. I due arbitri di parte nominarono quindi di comune accordo come presidente del collegio il nostro Carlo Malinconico. Una scelta si disse «di garanzia». Ma che non mancò di suscitare polemiche. Anche perché un Segretario Generale di Palazzo Chigi, nelle vesti di arbitro in una controversia privata, non si era mai visto»;
   riguardo all'arbitrato presieduto dal professore De Lise, l'entità è pubblicata sul sito degli incarichi pubblici ed è di 300 milioni di euro;
   non si conosce, invece, l'entità della somma richiesta per il piano di ricostruzione di Ariano Irpino;
   ad avviso degli interpellanti, visti gli esiti degli arbitrati che hanno visto lo Stato soccombere per oltre il 95 per cento degli stessi, e in innumerevoli casi per somme superiori a quelle richieste dalle controparti private, si può supporre che la richiesta allo Stato si potrebbe avvicinare a un miliardo di euro;
   la legge n. 317 del 1993, in vigore prima della costituzione dei collegi arbitrali di cui sopra, esplicitamente prevede che: «I lavori relativi a lotti di piani di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, sono contabilmente definiti con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del decreto di annullamento. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 12 agosto 1993, n. 317, va interpretato nel senso che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori»;
   di recente sono emersi ulteriori atti che possono mettere a serio rischio la politica annunciata dal Governo;
   secondo alcuni articoli di stampa pubblicati sui quotidiani Il Corriere Adriatico e Il Messaggero cronache di Ancona e sul mensile Panorama del 24 maggio 2013, la guardia di finanza, su mandato della procura della Repubblica di Roma, in seguito ad un esposto presentato da un consigliere regionale, ha effettuato ripetute visite presso gli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed acquisito documentazione riferita agli arbitrati oggetto dell'interpellanza. L'entità del contenzioso in cui lo Stato sarebbe soccombente ammonterebbe a circa 1,5 miliardi di euro, ovvero una somma pari al costo degli ammortizzatori sociali a favore di 500.000 lavoratori italiani per un periodo di 36 mesi;
   risulta agli interpellanti che è stato emanato il lodo arbitrale definitivo n. 142 del 2009, reso esecutivo con decreto emesso in data 28 settembre 2010 (r.g. 12682/10), lo stesso con cui si rendeva esecutivo il lodo per il piano di ricostruzione di Ariano Irpino;
   risulta altresì agli interpellanti che, con riferimento ai piani di ricostruzione di Ariano Irpino e Macerata, il signore Edoardo Longarini, con atto di precetto del 23 febbraio 2011, notificato il 1o marzo 2011, ha intimato il pagamento di 254.236.165,43 euro e a tale atto di precetto è seguito, in data 18 marzo 2011, notificato il 6 aprile 2011, un atto di pignoramento per la cifra di 381.354.248,14 euro; successivamente, a seguito della rideterminazione dell'importo effettuata dall'ufficio centrale di bilancio e sulla base del parere dell'Avvocatura generale dello Stato, è stato emesso un decreto di pagamento (n. 7630 del 2 maggio 2011) mediante la speciale procedura in conto sospeso per l'importo di 250.097.010,94 euro;
   risulta altresì agli interpellanti che per il piano di ricostruzione di Ancona sono stati emanati il lodo parziale in data 26 marzo 2012 e il lodo definitivo in data 20 luglio 2012, non ancora esecutivo, con cui il collegio arbitrale, composto dal presidente Pezzana e dagli arbitri Longobardi e Vessichelli, ha deciso:
    «1. liquida in favore del signor Edoardo Longarini la complessiva somma risarcitoria di 1.201.105.077 euro, in corrispondenza della condanna del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    2. condanna il MIT al pagamento in favore di Edoardo Longarini di metà delle spese, diritti ed onorari di lite, che liquida per intero in 4.000.000 di euro oltre a spese generali, IVA e C.P.A.;
    3. dispone che le spese di funzionamento del Collegio arbitrale, gli onorari degli arbitri, il compenso dei segretari, le spese e gli onorari del C.T.U., da liquidarsi con separate ordinanze, con obbligo di solidarietà siano poste a metà tra il MIT e il signor Longarini»;
   risulta altresì agli interpellanti che il collegio arbitrale ha emesso un'ordinanza che dispone la liquidazione agli arbitri, ai segretari e per le spese di funzionamento del collegio arbitrale. La direzione generale per gli affari generali ed il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con nota 5894/u del 21 novembre 2012, ha ritenuto che «le ingenti richieste del collegio: 12.000.000 di euro per gli arbitri, 1.200.000 euro per i segretari e 620.000 euro per il CTU (al netto di IVA, oneri previdenziali e C.P.A.), non corrispondono assolutamente a quanto effettivamente liquidabile in applicazione della vigente normativa» e ha chiesto di revocare la suddetta ordinanza, rideterminando le somme da liquidare sulla base di parametri fissati in base a quanto disposto dal codice dei contratti pubblici (articolo 241 del decreto legislativo n. 163 del 2006);
   non sembra agli interpellanti che sia stata osservata la legge n. 317 del 1993: «i lavori relativi a lotti di piani ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, sono contabilmente definiti con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del decreto di annullamento»; «le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione, annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, perdono efficacia e la definizione contabile deve essere effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di esecuzione dei lavori»; «dalla data di entrata in vigore della legge cessano di avere efficacia le disposizioni riferite ai piani di ricostruzione» –:
   quali iniziative concrete e immediate si intendano assumere per impedire un esborso per una cifra enorme (oltre 1,5 miliardi di euro), non dovuto ai sensi della citata legge n. 317 del 1993 e per recuperare i 250 milioni di euro pagati in conto sospeso dallo Stato al signor Longarini;
   se intenda contrastare e come «le ingenti richieste» dei collegi arbitrali come quello riferito ad Ancona per 12.000.000 euro ai tre arbitri, 1.200.000 euro per i segretari e 620.000 euro per il consulente tecnico d'ufficio.
(2-00137) «Agostinelli, Turco, Sarti, Colletti, Bonafede, Ferraresi, Businarolo, Micillo, Nicola Bianchi, Cristian Iannuzzi, Paolo Nicolò Romano, Liuzzi, Dell'Orco, Catalano, De Lorenzis, Terzoni, Busto, Daga, Segoni, Mannino, De Rosa, Zolezzi, Tofalo, Petraroli, Della Valle, Vallascas, Da Villa, Mucci, Fantinati, Prodani, Crippa».