Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 6 maggio 2013

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 6 maggio 2013.

  Alfreider, Carrozza, Luigi Di Maio, Formisano, Giachetti, Merlo, Orlando, Pisicchio, Sereni, Vezzali.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 30 aprile 2013 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   DE MARIA ed altri: «Agevolazioni fiscali per il sostegno dei servizi commerciali primari» (855);
   MELILLA: «Abrogazione dei commi 13, 14 e 15 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, concernenti il transito del personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla funzione e degli insegnanti tecnico-pratici nei ruoli del personale non docente» (856);
   DAMIANO ed altri: «Disposizioni per consentire la libertà di scelta nell'accesso dei lavoratori al trattamento pensionistico» (857);
   MIOTTO e BINI: «Modifica all'articolo 31 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, concernente l'indennizzo in favore delle persone affette da sindrome da talidomide» (858);
   MARTELLA ed altri: «Disposizioni per la diffusione della lettura e il sostegno del sistema delle piccole librerie» (859);
   FRAGOMELI ed altri: «Norme per il riconoscimento della sindrome post-polio come malattia cronica e invalidante» (860);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE ABRIGNANI: «Modifica all'articolo 117 della Costituzione. Introduzione del turismo nell'elenco delle materie attribuite alla competenza legislativa concorrente dello Stato e delle regioni» (861);
   ABRIGNANI: «Modifica dell'articolo 9 della legge 21 dicembre 2005, n. 270, in materia di nomina delle persone idonee all'ufficio di scrutatore di seggio elettorale» (862);
   ABRIGNANI: «Modifiche alla legge 22 febbraio 2000, n. 28, in materia di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e di comunicazione politica» (863);
   ABRIGNANI: «Modifiche all'articolo 8 della legge 24 dicembre 2003, n. 363, in materia di obbligo di utilizzo del casco protettivo nell'esercizio della pratica dello sci alpino e dello snowboard» (864);
   ABRIGNANI: «Disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese e dei complessi di imprese in crisi» (865);
   ABRIGNANI: «Delega al Governo per la determinazione di ulteriori servizi socio-sanitari erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale» (866).

  In data 2 maggio 2013 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   GREGORI ed altri: «Disposizioni per l'attuazione di schemi di Garanzia per i giovani» (867);
   MOLTENI: «Istituzione dell'Ordine professionale degli ufficiali giudiziari e delega al Governo per la definizione dell'ambito della professione, della sua organizzazione territoriale, per l'istituzione degli uffici notificazioni e protesti e il riordino della disciplina relativa alle notificazioni, nonché definizione delle attività di competenza degli istituti di vendite giudiziarie» (868);
   MOLTENI: «Modifiche alla disciplina del concorso notarile» (869);
   MOLTENI: «Istituzione di una zona franca nei territori delle province di Como, Sondrio e Varese» (870);
   MOLTENI: «Modifiche all'articolo 171 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di abbigliamento tecnico protettivo per i conducenti e i passeggeri di ciclomotori e motoveicoli» (871);
   MARIANI ed altri: «Princìpi fondamentali per il governo del territorio. Delega al Governo in materia di fiscalità urbanistica e immobiliare» (872);
   VEZZALI: «Modifiche alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, e altre disposizioni concernenti il sistema dell'alta formazione artistica e musicale» (873);
   FEDI ed altri: «Istituzione del Consiglio nazionale per l'integrazione e il multiculturalismo» (874).

  In data 3 maggio 2013 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
   FRANCESCO SANNA: «Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione del Senato della Repubblica, e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di elezione della Camera dei deputati» (876).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di un disegno di legge.

  In data 2 maggio 2013 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   dal Presidente del Consiglio dei ministri, e, ad interim, Ministro degli affari esteri:
    «Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 21 marzo 2002, e del relativo Protocollo di modifica, fatto a Roma il 13 giugno 2012» (875).

  Sarà stampato e distribuito.

Modifica del titolo di una proposta di legge.

  La proposta di legge n. 155, d'iniziativa del deputato VILLECCO CALIPARI, ha assunto il seguente titolo: «Delega al Governo per la riforma del codice penale militare di pace».

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge CENNI ed altri: «Norme per la parità di accesso ai mezzi di comunicazione nella campagna elettorale e istituzione dell'Agenzia per la parità, per la non discriminazione tra i generi e per la tutela della dignità della donna nell'ambito della pubblicità e della comunicazione» (297) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Borletti Dell'Acqua e Villecco Calipari.
   La proposta di legge FERRANTI ed altri: «Modifiche agli articoli 407 e 412 del codice di procedura penale in materia di termine per le determinazioni del pubblico ministero relative all'esercizio dell'azione penale» (371) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Amoddio.
   La proposta di legge FERRANTI ed altri: «Modifiche al codice di procedura penale in materia di disciplina dell'udienza preliminare e di richieste di prova» (372) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Amoddio.
   La proposta di legge MURER: «Norme per la promozione di un programma di apprendimento della lingua e della cultura italiana per gli immigrati» (385) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Valiante.
   La proposta di legge SPERANZA ed altri: «Istituzione della Giornata della legalità e della memoria di tutte le vittime innocenti delle mafie» (460) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Villecco Calipari.
   La proposta di legge BERSANI ed altri: «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di acquisto della cittadinanza» (463) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Villecco Calipari.
   La proposta di legge GINEFRA ed altri: «Modifica all'articolo 7 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di limite del numero dei mandati parlamentari» è stata successivamente sottoscritta dal deputato Valiante (477).

Ritiro di sottoscrizioni ad una proposta di legge.

  I deputati Matteo Bragantini, Giovanni Fava, Fedriga, Grimoldi, Molteni e Gianluca Pini hanno comunicato di ritirare le proprie sottoscrizioni alla proposta di legge:
   CAPARINI ed altri: «Soppressione dei consorzi tra i comuni compresi nei bacini imbriferi montani» (405).

Ritiro di proposte di legge.

  Il deputato Sbrollini ha comunicato di ritirare le seguenti proposte di legge:
   SBROLLINI: «Disposizioni per garantire la tutela dei minori nell'ambito della comunicazione radiotelevisiva e degli altri mezzi di comunicazione» (617);
   SBROLLINI: «Modifica all'articolo 2, comma 186, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, in materia di esclusione dall'obbligo di soppressione in favore dei consorzi costituiti tra gli enti locali per l'esercizio di funzioni socio-assistenziali» (754).

  Le proposte di legge saranno pertanto cancellate dall'ordine del giorno.

Adesione di deputati ad una proposta di modificazione al Regolamento.

  La proposta di modificazione al Regolamento, Doc. II, n. 2: «Articolo 12: previsione del Codice etico della Camera dei deputati», presentata dal deputato Binetti (annunziata nella seduta del 29 aprile 2013), è stata successivamente sottoscritta anche dai deputati CESA, BUTTIGLIONE e ADORNATO.

Trasmissione di atti alla Corte costituzionale.

  Comunico che nel mese di aprile 2013 sono pervenute ordinanze emesse da autorità giurisdizionali per la trasmissione alla Corte costituzionale di atti relativi a giudizi di legittimità costituzionale.
  Questi documenti sono trasmessi alla Commissione competente.
%

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2013 (DOC. LVII, N. 1).

Doc. LVII, n. 1 – Risoluzioni

   La Camera,
   esaminato il Documento di economia e finanza 2013;
   premesso che:
    nell'introduzione al DEF 2013 il Governo Monti afferma che è tenuto, per assolvere un obbligo di legge per il Paese e per assicurare il rispetto delle scadenze del «semestre europeo», a presentare il Documento di economia e finanza, pur tra limiti oggettivi, come il prolungarsi delle procedure per la formazione di un nuovo esecutivo: «Coerentemente con la fase di “prorogatio” il Governo in carica non può formulare orientamenti per il futuro che presuppongano scelte d'indirizzo politico- legislativo o l'avvio di nuove politiche di vasto respiro che non siano già state condivise dal Parlamento»;
    il DEF 2013 si limita a tracciare, con enfasi e sottolineature eccessivamente positive, i traguardi raggiunti dall'azione di governo fin qui svolta. Attraverso un'esposizione fin troppo dettagliata e ripetitiva dei risultati raggiunti e dell'azione da dispiegare nel triennio prossimo, ed indica come: «dal punto di vista economico-finanziario il DEF 2013 assume l'obiettivo di mantenere nel periodo di riferimento il pareggio di bilancio in termini strutturali, come previsto dalle regole del Patto di Stabilità e di Crescita dell'Unione Europea, modificate nel Novembre 2011, e confermate dal Fiscal Compact, e come sancito dalla nostra Costituzione. Sotto il profilo delle riforme strutturali esso fa il punto di quanto realizzato nei mesi precedenti e, dove appropriato, elenca le iniziative ancora necessarie per attuare le riforme già approvate dal Parlamento.»;
    il DEF al nostro esame rappresenta una fotografia dei risultati ottenuti negli ultimi 17 mesi dal Governo Monti, una fotografia dei risultati negativi di politiche sbagliate;
    pur considerando i limiti oggettivi rappresentati dalla presentazione del presente DEF, esso rimane comunque un passaggio ineludibile, seppur non definitivo, in quanto il nuovo Governo dovrà aggiornarlo, integrandolo con il programma di governo di stabilità e crescita indicando gli obiettivi di politica economica;
    il Governo attuale si è impegnato a presentare al più presto un Nota di aggiornamento del DEF 2013; nel suo discorso alle Camere, il Premier Enrico Letta, ha dichiarato che il suo Governo agirà con primi interventi per dare ossigeno alle famiglie, in particolare a quelle meno abbienti, e alle imprese tramite la riduzione fiscale sul lavoro, il superamento della tassazione sulla prima casa, l'alleggerimento dell'Iva, senza tuttavia indicare con quali misure tali riduzioni di entrate e maggiori spese saranno compensate;
    occorre, infatti, finanziare le misure urgenti per il 2013 lasciate scoperte dal Governo Monti che comportano una spesa di 7-8 miliardi (ne citiamo solo alcune: gli esodati, la cassa integrazione anche in deroga, la proroga delle agevolazioni fiscali al 50 ed al 55 per cento per le ristrutturazioni edilizie e per l'efficientamento energetico degli immobili, il rinnovo dei contratti a termine di lavoratori e lavoratrici nei servizi pubblici essenziali, i contratti di servizio di importanti aziende pubbliche, le missioni internazionali), mentre servirebbero altri 8 miliardi all'anno per cancellare l'IMU e l'aumento dell'IVA. In sostanza, ci vorrebbero circa 15 miliardi di tagli nella seconda parte del 2013, vale a dire 30 su base annua. Non è possibile pensare ad ulteriori ticket sulla sanità (dal 1o gennaio 2014, è già previsto un aumento dei ticket per circa 2 miliardi di euro), ulteriori tagli alla scuola pubblica e all'università, ulteriore deindicizzazione delle pensioni più basse;
    in ogni caso, il quadro complessivo delineato sembra dovere rimanere immutato rispetto al DEF al nostro esame;
    il programma del nuovo Governo non fa riferimento con il dovuto impegno agli obiettivi assunti dalla strategia definita dal documento «Europa 2020»: innalzamento al 75 per cento del tasso di occupazione, aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo ed innovazione al 3 per cento del PIL, riduzione delle emissioni di gas serra almeno del 20 per cento rispetto al 1990, 20 per cento del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili, aumento del 20 per cento dell'efficienza energetica, riduzione degli abbandoni scolastici al di sotto del 10 per cento, aumento al 40 per cento dei 30-34enni con un'istruzione universitaria, drastica riduzione delle persone a rischio o in situazione di povertà ed emarginazione;
   sottolineato come:
    l'analisi economica contenuta nel DEF evidenzia un quadro di recessione globale, nell'ambito del quale la zona Euro mostra particolari difficoltà e, in tale contesto, l'Italia risulta in particolare sofferenza;
    l'economia in recessione, la società in frantumi, la politica bloccata: questa è l'Italia del 2013, dopo cinque anni di crisi. Dopo 5 anni di Governi di Berlusconi e Monti il Pil del nostro Paese, in termini reali è ai livelli di 10 anni fa. Il reddito medio pro capite è sceso ai livelli dell'anno 2000. Ma il reddito «medio» è un'illusione statistica, le disuguaglianze sono aumentate e tutto l'aumento del reddito degli ultimi dieci anni è finito ad aumentare la ricchezza del 10 per cento più ricco degli italiani che possiede il 46 per cento di tutta la ricchezza del Paese. Nove italiani su dieci stanno ora peggio di 10 anni fa;
    il peggioramento dell'economia si è accompagnato a una crisi sociale senza precedenti;
    il nostro Paese sta tragicamente vivendo una vera e propria emergenza occupazionale, che si aggraverà nei prossimi mesi. Gli ultimi rilevamenti dell'Istat ci hanno restituito ancora una volta un'immagine drammatica: sono 2,8 milioni le lavoratrici e i lavoratori precari, la disoccupazione è prossima ormai alla soglia inaudita del 12 per cento, con punte che sfiorano il 40 per cento tra le e i più giovani, mentre i consumi delle famiglie si stanno notevolmente riducendo (meno 7 per cento nel biennio 2012-2013);
    oltre ai bassi salari sono state ridotte le pensioni e aumentata l'età per andarci; ci sono 390 mila lavoratori «esodati» che nel 2012 si sono trovati senza stipendio e senza pensione; i servizi di welfare vengono ridimensionati dai tagli di spesa e diventano più costosi;
    aumenta la povertà che coinvolge oramai oltre 8 milioni di persone; più dell'11 per cento delle famiglie vivevano nel 2011 con un reddito sotto la soglia di mille euro per una famiglia di due persone;
    accanto alla povertà, scoppia l'emergenza ambientale con le conseguenze disastrose del cambiamento climatico provocato dalle nostre emissioni che porta a situazioni meteorologiche estreme, mentre un uso dissennato del territorio ha contribuito alla rottura degli equilibri ecologici;
    i Governi Berlusconi e Monti non solo non hanno previsto la dimensione della recessione, ma in gran parte l'hanno causata. Nel quinquennio tra il 2008 e il 2012, per la prima volta dopo la Seconda guerra mondiale, c’è stata una riduzione del 4,4 per cento della variazione della media del Pil procapite rispetto al quinquennio precedente. Nel 2012, le manovre di tasse e tagli, infatti, hanno prodotto una riduzione del Pil di un punto percentuale. Lo certifica la stessa Banca d'Italia. La cura ha fatto molto più male della malattia;
    dopo i 145 miliardi recuperati con le due manovre estive «anti-crisi» di Tremonti, il governo dei «tecnici» ha tagliato la spesa e tassato gli italiani per 63,2 miliardi (tra manovra «Salva Italia» e «Spending review»). Le manovre hanno complessivamente causato una riduzione del reddito del Paese di circa 16 miliardi. Rendendo così più difficili da raggiungere gli obiettivi per raggiungere i quali erano stati escogitati tagli e tasse;
    la liberalizzazione del mercato del lavoro che toglie diritti ai lavoratori senza ottenere un solo posto di lavoro in più, è andata ad aggiungersi al taglio delle pensioni, all'aumento delle accise e dell'Iva (tutte tasse indirette che colpiscono proporzionalmente in misura maggiore i ceti popolari) e all'IMU sulla casa, peggiorando la grave situazione nella quale i Governi Berlusconi e Monti ci hanno portato;
    né il drastico prolungamento dell'età pensionabile, né le così dette liberalizzazioni, né il tentativo di abolire l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, hanno nulla a che vedere con la riduzione del debito pubblico italiano. Anzi, il rapporto debito/prodotto interno lordo è ancora cresciuto per via della recessione incalzante;
    sono stati sacrifici – a senso unico a carico dei ceti popolari – mentre il debito è notevolmente cresciuto (di dieci punti negli ultimi due anni), la disoccupazione è aumentata, le tasse sono state innalzate e calano i consumi. In definitiva, i problemi sono stati solo rinviati, e il peggio potrebbe ancora arrivare. Si è, infatti, instaurata nel nostro paese ed a livello europeo una spirale perversa di politiche di austerità che incidono negativamente sulla crescita deprimendo il PIL, che a sua volta diminuisce le entrate dello Stato e ne aumenta le spese per fare fronte alla disoccupazione crescente;
    il problema peggiorerà dopo il 2014 con l'applicazione del cd. «fiscal compact», il quale prevede una riduzione del debito pubblico superiore al 60 per cento del Pil di un ventesimo l'anno, per vent'anni. Una mannaia pesantissima, che per l'Italia potrebbe significare un obbligo a tagli netti del debito per 40-50 miliardi l'anno, che certo non si potranno attuare vendendo beni pubblici ogni anno per il valore di 15 miliardi;
   rilevato come:
    il Mezzogiorno contribuisce ad un quarto del PIL nazionale: non ci può essere una adeguata ripresa della crescita economica nel nostro Paese senza il contributo delle regioni meridionali. Eppure, secondo l'ultimo rapporto Svimez, la crisi ha prodotto nel Meridione il doppio dei danni sociali arrecati al resto del Paese, ed esiste il reale pericolo che il divario tra il Nord ed il Sud da incolmato divenga incolmabile;
    proprio nelle regioni del Sud si sono concentrate le riduzioni più significative di posti di lavoro legate soprattutto al fenomeno della desertificazione industriale. Nel Mezzogiorno una persona su due è fuori dal mercato del lavoro regolare: in valori assoluti, sette milioni di uomini e donne che convivono con lavori in nero o precari. Soprattutto preoccupa quello che la Svimez ha definito «spreco generazionale inaccettabile», cioè il dato che vede in crescita nelle regioni meridionali la quota dei giovani Neet (not in education, employment or training) con alto livello di istruzione;
    la crisi spinge ulteriormente il processo di compenetrazione in corso tra criminalità organizzata e economie locali, diversamente il Sud potrebbe diventare la base di un'economia criminale tesa ad estendersi alle regioni settentrionali. Anche per questa via il nodo del Mezzogiorno, rischia di condizionare pesantemente lo sviluppo di tutto il Paese;
    per il Mezzogiorno occorre dunque abbandonare le politiche assistenzialistiche del passato, la cui inefficacia è sotto gli occhi di tutti, e porre al centro la valorizzazione delle risorse economiche, umane e paesaggistiche locali per superare le arretratezze strutturali e creare condizioni più favorevoli allo sviluppo delle tante forze vive presenti nel tessuto sociale ed imprenditoriale del Mezzogiorno;
    la crisi economica e sociale sta aggravando in maniera insostenibile l'emergenza abitativa: oltre 430.000 famiglie in difficoltà con il pagamento dei mutui; 65 mila sentenze di sfratto solo in un anno, di cui circa l'85 per cento sono per morosità. Con l'attuale trend di crescita, se ne prevedono 200 mila nei prossimi tre anni. Una situazione di vero allarme sociale che riguarda tutto il Paese, anche se con situazioni di vera e propria emergenza per le grandi aree urbane;
    sono necessarie serie politiche abitative pubbliche e risorse da destinare all’«housing sociale». A ciò aggiungiamo il gravissimo sostanziale azzeramento del «Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione», previsto dall'articolo 11, comma 1, della Legge n. 431 del 1998, il quale rappresentava uno strumento fondamentale in mano agli enti locali per una politica della casa attenta alle esigenze delle famiglie più bisognose;
    pur essendo strategica per l'economia italiana e la crescita del PIL, nessun intervento organico e di sistema viene proposto per la cultura, i beni culturali e paesaggistici. Come certificato da Eurostat, nel 2011 l'Italia ha continuato ad essere all'ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,1 per cento a fronte del 2,2 per cento dell'Ue a 27) e al penultimo posto per percentuale di spesa in istruzione (l'8,5 per cento a fronte del 10,9 per cento dell'Ue a 27);
    una recente indagine svolta da Unioncamere e Symbola ha dato una stima piuttosto precisa dell'importanza del comparto culturale sul Pil italiano: il 5,4 per cento se si considera il sistema delle industrie culturali e creative in senso stretto; il 15 per cento se invece si dà una definizione estensiva del sistema delle filiere culturali e creative;
   considerato che:
    il quadro delle misure delineato dal DEF non contempla altre misure di rilievo rispetto alla retrocessione dei debiti della PA;
    l'impostazione del DEF e della politica economica dello stesso Primo Ministro Letta parte dal presupposto che il graduale miglioramento della situazione dei mercati finanziari non si è ancora trasmesso all'economia reale. In realtà, le misure di contenimento della spesa pubblica adottate nel 2011 e nel 2012 sembrano essere andate oltre le previsioni iniziali: si è tagliato di più di quello che si era preventivato. Queste stesse misure hanno concorso all'effetto demoltiplicatore del Pil, con una caduta del Pil cumulata (2012-2013) del 3,7 per cento, unitamente ad una caduta degli investimenti del 10,6 per cento;
    le previsioni dell'OCSE confermano la contrazione del Pil del 2013 (meno 1,5 per cento), mentre per il 2014 si stima una maggiore crescita dello 0,5 per cento). Stime generose, che sottovalutano l'effetto negativo delle misure di contenimento della spesa pubblica, unitamente all'aumento della pressione fiscale. Il FMI, mediamente più credibile dell'OCSE, è molto meno ottimista;
    l'indebitamento netto passa, secondo il DEF, dal 3,9 per cento del 2011, al 2,9 per cento del 2013, in ragione della spesa destinata al pagamento dei debiti della PA. Infatti, l'indebitamento del 2013 era previsto al 2,4 per cento. Per il 2014 si prevede un indebitamento netto dell'1,8 per cento, sempre che le risorse dell'IMU sperimentale non siano modificate. La puntualizzazione è rilevante per la contabilità pubblica. Se fosse modificata la base imponibile dell'IMU, le minori entrate dovrebbero essere compensate da una manovra correttiva aggiuntiva, così come per l'aumento dell'IVA di un punto, già contabilizzato tra le entrate fiscali. Modificare una di queste imposte, significa ampliare o meno la manovra correttiva dello 0,7 per cento del PIL nel 2015, così come per il 2014;
    secondo l'Ocse l'indebitamento per il 2013 raggiungerà il 3,3 per cento contro il 2,9 per cento previsto dal DEF, un indebitamento che cresce anche nel 2014 al 3,8 per cento (il DEF prevede l'1,8 per cento): il che significherebbe restare nella procedura UE per deficit eccessivo; secondo il Ministro Saccomanni il Rapporto Ocse non considera l'impatto del decreto-legge sui pagamenti della PA;
    diversamente dall'indebitamento netto, il rapporto debito/PIL continua a crescere, nonostante la spesa per interessi sia sostanzialmente stabile in rapporto al PIL (5,6 per cento per il 2013 e 5,8 per cento per il 2014). Le stime sono pari al 130,4 per cento del PIL per il 2013, al 129 per cento per il 2014 (per l'Ocse il debito 2014 sarà pari al 134,2 per cento) e al 125 per cento per il 2015. Un effetto del tutto ovvio: se il denominatore diminuisce con la velocità di questi ultimi anni, il rapporto è destinato a crescere, indipendentemente dalla misure di contenimento della spesa pubblica adottate. Non si deve mai dimenticare che dal 2008 al 2013, il PIL dell'Italia si è contratto di quasi 10 punti percentuali;
    le stime economiche rese note il 3 maggio scorso dalla Commissione europea prevedono che il deficit italiano per il 2013 si fermi al 2,9 per cento, e nel 2014 scende al 2,5 per cento. Nelle stime della Commissione Ue si conferma come l'Italia stia sulla strada per chiudere la procedura per disavanzo eccessivo. Ma comunque per l'Italia – secondo la Commissione UE – «non ci sono segni di ripresa a breve» e il Pil «continua a contrarsi», portandosi a –1,3 per cento per il 2013 e 0,7 per cento nel 2014. Il debito italiano sale a 131,4 per cento nel 2013 e a 132,2 per cento nel 2014; la Commissione Ue rivede quindi al rialzo le stime di febbraio che lo davano al 128 per cento per il 2013 e 127 per cento nel 2014. Solo la Grecia ha un debito più alto (175,2 per cento per il 2013). La fiducia di imprese e consumatori è ancora negativa. E il Pil continua a contrarsi (-1,3 per cento per il 2013), «sulla base di persistente incertezza e continua difficoltà di accesso al credito». Anche la disoccupazione continua resta sotto il segno negativo: raggiungerà quota 11,8 per cento nel 2013 e sfonderà la soglia del 12 per cento, arrivando al 12,2 per cento nel 2014, contro rispettivamente l'11,6 per cento e il 12 per cento stimati a febbraio. Ma è prevista una «stabilizzazione» il prossimo anno. Secondo le stime della Commissione, «la ripresa dell'attività economica è troppo lenta per ridurre la disoccupazione» che per il 2013 e il 2014 nell'eurozona resta invariata rispetto alle vecchie stime, rispettivamente al 12,2 per cento e 12,1 per cento. «Senza riforme – avverte la Commissione UE – l'alta disoccupazione potrebbe mettere a rischio la coesione sociale»;
    uno dei comparti della spesa pubblica che più di altri ha sofferto dei tagli della spesa pubblica è, indiscutibilmente, quello del lavoro pubblico, dovuto al mancato rinnovo contrattuale e al blocco del turn over. Complessivamente la spesa per lavoro dipendente della PA ha subito una contrazione del 5,4 per cento tra il 2011 e il 2014, che in termini di PIL significa passare dal 10,7 per cento del PIL del 2011 al 10 per cento del PIL del 2014;
    relativamente alle spese, la costanza del rapporto tra la spesa sociale e previdenziale con il PIL, nasconde una verità pericolosa. Infatti, la costanza di rapporto della presente spesa rispetto al PIL, quando il PIL diminuisce di quasi 4 punti percentuali, significa una contrazione equivalente delle prestazioni. Il problema della spesa sociale rimane uno dei nodi della crisi, che deve essere valutato in termini di livello adeguato e di efficacia;
    il Governo prevede un andamento delle entrate difficile da condividere. Le maggiori entrate sono interamente imputabili alla crescita delle imposte indirette, ma dato l'andamento dei consumi e degli investimenti è realmente difficile crederlo soprattutto se consideriamo l'andamento dell'IVA nel 2012;
    nell'esercizio contro fattuale sull'impatto macroeconomico delle riforme, si stima una maggiore crescita dell'1,6 per cento nel 2015, del 3,9 per cento nel 2020, mentre nel lungo periodo, l'effetto macroeconomico sarebbe del 6,9 per cento. Sono soprattutto le privatizzazioni-liberalizzazioni a fornire il maggior contributo nel lungo periodo di 4,8 punti percentuali. La riforma del mercato del lavoro invece ha un impatto significativamente più contenuto: nel lungo periodo è di 1,4, mentre per il 2015 è dello 0,4 per cento. A dimostrazione che la riforma Fornero del mercato del lavoro non era così indispensabile;
    infatti, il problema del mercato del lavoro non è l'offerta, ma la domanda contenuta e dequalificata delle imprese, soprattutto se consideriamo il profilo formativo dei giovani; il Presidente Letta ha parlato di riforma dei contratti a termine, evitando accuratamente di sottolineare che la qualità dell'offerta dei giovani è troppo alta rispetto alla domanda. Un problema che riflette la specializzazione produttiva delle imprese italiane, che dal 1996 crescono meno di quelle medie europee perché producono beni e servizi a bassissimo contenuto tecnico; la maggior parte dell'innovazione è importata dall'estero. Il caso più eclatante è quello dei pannelli solari e delle energie rinnovabili: su 100 pannelli installati nel nostro Paese, 98 sono importati, 1 è costruito da una impresa straniera con stabilimento in Italia e 1 è realizzato da un'impresa italiana;
    la riduzione del costo del lavoro italiano, già tra i più bassi a livello europeo e con gli orari di lavoro più lunghi non potrà dare grandi risultati, anche considerando che il nostro Paese ha già perso il 25 per cento della propria base produttiva. Il punto fondamentale è creare nuove imprese per realizzare beni e servizi coerenti con il mercato internazionale e con la formazione dei nostri studenti;
    un importante contributo a questo proposito è rappresentato dal Piano del Lavoro elaborato dalla Cgil che prevede interventi a favore della domanda effettiva, sostenendo investimenti e redditi da lavoro, consumi e beni collettivi;
   premesso inoltre che:
    la filosofia sottostante al DEF 2013 e che ha ispirato le politiche dei Governi Berlusconi e Monti, fa capo ad alcune premesse teoriche che ispirano le politiche di austerità e che cominciano a mostrare anche agli occhi di osservatori, non certo sospettabili di «progressismo», come il FMI, tutti i loro limiti;
    l'Europa ha risposto alla crescente instabilità dei mercati finanziari imboccando la strada dell'austerità. A partire dalla primavera 2010 sono stati così varati programmi di riequilibrio dei conti pubblici ambiziosi, simultanei e concentrati in un lasso di tempo relativamente breve. Nei Paesi periferici il riequilibrio dei conti pubblici è avvenuto al prezzo di pesanti ricadute economiche e sociali (catastrofiche, nel caso greco), ed è stato parzialmente vanificato dalla recessione indotta dalle politiche di austerità;
    la recente messa in dubbio dei dati alla base delle tesi di Reinhart e Rogoff sul nesso tra stock del debito e mancata crescita, appare tanto più rilevante in quanto esse costituivano una delle basi teoriche più importanti su cui venivano sostenute in sede di Unione europea le politiche di austerità in atto. Non si tratta peraltro del primo colpo teorico all'edificio, dal momento che già mesi fa l'Fmi aveva messo in rilievo, quantificandole, le rilevanti conseguenze negative che una diminuzione della spesa pubblica di un paese ha sul Pil. Infatti, la sostenibilità del debito pubblico dipende nei fatti da molti possibili fattori, e non da uno solo: entrano in gioco i tassi di interesse, il tasso di crescita dell'economia, la percentuale del debito detenuta da operatori esteri, il regime dei cambi, le caratteristiche specifiche dell'economia, la disponibilità di asset con valore di mercato, e così via;
    è sostanzialmente l'analisi delle cause profonde della crisi ad essere sbagliata. Essa viene fatta risalire alla «crisi dei debiti sovrani», mentre i debiti sovrani sono peggiorati a seguito della crisi e non viceversa. Nel biennio della grande recessione l'aumento del rapporto tra debito pubblico e PIL è stato nei Paesi periferici solo leggermente superiore alla media dell'eurozona. La sfiducia dei mercati finanziari è stata innescata dai crescenti squilibri macroeconomici tra i sistemi produttivi più forti (Germania in primis), molto competitivi e in forte avanzo commerciale, e i Paesi periferici considerati – a causa di debolezze strutturali che sono andate aggravandosi negli anni duemila – meno capaci in prospettiva di onorare i propri debiti pubblici;
    non si risolverà certo la crisi con le politiche di «austerità espansiva» che l'hanno provocata. Pensare che il taglio nei deficit pubblici possa essere compensato dall'aumento di altre componenti della domanda aggregata è una pia illusione. Come mostrato in studi e dall'esperienza pratica (vedi Grecia), il moltiplicatore fiscale in una fase di recessione è positivo, e l'austerità porterà quindi ad un calo del Pil maggiore del calo del debito rendendo impossibile raggiungere l'obiettivo della riduzione del rapporto debito/Pil;
    ma neanche le classiche politiche keynesiane che erano tarate su uno Stato nazionale ancora in gran parte in possesso delle principali leve della politica economica possono da sole rappresentare una via d'uscita dalla crisi: occorre anche fare riferimento ai vincoli ed alle opportunità indotti dalla crisi ambientale. Non ha molto più senso ragionare su meri aggregati monetari, senza tenere conto che nessuna politica economica è più praticabile senza una contestuale politica industriale che orienti e condizioni l'oggetto delle produzioni e le modalità (individuali o collettive) del consumo di molti beni e servizi. La grande sfida di oggi è pensare ad un New Deal verde volto alla riconversione ecologica del sistema produttivo,

impegna il Governo:

  a livello europeo
   a) a proporre misure e provvedimenti che delineano una vera unione politica del continente con un ruolo maggiore del Parlamento europeo;
   b) a modificare il trattato sulla convergenza dei bilanci, il cosiddetto «Fiscal compact», concordando con i partner europei misure sostanziali a favore della crescita, e prevedere una parziale europeizzazione del debito sovrano per la quota che supera il 60 per cento del Pil, secondo le proposte avanzate da diversi economisti anche italiani; chiedere – per lo meno – lo slittamento della scadenza per il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali e per l'avvio della riduzione dello stock del debito e/o l'esclusione di alcune spese per investimento dai saldi del Patto di stabilità; la riforma del fiscal compact deve innanzitutto prevedere, come è stato oggi deciso in favore della Spagna, la possibilità di un rientro più morbido e dilazionato nel tempo del debito sovrano, in particolare appare irrealistico per l'Italia il rientro dal 2015 di oltre 15 miliardi all'anno attraverso dismissioni immobiliari;
   c) a concordare con gli organismi dell'Unione europea l'applicazione della golden rule che escluda dalle regole di spesa, introdotte dal Patto di stabilità e crescita rivisto nel 2011, gli investimenti degli enti territoriali nei seguenti campi:
    riqualificazione delle periferie attraverso piani di recupero;
    interventi di salvaguardia dell'assetto idrogeologico dei territori;
    messa in sicurezza degli edifici scolastici;
    recupero, salvaguardia e sviluppo del patrimonio artistico e ambientale;
    interventi di risanamento delle reti di distribuzione delle acque potabili;
    potenziamento del trasporto pubblico locale con particolare riguardo al pendolarismo regionale e al trasporto su ferro;
    interventi di risparmio energetico attraverso l'utilizzo delle energie rinnovabili.
   d) ad utilizzare a livello europeo una quota del gettito della tassa sulle transazioni finanziarie, unitamente all'emissione di eurobond, per finanziare e promuovere l'occupazione giovanile e la riconversione ecologica del sistema produttivo;
   e) a ridefinire il ruolo della BCE come prestatrice di ultima istanza;
   f) a promuovere nell'ambito della Difesa comune europea i Corpi civili di pace e la costituzione di un esercito unico che permetta la riduzione delle Forze Armate nazionali con la conseguente drastica riduzione delle spese militari italiane;
   g) a promuovere insieme agli altri partner continentali azioni concrete per promuovere uno sviluppo sostenibile, maggiore competitività e coesione sociale, indicando in tutte le sedi europee la chiara esigenza di un programma europeo:
    1) che abbia chiare priorità di investimenti nella economia reale e nel rilancio, in particolare nei paesi dell'eurozona con bilance commerciali in forte attivo nei confronti degli altri partner europei, del mercato interno tramite una politica di ridistribuzione dei redditi che favorisca la domanda;
    2) che avvii in Europa una trasformazione sociale ed ecologica del modello di sviluppo a partire dal settore energetico e da quello dei trasporti, con l'istituzione di una nuova catena di creazione di valori nei mercati-pilota del futuro;
    3) che promuova un'iniziativa europea per combattere la disoccupazione giovanile;

  sul terreno nazionale:
   anche se non si ottenesse una dilazione degli impegni per il rispetto del fiscal compact, ad intervenire comunque, in considerazione della pesante crisi in cui è immerso il nostro Paese, con le seguenti misure nazionali per uscire dalla recessione e promuovere un modello di politica economica che faccia leva prioritariamente sullo sviluppo della domanda interna e rilanci l'occupazione:
    una spesa pubblica aggiuntiva di 20-30 miliardi di euro (oltre ai già previsti 40 miliardi di rimborsi alle imprese) per i prossimi due-tre anni, in particolare per promuovere un Piano straordinario per il lavoro, con entrate da fonti che non riducono il reddito del paese;
    la redistribuzione del peso fiscale dai redditi bassi alle rendite ed ai patrimoni che avrebbe un benefico effetto espansivo;
    l'utilizzo dei fondi della CDP che potrebbero finanziare un programma di «piccole opere» di investimenti degli enti locali, restando fuori dal bilancio consolidato delle pubbliche amministrazioni valido per il calcolo dell'indebitamento netto;
    la revisione del Patto di stabilità interno per consentire gli investimenti degli enti territoriali;
    il superamento, con l'introduzione di nuovi parametri, dell'utilizzo di modelli e indicatori economici inadeguati nella valutazione reale della congiuntura economico-sociale e di sostenibilità ambientale del Paese;
    interventi sulle emergenze sociali quali la proroga delle CIG e delle mobilità in deroga almeno fino alla fine del 2013, garanzie reddituali per tutti gli esodati, il rinnovo dei contratti per i precari della PA impiegati in servizi, il non passaggio dell'aliquota standard dell'Iva dal 21 al 22 per cento, la ricostruzione del centro storico dell'Aquila, il rinnovo dei contratti di servizio con alcune aziende pubbliche, la riorganizzazione della Tares, anche rinviando l'entrata in esercizio del tributo e favorendo pratiche virtuose nella gestione dei rifiuti;
    sospensione dell'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica concernente il regolamento recante la disciplina dell'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS) in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, nei cementifici e alla contestuale abrogazione del decreto 14 febbraio 2013, n. 22;
    favorire il raggiungimento degli obiettivi della Strategia Europa 2020 sulla quota del 20 per cento di fonti rinnovabili e sull'efficienza energetica attraverso:
    la ridiscussione della SEN;
    la proroga, di almeno un anno, fino al 30 giugno 2014, delle detrazioni fiscali delle spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio (articolo 16-bis del TUIR introdotto dall'articolo 4 del decreto-legge n.201 del 2011), nello specifico gli interventi compresi nella lettera h) relativi alla realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici con particolare riguardo all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili che utilizzano componentistica made in UE, nonché estensione delle detrazioni ai detentori di partita Iva, alle aziende artigiane e commerciali che utilizzano comunque componentistica principale di provenienza UE;
    la previsione di un nuovo conto energia per impianti residenziali di taglia domestica con utilizzo componentistica principale UE, autoalimentato dai risparmi sui costi di dispacciamento, di non programmabilità e di sbilanciamento, generati tramite la promozione dell'utilizzo dei dispositivi di accumulo (grid parity). Un intervento dell'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas in questa direzione consentirebbe di utilizzare i risparmi di accumulo come risorsa per promuovere nuovi impianti di piccola taglia. Si stima un risparmio complessivo intorno a 100 milioni di euro annui che consentirebbe l'installazione di oltre 300.000 impianti all'anno di taglia residenziale (3kw);
    la modifica delle regole che attualmente limitano le SEU (sistemi efficienti di utenza) e le Reti private, consentendo di accedere ad esse anche a più impianti associati di produzione entro un limite di distanza e potenza non punitivo (10 MW ed a valle di un nodo di trasformazione BT/MT). In questo modo, senza alcuna incentivazione diretta, gli impianti più efficienti potranno accedere a condizioni di vendita diretta che li renderanno competitivi;
    l'eliminazione del rimborso del rischio petrolifero previsto per le trivellazioni;
    l'installazione dei terminali di importazione di metano liquido per i rigassificatori;
    la previsione per tutti gli enti della PA dell'obbligo di interventi per l'efficienza energetica da finanziare attraverso fondi di garanzia finalizzati esclusivamente al risparmio energetico con rate di ammortamento inferiori al risparmio raggiunto;
    la previsione di un cronoprogramma per la dismissione di centrali ad olio combustibile e centrali a carbone partendo da quelle più vecchie per risolvere l’over capacity;
    l'incentivazione solo della geotermia a ciclo interamente chiuso e la previsione dello stesso quantitativo di conto energia spostandone il termine da 3 a 6 anni;
   attuare un Piano straordinario per il lavoro che preveda misure per creare da subito centinaia di migliaia di posti di lavoro veri, qualificati, utili. L'asse di un Piano per il lavoro, deve consistere innanzitutto nella messa in sicurezza del nostro territorio e degli edifici scolastici, la cura e la valorizzazione del paesaggio e dei beni culturali, il rilancio di un'agricoltura multifunzionale, la riqualificazione delle città, l'efficienza energetica degli immobili, l'innovazione tecnologica, alla riforma e al rinnovamento della PA e del welfare, all'innovazione e alla sostenibilità delle reti (trasporti, energia, digitalizzazione del Paese,...);
   il Piano si dovrà articolare nei seguenti interventi:
    a) un piano straordinario pluriennale per la difesa del suolo e la bonifica del territorio quale vera e prioritaria opera infrastrutturale in grado non solamente di mettere in sicurezza il nostro fragile territorio, ma di attivare migliaia di cantieri con evidenti ricadute importanti dal punto di vista economico e occupazionale, anche attraverso l'affidamento dei lavori di manutenzione agli agricoltori. Solo nell'ultimo triennio lo Stato ha stanziato circa un miliardo di euro per le emergenze causate da eventi calamitosi di natura idrogeologica in tredici Regioni. Per la prevenzione invece, sono stati stanziati solo 2 miliardi di euro in 10 anni, laddove il fabbisogno necessario per la realizzazione degli interventi per la sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in circa 40 miliardi di euro. Considerando che la messa in sicurezza del territorio comporta delle spese iniziali che saranno poi più che ampiamente compensate dai benefici anche economici in termini di minori spese post-calamità, il Governo dovrà negoziare con la UE una disposizione transitoria (ad esempio di 5 anni) per mettere questi investimenti fuori dal Patto di stabilità. In parallelo, lo stesso criterio deve essere seguito per il Patto di stabilità interno nei confronti delle spese analoghe degli enti territoriali;
    b) l'avvio di un piano occupazionale e di ripopolamento delle campagne, delle aree montane e collinari abbandonate che preveda una franchigia fiscale totale per i giovani agricoltori che si insediano nelle aree demaniali in stato di abbandono; immediato sblocco del bando di affidamento, sia in affitto che in comodato, delle aree pubbliche e demaniali ai giovani; incentivi per la promozione dell'agricoltura sociale quale aspetto della multifunzionalità delle attività agricole, allo scopo di facilitare l'accesso adeguato e uniforme alle prestazioni essenziali da garantire ai soggetti svantaggiati, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e, in particolare, nelle zone rurali; aumento del 10 per cento, entro cinque anni, della copertura del fabbisogno alimentare nazionale, anche con politiche di salvaguardia del suolo agricolo e delle risorse naturali; interventi straordinari a sostegno delle fasce di popolazione a rischio povertà con cui garantire che ciascuno di essi in Italia abbia il proprio sostentamento alimentare; creazione di un marchio 100 per cento Italia da promuovere e tutelare in tutto il mondo; incentivare filiere agroalimentari gestite dagli agricoltori e sostenere una vera internazionalizzazione che premi il lavoro, le imprese e i territori italiani;
    c) un concorso straordinario (che preveda anche l'accesso degli attuali precari) per l'assunzione di giovani nelle pubbliche amministrazioni che erogano e gestiscono servizi;
    d) la riunificazione e l'incremento dei fondi per i crediti d'imposta per l'assunzione di giovani e donne, nonché il rifinanziamento del Fondo per l'occupazione giovanile (tramite il rifinanziamento del Fondo Kyoto) nella green economy scaduto il 26 aprile 2013;
    e) la messa in opera di un Piano straordinario per l'occupazione giovanile con l'impiego o l'intervento pubblico per produrre beni e servizi collettivi e pubblici;
    f) la definizione di interventi prioritari di politica industriale (tra i quali la proroga delle detrazioni fiscali per l'efficientamento energetico degli edifici);
    g) l'incentivazione della riduzione dell'orario con i contratti di solidarietà;
    h) la previsione di un reddito minimo garantito per i soggetti disoccupati, precariamente occupati o in cerca di prima occupazione;
   oltre ai risparmi detti ed ai proventi di alcune imposte (tasse ambientali, incrementi dei canoni di concessione, TTF,..) ad ottenere altre risorse per il Piano per il lavoro da:
    il riordino e la riduzione dell'ammontare delle agevolazioni e dei trasferimenti alle imprese a fronte della loro incerta efficacia;
    l'utilizzo di una parte delle risorse delle fondazioni bancarie, in particolare per quanto concerne il welfare;
    l'utilizzo programmato dei Fondi europei;
    l'utilizzo dei Fondi pensione attraverso progetti per favorire la canalizzazione dei flussi di risparmio verso il finanziamento degli investimenti di lungo periodo, garantendone i rendimenti previdenziali;
    un nuovo ruolo per la Cassa Depositi e Prestiti, sull'esempio francese, che deve consolidare la missione di utilizzare le sue emissioni obbligazionarie di lungo e lunghissimo termine per attirare i capitali, su investimenti strategici e di lungo periodo, modificando il ruolo del Fondo strategico italiano. Si dovrà prevedere l'istituzione di una banca d'investimento d'interesse pubblico, di una «banca verde», sull'esempio della Green Investment Bank inglese;
    finanziamenti per circa 25-27 miliardi si dovranno ottenere da una variante nazionale del programma cd. «Bankoro» illustrato da Alberto Quadrio Curzio: se Bankitalia trasferisse il proprio oro (valore al 31 marzo 2013 pari a 98 miliardi di euro) ad un'entità controllata, le riserve da rivalutazione auree sarebbero realizzate e quindi assoggettate ad imposta (Ires, aliquota del 27,5 per cento). Il Mef potrebbe utilizzare tali proventi fiscali per nazionalizzare la proprietà della Banca d'Italia, per ricapitalizzare la CDP che potrebbe, a sua volta, contribuire a finanziare adeguatamente le misure del Piano per il lavoro ed a creare anche un Fondo per il credito alle PMI;
   ridurre le spese con le seguenti misure:
    a) revisione delle priorità della legge obiettivo (ossia le grandi opere pubbliche): investire le limitate risorse pubbliche disponibili in opere infrastrutturali che siano realizzabili in tempi certi e con modalità sostenibili, sia in termini di vincoli di bilancio, che, soprattutto, dal punto di vista ambientale e sociale, procedendo innanzitutto a riequilibrare le risorse di provenienza pubblica tra quelle destinate alla costruzione di grandi opere e quelle devolute ad un programma di opere pubbliche di piccole e medie dimensioni, con particolare riferimento ad interventi di manutenzione in ambito stradale e ferroviario;
    b) riduzione delle spese militari a partire delle spese per sistemi d'arma (Fregate FREMM e F35); fine della missione militare in Afghanistan;
    c) chiusura dei Centri di identificazione ed espulsione (CIE);
    d) uso di software open source per le pubbliche amministrazioni;
    e) riduzione dei costi della politica riducendo i livelli di governo (a partire dall'abolizione costituzionale delle province, aggregazione dei piccoli comuni), le auto blu, decurtando le società partecipate dallo Stato e dagli enti decentrati, riducendo il numero dei membri dei relativi CdA e contenendo la proliferazione dei servizi «esternalizzati», riducendo drasticamente le consulenze, provvedendo altresì alla revisione dei compensi per i rappresentanti politici, nonché riformando radicalmente le attuali norme per i rimborsi elettorali ai partiti, nonché la progressiva eliminazione del ricorso agli arbitrati per quanto concerne le pubbliche amministrazioni, ecc...;
   sul terreno fiscale:
    a) a riprendere quanto prima la discussione del disegno di legge sulla delega fiscale, interrottasi prematuramente nel corso della scorsa legislatura, per arrivare alla promulgazione di un nuovo Testo Unico che metta ordine nel confuso panorama normativo, e che consentirebbe di aggiornare le rendite catastali, migliorare il rapporto tra contribuente e amministrazione fiscale, e, soprattutto, di operare scelte che vadano nella direzione di una maggiore equità nella distribuzione del carico fiscale;
    b) a rafforzare le misure di contrasto all'evasione mediante il reinserimento del reato di falso in bilancio, di disposizioni relative all'abuso del diritto tributario ed il ripristino di una serie di efficaci norme di lotta all'evasione e all'elusione fiscale abrogate nelle ultime legislature; introdurre l'obbligo di procedere annualmente al controllo informatico dei codici fiscali sulla base dei saldi tra redditi dichiarati e spese e investimenti reali e finanziari a qualsiasi titolo effettuati, anche in relazione ad indici noti e trasparenti di «incoerenza» tra indicatori di consumi, investimenti e risparmi rispetto ai redditi dichiarati, anche a livello di nucleo familiare; impiegare ciò che si dovesse stabilmente recuperare dalla lotta all'evasione fiscale per ridurre il carico fiscale soprattutto in favore del lavoro dipendente e delle PMI, in modo alleggerire l'imposizione diretta sul lavoro ed abbassare una pressione fiscale certamente nemica della crescita di un tessuto produttivo tra i più trainanti del nostro Paese;
    c) a prevedere una sanatoria fiscale e contributiva degli immigrati non in regola nell'ambito di una più complessiva riforma delle leggi in materia di immigrazione e cittadinanza, riorientate sulla base del principio dello «ius soli»;
    d) ad impedire che da provvedimenti futuri derivi un aumento della pressione fiscale complessiva oltre il tetto, già tristemente raggiunto a fine 2012, del 44 per cento del Pil;
    e) a prevedere una redistribuzione del carico fiscale dai redditi da lavoro, dal costo del lavoro per le imprese e dalla prima casa alle rendite ed ai patrimoni mediante le seguenti misure:
     la riforma del catasto e il superamento dell'arretratezza del sistema di attribuzione delle rendite catastali;
     l'abolizione dell'IMU sulla prima casa per i proprietari meno abbienti e l'introduzione di aliquote progressive per la determinazione dell'IMU sui patrimoni immobiliari, garantendo parità di risorse agli enti locali ai quali andrà anche garantita autonomia nella definizione dell'imposta stessa;
     la revisione dell'applicazione dell'IMU sugli edifici strumentali per agevolare le attività produttive delle PMI e delle aziende agricole;
     la revisione della tassazione IMU sugli immobili degli enti ecclesiastici e degli enti non commerciali, preservando quelli strumentali alle attività di tipo istituzionale (es. culturale, ambientale, ricreativa, sociale, assistenziale, di solidarietà, ecc.);
     la restituzione immediata dell'IMU versata in eccesso dalle imprese agricole, come previsto dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, e non ancora attuato;
     l'aumento della progressività dell'imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) prevedendo un'ulteriore aliquota per i redditi complessivi lordi che superano i 100 mila euro annui;
     l'incremento delle detrazioni per lavoro dipendente e carichi familiari e la quota di assegni familiari, compensando il relativo onere anche con l'aumento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sui proventi da attività finanziarie;
     l'alleggerimento graduale a favore delle piccole e medie imprese del carico fiscale sui fattori di produzione consentendo loro di dedurre dalla base imponibile IRAP la quota corrispondente al costo del lavoro;
    f) a provvedere ad una revisione del sistema fiscale che finalmente adegui il nostro Paese agli obiettivi di tutela ambientale che l'Europa ci chiede da tempo, spostando progressivamente il carico fiscale dal lavoro e dalle imprese al consumo di risorse energetiche e naturali (c.d. «riciclaggio del gettito»), con l'obiettivo di promuovere crescita, competitività e occupazione, riducendo l'impatto ambientale delle attività produttive, attraverso l'adozione di una normativa in materia di fiscalità ambientale che favorisca pratiche virtuose di gestione del territorio e di uso delle risorse naturali, e preservi e salvaguardi l'equilibrio ambientale;
    g) a stabilire per quei contribuenti che realizzano un volume d'affari non superiore – per esempio – ad un milione di euro, che il pagamento dell'Iva debba essere effettuato al momento della effettiva riscossione del corrispettivo;
    h) a calmierare il continuo aumento del prezzo dei carburanti introducendo nel nostro ordinamento l'accisa mobile, meccanismo già introdotto con la legge Finanziaria del 2008 ma rimasto finora inapplicato, che sterilizza i perversi effetti moltiplicatori degli aumenti del prezzo industriale dei carburanti sull'Iva, al fine di sostenere il potere d'acquisto dei consumatori;
    i) a prevedere maggiori oneri per l'utilizzo di risorse pubbliche (concessioni);
    j) a stabilire l'inclusione nell'imponibile della Tassa sulle Transazioni Finanziarie di tutti i derivati;
    k) a sopprimere molte delle agevolazioni fiscali generiche ed inutili alle imprese;
   oltre al Piano del lavoro e all'istituzione di un Fondo per l'erogazione del credito alle PMI, che dovranno privilegiare le regioni ad obiettivo convergenza, a prevedere:
    a) la messa a regime di forme di credito d'imposta automatico sugli investimenti in ricerca, innovazione e formazione, a favore delle imprese disposte ad investire nel Mezzogiorno;
    b) lo sfruttamento del potenziale che ha il Sud per la produzione di energie tramite fonti rinnovabili attraverso il riconoscimento di significative tariffe incentivanti, come attualmente previsto dal V conto energia, ma limitata ai parchi solari su terreni delle pubbliche amministrazioni e sui tetti e le serre fotovoltaiche, per evitare ulteriori speculazioni sui terreni agricoli;
    c) l'estensione dell'incremento della capacità di spesa dei Fondi comunitari delle Regioni obiettivo convergenza, oggetto del DEF e del decreto legge sui pagamenti della PA, anche alle quote statali e regionali; non ci si può, infatti, limitarsi ai 1800 milioni di «nettizzazione» della quota di cofinanziamento europeo;
    d) l'avvio di un'innovativa riprogrammazione del Fondi strutturali europei, sulla scia di quanto inaugurato dal precedente Ministro per la coesione territoriale non solo per accelerare la capacità di spesa, ma anche per migliorarne la qualità e l'efficacia, con la concentrazione su alcuni obiettivi prioritari che non dovrà comunque prescindere dall'ammodernamento dell'intera rete infrastrutturale del Sud, presupposto determinante per sfruttarne le potenzialità di piattaforma logistica e di collocamento geo-strategico che ne fanno il crocevia naturale degli scambi internazionali lungo le direttrici Nord Sud e Est Ovest;
    e) un impegno straordinario per sconfiggere la criminalità organizzata e tutti quei fenomeni di illegalità, dal lavoro sommerso alla microcriminalità, che determinano un ambiente sfavorevole agli investimenti ed allo sviluppo;
   ad attuare, infine, nel corso della legislatura, le seguenti indispensabili riforme:
    a) promuovere e sostenere una rapida approvazione di una legge efficace per contrastare i conflitti di interessi;
    b) ripristinare e rafforzare il controllo di legalità in tutto il ciclo economico pubblico e privato in cui tracciabilità e prescrizione sulla regolarità dei procedimenti siano assunti come punti di forza nella lotta alle mafie (norme più incisive in tema di anticorruzione, riforma del codice degli appalti per contrastare l'infiltrazione mafiosa, maggior trasparenza nel finanziamento della politica, reintroduzione del reato di falso in bilancio), abrogando le leggi che premiano i comportamenti non virtuosi, quali i condoni e l'elusione fiscale, nonché la legge cd. «ex-Cirielli» che, tra gli effetti negativi introdotti nel sistema, ha anche accorciato i tempi di prescrizione per gravi reati, dimezzandoli per la corruzione; limitare le condotte penalmente rilevanti ai fatti realmente gravi e punire con adeguate sanzioni amministrative le condotte illecite che non creano danni o allarme sociale; abrogare altresì l'articolo 10-bis del Testo Unico sull'immigrazione (il cd. «reato di clandestinità») e la legge n. 49 del 2006 (legge Fini-Giovanardi sulle droghe) che prevedono una risposta penale, ovvero il carcere, per questioni che, invece, richiedono una risposta sociale; rinforzare gli strumenti di prevenzione, controllo, incentivare la celerità dei processi, nonché le misure alternative alla detenzione; promuovere concrete misure a tutela e sostegno delle vittime dei reati; procedere ad interventi incisivi sulla struttura e i tempi del processo civile, rinforzando inoltre gli strumenti di mediazione non obbligatoria e di risoluzione stragiudiziale delle controversie;
    c) promuovere una legge sulla rappresentanza sindacale; abolire l'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 e ripristinare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori; modificare la riforma del lavoro di cui legge n. 92 del 2012; modificare la controriforma delle pensioni Fornero; ripristinare la legge 17 ottobre 2007, n. 188, di contrasto al fenomeno delle dimissioni in bianco;
    d) innalzamento dell'obbligo scolastico a 18 anni, contrasto alla dispersione scolastica specie nel Mezzogiorno; politica del diritto allo studio; incrementare, nell'ambito del piano nazionale della ricerca, l'indicazione di misure volte al raggiungimento degli obiettivi europei relativamente alla percentuale di PIL, che dovrebbe raggiungere il 3 per cento entro il 2020, da investire nella ricerca e nello sviluppo;
    e) ripublicizzazione del servizio idrico, riorganizzazione dei servizi pubblici locali per bacini di utenza;
    f) adozione di ogni iniziativa utile affinché venga assicurato che gli istituti di credito, che beneficiano della garanzia di cui all'articolo 8 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, provvedano alla concessione del credito alle PMI ed alle famiglie, monitorandone l'attività; rafforzare il Fondo centrale di garanzia per consentire maggiori finanziamenti alle PMI; stabilire limiti alla distribuzione dei dividendi e dei bonus a manager ed amministratori; introdurre il divieto delle vendite allo scoperto, regolamentare l'utilizzo dei derivati; adottare ogni iniziativa utile alla netta separazione tra le banche d'affari (che si occupano di trading, investimenti ad alto rischio, speculazioni, acquisizioni e scalate) e le banche commerciali (che ovviamente pensavano ai depositi dei clienti, a concedere prestiti e a far fruttare i depositi attraverso investimenti conservativi); rivedere il quadro degli accordi cosiddetti di «Basilea 3» in materia di requisiti patrimoniali delle banche, distinguendo le banche d'affari, per le quali il rafforzamento patrimoniale è necessario, dalle banche commerciali, che potrebbero rinforzare il loro patrimonio più lentamente, concentrandosi invece sul credito ai privati;
    g) sviluppo di un vero programma di edilizia abitativa che ponga al centro l'offerta di alloggi di edilizia residenziale da destinare alle categorie sociali svantaggiate nell'accesso al libero mercato degli alloggi in locazione; provvedere a un congruo rifinanziamento della legge 431/1998 per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione per le fasce sociali più disagiate;
    h) rifinanziamento del Fondo rotativo per il finanziamento delle misure finalizzate all'attuazione del Protocollo di Kyoto;
    i) rifinanziamento su base triennale del Fondo per la non autosufficienza, incrementando le risorse ad esso assegnate, attualmente del tutto inadeguate, ed incrementare le risorse assegnate al Fondo per le politiche sociali, e più in generale, reintegrare i tagli alle risorse per le politiche socio-assistenziali e di sostegno alla famiglia;
    j) sostenere una rapida approvazione del disegno di legge delega elaborato dalla Commissione Rodotà per la riforma delle norme del codice civile relative ai beni comuni e pubblici;
    l) sospendere l'attuazione della delega per la riforma dello strumento militare per consentire al Parlamento di ridiscuterne i termini in relazione alla definizione di un nuovo modello di difesa;
    m) sostenere l'approvazione della riforma della legge sul Servizio Civile Nazionale per dare, ad almeno 50.000 giovani ogni anno, la possibilità di servire il Paese nel campo dell'assistenza, nella tutela del patrimonio artistico, ambientale e culturale, della protezione civile e della cooperazione;
    n) rimettere al centro la cultura e i beni culturali e paesaggistici per favorire la crescita sociale ed economica del Paese. Gli interventi devono riguardare politiche efficaci ed efficienti di tutela, promozione, fruizione e gestione sostenibile del patrimonio culturale italiano; ma anche l'investimento nella produzione culturale e creativa attraverso una progettazione strategica che coinvolga Stato, enti locali, operatori del settore e imprese.
(6-00004) «Migliore, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Melilla, Aiello, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Claudio Fava, Ferrara, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Matarrelli, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».


   La Camera,
   in occasione dell'esame del Documento di economia e finanza 2013,
   premesso che:
    dall'esame del Quadro programmatico aggiornato, il percorso di risanamento dei saldi di finanza pubblica, attuato dal 2008 ad oggi tramite l'adozione di pesanti manovre correttive sia dal Governo Berlusconi sia, in particolare, da novembre 2011 dal Governo Monti, al fine di soddisfare gli impegni assunti con il Patto Euro Plus, il Six Pack e il Fiscal Compact, garantisce il contenimento dell'indebitamento netto nel limite massimo del 3,0 per cento nel 2012, a - 2,9 per cento nel 2013 e a - 1,8 per cento nel 2014, il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali nel 2013, nonché la riduzione del rapporto debito/Pil già a partire dal 2014, con un'accelerazione più accentuata dal 2015;
    i saldi di finanza pubblica del quadro programmatico sono pertanto in linea con le raccomandazioni della Commissione Europea, ma la politica di rigore eccessivo del Governo Monti sull'economia italiana per il prossimo triennio ha avuto effetti devastanti creando un peggioramento della fase recessiva e un trend di crescita a ribasso del PIL a causa:
    della riduzione del reddito disponibile delle famiglie, già in atto dal 2008, e attestatasi a - 4,1 per cento nei primi tre trimestri del 2012 rispetto all'anno precedente, con una contrazione dei consumi pari a - 4,3 per cento, dovuta anche all'aumento del 3,3 per cento dei prezzi al consumo conseguente all'aumento dell'IVA e di altre accise;
    del conseguente crollo della domanda interna che ha prodotto nel 2012 una caduta della produzione industriale, soprattutto dei beni di consumo durevoli ed intermedi, indotta anche dalla restrizione del credito nei confronti sia delle famiglie sia delle imprese, soprattutto le PMI (nel DEF è previsto che le principali componenti della domanda interna permarranno in forte contrazione rispetto al 2012);
    delle condizioni di accesso al credito da parte degli operatori del settore produttivo che sono ancora difficili e più costose rispetto alla Germania: infatti il Documento evidenzia che il differenziale del costo medio del credito alle imprese italiane rispetto alle tedesche è pari a + 1,5 per cento a gennaio scorso;
    del fatto che non risulta che ci sia stata una maggiore offerta di credito a favore degli operatori economici da parte delle banche, in seguito alle operazioni di rifinanziamento della BCE del 21 dicembre 2011 per 489 miliardi e del 29 febbraio 2012 per 530 miliardi, a cui hanno aderito anche gli istituti di credito italiani, e la prova è data dal drammatico numero di imprese che dal 2012 hanno chiuso e chiudono ogni giorno ovvero falliscono per mancanza di accesso al credito;
    delle prospettive di crescita del PIL, le quali sono state riviste al ribasso e permangono deboli con un trend di crescita molto rallentato ed inferiore ad altri paesi dell'Area Euro e internazionali, e si attestano a - 1,3 per cento nel 2013 rispetto a - 0,2 per cento previsto a settembre, + 1,3 per cento nel 2014 – grazie agli effetti di trascinamento del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, che stanzia risorse per i pagamenti dei debiti scaduti della pubblica amministrazione verso le imprese fornitrici – e + 1,5 per cento nel 2015;
    del preoccupante andamento dell'occupazione, che segnalerà una ripresa contenuta a partire dal 2014, ed un tasso di disoccupazione sotto l'11 per cento nella fase finale del triennio. Considerato il numero di lavoratori che hanno perso il lavoro, i posti di lavoro a rischio nell'immediato futuro, l'esaurimento dei fondi per la Cassa integrazione, il problema irrisolto degli esodati ed inoccupati, destinati a crescere a causa della riforma Fornero sui requisiti di età per accedere al trattamento pensionistico, il quadro sulle prospettive di lavoro in Italia permangono drammatiche;
    il Governo Monti evidenzia l'impatto positivo delle misure strutturali adottate nel 2012 (liberalizzazioni e semplificazioni, i due decreti sviluppo e la riforma del lavoro) sulla crescita del PIL nel prossimo triennio, che dovrebbero indurre nel 2015 una crescita aggiuntiva pari a + 1,6 per cento; ma oggi, gli effetti benefici attesi nel medio e lungo periodo non risolvono le istanze degli operatori economici, che stentano a ripartire, e delle famiglie che versano in uno stato di profondo e diffuso disagio sociale (come testimoniato dall'ISTAT, che rileva che circa il 65 per cento delle famiglie fatica ad affrontare le esigenze primarie di sussistenza); non contribuiscono a risolvere la riduzione del potere d'acquisto di salari e stipendi, non danno risposte concrete alle imprese, che ora, per non chiudere, necessitano di un immediato accesso al credito;
    è evidente che le misure adottate – tra l'altro per certi aspetti insufficienti e non condivisibili – sono state assunte con forte ritardo rispetto al profilarsi di una grave crisi finanziaria internazionale globale, il cui inizio risale al 2008;
    appare evidente che la classe politica delle due maggioranze di centro-destra e centro-sinistra, che si sono alternate al Governo negli ultimi 16 anni, non ha avuto la capacità o la volontà politica di provvedere al rinnovamento di un Paese, che è indietro di ben 10 anni rispetto agli altri Stati, anche dell'Area Euro, e non hanno attuato prima della crisi economica mondiale politiche di razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica e snellimento della P.A., nonostante l'Italia avesse già un cospicuo debito pubblico;
    emerge l'inidoneità della classe dirigente politica, che, oggi, più che mai, si è coalizzata formando un Governo con esponenti di entrambi gli schieramenti, che nella loro alternanza, pur proclamando programmi differenziati, in venti anni non sono stati in grado di dare risposte concrete ed immediate alle istanze delle nuove generazioni, sia in materia di miglioramento ed accesso all'istruzione, sia sullo scollamento fra formazione scolastica ed università ed il settore produttivo, sia sulle problematiche dell'accesso dei giovani nel mondo del lavoro, caratterizzato dallo sgradevole ricorso al sistema delle raccomandazioni, piuttosto che alla meritocrazia, sia in materia di protezione dell'ambiente e della salute del cittadino, sia in materia di protezione dei nuclei familiari;
    nell'emergenza di una crisi economica e finanziaria internazionale iniziata nel 2008 oltreoceano e acuitasi nel 2012, in piena recessione e mancanza di liquidità sia da parte degli operatori economici sia da parte del settore bancario, ad avviso dei presentatori, senza scrupoli il Governo Monti, per soddisfare le richieste di rispetto del Six Pack e del Fiscal Compact, non ha esitato a ridurre gli squilibri dei saldi di finanza pubblica, prelevando risorse finanziarie a carico dei cittadini delle fasce medie e più deboli, dei pensionati, bloccando gli adeguamenti delle pensioni al costo della vita, calpestando i diritti acquisiti dei lavoratori;
    il Governo Monti, sostenuto da PD e PDL, ha «fatto cassa» inasprendo il prelievo fiscale a carico dei contribuenti «non evasori», ossia i lavoratori subordinati, ratificando l'aumento progressivo dell'Iva, introdotto come clausola di salvaguardia dei conti pubblici dal Governo Berlusconi con il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, anticipando il regime IMU, estendendola anche all'abitazione principale, introducendo la Tares, che sarà più costosa della Tarsu e della TIA;
    nessun provvedimento è stato adottato per compensare i continui aumenti del costo dei carburanti;
    inoltre, l'inasprimento del patto di stabilità a carico degli enti locali, ha congelato le economie locali per il blocco degli investimenti e l'impossibilità di pagare le imprese fornitrici;
    le ridotte disponibilità finanziarie dei bilanci comunali hanno indotto i sindaci a ridurre l'offerta dei servizi ai cittadini ed alle famiglie, soprattutto quelli di tipo assistenziale e sociale, che avrebbero in parte compensato le difficoltà in cui versano le famiglie meno abbienti;
    la pressione fiscale è aumentata nel 2012 al 44 per cento rispetto al 42,6 per cento del 2011;
    di fatto, il riordino dei conti pubblici voluto da una governance europea di stampo tedesco è stato realizzato a carico delle classi sociali più deboli ed oggi, addirittura, sono gli stessi vertici europei che sollecitano l'Italia ad adottare strumenti di sostegno e rilancio dell'economia, dopo aver condizionato ed affievolito le potenzialità del nostro settore produttivo;
    gli interventi di sostegno all'economia devono essere immediati e nell'ambito del descritto quadro congiunturale, non risultando opportuno varare altre manovre economiche con effetti depressivi, dove, al contrario, servono scelte coraggiose ed innovative;
    i cittadini oggi sono rappresentati in Parlamento dal MoVimento 5S per dire «BASTA» ad una politica che distrugge le speranze di vita e benessere di un Paese, una politica che non ha investito sul futuro delle nuove generazioni, a cui lascia un debito che graverà sulle scelte di investimento dell'Italia per vent'anni;
    la classe politica attuale non soddisfa più le aspettative di 8 milioni di italiani, che credono in una necessaria inversione di marcia della società italiana, sposando una nuova politica che non abbia come più come metro di riferimento solo la logica del profitto e lo sfruttamento delle risorse, ma anche la prosperità ed il benessere della popolazione;
   considerato altresì che:
    l'appartenenza all'Unione europea non può ridursi al solo obbligo del rispetto di una fallimentare politica del rigore, che ha compromesso la crescita del nostro PIL, ma, in alternativa al fallimento della politica di rigore, occorre porre in essere una diversa politica europea attraverso l'attuazione di misure anticicliche che passi dalla rinegoziazione del Trattato di Maastricht e del Fiscal Compact, al fine rilanciare una «nuova Europa», auspicando una maggiore democrazia nella governance europea, che abbia come primario obiettivo il benessere dei cittadini europei, da conseguire all'occorrenza anche prescindendo da un forzato percorso di risanamento finanziario dei bilanci dei Paesi della Zona Euro;
    si ritiene necessario ridefinire il ruolo della BCE, che dovrebbe diventare prestatore di ultima istanza per i debiti pubblici statali dei Paesi dell'Area Euro e dovrebbe avere come obiettivo il perseguimento della piena occupazione, nonché finanziare direttamente gli investimenti produttivi. La moneta unica europea, infatti, ha permesso per anni una certa stabilità dell'Euro-zona, nascondendo le evidenti diversità economiche tra nazioni, a prezzo però di una rigidità pericolosa, che non ha consentito di fronteggiare con elasticità la crisi economica mondiale, agendo con naturali aggiustamenti di svalutazione/rivalutazione monetaria, consentiti in passato, quando ogni Paese aveva la propria valuta. I suddetti aggiustamenti permettevano un rilancio delle economie in difficoltà, oggi l'Unione Europea deve fornire strumenti alternativi ai Paesi per uscire dalla recessione;
    è oggi necessario che i Paesi europei con bilancio in attivo, come la Germania, si facciano carico del Meccanismo europeo di stabilità (MES) evitando di imporre condizionamenti agli Stati membri, che hanno difficoltà di contribuzione nelle misure richieste. È il momento che i vertici europei adottino riforme che contemplino l'istituzione di una Banca Centrale Europea realmente garante dell'Euro-zona;
    infine, per quanto concerne il Programma nazionale di riforma:
    dall'esame del Documento per settore economico, si rilevano criticità e mancanza di iniziative e proposte, che il MoVimento 5 Stelle ritiene invece utili per rilanciare l'economia e proiettarla verso obiettivi più aderenti alle aspettative di chi ci ha voluto in Parlamento per effettuare il cambiamento;
    la valutazione delle nostre nuove proposte è auspicabile anche in ragione del fatto che il Governo Letta, appena insediato, intende rivedere il quadro programmatico, per inserire linee di intervento per il rilancio dell'economia da sottoporre al Consiglio europeo ed alla Commissione europea, al fine di ottenere l'autorizzazione a derogare agli stretti vincoli del Fiscal Compact;
   tutto ciò premesso,

impegna il Governo:

  1) per quanto riguarda il Programma di stabilità:
   ad impegnarsi presso le opportune sedi europee per una rinegoziazione del Trattato di Maastricht e del Fiscal Compact al fine di conseguire una «nuova alleanza» fra i popoli europei, che abbia come finalità il benessere dei cittadini ed il rafforzamento della governance europea, che deve valutare l'opportunità di rafforzare il ruolo della BCE, affinché sia prestatore di ultima istanza per i debiti pubblici statali, possa finanziare direttamente gli investimenti produttivi e sia autorizzata ad emettere Eurobond;
   ad attuare una decisa riqualificazione della spesa pubblica, eliminando gli sprechi ed individuando i settori dove risparmiare senza tuttavia ridurre la qualità dei servizi offerti ai cittadini;
   ad adottare un'efficace riduzione dei costi della politica, comprimendo i livelli di governo iniziando dall'abolizione costituzionale delle province, dal riordino ed accorpamento delle società controllate dagli enti pubblici, dal contenimento della proliferazione dei servizi «esternalizzati», dalla riduzione drastica delle consulenze e dalla ulteriore contrazione e revisione dei compensi per i rappresentanti politici, nonché dall'abolizione dei rimborsi elettorali ai partiti, oltre che dalla progressiva eliminazione del ricorso agli arbitrati per quanto concerne le pubbliche amministrazioni;

  in materia fiscale:
   a) rafforzare le misure di contrasto all'evasione fiscale: in particolare va incrementata la collaborazione, ancora insufficiente, con i comuni, prevedendo oltre le misure premiali, già previste dalla disciplina vigente, una serie di sanzioni;
   b) rivedere la stessa struttura centralizzata della riscossione demandata alla gestione di Equitalia: in particolare accelerare il ritorno ad sistema di riscossione territoriale in cui, anche grazie alla conoscenza del territorio e delle singole specificità ed in un quadro di reale federalismo fiscale, si responsabilizza la copertura dei costi da parte degli enti territoriali, che avranno cura di intervenire con maggiore equità e adoperarsi in ambito internazionale per l'abrogazione dei «paradisi fiscali»;
   c) prevedere una tassazione aggiuntiva per le operazioni di rimpatrio o di regolarizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero ai sensi dell'articolo 13-bis del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni (capitali regolarizzati tramite lo scudo fiscale) e ad aumentare la tassazione sui redditi di natura finanziaria, sulle transazioni finanziarie, sui derivati e sui giochi, al fine di diminuire l'imposta di bollo su estratti conto e libretti, abolire l'imposta municipale propria (IMU) sulla prima casa, abrogare gradualmente l'IRAP ed evitare l'aumento dell'IVA;
   d) istituire un nuovo strumento chiamato «politometro», finalizzato a garantire la pubblicità della situazione reddituale e patrimoniale non solo dei componenti del Parlamento, ma di ogni membro di assemblea elettiva o esecutiva degli enti pubblici o a partecipazione pubblica di qualsiasi ordine territoriale;

  2) per quanto riguarda il Programma nazionale di riforma:
   nel settore bancario e finanziario, ad adottare provvedimenti affinché il sistema nel suo complesso sia funzionale ad un armonico sviluppo dell'economia e della società. La legislazione bancaria dovrebbe seguire il modello del Glass-Steagall Act, pur rispettando le peculiarità del mercato bancario italiano, con una totale separazione tra banche d'affari e banche commerciali ordinarie, vietando altresì gli incroci azionari tra sistema bancario e sistema industriale. Conseguentemente introdurre un sistema fiscale e di vigilanza, ad hoc, per gli intermediari finanziari che investono nell'economia reale;
   a riformare la disciplina della selezione dei soggetti chiamati a ricoprire incarichi di vertice in qualsiasi amministrazione od ente inserito nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, nonché nelle aziende pubbliche (dalle cosiddette «grandi aziende» di Stato fino alle partecipate ed «in house» di ogni livello, nazionale, regionale e locale) per fare in modo che il management sia scelto sulla base di criteri di trasparenza ed evidenza pubblica, utilizzando una seria valutazione dei curricula accademici e professionali dei candidati; da procedure selettive pubbliche; dal principio della netta separazione tra politica e amministrazione; dal divieto di cumulo di incarichi, dal parametro per gli emolumenti per i manager pubblici, rapportato allo stipendio dei dipendenti e dall'introduzione del principio del collegamento tra il compenso e i risultati ottenuti nonché dal divieto di cumulo con eventuali trattamenti pensionistici; dalla sostituzione integrale della legge 20 luglio 2004, n. 215 (c.d. legge Frattini), al fine di predisporre una normativa che contrasti in modo efficiente il fenomeno del conflitto d'interessi;
   a risolvere gli annosi problemi delle forze dell'ordine, di polizia e di soccorso civile – mancanza di mezzi, di risorse, blocco del turn over, blocchi stipendiali – destinando ad esse le risorse rivenienti dalla riduzione del finanziamento delle missioni all'estero. Inoltre introdurre l'uso di numeri identificativi sui caschi del personale di ordine pubblico e sicurezza, al fine di salvaguardare tutti gli operatori della pubblica sicurezza rispettosi della legge; sciogliere i corpi speciali dedicati alla lotta alla criminalità organizzata per potenziare le competenze e l'organico della DIA, restituendole la dignità originaria, consentendo un risparmio sui costi e la razionalizzazione delle diverse indagini antimafia, che troppo spesso finiscono per scontrarsi sullo stesso campo;
   a procedere nel percorso di riduzione dell'onerosità a carico dei cittadini e delle imprese connesse alla richiesta di dati e documenti da parte delle pubbliche amministrazioni, disponendone l'acquisizione attraverso l'utilizzo delle banche dati; per le imprese ridurre gli oneri introducendo un criterio di proporzionalità tra l'onerosità degli adempimenti e la loro dimensione; disporre l'entrata in vigore immediata di tutte le nuove disposizioni del codice dell'amministrazione digitale;
   a modificare il procedimento civile e penale per garantire una ragionevole durata del processo, intervenendo soprattutto sulla professionalizzazione manageriale dei presidenti dei tribunali, sulla digitalizzazione del processo e sullo snellimento dei codici semplificandone la procedura;
   ad intensificare la lotta alla corruzione e alla concussione, che coinvolge la pubblica amministrazione, attraverso un inasprimento delle pene per i reati di falso in bilancio e frode fiscale, e l'introduzione del reato di auto riciclaggio ed una rivalutazione della normativa sulla prescrizione, che si ritiene essere troppo breve;
   a contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti pubblici con l'introduzione, tra le cause di risoluzione del contratto di appalto, anche delle sentenze di condanna definitiva per gravi reati che riguardino i soggetti subappaltanti;
   a destinare i risparmi effettuati con la riforma dello strumento militare per migliorare la gestione corrente della formazione del personale e della gestione dei mezzi, a fronte di una riduzione di nuovi investimenti in sistemi d'arma e a valutare l'assegnazione delle strutture militari in dismissione, localizzate in luoghi strategici delle città, per nuove funzioni che consentano per le altre amministrazioni risparmi in contratti di locazione;
   ad abbandonare, in via definitiva, il programma per la produzione e l'acquisto dei previsti cacciabombardieri Joint Strike Fighter, parallelamente ad una riconversione delle industrie che operano nella produzione degli stessi;
   a rivalutare la necessità di ogni singola missione militare all'estero non solo dal punto di vista economico ma anche e soprattutto per rispettare il dettame costituzionale indicato dall'articolo 11;
   a garantire per il prossimo triennio maggiori ed adeguate risorse per investire nella scuola, università e ricerca, rinunciando al piano dei tagli operati negli ultimi due anni, affinché il nostro diventi un sistema di istruzione veramente innovativo e capace di competere con le nuove tecnologie e con l'evoluzione progressiva dei sistemi di produzione;
   a reperire sufficienti risorse da destinare con urgenza alla messa in sicurezza delle infrastrutture a rischio sismico ed idrogeologico ed alla riqualificazione ed efficientamento energetico degli edifici scolastici pubblici;
   a realizzare un piano d'investimenti pluriennale per i beni culturali, non limitandosi ad interventi straordinari dettati solo dall'urgenza e dalla contingenza, ma attraverso una seria programmazione che veda il coinvolgimento e la responsabilizzazione delle regioni;
   ad adottare politiche finalizzate al rifinanziamento della sanità, puntando ad una diversa ripartizione delle voci di spesa dedicate ai tre tipi di prevenzione sanitaria, passando da una prevenzione secondaria che comprende il maggior capitolo di spesa del SSN ad un potenziamento della prevenzione primaria e della prevenzione terziaria, ossia la presa in carico a livello locale e domiciliare da parte di équipe multidisciplinari;
   ad intervenire con misure più incisive per contrastare la povertà, nell'ambito di una più ampia riforma del welfare, con l'istituzione del «Reddito di cittadinanza», affinché tutti coloro che hanno perso il lavoro o che ne sono alle ricerca, possano comunque vivere con dignità;
   a porre maggiore attenzione alle misure nel campo della disabilità, definendo iniziative in termini di benefici economici a tutti i familiari che assistono un loro congiunto ammalato e/o disabile;
   infine a prevedere, per quanto riguarda la «tutela delle donne», forme preventive di tutela più adeguate, in un ottica di prevenzione primaria;
   ad avviare progetti di «social housing» senza il consumo di altro territorio ma recuperando quello già costruito, che potrebbero «liberare» oltre 100 miliardi di euro di disponibilità di credito da parte delle banche;
   a promuovere una vera conversione della politica economica, puntando in modo netto sulla valorizzazione dell'economia verde, attraverso un più adeguato finanziamento del Fondo Kyoto e l'avvio di politiche incentivanti delle «buone pratiche» ambientali;
   a prorogare e rendere strutturali le detrazioni fiscali del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, con l'obiettivo di dare impulso in modo «virtuoso» al comparto edilizio, la cui funzione di traino per l'economia del Paese non può più essere legata alla devastazione del territorio;
   a promuovere una politica di gestione del territorio che anteponga la tutela del paesaggio e la difesa del suolo alle scelte di tipo speculativo, impedendo nuovo consumo di suolo e avviando programmi di riqualificazione urbana e di messa in sicurezza del territorio, sismica e idrogeologica;
   a rivalutare il piano delle opere pubbliche, espungendone quelle più costose e più dannose per il territorio e per l'ambiente – come la tratta Alta Velocità Ferroviaria Torino-Lione –, che dovrà superare l'attuale impostazione priva di una visione strategica e affermare una nuova visione che tenga conto delle vere priorità del Paese in tema di infrastrutture di pubblica utilità: messa in sicurezza del territorio; riequilibrio modale del trasporto di merci e persone, attualmente eccessivamente sbilanciato a favore della gomma; sistemazione ed efficientamento delle reti idriche; valorizzazione e riqualificazione dei centri urbani; avvio di infrastrutture e programmi per lo sviluppo e la diffusione della mobilità sostenibile; potenziamento delle reti di trasporto pubblico, urbano ed extraurbano;
   a sviluppare una politica energetica che punti chiaramente alla riduzione del consumo di combustibili fossili, al rispetto degli accordi internazionali relativi al Protocollo di Kyoto, all'affrancamento dalla dipendenza energetica dall'estero, alla sostenibilità economica evitando incentivi economici a favore di lobbies, mirando alla riduzione dell'inquinamento e dei conseguenti danni alla salute e all'ambiente;
   ad affrontare le criticità preesistenti, in particolare per quanto attiene le bonifiche dei siti di interesse nazionale (SIN) a partire dalla straordinaria emergenza sanitaria ed ambientale dell'ILVA di Taranto, per la quale è auspicabile un intervento immediato per garantire la tutela della salute dei cittadini;
   a velocizzare i pagamenti dei debiti dello Stato con le imprese e i cittadini attraverso la cessione pro soluto verso le banche, o meglio, attraverso la Cassa depositi e prestiti, la quale liquiderà il dovuto alle imprese tramite gli sportelli di Poste italiane e comunque attraverso la compensazione con altre tasse dovute o girabili ad altre aziende (favorendo la rete impresa);
   ad attuare con gli strumenti della politica nazionale un'efficace lotta alla contraffazione nelle dogane e sul territorio, in difesa dei consumatori e della produzione nazionale;
   ad avviare una riforma del lavoro che, come previsto dalle direttive europee, contempli quale prima tipologia di contratto quella a tempo indeterminato e solo per esigenze organizzative quella a tempo determinato;
   a riformare la legge 28 giugno 2012, n. 92, la cosiddetta «riforma Fornero», prevedendo, in particolare, l'abrogazione delle norme previdenziali come punto di partenza per un riordino dell'intero ambito al fine di garantire il diritto alla pensione a tutti i lavoratori in un età dignitosa, in particolare per chi svolge lavori usuranti;
   a garantire l'erogazione della cassa integrazione in deroga che verrà usufruita nel corso del 2013 e a riordinare tutta la gestione degli ammortizzatori sociali in modo da garantire la copertura ai lavoratori anche per gli anni futuri;
   a garantire la stabilizzazione del personale precario non dirigenziale nella pubblica amministrazione come disposto dal comma 560 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
   a riformare la legge 24 giugno 1997, n. 196 (c.d. legge Treu) e il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (c.d. riforma Biagi) in particolare sulle disposizioni che hanno introdotto la possibilità per soggetti privati di occuparsi di collocamento dei lavoratori creando quindi una concorrenza tra servizi pubblici e operatori privati autorizzati. A riguardo i centri per l'impiego devono tornare ad essere l'unico canale di collegamento tra imprese e lavoratori, in modo che tale servizio di intermediazione sia gratuito e trasparente. Ciò potrebbe inoltre permettere allo Stato di avere a disposizione tutti i dati necessari a comprendere quali siano, in ogni momento, le richieste del mercato del lavoro e le risorse lavorative disponibili, in modo da favorire, anche con corsi di formazione o riqualificazione adeguati, l'incontro tra domanda e offerta;
   ad incrementare il tasso di occupazione femminile, anche attraverso la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro;
   a definire una strategia di lotta al lavoro nero al fine di rendere più efficaci e costanti le forme di controllo e repressione, migliorando il sistema di relazioni tra la pubblica amministrazione, le aziende e i lavoratori e ricreare un sistema di legalità in cui tutti, pubblico, aziende e lavoratori, si applichino, affinché vengano fatte conoscere e rispettare tutte le normative sul lavoro;
   a realizzare un piano d'interventi, non a pioggia, che consenta al Mezzo giorno d'Italia di liberarsi, attuando una reale e dura lotta alla criminalità organizzata, contrastando la «mala politica» per attrarre investimenti stabili nel territorio e trasformare il Sud in motore per il rilancio dell'Italia verso uno sviluppo eco-sostenibile. Punto di snodo di una nuova politica europea che riconsideri fra i suoi interessi d'intervento anche i popoli del Sud del mediterraneo e del Mondo;

  in materia di agricoltura: a porre in essere tutte le misure necessarie affinché l'agricoltura, nel rispetto dell'ambiente e della salute umana, abbia l'obiettivo non solo di fare da traino per l'economia del Paese ma anche di migliorare la qualità della vita. A tal fine si impegna il Governo:
   a) ad individuare, in considerazione della palese inefficacia della politica agricola comune (PAC), strade alternative per incrementare la produzione agricola italiana senza intaccarne la qualità, salvaguardando i prodotti locali di specie autoctone, riducendo al massimo il ricorso a tecniche che prevedano il ricorso a molecole di sintesi e preservando il paesaggio nonché l'integrità e la fertilità del suolo;
   b) a riconsiderare la politica della grande distribuzione organizzata (GDO) in direzione del sostegno dei piccoli produttori, valorizzando la filiera corta e la tutela del marchio «Made in Italy»;
   c) a disincentivare pratiche insostenibili in agricoltura quali l'allevamento intensivo nell'industria zootecnica e nell'acquacoltura, riducendo il consumo di carne e aumentando i controlli sul pescato;
   d) a procedere al riordino degli enti che fanno capo al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
(6-00005) «Lombardi, Barbanti, Cancelleri, Castelli, Cominardi, Rostellato, Ruocco, Sorial».


   La Camera,
   esaminato il Documento di economia e finanza 2013;
   premesso che:
    il Documento in esame è stato presentato da un Governo già dimissionario nella precedente legislatura e non poteva che confermare la linea sin qui tenuta da quell'Esecutivo senza assumere impegni per il futuro;
    nella prima sezione, relativa al Programma di stabilità, viene evidenziato il rallentamento registrato nel 2012 dall'economia mondiale rispetto al 2011, rallentamento che si è riflesso, in parte, anche nei primi mesi dell'anno in corso, determinando una revisione al ribasso delle previsioni di crescita per il 2013 dell'economia globale e dell'Eurozona. Positiva appare, pertanto, la decisione della BCE di ridurre il tasso di interesse di riferimento, anche se sarà necessario vigilare affinché la maggiore liquidità delle banche si traduca in una ripresa del credito, specie per le piccole e medie imprese;
    l'analisi del quadro macroeconomico italiano nel 2012 e le previsioni per l'anno in corso e per il periodo 2014-2017 riflettono gli elementi di incertezza che ancora inficiano le prospettive di crescita dell'economia globale;
    il processo di riconduzione dei conti pubblici in Italia su un percorso sostenibile può dirsi in gran parte completato con successo, pur in presenza di un livello elevato di debito pubblico, mentre le prospettive di crescita dell'economia italiana risultano incerte e comunque fortemente influenzate dagli sviluppi della crisi che coinvolge l'Europa, e in particolare i Paesi dell'area mediterranea, e dall'evoluzione dello scenario economico internazionale;
    entro il mese di giugno, a livello europeo saranno assunte decisioni sull'Italia in merito alla «procedura di disavanzo eccessivo»: l'auspicata chiusura di tale procedura confermerebbe l'efficacia dell'azione di risanamento della finanza pubblica svolta negli anni della crisi dai governi Berlusconi e Monti;
    le previsioni della Commissione europea pubblicate il 3 maggio prendono atto dell'efficacia del consolidamento fiscale svolto in questi anni e proiettano un'evoluzione della finanza pubblica italiana che vede un indebitamento netto inferiore al limite del 3 per cento ed un saldo strutturale, al netto cioè della componente ciclica e delle una tantum, che si avvicina al pareggio nei prossimi anni, evidenziando come vi siano le premesse per una positiva conclusione della «procedura di disavanzo eccessivo»;
    la prosecuzione di una politica di bilancio basata esclusivamente sull'austerità non sarebbe in grado di assicurare la crescita e aggraverebbe l'attuale recessione: ad essa va immediatamente associata una politica volta a creare occupazione. A tal fine, mentre deve proseguire la politica di contenimento e di razionalizzazione della spesa pubblica, i margini di flessibilità finanziaria che si renderanno disponibili con la chiusura della «procedura di disavanzo eccessivo» dovranno essere utilizzati per accrescere gli investimenti produttivi e per attenuare il carico fiscale che attualmente grava sulle famiglie e sulle imprese;
    il Presidente del Consiglio dei ministri, nelle comunicazioni rese alle Camere in occasione del conferimento del voto di fiducia, ha sottolineato come «Dopo più di un decennio senza crescita le politiche per la ripresa non possono più attendere», e ha indicato una serie di nuovi provvedimenti in materia di riduzione fiscale sulle famiglie e sulle imprese, di stimolo all'occupazione e di riforme, da assumere per agganciare la ripresa nel più breve tempo possibile;
    analogamente agli Stati membri, che hanno mantenuto gli impegni in termini di consolidamento dei bilanci pubblici, è necessario che l'UE mantenga gli impegni assunti in sede di Consiglio europeo il 28-29 giugno 2012 con l'approvazione del «Patto per la crescita e l'occupazione», nonché del documento «Verso un'autentica unione economica e monetaria» presentato dai presidenti del Consiglio e della Commissione europea, della BCE e dell'Eurogruppo, che prevede l'unione bancaria, economica, di bilancio e politica nell'Eurozona, su cui si è ritornati in sede di Consiglio europeo il 13-14 dicembre 2012;
    il programma del nuovo Governo richiede di essere attuato anche a livello europeo, promuovendo le intese necessarie a segnare una nuova fase per l'integrazione economica e monetaria, nonché ottenendo i margini di flessibilità necessari ad affrontare con determinazione i problemi della crescita e della coesione sociale;
    il Documento in esame fornisce un quadro esauriente e trasparente della finanza pubblica ed evidenzia gli impegni, assunti e rispettati, dalla comunità nazionale in ambito europeo, ma non può riflettere le prospettive future in materia di politica economica e finanziaria,

impegna il Governo:

  a presentare al Consiglio europeo e alla Commissione europea il Programma di stabilità ed il Programma nazionale di riforma e ad assumere tutte le iniziative per favorire una positiva conclusione della «procedura di disavanzo eccessivo»;
  a riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica nel rispetto degli impegni europei per quanto riguarda i saldi di bilancio 2013-2014 e ad individuare gli interventi prioritari necessari per dare attuazione alle linee programmatiche indicate dal Presidente del Consiglio dei ministri nelle sue comunicazioni alle Camere e su cui ha ottenuto la fiducia, sottoponendo tempestivamente tali nuovi indirizzi all'approvazione parlamentare e presentando quindi al Consiglio europeo e alla Commissione europea un aggiornamento del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma.
(6-00006) «Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio».