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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 12 luglio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 19 agosto 2016, n. 166 «Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi» pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 202 del 30 agosto 2016, è entrata in vigore il 14 settembre 2016;
    il provvedimento, che si compone di 18 articoli, è volto a ridurre gli sprechi nel circuito produttivo e distributivo, favorendo il recupero di eccedenze e prodotti non usati;
    in particolare, l'articolo 15 modifica e integra il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 (il cosiddetto «Codice dei farmaci»), in materia di raccolta di medicinali non utilizzati o scaduti e donazione di medicinali;
    l'articolo affida a un decreto del Ministero della salute – che doveva essere emanato entro 90 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale – il compito di individuare e fissare le modalità per rendere possibile la donazione di medicinali non utilizzati a organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) e l'utilizzazione dei medesimi medicinali da parte di queste, in confezioni integre, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità, in modo tale da garantire la qualità, la sicurezza e l'efficacia originarie;
    enti e associazioni che svolgono attività assistenziale sono equiparati nei limiti del servizio prestato e, in base alla normativa, possono utilizzare i farmaci frutto di donazioni solo per la distribuzione gratuita, cioè direttamente ai soggetti indigenti o bisognosi, dietro presentazione di prescrizione medica, ove necessaria e a condizione che dispongano di personale sanitario ai sensi di quanto disposto dalla normativa vigente;
    tuttavia, ad oggi, il Ministero della salute non ha ancora provveduto ad emanare il decreto di cui alla legge n. 166 del 2016, finalizzato al sistema di raccolta e modalità di donazione dei farmaci non utilizzati;
    eppure i dati pubblicati dal banco del farmaco sono sconfortanti: meno della metà delle confezioni prescritte (49 per cento) sono state utilizzate del tutto e, nel caso dei farmaci prescritti ai bambini, la quota sprecata è del 65 per cento;
    i farmaci che più frequentemente avanzano sono gli antidolorifici-antinfiammatori, utilizzati comunemente contro dolori di vario tipo e contro la febbre; infatti, l'82 per cento delle confezioni non viene utilizzato interamente; ciò è dovuto al fatto che le scatole contengono più o meno pillole di quelle che servono per completare la terapia;
    con enormi danni ambientali e sul costo della sanità pubblica, il farmaco sprecato ha un costo di circa 1,6 miliardi di euro l'anno; il farmaco nell'89 per cento dei casi viene conservato fino alla scadenza, nell'8 per cento gettato nei contenitori per i farmaci scaduti delle farmacie, mentre nel 3 per cento, violando la normativa sui rifiuti sanitari, viene gettato nella spazzatura domestica;
    occorre quindi anche un maggior impegno da parte del Ministero a sensibilizzare la classe medica e i cittadini verso una maggiore «cultura» del farmaco, indirizzando a un acquisto intelligente che permetterebbe di evitare sprechi dovuti anche a confezionamenti industriali non sempre aderenti alle necessità terapeutiche;
    sarebbe inoltre auspicabile metter in campo iniziative normative che consentano la prescrizione e la vendita solo sulle effettive necessità terapeutiche al fine di evitare sperperi e inutilizzo dei farmaci, ma in attesa di norme che possano regolamentare lo spreco va evidenziato che i farmaci non scaduti rappresentano una risorsa preziosa per coloro che non hanno la possibilità economica per accedere alle cure;
    non è un caso se dall'ultimo rapporto sulla povertà sanitaria del Banco farmaceutico emerge che sempre più cittadini si rivolgono alle associazioni atte alla raccolta del farmaco non scaduto per avere medicine gratuite;
    infine, sarebbe opportuno che la raccolta di medicinali inutilizzati e non scaduti venisse estesa anche all'uso veterinario mediante appositi cassonetti posizionati presso gli ambulatori veterinari per poi essere raccolti dalle associazioni che gestiscono canili, gattili e rifugi che sotto lo stretto controllo veterinario potrebbero essere somministrati agli animali bisognosi di cure,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative di competenza per dar seguito a quanto stabilito dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016, adottando il decreto ministeriale ivi previsto;
2) ad assumere iniziative per la raccolta e la distribuzione dei farmaci non scaduti anche mediante mirate campagne di sensibilizzazione allo scopo di agevolare il soddisfacimento dei bisogni dei meno abbienti;
3) ad individuare le modalità di recupero dei farmaci non scaduti, che per la maggior parte vengono conferiti negli appositi cassonetti e che, una volta scaduti, verrebbero gettati tra i rifiuti comuni;
4) ad assumere iniziative normative volte al confezionamento ottimale dei farmaci sulla base della durata della terapia al fine di evitare sprechi e costi inutili;
5) ad assumere iniziative per estendere la finalità sociale di raccolta e distribuzione dei farmaci inutilizzati non scaduti anche a quelli ad uso veterinario, mediante l'individuazione di modalità che rendano possibile la donazione di medicinali a organizzazioni non lucrative che gestiscono i canili, i gattili e i rifugi per animali.
(1-01661) «Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Pellegrino, Marcon, Airaudo, Gregori, Fratoianni».


   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato più risoluzioni sullo Yemen, in particolare le risoluzioni 2216 (2015), 2201 (2015) e 2140 (2014), che qui si intendono richiamate;
    l'attuale crisi nello Yemen è il risultato dell'incapacità dei Governi che si sono succeduti di rispondere alle legittime aspirazioni del popolo yemenita alla democrazia, allo sviluppo economico e sociale, alla stabilità e alla sicurezza; tale incapacità ha creato le condizioni per lo scoppio di un violento conflitto, in quanto non si è riusciti a dare vita a un Governo inclusivo e a garantire un'equa ripartizione dei poteri e sono state sistematicamente ignorate le numerose tensioni tribali, la diffusa insicurezza e la paralisi economica del Paese;
    l'intervento militare a guida saudita nello Yemen, richiesto dal presidente yemenita Abd Rabbuh Mansur Hadi, compreso l'uso di bombe a grappolo bandite a livello internazionale, ha portato a una situazione umanitaria disastrosa che interessa la popolazione in tutto il Paese, ha gravi implicazioni per la regione e costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza a livello internazionale; membri della popolazione civile yemenita, già esposta a condizioni di vita terribili, sono le principali vittime dell'attuale escalation militare;
    i ribelli houthi hanno in passato posto sotto assedio la città di Ta'izz, la terza città dello Yemen, ostacolando la fornitura di aiuti umanitari; una situazione per cui secondo Stephen O'Brien, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti d'emergenza, i circa 200.000 civili intrappolati nella città hanno un disperato bisogno di acqua potabile, cibo, cure mediche e altri tipi di assistenza di primo soccorso e protezione;
    dall'inizio del conflitto sono state uccise oltre 10.000 persone (delle quali circa 4.700 civili) e 40.000 sono rimaste ferite (oltre 8.000 civili); tra le vittime si contano centinaia di donne e bambini; l'impatto umanitario sulla popolazione civile degli attuali scontri tra le diverse milizie, dei bombardamenti e dell'interruzione della fornitura dei servizi essenziali ha raggiunto proporzioni intollerabili;
    2 milioni di persone sono attualmente sfollate internamente ai confini a causa dei combattimenti; 2 milioni di bambini non hanno la possibilità di andare a scuola; 18,8 milioni di persone, tra cui 9,6 milioni di bambini, necessitano di assistenza umanitaria, compresi cibo, acqua, rifugio, carburante e servizi sanitari. Oltre a questo, circa 1500 bambini sono stati bambini reclutati come soldati;
    secondo molteplici segnalazioni, gli attacchi aerei della coalizione militare a guida saudita nello Yemen hanno colpito bersagli civili, tra cui ospedali, scuole, mercati, magazzini cerealicoli, porti e un campo di sfollati, danneggiando gravemente infrastrutture essenziali per la fornitura degli aiuti e contribuendo alla grave carenza di generi alimentari e di carburante nel Paese;
    il 10 gennaio 2016 è stato bombardato nello Yemen settentrionale un ospedale finanziato da MSF e ciò ha provocato la morte di almeno sei persone e il ferimento di una dozzina, tra cui membri del personale di MSF, oltre a danneggiare gravemente le strutture mediche; questo è l'ultimo di una serie di attacchi ai danni di strutture mediche, nonché a numerosi monumenti storici e siti archeologici che sono stati distrutti o danneggiati irrimediabilmente;
    stando all'organizzazione Save the Children, in almeno 18 dei 22 governatorati del Paese gli ospedali sono stati chiusi o gravemente danneggiati a causa dei combattimenti o della mancanza di carburante; in particolare, sono stati chiusi 153 centri sanitari che in precedenza fornivano nutrimento a oltre 450.000 bambini a rischio, insieme a 158 ambulatori che erogavano servizi di assistenza sanitaria di base a quasi mezzo milione di bambini al di sotto dei cinque anni;
    secondo l'Unicef, il conflitto nello Yemen ha avuto pesanti ricadute anche sull'accesso dei bambini all'istruzione, che ha smesso di funzionare per quasi 2 milioni di minori, con la chiusura di 3.584 scuole, ossia una su quattro; 860 di tali scuole sono danneggiate oppure sono utilizzate come rifugio per gli sfollati;
    la situazione nello Yemen comporta gravi rischi per la stabilità della regione, in particolare nel Corno d'Africa, nel Mar Rosso e nel resto del Medio Oriente; al-Qaeda nella penisola araba (AQAP) è riuscita a sfruttare il deterioramento della situazione politica e di sicurezza nello Yemen, espandendo la propria presenza e aumentando il numero e la portata dei propri attacchi terroristici; il cosiddetto Stato islamico (ISIS)/Daesh ha consolidato la propria presenza nello Yemen e ha sferrato attacchi terroristici contro moschee sciite, uccidendo centinaia di persone;
    alcuni Stati membri dell'Unione europea hanno continuato ad autorizzare il trasferimento di armi e articoli correlati verso l'Arabia Saudita dopo l'inizio della guerra; tali trasferimenti violano la posizione comune 2008/944/PESC sul controllo delle esportazioni di armi, che esclude esplicitamente il rilascio di licenze relative ad armi da parte degli Stati membri, laddove vi sia il rischio evidente che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate per commettere gravi violazioni del diritto umanitario internazionale e per compromettere la pace, la sicurezza e la stabilità regionali;
    il 27 gennaio 2017 è stato trasmesso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il «Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen» che evidenzia che «I bombardamenti aerei condotti dalla coalizione guidata dall'Arabia Saudita hanno devastato le infrastrutture civili in Yemen, ma non sono riuscite a scalfire la volontà politica dell'alleanza Houthi-Saleh di continuare il conflitto». E soprattutto riporta che «Il conflitto ha visto diffuse violazioni del diritto umanitario internazionale da tutte le parti in conflitto. Il gruppo di esperti ha condotto indagini dettagliate su questi fatti ed ha motivi sufficienti per affermare che la coalizione guidata dall'Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei che diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale»;
    nel medesimo rapporto trasmesso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si dimostra il ritrovamento, a seguito di due bombardamenti a Sana'a nel settembre 2016, di più di cinque «bombe inerti» sganciate dall'aviazione saudita contrassegnate dalla sigla «Commercial and Government Entity (CAGE) Code A4447». Quest'ultima è riconducibile all'azienda RWM Italia S.p.a. del gruppo tedesco Rheinmetall, con sede legale in via Industriale 8/D a Ghedi, in provincia di Brescia. Secondo gli esperti delle Nazioni Unite «l'utilizzo di queste armi rivela una tattica precisa, volta a limitare i danni in aree in cui risulterebbero inaccettabili». Gli esperti spiegano inoltre che «una bomba inerte del tipo Mk 82 ha un impatto pari a quello di 56 veicoli da una tonnellata lanciati a una velocità di circa 160 km all'ora» (cfr. pp. 171-172 del rapporto);
    secondo recenti notizie di stampa (riportate in particolare dall’Ansa e da Avvenire) e grazie alle informazioni trasmesse dall'ong yemenita Mwatana è stato recuperato in Yemen un frammento di ordigno con sigla «A4447», che indica la provenienza dalla Rwm Italia. Il numero di matricola, trasmesso all'ufficio Ansa di Beirut, è stato rinvenuto a Der al Hajari, nella regione nordoccidentale di Hodeida teatro di un attacco aereo condotto alle 3 di notte dell'8 ottobre 2016: almeno sei civili uccisi, tra cui 4 bambini;
    negli scorsi mesi sono stati esportati materiali di armamento per 257.215.484 euro (tra cui, in particolare, bombe RWM MK82) verso l'Arabia Saudita, a capo della coalizione composta da EAU, Oman, Bahrain, Egitto, Qatar, Marocco, Kuwait. Come si evince nella relazione al Parlamento ai sensi dell'articolo 5 della legge 9 luglio 1990, n. 185, nel solo 2016 l'Italia ha venduto armi all'Arabia Saudita per un valore di 427,5 milioni di euro, con un incremento del 66 per cento rispetto all'anno precedente. All'Arabia Saudita sono stati venduti aeromobili, bombe, siluri, razzi, missili ed accessori, apparecchiature per la direzione del tiro, esplosivi e combustibili militari, apparecchiature elettroniche, apparecchiature specializzate per l'addestramento militare o per la simulazione di scenari militari, tecnologia per lo sviluppo, produzione o utilizzazione delle armi. Nello stesso anno 2016 ai Paesi del medio-oriente l'Italia ha venduto armi per un valore di 8,5 miliardi di euro, pari a oltre il 50 per cento delle esportazioni italiane totali;
    nell'ultima relazione al Parlamento ex legge n. 185 del 1990, per l'anno 2016, depositata in parlamento il 26 aprile 2017, si legge che RWM Italia è salita al terzo posto per giro d'affari nel settore difesa in Italia. Dal 1o gennaio al 31 dicembre 2016 RWM ha ottenuto 45 nuove autorizzazioni per l'esportazione di armamenti dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano, per un totale di 489,5 milioni di euro: 460 milioni di euro in più rispetto al 2015, quando la società aveva ricevuto nuove autorizzazioni per 28 milioni di euro. La relazione del Governo italiano mette in evidenza in particolare una commessa di RWM, per un totale di 411 milioni di euro, che riguarda l'esportazione di 19.675 bombe in totale (Mk 82, Mk 83 ed Mk 84). Non è però indicato il committente. Non si sa quindi verso quale Paese siano state esportate le bombe. Nella relazione finanziaria di Rheinmetall per l'anno 2016 leggiamo che c’è stato un ordine «molto significativo» di «munizioni» per 411 milioni di euro da parte di un «cliente della regione MENA (Medio-Oriente e Nord Africa)». Di queste 19.675 bombe autorizzate nel 2016 (e di quelle relative ad altre licenze precedenti) ne sono già state effettivamente esportate solo lo scorso anno circa 2.150 per controvalore di 32 milioni di euro;
    la risoluzione del Parlamento, europeo del 25 febbraio 2016 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2016/2515(RSP)) contiene, in particolare, l'invito «al VP/AR ad avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione da parte dell'UE di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbe pertanto la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008»;
    la risoluzione del Parlamento europeo del 15 giugno 2017 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2017/2727(RSP)) richiama la precedente del 25 febbraio 2016 in merito alla proposta di embargo sulle armi e invita ad una soluzione negoziale del conflitto riaffermando «la necessità che tutti gli Stati membri dell'Unione applichino rigorosamente le disposizioni sancite nella posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio sull'esportazione di armi»;
    il sito «Viaggiare sicuri» del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, a proposito dello Yemen, affermava fino ad alcuni mesi fa che «le condizioni umanitarie stanno divenendo insostenibili per larga parte della popolazione civile, come indicato nei report delle Nazioni Unite, che hanno documentato anche arresti arbitrari e violazioni del diritto umanitario da ambe le parti coinvolte nello scontro armato»;

impegna il Governo:

1) ad esprimere, in ogni consesso internazionale o sede di confronto con rappresentanti di Paesi stranieri:
   a) la profonda preoccupazione dell'Italia per l'allarmante deterioramento della situazione umanitaria nello Yemen, caratterizzata da una diffusa insicurezza alimentare e una grave malnutrizione in alcune parti del Paese, da attacchi indiscriminati contro civili, personale medico e operatori umanitari e dalla distruzione delle infrastrutture civili e mediche a causa del preesistente conflitto interno, dell'intensificarsi degli attacchi aerei ad opera della coalizione guidata dall'Arabia Saudita, dei combattimenti a terra e dei bombardamenti, nonostante i ripetuti appelli per una nuova cessazione delle ostilità;
   b) l'angoscia per la perdita di vite umane causata dal conflitto e per le sofferenze delle persone rimaste coinvolte negli scontri, esprimendo altresì il cordoglio dell'Italia alle famiglie delle vittime;
   c) l'impegno dell'Italia a continuare a sostenere lo Yemen e il popolo yemenita;
   d) la grave preoccupazione per gli attacchi aerei da parte della coalizione a guida saudita e il blocco de facto da essa imposto allo Yemen, che hanno causato la morte di migliaia di persone, hanno ulteriormente destabilizzato il Paese, stanno distruggendo le sue infrastrutture fisiche, hanno creato un'instabilità che è stata sfruttata dalle organizzazioni terroristiche ed estremiste, quali l'ISIS/Daesh e l'AQAP, e hanno aggravato una situazione umanitaria già critica;
   e) la ferma condanna delle azioni destabilizzanti e violente condotte dai ribelli houthi, che sono sostenuti dall'Iran, compreso l'assedio della città di Ta'izz, che ha avuto, tra l'altro, conseguenze umanitarie disastrose per gli abitanti;
   f) il convincimento che soltanto una soluzione al conflitto politica, inclusiva e negoziata può ripristinare la pace, nonché l'esortazione a tutte le parti a impegnarsi quanto prima, in buona fede e senza condizioni preliminari, in un nuovo ciclo di negoziati di pace sotto l'egida delle Nazioni Unite, anche superando le loro divergenze attraverso il dialogo e le consultazioni, rifiutando gli atti di violenza finalizzati al raggiungimento di obiettivi politici e astenendosi da provocazioni e da tutte le azioni unilaterali volte a compromettere la soluzione politica;

2) a richiedere, in ogni consesso internazionale sede di confronto con rappresentati di Paesi stranieri:
   a) un'azione umanitaria coordinata sotto la guida delle Nazioni Unite e la partecipazione di tutti i Paesi alle iniziative volte a far fronte alle esigenze umanitarie;
   b) a tutte le parti di consentire l'ingresso e la distribuzione di generi alimentari, farmaci e carburante di cui vi è un urgente bisogno nonché di altre forme di assistenza necessaria, tramite le Nazioni Unite e i canali umanitari internazionali, al fine di soddisfare le necessità impellenti dei civili colpiti dalla crisi, secondo i princìpi di imparzialità, neutralità e indipendenza;
   c) una tregua umanitaria affinché l'assistenza di primo soccorso possa essere fornita con urgenza alla popolazione yemenita, anche facilitando ulteriormente l'accesso delle navi mercantili allo Yemen;
   d) a tutte le parti di rispettare il diritto umanitario internazionale e il diritto internazionale in materia di diritti umani, di garantire la protezione dei civili e di astenersi dall'attaccare direttamente le infrastrutture civili, soprattutto le strutture sanitarie e gli impianti idrici;
   e) un'indagine imparziale e indipendente su tutte le accuse di abusi, torture, uccisioni mirate di civili e altre violazioni del diritto internazionale in materia di diritti umani e del diritto umanitario internazionale, come pure sui recenti attacchi che hanno preso di mira le infrastrutture e il personale umanitario;
   f) il rispetto dei diritti umani e delle libertà di tutti i cittadini yemeniti e l'importanza di migliorare la sicurezza di tutti coloro che lavorano per le missioni umanitarie e di pace nel Paese, compresi gli operatori umanitari i medici e i giornalisti;

3) ad assumere iniziative affinché tutte le parti coinvolte garantiscano che gli ospedali e il personale medico siano tutelati come previsto dal diritto umanitario internazionale tenendo conto che un attacco deliberato contro i civili e le infrastrutture civili costituisce un crimine di guerra;

4) a chiedere nelle competenti sedi dell'Unione europea di promuovere con efficacia il rispetto del diritto umanitario internazionale, come stabilito nei pertinenti orientamenti dell'Unione europea, tenendo conto in particolare della necessità che l'Italia e l'Unione europea mettano in evidenza, nel proprio dialogo politico con l'Arabia Saudita, l'esigenza di rispettare il diritto umanitario internazionale e che, qualora tale dialogo risulti infruttuoso, occorre definire ulteriori misure in conformità degli orientamenti dell'Unione volti a promuovere l'osservanza del diritto umanitario internazionale;

5) ad assumere iniziative per bloccare l'esportazione di armi e articoli correlati prodotti in Italia o che transitino per l'Italia, destinati all'Arabia Saudita e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte dell'Arabia saudita nello Yemen, come prevedono recenti risoluzioni del Parlamento europeo, la normativa nazionale (legge n. 185 del 1990) e il Trattato internazionale sul commercio di armamenti (ATT);

6) ad avviare un'iniziativa finalizzata alla previsione da parte dell'Unione europea di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, tenuto conto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbe la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008;

7) ad assumere iniziative affinché l'Arabia Saudita e l'Iran, Paesi che rappresentano la chiave di volta per risolvere la crisi, operino in modo pragmatico e in buona fede per porre fine ai combattimenti nello Yemen.
(1-01662) «Marcon, Duranti, Marazziti, Sberna, Mattiello, Airaudo, Bossa, Brignone, Civati, Carlo Galli, Costantino, Lacquaniti, Daniele Farina, Fassina, Fossati, Martelli, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Melilla, Gregori, Andrea Maestri, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Pastorino, Pellegrino, Ricciatti, Placido, Zaccagnini».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni X e XI,
   premesso che:
    la Perugina è un'azienda alimentare storica fondata nel 1907 a Perugia e specializzata nel settore della produzione di cioccolato e nella produzione e vendita di prodotti dolciari; ha sede a San Sisto (Perugia) e rappresenta il più grande sito produttivo italiano della multinazionale svizzera Nestlè;
    si è appreso che la società Nestlé intenda diminuire la produzione del prodotto Perugina più famoso, i cioccolatini «Baci» e, contestualmente, in dispregio agli accordi presi un anno fa, con il piano di rilancio dello stabilimento Perugina di San Sisto, voglia procedere ad un taglio di 340 posti di lavoro;
    l'accordo sottoscritto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali prevedeva investimenti per 60 milioni di euro in tre anni, con prodotto portante il famoso «Bacio», nessun esubero, nuova struttura manageriale e innovazione delle tecnologie produttive e del modello organizzativo: queste le principali linee guida del piano industriale di Nestlè per rilanciare la Perugina;
    la società aveva dunque assunto un impegno per iniziare un nuovo percorso di sviluppo in grado di rilanciare la Perugina come eccellenza in Italia e nel mondo;
    in particolare, non si prevedevano esuberi, ma la concessione della cassa integrazione per 819 lavoratori, legata al rilancio aziendale. Tale piano è risultato efficace, considerando che nel mese di febbraio 2017, la Nestlé, in sede di audizione parlamentare, aveva comunicato dati positivi delle vendite, sia sul mercato interno che sull’export. Ciò nonostante sembra che si stia per riaprire il tavolo di crisi, considerate le recenti dichiarazioni del capo mercato Nestlé che ha comunicato che alla fine della cassa integrazione guadagni straordinaria per 340 lavoratori non ci sarà più un futuro certo in Perugina;
    a parere del firmatario del presente atto di indirizzo, il cambio di rotta dalla società svizzera potrebbe essere determinato anche dalle recenti manovre che l'hanno interessata nel mercato azionario. A riguardo, infatti, il fondo d'investimento Third Point, con sede a New York, ha comunicato di essere diventato uno degli azionisti più importanti della Nestlè dopo aver acquisito oltre 40 milioni di azioni, pari all'1,3 per cento tutto il capitale. Il fondo si è prefisso l'obiettivo chiaro di rilanciare l'operatività del gruppo e accrescere la sua redditività per far ottenere maggiori guadagni ai propri azionisti. Pertanto, consistenti risorse saranno spostate da possibili progetti d'investimento per un uso solo finanziario;
    ebbene, tali manovre non possono ripercuotersi per il firmatario del presente atto in danno ai lavoratori, disattendendo il piano concordato che aveva la finalità di riassorbire gli esuberi e di gestire eventuali situazioni di criticità senza alcun impatto sociale;
    non è ammissibile, consentire a Nestlé una tale condotta aziendale, considerando che non sarebbe conforme per il firmatario del presente atto a principi di responsabilità e correttezza l'aver sottoscritto un preciso piano industriale per poi disattenderlo dopo aver già richiesto sacrifici al personale posto in cassa integrazione,

impegna il Governo

ad adottare urgenti iniziative affinché la Nestlè mantenga fede a quanto stabilito con il piano industriale sottoscritto nell'anno 2016, istituendo un tavolo di confronto con i vertici aziendali, le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali, al fine di salvaguardare i lavoratori e impedire qualsiasi iniziativa aziendale che, in dispregio agli impegni assunti, possa mettere a rischio i posti di lavoro.
(7-01309) «Rizzetto, Prodani».


   La XI Commissione,
   premesso che:
    nonostante otto provvedimenti in materia di deroghe ai requisiti previdenziali introdotti dalla tristemente nota «legge Fornero» (decreto-legge n. 201 del 2011), a salvaguardia dei lavoratori «esodati» colpiti dal repentino innalzamento dell'età anagrafica di accesso alla pensione, non è stata garantita una soluzione definitiva alla questione e non sono stati tutelati tutti gli aventi diritto;
    in particolare, è sempre stato escluso dalla salvaguardia un gruppo di donne «esodate» cosiddette «ex postali», che si stima si aggiri intorno alle 40 unità, benché ancora non vi sia una quantificazione certa;
    trattasi di un esiguo numero di donne con limitata contribuzione, che entro il mese di giugno del 2011 avevano sottoscritto accordi di incentivo all'esodo con Poste Italiane spa sulla base della vigente normativa pensionistica che prevedeva l'accesso alla pensione al raggiungimento del 60o anno di età;
    la sottoscrizione di accordi per la fuoriuscita anticipata dal lavoro era frutto dell'adesione, da parte di tali lavoratrici, al piano industriale di Poste italiane articolato in due tipologie di accordi: una denominata «progetto Mix» che prevedeva contestualmente alla risoluzione del rapporto di lavoro del dipendente l'assunzione di un figlio con contratto a tempo indeterminato; l'altra, con accordo all'esodo, incentivato con una somma monetaria rapportata all'incirca al periodo temporale intercorrente tra le dimissioni e l'accesso alla pensione (tale tipologia di uscita lavorativa è stata oggetto di verbale di conciliazione in sede sindacale con il dettaglio dell'incentivazione);
    ovviamente l'entrata in vigore della «legge Fornero» ha fatto sprofondare tali lavoratrici nel baratro del «senza lavoro, senza ammortizzatore e senza pensione» con drammatiche ripercussioni anche sul bilancio economico familiare, soprattutto per quei nuclei, ove i figli, ancora studenti o disoccupati, non hanno potuto giovarsi del «progetto Mix» e sono rimasti a carico;
    si reputa, pertanto, opportuno un intervento di salvaguardia anche per queste persone, per le quali si potrebbe procedere facendo ricorso alle eventuali risorse residue dell'ottava salvaguardia, così da non dover reperire nuovi ed ulteriori stanziamenti;
    si ricorda, infatti, che sono 30.700 i lavoratori interessati dalla ottava salvaguardia, così suddivisi: 11 mila lavoratori destinatari dell'indennità di mobilità ordinaria o dello speciale trattamento edile; 10.400 lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria dell'assicurazione «IVS» entro il 4 dicembre 2011; 7.800 lavoratori cessati dal servizio con o senza accordi con il datore di lavoro; 700 lavoratori che hanno fruito del congedo straordinario per l'assistenza ai disabili; 800 lavoratori il cui contratto a tempo determinato è cessato entro il 2011;
    il primo monitoraggio dell'Inps consente già di individuare la disponibilità di posti che residuano dall'ottava salvaguardia in generale e dalla tipologia dei cessati nello specifico consentendo di evidenziare le possibili risorse ricavate in avanzo da destinare alla categoria delle «esodate» postali,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa di competenza per salvaguardare le «esodate postali» dalle penalizzazioni conseguenti alla cosiddetta riforma Fornero.
(7-01310) «Simonetti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   ad avviso dell'interpellante, negli ultimi anni, si è fatto un ricorso gravemente sproporzionato a strumenti di legislazione secondaria, in particolare i decreti ministeriali, per dare attuazione a norme licenziate dal Parlamento o dal Governo stesso: questi decreti spesso sono l'ultimo tassello mancante per poter dare piena attuazione a disposizioni di legge e, in alcuni casi produrrebbero positivi effetti economico-finanziari, incentiverebbero l'occupazione o addirittura risulterebbero necessari per liberare direttamente decine di milioni di euro in favore delle imprese, come nel caso del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione;
   tale fenomeno, congiuntamente alla lentezza degli uffici governativi nel predisporre i testi, ha prodotto un tangibile ritardo nell'emanazione dei decreti che, conseguentemente, si sono vistosamente accumulati;
   secondo quanto scritto nell'ultimo report sul monitoraggio dello stato di attuazione del programma di Governo aggiornato al 25 giugno 2017, pubblicato sul sito programmagoverno.gov.it, il Governo Gentiloni, dal 12 dicembre 2016, giorno del suo insediamento, sino al 25 giugno 2017 ha deliberato 96 provvedimenti legislativi tra decreti-legge, decreti legislativi e disegni di legge, di cui ad oggi solo 58 sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale ed entrati in vigore;
   il report conferma questa tendenza a delegare l'attuazione di norme a provvedimenti ministeriali: infatti, il Governo Gentiloni nel 62,1 per cento dei casi ha emanato provvedimenti non autoapplicativi, cioè bisognosi di un ulteriore provvedimento regolamentare per essere pienamente operativi;
   inoltre, sul complessivo di 230 provvedimenti attuativi necessari per l'insieme delle norme approvate dal Governo Gentiloni, ad oggi, solo 8 ne sono stati approvati, pari al 3,5 per cento del totale;
   tra i vari provvedimenti ancora in attesa di decreti attuativi ci sono, ad esempio, la legge sugli interventi urgenti per il sisma, il decreto legislativo contenente norme contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo, la legge sulla revisione dei ruoli nelle forze dell'ordine o la legge sulla formazione e accesso nel ruolo di docente;
   i ritardi nell'approvazione di questi decreti sono talmente evidenti che, secondo quanto riportato dal ilsole24ore.com, nella rubrica «rating24» del 18 aprile 2017, per ben 122 i termini sarebbero addirittura scaduti;
   nel medesimo articolo de ilsole24ore.com, si può leggere che su un totale di 16 decreti attuativi riguardanti provvedimenti del Governo Gentiloni, in particolare il decreto-legge n. 237 del 2016 sulla tutela del risparmio e il decreto-legge n. 243 del 2016 sul Mezzogiorno, nessun sarebbe ancora stato adottato;
   ancora più grave è il fatto, come scrive lanotiziagiornale.it, che «tra i tanti decreti che ancora attendono una loro approvazione, ci sono anche quelli che sono stati previsti dai Governi di Mario Monti ed Enrico Letta: ancora si attende il via libera per 110 decreti, 46 risalenti alla stagione Letta, 64 a quella Monti. Qualcosa come 6 anni fa» –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di assicurare la piena operatività delle previsioni normative che ancora necessitano di provvedimenti attuativi, inclusa l'adozione di quei decreti per i quali i termini risultano essere scaduti;
   se e quali iniziative si intendano intraprendere, a livello collegiale, al fine di velocizzare procedure di emanazione dei decreti attuativi ancora mancanti, che i vari Ministeri sono chiamati ad emanare;
   quali, tra i decreti attuativi mancanti, libererebbero direttamente o indirettamente risorse economico-finanziarie e per quali importi;
   quali siano nello specifico i decreti attuativi mancanti relativi a interventi legislativi promossi dal Governo Monti e dal Governo Letta, enumerati all'interno dell'ultimo report sul monitoraggio dello stato di attuazione del programma di Governo.
(2-01884) «Nuti».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   sulla gestione della continuità territoriale aerea da e per la Sardegna si registra, ad avviso dell'interpellante, l'ennesimo fallimento del Governo e della giunta regionale della Sardegna;
   l'Alitalia, commissariata dal Governo Gentiloni, ha deciso di non partecipare alla gara per la gestione del servizio pubblico della continuità territoriale da e per la Sardegna;
   in questa decisione si registra, secondo l'interpellante, la totale corresponsabilità del Governo e della regione sarda nel fallimento della continuità territoriale;
   la «compagnia di Stato» sembra voler lucrare sempre di più sulla Sardegna e dettare le condizioni per imporre ulteriori balzelli speculativi ai danni dell'isola;
   la decisione del Governo attraverso i commissari di Alitalia conferma un'operazione inaccettabile ai danni della Sardegna;
   il Ministro Delrio, ad avviso dell'interpellante, si conferma un «nemico» dell'isola, aggravandone l'isolamento e continuando a illudere i sardi con la piena e totale corresponsabilità della stessa regione sarda;
   è verosimile che la decisione di Alitalia, commissariata dal Governo, di non partecipare alla gara abbia il totale appoggio del Governo Gentiloni;
   si tratta di un colpo letale agli improbabili proclami sull'insularità di Stato e regione;
   il tutto sarebbe noto da settimane, per giunta con atti scritti;
   la regione e lo stesso Governo non potevano non sapere quel che stava succedendo, ma non hanno fatto alcunché per evitare il disastro;
   tutto questo conferma la responsabilità comune della regione e del Governo in questa decisione di Alitalia;
   nelle scorse settimane i concorrenti della gara hanno formalizzato un quesito per chiarire l'offerta economica chiedendo di aggiornare, in aumento, il costo del carburante;
   la regione, nella risposta, ha replicato dicendo che si impegnava ad aumentare l'utile della compagnia solo dopo il primo semestre;
   a quel punto è scattata la decisione di Alitalia di non partecipare con quella che appare all'interpellante una strategia molto chiara, che porterebbe a preferire la trattativa privata per conseguire ulteriori guadagni;
   a giudizio dell'interpellante quel carteggio è sintomatico di un'operazione ben studiata;
   il tutto è dimostrato dal quesito posto al servizio per il trasporto marittimo e aereo e della continuità territoriale sulle procedure di gara d'appalto per gli oneri di servizio pubblico ai sensi dell'articolo 16 paragrafi 9 e 10, e articolo 17 del regolamento (CE) 1008/2008;
   nel documento «Risposte ai quesiti (Faq)» del 30 giugno 2017 si leggono il seguente quesito e la relativa risposta:
    «Domanda 6: Si evidenzia come la quotazione media del jet fuel (dicembre 2016-maggio 2017) FOB MED è pari a 492,01 $/tonnellata che al cambio euro/usd BCE giornaliero medio del periodo (1,071) è pari a 459,39 euro/tonnellata metrica, mentre la quotazione con cui è stato fatto il dimensionamento del servizio (e la relativa articolazione delle tariffe), come indicata all'articolo 3.3.5 dell'Allegato Tecnico al decreto ministeriale 91 del 23 marzo 2017, è pari a 358,5598 euro/tonnellata metrica; ciò comporta un peggioramento del risultato stimato in fase di elaborazione del bando poiché, a fronte di un intervenuto ed attuale peggioramento del costo del jet fuel, le tariffe previste dal decreto ministeriale resteranno invariate almeno per la prima stagione aeronautica di servizio e comunque fino alla prima delle verifiche semestrali delle variazioni del costo del carburante. Si richiede a codesta spettabile Stazione Appaltante se non si possa prevedere un adeguamento delle summenzionate tariffe già dall'inizio della prossima stagione invernale IATA 2017-2018 (avvio del nuovo regime di continuità territoriale);
    Risposta 6: Al riguardo si richiama il punto 3.3.5. dell'allegato tecnico al decreto ministeriale n. 91/2017 e successive modificazioni e integrazioni il quale prevede che “Le tariffe ed i tetti tariffari sopra indicati verranno aggiornati secondo le seguenti scadenze e modalità: a) [omissis] b) ogni semestre, a partire dall'inizio della stagione aeronautica successiva all'entrata in vigore dei presenti oneri, in caso di variazione percentualmente superiore al 5 per cento, della media semestrale del costo del carburante, espresso in euro, rispetto al costo del carburante preso a riferimento in occasione dell'ultimo aggiornamento effettuato. Al momento di procedere con il primo aggiornamento la valutazione verrà eseguita rispetto alla quotazione jet fuel – poco oltre riportata – con cui è stato dimensionato il collegamento. Le tariffe devono essere modificate percentualmente rispetto alla variazione rilevata, in proporzione all'incidenza del costo del carburante sul totale dei costi per ora di volo che, per le rotte oggetto della presente imposizione è attualmente pari al 13 per cento. [...]”. Dalla formulazione della norma sopra richiamata, e fatte salve eventuali modifiche del decreto in parola, il suddetto adeguamento potrà avvenire solamente dalla stagione aeronautica successiva all'entrata in vigore degli oneri imposti» –:
   se non ritenga di doversi adoperare, per quanto di competenza, per assicurare le piena legittimità delle procedure di assegnazione delle rotte richiamate, assumendo iniziative in ogni sede utile per evitare l'eventuale affidamento a trattativa privata del servizio di continuità territoriale.
(2-01885) «Pili».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI e BASILIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 (Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) prevede il riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare;
   all'articolo 11 del suddetto decreto, che reca disposizioni concernenti altre attività del Corpo forestale dello Stato, è stabilito che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali provvede altresì alle attività di: rappresentanza e tutela degli interessi forestali nazionali in sede europea e internazionale e raccordo con le politiche forestali regionali; certificazione in materia di commercio internazionale e di detenzione di esemplari di fauna e di flora minacciati di estinzione, di cui all'articolo 8-quinquies, comma 3-quinquies, della legge 7 febbraio 1992, n. 150, tramite le unità specializzate dell'Arma dei carabinieri; tenuta dell'elenco degli alberi monumentali e rilascio del parere di cui all'articolo 7, commi 2 e 4, della legge 14 gennaio 2013, n. 10; inoltre, il suddetto Ministero provvede all'esercizio delle attività di cui al comma 1, con il personale trasferito ai sensi dell'articolo 12, comma 1, ultimo periodo del medesimo decreto;
   a tal fine, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare ai sensi dell'articolo 2, comma 10-ter, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è adeguata la struttura organizzativa del predetto Ministero;
   altresì, all'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, si prevedono una serie di funzioni che devono essere svolte dall'Arma dei Carabinieri: in particolare, le attività di studio connesse alle competenze trasferite con particolare riferimento alla rilevazione qualitativa e quantitativa delle risorse forestali, anche al fine della costituzione dell'inventario forestale nazionale, al monitoraggio sullo stato fitosanitario delle foreste, ai controlli sul livello di inquinamento degli ecosistemi forestali, al monitoraggio del territorio in genere con raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati, anche relativi alle aree percorse dal fuoco –:
   in assenza dell'adozione del succitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in che modo il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali stia operando per rappresentare gli interessi nazionali in materia di tutela delle foreste in sede europea e internazionale, per svolgere le attività di certificazione in materia di commercio internazionale e di detenzione di esemplari di fauna e di flora minacciati di estinzione (CITES) e per la tenuta dell'elenco degli alberi monumentali e per il rilascio dei pareri ai sensi dell'articolo 7 della legge 14 gennaio 2013, n. 10;
   se l'Arma dei carabinieri stia attualmente svolgendo le attività di studio e di rilevazione qualitativa e quantitativa delle risorse forestali, di cui in premessa;
   quando verrà adottato il suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e quali siano le ragioni dell'attuale mancata adozione. (5-11792)


   LABRIOLA, CATANOSO, CAUSIN, GARNERO SANTANCHÈ, LABOCCETTA, LAFFRANCO, LONGO, PALMIZIO, POLIDORI, ROTONDI e SECCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   agli inizi del febbraio 2015 il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha approvato la nomina di Tito Boeri a presidente dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, a seguito dei pareri favorevoli espressi dalle Commissioni parlamentari competenti;
   la nomina alla guida dell'Istituto si era resa necessaria dopo le dimissioni di Antonio Mastrapasqua e dopo un periodo con la nomina di due Commissari straordinari: Vittorio Conti, dal 12 febbraio 2014, e Tiziano Treu, dal 10 ottobre 2014;
   già durante la discussione alla Camera dei deputati in commissione lavoro in merito alla proposta di nomina del professor Tito Boeri a presidente dell'Istituto nazionale della previdenza sociale sia il relatore di maggioranza, che quello di minoranza avevano evidenziato come il suo curriculum, ineccepibile sotto il profilo accademico e scientifico, era carente a sensi dei requisiti di legge previsti per la specifica capacità manageriale e alla qualificata esperienza del candidato nell'esercizio di funzioni attinenti al settore operativo dell'Inps;
   a causa, di quella che gli interroganti giudicano come vera e propria incompetenza, numerosi sono i casi evidenti di inefficienza e mala gestione dell'istituto;
   in relazione alla riorganizzazione dell'istituto, sono state e effettuate due promozioni a dirigente generale, di cui una relativa al capo della segreteria del presidente, che è stato posto a capo di una direzione centrale di nuova denominazione che ha accorpato gli uffici di quattro strutture rette da dirigenti di seconda fascia; l'altra nomina riguarda l'ex direttore generale dell'Enpals, amico di vecchia data di Boeri fin dai tempi in cui Massimo Antichi era redattore del «lavoce.info». Su queste due nomine a dirigente generale risulta una segnalazione alla Corte dei conti da parte del Collegio dei sindaci dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;
   a fronte di gravissime carenze di personale in organico e considerata l'elevata età media dello stesso (55 anni) ed in presenza di autorizzazione ministeriale ad assumere, nulla è stato fatto per procedere a far scorrere le graduatorie di concorsi ancora valide o bandirne di nuovi;
   il sistema informatico dell'Inps, con la gestione Boeri, è a quanto consta agli interroganti gradualmente andato in crisi, con l'utilizzazione di programmi spesso obsoleti, che non rispondono alle necessità delle nuove attività che l'istituto è tenuto a svolgere e la cui manutenzione ed aggiornamento richiede tempi enormi, oltre al fatto le attività informatiche vengono svolte da funzionari informatici di ditte appaltatrici esterne all'istituto;
   senza precedenti storici, poi, i ritardi nell'erogazione delle pensioni, soprattutto quelle dei dipendenti pubblici, 5/6 mesi, e ritardi anche nella liquidazione di prestazioni come disoccupazione e cassa integrazione;
   per la prima volta nella sto dell'istituto, il CIV non ha approvato il bilancio preventivo per l'anno 2017 predisposto dal presidente, bilancio poi approvato dai Ministeri vigilanti;
   Boeri scelse come direttore e generale il dottor Cioffi, anch'egli senza i necessari requisiti di competenza richiesti dalla normativa vigente, per la prima volta nella storia dell'istituto non scelto tra i dirigenti dell'Istituto medesimo;
   Cioffi è stato indagato per mancati versamenti di milioni di euro di contributi all'Inps quando era ancora capo del personale all'Enel ed a causa di ciò si è dimesso dalla carica di direttore generale dell'Inps il 22 novembre 2016;
   la riorganizzazione dell'Inps, che avrebbe dovuto ridurre il numero dei dirigenti generali, dopo una lunghissima gestazione che ha causato gravi danni nell'operatività dell'ente, ha visto una riduzione dei dirigenti solo perché andati in pensione, per il resto non c’è stata alcuna diminuzione;
   nel giugno 2016 l'Istituto nazionale della previdenza sociale ha inviato ad un gran numero di lavoratori italiani la «Busta arancione»;
   scopo della «busta» sarebbe stata quella di rendere tutti i cittadini più consapevoli sul proprio futuro pensionistico ma la manovra ideata dal presidente dell'istituto sembrerebbe orientata per gli interroganti a dirottare, soprattutto i più giovani, verso scelte previdenziali private a favore di banche ed istituti di credito;
   come denunciato dal quotidiano «Libero», Boeri avrebbe pensato di utilizzare Palazzo Wedekind, di proprietà dell'ente, come sede dei propri uffici, anziché affittare i locali, perdendo circa 600 mila euro l'anno o tre ai 3 milioni di euro per la sede de «Il Tempo» –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di verificare l'attività svolta dal presidente dell'Inps nello svolgimento delle sue funzioni, assumendo, ove ne ricorrano i presupposti, le conseguenti iniziative di competenza. (5-11794)


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   si legge sul portale web di informazione legale «La Legge Per Tutti»: «L'incostituzionalità della nuova Agenzia delle entrate-riscossione»; «Agenzia delle entrate-riscossione: il controllore è anche il controllato»;
   è noto che a riscuotere le tasse degli italiani non sarà più Equitalia bensì l'Aer, ossia Agenzia delle entrate-riscossione. Il nuovo direttore di Aer è Ernesto Maria Ruffini, ossia lo stesso soggetto che, fino ad oggi, ha diretto Equitalia. Ma ciò che allarma è che Ruffini è stato nominato a dirigere anche l'Agenzia delle entrate; pertanto, siccome Aer è un ente sottoposto alla vigilanza dell'Agenzia delle entrate, come stabilisce il decreto fiscale che l'ha istituita, ne consegue che controllato e controllore sono la stessa persona. Il che appare evidentemente di dubbia legittimità e dà luogo ad un sistema oltremodo distorto;
   nello statuto di Aer si legge che «I rapporti con l'Agenzia delle entrate per la condivisione delle banche dati sui contribuenti» sono regolati con accordi tra le parti, sicché sarà sempre Ruffini a concludere contratti con sé stesso, da un lato «firmando le richieste» in qualità di direttore di Aer, dall'altro dando le autorizzazioni in qualità di direttore dell'Agenzia delle entrate;
   altro aspetto inquietante di questo passaggio riguarda invece il personale, che è lo stesso che prima era stato assunto in Equitalia a chiamata diretta – come sempre avviene nelle società private – e che ora transita in un ente pubblico, quale è Aer, senza un concorso che invece, per Costituzione, è necessario per l'accesso alle cariche pubbliche. Sul punto, non è solo una questione di controllo sulle competenze, ma anche di rispetto per quelle migliaia di giovani che stanno aspettando da anni un bando nel settore;
   si delineano, due ulteriori tipi di problemi: il primo è quello di nomine presumibilmente illegittime perché in contrasto con la Costituzione, ossia con l'obbligo di un concorso, che, nel futuro, qualche giudice potrebbe dichiarare incostituzionali con conseguente invalidità di tutte le cartelle firmate da queste persone;
   il secondo problema è quello dei mandati processuali: infatti, Aer si costituirà in tutti i ricorsi intentati sinora contro Equitalia e a firmare il mandato agli avvocati sarà personale divenuto dirigente di un ente pubblico senza una nomina valida, senza concorso; pertanto, le procure processuali sarebbero illegittime e così anche la costituzione in giudizio di Aer. Tra l'altro, se il fisco perde la causa a pagare sono sempre i contribuenti;
   ulteriore paradosso è che passando da un soggetto privato a un ente pubblico non vi sarebbe più ragione di mantenere in vita l'aggio, ossia la percentuale sulla riscossione riconosciuta prima ad Equitalia per la sua attività; invece, questa è l'unica cosa che è rimasta come era prima;
   tali irregolarità si vanno ad inserire nell'ambito del sistema della macchina fiscale, già danneggiato dalle note nomine illegittime per l'esercizio delle funzioni dirigenziali;
   inoltre, si evidenzia l'inopportunità di regolare i rapporti tra Aer e Agenzia delle entrate come esposto, considerando le diverse prerogative dei due enti. Si pensi che trattandosi di un ente che gravita nell'area dell'amministrazione finanziaria, l'Aer acquisirà una serie di attribuzioni tipiche dell'Agenzia delle entrate, come l'accesso alle banche dati sui rapporti di lavoro, sulle pensioni e sui conti correnti. Il tutto per colpire immediatamente redditi e beni da pignorare dei cittadini –:
   quali iniziative di competenza intendano assumere per porre rimedio ai profili di dubbia legittimità esposti in premessa conseguenti alla costituzione di Aer e alla nomina di Ruffini come direttore dell'Agenzia delle entrate, nomina peraltro già oggetto di rilievi da parte della Corte dei conti. (5-11834)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come riportano in queste ore numerosi organi di informazione l'Italia è stretta dalla morsa degli incendi acuita dal grave periodo di siccità e dall'ondata di calore che interessa la Penisola;
   numerosi roghi, alcuni di origine dolosa, stanno mettendo a dura prova il Centro e il Sud d'Italia. Dal 10 luglio 2017 equipaggi di Canadair ed elicotteri della flotta aerea dello Stato coordinati dal dipartimento della protezione civile, a supporto delle operazioni svolte dalle squadre di terra, hanno ripreso le operazioni di spegnimento dei tanti incendi boschivi. Numerose in queste ore sono state le richieste di concorso aereo ricevute dal centro operativo aereo unificato del citato dipartimento: dalla Campania, dalla Basilicata, dalla Sicilia, dalla Puglia, dall'Abruzzo e dalla Calabria;
   particolarmente critica è la situazione del suggestivo parco nazionale del Vesuvio: un fronte del fuoco di due chilometri e un'intera e popolosa parte di provincia napoletana è in pericolo. Sono stati, infatti, centinaia gli interventi di spegnimento di incendi, in tutta la Campania, e quasi un migliaio dall'inizio del mese di luglio. Ed altre situazioni critiche si stanno verificando anche in Sicilia, Lazio e in altre regioni;
   nel parco nazionale del Vesuvio la presenza di più focolai rende evidente, come denuncia anche il presidente del parco Agostino Casillo, la pressoché certa natura dolosa dei roghi;
   nei casi più gravi è possibile configurare il nuovo reato di «disastro ambientale» introdotto dalla legge 68 del 2015 sugli ecoreati –:
   se il Governo intenda assumere le iniziative più utili, compresa una maggiore dotazione di risorse umane e strumentali, a supporto delle operazioni di spegnimento da parte delle donne e degli uomini della protezione civile, dei vigili del fuoco e delle forze dell'ordine impegnati sul campo; data l'evidente origine «criminale» di molti incendi, se non intendano attuare un piano straordinario di controllo del territorio al fine di prevenire e contrastare gli incendi dolosi che, devastando aree dall'alto valore ambientale e paesaggistico, distruggono il nostro futuro. (4-17271)


   PELLEGRINO, GIANCARLO GIORDANO, MARCON, PLACIDO, PALAZZOTTO, FASSINA, GREGORI, PANNARALE e COSTANTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli incendi stanno aggredendo come mai prima l'intero territorio italiano in particolare in Campania, Lazio, Puglia e Sicilia, bruciando migliaia di ettari di boschi e macchia mediterranea, mettendo in grave situazione di rischio persone e attività commerciali e turistiche;
   tale situazione disastrosa è dovuta, in particolare a quattro questioni fondamentali:
    a) lo smembramento del Corpo forestale italiano (ora nei carabinieri), l'impoverimento di risorse umane ed economiche destinate a questo settore, il passaggio di competenze alla protezione civile che ha di fatto derubricato, la questione degli incendi alla gestione dell'emergenza, l'atteggiamento della politica nazionale e regionale, attività essenziali e strategiche di prevenzione;
    b) i cambiamenti climatici in atto hanno cambiato e cambieranno il clima in particolare nel sud Italia verso il semidesertico, tipico dell'Africa mediterranea. I primi segnali sono visibili con la straordinaria siccità che sta colpendo l'Italia, oltre che con le sempre più frequenti ondate di caldo torrido, e questo ha una diretta conseguenza sugli incendi che probabilmente diventeranno sempre più frequenti e violenti;
    c) la legge quadro in materia di prevenzione e contrasto agli incendi, legge 21 novembre 2000, n. 353, obbliga, tra l'altro, i comuni a censire annualmente i terreni percorsi dal fuoco attraverso un apposito catasto, in modo da applicare con esattezza i vincoli del caso, che vanno dal divieto di modificare la destinazione d'uso dell'area per 15 anni, all'impossibilità di realizzare edifici ed esercitare la caccia o la pastorizia, per un periodo di dieci anni. Senza questo strumento indispensabile, che serve a reprimere usi impropri e illegittimi, chiunque abbia il minimo interesse, non può esercitarlo; si interromperebbe così questo criminale metodo di «pulizia» di terreni in vario modo oggetto di attenzioni. Ad oggi, per quanto di conoscenza degli interroganti, la normativa citata è come tante leggi o inapplicata o insufficientemente applicata dai comuni;
    d) l'insufficienza della dotazione di aeromobili antincendio;
   attuare integralmente quanto previsto dalla legge 21 novembre 2000, n. 353, sarebbe un ottimo strumento contro gli incendi dolosi che rappresentano ad oggi quasi la totalità delle cause scatenanti;
   è necessario intervenire in materia di prevenzione e contrasto degli incendi boschivi con interventi immediati ed efficaci –:
   quale sia lo stato di attuazione delle disposizioni e delle attività previste dalla legge quadro 21 novembre 2000, n. 353;
   quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, a sostegno di una efficace azione continuativa di prevenzione degli incendi, in particolare attraverso la pulizia dei boschi e delle aree sia cittadine che rurali a rischio;
   quali iniziative di competenza intendano avviare, di concerto con regioni e comuni, al fine di una sempre migliore formazione nel settore e di una maggiore efficacia degli interventi, tenuto conto della crescente gravità degli incendi boschivi, anche in considerazione dei cambiamenti climatici;
   se non ritengano necessario assumere iniziative per affrontare la questione strutturale delle carenze di organico nei soggetti istituzionali che devono attuare gli interventi di prevenzione e di contrasto degli incendi, in particolare le comunità montane e il corpo dei vigili del fuoco, prevedendo stanziamenti congrui finalizzati a nuove assunzioni;
   se non ritengano necessario assumere iniziative per dotare il personale addetto al controllo di aree boschive e di pregio nei parchi nazionali, regionali e comunali di moderni mezzi quali strumenti di video sorveglianza o droni in grado di consentire una maggiore efficacia nei controlli delle citate aree;
   se non ritengano necessario assumere iniziative per aumentare la dotazione degli aerei antincendio, anche attraverso la riduzione degli impegni finanziari per l'acquisto degli F35. (4-17278)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:


   ARCHI e LAFFRANCO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la disciplina in materia di riconoscimento della validità della patente italiana all'estero, secondo fonti ufficiali del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, prevede che, per guidare all'estero, i cittadini italiani sono soggetti a regole differenti a seconda che si rechino, per periodi di breve soggiorno o per stabilirvi la propria residenza, in:
    a) Paesi appartenenti all'Unione europea;
    b) Paesi extra Unione europea firmatari di accordi di reciprocità con l'Italia in materia di conversione di patenti di guida;
    c) Paesi extra Unione europea non firmatari di accordi di reciprocità con l'Italia;
   con riferimento all'ultima categoria, si afferma che in questi Paesi non è possibile né riconoscere né convertire la patente italiana di guida, per cui «È opportuno prendere tempestivo contatto con la Rappresentanza diplomatico-consolare italiana nel luogo ove si desidera guidare, o con la Rappresentanza estera in Italia del Paese straniero, per conoscere quali siano i documenti necessari e la normativa vigente in materia. I titolari di patente italiana residenti o dimoranti per un periodo di almeno 6 mesi in Paesi extra UE possono ottenere presso le competenti Autorità diplomatico-consolari italiane la conferma della validità della loro patente italiana, scaduta da non più di tre anni e non rientrante nei casi previsti all'articolo 119, commi 2-bis e 4 del Codice della Strada (patenti di conducenti affetti da diabete o la cui idoneità psicofisica deve essere certificata da apposite commissioni mediche) (...)»;
   secondo quanto riportato sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la patente italiana è di per sé sufficiente — senza alcun permesso internazionale — per guidare all'estero in tutti gli Stati europei, in Algeria e in Turchia, mentre nell'ambito dell'elenco degli Stati per cui è possibile la conversione della patente non risultano gli Stati Uniti, se non per alcune specifiche categorie di cittadini (personale diplomatico e consolare e loro familiari), rendendosi necessario per i cittadini munirsi anche della patente internazionale –:
   se il Governo intenda verificare i fatti esposti in premessa e intraprendere, per quanto di competenza, le opportune iniziative al fine di intavolare confronti finalizzati alla conclusione di un accordo di reciprocità con gli Stati Uniti che permetta il riconoscimento della patente conseguita in Italia anche nel suddetto Paese.
(5-11826)


   QUARTAPELLE PROCOPIO e SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è il quarto Paese di destinazione dell’export turco ed il quinto Paese fornitore, secondo in Europa alla sola Germania;
   da decenni, Italia e Turchia aderiscono alla Nato, nonché partecipano ad una rilevante istituzione sovranazionale come il Consiglio d'Europa;
   l'Accordo di associazione Unione europea-Turchia è stato firmato nel 1963, ma i negoziati di adesione, per i continui rinvii della Commissione, il veto di qualche Paese membro e il deterioramento della situazione politica, sono di fatto interrotti;
   nelle ultime settimane la situazione è venuta ulteriormente deteriorandosi dopo l'arresto di diversi membri del Parlamento appartamenti al Partito democratico dei popoli, l'Hdp, e con la condanna a 25 anni e il conseguente arresto, il 15 giugno scorso, di Enis Berberoğlu, deputato e vicepresidente del Partito Popolare Repubblicano, principale partito di opposizione del Paese, il laico CHP, accusato di aver fornito al quotidiano di opposizione Cumhuriyet, documentazione video sulla consegna di armi da parte dell’intelligence turca ai ribelli jihadisti anti Assad;
   questo arresto ha suscitato indignazione nel CHP e nella società civile turca. Il segretario del CHP Kilicdaroglu si è posto alla testa di una marcia non violenta come gesto di disobbedienza civile per la libertà, la tutela dei diritti civili e il ripristino dello Stato di diritto. La marcia partita da Ankara con poche migliaia di persone è giunta il 9 luglio dopo 25 giorni a Istanbul dove, in prossimità del luogo di detenzione del deputato del CHP, si è tenuto un comizio con circa un milione di persone;
   ci sono altri arresti ancora che suscitano preoccupazione e allarme nell'opinione pubblica internazionale, come quello del giudice turco presso l'Onu, Aydin Sedaf Akay, che sebbene sia protetto da immunità diplomatica, rischia una condanna di 15 anni, e degli oltre 230 giornalisti in stato di arresto a partire dal fallito golpe dello scorso luglio;
   a tale proposito e in prossimità del primo anniversario proprio del fallito colpo di Stato, il Governo di Ankara intenderebbe celebrare la ricorrenza, forte anche del risultato del contestato referendum costituzionale, cercando una palese legittimazione internazionale –:
   quali iniziative intenda adottare al fine di monitorare le iniziative bilaterali e multilaterali del Governo turco, cooperando affinché siano garantiti, attraverso un ruolo attivo della comunità internazionale e in primis dell'Unione europea, i diritti dei cittadini, delle minoranze e delle opposizioni parlamentari, anche con riferimento alle possibili celebrazioni del 15 luglio 2017. (5-11827)


   CIMBRO, MARTELLI, PIRAS, SCOTTO e SPERANZA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 luglio 2017, nel corso della 69esima assemblea di Confartigianato Brescia, l'ex Ministra degli esteri, Emma Bonino, ha dichiarato con riferimento al fenomeno migratorio che: «All'inizio non ci siamo resi conto che era un problema strutturale e non di una sola estate. E ci siamo fatti male da soli. Siamo stati noi a chiedere che gli sbarchi avvenissero tutti in Italia, anche violando Dublino»;
   queste dichiarazioni hanno suscitato un notevole dibattito, tant’è che, dopo due giorni, l'ex Ministra, in particolare replicando all'ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il quale aveva risposto: «È colpa di Dublino, non abbiamo deciso noi di spalancare le porte», ha specificato: «è verissimo che il regolamento di Dublino parla dei Paesi di primo approdo ma quello che semplicemente sostengo e soprattutto sostiene il diritto internazionale del mare, è che se un migrante sale su una nave battente bandiera francese, per esempio, lo Stato da considerarsi di primo approdo del migrante stesso è la Francia. E, quindi, le navi europee che fanno parte di Triton e adesso di Sophia, che battono bandiera di uno Stato europeo, sono parte integrante di quello Stato, sicché se un emigrante o un rifugiato viene salvato e preso su una nave francese, deve ritenersi approdato in Francia come Stato di primo approdo. È questo che sostiene il combinato disposto del Regolamento di Dublino del diritto internazionale del mare, mentre per ragioni che non so quali siano, probabilmente di negoziato, perché tutto si negozia in Europa, il protocollo applicativo prevede che il coordinamento è fatto dall'Italia e che tutti gli sbarchi devono avvenire in Italia»;
   ad opinione degli interroganti le parole pronunciate dall'ex Ministra meriterebbero un serio approfondimento anche per fare chiarezza su come si sia arrivati alla missione Triton, e poi successivamente Sophia, e quindi al superamento della missione italiana nel mediterraneo Mare Nostrum;
   alla luce di quanto qui riportato, si auspica che possa presto essere fatta chiarezza sui contenuti negoziali concernenti l'avvio della missione Triton e su eventuali accordi informali sull'accoglienza dei migranti da parte dell'Italia in cambio di flessibilità sul bilancio –:
   quali siano le iniziative intraprese dal Governo, nelle opportune sedi internazionali e regionali, per la gestione del fenomeno migratorio, anche in riferimento al rispetto del diritto internazionale.
   (5-11828)


   PALAZZOTTO, FASSINA, MARCON, ANDREA MAESTRI, PAGLIA e COSTANTINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   122 Paesi membri dell'ONU hanno appena sottoscritto il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari che costituisce impulso giuridico, politico, morale e culturale nella direzione del disarmo nucleare;
   la società civile a livello internazionale è stato l'agente determinante che ha consentito di raggiungere questo obiettivo, prendendo parte attivamente ai negoziati;
   ai negoziati non hanno partecipato 70 Paesi e, tra questi, tutte le potenze nucleari e i Paesi aderenti alla Nato, con l'eccezione dell'Olanda, che però ha espresso l'unico voto contrario;
   il trattato non è detto, tuttavia, che produca risultati concreti. Dal 1970, quando entrò in vigore il Trattato di non proliferazione, gli ordigni nucleari sono passati da 30 mila a 70 mila e negli anni ’80 ci fu una grande corsa al riarmo nucleare;
   Norberto Bobbio, evocando l'inesistenza di un ruolo dell'Onu durante la Guerra Fredda, diede ad un suo libro di saggi sul disarmo il titolo «Il terzo assente»;
   da Bush senior in poi l'Onu è stata messa «fuori gioco», emarginata a favore dell'unilateralismo, della Nato e dell'instabile gioco delle grandi potenze;
   anche il Trattato dell'Onu sul commercio delle armi, entrato in vigore tre anni fa, non ha impedito all'Italia di violare la legge n. 185 del 1990 e di vendere armi all'Arabia Saudita (in guerra in Yemen) e al Qatar (sostenitore del terrorismo);
   l'Italia non ha partecipato ai negoziati, assecondando le decisioni prese dalla Nato;
   in questi decenni, i Governi italiani si sono sempre rifiutati di fornire qualsivoglia informazione sugli ordigni nucleari presenti in Italia. Tutti sanno che ci sono missili nucleari nei depositi di Aviano e di Ghedi, pronti per essere montati sui caccia americani, ma tutti negano;
   a fine luglio 2017 Camera e Senato dovrebbero votare mozioni che chiedono al Governo a non dare la disponibilità ad installare sugli F35 i «mini ordigni» nucleari, detti B61;
   è indispensabile che anche l'Italia sottoscriva, ratifichi e si faccia parte proattiva per il rispetto del Trattato;
   servirebbe quella che Carlo Cassola definì, nel 1983, una vera «rivoluzione disarmista», però concreta, fatta di smantellamento degli arsenali e di riduzione delle spese militari che ammontano nel mondo, ogni anno, a 1.700 miliardi di dollari –:
   se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza per sottoscrivere, ratificare e attuare il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, chiarendo le ragioni per le quali non ha partecipato al negoziato e le azioni che intende intraprendere sul disarmo nucleare. (5-11829)

Interrogazione a risposta scritta:


   FITZGERALD NISSOLI, ARCHI, BERGAMINI, BIANCOFIORE, LABRIOLA, LAFFRANCO, ELVIRA SAVINO, SECCO e VELLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nel 2016 sono cambiate le regole concernenti il visto «A2» concesso dagli Usa che interessa gli impiegati a contratto italiani non in possesso di permesso di soggiorno;
   in base a tale cambiamento tali impiegati a contratto potranno risiedere sul territorio degli Stati Uniti d'America per non più di 5 anni, passati i quali i visti non saranno più rinnovati;
   il 27 giugno 2017 è stato organizzato, presso l'ambasciata italiana in USA, un incontro con funzionari dello U.S. Citizenship and Immigration Services (USCIS) e del dipartimento di Homeland Security (DHS) sulla tematica dei visti «A2» per il personale italiano a contratto in servizio presso gli uffici della rete diplomatico-consolare negli Stati Uniti. In tale occasione, i funzionari americani hanno spiegato le tre vie da seguire per ottenere la « green card»;
   tali spiegazioni, tuttavia, non hanno risolto il problema, poiché i 20 contrattisti italiani non sono nelle condizioni che vengono richieste dalle modalità per ottenere la « green card»;
   urge, pertanto, un intervento del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale presso le competenti autorità americane per una soluzione diplomatica del caso –:
   come il Ministro interrogato abbia intenzione di farsi carico delle esigenze degli impiegati a contratto italiani negli USA affinché essi possano continuare a svolgere il loro servizio, essenziale per la rete diplomatico-consolare, in condizioni ambientali ottimali. (4-17272)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'8 luglio 2017 si è scatenato l'incendio divampato all'interno della riserva Tirone Alto Vesuvio, area naturale protetta della Campania, facente parte del parco nazionale del Vesuvio;
   la riserva si estende per circa 1005 ettari, ospita un bosco misto di querce centenarie e pini mediterranei su lave dell'ottocento (e anche più antiche) ed accoglie roditori, lagomorfi, carnivori nonché rettili e anfibi;
   l'incendio ha raggiunto oggi (11 luglio 2017) il Colle del Salvatore, lambendo da vicino la sede dell'Osservatorio vesuviano;
   di origine quasi sicuramente dolosa, il focolaio ha preso vigore nel tardo pomeriggio, mal affrontato e mal spento, ed ha raggiunto il cuore del parco, distruggendo ettari di un patrimonio naturalistico unico al mondo;
   le fiamme appiccate hanno raggiunto dimensioni e forza distruttiva sicuramente evitabili, ma l'incuria con cui viene da anni tenuto il bosco e l'inefficienza e inefficacia delle azioni di pronto intervento hanno aggravato notevolmente la situazione;
   il presidente del parco, Agostino Casillo, ha puntato il dito contro l'azione della camorra e proposto l'intervento l'azione dell'esercito, ma, a giudizio dell'interrogante, chiamare in causa la criminalità e richiedere l'adozione dell'esercito hanno solo l'effetto di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dalle vere cause del disastro, ovvero: 1) la pessima manutenzione dell'area; nel bosco in cui si è sviluppato l'incendio è presente un sottobosco totalmente tappezzato di rami secchi, ammonticchiati gli uni sugli altri, alberi secchi caduti e appoggiati su alberi in vegetazione, fogliame altamente infiammabile e altri rami non potati nella chioma inferiore degli alberi; 2) gli interventi dal cielo di elicotteri e CanadAir, senza il coordinamento con le squadre di terra, risultano insufficienti e permettono al fuoco di riprendere pian piano vigore; 3) è mancata nell'area del parco la presenza di una squadra disponibile h24 per garantire l'indispensabile conoscenza dei luoghi, sconosciuta a chi proviene dall'esterno –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per evitare il riproporsi di una dinamica simile e per assicurare che l'area del parco nazionale del Vesuvio, ed in particolare quella della riserva Tirone Alto Vesuvio, abbiano standard di manutenzione e messa in sicurezza accettabili; se non intenda assumere le iniziative di competenze per riorganizzare le unità di soccorso, spegnimento e pronto intervento, sia di terra che di aria, nel segno della massima efficienza e della massima efficacia. (5-11796)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   continuano a bruciare le aree verdi della provincia di Salerno e, in particolare, del territorio di Cava de’ Tirreni, Nocera Superiore, Corbara, Valle dell'Irno, Vallo di Diano e Cilento;
   dopo il grosso rogo che ha interessato il parco Diecimare e che ha visto impegnate per due giorni le squadre della protezione civile, altri incendi hanno interessato le periferie dei territori salernitani;
   da quanto si apprende da fonti di stampa, c’è una situazione di grande allerta sulla quale si sta cercando di fare luce, considerato che nella maggioranza dei casi si immagina che le cause dei roghi siano di origine dolosa;
   anche al valico di Chiunzi la situazione è particolarmente allarmante; in tre giorni l'incendio partito sulla strada provinciale 2 ha bruciato a macchia di leopardo i fianchi di tre cime dei Monti Lattari; anche in questo caso si tratterebbe di un incendio doloso; sul posto, infatti, è stato trovato un innesco chimico;
   occorre, a parere dell'interrogante, un intervento immediato delle istituzioni, dai comuni alla regione Campania, rispetto ad un fenomeno che, purtroppo da tempo, sta devastando il territorio –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire la sicurezza del territorio della provincia di Salerno, che sta vivendo una grave emergenza incendi.
(4-17269)


   BORGHESI, GUIDESI e GRIMOLDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo la Convenzione di Washington, sottoscritta il 3 marzo 1973, recepita dall'Italia con legge 19 dicembre 1975, n. 874, si prevede la stringente regolazione del commercio, dell'importazione, dell'esportazione, della detenzione di specie minacciate a livello globale;
   secondo la Convenzione di Berna del 19 settembre 1979 e ratificata dall'Italia con legge 5 agosto 1981 n. 503, nell'allegato II si prevede la protezione e divieto di cattura, uccisione, detenzione e commercio del lupo;
   secondo la direttiva «Habitat» 21 maggio 1992, Conservazione degli habitat naturali e seminaturali della flora e della fauna selvatiche (92/43/CEE), recepita dall'Italia con il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e che inserisce il lupo nell'allegato D, si proibisce la cattura, l'uccisione, il disturbo, la detenzione, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione del lupo;
   il lupo negli ultimi decenni ha portato a riconoscere la specie in uno stato di conservazione soddisfacente rispetto ai parametri propri della direttiva « habitat», e a migliorare la sua classificazione da «minacciata» a «vulnerabile» nella classificazione della lista rossa IUCN;
   sono in continuo aumento, soprattutto nella zona appenninica ed alpina, gli attacchi da parte di lupi e ibridi ai capi di bestiame facendo registrare ingenti danni ad agricoltori ed allevatori fino a determinarne in taluni casi la chiusura di comparti produttivi;
   i danni causati all'agricoltura ed alla zootecnia dagli animali selvatici hanno assunto dimensioni rilevanti in tutta la penisola e l'incremento della frequenza di questi attacchi sta causando un inasprimento della tensione sociale che ha bisogno di risposte urgenti da parte delle istituzioni e del Governo, a partire da misure preventive e di contrasto –:
   se intenda chiarire, previo censimento ufficiale, il numero esatto dei lupi ed ibridi presenti sul territorio nazionale;
   quali iniziative urgenti intenda assumere per garantire un giusto equilibrio tra la presenza del lupo e quella degli allevatori, salvaguardando, al tempo stesso, le attività che producono reddito per le comunità locali e la biodiversità;
   quante risorse economiche si intendano destinare a sostegno delle imprese agricole zootecniche che sono chiamate a convivere con la specie. (4-17273)


   RICCIATTI, ZARATTI, KRONBICHLER, FRANCO BORDO, FOLINO, NICCHI, MURER, FOSSATI, SCOTTO, PIRAS e QUARANTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   Api raffineria di Ancona spa è una azienda petrolifera attiva nel territorio di Falconara Marittima (Ancona), comune con sito di interesse nazionale e completamente interno all'area ad alto rischio di crisi ambientale;
   nel 2015 la società petrolifera ha presentato un «Progetto di parziale adeguamento del ciclo desolforazione distillati medi per la produzione di combustibili marini a basso tenore di zolfo», sottoposto a verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   la raffineria Api è classificata come industria insalubre di prima categoria; nonostante ciò il Ministero, con il parere n. 1946 del 18 dicembre 2015 della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS e con la determina n. DVADEC-2015-485 del 23 dicembre 2015 della direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali ha ritenuto, nelle proprie valutazioni, di escludere dalla valutazione di impatto ambientale il citato progetto di nuovo impianto;
   nello studio preliminare ambientale che fa parte del progetto da sottoporre a verifica di assoggettabilità alta valutazione di impatto ambientale, al capitolo «qualità dell'aria nell'area di inserimento – rete di monitoraggio» la stessa società API raffineria evidenziava come «la percentuale minima di funzionamento richiesta dal decreto legislativo n. 155 del 2010 per poter elaborare i parametri statistici su base annuale e confrontarli con i limiti di legge, non risulta raggiunta in molti casi per inquinanti considerati» e che «le elaborazioni statistiche effettuate sono, pertanto, parzialmente rappresentative ai fini della verifica del rispetto degli SQA»;
   l'irregolare situazione rilevata dall'azienda API è stata sottolineata anche nelle osservazioni che i cittadini dell'Ondaverde Onlus inviarono al Ministero;
   la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS e la direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali del Ministero, a quanto consta agli interroganti, non espressero alcuna esigenza di accertamento né prescrizione riguardo a quella insufficiente conoscenza della qualità dell'aria a Falconara e, di fatto, fu assunta la conclusione dello studio preliminare ambientale di API raffineria secondo cui «i dati forniscono in ogni caso un quadro indicativo della situazione della qualità dell'aria relativamente agli inquinanti esaminati»;
   le tabelle del funzionamento degli analizzatori delle 3 centraline di Falconara Marittima della rete di rilevamento della qualità dell'aria sottoposte alla valutazione del Ministero dal progetto di API raffineria mostrano inequivocabilmente che la percentuale minima di funzionamento richiesta dal decreto legislativo n. 155 del 2010 non è stata raggiunta per molti parametri nel periodo dal 2009 al 2014;
   per la tipologia di attività della raffineria Api e in ragione della sua contiguità al centro abitato un «quadro indicativo della situazione della qualità dell'aria» non pare un parametro assolutamente sufficiente né accettabile;
   alla luce delle considerazioni riportate dovrebbero essere svolte analisi approfondite degli inquinanti che ricadono sulla città prima di autorizzare un nuovo impianto, al fine di salvaguardare l'interesse primario della salute dei cittadini –:
   se, in considerazione di un quadro di informazioni assolutamente parziale ed insufficiente, non si intendano assumere le iniziative di competenza per:
    a) verificare la correttezza della valutazione della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS riguardo alla sufficienza dei dati necessari alla stima delle ricadute degli inquinanti su Falconara;
    b) promuovere una indagine specifica sulle emissioni che ricadono su Falconara Marittima e sull'efficienza delle loro misurazioni volta a consentire agli organismi pubblici di controllo di operare valutazioni supportate da basi di dati rispettose dei parametri previsti dal decreto legislativo n. 155 del 2010;
    c) sospendere la valutazione di qualsiasi progetto industriale che presupponga la valutazione della qualità dell'aria dell'area di Falconara Marittima fintanto che non venga ristabilito il corretto funzionamento della rete di rilevamento della qualità dell'aria a Falconara Marittima. (4-17279)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VII Commissione:


   BECHIS, ARTINI, BALDASSARRE, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il decreto emanato dal Ministro per i beni e le attività culturali pro tempore Bondi, ha istituito il Tavolo nazionale per la promozione della musica popolare e amatoriale «Bande Musicali, Cori e Gruppi Folklorici»;
   sul territorio nazionale ci sono circa 5.500 bande musicali, 9.700 cori e 850 gruppi folklorici;
   in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia, è stato registrato, da tre gruppi di musica popolare e amatoriale, un CD «Invito all'ascolto,» presso l'Istituto centrale dei beni sonori del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e pubblicato dalla direzione generale per i beni librari e inviato agli 8107 sindaci d'Italia;
   il giorno 18 gennaio 2011 alle ore 17,30, si sono riuniti i consigli o le giunte comunali aperti, con i gruppi di musica popolare e amatoriale esistenti nei territori comunali per parlare della musica popolare e amatoriale dal 1861 ad oggi;
   il presidente del Comitato dei garanti per le celebrazioni, Giuliano Amato e il Ministro per i beni e le attività culturali pro tempore Bondi, hanno firmato il riconoscimento di interesse nazionale per le bande, le corali e i gruppi folklorici in occasione della ricorrenza del Centocinquantesimo anno dell'unità d'Italia, promosso dal Tavolo nazionale per la musica popolare presieduto da Antonio Corsi;
   il 1o dicembre 2011 non è stato rinnovato l'incarico ad Antonio Corsi interrompendo il proseguo dei lavori del suddetto tavolo;
   il 13 gennaio 2012 il capo di gabinetto del Ministro per i beni e le attività culturali ha risposto non sussistere alcun rapporto funzionale e lavorativo tra Corsi e l'amministrazione;
   il 28 febbraio 2012, presso la direzione generale dello spettacolo dal vivo, si è riunito il Tavolo nazionale, che doveva approvare un ordine del giorno nel quale si rendeva noto ai presenti quanto accaduto;
   è emersa l'esigenza di un colloquio chiarificatore con il Ministro interrogato per stabilire le sorti del Tavolo stesso ma Antonio Corsi non è stato ricevuto;
   il suddetto Tavolo è ad oggi sospeso e va considerato che 2015 comuni d'Italia e circa 10.000 associazioni di musica popolare e amatoriale continuano a richiedere notizie e documenti sull'attività del Tavolo nazionale per la musica popolare e amatoriale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei motivi che hanno portato a interrompere l'attività del suddetto Tavolo nazionale, considerato che, negli anni di lavoro 2010/2011 e in parte nel 2012 ha rappresentato una immagine positiva a favore di questa nobile arte radicata su tutto il territorio nazionale. (5-11819)


   VEZZALI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   le cronache dell'ultimo fine settimana hanno portato a riflettere sul reale stato di conservazione del nostro patrimonio architettonico, un patrimonio che necessiterebbe, al di là degli interventi nelle aree investite dal recente sisma, che sono urgenti e straordinari, di una manutenzione diffusa, costante, che viene rimandata o ritardata, a volte per mancanza di fondi, talvolta per le lungaggini burocratiche;
   all'estero quasi tutti i luoghi di culto sono a pagamento. Si è ipotizzato «il numero chiuso nelle città d'arte», ma questo potrebbe scoraggiare il turismo;
   intanto, in due diverse località italiane, si sono registrati crolli. Uno a Spoleto, per fortuna senza danni alle persone, nonostante sia in corso il Festival dei Due Mondi, l'altro in Sicilia, dove la caduta di calcinacci nella Cattedrale di Acireale, ha investito in pieno, riducendolo in gravi condizioni, un bimbo di un anno;
   il patrimonio artistico invecchia esattamente come le persone e, se per le persone esistono le cure, anche per i beni architettonici, sia pubblici, che privati, vanno stabilite delle regole e introdotti precisi protocolli da rispettare;
   il Ministro Delrio, alla luce di quanto è accaduto anche a Torre Annunziata, dove peraltro sono rimaste sepolte dalle macerie 8 vittime, ha affermato che proporrà l'obbligo del certificato di stabilità degli immobili così da coinvolgere nella catena delle responsabilità tutti gli attori interessati –:
   se intenda assumere iniziative per rendere obbligatorio un sistema di controlli e di certificazione anche per l'enorme quantità di beni architettonici e monumentali e per i luoghi pubblici di interesse artistico frequentati dai turisti e residenti e per estendere anche a questi luoghi l'obbligo del certificato di stabilità. (5-11820)


   PALMIERI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Sipicciano, piccola frazione del comune di Graffignano in provincia di Viterbo, è uno dei borghi più belli della Tuscia il cui impianto urbanistico originario si sviluppa intorno al Palazzo della famiglia Baglioni della Teverina e alla Chiesa di Santa Maria assunta in cielo, all'interno della quale si trova la cappella Baglioni;
   nell'aula magna del Palazzo baronale si trovano alcuni affreschi che Alberto Baglioni commissionò negli anni compresi tra il 1577 e il 1582 così come nella cappella Baglioni è presente un ciclo di affreschi del sec. XVI con scene della vita di San Francesco;
   nel 2012 il Palazzo baronale è stato oggetto di rilevanti opere di restauro grazie al contributo di Arcus s.p.a. che ha finanziato i lavori di restauro degli affreschi, mentre risale agli inizi degli anni ‘90 il recupero degli affreschi della cappella Baglioni operato con il sostegno della Soprintendenza per i beni culturali;
   nel 1999 l'Istituto autonomo case popolari, poi Ater, ha approvato un progetto di riqualificazione del centro storico di Sipicciano, da attuarsi mediante interventi di recupero edilizio e consolidamento strutturale, finalizzato ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, che interessava anche gli edifici di rilevanza storico-culturale quali la chiesa di Santa Maria assunta in cielo e la stessa cappella Baglioni;
   questi interventi non hanno avuto alcun seguito in quanto, successivamente, considerati non vantaggiosi dall'Ater, con la conseguenza che il borgo di Sipicciano si trova oggi in stato di abbandono e di incuria, nonché fortemente a rischio di cedimenti;
   nella malaugurata eventualità di un loro cedimento, questo provocherebbe danni incalcolabili al Palazzo baronale e alla cappella Baglioni;
   il centro storico possiede un valore culturale specifico, rappresenta un unicum nel quale sono sintetizzate la storia e le tradizioni della comunità umana che ad esso fa riferimento, che riveste carattere storico, artistico, culturale o di particolare pregio ambientale e paesaggistico –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, affinché siano garantiti i necessari interventi di salvaguardia, valorizzazione e recupero degli edifici del centro storico di notevole interesse storico-artistico e culturale di cui in premessa il cui deperimento o cedimento comporterebbe incalcolabili danni non solo per il borgo e i suoi abitanti, ma per tutto il patrimonio artistico e culturale del Paese. (5-11821)


   COSCIA, BONACCORSI, RAMPI, MANZI, MALISANI, NARDUOLO, COCCIA, ASCANI, BLAZINA, IORI, CAROCCI, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, GHIZZONI, MALPEZZI, PES, ROCCHI, SGAMBATO e VENTRICELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 220 del 14 novembre 2016 ridefinisce la disciplina relativa al cinema e all'audiovisivo;
   questa legge introduce importanti novità nel settore cinematografico:
    la definizione dei princìpi fondamentali a sostegno del cinema e dell'audiovisivo, in quanto attività di rilevante interesse pubblico;
    la modalità dell'intervento dello Stato a sostegno del settore cinematografico e la riforma, anche attraverso deleghe al Governo, di alcune disposizioni concernenti il settore;
    la promozione delle opere europee da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi, dei rapporti di lavoro nel settore, la tutela della concorrenza;
    il cuore del provvedimento è costituito dall'istituzione del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e l'audiovisivo, un virtuoso meccanismo di «autofinanziamento» della filiera produttiva che sarà incentivata ad investire;
   la legge n. 220 del 2016 conferisce alcune deleghe al Governo:
    per la riforma delle disposizioni legislative in materia di tutela dei minori nella visione di opere cinematografiche e audiovisive;
    per la riforma e la razionalizzazione delle disposizioni legislative in materia di promozione delle opere italiane ed europee da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi, lineari e non lineari;
    per la riforma delle norme in materia di rapporti di lavoro nel settore cinematografico e audiovisivo, al fine di dettare una disciplina unitaria e sistematica, semplificare e razionalizzare le procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, rafforzare le opportunità d'ingresso nel mondo del lavoro, riordinare i contratti di lavoro vigenti;
    l'articolo 36 della legge stabilisce la procedura di adozione dei decreti legislativi –:
   a che punto sia l'iter di esercizio della delega legislativa concernente la disciplina del cinema e dell'audiovisivo.
(5-11822)


   NICCHI, BOSSA e SCOTTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nell'area archeologica del Palatino a Roma, meta di milioni di visitatori ogni anno e patrimonio italiano di inestimabile valore, è stato montato un palco per la rappresentazione di un musical su Nerone, ultimo imperatore della dinastia Julia, del I secolo dopo Cristo;
   il palco ha sollevato numerose polemiche e critiche di esperti e di personalità politiche, per le sue dimensioni e per la sua totale estraneità al contesto ambientale in cui è stato collocato;
   sulla Repubblica del 12 luglio 2017, il giornalista Sergio Rizzo ha riferito che la società partecipata dalla regione, LazioInnova, avrebbe concesso un finanziamento di 1 milione e 50 mila euro all'opera musicale che sembra aver conseguito risultati al botteghino molto modesti, tanto che la stessa LazioInnova avrebbe avviato verifiche –:
   su quali basi la competente soprintendenza abbia espresso il proprio assenso all'installazione del palco di cui in premessa, e se intenda specificare in particolare quale ritorno avrà lo Stato per l'uso del suolo pubblico nell'area. (5-11823)


   PANNARALE e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la categoria professionale dei restauratori opera nell'interesse pubblico, impegnandosi a preservare e conservare nel tempo l'autenticità e l'integrità del patrimonio storico ed artistico del nostro Paese, eppure l’iter per il suo pieno riconoscimento giuridico, risalente al 1994 e legato alla modifica dell'articolo 182 del cosiddetto codice dei beni culturali, non accenna ancora a concludersi;
   ai sensi del suddetto articolo 182, comma 1-bis, la qualifica di restauratore di beni culturali è attribuita con provvedimenti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che danno luogo all'inserimento in un apposito elenco reso accessibile a tutti gli interessati;
   il 22 giugno 2015 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo indiceva un bando di selezione pubblica per l'acquisizione della qualifica di restauratore di beni culturali. Successivamente, con decreto direttoriale dell'11 novembre 2015 veniva istituita una commissione incaricata di valutare le circa 6.000 domande, la cui istruttoria avrebbe dovuto concludersi entro il 31 maggio 2016, in tempo per allargare la platea dei candidati del concomitante concorso bandito il 24 maggio 2016 per l'assunzione a tempo indeterminato di 500 funzionari, ma per il quale occorreva avere un titolo accademico conforme al nuovo percorso di laurea quinquennale, istituito nel 2009, oppure la «qualifica» di restauratore, rilasciata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai soli diplomati delle sue Scuole di Alta formazione (Saf), ma preclusa a quelle migliaia di professionisti formatisi prima del 2009 e che lavorano da anni sul campo;
   il 21 luglio 2016 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo pubblicava sul sito internet l'elenco provvisorio che anticipava il riconoscimento della qualifica di restauratore per coloro che, risultando in possesso del diploma conseguito presso una scuola di restauro statale, venivano anche ammessi di ufficio alla selezione;
   avverso il suddetto elenco veniva presentata al Tar del Lazio istanza cautelare di sospensione;
   il 3 agosto 2016 il medesimo tribunale sospende d'urgenza l'efficacia esecutiva del decreto con cui era stata disposta la pubblicazione dell'elenco;
   nel frattempo, con decreto direttoriale n. 79 del 29 luglio 2016 veniva prorogato al 30 giugno 2017 il termine entro cui la commissione avrebbe dovuto terminare la sua istruttoria, senza prevedere ulteriori proroghe;
   il 16 febbraio 2017 il medesimo Tar ordinava al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di presentare entro 60 giorni una relazione integrativa sullo stato effettivo dell'istruttoria della Commissione, ma che a tutt'oggi non risulta essere ancora presentata –:
   quante risultino allo stato attuale le domande valutate dalla Commissione di cui in premessa e quante quelle ancora rimaste inevase. (5-11824)


   VACCA, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, MARZANA, D'UVA, SIMONE VALENTE e BRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la scuola IMT (istituzioni, mercati, tecnologie) è un istituto statale di istruzione universitaria, di ricerca e di alta formazione, con ordinamento speciale, istituito con decreto ministeriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 18 novembre 2005, e inserito nel sistema universitario italiano, il quale, per il perseguimento dei propri fini istituzionali, si avvale di professori e ricercatori di ruolo e a tempo determinato;
   il professor Casini, consigliere giuridico del Ministro interrogato, con incarico a decorrenza 1o giugno 2017 e valido fino al 31 dicembre 2017 per un compenso lordo pari a 50 mila euro, nonché già titolare per almeno altre 6 volte della medesima carica, risulta essere contestualmente professore ordinario presso l'istituto IMT di Lucca;
   ai sensi dell'articolo 6, comma 10, della legge del 30 dicembre 2010, n. 240, i professori e i ricercatori a tempo pieno possono svolgere, previa autorizzazione del rettore, compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l'università di appartenenza, a condizione comunque che l'attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall'università di appartenenza; pertanto, esigendo, a giudizio degli interroganti, una completa dedizione a quelli che sono i compiti istituzionali dal professore a tempo pieno;
   ai sensi dell'articolo 53, comma 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i dipendenti pubblici «non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza», ed ai fini dell'autorizzazione, «l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal decreto stesso»;
   gli interroganti allo stato attuale, si chiedono se il professore Casini sia in regime di tempo definito, tempo pieno o in aspettativa presso l'IMT –:
   se il Ministro interrogato nel conferire l'incarico di consigliere giuridico del professor Casini abbia verificato preventivamente le eventuali situazioni di incompatibilità, ai sensi della normativa vigente, e se intenda effettuare un ulteriore approfondimento al riguardo chiarendo inoltre quale sia il regime contrattuale relativo all'incarico del docente presso l'istituto sopra richiamato. (5-11825)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Castello di Miramare, sito turistico di primo piano per la città di Trieste, è meta tra le più visitate del Friuli Venezia Giulia. Ai sensi degli articoli 10, 11 e 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il «codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137», il Castello ed il Parco di Miramare, essendo beni di interesse pubblico, sono soggetti al regime di tutela dei beni culturali;
   il decreto ministeriale 23 dicembre 2014 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha previsto, per i musei dotati di autonomia speciale, una struttura gestionale particolare, attribuita ad un direttore individuato attraverso un bando internazionale, un consiglio di amministrazione e un comitato scientifico con funzione consultiva;
   con il decreto Interministeriale n. 328 del 28 giugno 2016 «Conferimento dell'autonomia speciale agli istituti e luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale di cui all'articolo 6 del decreto ministeriale 23 gennaio 2016» il Castello ed il Parco di Miramare sono stati riconosciuti quali organismi dotati di autonomia;
   dopo la procedura di selezione internazionale per i direttori dei 10 grandi musei e parchi archeologici italiani prevista dalla seconda fase della «riforma Franceschini» il 22 giugno 2017, si è insediata la nuova direttrice del museo storico e del Castello e Parco di Miramare, Andreina Contessa;
   secondo la nota stampa del 4 luglio 2017 della Funzione pubblica, struttura di categoria della Confederazione generale italiana del lavoro (Cgil) del Friuli Venezia Giulia, Contessa «eredita una situazione piuttosto complicata, che rende davvero arduo l'obiettivo del rilancio turistico del sito. La circolare 135/2017 sulla mobilità interna relativa al personale del Ministero dei Beni artistici e culturali, infatti, attesta che a Miramare mancano 41 lavoratori, a fronte dei 29 attualmente in servizio. Nel dettaglio risultano assenti 8 addetti alla vigilanza, 10 assistenti tecnici, 1 informatico, 9 amministrativi, 2 ausiliari, 4 architetti, 1 addetto alla promozione, 1 restauratore, 3 storici dell'arte e 2 addetti alle tecnologie. Quanto al personale attualmente in servizio, esso è composto, oltre alla dirigente, da 26 addetti alla vigilanza, 1 assistente tecnico e 2 figure in utilizzo parziale dal Polo Museale»;
   Donatella Sterrentino, della segretaria regionale FP della Cgil Friuli Venezia Giulia ha dichiarato: «ci chiediamo come possa funzionare una struttura che ha più carenze che persone in servizio, un Museo che oltretutto è riconosciuto come polo di attrazione di turisti provenienti da tutto il mondo. Ma questo, purtroppo, è il risultato di anni del blocco del turn over della pubblica amministrazione, che invece avrebbe bisogno dell'inserimento di giovani qualificati che, invece di contribuire al rilancio del Paese, che ha nel suo patrimonio artistico e culturale uno dei suoi grandi punti di forza, vanno a ingrossare le file già troppo numerose di disoccupati e sono costretti sempre più spesso, anche nella nostra regione, a cercare lavoro e fortuna all'estero»;
   Il Piccolo, nell'articolo «Trieste, Miramare dimezzato: alla pianta organica mancano 41 pedine» ha riportato la denuncia della Fp Cgil Friuli Venezia Giulia, sottolineando come sia «inutile quindi aspettarsi miracoli dalla direttrice arrivata da Gerusalemme e dall'autonomia concessa dal Ministro del Mibact Dario Franceschini con relativa pianta organica»;
   tuttavia, quello di Miramare non è l'unico caso di carenza di organico a livello regionale. «In Friuli Venezia Giulia mancano 11 addetti alla Soprintendenza archivistica, 9 al Polo museale Fvg, 5 al Museo archeologico nazionale di Cividale del Friuli e 3 a quello di Aquileia. Le eccedenze di organico sono poca cosa. In Friuli Venezia Giulia arrivano in tutto a 27. Non bastano neppure a sanare il buco enorme del solo neonato Museo autonomo di Miramare» –:
   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di ovviare alla grave carenza d'organico del Museo storico e del Parco del Castello di Miramare, e secondo quali tempistiche;
   alla luce dei fatti sopra esposti in premessa, come intenda sopperire all'insufficienza di personale presente nei poli museali, nei musei e nelle soprintendenze del Friuli Venezia Giulia, al fine di garantire il buon andamento e lo sviluppo delle strutture menzionate. (5-11789)


   PILI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   dopo le ruspe di Stato nel sito dei Giganti di Mont ’e Prama nel Sinis è arrivato il degrado più assoluto;
   un sito straordinariamente importante che sta riscrivendo la storia del Mediterraneo è lasciato in uno stato d'abbandono senza precedenti;
   si tratta di un vero e proprio scandalo per una delle aree più importanti della storia del Mediterraneo;
   tale degrado rappresenta una vera e propria umiliazione per il popolo sardo;
   il Ministro interrogato il 19 luglio 2017 sarà a Cabras per quella che l'interrogante giudica l'ennesima inutile visita istituzionale considerato l'abbandono che continua ad avere il sito nonostante le risorse spese a beneficio di una cooperativa emiliana che ha lasciato l'area in queste devastanti condizioni;
   l'interrogante ha svolto nei giorni scorsi un sopralluogo nell'area e ha mostrato in diretta su facebook il degrado assoluto dell'area;
   in nessun altra parte del mondo si era vista una ruspa agire all'interno di un sito archeologico della delicatezza di quello di Mont ’e Prama;
   ora dopo quello scandalo rimane un campo abbandonato senza alcun rispetto, con erbacce alte anche due metri che sovrastano il sito;
   tutto questo coronato da una dichiarazione del soprintendente che ha affermato: «penso anche che il sito non sia in grado di meravigliare il pubblico come ad esempio succede a Nora»;
   quando un soprintendente di Stato fa affermazioni, ad avviso dell'interrogante così superficiali, sbrigative e prive di qualsiasi valutazione oggettiva del sito si comprende il motivo di tale degrado;
   è inaccettabile, ad avviso dell'interrogante, l'arroganza di chi compie la sua carriera in Sardegna ma ne schiaccia e umilia anche la storia;
   dopo che la soprintendenza ha negato la devastazione a colpi di ruspa delle lastre tombali, colpite e sfregiate dall'uso di mezzi meccanici, arriva ora quella che l'interrogante giudica la manifesta ignoranza del valore del sito manifestata da chi ritiene lo stesso privo di attrattiva e interesse;
   il degrado di Mont ’e Prama è ancora più grave perché si sta abbandonando un'area con un potenziale unico nel suo genere, considerato che gli archeologi di Sassari e Cagliari, grazie all'ausilio del georadar, hanno individuato in quel sito ben 55.000 potenziali reperti;
   aver agito prima con una «ruspa di Stato» per il mero business dell'appalto e poi aver lasciato il sito in tali condizioni è vergognoso e ignobile;
   sentire che il massimo responsabile della Soprintendenza dichiara che non è un luogo attrattivo configura per l'interrogante una colpa grave;
   prima è stato consentito alla citata cooperativa di lucrare di fatto in Sardegna, ad avviso dell'interrogante a scapito di docenti e archeologi sardi e ora si rifugge dalle responsabilità di gestione corretta dell'area archeologica;
   l'interrogante su questa vicenda andrà sino in fondo per individuare i responsabili ed evitare che si tratti l'archeologia sarda come carne da macello o come un campo di patate –:
   se non ritenga di dover allontanare tale dirigente della Soprintendenza per le farneticanti valutazioni sul sito di Mont ’e Prama per manifesta incompatibilità con il territorio e la sua storia;
   se non ritenga di dover stanziare congrue e reali risorse al fine di ripristinare il sito di Mont è Prama per una puntuale valorizzazione museale a cielo aperto;
   se non ritenga di dover proporre un'indagine interna sulle responsabilità sul degrado dell'area archeologica e se i soldi dell'appalto di valorizzazione siano stati realmente spesi in quella direzione;
   se non ritenga di dover immediatamente disporre un'apertura del sito alle visite guidate attraverso personale qualificato affiancato da apposito allestimento di percorsi tesi a ricostruire la grandiosità del sito stesso. (5-11836)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERGAMINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Felice Matteucci è stato un ingegnere ed inventore italiano. Nacque a Lucca il 12 febbraio 1808 (figlio di Luigi Matteucci, Ministro di giustizia del Principe Felice Baciocchi e di Angiola Tomei-Albiani, nobildonna di Pietrasanta);
   è considerato, insieme a Padre Barsanti, l'inventore del motore a scoppio e un grande innovatore in tanti settori, tra cui quello degli studi idraulici;
   la sua salma fu collocata nella cappella di Villa Montalvo di Campi Bisenzio, comune del quale Matteucci, fu consigliere comunale dal 1865 al 1875;
   purtroppo ed in poco tempo, questo importante luogo di testimonianza dell'eccellenza italiana è stato trasformato in un magazzino di scatoloni contenenti l'archivio storico della città, come ha spiegato il professor Giacomo Ricci, presidente della fondazione «Barsanti Matteucci»: «Francamente amareggia sapere che la tomba sia ridotta in queste condizioni. E dire che proprio Villa Montalvo a Campi Bisenzio fu teatro di molti esperimenti che portarono alla creazione del motore a scoppio, si tratta quindi di un luogo dal grande valore storico e simbolico. Purtroppo però il Comune di Campi Bisenzio, nonostante la nostra proposta, non è mai entrato nella Fondazione Barsanti Matteucci»;
   lo stesso professor Ricci ha rimarcato l'importanza dell'opera di Felice Matteucci che, oltre all'invenzione del motore a scoppio, fu molto importante, come anticipato, per i suoi innovativi studi idraulici per la situazione della zona di Bientina, realizzati analizzando le frequenti inondazioni della Marina nei poderi della Montalvo;
   ad oggi la Cappellina di Montalvo è ridotta ad un ammasso di scatoloni contenenti l'archivio storico e, così facendo, invece di valorizzare le eccellenze nazionali, si consegnano all'oblio figure fondamentali nella storia del nostro Paese e si priva di qualsiasi significato l'archivio storico;
   lo stesso professor Ricci ha lanciato una provocazione: spostare la tomba di Matteucci accanto a quella di Padre Barsanti, a Firenze presso la Basilica di Santa Croce –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda, se non intenda adottare tutte le iniziative di competenza per salvaguardare e valorizzare la Cappella di Villa Montalvo che ospita la tomba di Felice Matteucci, inventore di grande importanza per il nostro Paese e personaggio di spicco nella storia di Lucca, e se non intenda altresì valutare l'ipotesi di assumere iniziative volte a riordinare l'archivio per valorizzarne la storia, piuttosto che ridurlo ad un mucchio di scatoloni ammassati. (4-17280)


   ROMANINI, BARUFFI, PATRIZIA MAESTRI, SENALDI, GNECCHI, MALISANI, MONTRONI, CAPONE, AMATO, VENITTELLI, TERROSI, ROCCHI, COMINELLI, PINNA, MORETTO, PRINA e COVA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 35 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, «codice dei beni culturali e del paesaggio», ha riconosciuto al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo la facoltà di concorrere alla spesa sostenuta dal proprietario, possessore o detentore di un bene culturale per l'esecuzione di interventi conservativi o di restauro per un ammontare non superiore alla metà della stessa. Se gli interventi sono di particolare rilevanza o riguardano beni in uso o godimento pubblico, il Ministero può concorrere alla spesa fino al suo intero ammontare;
   la finalità della norma è quella di sostenere in special modo i proprietari di immobili di particolare pregio culturale e per tale ragione assoggettati a normative specifiche la cui applicazione, garanzia di tutela del patrimonio artistico e storico-testimoniale del nostro Paese, si rivela spesso particolarmente onerosa, benché la conservazione di questi beni sia di evidente interesse pubblico;
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha disposto (all'articolo 1, comma 26-ter) che «a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2015 è sospesa la concessione dei contributi di cui agli articoli 35 e 37 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni»;
   la legge 24 dicembre 2012, n. 228, «legge di stabilità 2013» (all'articolo 1, comma 77) ha modificato la norma sopraccitata prorogando la sospensione della concessione dei contributi fino al pagamento dei contributi già concessi alla data di entrata in vigore del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 e non ancora erogati ai beneficiari;
   la modifica introdotta con la legge di stabilità 2013 ha consentito al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di riprendere l'erogazione dei contributi ex articolo 35 del decreto legislativo n. 42 del 2004 anche se la consistente mole di arretrato non ha consentito al Ministero di prendere in considerazione ulteriori istanze e nemmeno, ad oggi, di liquidare tutte quelle perfezionate nel 2012;
   con decreto ministeriale n. 95 del 27 febbraio 2017 il Ministero ha disposto l'approvazione del programma degli interventi finanziati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, per un importo complessivo di 10.167.301 euro. La gran parte degli stanziamenti riguarda, tuttavia, lavori collaudati nel corso del biennio 2008-2009 evidenziando, quindi, un estremo ritardo tra l'esecuzione degli interventi e l'erogazione del contributo;
   a mero titolo esemplificativo si cita il caso delle province di Parma e Piacenza per le quali lo stock di contributi ancora da erogare sfiora i 3 milioni di euro, con grave pregiudizio per un'attività essenziale a supporto della conservazione dei beni culturali che, se svolta per tempo, assolverebbe anche alla funzione di volano per le economie locali –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopradescritta e se non intenda farsi promotore di uno stanziamento straordinario che consenta di evadere le richieste di contributo ex articoli 31, 35 e 36 del decreto legislativo n. 42 del 2004 giacenti, riattivando al contempo le procedure per la presentazione, da parte del possessore o del detentore, della richiesta di compartecipazione economica alle spese di restauro o conservazione del bene culturale di cui è custode. (4-17281)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZO, GRILLO e BASILIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il medico militare tenente colonnello Ennio Lettieri è stato recentemente audito in Commissione d'inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito presso la Camera dei deputati;
   le rilevazioni, ampiamente riprese dagli organi di stampa nazionale, del medico Lettieri, riportano notizie ricadenti nel periodo 2015 e 2016, del personale italiano di stanza in Kosovo al seguito della missione internazionale denominata KFOR in corso nei balcani;
   il personale militare italiano, da tempo impegnato in questo teatro operativo estero, risulta dislocato presso i due campi militari denominati Comp Film City, in cui ha sede il comando multinazionale sotto l'egida NATO, presso la cittadina kosovara di Pristina e Villaggio Italia nei pressi della città di PEC;
   il dottor Lettieri rileva che al suo arrivo preso la base di Pristina nell'ottobre 2016 (Comp Film City), gli veniva subito fatto notare che l'acqua in bottiglia marca DEA, in distribuzione presso la mensa internazionale e nella palestra manifestava un sapore di dubbio gusto;
   allorché il dottor Lettieri riceve tale segnalazione si adoperava immediatamente per verificare quali analisi chimiche fossero già state eseguite dai suoi predecessori, trovando conferma, nei dati rilevati da precedenti analisi del 2015, che l'acqua distribuita conteneva valori anomali di bromato, cancerogeno di classe 2B;
   al momento sembrerebbe che l'acqua DEA naturale sia stata tolta dai banchi di distribuzione di Comp Film City, mentre quella frizzante sembrerebbe ancora in vendita –:
   se il Governo sia stato a conoscenza dei rischi dall'assunzione dell'acqua in bottiglia DEA distribuita al personale militare italiano e se, in base alla documentazione in suo possesso, non intenda rendere note le eventuali misure che sono state adottate per ridurre ed eliminare tali rischi per la salute umana;
   se abbia impartito istruzioni ai comandi militari affinché collaborino senza riserve con la magistratura, sia ordinaria che militare, nell'ambito dell'inchiesta volta a fare piena luce sulle eventuali violazioni di legge relative ai fatti narrati dal medico militare Lettieri, cominciando dal mettere a disposizione tutta la documentazione e le informazioni concernenti la presenza del personale italiano presso la base di Comp Film City. (5-11835)

Interrogazione a risposta scritta:


   BASILIO, MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI e COZZOLINO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 4 luglio 2017 il Conapo – sindacato autonomo vigili del fuoco rilasciava alcune dichiarazioni sui mezzi di comunicazione dove si esprimeva preoccupazione in merito a forti disservizi nella lotta agli incendi boschivi conseguenti alla soppressione del Corpo forestale dello Stato;
   in tali denunce si lamentava anche che la sopracitata soppressione del Corpo forestale dello Stato sia avvenuta in maniera, troppo avventata e senza le dovute pianificazioni, con la conseguente mancanza di flotte aeree regionali che, negli anni passati, erano costituite da elicotteri anche del Corpo forestale dello Stato messi a disposizione attraverso convenzioni con le regioni e che quest'anno non risultano più disponibili, nonostante la stagione estiva e l'emergenza incendi in atto;
   a tali denunce del Conapo rispondeva il Consiglio centrale di rappresentanza militare (Co.Ce.R) dell'Arma dei Carabinieri che, in un comunicato del 5 luglio 2017, dichiarava «qualche sindacalista del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco continua ad alimentare e a diffondere critiche destituite di fondamento circa presunti disservizi che deriverebbero dall'assorbimento nell'Arma dei carabinieri di gran parte delle funzioni e del personale del disciolto Corpo Forestale dello Stato»;
   l'ordinamento militare stabilisce la natura e iniziativa dell'attività del Cocer stabilendo, tra l'altro, che l'attività del Cocer è rivolta alla formulazione di pareri, di proposte e di richieste sulle materie che formano oggetto di norme legislative o regolamentari;
   a fronte di documentate e circostanziate denunce del Conapo, il Comando generale dell'Arma dei Carabinieri non riteneva opportuno intervenire ufficialmente sulla questione;
   la problematica della soppressione del Corpo forestale dello Stato e delle sue negative conseguenze è stato oggetto di numerose interrogazioni parlamentari presentate anche dalla prima firmataria del presente atto, alle quali si è ancora in attesa di risposta –:
   come si concili l'iniziativa del Consiglio centrale di rappresentanza militare (Co.Ce.R) dell'Arma dei carabinieri riguardante l'emanazione del comunicato di cui in premessa con la disciplina relativa alle competenze di tale organo posta dal codice dell'ordinamento militare e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo;
   se il Governo intenda assumere urgenti iniziative per superare i paventati gravi disservizi nella lotta agli incendi boschivi, anche in considerazione della stretta attualità rappresentata dalla problematica e delle pesanti conseguenze che potrebbero verificarsi nei confronti della popolazione e dell'ambiente. (4-17275)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la «REV – Gestione crediti spa», è una società incaricata dalla Banca d'Italia di accollarsi e di valorizzare i crediti deteriorati di più difficile riscossione delle quattro banche poste in risoluzione nell'autunno del 2015 (Etruria, Carichieti, Cariferrara e Banca Marche);
   il portafoglio di sofferenze che la suddetta bad bank ha rilevato si aggira intorno ad un valore nominale pari a 9,2 miliardi di euro lordi, per un controvalore reale, per effetto della svalutazione, stimato in 2,1 miliardi di euro;
   dopo alcuni trascorsi turbolenti che hanno investito la governance della società e ritardato l'avvio della sua attività istituzionale, dal luglio del 2016 essa è pienamente operativa;
   nell'ambito della propria autonomia di gestione, la suddetta società può nominare consulenti che possano coadiuvarla nella propria attività;
   il 26 gennaio 2017, rispondendo all'interrogazione n. 5-10387, il rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze ha chiarito che la REV-spa si stava nel frattempo avvalendo di un advisor industriale (KMPG S.p.A.), e di averlo impegnato nell'attività di miglioramento del set informativo relativo al portafoglio dei crediti deteriorati, al fine di massimizzarne il recupero e di gestione della procedura di selezione per un advisor finanziario che la supportasse nell'attività di dismissione dei crediti;
   alla suddetta procedura di selezione, denominata «Project Rossini», per la quale sono pervenute trenta manifestazioni di interesse, sono stati ammessi otto soggetti tra cui Starwood, Blackstone, Cerberus, Fortress, Bain, Anacap che, a loro volta, dovranno accedere ad una ulteriore short list;
   l'ammontare dei crediti deteriorati che sarà possibile recuperare inciderà concretamente anche sugli esborsi a carico dello Stato, riducendo significativamente gli oneri pubblici che dovranno essere sostenuti in tale vicenda –:
   di quali elementi disponga il Governo ad oggi, circa i soggetti impegnati nel recupero dei crediti deteriorati delle suddette quattro banche poste in risoluzione, i risultati dagli stessi conseguiti, l'ammontare della spesa fin qui sostenuta dallo Stato per la remunerazione dei loro onorari, ed il totale dei crediti deteriorati recuperati. (5-11814)


   SOTTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016, convertito dalla legge n. 225 del 2016, ha istituito la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016, la cosiddetta «rottamazione delle cartelle»;
   i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni comprese in tali carichi, gli interessi di mora di cui all'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46;
   la Cassa dei dottori commercialisti (Cnpadc) ha fatto sapere, anche tramite interviste rilasciate dal proprio presidente ad alcuni organi di stampa, di non accettare l'ipotesi che la definizione agevolata possa riguardare i debiti dei propri iscritti nei suoi confronti;
   secondo fonti di stampa, la Cnpadc avrebbe inviato una diffida ad Equitalia s.p.a. affinché non vengano accolte istanze di «rottamazione» delle cartelle riguardanti i contributi previdenziali, le sanzioni e gli interessi dovutigli, sostenendo che il provvedimento non è applicabile, giacché «il testo letterale della norma non prevede la possibilità di rottamare le cartelle per i contributi dovuti agli enti previdenziali» –:
   se intenda assumere iniziative per chiarire se sia possibile la definizione agevolata dei debiti contratti con gli enti previdenziali, quali le casse delle categorie professionali, e se essi possano rifiutarsi di accettarla. (5-11815)


   VILLAROSA, SIBILIA, PESCO, ALBERTI, RUOCCO, FICO e PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'articolo pubblicato su wallstreetitalia.com in data 2 febbraio 2017 si apprendono le notizie rassicuranti del Direttore generale di UniCredit, dottor Gianni Papa, e del direttore finanziario di UniCredit, dottor Mirko Bianchi, i quali tranquillizzano i risparmiatori, attraverso le dichiarazioni fornite in risposta alle domande esposte in sede di audizione presso la Camera dei deputati in merito alla preoccupante questione dei bond subordinati, precisando che l'istituto che rappresentano fin dal dicembre 2015 ha provveduto ad informare la propria clientela dell'entrata in vigore, in Italia, delle procedure di burden sharing e bail-in, e che, conseguentemente, UniCredit non ha più venduto questo tipo di prodotto finanziario alla clientela retail;
   in seguito alle segnalazioni pervenute agli interroganti risulta che quanto dichiarato dai due esponenti di UniCredit sia effettivamente vero, ma esiste un fondato dubbio che tali prodotti siano stati sostituiti da altri strumenti finanziari che rientrerebbero nel capitale di rischio delle banche e quindi anche nelle eventuali procedure di burden sharing e bail-in;
   dal 2015 non sono stati più emessi bond subordinati, in quanto sostituiti da strumenti finanziari ancora più complicati rientranti nel capitale di rischio della banca e quindi nelle regole del burden sharing e del bail-in;
   trattasi prevalentemente dei cosiddetti «certificate», utilizzati già da tempo da Banca Intesa, mentre Unicredit ne ha avviato una consistente campagna di sottoscrizione anche sul canale retail tra fine 2015 e 2016 (in particolar modo, si fa riferimento ai certificates « Express», con possibilità di estinzione anticipata, e «Protetto» dove è prevista teoricamente la protezione del capitale ma solo se non fallisce l'istituto di credito in questione) –:
   se sia a conoscenza del valore complessivo dell'incremento delle sottoscrizioni di certificate da parte di Unicredit e degli altri istituti di credito italiani, se sia a conoscenza del livello di informazioni destinate alla clientela retail in merito ai richiamati, complicatissimi e rischiosi, strumenti finanziari e se reputi sufficienti tali informazioni, anche in relazione alla rilevante circostanza che tali «prodotti» potrebbero (se non lo siano già) finire nel portafoglio dei piccoli risparmiatori e cittadini italiani. (5-11816)


   PELILLO e SANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, ha soppresso, a partire dagli atti pubblici formati dal 1o gennaio 2014 e dalle scritture private autenticate da tale data, tutte le agevolazioni e le esenzioni tributarie sugli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, quale è il diritto di superficie;
   tale norma ha riguardato anche la tassazione degli atti di acquisto dai comuni del diritto di superficie su case costruite su aree «Peep» (piano per l'edilizia economico popolare), modificando l'aliquota e fissandola al 9 per cento con un minimo, a carico dei contribuenti, di mille euro;
   successivamente, l'articolo 20, comma 4-ter, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha ripristinato le agevolazioni fiscali in vigore antecedentemente a quanto disposto dal citato decreto legislativo n. 23 del 2011;
   il citato ripristino delle agevolazioni appare in linea di principio suscettibile di determinare effetti negativi in termini di gettito, tuttavia la ragioneria generale dello Stato, in sede di relazione tecnica allegata al provvedimento, ha ritenuto tali effetti di entità «non apprezzabile»;
   risulta evidente che, dal 1o gennaio all'11 settembre del 2014, a coloro che hanno sottoscritto i contratti per il riscatto dell'area «Peep» è stata applicata una tassazione maggiorata, con un'evidente e ingiustificata disparità di trattamento economico, rispetto ai cittadini che hanno effettuato tale operazione al di fuori da questa finestra temporale;
   il 22 dicembre 2014 è stato accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/2679-bis-B/122, che impegnava il Governo pro tempore ad inserire, «nel prossimo provvedimento utile», una norma che ristabilisca la parità di trattamento economico tra i contribuenti, ricalcolando l'importo dovuto sulla base delle citate agevolazioni fiscali vigenti e contestualmente rimborsando ai cittadini coinvolti nel riscatto dell'area Peep le maggiori somme versate –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative normative volte a sanare l'evidente disparità di trattamento economico, per i contribuenti che hanno sottoscritto contratti per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, nel periodo tra il 1o gennaio e l'11 settembre 2014, ricalcolando l'importo dovuto sulla base dei criteri attualmente vigenti e rimborsando ai cittadini coinvolti le maggiori somme versate, anche quantificando l'onere stimato a carico del bilancio dello Stato. (5-11817)


   SANDRA SAVINO e LAFFRANCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio dei ministri il 9 giugno 2017 ha deliberato, su proposta del Ministro interrogato, a seguito del parere favorevole della Conferenza unificata, il conferimento dell'incarico di Direttore dell'Agenzia delle entrate a Ernesto Maria Ruffini;
   la Corte dei Conti, con un «rilievo» datato 22 giugno e trasmesso a Palazzo Chigi e al Ministro interrogato, ha reso noto che la «compatibilità» dell'attuale incarico di Ruffini (commissario straordinario di Equitalia) con la nomina a Direttore dell'Agenzia «desta perplessità», e che la nomina «non appare conforme» alle norme anticorruzione (articolo 4 del decreto legislativo n. 39 del 2013);
   inoltre, i giudici contabili rilevano che la «motivazione» per l'individuazione di Ruffini al prestigioso incarico è «carente»: per questo, la Corte «invita» il Ministero dell'economia e delle finanze a «fornire chiarimenti», nel termine massimo di 30 giorni; altrimenti deciderà «allo stato degli atti», ferma restando la «facoltà» del Governo di «ritirare il provvedimento» –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato alla luce dei rilievi della Corte dei Conti riportati in premessa.
   (5-11818)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUIDESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 (cosiddetto decreto-legge fiscale) ha previsto, con entrata in vigore a decorrere dal 1o luglio 2017, lo scioglimento di Equitalia e l'istituzione dell'ente Agenzia delle entrate-riscossione;
   proposto dal Governo allora in carica come una radicale rivoluzione del sistema fiscale italiano, si tratta in realtà, ad avviso dell'interrogante, di un semplice passaggio di consegne da un ente ad un altro. Il sistema fiscale, infatti, è rimasto sostanzialmente invariato, con lo stesso livello di pressione contributiva gravante sui cittadini e lo stesso sistema sanzionatorio, con evidente pregiudizio dell'attuazione del cosiddetto principio del «fisco amico»;
   contestualmente all'abolizione di Equitalia, infatti, è stato anche previsto un ampliamento dei poteri del nuovo ente di riscossione che avrà la facoltà di procedere direttamente al pignoramento dei conti correnti senza dover richiedere apposita autorizzazione al giudice;
   in realtà, la normativa precedente già consentiva, in caso di presenza di debiti fiscali, di procedere al pignoramento diretto del conto corrente senza procedimento giudiziario. A partire dal 1o luglio 2017, però, sarà possibile privare immediatamente i contribuenti delle somme sul loro conto che saranno versate al fisco per saldare il debito: la differenza sostanziale sta quindi nel fatto che le somme saranno immediatamente bloccate ed utilizzate a saldo del debito, con la conseguenza che il contribuente che riceve la notifica del pignoramento del conto corrente, per difendersi, dovrà presentare, entro 60 giorni, una richiesta di rateizzazione e, solo quando questa sarà accolta e dopo il pagamento della prima rata del piano di ammortamento, potrà fare richiesta di sblocco del conto corrente;
   l'articolo 6 dello statuto del contribuente (legge del 27 luglio 2000, n. 212) stabilisce che «l'amministrazione finanziaria deve assicurare l'effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati» e che, al tal fine, la stessa «provvede comunque a comunicarli nel luogo di effettivo domicilio del contribuente»;
   queste misure sono considerate dal Governo come strumentali alla lotta all'evasione fiscale, ma non tengono affatto conto delle diverse situazioni di difficoltà economica che potrebbero investire, poiché, tali norme, pensate per gli evasori, in realtà colpiranno anche imprenditori onesti, non in regola con i pagamenti dei tributi e dei creditori, perché ancora scontano gli effetti della pesantissima crisi economica che ha investito il Paese;
   l'articolo 3 del medesimo statuto del contribuente dispone la non retroattività delle disposizioni tributarie, presumendosi dunque che i nuovi poteri in tema di pignoramento riconosciuti all'Ente riscossione potranno essere esercitati soltanto sui debiti tributari iscritti successivamente all'entrata in vigore del decreto fiscale;
   tali misure, associate alle altre norme di nuova introduzione (quali, ad esempio, l'estensione dello split payment e l'abbassamento a 5.000 euro, da 15.000, della soglia oltre la quale è necessario il visto di conformità per le compensazioni dei crediti di imposta, previste nella cosiddetta manovra correttiva 2017, nonché le previsioni in materia di compilazione dell'ISEE per i contribuenti che fanno richiesta di rateizzazione dei contestati tributi) non fanno altro che complicare il rapporto fisco-contribuente, ma soprattutto aumentare il carico fiscale e burocratico su quest'ultimo –:
   se il Ministro non intenda assumere iniziative per modificare le recenti disposizioni in tema fiscale di cui in premessa al fine di rendere veramente meno oneroso, per i cittadini, il carico fiscale e il peso degli adempimenti, come più volte annunciato; se, in particolare, nel rispetto dello statuto del contribuente, il Ministro non intenda assumere iniziative per: 
    a) specificare che le nuove norme sul pignoramento diretto si applicano esclusivamente ai debiti tributari iscritti dopo l'entrata in vigore del decreto fiscale;
    b) rivedere la norma concernente il pignoramento per debiti fiscali, ripristinando il preavviso al contribuente almeno 30 giorni prima. (5-11790)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRACCARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel memoriale conclusionale del giudizio di parificazione sul rendiconto generale esercizio 2016 della provincia autonoma di Trento, il vice-procuratore regionale Giuseppe Teti, rappresentante il pubblico ministero presso la Corte dei conti del Trentino-Alto Adige, ha chiesto: «la non parificazione del risultato di amministrazione emergente dall'esercizio 2016 perché illegittimamente — in violazione del giudicato – imputato a riaccertamento straordinario piuttosto che a cancellazione di residui attivi per insussistenza del credito. Pertanto, in difetto delle ragioni del credito impropriamente accertato nel 2015, ammontante a complessivi euro 417.132.952 euro circa, mantenendo nonostante la mancata parifica delle corrispondenti fonti di entrata (decisione n. 3/2016), si impone di rettificare il risultato di amministrazione al 31 dicembre 2015, dando evidenza del disavanzo effettivo a detta data, da applicarsi al bilancio di previsione 2016-2018, e adottando le conseguenti misure idonee a garantire la sua copertura nel termine ordinario triennale; b) per effetto, la non parificazione del conto consuntivo per il 2016 nella parte in cui non garantisce il mantenimento degli equilibri generali del bilancio, per impropria ed errata imputazione all'esercizio di una minore quota parte del disavanzo complessivo rispetto a quello di competenza; c) la non parificazione del conto consuntivo 2016 nella parte in cui ha preteso di coprire il disavanzo mediante il realizzo dei medesimi crediti ritenuti non sussistenti per difetto del titolo giuridico»;
   il richiamo del vice-procuratore ha messo in luce una criticità dal rilevante importo finanziario che, sebbene il presidente della provincia abbia deciso di minimizzare (Provincia, schiaffo ai giudici — Bilancio, ignorato il richiamo della Corte dei conti di L.P. – L'Adige 7 luglio 2017), potrebbe pesare sul futuro bilancio della provincia autonoma di Trento in ragione del fatto che alcuni crediti vantati nei confronti dei comuni per somme anticipate per abbattere mutui dei comuni stessi e delle partecipate sono stati considerati una posta attiva e utilizzati in quanto tali per il pareggio del bilancio quando invece avrebbero dovuto essere rappresentati nella voce dei residui attivi insussistenti;
   dubbi sulla regolarità delle procedure contabili della provincia sono stati recentemente sollevati anche dall'economista e docente universitario Stefano Zambelli, il quale ha denunciato pubblicamente le opacità sulle modalità di accumulo del debito di 223.453.537 euro della provincia nei confronti dell'università degli studi di Trento e sul calcolo dei costi relativo piano di rientro;
   a giudizio dell'interrogante, i rilievi sulla parificazione del bilancio e i risvolti del dibattito pubblico sul debito della provincia nei confronti dell'università determinano l'urgente necessità di arricchire la conoscenza sul contesto e sulle modalità di gestione della finanza pubblica nella provincia autonoma di Trento e di rendere pubblici i resoconti e le analisi a disposizione del Governo a tal riguardo;
   l'azione svolta dai servizi ispettivi di finanza pubblica rappresenta uno degli ambiti di attività della Ragioneria Generale dello Stato finalizzati il controllo ed alla conoscenza delle dinamiche che attraversano il complesso ed eterogeneo mondo delle autonomie e le finalità dell'attività ispettiva vengono espletate attraverso verifiche amministrativo-contabili e segnalazioni agli organi giurisdizionali e consistono nel ricondurre ad economicità e legittimità le gestioni pubbliche, nel verificare la regolare produzione dei servizi e nel suggerire i provvedimenti dai quali possono derivare economie nella gestione del bilancio –:
   se, dal 2015 ad oggi, i servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato abbiano svolto verifiche sulla gestione finanziaria della provincia autonoma di Trento, con particolare riferimento all'eventuale scostamento dagli obiettivi di finanza pubblica, ovvero se intenda assumere iniziative in tal senso, per quanto di competenza, in relazione alla situazione attuale, rendendone pubbliche le relative risultanze. (4-17287)


   COPPOLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è stato reso noto dall'ufficio studi dell'Associazione artigiani e piccole imprese (Cgia) di Mestre in data 11 luglio 2017, e ripreso dagli organi di stampa locale (Messaggero Veneto, 12 luglio 2017), un «nuovo caso di mala-burocrazia fiscale»;
   entro il termine della scadenza del pagamento annuale delle imposte relative alla dichiarazione dei redditi (30 giugno), l'Agenzia delle entrate ha il compito di comunicare gli importi delle deduzioni forfetarie per le spese non documentate sostenute nel corso dell'anno dai piccoli autotrasportatori;
   le piccole imprese di autotrasporto, con un volume d'affari inferiore ai 400 mila euro/anno, per un totale di 55 mila autotrasportatori nel territorio nazionale, utilizzano queste agevolazioni ai fini della determinazione del reddito;
   quest'anno il provvedimento è stato pubblicato in data 4 luglio 2017, e cioè 4 giorni dopo il termine previsto, scadenza entro la quale i piccoli imprenditori potevano versare le imposte all'erario senza incorrere in alcun aggravio;
   per usufruire delle agevolazioni previste dalla legge, entro la successiva scadenza del 31 luglio, le piccole imprese di autotrasporto dovranno pagare una maggiorazione dello 0,4 per cento che comporterà, secondo le stime dell'Associazione artigiani e piccole imprese (Cgia) di Mestre, un'entrata complessiva nelle casse dello Stato di circa 3 milioni di euro;
   tale entrata viene assicurata non a causa di un mancato rispetto delle regole da parte delle imprese contribuenti, ma per effetto di quello che appare all'interrogante un atto di negligenza compiuto da parte dell'Agenzia delle entrate –:
   quali siano i motivi del ritardo della comunicazione degli importi delle deduzioni forfetarie e se emergano responsabilità dell'Agenzia delle entrate;
   se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza per rivedere, ed eventualmente escludere, le maggiorazioni dovute dal contribuente nel caso in cui la responsabilità non sia imputabile al contribuente stesso ma all'ente responsabile. (4-17288)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   PLACIDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la procedura per la riqualificazione del personale interno al Ministero della giustizia (profili professionali di cancelliere e ufficiali giudiziari) per passare al ruolo di funzionario giudiziario e funzionario Unep, avviata dopo più di un ventennio di inerzia con l'avviso del 19 giugno 2016, secondo quanto previsto dall'articolo 21-quater del decreto-legge n. 83 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del 2015, si sono concluse con la pubblicazione degli esiti delle prove scritte del 20 marzo 2017;
   le graduatorie per il passaggio al profilo professionale superiore richiamato in precedenza, salvo i controlli di rito, si ottengono semplicemente sommando il punteggio riveniente da titoli ed anzianità (in possesso del Ministero già dal lontano settembre 2016 con le domande di partecipazione alla procedure selettiva) con il punteggio della prova scritta, come già ricordato, disponibili dal 20 marzo 2017;
   il Ministero si era impegnato formalmente a pubblicare le graduatorie entro 30 giorni a partire dal 20 marzo 2017 e comunque entro la fine di aprile 2017. Ad oggi sono trascorsi oltre due mesi che si sommano ai precedenti 20 anni di attesa, senza che vi sia traccia alcuna di graduatorie;
   se a tutto ciò si aggiunge il blocco quasi decennale dei rinnovi contrattuali nel pubblico impiego, operato in spregio finanche di una sentenza della Corte Costituzionale, disattesa da un biennio, si ha il quadro esatto della situazione di disagio e frustrazione in cui versa il personale –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di superare l'attuale situazione di dubbia legittimità, evitando di infliggere ulteriori vessazioni al personale interessato. (4-17276)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:


   STELLA BIANCHI, BORGHI, REALACCI, BERGONZI, BRAGA, BRATTI, CARRESCIA, COMINELLI, DE MENECH, GADDA, GINOBLE, TINO IANNUZZI, MANFREDI, MARIANI, MARRONI, MASSA, MAZZOLI, MORASSUT, GIOVANNA SANNA, VALIANTE e ZARDINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è un Paese ad alto rischio sismico e idrogeologico, con oltre l'80 per cento degli edifici pubblici e privati costruiti prima dell'avvento delle norme tecniche del 2000 e oltre il 56 per cento prima degli anni ‘70, soprattutto nelle grandi città;
   la tragedia di Torre Annunziata dove, all'alba del 7 luglio 2017, un crollo ha devastato una palazzina provocando 8 vittime, tra cui 2 bambini, ha messo nuovamente in luce l'antico e grave problema della carenza di prevenzione nel settore delle costruzioni e la necessità di introdurre l'obbligo della certificazione statica degli edifici;
   il 28 febbraio 2017 è stato pubblicato il decreto attuativo dell'articolo 16, comma 1-quater, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, come modificato dall'articolo 1, comma 2, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, al quale sono allegate le linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni, nonché le modalità per l'attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell'efficacia degli interventi effettuati;
   il citato articolo 16, comma 1-quater, ha potenziato le detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia, prevedendo che, per le spese sostenute dal 1o gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 per interventi di adozione di misure antisismiche nelle zone 1, 2 e 3, comprese le spese effettuate per la classificazione e la verifica sismica degli immobili, spetti a partire dal 1o gennaio 2017 una detrazione fino all'85 per cento, valida per interventi realizzati su tutti gli immobili di tipo abitativo e su quelli utilizzati per attività produttive, su un ammontare complessivo di 96.000 euro per unità immobiliare per ciascun anno, ripartito in cinque quote annuali di pari importo, nell'anno in cui sono state sostenute le spese e in quelli successivi;
   le detrazioni per il sisma « bonus», il cui finanziamento è pari a complessivi 500 milioni di euro all'anno, per gli edifici condominiali ammontano al 75 per cento o all'85 per cento nel caso di passaggio a una o due classi di rischio inferiori –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere per rendere obbligatoria la certificazione statica degli edifici e prevedere la sua presentazione all'atto della compravendita immobiliare. (5-11810)


   GRIMOLDI e BORGHESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con precedenti interrogazioni n. 5-05686 e n. 5-07747, gli interroganti hanno rappresentato al Ministro i problemi relativi al completamento dei lavori per la realizzazione delle stazioni dei carabinieri di Sarezzo, ormai da diversi anni in costruzione;
   nell'ambito del programma del finanziamento complessivo di 50 milioni di euro in favore dei provveditorati interregionali alle opere pubbliche, di cui al decreto ministeriale del 9 gennaio 2015, di attuazione del comma 3 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto «sblocca Italia», sono stati previsti finanziamenti pari a 1,8 milioni di euro destinati al completamento delle caserme dei carabinieri di Sarezzo, Pontoglio e Fiero;
   dalla risposta all'interrogazione n. 5-07747 si è appreso che è stata assegnata al provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Lombardia e l'Emilia Romagna – sede di Milano la somma di euro 2.750.000,00 e che alla data dell'11 febbraio 2016 erano in corso di assegnazione le risorse relative all'anno 2016, pari ad euro 1.250.000, come da programma;
   per il completamento della parte operativa della stazione carabinieri di Sarezzo risultava un finanziamento di 600.000 euro; il progetto esecutivo, nel mese di febbraio 2016, risultava in corso di completamento e doveva essere sottoposto ad approvazione del C.T.A. presumibilmente nel mese di maggio 2016, per poter bandire la gara;
   il completamento di tutte e tre le stazioni dei carabinieri di Sarezzo, Pontoglio e Flero e la consegna dei compendi immobiliari erano attesi – salvo imprevisti – per la fine del 2017;
   nonostante le rassicurazioni del Governo e lo stato avanzato dell'opera, i lavori della stazione carabinieri Sarezzo risultano ancora bloccati;
   si ribadiscono il carattere prioritario dell'opera per il comune di Sarezzo e i notevoli effetti positivi per la popolazione derivanti dal completamento dei lavori –:
   quali siano i motivi dell'ennesimo blocco dei lavori e quali tempi si prevedano per il completamento dell'opera e per la consegna del compendio immobiliare della nuova stazione dei carabinieri di Sarezzo. (5-11811)


   ZARATTI, SCOTTO, FORMISANO e KRONBICHLER. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la mattina del 7 luglio 2017 presso la città di Torre Annunziata si è verificato il crollo di una palazzina che ha prodotto otto vittime, tra i quali anche bambini;
   le cause del crollo non sono state ancora individuate; le autorità inquirenti a quanto si apprende da fonti di stampa starebbero indagando per accertare l'ipotesi di omicidio colposo;
   al di là di quanto verrà accertato al termine dell'attività istruttoria, il tragico crollo del 7 luglio costituisce l'ennesimo episodio che si verifica in tutta Italia ed in particolare nel Meridione;
   come dimostrato, purtroppo, anche dai frequenti eventi sismici che negli ultimi anni si sino verificati in Italia è aperta una rilevante questione che riguarda la sicurezza e la stabilità degli edifici, molti dei quali ed in particolare quelli di più risalente costruzione, per una serie di motivazioni non solo non rispondono a criteri antisismici, ma in alcuni casi non risponderebbero neppure a norme basilari di sicurezza;
   nel settembre 2016, a pochi giorni dal sisma che aveva sconvolto l'Italia centrale, il Governo aveva lanciato il piano «Casa Italia» finalizzato alla messa in sicurezza degli edifici e delle infrastrutture del Paese e per il quale erano state annunciate cospicue risorse. Ad oggi di quelle risorse sono stati stanziati appena 25 milioni di euro per una serie di cantieri pilota, dei quali uno soltanto riguarda la Campania;
   strumento fondamentale per la sicurezza degli edifici è costituito dal così detto fascicolo di fabbricato, documento che attesta la stabilità di un edificio e nel quale sono registrati gli eventuali interventi successivi;
   ad oggi il fascicolo di fabbricato non è previsto per legge. In una recente intervista a Repubblica del 9 luglio il Ministro interrogato facendo riferimento agli incentivi previsti dal così detto bonus sisma è sembrato quasi arrendersi all'impossibilità di prevedere questo strumento per via legislativa rifugiandosi nella speranza che il bonus sisma possa produrre gli stessi effetti incentivanti prodotti dall'ecobonus, e rinviando a non meglio precisati interventi nell'ambito della manovra di bilancio –:
   quali iniziative intenda adottare il Governo, anche sotto il profilo normativo, per affrontare con urgenza il grave problema della sicurezza degli edifici, con particolare riferimento alle regioni del Meridione d'Italia. (5-11812)


   DE ROSA, DAGA, BUSTO, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   agli interroganti risulterebbe che l'Anas in prossimità delle aree di servizio in località Maggiana sulla superstrada 36, dove sarà realizzato lo svincolo di uscita nord verso il comune di Mandello abbia iniziato opere di movimento terra e realizzazione di muri e rampe (propedeutiche, si pensa, alla realizzazione dello svincolo) senza le prescritte autorizzazioni con ciò configurandosi un abuso edilizio;
   si tratterebbe di interventi quali sbancamenti e movimento terra realizzati in assenza dei titoli edilizi e paesaggistici necessari che sono contenuti in un progetto, quello dello svincolo a nord, che è previsto nel piano triennale delle opere pubbliche approvato il 13 ottobre in sede di giunta del comune di Mandello del Lario (Lecco);
   risulta agli interroganti che la presentazione di una interrogazione comunale avrebbe condotto alla momentanea sospensione dei suddetti lavori;
   sarebbe grave la condotta degli uffici preposti di Anas qualora essi non avessero provveduto agli adempimenti autorizzativi necessari –:
   se il Ministro interrogato, anche alla luce della propria attività di vigilanza sulla società Anas, ritenga che le professionalità presenti nell'azienda siano idonee e adeguate, qualitativamente e quantitativamente, per svolgere su tutto il territorio nazionale ogni adempimento amministrativo necessario e propedeutico al rilascio di permessi, assensi e autorizzazioni amministrative per i lavori svolti dall'azienda medesima. (5-11813)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI e VACCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la galleria I Pianacci del comune di Montesilvano era stata progettata, all'inizio dei lavori, con doppia canna e serviva a prolungare la circonvallazione tra Pescara e Montesilvano nord oltre il fiume Saline per collegarsi con l'autostrada a Città Sant'Angelo, al fine di decongestionare il traffico cittadino e migliorare la qualità della vita;
   siffatta zona costituisce un punto nevralgico della viabilità non solo della città di Montesilvano ma di tutta l'area metropolitana pescarese;
   l'opera rimasta incompleta, ad oggi ha un unico braccio con doppio senso di marcia. Ciò, com’è noto alle istituzioni competenti, comporta diverse problematiche ambientali, di mobilità e di sicurezza. Sono migliaia gli automobilisti costretti ad attraversare, tutti i giorni, la galleria con soste di emergenza solo da un lato, all'interno della quale si sono verificati numerosi incidenti;
   l'Anas, in precedenti carteggi, aveva fatto presente di voler chiudere l'accesso alla galleria in direzione sud-nord, prevedendo l'uscita obbligatoria nella zona Santa Filomena;
   chi vive il territorio è però conscio che tale intendimento porterà ad un afflusso abnorme all'interno del tratto urbano montesilvanese, già congestionato in determinate ore del giorno (in particolare, nel tardo pomeriggio), andando in tal modo ad aggravare la situazione dal punto di vista ambientale ed acustico;
   pertanto, al fine di risolvere le diverse criticità sopra esposte, in un'ottica di sviluppo urbanistico di medio-lungo periodo, si ritiene sia necessario verificare la fattibilità di un raddoppio della galleria I Pianacci e, soprattutto, prevedere un allaccio tra la strada statale 16-bis e l'autostrada A14, nonché una variante che veicoli il traffico sud-nord direttamente verso l'area Vestina (zona Cappelle sul Tavo) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda e dei suoi sviluppi e se ritenga di valutare l'apertura di un tavolo interistituzionale tra i diversi soggetti competenti, tra cui l'Anas, al fine di verificare la fattibilità dell'ipotesi sopra illustrata e addivenire così ad una soluzione definitiva del problema. (5-11791)


   FRANCO BORDO, MOGNATO e FOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il recente parere del Consiglio di Stato a favore del ricorso straordinario al Capo dello Stato di 4 associazioni ambientaliste (FAI, Italia nostra, Lega ambiente, WWF), di concerto con il comune di Romanengo, in merito ai geositi localizzati nella provincia di Cremona segna un passo importante per la giurisprudenza di settore, confermando la preminenza dei valori paesaggistici su altre considerazioni nel caso di specie aleatorie, rimette ordine nella materia e dichiara illegittimi sia il piano territoriale di coordinamento provinciale – «variante geositi» che il «piano Cave»;
   nelle more della formalizzazione della decisione proseguono le escavazioni in zona tutelata (imprudentemente autorizzate dalla provincia) che causano ulteriore ed irreparabile danno ambientale e paesaggistico;
   la citata pronuncia è, dunque, la sola garanzia che il degrado ambientale e paesaggistico in atto e che si protrae in questo frattempo con la continua escavazione in zone protette e paesaggisticamente non riparabili, sia fermato;
   si tratta, infatti, di una vicenda a carattere ambientale e sanitario che riveste una importanza cruciale per le popolazioni del territorio su cui impattano i geositi;
   ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, «La decisione del ricorso straordinario è adottata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministero competente, conforme al parere del Consiglio di Stato»;
   a quanto consta agli interroganti, l’iter procedurale è ancora in corso presso il dipartimento per le infrastrutture e i sistemi statistici e informativi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti –:
   in quali tempi il Ministro interrogato intenda assumere le iniziative di competenza al fine di pervenire ad una rapida conclusione della vicenda di cui in premessa che ha evidenti ricadute di salute pubblica. (5-11833)

Interrogazione a risposta scritta:


   INVERNIZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'area dello scalo ferroviario di Ortica, in disuso ormai da tempo, è stata lasciata all'abbandono ed è stata trasformata in una discarica abusiva che deturpa irrimediabilmente il paesaggio;
   gli abitanti della zona, soprattutto coloro che occupano le abitazioni di Via San Faustino a pochi metri dallo scalo ferroviario, lamentano un disinteresse da parte delle amministrazioni locali e di Rete ferroviaria italiana che avrebbero dovuto prevedere interventi di recupero per l'area in questione;
   gli scali ferroviari in disuso nel milanese dovrebbero essere inseriti in un processo di rivalutazione e di manutenzione, che parta da un'immediata messa in sicurezza delle aree con illuminazioni funzionanti, che impediscano di farle diventare preda di vandali e incivili e che le rendano luoghi vivibili per la comunità –:
   se il Governo non reputi opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per favorire una concertazione tra Rete ferroviaria italiana e le amministrazioni locali interessate al fine di delineare un piano di interventi per la gestione e la manutenzione degli scali ferroviari in disuso del territorio milanese, che garantisca in primo luogo la sicurezza dei cittadini che vivono nelle aree limitrofe senza trascurare l'importanza di un doveroso decoro urbano. (4-17267)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
I Commissione:


   SISTO e LABRIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il rogo che si è abbattuto sulla pineta di Marina Gioiosa avrebbe distrutto, malgrado il lavoro incessante dei vigili del fuoco e forze dell'ordine, vaste aree di macchia mediterranea e di pineta della zona Marinella;
   Fabrizio Curcio, capo della protezione civile, ha dichiarato che in Italia sarebbero 6 le regioni sprovviste di mezzi aerei per intervenire sugli spegnimenti, rendendo vano il lavoro dei soccorritori già in carenza d'organico con un rapporto di un vigile del fuoco su 15 mila abitanti;
   le forze preposte all'emergenza sono utilizzate anche per grandi eventi, concerti e soprattutto per soccorsi durante sismi e inondazioni aumentando la mole di lavoro;
   negli ultimi mesi, i sindacati di settore hanno più volte manifestato le loro preoccupazioni sia per la mancanza di personale che per la carenza dei mezzi messi a disposizione. In riferimento alla carenza d'organico, i sindacati hanno fatto presente che la misera quota parte pari al 10,25 per cento riconosciute ai vigili del fuoco, del fondo ex articolo 1, comma 365, della legge n. 232 del 2016 destinato all'assunzione straordinaria in tutte le forze di polizia, risulta riduttiva rispetto alle esigenze d'organico;
   il Ministro interrogato avrebbe, come sostengono i sindacati del Corpo, asserito che necessitano almeno 23 milioni di euro per l'assunzione di altre 590 unità affinché vada a regime l'organico dei vigili. La quota parte del fondo così suddivisa però sarebbe estremamente inferiore alle vere necessità del Corpo;
   in riferimento ai mezzi di soccorso si apprende che la maggior parte dei velivoli sono di proprietà dello Stato, altri invece sono appositamente noleggiati in caso di emergenza. Si tratterebbe di circa 40 aerei, 15 Canadair e circa 20 tra elicotteri S64 e Fire Boss. A questi si aggiungono altri elicotteri di media e grande portata messi a disposizione da esercito, marina militare e capitaneria di porto. Nonostante l'ampia flotta, in caso di emergenza, ci si rivolge ad aziende private in circa la metà dei casi, in particolare alla multinazionale «Babcock» che, da qualche anno, ha rilevato le quote della società italiana «Inair» con i suoi oltre 40 elicotteri e 20 Canadair –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, in vista dell'emergenza incendi del periodo estivo per ampliare il parco «macchine» e rendere disponibili i 23 milioni di euro per il potenziamento dell'organico dei vigili del fuoco nonché per incrementare il numero dei velivoli necessari per intervenire tempestivamente sullo spegnimento degli incendi. (5-11798)


   INVERNIZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 7 maggio 2017 un comitato di cittadini residenti nel quartiere Ortica di Milano ha consegnato alle autorità una petizione sottoscritta da numerosi abitanti della zona, per lamentarne la situazione di degrado e sollecitare provvedimenti correttivi;
   i cittadini denunciavano in particolare l'alto numero di furti commessi negli appartamenti delle vie Cima, Pitteri, di San Faustino, Tucidide, Rosso di San Secondo, Villa ed altre ancora, prevalentemente tra le ore 18 e le 21, da cittadini stranieri, molto probabilmente di origine est europea;
   nelle vie sopramenzionate sono stati più volte notati nelle ore diurne movimenti di persone sospette, probabilmente intente ad effettuare sopralluoghi finalizzati alla conoscenza delle abitudini dei residenti;
   talvolta, i malviventi usano altresì una massicciata ferroviaria per bersagliare gli appartamenti da saccheggiare successivamente, allo scopo di accertare l'eventuale presenza di persone al loro interno;
   al di là della massicciata ferroviaria, in via Corelli, si trova un centro di accoglienza per migranti richiedenti asilo o altra forma di tutela internazionale;
   si è conseguentemente diffusa tra i residenti una sensazione di acuta insicurezza;
   i cittadini firmatari della petizione sopra menzionata hanno chiesto pattugliamenti diurni del quartiere, lo sgombero o la messa in sicurezza definitiva dell'area dell'ex fabbrica De Nora, l'installazione di barriere anti-caravan, la riparazione ed il potenziamento dell'illuminazione pubblica e l'accelerazione dei lavori di ampliamento della sede stradale in via Cima –:
   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per garantire la sicurezza ai cittadini e, specificatamente, per ripristinare adeguate condizioni di sicurezza ed un clima di serenità nel quartiere Ortica di Milano. (5-11799)


   PARISI e SOTTANELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'11 ed il 25 giugno 2017, ad Avezzano, si è votato per l'elezione del sindaco e del Consiglio comunale;
   al ballottaggio, è stato eletto sindaco, con 10.018 voti validi, il candidato Gabriele De Angelis, l'altro candidato ammesso al ballottaggio, Giovanni Di Pangrazio, ha ottenuto 8.587 voti;
   come risulta dal verbale della Commissione elettorale modello n. 300-Ar, al primo turno le liste collegate al candidato sindaco Di Pangrazio hanno ottenuto 12.633 voti a fronte di un numero complessivo di voti validi pari a 25.038 (la somma dei voti validi andati ai singoli candidati sindaco);
   sempre nello stesso verbale, correttamente, nello spazio appositamente riservato dal modulo ministeriale all'indicazione della maggioranza assoluta dei voti validi, è stata indicata la cifra di 12.520;
   le liste a sostegno di Di Pangrazio hanno quindi ottenuto una percentuale pari al 50,45 per cento del totale dei voti validi mentre quelle collegate al sindaco eletto De Angelis si sono fermate al 33,44 per cento (8.374 su 25.038);
   nonostante ciò (a differenza di quanto accaduto negli altri due comuni nei quali si è verificata, in questa tornata elettorale, analoga situazione e cioè Lecce e Maddaloni), la commissione elettorale di Avezzano nel verbale dedicato alle operazioni di ballottaggio, modello n. 300-bis-AR, par. 13 pagina 65, avrebbe affermato che nessun gruppo di liste ha superato al primo turno il 50 per cento dei voti validi ed ha assegnato alle liste collegate al sindaco risultato vincente al ballottaggio, il premio di maggioranza, ovverosia 15 seggi;
   la commissione elettorale, a giudizio degli interroganti, ha in tal modo disatteso quanto stabilito nelle «Istruzioni per le operazioni dell'ufficio centrale», contenute nella pubblicazione n. 20 del 2017 del dipartimento per gli affari interni e territoriali, direzione centrale dei servizi elettorali, che ha chiarito come il premio di maggioranza al sindaco eletto al secondo turno non può essere attribuito quando al primo turno altra lista o gruppo di liste collegate abbiano ottenuto più del 50 per cento dei voti validi –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di chiarire la corretta interpretazione della normativa vigente, anche in vista delle imminenti elezioni provinciali.
   (5-11800)


   GIGLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è noto che le navi che partecipano alle operazioni di salvataggio nel Mar Mediterraneo, portano i naufraghi nel porto italiano più vicino;
   una volta sbarcati, ai profughi si applica il «regolamento di Dublino» e l'Italia diventa responsabile per tutte le loro pratiche di asilo, assistenza o rimpatrio;
   è utile ricordare che il principio generale alla base del «regolamento Dublino III» (lo stesso della vecchia convenzione di Dublino del 1990 e di Dublino II) è che ogni domanda di asilo deve essere esaminata da un solo Stato membro e la competenza per l'esame di una domanda di protezione internazionale ricade in primis sullo Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all'ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri;
   tuttavia, il diritto della navigazione, in particolare la convenzione di Montego Bay del 1962, prevede che durante la navigazione in acque internazionali, una data nave sia soggetta alle legge dello stato di cui batte la bandiera;
   la citata convenzione, infatti, al comma 1 dell'articolo 92, afferma chiaramente: «Le navi battono la bandiera di un solo Stato e, salvo casi eccezionali specificamente previsti da trattati internazionali o dalla presente Convenzione, nell'alto mare sono sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva»;
   viceversa, se la nave si trova nelle acque territoriali di una nazione, si applica la legge di questa, mentre non è rilevante la cittadinanza dell'equipaggio o dei passeggeri;
   stando a quanto su esposto, il primo «suolo» su cui i profughi sbarcano non è dunque necessariamente quello italiano, ma quello rappresentato dalla bandiera della nave da cui sono stati raccolti;
   è fin troppo noto che altri Stati dell'Unione europea impediscono alle navi che raccolgono i profughi di attraccare nei propri porti per sbarcarli. È evidente, dunque, che lo Stato italiano potrebbe fare altrettanto per le navi battenti bandiera di altri Paesi;
   appare, quindi, plausibile affermare, a parere dell'interrogante, che il «regolamento di Dublino» non venga sempre correttamente applicato, dato che spesso il primo territorio dell'Unione europea su cui il profugo poggia il piede non è quelle italiano ma quello dello Stato corrispondente alla bandiera battuta dalla nave che l'ha raccolto –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per una corretta interpretazione del «regolamento di Dublino», tale che sia in armonia con le norme del diritto della navigazione e, in particolare, con la convenzione di Montego Bay. (5-11801)


   COSTANTINO, MARCON, FRATOIANNI, AIRAUDO, BRIGNONE, CIVATI, DANIELE FARINA, FASSINA, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, ANDREA MAESTRI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PASTORINO, PELLEGRINO e PLACIDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Chioggia vi è un lido balneare, Playa Punta Canna, che il titolare della concessione ha trasformato in un luogo fascista, antidemocratico, razzista, sessista, omofobo; apologetico, pieno di gadget del ventennio e saluti romani, come rivelato dal quotidiano La Repubblica;
   il cartello all'ingresso riporta: «Zona antidemocratica e a regime. Non rompete i c...», lungo il sentiero che porta verso la spiaggia i cartelli avvisano i bagnanti: «La legge della giustizia nasce dalla canna del fucile», «difendere la proprietà sparando a vista ad altezza d'uomo, se non ti piace me ne frego !», «servizio solo per i clienti... altrimenti manganello sui denti», la foto di un bambino che dice: «Nonno Benito, per un'Italia onesta e pulita torna in vita»;
   provoca orrore il cartello sulla cabina accanto al bar: «Vietato entrare, camera a gas»;
   il titolare ripete frequentemente dall'altoparlante discorsi razzisti e antidemocratici: inni al regime e insulti alla democrazia («mi fa schifo»), frasi sulla lotta senza frontiere alla «sporcizia umana del mondo, che è il 50 per cento e qui dentro per fortuna non entra», oppure «Voi sapete che io sono per lo sterminio totale dei tossici»; e ancora: «A me la democrazia mi fa schifo... Io sono totalmente antidemocratico e sono per il regime. Ma non potendolo esercitare fuori da casa mia, lo esercito a casa mia. A casa mia si vive in totale regime... qui è casa mia e di conseguenza si vive a regime», dimenticando però che la spiaggia è un bene demaniale ricevuto in concessione;
   il lido di Chioggia non va trattato dalle istituzioni come «folclore»; per fortuna il questore l'ha definita «Una vicenda raccapricciante», mentre il prefetto ha adottato una ordinanza «per l'immediata rimozione di ogni riferimento al fascismo contenuto in cartelli, manifesti e scritte» presenti all'interno dello stabilimento balneare;
   nell'ordinanza è ordinato al titolare del lido «di astenersi dall'ulteriore diffusione di messaggi contro la democrazia»;
   occorre sempre ricordare e far comprendere le tragedie che il fascismo ha portato perché non si ripetano –:
   quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere il Governo in relazione alla vicenda di cui in premessa anche al fine di prevenire il verificarsi di altri simili episodi. (5-11802)


   FIANO e FABBRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i matrimoni precoci, ancora diffusi nel mondo in diversi contesti politici e culturali, violano il diritto di bambine e ragazze di vivere con gioia, serenità e in piena autonomia. Impediscono di essere protagoniste della propria vita, di innamorarsi e di scegliere liberamente quando creare una famiglia. Essere costrette a sposarsi ancora piccole, ben prima dei 18 anni, con uomini già adulti, spesso molto più anziani e con già altre mogli, toglie a bambine e ragazze speranze, occasioni di educazione e lavoro, nonché possibilità di crescere, seguendo inclinazioni, desideri e tempi non forzati;
   in Italia non esistono ricerche statistiche dedicate in grado di fornire informazioni sui matrimoni forzati; tuttavia, anche se si tratta di un fenomeno difficile da rilevare per le sue caratteristiche complesse, attraverso le associazioni impegnate sul tema si ritiene che il fenomeno, con l'incremento dell'immigrazione delle famiglie provenienti dal subcontinente indiano e da alcuni Paesi arabi sia aumentato;
   si stima infatti che anche nel nostro Paese si stia diffondendo il fenomeno dei matrimoni combinati che coinvolge principalmente giovani donne e bambine, ma anche bambini, costrette a rientrare nei Paesi di origine perché promesse spose dalle famiglie di appartenenza, quando magari in Italia sono già integrate, costruendosi una vita. Eccetto poche scelte volontarie, la maggior parte di queste ragazze sono forzate e obbligate;
   in Italia non esiste una normativa che faccia riferimento al problema dei matrimoni forzati e a parere degli interroganti il riconoscimento della cittadinanza per « ius soli» e « ius culturae» potrebbe fungere da deterrente ai rimpatri forzati di queste ragazze o comunque costituire una maggiore tutela per queste/i bambine/i –:
   se il Ministero interrogato non ritenga opportuno disporre di una mappatura del fenomeno dei matrimoni forzati sul territorio italiano e quali strategie, intenda mettere in atto per prevenirne e contrastarne comunque la diffusione. (5-11803)


   TONINELLI, COZZOLINO, DIENI, CECCONI, DADONE, D'AMBROSIO, LOMBARDI, MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, GAGNARLI, SPADONI, CIPRINI, GALLINELLA, D'UVA, NICOLA BIANCHI, BRESCIA, CANCELLERI, CARIELLO, COLONNESE, CORDA, DE LORENZIS, DI BENEDETTO, LUIGI DI MAIO, FICO, LUIGI GALLO, SILVIA GIORDANO, GRILLO, L'ABBATE, LOREFICE, LUPO, MARZANA, MICILLO, NESCI, PARENTELA, PISANO, RIZZO, SCAGLIUSI, SIBILIA, TOFALO, VALLASCAS, VILLAROSA, SPESSOTTO e VACCA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco – che ai sensi della normativa vigente, la cosiddetta legge «Madia» nonché i connessi decreti legislativi – ha assunto anche parte delle funzioni del Corpo forestale, risulta in forte carenza di organico, con insufficienti mezzi e strumenti di intervento su tutto il territorio nazionale, in particolare a fronte dell'emergenza incendi estiva che coinvolge soprattutto il Sud del Paese; l'organico risulta molto al di sotto della media europea e l'età media degli agenti del Corpo risulta piuttosto alta, intorno ai 50 anni; sul fronte dei mezzi, la carenza o vetustà di essi porta ad un'inadeguata capacità di risposta dei vigili del fuoco rispetto alle esigenze: a mancare sono autopompe, serbatoi, autoscale e autobotti, molte delle quali fuori servizio ed inutilizzabili; la normativa vigente prevede l'immissione in servizio presso il Corpo di agenti tra i cosiddetti discontinui nonché gli idonei della graduatoria attualmente vigente entro il termine di novembre –:
   se e quali iniziative di competenza intenda adottare nell'immediato in ordine ai fatti esposti, al fine di risolvere l'insufficienza di uomini e mezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, con particolare riferimento alle nuove immissioni. (5-11804)


   PLANGGER, TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e SEGONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'8 giugno 2017 l'Autorità anticorruzione ha pubblicato una delibera nella quale ricostruisce quattro procedure d'acquisto del dipartimento della pubblica sicurezza del Viminale riscontrando, per ciascuna, una o più violazioni al codice degli appalti e alle annesse regole di trasparenza e concorrenza e una tendenza a privilegiare il prezzo più basso che non garantisce certo prodotti e materiali di miglior qualità ma i più scadenti;
   sulla base di alcune segnalazioni l'Anac ha analizzato le determine a contrarre del dipartimento di pubblica sicurezza e, da quattro esposti, emerge l'anomalo gonfiarsi dei prezzi, l'inadeguata programmazione della spesa, la mancanza di trasparenza, concorrenza e rotazione tra imprese che vengono invitate direttamente alle procedure negoziate dove spesso cambiano perfino i capitolati tecnici e di prezzo, in danno delle ditte che non avevano partecipato o erano state escluse;
   un esempio eclatante è stata la gara per l'acquisto di 2.300 giubbotti antiproiettile per il quale la stazione appaltante di fatto si è attenuta all'aggiudicatario di un'analoga gara bandita dal comando generale della Guardia di finanza, ma la motivazione del criterio d'urgenza, che ha permesso al Viminale di evitare l'indizione della gara non sussisteva: le piastre balistiche scadevano il 31 dicembre del 2014 ed era necessario provvedere tempestivamente alla sostituzione, ma la scadenza è decennale e il Ministero dovrebbe essere a conoscenza di quanti capi deve sostituire ogni anno;
   inoltre, il codice dei contratti pubblici consente, in particolari circostanze, di evitate la gara, ma non di affidare una fornitura ad un operatore economico precedentemente selezionato da un soggetto terzo perché altrimenti gli obblighi di garantire la libera concorrenza e la parità di trattamento, finiscono in capo a un'amministrazione diversa da quella effettivamente titolare dell'appalto;
   alcune società vengono escluse per grossolane incongruenze tecniche e assenze di requisiti base per partecipare e, se la gara va deserta, vengono invitate a ritentare e magari si aggiudicano l'appalto e l'unico criterio resta il prezzo più basso –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per evitare il ripetersi di tali gravi violazioni. (5-11805)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   continua senza sosta l'emergenza immigrazione nel nostro Paese; ad oggi sono giunti in Europa attraverso il Mediterraneo 101 mila migranti, la gran parte dei quali in Italia;
   nel 2016 i migranti sbarcati sono stati 181.436, circa il 18 per cento più del 2015 (153.842) e oltre il 6 per cento in più del 2014 che aveva registrato 170 mila arrivi;
   i Paesi di provenienza sono Nigeria, Bangladesh, Guinea, Costa d'Avorio e Gambia, dove altissima è la percentuale di malattie infettive, tra cui l'Hiv; a preoccupare sono soprattutto gli arrivi di migranti dalla Nigeria, secondo Paese al mondo, per malati di Aids;
   ad accogliere i migranti sono gli agenti italiani, spesso indifesi nel caso in cui quest'ultimi abbiano contratto infezioni o virus nei loro Paesi d'origine o nella nave che li ha traghettati in Italia;
   l'unica difesa che hanno è una mascherina antipolvere delle più economiche;
   è dura la denuncia del Sindacato autonomo di polizia: «il personale in servizio è dotato esclusivamente di un paio di guanti in lattice e di una mascherina incapace di proteggere da germi patogeni, come quelli del meningococco; ad oggi i danni per gli operatori di polizia, le loro famiglie e l'intera popolazione, una volta entrati in contatto con i migranti eventualmente affetti da morbi, sono difficilmente scongiurabili tramite procedura post esposizione che avvengono, se del caso, anche a distanza di giorni»;
   occorrono, quindi, vaccinazioni preventive per tutti gli uomini impegnati nella prima accoglienza sulle coste italiane;
   a parere dell'interrogante, il Governo sta mettendo a dura prova gli agenti italiani non solo per la mancata predisposizione di una cintura sanitaria che ha innescato pandemie, ma anche costringendoli, insieme con medici e mediatori culturali, a lavorare dalla mattina alla notte, senza un adeguato stanziamento di risorse economiche –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire la sicurezza degli appartenenti alle forze dell'ordine, dei volontari e di tutti coloro che sono impegnati nelle operazioni di sbarco e di soccorso sulle coste italiane e nelle fasi immediatamente successive; quali iniziative siano state assunte e si stiano mettendo in atto per la profilassi, a tutela di tutti i cittadini italiani, rispetto alla diffusione e al possibile contagio di infezioni. (4-17268)


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'ancora irrisolta questione dell'apertura stagionale del distaccamento dei vigili del fuoco di Lignano continua a suscitare apprensione;
   organizzazioni sindacali e comandante provinciale territorialmente competente dei vigili del fuoco avrebbero in effetti deciso insieme di rinunciare all'apertura del distaccamento, in quanto ne mancherebbero le precondizioni;
   pare che a determinare questa conclusione abbiano decisivamente contribuito insanabili carenze di personale, ma anche l'inadeguatezza della sede, come lasciano intuire le indiscrezioni concernenti il suo trasferimento a Latisana, dove sarebbe invece disponibile un immobile nuovissimo; 
   non sarebbero stati sufficienti a sbloccare la situazione i fondi messi a disposizione dei vigili del fuoco di Lignano, pari a 16 mila euro, del tutto inadeguati in rapporto alla necessità di reperire sedi idonee ad ospitare il personale distaccato ed i suoi mezzi;
   nel periodo estivo stazionano a Lignano non meno di 100 mila persone;
   nel frattempo, tarda a materializzarsi anche la convenzione tra regione Friuli-Venezia Giulia e la direzione regionale dei vigili del fuoco, uno strumento essenziale al regolare svolgimento delle attività del soccorso tecnico urgente, usualmente siglata già ai primi di luglio –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per assicurare al comune di Lignano la presenza di un distaccamento dei vigili del fuoco nella stagione estiva. (4-17270)


   COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   domenica 9 luglio 2017 alcuni militanti di Casapound, formazione politica fascista, guidati dal loro responsabile romano Luca Marsella, hanno compiuto quello che definiscono un «blitz antiabusivi», nei confronti di venditori sulla spiaggia libera di Ostia, filmando l'azione e indossando pettorine rosse con la scritta Casapound;
   «Oggi abbiamo cacciato i venditori abusivi dalle spiagge libere di Ostia. La nostra è stata un'azione provocatoria contro il M5S e la commissione prefettizia del X Municipio – continua nel video Marsella – che parlano di legalità ma hanno chiuso chioschi ad Ostia ponente ed abbandonato le spiagge al degrado», dichiara Luca Marsella sul suo profilo facebook come corollario al video che filma l'azione;
   Ostia è un municipio dove la presenza delle mafie è ormai sotto gli occhi della magistratura e dell'opinione pubblica, in primis dei suoi cittadini; evidentemente dietro quelli che Casapound definisce «abusivi» vi è un controllo importante da parte della criminalità organizzata ed essi sono l'ultimo anello di una catena ben organizzata che controlla a tappeto il territorio, compresa la spartizione delle spiagge e dei luoghi di alto interesse commerciale;
   non è Casapound, che non ha alcuna autorità, a potersi sostituire alle istituzioni con ronde che diventano una vera e propria «caccia all'abusivo» in un esasperato clima di odio, perché di questo si tratta –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per contrastare «blitz» o ronde come quelle sopra descritte, anche alla luce degli evidenti risvolti di ordine pubblico.
(4-17283)


   SIBILIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 giugno 2017 il segretario generale del Conapo Sindacato autonomo vigili del fuoco, Antonio Brizzi, si è recato presso la base elicotteri di Rieti dell'ex corpo forestale dello Stato (CFS) per prendere visione dello stato delle cose a quasi 7 mesi dall'attuazione della cosiddetta riforma Madia che ha visto transitare in parte al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (CNVVF) e in parte all'Arma dei carabinieri i piloti, gli specialisti, gli elicotteri ivi in servizio e parte dello stabile;
   lo stesso Brizzi in una missiva indirizzata, tra gli altri, al Presidente del Consiglio Gentiloni e al Ministro dell'interno lamentava di essersi trovato «di fronte ad una base elicotteri del CNVVF fantasma, 4 hangar immensi che apparivano totalmente nelle mani dei Carabinieri, anche se 2 hangar avevano all'interno materiale VV.F.» mentre «le dimensioni della base potrebbero tranquillamente consentire un uso equamente ripartito e sufficiente ad entrambi i Corpi dello Stato»;
   sempre secondo Brizzi, «non era presente nessun elicottero VVF (e nemmeno dell'ex CFS assegnato ai VVF) nonostante ci troviamo alle porte della campagna antincendi boschiva. Sembrerebbe inoltre che per poter dividere la base elicotteri tra i due Corpi siano necessari lavori e risorse finanziarie ad oggi non disponibili e che invece sarebbe opportuno trovare poiché questa è una base strategica per gli incendi boschivi in centro Italia. A questo si aggiungerebbe l'assenza di notizie circa l'idoneità antisismica di tutti i locali»;
   una situazione simile a quella descritta, a parere dell'interrogante, riguarderebbe anche altri casi di ex Forestali confluiti nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, alle prese con difficoltà quotidiane nell'espletare il proprio lavoro –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se ritenga opportuno porre in essere le iniziative di competenza per garantire una divisione e sistemazione degli hangar nella base elicotteri di Rieti tale da renderla subito operativa e funzionante già per gli incendi boschivi di cui alla campagna AIB 2017;
   se non ritenga opportuno inviare quanto prima sul posto almeno un elicottero pronto a fronteggiare gli incendi boschivi del Centro Italia, così come accadeva in precedenza con gli elicotteri dal Corpo forestale dello Stato. (4-17286)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il focus pubblicato dall'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), conferma anche nel rapporto 2017 l'impoverimento progressivo dei docenti italiani;
   dal rapporto suindicato, emerge che, in Italia, le retribuzioni degli insegnanti sono diminuite di 7 punti percentuali dal 2004 al 2015, diversamente che negli altri Paesi europei, come ad esempio in Germania, dove gli stipendi sono cresciuti del 10 per cento, e in Irlanda dove sono incrementati del 13 per cento, mentre solo in Francia e in Grecia si registra un calo delle retribuzioni, rispettivamente del 5 per cento e del 30 per cento;
   va considerato che un docente in Italia neo assunto non supera i 1.300 euro mensili e arriva a 1.800 euro mensili a fine carriera;
   mentre il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e i sindacati stanno dando corso alle trattative per il rinnovo contrattuale che, secondo l'accordo del 30 novembre 2016, dovrebbe determinare un incremento di 85 euro lordi medi mensili dal 2018, ad oggi i contratti degli insegnanti restano invariati e bloccati dal 2009;
   il docente di ogni ordine e grado ricopre non solo un ruolo fondamentale per la crescita culturale del Paese, ma ha un ruolo socialmente ed economicamente qualificato; infatti, in molti Paesi d'Europa e del mondo, tale ruolo viene riconosciuto dallo Stato anche in termini remunerativi –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative affinché si possa arrivare ad un incremento medio degli stipendi degli insegnanti pubblici della scuola dell'infanzia e della scuola primaria di primo e secondo grado;
   se non ritenga necessario individuare gli strumenti necessari volti ad investire di più nei diversi sistemi dell'istruzione pubblica e, in caso affermativo, quali siano le iniziative che intende mettere in campo per migliorare le condizioni degli insegnanti e, di conseguenza, dell'offerta della scuola pubblica;
   poiché investire nell'istruzione pubblica, e quindi anche negli stipendi dei docenti, è un'occasione per superare la crisi, quali siano le ragioni per le quali, nonostante la crisi medesima e le difficoltà economiche di questi anni, le problematiche in questione siano state affrontate diversamente dall'Italia rispetto ad altri Paesi;
   come si intenda colmare il divario rilevantissimo tra il dato riscontrabile in Italia e la media europea riguardo agli investimenti pubblici nell'istruzione che si trasformano di fatto in conoscenza per aprire le porte del futuro dei giovani studenti di oggi. (4-17277)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   ha destato molto stupore la notizia riportata dai mezzi di informazione sulla decisione da parte di Fincantieri di richiamare, presso i cantieri di Porto Marghera, una decina di dipendenti già in pensione per far fronte alla realizzazione di importanti commesse per navi da crociera;
   in portafoglio ci sono ordini di navi da crociera per i prossimi dieci anni per un totale di oltre 20 miliardi di euro;
   si tratta di una prospettiva importante per una azienda leader nel settore;
   a fronte di una contestazione da parte delle organizzazioni sindacali la società Fincantieri, ha replicato che la necessità di procedere all'attivazione di contratti temporanei con personale di particolare e comprovata esperienza nel corso dell'anno corrente è stata chiaramente espressa dall'azienda durante un incontro tecnico di cantiere alla presenza di tutti i componenti designati della rappresentanza sindacale unitaria il 31 ottobre del 2016, come confermato dai verbali redatti e sottoscritti in tale occasione;
   sarebbe molto utile che le professionalità specializzate potessero essere impiegate per formare personale giovane e in cerca di occupazione, anche in considerazione della prospettiva del settore –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non intenda attivarsi al fine di promuovere un tavolo di confronto tra azienda e sindacati per lanciare un piano di formazione per i giovani, avvalendosi delle professionalità già in pensione ma attribuendo alle stesse solo un compito formativo e non di produzione, consentendo la possibilità di creare nuovi occupati. (5-11795)


   CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI, CHIMIENTI, LOMBARDI e DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 195, della legge di bilancio n. 232 del 2016 ha modificato l'articolo 1, comma 239, della legge 4 dicembre 2012, n. 228, concernente la facoltà di cumulare i periodi assicurativi non coincidenti ai fini del conseguimento di un'unica pensione, così introducendo la possibilità di cumulare i periodi assicurativi versati in diverse gestioni previdenziali;
   il predetto comma 195 ha previsto che la facoltà di cumulare i periodi assicurativi non coincidenti possa essere esercitata anche: a) dagli iscritti alle casse professionali; b) per conseguire la pensione anticipata di cui all'articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011; c) dai soggetti in possesso dei requisiti per il diritto autonomo al trattamento pensionistico in una delle gestioni di cui al citato comma 239;
   con circolare n. 60 del 2017, l'Inps, acquisito il parere del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 1706 del 13 marzo 2017, ha fornito le prime istruzioni applicative delle disposizioni in argomento limitatamente ai casi di cumulo dei periodi assicurativi non coincidenti da parte degli iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti, autonomi, alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, rinviando ad una successiva circolare «le istruzioni applicative delle disposizioni in argomento con riferimento ai casi di cumulo dei periodi assicurativi non coincidenti anche presso le Casse professionali»;
   tuttavia, a tutt'oggi mancherebbero i provvedimenti attuativi e la platea dei soggetti destinatari della suddetta misura sarebbe superiore rispetto alle previsioni, cosicché la misura sarebbe a rischio e potrebbe essere rinviata sine die per mancanza di idonea copertura;
   infatti, dal sito www.money.it del 6 luglio 2017 («Cumulo gratuito per gli avvocati, approvazione a rischio: manca la copertura finanziaria») si apprende che «il Ministero del Lavoro, infatti, si è reso conto che per la messa in atto del progetto ci vorrà molto di più rispetto a quanto preventivato: 2 miliardi di euro rispetto ai 100 milioni ipotizzati inizialmente. Una spesa non sostenibile né per le casse pubbliche né tantomeno per quelle privatizzate»;
   inoltre, secondo il sito www.ilsole24ore.com del 30 giugno 2017 («Cumulo gratuito, l'allarme delle Casse dei professionisti») si apprende che il costo del cumulo contributivo potrebbe ricadere sugli iscritti alla casse professionali poiché, secondo Giuseppe Santoro, presidente di Inarcassa: «In assenza di risorse statali o si aumenta la contribuzione o si abbassano le pensioni oppure, addirittura, dovremmo intaccare il nostro patrimonio». Insomma, «posto che il principio del cumulo gratuito è sacrosanto, bisogna trovare una soluzione che non gravi sui nostri iscritti»;
   in un commento pubblicato su la Nazione-Carlino-Giorno del 4 luglio 2017 di Raffaele Marmo si chiede: «Come si fa a sbagliare addirittura in via preventiva ? Come si fa a scrivere nero su bianco in una relazione tecnica che una misura come quella indicata costa meno di cento milioni di euro, salvo scoprire, prima ancora di attuarla, che servono almeno due miliardi di euro ?» –:
   se risponda al vero quanto esposto in premessa e quali motivi abbiano impedito la piena operatività della misura del cumulo contributivo previsto dalla legge n. 232 del 2016;
   quale sia il numero complessivo dei destinatari della misura di cui in premessa e in particolare dei professionisti interessati, quali tempi preveda il Ministro per dare piena attuazione alla predetta misura e se intendano assumere iniziative per stanziare nuove risorse a beneficio dei destinatari della stessa che risulterebbero superiori alle previsioni, chiarendo inoltre su quali soggetti ricadrebbero eventuali nuovi oneri finanziari per garantirne l'applicazione. (5-11830)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   L'ABBATE, PARENTELA, GALLINELLA e GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 marzo 2017, la Commissione agricoltura della Camera dei deputati ha approvato la risoluzione conclusiva di dibattito 8/00223;
   in quella sede, il Governo veniva impegnato: ad attivare urgentemente le azioni previste dal piano nazionale per il settore pataticolo finanziato sin dal 2012 con circa 3 milioni di euro, individuandone precise aree di intervento; a proporre, in occasione della riforma di medio termine della politica agricola comune, l'inserimento della patata nella lista dei prodotti che possono beneficiare di aiuti accoppiati sulla base dell'articolo 52 del regolamento dell'Unione europea n. 1307/2013, così come già previsto dall'articolo 68 del regolamento dell'Unione europea n. 73/2009; ad assumere iniziative per rafforzare i rapporti di filiera attraverso il riconoscimento di A.O.P. nazionali previste dal regolamento dell'Unione europea n. 1308/2013; a promuovere, nelle sedi opportune, il rinnovo della convenzione con l'Osservatorio economico della patata; a costituire un osservatorio economico nazionale della patata che, attraverso l'analisi degli andamenti produttivi in Europa e in Italia, sia in grado di fornire agli operatori del settore utili elementi per definire al meglio le strategie commerciali; a definire un programma di studio e ricerca relativo allo sviluppo di possibili sostanze, quali l'acrilamide, nella fase di trasformazione delle patate –:
   a che punto siano le azioni previste dal piano nazionale per il settore pataticolo e l’iter per l'erogazione del relativo finanziamento di circa 3 milioni di euro;
   quali iniziative abbia assunto il Governo per rafforzare i rapporti di filiera attraverso il riconoscimento di Associazione delle organizzazioni di produttori nazionali previste dal regolamento dell'Unione europea n. 1308/2013;
   quali ulteriori iniziative abbia messo in campo il Ministro interrogato in relazione agli altri impegni assunti al seguito dell'approvazione della risoluzione di cui in premessa;
   se siano giunte presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali richieste per la costituzione di una Commissione unica nazionale per il settore pataticolo, come previsto dalla legge 2 luglio 2015, n. 91, e dal decreto 31 marzo 2017, n. 72, adottato di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
   (5-11793)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:


   GULLO e SANDRA SAVINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la lunghezza dei tempi di attesa per interventi di chirurgia urologica presso l'azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste (Asuits) rappresenta una criticità gravissima, considerato l'elevato numero di interventi che molto spesso non sono effettuati in tempi ragionevoli;
   la normativa regionale, in attuazione del piano nazionale di governo delle liste di attesa, stabilisce che l'intervento chirurgico deve avvenire «entro 30 giorni per i casi clinici che potenzialmente possono aggravarsi rapidamente al punto da diventare emergenti, o comunque tali da recare grave pregiudizio alla prognosi»;
   sino a poco tempo fa i dati relativi ai tempi di attesa della chirurgia urologica neoplastica venivano elaborati con l’«artificio» di far decorrere il tempo d'attesa non già dal momento della diagnosi, ma dal nulla osta anestesiologico all'intervento;
   la delibera della giunta regionale n. 1439/2011 richiama l'articolo 6 della legge regionale n. 7 del 2009, che prevede che nel patto stipulato annualmente tra la regione ed i direttori generali, il 25 per cento del compenso integrativo al trattamento economico annuo fosse vincolato al rispetto dei tempi massimi di attesa;
   la delibera della giunta regionale n. 2559/2015 conferma che «le Aziende sanitarie dovranno garantire altresì il rispetto dei tempi di attesa per gli interventi indicati, secondo i codici di priorità A (per almeno il 95 per cento della casistica)»;
   la delibera della giunta regionale n. 391/2016 stabilisce che «Il Commissario straordinario/Direttore Generale, ai fini della corresponsione della quota integrativa al trattamento economico annuo, sarà valutato in base al livello di raggiungimento degli obiettivi contenuti nel presente Patto», tra i quali è compreso il rispetto dei tempi massimi di attesa per la chirurgia urologica neoplastica;
   risulterebbero quindi alterati anche i dati statistici del Ministero della salute relativi al monitoraggio di tali tempi di attesa, essendo trasmessi a detto Ministero flussi informativi modificati verso il basso;
   il consigliere della regione del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Riccardi, ha presentato un'interrogazione al presidente della giunta regionale, Deborah Serracchiani, sollevando quanto appena riportato ma senza ricevere alcuna risposta –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere per ridurre i tempi di attesa per le prestazioni erogate dal servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alla situazione del Friuli Venezia Giulia che sta provocando danni ai pazienti che necessitano di interventi chirurgici relativi sia alla patologia urologica neoplastica, sia a quella non neoplastica, in particolare calcolosi renale e ipertrofia prostatica. (5-11806)


   MONCHIERO, MUCCI e FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la procreazione medicalmente assistita è disciplinata dalla legge n. 40 del 2004 il cui articolo 1, comma 1, stabilisce che: «Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito»;
   l'articolo 14, comma 5, della citata legge stabilisce che i soggetti di cui all'articolo 5 della stessa legge, cioè le coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi, hanno diritto ad essere informati sul numero e, su loro richiesta, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell'utero;
   la diagnosi genetica preimpianto rappresenta una metodologia che permette di identificare la presenza di malattie genetiche o di alterazioni cromosomiche in embrioni in fasi molto precoci di sviluppo, generati in vitro da coppie a elevato rischio riproduttivo, prima del loro impianto in utero;
   i progressi della scienza permettono oggi di identificare la presenza di malattie genetiche ereditarie o di alterazione cromosomiche, in fasi molto precoci dello sviluppo embrionale;
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 marzo 2017, sono stati definiti e aggiornati i livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;
   i livelli essenziali di assistenza approvati nel mese di marzo 2017, non includono le indagini genetiche preimpianto, tecniche che devono poter applicare tutti i centri di procreazione medicalmente assistita che risultano autorizzati ad eseguire tecniche in vitro;
   all'articolo 24 del decreto di cui sopra viene stabilito che: «Il Servizio sanitario nazionale garantisce alle donne, ai minori, alle coppie e alle famiglie, le prestazioni, anche domiciliari, mediche specialistiche, diagnostiche e terapeutiche, ostetriche, psicologiche e psicoterapeutiche, e riabilitative, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche, necessarie ed appropriate nell'ambito dell'attività di consulenza, supporto psicologico e assistenza per problemi di sterilità e infertilità e per procreazione medicalmente assistita»;
   nonostante tale previsione la diagnosi genetica preimpianto non risulta ad oggi essere a carico del servizio sanitario nazionale, situazione che porta molte coppie ad essere esposte ad aborti –:
   se non intenda assumere iniziative per l'inserimento nei livelli essenziali di assistenza della diagnosi genetica preimpianto opportunità e dello screening generico preimpianto che potrebbero rappresentare un'opportunità per il risparmio in termini di cure per il servizio sanitario nazionale. (5-11807)


   CARNEVALI, AMATO, CAPONE, PATRIARCA, MIOTTO, SBROLLINI, LENZI e D'INCECCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da organi di stampa si apprende la notizia che il vaccino contro l'epatite A, malattia acuta del fegato causata dal virus Hav e, nella maggior parte dei casi dovuta al mancato rispetto di norme igieniche, sarebbe al momento introvabile in molte regioni, mettendo così a rischio le vacanze di migliaia di italiani, visto che tale vaccino è il più diffuso tra i viaggiatori che partono per Paesi con problemi igienici in Africa, Asia o Sud America;
   la carenza del vaccino sarebbe dovuta a un problema produttivo dell'industria che lo prepara proprio in un momento in cui la malattia, come sottolineato dall'Istituto superiore di sanità e pure dall'Organizzazione mondiale della sanità, è a rischio diffusione non solo in Italia ma anche in Europa al punto da spingere la stessa Organizzazione mondiale della sanità a intervenire chiedendo agli Stati di offrire il vaccino ai cittadini;
   chi, quindi, di recente ha fatto richiesta presso le strutture sanitarie per sottoporsi a vaccinazione anti-epatite A sta ricevendo in questi giorni comunicazioni analoghe alla seguente: «A causa dell'inatteso aumento del consumo, sono attualmente esaurite tutte le scorte di vaccini anti epatite A. La carenza potrebbe protrarsi per i prossimi 30-90 giorni. Al momento non sarà possibile essere vaccinati per Epatite A»;
   l'unica alternativa che si prospetti per coloro che in questa stagione si recano nei centri di medicina dei viaggi per sottoporsi al vaccino contro l'epatite A sarebbe quella, oltre a partire senza vaccino, di utilizzare il prodotto pediatrico;
   tale alternativa per essere utilizzata necessita del via libera dell'Aifa e del Ministero della salute –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questa grave situazione che si è venuta a creare e quali iniziative urgenti intenda adottare affinché la salute dei cittadini sia tutelata così come prescritto dall'articolo 32 della Costituzione.
(5-11808)


   SILVIA GIORDANO, NESCI, LOREFICE, COLONNESE, MANTERO, GRILLO e BARONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio dei ministri n. 38, riunitosi il 10 luglio 2017 ha deliberato, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, la nomina del presidente della regione Campania Vincenzo De Luca quale commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione. Il presidente De Luca, appositamente invitato, ha partecipato alla trattazione di tale punto dell'ordine del giorno;
   la legge n. 190 del 2014, all'articolo 1, comma 569, prevede che la nomina a commissario ad acta per la predisposizione, l'adozione o l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario, effettuata ai sensi dell'articolo 2, commi 79, 83 e 84, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, è incompatibile con qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento e che il commissario dovesse avere qualificate e comprovate professionalità;
   le disposizioni normative contenute nella legge n. 190 del 2014, in merito alla incompatibilità tra la nomina di commissario ad acta e i soggetti che abbiano rivestito incarichi istituzionali presso la regione soggetta a commissariamento, non sono più applicabili per effetto del comma 395 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232;
   il presidente De Luca, già titolare della delega alla sanità in Campania, con la nomina a commissario ad acta assume di fatto una doppia veste: in quanto commissario finisce per controllare se stesso come titolare della sanità in giunta;
   il Ministro interrogato, come emerge da indiscrezioni di stampa, «pur restando ferma sulle sue perplessità legate al fatto che un governatore possa essere allo stesso tempo controllore e controllato, dopo una lunga attesa ha sciolto le riserve dando il suo consenso per spirito di collegialità verso il Governo e di responsabilità verso la Regione da tempo in attesa di un commissario» –:
   se il Ministro interrogato non intenda rendere note quali siano le ragioni per cui, nell'ambito delle proprie competenze ha sciolto la riserva sulla nomina del presidente De Luca a commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della regione, nonostante suddetta nomina, a giudizio degli interroganti, configuri il presidente De Luca nella doppia veste di controllore e controllato, anche esplicitando quali siano le qualificate e comprovate competenze del presidente De Luca che, evincibili dal curriculum, evidenzino esperienza di gestione sanitaria. (5-11809)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a seguito del sequestro disposto dalla magistratura, di due sale operatorie, del blocco parto, dei locali dell'unità di terapia intensiva e coronaria e della rianimazione del nuovo ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa, alla vigilia della inaugurazione, sono da affrontare, con la massima tempestività, le ripercussioni su tutto il sistema sanitario territoriale;
   in particolare, come riportato anche dagli organi di stampa nazionali vi sono circa 60 pazienti con patologie oncologiche che non sanno dove e quando dovranno essere operati;
   l'asp di Ragusa ha comunicato che «la Direzione Strategica ha avocato a sé l'organizzazione dei servizi, garantendo già dalla prossima settimana il potenziamento delle attività operatorie nei diversi presidi aziendali, allo scopo di dare pronta e adeguata risposta ai pazienti con esigenze non procrastinabili soprattutto in ambito oncologico»;
   tuttavia, è evidente che tale situazione non sarà facile da gestire neppure per le altre strutture sanitarie;
   vi è forte preoccupazione tra i malati e i loro familiari per tutto ciò che consegue da questa situazione e per le ripercussioni sulla propria condizione –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere, con la massima urgenza, per monitorare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e assicurare risposte tempestive da parte delle strutture sanitarie ai citati pazienti oncologici.
(5-11797)


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, MANTERO, LOREFICE, NESCI e GRILLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Ordine dei medici ed odontoiatri di Salerno e le organizzazioni sindacali del comparto sanità hanno reso noto che «La situazione che si sta profilando a seguito della la carenza di risorse umane presso azienda ospedaliera universitaria S. Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona e nell'Asl di Salerno è sempre più drammatica», con rischi molto forti per la tutela, il rispetto e la conservazione degli indispensabili livelli minimi ed essenziali di assistenza (LEA);
   i sindacati Uil Fpl e Cgil Fp provinciali hanno determinato le unità di personale del comparto sanità che svolgono mansioni diverse dal loro profilo, presso l'Asl di Salerno. Da suddetto calcolo risulta che: «217 infermieri sono utilizzati per attività amministrative, e a cui illegittimamente si continua ad erogare l'indennità professionale specifica ponendo le basi per un danno erariale, e 123 operatori sanitari anch'essi utilizzati in mansioni diverse da quella di appartenenza, per un totale di 340 unità di personale di comparto che corrispondono alla dotazione organica di un medio grande ospedale e che invece vengono sottratti all'assistenza dei degenti» –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, intenda intraprendere, per sopperire alle carenze di personale registrate nel comparto sanità presso l'azienda ospedaliera universitaria S. Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona e l'Asd di Salerno al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza per i cittadini dell'area salernitana;
   se non intenda rendere noti, anche fornendo la relativa documentazione, i dati relativi alla dotazione organica dell'Asl di Salerno, necessari per determinare le effettive carenze, o esuberi, delle varie figure del comparto sanità;
   se i dati forniti dai sindacati Uil Fpl e Cgil Fp della provincia di Salerno in merito al personale del comparto sanità risultino corretti. (5-11831)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BASILIO e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella serata del 3 luglio 2017 presso la città di Scafati nella provincia di Salerno, viene constatato il decesso del signor Alfonso Gallo dall'ambulanza del 118 accorsa su chiamata dei famigliari;
   secondo le ricostruzioni apparse sui giornali, già verso le ore 18,30 del medesimo giorno, a seguito di un malessere, una équipe medica del 118, recatasi nel domicilio del signor Gallo per una prima visita, non riscontrava particolari problematiche mediche;
   il signor Gallo aveva fatto presente alla stessa équipe medica di essere affetto da una patologia denominata valvolopatia mitralica che, negli anni precedenti, aveva comportato anche un intervento chirurgico al cuore;
   successivamente, al primo controllo effettuato dalla équipe medica del 118, il signor Gallo continuava ad accusare forti disturbi e malesseri, tali da sollecitare una nuovo intervento del 118;
   tale nuovo intervento del 118 constatava la gravità della condizione sanitaria del signor Gallo e, a seguito di ulteriore aggravamento, procedeva ad effettuare un massaggio cardiaco di rianimazione, dopo il quale purtroppo, come sottolineato in precedenza, seguiva la constatazione del decesso;
   i famigliari del signor Gallo hanno presentato denuncia ai carabinieri della locale tenenza ipotizzando la non adeguatezza delle cure ricevute dal personale sanitario del 118;
   a seguito di tale denuncia la salma del signor Gallo è stata posta sotto sequestro ed è a disposizione della magistratura per essere sottoposta ad autopsia;
   i fatti riportati, se confermati, potrebbero fare ipotizzare un clamoroso caso di malasanità –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al riguardo;
   se non ritenga di dover avviare, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, una verifica sulle reali condizioni operative del servizio di emergenza medica mettendo in atto ogni iniziativa di competenza affinché il diritto alla salute e i livelli essenziali d'assistenza siano sempre e comunque garantiti. (4-17274)


   FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   notizie di stampa dell'11 luglio 2017 (http://www.ilfattoquotidiano.it) riportano la storia di Ibrahim Manneh, 24enne di origini ivoriane, morto per gli effetti di una appendicite non curata a Napoli;
   secondo quanto si apprende, il giovane lamentava forti dolori all'addome e sarebbe però stato dimesso dall'ospedale presso cui si era recato. Nelle ore successive non avrebbe ricevuto adeguata assistenza da farmacisti e dal 118 che si è rifiutato di mandare una ambulanza. Il ragazzo, quindi, sarebbe stato costretto a recarsi in guardia medica accompagnato da amici e sarebbe giunto quasi senza vita. L'epilogo della vicenda è la morte del ragazzo;
   la vicenda raccontata pare avere i contorni non solo di un caso evidente di malasanità. Pare anche purtroppo essere effetto di una mancanza di volontà di aiutare un ragazzo di origini straniere –:
   se sia a conoscenza dei fatti riportati;
   quali iniziative intende adottare, per quanto di competenza e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari, per fare urgente chiarezza su una vicenda molto grave, che, ove i fatti fossero confermati, potrebbe configurarsi come un caso di razzismo. (4-17282)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MOGNATO, MURER e ZOGGIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel marzo 2013 la società discount Dico-coop cede i propri 342 punti vendita alla società «Tuo spa», titolare dei discount a marchio «Tuodì»;
   dalla fusione delle due realtà nasce li Gruppo Tuo, con oltre 400 punti vendita in tutta Italia, di cui 22 in Veneto;
   nel medesimo anno 2013 il gruppo Tuo ottiene la cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) per i lavoratori veneti per la durata di un anno, ai fini di ristrutturazione e del refresh delle strutture esistenti, al termine della quale 6 punti vendita sono stati chiusi o ceduti ad altre realtà locali;
   il mercato veneto, per la capillare presenza di struttura della grande distribuzione organizzata e di reti di altri discount si rivela estremamente critico per il gruppo Tuo, tanto che la piattaforma logistica individuata a Stradella (PD) viene chiusa nel 2015;
   nel settembre 2015 la proprietà comunica che i punti vendita del Veneto sono oggetto di trattativa per la cessione ad altre realtà attive nel campo del discount;
   nel 2016 appare evidente la situazione di criticità in cui versa l'intero gruppo, gravato da una pesante situazione debitoria e dall'assenza di un reale piano industriale di rilancio da parte della proprietà;
   il gruppo Tuo ha avviato un'azione di frazionamento dei punti vendita nel Centro-sud, affidandoli a cooperative con conseguente riduzione degli oneri economici e contrattuali;
   nelle ultime settimane sono state interrotte le forniture di prodotti, lasciando del tutto sguarniti alcuni punti vendita con conseguente perdita di clienti e crollo degli introiti da incasso;
   durante l'ultimo incontro del 6 luglio 2017 con le organizzazioni sindacali la proprietà si è limitata a fornire rassicurazioni generiche, senza presentare un ancorché minimo piano di rilancio delle attività;
   conseguentemente, le organizzazioni sindacali hanno chiesto il coinvolgimento del Ministero dello sviluppo economico e proclamato uno sciopero nazionale di 4 ore che si è tenuto sabato 8 luglio;
   in tutta Italia sono circa 4.000 le lavoratrici e i lavoratori coinvolti, di cui 2.000 dipendenti diretti e 2.000 impiegati nelle attività già terziarizzate;
   l'azienda ha chiesto il concordato preventivo in continuità con la chiusura momentanea della maggior parte dei punti vendita;
   il 19 luglio 2017 è convocato il tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per assicurare la continuità produttiva, lavorativa e occupazionale delle lavoratrici e dei lavoratori del gruppo Tuo.
   (5-11832)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TACCONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico, in attuazione della legge n. 96 del 2013 e del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, ha varato una riforma delle tariffe elettriche che interessa, a regime, oltre 30 milioni di utenti domestici;
   scopo dichiarato della riforma è quello di incoraggiare l'efficienza energetica in ottemperanza della direttiva europea 2012/27/UE prevedendo il superamento della «struttura progressiva» della tariffa, cioè il costo unitario per kWh che cresce per scaglioni in relazione all'aumento dei consumi;
   la nuova tariffazione prevede quindi un costo per la materia energia misurata in kWh, una spesa per i servizi di rete relativa al trasporto dell'energia e alla gestione del contatore e una spesa per gli oneri generali di sistema, vale a dire i costi delle attività di interesse generale per il sistema elettrico;
   il costo della materia energia viene fatturato in base all'effettivo consumo eliminando le differenze per scaglioni, mentre i costi per i servizi di rete e per gli oneri generali di sistema sono fatturati in egual misura per tutte le utenze;
   la nuova struttura della bolletta elettrica, quindi, avvantaggia gli utenti che consumano di più e penalizza invece quelli che consumano meno;
   è condivisibile l'intenzione di ottenere una tariffa più lineare, più trasparente e probabilmente più adatta a stimolare investimenti per un sistema energetico più sostenibile, derivante in maggior misura da fonti rinnovabili;
   si apprezza anche lo sforzo di una maggiore equità nei confronti di quelle famiglie numerose che per ovvie ragioni sono costrette a consumare di più;
   tuttavia, la penalizzazione per le famiglie che consumano al di sotto di un numero minimo di kWh in un anno pare eccessiva;
   è il caso delle tariffe applicate alle utenze domestiche non residenziali dei cittadini residenti all'estero ed iscritti all'Aire che utilizzano la fornitura soltanto per brevi periodi, in occasione delle ferie estive, e spesso nemmeno tutti gli anni;
   la bolletta bimestrale tipica che questi utenti sono chiamati a pagare si compone delle seguenti voci: spesa per la materia energia euro 7,16 (anche in assenza di consumi); spesa per il trasporto, e la gestione del contatore euro 14,00; spesa per oneri di sistema euro 21,24; Iva del 10 per cento per un totale di euro 46,64 al bimestre o euro 279,84 all'anno;
   non è pertanto lontano dal vero che un connazionale all'estero debba pagare, per la semplice esistenza di un contratto di fornitura elettrica, la ragguardevole cifra di euro 280 all'anno senza che ne usufruisca minimamente;
   i connazionali d'oltre confine ritengono, comprensibilmente, che le nuove tariffe siano un'inutile vessazione che va ad aggiungersi alla pesante tassazione immobiliare e alla miriade di altri balzelli che gravano sulla loro casa in Italia, ancorché usata solo sporadicamente, e chiedono perciò modifiche alla riforma tariffaria di cui sopra –:
   se non ritenga di assumere iniziative normative volte a prevedere che per le utenze che non raggiungono in un anno un consumo minimo di 300 kWh, che rappresenta il consumo medio mensile di una famiglia di 3-4 persone, si applichi, oltre alla tariffa per la materia energia, un canone bimestrale nell'ordine di euro 20.
   (4-17284)


   VACCARO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 5 maggio 2017 la società Sogin ha pubblicato un bando di gara relativo ai servizi di trasporto e trattamento dei materiali metallici radioattivi delle centrali di Trino Vercellese, Garigliano e Latina; in particolare, «il servizio è volto alla riduzione dell'attività specifica di materiali metallici radioattivi, utilizzando il processo di fusione, a valori che ne permettano il rilascio incondizionato o condizionato nel Paese dove ha sede l'impianto di trattamento»;
   il corrispettivo a base d'asta per la commessa ammonta ad oltre 30 milioni (30.967.644 di euro), oltre Iva;
   l'obiettivo del servizio è la massima riduzione dei volumi dei materiali radioattivi trattati, in modo da renderne più semplice il deposito;
   senza giustificazioni apparenti il bando circoscrive la possibilità di ottenere il risultato della riduzione dei volumi esclusivamente al processo di fusione, escludendone di converso ogni altro, quand'anche pienamente idoneo a conseguire il medesimo risultato;
   nell'intera Unione europea, a quanto consta all'interrogante, esistono due società che dispongono di impianti di fusione, EDF (Francia) e Siempelkamp (Germania): di conseguenza, soltanto loro possono partecipare alla gara così come strutturata da Sogin ed ottenere la relativa commessa;
   in base al disciplinare di gara, Sogin procederà all'aggiudicazione in presenza anche di una sola offerta valida, anche in assenza di qualsivoglia confronto concorrenziale (tanto più in un contesto nel quale, a quanto consta all'interrogante, non risulta probabile la partecipazione da parte dell'operatore tedesco);
   in ogni caso, dalla commessa – per come è formulato il bando – sarebbero di fatto escluse tutte le imprese italiane del settore;
   sono tuttavia disponibili altre tecnologie e processi, che consentono di ottenere il medesimo risultato senza la fusione dei metalli: la facoltà di utilizzare questi ulteriori processi consentirebbe, per un verso, di ampliare notevolmente la platea dei potenziali partecipanti alla gara (con intuibili benefici in termini di ampliamento della concorrenza) e, per altro verso, di ridurre gli oneri a carico delle finanze pubbliche (si consideri che se la fusione fosse spostata ad una fase successiva del processo, dopo che con altre tecnologie i metalli siano stati già previamente ridotti nel volume, i costi di fusione sarebbero radicalmente ridotti);
   in base all'articolo 30 del nuovo codice dei contratti pubblici, l'affidamento e l'esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi e forniture deve rispettare, tra gli altri, i principi di libera concorrenza e di non discriminazione;
   non è dato dunque comprendere perché il bando per una commessa tanto strategica e tanto significativa dal punto di vista economico sia stato formulato in modo da consentire la partecipazione alla gara solo di due operatori (ma con uno solo di essi verosimilmente interessato a partecipare) ed, al contempo, in modo da escludere con certezza dalla gara tutti gli operatori nazionali;
   le ingiustificate restrizioni alla concorrenza negli appalti pubblici si espongono a contestazioni nelle sedi giudiziarie sia nazionali sia dell'Unione europea;
   la scelta operata da Sogin non è comprensibile soprattutto ove si consideri che, per ragioni sostanzialmente analoghe a quelle appena esposte e già oggetto di altra interrogazione al Ministero dello sviluppo economico, una gara indetta da Sogin il 16 giugno 2015 per il trattamento mediante fusione di metalli provenienti dalle centrali di Trino e Garigliano è stata annullata in autotutela –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra enunciati; se non ritenga di assumere iniziative affinché siano adeguatamente rivalutate le ragioni economiche e tecniche indotto Sogin ad indire nuovamente una gara con restrizioni alla partecipazione – connesse al processo da utilizzarsi (fusione) – tali da consentire la partecipazione di uno o due soggetti, con contestuale preventiva rinuncia ad un numero più ampio di concorrenti e con intuibili svantaggi di natura industriale ed economica ed per lo Stato, che dovrà farsi carico di maggiori costi. (4-17285)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Laboccetta e Brunetta n. 2-01883, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Secco.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzis e Gagnarli n. 5-11718, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bonafede.
  L'interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzis e Gagnarli n. 5-11778, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bonafede.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Massimiliano Bernini n. 5-11742, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 827 del 5 luglio 2017.

   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a dicembre 2016 è stata presentata dalla Geothermics Italy srl la sintesi non tecnica dello studio di impatto ambientale del progetto di ricerca «Lago Di Vico», per la realizzazione di quattro pozzi esplorativi, perforati da due differenti postazioni denominate LV1 e LV2, ubicate nel comune di Caprarola (Viterbo) nelle località «Li Piani» e «Servelli»;
   l'obiettivo dei pozzi è la conferma del modello geotermico ipotizzato che prevede la presenza, oltre la profondità verticale di circa 2.800-3.000 m, di un potenziale serbatoio profondo contenente fluidi geotermici con temperature superiori di 180 gradi centigradi, idonei per una successiva coltivazione per la generazione di energia geotermoelettrica;
   l'area del permesso di ricerca denominato «lago di Vico» comprende siti delle reti Natura 2000 e interferisce marginalmente con la zona di protezione speciale «Lago di Vico, M. Venere e M. Fogliano» e con i siti di importanza comunitaria «M. Fogliano, M. Venere» e «lago di Vico»;
   nella risoluzione n. 8-00103 del 15 aprile 2015 approvata nelle Commissioni VIII e X della Camera, si impegnava il Governo pro tempore a prevedere nella fase prerealizzativa un pieno coinvolgimento delle amministrazioni e delle popolazioni locali nel processo decisionale favorendo l'eventuale applicazione del principio di precauzione;
   si evidenzia inoltre la criticità della realizzazione dei pozzi geotermici a ridosso dei centri storici, dove la maggior parte delle costruzioni non sono antisismiche e anche piccole scosse di terremoto potrebbero provocare seri danni alle strutture e quindi alla popolazione;
   il decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 219, nei criteri generali di inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio, stabilisce che, nell'autorizzare i progetti localizzati in zone agricole caratterizzate da produzioni agroalimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni, D.o.p., I.g.p., S.t.g.,–D.o.c., D.o.c.g.; produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, deve essere verificato che l'insediamento e l'esercizio dell'impianto non comprometta o interferisca negativamente con le finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo;
   secondo l'elenco delle denominazioni italiane, iscritte nel registro delle denominazioni di origine protette, delle indicazioni geografiche protette e delle specialità tradizionali garantite del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali aggiornato al 20 aprile 2017, insistono nella provincia di Viterbo le I.g.p. Agnello del Centro Italia, abbacchio romano, carciofo romanesco del Lazio, patata dell'Alto Viterbese e le D.o.p. Canino e Tuscia (oli d'oliva), pecorino romano, pecorino toscano, ricotta romana, castagna di Vallerano, nocciola romana; segnatamente, le postazioni LV1 ed LV2 ricadono nell'areale di quest'ultime due D.o.p.;
   la provincia di Viterbo è a vocazione prettamente agricola e la corilicoltura e la castanicoltura ne rappresentano una indiscussa eccellenza viste le D.O.P. nocciola romana e castagna di Vallerano, nel cui areale ricadono proprio le postazioni LV1 e LV2; nella provincia di Viterbo, secondo il registro delle indicazioni geografiche protette e delle specialità tradizionali garantite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, aggiornato al 20 aprile 2017, si contano ben otto D.O.P. e sei I.G.P.;
   le postazioni LV1 e LV2 della Geothermics Italy Srl sono attigue al comprensorio del bio-distretto AIAB della Via Amerina e della Forre;
   la provincia di Viterbo è fortemente interessata dagli impianti geotermici visti gli otto permessi di ricerca rilasciati, le tredici istanze di ricerca pendenti e una autorizzazione di competenza governativa (Castelgiorgio e Torre Alfina) –:
   se non intendano promuovere ogni iniziativa di competenza per assicurare che tutti i progetti di ricerca geotermica non danneggino produzioni agroalimentari di qualità e di particolare pregio come quelle della provincia di Viterbo;
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per assicurare la piena realizzazione del principio di precauzione e del coinvolgimento delle amministrazioni e delle popolazioni locali nei processi decisionali nella fase prerealizzativa di progetti come quello sopra richiamato che insistono in aree ricadenti in zone di protezione speciale e siti di importanza comunitaria;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per garantire che l'insediamento e l'esercizio di impianti come quello di cui in premessa non compromettano o interferiscano negativamente con le finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo. (5-11742)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Garavini n. 4-00696 del 4 giugno 2013;
   interrogazione a risposta scritta Garavini n. 4-01281 del 16 luglio 2013;
   interrogazione a risposta immediata in Commissione De Rosa n. 5-10666 del 22 febbraio 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Villarosa n. 5-11263 del 3 maggio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Sandra Savino n. 4-16857 del 7 giugno 2017;
   interrogazione a risposta scritta Bechis n. 4-16915 del 13 giugno 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n. 5-11657 del 26 giugno 2017;
   interrogazione a risposta scritta Turco n. 4-17117 del 28 giugno 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Carnevali n. 5-11734 del 5 luglio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Laffranco n. 4-17174 del 5 luglio 2017;
   interrogazione a risposta orale Schirò n. 3-03146 del 7 luglio 2017.