Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 19 giugno 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la Repubblica italiana «è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato», ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione; tale articolo, riformulato con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, conferisce evidentemente un particolare rilievo, addirittura letteralmente «costitutivo», a tutti i livelli di governo territoriale, per quanto la Corte costituzionale, sin dalla sentenza n. 274 del 2003 abbia precisato che ciò «non comporta affatto una totale equiparazione fra tali enti, con poteri profondamente diversi tra loro: basti considerare che solo allo Stato spetta il potere di revisione costituzionale e che Comuni e Province non hanno potestà legislativa;
    l'appena evidenziata complessità dei livelli di governo e soprattutto il disegno territoriale degli stessi sono, almeno nelle loro linee fondamentali, frutto di scelte ormai risalenti nel tempo, ponendo sostanzialmente di fronte a un'organizzazione amministrativa disegnata secondo i parametri di efficienza dettati nei tempi in cui i trasporti erano misurati dal tragitto quotidiano di un cavallo, risultando così incapaci di rispondere alle attuali esigenze di prestazioni di servizi e di svolgimento delle attività professionali e lavorative in generale;
    è necessario tornare a governare efficacemente il Paese, rifondando le basi di cittadinanza e ridisegnando pertanto, con coraggio e ambizione, il tessuto complesso del governo locale;
    è necessario che ciò avvenga secondo un processo che lo Stato e il Governo in particolare devono legittimare, facilitare e seguire, ma che deve realizzarsi comunque attraverso modalità bottom up, sulla base di dinamiche moderne di cooperazione tra enti su strategie di sviluppo condivise, individuando livelli di efficienza scalare a geometria variabile nell'offerta dei servizi, senza dirigismo, bensì assecondando e favorendo lo sviluppo più generalizzato di quanto in molti luoghi del Paese si sta già muovendo in questa direzione, a legislazione vigente;
    si tratta, in sostanza, di procedere con modalità profondamente diverse rispetto a quelle seguite dai Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, che hanno operato «dall'alto», con norme astruse e contraddittorie, latrici di soluzioni spesso irrealizzabili, senza mai offrire una lettura empiricamente fondata del Paese;
    se certamente sono mancate scelte di riorganizzazione del livello regionale, rispetto al quale l'unico intervento era stato rimesso a una riforma costituzionale (bocciata dagli elettori il 4 dicembre 2016) con l'unico obiettivo di ricentralizzare (peraltro secondo modalità capaci di ingenerare ulteriore incertezza nei rapporti giuridici e di non riso vere certamente – ma anzi forse di aggravare – la conflittualità tra lo Stato e le regioni rimessa alla giurisdizione costituzionale), trascurando, invece l'attivazione di dinamiche di cooperazione macroregionale per pervenire, in un medio periodo, a una semplificazione del tessuto regionale attraverso processi condivisi di ridisegno secondo l'articolo n. 132 della Costituzione e non superando – ma anzi amplificando – il doppio regionalismo (ordinario e speciale); è soprattutto a livello locale che a parere dei firmatari del presente atto si sono realizzati gli interventi più miopi, inadeguati e inefficaci, privi di qualunque visione della riorganizzazione dell'assetto territoriale e condotti, invece, sempre e soltanto per la necessità di fare cassa;
    in quest'ambito è soprattutto l'ente intermedio, la provincia, ad avere ottenuto il trattamento peggiore. Considerata, con notevole superficialità, alla stregua di un «ente inutile», dal 2011 si è solo pensato ad una sua grossolana soppressione, a tessuto di governo territoriale invariato;
    così la «eliminazione delle Province» e divenuto uno dei primi obiettivi del Governo Monti, insediatosi in presenza di un'emergenza finanziaria, sembrando rispondere in merito al contenuto di una lettera inviata dalla Banca centrale europea precedente al precedente Governo il 5 agosto 2011, che in effetti risulta sul punto piuttosto atipica, per quanto scendeva nel dettaglio, sottolineando «l'esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province)»;
    se la «eliminazione» delle province non era realizzabile in tempi brevi, essendo queste – come abbiamo detto – previste dalla Costituzione, addirittura come «enti costitutivi» della Repubblica (tanto che, a prendere alla lettera la formulazione dell'articolo n. 114 della Costituzione ci si potrebbe chiedere se possa esistere una Repubblica senza province), il Governo Monti è comunque intervenuto addirittura con decreto-legge a svuotare l'ente intermedio di funzioni, sopprimendone gli organi elettivi, per sostituirli con altri di secondo grado (espressi, in sostanza, dai comuni appartenenti alla provincia stessa);
    la eliminazione di organi eletti a suffragio universale diretto ha anzitutto rappresentato un vulnus nella possibilità per i cittadini di influire (direttamente) nella determinazione dell'indirizzo politico provinciale, costringendoli a subire scelte politiche (e non di mera gestione, come talvolta si è provato a sostenere) degli organi di secondo livello (peraltro non del tutto adeguatamente rappresentativi dell'intero territorio provinciale), rischiando di compromettere almeno in parte, considerato il mantenimento della capacità impositiva, il principio cardine del costituzionalismo del no taxation without representation;
    la prima riforma delle province, realizzata dal Governo Monti con il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011, con il dichiarato esclusivo (e sembrerebbe esclusivo) obiettivo di riduzione dei costi (la rubrica dell'articolo n. 23 reca «Riduzione dei costi di funzionamento delle Autorità di Governo, del CNEL, delle Autorità indipendenti e delle Province»), con una nuova disciplina di organizzazione (che li rende enti di secondo livello dal punto di vista degli organi) e una drastica riduzione delle funzioni attribuite è stata oggetto di ricorso di fronte alla Corte costituzionale che, con sentenza n. 220 del 2013, l'ha giudicata incostituzionale, in quanto «la trasformazione per decreto-legge dell'intera disciplina ordinamentale di un ente locale territoriale, è incompatibile, sul piano logico e giuridico, con il dettato costituzionale, trattandosi di una trasformazione radicate dell'intero sistema»;
    il radicale vizio d'incostituzionalità riscontrato ha, secondo i presentatori del presente atto, di fatto impedito alla Corte di affrontare i profili più specifici e ha aperto la strada ad un'ulteriore riforma, realizzata con la legge 7 aprile 2014, n. 56 (cosiddetta «legge Delrio» dal nome del Ministro per gli affari regionali e le autonomie del Governo Letta al quale si deve l'iniziativa);
    questa legge, pur con alcune modifiche, mantiene due aspetti della precedente riforma: un forte ridimensionamento delle funzioni delle province, e la eliminazione del suffragio universale diretto per la scelta degli organi politici, ancora consegnati a una rappresentanza di secondo livello, con i limiti già evidenziati;
    nel frattempo, il Governo Renzi, insediatosi dopo il Governo Letta, presentava una proposta di legge costituzionale recante un'ampia revisione della Parte seconda della Costituzione, prevedendo, tra l'altro, la soppressione delle province dal testo costituzionale, con ciò potendo porre i presupposti per la totale eliminazione dell'ente intermedio (che, in caso di approvazione della riforma, poi invece respinta dagli elettori con il referendum del 4 dicembre 2016, sarebbe comunque stato privato di riconoscimento costituzionale);
    intanto anche la cosiddetta «legge Delrio» è stata in effetti impugnata di fronte alla Corte costituzionale, la quale, con sentenza n. 50 del 2015, ha rigettato – come noto – tutte le censure formulate, ancorché con particolare riferimento a quelle ordinamentali abbia precisato che «è in corso l'approvazione di un progetto – da realizzarsi nelle forme di legge costituzionale – che ne prevede la futura soppressione, con la loro conseguente eliminazione dal novero degli enti autonomi riportati nell'articolo 114 Cost., come, del resto, chiaramente evincibile dall’incipit contenuto nel comma 51 dell'articolo 1 della legge in esame». Si tratta di una motivazione, a giudizio dei presentatori del presente atto, del tutto singolare nell'ambito della giurisprudenza costituzionale (probabilmente non solo italiana);
    in effetti, quella revisione costituzionale – come già ricordato – è stata sonoramente bocciata dagli elettori nel referendum del 4 dicembre 2016, con la conseguenza che da più parti è stata sottolineata la necessità – anche da un punto di vista del rispetto della Costituzione – di reintrodurre un sistema di elezione diretta degli organi della provincia, non potendosi in proposito che sottolineare come – anche in base a quanto poco sopra ricordato –, anche al di là di un diretto vincolo costituzionale, ciò risulterebbe certamente più coerente con il fondamento democratico della Repubblica e quindi dei suoi enti costitutivi; ciò sarebbe anche più rispondente alla necessità che, a tutti i livelli di governo, sia data diretta espressione alla sovranità popolare, in proposito sembrando anzi da valorizzare una maggiore partecipazione dei cittadini, anche potenziando la presenza degli istituti di democrazia diretta negli statuti degli enti locali; 
    la tendenza alla soppressione (o almeno al fortissimo e inadeguato ridimensionamento) delle province, pur in assenza di un più generale intervento sull'assetto del governo locale del Paese, è stata peraltro accompagnata da pesantissimi tagli di risorse, o meglio – come è stato evidenziato dall'Unione delle province italiane – un vero e proprio prelievo. In proposito basti ricordare che la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) ha previsto, all'articolo 1, comma 418, che le province e le Città metropolitane «concorrono al contenimento della spesa pubblica attraverso una riduzione della spesa corrente di 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017. In considerazione delle riduzioni di spesa di cui al periodo precedente, ripartite nelle misure del 90 per cento fra gli enti appartenenti alle regioni a statuto ordinario e del restante 10 per cento fra gli enti della regione siciliana e della regione Sardegna, ciascuna provincia e città metropolitana versa ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato un ammontare di risorse pari ai predetti risparmi di spesa». Tali pesanti tagli si aggiungono a quelli realizzati con decreto-legge n. 201 del 2011, con decreto-legge n. 95 del 2012 e con decreto-legge n. 66 del 2014, giungendo, nel 2017, a sommare una riduzione di risorse pari a 5.250 milioni di euro;
    è stato calcolato che alle province resta appena il 3 per cento degli introiti raccolti sul territorio per poter coprire le spese delle loro funzioni fondamentali, destando preoccupazione, in particolare il mantenimento di 130 mila chilometri di strade provinciali, nonché di 5.100 scuole superiori, tanto che era stato evidenziato dalla stessa società soluzioni per il sistema economico pubblico e privato (Sose) società costituita dal Ministero dell'economia, con il compito, tra l'altro, di determinare i fabbisogni standard in attuazione del federalismo fiscale, la necessità di prevedere 650 milioni di euro aggiuntivi per la spesa corrente delle province;
    le preoccupazioni per la suddetta situazione non sono state superate in sede di approvazione della cosiddetta recente «manovrina», cioè la legge di conversione del decreto-legge n. 50 del 2017, tanto che l'Unione provinciale italiana, a mezzo del suo presidente, si era rivolta anche al Presidente della Repubblica, con lettera 1o giugno 2017, evidenziando la suddetta situazione. Tuttavia, la definitiva conversione in legge del decreto-legge sopra menzionato da parte del Senato in data 15 giugno 2017, senza la previsione delle risorse ritenute strettamente necessarie, ha portato il presidente dell'Unione provinciale italiana a concludere che «è mancata la volontà di risolvere la grave emergenza per i servizi assicurati dalle province: una emergenza causata da tagli irragionevoli e ingiustificati di cui evidentemente ancora non si vuole ammettere l'errore. Saranno i mancati servizi che inevitabilmente ne deriveranno, i diritti allo studio, alla mobilità, alla sicurezza, negati in questo modo ai cittadini, a mettere Governo e Parlamento di fronte alle loro responsabilità»;
    tutto questo rende, oggi, le province enti deboli (anche dal punto di vista della legittimazione) e sempre meno capaci di svolgere anche le funzioni loro mantenute, con conseguenze negative sui servizi e quindi sulla vita dei cittadini,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative volte a:
   a) riorganizzare l'assetto del governo locale attraversò procedimenti condivisi con i territori;
   b) prevedere, nell'ambito di una riforma dell'intero quadro normativo degli enti locali, una razionalizzazione delle funzioni amministrative dei diversi livelli di governo e, in particolare, in relazione all'ente intermedio, il ritorno a un'organizzazione fondata sul suffragio universale diretto nella scelta degli organi rappresentativi, favorendo altresì forme di partecipazione dei cittadini alle decisioni pubbliche, anche contemplando l'obbligo per i comuni e le province di prevedere nei loro statuti il referendum;
   c) individuare le risorse adeguate a copertura delle funzioni assegnate in base all'analisi reale dei fabbisogni standard nel rispetto di quanto previsto all'articolo 119 della Costituzione;
   d) prioritariamente, assegnare alle province le ulteriori risorse necessarie a garantire lo svolgimento delle funzioni fondamentali assegnate, a partire dal mantenimento e dalla messa in sicurezza delle strade di competenza e degli istituti scolastici, anche sulla base delle valutazioni formulate dalla società soluzioni per il sistema economico pubblico e privato (Sose).
(1-01646) «Civati, Marcon, Airaudo, Brignone, Costantino, Daniele Farina, Fassina, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Gregori, Andrea Maestri, Palazzotto, Pannarale, Paglia, Pastorino, Pellegrino, Placido».


   La Camera,
   premesso che:
    le decisioni e le misure che hanno interessato negli ultimi sei anni la sorte delle province è l'ulteriore prova che «La distanza più breve tra due punti è la retta. In Italia è l'arabesco», in quanto la soluzione più lineare, semplice, funzionale e veloce sarebbe stata, naturalmente, quella di sopprimere le province, mediante una legge costituzionale;
    dal primo tentativo di riduzione delle funzioni delle province, di cui al cosiddetto «decreto-legge Monti», poi dichiarato illegittimo, passando per la cosiddetta «legge Delrio», sono trascorsi sei anni e mezzo;
    si segnala che il riordino introdotto dalla stessa legge Delrio fu definito espressamente «provvisorio», nell'attesa dell'abolizione per via costituzionale, nonché privo di oneri per la finanza pubblica;
    non è peregrino pensare che, evidentemente, nonostante le buone parole e i lodevoli intenti, nessun Governo abbia mai voluto davvero abolire le province;
    si segnala che, in occasione dell'esame della cosiddetta «legge Delrio», la Corte dei conti aveva evidenziato la probabilità che il riordino prospettato avrebbe potuto comportare «aggravi di spesa, confusione ordinamentale e moltiplicazione di oneri» e sottolineato che «le procedure indicate mal si concilierebbero, per la durata e la complessità, con la provvisorietà del disegno organizzativo perseguito dal provvedimento»;
    la cosiddetta «legge Delrio» ha soppresso, delle province, solo la modalità di elezione degli amministratori, mantenendo loro le funzioni originarie, anzi, incrementandole, salvo prevedere un percorso successivo di trasferimento delle funzioni e del relativo personale per il tramite dell'intervento delle regioni;
    tale percorso non è stato e non è privo di «buche», in alcuni casi voragini: per molte delle province le cui funzioni non sono state trasferite le risorse finanziarie sono insufficienti, i bilanci sono sostanzialmente al collasso, soffocati dai mutui e, anche nel caso in cui siano trasferite risorse statali per il tramite del fondo di riequilibrio, queste sono trattenute dalle banche e ben poco o nulla rimane a disposizione per il pagamento degli stipendi del personale, per lo svolgimento delle funzioni proprie e dei connessi servizi ai cittadini – in particolare quelli riguardanti le scuole e le strade;
    la Costituzione italiana contiene una serie di disposizioni inerenti alle province, in particolare con riguardo all'autonomia e all'ambito economico, in quanto le risorse finanziarie devono consentire di finanziare integralmente le funzioni attribuite;
    con tale quadro mal si concilia, anzi, secondo i firmatari del presente atto, trattasi di vera e propria violazione di princìpi ordinamentali e costituzionali, il limbo giuridico nel quale le province versano e i tagli subìti, in forza, anche, della previsione, evidentemente troppo azzardata, della loro soppressione, «caduta» insieme all'intero progetto di revisione della Costituzione, respinto a seguito del referendum del dicembre 2016,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per dotare le province che non sono in grado di provvedervi delle risorse necessarie a garantire, in primis, il pagamento della retribuzioni al personale, anche considerandolo creditore privilegiato e lo svolgimento delle funzioni proprie, in particolare quelle dedicate alle scuole e alle strade;
2) in ordine alla ricollocazione del personale delle province in mobilità, conseguente al disposto trasferimento di funzioni delle province, a provvedere, ferma restando la vigente disciplina in materia, alla massima ottimizzazione delle assegnazioni del personale medesimo, tenendo nel debito conto le amministrazioni, centrali e periferiche, che risultino in carenza di organico, tra le quali, ad avviso dei firmatari del presente atto, sono da considerarsi le amministrazioni della giustizia, in particolare penitenziaria e dei tribunali;
3) ad adottare iniziative per introdurre misure sanzionatorie nei confronti delle regioni, a valere sui trasferimenti statali, fatti salvi il settore sanitario e dei trasporti, nel caso di loro inadempienza in ordine al trasferimento di funzioni delle province e nel caso di mancata erogazione delle risorse dovute a ciascuna provincia per l'esercizio delle funzioni alle stesse trasferite;
4) ad assumere iniziative per dare la possibilità agli enti provinciali di apportare le necessarie correzioni al proprio bilancio — in ottemperanza ai princìpi della veridicità, attendibilità, correttezza, e comprensibilità — nei casi in cui, anche per difficoltà di comprensione della complessa normativa sulla nuova contabilità, il riaccertamento straordinario del 2015 si sia rivelato incompleto o impreciso;
5) ad assumere iniziative per estendere alle province la disciplina della ristrutturazione del debito delle regioni di cui all'articolo 45 del decreto-legge n. 66 del 2014 convertito dalla legge n. 89 del 2014.
(1-01647) «Nesci, Dieni, Dadone, Cecconi, Cozzolino, D'Ambrosio, Toninelli».

Risoluzione in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    le vicende che hanno recentemente coinvolto numerose società cooperative come Coopcarnia, Unieco, Coopsette, Cmr, Orion e altre impongono una riflessione sulla tutela dei soci in caso di insolvenza delle cooperative stesse, con particolare riferimento ai soci risparmiatori;
    sotto tale profilo appare utile rammentare che le società cooperative possono effettuare raccolta del risparmio tra i soci che, a loro volta, depositano su un libretto aperto presso la operativa somme di denaro, entro un limite massimo stabilito per legge. Le predette somme sono «garantite» unicamente dagli immobili posseduti dalla società cooperativa e non certo dalla Banca d'Italia, per cui, in caso di insolvenza della società cooperativa, i risparmiatori «rischiano» ovviamente di perdere il capitale investito nell'ipotesi in cui il patrimonio immobiliare risulti insufficiente;
    la società cooperativa, in altri termini, non essendo riconosciuta come ente dedito alla raccolta ed alla gestione del risparmio, attività riconosciuta ad enti come banche SGR (società di gestione del risparmio), non può aderire al fondo di garanzia;
    si evidenzia che, secondo i dati forniti da Lega Consumatori, Federconsumatori e Coordinatori Soci Unacoop, a livello nazionale ci sono 1,2 milioni di soci per un ammontare di risparmi di 12 miliardi di euro, ma l'attuale ordinamento giuridico non contempla, per i soci prestatori delle società cooperative, forme di garanzie previste invece, per i depositi bancari;
    in data 9 novembre 2016 la Banca d'Italia ha pubblicato nuove «Disposizioni in materia di raccolta del risparmio da parte dei soggetti diversi dalle banche», finalizzate principalmente a rafforzare la tutela dei risparmiatori che prestano fondi a soggetti diversi dalle banche. Le maggiori novità riguardano il «prestito sociale», ossia la raccolta del risparmio che le società cooperative possono effettuare presso i propri soci. In particolare, sono state rafforzate le garanzie patrimoniali richieste alle società cooperative che ricevono prestiti sociali per un ammontare complessivo superiore a tre volte il proprio patrimonio (e comunque entro il limite massimo di cinque volte); sono stati precisati i criteri per determinare l'ammontare del patrimonio a tale fine; sono stati introdotti obblighi di trasparenza per accrescere la consapevolezza dei risparmiatori sulle caratteristiche e sui rischi del prestito sociale. Le nuove disposizioni ribadiscono il divieto per i soggetti diversi dalle banche di effettuare «raccolta a vista», attività che rimane riservata solo alle banche; per evitare che il divieto possa essere aggirato, precisano che è considerata «a vista» non solo la raccolta rimborsabile su richiesta del depositante, immediatamente o con preavviso inferiore a 24 ore, ma anche quella per la quale è previsto un termine di preavviso più lungo se il soggetto che ha raccolto i fondi si riserva la facoltà di rimborsare il depositante contestualmente alla, richiesta o prima della scadenza del termine di preavviso. Le disposizioni emanate contengono anche una sezione dedicata al social lending (o lending based crowdfunding), strumento attraverso il quale i soggetti interessati possono richiedere a potenziali finanziatori, tramite piattaforme on-line, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto. Tale normativa è entrata in vigore il 1o gennaio 2017;
    le predette disposizioni, sebbene cerchino di contemperare le istanze di tutela del risparmio, che riguardano soprattutto le cooperative con elevato numero di soci, con l'esigenza delle cooperative di accedere a questo importante canale di finanziamento alternativo al prestito bancario o obbligazionario, non sono sufficienti a tutelare i risparmiatori in caso di insolvenza della società cooperativa;
    in particolare, per le società cooperative con più di 50 soci, è previsto che il ricorso al prestito sociale sia soggetto ad un limite quantitativo massimo equivalente a tre volte patrimonio della società, che si innalza fino a cinque volte il patrimonio nel caso in cui il complesso dei prestiti sociali sia assistito, per almeno il 30 per cento, da garanzia rilasciata da soggetti vigilati ovvero la società aderisca a uno schema di garanzia dei prestiti sociali promosso in ambito cooperativo;
    il provvedimento citato interviene anche sul fronte della trasparenza dei prestiti sociali, prevedendo l'obbligo di includere determinate informazioni nel regolamento del prestito, chiarendo espressamente che tale regolamento dovrà essere predisposto dall'organo amministrativo e approvato dall'assemblea cooperativa. Inoltre, è richiesto che, già a partire dal bilancio per l'esercizio 2016, la cooperativa fornisca semestralmente, in sede di nota integrativa del bilancio e della relazione semestrale, alcune informazioni relative alla raccolta presso soci, e in particolare: l'ammontare della raccolta in essere, le caratteristiche della garanzia e l'identità del garante, il valore aggiornato delle garanzie reali finanziarie, un indice di struttura finanziaria costituito dal rapporto tra patrimonio e debiti a medio e lungo termine, da un lato, e attivo immobilizzato, dall'altro, accompagnato da una dicitura, il cui testo è fornito nel provvedimento, volta a spiegare al lettore della nota che un indice di struttura finanziaria superiore a 1 evidenzia «situazioni di non perfetto equilibrio finanziario dovuto alla mancanza di correlazione temporale tra le fonti di finanziamento e gli impieghi»;
    l'articolo 47 della Costituzione recita che «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese»;
    i casi di risparmio «tradito» non riguardano solo le banche, ma anche le società cooperative. Sono decine di migliaia i risparmiatori delle cooperative coinvolti nei fallimenti e l'ammontare del risparmio perduto riguarda diverse centinaia di milioni di euro;
    il 18 maggio 2017 sono scesi in piazza oltre 150 soci sovventori prestatori delle società cooperative fallite, provenienti da tutta Italia per testimoniare anche di fronte al Parlamento la gravità della situazione di chi ha perso i risparmi;

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata alla costituzione, anche per i depositi effettuati presso le società cooperative, di un fondo di garanzia volto a tutelare il capitale investito dai risparmiatori, assicurando altresì maggiore vigilanza sul risparmio cooperativo;
   a promuovere la costituzione di un tavolo presso il Ministero dell'economia e delle finanze, coinvolgendo i rappresentanti delle società cooperative interessate dall'annosa situazione descritta in premessa e le parti sociali per affrontare le problematiche sopra evidenziate.
(7-01289) «Zoggia, Cimbro, Laforgia, Ricciatti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   CAPARINI, BORGHESI, INVERNIZZI, ALLASIA, SIMONETTI, MOLTENI e RONDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   ad oggi non è stato ancora emanato il bando per la presentazione delle domande per il riconoscimento dei contributi relativi all'anno 2016 per le emittenti radiofoniche e televisive locali (il termine per la relativa emanazione scadeva il 31 gennaio 2016);
   non è ancora stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri lo schema di decreto del Presidente della Repubblica relativo al nuovo regolamento (previsto dall'articolo 1, comma 163 della legge 28 dicembre 2015, n. 208) per il riconoscimento dei contributi annuali all'emittenza locale;
   tale situazione è insostenibile per le imprese televisive locali il cui settore sta affrontando un momento di grande difficoltà conseguente alla crisi del mercato pubblicitario, ai cambiamenti tecnologici e alla concorrenza delle nuove piattaforme –:
   come il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intendano procedere per erogare i contributi annuali per le emittenti televisive locali. (3-03085)


   D'INCÀ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la situazione relativa ai contributi annuali per le tv locali è molto grave;
   infatti: non sono stati ancora erogati i contributi statali relativi all'anno 2015; non è stato ancora emanato il bando per la presentazione delle domande per il riconoscimento dei contributi relativi all'anno 2016 (il termine per la relativa emanazione scadeva il 31 gennaio 2016);
   non è stato ancora approvato dal Consiglio dei ministri lo schema decreto del Presidente della Repubblica relativo al nuovo regolamento (previsto dall'articolo 1, comma 163, della legge 28 dicembre 2015, n. 208) per il riconoscimento dei contributi annuali all'emittenza locale);
   tale situazione è insostenibile per le imprese televisive locali, cui settore sta affrontando un momento di grande difficoltà conseguente alla crisi del mercato pubblicitario, ai cambiamenti tecnologici e alla concorrenza delle nuove piattaforme –:
   come il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per quanto di competenza, intendano procedere per dare soluzione alle problematiche soprarichiamate. (3-03090)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FAUTTILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la situazione relativa ai contribuiti annuali per le tv locali appare molto preoccupante; preliminarmente, infatti, si deve rilevare che non risultano ancora erogati contributi relativi all'anno 2015, nonostante il riparto definitivo sia stato registrato dalla Corte dei conti ed essere in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale;
   a quanto si apprende dalla direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e postali del Ministero dello sviluppo economico, però, mancano ancora ai fini dell'erogazione del contributo i certificati di correttezza contribuita dell'Inpgi;
   cosa ancor più grave, non è stato ancora emanato il bando per la presentazione delle domande per il riconoscimento dei contributi per il 2016;
   il Ministero dello sviluppo economico spiega questa decisione con il presupposto che le domande dovranno essere presentate in base al nuovo regolamento per i contributi annuali all'emittenza locale, che, però, non risulta a sua volta ancora emanato;
   la situazione crea particolare disagio perché qualora si attendesse l'emanazione del nuovo regolamento, la copertura finanziaria relativa dovrebbe comprendere anche la quota di extra-gettito Rai (euro 50 milioni) di competenza di tv e radio locali, ma i tempi per il riconoscimento e l'erogazione di tali contributi 2016 potrebbero non essere breve, mentre se si chiedesse di riconoscere e erogare i contributi 2016 sulla base del vecchio Regolamento, molto probabilmente la copertura finanziaria non comprenderebbe la suddetta quota di extra-gettito Rai (euro 50 milioni) e i tempi potrebbero essere comunque abbastanza lunghi;
   infine, come detto sopra, non risulta essere stato emanato il regolamento per il riconoscimento dei contributi annuali all'emittenza locale;
   come è noto, infatti, la legge di stabilità 2016 ha definito la riforma della normativa relativa ai contributi pubblici a sostegno dell'emittenza televisiva e radiofonica in ambito locale, prevedendo, in particolare, che con Regolamento da adottare su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze vengano definiti i criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione dei citati contributi;
   nel corso del 2016 si è giunti ad uno schema di regolamento che però attende ancora l'esame da parte del Consiglio dei ministri, oltre a vari altri inderogabili adempimenti. Non risulta, però, che lo schema citato sia ancora stato esaminato dal Consiglio dei ministri –:
   quali iniziative intendano intraprendere il Presidente del Consiglio e il Ministro interrogato per risolvere quanto prima una problematica che, come illustrato, si trascina da troppo tempo e che lede profondamente il diritto all'informazione, garantito anche dalle Tv e dalla radio locali. (4-16989)


   DIENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il porto di Gioia Tauro (RC) ha assunto un ruolo importantissimo dal punto di vista economico e sociale nell'area dato che esso rappresenta oltre il 50 per cento del Pil della regione Calabria, con l'impiego di migliaia di unità lavorative;
   tale rilevanza, sia per l'economia sia per l'occupazione della zona, rischia tuttavia di essere minacciata dai recenti sviluppi;
   nel 2017 il Porto, Hub del Mediterraneo, porta Sud per l'Europa sulla rotta del Canale di Suez, conta 1640 lavoratori, più 600 unità per l'indotto;
   a quanto emerge da notizie di stampa se non si trova un accordo entro il 15 luglio 2017, l'azienda terminalista Medcenter Container Terminal (Mct), azienda italo-tedesca che controlla il terminal container di Gioia Tauro, invierà le lettere di licenziamento per circa 400 dipendenti in esubero ancora non allocati nella costituenda agenzia portuale;
   il 13 giugno 2017 si sarebbe tenuto l'ennesimo incontro conclusosi senza esito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tra le organizzazioni sindacali, l'Autorità portuale di Gioia Tauro e la società Mct;
   il 1o aprile 2017 è partita la procedura di mobilità per i lavoratori e i primi 45 giorni dovevano servire proprio ad individuare una strategia comune, ma così non è stato;
   quello che i lavoratori chiedono al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è un piano di investimenti a lungo termine che valorizzi il ruolo del porto come centro di transhipment (trasbordo);
   quello di Gioia Tauro rappresenta un porto che, per molti anni, ha rappresentato e potrebbe continuare a rappresentare a maggior ragione oggi, nell'evoluzione attuale del traffico di merci via mare, un hub strategico, situato al centro del Mediterraneo, non certo un problema da gestire attraverso l'Agenzia per il lavoro a cui vengono destinati 45 milioni di euro;
   secondo l'interrogante il Governo sembrerebbe dimostrare un atteggiamento rinunciatario e volto a dirottare il traffico di Gioia Tauro su altri porti del nord; ciò sarebbe dimostrato dal fatto che qualche settimana fa lo stesso premier Paolo Gentiloni ha indicato ai grandi imprenditori indocinesi i porti di Trieste e Genova come unici terminali verso cui indirizzare le merci in entrata nel Mediterraneo provenienti dal Sud-Est asiatico;
   l'assenza di progettualità oltre al silenzio e all'inazione della regione Calabria sembrano condannare il porto di Gioia Tauro ad una fine annunciata, cancellando un'ulteriore fonte di sostentamento e di sviluppo per uno tra i territori più poveri d'Italia –:
   quali iniziative urgenti di propria competenza il Governo intenda adottare per conservare gli attuali livelli occupazionali, frenare il declino del porto di Gioia Tauro e promuoverne lo sviluppo, anche al fine di tutelare la crescita economica dei territori limitrofi;
   se il Presidente del Consiglio dei ministri intenda confermare di aver invitato imprenditori stranieri ad indirizzare le merci in entrata nel Mediterraneo esclusivamente ai porti di Trieste e Genova.
   (4-16997)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRUSONE, BASILIO, CORDA, RIZZO, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportano numerosi organi di stampa internazionali, tra cui « The Guardian», 55 velivoli F-35 del 56th Fighter Wing dell'USAF, di stanza sulla base statunitense Luke Air Force Base, sono stati messi a terra dopo che si erano verificati alcuni episodi di ipossia, cioè carenza di ossigeno nei tessuti;
   la base aeronautica ha sospeso le operazioni con gli F-35 a tempo indefinito. Gli incidenti si sono verificati dal 2 maggio a giovedì 8 giugno 2017;
   di media, la base tiene 25 esercitazioni a settimana ed è la più grande base aeronautica al mondo ad addestrare piloti statunitensi e dei Paesi alleati (Italia compresa);
   nella base statunitense sono stanziati inoltre anche due F-35A italiani destinati all'addestramento dei piloti dell'Aeronautica militare italiana, ma non è noto se analoga disposizione sia stata presa dalle nostre autorità militari;
   il comando della base Usa ha diramato la seguente nota: «Dallo scorso due maggio, cinque piloti della variante F-35A, assegnati alla Luke AFB, hanno riportato incidenti fisiologici durante il volo. In ogni caso, il sistema di backup ha consentito ai piloti di effettuare le procedure corrette, atterrando in sicurezza. Tutti i piloti, americani ed internazionali, saranno istruiti sulla situazione e sulle procedure per riconoscere i sintomi di ipossia. I piloti saranno inoltre aggiornati su tutti gli incidenti avvenuti e sulle procedure da attuare per recuperare in sicurezza l'aereo. Il 56o Fighter Wing coordinerà l'analisi tecnica degli incidenti fisiologici avvenuti e le possibili opzioni per mitigare il rischio e consentire un ritorno alle operazioni di volo»;
   nella nota non si precisa se ad essere stati colpiti dall'ipossia siano stati i piloti statunitensi o quelli delle nazioni partner. L'ipossia, una carenza di ossigeno nell'intero organismo, può impedire ai piloti di pensare chiaramente o reagire rapidamente. Gli effetti sono diversi: dai problemi respiratori ad acutezza mentale ridotta fino ad arrivare ad un degrado delle capacità motorie di base ed alla perdita di coscienza –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto segnalato e se anche i piloti italiani abbiano riscontrato fenomeni di ipossia;
   quali urgenti iniziative siano state adottate a salvaguardia della salute e dell'incolumità dei piloti italiani operanti dalla Luke AFB;
   quali iniziative siano state assunte nei confronti della società costruttrice per elevare gli standard di sicurezza e pretendere che tale adeguamento non comporti ulteriori costi a carico dello Stato italiano. (5-11596)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 77 del Testo unico delle leggi doganali stabilisce le modalità di pagamento o di deposito dei «diritti doganali», tra cui anche il pagamento mediante assegni circolari;
   in materia di pagamento dei diritti doganali, sono intervenute negli ultimi anni importanti novità operative. In particolare, a seguito delle modifiche introdotte dall'articolo 1, comma 119 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e dal precedente articolo 47 del decreto ministeriale 29 maggio 2007, terminato il periodo di sperimentazione operativa, l'Agenzia delle dogane ha emanato il provvedimento del 23 ottobre 2015, pubblicato sul sito internet dell'Agenzia delle dogane il 1o dicembre 2015 ed entrato in vigore il 1o febbraio 2016, con il quale ha escluso, tra i mezzi di pagamento, il versamento con assegni circolari non trasferibili intestati alle tesorerie provinciali dello Stato;
   a decorrere dal 1o febbraio 2016, dunque, è possibile eseguire il pagamento e il deposito dei diritti doganali (per somme superiori a 516,46 euro esclusivamente mediante bonifico bancario o postale;
   in considerazione del vigente articolo 77 del Testo unico delle leggi doganali, che tuttora ammette tra i mezzi pagamento l'utilizzo di assegni circolari, con la circolare 20/D del 21 dicembre 2015 l'Agenzia delle dogane ha poi dettato specifiche condizioni per l'utilizzo/accettazione degli assegni in questione, limitandolo a casi eccezionali, di volta in volta autorizzati dal capo Area gestione tributi – ricevitore dell'ufficio delle dogane e a condizione che si tratti di assegni circolari non trasferibili emessi da istituti bancari presenti sul territorio di competenza dell'Ufficio delle dogane interessato;
   la modifica delle modalità di pagamento, e in particolare l'esclusione degli assegni circolari, ha comportato maggiori oneri burocratici per gli addetti al settore (in particolare i piccoli spedizionieri e gli spedizionieri che operano presso le dogane con pochi volumi di traffico) e soprattutto maggiori costi. Si rammenta, infatti, che il versamento dei diritti doganali prevede scadenze di pagamento fissate in termini molto ristretti. Inoltre, come chiarito dalla richiamata circolare 20/D, per l'individuazione del momento in cui il pagamento produce efficacia liberatoria per il pagatore si deve fare riferimento alla data di accredito del pagamento nel conto del beneficiario. È quindi onere del debitore (al fine di evitare sanzioni o incorrere in rallentamenti burocratici a scapito dell'attività d'impresa, e ritardi nello sdoganamento delle merci a bordo delle navi o arrivate in camion con T1 e conseguenti maggiori costi per la merce per inoperatività della nave o del camion per alcuni giorni) garantire l'effettivo accredito dell'importo dovuto sul conto dell'Agenzia entro il giorno di scadenza del pagamento;
   consegue la necessità degli spedizionieri di ricorrere quasi sempre a bonifici urgenti, con pesanti ricadute in termini di costi operativi per l'impresa, non essendo possibile infatti aprire conti di debito con fidejussioni costose per diverse migliaia di euro/anno per operare poche volte in un anno;
   sarebbero auspicabili interventi normativi volti a semplificare le procedure di pagamento e a ridurre i costi di gestione, con particolare riferimento agli spedizionieri doganali di piccole dimensioni ovvero operanti nelle dogane con piccoli volumi di traffico –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per semplificare gli adempimenti previsti per il pagamento dei diritti doganali al fine di ridurre i costi di gestione e carico delle imprese. (5-11594)

Interrogazione a risposta scritta:


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto 30 dicembre 2015, il Ministero dell'economia e delle finanze ha autorizzato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3-bis, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, la riscossione coattiva mediante ruolo dei crediti vantati dalla Società Abbanoa S.p.A., partecipata da regione e comuni della Sardegna, nei confronti degli utenti morosi;
   tra le conseguenze di questo provvedimento, acquista particolare rilevanza lo strumento di pignoramento del conto corrente;
   è il caso di rilevare che la gestione di Abbanoa, sin dalla sua costituzione (1o gennaio 2006) si è caratterizzata per una molteplicità di disservizi nei confronti dell'utenza, tra i quali ha assunto dimensioni allarmanti il disordine nella contabilizzazione dei consumi e, contestualmente, nell'emissione di fatture commerciali non corrispondenti ai consumi reali;
   questo stato di cose si sarebbe determinato a causa delle difficoltà e dell'incompletezza del processo di trasferimento ad Abbanoa, di impianti, personale e, in particolare, di dati anagrafici da parte delle vecchie gestioni municipalizzate;
   le anagrafiche sarebbero risultate in buona parte mancanti ovvero incomplete, tanto che la società sarebbe stata costretta a censire nuovamente le utenze prima di procedere al calcolo dei consumi;
   questo stato di cose, oltre a sollevare legittime perplessità sulle modalità di calcolo dei consumi, ha creato una molteplicità di problemi agli utenti del servizio, che si sarebbero visti recapitare fatture commerciali con ritardi pluriennali, dagli importi particolarmente elevati. Tra l'altro, visto il lasso di tempo trascorso, gli utenti, in molti casi, non sarebbero stati messi nelle condizioni di esercitare il legittimo diritto di verificare la fondatezza degli importi richiesti ed, eventualmente, di contestarli;
   secondo il bilancio al 2015, Abbanoa vanterebbe crediti verso clienti per oltre 715 milioni di euro, una cifra esorbitante che corrisponderebbe a mille euro per ogni utente e a circa 450 euro per ogni cittadino sardo residente, compresi i neonati;
   nel settembre del 2015, l'Antitrust aveva irrogato ad Abbanoa una sanzione pari a un milione e 80 mila euro per pratiche commerciali scorrette nei confronti di numerosi consumatori nel periodo 2011-2015, poi annullata nel 2016 dal Tar del Lazio e recentemente rimodulata dal Consiglio di Stato che ha valutato fondate, seppure in parte, le risultanze dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato;
   è il caso di sottolineare che l'Antitrust «ha valutato che alcune pratiche commerciali messe in atto dalla società non fossero rispondenti alla diligenza professionale che ci si attende da un gestore che opera in regime di monopolio per la fornitura di un bene vitale ed essenziale quale l'acqua e che dispone, per la riscossione dei crediti, di una importante leva commerciale come la minaccia di interrompere il servizio» (La Nuova Sardegna del 29 settembre 2015);
   da quanto esposto, l'autorizzazione alla riscossione coattiva dei crediti mediante ruolo attribuirebbe, secondo l'interrogante, a una società le cui pratiche commerciali sono state già ampiamente censurate dall'Antitrust, uno strumento di straordinaria portata che aggraverebbe lo squilibrio contrattuale esistente tra gestore e utente che si troverebbe in una situazione di grave debolezza e di difficoltà nel rivendicare i propri diritti;
   ne consegue, inoltre, che misure quali il pignoramento del conto corrente, visto l'acclarato disordine contabile della società, potrebbero avere implicazioni gravissime sotto il profilo sociale, oltre a determinare situazioni controverse se non di palese ingiustizia nei confronti degli utenti più deboli –:
   quali siano le motivazioni alla base del provvedimento di cui in premessa, che autorizza Abbanoa alla riscossione coattiva dei crediti mediante ruolo;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle difficoltà di Abbanoa nella contabilizzazione dei consumi e nella gestione dei crediti, nonché nei rapporti commerciali con gli utenti;
   se non ritenga opportuno revocare il provvedimento illustrato in premessa.
(4-16996)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   PILI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dopo oltre 50 giorni di sciopero della fame nel carcere di Uta, il presidente del movimento indipendentista Meris, Doddore Meloni, detenuto dal 29 aprile 2017, versa in gravissime condizioni di salute;
   nei giorni scorsi è stato ricoverato all'Ospedale Santissima Trinità di Cagliari, ma inspiegabilmente è stato rimandato in carcere dove sarebbe assistito nel centro diagnostico terapeutico;
   i familiari hanno informato l'interrogante che le condizioni del Meloni si sono notevolmente aggravate negli ultimi giorni;
   il legale del signor Meloni ha presentato richiesta di scarcerazione per motivi di salute, anche se fa sapere che «il Servizio sanitario del carcere di Uta non ha ancora fornito la relazione medica e la valutazione psicologica indispensabile per la decisione, mentre ogni giorno che passa i pericoli per la salute e la vita di Meloni sono sempre più gravi»;
   è fin troppo evidente che tale situazione deve essere immediatamente e urgentemente affrontata al fine di scongiurare ogni pericolo di vita del paziente –:
   se il Ministro della giustizia, non intenda valutare se sussistano i presupposti per inviare ispettori ministeriali presso il carcere di Uta e per assumere ogni altra iniziativa di propria competenza utile a salvaguardare la vita del Meloni;
   se non intenda verificare come operano le strutture sanitarie del carcere e se le stesse siano adeguate al caso. (3-03091)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con il silenzio complice di tutti i livelli istituzionali, regionali e statali, pezzo dopo pezzo, si sta smobilitando il porto Canale di Cagliari;
   il nuovo durissimo colpo arriva con una nota ufficiale di queste ore della compagnia di navigazione tedesca Hapag-Lloyd che ha comunicato la cancellazione degli scali al porto di Cagliari nell'ambito dei collegamenti tra il subcontinente indiano e il Nord Europea realizzati con le denominazioni Europe Pakistan India Consortium (EPIC) e Indian Ocean Service (IOS);
   l'ultima partenza programmata è quella del 29 giugno 2017;
   l'ultima partenza programmata dal porto sardo sarà quella la portacontainer Teno che lascerà il porto canale di Cagliari il prossimo 29 giugno;
   nella nuova configurazione, Cagliari viene letteralmente cancellata con una rotazione del servizio che effettuerà scali ad Amburgo, Anversa, London Gateway, Tanger Med, (Canale di Suez), Jeddah, Khor Fakkan, Jebel Ali, Bin Qasim, Nhava Sheva, Mundra, Jeddah, (Canale di Suez), Tanger Med;
   Cagliari viene di fatto cancellata da rotte di primaria importanza, si tratta di una sempre più evidente azione tesa a smobilitare l’hub cagliaritano senza che nessuno dica niente;
   il silenzio istituzionale dinanzi a queste decisioni già assunte è grave e dimostra a giudizio dell'interrogante la totale inconsistenza politica e amministrativa di questa giunta regionale;
   si è dinanzi ad azioni per l'interrogante irresponsabili che stanno lasciando morire un'infrastruttura così importante attivata nel 2003 dopo un'azione decisa dell'allora presidenza della regione;
   il Ministro competente dovrebbe assumere iniziative concrete e disporre subito un tavolo di confronto con gli operatori internazionali;
   si tratta di un porto da sempre in crescita e che invece adesso segna il crollo delle movimentazioni rispetto agli altri porti italiani;
   nel primo trimestre di quest'anno, la Medcenter Container Terminal (MCT), che gestisce l'intero traffico containerizzato del porto di Gioia Tauro, ha movimentato 666 mila teu (+ 1,0 per cento). Nel porto della Spezia, la filiale La Spezia Container Terminal (LSCT) ha movimentato 312 mila teu (+18,0 per cento) e nel porto di Cagliari la filiale Cagliari International Container Terminal (CICT) 148 mila teu (-15,3 per cento). Nel Salerno Container Terminal (SCT) del porto di Salerno sono stati movimentati 72 mila teu (+9,8 per cento);
   su Cagliari, dall'inizio dell'anno ad oggi, si è registrato un crollo del 15 per cento destinato ad incrementarsi con la cancellazione del continente subindiano e quello del nord Europa;
   dal 2003 ad oggi non è stato fatto nessun concreto investimento né pubblico e né tantomeno privato, facendo venir meno la flessibilità e l'efficienza dei processi portuali in cui il porto primeggiava, facendo venir meno le stesse opportunità di sviluppo offerte dai 900.000 metri quadrati disponibili per la crescita del terminal e di altre infrastrutture industriali e logistiche;
   con la cancellazione delle due grandi rotte a partire dal 29 giugno 2017 viene meno l'accesso ai principali mercati internazionali;
   tutto questo sta avvenendo con quello che appare all'interrogante un silenzio irresponsabile delle istituzioni che proseguono in quella che appare la più fallimentare gestione dei trasporti di sempre;
   in questo caso si aggiunge che tale situazione riguarda la tanto declamata insularità e centralità nel Mediterraneo per la quale Stato e regione risultano, per l'interrogante, di fatto assenti e inconcludenti;
   si sta gravemente mettendo a rischio l'esistente, insieme a centinaia di posti di lavoro, continuando a distruggere con negligenza tutti i punti di forza che potevano essere messi in campo per il rilancio della Sardegna e della sua collocazione nel Mediterraneo –:
   se il Ministro interrogato non intenda promuovere iniziative nell'immediato al fine di evitare che il porto di Cagliari sia escluso da importanti circuiti trasportistici;
   se non intenda assumere iniziative volte a pianificare azioni, risorse e investimenti per rilanciare la funzione e il ruolo strategico del porto terminal container di Cagliari, favorendo al contempo la piena salvaguardia dei posti di lavoro. (5-11597)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   FABBRI, IORI, MARCHI e ARLOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella prima settimana di marzo 2014 il Ministero dell'interno ha sottoposto all'attenzione dei questori della Repubblica un progetto di razionalizzazione della dislocazione dei presidi di polizia sul territorio, in un'ottica di rivisitazione ed ottimizzazione dei commissariati di polizia di Stato (nelle sue quattro specialità: stradale, ferroviaria, postale e di frontiera) e delle stazioni del Corpo carabinieri e delle forze speciali a carattere sussidiario;
   nell'ambito di detta spending review è prevista la soppressione di ben 74 sezioni provinciali di polizia postale e delle comunicazioni, unica specialità addetta allo studio, repressione e contrasto dei reati commessi tramite la rete internet, in particolare a danno dei minorenni;
   nella sola regione Emilia Romagna verranno soppresse le sezioni di Ferrara, Forlì, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna e Reggio Emilia. Quest'ultima sezione verrà chiusa già nei primi mesi del 2015;
   il rapporto di Inhope-International Association of Internet Hotlines rilevava nel 2010 ben 24.000 segnalazioni di siti contenenti immagini e video pedopornografici;
   il fenomeno dell'adescamento di minorenne di cui all'articolo 609-undecies c.p. perpetrato tramite l'utilizzo degli strumenti telefonici e telematici è in costante aumento ed a seguito della diffusione dei social network coinvolge vittime con fasce di età sempre più basse;
   tra il 1° aprile 2010 ed il 30 settembre 2011 grazie al lavoro della polizia postale e delle comunicazioni sono stati monitorati 31.432 siti sospetti. Solo nel corso del 2010 le operazioni sotto copertura hanno determinato l'apertura di 63 indagini con sottoposizione a provvedimenti restrittivi e alla denuncia di altre 582 persone per reati connessi alla pornografia minorile;
   la ricerca svolta nel febbraio 2014 da IPSOS per Save The Children su un campione di ragazzi dai 12 ai 17 anni mette in luce una diffusione capillare degli strumenti informatici fra i minori, oltre a rilevare che per ben il 72 per cento degli adolescenti il cyber bullismo è il fenomeno sociale più pericoloso del proprio tempo;
   l'indagine conoscitiva sulle condizioni dell'infanzia e dell'adolescenza di Telefono Azzurro ed Eurispes del 2012 evidenzia i pericoli e l'inadeguatezza della rete internet per i minorenni, riferendo un incremento delle denunce relative alla diffusione (minacciata o attuata) di foto e video «intimi» tramite le tecnologie informatiche ed i social network: un adolescente su 5 ha trovato online proprie foto imbarazzanti senza averne precedentemente autorizzato la pubblicazione. Più di un bambino su 4 (25,9 per cento) ammette di essersi imbattuto in pagine Internet contenenti immagini di violenza, il 16 per cento dei bambini ha trovato in rete immagini di nudo, il 13 per cento siti che esaltano la magrezza, il 12,2 per cento siti con contenuti razzisti. Inoltre, più di un bambino su 10 riferisce di aver trovato online sue foto private (12,4 per cento) o sue foto che lo mettevano in imbarazzo (10,8 per cento); l'8,3 per cento ha visto pubblicati in rete video privati, il 7,1 per cento rivelazioni su propri fatti personali, il 6,7 per cento video imbarazzanti in cui egli stesso era presente;
   la polizia postale e delle comunicazioni è l'unica specialità della polizia di Stato idonea a prevenire, contrastare e reprimere la diffusione delle pedopornografia e della pedofilia tramite la rete internet, la pubblicazione di contenuti inappropriati per minorenni, l'adescamento online, il cyberbullismo, le minacce, lo stalking, e le diffamazioni sulla rete, le truffe e la pirateria informatica, i furti di identità, il phishing e in ultimo la diffusione di virus, worm, trojan horses, spyware, e programmi concepiti per invadere, danneggiare, sottrarre e nei casi più estremi cancellare dati personali. In una società sempre più «informatizzata» tali crimini sono in costante aumento. L'evoluzione tecnologia, inoltre, ha portato e porterà in futuro, alla nascita di nuove fattispecie criminose attuate tramite la rete internet;
   in tale prospettiva la specialità della polizia postale e delle comunicazioni andrebbe implementata, dotata dei migliori e più avanzati mezzi tecnologici e potenziata. In particolare, non risponde ad una maggiore efficacia la soppressione delle sezioni presenti sul territorio, le quali, oltre alla prevenzione e al contrasto del fenomeno, attuano il rapporto diretto con il cittadino attraverso la quotidiana attività di front office per acquisire denunce, esposti e richieste di ogni genere;
   la polizia postale, oltre alla repressione ed al contrasto dei crimini perpetrati tramite la rete, attua un'attività di prevenzione e formazione, rivolta ai ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori italiane, per fornire agli studenti ed alle famiglie conoscenze idonee a garantire una navigazione in internet consapevole e sicura. Predispone altresì collaudati progetti di sensibilizzazione e formazione degli insegnanti circa i rischi e pericoli della rete e svolge workshop gratuiti presso le scuole che ne fanno richiesta;
   la razionalizzazione delle risorse umane, a cui è finalizzata detta chiusura, è inoltre vanificante in gran parte dell'esperienza e della professionalità acquisita nel corso degli anni dal personale specializzato delle sezioni di polizia, postale e delle comunicazioni destinate alla chiusura;
   sebbene il dipartimento di pubblica sicurezza abbia previsto la ricollocazione del personale di polizia postale e delle comunicazioni, presso gli uffici investigativi delle questure, per svolgere indagini in tema di reati informatici, rimane incomprensibile il sistema di direzione, coordinamento e aggiornamento del personale, in tali strutture non specializzate;
   le sezioni della polizia postale e delle comunicazioni sono sovvenzionate, ad eccezione che per gli stipendi, dalla società Poste Italiane spa, società privata che assume sul proprio bilancio tutti i costi di gestione che non vanno a gravare, conseguentemente, su quelli del Ministero dell'interno. La soppressione delle sezioni non produrrebbe dunque alcun beneficio economico per lo Stato. La chiusura comporterebbe, invece, un aggravio di spesa per dotare il personale trasferito di locali, computer, attrezzature tecnologiche ed informatiche, arredi, autovetture di servizio, ed ogni altro strumento necessario, il cui costo, ad oggi, è a carico della società privata Poste Italiane spa –:
   se il Ministro non ritenga opportuno preservare le sezioni di polizia postale e delle comunicazioni, considerato che:
    a) il beneficio economico per lo Stato derivante dalle soppressioni di dette sezioni è irrisorio, stanti il sovvenzionamento di Poste Italiane e l'aggravio di spesa per dotare il personale trasferito nelle questure, di locali, attrezzature informatiche ed ogni altro strumento necessario;
    b) il depotenziamento di questa specialità, resa sempre più necessaria dal numero crescente di reati informatici commessi tramite la rete internet soprattutto a danno di minorenni, comporta una diminuita attività di contrasto, protezione e prevenzione. (3-03086)


   IORI, MARCHI e GANDOLFI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta dalla riunione del servizio della Polizia delle comunicazioni tenutasi il 5 aprile 2017 per presentare il piano di razionalizzazione dei presidi della suddetta polizia postale, nonostante il continuo incremento dei reati perpetrati tramite il web, verranno chiuse 54 sezioni della polizia delle comunicazioni delle 72 tuttora esistenti; se il piano prospettato lo scorso anno, prevedeva il mantenimento degli uffici sede di procure distrettuali competenti in materia di reati di esclusiva pertinenza della Polizia postale, non si comprende come mai alcune città debbano avere un ufficio della polizia postale ed altre no;
   in Emilia Romagna verranno chiuse 5 sezioni su 7 e ben 35 dipendenti specializzatisi da almeno un decennio con indagini e corsi di aggiornamento, verranno destinati ad un non ancora noto tipo di servizio che potrebbe anche non aver nulla a che fare con i reati informatici;
   per l'Emilia Romagna è prevista la salvaguardia, oltre che della sede compartimentale di Bologna (procura distrettuale presente), anche degli uffici di Parma e Rimini (procura distrettuale non presente); e non appare plausibile pensare ad una ripartizione territoriale con una sezione per l'Emilia ed una per la Romagna, poiché in realtà non potranno essere variate le competenze territoriali per i moltissimi reati compiuti tramite il web e pertanto i cittadini di Parma avranno un ufficio specializzato su indagini di tale tipo a differenza di quelli di Reggio Emilia o di Modena;
   è di fondamentale importanza l'acquisizione delle notizie di reato dove è preminente l'utilizzo di sistemi informatici. Senza le opportune conoscenze si rischia di omettere particolari riferimenti informatici che successivamente renderanno impossibili le indagini. Cosa accaduta più volte alla sezione di Reggio Emilia nelle indagini delegate da altri uffici;
   la sezione di Reggio Emilia, nonostante l'ormai numero esiguo di dipendenti, 4, contro gli 8 di tre anni fa, mai sostituiti, ha comunque trattato nel 2016, ben 580 fascicoli di indagine e denunciato 100 persone. Riceve inoltre quotidianamente decine di telefonate e mail da cittadini incappati in truffe, estorsioni, frodi informatiche, attacchi di virus, problematiche con i social network e altro, smistate molte volte dalla questura o dalle stazioni dei Carabinieri alle quali viene fornita sempre una risposta esaustiva anche per aumentare il senso di sicurezza dei cittadini;
   altro aspetto rilevante e meritevole di attenzione è costituito dagli incontri con le scolaresche: quest'anno oltre ai 28 incontri con gli alunni reggiani, e due con la cittadinanza che sarà quasi impossibile ripetere;
   infine è imminente la firma del rinnovo della convenzione con Poste italiane, che proseguirà quella ormai esistente da tantissimi anni, con la quale poste forniva e fornirà uffici, autoveicoli e strumenti informatici per l'operatività della polizia postale; a tale riguardo non si capisce perché il dipartimento voglia perdere una parte delle forniture dato che un punto della summenzionata convenzione prevede che l'accordo subirà modifiche parziali o totali a seconda del numero dei presidi che verranno chiusi –:
   se il Ministro non ritenga opportuno, a fronte delle considerazioni sopra riportate, evitare la soppressione delle sezioni di polizia postale e delle comunicazioni di cui in premessa che porterebbe al depotenziamento di una specialità resa sempre più necessaria, in particolare considerando che le sezioni presenti sul territorio di Reggio Emilia, oltre alla prevenzione e al contrasto del fenomeno, garantiscono un rapporto diretto con i cittadini attraverso la quotidiana attività per acquisire denunce, esposti e richieste sui reati online nonché costituiscono una risposta alla crescente esigenza di prevenzione e contrasto dei reati informatici commessi tramite la rete interne soprattutto a danno dei minorenni. (3-03087)


   LATRONICO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte del 25 febbraio 2016 si è verificato l'ennesimo episodio incendiario ai danni del magazzino ortofrutticolo della Prometas, azienda leader negli anni ‘80 per la lavorazione e commercializzazione di prodotti agricoli, chiuso da 3 anni, nel territorio del comune di Scanzano Jonico che è attraversato dalla strada statale 106 Jonica arteria di collegamento tra la Puglia e la Calabria;
   da indiscrezioni giornalistiche si apprende che si è trattato di un atto doloso che ha interessato un'area di 5.000 metri quadri e le fiamme si sono propagate nel lato est del magazzino dove vi erano mezzi industriali e grossi cassoni in plastica utilizzati per la raccolta della frutta nei campi;
   i vigili del fuoco oltre a spegnere il rogo hanno dovuto mettere in sicurezza gli impianti della struttura rilevando che quelli elettrici erano già stati depredati dei loro cavi di rame nella notte precedente;
   l'area del materano ed il comune di Scanzano Jonico continuano ad essere costantemente vittime di attentati incendiari notturni dolosi a danno di attività economiche nei settori agricolo, artigianale, edilizio e turistico. L'unico presidio delle forze dell'ordine, presente nel centro ionico, il commissariato della polizia di Stato, è stato trasferito negli ultimi anni nella città di Policoro;
   l'ultimo episodio incendiario mette in risalto la difficoltà che gli imprenditori dell'area jonica sono costretti ad affrontare difficoltà, che rischia di soffocare le energie e lo stesso spirito imprenditoriale, e sollecita una sempre maggiore attenzione sulle condizioni di sicurezza che devono essere garantite agli operatori economici ed a tutta la collettività;
   i fenomeni malavitosi connessi al racket delle estorsioni nel Metapontino registrano una preoccupante recrudescenza e dal 2004 a oggi si è verificato un lungo elenco di atti intimidatori e attentati incendiari a Scanzano Jonico e sulla costa ionica lucana purtroppo rimasti ancora impuniti –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative intenda assumere per intensificare l'azione di controllo delle forze dell'ordine per contrastare questi episodi e garantire più sicurezza ai cittadini. (3-03088)


   RICCIATTI, QUARANTA, D'ATTORRE, ROBERTA AGOSTINI, PIRAS, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO, KRONBICHLER, SCOTTO e NICCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il piano nazionale di razionalizzazione della polizia di Stato prevede la chiusura di 54 sedi di polizia postale dislocate su tutto il territorio nazionale;
   saranno pertanto soppressi numerosi presidi con conseguente redistribuzione del personale addetto alle questure;
   gli uffici di polizia postale svolgono una delicatissima e qualificata funzione di contrasto alle crescenti attività criminali perpetrate attraverso gli strumenti informatici, quali accessi abusivi a sistemi informatici, frodi informatiche e truffe e-commerce, furti d'identità, diffamazioni e minacce sui social network, pedopornografia;
   tra le sedi interessate dal piano di razionalizzazione e che potrebbero essere chiuse nei prossimi mesi figura quella di Pesaro;
   come per altri presidi, i dati relativi alle denunce effettuate presso gli uffici di polizia postale di Pesaro mostrano un'attività con volumi significativi (con oltre 400 denunce all'anno), che andranno a sovraccaricare, in caso di chiusura, l'unico presidio che residuerà nella regione: quello di Ancona;
   la redistribuzione del personale attualmente in servizio presso i presidi di polizia postale nelle questure comporterà, inoltre, una dispersione di professionalità che andrebbero al contrario sostenute e potenziate, considerato il costante aumento, nel numero e nel grado di offensività, dei reati informatici;
   sebbene il piano di razionalizzazione abbia il corretto obiettivo di ridurre i costi amministrativi, questo non può avvenire a discapito delle attività di istituto della polizia;
   ad avviso degli interroganti, lo smantellamento della sede della polizia postale di Pesaro priverà il territorio di un importante presidio di sicurezza e prevenzione per i cittadini, considerato che, oltre all'attività di repressione dei reati, la polizia postale svolge anche una importantissima attività a contatto diretto con i cittadini, con iniziative educative, di formazione ed informazione;
   tra queste attività risulta particolarmente meritoria quella svolta presso le scuole, nei confronti sia di studenti e docenti che di genitori, per prevenire reati che destano un forte allarme sociale come il cyberbullismo, la pedopornografia e l'adescamento di minori –:
   se il Ministro interrogato non intenda, anche alla luce delle criticità illustrate in premessa, rivedere il piano di ridimensionamento al fine di scongiurare la perdita delle attività svolte dalla polizia postale di Pesaro;
   quali misure intenda promuovere per garantire il prezioso e insostituibile lavoro che i presidi territoriali hanno sino ad oggi svolto in ordine alle attività di prevenzione, educazione e formazione contro i rischi della rete internet. (3-03089)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lunedì 12 giugno 2017, verso le ore 8.30 di mattina, in località Colle Fiorito, frazione del comune di Guidonia Montecelio, in provincia di Roma, due banditi, (dopo aver rubato un furgone nella nottata precedente) hanno assaltato una Fiat Punto, il cui conducente, dipendente del vicino Carrefour, stava portando l'incasso in banca;
   i due banditi hanno speronato il mezzo, poi scesi con passamontagna e pistola, hanno intimato all'uomo di consegnargli il denaro;
   un colpo facile, se non fosse stato per la presenza in quel momento di un eroe, un poliziotto fuori servizio che, vista la scena, è intervenuto qualificandosi ed ha intimato ai due di arrendersi;
   la reazione dei malviventi ha costretto il poliziotto ad esplodere alcuni colpi di pistola, che hanno causato la morte di uno dei due banditi e ferito l'altro;
   il poliziotto, adesso, è indagato e risulterebbe, a quanto consta all'interrogante, esser stato costretto ad allontanare la propria famiglia dal luogo, a causa delle minacce ricevute;
   gli autonomi di polizia, con un intervento del segretario generale Ruggero Strano sulla testata giornalistica Il Tempo, ne ha chiesto la tutela legale, l'immediata chiusura dell’iter processuale e un atto di riconoscimento formale del merito del poliziotto, a giudizio dell'odierno interrogante, eroe;
   si ribadisce, ma è norma giuridico/regolamentare nota a tutti, che il codice penale ed il giuramento prestato dal poliziotto all'atto di indossare la divisa, lo obbligano ad intervenire in questi casi anche con l'uso delle armi;
   il fatto che il prefetto Gabrielli lo abbia ricevuto per complimentarsi per la sua audacia e professionalità e per aver correttamente eseguito le direttive emanate dal Dipartimento della pubblica sicurezza dopo gli attentati di Parigi, ci rassicura e rasserena che, almeno dal dipartimento di pubblica sicurezza, non sarà lasciato solo;
   la procura, però, ha aperto lo stesso un fascicolo per eccesso colposo giustificando l'iniziativa «atto dovuto»;
   ebbene, a giudizio dell'interrogante ed anche di molti altri come il Coisp e gli autonomi di polizia, l'atto di indagare un poliziotto che, libero dal servizio, eroicamente sventa una rapina a mano armata non è mai un atto dovuto e nei fatti, a fronte dell'attuale mancanza di tutela reale degli operatori, produce conseguenze insostenibili per chi tiene fede al proprio dovere;
   in questo modo si mette a dura prova lo spirito di abnegazione e sacrificio che tutti i poliziotti hanno, ovvero la forza di rischiare in qualsiasi momento la propria vita per difendere i cittadini;
   adesso questo poliziotto sarà costretto a pagarsi un avvocato, periti e quant'altro, e con il suo stipendi assai basso, ciò significherà affamare la propria famiglia;
   è questo il momento in cui, per l'interrogante, il Ministro dovrebbe far sentire la vicinanza dello Stato nei confronti di un proprio onesto ed eroico servitore;
   occorre, nell'immediato, un provvedimento di sostegno al poliziotto e, nel lungo periodo è necessario ragionare su una legislazione che permetta di sostenere maggiormente il loro operato;
   stante, invece, la situazione regolamentare e normativa, i poliziotti, i carabinieri, i finanzieri o qualunque altro uomo o donna in divisa sono costretti, nei fatti, «a girarsi dall'altra parte»;
   è convinzione dell'interrogante che le migliaia di uomini e donne in divisa «non si gireranno mai dall'altra parte» ma, contemporaneamente, non può accadere che sia affidata la sicurezza pubblica alla «sola» buona volontà degli operatori di polizia –:
   quali iniziative, anche normative, intenda adottare il Ministro interrogato al fine di risolvere la problematica esposta in premessa. (4-16991)


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in occasione delle elezioni amministrative dell'11 giugno 2017 a Sermide e Felonica, comune di 6.400 abitanti nella provincia di Mantova, è stata presentata una lista dall'inequivocabile nome «Fasci Italiani del Lavoro» e dall'ancor più inequivocabile simbolo, ritraente il fascio littorio;
   trattasi per gli interroganti di una chiara esibizione di simboli ed espressioni legate al fascismo, in contrasto con le disposizioni costituzionali e legislative che vietano la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto Partito fascista;
   va peraltro detto che le istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature emanate a maggio 2017 dal Ministero dell'interno stabilivano chiaramente che le commissioni elettorali circondariali avrebbero dovuto escludere i contrassegni contenenti espressioni, immagini o raffigurazioni riferibili a ideologie autoritarie;
   a dimostrazione della gravità di quanto accaduto vi è il fatto che il prefetto di Mantova ha, dopo le elezioni, revocato le designazioni dei funzionari componenti della settima sottocommissione circondariale;
   intanto, però, la lista in questione ha preso 334 voti, ossia il 10,41 per cento delle preferenze, ed ha così eletto in consiglio comunale la propria candidata a sindaco, Fiamma Negrini, figlia del leader del soggetto politico Claudio Negrini (a sua volta capolista in questa tornata elettorale);
   parliamo di una realtà politica che, anche sul suo sito ufficiale e sulle pagine social, fa continui richiami espliciti e diretti al fascismo, al sansepolcrismo ed al Manifesto di Verona del 1943;
   vi sono dunque per gli interroganti comportamenti che si pongono evidentemente in contrasto con la legge Scelba e la legge Mancino, eppure il sindaco neoeletto del comune di Sermide e Felonica ha già dichiarato di considerare le elezioni avvenute regolari e scevre da qualsiasi vulnus democratico;
   quanto accaduto a Sermide e Felonica si innesta nel preoccupante fenomeno di proliferazione di piccole realtà di chiara ispirazione fascista o nazionalsocialista nel nostro Paese, portatrici di un pensiero autoritario e, per sua natura, violento –:
   se non ritenga urgente e doveroso assumere iniziative, per quanto di competenza, per avviare un approfondimento sulla questione;
   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di impedire che situazioni analoghe possano verificarsi in futuro. (4-16995)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   presso l'università degli studi di Roma «Tor Vergata», sono state effettuate 57 chiamate di professori (soprattutto associati, ma anche ordinari), ai sensi dell'articolo 24, comma 6, della legge 240/2010, senza alcuna procedura di valutazione comparativa tra i ricercatori a tempo indeterminato e i professori associati che fossero in servizio presso il medesimo ateneo ed in possesso della prescritta abilitazione scientifica nazionale;
   le relative procedure sono state riservate ad un solo candidato, individuato dai dipartimenti che hanno attivato la procedura di chiamata attraverso delibere riservate, perché non pubblicate sul sito web di ateneo, come prescritto dalla legge;
   due ricercatori a tempo indeterminato, Giuliano Grüner di diritto amministrativo e Pierpaolo Sileri di chirurgia generale, entrambi in possesso dell'abilitazione scientifica nazionale di professori di prima fascia nei rispettivi settori concorsuali, hanno proposto due ricorsi al Tar del Lazio, sede di Roma, contestando la preclusione di partecipare a due procedure di chiamata come professori associati: la prima, relativa al settore concorsuale 12/D1 – diritto amministrativo, è stata riservata a Marco Macchia, allievo diretto del pro rettore vicario, professore Claudio Franchini, e la seconda, di relativa al settore concorsuale 06/C1 – chirurgia generale, è stata riservata a Paolo Gentileschi, figlio di Ezio, già direttore della scuola di specializzazione in chirurgia generale della stessa Università di Tor Vergata;
   il ricorso proposto da Pierpaolo Sileri è stato accolto dalla recente sentenza del Tar del Lazio, sede di Roma, Sez. III-bis, 20 marzo 2017, n. 3720, la quale ha disposto l'annullamento dell'intera procedura di chiamata di Paolo Gentileschi; per l'analogo ricorso proposto da Giuliano Grüner è stata fissata l'udienza di discussione nel merito alla data del 10 ottobre 2017;
   nella richiamata sentenza del Tar del Lazio è scritto – tra l'altro – che la stessa «ritiene di dovere fare proprie» le «conclusioni cui è pervenuto il T.A.R. Lombardia-Milano con la sentenza n. 2440 del 20 novembre 2015», sentenza, quest'ultima, appellata sia dall'ateneo resistente (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), sia dal controinteressato in quel processo, innanzi al Consiglio di Stato, il quale, con la recente sentenza della Sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1856, ha respinto gli appelli, così confermando pienamente la sentenza del Tar meneghino, con la seguente motivazione: «(...) Questo Collegio ritiene di poter evidenziare che tutta la vicenda contenziosa si incentra sul valore da assegnare alla locuzione contenuta in fine del comma 5 dell'articolo 24: “Alla procedura è data pubblicità sul sito dell'ateneo”. // È pacifico, come affermato nella sentenza impugnata, che nessuna pubblicità sul sito dell'Ateneo è stata data alla procedura su cui si controverte. (...) Mentre l'oggetto del contendere è, pur sempre, un concorso ad un pubblico impiego, presidiato dall'articolo 97, comma quarto, della Costituzione (...)»;
   entrambi i ricercatori, a seguito della, proposizione dei loro ricorsi al Tar, hanno subito pressioni fortissime, da parte del rettore, professore Giuseppe Novelli, al punto di presentare denuncia, nel mese di aprile del 2016, alla procura della Repubblica di Roma, la quale ha concluso le indagini in data 22 febbraio 2017, contestando al rettore il delitto di tentata concussione ai danni di Giuliano Grüner e il delitto di istigazione alla corruzione ai danni di Pierpaolo Sileri;
   la vicenda ha avuto vasta eco sui mezzi di informazione, tra cui si citano tre articoli su Il Fatto Quotidiano e su Il Fatto Quotidiano.it, nonché un servizio televisivo della trasmissione Le Iene, che hanno riportato l'audio di una registrazione tra il rettore e Giuliano Grüner nella quale il primo dice al secondo: «O ritira il ricorso oppure noi qui non ci parliamo. Per i prossimi anni, per quello che mi riguarda, si cerchi un altro Ateneo. Finché faccio io il Rettore, lei qui non sarà mai professore. O ritira il ricorso, oppure sparisca da qui (...)»;
   in un'altra registrazione, riguardante una conversazione tenutasi tra Pierpaolo Sileri e la direttrice generale del Policlinico di Tor Vergata, dottoressa Tiziana Frittelli, quest'ultima, riferendosi al rettore, dice a Pierpaolo Sileri: «Qui con lui sei morto. Qui tanto con lui sei morto»;
   le associazioni Rete 29 aprile e Roars hanno ripubblicato il tutto sui propri siti web, chiedendo le dimissioni del rettore, mentre il servizio de Le Iene sta diventando virale su YouTube e sugli altri social network, e circola in tutto il modo accademico ormai da tempo, destando scandalo e preoccupazione;
   al di là degli esiti del procedimento penale, si tratta di fatti incontrovertibilmente gravissimi e documentati per tabulas: il secondo ateneo di Roma, uno dei più importanti di Italia, che dà cattedre intuitu personae, attraverso delibere di fatto segrete, senza alcuna valutazione comparativa, e con il rettore che minaccia due ricercatori per il solo fatto di aver proposto al Tar due ricorsi – uno dei quali già accolto – contro questo modus operandi;
   in particolare, la recente sentenza del Tar del Lazio di accoglimento del ricorso proposto da Pierpaolo Sileri – che condivide la precedente sentenza del Tar Lombardia, a sua volta, pienamente confermata dal Consiglio di Stato – mette a rischio tutte le altre cinquantasette chiamate effettuate allo stesso modo di quella annullata;
   infatti, il 30 maggio 2017, il pubblico ministero dottor Mario Palazzi ha chiesto il rinvio a giudizio del rettore Novelli, ora in veste di imputato, per tentata concussione ai danni di Giuliano Grüner e per istigazione alla corruzione ai danni di Pierpaolo Sileri (l'udienza preliminare è stata fissata per il 18 dicembre 2017 dal g.u.p. dottor Massimo Battistini) –:
   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, anche al fine di chiarire la grave vicenda di cui in premessa;
   se non intenda valutare se sussistano i presupposti per la revoca del rettore Giuseppe Novelli, prima che intervengano altri eventuali provvedimenti della magistratura (penale, amministrativa e contabile), posto il gravissimo nocumento recato dal suo comportamento al prestigio e alla reputazione non solo dell'ateneo di Tor Vergata, ma dell'istituzione universitaria tutta.
(2-01842) «Saltamartini, Giancarlo Giorgetti, Fedriga».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   presso l'università degli studi di Roma «Tor Vergata» sono state effettuate 57 chiamate di professori (soprattutto associati, ma anche ordinari), ai sensi dell'articolo 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010 senza alcuna procedura di valutazione comparativa tra i ricercatori a tempo indeterminato e i professori associati che fossero in servizio presso il medesimo ateneo ed in possesso della prescritta abilitazione scientifica nazionale;
   le relative procedure sono state riservate ad un solo candidato, individuato dai dipartimenti che hanno attivato la procedura di chiamata attraverso delibere riservate perché non pubblicate né sul sito web di ateneo (come invece chiaramente dispone l'articolo 24, comma 5 della legge n. 240 del 2010, al quale rinvia, sul punto, il successivo comma 6), né altrove;
   due ricercatori a tempo indeterminato, Giuliano Grüner (dritto amministrativo) e Pierpaolo Sileri (chirurgia generale), entrambi in possesso della abilitazione scientifica nazionale di professori di prima fascia nei rispettivi settori concorsuali, hanno proposto due ricorsi di contenuto sostanzialmente identico al Tar del Lazio, contestando l'essergli stata preclusa la possibilità di partecipare a due procedure di chiamata come professori associati;
   la prima di tali procedure, relativa al settore concorsuale 12/D1 – diritto amministrativo è stata riservata ad un allievo diretto del pro rettore vicario, mentre la seconda, relativa al settore concorsuale 06/C1 – chirurgia generale, è stata riservata al figlio dell'ex direttore della scuola di specializzazione in chirurgia generale della stessa università;
   il ricorso proposto da Pierpaolo Sileri è stato accolto dalla recente sentenza del Tar del Lazio n. 3720/2017, che ha disposto l'annullamento dell'intera procedura di chiamata oggetto di contestazione;
   per l'analogo ricorso proposto da Giuliano Grüner è stata fissata l'udienza di discussione nel merito alla data del 10 ottobre 2017;
   la richiamata sentenza del Tar del Lazio ha richiamato la sentenza n. 2440/2015 del Tar della Lombardia, che relativamente ad una vicenda pressoché identica aveva ritenuto «opportuno, anche in ragione dell'omissione della pubblicità della procedura di chiamata di cui si tratta, mandare alla Segreteria per la trasmissione di copia degli atti e della presente sentenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano per le valutazioni di propria competenza»;
   la predetta sentenza del Tar della Lombardia è stata confermata dal Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 1856/2017, ribadendo l'importanza della pubblicizzazione delle procedure sul sito dell'ateneo;
   entrambi i ricercatori, a seguito della proposizione dei loro ricorsi al Tar, hanno subito pressioni fortissime da parte del rettore, professor Giuseppe Novelli, affinché li ritirassero;
   gli stessi ricercatori, ad aprile 2016, hanno denunciato tali comportamenti alla procura della Repubblica di Roma, la quale ha concluso le indagini in data 22 febbraio 2017, contestando al rettore il delitto di tentata concussione ai danni di Giuliano Grüner e il delitto di istigazione alla corruzione ai danni di Pierpaolo Sileri;
   la vicenda ha avuto vasta eco sui mezzi di informazione;
   dalla registrazione di un incontro tra il rettore e Giuliano Grüner, pubblicata da alcuni giornali, emerge come il primo avesse fatto evidenti pressioni per ottenere il ritiro del ricorso;
   tra i passaggi più gravi vi è il seguente: «O ritira il ricorso oppure noi qui non ci parliamo. Per i prossimi anni, per quello che mi riguarda, si cerchi un altro Ateneo. Finché faccio io il Rettore, lei qui non sarà mai professore. O ritira il ricorso, oppure sparisca da qui. Sulla chiamata, sì, beh, certo, mi opporrò con tutte le mie forze. Auguri, le faccio tanti auguri per la sua carriera. Le auguro che sia fortunato e che faccia carriera»;
   in un'altra registrazione, riguardante una conversazione tenutasi tra Pierpaolo Sileri e la direttrice generale del Policlinico di Tor Vergata, quest'ultima, riferendosi al rettore, dice: «Qui con lui sei morto. Qui tanto con lui sei morto»;
   le associazioni Rete 29 Aprile e Roars hanno ripubblicato il tutto sui propri siti web, chiedendo le dimissioni del rettore;
   da ultimo, in data 30 maggio 2017, è stato chiesto il rinvio a giudizio del rettore Novelli per tentata concussione ai danni di Giuliano Grüner e per istigazione alla corruzione ai danni di Pierpaolo Sileri, e l'udienza preliminare è stata fissata per il 18 dicembre 2017;
   la notizia ha avuto molto risalto, con gravissimo nocumento all'immagine dell'ateneo;
   sul tema il primo firmatario del presente atto aveva già presentato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-15817, depositata all'inizio del mese di marzo ed alla quale il Ministro non ha ancora dato risposta –:
   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, anche al fine di contribuire a far luce sulla grave vicenda di cui in premessa;
   se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere la revoca del rettore Giuseppe Novelli, prima che intervengano altri eventuali provvedimenti della magistratura (penale, amministrativa e contabile), perché lo stesso, con il suo comportamento, ha arrecato un danno gravissimo al prestigio e alla reputazione non solo dell'ateneo, ma dell'istituzione universitaria tutta.
(2-01841) «Scotto, Bossa».

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   nei prossimi giorni in Sardegna saranno decise durissime azioni di protesta per il grave stato di abbandono che si registra nel settore agricolo e zootecnico dell'isola;
   le promesse della regione e del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali in merito secondo l'interrogante, non sono state mantenute ed erano destituite di ogni consistenza;
   il prezzo del latte continua ad essere ai minimi termini, a questo si aggiunge la siccità e il mancato pagamento dei contributi derivanti dai fondi agricoli del piano di sviluppo regionale della Sardegna;
   si tratta per l'interrogante di una vera e propria negligenza dello Stato e della regione, che si rivela senza precedenti, con ripercussioni sociali gravissime in tutta l'isola;
   l'interpellante, da mesi, denuncia questa situazione con puntuali atti di sindacato ispettivo;
   il Governo ogni volta risponde con quelli che appaiono all'interrogante fumosi e inutili comunicati stampa, concertati con l'istituzione regionale;
   all'appello manca l'intera annualità dei fondi destinati alle singole misure del Piano di sviluppo regionale, dal benessere animale all'insediamento dei giovani in agricoltura;
   dei bandi avviati nel 2016 nessuno è stato ancora attivato considerato che i fondi erogati nei mesi scorsi erano il risultato dell'effetto trascinamento di vecchie risorse;
   si registra una situazione che sta mettendo in ginocchio le imprese agricole della Sardegna che, non avendo avuto il pagamento di quanto dovuto, in molti casi hanno dovuto far ricorso all'indebitamento, finendo ancora una volta nelle maglie pericolose del sistema bancario;
   sono centinaia le segnalazioni che arrivano dal nord al sud dell'isola di mancati pagamenti delle misure messe a bando lo scorso anno per le quali il mondo agricolo ha effettuato gli investimenti previsti;
   sono oltre 50.000 le pratiche ancora da istruire per il 2016, altrettante ne arriveranno per l'annualità 2017, i cui termini sono fissati al 15 giugno;
   il rischio è un effetto domino con l'accumulo di oltre 100.000 pratiche negli uffici di Agenzia regionale per il sostegno all'agricoltura (Argea) e poi il doppio passaggio ad Agenzia per la gestione e gli aiuti in agricoltura (Agea), la struttura di pagamento nazionale a cui si è affidata la regione;
   gli incontri dei giorni scorsi tra regione e Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sono risultati vani proprio perché non solo non è stato preso alcun impegno sulla tempistica dei pagamenti e si è sottaciuto sul vero motivo del blocco delle procedure;
   il rischio di un accumulo di pratiche all'Argea e conseguentemente all'Agea rischia di bloccare anche l'effetto trascinamento nel pagamento del pregresso, creando un vuoto economico-finanziario nelle anticipazioni che il mondo agricolo ha dovuto sopportare per questi ulteriori e ingenti ritardi;
   ad oggi mancherebbero ancora gli applicativi delle misure 4 – 6 – 10 –13 – 14, che vanno dall'investimento infrastrutturale al primo insediamento dei giovani in agricoltura, dall'indennità compensativa al benessere animale;
   a tutto questo si aggiunge che il refresh (misurazione delle superfici) messo in campo dall'Agea, con il ricalcolo delle aree agricole, ha nuovamente azzerato moltissime situazioni, costringendo ad un'ulteriore perdita di tempo con ritardi che continuano ad accumularsi;
   il mondo delle campagne è in rivolta dinanzi a costi della macchina burocratica, che si rivelano superiori a quanto risulta essere lo stesso stanziamento previsto per gli allevatori e gli agricoltori;
   le prossime imminenti manifestazioni rischiano di creare una tensione sociale gravissima in tutta l'isola –:
   se il Ministro interrogato non intenda predisporre iniziative urgenti tese ad affrontare e risolvere senza ulteriori perdite di tempo le questioni di cui in premessa, da tempo sollevate;
   se non intenda porre in essere iniziative per il ripristino di un equo prezzo del latte di pecora al fine di tutelare un patrimonio zootecnico unico nel suo genere;
   se non intenda promuovere iniziative urgenti di tutela e valorizzazione del Pecorino Romano Dop, evitando di facilitare e favorire speculazioni anche interne contro lo stesso prodotto;
   se non intenda attivare procedure straordinarie per provvedere ai pagamenti degli arretrati del Piano di sviluppo regionale Sardegna;
   se non intenda procedere con la dichiarazione di stato di calamità naturale in Sardegna con riguardo alla siccità e promuovere le relative compensazioni dei danni da essa causati.
(2-01843) «Pili».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARICCO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel 1991 venne emanato il regolamento (CEE) n. 1601/91 del Consiglio del 10 giugno 1991, che prevedeva l'Indicazione geografica «Vermouth di Torino», concedendo allo Stato membro e ai produttori interessati di procedere alla specifica regolamentazione del medesimo;
   nel 2014 veniva emanato il Regolamento (UE) n. 251/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sui vini aromatizzati, che continuava a contemplare l'Indicazione geografica «Vermouth di Torino», e che fissava nel 28 marzo 2017 la data entro la quale lo Stato membro e i produttori interessati potevano provvedere a regolamentare in modo specifico la prevista indicazione geografica;
   negli anni a partire dal 2013 e sino a inizio 2017, all'interno della filiera produttiva del Vermouth, è maturata la consapevolezza di un patrimonio storico da salvaguardare, quindi si è iniziato a lavorare alla definizione e alla stesura di una bozza di disciplinare;
   nel mese di marzo veniva presentata dalla Federazione italiana industriali produttori esportatori e importatori di vini, ... ed affini (Federvini), attraverso la regione Piemonte, istanza di registrazione dell'indicazione geografica «Vermut di Torino» nel registro elettronico delle indicazioni geografiche protette; è stato approvato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il disciplinare di produzione dell'indicazione geografica «Vermut di Torino/Vermouth di Torino», contenente gli elementi richiesti dall'articolo 10 del regolamento (UE) n. 251/2014 la cui approvazione e trasmissione alla Commissione europea è necessaria ai fini della suddetta registrazione;
   detto disciplinare di produzione del Vermut di Torino IGP prevede tra l'altro:
    una gradazione alcolica minima del prodotto finale di 16 per cento volumetrica, a fronte del fatto che il sopra citato regolamento n. 1601 del 1991 prevedeva un limite minimo di gradazione del 14,5 per cento Vol, e che le gradazioni alcoliche più ricorrenti dall'inizio del secolo scorso erano intorno a 15 per cento Vol e anche inferiori per il prodotto destinato all'esportazione, e che la gradazione alcolica non rappresenti di per se qualità, trattandosi prevalentemente del risultato di un procedimento di aggiunta di alcool, mentre nello stesso disciplinare non viene prevista nessuna gradazione alcolica minima e quindi nessuna qualità minima del vino base del procedimento;
    relativamente alle tipologie e provenienze dei vini base, che solamente nella tipologia «Superiore» questi devono essere originari del Piemonte per il 50 per cento mentre per la tipologia di base è sufficiente che si usino vini italiani;
    in merito alla produzione degli estratti aromatizzanti il disciplinare, che solamente le artemisie siano coltivate e/o raccolte in Piemonte, quando, invece, nella tradizione, la produzione degli estratti era realizzata dalla singola azienda, partendo da formule riservate e storiche, che consolidavano il valore aggiunto di ogni produttore, ed inoltre non sono previsti periodi minimi di maturazione degli estratti aromatizzanti e/o del prodotto finito, condizioni che invece, in un'ottica di qualità, meriterebbero un'adeguata regolamentazione;
    l'obbligo di effettuare le operazioni di elaborazione fino al confezionamento del Vermut di Torino nella regione Piemonte, con alcune deroghe che autorizzano tali attività su tutto il territorio nazionale, a seguito di autorizzazioni individuali per un articolato elenco di situazioni aziendali. In un'ottica semplificatoria e di legame al territorio si potrebbe autorizzare la produzione di infusi e del Vermouth di Torino alle sole aziende italiane che da almeno 10 anni producono Vermouth di Torino al di fuori dei confini piemontesi, ma all'interno del territorio italiano –:
   quale sia lo stato del percorso in essere con riguardo al disciplinare di produzione del «Vermut di Torino»;
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per modificare un siffatto disciplinare che potrebbe portare alla realizzazione di un prodotto, il Vermouth di Torino, a indicazione geografica protetta, che caratterizzerebbe in tal senso un territorio, senza che la base di vino per realizzarlo, così come gli estratti aromatizzanti utilizzati, debbano essere prodotti necessariamente in quel territorio.
   (5-11593)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   una nota della giunta nazionale di Federpesca, inviata all'interrogante riferisce delle persistenti difficoltà del settore della pesca nazionale;
   Federpesca denuncia con forza che, a tutt'oggi, non sono ancora state corrisposte alle imprese di pesca le indennità loro dovute per il fermo osservato obbligatoriamente negli anni 2015 e 2016;
   a giudizio dell'interrogante e di Federpesca è un ritardo inaccettabile, frutto di impreparazione ed improvvisazione nel gestire un meccanismo, quello previsto dalle norme comunitarie sin dal 2014, che porta all'esasperazione le imprese destinatarie della misura;
   l'interruzione prolungata dell'attività di pesca, imposta nello scorso biennio, attraverso il fermo biologico ed il fermo tecnico, ha costretto le aziende a sopportare comunque i costi di armamento del peschereccio, anche in considerazione del ritardo e delle inefficienze derivate dalla corresponsione delle indennità di cassa integrazione per gli equipaggi;
   quest'anno, secondo quanto denuncia la giunta di Federpesca, nessuno potrà impedire il disarmo generalizzato delle unità da pesca destinatarie della misura, se gli armatori non incasseranno prima le indennità attese da ben due anni;
   la normativa vigente in materia esclude l'impresa dal diritto all'indennità anche per un solo giorno di ritardo nel presentare la documentazione richiesta per l'ammissione all'indennità di fermo, ma poi la pubblica amministrazione si auto-concede due anni di «flessibilità» nel pagamento;
   tali e sacrosante obiezioni sono state oggetto di una nota consegnata alla direzione generale della Pesca in una recente riunione;
   secondo la giunta di Federpesca si continua a riproporre un fermo davvero poco utile, perché non ne sono chiari gli obiettivi di conservazione delle risorse ittiche ed è pure trascurato l'impatto commerciale sulle imprese di pesca;
   una misura che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali vorrebbe indennizzare per 26 giornate, a fronte di un'interruzione di 90 giorni, includendo il fermo tecnico;
   a tutt'oggi non è neanche chiaro il meccanismo di erogazione dell'indennità giornaliera prevista per gli equipaggi e introdotta per il 2017 dalla legge di stabilità per suddetto anno 30 euro lordi al giorno, senza una espressa previsione sugli oneri contributivi, senza un preciso meccanismo di erogazione;
   Federpesca e l'interrogante sostengono l'opportunità di una modulazione dello sforzo di pesca, anche per periodi più lunghi, ma che passi attraverso la chiusura generalizzata di una adeguata fascia di rispetto dalla costa, quella maggiormente deputata alla riproduzione e all'accrescimento di taglia delle specie ittiche;
   chi propende per un fermo sempre uguale a se stesso, che impegni risorse pubbliche teoricamente destinate al parziale ristoro di imprese e lavoratori, fa sì che il tutto si traduca in uno spreco di denaro pubblico per effetto dei ritardi e delle inefficienze registrate. Ciò anche in considerazione del fatto che molte aziende risulteranno comunque escluse per causa della penalizzazione derivante dal feroce sistema sanzionatorio in vigore –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di risolvere la problematica esposta in premessa. (4-16992)


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante, come tutti i componenti della commissione agricoltura della Camera dei deputati, ha potuto prendere visione di una serie di documenti che enti, associazioni di categorie ed esperti hanno trasmesso alla stessa per una migliore valutazione della questione relativa alla coltivazione e al commercio del riso;
   ebbene, dalla lettura del documento trasmesso da Coldiretti si apprende che il sistema rapido di allerta per gli alimenti e i mangimi europei (RASFF), istituito in ambito europeo per la notifica in tempo reale dei rischi diretti o indiretti per la salute dei consumatori connessi all'uso di alimenti o mangimi, nel solo 2016 in Europa ha segnalato ben 11 allerte sanitarie da contaminazione per riso e prodotti a base di riso, tutte provenienti da Paesi extracomunitari;
   in particolare, le segnalazioni hanno riguardato: riso dal Pakistan infestato da insetti, riso dell'India con micotossine (ocratossina A) o insetticidi (acefato) e fungicidi (carbedazim), riso con aflatossine dallo Sri Lanka, riso dal Vietnam con alto contenuto di alluminio e, per ultimo, riso dalla Cina, con modifiche genetiche non autorizzate;
   dalla lettura di tale elenco non si può non restare sorpresi e amareggiati anche solo per il fatto che di tale notizia siano stati tenuti all'oscuro i cittadini, italiani e comunitari;
   la mancanza di trasparenza in etichetta dell'origine del riso, a giudizio dell'interrogante, è al limite del reato di intossicazione alimentare visti i precedenti del solo 2016;
   quali iniziative, anche normative, siano state adottare dal Ministro interrogato a seguito delle varie allerte sanitarie del Rapid Alert System for Food & Feed (RASFF) citate in premessa. (4-16994)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si è conclusa pochi giorni fa la nona edizione Icar (Italian Conference on Aids and Antiviral Research), con esperti titolati da tutto il mondo, oltre 800 specialisti tra medici e ricercatori di vari settori coinvolti nell'assistenza e cura dell'infezione da hiv e volontari delle associazioni impegnate nella lotta contro l'aids;
   dai dati presentati dalla professoressa di scienze biomediche presso l'Istituto sanitario Carlo III di Madrid, Julia Del Amo, emerge che «nel 2015, i migranti hanno rappresentato il 39 per cento dei nuovi casi diagnosticati di hiv in Europa (...) in Svezia, ad esempio, raggiungono il 75 per cento (...) Italia sono il 28 per cento»;
   si tratta per lo più di migranti provenienti dall'Africa subsahariana, la metà dei quali giunge nel continente europeo già affetti da hiv al momento dell'arrivo;
   stando ai dati esposti al convegno, i subsahariani rappresentano il 53 per cento, dei nuovi sieropositivi tra gli immigrati, cui deve aggiungersi un 22 per cento costituito da persone provenienti dai Caraibi e dall'America latina;
   una gran parte di immigrati, poi, contrae il virus dopo l'arrivo in Europa; tantissimi contagi, infatti, avvengono nei centri di accoglienza e nei campi profughi;
   gli stessi esperti partecipanti al convegno hanno spiegato che «in alcuni casi, come in Grecia, il 95,3 per cento delle infezioni tra migranti avviene proprio nelle aree di accoglienza», luoghi dai quali gli stessi infetti possono entrare ed uscire liberamente ponendo a rischio di contagio chiunque;
   il congresso ha dunque evidenziato come l'immigrazione «costituisce una componente che aggrava il problema dei contagi» –:
   se e quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, a tutela della salute di tutti gli italiani e, in particolare, di coloro che – loro malgrado – si ritrovano dei centri di accoglienza e delle tendopoli nel proprio quartiere di abitazione. (4-16990)


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   negli scorsi giorni la Cgil campana ha lanciato un nuovo «allarme barelle»;
   il sindacato segnalava, in particolare, la presenza di 110 barelle nei reparti di osservazione breve, medicina di urgenza e chirurgia di urgenza dell'ospedale «A. Cardarelli» di Napoli;
   con la stessa dichiarazione si segnalava come i pronto soccorso di Frattamaggiore, Pozzuoli, Giugliano, Nola, San Giovanni Bosco e Pellegrini (per limitarsi alla sola area metropolitana di Napoli) non riescano ad assicurare un numero di personale adeguato, tanto da rischiare la chiusura di interi reparti;
   ciò si innesta sul processo di chiusura di diversi servizi essenziali, come il centro per l'autismo di via Campana a Pozzuoli, senza che vi sia contestualmente alcuna proposta per l'assistenza, per l'internalizzazione del servizio e per la salvaguardia dei posti di lavoro;
   la segnalazione della Cgil arriva poche ore dopo lo scandalo della paziente del reparto di medicina generale dell'ospedale «San Paolo» fotografata su un letto sporco e invaso dalle formiche;
   è evidente lo stato di crisi della sanità campana, devastata da anni di insopportabili tagli, clientelismo e cattiva gestione, in cui il diritto alla salute è spesso di fatto negato;
   non basta l'invio di una task force in occasione dei casi più eclatanti, manca una vera programmazione basata sui fabbisogni dei cittadini ed in una situazione così insostenibile il rischio di una paralisi totale diventa sempre più reale –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, anche per il tramite del commissario ad acta per il piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Campania, al fine di risolvere l'emergenza in cui versa la sanità pubblica campana in maniera stabile e definitiva, senza più limitarsi a tamponare le emergenze oggetto di ampia risonanza mediatica. (4-16993)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FANUCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la fotografia aggiornata della rete carburanti a fine 2016 evidenzia il permanere di una polverizzazione della rete che non ha eguali in Europa. Con 21.000 punti vendita, la rete italiana ha un erogato medio di 1.345 mila litri, ben al di sotto degli indici di redditività media registrati nel resto d'Europa;
   alla polverizzazione della rete corrisponde una identica dispersione del valore dei loghi (pompe bianche e privati operativi con propri marchi e/o in convenzionamento) con circa 130 marchi, di cui il 50 per cento di proprietà dell'industria petrolifera e il 50 per cento dei privati;
   gli effetti sulla gestione economica della rete si manifestano estromettendo forzatamente le stesse gestioni dagli impianti per far posto all'automazione, spesso mascherata con operatori precari, ricorrendo ad una contrattualistica irrituale ed illegale, operando le violazioni contrattuali per conseguire vantaggi competitivi impropri, con un effetto drammatico in termini di redditività e occupazione (-15.000 occupati negli ultimi cinque anni), che ha ridotto le gestioni rimaste sul lastrico;
   la remunerazione dei gestori è regolata dalle leggi dello Stato (decreto legislativo n. 32 del 1998; legge n. 57 del 2001; legge n. 27 del 2012) che espressamente la demandano alla contrattazione tra le parti. Mentre le grandi compagnie stanno nelle regole, l'altro 50 per cento evade la normativa, fa dumping contrattuale, abusando della posizione economicamente dominante ed imponendo contratti privi di qualsiasi forma di tutela e dignità;
   mentre, sino a pochi anni fa, il mercato era in mano a pochi operatori con cui era facile fare accordi/contratti, oggi, con l'avvento di tanti piccoli operatori, è diventato difficile fare accordi/contratti con tanti imprenditori diversi, quasi un migliaio;
   in questo scenario l'industria petrolifera abbandona progressivamente il mercato, con chiusure e cessioni di pacchetti rete, sull'esempio della Esso italiana; o dando luogo a processi di integrazione tra marchi;
   in una struttura completamente depauperata e inefficiente, in cui si sono fortemente contratti i consumi, ridotte le marginalità, amplificate le forti improduttività e incapacità di investimento, si è diffusa enormemente l'illegalità, sia in termini di quantitativi dei prodotti introdotti in evasione di Iva e accise, che, in termini qualitativi (gasolio tagliato con oli combustibili esenti da imposte di fabbricazione). Con effetti negativi sui prezzi e la redditività delle imprese;
   l'illegalità diffusa giunge – secondo più fonti – ad oltre il 10 per cento del fatturato di settore, vale a dire circa 4 miliardi di euro l'anno –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di rilanciare e riaffermare il rispetto delle regole del settore, a tutti i livelli. In particolare, se non ritenga opportuno assumere iniziative per favorire una contrattazione a livello nazionale tra la rappresentanza dei gestori e la rappresentanza dei titolari di autorizzazioni (compagnie e retisti), in modo tale da stabilire un costo di distribuzione minimo valido erga omnes quale remunerazione del lavoro sulla base del quale poi le associazioni possono contrattare, come avviene già oggi, il margine dei gestori per singole compagnie/retisti. (5-11595)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Terzoni n. 3-02777, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cecconi.

  L'interrogazione a risposta scritta Luigi Di Maio e altri n. 4-16890, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lorefice.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Latronico n. 4-04360 del 4 aprile 2014;
   interrogazione a risposta scritta Latronico n. 4-05945 del 9 settembre 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo e cambio presentatore.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Iori e altri n. 5-04341 del 19 dicembre 2014 è stata trasformata, su richiesta del presentatore, in interrogazione a risposta orale n. 3-03086 e contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, deve intendersi presentata dalla deputata Fabbri.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Latronico n. 5-07941 del 29 febbraio 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-03088;
   interrogazione a risposta scritta D'Incà n. 4-15978 del 21 marzo 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03090;
   interrogazione a risposta orale Fauttilli n. 3-02898 del 22 marzo 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-16989;
   interrogazione a risposta scritta Caparini e altri n. 4-16116 del 30 marzo 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03085;
   interrogazione a risposta in Commissione Iori e altri n. 5-11130 del 12 aprile 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03087;
   interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti e altri n. 5-11147 del 18 aprile 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03089.

ERRATA CORRIGE

  L'interrogazione a risposta scritta Valeria Valente e altri n. 4-16912 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 812 del 13 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta dalla deputata Paris e non dal deputato Piras come stampato.