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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 16 giugno 2017

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   a distanza di oltre tre mesi ancora non si conosce l'esito delle ispezioni ministeriali in seguito del decesso nella giornata del 10 aprile 2017 nell'ospedale Brotzu di Cagliari di una giovane madre che il sabato precedente aveva dato alla luce due gemelli nell'ospedale Cto di Iglesias;
   la scomparsa della giovane madre di Iglesias provocò un'ondata di sdegno di un'intera comunità e poneva interrogativi che non vanno elusi, seppur nel profondo rispetto del dolore;
   si tratta di interrogativi che devono trovare risposta, non per la mera ricerca della polemica e della contestazione, ma per fare chiarezza, per evitare semmai che si piangano altre madri e altre morti;
   si ha il dovere morale innanzitutto di fare chiarezza sui fatti e sulle drammatiche conseguenze;
   l'interpellante ha la certezza che i medici e il personale paramedico abbiano fatto di tutto e di più per salvare la vita della giovane madre;
   è intollerabile il silenzio del Ministero che all'interpellante pare con questo atteggiamento non adoperarsi per far luce sul misfatto della sanità sarda;
   si ha il dovere di rilevare e far rilevare che qualcosa non ha funzionato;
   si tratta ancora una volta di una gestione della sanità pubblica in Sardegna, nel Sulcis in particolar modo, che conferma disorganizzazione e malasanità;
   sono numerosi e reiterati gli atti di sindacato ispettivo, ancora senza risposta, che l'interpellante ha indirizzato al Governo relativamente ad evidenti e gravi situazioni inerenti all'ospedale Cto, alla chiusura dell'ospedale Santa Barbara e alla complessiva gestione delle strutture ospedaliere nel territorio del Sulcis;
   la sequenza dei fatti è chiara: sabato mattina il parto cesareo al Cto di Iglesias, sono nati i due gemellini, la sera di sabato ci sono state le prime avvisaglie di qualcosa che non stava andando per il verso giusto;
   alle 23 di sabato 9 aprile 2017 scatta l'allarme sangue. La procedura che viene messa in campo è da brivido. I telefoni degli ospedali si rincorrono. Al Cto non c’è il sangue. Non c’è nemmeno al Santa Barbara. Occorre tipizzare il sangue della paziente. Il personale per questa operazione non è in servizio. Si deve allertare l'autista reperibile che vive fuori Iglesias. Deve andare al Santa Barbara, prelevare il frigomedico, andare al Cto prendere le provette del sangue della paziente e correre a Carbonia, ospedale Sirai, attendere la lavorazione e ritornare al Cto con il plasma. Non bastano due ore. Le sacche del sangue non sono sufficienti. Nel cuore della notte ne serve altro. Si salta solo la procedura della tipizzazione, già fatta in precedenza. Ma il percorso è analogo. Corsa al Sirai a Carbonia e ritorno, un'altra ora almeno per raggiungere Iglesias;
   appare gravissimo che nell'ospedale Santa Barbara di Iglesias non esista più la scorta di sangue per le emergenze;
   è grave che i frigomedici portatili siano dislocati al Santa Barbara e non, invece, al Cto dove ci sono i reparti facendo perdere alle operazioni un altro quarto d'ora preziosissimo per i pazienti;
   nella sequenza temporale, l'indomani, domenica 10 aprile 2017, la situazione è grave;
   viene disposto il trasferimento al reparto di rianimazione dell'ospedale Santa Barbara. Nosocomio chiuso in tutto e per tutto in gran fretta, senza accertarsi dell'efficienza del trasferimento nel devastato cantiere del Cto;
   risulta operativo al Santa Barbara di Iglesias solo il reparto di rianimazione;
   lo sballottamento della paziente della paziente era solo agli inizi;
   sino alla domenica gli ospedali coinvolti in questo «vai e vieni» erano tre: Cto, Santa Barbara ad Iglesias, Sirai di Carbonia per l'approvvigionamento del sangue;
   nella giornata di domenica subentra il quarto ospedale, il Brotzu di Cagliari, dove la paziente viene trasferita e dove morirà il giorno dopo;
   è di gravità inaudita che nel 2017, in un Paese civile, si debba rincorrere la vita per quattro ospedali nel giro di 48 ore;
   il diritto alla vita e alla salute viene messo troppo spesso a repentaglio da gestioni dissennate e irresponsabili di chi pensa che la salute sia un costo e non un sacrosanto diritto;
   in questo caso c’è di peggio, una gestione che fa acqua da tutte le parti compresa una asl, quella del Sulcis, che risulta essere senza ambulanze del 118 efficienti ed è costretta a rivolgersi alle associazioni di volontariato per avere i mezzi di soccorso –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per dare risposta urgente e non più rinviabile agli interrogativi che emergono sulla vicenda con particolare riguardo ai tabulati delle entrate in servizio e alle procedure di approvvigionamento del sangue e alla stessa organizzazione procedimentale della sanità nella asl di pertinenza;
   se non si intenda far conoscere pubblicamente l'esito delle relazioni degli ispettori ministeriali, considerata la gravità del decesso e il grave rischio che non siano stati garantiti i livelli essenziali di assistenza per la gestione strutturale delle strutture ospedaliere della regione Sardegna, con particolare riferimento a quelle del Sulcis Iglesiente.
(2-01840) «Pili».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRIVELLARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   l'intero settore dell'editoria sta vivendo un momento difficilissimo, la cui crisi si sta direttamente proiettando sui conti pubblici, sotto forma di ricorso agli ammortizzatori sociali;
   il pluralismo all'informazione è oggetto di tutela costituzionale ai sensi dell'articolo 21 della Carta Costituzionale;
   il Parlamento, al termine di un lungo e articolato dibattito, ha approvato la legge 26 ottobre 2016, n. 198;
   il Governo, in attuazione dell'articolo 2 della citata legge, ha emanato il decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, dopo aver sottoposto lo schema dello stesso ai pareri delle competenti Commissioni parlamentari, nel rispetto della fonte primaria;
   il comma 7-bis dell'articolo 2 del decreto-legge 18 maggio, n. 63, convertito con modificazioni, dalla legge 16 luglio 2012, n. 103, come modificato dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 3 della legge 26 ottobre 2016, n. 198, prevede che: «Il contributo è erogato in due rate annuali. La prima rata è versata entro il 30 maggio mediante anticipo di una somma pari al 50 per cento del contributo calcolato come previsto dal presente decreto. La seconda rata, a saldo, è versata entro il termine di conclusione del procedimento. All'atto dei pagamenti, l'impresa deve essere in regola con le attestazioni rilasciate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e con i versamenti dei contributi previdenziali e non deve risultare inadempiente in esito alla verifica di cui all'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602»;
   per rispettare gli obblighi previsti dalla nuova normativa le imprese hanno provveduto ad anticipare le richieste di regolarizzazione delle posizioni presso gli enti previdenziali e presso il fisco e hanno fatto, sulla base di una prescrizione di legge, affidamento sull'incasso entro il termine fissato dalla norma del 30 maggio 2017;
   il mancato incasso dell'anticipazione entro il termine previsto rischia di non consentire alle imprese di rispettare gli ulteriori impegni che vanno onorati entro il termine fissato dalla legge del 30 settembre 2017, al fine della liquidazione del saldo del contributo;
   il fondo istituito dall'articolo 1 della legge 26 ottobre 2016, n. 198, garantisce il fabbisogno della liquidazione degli acconti nei tempi stabiliti dalla norma;
   da quanto risulta all'interrogante nessuna impresa ha ancora incassato gli anticipi previsti dalla legge, nonostante il termine del 30 maggio sia ampiamente scaduto e la mancata erogazione delle somme prescritte rischia di determinare ulteriori crisi delle imprese, con chiusure ed azioni di risarcimento danni;
   il Parlamento, approvando una legge, ha dato al Governo un'indicazione precisa e il rispetto della stessa rientra in un obbligo che non può essere eluso con il ricorso a formalismi, attesa anche la consistenza del fondo;
   ogni ulteriore ritardo delle erogazioni previste dalla norma rischia di compromettere in maniera definitiva la garanzia di un sistema pluralistico dell'informazione, in violazione dell'articolo 21 della Costituzione –:
   quali siano le ragioni per cui non sono stati rispettati i termini di erogazione degli acconti previsti dalla legge e se intenda chiarire la tempistica con cui verrà garantito l'adempimento di quanto previsto dalla legge 26 ottobre 2016, n. 198. (5-11591)


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   permane un evidente e ormai imbarazzante situazione di illegalità presso le agenzie fiscali, per quanto riguarda le nomine dirigenziali;
   tale situazione a parere dell'interrogante è aggravata, da ultimo, da quanto disposto nell'ambito del decreto-legge n. 50 del 2017 (cosiddetto Manovrina 2017) che ha stabilito un ulteriore rinvio a giugno 2018 dell'obbligo dei concorsi per dirigenti e la proroga delle cosiddette posizioni organizzative speciali e a tempo (POS e POT) assegnate in sostanza con modalità conformi alla legge, a parere dell'interrogante, consentendo di fatto a persone scelte discrezionalmente di svolgere funzioni dirigenziali e istituendo, in modo surrettizio, un'area quadri, ossia una carriera intermedia tra dirigenti e impiegati, con retribuzioni che si riconducono a quelle della dirigenza. Di contro, ciò che risulta necessario è l'istituzione regolare di un'area quadri nell'ambito delle agenzie con affidamento delle rispettive funzioni in conformità alla legge, per garantire efficienza, imparzialità e trasparenza della pubblica amministrazione, provvedimento che sconsideratamente, a giudizio dell'interrogante, non è stato inserito nella riforma della pubblica amministrazione;
   si legge su Panorama.it del 1o giugno 2017: «Regali di fine legislatura: prorogati i dirigenti senza concorso»; «La norma nella manovra fa slittare a giugno 2018 l'obbligo dei concorsi e la validità delle posizioni a tempo». Al riguardo, la Dirstat denuncia, ancora una volta, che si continua ad aggirare l'articolo 97 della Costituzione, in base al quale «agli impieghi nella Pubblica amministrazione si accede mediante concorso» e da ultimo la sentenza della Corte Costituzionale del marzo 2015, a seguito della quale sono decaduti centinaia di dirigenti delle agenzie fiscali, chiedendo di svolgere i concorsi pubblici;
   i concorsi pubblici dovevano essere espletati entro il 2016 ed invece continuano ad essere rinviati con contestuale proroga delle posizioni operative temporanee la cui istituzione da parte del Governo consente ai vertici delle Agenzie – anzitutto quelli dell'Agenzia delle entrate – di assegnare le funzioni dirigenziali a molti dei dirigenti la cui nomina è stata sostanzialmente dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale;
   ulteriore paradosso di questa incresciosa vicenda è che i funzionari delle Agenzie che hanno tutti i requisiti previsti dalla legge per poter diventare dirigenti non hanno la possibilità di assumere tale carica in mancanza dei concorsi pubblici, mentre, con nomine di fatto ad personam vengono riconosciute le funzioni dirigenziali e la relativa retribuzione a funzionari sprovvisti di tali requisiti, come il possesso del titolo di laurea. Alla luce di ciò, si può immaginare il malcontento che vige nell'ambito del personale delle agenzie;
   ulteriore e grave conseguenza del protrarsi delle nomine illegittime è l'invalidità degli atti sottoscritti dai titolari di tali nomine. Sul punto, di recente, è stata anche emessa la sentenza n. 953 dell'8 marzo 2017 della Commissione tributaria regionale di Milano, Sez. XIV, che ha disposto la «nullità degli atti impositivi sottoscritti dai dirigenti decaduti per effetto della Sentenza della Corte costituzionale n. 37/2015, che ha dichiarato illegittima la prassi, secondo cui l'Agenzia delle Entrate nominavano i dirigenti senza effettuazione di concorsi, in violazione delle disposizioni di legge». In particolare, nel caso di specie, è stato dichiarato nullo un avviso d'accertamento sottoscritto da un dirigente decaduto;
   nel richiamare i numerosi atti di sindacato ispettivo che, da tempo, l'interrogante ha presentato sui gravi fatti in questione, si evidenzia l'irresponsabilità del Governo nel non avere ancora provveduto ad adottare gli atti idonei a porre fine alla situazione di illegittimità che si protrae nelle agenzie. Si teme, anzi, che vengano promosse ulteriori iniziative volte a disporre una sanatoria permanente dei dirigenti decaduti a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, considerando che nell'ambito della predetta «manovrina» erano state avanzate proposte che la prevedevano –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano porre in essere per eliminare l'annosa situazione di illegittimità che vige presso le agenzie fiscali come esposto in premessa;
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare affinché quanto prima si proceda all'espletamento di concorsi pubblici per l'assegnazione delle posizioni dirigenziali;
   se e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, affinché nell'ambito delle agenzie fiscali venga istituita l'area quadri, che escluderebbe nomine in violazione della legge da parte dei vertici delle agenzie fiscali. (5-11592)

Interrogazioni a risposta scritta:


   AMODDIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   all'indomani dell'operazione di recupero del relitto del peschereccio affondato al largo della Libia il 18 aprile 2015, in cui persero la vita oltre 700 migranti, gli organi di stampa diedero notizia di un progetto del regista messicano Alejandro Gonzàlez Iñàrritu e della Fondazione Prada Milano, per trasportare il relitto dapprima a Milano e, successivamente, in altre città del mondo per dar vita a una installazione che potesse far riflettere e parlare di migrazione e di morti innocenti nel Mediterraneo;
   il «Comitato 18 Aprile», nato con lo scopo di serbare la memoria del tragico naufragio del 2015 e composto dai cittadini di Augusta, Legambiente, Cgil, e da, alcune parrocchie del territorio, ha inviato in data 14 agosto 2016 e 21 dicembre 2016, due pec alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno e al Ministro della difesa, nelle quali si chiedeva che il relitto del peschereccio, ancora ospitato all'interno della base della Marina militare presso il pontile Nato nel porto di Augusta, non venisse né demolito né trasferito, ma ricollocato all'interno dell'ex chiesa all'aperto di Monte Tauro ad Augusta. L'obiettivo del Comitato è quello di realizzare — seguendo l'esempio di Lampedusa — un giardino della memoria e di promuovere la cultura dell'accoglienza e della tutela dei diritti umani;
   ancora oggi il porto di Augusta è il primo porto italiano per numero di sbarchi di migranti e l'accoglimento della richiesta del «Comitato 18 aprile» si configurerebbe come un segnale importante per tutti i cittadini di Augusta –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se abbiano ricevuto le richieste del «Comitato 18 aprile» e se intendano fornire un positivo riscontro. (4-16973)


   BRUNO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il processo di fusione di comuni va collocato all'interno del più ampio quadro inerente dell'autonomia degli enti locali. Nell'attuale momento storico, fortemente caratterizzato da una profonda crisi economico-finanziaria una razionalizzazione delle spese e una ridefinizione degli enti territoriali è più che necessaria;
   recentemente è stata pubblicata la legge n. 11 del 2017 della regione Calabria, avente oggetto «Istituzione del comune di Casali del Manco, mediante la fusione di Casole Bruzio, Pedace, Serre di Pedace, Spezzano Piccolo e Trenta», nata dall'applicazione della legge n. 13 del 1983, modificata dalla legge n. 9 del 2016 e dal comma 1 dell'articolo 16 della legge regionale n. 43 del 2016;
   l’iter che ha portato alla nascita di Casali del Manco è stato, tuttavia, piuttosto travagliato: nel 2013 il Movimento «Presila Unita» ha promosso una raccolta di firme per la fusione di Casole Bruzio, Pedace, Serra Pedace, Spezzano Piccolo e Trenta;
   il 18 novembre 2015 è stata presentata la proposta di legge regionale n. 96 del 2010 avente per titolo «Istituzione del comune di Villa Brutia mediante la fusione dei Comuni di Casole Bruzio, Pedace, Serra Pedace, Spezzano Piccolo e Trenta»;
   successivamente, l'articolo 44 della legge n. 13 del 1983 della regione Calabria, in vigore fino a giugno 2014, che recitava: «S'intende che il parere popolare su quanto sottoposto a referendum sia favorevole qualora abbia partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto e la maggioranza dei voti validamente espressi sia a favore della proposta», viene modificato con la legge n. 9 del 2016;
   la legge di modifica, la n. 9, entra in vigore il 1o marzo 2016 e abolisce il quorum, per i soli referendum sulle fusioni di comuni inserendo il principio del conteggio dei voti sull'intero bacino interessato e non per singolo comune;
   il 26 marzo 2017 si è tenuto il referendum consultivo e, mentre su quattro dei cinque comuni interessati, ha prevalso il «sì» alla fusione, a Spezzano Piccolo ha prevalso il «no» e nonostante questo esito il comune di Spezzano Piccolo è stato incluso nella fusione;
   occorre valutare attentamente la situazione, nel rispetto della volontà popolare sia dei comuni in cui ha prevalso il «sì» sia del comune in cui ha prevalso il «no» al fine di non ledere il principio di autonomia degli enti locali così come stabilito nell'articolo 5 e nell'articolo 114, comma 2, della Costituzione –:
   se il Governo non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per sollevare la questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, in relazione alla legge n. 11 del 2017 della regione Calabria. (4-16977)


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il glifosato è un erbicida a largo spettro d'azione, utilizzato con successo per eliminare le piante infestanti, in grado di devitalizzare anche gli organi di conservazione ipogea delle erbe infestanti che in nessun altro modo potrebbero essere devitalizzati;
   il settimanale consumerista il Salvagente ha condotto un'inchiesta sul glifosato analizzando le urine di 14 donne incinte, per quantificare il rischio di contaminazione durante un periodo delicato come la gravidanza. Il risultato è stato abbastanza chiaro: tutte le donne, senza esclusione, sono risultate positive anche con livelli molto diversi di contaminazione: da 0,4 nanogrammi per millilitro fino a 3,47;
   la letteratura scientifica internazionale ha evidenziato che ci sono numerosi dati sperimentali condotti su cellule placentari ed embrionali umane che dimostrano come il glifosato induca necrosi e favorisca la morte cellulare programmata e che dunque si tratta di una sostanza genotossica;
   l'Istituto per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale per la sanità (IARC), più di un anno fa, ha inserito il glifosato nella lista delle sostanze probabilmente cancerogene, mentre in primo luogo l'EFSA (l'agenzia europea per la sicurezza dei cibi) e poi l'ECHA (l'organismo europeo per il controllo delle sostanze chimiche) hanno emesso parere di non cancerogenicità per l'erbicida più diffuso al mondo considerandolo unicamente rischioso per la salute degli occhi e l'inquinamento delle falde acquifere;
   come rilevato da alcune agenzie di stampa, dalle mail sequestrate da un tribunale statunitense si legge chiaramente che almeno due importanti studi scientifici su cui si è basata la decisione dell'agenzia europea per la sicurezza alimentare sono stati trasferiti direttamente dalla multinazionale Monsanto, l'azienda produttrice di glifosato, a studiosi che poi li hanno firmati, avallandone l'indipendenza; non a caso, come rilevato da accreditati osservatori internazionali, l'EU Observer e il One World, il parere dell'Efsa discenderebbe direttamente da una relazione scritta dalla stessa Monsanto;
   come riportato dalle maggiori agenzia di stampa il commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare, Vytenis Andriukaitis, confermando quanto sostenuto da Efsa e Echa, ha dichiarato che non c’è alcun motivo di vietare tale sostanza;
   l'utilizzo del glifosato è attualmente permesso in agricoltura in tutti i Paesi europei e la Commissione europea dovrà decidere entro l'anno se prorogare ulteriormente il permesso di vendita e di utilizzo per i 15 anni previsti dagli accordi in materia di licenza per i fitofarmaci, oppure proibirne l'uso;
   il Copa-Cogena, organizzazione dei sindacati agricoli e delle cooperative europee, ha inviato una lettera al presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, chiedendo formalmente la proroga del rinnovo dell'autorizzazione dell'erbicida glifosato per 15 anni, come da prassi;
   secondo le indiscrezioni trapelate e riportate da alcune testate giornalistiche, in considerazione della polemica sulla procedura di rinnovo di autorizzazione della sostanza in questione, la Commissione europea sarebbe intenzionata a proporre un rinnovo di 10 anni anziché 15;
   in Italia, il glifosato è vietato solo parzialmente considerato che il decreto del Ministero della salute del 9 agosto 2016 ha provveduto ad introdurre soltanto due diversi divieti: uno di impiego del glifosato in pre-raccolto e pre-trebbiatura o in aree vicine a parchi pubblici e campi sportivi e l'altro di impiego dei prodotti che contengono il glifosato in associazione con il coformulante «ammina di sego polietossilata» –:
   se il Governo intenda intraprendere iniziative efficaci al fine di disporre il divieto di vendita e di circolazione del glifosato, prodotto considerato cangerogeno dall'Iarc, nonché misure restrittive nei confronti delle importazioni di granaglie provenienti da Paesi esteri in cui vi è ampia utilizzazione dell'erbicida stesso.
(4-16978)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'intervista alla trasmissione «Che tempo che fa» dell'8 maggio 2016, l'ex Presidente del Consiglio dei ministri Renzi lanciò l'iniziativa bellezza@governo.it, per la cui attuazione furono destinati 150 milioni di euro. Dalla sera stessa della trasmissione e fino al 31 maggio 2016, all'indirizzo mail dedicato tutti i cittadini potevano segnalare un luogo pubblico da recuperare, ristrutturare o reinventare per il bene della collettività o un progetto culturale da finanziare;
   le richieste sarebbero state esaminate da una «commissione ad hoc» che avrebbe scelto a quali progetti destinare i fondi. Ai «vincitori» sarebbero stati ufficialmente assegnati i finanziamenti il 10 agosto 2016, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
   da fonti di stampa si apprende che, alla scadenza, siano state ben 139.759 le mail, per un totale di circa 8 mila luoghi segnalati;
   a oltre un anno dal lancio dell'iniziativa, non si hanno notizie al riguardo. La commissione che avrebbe dovuto stabilire a quali progetti assegnare le risorse non è mai stata nominata, né tantomeno è stato mai emanato il decreto di stanziamento preannunciato per il 10 agosto 2016;
   in un articolo pubblicato il 1o giugno 2016 sulla rivista d'arte on-line www.finestresullarte.info, che parla in modo critico dell'iniziativa «bellezza» evidenziando le difficoltà per la sua realizzazione e considerandola un'operazione di puro marketing, è presente un link che all'epoca evidentemente collegava al sito della Presidenza del Consiglio dei ministri alla pagina dell'iniziativa, con i relativi approfondimenti come una cartina dell'Italia con «segnalini colorati per puntare le varie località» dei luoghi segnalati dai cittadini, oppure le «domande frequenti». Il link attualmente riporta ad una pagina della Presidenza del Consiglio dei ministri non consultabile senza autorizzazione, ma l'articolo contiene due screenshot con la cartina e un esempio di domanda/risposta ai quesiti posti;
   attualmente all'indirizzo http://www.governo.it è presente soltanto un breve comunicato datato 9 maggio 2016 e due collegamenti, «Riunione Cipe del 1o maggio: investimenti in ricerca, beni culturali, capitale umano e infrastrutture» e «Approfondimento», che riportano entrambe ad una pagina non consultabile senza autorizzazione. È quindi impossibile conoscere gli sviluppi dell'iniziativa bellezza@governo.it e, a giudizio degli interroganti, ciò conferma che si è trattato di un'operazione di pura propaganda diretta ad acquisire facili consensi ai danni di fiduciosi cittadini –:
   se il Governo intenda fornire elementi sugli sviluppi dell'iniziativa in questione avviata a maggio del 2016 e sulla quale i cittadini italiani speravano di poter contare per la realizzazione dei progetti proposti;
   se si intenda riferire a quale altro scopo siano stati destinati i 150 milioni di euro promessi per l'iniziativa bellezza@governo.it. (4-16980)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto interministeriale Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare-Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 19 gennaio 2016, con cui è stata approvata la valutazione di impatto ambientale del Masterplan 2021 dell'aeroporto internazionale di Venezia Tessera, prevede, al 1o punto delle azioni obbligatorie, che Save, – come gestore aeroportuale – Enac – in qualità di proponente – ed Arpav presentino ai Ministeri competenti un piano di monitoraggio della qualità dell'aria, sia invernale che estiva, in siti già individuati nel Sia, al fine di effettuare le opportune verifiche ambientali;
   in data 14 dicembre 2016, l'interrogante inviava una richiesta di accesso agli atti al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, chiedendo copia del suddetto piano di monitoraggio per l'aeroporto di Venezia Tessera, piano che deve essere effettuato, come specificato nel citato decreto interministeriale, prima dell'avvio dei lavori, per le opere comprese nel nuovo MP2021;
   a tale richiesta, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare rispondeva di non aver ricevuto, a far data del 20 dicembre 2016, nessuna istanza da parte di Enac per l'avvio della procedura di verifica di ottemperanza delle prescrizioni del decreto di valutazione di impatto ambientale concernente il Masterplan 2021 dell'aeroporto di Venezia;
   si ricorda come, stando agli ultimi dati di ricerca sanitaria (si vedano, a titolo di esempio, le indagini epidemiologiche sui residenti vicino agli aeroporti di Ciampino e di Malpensa o lo studio del Censis del 2014), le persone che risiedono nei dintorni aeroportuali sono maggiormente esposte a disturbi di salute, legati a malfunzionamenti del sistema cardiocircolatorio, dei polmoni (tra cui asma, patologie polmonari croniche e cancro polmonare) del sistema immunitario (rischio di tumore al seno in continua crescita nelle donne) o dell'apparato psichico (ansia, depressione, disturbi del sonno, somatizzazioni) –:
   quali siano i motivi per cui non è stata ancora avviata da parte dei soggetti coinvolti la campagna di monitoraggio della qualità dell'aria nei siti dell'aeroporto di Venezia Tessera già individuati nel Sia, campagna che deve essere effettuata, come specificato nel citato decreto interministeriale, prima dell'avvio dei lavori;
   quali iniziative si intendano intraprendere, per quanto di competenza, nei confronti di Enac, affinché venga data immediata attuazione alla previsione contenuta nel decreto interministeriale del 19 gennaio 2016 in merito alla relazione contenente gli esiti della campagna di monitoraggio, da trasmettersi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (4-16970)


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 195, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 152 del 2006, nella sua formulazione originaria, stabiliva che è compito dello Stato «la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, derivanti da enti e imprese esercitate su aree con superficie non superiore ai 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie non superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti. Non possono essere di norma assimilati ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico»;
   l'articolo 2, comma 26, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, ha eliminato qualsiasi riferimento assoluto ed uniforme a livello nazionale a tetti di assimilazione legati alla tipologia di attività esercitata ovvero alla superficie dei locali, delegando di fatto alle regioni qualunque forma di regolamentazione in merito;
   da fonti di stampa si apprende che, con sentenza n. 4611, pubblicata il 13 aprile 2017, la sezione 2-bis del Tar Lazio ha intimato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (di concerto con il Ministero dello sviluppo economico) di emanare entro 120 giorni il decreto volto alla definizione dei criteri suddetti;
   l'assenza di criteri per l'assimilazione dei rifiuti oggettivi e uniformi su tutto il territorio nazionale ha comportato e sta tuttora comportando una serie di storture nella contabilità dei rifiuti, fra cui una percentuale non veritiera di raccolta differenziata ed una produzione abnorme di rifiuti urbani a scapito dei rifiuti speciali, il cui dato risulterebbe di conseguenza sottostimato nelle regioni a più alto grado di assimilazione: a titolo esemplificativo, si cita il caso dell'Emilia Romagna, dove il calcolo dei dati di produzione dei rifiuti, raccolta, avvio a riciclaggio, smaltimento è interamente delegato ai gestori dei rifiuti, senza che, da parte dei comuni vi sia un'adeguata forma di verifica dei dati o di controllo sull'operato dei gestori. In particolare, nel comune di Castelvetro di Modena la percentuale fissata dall'articolo 205 del già menzionato codice ambientale sarebbe stata raggiunta, ad avviso dell'interrogante, tramite una assimilazione discutibile dei rifiuti provenienti dalle attività produttive –:
   se, in concomitanza con la definizione dei criteri per l'assimilazione dei rifiuti, il Ministro intenda assumere iniziative per ripristinare un tetto quantitativo e, in caso affermativo, se intenda differenziarlo in base alla tipologia di attività svolta e se intenda fissare un tetto alla superficie delle utenze non domestiche i cui rifiuti possano essere assimilati.
   (4-16985)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'ENIT, Agenzia nazionale del turismo, è l'ente pubblico economico, sottoposto alla vigilanza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, a cui è affidata la missione istituzionale di promozione dell'offerta turistica nazionale;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 maggio 2015, registrato alla Corte dei conti il 29 maggio 2015 e adottato con delibera commissariale n. 6 del 2015, è stato approvato Io statuto di Enit;
   l'articolo 2, nel ridefinire le competenze di Enit, al comma 1, lettera f), recita: «svolgere le attività attribuite dalla legge, dallo statuto e dai regolamenti con particolare utilizzazione di mezzi digitali, piattaforme tecnologiche e rete internet attraverso la gestione del portale “Italia.it”, nonché di ogni altro strumento di comunicazione ritenuto opportuno»;
   a giudizio degli interroganti, nel caso di Enit, la comunicazione puntuale dovrebbe risultare una fondamentale priorità ed il sito online, rappresentando il front office in versione digitale, dovrebbe contenere in maniera minuziosa le informazioni che l'Agenzia è obbligata ad inserire nelle proprie pagine web;
   per tale ragione, è fondamentale disporre un costante aggiornamento dei contenuti, che devono essere di facile consultazione, completi e attendibili. Risulta opportuno aggiornare a cadenze programmate il sito per verificare che i contenuti siano sempre attuali, soprattutto per quanto concerne la pubblicazione di dati statistici, bandi di gara, e ogni attività riguardante l'Istituto;
   il blog tuttosbagliatotuttodarifare, nell'articolo del 5 giugno 2017, ha analizzato il sito online di Enit e Italia.it, evidenziando alcune criticità. In particolare, ha sottolineato nella sezione specifica delle «news» la mancanza di traduzione in altre lingue all'infuori dell'italiano, infatti, «le ultime notizie pubblicate in altre lingue risalgono a Febbraio 2017. Nella versione cinese poi c’è sempre l'immancabile link in home-page a Expo 2015, di ben due anni fa»;
   inoltre, secondo quanto riportato dal blog nella parte «bandi di gara in corso» non compare alcuna pubblicazione di nuovi avvisi;
   nel sito internet Italia.it, per quanto concerne la sezione «Scopri l'Italia», a titolo esemplificativo, nella parte dedicata alla regione Liguria compare una foto rappresentante la Baia del Silenzio di Sestri Levante «che in realtà conduce alla scheda descrittivo-didascalica della città di Genova. Mentre la baia è citata solo a fine scheda»;
   l'Osservatorio nazionale del turismo (ONT), istituito con decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 6 aprile 2006, successivamente regolamentato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2007, è stato affidato all'ENIT con il decreto-legge «Art Bonus». L'Osservatorio nazionale del turismo ha compiti di studio, analisi e monitoraggio delle dinamiche economico-sociali e tecnologiche, qualitative e quantitative d'interesse turistico. Gli obiettivi fondamentali consistono nel: dare una visione sistemica della ricerca esistente sul turismo unificando le fonti e i dati; divulgare in tempo reale informazioni e dati scientificamente accreditati su trend e fenomeni turistici; fornire indicazioni previsionali e strategiche utili per le strategie di promozione del sistema Paese e per la comunicazione, promozione e commercializzazione dell'offerta turistica;
   per quanto riguarda la pagina online dedicata all'Ont, le ricerche monografiche, periodiche, i trend, la sezione inerente i documenti ufficiali di studio e ricerca sul turismo delle regioni italiane, la parte che raccoglie tutti i documenti di carattere strategico e di pianificazione realizzati ai diversi livelli territoriali, nazionali e internazionali, relativi alle politiche di sviluppo turistico, risultano poco aggiornati. Il capitolo ideato per gli «eventi» non presenta alcuna informazione. I dati ufficiali provenienti da Banca d'Italia, sui movimenti turistici alle frontiere, dei viaggiatori italiani all'estero e di quelli stranieri in Italia, a partire dal 2004, sono «fermi al 2014» –:
   alla luce dei fatti esposti in premessa, se il Ministro interrogato intenda chiarire le ragioni dell'esiguo aggiornamento del portale online dedicato all'Osservatorio nazionale del turismo;
   se e quali iniziative, di concerto con Enit, intenda assumere, per garantire un aggiornamento del portale regolare e sistematico, caratterizzato da tempistiche costanti e da contenuti online completi, fondamentali per informare i cittadini di tutte le attività che caratterizzano l'Agenzia nazionale del turismo. (4-16979)


   MURGIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   «Fondazione DNArt» è un ente privato senza scopo di lucro, dotato di riconoscimento giuridico dal 2004, che ha per scopo sociale di formare, promuovere e diffondere ogni espressione della cultura e dell'arte e del turismo;
   la Fondazione persegue per statuto finalità di interesse palesemente pubblico e, per tale ragione, si trova necessariamente a collaborare con gli enti, le amministrazioni e gli altri organismi cui istituzionalmente competono la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico e culturale del Paese;
   a partire dall'ottobre 2011, Fondazione DNArt, che non si era mai macchiata di alcuna irregolarità nell'esecuzione di contratti pubblici, tantomeno con riferimento alla destinazione dei finanziamenti ricevuti, si è vista negare l'erogazione di numerosi contributi già stanziati in suo favore da parte della regione Piemonte, della camera di commercio di Torino, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   sembrerebbe che il blocco dei contributi sia dipeso dalla richiesta di sospensione del pagamento, effettuata da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai sensi dell'articolo 69 del regio decreto n. 2440 del 1923, peraltro mai notificata ufficialmente alla Fondazione;
   il suddetto Ministero, infatti, avrebbe asserito di vantare un credito di circa duecentomila euro nei confronti della Fondazione, e avrebbe chiesto agli enti debitori della medesima di non erogare le somme dovute, almeno fino a concorrenza di tale importo;
   nel tempo i mancati pagamenti alla Fondazione hanno pregiudicato la possibilità di realizzare i numerosi progetti di valorizzazione del patrimonio culturale che le erano stati affidati o erano stati progettati;
   a distanza di oltre cinque anni dalla richiesta di sospensione del pagamento, e dopo che la Corte di appello di Torino ha definitivamente respinto, per manifesta inammissibilità, la richiesta di accertamento del credito avanzata dal Ministero, la Corte dei conti ha avuto modo di accertare che l'obbligo della Fondazione DNArt era limitato alla restituzione della residua somma di 104.122,91 euro, somma comunque risultante da rilievi di discrepanze formali nella individuazione delle categorie dei titoli di accesso, in gran parte dovute alle incongruenze fra la dichiarazione di intenti ed il successivo disciplinare così come redatti dai Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, oppure allo iato temporale rispetto alla stipula del disciplinare di concessione o al pagamento di attività non dovuta, benché richieste alla voce «cassa mostra» del disciplinare;
   in data 21 aprile 2017 il Ministero ha comunicato a mezzo Pec che, nei confronti della Fondazione DNArt non risultava essere stato emesso alcun provvedimento di sospensione dei pagamenti;
   anche il credito vantato dal Ministero nei confronti della Fondazione appare a questo punto inesistente, quantomeno nella somma ipotizzata;
   la Fondazione ha richiesto formalmente al Ministero di adottare tutti i provvedimenti idonei per l'immediata cessazione di ogni effetto pregiudizievole derivato e derivante dalla sospensione dei pagamenti e ha disposto l'avvio di azioni risarcitorie –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere in merito. (4-16986)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   BASILIO, DIENI, TERZONI, ZOLEZZI e COZZOLINO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come è a tutti noto, con il decreto legislativo n. 177 del 2016 il Governo ha deliberato l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri, attribuendo alla stessa le funzioni esercitate precedentemente dal Corpo forestale dello Stato;
   il citato decreto legislativo n. 177 del 2016 attribuisce, altresì, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco talune competenze precedentemente spettanti al Corpo forestale dello Stato in materia di lotta agli incendi boschivi e spegnimento con mezzi aerei degli stessi, anche in concorso con le regioni;
   la predetta riforma, tuttavia, nel prevedere l'assorbimento del Corpo forestale nei ruoli dell'Arma dei Carabinieri, e dei Vigili del fuoco, ha comportato un inevitabile ridimensionamento delle unità operative preposte ai singoli reparti ed alle varie attribuzioni, con inevitabili disagi e complicazioni anche per quanto concerne il riparto delle competenze affidate all'Arma, ai vigili del fuoco ed alle regioni;
   anche a seguito di allarmate segnalazioni effettuate da parte delle organizzazioni sindacali di categoria, sulla materia sono state presentate dall'interrogante le interrogazioni a risposta scritta n. 4/15768 e n. 4/15984, che non hanno ancora ricevuto risposta;
   a distanza di diversi mesi la situazione rimane purtroppo immutata e continuano a verificarsi segnalazioni, come il caso della lettera inviata ai Ministri competenti da parte del Coordinamento nazionale dei vigili del fuoco in data 7 giugno 2017, nella quale, oltre a definirsi sbagliata e inopportuna la scelta operata dal Governo circa la soppressione del Corpo forestale, si continua a evidenziare e segnalare il persistere di criticità in gran parte del territorio nazionale che mortificano e denigrano l'operato del personale ex Corpo forestale dello Stato transitato nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   nello specifico si sottolinea come i nuclei ex Corpo forestale dello Stato vivono nella completa disorganizzazione subendo un vero e proprio arretramento delle funzioni; si continuano inoltre a verificare gravi carenze organizzative, logistiche, di formazione del personale e i provvedimenti messi in atto con la soppressione del Corpo forestale dello Stato hanno depauperato il Corpo nazionale dei vigili del fuoco delle risorse disponibili mettendo a rischio la funzionalità del soccorso alla cittadinanza;
   in considerazione della prossima stagione estiva, risulta improcrastinabile un urgente intervento da parte del Governo –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare per riportare serenità nel personale ex Corpo forestale dello Stato transitato nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco e nell'Arma dei carabinieri, garantendone la totale operatività, intervenendo sulle gravi carenze organizzative, logistiche, organiche, di formazione del personale, segnalate e lamentate dalle organizzazioni sindacali di categoria;
   quali urgenti e indifferibili iniziative il Governo intenda adottare per eliminare le segnalate gravi carenze sia riguardo al servizio di soccorso tecnico urgente antincendio, anche in considerazione dell'aumento di rischi di incendi su tutto il territorio nazionale in vista dell'ormai prossima stagione estiva, sia rispetto alle emergenze in relazione alle quali vi sono attività in fase di ultimazione, come ad esempio nelle provincie colpite dal sisma del centro Italia. (4-16988)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   VILLAROSA, PESCO, TRIPIEDI, ALBERTI, SIBILIA e LOREFICE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a seguito degli eventi di natura sismica del 13 e 16 dicembre 1990, con epicentro verificatosi nel golfo di Augusta, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha predisposto la sospensione degli adempimenti e i versamenti tributari e contributivi per gli anni 1990-1992 per tutti coloro che risultavano residenti, prima di tale data, nei comuni interessati dal tragico evento, nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa, e anche per coloro che svolgevano, nell'area degli stessi comuni e alla stessa data, un'attività industriale, commerciale, artigiana e agricola, ancorché residenti altrove, limitatamente alle obbligazioni nascenti dalle attività stesse;
   l'articolo 138 della legge n. 388 del 2000 ha consentito la sospensione del versamento delle imposte relative al triennio ’90-’92 con possibilità di versare l'importo rateizzato;
   l'articolo 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002, ha consentito il versamento del 10 per cento dei contributi sospesi nel triennio 1990-1992, con possibilità di rateizzazione;
   il 9 ottobre 2006 l'Agenzia delle entrate, direzione regionale Sicilia, annunciava, a mezzo stampa, l'intenzione di sospendere in autotutela gli effetti delle cartelle di pagamento notificate ai contribuenti interessati dal sisma del 1990;
   con numerose pronunce, la Corte di cassazione ha stabilito che il beneficio della riduzione al 10 per cento spetta sia a chi non ha ancora pagato, sia a chi ha già pagato, attraverso il rimborso di quanto versato, ancorché risultato parzialmente non dovuto ex post, cui va riconosciuto il carattere di ius superveniens favorevole al contribuente, purché l'istanza di rimborso sia stata presentata entro il 31 marzo 2012;
   le commissioni tributarie di Catania, Ragusa e Siracusa hanno ripetutamente confermato, ad ogni ricorso quanto stabilito dalla Corte di cassazione, ordinando all'Agenzia delle entrate di rimborsare quei contribuenti che avevano instaurato un contenzioso e presentato l'istanza entro i termini previsti;
   con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-03840 del 5 marzo 2014 si chiedeva al Ministro dell'economia e delle finanze di intervenire affinché ogni contribuente interessato ricevesse quanto dovuto per legge;
   la legge di stabilità 2015, all'articolo 1, comma 665, ha previsto che i soggetti colpiti dal sisma del 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabiliti i criteri di assegnazione dei predetti fondi;
   con l'interrogazione n. 5-04610 del 5 febbraio 2015, si chiedeva di accelerare la procedura di emanazione del decreto, senza però ricevere ad oggi risposta;
   in data 10 settembre 2015, rispondendo all'interrogazione n. 5-06331 presentata dal deputato Ribaudo, il Sottosegretario per l'economia e le finanze pro tempore, ribadiva la non necessità dell'emanazione di un decreto di assegnazione dei fondi, in quanto le disposizioni contenute nel comma 665 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 sono immediatamente operative e la effettuazione dei rimborsi non è condizionata all'adozione del predetto decreto;
   la Corte di cassazione, con le sue ultime sentenze, ha sancito che la norma introdotta con la legge finanziaria 2015, avente efficacia retroattiva, abbia definitivamente risolto i contrasti applicativi ed interpretativi delle norme precedentemente emanate dal legislatore –:
   quali iniziative di competenza intenda immediatamente adottare affinché si concretizzi efficacemente quanto disposto dall'articolo 1, comma 665, della legge di stabilità 2015 e sia garantita l'immediata ottemperanza delle disposizioni normative in relazione a tale questione. (4-16987)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AMODDIO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'impossibilità di utilizzare i dati anagrafici e il relativo codice fiscale per evitare la rintracciabilità dei minori in affido preadottivo, soprattutto se a rischio giuridico, fa emergere una serie di problematiche di rilevante importanza: l'impossibilità a iscrivere il minore al servizio sanitario nazionale per la scelta del pediatra e quello di poter usufruire, senza il pericolo di essere rintracciato, dei servizi sociosanitari di cui ha diritto, nonché la richiesta del congedo per maternità, quanto mai necessario per aiutare la costruzione di un sereno attaccamento tra minore e nuova famiglia;
   a parte l'iscrizione a scuola – risolta attraverso un intervento del Care (Coordinamento di associazioni di famiglie adottive) che ha portato all'inserimento nelle linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati, pubblicate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 18 dicembre 2014, di precise indicazioni in merito (l'alunna/o viene iscritto a scuola non utilizzando la piattaforma online, ma direttamente in segreteria, utilizzando il cognome della famiglia adottante) – la problematica resta insoluta e alle famiglie che si trovano in tale condizione, che tra l'altro sono costrette a pagare per le visite pediatriche, vengono negati i più elementari diritti che consentirebbero alle stesse di accogliere il minore nel miglior modo possibile;
   perfino, il «bonus» per le nuove nascite e le nuove adozioni rischia di non essere attribuito loro per il semplice fatto che non possono produrre una documentazione con i dati anagrafici del minore in affido preadottivo. Questo vulnus in cui il minore non ha ancora acquisito il cognome della famiglia adottiva, ma, al contempo, deve essere mantenuta il più possibile riservata la sua identità originaria, potrebbe essere superato dotando il minore stesso di un codice fiscale provvisorio, che consenta il pieno e non difficoltoso accesso alle prestazioni sanitarie e dell'Inps –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se, nelle more che la normativa recepisca quanto sopra, considerato che allo stato sono molte le famiglie che si trovano nelle condizioni descritte, si intendano assumere iniziative affinché, l'Agenzia delle entrate si individui una procedura per attribuire al minore un codice fiscale provvisorio e siano date indicazioni in tal senso a tutti gli uffici del territorio nazionale. (5-11588)


   FANUCCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, sono stati soppressi i tribunali ordinari, le sezioni distaccate e le procure della Repubblica;
   tra le sedi soppresse c'era anche quella di Monsummano Terme (PT), il cui immobile veniva dunque messo a disposizione del comune;
   grazie ai provvedimenti del Governo in materia di edilizia scolastica, il comune di Monsummano Terme ha potuto accedere allo sblocco del patto di stabilità interno per un totale di euro 592.055,60. Con tale cifra è stato possibile rivalorizzare l'ex tribunale con la realizzazione di una scuola primaria;
   la nuova scuola, però, ha utilizzato solo una parte della struttura sede un tempo del tribunale, lasciando liberi circa 500 metri quadrati di superficie. Questa disponibilità di spazio ha consentito di rispondere all'esigenza del tribunale di Pistoia di trovare una soluzione, ancorché provvisoria, per l'archivio delle pratiche giudiziarie evase nella sede distaccata di Monsummano Terme;
   è esigenza del comune di Monsummano Terme di avere al più presto la disponibilità piena anche della parte oggi ancora utilizzata ad archivio giudiziario, perché tali spazi saranno centrali per la realizzazione di un progetto che tende a dare vita ad un vero e proprio «polo educativo e sportivo». Infatti, il comune di Monsummano Terme vorrebbe trasferire nei locali dell'ex tribunale anche un'attività di particolare rilievo sociale, cioè un servizio denominato «Isola dei ragazzi», dove il pomeriggio — dopo la scuola — si possa ospitare ragazzi con problemi di disagio familiare ed educativo, aiutandoli prima di tutto a recuperare deficit di apprendimento scolastico;
   dal progetto sommariamente delineato si evidenzia la necessità e urgenza di liberare del tutto l'ex tribunale dall'archivio giudiziario, completando il «polo educativo e sportivo». Esso rappresenta una priorità per l'amministrazione interessata, ma anche la giusta conclusione di un percorso virtuoso di valorizzazione e razionalizzazione degli spazi pubblici, di cui il Governo ha avuto ed ha una parte fondamentale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non ritenga di dover intervenire, per quanto di competenza, al fine di accelerare le operazioni di trasloco degli archivi, al fine di dare tali spazi ai cittadini e, soprattutto, alla scuola di Monsummano Terme. (5-11590)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 31 luglio 2013 la procura di Salerno ha firmato l'avviso di chiusura indagini per ottanta indagati nell'ambito del secondo filone dell'inchiesta «Due Torri bis» sugli appalti truccati aggiudicati in provincia di Salerno fino al 2008;
   nel procedimento era coinvolto, tra gli altri, l'allora sindaco di Agropoli, Franco Alfieri, ex assessore provinciale ai lavori pubblici, oggi, consigliere delegato all'agricoltura della regione Campania, per aver preso denaro o altre utilità per orientare le gare in provincia;
   l'11 ottobre 2014 il giudice per le indagini preliminari Renata Sessa del tribunale di Salerno ha rinviato a giudizio settantasette degli ottanta indagati, tra cui l'ex assessore provinciale ai lavori pubblici Alfieri; l'accusa avanzata dal pubblico ministero Rosa Volpe per l'ex sindaco di Agropoli era di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio;
   quest'ultimo rischiava il processo per aver intascato «mazzette» per orientare l'aggiudicazione degli appalti di Palazzo Sant'Agostino; a consegnargli i contanti, in due tranche, sarebbero stati gli imprenditori Ruggiero di Capaccio, che per la loro posizione hanno patteggiato; Giuseppe e Carmine Ruggiero avevano parlato di una «mazzetta» di 10 mila euro pagata nel 2006 per il completamento delle strade Campagna-Oliveto Citra e Capaccio-Stio; l'altra di 15 mila euro riguardava alcuni lavori di somma urgenza;
   secondo la procura l'obiettivo di guadagnare una corsia preferenziale era stato raggiunto, dal momento che le ditte facenti capo ai Ruggiero ottennero nel comune di Altavilla Silentina tre lavori per un importo di 300 mila euro: la sistemazione della strada del bivio di Albanella al bivio Quercioni, la sistemazione della provinciale «Pietre Bianche» nella frazione di Olivella e il tratto tra bivio «Quercia grossa» e la frazione Borgo Carilia;
   il 25 settembre 2015 il collegio giudicante ha decretato la prescrizione per l'ex assessore provinciale ai lavori pubblici Franco Alfieri; i giudici, pertanto, non si sono potuti pronunciare perché il reato di corruzione è prescritto;
   incredibilmente per reati scoperti nel 2009, ma commessi nel biennio 2007-2008, si è arrivati alle prime udienze solo nel giugno 2014 –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda valutare se sussistano i presupposti per promuovere iniziative ispettive presso il tribunale di Salerno. (4-16976)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   D'INCÀ, BUSINAROLO, SPESSOTTO, COZZOLINO e BRUGNEROTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il sistema ferroviario metropolitano regionale (SFMR) è un progetto nato nel 1989 che prevede la realizzazione di un sistema di trasporto pubblico integrato ferrovia più autobus, su scala regionale, nonché la ristrutturazione di stazioni esistenti, la realizzazione di nuove fermate, la soppressione di passaggi a livello, l'adeguamento di sottopassi esistenti e l'acquisto di sei nuove unità di trazione elettrica a due piani e quindi l'attivazione di un ferroviario regionale suburbano ad elevata frequenza;
   secondo alcuni studi, l'implementazione del modello del sistema ferroviario metropolitano regionale sul territorio regionale garantirebbe una riduzione di 45 milioni di utenti l'anno sulle strade, di 9 milioni di utenti l'anno sui bus, a favore di un incremento di 54 milioni di utenti l'anno su ferro;
   questo shift modale garantirebbe una notevole riduzione dell'incidentalità e della congestione stradale, oltre che dei benefici ambientali riducendo al minimo l'impatto ambientale della mobilità su gomma;
   il costo presunto indicato nella tabella O dell'11 allegato infrastrutture al documento di economia e finanza del 2013, approvato dal Cipe con delibera 26/2014, si attesta sui 314,650 milioni di euro;
   suddetto importo è stato successivamente confermato anche nel 12o allegato infrastrutture al documento di economia e finanze 2014 e nella relativa nota di aggiornamento, nell'allegato infrastrutture al documento di economia e finanze 2015, nelle delibere del Cipe di attuazione dei singoli interventi, nelle audizioni presso la Commissione VIII ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati e presso la 8a Commissione permanente lavori pubblici e comunicazioni del Senato, nell'aggiornamento 2016 del contratto di programma RFI 2012-2016, nel contratto di programma di Anas relativo all'anno 2015 e nel piano pluriennale degli investimenti 2015-2019, nelle deliberazioni regionali, nonché in altri documenti ufficiali e nei siti web istituzionali dei soggetti competenti (Anas, Rfi, regioni, comuni, aziende speciali);
   il sistema informativo relativo alla legge sulle opere strategiche, aggiornato al 31 dicembre 2016, a fronte di una disponibilità di 119,900 milioni di euro, segna un fabbisogno di 194,750 milioni di euro;
   il progetto non è ancora concluso e le fasi di realizzazione non risultano aver fatto significativi progressi, specialmente negli ultimi anni –:
   quale sia la priorità riconosciuta a quest'opera dal Governo;
   quale sia la tempistica stimata per il completamento degli interventi;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per prevedere lo stanziamento immediato delle risorse necessarie a soddisfare il fabbisogno presunto al 31 dicembre 2016 e stanziare ulteriori risorse qualora ritenesse insufficienti quelle previste;
   se non ritenga opportuno, alla luce della vetustà del progetto, assumere iniziative per operare una revisione di quest'ultimo, anche in considerazione della nuova domanda di mobilità e dell'evoluzione occupazionale e abitativa del territorio interessato. (3-03084)

Interrogazione a risposta scritta:


   MURGIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 26 novembre 2016 il Ministro interrogato ha incontrato il presidente della regione Sardegna, alla, presenza anche dell'amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana spa;
   in quell'occasione è stato rimarcato come la Sardegna abbia una rete ferroviaria arretrata, perché non fa parte del sistema nazionale;
   nell'ambito del medesimo incontro è stato annunciato un finanziamento di quattrocento milioni di euro, composto da fondi dello Stato, fondi della regione Sardegna e un contributo da parte di Rete ferroviaria italiana, finalizzato a potenziare e rendere concorrenziale il trasporto su ferro nella regione;
   dalle tabelle relative alla ripartizione dei fondi emerge chiaramente l'esclusione dai finanziamento della provincia di Nuoro, eterna «cenerentola» delle politiche sviluppo;
   una petizione promossa sul sito change.org, a nome della associazione «Trenitalia nuorese» sta raccogliendo migliaia di firme a sostegno della richiesta di interventi nel territorio della provincia di Nuoro; in particolare, si chiede che l'eventuale treno veloce per collegare Nuoro con lo snodo di Macomer sia coordinato negli orari con il «pendolino» che da Cagliari va a Sassari e con il treno regionale che collega Olbia e Golfo Aranci;
   la stessa petizione è stata firmata da migliaia di cittadini anche in forma cartacea;
   il diritto alla mobilità significa benessere e possibilità di sviluppo e l'esclusione della provincia di Nuoro dai finanziamenti sarebbe l'ennesima conferma di una pericolosa indifferenza e disattenzione per quella zona della Sardegna –:
   se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per verificare la ripartizione dei fondi e l'eventuale assenza di finanziamenti in favore della provincia di Nuoro e, laddove tale assenza sia confermata, per includere la provincia di Nuoro nel progetto di sviluppo del trasporto su ferro, ovvero per favorire un piano speciale nella medesima provincia per i trasporti interni e il diritto alla mobilità. (4-16971)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   tra i comuni che l'11 giugno 2017 hanno partecipato allo svolgimento dell'ultima tornata amministrativa, figura il comune di Martina Franca, in provincia di Taranto, chiamato a partecipare anche allo svolgimento del turno di ballottaggio il prossimo 25 giugno;
   la partecipazione dei candidati al turno di ballottaggio è fortemente contestata: è infatti stato escluso il sindaco uscente, che a causa di un mero errore materiale, riconosciuto dal presidente di un seggio della sezione n. 9, si sarebbe visto sottrarre indebitamente 30 voti, determinanti ai fini dell'ammissione al turno di ballottaggio, essendo egli arrivato formalmente terzo, con un distacco di soli 7 voti dal secondo classificato;
   il candidato sindaco uscente, Francesco Ancona, ha immediatamente presentato istanza in autotutela all'Ufficio elettorale presso il tribunale di Taranto per chiedere la correzione dell'errore materiale, affinché gli fossero assegnati e attribuiti i 252 voti validi, anziché i 222 trascritti, e così poter legittimamente partecipare al turno di ballottaggio, anche allegando anche una dichiarazione del Presidente del seggio relativa all'errore materiale commesso, ossia l'indebita sottrazione di 30 voti che erano stati espressi in favore del solo candidato, senza preferenza per nessuna delle liste ad esso collegate;
   l'Ufficio elettorale, tuttavia, letta l'istanza in auto-tutela, affermava di non essere competente a valutare eventuali dichiarazioni ad essa allegate nelle quali si dava atto di un errore nella compilazione del prospetto, e che un eventuale riesame delle schede scrutinate costituiva un'attività preclusa a quell'ufficio, e dunque rigettava l'istanza, di fatto così escludendo dalla partecipazione al ballottaggio il candidato Francesco Ancona, illegittimamente figurante come terzo;
   appare evidente la gravità dei fatti riportati, alla luce del fatto che un errore materiale e di calcolo, purtroppo sempre possibile nello svolgimento di attività umane, si sia rivelato come non correggibile, nonostante la buona intenzione dello stesso presidente di seggio che ha riconosciuto l'errore, e abbia determinato l'indebita esclusione di un candidato al turno di ballottaggio, con la gravissima conseguenza, anche nei confronti dei cittadini chiamati prossimamente al voto, di una significativa incertezza sulla legittimità dei candidati ammessi al ballottaggio;
   va altresì segnalato che da notizie a mezzo stampa risulterebbe che per diversi giorni i dati pubblicati sul sito web del Ministero dell'Interno avrebbero riportato che il candidato giunto secondo, e dunque ammesso al ballottaggio, sarebbe stato Francesco Ancona, così accrescendo il grado di incertezza sopra denunciato –:
   di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda ed, in particolare, quali siano le ragioni per cui il sito del Ministero dell'interno abbia riportato il dato, ad avviso degli interpellanti, corretto e se non intenda dare conto di tutte le circostanze utili a far sì che i cittadini di Martina Franca siano pienamente informati in merito ai candidati della prossima tornata elettorale.
(2-01839) «Vico, Boccia, Michele Bordo, Capone, Cassano, Ginefra, Grassi, Losacco, Mariano, Massa, Mongiello, Pelillo, Ventricelli, Cinzia Maria Fontana».

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRUSONE, TOFALO e D'UVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da quanto denunciato dalla segreteria dell'Ugl, sembrerebbe che il Commissariato di pubblica sicurezza di Fiuggi sia ben al di sotto delle dotazioni «organiche» stabilite dal dipartimento della pubblica sicurezza e non sia assolutamente adeguato alle necessità di assicurare la funzionalità di tutti gli uffici;
   ciò avrebbe determinato un conseguente aggravio delle condizioni di lavoro degli operatori di polizia, costretti ad operare in grande difficoltà, al fine di poter garantire al cittadino, oltre ai servizi di controllo del territorio, i servizi di ordine pubblico, i servizi di polizia giudiziaria ed informativa, i servizi di vigilanza ed amministrativi e la necessaria sicurezza e tutela della legalità;
   da quanto riportato dalla segreteria Ugl, sarebbero 30 le unità mancanti, di cui 5 ufficiali;
   il personale che vi lavora, ha un'età media prossima se non superiore ai 50 anni e spesso viene impiegato in più mansioni, per sopperire alle carenze di personale;
   la realtà del commissariato di pubblica sicurezza di Fiuggi, in relazione al mancato «adeguamento» dell'organico, meriterebbe, secondo l'interrogante, una particolare attenzione, poiché tale problematica ha ormai raggiunto allarmanti livelli di guardia, che negli ultimi mesi ha portato alla soppressione di interi turni di volante, anche per intere settimane, turni che sono il primo baluardo per la sicurezza e la tutela della legalità;
   a ciò si aggiunge che non è stata nemmeno accolta la richiesta di totale esenzione, medio tempore, del personale del commissariato di pubblica sicurezza di Fiuggi, da tutti i servizi di aggregazione e di ordine pubblico fuori sede, in attesa di stabilizzare l'organico che attualmente, in tutti i settori, operativi e burocratici, non è in grado di sopperire alle normali incombenze istituzionali;
   va da sé che questa condizione rischia di compromettere irreparabilmente il livello di sicurezza, anche in termini di contrasto alla criminalità, richiesto dalla cittadinanza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se il Governo intenda assumere iniziative volte ad assegnare alla provincia di Frosinone e, in particolare, al commissariato di pubblica sicurezza di Fiuggi, un adeguato numero di operatori appartenenti a tutti i ruoli per poter soddisfare la sempre crescente richiesta di sicurezza dei cittadini. (4-16972)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 25 maggio 2014 veniva eletto Giuseppe Parente sindaco di Bellosguardo, in provincia di Salerno;
   il 7 giugno dello stesso anno il consiglio comunale convalidava l'elezione del primo cittadino;
   nel corso della seduta, il consigliere di minoranza Claudio Pepe, chiedeva, prima di deliberare, la verifica circa l'eleggibilità e la compatibilità degli eletti sia per la maggioranza che per l'opposizione; consegnava, pertanto, al segretario comunale una specifica richiesta in tal senso, da trasmettere alla prefettura di Salerno;
   anche il consigliere di minoranza Michele Peduto chiedeva i risultati degli accertamenti;
   nella seduta del 2 luglio 2014, il consigliere Pepe chiedeva il rinvio del consiglio comunale, in quanto nessun atto di verifica della prefettura circa la sussistenza delle condizioni di eleggibilità, candidabilità e compatibilità in capo ai consiglieri risultava essere stato compiuto;
   i consiglieri di minoranza, Claudio Pepe, Michele Peduto e Michele Capozzolo, chiedevano, ai sensi dell'articolo 41 della legge n. 267 del 2000 e dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 235 del 31 dicembre 2012, di esaminare la condizione degli eletti;
   a destare dubbi, in particolare, è la condizione del sindaco Giuseppe Parente –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato a quanto esposto in premessa;
   se il prefetto territorialmente competente abbia formulato rilievi od osservazioni a seguito delle segnalazioni del suddetto consigliere di minoranza e quali eventuali chiarimenti siano stati forniti al prefetto medesimo dalle autorità comunali;
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto accaduto presso il comune di Bellosguardo, intenda assumere iniziative normative volte a rendere più stringente la procedura per la verifica delle condizioni di candidabilità, eleggibilità e compatibilità e garantire la piena ed effettiva applicazione della disciplina in materia.
   (4-16975)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante negli ultimi mesi ha depositato tre interrogazioni (n. 4-13382 del 7 giugno 2016, n. 4-13766 del 12 luglio 2016 e n. 4-15307 del 20 gennaio 2017 alle quali non è mai stata data risposta) sulla gravissima situazione venutasi a determinare nel comune di Acerra, con riferimento a presunte situazioni di voto di scambio;
   negli ultimi giorni, in occasione delle recenti elezioni amministrative dell'11 giugno 2017, si stanno diffondendo notizie di nuove analoghe situazioni;
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, in un caso sarebbe stata recapitata ad un colonnello della guardia di finanza una registrazione ambientale contenente il racconto di un presunto episodio di voto di scambio;
   così come riportato anche dalla stampa, alcuni esponenti locali del MoVimento 5 Stelle hanno depositato presso i carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna una denuncia al fine di segnalare alle autorità competenti analoghi episodi. In tale denuncia, si farebbe riferimento, tra le altre cose, ad una vera e propria compravendita dei voti per cifre che variano tra i venti e i cinquanta euro e per le buste della spesa regalate ad alcune famiglie di potenziali elettori;
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, nel comune di Acerra oltre 20 presidenti di seggio elettorale su 56 avrebbero rinunciato all'incarico, ad ulteriore dimostrazione del clima di tensione nel quale si sono svolte queste elezioni amministrative nel comune in questione. Peraltro, sempre secondo quanto si apprende da fonti di stampa, le sostituzioni di tali presidenti disposte – secondo quanto previsto dalla legge – dal sindaco uscente e ricandidato sarebbero alquanto sospette, dal momento che tra i nuovi nominati vi sarebbero una stagista del municipio e il padre di una candidata;
   inoltre, sempre secondo quanto riportato da fonti di stampa, nella giornata delle votazioni ad Acerra due elettori (uno nel rione Madonnella e l'altro nel quartiere Spiniello) sarebbero stati denunciati per aver fotografato con il telefono cellulare la scheda votata: il voto era stato espresso in entrambe i casi per la stessa coalizione;
   è veramente sconcertante come — nonostante le reiterate interrogazioni parlamentari, le denunce presentate alle forze dell'ordine e all'autorità giudiziaria da parte di esponenti del MoVimento 5 Stelle e le inchieste giornalistiche contenenti documentazioni audio-video nelle quali si fa esplicitamente riferimento a fenomeni di voto di scambio – ancora non si sia ripristinata la legalità nel territorio comunale di Acerra e come anche su queste elezioni amministrative si allunghi l'inquietante ombra della compravendita dei voti per quello che si configura come un vero e proprio disastro annunciato –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle situazioni illustrate in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito;
   quali iniziative intenda assumere con la massima urgenza il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di ripristinare la legalità nel territorio del comune di Acerra;
   se il Ministro interrogato abbia assunto o ritenga di assumere le iniziative di competenza, ai sensi degli articoli 141 e seguenti del testo unico degli enti locali. (4-16983)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 4 giugno 2017 l'auto utilizzata per la campagna elettorale dal candidato sindaco di Nocera Inferiore, Pasquale D'Acunzi, veniva bloccata dagli uomini della polizia locale, mentre pubblicizzava un evento in 4, programma nella stessa serata nel parco giochi Canzolino di Villanova;
   da quanto si apprende da fonti di stampa, motivo dell'ammonizione sarebbe stato il volume alto della musica;
   dura la denuncia del candidato sindaco: «Seppure in possesso di regolari autorizzazioni, l'auto è stata fermata dagli uomini della polizia locale, impedendo di pubblicizzare l'incontro, pena un verbale e il sequestro dell'auto, senza alcuna valida motivazione»;
   il fatto non si sarebbe esaurito lì; secondo quanto raccontato dal candidato, infatti, contemporaneamente un'altra pattuglia si sarebbe recata nel parco giochi Canzolino di Villanova intimando al gestore di rimuovere l'allestimento previsto per l'incontro; un atto, secondo D'Acunzi, «che lede fortemente il diritto di propaganda e di informazione elettorale previsto dalla legge, per il quale ho già inoltrato alle autorità competenti le relative segnalazioni» –:
   e il Ministro non intenda assumere ogni iniziativa di competenza, ove necessario di carattere normativo, per assicurare pienamente la possibilità di svolgere le attività di propaganda e di informazione in occasione delle consultazioni elettorali, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa elettorale a garanzia della democrazia e dei diritti dei cittadini.
   (4-16984)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da notizie di stampa che circa 200 assegnisti di ricerca impiegati nel corso degli ultimi dieci anni presso l'università di Bologna potrebbero terminare la propria esperienza lavorativa entro il 2018, in mancanza di concorsi e delle necessarie risorse per stipularli; a tale proposito, non è affatto vero come è stato dichiarato recentemente che i finanziamenti pubblici alla ricerca sarebbero nella media europea, giacché l'Italia è esattamente al 27 per cento in meno rispetto alla media dell'Unione europea;
   secondo le stime fornite da un approfondito articolo di Repubblica, che cita dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, «a livello nazionale gli assegnisti di ricerca in scadenza da qui a dicembre sono 440 su 13.623» e di questi a Bologna risulterebbero 79 a termine nel 2017 e 120 al penultimo anno di assegno su un totale di 1187 per l'intero Ateneo, un dato che lo rende il primo in Italia per utilizzo di questa forma contrattuale;
   gli accidentati step di queste particolari figure della ricerca accademica sono due: la «legge Gelmini» dal 2011 che prevedeva per essi contratti per quattro anni; e il decreto «Milleproroghe» che nel 2015 ha aggiunto due anni, per un totale appunto di sei;
   la situazione di bivio tra il successivo «salto» a ricercatore (pochi i posti disponibili) e il buio della disoccupazione, eventualità questa che secondo alcune dichiarazioni dei diretti interessati potrebbe riguardare ben il 90 per cento degli interessati, coinvolgerebbe inoltre anche altri comparti: per la sanità è appena stato dato l'allarme, con 160 ricercatori precari a rischio all'istituto ortopedico Rizzoli e all'Irccs Bellaria. Stessa situazione negli istituti come il Cnr;
   l'allarme lanciato dai precari della ricerca sembrerebbe aver fatto breccia ottenendo almeno che il caso sia posto alla Conferenza dei rettori, ma alle parole occorrerebbe che seguissero i fatti, giacché la puntuale denuncia di questa situazione da parte di chi la vive sulla propria pelle e tiene in piedi il sistema universitario italiano è ormai vecchia di anni;
   la disposizione legislativa (legge di bilancio n. 232 del 2016, articolo 1, comma 335, punto c)) che permetterebbe il possibile utilizzo dei fondi di eccellenza per i cosiddetti super-dipartimenti italiani recita che almeno il 25 per cento della somma utilizzata per realizzare chiamate di docenti ex articolo 18 (comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 240 del 2010), deve essere utilizzata per fare RTDB tenure track (vero reclutamento) e che, a tale proposito, sarebbe in corso un confronto tra Consiglio Universitario nazionale e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per ovviare ad alcuni problemi di natura economica – accantonamento subitaneo di 15 anni di stipendio da parte dei dipartimenti per ogni ricercatore assunto – che impedirebbero l'applicabilità della legge;
   a parere dell'interrogante, il summenzionato articolo 18 non dovrebbe riguardare i fondi statali, bensì esclusivamente quelli provenienti da altri enti pubblici o privati (che non siano lo Stato, in sintesi) –:
   quali iniziative si intendano adottare per garantire lo sblocco del turn over e per equilibrare negli atenei la consistenza del personale strutturato e di quello non strutturato e a contratto in modo da avere un corretto funzionamento degli atenei e percorsi di ricerca capaci di trattenere i ricercatori italiani e di attirare quelli stranieri;
   se non sia il caso, a tale scopo, di assumere iniziative per utilizzare i finanziamenti non erogati come quelli destinati a «Technopole» e «cattedre Natta» per il reclutamento straordinario dei ricercatori precari di lungo corso, integrando tale fondo fino alla copertura integrale del fabbisogno degli atenei;
   se non si intenda elaborare un piano ordinario di reclutamento che abbia l'obiettivo di ridurre al minimo il precariato e favorire carriere con una maggiore mobilità tra gli atenei. (4-16974)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel 2016, poco dopo la cessione di AnsaldoBreda da parte del gruppo Finmeccanica al gruppo Hitachi, hanno preso avvio una serie di trattative con la rappresentanza sindacale unitaria di Hitachi e con le sigle sindacali nazionali Fiom, Fim, Uglm e Uilm;
   il piano proposto dall'azienda aveva lo scopo di uniformare tutte le regole e le diverse procedure allora esistenti nei siti aziendali di Pistoia, Napoli e Reggio Calabria;
   alla prima presentazione del piano tutte le sigle sindacali hanno espresso forti dubbi su un documento che unificava regole e procedure sino ad allora differenziati tra le tre sedi, quali orari, turni, flessibilità in ingresso e uscita e altro, non tenendo minimamente conto delle diversità delle zone in cui sono situati i tre stabilimenti, sia in termini di infrastrutture locali che di posizione geografica;
   inoltre, la prima proposta di accordo conteneva un totale azzeramento di tutte le condizioni migliorative ottenute negli anni dopo lunghe contrattazioni sindacali, sia per gli operai che per gli impiegati;
   alla prima presentazione è seguito quasi un anno di incontri e contrattazioni che hanno portato a una revisione dell'accordo che riportava a livelli accettabili, anche se restrittivi rispetto al passato, le regole riguardanti i turni, la flessibilità in ingresso e uscita degli impiegati, i turni mensa, il controllo dei lavoratori in ingresso e uscita dallo stabilimento, e altri;
   particolare attenzione ha suscitato la previsione, in vigore nello stabilimento di Pistoia da parecchi anni e che una sentenza del tribunale di Pistoia aveva imposto all'azienda di estendere anche ai nuovi assunti, relativa alla possibilità per gli operai che effettuano lavorazioni pesanti (essenzialmente verniciatura e saldatura) di fruire di un certo numero di minuti di pausa;
   in merito agli stessi, nel corso di un'assemblea gli operai si erano espressi in senso contrario alla monetizzazione o alla trasformazione delle pause in ore di ferie/par aggiuntive, ritenendo di non poter contrattare questioni che riguardano la salute con incrementi retributivi;
   in data 20 dicembre 2016 la Fiom, la Fim e la Uilm hanno siglato un accordo a Roma che, oltre alle modifiche restrittive già citate, compresa la riduzione della flessibilità in ingresso e uscita dallo stabilimento per il settore impiegatizio, prevedeva la eliminazione delle pause dietro monetizzazione delle stesse o incremento di ore di ferie;
   lo stesso giorno, in riunione separata, l'organizzazione sindacale Uglm si è trovata di fronte ad un accordo già firmato dalle altre sigle sindacali che, oltre a quanto citato, non conteneva un paragrafo sulla agibilità sindacale aggiuntiva, cioè sulla concessione da parte della azienda di un certo numero di ore retribuite in più da dare ai delegati sindacali per espletare le proprie funzioni, una prassi comune concessa all'Ugl prima del 20 dicembre 2016;
   il mancato riconoscimento dell'agibilità sindacale aggiuntiva in favore dell'Uglm, ad avviso dell'interrogante, rappresenta una palese discriminazione tra sigle sindacali, lascia supporre un assoggettamento dell'azienda a determinati sindacati e denota, inoltre, una mancanza di democrazia e libertà sindacale al suo interno;
   nonostante il voto contrario della Uglm il piano è stato approvato e applicato a decorrere dal 2017 e, mentre le altre sigle sindacali godono di un pacchetto di ore ben superiore a quello previsto dallo statuto dei lavoratori e sono in grado di svolgere la propria azione sindacale in azienda e sul territorio, l'Ugl è stata costretta a ridurre tutte le proprie attività –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, anche sul piano normativo, al fine di eliminare le citate discriminazioni tra sigle sindacali, permettendo a ciascuna di esse di svolgere appieno il proprio mandato, nel rispetto del dettato costituzionale. (4-16969)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 28 febbraio 2017 la deliberazione della giunta regionale n. 78 ha recepito il documento tecnico «nuove linee guida per la redazione degli atti aziendali», contenente disposizioni destinate alle aziende sanitarie locali regionali e finalizzate alla redazione dei nuovi atti aziendali ed a concorrere alla ridefinizione del servizio sanitario regionale;
   il documento tecnico «nuove linee guida per la redazione degli atti aziendali», di fatto, ridefinisce l'assetto istituzionale e l'organizzazione aziendale;
   la deliberazione n. 78 del 28 febbraio 2017 e l'allegato documento tecnico «nuove linee guida per la redazione degli atti aziendali», presentano, secondo l'interrogante, profili di incompatibilità con il quadro normativo a cui gli stessi due atti fanno riferimento;
   il recepimento da parte della giunta regionale delle linee guida sopracitate sottintende, a giudizio dell'interrogante, un'interpretazione arbitraria e non corretta della normativa in materia; secondo tale interpretazione infatti la previsione del direttore della funzione ospedaliera e del direttore della funzione territoriale non determinerebbe una violazione degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992, ma concretizzerebbe il potere di indirizzo e di coordinamento che la stessa normativa nazionale riconosce in capo alle regioni; inoltre, ad avviso dell'interrogante, le nuove linee guida recepite con la deliberazione della giunta regionale sopra richiamata disattendono l'articolo 2 del decreto legislativo n. 502 del 1992, che obbedisce alla ratio di delimitare la discrezionalità del governo regionale nello stabilire direttamente nuove regole organizzative delle aziende sanitarie; deve peraltro ritenersi che la stessa previsione ha lo scopo di adeguare gli assetti organizzativi aziendali, genericamente disciplinati dalla normativa nazionale, alle concrete, effettive e peculiari esigenze regionali;
   la questione controversa è più che palese, dato che l'atto aziendale è adottato dal direttore generale, ai sensi dell'articolo 3, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 502 del 1992, si riscontrano profili di incompatibilità con lo stesso articolo 2. (Competenze regionali), comma 2-sexies del decreto legislativo n. 502 del 1992 che specifica che il principio secondo cui ogni regione disciplina «i principi e criteri per l'adozione dell'atto aziendale» obbedisce alla ratio di delimitazione della discrezionalità del Governo regionale nello stabilire direttamente nuove regole organizzative delle asl;
   questa ratio è secondo l'interrogante palesemente violata, dal momento che la deliberazione n. 78 del 28 febbraio 2017 e l'allegato documento tecnico contengono disposizioni di estremo dettaglio, in violazione dei limiti delle competenze regionali, in materia di ordinamento delle aziende sanitarie locali, prevedendo due nuovi direttori: il direttore della funzione ospedaliera e il Direttore della funzione territoriale;
   gli atti aziendali, senza opportune rivisitazioni, sono destinati a generare forti discriminazioni tra le stesse asl, tra i servizi sanitari nonché tra il personale, qualora dovessero emanarsi nuove norme in particolare circa l'applicazione del decreto ministeriale n. 70 del 2015 (regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera) –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto sopra esposto, non ritenga di assumere iniziative normative per rivedere il decreto legislativo n. 502 del 1992 per definire, nel rispetto delle peculiari esigenze regionali, una disciplina più puntuale, stringente e omogenea dell'assetto organizzativo aziendale delle strutture del servizio sanitario nazionale. (4-16982)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, MELILLA, FERRARA, EPIFANI, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, SCOTTO, D'ATTORRE, NICCHI, PIRAS, QUARANTA, DURANTI e SANNICANDRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i dati di Infoimprese relativi al primo trimestre 2017 consegnano la scoraggiante fotografia di un calo di 134 imprese nella provincia di Ascoli Piceno (406 nuove imprese, contro le 540 che hanno cessato l'attività);
   le imprese chiuse erano attive in diversi comparti, compresi agricoltura e turismo, evidentemente penalizzati dagli eventi sismici del 2016, che vedono l'ascolano tra le aree più colpite;
   i dati riportano, inoltre, sempre nel primo trimestre 2017, ben 18 fallimenti, dei quali 13 di società di capitale;
   lo stesso dato di nuove iscrizioni (406) è in flessione rispetto alla rilevazione dell'anno precedente dove erano 453, mentre le cessazioni di attività restano grosso modo costanti (555 nel 2015, 574 nel 2016);
   per quanto riguarda l'occupazione nella provincia di Ascoli Piceno sono impiegati 55.109 lavoratori, con una flessione dello 0,4 per cento rispetto all'anno precedente;
   venendo al dettaglio delle iscrizioni, per quanto riguarda le ditte individuali si registra un calo delle iscrizioni del 11,5 per cento (224 nuove iscritte, contro 369 cessazioni), mentre si registra un leggero incremento delle iscrizioni per le società di capitali (+0,7 per cento) a fronte di 92 cessazioni di attività. Risultano in calo anche le società di persone che registrano una flessione negativa del 17,5 per cento sulle nuove iscrizioni;
   quanto ai settori di attività delle nuove imprese, si registra un incremento del 43,3 per cento, rispetto all'anno precedente, per il settore edile; 40 nuove imprese nel settore agricolo (-37,5 per cento rispetto ai dati precedenti); 33 nuove attività nel settore manifatturiero, energia e attività minerarie (-8,3 per cento sul 2016); 69 nel commercio (-16,9 per cento rispetto al 2016); 23 nel settore del turismo (-14,8 per cento) e solo 2 di trasporti e spedizione registrando il calo più consistente, pari al 60 per cento rispetto al 2016;
   per quanto riguarda le cessazioni, tra i settori più colpiti ci sono il manifatturiero e l'energetico (17,6 per cento), il turismo (21,6 per cento), i trasporti e le spedizioni (33,3 per cento), le assicurazioni e il credito (36,4 per cento);
   tali dati confermano altri indicatori che certificano la gravità della situazione economica nell'area e la necessità di forti iniziative di impulso –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato con riferimento alla situazione esposta in premessa. (5-11589)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Sottosegretario per lo sviluppo Economico delegato pro tempore, nella risposta scritta all'interrogazione n. 5-08938, pubblicata il 25 ottobre 2016 nell'allegato al bollettino in Commissione X (attività produttive), ha dichiarato che in merito «al procedimento di valutazione di impatto ambientale per il progetto «Metanodotto Trieste-Grado-Villesse», dal quale, rammentiamo, dipende la convocazione della Conferenza di Servizi ad opera del MISE, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) comunica di aver acquisito tutti i pareri degli Enti e delle Amministrazioni coinvolte nel procedimento e si è solo in attesa di un ultimo chiarimento in merito ad alcuni aspetti di natura tecnica da parte della Commissione Tecnica di Verifica dell'Impatto Ambientale – VIA e VAS»;
   in quella occasione il Governo ha specificato che, secondo il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, «la valutazione di impatto ambientale non si configura quale procedimento atto ad autorizzare la realizzazione dell'opera e, pertanto, sono fatte salve le acquisizioni di tutti i pareri, le autorizzazioni ed i nulla osta necessari, tra i quali possono essere annoverati anche quelli relativi alla bonifica ambientale del sito. Tali autorizzazioni e pareri saranno complessivamente considerati in sede di procedimento di autorizzazione del terminale di rigassificazione GNL, in corso, come accennato in precedenza, presso il Ministero dello Sviluppo Economico»;
   per quanto di competenza del Ministero dello sviluppo economico, invece, è stato ribadito che, «una volta emanato il decreto di VIA del metanodotto di collegamento «Trieste-Grado: Villesse: Sealine Trieste-Grado DN 800 (32») + Tratto Grado-Villese DN 1050 (42»)» e quindi completato l'iter istruttorio anche relativamente a quest'ultimo, lo stesso Ministero potrà convocare la conferenza di servizi decisoria per il procedimento di autorizzazione del rigassificatore, ancora in corso»;
   sul sito online del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in data 12 giugno 2017, è stato pubblicato il decreto ministeriale relativo alla valutazione di impatto ambientale n. 0000148 nel quale, di concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, è stata decretata la compatibilità ambientale, con prescrizioni, relativamente al progetto del metanodotto «Trieste-Grado-Villesse» presentato dalla Società Rete Gas Spa –:
   se il Ministro interrogato, alla luce della pubblicazione del decreto di compatibilità ambientale relativo al metanodotto di cui in premessa, intenda specificare le tempistiche inerenti alla convocazione della conferenza di servizi decisoria per il procedimento di autorizzazione del rigassificatore di Zaule. (4-16981)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Brunetta e altri n. 1-01560, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Occhiuto e, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Brunetta, Gelmini, Occhiuto, Russo, Sisto, Fabrizio Di Stefano».

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Zoggia e Zaccagnini n. 7-01285, pubblicata nell'allegato B resoconti della seduta del 13 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ricciatti.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Valeria Valente e altri n. 4-16912, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Di Lello.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Zaccagnini n. 7-01274, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 808 del 1o giugno 2017.

   La Commissione XIII,
   premesso che:
    le importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina sono aumentate del 43 percento raggiungendo circa 100 milioni di chili nel 2016, pari a circa il 20 per cento della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente;
    la divulgazione dei dati dell'Istat relativi al commercio estero da Paesi extracomunitari a gennaio 2017 fa emergere un balzo record del 22,3 per cento delle importazioni, superiore a quello delle esportazioni (+19,7 per cento). C’è il rischio concreto che il concentrato di pomodoro cinese venga spacciato come made in Italy sui mercati nazionali ed esteri per la mancanza dell'obbligo di indicare in etichetta provenienza;
    si sta assistendo ad un crescendo di navi che sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato di pomodoro, proveniente dalla Cina, da rilavorare e confezionare come italiano, poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro;
    questo commercio va reso trasparente con l'obbligo ad indicare in etichetta l'origine degli alimenti che attualmente vale in Italia solo per la passata di pomodoro ma non per il concentrato o per i sughi pronti. A rischio c’è uno dei settori simbolo del made in Italy nel mondo a causa della concorrenza sleale del prodotto importato ma anche la sicurezza alimentare;
    la Cina ha conquistato il primato nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari perché contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge, da parte dell'Unione europea, secondo una elaborazione della Coldiretti sulla base della relazione sul sistema di allerta per gli alimenti relativa al 2015. Su un totale di 2967 allarmi per irregolarità segnalate in Europa, ben 386 (15 per cento) hanno riguardato proprio la Cina;
    mentre l'Italia si appresta a diminuire la produzione nazionale perché viene ritenuta eccessiva dalle industrie di trasformazione, si assiste alla importazione dall'estero di una quantità di concentrato di pomodoro del 21 per cento che proviene per più della metà dalla Cina che ha iniziato la coltivazione di pomodoro per l'industria nel 1990 e oggi rappresenta il terzo bacino di produzione dopo gli Stati Uniti e l'Italia, secondo i dati 2016;
    appare dunque necessario che l'etichetta riporti obbligatoriamente la provenienza della materia prima impiegata per la frutta e verdura trasformata come i derivati del pomodoro, come chiede peraltro l'84 per cento degli italiani secondo la consultazione pubblica on line sull'etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Ministero. Il consiglio della Coldiretti è comunque di preferire i prodotti, concentrato o sughi pronti, che volontariamente indicano sulla confezione l'origine nazionale 100 per cento del pomodoro utilizzato;
    il pomodoro è il condimento maggiormente acquistato dagli italiani. Nel settore del pomodoro da industria sono impegnati in Italia oltre 8 mila imprenditori agricoli che coltivano su circa 72.000 ettari, 120 industrie di trasformazione in cui trovano lavoro ben 10 mila persone, con un valore della produzione superiore ai 3,3 miliardi di euro. Un patrimonio che va salvaguardato garantendo il rispetto dei tempi di contrattazione per una consentire una adeguata pianificazione e una giusta remunerazione del prodotto agli agricoltori italiani,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per estendere l'etichettatura d'origine alla filiera del pomodoro, che ancora non lo comprende, così come descritto in premessa;
2) ad assumere iniziative volte a prevedere l'estensione della polizza «salva grano» alla filiera del pomodoro, «rete protettiva» per assicurare il reddito degli agricoltori, così come descritto in premessa;
3) ad assumere iniziative, con specifico riferimento alla filiera del pomodoro, per:
  a) promuovere a tutti i livelli, nazionale, comunitario e internazionale, politiche utili alla difesa del prodotto made in Italy, al fine di contrastare con maggiore determinazione ed efficacia il fenomeno dell’italian sounding;
  b) rielaborare la normativa vigente in materia di contraffazione al fine di assicurare maggiore trasparenza e la sicurezza in tutti i passaggi della filiera;
  c) intervenire nelle opportune sedi europee affinché le denominazioni Dop e Igp continuino ad essere una priorità della Commissione europea anche nell'ambito di eventuali trattati internazionali come Ceta e TTIP;
  d) garantire un maggiore e continuativo coordinamento istituzionale, con particolare riferimento alle posizioni da assumere in sede europea, a tutela degli interessi italiani, assicurando la completezza e la trasparenza relativamente all'etichettatura dei prodotti;
  e) avviare un monitoraggio e una valutazione d'impatto sul reddito degli agricoltori e sull'effetto che l'abolizione dei dazi ha avuto sui produttori italiani messi in diretta concorrenza con i mercati asiatici che però riescono a produrre a costi molto inferiori;
  f) assumere iniziative per favorire l'obbiettivo di allargare la disponibilità di cibo genuino a prezzi popolari;

4) a sostenere misure volte a promuovere la filiera del pomodoro prodotto con tecniche rispettose dell'ambiente e maggiormente sicure per la salute umana, promuovendo convenzioni vincolanti, secondo i protocolli di produzione, per i Paesi extra Unione Europea ai quali viene aperto il mercato economico europeo.
(7-01274) «Zaccagnini».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Zaccagnini n. 7-01276, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 808 del 1° giugno 2017.

   La Commissione XIII,
   premesso che:
    la globalizzazione a cui si sta assistendo negli anni recenti è un fenomeno assai complesso. Essa è sinonimo di creazione di un unico villaggio globale favorito dalla crescita delle relazioni e degli scambi tra i vari Paesi del mondo;
    il fenomeno è stato molto graduale, si è accelerato solo in epoca moderna, creando un mercato globale privo di barriere protezionistiche; nel settore agricolo ed agroalimentare, la globalizzazione ha accentuato il divario esistente tra Paesi ricchi e Paesi poveri e i problemi legati alla fame nel mondo. Le disponibilità di beni alimentari a livello mondiale sono sufficienti a far fronte alla domanda globale: la fame non è un problema legato alla disponibilità dei prodotti agricoli, ma ai bassi livelli di reddito in taluni Paesi. Alle scarse rese produttive si è cercato di rispondere con l'introduzione di sementi ibride più produttive rispetto a quelle normali. Al di là di quelli che sono i dubbi circa gli effetti che il consumo di tali prodotti possa avere sull'uomo, va detto che tali ibridi non possono essere riprodotti e devono essere acquistati ogni anno da società multinazionali che li detengono e che ne stabiliscono i prezzi dato che operano in regime oligopolistico. D'altra parte, tali ibridi sono molto vulnerabili agli attacchi di insetti nocivi e richiedono l'uso massiccio di pesticidi la cui spesa è notevolmente in crescita, con il rischio di un aumento dei costi che devono sostenere gli agricoltori dei Paesi più poveri: tutto ciò si traduce in un aumento della loro povertà, al di là di possibili conseguenze sulla salute umana. Inoltre, la ripetizione delle stesse colture nel tempo riduce la biodiversità e rischia di incidere negativamente sia sulla produttività del suolo, che sulla diversificazione del cibo disponibile;
    in questo quadro vi è da specificare come, per l'agricoltura italiana, diventata la più green d'Europa, sia di vitale importanza mettere in campo azioni e politiche atte a salvaguardare il settore, tutelandolo dalle prassi della globalizzazione. Dati alla mano, l'Italia si presenta infatti: con il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario per prodotti a denominazione di origine Dop/Igp, detenendo la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico, ma anche con la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma. L'Italia è anche campione di biodiversità; il Paese, infatti, può contare su 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei francesi, su 533 varietà di olive contro le 70 spagnole, ma sono state salvate dall'estinzione anche 130 razze allevate tra le quali ben 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini, sulla base dei Piani di sviluppo rurale della precedente programmazione. L'Italia detiene il record europeo della biodiversità, con 55.600 specie animali pari al 30 per cento delle specie europee e 7.636 specie vegetali. Un primato raggiunto anche grazie al fatto che, in Italia, ci sono ben 871 parchi e aree naturali protette che coprono ben il 10 per cento del territorio nazionale. Ha conquistato anche il primato green, con quasi 50 mila aziende agricole biologiche in Europa ed ha fatto la scelta di vietare le coltivazioni ogm a tutela del patrimonio di biodiversità. Con l'azione di tutela dell'ambiente, l'Italia si è portata al vertice della sicurezza alimentare mondiale, con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4 per cento), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4 per cento) e di quasi 20 volte quella dei prodotti extracomunitari (7,5 per cento);
    il nostro made in Italy agroalimentare è il più copiato e contraffatto al mondo, nonostante la crescita del settore agricolo confermi le enormi potenzialità dell'agricoltura e dei nostri imprenditori, specialmente i giovani; esso deve affrontare e contrastare la pressione delle distorsioni di filiera e il flusso delle importazioni selvagge dall'estero, che fanno concorrenza sleale alla produzione nazionale, perché vengono spacciati come prodotti made in Italy e sono privi di indicazione chiara sull'origine in etichetta. Nelle campagne, oggi, vige una situazione di deflazione profonda: i prezzi sono crollati per raccolti e per gli allevamenti che non coprono più neanche i costi di produzione o dell'alimentazione del bestiame;
    l'Ente nazionale risi ha organizzato, a gennaio 2017, a Milano una riunione di tutti i Paesi europei produttori di riso (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Romania, Bulgaria e Ungheria) per creare un fronte comune nel confronto con l'Unione europea. La posizione italiana è quella di richiedere l'immediato ripristino dei dazi alle importazioni di riso da Cambogia e Myanmar, aboliti nel 2009. L'emergenza è determinata dal record delle importazioni comunitarie di riso lavorato «Indica» nella campagna 2015/2016 e dalla riduzione delle esportazioni comunitarie che hanno generato un aumento degli stock comunitari di riporto nella campagna attuale. L'Italia, con i suoi 234 mila ettari coltivati a riso e un consumo pro capite annuo di 6 chilogrammi, è il primo Paese produttore di riso dell'Unione europea. Nella filiera italiana operano 4.265 aziende risicole e circa 5.000 addetti, circa 100 industrie risiere, di cui 6 detengono complessivamente più del 50 per cento del mercato. Il riso lavorato rappresenta un giro d'affari di circa un miliardo di euro;
    quello che appare ai presentatori del presente atto come un disinteresse ministeriale rispetto alle decisioni europee rischia di vanificare i risultati positivi ottenuti dalle regioni, Lombardia in testa, che sul riso erano riusciti, nelle fasi negoziali della Pac, a escludere la coltura dal greening e a collocare 22,6 milioni di euro per gli aiuti accoppiati. La situazione, già resa pesante dalle grandi importazioni di riso dalla Cambogia e dal Myanmar (anch'esse esenti dal pagamento del dazio grazie agli accordi EBA), rischia inoltre di creare un gravissimo precedente per i negoziati in corso sugli accordi di libero scambio con altri Paesi asiatici, grandi produttori di riso, come Thailandia, Pakistan e India, ma anche con gli USA e con i Paesi del Mercosur;
    la tutela della qualità delle produzioni agroalimentari è, in sede europea, un complemento alla politica di sviluppo rurale e alle politiche di sostegno dei mercati e dei redditi nell'ambito della politica agricola comune e rappresenta in particolare, per l'Italia, uno dei principali obiettivi della politica agroalimentare, considerato che il nostro è il Paese che vanta in Europa il maggior numero di prodotti a marchio registrato, oggetto di numerosi e sofisticati tentativi di contraffazione. La disciplina sull'etichettatura dei prodotti e sulle conseguenti informazioni ai consumatori costituisce anch'essa un aspetto della tutela della qualità del prodotto;
    il Ministero dello sviluppo economico in materia di etichettatura sui prodotti di origine agroalimentare specifica che: «Il principio alla base della legislazione dell'Unione sull'etichettatura è che il consumatore ha il diritto di essere informato nelle proprie scelte e che l'etichettatura non può essere fuorviante. Quando l'etichettatura di origine geografica è obbligatoria, l'indicazione di origine geografica deve essere visualizzata correttamente in etichetta. Quando l'etichettatura di origine geografica è opzionale, gli operatori sono liberi di decidere se citare l'origine, a meno che l'omissione di tale informazione possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto. Se l'indicazione di origine viene indicata, l'informazione deve essere corretta in modo da non indurre in errore il consumatore. L'indicazione di origine è obbligatoria per la frutta ed i legumi freschi, il vino, il miele, l'olio di oliva, i prodotti ittici, la carne bovina, le carni di pollame proveniente da Paesi terzi, le carni fresche refrigerate o congelate di animali della specie suina, ovina, caprina e di volatili, le uova ed i prodotti biologici. Anche nei casi in cui l'indicazione di origine non sia obbligatoria, le informazioni sull'origine eventualmente fornite su base volontaria devono essere corrette e tali da non risultare ingannevoli per il consumatore»;
    in seguito a quanto disposto dalla legge n. 4 del 2011 (articolo 4) e in attesa di una regolamentazione europea generale che dia attuazione al paragrafo 3 dell'articolo 26 del regolamento (UE) n. 1169 del 2011, è stato emanato il decreto interministeriale 9 dicembre 2016 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 gennaio 2017), concernente l'indicazione dell'origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattiero-caseari, in attuazione del predetto regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. Il 20 dicembre 2016, in analogia con la procedura adottata con riferimento al decreto sull'origine del latte, è stata inviata a Bruxelles, dal Governo, una bozza di schema di decreto interministeriale sull'origine obbligatoria in etichetta di grano e pasta, come da comunicato del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. «(...) Risulta in corso di elaborazione il regolamento esecutivo della Commissione europea del suddetto articolo 26 del regolamento (UE) n. 1169 del 2011 che, al paragrafo 3, fa riferimento al caso in cui il Paese d'origine o il luogo di provenienza di un alimento sia indicato e non sia lo stesso di quello del suo ingrediente primario. In linea generale, si ricorda l'importanza dell'intero regolamento n. 1169 del 2011, il quale, in particolare, agli articoli 9 e seguenti, prevede le informazioni obbligatorie che devono essere fornite sugli alimenti, come la denominazione degli stessi e l'elenco dei loro ingredienti. (...)». Fenomeni come le agromafie e la globalizzazione dei mercati in tutte le fasi della filiera agroalimentare, danneggiano la agricoltura basata, al contrario, su prodotti provenienti da culture non intensive attente alla salvaguardia dell'ambiente, alle biodiversità e alla genuinità del prodotto;
    è sempre in quest'ottica di tutela del made in Italy che si può inquadrare l'iniziativa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che costituisce una risposta alla «battaglia» del grano del luglio 2016 (periodo di trebbiatura), quando le quotazioni sono crollate del 42 per cento rispetto allo stesso periodo del 2015. Per fronteggiare questa emergenza è stato approvato nel decreto fiscale l'emendamento, che stanzia 10 milioni di euro per polizze su rischi climatici e di mercato. La filiera grano-pasta è uno dei principali settori dell'agroalimentare italiano, con una produzione di grano duro di circa 4 milioni di tonnellate e di 3,4 milioni di tonnellate annue di pasta, che rende il nostro Paese il principale produttore mondiale. Il valore della produzione supera invece i 4,6 miliardi di euro, con 2 miliardi di euro di export. «Saremo i primi in Europa i ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina i a sperimentare un'assicurazione sui ricavi per i produttori di grano. Si tratta di uno strumento concreto di tutela del reddito per gli agricoltori e risponde in maniera più efficace all'esigenza di proteggere le aziende rispetto al passato. In particolare in una produzione come quella cerealicola, esposta a fluttuazioni di mercato e all'influenza di variabili internazionali, diventa fondamentale che le imprese possano programmare meglio la produzione e avere un meccanismo di protezione in caso di crollo del prezzo. Lo abbiamo visto quest'anno quando le quotazioni sono scese fino a 18 centesimi al chilo. Un prezzo che non consente nemmeno di recuperare i costi di produzione. Con l'assicurazione ci sarebbe stato un indennizzo immediato rispetto a queste perdite. È uno strumento sperimentale nel quale vogliamo investire e per questo abbiamo stanziato 10 milioni di euro che serviranno ad agevolare la sottoscrizione da parte dei nostri agricoltori. Allo stesso tempo andiamo avanti per rafforzare i rapporti nella filiera grano pasta, attraverso il sostegno ai contratti di filiera inseriti nel Piano cerealicolo nazionale e puntando alla massima informazione dei consumatori con l'origine della materia prima in etichetta»,

impegna il Governo:

1) ad assumere ogni ulteriore iniziativa per estendere l'etichettatura d'origine alla filiera del riso, che ancora non lo comprende, così come descritto in premessa;
2) ad assumere iniziative volte a prevedere l'estensione della polizza «salva grano» alla filiera del riso, «rete protettiva» per assicurate il reddito degli agricoltori, così come descritto in premessa;
3) ad assumere iniziative, con specifico riferimento al settore del riso, per:
  a) promuovere a tutti i livelli, nazionale, comunitario e internazionale, siano promosse politiche utili alla difesa del prodotto made in Italy, al fine di contrastare con maggiore determinazione ed efficacia il fenomeno dell’italian sounding;
  b) rielaborare la normativa vigente in materia di contraffazione al fine di assicurare maggiore trasparenza e sicurezza in tutti i passaggi della filiera;
  c) intervenire nelle opportune sedi europee affinché le denominazioni Dop e Igp continuino ad essere una priorità della Commissione europea, anche nell'ambito di eventuali trattati internazionali come Ceta e TTIP;
  d) garantire un maggiore e continuativo coordinamento istituzionale, con particolare riferimento alle posizioni da assumere in sede europea, a tutela degli interessi italiani, assicurando la completezza e la trasparenza relativamente all'etichettatura dei prodotti;
  e) avviare un monitoraggio e una valutazione d'impatto sul reddito degli agricoltori e sull'effetto che l'abolizione dei dazi ha avuto sui produttori italiani messi in diretta concorrenza con i mercati asiatici che però riescono a produrre a costi molto inferiori;
  f) assumere iniziative per favorire l'obbiettivo di allargare la disponibilità di cibo genuino a prezzi popolari;

4) a sostenere misure volte a promuovere la filiera del riso prodotto con tecniche rispettose dell'ambiente e maggiormente sicure per la salute umana, promuovendo convenzioni vincolanti, secondo i protocolli di produzione, per i Paesi extra UE ai quali viene aperto il mercato economico europeo.
(7-01276) «Zaccagnini, Stumpo, Laforgia».

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Caparini n. 1-01527 del 3 marzo 2017.