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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 19 maggio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni III e IV,
   premesso che:
    il Governo ha presentato la relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, dell'importazione e del transito dei materiali di armamento per l'anno 2016 (doc. LXVII, n. 5);
    la legge 9 luglio 1990, n. 185, disciplina il controllo dello Stato sull'esportazione, sull'importazione e sul transito dei materiali di armamento nel territorio nazionale;
    a seguito delle modifiche alla legge n. 185 del 1990 operate dal decreto legislativo 22 giugno 2012, n. 105, e soprattutto delle disposizioni regolamentari adottate con il decreto dei Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e della difesa 7 gennaio 2013, n. 19, l'Unità per le autorizzazioni dei materiali d'armamento (UAMA), incardinata nel Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, è stata costituita come autorità nazionale competente per le funzioni autorizzatorie e ispettive in materia e per l'esercizio dei poteri di vigilanza;
    la legge n. 185 del 1990, all'articolo 5, prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri trasmetta annualmente al Parlamento una relazione sulle operazioni di esportazione, importazione e transiti di materiali di armamento e sulle esportazioni di servizi autorizzate e svolte nell'anno precedente, contenente:
     1) indicazioni analitiche – per tipi, quantità e valori monetari – degli oggetti concernenti le operazioni contrattualmente definite e sul loro stato di avanzamento;
     2) la lista dei Paesi indicati nelle autorizzazioni definitive;
     3) l'elenco delle revoche delle autorizzazioni per violazione della clausola di destinazione finale e dei divieti previsti dalla legge nonché l'elenco delle iscrizioni, sospensioni o cancellazioni riguardanti il registro nazionale delle imprese operanti nel settore degli armamenti;
     4) l'elenco dei programmi sottoposti a licenza globale di progetto, con l'indicazione dei Paesi e delle imprese italiane partecipanti, nonché le autorizzazioni concesse dai Paesi partner relative a programmi a partecipazione italiana e sottoposti al regime della licenza globale di progetto;
    nell'ultimo dibattito svoltosi presso la Commissione difesa nel febbraio 2015 sulla relazione annuale, è stato rilevato che la Relazione è un documento di mole notevole e di difficile lettura che non reca oltretutto alcuni dai essenziali;
    il tema delle esportazioni militari ha grande rilevanza nella politica estera e di difesa del nostro Paese, come risulta chiaramente anche dai princìpi ispiratori della legge n. 185 del 1990;
    il principio e le prassi di trasparenza presenti nella legge n. 185 del 1990 e nella sua applicazione fin dalla sua approvazione hanno costituito nel settore ivi disciplinato la principale e più avanzata innovazione, riconosciuta anche a livello internazionale;
    è necessario che il Parlamento (e di conseguenza l'opinione pubblica) disponga di un'adeguata informazione sulle esportazioni di materiali militari compiute dalle industrie aventi sedi produttive nel territorio nazionale e che possa a tale fine accedere a tutti i dati significativi di questo comparto in modo comprensibile e con la possibilità di realizzare gli opportuni collegamenti, per poterne dedurre dinamiche e informazioni precise individuandone dinamiche e tendenze;
    quest'obiettivo può essere conseguito associando alla documentazione dettagliata e analitica fornita nella relazione alcuni sussidi utili per l'orientamento del lettore e per la migliore fruizione dei dati in essa contenuti, allo scopo di garantire i risultati di trasparenza e controllo che costituiscono l'obiettivo principale della legge n. 185 del 1990,

impegnano il Governo:

   a fornire periodicamente, in concomitanza con la presentazione della relazione di cui al comma 1 dell'articolo 5 della legge n. 185 del 1990, una illustrazione delle linee della politica del Governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d'armamento;
   ad assumere le iniziative di competenza affinché la relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, di cui all'articolo 5 della legge n. 185 del 1990, sia corredata di idonei schemi, grafici e tavole riassuntive nonché di indici sistematici e analitici che agevolino la consultazione e la ricerca dei dati, specificando, nella redazione della lista dei Paesi indicati nelle autorizzazioni definitive prevista dal secondo periodo del comma 3 del citato articolo 5, i materiali la cui esportazione è stata autorizzata per ciascun Paese di destinazione e indicando distintamente i materiali autorizzati nell'ambito di programmi intergovernativi;
   ad adottare, nelle sedi internazionali in cui l'Italia è rappresentata, le iniziative più opportune per valorizzare i princìpi ispiratori della legge n. 185 del 1990, promuovendone la diffusione nell'ambito delle misure adottate dalla comunità internazionale per la regolamentazione del commercio di materiali di armamento e la repressione dei traffici illeciti.
(7-01266) «Zanin, Nicoletti, Grassi, Realacci, Scanu, Paola Boldrini, Bolognesi, Artini, Carlo Galli, Cova, Fusilli, Gigli, Lacquaniti, Marazziti, Marcon, Salvatore Piccolo, Paolo Rossi, Sberna, Zappulla».


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    il ciclo di utilizzo di una attrezzatura o apparecchiatura medicale in una struttura sanitaria è quantificabile mediamente in 5 anni, poiché criteri di funzionalità, sicurezza, adeguamento a nuovi standard determinano un progressivo ricambio delle dotazioni;
    buona parte delle dotazioni dei presidi sanitari per persone e animali è rappresentata da apparecchiature ed attrezzature con componenti elettriche ed elettroniche (Aee – apparecchiature elettriche elettromeccaniche), che vengono in molti casi smaltite come Raee (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche);
    la direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti, all'articolo 4, prevede l'applicazione di una gerarchia dei rifiuti, nella normativa e nella politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti nel seguente ordine: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento;
    l'Unione europea attraverso il bando europeo Life 2013 sta finanziando progetti per realizzare un nuovo sistema integrato di gestione e qualificazione delle apparecchiature ed attrezzature medicali usate e dismesse, con l'obiettivo di rendere minima la quota di rifiuto e di massimizzare quella di riutilizzo;
    infatti, la corretta destinazione degli apparecchi e delle attrezzature medicali non più utilizzabili dai presidi sanitari e dalle strutture ospedaliere rappresenta un tassello importante nell'ambito delle politiche europee per il rafforzamento dell'economia circolare; la prevenzione e la preparazione per il riutilizzo e la successiva cessione gratuita ad enti no profit e onlus, è una delle modalità attraverso le quali è possibile prevenire il prematuro passaggio a rifiuto di oggetti ancora utilizzabili, mentre la riparazione di apparecchiature medicali divenute rifiuti (Raee) permette di gestire un bene, anziché dovere recuperare o smaltire un rifiuto, coinvolgendo in questo processo positivo enti no profit ed associazioni;
    la spesa sanitaria in Italia rappresenta circa il 7 per cento del Pil, e parte di questa spesa è destinata all'acquisto di apparecchiature e attrezzature medicali;
    tali beni dismessi e depositati nei magazzini delle strutture ospedaliere e dei presidi sanitari diventano un costo per quanto riguarda l'occupazione di spazio, così come per il successivo avvio a smaltimento rifiuti a causa del degrado dovuto all'inutilizzo;
    sarebbe possibile recuperare parte di tali risorse, ad esempio attraverso un adeguato processo di dismissione, e mediante cessione gratuita ad enti no profit ed onlus, delle apparecchiature ed attrezzature medicali ancora utilizzabili e dalla preparazione per il riutilizzo dei rifiuti da esse derivanti; in tal modo, si potrebbero ottenere vantaggi economici in termini di costi evitati dalle strutture ospedaliere, in termini di stoccaggio e di successivo avvio a smaltimento e coinvolgere in tale processo soggetti cessionari impegnati in attività civiche e solidaristiche;
    ad oggi, la gestione a fine vita delle apparecchiature ed attrezzature medicali e l'eventuale cessione gratuita delle stesse, sconta la mancanza di procedure e riferimenti standard relativi alle adeguate procedure di dismissione: ciò comporta una disomogeneità di procedure anche all'interno di una stessa regione;
    la definizione di procedure e modelli standard per il recupero delle apparecchiature e attrezzature medicali rappresenta un'esigenza indifferibile per consentire di avere un quadro di regole di riferimento per la cessione gratuita delle attrezzature potenzialmente riutilizzabili, così come per la loro riparazione;
    è necessario che la cessione gratuita, per la quale non deve essere richiesta la forma scritta per la sua validità e alla quale non devono applicarsi le disposizioni di cui al titolo V del libro secondo del codice civile, preveda un'assunzione di responsabilità da parte del cedente, che dovrà agevolare il potenziale riutilizzo, fornendo al cessionario la documentazione necessaria per la nuova immissione nel mercato, quale ad esempio manuali d'uso e di manutenzione, registro delle manutenzioni. Il cessionario, a sua volta, deve garantire il possesso dei requisiti tecnici per la revisione dell'attrezzatura stessa e per l'eventuale corretto smaltimento;
    nei casi in cui il presidio sanitario decidesse di non ricorrere alla cessione gratuita, bensì alla destinazione a rifiuto delle attrezzature, dovrebbero essere favoriti i soggetti in grado di gestire i rifiuti secondo la gerarchia prevista dalla citata direttiva 2008/98/CE, ovvero dando priorità alla preparazione al riutilizzo; nella scelta dei soggetti da autorizzare per la preparazione al riutilizzo delle apparecchiature medicali sarebbe opportuno privilegiare enti no profit ed onlus, con l'obiettivo di massimizzare anche l'impatto sociale positivo del processo, o tre agli indubbi vantaggi economici ed ambientali;
    la direttiva 2008/98/CE prevede che il rifiuto sia rigenerato e ritrasformato in bene, dopo idonee procedure, e quindi reimmesso sul mercato; nel caso in cui il rifiuto non sia rigenerabile, è previsto il recupero di alcuni componenti come pezzi di ricambio;
    per le apparecchiature e le attrezzature medicali sottoposte a preparazione al riutilizzo è importante definire specifici standard di funzionalità e un registro dei destinatari autorizzati ad acquistare i beni riparati, in modo da garantire una filiera tracciabile e trasparente della apparecchiature dismesse;
    allo stesso tempo, è necessario definire adeguati limiti temporali per la cessione gratuita, così come per la preparazione al riutilizzo, al fine di consentire che la cessione avvenga in tempi certi, evitando in questo modo il decadimento tecnico e di valore dell'attrezzatura;
    è inoltre importante che le regioni, di concerto con il Ministero della salute, definiscano specifici obiettivi e linee di indirizzo per le strutture sanitarie, ad esempio stabilendo le modalità e un target annuale di apparecchiature e attrezzature cedibili gratuitamente o destinabili alla preparazione al riutilizzo;
    dalla cessione gratuita delle apparecchiature e attrezzature medicali ancora utilizzabili, e dalla preparazione al riutilizzo dei rifiuti da tali apparecchiature medicali verso soggetti che altrimenti non avrebbero l'opportunità di poterne disporre, si può attendere un positivo e rilevante impatto sociale;
    notevole sarebbe anche il vantaggio ambientale che si otterrebbe in termini di riduzione della produzione di rifiuti e di contestuale risparmio energetico e di materie prime necessarie per la produzione di un nuovo bene;
    il crescente utilizzo di dispositivi elettronici, sia per uso personale che in ambito sociale e lavorativo, ha contribuito a creare un comparto vasto e dalle molteplici potenzialità; al beneficio sociale e ambientale di tale approccio, si sommerebbe quello economico e occupazionale, dovuto al posizionamento in un mercato in piena espansione;
    il mercato europeo dei Raee rigenerati presenta un margine di crescita esponenziale poiché, per molte tipologie di apparecchiature si assiste ad un ricambio tecnologico molto rapido, pur mantenendo in molti casi la tecnologia dismessa un valore e la sua funzionalità;
    i Raee rappresentano una preziosa fonte di materie prime seconde quali metalli preziosi, terre rare e altri materiali recuperabili come plastiche e vetro;
    si evidenzia, quindi, la rilevanza strategica di una adeguata gestione delle apparecchiature e attrezzature medicali dismesse, mediante cessioni gratuite di beni ancora utilizzabili, e la promozione capillare di centri e reti accreditati di riparazione e riutilizzo, e per la preparazione al riutilizzo dei rifiuti da essi derivanti;
    il decreto legislativo n. 46 del 1997, che recepisce la direttiva 93/42/CEE sui dispositivi medici indica le misure necessarie da adottare nel caso di loro immissione in commercio e valide in tutta l'Unione europea; la definizione di immissione in commercio include anche la rimessa a nuovo dei dispositivi;
    l'articolo 180-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice dell'ambiente) prevede che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, emani uno o più decreti per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo, anche attraverso l'introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto, e per definire le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati, compresa la definizione di procedure autorizzative semplificate e di un catalogo esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti che possono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo,

impegna il Governo:

   promuovere la cessione gratuita ad enti no profit ed onlus, delle apparecchiature e attrezzature medicali ancora utilizzabili, con l'obiettivo di coinvolgere in tale processo soggetti cessionari impegnati nel sociale e allo stesso tempo ridurre la produzione di rifiuti e ottimizzare l'utilizzo di beni che non hanno ancora raggiunto il fine vita nel rispetto delle prescrizioni del decreto legislativo n. 46 del 1997;
   procedere con celerità alla emanazione dei decreti previsti dall'articolo 180-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo, prevedendo anche l'introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto e per definire le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati per la riparazione ed il riutilizzo;
   promuovere la preparazione per il riutilizzo e il comparto dei Raee rigenerati ovvero derivanti da operazioni di preparazione per il riutilizzo, affiancando e rafforzando le strutture di trattamento dei rifiuti già esistenti;
   promuovere di concerto con le regioni, linee di indirizzo e obiettivi per le strutture sanitarie al fine di prevedere, nell'ambito della gestione a fine vita di tali apparecchiature ed attrezzature medicali, anche la loro cessione gratuita o la destinazione alla preparazione al riutilizzo.
(7-01265) «Gadda, Cominelli, Mariani, Carrescia, Manfredi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   già dal 1999 è stata prevista la realizzazione del corridoio autostradale per il collegamento tra Fontevivo (Parma) e Nogarole Rocca (Verona), attraversando le regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, cosiddetto raccordo autostradale di collegamento tra il Tirreno e il Brennero (Tibre);
   a tal fine, è stato previsto un considerevole investimento – per far fronte a costi lievitati enormemente negli anni – considerando che, come da delibera del Cipe n. 2 del 22 gennaio 2010, il costo complessivo dell'opera, è di 2.730.965.654,5 euro;
   l'opera è stata oggetto di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea conclusasi con un accordo che imponeva una serie di prescrizioni cui conformarsi;
   è seguita l'autorizzazione e la progettazione definitiva del primo tratto FontevivoTrecasali/Terre Verdiane di soli 12 chilometri, il cui costo, quale risulta dal quadro economico, è pari a 513.531.158,1 euro, di cui 302.788.160,4 euro per lavori;
   la realizzazione del raccordo autostradale, tuttavia, a giudizio dell'interrogante, costituisce un'opera inutile – anche in considerazione del già esistente collegamento per l'intersezione dell'autostrada A15 con l'autostrada A1 – dispendiosa – considerati i costi lievitati enormemente negli anni con il rischio che gran parte di essi siano scaricati esclusivamente sui cittadini – e dannosa sul piano dello sviluppo economico e ambientale del territorio, avendo un forte impatto ambientale su un'area agricola della provincia di Parma;
   il piano economico finanziario di detta opera, licenziato dalla VIII Commissione permanente, prevedeva il totale autofinanziamento da parte di Autocisa spa, senza nessun tipo di contributo in conto capitale da parte dello Stato italiano, ed è stato aggiornato, per il tramite del Cipe con delibera n. 2 del 2010 del 22 gennaio 2010 e successivamente nella seduta del 10 agosto 2016 in relazione alla quale tuttavia non si è provveduto alla pubblicazione della relativa delibera;
   nell'allegato infrastrutture al documento di economia e finanza 2017, nell'ambito degli interventi prioritari su strade, si inserisce il raccordo autostradale A15-A22-TiBre 1o lotto ed il nuovo collegamento Tibre-Cispadana, precisando che vi è una project review finalizzata a verificare anche altre soluzioni e relative necessità ed opportunità –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per provvedere al completamento della detta opera autostradale o diversamente per fermarne la realizzazione utilizzando le risorse già destinate per realizzare il Ti-Bre ferroviario e ciclabile;
   se si intenda procedere alla pubblicazione della delibera del Cipe assunta nella seduta del 10 agosto 2016 con cui si è espresso parere favorevole, con osservazioni e raccomandazioni, sull'aggiornamento del piano economico finanziario della concessionaria autostradale Società Autocamionale della Cisa;
   se il Ministro interrogato, anche per il tramite della competente direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali, intenda rendere disponibile il piano economico-finanziario e relativi allegati riguardanti la realizzazione di un raccordo autostradale di collegamento tra il Tirreno e il Brennero (Tibre) – Corridoio Plurimodale Tirreno-Brennero asse autostradale Brennero-Verona-Parma-La Spezia raccordo autostradale della Cisa A15 – autostrada del Brennero A22 Fontevivo (Parma)-Nogarole Rocca (Verona) – ed ogni ulteriore atto o provvedimento, connesso o consequenziale ancorché non conosciuto. (5-11405)


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il tribunale di Torino ha negato ad una donna, vittima di uno stupro, il diritto di rivalersi sullo Stato per ottenere il risarcimento nonostante il suo aggressore fosse indigente;
   la vittima, di nome Roberta, ha subito violenza nell'ottobre 2011 da un uomo poi condannato a 8 anni e due mesi di carcere. Successivamente, la donna ha citato la Presidenza del Consiglio dei ministri davanti al tribunale civile di Torino, chiedendo che venisse condannata a pagarle un indennizzo, per l'omessa attuazione della «Direttiva (Ce) n. 80 del 2004» che impone agli Stati membri di garantire un adeguato ed equo ristoro alle vittime di reati violenti intenzionali;
   tale direttiva, in relazione alla cui applicazione l'Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia europea stabilisce che le vittime di reati violenti intenzionali debbano essere risarcite dallo Stato qualora «non possono ottenere un risarcimento dall'autore del reato, in quanto questi non può essere identificato o non possiede le risorse necessarie». Ciò nonostante, il giudice ha respinto il ricorso ritenendo che la vittima non ha dimostrato che il colpevole non era in grado di risarcirla;
   l'assurdità di tale sentenza del tribunale di Torino, depositata a maggio 2017, ad avviso dell'interrogante si evince anche dal fatto che, nello stesso periodo, è stato emesso un verdetto totalmente diverso dalla corte d'appello civile di Milano, condannando la Presidenza del Consiglio dei ministri a risarcire con 220 mila euro due donne, madre e figlia, vittime di rapina e stupro da sei aggressori. Un caso tragico, rispetto al quale i giudici di Milano non hanno richiesto alcun tipo di accertamento ulteriore, riconoscendo il risarcimento sul presupposto che gli stupratori, poi condannati a 11 anni di carcere, non fossero pacificamente in grado di risarcire le vittime perché detenuti;
   pertanto, non solo Roberta ha subito un gravissimo reato che le ha segnato l'esistenza, ma non otterrà neppure il dovuto indennizzo dallo Stato per un'ingiusta decisione del tribunale di Torino;
   è paradossale, inoltre, che altre vittime come lei hanno ottenuto il risarcimento di cui avevano diritto, grazie ad una diversa interpretazione della normativa in materia da parte di altro giudice; ciò rende evidente che c’è una grave stortura del sistema giuridico italiano, poiché a fronte dell'applicazione della medesima normativa, si ottiene giustizia o meno in base alla discrezionalità del giudice che deciderà la causa –:
   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa;
   quali siano le motivazioni per le quali il Governo non abbia dato attuazione della direttiva (Ce) n. 80 del 2004, non riconoscendo il risarcimento e costringendo la vittima a citarla in giudizio;
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare affinché lo Stato risarcisca le donne vittime di violenza, evitando casi come quello descritto in premessa;
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere affinché ci sia maggiore certezza nel diritto italiano e sia evitato l'eccesso di discrezionalità dei giudici nell'interpretare la legge, che dà luogo a sentenze contrastanti. (5-11406)


   TERROSI, LUCIANO AGOSTINI, ROMANINI, FIORIO, CARRA, COVA e ZANIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, all'articolo 11, attribuisce al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali le seguenti attività precedentemente svolte dal corpo Forestale dello Stato:
    a) rappresentanza e tutela degli interessi forestali nazionali in sede europea e internazionale e raccordo con le politiche forestali regionali;
    b) certificazione in materia di commercio internazionale e di detenzione di esemplari di fauna e di flora minacciati di estinzione, di cui all'articolo 8-quinquies, comma 3-quinquies, della legge 7 febbraio 1992, n. 150, tramite le unità specializzate dell'Arma dei carabinieri;
    c) tenuta dell'elenco degli alberi monumentali e rilascio del parere di cui all'articolo 7, commi 2 e 4, della legge 14 gennaio 2013, n. 10;
   l'articolo 11 dispone che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali provveda all'esercizio delle suddette attività con il personale trasferito dal disciolto Corpo forestale dello Stato, in numero di 47 unità, di cui 1 dirigente di prima fascia e 6 dirigenti di seconda fascia, e che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri debba essere adeguata la struttura organizzativa del Ministero e la dotazione organica del «ruolo agricoltura», attualmente regolati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2013, n. 105;
   con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, a quanto consta agli interroganti attualmente all'esame del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, verrebbe istituita una «direzione generale delle foreste» con attribuzione alla stessa delle competenze ex decreto legislativo n. 177 del 2016 ed altre attualmente in capo ad altre direzioni generali del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al fine di rendere più organica e coerente la materia «forestale»;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevederebbe solo 4 uffici dirigenziali non generali, ciò ad avviso degli interroganti in apparente contrasto con il più volte richiamato articolo 11 del decreto legislativo n. 177 del 2016 che prevede che all'esercizio delle attività ivi indicate provveda tutto il personale trasferito appositamente al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   il già citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevederebbe la modifica degli articoli 6 e 7 del vigente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di organizzazione del Ministero, concernente gli organismi operativi, sostituendo il Corpo forestale dello Stato con il nuovo comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei carabinieri, posto alle dipendenze funzionali del Ministro, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 177 del 2016, e prevedendo l'attribuzione dei restanti 2 posti dirigenziali non generali agli uffici di diretta collaborazione del Ministro «per lo svolgimento delle nuove funzioni di coordinamento dei rapporti tra il Ministro e il nuovo Comando unità in linea con quanto previsto dall'articolo 8, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 177 del 2016»;
   quanto sopra riportato tuttavia, non sarebbe evidenziato nel dispositivo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
   il disciolto Corpo forestale dello Stato ha provveduto fino ad oggi alla gestione di vari beni demaniali –:
   se si intendano confermare le funzioni della direzione generale delle foreste così come previste dal decreto n. 177 del 2016 ovvero si intendano assegnare alla stessa direzione altre funzioni e, in questo caso, quali siano;
   se tutto il personale transitato dal corpo forestale dello Stato sarà assegnato alla «direzione generale delle foreste», così come previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo n. 177 del 2016 o se alcune unità andranno a svolgere altre mansioni, e, in questo caso, quali siano;
   se i beni demaniali (terreni, ville storiche, parchi e riserve) fino ad ora gestiti dal Corpo forestale dello Stato verranno d'ora innanzi gestiti dal Ministero della difesa o se la gestione sarà in capo alla direzione generale delle foreste e quindi al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   quali siano i tempi previsti per rendere operativa la direzione generale delle foreste, per il rinnovo del contratto del personale transitato dal Corpo forestale dello Stato assegnato alla suddetta direzione e per la eventuale stipula di nuove convenzioni per la gestione dei beni demaniali. (5-11407)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   sarebbe necessario avere chiarimenti sulla nomina alla direzione generale dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) del dottore Francesco Spano, recentemente dimessosi dall'incarico a seguito del suo coinvolgimento in un'inchiesta giornalistica;
   al di là di tale vicenda, infatti, restano non chiarite le motivazioni per le quali il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore che, all'epoca della nomina (gennaio 2016), deteneva la delega alle pari opportunità e quindi la diretta competenza sul relativo dipartimento, abbia deciso di affidare tale incarico a un soggetto esterno alla struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   sarebbe quindi opportuno conoscere la specificazione delle procedure, delle motivazioni istruttorie e delle modalità ricognitive attraverso le quali si è pervenuti all'esclusione di dirigenti interni e alla conseguente individuazione di un soggetto esterno e se eventualmente per effetto di quelle che appaiono all'interrogante chiare difformità rispetto alle procedure previste dalle norme in materia, possa essersi determinata un'ipotesi di danno erariale –:
   se risulti dagli atti a disposizione in base a quali procedimenti, modalità e motivazioni si sia pervenuti all'affidamento dell'incarico di direttore generale dell'Unar ad un soggetto esterno alla Presidenza del Consiglio dei ministri e se non si intenda per il futuro evitare situazioni analoghe. (4-16650)


   MANNINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione europea ha adottato il 27 aprile 2017 le decisioni in materia di procedure di infrazione per mancato recepimento di direttive europee;
   con riferimento all'Italia, le decisioni hanno riguardato una messa in mora complementare, due pareri motivati (articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), una decisione di ricorso (articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), sei archiviazioni di procedure di infrazione e l'archiviazione di un caso di pre-infrazione;
   il numero delle procedure a carico del nostro Paese scende da settantacinque a sessantanove, di cui cinquantuno per violazione del diritto dell'Unione europea e diciotto per mancato recepimento di direttive;
   il sistema EU PILOT (strumento informatico EU pilot – IT application) dal 2008 è lo strumento principale di comunicazione e cooperazione tramite il quale la Commissione europea, mediante il Punto di contatto nazionale – che in Italia è la struttura di missione presso il Dipartimento politiche dell'Unione europea della Presidenza del Consiglio dei ministri –, trasmette le richieste di informazione agli Stati membri (25 in tutto, in quanto Malta e Lussemburgo non hanno ancora aderito a questo strumento di precontenzioso) al fine di assicurare la corretta applicazione della legislazione dell'Unione europea e di prevenire possibili procedure d'infrazione;
   il sistema EU Pilot viene utilizzato quando per la Commissione europea la conoscenza di una situazione di fatto o di diritto all'interno di uno Stato membro è insufficiente e non permette il formarsi di un'opinione chiara sulla corretta applicazione del diritto dell'Unione europea in tutti i casi che potrebbero essere risolti senza dovere ricorrere all'apertura di una vera e propria procedura di infrazione;
   EU Pilot, di fatto, ha sostituito l'inoltro delle lettere amministrative agli Stati membri tramite le Rappresentanze permanenti a Bruxelles e spesso ha portato alla conclusione positiva di molti casi, senza cioè l'apertura di una vera e propria procedura d'infrazione;
   dall'ultima relazione (anno 2015) sul Controllo dell'applicazione del diritto dell'Unione europea, si evince come, per l'anno di riferimento, risultavano aperti 1260 casi EU Pilot, la maggior parte dei quali riguardava l'Italia (111), la Spagna (78) e la Polonia (74). L'ambiente è rimasto il settore maggiormente interessato, con 298 casi aperti, seguito da giustizia (191) e fiscalità e dogane (141) –:
   quale sia la lista completa, suddivisa per materie, dei casi Eu Pilot ancora pendenti sull'Italia. (4-16659)


   FASSINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'inchiesta de L'Espresso del luglio 2016, a firma Fabrizio Gatti, «Ladri di bambini», ha fatto emergere raccapriccianti traffici ed abusi su minori da parte di pedofili che si nasconderebbero dietro le adozioni internazionali che numerose famiglie italiane hanno affidato all'associazione Ai.Bi, Amici dei Bambini, operante nel campo delle adozioni internazionali;
   in un successivo articolo datato dicembre 2016, dal titolo «Bambini rubati, si rompe il silenzio», il medesimo giornalista, ha riportato la notizia che sarebbero decine le denunce delle famiglie contro Ai.Bi per gravissime irregolarità nelle procedure di adozione internazionale; tali denunce proverrebbero, a quanto risulta all'interrogante, sia da genitori adottivi italiani, i cui figli sono stati costretti a subire in Bulgaria inaudite violenze ed abusi sessuali da parte dei pedofili, sia da genitori adottivi di bambini congolesi, sottratti alle loro famiglie di origine con la forza del danaro o con l'inganno;
   la vicepresidente della Commissione per le adozioni internazionali, Silvia Della Monica, magistrato di grande competenza ed esperienza, in tre anni di incessante e discreto lavoro, ha portato alla luce questa vergognosa e inaccettabile situazione, in cui l'ente Ai.Bi. appare avere gravi responsabilità nei confronti dei bambini, delle famiglie e delle istituzioni;
   i gravi abusi sui minori avvenuti in Bulgaria e le gravi omissioni di Ai.Bi e del suo presidente Marco Griffini sono stati oggetto di severe valutazioni da parte di un tribunale per i minorenni italiano e sulla vicenda è intervenuta anche la Corte europea dei diritti dell'uomo;
   tali gravissimi e inaccettabili fatti, oggetto di una doverosa azione di vigilanza e di inchiesta della Commissione per le adozioni internazionali, sono stati pubblicamente denunciati dalla vicepresidente della Commissione per le adozioni internazionali in più sedi – interviste, articoli, ma anche, e soprattutto nelle sedi istituzionali, in particolare nella già citata audizione presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati – e sono stati segnalati all'autorità giudiziaria competente. «Se i bambini sono stati strappati alle famiglie e gli enti ne erano consapevoli, ci sono precise responsabilità da accertare»;
   la vicepresidente della Commissione per le adozioni internazionali ha anche pubblicamente denunciato il grave «conflitto di interesse» derivante dalla presenza dell'ente Ai.Bi. in seno alla Commissione per le adozioni internazionali, organismo governativo di controllo sulla regolarità delle adozioni internazionali, di cui fa parte un componente nominato su designazione del consiglio direttivo del Forum delle associazioni familiari, che «nella sua compagine vede la presenza di alcuni enti per le adozioni, tra i quali proprio Ai.Bi, che è nel consiglio direttivo del forum» ;
   tale grave conflitto di interesse, è stato recentemente denunciato anche all'autorità giudiziaria da numerosi enti autorizzati che, correttamente, non sono e non debbono essere rappresentati nella Commissione per le adozioni internazionali, la quale – per legge – è deputata a controllare gli enti autorizzati ad operare nel delicato settore delle adozioni internazionali;
   gli enti hanno anche chiesto che la Commissione non venga riunita in tale composizione di dubbia legittimità, che vengano riesaminate delibere assunte in una situazione di conclamato conflitto di interesse e alterazione della par condicio, con particolare riferimento a cospicui finanziamenti pubblici, erogati dalla Commissione, privilegiando tra l'altro enti presenti in Commissione che non dovrebbero esservi;
   l'interrogante ritiene auspicabile e necessario dare continuità operativa alla Commissione per le adozioni internazionali affinché la Commissione porti a compimento la battaglia di legalità avviata nel mondo delle adozioni internazionali –:
   quale sia l'orientamento del Governo in merito all'esigenza di continuità operativa della Commissione per le adozioni internazionali con particolare riferimento alla nomina della vice-presidenza;
   quali iniziative intenda adottare per supportare l'azione di legalità e trasparenza intrapresa negli ultimi tre anni dalla Commissione, al fine di garantirne la prosecuzione e conseguentemente tutelare l'onorabilità dell'Italia in materia di adozioni nelle sedi internazionali. (4-16666)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   AIELLO, CUOMO e CENSORE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la scuola Dante Alighieri di Córdoba è, dall'anno 1961, un istituto di riferimento in materia di istruzione bilingue e biculturale, oltre ad essere l'unica scuola paritaria della provincia di Córdoba in Argentina;
   la finalità di questa scuola è quella di fornire agli studenti un'ampia formazione culturale italiana, favorendone lo sviluppo di una capacità critica combinata con l'insegnamento dei più alti valori umani, per formare veri cittadini del mondo;
   la scuola Dante Alighieri di Córdoba è una scuola paritaria; ossia si inserisce nel sistema nazionale di istruzione e rilascia titoli di studio aventi lo stesso valore legale dei titoli rilasciati dalle scuole statali;
   la gestione delle scuole italiane all'estero, sia statali che non statali, è esercitata dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale tramite gli agenti diplomatici e consolari, come stabilito dai commi 625 e successivi del decreto legislativo n. 297 del 1994, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione;
   la scuola Dante Alighieri di Córdoba è destinataria di un contributo annuale pari a euro 12.000 da parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, versato con una cadenza annuale;
   la Dante Alighieri di Córdoba, a quanto risulta agli interroganti, non ha ricevuto a tutt'oggi i contributi dovuti per l'anno 2015-2016, nonostante abbia inviato le dovute pratiche amministrative al consolato e al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
   in data 24 ottobre 2016, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per quanto consta agli interroganti, ha effettuato un'ispezione Ministeriale presso la sede della scuola;
   delle risultanze di questa ispezione, ad oggi, nessuna comunicazione è pervenuta né alla scuola stessa che ne ha fatto domanda, né ai parlamentari che ripetutamente hanno chiesto di avere accesso ai verbali in possesso del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
   questa assenza di comunicazione tra l'Istituzione italo-argentina, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il consolato, danneggia di fatto la scuola Dante Alighieri nel proseguire regolarmente la propria attività didattica, sia per la carenza dei fondi, sia per l'impossibilità di sanare irregolarità eventualmente emerse nell'ispezione ma mai comunicate –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative affinché siano chiarite le motivazioni della mancata erogazione del contributo 2015-16 alla scuola Dante Alighieri di Córdoba e se siano emerse eventuali irregolarità con l'ispezione del 24 ottobre 2016;
   se, nel caso in cui dal controllo effettuato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale non sia emerso alcun rilievo, intenda assumere iniziative per l'erogazione immediata del contributo 2015/2016, affinché la scuola Dante Alighieri possa svolgere regolarmente la propria attività didattica.
   (4-16652)


   GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nella circoscrizione consolare di Marsiglia si è determinata una situazione di tensione che richiede l'attenzione e l'intervento dell'amministrazione italiana a tutela sia della serenità dei rapporti con la locale comunità italiana che dell'immagine del nostro Paese agli occhi degli osservatori stranieri;
   tale situazione trae origine da una partecipata manifestazione organizzata il 17 gennaio 2016 dal Comites di Marsiglia davanti al locale consolato, nel corso della quale il presidente del Comites Gerardo Iandolo e il rappresentante del Consiglio generale degli italiani all'estero Sebastiano Urgu hanno protestato per la decisione di non concedere più per scopi sociali i locali di un'antica istituzione solidaristica, la Società italiana di beneficenza, e per il licenziamento degli insegnanti d'italiano a seguito della mancata attribuzione dei corsi promossi dall'Istituto di cultura all'associazione Amerigo Vespucci che li gestiva didatticamente;
   la manifestazione, oltre che dal Comites e dal Consiglio generale degli italiani all'estero, era stata promossa anche dalla Società italiana di beneficenza ed assistenza, dall'Unione Italiani nel mondo della circoscrizione consolare di Marsiglia, dall'Associazione regionale piemontesi ed amici del Piemonte, dal collettivo degli ex-studenti dell'Istituto italiano di cultura di Marsiglia e dagli insegnanti di italiano;
   i relatori della manifestazione hanno espresso le loro riserve anche sul funzionamento dei servizi consolari, in particolare sui tempi di rilascio delle carte d'identità e dei passaporti e sulla situazione di stasi del servizio inerente allo stato di famiglia, non tacendo l'atteggiamento di scarso dialogo intercorrente con il console generale, dottor Fabrizio Mazza, e la poca propensione di questi al confronto con i rappresentanti della comunità;
   tali disfunzioni erano state segnalate da parte del Comites di Marsiglia al Ministero, che ha inviato suoi ispettori per verificare lo stato delle cose, in dialogo con lo stesso presidente dell'organismo di rappresentanza;
   il console generale Mazza si è ritenuto «offeso e diffamato» da espressioni pronunciate dai due oratori nel corso dell'iniziativa di protesta e ha proceduto a denunciare i due rappresentanti della comunità e la GESIM (Gestione servizi informazione multimediale), unitamente alla signora Maria Ferrante, direttore responsabile della testata giornalistica internet italiannetwork.it che avrebbe riportato le frasi considerate lesive;
   il denunciante ha avanzato una richiesta di risarcimento in sede civile di 250.000 euro a carico del presidente del Comites, del consigliere del Consiglio generale degli italiani all'estero e dell'agenzia che ha riportato le loro affermazioni;
   il trasferimento sul piano giudiziario di una legittima e pacifica protesta per i reali e noti limiti dei servizi consolari, oggetto di analoghe iniziative in molte parti del mondo, può rappresentare un precedente capace di distorcere la normale dialettica democratica di un organismo di rappresentanza come il Comites, di pregiudicare la ricerca di rapporti sereni e costruttivi con la comunità e di creare un imbarazzante caso agli occhi dell'opinione pubblica esterna –:
   se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché la tensione tra le parti sia riassorbita con i necessari chiarimenti tra i soggetti interessati e i risvolti di carattere giudiziario superati a tutela delle prerogative di organismi di rappresentanza democratica come i Comites, del buon nome dell'amministrazione e della corretta immagine del Paese agli occhi dell'opinione pubblica straniera.
(4-16655)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   DAGA, ZOLEZZI, MICILLO, DE ROSA, TERZONI, BUSTO e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con delibera del Cipe 51/2013 è stato approvato il progetto definitivo del tratto A12 Roma Civitavecchia-Roma (Tor de’ Cenci), parte dell'intervento denominato corridoio tirrenico meridionale A12-Appia;
   nella delibera del Cipe è dato leggere che l'opera attraversa la riserva naturale statale del litorale romano, istituita con il decreto ministeriale 29 marzo 1996 del Ministero dell'ambiente;
   nelle more di approvazione dell'opera il soggetto aggiudicatore ADL spa il 29 novembre 2011 ha inoltrato all'ente gestore Roma Capitale la richiesta del nulla osta obbligatorio e vincolante per l'istruttoria di legge e per la successiva sottoposizione alla commissione di riserva per l'espressione del parere obbligatorio e vincolante, così come disposto all'articolo 8 del citato decreto;
   l'ente gestore Roma Capitale X dipartimento ha inoltrato il progetto alla commissione di riserva in data 19 giugno 2011, per l'espressione del citato nullaosta obbligatorio e vincolante;
   in data 20 giugno 2012 il soggetto aggiudicatore ADL spa ha comunicato a Roma Capitale, ed altri enti, l'avvenuta formazione del silenzio assenso «atteso che è trascorso il termine indicato in 60 giorni dalla trasmissione del progetto alla Commissione di Riserva»;
   la commissione di riserva in data 8 febbraio 2017, nel termine previsto dei 60 giorni previsti da decreto ministeriale 29 marzo 1996, esprimeva parere negativo sulla richiesta del nullaosta obbligatorio e vincolante argomentando che l'opera attraversa in più punti la zona 1 e che a norma dell'articolo 7, comma 2, del citato decreto è vietata qualsiasi trasformazione del territorio. Neanche la commissione di riserva ha il potere di concedere il nulla osta, in quanto l'articolo 8 fa salvi i divieti imposti all'articolo 7 del decreto ministeriale, chiarendo inoltre che la realizzazione dell'opera, e più in particolare il cosiddetto «Viadotto-Tevere» (integralmente ricadente all'interno della zona 1 di riserva), avrebbe degli impatti irreversibili sull’habitat naturale assoggettato a tutela integrale proprio per le sue peculiarità e particolarità;
   il 20 ottobre 2016 il consiglio comunale di Roma Capitale ha approvato una mozione con cui impegna la sindaca ad impedire l'avvio dei lavori per l'autostrada A12 e a convocare quanto prima una conferenza servizi e ad avanzare nelle sedi competenti la richiesta che la cifra già stanziata sia invece stornata per interventi di messa in sicurezza della strada statale 148 Pontina –:
   quali iniziative di competenza abbia assunto il Ministro interrogato relativamente:
    a) alle tutele a protezione della riserva naturale statale del litorale romano, alla luce dei nuovi fatti sopravvenuti in forza del diniego del nulla osta obbligatorio e vincolante della commissione di riserva ed accertata l'impossibilità ex lege di trasformazione del territorio ricadente all'interno della zona 1 a tutela integrale;
    b) alla revoca della valutazione di impatto ambientale approvata con la delibera del Cipe 53/2012;
   se il progetto, di siffatta importanza, sia stato o meno sottoposto all'esame della commissione di riserva, nei modi e nei tempi corretti, e quali iniziative intenda assumere per chiarire che non si è mai perfezionato il silenzio – assenso asserito dalla società ADL, attivando tutti i poteri di vigilanza volti a tutelare la riserva naturale statale del litorale romano.
   (4-16658)


   PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da una delibera approvata il 3 aprile 2017 dal comune di Falerna (Catanzaro), quale capofila dell'unione dei comuni «MONTI MA.RE. DA TEMESA A TERINA», emerge che un pirogassificatore verrà realizzato, a breve, tra Falerna e Nocera Terinese, dalla società MAREnergy S.r.l., la quale ha formulato il Project Financing (proposta prot. 8278 del 28 dicembre 2016);
   nell'accordo di programma del 2014 richiamato nella delibera del 3 aprile 2017 del comune di Falerna, oltre agli obiettivi di riduzione dei costi dei comuni per lo smaltimento dei rifiuti, gli enti si dichiarano disponibili al trattamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani ai fini della produzione di Biogas. Il comune di Falerna, tuttavia, nella delibera di giunta n. 82 del 2017 ha approvato la costruzione di un impianto che prevede di: «Ottenere una ulteriore riduzione degli oneri di smaltimento, avvio e recupero della frazione umida derivante dalla vendita dell'energia elettrica e termica dell'impianto di produzione di SYNGAS». Tra le due finalità c’è una consistente differenza, considerato che, mentre nel Biogas il principale costituente è il metano (CH4) assieme all'anidride carbonica (CO2), il Syngas, invece, è un combustibile gassoso sintetico. Quest'ultimo si ottiene bruciando la frazione organica ma anche altri elementi dei Rifiuti solidi urbani;
   non esistono informazioni scientifiche circa una minore tossicità delle emissioni generate da impianti di combustione di questo tipo. Il pirogassificatore, a fronte di una maggiore complessità costruttiva, minore affidabilità e sicurezza, maggiori rischi nella realizzazione e nella gestione (fonte Ingegnere P. De Stefanis – ENEA), consente di costruire impianti più piccoli e flessibili rispetto agli inceneritori tradizionali che, per funzionare bene, devono trattare grandi quantità di rifiuti somministrati in modo costante. Il processo di pirogassificazione, d'altro canto, presenta delle criticità nel trattamento di materiali non omogenei quali i rifiuti solidi urbani;
   in Valle D'Aosta dove si stava realizzando un impianto simile a quello che si vuole realizzare a Falerna in pieno centro abitato e, in merito, un gruppo di oncologi, i professori, Fulvia Grasso, Alessandra Malossi, Alessandro Mozzicafreddo, Silvia Spinazzè, in un documento inviato alle istituzioni regionali affermavano: «desideriamo esprimere la nostra viva preoccupazione per l'ipotesi di costruzione di un impianto di trattamento a caldo dei rifiuti, denominato Pirogassificatore. Nelle popolazioni esposte alle emissioni di inquinanti, provenienti da inceneritori, sono stati ben documentati numerosi effetti avversi sulla salute, tra cui un aumentato rischio di cancro del polmone, linfomi non Hodgkin, neoplasie infantili e sarcomi. Non a caso gli impianti di incenerimento rientrano fra le industrie insalubri di classe 1 in base all'articolo 216 del testo unico delle Leggi sanitarie; qualunque sia la tipologia adottata e qualunque sia il materiale destinato alla combustione essi danno origine a diverse migliaia di sostanze inquinanti, solo in parte identificate». Sulla base di queste considerazioni la regione Valle D'Aosta bloccò la costruzione di quell'impianto di pirogassificazione;
   le scuole medie ed elementari di marina di Nocera Terinese, sono a meno di 800 metri di distanza in linea d'aria dal luogo dove dovrebbe essere allocato l'inceneritore. In Valle D'Aosta, prima di varare questo progetto, la gente è stata consultata con un referendum –:
   se non ritenga opportuno promuovere per quanto di competenza il compostaggio domestico e di comunità previsto dalla legge n. 221 del 2015 che ha modificato il decreto legislativo n. 152 del 2006 e dalle direttive europee in materia, in modo da consentire agli enti locali di operare sulla base di una disciplina in materia ambientale che promuova lo sviluppo sostenibile. (4-16664)


   PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da notizie a mezzo stampa, si apprende che i lavori per la costruenda centrale a biomasse di Bocca di Piazza, in territorio del comune di Parenti (Cosenza), nella Valle del Savuto, procedono intensamente ormai da circa due mesi, a seguito dell'autorizzazione rilasciata dal servizio di urbanistica ed edilizia privata del comune di Parenti il 21 dicembre 2016, su istanza presentata da una società di Bianchi (Cosenza) per la realizzazione di un impianto di cogenerazione per la produzione di energia elettrica e termica, da 998,00 chilowatt, alimentato a biomassa, «tab.1-A» del 6 luglio 2012 con sottoprodotti origine biologica;
   la centrale sorgerà a pochissimi metri dalla Cooperativa Savuto che produce la patata silana IGP, a poche centinaia di metri da uno stabilimento che imbottiglia acqua oligominerale naturale, in prossimità di alberghi, ristoranti e agriturismi, in una valle posta in mezzo ai quattro laghi (Passante, Savuto, Ampollino e Arvo) che riforniscono d'acqua le limitrofe città calabresi, in un territorio dove pascolano allo stato brado migliaia di podoliche il cui latte e carni si ritrovano sulle nostre tavole;
   le centrali a biomassa, anche se realizzate bene, producono comunque Cov (composti organici volatili), diossine, metalli pesanti contenuti nel legno, e particolato ultrasottile (nanopolveri), che sono la fonte di maggiori pericoli per gli esseri viventi in quanto talmente piccoli da legarsi alle molecole, generando forme tumorali, interagendo con il corpo umano direttamente attraverso i pori della pelle. A tutto ciò bisogna aggiungere l'inquinamento atmosferico e acustico prodotto dai mezzi che giornalmente dovranno rifornire la centrale e l'annientamento di interi boschi come già sta avvenendo, peraltro, nella nostra regione per soddisfare le esigenze delle centrali già in funzione;
   la nascita di diverse centrali a biomasse nella regione Calabria sta creando sempre più un fabbisogno di legname da ardere tale da scatenare un notevole incremento di tagli abusivi di alberi (la cosiddetta «mafia del legno») come ha di recente affermato in una nota stampa pubblicata su «La Siritide.it» Aloisio Mariggiò, ex generale dell'Arma dei Carabinieri e attuale commissario di Calabria Verde, ente strumentale regionale che si occupa di forestazione e difesa del suolo –:
   se non si ritenga che costruire una centrale a biomasse a qualche chilometro dal Parco nazionale della Sila vada a compromettere il delicato ecosistema di un territorio a completa vocazione turistica ed agricola o quantomeno se non si ritenga opportuno che venga negato a soggetti motorizzati l'ingresso nel perimetro del suddetto Parco perché inquinanti sia in termini di rumore che di gas di scarico;
   quali soluzioni normative intenda promuovere per tutelare le foreste calabresi dai tagli illeciti e se, non ritenga opportuno, anche per salvaguardare particolari aree di pregio, assumere iniziative per fissare un limite di potenza massima prevista per tali centrali di 500 chilowatt con un raggio di approvvigionamento delle biomasse di 10 chilometri dal punto di utilizzo. (4-16665)


   LOREFICE, COLONNESE, SILVIA GIORDANO, GRILLO, MANTERO, NESCI e DI VITA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto 7 dicembre 2016 del Ministero dello sviluppo economico, recante «Disciplinare tipo per il rilascio e l'esercizio dei titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale», pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 78 del 3 aprile 2017, prevede la possibilità per le compagnie petrolifere di modificare il programma lavori originariamente approvato al momento del rilascio di una concessione;
   al capo III, articolo 15, comma 1, del suddetto decreto si legge «Fermo restando il divieto di conferimento di nuovi titoli minerari nelle aree marine e costiere protette e nelle 12 miglia dal perimetro esterno di tali aree e dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale, ai sensi dell'articolo 6 comma 17, del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato dall'articolo 1 comma 239, della legge n. 208 del 2015, sono consentite, nelle predette aree, le attività da svolgere nell'ambito dei titoli abilitativi già rilasciati, anche apportando modifiche al programma dei lavori originariamente approvato,...»;
   di fatto, con la possibilità di poter modificare il programma dei lavori originariamente approvato, sarà data la possibilità di realizzare nuove trivellazioni, nuovi pozzi e nuove piattaforme anche nelle aree vietate ricadenti entro le 12 miglia marine, eludendo in tal modo il divieto di legge;
   la normativa attuale prevede che, entro le 12 miglia marine, sia possibile solo continuare ad estrarre con i pozzi esistenti e portare a termine il programma lavori;
   l'articolo 1, comma 239, della legge n. 208 del 2015 (richiamato all'articolo 15 del suddetto decreto) fa salvi i titoli abilitativi già rilasciati per la durata di vita utile del giacimento, tuttavia non prevede modifiche al programma lavori originariamente approvato, ma solo mere «attività di manutenzione finalizzate all'adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell'ambiente, nonché le operazioni finali di ripristino ambientale»;
   di certo, il comma dell'articolo sopracitato (comma 239 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015) non avrebbe potuto prevedere alcuna modifica al programma dei lavori, in quanto sarebbe entrato in conflitto con le precedenti e ancora vigenti normative in tema di rilascio di proroghe;
   è bene rammentare l'articolo 18 della legge 11 gennaio 1957, n. 6: «il concessionario ha diritto ad una proroga di dieci anni se ha eseguito interamente il programma di coltivazione e se ha adempiuto a tutti gli altri obblighi derivanti dalla concessione». Al comma 8 dell'articolo 9 della legge n. 9 del 1991 ed al comma 1 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 625 del 1996 sono previste proroghe per la coltivazione e la ricerca di idrocarburi;
   il decreto appena emanato pare secondo l'interrogante in contrasto con le leggi sopra citate in quanto concederebbe la possibilità di «apportare modifiche al programma dei lavori originariamente approvato con decreto», pertanto, pare presentare dei profili di illegittimità in quanto in contrasto con le sopracitate norme di rango primario che non prevedono tali modifiche;
   lo stesso decreto del 7 dicembre 2016 sopra richiamato, all'articolo 3, comma 6, (rilascio titoli minerari, durata, proroghe), ricordando gli stessi articoli di due delle tre norme prima menzionate e dichiarando che devono essere soddisfatte le condizioni di tali articoli, reca disposizioni che si pongano, secondo l'interrogante, in contraddizione con l'articolo 15 del decreto –:
   se non ritenga di prendere in considerazione l'ipotesi di modificare o ritirare il decreto appena emanato alla luce delle contraddizioni sopra riportate, dei profili di perlomeno dubbia legittimità sopra evidenziati, alla luce delle norme di carattere primario e della possibili conseguenze che l'atto può avere e sui mari italiani e sui rapporti tra Stato e regioni. (4-16667)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con provvedimento n. 13662/2008, l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha decretato il mantenimento al patrimonio indisponibile dello Stato di un fabbricato di quattro elevazioni fuori terra, sito nel comune di Misterbianco (provincia di Catania) in via San Nicolò n. 468, per essere destinato alle esigenze della tenenza dell'Arma dei carabinieri di Misterbianco;
   attualmente, la tenenza di Misterbianco è allocata in un immobile privato, condotto in locazione, il cui onere annuo a carico dello Stato è, a quanto consta all'interrogante, di circa 110.000 euro annui;
   a tutt'oggi, nonostante siano trascorsi quasi dieci anni dal provvedimento di assegnazione, l'immobile risulta ancora non utilizzato dall'Arma dei carabinieri;
   risulta indispensabile e improcrastinabile, a giudizio dell'interrogante, procedere, con la massima sollecitudine, all'allocazione dell'attuale tenenza presso il suddetto immobile, anche al fine di un risparmio della spesa pubblica dovuto al venir meno del canone annuo dell'attuale immobile locato;
   l'importanza strategica della presenza dell'Arma dei carabinieri nel territorio del comune di Misterbianco e nei comuni vicini, dal punto di vista del mantenimento dell'ordine pubblico, oltre che considerata la popolazione residente (circa 80 mila abitanti), suggerirebbe di rivedere l'organizzazione territoriale dell'Arma dei carabinieri, prevedendo l'elevazione a comando di compagnia dell'attuale tenenza di Misterbianco e l'istituzione di un nuovo presidio nel popoloso quartiere di Lineri –:
   quali iniziative intenda adottare il Governo per risolvere la problematica esposta in premessa. (4-16660)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si ritiene necessario adottare urgenti misure per contrastare la diffusione di false notizie attraverso internet, in particolare, laddove il fine è quello di danneggiare la reputazione altrui;
   al riguardo, si apprende dalla stampa il caso Alfredo Mascheroni, ventiquattrenne che vive a Parma, il quale è stato vittima, sul noto social network Facebook, della diffusione di messaggi gravemente diffamatori che lo definivano «maniaco pedofilo». Alfredo è stato così preso di mira da molti utenti che lo hanno insultato e minacciato sul web poiché hanno, sprovvedutamente, creduto alla falsa accusa. Addirittura, a causa della diffusione dei messaggi diffamatori, alcune persone ignote hanno compiuto atti vandalici presso il bar dove il ragazzo lavora;
   la lesione del diritto alla reputazione, è particolarmente grave e dannosa quando avviene a mezzo internet: chiunque può, attraverso gli strumenti della rete, denigrare e diffondere informazioni non veritiere raggiungendo, con immediatezza, un considerevole numero di persone;
   oltre a prevedere pene più gravi per tale tipologia di reato, che possano costituire concretamente un deterrente, è fondamentale adottare misure preventive che ne contrastino la commissione; si pensi, infatti, che uno degli aspetti particolarmente gravi della violazione del diritto alla reputazione, quale diritto della personalità, consiste nella difficoltà di un adeguato ripristino della situazione antecedente. Tale diritto è, pertanto, anche definito «diritto di cristallo» poiché, una volta leso, è arduo ottenere una reale tutela riparatoria;
   vanno intrapresi degli urgenti provvedimenti di contrasto al fenomeno della diffusione delle false informazioni in rete, anche denominate «bufale», in particolare, prevedendo drastiche misure nei confronti di chi lede la reputazione altrui con accuse non veritiere particolarmente gravi, come nel caso di Alfredo Mascheroni –:
   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa;
   se e quali iniziative, anche normative, intendano adottare per contrastare la diffusione di notizie e/o l'attribuzione di fatti falsi a mezzo internet;
   se il Governo, per quanto di competenza, non ritenga di adottare misure per salvaguardare l'incolumità di Alfredo Mascheroni, in considerazione delle minacce subite a causa degli atti diffamatori che gli hanno attribuito, ingiustamente, un reato gravissimo qual è la pedofilia. (5-11408)

Interrogazione a risposta scritta:


   MORANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dalla stampa si è appreso, nei giorni scorsi, che il capitano del nucleo operativo ecologico dei carabinieri (N.O.E.), Gian Paolo Scafarto, sarebbe stato interrogato dai pubblici ministeri della procura di Roma, che lo avrebbero iscritto nel registro degli indagati per il reato di falso ideologico e falso materiale in relazione ad una informativa nell'ambito dell'inchiesta cosiddetta «Consip» da lui redatta il 9 gennaio 2017: «mamma mia pure questo» sarebbe stata l'esclamazione che avrebbe utilizzato il capitano del Noe durante l'interrogatorio l'ufficiale del Noe Gianpaolo Scafarto all'ennesimo errore fatto notare dai magistrati della procura di Roma;
   molti, infatti, sarebbero, sempre secondo quanto riportato dalla stampa, gli errori all'interno del capitolo 17, quello riguardante i servizi segreti: avrebbe, infatti, riferito ai pubblici ministeri della procura di Roma, il capitano del N.O.E.: «Debbo riferire che la necessità di compilare un capitolo specifico, inerente al coinvolgimento di personaggi legati ai servizi segreti, fu a me rappresentata come utile direttamente dal dottor Woodcock che mi disse testualmente: “al posto vostro farei capitolo autonomo su tali vicende” che io condivisi»;
   quelle riportate sarebbero solo alcune delle dichiarazioni in merito alla vicenda trattata rilasciate da Scafarto durante l'interrogatorio: se, venissero confermate e rispondessero al vero si verrebbe a comporre un quadro decisamente grave e inquietante, secondo cui potrebbe essere stato il pubblico ministero Woodcock a suggerire a Scafarto un capitolo sul coinvolgimento dei servizi nella vicenda Consip, poi rivelatosi del tutto privo di fondamento;
   sono invece del 18 maggio 2017 le notizie, pubblicate in un articolo a firma di Francesco Grignetti, che riferiscono di intercettazioni riguardanti proprio lo stesso Scafarto, che avrebbe, testualmente detto, a proposito degli «errori» della sua informativa, al telefono con un collega: «L'omissione contestata è una scelta investigativa precisa che ho condiviso anche con Woodcock», riferendosi alla principale delle contestazioni cui deve rispondere, ossia di avere prospettato alla procura di Roma che c'erano degli agenti dei servizi segreti a seguirli nelle attività di polizia, «e non, come ormai era loro chiaro, un cittadino qualsiasi che si era trovato nella strada dove l'imprenditore Alfredo Romeo ha gli uffici e che banalmente cercava parcheggio»;
   nell'articolo in questione si riferisce di «Un clima avvelenato che non risparmia i rapporti tra le procure di Roma e Napoli. L'intercettazione del colloquio tra Matteo Renzi e il babbo Tiziano, i pm romani l'hanno conosciuta solo leggendo il “Fatto quotidiano”. E c’è odore di sgambetto quando la procura di Napoli chiede e ottiene da un gip di intercettare il telefonino di Tiziano Renzi, a marzo, dopo che questa tranche dell'inchiesta da due mesi era finita nella Capitale ed erano stati i pm romani ad avere indagato il «babbo» per traffico di influenze. Reato minore, peraltro, che a rigore di procedura non permetterebbe l'uso di intercettazioni, e che neppure permetterà, in futuro, la trasmigrazione di questa intercettazione da Napoli a Roma» –:
   se il Ministro interrogato non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, di doversi adoperare, in particolare tramite l'esercizio dei propri poteri ispettivi, affinché venga fatta luce sulla vicenda così come esposta in premessa, la quale, se corrispondesse al vero, delineerebbe un quadro quantomeno decisamente inquietante, anche perché coinvolge rappresentanti dello Stato che rivestono ruoli delicati e strategici. (4-16663)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI STEFANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 giugno 2017 si svolgeranno le elezioni amministrative del comune di Ardea;
   alla presentazione delle liste delle succitate elezioni sembrerebbe essere stata rilevata la presenza di una candidata Maria Bruna Pagnotti in due liste e schieramenti diversi, «Fratelli D'Italia» e «Patto per Ardea»;
   le liste devono essere necessariamente complete dei nominativi dei candidati prima di iniziare la raccolta delle firme dei sottoscrittori previo accertamento dell'identità da parte di un cancelliere o di un incaricato con delega alla firma;
   le firme dei sottoscrittori avallerebbero le due liste complete e dunque anche contenenti il nome della signora Maria Bruna Pagnotti;
   la presenza di una duplice candidatura, qualora accertata, presenterebbe i requisiti per l'invalidità delle liste in questione;
   le liste in questione «Fratelli D'Italia» e «Patto per Ardea» avrebbero presentato la documentazione secondo la normativa di legge solo l'ultimo giorno utile –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative normative volte a implementare le procedure di verifica in ordine alla regolarità delle liste elettorali in modo da evitare casi come quello di Ardea e di garantire un più corretto svolgimento delle elezioni amministrative nell'interesse dei cittadini elettori. (5-11404)

Interrogazione a risposta scritta:


   NARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con interrogazione a risposta scritta n. 4-16373 presentata dalla sottoscritta il 21 aprile 2017 nella seduta n. 783 era già stata sollevata la preoccupazione per lo svolgimento di iniziative nella giornata del 1o maggio a Massa (Massa Carrara);
   il 1o maggio, a Massa, Lotta studentesca, movimento giovanile di Forza Nuova, ha potuto sfilare in città percorrendo il centro cittadino da via Democrazia, sede di Forza Nuova, via del Patriota (davanti alla sede della questura) e via Villafranca per raggiungere, con un pullman, la zona industriale della città dove si è poi svolto il sit-in;
   in ambedue le circostanze, come riportato dai quotidiani locali, sono stati richiamati simboli, inni e canti di stampo fascista con chiari intenti provocatori;
   Massa Carrara è stata la prima provincia italiana ad essere insignita di Medaglia d'oro al valor militare;
   il comune di Massa è insignito della Medaglia d'oro al merito civile;
   Cgil e Anpi di Massa Carrara avevano presentato un appello e organizzato incontri con la prefettura affinché la manifestazione di Lotta studentesca non si svolgesse nella giornata dedicata alle storiche battaglie per i diritti dei lavoratori e che non venisse concessa la possibilità di strumentalizzare questa giornata a quelle forze politiche che hanno raccolto l'eredità storica e sociale del fascismo;
   il senso di responsabilità dei movimenti antifascisti di Massa Carrara e la massiccia presenza di forze dell'ordine in città hanno impedito scontri di piazza –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non ritenga necessario chiarire le motivazioni per cui non sia stato impedito lo svolgimento della manifestazione che ha visto sfilare movimenti neofascisti a Massa nella giornata dedicata alla festa dei lavoratori, alla luce dei considerevoli rischi per l'ordine pubblico. (4-16656)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ZAPPULLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a quanto si apprende da organi di stampa locali l'Agenzia territoriale di Augusta dell'Inps sarebbe destinata a chiudere nell'attuale sede per trasferirsi in locali comunali dove sarà ridimensionata in «punto Inps»;
   l'aggiornamento del piano organizzativo e logistico per le agenzie territoriali e complesse del territorio siciliano colpisce pesantemente Augusta, che vedrà una diminuzione delle postazioni dalle 3 attuali (1 attiva e 2 in emergenza) a 2 punti di assistenza utenza, nonostante il tessuto sociale e produttivo in cui operano richiederebbe invece un indispensabile potenziamento;
   a parere dell'interrogante è di difficile spiegare perché a Modica e Vittoria sia previsto un aumento delle postazioni di front-end mentre viene creata addirittura una nuova agenzia territoriale a Bronte. Ciò appare all'interrogante integrare una discutibile razionalizzazione di spesa che penalizza un territorio già fortemente colpito da alcune dubbie scelte d'indirizzo da, parte del Governo e della regione;
   l'interrogante e il consigliere comunale di Augusta Giancarlo Triberio confermano il massimo impegno contro quelle che ritengono scelte sciagurate assunte dal Ministro Delrio e dal presidente Crocetta sull'autorità portuale di sistema invitando alla mobilitazione unitaria delle forze sociali, economiche ed istituzionali ed evitando inutili se non controproducenti polemiche divisive; è stata sollecitata inoltre «l'amministrazione 5 Stelle di Augusta a attivarsi con propri canali politici e istituzionali per impedire l'ennesimo scippo alla città, adoperandosi attivamente a fornire all'Inps locali idonei a mantenere l'attuale livello di servizio, ma che in prospettive possano consentire pure un potenziamento» –:
   se il Ministro interrogato non intenda fornire immediate spiegazioni sui criteri che hanno ispirato il piano di riordino delle agenzie territoriali dell'Inps in Sicilia, che penalizza i numerosissimi utenti di città industriali come Augusta, per favorire territori a vocazione agricola, con basso indice demografico ed economico, operando una scelta assai discutibile.
(4-16657)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Costituzione riconosce il diritto alla salute definendolo un diritto fondamentale dell'individuo. Secondo l'articolo 32 «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»;
   l'organizzazione delle Nazioni Unite, così come l'Organizzazione mondiale della sanità, collocano il diritto alla salute alla base di tutti gli altri diritti fondamentali che spettano agli individui senza alcuna distinzione di genere, provenienza, religione, razza e censo;
   in Italia, i farmaci in fascia C con obbligo di ricetta sono totalmente a carico del cittadino in quanto sono destinati a curare disturbi di lieve entità, come mal di denti e dolori muscolari, quindi farmaci non considerati essenziali o «salvavita». In particolare, si tratta di circa 3.800 specialità, tra cui antidolorifici, antinfiammatori, antidepressivi e anticoncezionali per i quali non è previsto alcun rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale. Farmaci talmente diffusi che, ogni anno, fanno spendere agli italiani 3 miliardi di euro, in media 180 euro a famiglia, vale a dire il 36 per cento della spesa farmaceutica privata;
   un esborso considerevole, che potrebbe essere contenuto in maniera significativa con un provvedimento di liberalizzazione che consentisse anche alle parafarmacie – dove è già d'obbligo la presenza di un farmacista – la vendita di farmaci in fascia C, come è già avvenuto per i farmaci da banco (o da automedicazione);
   da quanto emerge da una ricerca del Censis commissionata da Rbm assicurazione salute (società privata che vende polizze a copertura di spese sanitarie), presentata l'8 giugno 2016 a Roma al VI «Welfare Day», sono 11 milioni gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie nel 2016 a causa di difficoltà economiche;
   secondo alcune stime presentate da esponenti del settore, se i farmaci non mutuabili fossero venduti fuori dalle farmacie potrebbero portare a un risparmio annuo che va dai 450 milioni agli 890 milioni di euro, con uno sconto a famiglia da 27 euro a 53,45 euro all'anno;
   per sollecitare l'apertura del mercato dei farmaci di fascia C è stata lanciata una petizione online «Liberalizziamoci» a cui hanno aderito circa 170 mila cittadini e che ha incassato il sostegno di Altroconsumo e delle Federazione nazionale parafarmacie italiane;
   le regioni possono anche disporre la parziale inclusione di medicinali di fascia C nell'elenco dei medicinali rimborsabili –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno iniziative, per quanto di competenza, anche a livello normativo per garantire, in modo uniforme sul territorio nazionale la gratuità dei farmaci di fascia C ai soggetti più deboli e vulnerabili da un punto di vista economico, al fine di dare attuazione ai princìpi costituzionali espressi in premessa;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per ridefinire organicamente la distribuzione e la vendita dei farmaci, nell'ottica di stimolare la concorrenza e la conseguente probabile ed auspicata riduzione dei prezzi di vendita, favorendo di fatto l'accessibilità ai farmaci per tutti i cittadini. (5-11409)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 maggio 2017 è stato pubblicato sul sito del Ministero della salute un avviso ai consumatori inerente al rischio di intossicazione alimentare per una partita di tonno avariata proveniente dalla Spagna e commercializzata in Italia;
   dalla nota diffusa dal Ministero della salute spagnolo Aecosan (Agencia Española de Consumo Seguridad Alimentaria y Nutrición), in cui viene riportata la notizia dell'insorgenza di focolai di sindrome sgombroide che, ad oggi, avrebbero coinvolto 105 persone, si apprende che il tonno avariato potrebbe essere stato venduto in Italia allo stato sfuso, in piccole quantità e in diversi formati, nelle pescherie o in negozi che vendono direttamente al consumatore finale;
   a seguito di tale comunicazione, il Ministero della salute ha invitato chi avesse acquistato tonno fresco, a partire dal 25 aprile 2017, a verificare la provenienza del pesce, contattando gli esercizi di vendita in cui la merce è stata acquistata;
   in particolare, il dipartimento di igiene e prevenzione della Usl 4 del Veneto orientale ha messo in allarme pescherie, gestori di attività di ristorazione e cittadini potenziali consumatori, sul rischio di un'intossicazione alimentare legata al tonno avariato di provenienza spagnola, proprio nei giorni in cui, in un locale di Jesolo, due clienti hanno accusato i sintomi di un'intossicazione alimentare, dopo aver mangiato una pasta al tonno;
   la sindrome sgombroide è una patologia simil-allergica risultante dall'ingestione di pesce alterato che contiene istamina e che può causare gravi problemi di salute tra cui crampi addominali, nausea, diarrea, palpitazioni, senso di malessere e ipertermia –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano adottare, in aggiunta alle attività di informazione dirette ai consumatori sui rischi di una possibile intossicazione legata all'ingestione della partita di pesce avariato, per evitare il rischio di insorgenza, in futuro, di nuovi casi legati al commercio in Italia di merce avariata, proveniente dalla Spagna, anche attraverso il rafforzamento del sistema dei controlli tra i due Paesi e la stipula di accordi ad hoc volti a prevenire tali rischi.
   (4-16651)


   VARGIU, MATARRESE, MENORELLO, CATALANO, GALGANO e OLIARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, gli organi di stampa inglesi si sono occupati della cessione di dati sensibili sanitari relativi a 1,6 milioni di pazienti del Nhs, sulla base di un accordo stipulato tra Deep Mind di Google e il Royal Free Hospital di Londra;
   tali dati, che sarebbero stati ceduti per consentire a Google di testare un'applicazione potenzialmente utile a migliorare alcuni trattamenti sanitari salva-vita, sarebbero stati gestiti in assenza di un consenso esplicito da parte dei pazienti e per finalità che non sembrerebbero sovrapponibili a quelle declinate nel protocollo, al punto da indurre il consulente del National Data Guardian inglese, la signora Fiona Calidcott a segnalare all'ufficio del Commissario per l'informazione (ICO) la possibile illegittimità dell'operazione;
   nel caso in cui venisse accertato tale uso illegittimo dei dati sanitari da parte di Deep Mind, a Google verrebbe richiesto di cancellare tutti i dati sanitari sensibili acquisiti in modo inappropriato dall'RFH;
   nel viaggio americano del marzo 2016, nella tappa di Boston, l'allora Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi avrebbe concluso un accordo di collaborazione con IBM riguardante Watson Health, il sistema di « cognitive computing» realizzato da IBM. Tale accordo sarebbe finalizzato anche alla creazione di un grande polo guida nell'elaborazione dei dati sanitari nelle aree dell'Expo di Milano-Rho;
   rileggendo le cronache relative a tale accordo, recentemente rievoca dal portale del sito web Tiscali.it e le ricostruzioni giornalistiche pubblicate dal « Fatto Quotidiano» in data 15 febbraio 2017, se ne desumerebbe che il Governo in cambio degli investimenti in Italia promessi dalla multinazionale IBM, si sia impegnato a cederle tutti i dati sanitari relativi agli abitanti (quasi dieci milioni) della regione Lombardia, «ivi incluso il diritto all'utilizzo secondario dei predetti dati sanitari per finalità ulteriori rispetto ai progetti»;
   i dettagli dell'accordo di cessione della summa dei dati contenuti all'interno della Protected Health Information non sono riportati né dal « Fatto Quotidiano», né dal portale web di Tiscali.it;
   sempre secondo il portale web Tiscali.it, che cita documenti che sarebbero in possesso del « Fatto Quotidiano», le informazioni che verrebbero fornite a IBM potrebbero essere utilizzate «in forma anonima e identificata per specifici ambiti progettuali»;
   lo stesso sito web, segnala che Ibm, avrebbe manifestato interesse a disporre dei dati sanitari di tutti i cittadini italiani;
   l'eventuale trasferimento a terzi di dati sanitari sensibili di pazienti italiani, in assenza di specifico consenso individuale al trattamento, parrebbe configurare, secondo gli interroganti, una inquietante violazione dei diritti di libertà individuali, assai pericolosa per tutti i possibili utilizzi distorti a cui può essere avviata tale immensa mole di informazioni sulla salute individuale e collettiva –:
   quali siano i termini dell'accordo di collaborazione tra il Governo e IBM, o sue società partecipate o controllate, e se il loro contenuto corrisponda, almeno in parte a quanto risultante dalle indiscrezioni riportate dal Fatto Quotidiano e dal sito web Tiscali.it;
   se ad oggi siano stati forniti a IBM, o sue società partecipate o controllate, dati sanitari di pazienti lombardi e, in caso affermativo, quali dati siano stati forniti, quali siano i criteri e le finalità del loro utilizzo e quale eventuale consenso a tale utilizzo sia stato dato dai soggetti titolari dei dati;
   se risulti sia stato interessato il Garante per la protezione dei dati personali, ai sensi della normativa sulla Privacy, prima della sottoscrizione dell'accordo e se esso si sia espresso sulla legittimità della cessione di dati sanitari. (4-16653)


   CATANOSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come riporta il sito quotidianosanità.it, l'Italia è stata ormai superata da diversi Paesi, e per vederlo scritto nero su bianco basta consultare il rapporto dell'Oms « World Health Statistics»;
   secondo il documento, che fotografa la salute mondiale attraverso una serie di coperture contro le malattie, non solo le coperture italiane sono tra le più basse d'Europa, ma ci sono Paesi africani che hanno superato l'Italia;
   nella tabella su tetano, pertosse e difterite, i dati del rapporto, che si riferiscono al 2015, danno per l'Italia una copertura del 93 per cento fra le più basse della regione europea, superata anche dai migliori Paesi africani, da Rwanda e Tanzania, che sono al 98 per cento, a Eritrea, Botswana e Algeria che sono al 94 per cento;
   da quanto si può leggere nell'articolo di quotidianosanità.it, «i miglioramenti che si erano visti nelle coperture globali tra il 2000 e il 2010 hanno avuto un rallentamento tra il 2010 e il 2015»;
   altri punti critici dal punto di vista della salute che il rapporto segnala per l'Italia sono la mortalità per incidenti stradali, 6,1 morti per 100 mila abitanti, molto più alta ad esempio dei 2,8 morti svedesi –:
   quali iniziative, anche di carattere normative, abbia adottato, o sia in procinto di adottare, il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-16661)


   LOREFICE, SILVIA GIORDANO, COLONNESE, GRILLO, MANTERO e NESCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   gli emodanneggiati percepiscono un indennizzo ex lege n. 210 del 1992;
   tale indennizzo viene erogato da più enti pubblici, quali il Ministero della salute, la regione, le Asl, in base ad un criterio temporale di ammissione al beneficio de quo;
   questa frammentazione capillare comporta innumerevoli problematiche, soprattutto in ordine alla puntualità e continuità dei pagamenti, con disagi di notevole entità in capo agli emodanneggiati;
   è stato numerose volte chiesto da alcune associazioni e dagli stessi danneggiati l'erogazione in toto da parte del Ministero della salute di tali indennizzi al fine di garantire uniformità degli stessi su tutto il territorio nazionale;
   in base alla legge n. 244 del 24 dicembre 2007 e al decreto-legge n. 113 del 24 giugno 2016, convertito dalla legge 7 agosto 2016 n. 160, l'indennizzo a favore dei soggetti affetti da sindrome da talidomide, viene erogato dallo Stato;
   appare evidente l'esistenza di un trattamento di erogazione differente per situazioni pressoché simili (pagamento di un indennizzo) –:
   quali siano le ragioni che hanno determinato la particellizzazione sopra richiamata nell'erogazione degli indennizzi ex lege n. 210 del 1992. (4-16662)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   PARENTELA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   prima dell'apertura del Mercure, in Calabria, erano già attive quattro centrali biomasse, di potenza complessiva di 104 MW e, con un consumo di 1.010.000 tonnellate l'anno. La centrale del Mercure, da sola, ha una potenza pari al 40 per cento delle altre quattro ed un consumo annuo, di 340.000 tonnellate, che porta a quasi un milione di tonnellate l'anno il «saldo negativo», in Calabria, tra richiesta ed offerta di biomasse da ardere;
   fin dall'inizio del 2016, in concomitanza temporale con l'apertura della centrale del Mercure, si è verificata in Calabria una recrudescenza senza precedenti di tagli boschivi illegali – incessantemente riportati dalla stampa e dall'interrogante con diversi atti di sindacato ispettivo e su cui sta attivamente indagando la magistratura – che stanno distruggendo le foreste, contribuendo al dissesto idrogeologico, ai processi di desertificazione, allo sviluppo del fenomeno di criminalità organizzata noto come «mafia dei boschi»;
   l'amministratore delegato di Enel ha ufficialmente ammesso, nella richiesta di autorizzazione per la centrale del Mercure, l'utilizzo dei dati microclimatici della valle di Latronico, invece di quelli del Mercure, in quanto «analoghi». Ha altresì affermato che i qualora i rilievi in corso (fatti a Enel) dovessero mostrare evidenti discrepanze tra i dati della valle di Latronico e quella del Mercure, si potrà cambiare la modalità di rilevamento degli inquinanti. Quanto finora asserito, ad avviso dell'interrogante, toglie ogni attendibilità scientifica al posizionamento delle centraline, rendendo inattendibile il livello di inquinamento dell'aria e dunque il rischio di salute della gente del Mercure;
   Enel, come ha affermato l'amministratore delegato, con la centrale del Mercure nel 2016 ha incassato 49 milioni di euro, di cui 39 milioni di incentivi pubblici e appena 10 dalla produzione energetica –:
   se quanto affermato dall'amministratore delegato di Enel in merito agli incentivi pubblici incassati con la centrale del Mercure trovi conferma e quale sia la ratio di tale finanziamento pubblico a fronte del quale l'interrogante come contropartita altro non vede se non la distruzione del patrimonio boschivo calabrese, del prezioso e delicatissimo ambiente del parco nazionale del Pollino, uno sviluppo del fenomeno di criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetista e la possibilità di seri danni per la salute degli abitanti della valle del Mercure. (4-16654)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Gallinella n. 7-01233, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 770 del 30 marzo 2017.

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    nel dicembre 2016 è stato introdotto, ancorché in via sperimentale, l'obbligo di indicare nell'etichetta del latte e dei prodotti da esso derivati commercializzati in Italia, la duplice menzione del Paese di mungitura e quello di condizionamento o trasformazione, ovvero dei «Paesi Ue» o «non Ue» nel caso in cui le predette operazioni avvengano in più Stati membri o Paesi terzi;
    analoga sperimentazione è in corso di finalizzazione relativamente alla filiera delle materie prime grano-pasta, a dimostrazione del fatto che la tracciabilità del prodotto è senz'altro veicolo prezioso per la valorizzazione e promozione del «made in Italy» oltre che strumento indispensabile per la determinazione di scelte consapevoli da parte del consumatore;
    sarebbe opportuno, alla luce delle criticità che investono alcuni comparti significativi del nostro agroalimentare, estendere tali sperimentazioni al settore risicolo;
    come noto, settore risicolo nazionale, a seguito della liberalizzazione delle importazioni da alcuni Paesi terzi stabilite dai recenti accordi commerciali conclusi a livello comunitario, attraversa una pesantissima crisi che interessa sia il comparto del riso lavorato che quello del risone;
    la crisi è certificata dalla stessa Commissione europea che ha preventivato, per la campagna in corso, rimanenze finali, ovvero prodotto non collocato sul mercato, pari a 585 mila tonnellate, circa un terzo dell'intera produzione comunitaria; questo stato di cose ha portato gli agricoltori a diminuire del 40 per cento la superficie a riso indica – quello maggiormente concorrenziato dal prodotto di importazione dai Paesi meno avanzati – e ad aumentare, nel contempo, di oltre il 14 per cento la superficie coltivata a riso japonica, creando in tal modo i presupposti per lo squilibrio di mercato di tutte le due tipologie di riso con il conseguente crollo delle quotazioni dei risoni verificatosi nel corso delle ultime settimane;
    a novembre 2015 la Camera ha approvato diverse mozioni che impegnavano il Governo a tutelare il settore risicolo nazionale, sia attraverso campagne di promozione e sostegno del riso italiano in Europa, sia attraverso l'introduzione di un sistema di etichettatura, compatibile con la normativa europea, nel quale fosse specificata l'origine e soprattutto l'indicazione del nome della varietà di riso effettivamente contenuta nella confezione, nonché la sede dello stabilimento di confezionamento,

impegna il Governo

ad adottare – anche alla luce delle mozioni sopra richiamate approvate nel novembre 2015 e citate in premessa – iniziative per introdurre, nel più breve tempo possibile, anche per la filiera risicola, ancorché in via sperimentale, l'obbligo di indicare in etichetta il Paese di produzione, ovvero l'origine della materia prima, al fine di salvaguardare e valorizzare un comparto estremamente significativo dell'agroalimentare nazionale.
(7-01233)
«Gallinella, Cecconi, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Parentela, Lupo».