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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 9 maggio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi quindici anni oltre trentamila persone sono morte cercando di attraversare il Mediterraneo. Vittime in gran parte sconosciute: il sessanta per cento di loro resta infatti senza nome e senza un'identità. È un aspetto poco conosciuto, eppure particolarmente diffuso, delle drammatiche migrazioni verso l'Europa;
    nel 2015 sono decedute in mare, cercando di raggiungere i Paesi europei, 3.771 persone. Inoltre, il 77 percento delle morti (circa 2,892 persone, a fronte di 152.364 arrivi) si è verificato nel Mediterraneo centrale, ossia la rotta che collega la Libia all'Italia e Malta, mentre 805 migranti (circa il 21 per cento del totale), sono morte nel Mediterraneo orientale, in Turchia e in Grecia. Infine, nella rotta che collega il Maghreb alla Spagna sono stati registrati all'incirca 74 decessi;
    stando ai dati dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, nel 2016 il numero è cresciuto fino a 5.022: nel corso del 2016 il tasso di mortalità per un migrante nel Mediterraneo è praticamente triplicato. La ragione dell'aumento della mortalità, nonostante la diminuzione dei tentativi di attraversamento del Mar Mediterraneo, secondo l'Unhcr risiederebbero sostanzialmente in una pluralità di eventi, ossia le cattive condizioni meteorologiche, il pessimo stato dei barconi e dei gommoni utilizzati per il viaggio e soprattutto il fatto che quella fra le coste del Nord Africa e l'Italia è diventata la rotta più frequentata d'Europa dopo la chiusura della cosiddetta «rotta balcanica». Attualmente, dunque, la tratta più pericolosa rimane quella tra Libia e Italia, che restituisce in media un morto ogni 47 arrivi, mentre nella traversata tra la Turchia e la Grecia si registrerebbe un morto ogni 88 arrivi. Ad ogni modo, la traversata tra il Nord Africa e l'Europa continua a essere quella che miete più vittime al mondo per i migranti;
    a fine aprile 2017 l'Oim ha aggiornato il tragico bilancio dei morti in mare dall'inizio dall'inizio nel tentativo di raggiungere l'Europa: sono 1.089. Nello, stesso periodo preso in esame (1o gennaio-23 aprile 2017), un totale di 43.204 migranti e rifugiati sono entrati via mare in Europa, l'80 per cento dei quali in Italia (36.851) e il resto in Spagna e in Grecia;
    sul fronte del fenomeno migratorio, si rileva che l'instabilità politica che colpisce i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, e l'emergenza umanitaria che ne consegue, continuino ad accrescere la pressione migratoria verso la sponda Sud dell'unione europea attraverso il Mediterraneo;
    il Rapporto 2016 sulla protezione internazionale in Italia, redatto a cura di Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, ANCI/SPRAR/CITTALIA, in collaborazione con l'UNHCR, nel fare il punto della situazione sul fenomeno dei migranti forzati nel mondo e su quello dei richiedenti protezione internazionale in Italia e in Europa, ha affermato che tra il 2015 ed il primo semestre del 2016 si sono acuite e cronicizzate molte situazioni di guerra (35 conflitti in atto e 17 situazioni di crisi), che hanno provocato la fuga di un numero sempre maggiore di persone. Si calcola, infatti, che nel corso del 2015, siano state costrette a fuggire dalle loro case, circa trentaquattro mila persone al giorno: in media 24 persone al minuto;
    le conclusioni dell'ultimo Consiglio europeo in materia di migrazioni incentrate, principalmente, sulla questione dei rifugiati in Turchia e in Africa, sul rimpatrio dei migranti e rifugiati presenti in Libia, nonché sul rafforzamento della collaborazione con la guardia costiera libica, hanno tuttavia lasciato irrisolti i problemi maggiori che affliggono l'Europa sulla gestione delle migrazioni, e che riguardano, in primo luogo, i morti nel Mediterraneo del 2016, la disastrosa situazione di migliaia di rifugiati detenuti nelle isole greche, del numero senza precedenti di arrivi via mare in Italia, nonché del fallimento del piano di ricollocamento in altri Stati dell'Unione di richiedenti asilo dall'Italia e dalla Grecia;
    permangono le forti preoccupazioni per il sostanziale mancato decisionismo sul tema della protezione dei rifugiati in Europa, che si sarebbe tradotto in una scarsa solidarietà nei confronti dell'Italia che, ad oggi, rappresenta l'unico Paese europeo nel quale si registra un costante aumento degli arrivi e del numero di richiedenti asilo e che da accoglienza a circa 180.000 persone;
    dal 1o gennaio 2017 fino al 5 maggio 2017 (fonte Ministero dell'interno) sono sbarcati in Italia 37.253 migranti, con un +29,76 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016, quando arrivarono 28.710 persone;
    il meccanismo di ricollocamento dei richiedenti asilo in altri Paesi membri è sempre in forte rilento: la situazione al 30 marzo indica che complessivamente sono scali ricollocati 16.025 migranti, di cui 4.746 dall'Italia (su un totale di 34.953 previsti) e 11.279 dalla Grecia (su 63.302);
    di fronte a questa emergenza europea di dimensioni enormi l'Italia da sola non ha la forza di rispondere efficacemente a questa sfida. Nonostante l'enorme lavoro svolto sul fronte dell'emergenza in mare e portato avanti egregiamente dalle forze della Guardia costiera per salvare i numerosi migranti, non si percepisce dall'Europa un sostegno ed un aiuto concreto, ma solamente timide risposte e proposte affatto risolutive per la gestione dell'emergenza;
    è emersa con forza l'esigenza fondamentale di mettere in campo con assoluta urgenza una strategia di sistema che coinvolga tutti i Paesi europei, allo scopo di trovare soluzioni condivise e durature rispetto ad un problema che diventa ogni giorno più stringente e drammatico,

impegna il Governo:

1) ad assumere ogni iniziativa di competenza al fine di contrastare con forza il dilagante fenomeno dei decessi dei migranti, durante le traversate nel Mar Mediterraneo, anche attraverso ogni azione volta a disincentivare le partenze clandestine, garantendo un maggiore impegno da parte dei Paesi europei nella concreta applicazione degli accordi di Malta, in particolare nell'azione di rafforzamento del controllo delle frontiere del Mediterraneo, anche attraverso il potenziamento e l'incentivazione dell'attività di controllo e monitoraggio di Frontex;
2) a promuovere un intervento decisivo a livello europeo che fornisca adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, attraverso il potenziamento delle azioni dell'Unione europea per il salvataggio delle vite umane nel Mediterraneo, assicurando altresì la ricollocazione e il rimpatrio dei migranti, e la costituzione di punti di crisi (hotspot) nei Paesi di provenienza o nei Paesi del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo, definendo un approccio comune europeo per la gestione del flusso dei rifugiati e dei richiedenti protezione internazionale;
3) a promuovere e rilanciare accordi bilaterali con i Paesi di origine, sulla scia di quanto fatto dai Governi Berlusconi, come premessa per bloccare le partenze di migranti irregolari, stroncare le attività degli scafisti, facilitare le procedure di espulsione dei clandestini, nonché l'identificazione delle eventuali vittime registrate nel corso delle traversate;
4) ad intervenire nelle opportune sedi per porre in essere nel più breve tempo possibile l'inizio della fase 3 della missione Eunavfor Med, al fine di
 prevenire in maniera più efficace partenze clandestine e contrastare il fenomeno dei decessi in mare.
(1-01624) «Gregorio Fontana, Ravetto, Occhiuto, Sandra Savino».


   La Camera,
   premesso che:
    l'acufene in medicina è un disturbo uditivo che si manifesta come una sensazione acustica, in alcuni casi particolarmente fastidiosa, avvertita anche se nessuna sorgente esterna l'abbia generata;
    si manifesta sotto forma di fischi, ronzii, fruscii, sibili e altri innumerevoli suoni e può interessare un solo orecchio, entrambi o più genericamente può essere localizzato al centro della testa;
    l'acufene può essere di breve durata, senza alcun significato clinico, o persistere nel tempo;
    diverse sono anche le cause alle quali può essere associato: dal calo uditivo all'esposizione al rumore, all'utilizzo prolungato di alcuni farmaci ototossici;
    la popolazione di età compresa tra i 45 e i 75 anni è quella più interessata da questo sintomo;
    alcune volte l'acufene può determinare ripercussioni sulla qualità di vita del soggetto che ne soffre perché è associato, non di rado, a disturbi del sonno, ansia, nervosismo, difficoltà di concentrazione, stress, fino a disturbi depressivi o d'ansia;
    non è classificabile come una malattia, ma è piuttosto una condizione che può derivare da una vasta pluralità di cause. Tra di esse si possono includere: danni neurologici (ad esempio dovuti a sclerosi multipla), infezioni dell'orecchio, stress ossidativo, stress emotivo, presenza di corpi estranei nell'orecchio, allergie nasali che impediscono (o inducono) il drenaggio dei fluidi, accumulo di cerume e l'esposizione a suoni di elevato volume. La sospensione dell'assunzione di benzodiazepine può essere anch'essa una causa;
    l'acufene può essere un accompagnamento della perdita dell'udito neurosensoriale o una conseguenza della perdita dell'udito congenita, oppure può essere anche un effetto collaterale di alcuni farmaci (acufene ototossico);
    l'acufene è solitamente un fenomeno soggettivo, che non ha parametri di comparazione oggettivi. Viene valutato clinicamente su una semplice scala da «lieve» a «catastrofico», in base agli effetti che comporta, come ad esempio l'interferenza con il sonno e sulle normali attività quotidiane;
    se viene individuata una causa di fondo, il suo trattamento può portare a miglioramenti. In caso contrario, è facile che si debba ricorrere alla psicoterapia. Ad oggi, non vi sono farmaci che si sono rivelati efficaci;
    in Italia, è un disturbo piuttosto comune, pare che ne siano affetti oltre 5 milioni di persone. Questo disturbo colpisce circa il 10/15 per cento delle persone, ma si rivela un serio problema solo nell'1-2 per cento dei casi;
    la corretta definizione di «acufene» dovrebbe essere «percezione acustica non organizzata, non realmente prodotta da alcuna sorgente sonora, né all'interno, né all'esterno del nostro corpo», proprio per distinguere questo fenomeno dai comuni rumori perché le percezioni sensoriali vengono elaborate dal cervello, che non è in grado di percepire direttamente suoni, luci o altri stimoli nella loro forma originaria, ma solo segnali bioelettrici derivati dalla conversione operata da specifici recettori che nel caso dell'udito sono le cellule ciliate dell'orecchio interno (coclea);
    ogni acufene deve essere un segnale bioelettrico che viene prodotto in qualche punto della via uditiva (orecchio interno, nervo acustico, vie uditive centrali);
    acufene sono, quindi, solo quei rumori che il corpo non può produrre in maniera continuativa (quali ronzii, fischi, sibili), indipendentemente dalla loro frequenza o dalla loro durata, la cui stazione di partenza è l'orecchio interno e la cui stazione di arrivo è la corteccia acustica cerebrale;
    l'origine esatta degli acufeni non è ancora ben determinata; probabilmente, diversi meccanismi possono generare questo disturbo. In senso generale, un acufene può derivare da un danno permanente a carico delle cellule ciliate cocleari, da un danno permanente a carico del nervo acustico o delle vie nervose centrali;
    finora, nessuno è mai riuscito a documentare con certezza la possibile origine cerebrale dell'acufene;
    secondo alcune ricerche che hanno approfondito lo studio sulle sostanze neuromodulatrici e neurotrasmettitrici (essenziali per la trasmissione degli stimoli delle cellule sensoriali alle fibre nervose o da un neurone all'altro) hanno ipotizzato l'esistenza di «acufeni sinaptici cocleari»;
    ci sono diverse possibili classificazioni degli acufeni proposte negli anni dagli studiosi. Alcuni distinguono gli acufeni in «oggettivi» e «soggettivi»:
    gli «acufeni oggettivi» sono molto rari e si presentano come suoni che si generano all'interno del corpo umano, come ad esempio quelli prodotti da un flusso vascolare particolare o da contrazioni muscolari. Questo tipo di acufeni utilizzando tecniche particolari, è possibile ascoltarlo dall'esterno;
    gli «acufeni soggettivi» sono i più comuni e si individuano nei casi in cui il soggetto percepisce un suono che non è ascoltabile dall'esterno e che può essere provocato da farmaci come l'aspirina (acido acetilsalicilico), da alcuni antibiotici (aminoglicosidi), ma anche da alcool, caffeina e antidepressivi. Le cause che determinano l'insorgere dell'acufene soggettivo sono spesso oscure. Un trauma diretto all'orecchio interno può causare l'acufene, mentre altre cause apparenti, come disordini dentali e dell'articolazione temporo-mandibolare, sono difficili da spiegare;
    la ricerca recente ha proposto due categorie distinte di acufene soggettivo:
     l’«acufene otico», causato dai disordini dell'orecchio interno o del nervo acustico e l’«acufene somatico», causato da disordini che non riguardano l'orecchio o il nervo, pur trovandosi all'interno della testa o del collo;
     si ipotizza, inoltre, che l'acufene somatico possa essere dovuto a un central crosstalk con il cervello, come se certi nervi del collo e della testa entrassero nel cervello vicino alla regione coinvolta nell'udito;
     ma gli «acufeni» possono essere anche «audiogeni», cioè ad alta probabilità di insorgenza da un danno o una disfunzione dell'apparato uditivo a livello della chiocciola o delle vie nervose uditive: in questi casi l'orecchio registra e trasmette rumori provenienti patologicamente dal proprio interno;
     o «acufeni non audiogeni», cioè quelli che originano in patologie e disfunzioni situate al di fuori dell'apparato uditivo, in altri organi od apparati, come quello vascolare, muscolare, articolare, che vengono solo percepiti dall'orecchio, come può fare un semplice microfono e quindi trasmessi al sistema nervoso;
    in effetti, anche alcuni acufeni provenienti dall'orecchio come quelli causati da presenza e movimento di secrezioni catarrali fra tromba di Eustachio e cassa timpanica dovrebbero essere considerati «non audiogeni o esogeni» in quanto la loro origine è al di fuori del complesso chiocciola-vie nervose uditive;
    altra forma di acufene è quello pulsante, che si manifesta con un suono ritmico e pulsante, che nella maggior parte dei casi va a tempo con il battito cardiaco. Può essere udito con un esame obiettivo, appoggiando lo stetoscopio sul collo del paziente, oppure mediante un microfono collocato all'interno del condotto uditivo. Nonostante non sia una forma frequente di acufene, alcune delle sue cause sono note: ipertensione, soffio al cuore, patologie a carico delle trombe di Eustachio, tumore glomico, anomalie in una vena o in un'arteria;
    gli acufeni sono attualmente contenibili in una percentuale elevata dei casi, anche se disporre di cure non vuol dire poter garantire la guarigione definitiva, essendo comunque possibili recidive come per molte patologie mediche non chirurgiche;
    le principali risorse per la cura dei sintomi dell'acufene sono rappresentate dalle tecniche riabilitative (quali la Tinnitus Retraining Therapy, TRT) che non curano realmente la causa, ma richiedono circa tre mesi per sviluppare un beneficio significativo e un periodo che va da 12 a 18 mesi per il loro pieno svolgimento; da trattamenti farmacologici mediante neurofarmaci e da trattamenti che mirano alla risoluzione dell'idrope cocleare, efficaci ovviamente solo quando questo sia il meccanismo all'origine dell'acufene (come è sospettabile in presenza di fluttuazioni evidenti di intensità o addirittura fasi evidenti di remissione anche spontanee), il che avviene in molti casi, permettendo di escludere a priori l'ipotesi di un danno permanente a carico di cellule e nervi quale sorgente dell'acufene stesso;
    sono disponibili nuove metodiche ed apparecchiature in grado di registrare l'attività (emissioni otoacustiche) delle cellule sensoriali contenute nell'organo del Corti;
    l'individuo affetto da acufene può trovare sollievo dall'arricchimento sonoro ambientale, grazie al quale può distrarre il cervello dall'ascolto dell'acufene;
    alcune ricerche avrebbero confermato che una eccessiva sensibilità dell'orecchio interno all'azione dell'ormone regolatore dei suoi liquidi porterebbe allo sviluppo dell'idrope cocleare, possibile causa di acufeni, ed unico meccanismo attualmente in grado di spiegare acufeni fluttuanti, variabili o incostanti;
    l'idrope cocleare può essere in parte controllato anche a livello meccanico, creando una contropressione che faciliti il deflusso dei liquidi bloccati nell'orecchio interno. Questo può essere ottenuto con sedute di terapia iperbarica, o in modo molto più semplice (ma spesso insufficiente) con l'autoinsufflazione di aria nell'orecchio medio, in grado indirettamente di creare una contropressione nell'orecchio interno;
    oggi è possibile trovare numerose cure pubblicizzate come efficaci, ma che non trovano ancora riscontri scientifici definitivi. Fra queste:
     il laser per acufeni (« soft laser»): strumento in grado di favorire la rigenerazione cellulare delle cellule ciliate cocleari. Fatto biologicamente impossibile poiché le cellule ciliate cocleari non sono in grado di rigenerarsi dopo un danno essendo cellule perenni;
    i vasodilatatori e fluidificanti del sangue: ma qualora fossero davvero venuti a mancare sangue e ossigeno alle cellule ciliate cocleari, dopo appena 4-7 minuti queste avrebbero subito un danno permanente, con conseguente necrosi e morte definitiva. Quindi, la successiva reintegrazione di sangue e ossigeno non potrebbe avere alcun effetto rigenerativo su cellule morte;
     le vitamine o additivi nutrizionali: che, però, non svolgono alcun ruolo documentato nel meccanismo di formazione degli acufeni;
     le terapie per il rachide cervicale: non c’è una evidente relazione tra «la cervicale» e l'acufene, peraltro, mai dimostrata, seppure siano in corso studi in soggetti che lamentano un acufene variabile in base alla posizione del collo;
    molte terapie propagandate come soluzione per l'acufene non sono state sperimentate su esseri umani, o sono state diffuse anche solo basandosi sul fatto che gli animali di laboratorio hanno mostrato comportamenti tali da far intuire che l'acufene sperimentalmente indotto (senza alcuna prova che ci fosse davvero) era scomparso;
    ove non regrediscano entro i primi mesi dalla loro insorgenza, vi è la possibilità che gli acufeni persistano negli anni successivi, divenendo cronici a tutti gli effetti, sebbene molte persone riferiscano l'incostanza del disturbo anche dopo anni dal suo esordio e lunghe fasi di assenza dell'acufene;
    questo disturbo, solo apparentemente banale, può però a volte creare un vero e proprio stato invalidante, coinvolgendo l'assetto psicologico ed emozionale del malato, la sua vita di relazione, il ritmo sonno-veglia, le attitudini lavorative, il livello di attenzione e concentrazione, inducendo o molto più spesso potenziando stati ansioso-depressivi preesistenti, interferendo pertanto sulla qualità della vita;
    l'acufene non fa distinzioni: può colpire a qualsiasi età. Non si tratta di una malattia diffusa tra i bambini, che riferiscono la patologia più raramente rispetto agli adulti, in parte perché è più probabile che i bambini affetti da acufene abbiano problemi di udito fin dalla nascita. Potrebbero invece non notare l'acufene e non preoccuparsi, proprio perché sono abituati a questo problema fin dalla nascita;
    attualmente, l'acufene non è considerato una vera e propria malattia, ma un sintomo determinato da patologie vascolari (fistole del collo, tumori carotidei, aneurismi intracranici o meningei, patologie dei grossi vasi del collo) o, più frequentemente, associato a patologie audiologiche, vestibolari, neurologiche, autoimmuni, cerebrovascolari, dismetaboliche ed ematologiche;
    l'insorgere dell'acufene può essere causato dalle malattie più comuni dell'orecchio come infezioni virali o batteriche, otite, otosclerosi, timpanosclerosi, sordità genetiche, e altro. Altri piccoli malfunzionamenti come problemi di articolazione cervicale o temporomandibolare o di postura, problemi all'orecchio medio, problemi odontoiatrici si possono riflettere sul sistema uditivo scompensandolo e quindi inducendo acufene;
    solo recentemente si stanno evidenziando gli effetti tossici per l'orecchio di un numero crescente di farmaci anche di uso comune. Alcuni ricercatori indicano composti chimici, contenuti negli alimenti come potenziali induttori o facilitatori di acufene come dolcificanti, utilizzati in sostituzione degli zuccheri e gli esaltatori di gusto come i glutammati che, senza saperlo, si introducono ogni giorno nel corpo, semplicemente mangiando o bevendo;
    il nostro organismo produce sostanze che normalmente vengono utilizzate dall'orecchio per le sue funzioni fisiologiche ma che diventano lesive per l'orecchio stesso in condizione di stress acustico o di più generale stress psicofisico. In questo caso si parla di «eccito-tossicità»;
    l'orecchio può essere bersaglio anche di patologie «autoimmuni» che a volte si manifestano anche attraverso l'insorgenza di acufeni;
    se la causa dell'acufene non è chiara, nella maggioranza dei casi, nuove tecniche e metodi di ricerca, come le tecniche di « neuroimaging», oggi permettono di osservare l'attivazione delle aree del cervello deputate a all'elaborazione dei segnali acustici. Queste tecniche sembrano promettere importanti passi avanti per la comprensione dell'eziologia della patologia in questione;
    i centri di ricerca distribuiti sull'intero territorio nazionale hanno prodotto, negli ultimi anni, risultati rilevanti per la comprensione e la potenziale cura di questa patologia. È stato dimostrato come alterazioni della connessione tra diverse aree del sistema nervoso centrale, quali la corteccia e il talamo, possano essere alla base dell'acufene in pazienti normoacustici. Altri studi hanno identificato potenziali fattori di rischio per l'insorgenza di questa patologia, quali l'ipertensione, l'indice di massa corporea, il fumo e l'ipercolesterolemia;
    il Ministero della salute, rispondendo a diverse interrogazioni parlamentari su questo argomento, in precedenza, ha affermato di ritenere che possano essere messe a disposizione della comunità scientifica le competenze esistenti presso l'Istituto superiore di sanità, per promuovere la ricerca e la conoscenza delle problematiche relative all'acufene presso istituzioni, centri di ricerca e opinione pubblica, al fine di valutare quali iniziative adottare per gestire i problemi sanitari legati all'acufene e considerata la necessità di sviluppare ulteriormente la ricerca mirata alla comprensione delle basi fisiopatologiche del disturbo;
    un disturbo che non è considerato al pari delle malattie croniche (per gravità, invalidità, onerosità del trattamento) e quindi non contemplato nei Lea (livelli essenziali di assistenza) anche se le prestazioni erogabili in esenzione potrebbero scongiurare aggravamenti e complicanze,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a prevedere degli screening audiologici nelle fasce di età più a rischio e nei soggetti che presentano patologie che hanno correlazione con questo disturbo, per evidenziare una predisposizione o l'insorgenza di acufeni;
2) a promuovere degli studi sui casi noti, visto che, a parte i pazienti che si rivolgono alle strutture del sistema sanitario nazionale (circa 2.500 l'anno), esistono delle associazioni di persone affette da questi disturbi con migliaia di iscritti, al fine di valutare il grado di gravità dei fastidi e le limitazioni a cui queste persone sono soggette;
3) a valutare la possibilità di finanziare ricerche che portino a escludere che l'utilizzo di tecnologie (smartphone, apparecchi wifi, cuffie, e altro) possano concorrere alla comparsa di acufeni o possano creare peggioramenti nei soggetti già sofferenti;
4) a valutare la necessità di assumere iniziative per informare le famiglie e i più giovani sull'uso distorto e continuativo di musica ad alto volume e di apparecchi elettronici e sui rischi che si corrono, considerato che l'insorgenza di acufeni è spesso legata all'esposizione al rumore o all'inquinamento acustico;
5) ad assumere iniziative volte a promuovere il sostegno psicologico per i soggetti che manifestano i disturbi più gravi e per scongiurare che l'acufene possa influire sulla qualità della vita e sulle relazioni sociali familiari delle persone sofferenti che possono arrivare a valutare perfino il suicidio;
6) a valutare l'opportunità di censire i farmaci (tanti di uso comune, tossici per l'orecchio) che possono avere fra gli effetti collaterali quello di indurre gli acufeni, così da informare i medici di base ed evitare che una combinazione di fattori differenti possa indurre a questo fastidioso disturbo, difficile da superare;
7) a stilare un elenco dei centri di eccellenza, esigenza sempre più frequentemente manifestata da parte dei soggetti colpiti alle associazioni, capaci di seguire con qualche successo i soggetti che presentano questo disturbo.
(1-01625) «Vezzali, Francesco Saverio Romano».


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito della politica economica dell'Unione europea è stato introdotto l'obbligo di inserire negli ordinamenti nazionali regole, costituzionali o legislative, volte ad assicurare il rispetto dei valori di riferimento relativi al disavanzo e al debito fissati a livello europeo;
    tale obbligo, tuttavia, non discende dalle disposizioni dei Trattati in materia di Unione economica e monetaria, elemento portante della struttura istituzionale ed economica della Unione europea, imperniata sull'adozione di una moneta unica, ma da impegni previsti da strumenti di diversa natura introdotti nel quadro della nuova governance economica europea;
    già nel marzo del 2011, con un accordo non giuridicamente vincolante definito «Patto europlus», gli Stati dell'area euro e alcuni altri membri dell'Unione avevano assunto l'obbligo di recepire nelle Costituzioni o nella legislazione nazionale le regole del Patto di stabilità e crescita varato nel 1997;
    in questo quadro, e di fronte all'aggravarsi della crisi dell'euro, a sua volta dovuta alla perdurante crisi finanziaria mondiale che ha colpito in modo differenziato i diversi Stati aderenti alla moneta unica, nel marzo 2012 si è giunti ad approvare il «Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria», più comunemente noto come fiscal compact, sottoscritto da tutti i Paesi dell'eurozona e da alcuni Stati membri dell'Unione non aderenti alla moneta unica;
    il Trattato ha impegnato le Parti contraenti ad applicare e ad introdurre nella procedura di bilancio nazionale, entro un anno dalla sua entrata in vigore, con «norme vincolanti e di natura permanente, preferibilmente di tipo costituzionale», o di altro tipo, purché ne garantiscano l'osservanza, una serie di regole chiamate golden rules;
    le «regole d'oro» hanno previsto l'inserimento nell'ordinamento di ciascuno Stato del principio del pareggio di bilancio, ribadito il limite allo 0,5 del deficit strutturale rispetto al prodotto interno lordo (rispetto al quale uno scostamento potrà essere ammesso solo a fronte di circostanze eccezionali o periodi di grave recessione senza che esso infici la sostenibilità di bilancio a medio termine, e rispetto al quale, comunque, nel caso di deviazioni significative le parti contraenti dovranno attivare un meccanismo di correzione automatica), l'obbligo, già previsto dal trattato di Maastricht, di mantenere il rapporto tra deficit e prodotto interno lordo entro il valore massimo del tre per cento, e l'obbligo in capo agli Stati con un rapporto tra debito e prodotto interno lordo superiore al sessanta per cento di ridurlo di almeno un ventesimo all'anno; sino a raggiungere il parametro fissato dal trattato di Maastricht;
    di fatto, quindi, con il fiscal compact sono stati ribaditi e resi maggiormente vincolanti alcuni dei parametri già fissati dal trattato di Maastricht e sui quali si erano già appuntate numerose critiche, quali, in primo luogo, il vincolo del tre per cento, che non solo impedisce di fare delle spese in investimenti per rilanciare l'economia, ma, addirittura, condiziona la pubblica amministrazione in misura tale da non potere fare le spese di ordinaria di gestione anche nel caso in cui nelle proprie casse vi siano le risorse per poter finanziare le necessità dei propri cittadini;
    la norma più contestata in assoluto è quella che prevede la riduzione del rapporto nella citata misura di un ventesimo all'anno, una declinazione estremistica del parametro fissato dal trattato di Maastricht rispetto al rapporto tra debito e prodotto interno lordo, e che nel caso specifico dell'Italia rischia di costringere il nostro Paese a fare ogni anno dolorosissime manovre di finanza pubblica del valore di circa quaranta miliardi di euro per volta;
    in Italia, diversamente che in altri Stati che hanno egualmente sottoscritto il fiscal compact, il principio del pareggio di bilancio e quello della sostenibilità del debito delle pubbliche amministrazioni sono stati inseriti nella Carta costituzionale, attraverso la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che ha novellato gli articoli 81, 97, 117 e 119;
    in particolare, il principio del pareggio è contenuto nel novellato articolo 81, il quale stabilisce che «lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico», e che la possibilità di derogare a tale regola, facendo ricorso all'indebitamento, è ammessa «solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e al verificarsi di eventi eccezionali», che, ai sensi dell'articolo 5 della medesima legge costituzionale, possono consistere in gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali;
    inoltre, con un'apposita novella all'articolo 97 della Costituzione, l'obbligo di assicurare l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico in coerenza l'ordinamento dell'Unione europea è stato esteso a tutte le pubbliche amministrazioni, mentre le modifiche apportate all'articolo 119 sono volte a specificare che «i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea»;
    la novella all'articolo 117, infine, inserisce la materia della armonizzazione dei bilanci pubblici nel novero delle materie sulle quali lo Stato ha una competenza legislativa esclusiva;
    è opportuno rilevare in primo luogo come nel «nuovo» articolo 81 non vi è alcun riferimento ai cosiddetti vincoli europei e la sovranità di bilancio è dunque totalmente nazionale, forma di esercizio costituzionale della responsabilità esclusiva del Parlamento della Repubblica, e, in secondo luogo, come lo stesso articolo disponga di limitare per il futuro la crescita ulteriore del deficit e del debito pubblico italiani, cosa ben diversa dalla riduzione dello stock storico del nostro debito pubblico forzosamente imposta dal fiscal compact;
    la legge di attuazione principio del pareggio di bilancio, tuttavia, è radicalmente uscita da questo schema, incorporando e persino rafforzando le nuove politiche di bilancio a matrice europea basate, nella logica del fiscal compact, sull'idea del corso forzoso alla riduzione dello stock storico del debito pubblico italiano;
    con la legge 24 dicembre 2012, n. 243, infatti, non solo sono stati introdotti nel nostro ordinamento a tutti gli effetti i dettami del fiscal compact, ma ad essi è stato riconosciuto un ancoraggio costituzionale sulla scia del principio generale di «desovranizzazione» contenuto nell'articolo 117, che al primo comma subordina l'esercizio della potestà legislativa da parte dello Stato e delle regioni al rispetto della Costituzione, nonché ai «vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario»;
    per effetto del combinato disposto di queste norme, quindi, il fiscal compact è arrivato ad essere, di fatto, lo strumento attraverso il quale si esercita il dominio dell'Europa sulle politiche economiche nazionali, costringendo l'Italia a operare scelte che rischiano di affossare definitivamente la sua economia e a subire ogni possibile forma di condizionamento, riduzione, e addirittura azzeramento della sovranità nazionale;
    le politiche cosiddette di austerità che risultano dall'applicazione delle regole imposte dall'Europa, portate avanti negli ultimi anni soprattutto come risposta diametralmente opposta a quelle necessarie alla crisi finanziaria hanno prodotto effetti devastanti sulla mancata ripresa economica, sull'impoverimento dei cittadini europei, sull'acuirsi delle disuguaglianze sociali, e hanno agito nel senso di una sistematica disintegrazione del sistema di protezione sociale;
    non è sostenibile imporre le medesime regole finanziarie a Stati diversi per tessuto produttivo, imprenditoriale ed industriale, con differenti capacità economiche e sistemi fiscali assolutamente disomogenei, e con tradizioni, storie e culture diverse, senza tenere conto delle peculiarità di ciascuno di essi, e le attuali vicende dell'Unione, rispetto alle quali la «Brexit» rappresenta un segnale da non sottovalutare, lo stanno dimostrando;
    il «Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria», all'articolo 16, stabilisce che, al più tardi entro cinque anni dalla data dalla sua entrata in vigore, vale a dire entro il gennaio del 2018, «sulla base di una valutazione dell'esperienza maturata in sede di attuazione, sono adottate in conformità del trattato sull'Unione europea e del trattato sul funzionamento dell'Unione europea le misure necessarie per incorporare il contenuto del presente trattato nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea»;
    il recepimento del fiscal compact nei trattati europei renderebbe ancora più difficoltoso correggere l'eccessiva rigidità dei parametri in esso contenuti, con ulteriori conseguenze negative sui bilanci degli Stati membri e sul clima di sfiducia e di distacco che già si respira da parte dei cittadini dell'Unione rispetto alle sue istituzioni, rischiando di generare ulteriori casi di uscita di singoli Stati come già accaduto con la Gran Bretagna;
    con la sentenza n. 275 del 2016 la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi in merito ad una controversia tra la regione Abruzzo e la provincia di Pescara sul servizio il trasporto scolastico per studenti disabili, i cui fondi erano stati decurtati dalla regione a causa dei limiti di bilancio, ha stabilito che garantire i diritti fondamentali, quale quello allo studio, è obbligo della Repubblica ed i vincoli imposti in questi anni dal pareggio di bilancio che ne limitano l'esigibilità rappresentano una palese violazione costituzionale;
    la Corte ha ritenuto illegittima la legge regionale, spiegando che «il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all'educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell'articolo 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione»;
    il fiscal compact, intervenendo in maniera diretta sulla politica fiscale dei singoli Stati ha comportato la cessione di una fetta della propria sovranità economica di ogni Paese a un ente sovranazionale, l'Unione europea, e le modalità di recepimento adottate in Italia hanno aggravato tale processo di desovranizzazione;
    prima che si giungesse alla formalizzazione del fiscal compact nel 2012, l'idea di una disciplina europea dei bilanci nazionali si basava su una doppia formula, capace di integrare la riduzione del deficit e degli stock di debito pubblico con una maggiore solidarietà;
    il Trattato sul fiscal compact non è l'unico atto europeo che penalizza gravemente la nostra Nazione, i suoi comparti produttivi anche di eccellenza e la sua competitività economica internazionale,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi affinché non avvenga il recepimento del fiscal compact all'interno dei trattati costitutivi dell'Unione europea;
2) a sostenere in sede europea la necessità di un alleggerimento dei vincoli finanziari o di una maggiore flessibilità degli stessi e, nell'ambito delle modifiche proposte, ad assumere iniziative per scorporare dal debito le spese per investimenti e introdurre una maggiore flessibilità nella individuazione delle circostanze eccezionali di cui all'articolo 81 della Costituzione;
3) ad avviare da subito negoziati in ambito europeo per rivedere l'impostazione del complesso dei vincoli derivanti all'Italia dal fiscal compact, al fine di avviare una politica di crescita sostenibile e di ripresa economica e produttiva;
4) a promuovere le opportune iniziative, per quanto di competenza, volte a modificare la legge n. 243 del 2012 e le norme costituzionali in materia, riaffermando il valore della sovranità nazionale anche in ambito europeo;
5) a farsi promotore, nell'ambito dell'Unione europea, di un processo di revisione di tutte le norme europee che penalizzano l'Italia.
(1-01626) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni XII e XIII,
   premesso che:
    il glifosato è il principio attivo più usato al mondo negli erbicidi (diserbanti). Fa parte dei cosiddetti erbicidi totali, quelli che agiscono su tutte le specie vegetali, e pertanto sugli infestanti sia mono che dicotiledoni. Il glifosato è stato creato dal gruppo americano Monsanto, che finora vende erbicidi con glifosato sotto il nome di Roundup;
    la IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) il 20 marzo 2015 ha classificato il glifosato come «probabilmente cancerogeno per l'essere umano». Per questo la ISDE (International society of doctors for environment) ha chiesto al Parlamento europeo e alla Commissione europea di bandire la produzione, il commercio e l'utilizzo di queste sostanze su tutto il territorio europeo;
    una ricerca coordinata da diciassette esperti in undici Paesi, le cui conclusioni sono state pubblicate nel marzo 2015 su « The Lancet Oncology», la più prestigiosa rivista del settore, ha accertato una forte correlazione epidemiologica tra l'esposizione al glifosato ed il linfoma non-Hodgkin e ciò si aggiunge ai già noti aumenti della frequenza di leucemie infantili e malattie neurodegenerative, quali il morbo di Parkinson;
    alcuni Paesi hanno già rinunciato all'uso del glifosato. In Danimarca l'uso dei glifosati è vietato dal 2003. In Francia la Ministra dell'ecologia Ségolène Royal ha vietato l'uso dell'erbicida più famoso al mondo nei giardini privati e nelle aree verdi pubbliche;
    in Belgio il Ministro dell'agricoltura Willy Borsus ha annunciato il 27 aprile 2017 il proprio impegno per il divieto della vendita di glifosato ai privati ed agli utenti che non ne facciano un uso professionale. Il motivo è garantire la salute della popolazione attraverso il principio di precauzione su cui sono imperniati i Trattati dell'Unione europea;
    nel novembre 2016 la regione di Bruxelles capitale ha vietato l'uso del glifosato su tutto il territorio della regione che è composta da 19 comuni di cui uno è la città di Bruxelles. Il divieto vale per tutti sia per i privati che per gli agricoltori;
    in Italia, ancora, gli erbicidi sono acquistabili anche da clienti privati. Ciò è allarmante, considerati i succitati rischi derivanti da un loro utilizzo non professionale. Molte aziende tedesche (gruppo Rewe) ed anche centri di bricolage e catene di supermercati svizzeri (Coop e Migros), oltre che le filiali di Obi in Alto Adige-Südtirol, hanno deciso, a tutela dei clienti privati, di non vendere più glifosati né prodotti che li contengano,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative perché il glifosato e i prodotti contenenti glifosato non possano essere venduti a clienti privati e utenti non professionali, né possano essere da essi utilizzati;
   ad assumere iniziative per escludere dai premi del programma di sviluppo rurale le aziende agricole che ne facciano uso;
   a sostenere, con politiche attive sul territorio, approcci agro-ecologici per migliorare la fertilità dei suoli e diversificare le produzioni;
   ad intervenire a livello europeo per garantire che sia applicato il principio di precauzione in nome della tutela della salute pubblica, avviando una moratoria internazionale che punti a vietare definitivamente il glifosato.
(7-01254) «Zaccagnini, Fossati, Kronbichler, Zaratti, Carlo Galli, Martelli, Fontanelli, Murer, Cimbro, Duranti, Folino, Ricciatti, Franco Bordo».


   La Commissione XII,
   premesso che:
    l'Italia è un Paese « pet-friendly»; infatti, nelle case italiane vivono almeno sessanta milioni di animali domestici o d'affezione. Secondo i dati Eurispes raccolti nel Rapporto Italia 2016, almeno la metà degli italiani accudisce un animale da compagnia. Il 22,5 per cento ne possiede un esemplare, il 13 per cento due o tre e il 7,4 per cento, dichiarano di accogliere in casa quattro o più animali, risultando uno dei Paesi europei con la più alta percentuale di animali domestici rispetto alla popolazione umana;
    prendersi cura di un animale domestico, tra alimentazione, benessere, cure veterinarie e farmaci, ha un costo non indifferente che pesa sul bilancio familiare soprattutto alla luce della crisi economica che sta attraversando il nostro Paese, con la conseguenza che le famiglie italiane si vedono costrette a ridurre le spese veterinarie, poiché curare gli animali da compagnia sta diventando un costo difficile da sostenere;
    in merito all'uso, dei farmaci generici in ambito veterinario, l'Italia è ancora in ritardo e le famiglie che accolgono in casa animali d'affezione sono costrette a pagare cifre esorbitanti per curarli, poiché il prezzo dei medicamenti per gli animali domestici è in media tre/quattro volte superiore rispetto a quelli destinati a uso umano e anzi può arrivare a moltiplicarsi per dieci o venti, sebbene il principio attivo sia identico;
    il decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193, «Attuazione della direttiva 2004/28/CE recante codice comunitario dei medicinali veterinari», prevede che i veterinari non possano prescrivere ai loro «pazienti animali» farmaci per uso umano nel caso in cui siano disponibili medicinali veterinari con le stesse indicazioni terapeutiche;
    secondo quanto calcolato da diverse associazioni animaliste, la differenza nei prezzi tra i medicinali umani e quelli veterinari a parità di principio attivo nella composizione comporta, in alcuni casi, un aggravio notevole per quelli a uso animale: la ranitidina ad esempio (gastroprotettore per ulcera) costa 16 euro, mentre lo stesso farmaco a uso umano costa 8,59 euro; le cefalosporine (battericida) per gli animali hanno un prezzo di 27,5 euro, mentre per l'uomo il costo è di 3,9 euro;
    l'elevato costo dei medicinali veterinari è motivato dalle complicate e costose procedure per la registrazione del farmaco previste dal richiamato decreto legislativo n. 193 del 2006 ed è influenzato da dinamiche commerciali e distributive che rivestono un ruolo rilevante nella definizione del prezzo e, in assenza di un'autorità garante di controllo, dal fatto che non è possibile esercitare un controllo sui prezzi stessi;
    considerati i costi elevatissimi dei farmaci veterinari, si riscontrano sempre di più casi in cui i padroni somministrano autonomamente farmaci per uso umano al proprio cane o gatto con rischi per la salute dell'animale, poiché se i veterinari dovessero prescrivere «sottobanco» o somministrare farmaci a uso umano – per venire incontro al proprietario dell'animale in momenti di difficoltà economica – rischierebbero sanzioni che vanno da 1.500 a 9.000 mila euro;
    non va sottovalutato anche il costo sostenuto dalle pubbliche amministrazioni per i cani e gatti in custodia presso strutture pubbliche. L'elevato onere delle cure veterinarie ricade pesantemente anche sui bilanci pubblici, pertanto l'autorità pubblica ha tutto l'interesse a trovare una soluzione normativa che permetta che i farmaci generici già registrati per gli umani, a parità di composizione, siano di fatto considerati anche a uso veterinario con un risparmio in tal modo di molti milioni di euro;
    è in discussione presso il Consiglio dell'Unione europea la proposta presentata dalla Commissione europea di revisione della normativa comunitaria che prevede una serie di semplificazioni che potrebbero favorire la riduzione dei prezzi dei medicinali;
    il decreto legislativo n. 193 del 2006, agli articoli 10 e 11, distingue chiaramente in premessa l'uso dei farmaci in animali destinati agli alimenti (DPA) e non (non DPA) – gli animali d'affezione ricadono normalmente in quest'ultima categoria – e l'uso in deroga dei farmaci, così detti galenici magistrali, preparati in maniera estemporanea dal farmacista, è perfettamente contemplato, pur sotto la stretta responsabilità del medico veterinario prescrittore;
    la prescrizione e la preparazione di medicinali preparati con formula magistrale e officinale in Italia è limitata a causa dell'inesperienza di veterinari e farmacisti; tuttavia, un'adeguata politica di promozione e di formazione rivolta a veterinari e farmacisti potrebbe permettere la diffusione dell'utilizzo di tali forme alternative, con benefici in termini di salute per gli animali ed economici a favore delle famiglie;
    da molti anni l'Anmvl (Associazione nazionale medici veterinari italiani) sostiene che una soluzione per risolvere il problema è, come in tutti i Paesi europei, quella di dare la possibilità alle strutture veterinarie di vendere senza limitazioni tutte le specialità farmaceutiche per animali da compagnia con costi ridotti per i proprietari di animali;
    secondo la Federazione FNOVI (Federazione nazionale ordini veterinari italiani), la disciplina tributaria italiana non tiene conto della valenza delle prestazioni medico veterinarie in termini di prevenzione per la sanità animale e salute pubblica e non valuta i minori oneri economici che un'efficace attività di prevenzione delle zoonosi ha sul servizio sanitario nazionale;
    un principio fondamentale del diritto farmaceutico dell'Unione europea è che tutti i farmaci, compresi quelli veterinari, possono essere commercializzati e utilizzati solo previo rilascio di un'autorizzazione all'immissione in commercio («aic»), con l'obiettivo di immettere in commercio dei medicinali veterinari con il rispetto degli standard adeguati di sicurezza, qualità ed efficacia tutelando la protezione degli animali;
    l'uso in deroga è quindi consentito in casi assolutamente eccezionali, nell'esclusivo interesse della salute dell'animale; infatti, in via straordinaria, la direttiva sui medicinali veterinari (direttiva 2001/82) – come recepita in Italia dal decreto legislativo n. 193 del 2006 – consente di trattare gli animali con un farmaco non autorizzato per la specie e per l'affezione da curare, purché ciò avvenga secondo il cosiddetto «principio della cascata»; quando non esistano medicinali veterinari specifici autorizzati in Italia, il veterinario può, sotto la sua diretta responsabilità e al fine di evitare all'animale sofferenze, trattare l'animale interessato con i prodotti, con il seguente ordine di preferenza decrescente: medicinale veterinario autorizzato in Italia per l'uso su un'altra specie animale o per un'altra affezione della stessa specie, medicinale autorizzato per l'uso umano in Italia o un medicinale veterinario autorizzato in un altro Stato membro, medicinale veterinario preparato estemporaneamente da una persona autorizzata a tal fine ai sensi della legislazione nazionale;
    va sottolineato che, sebbene siano previste agevolazioni fiscali sotto forma di detrazioni d'imposta, il beneficio è vanificato dall'aliquota Iva al 22 per cento (come beni di lusso) che la fiscalità nazionale impone sulle cure veterinarie;
    stessa aliquota è applicata sugli alimenti per animali d'affezione. Una riduzione al 10 per cento dell'Iva sui farmaci e sulle prestazioni veterinarie (così come avviene a livello europeo), nonché sul cibo per animali – sempre se tenuti non a scopo di lucro – sarebbe molto importante per migliorare il diritto alla cura del paziente animale e alla sua adeguata nutrizione;
    per i costi spesso gravosi che devono sostenere i detentori degli animali, così come le strutture di ricovero, sempre nel rispetto della massima tutela della sanità del paziente animale, si ritiene indispensabile implementare e incoraggiare la diffusione di farmaci equivalenti al fine di rendere accessibile l'acquisto dei farmaci veterinari a cittadini di ogni fascia di reddito, tenendo conto in via principale la tutela della salute dell'animale e della salute pubblica anche in riferimento alle zoonosi;
    va ricordato inoltre, che alcuni medicinali veterinari sono confezionati per quantitativi che possono rivelarsi sovradimensionati rispetto alle dimensioni dell'animale, alla sua specie e alla durata del trattamento, con il risultato che ci si ritrova con rimanenze di medicinali veterinari, che vanno sprecate, che aumentano il rischio di polluzione ambientale e soprattutto il rischio di cure fai da te, o sul proprio cane o gatto o su quello di parenti e amici,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte al contenimento della spesa per le terapie degli animali d'affezione in modo da consentire al medico veterinario curante di dispensare ai proprietari degli animali in cura i singoli blister, anziché l'intera confezione del prodotto medicinale;
   ad assumere iniziative per la modifica della normativa vigente in riferimento all'abbassamento del costo dei farmaci veterinari «salva vita» e all'abbassamento del costo dei farmaci veterinari per terapie di lunga durata;
   ad assumere iniziative per la costituzione di un'autorità garante finalizzata ad azioni di vigilanza sui prezzi dei farmaci veterinari;
   ad assumere iniziative in sede europea perché sia definita una misura che consenta la somministrazione dei medicinali generici già registrati per gli umani, a parità di composizione, anche per uso veterinario per animali da affezione e una semplificazione delle procedure di registrazione dei farmaci, con conseguente abbattimento del costo;
   a farsi promotore di una campagna nazionale di sensibilizzazione presso le farmacie per favorire l'utilizzo del farmaco magistrale e del farmaco officinale che abbasserebbero i costi a carico dei proprietari di animali d'affezione e a sostenere, anche finanziariamente, demandando in un secondo tempo tale intervento di sostegno alle regioni, la formazione di farmacisti e veterinari, affinché siano istruiti in ordine alla prescrizione e alla preparazione dei suddetti farmaci;
   ad assumere iniziative al fine di rivedere la disciplina tributaria tenendo conto della valenza delle prestazioni mediche veterinarie in termini di prevenzione per la sanità animale e la salute pubblica e valutando i minori oneri economici che un'efficace attività di prevenzione delle zoonosi ha sul servizio sanitario nazionale.
(7-01253) «Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Pellegrino, Airaudo, Marcon».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la fabbrica tedesca RwM, ubicata in Sardegna, produce le micidiali bombe che il Governo dell'Arabia saudita sta utilizzando per distruggere lo Yemen provocando migliaia di morti, tra cui tantissimi bambini;
   per il 18 maggio 2017 è stata convocata la conferenza servizi nel comune di Iglesias per l'approvazione di un imponente ampliamento della fabbrica;
   vari Ministeri sono chiamati ad esprimere appositi pareri;
   si tratta di un intervento, sul piano concettuale, urbanistico e sostanziale, inaccettabile –:
   se non ritengano, per quanto di competenza, di dover esprimere, per le ragioni di cui in premessa, la totale contrarietà a tale nefasto progetto;
   se non intendano proporre progetti tali da garantire piena occupazione sul versante della riqualificazione, assumendo iniziative per porre fine a quella che appare all'interrogante una situazione gravissima a livello internazionale. (5-11316)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   Cristian Provvisionato, 43enne residente a Cornaredo (Milano) dal 1o settembre 2015 è trattenuto in Mauritania dalle autorità dello Stato. Dopo circa due settimane dal suo arrivo nel Paese, dove si era recato per conto della Vigilar Group, con sede a Milano, che lo aveva assunto a marzo 2015, società italiana che commercializza prodotti tecnologici per le intercettazioni e il controllo remoto di dispositivi elettronici, Provvisionato è tuttora trattenuto all'interno di un'accademia di polizia nella capitale Nouakchott;
   Provvisionato, di professione bodyguard, ad agosto 2015 fu contattato da Davide Castro, titolare insieme al padre Francesco della Vigilar Group, per partire in Mauritania e sostituire un esperto di open source intelligence, Leonida Reitano, che doveva rientrare in Italia. Provvisionato avrebbe dovuto partecipare ad un meeting con il governo locale per la presentazione della Wolf Intelligence, azienda tedesca dello stesso settore della Vigilar Group, il cui titolare è l'indiano Manish Kumar. Provvisionato, non avendo alcuna conoscenza nel campo del cyberspionaggio, venne rassicurato da Castro riguardo alla sua che sarebbe dovuta essere una presenza di facciata al meeting che però non si è mai tenuto. Dopo questo evento, Provvisionato è stato trattenuto dalle autorità mauritane senza alcuna reale motivazione;
   del tutto particolare risulta essere tutta la vicenda giuridica vissuta da Provvisionato. Solo dopo sei mesi dal suo arresto sarebbe stata formulata nei suoi confronti l'accusa di far parte di una banda internazionale finalizzata alla truffa informatica ai danni dello Stato mauritano nel settore della sicurezza. A distanza di poco più di un anno, a quanto consta agli interpellanti, tale accusa sarebbe stata annullata dal giudice che sta seguendo il caso e che ha portato Provvisionato ad essere, allo stato attuale, trattenuto in Mauritania senza alcun capo d'accusa. Provvisionato non è mai stato interrogato alla presenza di un avvocato e non è mai comparso davanti a una corte. I differenti avvocati difensori mauritani ed italiani che si sono susseguiti nel corso del tempo, hanno considerato la vicenda da loro seguita una sorta di scambio di ostaggi ed un sequestro di persona;
   destano particolari preoccupazioni le condizioni di salute di Provvisionato, da anni diabetico e che quindi necessita di insulina e medicinali specifici. Nel primi mesi di detenzione, Provvisionato ha perso 30 chili di peso. La madre di Cristian Provvisionato, la signora Doina Coman, insieme al marito si è recata a febbraio 2016 in Mauritania per andarlo a trovare, ma è stato riconosciuto dai genitori solo dopo essersi alzato in piedi a causa delle sue precarie condizioni di salute. I genitori hanno chiesto al Governo della Mauritania di rilasciare loro figlio quanto prima. Considerano sia necessario farlo perché ritengono sia innocente ma soprattutto perché le sue condizioni di salute si stanno rapidamente aggravando. I genitori hanno la convinzione che il figlio sia stato volutamente coinvolto in un'azione tesa a suo discapito;
   la madre di Provvisionato a fine aprile 2017 ha iniziato, partendo da Siena, una marcia verso Roma con l'intento di sensibilizzare l'opinione pubblica;
   Cristian Provvisionato ha annunciato di voler iniziare dal 1o maggio 2017, nel caso non venga liberato prima di questa data, uno sciopero della fame come forma di protesta per la sua ingiusta detenzione;
   in data 26 aprile 2017, il Ministro interpellato ha incontrato a Roma la signora Coman per discutere della vicenda che coinvolge suo figlio;
   diverse sono state le missioni diplomatiche italiane in Mauritania allo scopo di individuare la miglior strada per liberare Provvisionato dalla sua prigionia. Gli interpellanti ritengono che l'azione diplomatica svolta dai preposti rappresentanti istituzionali in Italia e in Marocco sia stata costante e molto intensa, ma poco concreta. Considerano necessario fare uno sforzo determinante per poter riportare al più presto in Italia il signor Cristian Provvisionato, soprattutto a causa del suo essere trattenuto, e quindi privato della libertà, senza alcun capo d'imputazione e per le sue condizioni di salute sempre più precarie –:
   se dalla Mauritania siano state trasmesse rogatorie e, nel caso ve ne siano state, quali riscontri abbiano fornito le autorità italiane;
   nel caso siano state ricevute eventuali rogatorie dalle autorità italiane preposte, quali siano gli indicati attuali capi di imputazione per cui si sta trattenendo il signor Provvisionato in Mauritania e se il procedimento esistente riguardi solo Provvisionato o anche altri soggetti;
   riguardo alla vicenda, che vede coinvolto il sopracitato signor Provvisionato, se siano state avviate indagini dalla autorità giudiziaria italiana;
   nel caso sia stata ricevuta, quale sia la risposta alla rogatoria trasmessa dall'Italia e, in caso di mancata risposta, quali iniziative intenda intraprendere il Governo in merito;
   se dall'Italia siano state inviate rogatorie nei confronti della Germania o di altri dei Paesi coinvolti nella vicenda sopraindicata e, nel caso ve ne siano state, quali riscontri abbiano dato le autorità straniere;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo al fine di assicurare le regolari cure in Mauritania per la patologia diabetica di cui soffre il signor Cristian Provvisionato che, se non curata adeguatamente, può portare a danni fisici permanenti;
   quali ulteriori iniziative diplomatiche intenda intraprendere il Governo al fine di arrivare alla liberazione o alla richiesta di estradizione del signor Cristian Provvisionato, in funzione del fatto che quelle sinora adottate non hanno ancora sortito gli effetti sperati.
(2-01791) «Tripiedi, Di Battista, Manlio Di Stefano, Pesco, Ciprini, Chimienti, Lombardi, Frusone, Dall'Osso, Villarosa, Alberti, Spessotto, Scagliusi, Grande, Del Grosso, Mantero, Silvia Giordano, Zolezzi, Parentela, Grillo, Lorefice, Paolo Nicolò Romano, Carinelli, Cancelleri, Busto, De Rosa, D'Uva, D'Ambrosio, Daga, Toninelli, Basilio, Paolo Bernini, Massimiliano Bernini, Cozzolino, Liuzzi, Baroni, Da Villa, Vallascas, Crippa, Della Valle, Sibilia, Cecconi, Battelli, Petraroli, Agostinelli, Colletti, Luigi Gallo, Marzana, Ferraresi, Vignaroli, Caso, Micillo, Tofalo».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta immediata:


   SCOPELLITI e MOTTOLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la situazione relativa allo smaltimento dei rifiuti nella città di Roma ha assunto connotati particolarmente gravi ed allarmanti;
   la capitale d'Italia si confronta quotidianamente con una pericolosa presenza di rifiuti;
   in particolare, alcune aree periferiche registrano condizioni di grave degrado con cumuli di immondizia che non vengono raccolti e costituiscono un pericolo costante per la salute dei cittadini. Le situazioni più complicate si registrano ad est della città, tra Pietralata, Centocelle, Tor Tre teste ed il Casilino;
   le segnalazioni dei romani in merito alle numerose problematiche determinate da questa incredibile situazione rappresentano un quadro sicuramente allarmante;
   fortissima preoccupazione, poi, desta l'annunciato fermo per manutenzione degli inceneritori situati nell'Italia settentrionale che ricevono i rifiuti romani e che si verificherà nel mese di luglio;
   il piano della giunta comunale spinge sulla raccolta differenziata e punta a portarla al 70 per cento ma non prevede una discarica di servizio per le circa 300 tonnellate di immondizia non riciclabile che ogni giorno gli impianti di trattamento dell'AMA non riescono a lavorare. Tale Piano appare vago e non prevede alcun ulteriore impianto, ma quattro centri di compostaggio, ancora da localizzare;
   ancora una volta Roma paga il suo fragilissimo sistema relativo al trattamento dei rifiuti che, per 500 tonnellate al giorno, dipende da strutture esterne;
   il comune di Roma ha posto in essere un contenzioso con la regione alla quale attribuisce responsabilità che andranno chiarite: ma tale rimpallo di responsabilità rende ancora più grave lo stato di confusione, di degrado, di pericolo per la salute pubblica e non costituisce di sicuro un aiuto per superare le problematiche esistenti –:
   se il Governo non ritenga necessario intervenire, per quanto di competenza e alla luce di quella che gli interroganti considerano l'inerzia manifestata dalla giunta comunale di Roma, per risolvere la problematica dello smaltimento dei rifiuti, che non solo nuoce gravemente all'immagine della capitale e del Paese intero ma rischia di diventare una vera e propria emergenza, coinvolgendo direttamente i cittadini romani e la loro salute. (3-03006)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la mattina del 5 maggio 2017 un vasto incendio scoppiato nello stabilimento della Società EcoX, impianto di gestione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, posto in via Pontina vecchia chilometro 33+381, nel comune di Pomezia (Roma), ha generato la dispersione di una densa nube nera in una vasta area a sud della Capitale, provocando la diffusione di pulviscolo ed odore acre nell'atmosfera;
   nel pomeriggio, la sindaca della città metropolitana, Virginia Raggi, ha invitato tramite un'ordinanza su indicazione dell'Asl RM 6, i sindaci di 21 comuni dell'area metropolitana di Roma (Nettuno, Anzio, Pomezia, Ardea, Velletri, Lavinio, Lanuvio, Genzano, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Castel Gandolfo, Marino, Ciampino, Frascati, Grottaferrata, Rocca di Papa, Rocca Priora, Montecompatri, Monte Porzio Catone e Colonna) ad adottare idonei provvedimenti informativi e cautelativi, per limitare l'esposizione della popolazione ai possibili inquinanti aero dispersi; nonostante l'immane ed incessante lavoro delle diverse squadre dei vigili del fuoco impiegate, operanti con l'utilizzo di autobotti e mezzi speciali, per effetto dell'alimentazione del vento dei focolai, dopo 72 ore, l'incendio era ancora attivo e la nube scura investiva il litorale romano e alcuni quartieri a sud della Capitale;
   il 6 maggio l'Arpa Lazio avrebbe reso noto che, durante le operazioni di validazione dei dati della rete di monitoraggio della qualità dell'aria, sono state analizzate con particolare attenzione le concentrazioni misurate presso le stazioni di rilevamento fisse di Ciampino, Cinecittà, Fermi e mobile di Albano Laziale più prossime al sito interessato dall'incendio, anche in considerazione della direzione dei venti prevalenti nella giornata, senza rilevare superamenti dei limiti imposti per la qualità dell'aria ambiente dalla normativa vigente;
   nella stessa giornata del 5 maggio l'Arpa Lazio avrebbe provveduto ad installare dei campionatori attivi e passivi nelle immediate vicinanze del sito, i cui risultati di monitoraggio sarebbero stati resi disponibili a tutte le autorità competenti, non appena completate le determinazioni analitiche di laboratorio;
   secondo quanto dichiarato dal direttore del dipartimento prevenzione della asl Roma 6, sarebbe stata confermata la presenza nelle coperture del tetto dell'edificio investito dall'incendio di amianto incapsulato, la cui combustione potrebbe aver determinato la presenza di fibre aerodisperse nell'atmosfera;
   seppure in assenza di riscontri ancora certi sul tipo di materiale bruciato nell'incendio, si teme l'emissione di diossina nell'aria, causata dalla combustione di materiali plastici da riciclo, con gravissimi conseguenti danni alle vie respiratorie, ma anche ai terreni di colture e allevamenti della zona;
   il Comitato di quartiere Castagnetta Cinque Poderi, il 3 novembre 2016 avrebbe presentato un esposto al sindaco di Pomezia e al comando locale della polizia municipale per chiedere verifiche sugli ingenti quantitativi di rifiuti abbancati presso la EcoX, di cui la popolazione residente lamentava forte preoccupazione;
   successivamente, con nota del 21 dicembre 2016, il comando della locale polizia municipale indirizzava al comando del NOE di Roma e al dipartimento prevenzione – servizio igiene sanità pubblica dell'asl Roma 6, richiesta di un sopralluogo congiunto presso la EcoX in riscontro dell'esposto ricevuto;
   la stessa procura della Repubblica di Velletri avrebbe aperto un'inchiesta sull'incendio della EcoX procedendo con ipotesi di reato per incendio colposo –:
   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati, alla luce della gravità dell'incendio scoppiato nello stabilimento della Società EcoX;
   a quando risalgano gli ultimi controlli sulla gestione dei rifiuti stoccati nel sito e quali siano, allo stato, le risultanze dei monitoraggi ambientali effettuati, le caratteristiche ed i possibili effetti della dispersione degli inquinanti e le immediate iniziative assunte a tutela degli effetti acuti sulla popolazione esposta. (4-16525)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il processo di riforma delle province attuato dal Governo Renzi, come è noto, ha prodotto in tutto il Paese come unica certezza la sottrazione del voto democratico ai cittadini, lasciando inattuato il completamento del necessario riassetto istituzionale, provocando, in tal modo, la sottrazione di ingenti risorse finanziarie all'ente di area vasta – a partire dalla viabilità, dalle strutture scolastiche e dalle infrastrutture della viabilità interna – producendo una disorganica smobilitazione del personale sempre più a rischio di perdere lo stipendio;
   uno dei settori più colpiti da questa maldestra riforma è stato l'ingente patrimonio archeologico museale in quota alla gestione delle province esposto a un progressivo processo di destrutturazione che rischia di far chiudere centinaia di siti culturali per l'assenza di risorse che, in tal modo, non consentono la cura, la valorizzazione e la stessa gestione ordinaria;
   nella regione Campania gli esempi sono diversi a partire da quelli emblematici del complesso museale bibliografico del Museo Irpino e della struttura polifunzionale dell'ex Carcere borbonico di Avellino fino al prestigioso Museo campano di Capua (CE), che è da annoverare come uno dei siti della conservazione archeologica più importanti del Mediterraneo;
   questo plesso versa oramai in condizioni di vero abbandono, privo di un minimo di organico e di una gestione che garantisca la sua valorizzazione turistica e culturale;
   la provincia, la regione e il comune, con un «rimbalzo» di responsabilità istituzionali, non fanno altro che aggravare questa perdurante situazione di vuoto di poteri che è evidenziata dalle stesse associazioni e dai movimenti del settore che, esclusivamente su base volontaria, cercano quantomeno di tenere viva l'attenzione rispetto all'opinione pubblica e ai mass-media –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda intraprendere per realizzare un monitoraggio aggiornato dello stato dell'arte dei complessi archeologici museali di proprietà e competenza delle province nel nostro Paese e, nella fattispecie, per favorire una rapida soluzione ai gravi problemi legati al Museo campano di Capua. (5-11313)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   si trascina da decenni la questione relativa agli alloggi di proprietà del Ministero della difesa e, con essa, quella relativa a quegli occupanti per lungo tempo ingiustamente definiti sine titulo, costituiti da personale in servizio con concessione scaduta, ovvero da personale in quiescenza, coniugi vedovi, legalmente separati o divorziati e figli orfani, che hanno perduto titolo a permanere nell'alloggio;
   ad essi, alla scadenza del titolo, è arrivata solo la comunicazione relativa alla modifica dell'importo del canone da corrispondere, riconoscendo la loro qualità di affittuari e non di abusivi, elemento ribadito anche dal diritto di prelazione sull'acquisto ad essi riconosciuto, diritto che non sarebbe spettato in caso di occupazione abusiva;
   tale impostazione è stata recentemente ribadita anche da una pronuncia del Consiglio di Stato che ha «cancellato» definitivamente lo status di abusivi con cui erano stati bollati i sine titulo, dalla Corte dei conti, che, nel rendiconto generale dello Stato 2011, ha precisato che la dizione sine titulo «non si riferisce, salvo casi specifici, all'occupazione abusiva», nonché da due sentenze del tribunale amministrativo del Lazio che hanno accolto ricorsi contro le rideterminazioni dei canoni d'affitto, e l'imposizione di prezzi troppo elevati per la vendita;
   negli anni ai sine titulo sono stati chiesti continui adeguamenti dei canoni e, laddove si è proceduto con le alienazioni, pur riconoscendo ad essi il diritto di prelazione, di fatto è stato loro impedito l'acquisto a causa della fissazione di prezzi troppo elevati;
   nel frattempo, la situazione degli immobili ancora di proprietà del Ministero ha raggiunto una dimensione oltremodo critica: la crisi del mercato immobiliare ha fatto crollare i prezzi e diminuire il valore del patrimonio, i costi di gestione sono lievitati, gravando pesantemente sul debito pubblico, migliaia di abitazioni versano in uno stato di degrado, mentre gli unici ancora in condizioni dignitose sono quelli abitati, grazie alle cure di quei concessionari sui quali continua ad abbattersi la «mannaia» degli sfratti;
   in questo quadro, il fallimento delle aste ha evidenziato che il patrimonio alloggiativo della difesa, da risorsa preziosa per militari e famiglie, è diventato assai poco attrattivo per eventuali compratori e l'introduzione della norma che prevede la non riassegnazione ai capitoli della difesa degli importi derivanti dalle alienazioni sta bloccando anche la pur minima manutenzione;
   ad oggi, l'utenza sine titulo che continua ad attendere una soluzione definitiva della questione alloggiativa è composta da oltre quattromila persone, divise tra quelle appartenenti alle categorie protette per condizioni reddituali e sanitarie, e i soggetti non protetti che versano un canone di mercato;
   la Corte dei conti, intervenuta sulla questione del patrimonio immobiliare del Ministero della difesa, con la delibera n. 10/2015/G del 12 novembre 2015, ha valutato il danno economico risultante dalla situazione attuale e ha proposto l'istituzione di alloggi di servizio gratuiti all'incarico, al fine di garantire le esigenze esclusivamente funzionali di tali incarichi, e il trasferimento della parte rimanente del patrimonio abitativo alla società Difesa servizi S.p.A. per la gestione economica e la valorizzazione degli immobili;
   in tutte le decisioni che attengono il futuro del patrimonio alloggiativo della difesa occorre contemperare le esigenze di salvaguardia dei diritti delle fasce sociali più deboli con quelle di procedere alla tempestiva alienazione di parte degli immobili e alla valorizzazione della parte rimanente –:
   con quali finalità e secondo quali modalità la società Difesa servizi interverrà nella gestione del patrimonio immobiliare di cui in premessa;
   in che modo intenda risolvere le problematiche della utenza cosiddetta sine titulo, in attesa, da decenni, di una soluzione che gli permetta di uscire dalla precarietà abitativa. (4-16530)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la regione Basilicata, con la legge di stabilità regionale n. 6 del 28 aprile 2017, ha approvato (articoli da 9 a 12) una serie di contributi in favore di comuni specificamente individuati, volti a superare situazioni di dissesto finanziario già dichiarato o a finanziare il piano di riequilibrio deliberato dall'organismo consiliare, subordinatamente all'approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale da parte della sezione regionale della Corte dei conti, o a concorrere ad «oneri imprevisti» di non meglio identificata natura al di fuori del controllo della Corte dei conti. Si tratta di un complesso di spesa pari, per il triennio 2017-2019, a 9,1 milioni di euro;
   analogamente alcune precedenti leggi di bilancio regionali (18 agosto 2014, n. 26, articolo 62, e 13 agosto 2015, n. 34, articolo 17) dispongono finanziamenti «per sostenere il piano riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali» o destinati «al superamento delle criticità finanziarie» di specifici enti locali;
   la procedura contenuta nel titolo VIII del decreto legislativo n. 267 del 2000, «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» (Tuel), riguardante gli enti locali deficitari o dissestati, prevede: la redazione di un piano riequilibrio finanziario pluriennale, in cui le poste in entrate ed uscita sono rigorosamente definite; il controllo della Corte dei conti sul suddetto piano; la costituzione di un fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali. Non si fa cenno né a fondi regionali per i comuni con piano di riequilibrio, né, meno che mai, ad interventi volti a risolvere «criticità finanziarie» al di fuori del controllo della Corte dei conti regionale. Gli interventi della regione Basilicata di cui ai paragrafi precedenti appaiono quanto meno non in linea con le previsioni del Tuel; 
   la regione Basilicata appare quindi muoversi in questo ambito in assenza totale di un quadro regolatorio e quindi in quello che l'interrogante giudica un regime di puro arbitrio; accade, pertanto, che alcuni comuni, e quindi i loro cittadini, fronteggino da soli i rigori della finanza pubblica, attivando scelte di razionalizzazione e di qualificazione dei bilanci comunali e che altri possano contare in modo discrezionale su risorse pubbliche per risanare i propri bilanci;
   non a caso, il presidente dell'Anci Basilicata ha parlato di «figli e figliastri» e facilmente si insinua il sospetto che i comuni siano «aiutati» sulla base del colore politico della propria amministrazione comunale. A rafforzare questa ipotesi sta il fatto che la legge n. 62 prevedeva l'istituzione di un apposito fondo «per sostenere il riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali il cui piano sia stato approvato dalla Sezione regionale della Corte dei conti», cui avrebbero potuto accedere tutti gli enti locali in situazione finanziaria critica, ma tale previsione è stata soppressa, senza essere attuata, dalla legge n. 34;
   nel mese di aprile 2017 la Corte dei conti della regione Puglia, nel referto sull'analisi della copertura della spesa contenuta nelle leggi regionali emanate nel 2016, ha bocciato l'assegnazione di 2 milioni di euro al comune di Castellaneta in situazione di predissesto, erogati a valere di uno specifico fondo rotativo;
   la Corte dei conti pugliese ha evidenziato che c’è un problema di utilizzo delle risorse legato al meccanismo dell'anticipazione di cassa: i fondi della regione – secondo il referto – non devono «rappresentare una risorsa aggiuntiva per la copertura di spese o disavanzi, bensì un istituto di natura finanziario-contabile avente lo scopo di fornire liquidità per onorare debiti pregressi»;
   giova osservare che le somme erogate dalla regione Basilicata non recano alcuna finalizzazione e sono erogate addirittura al di fuori di uno fondo finalizzato allo scopo, che quanto meno avrebbe il pregio di essere rivolto indistintamente a tutti gli enti locali in analoga situazione, fondo che invece la regione Puglia ha costituito;
   la regione Basilicata si trova di fronte ad una contrazione di risorse per 100 milioni di euro, per mancati trasferimenti statali e per la riduzione delle royalties legate alla minore produzione petrolifera, situazione che dovrebbe obbligare ad una maggiore qualificazione ed equità della spesa –:
   se il Governo intenda assumere iniziative, nell'ambito delle competenti sedi di concertazione con le autonomie regionali, affinché tutto l'impegno economico pubblico diretto al superamento delle criticità finanziarie degli enti locali, con particolare riguardo agli enti dissestati e strutturalmente deficitari, sia inserito in un quadro di interventi qualificati, coordinati ed efficienti per evitare le anomalie contabili evidenziate e disparità di trattamento tra enti in analoga situazione.
(2-01792) «Latronico».

Interrogazione a risposta immediata:


   BRUNETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 18 marzo 2017 è stato ufficializzato dal Ministro dell'economia e delle finanze il deposito della proposta di designazione di Alessandro Profumo come prossimo amministratore delegato di Leonardo Spa (di cui lo Stato è azionista al 30,2 per cento), da nominare ufficialmente nell'assemblea del 16 maggio 2017;
   a prescindere dalla qualità personali e professionali del manager, che non rilevano ai fini della presente interrogazione e su cui non si intende esprimere un giudizio di merito, sussistono condizioni oggettive che rendono tale indicazione anomala e quantomeno inopportuna;
   risulta, infatti, alquanto anomala la designazione di un amministratore, ex presidente di Monte dei Paschi di Siena, rinviato a giudizio il 1o marzo 2017 per un caso di usura bancaria, e nei confronti del quale è stato disposto il 21 aprile 2017 un provvedimento di imputazione coatta, contro cui il Ministero dell'economia e delle finanze potrà costituirsi parte civile nel procedimento penale che ne dovrà stabilire la responsabilità per i presunti reati di falso in bilancio e manipolazione informativa in Monte dei Paschi di Siena, di cui sempre il Ministero dell'economia e delle finanze è azionista;
   è altresì oltremodo inopportuno che il Ministro abbia firmato il 16 marzo 2017 (due giorni prima della designazione) una direttiva (n. 20004) sulla governance delle società controllate, che ha di fatto abrogato le disposizioni della direttiva n. 14656 del 24 giugno 2013, varata dal Ministro pro tempore Saccomanni in esecuzione di un atto di indirizzo del Senato della Repubblica (mozione 1-00060, approvata il 19 giugno 2013), cancellando i criteri che prevedevano l'ineleggibilità nel caso di «notifica del decreto che dispone il giudizio» per delitti previsti «dalle norme che disciplinano l'attività bancaria, finanziaria, mobiliare, assicurativa», ed eliminando l'obbligo di assoggettare le nomine ad un «parere positivo» reso da un apposito comitato di garanzia, istituito per assicurare una valutazione indipendente delle candidature;
   data l'importanza, anche a livello internazionale, che riveste un'azienda come Leonardo, è determinante garantire la massima trasparenza nelle scelte del top management, per assicurare credibilità nei mercati e presso gli investitori –:
   se, alla luce dei fatti esposti, il Ministro interrogato intenda confermare, in vista della imminente assemblea degli azionisti, la designazione di Alessandro Profumo quale amministratore delegato di Leonardo e se intenda chiarire in maniera univoca e definitiva le motivazioni che hanno portato ad una modifica della direttiva sui requisiti degli amministratori a soli due giorni dalle designazioni, nonché quelle che hanno determinato la scelta di Profumo, rinviato a giudizio per reati gravissimi compiuti a danno di una società partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, quale nuovo amministratore delegato di Leonardo. (3-03014)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   RUSSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   alla fine degli anni ’90, nell'ambito di una complessiva riorganizzazione del Corpo di polizia penitenziaria, anche alla luce dei nuovi compiti di traduzioni e piantonamenti dei detenuti ed internati, è nato il progetto «rete radio mobile», articolato su scala nazionale ma con diversi snodi regionali, con attribuzione della relativa competenza territoriale alle centrali operative regionali (C.O.R.), composte da un personale specializzato e con specifici requisiti;
   il funzionamento delle C.O.R. fu sin dall'inizio centrato sull'assistenza continua 24 ore su 24, verso ogni tipo di traduzione e piantonamento per poi allargarsi a tutti gli spostamenti di uomini e mezzi del Corpo di polizia penitenziaria sull'intera rete viaria nazionale. Successivamente, le C.O.R. hanno iniziato ad offrire assistenza a 360 gradi a tutti gli altri servizi connessi ai compiti istituzionali del Corpo (ad esempio le postazioni aeroportuali ed i presidi presso i tribunali), nonché ai servizi di scorta alle autorità e il supporto a tutti gli eventi operativi e di rappresentanza;
   l'architettura dell'intero sistema radio, basato sui principi di assistenza e sicurezza, si lega inscindibilmente al concetto di territorio, quanto, per un verso, nessun servizio di protezione e di tutela della collettività può funzionare se non con una presenza territorialmente vicina ai luoghi in cui si interviene e, per altro verso, la comprensibile diversità delle realtà locali richiede un'altrettanta diversità di interventi che siano funzionali al territorio su cui si opera, al fine di garantire il principio di territorialità;
   nel marzo del 2013, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha emanato il nuovo modello operativo del servizio delle traduzioni e dei piantonamenti che ha suddiviso le diverse competenze tra il livello centrale (affidato all'ufficio centrale della sicurezza e delle traduzioni), un livello regionale (uffici della sicurezza e delle traduzioni) e un livello periferico dato dai nuclei interprovinciali, provinciali, cittadini o nuclei traduzioni locali;
   secondo quanto recentemente appreso, l'amministrazione avrebbe iniziato a discutere di un progetto che modificherebbe l'attuale sistema attraverso l'istituzione di meccanismi di controllo da remoto delle attuali C.O.R., che dovrebbe avvenire da Roma, attraverso la centrale operativa nazionale che erogherebbe assistenza ai servizi di traduzione e sicurezza, oggi invece offerta da unità di personale presenti in ogni regione, e fisicamente più vicine e presenti sul territorio in cui può, nascere la singola criticità. Solo nel caso in cui, sorta l'emergenza, la centrale operativa nazionale di Roma non riuscisse a garantire adeguata assistenza, allora la gestione e la soluzione dell'evento verrebbe successivamente affidata al personale delle C.O.R. attivato, dunque, solo all'occorrenza;
   in alcune C.O.R. è in funzione il sistema digitale radio denominato TETRA, un progetto evoluto rispetto al DAPNet che prevede l'utilizzo di comunicazioni criptate. Il controllo da remoto da parte della centrale di Roma delle C.O.R. dislocate in tutte le regioni, riguarderebbe il solo utilizzo dei canali analogici della rete DAPNet, canali vittime di intrusioni di soggetti esterni all'amministrazione che, ponendosi con trasmissioni radio sulle stesse frequenze della rete del Corpo, ne precluderebbe l'efficace utilizzo –:
   se il Ministro interrogato intenda porre in essere tutte le necessarie iniziative per chiarire i termini della vicenda esposta in premessa, soprattutto con riferimento alla reale volontà dell'amministrazione penitenziaria che, se portasse a compimento tale disegno modificatore dell'intero impianto organizzativo e strutturale delle C.O.R. contribuirebbe alla definitiva cancellazione dell'efficace e comprovato sistema di assistenza e di supporto che esse attualmente garantiscono su tutto il territorio nazionale attraverso un'assistenza completa e tempestiva per ogni tipo di emergenza. (4-16524)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il nuovo codice degli appalti (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), ha individuato nel piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL) e nel documento pluriennale di pianificazione (DPP) gli strumenti per la pianificazione e la programmazione (articoli 200-201) e per la progettazione (articolo 23) delle infrastrutture ritenute prioritarie per lo sviluppo del Paese;
   ai fini della redazione del documento pluriennale di pianificazione il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha predisposto nel 2016 le «Linee guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche», con cui sono stati introdotti metodi di valutazione e selezione delle opere pubbliche, propedeutici alla individuazione delle priorità da includere nel documento pluriennale di pianificazione;
   nelle more dell'emanazione del primo documento pluriennale di pianificazione di valenza triennale e dell'aggiornamento del piano generale dei trasporti e della logistica, alcune opere pubbliche stanno facendo registrare, anche a causa dell'estensione del regime transitorio della «legge obiettivo», passi avanti nella loro realizzazione, pur non rientrando nella lista delle 25 opere classificate come prioritarie;
   tra le opere in via di realizzazione c’è l'autostrada Campogalliano Sassuolo, che con una delibera del Cipe del maggio 2016 ha ottenuto un sistema di anticipi ed aiuti fiscali ed è in attesa del via libera da parte della Corte dei conti, nonostante la sua approvazione sia intervenuta a seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice e non sia un'opera ritenuta prioritaria ai sensi della vecchia «legge obiettivo»;
   stesso discorso vale per il sistema tangenziale di Lucca, già oggetto di diverse interrogazioni parlamentari a prima firma della sottoscritta, e il cui primo lotto da 84 milioni di euro risulta essere stato finanziato dal Cipe il 10 agosto 2016;
   in attesa dell'emanazione del documento pluriennale di pianificazione, continua poi la realizzazione anche del 1o lotto del Tibre Parma Verona, il cui costo è stimato intorno ai 513 milioni di euro, e dell'autostrada tirrenica, per il tratto Grosseto-Capalbio, il cui iter sta seguendo la nuova procedura di valutazione di impatto ambientale –:
   se, il Ministro non ritenga opportuno, nelle more dell'emanazione del primo documento pluriennale di pianificazione, assumere iniziative per bloccare l'avanzamento della realizzazione, secondo le procedure della «legge obiettivo», di progetti non rientranti tra quelli ritenuti prioritari, con particolare riguardo alle opere elencate in premessa;
   se il Ministro non reputi opportuno, anche per le opere cosiddette prioritarie, assumere iniziative per applicare la norma per la revisione dei progetti (project review), alla luce delle mutate condizioni di traffico, della carenza di risorse, delle innovazioni tecnologiche e di servizi, al fine di garantire l'effettivo superamento della logica della «legge obiettivo» e assicurare un nuovo approccio alla programmazione infrastrutturale. (5-11310)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARUSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il centro intermodale di Segrate è di fatto il principale nodo di interscambio, gomma-ferro a servizio del sistema produttivo milanese ed è parte della progettazione complessiva del nuovo grande terminale intermodale di Milano smistamento da parte della Teralp, società costituita da FS Logistica insieme alla svizzera Hupac;
   a qualsiasi progetto di sviluppo del centro intermodale sul territorio di Segate ovvero sulle aree pertinenti il nodo ferroviario ha dato parere negativo per ben due volte il consiglio comunale segratese, il quale si è espresso in tal senso nel novembre 2014 e nell'aprile 2016;
   il 20 maggio 2016 il consiglio comunale di Segrate ha adottato il documento di piano di cui alla variante di piano di governo del territorio, escludendo ogni possibilità di realizzare o sviluppare qualsiasi centro intermodale sul territorio;
   l'area interessata dal progetto, denominata «Milano smistamento», è la zona comprendente i binari collocati su quell'enorme area che taglia in due la città di Segrate (tra la Rivoltarla, Segrate Centro e Redecesio);
   l'insediamento del nuovo terminal di scambio ferro-gomma in tale area, che vedrebbe il passaggio di merci su container tra treni e camion, avrebbe effetti disastrosi in termini di aumento del traffico e, conseguentemente, dello smog e dell'inquinamento acustico;
   si tratta di in una porzione di territorio già pesantemente penalizzata, dal punto di vista della viabilità, dalla presenza dell'aeroporto di Linate, del centro esposizioni di Novegro, dell'idroscalo e dell'intermodale Messina;
   lo sviluppo di un centro intermodale di tale portata prevede, tra l'altro, il passaggio di oltre 1.500 TIR al giorno all'interno del centro abitato (tra Tregarezzo, San Felice e Novegro) con le immaginabili negative conseguenze in termini di vivibilità della zona per i residenti;
   assoluta contrarietà ad ogni progetto di sviluppo del centro intermodale sul territorio di Segrate è stata espressa anche da altri comuni interessati, in particolare quello di Pioltello il quale il 20 gennaio 2017 ha approvato un ordine del giorno in tal senso;
   secondo notizie di stampa il Ministro interrogato sembrerebbe intenzionato ad accelerare l'avvio della realizzazione del progetto citato –:
   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in relazione al potenziamento del centro intermodale di Segrate, con particolare riferimento alla possibilità di individuare una soluzione alternativa e più razionale rispetto a quella contenuta nel progetto illustrato in premessa. (4-16527)

INTERNO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   il comune di Mazzarrà S. Andrea è stato sciolto per infiltrazioni mafiose della cosiddetta cosca dei «Mazzaroti» e si è insediata una commissione straordinaria nell'ottobre 2015;
   la Tirrenio Ambiente spa gestiva la discarica in fase operativa e adesso gestisce le operazioni del « post mortem» della suddetta discarica e della discarica di Tripi in provincia di Messina;
   la società, al centro di diverse inchieste giudiziarie in particolare le operazioni «Riciclo», «Vivaio» e «Gotha», è stata messa in liquidazione come si evince da un articolo della Gazzetta del Sud del 27 febbraio 2017;
   il settimanale siciliano di politica «Centonove», nel mese di febbraio 2016, pubblica un interessante articolo su un presunto buco di 46 milioni di euro riguardante i fondi riscossi dal 2003 al 2014 per la sicurezza e la gestione trentennale post mortem della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea;
   a quanto pare la società adesso è in una crisi finanziaria che, a detta di quest’ ultima, non permette una corretta gestione « post mortem» della discarica, con particolare rilievo alle attività di raccolta e di smaltimento del percolato che potrebbe creare di fatto un'emergenza igienico-sanitaria in caso di fuoriuscita dalle vasche;
   a quanto risulta agli interpellanti dal 2014 ad oggi nessun progetto di chiusura e messa in sicurezza è stato presentato dalla società;
   inoltre già dal 2014, durante le conferenze di servizi tenutesi al dipartimento regionale dei rifiuti di Palermo, era stato valutato come rischio reale il pericolo di sversamento di percolato, il rischio di esplosione dovuto al biogas ed il possibile crollo del corpo della discarica;
   con numerose e diverse note, la commissione straordinaria del comune di Mazzarrà ha più volte segnalato alla regione ed al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la situazione di pericolo dovuto a:
    a) impossibilità di intervento della società per crisi finanziaria;
    b) impossibilità di intervento risolutivo del comune che ha dichiarato dissesto;
    c) mancanza di previsione di un intervento risolutivo da parte della regione siciliana;
    con ordinanze nn. 6 e 7 del 17 e del 24 marzo 2017 la commissione straordinaria del comune di Mazzarrà ha stanziato la somma di 20.000 euro per due interventi «tampone» che hanno evitato, solo per un paio di settimane circa, un'emergenza igienico-sanitaria causata dalla fuoriuscita del percolato dalle vasche;
   si apprende da due articoli che, dal 6 aprile 2017 (articolo della Gazzetta del Sud del 6 aprile 2017 «Pompe spente, percolato nel torrente: è disastro») fino al 22 aprile (articolo della Gazzetta del Sud del 23 aprile 2017 «Da oggi via libera allo smaltimento del percolato»), si è verificata un'emergenza igienico-sanitaria nel comprensorio, in quanto il percolato è fuoriuscito dalle vasche inquinando l'ecosistema circostante;
   con delibera 167/2017 del 7 aprile 2017 la regione siciliana ha stanziato 300.000 euro per superare la fase critica dell'emergenza. Secondo le stime della società, questa cifra servirà ad evitare un'ulteriore emergenza al massimo fino a luglio/agosto 2017;
   all'interno della discarica è stato realizzato negli anni un impianto per il trattamento del percolato costato 2,8 milioni di euro che, a quanto si apprende da un articolo del Giornale di Sicilia del 15 aprile 2017 non è mai stato messo in funzione;
   inoltre, come si apprende da un articolo del Giornale di Sicilia del 12 aprile 2017, pare ci sia un « business» legato al trattamento del percolato delle discariche siciliane segnalato in un dossier presentato alla procura dall'Associazione Vania Contrafatto che parlando della discarica di Mazzarrà sostiene che «continua a produrre percolato, è stata fermata la raccolta e non si capisce dove sono finiti i soldi che erano accantonati per smaltirlo. Si è creato un danno ambientale...» –:
   se non si ritenga di dovere, con urgenza, assumere iniziative per risolvere definitivamente questa situazione di pericolo per la pubblica incolumità nel comune di Mazzarrà S. Andrea e nei comuni limitrofi;
   se intendano, per quanto di competenza, attivarsi per capire dove siano finiti i fondi accantonati previsti per la raccolta ed il trattamento del percolato per la discarica di Mazzarrà S. Andrea, come anche denunciato dall'Associazione Contrafatto;
   se intenda, per quanto di competenza, attivarsi per acquisire elementi in merito ai motivi per cui solo il 4 aprile 2017, nonostante tutti gli enti preposti fossero già a conoscenza da circa un anno della criticità, la regione abbia deciso l'escussione di una sola polizza fideiussoria, con un massimale di circa 189.000 euro, depositata dalla Tirreno Ambiente spa e prevista dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 36 del 2003;
   se, nell'ambito delle proprie competenze, intenda, avviare una seria ed approfondita verifica, sui fatti accaduti nel corso degli anni e sull'attività delle autorità che dovevano rappresentare lo Stato e che dovevano prevedere e prevenire queste criticità per garantire la salute dei cittadini di quei territorio.
(2-01794) «Villarosa, D'Uva, Cancelleri, Di Benedetto, Lorefice, Grillo, Lupo, Marzana, Rizzo, Daga, Busto, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   nell'anno 2014 il Ministero dell'interno avviava il progetto di razionalizzazione della polizia stradale, ferroviaria, postale e dei reparti speciali della polizia dello Stato;
   all'epoca molte sigle sindacali espressero dubbi in merito a tale progetto, considerato non risolutivo per i problemi inerenti alla carenza di organico, posto che avrebbe indebolito la presenza delle forze dell'ordine sul territorio;
   con decreto firmato il 31 marzo 2017 dal Ministro Minniti vengono soppressi 15 posti di polizia ferroviaria, di cui due in regione Campania, Avellino e Agropoli;
   la motivazione del provvedimento sta «nell'esigenza di adeguare l'assetto organizzativo della Polizia ferroviaria alle mutate esigenze operative: in relazione all'evoluzione del traffico la vigilanza può essere assicurata da altri uffici limitrofi»;
   la soppressione di tali presidi causa l'indebolimento della presenza delle forze dell'ordine sui territori;
   nel caso del presidio polfer di Agropoli il territorio perde un altro importante ufficio di polizia che aveva competenza su sessanta chilometri di tratta ferroviaria, comprendente ben sette stazioni attive, da Capaccio-Roccadaspide a Pisciotta-Palinuro;
   la stazione in questione è uno degli scali a sud di Salerno con il maggiore afflusso di passeggeri;
   oltre al quotidiano rilevante numero di pendolari che utilizzano le ferrovie per mobilità lavorativa o per motivi di studio va evidenziato che si tratta di un comprensorio ad alta capacità di richiamo turistico che ogni anno ospita decine di migliaia di visitatori anche stranieri;
   sono previsti diversi interventi di potenziamento di questa stazione, tant’è che la giunta regionale della Campania ha il progetto «Cilento alta velocità Milano-Sapri», deliberando la proposta di prevedere anche la fermata ad Agropoli e che tale proposta è ora al vaglio di Trenitalia;
   l'amministrazione comunale di Agropoli intende realizzare una serie di ulteriori interventi per favorire la mobilità sostenibile –:
   se il Ministro intenda rivedere tale progetto riorganizzativo, a fronte delle innumerevoli istanze provenienti dai territori interessati e, nel caso del posto di polizia ferroviaria di Agropoli, procedere alla riapertura totale del presidio, assicurandone la piena funzionalità in considerazione di quanto riportato in premessa.
(2-01795) «Capozzolo, Carra, Boccuzzi, Covello, Crimì, Gadda, Sgambato, Rotta, Ascani, Palma, Sbrollini, Miccoli, Carloni, Marroni, Peluffo, Donati, Fanucci, Fiorio, Grassi, Marco Di Maio, Valiante, Crivellari, Pastorino, Ventricelli, Cardinale, Marco Meloni, Paola Bragantini, Cuomo, Ferro, Carella, Capone, Marco Di Stefano, Bonaccorsi, Luciano Agostini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PES. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Sardegna, puntualmente, è colpita da incendi, molto frequenti nella stagione estiva, che si propagano favoriti dalla presenza costante dei venti e dalle elevate temperature;
   nella giornata del 7 maggio 2017, un grave rogo, che si è sviluppato nella parte impervia del Montiferru, zona boschiva del territorio tra Seneghe e Scano Montiferro, già devastata da precedenti incendi, ha messo a dura prova l'intervento di tre squadre a terra del corpo forestale di vigilanza ambientale e due di Forestas, ma, per evitare il propagarsi delle fiamme, è stato necessario anche l'intervento di due Canadair provenienti da Ciampino;
   l'isola, tra le regioni italiane, registra il più alto tasso di incendi boschivi e di ettari di macchia mediterranea devastata dalle fiamme; spesso i roghi mettono a rischio l'incolumità delle persone e degli animali, con conseguenze negative per il settore turistico-alberghiero e lo sviluppo economico agricolo-pastorale;
   il piano di prevenzione incendi della regione, in vigore nei mesi estivi, contenente numerose prescrizioni e norme di prevenzione per i comuni, ma anche per gli allevatori, gli agricoltori e i gestori di insediamenti turistico-ricettivi, campeggi e villaggi turistico-alberghieri, puntualmente adottato dalle amministrazioni comunali, non è sufficiente per affrontare il rischio a cui la Sardegna è sottoposta durante tutto l'anno;
   il territorio della Sardegna di per sé, per le condizioni climatiche e per le caratteristiche morfologiche del territorio, è soggetto a possibilità elevate di fenomeni incendiari che riguardano le zone colpite, nel corso di tutte le stagioni e non solo nei mesi estivi –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare per impedire che devastanti roghi possano creare pericolo alla popolazione, alla flora, agli animali e alle imprese agricole;
   se non sia necessario assumere ogni iniziativa di competenza per prevedere stabilmente, o quantomeno da aprile a novembre, la presenza di Canadair sul territorio, per affrontare in tempo reale fenomeni che potrebbero essere devastanti per l'isola. (5-11309)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella sua edizione del 3 maggio 2017, il quotidiano La Provincia ha dato notizia delle polemiche esplose a Cantù in relazione alla effettiva destinazione d'uso di un capannone situato in via Milano;
   si teme che, nel capannone situato in via Milano a Cantù, si svolga dell'attività di culto, mentre l'associazione Assalam afferma che il carattere delle iniziative che vi hanno luogo sia esclusivamente di tipo culturale;
   nel mese di febbraio 2017, con una propria circolare, la regione Lombardia ha peraltro equiparato i centri culturali ai luoghi di culto, circostanza che dovrebbe comunque pregiudicare il tentativo dell'associazione Assalam di crearne uno;
   due anni fa, un progetto teso a trasformare il capannone in un luogo di preghiera islamico venne bloccato dal varo della legge regionale lombarda sui luoghi di culto;
   formalmente, l'immobile sito in via Milano dovrebbe essere adibito ad attività artigianali e non potrebbero svolgersi al suo interno riunioni di alcun tipo che implichino assembramenti di persone, che, invece, si registrano quotidianamente;
   davanti al capannone di via Milano, infatti, sostano in pianta stabile non meno di cinquanta autovetture alla volta e si nota un movimento che interessa diverse decine di persone, abbigliate alla maniera tradizionale islamica;
   dell'associazione culturale islamica denominata Assalam poco si sa, oltre al fatto che esistono in molte località del nostro Paese organizzazioni con questo nome, impegnate a sostenere l'apertura di moschee e centri culturali;
   non è chiaro, in particolare, se Assalam sia un'organizzazione unica con diramazioni territoriali diffuse o semplicemente sia diffusa la prassi di intitolare alla pace le società di fatto istituite da attivisti musulmani –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito all'associazione Assalam e alla sua natura;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per assicurare il rispetto della normativa in materia di luoghi di culto e centri culturali, verificando altresì quali siano le attività svolte all'interno dell'immobile situato in via Milano a Cantù, e se esso possa costituire una sede di irradiazione dell'integralismo islamico. (4-16528)


   NACCARATO, NARDUOLO e ROSTELLATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 29 aprile 2017 un incendio ha distrutto una abitazione privata in via Guenizzo a Montagnana in provincia di Padova;
   la casa avrebbe dovuto ospitare alcuni richiedenti asilo destinati al comune di Montagnana;
   l'incendio pare avere origine dolosa anche se le forze dell'ordine mantengono il massimo riserbo sulla vicenda;
   la struttura è di proprietà di un privato che, un mese prima, aveva raggiunto un accordo con la prefettura di Padova per accogliere una decina di migranti;
   i vigili del fuoco e i carabinieri, intervenuti sul posto dopo le chiamate dei vicini, hanno impegnato quasi due ore per la messa in sicurezza del rogo;
   l'abitazione ha subito danni ingenti ad entrambi i piani;
   l'area è stata posta sotto sequestro per permettere ulteriori accertamenti, mirati anche a scoprire eventuali responsabilità;
   le prime ipotesi non escludono un atto di ritorsione verso il proprietario, residente in zona, che ha messo a disposizione la struttura per l'accoglienza ai migranti;
   a causa dei danni l'arrivo dei profughi sarà rinviato;
   la vicenda ha sollevato gravi preoccupazioni poiché, se fosse confermata l'origine dell'incendio, si tratterebbe di uno degli episodi più gravi di resistenza e opposizione di fronte al fenomeno dell'accoglienza in provincia di Padova;
   risulta inoltre che il sindaco di Montagnana, nei giorni precedenti l'incendio, avrebbe dichiarato la sua contrarietà alla disponibilità dell'immobile per l'accoglienza dei migranti censurando il comportamento del privato nel corso di una manifestazione pubblica;
   gli interroganti esprimono forte preoccupazione per il rischio che alcuni amministratori locali possano alimentare un clima di diffidenza e di avversione verso i richiedenti asilo –:
   se sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   se e in che modo intenda attivarsi, per quanto di competenza e anche attraverso gli uffici territoriali di Governo, per vigilare sui procedimenti di accoglienza in provincia di Padova, evitando che si ripetano manifestazioni pericolose per l'ordine pubblico e per la convivenza civile nel nostro territorio. (4-16529)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata:


   CAPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 8 del regolamento di organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 98 del 2014, definisce le importanti caratteristiche e i numerosi compiti degli uffici scolastici regionali (Usr), che richiedono la presenza attiva di molte unità lavorative;
   la situazione per quel che riguarda la Sardegna evidenzia una carenza di organico estremamente preoccupante, pari a circa il 50 per cento del personale, sulla dotazione organica complessiva, con punta del il 60 per cento per la qualifica professionale di funzionario;
   dati recenti evidenziano che a fronte delle previste dalla dotazione organica, decreto ministeriale n. 773 del 2015, solo 27 su 69 sono le unità all'area III in Sardegna presenti; 49 invece di 96 per l'area II e 5 invece di 11 per. In totale, quindi, delle 176 unità previste ne sono presenti solo 81;
   la situazione è peggiorata dalla distribuzione attuale dei funzionari titolari del procedimento amministrativo: su 27, 20 sono a Cagliari, mentre solo 7 sono negli altri tre uffici regionali sardi (3 a Sassari, 2 a Nuoro, 2 a Oristano);
   inoltre, la riorganizzazione prevista dalla direzione regionale è intesa ad avocare a se la definizione degli organici di tutta la Sardegna per il personale ata, le scuole dell'infanzia, gli insegnanti di religione e per gli Educatori degli istituti professionali;
   si tratterebbe di una risposta momentanea ma che non affronterebbe alla radice il tema dell'evidente squilibrio territoriale determinato dalla carenza di organico sopra ricordata;
   non può essere dimenticato il legame che intercorre nei territori in particolare tra autonomie territoriali, dirigenti scolastici e sindaci, che ha portato a risultati positivi, ora messi a rischio dall'accentramento a Cagliari;
   le soluzioni sinora progettate sembrano poter dare una risposta solo parziale a quanto sopra esposto;
   l'attivazione da parte della Difesa dell'istituto del comando per circa 20 unità operative in tutta la Sardegna è certo utile ma non può essere una risposta definitiva: che le citate unità devono prima essere formate al loro nuovo compito, rischiando poi di essere richiamati ai comandi di appartenenza dopo solo due anni;
   sarebbe auspicabile che anche per la Sardegna si aprisse la possibilità della mobilità intercompartimentale, in modo da consentire a personale di altre pubbliche amministrazioni di far domanda per gli uffici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per affrontare la situazione sopra esposta che, se non risolta, rischia di portare ben presto alla paralisi degli Usr della Sardegna. (3-03012)


   VEZZALI e FRANCESCO SAVERIO ROMANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogazione n. 5-10564, nella quale il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo richiamava l'importanza dell'Istituto statale per sordi di Roma che per mancanza di finanziamenti rischia la chiusura, il 16 marzo 2017, il Sottosegretario di Stato De Filippo ha fornito una risposta dalla quale si evince che: «in riferimento al quadro normativo attinente alla materia degli istituti a carattere atipico di cui alla parte I, titolo II, capo III, del testo unico in materia di istruzione (decreto legislativo n. 297 del 1994) è recentemente intervenuta una disposizione normativa introdotta dalla legge 20 febbraio 2017, n. 19, di conversione del decreto-legge cosiddetto “Milleproroghe”. All'articolo 4 del citato decreto-legge è stato inserito il comma 5-bis il quale prevede che “per l'attuazione dell'articolo 21, comma 10, della legge 15 marzo 1997, n. 59, in materia di ordinamento degli istituti per sordomuti di Roma, Milano e Palermo di cui alla parte I, titolo II, capo III, sezione II, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, continua ad applicarsi l'articolo 67, comma 1, del medesimo testo unico”. Alla luce di questa disposizione normativa, voluta dal legislatore, la questione degli istituti a carattere atipico potrà essere riesaminata, auspicandone una sua definitiva soluzione.»;
   questo istituto ha assunto nel tempo le funzioni di centro di eccellenza sulla sordità, unico in tutto il territorio nazionale;
   la sua chiusura comporterebbe la perdita di posti di lavoro e l'interruzione di servizi e attività offerti gratuitamente alle persone sorde, alle loro famiglie e alla cittadinanza;
   la trasformazione dell'Istituto statale per sordi di Roma necessita di un regolamento governativo di riordino che ne disciplini le funzioni e lo doti di una pianta organica. Negli ultimi 17 anni, questo ente pubblico è stato costretto a stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa avvalendosi solo di lavoratori precari, 21 persone di cui 8 sorde, e a sopravvivere senza finanziamenti da parte dello Stato;
   il 27 aprile 2017 dalle agenzie di stampa si è appreso che i lavoratori precari dell'Istituto statale per sordi di Roma hanno manifestato nei pressi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nella speranza di ottenere risposte a un incontro del 15 marzo 2017 rimasto senza seguito –:
   se non ritenga, in attesa del regolamento di riordino, necessaria l'erogazione di un finanziamento straordinario che consenta alla scuola di proseguire le sue attività e salvare i 21 lavoratori, precari da 17 anni, di cui 8 sordi. (3-03013)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   CIPRINI, CHIMIENTI, LOMBARDI, COMINARDI, DALL'OSSO e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   al di fuori del confine nazionale operano da anni associazioni e, in particolare, patronati che fanno capo ai maggiori sindacati di rappresentanza che, per citarne alcuni, sono CGIL, CISL, UIL, ACLI;
   l'attività di maggiore intensità dei patronati all'estero è quella di consulenza fiscale, assistenza e tutela, anche con poteri di rappresentanza, nei confronti dei nostri connazionali per il disbrigo delle pratiche pensionistiche, dichiarazioni reddituali e altro;
   il finanziamento dei patronati è possibile grazie ai versamenti obbligatori, nella misura dello 0,199 per cento del totale, effettuati da tutti i lavoratori all'Inps, all'Inail e all'Ipsema, ed è commisurato all'organizzazione degli uffici e del volume d'affari, anche in rapporto all'esito favorevole delle suddette pratiche;
   dal Comitato per le questioni degli italiani all'estero, da un dossier giornalistico de «Il Fatto quotidiano», dall'esposto di Marco Tommasini presidente del Comitato difesa famiglie, nonché dalla denuncia di un ex sindacalista ed ex responsabile dell'Inca-Cgil in Argentina, sono venute alla luce gravi inadempienze e irregolarità che, per negligenza, coinvolgerebbero anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   in particolare, come denunciato dalla puntata de «Le Iene» del 9 aprile 2017, in data 16 settembre 2015 è stato condannato a 9 anni di detenzione e al risarcimento delle vittime di una truffa, Antonio Giacchetta, direttore del patronato Inca-Cgil di Zurigo, che tra il 2001 e il 2009 si sarebbe intascato i risparmi e le pensioni di circa 70 emigranti;
   l'attività sospetta del patronato gestito dal Giacchetta, sarebbe stata segnalata più volte al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, sebbene obbligato ad attività ispettiva e di controllo, non avrebbe effettuato i controlli e adottato i provvedimenti dovuti ed opportuni –:
   quali iniziative si intendano intraprendere per farsi carico del risarcimento danni a favore dei pensionati truffati in Svizzera dal direttore Inca-Cgil di Zurigo, stante la grave inadempienza e responsabilità relativa all'attività ispettiva imputabile al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, agendo eventualmente in rivalsa nei confronti della Inca-Cgil. (3-03009)


   SIMONETTI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI e SALTAMARTINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   lo stop & go del Governo sull'avvio dell'Ape ha del paradossale al limite del ridicolo;
   dopo aver annunciato trionfalmente a dicembre 2016 lo strumento sperimentale per rendere più flessibile l'età pensionistica ed averlo introdotto in legge di bilancio per il 2017 con decorrenza 1o maggio 2017, ad oggi sembra che i nodi da sciogliere siano ancora tanti;
   l'Ape social risulta in «stallo» perché il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, già inviato dal Consiglio dei ministri soltanto il 19 aprile 2017, è ancora fermo ai rilievi del Consiglio di Stato;
   senza il regolamento non è possibile presentare le domande, tant’è che si ipotizza uno slittamento dei tempi al 15 o addirittura al 31 luglio 2017, anziché al 30 giugno 2017, con l'inevitabile conseguenza di un rischio caos per l'Inps che dovrebbe stilare entro il 30 settembre 2017 la prima graduatoria degli aventi diritto in rapporto ai 300 milioni disponibili;
   quanto all'Ape volontaria i ritardi sembrano dovuti alla piattaforma informatica non ancora pronta, ma ancor più preoccupante è la risposta fornita il 27 aprile 2017 in Commissione lavoro dal Sottosegretario Bobba all'atto di sindacato ispettivo della Lega Nord n. 5-11128, con il quale si esprimevano preoccupazioni in merito alle dichiarazioni – riportate su Il Sole 24 ore di martedì 11 aprile 2017 – del consigliere economico dell'unità di coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri, ovvero che l'Ape non è un anticipo pensionistico, ma un anticipo finanziario a garanzia pensionistica;
   detto altrimenti significa che la sottoscrizione del prestito e l'adesione all'Ape non comporta alcuna certificazione del diritto alla pensione;
   in sede di risposta il rappresentante del Governo, come rassicurazione, rispondeva che «l'Ape è una misura sperimentale [che] opererà in un orizzonte temporale limitato all'interno del quale al momento non è prevista alcuna modificazione dei (..) requisiti pensionistici. (...) Qualora nei prossimi anni [si] decidesse di intervenire su requisiti pensionistici, sarà senz'altro (...) cura prevedere tutte le misure idonee ad evitare che i beneficiari dell'Ape si trovino sprovvisti di reddito e di pensione»;
   tali affermazioni sono tutt'altro che rassicuranti, ricordato che la «riforma Fornero» ha innalzato l'età pensionabile soudainement, creando una nuova piaga sociale, quella degli esodati –:
   quali siano le reali ragioni del ritardo per l'avvio dell'Ape – social e volontaria – e come il Governo intenda garantire il diritto di accesso alla pensione per chi usufruirà del prestito pensionistico per l'Ape volontaria. (3-03010)


   RIZZETTO, RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i centri di assistenza fiscale hanno annunciato che a partire dal prossimo lunedì, 15 maggio, non effettueranno più il servizio di compilazione delle DSU, le dichiarazioni sostitutive contenenti le informazioni di carattere anagrafico, reddituale e patrimoniale necessarie a descrivere la situazione economica del nucleo familiare per ottenere l'indicatore ISEE ai fini della richiesta di prestazioni sociali agevolate;
   il blocco dell'attività dei CAF è motivata dal mancato raggiungimento dell'accordo con Inps e Ministero del lavoro sul rinnovo della convenzione, scaduta lo scorso 31 dicembre, che regola i servizi collegati alla richiesta dell'Isee;
   in particolare, argomento del contendere è il rimborso economico spettante ai CAF per l'erogazione del servizio di compilazione delle DSU, che viene offerto gratuitamente ai cittadini;
   la sospensione dell'attività dei CAF, se confermata, penalizzerà gravemente i cittadini, specie quelli delle fasce economiche più deboli;
   sono, infatti, migliaia le famiglie che si rivolgono ogni anno ai centri di assistenza fiscale per poter usufruire dei servizi per il rilascio della certificazione ISEE e poter poi quindi accedere alle esenzioni e riduzioni dei costi per numerosi servizi, da quelli socio-sanitari agli assegni familiari, dall'asilo nido all'università e alle mense scolastiche –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere per scongiurare l'annunciata sospensione dell'attività dei centri di assistenza fiscale, riconoscendo la valenza sociale del servizio svolto e tutelando migliaia di famiglie. (3-03011)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BECATTINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ogni anno l'Inail finanzia in conto capitale le spese sostenute dalle imprese per progetti di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. I destinatari degli incentivi sono le imprese, anche individuali, iscritte alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
   il contributo, pari al 65 per cento dell'investimento fino a un massimo di 130.000 euro, viene erogato a seguito del superamento della verifica tecnico-amministrativa e la conseguente realizzazione del progetto;
   i contributi vengono distribuiti seguendo l'ordine di presentazione delle domande, fino ad esaurimento della cifra prevista dal bando (nel 2016 oltre 244 milioni di euro);
   le domande di accesso al finanziamento devono pervenire per via telematica, seguendo la procedura del cosiddetto « clickday»;
   la procedura prevede che le imprese inviino un codice identificativo attraverso una pagina web del sito dell'Inail, a partire da un orario precedentemente stabilito;
   negli ultimi anni per ottenere il finanziamento è stato necessario completare la procedura nell'arco di pochissimi secondi (dai 4 ai 12, a seconda degli anni) dall'orario stabilito come inizio del « clickday»;
   dato che l'accesso o meno ai contributi l'Inail viene deciso in pochissimi secondi, e il divario fra gli ammessi e gli esclusi è solitamente di pochi millesimi di secondo, diventano determinanti una serie di fattori che non hanno niente a che fare col bando, come la velocità della connessione internet, la destrezza con il computer e la fortuna di accedere al form nell'istante esatto dell'inizio del « clickday»;
   inoltre, la situazione venutasi a creare ha aperto la strada all'utilizzo di metodi quantomeno discutibili per accedere ai contributi, come servirsi di software o reclutare consistenti quantità di lavoratori precari esterni all'azienda pagati per eseguire in contemporanea la procedura, moltiplicando così le possibilità di ottenere il finanziamento;
   alla luce della situazione sopra esposta desta alcune perplessità l'opportunità di utilizzare ancora la procedura del «clickday» per distribuire contributi economicamente così significativi –:
   se il Ministro sia al corrente della situazione sopra descritta;
   alla luce di quanto esposto, quali siano i suoi orientamenti circa l'idoneità della procedura del « clickday» per distribuire i contributi Inail per i progetti di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. (5-11308)


   MARTELLA e DAMIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   presso i musei civici di Venezia si sta verificando una situazione di estrema criticità legata al futuro dei lavoratori impiegati nei servizi in appalto;
   suddette strutture si avvalgono di servizi relativi a sorveglianza, pulizie, ristorazione e vigilanza notturna assicurati tramite aziende in appalto;
   ad essere interessati sono complessivamente circa 450 lavoratori;
   fino ad oggi in merito a tali servizi era prevista una clausola di solidarietà a tutela delle maestranze;
   le organizzazioni sindacali hanno sollevato la questione in merito al nuovo capitolato d'appalto previsto dalla competente amministrazione comunale in cui vi sarebbe un semplice riferimento generico finalizzato a «garantire i livelli occupazionali e la continuità lavorativa»;
   suddetta formula non rassicura le organizzazioni sindacali e i lavoratori circa il proprio futuro occupazionale nella eventualità di un cambio di azienda aggiudicatrice;
   in base al nuovo codice degli appalti rimane comunque la facoltà da parte dell'ente appaltante di mantenere una reale «clausola sociale» in grado di assicurare l'assunzione in via prioritaria del personale attualmente impiegato;
   in altre società partecipate del comune di Venezia si prevedono delle vere e proprie clausole sociali a garanzia dei lavoratori –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché venga assicurata, ai lavoratori dei musei civici di Venezia e a tutti gli altri che si trovano in situazione analoga, una clausola di salvaguardia, in conformità con la vigente normativa nazionale in materia di appalti, finalizzata a tutelare il futuro lavorativo delle maestranze occupate.
(5-11311)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   SCHULLIAN, ALFREIDER, GEBHARD, PLANGGER, OTTOBRE e MARGUERETTAZ. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 28 luglio 2016, n. 154, reca: «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale»;
   si tratta di un tassello importante che fa parte di un percorso che ha visto la XVII legislatura produrre, finalmente, importanti provvedimenti dedicati all'agricoltura;
   il «collegato agricolo» rappresenta, infatti, uno strumento efficace di cui il settore ha bisogno per rilanciare la competitività delle imprese agricole, per sostenere il reddito degli agricoltori e per tutelare la salute dei cittadini;
   sicuramente il provvedimento contiene molte deleghe, si è detto che siano troppe, ma si ritiene che questo non sia un difetto del provvedimento, la cosa veramente importante è che esse vengano esercitate nei tempi previsti. Nessuna delega è scaduta, non essendo trascorso neanche un anno dall'entrata in vigore della legge;
   si ricorda in primis la delega al Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di agricoltura, prevista dall'articolo 5, il cui termine per l'adozione del codice agricolo previsto è di 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge;
   non meno importante la delega prevista dall'articolo 6, che rinvia ad un decreto legislativo che disciplini le forme di affiancamento tra agricoltori ultra-sessantacinquenni o pensionati e giovani; quella contenuta nell'articolo 15 che, entro il termine di diciotto mesi, disciplina il riordino e la riduzione degli enti e delle agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, nonché la revisione della normativa del settore ippico nazionale e della legge n. 30 del 1991 in materia di riproduzione animale;
   si ricorda anche l'articolo 21 che delega il Governo a riordinare gli strumenti di gestione del rischio in agricoltura, favorendo lo sviluppo di strumenti assicurativi a copertura dei danni alle produzioni e alle strutture agricole e disciplinando i Fondi di mutualità per la copertura dei danni da avversità atmosferiche, epizoozie e fitopatie, nonché per compensare gli agricoltori che subiscono danni causati da fauna protetta e per rivedere la normativa in materia di regolazione dei mercati;
   in ultimo l'articolo 31 che contiene un'altra importante delega al Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, norme per il sostegno del riso –:
   quale sia lo stato del procedimento di adozione dei decreti legislativi previsti nel «collegato agricolo». (3-03007)


   OLIVERIO, SANI, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, CARRA, COVA, CUOMO, DAL MORO, DI GIOIA, FALCONE, IORI, MARROCU, MONGIELLO, PALMA, PRINA, ROMANINI, TARICCO, TERROSI, VENITTELLI, ZANIN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il territorio italiano si mostra sempre più fragile, colpito da eccezionali ondate di maltempo – come da ultimo nel centro nord – o da calamità ambientali – come nel caso di Pomezia – con conseguenti danni ingenti alle aziende ortofrutticole e zootecniche;
   a livello nazionale opera il Fondo di solidarietà nazionale (Fsn) di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, che è destinato ad interventi di incentivo alla stipula di contratti assicurativi (interventi ex ante) e – per i rischi non inseriti nel piano assicurativo agricolo annuale – ad interventi di ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola: interventi compensativi – indennizzatori o ex post, nonché interventi di bonifica;
   il sistema italiano delle assicurazioni di gestione del rischio in agricoltura non riesce ad assicurare la necessaria tutela degli agricoltori e degli allevatori che lamentano la scarsa attrattività degli strumenti previsti, gli elevati costi burocratici, gli sfasamenti ed i ritardi nell'erogazione dei contributi e la mancanza di strumenti fondamentali per affrontare i mercati internazionali;
   sono ormai svariati anni che in ambito europeo si è sviluppata una riflessione sugli strumenti individuali di gestione del rischio, che è andata di pari passo con una riduzione del sistema di garanzie finalizzate alla stabilizzazione dei mercati agricoli;
   questo arretramento delle protezioni accordate al settore, ha generato un ampliamento dell'area del rischio per gli imprenditori agricoli italiani ed europei;
   alla peculiare esposizione ai rischi naturali si è aggiunta, quindi, quella prodotta dall'integrazione con i mercati internazionali, legata alla variabilità dei prezzi degli input e degli output e spesso acuita dalle modalità con cui i segnali di mercato si trasferiscono lungo le filiere;
   il maggior peso assunto dalle dinamiche di mercato si somma all'incertezza e allo stress associati ai processi di ristrutturazione, in alcuni casi profonda, tuttora in corso in diverse importanti componenti dell'agricoltura –:
   come il Ministro interrogato intenda intervenire in sede europea per garantire tipologie di assicurazioni maggiormente collegate a situazioni climatiche e di mercato e come a livello nazionale intenda operare per compensare le gravi perdite economiche subite dal settore primario a seguito di calamità mediante iniziative che semplifichino e favoriscano l'accesso agli strumenti di gestione del rischio previsti dal decreto legislativo n. 102 del 2004. (3-03008)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, CARRA, COVA, CUOMO, DAL MORO, DI GIOIA, FALCONE, FIORIO, MARROCU, MONGIELLO, PALMA, PRINA, ROMANINI, SANI, TARICCO, TERROSI, VENITTELLI e ZANIN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 5 maggio 2017, nella zona di Pomezia, alle porte di Roma, è divampato un rogo all'interno del deposito di plastiche Eco-X, che ha causato una grande nube di fumo nero;
   la procura di Velletri ha disposto il sequestro dell'impianto Eco-X e ha incaricato l'Arpa di verificare il livello di diossina eventualmente sprigionatosi nell'aria. I controlli effettuati hanno stabilito che il 5 maggio i livelli di pm10 nell'aria erano quasi il triplo rispetto alla soglia limite;
   a Pomezia le scuole sono rimaste chiuse l'8 e il 9 maggio e sono stati vietati nelle mense ortaggi e frutta delle zone di Ardea e Pomezia: i due comuni, infatti, hanno emanato ordinanze di divieto di raccolta degli ortaggi e di pascolo degli animali in un raggio di 5 chilometri dal luogo dell'incendio;
   si tratta di un territorio di circa 4 mila ettari in cui insistono oltre 150 aziende agricole: gli agricoltori si dicono pronti a distruggere i raccolti se risultassero contaminati, perdendo così il reddito delle coltivazioni e affrontando le spese per procedere alle nuove semine e piantagioni;
   la sicurezza e la qualità dei prodotti sono per queste aziende un fiore all'occhiello, ma il settore è già in difficoltà: la siccità della prima metà di aprile 2017 e il brusco crollo delle temperature alla fine del mese stanno mettendo a rischio i raccolti di frutta, verdura e i vigneti da Roma a Latina. Per la Coldiretti le perdite ammontano già a 15 milioni si teme un effetto «psicosi» tra i consumatori;
   l'incendio di Pomezia, insomma, rischia di mettere in ginocchio uno dei più importanti settori per l'economia da Roma a Latina: nell'agro pontino sono attive più di 50 mila aziende agricole e oltre 50 cooperative di piccoli e medi produttori, con un fatturato che varia, in base alle dimensioni, da 20 milioni a 200 mila euro l'anno –:
   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per sostenere il reddito degli agricoltori colpiti dalla nube tossica che ha interessato la via Pontina e costretti a distruggere i raccolti per il rischio di contaminazione. (5-11314)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


   MELILLA, RICCIATTI, LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, FRANCO BORDO, FOLINO, MOGNATO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MATARRELLI, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, ROSTAN, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   il Governo ha chiesto ai familiari delle vittime del terremoto de L'Aquila la restituzione dei pagamenti effettuati a seguito della sentenza n. 380 del 2012 depositata il 18 gennaio 2013 nel procedimento penale contro la Commissione grandi rischi, organo scientifico della Presidenza del Consiglio dei ministri. L'accusa, come è noto, era di aver rassicurato la popolazione dopo la riunione del 31 marzo 2009, a pochi giorni dalla catastrofe che distrusse L'Aquila;
   i risarcimenti furono, a seguito delle condanne, immediatamente esecutivi, a prescindere dai processi civili in corso;
   il 10 novembre 2014 la sentenza è stata riformata in appello e 6 dei luminari sono stati assolti, mentre è stato condannato il braccio destro dell'allora capo della Protezione civile;
   il 20 novembre 2015 la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di appello;
   la Presidenza del Consiglio dei ministri è andata subito ad aggredire le parti civili intimando la restituzione delle somme elargite, anche con atti di messa in mora e intimazione di pagamenti immediati;
   la sentenza di appello non ha revocato le provvisionali;
   sulle responsabilità della Commissione grandi rischi ci sono inoltre cause civili in corso –:
   se non ritenga doveroso assumere iniziative per sospendere le procedure di restituzione delle somme versate, oltre che degli interessi calcolati dal giorno del percepimento, a carico dei familiari delle vittime del terremoto de L'Aquila, in attesa della definizione del contenzioso civile, per evidenti ragioni istituzionali, di ragionevolezza e anche di umanità nei confronti di persone duramente colpite dalla morte dei loro cari. (3-03004)

SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:


   PELLEGRINO, FASSINA, BRIGNONE, GREGORI, MARCON, AIRAUDO, CIVATI, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, ANDREA MAESTRI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PASTORINO e PLACIDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   venerdì 5 maggio 2017 un vasto rogo è divampato all'interno della Eco-X, società che si occupa di raccolta e smaltimento dei rifiuti nel comune di Pomezia, sprigionando una colonna di fumo visibile a chilometri di distanza;
   l'Arpa Pomezia ha registrato, nella giornata del 5 maggio 2017, nell'aria valori del Pm 10 pari a 130 mentre il valore massimo a legislazione vigente è fissato a 50;
   nella giornata del 7 maggio 2017 la procura di Velletri ha disposto il sequestro dell'impianto e ha incaricato l'Arpa di verificare anche il grado di diossina eventualmente sprigionatosi nell'aria;
   il 3 novembre 2016, il comitato di quartiere «Castagnetta Cinque Poderi» di Pomezia, aveva manifestato al sindaco Fucci, il timore che nel piazzale della Eco-X potessero svilupparsi incendi e che da questi potevano derivare danni alla salute e all'ambiente;
   malesseri si sono verificati fra i lavoratori e lavoratrici dell'outlet di Castel Romano, tanto che alcuni sono stati ricoverati e sottoposti a cura cortisonica;
   il sindaco di Pomezia Fabio Fucci insieme al commissario straordinario del comune di Ardea hanno emanato l'ordinanza di divieto di raccolta degli ortaggi e di pascolo degli animali in un raggio di 5 chilometri dal luogo dell'incendio dell'impianto;
   il sindaco Fucci ha firmato, altresì, un'ordinanza che dispone la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado ed ha disposto l'evacuazione delle case nel raggio di 100 metri dal luogo dell'incendio e di tenere le finestre chiuse nel raggio di 2 chilometri dal deposito andato a fuoco;
   il direttore del dipartimento prevenzione dell'azienda sanitaria locale Roma 6 Mariano Sigismondi ha confermato la presenza di amianto nelle coperture del tetto dei capannoni andati a fuoco, ma ad oggi non si è a conoscenza di valutazioni degli effetti del calore sulla sostanza;
   tra i cittadini di una vasta area che non comprende solo Pomezia è molto forte la preoccupazione per la salute e si fa pressante la richiesta di notizie certe e di azioni a tutela della salute –:
   quali siano i dati relativi alla concentrazione delle polveri fini PM10, di idrocarburi policiclici aromatici e diossine, nonché quelli relativi all'amianto che potrebbe essersi diffuso e, in tale contesto, quali iniziative di competenza intenda avviare al fine di garantire la salute e una corretta e completa informazione ai cittadini, in attuazione di quanto sancito dall'articolo 32 della Costituzione. (3-03005)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI VITA, SILVIA GIORDANO e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il nuovo nomenclatore dell'assistenza specialistica ambulatoriale (allegato 4 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017) provvede all'aggiornamento del nomenclatore disciplinato dal decreto ministeriale 22 luglio 1996;
   la revisione tariffaria nasce dall'approvazione dei nuovi livelli essenziali di assistenza che tutte le regioni devono garantire ai propri cittadini. In questi, infatti, sono stati introdotti nuovi esami, per i quali deve essere ovviamente previsto un prezzo;
   affinché le nuove prestazioni specialistiche possano essere erogate effettivamente, è necessario attendere la pubblicazione delle tariffe – in via di definizione in questi giorni da parte di commissione permanente di esperti del Ministero della salute – da corrispondere per queste prestazioni agli erogatori sia pubblici (aziende sanitarie e ospedaliere, aziende ospedaliero-universitarie, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici) che privati equiparati o accreditati (istituti di ricovero e cura a carattere scientifico privati, ospedali religiosi, ambulatori e laboratori, aziende ortopediche e altro);
   si segnala in proposito la protesta recentemente accesasi in merito alla prima bozza, circolata in questi giorni tra gli addetti ai lavori, delle tariffe stabilite per le citate prestazioni, il cui ammontare è stato ritenuto troppo basso se confrontato con il dato medio nazionale (rif. Repubblica.it, Nuove tariffe per gli esami, i laboratori insorgono: «Così chiudiamo»);
   una conferma di tale prima elaborazione di prezzi – è stato lamentato – comporterebbe la chiusura centinaia di laboratori di analisi in tutta Italia con conseguente licenziamento di tantissimi lavoratori, agevolando invece le grandi aziende (come ad esempio la Synlab, multinazionale degli esami di laboratorio) a discapito delle realtà territoriali più a contatto il paziente;
   il presidente dell'ordine dei biologi, Ermanno Calcatelli, ha dichiarato che le tariffe subiranno un taglio del 20 per cento insostenibile rispetto ai costi effettivamente sostenuti per l'acquisto dei reattivi utilizzati;
   Federlab ha rilevato invece che, in base a quanto riferito dai funzionari ministeriali, il nuovo nomenclatore tariffario sarebbe stato elaborato prendendo come riferimento i costi di quattro strutture pubbliche, delle sole regioni Emilia e Veneto, i cui volumi di prestazioni vanno da 5 a 11 milioni di esami all'anno. Tali strutture – secondo l'associazione – non sarebbero assolutamente rappresentative del comparto dei laboratori accreditati dal momento che esistono centri molto più piccoli, che eseguono 2 o 300 mila esami l'anno e non possono contare sulle economie di scala possibili in contesti più grandi, anche in considerazione delle soglia minima di efficienza prevista dall'accordo tra lo Stato e le regioni del 23 marzo 2011;
   in proposito uno studio del CEIS sulla diffusione e sull'ampiezza delle strutture di laboratorio rileva invece da tempo un trend di progressiva riduzione delle strutture operanti sul territorio, iniziato già dal 2004, cui si aggiunge una riduzione delle «dimensioni» medie delle stesse, attribuibile ad una riduzione complessiva dei volumi di attività, registrando oltretutto un sensibile gap tra Nord e Sud Italia: nel 2007 il bacino di utenza medio degli ambulatori e laboratori è stato pari a 6.070 abitanti per struttura, con al Nord di 8.239 abitanti per struttura, al Sud di 4.221 e al Centro di 5.479. Sicilia, Campania e Calabria sono state le regioni con il bacino medio di utenza inferiore –:
   per quali ragioni la bozza del nuovo nomenclatore tariffario sia stata elaborata prendendo come riferimento i soli costi di strutture i cui volumi di prestazioni vanno da 5 a 11 milioni di esami all'anno, senza considerare invece il forte dislivello dei prezzi a livello regionale;
   se non ritenga che l'adozione di questo nuovo tariffario, sulla base della prima bozza elaborata, possa effettivamente determinare la chiusura di numerosi i laboratori d'analisi, con un negativo impatto assistenziale, occupazionale ed imprenditoriale;
   se intenda assumere iniziative per modificare la bozza delle nuove tariffe, in con il confronto con le varie parti interessate, e in che modo. (5-11312)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni al Ministero della salute una commissione di esperti sta preparando un nuovo tariffario delle prestazioni dei laboratori di analisi. Si tratta del prezzo riconosciuto dalle asl alle strutture private convenzionate per ogni esame svolto, cioè per esteso la remunerazione che i privati ricevono dal servizio pubblico per il loro lavoro;
   gli esperti hanno intenzione di abbassare i prezzi, e associazioni dei titolari di laboratorio e ordine dei biologi ribattono che a quelle condizioni molte strutture saranno costrette a chiudere;
   la revisione tariffaria nasce dall'approvazione dei nuovi lea, i livelli essenziali di assistenza che tutte le regioni devono garantire ai propri cittadini. In questi, infatti, sono stati introdotti nuovi esami, per i quali deve essere ovviamente previsto un prezzo. Con l'occasione si ritoccano tutte le tariffe, anche quelle delle prestazioni presenti da anni nel nomenclatore;
   le vecchie tariffe risalivano al 1998. Con il Ministro pro tempore Balduzzi sono state ridotte di circa il 40 per cento, e nel nuovo progetto si parla di un ulteriore taglio del 20 per cento, il che risulterebbe insostenibile essendo i costi sostenuti troppo alti rispetto alla remunerazione;
   il nuovo nomenclatore tariffario, di imminente adozione, sarebbe stato elaborato prendendo come riferimento i costi di quattro strutture pubbliche, tra l'altro di Emila e Veneto, i cui volumi di prestazioni vanno da 5 a 11 milioni di esami all'anno. È inutile evidenziare come tali strutture non siano assolutamente rappresentative del comparto dei laboratori accreditati: ci sono centri molto più piccoli, che fanno 2 o 300 mila esami l'anno e non possono contare sulle economie di scala possibili in contesti più grandi;
   come dichiarato dalle associazioni di categoria «l'entrata in vigore di questo nuovo Nomenclatore tariffario avrebbe come immediata conseguenza il portare in negativo i bilanci sia delle strutture pubbliche che private. Questo effetto inevitabilmente costringerà le strutture pubbliche a recuperare il disavanzo economico a scapito di tutte le altre prestazioni e le strutture private ad interrompere i contratti con il SSN. Si giungerebbe così al paradosso che contemporaneamente si emana un DM che prevede un'espansione delle prestazioni erogate a carico del SSN e nello stesso tempo si crea una situazione per la quale i cittadini incontreranno enormi, se non insormontabili, difficoltà ad accedere a tutte le altre prestazioni»;
   appare evidente come la procedura con cui è stato rivisto il tariffario non sia conforme, poiché l’iter per raggiungere tale obbiettivo è stato concordato con il Ministero e prevedeva la costituzione di una commissione permanente, composta da rappresentanti del Ministero della salute, del Ministero dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle associazioni di categoria. Questa commissione è stata convocata una sola volta un anno fa;
   nelle previsioni dell'accordo non risultano essere stati presi in considerazione i costi dei punti di raccolta (punti prelievi) che sono diversi tra le regioni in funzione delle politiche territoriali;
   ad esempio, regione Lombardia ha facilitato le aziende ad aumentare i punti raccolta per agevolare i pazienti;
   era stato inoltre previsto un incarico, che è stato conferito, a seguito di un bando pubblico, alla Gergas-Bocconi per elaborare i costi di produzione delle prestazioni estrapolati da alcune strutture di specialistica ambulatoriale operanti sul territorio nazionale, pubbliche e private, segnalate dalle regioni e dalle associazioni di categoria –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda intervenire al fine di evitare che un intero settore possa risentirne sia per quanto riguarda l'offerta di servizi sia in merito ai livelli occupazionali, sospendendo l'applicazione del nuovo tariffario e convocando le associazioni di categoria per la predisposizione di un analisi dei costi più oggettiva di quella attualmente approvata. (4-16523)


   CAUSIN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'abusivismo della professione medica rappresenta un fenomeno in crescita che desta un significativo allarme sociale; a differenza, infatti, di quanto avviene per altre professioni, l'illecito esercizio di una prestazione medica si riflette direttamente, mettendola gravemente a rischio, sulla salute dei cittadini:
   secondo quanto riportato da recenti segnalazioni della SOI (Società oftalmologica italiana) il fenomeno dell'abusivismo della professione del medico oculista da parte di titolari di negozi di ottica sta assumendo proporzioni di notevole entità;
   la stessa società ha infatti denunciato che in almeno sessantuno negozi di ottico in Italia (di cui otto solo a Torino) ci sarebbero macchinari specialistici utilizzati impropriamente. La SOI ha per questo motivo firmato trentadue esposti a seguito dei quali le procure italiane interessate, tramite i carabinieri del Nas, hanno avviato attività di inchiesta finalizzate a verificare il rispetto delle normative vigenti;
   la legge, infatti, stabilisce con precisione l'ambito di legittima operatività, dell'attività di ottico: il decreto del Ministero della sanità del 3 maggio 1994 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'11 maggio 1994 n. 108) viene costantemente aggiornato con la strumentazione di cui possono dotarsi gli esercenti le arti ausiliarie e sanitarie (tra questi anche gli ottici all'Allegato B);
   tale elenco è periodicamente aggiornato e non ricomprende strumentazione diagnostico-medica il cui utilizzo è riservato esclusivamente al medico oculista;
   ne consegue, quindi, che i titolari dei negozi di ottica che si avvalgono di strumentazioni funzionali alla diagnostica dei problemi alla vista come l'Oct (tomografia ottica computerizzata), il campimetro, il tonometro (strumenti che servono alla diagnosi e alla terapia di gravissime malattie oculari quali il glaucoma e la degenerazione retinica maculare, malattie che portano alla cecità irreversibile), rischiano di incorrere nel reato di cui all'articolo 348 del codice penale «Abusivo esercizio di una professione»;
   si tratta infatti di macchinari che possono essere utilizzati solo durante una visita specialistica e solo grazie alle competenze di un medico oculista in grado di formulare una diagnosi e di prevenire il rischio di malattie che, nei casi più gravi, possono addirittura condurre alla cecità;
   sul punto si è recentemente espressa anche la Corte di cassazione sezione penale, con sentenza n. 8885 del 3 marzo 2016 che ha infatti confermato che: «ciò che rileva ai fini dell'accertamento del reato di esercizio abusivo della professione medica (...) è la natura dell'attività svolta. Ciò che caratterizza l'attività medica, per la quale è necessaria una specifica laurea e una altrettanto specifica abilitazione, è la “diagnosi”, cioè l'individuazione di un'alterazione organica o di un disturbo funzionale, la “profilassi”, ossia la prevenzione della malattia, e la “cura”»;
   la legge non consente quindi di ritenere lecito l'esercizio di un'attività corrispondente a quella medica da parte di chi non ha le competenze tecnico-scientifiche formalmente asseverate a seguito del conseguimento dell'abilitazione –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare affinché la normativa vigente venga rispettata;
   quali ulteriori iniziative intenda portare avanti per rendere più severa la normativa e tentare di arginare il fenomeno. (4-16526)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   CENTEMERO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA) sono figure professionali uniche nell'ambito delle istituzioni scolastiche, oggi presenti in tutte le scuole statali italiane, il cui profilo lavorativo è stato introdotto ex novo nel 1999, con contratto collettivo nazionale di lavoro;
   in sede di prima applicazione, in deroga e nelle more dell'espletamento della ordinaria procedura concorsuale, sono stati ammessi al ruolo di Dsga Moro che erano inquadrati nel profilo professionale di responsabile amministrativo, a seguito della frequenza di uno specifico corso di formazione;
   nell'ambito della categoria esistono delle disparità di trattamento per quanto riguarda il loro inquadramento sia giuridico che economico) tra coloro che hanno avuto accesso a tale profilo professionale nel 2000 (cosiddetti temporizzati), retribuiti con il metodo della temporizzazione e coloro che sono stati assunti dal 2003 in poi, anno in cui entra in vigore il nuovo Ccnl retribuiti, con il metodo della ricostruzione;
   dopo il 2003 infatti, nonostante le modalità di accesso al ruolo siano rimaste inalterate non avendo il Ministero bandito alcuna selezione concorsuale, sulla base del nuovo Ccnl è stato adottato il criterio della clausola più favorevole ai fini del riconoscimento dell'anzianità di servizio;
   la temporizzazione consiste nel calcolo del valore economico della retribuzione in termini di anzianità, ai fini dell'inquadramento nella nuova qualifica, sulla base di criteri convenzionali senza che si tenga conto della reale anzianità maturata;
   tra le due fattispecie non sono previste differenze per quanto riguarda la quantità e la qualità del lavoro svolto;
   la questione deve essere risolta in ambito di contrattazione, in quanto la stessa Corte dei conti si è in materia espressa nel senso di non poter sindacare in sede giudiziale quanto previsto dal Ccnl, che costituisce base negoziale del rapporto –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere affinché sia al più presto avviata una procedura negoziale volta a riconoscere ai direttori dei servizi generali e amministrativi assunti prima del 2003, a parità di lavoro svolto con i colleghi assunti dal 2003 in poi, pari inquadramento giuridico-economico mettendo fine ad una situazione di disparità del tutto ingiustificabile e inaccettabile. (3-03003)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   nel 2014 l'azienda francese Alstom Power annunciò la cessione dello stabilimento di Sesto San Giovanni alla americana General Electric (GE). L'operazione venne autorizzata dall'Antitrust europeo nell'agosto 2015 e nel novembre successivo avvenne la cessione per un ammontare di 8,5 miliardi di euro;
   due mesi dopo, però, la GE annunciò un piano di ristrutturazione che prevedeva 6.500 esuberi in tutta Europa, di cui 236 a Sesto;
   prima che avvenisse l'acquisto da parte della GE, gli operai rimasti erano 350; di questi, 85 se ne andarono, gli altri invece decisero di resistere occupando lo stabilimento a partire dal 27 settembre 2016;
   la direzione di GE decise di chiudere lo stabilimento adducendo motivi di ristrutturazione aziendale, nonostante il bilancio fosse in attivo, trasferendo la produzione in Polonia, con una perdita dal punto di vista della qualità del prodotto e un contemporaneo risparmio sul monte salari;
   esito negativo ha avuto l'incontro svoltosi 13 aprile 2017 presso il Ministero dello sviluppo economico per decidere le sorti dello stabilimento di Sesto, messo appunto in discussione dalla nuova proprietà americana;
   l'azienda ha confermato di voler avviare i licenziamenti collettivi;
   il giorno successivo, 14 aprile, al Ministero, durante un incontro tra i rappresentanti della GE, il sindaco di Sesto Monica Chittò insieme all'assessore Virginia Montrasio, e Fulvio Matone in rappresentanza della regione Lombardia, incontro presieduto dal responsabile della unità di gestione delle vertenze del Ministero dello sviluppo economico, Giampietro Castano, rappresentanti dell'azienda hanno aggiornato le parti istituzionali e sindacali in merito al processo di individuazione di un soggetto in grado di reindustrializzare il sito di Sesto. In quell'occasione, GE ha confermato di avere in atto una trattativa per cedere lo stabilimento ad un operatore internazionale del settore, comunicando la volontà di aprire una procedura di licenziamento collettivo. Il tavolo è stato quindi aggiornato al 21 aprile, quando la stessa multinazionale ha comunicato invece di non voler avviare la procedura di licenziamento collettivo, confermando la prosecuzione dell'interlocuzione con il possibile soggetto industriale interessato allo stabilimento di Sesto. Le istituzioni hanno accolto favorevolmente la decisione dell'azienda, ribadendo la necessità di mantenere a Sesto la produzione industriale, poiché condizione necessaria per la prosecuzione del confronto fra le parti;
   il 22 aprile la GE ha inviato alle lavoratrici e ai lavoratori di Sesto una intimazione a chiudere il presidio permanente e a lasciare i locali della fabbrica, prospettando anche azioni legali. Tutto questo, mentre è in corso presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo di trattativa che vede coinvolte le istituzioni, assieme all'amministrazione di Sesto. Queste lettere arrivano a distanza di due settimane dall'incontro al Ministero dello sviluppo economico, durante il quale la Viceministro Bellanova e le parti avevano concordato un percorso ben preciso, con l'impegno da parte di GE di coinvolgere un advisor per identificare un investitore per l'aerea di Sesto. Tutto ciò, dunque, appare agli interpellanti come una provocazione rispetto all'impegno delle istituzioni, che da un anno e mezzo stanno lavorando assieme alle organizzazioni sindacali per trovare una positiva soluzione per far ripartire la produzione nello stabilimento –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se non intenda convocare un nuovo tavolo di confronto con la proprietà e le rappresentanze sindacali, affinché il percorso avviato possa proseguire, un percorso in relazione al quale gli interpellanti esprimono solidarietà e vicinanza alla lotta dei lavoratori della GE, nonché pieno appoggio all'amministrazione comunale, che da subito si è impegnata per una positiva soluzione della vertenza, al fine di far rimanere prioritari la tutela dei diritti dei lavoratori che operano in questo settore, nonché il rilancio delle aziende sul territorio nazionale.
(2-01793) «Cimbro, Laforgia, Carlo Galli, Vezzali, Scanu, Murer, Placido, Andrea Maestri, Gianni Farina, Ricciatti».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con risoluzione n. 50481 del 10 aprile 2015, il Ministero dello sviluppo economico ha ritenuto che l'attività di home restaurant, anche se esercitata solo in alcuni giorni dedicati e anche se i soggetti che usufruiscono delle prestazioni sono in numero limitato, debba essere classificata come un'attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto la fornitura di dette prestazioni, comportando il pagamento di un corrispettivo, si esplica quale attività economica in senso proprio e anche i locali privati coincidenti con il domicilio del cuoco rappresentano locali attrezzati aperti alla clientela;
   in conseguenza di tale classificazione, si applicherebbero le disposizioni di cui all'articolo 64, comma 7, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e successive modificazioni, e i soggetti che esercitano attività di home restaurant sarebbero tenuti, previo possesso dei requisiti di onorabilità nonché professionali di cui all'articolo 71 del medesimo decreto legislativo, a presentare la Scia o a richiedere l'autorizzazione, ove trattasi di attività svolte in zone tutelati;
   ne consegue, per gli aspiranti home restaurant, una sequenza di incombenze amministrative, burocratiche, fiscali e previdenziali del tutto sproporzionata se rapportata all'ambito della sharing economy in senso stretto, nella quale le prestazioni sono tra pari;
   la stessa Commissione europea, nella sua comunicazione COM (2016) 356 finale del 2 giugno 2016, intitolata «Un'agenda europea per l'economia collaborativa», ha evidenziato l'opportunità di distinguere tra la prestazione di servizi a titolo professionale e la fornitura di servizi tra pari, e quindi di parametrare diversamente i requisiti di accesso al mercato (fra i quali rientra, per esempio, nel caso dell’home restaurant, l'eventuale obbligo di presentare una Scia), tenendo conto dei criteri di necessità e proporzionalità;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera del 31 marzo 2017, ha inoltrato a Governo e Parlamento una motivata segnalazione (oggetto anche dell'interrogazione n. 5-11227), relativa alla previsione di requisiti di accesso al mercato eccessivamente restrittivi;
   come si evince dal comunicato della Federazione italiana pubblici esercizi del 16 ottobre 2015, a seguito della risoluzione n. 50481 del Ministero dello sviluppo economico, i Nas hanno effettuato diverse attività di controllo verso home restaurant, culminate nell'irrogazione di sanzioni;
   la rigidità della citata risoluzione, unita alle attività repressive che proprio ad essa si appoggiano, hanno quasi paralizzato l'ambito home restaurant della sharing economy, ambito che invece il Ministro interrogato, in risposta alla citata interrogazione, ha dimostrato, ad avviso dell'interrogante, di non volere da subito «inchiodare», privilegiando un approccio flessibile –:
   se il Governo, anche tenendo conto del contenuto della comunicazione della Commissione europea, della segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e della risposta all'interrogazione n. 5/11227, non ritenga di rivedere il contenuto della risoluzione citata, al fine di superare l'indebita equiparazione di ogni attività di home restaurant quale attività di somministrazione di alimenti e bevande, individuando eventualmente dei criteri distintivi per operare o meno tale equiparazione sulla base delle caratteristiche del singolo servizio. (5-11315)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Santerini e altri n. 1-01435, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 novembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Palazzotto e, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Santerini, Cimbro, Scopelliti, Palazzotto, Dellai, Marazziti, Baradello, Capelli, Fitzgerald Nissoli, Fauttilli, Sberna, Piras, Marcon, Pellegrino, Fratoianni, Civati, Airaudo, Brignone, Fassina, Costantino, Gregori, Giancarlo Giordano, Andrea Maestri, Pastorino, Paglia, Pannarale, Placido»

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Quartapelle Procopio e altri n. 1-01547, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Miotto, Piccione.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Businarolo e altri n. 7-00257, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tripiedi.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Agostinelli n. 5-11307, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Spessotto.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-16038, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 766 del 24 marzo 2017.

   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   sta destando non poche polemiche la determina di affidamento del servizio di trasporto a discarica del rifiuti indifferenziati e non, presso le piattaforme Ge.Sco di Sardone e lo Stir di Battipaglia, al Consorzio Sinergie;
   in particolare, come si apprende da fonti di stampa locale, con la determina n. 216 del 24 febbraio scorso, Palazzo San Carlo aveva affidato il servizio alla società Consorzio Sinergie di Pagani per un importo di poco superiore ai 22 mila euro, iva esclusa. La manifestazione di interesse per procedura negoziata era stata indetta solo pochi giorni prima, il 21 febbraio, con determina n. 190 e con verbale n. 9038 del 24 febbraio la commissione aggiudicava la gara alla discussa ditta paganese;
   la manifestazione di interesse e il verbale non risultano mai essere stati pubblicati sul sito dell'Ente e tale grave mancanza ha, di fatto, impedito la trasparenza delle procedure e la leale concorrenza;
   oltre a ciò, non passa inosservato che la società a cui è stato affidato il servizio è riconducibile ai fratelli Gabriele e Vincenzo Calce, quest'ultimo marito della consigliera comunale democratica Giusy Fiore, nonché deus ex machina del Pd paganese e renziano;
   in questi ultimi anni, inoltre, Consorzio Sinergie ha più volte organizzato le giornate «Puliamo il Mondo» con il circolo cittadino di Legambiente, di cui è Presidente proprio Gabriele Calce;
   tali circostanze avrebbero fatto sorgere numerosi dubbi sulla legittimità dell'affidamento dei servizio, non solo per gli evidenziati legami politici ma anche per gli aspetti economici della gara-lampo, posto che a fronte di un'istruttoria che avrebbe quantificato il costo del viaggio in 200 euro più Iva, è stato approvato con la stessa determina un bando che ha fissato la durata del servizio per un solo mese con un costo di poco superiore ai 31 mila euro, iva esclusa, con un costo per viaggio che sarebbe stato offerto per 247,97 euro più iva;
   dura la reazione del gruppo consiliare paganese di FDI, che in una nota denuncia: «siamo stanchi di far pagare alla città di Pagani, con costosi rapporti politico istituzionali imprenditoriali, il prezzo per acquisire il necessario sostegno al tribolato avvicinamento al Pd ed ai deluchiani del sindaco Salvatore Bottone»;
   l'amministrazione pagane non è nuova a polemiche sulla discutibile gestione del servizio rifiuti, da tempo ritenuta inefficiente e inadeguata, nonostante la delicatezza e importanza del settore;
   peraltro, in questo contesto si inserisce la vicenda della recente riunione del Partito democratico tenutasi alla vigilia delle primarie negli uffici della Consorzio Sinergie;
   da quanto si apprende dagli organi di stampa, all'incontro erano presenti anche il sindaco di Pagani, Salvatore Bottone, membro del nominato consiglio direttivo dell'ente dell'ambito che dovrà decidere a chi affidare la gestione del ciclo dei rifiuti, e il sindaco di Sarno, nonché presidente della provincia di Salerno, Giuseppe Canfora; alla riunione ha partecipato tra gli altri Vincenzo Calce –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intendano assumere in ordine alla regolarità della procedura descritta in premessa ed ai relativi effetti finanziari, in particolare tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica e alla luce dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
   (4-16038)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Capelli n. 4-15779 del 3 marzo 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Ciprini n. 5-11158 del 19 aprile 2017;
   interpellanza urgente Tripiedi n. 2-01785 del 3 maggio 2017;
    interrogazione a risposta scritta Cimbro n. 4-16478 del 4 maggio 2017.