Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 24 marzo 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 — che dà attuazione alla direttiva 2001/83/CE relativa al codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché alla direttiva 2003/94/CE — stabilisce, all'articolo 157 (Sistemi di raccolta di medicinali inutilizzati o scaduti) che si adottino, tramite un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'ambiente e tutela del territorio e il Ministro delle attività produttive, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, misure dirette a predisporre idonei sistemi di raccolta per i medicinali inutilizzati o scaduti;
    lo stesso articolo 157 del suddetto decreto prevede la possibilità che tali sistemi si basino anche su accordi, a livello nazionale o territoriale, fra le parti interessate alla raccolta specificando, infine, che con lo stesso decreto sono individuate modalità che rendono possibile l'utilizzazione, da parte di organizzazioni senza fini di lucro, di medicinali non utilizzati, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità;
    nel mese di dicembre 2015, nell'ambito del progetto pilota «Un Farmaco per tutti», è stato stipulato un protocollo d'intesa tra l'Arcidiocesi di Napoli, l'ordine dei farmacisti della provincia di Napoli, Federfarma Napoli e l'azienda ospedaliera Santobono Pausilipon, avente ad oggetto la creazione di una struttura di assistenza farmaceutica a fini umanitari;
    secondo il sistema stabilito dal protocollo d'intesa in parola, i farmaci, che provengono da una donazione spontanea da parte dei cittadini e Aziende Farmaceutiche, nonché di privati nei casi di cambio, fine terapia ovvero decesso di un congiunto malato, sono raccolti negli appositi contenitori posti nelle sedi delle farmacie aderenti all'iniziativa, ritirati periodicamente da vettori autorizzati ed alla presenza di un farmacista, trasportati e conservati presso la struttura allocata nei locali messi a disposizione dall'azienda sanitaria ospedaliera. Successivamente, il farmacista responsabile pro tempore del progetto, nominato dall'ordine professionale dei farmacisti della provincia di Napoli, dopo controllo dei requisiti fissati nel protocollo d'intesa dei farmaci raccolti e catalogazione sulla banca dati, provvede a consegnare tali farmaci sulla base del bisogno espresso dagli enti assistenziali che ne facciano richiesta, ferma restando la disponibilità dei farmaci in relazione all'entità delle donazioni ricevute;
    la legge 19 agosto 2016, n. 166 contiene disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi, emanata, tra le altre, con la finalità di favorire il recupero e la donazione di prodotti farmaceutici e di altri prodotti;
    l'articolo 15 della legge n. 166 del 2016 interviene sulla precedente normativa in materia di raccolta di medicinali non utilizzati o scaduti, modificando il citato articolo 157 del decreto legislativo n. 219 del 2006, mediante, in primo luogo, la soppressione del terzo periodo del comma 1, in tema di modalità di utilizzazione dei medicinali non scaduti da parte delle organizzazioni senza fini di lucro e, secondariamente, l'aggiunta di un ulteriore comma (comma 1-bis);
    il comma 1-bis introdotto dalla legge n. 166 del 2016 demanda ad un successivo decreto del Ministro della salute, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, concernente:
     l'individuazione delle modalità che rendono possibile la donazione di medicinali non utilizzati a organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), nonché l'utilizzazione dei medesimi medicinali da parte delle stesse;
     l'introduzione della previsione secondo cui tali medicinali debbano trovarsi all'interno di confezioni integre, siano correttamente conservati e ancora nel periodo di validità, in modo tale da garantire la qualità, la sicurezza e l'efficacia originarie;
     la definizione dei requisiti, dei locali e delle attrezzature idonei a garantirne la corretta conservazione e le procedure necessarie per garantire la tracciabilità dei lotti dei medicinali ricevuti e distribuiti;
     la possibilità di consentire alle Onlus di poter effettuare la distribuzione gratuita di medicinali non utilizzati direttamente ai soggetti indigenti o bisognosi, dietro presentazione di prescrizione medica, ove necessaria, a condizione che esse dispongano di personale sanitario ai sensi di quanto disposto dalla normativa vigente;
    l'equiparazione, nei limiti del servizio prestato, degli enti che svolgono attività assistenziale sono equiparati al consumatore finale rispetto alla detenzione e alla conservazione dei medicinali;

    attualmente, non risulta che il Ministero della salute abbia approvato il decreto previsto dalla legge n. 166 del 2016, che dovrebbe disciplinare quanto sopra richiamato, introducendo, dunque, una compiuta normativa sul complesso della raccolta e distribuzione dei farmaci non utilizzati,

impegna il Governo:

1) ad assumere ogni opportuna iniziativa volta a dare seguito al dettato normativo di cui alla legge n. 166 del 2016, affinché sia emanato il decreto ministeriale di cui in premessa, allo scopo di individuare concretamente il sistema di raccolta e donazione dei farmaci non utilizzati;
2) ad assumere ogni opportuna iniziativa, attraverso l'emanazione della citata normativa ministeriale, diretta a prevedere una reale e decisa attuazione al diritto alla salute sancito costituzionalmente, anche nei confronti di quella parte della popolazione che, vivendo in uno stato di indigenza, si vedrebbe in tal modo, riconosciuta la possibilità di poter accedere ai medicinali necessari per le proprie cure;
3) ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza che abbia la finalità di verificare il possibile adattamento del modello di raccolta e distribuzione farmaceutica per fini sociali messo in campo nel contesto partenopeo, all'intero territorio nazionale, nell'ottica di piena uniformità di tali tipologie di interventi umanitari.
(1-01557) «Carfagna, Brunetta, Sarro, Calabrò, Lupi, Palese, Abrignani, Bergamini, Biancofiore, Catanoso, Luigi Cesaro, Chiarelli, Cirielli, Crimi, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Gelmini, Genovese, Giammanco, Giacomoni, Alberto Giorgetti, Gullo, Laffranco, Marotta, Martinelli, Milanato, Occhiuto, Polverini, Romele, Rotondi, Russo, Elvira Savino, Sisto, Valentini, Vito, Vella».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    il Parlamento ha approvato il decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, coordinato con la legge di conversione 1o dicembre 2016, n. 225, recante «Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili»;
    la legge richiamata autorizza la definizione con transazioni delle liti fiscali pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione, aventi ad oggetto il recupero dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016, più comunemente definito come «rottamazione delle cartelle di Equitalia»;
    a conferma della bontà del provvedimento normativo, sono 529.000 le istanze di definizione agevolata pervenute ad Equitalia al 20 marzo con una media, nelle ultime 3 settimane, di 12 mila al giorno tra sportelli e posta elettronica;
    i 200 sportelli di Equitalia, prima dell'inizio della definizione agevolata, servivano in media ogni mese 417 mila contribuenti; con fa definizione agevolata, sono passati a 534 mila al mese, con un incremento del 28 per cento;
    per far fronte a tale incremento, gli organici sono stati potenziati con 500 addetti di Equitalia oltre alla presenza, a rotazione, di tutti i dirigenti e all'allungamento degli orari degli sportelli in 20 città tra cui Roma, Milano, Napoli;
    nonostante gli sforzi di Equitalia, la trasmissione televisiva «Mi manda Rai Tre» ha dato risalto ai numerosi disagi dei contribuenti che si recavano negli uffici di Equitalia, che lamentavano lunghe code e disservizi prima di poter essere serviti dagli addetti agli sportelli;
    durante l'esame da parte della Camera dei deputati del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, è stato prorogato dal 31 marzo al 21 aprile 2017 il termine per presentare o per integrare la dichiarazione necessaria ad accedere alla procedura di definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016. Di conseguenza, è posticipato dal 31 maggio al 15 giugno 2017 il termine per l'invio della comunicazione al debitore, da parte dell'agente della riscossione,

impegna il Governo

ad adottare, qualora lo slittamento del termine per la presentazione delle istanze al 21 aprile venisse definitivamente confermato, tutte le iniziative possibili per scongiurare il ripetersi dei disservizi verificatosi per la grande affluenza agli sportelli di Equitalia dei contribuenti che intendono rottamare le proprie cartelle esattoriali.
(7-01228) «Marco Di Maio, Fanucci, Famiglietti, Bargero, Boccadutri, Carrescia, Cova, Crimì, Donati, Parrini, Tinagli».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    la qualificazione della natura giuridica della prestazione patrimoniale dovuta a fronte dei servizi di smaltimento dei rifiuti è stata oggetto di diverse interpretazioni e di un ampio contenzioso, a cui si è fatto ricorso soprattutto per chiarire l'applicazione, o meno, dell'obbligo di assoggettare le somme all'imposta sul valore aggiunto (IVA);
    con l'emanazione del cosiddetto «decreto Ronchi» di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è stato sancito il passaggio dal sistema della tassa a quello della tariffa;
    in particolare l'articolo 49, comma 1, del citato decreto, istitutivo della «tariffa d'igiene ambientale» (anche indicata come TIA1 o «Tariffa Ronchi», ha infatti s'oppresso la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti (TARSU), disciplinata dal Capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507;
    l'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ha introdotto la «tariffa per la gestione dei rifiuti urbani», comunemente indicata come «tariffa integrata ambientale» (o TIA2) e contemporaneamente ha disposto l'abrogazione della precedente «tariffa Ronchi». L'attuazione concreta della TIA2 è stata tuttavia differita, dal comma 11 dell'articolo 238 citato, fino all'emanazione di un apposito decreto attuativo (che non è mai stato emanato) e nelle more dell'emanazione di tale decreto è stata disposta l'applicazione delle norme regolamentari vigenti, facendo quindi salva l'applicazione della «tariffa Ronchi» nei comuni che l'avevano già adottata;
    la questione della natura tributaria piuttosto che «corrispettivo per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani» della cosiddetta TIA1, è stata oggetto di diverse, e talora contrastanti, pronunce giurisdizionali, nonché di differenti interpretazioni dottrinali;
    la Corte costituzionale, con la sentenza n. 238 del 2009, ha riconosciuto la natura tributaria della TIA1, non rilevando né la formale denominazione di «tariffa», né la sua alternatività rispetto alla tassa di smaltimento rifiuti – Tarsu, che la stessa TIA1 ha soppresso, né la possibilità di riscuoterla mediante ruolo, determinando, di fatto, l'esclusione dalla imponibilità ai fini IVA delle somme dovute e la conseguente presentazione di numerosi ricorsi da parte dei contribuenti per il rimborso dell'IVA pagata;
    la Corte costituzionale, nell'indicare i criteri cui far riferimento per qualificare come tributari alcuni prelievi, ha infatti affermato che essi sono indipendenti dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina i prelievi stessi, e consistono piuttosto nella doverosità della prestazione, nella mancanza di un rapporto sinallagmatico tra le parti e nel collegamento di detta prestazione alla pubblica spesa in relazione ad un presupposto economicamente rilevante (sentenze n. 238 del 2009; n. 141 del 2009; n. 335 e n. 64 del 2008; n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005);
    la TIA1 è stata abrogata con effetto dal 1o gennaio 2013, ad opera dell'articolo 14, comma 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 dicembre 2011, n. 2014, che ha istituito il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi Tares, destinato a coprire i costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani avviati allo smaltimento e per tali fattispecie l'IVA viene limitata ai casi dei comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti;
    dal 1o gennaio 2014, l'articolo 1, commi 639 e seguenti della legge di stabilità 2014, di cui alla legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha introdotto un'analoga disciplina con la quale è istituita la tassa sui rifiuti Tari, articolazione, insieme alla Tasi, della componente servizi della nuova Imposta unica comunale – IUC attualmente in vigore, individuando il presupposto, i soggetti tenuti al pagamento, le riduzioni e le esclusioni, riprendendo, in larga parte, quanto previsto in materia di Tares non assoggettabile all'Iva;
    in merito alla TIA2 è intervenuto l'articolo 14, comma 33, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 che, con norma di interpretazione autentica, ha riconosciuto alla TIA2 natura non tributaria, come tale assoggettata ad Iva, la finalità di tale disposizione non è quella di dirimere le possibili controversie origina ti dalla giurisprudenza (in primis la citata sentenza n. 238 del 2009 della Corte costituzionale) in quanto tale giurisprudenza investe la TIA1, ma quella di creare le premesse per consentire un avvio ordinato della nuova tariffa integrata ambientale (TIA2);
    con circolare n. 3/DF dell'11 novembre 2010, il Ministero dell'economia e delle finanze si è espresso attribuendo alla TIA1 e alla TIA2 la medesima natura giuridica in quanto regolate dalle stesse fonti normative di conseguenza attribuendo ad entrambi, sulla base del citato articolo 14, comma 33, natura di corrispettivo e in quanto tale assoggettabili all'Iva;
    la Corte di Cassazione sin dalla sentenza del 9 marzo 2012, n. 3756 ha considerato una forzatura inaccettabile assimilazione della TIA1 alla TIA2;
    il Governo si è assunto l'impegno, in più occasioni, di intraprendere ogni iniziativa, anche di carattere legislativo, volta a definire la controversa applicazione dell'Iva alla TIA1, privilegiandone la natura tributaria in armonia con i principi sanciti dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità; parimenti si è assunto l'impegno di individuare misure volte a garantire il rimborso di quanto non dovuto da parte dei contribuenti tenendo conto degli effetti di assoluto rilievo che la restituzione dell'Iva sulla TIA1 potrebbe avere sui saldi di finanza pubblica;
    ai fini del computo dei citati rimborsi si ritiene necessaria un'analisi complessiva dei rapporti che sono intercorsi tra le società di gestione e gli enti locali negli anni di applicazione della TIA1 anche necessaria a recuperare le informazioni dei pagamenti effettuate dai contribuenti,

impegna il Governo:

   ad assumere le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, volte a definire, in ossequio ai princìpi stabiliti dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, la natura tributaria e la conseguente non applicazione dell'Iva alla tariffa di igiene ambientale di cui all'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 152 (cosiddetta TIA1), ferma restando al contempo la natura non tributaria – in quanto tale assoggettabile all'IVA – della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, di cui all'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetta TIA2);
   ad assumere iniziative per prevedere modalità di rimborso per quanto non dovuto da pare dei contribuenti, per il tramite dell'amministrazione finanziaria, volta ad escludere il coinvolgimento diretto degli enti locali, valutandone gli effetti finanziari nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, a tal fine anche stabilendo una reintegrazione dilazionata pluriennale, ovvero una compensazione tributaria sulla base delle informazioni dei pagamenti effettuati negli anni dai contribuenti, desunte dall'analisi complessiva dei rapporti intercorsi tra le società di gestione e gli enti locali negli anni di applicazione della TIA1, fermi restando i termini di prescrizione.
(7-01230) «Ribaudo, Pelillo, Fragomeli, Barbanti, Capozzolo, Carella, Currò, De Maria, Marco Di Maio, Fregolent, Ginato, Gitti, Lodolini, Moretto, Petrini, Pinna, Sanga».


   La XI Commissione,
   premesso che:
    K-Flex è un'azienda italiana, leader nel mondo e specializzata nella produzione di isolanti elastomerici per isolamento termico ed acustico; conta 11 impianti produttivi ed oltre 2.000 dipendenti in 60 Paesi;
    a fine gennaio 2017, la dirigenza della K-Flex ha annunciato la delocalizzazione della produzione dello stabilimento nel comune di Roncello (Monza e Brianza) della K-Flex, per trasferire macchinari e produzione in Polonia;
    i dipendenti dello stabilimento di Roncello (Monza della Brianza) sono in presidio permanente dal 24 gennaio 2017 davanti la sede dell'azienda, per protestare contro la volontà della società di chiudere lo stabilimento italiano e trasferirlo in Polonia e impedire il trasferimento di merci e macchinari in Polonia;
    in data 8 febbraio 2017 si è tenuto, presso il Ministero del sviluppo economico, un incontro sulla vertenza K-Flex, presieduto dal viceministro Teresa Bellanova, con la presenza delle organizzazioni sindacali e i rappresentanti della regione Lombardia. A questo incontro non ha partecipato alcun dirigente dell'azienda;
    nonostante i richiami al senso di responsabilità, nell'incontro del 14 febbraio 2017, tenutosi presso la sede di Assolombarda, l'azienda attraverso il responsabile del personale, nonché membro della famiglia proprietaria, Marta Spinelli, ha confermato i 187 licenziamenti annunciati e la volontà di trasferire la sede produttiva italiana, che impiega attualmente 250 lavoratori, nella sede polacca, della società, dove si starebbe procedendo all'ampliamento dello stabilimento;
    la K-Flex non è una azienda in crisi e le ragioni del trasferimento sarebbero dettate da ragioni di mera convenienza economica e, nonostante abbia un bilancio in attivo già nel corso del 2014, ha proceduto a licenziare 46 lavoratori;
    Isolante K-Flex avrebbe inoltre beneficiato, nel corso degli ultimi anni, a quanto riferiscono le organizzazioni sindacali, di 12 milioni di euro di finanziamenti pubblici, finanziamenti sui quali la stessa viceministra Bellanova ha annunciato una istruttoria;
    dal 2007 al 2012 la società Simest, del gruppo Cassa depositi e prestiti ha sostenuto il processo di crescita internazionale di K-Flex attraverso la partecipazione a 5 operazioni di aumento di capitale per 17,2 milioni di euro e attraverso un fondo di venture capital per 5 milioni di euro;
    la K-Flex rappresenta una produzione di eccellenza e la decisione della delocalizzazione non rappresenterebbe solo la perdita gravissima di posti di lavoro e di professionalità elevate, ma priverebbe quel territorio proprio di una eccellenza che, in passato, oltretutto, ha beneficiato di finanziamenti pubblici anche finalizzati a mantenere tale Produzione di eccellenza in quel territorio; in tale contesto, la vertenza che riguarda la K-Flex non può e non deve risolversi in interventi relativi ad ammortizzatori sociali;
    la dirigenza della K-Flex ha già avuto modo di dichiarare che a suo dire non vi è comunque la possibilità di ricorrere alla cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, in quanto si tratta di licenziamenti non temporanei ma a carattere strutturale e sono da escludere l'attivazione di contratti di solidarietà;
    è opportuno che il Governo assuma iniziative di competenza per evitare che Isolante K-Flex delocalizzi l'impianto produttivo di Roncello al fine di garantire i livelli occupazionali attualmente presenti nel sito e, in tale contesto, tenuto conto dei 12 milioni di euro di contributi pubblici ricevuti dalla Isolante K-Flex e che assuma iniziative, anche di carattere normativo, affinché le aziende che ricevono finanziamenti pubblici siano tenute a perseguire l'obiettivo di mantenere la loro attività sul suolo italiano, evitando di delocalizzare gli stabilimenti all'estero;
    appare ormai ineludibile affrontare la questione delle delocalizzazioni da parte di aziende che non solo non versano in situazioni di crisi ed hanno bilanci in attivo, ma che hanno ricevuto consistenti contributi pubblici proprio per mantenere i livelli occupazionali e le produzioni di eccellenza nel nostro Paese, ed è ulteriormente grave che contributi pubblici possano essere utilizzati proprio per procedere a delocalizzare le produzioni;
    non è più prorogabile la situazione sopra evidenziata ed occorre procedere anche con modifiche legislative al fine di ottenere il rimborso dei contributi pubblici erogati ad aziende che nonostante questi, o come accaduto per la K-Flex, procedano con licenziamenti e delocalizzazioni,

impegna il Governo:

   ad assumere le opportune iniziative di competenza affinché siano riviste le decisioni in merito ai licenziamenti da parte della K-Flex dei lavoratori dello stabilimento di Roncello anche promuovendo presso l'azienda K-Flex, lo sviluppo di una strategia che contempli l'innovazione e la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali nel sito di Roncello;
   ad assumere iniziative normative per contrastare efficacemente le delocalizzazioni avviate da aziende che trasferiscono le produzioni all'estero, pur avendo ricevuto consistenti contributi pubblici, al fine di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali nei siti produttivi presenti in Italia di tali aziende.
(7-01229) «Airaudo, Placido, Daniele Farina».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità per il 2016 aveva fatto registrare un lieve incremento degli stanziamenti relativi al fondo nazionale per le politiche sociali, rifinanziandolo con circa 313 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017 e con circa 314 milioni di euro per l'anno 2018 e aumentando il fondo nazionale per la non autosufficienza a 450 milioni di euro, cui si aggiungono i 50 milioni di euro ricavati dal cosiddetto decreto-legge sul Mezzogiorno, per un totale di 500 milioni di euro;
   tuttavia, in circa dieci anni, il Fnps si è ridotto ad oggi di circa l'80 per cento. Nel 2004 lo stanziamento complessivo è stato di 1,884 miliardi di euro. E questa cifra rappresenta il massimo mai investito nel fondo. Da quel momento le cifre stanziate si sono ridotte fino al minimo registrato nel 2012 (43,7 milioni di euro);
   in occasione dell'ultimo incontro del tavolo sulla non autosufficienza, tenutosi il 14 febbraio 2017 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, era stato paventato il rischio di tagli del Fnps e del Fna. Anche il Ministro Giuliano Poletti confermava che l'ipotesi sarebbe stata oggetto di analisi da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, manifestando tuttavia la propria contrarietà e rassicurando di volersi esprimere in tutte le sedi istituzionali operando per il mantenimento integrale degli stanziamenti stabiliti dall'ultima legge di bilancio, istanza supportata anche dalla volontà di elaborare e attuare un piano per la non autosufficienza e garantire, a breve, livelli essenziali di prestazioni che consentano omogenea esigibilità di adeguati servizi in tutta Italia;
   l'intesa Stato-regioni del 23 febbraio 2017 ha stabilito, per il 2017, il taglio da 50 milioni di euro al fondo nazionale per la non autosufficienza e da 211 milioni di euro al fondo nazionale per le politiche sociali, derivante dalle ricadute del contributo alla finanza pubblica a carico delle regioni stabilito a partire dalla legge di stabilità per il 2015 e che per il 2017 costerà a regioni e province autonome 2,691 miliardi di euro di minori introiti. Tali riduzioni sarebbero conseguenza di quell'intesa che, prevedendo la riduzione degli stanziamenti statali a favore delle regioni per un totale di 485,196 milioni di euro extrasanitari, ha contemplato gli effetti di tale riduzione su diverse voci di spesa, tra le quali figurano il fondo nazionale per la non autosufficienza e quello per le politiche sociali per gli importi sopra menzionati;
   l'intesa è il frutto di un accordo esclusivo tra regioni e Ministero dell'economia e delle finanze, alla presenza del Ministro per gli affari regionali, senza la partecipazione, sin dalla fase istruttoria, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   il fondo nazionale per la non autosufficienza passa da 311 a 99,7 milioni di euro, mentre il fondo nazionale per le politiche sociali perde quei 50 milioni di euro ulteriori stanziati appena il giorno prima della citata intesa, nell'ambito della legge per la coesione sociale e il Mezzogiorno;
   appare dunque irragionevole, al limite del paradosso, che nel giro di ventiquattr'ore si sia realizzato un incremento e un decremento del medesimo fondo, tanto da suscitare unanime sdegno delle associazioni e delle rappresentanze sindacali;
   la sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 2016 ha sancito un principio fondamentale: «è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione»;
   l'8 marzo 2017 il Ministro per gli affari regionali, Enrico Costa, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-02853 a prima firma dell'interpellante – con cui si chiedeva al Governo di illustrare come, malgrado i tagli paventati, intendesse assicurare ai cittadini i servizi relativi ai due fondi e i connessi diritti costituzionalmente garantiti – ha confermato esplicitamente l'intervento dei citati tagli, affermando oltretutto – infelicemente, a parere dell'interpellante – che nonostante ciò il fondo per le non autosufficienze sarebbe comunque stato finanziato per un importo superiore rispetto al 2016, evidentemente non rendendosi conto del fatto che tali stanziamenti non avrebbero rappresentato risorse straordinarie, ma fondi necessari e indispensabili per sostenere e promuovere le fasce più deboli e in difficoltà;
   si segnala dunque la contraddizione interna al Governo, che sul fronte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, intervenuto sul tema sia nella persona del Ministro Poletti che in quella del Sottosegretario Bobba, si professa assolutamente contrario ai tagli, mentre dalla parte del Ministero dell'economia e delle finanze provvede alla loro approvazione;
   il Governo non può esimersi dal garantire un adeguato stanziamento di risorse economiche per assicurare i livelli essenziali di assistenza –:
   per quali ragioni il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non abbia preso parte al processo decisionale che ha, condotto alla deliberazione dell'intesa citata;
   come spieghino la contraddizione in termini tra le posizioni emerse pubblicamente, tenute in merito ai citati tagli, dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze;
   come intendano giustificare il taglio operato ai due fondi a fronte del paradosso dei contestuali citati incrementi e della citata sentenza della Corte costituzionale;
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intendano attuare per garantire l'ottemperanza del principio fondamentale stabilito dalla citata pronuncia.
(2-01729) «Di Vita, Silvia Giordano, Mantero, Lorefice, Nesci, Colonnese, Grillo».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, MANTERO, BARONI, NESCI, LOREFICE, GRILLO e DI VITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Joseph Polimeni è il commissario ad acta per la predisposizione, l'adozione o l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario della regione Campania, il quale il 21 marzo 2017 ha rassegnato le dimissioni dall'incarico, a decorrere dal 3 aprile, con lettera indirizzata ai Ministri della salute ed economia e finanze;
   la legge n. 190 del 2014, all'articolo 1, comma 569, prevede che la nomina a commissario ad acta per la predisposizione, l'adozione o l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario, effettuata ai sensi dell'articolo 2, commi 79, 83 e 84, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, è incompatibile con qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento e che il commissario deve avere qualificate e comprovate professionalità. Tale disposizione si applica alle nomine effettuate, a qualunque titolo, successivamente alla data di entrata in vigore della citata legge;
   l'articolo 1, comma 395, legge dell'11 dicembre 2016, n. 232, ha svuotato di fatto l'incompatibilità succitata garantendo la possibilità per i presidenti di regione di ricoprire il ruolo di «commissario straordinario alla sanità», favorendo i presidenti delle regioni Campania e Calabria, in quanto uniche regioni a cui è stata applicata l'incompatibilità tra presidente e commissario;
   le improvvise dimissioni di Polimeni dall'incarico costringeranno il Consiglio dei ministri a deliberare nuovamente sulla scelta del successore, in un momento come questo per la sanità campana, scalfita da diversi scandali che non le attribuiscono l'immagine di un settore virtuoso, né moralmente né professionalmente:
   a febbraio 2016 la magistratura contabile ha ipotizzato un danno erariale nella sanità campana, le indagini hanno permesso di individuare somme indebitamente spese a carico del bilancio della regione Campania pari a 15.995.112,60 euro, in particolare in relazione all'assegnazione di incarichi di primario e viceprimario negli ospedali campani in esubero rispetto quanto disposto dalle attuali norme;
   a luglio 2016 il Ministero della salute ha sollevato dubbi sulla sussistenza di profili di legittimità costituzionale della legge della regione Campania n. 15 del 2016, che ha modificato, in maniera sostanziale, il meccanismo di nomina dei direttori generali del servizio sanitario regionale, sopprimendo il secondo livello di valutazione, realizzato attraverso un avviso pubblico diretto ad acquisire le candidature dei soggetti in possesso dei requisiti professionali. I direttori generali nominati dal presidente De Luca, dopo l'approvazione della suddetta legge regionale, sono stati 15, tra cui anche Elia Abbondante, nominato direttore generale dell'Asl Napoli 1 Centro, oggi agli arresti domiciliari per ipotesi di reato rilevate nell'ambito del suo ruolo di dirigente dell'Istituto Pascale di Napoli;
   il 7 marzo 2016, infatti, la Guardia di finanza di Napoli ha eseguito misure di custodia cautelare e provvedimenti di sequestro patrimoniale nei confronti di sette persone responsabili, tra l'altro, del reato di corruzione nell'ambito dei rapporti di fornitura di apparecchiature medicali all'IRCCS «Pascale» di Napoli;
   secondo le prime anticipazioni, emerse a dicembre, sull'esito del monitoraggio dell'erogazione delle prestazioni sanitarie essenziali relative al 2015, alla regione Campania sono stati attribuiti solo 99 punti, il punteggio più basso di sempre;
   risulta dalla stampa che il governatore De Luca abbia richiesto di ricoprire l'incarico di commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari della regione Campania –:
   se intenda assumere iniziative normative al fine di ripristinare l'incompatibilità tra presidente di regione e commissario ad acta per il piano di rientro;
   quali siano i criteri che il Ministero della salute intende adottare per selezionare e comparare i candidati all'incarico di commissario straordinario per la regione Campania;
   se il Governatore De Luca presenti un curriculum che evidenzi qualificate e comprovate professionalità ed esperienza di gestione sanitaria come richieste dalla legge n. 190 del 2014 per poter assumere eventualmente l'incarico di commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Campania. (5-10955)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel febbraio del 1998 i dipendenti cosiddetti «postali» passarono da pubblici (ente pubblico economico) a privati (Poste Spa);
   a partire dunque dal 28 febbraio 1998 la buonuscita solo della suddetta categoria è stata bloccata e quindi non più rivalutata;
   non si conosce il numero dei dipendenti in forza a questa data;
   conseguentemente, non si conosce neppure l'entità economica necessaria alla soluzione del problema;
   con l'approvazione della risoluzione n. 8-00208 del 6 novembre 2012 (di cui erano firmatari Codurelli, Damiano, Comaroli, Madia, Boccuzzi, Rampi, Berretta, Schirru) il Governo Monti, si impegnava ad adottare entro il 31 gennaio 2013 «iniziative, anche di carattere normativo, che consentano un costante aggiornamento dell'indennità di buonauscita». Impegno per il quale l'allora viceministro Michel Martone si espresse, manifestando soddisfazione per l'intesa raggiunta con i presentatori dell'atto d'indirizzo, ma che poi è rimasto del tutto disatteso –:
   quanti siano i lavoratori attivi e quanti gli inattivi interessati alla rivalutazione della buonauscita e quale sia l'entità delle risorse necessarie per sanare la situazione. (4-16031)


   GAGNARLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   ogni anno il Ministero dello sviluppo economico emana uno specifico bando concernente le norme per la concessione dei contributi alle emittenti televisive locali previsti dalla legge n. 448 del 1998. Il bando è emanato sulla base del decreto ministeriale n. 292 del 2004 «Regolamento recante nuove norme per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefici previsti dall'articolo 45, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modifiche e integrazioni»;
   da notizie pervenute all'interrogante dall'associazione di categoria Aeranti risulta che i suddetti contributi relativi all'anno 2015 non sono stati ancora erogati, che non è stato ancora emanato il bando per la presentazione delle domande per il riconoscimento dei contributi relativi all'anno 2016 (il termine per la relativa emanazione scadeva il 31 gennaio 2016), ed infine non è stato ancora approvato dal Consiglio dei ministri lo schema di decreto del Presidente della Repubblica relativo al nuovo regolamento per il riconoscimento dei contributi annuali all'emittenza locale, previsto dall'articolo 1, comma 163 della legge 28 dicembre 2015, n. 208;
   da notizie stampa dell'11 marzo 2017 (http://www.giornalistitalia.it/mise-tempi-brevi-per-i-contributi-alle-tv-locali/) si evince che i mancati pagamenti sarebbero dovuti alla tardiva approvazione delle graduatorie da parte di alcuni Co.Re.Com regionali e che l'avvio delle procedure di erogazione per le emittenti locali dovrebbe avvenire in tempi brevi;
   secondo la «Aeranti» tale situazione è insostenibile per le imprese televisive locali, il cui settore sta affrontando un momento di grande difficoltà conseguente alla crisi del mercato pubblicitario, ai cambiamenti tecnologici e alla concorrenza delle nuove piattaforme –:
   come il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per quanto di rispettiva competenza, intendano procedere per dare soluzione alle problematiche sopra richiamate. (4-16034)


   NICOLA BIANCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la società Poste italiane spa è fornitore del servizio universale per un periodo di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 58 del 2011, pertanto fino al 2026;
   nel 2015 è stata realizzata la cessione, mediante offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori italiani, inclusi i dipendenti, e a investitori istituzionali nazionali ed esteri, di circa il 35,30 per cento del capitale sociale di Poste italiane spa, la più grande infrastruttura di servizi in Italia;
   con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 25 maggio 2016 è stato disposto il conferimento a Cassa depositi e prestiti spa di una quota della partecipazione detenuta dal suddetto Ministero in Poste italiane spa, pari al 35 per cento del capitale sociale;
   in data 31 maggio 2016 il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di decreto e del Presidente del Consiglio dei ministri che definisce i criteri di privatizzazione e le modalità di dismissione di un'ulteriore quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze, tra i quali il mantenimento di una partecipazione pubblica, anche tramite Cassa depositi e prestiti, non inferiore al 35 per cento;
   in data 24 giugno 2016 l'assemblea degli azionisti di Cassa depositi e prestiti ha deliberato un aumento di capitale per circa 3 miliardi di euro riservato al Ministero dell'economia e delle finanze, perfezionato dallo stesso mediante il conferimento di una partecipazione del 35 per cento del capitale di Poste italiane. Ad esito del conferimento, il Ministero detiene una partecipazione residua nel capitale di Poste italiane pari al 29,7 per cento;
   a quanto risulta, le quote dovrebbero essere collocate sul mercato entro la prossima estate;
   tale ulteriore cessione potrebbe provocare conseguenze negative per quanto attiene alla salvaguardia dei livelli occupazionali e alla piena efficienza del servizio universale, venendosi a creare forti disagi in particolar modo per i cittadini che vivono nelle zone svantaggiate del Paese;
   secondo quanto sostenuto dalle organizzazioni sindacali della Sardegna, in occasione della manifestazione di protesta che si è tenuta in molte città d'Italia in data 13 marzo 2017, gli effetti della nuova privatizzazione di Poste italiane potrebbero essere gravissimi per l'isola. Dai dati riportati dai sindacati risulta, infatti, che sarebbero a rischio circa 750 posti di lavoro su un totale di meno di 3.500 lavoratori della società in tutta la regione e che potrebbero essere chiusi gli ultimi uffici postali rimasti nei piccoli centri periferici –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in relazione alla citata ulteriore cessione di quote di Poste italiane spa e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché non si concretizzino i drammatici effetti dell'operazione richiamati in premessa, quali le pesantissime ricadute occupazionali, soprattutto in zone svantaggiate del Paese, un forte peggioramento della qualità del servizio offerto, nonché la chiusura degli uffici postali nelle aree periferiche, come i piccoli centri della Sardegna. (4-16051)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MICILLO, BUSTO, DE ROSA, DAGA, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra sabato 18 e domenica 19 marzo 2017, in località detta «Lo Spesso» a Taverna del Re, che trovasi al confine tra Villa Literno (Caserta) e Giugliano in Campania (Napoli), è divampato per cause ignote, ricollegabili secondo le prime indagini, a matrice di tipo dolosa, un terribile rogo che in poco tempo ha bruciato un consistente numero di ecoballe, giacenti in una piazzola dell'area adibita a permanente deposito delle stesse;
   per diverse ore, i residenti della zona, e per diversi chilometri dall'area interessata dal rogo, sono stati costretti a subire le esalazioni tossiche scaturite dall'incendio;
   sul posto si sono portate diverse unità dei vigili del fuoco accorse da più parti della provincia napoletana per scongiurare che l'incendio si propagasse ulteriormente;
   un danno ambientale, economico ed umano dunque di notevoli proporzioni, per domare del tutto le fiamme e mettere in sicurezza le altre montagne esistenti di rifiuti ci sono volute oltre 24 ore;
   le sostanze tossiche sprigionatesi dalla combustione delle centinaia di ecoballe sono state spinte dalle correnti su una vasta area circostante il rogo, interessando, quindi, abitazioni, campi ed allevamenti;
   si contano in Campania, allo stato attuale circa sei milioni di ecoballe e per questo, l'Italia, per la loro giacenza paga periodicamente pesanti sanzioni inflitte dall'Unione europea (vedasi i venti milioni di euro del 2015);
   di queste sei milioni di ecoballe in un anno, rispetto al cronoprogramma della regione Campania, sono state rimosse solamente lo 0,5 per cento;
   tra la fine del 2015 e l'inizio dell'anno 2016, la regione Campania ha pure pubblicato il bando di gara 1989/A/15, che prevedeva con procedura aperta, suddivisa in 8 lotti, l'affidamento del servizio di trasporto, conferimento, recupero e/o smaltimento in ambito nazionale e/o comunitario di rifiuti imballati e stoccati presso siti dedicati nel territorio regionale, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto-legge del 25 novembre 2015 –:
   tenuto conto di uno speciale stanziamento di fondi ad hoc di provenienza governativa, di quali dati ad oggi (e aggiornati) si disponga in ordine al problema ecoballe in Campania, in particolare se il Governo intenda acquisire il piano integrale di rendicontazione sull'utilizzo dei fondi citati, dando puntuali informazioni in ordine al luogo dove saranno trasferite le ecoballe e le modalità di conferimento, recupero e/o smaltimento delle stesse;
   se il Governo intenda, ai sensi dell'articolo 43 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, avvalersi del diritto di rivalsa nei confronti della regione Campania per danni economici e promuovere, per quanto di competenza e in raccordo con gli enti territoriali competenti, un monitoraggio immediato circa il livello di diossina esistente attualmente nell'aria e nei terreni circostanti l'area dell'incendio.
(4-16048)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   GIANLUCA PINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la nomina del dottor Profumo ad amministratore delegato di Leonardo Finmeccanica sembra contraddire secondo gli interroganti, nei fatti, gli orientamenti ultimi del Governo di escludere dai vertici delle società pubbliche chi è sotto processo;
   è nota, infatti, la lettera che nel 2014, il Ministro Padoan scrisse a Eni, Enel e Finmeccanica, chiedendo di convocare un'assemblea straordinaria per «introdurre nello statuto sociale un'apposita clausola in materia di requisiti di onorabilità e connesse cause di ineleggibilità decadenza dei componenti il consiglio di Amministrazione»;
   la lettera precisava che «la clausola statutaria di cui si propone l'adozione è volta a rafforzare i requisiti di onorabilità contemplati per gli amministratori di società con azioni quotate»;
   la medesima lettera si inseriva nel quadro della vicenda dell'amministratore delegato Eni Paolo Scaroni, allora indagato dalla procura di Milano per l'ipotesi di corruzione internazionale;
   risulta agli interroganti che il dottor Profumo sia stato rinviato a giudizio per reati connessi alla sua precedente attività bancaria, rientrando pertanto nelle fattispecie di ineleggibilità e decadenza previste dal comma 1, lettera a) della succitata lettera –:
   se ed entro quando il Governo, in coerenza con l'indirizzo «adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze nel 2014 tramite la lettera citata in premessa, intenda adottare le iniziative di competenza volte a revocare la designazione del dottor Profumo all'incarico di amministratore delegato della Leonardo Finmeccanica. (3-02903)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in una zona semicentrale del comune di Perugia, nel blocco di isolati situato ad angolo tra via Martiri dei Lager e via Settevalli, è situato un immobile (una delle numerose strutture che oggi risulta proprietà e Invimit sgr), facente parte del complesso edilizio Ottagono, acquistato dall'Inps nel 2000 con i fondi del Giubileo;
   l'area, facilmente accessibile con i mezzi di trasporto privati e ben servita da quelli pubblici, si contraddistingue per essere stata una delle prime espansioni di Perugia nell'ambito produttivo. Successivamente, a partire dagli anni ’90, ha acquisito sempre più una vocazione di tipo mista, prevalentemente di tipo residenziale;
   l'edificio, realizzato nel 1999, risulta attualmente libero e destinato prevalentemente ad uso residenziale, con alcune porzioni ad uso commerciale e direzionale. Esso si eleva con una struttura portante in cemento armato su nove piani fuori terra ed un piano interrato, con una superficie lorda commerciale di metri quadri 3.242. Internamente al piano terra sono ubicati i negozi, al primo piano degli uffici mentre ai piani in elevazione (dal 2o all'8o) sono presenti le unità residenziali;
   da 17 anni ormai l'immobile è stato completamente abbandonato e nonostante l'interesse di soggetti privati e pubblici, manifestatosi a più riprese nel tempo, non è mai stato possibile stabilire un rapporto di interlocuzione risolutivo con l'Inail;
   varie iniziative sono state portate avanti dalle amministrazioni comunali di Perugia che si sono succedute, con l'obiettivo di individuare soluzioni condivise tra comune Ater e Inail;
   nel 2015 si era ipotizzato un accordo tra Inail e comune di Perugia per fare una residenza di trenta appartamenti, con canone concordato per le famiglie delle forze dell'ordine, ma purtroppo l'iniziativa (che avrebbe trovato il favore anche dei residenti e delle associazioni che si battono da anni per dare a Fontivegge un «volto» migliore e per liberare il quartiere dalle attività illecite ivi praticate, come lo spaccio di droga e lo sfruttamento della prostituzione) non è andata a buon fine;
   il lungo periodo di inutilizzo non solo ha deteriorato la struttura, ma ha incrementato il degrado del quartiere di Fontivegge, già considerato zona ad alto rischio di criminalità della città;
   oggi l'immobile, nonostante la delimitazione della proprietà, è diventato rifugio per i «mal viventi» della zona;
   la società Invimit Sgr, soggetto di gestione del risparmio del Ministero dell'economia e delle finanze, a inizio del 2016 ne ha acquisito la proprietà;
   una riqualificazione del bene in questione avrebbe un evidente impatto positivo sia sull'economia locale sia sulla sicurezza del quartiere –:
   di quali elementi disponga il Governo circa le azioni che Invimit sgr, Spa intenda adottare per la riqualificazione del bene in questione, nonché dei tempi di realizzazione. (5-10951)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ARIENZO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Guardia di finanza di Verona ha scoperto false cooperative operanti sia nel settore agricolo sia in quello del facchinaggio che impiegavano in maniera irregolare complessivamente circa un migliaio di lavoratori;
   le false cooperative del settore agricolo sembra favorissero l'immigrazione clandestina e fornissero personale anche per attività di carattere medico senza averne alcuna qualificazione;
   le false cooperative nel settore del facchinaggio venivano utilizzate anche per evadere il fisco e/o per operazioni contabili illegali quali il ricorso a indennità di trasferta e a rimborsi fasulli per sottrarre a tassazione i redditi corrisposti ai dipendenti;
   le cooperative interessate prestavano i propri servizi ad aziende veronesi, verosimilmente a prezzi inferiori ai valori espressi di norma dal mercato;
   queste specifiche attività illecite:
    a) inficiano l'intero sistema della cooperazione in quanto si tratta di imprese che lavorano sottocosto facendo concorrenza sleale e creando dumping sociale;
    b) favoriscono l'illegalità di vario genere e probabilmente anche a carattere organizzato;
   sebbene si tratti di rapporti tra aziende private, non può sfuggire la pericolosità del fenomeno che provoca la chiusura delle cooperative sane, l'inquinamento dell'economia legale e la diffusione della criminalità, anche organizzata —:
   se siano a conoscenza del fenomeno;
   quali iniziative normative intenda porre in essere per intervenire a contrasto del diffuso fenomeno osservato a Verona, ma certamente presente in tutto il territorio nazionale. (4-16037)


   MANTERO, BARONI, NESCI, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, GRILLO, DI VITA e COLONNESE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dal 1994 sono state istituite le «Lotterie Istantanee», con le quali l'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha voluto soddisfare l'esigenza di una modalità di gioco che consente di conoscere «istantaneamente» il risultato e l'eventuale vincita; a tal fine, sono state introdotte in Italia le lotterie per le quali è stata coniata la locuzione «gratta e vinci» che sintetizza la dinamica di svolgimento del gioco;
   l'articolo 7 del decreto-legge n. 158 del 2012 (il cosiddetto «decreto Balduzzi»), convertito dalla legge n. 189 del 2012, ha introdotto l'obbligo di indicare in maniera chiara la probabilità di vincita riconosciuta al giocatore nel singolo gioco. La legge è entrata in vigore il 1o gennaio 2013 e ha previsto l'indicazione della probabilità di vincita sia nella pubblicità dei giochi con vincite in denaro (articolo 7, comma 4-bis), sia sulle schedine o sui tagliandi di tali giochi (articolo 7, comma 5);
   solo a partire da settembre 2015 è stata effettivamente indicata la probabilità di vincita sui tagliandi in alcune lotterie istantanee, infatti, delle 58 lotterie istantanee attualmente attive, 17 ancora non si sono adeguate alla normativa;
   il decreto-legge n. 158 del 2012, prevede la possibilità di deroga: «Qualora l'entità dei dati da riportare sia tale da non potere essere contenuta nelle dimensioni delle schedine ovvero dei tagliandi, questi ultimi devono recare l'indicazione della possibilità di consultazione di note informative sulle probabilità di vincita pubblicate sui siti istituzionali». Nella prassi la deroga si trasforma in norma, sul retro dei tagliandi delle lotterie istantanee non ci sono informazioni dettagliate, le probabilità di vincita sono riportate in maniera parziale, accorpando varie classi di premio;
   ad esempio, sul biglietto della lotteria «Nuovo Miliardario», secondo uno schema peraltro applicato a tutte le lotterie istantanee, sono previste tre fasce di premi: la prima ricomprende premi fino a 500 euro, e contiene premi da 5, 10, 15, 20, 25, 50, 100 e 500 euro. La probabilità di vincita, per questa fascia, viene indicata in «1 biglietto ogni 3,87»;
   solo sul sito dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli è possibile conoscere la reale probabilità di vincere un premio di 5 euro, 1 ogni 7,50 biglietti, o da 500 euro, 1 ogni 2.181,82 biglietti. Raggruppando i premi per fasce, non è indicato ai giocatori un dato reale e utile per la scelta. In assenza di un dato riferito ai singoli premi, è evidente che i giocatori siano portati ad applicare la probabilità di vincita indicata per la classe di premio a tutti i premi in essa ricompresi. Inoltre, l'elevata probabilità di vincita di premi equivalenti al prezzo del biglietto favorisce la compulsività, è dimostrato che i premi bassi, fino a 100 euro, generalmente sono rigiocati –:
   se il Governo non ritenga indispensabile ed urgente, intervenire affinché tutte le lotterie istantanee rechino sul tagliando o schedina l'indicazione della probabilità di vincita, dando piena attuazione agli obblighi previsti dalla legge n. 189 del 2012;
   se il Governo non ritenga di intervenire avviando gli opportuni correttivi al lay out dei tagliandi o schedine delle lotterie istantanee al fine di rendere immediatamente conoscibile all'utente le reali probabilità di vincita;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per vietare i premi identici al prezzo del biglietto della lotteria istantanea, come avviene per altri giochi, ad esempio le scommesse, al fine di tutelare la salute dei cittadini dai rischi connessi al gioco d'azzardo. (4-16042)


   ZOGGIA, ALBINI, MURER, MELILLA, ROBERTA AGOSTINI, ZACCAGNINI, NICCHI, RICCIATTI, FOLINO, KRONBICHLER, BOSSA e FONTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le bevande a base di cereali o di frutta secca, che comunemente vengono chiamate latti vegetali, sono ormai alimenti abituali nelle case di moltissimi italiani. Che siano di riso, di soia, di farro, di mandorla, di nocciola, di cocco, di miglio, di quinoa, di kamut o di avena, queste bevande, infatti, vengono largamente usate non solo da chi ha fatto una scelta vegan, ma anche da centinaia di migliaia di persone intolleranti al lattosio e allergiche al latte vaccino e da chi per scelta salutistica decide di eliminare i grassi animali dalla propria alimentazione;
   per gli affetti dalla malattia rara galattosemia e per i ben più numerosi affetti da allergia alle proteine del latte (patologia ben distinta dall'intolleranza al lattosio, che non riguarda il sistema immunitario e che consente a coloro che ne sono affetti di trovare una valida alternativa nel latte delattosato, che rimane «tabù» per le prime due categorie), la scelta di bevande sostitutive del latte è obbligata;
   attualmente le bevande sostitutive del latte, a base di soia, di riso e altri cereali, di mandorle, ed altro sono assoggettate all'aliquota iva ordinaria del 22 per cento, anziché a quella agevolata del 4 per cento che grava sul latte vaccino e sul latte delattosato, ma anche su formaggi, pane, pasta, frutta, ortaggi, olio e gran parte degli alimenti di base;
   nei fatti, per potersi mantenere in salute, chi non può consumare latte vaccino deve oggi sopportare quella che non è improprio definire una «tassa» del 18 per cento sul suo status, trasformando in lusso quella che è una condizione patologica;
   questa «tassa sull'allergia» è ancora meno accettabile se si considera che agli allergici al glutine è garantito il diritto all'erogazione gratuita di alimenti sostitutivi di quelli a base di cereali contenenti glutine, tramite un sostegno economico con un tetto mensile di spesa di 140 euro per un uomo adulto e di 99 euro per una donna;
   quello che non si ritiene per niente equo è che l'uguale dignità sociale prevista dalla Costituzione per i cittadini senza distinzione di condizioni personali venga disattesa, statuendo una classificazione di allergici di serie A (ai quali, al fine di garantir loro la salute, è riconosciuto il diritto all'erogazione gratuita di alimenti senza glutine) e allergici di serie B (la cui salute non è parimenti tutelata come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività), a carico dei quali viene imposto un balzello –:
   se non ritenga di risolvere tale situazione di disparità e di assumere iniziative per applicare anche per le bevande vegetali che contengano un cereale o frutta secca non geneticamente modificati o frutta secca meno nella misura dell'8 per cento, che siano prive di olio di palma, zuccheri e sali aggiunti che abbiano un valore di glucosio e di fruttosio inferiore a 2 grammi per millilitro, l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto (Iva) nella misura del 4 per cento. (4-16050)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GITTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   Brescia è da tempo oggetto di attenzione della procura nazionale antimafia sulla questione dello smaltimento illecito dei rifiuti;
   che il procuratore antimafia Roberto Permisi, sentito in audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, nel 2014, aveva definito Brescia «un punto sensibile» del territorio italiano;
   nell'intervista andata in onda nella trasmissione televisiva Nemo, il 21 novembre 2016, il pentito di camorra Nunzio Perrella ha dichiarato: «Il Nord è rovinato, abbiamo sversato rifiuti tossici a Ospitaletto, Castegnato, Rovato e Montichiari. Le vostre discariche sono piene di rifiuti pericolosi»;
   lo stesso Perrella ha valutato lo stato di salute del territorio bresciano peggiore di quello della tristemente nota «Terra dei fuochi» nel Sud d'Italia;
   il procuratore della Repubblica di Brescia, Tommaso Buonanno, ha dichiarato, in alcune interviste recentemente apparse sulla stampa, che da gennaio 2017 la procura di Brescia potrà disporre di un organico effettivo di soli dieci procuratori, a seguito di pensionamenti e, soprattutto, di nove di richieste di trasferimento;
   pertanto, i posti coperti della pianta organica della procura di Brescia resteranno ampiamente sotto la metà di quelli previsti, pari a ventuno;
   conseguentemente, la recente decisione del Csm di aumentare la pianta organica della procura di Brescia da ventuno a venticinque sostituti procuratori potrà alleviare solo parzialmente la carenza di organico della procura di Brescia;
   una tale situazione rischia di aggravarsi ulteriormente per il depennamento di Brescia dall'elenco delle sedi giudiziarie disagiate, con carenze di organico;
   la mole di lavoro rimane particolarmente gravosa, con una media di oltre duemila processi all'anno per procuratore, quasi quattro volte quella di Milano, secondo i dati riferiti dal suddetto procuratore Tommaso Buonanno –:
   se non ritenga di dover affrontare con la massima tempestività la questione della copertura dei posti previsti in organico alla Procura di Brescia, alla luce dei suddetti dati e, soprattutto, delle recenti notizie sulla gestione illecita del ciclo dei rifiuti in quel territorio, considerando, altresì, l'urgenza di fare chiarezza per mettere in salvaguardia, quanto prima, la salute della popolazione bresciana.
(5-10956)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NICOLA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo pubblicato dal quotidiano locale « La Nuova Sardegna» in data 6 marzo 2017 dal titolo «Biglietti proibiti anche nei giorni di Pasqua» ripropone l'annoso problema dei costi molto elevati dei collegamenti marittimi da e per la Sardegna;
   secondo i dati forniti dal suddetto articolo di stampa, che fa una stima della spesa da affrontare per un viaggio in Sardegna durante le vacanze pasquali per una famiglia di quattro persone con un'automobile al seguito, la tratta Genova-Olbia, gestita dalla compagnia Tirrenia, ad esempio, verrebbe a costare 727 euro, partendo il 14 aprile e rientrando in Liguria il 18 aprile;
   prendendo in esame la tratta Livorno-Olbia la medesima famiglia di quattro persone per un biglietto di andata e ritorno negli stessi giorni di aprile spenderebbe circa 500 euro viaggiando a bordo di una motonave Moby;
   per raggiungere Olbia da Civitavecchia con una nave Tirrenia la spesa da sostenere per una coppia con due figli sarebbe pari a 623 euro, mentre con la compagnia Grimaldi il viaggio Civitavecchia-Porto Torres costerebbe 485 euro per le stesse date di andata e ritorno e lo stesso numero di passeggeri;
   l'analisi dei dati citati rende evidente il persistere di una criticità duratura per la Sardegna che si afferma in maniera particolare con il sopraggiungere delle stagioni calde. Tale criticità, anziché risolversi, si è aggravata a causa, ad avviso degli interroganti, della mancanza di una visione programmatica di medio e lungo termine dei governi nazionali e regionali che si sono avvicendati negli anni. Da tempo il problema del «caro traghetti» è al centro del dibattito politico, ma una risoluzione del problema appare ancora lontana;
   la Sardegna, a causa della sua insularità, dell'ampiezza e della particolare Conformazione del territorio, vive una condizione di svantaggio rispetto alla penisola in termini di erogazione di servizi e potenzialità di sviluppo economico, aggravata dalla totale inadeguatezza del sistema di trasporti e della viabilità;
   le enormi difficoltà derivanti dalla mancanza di un sistema di trasporti efficaci, efficienti, sicuri, sostenibili ed economicamente accessibili hanno creato nel tempo forti limitazioni allo sviluppo economico e sociale della regione, contribuendo ad acuire gli effetti della profonda crisi del sistema produttivo;
   i difficili e costosi collegamenti da e per l'isola, inoltre, rappresentano un freno anche per lo sviluppo turistico della regione, settore di rilevanza fondamentale che andrebbe maggiormente sostenuto, valorizzando l'immenso patrimonio naturalistico e artistico che la Sardegna offre;
   in data 18 luglio 2012 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha stipulato con la Compagnia italiana di navigazione spa, soggetto aggiudicatario del ramo d'azienda Tirrenia navigazione spa, una convenzione che disciplina gli obblighi e i diritti derivanti dall'esercizio di servizi di collegamento marittimo in regime di pubblico servizio con le isole maggiori e minori, redatta ai sensi dell'articolo 1, comma 998 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dell'articolo 19-ter del decreto-legge n. 135 del 2009 convertito con modificazioni dalla legge n. 166 del 2009. Il rapporto oggetto della convenzione terminerà nel 2020. La suddetta società riceve dallo Stato un corrispettivo di euro 72.685.642,00 per ciascuno degli otto anni di durata della convenzione. Tale convenzione non ha portato esercizio vantaggi al turismo della regione e ai cittadini sardi in termini di garanzia della continuità territoriale –:
   se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché lo sviluppo turistico e produttivo della Sardegna e la tutela del diritto alla mobilità per i cittadini dell'isola non siano ostacolati dalla carenza di trasporti marittimi efficienti ed economicamente accessibili e pertanto la criticità del cosiddetto «caro traghetti» sia definitivamente superata.
(5-10954)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con decreto legislativo n. 169 del 2016, il Governo ha varato la «riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina delle autorità portuali», con una riduzione delle 24 autorità esistenti in 15 nuovi enti, definiti autorità di sistema portuale (AdSP);
   il progetto dell'Esecutivo prevede, in particolare, la fusione in un'unica Authority delle realtà portuali di Messina e Gioia Tauro, profondamente distanti non solo per natura e specificità ma, addirittura, per regione di appartenenza;
   l'autorità portuale di Messina è, già dal 2000, una autorità di sistema con i compiti di indirizzo, programmazione, controllo, coordinamento, promozione delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti di Messina e Milazzo, cui si è aggiunto recentemente quello di Tremestieri (Messina);
   ad oggi, l'autorità portuale di Messina, ente soppresso in attesa della nomina del presidente e degli altri organi gestionali, può svolgere solo ordinaria amministrazione e, non essendo stato ancora approvato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il bilancio, opera in esercizio provvisorio fino ad aprile, quando, in assenza di novità, scatteranno ulteriori norme restrittive;
   l'autorità portuale di Messina, diversamente da altre realtà, non gestisce solo aree e impianti portuali, ma amministra per conto dello Stato alcune delle zone più pregiate della città come la Fiera, la cortina del porto o la zona Falcata, il destino delle quali, dal momento dell'attuazione dell'accorpamento, verrà deciso in Calabria;
   Gioia Tauro, invece, risulta un porto in crisi strutturale, con la regione Calabria costretta a coprirne le perdite per la sopravvivenza dello scalo, con la pesante crisi occupazionale che, dal 2010, mantiene inalterato il dato negativo di circa 450 lavoratori in cassa integrazione a rotazione;
   tale prospettato accorpamento, pertanto, risulta sin dall'inizio fallimentare per il sistema portuale di Messina, rischiando di apparire finalizzato a finanziare il deficit di Gioia Tauro: mentre l'autorità portuale di Messina gode, infatti, di una situazione economica florida e di prospettive di sviluppo certe, il porto calabrese arranca disperatamente nel tentativo di allungare il più possibile la sua agonia e nella speranza di risorgere proprio grazie alla assistenza economica del porto messinese;
   la situazione appare di ancora più complessa soluzione, se si considera che la concorrenza dei porti di trashipment nord africani godono di vantaggi sui costi operativi dettati prevalentemente dalla enorme differenza del mercato del lavoro esistente tra quei paesi e l'Italia;
   contrariamente a quanto più volte dichiarato dal Ministro interrogato e alla stessa rubrica del decreto legislativo, è evidente come tale riforma vada nella direzione opposta dell'efficienza –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare per scongiurare, anche promuovendo i necessari correttivi normativi, l'accorpamento del porto di Messina a quello di Gioia Tauro, in considerazione della specificità e della peculiarità di questa singolare autorità di sistema, che ingloba porti situati in due regioni e due mari diversi;
   se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza volte comunque a ridefinire i criteri della riforma delle autorità portuali attraverso un confronto con le realtà coinvolte. (4-16040)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la prefettura di Grosseto ha assegnato, con bandi, parte dei richiedenti asilo pervenuti sul territorio provinciale, a vari soggetti affidatari nella gestione dell'accoglienza, secondo i criteri previsti dal sistema Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati) in strutture denominate centri di accoglienza straordinari;
   l'Associazione partecipazione e sviluppo di Bagni di Lucca, Onlus che ha visto nel tempo un numero crescente di ospiti assegnati in accoglienza, ha operato e opera tra i soggetti affidatari dal 2014;
   l'associazione ha utilizzato per la gestione, nel periodo aprile 2014-dicembre 2015, n. 18 persone che sono state impiegate come volontari e con contratti a progetto;
   tali inquadramenti sono però risultati in contrasto con le norme sul volontariato (legge n. 266 del 1991) e non in conformità a quanto dichiarato e sottoscritto nella presentazione di partecipazione al bando riguardante le norme sul lavoro;
   numerose sono state le richieste dei lavoratori affinché la Onlus Partecipazione e Sviluppo regolarizzasse il rapporto di lavoro entro giugno 2015. Tali richieste sono però state completamente ignorate, ed anzi, alla visita ispettiva da parte della direzione del lavoro, i dipendenti sono stati indicati come responsabili, rispetto a presunte inadempienze, della gestione dell'accoglienza nelle strutture assegnate; 
   da parte dei lavoratori sono stati effettuati tentativi di mediazione, tramite il sindacato Cgil di Grosseto e, nella fase successiva (inizio 2016), vi è stato un tentativo di conciliazione proposto dal legale incaricato dai lavoratori presso la direzione territoriale del lavoro di Grosseto. Anche in questo caso, le richieste sono state completamente disattese e l'associazione ha preferito intraprendere un contenzioso;
   la situazione descritta nei punti precedenti è stata rappresentata dai lavoratori sia verbalmente che per scritto a diverse istituzioni locali, nazionali e all'autorità giudiziaria, affinché prendessero atto di come siano state disattese le norme previste in materia di volontariato e lavoro e gli impegni sottoscritti in sede di partecipazione al bando;
   la prefettura di Grosseto ha pubblicato, per la gestione dei richiedenti asilo, un apposito bando in data 15 dicembre 2015 la cui scadenza, per la presentazione delle istanze, era fissata per il 18 gennaio 2016, indicando come presunta data di affidamento il 1o marzo 2016;
   al suddetto bando avrebbero partecipato più soggetti tra i quali l'associazione Partecipazione e Sviluppo che è risultata esclusa, per quanto consta agli interpellanti, per irregolarità nella presentazione dell'istanza;
   le procedure dovevano chiudersi entro il mese di febbraio 2016 e dal 1o marzo avrebbe dovuto esserci presumibilmente l'affidamento. Così non è stato e la chiusura delle procedure è slittata di mese in mese, sino a quando, nel novembre 2016, la prefettura ha dichiarato l'annullamento della stessa con varie motivazioni;
   si deve rilevare che questa rappresenta una anomalia poiché in tutte le altre prefetture della Toscana le procedure di gara sono state chiuse nei tempi più o meno indicati e sono stati effettuati gli affidamenti ai soggetti aggiudicatari;
   nel frattempo sono state indette manifestazioni di interesse atte a reperire ulteriori posti per far fronte all'emergenza nell'arrivo di nuovi migranti;
   dette manifestazioni, attivabili in situazioni di emergenza, ossia per far fronte a flussi imprevisti di richiedenti asilo in carenza di posti disponibili, hanno portato ad avere vantaggi nelle assegnazioni alla stessa associazione;
   nel 2016, rimarcando la disponibilità di posti offerti e al di là del ricorso del comune di Capalbio al Tar che, a quanto consta agli interpellanti, sarebbe stato usato come un giustificativo per l'annullamento della gara, i nuovi arrivi sono stati allocati in strutture nuove reperite con procedure d'urgenza e in strutture già presenti nei comuni del grossetano, oltre i limiti autorizzati dalle singole strutture e le capienze consentite per esercitare un'accoglienza dignitosa;
   ne citiamo una ad esempio: nel comune di Civitella Paganico, Frazione di Paganico, via della Stazione 4, la struttura denominata il Molino. Struttura autorizzata dalle autorità locali (Vigili del fuoco, Usl e comune) ad accogliere 18 persone che, invece, ha ospitato e continua, ad oggi, probabilmente, a quanto consta agli interpellanti, ad ospitare molte più persone richiedenti asilo;
   a parere degli interpellanti viene spontaneo chiedersi come detta struttura, autorizzata per 18 persone, possa garantire gli standard di abitabilità, igiene e sicurezza, con un numero di persone ben più ampio di quello autorizzato;
   tutto questo indurrebbe a pensare che più che occuparsi del rispetto degli standard previsti dalle norme in materia di edilizia e quelle previste dal sistema di accoglienza, che si sommano agli standard non meno importanti sulla tutela del lavoro, si vogliano valorizzare le situazioni connesse ai vantaggi economici che derivano e aumentano con l'espandersi dei numeri dei richiedenti asilo ospitati nelle strutture inserite in tale sistema;
   in merito alla questione sopra esposta sono state fatte ulteriori segnalazioni alle autorità competenti e all'Anac –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di eventuali iniziative intraprese dalla prefettura di Grosseto per valutare se l'associazione di cui in premessa possegga i requisiti necessari per gestire l'accoglienza dei richiedenti asilo e, in caso affermativo, quali ne siano stati eventualmente gli esiti;
   se sia a conoscenza della situazione della gara del 2016 indetta dalla prefettura di Grosseto che, a giudizio degli interpellanti, in modo anomalo rispetto alle altre prefetture, non ha concluso, di fatto, le procedure di assegnazione;
   se, pur in presenza di bando di gara in itinere possa considerarsi regolare l'avvio da parte delle prefetture di procedure denominate «manifestazioni d'interesse» che hanno concesso l'ampliamento dei posti per l'accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati con procedure d'urgenza adottate e portate a conclusione in tempi più rapidi;
   se il Ministro interpellato non intenda intraprendere iniziative, anche di carattere ispettivo, per far luce su questa vicenda che potrebbe non essere l'unica su questo e su altri territori del Paese, al fine di evitare il ripetersi dell'ambiguità di situazioni d'ombra e che agevolano prassi di dubbia bontà.
(2-01730) «Nicchi, Scotto, Laforgia».

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la cittadinanza è il vincolo di appartenenza ad uno Stato, che comporta un insieme di diritti e doveri. Nell'ordinamento, la cittadinanza trova il primo significativo riconoscimento nelle fonti greche e romane: il cittadino è tale secondo il principio dello jus sanguinis e può godere dei diritti politici e civili;
   l'acquisto della cittadinanza, secondo il principio dello ius soli, in base al quale si attribuisce la cittadinanza italiana a coloro che sono nati nel territorio dello Stato, qualora i genitori siano apolidi e, nei casi in cui il figlio non acquisti la cittadinanza dai genitori in base alla legge dello Stato d'appartenenza, è una modalità residuale nella legislazione italiana. Tale modalità residuale sancita ex articolo 1, comma 2, legge n. 91 del 1992 sta generando diversi casi di acquisizione della cittadinanza di figli nati in Italia da cittadini cubani che secondo le norme del loro Stato di provenienza perdono il diritto alla cittadinanza qualora si trattengano all'estero per più di sei mesi senza preventiva autorizzazione;
   se la volontà del legislatore di prevedere forme residuali ed eccezionali di superamento dello jus sanguinis trovava una sua giustificazione proprio nella sua eccezionalità, la crescita esponenziale dei flussi migratori verso il nostro Paese da Stati che vivono una situazione di forte instabilità politica rischia di minare le intenzioni del legislatore mettendone a repentaglio l'impostazione di fondo –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere la normativa vigente in materia di acquisto della cittadinanza per renderla più stringente evitando che le modalità residuali di acquisto della cittadinanza con il principio dello jus soli possano in questo particolare momento storico generare un vulnus pericoloso per il mantenimento della sovranità nazionale. (4-16029)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   continua ad aggravarsi ad Erba l'emergenza rappresentata dai furti in appartamento e l'attività malavitosa generica che si svolge sul territorio, oggetto peraltro di altro atto di sindacato ispettivo rimasto senza risposta, l'interrogazione a risposta scritta n. 4-09647 presentata il 1o luglio 2015;
   gli abitanti del comune e dei suoi dintorni hanno da tempo dovuto organizzarsi, istituendo forme di controllo del vicinato, e risultano dormire con le torce elettriche, ricetrasmittenti collegate in rete e telefoni cellulari a portata di mano, per poter rapidamente attivare il 112;
   il 20 marzo 2017 sera, per fronteggiare un'emergenza in atto, ad Erba sono dovuti giungere Carabinieri inviati dalla attigua Asso, ma i tempi di reazione sono fatalmente lunghi e spesso incompatibili con l'esigenza di ottenere una difesa immediata dalla minaccia;
   sarebbe quindi urgente provvedere al rafforzamento delle pattuglie delle forze dell'ordine ad Erba;
   lo stesso consiglio comunale di Erba ha chiesto al Governo di potenziare i presidi erbesi delle forze dell'ordine –:
   se e come il Governo intenda agire per rassicurare la popolazione erbese, che vive nell'insicurezza e non può ovviare all'intensificazione delle locali attività criminali solo con il controllo di vicinato o le esigue risorse a disposizione delle forze dell'ordine di stanza sul territorio;
   se, in particolare, il Governo non ritenga opportuno potenziare rapidamente gli organici delle forze dell'ordine di stanza ad Erba. (4-16032)


   MURGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 marzo 2017 sono stati sbarcati sul molo Ichnusa del porto di Cagliari 897 migranti, giunti a bordo del mercantile norvegese «Siem Pilot»;
   stando alle ricostruzioni giornalistiche i migranti sarebbero stati soccorsi nei giorni precedenti l'arrivo a Cagliari nel Canale di Sicilia in otto diverse operazioni nel Mediterraneo meridionale, prelevandoli dalle cinque imbarcazioni e tre gommoni sui quali si trovavano e trasferendoli a bordo del mercantile;
   vi sono, tuttavia, versioni discordanti in merito al tragitto effettuato dal mercantile e, soprattutto, rispetto al luogo in cui i migranti sarebbero stati trasferiti dalle barche dei trafficanti clandestini su altre navi, tra le quali almeno 9 una appartenente all'associazione «Medici senza frontiere»;
   appena poche settimane fa un articolo giornalistico ha rivelato l'esistenza di un rapporto riservato stilato da Frontex e svelato dal Financial Times nel dicembre 2016, nel quale l'agenzia ipotizzerebbe addirittura l'esistenza di vere e proprie «collusioni» con gli scafisti, e che sulle prime risultanze investigative della polizia del centrale operativo starebbero effettuando approfondimenti sia la procura di Catania che quella di Palermo –:
   se il Ministro interrogato sia informato dei fatti esposti in premessa, e quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di impedire le eventuali attività messe in atto dalle organizzazioni che operano nelle acque internazionali e nazionali intorno alle nostre coste, esulando dai propri compiti, esponendo, l'Italia ad arrivi incontrollati di centinaia dei persone e mettendo a rischio l'incolumità delle medesime.
(4-16035)


   MURGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dal 2010 ad oggi in Sardegna si sono verificati oltre centoventi attentati ai danni di più di centoquaranta amministratori locali, ai quali sono state incendiate le auto, sono state spedite pallottole per posta, o addirittura mediante l'esplosione di ordigni, con una media di un'aggressione ogni due settimane;
   l'ultima aggressione, in ordine di tempo ha avuto luogo domenica 19 marzo 2017, quando a Seui, paesino della Barbagia, sono stati esplosi dei colpi di fucile contro l'automobile dell'assessore comunale che detiene le deleghe allo sport;
   in seguito a questo ennesimo atto intimidatorio, è stato convocato un tavolo urgente tra regione ed enti locali al quale saranno invitati anche i prefetti e rappresentanti delle forze dell'ordine nell'isola per studiare i possibili interventi a contrasto di simili episodi di violenza;
   sinora le indagini relative agli episodi di violenza si sono risolte con un nulla di fatto nel novanta per cento dei casi ed è, di conseguenza, difficile capirne anche il movente;
   l'attacco di Seui si colloca in un periodo in cui gli attacchi sono diventati quasi quotidiani, denunciando uno stato di vera e propria emergenza, dinanzi alla quale occorre intervenire con misure concrete e immediate –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere per tutelare l'incolumità degli amministratori locali che operano in Sardegna, se del caso potenziando le forze dell'ordine presenti nell'isola. (4-16036)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   sta destando non poche polemiche la determina di affidamento del servizio di trasporto a discarica dei rifiuti indifferenziati e non, presso le piattaforme Ge.Sco di Sardone e lo Stir di Battipaglia, al Consorzio Sinergie;
   in particolare, come si apprende da fonti di stampa locale, con la determina n. 216 del 24 febbraio scorso, Palazzo San Carlo aveva affidato il servizio alla società Consorzio Sinergie di Pagani per un importo di poco superiore ai 22mila euro, iva esclusa. La manifestazione di interesse per procedura negoziata era stata indetta solo pochi giorni prima, il 21 febbraio, con determina n. 190 e con verbale n. 9038 del 24 febbraio la commissione aggiudicava la gara alla discussa ditta paganese;
   la manifestazione di interesse e il verbale non risultano mai essere stati pubblicati sul sito dell'Ente e tale grave mancanza ha, di fatto, impedito la trasparenza delle procedure e la leale concorrenza;
   oltre a ciò, non passa inosservato che la società a cui è stato affidato il servizio è riconducibile ai fratelli Gabriele e Vincenzo Calce, quest'ultimo marito della consigliera comunale democratica Giusy Fiore, nonché deus ex machina del Pd paganese e renziano;
   in questi ultimi anni, inoltre, Consorzio Sinergie ha più volte organizzato le giornate «Puliamo il Mondo» con il circolo cittadino di Legambiente, di cui è Presidente proprio Gabriele Calce;
   tali circostanze avrebbero fatto sorgere numerosi dubbi sulla legittimità dell'affidamento del servizio, non solo per gli evidenziati legami politici ma anche per gli aspetti economici della gara-lampo, posto che a fronte di un'istruttoria che avrebbe quantificato il costo del viaggio in 200 euro più iva, è stato approvato con la stessa determina un bando che ha fissato la durata del servizio per un solo mese con un costo di poco superiore ai 31 mila euro, iva esclusa, con un costo per viaggio che sarebbe stato offerto per 247,97 euro più iva;
   dura la reazione del gruppo consiliare paganese di FDI, che in una nota denuncia: «siamo stanchi di far pagare alla città di Pagani, con costosi rapporti politico istituzionali imprenditoriali, il prezzo per acquisire il necessario sostegno al tribolato avvicinamento al Pd ed ai deluchiani del sindaco Salvatore Bottone»;
   l'amministrazione paganese non è nuova a polemiche sulla discutibile gestione dei servizio rifiuti, da tempo ritenuta inefficiente e inadeguata, nonostante la delicatezza e importanza del settore;
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intendano assumere in ordine alla regolarità della procedura descritta in premessa ed ai relativi effetti finanziari, in particolare tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica e alla luce dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001. (4-16038)


   RAVETTO, BRUNETTA e VITO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, ha svolto, mercoledì 22 marzo 2017, l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, Carmelo Zuccaro;
   il dottor Zuccaro ha affermato che, a partire dai mesi di settembre ed ottobre 2016, si è registrato un improvviso proliferare di unità navali delle piccole organizzazioni non governative (Ong) che accompagnerebbero fino alle coste italiane i barconi dei migranti. Tale situazione rappresenterebbe una sorta di «scacco» all'attività di contrasto degli organizzatori del traffico di migranti, il cui lavoro di accompagnamento, sino al territorio italiano, dei barconi sarebbe stato sostituito dalle attività svolte da tali navi;
   il dottor Zuccaro ha proseguito affermando che la procura di Catania, nel mese di febbraio, avrebbe aperto un'indagine conoscitiva allo scopo di approfondire non solo l'evoluzione del fenomeno ma, soprattutto le cause di una proliferazione così intensa delle unità navali, nonché degli ingenti costi giornalieri, ovvero mensili da queste sostenuti a fronte di un mancato ritorno in termini di profitto economico, che porterebbe ad interrogarsi sulle fonti di provenienza del denaro necessario per fronteggiare tali costi;
   secondo il procuratore, poi, vi sarebbe la necessità di comprendere la reale volontà delle Ong di collaborare con le autorità giudiziarie, soprattutto alla luce del fatto che esse spesso lavorano in prossimità del territorio e delle coste libiche. Secondo i dati forniti, è stato calcolato che, negli ultimi quattro mesi del 2016, il 30 per cento dei salvataggi con approdi a Catania è stato effettuato dalle citate Ong mentre, nei primi mesi del 2017, tale percentuale è salita ad almeno il 50 per cento, a fronte di una mancata diminuzione del numero dei morti;
   nell'ambito della citata audizione sono stati ufficializzati ulteriori dati, sulla base dei quali il numero di morti in mare, nel 2016, ammonterebbe a 5000 e, nel triennio 2013-2015, le vittime di cui si è occupata la procura di Catania sarebbero state 2000; ciò lascerebbe intendere che la presenza di queste organizzazioni, a prescindere dagli intenti per i quali operano, non ha contribuito ad attenuare il numero delle tragedie in mare;
   le informazioni trasmesse nell'ambito dell'audizione svolta dal dottor Zuccaro confermano dunque la presenza, in acque internazionali vicino alle coste libiche, di navi riconducibili a piccole Ong che, in aperta violazione della Convenzione di Ginevra, condurrebbero i migranti salvati in mare sulle cose italiane, e non verso il porto sicuro più vicino;
   tali informazioni determinano numerosi dubbi circa l'applicabilità della Convenzione di Dublino da parte dell'Italia che, sotto tale aspetto, non dovrebbe essere costretta a sostenere gli onerosi compiti attribuiti dalla Convenzione di Dublino, non trattandosi infatti di reale Stato di primo approdo, ma di approdo deciso a discrezionalità dei comandanti delle navi nella disponibilità delle Ong;
   da ultimo si fa notare che, dal punto di vista strettamente legale, atteso che le navi nella disponibilità delle Ong, secondo quanto affermato dal dottor Zuccaro, sono battenti bandiere straniere anche di altri Stati europei, secondo il diritto internazionale, i migranti raccolti da dette navi dovrebbero ritenersi approdati negli Stati di bandiera portati dalle navi stesse –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere rispetto alla vicenda esposta in premessa, anche nelle opportune sedi europee ed internazionali, e se intendano fornire gli opportuni chiarimenti in merito alle rotte marittime effettuate dalle navi delle organizzazioni non governative nonché in merito ai rapporti delle stesse con la Guardia costiera e gli scafisti. (4-16041)


   RAMPELLI e TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sabato 11 marzo 2017 la città di Napoli è stata teatro di violenti scontri di piazza tra le forze dell'ordine e alcuni centri sociali, nel corso dei quali black bloc e teppisti hanno lanciato sassi e petardi contro poliziotti e carabinieri, con un bollettino finale di ventotto agenti feriti in ospedale;
   secondo quanto riportato da fonti di stampa e dalla stessa denuncia del leader della Lega, il sindaco De Magistris avrebbe sponsorizzato ufficialmente la contro-manifestazione dell'estrema sinistra in contemporanea a quella di «Noi con Salvini» che si teneva alla Mostra d'Oltremare, dichiarando «Seppelliremo Salvini» e alimentando così una campagna di odio per questo evento di piazza;
   l'orgoglio per i centri sociali manifestato dal primo cittadino partenopeo si sarebbe addirittura mescolato alla demonizzazione di Salvini: «Ha avuto sempre disprezzo per il Sud e per Napoli. Ora vorrebbe cercare un consenso nei nostri territori ma lo seppelliremo politicamente con la cultura, con l'ironia, con l'accoglienza e con la fratellanza. Si accorgerà che il Sud si sta riscattando da solo e non vuole stare più al guinzaglio della Lega Nord e di quelle strutture partitocratiche ed economiche che hanno sempre spostato le risorse al Centro Nord»;
   a pagare, ancora una volta, le forze dell'ordine che hanno dovuto fronteggiare la guerriglia, subendo insulti e aggressioni di ogni genere e contro cui «i professionisti della guerriglia», come sono stati definiti dagli agenti del IV reparto mobile di Napoli, si sono accaniti con il lancio di sassi, spranghe di ferro, bombe carta e bottiglie;
   durissima è stata la presa di posizione del segretario generale del sindacato indipendente di polizia, Coisp, Franco Maccari, secondo cui «Ciò che sta avvenendo a Napoli, con le gravi aggressioni dei manifestanti nei confronti delle forze dell'ordine, a cui va la nostra solidarietà, è il frutto del clima di odio che si è alimentato alla vigilia di una manifestazione a forte rischio sotto il profilo dell'ordine pubblico, e sul quale sono evidenti le responsabilità del sindaco De Magistris. Non possono esserci porzioni del territorio italiano in cui non possa essere esercitato il diritto costituzionale di manifestare liberamente il proprio pensiero e Napoli non può fare certo eccezione. I diritti non possono essere considerati un capriccio a seconda delle convenienze politiche e bene ha fatto il Ministro dell'interno, da uomo delle istituzioni, a schierarsi, con grande senso di responsabilità, dalla parte della democrazia. Non sono invece accettabili posizioni border-line tra la legalità e l'illegalità, non si può professare il rispetto della Costituzione calpestandola, non si può indossare la fascia di sindaco ed allo stesso tempo marciare idealmente al fianco dei più violenti esponenti dei centri sociali. Con le sue dichiarazioni intolleranti ed irresponsabili De Magistris ha chiare responsabilità sugli incidenti a Napoli, per questo lo invitiamo a rassegnare immediatamente le dimissioni da sindaco. È lui a meritare un foglio di via... dalle istituzioni»;
   a parere degli interroganti il primo cittadino della città partenopea, che avrebbe dovuto essere imparziale e garantista e, anzi, condannare qualunque forma di violenza, ha invece fomentato, con le sue parole di odio, atti di vera e propria guerriglia urbana e danneggiamenti che hanno sconvolto la città di Napoli –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità e gravità degli tessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere in relazione ad eventuali responsabilità del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, negli scontri di piazza di sabato 11 marzo 2017. (4-16045)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI BENEDETTO, BRESCIA, MARZANA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in sede di Conferenza Stato-regioni, in data 23 febbraio 2017, è stata sancita l'intesa tra Governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell'articolo 1, commi 680 e 682, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), concernente il contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario per l'anno 2017;
   parte di tale contributo pari a 485 milioni di euro andrà a gravare sui fondi trasferiti dallo Stato alle regioni. Il dato è allarmante se si considera che tra di essi vi è non solo il fondo per le politiche sociali e per le non autosufficienze, ma anche il fondo unico per l'edilizia scolastica, che sarà fortemente compromesso da un taglio di 13 milioni di euro, passando da 20 milioni di euro, come stabilito dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), a 6 milioni di euro;
   dal 2015 in poi la spesa destinata all'edilizia scolastica è stata distinta da un trend negativo. La legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015), prevedeva lo stanziamento di 120 milioni di euro, mentre già la legge di stabilità per il 2016 ne prevedeva soltanto 20;
   il fondo unico edilizia scolastica venne istituito a decorrere dall'esercizio finanziario 2013, in apposito capitolo, unico per l'appunto, al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, poiché in esso confluivano tutte le risorse iscritte nel bilancio dello Stato comunque destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica;
   sul sito on-line del Governo «La buona scuola», si legge che il fondo in questione ammonta a ben 3,9 miliardi di euro, senza ulteriori specifiche. La ricostruzione degli interventi che concorrono a formare tale cifra a parere degli interroganti è onerosa a causa della scarsa trasparenza dei dati. Inoltre, non tutti gli stanziamenti riferibili al bilancio per l'edilizia scolastica sono, in realtà, collocati nell'apposito capitolo unico. Si può ragionevolmente sostenere, secondo gli interroganti, che una parte rilevante degli interventi è riconducibile a operazioni finanziarie, sui quali lo Stato dovrà corrispondere interessi, ovvero alla concessione di spazi finanziari, ma non comportano un effettivo stanziamento di risorse da parte del Governo;
   se è vero, da una parte, che le riduzioni sancite dall'intesa di cui in premessa sono state assunte da parte delle regioni in sede di autocoordinamento e al fine di concorrere agli obiettivi di finanza pubblica, dall'altra parte è anche vero che, nell'ottica di comparazione e di bilanciamento tra contrapposte finalità, non risulta comprensibile sacrificare in maniera così drastica la sicurezza degli edifici scolastici in nome dell'equilibrio finanziario –:
   quali siano le ragioni alla base della riduzione di 13 milioni di euro del fondo unico per l'edilizia scolastica;
   per quali motivi, al fine della messa in sicurezza, ristrutturazione e realizzazione di nuovi edifici scolastici, sia stato sufficiente lo stanziamento di 20 milioni di euro previsto dalla legge di bilancio per il 2017;
   quale ragione vi sia per non ricomprendere tutti gli interventi a favore dell'edilizia scolastica nell'apposito capitolo unico;
   se non ritenga di dettagliare, a fini di chiarezza e trasparenza, la cifra di 3,9 miliardi di euro indicata sul sito on line «La Buona Scuola», tramite ulteriori specifiche e distinzioni tra gli stanziamenti di risorse e gli interventi riconducibili a operazioni. (5-10953)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   negli scorsi giorni è emerso il caso di un bambino disabile di Lanciano rifiutato da tre scuole medie al momento dell'iscrizione perché autistico;
   la madre, dopo aver provato ad iscriverlo alle scuole «Don Milani», «Mazzini» e «D'Annunzio» ha denunciato alle autorità la vicenda;
   secondo il neuropsichiatra che ha in cura il bambino parte del danno e della sofferenza per sentirsi rifiutato resteranno anche quando la vicenda verrà risolta, e quanto sta accadendo rischia di chiudere il minore dentro una gabbia di isolamento tale da generare una serie di problemi legati alla gestione del bambino;
   il diritto ad un'adeguata istruzione è inviolabile, a maggior ragione per chi, causa di condizioni di disabilità, ha traiettorie di apprendimento particolari tali da necessitare particolari attenzioni e trattamenti –:
   sia il sindaco che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno già annunciato l'intenzione di effettuare adeguati accertamenti  –:
   quali accertamenti siano stati compiuti finora e con quali risultanze;
   quali iniziative si intendano assumere al fine di risolvere la questione emersa e di evitare che analoghe situazioni si ripetano in futuro. (4-16027)


   PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i continui e gravi tagli al finanziamento del sistema università-ricerca rischiano di interrompere il circuito virtuoso della formazione di giovani talenti, impedendo lo sviluppo di nuove linee di ricerca ed ogni possibilità di mantenimento della qualità dell'istruzione universitaria;
   l'adozione, in sede di valutazione della didattica e della ricerca da parte dell'Anvur, di meccanismi premiali distorti, sta portando al collasso gli atenei meridionali ritenuti meno meritevoli di altri, dirottando la maggior parte delle poche risorse, insufficienti al finanziamento del sistema, verso il nord, disattendendo così il rispetto di quel principio di coesione nazionale che l'articolo 1, comma 4, della legge n. 240 del 2010, ha posto a presidio della distribuzione delle risorse del fondo di finanziamento ordinario e della promozione dello sviluppo di ricerca e didattica in modo uniforme sul territorio nazionale;
   a poche settimane dalla chiusura della programmazione della didattica per l'imminente anno accademico 2017/2018, i dipartimenti della scuola della medicina dell'università di Bari, costretti a ridurre la propria offerta formativa per mancanza di venti docenti, hanno annunciato il congelamento di quattro corsi di laurea triennale di professioni sanitarie (scelti tra quelli con un job placement inferiore al 50 per cento) e la riduzione di trenta posti a numero chiuso delle immatricolazioni del corso di laurea di medicina e chirurgia;
   la suddetta decisione di congelare i corsi è stata assunta senza alcun coinvolgimento degli studenti ed inoltre, neanche il rettore ha ancora esplicitato la sua posizione in merito;
   quella della scuola di medicina di Bari, oltre a vantare, per le professioni sanitarie, corsi unici nel sud del Paese, è rappresentativa di un terzo dell'offerta formativa dell'intero ateneo;
   per l'accreditamento dei corsi di laurea sono necessari requisiti minimi come quello di un determinato numero di docenti, tra ordinari e associati, strutturati, ma che spesso non è sufficiente. Questo perché, spesso, i singoli atenei, pur avendo al proprio interno ricercatori abilitati, che hanno conseguito l'idoneità nazionale da associati, non dispongono delle risorse sufficienti per poter fare la chiamata;
   tutto questo è la diretta conseguenza delle politiche portate avanti nell'ultimo decennio dal Governo e di una pianificazione poco lungimirante in materia di istruzione: i tagli dei fondi riservati alla ricerca ed allo studio che hanno reciso, come si è visto, linfa vitale agli atenei, e mortificato il diritto allo studio, il blocco del turn-over e la modifica dei requisiti di docenza, che impedisce ai docenti di supplire incarichi affini ma rimasti scoperti, hanno finito col delineare un processo che, a un lato, definisce l'aumento dei corsi a numero programmato e l'inasprimento dello stesso per quelli già esistenti e, dall'altro, la chiusura di alcuni corsi di laurea per l'insostenibilità della domanda degli studenti, e che causa, di fatto, un depotenziamento della qualità dell'offerta didattica e riduce la possibilità per gli studenti di caratterizzare il proprio percorso di studi –:
   se e quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire, la sopravvivenza per l'imminente anno accademico 2017-2018 dei corsi di laurea a rischio esposti in premessa;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per garantire alle università meridionali parità di condizioni operative rispetto agli altri atenei del Paese, attraverso una ridefinizione dei criteri di finanziamento più rispettosa dei principi di riequilibrio territoriale. (4-16039)


   AIRAUDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione provinciale di Vercelli ha avviato i lavori di costruzione di una nuova ala a servizio del liceo scientifico «Ferrari» di Borgosesia, al fine di rispondere alle esigenze didattiche di un istituto di eccellenza del territorio che a causa della carenza di aule è dislocato in 2 diversi plessi scolastici della città di Borgosesia;
   l'ubicazione di tali edifici rende obbligatori spostamenti con automezzi tenuto conto della distanza tra i due plessi scolastici;
   per superare i disagi causati dalla carenza di aule è stato progettato e programmato l'intervento di costruzione del nuovo edificio, in relazione al quale, a causa di difficoltà emerse da parte dell'impresa aggiudicatrice, si è dovuto procedere alla risoluzione in danno del contratto d'appalto da parte dell'amministrazione provinciale di Vercelli, che ha comportato l'interruzione dei lavori, limitando quindi il livello di realizzazione al momento raggiunto alla sola struttura portante;
   l'amministrazione provinciale ha proceduto ad attivare una nuova gara per l'affidamento dei lavori di completamento nell'anno 2014 e nel 2015, ma ha dovuto annullare le procedure di gara a causa dei vincoli di bilancio imposti alle province;
   in virtù dell'impossibilità a contrarre nuovi mutui e in assenza di finanziamenti specifici, l'intervento è stato congelato limitando l'attività alla sola delimitazione dell'area di cantiere, la quale comunque deve essere mantenuta in sicurezza con gravi ripercussioni economiche per l'amministrazione provinciale;
   per poter realizzare l'intervento, completando i lavori, sono necessari 800.000 euro, tenendo conto che è già redatto il progetto esecutivo ed è immediatamente cantierabile;
   la realizzazione della nuova ala a servizio del liceo scientifico «Ferrari» di Borgosesia è stata inserita nel portale Simoi predisposto per il monitoraggio delle opere incompiute;
   appare necessario creare le condizioni per la realizzazione della nuova ala del plesso scolastico, in quanto tra i gravi disagi si registra il fatto che ogni giorno 5 classi devono fare lezione nella succursale a causa della carenza di aule disponibili, ciò crea irrimediabili limitazioni didattiche per l'impossibilità di accedere a rilevanti aspetti dell'offerta formativa di un liceo ad indirizzo scientifico, quali i laboratori di informatica, scienze e fisica;
   tra le carenze figurano anche il fatto che nella sede di Viale Varallo le classi sono costrette ad una continua rotazione fra le aule, anche 4 volte a settimana, e gli stessi spazi culturali comuni, come i laboratori, l'aula studenti e la biblioteca, pagano la mancanza di luoghi adibiti dignitosi;
   l'amministrazione provinciale di Vercelli ha già evidenziato con lettera tali criticità al Ministero dell'istruzione, università e ricerca, senza ricevere alcun riscontro –:
   se sia a conoscenza della situazione in cui versa il liceo scientifico «Ferrari» di Borgosesia e della necessità di realizzare una nuova ala presso il medesimo istituto scolastico che eviti i disagi evidenziati in premessa;
   quali iniziative di competenza intenda assumere, o abbia assunto, per procedere alla realizzazione dell'opera necessaria per il liceo scientifico «Ferrari» di Borgosesia e che garantirebbe pienamente il diritto allo studio in condizioni dignitose per gli studenti del citato liceo. (4-16049)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LABRIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo di stampa locale del 17 marzo 2017, pubblicato da « ilquotidianodipuglia.it», si apprende che, da una riunione tenutasi tra i sindacati ed il management del call center Teleperformance di Taranto, sia emerso che 80 lavoratori interinali siano a rischio licenziamento e 80 lavoratori dello staff a rischio demansionamento;
   ciò per i sindacati sarebbe la conferma di quanto già emerso in precedenza a seguito dell'ultimo consiglio di amministrazione, allorquando sarebbe stato elaborato questo piano-tampone che però potrebbe anche non bastare nell'ottica di una riorganizzazione interna dell'azienda;
   Tp Italia è una consociata del Gruppo Teleperformance, leader mondiale nell'offerta di servizi di Contact Center presente da oltre 25 anni in 62 paesi del mondo, con 260 sedi e più di 750 lenti. Nella sede di Tarantino lavorano circa 1.600 dipendenti a tempo indeterminato, oltre a personale assunto con contratti a progetto e interinali. Essa rappresenta la seconda realtà produttiva del territorio, cresciuta negli anni anche grazie a quelle stabilizzazioni che furono il fiore all'occhiello di tutto il settore;
   il comparto, oltre alla crisi dovuta alla concorrenza sleale di call center sottoscala, alla delocalizzazioni e ai contratti con imposizioni senza scrupolo, ha ricevuto una scossa decisiva dalla vertenza Almaviva e a seguito del fallimento dell'accordo per la sede di Roma del call center conclusosi con le lettere di licenziamento per i 1.666 dipendenti;
   il timore che si ripeta la vicenda Almaviva anche a Taranto è molto alto. I sindacati e gli operatori del settore coinvolti temono che l'intero territorio ed i cittadini rischino di pagare sulla propria pelle le difficoltà vissute dall'azienda;
   come intenda il Governo tutelare i lavoratori di Teleperformance Taranto –:
   se non ritenga opportuno intervenire durate le trattative tra i sindacati e l'azienda per scongiurare quanto già accaduto a Roma, per garantire la già precaria occupazione dell'intero territorio, ormai in una situazione di crisi occupazionale senza precedenti, e quali siano le modalità e la tempistica. (5-10949)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI, COMINARDI, CHIMIENTI, LOMBARDI, DALL'OSSO e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge n. 25 del 2017 il Governo, «ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di superare l'istituto del lavoro accessorio al fine di contrastare pratiche elusive (...)», ha abrogato gli articoli 48, 49 e 50 del decreto legislativo n. 81 del 2015 cancellando ex abrupto i cosiddetti voucher;
   tuttavia il drastico e frettoloso intervento del Governo appare essenzialmente teso a cancellare la prossima consultazione referendaria già indetta per il 28 maggio piuttosto che ad un serio e ponderato ripensamento dello strumento e delle forme di lavoro e della loro disciplina;
   infatti il vuoto normativo creatosi improvvisamente rischia di compromettere anche il diritto al congedo parentale così come previsto dall'articolo 4, comma 24, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92, che ha introdotto in via sperimentale la possibilità per le lavoratrici, dipendenti ed iscritte alla gestione separata e recentemente esteso anche alle lavoratrici autonome ed imprenditrici, di richiedere, in alternativa al congedo parentale, il contributo sotto forma di corresponsione di un voucher per pagare il servizio di baby sitting;
   l'adozione di quest'ultima misura e l'estensione anche alle madri lavoratrici autonome è risultata particolarmente utile poiché consente loro di tornare a lavoro subito dopo il congedo di maternità, richiedendo il suddetto contributo, in alternativa al congedo parentale sotto forma dell'utilizzo dei voucher concessi dallo Stato per pagare la baby sitter;
   ora a causa dell'intervento «emergenziale» del Governo tale strumento rischia di essere compromesso –:
   se il Governo sia conoscenza della situazione esposta;
   se e in che termini il Governo intenda porre rimedio alla suddetta situazione e come intenda assicurare a tutte le donne lavoratrici, dipendenti e autonome, il diritto al congedo parentale nei termini e nelle modalità previste dalla legge n. 92 del 2012. (4-16026)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   una relazione della regione Veneto, sinora nota a poche persone e resa pubblica dal quotidiano L'Arena, documenta i rischi e anche i danni alla salute, rilevati su donne incinte e neonati, causati dall'inquinamento delle acque da sostanze perfluoroalchiliche (pfas). I pfas sono composti chimici riconosciuti come interferenti endocrini e correlati a patologie riguardanti pelle, polmoni e reni. Per il momento i comuni interessati dall'inquinamento delle acque sono una sessantina, e si trovano nelle province di Vicenza, Verona e Padova;
   nel documento si dice che «emerge come siano stati evidenziati in particolare l'incremento della pre-eclampsia, del diabete gestazionale, dei nati con peso molto basso alla nascita, dei nati piccoli per età gestazionale e di alcune malformazioni maggiori, tra cui anomalie del sistema nervoso, del sistema circolatorio e cromosomiche, pur osservando che le malformazioni sono eventi rari che necessitano di un arco temporale di valutazione più esteso per giungere a più sicure affermazioni». La pre-eclampsia è una malattia che può complicare la gravidanza e può essere così grave da mettere a repentaglio la vita della madre e del nascituro. Si tratta di una patologia caratterizzata da pressione arteriosa elevata, gonfiori e proteine nelle urine;
   il documento della regione cita anche l'analisi del servizio epidemiologico regionale del 23 giugno 2016, che ha riscontrato in 21 comuni un «moderato ma significativo eccesso di mortalità» per una serie di patologie «possibilmente associate a pfas». Si tratta, in particolare, di cardiopatie ischemiche (+21 per cento negli uomini, +11 per cento nelle donne), malattie cerebrovascolari (+19 per cento negli uomini), diabete mellito (+25 per cento nelle donne) e Alzheimer/demenza (+14 per cento nelle donne). Viene anche rilevato un «eccesso statisticamente significativo» di casi di ipotiroidismo, mentre «gli studi sin qui condotti non evidenziano una maggiore incidenza di tumori»;
   il contenuto del documento contrasta con l'atteggiamento rassicurante tenuto sinora dalla regione Veneto, i cui responsabili non sono forse tutti consapevoli della gravità della situazione. L'assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto, riferisce il Corriere del Veneto, pur avendo il documento non lo aveva letto. Una relazione del direttore generale della sanità della regione conclude chiedendo «ai soggetti istituzionalmente competenti la tempestiva adozione di tutti i provvedimenti urgenti a tutela della salute della popolazione volti alla rimozione della fonte della contaminazione», compresa l'ipotesi di spostamento della Miteni di Trissino, la ditta ritenuta responsabile degli sversamenti di pfas;
   la mancata adozione di provvedimenti dopo la ricezione della relazione, ha portato Legambiente e il coordinamento «Terra dei pfas» a presentare due esposti alle procure di Verona e di Vicenza, in cui si chiede di indagare per omissione di atti d'ufficio i tre assessori regionali, il presidente della provincia di Vicenza e il funzionario regionale destinatari della relazione di Mantoan, oltre al sequestro preventivo del sito produttivo della Miteni;
   dopo che il documento riservato della regione è diventato pubblico, sette dei 21 comuni più esposti all'inquinamento da pfas hanno aderito alla proposta del sindaco di Lonigo di costituire un comitato scientifico, affidando ad un ente terzo, individuato nell'Istituto Mario Negri di Milano, la realizzazione di un nuovo studio sui pericoli sanitari;
   la contaminazione di interferenti endocrini nelle acque venete è stata scoperta nel 2013, grazie a uno studio del Cnr, commissionato due anni prima dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Veicolati dall'acqua, i pfas hanno contaminato anche la catena alimentare, come hanno dimostrato le analisi effettuate dai servizi veterinari e di igiene delle aziende sanitarie locali diffuse nel settembre 2015, ma poi giudicate inaffidabili e allarmistiche dai tecnici regionali. Nel mese di febbraio 2017, la regione Veneto ha annunciato due piani di monitoraggio per verificare la presenza e gli eventuali effetti su persone e alimenti;
   un bio-monitoraggio condotto dall'Istituto superiore di sanità, in collaborazione con la regione Veneto, ha stimato che 250.000 persone abbiano utilizzato per anni acqua potabile inquinata da pfas e che siano 60.000 quelle interessate da un livello maggiore di contaminazione –:
   se i Ministri interpellati non ritengano necessario avviare, in coordinamento con l'Istituto superiore di sanità, un lavoro di verifica, confronto ed approfondimento dei dati emersi attraverso lo studio sopra citato;
   se i Ministri interpellati non ritengano avviare una campagna informativa che fornisca alle donne in gravidanza consigli ed indicazioni sugli accorgimenti da adottare per limitare gli effetti dannosi dei pfas sulla salute materna e neonatale;
   quali attività di controllo siano attualmente in essere nella catena alimentare e, in particolare, sui prodotti locali come uova e carni bianche, con particolare riferimento al «grosso gruppo delle grande distribuzione» che per ragioni di trasparenza dovrebbe essere reso noto ai consumatori;
   se i Ministri interpellati non ritengano urgente censire tutti gli scarichi nei corpi idrici contenenti sostanze perfluoroalchiliche, al fine di contenere le concentrazioni di pfas entro i sopracitati i limiti di performance.
(2-01731) «Zoggia».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, MANTERO, LOREFICE, GRILLO, NESCI e DI VITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 2 del mese di febbraio 2017, si è riunita la Conferenza dei sindaci del comprensorio ASL/BN 1, presso il comune di Benevento. La Conferenza ha deliberato di inviare il verbale dell'assemblea alla regione Campania e per essa al commissario alla sanità, contenente due proposte:
    la richiesta di istituire il servizio di medicina nucleare presso l'azienda ospedaliera Rummo di Benevento, al fine di rendere l'intero territorio sannita ancora più autonomo e funzionale per le necessità di salute dei cittadini;
    di chiedere con fermezza la riconversione a «Polo Oncologico Pluri-Territoriale», previsto dalla legge regionale n. 6 varata il 5 aprile 2016, all'articolo 22 comma 3, da attivare per far fronte all'incremento esponenziale di patologie tumorali che si registra nei territori della cosiddetta «terra dei fuochi» e nelle zone limitrofe. Dal verbale risulta che il percorso della riconversione si palesa lungo e tortuoso e il direttore generale dell'ASL/BN 1 ha comunicato ai presenti di aver già attivato un percorso con la regione affinché il polo si realizzi;
   il presidio ospedaliero «Sant'Alfonso Maria dei Liguori di Sant'Agata dei Goti, in provincia di Benevento, è una struttura di I livello della rete dell'emergenza, inaugurata il 10 marzo 2010. La legge della regione Campania n. 6 varata il 5 aprile 2016, all'articolo 22 comma 3, prevedeva l'istituzione di un polo oncologico-pluri-territoriale presso l'ospedale, prevedendo degli investimenti ad hoc per il potenziamento del sito e l'assunzione di due oncologi –:
   se il Ministro intenda, per quanto di competenza, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Campania, promuovere iniziative nel senso di quanto deliberato dalla conferenza dei sindaci del territorio sannita, ovvero favorendo la realizzazione di un servizio di medicina nucleare presso l'Azienda ospedaliera Rummo di Benevento e l'istituzione di un polo oncologico pluri-territoriale all'ospedale Sant'Alfonso Maria dei Liguori di Sant'Agata dei Goti (Benevento);
   se sia a conoscenza, anche per il tramite del suddetto commissario ad acta, dell'effettiva attivazione di un percorso orientato all'istituzione del suddetto polo oncologico, e se possa fornire dati e informazioni sulla sua realizzazione.
(5-10952)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   diverse aree della municipalità 3 di Napoli Stella-San Carlo all'Arena, distretto sanitario n. 29 dell'Asl Napoli 1, vivono un'inaccessibilità di fatto al centro vaccinale per migliaia di Cittadini a causa della complessità morfologica del territorio (in larga parte posto su una ripida collina e formato da vicoli e continui saliscendi) e della scarsa presenza di trasporto pubblico;
   da anni, cittadinanza attiva, associazioni e forze politiche del territorio chiedono l'apertura di un centro vaccinale presso il presidio ospedaliero Elena d'Aosta per rendere più semplice l'accesso alla popolazione dei quartieri Stella e Sanità;
   dall'aprile del 2016, inoltre, non è più operativo il centro in via Sogliano che serviva le aree di Capodichino, Rione Amicizia e San Carlo all'Arena;
   attualmente, l'intera municipalità (che insiste su un'area di circa 10 chilometri quadrati e che vede una popolazione superiore ai 100.000 abitanti) vede operativo solo il centro di via Pietravalle;
   con la chiusura del centro di via Sogliano si è perso anche un importante consultorio, dov'era possibile eseguire anche il pap test per il tumore della cervice uterina e lo screening mammario per il tumore della mammella;
   tre anni fa vi era già stata la chiusura del poliambulatorio di via Carlo de Marco e, prima ancora, era stato chiuso il centro di interruzione volontaria di gravidanza ubicato presso il presidio intermedio Elena d'Aosta ed il San Gennaro –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministero interrogato, anche attraverso il commissario ad acta per il piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Campania, al fine di risolvere questo annoso problema coinvolgente una delle più grandi e complesse municipalità della città di Napoli. (4-16028)


   TOTARO. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la legge 30 maggio 2014 n. 81 di conversione del decreto-legge n. 52 del 2014 sul superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, di fatto ha sancito, negli ultimi mesi, la chiusura di tutti gli istituti che si occupavano di internati psichiatrici pericolosi che abbiano commesso reati sia dal punto di vista sanitario, gestito dalle Aziende sanitarie locali, che dal punto di vista della detenzione e della sicurezza, attraverso il corpo di polizia penitenziaria;
   gli internati presenti negli ospedali psichiatrici giudiziari dovevano essere trasferiti nelle Rems, ovvero le residenze di esecuzione per le misure di sicurezza, che dovrebbero essere presenti, in maniera consona per accogliere tutti gli internati, in ogni regione italiana;
   e ancora, in diverse regioni, le Rems non sono presenti o sono insufficienti e alcuni internati ex ospedali psichiatrici giudiziari sono ospitati in istituti penitenziari puri o addirittura risulterebbero piantonati in alcuni reparti ospedalieri di psichiatria;
   la sicurezza dei cittadini è minata in quanto molti di questi malati psichici criminali gravi sono liberi per le città senza alcun controllo –:
   a che punto siano i trasferimenti degli internati psichiatrici nelle Rems;
   quante e quali siano le Rems sul territorio nazionale;
   se sia intenzione adottare iniziative per rivedere la legge sul superamento degli Opg, introducendo almeno una vigilanza perimetrale delle Rems visto che in caso di disordini all'interno delle stesse, la sicurezza, da normativa vigente, è affidata alla sola pubblica sicurezza territoriale (carabinieri, polizia di stato);
   se nell'ex ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino, dove negli ultimi anni sono stati spesi oltre 7 milioni di euro di fondi pubblici per l'ammodernamento della struttura detentiva, sia previsto un utilizzo di tipo detentivo, vista l'insufficienza di rems in Toscana e l'insufficienza di strutture penitenziarie, ormai congestionate sullo stesso territorio toscano. (4-16033)


   LABRIOLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel luglio 2016 l'azienda sanitaria locale di Taranto ha pubblicato l'aggiornamento dati Registro tumori ASL TA anni 2006-2011. I dati si riferiscono al triennio 2009-2011 e confermano il trend negativo già emerso in precedenza. A Taranto e provincia ci si ammala molto di più che nel resto d'Italia di mesotelioma e di carcinoma epatico, vescicale e polmonare. Gli uomini sono i più colpiti tra i 18 mila casi riscontrati e per le donne la patologia più diffusa è tumore della mammella;
   l'Istituto superiore di sanità ha pubblicato nel luglio 2014 i dati dello studio Sentieri relativo ai siti di interesse nazionale campani effettuato dal 2003 al 2009 aggiornano lo studio per le medesime aree e per il sito di interesse nazionale di Taranto relativamente alla salute infantile;
   per quanto concerne il sito di interesse nazionale di Taranto viene evidenziato che i bambini residenti presentano alcune criticità che riguardano il primo anno di vita (eccessi nella mortalità e ricoveri per condizioni morbose di origine perinatale) e l'età pediatrica (eccessi di mortalità generale, di incidenza per il complesso dei tumori, e di ricoveri per malattie respiratorie acute; questi ultimi si protraggono anche in età adolescenziale);
   i dati che si ricavano dagli studi sono sconcertanti rispetto al resto del Paese: i tumori alla pleura sono +424 per cento, al polmone +55 per cento; i bambini ricoverati per malattie respiratorie sono +24 per cento; le morti dei bambini per tumori sotto il primo anno di vita sono +21 per cento, tra i 0-14 anni +23 per cento; gli uomini morti per tumore +39 per cento e le donne + 33 per cento;
   nella città dell'Ilva si registrano picchi sempre maggiori di malattie respiratorie e tumori, ma nelle strutture ospedaliere mancano reparti che possano seguire i malati in tutto il percorso terapeutico, in particolare si evidenzia la mancanza di un reparto di pediatria oncologica e medici pediatri specializzati;
   lo Stato, secondo quanto sancito dalla Costituzione all'articolo 32, deve tutelare la salute e garantire cure adeguate, così come può sostituirsi agli organi delle regioni per la «tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» (articolo 120 della Costituzione) –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda assumere iniziative per conferire un assetto speciale alla ASL di Taranto, che la ponga in una relazione più diretta con le strutture statali, competenti proprio per la peculiarità della grave situazione sanitaria e per garantire i livelli minimi di assistenza ai malati residenti. (4-16044)


   SCOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sanità di Castellammare di Stabia, uno dei principali comuni dell'area metropolitana di Napoli, sta vivendo uno dei periodi più critici degli ultimi anni da quando scelte di politica regionale e aziendale l'hanno relegata da capofila della ex azienda sanitaria locale Napoli 5 al ruolo di gregaria della azienda sanitaria locale Napoli 3 Sud;
   già quando, tra la fine del 2013 e l'inizio del 2014, Castellammare era stata privata degli uffici della direzione strategica aziendale si era palesata la scarsa considerazione dell'amministrazione regionale nei confronti di un territorio importante e popoloso;
   carenze strutturali e organizzative dovute a scelte strategiche che riteniamo sbagliate, o  alla ormai cronica insufficienza di personale di tutte le categorie, hanno messo il presidio ospedaliero San Leonardo, secondo ospedale della Campania per numero di accessi in uno stato di emergenza quotidiana;
   si pensi, ad esempio, alla mancanza cronica di operatori socio-sanitari che costringe gli infermieri a mansioni che non gli competono;
   dopo l'accorpamento dei reparti di medicina e geriatria del presidio ospedaliero di Gragnano (dove comunque insiste una eccellenza quale la specializzazione Epatologia), in questi giorni vi è stata l'unificazione dei reparti di chirurgia e urologia perché quest'ultimo era privo del numero minimo di medici specialisti per assicurare i turni di servizio;
   queste carenze investono quasi tutte le branche specialistiche, tanto è vero che il reparto di nefrologia non può assicurare la degenza;
   il pronto soccorso, nonostante tutti gli sforzi del personale, non riesce a garantire l'adeguata assistenza nei tempi e nei modi dovuti proprio per le carenze sia di organico che strutturali; anche se è in corso di realizzazione il reparto di osservazione breve che dovrebbe, se non altro, decongestionare un po’ i locali di pronto intervento;
   i lavori di realizzazione della nuova unità di diagnostica, con una nuova TAC, seppur in fase di ultimazione, non sono ancora giunti al termine e non si ha ancora notizia di quando questo importante servizio potrà essere reso fruibile dai cittadini;
   l'azienda ha acquistato da tempo un apparecchio per risonanza magnetica da destinare presidio ospedaliero San Leonardo, ma non si conoscono i tempi per i lavori di installazione;
   nell'atto aziendale della azienda sanitaria locale Napoli 3 Sud adottato con delibera n. 25 del 25 gennaio 2017 sono previste l'istituzione della UOS emodinamica e della disciplina di pneumologia, ma a tutt'oggi non si ha ancora riscontro dell'avvio di queste due attività;
   l'azienda sanitaria locale Napoli 3 Sud ha inoltre previsto tagli del 50 per cento per il budget da destinare al servizio di pulizia e sanificazione, con conseguente ridimensionamento delle ore di servizio e di personale in un ospedale dove già oggi la pulizia non può certo ritenersi al top;
   peraltro, al netto delle criticità relative al presidio ospedaliero San Leonardo, vi sono ulteriori difficoltà relative ai cittadini che si rivolgono al distretto per visite ambulatoriali o domiciliari, con tempi di attesa lunghi e mal gestiti e indicazioni sommarie per gli utenti riguardo le prestazioni erogate a causa della incapacità della gestione dei flussi informativi e della qualità organizzativa sia dei distretti sanitari che dei dipartimenti competenti;
   vi sono ritardi, riduzioni delle prestazioni e scarsa informazione, assistenza e terapia domiciliare per alcune categorie di disabili –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Campania, al fine di invertire una tendenza che nell'area sta mortificando gli sforzi e le competenze esistenti e le stesse significative eccellenze in diversi settori. (4-16047)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SAMMARCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con la legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232 del 2016) sono state introdotte nuove disposizioni normative regolanti l'attività dei call-center;
   in particolare l'articolo 1, al comma 243 della legge n. 232 del 2016 ha sostituito l'articolo 24-bis del decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n. 134 del 2012;
   l'articolo introduce alcuni obblighi per gli operatori economici che, anche mediante affidamento terzi e indipendentemente dal numero di dipendenti, esercitino attività di call-center. Gli operatori interessati dalla disciplina, infatti, devono dare comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dello sviluppo economico, al Garante per la protezione dei dati personali della eventuale localizzazione della loro attività in un Paese non membro dell'Unione europea e delle numerazioni telefoniche dagli stessi messi a disposizione del pubblico;
   non solo, durante qualsiasi comunicazione con il pubblico, gli operatori che svolgono attività di call-center devono dare notizia del Paese in cui si trovano fisicamente;
   gli operatori inadempienti alla presente normativa rischiano sanzioni amministrative dai 10.000 ai 150.000 euro;
   la ratio di tale gravosa regolamentazione è, oltre a quella di tutelare i diritti del consumatore, di disincentivare le frequenti delocalizzazioni operate nel settore. Orbene, considerato che «l'attività di call-center» è definita nell'articolo 1, lettera d) della delibera n. 79/09/CSP dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che la inquadra come «un insieme di risorse umane e di infrastrutture specializzate che consente contatti e comunicazioni multicanale con gli utenti (attraverso più mezzi, per esempio telefonia, internet, posta)», e considerato altresì che la citata delibera ha individuato gli operatori economici destinatari delle prescrizioni in essa contenute (quali appunto: gli operatori di rete; i fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici; i soggetti esercenti l'attività di radiodiffusione; le imprese concessionarie di pubblicità; le agenzie di stampa a carattere nazionale, e altro, appare opportuno specificare l'ambito di applicazione così da escludere gli operatori economici che non sono «operatori di comunicazione» e quindi i soggetti esercenti attività commerciale, tra cui gli operatori Turistici, per come definiti dal decreto legislativo n. 79 del 2011 i quali, non avendo come oggetto sociale principale l'attività di servizi di comunicazione per via elettronica, mettono a disposizione della propria clientela apparecchiature terminali di rete;
   questi, infatti, non necessitano di adottare le disposizioni delle direttive generali dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in materia di qualità e carte dei servizi. La delibera 79/09/CSP, che definisce l'attività di call center, trova il suo fondamento nella necessità di tutela dei consumatori, concernente in particolare le tutele di fronte alle seguenti problematiche: a) difficoltà nel contattare gli addetti e lunghi tempi di attesa; b) mancanza di certezza di presa in carico di reclami/richieste di informazioni formulate dall'utente; c) inadeguatezza delle risposte rese dagli addetti; d) mancato invio del modulo di contratto, ove previsto; e) mancata indicazione degli strumenti di tutela a disposizione dell'utente; f) servizi non richiesti; g) contratti conclusi a distanza a mezzo di operatore telefonico, e altro – i cui contenuti violano o potrebbero violare le norme del codice del consumo;
   è pacifico che le fattispecie sopra evidenziate non appartengano al modo di svolgere attività economica da parte degli operatori turistici –:
   se, anche al fine di non creare incertezze interpretative che potrebbero inflazionare i lavori dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, non si ritenga opportuno assumere iniziative, anche normative, per limitare il campo di applicazione della normativa di cui all'articolo 1, comma 243, della legge n. 232 del 2016 agli «operatori di comunicazione», così da escluderne l'operatività per gli operatori economici che non svolgano servizi di comunicazione elettronica in forma prevalente o esclusiva, come nel caso degli operatori turistici. (5-10950)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NICOLA BIANCHI e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 20 marzo 2017 il giornale IlFattoQuotidiano.it ha pubblicato un articolo dal titolo «Tirrenia, lo Stato ha un credito da 180 milioni verso Onorato. Per recuperarlo si affida all'avvocato di Onorato» in cui si afferma che l'armatore di Moby, che ha comprato l'ex compagnia di navigazione pubblica, deve ancora pagare una parte della somma prevista all'amministrazione straordinaria della società;
   secondo la ricostruzione del quotidiano, per ripagare i debiti dell'ex compagnia di navigazione di bandiera le attività di Tirrenia in amministrazione straordinaria furono cedute nel 2012 a Cin – Compagnia Italiana di Navigazione, cordata partecipata al 40 per cento e poi dal luglio 2015 controllata al 100 per cento dall'imprenditore Vincenzo Onorato;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 agosto 2010 Tirrenia Navigazione spa è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ed è stato nominato commissario straordinario Giancarlo D'Andrea. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 20 marzo 2014 l'organo commissariale è stato integrato con la nomina di Stanislao Chimenti Caracciolo di Nicastro e di Beniamino Caravita di Toritto. Quest'ultimo, da quanto si apprende, avrebbe «assistito con successo Moby nelle sue maggiori controversie legali»;
   nella settima relazione semestrale (1o gennaio – 30 giugno 2016) della gestione commissariale di Tirrenia si legge che, come previsto dal contratto di cessione del ramo d'azienda, la Procedura deve ancora incassare la prima rata di «Prezzo Differito», scaduta in data 30 aprile 2016, e la seconda e la terza rata di «Prezzo Differito», che scadranno rispettivamente nel 2019 e nel 2021, per un totale di 180 milioni di euro;
   in data 23 dicembre 2015, come riportato dal medesimo documento, Cin ha comunicato a Tirrenia di voler procedere «al pagamento integrale ed immediato, in un'unica soluzione, della seconda tranche di Prezzo Fisso, inclusi gli interessi maturati alla data del pagamento». Con la medesima nota Cin ha chiesto a Tirrenia di prestare l'assenso «alla cancellazione delle ipoteche iscritte sulle navi facenti parte del ramo d'azienda, acconsentendo, altresì, all'espletamento di ogni formalità opportuna ai fini della suddetta cancellazione». Alla seconda tranche di Prezzo Fisso, pari a 61,9 milioni di euro con scadenza 30 marzo 2020, scorporata dall'accordo iniziale, erano infatti state legate a garanzia, con ipoteca di secondo grado, le navi della flotta;
   nel febbraio 2016 il Ministero dello sviluppo economico ha autorizzato Tirrenia a incassare anticipatamente la detta rata e a prestare il consenso alla cancellazione delle ipoteche iscritte e, pertanto, Cin ha provveduto al bonifico della seconda tranche di prezzo fisso;
   alla scadenza della prima rata di Prezzo Differito, nell'aprile 2016, Cin non ha pagato i 55 milioni previsti e, dopo sollecito, ha sostenuto in una lettera che «il pagamento del Prezzo Differito è automaticamente sospeso», evidenziando che la Commissione europea con decisione del 7 novembre 2012 ha esteso il procedimento avviato nel 2011 sugli aiuti di Stato a favore delle società dell'ex Gruppo Tirrenia, ampliando l'oggetto dell'istruttoria al «pagamento differito di parte del prezzo d'acquisto»;
   secondo quanto pubblicato nell'articolo di stampa citato l'amministrazione straordinaria avrebbe recentemente sottoposto a fondi d'investimento l'acquisizione del credito residuo nei confronti di Cin e sarebbe in attesa di una risposta –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle informazioni esposte in premessa e, in caso affermativo, se non intenda fornire chiarimenti in riferimento alle notizie riportate nell'articolo citato, in particolare per quanto concerne l'eventuale vendita a fondi di investimento del credito vantato da Tirrenia nei confronti di Cin in luogo del pieno recupero della somma. (4-16030)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in riferimento al progetto di esplorazione del sottosuolo di gas e idrocarburi «Torre del Moro», autorizzato con un decreto l'8 febbraio 2017 dal Ministero dello sviluppo economico, sono state molteplici le prese di posizione e le proteste sul territorio;
   il permesso rilasciato in favore della società australiana Po Valley Operations riguarda un'area di circa 111 chilometri quadrati nel territorio dei comuni di Cesena, Forlì, Forlimpopoli, Bertinoro e Meldola, a fronte di un canone annuo di 573 euro;
   Po Valley Operations in un'intervista pubblicata sul Resto del Carlino di mercoledì 15 marzo 2017, tramite la sua rappresentante legale Sara Edmonson, dichiara di essere stata autorizzata per studi geologici e geofisici, «Ognuna delle eventuali attività esplorative sul campo, compresa la perforazione di un pozzo esplorativo, dipenderà dal risultato degli studi effettuati», assicura che per ora «non esiste nessun giacimento. Gli Studi sono in fase iniziale», e, qualora si trovasse, «dovrà comunque sottostare a un nuovo iter autorizzativo che include nuovamente una valutazione di impatto ambientale»;
   la posizione espressa in consiglio comunale il 14 marzo 2017 dall'assessore all'ambiente del comune di Forlì, che ha dichiarato di non avere neanche ricevuto formale comunicazione, è di essere intenzionato a fare ricorso ad aprile al Tar del Lazio o entro maggio al Presidente della Repubblica insieme agli altri comuni interessati;
   nello stesso articolo summenzionato, la società australiana, agli amministratori locali che dicono di non essere stati messi a conoscenza del permesso di ricerca, ha replicato rispondendo che «i comuni di Cesena, Bertinoro, Forlimpopoli, Forlì e Meldola sono stati coinvolti sin dall'inizio nell’iter della valutazione di impatto ambientale: erano presenti alle conferenze dei servizi che si sono tenute in regione il 10 gennaio e il 29 maggio 2013, dove hanno potuto esprimere le loro osservazioni e proporre prescrizioni al progetto. Hanno infine sottoscritto il rapporto ambientale finale»;
   in realtà il ricorso al Tar Lazio, previsto dall'articolo 7 del decreto di conferimento, potrebbe essere presentato dai cittadini dei comuni coinvolti poiché ogni decisione è stata assunta senza che la popolazione interessata fosse stata coinvolta nel processo decisionale nonostante la legge regionale dell'Emilia Romagna n. 3 del 2010 promuova una maggiore inclusione e partecipazione dei cittadini e delle loro organizzazioni nei processi decisionali di competenza delle istituzioni elettive, dalla fase di progettazione a quella attuativa, e preveda anche di tenere in debita considerazione l'esito del processo partecipativo;
   il 27 luglio 2016, in risposta a una interrogazione in Commissione attività produttive della Camera dei deputati, il Governo ha segnalato che, con una sentenza dell'11 febbraio 2015, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito che, secondo il diritto europeo, mentre non c’è l'obbligo di valutazione di impatto ambientale per i progetti di ricerche di idrocarburi, c’è invece l'obbligo di sottoporli a screening –:
   se il Governo, in risposta alle legittime proteste delle popolazioni dei comuni interessati esautorati del loro diritto sancito dalla legge regionale n. 3 del 2010, non ritenga opportuno intervenire per revocare l'autorizzazione e affinché venga interrotta ogni attività di esplorazione;
   se, anche alla luce della richiamata sentenza della Corte di giustizia, intenda urgentemente verificare se, sul territorio interessato, siano state preventivamente effettuate le obbligatorie attività di screening e se voglia rendere pubblici i risultati. (4-16043)


   NARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 27 del decreto-legge n. 83 del 2012, recante il «riordino della disciplina in materia di riconversione e qualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa», e, in sua attuazione, il decreto ministeriale 31 gennaio 2013, disciplina le procedure di riconoscimento di area di crisi industriale complessa e che prevede che il Ministero adotti i progetti per la riconversione e la riqualificazione industriale (PRRI) approvati con appositi accordi di programmi;
   i progetti per la riconversione e la riqualificazione industriale promuovono, anche mediante cofinanziamento regionale e con l'utilizzo di tutti i regimi d'aiuto disponibili per cui ricorrano i presupposti, investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale, l'efficientamento energetico dei siti, la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi;
   lo strumento agevolativo cui si ricorre è costituito dalla legge n. 181 del 1989 che, se applicato nelle aree di crisi industriale complessa per dare attuazione ai progetti per la riconversione e la riqualificazione industriale, prevede una riserva specifica di risorse per l'area;
   per l'area industriale della provincia di Massa Carrara è riconosciuta la situazione di crisi grave con impatto significativo sul territorio nazionale, considerata l'intensità degli effetti occupazionali sul tessuto economico e produttivo e per le quali non è stato possibile intervenire in via ordinaria soltanto con le risorse e gli strumenti regionali;
   in data 22 maggio 2015 è stato stipulato un protocollo di intesa per Massa Carrara «interventi per la riqualificazione e la riconversione dell'area industriale di Massa Carrara», con il quale si è ritenuto di individuare un percorso condiviso per dar corso a tutte le azioni necessarie alla definizione e alla realizzazione di un progetto di riqualificazione ambientale, sviluppo e reindustrializzazione dell'area produttiva di Massa Carrara, con particolare riferimento alla zona industriale apuana;
   la società Rational speedy wash s.r.l., con 24 dipendenti produce da anni arredamenti metallici per ufficio e macchinari industriali per lavanderie e insiste esattamente in quest'area;
   da anni la proprietà ed i lavoratori dell'azienda stanno cercando di far fronte alla situazione debitoria dell'azienda, riuscendo, con grandi sacrifici, a riportare in pareggio il bilancio 2016;
   la ditta, ex Aga, è l'unica azienda metalmeccanica della provincia apuana ad aver attuato il concordato in continuità, che prevede la prosecuzione dell'attività da parte del debitore, attivata nel 2013;
   con questo concordato, dopo aver utilizzato gli ammortizzatori sociali disponibili, sono stati stipulati contratti di solidarietà, per cui i lavoratori si sono ridotti orario di lavoro e stipendio;
   Banca Intesa ha presentato istanza di fallimento al tribunale di Massa per un debito di 300.000 euro, nonostante in questi anni la società Rational abbia rispettato i pagamenti e sanato debiti per centinaia di migliaia di euro;
   il 24 marzo 2017 è previsto, presso la presidenza della regione Toscana, l'incontro per esaminare la situazione della Rational tra le rappresentanze sindacali e le istituzioni locali —:
   se sia a conoscenza della situazione descritta e se, per quanto di competenza, non intenda intervenire al fine di valutare possibili soluzioni in virtù dell'inserimento della zona industriale apuana nell'elenco delle aree di crisi complessa. (4-16046)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta orale Franco Bordo n. 3-02882, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 762 del 20 marzo 2017.

   FRANCO BORDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui non prevede, nel procedimento di determinazione delle riduzioni del Fondo sperimentale di riequilibrio da applicare a ciascun comune nell'anno 2013, alcuna forma di coinvolgimento degli enti interessati, né l'indicazione di un termine per l'adozione del decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'interno, con sentenza del 6 aprile 2016;
   la Consulta ha bocciato i criteri con i quali sono stati distribuiti nel 2013 circa 2,2 miliardi di tagli ai comuni e, per la precisione, si tratta del capitolo che riguarda le riduzioni al fondo sperimentale di riequilibrio e al fondo sperimentale per 2,250 miliardi di euro, laddove stabiliva che il riparto dei tagli spettava al Ministero dell'interno, attraverso un decreto di natura non regolamentare; e «in proporzione alla media delle spese sostenute per consumi intermedi nel triennio 2010-2012, desunte dal Siope», cioè il Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici;
   secondo i giudici costituzionali «il mancato coinvolgimento della Conferenza Stato-Città e autonomie locali nella fase di determinazione delle riduzioni addossate a ciascun Comune» unita «alla mancanza di un termine per l'adozione del decreto ministeriale e alla individuazione dei costi intermedi come criterio base per la quantificazione dei tagli finanziari, comporta, infatti, la violazione degli articoli 3, 97 e 119» della Costituzione;
   la Consulta, nella sentenza, spiega: «Nessun dubbio che le politiche statali di riduzione delle spese pubbliche possano incidere anche sull'autonomia finanziaria degli enti territoriali; tuttavia, tale incidenza deve, in linea di massima, essere mitigata attraverso la garanzia del loro coinvolgimento nella fase di distribuzione del sacrificio» e «non può essere tale da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni degli enti in questione», in particolare la Consulta punta il dito contro la scelta di quantificare i tagli in base ai costi intermedi delle amministrazioni: «Si tratta, dunque, di un criterio che si presta a far gravare i sacrifici economici in misura maggiore sulle amministrazioni che erogano più servizi, a prescindere dalla loro virtuosità nell'impiego delle risorse finanziarie. Il criterio delle spese sostenute per consumi intermedi non è dunque illegittimo in sé e per sé; ma la sua illegittimità deriva dall'essere parametro utilizzato in via principale anziché in via sussidiaria»;
   i comuni di Casalmaggiore, San Giovanni in Croce e Motta Baluffi, in provincia di Cremona, hanno indirizzato un'istanza di richiesta al Presidente del Consiglio dei ministri Gentiloni, al Ministro dell'economia e delle finanze Padoan e al Ministro dell'interno Minniti, affinché vengano rimborsati 375 mila 907,28 euro al comune di Casalmaggiore, 45.266,74 euro al Comune di San Giovanni in Croce e 14.402,75 al Comune di Motta Baluffi, mentre il comune di Chieve, sempre in provincia di Cremona, ha depositato in data 3 marzo 2017 diffida al Ministero dell'interno, al fine di ricevere il rimborso di 79.337,56 euro;
   i sopracitati Comuni chiedono formalmente il rimborso delle entrate erariali decurtate in sede di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio del fondo perequativo per l'anno 2013;
   le amministrazioni comunali versano in gravi difficoltà economiche, costrette ad operare tagli e riduzioni di rilievo sui servizi alla cittadinanza –:
   con quali tempi e modalità, intendano predisporre il rimborso delle cifre che a parere dell'interrogante risultano, alla luce della sentenza della Corte costituzionale citata in premessa, illegittimamente trattenute nelle casse dello Stato. (3-02882)

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Cristian Iannuzzi n. 4-16023 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 765 del 23 marzo 2017. Alla pagina 45866, seconda colonna, dalla riga nona alla riga trentatreesima, deve leggersi: «se i Ministri in indirizzo convengano sulla necessità di attivare tutte le iniziative di competenza utili a ripristinare trasparenza, legalità e correttezza amministrativa nell'amministrazione del comune di Latina; di quali elementi disponga in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'eventuale esercizio dell'azione risarcitoria, previo accertamento del danno erariale subito dall'amministrazione comunale, e all'eventuale adozione di un provvedimento di licenziamento, posto che appare all'interrogante più che opportuno che il procedimento disciplinare venga concluso anche in pendenza del procedimento penale;» e non come stampato.