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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 7 marzo 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la disciplina per l'attribuzione delle concessioni di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, è stata modificata negli ultimi anni, prima dal comma 483 dell'articolo 1, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, successivamente modificato dall'articolo 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ed infine ulteriormente modificata dall'articolo 37, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, come modificato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134;
    il comma 1 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 stabilisce i criteri sulla base dei quali deve essere scelto il nuovo concessionario che, nell'ambito della gara ad evidenza pubblica, deve avvenire avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualità del piano di interventi per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso e, prevalentemente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata;
    il testo vigente del comma 1 dell'articolo 12 recita: «1. Le regioni e le province autonome, cinque anni prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico e nei casi di decadenza, rinuncia e revoca, fermo restando quanto previsto dal comma 4, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico, indicono una gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo di durata da venti anni fino ad un massimo di trenta anni, rapportato all'entità degli investimenti ritenuti necessari, avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualità del piano di interventi per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso e, prevalentemente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata. Per le concessioni già scadute alla data di entrata in vigore della presente disposizione e per quelle in scadenza successivamente a tale data ed entro il 31 dicembre 2017, per le quali non è tecnicamente applicabile il periodo di cinque anni di cui al primo periodo del presente comma, le regioni e le province autonome indicono la gara entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 e la nuova concessione decorre dal termine del quinto anno successivo alla scadenza originaria e comunque non oltre il 31 dicembre 2017. Nel bando di gara sono specificate altresì le eventuali condizioni di esercizio della derivazione al fine di assicurare il necessario coordinamento con gli usi primari riconosciuti dalla legge, in coerenza con quanto previsto dalla pianificazione idrica. La gara è indetta anche per l'attribuzione di una nuova concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, con le medesime modalità e durata»;
    l'ultima modifica del testo, di cui al comma 4 dell'articolo 37, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, come sostituito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134, che ha modificato il testo dell'articolo 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, prevedendo «particolare riguardo ad un'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza e di aumento dell'energia prodotta o della potenza installata, nonché di idonee misure di compensazione territoriale» sembra dare maggiore importanza all'offerta economica, facendo venir meno la portata delle misure del decreto legislativo n. 79 del 1999 che, al comma 2 dell'articolo 12, prevede che il Mise di concerto con il Mattm e la Conferenza unificata «determina, con proprio provvedimento ed entro il 30 aprile 2012 i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara in conformità a quanto previsto al comma 1, tenendo conto dell'interesse strategico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del contributo degli impianti idroelettrici alla copertura della domanda e dei picchi di consumo»;
    nonostante le ultime modifiche del testo, occorre dare adeguata importanza ai fattori di offerta volti a beneficiare le comunità locali e il territorio, poiché sono le comunità locali che subiscono i disagi dallo sfruttamento della risorsa idrica come recentemente ribadito dalla Federbim;
    «Il principio fondamentale è che vengano attribuite le concessioni idroelettriche in sede di rinnovo – dichiara il presidente Mottinelli, tra i criteri per la selezione va inserita la compensazione ambientale a favore dei territori montani e dei loro enti locali, come richiamato più volte dalle Comunità europea. In attesa di una chiara presa di posizione del Mise, valutiamo positivamente le iniziative, come quella della regione Lombardia e del sottosegretario Parolo, per fissare canoni aggiuntivi per gli anni decorsi dalla scadenza della concessione»;
    il decreto ministeriale di cui si attende l'emanazione rischia di danneggiare le comunità locali non attribuendo la dovuta importanza alle misure di compensazione territoriale in favore dei territori interessati dalle concessioni idroelettriche;
    in materia vanno richiamati l'ordine del giorno 9/03012-A/061 Caparini presentato martedì 6 ottobre 2015 ed accolto con modifiche mercoledì 7 ottobre 2015, seduta n. 497 e l'ordine del giorno 9/3194-A/47 del primo firmatario del presente atto nonché l'interrogazione a risposta in commissione 5-02226 presentata dal primo firmatario del presente atto martedì 25 febbraio 2014, nella seduta n. 179 e la risoluzione in commissione n. 7-00293 presentata dall'onorevole Allasia giovedì 6 marzo 2014, nella seduta n. 184,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere con la massima sollecitudine le opportune iniziative, anche di carattere normativo, affinché il decreto ministeriale di cui all'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 79 del 1999, che dovrà stabilire i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara per l'attribuzione delle concessioni di grande derivazione d'acqua ad uso idroelettrico, attribuisca la giusta importanza alle misure di compensazione territoriale per non penalizzare le comunità locali e i territori disagiati dallo sfruttamento della risorsa idrica.
(1-01529) «Caparini, Borghesi, Allasia, Simonetti, Invernizzi, Molteni, Guidesi».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni VIII e XIII,
   premesso che:
    la materia delle bonifiche è attualmente contenuta nel titolo V della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. A differenza di quanto previsto per i rifiuti e per i rifiuti di imballaggio, che rappresentano i temi di maggiore rilievo contenuti nella richiamata parte quarta, la materia delle bonifiche non è una disciplina derivata dalla normativa europea, sebbene le procedure di bonifica, di messa in sicurezza e di ripristino ambientale dei siti contaminati siano la sostanziale applicazione dei princìpi cardine ambientali contenuti nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, con particolare riferimento al principio «chi inquina paga»;
    l'assenza di una disciplina immediatamente applicabile in ciascuno Stato membro dell'Unione europea in relazione agli interventi per ridurre o eliminare una fonte di contaminazione per restituire un sito alla fruibilità esistente prima della contaminazione o a un altro uso ha, dunque, condotto il legislatore a introdurre una disciplina nazionale sul tema fin dal tardivo recepimento della disciplina europea in Italia in tema di rifiuti e di rifiuti pericolosi;
    in Italia, le superfici, terrestri e marine, individuate negli ultimi 15 anni come siti contaminati, sono davvero rilevanti;
    i risultati ottenuti fino ad oggi per il raggiungimento della bonifica di queste aree, invece, non sono purtroppo altrettanto significativi. Secondo il programma nazionale di bonifica curato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il totale delle aree perimetrate come siti di interesse nazionale (Sin) è arrivato, negli anni, a circa 180 mila ettari di superficie, scesi oggi a 100 mila ettari, solo grazie alla derubricazione del 2016 di 18 siti da nazionali a regionali (i Sin sono quindi passati da 57 a 39);
    solo in 11 Sin è stato presentato il 100 per cento dei piani di caratterizzazione previsti. Anche sui progetti di bonifica presentati e approvati emerge un forte ritardo: solo in 3 Sin è stato approvato il 100 per cento dei progetti di bonifica previsti. In totale, sono solo 254 i progetti di bonifica di suoli o falde, approvati con decreto, su migliaia di elaborati presentati;
    i problemi più gravi insiti alle procedure di bonifica possono dunque essere ricondotti ad almeno tre ordini di fattori in ordine logico: individuazione del responsabile, solvibilità di quest'ultimo e lento esercizio del potere sostitutivo degli enti locali in caso di mancato accertamento del responsabile. La mancanza di fondi dell'ente sostituito per procedere alle attività di bonifica e la mancata partecipazione delle popolazioni residenti nei luoghi contaminati, o in prossimità di essi, e dunque oggetto di bonifica, hanno contribuito, nel tempo, a rendere insoddisfacente la situazione delle bonifiche in Italia;
    sebbene le motivazioni di tale ritardo siano complesse ed eterogenee, la legislazione di settore non risulta adeguata o comunque soddisfacente, segnatamente su specifici settori a partire dagli effetti applicativi discorsivi della analisi di rischio sito specifica di cui al primo comma, lettera s) dell'articolo 240 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 fino ad arrivare alla mancata adozione di una specifica disciplina sugli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, sulle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento;
    su tale ultimo profilo, come ampiamente noto, va detto che la qualità del suolo, a fortiori a valle di interventi di bonifica, in caso di terreni prima contaminati, è in grado di assicurare anche la qualità dei prodotti agroalimentari per i consumatori;
    riguardo alle bonifiche delle aree agricole, giova ricordare che non risulta a presentatori del presente atto di indirizzo l'adozione del regolamento di cui all'articolo 241 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali con il risultato che, ad oggi, permane il problema di individuare quali siano i limiti, per i contaminanti nei suoli, utilizzabili come valori di riferimento, nonché quali criteri adottare per la valutazione del rischio a cui la popolazione è esposta mediante il consumo di alimenti, prioritariamente di origine vegetale e, in secondo luogo, di origine animale, provenienti dalle aree potenzialmente contaminate;
    a tale riguardo sarebbe, dunque, opportuno che il regolamento di cui all'articolo 241 del decreto legislativo n. 152 del 2006, quale fondamentale strumento per la tutela dell'ambiente e dei consumatori fosse adottato senza ritardo, comunque dopo aver sentito la conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, e dopo aver previsto che tale bozza di regolamento sia sottoposto a una fase pubblica di consultazione per ricevere da enti, comitati e cittadini osservazioni a cui il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quello delle politiche agricole alimentari e forestali siano obbligati a replicare o delle quali debbano tener conto;
    sarebbe opportuno, altresì, che fintanto che il regolamento non fosse adottato alle aree agricole, che si applicassero gli obiettivi di qualità previsti per l'uso a verde residenziale;
    risulta necessario dare attuazione al «nuovo» comma 4-ter articolo 166 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 così come novellato dall'articolo 1, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 136 del 2013 in base al quale al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, è demandato il compito di definire, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della disposizione in oggetto, i parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari, disciplinando le relative modalità di verifica;
    in tema di analisi di rischio, in base all'articolo 240, comma 1, lettera s), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è prevista «l'analisi di rischio sanitario e ambientale sito», che è un'analisi specifica degli effetti sulla salute umana derivanti dall'esposizione prolungata all'azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate a cui si procede laddove siano superati i livelli di contaminazione delle matrici ambientali (CSC), previa caratterizzazione del sito; sarebbe opportuno procedere alla modifica di tale istituto in favore della sostanziale reintroduzione del sistema tabellare, prevedendo, tuttavia, che sia espletata un'analisi di rischio con calcolo diretto del rischio da svolgersi sulle eventuali contaminazioni residue;
    tale modifica è motivata dalla discrezionalità applicativa di un'analisi di rischio sito specifica che, nel corso dei dieci anni di applicazione, non ha portato reali vantaggi dal punto di vista della celerità di svolgimento dei procedimenti di bonifica, introducendo, invece, considerevoli difformità di trattamento dei diversi siti contaminati. Si sono verificate, infatti, situazioni paradossali nelle quali, per un sito sottoposto a verifica, emergono criticità che non sono evidenziate in siti con le medesime caratteristiche, ma non soggetti a procedimenti d'indagine; atteso che il ricorso all'analisi di rischio resta, comunque, sempre interpretato come deroga ai valori tabellari, alla luce delle considerazioni sopra esposte, si ritiene che la reintroduzione dell'analisi di rischio con calcolo diretto del rischio residuo sia maggiormente cautelativa e garantisca una semplificazione procedimentale;
    sarebbe opportuno, infine, aggiornare periodicamente i valori di concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) di cui all'articolo 240, comma 1, lettera b), del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
    atteso che il comma 1 dell'articolo 242 del citato decreto dispone che, al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai soggetti competenti; l'articolo prevede inoltre che tale procedura debba essere osservata anche all'atto di individuazione non di qualunque contaminazione storica, ma solo in caso di contaminazioni storiche «... che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione»;
    sarebbe opportuno prevedere la caratterizzazione relativamente alle contaminazioni storiche che, nella versione attuale del suddetto decreto, come esposto, sfuggono alla notifica, se non in caso di pericolo di aggravamento della contaminazione stessa;
    ai sensi dell'articolo 242, comma 13, compete alla provincia rilasciare la certificazione di avvenuta bonifica. Sarebbe opportuno secondo i presentatori del presente atto modificare tale previsione, attribuendo all'Arpa tale compito in quanto le province predispongono la certificazione sulla base della relazione dell'Arpa e si limitano ad effettuare un mero lavoro cartaceo che si traduce in una fase di allungamento dei tempi;
    sarebbe, inoltre, opportuno prevedere che i piani regionali per le bonifiche in aree caratterizzate da inquinamento diffuso siano effettivamente approvati in tempi certi, con eventuale esercizio di potere sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia delle regioni,

impegna il Governo:

   ad assumere le necessarie iniziative di competenza affinché sia emanato il regolamento di cui al comma 1 dell'articolo 241 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, predisposto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali, dopo il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e a seguito di una fase pubblica per le osservazioni, contestualmente prevedendo, in virtù del principio di precauzione, che nelle more dell'emanazione del predetto regolamento, alle aree agricole siano applicati gli obiettivi di qualità previsti per l'uso a verde residenziale;
   a dare attuazione al disposto di cui all'articolo 1, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 136 del 2013, in base al quale il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, è tenuto a definire i parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari, disciplinando contestualmente le relative modalità di verifica;
   ad assumere le opportune iniziative normative affinché, al superamento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), siano effettuati gli interventi di bonifica e, qualora sussistano ancora contaminazioni residue che superano gli anzidetti valori, sia disposta un'analisi di rischio di carattere oggettivo, intesa quale procedura volta a stabilire il rischio, per la salute pubblica e per l'ambiente, causato dalle contaminazioni residue presenti in un sito, condotta secondo un modello concettuale di riferimento e mediante l'adozione di metodiche riconosciute a livello internazionale;
   ad assumere le opportune iniziative normative affinché sia modificata la definizione di «bonifica» di un sito contaminato, intendendo quest'ultima come l'insieme degli interventi atti a eliminare o a isolare le fonti di inquinamento ovvero a ridurre le sostanze inquinanti presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque superficiali e sotterranee a un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglie di contaminazioni (CSC) – e non alle concentrazioni soglia di rischio (CSR), così come ora previsto dalla legislazione vigente –, nonché ad assumere le necessarie iniziative normative per introdurre, conseguentemente, una nuova definizione di «sito non contaminato» quale sito nel quale la contaminazione rilevata nelle matrici ambientali risulti inferiore ai valori di concentrazioni soglie di contaminazioni o se superiore, risulti comunque inferiore ai valori di concentrazione residua verificati a seguito dell'analisi di rischio adottata con criteri oggettivi;
   ad assumere iniziative per prevedere che i valori delle concentrazioni soglie di contaminazioni di cui all'allegato V richiamato nella parte quarto, titolo V, del decreto legislativo n. 152 del 2006, siano sottoposti a verifiche periodiche in relazione all'evoluzione delle conoscenze tecnico-scientifiche o in esecuzione di disposizioni adottate in materia in sede di Unione europea, contestualmente prevedendo che tali revisioni, che possono avvenire anche su segnalazione di comitati, associazioni scientifiche, associazioni dei consumatori e associazioni di protezione ambientale, siano comunque effettuate almeno ogni cinque anni e siano accompagnate da una relazione sull'evoluzione delle conoscenze tecnico-scientifiche, delle risultanze dei controlli e dei monitoraggi disponibili predisposta dall'Istituto superiore di sanità e dall'Ispra;
   ad assumere le necessarie iniziative normative affinché la procedura di verifica ed indagine di cui all'articolo 242, comma 1, secondo periodo, del citato decreto legislativo n. 152 del 2006 si attivi all'atto di individuazione di contaminazioni storiche, indipendentemente al rischio di aggravamento di esse, e siano adottate le conseguenti azioni, chiarendo al riguardo che si tratta di misure di «contenimento» e non, all'evidenza, di prevenzione, come riportato nel primo periodo, essendosi la contaminazione già verificata;
   ad assumere iniziative normative volte a prevedere che il completamento degli interventi di bonifica di cui all'articolo 248, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 sia accertato dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente competente;
   ad assumere le necessarie iniziative normative affinché i piani di cui all'articolo 239, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006 contenenti interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso:
    a) siano adottati entro tempi certi nel rispetto delle linee guida, dei criteri generali e degli standard stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera r), del decreto legislativo n. 152 del 2006;
    b) di tali piani sia data adeguata e tempestiva notizia mediante avviso pubblicato nel sito internet istituzionali degli enti interessati, nel quale, altresì, siano rese disponibili informazioni relative ai termini e alle modalità di partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si sono fondate le decisioni assunte, anche in relazione alle eventuali osservazioni scritte presentate;
    c) ai suddetti piani, si applichi necessariamente la procedura di cui alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 in materia di valutazione ambientale strategica (VAS);
    d) in caso di inerzia della regione nel predisporre tali piani, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa diffida ad adempiere in tempi congrui, adotti, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari all'elaborazione e all'approvazione del piano per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso.
(7-01211) «De Rosa, Gallinella, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Lupo, Parentela».

 * * *

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo in materia di servizi per il lavoro e politiche attive del lavoro (decreto legislativo n. 150 del 2015) ha previsto la soppressione di una direzione generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (MLPS), la costituzione di una nuova Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL), il riordino dell'Isfol, divenuto ora Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (Inapp), e il commissariamento di Italia Lavoro s.p.a., ora Anpal servizi spa il cui amministratore unico coincide con il presidente di ANPAL;
   tra i compiti di Anpal vi è anche quello di «promozione e coordinamento, in raccordo con l'Agenzia per la coesione territoriale, dei programmi cofinanziati dal Fondo Sociale Europeo, nonché di programmi cofinanziati con fondi nazionali negli ambiti di intervento del Fondo Sociale Europeo» (articolo 9 lettera f);
   tra le funzioni assegnate all'Inapp (già Isfol) vi sono anche lo studio, ricerca, monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro e dei servizi per il lavoro, ivi inclusa la verifica del raggiungimento degli obiettivi da parte dell'Anpal (articolo 10, comma 2, lettera b del decreto legislativo n. 150 del 2015);
   all'Inapp viene riconosciuta la possibilità di gestire progetti comunitari, anche in collaborazione, con enti, istituzioni pubbliche, università o soggetti privati operanti nel campo della istruzione, formazione e della ricerca;
   ai fini della gestione delle risorse comunitarie, questa connotazione conferirebbe all'Inapp la possibilità di essere individuato come «Organismo Intermedio», ossia come quel soggetto che agisce sotto la responsabilità di un'autorità di gestione e che svolge mansioni per conto di questa autorità nei confronti dei beneficiari che attuano le operazioni;
   al contrario, l'Anpal, nella sua funzione di «gestione di programmi comunitari» potrebbe ricoprire il ruolo di autorità di gestione, ossia di organismo individuato dallo Stato membro quale responsabile della gestione e attuazione del programma operativo conformemente al principio della sana gestione finanziaria;
   nell'ambito della programmazione nazionale FSE 2014-2020 e, nello specifico dei PON SPAO e Inclusione, l'Inapp è riconosciuto come ente in house del Ministero del lavoro e delle politiche sociali a cui può essere assegnata l'esecuzione di talune azioni/progetti. Pertanto, annualmente veniva definita una pianificazione attuativa ed operativa relativa alle attività di studio, analisi, monitoraggio e valutazione da realizzare;
   la titolarità dei principali programmi operativi nazionali su cui confluiscono le risorse comunitarie del Fondo Sociale Europeo (FSE): il PON SPAO (Programma operativo nazionale sistemi di politiche attive per l'occupazione), con l'obiettivo di promuovere azioni di supporto alle riforme strutturali riportate nel Programma Nazionale di Riforma in tema di occupazione, mercato del lavoro, capitale umano, produttività; e il PON IOG (Programma operativo nazionale iniziativa occupazione giovani) con cui è stata data attuazione al programma «Garanzia Giovani», non è più in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ma all'Anpal, in cui sono transitate gran parte delle competenze e del personale della soppressa direzione generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   questo rischia di compromettere per gli interpellanti la sussistenza finanziaria dell'Inapp il cui bilancio è stato storicamente alimentato prevalentemente dal FSE, tramite i Pon;
   il venir meno della direzione generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la comparsa di un nuovo soggetto, l'Anpal, pone il problema di relazione tra l'Anpal e l'istituto incaricato, tra le altre cose, della valutazione dei risultati dell'Agenzia, ora responsabile della gestione delle risorse comunitarie;
   le attività che precedentemente l'Inapp realizzava in qualità di ente in house del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ora dipendono da una decisione di Anpal che dovrà essere valutata dall'istituto per le sue attività –:
   se il duplice ruolo di presidente dell'Agenzia e di amministratore unico di Anpal Servizi Spa non comporti un sostanziale conflitto di interessi e una sovrapposizione di competenze tra due soggetti che dovrebbero avere compiti differenziati e funzioni separate;
   come il Governo ritenga che l'aspetto che definisca una dipendenza dell'Inapp dalle decisioni di Anpal rispetto ai progetti comunitari da gestire si concilii con i principi di terzietà del valutatore rispetto al valutato e di separazione delle funzioni;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per garantire all'Inapp risorse sufficienti alla realizzazione dei suoi compiti istituzionali anche al fine di garantirne l'imparzialità nel valutare l'Anpal;
   quali siano i risparmi di spesa previsti con gli interventi di riforma nel settore, dal momento che parte delle risorse liberate dalla riorganizzazione dell'Isfol (ora Inapp) e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dovranno coprire le spese di funzionamento della nuova Agenzia, compreso le spese del personale, interno ed esterno;
   se non ritenga utile fornire elementi completi sullo stato di avanzamento della riforma delle politiche attive del lavoro in Italia, e in merito alla complessiva riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'Inapp, di Anpal Servizi spa e di Anpal, soprattutto con riferimento ai profili di spesa;
   quali iniziative intenda assumere per garantire l'attuazione del decreto legislativo n. 150 del 2015 in tutte le sue parti, soprattutto in quella concernente la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni materia di politiche attive del lavoro da garantire tutti i cittadini sul territorio.
(2-01699) «Polverini, Occhiuto».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3 del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato – ora Ministero dello sviluppo economico – del 22 dicembre 2000 dispone che il Ministero provvede, su richiesta di una impresa di trasporto del gas, all'inclusione nella Rete nazionale dei gasdotti di nuovi gasdotti rispondenti ai requisiti di legge, sentite l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, le regioni e le province autonome interessate;
   con decreto direttoriale della direzione generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e per le infrastrutture energetiche del Ministero dello sviluppo economico del 31 gennaio 2017, recante «Aggiornamento della Rete Nazionale dei Gasdotti», si dispone la pubblicazione dell'elenco aggiornato al 1o gennaio 2017, dei gasdotti facenti parte della Rete nazionale dei gasdotti;
   l'allegato 3 del succitato decreto direttoriale elenca gli « interconnector» che sono definiti dall'articolo 2, comma 17, della direttiva 2003/55/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale come «una linea di trasporto che attraversa o si estende oltre una frontiera tra Stati membri, con l'unico scopo di collegare i sistemi nazionali di trasporto di tali Stati membri». I metanodotti elencati nel succitato allegato 3 sono: IGI della Poseidon s.a. autorizzazione alla costruzione e all'esercizio in data 2 maggio 2011, che verrà collegato ad Otranto (Lecce); il TAP della TAP AG in fase di autorizzazione che verrà collegato a Melendugno (Lecce); EAGLE LNG che interconnetterà, tramite metanodotto di 110 chilometri di lunghezza ricadenti in mare e 18 chilometri in terraferma, un rigassificatore in Albania a Brindisi;
   EAGLE LNG è attualmente in fase di progetto ed è proposto ai sensi dell'articolo 36 della direttiva 2009/73/CE e dell'articolo 1, comma 17, della legge n. 239 del 2004, che permette ai soggetti proponenti di poter richiedere un'esenzione dalla disciplina che prevede il diritto di accesso dei terzi, ovvero dall'applicazione delle rispettive tariffe regolamentate, o da entrambe le fattispecie, nonché l'esenzione dalla disciplina relativa alla separazione dei sistemi di trasporto e certificazione dei gestori dei sistemi di trasporto;
   nel «Piano decennale di sviluppo delle reti di trasporto di gas naturale 2015-2024», predisposto da Snam Rete Gas S.p.A., la suddetta società in merito al progetto EAGLE LNG si dichiara «predisposta per attuare le misure necessarie a favorire il loro collegamento alla rete nazionale, allorquando lo stato di avanzamento dei rispettivi progetti prefiguri un effettivo impegno alla loro realizzazione»;
   in data 19 luglio 2016 il Consiglio dell'Unione europea ha adottato, su proposta della Commissione, una decisione concernente una proposta volta a definire l'elenco dei progetti di infrastrutture energetiche della Comunità dell'energia. La proposta contiene un elenco di progetti attualmente in corso di esame da parte delle istituzioni della Comunità dell'energia, che potrebbero potenzialmente diventare progetti di interesse per la Comunità dell'energia (PECI). Nell'elenco dei progetti d'interesse comune (Pmi) vi è anche: «EAGLE LNG e gasdotto». L'elenco definitivo della Comunità dell'energia è stato sottoposto al Consiglio ministeriale per decisione il 14 ottobre 2016;
   in data 25 luglio 2016 il dipartimento politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri invia alle Camere una relazione del 21 luglio 2017 del Ministero dello sviluppo economico dove si evince che il Governo ritiene che il progetto della EAGLE LNG non possa apportare benefici alla diversificazione degli approvvigionamenti gas in Italia –:
   se il Governo possa fornire elementi circa l'elenco definitivo della Comunità dell'energia sottoposto al Consiglio ministeriale per la decisione del 14 ottobre 2016 e se sia stato stralciato il progetto della EAGLE LNG enunciato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di promuovere l'esclusione definitiva dall'elenco;
   se il Governo possa chiarire quali siano le motivazioni per cui il progetto della EAGLE LNG risulti ancora nell'elenco della rete nazionale dei gasdotti e possa rendere pubblici i pareri dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, della regione Puglia e di tutti gli altri enti competenti, previsti dal decreto ministeriale del 22 dicembre 2000 sui progetti IGI, TAP e EAGLE LNG. (5-10762)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da una nota del Comando generale dell'Arma dei carabinieri, datata 13 febbraio 2017, si evince che l'Arma ha fornito la propria disponibilità al dipartimento di protezione civile per una collaborazione
tecnica nella campagna antincendi boschivi – A.I.B.-2017, anche attraverso l'impiego di personale qualificato D.O.S. (Direttore delle operazioni di spegnimento);
   già con alcuni provvedimenti dei diversi Comandi dei carabinieri presenti nel territorio o con circolari dell'Arma dei carabinieri si è intervenuti nella materia dell'antincendio boschivo;
   nel personale ex Corpo forestale dello Stato, transitato nell'Arma dei carabinieri a partire dal 1o gennaio 2017, vi sarebbe anche personale qualificato come direttore delle operazioni di spegnimento;
   ciò risulterebbe, secondo l'interrogante, in difformità con quanto disposto dalla legge 7 agosto 2015, n. 124, e con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177;
   quest'iniziativa rischia di generare una pericolosa sovrapposizione di funzioni che, invece di semplificare ed ottimizzare il servizio in questione, rischia di creare inutili complicazioni;
   è questo, d'altronde, il motivo per cui il legislatore sin dall'inizio aveva scelto di affidare esclusivamente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco la competenza nelle operazioni dello spegnimento degli incendi boschivi, prevedendo l'attribuzione a tale corpo di specifici mezzi, nonché di personale proveniente dalle fila dell'ex Corpo forestale dello Stato e di risorse economiche;
   oggi il rischio è quello di ripartire risorse e competenze senza migliorare sensibilmente le operazioni;
   già molte organizzazioni sindacali di categoria hanno manifestato profonde perplessità al riguardo –:
   quali iniziative si intendano assumere in relazione a quanto esposto in premessa, per evitare una sovrapposizione di funzioni che potrebbe rivelarsi controproducente nella gestione delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi.
(4-15825)

 * * *

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata:


  GIGLI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   nel mese di febbraio 2017 il Parlamento europeo ha approvato la cosiddetta «risoluzione Tarabella», non legislativa, sulla parità tra uomo e donna;
   la risoluzione citata ha, certamente, parti condivisibili e di buon senso, come quelle relative alla parità di accesso alla lavoro, alle iniziative contro la violenza sulle donne o quelle contro il lavoro minorile ed altre;
   purtroppo, però, un emendamento presentato da alcuni gruppi di sinistra ha voluto intervenire in risposta, a parere dell'interrogante in modo improprio, alla decisione del Presidente Trump di vietare che organizzazioni non governative internazionali ricevano fondi dagli Usa qualora tra i servizi per la pianificazione familiare offrano anche l'aborto;
   in particolare, il Parlamento europeo ha deciso di lanciare un fondo internazionale per finanziare l'accesso al controllo delle nascite ed all'aborto sicuro e legale, con l'utilizzo di fondi allo sviluppo a livello nazionale ed europeo, in modo da colmare il «buco» che la decisione americana causerebbe nei bilanci delle organizzazioni citate;
   un compromesso finale ha stabilito che la legislazione competente sulla riproduzione resta di competenza statale;
   nonostante questo, stupisce che il Parlamento europeo abbia deciso di seguire la linea di alcuni Stati europei, come i Paesi Bassi, che avevano deciso autono
mamente di creare un fondo ad hoc per compensare le perdite finanziarie causate dalla decisione del Presidente Trump;
   risulta all'interrogante che il Ministro danese per la cooperazione Ulla Tornaes ha avviato un processo per far sottoscrivere agli Stati membri una lettera comune da sottoporre all'Alto rappresentate per la politica estera dell'Unione europea Mogherini e al Commissario Mimica;
   nella lettera si fa appello alla solidarietà con le donne in difficoltà per chiedere di aumentare i fondi dell'Unione europea destinati sostanzialmente a finanziare l'aborto nei Paesi in via di sviluppo, richiamando il cosiddetto approccio «fill the decency gap» che portò nel 2001 ad un contributo solidale di 32 milioni di euro per sostituire quelli americani soppressi;
   il Ministro danese, preoccupata che una versione più estesa della Mexico city policy da parte del Governo Usa possa portare a restringere i servizi per la cosiddetta salute riproduttiva, propone che il tema venga discusso durante l'incontro informale dei Ministri responsabili per la cooperazione e lo sviluppo che potrebbe essere già programmato nelle prossime settimane –:
   quale sarà la posizione che, sul tema della copertura dei fondi per l'aborto, assumerà il Governo in occasione del citato incontro. (3-02858)


  RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   stando a quanto riportato da numerosi quotidiani, l'Unione europea sarebbe determinata a chiudere la cosiddetta rotta libica che porta in Europa i migranti irregolari attraverso i barconi che approdano sulle coste italiane;
   tra le ipotesi allo studio della Commissione europea, oltre a quella di chiedere al Governo di Tripoli l'autorizzazione per le navi europee a entrare nelle acque territoriali libiche per il contrasto al traffico di esseri umani, vi sarebbe anche quella di creare una «line of protection», di fatto un blocco navale da realizzare con unità e uomini libici finanziati dalla Commissione europea con duecento milioni di euro a costituire una prima linea di difesa per impedire le partenze, dietro alla quale dovrebbero continuare ad operare le navi europee della missione «Sofia», con lo scopo di soccorrere i migranti alla deriva e di distruggere i barconi catturati;
   in questo quadro, per rendere sicuro il meccanismo, l'Unione europea avrebbe intenzione di far verificare dal punto di vista legale anche l'attività delle organizzazioni non governative che operano al confine con le acque territoriali libiche, la cui presenza può essere un incentivo per i trafficanti a caricare i migranti su imbarcazioni inadatte a tenere il mare, contando sul fatto che saranno salvati, e sulle quali in Italia stanno già indagando due procure;
   dopo la chiusura della rotta balcanica i migranti che salpano dalle coste libiche verso l'Italia e l'Europa meridionale rappresentano il 90 per cento del totale e, dopo l'aumento del 18 per cento degli ingressi clandestini registrato già nel 2016, per il 2017 l'Unione europea ha preso atto del fatto che «non ci sono indicazioni che il trend possa cambiare finché non migliorerà la situazione economica e politica» nei Paesi di origine e in Libia e ha stimato le persone pronte a partire dalla Libia nel corso dell'estate 2017 tra settecentomila e il milione –:
   in che modo il Governo intenda agire affinché si giunga ad una tempestiva e favorevole conclusione delle trattative in ambito europeo e internazionale in corso per la realizzazione del blocco navale.
(3-02859)


  LOCATELLI, PASTORELLI e LO MONTE. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   secondo la risoluzione n. 260 del 1948, con la quale l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la «Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio»: è genocidio ciascuno degli atti commessi con «l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso»;
   gli yazidi sono un'etnia antichissima, linguisticamente di ceppo curdo e la cui identità è definita dalla professione di una fede preislamica, che combina elementi di diverse antiche religioni della regione medio orientale;
   nell'agosto del 2014, quando Daesh prese il sopravvento nella regione al confine tra Siria ed Iraq, la popolazione yazida, che viveva per lo più concentrata nel distretto di Sinjar, ha subito persecuzione, violenze e massacri;
   le Nazioni Unite hanno stimato che nel 2015 cinquemila yazidi sono stati massacrati e 7.000 donne e ragazze sono state ridotte in schiavitù e a tutt'oggi donne yazide risultano prigioniere dell'Is;
   il rapporto del 2015 delle Nazioni Unite ha dichiarato la responsabilità di Daesh per il genocidio yazida davanti alla Corte penale internazionale;
   le accuse includono anche i crimini di guerra verso i civili, bambini inclusi, e crimini contro l'umanità per cui si invoca il Consiglio di Sicurezza di ricorrere alla Corte penale internazionale perché persegua i responsabili;
   l'Italia è attualmente membro non permanente del Consiglio di Sicurezza ed ha assunto la vice presidenza dell'Assemblea degli Stati facenti parte dello statuto della Corte penale internazionale;
   la Camera dei deputati, nella seduta del 27 settembre 2016, ha approvato le mozioni Locatelli n. 1-01291 e Rosato n. 1-01292, che impegnavano il Governo a promuovere, nelle competenti sedi internazionali, ogni iniziativa volta al riconoscimento del genocidio del popolo yazida e ad assicurare i responsabili alla giurisdizione della Corte penale internazionale;
   dall'approvazione delle mozioni sono trascorsi 160 giorni, in data 10-13 febbraio 2017 una delegazione dell'intergruppo Italia-Kurdistan composta dai deputati Pia Locatelli, Lia Quartapelle Procopio e Giuseppe Romanini si è recata nella regione, ricevendo unanime riconoscimento per l'impegno del Parlamento italiano volto al riconoscimento in sede internazionale del genocidio yazida e al deferimento del caso alla Corte penale internazionale –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo per promuovere, nelle competenti sedi internazionali, il riconoscimento del genocidio yazida e, in particolare, se abbia intrapreso o intenda intraprendere passi formali al fine di assicurare i responsabili alla giurisdizione della Corte penale internazionale. (3-02860)


  QUARTAPELLE PROCOPIO, NICOLETTI, ROMANINI, PREZIOSI, CASSANO, MOSCATT, TACCONI, ANDREA ROMANO, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   il Parlamento è impegnato nell'esame e approvazione della deliberazione del Consiglio dei ministri sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali che potenzia il contingente militare italiano in Iraq e le sue funzioni di addestramento per le forze locali;
   parallelamente, la deliberazione riconosce la necessità di rafforzare gli interventi di cooperazione come presupposto per una sicurezza duratura;
   proseguono le operazioni di liberazione della città di Mosul iniziate dal Governo iracheno nell'ottobre 2016 ed è notizia di queste ultime ore la riconquista di un secondo ponte sul fiume Tigri che collega la zona vecchia della città ai suoi quartieri meridionali, dopo la liberazione della parte orientale a gennaio 2017;
   nel corso dell'offensiva e dell'occupazione delle milizie di Daesh nell'Iraq settentrionale le minoranze etnico-religiose sono state oggetto di massacri e violenze di massa, abusi sessuali e privazioni della libertà, in particolare per le donne e per i bambini; i sopravvissuti sono stati costretti a un esodo di massa; dei 550 mila yazidi, 360 mila risultano attualmente sfollati, mentre dei 60 mila cristiani nell'area ne restano ormai soltanto 10 mila;
   una delegazione dell'intergruppo d'amicizia Italia-Kurdistan iracheno si è recata a Sulaimaniya, Dohuk ed Erbil per incontrare esponenti politici e istituzionali, nonché rappresentanti delle comunità religiose yazida e siriaco-cattolica;
   durante la visita si è manifestato unanime riconoscimento circa la leadership italiana nel programma di addestramento della coalizione; uguale apprezzamento è stato espresso per l'impegno del Parlamento italiano volto al riconoscimento in sede internazionale del genocidio yazida e al deferimento del caso alla Corte penale internazionale;
   alla delegazione parlamentare è stato indirizzato l'invito a rafforzare, parallelamente all'impegno dei militari italiani, le iniziative di cooperazione bilaterale e multilaterale per costruire sicurezza e stabilità durature, nonché la necessità di aumentare gli interventi di assistenza e sostegno alle minoranze vittime di Daesh essenziali per la ricostruzione, riconciliazione e coesione della società irachena;
   risulta sempre più gravosa la risposta sanitaria per feriti e infortunati più gravi, in particolare tra i minori –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza volte a sviluppare, nel contesto della liberazione di Mosul e di una progressiva stabilizzazione del territorio iracheno, anche un dettagliato piano integrato d'intervento per la ricostruzione e la riconciliazione, con particolare riferimento alle minoranze vittime delle offensive e dei crimini efferati di Daesh per le quali si prospetterebbe, come unica alternativa, un esodo migratorio verso l'Europa. (3-02861)

AFFARI REGIONALI

Interrogazioni a risposta immediata:


  DI VITA, BARONI, LOREFICE, GRILLO, SILVIA GIORDANO, NESCI, MANTERO e COLONNESE. – Al Ministro per gli affari regionali. – Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità per il 2016 aveva fatto registrare un lieve incremento degli stanziamenti relativi al fondo nazionale per le politiche sociali, rifinanziandolo con circa 313 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017 e con circa 314 milioni di euro per l'anno 2018 e aumentando il fondo nazionale per la non autosufficienza a 450 milioni di euro, cui si aggiungono i 50 milioni di euro ricavati dal cosiddetto decreto-legge sul Mezzogiorno, per un totale di 500 milioni di euro;
   l'intesa Stato-regioni del 23 febbraio 2017 ha stabilito, per il 2017, il taglio da 50 milioni di euro al fondo nazionale per la non autosufficienza e da 211 milioni di euro al fondo nazionale per le politiche sociali, derivante dalle ricadute del contributo alla finanza pubblica a carico delle regioni stabilito a partire dalla legge di stabilità per il 2015 e che per il 2017 costerà a regioni e province autonome 2,691 miliardi di euro di minori introiti. Tali riduzioni sarebbero conseguenza di quell'intesa che, prevedendo la riduzione degli stanziamenti statali a favore delle regioni per un totale di 485,196 milioni di euro extrasanitari, ha contemplato gli effetti di tale riduzione su diverse voci di spesa tra le quali figurano il fondo nazionale per la non autosufficienza e quello per le politiche sociali per gli importi sopra menzionati;
   l'intesa è il frutto di un accordo esclusivo tra regioni e Ministero dell'economia e delle finanze, alla presenza del Ministro per gli affari regionali, senza la partecipazione, sin dalla fase istruttoria, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   il fondo nazionale per la non autosufficienza passerebbe da 311 a 99,7 milioni di euro, mentre il fondo nazionale per le politiche sociali perderebbe quei 50 milioni di euro ulteriori stanziati appena il giorno prima della citata intesa, nell'ambito della legge per la coesione sociale e il Mezzogiorno;
   appare dunque irragionevole, al limite del paradosso, che nel giro di ventiquattr'ore si sia realizzato un incremento e un decremento del medesimo fondo, tanto da suscitare unanime sdegno delle rappresentanze sindacali;
   la sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 2016 ha sancito un principio fondamentale: «è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione»;
   il Governo non può esimersi dal garantire un adeguato stanziamento di risorse economiche per assicurare i livelli essenziali di assistenza –:
   come il Governo intenda sopperire ai tagli dei fondi necessari ad assicurare i diritti incomprimibili delle fasce più deboli della società, indicando l'esatta riduzione, regione per regione, dei fondi che sono stati decurtati a discapito dei servizi e delle prestazioni che tutte le regioni devono garantire. (3-02853)


  CALABRÒ. – Al Ministro per gli affari regionali. – Per sapere – premesso che:
   secondo i dati riportati dall'Istat in Italia nel 2016 sono nati 476 mila bambini (ancora meno dei 486 mila del 2015). La fecondità è stimata a 1,34 figli per donna;
   la crisi economica che ha colpito così duramente il nostro Paese è uno dei motivi che hanno determinato il calo delle nascite. Il Governo è intervenuto con il «bonus nido» introdotto dal 1° gennaio 2017. Tale misura permetterà alle famiglie di iscrivere con più facilità i propri figli agli asili nido;
   tra l'altro, la legge di bilancio per il 2017 ha confermato il voucher baby sitter e asilo nido varati nel corso della legge di stabilità per il 2016;
   inoltre, il Governo ha previsto il cosiddetto «bonus mamma domani» o «premio alla nascita», valido dal 1° gennaio 2017, che comporta un premio una tantum di 800 euro da elargire alle future mamme al settimo mese di gravidanza;
   accanto a queste importanti e fondamentali norme occorrono misure strutturali che permettano di implementare il numero delle nascite nel nostro Paese, favorendo e sostenendo le giovani coppie, invertendo, così, una tendenza al calo registrata dai dati Istat;
   è naturale che un auspicato incremento delle nascite possa assicurare per il futuro la crescita economico-sociale del nostro Paese ed una «tenuta» maggiore del nostro sistema previdenziale –:
   quali iniziative e misure strutturali il Governo intenda adottare (indicandone anche i tempi di attuazione) che possano essere da stimolo alla genitorialità e rappresentare un reale sostegno ai nuclei familiari con più figli e a quelli di nuova costituzione, al fine di incrementare il numero delle nascite nel nostro Paese.
(3-02854)


  MONCHIERO. – Al Ministro per gli affari regionali. – Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, commi 521-536, della legge n. 208 del 2015 concerne la pubblicazione dei bilanci di esercizio degli enti del servizio sanitario nazionale e l'attivazione, da parte dei medesimi enti, di un sistema di monitoraggio delle attività assistenziali e della loro qualità, introducono l'obbligo di adozione e di attuazione di un piano di rientro per le aziende ospedaliere o ospedaliero-universitarie e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici che presentino un determinato disavanzo o un mancato rispetto dei parametri relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure e prevedono un'estensione dell'istituto del piano di rientro, a decorrere dal 2017, alle aziende sanitarie locali ed ai relativi presidi ospedalieri;
   in particolare, i commi 524 e 525 prevedono che l'individuazione degli enti che rientrino in almeno una delle due fattispecie (disavanzo o mancato rispetto dei parametri) è operata, per il 2016, entro il 31 marzo e, successivamente, entro il 30 giugno di ogni anno da parte della regione, con provvedimento della giunta regionale o del commissario ad acta (ove presente). Riguardo alla prima fattispecie, si fa riferimento alla sussistenza di un disavanzo tra i costi ed i ricavi (derivanti dalla remunerazione delle attività da parte del servizio sanitario regionale) pari o superiore al 10 per cento dei medesimi ricavi o pari, in valore assoluto, ad almeno 10 milioni di euro;
   l'articolo 1, comma 390, della legge n. 232 del 2016 ha modificato la definizione di disavanzo, sostituendo il parametro del 10 per cento con quello del 7 per cento e riducendo da 10 a 7 milioni il parametro in valori assoluti;
   il piano di rientro deve essere presentato alla regione, da parte dell'ente interessato, entro i 90 giorni successivi all'emanazione del provvedimento regionale di individuazione degli enti e riguardare un periodo di tempo non superiore al triennio, con la definizione delle misure idonee al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario e patrimoniale e/o (a seconda dei casi) al miglioramento della qualità delle cure e all'adeguamento dell'offerta. Tale piano è approvato dalla regione secondo le procedure previa una valutazione positiva circa l'adeguatezza delle misure proposte, la loro coerenza con la programmazione sanitaria regionale o, ove presente, con il piano di rientro regionale dal disavanzo sanitario –:
   a quante aziende sanitarie ospedaliere le regioni abbiano richiesto la presentazione di un piano di rientro e quanti di questi siano stati, ad oggi, approvati.
(3-02855)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il castello di Sammezzano, che si trova nel comune di Reggello in provincia di Firenze, più precisamente nella frazione di Leccio, rappresenta il più importante esempio di architettura eclettica presente in Italia;
   l'area è composta anche da un grandissimo parco fatto costruire a metà dell'Ottocento da Ferdinando Panciatichi, che vi fece piantare una grande quantità di specie arboree esotiche: negli anni alcune sono andate perdute e, solo recentemente, si è iniziato a ripiantare alcune delle essenze scomparse al fine di recuperare e valorizzare la ricchezza botanica originale;
   il complesso è sempre stato di proprietà privata e per circa venti anni, dal 1970 al 1990, ha avuto una funzione ricettiva come albergo e ristorante; tuttora, la destinazione urbanistica è turistico-alberghiera anche se ogni attività prevista al suo interno deve rispettare determinati requisiti in quanto è un bene sottoposto ai vincoli della Soprintendenza;
   oggi la proprietà fa capo a una società inglese che lo rilevò da un fallimento ma, da venticinque anni, è in stato di abbandono flagellato dai danni del tempo, delle intemperie e dei vandali;
   negli ultimi due anni il castello e parco annesso sono stati sottoposti ad aste giudiziarie: la prossima è prevista per maggio;
   per evitare che il complesso continui a versare in questo stato di degrado, vista la grande richiesta di visita da parte di turisti italiani e non, da oltre diciotto mesi il movimento civico «Save Sammezzano» è impegnato a sensibilizzare cittadini e istituzioni sulla rilevanza artistico-monumentale di Sammezzano e sull'importanza di tutelarlo, valorizzarlo e soprattutto renderlo fruibile dal pubblico;
   la straordinaria mobilitazione civica ha portato il Castello e il parco di Sammezzano a vincere il concorso «I Luoghi del Cuore», promosso dal Fai, con 50.141 voti e ciò ha dimostrato quanto questo complesso sia uno dei luoghi più desiderati dai visitatori, italiani;
   attualmente, mancano i requisiti legali e di sicurezza per consentire al suo interno visite didattiche e attività museale –:
   se il Governo intenda esercitare la prelazione sull'atto di vendita del castello di Sammezzano o trasferirne la facoltà alla regione o ad altri enti pubblici territoriali interessati e, ove non fosse possibile, in seconda battuta se intenda assumere iniziative di competenza per favorire interventi privati, volti alla messa in sicurezza e alla fruibilità pubblica del castello di Sammezzano. (5-10761)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


  FASSINA, PAGLIA e MARCON. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   nell'ambito dell'inchiesta avviata dalla procura di Napoli denominata «Facility management 4», è stato interrogato, come persona informata sui fatti ed in qualità di attuale amministratore delegato della Consip cpa (la centrale di committenza nazionale chiamata a realizzare il programma di razionalizzazione degli acquisti nella pubblica amministrazione), il dottor Luigi Marroni;
   dalle sue deposizioni sarebbe emerso che il Ministro Luca Lotti gli avrebbe riferito di un'indagine in atto a carico della Consip spa, circostanza che lo avrebbe indotto a chiedere la bonifica dei suoi uffici dai dispositivi di intercettazione nel frattempo installati da carabinieri e Guardia di finanza, rendendolo così, a sua volta, responsabile di uno sviamento delle indagini;
   al fine di assicurare la tutela degli interessi pubblici e la corretta gestione delle risorse, salvaguardando altresì l'immagine del socio pubblico, il Ministero dell'economia e delle finanze, con direttiva del 24 giugno 2013, ha dettato al dipartimento del tesoro i criteri di eleggibilità e gli indirizzi da osservare nelle procedure di selezione dei componenti degli organi di amministrazione delle società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero;
   quanto alle nomine, la suddetta direttiva ha rafforzato i requisiti di onorabilità e di professionalità richiesti agli amministratori ed individuato le tappe di un processo trasparente ed oggettivo di valutazione di tali requisiti, preliminare alla designazione dei candidati da parte del Ministro, nell'ambito delle sue funzioni di indirizzo politico-amministrativo. La stessa ha introdotto, inoltre, specifici parametri per la valutazione della competenza professionale e dell'esperienza dei candidati, con una particolare attenzione ai requisiti di eleggibilità richiesti ai fini della nomina come amministratore delegato;
   secondo quanto prescritto dalla richiamata direttiva l'istruttoria sulle singole candidature deve essere svolta dal dipartimento del tesoro, con il supporto, nel processo di ricerca e valutazione dei candidati, di due società specializzate nel recruiting di top manager, la Spencer Stuart Italia e la Korn Ferry intl., individuate con una specifica procedura di selezione. Al termine dell'istruttoria sulle candidature e previo parere favorevole di un comitato di garanzia, al Ministro interrogato viene proposta una short list di nominativi unitamente ad una relazione di sintesi sui criteri di selezione adottati e sui profili dei candidati proposti –:
   se per la nomina del dottor Luigi Marroni alla carica di amministratore delegato della Consip siano state osservate tutte le prescritte procedure e quali fossero, all'epoca, gli altri competitor inclusi nella relativa short list. (3-02856)


  BRUNETTA. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   nella vicenda Consip diventano centrali le dichiarazioni dell'amministratore delegato, Luigi Marroni, nominato a giugno 2015, sentito dai magistrati come persona informata sui fatti;
   Marroni ha raccontato di un vero e proprio «ricatto» subito, di pressanti «richieste di intervento» – provenienti da un «livello istituzionale altissimo» – sulle commissioni di gara per favorire una specifica società, di «incontri» riservati, di «aspettative ben precise» sull'assegnazione di gare d'appalto indette dalla Consip, del valore di centinaia di milioni di euro;
   Marroni, tuttavia, nonostante si sia dichiarato «molto turbato» dalle pressioni ricevute, non ha né sospeso, né revocato la procedura per l'appalto su cui avrebbe subito ricatti; nei verbali risulta persino che Marroni abbia dichiarato di aver fatto rimuovere le microspie piazzate dai carabinieri del nucleo operativo ecologico nel suo ufficio, senza rendere alcuna formale segnalazione o denuncia sia delle pressioni, sia delle microspie rimosse, né all'interno della struttura aziendale, né all'autorità giudiziaria;
   tali gravi omissioni hanno riguardato anche il Ministero dell'economia e delle finanze, azionista unico di Consip, con ciò determinando precise violazioni di obblighi da statuto (articolo 11.7, che prevede rapporti trimestrali al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministro sull'andamento dell'amministrazione e della gestione) e codice etico (articolo 3.2), non essendosi attenuto alla prescrizione che impone di «operare nei rapporti con i terzi con imparzialità, trasparenza e correttezza, evitando di instaurare relazioni che siano frutto di sollecitazioni esterne o che possano generare un conflitto di interesse»;
   a fronte di tali comportamenti sconcertanti – per i quali già si profilano risvolti di responsabilità sociale dell'amministratore, nonché erariale e per danno all'immagine – nessun intervento è stato adottato dal socio unico di Consip nei confronti degli amministratori interessati, mentre si apprende che il Ministro interrogato avrebbe già riconfermato la fiducia all'amministratore delegato, nonostante questi gli abbia offerto la propria disponibilità a lasciare l'incarico –:
   se sia stato informato tempestivamente, a norma di statuto, delle gravi compromissioni dell'azione amministrativa in corso presso Consip e, in caso contrario, quali iniziative intenda adottare tenuto conto della violazione di espressi obblighi da statuto e codice etico, non essendo state fornite al Ministero dell'economia e delle finanze, agli organi societari e agli inquirenti le informazioni sulle pressioni che l'amministratore delegato di Consip ha riferito (solo ora) di avere ricevuto, e per quali ragioni il Ministro interrogato avrebbe rinnovato la fiducia all'amministratore delegato, anziché convocare l'assemblea per sollevarlo dall'incarico, sostituire tutto il consiglio d'amministrazione e adottare i provvedimenti richiesti in tale situazione. (3-02857)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in Sicilia la riscossione pubblica dei tributi avviene tramite Riscossione Sicilia s.p.a.; la regione Sicilia detiene il 99,885 per cento delle azioni di RISCOSSIONE SICILIA mentre il restante pacchetto azionario, pari allo 0,115 per cento è comunque in capo a Equitalia s.p.a., a sua volta detenuta da INPS e Agenzia delle entrate;
   recentemente il CEO di Riscossione Sicilia Fiumefreddo il 15 febbraio audito a Roma in Commissione Antimafia ha dichiarato «Riscossione Sicilia negli ultimi 10 anni non ha riscosso 52 miliardi di euro, ho trovato una società con dati devastanti: al 2015 Riscossione siciliana, che dovrebbe incassare 5 miliardi e 700 milioni l'anno, ne incassava 480 milioni ovvero l'8 per cento di quanto avrebbe dovuto riscuotere. Percentuale che diventa ancora più scandalosa man mano che si sale di reddito: per chi dichiarava più di mezzo milione di euro, la riscossione era ferma al 3,66 per cento, con un vulnus incredibile rispetto anche al resto del Paese»;
   sempre in Commissione Antimafia Fiumefreddo ha detto «Abbiamo segnalato all'Anac la irregolarità di tutti gli appalti siciliani. In Sicilia gli appalti pubblici, qualunque sia la stazione appaltante, si tengono con autocertificazioni relative alla cosiddetta regolarità fiscale in quanto non è mai pervenuta l'istanza di regolarizzazione fiscale. Per questa ragione, abbiamo segnalato la necessità di chiedere il certificato all'esattoria»;
   i giornali nazionali hanno riferito a partire dal 2 marzo 2017 che ben 9 dipendenti di Riscossione Sicilia non facevano pagare le tasse ad alcuni politici regionali di rilievo; i 9 dipendenti in questione di Riscossione Sicilia sono ora indagati dalla procura della Repubblica di Catania;
   lo Stato detiene un pacchetto azionario, sia pur minimale di Riscossione Sicilia, e comunque le entrate erariali derivanti dalla Riscossione in Sicilia sono a dir poco deludenti per la Repubblica italiana;
   come il Ministro interrogato azionista e interessato al buon flusso delle entrate riscossive, intenda venire a capo, per quanto di competenza, della grave situazione denunciata dal CEO Fiumefreddo di Riscossione Sicilia e al grave quadro emergente dai favori ai politici per la sospensione fittizia alle loro cartelle esattoriali;
   se siano state intraprese attività di audit e di vigilanza su Equitalia anche in regioni diverse dalla Sicilia per la presenza di eventuali «situazioni di vantaggio» garantite ad esponenti politici;
   se siano state intraprese attività di audit e di vigilanza su Equitalia anche in regioni diverse dalla Sicilia in relazione a «situazioni di vantaggio riguardanti la riscossione con riferimento a persone fisiche e giuridiche connesse alla mafie e al crimine organizzato. (5-10757)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZARDINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in linea con la disciplina europea, con il decreto legislativo n. 28 del 2010 è stato introdotto nel quadro normativo italiano l'istituto della mediazione quale procedimento per le controversie di modesta entità, così come definito dal Regolamento sulle (online dispute resolution) (21 maggio 2013) nonché dalla direttiva 2013/11/UE cosiddetta direttiva sull’(alternative dispute resolution) per i consumatori, che è stata attuata con decreto legislativo 6 agosto 2015, n. 130, il quale ha modificato e integrato il codice del consumo;
   con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, è stata reintrodotta l'obbligatorietà della mediazione, individuando in essa un sistema complementare, ma non esclusivo né esaustivo della domanda di giustizia dei cittadini (siano essi persone fisiche, professionisti o imprese), che consente, tuttavia, di contenere la durata dei procedimenti, di introdurre l'informatizzazione dei procedimenti, di controllare e gestire i flussi, di introdurre le specializzazioni, di migliorare le risorse, di introdurre filtri in appello, di liberalizzare le tariffe professionali;
   la norma prevede, fra l'altro, la reintroduzione dell'obbligatorietà della mediazione (articolo 5, comma 1-bis, decreto legislativo n. 28 del 2010): «Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate»;
   il nuovo articolo 5, comma 1-bis del decreto legislativo n. 28 del 2010, ha però previsto che l'obbligatorietà della mediazione abbia natura transitoria e sperimentale: essa, difatti, ha efficacia per i quattro anni successivi alla data dell'entrata in vigore della riforma del 2013 (21 settembre 2013), pertanto, salvo ulteriori interventi normativi, le controversie vertenti nelle materie elencate nell'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 28 del 2010, a decorrere dal 21 settembre 2017 non risulteranno più assoggettate alla disciplina della mediazione obbligatoria. In altri termini, tali controversie soggiacciono alla disciplina della mediazione obbligatoria solo se instaurate tra il 21 settembre 2013 ed il 20 settembre 2017;
   con decreto ministeriale 7 marzo 2016 è stata costituita presso l'ufficio legislativo del Ministero della giustizia una «Commissione di studio per l'elaborazione di ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all'arbitrato», che fissava al 30 settembre 2016 il termine per la consegna della relazione e delle proposte di disciplina;
   prorogato detto termine con decreto ministeriale, in data 18 gennaio 2017 è stato consegnato il risultato dei lavori, con una relazione recante «proposte normative e note illustrative»;
   in tale relazione le ADR sono intese in una duplice funzione: come tecnica per migliorare e agevolare l'accesso alla giustizia e come tecnica per filtrare i procedimenti rivolti al giudice ordinario, quale tentativo di risolvere i conflitti prima che essi si incardinino nel sistema giudiziario, evidenziando la necessità di garantire continuità a tale istituto –:
   se, mantenendo l'Italia in linea con la disciplina normativa europea, il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per prorogare o per proporre senza limiti l'obbligatorietà del ricorso alla mediazione per le materie elencate nell'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 28 del 2010. (5-10756)


   LATRONICO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 22 dicembre 2016 si sono chiuse le iscrizioni al bando di concorso per 800 assistenti giudiziari indetto dal Ministero della giustizia. Dopo oltre 20 anni è stato bandito il concorso per arginare i vuoti di organico che stanno mettendo in difficoltà i tribunali e risolvere la delicata questione dei precari della giustizia che non hanno trovato un'adeguata soluzione;
   sono ammessi a partecipare al concorso oltre ai possessori dei titoli di laurea in discipline giuridiche o equivalenti, anche chi possiede un diploma di istruzione secondaria di secondo grado quinquennale o altro diploma dichiarato equivalente o equipollente determinando un numero sproporzionato di candidati;
   il concorso per cancellieri si articola in un test scritto e in un esame orale volto anche ad accertare le competenze linguistiche e informatiche dei candidati, ma visto che le domande di partecipazione sono state oltre 308.000, gli aspiranti cancellieri dovranno sostenere anche la prova preselettiva come previsto nel bando, qualora il numero di iscritti al concorso per 800 cancellieri fosse 5 volte superiore ai posti in palio (più di 4 mila candidati);
   dal messaggio pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 3 marzo 2017 il diario d'esame e i criteri per l'attribuzione dei punteggi a cui dovrebbero essere ammessi solo 3.200 partecipanti è slittato ancora. In origine, la comunicazione delle sedi e delle date delle prove preselettive era prevista per il 14 febbraio 2017, ma l'elevato numero degli aspiranti «amministrativi» nei tribunali, le date e le sedi delle prove preselettive non sono ancora state rese note e lo saranno «salvo ulteriori rinvii», sulla Gazzetta ufficiale concorsi del 4 aprile 2017;
   a giudizio dell'interrogante, la vastissima platea di partecipanti risulta difficilmente gestibile e rischia di compromettere il regolare espletamento del concorso e potrebbe rivelarsi una delusione per i partecipanti ed un inutile e gravoso costo per l'erario in termini di risorse di personale e costi di partecipazione per i candidati;
   è evidente che ogni candidato che dovesse superare le prove dovrebbe sostenere spese rilevanti per il trasferimento a Roma per lo svolgimento del concorso ed è indubbio che non esiste una disponibilità di posti così concentrata per il viaggio verso Roma e che ci sarebbero oggettive discriminazioni nel partecipare a tale concorso per tutti i fuori sede –:
   se il Ministro interrogato ritenga necessario assumere iniziative per verificare lo stato di attuazione del concorso e quali iniziative intenda adottare per rendere effettivo l'espletamento delle selezioni, considerando l'utilizzo di strutture a base regionale al fine di mettere tutti i candidati nelle medesime condizioni di partecipazione. (5-10758)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta all'interrogante, presso la procura della Repubblica di Avellino il posto riservato alla figura di dirigente amministrativo, ad oggi, risulta vacante;
   risulta altresì che per un certo periodo di tempo è stato nominato un dirigente «reggente», il quale, dopo aver vinto il concorso in altra sede, ha lasciato quella di Avellino;
   la procura di Avellino si trova, quindi, senza dirigente amministrativo in un momento molto particolare, considerato il grande carico di lavoro e soprattutto gli importanti processi in corso, come, ad esempio, quello riguardante la cosiddetta strage del viadotto di Acqualonga e l'ex isochimica di Borgo Ferrovia;
   in questi giorni sono emerse le priorità nazionali per ricoprire questo ruolo in alcune sedi, tra le quali, tuttavia, non figura quella della procura di Avellino –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere per risolvere in via prioritaria ed urgente il grave problema della mancanza di un dirigente amministrativo presso la Procura della Repubblica di Avellino. (4-15823)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sono stati nuovamente bloccati i lavori del terzo macrolotto della strada statale n. 106 Ionica, un lavoro da oltre un miliardo di euro di costo complessivo che interessa i trentotto chilometri di percorso compresi tra l'innesto della strada statale n. 534 sino a Roseto Capo Spulico;
   il terzo macrolotto ricade nell'ambito di applicazione della legge n. 443 del 2001, recante «Delega al Governo in materia di infrastrutture e insediamenti produttivi di interesse nazionale», la cosiddetta legge obiettivo, ed era un intervento inserito nel primo programma delle infrastrutture strategiche di cui alla delibera CIPE n. 121 del 2001;
   la realizzazione dell'opera infrastrutturale era stata prevista anche dall'accordo di programma per il sistema delle infrastrutture di trasporti nella regione Calabria, stipulato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con la regione Calabria in data 16 maggio 2002, e fu poi inserita nel piano dell'Anas per il periodo 2003-2012, e nel piano degli investimenti Anas per il quadriennio 2007-2011;
   nel dicembre 2008 l'Anas ha emesso il bando con una base d'asta di poco più di 960 milioni di euro, alla quale ha fatto seguito l'aggiudicazione provvisoria dei lavori in capo alle società Astaldi e Impregilo per 791 milioni di euro nel dicembre 2010, poi rimasta bloccata per un anno a causa di una clausola della delibera del Cipe n. 103 del 2007 relativa alla effettiva disponibilità dei fondi previsti;
   nel dicembre 2011 una nuova delibera del Cipe ha disposto la cancellazione di tale clausola, consentendo all'Anas di aggiudicare definitivamente l'appalto, cosa poi avvenuta nel febbraio 2012 in favore delle società Astaldi, capogruppo, con il sessanta per cento, e Impregilo con una partecipazione minoritaria del quaranta per cento;
   nell'agosto del 2016, dopo ben quindici anni dall'avvio dell’iter burocratico per la realizzazione del tratto stradale, il Cipe ha approvato la prima parte, relativa una spesa di 276 milioni di euro, del progetto definitivo del macrolotto, «con l'impegno all'approvazione in tempi brevi della seconda tratta» e dei relativi finanziamenti, pari a 842 milioni di euro;
   il 1o marzo 2017 la Corte dei conti ha rinviato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la parte di progetto che aveva già ritenuto finanziabile, formulando alcuni rilievi e chiedendo chiarimenti entro i successivi venti giorni, ma il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ritenuto di ritirare la delibera, riportando tutto l’iter del progetto indietro di un intero anno;
   la strada statale Jonica è una delle strade con il più alto tasso di incidenti mortali di tutta l'Italia, e ogni intervento di ammodernamento e messa in sicurezza dovrebbe essere considerata di interesse prioritario per tutti gli organismi coinvolti nella fase decisionale e di erogazione dei finanziamenti;
   il ritiro della delibera senza alcun tentativo di rispondere ai rilievi formulati dalla Corte dei conti lascia supporre che l'atto fosse davvero inadeguato, e ha fatto nascere il sospetto, pubblicamente espresso da parte dell'associazione «Basta Vittime Sulla Strada Statale 106», che «la presentazione della delibera Cipe ad agosto 2016 è stata semplicemente una manovra politica di bassa lega che costoro hanno intentato ai danni della popolazione calabrese in vista del referendum costituzionale di dicembre» –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere per consentire la realizzazione del terzo macrolotto della strada statale n. 106. (4-15835)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   l'11 agosto 2013 l'avvocato Giuseppe Paladino si recava con la famiglia a Palinuro (Salerno) per trascorrere una tranquilla domenica al mare;
   giunto sulla celebre spiaggia delle Saline nel Comune di Centola (Salerno) si accorgeva che, nonostante la bandiera rossa segnalasse il divieto di balneazione, un ragazzo e una ragazza, entrambi giovanissimi, erano entrati in acqua e trascinati a largo dalle correnti non riuscivano più a tornare a riva ostacolati dalle altissime onde;
   senza esitare un attimo, l'avvocato Paladino si tuffava riuscendo a portare in salvo la ragazza;
   immersosi nuovamente, tentava di raggiungere anche il ragazzo ma, colto da improvviso malore, era costretto a fermarsi a metà percorso;
   lanciato l'allarme dai bagnanti che assistevano alla drammatica scena, numerosi soccorritori, bagnini e volontari, tentavano di salvare il valoroso professionista che, oramai non più cosciente, affondava e riaffiorava tra i flutti violenti di un mare sempre più agitato;
   trasportato a fatica in spiaggia, all'avvocato Paladino veniva praticato il massaggio cardiaco, in attesa dei sanitari del 118, ma, dopo qualche minuto, spirava per asfissia da annegamento;
   il tentato soccorso conclusasi con questo drammatico evento ha suscitato da subito unanime apprezzamento e commossa ammirazione nella pubblica opinione, ricevendo vasta eco nell'informazione radio-televisiva e della carta stampata;
   il gesto coraggioso compiuto dall'avvocato Paladino che non ha esitato a rischiare la propria vita fino al sacrificio estremo, pur di trarre in salvo due persone, a lui sconosciute, che versavano in una condizione di grave e imminente pericolo, costituisce una nobile espressione di altruismo e una altissima manifestazione di straordinario spirito civico;
   sussistendone a pieno i presupposti e le condizioni, il comune di Centola (Salerno) nel cui territorio i fatti sono avvenuti, con delibera di giunta comunale n. 143 del 28 agosto 2013 e il comune di Gala Consilina (Salerno), quale luogo di residenza del compianto avvocato Paladino, con delibera del Consiglio comunale n. 19 del 9 ottobre 2013, chiedevano la concessione di ricompensa al valore civile ai sensi degli articoli 1 e seguenti della legge 2 gennaio 1958, n. 13;
   a distanza di oltre tre anni dalla formulazione della indicata proposta, inoltrata alla prefettura di Salerno, non risulta intervenuta alcuna determinazione conclusiva del procedimento –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interpellato per fornire tutti i necessari chiarimenti in ordine all'esito della richiesta di concessione di ricompensa al valore civile della quale, a oggi, non risultano notizie.
(2-01700) «Sarro, Occhiuto».

Interrogazione a risposta immediata:


  FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   recentemente il tribunale amministrativo regionale della Liguria ha dichiarato illegittimo il diniego del permesso di soggiorno, disposto dalla questura di La Spezia, nei confronti di un extracomunitario a seguito di due condanne per reati inerenti sostanze stupefacenti, per non aver valutato, nel caso, i legami familiari di quest'ultimo in Italia;
   sempre giorni fa, lo stesso tribunale amministrativo regionale avrebbe accolto un analogo ricorso, presentato da uno straniero, precedentemente condannato per furto aggravato, al quale la questura di Savona aveva successivamente revocato il permesso di soggiorno dell'Unione europea per soggiornanti di lungo periodo, per non aver quest'ultima adeguatamente dato «conto della gravità del reato commesso dal ricorrente e della conseguente pericolosità sociale dello stesso», non desumibile solo dal reato commesso, né fornito «un giudizio negativo o quantomeno sub valente in ordine all'inserimento familiare sociale e lavorativo» del ricorrente, tali da giustificare la revoca disposta;
   in merito alla revoca del permesso di soggiorno di lungo periodo, il comma 7, lettera c), dell'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per i casi in cui manchino o vengano a mancare le condizioni per il suo rilascio, fa richiamo al precedente comma 4;
   il comma 4 dispone in merito ai casi di diniego del permesso di soggiorno di lungo periodo e, richiamando ulteriori elementi di valutazione, fa però eccezione rispetto alle previsioni di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 286 del 1998 per il rilascio del permesso di soggiorno;
   pertanto, nei casi di cittadini extracomunitari che soggiornano in Italia da lungo periodo e che abbiano commesso dei reati, per effetto di tale interpretazione giurisprudenziale, confermata anche dalle sentenze richiamate in premessa, di fatto, i casi di diniego e revoca del permesso di soggiorno e di allontanamento degli stessi stranieri risultano fortemente limitati, rendendo sostanzialmente priva di effetto la normativa in materia a discapito dei legittimi diritti dei cittadini in tema di sicurezza –:
   quali iniziative di competenza, in particolare normative, il Governo intenda adottare affinché possa efficacemente operare la revoca del permesso di soggiorno, anche di lungo periodo, e l'allontanamento degli stranieri titolari che abbiano commesso dei reati in Italia, in particolare a seguito di condanne per reati inerenti alle sostanze stupefacenti. (3-02851)

Interrogazioni a risposta orale:


   CRIMÌ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la questura di Vicenza ha un territorio di competenza di circa 2700 chilometri quadrati, una popolazione di circa 900,000 abitanti ed una problematica situazione relativa alla sicurezza che è qui sotto descritta;
   alcune zone di Vicenza, sono particolarmente critiche per quanto riguarda la presenza di piccola criminalità straniera, di spaccio di sostanze stupefacenti e le istituzioni faticano a mantenere il controllo. La mappa redatta dal comando provinciale dei carabinieri di Venezia, citata nel rapporto della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo pubblicato nel 2016, precisa la situazione. La presenza e l'attività delle mafie nella regione del Veneto sono state espresse in occasione di molteplici iniziative ad opera di forze politiche, associazioni di categoria, rappresentanti sindacali, associazioni del terzo settore, come avviso pubblico, Arci, Legambiente e Libera. Nel 2002, ad esempio, il Ministero dell'interno afferma che da tempo nella zona di Vicenza si sono insediati: «... soggetti pregiudicati legati alle famiglie d'origine, che svolgono funzioni logistiche e di coordinamento dei più vari interessi illegali ... operando nei settori dei reati predatori, del narcotraffico e del riciclaggio». Secondo uno studio del Centro interuniversitario dell'università dei Sacro Cuore di Milano, il nord rappresenta il grande serbatoio di guadagni per le organizzazioni mafiose (2013). In questo studio il Veneto è al primo posto della classifica quando si parla di mercato illegale di rifiuti speciali che vede un ricavo stimato di 149 milioni all'anno;
   la provincia di Vicenza, da dati della Banca d'Italia, è la terza nel Veneto dopo Padova e Verona per riciclaggio di denaro sporco, con 923 operazioni segnalate;
   per quanto riguarda la capacità di reazione ad eventuali eventi terroristici, si stima che il personale presente nell'immediatezza in città, o in provincia, sia largamente insufficiente. Inoltre è preoccupante il declassamento della sezione della polizia ferroviaria di Vicenza a sottosezione, nonostante la stazione di Vicenza sia anch'essa un obiettivo potenziale per attentati terroristici;
   Vicenza è infatti sede di importanti strutture industriali e commerciali, nonché di basi militari americane e di scuole militari e di polizia, che determinano un continuo movimento di operatori dei vari settori e di materiali e merci – anche pericolose. Sono già stati effettuati, inoltre, in passato, sul territorio della città, arresti di elementi potenzialmente pericolosi in quanto legati ad organizzazioni terroristiche –:
   se sia a conoscenza che la carenza di organico delle forze di polizia a Vicenza possa effettivamente mettere a repentaglio la normale operatività delle forze, dell'ordine e compromettere il controllo del territorio e le capacità investigative delle stesse;
   se sia a conoscenza che nella questura di Vicenza sono in servizio 230 agenti, più del 30 per cento in meno di quelli previsti dalla pianta organica ferma al 1989 e che la diminuzione delle risorse assegnate alla polizia stradale di Vicenza ha comportato addirittura l'impossibilità di mantenere sulle strade una macchina della polizia 24 ore su 24 ore;
   quali azioni intenda intraprendere per assegnare più personale e le dotazioni tecniche necessarie alla questura, alla polizia ferroviaria, alla polizia stradale di Vicenza, alla polizia penitenziaria della casa circondariale di Vicenza;
   quali iniziative intenda intraprendere per il mantenimento e il potenziamento della sezione della polizia postale e delle comunicazioni di Vicenza e delle altre province del Veneto. (3-02850)


   DAGA, BUSTO, FRUSONE, DE ROSA, VIGNAROLI e MICILLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa (fonte Metropolis) si è appreso che, sin dal 2011, la procura della Repubblica presso il tribunale di Torre Annunziata aveva dato corso ad una indagine che, a quanto era dato sapere, coinvolgeva sia i vertici amministrativi della Gori s.p.a., società che gestisce il servizio idrico in buona parte della Campania in virtù di una convenzione ventennale, che diversi esponenti politici locali;
   è opportuno ricordare come Gori s.p.a., nata come società a capitale interamente pubblico, si trasformò in società partecipata a seguito dell'alienazione del 19 per cento del proprio capitale avvenuta per trattativa negoziata con il gruppo di imprese con mandataria Acea s.p.a, poi divenute Sarnese Vesuviano s.r.l. controllata in via esclusiva sempre da Acea s.p.a.;
   detta indagine, in particolare, avrebbe ad oggetto non solo gli appalti e le consulenze affidate dalla Gori e, in alcuni casi, subappaltate ad altre società, ma anche una serie di assunzioni clientelari che rappresenterebbero un termine di scambio fra socio pubblico e privato per concludere il business della privatizzazione dell'acqua avvenuta a partire dal 2002;
   a quell'epoca risaliva la cessione da parte dell'Ato 3 campano del 25 per cento delle quote della Gori s.p.a. (fino ad allora società interamente pubblica) ad un partner privato che, sebbene socio di minoranza, avrebbe mantenuto la prerogativa esclusiva di esprimere l'amministratore delegato della società oramai privatizzata;
   secondo le indagini all'epoca avviate dalla Guardia di finanza di Massa Lubrese, partendo dagli uffici della Gori s.p.a. di Piano di Sorrento, molti politici ed amministratori locali, facendo leva sul loro «peso politico» nei territori ricompresi nell'Ato 3, si sarebbero rivolti all'allora nascente società per far assumere loro parenti, grandi elettori e clientele. Peraltro, a quell'epoca, risalgono centinaia di assunzioni e la Gori s.p.a., anche a fronte di reiterate richieste formulate in sedi istituzionali ed alle giunte regionali succedutesi nel tempo, non ha mai inteso fare chiarezza sui criteri con cui quelle assunzioni vennero fatte ed il cui peso complessivo grava enorme ente sul disastrato bilancio della società partecipata;
   da successivi incontri avvenuti con il Procuratore generale del tribunale di Torre Annunziata si è avuto riscontro che è ancora in corso la fase di indagine e che non risulterebbe, a quanto consta agli interroganti, alcun provvedimento emerso in merito, né di rinvio a giudizio dei soggetti indagati, né di archiviazione;
   del tutto privo di giustificazione apparente risulta per gli interroganti il notevole lasso di tempo ad oggi intercorso dall'avvio dell'indagine in parola che di per sé, nel consolidare assunzioni lavorative di dubbia legittimità ed appalti irregolari, aggrava enormemente sia le fattispecie di reato ipotizzate, sia il danno per l'erario di una società in quota parte ancora pubblica –:
   se non si intenda valutare se sussistano i presupposti per procedere all'invio di ispettori ministeriali presso la procura di Torre Annunziata, alla luce delle criticità sopra evidenziate. (3-02862)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MONGIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle prime ore della mattina del 5 marzo 2017, due automezzi della polizia di Stato del reparto prevenzione crimine, presenti da alcuni giorni nella città di San Severo (Foggia), per un controllo particolare del territorio volta a fare luce sui numerosi fenomeni criminosi in atto, sono stati raggiunti da diversi colpi di arma da fuoco, mentre erano in sosta dinanzi una struttura alberghiera in piazza della costituzione nei pressi della stazione ferroviaria;
   purtroppo tali tipologie di fenomeni criminosi non sono sconosciuti al territorio di san Severo, ma l'episodio del 5 marzo 2017 rappresenta senz'altro un precedente unico di inaudita gravità;
   il Ministro interrogato, al riguardo, solo pochi giorni precedenti all'attentato aveva rassicurato le amministrazioni locali che lo Stato avrebbe fatto sentire la propria presenza, intraprendendo azioni specifiche da valutare in seno ad un tavolo tecnico;
   nell'immediato, sono stati inviati contingenti di persona e mezzi del reparto prevenzione crimine che, hanno presidiato il territorio, ma nonostante tali misure, la risposta della malavita è stata ancora più feroce e di sfida ripetuta;
   in pochi giorni, infatti, alcuni altri negozi della cittadina pugliese, hanno subito nuove rapine mentre durante la notte vi è stato un furto in un esercizio commerciale vicino al palazzo municipale;
   in tale situazione di elevatissima emergenza per la sicurezza di tutta la cittadina di San Severo, la popolazione vive nella paura, sentendosi gravemente minacciata e colpita;
   i fatti descritti possono fare ipotizzare che sia in atto un'azione pericolosa e strategica contro lo Stato e, in concreto, fanno anche temere ai cittadini di San Severo di essere oggetto di una vera e propria guerra da parte della criminalità locale che si sta scagliando principalmente nei confronti della città;
   ad aggravare lo stato di terrore che si sta diffondendo nel territorio di San Severo concorrono anche le rivolte ed i fatti cruenti avvenuti nei campi degli immigrati, in particolare nella baraccopoli chiamata «Gran Ghetto», dove abitavano alcune centinaia di migranti impegnati nella raccolta dei prodotti agricoli nelle campagne della zona; tale baraccopoli è stata interessata da un rogo che ha provocato 2 vittime;
   San Severo, giova ad ogni modo ribadirlo, è una cittadina i cui abitanti, per la stragrande maggioranza, sono persone laboriose ed ossequiose delle regole del vivere civile che non devono essere lasciati soli, specialmente in questi momenti di massima crisi –:
   quali ulteriori elementi possa fornire il Ministro interrogato in merito ai recenti fenomeni di natura criminosa accaduti nel territorio del comune di San Severo;
   se non intenda assumere iniziative di natura eccezionale per fare fronte agli attacchi della criminalità presente sul territorio di San Severo, in maniera da stroncarne le attività definitivamente e ridare alla popolazione dell'area le condizioni di sicurezza e una qualità del vivere civile che, alla luce dei fatti accaduti, non sembrerebbero per nulla garantite.
(5-10760)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, QUARANTA, D'ATTORRE, PIRAS, MELILLA, DURANTI, NICCHI, SCOTTO, SANNICANDRO e KRONBICHLER. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 19 gennaio 2017 è stato presentato alle organizzazioni sindacali della polizia di Stato un piano di razionalizzazione dei presidi che prevede la soppressione o l'accorpamento di alcune articolazioni territoriali della polizia ferroviaria e della polizia stradale;
   tra i presidi interessati (prospetto Ministero dell'interno, dipartimento pubblica sicurezza, ufficio per le relazioni sindacali, protocollo n. 555/RS/01/58/18/000050) vi è quello della polizia stradale di Fano (Pu), che verrebbe soppresso con conseguente assegnazione del personale alla sottosezione autostradale;
   pur comprendendo le motivazioni generali alla base del piano di razionalizzazione delle risorse, è necessario, ad avviso dell'interrogante, che tale piano tenga in primaria considerazione le ragioni della tutela della sicurezza, valutate rispetto alle concrete esigenze dei territori interessati;
   il distaccamento di polizia stradale di Fano conta attualmente un organico effettivo di 10 unità e svolge una attività significativa nel presidiare un territorio costituito – solo nell'area urbana – da circa 64.000 abitanti, costituendo la terza città delle Marche per popolazione;
   Fano si trova in una posizione geografica che ne fa un nodo viario fondamentale tra le Marche e le limitrofe regioni Umbria, Toscana ed Emilia Romagna, collegate dagli assi viari della via Flaminia; la strada di grande comunicazione E45 Fano-Grosseto; nonché la strada statale adriatica; senza considerare il tratto autostradale della A14;
   diverse istituzioni territoriali hanno rappresentato in vario modo la contrarietà al progetto di riorganizzazione, che priverebbe il territorio di un importante presidio di sicurezza, che conta cinquanta pattugliamenti mensili, numerosi controlli e interventi di varia natura nell'ambito dei servizi di istituto della specialità;
   l'assegnazione delle 10 unità attualmente in forza all'unità di polizia stradale di Fano alla sottosezione autostradale, avrebbe l'effetto di concentrare l'intera risorsa disponibile sul tratto autostradale di competenza, sottraendo alla comunità una preziosa risorsa per il controllo, la prevenzione e la repressione dei reati. Questo in un contesto caratterizzato da una pianta organica delle forze di polizia più volte indicata come insufficiente e in un quadro di crescita di tipologie di reato particolarmente aggressive, che contribuiscono ad aumentare esponenzialmente la percezione di insicurezza dei cittadini;
   inoltre, a partire dall'11 novembre 2011, il distaccamento di polizia stradale di Fano è stato accorpato al commissariato sicurezza dello stesso comune, in uno stabile di proprietà demaniale, quindi senza ulteriori oneri a carico dello Stato;
   l'attività burocratica è svolta dal solo comandante del distaccamento, coadiuvato da altro personale solo quando espleta straordinario programmato, mentre la vigilanza della struttura viene svolta dal personale del commissariato di pubblica sicurezza citato;
   pertanto, molti dei vantaggi che la soppressione/accorpamento del distaccamento di polizia stradale dovrebbe generare, in termini di «economia di scala» del personale impiegato, sono stati già ottenuti con il precedente accorpamento del distaccamento di polizia stradale al commissariato di pubblica sicurezza di Fano;
   il piano di riorganizzazione ha trovato, peraltro, anche la ferma opposizione degli stessi operatori di polizia che, attraverso le proprie organizzazioni sindacali, hanno in più sedi espresso forti criticità sul piano e sui riflessi dello stesso sulla sicurezza del territorio –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, anche alla luce delle criticità riportate in premessa, rivedere la scelta circa la soppressione e/o l'accorpamento del distaccamento di polizia stradale di Fano;
   se non ritenga utile in generale rivedere il piano di razionalizzazione al fine di promuovere un approfondimento delle ragioni indicate in premessa coinvolgendo anche le istituzioni territoriali. (4-15826)


   VARGIU. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nella città di Cagliari è profondamente radicato il culto di Sant'Agostino da Ippona, le cui spoglie mortali sarebbero state ospitate nel capoluogo della Sardegna tra il 504 e il 722 d.C., prima di essere traslate a Pavia, per essere sottratte alle possibili profanazioni da parte dei Saraceni;
   nella sede che ospitò le reliquie del Santo venne edificata una chiesa extra muros, con annesso convento, che fu abbandonata alla fine del XVI secolo quando, per volere di Filippo II, venne rafforzata la cinta muraria della città e venne decisa la costruzione della chiesa di Sant'Agostino Nuovo all'interno delle mura del quartiere della Marina;
   annesso alla chiesa di Sant'Agostino Nuovo c'era anche il convento, che diventò successivamente Asilo della Marina per ospitare le attività delle Suore Vincenziane, anch'esse particolarmente radicate nella vita sociale della città degli ultimi due secoli e lo Scolasticato, che venne a sede del distretto militare;
   la chiesa di Sant'Agostino Nuovo venne chiusa al culto nel 1889 e riaperta a furor di popolo nel 1925. Danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, tu nuovamente chiusa e riaperta soltanto nel 1978, quando venne affidata all'attuale rettore, don Vincenzo Fois che, da decenni, aiutato da un piccolo gruppo di volontari, dedica la sua esistenza alla valorizzazione del ruolo sacro e monumentale dell'edificio;
   nonostante l'impegno del rettore di Sant'Agostino, la scarsità dei finanziamenti disponibili per il completo restauro conservativo dell'esistente ha sinora impedito al luogo di culto di ritrovare la dignità che gli spetta e di riprendere il suo ruolo antico e centrale nel sentimento religioso della città di Cagliari;
   il decennale abbandono della chiesa ha determinato la spoliazione di una parte delle opere d'arte che vi erano esposte, soltanto parzialmente riportate nella loro sede originaria e, in assenza di un adeguato sistema di sorveglianza, soggette al rischio di furti sacrileghi, più volte perpetrati anche in tempi relativamente recenti;
   al di sotto del pavimento della chiesa di Sant'Agostino Nuovo è poi reperibile un importantissimo sito archeologico termale romano, sostanzialmente inaccessibile ai visitatori e ai turisti per motivi di sicurezza;
   la chiesa di Sant'Agostino Nuovo rientra nel novero delle circa 700 chiese italiane la cui gestione tecnica, amministrativa e finanziaria è affidata al F.E.C. (Fondo edifici di culto) del Ministero dell'interno che è responsabile del restauro e della conservazione degli edifici di culto assegnati e delle opere d'arte custodite al loro interno –:
   quali iniziative di competenza intenda porre in essere il Governo per garantire il completamento di tutte le attività di restauro conservativo indispensabili per la restituzione della chiesa di sant'Agostino Nuovo di Cagliari al suo ruolo storico nel culto religioso cittadino e per la piena ricomposizione del patrimonio artistico disperso della chiesa, per il suo restauro e per la garanzia delle condizioni di sicurezza della sua esposizione;
   quali iniziative intenda intraprendere per garantire la piena fruizione del patrimonio archeologico di vestigia romane sottostante il pavimento della chiesa, già oggi potenzialmente accessibile, seppure in condizioni di insufficienti di sicurezza, che ne impediscono la fruizione collettiva.
   (4-15827)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 2 marzo 2017, L'Arena di Verona ha pubblicato un articolo intitolato «Stupri e violenze virtuali: il “regista” è un 30enne veronese»;
   un articolo di denuncia che prende le mosse dalla segnalazione, ad opera della giornalista e blogger Selvaggia Lucarelli, di un gruppo chiuso di Facebook, denominato «Degradoland» che fa capo alla pagina pubblica «La fabbrica del degrado»;
   secondo la ricostruzione della Lucarelli, l'amministratore del gruppo è un trentenne di San Giovanni Lupatoto, autore di un post allarmante per i termini usati: «Da lunedì sarò professore di 16 ragazze del 2000/2001. Che croccantini posso usare per mantenere la loro attenzione ?»;
   «cagne» è l'appellativo che usano gli utenti del gruppo quando si rivolgono a ragazzine, preferibilmente minorenni. Ma di messaggi allarmanti, su quella pagina, ne sono stati pubblicati parecchi: «Quella... della mia ex mi ha mollato per un compagno di squadra, spiegando che ci vedevamo poco perché lavoro», scrive un utente, «istruitemi su come comportarmi con lei». Seguono offese, oltre che la foto della stessa ragazza «da molestare»;
   sulle pagine del gruppo, sono pubblicate anche immagini con alcuni gestori del gruppo che sniffano cocaina, altre che ritraggono ragazzine in slip con la scritta, sull'inguine, «FdD», l'acronimo del gruppo –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, non ritenga opportuno attivare le procedure ispettive e conoscitive previste dall'ordinamento affinché sia valutata la sussistenza dei presupposti per l'immediata chiusura di tale pagina Facebook. (4-15829)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nell'ottobre del 2016 il dirigente del compartimento della polizia ferroviaria dell'Emilia Romagna ha reso noto il progetto di Trenitalia relativo al ricollocamento del personale Polfer precedentemente alloggiato nella caserma di via Casarini a Bologna;
   secondo quanto denunciato dai sindacati di polizia Siulp, Siap Silp-Cgil, Ugl Polizia, Fed, Uil Polizia e Consap-Anip, la notizia è stata ufficializzata da una circolare emanata dal medesimo dirigente, con la quale si precisava che lo stabile di Via Casarini dovrà essere restituito in quanto è stata attivata la procedura di risoluzione del contratto di locazione da parte delle Ferrovie;
   sempre secondo i sindacati, l'unico immobile disponibile per i poliziotti sarebbe sito nello scalo merci ferroviario di San Donato, «una desolante collocazione, a più di 10 km dalla stazione, nel bel mezzo di binari abbandonati»;
   se tale decisione fosse confermata, il personale in servizio alla polizia ferroviaria di Bologna si ritroverà a vivere nell'estrema periferia della città, all'interno di uno scalo ferroviario chiuso al pubblico, in uno stabile lontano dalle strade della città e dai cittadini;
   tale scelta, imposta unilateralmente dall'ente ferroviario, sarebbe stata dettata, a quanto consta all'interrogante, da puri motivi ragionieristici, volti al contenimento delle spese, senza che secondo l'interrogante sia stata effettuata alcuna valutazione circa le conseguenze sui livelli di sicurezza garantiti alla cittadinanza o sui disagi per gli agenti;
   le Ferrovie dello Stato hanno l'onere di provvedere, d'intesa con il Ministero dell'interno, all'accasermamento del personale assegnato ai servizi di polizia ferroviaria –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda assumere per convocare un tavolo tecnico coinvolgendo rappresentanti del Sindacato autonomo di polizia e tutti i soggetti interessati, al fine di poter concertare una soluzione alloggiativa alternativa che coniughi le esigenze delle Ferrovie, da un lato, con il bisogno di sicurezza dei cittadini e la dignità di chi la garantisce, dall'altro. (4-15832)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, PASTORINO e MATARRELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 5 novembre 2016, Pavia è stata «militarizzata» per un corteo organizzato da un'associazione che si ispira al fascismo che avrebbe dovuto attraversare la città, con il pretesto di celebrare l'anniversario della morte di un militante fascista degli anni ’70, Emanuele Zilli, rimasto ucciso in un incidente stradale, ma celebrato sui social di estrema destra come un «martire fascista» nel cui nome viene portata avanti la lotta. L'evento è stato organizzato dall'associazione culturale Recordari, che riunisce diverse sigle di estrema destra, e ha visto la partecipazione di oltre 250 persone provenienti da tutto il nord Italia;
   la Questura ha autorizzato il corteo a partire dalla piazza del Municipio; da qui, proseguendo in assetto militare per il cuore di Pavia, il corteo ha continuato a passo di «marcia» sul Ponte Coperto sul Ticino, mostrando striscioni con scritte «Emanuele presente» e croci celtiche, alzando il saluto romano a ogni grido di incitamento «alla memoria del camerata Zilli» e a «Presente !». È giunto, infine, nei pressi di piazzale Ghinaglia, luogo simbolo per la Resistenza pavese, da cui ogni anno parte il corteo per la Festa della Liberazione del 25 aprile;
   la Rete antifascista Pavia, composta da Anpi, Arci, partiti e associazioni antifasciste, nella medesima giornata, a piazzale Ghinaglia, aveva convocato un presidio pacifico per rimarcare i valori della resistenza e dell'antifascismo, ma le forze dell'ordine hanno loro impedito l'accesso: il presidio è stato costretto a fermarsi esattamente sulla strada percorsa dal corteo di estrema destra;
   conseguentemente, le forze dell'ordine hanno creato uno sbarramento fisico tra il presidio antifascista e il percorso del corteo fascista, deviandone quindi il percorso e, dopo aver accerchiato il presidio con un cordone umano e creato uno sbarramento di camionette impossibile da superare, hanno cominciato a manganellarli apparentemente senza alcuna motivazione;
   nonostante a quanto consta agli interroganti non vi sia stato alcun atteggiamento di contrasto da parte dei manifestanti, il presidio è stato caricato più volte, provocando il ferimento di alcuni cittadini, due dei quali sono stati trasportati in ospedale con ferite piuttosto serie;
   la stessa notte, un nutrito gruppo di nazi-fascisti si è recato presso il circolo Arci di Radio Aut minacciando i manifestanti che erano lì per medicarsi e stare insieme dopo i gravi fatti della serata; in questo caso la polizia che, a detta degli interroganti, avrebbe dovuto prevedere una pattuglia di sorveglianza per proteggere il circolo dopo i disordini avvenuti durante la giornata, è intervenuta tardivamente allontanando la minaccia;
   a fine dicembre si è appreso che 50 partecipanti del presidio antifascista sono stati denunciati con accuse che comportano pene fino a 35 anni di carcere. Agli indagati, tra i quali il presidente dell'Anpi, sono state contestate ipotesi di reato quali: manifestazione non autorizzata in relazione alla violazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, resistenza, violenza e minacce a pubblico ufficiale (aggravata dalla presenza di più di dieci persone radunate), fino all'istigazione a delinquere, oltraggio a pubblico ufficiale e a un corpo amministrativo, politico o giudiziario dello Stato, istigazione a disobbedire alle leggi e inosservanza dei provvedimenti dell'autorità;
   il 16 dicembre 2016, prima che dell'avvio dell'indagine si avesse una qualunque forma di notizia (individuale o sulla stampa), essa veniva già citata su Facebook da un ex coordinatore di Forza nuova;
   oltre ad offendere l'onestà e l'indole pacifista di cittadine e cittadini che hanno subito per gli interroganti ingiustificate violenze da parte delle forze di polizia, questo grave fatto si aggiunge a quella che appare agli interroganti come l'inopportuna autorizzazione data dalla questura al corteo di matrice fascista; si è trattato infatti di un corteo che per gli interroganti ha promosso l'apologia del fascismo, che è considerato un reato, sulla base di quanto disposto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (contenente «Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione») –:
   se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti illustrati in premessa e se, nei limiti delle sue competenze, intenda fare chiarezza sugli eventi avvenuti a Pavia il 5 novembre 2016, sulle autorizzazioni rilasciate e sulle responsabilità delle forze di polizia per gli atti di violenza descritti;
   se non ritenga urgente assumere iniziative, anche normative, volte a rafforzare il sistema di prevenzione e sanzione con riguardo ad atti ed eventi riconducibili all'apologia del fascismo, che costituisce una chiara e incontestabile violazione della Costituzione e delle leggi dello Stato.
   (4-15833)


   MICHELE BORDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le associazioni dei musei e storia dei vigili del fuoco nacquero in Italia grazie alla determinazione dell'Ispettore generale capo ingegnere Giorgio Mazzini, che ne promosse la fondazione; tali associazioni furono riconosciute con il decreto ministeriale n. 40/203/1 del 16 dicembre del 2004 con lo scopo primario di proteggere e conservare il patrimonio storico e culturale del Corpo nazionale del vigili del fuoco;
   a partire da quella data sono state assunte iniziative volte alla ricerca e alla conoscenza di elementi significativi del patrimonio storico culturale, anche con l'obiettivo di suscitare l'interesse dell'opinione pubblica verso l'attività dei vigili del fuoco;
   per tale ragione le associazioni hanno assunto una configurazione unitaria ed articolata su tutto il territorio nazionale con sedi espositive nei comandi provinciali o anche al di fuori degli stessi;
   la nota ministeriale prot. U.R.E. n. 450/2008 308.13, del 23 settembre 2008, indirizzata a tutti i Comandi provinciali dei vigili del fuoco, regolarizzava le procedure, ancor oggi attuate, per l'alienazione dei materiali di intervento e degli automezzi antincendio dichiarati fuori uso per vetustà al fine di preservare e custodire i beni meritevoli di interesse museale;
   l'assenza di un coordinamento centrale ed il mancato riconoscimento ufficiale dell'associazione dei musei e storia dei vigili del fuoco ha determinato la progressiva crisi delle associazioni stesse, che oggi sopravvivono esclusivamente grazie alla partecipazione attiva dei propri associati ed alla volontà e disponibilità di collaborazione dei comandanti delle sedi provinciali;
   l'attuale comando di Foggia, a differenza di quelli precedenti, non riconosce, a quanto consta all'interrogante, l'associazione Museo di Foggia, rendendo di conseguenza molto difficile qualsiasi sua iniziativa pubblica;
   tale situazione, che già non assicura una tutela sufficiente del patrimonio storico dei vigili del fuoco, ha determinato anche l'abbandono dei mezzi storici assegnati ufficialmente dal dipartimento all'associazione;
   il capannone di proprietà della provincia di Foggia, ove sono ricoverati i mezzi storici, è stato dichiarato inagibile per pericolo di crollo imminente;
   sarebbe necessaria quanto prima una cabina di regia, diretta dal capo del corpo nazionale dei vigili del fuoco, che indichi per le associazioni musei e storia dei vigili del fuoco le stesse linee guida generali utilizzate per le associazioni dei vigili del fuoco, in congedo;
   questa potrebbe essere la maniera per ridare forza e dignità all'operato delle associazioni musei e storia dei vigili del fuoco –:
   quali iniziative, alla luce delle ragioni che hanno determinato la nascita delle associazioni e musei dei vigili del fuoco, intenda assumere il Ministero interrogato per garantire la loro sopravvivenza.
   (4-15836)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   LAFFRANCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 107 del 2015 — cosiddetta Buona scuola, ha previsto un piano straordinario di mobilità professionale che ha dato vita ad una situazione estremamente caotica su rotto il territorio nazionale e ha generato estremo malcontento tra i moltissimi docenti costretti a trasferirsi in alcuni casi anche molto lontano da casa;
   per molti di loro infatti, alla soddisfazione derivante da una a lungo sospirata assunzione a tempo indeterminato ha però fatto seguito la delusione derivante dalla notifica del trasferimento fuori provincia, in quanto risultanti senza cattedra;
   episodi simili si sono verificati in particolare anche per quanto riguarda i docenti perugini di scienze ed altre classi di concorso;
   i posti disponibili per la mobilità messi a disposizione da parte dell'ufficio scolastico provinciale erano stati notevolmente ridotti o addirittura erano stati occupati da docenti provenienti da altre regioni;
   per ovviare a questa situazione l'ufficio scolastico provinciale di Perugia ha permesso, ma con molto ritardo rispetto agli altri provveditorati italiani, il rientro nella provincia tramite assegnazione provvisoria a tutti coloro in possesso dei previsti requisiti, mettendo a disposizione 22 posti di organico di fatto, numero ben superiore a quello dei docenti perugini trasferiti fuori regione qualche mese prima –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro al fine di trasformare i posti dell'organico di fatto in organico di diritto per tutte le discipline, al fine di assicurare il corretto funzionamento del servizio scolastico e anche di garantire agli studenti la continuità scolastica prevedendo anche azioni che agevolino il rientro in Umbria e lo svolgimento dell'attività professionale vicino casa ai docenti trasferiti forzatamente fuori regione;
   se non ritenga di dover prevedere la possibilità che l'assegnazione provvisoria sia prorogata anche per il prossimo anno scolastico, in modo da consentire l'avvicinamento a quanti non riuscissero ad ottenere il trasferimento tramite le operazioni di mobilità ordinaria. (4-15824)


   BRIGNONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 1 comma 152, della legge 107 del 2015, è stato avviato «un piano straordinario di verifica della permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità scolastica di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 10 marzo 2000, n. 62»;
   sono stati pertanto conferiti in diverse regioni, gli incarichi per le ispezioni nelle scuole paritarie nell'ambito del Piano triennale straordinario di controllo al fine anche di verificare il rispetto della regolarità contabile, del principio della pubblicità dei bilanci e della legislazione in materia di contratti di lavoro;
   dai risultati dei centoquaranta cinque controlli svolti dagli ispettori nei primi sei mesi del 2016, si è riscontrato che oltre il 50 per cento delle scuole aveva delle irregolarità, dovute a diversi problemi e in alcuni casi anche ipotesi di reato dovuti a situazioni di docenti che esercitavano nonostante la mancata abilitazione, locali studi non idonei, mancanza di certificazione sulla sicurezza, differenze marcate tra il numero degli iscritti e quello di chi realmente frequentava;
   da notizie di stampa, si apprende inoltre, che il 29 luglio 2016 sono stati conferiti incarichi a quattordici dirigenti scolastici per le ispezioni nelle scuole paritarie nell'ambito del Piano triennale straordinario di controllo dell'USR Sicilia, ai sensi dell'articolo 1, comma 152 della legge 107 del 2015;
   nello stesso articolo, era riportata l'incresciosa esperienza di una giovane laureata di Palermo che in attesa del nuovo ciclo di abilitazione all'insegnamento decideva di inviare il curriculum a tutte le scuole paritarie del comune di Palermo;
   la stessa, era in seguito contattata da due scuole secondarie di secondo grado per un colloquio di lavoro, ed entrambi i direttori scolastici le proponevano di insegnare materie di matematica e fisica per un totale di nove ore settimanali;
   i direttori scolastici le assicuravano per lo svolgimento delle sue ore una regolare busta paga senza però percepire alcuna retribuzione mensile, comunicandole che avrebbe ricevuto in cambio dodici punti in graduatoria;
   l'insegnante pertanto rifiutava l'incarico proposto da entrambe le scuole paritarie, poiché non voleva incorrere in responsabilità di dichiarazioni false e tanto meno essere costretta a pagare le tasse di un compenso mai percepito –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se sia disponibile un rapporto sulle ispezioni effettuate sino a oggi e se intenda renderlo pubblico; quali siano quelle in corso, quali quelle in programma;
   se sia disponibile l'elenco delle scuole paritarie ispezionate alle quali è stata tolta l'autorizzazione;
   quale sia il motivo per il quale siano stati nominati in Sicilia quattordici direttori scolastici per le ispezioni nelle scuole paritarie nell'ambito del Piano triennale straordinario di controllo e non siano stati assunti quattordici nuovi ispettori tecnici;
   se, quanto suddetto, sia stato oggetto di altri conferimenti d'incarico da parte di altre regioni;
   quali siano le iniziative che intenda assumere affinché casi come quello dell'insegnante palermitana non si verifichino più;
   se non intenda approfondire quanto occorso durante i colloqui svolti dall'insegnante nelle due scuole paritarie di Palermo;
   se non intenda assumere iniziative per quanto attiene all'erogazione di contributi statali nei confronti di quelle scuole paritarie che, in seguito ai controlli ispettivi, sono risultate con gravi irregolarità;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per abrogare o comunque modificare quanto previsto dalla legge di bilancio 2017 in materia di risorse del PON, cui possono attingere anche gli istituti paritari, senza che siano sottoposti agli obblighi in tema di appalti e di trasparenza, come le istituzioni scolastiche statali. (4-15828)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RONDINI, ATTAGUILE, PAGANO e GUIDESI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   notizie di stampa hanno riportato gli incredibili dati elaborati dal dipartimento famiglia della regione siciliana, che hanno evidenziato un trend in aumento a livelli esponenziali di casi di disabilità gravissima;
   i dati in possesso dell'assessorato, trasmessi dai distretti socio-sanitari e dai comuni, si riferiscono agli anni dal 2013 al 2015. In totale, le persone con disabilità gravissima in Sicilia, secondo le tabelle assessoriali aggiornate al 2015, sono 3.682, con un aumento del 67,1 per cento rispetto al 2014 e del 130,4 per cento rispetto al 2013;
   in 50 distretti su 55 il numero dei disabili con patologia gravissime è cresciuto, in molti casi è raddoppiato e in altri triplicato; solo in 5 distretti il tasso di disabilità è diminuito dal 2013 al 2015: Gela (CI) zero (22 casi nel 2013), Caltagirone (Ct) –8,8 per cento (da 34 a 31 casi), Termini Imerese (Pa) –42,2 per cento (da 45 a 26), Bagheria (Pa) –30 per cento (da 40 a 28) A Giarre (Ct), quasi 87 mila abitanti, in due anni il numero dei disabili gravissimi è salito da 2 a 72 con l'incremento più alto in Sicilia: +3.500 per cento. Il numero più alto di casi viene registrato a Siracusa: 160. Seguono Partinico con 151, Caltagirone con 147, Licata con 144. A Misilmeri (Pa), 56 mila abitanti, sono 110, stesso numero a Messina (110) con 280 mila residenti, mentre a Noto (Sr), 103 mila abitanti, i casi sono 20;
   a Licata, nella provincia di Agrigento, che conta 61 mila abitanti ci sono 144 disabili gravissimi, quasi il 30 per cento in più di quelli registrati a Palermo, dove i casi sono 102, nonostante una popolazione di 770 mila abitanti, e a Catania (376 mila abitanti) con 133 persone in gravi condizioni. E se a Gela (CI) non ci sarebbe neppure un disabile su 120 mila abitanti, a Partinico (Pa), che di residenti ne ha 75 mila, i casi gravissimi sono 151. Non solo. A Giarre (Ct), in due anni, i casi sono aumentati del 3.500 per cento, a Partinico del 978,6 per cento, a Bivona (Ag) del 640 per cento, a Mazara del Vallo (Tp) del 512,5 per cento, a Messina del 400 per cento;
   secondo i dati trasmessi all'assessorato regionale alla Famiglia, è il distretto socio-sanitario di Agrigento quello dove si registra il più alto numero di disabilità gravissima in Sicilia: 323 casi nel 2015, il 23,1 per cento in più rispetto all'anno precedente. A Palermo, che rispetto ad Agrigento ha una popolazione sette volte superiore, i casi sono 102 (+100%). Il dettaglio dei capoluoghi di provincia: Caltanissetta 80 (+116,2 per cento), Catania 113 (+205,4 per cento), Enna 76 (+33,3 per cento), Messina 110 (+307,4 per cento), Ragusa 115 (+62 per cento), Siracusa 160 (+0,6 per cento); Trapani 82 casi (+9,3 per cento);
   tale quadro, che suscita per vari profili non poche perplessità, appare particolarmente grave e rappresentativo di un sistema che, a parere degli interroganti, sembra sfuggire totalmente ad adeguati controlli –:
   di quali elementi disponga il Governo sulla situazione sopra evidenziata e se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza volta ad assicurare sull'intero territorio nazionale un'efficace sistema di controlli in materia, in maniera tale che le misure previste dall'ordinamento a favore delle persone con disabilità siano destinate a coloro che ne hanno effettivamente diritto. (4-15822)


   AIRAUDO e PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'alternanza scuola-lavoro, è un'attività che è stata resa obbligatoria dalla legge sulla Buona Scuola per gli studenti di terza, quarta e quinta dei licei e degli istituti tecnici e professionali;
   tale attività a detta del Governo doveva essere sulla carta una esperienza formativa innovativa per unire sapere e saper fare, ma secondo l'Unione degli Studenti della Puglia, che ha resa pubblica una denuncia l'alternanza scuola-lavoro si è nei fatti trasformata in «alternanza-sfruttamento»;
   l'Unione degli Studenti della Puglia hanno promosso la campagna «A scuola io non faccio l'operaio» allo scopo di portare alla luce i casi di «uso distorto» del percorso formativo;
   il Fattoquotidiano.it ha pubblicato il 6 marzo 2017 un articolo di Alex Corlazzoli, nel quale alcuni ragazze e ragazzi raccontano le loro «esperienze formative». Ad esempio una ragazza al quarto anno di un professionale alberghiero della provincia di Bari è stata mandata in una fiera dedicata alla promozione di matrimoni a distribuire volantini e a dare indicazioni al pubblico che chiedeva informazioni sulla toilette, la stessa ragazza ha dichiarato la violazione dei minimi diritti del lavoratore in quanto spesso ha dovuto lavorare per dieci, dodici ore continuative con una pausa di quindici minuti al massimo. La stessa ragazza quando è stata utilizzata al ristorante si è trovata accanto al cuoco una sola volta mentre per il resto delle ore ha pulito tavoli e bagni;
   un altro ragazzo ha dichiarato di avere svolto l'alternanza in un cinema dove è stato impegnato a catalogare locandine di film degli anni Ottanta conservate negli armadi da anni, tenendo presente che nella scuola che frequenta non c’è alcun corso di cinematografia. Alcuni studenti sono finiti a catalogare libri in biblioteca. Di questi lavori dovrebbero occuparsi i dipendenti delle aziende non gli studenti;
   l'alternanza dovrebbe essere un'opportunità e un percorso di crescita professionale ma le aziende spesso a detta dell'Unione degli Studenti della Puglia usano i giovani come manovalanza gratuita –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti denunciati dall'Unione degli Studenti della Puglia e in caso affermativo se siano giunte denunce di utilizzo di studenti nell'ambito dell'alternanza scuola-lavoro non consono alle finalità della legge, anche in altre regioni;
   quali iniziative intendano intraprendere affinché quella che potrebbe essere una opportunità e un percorso di crescita professionale non diventi una ulteriore occasione di manovalanza e sfruttamento a costo zero da parte delle imprese e in tale contesto quali iniziative di monitoraggio e verifica delle attività di alternanza scuola-lavoro, intendano mettere in atto, affinché i fatti denunciati dall'Unione degli Studenti della Puglia non abbiano a verificarsi;
   qualora fosse accertato da parte di aziende l'utilizzo di giovani in maniera difforme e in contrasto con quanto previsto dalla normativa vigente, quali iniziative si intendano intraprendere nei confronti delle aziende che hanno proceduto a quella che può essere definita secondo gli interroganti come una forma di sfruttamento. (4-15830)


   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con una missiva indirizzata agli store manager delle aziende partner e datata 13 febbraio 2017, La Reggia Designer Outlet ha comunicato che, per il 2017 il gruppo McArthurGlen ha deciso di ampliare le possibilità di shopping prevedendo nei centri di Serravalle e La Reggia, due aperture straordinarie;
   le due aperture previste saranno domenica 16 aprile 2017 (ovvero il giorno di Pasqua) e martedì 26 dicembre 2017 con una chiusura per festività prevista solo per il 25 dicembre;
   la direzione de La Reggia Designer Outlet ha quindi comunicato la proposta ai punti vendita del centro nei giorni di martedì 14 e mercoledì 15 febbraio 2017, presentandola come inderogabile scelta della direzione generale;
   va ricordato che le aperture nei giorni festivi degli esercizi commerciali non sono più regolamentate dalle amministrazioni locali, a seguito dell'introduzione di una nuova disciplina che ha disposto la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali, promossa dal Governo Monti;
   nei più grandi centri commerciali ormai i diritti del personale dei negozi non sono più adeguatamente tutelati in termini di orario di lavoro e i dipendenti sono ormai praticamente sotto continuo ricatto;
   la situazione è persino peggiorata con l'introduzione, attraverso il cosiddetto «Jobs Act» dei nuovi contratti a tutele crescenti;
   a quanto consta all'interrogante sarebbe stato avviato un esperimento in Germania e Francia che avrebbe comportato l'elaborazione di marchi che evidenziano il rispetto dei tempi di vita dei lavoratori, assegnati ad alcuni esercizi commerciali; tali marchi avrebbero comportato maggiore visibilità e un aumento dei fatturati per gli stessi esercizi commerciali  –:
   quali iniziative, anche normative, intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di fermare questo progressivo espandersi delle aperture dei negozi nei centri commerciali anche durante i giorni festivi contro ogni rispetto dei più elementari diritti dei lavoratori;
   se non possa essere presa in considerazione, tra le possibili soluzioni, quella di assumere iniziative normative affinché sia assegnato un marchio simbolico che distingua in positivo i luoghi di lavoro in cui si rispettano adeguatamente i tempi di vita dei dipendenti alla luce delle positive esperienze straniere evidenziate in premessa. (4-15831)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   a seguito dell'entrata in vigore dell'accordo tra l'Unione europea e il Marocco recante misure di liberalizzazione reciproche per i prodotti agricoli e della pesca, alcuni comparti nazionali sono entrati in forte crisi a causa dell'aumento delle quote di scambio per una serie di prodotti importati a tariffe doganali molto basse o pari a zero;
   particolarmente colpite risultano le filiere agrumicole e del pomodoro: da documenti ufficiali si evince un calo di oltre il 50 per cento delle vendite di pomodoro nostrano, con gravi conseguenze per le economie agricole di intere regioni, segnatamente di quella siciliana;
   a fronte di tale situazione, nel marzo 2016, il Ministro interpellato dichiarava, a margine della riunione del Consiglio dell'Unione europea dei Ministri dell'agricoltura, di voler richiedere l'attivazione della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 7 del protocollo del suddetto accordo che prevede appunto strumenti e meccanismi istituzionali ai quali si può ricorrere a fronte di gravi perturbazioni dei mercati;
   ad oggi, la clausola di salvaguardia non è stata ancora attivata, né alcuna notizia è nota agli interpellanti in merito allo stato del dossier che, stando alle dichiarazioni del Sottosegretario di Stato alle politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, dovrebbe essere stato presentato alle competenti Istituzioni comunitarie al fine di segnalare il danno economico derivante dall'applicazione dell'accordo in questione –:
   se e in quale data il dossier necessario ad evidenziare la grave perturbazione di alcuni comparti agricoli nazionali derivante dall'applicazione dell'Accordo di libero scambio dei prodotti agricoli tra l'Unione europea e il Marocco sia stato inoltrato alle competenti Istituzioni comunitarie, quali argomentazioni sarebbero state evidenziate nel suddetto dossier, in termini di danno economico derivante dal calo delle vendite di alcuni prodotti, segnatamente quelli delle filiere agrumicole e del pomodoro e quale sia lo stato dell'arte del negoziato volto ad autorizzare l'attivazione della clausola di salvaguardia, posto che, ad oggi, un anno dopo le dichiarazioni del Ministro interpellato, nessun aggiornamento di rilievo sulla vicenda risulta noto.
(2-01697) «Lupo, L'Abbate, Gagnarli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gallinella, Parentela, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi».

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la soppressione della base di elisoccorso di Cirò Marina, assunta con decreto del Commissario ad acta n. 43 del 22 febbraio 2017 dal Commissario ad acta per il piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria, priva l'intera provincia di Crotone e tutto l'Alto Ionio calabrese di un servizio di emergenza vitale in un territorio caratterizzato da una viabilità molto critica;
   attualmente, operano in Calabria tre basi di elisoccorso in servizio diurno, e una in servizio diurno/notturno (h24), le prime localizzate a Cosenza, Cirò Marina, Locri e la seconda operante all'interno dell'aeroporto di Lamezia Terme, individuate secondo specifici criteri geografici per assicurare una copertura omogenea del servizio all'intero territorio regionale e per poter garantire ai cittadini le prestazioni sanitarie di emergenza-urgenza previste dai livelli essenziali di assistenza (Lea);
   le prestazioni previste dai Lea nell'ambito dell'emergenza-urgenza, in questo caso, vengono erogate attraverso una medicalizzazione rapida del paziente critico e, quindi, attraverso l'immediato trasporto, in condizioni di sicurezza, nei centri attrezzati per il trattamento della patologia specifica;
   l'elisoccorso rappresenta quindi un vero e proprio servizio salva vita, per un territorio caratterizzato perennemente da una viabilità critica e continuamente soggetto a frane, condizionato da un dissesto idrogeologico sempre più forte e devastante;
   allo stato attuale, non esiste una valida alternativa all'elisoccorso di fronte a situazioni di emergenza sanitaria che richiedono un intervento tempestivo per la tutela della salute e della vita del paziente;
   il contesto generale è caratterizzato dall'aumento progressivo e costante della percentuale di popolazione anziana nel nostro Paese che determinerà sempre di più un'espansione della domanda di servizi sanitari;
   l'Italia ha, infatti, una struttura per età fortemente squilibrata: nel 2015 le persone over 65 erano il 21,7 per cento della popolazione, quelle fra 0 e 14 anni il 13,8 per cento. L'indice di vecchiaia della popolazione, ossia il rapporto tra la popolazione anziana (65 anni e oltre) e la popolazione più giovane (0-14 anni), è atteso salire da 157,7 a 257,9 tra il 2015 e il 2065. Anche l'età media della popolazione subirà un ulteriore incremento, passando da 44,4 anni del 2015 a 49,7 del 2065;
   sopprimere la base di elisoccorso di Cirò Marina per motivi economici è una gravissima decisione in quanto significa privare un ampio bacino demografico di un servizio essenziale e soprattutto significa privare i cittadini del diritto di tutela della salute;
   il provvedimento di soppressione dell'elisoccorso, si pone, secondo l'interrogante, in contrasto con la recente sentenza della Corte costituzionale, n. 275 del 2016 (Gazzetta Ufficiale n. 51 del 21 dicembre 2016 — Prima Serie speciale), nella quale viene stabilito che i diritti incomprimibili, quale è il diritto di tutela della salute, non possono essere «sempre e comunque assoggettati ad un vaglio di sostenibilità nel quadro complessivo delle risorse disponibili»;
   in pratica – come ha spiegato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del tribunale per i diritti del malato – «è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione»;
   questo provvedimento è per l'interrogante in contrasto con tante altre sentenze anche della Corte di cassazione. Per esempio, nella sentenza n. 8254/2011, la quarta sezione penale della Cassazione ha condannato le logiche di mercato e di economicità gestionale in sanità in quanto limitano la garanzia di tutela della salute dei cittadini dichiarando che: «a nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, né di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell'ammalato;
   l'attivazione del servizio dell'elisoccorso, avvenuto nel lontano 2007, vedeva il supporto di un approfondito studio tecnico-scientifico che collocava le diverse postazioni a tutela e garanzia del servizio, in rapporto ai tempi di intervento nell'insieme del territorio calabrese;
   l'attuale scelta del Commissario ad acta stravolge, a quanto consta all'interrogante, quella impostazione senza che tale scelta sia corredata da un adeguata analisi e senza che vi sia alcun supporto tecnico;
   il presidente della giunta regionale ha formalmente chiesto la revoca del DCA n. 43 del 22 febbraio 2017 –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere, per evitare la soppressione della base di elisoccorso di Cirò Marina garantendo la tutela della salute intesa come fondamentale diritto dell'individuo e della collettività, sancito dall'articolo 32 della Costituzione. (5-10759)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 febbraio 2017 l'interrogante ha inviato una lettera al Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, per segnalare la difficile questione dell'ospedale Giuseppe Verdi di Villanova sull'Arda (Piacenza);
   ad oggi non è pervenuta alcuna risposta e, vista l'estrema delicatezza della questione, si intende sollecitare il Ministro interrogato affinché possa esprimersi al più presto in merito al trasferimento di tutta l'attività di riabilitazione e recupero nel nuovo blocco B dell'ospedale di Fiorenzuola d'Arda al fine di scongiurarlo;
   la lettera precisa che l'ospedale «Giuseppe Verdi» (inaugurato nel 1888 grazie all'impegno personale ed economico del Maestro Giuseppe Verdi) oggi è affiancato da un moderno complesso che ospita l'unità spinale del «Centro di Recupero e di Rieducazione Funzionale» dell'azienda Usl di Piacenza, centro di eccellenza nazionale e primo in Italia ad avere una palestra dedicata unicamente a persone diversamente abili, nonché di una piscina per la riabilitazione in acqua;
   oltre all'importanza storico-culturale, quindi, si tratta di uno dei centri d'eccellenza in Italia per l'assistenza ai mielolesi, persone con funzioni motorie compromesse a seguito di drammatiche lesioni midollari;
   a livello regionale la struttura è riconosciuta unità spinale in rete con l’«Ospedale Maggiore di Parma», da cui i pazienti vengono trasferiti per la riabilitazione dopo la fase acuta;
   la struttura registra decine di accessi giornalieri agli ambulatori per il proseguimento delle cure, come dimostrano i dati degli ultimi 30 anni che hanno certificato il transito di più di 1550 pazienti mielolesi e di più di 6000 pazienti colpiti da altro tipo di lesioni;
   nonostante ciò, è in dirittura di arrivo il trasferimento di tutta l'attività di riabilitazione e di recupero a Fiorenzuola d'Arda, nel nuovo blocco B dell'ospedale ed i sindaci della Bassa padana, forti dei 15 mila firmatari della petizione contro il trasferimento dell'Unità spinale a Fiorenzuola (petizione avviata dal comitato per la salvaguardia dell'attuale configurazione dell'ospedale) hanno sollecitato più volte la regione sulla delicata questione;
   la regione, a sua volta, si è rivolta all'Asl, ma ciò non ha prodotto nessuna conseguenza;
   le continue proteste a Villanova sull'Arda non hanno sortito alcun effetto, nonostante l'ospedale sia certificato, a livello nazionale, come il luogo ideale per riabilitazioni da lesioni così gravi (non riproponibile, per qualità e conformazione, nella struttura in fase di ultimazione di Fiorenzuola d'Arda) –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto espresso nella lettera e riassunto in premessa, non intenda adottare al più presto ogni iniziativa di competenza, volta a favorire, in coordinamento con gli enti territoriali competenti, una soluzione volta a salvaguardare i livelli essenziali di assistenza e la rilevanza di centri di eccellenza quali l'unità spinale sopra richiamata.
(4-15834)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   l'Accordo nazionale Agenti di assicurazione 2003 (di seguito «ANA») sottoscritto tra il Sindacato nazionale agenti di assicurazione e Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) il 23 dicembre 2003, tutt'oggi vigente ed avente valore di fronte primaria ai sensi dell'articolo 1753 del codice civile, prescrive, all'articolo 34, l'obbligo in capo alla Compagnia di comunicare all'agente, entro 90 giorni dalla data di scioglimento del contratto di agenzia, il conteggio delle indennità dovute;
   il medesimo articolo 34, secondo comma, prevede che, trascorsi 15 giorni dalla comunicazione di cui sopra, la Compagnia paghi per intero le indennità. Solo nel caso di mancata costituzione da parte dell'agente di cauzione pari al 30 per cento delle indennità medesime, la Compagnia paga il 70 per cento delle indennità e provvede al pagamento della restante quota del 30 per cento entro 15 mesi;
   Sna, il Sindacato nazionale maggiormente rappresentativo degli agenti di assicurazione, con un indice di rappresentatività pari a circa il 90 per cento degli agenti italiani iscritti a un'associazione di rappresentanza, da tempo segnala alle autorità competenti come alcune grandi imprese utilizzino metodi e strumenti spesso apparentemente legittimi, per ostacolare di fatto la libertà imprenditoriale degli agenti ricondurre questi ultimi a patti, se pur non scritti, di esclusiva espressamente vietati dalla legge n. 40 del 217 e dal provvedimento antitrust n. 24935 «Agenti Monomandatari» del 20 maggio 2014;
   attraverso l'imposizione di vincoli di esclusiva di fatto le imprese spesso mirano ad escludere o limitare la comparazione tra tariffe e prodotti, a cura dell'intermediario professionale, con evidente ripercussione negativa sugli interessi ed aspettative dei consumatori, che a quell'intermediario si rivolgono per essere assistiti anche nella selezione del prodotto assicurativo maggiormente adeguato alle loro specifiche esigenze;
   lo Sna ha documentato all'Autorità garante della concorrenza e del mercato numerosi casi di comportamento delle imprese assicuratrici, rientranti nelle casistiche sopra descritte. In questo ambito, va inquadrato il caso del rapporto agenziale tra la Compagnia Zurich e la famiglia Pieri di Montecatini Terme. Quest'ultima, in data 20 gennaio 2015, ha comunicato di essere giunta alla decisione di sottoscrivere altro contratto agenziale al fine di poter offrire, alla propria clientela, più soluzioni assicurative ed il servizio di pluri-offerta, finalizzato al miglioramento del servizio ai clienti;
   da quel giorno, rapporti tra la Compagnia Zurich ed i Pieri sono degenerati a tal punto da indurre gli stessi Pieri, attraverso una serie di azioni coercitive aventi anche notevole impatto economico, ad accettare di sottoscrivere le dimissioni dal rapporto agenziale in data 29 aprile 2016;
   successivamente alle dimissioni, ai Pieri doveva essere comunicata, ai sensi del citato articolo n. 34 dell'Ana, l'entità delle indennità di fine mandato spettanti e provveduto al relativo pagamento da parte della Compagnia Zurich. Forse anche allo scopo di proseguire nell'opera di ostacolo alla diffusione del plurimandato di cui sopra, la Compagnia non solo non ha adempiuto al rispetto dell'obbligo anzidetto, ma, a distanza di un anno dallo scioglimento del rapporto agenziale e nonostante i ripetuti solleciti formalizzati tramite legale, non ha provveduto nel senso dovuto;
   anche l'incontro informale avvenuto nel mese di gennaio 2017 tra il legale dei Pieri ed i vertici della Compagnia finalizzato a cercare una composizione amichevole della vicenda, non ha sortito l'effetto sperato ed anzi la Compagnia avrebbe manifestato l'intenzione di non riconoscere alcuna indennità sulla clientela persa dopo lo scioglimento del contratto agenziale e ciò in palese violazione dell'ANA vigente. Tra l'altro, risulterebbe accertato l'uso improprio dell'immagine e del nome dell'agenzia Pieri da parte della Compagnia per il tramite del nuovo agente di zona;
   la Compagnia Zurich, fin dal 18 aprile 2016, ha preteso che i Pieri acconsentissero all'inserimento nel foglio cassa agenziale e quindi al pagamento mediante utilizzo del conto corrente separato ex articolo 117 del decreto legislativo n. 209 del 2005, delle rate di «rivalsa» per un rilevante ammontare; si tratta di un'operazione che i Pieri hanno dovuto accettare, (ma ciò non risulterebbe, secondo l'interpellante, permesso dalla disposizione legislativa citata e dal regolamento attuativo Ivass). Questo genere di operazioni che incidono direttamente sul conto corrente autonomo agenziale di cui all'articolo 117, del decreto legislativo n. 209 del 2005, costituiscono un grave pregiudizio per la stabilità finanziaria dell'agenzia e sono quindi in grado di provocare la cessazione dell'attività agenziale, con evidenti ripercussioni sul futuro professionale degli agenti, vittime di dette imposizioni;
   nonostante gli accorati appelli rivolti al gruppo aziendale agenti Zurich (GAZ), quest'ultimo non risulta essere intervenuto con la dovuta determinazione nei confronti della Compagnia e conseguentemente non risulta aver contribuito a sufficienza nella soluzione della vicenda –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, anche a carattere normativo, per indurre le imprese assicuratrici al puntuale rispetto degli obblighi dettati dalle normative vigenti, ivi compreso l'Ana 2003, nonché gli atti che intenda intraprendere al fine di accertare, classificare ed eventualmente impedire i comportamenti delle imprese, tra i quali potrebbe rientrare quello di cui in premessa, che potrebbero costituire una violazione delle disposizioni in materia attualmente vigenti, trattandosi per altro di violazioni che, in molti casi, costituiscono ostacolo alle libertà imprenditoriali degli agenti e grave pregiudizio agli interessi dei consumatori.
(2-01698) «Fanucci, Impegno, Aiello, Ascani, Barbanti, Becattini, Berretta, Boccadutri, Bonaccorsi, Camani, Carrescia, Cova, Crimì, Dallai, De Menech, Di Lello, Marco Di Maio, Donati, Ermini, Famiglietti, Galperti, Gasparini, Gelli, Manfredi, Morani, Mura, Parrini, Patriarca, Porta, Tinagli, Valiante, Venittelli».

Interrogazione a risposta immediata:


  RICCIATTI, MARTELLI, FERRARA, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, LAFORGIA, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MURER, NICCHI, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, SANNICANDRO, SCOTTO, SPERANZA, STUMPO, ZACCAGNINI, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   Isolante K-Flex è un'azienda italiana specializzata nella produzione di isolanti elastomerici per isolamento termico ed acustico; conta 11 impianti produttivi ed oltre 2.000 addetti in 60 Paesi;
   i dipendenti dello stabilimento di Roncello (Monza della Brianza) sono in presidio permanente dal 24 gennaio 2017 davanti la sede dell'azienda, per protestare contro la volontà della società di chiudere lo stabilimento italiano e trasferirlo in Polonia; in data 8 febbraio 2017 si è tenuto presso il Ministero del sviluppo economico un incontro sulla vertenza K-Flex, presieduto dal Vice Ministro Teresa Bellanova, con la presenza delle organizzazioni sindacali e dei rappresentanti della regione Lombardia. Tuttavia, l'incontro è stato disertato dall'azienda;
   nonostante i richiami al senso di responsabilità, nell'incontro del 14 febbraio 2017 tenutosi presso la sede di Assolombarda, l'azienda, attraverso il responsabile del personale, nonché membro della famiglia proprietaria, Marta Spinelli, ha confermato i 187 licenziamenti annunciati e la volontà di trasferire la sede produttiva italiana, che impiega attualmente 250 lavoratori, nella sede polacca della società, dove si starebbe procedendo all'ampliamento dello stabilimento;
   l'azienda non è in crisi e le ragioni del trasferimento sarebbero dettate da ragioni di mera convenienza economica;
   Isolante K-Flex avrebbe inoltre beneficiato nel corso degli ultimi anni, a quanto riferiscono le organizzazioni sindacali, di 12 milioni di euro di finanziamenti pubblici, finanziamenti sui quali la stessa Vice Ministra Teresa Bellanova ha annunciato un'istruttoria –:
   quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare per evitare che Isolante K-Flex delocalizzi l'impianto produttivo di Roncello e garantire i livelli occupazionali attualmente impiegati e in tale contesto, tenuto conto dei 12 milioni di euro di contributi pubblici ricevuti dalla Isolante K-Flex, quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda promuovere affinché le aziende che ricevono finanziamenti pubblici siano tenute a perseguire l'obiettivo di mantenere la loro attività sul suolo italiano, evitando di delocalizzare gli stabilimenti all'estero. (3-02852)

Apposizione di firma ad una interpellanza urgente e modifica dell'ordine dei firmatari.

  L'interpellanza urgente Plangger e Pisicchio n. 2-01694, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata: Gnecchi e, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Plangger, Gnecchi, Pisicchio».

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Boccadutri n. 4-15750, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Aiello, Ascani, Berretta, Bini, Bonaccorsi, Bruno Bossio, Campana, Cardinale, Carocci, Cenni, Chaouki, Covello, Culotta, Di Salvo, Cinzia Maria Fontana, Giuseppe Guerini, Lacquaniti, Lavagno, Lodolini, Losacco, Melilla, Misiani, Moscatt, Nardi, Piazzoni, Piccione, Giuditta Pini, Piras, Porta, Quartapelle Procopio, Quintarelli, Raciti, Sani, Terrosi, Tidei, Zampa, Zan, Currò, Causi, Lauricella.

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti di indirizzo sono stati ritirati dai presentatori:
   risoluzione in Commissione De Rosa n. 7-01192 del 22 febbraio 2017;
   mozione di sfiducia Caso n. 1-01528 del 3 marzo 2017;

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:
   interrogazione a risposta immediata in Commissione Ricciatti n. 5-10705 del 1o marzo 2017.