Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 27 febbraio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il Parlamento, fin dall'inizio della legislatura, ha mostrato una particolare attenzione alle problematiche specifiche dei pazienti affetti da malattie rare (MR), approvando in data 18 marzo 2014 una mozione a loro sostegno, che conteneva una serie di impegni, molti dei quali, anche se non tutti, sono stati realizzati. Successivamente, dopo una lunga indagine conoscitiva, il 28 luglio 2015 la Commissione Affari sociali ha approvato all'unanimità un documento conclusivo, da cui sono stati tratti gli elementi essenziali per una risoluzione che in data 29 settembre 2015, è stata l'approvazione all'unanimità. Risoluzione che aveva come obiettivo specifico la tutela dei diritti delle persone affette da MR, grazie anche alla creazione degli ERN, le Reti europee di riferimento, che avrebbero permesso di fare un salto di qualità sia alla ricerca che alla assistenza delle persone affette da MR;
    la Camera è intervenuta approvando una prima mozione nel marzo del 2014 (1-00382) e successivamente, il 3 dicembre 2015, la mozione n. 1-01063 sempre a prima firma della prima firmataria del presente atto di indirizzo;
    da allora non pochi i cambiamenti che sono avvenuti nel settore. Il Ministero della salute ha approvato il Piano nazionale per le malattie rare 2013-2016, lungamente atteso dai malati e dalle loro famiglie, che dovrà essere aggiornato quanto prima, sulla base delle direttive europee. Tale aggiornamento dovrà tenere conto sia degli eventi positivi che hanno caratterizzato questa legislatura quali: la revisione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) l'approvazione dei provvedimenti legislativi sugli screening neonatali allargati, sulla medicina transfrontaliera, sia dei problemi emersi contestualmente in questi anni, quali la riduzione delle risorse dedicate alla ricerca scientifica ovvero le lentezze che hanno caratterizzato la contrattazione dei costi per i farmaci da immettere sul mercato;
    per tali ragioni, all'inizio del penultimo anno della XVII legislatura sembra opportuno sottolineare alcuni aspetti fondamentali per continuare nel lungo processo di miglioramento del Progetto personalizzato di presa in carico dei pazienti affetti da malattie rare, con riferimento sia alla loro diagnosi, affinché sia sempre più tempestiva e precisa, sia alla loro cura, puntando su di una ricerca farmacologica sempre più avanzata, ma esplorando anche tutte le nuove possibilità delle terapie geniche. Ci sono, altresì, proposte di legge che hanno come obiettivo specifico l'inserimento mirato in campo lavorativo delle persone affette da malattie rare, perché possano continuare a sentirsi parte attiva del tessuto sociale, anche se alcune delle loro difficoltà possono condizionare lo svolgimento di certe prestazioni lavorative;
    già la suddetta mozione del marzo 2014 metteva in evidenza come elemento fondamentale di questo approccio l'articolo 3 della Costituzione, dove si afferma che tutti i cittadini, senza distinzioni di alcun tipo, sono uguali davanti alla legge. Un articolo che impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli, le barriere architettoniche, ma anche culturali, che di fatto limitano l'eguaglianza dei cittadini;
    ci siamo soffermati spesso con le associazioni di malati rari sul comma 2 dell'articolo 3, laddove si fa riferimento esplicito al diritto ad un pieno sviluppo della persona umana, per consentire una effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese, grazie anche al proprio lavoro. Il diritto al lavoro delle persone con malattie rare richiede una serie di interventi mirati sul piano normativo e per questo abbiamo presentato da tempo un ddl ad hoc, che speriamo possa essere presto preso nella giusta considerazione dalla commissione di merito;
    d'altra parte l'articolo 32, primo comma, della Costituzione, precisa come il diritto alla salute sia non solo un diritto fondamentale dell'individuo, ma anche un interesse specifico della collettività; la commissione europea per l'occupazione e gli affari sociali il 2 febbraio 2016 nella sua proposta di risoluzione al Parlamento europeo, parlando di disabilità si rammarica del fatto che alcuni Stati membri abbiano ancora una legislazione che esige una soglia del 50 per cento di incapacità e sottolinea come i dati dimostrino che gli investimenti fatti per la inclusione e la valorizzazione delle persone con disabilità forniscano un ritorno in termini non solo di inclusione sociale ma anche di maggiore produttività e riduzione dell'assenteismo; le persone con malattie rare hanno spesso livelli di disabilità contenuti, ma necessitano di alcune misure di tutela che è doveroso tenere nel giusto conto;
    i pazienti affetti da malattie rare intendono partecipare sempre di più in prima persona ai tavoli decisionali in cui si parla di loro e delle relative esigenze, desiderano essere protagonisti a pieno titolo nell'elaborazione di normative, direttive e linee guida. Uno dei recenti slogan da loro coniati suona più o meno così: «mai più senza di noi». Intendono, quindi, poter esercitare il loro diritte all'autodeterminazione, peraltro nella piena convinzione di conoscere molti aspetti che riguardano la loro patologia più e meglio di tanti esperti;
    il coinvolgimento sempre più attivo del paziente sta portando la ricerca ad essere più mirata alle esigenze dei chi soffre di patologie rare. Oggi in diversi casi i pazienti sono:
     a) motori della ricerca su specifiche malattie o settori e possono influenzare in direzioni specifiche il lavoro di enti di ricerca o aziende;
     b) sostenitori della ricerca. Le organizzazioni di pazienti promuovo azioni di raccolta fondi o partecipano a iniziative di finanziamento per progetti di ricerca;
     c) partner in progetti di ricerca e sono inclusi nella governance del progetto;
     d) partecipano come soggetti oltre che nella fase progettuale studi clinici, garantendo che si tenga conto delle loro reali esigenze e che il punto di vista del paziente non venga trascurato;
    oggi, il paziente viene riconosciuto come massimo esperto della sua esperienza di malattia. Il suo «sentire» è di grande importanza per i ricercatori e può esserlo anche per i decisori in tema di assistenza socio-sanitaria. La sua è una conoscenza che non vuole sostituirsi al sapere del clinico o del tecnico, ma lo vuole affiancare per arricchirlo. Questa alleanza tra ricercatore e paziente per stimolare lo sviluppo della conoscenza scientifica è un concetto che sta gradualmente entrando nel pensiero comune ed è il primo banco di prova per il ruolo del paziente «esperto» richiesto dal nuovo Regolamento Europeo sulla sperimentazione clinica che, entro il 2018, entrerà in vigore in Italia. In questo nuovo regolamento il paziente sarà coinvolto in modo organico dalle prime fasi degli studi clinici. Ha sempre creduto nell'importanza del sapere specifico del paziente e ha, da vari anni, promosso il ruolo centrale della persona affetta da patologia rara nei processi di ricerca e decisionali con diverse iniziative di formazione realizzate insieme alle associazioni affiliate;
    le malattie rare sono state identificate dall'Unione europea come un settore di sanità pubblica per cui è fondamentale la collaborazione tra gli Stati membri; da oltre 20 anni sono oggetto di raccomandazioni comunitarie, che hanno portato ad adottare programmi con obiettivi ampiamente condivisi (Decisione n. 1295/1999). Il contesto in cui si collocano attualmente travalica i confini nazionali e abbraccia tutta l'Europa, in una lunga sinergia di progetti come Europlan, Eurordis, Orphanet e, recentemente, anche le suddette Reti europee dei Centri di eccellenza (ERN);
    in Italia si stimano approssimativamente circa 2 milioni di malati circa, moltissimi dei quali in età pediatrica; in Europa, le 5.000-8-000 malattie rare esistenti colpiscono complessivamente il 6-8 per cento della popolazione, ossia da 27 a 36 milioni di persone. È come se intere nazioni fossero colpite da tali patologie, molto diverse tra di loro per tipologia e gravità, che nelle forme più gravi appaiono debilitanti e fortemente invalidanti, potenzialmente letali. Eppure, per molte di esse, la diagnosi precoce, fatta attraverso lo screening neonatale, potrebbe cambiare radicalmente la qualità di vita e il costo complessivo della malattia, consentendo una prevenzione secondaria efficace; grazie all'impegno delle precedenti mozioni e ad emendamenti approvati con la legge di bilancio 2016 e 2017 lo screening neonatale si è allargato alla malattie su base metabolica, ma forse ora è giunto il momento di includervi anche alcune patologie su base neurologica, per cui nel frattempo si sono rese disponibili le prime forme di terapia;
    l'oggettiva rarità di molte malattie non sempre favorisce la ricerca sulle loro cause e frena gli investimenti sia in campo diagnostico che terapeutico: non solo è difficile ottenere in tempi contenuti una diagnosi esatta, ma soprattutto è difficile ottenere farmaci adeguati per trattare queste patologie, per cui si continua a parlare di farmaci «orfani». La scarsità di pazienti rende a volte difficile condurre ricerche secondo i canoni ordinari, perché non è facile arruolare un numero adeguato di pazienti che abbiano la stessa patologia rara. E questo fatto riduce l'interesse dei ricercatori, che non sanno come potrebbe essere valutata una loro ricerca svolta al di fuori dei criteri classici della ricerca biomedica;
    per ovviare alle predette, reali difficoltà, che pongono ostacoli seri alla ricerca scientifica, il Regolamento CE n. 141/2000 stabilisce una serie di criteri per l'assegnazione della qualifica di medicinali orfani nell'Unione europea e prevede incentivi per stimolare la ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di farmaci per la profilassi, la diagnosi o la terapia delle malattie rare. Le grandi case farmaceutiche, spesso poco interessate ad affrontare le prime fasi della ricerca in questo campo, osservano attentamente il lavoro di singoli ricercatori universitari o di piccoli gruppi di ricercatori che affrontano, rischiando in proprio, le fasi iniziali dello studio di alcuni farmaci. I grandi gruppi internazionali preferiscono intervenire in un secondo tempo, quando i margini di successo sono adeguatamente aumentati, grazie allo sforzo di piccoli gruppi di ricercatori ambiziosi e determinati. Per questo tagliare fondi alla ricerca indipendente, come è la ricerca che nasce in università, o negli Irccs, in piccoli laboratori di ricerca, significa anche bloccare questo processo di creatività intellettuale che finora sta dando ottimi frutti. Non a caso quest'anno, in occasione della X Giornata internazionale delle malattie rare il titolo scelto è: «Con la ricerca le possibilità sono infinite»;
    il 18 maggio 2001 il Ministro della sanità, con il decreto n. 279, istituiva la rete nazionale delle malattie rare e prevedeva l'esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie. In questi 15 anni l'Italia, grazie al lavoro di tanti professionisti, medici, biologi, biotecnologi, è diventata nazione leader per l'eccellenza di alcuni dei suoi ospedali specializzati in malattie rare, come ha decretato il Consiglio degli Stati membri per le Reti di riferimento europee (European Reference Network, ERN), il 15 dicembre 2016. È arrivato, quindi, il momento di sostenere fortemente tali strutture, predisponendo risorse adeguate;
    il Registro Nazionale Malattie Rare è fulcro centrale della Rete nazionale delle malattie rare, ad oggi ha raccolto circa 200.000 casi. Esso sorveglia le malattie riconosciute dal Ssn e fornisce informazioni cliniche ed epidemiologiche per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza. Inoltre, questi stessi dati sono utili anche nel processo di costituzione delle Reti di riferimento europee (ERNs), attraverso il quale si prevede un'ottimizzazione nella registrazione dei casi e nella collaborazione tra i registri regionali e quello nazionale, la cui sinergia è necessaria per avere un quadro epidemiologico attendibile e capace di supportare le politiche sanitarie. Visto il ruolo strategico del Registro nazionale di malattie rare: sarebbe opportuno rendere obbligatorio il flusso dei dati clinico-epidemiologici dai registri regionali al Registro nazionale. Tale flusso deve essere semestrale e completo di tutte le variabili attuali e aggiuntive, in modo raccogliere informazioni cliniche ed epidemiologiche utili alla ricerca scientifica e alla sanità pubblica;
    è necessario inoltre concentrarsi di volta in volta su gruppi di malattie ingiustamente trascurate in occasione di interventi precedenti, come è accaduto per alcune rare malattie cardiache, che attualmente non ricevono adeguata attenzione e sono assenti dai recenti livelli essenziali di assistenza, dove invece compaiono altre patologie vascolari, diverse dalle patologie cardiache specifiche. Rientrano in questo gruppo di patologie cardiache rare alcune cardiomiopatie spesso di origine congenita; alcune malattie rare del pericardio e alcune malattie ereditarie associate a morte improvvisa cardiaca giovanile. Sono patologie riconosciute a livello europeo, ma non in Italia per cui si potrebbe creare una vera e propria disparità nell'assistenza di tali malati a tutto svantaggio dei pazienti italiani;
    c’è poi tutto il campo dei tumori rari, che secondo stime recenti pubblicate dall'Airtum, Associazione italiana dei registri tumori, costituiscono nel loro insieme il 15 per cento di tutti i tumori umani. Cittadini italiani affetti da una neoplasia del sangue, ad esempio, si potrebbero trovare davanti alla necessità di far fronte in prima persona ai costi di procedure non inserite tra i livelli essenziali di assistenza. È facile ipotizzare, in un contesto sociale come l'attuale, caratterizzato da un impoverimento generalizzato, che molti di loro potrebbero essere costretti a rinunciarvi per motivi economici. Si verrebbe così a creare una situazione di disparità nell'accesso alle cure per una categoria di malattie molto gravi, sulla base della condizione economico-sociale del malato;
    appare indispensabile assicurare nell'ambito del prossimo aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, una maggiore adeguatezza delle prestazioni erogabili in regime di assistenza specialistica, con particolare riferimento agli ambiti finora trascurati, come l'ematologia e i tumori rari, rimediando a quello che è stato certamente un mero errore materiale;
    le attività, i servizi e le prestazioni destinati alle persone affette da malattie rare sono parte integrante dei livelli essenziali di assistenza, che lo Stato – attraverso il Servizio sanitario nazionale – è tenuto ad erogare alle persone che ne sono affette. I livelli essenziali di assistenza, come è noto, dovrebbero essere garantiti a tutti i cittadini attraverso i sistemi regionali nei rispetto dei criteri di efficacia, qualità ed appropriatezza, sulla base dei principi di equità, universalità di accesso e solidarietà. Tuttavia, gli indicatori di monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza evidenziano ancora evidenti differenze fra le diverse regioni, per cui si pone l'esigenza di promuovere costantemente l'equità del sistema, a garanzia del necessario superamento delle disuguaglianze sanitarie, sociali e territoriali;
    solo nel 2016, dopo ben 15 anni, è stato possibile pervenire all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza con l'inserimento di oltre 110 nuove voci, tra singole malattie rare e gruppi di malattie, nell'elenco delle malattie rare;
    nella precedente mozione venivano elencate una ad una, per ottenere dal Ministro della salute la giusta attenzione di tutela dei diritti dei malati, con l'eliminazione di una delle più sgradevoli forme di discriminazioni, quella tra sani e malati e peggio ancora quella tra malati e malati. Ora la nuova normativa sui LEA prevede che l'aggiornamento, sia fatto con cadenza annuale e tale aggiornamento non potrà che riguardare anche l'elenco delle malattie rare,

impegna il Governo:

1)  ad assumere iniziative per aggiornare il nuovo piano nazionale delle malattie rare, essendo scaduto quello 2013-216 ed essendo parzialmente cambiato il quadro generale con l'approvazione dei nuovi livelli essenziali di assistenza e la creazione delle Reti di riferimento europeo (ERN);

2)  ad assumere iniziative volte ad inserire nel primo aggiornamento possibile dei livelli essenziali di assistenza alcune patologie rimaste fuori dall'elenco recentemente approvato, ad esempio alcune patologie cardiache rare, alcune malattie di tipo ematologico e alcuni tumori rari, sorprendentemente non ancora inclusi;

3)  ad individuare criteri, modelli e indicatori di riferimento per la valorizzazione delle eccellenze clinico-assistenziali e scientifiche presenti nei centri di riferimento del nostro Paese (ERN), per realizzare un monitoraggio efficace degli standard di eccellenza, ai vari livelli, scientifico, clinico-assistenziale ed organizzativo;

4)  a facilitare la ricerca nel campo delle malattie rare, valorizzando il lavoro e la struttura dei nuovi ERN in cui sono gruppi italiani di ricerca a fare da capofila;

5)  a favorire nuovi modelli di integrazione e collaborazione tra gli ERN, nodi di eccellenza attualmente riconosciuti, e altri centri di diagnosi e cura per stimolare la conoscenza reciproca e lo scambio di competenze necessarie per garantire una attività scientifica e assistenziale sempre più efficace e capillare sull'intero territorio nazionale;

6)  a potenziare il Centro delle malattie rare, creato presso l'Istituto superiore di sanità, attraverso finanziamenti mirati che consentano di sviluppare nuove linee di ricerca secondo i più recenti risultati della letteratura internazionale in ambiti finora trascurati, perché considerati privi di riscontri positivi adeguati;

7)  a rendere obbligatorio il flusso dei dati clinico-epidemiologici dai registri regionali al registro nazionale, affinché tale flusso sia semestrale e completo di tutte le variabili attuali e aggiuntive, in modo da raccogliere informazioni cliniche ed epidemiologiche utili alla ricerca scientifica e alla sanità pubblica;

8)  a facilitare l'utilizzo mirato di risorse pubbliche e private destinandole alla ricerca e orientandole a programmi per le malattie rare consolidati, grazie alla completezza delle informazioni cliniche ricevute e alla loro trasmissione tempestiva all'Istituto superiore di sanità;

9)  a insistere sull'uso di sistemi di codifica uniformi su tutto il territorio nazionale, soprattutto per le nuove patologie recentemente inserite tra i livelli essenziali di assistenza, per conoscere con certezza il numero reale di pazienti che ne sono affetti e il tipo di trattamento a cui sono attualmente sottoposti;

10) ad ampliare il numero di malattie rare da sottoporre a screening neonatale obbligatorio, introducendo accanto alle recenti malattie su base metabolica alcune patologie neurologiche, sulla base dei recenti progressi scientifici nel campo delle terapie genetiche, che consentono in alcuni casi interventi precoci ed efficaci;

11) a facilitare l'accesso a cure innovative, geniche oltre che farmacologiche, il cui iter sperimentale Italia non è stato ancora completato, ma di cui si intravedono i primi effetti positivi e di cui non sono noti effetti secondari negativi;

12) a facilitare la ricerca per i «farmaci orfani», attraverso iniziative volte all'introduzione di misure di defiscalizzazione attrattive per investitori privati, con possibilità di creare nuove forme di collaborazione con ricercatori universitari, con cui dar vita a spin off per prodotti altamente innovativi;

13) a promuovere sistematicamente, anche alla luce degli sviluppi della ricerca, una costante, tempestiva e qualificata comunicazione sulle malattie rare attraverso i media per evitare il diffondersi di false teorie, di false aspettative e di ingiustificati timori;

14) a promuovere il costante confronto, oltre che con i professionisti esperti, con i rappresentanti delle associazioni malati rari, creando, tutte le volte che sia possibile, occasioni concrete di aggiornamento sulle malattie rare, a cui far partecipare oltre ai professionisti esperti anche i cosiddetti «pazienti esperti»;

15) ad attivare iniziative sul piano socio-previdenziale per ottenere il riconoscimento dello stato di disabilità per i pazienti con malattie rare, alla luce delle loro difficoltà concrete, per cui spesso la malattia viene diagnosticata in ritardo e in molti casi è priva di trattamenti specifici;

16) a sostenere specifiche opportunità di inserimento professionale per i malati affetti da malattie rare, anche attraverso iniziative normative che prevedano un collocamento mirato.
(1-01522) «Binetti, Lupi, Calabrò, Gigli, Menorello, Fucci, Pagano, Palmieri, Roccella, Buttiglione, De Mita, Cera, Pizzolante, Tancredi, Misuraca, Garofalo, Bosco, Minardo, Alli, Scopelliti, Marotta».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   BUSINAROLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa (« Il Fatto Quotidiano» del 2 dicembre 2016) si è appreso di una vicenda che ha destato molto scalpore, riguardante alcune preziose opere d'arte, nello specifico diciassette tele di un valore totale non inferiore ai 17 milioni di euro, prelevate dal museo veronese di Castelvecchio e ritrovate, nel maggio 2016, in Ucraina ma che ancora non risultano essere state restituite e che, invece, sarebbero state addirittura esposte in una mostra inaugurata a Kiev il 17 giugno 2016;
   sul caso, a seguito di denuncia presentata dall'avvocato Guariente Guarienti, la procura scaligera ha aperto un fascicolo nei confronti del Presidente dell'Ucraina Pietro Poroshenko, contestandogli l'appropriazione indebita e ricettazione;
   la rogatoria internazionale inoltrata dai magistrati italiani alla procura generale di Kiev risale al 17 maggio, 2016 ma, ad oggi, è rimasta inevasa, secondo le dichiarazioni rilasciate al pubblico ministero competente di Verona del coordinamento della giustizia europea Eurojust, «per motivi diplomatici»;
   risulta inoltre che il presidente Poroshenko e il Presidente del Consiglio pro tempore, Matteo Renzi si sarebbero accordati per organizzare una cerimonia ufficiale in occasione della quale ci sarebbe stata la restituzione delle opere d'arte;
   l'apertura dell'indagine a carico del Presidente ucraino potrebbe rendere più complicata la presenza dello stesso in Italia. Infatti i requisiti per cui i magistrati possano effettivamente procedere prevedono che il cittadino straniero si trovi nel territorio dello Stato e che vi sia una richiesta da parte del Ministero della giustizia se dalla commissione del fatto è derivata un'offesa ad un interesse dello Stato o della collettività –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di risolvere la questione, dai delicati risvolti diplomatici, soprattutto con l'obiettivo di tutelare il prezioso patrimonio artistico italiano, fiore all'occhiello del nostro Paese che, secondo la lista stilata dall'Unesco, costituisce circa il 50 per cento di quello mondiale. (3-02819)


   D'ARIENZO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   il 19 novembre 2015 sono stati rubati 17 quadri presso il museo di Castelvecchio di Verona e sono stati ritrovati in Ucraina il 6 maggio 2016 anche con il supporto della polizia ucraina;
   successivamente al ritrovamento, in Ucraina è stata organizzata un'esposizione presso il museo Khanenko di Kiev dei quadri in questione, fatto che l'interrogante ritiene inusuale considerati o contorni della vicenda, non certamente caratterizzata da un'azione volontaria del comune di Verona;
   il consiglio comunale di Verona, per favorire le relazioni funzionali alla restituzione, ha votato a maggioranza la concessione della cittadinanza onoraria al Presidente di quel Paese;
   il sindaco di Verona si è recato in visita a Kiev allo scopo di perorare la causa della restituzione dei quadri trafugati;
   ad oggi ancora non sono stati restituiti al legittimo proprietario i beni detenuti in Ucraina e lì scoperti dopo il furto;
   dalla stampa si legge che il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, Matteo Renzi, ha incontrato il Presidente ucraino e, tra gli altri, ha affrontato il tema della restituzione dei dipinti;
   dalla stampa si legge l'ennesimo annuncio dell'amministrazione comunale – si spera fondato – che i quadri dovrebbero essere restituiti entro la fine del mese di luglio 2016, con una cerimonia organizzata allo scopo;
   l'interrogante ritiene che la Repubblica italiana in un caso simile avrebbe già provveduto a restituire l'oggetto di un furto compiuto in un altro Paese –:
   quali siano le ragioni per le quali, dopo l'esposizione in mostra, i quadri in questione detenuti senza titolo non sono stati restituiti, tanto da rendere necessario l'intervento del Governo – che l'interrogante ritiene giusto e pienamente condivisibile – con un apposito colloquio con il Presidente ucraino;
   se il Governo sia stato interpellato nell'ambito dell’iter procedurale che ha portato il sindaco di Verona a proporre al consiglio comunale di Verona la concessione della cittadinanza onoraria al Presidente ucraino;
   se vi siano e quali siano le eventuali condizioni che l'Ucraina ha posto per la restituzione di ciò che non è suo;
   cosa intenda fare il Governo se si verificasse il mancato rispetto degli impegni presi dall'Ucraina di cui si legge sulla stampa. (3-02821)


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, MATARRELLI, SEGONI, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. – Per sapere – premesso che:
   il Museo di Castelvecchio di Verona il 19 novembre del 2015 è stato teatro di una rapina milionaria: al momento della chiusura serale tre persone travisate hanno trafugato 17 dipinti di Tintoretto, Mantegna, Pisanello e Rubens, per un valore di circa 25 milioni di euro;
   dopo accurate indagini sono stati individuati i presunti autori del fatto: due italiani, la guardia giurata ed il fratello, ed anche alcuni cittadini moldavi, tra i quali la compagna del fratello della guardia giurata, che avrebbe fatto da basista;
   nel marzo 2016 sono quindi stati tratti in arresto: alcuni degli stranieri si trovavano in Ucraina dove, poi, nel maggio 2016 sono stati ritrovati anche i 17 preziosi quadri, nascosti in un bosco vicino Kiev, contenuti in sacchetti di plastica e che stavano per essere trasportati in Moldavia;
   il Governo ucraino, sebbene dapprima non dava particolari segni di interesse, anche a seguito dell'intervento dell'agenzia europea Eurojust è divenuto piuttosto collaborativo in relazione all'estradizione dei presunti autori della rapina, tant’è che l'estradizione tempestiva ha consentito anche l'apertura, nei giorni scorsi, del processo penale avanti al tribunale di Verona alla presenza di tutti gli imputati, accusati di rapina a mano armata in concorso e sequestro di persona;
   resta difficile da comprendere come sia possibile che, a distanza di circa un anno dalla rapina e ad oltre 6 mesi dal loro ritrovamento in Ucraina, i preziosissimi quadri rubati siano ancora esposti nel palazzo presidenziale di Poroshenko, dopo che nell'estate 2016 era stata allestita una mostra al museo Khanenko di Kiev, alla quale hanno partecipato il sindaco di Verona Tosi ed il Presidente ucraino Poroshenko;
   nonostante le numerose rassicurazioni, le opere d'arte tardano ad arrivare: la rogatoria per la restituzione dei quadri, infatti, dopo che erano stati sollevati alcuni impedimenti è rimasta inevasa: dapprima ci sono stati alcuni contatti informali, quindi visite del sindaco di Verona, Flavio Tosi, a Kiev, la concessione della cittadinanza onoraria di Verona al Presidente ucraino Poroshenko, quindi la mostra organizzata nel museo di Kiev;
   questo l’iter, ma, ad oggi, ancora non c’è nessuna novità concreta sul rientro delle opere, sebbene si siano cimentati nella trattativa per la restituzione delle opere d'arte anche la diplomazia ed il Governo italiano;
   nel mese di settembre 2016, infine, ai funerali dell'ex Premier israeliano Shimon Peres il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, Matteo Renzi, si è profuso in rassicurazioni relativamente ad un rientro delle opere entro il mese di novembre 2016;
   ad oggi tuttavia non si ha ancora certezza relativamente ai tempi di riconsegna di questo preziosissimo patrimonio storico; alcuni organismi di stampa avanzano l'ipotesi che il Presidente ucraino Poroshenko non voglia restituire le opere cinquecentesche se non consegnandole personalmente nelle mani del Presidente del Consiglio dei ministri, in una visita ufficiale;
   la questione giudiziaria quindi sembra proprio che sia divenuta una questione politica e diplomatica di difficile risoluzione, stante anche la situazione geopolitica che sta vivendo l'Ucraina e gli equilibri europei in relazione ai rapporti con la Russia, oggi del tutto invisa al Governo ucraino;
   ciò nonostante, i capolavori trafugati e poi ritrovati dovrebbero rientrare quanto prima nel museo veronese dal quale erano stati rubati –:
   se siano a conoscenza della situazione descritta;
   se siano state sollevate dallo Stato ucraino particolari circostanze relativamente a condizioni giudiziarie ovvero normative derivanti da accordi bilaterali che impediscano di evadere la richiesta di restituzione dei quadri indicati in premessa;
   se siano state avanzate specifiche richieste da parte dell'Ucraina affinché la restituzione delle opere d'arte avvenga con una cerimonia diplomatica ufficiale in occasione di una visita di Stato;
   se ed in quali modi intendano procedere al fine di accelerare i tempi di rientro in Italia dei dipinti di proprietà del comune di Verona. (3-02826)


   MARTELLI, MELILLA, KRONBICHLER, PIRAS e DURANTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Strategia nazionale 2012-2020 d'inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti è stata redatta dall'UNAR – Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali – e approvata dal Consiglio dei ministri nel febbraio 2012, in attuazione della Comunicazione n. 173 del 2011 della Commissione europea. La Comunicazione n. 173 del 4 aprile 2011, «Un quadro dell'Unione europea per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020», approvata dal Consiglio nella seduta del 23-24 giugno 2011, sollecita gli Stati membri all'elaborazione di strategie nazionali di inclusione dei Rom o all'adozione di misure di intervento nell'ambito delle politiche più generali di inclusione sociale per il miglioramento delle condizioni di vita di questa popolazione;
   il Consiglio dei ministri ha emanato in data 28 febbraio 2012 la Strategia nazionale di inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti con precisi schemi di governance;
   a Roma, Napoli, Milano, Torino, Venezia ed in ogni ragione è prevista la nascita di tavoli di inclusione dove la legale rappresentanza Rom è chiamata ad essere componente istituzionale degli stessi e decidere, in concerto con le prefetture e le amministrazioni, le politiche su casa, lavoro, scuola, sanità ed uso del denaro pubblico stanziato dall'Unione europea e dalla Banca centrale europea in conseguenza degli accordi quadro –:
   in quali regioni e in quali città d'Italia i Rom, i Sinti e i Caminanti risultino avere propri rappresentanti in tavoli istituzionali come previsto dalla strategia nazionale d'inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti 2012-2020, sopra richiamata;
   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano intraprendere per portare a compimento le direttive della suddetta strategia nei tempi previsti.
(3-02829)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2016, n. 151, concernente disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del gruppo Ilva, inserisce un comma 8.2-ter all'articolo 1 del decreto-legge n. 191 del 2015, il quale prevede che: «(...) la regione Puglia, valutata prioritariamente l'assegnazione temporanea di proprio personale, può autorizzare l'ARPA Puglia a procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per un contingente strettamente necessario ad assicurare le attività di cui al presente comma, individuando preventivamente, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, le occorrenti risorse finanziarie da trasferire alla medesima Agenzia nel limite massimo di spesa pari a 2,5 milioni di euro per l'anno 2016 e a 5 milioni di euro a decorrere dal 2017. Le assunzioni sono effettuate in deroga alle sole facoltà assunzionali previste dalla legislazione vigente e previo espletamento delle procedure sulla mobilità del personale delle province, di cui all'articolo 1, commi 423 e seguenti, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e successive modificazioni, attraverso procedure di selezione pubblica disciplinate con provvedimento della regione Puglia»;
   nell'ambito dello stesso provvedimento di legge viene individuata la: «(...) assoluta esigenza di assicurare le necessarie attività di vigilanza, controllo e monitoraggio e gli eventuali accertamenti tecnici riguardanti l'attuazione del Piano di cui al comma 8.1, potenziando a tal fine la funzionalità e l'efficienza dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Puglia»;
   come è noto l'Arpa di Taranto presenta evidenti criticità, in particolare in relazione alla carenza di personale e alla pianta organica sottodimensionata pari al 50 per cento rispetto a quanto previsto dalla stessa regione Puglia;
   la regione Puglia ad oggi, nonostante le ripetute sollecitazioni istituzionali provenienti anche dalle organizzazioni sindacali, non ha ancora proceduto ad autorizzare l'Arpa Puglia all'assunzione di nuovo personale e neppure ha proceduto a reperire e trasferire le risorse finanziarie finalizzate alle assunzioni in deroga come previsto dalla citata legge n. 151 del 2016;
   la conseguenza di tale ritardo è la perdita dei 2 milioni e 500 mila euro destinati dal citato decreto-legge per il potenziamento del personale nell'anno 2016, purtroppo con un immobilismo che caratterizza anche il 2017 –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere affinché abbia seguito quanto previsto dalla citata normativa per l'incremento del personale in servizio presso l'Arpa Puglia e l'Arpa Taranto, scongiurando la perdita delle risorse e, ove perseverasse tale immobilismo, se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per assumere iniziative, anche normative, volte a procedere alla individuazione di poteri sostitutivi con l'obiettivo di assicurare le ormai indispensabili assunzioni per il buon funzionamento dei suddetti organismi di controllo ambientale. (5-10692)

Interrogazione a risposta scritta:


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la riserva naturale orientata «Torre Salsa» è un'area naturale protetta di 762 ettari che si estende tra Siculiana marina ed Eraclea Minoa in provincia di Agrigento, istituita dalla regione siciliana ed affidata in gestione dal 23 giugno 2000 al Wwf Italia;
   la riserva – che costituisce un pregio del patrimonio naturalistico regionale e nazionale — ricade all'interno di un sito d'importanza comunitaria (SIC ITA040003) presso il comune di Siculiana;
   con deliberazione della giunta comunale n. 21 del 10 marzo 2016, l'amministrazione di Siculiana ha approvato il progetto per la realizzazione di una «struttura turistico-ricettiva, ADLER mare spa-resort e centro benessere» da realizzarsi in contrada Torre Salsa, presentato dalla società Ritempra s.p.a.;
   con provvedimento finale Suap n. 2 del 24 gennaio 2017, il comune di Siculiana ha autorizzato la realizzazione delle opere e degli interventi di cui al progetto de quo, lavori che dovranno avere inizio entro 1 anno dalla data di rilascio della autorizzazione richiamata ed ultimati entro 3 anni dalla data di comunicazione di inizio dei lavori;
   la sopra citata struttura turistica nascerà in contiguità con i terreni della riserva di Torre Salsa, ed in parte all'interno della fascia di rispetto del sito di interesse comunitario; tale progetto prevede l'utilizzo di una parte dei tracciati interni e di alcune spiagge che saranno privatizzate e rese di esclusiva pertinenza della struttura, a discapito della piena accessibilità e fruibilità delle stesse da parte dei cittadini;
   al riguardo, occorre evidenziare come alcuni dei pareri/nulla osta acquisiti durante la fase istruttoria relativa al progetto in questione (parere U.T.C. sulla conformità urbanistica, prot. n. 8579 del 25 ottobre 2011, parere azienda sanitaria provinciale, prot. n. 10535 del 6 novembre 2011, parere assessorato regionale risorse agricole ed alimentari, prot. 9521 del 2 dicembre 2011) siano piuttosto risalenti nel tempo e, pertanto, a giudizio dell'interrogante non più idonei ad assolvere appieno alla specifica funzione rispetto alla quale sono stati rilasciati e, conseguentemente, suscettibili di essere considerati privi di efficacia;
   si sottolinea che, pur non potendo imprimere ad un'area una condizione giuridica di inedificabilità assoluta per il solo fatto che la stessa sia inclusa nei siti di interesse comunitario (SIC) e in zone di protezione speciale – (ZPS) Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 892, dal 25 febbraio 2014 – qualsiasi intervento che degradi integralmente o parzialmente l’habitat per la cui conservazione è stata individuata l'area protetta ben potrà essere precluso;
   ad avviso degli interroganti, le opere e gli interventi previsti nel progetto per la realizzazione del resort in questione possono senz'altro configurarsi — anche ai fini di una apposita segnalazione da inoltrare alla Commissione europea — quali impatti ed attività che incidono, in maniera significativa e negativa, sulla conservazione e sulla gestione del sito, il quale può essere leso non soltanto per effetto di attività dirette su quest'ultimo ma anche nell'ipotesi di minacce e pressioni che si verifichino finanche nelle immediate vicinanze dello stesso, ma che siano, tuttavia, idonee a comprometterne, totalmente o parzialmente, l'integrità –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa, quali iniziative di competenza intenda assumere per tutelare il sito di importanza comunitaria nel quale è situata la riserva di Torre Salsa e se, ed in che modo, la realizzazione della struttura turistica in questione possa considerarsi compatibile con l'esigenza di assicurare, in ogni caso, un adeguato equilibrio tra la conservazione del sito ed un uso sostenibile del territorio, anche in ossequio ai principi comunitari di precauzione e prevenzione dell'azione ambientale.
(4-15738)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il museo paleontologico di Pietrafitta, provincia di Perugia, inaugurato nel luglio 2011 e chiuso nel 2015, custodisce una collezione di fossili di inestimabile valore scientifico e, per il numero di specie presenti, rinvenute in quello che nei millenni è stato un immenso bacino d'acqua, è considerato uno dei più importanti patrimoni paleontologici a livello europeo;
   il suddetto museo rientra tra le iniziative realizzate con le risorse, pari ad oltre 23 miliardi di vecchie lire, messe a disposizione del comprensorio della Valnestore, tra il 1995 e il 2001, da Enel s.p.a. per il parziale riequilibrio economico del territorio interessato dalla dismissione della vecchia centrale elettrica a lignite e dalla costruzione della nuova centrale elettrica a metano di Pietrafitta;
   nell'ambito degli accordi intercorsi tra il Governo pro tempore, regione Umbria, provincia di Perugia, comuni interessati ed Enel s.p.a., si costituisce, nel 1999, la società Valnestore Sviluppo srl, a capitale totalmente pubblico, incaricata di realizzare le iniziative di cui sopra, tra le quali il museo di Pietrafitta di cui diviene anche proprietaria;
   la realizzazione del museo presentava costi per 5 miliardi delle vecchie lire, di cui 3 a carico di Enel s.p.a. e già trasferiti alla regione nel 2001, mentre i restanti a carico di regione, provincia e Valnestore s.r.l. a valere sulla Misura 3.2 del Documento Unico di programmazione (Docup) 2000-2006 della regione;
   nel 2011, in aggiunta ai suddetti fondi erogati da Enel e a valere sul Docup, si assegnano al museo contributi a valere sul piano annuale opere pubbliche 2010 (circa 300 mila euro tra quota regionale e quota della Valnestore s.r.l.); nel 2012, ulteriori risorse vengono concesse a valere sulla legge regionale n. 24 del 2003 (circa 40 mila euro) e, nel 2013, si riconosce alla Valnestore s.p.a. un ulteriore finanziamento di 490 mila euro, a valere sul POR FESR 2007-2013 per un progetto di completamento del costo di circa 627 mila euro;
   alla luce di quanto sopra, è evidente che la realizzazione del museo ha assorbito risorse per un ammontare ben superiore ai 5 miliardi di vecchie lire, venendo a costare oltre il doppio della somma inizialmente prevista;
   a fronte delle risorse impiegate il museo risulta attualmente chiuso per lavori di ristrutturazione e allestimento, mentre la società Valnestore s.r.l. è stata messa in liquidazione nel giugno 2016 a seguito di una gestione fallimentare che ha determinato pesanti perdite di bilancio, oltre che un'ingente esposizione debitoria;
   è evidente l'ennesimo caso di risorse pubbliche utilizzate a giudizio degli interroganti impropriamente per fini diversi da quelli per cui sono state stanziate e sarebbe stato opportuno un più attento monitoraggio del progetto da parte del Governo pro tempore in quanto parte stipulante dell'iniziale Protocollo insieme alla regione Umbria e ad Enel s.p.a. –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per tutelare l'importante patrimonio paleontologico custodito nel museo di Pietrafitta, un patrimonio da mettere a disposizione di tutti e risorsa indispensabile per incentivare il turismo nei territori dei comuni di Piegaro e Panicale, per il quale sono state spese importanti risorse pubbliche. (5-10691)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   mentre il nostro Paese piange ancora le vittime dei tragici eventi sismici del 26 agosto e 24 ottobre 2016, all'emergenza e al dramma umano si aggiunge la grande preoccupazione per le sorti del patrimonio artistico conservato nelle aree colpite dal terremoto, con la computa dei tesori crollati o completamente distrutti sparsi nelle regioni interessate;
   la chiesetta di San Salvatore a Campi Norcia, l'Abbazia di San'Eutizio, la basilica di San Benedetto e la cattedrale di Santa Maria Argentea, a Norcia; la Torre civica e la chiesa di Sant'Agostino, ad Amatrice; la chiesa di San Cassiano e l'abbazia di Piobbico, a Sarnano; il campanile di Santa Maria in Via e della Porta Malatesta a Camerino, sono solo alcune delle straordinarie architetture, inestimabile patrimonio culturale del nostro Paese, oggi ridotte in macerie;
   si tratta, purtroppo, di una stima solo parziale dei monumenti disastrati, perché si sta parlando di territori in cui si concentra un numero impressionante di architetture, di ogni età, la maggior parte delle quali prive di manutenzione, pressoché da sempre, fatta eccezione per pochi casi;
   a confermarlo è la denuncia di Renato Boccardo, vescovo che regge la Curia di Spoleto-Norcia, secondo cui «Se si fosse realizzato un puntellamelo, le chiese non sarebbero state danneggiate così gravemente. Credo che la responsabilità sia anche del governo: il decreto-legge post sisma prevede che i Beni culturali possano essere messi in sicurezza solo se minacciano l'incolumità pubblica: una follia»;
   l'identità di una popolazione affonda le sue radici anche e soprattutto nel patrimonio storico, artistico e culturale costruito nel corso dei secoli. Eppure, nonostante siano passati oltre cinque mesi, le chiese continuano a crollare e i beni, più volte segnalati dai cittadini, restano esposti alle intemperie con il rischio di perderli per sempre;
   il problema non è il lavoro che la Soprintendenza ha promesso che verrà fatto; il problema è quello che le istituzioni non hanno fatto preventivamente per evitare che un pezzo importante del patrimonio artistico e culturale italiano andasse in frantumi;
   anche in questa occasione si provvederà a raccogliere le opere salvate da chiese e luoghi della cultura vari e anche in quest'occasione il Ministro competente si affannerà a dichiarare che «tutte le opere danneggiate e recuperate saranno ricollocate esattamente dove si trovavano. Certe pratiche del passato non si ripeteranno più», ma anche in questa occasione si lavorerà sulle emergenze, peraltro in maniera del tutto inadeguata e insufficiente;
   a mancare non sono soltanto le risorse economiche necessarie, a fare difetto è la politica nazionale in tema di salvaguardia del patrimonio culturale, la capacità di contrastare, non certamente gli eventi sismici, ma i danni che esso può provocare, in una normale ottica di prevenzione;
   basti pensare che il primo decreto-legge n. 189 del 17 ottobre 2016 non prevedeva interventi a carattere di urgenza per la messa in sicurezza dei beni a rischio di crollo, ma solo provvedimenti dedicati al recupero dei beni ormai compromessi e allo stoccaggio presso i locali dell'unità operativa di depositi temporanei: per questo motivo molte strutture rimaste ancora in piedi seppur danneggiate, hanno finito con lo sbriciolarsi a seguito delle successive scosse –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda assumere per salvaguardare il patrimonio artistico-culturale dei territori colpiti dai tragici eventi sismici del 26 agosto e 24 ottobre 2016, prevedendo la messa in sicurezza di quei monumenti già stressati dalle scosse, ma ancora recuperabili e verificare eventuali responsabilità e negligenze delle strutture statali preposte alla tutela dei beni di valore storico, artistico e culturale;
   quale concreta politica di prevenzione intenda adottare il Governo per evitare che nel futuro, anche prossimo, si ripetano simili perdite e quale sia la stima, ad oggi, del danno al patrimonio storico, artistico e culturale del nostro Paese.
(4-15730)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   D'INCÀ. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nonostante le denunce effettuate già nel 2014 e nel 2015, rispettivamente, con le interrogazioni n. 4-05772 e n. 4-09174, in seguito alle segnalazioni degli abitanti del territorio Bellunese relative ai boati ed intensi frastuoni causati da voli a bassa quota, dovuti ad esercitazioni militari, nuovamente l'11 gennaio 2017 i suddetti episodi si sono ripresentati con le stesse modalità e negli stessi territori. La causa dell'ennesimo forte frastuono sarebbe da attribuire questa volta ai voli di velivoli appartenenti allo stormo 31st Fighter Wing, in una zona di addestramento tra le province di Belluno e Pordenone, così come reso noto dal comando statunitense e dal comando dell'aeroporto di Aviano;
   tali eventi sembrano ormai diventati una consuetudine e i disagi sono avvertiti con sempre maggiore sensibilità ed apprensione da parte delle popolazioni della Valbelluna, anche in considerazione delle tensioni di carattere internazionale, dovute alle minacce del terrorismo, e dei terribili eventi sismici verificatisi negli ultimi mesi nella nostra penisola –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suindicati;
   se e quali iniziative urgenti intenda intraprendere per verificare se tale attività addestrativa sia stata svolta nel pieno rispetto delle vigenti normative concernenti l'impatto ambientale e delle disposizioni antirumore ed in materia di spazi aerei; quali iniziative intenda porre in atto per evitare che tali episodi, che destabilizzano la tranquillità e la serenità delle popolazioni sopra indicate, non si ripetano di nuovo in futuro. (3-02820)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   SIMONETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, come successivamente modificato, prevede che si considerino soggetti incaricati della trasmissione delle dichiarazioni in via telematica mediante il servizio Entratel: gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro; i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria; le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche; i centri di assistenza fiscale per le imprese e per lavoratori dipendenti e pensionati;
   lo stesso articolo, al medesimo comma 3, lettera e), prevede però che siano ricompresi in suddetto elenco anche «gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze»;
   nonostante la rassicurazione della direzione dell'Agenzia delle entrate in merito all'imminenza del provvedimento contenente l'inclusione dei geometri e dei geometri laureati fra i soggetti incaricati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni di cui all'articolo 3, comma 3, del citato decreto del Presidente della Repubblica, come riportato nella nota del Consiglio nazionale geometri e geometri laureati del 19 gennaio 2016 (prot. n. 920), non si è ancora avuta alcuna notizia in merito;
   la richiesta di abilitazione alla trasmissione telematica era già stata avanzata nel mese di aprile 2016 nelle more della predisposizione del provvedimento del 27 dicembre 2016 riguardante il modello di dichiarazione di successione e domanda di volture catastali, delle relative istruzioni e delle specifiche tecniche per la trasmissione telematica;
   la stessa richiesta di abilitazione è stata poi reiterata, nelle dovute forme, a seguito del medesimo provvedimento;
   il nuovo modello di dichiarazione sarà reso obbligatorio a partire dal 1o gennaio 2018, ma, ad oggi, i geometri e i geometri laureati non sono ancora stati abilitati –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione esposta in premessa e non intenda fornire elementi circa i tempi di emanazione del provvedimento che estende anche ai geometri e ai geometri laureati l'abilitazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, più volte annunciato dall'Agenzia delle entrate e non ancora emanato. (4-15729)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   GALGANO, NICCHI, LOCATELLI, VALERIA VALENTE, GRIBAUDO, GARAVINI, LA MARCA, CENTEMERO, PAOLA BOLDRINI, MUCCI e TIDEI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dall'inizio del 2016, sono 117 le donne uccise da uomini, mariti, fidanzati o compagni (omicidi che rientrano più propriamente nella tipologia del femminicidio), mentre sono più di 155 i casi accertati di violenza ai danni delle donne;
   nel 2015, in Italia si sono consumati 6.945 atti persecutori a danno delle donne, 3.086 casi di violenza sessuale e ben 6.154 casi di percosse;
   l'ultima ricerca dell'Istituto nazionale di statistica, commissionata dal dipartimento per le pari opportunità sulla violenza contro le donne in Italia, relativa al quinquennio 2009/2014, documenta che una donna su tre (circa 6 milioni e 788 mila persone) ha subìto violenza fisica o sessuale almeno una volta nel corso della vita;
   la durezza delle violenze è sempre più grave: aumentano i casi di ferite (dal 26,3 per cento al 40,2 per cento da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8 per cento del 2006 al 34,5 per cento del 2014); anche le violenze da parte dei non partner sono più gravi;
   il 19 giugno 2013 il Parlamento italiano ha approvato, in via definitiva, la legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa, nota come Convenzione di Istanbul, contro la violenza sulle donne e la violenza domestica;
   la convenzione di Istanbul pone l'accento su un tema importante, quello della «vittimizzazione secondaria», ovvero la colpevolizzazione della vittima, che consiste nel ritenere chi ha subito una violenza o altre sventure parzialmente o interamente responsabile di ciò che le è accaduto, inducendola la stessa ad auto colpevolizzarsi;
   a Perugia, il 24 dicembre del 2011, una ragazza fu vittima di ripetuti stupri, oltre ad essere massacrata di botte davanti a una macchina parcheggiata fuori da un noto locale cittadino;
   dopo l'immediata denuncia per stupro (a seguito di opportuni accertamenti medici e di varie indagini) l'imputato venne arrestato e poi rilasciato;
   non è stata purtroppo ancora formulata una sentenza di primo grado e questi tempi così lunghi potrebbero portare ad un eventuale prescrizione;
   a causa di questa criticabile tempistica, la ragazza è stata costretta a rivivere in udienza più e più volte lo stress della violenza subita, incontrando in aula il suo aggressore. Tutto ciò non le ha permesso di poter seguire un percorso sano, che la liberasse dalla paura di subire una nuova aggressione e le consentisse di iniziare una riabilitazione alla vita quotidiana –:
   se non ritenga di assumere iniziative normative affinché nei casi di violenza, come quello avvenuto a Perugia nel 2011, i processi abbiano iter più brevi, anche prevedendo l'introduzione di riti che permettano di arrivare ad una sentenza pressoché immediata e comunque stabilendo tempi di prescrizione più lunghi;
   se non ritenga di assumere iniziative normative affinché le vittime di aggressioni possano usufruire di forme e modalità per rendere testimonianza giudiziale che le tutelino maggiormente, attenuando l'impatto psicologico ed emotivo scaturito dalla violenza subita. (3-02827)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta orale:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la stazione di Minturno-Scauri serve un bacino di utenza che interessa diversi comuni (Minturno, Santi Cosma e Damiano, Castelforte e Spigno Saturnia), i cui complessivi abitanti ammontano a 34.027 (dati ISTAT al 1o gennaio 2016); a questi, si aggiungono utenti provenienti dall'area settentrionale della regione Campania che, per motivi di lavoro, fanno capo a Roma anziché a Napoli e moltissimi residenti del comune di Formia in particolare delle zone di Gianola e Santa Croce, probabilmente per la facilità di raggiungimento della stazione e per il servizio di parcheggio offerto;
   si apprende da fonti stampa che il treno 12276 delle ore 4,03 da Minturno-Scauri, per interventi di manutenzione sulla linea, nei giorni dal 2 novembre al 5 novembre 2016, inizia la sua corsa dalla stazione di Formia e che ai pendolari della stazione di Minturno è stato assicurato un servizio navetta per mezzo autobus gestito da Trenitalia che li raccoglie nel piazzale della stazione e li conduce a Formia;
   in seguito a numerose segnalazioni pervenute presso la Federazione provinciale Confconsumatori, si veniva a conoscenza che il 2 novembre 2016 veniva inspiegabilmente soppresso il servizio autobus sostitutivo predisposto da Trenitalia per il treno delle ore 4,03. In particolare, alle ore 3,45 veniva diramato un annuncio tramite altoparlante dell'arrivo dell'autobus, ma, nonostante ciò, questo non giungeva. A questo punto i pendolari si recavano dal capo stazione di Minturno chiedendo spiegazioni, e quest'ultimo, chiamato telefonicamente il capo stazione di Formia, chiedeva che il treno 12276 posticipasse la partenza alle 4,30 onde poter garantire ai pendolari il raggiungimento con mezzi propri della stazione di Formia. Quindi, i pendolari si recavano con le proprie autovetture presso la stazione di Formia con la certezza di trovare il treno fino alle 4,30, ma ivi giunti alle ore 4,25 appuravano che il treno 12276 era già partito;
   il 24 ottobre 2016 si è tenuto, presso la sede dell'assessorato ai trasporti della regione Lazio, l'incontro dell'Osservatorio regionale trasporti circa il cambio orari dicembre e l'illustrazione del nuovo contratto di servizio regione-Trenitalia. In sostanza, verranno migliorati gli standard qualitativi del trasporto regionale attraverso l'acquisto di nuove tipologie di treni e saranno previsti collegamenti diretti per Roma (e viceversa) solo ed esclusivamente, con collegamenti dalla stazione di Formia, raggiungibile da Minturno con treni regionali provenienti da Napoli ai quali sono programmate coincidenza a distanza di 10 minuti;
   di conseguenza, la velocizzazione dei tempi di collegamento sponsorizzata come uno degli obiettivi del nuovo orario, per i treni interessanti la stazione di Minturno Scauri non solo non ci sarà, ma sarà compromessa per i tempi di scambio a Formia laddove i ritardi facessero saltare le coincidenze. Inoltre, verranno soppressi i quattro regionali veloci ottenuti dopo anni di richieste e che per i pendolari costituiscono un traguardo importante, nonché tutti i treni che avevano origine e termine nella stazione di Minturno Scauri con l'aggravio di dover sempre provvedere al cambio presso la stazione di Formia per dirigersi verso nord –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per implementare e rendere più efficiente il sistema di trasporto ferroviario del Paese, con particolare attenzione alle esigenze di pendolari e alle tratte con maggiori criticità come quella sopra richiamata. (3-02818)


   LIUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   lo schema idrico Basento-Bradano-Attrezzamento settore G, è un'opera di fondamentale importanza strategica per il settore agroalimentare lucano e utile alla distribuzione irrigua del distretto che si estende per circa 13.050 ettari nel nord della Basilicata. Il progetto prevede la realizzazione di: una condotta principale (collegamento diga di Genzano alla diga del Basentello) di 23,170 chilometri; diramazioni settoriali per alimentare i 14 settori del «distretto G»; une rete di distribuzione irrigua, con sviluppo di circa 400 chilometri; 14 vasche di compenso di volume variabile complete di strumenti di misura delle portate; un impianto di sollevamento per il settore G6 non portata di 172,36 lt/sec a prevalenza di 189 metri. L'opera è frutto dell'unificazione di 3 distinti progetti denominati in precedenza «Completamento schema idrico Basento Bradono. Adduttore diga di Genzano-Diga del Basentello» e «Completamento schema idrico Basento Bradano. Attrezzamento Settore G»;
   l'opera è stata valutata con pareri favorevoli già nel 2006 dall'Anas, dalle province di Matera e Potenza, dal comitato tecnico sulla valutazione di impatto ambientale e l'autorizzazione paesaggistica e dal dipartimento delle infrastrutture della regione Basilicata. I lavori sono stati lentamente avviati nel 2006 ma hanno subito il completo arresto nel 2011;
   il CIPE ha approvato il progetto di 85,7 milioni di euro precisando che i fondi non potevano essere prelevati dai Fas così come previsto inizialmente dal Ministero. Con la delibera n. 130 CIPE è stato assegnato un contributo di 6,3 milioni di euro per 15 anni a patto che fosse individuato da parte del soggetto aggiudicante, entro due mesi dalla pubblicazione della delibera, un piano economico-finanziario aggiornato. Il Ministero dell'interno, con nota del 27 ottobre 2006, ha trasmesso al CIPE la relazione integrativa con il piano economico aggiornato proponendo la conferma di finanziamento già assegnato in via programmatica e la copertura della quote residua di fabbisogno pari a 15,7 milioni di euro. Il mese successivo la regione Basilicata ha dichiarato di impegnarsi a farsi carico della somma di 6,9 milioni di euro, chiedendo di poter trattenere le eventuali economie dei ribassi d'asta nell'aggiudicazione dell'opera e precisando poi che la copertura dell'onere sarebbe derivata anche dalle royalty petrolifere;
   a seguito dell'indisponibilità dell'aggiudicatario, nell'aprile del 2011 la regione ha predisposto un nuovo bando che non è mai partito a causa della mancata disponibilità di finanziamento da parte della Cassa depositi e prestiti. Tuttavia secondo quanto riportato dalla relazione tecnica, sono ad oggi utilizzabili 62,580 milioni di euro cumulati con il contributo quindicinale di 6,3 milioni di euro;
   nel mese di ottobre 2014 il «Consorzio di Bonifica Vulture Alto Bradano» ha fissato per lo stesso mese l'inizio dei lavori per l'esame della documentazione relativa le operazioni di gara sospese ormai da oltre due anni;
   nel cosiddetto decreto «Destinazione Italia» il comma 1 dell'articolo 13 recitava: «Le assegnazioni disposte dal CIPE con le delibere n. 146 del 17 novembre 2006 e le assegnazioni disposte dalla delibera CIPE n. 33 del 13 maggio 2010 sono revocate» sancendo di fatto la revoca della delibera Cipe n. 146 contenente anche lo schema idrico lucano;
   successivamente il decreto cosiddetto «Sblocca Italia» ha ripristinato i finanziamenti per l'opera, ma con una scadenza stringente (31 dicembre 2014) pena l'annullamento del finanziamento che ne presupponeva una difficile attuazione di inizio lavori;
   l'assegnazione prevista per il 17 novembre 2014, non si è conclusa a causa di una contestazione sull'offerta vincente giudicata troppo a ribasso. La denuncia partita da una ditta di Ravenna riguarda la ditta D'Agostino Costruzioni;
   nonostante il ricorso sulle anomalie del vincitore della gara presentato dalla ditta emiliana, il 29 dicembre 2014, la commissione giudicatrice ha dichiarato la D'Agostino costruzioni vincitrice per l'aggiudicazione provvisoria motivando la stessa come un'offerta «congrua e ammissibile»;
   il giorno 7 aprile 2015, si è appreso a mezzo stampa che il commissario straordinario dei consorzi di bonifica lucani Giuseppe Musacchio ha ritenuto «carenti» i chiarimenti richiesti sull'offerta della ditta vincitrice D'Agostino Costruzioni «sfiduciando» i responsabili della gara da 58 milioni di euro;
   ad oggi i lavori sono bloccati e lasciano in sospeso le aspettative di cittadini ed agricoltori che attendono l'avvio di un'opera strettamente legata allo sviluppo del comparto agricolo e progettata per garantire un efficace utilizzo delle risorse idriche –:
   quali iniziative se del caso normative intenda porre in essere il Governo, alla luce di quanto emerso in premessa, per non vanificare i finanziamenti volti al completamento dello schema idrico Basento-Bradano per preservare il finanziamento dell'opera. (3-02822)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da informazioni di stampa si apprende che Trenitalia ha presentato alla regione Lazio un nuovo piano orario della linea ferroviaria pontina (Roma-Latina-Minturno Scauri), che entrerà in vigore nel mese di dicembre 2016, tagliando quest'ultima stazione dal collegamento regionale diretto. Quella di Minturno Scauri è infatti l'ultima stazione della regione Lazio al confine con la Campania;
   da quello che si apprende, per i cittadini e pendolari di Minturno Scauri sarà una vera e propria via crucis arrivare a Roma poiché i collegamenti con la capitale d'Italia e viceversa saranno garantiti esclusivamente dalla limitrofa stazione di Formia. In sintesi, le migliaia di pendolari e di utenti del servizio ferroviario dovranno recarsi alla stazione di Formia in autobus, o con treni regionali provenienti da Napoli che, rientranti nel contratto di servizio della regione Campania, assicurano il collegamento fino a Formia. Pertanto, il prosieguo successivo per Latina-Roma sarà garantito, a detta di Trenitalia, con «coincidenze» a distanza di 10/15 minuti. Analoga situazione per il ritorno;
   come è facilmente immaginabile la percorrenza Minturno-Roma verrà nella migliore delle ipotesi (avendo fede nelle dichiarazioni di Trenitalia) aumentata di 10/15 minuti, nella peggiore delle ipotesi, nel caso molto frequente di un ritardo del treno proveniente da Napoli, aumentata anche per più di un'ora per la necessità di attendere il collegamento successivo;
   ad aggravare ulteriormente la situazione è la decisione, nel nuovo piano orario, di ridurre i collegamenti per Roma da Formia. Ben quattro treni in meno nell'importante fascia oraria delle ore 07,00-08,00 oltre ai due tardo serali delle ore 22,01 e 23,06 utili per i lavoratori turnisti;
   a corollario di tutto anche il divieto imposto ai mezzi Cotral di raggiungere la stazione di Formia che, per assurdi lavori di riqualificazione della piazza e del parcheggio antistante, non dispone più di spazi di manovra e di aree di sosta atti a favorire una razionale circolazione degli autobus;
   tali notizie hanno messo in allarme i tantissimi cittadini e pendolari che usufruiscono quotidianamente della stazione Minturno Scauri per raggiungere Roma. Una stazione ferroviaria, l'ultima del territorio laziale, che serve un bacino di utenza che interessa Minturno Scauri e i comuni limitrofi quali Castelforte, Santi Cosma e Damiano, Spigno Saturnia, Coreno Ausonio, Ausonia e le stesse frazioni di Formia più prossime a Minturno. Insomma, una popolazione di quasi 100 mila persone tagliate fuori da un efficiente trasporto pubblico regionale –:
   se il Ministro interrogato sia informato di quanto in premessa e se non ritenga opportuno, nei limiti delle proprie competenze, assumere con urgenza ogni iniziativa utile per potenziare il servizio ferroviario su tutto il territorio nazionale, partendo dai territori, come quelli sopra indicati della regione Lazio, che sono già provati da gravi problematiche economiche e sociali. (3-02823)


   PALESE e LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'opera «Completamento schema idrico Basento Bradano-Attrezzamento settore G» riguarda le iniziative necessarie per l'adduzione e la distribuzione irrigua del distretto G, che si estende per circa 13.050 ettari, nel piano di utilizzazione dello schema idrico Basento-Bradano. Tale impianto è stato progettato per garantire un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse idriche, contribuendo notevolmente allo sviluppo del comparto agroindustriale locale;
   anche se il progetto generale è stato approvato dalla Delegazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici presso la Cassa per il Mezzogiorno con voto n. 56 del 5 gennaio 1987, i primi passi verso la realizzazione dell'opera si sono avviati nel 2006, sino ad arrivare al 2011 in cui c’è stato il completo blocco dei lavori;
   nel 2006, l'ANAS e le province di Matera e Potenza, quali enti interferiti, formularono parere favorevole alla costruzione dell'infrastruttura in questione, ma con prescrizioni. Poco dopo, anche il comitato tecnico sulla valutazione di impatto ambientale e all'autorizzazione paesaggistica ha dato il parere favorevole alla costruzione dell'infrastruttura a cui è seguito quello del dipartimento delle infrastrutture della regione Basilicata, con osservazioni, in linea tecnica ed economica;
   nel 2006 il Ministero dei trasporti ha poi trasmesso la relazione al CIPE proponendo l'approvazione del progetto per 85,7 milioni di euro da prelevare dai fondi Fas (fondo per le aree sottoutilizzate). Subito dopo, il Ministero delle politiche agricole e quello dei beni culturali hanno dato il loro parere favorevole alla costruzione dell'opera;
   nello stesso anno, il CIPE ha approvato il progetto con la delibera 197 e ha definito l'importo di 85,7 milioni di euro come limite di spesa, precisando che tali fondi non potevano essere prelevati dai Fas. Con la stessa delibera è stato assegnato un contributo di 6,3 milioni di euro per 15 anni, ma è stato sottolineato che la concessione definitiva del contributo restava subordinata alla presentazione da parte del soggetto aggiudicatore, entro 2 mesi dalla pubblicazione della delibera, di un piano economico-finanziario aggiornato;
   il Ministero dell'interno, con nota del 27 ottobre 2006, trasmette al CIPE la relazione integrativa con il piano economico aggiornato in cui propone la conferma del finanziamento già assegnato in via programmatica e la copertura della quota residua di fabbisogno, pari a 15,7 milioni di euro, con i ribassi di gara relativi ad opere idriche di cui alla «legge obiettivo», e che soggetto aggiudicatore sia la medesima regione Basilicata;
   la regione Basilicata, con nota dell'8 novembre, ha quantificato in complessivi 8,8 milioni di euro le risorse disponibili, e ha dichiarato di impegnarsi a farsi carico della restante somma di 6,9 milioni di euro, chiedendo di poter trattenere le eventuali economie dei ribassi d'asta nell'aggiudicazione dell'opera, sino alla concorrenza dell'importo di 6,9 milioni di euro. Con un'altra nota del 16 novembre 2006, la regione ha poi precisato che la copertura dell'onere sarebbe derivata dalla «compartecipazione nell'aliquota del prodotto di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi estratti nella regione» (cosiddetto royalty petrolifere);
   il CIPE con delibera 146 del 2006 ha autorizzato la regione ad utilizzare le «economie» conseguenti ai ribassi d'asta relativi ad altri interventi per un totale di 8,8 milioni di euro. La regione, nel 2008, ha contratto il mutuo con la Cassa depositi e prestiti che nel 2009, con nota del 7 agosto 2009, ha poi dichiarato la propria indisponibilità a mantenere l'offerta formulata in sede di gara, alle condizioni poste dal decreto interministeriale n. 5279 del 2003;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa col Ministero dell'economia e delle finanze, con nota del 18 maggio 2010 ha comunicato che, vista l'indisponibilità dell'aggiudicatario, era necessario procedere a nuova gara. Ad aprile del 2011 la regione Basilicata ha iniziato a predisporre un nuovo bando per contrarre un mutuo, ma a causa della improvvisa indisponibilità al finanziamento da parte della Cassa depositi e prestiti, la regione Basilicata non è poi riuscita a presentare un secondo bando per accendere un mutuo;
   in sintesi, si tratta di un contributo quindicennale di 6,258 milioni di euro, finanziato direttamente dal parte del CIPE. Da questo contributo risultano utilizzabili, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, dieci annualità, pari ad un totale di 62,580 milioni di euro;
   tale somma stava per essere dirottata all'Expo di Milano, fino a quando con il decreto «sblocca Italia», e proprio grazie ad una iniziativa fortemente voluta da Forza Italia, sono state adottate delle misure volte a salvaguardare la costruzione dello schema idrico Basento-Bradano. Nello specifico, l'articolo 3, comma 2, lettera a), del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 («Sblocca Italia»), convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha fissato al 31 dicembre 2014 la data entro cui l'intervento in questione avrebbe dovuto essere «cantierabile»;
   con successiva lettera del 1o ottobre 2014, l'ente appaltante (il «Consorzio di Bonifica Vulture Alto Bradano») fissava per il 6 ottobre 2014 l'inizio dei lavori, in seduta pubblica, per l'esame della documentazione amministrativa riguardante le operazioni di gara, mai iniziate e sospese per oltre ventisette mesi;
   il 17 novembre 2014, l'ente appaltante statuiva quale primo classificato l'impresa «D'Agostino Angelo Antonio costruzioni generali s.r.l.» con punteggio complessivo di 88,65. Con lettera del 21 novembre 2014, il responsabile unico del procedimento informava l'impresa aggiudicataria D'Agostino che, ai sensi dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del 2006, occorreva procedere alla verifica delle giustificazioni, essendo l'offerta considerata «anomala» (per eccesso di ribasso) ai sensi del suddetto decreto legislativo n. 163 del 2006;
   il 29 dicembre 2014 la commissione aggiudicatrice, con seduta pubblica, dichiarava l'aggiudicazione provvisoria all'impresa «D'Agostino Angelo Antonio costruzioni generali s.r.l.», considerato che l'offerta poteva ritenersi «nel complesso, congrua, ammissibile e affidabile»;
   pur essendo trascorsi due mesi dalla aggiudicazione dell'impresa D'Agostino, i lavori dello schema idrico sono tuttora bloccati e sia i cittadini che le forze sindacali si chiedono quando si darà avvio ad un'opera così importante che, una volta realizzata, consentirà di dare un impulso all'economia agricola del Vulture-Alto Bradano, producendo notevoli riflessi anche sul fronte occupazionale –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto descritto in premessa e se sussistano i presupposti per assumere iniziative che consentano di non perdere il finanziamento fino ad ora riconosciuto per lo schema idrico Basento-Bradano. (3-02824)


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'opera «Completamento schema idrico Basento Bradano-Attrezzamento settore G» riguarda le iniziative necessarie per l'adduzione e la distribuzione irrigua del distretto G, che si estende per circa 13.050 ettari, nel piano di utilizzazione dello schema idrico Basento-Bradano. Tale impianto è stato progettato per garantire un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse idriche, contribuendo notevolmente allo sviluppo del comparto agroindustriale locale;
   il progetto prevede la realizzazione di: una condotta principale (collegamento diga di Genzano alla diga del Basentello) di 23,170 chilometri; diramazioni settoriali per alimentare i 14 settori del «distretto G»; une rete di distribuzione irrigua, con sviluppo di circa 400 chilometri; 14 vasche di compenso di volume variabile complete di strumenti di misura delle portate; un impianto di sollevamento per il settore G6 non portata di 172,36 lt/sec a prevalenza di 189 metri. L'opera è frutto dell'unificazione di 3 distinti progetti denominati in precedenza «Completamento schema idrico Basento Bradano. Adduttore diga di Genzano-Diga del Basentello» e «Completamento schema idrico Basento Bradano. Attrezzamento Settore G»;
   anche se il progetto generale è stato approvato dalla delegazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici presso la Cassa per il Mezzogiorno con voto n. 56 del 5 gennaio 1987, i primi passi verso la realizzazione dell'opera si sono avviati nel 2006, sino ad arrivare al 2011 in cui c’è stato il completo blocco dei lavori;
   nel 2006, l'Anas e le province di Matera e Potenza, quali enti interferiti, formularono parere favorevole alla costruzione dell'infrastruttura in questione, ma con prescrizioni. Poco dopo, anche il comitato tecnico sulla valutazione di impatto ambientale e all'autorizzazione paesaggistica ha dato il parere favorevole alla costruzione dell'infrastruttura a cui è seguito quello del dipartimento delle infrastrutture della regione Basilicata, con osservazioni, in linea tecnica ed economica;
   nel 2006, il Ministero dei trasporti ha poi trasmesso la relazione al Cipe proponendo l'approvazione del progetto per 85,7 milioni di euro da prelevare dai fondi Fas (fondo per le aree sottoutilizzate). Subito dopo, il Ministero delle politiche agricole e quello dei beni culturali hanno dato il loro parere favorevole alla costruzione dell'opera;
   nello stesso anno, il Cipe ha approvato il progetto con la delibera 197 e ha definito l'importo di 85,7 milioni di euro come limite di spesa, precisando che tali fondi non potevano essere prelevati dai Fas. Con la stessa delibera è stato assegnato un contributo di 6,3 milioni di euro per 15 anni, ma è stato sottolineato che la concessione definitiva del contributo restava subordinata alla presentazione da parte del soggetto aggiudicatore, entro 2 mesi dalla pubblicazione della delibera, di un piano economico-finanziario aggiornato;
   il Ministero dell'interno, con nota del 27 ottobre 2006, trasmette al Cipe la relazione integrativa con il piano economico aggiornato, in cui propone la conferma del finanziamento già assegnato in via programmatica e la copertura della quota residua di fabbisogno, pari a 15,7 milioni di euro, con i ribassi di gara relativi ad opere idriche di cui alla «legge obiettivo», e che soggetto aggiudicatore sia la medesima regione Basilicata;
   la regione Basilicata, con nota dell'8 novembre 2006, ha quantificato in complessivi 8,8 milioni di euro le risorse disponibili, e ha dichiarato di impegnarsi a farsi carico della restante somma di 6,9 milioni di euro, chiedendo di poter trattenere le eventuali economie dei ribassi d'asta nell'aggiudicazione dell'opera, sino alla concorrenza dell'importo di 6,9 milioni di euro. Con un'altra nota del 16 novembre 2006, la regione ha poi precisato che la copertura dell'onere sarebbe derivata dalla «compartecipazione nell'aliquota del prodotto di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi estratti nella regione» (cosiddetto royalty petrolifere);
   il Cipe con delibera n. 146 del 2006, ha autorizzato la regione ad utilizzare le «economie» conseguenti ai ribassi d'asta relativi ad altri interventi per un totale di 8,8 milioni di euro. La regione, nel 2008, nel contratto il mutuo con la Cassa depositi e prestiti che, nel 2009, con nota del 7 agosto 2009, ha poi dichiarato la propria indisponibilità a mantenere l'offerta formulata in sede di gara, alle condizioni poste dal decreto interministeriale n. 5279 del 2003;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa col Ministero dell'economia e delle finanze, con nota del 18 maggio 2010, ha comunicato che, vista l'indisponibilità dell'aggiudicatario, era necessario procedere a nuova gara. Ad aprile del 2011, la regione Basilicata ha iniziato a predisporre un nuovo bando per contrarre un mutuo, ma a causa della improvvisa indisponibilità al finanziamento da parte della Cassa depositi e prestiti, la regione Basilicata non è poi riuscita a presentare un secondo bando per accendere un mutuo;
   in sintesi, si tratta di un contributo quindicennale di 6,258 milioni di euro, finanziato direttamente dal parte del Cipe. Da questo contributo risultano utilizzabili, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, dieci annualità, pari ad un totale di 62,580 milioni di euro;
   nel cosiddetto decreto «Destinazione Italia», il comma 1 dell'articolo 13 recitava: «Le assegnazioni disposte dal Cipe con le delibere n. 146 del 17 novembre 2006 e le assegnazioni disposte dalla delibera Cipe n. 33 del 13 maggio 2010 sono revocate», sancendo di fatto la revoca della delibera Cipe n. 146 contenente anche lo schema idrico lucano;
   successivamente, il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 («Sblocca Italia»), convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha fissato al 31 dicembre 2014 la data entro cui l'intervento in questione avrebbe dovuto essere «cantierabile»;
   l'interrogante sulla questione ha già presentato e interrogazioni a risposta scritta (n. 4-08369 e 4-05524), senza aver avuto a tutt'oggi risposta; in tali interrogazioni si chiedeva quali azioni urgenti il Governo intendeva porre in essere per garantire il completamento dell'infrastruttura, sbloccare i finanziamenti assegnati e garantire un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse idriche, contribuendo allo sviluppo del comparto agro-industriale lucano e al rilancio del settore edile della Basilicata;
   a tutt'oggi, i lavori dello schema idrico sono ancora bloccati e sia i cittadini che le forze sindacali si chiedono quando si darà avvio ad un'opera così importante che, una volta realizzata, consentirà di dare un impulso all'economia agricola del Vulture-Alto Bradano, producendo notevoli riflessi anche sul fronte occupazionale –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto descritto in premessa e quali iniziative anche normative intenda assumere per garantire i finanziamenti fino ad ora riconosciuti per il completamento dello schema idrico Basento-Bradano. (3-02825)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dalla presentazione del «piano industriale 2017-2026» di Ferrovie dello Stato Italiane (FSI) pubblicata sul sito internet della medesima società si evince, dalla slide n. 23, dedicata alla «frequenza/disponibilità» dei treni sulle tratte ferroviarie di competenza, che per le tratte da Roma alla Puglia e da Napoli alla Puglia ci sarà un «utilizzo esclusivo» dei treni Fyra V250;
   i treni V250 sono una serie di elettrotreni che sono stati prodotti dall'AnsaldoBreda quando apparteneva al gruppo Leonardo-Finmeccanica e destinati ai servizi ad alta velocità fra il Belgio e l'Olanda. Nonostante i lunghi tempi di costruzione, vennero riscontrati gravi problemi tecnici, che dapprima richiesero il ritorno in Italia per ulteriori interventi di sistemazione e, successivamente, alla sospensione del servizio che ha portato nell'anno 2014 alla restituzione definitiva ad AnsaldoBreda in cambio della restituzione dei 125 milioni di euro pagati per l'acquisto e un ulteriore importo di 3,5 milioni di euro, per ogni treno che AnsaldoBreda sarà in grado di rivendere ad altri operatori;
   a differenza dei treni Frecciargento ETR 600 e ETR 485, attualmente in servizio, i treni Fyra V250 non sono treni ad «assetto variabile». L'assetto variabile consente l'automatica inclinazione trasversale della cassa rispetto ai carrelli durante la marcia in curva, soluzione generalmente in grado di consentire velocità maggiori nella percorrenza dei tracciati curvilinei. Conseguentemente, nei tracciati curvilinei i treni Fyra V250 non potranno raggiungere la velocità dei treni ETR 600 e ETR 485;
   da fonti stampa della Gazzetta del Mezzogiorno del 20 febbraio 2017 dal titolo «C’è il diretto Bari-Roma però con treni-bidone» si evince che quando saranno utilizzati i treni Fyra V250, nonostante la soppressione delle fermate attualmente raggiunte dai treni ETR 600 e ETR 485 nelle tratte in questione, il tempo di percorrenza medio resterà identico;
   dalla presentazione del «piano industriale 2017-2026» di Ferrovie dello Stato Italiane si evince che per le tratte regionali ci sarà un aumento dell'offerta di trasporto su ferrovia regionale (+10 per cento numero treni-chilometro), un rinnovo del parco rotabile per ammodernamento delle flotte in particolare per trasporto regionale e una crescita nel trasporto regionale su tratte attualmente servite da ferrovie concesse;
   con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 4 agosto 2016, Ferrovie dello Stato Italiane s.p.a. ha acquisito le Ferrovie sud-est e servizi automobilistici (FSE) al fine di risanare l'azienda che effettua il trasporto pubblico regionale in Puglia. Tuttavia su FSE attualmente permangono notevoli criticità e in data 15 febbraio 2017 è stato approvato il bilancio di esercizio al 31 dicembre 2015, riscontrando una perdita di circa 230 milioni di euro, con un patrimonio netto negativo di circa 220 milioni di euro. Ancora non è stato predisposto un piano di risanamento e rilancio industriale –:
   se il Ministro sia al corrente di quanto espresso in premessa, se ciò trovi conferma e se intenda fornire dettagli sugli ETR 600 e ETR 485 che verranno sostituiti dai treni V250 per le tratte da Roma alla Puglia e da Napoli alla Puglia; in caso quanto sopra riportato trovi conferma, se verranno soppresse alcune fermate ferroviarie attualmente raggiunte dai treni Frecciargento ETR per le tratte in questione;
   se i tempi di percorrenza dei treni previsti V250 rimarranno quelli attuali anche in seguito e come si giustifichi la scelta industriale di sostituzione operata dal gruppo Ferrovie dello Stato Italiane;
   se il Ministro possa indicare per ciascuna regione, quali e quanti treni verranno aggiunti o eliminati, con specifico dettaglio per le tratte regionali pugliesi rispettivamente di competenza di Trenitalia e FSE, chiarendo anche quando e secondo quali modalità avverranno tali aggiornamenti;
   quando verrà approvato il bilancio di esercizio 2016 di FSE e quando verrà predisposto il piano di risanamento e rilancio industriale della medesima società. (5-10689)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIMBRO, GRIBAUDO, KRONBICHLER e FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di questa legislatura si è avuto modo più volte di segnalare al Governo attraverso interrogazioni e interpellanze, i numerosi, gravi episodi di manifesto attacco ai valori antifascisti della Costituzione, inequivocabili segnali della recente avanzata delle nuove destre sul territorio lombardo: dai festival neonazisti di Rogoredo, Castano, Cantù, alla profanazione del Sacrario del San Martino ad opera del gruppo neonazista Do.ra;
   si ricorda, inoltre, che già il 30 novembre 2016, nell'aula consiliare di Turbigo, si era tenuto un convegno promosso dall'Associazione Memento, una branca di Lealtà e Azione, nota organizzazione di estrema destra, e dal centro Studi dedicato a Ezio Maria Gray, fascista, antisemita e aderente nel 1943 alla Repubblica di Salò;
   al gerarca fascista era state anche intitolata una via della città nel 2014, attraverso un evento patrocinato dal comune, il quale non fece mancare i suoi saluti istituzionali;
   venendo all'ultima e gravissima provocazione orchestrata da Casapound, con l'iniziativa promossa per sabato 25 febbraio 2017, nell'aula consiliare del comune di Turbigo, dove è in programma la presentazione di un libro dal titolo inequivocabile «Con Mussolini prima e dopo piazzale Loreto». Iniziativa inaccettabile, oltre che provocatoria, poiché programmata proprio nella giornata successiva alla costituzione della nuova sezione dell'A.N.P.I. nel comune di Turbigo, prevista per il 24 febbraio 2017;
   in accordo con le parole di Roberto Cenati – presidente dell'A.N.P.I. provinciale di Milano – ci si domanda come sia possibile, a settantadue anni dalla Liberazione, consentire che nelle sedi istituzionali si verifichino tali eventi, gestiti da organizzazioni animate da ideali che ad avviso degli interroganti si contrappongono chiaramente ai principi della Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza, e che hanno come propria finalità l'eliminazione delle democrazie per il ritorno di visioni dittatoriali –:
   quali iniziative di competenza il Governo intende mettere in atto per porre finalmente un argine all'avanzata, anche culturale, di movimenti neonazisti e neofascisti che si pongono apertamente in contrasto con i valori della Repubblica. (4-15731)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   proprio quando si cominciava a sperare che il rischio di tagli lineari dei posti di polizia fosse stato scongiurato, sarebbe stata annunciata la chiusura di nove o dieci commissariati solo a Roma;
   come si apprende da fonti di stampa, infatti, nel corso di una riunione del 4 febbraio 2017 è stata anticipata la nuova sede dell'ufficio dei due commissariati accorpati di Porta Pia e Sant'Ippolito, individuata in un edificio che ospita una scuola elementare e materna;
   secondo la denuncia del Sap «oltre alla problematica ideologica c’è anche quella della sicurezza degli alunni, dato il rischio attentati terroristici verso gli uffici di polizia. Un posto oltretutto non servito da alcun mezzo di trasporto, la metro più vicina “Quintiliani” è a quasi due chilometri, senza un marciapiede mancando allo stato attuale urbanizzazione»;
   in particolare, il commissariato di Porta Pia, ad alta densità di popolazione, è l'unico punto di riferimento delle forze dell'ordine nella zona dove sono presenti due piccole stazioni dei carabinieri a cinquecento metri di distanza, come sottolineano dal Sap, secondo cui «del commissariato si servono quotidianamente tutta la comunità ebraica (la seconda per grandezza e importanza di Roma), circa venticinque ambasciate e decine di personaggi pubblici e politici, nonché anche ministri e onorevoli. Oltre all'Università La Sapienza e al Policlinico Umberto I»;
   l'accorpamento di questi due importanti presidi capitolini, dove complessivamente lavorano 89 agenti (49 a Porta Pia e 40 a Sant'Ippolito) rende bene il senso delle conseguenze concrete sulla gestione della città spogliata di troppi presidi di Polizia;
   tra le ipotesi di chiusura e accorpamento ci sarebbero anche San Lorenzo, Torpignattara e Santa Maria Maggiore, così come Appio Nuovo e San Giovanni, Villa Glori e Vescovio, Monte Mario e Prati, mentre fra Trastevere, Monteverde e San Paolo sarebbe destinato a sopravvivere un solo commissariato;
   si tratta di una «sforbiciata» che, se confermata, andrebbe ad aggiungersi al taglio dell'organico negli uffici della Capitale, perché, secondo i sindacati di polizia, nel mirino del Governo potrebbe esserci nell'immediato futuro, così come negli ultimi anni, anche l'organico della polizia di Stato che, beffa ancora più grande, è già deficitario;
   sempre secondo i sindacati, infatti, «Il progetto è determinato dalla contrazione degli organici che ha raggiunto le cifre record di 45 mila uomini nelle forze dell'ordine, di cui 18 mila nella Polizia di Stato. Ogni anno si perdono circa 2.500 uomini nell'apparato della sicurezza e la Polizia, nel 2016, registra il pensionamento di 2.227 agenti, contro un'assunzione di appena 1.140»;
   l'età media del poliziotto italiano è poi in preoccupante aumento, considerato che il 60-65 per cento degli agenti supera i 50 anni: nonostante ciò, invece di rinforzare l'organico, si effettuano solo tagli lineari;
   è emblematico il caso di Ventimiglia, dove sarebbe stata sciolta la squadra investigativa, perché non vi sono più operatori, mentre sia il comune di Ventimiglia che quello limitrofo venivano sciolti per infiltrazione mafiosa o, ancora, quello dell'esercito antimafia in Sicilia, dove mancherebbero 4 mila uomini;
   tale riforma, lungi dal rappresentare un'operazione di «razionalizzazione», si tradurrebbe in un'ulteriore «sforbiciata» dispositivo della sicurezza; invece di colmare i buchi che si creano nella sicurezza del nostro Paese, particolarmente evidenti di fronte all'emergenza sbarchi, si pensa solo a tagliare e il risultato è già sotto gli occhi di tutti: oggi non si è in grado di garantire la sicurezza dei cittadini –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare per scongiurare il rischio della chiusura dei commissariati di polizia e, più nel complesso, la riduzione degli organici delle forze dell'ordine nella Capitale, che va nella direzione opposta a quella di garantire la sicurezza dei cittadini. (4-15732)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio dei ministri, il 14 gennaio 2017, su proposta della Ministra interrogata ha approvato, in esame preliminare, otto schemi di decreto legislativo di attuazione dell'articolo 1, comma 180, della legge 13 luglio 2015, n. 107;
   nello specifico, la delega prevede l'istituzione per la prima di volta di un sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a 6 anni per garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali. A questo scopo sarà creato un Fondo (229 milioni all'anno) per l'attribuzione di risorse agli enti locali. Sarà promossa la costituzione di poli per l'infanzia per bambine e bambini fino a 6 anni, anche aggregati a scuole primarie e istituti comprensivi. I poli serviranno a potenziare la ricettività dei servizi e sostenere la continuità del percorso educativo e scolastico di tutte le bambine e dei bambini. I poli saranno finanziati anche attraverso appositi fondi Inail (150 milioni);
   in data 11 febbraio 2017, il Fatto Quotidiano ha riportato come «il disposto legislativo tiene conto degli orientamenti europei, come quelli del Quality framework for Early Childhood Education and Care (ottobre 2014, Commissione europea), volti a eliminare la cesura tra i due periodi della prima infanzia: 0-3 e 3-6 anni. (...) Tuttavia, gli stanziamenti presenti nel testo dello schema del decreto legislativo non sono sufficienti a coprire il fabbisogno reale del servizio, data la situazione drammatica di partenza e la congiuntura economica che di certo non aiuta le famiglie con uno o più figli a sostenere parte delle spese»;
   il quotidiano, infatti, ha evidenziato come «la ripartizione delle risorse tra le regioni (articolo 12, comma 4 del decreto legislativo) avverrà con il “Piano di azione nazionale pluriennale” da adottare entro sei mesi e di intesa con la Conferenza unificata: è auspicabile che tenga conto della forte sperequazione territoriale, soprattutto sulla capacità di accoglienza degli asili nido, considerato che, come evidenziato dalla stesso decreto, la copertura per le scuole d'infanzia raggiunge già il 95 per cento dell'utenza»;
   «uno dei possibili criteri di ripartizione è un indice di fabbisogno regionale costruito come rapporto tra il numero di coloro che non hanno trovato posti disponibili negli asili nido della regione (cosiddetti esclusi) e il totale degli esclusi a livello nazionale. In genere la ripartizione regionale delle risorse viene fatta calcolando la platea dei potenziali beneficiari – quindi la sola popolazione target residente – ma la presenza di un indice di copertura del servizio ci permette di calcolare l'effettivo bisogno, integrando la capacità dell'offerta del servizio pubblico su base regionale al dato demografico. L'indice, in una seconda fase, potrebbe essere usato anche per la distribuzione delle risorse a livello comunale, seppure integrandolo con la capacità fiscale dei comuni e le peculiarità territoriali»;
   gli ultimi dati a disposizione, per quanto riguarda gli asili nido e gli enti parificati, sono riportati dal Rapporto di Monitoraggio Piano Nidi dell'Istituto degli Innocenti, relativi al 2013. Calcolando i posti «scoperti» sul totale della popolazione da 0-2 anni per regione, si possono attribuire le percentuali di fabbisogno regionali date dal numero esclusi per regione su numero esclusi totale;
   il giornale ha concluso, infine, riportando che «attraverso una corretta allocazione delle risorse si tende a garantire l'universalizzazione sul territorio dei servizi per la prima infanzia. Un passo successivo è quello di garantire l'universalismo anche a livello verticale, eliminando criteri d'accesso discriminanti: ad accedere sono le fasce più agiate mentre sembrano essere escluse quelle più deboli» –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda predisporre, alla luce di quanto esposto in premessa, per incrementare le risorse in relazione ai servizi per la prima infanzia. (4-15735)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 92 del 30 marzo 2004 ha istituito il «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale;
   il 10 febbraio è diventata una solennità civile italiana per conservare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale», come ricorda l'articolo 1 della citata legge istitutiva;
   il comma 2 del medesimo articolo 1 dispone che siano «previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in nodo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell'Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all'estero»;
   nonostante la valenza storico-culturale della Giornata del ricordo e l'ormai innegabile massacro di migliaia di vite umane nella profondità delle foibe, si continua ad assistere ad episodi di intolleranza e negazionismo della storia, che destano preoccupazione soprattutto se provenienti da coloro che la storia dovrebbero insegnarla;
   secondo quanto riportato da fonti di stampa locale, un incontro didattico organizzato dagli studenti del liceo classico «Simoncelli» di Sora, in provincia di Frosinone, regolarmente autorizzato dalla dirigente scolastica, proprio per promuovere, in occasione di tale ricorrenza, valori civili e universali di giustizia, pace, libertà e democrazia, si sarebbe trasformato in un momento di forte tensione;
   l'iniziativa apartitica e apolitica sarebbe stata, infatti, interrotta dalla protesta di due insegnanti dell'istituto sorano, contrarie all'evento, che avrebbero minacciato l'intervento della polizia e di punire con note disciplinari gli alunni che presenziavano al convegno;
   in particolare, nel corso della manifestazione, il relatore sarebbe stato interrotto e alcune docenti, una su tutte, avrebbe fatto togliere le bandiere dell'Istria e della Dalmazia per presunta «politicizzazione fascista» dell'evento e lo striscione che recitava «Loro unica colpa essere italiani» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità e gravità degli stessi, quali iniziative di competenza intenda adottare per fare immediata chiarezza su questa incresciosa vicenda e verificare eventuali responsabilità del personale scolastico coinvolto nell'episodio, tenuto conto che, secondo l'interrogante, l'interruzione dell'evento potrebbe configurare un'ipotesi di negazionismo, ai sensi della legge n. 115 del 2016, che punisce i sostenitori di tesi assolutamente contrarie alla realtà storica e tristemente nota dei fatti avvenuti.
   (4-15737)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, CAMPANA, TERROSI, RUBINATO, IACONO, CAPOZZOLO, GRIBAUDO e GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel decreto legislativo n. 80 del 2015, all'articolo 25, è stato introdotto in via sperimentale per il triennio 2016, 2017 e 2018 un fondo per incentivare gli accordi tra sindacati e aziende in materia di conciliazione famiglia-lavoro;
   come si legge nell'articolo, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, dovevano essere definiti criteri e modalità per l'utilizzo delle risorse di cui sopra, sulla base delle linee guida elaborate attraverso l'adozione di modelli finalizzati a favorire la stipula di contratti collettivi aziendali. Attualmente, non risulta ancora emanato il decreto attuativo, per cui i fondi del 2016 che non sono stati utilizzati rischiano di essere persi e, se non venisse emanato il decreto in questione in tempi brevi, anche i fondi messi a disposizione nel 2017 e nel 2018 potrebbero essere perduti o destinati ad altre misure –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della criticità della situazione sopra illustrata e se intenda assumere urgentemente iniziative affinché sia adottato al più presto il decreto attuativo e siano recuperate le somme messe a disposizione per l'anno 2016. (5-10688)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   MENORELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dai recenti fatti di cronaca emerge la notizia che ha fatto molto discutere l'opinione pubblica in merito alla decisione dell'Ospedale San Camillo di Roma di assumere due medici con un concorso riservato unicamente a ginecologi dedicati alla attuazione della legge n. 194. La decisione sembrerebbe essere stata presa per contrastare l'enorme ricorso all'obiezione di coscienza che in molte regioni d'Italia rende sempre più difficile accedere all'aborto;
   al caso di Roma è seguito quello di Rovigo, in questo caso, però, l'obiezione di coscienza non riguarda l'aborto, ma la fecondazione assistita. La scelta dell'obiezione di coscienze da parte di due biologhe del centro di procreazione medicalmente assistita dell'ospedale di Trecenta (Rovigo) ha costretto l'usl a fare altre due assunzioni, per garantire la continuità del servizio, che segue centinaia di coppie;
   le due nuove biologhe sembrerebbero essere state selezionate con un bando nel quale si precisava che l'obiezione costituiva «giusta causa si recesso dell'Azienda, in quanto la prestazione lavorativa diverrebbe oggettivamente inesigibile»;
   il direttore dell'usl 18 di Rovigo ha confermato la scelta di assumere due biologhe non obiettrici, precisando che la carenza di personale nel servizio si era verificata già nel 2015;
   prima di formulare il bando, con la specifica dell'obiezione quale «giusta causa» per la risoluzione del rapporto, sembrerebbe essere stato chiesto un parere giuridico-amministrativo, e la risposta è stata che non violava alcuna norma, proprio in relazione all'attività specifica che queste figure professionali sono chiamate a svolgere –:
   di quali elementi disponga su quanto riportato in premessa e posto in risalto dagli organi di stampa, specificatamente circa quanto emerso a Rovigo, e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda porre in essere per evitare forme di discriminazione, basate su convinzioni e idee radicalmente vietate dall'articolo 3 della Costituzione. (3-02828)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VICO, ANTEZZA, MARIANO, GRASSI, CAPONE, BURTONE, VENTRICELLI, GINEFRA, MICHELE BORDO, LOSACCO, MONGIELLO e CASSANO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi sono state diffuse una serie di immagini riprese da un drone riguardanti l'invaso artificiale del Pertusillo, diga sul fiume Agri che ricade in un comprensorio dove insiste anche il giacimento petrolifero più importante dell'Europa continentale;
   le immagini evidenziavano la presenza di significative ed estese chiazze si colore marrone scuro, destando non poca preoccupazione circa la possibile presenza di idrocarburi;
   il tam tam dei social network ha anche richiamato l'attenzione dei media nonché suscitato polemiche politiche;
   l'acquedotto pugliese con una nota ufficiale ha dichiarato che «Tutte le analisi effettuate fino ad oggi e che vengono condotte costantemente sia sull'acqua in ingresso, sia sull'acqua potabilizzata dall'impianto, non ha o mai manifestato anomalie né rilevato la presenza di Idrocarburi Totali o di Idrocarburi Policiclici Aromatici. Giova, altresì, ricordare, ad ulteriore chiarimento, che il punto di prelievo dell'acqua dal lago è posizionato a decine di metri di profondità e ciò costituisce un ulteriore grado di garanzia, in aggiunta ai processi di trattamento condotti nell'impianto, rispetto ad eventuali contaminanti che dovessero manifestarsi sulla superficie del lago»;
   l'Acquedotto Pugliese ha ribadito che proseguirà l'azione di monitoraggio della situazione con l'obiettivo di garantire, la qualità dell'acqua distribuita;
   si fa presente che l'invaso del Pertusillo serve acqua potabile alle popolazioni della Basilicata e della Puglia nonché è usata anche per agricoltura e usi industriali;
   la regione Basilicata ha inoltre convocato con urgenza un tavolo tecnico alla presenza dell'Arpab, al fine di effettuare ogni tipo di approfondimento in merito alla questione –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non intenda, per quanto di competenza, approfondire la vicenda, nonché supportare l'attività degli enti di vigilanza e controllo competenti, con l'obiettivo di fornire elementi di chiarezza definitivi sulla salubrità delle acque dell'invaso che serve le regioni Puglia e Basilicata. (5-10693)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DURANTI, NICCHI, RICCIATTI, PIRAS e SANNICANDRO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   ad oggi – come si apprende anche dalle denunce portate dalla Associazione «Essere animali» con la campagna «Visoni liberi» – in Italia vi sono ancora una ventina di allevamenti di visoni, che rinchiudono circa 200 mila animali per una produzione annua di pelli stimata in 180 mila capi;
   le condizioni in cui i visoni sono costretti negli allevamenti sono inaccettabili, specie nella considerazione normativa di «animale» inteso come «essere senziente». Come si apprende appunto dalle denunce video di «Essere animali» i visoni – prima di essere uccisi tramite l'asfissia da gas come il monossido di carbonio – sono tenuti in spazi angusti, sovraffollati e minuscoli (in pieno contrasto con la loro natura selvatica). Tali sofferenze, fra le altre cose, inducono gli animali ad episodi di cannibalismo ed autolesionismo;
   il decreto-legge n. 300 del 2006 (convertito dalla legge n. 7 del 2007) è intervenuto sul termine temporale – previsto dal punto 22 dell'allegato al decreto legislativo n. 146 del 2001 recante «Attuazione della direttiva 98/58/CE relativa alla protezione degli animali negli allevamenti» – oltre il quale si prevede l'obbligo di allevamento a terra dei visoni;
   il sopracitato punto 22 recita nello specifico: «A partire dal 1o gennaio 2008 l'allevamento di animali con il solo e principale scopo di macellarli per il valore della loro pelliccia deve avvenire a terra in recinti opportunamente costruiti e arricchiti, capaci di soddisfare il benessere degli animali. Tali recinti devono contenere appositi elementi quali rami dove gli animali possano arrampicarsi, oggetti manipolabili, almeno una tana per ciascun animale presente nel recinto. Il recinto deve inoltre contenere un nido delle dimensioni di cm 50 per cm 50 per ciascun animale presente nel recinto stesso. I visoni devono altresì disporre di un contenitore per l'acqua di dimensioni di m 2 per m 2 con profondità di almeno cm 50 al fine di consentire l'espletamento delle proprie funzioni etologiche primarie;
   in contrasto con questi interventi normativi, volti a vietare l'allevamento a terra dei visoni, a quanto consta agli interroganti vi è una circolare del Ministero della salute del 18 gennaio 2008, con la quale si accoglievano le istanze degli allevatori, dando la possibilità di scelta fra allevamento tradizionale in gabbia e quello a terra, sconfessando quindi quanto fatto in precedenza e condannando di fatto gli animali alla indicibile sofferenza di cui sopra;
   a livello europeo vi è un'attenzione – ed una sensibilità – completamente diversa in merito alla tematica in questione. Fra le altre, ad esempio, la Gran Bretagna ha bandito gli allevamenti di questo tipo dal 2000; l'Olanda il 18 dicembre 2012 ha approvato il divieto – effettivo dal 2024 – di allevamento di tutti gli animali con la principale finalità di utilizzare la loro pelliccia;
   ad oggi non esiste un registro pubblico degli allevamenti di visone e le azioni individuali degli organismi regionali volti a vietarli sono state inutili, essendo la normativa nazionale preminente;
   diverse proposte di legge volte a bandire tali allevamenti sono state depositate in questa ed in altre legislature –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto espresso in premessa e se non intendano avviare immediate iniziative volte ad armonizzare la normativa nazionale a quanto previsto dal decreto legislativo n. 146 del 2001, con la previsione finale del divieto totale degli allevamenti di cui in premessa. (4-15728)


   GALLINELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il tumore della prostata è uno dei più diffusi nella popolazione maschile e rappresenta circa il 15 per cento di tutti i tumori diagnosticati nell'uomo: al 2015, si contano 35.000 nuovi casi l'anno in Italia;
   la mortalità, tuttavia, non è particolarmente elevata e lo dimostrano anche i dati relativi al numero di persone ancora vive dopo cinque anni dalla diagnosi – in media il 91 per cento – una percentuale tra le più elevate tra i tumori; addirittura, un uomo affetto da tumore alla prostata, magari sopraggiunto in età abbastanza avanzata, in assenza di sintomi specifici, potrebbe anche non accorgersi mai di averlo;
   il numero di nuovi casi registrati in un dato periodo di tempo è cresciuto fino al 2003, in concomitanza della maggiore diffusione del test del Psa (antigene prostatico specifico, in inglese Prostate Specific Antigene) quale strumento per la diagnosi precoce, e successivamente è iniziato a diminuire;
   non è semplice parlare di prevenzione relativamente al tumore prostatico, se non facendo riferimento ad una alimentazione equilibrata (aumentando il consumo di frutta, verdura e cereali integrali e riducendo quello di carne rossa e di cibi ricchi di grassi saturi) e ad una costante attività fisica, mentre la prevenzione secondaria consiste nel rivolgersi al medico di fronte alla presenza di determinati sintomi (fastidi urinari e altro) ed eventualmente nel sottoporsi ogni anno a una visita urologica dopo i 50 anni;
   in questo contesto di prevenzione secondaria si inserisce il dosaggio ematico del Psa, che negli ultimi anni si è dimostrato uno step importante nella diagnosi precoce del carcinoma prostatico ed ha permesso di identificare la presenza del tumore a stadi molto più precoci;
   tuttavia, il Psa è un marcatore organo-specifico ma non cancro-specifico, in quanto valori elevati di questa glicoproteina (responsabile della idrolisi del coagulo del liquido spermatico) non indicano necessariamente la presenza di una neoplasia, ma potrebbero essere il segnale di una semplice infiammazione, o addirittura anche nulla; per queste ragioni il dosaggio ematico del Psa non è inserito in un programma di screening raccomandato dal sistema sanitario nazionale, come ad esempio avviene con il Pap test per i casi di neoplasie dell'utero nelle donne;
   mentre si concorda, quindi, sulla sua utilità per controllare nel tempo i casi già trattati (vuoi operati, radio trattati o in terapia ormonale) di tumore alla prostata, più controverso è il suo utilizzo per passare al setaccio tutti gli uomini sani di una certa età e individuare l'eventuale presenza di un cancro, poiché in questo caso il rapporto tra effetti indesiderati (compromissione della qualità della vita di fronte ad una diagnosi di tumore, esami successivi al dosaggio di Psa come biopsia, che hanno diversi effetti collaterali e altro) e benefici non è ancora chiaro nemmeno agli esperti;
   secondo diversi studi scientifici è comunque dimostrato che il solo dosaggio del Psa totale potrebbe non essere sufficientemente indicativo di una infezione o neoplasia prostatica, e tra i vari parametri proposti per individuare i soggetti a rischio quello più affidabile sembra essere il rapporto Psa libero/PSA totale (Psa ratio);
   in generale, un rapporto Psa ratio maggiore del 25 per cento, indica una probabilità che vi sia un carcinoma prostatico relativamente bassa (< 10 per cento); se il rapporto è maggiore del 10 per cento la probabilità di diagnosticare un tumore è invece alta (> 80 per cento); nei casi con un rapporto Psa libero/totale compreso tra il 10 per cento e il 25 per cento il rischio è ovviamente intermedio (pubblicazioni PUB MED);
   è fondamentale quindi, considerando che negli ultimi anni è aumentato in maniera esponenziale il self screening (cioè l'esecuzione del Psa su richiesta del paziente), che il dosaggio di Psa sia effettuato con la misurazione sia del Psa totale, che del Psa libero nonché soprattutto del rapporto tra i due, così che poi il medico possa effettivamente valutare la rilevanza dell'eventuale infiammazione e predisporre ulteriori indagini più invasive –:
   se, sulla base di quanto esposto in premessa, non ritenga importante assumere iniziative affinché, nel caso di richiesta di effettuazione di dosaggio ematico del Psa da parte del medico, vi sia la prescrizione contestuale di Psa totale, di Psa libero e del loro rapporto, al fine di un esame comunque più affidabile per l'individuazione di infiammazioni dell'organo prostatico o di eventuali neoplasie.
   (4-15736)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in settimana sindacati e lavoratori della ex Alcoa di Fusina hanno appreso che il sito sarà acquisito dal Fondo tedesco «Quantum» attraverso la Slim Aluminium;
   sin dalla scorsa estate Alcoa ha deciso di lasciare Marghera e in autunno ha proceduto al cambio di nome in Fusina Rolling, «newco» nata dalla divisione in due, Alcoa e Arconic, del gruppo;
   la Slim Aluminium un anno fa ha acquistato la ex Cisterna migliorando la performance del sito;
   entro il 31 marzo 2017 marzo il Fondo tedesco procederà all'acquisizione del sito veneziano che attualmente occupa circa 300 dipendenti;
   l'acquirente avrebbe sottolineato come i due stabilimenti di Fusina e di Cisterna non presentino produzioni e mercati sovrapponibili e questo scongiurerebbe una eventuale competizione tra le due realtà produttive;
   resta tuttavia da definire il piano industriale su cui le organizzazioni sindacali chiedono garanzie –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale dinamica riguardante il sito ex Alcoa di Fusina e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di monitorare la situazione relativa alla presentazione del piano industriale da parte dei nuovi acquirenti, con l'obiettivo di salvaguardare potenzialità produttive e livelli occupazionali dell'impianto industriale in questione. (5-10690)


   RICCIATTI, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, MARTELLI, GREGORI, SCOTTO, NICCHI, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, MELILLA, ZARATTI, FRANCO BORDO, SANNICANDRO e D'ATTORRE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Isolante K-Flex è una azienda italiana specializzata nella produzione di isolanti elastomerici per isolamento termico ed acustico; conta 11 impianti produttivi ed oltre 2.000 addetti in 60 Paesi;
   i dipendenti dello stabilimento di Roncello (Monza della Brianza) sono in presidio permanente dal 24 gennaio 2017 davanti la sede dell'azienda, per protestare contro la volontà della società di chiudere lo stabilimento italiano e trasferirlo in Polonia;
   in data 8 febbraio 2017 si è tenuto presso il Ministero del sviluppo economico un incontro sulla vertenza K-Flex, presieduto dal viceministro Teresa Bellanova, con la presenza delle organizzazioni sindacali e i rappresentanti della regione Lombardia. Tuttavia l'incontro è stato disertato dall'azienda;
   nonostante i richiami al senso di responsabilità, nell'incontro del 14 febbraio 2017 tenutosi presso la sede di Assolombarda, l'azienda attraverso il responsabile del personale, nonché membro della famiglia proprietaria, Marta Spinelli, ha confermato i 187 licenziamenti annunciati e la volontà di trasferire la sede produttiva italiana, che impiega attualmente 250 lavoratori, nella sede polacca della società, dove si starebbe procedendo all'ampliamento dello stabilimento;
   l'azienda non è in crisi e le ragioni del trasferimento sarebbero dettate da ragioni di mera convenienza economica;
   Isolante K-Flex avrebbe inoltre beneficiato nel corso degli ultimi anni, a quanto riferiscono le organizzazioni sindacali, di 12 milioni di euro di finanziamenti pubblici, finanziamenti sui quali la stessa viceministra Bellanova ha annunciato una istruttoria –:
   quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per evitare che Isolante K-Flex delocalizzi l'impianto produttivo di Roncello e per garantire i livelli occupazionali attualmente impiegati;
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda promuovere affinché le aziende che ricevono finanziamenti pubblici siano tenute a perseguire l'obiettivo di mantenere la loro attività sul suolo italiano, evitando di delocalizzare gli stabilimenti all'estero. (5-10694)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la deliberazione del 12 gennaio 2017 1/2017/R/, in linea con le disposizioni emanate con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 29 dicembre 2016, ha rideterminato per l'anno 2017 l'ammontare delle compensazioni della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica per clienti economicamente svantaggiati;
   il bonus elettrico, introdotto nel 2009 dal Governo Berlusconi e reso operativo dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico con la collaborazione dei comuni, è previsto per i nuclei familiari con indicatore isee non superiore a 7.500 euro o i nuclei familiari con più di 3 figli a carico e isee non superiore a 20 mila euro;
   il sito online http://www.autorita.energia.it ha precisato come «il bonus sia previsto anche nel caso di utenti in gravi condizioni di salute, costretti ad utilizzare apparecchiature elettro-medicali necessarie per il mantenimento in vita. In totale si parla di circa 3,5 milioni di famiglie per la luce e di circa 2,5 milioni per il gas. Ogni nucleo famigliare che abbia i requisiti può richiedere per disagio economico sia il bonus per la fornitura elettrica che per la fornitura del gas. Se in casa vive un soggetto in gravi condizioni di salute che possiede i requisiti per il bonus per disagio fisico, la famiglia può richiedere anche questa agevolazione»;
   «Per quel che riguarda il bonus elettrico, per una famiglia composta da uno o due componenti sono previsti 80 euro all'anno, da 3 a 4 componenti 93 euro, oltre i 4 componenti si arriva a 153 euro. Il valore dello sconto per motivi fisici dipende dalla potenza contrattuale, dalle apparecchiature elettromedicali salvavita utilizzate e dal tempo giornaliero di utilizzo. Il range va da 417 euro all'anno a 628. Nel caso del gas, per una famiglia fino a quattro componenti, si prevedono 31 caro (contratto acqua calda sanitaria e/o uso cottura) e 189 euro (contratto acqua calda sanitaria e/o uso cottura con riscaldamento). Oltre i quattro componenti si va da 49 euro a 279»;
   il Fatto Quotidiano, nell'articolo del 13 febbraio 2017, ha riportato come «secondo le associazioni dei consumatori oltre la metà di quanti potrebbero chiedere il bonus energia e gas non lo fa perché non sa che esiste, teme gli ostacoli burocratici o ritiene che la soglia Isee sia inadeguata a individuare i soggetti in stato di necessità. I requisiti e come si presenta domanda»;
   nello specifico, 15 associazioni (Cittadinanzattiva, Acu, Adiconsum, Adoc, Associazione Utenti Radiotelevisivi, Assoconsum, Assoutenti, Codacons, Codici, Confconsumatori, Federazione Confconsumatori-Acp, Federconsumatori, Lega Consumatori, Movimento Consumatori, Movimento difesa del cittadino, Unione Nazionale Consumatori) hanno analizzato la situazione e, dai sondaggi effettuati, è emerso che: «su circa 4 milioni di famiglie potenzialmente beneficiarie della misura, ad oggi ne hanno usufruito almeno una volta circa 2 milioni. Nel dettaglio, se ne sono avvalsi, su base annua, il 34 per cento per la luce e il 27 per cento per il gas. Ossia solo un terzo della platea degli aventi diritto. Una situazione insensata, considerato che oltre un cittadino su dieci si rivolge alle associazioni dei consumatori proprio per arretrati nel pagamento delle bollette»;
   secondo i consumatori, le criticità hanno varia natura: dalla mancanza di accesso alle informazioni sulla disponibilità del bonus e sull'impatto effettivo dello sconto alla percezione di «barriere burocratiche», fino alla sensazione di non adeguatezza economica della misura;
   dai dati raccolti dalle associazioni, attraverso il progetto « Bonus a sapersi», è emerso, infine, che «oltre l'80 per cento degli intervistati non è consapevole del diritto ad usufruirne, mentre per il 39 per cento l’iter per la richiesta è molto complesso e per il 47 per cento le informazioni non sono sufficientemente diffuse. Ancora, solo il 56 per cento ritiene l'importo del bonus adeguato rispetto alle bollette e solo il 52 per cento è convinto che l'attuale soglia Isee sia adeguata ad individuare i soggetti che ne avrebbero necessità. Altro dato allarmante è quello che vede insoddisfatti anche molti di coloro che hanno usufruito del bonus: troppo complesso l’iter per la richiesta (30,3 per cento) e l'importo è ritenuto inadeguato rispetto ai consumi (22,5 per cento)» –:
   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa, intenda assumere per potenziare le informazioni sul « bonus», semplificare la procedura di richiesta e prevedere nuove misure contro la povertà energetica;
   se non ritenga opportuno considerare la possibilità di assumere iniziative per modificare i criteri di calcolo dell'Isee escludendo il valore dell'abitazione di residenza e pensioni di invalidità ed inserendo nel calcolo ulteriori importi familiari certificati. (4-15733)


   CARDINALE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nell'estate del 2012 viene annunciata da Italcementi la chiusura totale del cementificio di Porto Empedocle;
   a seguito delle proteste, l'azienda ritirò le lettere di licenziamento ed il 30 luglio 2012, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, viene presentata domanda per Cassa integrazione guadagni straordinaria della durata di 24 mesi per chiusura totale di attività;
   a seguito di questo accordo parte un processo di riconversione dell'impianto e vengono definite misure di sostegno sociale a supporto della ristrutturazione e piani di incentivazione;
   nel dicembre 2013, viene siglata l'ipotesi di verbale di accordo dove viene anche stabilito che, qualora i sedimi di proprietà Italcementi venissero rilevati da terzi per l'avvio di nuove attività produttive, Italcementi vincolerà la società subentrante a riassumere gli ex dipendenti del sito medesimo;
   il 28 agosto 2014, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, viene dichiarata l'effettiva eccedenza strutturale di Porto Empedocle nella misura di 41 unità lavorative; nella stessa sede, l'azienda dichiara di prediligere quelle realtà imprenditoriali disposte ad occupare il personale posto in mobilità da Italcementi, ovviamente nell'ambito dei processi di reindustrializzazione dei siti;
   in data 29 dicembre 2014, in sede di verbale d'accordo, ad integrazione dell'accordo, vengono stabilite regole di priorità per l'individuazione dei lavoratori da ricollocare con riferimento ai progetti di riconversione che potrebbero realizzare terzi;
   nel febbraio 2015, presso il Ministero dello sviluppo economico, la Nomisma, incaricata dalla stessa Italcementi, annunciava di individuare, tra le tante proposte di riconversione come la più fattibile e su cui vi era consenso anche da parte dei soggetti istituzionali e sociali, quella della produzione del CSS (combustibile solido secondario) per una produzione di circa 45 mila tonnellate (di cui buona parte destinata allo stabilimento di isola delle Femmine), con un investimento di 21 milioni di euro, e che avrebbe potuto occupare tutto il personale in mobilità;
   in data 28 luglio 2015, si apprende dagli organi di stampa che Italcementi è stata venduta a Heidelberg Cement, suscitando sia nei dipendenti, ma soprattutto nel personale posto in mobilità, sconforto circa le aspettative innescate dagli accordi con la vecchia proprietà;
   in data 7 dicembre 2016, nel corso dell'incontro in Confindustria, l'azienda si dichiarava disponibile a rinnovare l'impegno di un anno, a fronte dello slittamento dell'incentivo previsto, qualora il personale non fosse stato collocato entro due anni e nel febbraio 2017 viene prorogato l'impegno di Italcementi fino a tutto il 31 dicembre 2018;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Governo per supportare l'azione di riconversione dell'ex sito delle cementerie siciliane di Porto Empedocle e se non intenda riconvocare un tavolo istituzionale per affrontare complessivamente la questione del futuro del sito in chiave di rilancio occupazionale. (4-15734)

Apposizione di una firma ad una interrogazione e contestuale cambio del primo firmatario.

  Interrogazione a risposta scritta Latronico n. 4-08369, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 marzo 2015, è da intendersi sottoscritta dal deputato Palese che ne diventa il primo firmatario.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Labriola e altri n. 5-10686, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bruno.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Palese e Latronico n. 4-08369 dell'11 marzo 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02824;
   interrogazione a risposta in Commissione Liuzzi n. 5-05372 del 16 aprile 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02822;
   interrogazione a risposta in Commissione Latronico n. 5-07843 del 19 febbraio 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02825;
   interrogazione a risposta scritta D'Arienzo n. 4-13815 del 14 luglio 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02821;
   interrogazione a risposta in Commissione Cristian Iannuzzi n. 5-09958 del 3 novembre 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02818;
   interrogazione a risposta scritta Paolo Nicolò Romano n. 4-14712 del 3 novembre 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02823;
   interrogazione a risposta scritta Turco e altri n. 4-14874 del 25 novembre 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02826;
   interrogazione a risposta in Commissione Businarolo n. 5-10123 del 14 dicembre 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02819;
   interrogazione a risposta scritta D'Incà n. 4-15225 del 17 gennaio 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-02820.