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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 21 febbraio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la problematica relativa al potenziamento del trasferimento dei detenuti nei Paesi di origine è particolarmente complessa e delicata;
    l'obiettivo della riduzione della popolazione carceraria nel nostro Paese può essere perseguito, tenendo presente l'aspetto umanitario, anche attraverso l'applicazione degli strumenti di cooperazione internazionale che consentano alle persone straniere detenute di espiare nei Paesi di origine la pena loro inflitta in Italia. Tra l'altro, la percentuale italiana della componente reclusa immigrata è superiore alla media europea. Mentre per quanto concerne il fenomeno della radicalizzazione dei detenuti nelle carceri questo appare non particolarmente grave rispetto ad altre Nazioni anche se la situazione va costantemente monitorata e tenuta sotto debito controllo;
    si parla di trasferimento di persone condannate per indicare la procedura in base alla quale un condannato, che sta già scontando la pena in un Paese estero, viene trasferito in quello di origine per ivi proseguire e terminare l'esecuzione della pena;
    la Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983 ha un ambito applicativo esteso a 45 Paesi, ma richiede il consenso del condannato. Al contrario, la decisione quadro 2008/909/ GAI ha un ambito di applicazione più ristretto (i soli Paesi europei) ma non richiede il consenso. Tale decisione prevede una procedura di trasferimento semplificata basata sulla presunzione che il luogo di origine del condannato sia, salva prova di radicamento altrove, quello ove egli intrattiene legami sociali, familiari, culturali e linguistici e quindi più favorevole alla sua rieducazione;
    la relazione della Commissione europea del 2014 sull'attuazione da parte dei Paesi dell'Unione europea delle decisioni quadro del 2008 sottolinea come, malgrado gli sforzi di alcuni Paesi dell'Unione europea (si veda l'Italia) l'attuazione di questi atti non risulti soddisfacente;
    è dunque necessario attivarsi per richiedere ai Paesi dell'Unione europea che non hanno già attuato le decisioni di farlo al più presto. Ogni anno alcune migliaia di cittadini dell'Unione europea sono perseguiti per reati presunti o vengono condannati in un Paese dell'Unione europea diverso da quello in cui risiedono;
    il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie rappresenta la pietra angolare della cooperazione giudiziaria in materia penale all'interno dell'Unione europea;
    la disciplina codicistica è stata completata con il decreto legislativo 7 settembre 2010, no 161, che nel recepire la citata decisione quadro consente l'esecuzione in uno Stato membro dell'Unione europea diverso da quello di emissione di sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale;
    l'ambito applicativo dell'istituto del riconoscimento presenta alcuni punti di contatto con la procedura dettata dalla Convenzione di Strasburgo e con quella del mandato di arresto europeo;
    allo stato attuale sono in vigore accordi per il trasferimento dei condannati con Cuba, Hong Kong, Perù, Thailandia, India, Kazakhstan, Repubblica Dominicana ed Egitto;
    la Convenzione citata ha lo scopo principale di favorire il reinserimento sociale dei condannati, permettendo ad uno straniero detenuto di scontare la pena nel Paese di origine. Tra l'altro, ciò consente di superare le difficoltà derivanti dalle differenze sociali, culturali e linguistiche del detenuto e di riavvicinare lo stesso ai familiari. In base alla Convenzione, il trasferimento del detenuto straniero può essere richiesto sia dallo Stato (cosiddetto Stato di condanna) che ha condannato il soggetto in questione e nelle cui prigioni egli sconta la pena, sia dallo Stato di origine (cosiddetto Stato di esecuzione) della persona interessata. L'esecuzione del trasferimento è condizionata al consenso dei due Stati, come anche a quello del detenuto. La Convenzione inoltre definisce le procedure di esecuzione della pena successivamente al trasferimento: in ogni caso a prescindere dall'ordinamento giuridico dello Stato di esecuzione, una pena detentiva non potrà mai essere commutata in sanzione pecuniaria. Inoltre, il periodo di pena già scontato nello Stato di condanna dovrà essere considerato nelle determinazioni dello Stato di esecuzione. Infine, in nessun caso la pena dovrà essere, quanto alla natura ed alla durata, più severa di quella inflitta dallo Stato di condanna;
    il Protocollo addizionale del 1997 stabilisce altresì le regole per il trasferimento dei detenuti oggetto di una misura di espulsione o di ri-accompagnamento alla frontiera in ragione della condanna riportata stabilendo che il trasferimento nello Stato di cittadinanza possa avvenire anche senza il consenso del detenuto interessato, purché venga sentito;
    è da sottolineare come il Ministero della giustizia proprio al fine di semplificare e rendere più veloci le procedure di trasferimento ha avviato un'azione strategica articolata su più punti diretti: a) alla promozione ed alla conoscenza dello strumento del trasferimento; b) alla organizzazione di una serie di incontri con gli organi giudiziari competenti nazionali e dei Paesi in cui i cittadini hanno il più elevato tasso di presenza negli istituti penitenziari, ovvero con l'Albania e la Romania;
    infatti con tali Paesi sono stati stipulati anche accordi aggiuntivi in modo da consentire il trasferimento, pur in assenza del consenso del condannato, ove sussistano determinati presupposti. Con l'Albania è stato inoltre firmato un accordo secondo il quale lo Stato italiano potrà chiedere l'esecuzione nel Paese delle condanne emesse dai giudici italiani nei confronti dei cittadini albanesi localizzati in tale Nazione. Da ultimo, è stata prevista la riapertura della procedura per la destinazione di un magistrato di collegamento italiano;
    è da rilevare come negli anni 2014-2015 si sia registrata una seppur contenuta crescita del numero complessivo dei detenuti trasferiti nei Paesi di origine, in un numero di 133 per l'anno 2014 e 149 per il 2015. La Romania è il Paese che ha registrato il maggior incremento nelle consegne passando dalle 70 unità del 2014 alle 110 censite nel 2015;
    tuttavia, occorre considerare che diverse migliaia di detenuti provengono da Paesi con i quali l'Italia non ha stabilito rapporti di cooperazione giudiziaria in materia penale. Tra questi diversi Paesi dell'area mediterranea estranei sia alla Convenzione di Strasburgo del 1983 che alla decisione quadro del 2008 (ad esempio, Tunisia ed Algeria);
    è necessario, pertanto, rafforzare la cooperazione giudiziaria internazionale in materia di esecuzione dei giudicati penali che è fondamentale, perché, oltre ad affiancarsi alle tradizionali forme ed agli strumenti di cooperazione giudiziaria tra Stati in campo penale, quali le rogatorie e l'estradizione, costituisce un elemento fondamentale di gestione comune delle giurisdizioni tra gli Stati più direttamente interessati ad un singolo episodio criminoso,

impegna il Governo:

1) a rafforzare gli accordi bilaterali con i Paesi di origine dei detenuti in modo da superare le problematiche inerenti alla grande presenza di detenuti immigrati nelle carceri italiane;

2) a valutare la possibilità di rendere più veloci e snelle le procedure di trasferimento dei detenuti nei loro Paesi di origine;

3) a valutare l'opportunità di monitorare tale fenomeno anche attraverso un costante confronto con le competenti istituzioni straniere e con i Paesi i cui cittadini hanno il più alto tasso di presenza nelle carceri italiane.
(1-01515) «Marotta, Bosco».
(Presentata il 20 febbraio 2017)


   La Camera,
   premesso che:
    l'incremento dei flussi migratori, con le sue ripercussioni anche in termini di aumento dei fatti criminosi, rappresenta una delle cause del grave fenomeno del sovraffollamento carcerario;
    uno strumento efficace per arginare, sotto questo profilo, il suddetto fenomeno è dato dalla procedura del trasferimento delle persone condannate, in base alla quale un condannato che sta già scontando la pena in un Paese viene trasferito in altro, quello d'origine, per ivi proseguire e terminare l'esecuzione della pena;
    tale procedura opera su un piano diverso rispetto all'estradizione e agli altri strumenti di cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale: persegue, infatti, finalità prevalentemente di carattere umanitario, nel senso che mira a favorire, in determinati casi, il reinserimento sociale delle persone condannate, avvicinandole al Paese d'origine, in modo da superare tutte quelle difficoltà che, su un piano personale, sociale e culturale, oltreché per l'assenza di contatti con i familiari, possono derivare dall'esecuzione della pena in un Paese straniero;
    il principale accordo internazionale per attuare il trasferimento delle persone condannate è rappresentato dalla Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983 e ratificata dall'Italia con legge 25 luglio 1988, n. 334;
    per mezzo di tale accordo si realizza lo scopo sostanziale della pena, ossia il reinserimento sociale della persona condannata, obiettivo quest'ultimo di più agevole realizzazione in un contesto in cui la persona condannata sia presumibilmente assistita da più saldi legami sociali e familiari, evitandosi con ciò quella «pena nella pena» costituita dalle difficoltà di ambientamento, di comunicazione e socializzazione che incontra colui che sia detenuto fuori dal proprio Paese di origine;
    la suddetta Convenzione richiede, ai fini del trasferimento della persona condannata, che:
     a) la stessa sia cittadina dello Stato di esecuzione;
     b) la sentenza sia definitiva;
     c) la durata della pena ancora da espiare sia di almeno sei mesi alla data di ricevimento della richiesta di trasferimento, o indeterminata;
     d) la persona condannata – o, allorquando in considerazione della sua età o delle sue condizioni fisiche o mentali uno dei due Stati lo ritenga necessario, il suo rappresentante legale – acconsenta al trasferimento;
     e) gli atti o le omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato ai sensi della legge dello Stato di esecuzione o costituirebbero reato se fossero commessi sul suo territorio; lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione siano d'accordo sul trasferimento;
    nella prospettiva, dunque, del reinserimento, non può che risultare giustificata la necessità del consenso della persona interessata, dalla quale, nella maggior parte dei casi, parte l'impulso che mette in moto la procedura, diversamente da quanto avviene generalmente nelle procedure estradizionali o di consegna, che prescindono dal consenso dell'interessato, al pari dei casi di applicazione della decisione quadro 2008/909/GAI, sul mutuo riconoscimento delle sentenze che irrogano pene detentive e altre misure limitative della libertà personale di cui al decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161, che, avendo un ambito operativo limitato ai soli Paesi dell'Unione europea, non richiede parimenti il consenso;
    l'Italia, fatta salva anche la legge 27 dicembre 1988, n. 565, recante «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo relativo all'applicazione tra gli Stati membri delle Comunità europee della Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate, firmato a Bruxelles il 25 maggio 1987», sta progressivamente incrementando il numero degli accordi internazionali stipulati con Paesi stranieri per consentire ai loro cittadini, privati della libertà personale a seguito della commissione di un reato, di scontare la pena comminata nel paese di origine; a tal riguardo, si richiamano:
     a) legge 11 luglio 2002, n. 149, di «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica Popolare Cinese sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Hong Kong il 18 dicembre 1999»;
     b) legge 11 luglio 2003, n. 204, di «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Albania, aggiuntivo alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983, fatto a Roma il 24 aprile 2002»;
     c) legge 30 dicembre 2005, n. 281, di «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Romania sul trasferimento delle persone condannate alle quali è stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine, fatto a Roma il 13 settembre 2003»;
     d) legge 18 marzo 2008, n. 58, di «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Bulgaria sul trasferimento delle persone condannate alle quali è stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine, fatto a Sofia il 22 novembre 2005»;
     e) legge 5 marzo 2010, n. 46, di «Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dominicana, fatto a Santo Domingo il 14 agosto 2002»;
     f) legge 26 ottobre 2012, n. 183, di «Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dell'India, fatto a Roma il 10 agosto 2012»;
     g) legge 10 febbraio 2015, n. 17, di «Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica federativa del Brasile, fatto a Brasilia il 27 marzo 2008»;
     h) legge 16 giugno 2015, n. 79, di «Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Kazakhstan, fatto ad Astana l'8 novembre 2013»;
     i) legge 28 luglio 2016, n. 152, di «Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo aggiuntivo alla Convenzione di reciproca assistenza giudiziaria, di esecuzione delle sentenze e di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco del 12 febbraio 1971, fatto a Rabat il 1o aprile 2014; b) Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco sul trasferimento delle persone condannate, fatta a Rabat il 1o aprile 2014»;
    la stipula di accordi bilaterali sul trasferimento delle persone condannate contenenti previsioni che prescindono dal consenso di queste ultime contrasta con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato italiano in quanto rischia di esporre la persona a condizioni detentive crudeli, disumane o degradanti o che comunque configurano violazione dei diritti fondamentali della stessa,

impegna il Governo:

1) a proseguire nella promozione di accordi bilaterali volti a favorire il trasferimento dei detenuti provenienti soprattutto dai Paesi che fanno registrare il maggior flusso di immigrazione verso l'Italia, e, in particolare, da quei Paesi i cui cittadini registrano un alto tasso di presenza nelle carceri italiane;

2) ad adottare ogni opportuna iniziativa, soprattutto informativa, volta ad incentivare l'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo, al fine di diminuire la popolazione carceraria attraverso il trasferimento di detenuti stranieri nei loro Paesi d'origine;

3) ad adoperarsi, presso le sedi internazionali, affinché i Paesi ancora non firmatari aderiscano alla Convenzione di Strasburgo;

4) a promuovere ogni iniziativa volta a semplificare le procedure di trasferimento dei detenuti stranieri, anche favorendo il confronto tra gli organi giudiziari competenti nazionali e quelli dei Paesi i cui cittadini hanno il più elevato tasso di presenza negli istituti penitenziari italiani;

5) ad informare annualmente il Parlamento in merito ai dati relativi all'attuazione di accordi bilaterali per il rimpatrio dei detenuti stranieri, nonché con riferimento all'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo.
(1-01516) «Mattiello, Dambruoso, Verini, Ferranti, Cassano, Quartapelle Procopio, Amoddio, Bazoli, Berretta, Campana, Di Lello, Ermini, Giuliani, Greco, Giuseppe Guerini, Iori, Leva, Magorno, Morani, Giuditta Pini, Rossomando, Rostan, Tartaglione, Vazio, Zan».
(Presentata il 20 febbraio 2017)


   La Camera,
   premesso che:
    dagli ultimi dati disponibili del Ministero della giustizia, al 31 gennaio 2017, i detenuti nelle carceri italiane sono 57.719 (55.381 uomini e 2.338 donne) di cui 18,825 stranieri, pari a poco meno del 33 per cento del totale, mentre la media europea si attesta intorno al 21 per cento;
    la diffusione mediatica della paura rappresenta una realtà penitenziaria come fucina inesauribile di criminali. I detenuti extracomunitari reclusi nelle carceri europee non arrivano al 15 per cento sul totale;
    dall'ultimo rapporto del Consiglio d'Europa «Space I» sui dati penitenziari, in Italia gli stranieri regolarmente soggiornanti sono circa l'8 per cento della popolazione, mentre i detenuti soggiornanti regolari, secondo stime a campione effettuate su singoli istituti, sono una quota inferiore al 10 per cento del totale dei detenuti stranieri, ovvero circa il 3 per cento del totale della popolazione detenuta nel nostro Paese. Una percentuale dunque veramente bassa rispetto agli italiani che finiscono in carcere;
    i detenuti stranieri che non stanno scontando una condanna in via definitiva nei Paesi europei sono il 37,9 per cento del totale degli stranieri in carcere. Ben di più di uno straniero detenuto su 3 (quasi 2 su 5) non è per la giustizia nazionale una persona colpevole;
    nel XII rapporto 2016 «Galere d'Italia», realizzato dall'Associazione Antigone, si legge che complessivamente gli stranieri detenuti hanno commesso 8.192 reati contro il patrimonio, 6.599 reati contro la persona, 6.266 reati in violazione della legge sulle droghe, 1.372 reati in violazione della legge sull'immigrazione, 95 delitti di mafia. Gli stranieri reclusi, quindi, sono in carcere per delitti con bassa offensività penale; se il reato è più grave e quindi più alta è la pena, i dati dicono che la percentuale più alta di condannati ha cittadinanza italiana (solo il 5,5 per cento dei condannati all'ergastolo è straniera); solo il 17,3 per cento degli stranieri riesce ad usufruire delle misure alternative al carcere anche a fronte di condanne meno severe degli italiani; ben il 34 per cento dei detenuti stranieri è in attesa di giudizio di primo grado o comunque non è condannato in via definitiva;
    per gli stranieri il carcere è spesso la conclusione scontata di un percorso nato nei Paesi d'origine per migliorare la loro esistenza che si scontra con la lentezza della burocrazia italiana e con un sistema di accoglienza poco efficace ed efficiente. Nel 2016, dal 1o gennaio al 21 ottobre, sono state esaminate 74.575 richieste di asilo: ne sono state respinte il 62 per cento e, anche se nei successivi gradi di giudizio una parte delle stesse viene poi accolta, il «cattivismo» porta gli esclusi verso la clandestinità e i circuiti dell'illegalità;
    la medesima sorte è subita da tanti giovani che entrano come minori non accompagnati e che poi spariscono entrando nella rete dell'illegalità, dello spaccio di stupefacenti e della prostituzione. A questo proposito, è bene ricordare lo scalpore che a inizio 2015 suscitarono i dati forniti dall'allora Ministro dell'interno Alfano sui migranti minori scomparsi dai centri di accoglienza in Italia su 14.243 registrati a seguito degli sbarchi nelle coste italiane nel 2014;
    nei confronti degli stranieri, siano essi soggiornanti regolari o irregolari, la giustizia è sovente discriminatoria: la carcerazione preventiva si applica con più facilità e dunque diventa una sorta di pena anticipata; alla condanna penale, al momento della sentenza, si aggiunge spesso – anche per stranieri con regolare permesso di soggiorno – l'espulsione a titolo di misura di sicurezza (articolo 15 del testo unico sull'immigrazione), eseguita con accompagnamento in frontiera, alla fine della pena. In questo caso la legge dà al giudice una discrezionalità totale in merito, non tenendo conto né del tipo di reato di cui l'imputato si è reso colpevole, né della sua eventuale rieducazione raggiunta a fine pena;
    nel documento finale degli Stati generali sull'esecuzione penale, pubblicato dal Ministero della giustizia il 18 aprile 2016, si rileva che l'essere stranieri in carcere è una condizione che comporta un supplemento di afflittività per le difficoltà linguistiche e la difficoltà di mantenere legami con la famiglia. Infatti, la barriera linguistica incide negativamente sulla conoscenza dei propri diritti (e doveri), sulla relazione con gli operatori e con gli altri detenuti, sulla vita detentiva in genere e sull'accesso alle opportunità trattamentali; mentre la mancanza di legami con la famiglia, il più delle volte residente nei Paesi d'origine, oltre a ripercuotersi negativamente sulla vita quotidiana in carcere, ha riflessi negativi sulla concreta applicazione di misure alternative alla detenzione e sull'applicazione di istituti giuridici previsti come il lavoro esterno (articolo 21 o.p.), permessi premio (articolo 30-ter o.p.), affidamento in prova al servizio sociale (articolo 47 o.p.), detenzione domiciliare (articolo 47-ter o.p.), semilibertà (articolo 48 o.p.), liberazione anticipata (articolo 54 o.p.);
    la mancanza di misure alternative alla detenzione è, dunque, la principale spiegazione sul numero di stranieri presenti nel sistema penitenziario;
    è necessario sia incrementare le competenze linguistiche, le possibilità comunicative e i contatti con la famiglia e con il mondo esterno, sia rimuovere quegli ostacoli che nei fatti mettono a rischio l'attività trattamentale intramuraria e l'accesso a misure extracarcerarie;
    considerate le difficoltà per gli stranieri di accedere a tali misure per mancanza di alcuni requisiti (dimora stabile, nucleo familiare entro cui collocare il detenuto, preferibilmente un lavoro che renda comunque il soggetto più ancorato al tessuto sociale in cui, con la scarcerazione, viene reinserito), il documento finale degli Stati generali sull'esecuzione penale suggerisce la creazione di «alloggi protetti» in cui collocare persone uscite dal carcere o ancora detenute e nei cui confronti vengono applicati i benefici dell'ordinamento penitenziario (come l'esperienza di housing sociale del comune di Brescia);
    dagli Stati generali sull'esecuzione penale viene considerato necessario garantire, alla popolazione carceraria straniera, pari diritti di accesso al reinserimento sociale: «La norma che prevede l'allontanamento dal territorio dello Stato – a titolo di sanzione alternativa o sostitutiva al carcere – dei cittadini stranieri condannati a seguito della commissione di reati di una certa gravità, o il loro trasferimento nei Paesi d'origine ai fini dell'espiazione della pena, oltre a essere praticamente ineffettiva, se eseguita, vanifica l'investimento di risorse trattamentali e, se non eseguita restituisce lo straniero ad una condizione di irregolarità (...) si ritiene che una politica “espulsiva” non sia necessariamente quella più adatta: la misura dell'allontanamento dal territorio nazionale al termine della pena spesso rischia di vanificare i percorsi risocializzativi già intrapresi (...) potrebbe essere utile introdurre una sorta di permesso di soggiorno “premiale” che la Magistratura di sorveglianza avrebbe la facoltà di richiedere al Questore in caso di esito positivo del percorso riabilitativo (...) avrebbe delle positive ricadute per il ritorno socio-economico rispetto alle risorse investite da parte dello Stato sulla “rieducazione” del soggetto in questione»;
    il 10 febbraio 2017 il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti per l'accelerazione delle procedure amministrative e giurisdizionali in materia di protezione internazionale, per l'introduzione di misure volte ad accelerare le operazioni di identificazione dei cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea e per il contrasto dell'immigrazione illegale, in pratica procedure più rapide per l'espulsione degli immigrati irregolari: in relazione a questo obiettivo, il Governo italiano e quello libico di unità nazionale hanno firmato un accordo che ha la finalità di ridurre il flusso di migranti che da anni cercano di raggiungere l'Italia dalle coste libiche;
    il provvedimento sembra ignorare che la Libia non ha mai aderito alla convenzione di Ginevra del 1951 e dunque sarà improbabile da parte di quella nazione, nota per le violazioni umanitarie commesse quotidianamente ai danni dei migranti, come documentato tra l'altro dai report raccolti su Fortress, aspettarsi il rispetto dei diritti umani previsti nel diritto internazionale;
    con la stipula di accordi e partenariati con Governi dittatoriali, come il Sudan, la Libia, il Niger l'Italia viola di fatto il principio di non refoulement;
    l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo proibisce la tortura e il trattamento e disumano o degradante;
    la Corte di Strasburgo ha più volte ribadito la sua importanza definendolo «un principio fondamentale delle società democratiche» e i giudici di Strasburgo con le loro sentenze – come nella sentenza relativa al caso Soering contro Regno Unito che concerneva l'estradizione di un cittadino europeo negli Stati Uniti, dove avrebbe subito la condanna alla pena di morte per aver commesso omicidio hanno cristallizzato questo principio considerando prioritario l'articolo 3 della convenzione sui diritti dell'uomo all'interno dei principi generali richiamati nelle sentenze rese. L'articolo 3 è l'unica norma della convenzione che non prevede eccezioni o deroghe; il divieto non trova impedimenti d'azione neppure in circostanze gravi quali la lotta al terrorismo o alla criminalità organizzata, come la sentenza Chahal contro Regno Unito dove i giudici hanno affermato il principio secondo cui nessuna circostanza, comprese la minaccia di terrorismo o le preoccupazioni per la sicurezza nazionale, può giustificare l'esposizione di un individuo al rischio concreto di tali violazioni di diritti umani. Il Governo del Regno Unito era intervenuto nel caso per cercare di opporsi al divieto assoluto di tortura e maltrattamenti. Esso ha sostenuto che il diritto di una persona ad essere protetta da tale trattamento all'estero doveva essere temperato rispetto al rischio in cui l'individuo aveva posto lo Stato che lo stava allontanando. Nel caso richiamato, la Corte ha rigettato questa tesi ritenendo che la Convenzione europea proibisse, in ogni circostanza, l'espulsione verso Paesi in cui vi fosse il rischio di tortura e maltrattamenti, valorizzando il carattere assoluto dell'articolo 3,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di concludere accordi bilaterali per l'esecuzione della pena nel Paese d'origine del cittadino straniero, sempre nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 10 della Costituzione, dall'articolo 3 della Convenzione europea diritti dell'uomo e delle norme internazionali in materia;

2) a considerare la possibilità di vincolare la conclusione degli accordi bilaterali futuri, volti ad agevolare il trasferimento dei detenuti stranieri e il controllo dei flussi migratori, alla adesione dei Paesi contraenti alla Convenzione di Ginevra del 1951 e, con riferimento agli accordi già in essere, ad assumere iniziative affinché i Paesi con i quali tali accordi sono stati conclusi, ove non abbiano aderito alla suddetta Convenzione di Ginevra, si attivino in tal senso;

3) ad assumere iniziative per dare seguito a quanto emerso dal documento finale degli Stati generali sull'esecuzione penale riguardo alla popolazione carceraria straniera, rimuovendo quegli ostacoli che impediscono alla stessa pari diritti di accesso al reinserimento sociale.
(1-01517) «Andrea Maestri, Civati, Brignone, Matarrelli, Pastorino, Marzano, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    la delega al Governo per la revisione del sistema fiscale di cui alla legge 11 marzo 2014, n. 23, contempla, all'articolo 15, il tema della fiscalità ambientale, prevedendo una riforma del sistema fiscale diretta a coniugare lo sviluppo sostenibile con la tutela dell'ambiente e la salute della collettività;
    anche la Banca d'Italia – già in occasione dell'esame parlamentare, nel corso della XVI legislatura, del disegno di legge AC 5291 di delega per la riforma del sistema fiscale – ha posto in chiara evidenza il valore della riforma in senso ambientale del sistema di tassazione, in quanto strumento capace di costituire valido motore per lo sviluppo di nuove tecnologie, per ridurre l'impatto ambientale dei processi produttivi e mitigare il consumo di importanti risorse naturali;
    uno dei principi fondanti della ratio della richiamata norma di delega, ampiamente condiviso e che trova riscontro anche nella raccomandazione del Consiglio del 6 luglio 2012, è che il maggiore gettito derivante dall'imposizione fiscale debba essere destinato alla riduzione della tassazione sui redditi da lavoro; per converso, particolare attenzione è rivolta alle tecnologie a basso contenuto di carbonio e alla promozione delle fonti di energia rinnovabili;
    occorre infatti perseguire una migliore tutela e razionalizzazione nell'utilizzo delle risorse naturali, che non vanno depauperate, ma opportunamente gestite e garantite anche per le generazioni future;
    la Commissione europea, già con la comunicazione del 26 settembre 1997, nell'affermare l'onere per gli Stati membri di disciplinare la materia dei tributi ambientali, ha enunciato taluni principi di attuazione, orientando in questo senso la politica fiscale degli Stati;
    negli anni vi sono stati infatti rilevanti interventi dell'Unione europea a tutela dell'ambiente, che hanno quale fondamento un'adeguata politica fiscale, in grado di contemperare le diverse esigenze della produzione e dell'evoluzione tecnologica con la tutela dell'ambiente, in tutte le sue componenti, inteso quale bene di interesse collettivo;
    la mancata attuazione dell'articolo 15 della richiamata normativa di delega non ha consentito un'efficace razionalizzazione del sistema della fiscalità italiana, fiscalità che deve essere adeguata alle esigenze, ampiamente evidenziate nel corso dell'esame parlamentare del provvedimento di delega, e che afferiscono a più ambiti dell'agire umano e sociale, ai sistemi produttivi, alle imprese, alle attività antropiche, alla tutela e al più contenuto utilizzo delle risorse naturali;
    più in particolare, la mancata attuazione di un sistema di fiscalità energetica e ambientale ripropone all'attenzione i contenuti della direttiva 2003/96/CE, che ha ristrutturato il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, al fine di dare attuazione al protocollo di Kyoto;
    la mancata attuazione della riforma in senso ambientale del sistema della fiscalità espone l'Italia a severe critiche nel consesso internazionale e consente il permanere di una disciplina fiscale ambientale non adeguata ai tempi e alle esigenze dello sviluppo sostenibile e della tutela dell'ambiente, in un momento storico in cui è fortemente avvertita l'esigenza di razionalizzare l'utilizzo delle fonti di energia per un sempre più concreto e ampio utilizzo delle fonti rinnovabili;
    è infatti innegabile che in Italia sia prevalente l'utilizzo delle fonti di energia derivanti da combustibili fossili, ed è altrettanto noto il sostanziale fallimento dell’Emission Trading Scheme (ETS) per il contenimento delle emissioni di CO2;
    sebbene l'Unione europea sia stata tra le prime aree al mondo a dotarsi di un meccanismo di mercato per il contenimento delle emissioni di CO2 attraverso l’Emission Trading Scheme (ETS), tuttavia – per ragioni tanto di carattere macroeconomico, quanto di sovrapposizione di interventi di policy (target rinnovabili ed efficienza energetica) – il sistema ETS non è riuscito a disincentivare l'utilizzo delle fonti a maggior impatto emissivo, come il carbone, che negli in anni recenti ha anzi visto crescere in Europa il suo ruolo nel mix energetico;
    al 2014, il carbone – pur contribuendo al 27 per cento della produzione elettrica dell'Unione europea (con 841 su 3155 TWh) – è responsabile del 77 per cento delle emissioni di CO2 (865 su 1130 Mt) del settore (secondo i dati della IEA, WorldEnergy Outlook 2016);
    in tale quadro urge dunque una riforma della normativa fiscale energetica e ambientale, volta a incentivare le produzioni più sostenibili, con accise adeguate, che consenta all'Italia di rimanere tra i Paesi a più alta sensibilità ambientale;
    invero, l'accordo firmato a dicembre 2015 in occasione della Conferenza di Parigi sul clima (COP21) e ratificato a novembre 2016 da Paesi che rappresentano oltre il 55 per cento delle emissioni globali di GHG, vincola le Parti, tra cui anche Stati membri dell'Unione europea, ad adottare misure per mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale al di sotto di 2oC rispetto ai livelli preindustriali; i settori della generazione elettrica e dei trasporti contribuiscono ai due terzi delle emissioni globali di CO2 (rispettivamente, al 42 e al 23 per cento);
    nell'Unione europea i prodotti petroliferi soddisfano il 92 per cento (secondo l'IEA 2016) della domanda di mobilità e, sempre secondo l'IEA, continueranno a svolgere un ruolo importante anche nelle economie nazionali;
    le politiche fiscali sono innegabilmente strumenti idonei a modificare vecchie linee di consumo energetico e a indirizzare correttamente scelte d'investimenti e di consumi alternativi, capaci di assolvere alle esigenze di un corretto utilizzo di fonti di energia rinnovabili a bassissimo o impatto ambientale e a razionalizzare con una tassazione adeguata l'intero sistema di tutela dell'ambiente garantendone il suo equilibrio;
    una politica di fiscalità ambientale adeguata non può prescindere dal valutare l'incidenza del rischio ambientale nel mondo del lavoro, in particolare, nell'esercizio delle attività industriali, nonché dalla necessità di porvi rimedio con adeguati strumenti di prevenzione, evitando che i danni da inquinamento conseguenti ad attività lavorative improvvide ricadano sulla collettività dei contribuenti;
    il fondamentale principio «chi inquina paga» che ispira le legislazioni ambientali degli Stati europei, stando alle indagini statistiche dell'ultimo decennio non ha ancora trovato concreta attuazione, atteso il rilevante numero di siti inquinati, come indica il censimento dei siti d'interesse nazionale e ancor più quello delle regioni: in Italia sono infatti attualmente censiti 57 siti interesse nazionale e, secondo le stime delle Arpa, sono decine di migliaia i siti contaminati o potenzialmente contaminati nelle regioni del bel Paese;
    a tale ultimo riguardo esiste un'oggettiva difficoltà a perseguire chi ha prodotto l'inquinamento, anche in ragione di un sistema legale non sempre adeguato alle esigenze del recupero del danno ambientale;
    occorre dunque pensare anche a un sistema di assicurabilità del rischio ambientale che vada al di là del meccanismo di responsabilità civile verso terzi e che veda le compagnie assicurative direttamente impegnate nell'attività di ripristino ambientale, evitando le estenuanti e non fattive controversie legali volte a stabilire, attraverso interventi della magistratura ordinaria, chi, e per quali importi, debba intervenire per la riduzione del danno ambientale determinato chissà quanti anni prima, con grave danno all'ambiente e, sovente, alla salute dei cittadini;
    un'adeguata rivisitazione delle aliquote dell'imposta sulle polizze assicurative in materia può rendere l'attività assicurativa in tale settore d'interesse per le compagnie di assicurazione;
    fin dal 2012 lo United Nations Environment ProgrammeFinance Initiative (UNEP FI), l'Agenzia dell'Onu che si occupa dell'ambiente e del ruolo della finanza per lo sviluppo sostenibile, ha elaborato, in collaborazione con trenta tra le maggiori compagnie assicuratrici, principi fondamentali per l'assicurazione sostenibile;
    in tale contesto, occorre inoltre evidenziare come gli interventi per l'evoluzione nel senso della sostenibilità dell'intero sistema nazionale necessitino di massicci investimenti, di cui lo Stato e gli enti territoriali non possono farsi carico da soli;
    ad esempio, per la riqualificazione energetica del parco immobiliare nazionale si stima che gli investimenti da sostenere nel settore residenziale siano pari a 13,6 miliardi di euro l'anno per interventi globali e a 10,5 miliardi di euro l'anno per interventi parziali, mentre per gli interventi nel settore dell'edilizia non residenziale si stima un fabbisogno di 17,5 miliardi di euro l'anno; la bonifica dei 39 siti di interesse nazionale, pari a 100 mila ettari inquinati, e delle 6 mila aree di interesse regionale costerebbe 30 miliardi di euro all'anno; la messa in sicurezza del territorio e di edifici pubblici, e la ricostruzione successiva a eventi sismici richiederebbe, nel solo 2017, interventi per circa 6 miliardi di euro;
    secondo la Banca d'Italia tra il 2009 e il 2011 si sono verificati 82 eventi climatici estremi con danni, per i bilanci bancari, pari 2,7 miliardi di euro, mentre nel 2015 il costo sarebbe arrivato a 3,1 miliardi di euro;
    pertanto, occorre stimolare in tutti tali settori gli investimenti privati, seguendo anche l'esempio di altri Paesi, dove la portfolio decarbonization coalition, che include alcuni dei maggiori investitori al mondo, ha deciso di investire 600 miliardi di euro nel settore green smobilizzando le posizioni in aziende legate alle fonti fossili, nonché rafforzando ulteriormente le misure già in vigore in Italia, quali l’ecobonus del 50 per cento sulle ristrutturazioni e il 65 per cento sull'efficentamento energetico, che, tra il 1998 ed il 2016, hanno attivato investimenti per 237 miliardi di euro (205 miliardi di euro per la ristrutturazione edilizia e 32 per la riqualificazione energetica);
    in tale prospettiva è dunque necessario mobilitare i capitali privati, che possono essere raggruppati in modo efficiente attraverso strumenti finanziari quali i Fondi di investimento e i titoli di debito (obbligazioni); nel caso di investimenti legati alla sostenibilità si tratta in particolare di prodotti di risparmio sostenibile (SRI), ovvero di fondi etici, Green bond e Green insurance bond, i quali potrebbero in particolare rappresentare una soluzione innovativa rispetto al tema delle calamità naturali (terremoti, alluvioni);
    a tale proposito, merita ricordare che in Europa gli SRI costituiscono un'esperienza molto significativa, avendo raccolto già nel 2014 un patrimonio complessivo di 127 miliardi di euro gestiti da 957 fondi etici, rispetto ai 3,2 miliardi di euro dell'Italia gestiti da una manciata di fondi etici e che, per quanto riguarda i Green bond, Moody's stima che le emissioni di obbligazioni nel 2016 siano state pari a 50 miliardi di dollari (emessi sia da soggetti pubblici sia da soggetti privati) con un incremento del 20 per cento rispetto al 2015,

impegna il Governo:

   a compiere scelte di politica fiscale idonee a preservare l'equilibrio ambientale, nel rispetto del principio di neutralità fiscale e tenuto conto della disciplina vigente negli enti territoriali, regioni e comuni;
   ad assumere iniziative per impiegare il gettito derivante dall'introduzione della carbon tax destinandolo alla funzione sociale ed economica della «riduzione della tassazione sui redditi di lavoro e al finanziamento di tecnologie a basso contenuto di carbonio», prediligendo le fonti di energia rinnovabili;
   per quanto riguarda in particolare il settore elettrico, a compiere scelte di politica fiscale che, attraverso meccanismi di mercato, siano idonee a conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione, tenendo conto delle esigenze di sviluppo, sicurezza ed economicità del sistema elettrico, in particolare:
    a) ad assumere iniziative per disincentivare la produzione da impianti carbon-intensive e a favorire la transizione verso tecnologie più efficienti e immediatamente disponibili;
    b) a sostenere la posizione, espressa dalla Commissione europea nel pacchetto Clean Energy For All Europeans, relativamente all'applicazione dello strumento dell’Emission performance standard (EPS) – complementare all'ETS;
   per quanto riguarda in particolare il settore dei trasporti, a compiere scelte di politica fiscale che, attraverso meccanismi di mercato, siano idonee a conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione, tenendo conto di potenzialità e costi delle diverse tecnologie del settore dei trasporti e, in particolare:
    a) a sostenere l'applicazione delle raccomandazioni espresse dalla Commissione europea nella comunicazione A European Strategy for Low-Emission Mobility di luglio 2016, volta a favorire lo sviluppo di una mobilità a basso impatto emissivo a livello europeo;
    b) a favorire, in linea con le raccomandazioni della Commissione europea, lo sviluppo di un quadro normativo e fiscale stabile che agevoli gli investimenti (anche infrastrutturali) di medio e lungo termine nel settore della mobilità sostenibile;
    c) ad assumere iniziative per mantenere una fiscalità di favore verso i carburanti a minor impatto emissivo;
   per quanto riguarda in particolare le fonti rinnovabili, ad assumere iniziative per prevedere un adeguato sistema di incentivazione (non solo di carattere economico), privilegiando i progetti a maggiore contenuto tecnologico, innovativo e di efficienza;
   per quanto riguarda in particolare la copertura assicurativa del rischio ambientale:
    ad assumere iniziative per prevedere l'assicurabilità del rischio ambientale per tutte le attività produttive potenzialmente inquinanti, non solamente quelle a rischio d'incidente rilevante, incluso il trasporto di merci pericolose, in ciò dando più puntuale attuazione alla disposizione dell'articolo 14 – garanzia finanziaria – della direttiva 2004/35/CE, la quale prevede appunto il ricorso all'assicurabilità del rischio ambientale e conseguentemente il ristoro del danno ambientale, consentendo la bonifica e il ripristino dei siti inquinati da parte di chi ha prodotto l'inquinamento attraverso l'intervento di un terzo garante;
    ad adottare iniziative per prevedere l'intervento diretto del terzo garante per l'intervento di ripristino ambientale e in ragione di ciò:
     a) ad assumere iniziative per stabilire un'aliquota fiscale considerevolmente inferiore a quella attualmente vigente per la copertura assicurativa sulla responsabilità civile in materia ambientale;
     b) ad adottare iniziative per prevedere l'intervento del terzo garante, unitamente agli organi deputati ai controlli in materia (Arpa, Asl, vigili del fuoco), al verificarsi del sinistro ambientale, per una puntuale caratterizzazione dello stato d'inquinamento che faciliti il ripristino ambientale;
   per quanto riguarda in particolare gli strumenti finanziari a sostegno della sostenibilità ambientale, a promuovere, nell'ambito di un pacchetto di interventi legati alla fiscalità ecologica, misure volte a favorire la canalizzazione del risparmio privato (domestico e/o internazionale) verso prodotti finanziari sostenibili e innovativi (come i green insurance bond), che potrebbe dare un impulso al ciclo economico nazionale in chiave di sostenibilità, coinvolgendo in tale processo tutti i soggetti interessati, banche, assicurazioni, investitori, imprese, pubblica amministrazione e terzo settore, definendo un modello di riferimento condiviso ed equilibrato rispetto a tutti gli interessi in gioco, nonché favorendo la creazione in Italia di una piazza finanziaria di riferimento per la finanza green con ricadute positive generali.
(7-01191) «Fregolent, Bernardo».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    a differenza di Nuovo trasporto viaggiatori (Ntv) che nei mesi scorsi ha progressivamente eliminato per Italo i servizi in abbonamento nelle tratte comprese tra i capoluoghi di regione, Trenitalia, pur decidendo di mantenerli, ha comunicato a metà di gennaio 2017, l'entrata in vigore, a far data dal 1o febbraio 2017, del nuovo piano di abbonamenti per l'alta velocità che è suddiviso per giorni e fasce orarie ed interessa tutte le tratte da nord a sud;
    nello specifico, gli abbonamenti acquistabili non sono più validi per la totalità delle corse ma sono suddivisi in quattro diverse tipologie che si differenziano per costo decrescente in relazione ai giorni ed orari di utilizzo: 1) abbonamento valido per tutta la settimana e senza limitazione di fasce orarie, 2) abbonamento valido nei giorni feriali dal lunedì al venerdì a tutte le ore; 3) abbonamento valido per tutta la settimana ma limitato alle corse comprese nella fascia oraria 9-17 (e quindi fuori dall'orario di punta dei pendolari), 4) abbonamento valido nei giorni feriali dal lunedì al venerdì, limitatamente alla fascia oraria 9-17;
    mentre le ultime due tipologie di abbonamento (limitate in termini di fruibilità del servizio) costano meno del prezzo in vigore fino a gennaio (valido però tutti i giorni della settimana e senza limitazioni di orari), l'abbonamento mensile in seconda classe completo, utilizzabile sette giorni su sette in qualsiasi fascia oraria, ha invece subito, ovunque nel Paese, un rincaro pari a circa il 35 per cento rispetto al prezzo dello stesso servizio precedentemente in vigore, mentre quel utilizzabile dal lunedì al venerdì, senza limitazioni di orario, un aumento del 20 per cento rispetto al costo del precedente abbonamento utilizzabile invece tutti i giorni;
    a titolo esemplificativo, considerando le tratte più significative, l'abbonamento di seconda classe sulla linea Torino-Milano (153 chilometri), valido tutti i giorni e a tutte le ore, passa da 340 euro a 459 euro, ossia 119 euro in più (+35 per cento); nel caso di un abbonamento dal lunedì al venerdì, per tutte le fasce orarie, l'importo è pari a 408 euro, 68 euro in più (+ 20 per cento). Analogo discorso per l'abbonamento sulla Roma-Napoli (213 chilometri), che passa da 356 euro a 481 euro per l'orario completo e a 427 euro, solo, da lunedì a venerdì. Sulla Bologna-Firenze (97 chilometri) si passa da 224 euro ai 302 euro per il full time e a 269 dal lunedì al venerdì, sulla Milano-Bologna (219 chilometri) da 417 a 563 euro per l'abbonamento completo e a 500 euro dal lunedì al venerdì; sulla Firenze-Roma (310 chilometri) da 386 a 521 euro per il full time e a 463 euro dal lunedì al venerdì, sulla Napoli-Salerno (54 chilometri) da 170 a 230 euro per l'abbonamento completo;
    il maggiore rincaro riguarda proprio le fasce orarie in cui l'utilizzo del treno per motivi di lavoro e di studio è più frequente, al contrario, l'utilizzo tra le ore 9,00 e le ore 17,00, in cui il costo dell'abbonamento è stato ridotto, è incompatibile con i flussi di traffico che caratterizzano i fenomeni di pendolarismo;
    ogni giorno migliaia di lavoratori e studenti utilizzano i mezzi su rotaia per spostamenti e molti i loro, a causa della soppressione o riduzione dei tre a percorrenza lenta, regionali, interregionali e intercity, sono costretti ad utilizzare l'alta velocità (AV);
    le variazioni in aumento del costo degli abbonamenti dei treni dell'alta velocità su ciascuna linea ferroviaria hanno quindi comprensibilmente scatenato le proteste degli utenti, costretti spostarsi giornalmente sulle varie linee per raggiungere le riverse città capoluogo di regione;
    immediate sono state la reazione e la mobilitazione di diverse associazioni di consumatori che ritengono la portata degli aumenti inaccettabile, ingiustificabile e insostenibile per la maggior parte degli utenti pendolari di Trenitalia;
    anche il Ministro Delrio ha sostenuto in più occasioni che questo rincaro sia «eccessivo e fatto in maniera violenta» e che «serve attenzione ai pendolari e agli aspetti di servizio pubblico», assicurando che si cercherà di «ragionare per una cosa fatta in maniera differente, con più gradualità e meno intensità» e mostrando la disponibilità del Governo ad aprire un tavolo di trattativa con Trenitalia;
    nel frattempo, il Comitato nazionale pendolari alta velocità e Federconsumatori, che da tempo si battono, tra l'altro, contro gli aumenti ferroviari, hanno manifestato la propria intenzione di ricorrere al tribunale amministrativo regionale e all'autorità garante della concorrenza e del mercato, al fine di verificare la correttezza del provvedimento, vedere riconosciuti e tutelati i diritti dei lavoratori pendolari e far sospendere i rincari in attesa di una soluzione definitiva al problema;
    la tesi di questi comitati è che l'alta velocità abbia dato vita ad una nuova forma di pendolarismo che ve essere riconosciuta per il valore sociale del servizio, che è inoltre necessario che il prezzo degli abbonamenti sia sostenibile e che la vendita di quei documenti di viaggio sia comunque garantita;
    l'amministratore delegato di Trenitalia, Barbara Morgante, ha invece difeso la scelta dell'azienda ferroviaria non solo di mantenere gli abbonamenti dell'alta velocità, a differenza di altre aziende, ma anche di ritoccarne le tariffe, ritenendole tra le più basse in Europa e in molti casi invariate da sei anni. «Lo sconto è tra il 68 per cento e l'82 per cento rispetto alla so a dei singoli viaggi pagati all'attuale prezzo base e superiore allo sconto degli abbonamenti dei treni regionali che è in media del 50 per cento. I prezzi sono stati rimodulati per venire alle esigenze di tutti: dei pendolari, grazie alla differenziazione per fasce e giornate di viaggio, dei clienti non abbonati che spesso non trovano posto e dell'impresa di effettuare un servizio che sia in equilibrio economico. L'obiettivo è offrire un servizio migliore per tutti, l'abbonamento non può contare su contributi pubblici e deve contribuire alla sostenibilità economica del servizio offerto»;
    a margine di un convegno, l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato italiano spa, Renato Mezzoncini, ha dichiarato che sul rincaro degli abbonamenti dell'alta velocità «si è montata una grande polemica su numeri molto piccoli, poiché l'aumento del 35 per cento riguarderà 600/700 persone in Italia, visto che riguarda l'abbonamento sette giorni che è utilizzato da un 10 per cento circa dei nostri pendolari, che sono 7.000 in tutta Italia». «Nonostante i piccoli numeri» ha spiegato Mazzoncini «il problema è capire quali sono i meccanismi di compensazione. Siccome stiamo parlando di risorse abbastanza contenute, credo che si possa provare a trovare qualche accordo con le regioni sull'esempio lanciato dall'Emilia Romagna e che sta seguendo anche la Lombardia» E aggiunge «il fatto che con, gli abbonamenti non ci si guadagni è certificato dal fitto che i nostri competitor, cioè Ntv, non intenda farli»;
    nel corso dell'audizione, del 24 gennaio 2017 presso la Commissione lavori pubblici del Senato, l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato ha sostenuto che, se il rincaro del 35 per cento non sia sopportabile dai pendolari, allora il servizio deve essere considerato pubblico e lo Stato deve ripianare i mancati incrementi degli abbonamenti, arrivando ad un contratto di servizio anche per l'alta velocità, così come quello firmato a fine gennaio 2017 per gli Intercity con i Ministeri delle infrastrutture e dell'economia per i prossimi dieci anni;
    comunque, nei giorni scorsi, dopo le proteste dei pendolari e delle associazioni e gli interventi a vario titolo delle istituzioni, su sollecitazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Trenitalia ha deciso, in via transitoria, se non di congelare, almeno di dimezzare gli aumenti dei biglietti, ottenendo dal Governo la disponibilità ad aprire un tavolo tecnico con l'impegno di trovare entro giugno 2017 una soluzione definitiva;
    le revisioni di prezzo scatterà o con gli abbonamenti di marzo, acquistabili da metà febbraio, mentre ai viaggiatori che hanno già comprato la tessera di febbraio con l'aumento iniziale sarà rimborsata, su richiesta, la differenza. Rimangono invece confermate le riduzioni delle due tipologie di abbonamento per la fascia oraria 9-17, del 15 per cento per le tessere valide dal lunedì al venerdì e del 5 per cento per quelle valide tutta la settimana;
    la scelta di Trenitalia di mitigare in via provvisoria i rincari degli abbonamenti per l'alta velocità è stata definita dagli utenti interessati apprezzabile ma non sufficiente, dal momento che occorre trovare al più presto soluzioni strutturali;
    al fine di arrivare ad una soluzione definitiva entro giugno 2017, è stato creato un tavolo tecnico di lavoro dal Governo, con regioni e Trenitalia;
    dal punto di vista dell'azienda ferroviaria sul tavolo ci sono due ipotesi: l'inserimento di alcune corse pendolari, magari con collegamenti aggiuntivi o li stati, all'interno di un contratto di servizio con contributo economico pubblico, oppure l'ipotesi di introdurre una sorta di ticket trasporti sul modello della Francia, dove le aziende hanno contribuito in modo rilevante allo sviluppo del trasporto pubblico, introducendo il «buono-trasporti» nei contratti di lavoro delle imprese;
    in tema di defiscalizzazione sarebbe d'accordo anche il Ministro Delrio che già in occasione dell'esame dell'ultima legge di bilancio aveva proposto l'introduzione della detassazione del 19 per cento del costo degli abbonamenti ai trasporti pubblici locali;
    per quanto concerne l'ipotesi di inserire anche i treni dell'alta velocità utilizzati dai pendolari nei contratti di servizio, come ha spiegato Mazzoncini in audizione al Senato, Trenitalia sarebbe disposta ad aumentare le corse dell'alta velocità nelle ore di punta su tratte brevi (tipo la Torino-Milano o la Roma-Napoli), trasformando però questi collegamenti oggi regolati dal mercato, in contratto di servizio con contributi pubblici, come succede oggi per gli Intercity. L'amministratore delegato sottolinea che i costi sono rimasti fermi al 2011, ma oggi i treni dell'alta velocità sono occupati quasi completamente dai circa settemila pendolari e un treno pieno per il 92 per cento da utenti abbonati (come il Torino-Milano delle 7.20 o il Napoli-Roma delle 6.10) è in perdita visto che le tessere mensili sono scontate dell'80 per cento sul costo di un biglietto. Il manager calcola che ogni mattina ci siano una ventina di treni in perdita e, essendo l'alta velocità un servizio a mercato, «per evitare questo si devono aumentare i costi degli abbonamenti oppure, al fine di renderli più sostenibili per i pendolari, ci devono essere delle compensazioni pubbliche, così come avviene per gli intercity»;
    attualmente, l'Emilia Romagna fornisce ai pendolari un contributo sull'abbonamento in quanto sulla tratta tra Bologna e Firenze, non sono in servizio i treni del trasporto pubblico locale. La Lombardia dovrebbe sperimentare formule di abbonamento integrato con il trasporto urbano di Milano e Brescia. Il Piemonte, invece, ha escluso un intervento diretto ed ha chiesto il parere dell'Autorità di regolazione dei trasporti per verificare se l'eventuale concessione del contributo non si configuri come discriminatoria nei confronti degli altri viaggiatori;
    in attesa del parere dell'Autorità di regolazione dei trasporti, è giusto ricordare che l'alta velocità è un servizio «a mercato», che si effettua senza alcun sostegno pubblico, pertanto l'azienda ferroviaria sostiene l'intero onere economico degli abbonamenti dell'alta velocità, senza ricevere alcuna compensazione con corrispettivi pubblici da Stato o Regioni, come accade invece per altre tipologie di servizi (Intercity e treni regionali). Come dichiarato dall'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato e ribadito dall'Autorità di regolazione dei trasporti, la natura di «mercato» dei servizi dall'alta velocità implica che ciascuna impresa ferroviaria effettui le proprie scelte commerciali autonomamente, in funzione della loro redditività attesa, senza condizionamenti di alcun tipo in termini di quantità, conseguentemente di prezzo, dei servizi offerti, se non richiedendo il pieno rispetto di un corretto confronto concorrenziale. Inoltre, non esiste alcuno specifico obbligo in capo agli operatori alta velocità di offrire servizi in abbonamento;
    per questo motivo, l'Autorità ha deliberato solo alcune condizioni minime di tutela dei pendolari, lasciando ai gestori piena autonomia di scelta;
    sulla base di tale autonomia, Trenitalia ha deciso di mantenere gli abbonamenti aumentandone le tariffe, mentre la concorrente Ntv ha cancellato questo servizio,

impegna il Governo:

    ad assumere tutte le iniziative di competenza dirette a calmierare l'aumento del costo degli abbonamenti per l'alta velocità deciso dai vertici di Trenitalia soprattutto negli orari di punta, che è insostenibile per la maggior parte dei pendolari che quotidianamente sono costretti, per necessità, ad utilizzare questi mezzi di trasporto e che appare ai firmatari del presente atto incomprensibile e immotivato a fronte di un servizio rimasto sostanzialmente invariato, senza alcun aumento o miglioramento dei collegamenti disponibili;
    ad intraprendere ogni iniziativa di competenza volta a tutelare una categoria di persone economicamente e socialmente molto penalizzate dal suddetto rincaro ed impedire che tali incrementi tariffari producono ulteriori disagi ed aggravi di costi a chi giornalmente per motivi di lavoro o di studio usufruisce del servizio alta velocità offerto da Trenitalia, in quanto sulle tratte interessate mancano treni regionali veloci o non viaggiano in orari utili;
    ad intraprendere iniziative di competenza al fine di verificare la congruità costanti aumenti dei costi di abbonamenti e biglietti che Trenitalia continua a perpetrare da anni a discapito del consumatore;
    a trovare al più presto, nell'ambito del tavolo tecnico appositamente costituito, in accordo con Trenitalia, le regioni e le associazioni di categoria interessate, una soluzione definitiva e strutturale sui servizi in abbonamento dell'alta velocità e sulle loro tariffe, eventualmente coi volgendo a che l'altro operatore in concessione sulle linee ad alta velocità, la Nuovo trasporto viaggiatori, che, unilateralmente, non eroga più il servizio in abbonamento;
    ad assumere iniziative per lasciare il servizio dell'alta velocità al libero mercato, magari introducendo ticket o sconti sui biglietti per i pendolari che ne usufruiscono, senza trasformare i collegamenti alta velocità in contratto di servizio con sussidi e contributi pubblici, come avviene attualmente per gli intercity;
    ad adottare ogni iniziativa utile per incentivare l'utilizzo da parte dei pendolari dei servizi di mobilità su rotaia, invece del trasporto privato, promuovendo in particolare l'alta velocità che è una risorsa indispensabile e irrinunciabile per la crescita del Paese.
(7-01189) «Catalano, Oliaro».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la coltivazione della patata ha origini antiche, tanto che, sin dall'introduzione della specie in Italia e prima dello sviluppo industriale, per gran parte della popolazione rurale essa ha rappresentato un'importante base dell'alimentazione, insieme ai legumi;
    la penisola italiana consente di disporre di aree particolarmente vocate per la pataticoltura, tanto che, la specifica orografia del territorio nazionale genera situazioni pedo-climatiche diversificate in grado di assicurare la produzione di diverse tipologie di prodotto;
    la coltivazione della patata riveste una particolare valenza economica nel contesto del sistema agricolo nazionale, riconducibile sia ai valori della produzione lorda vendibile, sia ad alcune sue caratteristiche produttive e commerciali;
    la produzione di patate è distribuita su tutto il territorio nazionale e, secondo i dati forniti dalle associazioni di categoria, interessa circa 70.000 ettari, per una produzione di circa 1,5/1,6 milioni di tonnellate e una produzione lorda vendibile pari a circa 1 miliardo di euro;
    la coltivazione della patata è presente in tutte le regioni del nostro Paese e la possibilità di raccogliere il prodotto per 10 mesi l'anno consente all'Italia di avere una specificità che la rende unica in ambito europeo;
    il nostro Paese propone, infatti, una diversificazione nella produzione con patate estive coltivate per lo più nel centro Italia, patate novelle al sud e patate da industria, con la Campania che risulta esserne la prima regione italiana per produzione;
    il settore della patata rappresenta l'unico comparto produttivo non regolamentato dalla politica agricola comune (Pac) e non gode pertanto di alcun sostegno comunitario;
    in Italia, sin dal 1988, sono stati autorizzati aiuti statali per finanziare due interventi per la gestione del mercato della patata, ovvero quelli di cui all'accordo professionale per la trasformazione industriale e lo stoccaggio privato per il prodotto destinato al mercato del fresco;
    tali strumenti – a fronte di un impegno finanziario contenuto (circa l'1 per cento della produzione lorda vendibile del comparto) – hanno conseguito effetti estremamente positivi, permettendo ai sistemi organizzati di investire nell'innovazione tecnologica attraverso la quale è stato possibile migliorare la qualità del prodotto, avendo particolare attenzione ai problemi legati agli aspetti sanitari e ambientali; inoltre, essi hanno consentito il superamento delle cicliche crisi che colpivano il settore fine agli inizi degli anni Novanta e la salvaguardia del reddito dei produttori, con ricadute positive per tutta la filiera agroalimentare;
    all'articolo 43 del regolamento (CE) n. 1182/2007, relativo alla riforma del settore ortofrutticolo (poi trasfuso nel regolamento (CE) n. 1234/2007), è stato previsto che gli Stati membri avrebbero potuto continuare a erogare aiuti di Stato nel quadro di un regime esistente per la produzione e il commercio di patate, fresche o refrigerate, fino al 31 dicembre 2011;
    a partire dal 2012, il settore pataticolo non ha più beneficiato di alcun aiuto di Stato ad eccezione del 2014, ultimo anno in cui si è applicato l'articolo 68 del regolamento dell'Unione europea n. 73/2009;
    il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha predisposto, nel 2012, un piano di settore per la filiera pataticola con il quale sostenere il settore, con le misure previste dal decreto legislativo n. 102 del 2005, con l'obiettivo di individuare percorsi e strumenti che accompagnino il consolidamento della struttura organizzativa del settore, garantendo il necessario livello di competitività e di reddito alle aziende agricole;
    le associazioni di categoria hanno più volte posto l'attenzione sulle evidenti difficoltà riscontrabili nell'effettiva applicabilità del piano di settore per la filiera pataticola, in particolar modo nella erogazione dei fondi (circa 3 milioni di euro) previsti dallo stesso piano;
    la coltivazione della patata ha da sempre prodotto un livello di redditività costante, contribuendo a creare un assetto produttivo e commerciale evoluto e garantendo il mantenimento del tessuto economico e dell'occupazione;
    alla luce di quanto appena esposto risulta, dunque, indispensabile individuare una specifica strategia al fine di non vanificare i risultati positivi sino ad oggi raggiunti,

impegna il Governo:

   ad attivare urgentemente le azioni previste dal piano nazionale per il settore della filiera pataticola, in particolare nelle seguenti aree di intervento:
    a) contrasto alle principali problematiche fitosanitarie della patata;
    b) sviluppo di uno specifico progetto di ricerca genetica della patata con successiva validazione scientifica ed aziendale;
    c) azioni specifiche per la verifica dell'originalità della patata, con l'impiego della tecnica degli isotopi al fine di salvaguardare la produzione italiana;
   a promuovere, nelle sedi opportune, il rinnovo della convenzione con l'Osservatorio economico della patata;
   ad assumere iniziative per costituire un osservatorio economico nazionale della patata con il compito di condurre specifiche analisi degli andamenti produttivi nazionali ed europei;
   ad incentivare e promuovere le opportune iniziative al fine di rafforzare i rapporti di filiera attraverso il riconoscimento di denominazioni di origine protetta (A.O.P) a livello nazionale, come previsto dal regolamento dell'Unione europea n. 1308/2013;
   ad assumere le opportune iniziative, in sede di riforma di medio termine della politica agricola comune, affinché alla patata sia riconosciuto un sostegno accoppiato, ai sensi dell'articolo 52 del regolamento dell'Unione europea n. 1307/2013;
   a sviluppare un programma di studio e ricerca tendente ad evidenziare in modo scientifico ed inopinabile, che la produzione di acrilamide, ritenuta cancerogena, che si sviluppa durante il processo di trasformazione industriale, risulterebbe molto ridotta per le patate novelle fresche rispetto a quelle continentali e conservate.
(7-01190) «Russo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   con una prima sentenza, nel 2007, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha dichiarato che l'Italia era venuta meno, in modo generale e persistente, agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle direttive relative ai rifiuti, ai rifiuti pericolosi e alle discariche di rifiuti;
   nel 2013, la Commissione europea ha ritenuto che l'Italia non avesse ancora adottato tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza del 2007. In particolare, 218 discariche ubicate in 18 delle 20 regioni italiane non erano conformi alla direttiva «rifiuti»; inoltre, 16 discariche su 218 contenevano rifiuti pericolosi in violazione della direttiva «rifiuti pericolosi»; infine, l'Italia non aveva dimostrato che 5 discariche fossero state oggetto di riassetto o di chiusura ai sensi della direttiva «discariche di rifiuti»;
   nel corso della causa c-196/13, la Commissione europea ha affermato che, secondo le informazioni più recenti, 198 discariche non erano ancora conformi alla direttiva «rifiuti» e che, di esse, 14 non erano conformi neppure alla direttiva «rifiuti pericolosi». Inoltre, sarebbero rimaste due discariche non conformi alla direttiva «discariche di rifiuti»;
   nella sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014, la Corte è arrivata alla conclusione che l'Italia non ha adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 2007 e che è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell'Unione europea. Di conseguenza, la Corte ha condannato l'Italia a pagare una somma forfettaria di 40 milioni di euro. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha rilevato poi che l'inadempimento perdura da oltre sette anni e che, dopo la scadenza del termine impartito, le operazioni sono state compiute con grande lentezza; un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane. Essa considera quindi opportuno infliggere una penalità decrescente, il cui importo è ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma, conformemente alla sentenza, computando due volte le discariche contenenti rifiuti pericolosi. L'imposizione su base semestrale consente di valutare l'avanzamento dell'esecuzione degli obblighi da parte dell'Italia. La prova dell'adozione delle misure necessarie all'esecuzione della sentenza del 2007 deve essere trasmessa alla Commissione europea prima della fine del periodo considerato. La Corte ha condannato quindi l'Italia a versare altresì una penalità semestrale a far data dal 2 dicembre 2014 e fino all'esecuzione della sentenza del 2007. La penalità è calcolata, per quanto riguarda il primo semestre, a partire da un importo iniziale di 42.800.000 euro. Da tale importo sono detratti 400.000 euro per ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi messa a norma e 200.000 di euro per ogni altra discarica messa a norma. Per ogni semestre successivo, la penalità è calcolata a partire dall'importo stabilito per il semestre precedente, detraendo i predetti importi in ragione delle discariche messe a norma in corso di semestre;
   l'Italia ha pagato 40 milioni di euro come multa forfettaria e 39.800.000, 33.400.000, 27.800.000 euro come multe relative al primo, secondo e terzo semestre successivo alla sentenza;
   il 2 dicembre 2016 è scaduto il quarto semestre successivo alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea in merito alla causa c-196/13 –:
   quale sia l'ammontare della quarta multa semestrale relativa alla causa c-196/13 e quale sia il numero delle discariche ancora non conformi alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014.
(2-01668) «Mannino, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Cecconi».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   in risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 2-01068, il Sottosegretario per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, affermò «La Procura di Siena ha precisato, difatti, come alcun collegamento fosse emerso: tra il decesso del Rossi e i fatti di insider trading per i quali la procura della Repubblica di Siena procedeva nell'ambito del fascicolo a carico di Briamonte Michele, sottoposto a misura cautelare interdittiva; in relazione agli ipotizzati rapporti tra il Rossi ed il Ministero dell'interno; in relazione all'asserito collegamento tra il Rossi e le società Mens Sana Basket S.p.A. e A.C. Siena S.p.A.», senza specificare la tipologia di collegamenti riscontrati e comunque oggetto di quesiti al Ministro dell'interno, che non ha risposto in modo soddisfacente;
   Il Fatto Quotidiano pubblica il 9 dicembre 2016 l'articolo «Mps, morte di David Rossi: “Perizia ipotizza il suicidio del manager”» con le parole, del legale della famiglia Rossi, secondo il quale la perizia «sposa l'ipotesi del suicidio, perché, non sono state trovate evidenze della presenza di terze persone», seppur «esclude in modo categorico la dinamica per cui Rossi si sarebbe seduto sul davanzale della finestra prima di cadere ed esclude che le lesioni nella parte anteriore del corpo siano state provocate dalla caduta». Si tratta di concetti ribaditi da altre testate giornalistiche (Corriere della Sera «perché non c’è conferma che nell'ufficio della vittima ci fossero altre persone» – La Nazione «I dubbi derivano soprattutto dal fatto che le indagini non sono state condotte quando avrebbero dovuto esserle»;
   il 2 febbraio 2017 vengono presentate nuove istanze di parte dei legali della famiglia Rossi, come riporta AgenzialmPress.it, a firma C. Lamorte: «Istanza per acquisire nuovi elementi – I fazzolettini rinvenuti con il sangue nell'ufficio di Rossi qualora non fossero andati distrutti, (...) i tabulati telefonici non in formato excel, eventuali video delle altre telecamere dentro e fuori Rocca Salimbeni e l'audio del 118. Sono gli elementi per i quali i legali difensori dei familiari dell'ex capo comunicazione di Mps hanno presentato istanza d'acquisizione. “La richiesta è stata fatta nel mese di dicembre ma ad ora non abbiamo ricevuto risposta”»;
   il giornalista d'Oltralpe Pierre Jovanovic, sul suo blog ha ricostruito con dovizia di particolari la vicenda. Oltre a quanto evidenziato nell'atto ispettivo citato, cui il Governo ha risposto in modo non soddisfacente, dall'analisi di quanto pubblicato da Jovanovic, emergono ulteriori informazioni agghiaccianti. Dalle foto pubblicate, sono evidenti anomalie e incompatibilità con la ricostruzione effettuata dagli organi inquirenti: dalla ferita lacero-contusa del cranio, agli ematomi sugli arti, alla camicia di ottima fattura, lacerata e strappata. Il video pubblicato oltre a far scaturire interrogativi circa la sua origine, versione e perché esistano diverse versioni, evidenzia manomissione digitale dell'area relativa all'ingresso del vicolo, dove in più occasioni si scorgono ombre di soggetti che stazionano o si protendono verso il vicolo come a verificare le condizioni del Rossi; compaiono proiezioni di luci di stop e fari di svariati automezzi, tali da delineare la presenza di un veicolo parcheggiato davanti l'ingresso del vicolo, in un punto in cui risulta quantomeno sospetta la presenza, alla luce degli eventi;
   Montepaschi è coinvolta in diverse vicende quanto meno dubbie:
    a) acquisizione di Antonveneta, nulla secondo gli interpellanti in quanto caratterizzata da un vizio di autorizzazione, visto che il costo finale di circa 17 miliardi di euro è macroscopicamente difforme dal prezzo di acquisto di 9 miliardi originariamente autorizzato con delibera 154 del 17 marzo 2008 di Bankitalia a firma Mario Draghi;
    b) il verbale ispettivo di Bankitalia e la «Nota di approfondimento trasmessa al Ministro dell'economia e delle finanze (...) in relazione all'audizione del 29 gennaio 2013, tenuta dal Ministro presso le Commissioni riunite finanze di Camera e Senato» nei quali si contestavano numerose irregolarità e difficoltà patrimoniali, in seguito alle attività di vigilanza (L'Inkiesta, 26 gennaio 2013);
    c) dissimulazioni in bilancio causate dal « mandate agreement» del derivato Alexandria sottoscritto con Nomura (come evidenziato con evidenziato con l'interrogazione 4-10147 tuttora senza risposta) estinto anticipatamente con ulteriori passività per la banca su sollecitazione di Draghi, divenuto nel frattempo presidente della BCE, mentre doveva esserne fatta valere l'inefficacia per illiceità della causa, visto che conteneva accordi circa la dissimulazione di debiti all'interno dei bilanci di MPS;
   gli interpellanti non comprendono come sia possibile che la procura di Siena abbia potuto istruire di propria iniziativa un processo per «divulgazione dei dati personali costituiti dal contenuto delle mail in assenza di un consenso validamente espresso dall'interessato» contro la vedova Tognazzi e il giornalista Vecchi, quando la stessa ha richiesto l'archiviazione per il suicidio di Rossi, senza verificare le palesi anomalie riscontrate, al punto da rischiare una ulteriore archiviazione a distanza di 3 anni «perché non c’è conferma che nell'ufficio della vittima ci fossero altre persone», quando sarebbe bastato acquisire tutti i video di sorveglianza e «triangolare» i telefoni dei presenti all'interno della banca con i soggetti palesemente apparsi nell'unico video recuperato, comunque manomesso in quanto incompleto;
   andrebbe approfondita la mancata raccolta di tutte le informazioni necessarie a dirimere le evidenti e palesi anomalie intercorse nelle indagini sulla morte di David Rossi, personaggio chiave del management di MPS, al fine di rassicurare i cittadini italiani circa l'efficienza della giustizia italiana, sanando situazioni che agli interpellanti appaiono, nei fatti, lesive dell'immagine di tutta la magistratura –:
   se intendano:
    a) adoperarsi, per quanto di competenza, affinché ogni elemento utile a chiarire la vicenda che sia in possesso del Governo sia fornito alla magistratura;
    b) valutare i presupposti per promuovere l'avvio di iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari coinvolti;
    c) assumere iniziative di competenza per tutelare la Nazione e la stabilità economica, oltre che i risparmi dei cittadini italiani truffati dalle vicende che hanno visto il crollo di ogni valore mobiliare connesso alla banca MPS, alla luce delle imposizioni patrimoniali che la BCE sta pretendendo dall'istituto, per il quale lo Stato sta intervenendo a proprie spese e a proprio rischio, a garanzia dei diritti costituzionali;
    d) verificare, per quanto di competenza, ogni collegamento di Mps e David Rossi con il Ministero dell'interno, alla luce di quanto sopra evidenziato.
(2-01669) «Pesco, Alberti, Tripiedi, Villarosa, Cominardi, Di Vita, Ciprini, Baroni, Dall'Osso, Brescia, Di Benedetto, Basilio, Lupo, De Lorenzis, Corda, D'Incà, Brugnerotto, Della Valle, Crippa, Castelli, D'Ambrosio, Nesci, Parentela, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Gallinella, Lorefice, De Rosa, Mannino, Daga, Terzoni, Carinelli, Del Grosso, Sibilia, Grande, Di Battista, Manlio Di Stefano, Spadoni, Sarti, Dadone, Chimienti, Petraroli, Caso, Cecconi».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2003 si è proceduto alla costituzione ed all'organizzazione interna dell'Unar, (Unione nazionale antidiscriminazioni razziali) presso il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   oltre a produrre in proprio controversi strumenti, come il libretto per le scuole messo a punto con la consulenza soltanto di associazioni LGBT, stampato e poi ritirato, l'Unar assegna fondi ragguardevoli a numerose associazioni;
   ad una di queste, l'Associazione nazionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale (Anddos), sono stati assegnati 55 mila euro grazie a un bando con cui il 4 novembre 2016 complessivi 999.274 euro sono stati attribuiti a una serie di soggetti tra cui diverse associazioni Lgbt, quali Arcigay, Arcigay Roma, Arcilesbica Roma, Lista Lesbica italiana, MIT, Gay Center, e altre;
   sul sito dell'associazione «culturale» Anddos si precisa che: «I circoli Anddos sono luoghi sicuri, pensati per il tuo benessere, dove potrai condividere esperienze, trovare accoglienza, manifestare appieno la tua sessualità»;
   il 19 febbraio 2017 il programma televisivo «Le Iene» ha mostrato con immagini inequivocabili cosa avveniva realmente nei locali di questa associazione «culturale», con vere e proprie orge e proposta di prestazioni sessuali a pagamento all'interno di centri massaggi, cosiddette «dark rooms» e «glory holes» per soddisfare quello che appare agli interpellanti un mondo di perversione degno di una bolgia dantesca che va oltre ogni immaginazione;
   per le presunte attività culturali, questa associazione, oltre a essere finanziata con fondi pubblici, godrebbe di privilegi fiscali in quanto assimilata ad un ente no profit;
   infine, sempre secondo il citato servizio de Le Iene, Francesco Spano, direttore dell'Unar e finanziatore di un'associazione coinvolta in un giro di prostituzione mascherata da associazione culturale, sarebbe stato anche in palese conflitto d'interessi, risultando socio della stessa, con tessera stipulata il 18 marzo 2016, nonché legato alla stessa al punto da presenziare all'inaugurazione della nuova sede il 10 giugno 2016;
   per l'oggettiva gravità dei fatti, malgrado il «silenziatore» messo sulla vicenda dalla grande stampa prima delle sue dimissioni, il direttore dell'Unar, messo di fronte all'evidenza ha rimesso l'incarico il 20 febbraio 2017;
   appare anche evidente che, se quanto mostrato nel servizio fosse vero, anche solo in parte, non si potrebbe continuare a finanziare con i fondi della Presidenza del Consiglio un ente macchiatosi di un comportamento, ad avviso degli interpellanti, non solo squallido, ma anche in contrasto con la legge con cui sono state chiuse le cosiddette case di tolleranza (legge Merlin) –:
   se al Presidente del Consiglio consti quanto sopra esposto;
   quali siano le motivazioni e il percorso che hanno portato alla selezione del direttore dell'Unar, ora dimissionario, se e da chi sia stata proposta la candidatura e come sia stata decisa la scelta dello stesso;
   quali siano i requisiti richiesti per ricevere le sovvenzioni, i criteri seguiti nella scelta delle associazioni da finanziare e le verifiche effettuate sull'uso dei fondi assegnati;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per evitare che risorse degli italiani vengano spese per organizzazioni come quella citata, anche in considerazione dell'elusione fiscale che, ad avviso degli interpellanti, di fatto deriva dalla sua attività e dallo sfruttamento della prostituzione che sembra caratterizzarla;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per riconsiderare, alla luce di quanto accaduto, le competenze dell'Unar, un ufficio che, anche con il direttore precedente, rimosso per un infortunio di altra natura, secondo gli interpellanti, ha dimostrato, più che di occuparsi di lotta alla discriminazione, di essere una fonte di ingiustificato drenaggio di enormi quantità di denaro pubblico e di propaganda ideologica;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per sospendere immediatamente l'erogazione dello stanziamento ad Anddos e rimuovere tale associazione dall'elenco di quelle finanziabili dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, verificando la corretta erogazione dei fondi anche in relazione a bandi del passato;
   se l'Anddos, oltre a ricevere fondi dalla Presidenza del Consiglio, sia anche accreditato come ente formativo da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, abilitato come tale ad entrare in contatto con i ragazzi delle scuole.
(2-01672) «Gigli, Baradello, Fitzgerald Nissoli, Sberna, Dellai».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   la Commissione di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito ha audito in data 15 febbraio 2017 il colonnello Claudio De Angelis, direttore dell'osservatorio epidemiologico del Ministero della difesa;
   da tale audizione emergeva, a giudizio dell'interrogante, la totale inconsistenza ed epidemiologica di tale osservatorio e della stessa rappresentanza intervenuta all'audizione;
   emergeva, fatto evidentemente sconcertante, che tale Osservatorio non disponeva di alcuna seria analisi epidemiologica e che tutti i dati in possesso si limitavano non ad analisi diffuse sul territorio e sull'intera platea militare ma a segnalazioni dei Cor e limitatamente ad un arco temporale limitato rispetto all'insorgenza di malattie neoplastiche reiteratamente riscontrate tra militari;
   il colonnello direttore di questo discutibile osservatorio cadeva più volte in contraddizione affermando, da una parte, di svolgere analisi epidemiologiche e, dall'altra, di «perdere di vista» i pazienti una volta lasciato il servizio nelle strutture della difesa;
   in tal senso, appare evidente all'interpellante l'utilizzo incongruo e di dubbia legittimità della definizione di Osservatorio epidemiologico della difesa, proprio perché non esiste alcun contesto scientifico che attribuirebbe a tale struttura quella definizione;
   dalla stessa affermazione testuale del colonnello circa pazienti o militari che si «perdono di vista» è fin troppo evidente che si tratti di abuso di terminologie e fattispecie scientifiche che costituiscono un vero e proprio «paravento», a giudizio dell'interpellante, tale da non far emergere fatti e reali casistiche di danni e malattie riscontrate sui militari;
   appare all'interpellante lesivo della dignità scientifica l'utilizzo della parola «epidemiologia», posto che tutt'altro compito svolge questo ufficio che niente ha a che vedere con un osservatorio scientifico;
   in tal senso all'interpellante appaiono destituiti di fondamento, privi di qualsiasi consistenza scientifica e fuorvianti, i dati forniti da tale osservatorio che rendeva dati destituiti di qualsiasi credibilità sul piano metodologico, scientifico e medico;
   tale report consegnato alla Commissione dal colonnello De Angelis non solo non rappresenta correttamente la realtà dei decessi e dei malati nelle file della Difesa, ma tendeva a dichiarare che le incidenze tumorali erano più basse della popolazione civile;
   affermare e divulgare dati non scientifici, con la dichiarazione di tutti i casi osservati «persi di vista» rappresenta secondo l'interpellante un fatto grave e inaudito;
   senza avere alcun tipo di riscontro scientifico e temporalmente definito l'Osservatorio epidemiologico della difesa, affermava per quanto attiene alla patologia neoplastica nel personale militare che:
    l'incidenza globale dei tumori maligni nella popolazione militare nel periodo 1996-2013, nelle classi di età considerate in questo studio, appare significativamente inferiore rispetto a quella attesa sulla base del confronto con la popolazione italiana;
    i dati di sorveglianza riportati nella presente memoria non supportano l'ipotesi che la partecipazione ad OFCN rappresenti un rischio specifico per l'insorgenza di neoplasie nel personale militare, confermando quanto già descritto in letteratura relativamente alle forze armate di altri Paesi;
    per quanto riguarda l'incidenza dei singoli tipi di neoplasia, quando si considera la popolazione militare nel suo complesso, confrontata con la popolazione civile italiana, i casi osservati del linfoma di Hodgkin nel 2000 e della tiroide nel 2007 sono imputabili 7 diversi fattori tra cui rilevanti sembrano essere la combinazione della particolare distribuzione geografica in Italia dei due tipi di neoplasia e la provenienza della maggior parte dei componenti delle forze armate, e per quanto riguarda i tumori della tiroide l'aumento d'incidenza nel mondo occidentale e l'opera di screening adottata dalle forze armate;
    lo studio retrospettivo sulla mortalità causa-specifica della intera corte dei militari inviati in missione nei Balcani chiarisce in maniera definitiva, almeno per quanto concerne la mortalità, che l'aver partecipato a missione operativa in Bosnia o Kosovo non ha determinato un maggior rischio di decessi per patologia neoplastica maligna;
   si tratta di affermazioni che appaiono all'interpellante in contrasto grave ed evidente con il nesso causale dimostrato da tutte le sentenze dei vari tribunali che hanno attribuito a tali richiamate missioni il nesso causale dell'incidenza di tali patologie tumorali; affermazioni quelle contenute nel documento depositato che appaiono inverosimili considerato che tale osservatorio, proprio perché «ha perso di vista» i militari, non era in grado di svolgere nessuna analisi epidemiologica e tantomeno trarre delle gratuite conclusioni –:
   se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per rimuovere con urgenza il colonnello De Angelis da tale incarico per aver, secondo l'interpellante in modo incauto, gratuito e privo di riscontro scientifico, divulgato dati inappropriati, fuorvianti e palesemente tesi a sostenere una tesi piuttosto che fornire analisi compiute;
   se non si ritenga di dover con somma urgenza disporre il trasferimento di tutte le cartelle anagrafiche disponibilità di tale ufficio impropriamente definito osservatorio a struttura terza, al fine di ricostruire un vero e corretto piano epidemiologico sui militari;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per sopprimere tale osservatorio fondato paradossalmente nel criterio del «perdiamo di vista» che ad avviso dell'interpellante costituisce l'elemento della sua inconsistenza medico e scientifica.
(2-01666) «Pili».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CENTEMERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   la parità tra donne e uomini è un principio fondamentale dell'Unione europea, tanto che la Commissione europea, nella Carta per le donne e nella strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015, ha espresso l'impegno ad affrontare ed eliminare il divario di genere nei processi decisionali;
   sebbene la partecipazione femminile allo sport stia gradualmente aumentando, tanto che alle ultime olimpiadi di Rio 2016 la partecipazione femminile ha quasi raggiunto il 50 per cento del totale dei partecipanti e la squadra olimpica italiana a Rio 2016 era rappresentata al 47,81 per cento da donne, la componente femminile resta particolarmente sottorappresentata negli organi decisionali delle istituzioni sportive;
   l'analisi sulle donne al potere e nei processi decisionali, condotta nel 2015 dall'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE), mostra come a livello europeo le donne rappresentino in media soltanto il 14 per cento delle posizioni decisionali nelle confederazioni continentali degli sport olimpici in Europa;
   nello specifico, la classifica europea sulla proporzione delle donne tra tutte le posizioni decisionali nelle federazioni sportive nazionali colloca l'Italia alla sestultima posizione con una percentuale ben al di sotto del 20 per cento;
   mentre in alcuni Stati membri (Finlandia, Francia, Germania, Regno Unito e Svezia) sono stati proposti o sono già stati introdotti obiettivi per l'equilibrio di genere nelle strutture di governo societario delle federazioni sportive, in Italia è possibile rilevare un forte divario di genere;
   lo statuto del comitato olimpico nazionale italiano (CONI), approvato dal Consiglio nazionale il 4 maggio 2016, agli articoli 6, e 7, stabilisce norme puntuali per la composizione del consiglio e della giunta nazionale ad avviso dell'interrogante senza assicurare la parità di genere in entrambi gli organi decisionali;
   la giunta nazionale del Coni è attualmente composta da 19 membri di cui 3 sono donne, mentre il Consiglio nazionale, formato da 78 membri, conta al suo interno soltanto 4 donne;
   le federazioni nazionali riconosciute dal Coni sono 45, la presidenza nelle 45 federazioni è al 100 per cento maschile. I segretari generali delle federazioni nazionali sono 6 donne su 45;
   ad avviso dell'interrogante, quanto appena esposto indica che in Italia vi sono evidenti barriere che ostacolano l'assunzione da parte delle donne di funzioni all'interno dei processi decisionali delle organizzazioni sportive e in particolar modo del comitato olimpico nazionale italiano –:
   quali iniziative di competenza, anche normative, il Ministro interrogato intenda assumere affinché sia garantita una reale parità di genere nel settore dello sport e, in particolare, nell'ambito della governance del Comitato olimpico nazionale italiano.
   (5-10642)


   ROTTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la vertenza Pragma Service è già stata oggetto di atto di sindacato ispettivo nella precedente legislatura (n. 5-02377) a firma dell'onorevole Miglioli ed altri senza peraltro alcuna risposta;
   nel suddetto atto si evidenziava in merito alla cessione da parte del gruppo Mediaset del settore trucco, acconciatura e sartoria che riguarda a 56 dipendenti – in gran parte donne, alcune delle quali impiegate da 20/30 anni nell'azienda Mediaset – alla società Pragma Service S.r.l. Milano, che secondo le organizzazioni sindacali, la motivazione del gruppo Mediaset riguardo alla «cessione di ramo d'azienda» non trovavano riscontro nell'articolo 2112 del codice civile, che la regola, in quanto la cessione è legittima solo se la struttura ceduta è dotata di pregressa autonomia organizzativa ed è idonea, già all'atto della cessione, a costituire un'entità economica unitaria, finalizzata allo svolgimento di un'attività volta alla produzione di beni e servizi;
   il 26 febbraio 2010 tuttavia le parti pervennero ad un accordo di armonizzazione con il quale si stabilivano almeno condizioni favorevoli per la continuità dei trattamenti delle lavoratrici cedute, nonché una clausola di salvaguardia occupazionale che impegna Mediaset a farsene garante anche oltre i 5 anni (articolo 10). Ciò nonostante, Pragma ha iniziato nei mesi successivi ad esercitare pressioni individuali sulle lavoratrici per ottenere la rinuncia ai trattamenti derivanti dall'accordo del 22 febbraio 2010;
   tali pressioni, da un lato, hanno ottenuto adesioni individuali e collettive mediante l'assistenza di alcune organizzazioni sindacali e, dall'altro lato, hanno indotto ad un esodo «spontaneo» tale che in soli 5 anni, a dicembre 2015, le lavoratrici cedute si erano ridotte in numero da 56 a 27 (con un anomalo tasso di dispersione del 52 per cento);
   nei primi mesi del 2015, in vista della scadenza del contratto di appalto, le minacce di licenziamento si sarebbero intensificate;
   dalla fine del 2015 ad oggi le intimidazioni, a quanto risulta all'interrogante, avrebbero subìto un forte incremento in quantità e qualità;
   le lavoratrici iscritte a SLC-CGIL (o, comunque, che hanno rifiutato di conciliare o che hanno opposto ricorso con l'assistenza di SLC-CGIL), sono state escluse dal servizio mensa e hanno subìto tre trasferimenti Roma-Milano e uno Milano-Roma (con effetto rinviato all'11 luglio 2017 con l'assunzione di altre lavoratrici in sostituzione;
   non si vuole mettere in discussione la facoltà per l'imprenditore di cedere un ramo di azienda, ma le modalità con le quali è stato attuato;
   la vicenda che vede interessate queste lavoratrici assume altresì, ad avviso dell'interrogante, contorni contraddittori e sicuramente incoerenti con quanto è possibile riscontrare sul sito della Movigroup srl (Cernusco sul Naviglio – Milano), al quale appartiene la Pragma srl, che per quanto riguarda la mission e nello specifico i valori, testualmente recita: «Investire nel proprio personale attraverso la formazione e la riqualificazione per garantire in ogni circostanza la massima professionalità» –:
   se non ritenga il Governo di promuovere ogni iniziativa di competenza in relazione ai comportamenti della Pragma srl (Milano), che appaiono all'interrogante di dubbia legittimità e tali da produrre effetti discriminatori nei confronti delle lavoratrici. (5-10648)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Aci gestisce, ai sensi dell'articolo 11 del regio decreto-legge n. 436 del 1927, il pubblico registro automobilistico (Pra). Nell'archivio del Pra deve essere iscritto ogni autoveicolo che abbia ottenuto la licenza di circolazione. A seguito dell'iscrizione, il proprietario riceveva, fino alla recente iniziativa di dematerializzazione realizzata dall'Aci, un certificato attestante la titolarità della proprietà dell'autoveicolo (Cdp); il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti gestisce, invece, l'Archivio nazionale dei veicoli istituito, ai sensi del decreto legislativo n. 285 del 1992, presso la motorizzazione civile. In tale registro sono iscritti i dati relativi alle caratteristiche tecniche dei veicoli autorizzati alla circolazione in Italia;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il 6 febbraio 2017, nel bollettino n. 4 AS1345, ha riportato alcune considerazioni in merito alle disposizioni normative e regolamentari che disciplinano l'attività dell'Aci e degli Automobil Club provinciali, con particolare riguardo alla gestione del Pra;
   in particolare, l'Autorità ha spiegato come «data la presenza di due archivi, il decreto del Presidente della Repubblica n. 358 del 2000 ha previsto che la gestione delle due banche dati avvenga in modalità cooperante, ossia in modo tale da consentire lo svolgimento contestuale di tutte le pratiche relative all'immatricolazione e al passaggio di proprietà degli autoveicoli, nonché dell'emissione del Certificato di Proprietà e della Carta di Circolazione»;
   nelle considerazioni conclusive, l'Antitrust ha dichiarato che «il processo di unificazione delle banche dati ANV e PRA e dei documenti del certificato di proprietà e carta di circolazione, prospettato dalla legge n. 124 del 2015, potrà determinare una semplificazione amministrativa nella gestione delle banche dati stesse, nonché eliminare la duplicazione nei costi per la tenuta dei registri, di cui potranno altresì beneficiare i consumatori, mediante una diminuzione delle tariffe per l'esecuzione delle formalità. Peraltro, l'unificazione delle banche dati consentirebbe sia di risolvere le recenti inefficienze prodotte dalla dematerializzazione dei CDP, sia di superare le criticità insite nella posizione di ACI, che si trova a ricoprire la doppia veste di soggetto regolatore e regolato, in assenza dei necessari requisiti di terzietà e imparzialità che devono caratterizzare il soggetto regolato»;
   in relazione alla gestione dei registri del Pra e dell'archivio nazionale dei veicoli, la legge n. 124 del 2015 in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riorganizzazione;
   il Sole 24 Ore, nell'articolo «l'Aci è nel mirino dell'Antitrust», ha spiegato che il problema più importante «sta nell'inefficienza del sistema, con due archivi parzialmente sovrapposti gestiti da enti diversi». Inoltre, (...) quel che il Garante non dice è che una razionalizzazione è urgente: la Motorizzazione non ha più il personale per reggere l'impatto delle pratiche;
   la segnalazione dell'AGCM si sofferma molto sulla dematerializzazione del Certificato di Proprietà rilevando che ha «pregiudicato la cooperazione» tra banche dati con la Motorizzazione, anche se va notato che gli archivi dei due enti non hanno collegamenti diretti e quindi nemmeno prima si poteva parlare di vera cooperazione in senso tecnico. Senza contare che ci sono ancora pratiche per le quali ancora adesso nessuna cooperazione è richiesta dalle norme;
   il Sole 24 Ore ha riportato, che «sulle tariffe, il Garante nota che Pra e motorizzazione incassano le stesse cifre, sia che l'inserimento della pratica nel sistema sia effettuato dal proprio personale, sia che esso sia svolto dalle agenzie private». Infatti, lo STA privato si vede costretto a versare delle tariffe al Pra ed alla motorizzazione per un servizio che non viene corrisposto, in quanto svolto dallo stesso STA privato. Questo secondo l'Antitrust, determina una distorsione della concorrenza tra gli STA pubblici e gli STA privati;
   il quotidiano economico ha rilevato, infine, che «il gettito incassato dal Pra finisce per coprire anche i costi dell'altra attività che l'ente svolge contestualmente: l'incasso dell'imposta provinciale di trascrizione, il cui affidamento dovrebbe avvenire in regime di concorrenza tra privati. Ma nessun altro operatore riesce a svolgerlo gratis come può fare il Pra in virtù delle tariffe che incassa come ente pubblico. La doppia natura (pubblica e privata) dell'Aci viene evocata dall'Antitrust parlando delle altre attività (anche sportive) dell'ente, delle sue articolazioni provinciali e delle controllate» –:
   quali iniziative, alla luce dei fatti in premessa, il Governo intenda assumere;
   se il Governo intenda chiarire in maniera dettagliata le tempistiche necessarie all'esercizio della delega di cui in premessa;
   se si ritenga opportuno assumere iniziative per attuare il processo di unificazione delle banche dati dell'archivio nazionale dei veicoli e del Pra ed istituire un'unica struttura, sottoposta alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in cui far confluire le funzioni svolte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall'Aci. (4-15650)


   VARGIU. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 giugno 2016 è stata istituita, presso il segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, la struttura di missione che si occuperà della preparazione e dell'organizzazione di tutte le azioni collegate alla Presidenza italiana del G7;
   in data 14 febbraio 2017, si è svolto nella prefettura di Cagliari un incontro tra diverse istituzioni sarde e rappresentanti di tale unità di missione: in tale occasione è stato confermato lo svolgimento a Cagliari del G7 trasporti, nei giorni 21 e 22 giugno 2017;
   dai media locali si apprende che non sarebbe stata presa in considerazione l'ipotesi di ospitare il G7 nel quartiere fieristico di Cagliari, nonostante tale spazio, dotato di un prestigioso centro congressi, parrebbe rispondere molto bene, secondo l'interrogante, alle esigenze di sicurezza, in quanto recintato e con accessi presidiabili;
   il quartiere fieristico di Cagliari risulta da molto tempo sottoutilizzato o inutilizzato;
   il suo «abbandono» di fatto, coincide, a quanto consta all'interrogante, con quello dei 29 dipendenti del Centro servizi per imprese, l'azienda speciale della camera di commercio di Cagliari che, dal mese di marzo del 2016, ha acquisito come ramo d'azienda la Fiera internazionale della Sardegna;
   al personale del Centro servizi, in assenza di qualsiasi prospettiva di rilancio dell'ente, viene a mancare qualsiasi certezza del proprio futuro lavorativo;
   le vicende e le sorti dell'azienda speciale camerale s'inquadrano nel contesto della recente riforma delle camere di commercio, prevista dal decreto legislativo 25 novembre 2016 n. 219, che ha imposto drastiche misure di razionalizzazione e di ridimensionamento degli enti camerati, soprattutto al fine di alleggerirne i costi di funzionamento;
   tra le misure adottate, c’è il dimezzamento del diritto annuale a carico delle imprese, da cui le camere di commercio traggono il loro sostentamento, nonché l'accorpamento delle aziende speciali che svolgono compiti simili;
   tali misure, ritenute indispensabili per il risanamento della spesa pubblica e in vista di un ripensamento della funzione delle camere di commercio, rischiano però di affossare, secondo l'interrogante, il Centro servizi per imprese della camera di commercio di Cagliari;
   a fronte della «fusione a freddo» (con budget 2018 che risulta all'interrogante inspiegabilmente azzerato) tra vecchio centro servizi e Fiera internazionale della Sardegna, non risulta all'interrogante che la camera di commercio abbia abbozzato alcun piano strategico industriale, con il rischio di negare qualsiasi opportunità al quartiere fieristico e di disperdere il patrimonio delle professionalità e la ricchezza intangibile delle organizzazioni del sistema camerale;
   la mancata individuazione della potenzialità logistica della fiera in occasione del G7 trasporti, ripropone pertanto, a giudizio dell'interrogante, la totale assenza di visione, da parte di enti di diritto pubblico, quali le camere di commercio e di quelli locali, in merito al contributo da dare affinché la città di Cagliari acquisisca una consapevole identità, sia sul piano culturale che in prospettiva di sviluppo economico;
   gli spazi fieristici, infatti, ricoprono un'area di dodici ettari, cinque coperti, nel pieno centro della città. Pur essendo vicinissimi al mare e quindi di notevole interesse collettivo, questi spazi risultano al momento sostanzialmente sottratti alla pubblica fruizione;
   tali spazi potrebbero invece rappresentare una straordinaria opportunità nello sviluppo economico e turistico della città di Cagliari;
   l'occasione del prossimo G7 sui trasporti potrebbe essere il primo, straordinario evento «trainante» –:
   quale sia il motivo per cui la struttura di missioni ha escluso gli spazi congressuali dell'ex Fiera internazionale della Sardegna dal novero di quelli idonei ad ospitare le manifestazioni del G7 dei trasporti che si terrà il 21 e 22 giugno 2017 a Cagliari. (4-15653)


   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   da una inchiesta giornalistica emerge un fatto gravissimo che coinvolge direttamente la Presidenza del Consiglio dei ministri, l'Ufficio nazionale anti-discriminazioni (Unar) del dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio e una associazione legata ai circoli omosessuali. Secondo le notizie pubblicate, l'associazione aggiudicatrice di un finanziamento di 55.000 euro per un bando pubblicato e finanziato dall'Unar sarebbe implicata nella gestione di luoghi di incontro finalizzati allo sfruttamento della prostituzione omosessuale e alla somministrazione di droghe;
   l'Unar è stato istituito con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, di recepimento della direttiva comunitaria n. 2000/43 CE ed opera nell'ambito del dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   l'Unar ha la funzione di garantire, in piena autonomia di giudizio e in condizioni di imparzialità, l'effettività del principio di parità di trattamento fra le persone, di vigilare sull'operatività degli strumenti di tutela vigenti contro le discriminazioni e di contribuire a rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica, analizzando il diverso impatto che le stesse hanno sul genere e il loro rapporto con le altre forme di razzismo di carattere culturale e religioso. In particolare, l'Unar svolge inchieste al fine di verificare l'esistenza di fenomeni discriminatori nel rispetto delle prerogative dell'autorità giudiziaria;
   l'Unar, nell'esercizio delle proprie funzioni, è stata più volte soggetta a critiche per aver travalicato le proprie competenze. La Presidenza del Consiglio dei ministri è stata più volte interessata, in modo ufficiale, con lo strumento del sindacato ispettivo, in merito ad una gestione non sempre coerente delle attività istituzionali dell'Unar;
   non è la prima volta che l'Unar si occupa e finanzia con fondi pubblici iniziative che di fatto sforano le sue competenze: è ben nota infatti la vicenda della diffusione nelle scuole, anche elementari, degli opuscoli «Educare alla diversità a scuola», realizzati dall'Istituto A. T. Beck su mandato dell'Unar, che aveva provocato la forte reazione delle associazioni dei genitori ma anche, successivamente, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che ne ha bloccato la diffusione, perché mai informato dell'iniziativa;
   secondo quanto riportato nel sito del dipartimento si apprende che «secondo quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2003, inerente la costituzione e l'organizzazione interna dell'Unar, l'Ufficio per l'attuazione dei propri compiti si avvale di un contingente composto da personale appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio e di altre amministrazioni pubbliche, nonché di esperti anche estranei alla pubblica amministrazione, dotati di elevata professionalità nelle materie giuridiche, nonché nei settori della lotta alle discriminazioni, dell'assistenza materiale e psicologica ai soggetti in condizioni disagiate, del recupero sociale, dei servizi di pubblica utilità, della comunicazione sociale e dell'analisi delle politiche pubbliche» –:
   quale sia il personale appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio e di altre amministrazioni pubbliche, nonché chi siano gli esperti, anche estranei alla pubblica amministrazione, che lavorano e collaborano a diverso titolo con l'Unar, con indicazione di nome, qualifica, tipologia del contratto, compenso e «professionalità» per ciascuno di essi;
   quali siano stati i costi complessivi, negli anni dal 2011 ad oggi, per le iniziative, le pubblicazioni, i bandi, il personale e i consulenti dell'Unar;
   quali iniziative il Governo abbia assunto o intenda assumere a fronte di quello che appare un utilizzo improprio e non autorizzato di denaro pubblico, speso appunto per progetti come quello citato in premessa che di fatto sarebbero andati a finanziare attività illegali e per altre iniziative che esulano dalle competenze dell'Unar;
   se non ritenga opportuno, all'interno di una politica, di contenimento dei costi e di razionalizzazione delle risorse, assumere iniziative per l'immediata soppressione dell'Unar. (4-15656)


   RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   Cesare Spuri, direttore dell'ufficio speciale per la ricostruzione, in un incontro pubblico tenutosi a Macerata in data 11 febbraio 2017 ha avuto modo di delineare modalità e tempistiche della ricostruzione delle aree marchigiane colpite dagli eventi sismici di agosto e ottobre 2016;
   le attività di rilevamento, attraverso la compilazione di schede Fast e Aedes, è una attività preliminare necessaria per individuare il fabbisogno di casette prefabbricate da ordinare, per costruire sistemi fognari, reti elettriche e altre infrastrutture necessarie per l'urbanizzazione delle aree;
   il direttore Spuri, che ha paragonato la situazione delle aree terremotate all'Italia post bellica, ha chiarito che a fronte delle 85 mila richieste di rilevamento danni nelle Marche, «mancano ancora da verificare più di 55 mila strutture colpite dal sisma» (Cronachemaceratesi.it, 11 febbraio 2017);
   Spuri ha anche chiarito che si tenterà di far arrivare le abitazioni provvisorie cosiddette «casette») prima della fine dell'anno corrente;
   i ritardi nell'arrivo delle abitazioni provvisorie, rispetto a quanto annunciato all'indomani del sisma dall'allora Presidente del Consiglio Renzi, che prevedeva l'arrivo delle casette entro dicembre 2016 per tutti gli sfollati, creano diversi problemi circa l'ospitalità dei cittadini rimasti senza casa, senza considerare le ripercussioni estremamente negative sulla fiducia degli stessi verso le istituzioni;
   nelle ultime ore è emerso che la regione Marche ha chiesto agli albergatori della costa marchigiana, che dai giorni successivi agli eventi sismici ospitano gran parte degli sfollati, la disponibilità a prorogare l'ospitalità oltre la data prevista del 30 aprile, finanche al prossimo dicembre (Il Resto del Carlino-QN, 16 febbraio 2017);
   molti albergatori, dato anche lo scarso preavviso sul prolungamento dei tempi di consegna delle casette, hanno già reso noto che non riusciranno a prolungare il periodo di ospitalità oltre la data inizialmente prevista, avendo già accettato prenotazioni da turisti per la stagione estiva –:
   se la Presidenza del Consiglio non ritenga necessario chiarire, per dovere di trasparenza e corretta informazione nei confronti dei cittadini sfollati, che chiedono certezza sul proprio futuro, quante siano state sino ad oggi le abitazioni provvisorie consegnate e quante quelle da consegnare, con indicazione delle aree interessate e delle tempistiche di consegna;
   se non ritenga doveroso fornire spiegazioni sulle ragioni che hanno ostacolato le procedure di individuazione, comunicazione e predisposizione delle aree e la conseguente consegna dei moduli abitativi provvisori;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per snellire gli iter procedurali e garantire una efficace azione della macchina amministrativa negli interventi post-sisma. (4-15658)


   DADONE, CANCELLERI, CIPRINI, SPADONI e DI VITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nella trasmissione televisiva Le Iene di domenica 19 febbraio 2017 è stato trasmesso un servizio-inchiesta sulla vicenda relativa ad un finanziamento di euro 55.000 euro erogato dall'Unar ad un'associazione che, al di là delle finalità sociali dichiarate nei documenti ufficiali e nel progetto presentato per accedere al finanziamento pubblico, in concreto gestirebbe una serie di circoli all'interno dei quali si svolgerebbero attività di prostituzione;
   per accedere ai finanziamenti erogati dall'Unar è necessaria l'iscrizione nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento per le pari opportunità – delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni, iscrizione che è subordinata al possesso di stringenti requisiti, tra i quali in particolare: il possesso di uno statuto che sancisca un ordinamento a base democratica e preveda come scopo esclusivo o preminente il contrasto ai fenomeni di discriminazione e la promozione della parità di trattamento, senza fine di lucro;
   nel filmato mandato in onda e pubblicato anche sul sito internet della trasmissione televisiva le immagini riprese con telecamera nascosta non sembrano lasciare spazio a dubbi sul fatto che all'interno dei circoli visitati si svolgano correntemente attività di sesso a pagamento;
   sempre a quanto riferito nel servizio al direttore dell'Unar dottor Francesco Spanò risulterebbe intestata una tessera di iscrizione all'associazione che avrebbe percepito il finanziamento da 55.000 euro. Lo stesso dottor Spanò alla domanda posta dal giornalista delle Iene ha preferito non rispondere in merito alla presenza di una tessera a suo nome della quale Le Iene erano entrate in possesso;
   sempre a quanto riferito nel servizio a due settimane dalla segnalazione inoltrata dalle Iene al direttore dell'Unar i fondi pubblici erogati all'associazione non risultano ancora bloccati o revocati;
   la vicenda che è oggi riportata da diversi organi di stampa, in particolare, nelle pagine dei siti internet, se confermata, sarebbe molto grave perché, da un lato, vi sarebbe un uso quanto meno improprio di risorse pubbliche e, dall'altro un ufficio del Governo che dovrebbe svolgere come attività istituzionale il contrasto alle discriminazioni razziali, si ritroverebbe finanziatore di un soggetto che lucra anche su attività di prostituzione –:
   quali iniziative urgenti intenda porre in essere il Presidente del Consiglio dei ministri per accertare la veridicità dei fatti denunciati da Le Iene con riferimento all'associazione sopra richiamata e per verificare l'opportunità dei finanziamenti erogati dall'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali ad altre associazioni che operano nel campo della lotta alle discriminazioni;
   quali ulteriori iniziative intenda assumere per garantire la correttezza e la trasparenza dell'attività dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. (4-15664)


   FANTINATI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un servizio de «Le Iene» – il programma di Mediaset – andato in onda nella serata di domenica 19 febbraio 2017 su Italia Uno, ha acceso i riflettori su una vicenda che, se confermata, inquieta e indigna: secondo quanto mostrato in tv, l'Unar – l'Ufficio anti discriminazioni razziali del dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri che promuove la parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni razziali, etniche e sessuali con campagne di comunicazione e progetti in collaborazione con associazioni no profit – avrebbe finanziato con 55 mila euro un'associazione culturale dietro la quale si nasconderebbe, invece, un giro di prostituzione;
   «Le Iene», telecamere nascoste al seguito, si sono infiltrate alle serate organizzate dall'associazione, documentando il tutto e mostrandolo al direttore dell'Unar, Francesco Spano, che, imbarazzato, ha garantito attente verifiche, ma si è dileguato quando gli sono stati mostrati gli estremi della sua tessera d'iscrizione a uno di questi circoli –:
   se si sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non si ritenga urgente avviare verifiche circa la veridicità dei fatti e i criteri per l'erogazione dei finanziamenti. (4-15665)


   RICCIATTI, SCOTTO, NICCHI, PLACIDO, AIRAUDO, PANNARALE, COSTANTINO, GREGORI, DURANTI, PIRAS, QUARANTA e MELILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 41 del 1986, all'articolo 32, commi 21 e 22, così come modificata ed integrata dalla legge n. 104 del 1992, articolo 24, comma 9, prevede l'obbligo in capo a comuni, province e regioni di programmare le opere di abbattimento delle barriere architettoniche/sensoriali presenti nei luoghi pubblici di propria competenza, mediante la redazione e l'annuale aggiornamento di piani di eliminazione delle barriere architettoniche (Peba) e, dal 1992, dei piani di accessibilità urbana (Pau);
   la cellula di Ancona dell'associazione «Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica» ha rilevato come nel comune di Loreto (Ancona) siano presenti situazioni di criticità in ordine all'abbattimento delle barriere architettoniche, in particolare la presenza di parcheggi per autovetture riservate a persone con disabilità che non rispettano le dimensioni previste dalle normative vigenti. Circostanza tanto più critica in un luogo ad alta affluenza di persone con problemi di mobilità come il Santuario della Santa Casa di Loreto;
   in diverse occasioni l'associazione ha sollecitato il comune, anche con una richiesta di accesso agli atti ex articolo n. 241 del 1990, al fine di sapere se il comune di Loreto avesse adottato un piano «Peba» come previsto dalla legge, tuttavia senza ottenere risposta alcuna;
   sulla vicenda è intervenuto anche l’Ombudsman della regione Marche, con due comunicazioni rivolte allo stesso comune, per sollecitare una risposta in merito alla predisposizione del citato Peba. Richieste, a quanto consta agli interroganti, rimaste anche in questo caso inevase;
   sulla questione richiamata è stata interessata anche la magistratura mediante esposto datato 25 gennaio 2017;
   l'adozione dei Peba è condizione essenziale per consentire ai cittadini affetti da disabilità di poter godere del diritto alla mobilità al pari degli altri cittadini;
   il procrastinare tali piani, obbligatori per legge, e/o negarne la conoscibilità, si pone in contrasto con le leggi vigenti dello Stato nonché con princìpi ordinatori dell'attività della pubblica amministrazione, ispirata ai principi di legalità e di trasparenza –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo, con riferimento ai fatti illustrati in premessa, per garantire l'abbattimento delle barriere architettoniche su tutto il territorio nazionale, a cominciare dal comune di Loreto, per tutelare i diritti dei cittadini affetti da disabilità. (4-15666)


   CURRÒ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   fonti di stampa hanno reso noto il fatto che alcuni agenti dell'FSB, i servizi federali per la sicurezza della Federazione russa, sono stati individuati nei giorni scorsi a Taormina;
   dal tenore delle notizie propalate, la presenza degli agenti russi sarebbe collegata allo svolgimento del G7 nella città siciliana, dal 26 al 27 maggio 2017;
   la lettura dell'articolo suggerisce un potenziale motivo della presenza degli agenti russi a Taormina: l'interesse di Putin, Presidente della Federazione russa, alla partecipazione al G7;
   l'Italia ha naturalmente predisposto misure straordinarie per la sicurezza dell'evento, coordinate dal prefetto e dal questore di Messina, in sinergia con il Governo;
   nel medesimo periodo, fonti di stampa anglosassoni hanno pubblicato la notizia secondo la quale lo scorso anno il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ed in particolare l'allora Ministro Gentiloni, sia stato oggetto di un attacco hacker da parte della Russia per un periodo di circa quattro mesi, senza però precisare il tipo di dati che sono stati oggetto di attenzione degli hacker né il loro contenuto;
   il quotidiano britannico ha pubblicato la notizia specificando che le persone informate dei fatti avrebbero confermato che gli hacker si sarebbero mossi su preciso mandato della Russia;
   l'episodio si inserisce in un contesto di relazioni internazionali dei Paesi aderenti all'Unione europea particolarmente teso con la Russia, tanto che, dal marzo 2014, l'Unione europea ha imposto misure restrittive in risposta all'annessione della Crimea e alla destabilizzazione dell'Ucraina. A causa del permanere della situazione di crisi, alla fine dello scorso anno, il Consiglio ha rinnovato le sanzioni economiche alla Russia, la cui scadenza era prevista per il 31 gennaio 2017, per un ulteriore periodo di sei mesi, ovvero fino al 31 luglio 2017 –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, se gli apparati che gestiscono le operazioni necessarie a garantire la sicurezza dell'evento siano a conoscenza dei motivi effettivi della presenza sul territorio italiano di agenti segreti russi; se abbiano conoscenza di una volontà effettiva di partecipazione al prossimo G7 da parte del Presidente Putin; se la violazione dei sistemi informatici dello scorso anno risulti in qualche modo connessa alla celebrazione del G7 di Taormina; se il Governo, in vista della scadenza delle sanzioni economiche verso la Russia, intenda farsi portavoce nell'Unione europea di una proposta di ulteriore prolungamento delle stesse sanzioni o, al contrario, della loro sospensione. (4-15668)


   NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il territorio del comune di Limbadi è radicalmente infiltrato dalla ‘ndrangheta, in particolare dalla cosca dei Mancuso, la più importante famiglia mafiosa della provincia di Vibo Valentia e una delle principali in Europa;
   secondo quanto emerge da articoli di stampa e atti giudiziari, lo stesso comune di Limbadi pare sia infiltrato dalla criminalità organizzata;
   in particolare, come si può evincere dal fermo di indiziati di delitto e sequestro preventivo in via d'urgenza n. 1878/07 della DDA di Catanzaro del 6 marzo 2013, ripreso, tra l'altro, anche da un articolo de Il Tempo del 24 giugno 2016, l'attuale sindaco di Limbadi, Giuseppe Morello, inserì nelle liste elettorali a proprio sostegno e nominò assessore un soggetto vicino alla famiglia dei Mancuso;
   si tratta di Domenica Gurzì, sorella di Giuseppe Gurzì, uomo della cosca dei Mancuso con mansioni di autista del boss e fidanzato con la figlia dello stesso, la quale, in occasione delle elezioni amministrative del 2011, si recò a casa del boss Pantaleone Mancuso in cerca di sostegno elettorale; il fatto divenne noto nel 2013, ciononostante il sindaco accettò la candidatura della Gurzì nelle proprie liste in occasione delle elezioni amministrative del 2015 e successivamente arrivò addirittura a nominarla assessore della propria giunta comunale;
   i Mancuso avrebbero assicurato gli affari di Salvatore Buzzi in Calabria, in particolare all'interno del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Coprana Marina, mentre Buzzi avrebbe garantito ai Mancuso di compartecipare agli affari nella Capitale, affidando a Francesco Antonio Campennì, uomo vicino alla Mancuso, la pulizia dei mercati dell'Esquilino;
   l'attuale sindaco di Limbadi, Giuseppe Morello, nonostante i fatti fossero noti al momento delle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale del 2015, accettò la candidatura e nominò assessore un soggetto molto vicino se non colluso con una delle più importanti famiglia mafiose d'Italia;
   dall'attività investigativa riassunta nel fermo di cui sopra, ad avviso dell'interrogante emerge chiaramente che le ingerenze dei Mancuso nella vita politica di Limbadi non sono limitate alle sole elezioni amministrative del 2015, ma risalgono con certezza almeno al 1983, quando, in occasione delle elezioni comunali di novembre vinse la lista civica lista civica «Unità per Limbadi», nota anche come «Ramoscello d'olivo», capeggiata da Francesco Mancuso, fratello di Pantaleone, il quale, sebbene latitante, risultò essere il primo eletto: per tale motivo, quando ancora non vi era una legislazione sullo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose, l'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, sciolse il neo eletto consiglio comunale;
   in occasione delle elezioni amministrative del maggio 2011, è stato documentato il diretto interesse del boss Pantaleone Mancuso a sostegno del candidato sindaco, poi risultato eletto, Francesco Antonio Crudo; inoltre, in occasione delle medesime elezioni, sarebbe stata documentata la esplicita richiesta di voti rivolta allo stesso Pantaleone Mancuso da parte di altri candidati nei comuni di Limbadi e Ricadi (Vibo Valentia) –:
   se non intenda assumere le iniziative di competenza ai sensi dell'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali promuovendo l'accesso presso l'ente interessato ai fini dell'eventuale scioglimento del consiglio comunale di Limbadi. (4-15669)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCAGLIUSI, MANLIO DI STEFANO, SPADONI, GRANDE, DEL GROSSO e DI BATTISTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la nomina di console onorario presuppone la concessione dell’exequatur ai sensi della Convenzione di Vienna del 1963, ratificata dall'Italia con la legge 9 agosto 1967, n. 804;
   al titolo di console onorario, a cui corrispondono una serie di privilegi quali il titolo stesso, una lettera patente (firmata dal Capo dello Stato del Paese di invio e ratificata dall’exequatur, emesso dalla Farnesina), una carta di identità speciale che riconosce le funzioni consolari, una targa corpo consolare e un posto auto riservato, dovrebbe corrispondere un impegno concreto del diplomatico che dovrebbe assicurare un servizio alla comunità che rappresenta;
   la città di Bari, vanta 34 consoli onorari, 35 se si somma il consolato di Malta, nella vicinissima città di Barletta. Insieme con Napoli e Palermo, Bari, è tra le città del sud Italia, con il maggior numero di consolati;
   agli interroganti questo risulta un dato degno di nota, dal momento che, come definito dalla circolare del Ministero degli affari esteri n. 3 del 16 luglio 2010 adottata a livello interno, uno dei requisiti che lo Stato italiano deve verificare ai fini dell’exequatur è quello dell'onorabilità della persona del candidato, al fine di tutelare la sicurezza dello Stato –:
   quali siano le ragioni per cui la città di Bari abbia così tanti consoli onorari, e, dettagliatamente, quali relazioni economiche e culturali i consoli onorari di Bari promuovano sul territorio, quali siano i risultati, economici e non, raggiunti grazie al loro lavoro e con quali azioni il console onorario tuteli gli interessi dei cittadini del Paese che rappresenta. (5-10639)

Interrogazione a risposta scritta:


   MATTEO BRAGANTINI, CAON e PRATAVIERA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la TCT s.r.l. è una società che opera in Italia e all'estero nel settore dello studio e realizzazione di soluzioni legate all'ingegnerizzazione e alla realizzazione di cabine elettriche prefabbricate, impiegate anche per la realizzazione di impianti fotovoltaici;
   il 12 agosto 2013, TCT sottoscriveva con Talesun Solar Bucharest s.r.l., un contratto per la fornitura di cabine elettriche e lavori accessori di cablaggio necessari per la realizzazione di impianti fotovoltaici siti in Romania;
   lo stesso giorno, Zhongli Talesun Solar Co. Ltd., società di diritto cinese, primario produttore e distributore mondiale di pannelli fotovoltaici, con sedi in Europa e nel resto del mondo, controllante di Talesun, inviava a TCT una lettera di fidejussione, regolata dal diritto italiano, ai sensi della quale si dichiarava garante del corretto adempimento dei pagamenti dovuti da Talesun Solar Bucharest S.r.l. nei confronti di TCT in forza del contratto escutibile a prima chiamata;
   TCT ha adempiuto regolarmente e con diligenza alle obbligazioni del contratto;
   nonostante i pagamenti in acconto effettuati, risultano ancora dovuti per attività contrattuali euro 368.500,00;
   il 12 maggio 2015, TCT inviava alle società di cui sopra una lettera di diffida e messa in mora per richiedere formalmente il pagamento del debito residuo e, il 29 maggio 2015, una lettera di escussione della garanzia per richiedere formalmente il pagamento di quanto dovuto dalla controllata Talesun in forza del contratto;
   nonostante i solleciti non risulterebbe ancora effettuato alcun pagamento;
   con decreto ingiuntivo n. 27477/2015 del 7 settembre 2015 il tribunale di Milano ha ingiunto a Zhongli Talesun Solar di pagare a TCT S.r.l. per le causali la somma di euro 368.500,00;
   il 20 ottobre 2015, l'anzidetto decreto, unitamente al ricorso e relativa traduzione, è stato notificato al Ministero della giustizia cinese al fine di recapitarlo alla debitrice Zhongli Talesun Solar Co., Ltd. ai sensi della Convenzione de L'Aja del 15 novembre 1965;
   nonostante i numerosi solleciti inviati al Ministero della giustizia cinese non è stato dato alcun riscontro motivato in ordine allo stato della notifica ed in ordine alle ragioni del ritardo;
   il Ministero ha dato solo due riscontri rilevando, il 22 febbraio 2016, che «Il caso è ora nel sistema giudiziario in fase di elaborazione. Una volta che sarà ultimata la notifica ed acquisita la ricevuta di ritorno, vi faremo sapere. Grazie» e, il 29 novembre 2016, che «(...) si prega di notare che il sistema giudiziario cinese è responsabile per il servizio di consegna. Generalmente questa procedura richiede diversi mesi a volte più di un anno. Abbiamo trasferito le carte alla Corte Suprema lo scorso ottobre. La Corte Suprema non ha risposto ancora da allora. Chiamerò per riferire loro la vostra preoccupazione. Grazie»;
   sulla vicenda vi è stata anche una segnalazione da parte dei legali che seguono la questione per conto della TCT, all'ufficio consolare italiano di Pechino;
   ci si chiede quali strumenti possa utilizzare un'impresa italiana affinché gli sia riconosciuto il pagamento del proprio credito verso un'impresa cinese, nonostante siano state pedissequamente seguite le procedure indicate dal tribunale di Milano e quanto previsto dalla convenzione de L'Aja del 1964 –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per tutelare le imprese italiane, nel caso in cui ci si trovi davanti a «inerzia» o «procedure dilatorie» da parte di altro Stato firmatario della medesima Convenzione internazionale de L'Aja. (4-15671)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta immediata:


   SOTTANELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   gli eccezionali eventi calamitosi che hanno riguardato il Centro Italia nel mese di gennaio 2017 hanno interessato in maniera preponderante la provincia di Teramo, comportando ingenti danni per il territorio teramano e causando una situazione di notevole criticità per l'aggravamento del rischio idrogeologico e il verificarsi di numerosi movimenti franosi che hanno causato l'interruzione e il crollo di numerosi strade e lo sfollamento di alcuni centri abitati;
   nel comune di Civitella del Tronto, in frazione Ponzano, il fronte franoso, originariamente di circa 600 metri di larghezza e 700 di lunghezza, si estende adesso oltre 10 ettari di territorio e minaccia il centro abitato, dove si sono verificati crolli di abitazioni e sono state evacuate 24 abitazioni e un centinaio di persone;
   nel comune di Campli, in frazione Castelnuovo, una frana con un fronte di 80 metri minaccia l'intero abitato interessando l'ampio tratto del costone su cui sorge il paese; lo smottamento è precipitato per 70 metri, fino all'alveo del torrente Siccagno ingoiando una strada, una torretta dell'Enel alta sei metri, due rimesse e lambisce i primi edifici, a meno di un metro, e ha causato l'evacuazione di decine di abitazioni e di un centinaio di persone;
   i movimenti franosi che minacciano gli abitati di Castelnuovo di Campli e di Ponzano di Civitella del Tronto non si sono ancora arrestati e aumentano di giorno in giorno le ordinanze di sgombero e il numero delle famiglie sfollate;
   la deliberazione del Consiglio dei ministri del 20 gennaio 2017, con la quale è stata disposta l'estensione dello stato di emergenza, già dichiarato con delibera del 25 agosto 2016 per le regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, non contiene uno specifico riconoscimento dello stato di emergenza che interessa la provincia di Teramo al fine del superamento della gravissima situazione che ancora interessa il territorio –:
   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per fronteggiare il rischio idrogeologico e contrastare i movimenti franosi registrati nel territorio della provincia di Teramo.
(3-02803)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARICCO, MARIANI, BARGERO, GNECCHI, PRINA, D'OTTAVIO, BORGHI, GRIBAUDO, ROSTELLATO, TARTAGLIONE, CAPOZZOLO e CIMBRO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Azienda coloranti nazionali e affini (Acna) fu fondata nel 1929 a Cengio (Savona) per sintetizzare coloranti chimici, causò negli anni una gravissima contaminazione della valle e del fiume Bormida e dopo una grande mobilitazione popolare venne chiusa definitivamente nel 1999;
   fu nominato un primo commissario straordinario per il risanamento del sito e vennero siglati accordi di programma con linee guida finalizzate al risanamento ambientale;
   nel marzo 2003, il commissario straordinario per il sito citò in giudizio l'Acna per l'inquinamento causato ai territori piemontese e ligure e chiese il risarcimento per le parti lese;
   il 13 ottobre 2010, dopo dieci anni di interventi e 400 milioni di euro investiti, in occasione di un incontro a Cengio (SV), presenti il capo della protezione civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, gli allora presidenti delle regioni Liguria e Piemonte ed il nuovo commissario delegato, è stata annunciata la fine dei lavori di bonifica;
   comitati di cittadini ed associazioni ambientaliste esprimono preoccupazioni sugli interventi di bonifica che avrebbero lasciato fuori alcune aree, segnalando inoltre la presenza nell'area di circa 4 milioni di metri cubi di rifiuti tossici non smaltiti;
   a marzo 2011, la Commissione europea, nell'ambito della procedura di infrazione 2009/4426 ha inviato all'Italia un parere motivato, e nel luglio 2014 una lettera di messa in mora complementare per contestare alle autorità italiane la violazione di direttiva «VIA e discariche» nella messa in sicurezza permanente nella zona A1;
   le autorità italiane nella risposta dell'ottobre 2014 ribadirono che l'intervento non era la realizzazione di una discarica ma una bonifica e messa in sicurezza del sito di Cengio tramite confinamento permanente dei rifiuti dell'area A1;
   ancora oggi, a quanto consta agli interroganti, risulterebbero ultimati gli interventi di confinamento e i conferimenti, mentre le operazioni di capping finale previsto non sarebbero ultimate e l'opera non sarebbe collaudata;
   permangono forti dubbi sulla situazione del sito dove sarebbero presenti 4 milioni di metri cubi di rifiuti pericolosi e per l'area Bazzaretti nel comune di Saliceto (Cuneo), dove il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, prescrisse nel 2008 la messa in sicurezza;
   si aggiunga che le recenti alluvioni hanno reso evidente l'estrema fragilità del sito, nuovamente allagato, che emana anche odori sgradevoli, ingenerando, nonostante le rassicurazioni di Syndial (ENI), rinnovate preoccupazioni sul territorio;
   la comunità montana LangaAstigiana-ValBormida ha trasmesso alla regione Piemonte un ordine del giorno in cui si chiede di procedere alla nomina di esperti per la quantificazione del danno ambientale per arrivare a risarcire la regione Piemonte del 75 per cento dell'intero risarcimento previsto e far sì che le risorse vadano a beneficio della Valle Bormida di Millesimo, in proporzione rispetto alla vicinanza dei comuni al sito ex ACNA;
   la procedura per il riconoscimento del danno ambientale parrebbe essere ancora ferma, così come parrebbe non definito il riparto tra territori nelle stesse regioni –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e non ritenga opportuno assumere, con urgenza, le iniziative di competenza per una sollecita ultimazione dei lavori per la bonifica e messa in sicurezza dell'area A1 e la conclusione delle procedure di collaudo;
   se non ritenga necessario intervenire per promuovere, per quanto di competenza, un adeguato e accurato piano di monitoraggio e di analisi sulle diverse matrici ambientali al fine di verificare la pericolosità delle sostanze presenti nell'area industriale e nelle aree limitrofe;
   se non reputi di dover verificare quale sia lo stato dell’iter della procedura per il risarcimento del danno ambientale, considerando un'equa ripartizione tra i territori delle regioni Liguria e Piemonte, e tra i territori all'interno delle stesse regioni, sulla base del danno realmente subito. (5-10646)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione europea, in data 15 febbraio 2017, ha inviato all'Italia un parere motivato riguardante la procedura 2015-2016;
   la Commissione europea, esorta l'Italia ad adottare e aggiornare i piani per la gestione dei rifiuti, conformandoli agli obiettivi della legislazione dell'Unione europea in materia di rifiuti. Tali piani sono destinati a ridurre l'impatto dei rifiuti sulla salute umana e sull'ambiente e a migliorare l'efficienza delle risorse in tutta l'Unione europea. Gli Stati membri sono tenuti a rivalutare i loro piani di gestione dei rifiuti almeno ogni sei anni ed eventualmente a riesaminarli. Diverse regioni italiane (Abruzzo, Basilicata, Provincia autonoma di Bolzano, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Sardegna e Sicilia) hanno omesso di riesaminare i loro piani di gestione dei rifiuti adottati nel 2008 o prima di tale data;
   se le autorità italiane non interverranno entro due mesi, la Commissione europea potrà deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea;
   in merito alla regione Siciliana si ricorda come attraverso la deliberazione n. 174 del 4 maggio 2016, la giunta Crocetta ha ufficialmente chiesto ai competenti organi dello Stato la dichiarazione dello stato di emergenza per la grave situazione del sistema dei rifiuti nel territorio della regione per periodo di dodici mesi;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, rispondendo alla richiesta della regione siciliana, non ha concesso un nuovo commissariamento, ma ha accordato – ai sensi del comma 4 dell'articolo 191 del Testo unico ambientale – l'emanazione da parte del presidente Crocetta di una nuova ordinanza contigibile ed urgente; tale autorizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare viene comunicata alla regione siciliana il 31 maggio 2016, attraverso una lettera dal titolo «Situazione emergenziale nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti nella regione siciliana – Prescrizioni per la concessione dell'intesa ex articolo 191, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006»;
   alla luce di quanto comunicato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il presidente Crocetta, in data 7 luglio 2016, ha firmato un'ordinanza contigibile ed urgente, la 5/rif, ai sensi del comma 4 dell'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ossia d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   l'articolo 2, comma 2, della predetta ordinanza, dispone: il presidente della regione procederà all'aggiornamento del piano regionale di gestione dei rifiuti, alla luce dell'adottando schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su richiamato e redatto ai sensi dell'articolo 35, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014 procedendo all'approvazione dello stesso con proprio decreto, in deroga all'articolo 9 della legge regionale 8 aprile 2010, n. 9, su proposta dell'assessore regionale per l'energia ed i servizi di pubblica utilità, previa procedura di valutazione ambientale strategica i cui tempi relativi alla consultazione e alla conclusione della procedura sono ridotti ad un terzo di quelli previsti dagli articoli 12 e seguenti del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dal decreto presidenziale 8 luglio 2014, n. 23, della regione siciliana; l'eventuale aggiornamento del piano dovrà concludersi entro il 30 agosto 2016;
   sull'osservanza delle prescrizioni e, soprattutto, sul rispetto dei tempi dettati dall'ordinanza doveva vigilare il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con cadenza trimestrale; per di più, v’è da segnalare come finanche il Ministro Costa, rispondendo all'interrogazione n. 3-02405 presentata dall'interrogante, ha dichiarato che il dipartimento per gli affari regionali e le autonomie avrebbe monitorato attentamente l'evolversi della situazione –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere – anche alla luce di quanto disposto nell'articolo 2, comma 2, dell'ordinanza 5/rif firmata dal presidente Crocetta in accordo con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – al fine di assicurare che si ottemperi a quanto richiesto dalla Commissione europea in relazione alla procedura di infrazione 2015_2165. (4-15652)


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sulla situazione ambientale del lago di Bolsena l'interrogante ha presentato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-05914 alla quale è stata data risposta il 9 ottobre 2015;
   l'Associazione lago di Bolsena ha collaborato nel 2009 al piano di gestione finanziato dall'Unione europea coordinato dall'università della Tuscia e approvato dalla provincia di Viterbo;
   secondo i monitoraggi dell'Associazione lago di Bolsena, lo stato ecologico del lago è degradato gravemente, in particolare a causa della concentrazione di fosforo, l'elemento nutriente principale del fitoplancton e quindi della catena alimentare lacustre, che è in continuo aumento. Nel dicembre 2016 al fondo del lago è stato registrato uno strato senza ossigeno di 9 metri, poi scomparso nel gennaio 2017 a causa del freddo e del vento di tramontana che fortunatamente ha rimescolato le acque, ma purtroppo tanti danni ha prodotto nell'Italia centrale;
   lo strato anossico è temporaneamente scomparso, ma è rimasta l'alta concentrazione di fosforo che in futuro causerà nuovi stati di anossia. Ciò significa che il lago è sulla strada di un drastico cambiamento ecologico che sarebbe difficilmente reversibile, con gravi conseguenze ambientali ed economiche;
   il fosforo giunge al lago dalle attività umane presenti nel bacino idrogeologico, quali l'agricoltura intensiva e le perdite di liquami urbani dal sistema fognario. L'eccesso di fosforo totale nel lago può causare assenza di ossigeno nello strato di acqua al fondo per cui le sostanze organiche che vi si depositano entrano in putrefazione;
   nella risposta alla precedente interrogazione si faceva notare che, in base ai risultati dei monitoraggi 2011-2013, Arpa Lazio ha definito «buono» lo stato di qualità delle acque di Bolsena, ma attualmente, nel 2017, la situazione si è aggravata, probabilmente anche a causa della mancata applicazione da parte della regione Lazio delle misure di tutela previste per il lago di Bolsena, in quanto zona speciale di conservazione (ZSC), ai sensi della direttiva 2000/60/CE recepita con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
   secondo la risposta del Governo pro tempore il recente Caso EU Pilot 6800/14/ENVI avviato dalla Commissione europea discenderebbe da una supposta inadeguatezza del sistema fognario;
   invece, ad avviso dell'interrogante, la procedura EU Pilot 6800/14/ENVI è stata avviata dalla Commissione europea non per la supposta inadeguatezza del sistema fognario, ma per il fatto ben più grave di non aver emesso, dopo due anni dalla scadenza prevista, adeguate misure di tutela del lago di Bolsena classificato come zona speciale di conservazione. Tali misure, secondo la direttiva 2000/60/CE recepita con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, devono essere adeguate per conservare ed eventualmente ripristinare l'habitat del lago come era nell'anno 2007 –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche di carattere normativo, al fine di tutelare lo stato ecologico del lago nel rispetto della direttiva 2000/60/CE, recepita con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche per evitare l'imbarazzante riapertura di una procedura di infrazione ambientale contro lo Stato italiano (Caso EU Pilot 6800/214/ENVI). (4-15655)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VEZZALI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   per ottenere il « bonus insegnanti» e quello per i diciottenni è necessario iscriversi per richiederlo inserendo le credenziali «spid»;
   la procedura richiede, anche nel caso dei rivenditori, di accreditarsi per entrare a far parte della lista fornitori;
   in fase di registrazione il codice Ateco (identificativo con il quale si classificano le attività) pone problemi nel caso di ragione sociale che comprende una o più attività;
   se l'attività per la quale si chiede l'iscrizione non è quella prevalente, il codice non viene accettato per cui è impossibile procedere alla registrazione;
   è il caso di un'azienda che, oltre ad essere tipografica, è anche proprietaria di una casa editrice da oltre cinquant'anni e, in quanto tale, non riesce a entrare nell'albo fornitori;
   dalla stampa e dalle lamentele diffuse è apparso chiaro che si fa fatica a trovare, soprattutto nelle piccole realtà librerie, musei, cinema, teatri, negozi di articoli musicali o rivendite di biglietti per spettacoli, ragione per la quale diciottenni e insegnanti finiscono per rinunciare ai 500 euro dell'iniziativa denominata « bonus cultura» a loro destinata –:
   se il Governo non ritenga utile e necessario assumere iniziative per rivedere le procedure e creare le condizioni che permettano il superamento dei numerosi problemi riscontrati in fase di registrazione che, di fatto, concorrono a rendere difficile l'utilizzo dei « bonus». (5-10641)


   MICCOLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la soprintendenza all'archeologia, belle arti e paesaggio per il comune di Roma, in data 18 febbraio 2017 ha firmato l'avvio di un «procedimento di dichiarazione di interesse culturale e di prescrizione di misure di tutela indiretta» per l'area dell'ex Ippodromo di Tor di Valle. L'interesse maggiore descritto dalla sovrintendente Eichberg, nella comunicazione al gabinetto della sindaca Raggi ed alla società Eurnova – incaricata dalla AS Roma di edificare la nuova struttura –, è determinato dalla tribuna dell'ippodromo, disegnata dal progettista Julio Garcia Lafuente, con l'aiuto degli ingegneri Rebecchini, Benedetti e Birago dalla tutela dell'area circostante per non perderne la visione originaria;
   l'apertura di tale procedimento di vincolo rischia di bloccare definitivamente il progetto per la costruzione del nuovo stadio della A.S. Roma;
   con il primo esame del progetto da parte della soprintendenza competente per il comune di Roma e degli uffici comunali competenti che, fin dall'inizio, prevedeva la trasformazione delle strutture dell'attuale ippodromo, e che risale al 25 luglio 2014 quando il dipartimento programmazione e attuazione urbanistica del comune di Roma ha aperto la conferenza dei servizi preliminare, ai sensi della legge n. 241 del 1990, allo scopo di individuare «qualora non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi preclusivi alla realizzazione del progetto, gli atti di consenso»;
   a conclusione di tale esame è stato depositato un solo parere preclusivo, quello di Roma Natura (4 agosto 2014) che esprimeva parere negativo in quanto la previsione dello svincolo con l'autostrada Roma Fiumicino era «un intervento non compatibile con quanto previsto dalle sottozona A2 “Riserva integrale fruibile” del Piano della riserva naturale di Tenuta dei Massimi»;
   in data 11 agosto 2014 il suddetto dipartimento urbanistica ha comunicato alla società Eurnova il suddetto parere negativo, pertanto è stato sospeso l'esame del progetto. In seguito la stessa società, in data 18 agosto 2014, ha depositato una integrazione allo studio, prevedendo una nuova collocazione dello svincolo, esterna alla Tenuta dei Massimi;
   non risulterebbe esservi stato altro parere negativo o preclusivo per la realizzazione del progetto da parte di nessuno degli altri soggetti o enti convocati e tanto meno della competente Soprintendenza. Alcun riferimento sarebbe stato fatto alla tribuna dell'ippodromo e alle coperture e alla pista del trotto;
   è del tutto evidente che, se le ragioni addotte per l'avvio della procedura di vincolo fossero state poste già da allora, sarebbero state valutate come è accaduto per il parere di Roma Natura;
   anche nel parere reso in sede di valutazione di impatto ambientale del 6 febbraio 2017, la menzionata Soprintendenza, pur accennando al «valore» dell'Ippodromo, non ha espresso alcun parere contrario alla sua demolizione, azione già prevista nel progetto iniziale;
   le tribune dell'ex Ippodromo, identificate come strutture precarie, pericolanti ed in parte ricoperte da amianto, versano in totale abbandono da anni, dimenticate anche dalla stessa Soprintendenza che non ha mai avviato alcuna azione a tutela dell'area;
   il blocco dell'opera, oltre a privare la città di Roma dello stadio della A.S. Roma, comporterebbe per l'interrogante anche la mancata edificazione di strutture pubbliche per la messa in sicurezza del territorio circostante a rischio idrogeologico; inoltre, verrebbe meno la riqualificazione di ampie zone verdi, il miglioramento della viabilità e del trasporto pubblico e sarebbero cancellati di colpo migliaia di posti di lavoro –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere considerata l'anomala intempestività della procedura sopra richiamata – al fine di scongiurare un contenzioso particolarmente grave, che rischia di privare la Capitale di una importante opera di carattere sia pubblico che privato.
(5-10645)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 14 settembre 2016, la Commissione europea ha presentato ufficialmente al Parlamento europeo la nuova «direttiva sul copyright» che incluse dei piani per una nuova tassa sui link, ossia la concessione di nuovi ampi poteri per la pubblicazione di frammenti di testo utilizzati in collegamenti ipertestuali che dovranno essere pagati agli editori;
   il sito www.dandi.media ha informato che «il Parlamento europeo dovrà prendere in considerazione la proposta dei Tax Link della Commissione, che arriva sulla scia di una vittoria degli editori profondamente preoccupante. Infatti, la corte superiore della UE ha stabilito che i siti web possono essere ritenuti responsabili solo per il collegamento a contenuti protetti da copyright. (...) Le proposte della Commissione sono state consegnate al Parlamento Europeo a fianco del discorso sullo Stato dell'Unione del Presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. La tanto attesa direttiva Copyright del mercato unico digitale è il risultato di 2 anni di consultazione pubblica e dovrebbe essere approvata per la fine del 2017»;
   secondo quanto è stato scritto nell'articolo del 13 febbraio 2017 «Copyright, la nuova riforma Ue mette in pericolo i piccoli editori digitali», sul sito www.key4biz.it, «la norma piace ai grandi editori e potrebbe invece danneggiare quelli più piccoli e l'intero ecosistema. L'Associazione Nazionale Stampa Online ha lanciato l'appello per salvare le piccole realtà editoriali»;
   il quotidiano online ha riportato, inoltre, come sul tema si siano «confrontati grandi e piccole aziende di settore, imprese IT, dell'ecommerce, dello streaming in rete e delle tlc, associazioni di categoria e rappresentanti del mondo delle Istituzioni, sia a livello nazionale, sia europeo, in occasione del recente European Internet Forum»;
   nello specifico, Matteo Rainisio, vice presidente dell'Anso, entrando nel dettaglio della riforma europea, ha affermato che «dove una legge simile è in vigore, vedi Germania e Spagna, i risultati hanno portato al fallimento di centinaia di startup editoriali. (...) L'adozione di questo sistema obbligherebbe quindi i piccoli editori di tutta Europa a dover rinunciare al traffico proveniente da servizi come Google news o Facebook, aprendo così la strada ad una tassazione sui link presenti nei motori di ricerca»;
   «Ovviamente, le aziende, come successo in Spagna, dove si è giunti alla chiusura del servizio di Google news, piuttosto che pagare vieteranno la condivisione di articoli danneggiando così i piccoli editori che perderanno un'autentica linfa vitale, mentre i grandi potranno da un lato guadagnare per i link, godere di una minore concorrenza e quindi di un aumento del traffico a discapito dei piccoli editori che invece, in molti casi, saranno costretti a spegnere i server» –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per difendere un patrimonio editoriale caratterizzato da piccole realtà che, con la riforma sopracitata, rischiano di scomparire, impoverendo il mondo dell'informazione.
(4-15649)


   VEZZALI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che il termine per l'iscrizione al «bonus» cultura di 500 euro destinato ai diciottenni, inizialmente fissato per il 30 gennaio è stato prorogato fino al 30 giugno di quest'anno;
   al 30 gennaio, infatti, gli iscritti erano riusciti a spendere solo il 6,3 per cento del credito loro destinato;
   secondo i dati Istat, nel 2016 in Italia c'erano 572.437 diciassettenni. Di questi potenziali maggiorenni hanno richiesto l'identità digitale solo 286.095 ragazzi, cioè poco meno della metà degli aventi diritto;
   lo scarso successo registrato dalla misura varata dal Governo è da attribuire – a quanto si legge – almeno in parte, al complicato meccanismo con il quale si deve richiedere l'identità digitale (spid) senza la quale è impossibile iscriversi sul portale «18APP»;
   alla metà di gennaio (a quindici giorni dalla scadenza del termine utile per la registrazione) gli iscritti al portale del Governo erano solo 230 mila, il 40 per cento del totale di coloro che avevano richiesto il codice «Spid»;
   secondo i dati della Presidenza del Consiglio al 17 gennaio 2017 erano stati staccati 200 mila coupon nei negozi iscritti all'iniziativa e 350 mila nei rivenditori on line per una spesa complessiva di 6 e 12,5 milioni di euro. Alla data del 24 gennaio si erano accreditati solo 4.270 negozi, concentrati soprattutto nelle città;
   l'iniziativa denominata « bonus» cultura prevede uno stanziamento di 290 milioni di euro per l'anno 2017;
   i ragazzi lamentano difficoltà nell'individuazione dei rivenditori presso i quali spendere il « bonus»;
   da un'analisi più approfondita dei numeri resi pubblici pare che in 7 comuni su 8 in Italia sia impossibile fare acquisti con il bonus perché sprovvisti di un esercizio aderente, visto che mancano di librerie, cinema, teatri, musei, negozi musicali e rivenditori di biglietti –:
   se non ritengano di individuare iniziative volte a semplificare le registrazioni on line e a fare in modo che sia estesa la rete dei rivenditori, affinché sia possibile anche a chi non ama servirsi del computer per fare acquisti, trovare più facilmente un esercizio presso il quale spendere il « bonus» cultura al quale, anche a fronte di una buona pubblicità, non è seguito finora un entusiastico ritorno. (4-15662)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DURANTI, PIRAS e CARLO GALLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   per quanto consta all'interrogante, con il «Foglio d'Ordini Marina Militare» n. 51 del 21 dicembre 2016 – e nello specifico della allegata «Classificazione degli Organismi della Marina Militare» – è disposto il declassamento di «Mariscuola La Maddalena in Distaccamento», posto alle dipendenze di «Maricommi La Spezia»; di «Maristanav Brindisi – Sezione staccata di supporto diretto Brindisi e Unità Navali amministrate – in Reparto» posto alle dipendenze di «Maristanav Taranto»; di «Diremuni Taranto», in distaccamento alle dipendenze di «Marinarsen Taranto» e di altri ancora;
   con i decreti legislativi nn. 7 e 8 del 2014 (attuativi della legge n. 244 del 2012) si è prevista – all'articolo 6 – la revisione in senso attuativo dell'assetto strutturale e organizzativo della Marina militare, introducendo nel codice dell'ordinamento militare l'articolo 2188-ter. Il comma 2 di tale articolo specifica che «Gli ulteriori provvedimenti ordinativi di soppressione o riconfigurazione di strutture di Forza armata non direttamente disciplinate nel codice o nel regolamento, nonché le altre soppressioni o riconfigurazioni consequenziali all'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1, lettere a) e b), sono adottati, per quanto di rispettiva competenza e nell'esercizio della propria ordinaria potestà ordinativa, previa informativa, per le materie di competenza, alle organizzazioni sindacali rappresentative, dal Capo di Stato Maggiore della Marina militare, nell'ambito delle direttive dei Capo di Stato Maggiore della difesa, e concorrono, unitamente a quelli di cui al comma 1, al conseguimento della contrazione strutturale complessiva non inferiore al 30 per cento»;
   a quanto si apprende da un comunicato dell'11 gennaio 2017, prodotto dai sindacati confederali, tale passaggio indicato in norma non sarebbe stato rispettato. Di conseguenza, sono state prese decisioni – che potranno avere significative ricadute sulle strutture interessate oltre che sui livelli occupazionali della Amministrazione difesa, in special modo in territori già duramente colpiti dalla crisi – senza che i rappresentanti dei dipendenti e dei lavoratori abbiano avuto modo di esercitare le loro funzioni di tutela –:
   se il Ministro interrogato non intenda chiarire le ragioni che hanno portato a quelle che appare agli interroganti come un'estromissione delle organizzazioni sindacali nelle vicende sopra descritte e se non intenda convocare al più presto un tavolo di confronto nazionale ove discutere con tutte le parti coinvolte delle determinazioni già assunte, in modo tale da consentire alle parti interessate di esprimersi, anche considerando e la possibilità di revisione delle decisioni già assunte sulla base delle eventuali argomentazioni esposte dai rappresentanti nazionali dei predetti sindacati confederali. (5-10640)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


   MARCON, FASSINA, SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   come riportano autorevoli fonti stampa, qualche giorno fa, nel corso della riunione del board del Fondo monetario internazionale per la discussione del rapporto annuale sull'economia della Grecia è emersa un'insolita spaccatura politica circa ulteriori nuove durissime misure di austerità da imporre ad un Paese dell'Unione europea già messo in ginocchio da politiche sbagliate, ovvero la Grecia, la cui economia è crollata del 29 per cento, con una spesa sanitaria scesa da 1.459 a 790 euro l'anno per abitante (l'Italia è a 1.800 euro) e una spesa per l'istruzione passata da 888 a 748 euro (la metà della Germania);
   il rapporto rivela che «la maggior parte» dei 24 direttori esecutivi del Fondo monetario internazionale hanno concordato che la Grecia è sulla buona strada per raggiungere un surplus fiscale dell'1,5 per cento del prodotto interno lordo e «non richiede un ulteriore consolidamento fiscale in questo momento, tenendo conto della modifica impressionante avvenuta fino ad oggi»;
   tuttavia, alcuni rappresentanti del Consiglio del Fondo monetario internazionale avrebbero sostenuto che la Grecia abbia ancora bisogno di portare il surplus fino al 3,5 per cento, come concordato nel corso dell'ultimo salvataggio nel 2015. Un obiettivo completamente irrealistico e ulteriormente depressivo, sul quale avrebbe però insistito, in particolare, il rappresentante della Germania che ha chiesto ulteriori misure di riduzione della spesa pubblica;
   a supporto della posizione tedesca si sarebbero espressi, per quanto risulta, anche i Ministri dell'economia di Italia e Francia, sostenendo una linea di austerity a parere degli interroganti autodistruttiva, proposta dalla Germania e non già quella di un compromesso realistico;
   tali notizie ad avviso degli interroganti appaiono di eccezionale gravità e sintomatiche di un approccio del tutto contraddittorio nella valutazione delle politiche pubbliche economiche, anche alla luce delle continue richieste dell'Italia in termini di flessibilità sui conti pubblici;
   il Primo ministro greco ha chiesto ad Angela Merkel di scoraggiare il Ministro Schäuble a continuare la sua aggressione nei confronti della Grecia, affermando che il programma di salvataggio finanziario potrà essere completato positivamente, ma lo Stato greco non accetterà richieste illogiche dai creditori –:
   se corrisponda al vero quanto descritto in premessa, chiarendo in particolare se la posizione assunta dal Governo e dal Ministro interrogato coincida con la linea dura e a parere degli interroganti inaccettabile propugnata dal Ministro delle finanze tedesco Schäuble nei confronti della Grecia. (3-02801)


   RUOCCO, CASTELLI, ALBERTI, BRUGNEROTTO, CARIELLO, CASO, D'INCÀ, PESCO, PISANO, SIBILIA, SORIAL e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella risposta all'interrogazione a risposta in Commissione n. 5/07057 del 19 novembre 2015, il Ministro interrogato ha reso noto che la propria stima del saldo tra pagamenti e incassi del portafoglio swap complessivo per l'anno 2016 era pari a 4,1 miliardi di euro (in uscita per le casse pubbliche), precisando che tale stima non includeva «l'eventuale pagamento dovuto per l'esercizio della clausola bilaterale di early termination»;
   nella medesima risposta si rendeva noto che tale clausola afferisce a un contratto di interest rate swap con nozionale da 2 miliardi di euro e scadenza naturale 2036, che aveva un valore di mercato negativo per lo Stato di circa 850 milioni di euro e che poteva essere esercitato anticipatamente dalla controparte bancaria a marzo 2016;
   vista l'impossibilità di accedere ai contratti, il Parlamento per esercitare le prerogative di controllo sull'operato del Governo in materia di derivati dovrebbe quanto meno conoscere:
    a) il valore di mercato della posizione complessiva dello Stato in contratti derivati aggiornata al 31 dicembre 2016;
    b) limitatamente al solo portafoglio swap, il saldo tra pagamenti e incassi, se risulti differente dalla stima di 4,1 miliardi di euro e di quanto;
    c) se lo Stato abbia subito dalle proprie controparti bancarie l'esercizio di swaption e con quali effetti sul debito contabile;
    d) se lo Stato abbia subito (marzo 2016) l'esercizio della clausola early termination in relazione al suddetto contratto interest rate swap da 2 miliardi di euro di nozionale e con quali effetti sul debito contabile;
    e) se nel corso del 2016 il Ministero dell'economia e delle finanze abbia ristrutturato contratti swaption come fatto precedentemente e – in caso affermativo – quali fossero le condizioni contrattuali ante e post ristrutturazione;
    f) se al 31 dicembre 2016 il valore di mercato negativo della posizione complessiva dello Stato in contratti derivati fosse superiore o inferiore a 38 miliardi di euro e di quanto;
    g) se la swaption con nozionale di 3,5 miliardi di euro e mark-to-market negativo per lo Stato italiano di circa 1 miliardo di euro già ristrutturata nel 2015 e con scadenza febbraio 2017 sia stata ulteriormente ristrutturata ovvero esercitata dalla controparte bancaria; in tale ultimo caso, quali perdite sono state conseguite per lo Stato italiano –:
   se intenda assicurare un livello minimo di trasparenza sul proprio operato in materia di derivati, fornendo in questa sede i dati di cui in premessa. (3-02802)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la commissione tributaria provinciale di Nuoro si trova al momento nell'impossibilità di operare, in quanto i componenti attualmente in servizio attivo sono soltanto 2 e, pertanto, è persino impossibile formare regolarmente un collegio giudicante che deve essere costituito da almeno tre componenti;
   la normativa vigente stabilisce peraltro che la Commissione tributaria provinciale di Nuoro sia articolata in 2 sezioni, con conseguente dotazione organica di 12 componenti (6 per Sezione), di cui 1 presidente di commissione, 1 presidente di sezione, 2 vicepresidenti di sezione e 8 giudici;
   attualmente l'organico effettivo consta di 1 presidente di commissione, 1 presidente di sezione e 1 vicepresidente di sezione: quest'ultimo, tuttavia, non è in condizione di partecipare alle udienze, a causa dei postumi di un grave incidente automobilistico nel quale è rimasto coinvolto proprio mentre si recava in udienza;
   il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria ha deliberato, nel corso degli anni, la copertura dei posti vacanti presso la Commissione tributaria provinciale di Nuoro mediante diversi concorsi interni e interpelli nazionali per applicazione temporanea non esclusiva diretti ad altri giudici tributari, che sono andati tuttavia deserti (salvo il concorso per la copertura del posto di presidente della commissione, vinto, peraltro, da un giudice già in servizio presso la Commissione tributaria provinciale di Nuoro);
   il concorso pubblico bandito dal Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria in data 19 luglio 2016 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 5 agosto 2016, prevede, con riferimento alla Commissione tributaria provinciale di Nuoro, la copertura di 2 posti di giudice, ma è ancora in fase di svolgimento;
   la descritta situazione di paralisi dell'attività giurisdizionale crea un intollerabile disagio ai contribuenti, particolarmente drammatico per l'impossibilità d'esame delle numerose istanze di sospensione degli atti tributari impugnati –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda immediatamente porre in essere al fine di individuare con estrema urgenza una soluzione temporanea, che consenta alla commissione tributaria provinciale di Nuoro di riprendere l'attività giurisdizionale.
(4-15657)


   BASILIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   alcuni consiglieri comunali di Castenedolo (Brescia) segnalavano in un esposto alla Corte dei conti e all'Anac alcuni fatti appresi durante la seduta di consiglio comunale del 28 luglio 2016, come da sintesi degli interventi della deliberazione comunale n. 36/28.7.2016 avente oggetto: «esame mozioni»;
   dal dibattito è emerso che si starebbe ultimando l’iter amministrativo con cui il comune autorizzerebbe la costruzione di una nuova discarica per materiali inerti in località Quarti, ad opera di un'impresa locale denominata Edilquattro S.r.l.;
   in tale sede, il sindaco di Castenedolo ha reso noto che l'amministrazione comunale avrebbe ricevuto nel 2010, allorché egli ricopriva la medesima carica e in occasione della sottoscrizione della convenzione per la realizzazione dell'impianto di trattamento rifiuti, la cifra di euro 288.000,00 dalla società incaricata di effettuare i lavori per poter rispettare gli obiettivi del patto di stabilità interno 2010;
   a detta dell'attuale amministrazione, la somma incassata dal comune ed erogata dalla società interessata in anticipo rispetto alla conclusione dell’iter autorizzativo, non sarebbe stata ancora spesa;
   la discarica, ad oggi non ancora realizzata, avrà notevole impatto ambientale aggiungendosi ad altre già presenti, incrementando l'inquinamento e i rischi per la salute dei cittadini;
   secondo quanto riferito in seduta dall'assessore competente, la somma di euro 288.000,00 sarebbe vincolata nell'avanzo di amministrazione e, viste le regole contabili vigenti, difficilmente utilizzabile, salvo introduzione di norme che consentano all'ente di disporre della somma restituendola alla ditta interessata;
   sono diffusi i casi di cattiva amministrazione che hanno coinvolto amministratori locali e imprese aggiudicatarie di appalti pubblici, ove l'adozione di discutibili scelte politico-amministrative ha avuto riflessi penali, come avvenuto nell'inchiesta che ha portato alla condanna del sindaco di Pontevico (BS) per truffa aggravata a danno dello Stato nel noto caso «San Silvestro»;
   l'obbligo di sottostare ai vincoli di finanza pubblica non può giustificare l'adozione di condotte che violino le normative finanziarie vigenti –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto se non intenda assumere le iniziative di competenza per promuovere una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della Ragioneria generale dello Stato presso il comune di Castenedolo in relazione del rispetto delle normative finanziarie e delle regole contabili in materia;
   quali iniziative, anche normative, si intendano adottare per impedire in futuro il verificarsi di casi analoghi. (4-15663)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CURRÒ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 2 febbraio 1966 i coniugi Belardo Pasquale e Lo Presti Antonina hanno acquistato, stipulando regolare preliminare e versando caparra, dai signori Liga Giuseppe ed Elena Mara, un appezzamento di terreno in Furnari, provincia di Messina;
   pochi giorni dopo i Liga hanno venduto lo stesso fondo ad un terzo con l'eccezione di una piccola parte;
   i coniugi Belardo e Lo Presti si sono rivolti alla giustizia civile ed hanno introitato un procedimento per il risarcimento dei danni e l'esecuzione in forma specifica, presso il tribunale di Messina, che produce la prima sentenza nel 1970, la n. 702;
   a detta sentenza ne seguono altre: nel 1974, la n. 195, nel 1980, la n. 1375, nel 1985, n. 68 sempre del tribunale di Messina; due sentenze della Corte di appello di Palermo, la n. 501 del 1994 e la n. 21 del 2002, nonché due sentenze della Corte di cassazione, la n. 2074 del 1987 e la n. 4280 del 1997, entrambe della II sezione civile; tutte sostanzialmente riconoscono le ragioni degli eredi degli originari attori, che, nelle more del giudizio, sono deceduti;
   dopo aver visto riconosciuto il proprio diritto, gli aventi causa dei coniugi Belardo, iniziano la fase esecutiva, circa 30 anni dopo aver intrapreso il primo procedimento civile, contro i nuovi acquirenti del terreno de quo nel frattempo succeduti; in conseguenza di detta esecuzione, il signor Belardo Antonino, figlio dei coniugi Belardo e Lo Presti, viene denunciato per illecito rilevante penalmente ed a seguito di processo, assolto per «non aver commesso il fatto»;
   a seguito di atto di citazione autonomo, i nuovi acquirenti del terreno in questione, si rivolgono al tribunale di Messina per chiedere ed ottenere la reintegra del possesso del terreno spogliato dal Belardo, in ossequio alle sentenze sopra richiamate;
   nel 2014 il giudice monocratico del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto stravolge le precedenti decisioni e ribalta tutta la situazione giuridica celebrata nei precedenti giudizi civili e sostanzialmente confermati dalla Corte di cassazione;
   a seguito di questa nuova sentenza, viene proposto appello dal Belardo, ma detto non viene accolto;
   in conseguenza di quest'ultima decisione, il signor Belardo viene condannato e di fatto a nulla è servito, aver avuto riconosciuto il proprio diritto sul terreno acquistato dai propri genitori, con svariate sentenze civili del tribunale, della corte di appello ed anche dalla Corte di cassazione;
   si è così determinato un contrasto evidente tra la statuizione di diritto, sancita anche dalla Corte di cassazione, e l'effetto pratico-giuridico, di senso diametralmente opposto della sentenza del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei lunghi tempi di definizione dei procedimenti civilistici che, in questo caso specifico, hanno superato i cinquant'anni e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, anche sul piano normativo, affinché si possano ridurre i tempi della giustizia civile. (4-15660)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sebbene il settore del trasporto aereo sia interessato da una crescita esponenziale (+4,9 per cento passeggeri trasportati nel 2016) continua inesorabilmente una crisi iniziata ormai da numerosi anni che interessa le aziende di questo comparto e che ha avuto drammatiche conseguenze in termini occupazionali, provocando licenziamenti e taglio dei salari;
   l'Unione sindacale di base, per stigmatizzare il susseguirsi delle crisi aziendali nel settore aereo e per chiedere una riforma complessiva del settore con l'apertura di un vero contratto nazionale applicabile ai lavoratori di tutte le aziende, ha proclamato per il 23 febbraio 2017 una serie di scioperi nel trasporto aereo che coinvolgerà Alitalia, la Sea di Milano, Meridiana e gli aeroporti di Pisa e Firenze;
   sono molte le problematiche che si riscontrano costantemente in tutti gli aeroporti nazionali: Sea di Milano ha annunciato recentemente una nuova ondata di licenziamenti e le principali aziende di handling stanno iniziando a disdire i contratti integrativi vigenti, come Aviation Services a Bologna, o comunque applicano in maniera riduttiva i principi della clausola sociale;
   questa situazione, sommata ad un'assenza di regole precise, alla svendita ingiustificata di asset strategici per gli interessi nazionali e ad una imponente crisi occupazionale, impone un intervento deciso e risoluto da parte del Governo che affronti le problematiche del settore in maniera ampia;
   è fondamentale che le aziende nazionali siano messe nelle condizioni di competere con quelle estere e perché ciò accada è necessario che ci siano regole uguali per tutti gli operatori, dai contratti alle tutele sociali, passando per lo statuto dei lavoratori, senza tralasciare la garanzia della sicurezza –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda promuovere per affrontare, anche dal punto di vista normativo, le problematiche relative al settore aereo in maniera complessiva ed esaustiva, al fine di limitare gli effetti drammatici della crisi occupazionale che ha interessato le aziende del comparto e di rilanciare un settore strategico per il nostro Paese.
(4-15647)


   PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI e CAON. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale 5 agosto 2016, «Individuazione delle reti ferroviarie rientranti nell'ambito di applicazione del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, per le quali sono attribuite alle Regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione» si è data attuazione alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, concernente l'attuazione della direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europee unico;
   in particolare l'articolo 1, comma 6, stabilisce che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti emani un decreto con il quale sono individuate le reti ferroviarie regionali interconnesse alla rete nazionale;
   in particolare, l'articolo 2, comma 1, del citato decreto prevede che: «A far data dall'entrata in vigore del presente decreto, alle reti di cui all'Allegato A si applica il decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, e l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle Ferrovie svolge i compiti e le funzioni previste dal medesimo decreto legislativo anche per tali reti»;
   infine, l'articolo 3, comma 3, specifica che: «A far data dall'entrata in vigore del presente decreto cessa, comunque, ogni competenza in materia di sicurezza ferroviaria del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sui gestori dell'infrastruttura ferroviaria, sulle imprese ferroviarie e sulle reti di cui all'Allegato A che sia in contrasto o in sovrapposizione con le competenze attribuite all'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie»;
   in altre parole il decreto ministeriale 5 agosto 2016 ha decretato il passaggio di competenze in materia di sicurezza ferroviaria per tutta la rete ferroviaria locale interconnessa alla rete nazionale dall'Ustif all'Ansf (Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie) che è disciplinata dal decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162;
   sta di fatto che, per quanto concerne il rilascio delle autorizzazioni in deroga per le distanze ferroviarie cioè i procedimenti di autorizzazione alla deroga delle distanze legali (ex articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980) per la costruzione entro la fascia di rispetto ferroviario per le ferrovie in concessione sembra esserci un vuoto normativo, in quanto né il decreto legislativo, né il decreto ministeriale in questione prevedono una disciplina. –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopra riportata e quali iniziative urgenti abbia intenzione di assumere al fine di colmare il vuoto normativo esistente e prevedere una puntuale disciplina per il rilascio delle autorizzazioni in deroga. (4-15654)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   nel corso dell'anno 2017 dovrà tenersi il regolare svolgimento delle consultazioni per l'elezione diretta dei sindaci e dei consigli comunali delle elezioni amministrative per gli enti locali che devono rinnovare i propri organi;
   la data delle elezioni deve tenersi in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno;
   le sottoscrizioni delle candidature e le relative autenticazioni possono essere disposte entro i cento ottanta giorni precedenti il termine fissato per la presentazione delle candidature; pertanto, si è già entro i termini di raccolta delle sottoscrizioni per la presentazione delle candidature;
   il Ministero dell'interno non ha ancora provveduto a fissare la data delle elezioni –:
   per quale ragione il Ministro interpellato non abbia ancora provveduto a fissare la data per lo svolgimento delle consultazioni per l'elezione diretta dei sindaci e dei consigli comunali per il 2017, e quando intenda procedere in tale senso.
(2-01671) «De Girolamo, Occhiuto».

Interrogazione a risposta immediata:


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in questi mesi si sono visti tanti italiani in divisa mettere a rischio la propria vita per salvarne altre, dalle migliaia di soccorritori impegnati nelle operazioni di soccorso in seguito ai terremoti che hanno scosso l'Italia centrale a partire dal mese di agosto 2016, ai due agenti di polizia che hanno arrestato il terrorista di Berlino, ai quali la Germania ha appena negato l'annunciato premio, agli uomini del soccorso alpino che hanno percorso otto chilometri di strade impraticabili con gli sci ai piedi nel buio della notte per riuscire ad arrivare all'albergo Rigopiano, ai soccorritori del 118 il cui elicottero si è schiantato a Campo Felice;
   i casi citati sono solo alcuni dei più recenti e più noti, ma ogni giorno centinaia di persone impegnate si impegnano per la sicurezza di tutti i cittadini;
   tutte queste persone svolgono con una dedizione totale un lavoro spesso ingrato e pericoloso, nonostante non siano certo ben remunerati –:
   se i soggetti di cui in premessa siano adeguatamente remunerati per il prezioso lavoro che svolgono e se siano previste in loro favore corresponsioni economiche aggiuntive di carattere premiale in occasione di eventi specifici che li espongono a rischi ulteriori. (3-02810)

Interrogazioni a risposta orale:


   IORI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in una società sempre più «informatizzata» sono in costante aumento i crimini via web, soprattutto in danno dei minorenni, quali diffusione della pedopornografia e della pedofilia online, l'adescamento, il cyberbullismo, le minacce, lo stalking, le diffamazioni sulla rete, le truffe e la pirateria informatica, i furti di identità ed altri;
   l'evoluzione tecnologia ha portato e porterà in futuro alla nascita di nuove fattispecie criminose attuate tramite la rete internet;
   la ricerca svolta nel febbraio 2014 da Ipsos per Save The Children su un campione di ragazzi dai 12 ai 17 anni mette in luce una diffusione capillare degli strumenti informatici fra i minori, oltre a rilevare che per ben il 72 per cento degli adolescenti il cyberbullismo è il fenomeno sociale più pericoloso del proprio tempo;
   la polizia postale svolge un ruolo indispensabile, essendo l'unica forza dell'ordine addetta allo studio, alla prevenzione, alla repressione e al contrasto dei reati commessi tramite la rete internet, in particolare quando le vittime sono minorenni;
   proprio in questi giorni in Senato è stata approvata una proposta di legge sul cyberbullismo (la proposta di legge 3139 che sta per arrivare alla Camera in quarta lettura) in cui si prevede che vengano privilegiati gli aspetti educativi e rieducativi, stanziando fondi specifici proprio per il lavoro nelle scuole della polizia postale nel triennio 2017-2019;
   in questa prospettiva la specialità della polizia postale e delle comunicazioni, oltre alla repressione ed al contrasto dei crimini perpetrati tramite la rete internet, attua un'attività di prevenzione e formazione, rivolta ai ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori italiane, per fornire agli studenti ed alle famiglie, oltre che agli insegnanti, conoscenze idonee a garantire una navigazione in rete consapevole e sicura;
   questo ruolo educativo è previsto anche dalla legge n. 107 del 2015 (la cosiddetta «buona scuola») laddove si premette l'importanza di prevenire i rischi e i pericoli della rete, attraverso collaudati progetti di sensibilizzazione e formazione degli insegnanti e workshop gratuiti presso le scuole che ne fanno richiesta;
   già nel 2014 era stata presentata dall'interrogante al Ministro dell'interno una interrogazione parlamentare per evitare la soppressione di 74 sezioni provinciali di polizia postale e delle comunicazioni, la cui chiusura venne poi evitata;
   ora si ripresenta questa evenienza, difficilmente comprensibile, anche in una logica di contenimento della spesa, poiché tale specialità consente di intercettare reati e prevenire conseguenze e costi anche molto pesanti;
   la razionalizzazione delle risorse umane, a cui è finalizzata detta chiusura, vanifica in gran parte l'esperienza e la professionalità acquisita nel corso degli anni dal personale specializzato delle sezioni di polizia postale e delle comunicazioni destinate alla chiusura;
   infine, gli uffici delle sezioni di polizia postale sono sovvenzionati da Poste Italiane, che assume sul proprio bilancio i costi di gestione, non gravando quindi su quelli del Ministero dell'interno –:
   se il Ministro non ritenga opportuno evitare la soppressione delle sezioni di polizia postale e delle comunicazioni di cui in premessa che porterebbe al depotenziamento di una specialità resa sempre più necessaria dalla crescente esigenza di prevenzione e contrasto dei reati informatici commessi tramite la rete internet, soprattutto a danno dei minorenni;
   se non ritenga il Ministro interrogato di assumere iniziative affinché tale specialità sia potenziata, implementata e dotata dei migliori e più avanzati mezzi tecnologici per prevenire, contrastare e reprimere i reati via web, in particolare considerando che le sezioni presenti sul territorio, oltre alla prevenzione e al contrasto del fenomeno, garantiscono un rapporto diretto con i cittadini attraverso la quotidiana attività per acquisire denunce, esposti e richieste sui reati online.
(3-02797)


   ANZALDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da mercoledì 15 febbraio 2017 in tutta Italia si registra una astensione dal lavoro dei taxi;
   tale agitazione non preannunciata è stata dichiarata dalla Commissione di garanzia sciopero in violazione delle norme sugli scioperi e sta determinando gravi disagi nelle maggiori città ed in particolare nella capitale;
   le origini della protesta risiederebbero nello slittamento di ulteriori 12 mesi di una normativa di riforma e regolamentazione delle aziende di noleggio con conducente (ncc) e servizi come Uber prevista nel cosiddetto «decreto Milleproroghe» il cui disegno di legge di conversione è stato approvato in prima lettura dal Senato;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per martedì 21 febbraio 2017 ha convocato una riunione sulla questione presso il suo Ministero;
   nonostante questa disponibilità, le agitazioni permangono e addirittura gli stessi tassisti che pure vorrebbero riprendere servizio, davanti alle telecamere del Tg1 hanno detto di non poterlo fare perché avrebbero subito ritorsioni da parte di colleghi più oltranzisti;
   si tratta di affermazioni rilasciate nella Capitale e di rilevante gravità;
   non si hanno notizie di interventi della amministrazione comunale di Roma in merito, anche attraverso la polizia municipale; finora la sindaca Virginia Raggi e i suoi assessori non hanno preso alcuna misura in merito al caos determinato da questo «sciopero selvaggio» che provoca un grave disservizio alla città;
   si è quindi in presenza di un problema di ordine pubblico gravissimo –:
   se il Governo non intenda attivarsi affinché prefettura e questura di Roma, alla luce della perdurante assenza di interventi da parte del comune di Roma, prevengano e contrastino, per quanto di competenza, eventuali atteggiamenti illegittimi di appartenenti alla categoria che impediscono il ripristino del servizio e che provocano rilevanti conseguenze sul piano dell'ordine pubblico. (3-02799)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRANTI, LENZI, GNECCHI, SCANU, MORANI, CINZIA MARIA FONTANA, GARAVINI, MARANTELLI, ROSSOMANDO, GIULIANI, IORI, ZAMPA, GHIZZONI, AMATO, ANTEZZA, BENI, PAOLA BOLDRINI, BOSSA, CAROCCI, CARROZZA, CASELLATO, CAUSI, COMINELLI, DI LELLO, FRAGOMELI, LODOLINI, PATRIZIA MAESTRI, MALISANI, MARIANO, MELILLI, MIOTTO, NICOLETTI, PATRIARCA, PIAZZONI, SCHIRÒ, SGAMBATO, TERROSI, VENITTELLI e VICO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i gruppi chiusi su Facebook riconducibili al fenomeno del cosiddetto «stupro virtuale» stanno oramai proliferando anche in Italia;
   si tratta di gruppi chiusi all'interno dei quali sono pubblicate foto di donne anche sconosciute a chi le pubblica – la cui immagine viene carpita per strada o presa dalla rete – che vengono esposte a commenti insultanti, anche inneggiando alla violenza ed allo stupro;
   da un articolo del Fatto quotidiano del 19 gennaio 2017, si apprende che Raffaele Sollecito, che di alcuni gruppi chiusi è anche amministratore, partecipa, tra gli altri, al gruppo «Pastorizia never dies», all'interno del quale, in particolare, rispondendo ad altri commentatori che si riferivano a lui e alla drammatica vicenda dell'omicidio di Meredith Kercher, si è esposto pubblicando commenti particolarmente inquietanti che incitano alla violenza o al razzismo, come quando un utente chiede al gruppo se qualcuno abbia suggerimenti su come «fare fuori la sua ex che lo ha lasciato per un ragazzo di colore» e Sollecito risponde «Nei letamai si nasconde tutto, a me il letamaio ha salvato due volte», mentre altri partecipanti al medesimo gruppo gli rispondono «Dacci il nome di questa lurida...a», «L'acido !», «Investila», ovvero chiedono che sia pubblicata la foto e il nome della ragazza in questione;
   lo stesso Sollecito prosegue pubblicando «barzellette» su di lui ed i coltelli, quando la morte di Meredith Kercher fu individuata in un'emorragia provocata da una ferita al collo causata da un oggetto acuminato come un coltello, e mostra anche di divertirsi, pubblicando «emoticon» sorridenti, quando qualcun altro gli chiede se «nel piatto ci sia Meredith, che è più croccante» e quando un utente posta una foto che ritrae lui, Amanda Knox e Rudy Guedè modificata in modo che vi risulti impressa la scritta «Il negro dentro e i bianchi fuori !», nonché quando qualcuno pubblica la foto della povera Meredith con la scritta: «Quando lei non ti risponde al telefono e allora le mandi un sollecito»;
   ancora più grave, per possibili risvolti penali, è la risposta data da Sollecito alla domanda di un utente che gli scriveva «Maestro mi insegni come si cancellano le tracce di un delitto che ho due cose da risolvere ?», considerato che Sollecito ha risposto, ironizzando ed al contempo fornendo istruzioni su come cancellare le tracce di un delitto, con esplicito riferimento alla tracce organiche che hanno rappresentato una delle prove fondamentali che hanno condotto alla condanna di Rudy Guedè per l'omicidio di Meredith Kercher; 
   alcune delle frasi riportate, al di là dell'evidente disgusto che possono suscitare e del disvalore sociale che le accompagna, appaiono agli interroganti soprattutto tali da integrare condotte di dubbia liceità; a tal fine va tenuto conto di quanto previsto dalla legge Mancino, la legge 25 giugno 1993, n. 205, anche alla luce della sentenza della Corte di cassazione (n. 42727 del 2015) –:
   se e quali misure siano state adottate dalla polizia postale e delle comunicazioni in merito alla pubblicazione, in via telematica, di affermazioni che paiono agli interroganti di dubbia liceità;
   se siano state avviate indagini in relazione alle condotte sopra descritte;
   se alla luce di quanto emerso anche in relazione ad altri casi, non si ritenga necessaria una iniziativa normativa al fine di contrastare efficacemente il fenomeno del cosiddetto «stupro virtuale». (5-10647)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAMPA, PAOLA BOLDRINI, PATRIZIA MAESTRI, FABBRI, ARLOTTI, MARCO DI MAIO, IORI, ROMANINI e LATTUCA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il programma nazionale (PN) del Fondo asilo, migrazione e integrazione (FAMI) avviato dal Ministero dell'interno per il periodo 2014-2020 individua i fabbisogni di medio termine più avvertiti nel settore dell'asilo, dell'integrazione e dei rimpatri, declinando per ciascuna area gli obiettivi di carattere prioritario ed i risultati funzionali al loro conseguimento;
   tra gli obiettivi specifici del programma è prevista la qualificazione del sistema di assistenza ai minori stranieri non accompagnati (MSNA) attraverso il rafforzamento del sistema di accoglienza a favore dei minori stranieri non accompagnati (articolo 5, comma 1, 2o paragrafo lett. f)) ed il potenziamento dei servizi d'accoglienza e assistenza specifica per minori stranieri non accompagnati con un risultato atteso di circa 4.000 posti di accoglienza dedicati;
   con riferimento ai sistemi di pronta accoglienza per minori stranieri non accompagnati nel comune di Bologna, si registrano due tipologie di strutture rispetto alle quali non è prevista interazione:
    1) il sistema locale — con una capienza di 15 posti massimo – gestito dall'azienda pubblica dei servizi alla persona (ASP) della città di Bologna che accoglie minori stranieri non accompagnati rintracciati sul territorio. Su questo sistema, oltre ad un consistente flusso di albanesi, sono confluiti molti minori presumibilmente sbarcati al sud d'Italia. Tale sistema – da settembre a dicembre 2016 – è risultato stabilmente saturo, tanto da costringere l'Asp a inviare – anche fuori territorio – i minori nei sistemi di seconda accoglienza là dove erano presenti posti disponibili;
    2) il sistema nazionale (Fami) — con una capienza di 50 posti gestito dalla struttura di missione nazionale. I minori collocati attraverso questo sistema sono in parte provenienti dall'Hub regionale emiliano con sede a Bologna, mentre la maggior parte provengono dalle strutture di Palermo, Foggia e Catania, Reggio Calabria, su espressa indicazione e individuazione della struttura di missione nazionale;
   a quanto risulta molti dei posti afferenti al sistema nazionale (Fami) di prima accoglienza sono rimasti inoccupati per lunghi periodi, mentre il sistema locale registrava la saturazione dei posti disponibili. Nonostante le reiterate richieste inoltrate alla struttura di missione nazionale, non è stato possibile trasferire i minori dal sistema locale presso la struttura Fami;
   solo i minori presenti nell'Hub regionale considerati vulnerabili sono stati trasferiti presso il Fami, mentre gli altri sono rimasti presso l'Hub di Bologna –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per ovviare al problema, consentendo un opportuno interscambio tra i due sistemi, al fine di rendere efficiente ed efficace l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio dell'Emilia Romagna. (4-15651)


   COCCIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la crescita dei movimenti neofascisti è ormai un fenomeno costante. Molti ragazzi tra i 15 e i 18 anni sono entrati in questi anni nelle fila dei movimenti storici dell'estrema destra romana;
   questo fenomeno accade anche nelle scuole dove all'esterno di molti istituti superiori sono stati organizzati sit-in e volantinaggi;
   come riportato da alcuni quotidiani, gli inquirenti pensano che questo sia il frutto di alcune strategie dei gruppi neofascisti sul territorio che si manifestano attraverso la penetrazione nel mondo delle tifoserie, sempre più a destra anche in contesti minori (serie D e campionati dilettanti). In questo modo, i vari «spezzoni» dell'ultradestra hanno potuto attingere a un bacino considerevole di studenti e studentesse. In secondo luogo, specie con l'ascesa di CasaPound, i gruppi hanno puntato molto sulla dimensione localistica: piccole organizzazioni di 5 o 10 militanti impegnate in «azioni» e «rivendicazioni» (specie sul fronte immigrazione) a carattere territoriale. Infine, la retorica della violenza «necessaria per far valere le proprie ragioni», calamita di rabbia e rivolta giovanile;
   questi episodi rappresentano, a giudizio dell'interrogante, il sintomo di una realtà assai preoccupante: il manifestarsi di un'estrema destra che vuole usare la scuola e i giovani con parole d'ordine spesso discriminatorie, omofobe e razziste –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per prevenire e contrastare questi fenomeni al fine di rafforzare la convivenza civile e riconfermare il valore costituzionale dell'antifascismo nella città di Roma;
   quali iniziative il Governo intenda avviare affinché, sulla base delle norme e dei valori della Costituzione italiana, sia favorita la cultura del rispetto e della non violenza. (4-15661)


   MANTERO, SIMONE VALENTE e BATTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'interno, con successivi decreti ministeriali, da ultimo con decreto ministeriale 21 maggio 1984, n. 4932/151.XXVII/C.2410, ha autorizzato il comune di Sanremo, in deroga le leggi vigenti, all'esercizio di giochi d'azzardo nel casinò municipale;
   su indicazione del Ministero dell'interno presso la casa da giuoco del comune di Sanremo è stato istituito nel 1946 il corpo ispettivo dei controllori comunali e con deliberazione del consiglio comunale n. 231 del 12 dicembre 1998, divenuta parzialmente esecutiva per decorrenza dei termini, come da ordinanza del Co.Re.Co. n. 5100/7119/l del 10 marzo 1989 di parziale annullamento e integrata con deliberazione del consiglio comunale n. 86 del 29 marzo 1989 esecutiva, è stato approvato il «regolamento del Corpo speciale di controllo del comune di Sanremo presso il casinò Municipale»;
   l'attività del Corpo speciale si svolge su due livelli di interventi: uno di controllo diretto ai tavoli da gioco e alle slot machine e uno indiretto di monitoraggio delle attività svolte dalla gestione in relazione al gioco;
   con deliberazione di giunta n. 261 del 30 dicembre 2016 il comune di Sanremo ha disposto una serie di misure volte a sospendere di fatto il «regolamento del corpo speciale di controllo del comune di Sanremo presso il casinò municipale» adottato con deliberazione del consiglio comunale n. 231 del 12 dicembre 1998 e successive modificazioni, ossia sospendendo di fatto temporaneamente l'attività del corpo speciale dei controllori presso la casa da gioco sanremese, in vista di un non meglio identificato riordino dei controlli che, a quanto sembra dagli organi di stampa, vedrà estromesso l'ente comunale dal controllo sui giochi d'azzardo;
   il 30 gennaio la giunta comunale di Sanremo con la delibera, n. 10, ha avuto un ripensamento alla luce del tempo occorrente per una reale rivisitazione dell'attuale sistema di controllo, rivisitazione che, secondo la delibera, richiede l'ulteriore acquisizione di elementi di valutazione circa l'efficacia dei controlli medesimi ed il loro coordinamento con normative sopravvenute aventi le medesime finalità dei controlli ispettivi sul casinò;
   si dichiara superata la deliberazione di giunta comunale n. 261 del 30 dicembre 2016, i cui effetti si sono esauriti nello stretto periodo transitorio necessario a sperimentare una diversa soluzione, ritenendo opportuno stipulare contratti di collaborazione, con i medesimi dipendenti comunali destinatari degli incarichi intercorsi fino al 31 dicembre 2016, per un periodo massimo di mesi sette, fatto salvo un più breve termine in caso di individuazione di una nuova modalità di controllo prima di tale data, in modo da giungere, al più tardi entro il 30 settembre 2017, alla soluzione organizzativa definitiva;
   a quanto consta agli interroganti il comune di Sanremo, al fine di garantire il controllo sul gioco, ha proposto al Ministero, che il rapporto contrattuale dei cosiddetti «controllori ausiliari» venga perfezionato in capo alla Casinò spa, in relazione ai soggetti dipendenti del comune, quale soluzione temporanea a decorrere dal 1o gennaio 2017 e per un periodo massimo di 9 mesi, fino al 30 settembre 2017;
   la perfetta trasparenza dei controlli sullo svolgimento delle operazioni di apertura, chiusura e svolgimento dei giochi secondo l'interrogante non può prescindere da un effettivo controllo incrociato da parte degente comunale, ente pubblico, e della casa da giuoco: la delibera n. 10 del 2017 ha solo rimandato di alcuni mesi lo stravolgimento delle procedure, che di fatto indeboliranno i controlli su un'attività che ogni giorno movimenta ingenti quantità di denaro e per questo secondo l'interrogante può essere obiettivo di disegni criminosi –:
   se il Ministro interrogato intenda esprimersi al riguardo e se intenda assumere le iniziative di competenza per garantire la massima trasparenza e mantenere altissimo il livello di guardia in un settore di per sé ad alto rischio di infiltrazione malavitosa come quello del giuoco d'azzardo. (4-15667)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata:


   VIGNALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge di bilancio per il 2017 ha previsto, per il triennio 2017/2019, misure a sostegno degli studenti universitari;
   viene ridefinita la disciplina in materia di contributi dovuti dagli studenti iscritti ai corsi di laurea delle università statali, istituendo una «no tax area» per gli studenti fino al primo anno fuori corso appartenenti ad un nucleo familiare con indicatore della situazione economica equivalente fino a 13 mila euro e prevedendo altre misure di sostegno per gli studenti con nucleo familiare avente reddito isee superiore a 13.000 euro;
   l'ambito di applicazione di tali misure riguarda gli studenti delle università statali e le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica;
   a decorrere dal 2017, le risorse sono ripartite tra le università statali, in proporzione al numero degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione, cui si aggiunge, dal 2018, il numero degli studenti esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale, moltiplicati per il costo standard per studente in corso, di ateneo;
   in conseguenza della nuova disciplina sugli esoneri dal pagamento dei contributi universitari, il fondo per il finanziamento ordinario delle università statali è stato dunque incrementato di 55 milioni di euro per il 2017 e di 105 milioni di euro annui dal 2018;
   lo stesso criterio di gestione delle risorse dovrà essere seguito anche dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per la ripartizione delle risorse tra le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica;
   per quanto riguarda le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, però, le risorse dovranno rinvenirsi nel fondo annuale di dotazione allocato sul capitolo 1673, pagina 5, dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   a differenza di quanto avvenuto per il fondo per l'università statali, tale capitolo di bilancio non ha beneficiato di significativi incrementi di finanziamento, né le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica accedono all'incremento del fondo per il finanziamento ordinario espressamente destinate alla copertura delle minori entrate derivanti dall'incremento degli esoneri;
   alla luce delle richiamate disposizioni, risulterebbe che le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, parte integrante del sistema universitario, subiscano un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli istituti universitari statali, non apparendo chiaro con quali risorse potranno far fronte alle minori entrate previste derivanti dalle esenzioni contributive in questione –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative volte a estendere l'operatività del fondo per il finanziamento ordinario, la cui dotazione è stata incrementata anche agli istituti dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica o a finanziare adeguatamente il fondo annuale di dotazione previsto per le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica. (3-02804)


   CIRACÌ. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1-quinquies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 ha disposto, a decorrere dall'anno accademico 2005-2006, la statizzazione e l'accorpamento dell'istituto musicale parificato, gestito dal comune di Ceglie Messapica, al conservatorio statale di musica Tito Schipa di Lecce, in qualità di sezione staccata, assumendo l'ordinamento previsto per i conservatori musicali e relativo funzionamento in forme e modi prescritti per le predette istituzioni;
   con apposita convenzione stipulata il 7 marzo 2006 tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed il suddetto comune, sono state stabilite modalità e termini dell'accorpamento, per il cui funzionamento, compresi gli oneri per il trattamento economico, è attribuito lo stanziamento di 141 mila euro a decorrere dall'anno 2005, articolo 1-quinquies, comma 2;
   considerata l'inerzia del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il 22 aprile 2014 il conservatorio, visti l'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 febbraio 2013 e l'articolo 22, commi 1, lettera d), e 2 del proprio statuto, ha trasmesso al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per approvazione interministeriale, la delibera con la quale il consiglio di amministrazione, nella seduta del 20 marzo 2014, rideterminava la pianta organica del conservatorio di musica Tito Schipa di Lecce, relativamente alla sezione staccata di Ceglie Messapica;
   nonostante le disposizioni finanziarie, di cui al comma 2 dell'articolo 1-quinquies, prevedessero il contributo ministeriale annuale per il funzionamento, compreso il trattamento economico dei docenti, pari a 141 mila euro, progressivamente ridottosi fino alla quantificazione in circa 70 mila euro nel periodo 2015-2016, il comune di Ceglie Messapica si è fatto carico degli oneri previsti per la retribuzione del personale docente, impegnando sul proprio bilancio consistenti cifre;
   le sollecitazioni al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca da parte del conservatorio e del comune, finalizzate alla richiesta di delucidazioni in ordine alle previste dotazioni finanziarie che, ai sensi dell'articolo 1-quinquies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, avrebbero dovuto essere a carico del bilancio dello Stato non sono mai state oggetto di risposta o indicazioni da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, mentre il Ministero dell'economia e delle finanze con nota 49355/2016 del 6 giugno 2016, a firma del Ragioniere generale dello Stato, ha inteso specificare che è compito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvedere ad integrare il citato capitolo di spesa in questione –:
   quali siano le cause per le quali, in relazione alla delibera n. 4 del 20 marzo 2014 con la quale il consiglio di amministrazione del citato conservatorio rideterminava la pianta organica della sezione staccata di Ceglie Messapica, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non abbia mai comunicato, alla medesima istituzione artistica, alcuna indicazione in ordine alla ridefinizione della suddetta pianta organica. (3-02805)

Interrogazione a risposta scritta:


   ALLASIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'associazione Ades (Amici e discendenti degli esuli giuliani, istriani, fiumani e dalmati) di Monza, è stata contattata dagli studenti dell'istituto «Erasmo da Rotterdam» di Nichelino per relazionare a scuola – in occasione di una giornata di cogestione con gli insegnanti sul tema delle foibe;
   questo fatto ha acceso una rovente polemica con l'Anpi cittadina che si è scagliata contro l'evento. Infatti, due esponenti dell'associazione partigiani si sono presentati nell'ufficio della preside dell'istituto, pretendendo l'annullamento della manifestazione, perché i membri dell'Ades sarebbero neofascisti; parrebbe che il capo di Ades avrebbe coltivato rapporti con il gruppo Lealtà Azione che parrebbe professare l'ideologia neofascista;
   a detta della preside, invece, i rappresentanti di Ades hanno parlato agli alunni per quasi due ore delle foibe, e non ci sarebbe stata nessuna apologia, e nessuna propaganda fascista;
   tra l'altro, l'associazione è nell'elenco di quelle riconosciute dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:
   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato sui fatti narrati in premessa e quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di impedire in futuro ingerenze così pesanti da parte di soggetti esterni alla scuola che ad avviso dell'interrogante, oltre ad impedire alla scuola medesima di svolgere in maniera adeguata il proprio progetto didattico, minano fortemente l'autonomia dei dirigenti scolastici. (4-15648)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Corte costituzionale, nella sentenza n. 369 del 19 dicembre del 1985, richiama alla necessità di emanare norme in grado di garantire ai lavoratori italiani all'estero la stessa tutela previdenziale prevista per i lavoratori occupati in Italia;
   nel marzo 2015 una mozione, a prima firma dell'interrogante, chiedeva di monitorare lo stato delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale in essere e verificare la loro compatibilità con le modifiche intervenute nel sistema previdenziale italiano e l'eventuale conseguente necessità di rinegoziazione, oltre alla verifica, a fronte dell'aumentata mobilità internazionale di lavoratori e lavoratrici sia in uscita che in ingresso in Italia, della necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di sicurezza sociale e di aggiornare quelli in vigore, a garanzia di una più adeguata, efficace ed ampia tutela previdenziale;
   l'Accordo di sicurezza sociale tra Italia e Stati Uniti, stipulato il 23 maggio 1973, varie volte modificato, risulta ormai datato e quindi non più pienamente rispondente alle reali esigenze dei lavoratori. Pertanto, appare necessario adeguarlo tenendo conto dell'attuale complessità del fenomeno migratorio e dei mutamenti che sono intercorsi in questi anni;
   infatti, oggi, negli Usa vi è anche una presenza di lavoratori italiani, ex Inpdap, che non sono contemplati nell'Accordo sulla sicurezza sociale tra i due Paesi;
   l'interrogante ritiene importante procedere alla modifica di tale Accordo, consentendo anche ai lavoratori Inpdap di usufruire dell'Accordo bilaterale Italia/Usa con la Social security administration statunitense e, quindi, di poter godere della totalizzazione dei contributi previdenziali;
   il 2 dicembre 2015, con una lettera, l'interrogante chiese all'allora Sottosegretario Mario Giro di adoperarsi «affinché sia posta, al più presto, nell'agenda del Governo, la modifica della Convenzione sulla sicurezza sociale tra l'Italia e gli Usa». Tale sollecitazione fu raccolta positivamente ed il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale pose tra le sue priorità del 2016 la revisione dell'Accordo di sicurezza sociale Italia-Usa;
   successivamente, il 5 maggio 2016, l'allora Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, in risposta alla richiesta di informazioni sullo stato dell'arte, osservava che: «Sono state accolte le proposte di estendere le tutele previdenziali a categorie di lavoratori finora escluse, come i dipendenti pubblici. Le confermo quindi che la revisione dell'Accordo rientra tra quelli considerati prioritari dal Governo»;
   è necessario tutelare i diritti di tutte le categorie di lavoratori –:
   se il Ministro interrogato possa definire una tempistica certa per la conclusione del citato negoziato. (3-02806)


   GRIBAUDO, DAMIANO, DELL'ARINGA, GNECCHI, ALBANELLA, ARLOTTI, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, DI SALVO, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, INCERTI, PATRIZIA MAESTRI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, ROSTELLATO, ROTTA, SIMONI, TINAGLI, ZAPPULLA, MARTELLA e BINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come noto, Anpal servizi s.p.a., già Italia lavoro, è una struttura in house dell'Anpal, quest'ultima sottoposta all'indirizzo e alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   Anpal servizi promuove azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale, fornendo assistenza tecnica a centri per l'impiego ed enti locali;
   il personale a tempo indeterminato di Italia lavoro ammontava a meno di 450 unità, risultando l'operatività dell'ente in gran parte affidata ai circa 800 operatori contrattualizzati come collaboratori o, in minima parte, con contratti a tempo determinato;
   i circa 800 operatori erano tutti in scadenza il 31 dicembre 2016 e, ad oggi, risultano prorogati solo fino al 31 marzo 2017;
   il presidente Del Conte ha ripetutamente annunciato un rafforzamento delle politiche attive per il lavoro, con l'assunzione di mille tutor per scuole superiori e università;
   la recente giurisprudenza ha affermato che le assunzioni nelle partecipate totalmente pubbliche devono applicare regole «concorsuali» analoghe a quelle per la pubblica amministrazione, di cui all'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165; tale previsione, a parere degli interroganti, non inficerebbe il rinnovo o la proroga di detti contratti, tenuto conto, da un lato, le esigenze aziendali e, dall'altro, il rispetto, in occasione della stipula del contratto originario, dei principi di imparzialità, trasparenza e pubblicità delle procedure di reclutamento –:
   se il Ministro interrogato abbia individuato, di concerto con Anpal, risorse e modalità per la piena prosecuzione delle attività già assicurate da Italia lavoro dopo la sua trasformazione in Anpal servizi, anche avvalendosi delle competenze, accumulate con anni di esperienza e attestate tramite svariate procedure selettive, dai collaboratori e dipendenti a tempo determinato, evitando l'ennesimo percorso selettivo e assicurando, in piena coerenza con il Jobs act, il potenziamento delle politiche attive del lavoro e un sempre minore ricorso ai contratti precari, attraverso un percorso di stabilizzazione in continuità per i collaboratori attualmente in servizio. (3-02807)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, CAMPANA, TERROSI, RUBINATO, IACONO, CAPOZZOLO e TIDEI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o dicembre 2016, n. 225, ha introdotto una nuova forma di definizione agevolata dei ruoli affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016;
   per effetto di tale norma il contribuente che intende accedere alla procedura deve, entro il 31 marzo 2017, inviare all'agente di riscossione apposita dichiarazione, con il modulo «DA1» pubblicato in data 5 novembre 2016 sul sito web di Equitalia;
   l'agente della riscossione, entro il 31 maggio 2017, ha l'obbligo di comunicare a chi ha presentato la domanda il nuovo importo dovuto e le relative scadenze di pagamento delle rate richieste;
   possono accedere alla definizione agevolata anche i contribuenti che hanno in essere una dilazione di pagamento, a condizione che rispetto ai piani rateali, risultino pagati tutti i versamenti con scadenza dal 1o ottobre 2016 al 31 dicembre 2016;
   il problema che si pone è che l'impresa che richiede l'accesso alla definizione agevolata delle cartelle esattoriali relative a contributi previdenziali, in base a quanto previsto dal decreto-legge n. 193 del 2016, risulta con documento unico di regolarità contributiva (Durc) irregolare fino a quando non paga la prima o unica rata prevista dal piano messo a punto con Equitalia in seguito alla richiesta, con la conseguenza che risulta pregiudicata la partecipazione a gare e appalti e a tutti gli adempimenti che richiedono un Durc in corso di validità;
   le aziende, pertanto, che operano soprattutto per le amministrazioni pubbliche e che hanno presentato l'istanza di «rottamazione», se pur ammesse all'agevolazione, saranno considerate prive della regolarità contributiva ai fini del rilascio del Durc e, quindi, si vedranno bloccare i pagamenti delle forniture dei propri servizi;
   sarebbe auspicabile che l'azienda che ha presentato l'istanza venisse ritenuta «regolare» almeno fino alla prima scadenza prevista a luglio 2017 e che l'irregolarità eventualmente venisse registrata in caso di mancato versamento della prima rata o, in alternativa, che l'azienda potesse versare la prima rata a sua scelta dal momento della richiesta e fino al 31 luglio, in modo che, se in tale lasso di tempo avesse necessità di richiedere il Durc, potrebbe adeguarsi effettuando prima il pagamento della prima rata e non risultando quindi irregolare –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica esposta e se intenda assumere urgentemente le iniziative di competenza affinché tale situazione venga al più presto risolta. (5-10638)


   SILVIA GIORDANO, DI VITA, MANTERO, GRILLO, LOREFICE, NESCI e COLONNESE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del 26 settembre 2016 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute e il Ministro dell'economia e delle finanze, ha definito l'assegnazione e il riparto delle risorse del «Fondo per le non autosufficienze per l'anno 2016» (FNA), destinando alla regione Piemonte risorse pari ad euro 31.317.000,00; in base al decreto succitato l'erogazione delle risorse previste viene subordinata alla valutazione di un programma attuativo;
   con delibera della giunta regionale n. 24-4270 del 28 novembre 2016 della regione Piemonte, «Fondo statale per le non autosufficienze, annualità 2016. Approvazione “programma attuativo” di cui al comma 1 dell'articolo 5 del decreto interministeriale del 26 settembre 2016» è stato approvato il programma attuativo contenente le indicazioni ministeriali;
   il decreto interministeriale del 26 settembre 2016 ha assegnato alla regione Piemonte 31.317.000 euro;
   la deliberazione della giunta regionale 28 novembre 2016, n. 25-427, ha destinato la quota di euro 12.526.800,00, pari al 40 per cento della somma totale assegnata, in favore delle persone in condizioni di disabilità gravissima, come di seguito descritto:
    a) ai fini di garantire la continuità degli interventi in essere a favore delle persone affette da Sla per l'anno 2016, si riserva, dalla somma di 12.526.800 euro, una quota pari a euro 3.600.000 per assicurare le prestazioni ai malati di Sla, secondo un modello organizzativo specifico concordato con le associazioni rappresentative dei malati di Sla (Apasla, Aisla, Comitato 16 novembre, Associazione Ursla, Una Voce per Michele, Associazione Gabriella Bertino); i criteri di riparto di tale quota saranno oggetto di successiva ed apposita deliberazione;
    b) a restante somma di euro 8.926.800,00, suddivisa in coerenza con la ripartizione tra anziani e disabili stabilita dalla deliberazione relativa alla ripartizione del fondo nazionale per le non autosufficienze anno 2015, è destinata a favore delle persone in condizioni di disabilità gravissima, di cui al comma 2 dell'articolo 3 del decreto interministeriale del 26 settembre 2016 e sarà ripartita a favore dei singoli enti gestori con i criteri della delibera della giunta n. 39-11190 del 6 aprile 2009 e della delibera della giunta n. 56-13332 del 15 febbraio 2010 e precisamente:
     euro 7.132.190,84 per gli anziani non autosufficienti facendo riferimento alla popolazione con più di 65 anni (fonte BDDE);
     euro 1.794.609,16 per i disabili in base ai seguenti criteri: 50 per cento con riferimento alla popolazione residente di età compresa tra 0 e 64 anni (fonte BDDE) e 50 per cento con riferimento al numero di persone disabili in carico agli enti gestori;
   la deliberazione della giunta regionale 28 novembre 2016, n. 25-4271, ha previsto che le persone adulte affette da Sla da altre malattie del motoneurone che beneficiano del contributo economico specifico e le persone che beneficiano dei contributi per i progetti di vita indipendente, disciplinati dalle linee guida approvate dalla delibera della giunta n. 48-9266 del 21 luglio 2008, possano presentare la domanda per ottenere il contributo economico in questione, ma nel momento in cui quest'ultimo contributo venga loro riconosciuto, non è cumulabile con quello previsto dalle rispettive deliberazioni di riferimento;
   la ripartizione del fondo per le non autosufficienze stabilito dalla regione Piemonte, e la relativa distribuzione, ad avviso degli interroganti sta determinando una disparità di trattamento tra persone in condizione di disabilità gravissima assistite nel territorio piemontese –:
   se non intendano rendere noti, sulla base della documentazione fornita al Governo, dalla regione Piemonte, i dati disponibili relativi al monitoraggio dei flussi finanziari e, nello specifico, quelli relativi ai trasferimenti effettuati e agli interventi finanziati con le risorse del fondo, nonché alle procedure adottate per favorire l'integrazione sociosanitaria nella programmazione degli interventi;
   se il Governo intenda assumere iniziative per incrementare le risorse del Fondo nazionale per le non autosufficienze al fine di evitare scelte discriminatorie come quelle evidenziate in premessa. (5-10643)


   COMINARDI, CHIMIENTI, TRIPIEDI, DALL'OSSO, ALBERTI, PESCO e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Sevel s.p.a. è un'azienda automobilistica italofrancese nata nel 1978 come joint-venture fra la Fiat ed il gruppo PSA (Peugeot e Citroën). La società, che si occupa della produzione dei veicoli commerciali e di alcuni monovolume per la Fiat, Lancia, Citroën e Peugeot, dispone di due impianti produttivi: uno ad Atessa, in provincia di Chieti, ed uno in Francia;
   lo stabilimento in provincia di Chieti, che è considerato un importante motore per l'economia dell'Abruzzo ed è la più grande fabbrica italiana della FCA, consta di 6.500 dipendenti che producono veicoli commerciali venduti in 80 Paesi del mondo, portando la Sevel al primo posto in Europa nelle vendite del suo segmento;
   il 7 febbraio 2017 un addetto alla catena di montaggio «Ute1» è stato vittima di un increscioso episodio, come riportato anche sul sito de « L'Espresso» in un articolo del 9 febbraio 2017. L'operaio, dopo essersi sentito più volte negare il permesso di recarsi in bagno, è stato costretto ad urinarsi addosso;
   nonostante i ritmi di lavoro siano frenetici e per risparmiare manchi il personale per le sostituzioni, così come dichiarato in una nota dal sindacato Usb abruzzese, negare ad un lavoratore il diritto di andare al bagno per espletare i bisogni fisiologici è di una gravità assoluta;
   ledere la dignità di un uomo per mettere al primo posto la produzione cancella tutte le lotte fatte per ottenere i diritti dei lavoratori, riportando i lavoratori nell'epoca ante rivoluzione industriale; costringere un uomo a non abbandonare il posto di lavoro per soddisfare dei bisogni primari è un atto primitivo e disdicevole –:
   se il Ministro interrogato non intenda, in conseguenza di quanto indicato in premessa, di promuovere, per il tramite delle competenti strutture periferiche, accurate ispezioni ministeriali in tutti gli stabilimenti appartenenti al gruppo FCA, a partire dal sopraindicato stabilimento Sevel di Atessa, al fine di verificare il rispetto delle condizioni minime di dignità dei lavoratori compreso il rispetto delle pause fisiologiche. (5-10644)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   IACONO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la straordinaria ondata di maltempo che sta attraversando la Penisola con abbondanti nevicate sta causando ingenti danni e disagi per l'agricoltura Italiana;
   da una prima stima la perdita del settore agricolo per gli effetti dell'eccezionale ondata di maltempo potrebbe aggirarsi già intorno a 700 milioni di euro;
   per l'agroalimentare nazionale, ma soprattutto per l'agricoltura, è scattata così una nuova drammatica emergenza che si aggiunge alla difficile situazione che sta colpendo gli agricoltori italiani alle prese con costi produttivi sempre più onerosi;
   la situazione nelle aree colpite dagli eventi sismici è drammatica e nel resto della penisola è emergenza praticamente ovunque, con situazioni critiche in Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria e Campania;
   il maltempo ed il gelo hanno causato non solo danni alla produzione per centinaia di milioni di euro ma anche ingenti danni a beni strumentali, oltre ai problemi per il reperimento del foraggio con danni conseguenti per gli allevamenti;
   inoltre, il freddo rigido sta facendo lievitare anche consumi di gasolio agricolo, soprattutto per il riscaldamento delle serre e delle strutture aziendali e questo costringe gli agricoltori a sostenere ulteriori costi;
   le criticità maggiori sono nelle regioni del Sud soprattutto in Puglia ed in Sicilia dove si rischia di perdere buona parte degli agrumeti e dove si registrano danni per svariati milioni di euro;
   nei prossimi giorni si prevede un aumento del costo di diversi prodotti ortofrutticoli a causa dei danni prodotti dal maltempo di queste ore;
   il maltempo ha reso impraticabili moltissime strade di campagna e tanti agricoltori sono rimasti isolati per giorni, senza luce e acqua;
   le gelate si innescano in una già critica situazione del comparto agricolo, con rischio di forti perdite di reddito per gli agricoltori –:
   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro intenda assumere in seguito alla situazione di emergenza atmosferica e di grave danno per il settore agricolo;
   se non ritenga opportuno, vista l'importanza del comparto e lo stato di crisi in cui versa da tempo, convocare con urgenza un tavolo di confronto con le associazioni degli agricoltori, al fine di individuare misure condivise per garantire un sostegno economico al settore agricolo, danneggiato sia dalla crisi economica sia dalla situazione climatica, che in questi ultimi giorni ha causato ingenti danni al settore medesimo. (3-02796)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 39 (Modificazioni al decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, recante misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura) della legge 28 luglio 2016, n. 154 recante «deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale» (Gazzetta Ufficiale n. 186 del 10 agosto 2016), pur depenalizzando le infrazioni previste per la cattura sottomisura di una serie specie ittiche, ha introdotto per tali infrazioni, sanzioni amministrative a giudizio dell'interrogante, sproporzionate e irragionevoli (150.000 euro per il tonno rosso e fino a 75.000 euro per specie massive come alici, sarda e triglie) che rischiano di mettere in ginocchio un intero settore come quello commercializzazione e della ristorazione ittica;
   la norma richiamata in premessa – così come concepita e promulgata – minaccia di dare un colpo mortale al mondo della pesca, ad avviso dell'interrogante criminalizzando, attraverso l'introduzione di sempre più complessi e stringenti strumenti di controllo, un settore attorno al quale gravita un importante indotto occupazionale;
   tra le altre, infatti, sono previste sanzioni accessorie da applicare anche a pescherie e ristoranti, prevedendone in taluni casi la chiusura dell'esercizio commerciale, oltre alla revoca della licenza di pesca e l'impossibilità per le imprese del settore di accedere ai fondi comunitari per lo sviluppo e la tutela della filiera ittica;
   questo sistema di controllo e sanzionamento dell'attività di pesca risulta per l'interrogante fortemente penalizzante per un comparto come quello romagnolo che «vanta» soprattutto imbarcazioni e pescherecci di piccola taglia con equipaggi modesti nel numero (nella media 2-4 persone) e che operano in aree di pesca, dal punto di vista morfologico, completamente diverse rispetto agli oceani o ai grandi mari del Nord Europa;
   per questo motivo e per la propria dimensione e struttura, le imprese italiane risultano molto esposte al rischio criminalizzazione, per aver commesso infrazioni, il più delle volte determinate dalla impossibilità di evitarle, che non dalla volontà di commetterle;
   la politica promossa negli ultimi anni dall'Unione europea squalifica, ad avviso dell'interrogante, penalizzandole, le piccole e medie imprese del settore ittico nazionale ed in particolare romagnolo, favorendo così lo sviluppo e la competitività dei grandi gruppi extraeuropei e la concentrazione dell'attività in poche imprese in mano a pochi soggetti;
   si evidenzia al tempo stesso una cronica mancanza di dialogo tra le istituzioni e il mondo della pesca che ha generato, nel tempo, norme non rispondenti alle reali necessità e problematiche del settore;
   le marinerie emiliano-romagnole hanno dichiarato lo stato di agitazione per la critica condizione in cui versa il settore della pesca e per le problematiche ad oggi irrisolte e sopraelencate –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se corrisponda al vero e quali iniziative intenda assumere per tutelare il comparto ittico nazionale duramente colpito a giudizio dall'interrogante dalla normativa vigente in materia di pesca e acquacoltura; se non intenda attivarsi con urgenza per favorire il ripristino di un dialogo costruttivo e costante tra le istituzioni e il mondo della pesca al fine di evitare provvedimenti che risultano «calati dall'alto» e non rispondenti alle reali esigenze dei territori e degli operatori del settore;
   se intenda assumere iniziative per modificare, accogliendo le istanze del comparto ittico nazionale ed emiliano-romagnolo in particolare, l'articolo 39 della legge 28 luglio 2016, n. 154, che impone sanzioni per la cattura del pesce inferiore alla taglia minimo di riferimento che arrivano fino a 75 mila euro per alici, sarde e triglie, e a 150 mila euro per il tonno rosso, l'inasprimento delle pene accessorie e la revoca o la sospensione della licenza di pesca. (4-15659)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazioni a risposta immediata:


   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'inchiesta giornalistica che ha fatto emerge un fatto gravissimo che coinvolge direttamente la Presidenza del Consiglio dei ministri, il direttore generale dell'Unar, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, si è dimesso. A quanto si apprende dalle notizie pubblicate, l'associazione aggiudicatrice di un finanziamento di cinquantacinquemila euro per un bando pubblicato e finanziato dall'Unar sarebbe implicata nella gestione di luoghi di incontro finalizzati allo sfruttamento della prostituzione omosessuale e alla somministrazione di droghe;
   l'Unar è stato istituito con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, di recepimento della direttiva comunitaria n. 2000/43/CE, ed opera nell'ambito del dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   l'Unar nell'esercizio delle proprie funzioni è stata più volte soggetta a critiche per aver travalicato le proprie competenze. La Presidenza del Consiglio dei ministri è stata più volte interessata, in modo ufficiale, con lo strumento del sindacato ispettivo, in merito ad una gestione non sempre coerente delle attività istituzionali dell'Unar;
   non si tratta della prima volta che l'Unar si occupa e finanzia con fondi pubblici iniziative che vanno oltre e al di là delle sue competenze: è ben nota, infatti, la vicenda della diffusione nelle scuole, anche elementari, degli opuscoli «Educare alla diversità a scuola», realizzati dall'Istituto A. T. Beck su mandato dell'Unar, che aveva provocato la forte reazione delle associazioni dei genitori ma anche, successivamente, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ne ha bloccato la diffusione perché mai informato dell'iniziativa;
   secondo quanto riportato nel sito del dipartimento si apprende che «secondo quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2003, inerente la costituzione e l'organizzazione interna dell'Unar, l'Ufficio per l'attuazione dei propri compiti si avvale di un contingente composto da personale appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri e di altre amministrazioni pubbliche, nonché di esperti anche estranei alla pubblica amministrazione, dotati di elevata professionalità nelle materie giuridiche, nonché nei settori della lotta alle discriminazioni, dell'assistenza materiale e psicologica ai soggetti in condizioni disagiate, del recupero sociale, dei servizi di pubblica utilità, della comunicazione sociale e dell'analisi delle politiche pubbliche» –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere in relazione a quello che appare un utilizzo improprio di denaro pubblico, a partire dalla soppressione dell'Unar, ad avviso degli interroganti, non più procrastinabile. (3-02808)


   FABRIZIO DI STEFANO, PRESTIGIACOMO, CARFAGNA, DE GIROLAMO, CENTEMERO e BERGAMINI. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   in data 19 febbraio 2017 è andato in onda un servizio televisivo nell'ambito del programma Mediaset Le Iene che ha denunciato l'erogazione indiscriminata di finanziamenti ad associazioni pseudoculturali da parte dell'Unar, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali istituito presso il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, che si occupa di promuovere la parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni razziali, etniche e sessuali attraverso campagne di comunicazione e progetti in collaborazione con le associazioni no profit;
   il servizio televisivo parte dalla segnalazione anonima di un contatto intervistato da Filippo Roma che racconta di un'associazione cui farebbero capo alcuni circoli, saune e centri massaggi dedicati al mondo omosessuale, che alcune settimane fa si sarebbe aggiudicata un finanziamento di 55 mila euro tramite un bando dell'Unar;
   secondo quanto affermato all'interno dell'inchiesta, i fondi pubblici così ottenuti dall'associazione in questione sarebbero serviti non per realizzare progetti di promozione sociale, ma per finanziare un occultato business del sesso omosessuale anche a pagamento. In altre parole, si tratterebbe di una vera e propria attività commerciale che, celandosi dietro la denominazione di associazione, sfrutterebbe le numerose agevolazioni fiscali cui queste ultime hanno diritto (per via delle attività senza scopo di lucro), per portare avanti i propri interessi in modo indisturbato e senza alcun reale controllo;
   le dichiarazioni del contatto intervistato proseguono, menzionando come lo stesso ex direttore dell'istituzione finanziatrice (Unar), il dottor Francesco Spano, possegga la tessera d'iscrizione ad uno dei circoli destinatari del finanziamento, affermando altresì di essere a conoscenza dei riferimenti relativi al tesseramento (codice socio e numero di tessera, con data di rilascio e scadenza). Ne deriverebbe, dunque, una grave situazione di conflitto d'interessi;
   le dimissioni del direttore dell'Unar, dottor Francesco Spano, secondo gli interroganti non fanno altro che confermare la gravità di quanto accaduto –:
   se il Governo abbia intrapreso le necessarie ed opportune iniziative in merito ai fatti riportati in premessa e intenda chiarire quali siano i criteri in base ai quali l'Unar effettua i controlli, accredita le associazioni ai fini dell'inserimento nel proprio registro ed eroga alle stesse fondi pubblici e quale forma di vigilanza intenda esercitare al fine di verificare l'operato dell'Ufficio medesimo. (3-02809)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   tutti, cittadini e professionisti di area sanitaria hanno salutato con soddisfazione la recente approvazione dei nuovi livelli essenziali di assistenza, attesa da oltre 15 anni;
   in particolare, le persone affette da una malattia rara, definita da precisi parametri di incidenza epidemiologica, hanno visto finalmente riconosciuto il loro status di pazienti con esigenze particolari e possono ora contare su nuovi modelli di assistenza. Anche tutta la vasta operazione a favore delle vaccinazioni gratuite e disponibili per tutti, bambini ed anziani, è stata salutata molto positivamente, anche perché accompagnata da un'opportuna azione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Analogamente, è apparsa molto positiva la disponibilità di nuove terapie innovative, che permettono una sperimentazione scientificamente controllata;
   una categoria di pazienti è invece rimasta delusa da questa revisione dei livelli essenziali di assistenza: sono gli anziani, considerati nel loro status di anziani e non come portatori di patologie particolari. L'indice di vecchiaia dice che in Italia nel 2016 c'erano 161,4 anziani ogni 100 giovani, mentre l'indice di dipendenza strutturale, che rappresenta il carico sociale ed economico della popolazione non attiva su quella attiva dice che in Italia nel 2016 c'erano 55,5 individui a carico, ogni 100 persone che lavorano. Ma di un certo interesse è anche l'indice di ricambio della popolazione attiva, che rappresenta il rapporto percentuale tra la fascia di popolazione che sta per andare in pensione (55-64 anni) su quella che sta per entrare nel mondo del lavoro. In Italia nel 2016 l'indice di ricambio è stato di 126,5 e significa che la popolazione in età lavorativa è molto anziana;
   in questo contesto socio-demografico il riconoscimento del ruolo della visita geriatrica e della valutazione multidimensionale geriatrica costituisce un segno di reale attenzione ai bisogni degli anziani. Sono persone che si muovono lungo una frontiera in cui, da un lato, c’è la loro fragilità, pressoché fisiologica, non ancora patologica, ma dall'altro lato non si trova un'unica concreta malattia; c’è piuttosto un convergere di malattie diverse che rendono un paziente altamente complesso, sia sotto il profilo diagnostico che per gli aspetti terapeutici che potrebbero seguire. Nelle strutture ospedaliere, negli ambulatori di geriatria, c’è una pressione enorme per accedere alla valutazione multidimensionale geriatrica e questa visita consente di evitare il moltiplicarsi di interventi scollegati tra di loro, a cui non segue un effettivo confronto, con la condivisione dei dati e delle decisioni, nel team dei curanti;
   la visita geriatrica con valutazione multidimensionale avrebbe meritato di essere inserita nei livelli essenziali di assistenza non solo per facilitare la vita degli anziani, ma anche per restituire alla medicina la sua visione unitaria del paziente, andando oltre l'approccio centrato sulla malattia, per recuperare una visione che ponga l'anziano al centro del servizio sanitario nazionale. I livelli essenziali di assistenza sono le prestazioni e i servizi che il servizio sanitario nazionale deve garantire a tutti i cittadini, con le risorse pubbliche, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket). Per scoprire cosa garantisca agli anziani bisogna andare a cercare negli articoli 3, lettera h), nell'articolo 21, commi 2, 3, 4, e negli articoli 23 e 27 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che è stato registrato dalla Corte dei conti e che a breve sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale;
   sorprendentemente i livelli essenziali di assistenza allargando tanto lo spettro delle prestazioni di base, non prevedono la valutazione multidimensionale e neppure la visita geriatrica –:
   se il Governo non ritenga di assumere iniziative per inserire quanto prima questa specifica prestazione nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza, in occasione della revisione che dovrebbe avvenire nell'arco del prossimo anno, come risposta a bisogni reali espressi dai cittadini e facilmente ricavabili dal quadro demografico del Paese.
(2-01670) «Binetti, Pisicchio, Buttiglione, De Mita, Cera».

Interrogazione a risposta orale:


   CULOTTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 12 gennaio 2016, più di un anno fa, l'interrogante presentava un'interpellanza (2-01220), al Ministero della salute, sul punto nascite di Petralia Sottana (Palermo);
   il 15 gennaio rispondendo in aula, l'allora Sottosegretario De Filippo, ha annunciato, in seguito ad un documento ricevuto nella stessa giornata, che se la regione siciliana si fosse mossa ai fini di produrre una nuova documentazione in cui palesasse la volontà di ristabilire livelli standard di sicurezza del centro e la copertura del monte orario di lavoro con le figure professionali adeguate e richieste, il Ministero avrebbe preso in considerazione tale richiesta ai fini di una rivalutazione della situazione volta alla riapertura del punto nascite di Petralia Sottana;
   giungono all'interrogante notizie dell'invio di documentazione prodotta dalla regione siciliana in data 10 maggio 2016 presso la sede del direttore generale della programmazione sanitaria con il seguente oggetto: «Punto Nascite di Petralia Sottana. Ulteriore Deroga» –:
   se, ed in quale data, la documentazione inviata sia stata esaminata; se essa sia ritenuta esaustiva in relazione alle richieste formulate dal Ministero della salute e pertanto quando potrà essere sciolta la riserva sulla riapertura del punto nascite di Petralia Sottana. (3-02798)

Interrogazione a risposta scritta:


   MORASSUT. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legislazione italiana ha normato con la legge n. 3 del 2003 («legge Sirchia») la condotta per il consumo dei prodotti da fumo nei pubblici esercizi e nei locali pubblici;
   più recentemente la normativa antifumo è stata estesa e dettagliata con particolare attenzione alle giovani generazioni con una specifica cura rivolta alle scuole ed ai luoghi di frequentazione dei giovani;
   da anni numerose statistiche, denunce e inchieste di organizzazioni di consumatori e di studi legali dimostrano come in particolare nelle discoteche tali normative vengano troppo spesso eluse, anche in conseguenza della difficoltà dei controlli in ambienti affollati e caotici;
   in una nota discoteca del quartiere Parioli di Roma sembra verificarsi il libero e non regolato uso del fumo durante i raduni notturni anche a danno dei ragazzi e delle ragazze non fumatori;
   si deve dedurre che non si tratti di caso isolato ma che il rispetto delle normative possa interessare molti altri locali non solo nella Capitale –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per verificare il rispetto delle citate normative nel suddetto locale e, più in generale, per promuovere misure stringenti per il pieno rispetto dei dettami di legge nei luoghi frequentati da giovani e minorenni. (4-15672)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico – per sapere – premesso che:
   le camere di commercio sono state interessate da un'importante azione di riorganizzazione e razionalizzazione proposta dal Governo nell'ambito della più ampia riforma della pubblica amministrazione, attraverso l'adozione: della legge 114 del 2014 che, all'articolo 28, ha previsto una drastica riduzione delle entrate, per effetto della riduzione del dritto annuale che a partire dal 2017 si stabilizza al 50 per cento dei valori precedenti; del decreto legislativo n. 219 del 2016, in attuazione della legge delega n. 124 del 2015, entrato in vigore il 10 dicembre 2016, per il riordino delle funzioni e del sistema di finanziamento delle camere commercio, che prevede – tra l'altro – la riduzione dei predetti enti da 105 ad un massimo di 60 a livello nazionale con connesse ricadute sui processi di tenuta occupazionale dell'intero sistema camerale, per le quali si è provato ad introdurre apposite clausole di salvaguardia, tutte da verificare nel merito in esito al piano di razionalizzazione che dovrà essere adottato entro l'estate 2017 dal Ministero dello sviluppo economico;
   la «legge Madia» prevede, tra l'altro, maggiore selettività nelle assunzioni e nella individuazione dei requisiti per la scelta dei dirigenti della pubblica amministrazione ed esistono alcuni vincoli tra cui, nello specifico, l'articolo 1, comma 219, della legge n. 208 del 2015 più in generale per dirigenti pubblici (tra cui i dirigenti delle camere di commercio), e l'articolo 3, comma 9, del citato decreto legislativo n. 219 del 2016 (riferito al personale degli enti camerali), che prevedono espressamente il divieto, pena la nullità, alla stipulazione di contratti di assunzione di dirigenti;
   si apprende da notizie di stampa che, in seguito a pronunce del Tar Puglia – sezione staccata di Lecce – ed in particolare della sezione II (presidente Eleonora Di Santo) — la camera di commercio di Lecce sarebbe tenuta a ricoprire le proprie vacanze in organico nel ruolo dirigenziale, determinate ante riforma, tramite lo scorrimento di una graduatoria di un concorso, ancora vigente, approvata nel 2004;
   risulterebbe, peraltro, che ad oggi la camera di commercio di Lecce non avrebbe provveduto ad emanare una programmazione del fabbisogno di personale, propedeutica alle assunzioni; il Tar di Lecce aveva già nominato, senza il preventivo accertamento di un'inerzia, a mezzo di ordinanza n. 2377 del 10 luglio 2015, un commissario ad acta che si sostituisse, alla stessa camera di commercio, individuandolo nel prefetto di Lecce;
   sempre da notizie di stampa risulterebbe che il commissario ad acta, su direttiva dello stesso Tar, aveva provveduto, con il decreto n. 82431 del 22 ottobre 2015, alla copertura di una delle posizioni dirigenziali in organico mediante lo scorrimento della richiamata graduatoria del 2004, come previsto dal giudicato, selezionando il ricorrente, nonostante la migliore collocazione di altri due soggetti, rischiando, ad avviso dell'interrogante, così di innestare un precedente che potrebbe essere a breve seguito da molti «idonei» delle graduatorie vigenti nei concorsi pubblici, i quali potrebbero pensare che basti ricorrere in giudizio per meglio collocarsi, scalando le posizioni di merito ed ottenendo il diritto all'automatica assunzione, cosa che determinerebbe un incentivo alla crescita del contenzioso e degli oneri a carico della pubblica amministrazione;
   sembrerebbe però che in un secondo momento, lo stesso commissario ad acta nella persona del prefetto di Lecce abbia appurato che in capo al ricorrente non vi fossero le condizioni legittimanti per l'effettiva assunzione, in quanto dal controllo della documentazione sarebbe emerso che il ricorrente non aveva i requisiti per poter ricoprire l'incarico dirigenziale;
   ciò nonostante, sempre in base a quanto riportato dalla stampa, la medesima sezione del Tar di Lecce – con una serie di ordinanze – avrebbe dapprima invitato il commissario ad acta a procedere con la sottoscrizione del contratto di lavoro per poi, a seguito delle dimissioni formali dalla carica di commissario rese dal prefetto, sostituirlo con il direttore reggente dell'università del Salento ed avrebbe anche specificato, nell'ambito di tali ordinanze, che il dirigente andava assunto in base allo schema di contratto «vigente al 2004», anno di composizione della graduatoria –:
   di quali elementi dispongono i Ministri interpellati in relazione a quanto denunciato in premessa e riportato dalla stampa locale;
   se e quali iniziative di competenza, anche normative, intendano assumere in merito alla programmazione riguardante le risorse umane degli enti camerali, nonché in materia di assunzione di dirigenti nelle pubbliche amministrazioni e nelle camere di commercio;
   quali iniziative di competenza intendano assumere per salvaguardare l'efficacia dei processi di riforma in corso, specie in merito all'equilibro economico-finanziario dell'ente camerale in questione;
   se non ritengano opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per garantire l'effettiva salvaguardia dei vincoli alla spesa pubblica, stante la presenza di migliaia di idonei nelle graduatorie della pubblica amministrazione che, se decidessero di avvalersi in sede giurisdizionale delle pronunce del Tar di Lecce, potrebbero esporre lo Stato ad un ulteriore aumento di contenziosi amministrativi.
(2-01667) «Palese».

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   DE MARIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Società Fercam avrebbe dovuto acquisire l'azienda Artoni, attraversata da una difficile e complicata situazione finanziaria che avrà conseguenze drammatiche dal punto di vista occupazionale con la perdita di 586 posti di lavoro diretti e circa 2500 dipendenti di altrettante aziende in appalto;
   l'esame congiunto previsto dalla normativa vigente, articolo 47 della legge n. 428 del 1990, svoltosi il 10 febbraio 2017 è stato infruttuoso, ma non conclusivo, a causa di una posizione del tutto inusuale della società Fercam;
   infatti, la Fercam dichiarava al tavolo sindacale che il fitto di ramo e la successiva cessione, contrariamente alle comunicazioni di rito, avrebbe riguardato 400 unità lavorative e 22 filiali, anziché 39, stravolgendo di fatto la procedura che riguardava tutti i 586 dipendenti dell'intero perimetro aziendale e le 39 filiali operative, lasciando 170 lavoratori in balia delle onde quindi senza lavoro e senza salario;
   le segreterie nazionali di Filt/Cgil, Filt/Cisl e Uiltrasporti e l'intera delegazione presente al tavolo hanno insistito confermando il nulla osta per traguardare, con le tutele previste dalla norma, ex articolo 2112 c.c., tutti i 586 lavoratori dipendenti di Artoni e, nel contempo, si sono rese disponibili ad affrontare, a seguito della presentazione di un piano industriale da parte di Fercam, gli eventuali problemi legati alle eccedenze di personale;
   la posizione di rigidità assunta dalla Fercam ha fatto assumere una ulteriore proposta da parte del sindacato, consistente in una richiesta di congruo incentivo all'esodo per quei lavoratori non interessati al passaggio, e di ammortizzatori sociali conservativi per la restante parte;
   la società Fercam ha respinto tale proposta dichiarando la disponibilità ad erogare qualche mensilità e licenziare di fatto 170 lavoratori;
   nei giorni successivi si è appreso dalla stampa che la Fercam scaricava sulle organizzazioni sindacali tutte le responsabilità del mancato accordo, pur in assenza di una definitiva conclusione della procedura aperta;
   il 14 febbraio 2017 è stato convocato un incontro per il giorno 15 da Artoni per il prosieguo dell'esame congiunto, ma all'incontro le organizzazioni sindacali hanno constatato l'assenza della Fercam/Artoni srl, società che avrebbe dovuto assumere in fitto il ramo d'azienda;
   le stesse organizzazioni sindacali hanno dichiarato ad Artoni la volontà di addivenire ad un accordo sulla procedura, purché si rendesse disponibile a richiedere la cassa integrazione guadagni straordinaria per i restanti 170 lavoratori;
   le segreterie nazionali di Filt/Cgil, Filt/Cisl e Uiltrasporti, al fine di evitare ulteriori conseguenze negative per gli oltre 3.000 lavoratori, diretti ed indiretti, e l'aggravarsi della situazione sociale per la perdita del lavoro, hanno richiesto al Ministro dello sviluppo economico la urgente convocazione di un incontro di tutti i soggetti interessati per determinare un percorso condiviso e salvaguardare i livelli occupazionali e la condizione sociale delle maestranze interessate –:
   se il Ministro sia informato della grave situazione determinatasi nella vertenza in questione e quali iniziative di competenza intenda assumere in merito per tutelare i diritti e la dignità di tutti i lavoratori. (3-02800)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo altoatesino Fercam (ottavo in Italia per volume d'affari nel segmento della logistica) era in trattativa per l'acquisizione del gruppo Artoni di Reggio Emilia che a sua volta risulta fra le prime trenta aziende a livello nazionale;
   Artoni Trasporti spa, specializzato nei trasporti, fattura circa 200 milioni di euro e conta su una rete di 60 filiali, circa 7 milioni di spedizioni in Italia, 13 mila clienti e 600 dipendenti, ma i ricavi netti sono scesi negli ultimi anni a 206 milioni di euro nel 2014 (da 208 milioni nel 2013), con un debito di 5,7 milioni (da 5,6 milioni), un risultato netto negativo di 12,8 milioni (da –13,7 milioni) e un debito finanziario netto di 53 milioni (da 61,3 milioni);
   la trattativa tra Fercam e Artoni srl per rilevare le attività del gruppo reggiano (si parlava di affitto di ramo d'azienda di 22/24 filiali) e i sindacati, si è ormai interrotta, al punto da indurre Fercam ad abbandonare del tutto il progetto;
   nella mattinata del 20 febbraio 2017 è infatti giunta la comunicazione ufficiale da parte di Fercam, secondo la quale non erano più interessati; a questo punto, la Artoni ha minacciato di condurre la Fercam in tribunale per questo blocco della trattativa definito «illegittimo»;
   Fercam durante le trattative per l'acquisizione del controllo della Artoni, aveva minacciato un drastico ridimensionamento della forza lavoro, pari a 170 unità su un totale di 570 presenti nella regione, mentre invece le richieste delle organizzazioni sindacali insistevano sul passaggio a carico dell'intero organico, giudicate evidentemente impraticabili da Fercam;
   i sindacati Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uil-trasporti, inoltre, chiedevano una chiusura rapida della procedura per garantire la continuità di tutte le attività e la possibilità, per i lavoratori non interessati del passaggio di azienda, di accedere agli ammortizzatori sociali, considerando anche il complessivo rischio occupazionale che interessa circa 3 mila lavoratori tra diretti e indiretti (indotto), tra questi gli autotrasportatori (cosiddetti «padroncini») e le cooperative che prestavano opera per Artoni –:
   se, in previsione del tavolo di discussione convocato per il prossimo 27 febbraio 2017 al Ministero dello sviluppo economico, si intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per assicurare il rispetto del criterio di ragionevolezza, in presenza di quello che appare all'interrogante un comportamento scorretto di una delle parti in causa e delle drammatiche ricadute che gravano sulla testa di migliaia di persone. (4-15670)


   GAROFALO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la metamorfosi del gruppo Poste Italiane è stata significativa negli ultimi anni: dal servizio di recapito di lettere e pacchi alla vendita di prodotti finanziari e assicurativi;
   secondo i vertici dell'azienda, anche dopo la privatizzazione, il gruppo Poste avrebbe rafforzato la propria missione sociale, accompagnando i clienti verso la rivoluzione digitale;
   il Sud del Paese, che soffre maggiormente gli effetti della crisi economica e presenta un tasso di disoccupazione sempre più preoccupante, sembra essere stato abbandonato da questa grande azienda a partecipazione maggioritaria statale. La Sicilia, in particolare, risente delle politiche aziendali portate avanti negli ultimi anni da Poste, con sempre meno posti di lavoro, sempre meno strutture e sempre meno servizi a disposizione dei cittadini e della collettività;
   sono innumerevoli, ormai, gli episodi di ritardi enormi e mancata consegna di corrispondenza nella regione siciliana, prevalentemente nei villaggi collinari e nelle località rivierasche ma non solo;
   il piano di riorganizzazione di Poste Italiane, che il Governo avrebbe già dovuto rivedere a partire dal mese di luglio del 2016, non è ancora in grado di riparare una situazione di disagi per l'utenza siciliana e per i lavoratori;
   nella risposta ad un precedente atto di sindacato ispettivo dell'interrogante, il Governo aveva sottolineato come già a partire dal mese di marzo 2016 i presidenti delle regioni erano stati invitati a formulare proposte e suggerimenti nell'interesse dei cittadini;
   da allora, però, i disservizi di consegna di Poste Italiane nella regione Sicilia sono tutt'altro che diminuiti;
   i sindacati (CISL) sottolineano e denunciano un solo significativo dato per tutti: negli ultimi due anni ben 900 lavoratori postali sono cessati dal servizio attivo in Poste, senza che l'azienda abbia provveduto ad alcuna sostituzione, determinando spesso l'abbassamento del livello qualitativo di erogazione dei servizi, nonché l'acuirsi dei disagi sia per l'utenza sia per i lavoratori in attività;
   pur presentando da oltre dieci anni forti attivi di bilancio e, per il solo 2016, un utile di quasi un miliardo di euro, Poste Italiane, che dice di poter vantare ancora oggi una mission sociale, ha soppresso posti di lavoro e ha tagliato risorse inizialmente destinate al potenziamento dei servizi, creando così una realtà che, sebbene in salute dal punto di vista economico, genera parecchia insoddisfazione nel settore tradizionale e storico del recapito postale –:
   cosa intenda fare il Governo, alla luce di quanto esposto in premessa, affinché siano garantiti i servizi che Poste italiane dovrebbe assicurare, invertendo un trend che, ad oggi, ha comportato ad utenti e lavoratori parecchi disagi;
   se non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza, anche normative, per potenziare gli strumenti a disposizione dell'utente per la gestione dei reclami e la definizione delle controversie nel settore postale, favorendo una procedura celere, semplice, efficace e poco onerosa.
   (4-15673)


   TONINELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la regione Lombardia rappresenta il fulcro del sistema nazionale di stoccaggio del gas: in risposta ad una recente interrogazione regionale in merito all'applicazione della normativa prevista dal decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105, di recepimento della direttiva 2012/18/UE (cosidetto «Seveso III») sul «rischio incidente rilevante» (RIR) relativamente all'impianto di stoccaggio gas della ditta Stogit (società di Snam, partecipata di Cassa depositi e prestiti) di Sergnano in provincia di Cremona (nota 5 dicembre 2016 dell'assessore regionale all'ambiente, energia e sviluppo sostenibile, in risposta ad interrogazione n. 2651) è emerso che il gestore Stogit, ha inviato in data 16 maggio 2016 il rapporto di sicurezza, che veniva ricevuto dal comitato tecnico regionale (TRC) che in sei mesi, avrebbe dovuto concludere l'istruttoria necessaria alla sua valutazione ai fini dell'elaborato tecnico «rischio di rilevanti incidenti» (ERIR), il quale, al contrario, ad oggi risulterebbe all'interrogante incompiuto, in contrasto con la normativa citata;
   l'importanza di questo rapporto è di interesse fondamentale se si considera che nel precedente rapporto, relativo al 2015, veniva prescritto l’«adeguamento alle sollecitazioni sismiche, secondo la normativa vigente, delle strutture ospitanti le sale controllo dello stabilimento, compresa quella del dispacciamento di Crema, la cui verifica ha dato esito negativo»;
   è appena il caso di evidenziare la rilevanza dell'esito «negativo» di questa verifica, dato che la citata «direttiva Seveso III» ha lo scopo di preservare impianti delicatissimi e capaci di stoccare enormi quantità di gas da eventuali incidenti anche provocati da cause naturali e, dunque, l'urgenza di una verifica e dell'adeguamento alle prescrizioni previste per legge per la sicurezza degli stessi: ciò in quanto proprio dal dispacciamento di Crema vengono telecontrollati tutti gli impianti Stogit del territorio nazionale, dalla Lombardia, all'Emilia Romagna e all'Abruzzo;
   si rileva, inoltre, che anche il competente ufficio territoriale del Governo, facente capo al Ministero dell'interno, si è dimostrato inadempiente rispetto alle previsioni legislative che imponevano la «consultazione della popolazione interessata», la quale è stata surrogata da una semplice assemblea informativa svoltasi nella mattina di una giornata feriale (il 10 dicembre 2015) che, in nessun caso, potrebbe essere assimilata alla consultazione prevista dalla legge –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto illustrato in premessa e in che modo intendano intervenire, per quanto di competenza, per verificare il rispetto della normativa sulla sicurezza per la gestione di impianti di stoccaggio di interesse nazionale ed intervenire tempestivamente in caso di verifiche negative quali quelle di cui si è già avuto riscontro. (4-15674)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Chiarelli n. 3-02167, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Palese.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Colletti n. 1-00239, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 116 del 12 novembre 2013.

   La Camera,
   premesso che:
    le carceri italiane ospitano attualmente 18.825 detenuti stranieri su un totale di 55.381 ristretti;
    la percentuale media nazionale degli stranieri detenuti in Italia è del 34 per cento, ma a livello locale, soprattutto nel Nord Italia, la percentuale è stabilmente attorno al 50 per cento. Nella casa circondariale di Cremona, ad esempio, la presenza di detenuti stranieri è il 66 per cento del totale;
    l'Italia ha aderito alla convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento dei detenuti assieme ad altri 60 Paesi. Ha poi stretto accordi bilaterali con altri sette che erano rimasti fuori dalla Convenzione, ma non con quelli che più pesano sul conto del sovraffollamento delle carceri; mancano, infatti, all'appello proprio i Paesi che affollano maggiormente le nostre carceri: il Marocco con 4.249 detenuti (18,7 per cento del totale), la Romania con 3.674 detenuti (16,1 per cento) e la Tunisia con 2.774 unità (12,2 per cento);
    per quanto riguarda invece l'Albania (2.787 detenuti, 12 per cento), un accordo specifico è stato siglato nel 2002. Quanti albanesi siano poi stati effettivamente trasferiti nell'ultimo decennio è impossibile saperlo, dal momento che il numero di rimpatri autorizzati è talmente esiguo che non viene neppure monitorato a fini statistici;
    i ristretti di nazionalità straniera che maggiormente affollano le nostre carceri provengono dal Marocco con 3.359 detenuti (17,8 per cento del totale), dalla Romania con 2.725 detenuti (14,5 per cento), dall'Albania con 2486 detenuti (13,2 per cento), dalla Tunisia con 2.041 detenuti (10,8 per cento), dalla Nigeria con 897 detenuti (4,85) e dall'Egitto con 706 detenuti (3,8 per cento);
    sebbene, come comunicato in Commissione giustizia della Camera dei deputati dal Sottosegretario di Stato alla giustizia pro tempore in data 7 aprile 2016, sia con il Marocco che con l'Albania siano stati «stipulati anche accordi aggiuntivi, congegnati in modo da consentire il trasferimento, pur in assenza del consenso del condannato, ove sussistano determinati presupposti» e che «con l'Albania è stato, inoltre, stretto un accordo secondo cui lo Stato italiano potrà chiedere l'esecuzione nel Paese delle condanne emesse dai giudici italiani nei confronti dei cittadini albanesi localizzati in Albania, ed è stata, altresì, riaperta la procedura per la destinazione di un magistrato di collegamento italiano», quanti albanesi siano poi stati effettivamente trasferiti nell'ultimo decennio è impossibile saperlo, dal momento che il numero di rimpatri autorizzati è talmente esiguo che non risulta essere neppure monitorato a fini statistici, così come non sono organicamente presenti fra le statistiche del Ministero della giustizia i dati relativi ai rimpatri;
    gli stranieri detenuti in Italia che stanno scontando attualmente una condanna definitiva, e che potrebbero quindi essere trasferiti, sono 10.916;
    il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ha calcolato un costo medio per detenuto di 124,6 euro al giorno;
    la sottoscrizione di nuovi accordi bilaterali per il rimpatrio degli stranieri e l'attuazione di quelli già in essere consentirebbero allo Stato di risparmiare oltre mezzo miliardo di euro che potrebbe essere destinato alla costruzione di nuove strutture, all'ammodernamento di quelle esistenti e all'incentivo di forme rieducative e di reinserimento;
    va ricordato che l'Italia ha aderito alla Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento dei detenuti con un ambito applicativo di 45 Paesi, in base alla quale, tuttavia, è stato richiesto il consenso del detenuto condannato al trasferimento; mentre, con il decreto legislativo n. 161 del 7 settembre 2010 ha attuato la delega conferita al Governo con la legge comunitaria 2008 (legge n. 88 del 2009) per conformare il diritto interno alla decisione quadro europea 2008/909/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea; decisione che, avendo come ambito di applicazione i soli Paesi europei, non richiede il consenso del detenuto; ed ha, infine, stretto accordi bilaterali, con alcuni dei Paesi esteri non aderenti alla Convenzione quali Cuba, Hong Kong, Perù, Thailandia, India, Kazakhstan, Repubblica Dominicana ed Egitto. Si tratta di un'attività diplomatica che tuttavia non ha sortito adeguati o apprezzabili risultati, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, come si può evincere dai dati riportati in premessa,

impegna il Governo:

1) a verificare lo stato di applicazione della legge 28 luglio 2016, n.152, relativamente al rimpatrio dei detenuti di nazionalità marocchina in Italia, anche al fine di valutarne l'efficacia o evidenziarne le criticità, e ad assumere iniziative per aggiornare la convenzione con il Regno del Marocco, prevedendo la non necessarietà del consenso al rimpatrio del detenuto straniero, così come attualmente previsto dall'articolo 13 della suddetta Convenzione;

2) alla luce della decisione quadro europea 2008/909/GAI, a verificare lo stato di applicazione dell'accordo tra la Repubblica italiana e la Romania sul trasferimento delle persone condannate alle quali è stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine, fatta a Roma il 13 settembre 2003, e ratificata con la legge 30 dicembre 2005, n. 281, relativamente al rimpatrio dei detenuti di nazionalità romena in Italia, anche al fine di valutarne l'efficacia o evidenziarne le criticità;

3) a verificare lo stato di applicazione dell'accordo aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Albania alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983, fatta a Roma il 24 aprile 2002, e ratificato con la legge 11 luglio 2003, n. 204, relativamente al rimpatrio dei detenuti di nazionalità albanese in Italia, anche al fine di valutarne l'efficacia o evidenziarne le criticità e ad assumere iniziative volte ad aggiornare tale Accordo, prevedendo l'esclusione delle limitazioni di cui all'articolo 3, comma 1;

4) ad attivarsi con urgenza per sottoscrivere accordi bilaterali, ovvero ulteriori accordi integrativi qualora necessari, con la Tunisia, al fine di estendere ai detenuti di quelle nazionalità gli effetti della convenzione di Strasburgo del 1983;

5) a verificare lo stato di applicazione della legge 7 febbraio 2013, n. 14, concernente la ratifica e l'esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica Araba di Egitto sul trasferimento delle persone condannate relativamente al rimpatrio dei detenuti di nazionalità egiziana in Italia, anche al fine di valutarne l'efficacia o evidenziarne le criticità, e ad assumere iniziative per aggiornare tale accordo prevedendo la non necessarietà del consenso al rimpatrio del detenuto straniero, così come attualmente previsto dall'articolo 8 del suddetto accordo;

6) ad assumere iniziative per inserire nei predetti accordi apposite disposizioni volte al riconoscimento automatico, anche senza il consenso del detenuto, delle sentenze emesse all'estero ed al rimpatrio di tutti i detenuti stranieri condannati in via definitiva;

7) ad assumere iniziative per integrare e rafforzare in tale direzione le norme di cui al decreto legislativo n. 161 del 7 settembre 2010 in materia di riconoscimento all'estero delle sentenze penali emesse in Italia secondo i principi espressi nella decisione quadro 2008/909/GAI dell'Unione europea;

8) a considerare anche l'opportunità di concedere, in favore dei Paesi firmatari degli accordi bilaterali, il riconoscimento di un contributo economico da parte dello Stato italiano proporzionato alle spese di mantenimento dei propri detenuti presso le loro carceri, in quota parte rispetto al costo sostenuto dall'Italia quotidianamente, che allo stato attuale è pari ad euro 124,6 giornaliero per detenuto;

9) a concorrere infine alla predisposizione di validi strumenti di monitoraggio e di controllo riguardanti l'attuazione della Convenzione di Strasburgo del 1983, dei regolamenti europei in materia e degli accordi bilaterali sottoscritti con i Paesi esteri.
(1-00239)
(Nuova formulazione) «Colletti, Businarolo, Turco, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Gagnarli, L'Abbate, Parentela, Scagliusi, Bechis, Rostellato, Cecconi, Baldassarre, Spadoni, Grillo, D'Uva, Cozzolino, Lorefice, Liuzzi, Frusone, Ruocco, Ciprini».

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Palese n. 1-01513, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 744 del 17 febbraio 2017.

   La Camera,
   premesso che:
    le carceri italiane sono ancor oggi caratterizzate da un sovraffollamento inaccettabile, con carenze strutturali, di organico nelle diverse figure professionali, a cominciare dagli agenti penitenziari, dagli psicologi e dal personale medico e paramedico e con una presenza del tutto insufficiente di psicologi, assistenti sociali e mediatori culturali;
    nella relazione del Ministero sull'amministrazione della giustizia per l'anno 2016, per quanto concerne il fenomeno del sovraffollamento carcerario, si evidenzia come siano proseguite le azioni improntate ad un «ripensamento complessivo del sistema penitenziario, tramite l'adozione di misure di carattere strutturale, normative ed organizzative, finalizzate a superare definitivamente un modello di detenzione sostanzialmente caratterizzato da passività e segregazione, mirando alla rieducazione e al reinserimento sociale, potenziando le misure alternative al carcere e riducendo la custodia cautelare, verso l'adozione di un modello in linea con le migliori prassi in ambito europeo». Da un punto di vista numerico, anche per effetto delle modifiche legislative introdotte negli ultimi anni, si è registrata una riduzione, nell'arco di circa quattro anni, di circa undicimila unità rispetto al dato 2013, anno di pubblicazione della cosiddetta sentenza «Torreggiani», relativa alle misure compensative da riconoscere ai detenuti per il pregiudizio subìto dalle condizioni di sovraffollamento;
    tale ottimistica rappresentazione si scontra con la realtà che vede, nell'ultimo anno, una netta ripresa del sovraffollamento carcerario, essendosi passati dai 52.164 detenuti al 31 dicembre 2015 ai 54.653 del 31 dicembre 2016, con un incremento di ben 2.500 unità. Lo stesso Ministro della giustizia, in una recente intervista, ha dovuto ammettere che il quadro «non è ancora roseo» ed «esistono tuttora situazioni difficili» e che il rischio di ripiombare in una nuova emergenza non è alle nostre spalle;
    secondo gli ultimi dati forniti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato – sezione statistica, i detenuti presenti nei 191 istituti penitenziari al 31 gennaio 2017 sono 55.381, di cui 2.228, a fronte di una capienza regolamentare di 50.174 posti. I detenuti stranieri presenti alla stessa data erano 18.825, di cui 870 donne e 17.955 uomini;
    in base alla posizione giuridica, dei 55.381 detenuti presenti, 9.729 sono in attesa di giudizio e 35.706 scontano una condanna definitiva; di questi sono 4.074 i detenuti di origine straniera in attesa di giudizio e 10.916 quelli con sentenza passata in giudicato;
    le nazionalità straniere maggiormente rappresentate, secondo le tabelle ministeriali, sono quella marocchina (17,8 per cento) quella rumena (14,5 per cento), quella albanese (13,2 per cento), quella tunisina (10,8 per cento), quella nigeriana (4,8 per cento);
    nella relazione del Ministero sull'amministrazione della giustizia per l'anno 2016, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) ha dedicato uno specifico capitolo alla «Prevenzione della radicalizzazione», che viene attuata con una costante attività di monitoraggio dei soggetti ristretti per reati di terrorismo internazionale e di coloro che sono segnalati per presunte attività di proselitismo e di reclutamento. Con tale attività l'amministrazione mira a conoscere ogni aspetto della realtà individuale e relazionale dei soggetti, al fine di mettere in campo i necessari strumenti preventivi e di controllo dei fenomeni di fanatismo violento, discernendo la legittima pratica religiosa dal fanatismo radicale;
    la procedura di monitoraggio si basa su tre livelli: «monitoraggio», per soggetti reclusi per reati connessi al terrorismo internazionale e che mostrano atteggiamenti tendenti a forme di proselitismo, radicalizzazione e/o di reclutamento; «attenzionamento», per i soggetti che hanno posto in essere più atteggiamenti che fanno presupporre una vicinanza a ideologie jihadiste; «segnalazione», per quei detenuti che meritano approfondimento per la valutazione successiva di inserimento nei livelli precedenti;
    i soggetti attualmente sottoposti a specifico «monitoraggio» sono complessivamente 165, a cui si aggiungono 76 detenuti «attenzionati» e 124 «segnalati», per un totale di 365 individui. Attualmente i detenuti ristretti per il reato di terrorismo internazionale monitorati, sono 44;
    sono stati 34 i soggetti dimessi per fine pena per i quali, accertata un'adesione alle ideologie jihadiste, sono stati emessi provvedimenti amministrativi di espulsione;
    sulla base delle nazionalità di appartenenza il Dap ha stimato che circa 11.029 stranieri detenuti provengono da Paesi tradizionalmente di religione musulmana; tra questi, ben 7.646 sono «praticanti», ossia effettuano la preghiera attenendosi ai dogmi della propria religione; tra i «praticanti», 148 sono Imam e 20 si sono convertiti all'islam durante la detenzione;
    con lo strumento del trasferimento delle persone condannate è consentito ai cittadini di uno Stato, detenuti in espiazione di pena in un altro Stato, di essere trasferiti in quello d'origine per la continuazione dell'espiazione della pena stessa. Lo strumento giuridico di maggiore applicazione in tale materia, ai fini dell'esecuzione di condanne definitive, è la Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, sottoscritta a Strasburgo il 21 marzo 1983 e ratificata con la legge 25 luglio 1988 n. 334;
    la Convenzione ha quale scopo principale di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate permettendo ad uno straniero, privato della libertà in seguito a reato penale, di scontare la pena nel suo paese d'origine. A tal fine, una persona condannata nel territorio di una Parte può manifestare, presso lo Stato di condanna, o presso lo Stato di esecuzione, il desiderio di essere trasferita in applicazione della Convenzione. Il trasferimento può essere anche richiesto o dallo Stato di condanna, o dallo Stato di esecuzione. In ogni caso, la persona condannata – o il suo rappresentante legale – deve acconsentire al trasferimento;
    una persona condannata può essere trasferita in applicazione della Convenzione se è cittadina dello Stato di esecuzione; se la sentenza è definitiva; se la durata della pena che la persona condannata deve ancora scontare è di almeno sei mesi alla data di ricevimento della richiesta di trasferimento, o indeterminata; se gli atti o le omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato ai sensi della legge dello Stato di esecuzione o costituirebbero reato se fossero commessi sul suo territorio; se lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione sono d'accordo sul trasferimento;
    le autorità competenti dello Stato di esecuzione devono continuare l'esecuzione della condanna o convertire la stessa, per mezzo di una procedura giudiziaria o amministrativa, in una decisione di detto Stato, sostituendo in tal modo la pena inflitta nello Stato di condanna con una sanzione prevista dalla legge dello Stato di esecuzione per lo stesso reato. Va ricordato che l'esecuzione della condanna è regolata dalla legge dello Stato di esecuzione e questo Stato è l'unico competente a prendere ogni decisione al riguardo;
    in caso di continuazione dell'esecuzione, lo Stato di esecuzione è vincolato alla natura giuridica e alla durata della sanzione così come stabilite dallo Stato di condanna. Tuttavia, se la natura o la durata della sanzione sono incompatibili con la legge dello Stato di esecuzione, o se la sua legge lo esige, per mezzo di una decisione giudiziaria o amministrativa, la sanzione può essere adattata alla pena o misura prevista dalla propria legge interna per lo stesso tipo di reato, che però non può essere più grave, per natura o durata, della sanzione imposta nello Stato di condanna, né eccedere il massimo previsto dalla legge dello Stato di esecuzione;
    il Trattato ad oggi è stato ratificato da tutti Paesi membri del Consiglio d'Europa tranne Monaco, nonché da Australia, Bahamas, Bolivia, Canada, Cile, Corea, Costa Rica, Ecuador, Giappone, Honduras, Israele, Mauritius, Messico, Mongolia, Panama, Stati Uniti d'America, Tonga, Trinidad e Tobago, Venezuela;
    la possibilità di scontare la pena nel Paese di origine è utile al reinserimento, venendo meno problematiche linguistiche e culturali;
    il trasferimento nel loro Paese di origine dei detenuti stranieri condannati in Italia, come previsto dalla Convenzione di Strasburgo, può contribuire a risolvere la questione del sovraffollamento carcerario e facilitare la prevenzione di fenomeni quali la radicalizzazione, anche terroristica;
    accanto ad una seria politica di adeguamento strutturale degli istituti penitenziari, anche con la previsione di nuove costruzioni, ad un adeguamento delle piante organiche del personale e ad una maggiore applicazione del trasferimento delle persone condannate negli Stati di provenienza, non vi è dubbio che determinanti, per un sistema carcerario più in linea col dettato costituzionale, saranno tutte quelle iniziative normative volte ad un adeguamento del sistema dell'esecuzione della pena detentiva;
    attualmente, presso il Senato della Repubblica, è in discussione il disegno di legge governativo recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario. Sulle modifiche all'ordinamento penitenziario si è potuta registrare una considerevole convergenza delle forze politiche, restando altresì forti le differenze sulle restanti parti del provvedimento;
    sarebbe auspicabile che questo Parlamento, nei pochi mesi che oramai separano dal termine, naturale o anticipato, della XVII legislatura, fosse in grado di approvare in via definitiva almeno questa parte della riforma, dando così un segnale forte all'intero mondo giudiziario e carcerario,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi, in tutte le sedi internazionali, per favorire la sottoscrizione della Convenzione di Strasburgo anche da parte di quei Paesi che non hanno aderito;

2) a promuovere, nel rispetto dello spirito della Convenzione di Strasburgo, accordi bilaterali con quegli Stati che ancora non hanno in essere strumenti giuridici per il trasferimento di propri connazionali condannati in via definitiva nel nostro Paese;

3) a favorire la conoscenza tra la popolazione straniera presente negli istituti penitenziari italiani della Convenzione di Strasburgo;

4) a mantenere informato il Parlamento in merito ai dati relativi all'applicazione delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo e degli accordi bilaterali sottoscritti per il rimpatrio di detenuti stranieri;

5) ad assumere iniziative per potenziare, anche attraverso maggiori dotazioni di mezzi, personale e risorse, gli strumenti di monitoraggio dei soggetti ristretti per reati di terrorismo internazionale e di coloro che sono segnalati per presunte attività di proselitismo e di reclutamento.
(1-01513)
 «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Ciracì n. 5-03405 del 1o agosto 2014;
   interrogazione a risposta scritta Mannino n. 4-15244 del 18 gennaio 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Binetti n. 5-10356 del 24 gennaio 2017;
   interpellanza Pesco n. 2-01662 del 14 febbraio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Vignali n. 4-15563 del 14 febbraio 2017.

Ritiro di firme da una mozione.

  Mozione Colletti e altri n. 1-00239, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2013: sono state ritirate le firme dei deputati: Bechis, Turco, Baldassarre.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Iacono n. 5-10197 del 10 gennaio 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-02796;
   interrogazione a risposta scritta Culotta n. 4-15614 del 16 febbraio 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-02798.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Rizzo e altri n. 4-15607 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 742 del 15 febbraio 2017.

  Alla pagina n. 44721, seconda colonna, alla riga decima, deve leggersi «il 14 settembre 2015 all'interrogazione n. 4-», e non come stampato.