Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 15 febbraio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    da tempo la città di Venezia sta affrontando una crisi che rischia di pregiudicarne bellezza e futuro;
    ogni anno la città patrimonio dell'Unesco è visitata da 30 milioni di turisti circa 20 milioni in più di quanti gli esperti reputano poterne effettivamente sostenere;
    la conflittualità tra residenti e turisti ha raggiunto il suo apice con proteste da parte dei residenti sulla insostenibilità della vita all'interno della città;
    dal 1951 ad oggi i residenti sono passati da circa 175 mila a poco più di 56 mila, isole escluse;
    si è assistito ad un progressivo declino delle attività storiche della città che hanno innescato una crisi senza precedenti e parallelamente si è registrato un incremento di attività commerciali legate alla ricettività, che coinvolgono anche la terraferma, e alla ristorazione, spesso speculative;
    tali criticità rischiano di far inserire la città nella black list dei siti a rischio declassamento nell'ambito dell'Unesco;
    il Governo è da tempo impegnato a scongiurare tale rischio e a promuovere iniziative finalizzate alla salvaguardia di Venezia;
    negli ultimi mesi si sono registrate importanti iniziative promosse da enti culturali, università, associazioni finalizzate a restituire centralità alla questione Venezia, richiamando anche l'attenzione dei media nazionali ed internazionali;
    nelle ultime settimane si è aperta, anche grazie al ruolo del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, una importante fase di confronto tra l'amministrazione comunale di Venezia e l'Unesco, ma permangono una serie di criticità a partire dalla necessità di un imprescindibile ammodernamento della legislazione speciale per Venezia e di un'alternativa al passaggio delle navi da crociera in bacino San Marco,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, e in raccordo con gli enti territoriali interessati, volte ad affrontare le criticità che rischiano di compromettere la valenza storico-culturale e turistica di Venezia, e in particolare volte:
   a)  a promuovere strumenti idonei ad una più razionale e sostenibile gestione dei flussi turistici e dei servizi connessi;
   b)  ad assicurare la compatibilità tra lo sviluppo di attività commerciali e strutture ricettive ed il patrimonio monumentale e culturale della città;
   c)  a rafforzare i controlli, sia a salvaguardia delle peculiarità storico-architettoniche, sia a tutela della sicurezza dei cittadini, dei gestori di esercizi commerciali e dei turisti;
   d)  a promuovere la valorizzazione di spazi destinati ad attività di ricerca, tra cui il complesso dell'Arsenale, e ad attività produttive e culturali eminentemente rappresentative della città di Venezia;
   e)  a promuovere misure di incentivazione per i residenti sia sotto il profilo di servizi fondamentali, quali scuola e trasporti, sia solo il profilo fiscale;
   f)  ad istituire un apposito gruppo di lavoro, coordinato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sul traffico acqueo e sull'inquinamento ambientale dell'area, che affronti efficacemente e in tempi rapidi anche la questione del passaggio delle grandi navi a Venezia, e che offra una soluzione in grado di salvaguardare il patrimonio immobiliare pubblico e privato rispetto ai moti ondosi.
(1-01510) «Martella, Mognato, Moretto, Murer, Zoggia, Camani, Casellato, Miotto, Narduolo, Rostellato, Zan».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   nei piani piano di sviluppo 2016 presentati dai gestori del sistema di trasporto all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico emergono, ad avviso dell'interpellante, rilevanti incongruenze e contraddizioni in relazione alla cosiddetta «metanizzazione della Sardegna» che si riportano sinteticamente:
    si registra un contrasto del piano della società gasdotti Italia con le disposizioni di legge e le deliberazioni della Commissione europea sulle reti transeuropee energetiche e in particolar modo con la disposizione della legge n. 273 del 2002 «Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza» approvata in via definitiva in data 27 novembre 2002 dalla Camera dei deputati;
    l'articolo 27 della legge sul «Potenziamento delle infrastrutture internazionali di approvvigionamento di gas naturale» (legge n. 273 del 2002) contiene le seguenti disposizioni: «1. Per garantire a mezzo del potenziamento delle infrastrutture internazionali lo sviluppo del sistema del gas naturale, la sicurezza degli approvvigionamenti e la crescita del mercato energetico, sono concessi contributi per il potenziamento e la realizzazione di infrastrutture di approvvigionamento, trasporto e stoccaggio di gas naturale da Paesi esteri, in particolare per la costruzione del metanodotto dall'Algeria in Italia attraverso la Sardegna (...)»;
    tali norme costituiscono una programmazione ordinamentale dello Stato, non modificabile attraverso procedure o proposte subordinate sia sul piano formale che contenutistico;
    il 15 aprile 2003 c’è stata una prima riunione del Consiglio di amministrazione a Cagliari in concomitanza con l'incontro tra il presidente della regione e il Ministro dell'industria algerino per la firma dell'accordo tra Algeria e Sardegna per la realizzazione del metanodotto;
    il Galsi, con una capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas, rappresenta una risposta concreta al fabbisogno energetico e alla sicurezza di approvvigionamento di gas naturale;
    il consorzio Galsi è stato costituito da: Sonatrac, Edison GAS spa, Enel power spa, Eos Energia spa (controllato da HERA spa ed ha sede in Italia);
    il Consorzio ha opzionato l'acquisito di 8 miliardi di metri cubi l'anno di gas dai giacimenti di Hassi R Mel, giacimento situato in Algeria, che alimenta già un altro gasdotto;
    il Galsi ha realizzato a proprio onere il progetto del metanodotto avvalendosi anche di finanziamenti europei. Il Galsi è destinatario di un finanziamento, comunitario pari a circa 120.000.000 di euro, in quanto il progetto rientra nell’European Energy Programme;
    il Galsi è stato inserito con decreto del Ministro dello sviluppo economico riportante la data del giorno 1o agosto 2008, nell'elenco delle reti nazionali, su istanza di GALSI;
    il Galsi è stato legittimato ad esercitare l'attività di importazione e produzione di metano in forza di un'autorizzazione rilasciata dal Ministero, il quale conseguentemente ha attribuito al Consorzio una facoltà «speciale», senza la quale tale attività non avrebbe potuto essere svolta;
    il fabbisogno di gas naturale aumenterà del 26,3 per cento entro il 2020, in Italia crescerà del 39 per cento più che nel resto d'Europa; entro il 2020 è prevista una riduzione della produzione interna europea del 43 per cento. In Italia la riduzione sarà del 65 per cento, da 11 a circa 4 miliardi di metri cubi di gas; è necessario espandere in maniera rilevante le infrastrutture per l'importazione;
    la società Galsi spa ha chiesto e ottenuto dal Ministero dello sviluppo economico l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio, per la parte ricadente in Italia, di un metanodotto per l'importazione di gas dall'Algeria;
    l'approvvigionamento via mare e la realizzazione di rigassificatori Gnl sono, ad avviso dell'interpellante, in totale contrasto con tutte le normative paesaggistiche-urbanistiche della regione Sardegna;
    l'impatto di navi metaniere sulla Sardegna su porti civili costituisce un problema di grave sul piano della sicurezza. Tale promiscuità incide non poco sulla sicurezza del trasporto passeggeri, vale ricordare per tutte la nefasta tragedia di Livorno con la collisione tra la Moby Prince e l'Agip Abruzzo;
    risultano del tutto escluse dalla proposta progettuale della società Gasdotti Italia le zone interne della Sardegna, a partire dal sito industriale di Ottana che da decenni attende la soluzione delle problematiche energetiche attraverso la costruzione di un metanodotto;
    risultano del tutto inesistenti provvedimenti legislativi tali da garantire, anche in relazione a ipotesi diverse dal Galsi e comunque minimaliste rispetto alle esigenze di approvvigionamento e strategicità, l'equilibrio di tariffe di approvvigionamento, considerati i costi maggiori che si genererebbero con un trasporto via nave;
    non risulta compiuto alcuno studio di mercato, si citano disponibilità per appena 20.000 utenti, e la proposta di SGI appare all'interpellante perseguire una soluzione legata a logiche di sottosviluppo in contrasto con progetti strategici funzionali allo sviluppo dell'intera Sardegna e del Paese stesso –:
   se e come intendano attuare le norme vigenti in tema di programmazione energetica tese a garantire alla Sardegna un approvvigionamento congruo di metano alla pari delle altre regioni italiane ed europee, nel rispetto dei progetti già approvati e immediatamente cantierabili, come il Galsi.
(2-01663) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   gli episodi di cybercrime, nel nostro Paese e nel mondo, negli ultimi anni si sono moltiplicati; il dato trova riscontro non solo nei casi di cronaca più eclatanti, ma anche negli studi di settore dedicati alla materia che hanno rilevato un incremento degli illeciti – di varia natura – commessi tramite il «cyberspazio». Le crescenti applicazioni delle nuove tecnologie espongono a rischi sempre maggiori, di solito non gestiti, gli utenti privati e potenzialmente, per effetto-domino, l'intera collettività;
   a destare le maggiori preoccupazioni, in un'ottica di tutela della sicurezza nazionale, sono più che altro gli episodi di spionaggio. Si tratta di vere e proprie attività di monitoraggio – portate avanti nella maggior parte dei casi anche per lunghissimi periodi di tempo – di esponenti politici di spicco o in ogni caso di alte cariche dello Stato al fine di carpire informazioni sensibili; fenomeno in grande diffusione secondo quanto riportato dal rapporto Clusit 2016 che evidenzia un incremento degli attacchi di spionaggio ad infrastrutture critiche di oltre il 150 per cento;
   ne costituisce un esempio l'operazione della polizia di Stato «eye pyramid» che ha individuato proprio all'inizio di quest'anno una presunta centrale di cyber spionaggio in danno di istituzioni e pubbliche amministrazioni, studi professionali, personaggi politici ed imprenditori di rilievo nazionale, senza che nessuna delle vittime ne fosse mai venuta a conoscenza;
   in passato anche la Casa Bianca è stata vittima di un grave attacco di simile natura che ha consentito agli aggressori di accedere alla caselle di posta elettronica e all'agende del Presidente americano e dei suoi collaboratori; non solo: nel marzo 2015 si è scoperto che lo stesso gruppo è riuscito a penetrare anche il sistema di posta del dipartimento di Stato, mantenendovi l'accesso per diversi mesi e costringendo l'amministrazione a fermare i sistemi ed a re-installarli da zero per bloccare l'attacco;
   le sempre più frequenti azioni di hackeraggio evidenziano, dunque, la necessità di una maggiore attenzione da parte delle istituzioni: l'azione di governance deve essere improntata a logiche di prevenzione, riduzione e trasferimento del rischio con l'obiettivo ultimo di scongiurare, o almeno limitare al minimo, le conseguenze per la collettività che, purtroppo, sono già realtà. A tal riguardo basti pensare che a dicembre 2015 un attacco «cyber» ha alterato il funzionamento di alcune sottostazioni della rete elettrica ucraina, provocando un black-out che ha interessato circa 80.000 utenze;
   da ultimo, va segnalato un allarme lanciato dal giornale britannico The Guardian che, citando fonti italiane bene informate, ha di recente sostenuto che una multinazionale russa potrebbe aver hackerato nel 2016 i sistemi informatici non criptati della Farnesina;
   i rischi dunque sono molti, ai quali non sembrano corrispondere altrettante iniziative volte a incrementare il livello di sicurezza informatica nel nostro Paese; non sembra in particolare raggiunto l'obiettivo di una normativa coerente e in equilibrio che disponga sia investimenti (finalizzati a promuovere le organizzazioni virtuose operanti in tale ambito) che sanzioni, e che persegua il coordinamento tra istituzioni pubbliche e private necessario a garantire interventi efficaci e tempestivi;
   un maggior coordinamento internazionale e la diffusione di una più ampia cultura in materia di sicurezza informatica è stato inoltre anche richiesto, recentemente, dall'Assemblea delle Nazioni Unite che ha adottato il 23 dicembre 2015 all'unanimità la risoluzione 70/237 in materia di cyber security –:
   se il Governo stia valutando di selezionare strutture pubbliche e private più qualificate, in termini di innovazione, struttura tecnologica ed esperienza concreta, nel settore della sicurezza informatica, cui rivolgersi per assicurare ogni necessaria protezione dei gangli vitali dello Stato;
   se il Governo stia considerando la possibilità di ampliare l'ambito applicativo della disciplina di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 5 del 6 novembre 2015 che affida a imprese titolari di nulla osta di sicurezza il trattamento delle informazioni classificate come sensibili;
   se il Governo non ritenga opportuno adoperarsi per diffondere la conoscenza a tutti i livelli del problema della «sicurezza informatica», anche tramite campagne divulgative istituzionali rivolte all'opinione pubblica, alle piccole e medie e imprese, alle scuole e alla pubblica amministrazione;
   se il Governo intenda assumere iniziative per promuovere anche nelle sedi internazionali, in considerazione della presidenza italiana dell'Osce, opportune e nuove azioni sui temi della sicurezza informatica.
(2-01664) «Marotta».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, GAGNARLI e L'ABBATE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con sentenza del 9 novembre 2010 la Corte di giustizia europea, sezione grande, ha dichiarato, a seguito di domande di decisione pregiudiziale proposte da un giudice tedesco, ai sensi dell'articolo 234 del trattato CE, l'invalidità degli articoli 42, paragrafo 1, punto 8-ter, e 44-bis del regolamento n. 1290/2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune e del regolamento n. 259/2008 recante modalità di applicazione del regolamento n. 1290/2005, per quanto riguarda la pubblicazione di informazioni sui beneficiari dei finanziamenti provenienti dal fondo europeo agricolo di garanzia FEAGA e dal fondo europeo agricolo di sviluppo regionale FEASR, nella parte in cui, con riguardo a persone fisiche beneficiarie di aiuti, tali disposizioni impongono la pubblicazione di dati personali relativi ad ogni beneficiario, senza operare distinzioni sulla base di criteri pertinenti come i periodi durante i quali esse hanno percepito simili aiuti, la frequenza o ancora il tipo e l'entità di questi ultimi;
   tra le motivazioni alla base della suddetta sentenza, la Corte ravvisa il superamento dei limiti imposti dal rispetto del principio di proporzionalità nella misura in cui le istituzioni comunitarie, nel prescrivere gli obblighi di pubblicità, non abbiano effettuato un equilibrato contemperamento tra gli obiettivi dell'articolo 44-bis del regolamento 1290/2205 e gli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che, come noto, sanciscono, tra l'altro, il diritto della persona al rispetto della propria vita privata;
   il superamento dei limiti di cui sopra non si individua, sempre secondo la Corte, per quanto concerne le persone giuridiche, in quanto la gravità della lesione del diritto alla protezione dei dati personali si presenta in maniera differente per queste ultime e le persone fisiche;
   è certamente democratico il principio secondo il quale i contribuenti hanno diritto ad essere correttamente informati sull'impiego delle finanze pubbliche e, tuttavia, la sentenza in parola intervenendo in un ambito come quello agricolo dove i beneficiari degli interventi sono anche persone fisiche, appare in qualche modo sacrificare tale obiettivo con il rischio di limitare la trasparenza sull'uso dei fondi comunitari a titolo PAC (politica agricola comune) e conseguentemente di peggiorarne la gestione finanziaria spesso, e a ragione, accusata di irregolarità e anomalie di ogni genere –:
   se il Governo ritenga opportuno che, contrariamente a quanto avviene per le persone giuridiche, specie nell'attuazione dei progetti finanziati dalle politiche di coesione per i quali esistono apposite piattaforme di pubblicità dei dati, per le persone fisiche beneficiarie degli aiuti a titolo di PAC non sia possibile valutare l'utilizzazione delle risorse ed eventualmente quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché, pur nel rispetto di criteri pertinenti come i periodi durante i quali si sono percepiti gli aiuti, la frequenza o ancora il tipo e l'entità di questi ultimi, sia ripristinato l'obbligo di pubblicità dei dati relativi ai beneficiari.
(5-10581)


   TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso fine settimana si è registrata una vile aggressione alla dirigenza della squadra dell'Hellas Verona;
   durante il tragitto che separa l'albergo, dove alloggiava la squadra, dallo stadio «Partenio» di Avellino, alcuni facinorosi, approfittando della presenza di una rotonda, hanno accerchiato e danneggiato l'auto sulla quale viaggiavano il presidente gialloblù, Maurizio Setti, il direttore operativo Francesco Barresi, Luca Toni e un'altra persona diretti allo stadio per assistere alla partita di calcio Avellino-Hellas Verona;
   è così che una ventina di teppisti ha o dato calci e pugni alla macchina, sfondando un vetro laterale, bersaglio del lancio di una bottiglia di birra che fortunosamente ha colpito il presidente della squadra solo sullo stomaco scongiurando il pericolo di da i più gravi a parti vitali;
   solo l'abilità nella guida del conducente ha consentito di divincolarsi da quest'aggressione, che ha provocato un grande spavento tra i dirigenti della squadra, che per qualche istante ha o temuto il peggio;
   gli occupanti della vettura riferiscono, altresì, che nelle immediate vicinanze ci sarebbero stati anche degli agenti della polizia municipale di Avellino che, pur tuttavia, non sarebbero intervenuti a sostegno degli aggrediti;
   sul punto, il capo della polizia municipale di Avellino in un comunicato risponde che gli agenti presenti di pattuglia erano in una posizione defilata rispetto al luogo dell'aggressione al presidente dell'Hellas Verona;
   questa aggressione vile e violenta merita di essere immediatamente approfondita perché sia fatta al più presto chiarezza, e affinché questi gravi casi di violenza gratuita, che non appartengono in alcun modo allo spirito sportivo non accadano più;
   la squadra di calcio dell'Hellas Verona, peraltro, non è nuova a subire simili vicende, infatti, il 1o settembre 2013 a seguito della partita Roma-Hellas Verona, il pullman che trasportava la squadra veronese era stato oggetto di un altro agguato;
   in quell'occasione un lancio di sassi aveva mandato in frantumi i vetri dei finestrini del pullman sul quale viaggiava la squadra scaligera mentre si allontanava dallo stadio Olimpico;
   a parere dell'interrogante si deve assolutamente evitare che le giornate di sport si associno a tristi momenti violenti ed incivili quali questa deprecabile aggressione; tali episodi non possono più essere considerati né tollerabili né sopportabili nel 2017 –:
   se il Governo sia informato dei gravi fenomeni di violenza che puntualmente accompagnano gli incontri sportivi di calcio, tra l'altro professionistico, in particolare dei fatti narrati in premessa, ed in caso affermativo, se e quali iniziative di competenza intenda porre in essere affinché tali episodi di vera e propria criminalità, abbiano a cessare;
   se e quali iniziative per quanto di competenza, intendano promuovere per acquisire ogni elemento utile a fare luce sulle circostanze del violento episodio subìto dalla dirigenza della squadra dell'Hellas Verona;
   se e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di accertare eventuali responsabilità a titolo omissivo che, in connessione con i gravissimi fatti indicati, abbiano avuto le autorità statali preposte alla prevenzione ed al controllo di sicurezza per gli avvenimenti sportivi. (5-10590)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha introdotto un bonus di 500 euro per acquisti di natura culturale destinato ai giovani che abbiano compiuto 18 anni nel 2016;
   l'attuazione della norma si è resa possibile solo dal 3 novembre 2016, con quasi un anno di ritardo, mediante l'attivazione del sito «18app.» Gli utenti devono registrarsi dopo aver ottenuto l'identità Spid attraverso 4 diversi possibili provider: Poste italiane, Tim, Infocert, Sielte;
   gli acquisti possono essere effettuati sia in luoghi fisici, che mediante operazioni di e-commerce. Anche per gli esercenti è necessario accreditarsi: dopo una prima registrazione, occorre accedere al sito per poter richiedere il rimborso del buono ottenuto dall'utente ed emettere la relativa fattura;
   il quotidiano La Stampa, nell'articolo del 9 febbraio 2017, ha informato delle lamentele, giunte in redazione, di numerosi maggiorenni «alle prese con il farraginoso meccanismo burocratico studiato per permettere ai ragazzi di ottenere gli agognati 500 euro governativi. (...) L’iter sembrava più doverli preparare all'impatto con la burocrazia italica, piuttosto che ampliare i loro orizzonti culturali. Il risultato: il Governo è stato costretto a prolungare la scadenza dei termini di iscrizione, inizialmente prevista per il 30 gennaio scorso, fino al 30 giugno 2017 nella speranza di far decollare l'iniziativa. Al 17 gennaio scorso, in teoria ad appena due settimane dal precedente termine per iscriversi, la Presidenza del Consiglio ha informato che su 572.437 ragazzi che hanno compiuto 18 anni, 230 mila si sono iscritti alla piattaforma 18app. In pratica, il 40 per cento degli aventi diritto. E finora la Presidenza del Consiglio ha speso il 6,3 per cento di quanto stanziato»;
   La Stampa ha precisato che «dalle lettere arrivate, l'inghippo ci sembrava piuttosto la scarsità di adesioni all'iniziativa da parte di librerie, cinema, teatri, musei, negozi musicali e rivenditori di biglietti. Molti diciottenni, pur avendo superato le prime fasi burocratiche, si lamentavano di un'unica cosa: “Non sappiamo dove spenderli”. Tanto che qualcuno ha cominciato a “rivendersi” il bonus in cambio di soldi»;
   la testata ha pubblicato, infine, una mappa dell'Italia nella quale sono state segnalate le zone con gli esercizi aderenti: in 7.012 comuni, sugli 8000 totali, non risultano esserci attività che abbiano aderito all'iniziativa;
   Gian Marco Monfreda, portavoce della Rete degli Studenti Medi, ha dichiarato, nell'articolo del 10 febbraio 2017, pubblicato su Il Fatto Quotidiano, come «i cinquecento euro sono stati solo una paghetta e nulla di più. Ci sono pochi esercenti che si sono registrati. Persino nelle grandi città non si trovano negozianti che partecipano a questo progetto e fuori dalle metropoli o dai capoluoghi di provincia ci sono realtà dove non c’è un solo punto vendita che ha aderito all'iniziativa. Eppure la cultura non è solo per chi abita nelle metropoli». La difficoltà a spendere i soldi governativi ha messo in moto l'ingegno dei ragazzi che hanno alimentato un mercato nero dei coupon sui social network, «hanno iniziato avendone i voucher per avere soldi. Avremmo preferito una manovra che garantisse l'equità sociale. Va detto con chiarezza: molti di noi non avevano proprio necessità di quei 500 euro» –:
   quali iniziative urgenti, il Governo intenda attuare per incrementare il livello di consumo di prodotti culturali da parte dei giovani e rendere efficiente il funzionamento del bonus di cui in premessa;
   quali iniziative di competenza, intenda assumere per implementare la relativa rete di venditori. (4-15587)


   LUIGI DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   durante il periodo estivo, in particolare nei mesi di luglio e agosto, i comuni di san Felice a Cancello e Arienzo in provincia di Caserta e Roccarainola in provincia di Napoli, compresi nel perimetro del parco, regionale del Partenio, sono flagellati da decine di incendi di natura dolosa e criminale che mettono in pericolo la sicurezza di migliaia di cittadini e danneggiano il delicato equilibrio del territorio, il paesaggio e la biodiversità;
   durante l'estate 2016, particolarmente violenti sono stati gli incendi criminosi del 13 e 22 luglio e quelli del 12, 13, 17 e 25 agosto che, oltre a distruggere e devastare ettari di vegetazione boschiva, arborea, altoarbustiva e bassa macchia, hanno lambito sulle colline di Cancello nel comune di San Felice Cancello (Caserta) anche gli acquedotti dell'ABC (già ARIN S.p.A.), diverse sorgenti e importanti monumenti pubblici come il prestigioso castello di epoca federiciana;
   a parere dell'interrogante, questi episodi delittuosi, che si replicano a cadenza annuale sempre più numerosi, risultano particolarmente inquietanti anche alla luce delle numerose indagini degli inquirenti su speculazioni e illegalità ambientali che continuano a contravvenire alle misure di tutela sancite da leggi nazionali e regionali indirizzate alla salvaguardia di un territorio di notevole interesse –:
   quali iniziative intendano adottare al fine di vigilare sul fenomeno e prevenire il ripetersi di atti criminali;
   quali iniziative siano state avviate, con riferimento ai comuni coinvolti dalle citate azioni criminose, al fine di verificare la corretta applicazione della legge n. 353 del 2000 relativa al censimento e all'aggiornamento tramite apposito catasto delle aree percorse dal fuoco nonché ai vincoli per l'utilizzo delle aree interessate da incendi;
   quali iniziative di contrasto siano state avviate, per quanto di competenza, nei confronti delle organizzazioni delinquenziali che continuano a devastare con incendi dolosi il territorio dei comuni di San Felice a Cancello (Caserta), Arienzo (Caserta) e Roccarainola (Napoli) mettendo in pericolo l'incolumità dei cittadini, l'equilibrio del territorio e la conservazione della biodiversità e del paesaggio;
   se intendano, visto il numero crescente per anno degli incendi dolosi nei tre comuni compresi all'interno del settore nordoccidentale del parco regionale del Partenio con gravi rischi per la vita delle persone e per l'ecosistema forestale e ambientale, attuare politiche di prevenzione, controllo e monitoraggio coinvolgendo l'Esercito e il Dipartimento della protezione civile e avvalendosi di strumenti e tecnologie avanzate, come il telerilevamento o il controllo satellitare;
   se, nelle aree interessate dagli incendi, siano stati programmati interventi di prevenzione naturalistica dai fenomeni di dissesto dei versanti, che potrebbero determinare, in caso di piogge intense, lo scivolamento e l'asportazione degli strati di terreno superficiale, arrecando nuovi e imprevedibili danni alle comunità locali. (4-15589)


   MELILLA, SCOTTO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, RICCIATTI, MARTELLI, QUARANTA, FASSINA, AIRAUDO, NICCHI e KRONBICHLER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 7 febbraio 2017 un operaio della Sevel di Atessa (Chieti), addetto alla Catena UTE 1 montaggio ha chiesto ripetutamente di poter andare al bagno, ma gli è stato vietato ed è stato costretto a urinarsi addosso;
   si tratta di un fatto grave che lede la dignità di una persona e tramite lui dell'intera classe lavoratrice di questo stabilimento, che con 6.500 dipendenti è la più grande fabbrica italiana della FCA;
   la Sevel è nata in Abruzzo nel 1978 a seguito di una joint venture tra la Fiat e la Peugeot e attualmente produce circa 300.000 veicoli commerciali che vengono venduti in 80 Paesi del mondo e in Europa occupa il primo posto nelle vendite del suo segmento;
   si tratta dunque della più grande fabbrica metalmeccanica italiana, un gigante dell’export industriale italiano;
   la vicenda per questo non può essere sottovalutata: nella più grande fabbrica italiana i ritmi e i carichi di lavoro arrivano al punto da costringere un operaio a urinarsi addosso per non lasciare il suo posto di lavoro alla catena di montaggio, cose che si pensavano lasciate alla fase primitiva dello sfruttamento della forza lavoro da parte di un capitale avido e disumano;
   la democrazia non può fermarsi davanti ai cancelli di una fabbrica, e anche alla catena di montaggio i lavoratori non devono essere umiliati –:
   se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche attraverso i competenti uffici territoriali del lavoro, affinché la multinazionale FCA rispetti la dignità dei suoi lavoratori anche nel suo più grande stabilimento abruzzese, la Sevel di Atessa. (4-15594)


   CAMPANA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle scorse settimane la polizia postale ha scoperto un'operazione di cyber-spionaggio volta a infiltrare i dispositivi informatici e una serie di dati sensibili di una serie di personaggi politici, della finanza e del mondo cattolico;
   noti personaggi sono stati intercettati illegalmente da Giulio Occhionero, ingegnere nucleare di 45 anni e dalla sorella Francesca Maria, di 49, arrestati dalla polizia postale, nell'ambito dell'inchiesta « Eye Pyramid». I due sono stati raggiunti da un'ordinanza di custodia in carcere firmata dal giudice per le indagini preliminari Maria Paola Tomaselli su richiesta da pubblico ministero Eugenio Albamonte. Nell'inchiesta è finito anche un poliziotto indagato per favoreggiamento;
   il giudice delle indagini preliminari ha bollato questa operazione di hackeraggio «pericolosa per il sistema nazionale», spiegando che «Basti pensare al primo atto scoperto, grazie al quale si è potuti risalire alle condotte illecite descritte: il tentativo di hackeraggio del sistema informatico dell'Enav, contenente informazioni e dati relativi alla sicurezza pubblica nel settore dell'aviazione civile. Inutile spiegare quanto delicate – e cruciali per la sicurezza nazionale – siano informazioni relative all'ente nazionale aviazione, alle rotto di velo, ai dati dei dipendenti, ove soprattutto si consideri il clima politico mondiale odierno»;
   in data 11 gennaio 2017, il presidente dell'Autorità garante dei dati personali, Antonello Soro, commentando l'operazione « Eye Pyramid», ha dichiarato «Sono preoccupato per le dimensioni clamorose di cui abbiamo avuto notizia, ma direi che è la punta dell'iceberg di una fragilità del sistema che abbiamo anche avuto modo di segnalare negli anni scorsi. Viviamo in una nuova dimensione degli scambi, dell'informazione, della rete, della società digitale, in quella dimensione i presidi di sicurezza sono infinitamente inadeguati rispetto ai rischi che tendenzialmente crescono tutti gli anni: gli attacchi informatici negli ultimi anni sono cresciuti con un ritmo del 30 per cento. Mentre prima i rischi venivano dalle rapine in banca o dal furto di gioielli oggi avvengono attraverso il furto di informazioni di dati. Ma i dati sono le nostre persone, e quindi siamo a rischio noi cittadini e sono a rischio le infrastrutture dello Stato»;
   in data 12 gennaio 2017, una nota dell'ufficio stampa del comune di Roma recita «In merito alle notizie di stampa apparse oggi su possibili azioni di hackeraggio rivolte al portale istituzionale di Roma Capitale, il Campidoglio informa che l'Amministrazione sta verificando – in via cautelativa – la sussistenza di eventuali infiltrazioni nei sistemi di autenticazione del portale e contemporaneamente ha attivato tutti gli approfondimenti del caso con il Raggruppamento Temporaneo d'Imprese, gestore dell'ambiente di portale»;
   inoltre, è notizia dell'11 febbraio 2017, che il Ministero degli affari esteri è stato oggetto di un attacco hacker per almeno 16 mesi a partire dal 2014;
   l'interrogante ha inoltre presentato, in data 6 marzo 2015, l'interrogazione 4-08273, dove si riportavano i dati del rapporto Clusit, associazione italiana per la sicurezza informatica, dove si stima che in Italia, i danni causati dal cyber crime ammonterebbero a 9 miliardi di euro;
   denunciando il furto di segreti industriali ai danni delle piccole e medie imprese nostrane (e a vantaggio di organizzazioni straniere) e accusa le istituzioni di non aver ancora predisposto un centro per raccogliere le segnalazioni di attacchi e per coordinare le difese –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se, alla luce delle recenti inchieste della magistratura, siano stati predisposti tavoli tecnici per assicurare la difesa delle banche dati delle pubbliche amministrazioni statali contenenti dati sensibili dei cittadini;
   se e quanti siano gli attacchi alle suddette banche dati avvenuti nel corso del 2016 e quali importi siano stati stanziati per i rafforzamenti della difesa informatica dei bigdata in possesso della pubblica amministrazione. (4-15600)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MINNUCCI, REALACCI, CARELLA, MAZZOLI, MELILLI, TERROSI, TIDEI e PIAZZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il lago di Bracciano, in provincia di Roma, sta subendo un costante abbassamento del livello delle proprie acque e, ad oggi, misura –1,20 metri dallo zero idrometrico; è necessario un intervento per salvaguardare i livelli delle acque del lago che, secondo uno studio svolto dall'Istituto di ricerca sulle acque (IRSA) del CNR, può sostenere un'escursione massima di –1,5 metri. Tale valore rappresenta il limite minimo di equilibrio che l'ecosistema lacustre di Bracciano può sostenere prima di essere gravemente compromesso, perdendo gran parte delle sue capacità di depurazione delle acque;
   tale situazione sembrerebbe imputabile al continuo prelevamento delle acque ad opera di Acea Ato2, giunto persino a punte di 2500 litri/secondo, in concomitanza alla scarsità di piogge di questi mesi;
   la predetta società, infatti, detiene la gestione di captazione per uso potabile delle acque del lago; tale concessione ha durata settantennale e prevede, appunto, la gestione di n. 4 paratoie a regolazione manuale ed un impianto di captazione per uso potabile;
   nel 2015, un protocollo d'intesa ha dettato disposizioni per la regimazione dei livelli idrici del lago di Bracciano, con l'obiettivo di tutelare il territorio e definire le variazioni dei livelli minimi e massimi; tale progetto redatto dall'autorità regionale per la difesa del suolo (A.R.D.I.S.), è stato sottoscritto anche dai comuni lacustri di Anguillara Sabazia, Trevignano Romano e Bracciano, e della città metropolitana di Roma Capitale, dall'ente parco regionale di Bracciano e Martignano e dalla stessa Acea Ato2;
   secondo tale protocollo tutti i soggetti partecipanti, e quindi anche Acea Ato2, si sono impegnati a garantire il mantenimento in condizioni ottimali del livello del lago, assicurando il mantenimento delle escursioni del livello del lago nell'ambito di quelle naturali e a perseguire i contenuti della direttiva quadro sulle acque – Direttiva 2000/60/CE, in termini di qualità e protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili;
   inoltre, Acea Ato2, in virtù dei contenuti del disciplinare n. 12234/1989, è tenuta ad osservare le prescrizioni emanate a norma di legge dalle competenti autorità in materia di tutela delle acque dall'inquinamento e della pesca;
   nonostante il predetto protocollo il livello del lago continua a decrescere, probabilmente a causa dell'operato di Acea Ato2 che prosegue a prelevare le acque, seppur nel rispetto dei moduli medi concessi, senza preoccuparsi di salvaguardarne i livelli minimi e, soprattutto, utilizzando di fatto il lago stesso, viste le quantità di acqua prelevate costantemente, non più come «riserva idrica» quale è ma come vero e proprio bacino di approvvigionamento;
   il rifornimento idrico incontrollato o, comunque, non svolto tenendo cura delle conseguenze per l'ambiente, come si osserva dalle numerose e ampie neo-aree acquitrinose e maleodoranti, può creare un grave danno ambientale permanente attraverso lo stravolgimento dell'intero ecosistema lacuale e conseguenti eventi fortemente negativi quali: riduzione delle capacità autodepurative del sistema, sostituzione e scomparsa di specie, riduzione della biodiversità, variazioni dell'idrodinamica costiera con accentuazione dei fenomeni erosivi, scomparsa dei siti di riproduzione dei pesci foraggio, riduzione della pressione idrostatica sulle falde, frane, nonché l'emersione di detriti pericolosi per l'incolumità e la salute pubblica –:
   se sia a conoscenza della situazione in cui versa il lago di Bracciano a causa soprattutto del continuo prelevamento di acque da parte di Acea Ato2 così come sopra descritto e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano intraprendere, anche attraverso un tavolo di confronto tra le parti interessate, per contrastare i previsti danni ambientali all'ecosistema del lago. (5-10587)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PELLEGRINO e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministro dell'ambiente del 10 agosto 1999, in attuazione dell'articolo 2, comma 25, della legge 426 del 1998 viene istituito l'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco. Nello stesso decreto viene stabilito che il Ministro dell'ambiente con cadenza biennale, provvede a indire con proprio decreto, il bando di concorso per titoli per l'iscrizione all'albo;
   il decreto ministeriale 2 novembre 2000, stabilisce che con successivo decreto sarebbe stato indetto il bando di concorso, ma ciò accade solo col decreto 2 luglio 2002. In definitiva, la procedura attivata col decreto 2 novembre 2000 arriva a conclusione nel 2004 con la pubblicazione dell'elenco dei soggetti valutati idonei;
   l'unica altra procedura attivata fino ad oggi è quella prevista con decreto ministeriale del 25 luglio 2007;
   rispetto ad una previsione cronologica di almeno sei concorsi ne risultano essere stati attivati e conclusi soltanto due, ultimo dei quali nel 2007;
   con decreto 15 giugno 2016, n. 143, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha approvato il regolamento dell'albo degli idonei. A tale decreto è seguito un ulteriore decreto che ha definito i criteri per la valutazione dei titoli per le selezioni inerenti le candidature;
   alla luce di quanto sopra esposto si evidenzia una grave e, nel tempo, reiterata inadempienza del Ministero che non ha provveduto con la cadenza necessaria a quanto previsto dal decreto 10 agosto 1999, determinando così una situazione di inaccettabile latitanza rispetto alle aspettative di quanti maturavano, via via nel tempo, titoli ed esperienze presumibilmente adeguate al ruolo di direttore di parco;
   attualmente la discussione in Parlamento del progetto di legge per la riforma della legge n. 394 del 1991, sta determinando situazioni paradossali, con enti parco nazionali (per esempio, il parco nazionale della Majella, il parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano, Alburni) che deliberano di non procedere (o sospendere la procedura) per la nomina delle fondamentali figure dei direttori in attesa che venga approvata la nuova normativa. Altri ancora non avviano affatto la procedura di selezione del direttore, prevista dalla normativa attualmente in vigore, in attesa di tutt'affatto chiariti «aggiornamenti della situazione». In tal modo si determina un quadro che prefigura giustificati ricorsi alla magistratura, con possibili pesanti ripercussioni sulle finanze dello Stato, da parte di quanti abbiano presentato la propria candidatura alla direzione dei parchi, o che da anni sollecitano la riapertura dei concorsi per titoli al fine di accedere all'elenco degli idonei. Questo quando addirittura non si è proceduto con percorsi ad avviso degli interroganti, del tutto anomali (parco nazionale delle Cinqueterre) rispetto al dettato della legge quadro n. 394 del 1991 (legge speciale), così determinando sperequazioni evidenti fra le procedure di nomina nei diversi parchi nazionali;
   attualmente risulta che almeno 9-10 parchi nazionali sui 23 effettivamente costituiti ed operanti, siano in situazioni non coerenti col dettato normativo della legge quadro, dove si tampona con procedure di vario genere in attesa di chiari indirizzi e prescrizioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che sembra agli interroganti limitarsi a blandi solleciti dei quali poi non viene verificata l'attuazione –:
   quali iniziative intendano adottare nei confronti dei responsabili delle inadempienze;
   come si intenda assicurare che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare eserciti il proprio ruolo istituzionale di puntuale vigilanza sul corretto funzionamento dei parchi nazionali;
   come intenda affrontare in tempi brevissimi quella che agli interroganti appare una situazione di inadempienza e deregulation che pone i parchi nazionali in condizioni di grandissima difficoltà ad operare che offre il fianco a strumentalizzazioni delle procedure di nomina di direttori perennemente nella condizione di «facenti funzione». (4-15577)


   VIGNAROLI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito di una «comunicazione», pubblicata il 26 gennaio 2017, sul waste to energy (recupero di energia da rifiuti), la Commissione europea ha invitato gli Stati membri a valutare con maggiore attenzione la gerarchia di gestione dei rifiuti, quali la riduzione, il riutilizzo e il riciclaggio, proponendo, al contempo, di rivalutare il ruolo e le potenzialità dell'incenerimento, ma soprattutto i fondi che lo sostengono. La citata Commissione invita, infatti, gli Stati a non investire risorse pubbliche per realizzare impianti inutili o aumentare una capacità di incenerimento già eccessiva;
   tra il 2010 e il 2014, riporta la «comunicazione», la capacità di incenerimento nei 28 Paesi dell'Unione europea (considerando inoltre Svizzera e Norvegia) è cresciuta del 6 per cento fino a raggiungere quota 81 milioni di tonnellate;
   la Commissione ha indicato, tra l'altro, l'Italia (insieme a Svezia, Olanda, Germania, Francia e Regno Unito) tra i Paesi che hanno un eccesso di impianti di incenerimento rispetto alle necessità attuali e future. Per le aree sprovviste di capacità di incenerimento, la «comunicazione» raccomanda di esplorare prima tutte le opzioni prioritarie, inclusive della realizzazione di capacità di riciclo e compostaggio come strumento prioritario di riduzione dello smaltimento a discarica, e della valutazione degli effetti a 20-30 della crescita della raccolta differenziata, onde evitare realizzazione di capacità di incenerimento in eccesso. A proposito delle aree ove già attualmente si registra elevata capacità di incenerimento, la Commissione suggerisce l'adozione di una serie di strumenti quali la tassazione dell'incenerimento, la terminazione graduale dei sussidi al comparto, la «moratoria» per i nuovi impianti di inceneritori, così come lo smantellamento dei vecchi impianti;
   il coordinatore scientifico della rete « zero waste Europe», Enzo Favoino, ha dichiarato che «vi è un forte mandato alla Banca europea per gli investimenti e ai Paesi membri di rivedere i loro finanziamenti per la realizzazione delle infrastrutture di settore, riducendone la quota all'incenerimento (e comprimendone fortemente la possibilità) e allineandoli invece con l'evoluzione prevista della politica di rifiuti: l'economia circolare»;
   benché la priorità europea sia il recupero della materia, attualmente si dichiara strategico l'incenerimento, che rappresenta la penultima gerarchia europea. La produzione di energia è per l'impresa legata ad un duplice business: incentivi statali e vendita dell'energia prodotta. Il recupero di materia non gode purtroppo di questi benefici, per di più il mercato deve essere ancora ben regolato per offrire uno sblocco certo e remunerativo per le materie prime riciclate. Dunque, ne deriva una concorrenza «sleale» tra recupero di materia e recupero di energia –:
   se e quali iniziative il Governo, alla luce della «Comunicazione» del 26 gennaio 2017 della Commissione europea e ai sensi della gerarchia di gestione dei rifiuti definita dalla direttiva europea 2008/98/CE, intenda mettere in campo al fine di minimizzare e comprimere il ruolo futuro dell'incenerimento rispetto alla situazione attuale, promuovendo a tal fine, una revisione delle disposizioni contenute nell'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto «sblocca Italia»;
   se il Governo non ritenga necessario assumere le opportune iniziative di competenza volte alla revisione della normativa in materia di erogazione degli incentivi per gli inceneritori, prevedendo al contempo, giusti incentivi per il recupero di materia nell'ambito dei principi dell'economica circolare. (4-15605)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VII Commissione:


   VEZZALI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'8 febbraio 2017 – dopo i primi sei mesi di sperimentazione che hanno visto oltre 5 milioni di biglietti venduti e le file ai botteghini, si è concluso il progetto «Cinema2day», l'iniziativa promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, insieme alle associazioni di categoria (Anica, Anec e Anem);
   i dati del botteghino, di tutte le sei edizioni della promozione, confermano una grande affluenza: 1.034.018 presenze nel mese di febbraio 2017, 1.130.901 a gennaio 2017; 826.953 a dicembre 2016, 1.027.723 novembre 2016, 1.013.466 ad ottobre 2016 e 598.460 a settembre 2016;
   il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, in una lettera indirizzata ai presidenti di Anica, Anec e Anem, esprime la massima disponibilità a prorogare di sei mesi l'iniziativa «Cinema2day», definendola: «(..) Un progetto condiviso di grande impatto, che per la prima volta ha offerto ai cittadini la possibilità di vivere una volta al mese l'imperdibile esperienza dei film in sala a soli due euro, per tutti e in tutta Italia (...)»;
   anche una petizione online – che ha raccolto in pochi giorni moltissime adesioni – chiede la proroga di «(...) un'iniziativa popolare che ha riavvicinato la politica al Paese reale. Noi speriamo e vogliamo credere che una misura di welfare così popolare e così accolta dagli italiani possa vincere contro ogni impedimento»;
   il presidente dell'Anica, in una dichiarazione resa nei giorni scorsi, ha accennato ad un confronto di tutte le associazioni per valutare la proposta del Ministro –:
   se il Ministro interrogato intenda confermare la possibilità di una proroga dell'iniziativa «Cinema2day» per ulteriori sei mesi, in considerazione dei successi che la stessa ha registrato. (5-10604)


   BORGHESI e MOLTENI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   è già avviato, in tutta Italia, il carnevale 2017 e ancora non si conosce l'entità dei contributi che gli organizzatori di manifestazioni carnevalesche riceveranno dallo Stato per l'edizione 2016;
   la denuncia arriva dall'Associazione Carnevalia, che raggruppa i maggiori carnevali italiani: Venezia, Viareggio, Fano, Putignano, Cento, Santhià, Ivrea, Treviso, Borgosesia, Acireale, Sciacca, Manfredonia, Foiano della Chiana, San Giovanni Valdarno, Gambettola, Avola, Cantù, Castelnuovo di Sotto;
   dopo oltre 12 mesi dalla scadenza dei termini per la presentazione delle domande (7 dicembre 2015), il dipartimento per il turismo ha reso noto solo l'elenco dei carnevali ammessi al finanziamento nell'ambito del bando del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per la concessione dei contribuiti per la promozione dei carnevali storici, ma ad oggi non si conosce l'entità dei contributi che saranno destinati a ciascun organizzatore tra quelli ammessi al Bando;
   il carnevale è un settore dell'industria culturale e turistica italiana che contribuisce in maniera significativa all'economia del nostro Paese sia in termini di fatturato che in termini occupazionali, un elemento di grande attrazione turistica, tra l'altro in un periodo di bassa stagione;
   gli organizzatori dei carnevali italiani sono costretti a fare, ogni anno, notevoli sforzi per avviare la programmazione delle manifestazioni, non avendo alcuna certezza sui possibili contributi a sostegno –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per riconoscere le specificità di questa attività e disciplinare questo settore con misure ed azioni stabili e consolidate che permettano al medesimo di integrarsi a pieno titolo nelle iniziative che fanno grande il settore turistico e culturale del nostro Paese e, in quest'ottica, includere nei futuri ed eventuali bandi ministeriali un numero sempre maggiore di carnevali tra i beneficiari del contributo, specie quelli di significativa tradizione.
(5-10605)


   SIMONE VALENTE, LUIGI GALLO, VACCA, DI BENEDETTO, MARZANA, BRESCIA e D'UVA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Cinecittà Studios, oltre a rappresentare un punto di riferimento imprescindibile per la cinematografia nazionale ed internazionale, ha assunto negli anni un ruolo economico sempre più importante per il Paese;
   negli anni ’90 si è assistito ad iniziative di privatizzazione delle imprese pubbliche italiane. Tra queste anche Cinecittà divenne molto presto oggetto di interesse economico e di profitto per numerosi imprenditori. Nel 1997 Cinecittà fu considerata dal Ministro del tesoro e dal Ministro per i beni culturali dell'epoca non più strategica e con un costo di mantenimento non più sopportabile per la finanza dello Stato; si procede così alla privatizzazione di Cinecittà e viene affidato l'incarico a Luigi Abete di gestire e far fruttare il complesso di questi teatri di posa e scenografie con il vincolo tuttavia di garantire la continuità della missione storica di Cinecittà;
   l'anno seguente viene quindi presentato un progetto per la cementificazione dell'area attraverso la realizzazione di un centro commerciale, giustificandolo con la costruzione di un cinema multisala;
   la dubbia politica commerciale avviata dalla mano privata in questi anni ha generato pesanti conseguenze comportando il rischio della sparizione di tutta la manodopera altamente specializzata e del patrimonio professionale. La situazione è precipitata negli ultimi anni, tanto che i lavoratori nel 2012 hanno avviato delle giornate di mobilitazioni e di scioperi;
   a seguito di queste manifestazioni, in data 4 dicembre 2012 è stato siglato un accordo tra Ministero, parte privata e parti sociali che prevedeva l'assunzione dei seguenti impegni: piano di investimenti per rilanciare il complesso, costituzione di appositi gruppi di lavoro per rafforzare la produzione in Italia, ammodernamento dei teatri di posa, assunzione di giovani risorse con il miglioramento del contesto economico; tuttavia, la condizione dei lavoratori di Cinecittà non è migliorata e si continua, inoltre, a rinviare una politica di sviluppo generale dell'industria del Cineaudiovisivo in Italia;
   negli ultimi incontri del 28 agosto 2016 e del 13 settembre 2016 tenutisi presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con le parti sociali si è assunto l'impegno di verificare la percorribilità di soluzioni alternative tese alla tutela dei lavoratori in vista della scadenza degli ammortizzatori sociali –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di rilanciare la vocazione industriale del sito, valorizzando il settore cinematografico, nonché di tutelare le tante professionalità presenti. (5-10606)


   COSCIA, MALISANI, ASCANI, BLAZINA, BONACCORSI, IORI, CAROCCI, COCCIA, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, GHIZZONI, MALPEZZI, MANZI, NARDUOLO, PES, RAMPI, ROCCHI, SGAMBATO e VENTRICELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   come disposto dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34 – al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nell'area archeologica di Pompei – il Ministro dei beni e le attività culturali e del turismo ha adottato il «Grande Progetto Pompei», un programma straordinario e urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro dell'area archeologica, cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale;
   il Progetto – dopo le difficoltà iniziali dei primi anni – dal 2015 ha registrato notevoli risultati: sono stati avviati 76 interventi di cui 42 conclusi, per un importo di circa 40 milioni di euro; sono state riaperte circa 40 domus restaurate, con un incremento di visitatori del 27 per cento negli ultimi 3 anni — arrivati a 2,9 milioni nel 2015 rispetto ai 2,3 milioni del 2012 — e un positivo impatto occupazionale e commerciale sul territorio circostante;
   nel 2016 si è registrato, inoltre, un ulteriore investimento di 22 milioni di euro e un incremento del numero dei visitatori di oltre 3 milioni (+12 per cento rispetto al 2015);
   il 9 febbraio 2017 il Commissario europeo agli affari regionali Corina Cretu, in occasione di una visita a Pompei, ha espresso grande soddisfazione per lo svolgimento dei lavori e per il corretto e regolare utilizzo dei fondi europei;
   nella stessa occasione, il Ministro interrogato ha annunciato lo sblocco di ulteriori risorse di fondi europei di oltre 150 milioni di euro destinate alle regioni del Sud –:
   in considerazione delle nuove risorse annunciate dal Ministro, quali ulteriori iniziative si intendano intraprendere al fine di completare il programma avviato con il «Grande Progetto Pompei».
(5-10607)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di san Felice a Cancello (Caserta), in località «Montano Ferrara» presso la frazione Polvica, è ubicato l'area storico-archeologica denominata «Casina Cuoppola» (IGM. F. 185, IV N.O. 2475695-4537415; 2475742-4537385);
   la zona, che prende il nome dal complesso masseriale fortificato risalente al XVII secolo, è costituita da una lunga terrazza collinare, accessibile da via Vianelli, posta alle pendici meridionali di monte Sant'Angelo Palomba a quota 67 metri sul livello del mare delimitata a ovest dal vallone S. Agostino e a est da un piccolo impluvio posti a monte della masseria;
   nel 1980, in prossimità della «Casina Cuoppola» furono individuati due importantissimi siti archeologici: resti di un insediamento stanziale dell'antica e media età del Bronzo e una fattoria del IV secolo a.C. trasformata nel II secolo a.C. in villa rustica;
   l'insediamento del Bronzo restituì importanti ceramiche ad impasto, mentre il sito della villa rustica ha consentito di recuperare altre importanti evidenze archeologiche tra cui ceramica a vernice nera e in sigillata italiaca, dolia e anfore, tegole, materiali struttivi in cocciopesto, colonne fittili riconducibili a vasche e ambienti termali privati, resti di una fornace dedita alla produzione di laterizi annessa alla villa rustica e a essa funzionale;
   la conoscenza di questi importantissimi siti, la documentazione di dettaglio dell'esistente approntata fin dagli anni Ottanta e arricchita ulteriormente con nuove scoperte e nuovi dati scientifici negli anni Novanta del Novecento, stranamente non ha comportato alcun tipo di tutela e nessun tentativo di valorizzazione da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   la stessa masseria fortificata del XVII secolo, compresa all'interno della zona archeologica e documentata graficamente nella cartografia storica di Rizzi Zannoni del 1793 con il toponimo «Masseria Rocula», non ha ancora ricevuto alcuna dichiarazione dell'interesse culturale nonostante le continue sollecitazioni da parte dei cittadini e delle associazioni del territorio alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Caserta e Benevento e alla Commissione regionale per patrimonio culturale della Campania;
   a quelli che l'interrogante giudica il disinteresse e l'abbandono del Ministero si è aggiunta – in tempi recenti – la concreta minaccia di una completa distruzione dei siti archeologici e della masseria seicentesca e quindi della perdita definitiva di importantissimi tesori culturali –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per prevedere con urgenza un vincolo archeologico diretto e indiretto per i siti ubicati in località Montano Ferrara nei pressi della «Casina Cuppola» nel comune di San Felice a Cancello (Caserta) allo scopo di salvaguardarne l'integrità, il decoro e la fruizione pubblica, prima che questi siano completamente distrutti;
   se contestualmente non ritenga coerente assumere le iniziative di competenza per avviare un procedimento per la dichiarazione dell'interesse culturale del complesso masseriale seicentesco denominato «Casina Cuoppola» compreso all'interno delle aree archeologiche;
   se non ritenga indispensabile avviare, in collaborazione con l'Ente parco del Partenio – all'interno del quale sono compresi i siti archeologici e il complesso masseriale –, un progetto di recupero, restauro, studio, promozione e valorizzazione dei summenzionati beni culturali. (4-15590)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale n. 44 del 23 gennaio 2016 il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha istituito la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Napoli, scorporandola dal capoluogo, allo scorso di «migliorare il buon andamento dell'amministrazione di tutela del patrimonio culturale» su un territorio di notevole estensione e articolazione, suddiviso in ben 91 comuni di notevole importanza;
   con decreto ministeriale n. 482 del 21 ottobre 2016 il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha approvato l'elenco annuale dei lavori per l'anno 2016 finanziato con le risorse ordinarie di bilancio del Ministero nonché la programmazione ordinaria dei lavori pubblici per il triennio 2016-2018;
   nonostante la strepitosa ricchezza del patrimonio culturale e paesaggistico diffuso sull'area metropolitana di Napoli (comprendente la costiera sorrentina con l'isola di Capri, l'area vesuviana interna, la zona flegrea con le isole di Ischia e Procida, l'area mariglianese-nolana, la zona pomiglianese-acerrana, la macroarea giuglianese-frattese), la tabella dei finanziamenti ministeriali per gli interventi diretti di conservazione e restauro sul territorio di competenza è drammaticamente misera;
   per l'annualità 2016 alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Napoli, che accorpa le competenze sui beni architettonici e paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici e sui beni archeologici non compresi nei parchi archeologici autonomi di recente istituzione, sono stati assegnati fondi di modesta entità e a dir poco irrilevanti: 190 mila euro per avviare l'esecuzione di appena tre interventi di restauro e valorizzazione, per lo più su beni archeologici;
   l'immenso patrimonio di opere d'arte, monumenti e paesaggio del territorio metropolitano di Napoli, che meriterebbe cure adeguate e attenzioni costanti da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, continua a non essere riconosciuto dal Governo e completamente escluso da investimenti importanti di risorse per la tutela e la valorizzazione;
   i roboanti annunci di «svolta» e «cambi di rotta» nella politica dei tagli di spesa ai beni culturali rivendicati dal Ministro e dai Sottosegretari, con il promesso aumento delle risorse nel biennio 2016-2017 per la cultura o di nuovi fondi per la tutela del patrimonio, vengono sconfessati dal disastroso quadro delle scarne risorse assegnate che condannano la nuova Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Napoli a quella che appare all'interrogante una totale e vergognosa impotenza –:
   quali iniziative intenda intraprendere per porre rimedio a questa situazione grave e inaccettabile che penalizza l'area metropolitana di Napoli e i suoi beni storico-artistici mortificando il ruolo e le funzioni della Soprintendenza che, senza dotazioni finanziarie, è impossibilitata a intervenire direttamente per la conservazione, la tutela e la valorizzazione del considerevole patrimonio culturale;
   quali iniziative intenda adottare per incrementare le irrisorie risorse assegnate alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Napoli nella programmazione ordinaria 2016, facendo fronte in modo organico e omogeneo alle numerosissime emergenze e richieste di interventi urgenti che vengono segnalati sul tutto il territorio di competenza. (4-15591)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BASILIO, RIZZO, FRUSONE e CORDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la Cassa di previdenza delle Forze armate, che dal 2009 raggruppa tutte le preesistenti casse previdenziali militari, è un ente di diritto pubblico non economico sottoposto alla vigilanza del Ministero della difesa, che esercita i relativi poteri e funzioni attraverso lo Stato maggiore della difesa e gli uffici dell'amministrazione competenti per materia;
   nel corso della riunione del 13 ottobre 2016 tenutasi tra i rappresentanti dello Stato maggiore della difesa e i rappresentanti del CO.CE.R. è emerso l'inquietante scenario di un default di 6 fondi su 7 in assenza di nuovi provvedimenti normativi;
   il primo fondo a rischio nel 2022 sarebbe quello per i sottoufficiali dell'esercito e dei carabinieri per giungere sino al 2032 con i Fondi per gli ufficiali di marina militare, esercito e carabinieri;
   secondo quanto appreso da esponenti delle Forze armate, in realtà la situazione di default in cui verserebbero le Casse di previdenza in questione sarebbe ben più grave, tanto da ipotizzare una possibile soppressione anticipata rispetto alle annualità sopra indicate;
   accanto alle numerose unità di personale che cesseranno dal servizio per sopraggiunto limite di età di 60 anni, vi sarebbe infatti una nutrita aliquota di personale di età inferiore destinata alla riserva a domanda o che per sopravvenuta inidoneità al servizio militare, sono destinate ad incrementare di otto il numero di potenziali utenti delle prestazioni previdenziali, rispetto a quanto astratta e le ipotizzato dai calcoli statistici;
   la crisi delle Casse di previdenza dei sottufficiali sarebbe altresì imputabile al mancato rinnovo dei vertici, nonostante la cessazione degli incarichi sia avvenuta ufficialmente il 23 ottobre 2016;
   nella relazione della Corte dei Conti sull'esercizio finanziario 2013-2014 della Cassa previdenziale delle forze armate, i magistrati contabili hanno rilevato che l'attuale sistema di gestione presenta criticità sotto il profilo sostenibile finanziario;
   gli interroganti si erano già interessati con atto di sindacato ispettivo n. 5/07279 della questione senza ricevere risposta dal Governo;
   preoccupazioni sono state espresse sia dai CO.CE.R. che dal personale delle forze armate per non avere certezza sulla futura gestione delle quote da loro versate alla Cassa previdenziale –:
   se il Ministro intenda fornire elementi sulle soluzione proposte al personale delle forze armate in merito alla previsione di default della cassa previdenziale delle forze armate;
   quali iniziative normative intenda promuovere per rimediare ad una gestione fallimentare dell'istituto previdenziale vigilato dal Ministero;
   quali siano le cause del ritardo della nomina dei vertici delle Casse previdenziali e se il Ministro non ritenga opportuno assumere, con assoluta celerità, le iniziative di competenza per provvedere in tal senso. (5-10592)


   TURCO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   risulta all'interrogante che presso il tribunale militare di Verona si è verificato un ennesimo caso di illecito trattamento dei dati personali sensibili di natura giudiziaria di un dipendente civile, in quanto il vertice dell'ufficio magistratuale ha provveduto a diffondere per esteso, in una nota trasmessa alla corte militare d'appello, il contenuto sensibile del certificato del casellario giudiziale del medesimo dipendente per la cui acquisizione, peraltro, già il Garante privacy con provvedimento del 5 agosto 2015 aveva espresso censure accertando l'illecito trattamento dei dati ivi contenuti in forza della trasmissione del certificato giudiziale ad uffici terzi: atto già oggetto di interrogazione parlamentare del 17 dicembre 2015, n. 5-07239, ad oggi rimasta senza risposta;
   nel caso in esame, in seguito a puntuale segnalazione del lavoratore al Garante per la protezione dei dati personali, si lamentava che il capo dell'ufficio magistratuale del tribunale militare di Verona, violando la normativa in materia di trattamento dei dati giudiziari, aveva riportato per esteso, in una nota inviata alla Corte militare di appello, il contenuto del certificato del casellario giudiziale del medesimo dipendente in violazione dei principi di pertinenza e non eccedenza per il trattamento dei dati sensibili (articolo 22, comma 3, del codice della privacy) che può essere autorizzato con disposizione di legge o provvedimento del Garante (articolo 21, del codice della privacy);
    in forza dell'istruttoria esperita dal Garante per la protezione dei dati personali, con provvedimento del 19 aprile 2016, protocollo 11283, il Garante stesso ha accertato che l'aver riportato per esteso il contenuto del certificato del casellario giudiziale del dipendente in una nota trasmessa alla Corte militare d'appello ha costituito un trattamento di dati sensibili di natura giudiziaria che «non appare rispettoso della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali, risultando parzialmente eccedente e non pertinente rispetto alla finalità del trattamento»;
   si tratta del terzo provvedimento del Garante, per la protezione dei dati personali che ha accertato illeciti trattamenti dei dati personali di un dipendente posti in essere da soggetti magistratuali del tribunale militare di Verona, dopo quello del 10 aprile 2014, n. 187, già oggetto di interrogazione del 7 agosto 2014, n. 5-03469, ed il già citato del 5 agosto 2015, oggetto dell'interrogazione sopra richiamata del 17 dicembre 2015, n. 5-07239, ambedue ancora in attesa di risposta –:
   di quali notizie disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda promuovere per assicurare il rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali dei dipendenti da parte del tribunale militare di Verona;
   se il Ministro interrogato intenda valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive presso il tribunale militare di Verona ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza in ordine alla serie di illeciti trattamenti dei dati personali dei dipendenti di cui in premessa. (5-10594)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRACCARO, TOFALO, RIZZO e FRUSONE. — Al Ministro della difesa, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il codice dell'ordinamento militare (COM), agli articoli 678 e 1014, disciplina l'istituto della riserva dei posti nelle assunzioni in favore dei militari volontari congedati;
   in particolare, il citato articolo 1014 prevede che la riserva dei posti si applichi a tutti i bandi di concorso e provvedimenti che prevedono assunzioni di personale non dirigente. Tali atti devono recare l'attestazione dei predetti posti riservati agli aventi diritto; inoltre, è previsto che le pubbliche amministrazioni trasmettano al Ministero della difesa copia dei bandi di concorso;
   il decreto legislativo 28 gennaio 2014, n. 8, ha previsto, all'articolo 11 – che ha novellato, tra l'altro, il citato articolo 1014 – alcune novità in ordine a:
    a) la previsione della quota di riserva nei bandi di assunzione nella polizia municipale e provinciale pari al 20 per cento;
    b) la conferma della quota di riserva del 30 per cento per le pubbliche amministrazioni in generale e del 50 per cento per l'amministrazione della difesa;
    c) l'estensione dell'istituto della riserva del 30 per cento anche alle aziende speciali e istituzioni di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
   le amministrazioni tenute all'applicazione della riserva sono quelle individuate al comma 1 del citato articolo 1014 ovverosia tutte le pubbliche amministrazioni individuate dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001. A queste si sono aggiunte, con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 8 del 2014, le aziende ed istituzioni di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. Tenuti all'applicazione della riserva sono quindi tutti gli enti strumentali degli enti locali e le istituzioni di cui al titolo V (articoli 114 e seguenti) del decreto legislativo n. 267 del 2000 –:
   se il Governo non ritenga di fornire l'elenco delle pubbliche amministrazioni che hanno rispettato quanto previsto dall'articolo 1014 del codice dell'ordinamento militare e quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione alle pubbliche amministrazioni che, non hanno dato attuazione a normativa;
   se il Governo intenda fornire adeguati riscontri statistici in merito all'efficacia della normativa citata in ordine all'accesso, ai posti riservati dei concorsi pubblici, del personale militare volontario congedatosi senza demerito negli ultimi 3 anni. (4-15578)


   BASILIO e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il portale t-news di tiscali ha pubblicato l'8 febbraio 2016 una notizia avente ad oggetto le condizioni strutturali in cui verserebbe il compendio immobiliare FIP, sede del nuovo comando dell'Arma dei carabinieri – nucleo forestale – a Roma;
   la predetta struttura, che per anni ha ospitato gli uffici dell'Agenzia del demanio, è sita in Viale Antonio Ciamarra, nella zona di Cinecittà-est, a sud-est della città;
   secondo la menzionata testata giornalistica, il compendio risulterebbe caratterizzato da una presenza notevole di fibre artificiali vetrose (FAV), sostanze altamente nocive per la salute umana e classificate nel 2016 dal Ministero della salute come sostanze con possibili effetti cancerogeni;
   la veridicità delle notizie riportate sarebbe confermata anche da un recente provvedimento – la circolare n. 33/1-1 del 6 febbraio 2017 – con cui il Comando unità forestale, ambientale e agroalimentare dei carabinieri, nella persona del generale Antonio Ricciardi, invita il personale in servizio presso la struttura interessata ad assumere determinati accorgimenti ed, in particolare, ad evitare di causare lesioni di ogni genere nei pavimenti, a non eseguire interventi di foratura, rimozioni, tagli su pareti o soffitti, ad evitare di aprire gli impianti di climatizzazione;
   se le notizie riportate dovessero risultare fondate, sarebbe davvero assurdo che la sede di servizio del nucleo carabinieri preposto alla tutela dell'ambiente sia essa stessa affetta da materiali cancerogeni, tali da mettere in pericolo la salute delle circa cento unità di personale attualmente impiegato nello stabile di Viale Ciamarra –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se essi trovino conferma;
   se risultino, agli atti, precedenti lettere, comunicazioni o studi documentati, relativi alla eventuale presenza di fibre artificiali vetrose (FAV) nella struttura in questione;
   se non ritengano opportuno, accertata l'attendibilità delle notizie, procedere con una rapida ricognizione dello stato di pericolosità dei materiali presenti nella struttura in questione;
   se non ritengano opportuno e necessario, in attesa della rimozione dei materiali recanti sostanze cancerogene, provvedere al rapido trasferimento del personale interessato presso una struttura sicura e maggiormente salubre per la salute.
   (4-15597)


   RIZZO, LUIGI DI MAIO, GRILLO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   le risultanze mediatiche, parlamentari e non in ultimo sanitarie hanno evidenziato che, nonostante il cosiddetto «tempo di pace», nelle Forze armate italiane, è in corso una «strage di innocenti», a seguito di patologie asbesto correlate;
   si apprende, da una ricca ricerca storiografica, che negli scorsi decenni molti militari sono stati esposti a fibre di amianto, le quali fanno parte di componentistiche di mezzi in dotazione, quali elicotteri, navi mezzi pesanti e altro;
   il Ministro della difesa, rispondendo il 10 agosto 2015 all'interrogazione n. 4-08875 presentata dal deputato e Luigi Di Maio, ha dichiarato che risultano 405 casi di «malattia asbesto correlati» con 211 decessi nello stesso periodo, in particolare: 45 decessi in Aeronautica, 50 nell'Arma Carabinieri, 39 nell'Esercito e 77 nella Marina militare;
   ultimamente organi di stampa hanno riportato la notizia che coinvolge una caserma dell'Arma dei carabinieri del comando unità tutela forestale, ambientale e agroalimentare di Roma di viale Ciamarra;
   si riporta il testo di una circolare a firma del generale Ricciardi, con la quale si avvertiva il personale di stanza presso tale reparto, circa 100 unità, di prestare massima attenzione affinché non si venisse in contatto diretto con potenziali fibre di amianto di cui l'intero edificio sembra essere inquinato;
   per i 100 lavoratori dunque, non è previsto l'immediato trasferimento in altro immobile per l'esecuzione dei compiti assegnati, ma si prescrive di evitare di venire a contatto con qualsiasi elemento possa creare pericoli da esposizione ad asbesto-derivati –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda intervenire per far luce sulla circolare emanata dal generale Ricciardi;
   se, in ogni caso, non ritenga di assumere iniziative volte a far luce sulla questione dell'amianto negli immobili dell'Arma dei carabinieri;
   come si concili con la normativa afferente al pericolo da asbesto derivati o da fibre artificiali vetrose, l'emanazione di una circolare con la quale si chiede di prestare massima attenzione affinché non si venga in contatto diretto con potenziali fibre di amianto da cui l'intero edificio sembra essere inquinato;
   in che misura gli immobili gestiti dall'Arma dei carabinieri, quindi di proprietà o in locazione, dal punto di vista della presenza di amianto, risultano rispondenti alla normativa vigente.
(4-15607)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sul numero del 12 febbraio 2017 il settimanale L'Espresso rivela che i titoli derivati gravanti sui bilanci di Stato ed enti locali hanno avuto nel solo quinquennio dal 2011 al 2015 un impatto negativo sui conti pubblici di 23,5 miliardi di euro, tra interessi netti pagati alle banche e altri oneri connessi; secondo gli ultimi conteggi disponibili gli stessi strumenti tuttora presenti nel portafoglio del Tesoro accusano perdite potenziali per ulteriori 36 miliardi di euro: una zavorra tale che, qualora dovesse materializzarsi, metterebbe a rischio la tenuta dei conti pubblici;
   l'articolo riporta inoltre che all'inizio dell'anno 2012 l'allora Governo Monti dovette versare oltre 3,1 miliardi di euro a Morgan Stanley che, troppo esposta nei confronti del debito pubblico italiano, fece appello ad una clausola che le consentiva di chiudere anzitempo il contratto Isda Master Agreement sottoscritto nel 1994 con il Tesoro facendosi restituire l'intero valore di mercato della posizione; riguardo a questa condizione lo stesso articolo fa nascere il dubbio che alla direzione del Tesoro non tutti fossero a conoscenza della clausola;
   il medesimo articolo sciorina dati ed informazioni che, a giudizio dell'interrogante, dimostrano quanto la «bomba» derivati abbia avuto un ruolo non secondario nella genesi dell'attuale voragine presente nei conti pubblici italiani e nonostante lo stesso Ministro dell'economia e delle finanze più volte interrogato in merito alle condizioni dei suddetti contratti, abbia opposto ai parlamentari, in nome della sicurezza finanziaria del Paese, clausole di riservatezza, posto che la divulgazione delle stesse avrebbe avuto riflessi pregiudizievoli capaci di determinare uno svantaggio competitivo dell'Italia rispetto alle banche ed agli altri Stati che ricorrono ai derivati, in realtà la clausola di riservatezza presente nel master agreement del 1994 stabilirebbe che i contenuti possano essere resi pubblici dal Tesoro se a chiederli sono alcune istituzioni, in particolare a corte o un «corpo legislativo» –:
   se risulti che la direzione generale del tesoro ignorasse l'esistenza della clausola di risoluzione anticipata del contratto con Morgan Stanley e che il medesimo contratto prevedesse un'esplicita clausola di trasparenza nei confronti di un «corpo legislativo» e quali siano le procedure che assicurano la riservatezza di documenti sensibili posto che gli stessi, precedentemente negati ai membri del Parlamento, paiono essere nella disponibilità della stampa. (5-10597)


   SIBILIA, ALBERTI, PESCO, PISANO, RUOCCO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le banche possono creare moneta «bancaria» dal nulla: tale facoltà sembrerebbe esser stata riconosciuta legittima dal tribunale di Bolzano (6 settembre 2016 – RG.2016/14), in quanto non contraria e non vietata dalla normativa europea e nazionale;
   da quanto si desume dalle dichiarazioni degli esponenti della Banca centrale europea e di importanti società di consulenza come KPMG, le banche di credito creano moneta all'atto di erogazione dei prestiti, quindi non prestano moneta prelevandola dalla raccolta o dalle riserve, bensì la generano ex nihilo, aumentando con ciò il money supply e realizzando un «allungamento» del proprio bilancio;
   nell'ordinanza 6 settembre 2016 dell'esecuzione immobiliare 216/2014 il GE di Bolzano ha osservato che gli articoli 127 e 128 del trattato di Lisbona riservano al Sistema europeo delle banche centrali l'emissione solo dell'euro cartaceo e metallico, non anche di quello scritturale creato dalle banche di credito. Il 7 luglio 2016 a Madrid, in Spagna, il vicepresidente della Banca centrale europea ha dichiarato: «Una motivazione fondamentale per la regolamentazione bancaria si riferisce al fatto che, quando concedono credito, le banche creano denaro creando un deposito corrispondente. Questa attività, che è al centro del nostro sistema di moneta-credito, comporta una significativa trasformazione di liquidità poiché i depositi sono molto più liquidi dei crediti»;
   nel Rapporto di KPMG predisposto per il Governo islandese si evince: «La predominante fonte di moneta nel presente Sistema monetario è il prestito bancario, in cui i depositi sono creati nel processo del prestare. La creazione monetaria nel presente sistema monetario, perciò, espande i bilanci delle banche e accresce l'indebitamento di famiglie e imprese»;
   la possibilità per le banche di creare denaro si basa sul fatto che le banche, reciprocamente, si riconoscono e accreditano identicamente alla moneta legale la moneta così creata e trasferita mediante bonifici o altro;
   tale moneta scritturale è, giuridicamente, uno strumento di debito, ossia una promessa di pagamento, emessa dalla banca pagante nei confronti della banca destinataria; quindi la moneta scritturale creditizia consiste in una rete di reciproche promesse di pagamento accettate, per convenzione, come moneta finale, estintiva del debito;
   la condizione di solvibilità o insolvibilità di una banca dipendendo essenzialmente dalla volontà delle altre banche di accettarne i pagamenti –:
   se intenda tenere conto della realtà descritta in premessa assumendo le iniziative di competenza per accertare le vere cause della crisi delle banche in difficoltà e risolvere le medesime tutelando – in conformità alle disposizioni costituzionali – il risparmio, i posti di lavoro, l'economia nazionale ed escludendo ogni modalità di applicazione del « bail-in» e « bail-out». (5-10598)


   FRAGOMELI, PELILLO, PETRINI, MARCO DI MAIO, DE MARIA, MORETTO, LODOLINI, RIBAUDO e DONATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma 40, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, prevede che gli immobili con autonomia funzionale e reddituale, destinati ad uso commerciale, industriale, uffici privati ovvero ad uso diverso, non possano essere accatastati nella categoria E;
   i quartieri fieristici sono immobili speciali, storicamente accatastati nella categoria E, pertanto esenti da IMU, sia in funzione della tipologia della specifica attività svolta, sia per le caratteristiche di tale attività, di interesse collettivo;
   con circolare n. 4 del 16 maggio 2006, l'amministrazione finanziaria ha assimilato le fiere ai padiglioni industriali, classificandoli nella categoria D8 attualmente assoggettata ad Imu;
   molte commissioni tributarie, in linea con la risposta del Governo pro-tempore ad una interrogazione parlamentare del 2005, volta a chiarire che i padiglioni fieristici, qualora per le loro specifiche caratteristiche non rientrino nelle altre categorie e per gli stessi sia presente un interesse pubblico diffuso, continuano ad essere censiti nel gruppo E, hanno accolto la tesi per cui gli spazi fieristici rientrerebbero nella categoria E/9, in quanto destinati a esigenze di interesse pubblico, che prevalgono su quelle di carattere economico/commerciale;
   il censimento nel gruppo E dei padiglioni fieristici è avvalorato dalla qualificazione delle unità Immobiliari urbanistiche allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 138 del 1998, nel quale le fiere permanenti sono inserite nel gruppo «unità immobiliari speciali per funzioni pubbliche o di interesse collettivo», associato alla categoria catastale E;
   la sentenza della Corte di Cassazione del 30 aprile 2015, n. 8773, ha stabilito che il carattere pubblico o privato della proprietà dell'immobile, oltreché eventuali funzioni sociali come ad esempio la promozione economica o culturale, sono irrilevanti e pertanto tali immobili vanno inclusi nel gruppo D, in quanto oggetto di attività commerciale;
   la presunzione assoluta della natura commerciale dell'attività svolta negli immobili danneggia pesantemente il settore, in quanto si stima che la percentuale di utilizzo degli spazi espositivi nel corso di un anno sarebbe in media pari al 10 per cento; tale dato rappresenta la naturale conseguenza della specifica attività delle fiere, caratterizzata da una forte stagionalità, da tempi lunghi di allestimento e dalla necessità di ampi spazi di servizio –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato circa l'introduzione di idonei correttivi dell'Imu sugli immobili fieristici attraverso coefficienti che tengano conto dell'effettivo utilizzo degli spazi espositivi, a tal fine anche stimando la quantificazione dell'onere a carico del bilancio dello Stato. (5-10599)


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le leggi n. 108 del 1996 e n. 106 del 2011 disciplinano la determinazione del tasso usurario, stabilendo un «tasso soglia», determinato con l'aumento di un quarto, oltre ulteriori quattro punti percentuali del tasso effettivo globale, rilevato trimestralmente dal Ministero sentita Bankitalia, in relazione alle operazioni per categorie omogenee;
   la Banca d'Italia ha innalzato il tetto del tasso di soglia, escludendo numerose voci di costo, rendendosi poi necessario il decreto-legge n. 394 del 2000, che ha fornito l'interpretazione autentica della legge n. 108;
   la sentenza della Cassazione n. 350 del 2013 ha chiarito che si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, e la Corte costituzionale, con sentenza n. 29 del 2002, ha affermato che il «tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori»;
   la legge n. 108, all'articolo 2 determina il «tasso medio» relativamente alla categoria di operazioni: pertanto la legge consente la distinzione in categorie per le operazioni di credito, non per la natura degli interessi;
   le predette disposizioni di legge sono rimaste inattuate e contro tali decreti trimestrali è intervenuta anche la Corte di Cassazione – sezione penale (a titolo esemplificativo sentenza n. 46669/2011) affermando che «Le circolari o direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia, neppure quale mezzo di interpretazione»;
   nel giugno 2014 il tasso ufficiale di sconto era 0,15 per cento e il tasso soglia, per lo stesso periodo, per un mutuo a tasso fisso era 10,4625 per cento; se lo si aumenta di 2,1 per il tasso di mora si arriva ad un tasso soglia pari al 13,08 per cento, con una forbice a favore delle banche di 12,93 per cento a chiara connotazione usuraia);
   persino l'arbitro bancario finanziario (collegio di Napoli n. 125/14) afferma che il riferimento all'aumento del 2,1 per cento «non appare utilizzabile per varie ragioni in vista del giudizio di usurarietà» –:
   perché il Ministero, nel dare attuazione al decreto-legge n. 394 del 2000 non abbia dato seguito allo spirito dello stesso, il quale stabilisce che per interessi si intendono quelli corrispettivi, compensativi o moratori e se, alla luce delle sentenze citate, non ritenga di dover assumere celermente iniziative per adeguare alla legge: decreti trimestrali, eliminando il riferimento introdotto dalla Banca d'Italia al tasso di mora, in modo da includere nel tasso effettivo globale il tasso di mora.
   (5-10600)
II Commissione:


   DAMBRUOSO, GALGANO e MENORELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   come riportato nella nota integrativa alla legge di bilancio 2017, il fisco 2017 si fonderà su tre pilastri: taglio delle agevolazioni (tax expenditure), adempimenti spontanei (compliance) e riforma del processo tributario. Nelle direttrici strategiche di intervento sono comprese le azioni volte «ad assicurare il supporto alla riforma complessiva della giustizia tributaria per garantire ai cittadini una giurisdizione più efficiente e tempi del giudicato più celeri»;
   essendo in corso un processo tributario telematico che sta interessando la maggior parte delle regioni italiane, si rileva che incomberà ai magistrati tributari un carico non solo di maggior lavoro e di impegno formativo, ma anche di disponibilità di strumenti informatici pure individuali;
   ai fini dell'attuazione del processo tributario telematico, che è uno degli obiettivi prioritari e strategici dell'azione del Governo in materia di giustizia, occorre mettere i giudici delle regioni via via interessate in condizioni di poter operare con adeguati mezzi e risorse;
   alla luce di ciò, nel corso delle ultime riunioni tenutesi presso il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, è emersa la necessità di dotare i magistrati tributari della strumentazione necessaria per svolgere la propria attività secondo le nuove regole;
   tutti partecipanti alla riunioni hanno concordato sull'inadeguatezza delle postazioni di lavoro allestite o da allestirsi presso le commissioni tributarie, considerato che nelle attuali sedi non vi sono locali destinati ai giudici tributari e che lo studio e la redazione delle sentenze non possono essere fatti in condizioni di promiscuità o negli orari limitati di apertura delle commissioni. Dette postazioni dovranno invece essere utilmente previste in ogni aula di udienza per le necessità della camera di consiglio;
   non è pensabile né si può pretendere che il giudice tributario sostenga in proprio le spese per l'attuazione del processo tributario telematico; sarebbe invece auspicabile riconoscergli un sostegno economico sotto forma di rimborso delle spese sostenute per l'acquisizione della strumentazione informatica, del materiale di consumo, del collegamento internet –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per riconoscere ai giudici tributari una piccola indennità integrativa o un rimborso spese forfettario annuo per l'acquisizione e il mantenimento della strumentazione informatica necessaria per l'attuazione del processo tributario telematico. (5-10602)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SANGA e BERNARDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 152, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) ha previsto l'introduzione dell'articolo 24-bis nel Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986;
   il predetto articolo 24-bis del TUIR prevede un regime di favore per i soggetti neoresidenti in Italia, stabilendo l'applicazione di un'imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero in favore dei soggetti che siano «fiscalmente» fuori Italia da almeno 9 anni e per quelli che non siano mai stati residenti fiscali italiani, ai sensi dell'articolo 2 del medesimo TUIR;
   tali soggetti possono optare per l'applicazione di un'imposta sostitutiva sui redditi esteri pari a 100 mila euro per ciascun periodo di imposta;
   ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del TUIR, per avere la residenza fiscale in Italia occorre essere iscritti, per la maggior parte del periodo di imposta, nelle anagrafi della popolazione residente, ovvero avere nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile;
   l'opzione può essere esercitata esclusivamente con la presentazione di un interpello, attraverso il quale potrà essere richiesta anche l'inclusione dei propri familiari (assoggettati a un'ulteriore imposta sostitutiva di 25 mila euro ciascuno);
   difficilmente saranno operati trasferimenti di residenza prima della presentazione e dell'esito del ruling di cui al comma 3 del citato articolo 24-bis del TUIR;
   l'articolo 1, comma 155, della legge n. 232 del 2016 prevede che, al fine di favorire l'ingresso di significativi investimenti in Italia, anche preordinati ad accrescere i livelli occupazionali, con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell'interno, sono individuate forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno applicabili a chi trasferisce la propria residenza fiscale in Italia ai sensi dell'articolo 24-bis del TUIR;
   l'articolo 1, comma 156, della medesima legge n. 232, prevede altresì che, con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell'interno, sono individuate, nel rispetto, della normativa vigente nazionale ed europea, forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno connesse con start-up novative, con iniziative d'investimento, di formazione avanzata, di ricerca o di mecenatismo, da realizzare anche in partenariato con imprese, università, enti di ricerca e altri soggetti pubblici o privati italiani;
   in base all'articolo 1, comma 157, della suddetta legge n. 232 del 2016, le modalità applicative dell'articolo 24-bis del TUIR, tese all'ottenimento, alla modifica o alla revoca dell'opzione in essa prevista in relazione all'accesso e al versamento dell'imposta sostitutiva, saranno adottate con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate –:
   quali iniziative intenda porre in essere il Governo perché i suddetti provvedimenti possano rapidamente essere emanati, consentendo in tal modo di rendere applicabile la norma già con riferimento al periodo d'imposta in corso, come previsto dalla normativa vigente. (5-10585)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 19 gennaio 2017 il sito di informazione online « Terra nostra news» pubblicava un articolo dal titolo «L'ultima sulle bollette “pazze” a Marano: 27 mila euro l'importo per la caserma dei carabinieri», in cui si riportava «l'imbarazzante caso delle bollette “pazze”, ossia “l'invio, qualche giorno fa, di una bolletta di 27 mila euro alla caserma dei carabinieri, per i consumi idrici di un anno e mezzo. Bolletta poi ridotta a 5 mila euro dopo gli opportuni controlli”»;
   lo stesso sito online in data 8 febbraio 2017, nell'articolo «Marano, ecco la super bolletta “pazza”: 94 mila euro a una famiglia di via Campana. Nelle case dei contribuenti anche le bollette del 2011, ma in molti casi sono state già pagate o sarebbero prescritte», riportava la notizia di una famiglia di via Campana che si è vista recapitare una bolletta di «94 mila euro, e sempre per un anno di consumi: quelli del 2012 emessi con quasi quattro di ritardo dagli uffici comunali preposti, quel settore economico-finanziario (che fa acqua da tutte le parti) diretto fino a pochi giorni fa dal dirigente “disastro” Claudia Gargiulo. Si tratta di errori clamorosi, originati dal server utilizzato dagli uffici dell'Ente. Le bollette dovevano essere vagliate prima della loro emissione, ma così non è stato. Gli errori vengono corretti in via Nuvoletta, nei locali dell'ufficio tributi, ogni giorno assaltato dagli utenti»;
   infine, nell'articolo pubblicato su « Terra nostra news» il 9 febbraio 2017 ed intitolato «Marano, sempre più in alto con le bollette “pazze”. C’è un nuovo record: 106 mila euro» si è dato conto di un nuovo record per gli importi delle bollette idriche per l'anno 2012: il titolare di una nota caffetteria del centro si è visto, infatti, recapitare una bolletta con importo pari a 106 mila euro –:
   di quali elementi disponga il Governo circa la vicenda delle bollette esorbitanti ed erronee recapitate alla caserma dei carabinieri di Marano;
   se non si ritenga di valutare se sussistano i presupposti per promuovere una verifica dei servizi ispettivi di finanza pubblica presso l'ente locale sopracitato in relazione alla sua gestione amministrativa contabile e alla situazione delle casse comunali alla luce dei macroscopici problemi registrati dai cittadini contribuenti. (4-15606)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:


   CHIARELLI, ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a ottobre 2016 è stato pubblicato il rapporto della Cepej per il 2014, sull'analisi dei dati raccolti nei 45 Stati del Consiglio d'Europa e Israele, sui bilanci dei sistemi giudiziari, professionisti della giustizia, organizzazione dei sistemi giudiziari e qualità del servizio pubblico della giustizia;
   i dati trasmessi dall'Italia sui giudici di pace e giudici onorari agli interroganti appaiono errati, quelli sui vice procuratori onorari incompleti: diversi da quelli predisposti nel 2014 dal Ministero della giustizia;
   alla Commissione, che distingue tra giudici professionali, a tempo parziale, a tempo pieno e occasionale, e giudici non professionali, il Governo ha fornito dati che appaiono errati:
    1) classificando giudici di pace e giudici onorari di tribunale come giudici non professionali;
    2) indicando un numero di giudici di pace e giudici onorari di tribunale inferiore a quello esistente;
    3) omettendo il numero degli altri giudici non di ruolo in servizio;
   non aver fatto emergere esistenza di una magistratura precaria, priva di tutela sociale e sottopagata, ha impedito alla Cepej di valutare anche il grado di indipendenza dei giudici falsamente «etichettati» come onorari, in base al loro trattamento economico (valutazione che non opera sui magistrati non professionali, perché non svolgono in via prevalente le funzioni di giudice e traggono il proprio reddito da altri lavori);
   il Governo non ha comunicato che nel 2014 i vice procuratori onorari erano 1.776, e che essi sono impiegati in rappresentanza del pubblico ministero nell'80 per cento dei processi penali di primo grado davanti al tribunale e nel 100 per cento dei processi penali davanti al giudice di pace, di fatto impedendo alla Cepej di misurare il loro impatto sul carico di lavoro particolarmente oneroso dei pubblici ministeri di carriera, a giudizio degli interroganti nuovamente omettendo di rappresentare la natura precaria di una parte di magistrati professionali,
   il Movimento Sei Luglio ricorda che la violazione dei diritti dei magistrati onorari è oggetto di procedimenti alla Commissione europea e al Comitato europeo dei diritti sociali è all'esame del Parlamento europeo. Il Movimento sta mettendo a punto denunce integrative per consentire agli organi europei di vigilare correttamente e ammonire l'Italia, affinché applichi la normativa europea –:
   se il Governo non ritenga opportuno intervenire affinché venga inviata tempestivamente alla Cepej la documentazione corretta predisposta dal Ministero della giustizia considerando l'urgenza di assumere iniziative affinché sia applicata compiutamente la normativa europea relativa all'impiego della magistratura cosiddetta onoraria e siano estesi a questa categoria gli stessi diritti le stesse garanzie dei magistrati di ruolo. (5-10601)


   SARTI e DE LORENZIS. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   sono note le gravi carenze del personale impegnato nell'amministrazione della giustizia. Si apprende dalla relazione del I presidente della Corte di cassazione sull'amministrazione della giustizia nell'anno 2016, che, a fronte di un organico fissato in 10.151 unità, risultavano in servizio 9.078 magistrati ordinari, con una scopertura virtuale di 1.073 posti, anche se è maggiore se si considerano i magistrati ordinari in tirocinio senza funzioni e quelli fuori ruolo;
   altrettanto noto è l'arretrato della giustizia penale. Dalla relazione emerge che i procedimenti penali pendenti al 30 giugno 2016 erano 3.229.284 unità. Con riferimento alla situazione dei tribunali (dibattimento e ufficio del giudice per le indagini e l'udienza preliminare), si apprende che l'anno giudiziario 2015/2016 ha evidenziato un leggero incremento delle iscrizioni (+2,1 per cento);
   anche che negli uffici di merito si registra complessivamente un apprezzabile aumento delle prescrizioni. Quelle dichiarate dai tribunali ordinari sono state 31.610 (+6,9 rispetto al periodo 2014-2015). La maggior parte delle prescrizioni è dichiarata dagli uffici del giudice per le indagini preliminari, nei procedimenti contro noti e ignoti e negli uffici dei giudici delle udienze preliminari (complessivamente 82.923, 59,4 per cento);
   numerose sono anche le pronunce di scarcerazione a seguito dell'annullamento da parte del tribunale del riesame delle ordinanze con cui il gip dispone sulle misure cautelari in ragione dell'assenza di motivazione. Secondo fonti di stampa gli annullamenti sarebbero dovuti al ricorso dei gip alla cosiddetta prassi del «copia e incolla» della richiesta d'arresto formulata dal pubblico ministero per motivare la propria ordinanza cautelare;
   l'attuale normativa sulle misure cautelari, a seguito della riforma del 2015, impone, ex comma 9 dell'articolo 309 c.p.p., che il tribunale annulli il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene l'autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa;
   detto obbligo motivazionale grava sugli uffici maggiormente carenti ed oberati di lavoro, non sostenuti da adeguati interventi legislativi, provocando numerose e gravi scarcerazioni emerse agli onori della cronaca, tradendo la funzione stessa delle misure cautelari e creando un grave problema di sicurezza –:
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere al fine di risolvere il problema della grave carenza di organico del personale impegnato nell'amministrazione della giustizia e di evitare il citato fenomeno delle scarcerazioni, anche promuovendo una revisione della disciplina delle misure cautelari. (5-10603)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il carcere di Ariano Irpino (Avellino) è classificato come adeguato a contenere detenuti particolarmente problematici;
   a giudizio dell'interrogante, detta struttura deve essere messa nelle condizioni di operare nella massima sicurezza, dotandola di un numero adeguato di personale;
   sono circa 300 i detenuti presenti nel carcere, a fronte di un organico che conta 170 unità della polizia penitenziaria;
   tale dato è rimasto invariato nonostante ci sia stata l'apertura di un nuovo padiglione;
   l'attuale dotazione organica, come recentemente rilevato dallo stesso direttore del penitenziario in un'intervista televisiva, era pensata per 180 detenuti, e non per 300, o addirittura 400, così come si paventa per il prossimo futuro;
   la carenza di personale, in particolare per quanto riguarda i quadri intermedi della polizia penitenziaria, rischia di creare difficoltà a chi con abnegazione opera in quella struttura, assicurando sempre la massima professionalità;
   la carenza di personale negli istituti di pena non è certamente un problema del solo carcere di Ariano Irpino, ma è evidente che le strutture scelte per accogliere detenuti particolarmente problematici devono avere un numero di personale adeguato alla specificità della struttura;
   l'auspicio è che si proceda celermente a far espletare i necessari concorsi per assumere nuovo personale, in particolare per i quadri intermedi della polizia penitenziaria (ispettori e sovrintendenti) la cui carenza è, a giudizio dell'interrogante, molto preoccupante;
   a giudizio dell'interrogante, la carenza di quadri intermedi, che costituiscono l’«ossatura» della polizia penitenziaria, rischia di compromettere i servizi svolti da questo Corpo negli istituti di pena italiani, minandone alla base la sicurezza –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per affrontare il problema della carenza di organico negli istituti di detenzione italiani e, nello specifico, come pensi di affrontare il problema della carenza di organico del carcere di Ariano Irpino, anche in ragione del fatto che il numero di detenuti che questo può ospitare potrebbe essere portato dalle attuali 300 a 400 unità. (4-15579)


   FRACCARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dal video intitolato Sfratto a Merano pubblicato in data 18 novembre 2016 sul canale Youtube Zinswucher-Hilfe Südtirol si apprendono i particolari di una complessa vicenda giudiziaria che vede coinvolti il signor Thomas Sigmund, membri della magistratura del tribunale di Bolzano, istituti di credito. Il predetto video lascerebbe ipotizzare, ad avviso dell'interrogante, una serie di irregolarità procedurali che si illustrano di seguito;
   l'ipotesi di irregolarità diffuse e di un fenomeno epidemico di conflitto di interessi nell'ambito delle procedure giudiziarie avviate provincia di Bolzano in ordine a custodie giudiziarie, vendite forzate, pignoramenti, aste giudiziarie e provvedimenti di sfratto evidenziata nel video trova fondamento anche nelle dichiarazioni del signor Sigmund riportate sulla stampa locale e presume la violazione dell'articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, la quale prevede che ogni persona abbia diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale («Magistratura non imparziale» Sigmund passa al contrattacco di S.F. – Corriere dell'Alto Adige, 16 giugno 2016);
   la denuncia pubblica a mezzo stampa ipotizza altresì il coinvolgimento di un'ampia rete di soggetti e più fattispecie di errori e irregolarità procedurali, che determinerebbero una grave violazione del diritto dell'uomo alla tutela dell'abitazione sancito dall'articolo 11 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR), la quale riconosce il diritto alla casa come parte del diritto ad un adeguato standard di vita, tanto da portare il signor Sigmund ad avviare un procedimento presso la Corte europea dei diritti dell'uomo;
   le criticità in ordine alla mancata tutela dei diritti dei debitori in provincia di Bolzano sono state messe in evidenza dalla stampa locale nel giugno 2016 («Troppi debitori perdono la casa, un atto ingiusto» – Corriere dell'Alto Adige, 14 giugno 2016 e Diritti dei debitori di R.C. – TGR RAI Trentino-Alto Adige, 15 giugno 2016) e, successivamente, sono state riportate all'attenzione dell'opinione pubblica con lo sfratto forzato dell'immobile di proprietà del signor Sigmund avvenuto il 2 novembre 2016, provvedimento che sarebbe stato eseguito in assenza di un titolo giuridico valido (La banca pignora la casa Sigmund sfrattato di forza di M.B. – Alto Adige, 18 novembre 2016) –:
   se il Governo intenda valutare se sussistano i presupposti per intraprendere iniziative ispettive presso il tribunale di Bolzano, in relazione a quanto denunciato sulla stampa. (4-15583)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il piano urbano della mobilità sostenibile (Pums) è lo strumento attraverso il quale i cittadini e i decisori pubblici definiscono, attraverso un piano strategico dei trasporti con un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, le strategie e la visione della mobilità per le città del futuro;
   mentre i piani urbani della mobilità (Pum) attivano processi di partecipazione solo all'interno della procedura di valutazione ambientale strategica, i Pums prevedono il coinvolgimento diretto sia dei decisori pubblici sia dei cittadini, attraverso un approccio partecipativo e integrato che tenga conto degli strumenti e delle politiche dei diversi settori e dei livelli amministrativi;
   il libro bianco sui trasporti della Commissione europea (2011) ha proposto di rendere obbligatori i Pums per le città oltre una determinata soglia di abitanti, e di prevedere, al fine di promuoverne la diffusione, forme di premialità a favore dei comuni, quali ad esempio la possibilità di accedere a fondi pubblici, soltanto in presenza di un Pums approvato;
   obiettivo del Pums è la creazione di un sistema di trasporto sostenibile che garantisca a tutti adeguata accessibilità, migliori la sicurezza, riduca l'inquinamento e le emissioni di gas serra, aumenti l'efficienza del trasporto di persone e merci, aumenti l'attrattività e la qualità dell'ambiente urbano;
   la Commissione ha altresì sottolineato come una maggiore diffusione dell'adozione dei Pums e dell'attuazione delle azioni in essi previste possa contribuire ad aumentare l'apporto della mobilità sostenibile allo sviluppo della green economy, e favorendo, ad esempio, una maggiore diffusione dei veicoli e carburanti a ridotto impatto ambientale, di servizi di infomobilità nonché di tecnologie che riducano la necessità di spostarsi laddove sia possibile soddisfare le proprie esigenze attraverso l'utilizzo di applicazioni informatiche;
   il Pums può inoltre essere considerato come uno strumento che si integra all'interno di una pianificazione territoriale locale incentrata anch'essa sulla tutela dell'ambiente, che potrebbe produrre effetti particolarmente significativi per lo sviluppo della green economy in diversi settori oltre a quello della mobilità, quali ad esempio il comparto legato all'efficienza energetica e alle fonti energetiche rinnovabili, il trattamento dei rifiuti, la bioedilizia, la prevenzione del rischio idrogeologico;
   risulta alla interrogante che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia provveduto nel 2005 a pubblicare una sintetica linea guida per la redazione dei Pum, ma che non abbia proceduto a fare altrettanto per i Pums –:  
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative per procedere quanto prima, in linea con le indicazioni provenienti dalla Commissione europea con riguardo ad una politica dei trasporti competitiva e sostenibile, ad elaborare le linee guida per la redazione dei piani urbani di mobilità sostenibile (Pums), al fine di definire una efficace strategia nazionale per la pianificazione della mobilità urbana. (5-10580)


   CRIVELLARI, ZARDINI e NARDUOLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il servizio sulla tratta ferroviaria Verona-Rovigo è svolto dalla società Sistemi Territoriali s.p.a., che opera nel trasporto pubblico regionale in relazione al contratto di servizio di trasporto pubblico locale e al programma di gestione del contratto medesimo con la regione del Veneto;
   lungo i 96,6 chilometri che collegano Verona a Rovigo viaggiano mezzi alimentati a gasolio, con tempi di percorrenza troppo lunghi e crescenti disagi per i passeggeri (sovraffollamento, cancellazione di corse, ritardi); manca il completamento dell'infrastruttura elettrica nelle tratte Isola della Scala-Cerea e Legnago-Rovigo e mancano le possibilità di un biglietto unico per la percorrenza dei diversi tratti;
   in più occasioni l'utenza ha sottoposto all'attenzione di istituzioni e opinione pubblica il degrado in cui versano molte delle piccole stazioni ferroviarie locali, nonché i disagi e i disservizi lungo la linea, nonostante l'esistenza di un pendolarismo importante di studenti e lavoratori;
   la richiesta di mobilità della popolazione del Polesine, del Veronese e delle aree limitrofe è in aumento –:
   se intenda verificare, per quanto di competenza, quale sia lo stato dell'efficienza delle reti ferroviarie sopradescritte e dei servizi a queste collegate, quali siano, se esistono, programmi d'investimento e miglioramento della linea ferrata che collega Rovigo a Verona e quali siano i programmi di recupero delle aree degradate dopo l'abbandono o la chiusura delle piccole stazioni ferroviarie e, non ultimo, se intenda valutare la possibilità di intraprendere iniziative, con il coinvolgimento dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, al fine di avviare le necessarie verifiche volte a garantire la sicurezza dei passeggeri. (5-10583)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 715 del codice della navigazione (valutazione di rischio delle attività aeronautiche o Risk Assessment) prevede che, «al fine di ridurre il rischio derivante dalle attività aeronautiche per le comunità presenti sul territorio limitrofo agli aeroporti, l'ENAC individua, gli aeroporti per i quali effettuare la valutazione dell'impatto di rischio. Nell'esercizio delle proprie funzioni di pianificazione e gestione del territorio, i Comuni interessati tengono conto della valutazione di cui al primo comma»;
   la policy di attuazione dell'articolo 715 definisce le misure di tutela da applicare nelle aree esterne agli aeroporti interessate dalle curve di iso-rischio generate come output del modello matematico sviluppato dall'Enac. Tali misure di tutela si concretizzano, in particolare, nell'individuazione dell'uso del territorio (carico antropico) e delle attività incompatibili con il livello di rischio associato all'attività di volo che si svolge sull'aeroporto considerato;
   una volta effettuato dall'Enac lo studio di valutazione del Risk Assessment, l'ente comunica i risultati alle amministrazioni locali territorialmente interessate e i comuni, una volta ricevute le planimetrie raffiguranti le curve di out-put della simulazione, modificano i propri strumenti di gestione e pianificazione del territorio, tenendo conto delle indicazioni contenute nella policy;
   la redazione della valutazione del rischio contro terzi, regolato dall'articolo 715 del codice della navigazione, è obbligatorio per gli aeroporti che hanno più di 50 mila movimentazioni annue, tra questi, rientra a pieno titolo anche l'aeroporto Marco Polo di Tessera-Venezia, il quale fa registrare circa 90 mila movimenti annui;
   nonostante l'obbligatorietà della redazione del piano di valutazione del rischio ex articolo 715, l'aeroporto di Venezia risulta allo stato attuale sprovvisto del predetto documento e l'Enac, al quale è stata indirizzata richiesta di accesso agli atti per il documento in questione, non è stata in grado di fornire il piano di rischio per l'infrastruttura sopra citata;
   risulta evidente all'interrogante come il piano di Risk Assessment rivesta una grande importanza, dal momento che attiene alla valutazione probabilistica del rischio di subire gli effetti diretti di un incidente aereo cui sono esposti i residenti, e come la sua redazione non possa pertanto essere considerata facoltativa –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda mettere in atto affinché, nel rispetto della normativa vigente, venga redatto il piano di valutazione del rischio ex articolo 715 del codice della navigazione anche per l'aeroporto di rilevanza strategica Marco Polo di Venezia, tenuto conto del considerevole aumento delle movimentazioni annue registrate nell'ultimo anno all'interno del suddetto scalo aeroportuale.
   (5-10586)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il progetto di studio predisposto da Italferr nel 2012 per il collegamento ferroviario tra Venezia e Trieste prevedeva per questa tratta la realizzazione di una nuova linea alta velocità/alta capacità divisa in 4 fasi funzionali;
   l'ipotesi di realizzare un nuovo collegamento ferroviario ha ricevuto, nel corso degli anni, numerosi pareri negativi da parte delle amministrazioni locali ed è stata in seguito definitivamente accantonata per gli ingenti costi di realizzazione (oltre 7 miliardi di euro);
   nell'ottica di ridurre il costo degli investimenti, è stato elaborato da parte di Rete ferroviaria italiana (Rfi) un nuovo studio preliminare per il potenziamento della linea attuale al quale è seguita anche la sottoscrizione di un protocollo d'intesa con la regione ed un programma di finanziamento;
   dalle notizie di stampa e dalle dichiarazioni dell'amministratore delegato del gruppo FS Italiane non si hanno ulteriori notizie di dettaglio circa i lavori previsti che dovrebbero comprendere – stando ai contenuti dello studio preliminare aggiornato a luglio 2016 – anche una nuova linea a doppio binario di circa 36,6 chilometri con 22,7 chilometri in galleria, prevalentemente in variante rispetto alla linea attuale;
   inoltre, restano ad oggi sconosciuti gli elementi di valutazione necessari in termini di impatto ambientale, né tantomeno sono state rese note la tempistica afferente la realizzazione del progetto, le sue modalità di attuazione e le previsioni di spesa, e ciò nonostante, si evidenzia la rilevante incidenza paesaggistica e ambientale del progetto sulle zone agricole e le ampie aree lagunari interessate dall'ipotesi di tracciato –:
   se i Ministri interrogati intendano, per quanto di competenza, fornire maggiori informazioni di dettaglio circa le opere – e le relative previsioni di spesa – che verranno intraprese sul territorio compreso tra Ronchi e Trieste, nell'ambito del progetto preliminare di Rfi, con particolare riguardo a quanto attiene il loro impatto ambientale e paesaggistico.
(5-10589)


   MINNUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da ormai molto tempo, lo scalo di Fiumicino è teatro di un grave crisi occupazionale che coinvolge società operanti nei settore dei servizi terra;
   nei giorni scorsi, infatti, sono stati licenziati 90 lavoratori della Ecotech, società che gestiva, in subappalto per due società di handling, il servizio di pulizie a bordo;
   secondo i sindacati Uil-Trasporti e Ugl-Trasporto Aereo, tali licenziamenti sarebbero dovuti al fatto che le società di handling, Avianpartner e Aviation Services, continuando a subappaltare le attività delle pulizie di bordo e, nello stesso tempo, imponendo ad oggi tariffe non sostenibili per il minimo costo del lavoro previsto dal contratto nazionale, creerebbero inevitabili esuberi di personale, dumping sociale e condizioni di insostenibilità per le società appaltatrici;
   la vicenda Ecotech, però, non è un caso isolato ma si affianca a molte altre situazioni tra cui quella di Alitalia Maintenance System che vede ancora irrisolto il futuro lavorativo dei suoi 240 lavoratori;
   la crisi occupazionale che ha investito lo scalo di Fiumicino, infatti, non è solo da ricondurne alla gestione degli appalti, nelle modalità sopra descritte, da parte delle società di handling, nonostante il controllo che dovrebbe essere assicurato sulle predette società da parte di Enac e di Aeroporti di Roma, ma anche dalla mancanza, ad oggi, di un piano industriale da parte di Alitalia;
   al riguardo, si teme che il predetto piano industriale possa proporre molti tagli e ridimensionamenti della flotta e del network, con drastiche conseguenze di natura economica e occupazionale che investirebbero anche, e soprattutto, proprio le centinaia di lavoratori impegnati nell'aeroporto romano, creando un sempre più drastico effetto domino nel settore;
   si tratta di una prospettiva che appare del tutto contrastante con la crescita costante dei dati del traffico aereo passeggeri e merci, nonché con l'investimento di milioni di euro per le infrastrutture, determinando un inaccettabile contesto di esuberi, deprofessionalizzazione e precarizzazione del lavoro –:
   se siano a conoscenza della grave crisi occupazionale che si sta verificando nello scalo di Fiumicino e quali siano le iniziative che intendono intraprendere, anche promuovendo l'istituzione di un apposito tavolo di confronto, al fine di garantire i diritti dei lavoratori coinvolti, se del caso assumendo le iniziative di competenza volte a meglio regolamentare la materia degli appalti e a pervenire al necessario, e fondamentale, piano industriale di Alitalia. (5-10593)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Resto del Carlino Ancona, 8 febbraio 2017 titola «Uscita dal Porto, ecco il protocollo tra “disattenzioni” e colpi bassi». L'articolo fa riferimento alla firma del protocollo tra comune di Ancona, regione Marche, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Rete ferroviaria italiana, Anas e Autorità di sistema portuale del mare Adriatico centrale allo scopo di ridisegnare il sistema infrastrutturale del capoluogo;
   in questo ambito si profila il collegamento del porto di Ancona alla variante della strada statale 16 dopo la «bocciatura» del progetto di finanza predisposto da Passante Dorico s.p.a., annunciata dal Ministro interrogato il 15 dicembre 2016, in quanto il progetto «non sta in piedi». Si tratta della concessione oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo dell'interrogante, in molti casi senza risposta. Continua l'articolo «Ma il documento ha avuto una gestazione difficile anche perché dal Ministero, nel capitolo riferito alla bocciatura dell'Uscita a Ovest, avevano provato a inserire qualche parolina che addossava la responsabilità al Comune di Ancona. Poche parole che hanno fatto scoppiare un caso poi rientrato»;
   se la ricostruzione giornalistica risponde al vero, il Ministero avrebbe fatto un «tentativo» per scaricare sul comune responsabilità insistenti, esponendo in tal modo i cittadini di Ancona ad affrontare un contenzioso di proporzioni inimmaginabili e compiendo comunque un atto inqualificabile in pieno contrasto con i principi di leale collaborazione che dovrebbero orientare gli atti del Ministero e degli altri enti pubblici –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti suesposti;
   chi sia il responsabile dell'inserimento dei passaggi della convenzione che hanno fatto scoppiare il caso poi rientrato di cui in premessa circa asserite responsabilità del comune di Ancona e quali sarebbero eventualmente le stesse;
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda assumere nei confronti di eventuali responsabili. (5-10596)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAMPANA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la stazione ferroviaria Roma Tiburtina, si legge sul sito di Grandi stazioni, «è la seconda stazione ferroviaria della Capitale per volume e tipologia di traffico, circa 500 treni al giorno, 140 mila transiti giornalieri e 51 milioni di utenti l'anno. Roma Tiburtina, oltre a essere un nodo cruciale per la mobilità capitolina, è la prima stazione del Sistema Alta Velocità della tratta Torino-Milano-Salerno a essere stata completata e si candida a diventare uno spazio fondamentale per la crescita della città, con un grande potenziale di sviluppo sia residenziale sia direzionale»;
   la stazione Tiburtina, inoltre, è un importante snodo intermodale anche grazie alla presenza dell'autostazione che, grazie a compagnie private, collegano le regioni italiane alla Capitale e consentono ogni giorno l'arrivo a Roma di migliaia di pendolari che raggiungono la città per motivi di lavoro o studio;
   dal dicembre 2015, via Masaniello, che consente l'accesso alla stazione da via Tiburtina, risulta essere chiusa al traffico, ma sulla stessa non è in corso alcun tipo di lavori pubblici;
   a causa della chiusura della strada i mezzi in accesso alla stazione sono costretti ad allungare il percorso di alcuni chilometri, registrando forti ritardi e ripercussioni sul traffico della Via Tiburtina, soprattutto nelle ore di punta –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e, in particolare, quale tipo di lavori sia previsto e quali ne siano i tempi di realizzazione al fine di ripristinare al più presto la normale fruibilità di una delle stazioni più importanti della penisola, nodo del trasporto pubblico laziale e nazionale che ogni anno registra più di 50 milioni di passeggeri. (4-15598)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BECATTINI e ERMINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 6 ottobre 2016 la prefettura di Firenze ha comunicato al sindaco del comune di Reggello (Firenze), Cristiano Benucci, la decisione di collocare 80 migranti nell'ex Albergo «Abetina», posto nella località montana denominata «Saltino», nel predetto comune;
   con questa nuova assegnazione, il comune si posiziona stabilmente sopra le 200 unità di migranti accolti, una quota decisamente eccessiva secondo gli interroganti in rapporto alla popolazione residente e che lo colloca ben al di sopra di qualsiasi indicatore ipotizzato da ANCI e dal Ministero dell'interno;
   questa allocazione (che porta a 100 il totale dei migranti ospitati nelle due strutture ricettive di Saltino) avviene in una località di montagna, la cui popolazione residente non supera le 50 unità, rischiando così di porre seri problemi di convivenza ed integrazione alla comunità che vive quella frazione, per la quale una fonte importante di reddito è costituita dal turismo stagionale concentrato nei 3 mesi estivi;
   con convenzione stipulata in data 1o agosto 2016 tra la prefettura di Firenze e il Raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) costituito tra la cooperativa sociale «Alma Mater», con sede legale a Napoli, e la P.l.m. Srl, avente sede legale a Prato, è stato previsto l'affidamento di 75 migranti, divenuti poi oltre 100 e collocati nelle strutture di cui sopra;
   a seguito di recenti inchieste giornalistiche, sia di emittenti locali che di livello nazionale, sono state messe in evidenza carenze gestionali relativamente all'accoglienza fornita ai migranti nella struttura dell'ex albergo «Abetina» relative alla mancanza di vestiario e cibo necessari alla permanenza in una località di montagna;
   nella data dell'11 ottobre 2016, del 22 ottobre 2016 e del 10 novembre 2016 si sono verificate ispezioni presso la struttura in questione da parte del personale tecnico dell'Unità funzione complessa igiene e sanità pubblica dell'Unità sanitaria locale Toscana Centro;
   le ispezioni di cui sopra hanno riscontrato criticità: a) in tema di adeguato riscaldamento degli ambienti; b) in tema di adeguata fornitura di biancheria personale e piana (per i letti e per i bagni) e di vestiario idoneo alle condizioni climatiche;
   le stesse inchieste giornalistiche hanno anche prospettato l'ipotesi di presunte irregolarità nel R.t.i. costituito –:
   se il Governo non intenda verificare la situazione sopra esposta;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative, in seguito ad un riscontro degli elementi evidenziati ed in considerazione della scadenza della convenzione di cui in premessa al 30 aprile 2017, per il tramite della prefettura di Firenze, per porre fine a tale rapporto convenzionale, per gli elementi descritti in premessa, tenuto in particolare conto delle criticità riscontrate dai tecnici dell'azienda sanitaria locale Toscana Centro nelle 3 ispezioni effettuate e della quota di presenze di cui il comune di Reggello si sta facendo carico, molto alta rispetto agli standard previsti. (5-10591)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la scorsa settimana il tribunale di Verbania ha inflitto a Miya Hridoy, un extracomunitario bengalese di 21 anni, che aveva aggredito una donna sul lungo Ovesca, (il torrente che «taglia» Villadossola), la pena di un anno e dieci mesi di reclusione, più un risarcimento danni di 5 mila euro, il pagamento delle spese di parte civile e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, con la sospensione condizionale;
   il tribunale, secondo quanto riporta il sito del quotidiano novarese vcoazzurratv.it, ha accolto in parte la richiesta del pubblico ministero che aveva chiesto 3 anni e 6 mesi per il bengalese che, la sera del 17 agosto 2016, aggredì la donna che stava passeggiando col cane sulla pista che costeggia il torrente;
   la sentenza, che ha riconosciuto la violenza sessuale e le lesioni, è stata emessa dopo più di due ore di dibattimento, a seguito della ricostruzione, avvenuta attraverso il racconto dell'aggredita e di diversi testimoni, tra cui due minorenni, che quella sera accorsero in aiuto della donna nei pressi dal parco giochi di via Zonca;
   al riguardo, i due giovani, rileva ancora il quotidiano telematico novarese, sentiti dai carabinieri, già nell'immediatezza si erano accorti del grave episodio avendo, peraltro, riconosciuto l'aggressore che, con altri tre connazionali, era vicino al parco giochi;
   il bengalese, (che tuttavia ha negato le sue responsabilità) sostengono i due minorenni, aveva aggredito la donna alle spalle addirittura due volte, facendola cadere a terra e toccandola in più parti del corpo;
   il medesimo quotidiano d'informazione prosegue, riportando che l'extracomunitario si trova in Italia da due anni, quando era ancora minorenne. Nell'aula del tribunale dove è stata emessa la sentenza di condanna nei suoi riguardi non c'erano due dei tre connazionali testimoni del fatto, in quanto irreperibili;
   a giudizio dell'interrogante, la suesposta vicenda conferma ancora una volta, la situazione di estrema gravità in cui si trova il Nord Italia ed in particolare la regione Piemonte, nell'ambito della gestione delle politiche di accoglienza nei riguardi degli extracomunitari, i cui sistemi organizzativi, delle procedure pro quota di ripartizione e di permanenza, si sono rivelati nel corso degli anni, carenti e altamente pericolosi in termini di sicurezza per la comunità nazionale italiana;
   l'aggressione dell'extracomunitario bengalese in precedenza descritta, evidenzia a parere dell'interrogante, la necessità e l'urgenza di una netta inversione di rotta in termini di rispetto e osservanza delle leggi e dei regolamenti da parte degli immigrati irregolari nel nostro Paese, i quali troppo spesso senza lavoro, permesso di soggiorno, continuano ad essere presenti sul territorio nazionale, esercitando attività delinquenziali, senza alcun intervento delle istituzioni finalizzato al rispetto delle normative nazionali;
   l'acuirsi del fenomeno del terrorismo internazionale di matrice islamica, che coinvolge direttamente il nostro Paese, unitamente al potenziamento dei sistemi di controllo e monitoraggio dei cittadini extracomunitari sul territorio italiano, rivelatosi, a giudizio dell'interrogante, completamente inefficiente e fallimentare nel corso degli ultimi anni, impone la necessità di velocizzare le procedure di espulsione per soggetti come quello in precedenza riportato, presenti nel nostro Paese, in considerazione del comportamento aggressivo e violento dimostrato –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del grave episodio di aggressione accaduto a Villadossola nell'agosto del 2016, nei riguardi di una donna italiana da parte dell'extracomunitario bengalese, in relazione al quale è stata emessa la sentenza del tribunale di Verbania, che ha condannato alla reclusione a un anno e dieci mesi;
   se, in considerazione di quanto accaduto ed in precedenza richiamato, non ritenga urgente e necessario valutare se sussistano i presupposti per assumere le iniziative di competenza per attivare procedure di espulsione nei confronti del cittadino bengalese sopra richiamato, il cui atteggiamento si è dimostrato violento e che conferma, a parere dell'interrogante, come la sua presenza nel territorio novarese, sia finalizzata ad attività tutt'altro che pacifiche e rispettose nei confronti della comunità nazionale e irriguardose verso il rispetto della normativa italiana. (4-15580)


   COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 15 febbraio 2017, a Vibo Valentia, presso il centro di accoglienza situato all'Hotel Lacina di Brognaturo, un migrante malese di 24 anni è deceduto in una rissa scoppiata, pare, per futili motivi;
   il ragazzo, Amadou Diarrà, è morto dissanguato durante l'intervento chirurgico che avrebbe cercato di salvarlo, a causa di gravi ferite riportate all'addome dopo essere stato scaraventato contro una porta a vetri del centro di accoglienza;
   nella tarda mattinata la polizia aveva già fermato il presunto colpevole, Moussa Traore, anche lui giovanissimo e connazionale della vittima. A Traore viene contestata l'accusa di omicidio preterintenzionale;
   entrambi i giovani erano ospiti della struttura dal 6 dicembre 2016;
   la situazione di abbandono, in alcuni casi di degrado, di molti centri di accoglienza crea un clima esplosivo che, come si sa dalle cronache, sfocia in violenze, a volte anche gravi. Vi sono persone non accusate di alcun reato che vi si trovano per essere identificate ed espulse, spesso senza un adeguato sostegno psicologico, in altri casi, come si è visto dalle recenti cronache sempre in Calabria, gli ospiti delle strutture non ricevono neppure i servizi essenziali che consentano un minimo livello di dignità;
   il piano di rafforzamento di queste strutture delineato dal Ministero dell'interno, dopo le numerose verifiche rispetto al fallimento di questi luoghi, emerse anche dall'attività della Commissione parlamentare di inchiesta sui centri di accoglienza, alla luce degli incidenti che avvengono al loro interno, non è spiegabile –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e come intenda verificare, per quanto di competenza, le eventuali responsabilità del centro di accoglienza situato presso l'Hotel Lacina di Brugnaro e la relativa efficienza. (4-15584)


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi si sono verificati numerosi tafferugli all'università di Bologna, dove la polizia è dovuta intervenire per sgombrare la biblioteca della facoltà di lettere, occupata da alcuni collettivi di studenti per protestare, perché l'ateneo aveva installato tornelli per controllare gli accessi alle aule;
   la contestazione è culminata nell'occupazione della sala studio; lo scontro poi si è spostato nelle strade del capoluogo emiliano;
   la decisione dell'università di installare tornelli all'ingresso, sarebbe stata assunta a seguito di specifica richiesta dei lavoratori della biblioteca medesima, allarmati dagli sviluppi della situazione;
   in effetti, la biblioteca di discipline umanistiche ospita continuativamente una trentina di membri di un collettivo che la ritengono «cosa propria»; con questi soggetti, a quanto risulta all'interrogante, non è stato mai possibile né il dialogo né la mediazione, in quanto pongono in essere prepotenze, violenze e atteggiamenti squadristici, considerando gli spazi un centro sociale e non una biblioteca;
   i balordi e gli spacciatori che popolano la zona limitrofa all'università, ora si sono spinti anche all'interno – specie dopo la decisione di aprire questa ed altre biblioteche fino alle 24, una delle iniziative per combattere il degrado della zona – i bagni sono stati trasformati in luoghi di spaccio, nelle aule avvengono furti e addirittura episodi a sfondo sessuale si sarebbero verificati nella sala di lettura a danno di studentesse;
   questi individui si dichiarano rappresentanti degli studenti, ma in realtà molti universitari hanno preso immediatamente le distanze da queste posizioni e soprattutto da questi metodi violenti, solidarizzando in pieno con il personale della biblioteca –:
   nell'attesa che la giustizia faccia il suo corso e si accertino le responsabilità per questi gravi episodi, quali misure d'ordine pubblico il Ministro interrogato intenda adottare in relazione al danneggiamento delle infrastrutture universitarie e alla necessità di assicurare il rispetto delle decisioni assunte dal rettore in materia di tornelli e limitazioni dell'accesso ai locali dell'università di Bologna. (4-15588)


   DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro interrogato, tanto nell'audizione svolta l'8 febbraio 2017 dinanzi alle Commissioni riunite I della Camera e 1a Senato quanto su diversi articoli apparsi sulla stampa, ha cercato di dare la percezione di voler dare vita ad un nuovo corso nella gestione dell'accoglienza dei migranti, tale da giungere al superamento, delle condizioni di grave degna o registrate nel passato e che, specie in Calabria e nelle regioni meridionali in genere, hanno portato a situazioni insostenibili, tanto per soggetti accolti quanto per le popolazioni locali;
   nonostante le rassicurazioni fornite dal Ministro, circa lo stato dei migranti nelle strutture di prima accoglienza, specialmente a Reggio Calabria, richiamate peraltro nell'interrogazione 4-15408, la stampa continua a dar conto di una situazione che è stata toccata con mano dall'interrogante durante una visita compiuta presso teatro del quartiere Rosalì, compiuta assieme alla parlamentare europea Laura Ferrara;
   in esso 28 ragazzi, una settantina fino a pochi giorni fa, che risultano essere minori non accompagnati, sono stipati in un'unica stanza e dormono su brandine instabili che fungono contemporaneamente da armadio;
   nella struttura le condizioni igieniche sono precarie, essendo assente peraltro l'acqua calda, e i riscaldamenti non funzionano, nonostante le temperature rigide di queste ultime settimane;
   a tal proposito, ai giovani ospiti non sarebbe stato fornito neppure un abbigliamento adeguato al clima invernale dato che molti di loro sono obbligati, in mancanza di altro, a far uso di ciabatte e di semplici felpe;
   la struttura di Rosalì è adibita a centro di accoglienza per un massimo di 72 ore, ma, come in altri casi tra cui quello relativo al cosiddetto «Scatolone» e al centro di Archi, tale termine verrebbe superato largamente, anche oltre i sessanta giorni, fatto che aggrava le precarie condizioni igieniche all'interno della struttura;
   tutto ciò, va ricordato, non comporta soltanto la violazione di norme etiche, ma anche di quanto stabilito dalle direttive europee, come recepite dal decreto-legge 18 agosto 2015, n. 142;
   l'ex centro di Archi, quelli di Rosalì e della Capitaneria, ad avviso dell'interrogante esempi di un'accoglienza di qualità scadente, sono gestiti dallo stesso ente: la cooperativa Cooperazione Sud per l'Europa che, a quanto si apprende sul suo sito internet «è un'agenzia formativa accreditata dalla Regione Calabria con Decreto n. 6511 del 30 aprile 2013» i cui soci «lavorano attivamente per migliorare la condizione lavorativa dei giovani della Regione e diffondere la cittadinanza europea attiva e consapevole»;
   come mette in evidenza l'articolo «Altro che accoglienza: viaggio tra i migranti di Reggio Calabria», apparso il 21 gennaio 2017 sulla testata online Lettera43, «nessuno va a lezione d'italiano. Ci sono solo un mediatore culturale, di origine marocchina e, una volta la settimana, un'educatrice che fa anche il giro delle altre strutture gestite dalla cooperativa, Archi e la Capitaneria di Porto. I minori non hanno mai incontrato uno psicologo e hanno visto solo un paio di volte un medico, per pochi minuti [...] Sebbene gli spetti una telefonata a settimana, quasi tutti hanno potuto finora chiamare una sola volta a casa»;
   ciò che è evidente, dunque, è che non solo gli immobili identificati da comune e prefettura sono inadatti ad ospitare dei migranti minori non accompagnati, anche solo per la prima accoglienza, ma anche che la loro gestione, come l'interrogante ha potuto verificare direttamente, è stata affidata ad un soggetto che non sembra garantire i servizi che dovrebbe erogare –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere affinchè sia superata realmente l'attuale inadeguata gestione della prima accoglienza dei minori non accompagnati immigrati nel comune di Reggio Calabria. (4-15595)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 25 e il 26 gennaio, scritte insultanti e minacciose nei confronti del prefetto di Verona, Salvatore Mulas, e dei suoi collaboratori, sono comparse nei comuni di Villafontana e Bovolone;
   «Traditore» e «servo del denaro» sono tra le espressioni apparse su un muro in cemento armato di contenimento del terreno che si trova all'altezza della rotonda tra i due comuni. Poi, hanno fatto il giro dei social network perché qualcuno ha cominciato a postarle su Facebook;
   come riferiscono le cronache locali, quest'ultimo è un episodio tutt'altro che isolato e s'inserisce nella questione dell'accoglienza dei migranti, se si considera che proprio nei giorni scorsi il prefetto aveva incontrato i sindaci della provincia per chiedere maggiore collaborazione;
   già a dicembre 2016, sempre a Bovolone, ignoti avevano appiccato il fuoco ad alcuni cassoni di legno sistemati all'entrata del piazzale di una struttura messa a disposizione da un imprenditore già assessore negli anni ’80, che da tempo ha affittato il capannone ad una cooperativa in accordo con la prefettura;
   a questo fatto gravissimo, seguirono anche le minacce indirizzate ai figli del proprietario, il quale non mancò di denunciare l'accaduto; alla fine, però, lo stabile, seppur con motivazioni legate ai costi giudicati non più convenienti, non venne mai effettivamente utilizzato per dare alloggio ai migranti;
   nei giorni scorsi cinque bottiglie, probabilmente contenenti nafta, quindi delle vere e proprie bottiglie incendiarie, sono state lanciate sulla facciata vicino all'ingresso principale;
   tutto ciò è un chiaro, segnale di come l'odio indiscriminato, fomentato da gruppi che organizzano manifestazioni di piazza e agiscono in provincia, così come in città, rischi di trasformarsi in un concreto e pericoloso atto criminale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   considerando il clima che si fa sempre più incandescente, quali siano le misure di protezione che si intendono adottare per assicurare l'incolumità del prefetto di Verona. (4-15596)


   SIBILIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   giusto un anno fa, precisamente in data 9 febbraio 2016, il sito di informazione on line Il Mattino.it riportava la notizia dell'arresto del sindaco del comune di San Lorenzo Maggiore (Benevento), Emmanuele De Libero, accusato di concorso in concussione;
   nell'articolo intitolato «Tangenti, arrestato il sindaco di San Lorenzo Maggiore: coinvolto anche il capo dell'Ufficio tecnico» si sottolineava che un imprenditore «per poter lavorare alle infrastrutture del Piano di insediamenti produttivi del Comune di San Lorenzo Maggiore aveva dovuto piegarsi al pagamento di una tangente di circa 10 mila euro su un lavoro di 70 mila. A pretendere i soldi, secondo le indagini dei carabinieri di Cerreto Sannita coordinati dalla Procura di Benevento, il sindaco e il capo dell'ufficio tecnico del Comune»;
   il sindaco, poi, è stato sottoposto ed è tuttora agli arresti domiciliari, come risulta dall'articolo del sito di informazione « La nostra voce» nell'articolo del 26 gennaio 2017 intitolato «San Lorenzo Maggiore, sindaco agli arresti da un anno: Si sciolga il consiglio», in cui si evidenzia che il consiglio comunale» è gestito da un sostituto nominato dal sindaco agli arresti domiciliari» –:
   se, alla luce di quanto premesso, non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per assumere le iniziative di competenza, ai sensi degli articolo 141 e 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (4-15601)


   NUTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Nola, secondo l'interrogante, vi è un concreto rischio di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata, così come già descritto in precedenti atti di sindacato ispettivo a prima firma del sottoscritto;
   nel rispondere all'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-07094, il Governo pro tempore ha descritto un'attenta attività di monitoraggio da parte delle prefettura di Napoli, effettuata in modo mirato, anche sulla base degli esposti o delle denunce che segnalano situazioni di irregolarità o di illiceità, indirizzando gli accertamenti verso i settori più sensibili a forme di infiltrazione o di condizionamento, come quelli degli appalti, dei contratti pubblici e dell'edilizia;
   in particolare, con riferimento all'amministrazione comunale di Nola, la prefettura di Napoli presta particolare attenzione sia perché l'organo consiliare dell'ente locale in passato è stato sciolto due volte (nei 1993 e nel 1996), sia perché recentemente si sono verificati taluni episodi che hanno coinvolto esponenti dell'apparato politico amministrativo dell'ente;
   è decorso quasi un anno e 3 mesi dalla risposta del Governo pro tempore, e nel frattempo sono intervenuti ulteriori fatti che, a parere dell'interrogante, confermerebbero i rischi di infiltrazioni mafiose, puntualmente denunciati tramite successiva interrogazione a risposta scritta n. 4-13872 –:
   quali sono i risultati dell'attività di monitoraggio della prefettura di Napoli relativa al comune di Nola di cui in premessa;
   se non si intendano avviare le procedure per la nomina di una commissione d'accesso ai sensi dell'articolo 143 del testo unico degli enti locali, al fine di verificare eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata nel comune di Nola. (4-15602)


   POLVERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è già stata condannata dalla Corte di giustizia europea, con sentenza del 15 gennaio 2009, per inadempienza della direttiva 2002/22/CE sull'istituzione del numero di emergenza unico europeo;
   dalla sospensione temporanea delle sanzioni europee l'Italia non ha raggiunto gli obiettivi prefissati a livello sovranazionale perché ad oggi la regione Lombardia è l'unica ad aver adottato su tutto il territorio il numero unico per le emergenze;
   il ritardo temporale dimostrato dall'Italia si affianca a una diffusione inefficiente del servizio, come dimostrato dai costanti richiami da parte dei sindacati delle forze dell'ordine e degli enti di soccorso, che chiedono di far luce sulla gestione del numero unico, istituito come un call center laico;
   la giornata europea del numero unico di emergenza 112, celebrata qualche giorno fa, non dispensa l'Italia dall'essere periodicamente protagonista di circostanze che rivelano l'inadeguatezza del servizio, non ultima quella segnalata da un dirigente del tribunale di Roma che, a quanto consta all'interrogante, non riuscendo a comunicare con la questura capitolina per la trasmissione di una ordinanza di misura cautelare, ha ben pensato di contattare il numero unico di emergenza, ritrovandosi in un vortice di rimpalli e ripetitive spiegazioni da un operatore all'altro;
   sebbene la dicitura call center laico, ossia l'utilizzo intenzionale di risorse umane che non siano appartenenti a forze specifiche, indichi la volontà di porre un filtro tra gli utenti e la rete operativa, le persone impiegate non sempre dimostrano di essere formate sui tempi di gestione delle emergenze e, in particolare, sulla comprensibilità delle stesse;
   la decentralizzazione del numero unico delle emergenze 112 comporta una frammentazione del servizio che può inevitabilmente produrre disuguaglianza;
   la creazione del numero unico non è riuscita nell'intento di tagliare i costi delle sale operative, anzi le ha aumentate;
   non si conoscono con chiarezza i costi di gestione delle sale operative e le modalità di reclutamento del personale impiegato all'interno delle strutture del 112 –:
   se il Ministro interrogato intenda promuovere un coordinamento più efficace che garantisca un servizio importante per la vita dei cittadini nazionali ed europei, in grado di ridurre i costi di gestione delle sale operative adibite alla raccolta delle istanze di emergenza.
(4-15603)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GULLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha previsto un concorso a posti e cattedre per il personale docente così come previsto dalla legge n. 107 del 13 luglio 2015;
   il bando ha previsto un totale di 63.712 posti che verranno assegnati nel corso del triennio 2016/2018;
   lo stesso Ministero sul suo sito istituzionale ha evidenziato che trattasi di «un concorso innovativo che vuole selezionare i migliori docenti puntando sul merito, sul riconoscimento del percorso svolto e sulla qualità»;
   tra i possibili futuri docenti che rispondono alle qualità richieste vi sono, per l'interrogante, senza alcun dubbio, i dottori di ricerca per l'approfondimento delle specifiche discipline sviluppato durante la loro carriera universitaria;
   il bando non ha previsto l'ammissione dei dottori di ricerca, non equiparandone il titolo a quello dei professori abilitati;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ristretto la partecipazione ai soli docenti in possesso dell'abilitazione;
   fino ad ora i dottori di ricerca non sono stati considerati idonei dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per accedere al concorso, mentre sono sempre stati considerati idonei per una supplenza, entrando in questo modo in terza fascia della graduatorie;
   il Consiglio di Stato ha accolto con riserva il ricorso di oltre duecento dottori di ricerca esclusi dal concorso a cattedre della scorsa primavera, perché non in possesso dell'abilitazione;
   il Consiglio di Stato ha chiesto di disporre prove suppletive solo per quanti hanno presentato il ricorso accolto;
   nel caso di superamento del concorso, i dottori di ricerca verranno probabilmente assunti in sovrannumero vista l'assegnazione delle altre cattedre;
   il titolo di dottore di ricerca non viene equiparato dalla giustizia amministrativa a quello di abilitazione all'insegnamento ottenuto tramite Tirocinio formativo attivo (Tfa), Percorso abilitante speciale (Pas), o altri canali ufficiali, per quel che riguarda l'accesso al concorso a cattedra, ma – spiegano i giudici, – la norma sul concorso lascia aperti varchi interpretativi;
   in attesa della sentenza di merito, i dottori di ricerca dovranno essere ammessi a prove suppletive d'esame e essere assunti pro tempore, fino al chiarimento della questione se il dottorato di ricerca e l'abilitazione all'insegnamento siano titoli equivalenti –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative di competenza in relazione alla vicenda, procedendo con l'individuazione di soluzioni per far fronte all'eventuale assunzione in sovrannumero dei docenti ed intervenendo, altresì, per consentire a tutti i dottori di ricerca di partecipare ai futuri bandi per accedere all'insegnamento. (4-15582)


   CECCONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   presso la regione Marche è in via di approvazione una riforma che prevede il passaggio della gestione del diritto allo studio alle università tramite apposite convenzioni, nonché l'ulteriore passaggio, tramite gli stessi atenei, della gestione di mense e alloggi ad altri soggetti non meglio precisati;
   l'ultima legge di bilancio prevede che la gestione del diritto allo studio deve essere demandata ad un unico ente regionale (come già succede in molte altre regioni italiane), in linea con la Costituzione e tutte le leggi nazionali in materia (che prevedono la competenza esclusiva delle regioni in materia di diritto allo studio);
   sindaci, rettori e associazioni studentesche si sono pubblicamente dimostrati preoccupati per il mantenimento dei già alti livelli quantitativi e qualitativi dei servizi erogati agli studenti universitari nelle Marche (secondo il CENSIS);
   con tale snaturamento delle indicazioni della suddetta legge di stabilità e delle altre leggi nazionali in materia, nelle Marche ad avviso dell'interrogante si rischia di perdere in tutto o in parte i finanziamenti previsti per il diritto allo studio;
   appare di dubbia legittimità la gestione da parte delle università del diritto allo studio, in contrasto con quanto prevedono la Costituzione e leggi nazionali in materia;
   occorrerebbe approfondire le ragioni che portano all'affidamento della gestione del diritto allo studio agli atenei (o altri soggetti da queste delegati) –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, il Governo non ritenga di procedere a un monitoraggio dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 269, della legge n. 232 del 2016 che prevede la razionalizzazione del sistema dei servizi per il diritto allo studio e che integra, come esplicitamente indicato, un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, assumendo, ove ricorrano i presupposti, ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per evitare forme di privatizzazione totale dei diritti in questo ambito, con conseguente perdita in qualità e quantità dei servizi erogati. (4-15585)


   VIGNALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 2015 ha introdotto un bonus («carta del docente») di 500 euro, per ogni anno scolastico, per acquisti di natura culturale destinato ai docenti di ruolo della scuola italiana per la formazione continua e l'aggiornamento professionale;
   a partire dal 2016 il bonus, previa iscrizione con codice Spid, è assegnato ad ogni docente attraverso un «borsellino elettronico» e attraverso applicazione web «cartadeldocente.istruzione.it» è possibile ai docenti effettuare acquisti, anche online, presso gli esercenti ed enti accreditati a vendere i beni e i servizi che rientrano nelle categorie previste dalla norma;
   attraverso la piattaforma è possibile agli esercenti accreditati ai sensi della direttiva del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 170 del 2016 registrarsi al servizio e offrire ai docenti la vendita dei beni o servizi previsti dalla normativa;
   la carta consente, tra le varie agevolazioni, «l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale»;
   essa prevede, sempre in funzione del miglioramento delle competenze specifiche del docente, che un insegnante di musica possa utilizzare il bonus o parte di esso per l'acquisto di uno strumento musicale, purché strettamente correlato alle iniziative individuate nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa e del piano nazionale di formazione di cui all'articolo 1, comma 121, della legge n. 107 del 2015;
   tuttavia, nella categoria dei libri, testi e pubblicazioni acquistabili con la carta non sono espressamente previste le edizioni musicali, testi fondamentali per la formazione dei docenti di musica;
   la procedura spettante agli esercenti per ottenere l'accreditamento (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 novembre 2016, articolo 7) autorizza solo i codici Ateco relativi alle librerie. In particolare, per quanto riguarda l'editoria musicale e gli strumenti musicali, risultano attualmente rivenditori accreditati, sulla base del codice Ateco, solo Amazon e La Feltrinelli, mentre sono esclusi tutti i produttori/rivenditori di strumenti e di editoria musicale, creando in tal modo una inaccettabile disparità di trattamento –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per chiarire che la carta del docente può essere utilizzata anche per l'acquisto delle edizioni musicali;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per autorizzare l'accreditamento di tutti i produttori e rivenditori di strumenti musicali e di editoria musicale, corrispondenti ai codici Ateco 32.20.00 fabbricazione degli strumenti musicali, 47.59.6 commercio al dettaglio di strumenti musicali e spartiti, 95.29.01 riparazione di strumenti musicali e 59.20.20 edizione di musica stampata. (4-15593)


   DIENI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante, nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-13135 rivolta al Ministro interrogato, chiedeva conto dei criteri definiti dal comitato di valutazione dell'istituto comprensivo Francesco Jerace di Polistena (Reggio Calabria) per attribuire al diligente il bonus premiale, conformemente al comma 129 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107;
   nei suddetti criteri, infatti, si prevedeva la decurtazione del punteggio in relazione ad eventuali relazioni conflittuali con colleghi, dirigenti scolastici e altri soggetti del territorio, fatto che ha destato sorpresa anche da parte di svariati organi di stampa;
   l'inazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha prodotto tuttavia ulteriori effetti perversi che hanno colpito l'istituto comprensivo Francesco Jerace, mentre la scelta di tali strumenti di valutazione rappresentavano non solo un fatto isolato, ma la spia di condotte, a giudizio dell'interrogante scorrette di alcuni dipendenti, denunciate tanto dai genitori quanto dal personale docente;
   più specificamente nella scuola sarebbero stati rilevati da alcuni genitori, come da comunicazione indirizzata al direttore generale dell'ufficio scolastico provinciale di Reggio Calabria, poi inoltrata al direttore generale regionale, alcuni fatti non chiari, che sarebbero culminati nella modifica della votazione già registrata di una studentessa a vantaggio della stessa;
   a quanto emerge inoltre da una segnalazione pervenuta all'interrogante dalla professoressa Francesca Stilo, si rileva inoltre come siano avvenuti altri fatti, a partire dalla non chiara ripartizione delle ore di sostegno richieste per alunni: le ore concesse sono note solo al team della dirigenza, ma sembrerebbe che ore di sostegno assegnate ad un alunno con disabilità grave siano state invece dirottate su un alunno con disabilità meno grave, ma funzionale alla formazione delle ore di cattedra per alcuni docenti vicini alla dirigenza, che sono peraltro gli stessi che hanno anche coordinato la richiesta del monte ore di sostegno;
   è quindi singolare che gli stessi soggetti, nonostante questi fatti, risultino inseriti nella lista dell'assegnazione del bonus premiale ex articolo 1, comma 126, della legge 13 luglio n. 107, secondo criteri che non risultano mutati rispetto a quelli segnalati nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-13135 e che privilegiano esplicitamente il pieno accordo con il dirigente scolastico;
   i fatti sopra descritti, a parere dell'interrogante, sono prova di alcuni difetti insiti nella legge 13 luglio 2015, n. 107, altrimenti nota come Buona Scuola, principalmente per ciò che attiene l'eccessivo potere che viene posto in capo al dirigente scolastico e, a cascata, ai suoi più vicini collaboratori i quali, discrezionalmente, possono influire tanto sull'erogazione dei bonus premiali quanto su alcuni atti interni, rendendo più facile la realizzazione di quelli che appaiono all'interrogante provvedimenti di dubbia legittimità –:
   se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per sanare le problematiche descritte in premessa concernenti l'istituto comprensivo Francesco Jerace di Polistena (Reggio Calabria);
   se non intenda assumere iniziative con urgenza per modificare la legge 13 luglio 2015, n. 107 per limitare i poteri del dirigente scolastico e in particolare evitare un trattamento privilegiato per il personale docente più vicino ai dirigenti scolastici. (4-15608)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, CIPRINI, COMINARDI, TRIPIEDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società Carrefour, con sede legale in Milano via Caldera 21, è il secondo più grande gruppo al dettaglio nel mondo in termini di reddito e vendite, ed il primo a livello europeo. È presente in 30 Paesi, in Italia è presente in 18 regioni con 1.092 punti vendita e con 4,9 miliardi di euro di fatturato nel 2015;
   in Italia fanno parte del gruppo Carrefour le insegne Carrefour Market, Carrefour Express, Docks Market, Gross Iper e Dì per Dì, impiegando circa 475 mila lavoratori;
   come evidenziato dalla rivista finanziaria « Market Insight», nel terzo trimestre 2016 la catena di supermercati e ipermercati francese riporta vendite pari a 21.781 milioni, in progresso del 3,2 per cento a perimetro costante e superiori ai 21.700 milioni del consensus;
   dal 1o aprile 2013 il nuovo direttore esecutivo di Carrefour Italia è Eric Uzan, al quale sono stati affidati gestione operativa e sviluppo di Carrefour in Italia;
   con i suoi 224 punti vendita in Piemonte Carrefour è sempre stata molto attiva: nel luglio 2015 è stato inaugurato il nuovo Ipermercato di Nichelino, realizzato nell'ambito del progetto di riqualificazione edilizia e urbana del territorio, che prevede anche la creazione del parco commerciale «I Viali di Nichelino», la cui inaugurazione è prevista entro la fine del 2017;
   a maggio 2016 Carrefour Italia ha deciso di distribuire in più di 100 punti vendita piemontesi gli oltre 150 prodotti a marchio «Piemunto» che valorizzano l'alta qualità del latte piemontese e suo utilizzo;
   a luglio 2016 a Torino è stato aperto il primo Carrefour Market format «urbano», che offre servizi quotidiani come lavanderia, sartoria e calzolaio e servizi per la casa come idraulico, fabbro, elettricista;
   a giugno 2014, con un investimento di 5 milioni di euro, Carrefour inaugura la rinnovata galleria commerciale Montecucco di Torino. Durante l'inaugurazione il direttore esecutivo Uzan dichiara: «Oggi Carrefour a Torino è una realtà moderna, che dà lavoro ad oltre tremila persone nei tre ipermercati, 18 supermercati Carrefour Market e 61 negozi di prossimità Express e che conta anche 55 imprenditori affiliati in franchising. Si tratta di numeri importanti per una realtà, il Piemonte, che con 250 punti vendita complessivi rappresenta il 20-30 per cento del nostro fatturato»;
   inoltre, Uzan dichiara, come si evince dall'articolo del 20 giugno 2014 pubblicato sul sito «Adnkronos» che nel successivo triennio Carrefour ha in programma l'ampliamento di punti vendita cosiddetti di prossimità, con l'apertura di oltre una cinquantina di nuovi centri in tutta Italia, di cui una decina a Torino e provincia, per un investimento complessivo in Piemonte, tra nuove aperture e interventi di modernizzazione delle strutture esistenti, stimato intorno ai 30 milioni;
   il 3 febbraio 2017 è partita la procedura per 620 licenziamenti negli ipermercati Carrefour. I lavoratori colpiti dalla procedura sono su tutto il territorio italiano, ma in particolare in Piemonte dove i due ipermercati di Trofarello e Borgomanero verranno chiusi;
   i punti vendita piemontesi in chiusura contano 111 dipendenti, nessuno in età pensionabile, per i quali l'azienda ha proposto il trasferimento a Napoli e a Cagliari;
   il 6 febbraio 2017 i manager della multinazionale hanno confermato la chiusura di un terzo punto vendita a Pontecagnano (Sa) e la revisione del modello organizzativo di altri 30 ipermercati, di cui il gruppo ha dichiarato il relativo impatto occupazionale –:
   se il Ministro interrogato intenda avviare tempestivamente un tavolo nazionale di confronto volto ad individuare ogni misura attuabile di tutela della forza lavoro in esubero, come la ricollocazione effettiva del personale eccedente, ed evitare un peggioramento delle condizioni occupazionali. (5-10582)


   IACONO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 78 della legge n. 388 del 2000 istituisce e finanzia la figura del lavoratore socialmente utile con la finalità di avviare al lavoro migliaia di disoccupati fornendo al contempo servizi ai comuni e agli altri enti locali, con trattamento economico a valere sul fondo sociale per l'occupazione; 
   il legislatore aveva, altresì, previsto che l'avviamento al lavoro di tali unità dovesse prevedere nel tempo l'attivazione di piani di fuoriuscita dal bacino del precariato da attivarsi su iniziativa delle regioni;
   tuttavia, nonostante le previsioni normative tali piani di fuoriuscita non sono mai stati nei fatti attivati, talché si è provveduto nel tempo al rinnovo di tali convenzioni, consentendo che questi lavoratori continuassero a svolgere la propria funzione sui territori;
   dal 31 dicembre 2016 scaduta la convenzione, in essere fra il Governo, per il tramite del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e la regione siciliana, avente ad oggetto la situazione giuridica, economica e patrimoniale di circa 251 lavoratori socialmente utili, impiegati su tutto il territorio siciliano;
   si tratta di centinaia di lavoratori, prevalentemente appartenenti a famiglie monoreddito e con livelli salariali assai bassi, che per anni hanno garantito, nei comuni ove hanno prestato la loro opera, l'espletamento di servizi ritenuti fondamentali per le comunità di appartenenza;
   oggi il mancato rinnovo di detta convenzione, oltre a determinare una brusca interruzione di tali servizi, ad evidente nocumento dei cittadini, ha messo in condizioni di grave precarietà questi lavoratori e le loro famiglie, che vivono con ansia ed inquietudine l'attuale situazione di incertezza e non sanno quando e come potranno riprendere a svolgere la propria attività lavorativa;
   dal canto suo, la regione siciliana fa sapere che sta lavorando alla definizione di un piano di fuoriuscita dal precariato di detti lavoratori che, se autorizzato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, consentirebbe il rinnovo di detta convenzione;
   tuttavia, ad oggi non si hanno notizie che facciano presagire una felice conclusione della vicenda –:
   in quali tempi, quali forme e quali modalità si intenda procedere al rinnovo della convenzione con la regione siciliana avente ad oggetto la situazione dei lavoratori di cui in premessa;
   se il Ministro intenda intraprendere iniziative per individuare percorsi e forme giuridiche di assunzione che garantiscano maggiore stabilità a questi lavoratori.
(5-10584)


   SOTTANELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 249, collegato alla manovra finanziaria per il 2017, contenente disposizioni relative all'abolizione di Equitalia, alla «rottamazione» delle cartelle esattoriali e alla riapertura della volontary disclosure, prevede numerose modifiche tra cui l'ampliamento della procedura ai ruoli del 2016 e la proroga delle domande di definizione agevolata e dei versamenti;
   nell'ambito dei chiarimenti e degli approfondimenti forniti dall'Agenzia delle entrate, su una moltitudine di norme di cartiere fiscale e contributivo, introdotte sia dalla legge di bilancio che dal decreto fiscale, l'Odcec e Telefisco 2017, segnalano che, per quanto concerne gli effetti conseguenti alla presentazione della dichiarazione di adesione per i carichi previdenziali, la decisione in ordine al rilascio o meno del Durc, il documento unico di regolarità contributiva resta di esclusiva competenza dell'Inps;
   a seguito di una istanza di un contribuente, riporta «la lente sul fisco» (un servizio di aggiornamento professionale telematico in ambito fiscale), l'Inps ha comunicato di aver interessato il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di ottenere i necessari chiarimenti sulla corretta interpretazione della previsione in esame;
   al riguardo, in presenza di notifica di invito a regolarizzare, per il quale il contribuente non ha attivato nessuna forma di regolarizzazione prevista dalla normativa (pagamento oppure dilazione), il Durc, evidenzia ancora «la lente sul fisco», è da ritenersi irregolare;
   le suesposte osservazioni, a giudizio dell'interrogante, configurano una situazione grottesca e paradossale, se si valuta che l'introduzione delle norme volte a riaprire i termini per le domande di definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione (negli anni compresi tra il 2000 e il 2015) è stata promossa proprio dal Governo precedente attraverso il decreto-legge suesposto;
   i contribuenti che hanno aderito, (stante l'attuale contesto) rischiano pertanto di non presentare il Durc in forma corretta, con gravi conseguenze sull'attività lavorativa, oltre che sul pagamento delle rate successive di contribuzione;
   a parere dell'interrogante, risulta conseguentemente urgente e necessario un intervento normativo affinché l'Inps recepisca la procedura della «rottamazione» delle cartelle esattoriali e la conseguente rateizzazione prevista contribuenti che intendono aderire, al fine del contestuale rilascio del Durc, che, com’è noto, rappresenta la certificazione indispensabile che attesta la regolarità nei versamenti dei contributi Inps, Inail e Cassa edile da parte di un artigiano o di un'impresa –:
   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato circa le criticità esposte in premessa e se non intenda adottare in tempi rapidi una iniziativa normativa ad hoc volta al rilascio dei Durc nei confronti dei contribuenti che hanno aderito alle disposizioni previste dal decreto-legge n. 193 del 2016 in materia di estensione dei termini per la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione, al fine di definire coerentemente il quadro normativo in materia. (5-10588)

Interrogazione a risposta scritta:


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 10 dicembre 2014, n. 183, all'articolo 1, comma 7, lettera l), ha previsto l'istituzione, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, di un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro;
   il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, ha istituito un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata «ispettorato nazionale del lavoro» (INL), per svolgere, sotto la vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le attività ispettive già esercitate dallo stesso Ministero, dall'Inps e dall'Inail;
   nel nuovo Ente operativo dal 1o gennaio 2017 (giusto decreto interministeriale 28 dicembre 2016, in fase di registrazione presso la Corte dei conti) – andranno ad operare gli ispettori provenienti dal ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall'Inps e dall'Inail, svolgendo sul territorio l'attività di vigilanza lavoristica, previdenziale e assicurativa, prima esercitata dalle ex direzioni territoriali del lavoro e dagli istituti;
   gli ispettori ex Ministero del lavoro e delle politiche sociali, transitati nei ruoli dell'Ispettorato nazionale del lavoro allo stato, godono di trattamenti retributivi e trattamenti di missione di gran lunga inferiori, rispetto a quelli percepiti dagli ispettori degli istituti, pur esercitando di fatto le stesse mansioni;
   vanno rimarcati la specificità della funzione ispettiva e l'importante ruolo sociale che riveste la figura dell'ispettore del lavoro, da sempre in prima linea sul fronte della lotta al lavoro sommerso e all'evasione contributiva, nonché della prevenzione delle cosiddette morti bianche –:
   se il Ministro interrogato intenda adottare tutte le iniziative di competenza al fine di eliminare il « gap» retributivo che esiste tra gli Ispettori dell'Ispettorato nazionale del lavoro, provenienti dalle tre amministrazioni interessate (Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Inps – Inail), « gap» che può inficiare – ab initio – l'attività del nuovo ente su tutto il territorio nazionale. (4-15599)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, GAGNARLI e L'ABBATE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del 9 dicembre 2010 il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, ha nominato il dottor Baldanza e il dottor Venuti rispettivamente commissario e sub commissario della federazione italiana dei consorzi-agrari;
   la nomina si è resa necessaria al fine di gestire le posizioni giuridiche attive e passive facenti capo alla Federconsorzi a seguito del suo scioglimento e per adempiere ai compiti e alle funzioni già affidati al commissario liquidatore;
   l'interrogante ha più volte assunto iniziative nelle competenti sedi al fine di conoscere le attività svolte dall'organismo commissariale, anche alla luce degli ingenti compensi ad esso assegnati;
   sul sito ufficiale del Ministero non è pubblicata alcuna notizia né altra informazione sull'operato dei suddetti commissari, specie con riferimento ai soggetti debitori e all'entità dei crediti derivanti dalla rendicontazione della gestione degli ammassi dei prodotti agricoli –:
   se non ritenga necessario che il commissario della federazione italiana dei consorzi agrari fornisca urgentemente ogni utile elemento in merito alla attività svolta fino ad oggi, con particolare riferimento ai soggetti debitori e all'entità dei crediti, nonché alle azioni che intende intraprendere, anche al fine di accelerare le procedure necessarie alla chiusura del contenzioso e di porre così termine alla gestione commissariale. (5-10595)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:


   GRILLO, LOREFICE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, COLONNESE, NESCI, MANTERO e BARONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dal Sole 24 ore on-line del 6 febbraio 2017 si apprende che il 3 febbraio 2017 i carabinieri hanno effettuato una perquisizione nei locali dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) a Roma e tra i filoni su cui è stata cercata documentazione pare vi sia quello del costo d'acquisto del farmaco anti epatite C, Sovaldi;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato sul bollettino n. 6 del 7 marzo 2016 ha riportato il parere i relativo ai contenuti della determinazione n. 1.427, adottata dall'Agenzia italiana per il farmaco (AIFA), il 4 novembre 2015 «Attività di rimborso alle regioni in attuazione del meccanismo prezzo/volume per i medicinali per uso umano «Sovaldi» e «Harvoni», dal quale emerge la possibilità di «vincolare gli acquisti futuri di trattamenti anti-epatite C da parte delle Regioni a forniture dei Farmaci, con effetti di consolidamento/rafforzamento di posizioni commerciali che già vedono in Gilead il principale operatore nel mercato di riferimento»;
   sulla base del succitato parere l'Aifp: con determinazione 12 febbraio 2016 n. 227 ha riformato la determina n. 1.427;
   con determinazione 27 dicembre 2016 n. 1.631 l'Agenzia italiana per il farmaco individua la ripartizione regionale delle note di credito a favore delle strutture sanitarie, pari a oltre 354 milioni di euro, cifra in forte aumento rispetto alle precedenti forme di rimborso a dimostrazione che la determina di riforma n. 227 del 2016 non ha sortito alcun effetto rispetto al «consolidamento/rafforzamento di posizioni commerciali che già vedono in Gilead il principale operatore nel mercato di riferimento»;
   il 1o luglio 2017 l'Agenzia italiana per il farmaco ha comunicato come il contratto con la ditta Gilead per le specialità medicinali Sovaldi e Harvoni è scaduto il 18 giugno 2016 e nel periodo di rinegoziazione, per le regioni si applica quanto previsto dalla delibera del CIPE del 2001 e, fino alla conclusione del procedimento, resta operativo l'accordo precedente;
   sul quotidiano La Repubblica il 31 gennaio 2017 è stato pubblicato l'articolo «E Ora BigPharma abbassi i prezzi» nel quale il direttore generale dell'AIFA dichiara che: «il nuovo accordo e determineremo il prezzo, spero molto più basso di quello medio del passato contratto, avrà effetto anche per i 15mila trattamenti già anticipati dalle Regioni» –:
   quali siano, nel rispetto degli accertamenti condotti dalla magistratura, gli orientamenti del Ministro interrogato riguardo a quanto esposto in premessa, anche al fine di chiarire se, nelle more della scadenza del contratto con la ditta Gilead, siano presenti accordi confidenziali rispetto ai trattamenti «già anticipati dalle regioni». (5-10611)


   PIAZZONI, MIOTTO, LENZI, COVELLO e SBROLLINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio, ha introdotto all'articolo 21-ter nuove disposizioni in materia di indennizzo a favore delle persone affette da sindrome da talidomide;
   tali disposizioni recepiscono il contenuto di diverse proposte di legge presentate in entrambi i rami del Parlamento, a completamento di un lungo iter normativo che aveva visto la Commissione XII della Camera dei deputati deliberare in sede legislativa un testo il 15 luglio 2015;
   l'articolo 21-ter citato prevede l'estensione dell'indennizzo in favore dei soggetti affetti da sindrome da talidomide ai nati negli anni 1958 e 1966, nonché ai soggetti nati al di fuori di questo arco temporale che presentino malformazioni compatibili con la sindrome citata, in presenza di nesso causale tra l'assunzione del farmaco talidomide e le lesioni o l'infermità da cui è derivata una menomazione permanente nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia;
   l'operatività dei nuovi criteri di indennizzo, secondo quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 21-ter, è legata all'adozione di un regolamento attuativo da parte del Ministero della salute, modificativo del vigente decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 2 ottobre 2009, n. 163. Il regolamento, che doveva essere adottato entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, deve provvedere inoltre a definire i criteri di inclusione e di esclusione delle malformazioni dei richiedenti, ai fini dell'accertamento del diritto all'indennizzo;
   essendo ormai trascorso l'arco temporale indicato dalla legge per l'adozione del regolamento di cui sopra, i soggetti che da anni attendono il riconoscimento del diritto all'indennizzo stanno manifestando preoccupazioni legittime circa la sorte di quest'ultimo, come riportato da un articolo apparso in data 9 febbraio 2017 sull'edizione online del Corriere della Sera –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative per provvedere al più presto all'adozione del regolamento citato in premessa, al fine di rendere operative le nuove norme sugli indennizzi a favore delle persone affette da sindrome da talidomide. (5-10612)

Interrogazione a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   da informazioni pervenute all'interrogante, il responsabile della struttura semplice sistema 118 dell'Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste, durante l'intero periodo di servizio, dal 2008 al 2016, ha goduto di un trattamento economico dovuto, essendo equiparato a quello di direttore di struttura complessa (primario), quindi ben al di sopra di quanto previsto dalle norme contrattuali per la responsabilità di una struttura semplice, quale risulta essere il sistema 118 di Trieste, come stabilito da apposita delibera aziendale;
   l'ordinamento vigente esige senza possibilità di eccezioni l'espletamento di un'apposita procedura di selezione pubblica per ricoprire la funzione di direttore di struttura complessa, e quindi godere del corrispettivo trattamento economico;
   tale procedura non risulta essere stata espletata e quindi è stata elusa l'apposita pubblica selezione che regola obbligatoriamente l'attribuzione di incarichi di direzione di struttura complessa (a cui compete il relativo emolumento);
   è stato invece applicato per l'attribuzione e le riconferme dell'incarico in parola l'articolo 15-septies, comma 1, del decreto legislativo n. 502 del 1992, che dovrebbe trovare limiti temporali di applicazione, viste le sue connotazioni di eccezionalità (essendone l'applicazione consentita solo per l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico);
   ad avviso dell'interrogante si è quindi pagato un responsabile di struttura semplice come fosse direttore di struttura complessa, contrariamente alle proclamate esigenze di razionalizzazione della spesa, oltre che di coerenza con le norme e con i contratti;
   tutto quanto sopra esposto appare all'interrogante non in linea con la legge, con un cattivo impiego di denaro pubblico, essendo la retribuzione corrisposta in evidente contrasto sia con la normativa nazionale, il decreto legislativo n. 502 del 1992 e il Contratto collettivo nazionale di lavoro 8 giugno 2000, sia con gli stessi regolamenti aziendali (la specifica delibera di ASS n. 1 n. 80 del 2009 prevede per il responsabile del sistema 118 il trattamento economico corrispondente alla struttura semplice), da cui potrebbe essere derivato fino ad oggi un danno economico non trascurabile –:
   se il Governo non ritenga opportuno, in relazione alle esigenze di razionalizzazione della spesa e di rispetto delle norme e dei contratti, intraprendere le opportune iniziative di competenza, anche normative, volte ad evitare il perpetuarsi di situazioni idonee a favorire economicamente singoli soggetti destinatari di incarichi dirigenziali, con indebito esborso di denaro pubblico e iniqua disparità tra dipendenti del Servizio sanitario nazionale. (4-15586)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   LOSACCO e GRASSI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con CIG 4410970F94 la Consip avviava una gara per affidamento del servizio di pulizia degli istituti scolastici di ogni ordine e grado e in centri di formazione della pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 20 della legge n. 488 del 1999 nonché dell'articolo 58 della legge n. 388 del 2000;
   suddetta gara è disciplinata dalla normativa contenuta nel decreto legislativo n. 163 del 2006;
   alla fine della procedura della gara il lotto 7 risultava essere stato aggiudicato dal Consorzio Ciclat, successivamente escluso per carenze riferite alla regolarità contributiva;
   il secondo classificato risultava essere il CSI Consorzio Servizi Integrati;
   Ciclat ha visto accogliere istanza di sospensiva e da parte del Consiglio di Stato e della vicenda veniva investita anche la Corte di giustizia europea;
   essendo intervenuta suddetta sospensiva il servizio di cui al lotto 7 non veniva avviato;
   contemporaneamente, nel mese di luglio 2016 gli organi di stampa riportavano la notizia di una inchiesta giudiziaria che aveva portato all'adozione di 24 ordinanze di custodia cautelare in cui emergeva anche dazione di danaro in maniera illecita finalizzata a favorire il CSI per appalti di pulizia e manutenzione di edifici della pubblica amministrazione;
   ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e dell'articolo 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016 concernente la nuova disciplina degli appalti, in presenza di quanto riportato in premessa, emergerebbe una conseguente esclusione da parte delle stazioni appaltanti di operatori economici in suddette condizioni;
   alla luce del sistema normativo e anche in base ai pareri della giurisprudenza amministrativa, emergerebbe ad avviso degli interroganti l'impossibilità da parte del CSI di eseguire la commessa pubblica per la perdita dei requisiti generali di partecipazione –:
   se il Governo intenda approfondire tale vicenda verificando l'operato della Consip relativamente alla partecipazione del CSI alla gara per l'affidamento del servizio di pulizia degli istituti scolastici di ogni ordine e grado ed in centri di formazione della pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 20 della legge n. 488 del 1999 nonché dell'articolo 58 della legge n. 388 del 2000. (4-15604)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:


   BIASOTTI e FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di gennaio 2017 maltempo e calamità naturali hanno investito pesantemente il Centro Italia, in particolar modo l'Abruzzo, facendo registrare l'interruzione di migliaia di utenze telefoniche;
   la gravissima interruzione di fornitura di energia elettrica, sulla quale gli interroganti chiederanno spiegazione in altra sede, ha provocato anche il blocco delle centraline telefoniche, colpendo servizi pubblici essenziali, come gli ospedali, e ha interrotto per giorni la possibilità di vita normale, l'accesso ai servizi comunali nonché a quelli bancari;
   i lavori di ripristino non hanno risolto la preoccupante situazione determinatasi e guasti, che riguardano abitazioni private e infrastrutture critiche, hanno dimostrato come, negli anni Duemila, una tormenta di neve sia ancora in grado di produrre effetti così devastanti e irreparabili nel breve termine;
   le infrastrutture, e fra queste, la rete telefonica, hanno mostrato la debolezza di un sistema che, evidentemente, non è in grado di reggere in condizioni di emergenza. Si parla di connessioni veloci e non si è in grado di assicurare le comunicazioni nemmeno al livello più elementare;
   nelle zone colpite, peraltro, non è possibile attivare neppure contratti internet veloci. Si è creato un digital divide che riguarda non solo i privati ma anche molte aziende che non ricevono un servizio oggi essenziale;
   nel periodo succitato le comunicazioni sono state spesso interrotte e difficoltose. Gli utenti hanno segnalato gravi disagi nell'utilizzo delle reti telefoniche. Tutti i grandi operatori telefonici sono stati colpiti dai disservizi post sisma, creando una situazione di pericoloso isolamento delle persone che, tanto più in questa situazione emergenziale, necessitano di reti di comunicazione –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrotto intenda assumere in relazione ai gravi disservizi del servizio di telefonia che si sono registrati nella regione Abruzzo promuovendo iniziative per un risarcimento ad hoc in favore di tutti gli utenti colpiti e la verifica della corretta esecuzione dei piani di investimento per la gestione, lo sviluppo e la manutenzione delle reti telefoniche nonché l'adeguatezza delle misure messe in campo, in considerazione del fatto che tale zona è, da sempre, soggetta ad eventi di maltempo e calamità naturali. (5-10608)


   LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SPESSOTTO, NICOLA BIANCHI, CARINELLI, DE LORENZIS e DELL'ORCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con la direttiva 2014/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 recante misure volte a ridurre i costi dell'installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, il legislatore europeo ha osservato come per gli operatori delle reti di comunicazione elettronica, in particolare per i nuovi, può risultare molto più efficiente riutilizzare le infrastrutture fisiche esistenti, come quelle di altre imprese di pubblici servizi, per installare le reti di comunicazione elettronica, in particolare nelle zone in cui non è disponibile una rete di comunicazione elettronica adatta o in cui non sarebbe economicamente sostenibile costruire una nuova infrastruttura fisica;
   con il decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 33, è stata recepita la richiamata direttiva, e in particolare, con l'articolo 4, comma 1, del decreto è stato istituito il «sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture» (SINFI);
   la strategia italiana per la banda ultralarga riconosce ad Infratel s.p.a. il ruolo di organismo coordinatore della sperimentazione europea per la creazione della banca dati delle infrastrutture esistenti di rete;
   tale ruolo è stato consacrato dall'accordo di programma tra Ministero dello sviluppo economico, Invitalia e Infratel del 20 ottobre 2015 che ha disciplinato il rapporto tra Ministero dello sviluppo economico e Infratel con riferimento al SINFI;
   con il decreto del Ministro interrogato dell'11 maggio 2016 sono state dettate le regole attuative del sistema SINFI;
   la sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti nella deliberazione n. 21/2015/G del 30 dicembre 2016 relativa a «il finanziamento degli interventi infrastrutturali per la banda larga (2007-2015)» con riferimento al SINFI, dopo un'attenta e documentata ricognizione dello stato dell'arte, ha avuto modo di osservare che «[...] la realizzazione del sistema [SINFI] appare in ritardo rispetto all'epoca della direttiva europea (maggio 2014)» –:
   quale sia lo stato reale di avanzamento del SINFI e quale la tempistica di completamento dello stesso. (5-10609)


   BRUNO BOSSIO, TULLO e COPPOLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la relazione della Corte dei Conti «il finanziamento degli interventi infrastrutturali per la banda larga 2007-2015» prende in esame l'attività del Ministero dello sviluppo economico, e della sua società Infratel, per le infrastrutture a banda larga nelle zone a fallimento di mercato;
   essa evidenzia una duplice situazione: da una parte la copertura sostanzialmente completa per la banda larga, con l'intervento pubblico che ha contribuito «a ridurre il digital divide» sceso dal 15 per cento del 2005 all'1,03 per cento del 2015; dall'altra, i ritardi sulla fibra ottica a causa di una burocrazia che blocca gli ingranaggi: «i tempi eccessivamente lunghi per il rilascio dei permessi da parte degli enti proprietari (Comuni, Province, Anas e RFI) delle aree interessate alla realizzazione delle nuove infrastrutture»;
   la Corte dei Conti segnala anche il ritardo nell'attuazione del Sinfi – il catasto nazionale delle infrastrutture – da parte di Infratel ma esprime «un giudizio positivo» sugli interventi per la «banda ultralarga che, seppure iniziati in ritardo, hanno di recente ricevuto un notevole impulso, essendo stati emanati bandi di gara per la concessione di costruzione e gestione di tali infrastrutture per 2.200 milioni circa»;
   le gare, tuttavia, sono attualmente bloccate: la prima, che coinvolge sei regioni, ha visto prevalere OpEn Fiber (Enel-Cdp) con offerte però ritenute anomale e pare che anche il secondo bando riguardante 10 regioni e la provincia di Trento sia oggetto di ricorsi;
   rimane anche il problema della connettività degli uffici pubblici e delle scuole soprattutto al Sud, dove le pubbliche amministrazioni utilizzano molto poco la banda ultra larga posata in larga parte con i fondi pubblici negli ultimi anni, con una spesa che si aggira intorno al miliardo di euro;
   al riguardo, nel mese di gennaio 2017 il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto all'Autorità per la garanzia nelle comunicazioni (Agcom) di avviare un'indagine per capire le dimensioni e le cause del problema. Nella delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (646/16) che avvia l'indagine si citano «le rilevanti risorse impiegate, sia pubbliche che private»;
   scopo dell'indagine – che dovrebbe concludersi entro aprile – è «analizzare l'andamento dei servizi di connettività a banda ultra larga retail e wholesale nelle aree oggetto di intervento ad incentivo e individuare eventuali criticità nell'offerta alla PA locale» –:
   quale sia lo stato reale di attuazione della fibra ottica dal punto di vista dell'infrastruttura fisica e da quello dell'effettiva connettività, ovvero quanti utenti pubblici e privati siano effettivamente connessi in fibra in Italia. (5-10610)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva n. 97/67/CE (prima direttiva postale) prevede l'obbligo per tutti gli Stati membri di assicurare la fornitura del servizio postale universale (SU) e prescrive altresì che la raccolta e la distribuzione degli invii postali al domicilio del destinatario siano garantite «come minimo cinque giorni lavorativi a settimana» e che solo in presenza di circostanze o condizioni geografiche eccezionali sia ammessa la fornitura per un numero inferiore di giorni;
   per quanto l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) possa concedere una deroga, ciò deve avvenire, secondo il decreto legislativo n. 261 del 1999, «in presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale e geografica»; condizioni che non ricorrerebbero ad avviso degli interroganti nell'attuale Piano di riorganizzazione di Poste italiane S.p.a;
   come noto, attraverso la legge di stabilità 2015 e il nuovo contratto di programma 2015-2019, il Governo ha di recente introdotto, in tema di frequenza settimanale di raccolta e recapito della corrispondenza, alcune «misure di rimodulazione» della frequenza di erogazione dei servizi sull'intero territorio nazionale e Poste ha chiesto e ottenuto (si veda al proposito la delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 395/15/CONS) una modifica del modello di recapito a giorni alterni degli invii postali per fasi;
   ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della delibera n. 395/15/CONS, l'attuazione del piano di recapito a giorni alterni può essere inibito o condizionato all'introduzione di misure correttive, stabilendo particolari condizioni volte a salvaguardare la regolarità del servizio o la realizzazione degli obiettivi previsti di contenimento dei costi;
   di recente, è stata rimessa alla Corte di giustizia europea dalla Prima sezione del Tar del Lazio, la questione se la disciplina del servizio postale universale da parte del legislatore italiano abbia o meno ridotto «le garanzie dei cittadini fissate dall'Unione europea, incontrando un limite nella disciplina e nelle finalità rinvenibili dalle disposizioni e dai considerando delle Direttive comunitarie di riferimento»;
   difendendosi davanti al Tar, Poste italiane ha ammesso che la riduzione del servizio non dipende da particolari difficoltà nel raggiungere le località interessate, bensì dalla scarsità di popolazione, che renderebbe eccessivamente costoso l'impegno quotidiano di un postino –:
   come il Ministro interrogato ritenga che il nuovo contratto di programma 2015-2019 siglato tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste italiane si concili con la normativa comunitaria di riferimento e in particolare con la direttiva 2008/6/CE per i profili in materia di accesso degli utenti al servizio postale universale. (4-15581)


   SBERNA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 148 della legge del 23 dicembre 2000, n. 388, dispone che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato siano destinate al finanziamento di iniziative vantaggio dei consumatori, al fine di compensare, o in qualche modo risarcire, i consumatori e/o utenti per gli effetti lesivi che hanno subito dai comportamenti scorretti tenuti dalle imprese sanzionate;
   il comma 2 del citato articolo specifica che le predette entrate sono riassegnate (anche nell'esercizio successivo) con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad un apposito fondo per essere destinate alle iniziative a vantaggio dei consumatori, individuate di volta in volta con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentite le commissioni parlamentari competenti. Nello stato di previsione del citato Ministero è stato istituito il capitolo n. 1650 (fondo derivante da sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato da destinare ad iniziative a vantaggio dei consumatori);
   con le risorse del fondo predetto sono, tra le altre cose, finanziati interventi miranti alla restituzione delle somme versate in relazione alla retroattività delle disposizioni in materia di «polizze dormienti»;
   sono stati a tal fine pubblicati tre avvisi pubblici per ovviare alla disparità di trattamento verificatasi per quei titolari di polizze dormienti la cui prescrizione è avvenuta tra l'entrata in vigore della legge 166 del 2008 quella del decreto legislativo n. 179 del 2012, non avendo quest'ultimo carattere retroattivo;
   il Ministero dello sviluppo economico ha indetto, tramite la Consap (Concessionaria servizi assicurativi pubblici) tre bandi di rimborso volti ad indennizzare i consumatori danneggiati per le modifiche intervenute in materia di prescrizione delle polizze vita e per la scarsa disponibilità e tempestività dell'informazione relativa al susseguirsi di tali modifiche: due bandi hanno rimborsato i risparmiatori le cui polizze erano scadute entro il 31 dicembre 2009 e il terzo quelli con prescrizione intervenuta anteriormente al 1o aprile 2010;
   rimane tuttavia una disparità di trattamento tra i risparmiatori, in quanto sono del tutto esclusi dal rimborso coloro la cui prescrizione è avvenuta tra il 1o aprile 2010 e il 20 ottobre 2012, data dell'entrata in vigore della legge n. 179 del 2012;
   in data 28 ottobre 2016 con il decreto ministeriale per l'anno 2016 delle disponibilità del «Fondo derivante dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato da destinare ad iniziative a vantaggio dei consumatori», di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, sono riassegnate somme pari a euro 8.879,798,74 per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica;
   a parere dell'interrogante si tratta dell'unica fonte di finanziamento della politica dei consumatori in Italia e, non trattandosi di risorse finanziarie pubbliche, ma di proventi da sanzioni irrogate ad imprese private che anno in vario modo frodato i consumatori o gli utenti, nella logica della legge citata, dovrebbero essere reindirizzate, previo parere del Parlamento, a favore della generale categoria dei consumatori;
   in particolare, le suddette risorse, mediante l'emanazione di un ulteriore bando da parte di Consap s.p.a. potrebbero garantire l'indennizzo dei titolari di polizze dormienti scadute tra il 1o aprile 2010 ed il 20 ottobre 2012 ovviando così alla disparità suesposta –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato ritenga di porre in essere per garantire a tutti i risparmiatori suddetti di rientrare in possesso del loro denaro. (4-15592)

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Schullian n. 7-01164, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 725 del 17 gennaio 2017.

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il prezzo del latte ovino sta raggiungendo una quotazione di 0,50 euro/litro, che riflette solo in parte la grave speculazione in atto;
    il pecorino romano viene venduto in Sardegna a 6/8 euro e viene rivenduto su scala nazionale e americana a 25/40 euro al chilogrammo;
    in Sardegna il formaggio viene pagato troppo poco perché si afferma che ce ne sia troppo, negli Stati Uniti lo pagano molto perché dicono che ce n’è poco;
    nessuno persegue e pianifica l'incontro tra la domanda e l'offerta, anzi, qualcuno fa di tutto per speculare e mortificare il sistema, tenendo sul filo del fallimento l'intero mondo agropastorale;
    l'organismo interprofessionale sorto in Sardegna è inadeguato a svolgere la funzione di strumento regolatore del sistema;
    con decreto 7 aprile 2015 il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha disciplinato le modalità di applicazione dell'articolo 151, del regolamento (UE) n. 1308/2013, recante organizzazione comune dei prodotti agricoli, per quanto concerne le dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari; il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e in particolare l'articolo 151, relativo alle dichiarazioni obbligatorie nel settore lattiero-caseari;
    il regolamento (UE) n. 479/2010 della Commissione del 1o giugno 2010 dispone le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio per quanto riguarda le comunicazioni degli Stati membri alla Commissione nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. 1097/2014, del 17 ottobre 2014;
    la normativa impone ai primi acquirenti di dichiarare ogni mese il quantitativo di latte che è stato loro consegnato, a partire dal 1o aprile 2015;
    è indispensabile estendere tali disposizioni, di cui all'articolo 151 del regolamento (UE) n. 1308/2013, relative alle dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, in attesa della definizione di un'apposita authority di certificazione e regolamentazione del settore, al comparto ovi-caprino;
    tale disposizione deve essere preliminarmente rivolta al «primo acquirente» ovvero un'impresa o un'associazione che acquista latte dai produttori:
     a) per sottoporlo a raccolta, imballaggio, magazzinaggio, refrigerazione o trasformazione, compreso il lavoro su ordinazione;
     b) per cederlo ad una o più imprese dedite al trattamento o alla trasformazione del latte o di altri prodotti lattiero-caseari;
    occorre creare vera e propria Authority, terza, al di sopra delle parti, non di mediazione ma di certificazione, di quantità e qualità indispensabili per pianificare e governare le produzioni;
    serve un’Authority antispeculazione, capace di regolare in modo scientifico la domanda e l'offerta del sistema lattiero caseario sardo;
    il mercato americano si è ridimensionato di un ulteriore –5,2 per cento. Si tratta di un mercato che acquista il 64 per cento del pecorino italiano inviato al estero;
    occorre prefissare un quantitativo di latte da destinare al formaggio di punta, in questo caso il pecorino romano;
    se ne deve produrre sempre e solo quello necessario a mantenere elevato il valore della produzione, senza mai alterare il valore commerciale del prodotto di punta;
    con il restante quantitativo di latte prodotto occorre orientare la diversificazione ad altre nicchie e nuove potenzialità;
    il mercato americano è in profonda evoluzione e tutti, in Sardegna e non solo, continuano ad ignorarlo, lasciando spazio a qualche multinazionale organizzata;
    nel 2016 il mercato a stelle e strisce registra una riduzione minima ma pur sempre significativa dell’import di formaggi pecorino (-3,2 per cento, rispetto al periodo gennaio-agosto del 2015);
    quel che sorprende è l'aspetto qualitativo della domanda, con dinamiche totalmente contrapposte;
    l’import degli USA di pecorini da grattugia nel 2016 ha registrato una netta diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2015. La flessione è stata del 17,5 per cento ha interessato principalmente l'Italia (-25 per cento). A trarne beneficio sono state principalmente Spagna e Francia per le quali si registra un aumento in volume rispettivamente del 29,8 e del 3 per cento;
    si consuma meno «pecorino da grattugia», quindi pecorino prodotto in Sardegna, tanto che l'Italia ha perso il 25 per cento, del mercato però conquistato dalla Spagna e dalla Francia, che evidentemente hanno saputo collocare con più efficacia commerciale il proprio prodotto negli Stati Uniti;
    crescono le importazioni dagli USA di «pecorini non da grattugia», che hanno registrato nel 2016 un aumento del 27,5 per cento rispetto ai primi otto mesi del 2015. La Spagna, che fino a qualche anno fa era il Paese leader di questo segmento, ha perso ulteriormente terreno (-3,1 per cento variazione tendenziale) con una quota di mercato pari al 20 per cento principalmente a favore dell'Italia, la quale ha acquisito la leadership con una fetta di mercato del 40 per cento sul totale commercializzato;
    nell'ultimo anno le forniture dall'Italia sono più che raddoppiate in volume +143 per cento rispetto allo scorso anno, stimolate da un significativo calo del valor medio unitario rispetto ai prezzi del 2015 (-5,3 per cento);
    il pecorino è divenuto un prodotto speciale di qualità, non più da grattugia ma da tavola;
    occorre azzerare le scorte e serve la volontà politica per farlo, ma non sono più sufficienti solo provvisorie ed effimere soluzioni politiche, tantomeno per la definizione del prezzo del latte;
    occorre esplorare nuovi mercati, orientare meglio le produzioni;
    si registrano contraffazioni e imitazioni che stanno invadendo il mercato americano a scapito delle produzioni sarde,
    il regolamento delegato (UE) 2016/1613 della Commissione dell'8 settembre 2016 ha previsto che: Gli Stati membri possono concedere un sostegno supplementare per le misure adottate in applicazione dell'articolo 1 fino a un massimo del 100 per cento dell'importo corrispondente che figura in allegato, alle stesse condizioni di oggettività e non discriminazione ed evitando distorsioni della concorrenza secondo quanto previsto all'articolo 1. Gli Stati membri versano il sostegno supplementare al più tardi entro il 30 settembre 2017,

impegna il Governo:

   a procedere nel senso indicato in premessa, assumendo ogni iniziativa di competenza, anche attraverso l'emanazione di un apposito decreto ministeriale attuativo delle disposizioni comunitarie in materia di dichiarazioni obbligatorie per il settore del latte ovi-caprino e dei connessi prodotti lattiero-caseari;
   a promuovere iniziative, anche normative tese ad istituire una vera e propria Authority del settore lattiero caseario ovicaprino per la certificazione di qualità e quantità, capace di regolare la produzione di punta e ridurre al massimo la differenza tra la quotazione del pecorino romano e quella di prodotti diversificati;
   ad assumere iniziative per il raddoppio dello stanziamento previsto dal REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2016/1613 DELLA COMMISSIONE dell'8 settembre 2016 che prevede un aiuto eccezionale di adattamento per i produttori di latte e gli allevatori di altri settori zootecnici destinando tale incremento al settore ovi-caprino;
   a promuovere un piano strategico per diversificare i prodotti e in funzione di nuovi mercati, da ampliare e rafforzare;
   ad attivare ogni utile e inderogabile azione di tutela rivolta al pecorino romano, sotto «attacco» sia a livello nazionale sia a livello internazionale e delle altre due Dop (Pecorino sardo e fiore sardo) al fine di contrastare l'illegittimo tentativo di far riconoscere una nuova denominazione di origine «cacio romano», di fatto danneggiando la dop «Pecorino romano» e agendo in totale contrasto con l'articolo 13 del regolamento (UE) n. 1151/2012;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza per la revoca della registrazione del marchio «cacio romano», che, a giudizio dei firmatari del presente atto, si configura come una vera e propria contraffazione del marchio «Pecorino romano»;
   ad assumere iniziative per prevedere un ampliamento consistente della quota di inserimento del pecorino romano DOP nel paniere dei formaggi inseriti nel bando per acquisti da destinare agli indigenti, considerata l'assoluta insufficienza dello stanziamento preannunciato;
   a proporre e perseguire un meccanismo virtuoso per governare le quantità di materia prima, con un prezzo fondato su parametri premianti della qualità, tesi ad incentivare una tendenza positiva al miglioramento della qualità del latte in grado di coprire gli investimenti realizzati;
   a perseguire politiche tese al miglioramento genetico del bestiame e a incrementare l'autoproduzione di mangimi e foraggi proprio per le condizioni insulari della Sardegna;
   a promuovere un grande piano di comunicazione per la promozione del prodotto «pecorino romano» e i prodotti del settore nel mondo.
(7-01164) «Schullian, Pili».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Massimiliano Bernini n. 4-15487, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 737 del 7 febbraio 2017.

   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   durante la guerra dell'Ucraina orientale, il 7 aprile 2014, militanti filorussi hanno occupato il palazzo governativo di Donec'k, proclamando la Repubblica popolare di Donec'k. Un referendum tenuto l'11 maggio 2014, non riconosciuto dal Governo centrale, ha sancito la larga vittoria dei sostenitori dell'indipendenza dall'Ucraina. Il 24 maggio 2014 l'autoproclamata Repubblica popolare di Donec'k si è unita alla Repubblica popolare di Lugansk, dando vita allo Stato federale della Nuova Russia, con capitale Donec'k; questa unione è cessata il 20 maggio 2015. Donec'k è stata sottoposta a pesanti bombardamenti che hanno distrutto, tra l'altro, l'aeroporto internazionale, e a combattimenti tra l'esercito ucraino e i miliziani filorussi per le strade cittadine;
   gli «Accordi di Minsk», siglati il 12 febbraio 2015, sono scaduti il 31 dicembre 2015 e sono stati rinnovati nel 2016 – come stabilito dai presidenti di Francia, Germania, Russia e Ucraina riuniti a Berlino nel «Normandy Four» – il 19 ottobre 2016;
   recentemente, le violazioni della tregua sono sfuggite a ogni controllo e la stampa riporta di reciproche accuse delle parti in conflitto che comunque hanno generato un’escalation militare e, una conseguente emergenza umanitaria per le popolazioni coinvolte su entrambe i fronti;
   dalla stampa giungono notizie di nuovi pesantissimi bombardamenti avvenuti in questi giorni che hanno causato morti e feriti tra la popolazione civile che è costretta a vivere nei bunker sotterranei senza poter uscire in superficie;
   «l'attuale escalation nel Donbass è una chiara prova del continuo lampante disprezzo della Russia per gli impegni presi a Minsk con l'obiettivo di impedire la stabilizzazione dell'area», si legge in un comunicato del Ministero degli esteri ucraino. Mentre secondo il portavoce del Cremlino, Dimitrij Peskov, non sarebbero state «le forze armate ucraine, ma battaglioni di volontari ucraini a compiere i tentativi di attacchi su questo territorio» con lo scopo di «distogliere l'attenzione da una situazione interna molto precaria»;
   «questa volta – ha avvertito Alexander Hug, vice responsabile della missione di monitoraggio dell'Osce – si rischia un disastro umanitario». L'appello drammatico è rivolto a entrambi i fronti;
   l'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, responsabile per il monitoraggio del cessate il fuoco, ha lanciato un appello sia all'Ucraina che alle forze separatiste filo-russe perché «se coloro che hanno ordinato queste violenze vogliono fermarle, lo possono fare». Da qualche parte, ha denunciato Alexander Hug, «qualcuno ha deciso consapevolmente di riaccendere la scintilla». Bisogna che si fermi;
   Patrick Vial, responsabile della Croce rossa internazionale nella regione, ha raccomandato la creazione di sette «zone di sicurezza» per consentire le riparazioni delle infrastrutture colpite vicino alla linea del fronte. «Proponiamo un accordo tra le due parti perché queste aree non vengano coinvolte nell'attività militare, soprattutto i tiri di artiglieria» –:
   quale sia la posizione del Governo con riferimento alla politica europea concernente il partenariato orientale, alla luce degli avvenimenti descritti in premessa e se non ritenga di dover intervenire urgentemente nelle competenti sedi comunitarie affinché si pervenga all'immediata cessazione dei bombardamenti e alla messa in sicurezza della popolazione civile.
(4-15487)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzis n. 5-10487 del 6 febbraio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Busin n. 4-15545 del 13 febbraio 2017.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Minnucci e altri n. 4-15499 dell'8 febbraio 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10587.