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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 31 gennaio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    l'eccezionale ondata di maltempo che ha colpito il Centro-Sud ha provocato danni ingenti alle aziende ortofrutticole e zootecniche, neve e gelo hanno decimato interi raccolti di ortaggi invernali e di legumi e compromesso gli agrumeti, le viti sono crollate sotto il peso della neve, sono a rischio le semine, le coltivazioni in serra, le primizie primaverili e gli alberi da frutto, che attualmente sono in fase di germinazione;
    il territorio italiano, in particolare quello dell'Appennino, colpito dal terremoto, dal gelo e dalla neve, mostra in questi giorni tutta la sua fragilità, rivelando quanto sia a rischio l'antica civiltà italiana, quanto sia facile cancellare la bellezza dei borghi, la sapienza agricola e pastorale e la storia di intere comunità;
    fondamento di questa civiltà è l'economia agricola, con le sue produzioni alimentari note in tutto il mondo, presidio del territorio, anche dopo i terremoti ed in presenza di eventi meteorologici eccezionalmente avversi, come è accaduto in questi giorni quando allevatori e contadini non hanno abbandonato i loro terreni e i loro animali, pagando un tributo altissimo;
    la Coldiretti stima che a causa dei cambiamenti climatici e degli eventi estremi che ne conseguono, l'agricoltura italiana abbia perso più di 14 miliardi di euro nel corso di un decennio tra produzione agricola nazionale, strutture e infrastrutture rurali;
    dalle alluvioni, che allagano migliaia di ettari di terreno con inondazioni di serre e allevamenti, raccolti distrutti e coltivazioni perdute, compromettendo la viabilità e l'accesso alle aziende agricole, fino ai fenomeni estremi di questi giorni, le condizioni per fare agricoltura ed allevamento in un tempo di grandi trasformazioni climatiche sono velocemente mutate;
    il modello di sviluppo che ha caratterizzato il nostro Paese non è certo estraneo a questi fenomeni, dalla cementificazione del territorio, all'abbandono del 15 per cento delle campagne, che ha fatto perdere negli ultimi venti anni, 2,15 milioni di ettari di terra coltivata;
    è stato calcolato che ogni giorno, in Italia sparisce terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio (288 ettari) e quella disponibile non riesce più ad assorbire adeguatamente la pioggia, come conseguenza oltre 7 milioni di cittadini si trovano in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni che riguardano ben l'88 per cento dei comuni sull'intero territorio nazionale;
    una prima stima dei danni ammonterebbe ad almeno 300 milioni di euro se si considerano anche le perdite commerciali dovute alle difficoltà di consegna del latte e degli altri prodotti che si sono salvati dal gelo;
    in Basilicata sono centinaia le aziende agricole che hanno perso le produzioni di ortaggi invernali prossimi alla raccolta, dai carciofi alle rape, dai cavolfiori alle cicorie, dai finocchi alle scarole, alle fragole e alle serre, per effetto del gelo che ha bruciato le piantine, ma gravi danni si sono anche verificati agli agrumeti che hanno ceduto sotto il peso della neve; soprattutto lungo la fascia jonica dove ci sono le verdure e gli ortaggi invernali in campo, come piselli e carciofi bruciati dal gelo e seri danni alle serre, in alcuni casi distrutte;
    in Calabria la neve e il gelo e le piogge torrenziali hanno distrutto centinaia di ettari di frutta pronta per la raccolta, in particolare agrumi e clementine, e si teme per la filiera del bergamotto oltre che per gli ortaggi quali zucchine, cipolle, finocchi, piselli e fave; le bassissime temperature hanno distrutto anche le coltivazioni in serra che hanno subito un forte aumento dei costi di riscaldamento, ma anche l'allevamento al pascolo registra disagi per la mancanza di foraggio;
    in Molise interi campi di ortaggi sono gelati facendo registrare forti perdite, serre e capannoni sono crollati sotto il peso della neve e decine di quintali di latte andati perduti a causa del mancato ritiro dovuto alla difficile percorribilità delle strade;
    in Puglia si registra l'azzeramento della produzione di clementine tardive, con un ammontare pari a circa 30 milioni di euro per i danni sugli agrumi, distrutti dalle gelate; una prima stima del danno accertato nelle campagne è superiore ai 110 milioni di euro, il freddo ha fatto, inoltre, crollare del 30 per cento la produzione di latte; in difficoltà anche il comparto della floricoltura in provincia di Lecce dove molti impianti sono rimasti senza energia elettrica, rendendo le serre buie, e il freddo sta danneggiando le piante di lilium, ranuncoli e tulipani;
    le gelate hanno colpito pesantemente in Sardegna le coltivazioni di carciofo spinoso, che gode della denominazione d'origine protetta (Dop), con il danneggiamento di circa il 60 per cento del raccolto;
    in Sicilia alla drammatica situazione delle produzioni orticole, si aggiunge la speculazione sul costo del foraggio soprattutto nelle aree interne: una balla di fieno che costava 2 euro, ora arriva a 6 euro, un prezzo che aumenta ulteriormente con i costi del trasporto;
    l'ondata di gelo ha colpito con una violenza particolare le zone del Lazio a spiccata vocazione agricola distruggendo produzioni specializzate come i broccoletti da Anguillara e riducendo i volumi di finocchi, carciofi e cavoli;
    gravi difficoltà per le produzioni orticole sono segnalate anche in Abruzzo, dove al maltempo si sommano i problemi di viabilità che ostacolano la consegna delle produzioni che si sono salvate;
    nelle Marche i problemi maggiori si segnalano alle coltivazioni di finocchi, con cali di produzione che in molti casi sono pari al 100 per cento, ma la situazione è simile anche per cicorie, rape e insalata scarola, lattughe e piante di carciofo; ad aggravare i danni del gelo sulla fascia costiera adriatica e sulle colline vicino al mare, è stato il vento carico di salsedine, che ha contribuito a bruciare gli ortaggi e le gemme degli alberi da frutto; le violente raffiche di vento hanno causato anche la rottura dei rami delle piante di pesco, susine e mele;
    anche in Campania si registrano danni alle coltivazioni e alle produzione di pregio, specie lungo la fascia costiera, che hanno irrimediabilmente compromesso eccellenze conosciute in tutto il mondo come il Pomodorino del Piennolo e il San Marzano, i vigneti dove si produce il «Lacryma Christi» e le produzioni ortofrutticole prossime alla raccolta;
    secondo l'Ismea, la situazione sul mercato degli ortaggi si fa sempre più critica, il bilancio della scorsa settimana rivela, alla prima fase di scambio, rincari a due cifre per un'ampia gamma di ortaggi, con aumenti medi dei prezzi base settimanale del 29 per cento per i cavolfiori, del 33 per cento per le lattughe e del 50 per cento per i finocchi. Forti rincari, sempre rispetto alla prima settimana di gennaio, si registrano per le produzioni di serra. L'Ismea rileva, al riguardo, incrementi di prezzo del 36 per cento per le zucchine, del 17 per cento per i pomodori e del 20 per cento per i peperoni (+13 per cento, per le melanzane);
    la tendenza all'aumento, sulla base delle prime indicazioni raccolte dall'Ismea, sta proseguendo anche in questi giorni, in un contesto mercantile caratterizzato da una forte carenza d'offerta e da un crollo degli arrivi dall'estero, soprattutto dalla Spagna, dove gli eventi climatici (in particolare le basse temperature) hanno causato ingenti danni alle coltivazioni, mentre i contributi del Nord Africa, prevalentemente del Marocco, non sono invece sufficienti a compensare gli attuali squilibri del mercato;
    una particolare attenzione deve essere riservata al comparto zootecnico, già in ginocchio dopo il sisma che ha colpito il Centro Italia, che è stato nuovamente messo a dura prova dal gelo; centinaia sono gli animali morti a causa del freddo, le cui carcasse non riescono ad essere smaltite, a causa delle strade rese impraticabili dalla neve, con i conseguenti rischi igienico sanitari;
    mancano ancora gli stalli provvisori per gli animali, molti dei quali ammalati ed esposti alle basse temperature a causa dell'inagibilità degli abituali ricoveri; innumerevoli sono le segnalazioni di stalle, serre, magazzini, case rurali e strutture crollate o rovinate per il peso della neve;
    la mancanza di elettricità, il congelamento delle condotte idriche degli impianti di mungitura e l'impossibilità di consegnare i prodotti, hanno in pochi giorni provocato perdite al comparto del latte del 35 per cento;
    per effetto del maltempo è scesa fino al 50 per cento la produzione di latte negli allevamenti delle aree terremotate e colpite dal gelo, si registra anche un forte aumento degli aborti per lo stress termico cui sono sottoposti gli animali che, in grande maggioranza, non possono essere ospitati nelle strutture di protezione previste per affrontare l'emergenza;
    il crollo della produzione del latte oltre alle difficoltà dovute agli spostamenti, si deve anche al congelamento degli impianti di mungitura e di abbeveraggio;
    si prende atto con favore della circostanza che il commissario europeo per l'agricoltura Hogan ha annunciato che le misure disposte a favore delle aziende agricole del Centro Italia danneggiate dal terremoto potranno avere anche effetti positivi sulle aziende agricole che hanno subito danni per l'ondata di maltempo che si è abbattuta nel Paese, attraverso l'aumento dall'85 al 100 per cento della percentuale di pagamenti anticipati per alcune misure di sviluppo rurale ed il rinvio da marzo a giugno 2017 del termine per la presentazione delle relazioni sui controlli relativi ad alcune misure. In tal modo, potranno essere attivate immediatamente le domande di modifica dei piani di sviluppo rurale al fine di includere il ripristino del potenziale agricolo e forestale danneggiato dal terremoto e dal maltempo;
    per le calamità in agricoltura a livello nazionale opera il fondo di solidarietà nazionale (FSN) di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, il quale ha l'obiettivo di promuovere principalmente interventi di prevenzione per far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole, agli impianti produttivi ed alle infrastrutture agricole, nelle zone colpite da calamità naturali o eventi eccezionali, alle condizioni e modalità previste dalle disposizioni comunitarie vigenti in materia di aiuti di Stato, entro i limiti delle risorse disponibili sul Fondo stesso;
    il fondo è in particolare destinato ad interventi di incentivo alla stipula di contratti assicurativi (interventi ex ante, disciplinati dall'articolo 2) e – per i rischi non inseriti nel piano assicurativo agricolo annuale – ad interventi di ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola: interventi compensativi-indennizzatori o ex post, (articolo 1, comma 3, lettera b)), nonché interventi di bonifica;
    si ricorda che l'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni dalla legge 2 luglio 2015, n. 91, in deroga alla disciplina del fondo sopra delineata, ha disposto che nei territori colpiti dalle avversità atmosferiche di eccezionale intensità nel corso dell'anno 2014 e fino alla data di entrata in vigore del decreto stesso, le imprese agricole danneggiate da eventi alluvionali che non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi potessero comunque accedere agli interventi compensativi del fondo per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva;
    i primi dati evidenziano che gran parte dei danni subiti dalle aziende agricole riguardano le produzioni e le strutture aziendali assicurabili ai sensi del piano assicurativo agricolo 2017 che, in quanto non assicurate, sarebbero escluse, dalle agevolazioni previste dal decreto legislativo n. 102 del 2004;
    inoltre, poiché i predetti danni non sempre raggiungono la percentuale del 30 per cento della produzione lorda vendibile, secondo quanto richiesto dall'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 102 del 2004, alcune aziende agricole non avrebbero diritto ad accedere alle agevolazioni di cui all'articolo 5 medesimo,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per incrementare la dotazione finanziaria del fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, destinata agli interventi compensativi, alla luce della eccezionale portata dell'evento calamitoso che ha interessato il Centro-Sud, favorendo l'accesso ai predetti interventi da parte delle imprese agricole danneggiate dalle avversità atmosferiche di eccezionale intensità del mese di gennaio 2017, sulla base di una veloce quantificazione e di una prima stima dei danni, anticipandone il ristoro;
   ad assumere iniziative per prevedere per le imprese agricole danneggiate dalle avversità atmosferiche di eccezionale intensità del mese di gennaio 2017:
    a) l'accesso agli interventi per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, anche con riferimento alle aziende agricole che hanno subito danni a colture, produzioni e strutture aziendali assicurabili, che non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi, prevedendo la deroga già introdotta con l'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 51 del 2015;
    b) la deroga al requisito di accesso ai benefici fissato dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 102 del 2004, in modo da consentire alle aziende che hanno subito danni in percentuale inferiore al 30 per cento della produzione lorda vendibile (PLV), di accedere agli interventi compensativi; ovvero a prevedere che la percentuale del 30 per cento della (PLV) sia riferita alla singola coltura e non all'intera produzione dell'azienda;
    c) la proroga delle rate delle operazioni di credito agrario di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni, senza il pagamento degli interessi;
    d) l'esonero totale per gli anni 2017 e 2018 dai contributi previdenziali ed assistenziali a favore dei coltivatori diretti, degli imprenditori agricoli professionali e degli operai a tempo determinato ed indeterminato;
   ad assumere iniziative per prevedere un tavolo tecnico con le regioni per ottimizzare i tempi di riconoscimento dello stato di calamità, modificare il decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102 e introdurre procedure amministrative semplificate;
   ad effettuare controlli a tappeto nei mercati generali per assicurare la protezione delle produzioni agricole made in Italy dalla contraffazione dell'origine dei prodotti;
   ad assumere iniziative affinché la proposta contenuta nel pacchetto di proposte di regolamento della Commissione europea (cosiddetto regolamento « omnibus» sulla revisione del quadro finanziario pluriennale 2014-2020) di abbassare la soglia per i fondi di stabilizzazione dei redditi, oltre la quale scatta la possibilità di compensazione, sia estesa anche alle altre tipologie di risk management e, in particolare, alle assicurazioni, che sono attualmente lo strumento di copertura dei rischi più diffuso tra gli agricoltori europei, favorendo il ricorso a formule assicurative di tipo parametrico, maggiormente collegate non solo alle vicende produttive ma anche a quelle climatiche e di mercato.
(7-01171) «Antezza, Oliverio, Sani, Venittelli, Mongiello, Luciano Agostini, Capozzolo, Carra, Cova, Dal Moro, Di Gioia, Falcone, Fiorio, Lavagno, Marrocu, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Tentori, Terrosi, Zanin».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per gli affari regionali, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   gli ultimi tragici eventi che hanno interessato in particolare la regione Abruzzo nel mese di gennaio 2017, hanno messo in evidenza fortissimi limiti nella gestione dell'emergenza. I provvedimenti adottati negli ultimi anni in materia di protezione civile hanno comportato una limitazione dell'operatività del servizio nazionale di protezione civile, rendendone inefficiente l'intervento;
   a questo si aggiungono i limiti riscontrati nell'ambito di troppi (e inefficienti) livelli decisionali, che hanno determinato un sistema frastagliato e inefficace, con una catena di comando non chiara e troppo lunga, che ha affidato di fatto alle regioni poteri gestionali che queste non sono state in grado di controllare, mantenendo nel sistema gli enti provincia, completamente privi di risorse;
   la legge 7 aprile 2014, n. 56, cosiddetta «legge Delrio», ha messo in ginocchio il sistema delle autonomie, trasformando le province in organi di secondo livello (abolendo libere elezioni e togliendo spazi di democrazia), svuotandole di competenze e risorse, aumentando il disordine sulla gestione dei servizi a livello locale e creando nuovi problemi a imprese e cittadini;
   in particolare la «legge Delrio» ha azzerato risorse fondamentali per l'edilizia scolastica, nonché per la manutenzione delle strade: su questo tipo di competenze, i recenti eventi sismici e meteorologici non hanno fatto altro che accentuare le già gravissime difficoltà riscontrate da enti, amministratori e cittadini nel corso di questi anni di confusione totale nel sistema delle autonomie;
   la riforma delle province ha poi di fatto eliminato l'importante opera di sussidiarietà che le stesse portavano avanti a supporto dei comuni per l'implementazione dei piani di protezione civile, con il risultato che tantissimi enti sono privi di un vero e proprio piano di gestione dell'emergenza;
   la riforma della «legge Delrio» presenta poi, ad avviso degli interpellanti, chiari profili di incostituzionalità alla luce del risultato referendario dello scorso dicembre: a seguito della «bocciatura» della riforma costituzionale promossa dal Governo Renzi, infatti, la provincia risulta ancora un ente fondamentale della Repubblica ai sensi di quanto previsto dall'articolo 114 della Costituzione vigente; 
   la configurazione delle province come enti di secondo livello i cui organi sono eletti non direttamente dal popolo ma dagli amministratori comunali è quindi secondo gli interpellanti in contrasto con gli articoli 1 e 114 della Costituzione che configurano le province e le città metropolitane come «enti costitutivi della Repubblica» la cui legittimazione non può che derivare dal popolo, come previsto dall'articolo 1 della Costituzione; 
   è importante dotare i diversi livelli decisionali di autonomia e piena responsabilità, per garantire ai cittadini servizi di qualità, e una gestione efficace soprattutto nei casi di emergenza –:
   alla luce di quanto esposto in premessa, se il Governo intenda adottare ogni opportuna iniziativa per rivedere l'impianto della legge n. 56 del 2014, anche prevedendo l'elezione diretta delle province, e, in particolare, per dotare le stesse di risorse adeguate ed offrire una visione organica delle funzioni, delle competenze e dei ruoli degli enti territoriali della Repubblica, in grado di garantire piena responsabilità nelle competenze assegnate, evitando così aggravi di costi, paralisi e complicazioni decisionali.
(2-01632) «Fabrizio Di Stefano, Occhiuto».


   «I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per lo sport, per sapere – premesso che:
   quest'anno il Giro d'Italia – il più importante e atteso evento sportivo italiano – compie 100 anni e per l'occasione straordinaria l'azienda organizzatrice (RCS) ha previsto un percorso straordinario che toccherà quasi tutte le regioni e una serie di iniziative esclusive per celebrare la “Corsa più dura del mondo, nel Paese più bello del mondo”;
   il Giro d'Italia è da sempre uno degli eventi sportivi più prestigiosi, visibile in 184 Paesi del mondo, racconta – attraverso le imprese incredibili dei ciclisti – le bellezze ambientali e culturali del nostro Paese ed in ogni sua tappa, è sostenuta da fondi pubblici erogati tramite regioni, province e comuni che sono sede di partenza o di arrivo, oltre al patrocinio dato dallo Stato italiano, con la fornitura di quanto necessario in forze dell'ordine e risorse varie, per la sicurezza ed il perfetto svolgimento dell'evento;
   una tra le tappe più attese sarà quella del 14 maggio in Abruzzo, la salita al Blockhaus, nel cuore del parco della Majella, che, oltre a rendere omaggio a Fausto Coppi, Gino Bartali, Marco Pantani e Baldini, sarà l'occasione per sostenere le popolazioni colpite dagli ultimi eventi sismici ed in questa regione ha sede lo sponsor principale di uno dei team esclusi;
   come previsto dal regolamento la RCS Sport ha la possibilità di invitare, tramite lo strumento delle “wild card” 4 team di livello “professional” oltre alle 18 squadre di livello “world tour” iscritte di diritto alla corsa e tra le quali per la prima volta nella storia non è presente nessun team italiano;
   il 18 gennaio 2017 sono stati resi pubblici i team scelti: la Bardiani-CSF (vincitrice della coppa Italia) e la Willier Selle Italia, quest'ultima peraltro gestita da una società irlandese (che oltre a godere dei ben noti vantaggi fiscali, ha tutti i dipendenti assunti presso di sé con relativi contributi pagati in questo Stato) e 2 wild card a team stranieri, la polacca CCC e la russa Gazprom Rusvelo, inviti giustificati dall'organizzatore con vantaggi da possibili sponsorizzazioni;
   sono state invece escluse altre due squadre italiane: la Nippo Vini Fantini e Androni Giocattoli, entrambe di grande valore e composte da atleti che hanno vinto il giro d'Italia nel passato;
   la Nippo Vini Fantini aveva ricevuto la wild card negli ultimi due anni registrando grandi successi con le vittorie sui Gran premi della montagna di Cunego, che è uno dei tre vincitori italiani del Giro ancora in attività, il colombiano Julian Arredondo vincitore di tappe e della classifica degli scalatori e l'ex tricolore Ivan Santaromita;
   la decisione di concedere, nell'anno del centenario, 2 wild card a team stranieri e di escludere i due team italiani ha creato malumori e grande delusione nel mondo sportivo che negli anni passati era solito avere almeno cinque team italiani in gara;
   in una nota ufficiale del 19 gennaio 2017 il general manager del team Nippo Vini Fantini ha chiesto alla Federazione ciclistica italiana di intervenire, a supporto di RCS, per chiedere una deroga all'Unione ciclistica internazionale ed allargare il numero delle wild card, come fatto del resto già nel 2011 in occasione delle celebrazioni del 150o anniversario dell'Unità d'Italia, ritenendo necessario un intervento forte per salvaguardare il ciclismo italiano e dare un'opportunità in più ad un team di matrice tricolore per il Giro 100, il Giro che più di ogni altro unirà l'Italia e porterà il made in Italy nel mondo;
   un sollecito a trovare una soluzione, che consenta al team di partecipare al Giro d'Italia, arriva anche dall'assessore regionale allo sport ligure e dal presidente del Coni Liguria attraverso una lettera inviata nei giorni scorsi al presidente della FCI-Federazione ciclistica italiana;
   la mancata partecipazione al giro d'Italia può determinare un forte danno di visibilità e di ritorno economico per i team italiani e per l'intera manifestazione, oltre a portare alla quasi certa chiusura di due società che pagano tasse e contributi per gli ottanta dipendenti nel nostro Paese, il tutto a vantaggio di team e movimenti ciclistici esteri –:
   se il Governo non intenda adottare ogni iniziativa di competenza volta a salvaguardare il ciclismo italiano e a dare la più ampia opportunità ai team di matrice tricolore, in particolare in considerazione del fatto che si tratta del Giro 100, il Giro che più di ogni altro unirà l'Italia e porterà il made in Italy nel mondo.
(2-01634) «Ginoble, Oliverio, Carella, Peluffo, Lodolini, Giulietti, Guerra, Tullo, Marroni, Lattuca, Mariano, Leva, D'Incecco, Berretta, Grassi, Stumpo, Cominelli, Castricone, Paolo Rossi, Cuomo, Galperti, Burtone, Mazzoli, Zoggia, Meta, Braga, Ferro, Palma, Rocchi, Ferrari, Malpezzi, Senaldi, Manfredi, Lauricella, Massa, Fusilli, Cinzia Maria Fontana».

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 28 gennaio 2017, gli «idonei del concorso pubblico per 814 vigili del fuoco» hanno inviato una lettera a deputati e senatori in relazione all'esigenza di «provvedere in tempi celeri alla grave carenza di organico inerente il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, evidenziata ancor di più dagli ultimi eventi calamitosi»;
   si ricorda che, con la legge di bilancio 2017 e il successivo decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 è stata garantita la proroga al 31 dicembre 2017 della graduatoria del concorso a 814 posti nel ruolo di vigile del fuoco bandito nel 2008;
   il 25 gennaio 2017 il Presidente del Consiglio ha riferito al Senato che il Governo sta lavorando ad un decreto sulla gestione delle calamità naturali «per fronteggiare le emergenze, le risorse ci sono: ci sono 4 miliardi nella legge di bilancio», prevedendone anche altre;
   in virtù degli impegni presi dal Governo, gli «idonei del concorso pubblico per 814 vigili del fuoco» sollecitano ad aumentare i fondi per coprire la dotazione organica dei vigili del fuoco, come dichiarato in Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati anche dal capo dipartimento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, Bruno Frattasi, secondo il quale l'attuale carenza di personale operativo, comprendente anche una parte di personale non idoneo al servizio tecnico urgente, si aggira attorno alle 3.000 unità;
   questa carenza potrebbe quindi essere colmata (data la coincidenza dei numeri) con l'esaurimento della graduatoria per 814 vigili del fuoco che in questo momento contiene circa 3.500 idonei, tra i quali sono presenti i discontinui e volontari facenti già parte del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (quindi personale con delle esperienze già acquisite) ai quali è stata garantita una riserva del 25 per cento dei posti banditi;
   inoltre, l'età media del personale attualmente in servizio è di 47 anni e, quindi, secondo il gruppo degli idonei, questa carenza potrebbe essere colmata con l'esaurimento della graduatoria, che comprende persone con età media di 32 anni;
   nel novembre 2016 il Governo ha indetto un nuovo bando di concorso pubblico a 250 posti per la qualifica di vigile del fuoco per il quale la prevedibile massiccia partecipazione di candidati rischia di provocare un iter concorsuale con tempistiche molto lunghe, che molto probabilmente produrrà un nuovo bacino assunzionale non prima della fine del 2018: la graduatoria al concorso pubblico 814, quindi, risulta essere l'unico bacino disponibile per colmare la grave carenza di organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco –:
   se il Governo, per garantire gli interventi di soccorso nei territori duramente colpiti dagli eventi calamitosi degli ultimi mesi, non ritenga opportuno intervenire in tempi brevi, con iniziative anche normative, affinché sia colmata la grave carenza di organico inerente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e sia esaurita la graduatoria del concorso a 814 posti nel ruolo di vigile del fuoco bandito nel 2008. (4-15407)


   FRACCARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la proposta di legge costituzionale C. 56/XVII «Modifiche allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di tutela della minoranza linguistica ladina della provincia di Bolzano» presentata il 15 marzo 2013 e approvata in prima deliberazione alla Camera l'11 gennaio 2017, è stata trasmessa per la prima lettura al Senato in data 12 gennaio 2017 (Atto Senato n. 2643);
   il testo originario dell'articolato della proposta C. 56, il quale ha ottenuto i pareri del consiglio provinciale di Trento il 9 marzo 2016, del consiglio provinciale di Bolzano il 5 aprile 2016 e del consiglio regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol il 18 luglio 2016, conteneva misure per soddisfare le aspettative e le rivendicazioni della piena parità di rappresentanza che i cittadini e le cittadine appartenenti al gruppo linguistico ladino richiedono e rivendicano come compimento della progressiva parificazione dei gruppi linguistici tedesco, italiano e ladino che ha ispirato le riforme statutarie del 1971 e del 2001. In particolare, le misure normative proposte miravano a regolare la cosiddetta «proporzionale etnica» nei ruoli pubblici e la pariteticità negli organi misti Stato-regione-province autonome e degli organi della giustizia amministrativa nella provincia autonoma di Bolzano;
   la discussione in Assemblea è iniziata il 9 gennaio 2016 e si è conclusa in prima deliberazione l'11 gennaio 2017 con l'approvazione di una serie di emendamenti aggiuntivi che hanno mutato radicalmente l'essenza del testo approvato dalla Commissione affari costituzionali. Rispetto alla formulazione originale, il testo trasmesso al Senato ha introdotto modifiche sostanziali agli articoli 47, 48, 61 e 102 dello statuto di autonomia (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670). Le integrazioni sostanziali sono state collocate negli articoli 2, 5 e 10 del testo coordinato, ora classificato nell'atto S. 2643, e riguardano i principi attinenti ai sistemi elettorali provinciale e degli enti locali della provincia di Bolzano nonché l'istituzione di un nuovo ente sovracomunale in provincia di Trento;
   l'articolo 103 del decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972 prevede che i progetti di modificazione dello statuto di iniziativa governativa o parlamentare sono comunicati dal Governo della Repubblica al consiglio regionale e al consigli provinciali, che esprimono il loro parere entro due mesi. Prevede inoltre che le modifiche allo statuto approvate non sono comunque sottoposte a referendum nazionale;
   all'interrogante pare evidente che il consiglio regionale e i consigli provinciali si siano espressi su un progetto di modifica dello statuto, la proposta C. 56, che verteva in materia di tutela della minoranza linguistica ladina della provincia di Bolzano, e non su modifiche statutarie attinenti ai sistemi elettorali e all'ordinamento regionale degli enti locali e che, pertanto, sarebbe opportuno sottoporre il nuovo progetto di modifica dello statuto al parere dei consigli delle autonomie locali, considerato che nemmeno la popolazione locale potrà esprimersi qualora la proposta di legge fosse approvata in seconda lettura –:
   se il Governo non intenda, anche a fronte della peculiarità del caso in esame, valutare l'opportunità di avviare forme di interlocuzione con il consiglio regionale e i consigli provinciali interessati in relazione ai contenuti del nuovo progetto citato in premessa. (4-15410)

AFFARI REGIONALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 7 aprile 2014, n. 56, ha disciplinato l'organizzazione e il ruolo delle ex province introducendo la nuova denominazione di enti territoriali di area vasta, in attesa dell'abolizione degli enti stessi prevista dalla riforma costituzionale;
   la riforma del Titolo V della Costituzione non è stata approvata dal corpo elettorale e pertanto le province sono rimaste incardinate nella struttura costituzionale della Repubblica;
   la legge n. 56 del 2014 assegna alle province funzioni fondamentali quali: la pianificazione territoriale, la tutela e Valorizzazione dell'ambiente, la pianificazione dei trasporti, la costruzione e gestione strade provinciali, la gestione dell'edilizia scolastica e la programmazione provinciale della rete scolastica, l'assistenza tecnico amministrativa agli enti locali;
   per servizi di viabilità garantiti dalle province si intende: gestione, manutenzione e messa in sicurezza di 130 mila chilometri di strade, oltre il 70 per cento della rete viaria nazionale, di cui 38 mila di strade montane (il 30 per cento);
   le province dopo i tagli che del 2015 di 650 milioni di euro, di 1 miliardo e 300 milioni di euro (nel 2016) e 1 miliardo e 950 milioni di euro nel 2017 non sono più in grado di erogare i servizi alla popolazione;
   dal 2013 al 2016 la spesa corrente delle province è diminuita del 40 per cento, riducendosi di oltre 2,7 miliardi di euro; la differenza tra entrate e uscite nel 2016 è stata pari a – 571 milioni di euro;
   la legge di bilancio per l'anno 2017 avrebbe dovuto disciplinare nuovi interventi per le province, ma la crisi intervenuta a seguito delle dimissioni del Governo pro tempore ha comportato un'accelerazione dell’iter di approvazione della legge che non ha potuto prevedere nuovi interventi per gli enti periferici;
   lo stato di emergenza ambientale delle ultime settimane ha evidenziato come non sia ulteriormente procrastinabile una nuova disciplina normativa ed economica sull'articolazione delle province –:
   quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere, anche con riguardo alla individuazione delle risorse economiche necessarie. (5-10423)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   BRIGNONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la commissione tecnica per il piano nazionale di conservazione e gestione del lupo, riunitasi il 24 gennaio 2017, ha espresso parere favorevole alla bozza che, nell'ultimo anno, è stata al vaglio delle regioni e nella quale, per la prima volta dopo quarantasei anni, sono previsti gli abbattimenti di lupi;
   istituire la caccia al lupo è contro qualsiasi logica ed etica ambientale e rischia di rimettere in discussione lo stato di conservazione della specie in Italia, giacché potrebbe avere un effetto indiretto ma probabile, d'incentivo agli atti di bracconaggio contro la specie;
   secondo il Piano, gli abbattimenti dovrebbero essere contenuti nel cinque per cento della popolazione di lupo stimata, ma tale azione si considera inutile e dannosa perché potrebbe peggiorare il problema dei danni alla zootecnia con il rischio di legittimare il diffuso bracconaggio sulla specie;
   da rilevare che, secondo stime nazionali, sarebbero oltre 300 i lupi che ogni anno in Italia sono già vittime di atti illegali o d'investimenti stradali, senza contare che se il piano fosse approvato senza alcuna modifica, si rischia di tornare indietro di decenni in materia di conservazione e tutela della specie;
   per i lupi non sono possibili abbattimenti realmente selettivi e gli effetti di tali abbattimenti sono sempre imprevedibili poiché i comportamenti predatori non diminuirebbero, ma potrebbero invece aggravarsi, come successo in altri Paesi;
   la misura degli abbattimenti non avrebbe alcun effetto positivo sulle tensioni sociali e anzi potrebbe aggravarle, con la richiesta di nuovi e continui abbattimenti e una maggiore tolleranza verso atti di bracconaggio e di «giustizia privata»;
   sono state messe in campo numerose petizioni e rimostranze da parte di associazioni ambientaliste contro il piano e circa centonovanta mila cittadini hanno aderito alla petizione del WWF – rimasta senza risposta – chiedendo al Ministro competente di non autorizzare l'abbattimento dei lupi;
   in base alla normativa vigente, le regioni promuovono e attuano interventi per la protezione di specie di particolare interesse scientifico e concedono un indennizzo agli allevatori per i danni causati ai bovini, ovini, caprini equini, da lupi, cani randagi o ferali;
   tuttavia, gli allevatori lamentano la velocità degli indennizzi; ma i ritardi non possono essere attribuiti alle norme vigenti in materia di conservazione e tutela del lupo, e non saranno certamente risolti con il nuovo piano;
   per ridurre gli attacchi dei lupi al bestiame, secondo alcuni esperti, potrebbero essere molto utili alcuni strumenti, quali: stalli notturni mobili elettrificati e cani da pastore ben tenuti, gestione dei parti e delle fecondazioni – in modo da far partorire le manze e le cavalle in luoghi sicuri –, pulizia dei pascoli per evitare il proliferare di cespugli e arbusti in modo da evitare al lupo di fare agguati, collocazioni di fontanili e abbeveratoi in spazi aperti –:
   se, i Ministri interrogati non ritengano necessaria una revisione del piano per evitare l'abbattimento della specie, rafforzando piuttosto le altre azioni – previste dal piano – per la prevenzione dei danni, il monitoraggio della specie, le attività d'informazione e formazione degli allevatori quale forma di tutela del lupo stesso e di sostegno a una zootecnia estensiva già fortemente minacciata dal mercato globale;
   se non ritengano opportuno assumere iniziative volte a introdurre nuove procedure per garantire gli indennizzi;
   se non ritengano opportuno ottimizzare il sistema di accertamento e risarcimento dei danni provocati dai lupi e dai cani selvatici al bestiame;
   con quali modalità siano stati raccolti i dati relativi al censimento della popolazione dei lupi in Italia, in occasione della redazione del piano nazionale di conservazione e gestione del lupo;
   se non intendano rendere pubblici i dati del suddetto piano, con riferimento in particolare all'attuale popolazione dei lupi nel nostro Paese e chiarire l'efficacia e l'utilità dell'abbattimento «selettivo» della specie. (4-15409)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI e SARTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 2 novembre 1975 moriva Pier Paolo Pasolini. A metà novembre veniva presentato alla stampa «Salò o le 120 giornate di Sodoma». Il 10 gennaio 1976 il film arriva nelle sale italiane;
   tre giorni dopo il film viene sequestrato e aperto nei confronti del produttore Aurelio Grimaldi un procedimento per commercio di pubblicazioni oscene. Più di un anno dopo (previa l'eliminazione di sei sequenze) il film torna nelle sale vietato ai minori di 18 anni. La pellicola su cui si è ormai creato un incredibile e morboso interesse, alla fine arriva a due milioni di spettatori;
   Salò è considerato il testamento cinematografico di Pasolini, potente atto d'accusa diretto al potere politico ma anche a quello religioso, economico e giudiziario. Salò è un altro tassello del mosaico che l'autore stava componendo negli ultimi anni della sua vita, al pari degli articoli scritti per il Corriere della Sera (tra cui quello pubblicato il 14 novembre ‘74 dal titolo «Cos’è questo golpe ? Io so») e di Petrolio, l'incompiuto romanzo-inchiesta che metteva sul banco degli imputati la classe dirigente dell'epoca;
   secondo diverse ricostruzioni degli ultimi giorni di vita del poeta di Casarsa, in realtà Pasolini si sarebbe recato all'Idroscalo di Ostia in quella fatidica notte perché era in accordo con chi in precedenza aveva rubato dalla Technicolor le pizze di Salò per le quali era stato chiesto un riscatto di due miliardi di lire che i diretti interessati si erano rifiutati di pagare; in pratica, gli assassini potrebbero aver usato le bobine come trappola nella quale attirare la vittima;
   durante la lavorazione del film, alcune bobine furono infatti rubate e per il montaggio furono usati i «doppi»: le stesse scene, girate però da una inquadratura diversa; in occasione dell'ultima riapertura del «caso Pasolini», si è formulata l'ipotesi che Pasolini fosse stato informato del ritrovamento delle suddette bobine sul lido di Ostia, ove egli si recò guidato dal Pelosi, cadendo così nell'agguato che lo uccise;
   parrebbe che nelle pizze rubate fosse presente anche una scena finale del film con la partecipazione dello stesso Pasolini;
   nel libro inchiesta di Simona Zecchi «Pasolini massacro di un poeta» (Ponte delle Grazie, 2015) si legge a pagina: 152: «E Cinecittà, lo ricordiamo, è anche il luogo in cui vengono ritrovate le ventiquattro pizze dei film sottratti alla Technicolor. L'Unità, inoltre, che informò del ritrovamento in un articolo del 2 maggio 1976, chiarisce come tutte le parti mancanti siano state ricostruite con materiale di scarto»;
   al momento non è dato sapere con certezza dove siano le bobine originali del film «Salò o le 120 giornate di Sodoma» –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per agevolare il recupero, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, delle citate bobine originali per riportare alla luce parti di pellicola che sono importanti per definire l'opera di uno dei più importanti artisti italiani di sempre. (4-15399)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


  TAGLIALATELA, RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO e TOTARO. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   il 20 dicembre 2016 al comune di Napoli è stato notificato un atto di pignoramento per un importo di centoventicinque milioni di euro, al quale ha fatto seguito il blocco di tale somma in bilancio mediante l'apposizione del vincolo da parte del tesoriere;
   il ricorso proposto dal comune avverso l'atto di pignoramento è stato dichiarato inammissibile in prima istanza il 9 gennaio 2017 e si è ora in attesa dell'esito dell'udienza fissata per il 9 febbraio 2017 per esaminare l'opposizione dell'ente agli atti esecutivi;
   il debito richiesto al comune origina dal mancato pagamento di opere affidate dal commissariato straordinario per il terremoto dell'Irpinia, avvenuto nel novembre del 1980, al «Consorzio ricostruzione otto», autore di lavori di ricostruzione in base alla legge n. 219 del 1981, spettanze mai pagate né dal commissario, né dalle giunte comunali che si sono susseguite dopo la fine del commissariamento, avvenuto nell'aprile del 1996;
   in estate l'amministrazione comunale aveva spiegato che «il Consorzio ricostruzione otto è titolare di un credito di circa 82 milioni di euro, determinato da una sentenza della corte di appello che ha confermato un lodo arbitrale del 2003, relativo ad una concessione di lavori di ricostruzione post terremoto ex lege n. 219 del 1981, affidata il 31 luglio del 1981 dall'ex commissario straordinario di governo»;
   le somme richieste al comune di Napoli sono, quindi, debiti maturati nel periodo in cui il concedente era lo Stato e l'amministrazione ha più volte richiamato l'attenzione sulla necessità che il Governo si faccia carico del debito per la quota di sua competenza, pari a circa il 90 per cento del totale;
   la crisi di liquidità determinata dalla notifica dell'atto di pignoramento come prima conseguenza ha fatto sì che la tesoreria comunale ha sospeso tutti i pagamenti, compresi quelli per i fornitori, e sono a rischio anche gli stipendi dei dipendenti –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere con riferimento alla problematica di cui in premessa, corrispondendo la parte del debito imputabile allo Stato al fine di evitare un ulteriore dissesto finanziario del comune di Napoli e le ovvie ripercussioni negative che ne conseguirebbero, in primissimo luogo in capo ai dipendenti. (3-02744)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta immediata:


  BUSINAROLO, COZZOLINO, DA VILLA, SPESSOTTO, D'INCÀ, BENEDETTI, FERRARESI, BONAFEDE, AGOSTINELLI, COLLETTI, SARTI, FANTINATI e BRUGNEROTTO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   i dati relativi alla situazione attuale della giustizia in Veneto, illustrati nei giorni scorsi nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2017 presso la corte d'appello di Venezia, se da un lato indicano un miglioramento nel settore civile, tratteggiano un quadro allarmante per l'ambito penale, con l'intervento della prescrizione per moltissimi procedimenti;
   la situazione rileva anche dagli interventi del presidente reggente della corte d'appello di Venezia, Mario Bazzo, e del procuratore generale Antonino Condorelli. «Le prescrizioni dichiarate – ha precisato Bazzo – sono state 2.340 su un totale di 4.905 processi definiti, con una percentuale sempre più elevate del 47,7 per cento, rispetto al 49 per cento del precedente anno nel corso del quale erano state dichiarate 1.874 prescrizioni su un totale di 3.788 processi definiti»;
   «(...) La lettura dei dati contenuti nella relazione della Presidenza – ha poi aggiunto Condorelli – non lascia spazio a dubbi di sorta. Infatti è sotto gli occhi di tutti il permanere di grandissime difficoltà e appesantimenti, per quanto concerne il penale, in tema di pendenze dei procedimenti non definiti e di prescrizione di reati, fra i quali alcuni anche di non secondario rilievo»;
   da alcune notizie di stampa recenti (vedasi Il Mattino del 26 gennaio 2017) la prescrizione interesserà anche la vicenda giudiziaria legata al cosiddetto «scandalo Mose», che ha svelato un sistema complesso di corruzione e regalie legati alla realizzazione del progetto;
   secondo la cronaca scatterà, a partire dal mese di settembre 2017, la prescrizione per molti dei soggetti coinvolti, tra cui gli imputati per finanziamento illecito (tra i quali figura l'ex sindaco di Venezia Orsoni), fino ad arrivare agli imputati per corruzione (tra cui l'ex presidente del magistrato delle acque Piva) e per gli indagati-accusatori (come l'ex presidente del consorzio Giovanni Mazzacurati), non ancora rinviati a giudizio –:
   se, alla luce di quanto descritto in premessa, il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di favorire un rapido iter della riforma organica della prescrizione, da tempo attesa, soprattutto con l'obiettivo di garantire il corretto e regolare svolgimento dell'attività dell'apparato giudiziario, a fronte di una situazione attuale molto critica, legata ad una carenza cronica sia di magistrati che di personale amministrativo e alle gravi difficoltà di smaltimento dell'ingente mole di procedimenti (e di arretrato) che gravano sui tribunali e che impediscono la certezza della giustizia. (3-02745)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DAMIANO e VERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   un forte allarme sociale, segnalato dagli organi di stampa, dalle stesse forze di polizia e dagli operatori di giustizia, riguarda i cosiddetti delitti predatori, spesso seriali, messi in atto con particolare efferatezza da bande criminali;
   simili episodi si ripetono con preoccupante e crescente intensità e, nonostante l'importante azione di contrasto delle forze di polizia che spesso riescono a individuare e arrestare i responsabili, raramente i colpevoli vengono messi nella condizione di non reiterare i loro crimini;
   spesso, anche in caso di arresti in flagranza di reato si procede alla scarcerazione dopo poche ore o pochi giorni, generando sorpresa, sconcerto e delusione tra i cittadini e le forze dell'ordine che operano con grande difficoltà sul territorio;
   alla base di tale discutibile prassi vi è la circostanza dell'incensuratezza dei responsabili, in quanto non destinatari di condanne definitive, sul presupposto che per un soggetto incensurato non deve, di fatto, essere applicata alcuna misura cautelare di custodia in carcere o arresti domiciliari, e si procede in sede di giudizio direttissimo ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche, con conseguente riduzione di un terzo della pena ed azzeramento delle aggravanti, o ai fini della concessione della sospensione condizionale della pena, con conseguente scarcerazione immediata;
   la Corte di cassazione sul tema si è espressa in particolare con due sentenze: la prima, sezione 5, n. 39473 del 16 giugno 2013 indica come ai fini dell'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche il giudice possa considerare i precedenti giudiziari, ancorché non definitivi, e, pertanto, a maggior ragiono possa tener conto dei reati estinti; la seconda, sezione. 6, n. 29405 dell'11 luglio 2006 prevede come, nella verifica sulla sussistenza delle esigenze cautelari legate al pericolo che l'indagato o l'imputato commetta alcuni gravi delitti o comunque delitti della stessa specie di quello per cui si procede, il giudice debba tenere conto anche dei precedenti, che, rilevano, oltre che nel giudizio sulla capacità a delinquere, in ogni altro caso in cui occorra procedere ad una valutazione della personalità dell'indagato o dell'imputato, affermando che in realtà dei precedenti giudiziari si deve tener conto sia per le attenuanti generiche che per le misure cautelari;
   analoga incongruenza applicativa pare si estenda anche all'istituto della continuazione del reato, in sede di esecuzione delle sentenze di condanna passate in giudicato, cumulando così ulteriori benefici rispetto a quelli ottenuti in sede di custodia cautelare, di applicazione delle attenuanti o di sospensione della pena;
   si tratta di un fenomeno che, almeno per il clamore mediatico di alcuni episodi particolarmente vistosi, rischia di compromettere il senso di sicurezza della collettività e l'affidamento dei cittadini nell'operato delle forze dell'ordine e della magistratura, minando il valore stesso della legalità democratica –:
   se il Ministro interrogato abbia avviato una verifica sui dati in merito, nonché sugli effetti distorsivi che possono ingenerarsi a seguito di prassi giurisprudenziali orientate ad un improprio automatismo tra mancanza di sentenze passate in giudicato e riconoscimento dei benefici di legge ai fini del riconoscimento della non applicazione della custodia cautelare, del riconoscimento delle attenuanti generiche, della sospensione della pena o del riconoscimento della continuità del reato;
   quali iniziative, anche normative, sia di fonte primaria che secondaria, intenda adottare al fine di verificare e perfezionare il funzionamento del casellario giudiziale e carichi pendenti, che per essere efficiente e per rendere effettivamente fruibili le informazioni deve necessariamente essere in rete in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
   se non ritenga opportuno segnalare tali criticità al Consiglio superiore della magistratura nonché alla Scuola superiore della magistratura, ciascuno per la parte di propria competenza, affinché si possano procedere un'adeguata attività di programmazione e di formazione. (5-10421)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:


  PRESTIGIACOMO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   in attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera f), della legge n. 124 del 2015 è stato emanato il decreto legislativo n. 169 del 2016, recante riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina delle autorità portuali, che riduce le attuali 24 autorità portuali in 15 autorità di sistema portuale (AdSP);
   il comma 3 dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 169 del 2016 stabilisce che «sede della AdSP è la sede del porto centrale, individuato nel regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, ricadente nella stessa AdSP. In caso di due o più porti centrali ricadenti nella medesima AdSP il Ministro indica la sede della stessa»;
   l'allegato A del decreto legislativo prevede che i porti di Augusta e Catania facciano capo all'autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale, mentre i porti di Messina e Milazzo, rientrando nell'autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Jonio e dello Stretto, dovranno far capo alla sede centrale di Gioia Tauro;
   ad avviso dell'interrogante e contrariamente a quanto più volte dichiarato dal Ministro interrogato, è evidente come il riordino appena citato vada nella direzione opposta dell'efficienza;
   con decreto, non ancora pubblicato, del Ministro interrogato, Catania è stata istituita, per un periodo di 2 anni, come sede dell'autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale, rispetto all'originale previsione di Augusta, come stabilito nell'elenco pubblicato dal Ministero il 21 gennaio 2016;
   da una nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si apprende, altresì, che «la scelta su Catania è stata compiuta in seguito alla richiesta della Regione siciliana, cui è stata data risposta positiva, specificando che si tratta di sede transitoria per un periodo di non più di due anni»;
   il presidente della Regione siciliana, in una nota protocollo n. 15404 del 12 gennaio 2016 inviata al Ministro interrogato, ha richiesto di individuare nella sede della istituenda autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale quella dell'autorità portuale di Catania, essendo il «core del nuovo sistema portuale e logistico della Sicilia orientale»;
   come riportato dalle agenzie di stampa, il presidente della Regione siciliana ha poi smentito quanto riportato;
   ad avviso dell'interrogante, la procedura appena esposta è caratterizzata da evidenti ambiguità da parte di tutti i soggetti interessati, che si smentiscono con dichiarazioni clamorosamente contrastanti –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto riportato in premessa, non intenda adottare le iniziative di competenza volte a ridefinire i criteri della riforma delle autorità portuali attraverso un confronto con le realtà coinvolte e i parlamentari rappresentanti del territorio. (3-02749)

Interrogazione a risposta scritta:


   ATTAGUILE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sul quotidiano «La Sicilia» di martedì 24 gennaio 2017 è stata riportata la notizia che l'Unione europea ha ritirato un finanziamento di 200 milioni di euro previsto per il porto di Augusta; il quotidiano collega tale notizia alla questione della mancata realizzazione del ponte sullo retto di Messina, di cui Eurolink ha vinto il bando per 3,9 miliardi di euro, riportando un resoconto delle spese per lo Stato italiano;
   il giornale evidenzia che i 325 milioni di indennizzo chiesti dalla società Stretto di Messina, per la mancata realizzazione dell'opera, vanno sommati ai 700 milioni di euro chiesti da Eurolink, di cui 301 milioni di euro per spese e 329 milioni di euro per danni, ai 90 milioni di euro della Parson Trasportation, al milione della società che si occupa del monitoraggio ambientale, ai 300 milioni che fino ad oggi sono serviti per studi vari;
   la richiesta di indennizzo sarebbe stata presentata nel 2013, ancor prima della messa in liquidazione della società «Stretto di Messina», ma il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a cui è stata indirizzata la richiesta, non è ancora intervenuto per comporre la vertenza; pertanto, sembra che la società «Stretto di Messina», dal 2013 ad oggi, sia costata per lo Stato 13 milioni di euro tra oneri sociali e gettoni;
   la mancata realizzazione del ponte sullo stretto di Messina incide pesantemente sulla possibilità di trasportare velocemente, via ferrovia, delle merci che potrebbero arrivare per mezzo di grandi navi portacontenitori ai porti siciliani;
   l'attracco al porto di Augusta di grandi navi portacontenitori, che escono dal Canale di Suez e si dirigono a Rotterdam, farebbe risparmiare sette giorni di navigazione, e ulteriori sette per il ritorno, ma tale possibilità è strettamente legata al trasporto veloce via ferrovia e, quindi, alla realizzazione del ponte sullo stretto di Messina e all'adeguamento delle gallerie ferroviarie siciliane per far passare carri merci più grossi;
   la perdita di 200 milioni di euro di finanziamenti dell'Unione europea per il porto di Augusta, causata dall'inerzia degli organi competenti e dalla conseguente mancata realizzazione di opere portuali necessarie e indispensabili per lo sviluppo dello scalo portacontenitori, abbinata alle mancate azioni del Governo per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, nonostante la cifra di oltre un miliardo di euro che ne costerebbe la mancata realizzazione, bloccano il rilancio della Sicilia e la possibilità per lo Stato italiano di competere sul trasporto merci a livello internazionale –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per assicurare al porto di Augusta la realizzazione delle infrastrutture necessarie, sia come opere portuali che come collegamenti ferroviari veloci con il Nord Europa, allo scopo di garantire la possibilità per lo Stato di competere sul trasporto merci a livello internazionale, puntando soprattutto sul risparmio di 7 giorni di navigazione nel collegamento tra Suez e Rotterdam. (4-15403)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MENORELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 novembre 2016 il prefetto di Padova ha nominato un commissario prefettizio per il relativo comune capoluogo, a seguito della presentazione delle dimissioni di 17 consiglieri comunali, verificandosi il caso di cui all'articolo 141, comma 1, lettera b), n. 3, del testo unico degli enti locali;
   il commissario straordinario, individuato nel dottor Penta, ha da subito garantito lo svolgimento dell'ordinaria amministrazione, anche proponendosi di approvare il bilancio in anticipo rispetto alla scadenza di legge, nonostante la non facile situazione finanziaria in cui versa il comune di Padova;
   nei confronti del commissario si sono succeduti vari interventi di rappresentanti politici e istituzionali regionali, allo scopo di pretendere l'approvazione con i poteri del consiglio comunale di un accordo, ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990, finalizzato alla localizzazione del nuovo ospedale di Padova, addirittura in tal senso deliberando la giunta regionale con provvedimento n. 1892 del 25 novembre 2016;
   le posizioni nei confronti del commissario straordinario, ad avviso dell'interrogante, si contraddistinguevano anche per una del tutto impropria perentorietà nei toni, quali, ad esempio, quelli usati da un consigliere regionale del Veneto, che in data 19 dicembre 2016 così dichiarava: «Lo dico in maniera chiara, di modo che il messaggio arrivi dove deve arrivare. Se quando avrà i poteri per farlo, il commissario Michele Penta non firmerà l'accordo di programma si assumerà una responsabilità personale nei confronti della Regione che a quel punto gli chiederà i danni»;
   la pretesa di cui si è sopra riferito appare all'interrogante del tutto ingiustificata rispetto ai compiti istituzionali di un commissario, considerato che si tratta di una scelta di strategica importanza, che deve necessariamente essere assunta da organi democraticamente eletti e legittimati a decisioni di così elevata caratura discrezionale;
   peraltro, l'accordo in questione risulta essere stato sottoscritto, al netto di ogni considerazione circa la legittimità di tale atto, dal sindaco di Padova in data 12 novembre, prot. 336647, cosicché, ai sensi dell'articolo 9.3 del medesimo accordo, detta sottoscrizione e l'accordo stesso devono intendersi decaduti, non essendo intervenuta la deliberazione consiliare nemmeno nei 30 giorni successivi all'assenso sindacale;
   il 26 gennaio 2017, secondo notizie di stampa, il commissario, dottor Penta, avrebbe rassegnato le proprie dimissioni;
   il 27 gennaio 2017 veniva riportata la notizia dell'imminente avvicendamento del prefetto di Padova;
   tale situazione può comportare il procrastinarsi di adempimenti istituzionali necessari alla ordinata amministrazione comunale –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, se il Governo intenda assumere iniziative per verificare la possibilità di un ritiro delle dimissioni del commissario Penta, anche per favorire, nell'interesse pubblico, la conclusione dell'istruttoria in corso condotta dallo stesso per l'approvazione nel minor tempo possibile del bilancio preventivo del comune di Padova;
   se si intendano chiarire i limiti istituzionali entro i quali può agire una figura commissariale, escludendo l'assunzione di decisioni aventi rilevanza strategica.
  (5-10427)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie apparse sulla stampa, risulta che, pochi giorni fa, nel centro di accoglienza per richiedenti asilo a Villa Ottino, nel comune di Occhieppo Superiore, in provincia di Biella, nel corso di una ispezione da parte delle forze dell'ordine, nell'ambito di una indagine investigativa per contrastare il dilagante spaccio di sostanze stupefacenti nello stesso comune, siano stati rinvenuti sia dei quantitativi di droga, ventitré dosi per complessivi cento grammi circa, nascosti all'interno di un cestino per la raccolta dei rifiuti, situato in un locale ad uso comune dello stesso centro di accoglienza, e altresì, del denaro contante;
   la notizia desta particolare preoccupazione e allarme, in quanto non si tratta di un fatto isolato, essendo stati denunciati già negli scorsi mesi, sempre per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, altri immigrati, e precisamente, nel novembre 2016 un cittadino nigeriano, ancora, successivamente, il 19 gennaio 2017, un cittadino del Gambia e solo pochi giorni dopo, il 21 gennaio, un altro cittadino nigeriano, fino a pochi giorni fa, quando sono stati rinvenuti quantitativi di droga nello stesso centro di accoglienza a Villa Ottino, a seguito di un controllo mirato, a cui ha partecipato anche il Nucleo cinofili di Volpiano;
   la notizia del blitz antidroga nel centro d'accoglienza di Villa Ottino a Occhieppo Superiore ha scatenato legittime preoccupazioni tra i residenti e accese polemiche per quanto sta accadendo nel centro di accoglienza stesso e per gli episodi criminosi sempre più diffusi nel comune;
   nonostante la gravissima situazione a Occhieppo Superiore, secondo quanto disposto dall'ultimo bando della prefettura per il 2017, è previsto un ulteriore aumento, di circa 125 unità, degli immigrati ospitati nel medesimo centro di accoglienza;
   anche la proposta del sindaco, che vorrebbe semplicemente sostituire la struttura tramite l'adesione del comune stesso ad un progetto del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), distribuendo gli ospiti su tutta la Valle Elvo, secondo l'interrogante, non fa che spostare il problema creatosi a Occhieppo Superiore ed anzi, in mancanza di adeguate dotazioni alle forze dell'ordine per l'adozione di misure di contrasto e prevenzione dei reati, a diffonderlo sempre più su tutto il territorio provinciale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza d gravissimo episodio accaduto nel centro di accoglienza a Villa Ottino e, in particolare, quali controlli siano stati disposti negli ultimi mesi al fine di prevenire i reati di cui sopra ed in particolare nel comune di Occhieppo Superiore e nel centro di accoglienza sopra richiamato; quali iniziative di competenza il Governo abbia assunto e nei confronti degli immigrati, autori dei reati citati in premessa, e se gli stessi siano già stati destinatari di provvedimenti di allontanamento, immediata espulsione e rimpatrio; quali iniziative siano state adottate nei confronti dei gestori della struttura e, data la gravità dei reati e della situazione creatasi nel comune, e non ritenga opportuno assumere iniziative per procedere alla immediata chiusura del centro di accoglienza di cui in premessa. (4-15400)


   RICCIATTI, COSTANTINO, FAVA, QUARANTA, NICCHI, PIRAS, SCOTTO, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO, FOLINO, KRONBICHLER e FERRARA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel corso della cerimonia per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2017, presso la corte d'appello di Ancona, il procuratore generale della Repubblica facente funzione Filippo Gebbia ha sollevato, ancora una volta, l'allarme sulle infiltrazioni mafiose nella regione Marche;
   il procuratore generale facente funzione ha sottolineato in particolare come la presenza della ‘Ndrangheta nel tessuto economico delle Marche sia «sempre più massiccia ed incisiva, sia quantitativamente che qualitativamente e sotto forma dell'acquisizione in modo diretto, o indiretto, della gestione e del controllo di attività economiche a fini di riciclaggio» (Il Resto del Carlino, 28 gennaio 2017);
   nel corso del suo intervento, il procuratore generale facente funzione ha inoltre chiarito come l'omessa segnalazione di reati di stampo mafioso non sia un indice che possa tranquillizzare sulla diffusione del fenomeno, in quanto sussisterebbe «sia per l'intrinseca difficoltà di rilevazione delle infiltrazioni mafiose, al di fuori degli insediamenti territoriali, sia per il fatto che sono comunque presenti sul territorio pregiudicati e condannati in via definitiva per il 416-bis c.p. o comunque personaggi legati per parentela e biografia alle associazioni di tipo mafioso»;
   la procura generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Ancona ha, nel corso degli ultimi anni, in occasioni istituzionali o comunque di rilievo pubblico, sollevato più volte tale allarme. Allarme autorevolmente supportato dalla relazione 2015 della Direzione nazionale antimafia, che è stata esplicita nel fotografare i rilievi del fenomeno infiltrazioni mafiose nelle Marche;
   con altrettanta perseveranza, l'interrogante ha più volte sottoposto all'attenzione del titolare del dicastero dell'interno tali evidenze, chiedendo chiarimenti sull'azione di contrasto del Governo rispetto a tale fenomeno;
   ad oggi nessun riscontro a quelle richieste e segnalazioni e pervenuta dal Ministro interrogato –:  
   se, anche alla luce degli ultimi ed ulteriori richiami del procuratore generale della Repubblica facente funzione presso la corte di appello di Ancona sui rischi del fenomeno infiltrazioni mafiose nel tessuto economico delle Marche, il Ministro interrogato non intenda fornire chiarimenti circa l'operato del Governo, per quanto di competenza, in tale delicato ambito.
  (4-15404)


   DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la puntata della trasmissione Striscia la Notizia del 27 gennaio 2017, rinvenibile online, dopo il TG1, ha dato rilievo nazionale ad un fatto che è tristemente noto ai cittadini di Reggio Calabria e che è uno dei molti scandali della gestione dell'accoglienza legata all'immigrazione nel nostro Paese;
   dall'estate scorsa un centinaio di profughi minorenni, secondo ciò che è stato riportato, vive all'interno di un impianto sportivo noto come lo «Scatolone», ufficialmente Palestra Piero Viola, nella zona vicina allo stadio della città calabrese;
   lo «Scatolone» è una struttura in lamiera priva di riscaldamento, che non consente di garantire condizioni minimali di igiene, dove i migranti vengono alloggiati avendo come giaciglio le brandine delle Protezione civile;
   il servizio riporta, inoltre, la notizia che molte delle persone alloggiate sarebbero malate;
   nello stabile sono disponibili solo due bagni per 120 minori ivi ospitati;
   la palestra Piero Viola è peraltro una struttura storica del basket reggino: il suo utilizzo a fini di accoglienza non solo non garantisce alle persone ospitate ambienti idonei alla dignità umana, ma contemporaneamente priva la città di un luogo di aggregazione per i giovani, che si trovano nell'impossibilità di praticare l'attività sportiva;
   anche la palestra della facoltà di giurisprudenza dell'università nel quartiere Archi versa in pessime condizioni, a seguito della decisione di destinare anche quel luogo a centro di accoglienza straordinaria;
   come è stato sottolineato lo «Scatolone» dovrebbe servire come struttura di prima accoglienza, per un massimo di 72 ore, ma ai suo interno si trovano giovani da mesi;
   in ogni caso, continuare a destinare questo tipo di strutture all'accoglienza dei migranti, significa da una parte non assegnare ai migranti una sistemazione dignitosa, dall'altra togliere ad una città che è già all'ultimo posto per qualità della vita dei servizi utili ai cittadini –:
   a chi sia imputabile, sul piano politico-amministrativo, la decisione di identificare nella palestra Piero Viola, stabile in lamiera senza riscaldamento e con 2 soli bagni a disposizione, un luogo idoneo per gestire la prima accoglienza di rifugiati minori, quali siano i costi per il funzionamento della struttura, chi si occupi della gestione dei servizi agli ospiti e per quale motivo questi ultimi siano stati ivi alloggiati per un tempo molto superiore alle 72 ore inizialmente previste;
   se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza, secondo il principio più volte richiamato dallo stesso Ministero dell'interno dell'accoglienza diffusa, per evitare che la prima sistemazione dei migranti nelle città meridionali, in un'ottica emergenziale, divenga permanente, scaricando sui cittadini di quelle realtà, già molte volte penalizzati da una pessima gestione amministrativa, i disagi di un'ulteriore diminuzione dei servizi, come nel caso esposto in premessa.
   (4-15408)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 151 del 2015, uno dei tanti attuativi della riforma nota come « Jobs Act», nel dare seguito al principio della legge delega di razionalizzazione e revisione delle procedure e degli adempimenti in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità e degli altri soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio, al fine di favorirne l'inclusione sociale, l'inserimento e l'integrazione nel mercato del lavoro, è intervenuto a modifica della legge 12 marzo 1999, n. 68;
   in particolare, l'articolo 3 del citato decreto legislativo n. 151 del 2015, abrogando il comma 2 dell'articolo 3 della legge n. 68 del 1999 e modificando il comma 3 del medesimo articolo 3, è intervenuto sulla disciplina delle quote di riserva, eliminando la subordinazione dell'obbligo dell'assunzione dei disabili a carico di specifici datori di lavoro (datori di lavoro privati che occupino da 15 a 35 dipendenti, partiti politici, organizzazioni sindacali e organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell'assistenza e della riabilitazione) all'effettuazione di nuove assunzioni (cosiddetto regime di gradualità);
   pur comprendendo le finalità di tale intervento normativo, volto per l'appunto alla più ampia inclusione di soggetti con disabilità, esso sembra tuttavia non aver tenuto conto delle oggettive difficoltà che talune realtà datoriali di lavoro del settore privato possano incontrare nell'obbligo di assunzione di persone con disabilità, come ad esempio le società e associazioni sportive professionistiche di serie minori –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare in merito alla problematica esposta in premessa, anche valutando l'opportunità di portare le società e associazioni sportive professionistiche di serie minori fuori dall'ambito di applicazione della norma richiamata in premessa. (5-10424)


   LABRIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   un articolo de «ilcorriereditaranto.it», pubblicato il 30 gennaio 2017, riporta che, «come riporta una nota dell'Ansa di ieri, fonti sindacali fanno sapere che martedì mattina la dirigenza incontra il consiglio di fabbrica. Ilva e intenzionata a non seguire più il percorso dei contratti di solidarietà, che attualmente coinvolge circa 3 mila lavoratori, ma preferirebbe scegliere la strada della cassa integrazione straordinaria, una soluzione che permetterebbe all'azienda di affrontare più “facilmente” i processi di ristrutturazione e quindi poter mettere mani ai livelli occupazionali. Una strada, insomma, che agevolerebbe l'ingresso dei nuovi proprietari i quali hanno già fissato gli obiettivi produttivi – seppur diversi – vicini agli attuali e perciò necessariamente, secondo le loro ipotesi strategiche, con passaggi su esuberi strutturali. Infatti, i sindacati, a quanto si apprende, non vogliono affatto accompagnare queste scelte, com’è ovvio che sia, per evitare quanto più possibile di ridurre notevolmente i livelli occupazionali, e perciò tenteranno di ottenere, al Ministero del lavoro, la proroga dei contratti di solidarietà»;
   i due percorsi presentano differenze sostanziali tra loro, infatti, i contratti di solidarietà sono accordi, stipulati tra l'azienda e i sindacati, che prevedono la riduzione dell'orario di lavoro per mantenere l'occupazione in caso di crisi aziendale e quindi evitare la riduzione del personale, il trattamento di integrazione salariale straordinario (Cigs) è una prestazione economica erogata dall'Inps per integrare o sostituire la retribuzione dei lavoratori al fine di fronteggiare le crisi dell'azienda o per consentire all'azienda di poter affrontare ristrutturazione, riorganizzazione o riconversione;
   l'articolo cita le dichiarazioni del presidente della commissione industria del Senato, Massimo Mucchetti, fatte al termine della visita istituzionale a Taranto, secondo cui «Al momento possiamo dire che nelle audizioni in Senato il gruppo Arcelor Mittal aveva assunto una triplice posizione: la richiesta di una riforma dell'Aia, perché così com'era non andava bene secondo loro; l'idea di produrre non più di 6 milioni di tonnellate d'acciaio perché, a loro dire, questo era in grado di assorbire il mercato, ma noi aggiungiamo che si riducono anche le emissioni inquinanti; e che non sarebbe di loro competenza il colossale taglio occupazionale che sarebbe necessario per tenere in equilibrio lo stabilimento con questi livelli produttivi. Il gruppo Acciai Italia pur partendo anch'esso dai livelli produttivi attuali, che sono determinati dal fatto che l'altoforno principale è fermo e poi bisognerà vedere come sviluppare la produzione, ha sempre indicato come obiettivo quello di arrivare almeno a 8 milioni di tonnellate di produzione e quindi a una gestione dei livelli occupazionali certamente meno pesante di quella dell'altra proposta»;
   quanto dichiarato aumenta le preoccupazioni dei sindacati e dei lavoratori, non solo per la perdita di lavoro, ma soprattutto per gli effetti a cascata che ne deriverebbero sui cittadini e sull'economia tarantina;
   con ciò aumenterebbe la disoccupazione e l'esodo delle generazioni più giovani, e si determinerebbe un impoverimento senza precedenti dell'intera catena economica della provincia tarantina, già duramente colpita sia dall'inquinamento che l'impianto siderurgico ha prodotto, che da un crescente aumento della delinquenza organizzata e del degrado sociale dovuto alla presenza sempre più massiccia di immigrati che praticano l'abusivismo a danno delle poche attività commerciali rimaste aperte in città –:
   in che modo il Governo intenda tutelare gli attuali livelli occupazionali nell'azienda di cui in premessa;
   di quali elementi disponga il Governo circa le intenzioni dei nuovi acquirenti dell'impianto in merito alla sorte dei lavoratori;
   se ritenga di avviare un immediato confronto con le rappresentanze sindacali per mettere a punto strategie a lungo termine che scongiurino la perdita di lavoro agli operai coinvolti e il conseguente impoverimento di migliaia di famiglie già in forte difficoltà economica. (5-10429)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   il prezzo del latte ovino sta raggiungendo una quotazione di 0,50 euro/litro, che riflette solo in parte la grave speculazione in atto;
   il pecorino romano viene venduto in Sardegna a 6/8 euro e viene rivenduto su scala nazionale e americana a 25/40 euro al chilogrammo;
   è indispensabile proporre e perseguire un meccanismo virtuoso per governare le quantità di materia prima, valorizzando parametri premianti della qualità, tesi ad incentivare una tendenza positiva al miglioramento della qualità del latte in grado di coprire gli investimenti realizzati;
   è necessario promuovere il miglioramento genetico del bestiame, e assumere iniziative per incrementare l'autoproduzione di mangimi e foraggi proprio per le condizioni insulari della Sardegna;
   è indispensabile perseguire un meccanismo virtuoso per governare le quantità di materia prima, con un prezzo fondato su parametri premianti della qualità, tesi ad incentivare una tendenza positiva al miglioramento della qualità del latte in grado di coprire gli investimenti realizzati;
   con decreto 7 aprile 2015 Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha disciplinato le modalità di applicazione dell'articolo 151, del regolamento (UE) n. 1308/2013, recante organizzazione comune dei prodotti agricoli, per quanto concerne le dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari;
   il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e in particolare l'articolo 151, relativo alle dichiarazioni obbligatorie nel settore lattiero-caseari;
   il regolamento (UE) n. 479/2010 della Commissione del 1o giugno 2010 dispone le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio per quanto riguarda le comunicazioni degli Stati membri alla Commissione nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. 1097/2014, del 17 ottobre 2014;
   la normativa impone ai primi acquirenti di dichiarare ogni mese il quantitativo d latte che è stato loro consegnato, a partire dal 1o aprile 2015;
   è indispensabile estendere tali disposizioni, di cui all'articolo 151, del regolamento (UE) n. 1308/2013, relative alle dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, in attesa della definizione di un'apposita authority di certificazione e regolamentazione del settore, al comparto ovi-caprino;
   tale disposizione deve essere preliminarmente rivolta al «primo acquirente» ovvero un'impresa o un'associazione che acquista latte dai produttori per:
    a) per sottoporlo a raccolta, imballaggio, magazzinaggio, refrigerazione o trasformazione, compreso il lavoro su ordinazione;
    b) per cederlo ad una o più imprese dedite al trattamento o alla trasformazione del latte o di altri prodotti lattiero-caseari;
   in attesa della definizione di un’authority apposita, con particolare riferimento alle produzioni Dop, è indispensabile il riconoscimento dei primi acquirenti di latte ovi-caprino che devono essere preventivamente riconosciuti dalle regioni competenti per territorio, in relazione alla sede legale del primo acquirente ove sono rese disponibili le scritture contabili;
   i primi acquirenti preventivamente riconosciuti possono acquistare latte ovi-caprino dai produttori, in vista degli utilizzi previsti dalla disposizione sopra richiamata;
   i controlli sono svolti attraverso verifiche amministrative presso i primi acquirenti, presso i produttori di latte e prodotti lattiero-caseari che effettuano vendite dirette e, ove necessario, attraverso verifiche in loco presso le aziende conferenti;
   in attesa della definizione di un'apposita Authority, tutti i soggetti componenti della filiera lattiero casearia sono tenuti a consentire l'accesso alle proprie sedi, nonché alla documentazione contabile e amministrativa, ai funzionari addetti ai controlli –:
   se il Ministro interpellato ritenga urgente procedere nel senso indicato in premessa, assumendo ogni iniziative di competenza anche normativa in relazione alle dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari;
   se non ritenga di dover promuovere iniziative normative tese ad istituire una vera e propria Authority del settore lattiero caseario ovi-caprino per la certificazione di qualità e quantità, capace di regolare la produzione di punta e ridurre al massimo la differenza tra la quotazione tra il pecorino romano e i prodotti diversificati;
   se non ritenga di dover con urgenza assumere iniziative volte a definire le eccedenze di pecorino romano e disporre l'acquisizione di quantitativi sufficienti per far fronte all'emergenza indigenti;
   se non ritenga di dover assumere iniziative volte ad erogare con somma urgenza tutte le risorse disponibili che, per quelle che gli interpellanti ritengono responsabilità amministrative, risultano ancora non erogate a favore degli allevatori;
   se non ritenga di dover promuovere un piano strategico per diversificare i prodotti in funzione di nuovi mercati, da ampliare e rafforzare;
   se non ritenga di dover attivare ogni utile e inderogabile iniziativa per la tutela del pecorino romano, sotto «attacco» nazionale e internazionale e delle altre due DOP (Pecorino Sardo e Fiore Sardo);
   se non ritenga di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, per contrastare quello che appare agli interpellanti il tentativo maldestro di un'organizzazione di categoria e di alcuni produttori, sostenuti di fatto da alcuni esponenti della regione Lazio, di far riconoscere una nuova denominazione di origine «Cacio romano», di fatto danneggiando la Dop «Pecorino romano» e agendo, secondo gli interpellanti, in totale contrasto con l'articolo 13 del regolamento (UE) n. 1151/2012;
   se non si intenda assumere ogni iniziativa di competenza per la revoca della registrazione del marchio «Cacio romano», che, a giudizio degli interpellanti, si configura come una vera e propria contraffazione del marchio «Pecorino romano».
(2-01633) «Pili, Pisicchio».

Interrogazioni a risposta immediata:


  MATARRESE, DAMBRUOSO e VARGIU. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   le intense nevicate e gelate verificatesi in Puglia nei giorni 5, 6, 7, 8 gennaio 2017 hanno posto in seria difficoltà non solo i cittadini, ma anche le imprese sul territorio;
   secondo quanto si evince dai dati stimati delle associazioni di categoria e dagli enti locali, pare che neve e gelo abbiano provocato danni irreparabili e per milioni di euro al comparto ortofrutticolo, vitivinicolo, vivaistico, lattiero caseario, agli allevamenti, nonché alle strutture e infrastrutture rurali di Bari, Barletta Andria Trani, Brindisi, Foggia, Lecce e Taranto;
   sarebbero migliaia gli ettari di verdure pronte per la raccolta ma bruciate dal gelo; ci sarebbero serre danneggiate o distrutte sotto il peso della neve, animali morti, dispersi e senz'acqua a causa del congelamento delle condutture;
   nelle zone della Murgia, in particolare nei comuni di Altamura, Santeramo, Cassano e Laterza Ginosa, si sono verificati danni rilevanti agli allevamenti, mentre nei comuni di Castellaneta e Ginosa si registrano notevoli danni alle colture orticole e alle coltivazioni di uva da tavola;
   alcune aziende zootecniche della Murgia non hanno potuto conferire il latte ai caseifici e sono state costrette a smaltirlo quale rifiuto speciale, con ulteriori costi a carico delle aziende stesse;
   a causa dell'impossibilità di transitare in molti tratti della rete stradale pugliese, si è registrato il totale isolamento di molte aziende che non hanno potuto trasportare il prodotto su gomma, con conseguenti gravi danni economici;
   secondo Coldiretti, le consegne di ortaggi si sarebbero ridotte del 70 per cento sia perché bruciati in campo dal gelo, sia perché i mezzi non hanno potuto circolare;
   la regione Puglia ha approvato «la dichiarazione dello stato di crisi in agricoltura per tutto il territorio regionale, a seguito delle eccezionali avversità atmosferiche del 5, 6 e 7 gennaio» –:
   se e quando intenda adottare il provvedimento di declaratoria dello stato di calamità per l'emergenza registrata in Puglia e altre specifiche misure dirette ad indennizzare le aziende che hanno subito danni a causa delle condizioni meteorologiche particolarmente avverse, nonché quali saranno i tempi effettivi entro cui le imprese potranno ricevere gli indennizzi.
(3-02746)


  SCHULLIAN, ALFREIDER, GEBHARD, PLANGGER, OTTOBRE e MARGUERETTAZ. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   la direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, ha stabilito che entro il 2010 gli Stati membri devono provvedere a un adeguato contributo per il recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'allegato III della stessa direttiva e tenendo conto del principio «chi inquina paga» (articolo 9, comma 1);
   al riguardo gli Stati membri possono tener conto delle ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione;
   la direttiva stabilisce, inoltre, che gli Stati membri non violano la direttiva qualora decidano di non applicare le suddette disposizioni per una determinata attività di impiego delle acque, ove ciò non comprometta il raggiungimento degli obiettivi della direttiva stessa (articolo 9, comma 4);
   la Corte di giustizia dell'Unione europea (sentenza C 525/12, 11 settembre 2014) si è espressa sostenendo che la direttiva non può essere interpretata nel senso che tutte le attività elencate tra i servizi idrici siano assoggettate al principio del recupero dei costi. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha respinto il ricorso presentato dalla Commissione europea contro una legge tedesca che esclude taluni servizi dalla categoria dei «servizi idrici», per i quali l'articolo 9 della direttiva 2000/60/CE stabilisce il principio del recupero dei costi;
   l'Italia ha emanato nel 2015, con il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 febbraio 2015, n. 39, un regolamento recante i criteri per la definizione del costo ambientale e del costo della risorsa per i vari settori d'impiego dell'acqua;
   al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si sta lavorando alle disposizioni attuative sui costi dell'acqua in tutti i settori, senza coinvolgimento delle parti interessate;
   per il settore agricolo, l'acqua è una risorsa fondamentale e indispensabile per la produzione di alimenti, un innalzamento del costo del canone si tradurrebbe direttamente in un costo di produzione più alto –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative volte ad escludere dall'applicazione di nuovi e ulteriori oneri l'agricoltura, settore trainante dell'economia italiana, al fine di non ledere ulteriormente la sua competitività, considerando che molti Paesi europei (ad esempio l'Austria e alcuni Länder della Germania) hanno già deciso di non voler assoggettare l'agricoltura al recupero dei costi.
(3-02747)


  OLIVERIO, SANI, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, CAPOZZOLO, CARRA, COVA, CUOMO, DAL MORO, DI GIOIA, FALCONE, FIORIO, LAVAGNO, MARROCU, MONGIELLO, PALMA, PRINA, ROMANINI, TARICCO, TERROSI, VENITTELLI, ZANIN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   con legge di stabilità per l'anno 2015 è stato avviato dal Ministro interrogato un rilevante processo di riforma degli enti di ricerca vigilati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, attraverso l'incorporazione dell'Istituto nazionale di economia agraria nel Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura e la nascita di un nuovo ente di ricerca denominato Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria;
   il processo di riforma si poneva gli obiettivi di razionalizzare il settore della ricerca e della sperimentazione nel settore agroalimentare e di sostenere gli spin off tecnologici, nonché di razionalizzare e contenere la spesa pubblica;
   in attuazione della normativa richiamata sono stati di recente adottati dal Ministro interrogato un nuovo statuto dell'ente ed un piano di razionalizzazione, funzionali ad una rilevante riduzione dei costi di funzionamento dell'ente e all'ottimizzazione della gestione patrimoniale, anche mediante la riorganizzazione delle strutture della rete di ricerca;
   poche settimane fa, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha presentato ufficialmente il piano di ricerca sulle biotecnologie sostenibili, che ha una dotazione finanziaria di 21 milioni di euro su una frontiera centrale come la salvaguardia delle colture tradizionali italiane;
   i ricercatori del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria sono impegnati in progetti internazionali come il sequenziamento del genoma del frumento;
   il lavoro fatto dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria in occasione di Expo Milano 2015 si è caratterizzato per approfondimenti specifici a sostegno delle principali filiere produttive dell'agroalimentare italiano;
   l'impegno del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria nel campo dell'innovazione, dell'analisi dei big data e nella realizzazione delle linee guida per l'agricoltura di precisione ha fissato l'obiettivo di estendere queste pratiche al 10 per cento della superficie agricola italiana;
   il forte impegno dell'ente nella creazione di opportunità per i giovani innovatori, come dimostrato dal programma Agrogeneration, costituisce un momento di crescita per start up agroalimentari e nuove imprese agricole under 40;
   va nella giusta direzione l'apertura di un tavolo presso il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali per affrontare nell'immediato tutte le problematiche connesse alla riorganizzazione dell'ente, con particolare riferimento alle garanzie occupazionali per il personale precario –:
   quali siano le linee di indirizzo e le azioni operative previste per l'ulteriore rafforzamento della ricerca pubblica in campo agricolo e agroalimentare a supporto di un settore che nel 2016 ha saputo superare i 38 miliardi di euro di export, dimostrando vitalità e capacità di creazione di posti di lavoro. (3-02748)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GUIDESI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 39, comma 1, lettera a), della legge 28 luglio 2016, n. 154, cosiddetto «collegato agricoltura», ha modificato il comma 5, dell'articolo 11 del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, in tema di sanzioni amministrative in materia di pesca e acquacoltura;
   in particolare, il suddetto comma 5 prevede che gli operatori del settore ittico siano passibili di sanzioni amministrative che si applicano per la violazione delle disposizioni contenute nei commi 3 e 4 dell'articolo 10 sempre del suddetto decreto legislativo (come modificato dal «collegato agricoltura») relativamente alla cattura, accidentale o accessoria delle specie ittiche la cui taglia è inferiore alla taglia minima. Le sanzioni vanno da un minimo di 1.000 euro ad un massimo di 75.000 euro, in proporzione al peso del pescato, che raddoppiano nel caso in cui le specie ittiche siano il tonno rosso o il pesce spada;
   quasi sempre gli operatori ittici catturano accidentalmente alcune specie sotto – misura e, quindi, la cattura involontaria non dovrebbe comportare sanzioni così ingenti come quelle esposte sopra, in quanto la misura di dette sanzioni potrebbe compromettere la continuazione dell'esercizio dell'attività;
   il regolamento (CE)1224/1990 del Consiglio del 20 novembre 2009 che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, al paragrafo 2 dell'articolo 89 stabilisce che «il livello globale delle sanzioni e delle sanzioni accessorie è calcolato in modo da garantire che i trasgressori siano effettivamente privati dei vantaggi economici derivanti dalle infrazioni da essi commesse, fatto salvo il diritto legittimo di esercitare la loro professione. Tali sanzioni sono altresì atte a produrre effetti proporzionati alla gravità dell'infrazione stessa»;
   altresì, l'articolo 90, sempre del suddetto regolamento europeo, stabilisce che «la gravità di un'infrazione è determinata dall'Autorità competente dello Stato membro, tenendo conto della natura del danno arrecato e del suo valore, della situazione economica del trasgressore e della portata dell'infrazione o della sua reiterazione» –:
   se non ravvisi la necessità ed urgenza di adottare iniziative normative che portino alla revisione completa o quantomeno alla riduzione delle suddette sanzioni amministrative, facendo in modo che, come stabilisce il regolamento (CE) 122/1990, producano effetti proporzionati alla gravità dell'infrazione e che tengano conto della natura del danno arrecato e del suo valore, così da tutelare maggiormente gli operatori del settore ittico riguardo al fenomeno della cattura accidentale.
  (5-10422)


   LABRIOLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le intense nevicate e le forti gelate che hanno interessato nei giorni scorsi il territorio del centro sud dell'Italia hanno determinato ingenti danni a tutte le colture agricole, agli allevamenti zootecnici e alle strutture aziendali. Moltissime aziende agricole sono rimaste isolate e senza corrente elettrica a causa anche della impossibilità di utilizzare le strade extraurbane;
   i danni stimati dalla C.I.A. – Agricoltori italiani ammonterebbero a 700 milioni tra danneggiamento di mezzi strumentali, aggravio delle spese per riscaldamento serre e allevamenti, danni alle colture e mancata distribuzione. Solo per questo capitolo, il maltempo avrebbe provocato 400 milioni di euro perdite. La situazione è particolarmente grave in Puglia, nelle zone colpite dal sisma di agosto e ottobre e in alcune zone di Calabria, Campania e Sicilia;
   infatti, migliaia di aziende agricole hanno perso intere produzioni sia erbacee che arboree, oltre ad avere impianti e strutture aziendali (serre, capannoni, tendoni e altro) completamente distrutti e rasi al suolo. Diverse centinaia di aziende zootecniche hanno perso migliaia di capi di bestiame e non hanno potuto consegnare per la produzione dei derivati migliaia di ettolitri di latte, che sono andati irrimediabilmente persi;
   inoltre, a causa dei problemi legati al terremoto, la situazione è oltremodo grave nel Lazio, in Umbria e nelle Marche, dove la gestione del bestiame presenta grandi difficoltà. Il comparto zootecnico, già in ginocchio dopo il sisma, è stato nuovamente messo a dura prova dal gelo. Mancano ancora gli stalli provvisori per gli animali, esposti quindi alle basse temperature a causa degli abituali ricoveri resi inagibili dalle scosse;
   nelle zone colpite dal maltempo si aggiunge il problema legato alla viabilità che non consente la consegna dei raccolti. Sono crollate del 70 per cento le spedizioni di ortaggi dalla Puglia e dalle regioni del Sud Italia e il mancato approvvigionamento di mercati e punti vendita ha fatto salire i prezzi di vendita degli ortaggi già all'ingrosso, così come, denunciato dalle associazioni di categoria;
   per far fronte alla grave situazione servono provvedimenti e risorse straordinarie con erogazione immediata, proprio per fronteggiare la straordinarietà degli eventi e consentire il ripristino immediato di quanto perso a seguito della nevicata;
   è evidente che i comparti agricolo e zootecnico necessitino di interventi di ripristino effettuati dalle stesse aziende, evitando la pesante burocrazia sostituita da procedure snelle, rapidi ed efficaci;
   sarebbe inoltre, necessario chiedere alla Unione europea risorse straordinarie e aggiuntive;
   la C.I.A. – agricoltori italiani di Puglia con un documento ufficiale ha attenzionato al Governo nazionale e regionale una serie di richieste per permettere alle aziende agricole e zootecniche pesantemente danneggiate di poter riprendere l'attività che vanno dall'esonero per gli anni 2017 e 2018 dei contributi previdenziali e assistenziali relativi a CD (coltivatori diretti), IAP (imprenditori agricoli professionali), OTD operai a tempo determinato) e OTI (operai a tempo indeterminato) all'azzeramento dell'accisa per il carburante 2017, all'abbattimento delle rate di mutui e prestiti in scadenza nel 2017, una serie di esoneri fiscali e allo stanziamento di fondi speciali a tasso zero per il ripristino delle strutture danneggiate e del patrimonio arboreo –:
   quali altri dati abbia in suo possesso per quantificare i danni dovuti dalla nevicata straordinaria avutasi nel corrente mese e che ha colpito una vasta area dell'Italia;
   quali iniziative urgenti, anche normative, abbia adottato per tutelare gli operatori del settore e cercare di contenere i prezzi dei prodotti;
   come intenda agire per tutelare gli agricoltori e allevatori italiani in sede europea, se abbia già intrapreso trattative in tali sedi e quale ne sia il contenuto. (5-10425)

Interrogazione a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la vespa velutina, pericoloso insetto predatore di api e altri impollinatori – simile ad un calabrone – è arrivata in Italia nel 2013, quando un esemplare maschio fu catturato in provincia di Savona;
   di recente, in Veneto, è stata segnalata la presenza della vespa velutina a Bergantino, in provincia di Rovigo;
   c’è allarme nel mondo dell'agricoltura per questo calabrone, originario della Cina, che sta causando gravi danni economici agli apicoltori italiani (la produzione di miele nel 2016 è calata del 70 per cento rispetto a 5 anni fa);
   a rischio non è solo l'apicoltura, ma a tutto l'ecosistema, perché l'84 per cento delle specie di piante e il 76 per cento della produzione alimentare in Europa dipende dall'impollinazione delle api, vittime preferite dei calabroni asiatici;
   una minore produzione di miele, oltre che un impatto economico per l'economia italiana, implica anche un consistente aumento delle importazioni da Paesi terzi come la Cina –:
   quali iniziative s'intendano adottare per arginare il fenomeno che sta causando così tanti danni economici agli apicoltori italiani;
   se siano previste misure di sostegno per gli apicoltori maggiormente colpiti dall'invasione di questo parassita, diffusosi in Italia a causa di un mancato contenimento in Francia a partire dal 2004;
   se s'intenda approntare una rete di monitoraggio scientifica efficiente, in collaborazione con l'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, in grado di valutare la capacità di penetrazione e diffusione del parassita nel territorio veneto al fine di stimare il danno potenziale. (4-15402)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   in data 27 settembre 2016 il sindaco di Taranto ha inviato una lettera al Ministro della salute, chiedendo di sapere se, attraverso i propri organismi scientifici di controllo, l'Ilva allo stato attuale possa continuare a produrre e se questa produzione – in mancanza delle prescrizioni relative alla autorizzazione integrata ambientale – sia dannosa per la salute dei cittadini e, conseguentemente, quali iniziative possano/debbano essere assunte in sede locale;
   in data 4 ottobre 2016 il presidente della regione Puglia Michele emiliano, insieme con il direttore del dipartimento promozione della salute, Giovanni Gorgoni, il commissario dell'AReS Giancarlo Ruscitti e il dirigente del dipartimento di epidemiologia della regione Lazio, Francesco Forastiere, ha presentato alla stampa lo studio epidemiologico sugli effetti delle esposizioni ambientali sulla popolazione residente a Taranto, Massafra e Statte, in cui si sono approfonditi gli effetti a lungo termine delle emissioni industriali per lo stato di vita, i ricoveri, l'incidenza per i tumori e la mortalità;
   la conclusione del citato rapporto così reca: «l'esposizione continuata agli inquinanti dell'atmosfera emessi dall'impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell'organismo umano che si traducono in eventi di malattia e morte. Le metodologie adottate hanno permesso di quantificare i rischi di malattia e morbosità derivanti dalle esposizioni recenti e passate e hanno permesso di escludere il ruolo di confondimento di possibili fattori esterni. Lo stato dell'ambiente e della salute della popolazione deve essere continuamente monitorato per meglio valutare i cambiamenti temporali e garantire interventi di prevenzione e una adeguata assistenza sanitaria»;
   in data 4 ottobre 2016 il sindaco di Taranto, in riferimento allo studio epidemiologico sopracitato, ha dichiarato a mezzo stampa che: «I dati epidemiologici appaiono molto gravi. Se il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, non risponde alla nostra lettera in cui chiediamo di sapere se ci sono pericoli attuali per la popolazione, abbiamo già pronta la bozza dell'ordinanza di chiusura dell'Ilva»;
   in data 4 novembre 2016 il sindaco di Taranto rispondendo a delle domande dei giornalisti dichiarava che «il silenzio della Lorenzin non possa che interpretarlo in maniera positiva: non c’è nessun pericolo. C’è una situazione da massima allerta ma non da ordinanza. Del resto, – conclude – sarebbe allucinante non intervenire se ci fosse una situazione di rischio per i cittadini»;
   ancora oggi non risulta agli interpellanti che sia giunta al sindaco di Taranto la risposta alla lettera inviata, pertanto il sindaco rimane ancora in attesa di una risposta dal Ministro interpellato –:
   se il Ministro interpellato abbia risposto alla lettera del sindaco di Taranto e quali siano i contenuti di tale risposta ovvero, in caso negativo, quali siano le motivazioni della mancata risposta;
   se intenda chiarire in quale caso il sindaco di Taranto può e avare un'ordinanza per la chiusura dello stabilimento dell'Ilva a tutela della salute pubblica.
(2-01630) «De Lorenzis, Lorefice, Nesci, Grillo, Silvia Giordano, Mantero, Colonnese, Di Vita, Brescia, L'Abbate, Cariello, Scagliusi, Cecconi».

Interrogazione a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda ospedaliera Brotzu, con delibera n. 2419 del 28 dicembre 2016, ha indetto un concorso pubblico, tra altri, per un posto di «collaboratore tecnico professionale – Categoria D», e otto posti di «collaboratore tecnico professionale – biologo, Categoria D». Dalla disamina del documento risulta che parte delle competenze professionali richieste sono ascrivibili a quelle rientranti nel profilo professionale del tecnico di laboratorio biomedico, di cui al decreto ministeriale n. 745 del 26 settembre 1994;
   l'Antel (Associazione italiana tecnici di laboratorio biomedico), in una missiva inviata in data 10 gennaio 2017 all'azienda ospedaliera, al Ministero della salute, all'assessorato alla salute della regione Sardegna e all'Anac, rileva erroneità parziale del bando di concorso pubblico per titoli ed esami di cui in premessa;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 220 del 2001 e il vigente, contratto collettivo nazionale di lavoro, stabiliscono che per l'ammissione ai concorsi nel servizio sanitario nazionale è necessario il possesso dello specifico titolo rilasciato dalle facoltà di medicina e chirurgia, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni, ovvero che detto titolo sia stato conseguito in base al precedente ordinamento e riconosciuto equipollente ai sensi delle vigenti disposizioni (decreto ministeriale 27 luglio 2000), ai fini dell'esercizio dell'attività professionale e dell'accesso ai pubblici concorsi;
   nel caso di specie, per le prestazioni indicate, parrebbe che i soli titoli da considerare validi per i posti da coprire sono da individuare nella laurea in tecniche di laboratorio biomedico e nei titoli di cui al citato decreto ministeriale 27 luglio 2000. Tra tali titoli non rientrerebbe la laurea in biologia, in chimica o altri afferenti;
   con sentenza n. 3330 depositata il 18 giugno 2013 il Consiglio di Stato, sezione terza, a definizione del giudizio promosso dall'Antel n. 6948/2011 relativo ad un precedente caso che ammetteva biologi ad un concorso per TLB, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, proprio del Tar Sardegna n. 557 del 2011, con la quale il giudice di primo grado asseriva che la laurea in biologia costituisse un titolo di studio superiore nello stesso campo in cui opera il tecnico sanitario di laboratorio biomedico e, quindi, di presunto carattere «assorbente», nel senso che le materie dell'uno ricomprenderebbero le materie dell'altro, con un altrettanto «maggior livello di approfondimento»;
   il Ministro della salute, con parere DGRUPS/P/I.8.d.n.1. ha ritenuto utile precisare che, in seguito alla richiesta di chiarimenti ricevuta dall'Antel, «il possesso della laurea in Scienze Biologiche ovvero in Biotecnologie non costituisce titolo idoneo ai fini dell'ammissione ai concorsi pubblici in qualità di Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico»;
   anche la regione Sardegna, con delibera n. 0015941 del 20 giugno 2012, ritenne opportuno specificare: «l'Assessorato alla Salute ritiene che la laurea in tecniche di laboratorio biomedico, classe L-SNT/3 delle lauree in professioni sanitarie tecniche, il diploma universitario di tecnico sanitario di laboratorio biomedico previsto dal d.m. della Sanità n. 745 del 26 settembre 1994 ed esclusivamente i titoli equipollenti elencati nella sezione B del d.m. 27 luglio 2000 siano gli unici titoli di studio e formazione che consentono l'accesso alla professione di Tecnico di Laboratorio Biomedico e, di conseguenza, lo svolgimento dell'attività professionale»;
   lo stesso caso del Brotzu si è verificato presso l'Asl di Brescia con bando emesso il 23 agosto 2013 e l'Asst di Cremona con bando del 10 novembre 2016 –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione alla prassi seguita con i suddetti bandi, che potrebbe essere adottata da altre Asl, nonostante il parere del Ministero di cui sopra in merito ai requisiti di studio necessari per esercitare la professione di tecnico di laboratorio biomedico e le relative disposizioni di legge vigenti in merito all'equipollenza dei titoli, o se non si intendano assumere iniziative per quanto di competenza, per chiarire che gli unici titoli riconosciuti per esercitare tale professione, siano la laurea in tecniche di laboratorio biomedico e gli ulteriori titoli di cui al decreto ministeriale 27 luglio 2000 citato. (4-15405)

SPORT

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per lo sport, per sapere – premesso che:
   il «Giro d'Italia» è da sempre un evento di grande importanza nazional-popolare per il nostro Paese, espressione del Made in Italy sportivo (e non solo), nonché manifestazione di impatto internazionale e di promozione per le regioni;
   quest'anno la kermesse giunge alla 100 esima edizione, edizione simbolica che ne ingigantisce l'impatto sportivo, economico e pubblicitario;
   ogni anno comuni, province e regioni si impegnano a consegnare un considerevole contributo economico alla società (una sport and media company) che organizza la corsa a tappe, la «RCS Sport» per sostenere la buona riuscita dell'evento in ogni parte d'Italia;
   ogni anno lo Stato offre agli organizzatori la disponibilità di: forze dell'ordine, supporto sulle strade, autorizzazioni, vigilanza;
   una grave crisi economica ha colpito lo sport italiano negli ultimi anni ed il ciclismo ne ha risentito più di altre discipline;
   la RCS Sport, in quanto società privata, ha la possibilità di invitare 4 team di livello professional oltre alle 18 squadre di livello word tour iscritte di diritto alla corsa Rosa, tramite lo strumento delle wild Card e la lista ufficiale delle squadre partecipanti è stata resa nota il 18 gennaio 2017;
   nell'anno dell'edizione numero 100 del Giro d'Italia, RCS Sport ha scelto di invitare le seguenti wild card: BARDIANI-CSF (ITA), CCC SPRANDI POLKOWICE (POL), GAZPROM-RUSVELO (RUS), WILIER TRIESTINA-SELLE ITALIA («ITA»);
   la Bardiani – CSF, peraltro, è stata invitata di diritto, in quanto vincitrice dell'ultima edizione della Coppa Italia;
   la scelta della RCS sport è ricaduta, quindi, per i 3 posti disponibili su: «TEAM WILLIER SELLE ITALIA» che, pur di mera affiliazione italiana, fa capo ad una società irlandese, tanto che ciclisti e personale ricevono stipendio e pagano contributi in Irlanda, così come le sponsorizzazioni ricevute sono assoggettate a leggi e vantaggi fiscali irlandesi; CCC SPRANDI POLKOWICE, polacca, e GAZPROM – RUSVELO, russa;
   sono state escluse le uniche altre due squadre italiane attive oggi (italiane al 100 per cento anche per ciò che riguarda la gestione e affiliazione): la «NIPPO VINI FANTINI» e la «ANDRONI GIOCATTOLI», entrambe di oggettiva competitività e valore agonistico, composte da atleti che hanno anche vinto lo stesso Giro d'Italia nel passato;
   RCS Sport, con una scelta di questo tipo, ha quindi scelto di non sostenere il movimento del ciclismo italiano, nonostante il sostegno economico, istituzionale e politico costantemente ricevuto e su cui fonda la propria attività di organizzatore e di privilegiare team stranieri –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza delle logiche che hanno portato i vertici di RCS Sport ad indirizzarsi verso una scelta di questo tipo e se possa intervenire, con tutti gli strumenti di competenza affinché venga salvaguardato il patrimonio atletico e sportivo del Paese nell'edizione speciale del centenario del giro d'Italia e vengano tutelate società italiane che sostengono l'economia nazionale versando tasse e contributi allo Stato italiano.
(2-01631) «Fabrizio Di Stefano, Occhiuto».

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


  FRANCO BORDO, FOLINO, SCOTTO, AIRAUDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   come ha dichiarato di recente in un'intervista al quotidiano Il Sole 24 ore il capo della segreteria tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizio Pagani, resta l'obiettivo di vendere sul mercato la residua quota del 30 per cento del gruppo Poste italiane, da collocare sul mercato a investitori istituzionali e risparmiatori;
   come sottolineato da Pagani, la finestra per la seconda tranche di privatizzazione di Poste italiane potrebbe aprirsi tra giugno e luglio 2017;
   tali affermazioni sembrano contrastare con gli orientamenti assunti pochi mesi fa dal Governo. In particolare, durante un convegno organizzato dal gruppo parlamentare di Sinistra italiana, nel mese di settembre 2016, il Sottosegretario allo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, aveva dichiarato pubblicamente che il collocamento della seconda tranche del gruppo era stato messo in stand-by dal Governo;
   il piano industriale di ristrutturazione del gruppo Poste italiane e il percorso di privatizzazione della società – in una logica di progressiva perdita del controllo sulla gestione di Poste italiane e delle sue attività al cittadino – non si è dimostrato in grado di garantire la tutela del servizio postale universale, né a garantire adeguati livelli occupazionali, salvaguardando un diritto riconosciuto dal diritto comunitario e nazionale;
   ormai su tutto il territorio nazionale, comuni, associazioni territoriali e realtà produttive hanno paventato i rischi socio-economici legati alla progressiva rarefazione del servizio postale; l'introduzione progressiva del meccanismo di recapito della posta a giorni alterni sta creando disagi sia al Nord che al Centro-Sud, che nelle Isole;
   l'ulteriore dismissione di quote di Poste italiane, dunque, rischia di peggiorare il quadro della governance e della capacità industriale di un'azienda cruciale per il sistema Paese, in cui, al contrario, andrebbe rafforzato il ruolo di principale azionista dello Stato –:
   quali informazioni il Governo intenda fornire circa lo stato di avanzamento del processo di ulteriore dismissione con ricorso al mercato di quote azionarie del gruppo Poste italiane e dei relativi effetti socio-economici per il Paese, con particolare riguardo alle ricadute in termini di tutela del servizio postale universale e di salvaguardia dei livelli occupazionali. (3-02750)


  GUIDESI, MOLTENI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   nel piano strategico presentato da Poste italiane relativo agli anni 2015-2019 si prevede la ridefinizione del servizio universale postale, in quanto considerato disallineato rispetto ai reali bisogni delle famiglie e non più sostenibile dal punto di vista economico: previsione più che preoccupante vista la mission di società a capitale interamente pubblico, che gestisce i servizi postali in una condizione di sostanziale monopolio;
   nei fatti, questo ha comportato che la società, che si impegna nel contratto di servizio a raggiungere determinati obiettivi di qualità, ha scelto, spesso anche senza le dovute concertazioni con le amministrazioni locali, di chiudere uffici postali o di ridurre significativamente gli orari di apertura, senza considerare l'importanza che questi rivestono sui territori. Negli ultimi mesi, inoltre, ha adottato un nuovo modello di recapito della posta a giorni alterni, che disattende completamente quanto previsto all'articolo 3 del decreto legislativo n. 261 del 1999, in cui si prevede che il fornitore del servizio universale garantisca, per almeno cinque giorni la settimana, una distribuzione al domicilio, rispondendo alla necessità di garantire il rispetto delle esigenze essenziali;
   le scelte di Poste italiane, orientate al guadagno più che al rispetto delle esigenze collettive, stanno creando evidenti disservizi per l'utenza, che è costretta a lunghe attese agli sportelli aperti, è nell'impossibilità di sottoscrivere abbonamenti a giornali o riviste e che addirittura è costretta a pagare sanzioni e more per fatture mai ricevute o non si vede notificare importanti atti giudiziari o comunicazioni urgenti dagli istituti di credito;
   il nuovo modello di recapito si è rivelato fallimentare sotto tutti i punti di vista: i depositi e i centri di smistamento sono saturi di corrispondenza in giacenza, il servizio è inefficiente e non risponde agli standard qualitativi previsti dal contratto di servizio, i cittadini utenti vivono gravi disagi, oltremodo inaccettabili per le persone più anziane che hanno scelto di affidarsi ai recapiti postali per ricevere servizi per loro fondamentali –:
   se il Ministro interrogato non ritenga urgente adottare iniziative di competenza tese a promuovere un'immediata sospensione del nuovo modello di gestione e recapito della corrispondenza a giorni alterni, promuovendo al contempo una concertazione fra le parti interessate, così da poter garantire all'utenza l'effettiva erogazione del servizio universale postale che risponda ai previsti standard di efficienza e qualità. (3-02751)


  SOTTANELLI, FRANCESCO SAVERIO ROMANO, VEZZALI, PARISI e MERLO. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   il 18 gennaio 2017 l'Italia centrale, in particolare le zone al confine tra il Lazio e l'Abruzzo, sono state interessate da un nuovo sciame sismico e, negli stessi giorni, anche da intense e persistenti nevicate che hanno prodotto accumuli al suolo di molto superiori ai valori medi stagionali e causato interruzioni dell'energia elettrica, soprattutto in Abruzzo;
   in base alle informazioni di stampa, ai comunicati ufficiali di Enel distribuzione spa e alle notizie diffuse dalle prefetture e dalle regioni, il picco massimo di utenti disalimentati ha raggiunto anche le 200 mila unità tra Marche e Abruzzo tra il 18 e il 20 gennaio 2017;
   in particolare, in provincia di Teramo si è verificata la situazione più grave, con decine di migliaia di utenze rimaste senza alimentazione per 8 giorni e oltre;
   tali interruzioni di distribuzione di portata enorme, sia per la vastità del territorio interessato che per il numero di utenze coinvolte, hanno causato un grave danno alle famiglie, alle imprese e anche agli enti erogatori di servizi pubblici in Abruzzo, oltre ad aver contribuito a ritardare e rendere particolarmente difficili le operazioni di soccorso e il loro coordinamento;
   in risposta ad una precedente interrogazione del primo firmatario del presente atto erano stati annunciati dall'allora Ministro Guidi importanti investimenti di Terna in Abruzzo, pari a 1 miliardo di euro per l'installazione di nuove reti e a 10 milioni di euro annui per la manutenzione di quelle esistenti, mentre nel giugno 2015 erano stati annunciati stanziamenti di 200 milioni di euro fino al 2019;
   nel giugno 2015, a seguito del black-out del marzo 2015, Enel ha avviato un tavolo di confronto con la regione Abruzzo, annunciando l'aumento degli investimenti in Abruzzo e prevedendo il potenziamento dei tratti maggiormente esposti alle criticità meteo, in alcuni casi anche attraverso la completa sostituzione degli impianti, annunciando stanziamenti di 200 milioni di euro fino al 2019;
   i recenti disservizi hanno fatto emergere nuovamente la totale inadeguatezza della rete infrastrutturale abruzzese e, quindi, la mancanza di adeguati investimenti per la modernizzazione e il rafforzamento della rete –:
   se risulti che Terna ed Enel spa abbiano investito quanto previsto o, in caso contrario, per quali motivi tardino ancora tali investimenti e quali iniziative di competenza si intendano assumere per prevedere risarcimenti straordinari per i danni subiti in favore di enti pubblici, imprese e cittadini. (3-02752)


  VIGNALI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   occorre tutelare e sostenere concretamente l'industria manifatturiera, che ha sempre costituito e costituisce tuttora un elemento fondamentale per la crescita dell'economia e dell'occupazione del nostro Paese;
   al riguardo è necessario ricordare come l'Italia abbia il secondo settore manifatturiero europeo dopo la Germania;
   a livello europeo si sta discutendo della concessione alla Cina dello stato di economia di mercato (status Mes), che comporterebbe l'eliminazione dei dazi sui prodotti cinesi: una misura che penalizzerebbe in modo significativo numerosi settori industriali italiani ed europei;
   la Cina, anche sotto il profilo degli investimenti e del commercio, costituisce un punto di riferimento e risulta, quindi, un partner molto importante per l'Europa e per il nostro Paese;
   il 15 dicembre 2016 si è celebrato il quindicesimo anniversario della firma del protocollo che ha determinato l'ingresso della Cina nell'Organizzazione mondiale del commercio, l'organizzazione del commercio internazionale. Una sezione di tale protocollo prevedeva, peraltro, che la Cina potesse essere identificata, per 15 anni, come una non market economy (Nme) nei procedimenti antidumping se le aziende cinesi non fossero state in grado di provare che operano in condizioni normali di mercato. Al termine di tale periodo la Cina avrebbe potuto ottenere lo stato di economia di mercato (va rilevato, peraltro, come lo status di Nme comporti, come conseguenza, che molti prodotti cinesi siano considerati fonte di dumping e, pertanto, soggetti a dazi);
   è opportuno, pertanto, attivarsi in sede europea per proporre un sistema di regole certe e sicure che disciplini il «passaggio» della Cina all'economia di mercato, senza che questo penalizzi il sistema produttivo europeo ed italiano;
   il permanere di condizioni che avvantaggiano il sistema produttivo cinese (aiuti di Stato, dumping sociale ed economico) determinerebbe, inoltre, ripercussioni negative sull'occupazione europea e nazionale, che sono state autorevolmente valutate per l'Italia in una perdita di 400.000 posti di lavoro e svariati punti di prodotto interno lordo –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere a livello europeo perché, nel contesto sopra indicato, si pervenga alla determinazione di un quadro costituito da regole certe che, pur nell'ottica di un rafforzamento del partenariato con la Cina, assicuri e salvaguardi il mondo dell'imprenditoria e del lavoro in Europa e nel nostro Paese. (3-02753)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LENZI e FABBRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 15 giugno 2016 le interroganti hanno presentato l'atto di sindacato ispettivo n. 5-08906, ancora senza risposta, relativo ai disservizi che si sono registrati sul territorio della regione Emilia Romagna a seguito dell'applicazione del nuovo piano di consegna a giorni alterni da parte di poste Italiane;
   detti disservizi, secondo notizie di stampa, continuano a manifestarsi con grande disagio per cittadini e imprese; la corrispondenza viene recapitata con ritardi di settimane o addirittura mesi, e utenti e soggetti economici lamentano il rischio di addebito degli interessi di mora per la mancata ricezione nei termini di scadenza di bollette, avvisi di pagamento e altro;
   l'attuale modalità di distribuzione della corrispondenza a giorni alterni si sta rivelando inefficace ed improduttiva, mettendo a rischio la qualità e l'universalità del servizio postale nazionale e producendo difficoltà gestionali del servizio da parte di operatori e addetti ai lavori. È inoltre a rischio la chiusura di numerosi uffici postali situati in zone montane o a minore densità abitativa;
   4.800 sono gli addetti di Poste Italiane in uscita in tutta Italia, enorme è la carenza di organico negli uffici postali e, con la privatizzazione in atto, si rischia di aggravare ulteriormente la situazione;
   Poste Italiane ha inoltre intrapreso un percorso di internalizzazione di alcuni servizi che ha comportato da un lato il licenziamento dei lavoratori assunti con contratto di appalto (si veda il caso dei 9 lavoratori della Transystem licenziati a fine aprile 2016) e, dall'altro, l'assunzione di personale con contratti a termine –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per sanare i forti disservizi generati dall'applicazione del nuovo modello di gestione della corrispondenza a giorni alterni nonché per salvaguardare i posti di lavoro messi a rischio da questo nuovo modello di governance aziendale, auspicando la diffusione di modalità omogenee su tutto il territorio nazionale sia dal punto di vista contrattuale che salariale. (5-10426)


   VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 17 gennaio 2017 la dirigenza di Sky Italia ha comunicato alle rappresentanze sindacali il piano di ridimensionamento della sede romana dell'azienda a favore del Polo tecnologico di Santa Giulia a Roveredo (Milano) da completarsi entro un anno;
   l'aspetto che ha maggiormente destato perplessità, nonché sentimenti di legittima preoccupazione è rappresentato dalle modalità con cui l'azienda è intenzionata ad attuare il piano, che prevede il trasferimento da Roma e Cagliari verso il polo tecnologico di circa 300 unità lavorative e l'annuncio di 200 esuberi, tra 120 a Roma e 80 a Milano;
   la decisione giungerebbe inaspettata, in considerazione del fatto che Sky Italia è il primo gruppo televisivo italiano, detiene il 15 per cento dei ricavi del mercato televisivo e, secondo quanto riporta il Corriere della Sera del 18 gennaio 2017, «Gli ultimi dati disponibili evidenziano un quadro di sostanziale tenuta di Sky Italia, con un fatturato di 2,78 miliardi e abbonati a quota 4.760.000 (entrambi in lieve crescita)»;
   nel medesimo articolo, viene anche riportato che «Dal 2003 il gruppo ha investito in Italia circa 20 miliardi di contenuti e tecnologie, generando un giro d'affari di oltre 32 miliardi e impiegando 4 mila dipendenti»;
   l'aspetto che desterebbe preoccupazione sarebbe proprio la conferma che un'azienda che non sembrerebbe trovarsi in una situazione di crisi, ma unicamente per una rimodulazione strategica della dislocazione delle sedi e degli impianti, decide il trasferimento di un numero cospicuo di dipendenti, in questo caso a più di 600 chilometri di distanza, con le implicazioni personali, familiari e psicologiche che questo provvedimento avrebbe;
   è il caso di riferire che, il 21 gennaio 2017, in un articolo del quotidiano il Corriere della Sera, viene messo in evidenza, partendo dalla vicenda del trasferimento dei dipendenti di Sky Italia, che siano ormai sempre più frequenti i casi di aziende che, per la cessione o acquisizione di rami d'azienda e di quote societarie o per nuovi appalti, decidano di accorpare impianti e trasferire le produzioni e i dipendenti dai vecchi ai nuovi siti;
   in particolare, il giornale riporta anche i diversi casi di trasferimento di impianti che hanno implicato la richiesta di un trasferimento dei dipendenti: Publitalia (24 dipendenti da Roma a Milano), Fca (500 lavoratori da Pomigliano a Cassino), Italcementi (su 350 persone coinvolte nella ristrutturazione, una trentina hanno accettato di trasferirsi in Germania), Convergys (sarebbe intenzionata a chiudere il call center di Cernusco sul Naviglio e portare 221 addetti a Cagliari), Clessidra (fondo che ha rilevato le attività di Roberto Cavalli e che vorrebbe trasferire la sede da Milano a Firenze);
   è il caso di sottolineare che, seppure questi trasferimenti avvengano nell'ambito di una trattativa con i rappresentanti sindacali, il lavoratore si troverebbe sempre di fronte alla difficile scelta tra la rinuncia al lavoro o affrontare un trasferimento che, come detto, ha molteplici implicazioni sulla qualità e sulle scelte di vita del lavoratore e della sua famiglia –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa le motivazioni addotte da Sky Italia su trasferimenti ed esuberi, anche in base a quanto emerso nel corso del tavolo sulla vertenza aperto presso il Ministero dello sviluppo economico;
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per evitare che piani di riorganizzazione aziendale, come quelli illustrati in premessa, possano giustificare il trasferimento o il licenziamento di unità lavorative anche in assenza di una reale crisi economica dell'azienda. (5-10428)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PICCHI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il piano industriale 2015-2019 di Poste italiane ha previsto un notevole ridimensionamento del servizio, facendo leva su infrastrutture telematiche e tecnologie non sempre sfruttabili nelle aree montane e rurali;
   i tribunali amministrativi di alcune regioni si sono pronunciati a favore dei comuni che avevano presentato ricorso contro il piano di chiusura e razionalizzazione di Poste S.p.a, riconoscendo che la chiusura di un ufficio postale non può essere disposta solo per ragioni di carattere economico, senza considerare il criterio di distribuzione degli uffici e senza ponderare il pregiudizio alle esigenze degli utenti derivante dalla chiusura;
   nello specifico, il Tar di Firenze assegna particolare rilievo alle esigenze degli utenti del servizio universale, evidenziando l'obbligo del gestore di garantire il rispetto delle esigenze essenziali, di offrire agli utenti, in condizioni analoghe, un trattamento identico, ma anche di svolgere un ruolo fondamentale nella funzione di coesione sociale ed economica sul territorio nazionale;
   questa politica di razionalizzazione, portata avanti dalla società a capitale interamente pubblico che gestisce i servizi postali in una condizione di sostanziale monopolio, si sta traducendo, nei fatti, in gravi disservizi per la popolazione del comune di Londa (Firenze), soprattutto per i residenti anziani ai quali non è garantito il diritto al servizio universale postale;
   Poste italiane ha annunciato di voler aumentare, nel corso dell'anno 2017, il numero delle aree in cui la corrispondenza viene recapitata a giorni alterni, disattendendo così, a giudizio dell'interrogante, quanto previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 261 del 1999 in cui si stabilisce che il fornitore del servizio universale garantisce per almeno cinque giorni la settimana una distribuzione a domicilio;
   questo nuovo modello di recapito, nei comuni in cui è stato applicato, ha portato a situazioni di caos generalizzato, con depositi saturi, ritardi nelle consegne e centri di smistamento invasi da lettere, cittadini che si vedono addebitare sanzioni e more per bollette o fatture mai ricevute o arrivate in ritardo –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Governo al fine di tutelare il diritto dei cittadini utenti del comune di Londa (Firenze) di usufruire di un servizio universale postale efficiente, anche valutando l'opportunità di promuovere una sospensione immediata del nuovo modello di recapito e di raccolta della posta a giorni alterni al fine di garantire in tutti i comuni, senza distinzione, un servizio postale di qualità;
   se il Governo non ritenga utile farsi promotore di un tavolo di concertazione che coinvolga tutte le parti interessate, al fine di addivenire a soluzioni condivise per evitare gravi disagi ai cittadini, anche definendo un modello organizzativo specifico per le aree rurali e montane del Paese e attivando sportelli multiservizio, sportelli automatici, servizi di tesoreria a favore degli enti locali. (4-15396)


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da diverso tempo e in modo sempre più diffuso si segnalano nella provincia di Avellino continui disagi dovuti ai ritardi e/o mancati recapiti della corrispondenza ordinaria e di servizio da parte di Poste Italiane s.p.a.;
   tali disservizi comportano conseguenze soprattutto nei confronti degli incolpevoli cittadini utenti, in quanto a seguito di tale evenienza si vedono applicati ingiustamente da parte di enti di servizio (come l'Alto Calore Servizi, la Si.di.gas. s.p.a., le compagnie telefoniche, i gestori dell'energia elettrica e del gas, società di riscossione dei tributi e altro) un notevole aggravio di spese per oneri di morosità e, in casi estremi, la stessa sospensione della erogazione del servizio;
   tale incresciosa situazione interessa decine di migliaia di famiglie per un volume di affari notevole, cosa che costituisce una palese violazione di un diritto costituzionale e di un obbligo negoziale da parte degli enti titolari del servizio, nonché un'appropriazione patrimoniale non giustificata;
   il richiamato disservizio non consente la tracciabilità delle responsabilità in quanto Poste Italiane s.p.a. non è obbligata ad apporre alcun timbro di emissione, per cui è del tutto impossibile risalire all'individuazione di date certe che consentirebbero di stabilire le rispettive responsabilità degli enti emittenti e della società titolare del servizio di spedizione e consegna della posta –:
   quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza e con l'urgenza del caso, intenda intraprendere al fine di evitare il procrastinarsi di questa incresciosa situazione di disservizio da parte di Poste Italiane s.p.a., con particolare riferimento al ripristino della tracciabilità del servizio di consegna della corrispondenza relativa alle utenze. (4-15397)


   CATANOSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 16 gennaio 2017, le segreterie regionali delle organizzazioni sindacali Cisl-Cisal-Confsal-Ugl del comparto dei lavoratori di Poste italiane hanno avviato le procedure di raffreddamento e conciliazione a causa di risposte dilatorie e dispersive da parte della parte datoriale in merito a numerose ed importanti problematiche che affliggono il settore posta, comunicazioni e logistica in Sicilia: criticità sui parametri e coefficienti riguardanti i modelli 44R; mancanza di attuazione delle procedure tecniche riguardanti le commesse relative ai pacchi; utilizzo irrazionale e distorto della flessibilità operativa e del lavoro straordinario; uso discriminatorio e di dubbia legittimità dell'articolo 36 del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto poste/comunicazioni; scarsa manutenzione dei mezzi; insalubrità di tutti gli stabilimenti e di tutte le strutture lavorative ove impegnati le lavoratrici ed i lavoratori; carichi eccessivi di prodotto; lavorazioni interne, personale insufficiente e carenza di risorse nel Cmp;
   quanto appena descritto non è che una piccola parte delle più gravi problematiche che affliggono le strutture di Poste italiane nel Meridione d'Italia ed in Sicilia in particolare;
   basti un solo dato, tanto per iniziare a descrivere le problematiche del settore: negli ultimi due anni ben 900 lavoratori sono stati pensionati e non sono stati sostituiti con l'evidente risultato di un declino nella qualità del servizio reso alla cittadinanza e l'acuirsi dei disagi per coloro i quali sono rimasti a lavorare in condizioni pessime;
   Poste italiane è un'azienda a partecipazione statale che produce, da anni, forti attivi di bilancio. Questi utili di bilancio, però, sono serviti, ad avviso dell'interrogante, al solo ed unico scopo di portare ricchi benefit ai dirigenti dell'azienda, ma sono stati il risultato di indiscriminati tagli ai servizi, alle attività a basso profitto ed al costo del lavoro;
   a giudizio dell'interrogante, un conto è tagliare le spese improduttive ed i settori parassitari che, un tempo, si nascondevano nella vecchia gestione, un altro conto è che questi tagli li paghino esclusivamente i lavoratori di Poste italiane e gli utenti tutti che ricevono un servizio di pessima qualità;
   in Sicilia, inoltre, l'ultima riorganizzazione del recapito ha stabilito un ulteriore taglio di 800 posti di lavoro che non si riusciranno a recuperare più, a tutto vantaggio del servizio di corrispondenza privata ed a danno delle fasce deboli della popolazione, dei piccoli enti locali;
   i pensionamenti ed i tagli all'organico hanno prodotto una carenza d'organico nei due servizi essenziali di recapito e sportelleria superiore al migliaio di unità facilmente recuperabile con la trasformazione in contratti « full-time» dei lavoratori cosiddetti « part-time» ed il trasferimento in Sicilia delle migliaia di dipendenti che hanno fatto regolare domanda dalle loro sedi nel Nord Italia –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per risolvere la problematica esposta in premessa.
(4-15398)


   NICCHI, SCOTTO, RICCIATTI, AIRAUDO, FERRARA, MARTELLI, PLACIDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MELILLA, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, QUARANTA, SANNICANDRO e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Unicoop Tirreno, fondata a Piombino (Livorno) nel 1945 con il nome «La Proletaria», è una delle grandi cooperative di consumatori del sistema Coop;
   Unicoop Tirreno conta oltre 1 milione di soci, un centinaio di punti vendita e circa 4.500 dipendenti tra Toscana, Lazio, Campania e Umbria;
   nel corso degli ultimi anni, Unicoop Tirreno è entrata in sofferenza economica a causa di ripetute perdite di esercizio che hanno superato complessivamente i 100 milioni di euro, dovute oltre alla crisi delle vendite, anche ad una errata politica gestionale e a scelte sbagliate di acquisizione di nuovi mercati; la Banca d'Italia ha, inoltre, attenzionato la Cooperativa della costa toscana dopo l'entrata in vigore della prescrizione che, a tutela dei risparmiatori, impone di non far scendere il patrimonio aziendale sotto un terzo rispetto al prestito sociale;
   a causa della situazione economica patrimoniale di Unicoop Tirreno, le cooperative «sorelle» del sistema nazionale delle Cooperative hanno sottoscritto quote di strumenti finanziari partecipativi per 170 milioni di euro;
   tale «prestito patrimoniale» dovrebbe rientrare alle cooperative che lo hanno sottoscritto con la realizzazione del piano industriale 2016-2019 di Unicoop Tirreno, che punta a ristrutturare l'azienda tagliando costi di gestione, snellendo la rete di vendita composta da 109 negozi e replicando la formula del franchising già sperimentata con 21 affiliati;
   nelle settimane scorse la cooperativa con sede a Vignale Riotorto (Livorno) ha presentato ai sindacati il proprio piano di ristrutturazione che, riferisce una nota della Filcams-Cgil Toscana, prevede 481 esuberi full-time equivalenti, ossia oltre 600 addetti stante che il part-time in Unicoop Tirreno è intorno al 50 per cento e l'annullamento del contratto aziendale integrativo;
   a questi numeri ci sono da aggiungere gli inevitabili contraccolpi per l'indotto, in particolare nei settori delle pulizie e dei trasporti;
   oltre l'80 per cento egli esuberi è previsto nelle province toscane di Grosseto e Livorno ed in particolare nella sede di Vignale Riotorto dove se ne prevedono 160. Altri 95 esuberi sono previsti tra i negozi che resteranno aperti mentre oltre duecento riguarderanno i punti vendita che saranno chiusi o che saranno venduti;
   il piano di risanamento di Unicoop tirrenico è stato valutato negativamente d lavoratori e dalle rappresentanze sindacali che si sono riuniti in varie assemblee territoriali e hanno indetto una forte mobilitazione che scaturirà in uno sciopero previsto per il prossimo 2 febbraio 2017;
   tale piano, oltre a non dare nessuna certezza dal punto di vista del risanamento economico, a non prevedere concrete prospettive di crescita e sviluppo, risulta del tutto inaccettabile dal punto di vista sociale per l'enorme numero di esuberi previsti;
   la crisi di Unicoop si colloca in un contesto socio-economico, quello della provincia di Grosseto e di Livorno, già particolarmente in difficoltà e afflitto da una crisi economico-occupazionale che perdura da anni;
   sarebbe totalmente insostenibile per il territorio interessato subire una perdita di posti di lavoro delle proporzioni previste dal piano di Unicoop Tirreno –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra descritto;
   come e quando intendano attivarsi al fine di scongiurare gli esuberi previsti dal piano di Unicoop Tirreno;
   se non ritengono opportuno convocare immediatamente un tavolo di confronto in sede ministeriale con Tirreno e sindacati. (4-15401)


   VARGIU. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi sono comparse sui media nazionali e locali sardi notizie riguardanti lo stato di salute del gruppo Sky Italia, che appare in ottime condizioni, al punto da essere accreditato di una «eccellente performance finanziaria»;
   contestualmente a tali confortanti informazioni sulla florida situazione dell'azienda, si sono però diffuse notizie assolutamente preoccupanti sulle attività di ristrutturazione aziendale, inerenti il trasferimento di 310 dipendenti del settore news e il licenziamento di quasi 200 unità operative nello stesso campo;
   le ventilate azioni di licenziamento hanno portato a segnalazioni e prese di posizione dei sindacati dei giornalisti e della Federazione nazionale stampa italiana (FNSI), in difesa della professionalità e delle opportunità di lavoro dei professionisti che operano presso il gruppo Sky;
   le azioni di «ristrutturazione aziendale» di Sky non riguarderebbero, peraltro, soltanto le attività giornalistiche, ma interesserebbero anche i contact center, con particolare riferimento a quello che si trova in Sardegna, a Sestu, che occupa attualmente un migliaio di persone;
   circa una decina di dipendenti del contact center Sky di Sestu sarebbero stati già oggetto di attività di trasferimento della propria sede di lavoro dalla Sardegna a Milano, mentre si sarebbe diffusa la notizia di altri, possibili imminenti trasferimenti;
   anche le rappresentanze sindacali sarde hanno manifestato la loro preoccupazione per la possibile delocalizzazione delle attività attualmente svolte in Sardegna dal gruppo Sky Italia, oltre che il proprio rammarico per la carenza di investimenti sulla sede sarda, definita «non strategica» in sede di piano industriale aziendale;
   la sede di Sky sarda rappresenta una delle poche fonti di opportunità in grado di alleviare la tragica crisi economica e del lavoro in Sardegna;
   l'insediamento di Sky Italia in Sardegna si è potuto realizzare anche grazie ad attività di fiancheggiamento e di incentivazione regionali e nazionali che hanno supportato l'iniziativa, vista anche come investimento economico in grado di contribuire al sostegno dei livelli occupazionali sardi;
   l'eventuale, seppur parziale disimpegno di Sky Italia dalla Sardegna, sarebbe l'ennesima tragedia economica che si abbatte su un territorio ormai esausto –:
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per conoscere le intenzioni di Sky Italia circa la sede sarda e, conseguentemente, raccordarsi con le istituzioni sarde per ogni e indispensabile azione di difesa delle opportunità di lavoro discendenti dalla presenza e dallo sviluppo delle attività del contact center di Sky in Sardegna. (4-15406)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Capelli e altri n. 2-01624, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nicoletti.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Sbrollini n. 5-10263, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Narduolo, Zardini.

  L'interrogazione a risposta scritta Busto e altri n. 4-15391, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vignaroli.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   Interrogazione a risposta scritta D'Agostino n. 4-04494 del 14 aprile 2014;
   Interrogazione a risposta immediata in Commissione Matarrese n. 5-09228 del 20 luglio 2016;
   Interpellanza De Lorenzis n. 2-01591 del 17 gennaio 2017;
   Interpellanza urgente Fregolent n. 2-01612 del 24 gennaio 2017.