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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 12 dicembre 2016

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 670, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, disciplina la trasformazione dell'ente pubblico non economico Cassa conguaglio per il settore elettrico (CCSE) nell'ente pubblico economico Cassa per i servizi energetici ed ambientali (CSEA);
   la principale attività della Cassa, oltre alla funzione perequativa (è nata nel 1961, infatti, con il compito di compensare le perdite delle imprese elettriche derivanti dall'unificazione delle tariffe) e alla funzione di accertamento, è quella relativa alle riscossioni e alle erogazioni istituzionali con particolare riferimento alle componenti tariffarie istituite a copertura degli oneri generali di sistema del settore energetico nazionale;
   tali riscossioni ed erogazioni, in linea di principio, avrebbero dovuto compensarsi. In realtà, non è così: dall'analisi del bilancio si apprende che le riscossioni sono, infatti, di gran lunga superiori alle erogazioni e tutto ciò è dimostrato dal fatto che in Cassa ci sia una giacenza finanziaria media pari a quasi due miliardi di euro, a cui vanno aggiunti i rendimenti che tali risorse finanziarie maturano;
   in pratica, le componenti tariffarie a copertura degli oneri generali del sistema energetico nazionale, che sono a tutti gli effetti delle imposte indirette, sono decisamente più alte di quanto in realtà dovrebbero essere (a stabilire il loro valore è l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico), a danno di tutti i consumatori e le famiglie italiane;
   il Ministero dell'economia e delle finanze è certamente consapevole delle cospicue giacenze finanziarie sui conti istituiti e gestiti dalla Cassa per i servizi energetici ed ambientali e ciò è dimostrato dal fatto che lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze ha più volte attinto risorse dalla Cassa ai fini della copertura di svariati provvedimenti non connessi al settore energia (non ultimo quello inerente la bonifica «ILVA» per circa 400 milioni di euro). L'articolo 1, comma 670, della citata legge n. 208 del 2015 recita inoltre che: «a decorrere dal 2016, gli eventuali utili derivanti dalla gestione economica dell'ente sono versati all'entrata del bilancio dello Stato». In altre parole, tutte le famiglie pagando le bollette versano una quota che per una parte viene utilizzata per coprire i costi generali del comparto energetico e per la parte eccedente è impropriamente utilizzata dallo Stato per finalità diverse;
   gli enti pubblici economici hanno ad oggetto esclusivo o principale l'esercizio di una impresa commerciale e devono iscriversi nel registro delle imprese, a cui però la Cassa non risulta ancora iscritta. Sembrerebbe che il Ministero dell'economia e delle finanze abbia deciso di trasformare la Cassa da ente pubblico non economico in ente pubblico economico giustificando tale trasformazione con l'unica attività «commerciale» o di «market» portata avanti dalla stessa CSEA: il market coupling infragiornaliero tra Italia e Slovenia;
   di recente, tuttavia, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico ha stabilito – con delibera del 9 giugno 2016 n. 297/2016/R/eel – che dal 1o gennaio 2017, CSEA non potrà più esercitare tale attività finanziaria per il, market coupling, poiché non si possono esercitare attività finanziarie con risorse pubbliche (tanto più se tali risorse hanno una destinazione ben precisa);
   a breve, CSEA dovrebbe pubblicare il bando per la selezione del proprio personale a copertura della dotazione organica prevista dalla legge (circa sessanta persone) e in sostituzione del personale attualmente distaccato in Cassa da altre società dello Stato –:
   quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda intraprendere per la riduzione delle componenti tariffarie a copertura degli oneri generali del sistema energetico, nonché per prevedere forme di rimborso degli eventuali maggiori oneri, non necessari al funzionamento del sistema energetico, sostenuti dagli utenti;
   se non ritengano necessario, a seguito della delibera 9 giugno 2016 n. 297/2016/R/eel dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, assumere iniziative per rivedere la previsione concernente la trasformazione della Cassa conguaglio per il settore elettrico in ente pubblico economico, ai sensi del comma 670 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
(2-01561) «Attaguile».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 novembre 2016, si è tenuta la prima assemblea nazionale degli operatori del trasporto passeggeri mediante autobus turistici, durante il quale sono intervenuti i rappresentanti delle principali associazioni di categoria e molti operatori del settore. Nel corso del dibattito sono state affrontate le problematiche del settore che, anche acuite dalla crisi economica, stanno penalizzando il settore del trasporto persone, nonché le gravi criticità generate dalla pratica del cabotaggio;
   Federnoleggio di Napoli ha dichiarato che, senza un reale supporto alle aziende italiane, «l'introduzione di questa pratica, ha avuto conseguenze drammatiche per le imprese che subiscono le conseguenze di una turbativa di mercato da parte di vettori provenienti dal resto d'Europa, in particolar modo dei paesi dell'est che, in quanto soggetti ad un regime fiscale vantaggioso, stanno erodendo il mercato italiano»;
   la Federazione, il 10 novembre 2016, ha promosso l'invio, da parte degli operatori, di una segnalazione indirizzata alle istituzioni con la quale sono state avanzate diverse istanze. Oltre all'istituzione delle «dovute procedure di controllo» nei confronti dei vettori stranieri, la missiva richiede una politica di interventi finalizzati a «mettere le aziende italiane in condizione di competitività con i vettori dei paesi membri»;
   in particolare, le proposte prevedono di «recuperare le accise sui carburanti, bene avente funzione di materia prima per lo svolgimento delle attività», «incentivare le innovazioni in materia di sicurezza stradale, salvaguardia ambientale, introducendo la rottamazione anche per gli autobus G.T. così come avviene per il trasporto merci e il TPL, consentire alle aziende di poter accedere ai fondi europei, riservati in Italia al turismo e al trasporto pubblico locale ma non al trasporto passeggeri mediante autobus a noleggio con conducente». Inoltre, le richieste mirano a determinare «una connotazione precisa all'attività di trasporto passeggeri mediante autobus a noleggio con conducente, in quanto, con la definizione “altri trasporti terrestri”, attualmente ha una identificazione di attività economica (ATECO) molto vaga e allo stesso tempo non prevista in nessuna tipologia di interventi»;
   gli operatori propongono di tutelare il settore degli autobus turistici dalle elevate tasse d'ingresso, presenti in molte città italiane, e tali da limitare l'ingresso nei centri storici dei turisti che giungono in autobus G.T., nati per il contenimento delle emissioni e tramutati in un semplice balzello;
   il primo firmatario del presente atto ha segnalato, nell'interrogazione n. 4-05882, che la disomogeneità della disciplina tariffaria delle ZTL può costituire un grave ostacolo e un freno al turismo nazionale e internazionale e ha chiesto infatti al Governo pro tempore quali iniziative intenda adottare per garantire una disciplina omogenea e razionale delle ZTL che non ostacoli i flussi turistici nell'accesso ai centri delle città, e se intenda intervenire per evitare che l'imposta di soggiorno possa costituire una inaccettabile duplicazione degli oneri a carico dei turisti che utilizzano l'autobus come mezzo di trasporto;
   in ultimo, la segnalazione chiede di fare chiarezza «sulle omologazioni dei Fap/filtri antiparticolato che per il Ministero dei trasporti adeguano i veicoli a classi di emissioni meno inquinanti, ma non vengono riconosciuti dai comuni che in palese contrasto con quanto riportato sulla carta di circolazione, applicano tariffe di ingresso nelle città, riportando la classe di emissione a quella originaria»;
   il primo firmatario del presente atto ha analizzato il fenomeno del cabotaggio terrestre in alcuni atti, ancora senza risposta. Nell'atto n. 4-05730 ha chiesto ai Ministeri competenti di adottare «misure urgenti per promuovere ed incentivare controlli mirati e azioni coordinate tra forze di polizia, prefetture e motorizzazione per garantire l'efficacia» delle stesse verifiche. Mentre, con l'atto n. 4-05274, ha richiesto al Governo pro tempore se intenda rivolgersi presso la Commissione europea per l'adozione della clausola di salvaguardia sul cabotaggio terrestre, proprio in considerazione delle distorsioni del mercato in atto;
   il 7 ottobre 2015, in sede di discussione e approvazione del disegno di legge per la concorrenza presso la Camera, il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 9/03012-A/004 presentato dal primo firmatario del presente atto assumendo l'impegno di valutare l'istituzione di un gruppo di lavoro interministeriale con il compito di individuare i fenomeni distorsivi ed irregolari presenti nel settore del trasporto persone e di elaborare delle proposte operative a tutela degli operatori nazionali –:
   quali iniziative, in relazione alle criticità presenti nel settore dei trasporti e al recente appello degli operatori riportato in premessa, il Governo intenda assumere in linea con quanto indicato nell'ordine del giorno n. 9/03012-A/004;
   se, e secondo quali modalità e tempistiche, intendano dar seguito alle proposte avanzate dagli operatori del settore. (5-10107)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COSTANTINO, MARCON, RICCIATTI, DURANTI, AIRAUDO, MELILLA, CARLO GALLI, PLACIDO e PANNARALE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Centro donna di Venezia rappresenta il luogo simbolico e reale della presenza delle donne nella città e della loro cittadinanza attiva. Ha organizzato in questi anni centinaia di iniziative nelle scuole, nei quartieri e nel territorio, volte a combattere le discriminazioni e la misoginia e ad affermare il valore della differenza sessuale. Il Centro donna infatti ha rappresentato in tutti questi anni un'esperienza profondamente innovativa e di avanguardia nel rapporto tra istituzioni e cittadinanza, che è diventato un modello a livello nazionale ed europeo e ha fatto di Venezia per eccellenza una «città delle donne»;
   la delibera istitutiva del 19 dicembre 1988 e successive integrazioni lo riconosce come «luogo di elaborazione politica e culturale autonoma e separata delle donne» e prevede l'organizzazione di tre servizi unitari e coordinati: il Centro donna con la biblioteca, il Centro antiviolenza, l'Osservatorio donna, a cui si è aggiunto in seguito il Centro donna multiculturale;
   la delibera di giunta n. 278 del 27 settembre 2016 «Riorganizzazione del Comune di Venezia — Attuazione seconda fase» nei fatti avvia lo «spacchettamento» dei tre servizi, attraverso la separazione di «funzioni e servizi» che afferiscono a due diverse direzioni — cultura e coesione sociale — facendo venir meno in tal modo la fondamentale ed essenziale unitarietà, mentre la delega alla cittadinanza delle donne risulta svuotata e solo nominale, eliminando anche la figura istituzionale della referente, fondamentale per garantire la coesione del progetto e l'indispensabile mediazione con la pluralità dei gruppi e delle istanze delle donne;
   se è vero che separare i tre servizi non voglia dire chiuderli, è anche vero che la loro disconnessione spoglierebbe questo decennale progetto della sua specificità. Facendo passare la biblioteca di genere al sistema bibliotecario comunale (divenendo una biblioteca tra le tante e perdendo ogni specificità) e conglobando il Centro antiviolenza al Referato alle politiche sociali, e perciò staccando in pratica la biblioteca dal Centro antiviolenza e privandoli di un'unica direzione che si è dimostrata vincente e inclusiva, si perde un'esperienza decennale gestita dalle donne per le donne –:
   se i Ministeri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, visto il rilancio delle politiche di genere promosso dal Governo di questi ultimi mesi, come si intendano tutelare e valorizzare, per quanto di competenza, questo tipo di esperienze, anche e soprattutto sullo slancio della Convenzione di Istanbul, che lega imprescindibilmente il contrasto della violenza di genere alla cultura. (4-14960)


   DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da diversi organi di stampa (tra tutti si segnala un articolo a firma del giornalista Guido Romeo dal titolo «Attacco hacker, 45 mila identità rubate al sito della Funzione Pubblica» pubblicato il 19 novembre 2016 su www.ilsole24ore.com il 18 novembre scorso un sito della funzione pubblica http://www.mobilita.gov.it/ sarebbe stato oggetto di un attacco da parte di un giovane hacker russo che usa il nickname «Kapustkiy»;
   questo attacco avrebbe determinato il prelevamento di 45 mila identità con altrettante password;
   un campione di tali dati (9.300 user e password) sarebbe stato pubblicato dall’hacker sul sito Pastebin;
   secondo quanto riportato dall'articolo sopra citato «L'attacco sarebbe avvenuto con quella che gli addetti ai lavori chiamano una Sql injection, una tecnica utile per aggredire le applicazioni di gestione dati in modo da far inviare a un destinatario l'intero database o parti di esso. Si tratta, in pratica, dell'immissione di alcune stringhe di codice che dirottano l'applicazione sfruttando la vulnerabilità del sistema. Una vulnerabilità, a detta degli esperti, abbastanza banale e che dovrebbe essere protetta in qualsiasi sito. A maggior ragione in uno governativo»;
   il sito web oggetto dell'attacco risulta allo stato in manutenzione –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo per assicurare adeguate politiche di prevenzione e preparazione agli attacchi informatici come quello sommariamente descritto, in modo da garantire la protezione e la sicurezza dei dati dei cittadini italiani custoditi nei siti internet riferibili al Governo italiano. (4-14966)


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, LOREFICE, GRILLO, MANTERO, NESCI e DI VITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità 2015, all'articolo 1, comma 569, ha previsto che la nomina a commissario ad acta per la predisposizione, l'adozione o l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario, effettuata ai sensi dell'articolo 2, commi 79, 83 e 84, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, è incompatibile con l'affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento e ha specificato che il commissario debba possedere un curriculum che evidenzi qualificate e comprovate professionalità ed esperienza di gestione sanitaria anche in base ai risultati in precedenza conseguiti. Tale nuova disposizione, per espressa previsione, si applica alle nomine effettuate, a qualunque titolo, successivamente alla data di entrata in vigore della citata legge (quindi successivamente al 1o gennaio 2015);
   questa importante disposizione ha di fatto attuato le previsioni contenute nel patto per la salute 2014-2016, di cui all'intesa Governo-regioni del 10 luglio 2014, dove, all'articolo 12 si chiedeva espressamente «di promuovere l'adozione di modifiche normative necessarie affinché, in caso di nuovi commissariamenti, sia previsto che la nomina a commissario ad acta sia incompatibile con l'affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento»;
   tra le disposizioni inserite nella legge di bilancio 2016 vi è l'articolo 1, comma 395, che ha svuotato di fatto la norma sull'incompatibilità introdotta solo un anno prima con legge di stabilità 2015; infatti, con l'approvazione della legge di bilancio 2016, sarà garantita la possibilità per i presidenti di regione di ricoprire anche il ruolo di «commissario straordinario alla sanità», con verifiche del loro operato ogni sei mesi, da parte di tavoli tecnici favorendo i presidenti delle regioni Campania e Calabria, in quanto le uniche regioni a cui è stata applicata l'incompatibilità tra presidente e commissario;
   il 25 novembre 2016, in sede di discussione in Assemblea della legge di bilancio sono stati accolti come raccomandazioni gli ordini del giorno 9/4127-bis-A/209 a prima firma Scotto e 9/4127-bis- A/254 a prima firma Occhiuto;
   i sopracitati ordini del giorno denunciano la correlazione tra l'approvazione della disposizione, che rimuove l'incompatibilità del governatore De Luca con la carica di «Commissario straordinario alla sanità» e l'impegno profuso dallo stesso De Luca nella campagna referendaria per il «SI»;
   in particolare, l'ordine del giorno 9-4127-bis-A/254 accolto come raccomandazione, evidenza come:
    «l'approvazione di una simile disposizione risulta ancora più grave alla luce delle recenti dichiarazioni del Presidente De Luca durante un incontro in cui, davanti a centinaia di amministratori locali, ha chiaramente incitato i presenti ad una sistematica ed industriale operazione clientelare, utile a portare consenso alla tesi del “sì” in occasione del prossimo appuntamento referendario, in una sorta di scambio tra risorse pubbliche (europee, nazionali e regionali) già concesse o da concedersi, e la Costituzione, facendo specifico riferimento anche al consenso dei titolari di strutture sanitarie accreditate» –:
   dato l'accoglimento degli ordini del giorno sopracitati, che fanno riferimento a una «sistematica ed industriale operazione clientelare», se il Governo intenda assumere iniziative per modificare la legge di bilancio 2016, ripristinando l'incompatibilità tra presidente di regione e commissario ad acta per il piano di rientro;
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di dare seguito a quanto previsto negli ordini del giorno 9/4127-bis-A/209 a prima firma Scotto e 9/4127-bis-A/254 a prima firma Occhiuto, e quando intenda attivarsi a tal fine.
(4-14970)


   PARENTELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella relazione conclusiva dei lavori (10 dicembre 1998) della Commissione per lo studio della subsidenza nella zona di Crotone, istituita con ordinanza del pretore di Crotone del 26 marzo 1993 si asseriva che: «la Commissione (...) ritiene di poter affermare che sulla linea di costa indagata la subsidenza misurata è correlabile con la tettonica gravitativa dell'area storicamente accertata. Pur non esistendo elementi tali da imputare alle estrazioni del gas una significativa influenza sugli abbassamenti del suolo nell'intera area prospiciente i giacimenti a gas, lo sviluppo futuro dell'attività estrattiva induce la commissione a suggerire la prosecuzione e lo sviluppo dei controlli territoriali ed in particolare delle livellazioni, ritenendo opportuno che le stesse avvengano con la supervisione di istituti universitari competenti»;
   la deformazione del suolo, sia verticale che orizzontale, dell'area crotonese è stata investigata attraverso l'utilizzo dei dati di monitoraggio dell'analisi altimetrica integrata CGPS, livellazioni e SAR eseguita dall'ENI nel periodo 2003-2013 ed integrata dall'analisi geologica, stratigrafica, geomorfologica e geologico-marina dell'intero dominio geologico del bacino peri-ionico e, in dettaglio, del bacino crotonese al fine di poter meglio inquadrare i parametri e i processi di controllo dei tassi di subsidenza e di sollevamento a cui è sottoposta l'intera area;
   le evidenze di geologia e morfologia marina indicano una significativa instabilità della fascia costiera, sia in termini di erosione costiera, sia come controllo di localizzati e anomali tassi di subsidenza, nonché un'incidenza dei processi sottomarini lungo la fascia costiera stessa;
   il monitoraggio effettuato da Eni ha evidenziato, in particolare, la necessità di un approfondimento da un punto di vista scientifico per una maggior comprensione delle principali aree di maggior tasso di subsidenza a Crotone, prima fra tutte, Capo Colonna;
   in Italia si era iniziato a parlare dei terremoti o di sisma indotti durante il referendum del 17 aprile, quando il Governo italiano aveva smentito la connessione tra trivelle e terremoto. Nel caso del gas metano la sismicità indotta si presenta con l'estrazione del gas-metano e lo stoccaggio, mentre, nel caso del petrolio, i problemi nascono quando, una volta estratto, gli scarti di lavorazione vengono iniettati nelle stesse viscere della terra, da cui era stato preso. Per ogni barile di petrolio si producono circa 10 barili di scarti di acque che alterano l'equilibrio del sottosuolo creando sismicità indotte. Questa pratica è assolutamente legale, ma devono essere rispettati alcuni parametri di sicurezza previsti da una legge del 1977 secondo cui i terreni dove vengono reiniettati questi liquidi devono essere situati in zone tettonicamente e sismicamente favorevoli;
   l'Oklahoma, con 549 scosse nel 2014, è lo stato americano con più terremoti indotti, dovuti alla reiniezione delle acque di scarto petrolifero, lì dove, prima delle estrazioni, il rischio sismicità era praticamente inesistente. Un altro esempio è l'Olanda dove, una volta accertato che i terremoti sono iniziati a seguito delle estrazioni di gas-metano, le 2 compagnie petrolifere sono state condannate a risarcire gli abitanti dei danni. In Italia sono stati verificati solo per l'estrazione del gas-metano 3 casi, 1 in Basilicata accertato; degli altri 2, uno riguarda il terremoto dell'Emilia di 4 anni fa che ha portato alla morte 27 persone e ingenti danni strutturali. A rischio è anche l'Abruzzo, soprattutto la provincia di Chieti, per l'estrazione e lo stoccaggio di un giacimento di gas-metano;
   sono concluse le procedure di valutazione di impatto ambientale che permetteranno alle multinazionali Global Med e Sclhumberger di avviare le indagini geofisiche mediante l’airgun al largo di Crotone e nel Golfo di Taranto –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per approfondire, con le opportune indagini del caso, gli anomali tassi di subsidenza a Crotone e a Capo Colonna, posto che appare all'interrogante alquanto insensato che vengano consentite indagini geofisiche mediante airgun lì dove potrebbero sussistere seri rischi per la vita dei cittadini calabresi. (4-14974)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GINEFRA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella città di Monopoli è ubicato l'impianto di produzione di estere metilico da oli vegetali gestito da ITAL BI OIL;
   nel settembre del 2014 veniva presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un progetto di aumento della capacità produttiva dell'esistente impianto;
   nel settembre 2016, con decreto ministeriale n. 245 del 2016 veniva rilasciata la valutazione di impatto ambientale con prescrizioni, nonché l'autorizzazione integrata ambientale per una nuova sezione di distillazione glicerina e una nuova sezione di produzione di oli tecnici esterificati;
   il consiglio comunale e l'amministrazione di Monopoli si sono espressi per ben due volte nel corso dell’iter dei procedimenti autorizzativi, ponendo sempre in rilievo l'imprescindibile tutela della salute dei cittadini;
   una prima circostanza risale al dicembre 2014, in cui il comune di Monopoli «preso atto che la documentazione progettuale, oltre a non risultare pienamente rispondente ai contenuti previsti per legge, non consentiva di fatto una valutazione degli effetti ambientali in termini cumulativi, né dava evidenza dell'utilizzo delle migliori tecniche disponibili» formulava parere negativo in ossequio dei principi di precauzione e prevenzione;
   la seconda circostanza, nel dicembre 2015, quando, nell'ambito del procedimento di autorizzazione integrata ambientale, confermando il precedente parere affermava che il progetto «non poteva prescindere, proprio in virtù delle caratteristiche della zona già interessata dalla presenza di rilevanti insediamenti industriali ed estrema vicinanza di aree residenziali, da una visione di insieme e cumulata delle attività presenti e dall'imposizione di svariate prescrizioni ambientali»;
   con delibera di giunta del 6 settembre 2016 la regione Puglia prendeva atto dei due pareri espressi dal comune;
   il citato decreto ministeriale n. 245 del 2016 non fa riferimento ad alcun atto della regione, compresa la delibera di giunta regionale di espressione del parere di valutazione di impatto ambientale in cui si riportavano le valutazioni di competenza degli altri enti e delle altre amministrazioni coinvolte tra cui i due pareri, negativi, del comune di Monopoli;
   il comune di Monopoli, starebbe ora valutando elementi utili per poter avviare un ricorso amministrativo nei confronti del decreto ministeriale autorizzativo dell'aumento della capacità produttiva –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato e quali siano stati gli elementi che hanno indotto l'amministrazione centrale ad assumere tale decisione;
   se non ritenga opportuno promuovere in tempi rapidi un incontro con tutti i soggetti interessati al fine di approfondire il merito delle preoccupazioni della comunità e se, nell'ambito della valutazione, sia stato tenuto, nella dovuta considerazione anche il contesto territoriale. (5-10113)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il presidente della regione siciliana, Rosario Crocetta, in data 7 giugno 2016 ha firmato l'ordinanza n. 5/Rif avente come oggetto «Ricorso temporaneo ad una forma speciale di gestione dei rifiuti nel territorio della Regione siciliana nelle more del rientro in ordinario della gestione del ciclo integrato dei rifiuti»;
   l'ordinanza n. 5/Rif è un provvedimento ai sensi dell'articolo 191, comma 4, del decreto legge n. 152 del 2006 ossia con prescrizioni e di intesa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che è tenuto a vigilare sulle prescrizioni e, soprattutto, sul rispetto dei tempi dettati dall'ordinanza;
   l'articolo 2, comma 1, della ordinanza n. 5/Rif elenca una serie di azioni che il dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti deve ovvero doveva provvedere, inderogabilmente entro 7 giorni lavorativi dalla entrata in vigore dell'ordinanza, a porre in essere;
   l'articolo 2, comma 2, prevede che l'aggiornamento del piano di gestione dei rifiuti della regione siciliana dovrà concludersi entro il 30 agosto 2016;
   l'articolo 2, comma 3, prevede come l'assessore regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità dovrà presente inderogabilmente entro 15 giugno 2016 un disegno di legge che determini una totale riorganizzazione della governance regionale dei rifiuti attraverso una drastica riduzione degli ambiti territoriali, prevedendo ambiti territoriali di affidamento di dimensione ultraprovinciale;
   l'articolo 2, comma 8, della ordinanza n. 5/Rif prevede come il dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti dovrà in mediatamente attivare tutto quanto necessario, al fine di pervenire, entro 30 giorni dalla adozione della presente ordinanza, alla stipula da parte del presidente della regione siciliana di specifici accordi con i presidenti delle altre regioni che si rendano disponibili a ricevere i rifiuti raccolti sul territorio della regione siciliana nelle more dell'espletamento delle procedure di gara, da concludersi entro il 30 agosto 2016, per l'invio fuori regione dei rifiuti in modo da garantire il rientro progressivo, e comunque totale al termine del regime straordinario operante per effetto della presente ordinanza, nei limiti ordinari di capacità dei singoli impianti di trattamento;
   l'articolo 3 dell'ordinanza n. 5/Rif disciplina le azioni per l'incremento della raccolta differenziata prevedendo precisi crono programmi sia per i comuni che per la regione siciliana; ad esempio, al comma 8, lettera a), si dispone come i sindaci dei comuni della regione siciliana siano obbligati ad attivare, entro dieci giorni dalla emissione della ordinanza ogni azione utile per incrementare le percentuali di raccolta differenziata che dovrà determinare, allo scadere del primo trimestre dall'avvio, quindi entro il 30 agosto 2016, un incremento della percentuale di raccolta differenziata di almeno 3 punti percentuali rispetto al dato Ispra/Arpa Sicilia relativo all'anno 2015 e allo scadere del secondo trimestre almeno di ulteriori 3 punti percentuali entro il 30 novembre 2016;
   quasi tutta l'ordinanza n. 5/Rif prevede un crono programma di azioni da porre in essere da parte della regione siciliana con la supervisione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che è tenuto a vigilare sulle prescrizioni e, soprattutto, sul rispetto dei tempi dettati dall'ordinanza –:
   quale sia il puntuale stato di attuazione delle misure di cui in premessa ovvero quale siano le iniziative messe in campo dalla regione siciliana come previsto e prescritto dall'ordinanza contingibile ed urgente n. 5/Rif firmata dal presidente Rosario Crocetta in accordo con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell'articolo 191, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006. (4-14952)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella conferenza di servizi istruttoria del 25 novembre 2015 relativa al sito da bonificare di interesse nazionale (SIN) di Trieste, sono stati presentati i «Risultati del piano di caratterizzazione dell'area marina costiera prospiciente il sito di Trieste»;
   durante la prima fase «(...) per la caratterizzazione ambientale dell'area marino-costiera del SIN di Trieste sono stati eseguiti 66 sondaggi a diverse profondità e dalle analisi sui campioni di sedimento si è riscontrata una contaminazione diffusa per quanto riguarda i metalli pesanti (...)». Le aree ad elevata compromissione ambientale risultano essere «quelle con pressioni industriali (in particolar modo le aree antistanti lo stabilimento di Servola) e quelle a vocazione cantieristica. (...) Le aree con caratteristiche portuali presentano situazioni di inquinamento evidente dovuto alle attività di movimentazione marittima passate e presenti (...). Per tali aree si deve evidenziare un inquinamento indotto derivante da attività e lavorazioni in aree limitrofe con particolare riferimento agli IPA»;
   inoltre, si evince che «l'inquinamento in buona parte dello specchio acqueo del SIN risulta sensibile nello strato di sedimenti superficiali con una rapida decrescita all'aumentare della profondità, questo a meno delle aree di accumulo site in area industriale/cantieristica i cui frequenti apporti e rimescolamenti fanno riscontrare situazioni di inquinamento più profonde»;
   la seconda fase riporta i risultati della caratterizzazione integrativa dell'area marino-costiera antistante il litorale di Muggia: «è stata eseguita una campagna di 23 sondaggi, disposti lungo il litorale di Muggia spinti fino alla profondità di 3 metri; (...) inoltre sono stati individuati 12 sondaggi per i quali, nella precedente campagna del 2013, erano stati riscontrati superamenti dei valori degli analiti nell'ultimo livello analizzato, e si è proceduto con l'analisi del livello successivo. Sono stati, infine, eseguiti 24 sondaggi per mezzo di box corer. Tali indagini (...) sono state integrate dalle valutazioni eco-tossicologiche e geo-biochimiche volte alla valutazione della qualità della colonna d'acqua e dei sedimenti superficiali»;
   l'Istituto superiore di sanità, nel parere istruttorio richiesto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha riportato che «è stata definita ed approvata la nuova procedura per la derivazione dei valori di riferimento in aree marine e salmastre» interne alla perimetrazione dei SIN, così come previsto dall'articolo 5-bis, comma 2, lettera d), della legge 28 gennaio 1994, n. 84;
   tale procedura, valida esclusivamente nell'ambito dei SIN, è stata approvata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il decreto direttoriale n. 351 dell'8 giugno 2016 e prevede che «il superamento dei valori chimici di riferimento (...) potrebbe comportare un'elevata probabilità di effetti tossici per le comunità bentoniche e rischi per la salute umana in caso di consumo di prodotti ittici provenienti da tale area (bioaccumulo)»;
   a riguardo, l'Istituto superiore di sanità ha evidenziato che la procedura «prevede di valutare la presenza di alcuni contaminanti chimici bioaccumulabili in organismi acquatici prevalentemente stanziali e di compararli con limiti normativi previsti dalla legislazione europea corrente (...). Alcuni dei contaminati bioaccumulabili previsti (...) sono stati riscontrati diffusamente nei sedimenti nel SIN di Trieste in particolare negli strati superficiali (...)»;
   infine, la conferenza di servizi ha chiesto all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e all'Istituto superiore di sanità, e di concerto con ARPA Friuli Venezia Giulia, «di definire i valori di riferimento secondo la nuova procedura al fine di stabilire le eventuali ulteriori azioni da intraprendere» –:
   se il Ministro interrogato, in relazione alla procedura per la derivazione dei valori di riferimento, intenda specificarne i contenuti e comunicare le eventuali evidenze emerse;
   alla luce dei risultati ottenuti, quali iniziative intenda predisporre. (4-14964)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la discarica di Alice Castello, in provincia di Vercelli, indicata col nome di «Alice 2», è stata inaugurata nel 1991 tra le polemiche degli esperti e della popolazione, in quanto l'area coinciderebbe, a detta della stessa regione Piemonte, con le zone di ricarica degli acquiferi profondi;
   nel 2006 la provincia, avendo rilevato perdite di percolato causate da una impermeabilizzazione non ottimale delle vasche della discarica, ne affidò la gestione all'azienda Daneco poi passata ad Alice Ambiente srl del gruppo Waste Italia SpA. Tale bonifica non sembrerebbe riportare avanzamenti significativi tanto da essere oggetto di un'inchiesta da parte della procura di Vercelli;
   diversi sospetti di inquinamento della falda acquifera hanno condotto i sindaci di Alice Castello, Tronzano e Santhià ad affidare, a fine 2015, l'esecuzione di due studi epidemiologici al dottor Christian Salerno;
   nel 2015 Alice Ambiente srl è stata ceduta da Waste Italia alla società Waste to water. Quest'ultima è un'azienda controllata da una holding inglese che di nuovo fa capo a Waste Italia;
   il Ministro interrogato, con risposta scritta pubblicata l'11 marzo 2016 nell'allegato B della seduta n. 588 all'interrogazione 4-05083 presentata da Busto Mirko, rende pubblico che «nella Conferenza dei servizi svoltasi, in data 30 maggio 2015, è stato approvato il nuovo progetto di messa in sicurezza» della discarica. Il Governo ha comunicato, inoltre, nella stessa risposta, il suo impegno a «garantire il costante aggiornamento informativo sulla descritta situazione»;
   diversi sono gli illeciti riscontrati a carico della Waste Italia: sul sito web della stessa azienda è stata pubblicata, in data 31 agosto 2016, la relazione mensile che Consob le ha imposto dopo aver messo il gruppo nella «lista nera», con debiti (271 milioni di euro) verso fornitori e obbligazionisti, banche, previdenza e fisco;
    Waste sembrerebbe non aver pagato la cedola semestrale degli interessi dei 200 milioni di obbligazioni 2014-2019 e l'eco-tassa alla regione Liguria per la discarica di Bossarino, tanto che la provincia di Savona sembrerebbe minacciare una revoca dell'autorizzazione per la gestione;
   il MoVimento 5 Stelle ha depositato un esposto presso la procura di Vercelli sulla mancata bonifica della discarica Alice 2;
   a fine ottobre 2016, il MoVimento 5 Stelle ha denunciato un'irregolarità circa le garanzie fideiussorie per alcuni milioni di euro presentate da «Alice Ambiente Srl» per la messa in sicurezza della suddetta discarica, in quanto accettate dalla regione Piemonte nonostante queste siano state emesse dalla Gable Insurance AG, un'agenzia assicurativa con sede a Vaduz nel Liechtenstein (e sede fiscale alle Cayman) posta sotto amministrazione straordinaria dall'autorità di Vigilanza del Liechtenstein per la precisione il 10 ottobre 2016;
   a fine 2016, dopo un ordine del giorno a firma del consigliere Gianpaolo Andrissi, approvato dal consiglio regionale piemontese, la giunta regionale dovrà individuare vincoli e misure di tutela per la protezione delle acque destinate al consumo umano come previsto dallo stesso piano di tutela acque regionale attenendosi al principio di precauzione –:
   se il Ministro interrogato disponga, per quanto di competenza, di nuovi elementi in relazione alla situazione della falda acquifera di cui in premessa, acquisiti dopo la pubblicazione del già citato rapporto dell'11 marzo 2016 e, considerato lo stato dei luoghi e le più recenti vicende sopra esposte;
   se il Ministro ritenga di disporre eventuali controlli da parte del personale appartenente al comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente (C.C.T.A.), in relazione all'oggettivo pericolo che si sia verificato o che si verifichi un danno ambientale, ai sensi dell'articolo 197, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. (4-14975)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il primo firmatario del presente atto ha presentato, in data 9 marzo 2016, un'interrogazione a risposta scritta, n. 4-12414, il cui iter è ancora in corso, relativa al trattamento economico dei cappellani militari;
   anche il quotidiano Il Manifesto, il 4 dicembre 2016, ha riportato i dati contenuti nella nota integrativa del Ministero della difesa allegata al disegno di legge di bilancio per il triennio 2017-2019, dai quali risulta che per il 2017 è previsto che ci saranno 200 cappellani militari in servizio: 81 nell'Esercito, 31 nei Carabinieri, 30 nell'Aeronautica, 28 nella Guardia di finanza, 27 nella Marina e 3 svincolati dall'appartenenza ad un corpo specifico, per una spesa totale di 9.579.962 euro destinata al pagamento degli stipendi;
   poiché la nota integrativa, euro in più euro in meno, ipotizza cifre analoghe anche per il 2018 e il 2019, l'esborso totale ammonterebbe, nel triennio, a quasi 30 milioni di euro;
   da decenni Pax Christi – importante e autorevole movimento cattolico internazionale impegnato per la pace – e le comunità di base chiedono la smilitarizzazione dei cappellani, ma i vescovi continuano a respingere la proposta: la «militarità», spiegano, è una componente essenziale della missione pastorale dei cappellani «militari fra i militari»;
   infatti, i cappellani sono assimilati ai soldati e inseriti nella gerarchia militare: l'arcivescovo ordinario militare è assimilato ad un generale di corpo d'armata il quale, in base alle tabelle ministeriali, percepisce uno stipendio lordo di 124 mila euro annui (circa 9.500 euro al mese), il vicario generale è generale di divisione (o maggiore generale), con 107 mila euro annui (circa 8.000 euro al mese), l'ispettore è generale di brigata con 79 mila euro annui (6.000 euro al mese), il vicario episcopale, il cancelliere e l'economo sono assimilati ad un colonnello con 60-70 mila euro annui (4.500-5.000 euro al mese), il primo cappellano capo è un maggiore con 3.000-4.000 euro al mese, il cappellano capo è un capitano con 3.000 euro al mese, il cappellano semplice ha il grado di tenente con 2.500 euro al mese;
   come già evidenziato anche nell'interrogazione n. 4-12414, quindi, i salari dei cappellani militari non vengono pagati con i fondi destinati alla Chiesa cattolica, come è previsto dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 – «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» – che all'articolo 47 stabilisce che la quota dell'otto per mille di imposta sui redditi soggetti IRPEF venga ripartita dallo Stato italiano, con decorrenza dal 1990, in base alle scelte effettuate nelle dichiarazione dei redditi, fra se stesso e le confessioni religiose che hanno stipulato un'intesa ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione;
   la suddetta norma stabilisce gli ambiti nei quali i soggetti beneficiari dell'otto per mille possono impiegare i fondi ricevuti, nonché il meccanismo di calcolo di tale quota; la scelta relativa all'effettiva destinazione viene effettuata dai contribuenti all'atto della presentazione della dichiarazione annuale dei redditi;
   in caso di scelte non espresse dai contribuenti la destinazione viene stabilita in proporzione alle scelte espresse (articolo 47);
   di conseguenza, in forza di tale sistema, a giudizio degli interpellanti, «perverso», tutti quei contribuenti che non esprimono alcuna scelta ai fini del riparto della quota dell'otto per mille – che sono la maggioranza, rappresentando quasi il 60 per cento del totale – contribuiscono comunque al sostentamento della Chiesa cattolica; a titolo esemplificativo, nel solo anno 2014 la CEI si è aggiudicata, a fronte del 38 per cento di opzioni espresse, l'82 per cento dell'intero ammontare cioè oltre un miliardo di euro, anziché 485 milioni di euro;
   eppure, le retribuzioni dei cappellani militari rimangono totalmente a carico della amministrazione statale, nonostante anche la riformulazione dell'articolo 17 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (servizio di assistenza spirituale), abbia confermato che non esiste alcuna «intesa» con la Chiesa cattolica che vincoli lo Stato a farsi carico della retribuzione dei cappellani –:
   se non ritengano, alla luce di quanto previsto dal Concordato tra lo Stato e la Chiesa cattolica, di dover assumere ogni iniziativa di competenza per escludere i cappellani militari dal bilancio del Ministero della difesa, realizzando così per le casse dello Stato, nel prossimo triennio 2017-2019, un risparmio di ben 30 milioni di euro.
(2-01560) «Melilla, Sannicandro, Quaranta, Ricciatti, Kronbichler, Duranti».

Interrogazione a risposta orale:


   CRIVELLARI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   sono emerse nei giorni scorsi nuove informazioni relative alla morte del militare Marco Callegaro, polesano originario di Gavello, capocellula amministrativa dell'Italfor, ritrovato privo di vita il 25 luglio del 2010 nel suo ufficio all'aeroporto di Kabul;
   dalle ultime indagini, sembrerebbe fortemente messa in discussione l'ipotesi del suicidio del militare;
   la stessa procura militare di Roma ha contestualmente scoperto una truffa incentrata sulla blindatura dei mezzi in Afghanistan, risultata più leggera (e meno cara) di quella pattuita per i veicoli civili destinati ai militari di vertice e alle personalità in visita al contingente italiano;
   a sei ufficiali è stato recapitato un avviso di conclusione delle indagini per il reato di truffa aggravata militare;
   il militare Callegaro, stimato dai colleghi e riconosciuto come persona onesta e dedita al lavoro, aveva poco prima di morire espresso il proprio disagio e i propri sospetti relativamente alla vicenda successivamente indagata dalla procura militare –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di porre massima attenzione alla vicenda della morte del militare Marco Callegaro e contribuire a fare chiarezza sulla dinamica dei fatti. (3-02653)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le alture di Montedoro, a qualche chilometro di distanza da Trieste, separano i comuni di Muggia e di San Dorligo della Vane – Dolina, digradando dal confine con la Slovenia al mare Adriatico;
   nel sottosuolo queste nascondono un sistema di depositi militari per combustibili realizzato nel 1941, attualmente in stato di abbandono, che comprende una ventina di cisterne, a cui si aggiungono gallerie blindate e condutture interrate e mimetizzate in superficie;
   le aree in questione, inserite tra zone agricole abitualmente coltivate e zone residenziali e commerciali e non incluse nel S.I.N (sito di interesse nazionale) di Trieste, risultano appartenenti al demanio militare dello Stato;
   nell'atto n. 5-04303 del 17 dicembre 2014, il primo firmatario del presente atto ha illustrato la situazione di abbandono dei depositi militari di Montedoro ed ha chiesto, al Governo di accertare lo stato di conservazione delle ex strutture militari e di provvedere all'eventuale messa in sicurezza;
   il 21 febbraio 2015, il primo firmatario del presente atto ha inoltrato un esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Trieste per segnalare la pericolosità dovuta agli ex depositi sia per l'intersecazione con la rete dell'acquedotto sia per la prolungata assenza di manutenzione. Nell'istanza ha chiesto un intervento urgente per accertare e valutare la situazione delle aree interessate, nonché individuare eventuali responsabilità ed omissioni;
   nell'atto n. 4-08323 del 9 marzo 2015 il primo firmatario del presente atto ha illustrato una vicenda simile, riguardante il complesso militare in disuso di Monte S. Giovanni, nella frazione di Aquilinia (Muggia), composto da cisterne sotterranee adibite a deposito di idrocarburi e collegate da un sistema di corridoi. Ai Ministri destinatari ha chiesto «di promuovere il monitoraggio delle cisterne interrate attivandosi per favorire, in breve tempo, la messa in sicurezza e la bonifica definitiva e non provvisoria della struttura militare dismessa»;
   il 29 gennaio 2016, la direzione regionale del Friuli Venezia Giulia dell'Agenzia del demanio, ha trasmesso la relazione «Schede n. TSB0178 e TSB0213 Ex Depositi militari carburanti e lubrificanti loc. Montedoro e Aquilinia» a seguito delle risultanze delle indagini ambientali preliminari concluse il 30 dicembre 2015;
   dal documento si evince che l'attività di indagine è stata diretta inizialmente a verificare eventuali presenze di potenziali elementi inquinanti nei depositi sotterranei inutilizzati ivi presenti;
   alla ditta specializzata, incaricata di eseguire le ispezioni, è stata anche commissionata «la completa interdizione del compendio TSB0178, ripristinando la recinzione lungo la strada pubblica e la sigillatura dei chiusini dei boccaporti a dei serbatoi per evitare sia problemi di sicurezza, sia che entri acqua piovana nei medesimi»; l'11 dicembre 2015 è stato consegnato alla ditta il servizio di indagini per l'analisi di rischio sito specifica per la caratterizzazione dei cespiti citati;
   l'impresa incaricata ha compiuto le indagini di rischio del sito specificatamente previste per ricercare residui riconducibili ad attività di stoccaggio di idrocarburi; «le ispezioni, però, non hanno riguardato solo i depositi interrati compresi in entrambi i compendi demaniali, ma sono stati effettuati anche i sopralluoghi dei rimanenti manufatti ivi insistenti, incluso l'esame dei soprassuoli della boscaglia all'interno dei siti per ricercare altre possibili fonti o tracce di inquinanti (...)»;
   infine, dalla relazione è emerso che «al fine di quantificare i fondi necessari da richiedere per le bonifiche, a complemento della relazione del piano preliminare di caratterizzazione dei siti sono state fornite indicazioni preventive di massima dei possibili costi degli interventi di bonifica da attuarsi a seguito delle indicazioni contenute nel piano in aggiunta a quelle che saranno indicate dalla Province» e si è previsto di incaricare «professionisti esperti della materia per la progettazione operativa d'interventi di bonifica o di messa in sicurezza permanente dei serbatoi, per poter mettere a gara le suddette bonifiche e le pulizie» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se intendano spiegare con chiarezza e secondo quali modalità saranno articolati gli interventi previsti dalla relazione dell'Agenzia del Demanio;
   quali iniziative intendano intraprendere, per quanto di competenza e di concerto con gli enti locali, per attuare i necessari interventi di bonifica e di messa in sicurezza degli ex depositi militari.
   (4-14955)


   CIRIELLI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da fonti giornalistiche locali, il 30 ottobre 2016 si sarebbe sfiorata la tragedia nella caserma «Raffaele Libroia» di Nocera Inferiore;
   in particolare, ha rischiato la vita uno dei due militari colpiti in pieno da due pezzi di asfalto, di quello utilizzato per gli isolamenti termici, volati da una struttura del comprensorio militare il primo soldato è stato ferito lievemente, il secondo, invece, è stato ricoverato, sotto osservazione, nel reparto di neurochirurgia dell'ospedale Umberto I;
   i due militari sono vittime della tromba d'aria che si è abbattuta su tutta la città, ma anche del degrado e dello stato di abbandono in cui versa la struttura militare ormai da tempo;
   gli incidenti, ma anche i danni riportati alle strutture, hanno costretto, in via precauzionale, il comandante del battaglione trasmissioni «Vulture» ad annullare «le celebrazioni relative al 98esimo anniversario della fine della prima guerra mondiale, Giornata dell'unità nazionale, Giornata delle Forze armate già previste» per il 4 novembre nella piazza d'armi della caserma;
   a inficiare sono le condizioni di due palazzine, una delle quali dà proprio sul piazzale che è cuore pulsante delle manifestazioni, che cadrebbero a pezzi e in alcuni casi le imposte sarebbero addirittura inesistenti, tanto che si è provveduto a mettere delle reti metalliche per evitare forse il nidificare di uccelli;
   il comprensorio militare di viale San Francesco fino al 1996, al tempo della «Smica», ha accolto duemila militari, poi fu chiuso e riaperto nel 1998, accogliendo dapprima il reggimento «Vulture» e poi l'attuale battaglione: i numeri, però, si sono notevolmente ridotti, con la conseguente chiusura di uffici e dormitori che nel tempo sono caduti nell'oblio per mancanza di manutenzione ordinaria;
   la presenza dei militari, sia alla «Tofano» che alla «Libroia», per Nocera Inferiore hanno significato sviluppo economico e produttivo –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare per garantire un restyling non più rinviabile dell'edificio militare, che non merita la situazione di abbandono e decadimento in cui versa ormai da tempo. (4-14957)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le zone franche urbane (Zfu) sono delle aree infra-comunali nate in Francia nel 1996 allo scopo di introdurre in zone caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale apposite misure di agevolazione fiscale per piccole e medie imprese che intendono promuovere lo sviluppo economico e la valorizzazione di quartieri svantaggiati;
   le agevolazioni fiscali previste all'interno di queste aree consistono sostanzialmente in esenzioni dalle imposte sui redditi, dall'Irap, dall'imposta municipale propria e dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente;
   in Italia, il primo modello di Zfu è stata introdotto nel 2009 a L'Aquila per ovviare al disastro economico e sociale provocato dal sisma e via via vengono individuate ulteriori aree in Italia caratterizzate da simili svantaggi, soprattutto nel Mezzogiorno;
   sul piano normativo, l'istituto è stato inizialmente regolamentato dall'articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006 che prevedeva un fondo di 50 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009; stanziamento confermato con la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge di stabilità 2008), che ha definito con maggior dettaglio le agevolazioni fiscali e previdenziali che oggi trovano la loro definizione all'interno del decreto interministeriale 10 aprile 2013 (in attuazione di quanto previsto dall'articolo 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179);
   successivamente, il decreto-legge n. 66 del 2014, articolo 22-bis, ha autorizzato la spesa di 75 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016 per gli interventi a favore delle zone franche urbane di alcune regioni del Mezzogiorno (articolo 37, comma 1, del decreto-legge n. 179 del 2012) e di ulteriori aree individuate dalla delibera del Cipe n. 14 del 2009 che include tra queste anche il comune di Ventimiglia;
   l'inclusione di Ventimiglia tra le zone franche urbane ha una importanza fondamentale, in quanto Ventimiglia, oltre ad essere una città di confine con la Francia, ha sempre basato il proprio sistema economico sulla transfrontalierità e cioè sul rapporto continuo con le altre località della Costa azzurra, in termini di indotto lavorativo, di acquisto e distribuzione di merci, beni e servizi; accelerare la procedura risulterebbe quindi particolarmente strategico;
   da mesi si attende oramai l'emanazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze del decreto attuativo che disciplini la gestione della procedura e disponga la concreta attuazione della zona franca urbana ventimigliese, provvedimento ritenuto indispensabile per poter avviare l’iter che passa dalla pubblicazione dei bandi che contengono termini e modalità per la presentazione delle domande di ammissione alla fattiva partecipazione delle piccole e medie imprese interessate –:
   quando verranno pubblicati i decreti attuativi e quali siano le ragioni del ritardo nell'adozione di tali provvedimenti ritenuti indispensabili ai fini del rilancio dell'economia ventimigliese costretta negli ultimi tempi a fare i conti con situazioni di disagio sociale ed economico e a fronteggiare quotidianamente l'emergenza migratoria. (5-10110)


   CRIPPA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con D.D. n. 124 del 29 luglio 2010, la regione Piemonte, a seguito di comunicazione della tesoreria regionale, provvedeva alla revoca dell'autorizzazione del signor Paolo Bonassi, titolare della tabaccheria contrassegnata dal codice lottomatica TO1980 di Ghemme (Novara), alla riscossione delle tasse automobilistiche per le ripetute inadempienze agli obblighi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 1999, n. 11, relative al mancato riversamento alla regione Piemonte di 6163,72 euro tra il 2008 e il 2010;
   come si apprende da fonti stampa locali, la regione Piemonte, non avendo mai ricevuto i pagamenti sopracitati, starebbe quindi richiedendo le somme contestate, con gli interessi, ai diretti interessati;
   tale scenario si va ad ampliare ulteriormente se si considera che cittadini che hanno usufruito dei servizi pagamento sopradescritti hanno denunciato il versamento alla tabaccheria Bonassi delle somme dovute ai gestori energetici relative alle bollette delle proprie utenze luce e gas;
   va ricordato che sulle bollette energetiche per uso domestico e non solo vi sono caricati diversi oneri di competenza e destinazione statale, tra cui l'Iva e le componenti D2 e D3;
   dalle prime informazioni parrebbe che la cifra non corrisposta a regione Piemonte, operatori energetici e Stato si aggiri intorno ai 300 mila euro;
   tramite una rapida ricerca sul sito internet della regione Piemonte è possibile verificare la presenza di un elenco degli esercizi Aci, Avantgarde e Sermetra abilitati alla ricezione di pagamenti, ma non vi è traccia di elenchi di tabaccai;
   dai media locali si apprende poi che la regione, interrogata dagli stessi cittadini, avrebbe risposto che non esistono elenchi (aggiornati o meno) delle tabaccherie abilitate al servizio;
   non si trova inoltre alcuna traccia di comunicazioni con cui la regione o l'Agenzia delle dogane e dei monopoli avrebbe comunicato alla cittadinanza la revoca alla tabaccheria di Ghemme;
   i 500 cittadini ghemmesi coinvolti nella vicenda hanno provveduto ad aprire una procedura di class action contro la regione Piemonte e l'agenzia delle dogane e dei monopoli evidenziando come la pubblica amministrazione non li avrebbe chiaramente informati della revoca dell'autorizzazione a Bonassi, mentre l'Agenzia delle dogane e dei monopoli non avrebbe, secondo i ricorrenti, ottemperato ai suoi doveri di controllo e verifica, riportati anche sul proprio sito istituzionale;
   intervistato durante la trasmissione «Mi Manda Rai Tre» di lunedì 21 novembre 2016, l'avvocato del Bonassi, Sergio Iavelli, ha mostrato le ricevute di pagamento inerenti ai versamenti dei bolli auto effettuati, per un importo di circa 300 mila euro tramite la società «Self pay self srl»;
   la già citata «Self pay self srl» da visura del 29 novembre 2016 risulta avere un capitale sociale di 10.000 euro;
   come si deduce dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 gennaio 1999, n. 11, le attività autorizzate alla riscossione di imposte e bollette di utenze devono prestare annualmente apposita fideiussione bancaria o assicurativa commisurata all'ammontare mensile medio delle riscossioni nell'anno precedente;
   sul sito web di «Self pay self srl» si può trovare questa frase: «SCEGLI SELF PAY SELF PER LA RIVENDITA DEI SERVIZI, SENZA FIDEIUSSIONE BANCARIA» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti citati;
   se l'Agenzia delle dogane e dei monopoli abbia provveduto ad informare la cittadinanza circa la revoca dell'autorizzazione del signor Paolo Bonassi, titolare della tabaccheria contrassegnata dal codice lottomatica TO1980 di Ghemme (Novara) e, nel caso, con quali modalità;
   quali siano gli strumenti di controllo e vigilanza che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli avrebbe adottato dalla data di emanazione della determina ad oggi circa l'osservanza del provvedimento da parte della tabaccheria;
   come si intenda procedere a tutela dei contribuenti e se risultino responsabilità dirette da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
   quali strumenti si intendano mettere in campo al fine di recuperare, senza andare a gravare sui cittadini vittime della situazione, i totali di competenza dello Stato, come Iva e accise applicate alle bollette energetiche;
   come possa la società «Self pay Self» garantire un servizio come quello di riscossione di tributi, pagamento utenze energetiche e ricariche telefoniche senza fidejussione bancaria, così come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 gennaio 1999, n. 11;
   se risulti quante attività usufruiscano ad oggi dei servizi di «Self Pay Self» Srl. (5-10111)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRACCARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 1 della tabella allegato B al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, tra gli atti, i documenti e registri esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto rientrano: petizioni agli organi legislativi; atti e documenti riguardanti la formazione delle liste elettorali, atti e documenti relativi all'esercizio dei diritti elettorali ed alla loro tutela sia in sede amministrativa che giurisdizionale;
   la risoluzione n. 89/E dell'Agenzia delle entrate del 1o aprile 2009 chiarisce che dalla lettera della predetta norma si evince che in tale ipotesi esentativa rientrano gli atti espressione dell'attività dei movimenti o dei partiti politici qualora questi siano disciplinati da fonti primarie (disposizioni legislative) o secondarie (regolamenti);
   nella medesima risoluzione l'Agenzia delle entrate ha puntualmente specificato che le uniche istanze soggette a imposta di bollo sono le domande presentate all'amministrazione comunale dai partiti politici, al di fuori del periodo elettorale, per l'occupazione di suolo pubblico per volantinaggio e che le relative autorizzazioni non rientrano nella suddetta previsione, configurandosi come mera attività divulgativa, propagandistica o di proselitismo che non è imposta da alcuna norma giuridica;
   il comune di Trento ha applicato la doppia imposta di bollo di 16 euro per il rilascio della concessione al rappresentante del MoVimento cinque Stelle, consigliere provinciale Filippo Degasperi, per l'utilizzo della sala comunale Montevaccino in data 1o dicembre 2016 (prot. 257032/2016) al fine di svolgere una serata aperta al pubblico di comunicazione politica avente ad oggetto il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, convocato con decreto del Presidente della Repubblica del 27 settembre 2016 (Gazzetta Ufficiale, n. 227 del 28 settembre 2016);
   la richiesta di locali per lo svolgimento di propaganda politica nel periodo di campagna elettorale e/o referendaria non rientra fra gli atti soggetti all'imposta di bollo, anche secondo quanto chiarito dall'Agenzia delle entrate con la predetta risoluzione –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare per assicurare una corretta e omogenea applicazione sul territorio nazionale della disciplina relativa all'esenzione dell'imposta di bollo sulle richieste di utilizzo delle sale comunali per le iniziative di propaganda politica nei 30 giorni che precedono i comizi elettorali e referendari. (4-14965)


   FRACCARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   al fine di esercitare i diritti elettorali e il diritto politico a promuovere referendum, iniziative, petizioni e istanze popolari, è diffusamente pubblicizzata sui siti dei comuni italiani l'esenzione dal pagamento dell'imposta di bollo per la richiesta di occupazione del suolo pubblico per la raccolta di firme con banchetto, inclusivo di tavolo, sedie e gazebo, con riferimento a campagne per promuovere referendum, iniziative popolari, petizioni e istanze previste dalla Costituzione, dagli statuti comunali, metropolitani, provinciali e regionali e dalle rispettive leggi e regolamenti attuativi;
   per favorire la partecipazione popolare e ridurre al minimo gli ostacoli burocratici la prassi prevalente è che la richiesta di occupazione del suolo pubblico si intende accolta se al richiedente non perviene comunicazione contraria almeno 48 ore prima dell'inizio dell'occupazione (silenzio-assenso) da parte del comando della polizia municipale;
   la menzionata prassi è peraltro conforme alla raccomandazione contenuta nel codice di buona condotta sui referendum del Consiglio d'Europa che recita testualmente «laddove fosse richiesta un'autorizzazione per la raccolta delle firme per iniziative popolari o richieste di referendum lungo le strade pubbliche, tale autorizzazione può essere rifiutata unicamente in casi specifici previsti dalla legge, sulla base di un interesse pubblico dominante e conformemente al principio di uguaglianza»;
   l'articolo 5, comma 2, della legge 3 giugno 1999, n. 157 (Nuove norme in materia di rimborso delle spese per consultazioni elettorali e referendarie e abrogazione delle disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici) ha aggiunto l'articolo 27-ter alla tabella di cui all'allegato B annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, riguardante gli atti, documenti e registri esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto. Risultano nell'elenco degli atti esenti: petizioni agli organi legislativi; atti e documenti riguardanti la formazione delle liste elettorali, atti e documenti relativi all'esercizio dei diritti elettorali ed alla loro tutela sia in sede amministrativa che giurisdizionale;
   la risoluzione N. 89/E dell'Agenzia delle entrate del 1o aprile 2009 chiarisce che le uniche istanze soggette a imposta di bollo sono le domande presentate all'amministrazione comunale dai partiti politici, al di fuori del periodo elettorale, per l'occupazione di suolo pubblico per volantinaggio e che le relative autorizzazioni non rientrano nella suddetta previsione, configurandosi come mera attività divulgativa, propagandistica o di proselitismo che non è imposta da alcuna norma giuridica;
   le amministrazioni comunali di Trento e Pergine Valsugana non si sono ancora adeguate alle citate disposizioni e alla prassi prevalente in materia, esigendo tuttora la doppia applicazione dell'imposta di bollo per le richieste di occupazione del suolo pubblico per le raccolte firme a sostegno di referendum, iniziative popolari, petizioni e istanze, sebbene il diritto a promuovere tali istituti di partecipazione sia estesamente previsto dalle norme e dai regolamenti vigenti –:
   quali iniziative di competenza il Governo ritenga di adottare per assicurare l'esenzione dall'imposta di bollo per la richiesta di occupazione del suolo pubblico su tutto il territorio nazionale e per semplificare il rilascio della concessione, anche tramite la procedura del silenzio-assenso, al fine di favorire il libero esercizio dei diritti politici previsti dalla Costituzione e dalle vigenti leggi in materia e la cui tutela è raccomandata dal Codice di buona condotta sui referendum del Consiglio d'Europa. (4-14968)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   COSTANTINO, MARCON, DURANTI, RICCIATTI, AIRAUDO, MELILLA, CARLO GALLI, PLACIDO e PANNARALE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la notte tra il 23 e il 24 ottobre 2016 Youssef Mouhcine, 31 anni, marocchino, si suicida nella casa circondariale di Paola, in provincia di Cosenza, inalando il gas di una bomboletta che aveva in dotazione, avvolgendosi la testa in un sacchetto di plastica, a 15 giorni dalla sua scarcerazione;
   i familiari di Mouhcine vengono avvertiti, a tumulazione avvenuta a spese dell'amministrazione, tramite telefonata che li raggiunge a Casablanca in Marocco, solo alcuni giorni dopo il decesso, il 27 ottobre, dove risiedono, nonostante la legge sull'ordinamento penitenziario n. 354 del 1975 (articolo 29, comma 2) ed il relativo regolamento di esecuzione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 (articolo 63, comma 1) preveda che, in casi del genere, debba esserne data immediata notizia ai familiari con il mezzo più rapido e con le modalità più opportune;
   la famiglia non può perciò riavere il corpo per seppellirlo in Marocco con il tradizionale rito islamico, come essa stessa aveva richiesto, nonostante l'ordinamento penitenziario (articolo 44, comma 3) ed il regolamento di esecuzione (articolo 92, comma 7) preveda che la salma debba essere messa immediatamente a disposizione dei congiunti e che questa venga sepolta dall'amministrazione nel caso in cui i congiunti non vi provvedano;
   il pubblico ministero della procura di Paola aveva disposto l'esame autoptico sulla salma del detenuto affidato ad un medico legale;
   Mouhcine, secondo quanto riferito dai familiari, nel corso della sua detenzione a Paola, sarebbe stato sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, essendo stato allocato in una cella liscia e costretto a dormire per terra sul pavimento; egli, infine, riferiva di aver subito non meglio definiti «maltrattamenti» e che non gli veniva consentito di intrattenere, con regolarità, corrispondenza telefonica con la sua famiglia;
   sul decesso di Mouhcine il consolato generale del Regno del Marocco di Palermo ha chiesto delucidazioni in merito alla direzione della casa circondariale di Paola, su sollecitazione dei familiari. Ancora nessuna risposta è stata fornita dalla direzione;
   nella stessa casa circondariale, nei mesi scorsi, è morto il detenuto Maurilio Pio Morabito, reggino di 46 anni, anche lui in prossimità del fine pena; il detenuto, nonostante avesse già compiuto atti autolesionistici e posto in essere gesti autosoppressivi, era stato allocato in una cella liscia nel reparto di isolamento, ove si sarebbe impiccato con una coperta alla grata della finestra; su tale fatto, la procura della Repubblica di Paola ha avviato un procedimento penale, al momento nei confronti di ignoti;
   nella casa circondariale di Paola, alla data del 31 ottobre 2016, a fronte di una capienza regolamentare di 182 posti, erano ristretti 218 detenuti (36 in esubero), 84 dei quali stranieri; nell'istituto, come più volte denunciato dai Radicali italiani all'esito di alcune visite effettuate, non vi sono mediatori culturali, nonostante la rilevante presenza di stranieri –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   con quale modalità fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto e se fosse presente il medico penitenziario al momento del decesso;
   per quali motivi i familiari di Mouhcine non siano stati tempestivamente avvisati dell'avvenuto decesso e perché l'istituto abbia provveduto a spese dell'amministrazione alla sepoltura del detenuto straniero presso il cimitero di Paola e se, per tutti questi motivi, non si ritenga opportuno adottare opportune iniziative disciplinari nei confronti del direttore;
   se nella casa circondariale di Paola, alla data odierna, vengano ancora utilizzate «celle lisce» così come recentemente attestato da una visita effettuata da una delegazione di Radicali italiani. (4-14951)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRAGOMELI, TENTORI e MAURI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il crollo del Cavalcavia della strada provinciale 49 in corrispondenza del chilometro 41+200 della strada statale 36 impone una necessaria riflessione sulla disciplina dei trasporti eccezionali sulle strade italiane e sulla circostanza che il combinato disposto con norme regionali possa vanificare i dettami del codice della strada e possa consentire di sollecitare ripetutamente e per lunghi periodi infrastrutture stradali ben al di sopra dei carichi di progetto e della loro resistenza;
   il codice della strada all'articolo 10, comma 6, infatti sancisce che: «I trasporti ed i veicoli eccezionali sono soggetti a specifica autorizzazione alla circolazione, rilasciata dall'ente proprietario o concessionario per le autostrade, strade statali e militari e dalle regioni per la rimanente rete viaria, salvo quanto stabilito al comma 2, lettera b)»;
   al comma 9 dell'articolo 10 inoltre si specifica che «l'autorizzazione è rilasciata o volta per volta o per più transiti o per determinati periodi di tempo nei limiti della massa massima tecnicamente ammissibile. Nel provvedimento di autorizzazione possono essere imposti percorsi prestabiliti ed un servizio di scorta tecnica, secondo le modalità e nei casi stabiliti dal regolamento»;
   i trasporti eccezionali che hanno interessato ripetutamente il suddetto cavalcavia crollato sono stati autorizzati invece in base all'articolo 42, della legge della regione Lombardia 4 aprile 2012, n. 6, (Disciplina del settore dei trasporti); relativamente ai trasporti eccezionali al comma 2 del suddetto articolo si prevede che: «la provincia in cui risiede il richiedente oppure la ditta incaricata del trasporto o una delle province territorialmente interessate dal transito dello specifico trasporto o veicolo in condizioni di eccezionalità provvede al rilascio delle autorizzazioni alla circolazione di tipo periodico, singole o multiple, relative a trasporti e veicoli in condizioni di eccezionalità, ai sensi del decreto legislativo 285 del 1992 e del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada)». Il successivo comma 6 prevede che: «la provincia competente rilascia l'autorizzazione, previo parere degli enti ai quali appartengono le strade pubbliche comprese nell'itinerario o nell'area interessati dal trasporto. Gli enti interessati esprimono il parere richiesto entro dieci giorni; in caso di mancata comunicazione del parere entro il termine previsto, il medesimo parere si intende positivamente espresso»;
   infine, il comma 7 della suddetta, legge regionale stabilisce che: «alle province ed ai comuni spetta la vigilanza sulla circolazione dei veicoli e del trasporti in condizioni di eccezionalità, ivi compreso l'esercizio delle funzioni amministrative riguardanti l'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dal nuovo codice della strada»;
   pertanto, tale procedura di silenzio assenso non garantisce la concreta effettuazione delle necessarie verifiche sulla massa massima tecnicamente ammissibili;
   infine, da informazioni diffuse a mezzo stampa, sembrerebbe che il trasporto sul sopracitato cavalcavia sia stato autorizzato – così come disposto dalla legge regionale sui trasporti – non dalla provincia di Lecco ma da quella di Bergamo, avendo la ditta trasportatrice sede in quest'ultima –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, allo scopo di verificare le modalità con le quali sono state rilasciate le specifiche autorizzazioni alla circolazione del trasporto eccezionale sul cavalcavia della strada provinciale 49;
   se intenda fornire il numero complessivo delle autorizzazioni al trasporto eccezionale concesse sulle strade presenti nel territorio nazionale;
   se non ritenga prioritaria la realizzazione di una infrastruttura telematica in grado di monitorare e tracciare lo stato delle singole istanze e autorizzazioni alla circolazione ai trasporti e veicoli eccezionali sulle strade nazionali, nonché, nella fase di implementazione della suddetta infrastruttura, se non intenda assumere iniziative per una riduzione della massa massima consentita per i trasporti e veicoli eccezionali. (5-10108)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI, PASTORINO e SEGONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la cronaca riporta che il 7 novembre 2016, in occasione dell'inaugurazione del tappeto mobile e della darsena dell'aeroporto Marco Polo di Venezia, il Ministro interrogato ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito al progetto sui treni ad alta velocità: «Abbiamo stanziato 15 milioni per il Veneto in vista di un investimento totale di 400 milioni per creare un sistema di connessione e far raggiungere le principali città in due ore – ha detto Delrio – Venezia deve essere vivibile ed accessibile via terra, aria, strada ed acqua. L'alta velocità a fine anno chiuderà il cantiere Milano-Brescia, poi apriremo quello per Verona e a seguire quello per Vicenza»;
   sulla tratta che dovrebbe essere interessata dai nuovi cantieri si è tuttavia già assistito ad un aumento delle tariffe del 30 per cento: dall'11 dicembre 2016 in concomitanza con l'entrata in vigore del nuovo orario invernale, la tratta Brescia-Verona, vedrà la sostituzione dei treni Freccia Bianca con altrettanti Freccia Rossa; ciò soprattutto in ragione dell'apertura del tratto di alta velocità Treviglio-Brescia, 40 chilometri costati oltre 2,1 miliardi di euro (52 milioni a chilometro), che possono essere utilizzati esclusivamente dai treni superveloci;
   i pendolari che oggi utilizzano per brevi tratte i Freccia Bianca, tuttavia, hanno già dichiarato di non trovare più conveniente viaggiare con i treni Freccia Rossa, il cui costo è notevolmente più alto, ma anzi, è facile immaginare, si sposteranno utilizzando treni più lenti ma più economici, quali treni regionali ed interregionali, il cui numero tuttavia non è stato aumentato, peggiorando le già precarie condizioni di viaggio sull'intera tratta;
   si registrano reazioni di sconcerto anche da parte degli aderenti al comitato veronese dei contrari alla Tav, in relazione alle medesime dichiarazioni del Ministro interrogato che ha ribadito la volontà di chiudere la fase progettuale della Brescia-Verona-Padova entro il 2016 per partire il prossimo anno con i nuovi cantieri TAV;
   «Come fa il ministro a dire – si chiedono i No Tav veronesi – che entro l'anno sarà approvato il progetto Brescia-Verona quando il comune di Brescia ha chiesto (e sembra ottenuto) la cancellazione del collegamento verso Montichiari e l'uscita di tutti i binari Tav dalla stazione di Brescia ?»;
   sebbene sia stato, infatti, presentato da poco il progetto che collega ad ovest il nodo di Verona con i nuovi binari dell'alta velocità provenienti da Brescia, interessando l'area cittadina di San Massimo, agli interroganti non risulta sia ancora stato presentato l'altro progetto che prevede l'interconnessione di questi binari verso direzione est (direzione Vicenza-Padova-Venezia), perciò dalla stazione di Porta Nuova alla stazione di Porta Vescovo entrambe in centro città e in aree densamente edificate –:
   se sia a conoscenza delle circostanze descritte in premessa e se corrispondano al vero;
   se possa fornire elementi di dettaglio relativamente alla supposta soppressione del progetto di collegamento tra Montichiari (Bs) e la Stazione di Brescia;
   se sia a conoscenza del momento di presumibile presentazione del progetto relativo al collegamento Montichiari-Brescia dal quale decorrerà il termine per la presentazione delle osservazioni alla valutazione di impatto ambientale;
   se sia a conoscenza e possa riferire delle determinazioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) in relazione alla dichiarata modifica del progetto di collegamento di Montichiari e dell'uscita dalla stazione di Brescia;
   se sia a conoscenza e possa riferire delle soluzioni progettuali in merito alla presentazione del progetto TAV Verona-Vicenza, in particolare relativamente al collegamento tra le due stazioni di Verona Porta Nuova e Verona Porta Vescovo. (4-14956)


   LIUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Aeroporto di Salerno-Pontecagnano, attualmente risulta essere inoperativo fatta eccezione per voli di piccoli aerei privati. Dall'inchiesta giornalistica del corriere.it pubblicata online il 28 novembre 2016, si apprende che la società di gestione dell'aeroporto è in perdita per 2,6 milioni l'anno (3,7 milioni nel 2009) e non dispone neanche di fondi sufficienti per provvedere alla riparazione del cancello principale d'ingresso dell'infrastruttura. Infatti, nonostante risulti una spesa di 426 mila euro per la sorveglianza – così come mostrato nel video d'inchiesta – il luogo è attualmente accessibile a chiunque e di conseguenza oggetto di continue violazioni, furti e atti vandalici. All'interno dell'aeroporto incustodito si trovano oltre ad alcuni velivoli di proprietà anche quelli della polizia forestale e dei vigili del fuoco;
   il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca ha recentemente investito nell'infrastruttura succitata 2,5 milioni di euro, somma simile a quella che investirà a breve anche la Regione Basilicata interessata a creare un collegamento tra l'aeroporto salernitano e la Pista Mattei di Pisticci (Matera) sulla quale l'interrogante ha già presentato l'atto n. 5-04375;
   l'infrastruttura è costata ad oggi circa 9 milioni di euro a cui vanno aggiunti gli incentivi elargiti dal 2008 al 2012 alle varie compagnie aeree. Tra queste ultime figura anche Alitalia con la quale il Consiglio di amministrazione del Costa d'Amalfi nel 2010 ha stipulato un accordo da 3,7 milioni di euro per effettuare due rotazioni giornaliere da Salerno a Milano e una verso Roma. Questo nonostante l'inadeguatezza della pista campana di appena 1,5 chilometri, inadatta per far fruttare l'investimento, alla luce del fatto che Alitalia non è neanche collegata con la città di Salerno;
   nel cosiddetto decreto «sblocca Italia» decreto-legge n. 133 del 2014, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164) è stato previsto un investimento di 40 milioni di euro per la pista di Pontecagnano inserita tra le opere «indifferibili, urgenti e cantierabili per il rilancio dell'economia»;
   il presidente della regione Campania che definì a mezzo stampa lo scalo di Pontecagnano «il più inutile d'Italia» ha recentemente dichiarato che grazie al rilancio dell'opera «Avremo 4 milioni di passeggeri nell'arco di 5-7 anni». L'appena citata previsione è stata tuttavia smentita da Roberto Vergari, direttore della vigilanza tecnica dell'Enac, il quale ha dichiarato «Il piano di sviluppo prevede un massimo di 1,5 milioni di passeggeri ma in venti anni e nessuno di noi ha mai parlato di 4 milioni di passeggeri»;
   l'aeroporto di Salerno-Pontecagnano è stato inserito anche nel piano nazionale per gli aeroporti in cui si evidenzia il «ruolo strategico nel tanto auspicato sistema aeroportuale campano che può e deve diventare realtà in un'offerta di servizi di trasporto aereo differenziati ed integrati, stante le differenti peculiarità delle due strutture» –:
   quali siano le ragioni per le quali l'aeroporto di Salerno-Pontecagnano sia stato inserito nel piano nazionale per gli aeroporti, alla luce dei fatti citati in premessa e dei requisiti previsti per legge;
   viste le condizioni in cui versa l'aeroporto citato nonostante gli ingenti finanziamenti stanziati, quali iniziative si intendano assumere per evitare, in questo caso e in quelli analoghi, un cattivo impiego di denaro pubblico. (4-14971)


   NUTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la società Tecnis s.p.a. in amministrazione giudiziaria dopo l'arresto dei soci per una serie di condotte legate ad avvenimenti mafiosi, è titolare di un appalto bandito da Italferr s.p.a. per conto di Rfi s.p.a. per la costruzione dell'anello ferroviario di Palermo;
   tale appalto sta procedendo con notevoli ritardi, provocando grandissimi disagi tra la popolazione residente di Palermo, in particolare nei pressi dei cantieri;
   a seguito di una richiesta di accesso agli atti amministrativi relativi all'appalto di cui sopra da parte dell'interrogante, si è venuti a conoscenza dei dettagli relativi allo stato di avanzamento dell'appalto;
   in particolare, risulterebbe che, dopo la consegna dell'appalto, avvenuta il 24 luglio 2014, sono stati registrati ritardi per oltre 12 mesi alla data del 31 gennaio 2016: in altre parole, al 31 gennaio 2016, ad un anno e mezzo di distanza dall'inizio dell'opera, i lavori sono andati avanti solo per circa 6 mesi;
   i ritardi sono talmente vistosi che, già alla data del 31 luglio 2015, la Tecnis aveva oltrepassato il massimale della penale applicabile in caso di ritardo pari al 10 per cento;
   a tale data sarebbe stata applicabile una penale pari all'11,7 per cento degli stati di avanzamento dei lavori, ovvero dei pagamenti periodici dell'appaltante RFI alla appaltatrice Tecnis;
   secondo i dati che sono stati forniti, i mesi cumulatisi di ritardo sono 3,5 al 31 gennaio 2015, 6,5 al 30 aprile 2015, 7,5 al 31 luglio 2015, e 12 al 31 gennaio 2016: se i lavori dovessero continuare a questo ritmo, pari ad una media di 2 mesi di ritardo ogni 3 mesi, l'opera verrà ultimata nel luglio 2019, per un totale di 5 anni, rispetto alla durata iniziale prevista di 3 anni con termine nel luglio 2017;
   la convenzione 20/2009 stipulata tra Italferr e Tecnis relativa all'appalto di cui sopra, prevede tra l'altro, all'articolo 30, la possibilità da parte dell'appaltante di procedere alla risoluzione di diritto dell'appalto in caso di gravi inadempienze;
   inoltre, le condizioni generali di contratto per gli appalti di lavori delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, richiamate nella convenzione medesima, prevedono all'articolo 60 e seguenti, la possibilità di rescissione di diritto per sospensione o rallentamento dei lavori da parte dell'appaltatore, nonché per mancata esecuzione totale o parziale dei lavori appaltati entro il termine o i termini intermedi previsti in contratto e/o nel cronoprogramma, condizioni entrambe violate da Tecnis;
   risulta che il comune di Palermo abbia chiesto alla Tecnis varianti di progetto: nel settembre 2014 ha chiesto varianti per ridurre interferenze con la futura costruzione della metropolitana automatica leggera per poi rinunciare, lasciando i costi di tali varianti a carico del futuro appalto per questa metropolitana; successivamente, ha chiesto nel febbraio 2016 ulteriori varianti di progetto, con il rischio di produrre eventuali ulteriori ritardi nell'esecuzione dei lavori;
   appare paradossale che la stessa Tecnis abbia avanzato una richiesta di risarcimento dei danni da anomalo andamento delle lavorazioni, ridotta produttività, improduttivo prolungamento del vincolo contrattuale, per un importo di quasi 44 milioni di euro, facendo lievitare il costo dell'appalto;
   quanto sopra riportato è in linea con quanto scritto in un articolo di LiveSicilia del 5 dicembre 2016 nel quale si parla di termine delle opere previsto per settembre 2019 e di 53 milioni di euro di riserve da parte di Tecnis per ritardi –:
   quali iniziative si intendano intraprendere, per quanto di competenza, al fine di porre rimedio agli evidenti ritardi relativi all'appalto di cui in premessa, inclusa la possibilità di rescindere il contratto con la società Tecnis. (4-14977)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CUOMO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da tempo nel comprensorio di Eboli (Sa) si registra una recrudescenza di fenomeni criminosi;
   particolarmente colpiti risultano essere gli abitanti dei quartieri periferici come Santa Cecilia, Cioffi, Corno d'Oro, contrada Papaleone, solo per citarne alcuni;
   appartamenti, villette, interi condomini, ma anche esercizi commerciali ed attività economiche sono stati presi di mira da bande specializzate in furti e rapine;
   nonostante l'impegno e il lavoro delle forze dell'ordine la dimensione del fenomeno è davvero rilevante e necessita di una risposta adeguata da parte delle istituzioni;
   i cittadini si sono addirittura organizzati in ronde e hanno installato allarmi e antifurti, ma nulla sembra essere un deterrente efficace;
   il fenomeno è talmente preoccupante che per consentire alle persone di poter andare a votare e non essere derubati si sono dovute organizzare tra condomini e abitanti dei quartieri dei turni di vigilanza –:
   se il Ministro sia conoscenza di tale fenomeno, quali iniziative intenda attivare per potenziare ulteriormente le dotazioni, in termini di mezzi e uomini in servizio presso la città di Eboli, e se non si ritenga opportuno convocare una riunione apposita del Comitato provinciale per la sicurezza e l'ordine pubblico con l'obiettivo di contrastare efficacemente queste organizzazioni dedite ad attività di microcriminalità. (5-10109)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASTELLI e DELLA VALLE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo un decreto di sequestro preventivo del 16 settembre 2016, il campo Rom di via Germagnano, a Torino, andrebbe sgomberato, poiché rappresenta un pericolo per l'ambiente e, di conseguenza, un rischio per la salute dei cittadini residenti: nel fascicolo di inchiesta aperto dal gip si ipotizzano reati di «invasione di terreni e disastro ambientale doloso» con l'aggravante che l'area in questione sarebbe sottoposta a vincolo fluviale e paesaggistico;
   il via all'indagine sarebbe originato da centinaia di segnalazioni per miasmi legati ai roghi di rifiuti appiccati dai nomadi, diventati pratica frequente nel campo;
   secondo i rilievi dell'Arpa, che risalgono al giugno 2016, nella zona ci sarebbero elevati livelli di inquinamento nel terreno per la presenza di zinco, stagno e piombo, in quantità notevolmente superiore a quanto consentito dalla legge; i timori del gip non riguarderebbero solo il terreno ma anche l'eventuale inquinamento delle falde acquifere sottostanti e dell'aria;
   il 9 novembre 2016, sarebbe avvenuto ad opera dei carabinieri, lo sgombero del terreno di proprietà della Gefim, e i nomadi che vivevano da mesi in baracche o roulotte poste in quell'area a quanto risulta agli interroganti si sono semplicemente spostati nell'insediamento abusivo di viale Germagnano; tale sgombero, dunque, avrebbe solo dato seguito ad una nuova occupazione che è andata ad ampliare il campo abusivo posto sotto sequestro;
   nell'area dell'insediamento abusivo di viale Germagnano vivono ad oggi quasi 600 Rom, provenienti in gran parte dell'ex accampamento di Lungo Stura Lazio;
   il comune di Torino sta facendo il possibile per il fondamentale ripristino della legalità, ma servono risorse per realizzare quei progetti che consentano di risolvere davvero il problema, con il superamento dei campi Rom e non il loro mero spostamento da una zona all'altra;
   le ordinanze incentrate sullo sgombero dei campi Rom rischiano di essere in contrasto con le convenzioni internazionali e nazionali in materia: nella risoluzione n. 1993 del 1977, la Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite ha stabilito che «la pratica degli sgomberi forzati rappresenta una violazione dei diritti umani» (commissione per i diritti umani delle nazioni unite, sgomberi forzati, 10 marzo 1993, E/CN.4/RES/1993/77);
   le linee guida delle Nazioni Unite sugli sgomberi forzati (Nazioni Unite, Comitato sui diritti economici, sociali e culturali, commento generale, n. 7, su sgombero forzato e diritto a un alloggio adeguato), (Sedicesima sessione, 1997), U.N. Doc. E/199822, annex IV at 113 (1997), stabiliscono che in caso di sgomberi debbano essere attivate precise garanzie, tra le quali una genuina consultazione con gli interessati (punto 16a), e l'individuazione di soluzioni abitative alternative (punto 19);
   è sempre più urgente che si percorra una strategia nazionale di inclusione per le popolazioni rom, partendo dalla consapevolezza della sostanziale inadeguatezza dell'uso degli sgomberi e che si avvii una nuova fase improntata alla concertazione territoriale, perché l'uscita dal campo è possibile solo grazie ad una collaborazione forte tra livelli istituzionali, le associazioni di rappresentanza delle comunità RSC (Rom, Sinti e Caminanti) e le associazioni di terzo settore –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quale sia il loro orientamento al riguardo;
   quali iniziative di competenza, concrete e immediate, anche normative, intenda intraprendere Governo per supportare le amministrazioni locali nella gestione di queste delicate situazioni sia in termini finanziari che operativi, affinché:
    a) sia garantita la sicurezza dell'ambiente e siano salvaguardate l'incolumità e la salute dei cittadini residenti nella zona;
    b) venga trovata al più presto una soluzione per le famiglie Rom che risiedono nelle baraccopoli, in conformità con le indicazioni e le garanzie previste in ambito internazionale nei confronti di queste popolazioni;
    c) venga data finalmente piena attuazione alle linee guida contenute nella strategia nazionale di inclusione per le popolazioni Rom, superando la logica dello sgombero, che si è rivelata fallimentare e prestando, al contempo, particolare attenzione alla tutela dei minori coinvolti.
   (4-14972)


   ZOLEZZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la Costituzione della Repubblica italiana all'articolo 1 recita che «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Per poter esprimere le proprie potenzialità è chiaro che la scuola, libera e indipendente, ad accesso universale, è la chiave principale di accesso al lavoro. Sempre nella Costituzione, all'articolo 33, primo comma, si legge: «L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento»;
   nel testo dell'articolo 1 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione valido per le scuole di ogni ordine e grado), si legge: «(...) la libertà d'insegnamento è intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente (...) ed è diretta a promuovere, attraverso un libero e aperto confronto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni»;
   in questo periodo referendario in provincia di Mantova sono avvenuti molti incontri sul tema anche presso vari istituti scolastici, anche con esponenti politici schierati. Per quanto noto all'interrogante: il segretario del PD di Mantova Francesco Rossi (si è tenuto un confronto con un referente dell'ANPI presso l'Istituto agrario «Strozzi»); l'avvocato Sandro Somenzi, uno dei firmatari del manifesto pubblico «giuristi per il si», è stato invitato come relatore indipendente all'Istituto tecnico economico statale «Pitentino»; altro incontro c’è stato con Jacopo Rebecchi, assessore della giunta PD di Mantova; Mattia Palazzi, sindaco PD di Mantova e dirigente ARCI nazionale è intervenuto al confronto presso la sala Isabella D'Este di Mantova con Monicelli del comitato per il no; anche il parlamentare PD Marco Carra ha partecipato a incontri scolastici, uno il 28 novembre presso l'Istituto Francesco Gonzaga, per un confronto con il magistrato De Siervo;
   la discussione del quesito anche presso le scuole secondarie in provincia di Mantova, se da un lato può costituire un valido strumento di discussione, dall'altro, ove sbilanciato verso una sola componente politica, può costituire esso stesso una violazione costituzionale e normativa nei riguardi degli articoli citati in precedenza. Per il sistema degli istituti comprensivi e per il costante confronto con il Ministero di riferimento risulta anomalo che non ci sia stato un coordinamento su questo delicato tema;
   va peraltro considerato che il gruppo parlamentare più rappresentato e rappresentativo in provincia di Mantova è il Movimento 5 Stelle con Luigi Gaetti, attuale capogruppo al Senato, e il firmatario del presente atto alla Camera. Il PD ha come parlamentare eletto il solo Marco Carra; Matteo Colaninno è stato nominato dalla segreteria del PD;
   nonostante i contatti siano pubblici, il MoVimento 5 Stelle ha come gruppo politico persino scritto ai presidi di Mantova e provincia, manifestando la ovvia disponibilità a partecipare a incontri di questo genere, disponibilità che rimane; chi ha risposto ha detto che la programmazione era fatta da tempo –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente di tali eventi e se siano compatibili con le esigenze di formazione degli studenti e il normale svolgimento di una campagna elettorale;
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative, alla luce di quanto finora avvenuto anche attraverso l'emanazione, per quanto di competenza, di circolari chiare sulla gestione della formazione degli studenti, anche in ambito politico, garantendo adeguati e proporzionati contraddittori. (4-14976)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   ASCANI e CRIMÌ. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   come noto, il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 e successive modificazioni e integrazioni attualmente disciplina lo svolgimento della prova concorsuale per l'accesso alla scuola di specializzazione in medicina e chirurgia. Purtroppo, nell'ultimo triennio in cui è stato sperimentato il concorso nazionale, sono state evidenziate numerose criticità che di seguito si elencano e che sono supportate da un'attenta elaborazione dei dati reperibili dalle fonti ministeriali. In primo luogo è stato evidenziato il mutamento del contenuto della prova di «parte comune», la quale è determinante per l'esito della prova medesima, poiché contribuisce per il 70 per cento al punteggio totale ottenibile (curriculum escluso). In particolare, è stata notata una progressiva riduzione della rappresentatività delle materie (che da un numero di 26 nel 2014 sono passate ad un numero di 16 nel 2016), con la conseguenza che non è stato possibile abbracciare in maniera completa, rappresentativa e proporzionale le tante materie che compongono quest'area. Inoltre, il progressivo trend di crescita di domande pre-cliniche nell'ambito della «parte comune» in commento, ha comportato un orientamento della selezione verso argomenti assai lontani dall'attività pratica clinica dello stesso medico aspirante specializzando. Guardando ad altri aspetti, si segnala poi come la mancanza di una bibliografia di riferimento aggravi, senza ragione, la fase di preparazione del candidato e ciò, molto banalmente, per il fatto che spesso la risposta esatta ad un determinato quesito varia al variare della bibliografia citata. Inoltre, si ritiene che l'organizzazione nelle strutture adibite allo svolgimento della prova non sia adeguato ai numeri dei concorsisti e che l'elevato numero delle sedi concorsuali (mediamente 12,2 sedi per ogni facoltà di medicina e chirurgia), reca in sé un'inevitabile sperequazione tra i diversi candidati ai quali, in quanto partecipanti ad un concorso nazionale, dovrebbe essere invece assicurata una maggiore omogeneità dei criteri di svolgimento della prova. A ciò si aggiunge l'eccessiva lunghezza dell'intervallo di tempo tra la data dello svolgimento della prova concorsuale, il suo rilascio e la pubblicazione delle graduatorie, che non permette al candidato di svolgere un'analisi critica e autonoma sulla prova svolta –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle criticità elencate e quali iniziative di competenza intenda assumere per porvi rimedio, anche per fare in modo che ci sia una maggiore rispondenza tra l'offerta dei posti a disposizione e le aspirazioni degli specializzandi. (4-14963)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DISTASO e FUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a Bari sono in corso le proteste da parte di decine di dipendenti della Tim dopo la notizia che, in base al nuovo piano industriale ed ai progetti di ristrutturazione dell'azienda sarebbero seriamente a rischio i livelli retributivi;
   le preoccupazioni dei lavoratori baresi sono comuni a quelle si stanno manifestando in modo chiaro anche in altre aree del Paese (per esempio, Cagliari, Ravenna, La Spezia, San Remo, Trento) rispetto ai piani del management di Tim di finanziare il piano di riduzione dei costi per 1,6 miliardi di euro attraverso la disdetta – unilaterale e in alcun modo concertata – del contratto di lavoro di II livello in vigore dal 2008;
   sino ad ora, l'azienda, da una parte ha genericamente smentito di voler intervenire sul costo del lavoro, ma senza dare rassicurazioni reali, dall'altra, in modo ben più dettagliato – in un comunicato – si è detta «impegnata per lo sviluppo delle infrastrutture e per la digitalizzazione del Paese grazie a un piano di investimenti di 4,5 miliardi di euro per lo sviluppo della banda ultralarga fissa e mobile nel triennio 2016-2018»;
   preoccupa l'atteggiamento di Tim che, pur a fronte delle proteste, non intende fare chiarezza sugli obiettivi del nuovo piano industriale che, secondo l'amministratore delegato Flavio Cattaneo, sarà presentato solo nel prossimo febbraio;
   a parere degli interroganti, in tal modo giunge un messaggio ambiguo e molto poco rassicurante per i lavoratori, tanto più che – come dichiarato dallo stesso amministratore delegato Cattaneo alla comunità finanziaria – nel terzo trimestre 2016, a livello domestico, Tim ha registrato il miglior risultato degli ultimi nove anni, più o meno lo stesso periodo di vigenza del contratto di lavoro di II livello che ora sembra essere messo in discussione –:
   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere i Ministri interrogati per fare chiarezza, da una parte sulle azioni di Tim in materia di gestione dei rapporti di lavoro, dall'altra sulle prospettive del piano industriale di un'azienda dal ruolo assolutamente centrale per l'economia e sicuramente importante per il mercato del lavoro nazionale;
   se si intenda procedere, per quanto di competenza, alla convocazione di un tavolo di confronto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in relazione alla presunta decisione di Tim di disdire il contratto di lavoro di II livello, così da fare chiarezza e progettare gli eventuali interventi necessari nella massima sede istituzionale possibile. (5-10106)


   COMINARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 27 dicembre 2014 il Fatto Quotidiano, in un articolo dal titolo «il tirocinio per McDonald's: turni come gli altri, ma gratis», riportava la notizia del «Mcitalia Job Tour», la campagna itinerante dedicata alla selezione di personale. Il 19 dicembre 2014 in occasione dell'apertura di un ristorante a Fiumicino, l'amministratore delegato McDonald's Italia, Roberto Masi, annunciava l'assunzione di 500 nuovi precari, sfruttando i contratti di apprendistato di tre anni. In questo modo, McDonald's attiva un tirocinio formativo, che non costituisce rapporto di lavoro, eppure esso diventa un vero lavoro, pagato meno del normale. L'istituto di ricerche economiche e sociali della Cgil in proposito scrive «viene da chiedersi a che condizioni si può parlare di formazione quando il tirocinante si ritrova a svolgere mansioni elementari, ripetitive e continuative, in maniera autonoma, senza affiancamento di personale qualificato alla formazione». E ancora «quando una particolare mansione viene coperta sistematicamente, avvalendosi di tirocinanti per periodi di tre, sei, dodici mesi, viene il dubbio se più che svolgere un ruolo innovativo di agenzia formativa, l'impresa non stia più semplicemente adottando una strategia di puro risparmio sul costo del lavoro»;
   alla luce delle notizie riportate dal predetto quotidiano, il primo firmatario del presente atto, in data 22 gennaio 2015, depositava l'interrogazione n. 5-04547, nella quale evidenziava come il tirocinio formativo, introdotto dall'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, ha il fine di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del lavoro a favore di soggetti che hanno già assolto l'obbligo scolastico. Il primo firmatario del presente atto, preoccupato che le disposizioni vigenti possano ritenersi ancora insufficienti per garantire una maggior tutela delle condizioni dei tirocinanti ed al fine di accertare il corretto utilizzo da parte delle imprese di tale strumento contrattuale, impedendo che il tirocinio possa essere utilizzato per regolare un rapporto di lavoro subordinato, auspicava l'aumento delle sanzioni a carico dei trasgressori e dei controlli e concludeva chiedendo al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, quali iniziative intendesse intraprendere al fine di appurare eventuali criticità connesse all'utilizzo del tirocinio formativo. Il Ministro, con risposta scritta pubblicata il 18 febbraio 2015, assicurava che la competente direzione territoriale del lavoro avrebbe tenuto nella debita considerazione la segnalazione effettuata, attraverso una programmazione di verifiche ispettive presso le filiali McDonald's di Roma;
   in data 28 ottobre 2016, il Fatto Quotidiano in un articolo dal titolo «Alternanza scuola-lavoro, accordo preso tra Miur e McDonald's. Cgil: Perso connotato didattico di questo aspetto formativo», riporta la notizia dell'accordo siglato tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e 16 organizzazioni, tra le quali McDonald's, che metteranno a disposizione circa 27 mila percorsi con gli studenti delle scuole secondarie superiori. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, lasciando alle spalle le critiche su McDonald's, ha deciso di mandare i ragazzi italiani ad imparare a lavorare nei ristoranti di tutt'Italia. Perplessità arrivano dal Movimento Italiano genitori, che chiede garanzie e controlli. Mimmo Pantaleo, segretario nazionale Flc Cgil invece ritiene che «questo accordo con McDonald's dimostra che l'esperienza dell'alternanza ha bisogno di un tagliando... si è perso il connotato didattico di questo aspetto della formazione, pur di trovare collocazione ai ragazzi li si manda dal colosso americano» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei dati e degli elementi riportati in premessa;
   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali intenda fornire elementi sui risultati delle verifiche ispettive effettuate presso le filiali McDonald's di Roma;
   se dispongano del numero dei tirocinanti negli anni 2013, 2014, 2015 e 2016.
   (5-10112)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Cementir – Sacci (multinazionale italiana che opera nel settore del cemento, attraverso la produzione e la distribuzione di cemento grigio e bianco, calcestruzzo, inerti e manufatti) ha deciso di avviare le procedure di licenziamento collettivo dichiarando in esubero complessivamente 260 lavoratori; in particolare, l'azienda relativamente al sito di Spoleto (Perugia) ha annunciato l'esubero di 21 lavoratori di cui 8 adibiti alle lavorazioni presso la cava in concessione di Spoleto;
   più analiticamente Cementir Italia ha previsto 106 licenziamenti in tutta Italia: 96 operai e 10 quadri e impiegati, distribuiti negli stabilimenti di Taranto, 47 ad Arquata Scrivia, 25 in provincia di Alessandria, 21 a Spoleto – Perugia, 10 a Maddaloni (Caserta), 2 nel centro di distribuzione di Civitavecchia, e 1 nella sede di Roma;
   i lavoratori e i sindacati hanno risposto all'annuncio dei licenziamenti con alcuni scioperi e mobilitazioni chiedendo l'intervento delle istituzioni locali e dei Ministeri interessati al fine di avviare un tavolo istituzionale che affronti la grave emergenza occupazionale nei siti interessati;
   secondo l'ipotesi avanzata da alcuni rappresentanti sindacali, la scelta di porre in essere la mobilità dei lavoratori sarebbe legata piuttosto ad esternalizzare i processi produttivi, riducendo i costi fissi a partire da quello del lavoro;
   gli interroganti evidenzino che proprio presso il sito di Spoleto appaiono difficilmente giustificabili gli esuberi dichiarati posto che, spesso, dipendenti sono chiamati a svolgere ore di straordinario e in alcuni giorni doppi turni; inoltre dei 21 dipendenti coinvolti nella procedura di esubero presso il sito di Spoleto, 3 o 4 lavoratori sarebbero vicini al pensionamento e gli altri potrebbero essere ricollocati o riassorbiti dall'azienda che ha in concessione la gestione della cava ed è attiva –:
   quale sia l'esito delle iniziative finora adottate al fine di superare la crisi occupazionale in atto nel gruppo Cementir Sacci e quali ulteriori iniziative si intendano intraprendere per favorire un piano di rilancio che preveda – anche con l'apertura di un tavolo di confronto con l'azienda e con il coinvolgimento delle istituzioni regionali e locali – il riassorbimento e/o ricollocamento dei lavoratori, delle aree interessate e che tenga conto della situazione concreta e del riscontro delle reali motivazioni poste a base degli esuberi in ciascun sito produttivo del gruppo. (4-14950)


   GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   come è noto la liquidazione delle pensioni avviene attraverso procedure informatizzate e non sempre gli operatori dell'Inps delle sedi territoriali possono intervenire direttamente nel processo di liquidazione anche quando si accorgono che il calcolo della pensione derivante dal sistema presenta evidenti incongruenze;
   a titolo di esempio si segnala un caso di liquidazione di pensione ai superstiti che riguarda un minore (M.G. nato il 12 novembre 2004), orfano di un lavoratore, al quale è stata liquidata dall'Inps la pensione di reversibilità (modello TE08 — categoria SO — sede 640000 — certifico 20049217 — richiesta n. 2134576400148);
   la richiesta di pensione di reversibilità è stata avanzata dalla vedova, non correttamente informata, dopo anni dalla morte del lavoratore dante causa (2008) e l'Inps ha proceduto alla pensione di reversibilità con la corretta descrizione degli importi spettanti dal 2008 al 2015;
   detti importi (ratei), annualmente non superano il limite imponibile e come tale non sarebbero tassabili, non possedendo il minore altri redditi; nonostante questo, l'Inps ha operato la trattenuta Irpef sui detti importi, con la precisazione che «si è tenuto conto delle detrazioni fiscali» e secondo l'operatore dell'Inps che ha gestito la pratica, gli importi corrisposti, vengono determinati attraverso procedure informatiche sulle quali l'operatore non ha alcun potere di intervento;
   chiaramente il patronato che segue la pratica di pensione ha proceduto a presentare ricorso e, da parte dell'operatore Inps, si è proceduto almeno per l'anno 2015 a restituire la trattenuta Irpef applicata, mentre per gli anni precedenti ad oggi, nonostante le reiterate richieste, l'istituto non ha ancora provveduto alla restituzione delle trattenute erroneamente operate;
   del suddetto caso è stata anche interessata la sede territoriale dell'Agenzia delle entrate, ma non è chiaro, essendo l'Inps sostituto di imposta, quale sia fra questi due enti, il soggetto che dovei restituire le trattenute erroneamente operate dal 2008 al 2014 –:
   quali iniziative si intendano assumere affinché si pervenga ad una definitiva soluzione del caso segnalato che peraltro riguarda un minore. (4-14967)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la situazione di grave emergenza nella quale versa il settore castanicolo sta arrecando ingenti danni di tipo economico e occupazionale all'Irpinia e alla Campania;
   la castagna è una risorsa economica di particolare rilevanza non solo per l'Irpinia, ma per l'intero settore agroalimentare della Campania;
   ci sono circa 5 mila aziende di produzione e 25 di trasformazione che versano in una condizione di grande difficoltà;
   negli ultimi 15 anni la produzione è diminuita drasticamente a causa della interminabile emergenza fitosanitaria che sta pregiudicando il futuro delle aziende;
   la coltivazione del castagno in montagna rappresenta una risorsa molto importante per contenere i rischi di dissesto idrogeologico, la protezione da incendi di vaste aree, la cura del sottobosco, l'assetto ambientale;
   la coltivazione del castagno rappresenta per i territori della Campania e dell'Irpinia un'opportunità di marketing del territorio, occasione per mostrare le sue eccellenze, occasione per lo sviluppo del turismo rurale e delle attività recettive e sviluppo economico del territorio;
   il cinipide ha prodotto la perdita di quote di mercato e fatturati, l'affermazione della concorrenza estera (spesso sleale) sulle produzioni italiane, l'abbandono delle aree montane, la perdita di economia dei territori delle zone interne e una sensibile perdita occupazionale;
   oltre al cinipide galligeno, anche le tortrici del castagno, il balanino, il cancro della corteccia, la ruggine delle foglie e i marciumi delle castagne sono responsabili della crisi del settore;
   dopo anni di lotta con gli antagonisti naturali, a giudizio dell'interrogante, occorre quel salto di qualità suggerito recentemente dai coordinamenti della Campania di Agrinsieme e Confagricoltura: abbinare l'utilizzo degli antagonisti naturali con interventi di lotta integrata, attraverso l'uso di prodotti antiparassitari a basso impatto ambientale, come il piretro, e un secondo intervento con lambda cialotrina, sostanze entrambe adatte al contenimento dei fitofagi;
   la lotta al cinipide galligeno ha bisogno di una svolta che serva ad evitare ulteriori perdite di quote di mercato, a vantaggio di una concorrenza estera spesso scorretta, e a scongiurare l'ulteriore abbandono delle aree montane;
   a giudizio dell'interrogante, è necessario applicare il disciplinare di produzione approvato dalla regione Campania nel marzo del 2016 e riclassificare i castagneti da frutto in attività di coltura per permettere pratiche agronomiche e di difesa fitosanitaria, oltre che con mezzi o pratiche di lotta biologica, anche con detti interventi di lotta integrata;
   occorre rapidamente passare dalle parole ai fatti, senza perdere più tempo, pena la chiusura delle tante aziende del settore e la conseguente distruzione del patrimonio legato alla produzione castanicola;
   le aziende operanti nel settore hanno bisogno di misure straordinarie di sostegno che servano a compensare, anche se solo in parte, i mancati introiti derivanti dalla grave calamità del cinipide che, da oltre 15 anni, colpisce le produzioni irpine e campane –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover promuovere un netto cambio di rotta nella lotta al cinipide galligeno e a tutte le altre malattie della castagna, in linea con quanto recentemente suggerito da Agrinsieme e Confagricoltura, e quali iniziative intenda adottare per sostenere le aziende del settore che, negli ultimi quindici anni, hanno visto ridurre drasticamente la produzione di castagne con conseguenze pesantissime in termini di occupazione e tutela del territorio. (4-14958)


   D'AGOSTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il crollo della produzione di olio di oliva, prevista dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo e alimentare, avrà effetti negativi sulle aziende del settore, in particolare nel Sud del Paese dove la diminuzione prevista sarà maggiore;
   stando ai dati presentati recentemente dall'Ismea e Unap nel 2016 – 2017 la produzione italiana di olio d'oliva diminuirà di quasi il 50 per cento attestandosi intorno alle 243 mila tonnellate; un dato sensibilmente inferiore rispetto a quello dello scorso anno quando ne furono prodotte ben 474 mila;
   secondo le stime dell'Ismea, la flessione sarà molto più marcata al Sud e al centro del Paese e determinerà conseguenze negative sulle aziende produttrici e sui consumatori; in particolare, su quest'ultimi si ripercuoterà l'inevitabile aumento del prezzo dell'olio che si determinerà in ragione della mancata produzione;
   secondo l'Ismea, al Sud il -50 per cento stimato potrebbe essere una previsione ottimistica;
   saranno negativi i dati di tutti i bacini più importanti come la Puglia, con un -50 per cento, la Calabria con un -53 per cento e la Sicilia dove la flessione sarà del -52 per cento;
   al Centro la flessione sarà di poco superiore al 40 per cento, nello specifico la Toscana avrà un -35 per cento e l'Umbria registrerà una flessione pari al -38 per cento;
   secondo Ismea, i dati del Nord saranno in controtendenza, anche se va evidenziata la dimensione ridotta della sua produzione. Si potrebbe registrare una leggera progressione rispetto allo scorso anno, ciò in ragione delle condizioni climatiche, che non sono state tanto sfavorevoli come al Sud, e della possibilità di effettuare controlli e azioni a difesa dalle malattie;
   il dato previsto per la Liguria è anch'esso negativo: -50 per cento;
   il crollo della produzione e la contestuale decisione dell'Unione europea di autorizzare l'importazione di ulteriori 35 mila tonnellate di olio tunisino a dazio zero rischiano di aumentare la possibilità di inganni e frodi a danno dei consumatori che si trovano spesso ad acquistare un prodotto che credono italiano, ma che è tale solo in minima percentuale;
   la Coldiretti ha recentemente evidenziato come, nonostante sia obbligatorio indicare per legge in etichetta la provenienza e la composizione delle miscele di olio, se comunitari o non comunitari, ci sia una persistente e diffusa mancanza di trasparenza;
   tali indicazioni, infatti, sono spesso riportate con caratteri minuscoli, posti nella parte posteriore della bottiglia e molto spesso in una parte dell'etichetta che le rendono illeggibili;
   accade anche che bottiglie di olio extravergine ottenuto dalla spremitura di olive straniere siano vendute con scritte che riportano all'italianità, ingannando i consumatori;
   a giudizio dell'interrogante, si trova in una condizione che richiede un intervento del Governo e delle regioni per evitare che la crisi produttiva, l'importazione straordinaria di olio tunisino e una legislazione europea che tutela poco i prodotti italiani, danneggino ulteriormente le aziende del settore olivicolo italiano già duramente provate a causa della crisi economica che ha colpito il nostro Paese –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda promuovere, anche in sede comunitaria, e in sinergia con le regioni, per affrontare la grave condizione nella quale si trovano le aziende produttrici del settore olivicolo – oleario in ragione del previsto crollo della produzione nel 2017 dell'importazione straordinaria di olio tunisino e della scarsa tutela comunitaria dell'olio italiano. (4-14959)


   COSTANTINO, RICCIATTI, DURANTI, AIRAUDO, MELILLA, CARLO GALLI, PLACIDO e PANNARALE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la grande distribuzione organizzata (Gdo) svolge un ruolo centrale nella determinazione dei prezzi verso il basso dei prodotti trasformati e della stessa materia prima. Una parte consistente del pomodoro trasformato in commercializzazione in Italia è venduto sotto forma di private label, cioè marchi emanazione diretta della Gdo. Molti degli industriali non portano avanti un proprio marchio, ma svolgono il ruolo di fornitori di private label;
   il ruolo rilevante che ha assunto negli ultimi anni il meccanismo e la concentrazione della Gdo nelle mani di pochi attori a fronte di un'estrema frammentazione degli anelli precedenti, rende questi ultimi molto fragili e pesantemente ricattabili. Alcuni attori della grande distribuzione stabiliscono il prezzo prima della stagione mediante il cosiddetto meccanismo delle aste on-line con doppia gara al ribasso;
   dal terzo rapporto «Spolpati. La crisi dell'industria del pomodoro tra sfruttamento e sostenibilità», nato all'interno della campagna «Filiera sporca», realizzata dall'associazione Terra ! onlus e Associazione daSud si apprende come funziona il sistema, che somiglia in tutto e per tutto al gioco d'azzardo: viene convocata per e-mail una prima asta tra gli industriali, in cui si richiede un'offerta di prezzo per una certa commessa (ad esempio, un certo quantitativo di barattoli di passata e/o latte di pelati). Gli industriali hanno una ventina di giorni per fare un'offerta. Raccolte le proposte, lo stesso committente convoca una seconda asta on-line, la cui base di partenza è l'offerta più bassa. Questa seconda asta on-line è nuovamente al ribasso e il tutto si svolge nel giro di un paio d'ore: vincerà chi farà l'offerta minore. Questo meccanismo pregiudica fortemente il funzionamento della filiera, sia per la rapidità con cui si svolge, sia perché gli industriali vendono allo scoperto (le aste avvengono in primavera, quando la stagione non è cominciata, né è stato chiuso il contratto tra produttori e industriali), ovvero quando non hanno ancora il pomodoro da trasformare. Questo sistema impone uno schiacciamento dei costi e rende estremamente deboli gli industriali che producono pomodoro;
   per tutelare la competitività e la correttezza imprenditoriale, la legge vieta di vendere al di sotto del prezzo di produzione. Così accade che la Gdo imponga agli industriali di dichiarare un costo di produzione più basso, in modo da poter ottemperare a questo obbligo, con la minaccia, per gli industriali, di perdere la commessa;
   questo meccanismo ha una serie di ripercussioni a catena su tutta la filiera. Avendo pre-venduto parte della produzione a prezzi bassissimi, l'industriale dovrà necessariamente rifarsi sul produttore, imponendogli a sua volta prezzi d'acquisto i più bassi possibili e cercando appena possibile di svincolarsi dagli obblighi contrattuali, che già prevedono prezzi d'acquisto al limite della sussistenza per gli agricoltori;
   nei fatti poi l'asta on-line, essendo fatta su grandi numeri e prima dell'inizio della stagione, definisce il prezzo d'acquisto della Gdo dalla grande industria, soprattutto per i cosiddetti «prodotti base» o «prodotti primo prezzo»;
   il meccanismo delle aste on-line, per quanto rispetti i termini di legge, ha l'effetto di strozzare la filiera, perché obbliga l'industria ad abbassare i prezzi e a rivalersi sull'agricoltore –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga necessario assumere d'urgenza iniziative per vietare l'utilizzo delle aste on-line a doppio ribasso, tutelando così l'intera filiera produttiva. (4-14962)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   DALL'OSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il nome di Vincenza Sicari non dovrebbe essere affatto sconosciuto sul territorio nazionale, né su quello mondiale;
   nonostante il ricovero in 32 ospedali diversi nessun medico è stato ancora in grado di emettere una diagnosi precisa;
   è ormai chiaro che la patologia sia a carattere progressivo, in quanto la ragazza vede peggiorare le sue condizioni cliniche giorno dopo giorno con la consapevolezza che, se non si dovesse intervenire in tempi brevi, possa subentrare la morte;
   nessun medico ed ospedale vuole prendere in carico la Sicari tenuto conto del bisogno quotidiano di una persona tetraplegica confinata in un letto, che per essere trasferita nel 32 esimo ospedale ha dovuto attendere a lungo –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione;
   cosa abbia fatto e cosa intenda fare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per dare ausilio alla Sicari;
   se il Governo possa adoperarsi affinché in questo caso e in quelli analoghi si possa accedere a cure all'estero;
   di quali elementi disponga il Governo circa il rifiuto di presa in carico e di ricovero e le motivazioni per le quali non vi siano professionisti in Italia disponibili a curare la Sicari. (3-02654)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FUCCI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   numerosi fatti di cronaca hanno portato alla luce un fenomeno grave quale quello dello stato di insicurezza in cui in troppe parti d'Italia si trovano a lavorare i medici in servizio di notte nei posti di continuità assistenziale (ex guardie mediche) e nei pronto soccorso;
   per fare alcuni esempi relativi a diversi momenti del 2016, il 24 febbraio 2016 le cronache siciliane hanno riportato dell'aggressione a danno di una dottoressa a Nicolosi, il successivo 14 agosto il posto di guardia medica di una frazione isolata di Fermo è stato devastato da un gruppo di sbandati e il 22 ottobre a Giaveno (Torino) il medico di turno è stato aggredito dal padre di un bimbo «insoddisfatto» dell'assistenza prestata;
   in precedenza nel 2015 la Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) aveva pubblicamente denunciato il pericolo di sguarnire e rendere sempre più pericolosi i posti di continuità assistenziale sottolineando le minacce quotidiane e le aggressioni fisiche con spinte, botte, schiaffi e insulti;
   si nota che in base agli accordi collettivi nazionali le Asl dovrebbero garantire che le sedi del servizio di continuità assistenziale siano dotate di idonei locali e di adeguate misure di sicurezza;
   da una ricerca effettuata qualche anno fa dal settore continuità, assistenziale della Fimmg, che ha intervistato circa 2.458 medici di guardia, è emerso che il 90 per cento dei medici dichiarava di aver subito atti di violenza, il 64 per cento minacce verbali, l'11 per cento atti vandalici, il 22 per cento percosse e ben il 13 per cento minacce a mano armata con armi improprie. Ben 9 medici su 10 durante tutta la loro attività hanno subìto almeno una volta un'aggressione e 8 su 10 ne hanno subìta più di una. Solo il 13 per cento degli operatori di continuità assistenziale, dopo aver subito un'aggressione, deciderebbe di rivolgersi alle autorità per denunciare l'accaduto;
   un effetto dei tagli alla sanità è che, a differenza del passato, sono sempre più frequenti i casi in cui il medico di turno nelle ore notturne si trovi in servizio completamente da solo, essendo così esposto a maggiori potenziali pericoli;
   accade quindi che sempre più spesso il medico di guardia si debba recare da solo in visita domiciliare durante la notte, con mezzi propri, in luoghi non familiari e in casa di sconosciuti, o riceve gli assistiti in sedi isolate e senza vigilanza –:
   quali urgenti iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, per quanto di competenza, con riguardo particolare da un lato al tema delle risorse e dell'organizzazione del servizio di continuità assistenziale, e dell'altro alle condizioni di insicurezza oggi esistenti. (4-14953)


   VILLAROSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto n. 70 del 2015, «Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera», al punto 9.2.2 dispone a favore delle regioni la possibilità di prevedere presidi ospedalieri in zone particolarmente disagiate «per presidi situati in aree considerate geograficamente e meteorologicamente ostili o disagiate, tipicamente in ambiente montano o premontano con collegamenti di rete viaria complessi e conseguente dilatazione dei tempi, che siano distanti più di 90 minuti dai centri hub o spoke di riferimento (o 60 minuti dai presidi di pronto soccorso), superando così i tempi previsti per un servizio di emergenza efficace». Nella definizione di tali aree deve essere tenuto conto della presenza o meno di elisoccorso e di elisuperfici dedicate;
   tali strutture devono essere integrate nella rete ospedaliera e dotate indicativamente di: un reparto di 20 posti letto di medicina generale con proprio organico, una chirurgia elettiva ridotta che effettui interventi in day surgery o week surgery e un pronto soccorso con organico medico dedicato inquadrato nella disciplina specifica, come previsto dal decreto ministeriale 30 gennaio 1998 (medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza);
   il presidio ospedaliero di Mistretta, inserito nei cosiddetti «Ospedali Riuniti S.Agata-Mistretta», è situato ad un'altitudine di circa 1000 s.l.m. dista dal vicino pronto soccorso di S. Agata M. circa 53 chilometri e subisce per diversi mesi dell'anno condizioni meteo proibitive (neve, ghiaccio, nebbia). Il presidio è a servizio di circa 25.000 residenti. Un hinterland che comprende quasi tutti paesi montani con le stesse caratteristiche orografiche di Mistretta;
   il documento «Classificazione dei Comuni italiani secondo la metodologia per la definizione delle Aree Interne 2014» dell'Agenzia per la coesione territoriale, classifica Mistretta come «Aerea interna». In particolare, viene indicata come zona «ultra periferica», per via degli oltre 75 minuti impiegati per raggiungere il più vicino centro di offerta dei servizi;
   si apprende, da notizie di stampa, che nella nuova rete dell'emergenza urgenza della provincia di Messina il cosiddetto « spoke» sarà l'ospedale «Papardo», invece l’hub sarà il «Policlinico» entrambi situati nella città di Messina. Inoltre, la nuova rete dell'emergenza-urgenza pare che preveda la chiusura del pronto soccorso di Mistretta;
   la regione siciliana, ai fini dell'attuazione del decreto ministeriale n. 70 del 2015 come detto dal Ministro stesso in risposta ad alcune interrogazioni, ha presentato diversi documenti relativi alla programmazione dell'assetto della rete ospedaliera siciliana, senza però, apparentemente, presentare alcuna richiesta per la classificazione del presidio di Mistretta come presidio di sede disagiata;
   il presidio ospedaliero di Mistretta attualmente presenta:
    un reparto di medicina/lungodegenza dotato di 22 posti letto servito da soli 3 dirigenti medici di primo livello in servizio più un dirigente medico di secondo livello;
    un reparto di chirurgia generale dotato di 12 posti letto con la presenza di soli 4 medici senza la presenza di un primario;
    un servizio di pronto soccorso assicurato da sette medici dei quali uno di ruolo, tre con incarico a tempo determinato e tre assegnati dal 118;
    un «percorso nascite» inattivo, con ambulatorio di ostetricia e ginecologia funzionante solo 2 giorni al mese;
    un servizio di radiologia assicurato da soli tre medici (uno dei quali in maternità), che in caso di carenza di radiologi al presidio ospedaliero di S. Agata di Militello, vengono utilizzati «in copertura» del servizio;
    un servizio di anestesia e rianimazione assicurato da soli due medici, praticamente in servizio attivo e/o in reperibilità 24 ore su 24. Questi ultimi oltre a non poter usufruire delle ferie, non riescono ad assicurare né l'attività chirurgica in «elezione» se non per piccoli interventi, né quella in «urgenza», in quanto i chirurghi non risultano sufficienti per numero ad assicurare la pronta disponibilità adeguata;
    un'elipista, idonea all'atterraggio solo di alcuni elisoccorsi; i tempi tecnici per trasferire un paziente in elisoccorso al centro Hub o Spoke di Messina dall'attivazione sono di circa 100 minuti –:
   se il Ministro interrogato non ritenga urgente attivarsi, per quanto di propria competenza, al fine di verificare le ragioni che abbiano portato a escludere la città di Mistretta dalle zone particolarmente disagiate nell'ottica di assicurare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza. (4-14954)


   MURER e MOGNATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, la regione Veneto ha comunicato l'interruzione degli screening oncologici, in particolare delle mammografie per le donne al di sotto dei 50 anni di età, in conseguenza ad un provvedimento della giunta regionale che ridimensiona le risorse per la diagnostica;
   con le nuove disposizioni il medico di base non può più prescrivere il cosiddetto esame polifasico composto dalla visita senologica, dall'ecografia mammaria e dalla mammografia bilaterale, esami che permettono di individuare la malattia con precisa immediatezza;
   con le nuove disposizioni, l'esame polifasico può essere prescritto solo a pazienti che presentano sintomi specifici e soltanto per la fascia d'età compresa fra i 50 e 69 anni mentre, grazie ad una legge nazionale, dovrebbe essere garantito lo stesso esame anche a donne di età compresa fra i 45 e i 49 anni, oltre che – per ragioni ovvie di prevenzione e tutela – anche alle donne di altre fasce d'età;
   le statistiche del sistema epidemiologico regionale veneto dicono che il tumore della mammella costituisce oggi la prima causa di decesso per neoplasia delle donne, con una mortalità elevata già nelle fasce più giovani, superiore in termini assoluti alla mortalità per malattie dell'apparato circolatorio;
   nello specifico, il tasso di mortalità più elevato si riscontra sul territorio del veneziano;
   ogni anno in Veneto sono 4 mila le nuove diagnosi di tumore al seno, che è il più frequente nel sesso femminile. Oggi il 90 per cento delle donne guarisce grazie ai continui progressi della medicina e agli screening per la diagnosi precoce;
   ogni anno in Veneto, con le vecchie disposizioni, venivano eseguite circa 260 mila mammografie, svolte sia nella sanità pubblica sia in quella privata accreditata, e non solo nella prevenzione diagnostica;
   il taglio alla prevenzione sta creando preoccupazione tra i medici di base e quelli impegnati nelle breast unit, i centri di senologia istituiti sempre dalla regione nel 2014, allo scopo di combattere le insorgenze del tumore al seno;
   operatori della sanità, oncologi e medici insistono sul ruolo strategico della diagnosi precoce e responsabile per individuare con tempestività la malattia, e consentire protocolli di cura in grado, quando non di curarla del tutto, di poterla ritenere sotto controllo e convivere con essa;
   la scelta della regione Veneto appare agli interroganti del tutto incomprensibile e fuori luogo, e rappresenta un passo indietro pericoloso, un arretramento dei livelli di copertura sanitaria e tutela della salute delle donne; un tassello verso la graduale erosione di quell'eccellenza che è stato fino a pochi anni fa il sistema sanitario nazionale e regionale;
   saranno particolarmente penalizzate moltissime giovani donne, per le quali l'opportunità dello screening costituiva un mezzo importante di salvaguardia della propria salute –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga, nell'ambito delle sue competenze e nel rispetto di quelle regionali, di assumere iniziative volte a garantire a tutte le donne, incluse quelle venete, il diritto alla prevenzione e alla salute, messo gravemente a rischio dalle disposizioni di cui in premessa. (4-14973)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   L'ABBATE. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si richiama quanto disposto dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, «Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica» – articolo 4 «Finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche» – comma 7;
   il decreto legislativo n. 219 del 2016, la cui entrata in vigore è fissata al 12 dicembre 2016, denominato «Attuazione della delega di cui all'articolo 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, per il riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura», all'articolo 1 «modifiche alla legge 29 dicembre 1993, n. 580, così come modificata dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 23» prevede, comma 1, lettera b) n. 6: «Il comma 5 è sostituito dal seguente: «5. Le camere di commercio, nel rispetto dei limiti previsti dalla presente legge e di criteri di equilibrio economico e finanziario, possono costituire, previa approvazione del Ministero dello sviluppo economico, in forma singola o associata, aziende speciali operanti secondo le norme del diritto privato. Le aziende speciali delle camere di commercio sono organismi strumentali dotati di soggettività tributaria. Le camere di commercio possono attribuire alle aziende speciali il compito di realizzare le, iniziative funzionali al perseguimento delle proprie finalità istituzionali e del proprio programma di attività, assegnando alle stesse risorse finanziarie e strumentali necessarie». E all'articolo 3 «Riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del personale», comma 2, lettera b), si prevede: «un piano complessivo di razionalizzazione e riduzione delle aziende speciali mediante accorpamento, in particolare per le camere accorpate, di tutte le aziende che svolgono compiti simili o che comunque possono essere svolti in modo coordinato ed efficace da un'unica azienda; in quel caso non possono essere istituite nuove aziende speciali, salvo quelle eventualmente derivanti da accorpamenti di aziende esistenti o dalla soppressione di unioni regionali»;
   si richiama altresì l'interrogazione n. 5-07517, riguardante l'operazione di cosiddetta «privatizzazione» della Fiera del Levante posta in essere dalla camera di commercio di Bari in collaborazione con Bologna Fiere;
   le dichiarazioni apparse sulla stampa locale parlano di un imminente intesa contrattuale tra i vari enti protagonisti, prevista entro il 12 dicembre 2016 e tesa ad evitare le nuove normative che entreranno in vigore a giorni (La Gazzetta del Mezzogiorno del 6 dicembre 2016, Il Corriere del Mezzogiorno 7 dicembre 2016);
   nella delibera di costituzione della Newco Nuova Fiera del Levante srl n. 100 del 6 dicembre 2016 si riporta che «Con nota acquisita al protocollo camerale n. 53958 del 28 novembre 2016, continua ancora il Relatore, il Collegio di Revisori dei Conti ha trasmesso, in allegato al verbale n. 6, il parere di propria competenza che è stato espresso in termini favorevoli all'adesione della Camera di Commercio di Bari alla costituenda società «NEWCO Nuova Fiera del Levante s.r.l.» facendo riferimento alla normativa attualmente vigente e sottolineando la necessità di procedere a tutte le necessarie modifiche sostanziali e procedurali che si dovessero rendere necessarie per effetto dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 219 del 25 novembre 2016, concernente la riforma del sistema camerale in attuazione dell'articolo 10 della legge n. 124 del 25 agosto 2015» –:
   se il Governo sia a conoscenza della cosiddetta «privatizzazione» della gestione della Fiera del Levante che vede protagonista la Camera di Commercio di Bari;
   quale sia l'orientamento del Governo circa questa operazione per la gestione patrimoniale e finanziaria dell'ente camerale e se, nel rispetto della nuova normativa, nonché del parere del collegio dei revisori, ritenga doverosa, per quanto di competenza, una verifica sulla stessa operazione. (4-14969)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   BALDELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel caso in cui il conducente di un veicolo noleggiato riceva una multa per una qualsivoglia infrazione al codice della strada, la società locatrici, ha l'obbligo di comunicare all'ente accertatore i dati del cliente, ai sensi dell'articolo 196 del codice della strada, in modo che la multa, poi, venga notificata direttamente al presunto trasgressore, vale a dire a chi ha noleggiato la vettura stessa;
   la gestione di questi passaggi comporta un'attività di trasferimento di dati da parte delle società di autonoleggio;
   tale attività viene quantificata arbitrariamente per importi significativi, che variano dai 35 ai 90 euro esclusa l'iva, che vengono posti a carico del cliente sotto forma di «ragionevole addebito amministrativo», con prelievo diretto sulla carta di credito o attraverso la richieste di effettuazione di un bonifico a beneficio del locatore;
   la quantificazione di tali cifre appare unilaterale e sproporzionata rispetto alla reale attività amministrativa sostenuta dalle società locatrici;
   i suddetti rapporti, regolati da accordi stipulati secondo le forme dei cosiddetti «contratti per adesione», corredati e disciplinati da condizioni generali di contratto, e rientranti nella tipologia dei contratti di servizio, devono rispettare gli articoli 33 e seguenti del codice del consumo, e non prevedere clausole vessatorie ai danni dei clienti –:
   di quali elementi disponga in ordine al rispetto delle norme del codice del consumo da parte delle suddette clausole presenti nei contratti di noleggio-auto senza conducente, utilizzate dalla maggior parte delle aziende operanti in Italia, e se non reputi opportuno intraprendere iniziative, anche di carattere normativo, per uniformare e ridurre il costo di queste operazioni che, di fatto, finiscono per diventare una sorta di seconda sanzione a carico del locatario, rispetto alla quale è inibita qualsiasi forma di ricorso o di rimborso, a prescindere dall'esito della sanzione amministrativa vera e propria.
   (3-02655)

Interrogazione a risposta scritta:


   ASCANI, GIULIETTI, SERENI e VERINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come noto la legge 23 luglio 2009, n. 99, definisce le disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, introducendo all'articolo 2 l'accordo di programma come atto di regolamentazione concordata, con il fine di assicurare la tempestività delle iniziative di reindustrializzazione nelle aree o distretti in casi di situazioni di particolare complessità, nei quali si richieda un'attività integrata e coordinata di regioni, enti locali e altri soggetti pubblici e privati e di amministrazioni statali. Si vuole porre all'attenzione la situazione della Merloni spa, gruppo di aziende facenti capo a Antonio Merloni spa, che svolge la sua attività in diversi settori produttivi nelle aree di Emilia Romagna, Marche e Umbria e che negli anni 2007-2008 è stata colpita da una grave crisi, con conseguenze negative non solo per i lavoratori alle dirette dipendenze dell'azienda, ma anche per tutto l'indotto locale. Nel 2008 la Antonio Merloni spa, su richiesta del suo management, è stata sottoposta a procedura di amministrazione straordinaria, che si è concretizzata nella cessione dei complessi aziendali. Alla luce della crisi produttiva e di mercato che ha interessato l'azienda, il 19 marzo 2009 è stato siglato un accordo di programma tra il Ministero dello sviluppo economico e le regioni Umbria, Marche e Emilia Romagna, anche e soprattutto constatando come la stessa rivestisse un interesse particolare per l'intero territorio nazionale, operando in un settore rilevante del sistema manifatturiero. L'accordo di programma, nato dalla consapevolezza che nelle situazioni di crisi più gravi risulta difficile intervenire in via ordinaria con i soli strumenti regionali e con la finalità di regolare l'attività congiunta dei soggetti pubblici e privati volta a tutelare l'apparato produttivo esistente e l'occupazione nei siti industriali in crisi e ad assicurare il rilancio delle attività produttive, prevedeva una manovra di intervento articolata, gestita da un apposito gruppo di coordinamento. Ai sensi del decreto-legge n. 120 del 1989, recante «Misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 181 del 1989, il Ministero dello sviluppo economico prevedeva, così, lo stanziamento di 35 milioni di euro. In data 18 ottobre 2012 l'accordo veniva rimodulato con un primo atto integrativo che conteneva le misure, le modalità e le risorse destinate alle iniziative per la reindustrializzazione delle aree coinvolte dalla crisi, comprendendo il progetto di riconversione e riqualificazione industriale (PRRI), articolato nei due interventi principali di promozione imprenditoriale e politiche attive del lavoro. Il progetto di riconversione e riqualificazione industriale dell'area veniva prorogato con un secondo atto integrativo in data 18 marzo 2015 di ventiquattro mesi oltre la scadenza stabilita dallo integrativo del 18 ottobre 2012, ovvero di quarantotto mesi oltre la scadenza stabilita dall'accordo di programma del 19 marzo 2010;
   sono drammatiche le difficoltà economiche che i lavoratori del gruppo Merloni si trovano a vivere, con 350 di loro che hanno ad oggi esaurito gli ammortizzatori sociali e con altri 200 che vi si aggiungeranno entro ottobre 2017 –:
    quale sia ad oggi lo stato di avanzamento degli interventi previsti dal progetto di riconversione e riqualificazione industriale dell'area;
   se si intenda valutare la possibilità di assumere iniziative per estendere i benefici previsti alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 2, del decreto legislativo n. 185 del 2016, anche alle aree interessate agli accordi di programma già sottoscritti.
(4-14961)

Pubblicazione di un testo riformulato

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza Cancelleri n. 2-01558, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 711 del 6 dicembre 2016.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   un deputato siciliano dell'Assemblea regionale siciliana ha ricevuto da circa un mese e mezzo una condanna: si è verificata una condanna a due anni e otto mesi per corruzione nei confronti di Francesco Cascio; la condanna ha riguardato i lavori di sistemazione della villetta di sua proprietà a Collesano, vicino ad un resort con campi da golf. I titolari della società che gestisce la struttura turistica sarebbero stati favoriti nell'accesso ad alcuni finanziamenti europei;
   secondo quanto stabilito dalla legge n. 190 del 2012, cosiddetta legge Severino, articolo 8 comma 4 si prevede: «A cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero i provvedimenti giudiziari che comportano la sospensione ai sensi del comma 1 sono comunicati al prefetto del capoluogo della Regione che ne dà immediata comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri il quale, sentiti il Ministro per gli affari regionali e il Ministro dell'interno, adotta il provvedimento che accerta la sospensione. Tale provvedimento è notificato, a cura del prefetto del capoluogo della Regione, al competente consiglio regionale per l'adozione dei conseguenti adempimenti di legge. Per la regione siciliana e la regione Valle d'Aosta le competenze di cui al presente articolo sono esercitate, rispettivamente, dal commissario dello Stato e dal presidente della commissione di coordinamento»; il provvedimento di specie è la sospensione dalla carica per 18 mesi;
   il Ministro dell'interno Alfano, che è anche il presidente dell'NCD, ha rilasciato delle dichiarazioni, riportate da LiveSicilia del 25 novembre 2016, di accalorata solidarietà a Francesco Cascio: «Alfano, da capo dell'Ncd, sul tema si era espresso, ribadendo “amicizia, stima e fiducia” a Cascio e dicendosi certo della “sua innocenza che sono convinto riuscirà a provare in appello. L'articolo 27 della Costituzione – ha aggiunto – è tuttora in vigore e ci consente, e al tempo stesso impone, di considerarlo innocente”. Il Ministro ha poi annunciato di aver “convintamente respinto”, le dimissioni del deputato siciliano da coordinatore regionale di Ncd» –:
   quali siano le motivazioni del notevole ritardo con cui si procede da parte della Presidenza del Consiglio all'adozione del provvedimento che accerta la sospensione nei confronti del deputato siciliano Cascio ovvero se la cancelleria del tribunale di Palermo non abbia ancora notificato al commissario dello Stato l'avvenuta sentenza relativa al deputato regionale Cascio ovvero se il commissario dello Stato abbia ritardato la comunicazione alla Presidenza del Consiglio;
   una volta superati i ritardi ed eventuali «anomali» dubbi non ritenga di adottare immediatamente il provvedimento che accerta la sospensione del deputato siciliano Cascio, in ossequio alla legge e nel rispetto dei cittadini italiani.
(2-01558) «Cancelleri, Lorefice».

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Gnecchi e Carloni n. 5-09362 del 3 agosto 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14967.
   interrogazione a risposta in Commissione Ciprini e altri n. 5-09953 del 3 novembre 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14950.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Massimiliano Bernini e Liuzzi n. 5-10017 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 706 del 15 novembre 2016.
  Alla pagina 42767, seconda colonna, dalla riga diciassettesima alla riga diciottesima deve leggersi: «Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere –» e non come stampato.