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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 22 luglio 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    secondo i dati del Bollettino delle entrate tributarie pubblicato dal Ministero dell'economia e delle finanze, nei primi cinque mesi del 2016, le entrate tributarie erariali accertate in base al criterio della competenza giuridica ammontano a 156.470 milioni di euro, con un incremento di +4.173 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (+2,7 per cento);
    rispetto al citato totale delle entrate tributarie erariali, le imposte dirette si attestano a 79.569 milioni di euro (+1.574 milioni di euro, pari a +2,0 per cento) e le imposte indirette risultano pari a 76.901 milioni di euro (+2.599 milioni di euro, pari a +3,5 per cento); in particolare, per quanto riguarda le imposte indirette si registra un incremento per i primi 5 mesi del 2016 di entrate derivanti dall'IVA che sono risultate pari a 44.849 milioni di euro (+3.679 milioni di euro, pari a +8,9 per cento) di cui 40.244 milioni di euro (+4.294 milioni di euro, pari a +11,9 per cento) derivano dalla componente relativa agli scambi interni e 4.605 milioni di euro (-615 milioni di euro, pari a —11,8 per cento) affluiscono dal prelievo sulle importazioni;
    nel 2015 le entrate IVA sono risultate complessivamente pari a 119.321 milioni di euro con un incremento di 4.831 milioni di euro rispetto il 2014, pari a +4,2 per cento, di cui 106.922 milioni di euro (+5.805 milioni di euro, pari a +5,7 per cento) derivano dalla componente relativa agli scambi interni;
    nel medesimo periodo gennaio-dicembre 2015 il gettito derivante dai ruoli si è attestato a 9.203 milioni (+217 milioni di euro, pari a +2,4 per cento rispetto al 2014), di cui 3.100 milioni di euro derivanti dall'IVA con un incremento di +271 milioni di euro, pari a +9,6 per cento;
    il documento di economia e finanza 2016, che ha come obiettivi prioritari il rilancio della crescita e dell'occupazione, attraverso il piano di riforme strutturali, le misure di stimolo agli investimenti pubblici e privati e il consolidamento della finanza pubblica, prevede tra l'altro, per il 2016, una riduzione della pressione fiscale di 0,7 punti percentuali, al 42,8 per cento del prodotto interno lordo (classificando il «bonus 80 euro» per gli effetti sul reddito netto dei lavoratori, la pressione fiscale scende al 42,2 per cento);
    a settembre 2015, in allegato alla nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2015, il Governo ha presentato alle Camere il rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale che quantifica in 91,4 miliardi di euro su base annua (6,6 per cento del prodotto interno lordo) il tax gap (o divario fiscale) riferito alla media degli anni 2007-2013 in relazione all'IVA, alle imposte dirette sulle imprese e sul lavoro autonomo e all'IRAP di cui in particolare il 44 per cento derivante dall'IVA (circa 40 miliardi);
    il contrasto all'evasione fiscale riveste un'importanza fondamentale ai fini del perseguimento di un più elevato grado di equità e di efficienza finanziaria e dell'acquisizione di maggiori risorse da utilizzare per lo sviluppo socio-economico e costituisce inoltre parte integrante della lotta contro l'illegalità;
    in attuazione della legge 11 marzo 2014, n. 23, che ha conferito una delega al Governo per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, sono stati emanati 11 decreti legislativi, tra cui, in particolare, il decreto legislativo n. 127 del 2015, in attuazione dell'articolo 9 della citata delega fiscale, che prevede norme in materia di incentivazione all'utilizzo della fatturazione elettronica, trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici;
    in particolare, nel citato provvedimento, è prevista, a decorrere dai 1o gennaio 2016, l'introduzione della possibilità, per i contribuenti che opteranno per la fatturazione elettronica, di utilizzare gratuitamente, dal 1o luglio 2016, il servizio dell'Agenzia delle entrate per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche. A decorrere dal 1o gennaio 2017 i soggetti che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi (essenzialmente nel settore del commercio) hanno la facoltà di trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi, in sostituzione degli obblighi di registrazione. L'opzione ha effetto per cinque anni e si estende, ove non revocata, di quinquennio in quinquennio. In sostanza, si tratta del superamento dell'emissione dello scontrino ai fini fiscali;
    a favore dei soggetti che effettuano l'opzione per la trasmissione telematica delle fatture e, sussistendone i presupposti, per coloro che effettuano sia la predetta opzione che quella relativa alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, vengono meno determinati obblighi di comunicazione (spesometro, black list); i rimborsi IVA sono eseguiti in via prioritaria; i termini di accertamento in materia di IVA ed imposte dirette sono ridotti di un anno per quei contribuenti che garantiscano la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati;
   mentre l'obbligo di fatturazione in forma elettronica nei confronti delle amministrazioni dello Stato, introdotto dalla finanziaria 2008, persegue gli obiettivi specifici di ridurre e controllare la spesa pubblica, nonché di migliorare la trasparenza nei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione, il nuovo meccanismo di trasmissione in via telematica dei dati all'amministrazione finanziaria, previsto dal citato decreto legislativo n. 127 del 2015, ha natura opzionale e si pone come strumento di semplificazione degli adempimenti per i contribuenti, nonché di snellimento nei rapporti con il fisco;
    sempre in attuazione della citata delega fiscale, è stato emanato, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera h), della legge 11 marzo 2014, n. 23, il decreto legislativo n. 157 del 2015, recante misure per la revisione della disciplina dell'organizzazione delle agenzie fiscali le cui disposizioni prevedono interventi in materia di riorganizzazione delle agenzie fiscali diretti a potenziare l'efficienza dell'azione amministrativa anche attraverso la definizione di specifici obiettivi misurabili sulla base di puntuali indicatori;
    lo studio del Fondo monetario internazionale (FMI) «rafforzamento della governance e dell'efficacia delle agenzie fiscali», del 19 luglio 2016, che rappresenta il risultato della consulenza tecnica fornita dagli esperti del FMI in risposta alla richiesta del Ministro dell'economia e delle finanze, con lo scopo di esaminare l'organizzazione, la governance e la prestazione operativa dell'amministrazione fiscale, evidenzia che, nonostante l'alto livello di gettito, la performance delle entrate tributarie ha un andamento altalenante nelle imposte principali ed è bassa nel caso dell'IVA;
    secondo le stime dell'Agenzia delle entrate, un'importante riduzione del gap IVA è stata raggiunta prima della crisi finanziaria, tuttavia, durante la crisi questa percentuale è cresciuta di nuovo al 30 per cento e si è mantenuta su quel livello;
    tra le principali raccomandazioni contenute nel citato rapporto dell'IMF si ricorda: a) la necessità di miglioramento della governance delle agenzie fiscali, ripristinando l'autonomia delle agenzie fiscali tramite il potere di procedere ad assunzioni e promozioni e la possibilità di prevedere una specifica struttura che si occupi delle carriere, nonché l'adozione di un mandato a termine per il direttore; b) la possibilità di consentire alle agenzia di sviluppare una visione istituzionale quinquennale per migliorare la gestione strategica e la previsione dell'attribuzione, graduale nel tempo, di una responsabilità esclusiva all'Agenzia delle entrate in materia di verifiche e indagini tributarie; c) la riduzione dei rischi di compliance e selezione dei casi da parte del livello regionale dell'amministrazione finanziaria anche prevedendo l'istituzione di un'unità speciale dedicata alla gestione della compliance e l'attuazione di progetti per l'aumento dell'adesione spontanea nei settori ad alto rischio; in relazione al miglioramento della fedeltà fiscale in materia di IVA, è raccomandata l'introduzione di dichiarazioni mensili e trimestrali e la riduzione delle informazioni richieste nonché la revisione delle modalità di presentazione delle dichiarazioni e dei versamenti per promuovere una più tempestiva riscossione delle imposte; d) l'adozione di azioni concrete per affrontare le cause alla base dell'accumulo dei debiti fiscali tramite l'allineamento delle disposizioni in materia di rateizzazione con i trend internazionali;
    anche l'OCSE, a seguito della richiesta del Ministro dell'economia e delle finanze, ha avviato una revisione della struttura organizzativa e funzionale dell'amministrazione fiscale italiana, delineando un deficit dell'amministrazione finanziaria nella riscossione dell'IVA; in particolare, il documento dell'OCSE afferma che la richiesta ai contribuenti di fornire informazioni sull'IVA annualmente, diversi mesi dopo la fine di un periodo d'imposta, essendo i pagamenti IVA effettuati mensilmente o trimestralmente, genera consistenti tempi di attesa che favoriscono le frodi IVA; particolare attenzione e urgenza dovrebbe essere data quindi nel riformulare gli obblighi di presentazione delle dichiarazioni IVA con limiti fissati per evitare l'imposizione di inutili oneri ai piccoli commercianti e semplificando la dichiarazione annuale IVA, nonché incentivando l'uso della fatturazione elettronica;
    la direttrice dell'Agenzia delle entrate, nel corso dell'audizione nella Commissione di vigilanza sull'anagrafe tributaria, tenutasi il 20 luglio 2016, citando i rapporti dell'OCSE e dell'FMI che auspicano il passaggio da una cadenza annuale delle dichiarazioni a una più frequente, ha dichiarato che la tempestività sarebbe un elemento fondamentale per combattere le frodi sull'IVA;
    secondo la direttrice, infatti, i crediti fiscali inesigibili riguardano soprattutto l'IVA e l'esperienza ha mostrato che le frodi su tale imposta si manifestano con estrema immediatezza in particolari settori commerciali, con riguardo a determinati beni o servizi e per un tempo limitato. In relazione a tali settori, l'intervento di controllo ex post che può essere innescato sulla base dei dati delle fatture trasmessi telematicamente, o sulla base delle fatture elettroniche, potrebbe non essere sufficientemente rapido da consentire il recupero dell'imposta evasa; molto più efficace, per combattere le frodi, sarebbe l'applicazione selettiva del sistema dell'inversione contabile, volta a colpire, con un intervento ex ante, esclusivamente quei settori dove si annidano, con maggiore frequenza, detti fenomeni evasivi. Il reverse charge, individuando quale debitore di imposta il cessionario o il committente, toglie al cedente, o prestatore, la possibilità di esercitare la rivalsa e poi di non versare l'Iva relativa all'operazione effettuata. Per questo, la fatturazione elettronica appare complementare, piuttosto che alternativa al reverse charge, per garantire il contrasto all'evasione e prevenire nuove frodi;
    secondo i dati forniti dall'Agenzia delle entrate, il sistema di fatturazione elettronica tra privati, avviato il 1o luglio 2016, è stato utilizzato nei primi 18 giorni di attività da 13.730 utenti che hanno generato più di 2.700 fatture;
    sarebbe opportuno, pertanto, prevedere un intervento nell'ambito dei decreti correttivi della delega fiscale, in relazione all'incentivazione all'utilizzo della fatturazione elettronica tra i soggetti che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi (essenzialmente nel settore del commercio) come strumento di semplificazione degli adempimenti per i contribuenti e snellimento nei rapporti con il fisco, nonché di contrasto all'evasione fiscale attraverso la semplificazione dei controlli da parte dell'amministrazione e il miglioramento della tracciabilità di tutte le operazioni, tenuto conto dei risultati degli studi di rilevanza internazionale enunciati in premessa sulla revisione della struttura organizzativa e funzionale dell'amministrazione fiscale italiana, e delle critiche che sono emerse in relazione alla tax compliance,

impegna il Governo

   ai fini del contrasto all'evasione e della semplificazione degli adempimenti dei costi di gestione posti in capo ai contribuenti, in una prospettiva di medio periodo, ad assumere iniziative per introdurre l'obbligo della trasmissione in forma telematica all'Agenzia delle entrate dei dati di fatturazione, in coincidenza con i termini della liquidazione periodica IVA, in luogo degli attuali adempimenti, valutando gli effetti di tale disposizione in un periodo individuato come sperimentale in una prima fase, in quanto tale misura potrebbe soddisfare sia l'esigenza di contrastare l'evasione di tale tributo, sia le esigenze di semplificazione contabile e di riduzione dei costi di gestione degli adempimenti IVA attraverso l'eliminazione di una serie molto ampia di adempimenti gravosi per i contribuenti, quali, ad esempio: le comunicazioni dei dati rilevanti a fini IVA (cosiddetto spesometro); le comunicazioni ai fini del monitoraggio delle transazioni con i Paesi a regime fiscale privilegiato appartenenti alla cosiddetta « black list»; la trasmissione degli elenchi riepilogativi delle prestazioni intracomunitarie dei servizi ricevuti e degli acquisti effettuati; la comunicazione delle dichiarazioni d'intento da parte degli esportatori abituali; l'obbligo di registrazione delle fatture emesse e delle fatture relative ai beni e servizi acquistati o importati; l'obbligo di apposizione del visto di conformità per la compensazione e il rimborso dei crediti IVA;
   ad attuare tempestivamente quanto disposto dall'articolo 1, comma 5, del citato decreto legislativo n. 127 del 2015, che prevede l'emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze con cui sono stabilite nuove modalità semplificate di controlli a distanza degli elementi acquisiti dall'Agenzia delle entrate, basate sul riscontro tra i dati comunicati dai soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto e le transazioni effettuate, tali da ridurre gli adempimenti di tali soggetti, non ostacolare il normale svolgimento dell'attività economica degli stessi ed escludere la duplicazione di attività conoscitiva;
   ad assumere iniziative per l'introduzione, garantendo un'adeguata copertura degli oneri, di detrazioni fiscali, anche sotto la forma di credito d'imposta, per le spese sostenute dai contribuenti in relazione alla memorizzazione e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri, al fine di incentivare maggiormente i contribuenti ad optare per tale strumento, che avrà ricadute positive sia sotto il profilo della semplificazione degli adempimenti sia sotto il profilo del rafforzamento del contrasto all'evasione, evitando il disorientamento per i contribuenti che provocherebbe un'adesione non generalizzata ai nuovi meccanismi di trasmissione;
   a valutare la possibilità di escludere gli accertamenti analitico-induttivi, basati sulle presunzioni semplici, per i contribuenti che utilizzano strumenti che assicurano la tracciabilità di pagamenti ricevuti ed effettuati.
(7-01058) «Petrini, Pelillo, Causi, Barbanti, Capozzolo, Carella, Currò, De Maria, Marco Di Maio, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gitti, Lodolini, Moretto, Ragosta, Ribaudo, Sanga, Zoggia».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la stragrande maggioranza dei prodotti agricoli quali vite, olio, agrumi, kiwi, castagne e miele è minata da fitopatie aggressive che ogni anno falcidiano intere coltivazioni con una mancata produzione, da nord a sud del territorio nazionale, che costa oltre 500 milioni di euro;
    l'effetto dei mutamenti climatici e le importazioni di prodotti agricoli potrebbero essere verosimilmente all'origine di un preoccupante prolificare di fitopatie specie virus, funghi e insetti che stanno attaccando pesantemente le eccellenze italiane della terra;
    secondo la Commissione europea, le specie esotiche invasive non solo sono una causa della crescente perdita di biodiversità e dell'estinzione delle specie ma possono anche essere vettori di malattie o causare direttamente problemi di salute (ad esempio asma, dermatiti e allergie). Tali specie possono danneggiare infrastrutture e impianti, ostacolare la silvicoltura o causare perdite agricole. I costi dei danni provocati dalle specie esotiche invasive nel territorio unionale ammontano a circa 12 miliardi di euro l'anno, secondo la valutazione d'impatto della Commissione;
    nel caso dell'olivo i problemi sono causati dalla famigerata bactrocera oleae, meglio nota come mosca olearia, che, nel 2014, ha imperversato ovunque con una riduzione totale dell'80 per cento della produzione di olio;
    in molti territori delle province di Brindisi, Taranto e Lecce la diffusione del batterio Xylella fastidiosa sta causando una vera e propria emergenza fitosanitaria, con l'abbattimento del 50 per cento delle coltivazioni di olivi secolari che rappresentano un patrimonio di particolare rilevanza per la regione Puglia e per il Salento;
    la massiccia infestazione delle superfici investite dal cinipide (Dryocosmus kuriphilus yatsumatsu), un imenottero particolarmente dannoso per il castagno, originario della Cina, segnalato per la prima volta in Italia nel 2002 in provincia di Cuneo, introdotto accidentalmente a seguito dell'importazione di materiale vegetativo (marze) e non adeguatamente certificato dal punto di vista fitosanitario, ha quasi azzerato le produzioni di castagne generando un danno di oltre 200 milioni;
    le api italiane sono minacciate da virus, parassiti e predatori, molti dei quali importati come la vespa velutina e il coleottero sudafricano Aethina tumida Murray, localizzato per ora in Calabria e in Sicilia, le cui larve si nutrono di miele di cui ne alterano irreversibilmente le caratteristiche organolettiche. Risultano distrutte, secondo i dati aggiornati all'agosto 2015, in ottemperanza dell'ordinanza regionale, oltre 3.000 famiglie di api e la flessione dei volumi del miele prodotto è stata una diretta conseguenza;
    a partire dal 2008 si è assistito alla diffusione della batteriosi dell'actinidia, una malattia ad elevato rischio fitosanitario causata dal batterio Pseudomonas syringae pv. actinidiae Takikawa, Serizawa, Ichikawa, Tsuyum & Goto (di seguito denominato PSA), che ha provocato danni gravissimi alla coltura dei kiwi in tutto il territorio nazionale, centinaia di migliaia di piante nel Lazio e nel Piemonte, complice anche la mancanza di efficaci mezzi di cura;
    neanche i filari di vite italiani sono passati indenni da questo stillicidio e diversi viticoltori hanno dovuto fronteggiare le conseguenze della infestazione da peronospora (che rappresenta un genere di funghi microscopici che ha interessato l'80 per cento dei vigneti, con gravissimi danni anche alle colture olivicole e cerealicole);
    gli allevatori italiani di ovini stanno subendo dei danni gravissimi, con perdite di migliaia di capi (sia per morte naturale che per necessario abbattimento) per colpa della febbre catarrale, meglio nota come «blue tongue» o «lingua blu», malattia infettiva che colpisce i ruminanti, in particolare gli ovini, compromettendone gravemente, e spesso in meniate irreparabile, la salute, a causa di gravi lesioni a carico della mucosa oronasale con la comparsa di febbre elevata;
    il nostro Paese non ha riportato particolare successo nel contrastare il Rynchophorus ferrugineus 8 punteruolo rosso), che ha praticamente decimato la popolazione di palme (sopratutto Phoenix canariensis, Phoenix dactilifera e Phoenix robeleinii) e si teme che la stessa sorte possa toccare al Ficus carica (Fico comune) a causa del coleottero curculionide, chiamato Aclees cribratus Gyllenhal, presumibilmente di origine asiatica, oggi riscontrato, oltre che in Toscana, anche in Lazio e Liguria e sul quale, se si esclude qualche pubblicazione scientifica nel 2007-2008 (Ciampolini et al., 2007, 2008), non si hanno informazioni esaustive e complete sulla biologia e difesa;
    i servizi fitosanitari regionali entrano in azione principalmente quando ci sono decreti nazionali o regionali di lotta obbligatoria o ci sono pericoli di ingressi di nuovi patogeni sul territorio. Hanno invece un coinvolgimento minore quando si tratta di organismi nocivi da tempo infeudati nel territorio. In tali casi si limitano controllare se viene effettuata la difesa fitosanitaria integrata;
    il territorio tutelato dall'Ente parco regionale Migliarino San Rossore Massaciuccoli comprende circa 4000 ettari di pinete di pino domestico (pinete nella Tenuta di San Rossore). La perpetuazione delle pinete di pino domestico è affidata alla sua rinnovazione per seme (il pinolo), rinnovazione sia naturale che per artificiale (semina o piantagione);
    da qualche anno, soprattutto dall'annata 2005/06, si è riscontrato un drastico calo di produzione, che si ripercuote proprio sulla rinnovazione ma anche sull'attività economica di raccolta che nel territorio si svolge da generazioni e riveste anche una importantissima funzione storico-sociale intimamente collegata alla conservazione di questi ambienti seminaturali);
    il calo di produzione sembra riconducibile al Cimicione americano della conifere (Leptoglossus occidentalis) che provoca l'aborto delle pigne o dei pinoli in fase di maturazione;
    la Popillia japonica, lo scarabeo asiatico, è giunto in Europa continentale da poco tempo ma già si sa che è in grado di attaccare fino a trecento specie vegetali e provocarmi danni per 600 milioni di dollari negli Stati Uniti;
    le fitopatie e le epizoozie elencate, come gli esempi di attacchi parassitari, sono solo alcune di quelle che ogni anno falcidiano le coltivazioni italiane e c’è bisogno di maggiore tempestività e di misure più importanti sul territorio, poiché parassiti e fitopatologie nuove, non trovando fattori naturali di contrasto, si sviluppano rapidamente con enormi danni economici agli agricoltori e pesanti ripercussioni su habitat e paesaggio agrario di vaste aree;
    sono deboli le misure previste, sia a livello nazionale che europeo, per indennizzare i produttori colpiti come anche inadeguate, allo stato attuale, sono le contromisure agronomiche e agrotecniche da mettere in campo;
    in agricoltura biologica i fondamenti della protezione fitosanitaria delle colture sono essenzialmente tre: la fertilità e la salute del suolo, la tecnica agronomica e il saper cogliere l'attimo per l'intervento;
    scopo della direttiva «Habitat» è «salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato» articolo 2). Per il raggiungimento di questo obiettivo la direttiva stabilisce misure volte ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat e delle specie di interesse comunitario elencati nei suoi allegati;
    come è noto le introduzioni di antagonisti naturali debbono seguire le indicazioni previste dallo standard EPPO PM 6/1(1) – First import of exotic biological control agents for research under contained conditions e PM 6/2(1) – Import and release of exotic biological control agents;
    l'articolo 22 (disposizioni complementari), lettera b) della direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, e successive modifiche e integrazioni, indica peraltro chiaramente che gli Stati membri «controllano che l'introduzione intenzionale nell'ambiente naturale di una specie non locale del proprio territorio sia disciplinata in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali nella loro area di ripartizione naturale né alla fauna e alla flora selvatiche locali, e, qualora lo ritengano necessario, vietano siffatta introduzione»;
    il legislatore italiano, nel recepimento di tale direttiva, con decreto del Presidente della Repubblica» 8 settembre 1997, n. 357, aggiornato e coordinato con il decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003 n. 120, «Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche», non ha previsto alcuna possibilità di deroga e non ha delineato nessun percorso autorizzativo, bloccando di fatto ogni intervento di letta biologica con utilizzo di antagonisti naturali introdotti da altri areali. L'articolo 12 (Introduzioni e reintroduzioni) del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 è infatti formulato al comma 3 nella seguente maniera «Sono vietate la reintroduzione, l'introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone», dove per introduzione si deve intendere la «immislione di un esemplare animale o vegetale in un territorio posto al di fuori della sua area di distribuzione naturale» e per «non autoctona» si deve intendere una «popolazione o specie non facente arte originariamente della fauna indigena italiana» (articolo 2, così come sostituito 12 marzo 2003, n. 120);
    ad assumere iniziative per rivedere urgentemente il quadro normativo vigente al fine di introdurre deroghe che consentano, ancorché in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali interessati, nè alla fauna nè alla flora selvatiche locali, interventi mirati di lotta biologica con l'utilizzo di antagonisti naturali provenienti da altri areali;
    al fine di una maggior efficacia delle operazioni di vigilanza, a razionalizzare e potenziare le strutture operative ufficiali preposte ad eseguire i controlli sugli scambi commerciali internazionali con l'obiettivo di contenere e prevenire l'introduzione deliberata nel territorio nazionale ed unionale di specie alloctone ed esotiche invasive e dannose;
    ad adottare un apposito piano, di intesa con tutti gli enti competenti in materia, al fine di attivare una struttura informatica o una rete che permetta agli agricoltori ed allevatori il recepimento dell’allert in tempo utile per fronteggiare l'eventuale emergenza fitosanitaria;
    ad intraprendere ogni utile iniziativa, dal potenziamento della ricerca al fine di elaborare piani di lotta biologica e diffondere tecniche di difesa adeguate, all'attivazione di strumenti specifici quali i fondi di mutualizzazione, come previsto dal piano di sviluppo rurale nazionale, con l'obiettivo di recuperare la perdita del reddito per gli agricoltori;
    a promuovere, in sede europea, l'adozione di strumenti che prevedano in caso di emergenza fondi destinati ai piani di lotta;
    a condividere, soprattutto con i servizi fitosanitari regionali e con il supporto di entomologi e microbiologi, le strategie attuali e future di lotta biologica e di risanamento dei suoli anche a fronte dei cambiamenti climatici in atto, al fine di garantire un intervento a tappeto in tutti quei territori dove è stata riscontrata la presenza di parassiti, fitopatie ed epizoozie;
    ad assumere iniziative affinché siano predisposti incentivi e sgravi fiscali volti a promuovere l'utilizzo di microrganismi del suolo attraverso fertilizzanti naturali per il risanamento del terreno in modo da potenziare la resa e il sistema immunitario endogeno delle piante;
    ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per promuovere un miglior coordinamento tra i servizi d una maggiore cooperazione regionale tra gli Stati sto dalla legislazione europea in materia, al fine di predisporre una strategia di difesa efficace e tempestiva in grado di controllare invasive aliene;
    ad assumere iniziative per riformare le funzioni e le attribuzioni del servizio fitosanitario nazionale compatibilmente con le risorse umane e finanziarie a disposizione, in modo da coinvolgerli in operazioni di contrasto non solamente nei riguardi di nuovi patogeni sul territorio, ma anche quando si tratta di organismi nocivi da tempo infeudati.
(7-01059) «Parentela, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, LOREFICE, DI VITA, NESCI, GRILLO e MANTERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sindrome di Sjögren è una malattia infiammatoria cronica di natura autoimmune che colpisce centinaia di migliaia di persone nel mondo;
   nella sindrome di Sjögren il sistema immunitario non riconoscendo le proprie cellule, tessuti ed organi, attacca soprattutto le ghiandole esocrine (salivari, lacrimali) distruggendole e creando notevoli disturbi di bocca secca (xerostomia) ed occhio secco (cheratocongiuntivite secca). Come altre malattie autoimmuni, la sindrome di Sjögren può danneggiare organi vitali e presentare una sintomatologia tipica caratterizzata da livelli di intensità variabile: alcuni pazienti possono avere dei sintomi molto lievi di xerostomia e xeroftalmia, mentre altri possono alternare periodi di ottima salute seguiti da periodi di acuzie (tumefazioni parotidea, artralgie, febbre);
   non si sa esattamente quante persone sono affette dalla sindrome di Sjögren, ma si ritiene che la malattia possa essere piuttosto frequente. A seconda delle stime, la forma primitiva, da sola, potrebbe colpire da una persona su 300 ad una persona su 70. Va anche ricordato che la sindrome di Sjögren è almeno 10 volte più frequente nelle donne rispetto agli uomini e che colpisce prevalentemente le persone di media età;
   le cause della sindrome di Sjögren non sono ancora note, ma si ritiene, come per altre malattie autoimmuni, che vi contribuiscano fattori genetici, ormonali, immunologici e virali;
   i criteri classificativi della sindrome di Sjogren sono stati recentemente rivisti e comprendono la presenza di due elementi tra test di alterata secrezione lacrimale positivo (test di Schirmer, test alla fluoresceina, test al verde di Lissamina, BUT); biopsia delle ghiandole salivari minori probante; presenza degli anti-SSA o degli anti-SSB o degli ANA a titolo › 1:320 e fattore reumatoide;
   alla base della diagnosi vi è la sintomatologia tipica persistente, la dimostrazione dell'alterata secrezione di lacrime e saliva e la presenza di anticorpi come ANA, anti-SSA, anti-SSB e il fattore reumatoide;
   in alcuni casi per la diagnosi è necessaria la biopsia delle ghiandole salivari minori delle labbra, che dimostra aggregati di linfociti periduttali (› 50/4 mm2) definiti foci. Altri esami invasivi possono essere indicati se si sospetta un'evoluzione linfomatosa di malattia;
   il trattamento della malattia si basa sull'uso di sostituti salivari e lacrimali (lacrime o salive artificiali). Se tollerato, è indicato il trattamento con farmaci che aumentano la secrezione di saliva e lacrime come la pilocarpina. Per controllare manifestazioni come le artralgie e l'astenia possono essere utilizzati gli anti-malarici come l'idrossiclorochina. Per altre manifestazioni d'organo come la parotidomegalia e le neuropatie sono indicati gli steroidi e l'azatioprina;
   la sindrome di Sjögren è inserita tra le malattie croniche e invalidanti che danno diritto all'esenzione per le prestazioni sanitarie correlate, individuate dal decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329 e successive modifiche;
   l'esenzione per una malattia cronica dà diritto a ricevere gratuitamente le prestazioni specialistiche individuate dal regolamento ministeriale, necessarie al trattamento della malattia, al controllo della sua evoluzione ed alla prevenzione degli aggravamenti, ma non comporta benefici particolari per quanto riguarda l'assistenza farmaceutica;
   l'associazione nazionale italiana malati sindrome di Sjögren ha stimato che a carico dei soggetti affetti dalla Sindrome di Sjögren insiste un costo mensile di circa 2.000,00 euro per l'acquisto di farmaci di fascia C, parafarmaci, terapie antalgiche e cure odontoiatriche. Sono, inoltre, presenti disuguaglianza tra le regioni italiane per il riconoscimento di farmaci di fascia C e parafarmaci, essenziali per la cura della patologia: nella regione Toscana dal 2001 è stato esteso il rimborso dei parafarmaci, farmaci di fascia C e farmaci omeopatici fino a 450,00 euro mensili a tutte le persone affette dalla sindrome di Sjögren, mentre nella regione Veneto dal 2007 sono rimborsati fino a 50,00 euro mensili per parafarmaci e farmaci di fascia C per chi è affetto dalla malattia e per chi ha certificazione ISEE, mentre nelle altre regioni non esiste nessun beneficio;
   il Ministro interrogato durante la conferenza stampa del 14 luglio 2016, presso l'Auditorium «Cosimo Piccinno» della sede ministeriale di Ripa, ha illustrato le novità previste nel futuro decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, e non risulterebbe, da fonti di stampa, l'esenzione per i malati affetti dalla sindrome di Sjögren per quei farmaci essenziali per la cura della patologia –:
   se non si intenda avviare, attraverso l'Istituito superiore di sanità, uno studio epidemiologico sulla sindrome di Sjögren al fine di individuare l'esatta prevalenza della malattia in Italia;
   se si intendano assumere iniziative per inserire la Sindrome di Sjögren tra le malattie rare che danno diritto all'esenzione, di cui all'allegato 1 del decreto ministeriale 18 maggio 2001, n. 279, «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124;
   se si intendano assumere iniziative per prevedere, con l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, l'esenzione dalla partecipazione al costo, per i malati affetti dalla sindrome di Sjögren, dei farmaci essenziali alla cura della patologia, anche al fine di rimuovere quegli ostacoli di ordine economico che limitano di fatto l'accesso alle cure a tutti i cittadini;
   se non si ritenga opportuno avviare un piano di informazione e di formazione degli operatori sanitari, e delle campagne di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini al fine di assicurare una larga conoscenza sulla malattia. (5-09245)


   AGOSTINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale – concorsi ed esami – n. 3 del 13 gennaio 2015, è stato pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 dicembre 2014 concernente il bando di concorso, per titoli ed esami, a n. 45 posti di referendario di TAR;
   le prove scritte del concorso pubblico, si svolgeranno prossimamente nei giorni 26, 27, 28 e 29 luglio 2016 (Gazzetta Ufficiale – IV Serie speciale – concorsi ed esami n. 17 del 1o marzo 2016);
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 giugno 2015 è stata nominata la commissione esaminatrice del concorso della quale fa parte anche la dottoressa Giulia Ferrari, consigliere del Tar;
   la dottoressa Giulia Ferrari annovera nel suo curriculum vitae una collaborazione attiva anche alla stesura di testi e manuali con altro suo collega, il dottor Garofoli (con il quale ha pubblicato più testi di studio, attualmente e correntemente, utilizzati da coloro che si accingono a preparare concorsi come magistrati ordinari e amministrativi, quali, ad esempio, il Manuale di diritto amministrativo 2016);
   lo stesso dottor Francesco Garofoli è, poi, notoriamente uno dei docenti più quotati per la preparazione ai concorsi pubblici quali, magistratura ordinaria, avvocatura di Stato nonché per lo stesso concorso per referendario TAR;
   già per uno dei recenti concorsi svoltisi nel 2015 per la magistratura ordinaria si sollevarono polemiche per una delle tracce estratte, in quanto si trattava di un argomento molto particolare, molto specifico, al confine con il diritto bancario e dei valori immobiliari, che però era stato trattato proprio in uno dei costosi corsi di preparazione all'esame –:
   se siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali siano, per quanto di competenza, gli orientamenti del Governo circa la presenza nella commissione del concorso della magistratura amministrativa in corso vi di soggetti che collaborano con uno dei magistrati che tiene, da anni, uno dei costosi corsi privati per la preparazione ai concorsi;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere la scelta dei nominativi della commissione al fine di preservare lo svolgimento delle imminenti prove concorsuali e garantirne maggiormente la correttezza e la trasparenza;
   se sussistano altre situazioni di potenziali conflitti di interessi all'interno della commissione esaminatrice;
   se e quali iniziative vogliano intraprendere, de jure condendo, al fine di evitare il verificarsi di situazioni analoghe e possibili conflitti di interesse che presterebbero facilmente il fianco a ricorsi da parte dei candidati partecipanti che vantano un interesse legittimo. (5-09247)


   DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogazione a risposta in commissione n. 5-08742, presentata venerdì 20 maggio 2016 nella seduta n. 628, sulla decadenza della concessione per mancato avvio dell'inizio dei lavori nei termini imposti dall'articolo 5 del decreto di autorizzazione unica al progetto del gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP) del 20 maggio 2015, non ha ancora ricevuto alcuna risposta;
   già in data 17 maggio 2016 il sindaco di Melendugno, Marco Potì, aveva inviato una comunicazione agli enti competenti, tra cui il Ministero dello sviluppo economico, annunciando di aver formalmente dichiarato decaduta «per decorso dei termini» l'autorizzazione unica, avendo constatato che le uniche attività registrate sul territorio di Melendugno fossero una piccola installazione di reti in PVC e una limitata apposizione di cartellonistica, senza un effettivo svolgimento delle attività necessarie direttamente e immediatamente collegate al predetto inizio dei lavori, non potendosi considerarsi utili a tal fine le attività svolte relative a bonifiche belliche e saggi di archeologici;
   in particolare, l'inizio dei lavori sarebbe consistito nell'aver recintato una zona di poco più di 100 metri transennata con una rete plastificata e un cartello con la scritta «area di cantiere»;
   al riguardo, si apprende da fonti di stampa (articolo del 12 luglio 2016, intitolato «Cantiere Tap, cortocircuito tra Ministeri: atti in Procura», pubblicato su TRnews.it) che vi sarebbe una contraddizione fra i pareri dei Ministeri competenti in merito a detta opera sulla qualifica dell'inizio dei lavori, in quanto in una nota del 5 luglio 2016 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a firma del direttore generale Lo Presti, in risposta al comune di Melendugno, si ribadisce che, per la costruzione del gasdotto Tap, «attualmente si è nella cosiddetta Fase 0 ovvero di avvio del cantiere, consistente in particolare nella rimozione degli ulivi e realizzazione della strada di accesso all'area di cantiere del microtunnel». Pertanto, si tratterebbe di attività «antecedenti l'inizio dei lavori»;
   diversamente, in una lettera firmata dal direttore generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e le infrastrutture energetiche, Dialuce, per il Ministero dello sviluppo economico, invece, «il termine di inizio lavori non è condizionato alle verifiche di ottemperanza delle prescrizioni in ambito di Via, organizzate in fasi, ma attiene alle più ampie condizioni previste nel decreto di autorizzazione unica che comprende anche le precedenti». E quindi, ribadisce il Ministero dello sviluppo economico, «si ritiene congruente la comunicazione di inizio lavori della società Tap con quanto previsto nel Dm 20» (articolo del 18 maggio 2016, intitolato «Gasdotto Tap, il Mise: “Regolare l'avvio del cantiere”», a firma di Domenico Palmiotti, pubblicato su www.ilsole24ore.com);
   si apprende da fonti di stampa che, secondo i magistrati della, procura di Milano, l'ex deputato comasco dell'Udc, Luca Volontè, ora indagato per corruzione e riciclaggio, avrebbe intascato una tangente da due milioni e 390 mila euro data dal Governo dell'Azerbaijan. Nel dettaglio, «il 23 gennaio 2013, con 128 voti contro 79, il Consiglio d'Europa bocciò il rapporto “Strasser” su 85 prigionieri politici nella repubblica caucasica e secondo l'accusa, quella votazione a favore dell'Azerbaijan è uno dei risultati ottenuti dall'allora deputato e componente italiano dell'Assemblea del Consiglio in cambio della mazzetta milionaria per sostenere "le posizioni politiche dello Stato straniero» (così nell'articolo del 25 giugno 2016, intitolato «Corruzione, “tangente da due milioni dall'Azerbaijan”: indagato a Milano ex Udc Volontè», pubblicato su Ilfattoquotidiano.it);
   si apprende inoltre che per l'accusa Volontè avrebbe intascato la mazzetta «per sé e per terzi soggetti» dal politico Elkhan Suleymanov, suo collega nell'Assemblea parlamentare, «da un collaboratore di questi, tale Muslum Mammadov», e da «altri soggetti politici azeri non meglio identificati». Affinché asservisse «la propria funzione pubblica» ai loro interessi e a quelli del «governo dell'Azerbaijan». In particolare, «nell'avviso di conclusione delle indagini, che anticipa la richiesta di rinvio a giudizio, l'allora parlamentare Udc avrebbe assicurato “nel corso di incontri e riunione in Azerbaijan e a Strasburgo, il proprio sostegno alle posizioni politiche dello Stato straniero dietro il pagamento di denaro”»;
   da quanto sopra riportato emergerebbero ad avviso dell'interrogante, gravissime illegalità ed illegittimità nell'agire dello Stato estero dell'Azerbaijan per asservire l'esercizio della funzione pubblica di parlamentari del nostro Paese ai propri interessi dietro il pagamento di denaro;
   con detto Stato straniero, tuttavia, sono stati conclusi affari assai rilevanti per la vita e l'economia del nostro Paese, fra cui la realizzazione del progetto del gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP) che permette l'afflusso in Italia e in Europa di gas naturale proveniente dall'Azerbaijan, che è partner nella costruzione del stesso che rischia di esser stata condizionata dal grave mercimonio che è stato compiuto;
   da ultimo, considerato che il gasdotto Trans-Adriatico muove proprio dalla frontiera greco-turca, preoccupano i drammatici fatti verificatisi in Turchia a seguito del fallito tentativo di colpo di Stato del 15 luglio 2016 cui segue, come emerge dalle notizie di stampa, il forte intensificarsi dell'instabilità politica in Turchia che viene connotato come un Paese estremamente fragile e in grave peggioramento –:
   se il Governo possa precisare i termini dell'inizio dei lavori e le attività utili a considerare gli stessi legittimamente avviati, chiarendo se la concessione sia decaduta per mancato avvio degli stessi, comunicando l'esito delle verifiche anche alle istituzioni europee ed escludendo la concessione di una proroga, su cui la Commissione europea si era già espressa negativamente;
   se il Governo ritenga legittimamente integrato l'inizio dei lavori mediante recinzione di una zona di poco più di 100 metri transennata con una piccola installazione di reti in PVC e una limitata apposizione di cartellonistica con la scritta «area di cantiere»;
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e intenda rivalutare l'opportunità di dar seguito agli affari conclusi con lo Stato dell'Azerbaijan, con particolare riferimento al progetto del gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP) di cui detto Stato è partner nella costruzione, anche alla luce dell'instabilità politica della Turchia a seguito tentativo di colpo di Stato del 15 luglio 2016. (5-09248)


   SIMONE VALENTE, BRESCIA, LUIGI GALLO, MARZANA, D'UVA, VACCA, DAGA e BARONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 17 febbraio 2016 presso il Palazzo dei Congressi in Roma si è tenuta la presentazione del progetto di candidatura ai Giochi olimpici e paraplegici del 2024; in occasione dell'evento organizzato dal Comitato Promotore Roma 2024 e dal Coni è stato annunciato un budget previsionale di spesa pari a circa 5,3 miliardi di euro, uno dei più bassi nella storia dei Giochi olimpici e frutto di un taglio considerevole che però non ha incluso nel computo degli interventi da effettuare le infrastrutture, le metropolitane, gli aeroporti e le spese relative al turismo;
   il Comitato promotore ha sviluppato per l'occasione un piano finanziario preliminare che verrà via via maggiormente dettagliato nei prossimi mesi, prevedendo dei costi relativamente bassi dato che circa il 70 per cento dei luoghi risultano già disponibili e molti di questi non richiedono almeno all'apparenza costi di ristrutturazione; al momento sono state individuate due macrovoci di spesa: da una parte si prevedono circa 2,1 miliardi di euro per la realizzazione del villaggio olimpico di Tor Vergata (che si trasformerà in un campus universitario), per un'arena destinata al ciclismo, per il parco naturalistico, per il recupero dello Stadio Flaminio (oggi in totale abbandono) e infine per il completamento delle famose Vele di Calatrava. Dall'altra parte, 3,2 miliardi di euro serviranno per i costi temporanei relativi all'organizzazione e gestione dei Giochi e per le strutture rimovibili;
   da quello che si deduce leggendo la relazione del Comitato, il budget operativo è stato definito considerando i contributi del Comitato olimpico internazionale, i contratti di sponsorizzazione, la vendita dei biglietti, i dati ricavati da precedenti eventi internazionali avvenuti in Italia (come i Giochi olimpici invernali di Torino 2006) nonché l'analisi di impatto economico di eventi olimpici delle precedenti edizioni come Atene 2004, Pechino 2008 e Londra 2012;
   sempre dal report predisposto dal Comitato, si rileva che esso sta attualmente collaborando con il Governo, le più importanti aziende italiane, le associazioni industriali, gli istituti finanziari e le principali banche nazionali per individuare e definire le soluzioni strategiche migliori che includono fonti di finanziamento privato e soluzioni di finanziamento innovative, favorendo lo sviluppo di una partnership pubblico-privata, in particolare per tutti quegli investimenti che richiedono maggiori impegni di spesa;
   come si evince dal punto «Q71» del programma, il Comitato beneficerà anche della collaborazione di ANAC nell'attuazione dei meccanismi di controllo sugli affidamenti e sulle procedure di gara per garantire la piena trasparenza e il rispetto di tempi e costi;
   anche nel settore dell'istruzione il Comitato ha creato rapporti con la rete d'istruzione regionale coinvolgendo studenti della scuola primaria e secondaria e favorito una cooperazione con le maggiori università pubbliche e private di Roma, in particolare l'università di Tor Vergata e le università prestigiose delle altre città italiane come la Bocconi di Milano o il Politecnico;
   sul piano della viabilità è stato anche predisposto un progetto generale per ridurre la congestione e migliorare le condizioni del traffico, promuovendo l'uso del trasporto pubblico collettivo e quattro nuovi ponti sul Tevere previsti, allo scopo di migliorare la connettività promuovendo modalità di trasporto più sostenibili;
   in riferimento al quadro normativo dal quale ha preso il via l'attività del Comitato Roma2024, risulta indispensabile menzionare la legge di stabilità 2016 che ha conferito al Coni un contributo pari a 2 miliardi di euro per il 2016 e 8 miliardi per il 2017 in favore delle attività del Comitato promotore per le olimpiadi di Roma 2024 e il decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185 (cosiddetto decreto Giubileo), che ha inserito tra le finalità del «fondo sport e periferie» le attività e gli interventi volti alla presentazione e alla promozione della candidatura di Roma per le Olimpiadi 2024 (per il 2014 si parla di una dotazione pari a 20 milioni di euro, nel 2016 sono stati disposti 50 milioni di euro e per concludere nel 2017 con la somma pari a 30 milioni di euro);
   tuttavia, occorre sottolineare come al di là delle premesse sopra esposte contenenti i punti caratterizzanti il programma, ciò che non convince è proprio il taglio che è stato dato al progetto che non ha tenuto debitamente conto di quella moltitudine di interventi accessori imprescindibili per la realizzazione e la buona riuscita dell'evento;
   è assai evidente come negli ultimi 50 anni i budget presentati dalle città in sede di candidatura olimpica sono stati puntualmente sforati: le spese effettive sono sempre lievitate rispetto alle previsioni iniziali con pesanti e drastiche conseguenze sulle tasche dei cittadini;
   sussiste un fondato timore che le Olimpiadi costeranno certamente di più così come sta accadendo attualmente in Brasile dove si rileva un eclatante ritardo nella ultimazione dei lavori e il progetto da poco presentato per Roma 2024 non è poi molto diverso da quello illustrato durante il Governo Monti quando l'Italia era in corsa per l'edizione del 2020. A quei tempi il budget totale prevedeva un impegno di spesa pari a circa 13 miliardi di euro, ma comprendeva tutte le spese comprese quelle relative al turismo (3 miliardi), viabilità e infrastrutture (4.4 miliardi), mentre i costi secchi per organizzazione e per impianti sportivi ammontavano a 5,3 miliardi di euro;
   si teme un possibile sforamento del budget di circa il 35 per cento (e nello specifico si tratta di circa 1,3 miliardi di euro). Stesso discorso va fatto anche per quanto concerne i possibili benefici economici tratti dalla manifestazione: si prevede una crescita del prodotto interno lordo dello 0,4 per cento all'anno nel periodo di cantiere dal 2017 al 2024 ma circoscritto solo alla regione Lazio e non a tutto il Paese;
   dati a giudizio degli interroganti, del tutto poco convincenti e che non escludono il possibile rischio di una eccessiva e rovinosa esposizione finanziaria italiana –:
   quante risorse il Governo ritenga che serviranno realmente per la realizzazione dell'evento olimpico qualora sarà l'Italia ad aggiudicarsi la candidatura, con specifico riferimento al budget di spesa ritenuto necessario per effettuare interventi infrastrutturali per la viabilità, il trasporto, la linea metropolitana, gli aeroporti e il turismo;
   quali elementi possa fornire il Governo circa la spesa sostenuta per l'evento di presentazione del dossier Roma 2024 e circa la società incaricata dell'organizzazione nonché della gestione dell'evento tenutosi nel mese di febbraio 2016;
   quali elementi possa fornire il Governo nel dettaglio circa la spesa complessiva finora sostenuta dal Comitato promotore Roma2024 per sostenere e implementare le attività finalizzate alla candidatura, con particolare riferimento al piano delle singole voci di spesa. (5-09252)


   BECHIS, ARTINI, BALDASSARRE, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI, PASTORINO, SEGONI e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a Foggia è stato allestito un campo profughi composto da 73 moduli abitativi, al cui interno vi sono 66 nuclei familiari così suddivisi: 9 italiane, 1 rumena, 1 croata, 1 serba e 54 macedoni per un totale di 279 residenti di cui 128 sono minori;
   nel succitato campo si stima siano presenti, suddivisi in 15 nuclei familiari, 58 individui irregolari di cui 25 minori;
   il totale dei residenti all'interno del campo tra regolari e irregolari è di 184 adulti e 151 minori;
   la nazionalità predominante all'interno della su descritta comunità, denominata scientificamente «Rom Khorakhanè Manjup», è quella macedone di origine religiosa musulmana, le cui ultime due generazioni sono nate in Italia;
   a Foggia è attivo un servizio di «scuolabus» per gli alunni in età di obbligo scolastico diverso e separato per i bambini di etnia rom anche se residenti nello stesso campo sito in prossimità della borgata di Arpinova;
   questa borgata è abitata prevalentemente da persone di etnia rom non nomadi, ed è composta da 54 moduli abitativi tipo container a cui si è aggiunto un insediamento costituito da varie baracche auto costruite;
   esiste un unico punto precario di approvvigionamento acqua di cui non è nota se la stessa è potabile o meno;
   adiacente a questo insediamento, con cui divide i precari servizi indispensabili quali acqua e energia elettrica, ci sono i locali dell'ex Centro di accoglienza per i richiedenti asilo occupati da poche famiglie non rom, normalmente identificati come i foggiani del campo nomadi;
   questo unico agglomerato suburbano è collegato alla città di Foggia con un servizio bus chiamato «corsa speciale», ossia con un servizio di trasporto pubblico locale diverso e separato dalle normali corse suburbane che si fermano a circa 1 chilometro, nei pressi della scuola professionale di agraria all'incrocio tra la strada per San Marco in Lamis e la strada per La Rocca;
   questa situazione, ad avviso degli interroganti, di «apartheid», di separazione razziale, è emersa in tutta la sua brutalità quando, per inefficienze dell'amministrazione comunale di Foggia, per i bambini di etnia rom non è cominciato il servizio di trasporto scolastico, con lo «scuola bus», mentre allo stesso servizio, fornito dall'azienda di trasporto pubblico locale partecipata del comune di Foggia ATAF, iniziava regolarmente per i bambini delle altre borgate e per l'unico bambino in età scolare figlio di una famiglia foggiana di residenti al campo;
   il motivo della mancata attivazione del servizio di trasporto scolastico per i bambini di etnia rom, come da dichiarazioni del dirigente del servizio politiche sociali e prevenzione del comune di Foggia, è da imputare alle difficoltà di assicurare il servizio di mediazione culturale per l'accompagnamento dei bambini rom a scuola aggiudicato solo a metà ottobre, in quanto il servizio è stato appaltato con modalità e tempi che hanno permesso il regolare inizio del servizio dal 1o settembre 2014;
   questa situazione di emarginazione sociale patita dai bambini rom è aggravata dalle precarie condizioni igieniche del campo segnalate dal dirigente del servizio sociale e prevenzione al sindaco di Foggia con ripetute lettere;
   in una lettera del 4 febbraio 2015 il dirigente scrive: «In primis si notizia la S.V. (il Sindaco) che l'Assessorato scrivente, nel corso del mese di settembre (2015), ha chiesto al competente Servizio Ambiente di provvedere alla pulizia generale del campo ed al ritiro dei rifiuti che da tempo non vengono smaltiti tenuto conto che tale disservizio sta provocando un consistente proliferare di ratti ed insetti vari che rendono invivibile l'ambiente circostante ed all'interno del campo. Tale richiesta è rimasta sinora inevasa». Lo stesso dirigente torna a sollecitare gli interventi indifferibili, ma non ancora eseguiti, affermando: «In data 17 giugno c.a., accompagnato dal maresciallo Perta del comando di Polizia Municipale, ho effettuato un sopralluogo nel campo Nomadi sito a Borgo Arpinova al fine di verificare personalmente le condizioni igienico strutturali dello stesso che, oggettivamente, sono risultate ben lontane dai canoni di una funzionalità almeno da mediocre sopravvivenza». Sempre nella stessa lettera il dirigente, parlando delle baracche sorte a fianco ai container, scrive: «Appare davvero faticoso immaginare che accanto a tali liquami fecali le suddette famiglie debbano provvedere alle normali attività giornaliere come quelle del pranzo e della cena in condizioni di fetore e di pericolosità igienico sanitaria che rende “una scommessa continua” la loro esistenza»;
   la situazione di degrado igienico del campo può causare l'innesco di epidemie, e quindi mettere a rischio l'intera popolazione;
   in queste condizioni di separazione razziale e di precarie condizioni igieniche, è davvero difficile immaginare percorsi virtuosi di integrazione ed emancipazione per i giovani bambini di etnia rom;
   all'interno del campo non esiste una condotta fognaria;
   la situazione in cui versa il campo non garantisce i diritti dell'infanzia –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo al fine di garantire una efficace integrazione che tuteli pienamente i diritti dei minori e delle persone lasciate e questo stato di terribile abbandono;
   se il Governo non intenda avviare una verifica in ordine al corretto utilizzo dei fondi statali ed europei stanziati in quasi mezzo secolo con l'obiettivo di raggiungere una piena integrazione del popolo Rom e che attualmente parrebbe abbiano ottenuto solo putridi accampamenti lasciati al caso e alla buona volontà degli sfortunati residenti;
   se il Governo non intenda promuovere, per quanto di competenza, una tempestiva verifica sanitaria nei campi più a rischio come quello di Foggia, al fine di evitare pandemie e quindi garantire il diritto universale alla salute. (5-09254)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ATTAGUILE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il grande progetto che prevede il raddoppio per 13 chilometri del binario sulla tratta Corato-Barletta, l'interramento della ferrovia nell'abitato di Andria per 2,9 chilometri di cui circa 460 metri in galleria, con tre nuove fermate, la realizzazione di parcheggi di scambio intermodali dislocati in prossimità di 11 stazioni/fermate ferroviarie che offriranno circa 2.000 posti auto, l'eliminazione di 13 passaggi a livello e l'interconnessione con la Rete ferroviaria italiana nelle stazioni di Bari centrale e Barletta è stato finanziato con 180 milioni di euro del programma operativo F.E.S.R. Puglia 2007-2013;
   il progetto, che interessa direttamente sette comuni (Barletta, Andria, Corato, Ruvo, Terlizzi, Bitonto e Bari), inciderebbe in modo profondo su tutto il sistema regionale: i lavori realizzati a Barletta permetterebbero, ad esempio, l'interconnessione della rete delle Ferrovie del nord barese con quella di Trenitalia e quindi l'accesso diretto alla nuova stazione ferroviaria dell'aeroporto anche da parte dei cittadini della Capitanata;
   l'ex assessore alle infrastrutture strategiche e mobilità Guglielmo Minervini aveva dichiarato di avere ricevuto «il parere positivo da parte della Commissione europea sulla validità tecnica e la sostenibilità economica del progetto», assicurando che entro l'estate sarebbero partite le gare d'appalto e la prima avrebbe interessato Andria. I lavori sarebbero dovuti iniziare dalla stazione di Andria sud per poi procedere all'interramento dei binari e per lotti funzionali ai lavori lungo la linea, così da riuscire, secondo le intenzioni, a ricucire la frattura nel capoluogo della provincia Barletta Andria Trani creata dai binari ma anche nelle altre città con la realizzazione di parcheggi di interscambio offerti ad una quota crescente di pugliesi;
   gli interventi per la realizzazione di questa grande opera, che dovevano essere realizzati dalla Ferrotramviaria s.p.a., ricompresi nel programma operativo FESR 2007-2013 della regione Puglia approvato con decisione (CE) n. C/2007/5726 del 20 novembre 2007, nonostante l'enorme ritardo, sono ancora lontani dalla conclusione. Dei 180 milioni di euro di finanziamento europeo, 106 non sono stati utilizzati entro il 2015, come previsto per cui la regione Puglia ha chiesto alla Commissione europea lo «scivolamento» nel programma 2014-2020;
   le cause di questo oneroso ritardo nell'adeguamento e nel miglioramento delle strutture e quindi del servizio, non sembra possano essere imputabili al soggetto privato (la Ferrotramviaria spa), quanto invece, secondo la spiegazione ufficiale riportata nella deliberazione di giunta regionale, alle seguenti motivazioni: «L'acquisizione dei pareri richiesti dalle norme vigenti, ivi compresi gli adempimenti a cura delle amministrazioni locali interessate dai singoli interventi, nonché l'adeguamento progettuale alle prescrizioni impartite dalle Autorità Competenti in sede di Conferenza di Servizi preliminare, ha determinato un allungamento imprevisto della fase istruttoria propedeutica all'avvio delle attività di realizzazione degli interventi e conseguentemente uno slittamento dei termini per la conclusione degli stessi»;
   i cittadini denunciano la mala gestione pubblica di questa grande opera e accusano la politica di non aver saputo dare risposte celeri al territorio, dilapidando preziose risorse che avrebbero potuto modernizzare a livello infrastrutturale il nord-barese, oltre che creare significative possibilità di occupazione ed indotto;
   all'indomani della tragedia accaduta proprio sulla tratta della ferrovia Corato-Andria, è doveroso porsi delle domande, visto che i treni coinvolti nello scontro erano nuovi e altamente tecnologici, e che la regione Puglia ha investito 80 milioni di euro sui sistemi di controllo automatico sui mezzi di trasporto) prevedendo, nello specifico su questa tratta, ancora dei sistemi manuali, ma rispondenti alle logiche di assoluta sicurezza in determinate condizioni controllate dagli operatori specializzati. Appare quindi evidente che la tragedia non è riconducibile ad un problema tecnologico ed è urgente e doveroso nei confronti delle vittime approfondire quanto accaduto attraverso l'inchiesta della magistratura e l'inchiesta amministrativa, anche attraverso l'analisi dei registri dei fonogrammi delle stazioni, le registrazioni delle telefonate fra il personale coinvolto nell'incidente, e le scatole nere dei due convogli –:
   quale sia il piano programmatico per il completamento degli interventi sulla tratta Corato-Barletta al fine di adeguare e migliorare le strutture e quindi il servizio ferroviario e quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in atto affinché si rispetti il nuovo calendario dei lavori;
   se risponda al vero che 106 milioni di euro dei finanziamenti stanziati dall'Unione europea per la realizzazione dell'opera ferroviaria non siano stati utilizzati nei tempi previsti, e se siano tuttora disponibili per consentire il prosieguo dei lavori. (4-13906)


   MURA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   sono decine i centri antiviolenza in difficoltà in Italia dove, dall'inizio dell'anno, 67 donne sono state uccise da mariti o ex compagni incapaci di accettare un abbandono;
   sono più di 16 mila le vittime di violenza domestica e i loro figli che vengono assistiti da queste strutture;
   fra i centri antiviolenza operanti, diversi operano in condizioni economiche di estremo disagio e, malgrado l'assenza di mezzi, garantiscono un servizio fondamentale, con personale che pur senza la certezza dello stipendio continua a rispondere al centralino per non lasciare le donne sole;
   dei 16,5 milioni previsti per il 2012-2013 dal piano nazionale anti violenza e dati alle regioni, si segnala che solo una parte degli stessi è stata erogata ai soggetti individuati come beneficiari;
   i centri anti violenza svolgono un ruolo sociale fondamentale, perché, almeno nella fase attuale, rappresentano l'unico luogo possibile dove le vittime di violenza possono trovare riparo e sicurezza: si tratta di spazi in cui gli specialisti aiutano le donne a riconquistare l'autostima, a trovare un lavoro, e quindi a rendersi autonome dagli autori delle violenze, spesso mariti, padri o fratelli;
   la violenza contro le donne è fenomeno ampio e diffuso. 6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5 per cento delle donne tra i 16 e i 70 anni: il 20,2 per cento ha subìto violenza fisica, il 21 per cento violenza sessuale, il 5,4 per cento forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subìto stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri;
   le donne straniere hanno subìto violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita (31,3 per cento e 31,5 per cento). La violenza fisica è più frequente fra le straniere (25,7 per cento contro 19,6 per cento), mentre quella sessuale più tra le italiane (21,5 per cento contro 16,2 per cento). Le straniere sono molto più soggette a stupri e tentati stupri (7,7 per cento contro 5,1 per cento). Le donne moldave (37,3 per cento) rumene (33,9 per cento) e ucraine (33,2 per cento) subiscono più violenze;
   il 10,6 per cento delle donne ha subìto violenze sessuali prima dei 16 anni. Considerando il totale delle violenze subite da donne con figli, aumenta la percentuale dei figli che hanno assistito ad episodi di violenza sulla propria madre (dal 60,3 per cento del dato del 2006 al 65,2 per cento rilevato nel 2014);
   le donne separate o divorziate hanno subìto violenze fisiche o sessuali in misura maggiore rispetto alle altre (51,4 per cento contro 31,5 per cento). Critica anche la situazione delle donne con problemi di salute o disabilità: ha subìto violenze fisiche o sessuali il 36 per cento di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6 per cento di chi ha limitazioni gravi. Il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio (10 per cento contro il 4,7 per cento delle donne senza problemi) –:
   se siano a conoscenza del fatto che dei 16,5 milioni previsti per il 2012-2013 dal piano nazionale anti violenza e trasferiti alle regioni, solo una parte degli stessi è stata erogata ai soggetti individuati come beneficiari;
   quali iniziative urgenti intendano assumere per impedire la chiusura di diversi centri antiviolenza in Italia che, almeno nella fase attuale, rappresentano l'unico luogo possibile dove le vittime di violenza possono trovare riparo e sicurezza. (4-13913)


   CECCONI, AGOSTINELLI e TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in relazione alla Fondazione «Le Città del Teatro» Teatro Stabile delle Marche, la Corte dei conti, sezione regionale di controllo di Ancona muoveva con due successive pronunce, la n. 12/2012 e la n. 125/2012 pesanti rilievi circa la situazione di indebitamento costante della Fondazione;
   il Consiglio comunale di Ancona, nel novembre 2012 approvava la relazione conclusiva della commissione d'inchiesta sulla Fondazione da cui si evinceva che l'ente avesse un patrimonio negativo di oltre 2,5 milioni di euro;
   secondo la commissione, larga parte del debito della Fondazione era stato garantito dal comune a mezzo di fideiussioni bancarie;
   la commissione sollevava, inoltre, molti dubbi di legittimità sulla stipula delle fideiussioni stesse; a seguito di interrogazione in consiglio del 12 febbraio 2016, il sindaco rendeva noto che il debito in capo alla fondazione ammontava a 3.200.000,00 euro, che il creditore era Banca delle Marche e che, a seguito del salvataggio dello scorso inverno, il debito di cui sopra veniva imputato alla « bad bank»; il comune di Ancona da anni accantona somme in bilancio per far fronte all'escussione di quelle fideiussioni; 
   Banca delle Marche non ha mai richiesto il pagamento delle garanzie al fideiussore, ma ha declassato il credito, imputandolo alla «bad bank» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei motivi che hanno indotto Banca Marche a non richiedere il pagamento delle fideiussioni prestate a garanzia dei debiti della Fondazione;
   se non si intenda adottare ogni iniziativa di competenza a tutela di azionisti e risparmiatori, in relazione al declassamento del credito richiamato in premessa. (4-13914)

 * * *

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 12, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, recante «Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea», convertito, con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, ha previsto che ai fini del contenimento e della spesa pubblica e dell'incremento dell'efficienza procedimentale, il numero dei commissari che compongono la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale è ridotto da cinquanta a quaranta inclusi il presidente e il segretario;
   l'articolo 12 comma 1, lettera b) del medesimo decreto ha disposto che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare procede, con proprio decreto, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge n. 91 del 2014, a ripartire le unità della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale per profili di competenze ed esperienze, stabilendo i relativi criteri;
   viene inoltro disposto che i componenti della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale, in carica alla data del 25 giugno 2014, cessano dalle loro funzioni al momento del subentro dei nuovi componenti nominati secondo i nuovi criteri stabiliti dal decreto previsto dal comma 1, lettera b) del medesimo articolo 12;
   a distanza di oltre due anni si è ancora in regime di prorogatio di una commissione i cui componenti sono stati nominati dal 2011;
   con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 81 del 6 maggio 2015, sono stati definiti i profili di competenza ed esperienza delle quaranta unità componenti della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS;
   nel decreto citato tra i profili previsti sono contemplate n. 3 unità per il profilo 1: pianificazione e programmazione; n. 9 unità per il profilo 2: materie giuridiche; n. 5 unità per il profilo 3: impianti industriali; n. 7 unità per il profilo 4: infrastrutture civili, lineari o puntuali; n. 5 unita per il profilo 5: inquinamento ambientale; n. 5 unità per il profilo 6: tutela della biodiversità, del suolo e del sottosuolo; n. 4 unità per il profilo 7: tutela ambientale, n. 2 unità per il profilo 8: tutela della salute umana; per tutti i profili professionali vengono richiesti requisiti generali particolarmente rigorosi in termini di assenza di conflitti di interessi;
   in data 7 maggio 2015 è stato pubblicato l'avviso pubblico prot. n. 9150 del 7 maggio 2015 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'acquisizione di disponibilità da parte di soggetti esterni per la nomina dei componenti della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS e per tale avviso sono state presentate n. 585 manifestazioni di disponibilità;
   la situazione ha raggiunto livelli inaccettabili tenuto anche conto del delicato ruolo che riveste la Commissione –:
   quale esito abbia avuto la selezione delle manifestazioni di interesse pervenute a seguito della pubblicazione dell'avviso pubblico del 7 maggio 2015;
   quali siano le motivazioni per quali il Ministro non abbia ancora provveduto alla nomina della nuova commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale;
   in quali tempi il Ministro interrogato intenda procedere alla nomina dei componenti della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS come stabilito dall'articolo 12 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, al fine di concludere il regime di prorogatio della commissione attualmente in carica. (5-09249)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZANIN. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la sospensione della coscrizione obbligatoria e il conseguente passaggio a un sistema di reclutamento professionale disposto con le norme di cui alla legge 14 novembre 2000, n. 331, poi confluite nel codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, hanno consentito una radicale trasformazione dello strumento militare;
   le Forze armate italiane sono oggi costituite totalmente da personale volontario. Per quanto riguarda l'organico dei militari del ruolo truppa, il 50 per cento è rappresentato da ferme a tempo determinato, in quanto l'accesso al servizio permanente non può essere garantito alla totalità dei reclutati;
   inoltre, le mutate esigenze di sicurezza e difesa hanno comportato e comportano molti impegni fuori area e hanno richiesto alle Forze armate un contributo determinante alle misure anti-terrorismo sul territorio nazionale offerto con migliaia di militari impegnati nella cosiddetta operazione «strade sicure»;
   la nuova realtà di servizio dei militari italiani quindi una particolare attenzione che può manifestarsi, anche ricorrendo ad incentivi che possono migliorare le condizioni di lavoro e di vita degli uomini e delle donne con le stellette;
   la sede di servizio di un numero significativo di personale militare non coincide con il luogo di abituale residenza e questo comporta quotidiani spostamenti perlopiù, nell'ambito regionale;
   alcune regioni, tra le quali sicuramente Liguria, Lazio e Campania, hanno riconosciuto al personale delle Forze armate la possibilità di avvalersi gratuitamente dei servizi di trasporto ferroviario e di quello reso attraverso i pullman a livello regionale;
   l'iniziativa di queste regioni, assolutamente condivisibile, determina però una disparità di condizione, alla quale appare opportuno porre rimedio estendendo tale possibilità a tutte le altre regioni;
   inoltre, la presenza sui mezzi di trasporto pubblico di militari in divisa rappresenta intrinsecamente un elemento di rassicurazione per tutti i viaggiatori e questo beneficio può sicuramente compensare gli eventuali oneri per la concessione del servizio gratuito –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogante ritenga di poter assumere affinché sia estesa in tutte le regioni, anche gradualmente, a partire dalle regioni dove è più numerosa la presenza militare, la concessione del trasporto gratuito ai militari in divisa. (5-09251)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI e FRUSONE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo di stampa pubblicato su Tiscali.it dal titolo «Costerà 288.000 euro lo strano spoil system per i cuochi di De Giorgi», è possibile apprendere che la circolare della DIREZIONE PER L'IMPIEGO DEL PERSONALE MILITARE DELLA MARINA, Prot. n. M–D MPERS0001371 riguardante le «Destinazioni all'estero per personale del C.E.M.M» stabilisce i gradi dei Militari del C.E.M.M. destinati a ricoprire gli incarichi presso i seguenti organismi all'estero;
   dalla nota di «Pianificazione d'impiego presso gli Organismi Internazionali all'estero – anno 2016. Sottufficiali/Truppa MM», All. B «al foglio M–D SMMD REG2016 090013 del 23 giugno 2016 si apprende che sue sottocapi di 2a classe andranno a ricoprire ruoli che dalla circolare di cui sopra dovrebbero essere riservati a gradi superiori;
   le categorie e le specialità dei due sottocapi di cui sopra, infatti, non sono quelle stabiliti dalla specifica direttiva emanata del 21 aprile 2015 dalla direzione per l'impiego del personale militare della Marina militare per dettare i criteri da osservare per le selezioni del personale da inviare all'estero;
   per quanto riguarda l'impiego a Brunssum, per la posizione organica (p.o.) OJN SIS 0095, è previsto un «maresciallo SSAL/Frl» (supporto e servizio amministrativo logistico/Furiere logistico) mentre il ruolo è stato affidato a un SC. 2a Ssal/MCM;
   per quanto riguarda l'impiego in Portogallo, per la p.o. MXX 002 è previsto un «sergente SSAL/Fr» (Supporto e servizio amministrativo logistico/Furiere segretario) mentre il ruolo è stato affidato a un SC. 2a cl Ssal/MCMi –:
    se sia a conoscenza dei fatti in premessa;
    se e quali iniziative intenda avviare per rettificare gli atti di cui in premessa e affidare gli incarichi a personale idoneo. (4-13902)


   CARINELLI e CASO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   agli interroganti risulta che il sindaco di Peschiera Borromeo, Caterina Molinari, abbia recentemente rilasciato dichiarazioni in merito all'arrivo, nel suo comune, di circa 300 profughi da dislocare, su decisione del prefetto di Milano dottor Alessandro Marangoni, in una tendopoli presso l'ex area dell'Aeronautica militare, sita nella frazione di Bellaria;
   risulta, inoltre, che la suddetta area appartenga all'Agenzia del demanio, indicativamente nella misura di 3/4 della superficie complessiva, e che sia delimitata da un muro di cinta in mattoni tipo «RDB», alto circa 3,5 m, con ampiezza di circa 8.000 metri quadrati. L'area è utilizzata come magazzino per il deposito di materiale di telecomunicazioni dall'Aeronautica militare; inoltre all'interno della stessa vi si trova un ponte radio funzionante delimitato dalla zona destinata alla tendopoli solamente da una blanda recinzione;
   la scelta dell'area destinata all'accoglienza presenta, secondo gli interroganti, diversi profili di criticità, tra i quali in primo luogo quelli inerenti alla sicurezza e all'igiene dei rifugiati. In primo luogo, le dimensioni ristrette dell'area in rapporto al numero di persone da accogliere non sembrano poter soddisfare il requisito minimo sufficiente al fine di garantire condizioni di permanenza salubri. L'area, inoltre, in base alle informazioni pervenute agli interroganti, risulta priva delle infrastrutture sanitarie di base necessarie a garantire l'igiene di base alle persone in essa soggiornanti, con potenziale grave pregiudizio non solo per questi ultimi, bensì anche per la popolazione residente nei complessi limitrofi. Infatti, un'area che dovesse subire un progressivo degrado investirebbe l'area urbana circostante sia sotto un profilo economico – ad esempio deprezzando gli immobili – sia sotto quelli più delicati della sicurezza e dell'igiene pubblica;
   in secondo luogo, agli interroganti pare dubbia la scelta di destinare ad area di accoglienza una porzione di terreno che include un magazzino/deposito di materiale per le telecomunicazioni dall'Aeronautica militare, oltre ad un ponte radio funzionante delimitato dalla zona destinata alla tendopoli solamente da una blanda recinzione. Va da sé che strumenti di tal natura possono essere oggetto di interesse da parte di soggetti diversi da quello pubblico, che attualmente ne conserva il possesso, e che creare una situazione di disordine in prossimità potrebbe favorire tentativi di impossessamento, non importa se ad opera di qualche «ospite» o di altri, sfruttando la presenza della tendopoli –:
   se il Ministro della difesa sia a conoscenza di tale determinazione assunta dal prefetto e delle criticità che caratterizzano l'area individuata e se siano state intraprese eventuali iniziative per informare e ascoltare la popolazione residente nelle aree interessate;
   se, valutato quanto esposto in premessa e assunte le necessarie informazioni, il Governo non sia intenzionato a porre in essere ogni iniziativa di sua competenza volta ad evitare che i provvedimenti di cui sopra arrechino gravi pregiudizi alla cittadinanza locale nonché alle persone bisognose di assistenza. (4-13908)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIBAUDO, PELILLO, CULOTTA e FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», rappresenta un punto di equilibrio avanzato e condiviso dalle associazioni venatorie, ambientaliste e degli agricoltori; la stessa legge presenta, tra i suoi principi ispiratori, la tutela del patrimonio faunistico nazionale e disciplina l'attività venatoria attraverso dati e parametri scientifici e stabilisce che le regioni esercitano le funzioni relative alla programmazione e al coordinamento della gestione faunistico-venatoria;
   in relazione a tale funzione, il comma 14 dell'articolo 66 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), nell'ambito di disposizioni afferenti al controllo dei flussi finanziari degli enti pubblici, ha disposto che il 50 per cento dell'introito della tassa di concessione governativa per la licenza di porto d'armi per uso di caccia venga trasferita alle regioni, al fine di favorire la puntuale realizzazione dei programmi di gestione faunistico-ambientale sul territorio nazionale da parte delle regioni, degli enti locali e delle altre istituzioni delegate ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni, a decorrere dall'anno 2004;
   la menzionata legge finanziaria per il 2001 ha destinato specifiche risorse alle regioni per la realizzazione degli stessi programmi, in via transitoria, per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003;
   ad oggi non risulta che le regioni abbiano ricevuto i proventi derivanti dal gettito delle predette tasse di concessione governativa;
   l'assessore della regione Toscana alla cultura, nel rispondere all'interrogazione a risposta scritta n. 397, in data 27 maggio 2016 ha confermato che la suddetta disposizione non ha mai trovato attuazione e che non sono state dunque trasferite alle regioni le relative risorse finanziarie. Nella stessa sede è stato rilevato che le regioni, attraverso la commissione politiche agricole della Conferenza delle regioni e delle province autonome, hanno più volte reiterato al Governo la richiesta di intervento per assicurare l'applicazione della citata norma;
   la situazione è particolarmente gravosa per la regione siciliana, in cui la mancanza delle risorse economiche per le funzioni legate all'attività venatoria e la tutela del patrimonio faunistico nazionale paralizza, di fatto, l'esercizio delle funzioni attribuite alla regione –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato in relazione ai rapporti finanziari tra Stato e regioni, al fine di attuare la previsione del citato comma 14 dell'articolo 66 della legge n. 388 del 2000, il quale dispone che il 50 per cento del gettito della tassa di concessione governativa per la licenza di porto d'armi per uso di caccia sia trasferita alle regioni, al fine di favorire la puntuale realizzazione dei programmi di gestione faunistico-ambientale. (5-09250)


   BRATTI e PAOLA BOLDRINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della procedura di risoluzione della crisi di Banca delle Marche spa, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio Società cooperativa, Cassa di risparmio di Ferrara spa e Cassa di risparmio della provincia di Chieti spa (ai sensi del decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, poi confluito nell'articolo 1, commi 842-854, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, legge di stabilità 2016) a seguito di complesse interlocuzioni con le istituzioni europee, è stata trovata una via compatibile con la normativa vigente per assicurare una forma di tutela verso i detentori di obbligazioni subordinate, che hanno subito l'integrale svalutazione dei loro titoli;
   la legge di stabilità 2016, all'articolo 1, commi da 855 a 861, ha dunque istituito il fondo di solidarietà per l'erogazione di prestazioni in favore degli investitori che, alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 183 del 2015, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dai quattro istituti sottoposti a risoluzione;
   parte delle misure attuative di tali prestazioni sono state poi specificate nel decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 giugno 2016, n. 119, in cui il Governo ha ritenuto opportuno ampliare gli spazi di tutela inizialmente previsti dalla legge di stabilità 2016, che disponeva il solo ricorso all'arbitrato e l'analisi caso per caso degli investitori ammessi al rimborso delle somme perse;
   il decreto-legge n. 59 del 2016, all'articolo 9, ha infatti precisato che i clienti che hanno acquistato le obbligazioni subordinate delle quattro banche entro il 12 giugno 2014 – data di pubblicazione – sulla Gazzetta Ufficiale europea della «Direttiva BRRD», – possano richiedere indennizzi automatici, alternativi alla via della procedura arbitrale;
   lo stesso articolo 9 prevede che l'investitore possa richiedere l'indennizzo automatico – il cui importo è forfettario, pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari detenuti alla data di risoluzione delle banche in liquidazione, al netto di oneri e spese connessi alle operazioni di acquisto e della differenza, se positiva, tra rendimenti ottenuti e tasso sui Btp – entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto, solo se ricorre una fra due condizioni: a) patrimonio mobiliare di valore inferiore a 100.000 euro posseduto al 31 dicembre 2015; b) ammontare del reddito complessivo ai fini Irpef nell'anno 2014 inferiore a 35.000 euro;
   nella norma richiamata non risultano però specificate le modalità di valutazione delle due condizioni, patrimoniale e reddituale, in relazione ai casi di cointestazione dei suddetti titoli, anche derivanti da successione; in particolare, qualora venisse considerato rilevante il cumulo dei patrimoni o dei redditi di tutti i cointestatari del titolo, in luogo dei valori personali di reddito e patrimonio, la platea dei potenziali destinatari dei rimborsi risulterebbe assai inferiore;
   un ulteriore motivo di incertezza in relazione alla procedura definita dall'articolo 9 del decreto-legge n. 59 del 2016 riguarda l'eventualità, non specificata nella norma, che la misura dell'indennizzo vada decurtata delle rate di rimborso del capitale già percepite dagli investitori: in particolare, per le obbligazioni subordinate emesse dalla Cassa di risparmio di Ferrara spa, la maggior parte di queste era costituita da titoli di durata decennale, collocati in gran parte tra il 2006 e il 2007, e che dal quinto anno di corso (quindi dal 2011 o dal 2012) hanno previsto una quota di rimborso annuo a favore dell'investitore pari a circa il 20 per cento del capitale iniziale; ad oggi, dunque, residuerebbe solo una quota parte del capitale iniziale, peraltro piccola nei casi richiamati, non coperta dai rimborsi effettuati dall'istituto prima dell'avvio della procedura di risoluzione disposta dalla Banca d'Italia nel mese di novembre 2015 –:
   quali siano le specifiche modalità di valutazione delle condizioni reddituali e patrimoniali di cui all'articolo 9, comma 1, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, per l'accesso agli indennizzi forfettari in favore degli investitori di cui all'articolo 8, comma 1, lettera a) del citato decreto, nei casi di cointestazione delle obbligazioni subordinate, nonché quale sia lo specifico criterio di calcolo che verrà adottato nello stabilire l'entità dell'indennizzo forfettario se una quota del capitale relativo al titolo risulti già rimborsata dalla banca prima dell'avvio della procedura di risoluzione. (5-09255)

Interrogazione a risposta scritta:


   MURA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 78 del 2010, all'articolo 5, comma 5, stabilisce che lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute;
   il contenuto della norma di cui sopra, sottoposto all'interpretazione della sezione autonomie della Corte dei Conti (Del. n. 11 del 2016), e ancor prima a diverse sezioni regionali della medesima Corte, è stato interpretato letteralmente, come divieto, per i titolari di cariche elettive, di ricevere compensi per lo svolgimento di incarichi affidati da altre pubbliche amministrazioni, sebbene differenti da quella in cui è esercitata la carica elettiva (con l'eccezione degli incarichi attinenti a funzioni e oneri obbligatori per legge);
   la rigida interpretazione della norma comporta, di fatto, l'impossibilità per sindaci, assessori e consiglieri comunali libero professionisti di esercitare la propria professione, per la parte relativa a convenzioni e contratti con la pubblica amministrazione, e di fatto mette gli stessi nella condizione di optare per il proprio lavoro, ovvero per l'esercizio del mandato per il cui svolgimento è stato eletto dai cittadini. Si configura, in tal senso, una limitazione del diritto costituzionale di accesso alle cariche pubbliche elettive;
   a seguito del decreto-legge n. 78 del 2010 e di altre normative di contenimento della spesa pubblica le indennità e i gettoni di presenza per gli amministratori locali (sindaci, assessori e consiglieri) sono state oggetto di graduali e consistenti tagli, soprattutto a livello di comuni piccoli e medi;
   gli amministratori locali sono la classe dirigente più vicina ai cittadini. Spesso, soprattutto a livello di comuni piccoli e medi, il loro mandato elettivo si configura come attività di puro volontariato, non certo come modalità, di arricchimento, tantomeno indebito. Pertanto, l'interpretazione letterale dell'articolo 5, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010, rischia di rappresentare per i liberi professionisti, titolari di carica pubblica elettiva, una situazione che, se non meglio definita e rideterminata, potrebbe indurre alla rinuncia alla carica elettiva stessa e più in generate a una vera e propria discriminazione rispetto alla possibilità per gli stessi di accedere a cariche elettive pubbliche –:
   se i Ministri interrogati intendano assumere le iniziative di competenza per specificare e definire con dettaglio la fattispecie di cui all'articolo 5, comma 5 del decreto-legge n. 78 del 2010. (4-13912)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le ultime rilevazioni sull'incidentalità stradale in Sardegna registrano una complessiva diminuzione dell'indice di pericolosità delle infrastrutture dell'isola, rilevando tuttavia un numero sempre elevato di incidenti, molti dei quali mortali, sui collegamenti stradali del territorio. Secondo l'ultimo rapporto ACI-ISTAT (novembre 2015), infatti, nel 2014 si sono verificati in Sardegna 3.492 incidenti stradali, che hanno causato la morte di 98 persone e il ferimento di altre 5.311. In particolare, nella provincia di Sassari, nel 2014 si sono registrati 852 incidenti stradali che hanno provocato 25 morti e 1311 feriti;
   nel territorio dell'Anglona, nel nord Sardegna, si registra una grave carenza di infrastrutture stradali che si ripercuote molto negativamente sulla mobilità dei cittadini e sullo sviluppo delle attività produttive della zona, a forte vocazione turistica;
   la strada statale 200 – Dell'Anglona, che parte da Sassari e arriva a Castelsardo, attraversando i comuni di Sennori e Sorso, caratterizzata da una serie di pericolosi tornanti che si percorrono con un'illuminazione pressoché inesistente, è una delle strade più rischiose della Sardegna;
   negli ultimi anni sulla strada statale 200 si sono verificati numerosi incidenti, anche mortali, ma gli interventi per la messa in sicurezza della strada sono stati di scarsissimo rilievo;
   secondo quanto riportato dal quotidiano locale La Nuova Sardegna – ed. Sassari in data 28 aprile 2016, i lavori di ripristino dai danni causati dagli eventi alluvionali del 18 giugno 2014 sulla strada statale suddetta, all'interno del centro abitato di Sennori, già previsti per i giorni dal 18 aprile al 5 maggio 2016 e già finanziati dalla regione Sardegna con delibera del 22 luglio 2014 per un importo paria 200 mila euro, non sono ancora partiti per la mancata consegna della cartellonistica stradale da installare. Non risulta ancora nota la data per l'avvio dell'intervento, nonostante l'ANAS abbia già diffuso la comunicazione della chiusura al traffico del tratto di strada interessato dai lavori;
   risulta paradossale, ad avviso degli interroganti riscontrare che in alcuni casi interventi per la messa in sicurezza delle strade statali del territorio sardo, già finanziati e previsti per date stabilite, siano rinviati o non siano compiuti per intoppi di carattere logistico facilmente evitabili –:
   se non intenda adoperarsi affinché siano intraprese, in via prioritaria, tutte le iniziative necessarie per la messa in sicurezza, nel più breve tempo possibile, della strada statale 200 – Dell'Anglona, al fine di consentire una circolazione più sicura e dotare il territorio di un sistema di infrastrutture moderno e adeguato, garantendo una manutenzione continua ed efficiente dell'infrastruttura stradale;
   se non intenda altresì attivarsi presso l'ANAS per comprendere le motivazioni che hanno causato la mancata consegna della cartellonistica stradale da installare nel tratto di strada statale 200 di cui in premessa e affinché siano avviati e conclusi in tempi certi e rapidi i lavori citati. (3-02420)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ARIENZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la variante alla strada statale 12 da Buttapietra a Verona è un'opera infrastrutturale attesa da decenni dal territorio, l'unica in grado di spostare la pressione automobilistica di un'ampia area territoriale verso le grandi vie di comunicazione, oltre che sgravare la zona sud della città dal pesante ingolfamento;
   la progettazione della tratta, attualmente a livello preliminare, è stata assunta dalla regione Veneto attraverso la società partecipata Veneto Strade spa;
   il progetto è all'attenzione della commissione VIA provinciale che sta redigendo l'istruttoria;
   l'impegno finanziario si aggira intorno ai 150 milioni di euro;
   la regione Veneto ha fatto richiesta di fondi per circa 300 milioni di euro a valere sul fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) le cui risorse vengono impiegate per il finanziamento degli investimenti pubblici in infrastrutture materiali ed immateriali realizzati dalle regioni attraverso lo strumento negoziale dell'accordo di programma quadro (APQ);
   il fondo in questione ben si presta a finanziare opere infrastrutturali come la variante alla strada statale 12, a questo punto realizzata dalla regione Veneto –:
   se il Governo ritenga di valutare positivamente la richiesta della regione Veneto e di favorire l'accordo di programma relativo in modo che la regione medesima possa definire il progetto e avviare le procedure per realizzare, finalmente, la variante alla strada statale 12. (4-13905)


   MARTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di aprile 2016 l'Anas ha annunciato lo stanziamento di 7 milioni di euro per l'ammodernamento della strada statale n.16 nel tratto Maglie – Otranto, finalizzato al completamento dei lavori avviati nel 2010, (attraverso un progetto finanziato dal Governo Berlusconi) le cui opere nel corso dei successivi anni, hanno subito una serie di interruzioni e ritardi;
   l'interrogante segnala, che nel corso dell'avvio dei lavori, attraverso le sollecitazioni degli amministratori locali, il medesimo progetto fu integrato attraverso la realizzazione della complanare per l'uscita di Minervino di Lecce, sulla stessa strada statale n.16 Maglie – Otranto, considerata in precedenza irrealizzabile;
   nel 2012 la regione Puglia deliberò, tuttavia, che la suddetta complanare non sarebbe stata più realizzata, comunicando tale decisione al comune di Palmariggi, in provincia di Lecce, direttamente interessato dal passaggio della suddetta strada statale;
   al riguardo, l'interrogante rileva che, a seguito dei lavori eseguiti e in fase di ultimazione, nonostante la complanare sia stata realizzata, sebbene parzialmente e fra l'altro asfaltata soltanto per 3 metri, le condizioni attuali sono di estrema difficoltà nella viabilità, con gravi rischi per la sicurezza e l'incolumità degli utenti della strada;
   l'interrogante evidenzia, altresì, come ulteriori profili di criticità riguardino le difficoltà nel passaggio dei mezzi di trasporto nelle corsie del medesimo tratto stradale, considerate troppe strette, nonché le complicazioni per gli automobilisti obbligati a transitare nel, comune di Palmariggi per recarsi a Minervino di Lecce;
   gli effetti negativi e penalizzanti del mancato completamento dello svincolo, nonché dei complessivi ritardi dell'ammodernamento del tratto della strada stradale n. 16 Maglie – Otranto in prossimità di Minervino di Lecce, si ripercuotono, a giudizio dell'interrogante, in modo grave e netto sull'economia locale, soprattutto quella turistica, i cui dati nazionali riportano risultati particolarmente positivi ed in crescita, in termini di attrattività, specie negli ultimi anni;
   a tal fine, occorre rilevare come quell'area territoriale, che interessa numerosi comuni, fra i quali Minervino di Lecce e Uggiano la Chiesa, sia caratterizzata da numerose strutture ricettive e villaggi turistici particolarmente frequentati nel periodo estivo, il cui numero di turisti) così importante, accresce di conseguenza i rischi in termini di sicurezza e viabilità del traffico veicolare;
   risulta pertanto incomprensibile, a parere dell'interrogante, il ritardo nella realizzazione del completamento della complanare per Minervino di Lecce, sia con riferimento ai discutibili annunci della commissione regionale dell'Anas, che di recente ha sostenuto l'impossibilità nel proseguire i lavori a causa della mancanza dei fondi, (nonostante nel progetto iniziale stati invece inseriti) che della scarsa in relazione alla scarsa attenzione e alla trascuratezza, da parte dello stesso gestore della rete stradale, nei riguardi delle comunità locali interessate, considerato che è fondamentale la connessione tra efficienza delle infrastrutture legate ai collegamenti stradali, con il successo del sistema turistico, che nel Salento rappresenta un elemento imprescindibile per la crescita e l'occupazione –:
   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se sia a conoscenza dei ritardi esistenti per il completamento della complanare nella strada statale n.16 Maglie – Otranto, in prossimità dello svincolo per Minervino di Lecce;
   se corrisponda al vero che l'interruzione dei lavori stradali sia causata dalla mancanza dei fondi previsti ora progetto, come di recente dichiarato dall'Anas;
   in caso affermativo, se non ritenga urgente e necessario assumere iniziative, al fine di prevedere lo stanziamento di risorse aggiuntive per la realizzazione definitiva dell'opera stradale interessata;
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere affinché l'ente gestore della rete stradale – Anas velocizzi la conclusione dei lavori stradali nel tratto esposto in premessa, nel caso in cui le risorse siano effettivamente disponibili nell'ambito del progetto, evitando la prosecuzione delle difficoltà e degli ostacoli per le comunità locali interessate (quasi otto mila abitanti tra Minervino di Lecce e Uggiano la Chiesa), che attualmente sono escluse dalla strada statale n. 16 Maglie – Otranto, con evidenti ripercussioni negative per le attività commerciali e turistiche locali. (4-13907)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   stando ad un comunicato diramato in data 19 luglio 2016 dall'UGL-Sindacato nazionale dei vigili del fuoco, sezione di Trieste, a personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco di stanza nel capoluogo giuliano sarebbe stato comandato di recarsi presso un campeggio situato a Fervetti, per provvedere al trasporto ed al lavoro di facchinaggio necessario all'allestimento di tende e posti letto destinati ad ospitare sedicenti migranti richiedenti asilo;
   per effetto di questa disposizione apparentemente impartita dalla prefettura di Trieste, il 19 luglio 2016 sarebbe stato distratto da soccorso tecnico urgente non meno del 50 per cento del personale addetto e cinque mezzi operativi;
   non è chiaro per quali motivi sia stato necessario utilizzare risorse altamente specializzate nel soccorso tecnico urgente e per di più in un periodo dell'anno ad alto rischio d'incendi, per via delle alte temperature e dei venti che spirano su Trieste, invece di mobilitare altro personale appartenente alla protezione civile –:
   per quali motivi la prefettura di Trieste abbia ritenuto di utilizzare come facchini i vigili del fuoco di Trieste, privando per ore preziose il capoluogo giuliano del 50 per cento del personale altamente specializzato addetto al soccorso tecnico urgente;
   se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per vietare l'utilizzo di personale dei dirigenti del fuoco come riportato in premessa, al fine di non sottrarre mezzi e uomini alla effettiva attività di soccorso dei vigili del fuoco, a scapito della sicurezza e della tutela dei cittadini. (4-13904)


   LATRONICO, CIRACÌ e CHIARELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012, modificando l'articolo 62 del decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005, istituisce l'Anagrafe nazionale della popolazione residente, ANPR;
   la norma ha previsto, al fine della realizzazione dell'intero sistema, la disponibilità di fondi pari a 15 milioni di euro per l'anno 2013 e di 3 milioni di euro per l'anno 2014;
   inoltre, l'articolo 10, comma 6, del decreto-legge n. 78 del 19 giugno 2015 prevede un ulteriore stanziamento cumulativo per la carta di identità elettronica e l'ANPR pari a 59,5 milioni di euro per l'anno 2015 e 8 milioni di euro per l'anno 2016, oltre a 2,7 milioni di euro all'anno a decorrere dal 2016;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 194 del 10 novembre 2014 Allegato A, prevedeva il definitivo trasferimento delle anagrafi di tutti i comuni d'Italia all'interno dell'ANPR entro e non oltre la fine del 2015;
   il 12 novembre 2015, in sede di apposita conferenza stampa presso la Camera dei deputati il Ministro interpellato ha assicurato che due comuni, Cesena e Bagnocavallo avrebbero pienamente adottato l'ANPR e che tutti i comuni d'Italia l'avrebbero adottata entro il 2016 –:
   se risponda al vero che ad oggi nessun comune abbia effettivamente adottato l'ANPR e se persistano problematiche di carattere tecnico che hanno impedito l'adesione dei comuni previsti alla partenza del progetto;
   come siano stati utilizzati i fondi resi disponibili in mancanza dell'implementazione del progetto;
   quali siano i soggetti coinvolti nell'implementazione del progetto per conto del Ministero dell'interno e quali risorse abbiano percepito a fronte dell'eventuale lavoro sinora svolto. (4-13909)


   RONDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   presso il comune di Fondachelli Fantina, in provincia di Messina, sono presenti due centri di prima accoglienza per i minori stranieri non accompagnati (MSNA), gestiti dall'istituzione comunale per i servizi socio-assistenziali, ente strumentale del comune stesso, e denominati «Sebastiano Rosselli» e «Giuseppe Munafò»;
   secondo quanto riportato nell'esposto-denuncia della dottoressa Maria Francesca Doldo, in qualità di tutore dei minori H. e A. di assistente sociale del comune all'epoca dei fatti, risulta che in data 10 febbraio 2016, presso i centri sopra indicati, si recavano due persone (un uomo di origine marocchina di nome Said ed una donna italiana di nome Micaela Messina) che, qualificatesi come rappresentanti dell'associazione «Save the Children», in particolare, come mediatore culturale l'uno e come avvocato l'altra, chiedevano di poter effettuare un controllo-ispezione dei locali adibiti a centri di cui sopra e di poter parlare con i minori stranieri ivi ospitati;
   successivamente, pare che «i rappresentanti di Save the Children venivano fatti entrare nei centri e, in particolare, dopo che il mediatore si intratteneva a colloquiare con i minori ivi presenti, gli stessi cominciavano con fare minaccioso ad inveire contro i centri e contro il personale, lamentandosi di qualunque cosa, creando un clima di protesta e di tensione»;
   il mattino successivo alla visita, sedici minori si allontanavano spontaneamente dai centri Rosselli e Munafò e, successivamente rintracciati dalla squadra mobile e dalla polizia ferroviaria di Messina in data 17 febbraio 2016, venivano nuovamente affidati all'assistente sociale del centro Rosselli;
   nei giorni successivi alla visita dei rappresentanti di Save the Children pare che «alcuni dei minori, in particolare H. A. M. e A. M. I. (all'epoca ospiti presso il centro G. Munafò), riferivano agli operatori dei centri che il mediatore di origine marocchina tale Said, nel rivolgersi a loro ed agli altri ospiti li invitava ad allontanarsi ed a scappare dai centri di Fondachelli-Fantina per andare a Messina o in altri posti, ove a detta del mediatore, si sarebbero trovati meglio»;
   «nei mesi successivi i minori ospiti presso i predetti centri alle prime problematiche incominciavano a chiedere sempre con maggiore insistenza di voler essere trasferiti a Messina o di cambiare i loro dati anagrafici da minorenni a maggiorenni, mettendo in atto comportamenti aggressivi e minacciosi che hanno avuto il loro culmine con il grave danneggiamento del centro G. Munafò avvenuto il 23 maggio 2016»;
   con riguardo a tale episodio, come si evince dalle denunce del sindaco di Fondachelli, Pettinato Marco Antonio, e del signor Bagnasco Fabio, coordinatore e responsabile del centro Munafò, il giorno 23 maggio 2016 alcuni ospiti minori del centro hanno gravemente danneggiato la struttura ospitante, di proprietà del comune, distruggendo e gettando all'esterno gli arredi, minacciando e insultando violentemente sia il sindaco, recatosi sul luogo per verificare lo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica, sia gli operatori del Centro ivi presenti;
   a seguito della visita di cui sopra, il 29 febbraio 2016 gli operatori di Save The Children inviavano una relazione in cui riferivano una «situazione preoccupante» in merito alle strutture Sebastiano Rosselli e Giuseppe Munafò come risultava, dalle segnalazioni dei minori ospitati;
   secondo la conseguente relazione del comune, le problematiche sopra evidenziate sarebbero state mosse, soltanto da una minoranza degli ospiti rispetto alla totalità dei minori presenti nei due centri, in quanto, in occasione della visita, le lamentele sarebbero state esposte ai rappresentanti di Save the Children solo da 17 minori sugli 87 allora ospitati;
   sempre nella stessa relazione, il comune, nel precisare le azioni avanzate dall'amministrazione e le criticità sui diversi punti esposti, nel contempo sottolineava «la mancanza assoluta di contraddittorio sull'eventuale veridicità delle segnalazioni degli ospiti, sulle motivazioni eventuali che le hanno determinate e sui modi da porre in essere per potere operare rettifiche o miglioramenti» e «gli effetti prodotti da una visita di una ONG quale Save the Children, che avrebbe dovuto essere di supporto, sostegno, aiuto per l'intera equipe dei nostri centri e dei nostri ospiti, al fine di migliorare gli standard lavorativi e aiutare i MSNA a superare eventuali criticità; dimostrandosi invece destabilizzante, fuorviante e deleteria per l'equilibrio raggiunto al nostro interno, nonostante le oggettive difficoltà che ogni centro di prima accoglienza per MSNA in Italia si trova ad affrontare» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra e se ciò corrisponda al vero; in particolare se risulti al Governo che i minori ospiti dei due centri Munafò e Rosselli di Fondachelli siano stati consigliati o incitati ad abbandonare i centri in cui si trovavano, come segnalato nell'esposto sopracitato, e se, in relazione ai fatti di cui in premessa, siano state avviate indagini. (4-13910)


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella città di Parma il Movimento Nuovi Consumatori (MNC) ha raccolto numerose segnalazioni e lamentele da parte dei cittadini che utilizzano le linee di trasporto TEP (i trasporti pubblici di Parma);
   alla base delle segnalazioni, l'attività di controllo dei biglietti sull'autobus che, da marzo 2016, è stata assegnata, con intento di potenziamento delle verifiche, ad una, ditta privata di Modena, la «Holacheck srl»;
   pur non vestendo la divisa aziendale, a quanto consta all'interrogante i controllori «in borghese» della ditta Holacheck indosserebbero comunque un tesserino di riconoscimento rilasciato da TEP e disporrebbero delle stesse dotazioni aziendali a disposizione dei dipendenti TEP (palmari per il controllo degli abbonamenti e il POS bancomat per la regolarizzazione delle sanzioni a bordo bus);
   la procedura per l'assegnazione del servizio di controllo ad Holacheck srl si è svolta senza indizione di reale gara pubblica, come si evince dall'avviso di appalto aggiudicato, nel quale risulta che solo un'impresa è stata invitata a fare un'offerta e che il numero di offerte ricevute ed ammesse è stato pari a 1, l'offerta Holacheck srl appunto;
   in una seduta della commissione di controllo in municipio, il presidente Antonio Rizzi, aveva motivato la scelta di non ricorrere a gara con la volontà di avviare in tempi più rapidi la sperimentazione del nuovo sistema di controlli;
   il compenso per questo appalto è pari ad un corrispettivo fisso di 207.000 euro più una quota variabile pari all'85 per cento delle sanzioni incassate oltre la soglia del corrispettivo fisso;
   subito dopo (19 aprile 2016) la pubblicazione dell'avviso di aggiudicazione dell'appalto (8 aprile 2016) da parte della Holacheck srl, con l'articolo 217 del decreto 50 del 2016, è stata abrogata la possibilità di riproporre gare di questo tipo per il futuro;
   i dipendenti di un'azienda pubblica che svolge il ruolo di controllo dei titoli di viaggio, nello svolgimento delle loro funzioni, sono dei pubblici ufficiali. È per questo che a loro è concesso fermare le persone, chiedere i documenti e generalità, impedire loro di uscire dall'autobus;
   la legge regionale del trasporto pubblico 30 del 1998, inoltre, all'articolo 40, qualifica con precisione chi possa svolgere il ruolo di controllore e non annovera, tra i soggetti abilitati, dipendenti appartenenti a società private;
   il 25 maggio 2016 un sindacato confederale ha scritto al prefetto di Parma e alla direzione provinciale del lavoro per sollecitare chiarimenti sullo status giuridico di questi «controllori in borghese». Non è pervenuta risposta alcuna –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali chiarimenti, per quanto di competenza, si intendano fornire in relazione ai dubbi posti dalle organizzazioni sindacali al prefetto di Parma e alla competente direzione provinciale del lavoro;
   se il Governo, in particolare, intenda chiarire, per quanto di competenza, su quali basi giuridiche gli addetti della Holacheck srl svolgano l'attività di controllo, legalmente riservata a pubblici ufficiali, posto, tra l'altro, che la legge regionale prescrive che solo i dipendenti dell'azienda di trasporto pubblico hanno la possibilità di comminare le multe e chiedere i documenti d'identità. (4-13911)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ATTAGUILE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il settore cerealico in questo periodo soffre di un drammatico crollo dei prezzi, inferiori del 50 per cento rispetto all'anno scorso;
   il settore cerealicolo è a rischio dal momento che le ultime quotazioni di borsa per il grano annunciano ribassi. Il grano italiano viene venduto a meno di 20 euro sulla piazza di Foggia, riferimento per il sud Italia, e non è infrequente, però, imbattersi in Puglia in testimonianze di offerte scandalose: anche 15 euro al quintale. Cifre queste che non riescono neanche a coprire i costi, anche con produzioni superiori alla media. Solo ad inizio della stagione di raccolta il prezzo, già basso e insostenibile, era a 22,50 euro. I produttori sono allarmati da questa repentina discesa del prezzo e esiste il rischio reale che possa non fermarsi qui;
   con prezzi che si attestano al di sotto dei 30 euro al quintale i produttori non riescono a coprire i costi e dall'inizio dell'anno si è registrato un deprezzamento intorno al 40-45 per cento. I valori della materia prima sono ai livelli di 30 anni fa, e circa 300 mila aziende rischiano la rovina;
   da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy, mentre dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa il 500 per cento e quelli dal grano al pane addirittura del 1.400 per cento;
   il nostro Paese, purtroppo, è dipendente dall'estero per il proprio fabbisogno di grano duro, fabbisogno che oscilla tra il 30 per cento e il 40 per cento;
   il crollo dei prezzi mette in crisi i produttori, mentre le aziende della trasformazione si approvvigionano sempre di più con prodotti esteri. L'industria alimentare nel 2015 ha moltiplicato le importazioni di grano straniero: le importazioni sono quadruplicate dall'Ucraina e raddoppiate dalla Turchia. Ad esempio si registra un +315 per cento dell'importazione dall'Ucraina di grano tenero (per il pane), mentre il Canada resta in testa per le spedizioni di grano duro (per la pasta);
   nei porti italiani continuano a giungere navi importatrici di grano che contribuiscono ulteriormente ad abbassare il prezzo, senza considerare anche il problema della tracciabilità e la salubrità del prodotto importato;
   è necessario intensificare i controlli sugli arrivi da Paesi extracomunitari, come l'Ucraina, dove sono utilizzati prodotti e fitosanitari vietati da anni in Italia ed in Europa;
   un gruppo di agricoltori siciliani ha deciso di ribellarsi alle varietà internazionali e alla logica della standardizzazione e del prodotto commodity per abbracciare un modello di sviluppo diverso, fatto di grani antichi, grazie alle caratteristiche e alle proprietà nutrizionali che li differenziano. In Sicilia sarebbero già 3.000 gli ettari utilizzati per produrre grani antichi, anche se ufficialmente sono solo 500;
   la priorità italiana deve essere quella di agevolare la produzione di qualità e tutelare il reddito di chi produce e valorizza il grano 100 per cento italiano –:
   quali iniziative, anche di carattere normativo il Governo, intenda assumere affinché sia resa obbligatoria l'etichettatura di pasta e pane che informi sulla provenienza geografica del grano utilizzato per la loro realizzazione, perché c’è bisogno di uno strumento di protezione dei prodotti 100 per cento italiani, nonché di garanzia per i consumatori, che avranno così l'opportunità di scegliere consapevolmente quali prodotti consumare, premiando, quindi, la qualità;
   quali iniziative il Governo intenda assumere affinché siano potenziati i controlli fitosanitari sulle importazioni dall'estero, in particolare da Paesi extraeuropei, per una maggiore tutela della salute dei consumatori. (4-13903)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, MANTERO, DI VITA, LOREFICE, GRILLO e NESCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda ospedaliera e universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno è classificato come dipartimento d'emergenza e accettazione (DEA) di III livello e, come tale, rappresenta il punto di riferimento dell'intera provincia di Salerno con 300 accessi giornalieri in media al pronto soccorso;
   con decreto del commissario ad acta n. 49 del 2010 all'azienda ospedaliera salernitana sono stati annessi i presidi di Cava de’ Tirreni, Mercato San Severino, Castiglione di Ravello, nonché l'ospedale «da Procida» di Salerno;
   nel 2015 l'Osservatorio Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna) ha premiato l'ospedale Ruggi di Salerno «per la presenza di servizi rivolti alla popolazione femminile, appropriatezza dei percorsi diagnostico terapeutici dedicati alle donne e offerta di prestazioni aggiuntive legate all'accoglienza in ospedale e alla presa in carico delle pazienti»;
   l'ospedale in questione conta più di mille parti all'anno; infatti, nel 2015 sono stati eseguiti circa 1.200 parti, di cui circa 840 sono stati cesarei secondo i dati dell'ultimo Cedap (Certificato di assistenza al parto);
   presso l'azienda ospedaliera e universitaria di Salerno, le neo mamme per allattare i propri bambini devono spostarsi dal reparto di ostetricia e ginecologia collocato al primo piano della struttura al sesto piano, dove è ubicato il nido, con disagi di varia natura: tra cui, l'impossibilità di essere trasportate sul proprio letto ospedaliero, in quanto gli ascensori all'interno della struttura risultano essere troppo piccoli, determinando enormi difficoltà, in particolare per le donne che hanno appena subito un parto cesareo, che rappresentano circa il 70 per cento delle partorienti della struttura;
   sullo stesso piano dei reparti di ginecologia e ostetricia, insiste un'ala della struttura allo stato grezzo, separata dalla corsia del reparto con un muro di cartongesso che ne impedisce l'accesso; in tale ala dovrebbe essere aperto un nuovo reparto in cui praticare la rooming-in (dall'inglese «stare insieme in una stanza»);
   si definisce Rooming-in la possibilità di tenere nella propria stanza dell'ospedale il bambino appena nato, giorno e notte, senza limiti di orario, in un lettino posizionato accanto a quello della mamma;
   numerosi studi hanno dimostrato che l'instaurarsi del legame profondo tra la mamma e il suo bambino, il cosiddetto bonding, è favorito dal contatto prolungato nel periodo che segue immediatamente dopo la nascita;
   evidenze internazionali hanno dimostrato i benefici che derivano da questa vicinanza precoce e continua, che sono:
    a) favorire l'allattamento al seno a richiesta ed esclusivo cioè ogni volta che il neonato lo richiede, consentendo un frequente attaccamento al seno che costituisce lo stimolo più appropriato alla produzione del latte. Inoltre, la vicinanza del neonato alla madre nelle ore notturne è nella fase iniziale dell'allattamento un fattore favorente, perché fisiologicamente si verificano quelle secrezioni ormonali che favoriscono la produzione del latte materno;
    b) ridurre la difficoltà nella cura del proprio figlio (suzione, allattamento, cambio pannolino, medicazione ombelicale) da parte dei genitori una volta rientrati a casa, in quanto, durante il rooming-in (con l'aiuto del personale infermieristico ed ostetrico), hanno potuto acquisire maggiore consapevolezza e autonomia ridurre gli episodi di pianto del neonato, che viene consolato» dall'abbraccio, dalla voce, dall'odore della mamma, che ricorda quello del liquido amniotico;
    c) monitorare il calo ponderale del peso del bambino;
    d) favorire i controlli post-dimissione;
   con delibera n. 57 del 22 marzo 2016 il commissario Nicola Cantone «ha approvato il progetto esecutivo-definitivo con la relativa indizione della gara, finalizzata alla riorganizzazione del reparto di ginecologia e ostetricia del presidio ospedaliero Ruggi, il tutto al fine della definitiva attivazione del percorso nascita e rooming in;
   con successiva delibera n. 59 del 23 marzo 2016 sono stati aggiudicati i lavori di adeguamento strutturale ascensori AOU;
   il 10 marzo 2016 il quotidiano il Mattino fa sapere che «il progetto messo in campo dal commissario straordinario Nicola Cantone per la creazione del rooming in, nel reparto chiuso di fronte l'ostetricia, dovrebbe essere pronto entro fine mese. Un'area in cui le donne potranno avere i bambini vicino e per la quale, però, le parti sociali esprimono forti dubbi in merito ai tempi di conclusione degli interventi. In quell'ala, infatti, i lavori per la realizzazione dell'ostetricia e del rooming in sono iniziati circa 5 anni fa. Poi, non si sa per quale motivo, sono stati sospesi. Gli stessi erano stati inseriti tra gli impegni che Viggiani si era prefissato di rispettare entro settembre 2015, prima, e non oltre il mese di gennaio scorso, poi. Gli interventi, però, non sono mai partiti e il reparto è rimasto finora chiuso»;
   ad oggi il reparto «rooming-in» risulta agli interroganti attualmente ancora chiuso –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
   se il Ministro interrogato disponga di informazioni, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, in merito all'effettiva attivazione del percorso nascita e rooming-in presso l'azienda ospedaliera e universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno, dati i contrastanti annunci intervenuti nel corso degli anni;
   se e quali iniziative, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, intenda intraprendere al fine di accelerare i lavori di riorganizzazione del reparto di ginecologia e ostetricia in virtù della realizzazione concreta del percorso nascita e della rooming-in;
   se e quali iniziative, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, intenda porre in essere per accertare il ritardo dei lavori di ristrutturazione che mettono a rischio il diritto alla salute sia delle partorienti che dei neonati.
(5-09246)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge quadro 14 agosto 1991, n. 281, «Legge quadro in materia di animali d'affezione e prevenzione del randagismo» pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 203 del 30 agosto 1991, all'articolo 3, comma 1, – Competenze delle regioni- demanda alle stesse con propria legge, «l'istituzione dell'anagrafe canina presso comuni o le unità sanitarie locali, nonché le modalità per l'iscrizione a tale anagrafe e per rilascio al proprietario o al detentore della sigla di riconoscimento del cane, da imprimersi mediante tatuaggio indolore»;
   sempre all'articolo 3, comma 3, la sopra citata legge, richiama le regioni affinché adottino, sentite le associazioni animaliste, protezioniste e venatorie, che operano in ambito regionale, un programma di prevenzione del randagismo;
   peraltro la legge n. 281 del 1991, stabilisce anche la ripartizione annuale del fondo istituito per garantire l'attuazione e l'attivazione dell'anagrafe canina nazionale e la gestione del sistema informatico;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, recante «Definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 febbraio 2002, n. 33, nell'allegato 1 – Assistenza Collettiva in ambienti di vita e di lavoro –, al punto 4 dedicato alla sanità pubblica veterinaria, comprende la «lotta al randagismo e controllo della popolazione canina»;
   l'accordo sancito il 6 febbraio 2003 tra il Ministro della salute le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy – recepito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 28 febbraio 2003 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 4 marzo 2003, n.52, – in particolare l'articolo 2 «Responsabilità e doveri del detentore» e l'articolo 4 «Sistema d'identificazione dei cani», richiama la legge quadro n. 281 del 1991 prevedendo precisi provvedimenti in materia per le regioni le province autonome;
   con ordinanza del 6 agosto 2008, «Ordinanza contingibile e urgente concernente misure per l'identificazione e la registrazione della popolazione canina» – pubblicata in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 194 del 20 agosto 2008 – all'articolo 3, comma 1, si dispone che: «Con provvedimento da sancire in sede di Conferenza Stato-regioni, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente ordinanza, definisce le modalità tecniche ed operative per assicurare l'interoperatività della banca dati canina nazionale con le anagrafi canine regionali. Il medesimo provvedimento individuerà un unico documento d'identificazione e registrazione del cane, che dovrà essere adottato in sostituzione dell'attuale certificazione»;
   la legge 4 novembre 2010, n. 201, ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa del 1987, per la protezione degli animali da compagnia, dettando specifiche norme di adeguamento interno; agli articoli 12 e 13, si richiamano le misure di tutela rivolte agli animali randagi, tra cui l'identificazione permanente;
   il successivo accordo tra Stato e regioni, del 24 gennaio 2013, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in materia d'identificazione e registrazione degli animali da affezione, dispone che le regioni e le province autonome, debbano adottare disposizioni specifiche in materia di responsabilità e doveri del proprietario e del detentore di animali d'affezione;
   tuttavia, nonostante i suindicati provvedimenti e le ordinanze ministeriali che evidenziavano l'intento di integrare ed incrementare il quadro normativo, prevedendo nuovi adempimenti sia per le pubbliche amministrazioni sia per proprietari e detentori di animali, permane la mancata applicazione dell'obbligo d'identificazione e d'iscrizione dei cani nell'anagrafe di diverse regioni, oltre a difformi disposizioni regionali riguardanti la gestione dell'anagrafe degli animali d'affezione –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se tutte le regioni, in base all'articolo 3, comma 1 della legge quadro 14 agosto 1991, n. 281 e all'accordo Stato-regioni del 24 gennaio 2014, abbiano istituito e implementato l'anagrafe degli animali d'affezione abbiano istituito e implementato l'anagrafe degli animali d'affezione attraverso una banca dati regionale; in caso negativo, quali siano le regioni e le province autonome che ad oggi risultano non aver applicato le disposizioni contenute nel predetto accordo e nel caso, se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza per l'urgente applicazione della normativa vigente in materia di prevenzione al randagismo e identificazione canina in tutto il territorio nazionale;
   se, presso il Ministero della salute, sia stata istituita la banca dati nazionale come disposto dalla legge quadro 14 agosto 1991, n. 281;
   quali siano le iniziative di competenza che intende adottare per garantire uniformità sul territorio nazionale nelle modalità d'identificazione degli animali da affezione e garantire il monitoraggio della popolazione canina al fine di assicurarne la tracciabilità;
   se il Ministro della salute abbia definito le modalità tecniche ed operative per garantire l'effettiva interoperabilità delle anagrafi e se si intenda assumere iniziative volte a fornire indicazioni per un unico modello d'identificazione e registrazione dell'anagrafe canina. (5-09253)

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SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   GALGANO, D'AGOSTINO, MOLEA, PALLADINO e VEZZALI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la misurazione della soddisfazione dei cittadini rispetto al godimento dei servizi pubblici offerti rappresenta uno degli strumenti utili a migliorarne la qualità, ponendo l'utente al centro del processo di riorganizzazione dei servizi stessi;
   dalla cosiddetta direttiva Ciampi-Cassese del ’94 fino ad arrivare al Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali e al decreto legislativo n. 33 del 2013, i comuni italiani sono obbligati alla redazione e alla pubblicazione delle indagini di soddisfazione degli utenti sui servizi erogati, acquisendo periodicamente la valutazione circa la qualità degli stessi;
   le normative fanno riferimento a tutti i servizi erogati, quindi anche quelli tramite società partecipate e prevedono l'obbligo della pubblicazione delle indagini sui siti istituzionali dei comuni o delle società erogatrici;
   Radicali Italiani ha condotto un'indagine (dalla quale emerge un quadro negativo tranne per poche eccezioni) sull'applicazione del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali e del decreto legislativo n. 33 del 2013 nei 40 comuni più popolosi in Italia;
   i comuni, infatti, interrogano i cittadini e informano pubblicando le indagini solo su pochi servizi, tralasciando, il più delle volte, quelli importanti rispetto al numero degli utenti, quali ad esempio i trasporti pubblici locali e la raccolta dei rifiuti. Quando, invece, sono i comuni ad essere virtuosi nel produrre indagini, sono le società partecipate ad essere carenti nell'assicurare le misurazioni;
   dall'inchiesta, condotta, tra l'altro, sui soli servizi essenziali di interesse generale, emerge che esclusivamente 4 comuni su 40 hanno prodotto indagini su trasporti urbani, rifiuti, acqua, energia e asili nido;
   anche dal punto di vista della pubblicazione degli esiti, il quadro risulta critico, perché, quando presenti, le rilevazioni sono di accessibilità modesta e non si trovano facilmente nei siti;
   la diffusa mancata applicazione delle previsioni del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali e del decreto n. 33 del 2013 da parte delle pubbliche amministrazioni rappresenta un danno per i cittadini, perché non consente loro di poter essere a conoscenza della qualità dei servizi pubblici erogati e di verificare l'efficacia ultima delle procedure di affidamento o della gestione interna dei servizi stessi –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la piena applicazione delle norme giuridiche violate, tutelando i cittadini anche in termini di garanzia di concorrenzialità ed efficienza dei servizi stessi. (3-02419)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in commissione Porta e altri n. 7-01056, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 659 del 21 luglio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fedi, Garavini, Carrozza, Sereni, Zampa, Cimbro, La Marca, Cassano.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Busto n. 4-13233, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 627 del 18 maggio 2016.

   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI, MANLIO DI STEFANO, SPADONI e SCAGLIUSI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le indagini e la documentazione prodotta da organizzazioni internazionali come Pax e Recommon quali «Il lato oscuro del carbone», «Profondo nero», «La via del Carbone» riportano come, in Colombia, alcune multinazionali, tra cui Drummond e Prodeco/Glencore abbiano privatizzato le miniere colombiane e nel periodo tra il 1996-2006 i paramilitari abbiano ucciso 3.100 persone e sfollato 55.000 nella regione del Cesar;
   diverse fonti, tra cui un articolo de l'Espresso del 5 maggio 2016 e de Il Manifesto dell'8 maggio 2016 riportano come alcune confessioni di ex capi militari e collaboratori abbiano individuato nei finanziatori e mandanti delle uccisioni le stesse multinazionali che controllano il mercato del carbone nonché evidenziano le ipotesi di illiceità del commercio del carbone tra paradisi fiscali, offshore e società anonime;
   diverse organizzazioni non governative europee, attive nella zona, denunciano il persistere del fenomeno di violenza nella regione della miniera di carbone di Cesar (Colombia) e l'assenza di collaborazione delle compagnie minerarie attive tanto che PAX (in Italia insieme a Recommon) ha scritto una lettera a ENEL, di cui il Ministero delle economie e delle finanze è il maggior azionista, e alle altre imprese del settore energetico europeo per richiedere la sospensione delle relazioni commerciali con Drummond e Prodeco/Glencore finché non si prendano misure sulla violenza perpetuata nel Cesar, come già fatto dall'azienda energetica danese DONG che ha annunciato la sospensione delle trattative con Prodeco/Glencore;
   il 26 maggio 2016, così come emerge da fonti stampa, durante l'AGM dell'Enel l'amministratore delegato dell'Enel Francesco Starace ha espresso l'intento dell'azienda di condurre un'indagine tesa a verificare le violazioni segnalate in Colombia ed eventualmente sottrarsi dalle relazioni commerciali, così come già fatto dall'azienda DONG;
   l'Italia è tra gli importatori del carbone dalla Colombia, in particolare dalla regione del Cesar almeno dal 2005, tramite ENEL –:
   se non sia opportuno che il Governo adotti ogni utile iniziativa, per quanto di competenza, al fine di:
    a) verificare gli eventuali sviluppi dell'indagine annunciata dall'amministratore delegato dell'Enel, con attenzione alla comprovata imparzialità della stessa;
    b) sollecitare la sospensione degli accordi con le compagnie accusate di violenza, affinché si prendano misure contro la violenza perpetuata nel Cesar e si possa pervenire da parte dell'impresa Drummont, ove i fatti fossero confermati, alla messa in atto di un piano d'azione volto alla compensazione delle vittime;
    c) verificare le supposte illiceità finanziarie in merito al commercio del carbone tra Colombia ed Italia. (4-13233)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Mucci n. 5-03770 del 9 ottobre 2014.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Nicola Bianchi e altri n. 5-08600 del 9 maggio 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02420;
   interpellanza Latronico e altri n. 2-01384 del 26 maggio 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-13909.

ERRATA CORRIGE.

  Interrogazione a risposta scritta Nicola Bianchi ed altri n. 4-13896 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 659 del 21 luglio 2016. Alla pagina 39991, seconda colonna, alla prima e seconda riga, sostituire le parole: «il diritto alla salute a tutti i cittadini alla luce delle criticità» con le parole: «del diritto alla salute per tutti i cittadini, alla luce delle criticità».

  Interrogazione a risposta scritta Nicola Bianchi ed altri n. 4-13899 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 659 del 21 luglio 2016. Alla pagina 39959, seconda colonna, alla riga quarantaquattresima sostituire la parola: «verificare» con la parola: «accertare».