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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 8 luglio 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la città di Roma ha presentato la candidatura per ospitare le olimpiadi del 2024;
    tale candidatura è promossa e coordinata dal comitato promotore «Roma 2024»;
    il Governo italiano a sostegno della iniziativa ha stanziato notevoli risorse per eventi promozionali, pari a circa 20 milioni di euro, in parte già spese e in parte programmate;
    il neo-sindaco di Roma, recentemente eletto con largo consenso, ha più volte espresso, anche nel corso della campagna elettorale, riserve sull'opportunità di tale iniziativa;
    l'approvazione della candidatura è intervenuta ad opera dell'assemblea capitolina immediatamente prima dell'auto-scioglimento a seguito delle vicende conosciute come «mafia capitale»;
    l'imminenza delle olimpiadi estive a Rio de Janeiro suggerisce un pronto chiarimento al fine di evitare ulteriori ed eventuali inutili spese promozionali,

impegna il Governo:

   a richiedere alla nuova amministrazione di Roma capitale un pronunciamento definitivo sulla candidatura entro l'inizio delle olimpiadi in Brasile;
   nel caso di ritiro della candidatura, ad assumere iniziative per destinare all'impiantistica sportiva di base le risorse non ancora impegnate e finalizzate a Roma 2024.
(1-01316) «Fedriga, Saltamartini, Borghesi, Allasia, Attaguile, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Simonetti».

Risoluzioni in Commissione:


   La IX Commissione,
   premesso che:
    il sistema ferroviario in Basilicata è assolutamente inadeguato e sono state spesso riscontrate mancanze negli standard minimi del servizio offerto;
    tra Salerno e Potenza circolano convogli con carrozze vetuste, porte guaste e senza aria condizionata e spesso si verificano malfunzionamenti ai finestrini e ai servizi igienici;
    le stesse condizioni si verificano anche sulla tratta Potenza-Foggia, con treni diesel vecchi che causano ritardi e soppressioni;
    disservizi quotidiani si riscontrano anche sulla linea ionica Reggio Calabria-Taranto che, a causa del taglio di 20 milioni di euro della regione Calabria, a partire dalla metà del 2014 ha visto la soppressione di ben 26 treni regionali solo sulla linea Jonica tra Reggio Calabria e Metaponto e tra Catanzaro Lido e Lamezia, con un conseguente enorme disagio per la costa ionica lucana;
    l'indagine conoscitiva dell'Antitrust sul trasporto pubblico locale, che si è conclusa il 13 giugno 2016, ha evidenziato gravi squilibri strutturali e performance insoddisfacenti rispetto ai principali Paesi europei;
    il potenziamento della rete infrastrutturale su rotaia rappresenta una strategia di sviluppo in gran parte dei Paesi europei e del resto del mondo con ricadute positive in termini occupazionali, economici, di coesione sociale, di sicurezza del viaggio e di minori emissioni;
    la rete infrastrutturale su ferro, nel Sud Italia, rientra nel piano di dimensionamento predisposto da Ferrovie dello Stato italiane con una riduzione dei collegamenti interni e non ci sono progetti che permettano l'accessibilità ai centri del Meridione attraverso il trasporto ferroviario;
    dal 1991 al 2010 gli investimenti per la TAV in Italia hanno toccato i 98 miliardi di euro, quelli per i servizi regionali solo quattro miliardi. Alla spesa hanno partecipato, e continuano a farlo, i cittadini, compresi quelli che non possono fruire dei treni comfort e che risultano essere il 95 per cento circa degli utenti. Attualmente, invece, ad accedere al servizio di mobilità veloce è il 5 per cento dei passeggeri;
    la necessità di collegare Matera «Capitale europea della cultura 2019», alla rete ferroviaria con i treni veloci sta animando il dibattito politico e sociale a tutti livelli, anche nazionale. Recentemente da Santa Margherita Ligure, il Governo, davanti all'assemblea dei giovani imprenditori di Confindustria ha rilanciato il tema della ferrovia a Matera, lasciando intendere come lo sviluppo del Mezzogiorno passi anche dall'allacciamento della città dei Sassi, Capitale della cultura 2019, alla rete ferroviaria nazionale;
    i treni veloci sono una necessità per la Basilicata, eppure nel patto per la Basilicata, siglato il 2 maggio 2016 a Matera con il presidente della regione, Marcello Pittella, non è stata prevista nessuna spesa per il collegamento ferroviario al sistema nazionale di alta velocità, mentre ci sono 1,83 miliardi di euro per le infrastrutture stradali che saranno investiti sulla viabilità tra la Matera-Ferrandina, il tratto Murgia-Pollino; la Potenza-Melfi e la «colonna vertebrale» della viabilità lucana, ovvero la Basentana, compreso il raccordo Sicignano-Potenza;
    in Basilicata i servizi ferroviari sono affidati direttamente, oltre che a Trenitalia, alle Ferrovie Appulo Lucane e la regione paga all'azienda Ferrovie dello Stato italiane 27 milioni di euro all'anno per il contratto di servizio chilometrico;
    la debolezza delle modalità di trasporto e l'assenza di servizi ferroviari efficienti non può risolversi con un aumento del numero di pullman sostitutivi per Potenza e Matera nei collegamenti con Salerno;
    Rete Ferroviaria Italiana aveva manifestato la volontà di procedere al completamento della tratta Matera-Ferrandina tanto che l'opera figurava nel contratto di programma RFI 2012-2016 con uno stanziamento previsto di 165 milioni di euro, di cui 45 già in cassa, ma con una decurtazione di fondi pari a 80 milioni euro;
    nello schema di aggiornamento del 2015 la stima dei costi dell'infrastruttura è stata portata a 265 milioni, sempre 45 dei quali disponibili, ma questa volta l'opera risulta essere stata sospesa in quanto i finanziamenti residui, al netto delle opere eseguite, non sono sufficienti per la realizzazione dell'investimento;
    i cantieri della Matera-Ferrandina, che fino al 1975 sono stati a scartamento ridotto, partirono nel 1986 e per diverse vicissitudini, legate anche al fallimento delle aziende appaltanti, si arenarono definitiva ente intorno al 2001 lasciando l'opera a buon punto (finita all'80 per cento), perché mancava solo l'armamento e l'elettrificazione, con tanto di manufatto della stazione prevista a La Martella;
    il completamento della tratta Ferrandina-Matera serve a dotare la vasta area che orbita intorno a Matera di una infrastruttura di mobilità che è strategica sia per facilitare i flussi turistici verso la Città dei Sassi, diventando l'asse intorno al quale riconnettere i fili della coesione economica e sociale irraggiando le ricadute di Matera 2019 a tutta la Basilicata e rendendo più vicini i capoluoghi dal punto di vista economico e sociale;
    la tratta Ferrandina-Matera, costata oltre 500 miliardi di lire, è un'opera infrastrutturale strategica che toglierebbe Matera dal gap infrastrutturale e dall'isolamento e consentirebbe di recuperare un ruolo di forte attrazione per l’hinterland e renderebbe rapido il congiungimento con la Valle del Basento, area produttiva e industriale, qualificando e potenziando la logistica e i rapporti commerciali con la Puglia;
    in tal modo sarebbe più rapido il congiungimento con la stazione di Ferrandina e quindi con l'asse ferroviario per Napoli, nonché con l'area del metapontino a forte vocazione turistica e imprenditoriale;
    con l'entrata in vigore del nuovo orario estivo di Trenitalia, dal 12 giugno 2016 le città di Potenza e Matera dispongono del nuovo servizio «Freccialink», ovvero un collegamento diretto con i treni ad alta velocità in partenza e in arrivo presso la stazione di Salerno. Il servizio di Trenitalia avviene però con pullman di 16 posti e prevede solo quattro corse giornaliere;
    si tratta di una iniziativa che accresce l'offerta di Trenitalia per gli utenti, ma non è certo la soluzione perché non risolve i problemi di collegamento della Basilicata al nodo alta velocità di Salerno e perché non sono previste fermate intermedie;
    inoltre, non si tiene conto dello stato fatiscente della viabilità: la principale arteria stradale, la Sicignano-Potenza, ha un tracciato tortuoso tra salti di carreggiata e deviazioni infinite e il viaggio diventa una vera e propria odissea;
    nel Mezzogiorno d'Italia vanno terminate tutte le opere rimaste incompiute che hanno richiesto costosi investimenti pubblici, tra le quali la tratta ferrata Ferrandina-Matera è una delle più emblematiche,

impegna il Governo:

   a farsi promotore di un tavolo tecnico in cui coinvolgere la Rete ferroviaria italiana, le istituzioni e gli enti locali competenti al fine di completare i lavori sulla tratta Ferrandina-Matera-La Martella;
   ad attivarsi affinché sia inserito nel prossimo contratto di programma 2017-2021 il potenziamento del servizio ferroviario, in particolare al fine di velocizzare la linea Taranto-Potenza-Salerno, in vista dell'esigenza di collegare Matera «Capitale europea della cultura 2019» con il resto del Paese.
(7-01048) «Biasotti, Latronico».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    la sindrome fibromialgica è una malattia reumatica riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dal 1992, anno in cui venne inclusa nella decima revisione dell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (ICD-10, codice M79-7), entrata in vigore il 1o gennaio 1993;
    i due principali criteri diagnostici relativi a tale sindrome, fissati dall’American College of Rheumatology (ACR) nel 1990, sono il dolore diffuso perdurante per almeno tre mesi e la concomitante presenza di almeno 11 dei 18 tender point specifici;
    nella Dichiarazione di Copenhagen del 1992 sono stati ampliati i criteri diagnostici includendo «affaticamento perdurante, rigidità generalizzata, sonno non ristoratore, mal di testa, vescica iperattiva, dismenorrea, ipersensibilità al freddo, fenomeno di Raynoud, sindrome delle gambe senza riposo, quadro atipico di intorpidimento e formicolio, scarsa resistenza all'esercizio fisico e sensazione di debolezza»;
    la fibromialgia è stata definita la «malattia invisibile» perché i pazienti hanno un aspetto sano e difficilmente ricevono una diagnosi, in quanto molto spesso non è correttamente riconosciuta. Eppure è una delle malattie reumatiche in assoluto più diffuse, solo in Italia si stima che ne siano affetti dai 3 ai 4 milioni di individui, per la maggior parte donne;
    l'Organizzazione mondiale della sanità la classifica tra le patologie da dolore cronico diffuso, la disabilità si associa al dolore cronico, è definita dall'OMS come «una limitazione o una perdita — derivante da un'alterazione — della capacità di eseguire un'attività nella maniera o nel range considerato normale per un essere umano». Il riferimento al termine «attività» è inteso, nella maggior parte dei casi, come capacità lavorativa, ma è necessario comprendere nel termine anche la restrizione allo svolgimento delle varie attività della vita che sono proprie degli individui di quell'età e quindi le restrizioni allo svolgimento delle varie attività degli individui anche anziani;
    sebbene la fibromialgia non abbia dirette implicazioni sull'aspettativa di vita, la persistente limitazione che da essa deriva conduce ad un intervento per controllare il dolore che garantisca almeno una parziale autonomia del paziente, con un miglioramento anche minimo della qualità di vita e con possibilità realistiche di autosufficienza. Devono quindi essere fornite al malato terapie volte sia a ridurre il dolore a un livello di accettabilità sia dirette al miglioramento della propria autonomia quotidiana attraverso la riduzione della disabilità;
    il mancato riconoscimento del dolore, e delle conseguenze che questo causa nella persona, è uno dei principali motivi di isolamento ulteriore sofferenza. È necessario, quindi, riconoscere alle persone colpite da fibromialgia la condizione di malato e garantirne la credibilità;
    sebbene l'Organizzazione mondiale della sanità, come ricordato, abbia riconosciuto già dal 1992 l'esistenza della fibromialgia, definendola come una malattia, inserendola nel Manuale di classificazione internazionale delle malattie, e sebbene altre organizzazioni mediche di carattere internazionale l'abbiano anch'esse considerata una malattia cronica, solo una parte dei Paesi europei hanno condiviso tale posizione e tra questi non figura l'Italia;
    il Parlamento europeo ha approvato nel 2008 una dichiarazione che, partendo dalla considerazione che la fibromialgia non risulta ancora inserita nel Registro ufficiale delle malattie nell'Unione europea e che i soggetti che ne sono colpiti eseguono più visite generiche e specialistiche, ottenendo un maggior numero di certificati di malattia e ricorrendo più spesso ai servizi di degenza, rappresentano un notevole onere economico per l'Europa, ha invitato la Commissione europea e il Consiglio a mettere a punto una strategia per la fibromialgia in modo da riconoscere questa sindrome come una malattia e incoraggiare gli Stati membri a migliorare l'accesso alla diagnosi e ai trattamenti;
    nel corso degli ultimi due decenni, le principali Associazioni mediche, tra cui Le Società di reumatologia e di studio del dolore degli Stati Uniti d'America, del Canada, della Germania e di Israele, hanno redatto linee guida per la diagnosi e il trattamento del disturbo;
    tali linee guida e recenti esperimenti controllati concordano sulla necessità di applicare un trattamento integrato e multidisciplinare, che mostra superiorità di efficacia rispetto ai singoli trattamenti. In particolare, recenti meta-analisi e reviews sistematiche hanno concluso che i farmaci antidepressivi, ancora ampiamente usati, sia di vecchia che di più recente generazione, mostrano una debole, se non nulla, efficacia nella riduzione della sintomatologia. Al contrario, interventi nella gestione dello stress, come meditazione e psicoterapia, interventi antidolorifici come l'agopuntura e l'idroterapia, mostrano una loro efficacia, anche se sono necessari più studi per giungere a evidenze definitive;
    la ricerca di base, la sperimentazione clinica e la cura della fibromialgia nel nostro Paese sono tra i più arretrati a livello europeo e internazionale. Nessuna Associazione medica italiana ha redatto linee guida sulla patologia e, ad oggi, rarissimi sono i centri dedicati alla cura della fibromialgia. Conseguentemente, i cittadini che soffrono della patologia incontrano operatori sanitari, dal medico di base ai diversi specialisti, del tutto impreparati a riconoscere e a trattare adeguatamente le loro sofferenze;
    il Ministero della salute ad oggi, non ritiene che vi siano le condizioni per l'inserimento della fibromialgia nell'elenco delle malattie croniche soggette ad esenzione (allegato al decreto ministeriale n. 329 del 1999). Questo perché non sono stati ancora definiti i cut-off (valori necessari a definire una data situazione clinica) per definire la gravità della malattia attraverso studi idonei;
    diverse regioni italiane hanno avviato un percorso di riconoscimento della malattia:
     le province autonome di Bolzano e Trento hanno deliberato rispettivamente il 20 ottobre 2003 delibera n. 3656 e il 12 febbraio 2010 delibera n. 239, hanno riconosciuto ai soggetti affetti da fibromialgia l'esenzione dalla compartecipazione alla spesa sanitaria;
     la regione Lombardia in data 10 giugno 2014 con delibera del Consiglio N. X/385, ha approvato una mozione concernente il riconoscimento della fibromialgia o sindrome fibromialgica;
     la regione Toscana in data 29 luglio 2014 e 24 settembre 2014 ha approvato le mozioni n. 844 e n. 911 aventi per oggetto «percorso di riconoscimento, individuazione e cura per la sindrome fibromialgica» – con relative note di attuazione della giunta regionale del 9 ottobre 2104 e successiva risposta dell'assessore al diritto alla salute;
     la regione autonoma Valle d'Aosta, a seguito dell'approvazione da parte del consiglio regionale in data 15 gennaio 2015 della mozione 964/XIV, con delibera della giunta regionale n. 445 del 27 marzo 2015 ha approvato provvedimenti per il riconoscimento della fibromialgia come patologia sottoposta a particolare attenzione e approvazione delle relative direttive all'azienda U.s.l. della Valle d'Aosta;
     l'azienda U.s.l. di Empoli ha emanato in data 5 ottobre 2104 una procedura operativa per la fibromialgia;
     la regione Veneto, nel piano sanitario regionale 2012-2016, si è posta come obiettivo «considerare la fibromialgia come una malattia ad elevato impatto sociale e sanitario per la quale è necessario un percorso di informazione, educazione e divulgazione nei confronti dei cittadini veneti e degli enti preposti» (legge regionale n. 23 del 29 giugno 2012);
    ulteriori mozioni sono in via di calendarizzazione in diversi consigli regionali e comunali;
    va considerato il rilevante numero di cittadini colpiti dalla patologia, che, se non adeguatamente trattata, può esitare in invalidità grave,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative affinché sia avviato un piano di informazione e di formazione degli operatori sanitari che consenta la disseminazione larga delle conoscenze attuali sulla materia;
   ad assumere iniziative per definire criteri, modelli e indicatori al fine di individuare centri di riferimento in ogni regione italiana, dedicati alla ricerca o all'attività clinico-assistenziale della sindrome fibromialgica;
   a promuovere la sperimentazione di cure integrate della fibromialgia che abbiano alla base le terapie che mostrano la maggiore validità scientifica e quindi tecniche di gestione dello stress, agopuntura, idroterapia, integrate con un uso transitorio e sapiente della farmacologia;
   ad assumere iniziative, anche per il tramite dell'Istituto superiore della sanità, per individuare criteri oggettivi e omogenei per l'identificazione dei sintomi e delle condizioni cliniche correlati alla fibromialgia o sindrome fibromialgica ai fini del suo inserimento tra le malattie invalidanti che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa, individuate dal regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 28 maggio 1999, n. 329;
   ad assumere iniziative per promuovere il ricorso all'istituto del telelavoro, sia nelle forme del lavoro a distanza, che del telelavoro domiciliare, quale forma di opportunità e di ausilio per le categorie di lavoratori in situazione di disagio a causa di disabilità psico-fisica causati dalla sindrome fibromialgica e da altre malattie croniche e invalidanti.
(7-01049) «Mantero, Silvia Giordano, Di Vita, Lorefice, Grillo, Nesci, Colonnese».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 21 giugno 2016, dopo mesi di trattative fortemente osteggiate dai sindacati, Eni e il fondo americano Sk Capital hanno interrotto ogni rapporto per la cessione di una quota di maggioranza delle azioni di Versalis, comparto chimica del gruppo Eni, con oltre 7 mila lavoratori, per «l'impossibilità di trovare un accordo su alcuni punti negoziali tra cui, in particolare, la futura governance della società». All'inizio di giugno, l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, aveva già anticipato le difficoltà a chiudere l'accordo, bloccato da una serie di condizioni poste dal gruppo italiano al candidato acquirente: mantenere gli attuali stabilimenti per almeno cinque anni, ampliandone casomai il perimetro; mantenere per tre anni l'attuale personale, anche in questo caso eventualmente ampliandolo; investimenti di 1,2 miliardi di euro in tutte le attività della chimica, compresa la chimica verde; quota azionaria maggioritaria di Versalis italiana; mantenimento dell'attuale vertice della società;
   le affermazioni di Descalzi si discostano notevolmente, però, da quelle da lui stesso pronunciate al margine dello sciopero e della manifestazione a Roma del 13 maggio 2016 dei lavoratori Eni Versalis, quando aveva dichiarato che Eni puntava a restare al 30 per cento del capitale di Versalis e che una soluzione era vicina, «anche se non è detto che si chiuderà con il fondo Usa Sk Capital»;
   la notizia della fine delle trattative tra Eni e Sk Capital è stata accolta da tutte le organizzazioni sindacali con soddisfazione, anche perché, dalle dichiarazioni contrastanti del gruppo Eni dei mesi precedenti, si vedevano rischi tangibili per una cessione del 70 per cento della società chimica ad una società straniera; mentre, con l'accordo saltato, tali organizzazioni hanno pensato che finalmente potesse essere maturata la volontà di non «svendere questa realtà industriale ma di valorizzarla, proseguendo sulla strada degli investimenti per rendere Versalis di nuovo protagonista della chimica italiana sostenibile»;
   la Sk Capital era subentrata come acquirente dopo che Eni, nel tentativo di trasformare la società in un colosso della «chimica verde» e, con questo obiettivo investendo anche un miliardo e mezzo di euro per assorbire, nelle pieghe del suo bilancio perdite in capo a Versalis, di cui lo stesso Eni è socio unico, per un importo di 5,6 miliardi di euro, anche in seguito al crollo del prezzo del petrolio, senza tra l'altro terminare la ristrutturazione dell'azienda. Per questo la società americana, aveva proposto di rilevare il 70 per cento di Versalis, pagando inoltre di tasca propria il completamento degli investimenti, un'operazione da circa 1,2 miliardi di euro;
   le organizzazioni sindacali Filctem, Femca e Uiltec unitamente alla RSU Versalis, RSI, Enipower, sostenendo da sempre che l'obiettivo di Eni sia la cessione della quota maggioritaria della Versalis, hanno espresso sempre la loro più totale contrarietà a condividere tale decisione e, pur comprendendo la necessità di individuare un percorso che porti a partnership capaci di accelerare la realizzazione degli investimenti presenti nel piano industriale, compatte si dicono convinte che «Eni e di conseguenza il Governo devono mantenere la governance e garantire certezze sul futuro della Versalis e di conseguenza di tutta la chimica italiana»;
   il 3 giugno 2016 una delegazione di lavoratori di Versalis Ravenna e i sindacati Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil hanno incontrato il Presidente del Consiglio dei ministri, a Ravenna, in occasione della campagna elettorale del candidato a sindaco Michele De Pascale (attuale sindaco), presente all'incontro, nella speranza di avere soluzioni sull'azienda e risposte su un'eventuale intervento di Cassa depositi e prestiti tra gli azionisti di Versalis. L'incontro ha avuto un esito deludente senza sostanziali novità e, sa quanto riferiscono i sindacati, il presidente Renzi avrebbe anche chiarito che l'opzione Cassa Depositi e Prestiti non è in campo in quanto risulterebbe un «doppio intervento statale», visto che è già detentrice di quote Eni e che «non c’è nessuna intenzione di ricostituire l'IRI». La delegazione sindacale ha, ancora una volta, sottolineato come sia per Saipem, che per Snam, la Cassa Depositi e Prestiti sia intervenuta rilevando quote delle stesse;
   a detta del primo firmatario del presente atto, che sull'argomento ha già presentato l'interrogazione n. 4-11687 del 15 gennaio 2016, rimasta ancora senza risposta come la maggior parte delle altre presentate, il disinteresse di Cassa depositi e prestiti rappresenta la mancanza di volontà politica di mantenere italiano un comparto produttivo che dà lavoro e che, se opportunamente rilanciato, porterebbe altra occupazione per gli anni a venire. La prova di ciò è che, nonostante Cassa depositi e prestiti abbia chiuso il 2015 in rosso per 90 milioni di euro, sia invece disponibile a partecipare all'impresa di Atlante a sostegno delle banche italiane;
   sulla vicenda Eni-Versalis, per lo sviluppo di un piano industriale, per investimenti e occupazione e il rafforzamento della competitività e della sostenibilità della chimica in Italia, già nel gennaio 2016 le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto avevano consegnato al Governo un documento comune in difesa dell'industria chimica italiana nel quadrilatero padano di Ferrara, Ravenna, Venezia e Mantova, frutto dei lavori del tavolo regionale petrolchimico dove la regione Emilia-Romagna, le istituzioni locali e le forze sociali ed economiche regionali e i territori di Ravenna e Ferrara hanno lavorato sinergicamente per tutelare le produzioni del territorio. L'impegno di tutte le parti coinvolte è profondo e ha l'obiettivo di mantenere strategico il petrolchimico per il territorio e per l'intero Paese, attraverso un piano industriale di rilancio per la produzione e la competitività in tutto il quadrilatero padano e in generale in Italia, e non di cessione;
   da fonti di stampa si apprende, invece, che Eni continua nel suo progetto di vendita di una quota di maggioranza delle azioni di Versalis, tant’è che, proprio per questo motivo, all'interno del suo bilancio, le sue attività, passività, i costi, i ricavi e i flussi finanziari sono stati rappresentati fra le «discontinued operations». In altri termini, in una sorta di angolo separato del bilancio per dare conto del fatto che Versalis, almeno nelle intenzioni di Eni, presto uscirà dal gruppo. Lo stesso trattamento, peraltro, è stato riservato a Saipem, che il gruppo alla fine del 2015 ha deconsolidato a bilancio grazie a una complessa operazione che ha ridotto al 30 per cento la quota del gruppo petrolifero;
   scongiurato il rischio di vendita a Sk Capital, da fonti di stampa si apprende che c’è un nuovo possibile acquirente per Versalis, sempre americano, il fondo Kps Capital Partners, che pochi giorni fa si è proposto sia con Eni, sia con il Governo, facendo arrivare una lettera con una manifestazione d'interesse formale per l'acquisizione della maggioranza di Versalis. Il documento racconta di una società solida con oltre 5,4 miliardi di dollari di patrimonio e un portafoglio investito interamente in industrie manifatturiere prevalentemente siderurgiche e metalmeccaniche, con 90 stabilimenti in oltre 20 nazioni, circa 41 mila dipendenti e 5 miliardi di dollari di ricavi;
   la vera particolarità della Kps è che il fondo nella sua presentazione, con orgoglio, si vanta di «lavorare con i sindacati» e di «aver dimostrato la capacità di vedere valore là dove altri non l'avevano saputo riconoscere». Esattamente al contrario di ciò che accade in Italia dove ormai il ruolo dei sindacati è considerato dal Governo in modo sempre più marginale;
   la Kps Capital ha manifestato, dunque, la propria immediata disponibilità ad acquisire la maggioranza di Versalis, portando a suffragio del proprio intento gli ottimi risultati ottenuti da attività non-core da lei rilevate in passato e rilanciate validamente. Una sua partecipazione potrebbe almeno garantire quell'attenzione agli aspetti sociali, sempre così a rischio in questo genere di compravendita, ma comunque rappresentare una «svendita» di un'eccellenza italiana in mano estera –:
   se trovi conferma quanto illustrato in premessa e se non ritenga opportuno assumere iniziative per verificare ogni possibile soluzione, anche tenendo conto del lavoro sinergico del tavolo regionale sul settore petrolchimico che ha visto la partecipazione della regione Emilia-Romagna, delle istituzioni locali e delle forze sociali ed economiche regionali e provinciali, affinché Versalis rimanga a totale maggioranza italiana;
   se, in un ulteriore ed estremo tentativo, in virtù delle continue e motivate richieste da parte dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali del comparto della chimica, non intenda nuovamente promuovere nella partecipazione societaria di Versalis, della Cassa depositi e prestiti, così come in passato è accaduto per Saipem e Snam;
   se trovi conferma la notizia del nuovo potenziale acquirente Kps Capital Partners e, in caso affermativo, se intenda riferire sullo stato delle trattative.
(2-01423) «Andrea Maestri, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco, Martelli, Labriola».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 28 maggio 2016, a Trieste, è stato siglato il «Protocollo di intesa per la valorizzazione delle aree già facenti parte del compendio del Porto Vecchio di Trieste» tra il Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, la presidente della regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani e il commissario dell'autorità portuale di Trieste Zeno d'Agostino;
   nella medesima giornata, l'articolo de Il Piccolo illustra come il patto «sblocca 50 milioni di investimenti per l'infrastrutturazione dell'antico scalo» e che «le parti firmatarie s'impegnano in particolare a realizzare le opere per l'infrastrutturazione e l'inserimento dell'area del Porto vecchio nel tessuto cittadino e a elaborare il Piano strategico di valorizzazione predisponendo gli strumenti urbanistici necessari (...)»;
   l'articolo 3 del Protocollo prevede una serie di azioni, concordate tra le parti firmatarie, volte a definire dei percorsi condivisi per coordinare, interconnettere, fluidificare ed accelerare gli iter burocratici indispensabili dal punto di vista catastale, tavolare, fiscale, vincolistico, urbanistico, infrastrutturale e finanziario per il recupero ed il riutilizzo dei quasi 60 ettari del compendio del Porto Vecchio di Trieste;
   l'articolo 4, nello specifico, al comma 1, riporta che: «le Parti si impegnano ad attuare in tempi certi le azioni previste, in quanto priorità indifferibile ed elemento essenziale della stipula del presente Protocollo»; il comma 2 stabilisce che: «l'inerzia, l'omissione, il ritardo ingiustificato e l'attività ostativa all'esecuzione di quanto necessario, agli effetti del presente Atto costituiscono fattispecie di inosservanza degli impegni assunti»; il comma 3 recita come: «il Tavolo dei sottoscrittori di cui all'articolo 5, ove riscontri una delle possibili cause di inosservanza di cui al comma 2, invita il soggetto al quale la fattispecie sia imputabile a rimuoverla entro un termine prefissato. (...)»;
   in particolare, l'articolo 5, comma 1, definisce che: «per l'attuazione del presente Atto è istituito, entro 30 giorni dalla stipulazione, il Tavolo dei Sottoscrittori composto da un rappresentante di ciascuna Parte, coordinato dal rappresentante della Regione»; mentre l'articolo 2 prevede che: «le Parti si impegnano ad attuare le azioni di propria competenza dirette a dare piena attuazione agli obiettivi fissati dall'articolo 1, commi 618 e 619, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato — legge di stabilità 2015)»; l'articolo 2, al comma 2, riporta inoltre come: «il Tavolo è sempre convocato a richiesta della Presidenza del Consiglio dei ministri o di almeno una delle altre Parti e ha il compito di assicurare la corretta ed efficace attuazione del presente Atto, monitorare lo stato di attuazione del medesimo, proporre alle Parti l'attivazione, in coerenza con il principio di leale collaborazione, dei poteri sostitutivi e definire eventuali ulteriori linee di intervento.»;
   all'interrogante non risulta che, ad oggi, il Tavolo dei Sottoscrittori di cui in premessa sia stato ancora istituito –:
   come intenda giustificare il Governo il mancato rispetto del termine previsto dal Protocollo d'Intesa per l'istituzione del suddetto tavolo e se intenda indicare chiaramente le tempistiche per la sua istituzione. (4-13736)


   NASTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano: « La Repubblica» del 26 giugno 2016, l'effetto Brexit sulle variabili finanziarie e sul commercio internazionale, rischia di comprimere ancora di più, la modesta ripresa dell'anno in corso;
   il suesposto articolo di stampa evidenzia al riguardo, che, l'Italia potrebbe perdere 3 miliardi di euro di esportazioni solo per i rapporti diretti con il Regno Unito, aggiungendo inoltre che sia la Confindustria, che il Ministero dell'economia e delle finanze, confermano un rallentamento dell'economia e non escludono una minore crescita per effetto del referendum britannico;
   ulteriori aspetti critici, richiamati dal medesimo quotidiano, si rinvengono anche considerando l'esigenza di cambiare le politiche europee e quelle fiscali nazionali e a tal fine, si riporta che nell'ambito delle misure prioritarie, si prevede l'anticipo al 2017 della riduzione dell'Irpef del numero degli scaglioni, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri interrogato e sostenuta invece con cautela dal Ministro interrogato;
   se il taglio delle stime di crescita fosse di mezzo punto, il rapporto deficit-pil potrebbe peggiorare di 4 miliardi di euro sul 2016 e trascinarsi nel prossimo anno: saranno infatti necessari almeno 10 o 11 miliardi di euro per ridurre il deficit all'1,8 concesso dall'Unione europea, a cui occorre aggiungere la sterilizzazione dell'aumento dell'Iva ed una correzione dovuta alla minore crescita che già s'intravedeva per il 2017;
   la scadenza del prossimo ottobre, conclude l'articolo del quotidiano la Repubblica quando sarà predisposta la legge di stabilità per il 2017, rappresenterà una fase cruciale per le decisioni di politica economica e di finanza pubblica che il Governo dovrà predispone anche al fine di una valutazione del documento in sede europea;
   le osservazioni in precedenza richiamate, a giudizio dell'interrogante, evidenziano un quadro a tinte fosche, in cui il nostro Paese rischia di perdere mezzo punto del Pil in termini percentuali e ulteriori misure espansive per favorire la crescita e la domanda interna, sia a causa degli effetti determinati dal referendum britannico, che a parere dell'interrogante, anche dalle misure di politica economica e di crescita assunte dal Governo, nel corso di questi anni, che non hanno determinato effetti significativi positivi per l'economia reale;
   la necessità di pone in essere elementi di chiarezza e di equilibrio da parte del Governo per le decisioni prossime di politica economica e fiscale, anche e soprattutto a causa dell'effetto domino, determinato dalla Brexit, risulta indispensabile ed urgente a parere dell'interrogante, anche a seguito delle informazioni di stampa in precedenza richiamate, dalle quali derivano valutazioni differenti –:
   se trovino conferma i contenuti dell'articolo di stampa di cui in premessa;
   in caso affermativo, quali iniziative il Governo intenda assumere, al fine prevenire eventuali effetti negativi determinati dal referendum inglese sulla «Brexit», sull'economia italiana e sul fronte delle esportazioni;
   quali siano gli orientamenti del Governo, in materia di politica economica e fiscale, da intraprendere in sede di elaborazione, del disegno di legge di stabilità per il 2017. (4-13737)


   PALAZZOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 30 maggio 2015 sul sito lasicilia.it è stata pubblicata un'intervista al console generale degli Stati Uniti a Napoli, Colombia Barrosse, sul Muos di Niscemi, nella quale non risparmia quelli che all'interrogante appaiono giudizi negativi al nostro Paese e ai siciliani e alle siciliane che in questi anni si sono opposti alla costruzione del sistema satellitare americano;
   il console Usa pensa infatti che lo «stop» alla costruzione sia il frutto della disinformazione di un «piccolo gruppo di persone» che «pensa di sfasciare tutto» e sostiene di essere di fronte ad una speculazione «che non ha fondamento logico, né scientifico», ad avviso dell'interrogante trascurando il grande movimento di massa che si è opposto alla costruzione del Muos e il parere di tanti esperti e scienziati che hanno sollevato più di una perplessità sui danni alla salute che la struttura può creare ai cittadini e alle cittadine siciliani;
   l'assunto da cui parte il console sarebbe quello che siccome ci saranno sempre persone contrarie a qualsiasi cosa facciano gli americani, allora bisogna andare avanti, ignorandoli, poiché si tratta di poche persone che dicono sempre di no soltanto per farsi «un'immagine pubblica»;
   proseguendo con l'intervista, lo stesso console, operando, a parere dell'interrogante, una inopportuna ingerenza in relazione a leggi e procedure italiane, contesta che la vicenda Muos sia stata trattata in «corti giuridiche di livello regionale» perché si tratta di una materia di interesse nazionale, oggetto di un trattato internazionale;
   con tutta evidenza il console si riferisce alla sentenza del 13 febbraio 2015 con la quale il TAR (tribunale amministrativo regionale) della Sicilia ha annullato la delibera della revoca operata dalla regione siciliana il 25 luglio 2013, con la conseguenza di fermo ai lavori;
   nella sentenza, il TAR ha accolto i ricorsi presentati dai Comitati No MUOS e dal comune di Niscemi, perché, alla luce della relazione del verificatore, ritenendo che i possibili effetti negativi su salute e traffico aereo non siano stati trattati in maniera esaustiva dall'Istituto superiore di sanità, dall'Ispra e dall'Enav, sono suscettibili di ulteriori e necessari approfondimenti;
   il 1o aprile 2015, la procura di Caltagirone ha disposto il sequestro della base militare americana. Il provvedimento è stato emesso a seguito della citata sentenza del Tar di Palermo del 13 febbraio;
   il sequestro è stato disposto per «violazione del vincolo paesaggistico di inedificabilità assoluta». La stessa procura aveva, il 5 ottobre 2012, già messo i sigilli al cantiere della stazione MUOS di Niscemi, ipotizzando reati ambientali. Il decreto di sequestro era stato poi annullato il 28 ottobre dalla quinta sezione del tribunale della libertà di Catania, che aveva accolto la richiesta dell'Avvocatura dello Stato e ordinato di togliere i sigilli al cantiere e di restituire l'impianto al Ministero della difesa;
   la medesima intervista già più volte richiamata in premessa si conclude con la possibilità che il Governo Usa possa anche chiedere un risarcimento danni allo Stato Italiano e con un inutile allarmismo rispetto ad una maggiore insicurezza ed esposizioni al pericolo del terrorismo qualora il Muos non fosse ultimato e reso funzionante –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se il Governo non intenda ufficialmente stigmatizzare le affermazioni del console e se non intenda quindi coinvolgere, attraverso i canali diplomatici ufficiali, l'ambasciatore americano in Italia. (4-13740)


   SCOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 5 maggio 2014 il Ministro dell'interno ucraino Arsen Avakov ha creato il battaglione «Azov»;
   si tratta di un battaglione internazionale composto da circa dodicimila volontari provenienti da tutta Europa;
   la base del battaglione «Azov» si trova in prossimità del mare nell'area di Mariupol, nel sudest del Paese;
   i volontari internazionali ricevono un addestramento basico, comprensivo di tattiche di guerra, per poi essere spediti in prima linea a combattere contro i separatisti russofoni;
   caratteristica di questo battaglione è che tutti i volontari sono dichiaratamente nazisti o fascisti;
   il battaglione «Azov» è composto dai «Patrioti dell'Ucraina», l'ala paramilitare dell'Assemblea nazionalsociale, di estrema destra, guidata da Andriy Belitsky, un ex prigioniero politico;
   esiste anche un servizio di David Chater per «Al Jazeera», in cui si racconta di questo battaglione, e tra i volontari intervistati c’è un italiano di 52 anni, sposato e con figli, che si dichiara apertamente neofascista;
   l'italiano in questione potrebbe con tutta probabilità essere Francesco Fontana, che già in un'intervista al settimanale «Panorama» aveva dichiarato di essersi arruolato nel battaglione «Azov»;
   Fontana, che aveva già un passato nell'estrema destra italiana, nel mese di gennaio 2014 ha deciso di passare all'azione, quando nella capitale ucraina erano in azione le centurie di Pravy Sektor, i camerati ucraini schierati sulle barricate di piazza Maidan;
   già da qualche tempo si specula sulla presenza di italiani in Ucraina;
    tra la fine di aprile e l'inizio di maggio 2014 è girato molto un video in cui un militare ucraino conversa in italiano con dei giornalisti, probabilmente nei pressi di Kramatorsk;
   all'epoca la notizia fu smentita da uno dei giornalisti in questione, che riportò come il militare fosse ucraino e parlasse italiano esclusivamente perché, per motivi di lavoro, aveva vissuto per 12 anni in Italia;
   i fatti narrati sono riportati, tra gli altri, dall'articolo intitolato «Ucraina/Il battaglione nazi che combatte per Kiev», pubblicato dal blog di informazione «Popoff» il 24 giugno 2014, dall'articolo intitolato «Il volontario italiano che combatte con l'estrema destra in Ucraina», pubblicato dal sito di informazione «Vice» il 12 giugno 2014 e dall'articolo «Io, volontario italiano al fronte ucraino contro i ribelli filorussi» pubblicato dall'edizione online del quotidiano «Il Giornale» il 26 giugno 2014 –:
   se risulti al Governo la presenza di volontari italiani d'estrema destra coinvolti nella guerriglia in corso in Ucraina.
(4-13743)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO e CLAUDIO FAVA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'organizzazione palestinese per i diritti umani Al Haq ha pubblicato un parere legale sul coinvolgimento di un'impresa italiana, la «Pizzarotti & C. S.p.A.» di Parma, nelle attività di traforo per la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità A1 che dovrà congiungere Tel Aviv a Gerusalemme;
   secondo l'opinione legale dell'organizzazione palestinese, ci sono fondati motivi per determinare che la «Pizzarotti & C. S.p.A.» possa essere ritenuta responsabile «di atti che potrebbero procurare gravi violazioni del diritto internazionale, come i crimini di guerra di saccheggio e di distruzione e appropriazione di beni», sia ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra che dello Statuto della Corte Penale Internazionale (CPI), come riporta l'articolo pubblicato dall'edizione online de La Repubblica del 9 luglio 2013 intitolato «Israele, gli espropri per la ferrovia sui territori palestinesi occupati»;
   l'impresa italiana ha stipulato un contratto con le Ferrovie israeliane per l'escavazione di due tunnel destinati al passaggio della nuova linea ferroviaria ad alta velocità che collegherà Tel Aviv e Gerusalemme, attraversando per ben 6,5 chilometri i territori palestinesi occupati;
   la realizzazione di questi tunnel, uno dei quali sarà il più lungo mai scavato in Israele, ha già determinato la illegittima confisca di terre palestinesi a Beit Iksa, Beit Surik e Yalu, villaggi della Cisgiordania occupata;
   nel testo del parere legale approntato da Al Haq si legge che «i beni sono stati espropriati al fine di fornire un efficace sistema di trasporto ai cittadini israeliani e per favorire gli interessi economici degli appaltatori coinvolti nelle attività minerarie»;
   le attività compiute e configurabili quali crimini di guerra riguardano sia l'espropriazione delle terre confiscate che la sottrazione, «a vantaggio esclusivo della Potenza occupante e delle imprese che per questa operano sul territorio» del materiale estratto dagli scavi, contrariamente a quanto previsto dalle norme del diritto internazionale;
   la nuova infrastruttura danneggerà gli interessi della popolazione locale palestinese, la quale perderà una parte considerevole della propria terra;
   gli abitanti dei villaggi di Beit Iksa e Beit Surik, cui Israele ha già confiscato gran parte delle terre, sono perlopiù rifugiati del 1948 per la costruzione degli Insediamenti e del Muro;
   l'azienda, per questo motivo, è oggetto di una campagna di pressione portata avanti dalla coalizione italiana «Stop That Train», affinché «cessi di operare in violazione del diritto internazionale»;
   la «Deutsche Bahn», compagnia ferroviaria di stato della Germania, si è ritirata dal progetto proprio a causa del suo carattere problematico dal punto di vista del diritto internazionale;
   nel maggio del 2013 un gruppo di Ricerca di Who Profits ha visitato i cantieri della linea ferroviaria A1, descrivendo l'avanzamento dei lavori;
   un'indagine di «Electronic Intifada», riportata dal sito di informazione «BDS Italia» nell'articolo «Lavoratori palestinesi sulla ferrovia illegale israeliana derubati della metà dei loro stipendi» del 25 luglio 2013, ha rivelato che i circa 200 palestinesi che lavorano sulla linea ferroviaria ad alta velocità tra Gerusalemme e Tel Aviv sono sottoposti ad un forte sfruttamento;
   dalle testimonianze raccolte, risulta che la maggior parte dei lavoratori palestinesi siano stati reclutati da israeliani ingaggiati per fornire lavoratori al cantiere, che prendono la metà (talvolta anche di più) dei guadagni dei lavoratori da loro reclutati;
   ai lavoratori non verrebbe dato alcun permesso di lavoro per Israele, né garantita alcuna assicurazione;
   i lavoratori non sono registrati, ed in caso d'infortunio non avrebbero alcuna prova documentale per dimostrare che lavorano lì;
   secondo un progetto di ricerca della Coalizione delle Donne per la Pace, riporta sempre lo stesso articolo, il tracciato della linea ferroviaria solleverebbe almeno tre questioni legali: la costruzione di una struttura permanente nei territori occupati non accessibile alle persone del posto, l'appropriazione ingiusta delle terre palestinesi per il cantiere e la vendita del materiale estratto dalla scavo dei tunnel in terra palestinese, tutte azioni in evidente contrasto con le norme del diritto internazionale;
   i lavoratori che hanno parlato con «Electronic Intifada» a Beit Iksa hanno affermato che tutti i macchinari utilizzati per scavare i tunnel sono manovrati esclusivamente da russi e da italiani;
   Beit Surik e Beit Iksa sono i villaggi più colpiti dal percorso del treno, ed hanno già perso grandi estensioni di terra: Beit Surik ha perso più del 30 per cento della propria terra a causa del muro israeliano in Cisgiordania, mentre Beit Iksa ha perso circa il 60 per cento del suo territorio per i vicini insediamenti israeliani e per il muro;
   solo circa 600 dunum di terre del villaggio sono stati approvati per lo sviluppo (un dunum è di 1.000 metri quadrati), mentre circa 5.000 dunum ora rimangono bloccati in una «terra di nessuno» tra il paese e un insediamento israeliano nelle vicinanze;
   nel giugno 2010, l'ingresso principale di Bei Iksa è stato chiuso, ed attualmente il villaggio è accessibile solo attraverso un posto di blocco militare israeliano;
   Mohammad Gaith, membro del consiglio del villaggio di Beit Iksa, ha dichiarato di essere stato informato del progetto A1 appena un mese prima che la costruzione iniziasse, e di aver recentemente scoperto che altri 800 dunum, in gran parte terre agricole, verranno confiscati a Beit Iksa dalle autorità israeliane;
   la notizia della nuova confisca, in cui si indicava che gli interessati avrebbero avuto 60 giorni a partire dalla data di notifica della confisca per presentare ricorso, sarebbe stata scoperta per caso, riporta l'articolo di «BDS Italia», da un abitante del villaggio su internet, ma nel frattempo il periodo previsto per il ricorso era già terminato;
   secondo Gaith, nessuna comunicazione ufficiale è stata data per questa confisca;
   in questo drammatico contesto, secondo il parere legale pubblicato da Al Haq e ripreso dal citato articolo de La Repubblica, Pizzarotti, pur avendo dimostrato di essere pienamente consapevole della problematicità del progetto, non avrebbe mostrato esplicitamente alcuna intenzione di fare un passo indietro;
   Al Haq afferma che l'Italia, quale Stato facente parte della Corte penale internazionale, «ha il dovere di esercitare la giurisdizione penale per quanto riguarda azioni compiute dai suoi cittadini (in questo caso i membri del consiglio di amministrazione e i dirigenti di alto livello della Pizzarotti) che possano ammontare a crimini di competenza della Corte», e sottolinea che «tutti gli Stati sottostanno all'obbligo, derivante dal diritto internazionale consuetudinario, di indagare e perseguire i responsabili delle infrazioni gravi delle Convenzioni di Ginevra»;
   «Libera il tuo Comune dalla Pizzarotti», lanciata dalla Coalizione Italiana Stop That Train, i consigli comunali di Napoli, Rho, Sasso Marconi, Corchiano ed il consiglio della municipalità 5 di Napoli Arenella-Vomero hanno approvato ordini del giorno e delibere e risoluzioni di condanna morale e politica sul tema, impegnandoci in alcuni casi (Napoli, ad esempio) a rivedere il regolamento del comune per escludere dalle gare comunali le ditte che violano il diritto internazionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti, quali misure siano state prese in merito e quali azioni intenda intraprendere a riguardo;
   se la «Pizzarotti & C. S.p.A.» di Parma, attraverso il suo coinvolgimento nel progetto per la linea ferroviaria A1 e il suo rifiuto di ritirarsi dal progetto, che rappresenta una palese violazione del diritto internazionale, non abbia commesso l’«errore grave» nell'esercizio della propria attività professionale di cui all'articolo 38, comma 1, lettera f), del codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), che, recependo una direttiva europea riguardante le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, prevede per simili casi l'esclusione da tali gare d'appalto. (4-13741)


   SCOTTO, QUARTAPELLE PROCOPIO e LOCATELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'agenzia d'informazione «Gedab News», in un articolo intitolato «Crisis in the Eritrean Army», ha affermato di essere venuta a conoscenza di gravi problemi all'interno dell'esercito eritreo;
   una numerosa serie di diserzioni sta difatti ridimensionando nettamente la forza militare eritrea: numerose compagnie sono state trasformate in plotoni, diversi plotoni si sono dovuti ricalibrare in squadre e svariate squadre sono state definitivamente disassemblate;
   intanto, anche la costruzione di una milizia popolare ha subito un graduale rallentamento;
   sembra che agricoltori e pastori abbiano abbandonato armi fornitegli e sessioni di addestramento per tornare alle loro attività;
   nonostante qualche miliziano svolga ancora compiti di guardia notturna, siamo ben lontani dalle cifre di un anno fa, quando la milizia popolare permanente poteva contare su circa 150.000 unità impegnate in compiti di polizia e di guardia;
   le condizioni di vita delle fasce sociali più deboli sono sempre più drammatiche, ed il tutto si innesta in una situazione di corruzione diffusa e di continuo aumento delle imposte da pagare;
   dopo le dichiarazioni del presidente Isaias Afewerki, concernenti la volontà di riorganizzare l'intero sistema delle forze armate eritree, l'esercito è entrato in una fase di evidente sbandamento;
   molti soldati, tra cui diversi ufficiali, sono scomparsi nell'entroterra del Paese o fuggiti attraverso il confine con il Sudan o, in misura nettamente minore, in Etiopia;
   diversi soldati, dopo essere rientrati da missioni o periodi di congedo, hanno scoperto lo scioglimento della propria squadra, e sono stati messi in attesa a tempo indeterminato;
   tra i casi più evidenti di disorganizzazione, quello che ha destato più evidente scalpore è stato certamente la nomina a Capo dell'esercito del maggiore generale Gebregziabher Andemariam, anche conosciuto come «Wuchu», avvenuta postuma, giacché all'epoca egli era già morto da diverse settimane;
   il maggiore generale Andemariam aveva ricevuto cure mediche in Eritrea e Sudan, dopodiché era stato mandato in Italia, dove sembrerebbe essere rimasto per un tempo considerevole;
   Andemariam sarebbe stato curato nei pressi di Como, ma poi i medici italiani avrebbero deciso di rimandarlo in Eritrea, essendo divenuto impossibile un recupero dalla grave malattia che lo aveva colpito;
   il maggiore generale Andemariam sarebbe rientrato ad Asmara su un aereo noleggiato ed accompagnato da un medico italiano, rientrato nel nostro Paese subito dopo aver accompagnato «Wuchu», ormai devastato dalla malattia, tanto da essere morto poche settimane dopo;
   la notizia di un soggiorno (peraltro abbastanza lungo) del maggiore generale Andemariam in Italia rappresenta una rivelazione sorprendente e profondamente inquietante;
   Andemariam è infatti uno dei più importanti generali del regime eritreo, e s’è macchiato nel corso degli anni di atti deprecabili, come l'arresto nel 2001 di migliaia di studenti universitari e di decine di giornalisti e figure politiche d'opposizione, colpevoli esclusivamente d'aver protestato contro le politiche del regime –:
   se nell'arrivo di Andemariam in Italia e nella sua permanenza nel nostro Paese abbia avuto un qualche ruolo il nostro Governo;
   se i trasporti, il soggiorno e le cure del maggiore generale Andemariam in Italia siano stati pagati dallo Stato eritreo o dallo Stato italiano;
   se non ritenga che sia stata del tutto inopportuna la permanenza in Italia di uno dei maggiori artefici della dittatura militare eritrea. (4-13742)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   BASILIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come riporta il sito www.iseolake.info, portale di informazione turistica dedicato alla zona del Lago di Iseo, in provincia di Brescia, le acque del lago hanno ospitato, dal 18 giugno al 3 luglio 2016, l'opera dell'artista bulgaro «Christo», consistente in una passerella galleggiante di tre chilometri che collega le sponde del lago della cittadina di Sulzano con Monte Isola, l'isola più grande posta al centro del lago di Iseo e con l'isoletta di San Paolo;
   l'opera, denominata «The Floating Piers», ha riscontrato un enorme successo di pubblico, tanto che secondo alcune stime in soli 12 giorni la passerella sarebbe stata solcata da circa 1,5 milioni di persone;
   l'organizzazione del predetto evento ha portato alla ribalta nazionale ed internazionale il lago d'Iseo, tra i più importanti bacini lacustri presenti in Italia, i cui fondali sono purtroppo da tanti anni oggetto di un graduale deterioramento, causato dalla presenza di storici veleni sedimentati sul fondo del lago, metalli pesanti, diossine e pcb arrivati soprattutto attraverso il fiume Oglio, trovati in valori oltre i limiti dalle analisi svolte dall'istituto zoo profilattico;
   l'inquinamento delle acque dei laghi della Lombardia è a tutti noto da anni e costituisce una grave minaccia non solo per il turismo della regione, ma anche per la salute dei cittadini e per la flora e la fauna lacustre;
   secondo i risultati di «La Goletta dei Laghi sul Sebino», emersi dai prelievi di Legambiente, le acque del lago d'Iseo sono da «Inquinate» ad «Altamente inquinate». Dopo aver effettuato più prelievi in punti diversi del lago i dati sono allarmanti;
   la salute delle acque del lago d'Iseo e della riserva naturale Torbiere del Sebino è decisamente grave ed allarmante;
   la riserva è collegata direttamente al lago in merito alla stessa l'interrogante ha già sollecitato l'intervento del Ministro attraverso l'atto di sindacato ispettivo n. 4-13031 del 28 aprile 2016 –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se abbia intenzione di prendere in considerazione i dati pubblicati da «La Goletta dei Laghi sul Sebino» in merito all'inquinamento riscontrato nelle acque del lago d'Iseo;
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere al fine di salvaguardare la qualità delle acque del lago d'Iseo e degli altri laghi della Lombardia dai crescenti fenomeni di inquinamento industriale e civile. (4-13739)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 27, comma 1, della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 recita: «ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici»;
   il diritto all'accessibilità è sancito dagli articoli 2 e 3 della Costituzione che stabiliscono il principio della pari dignità sociale di tutti i cittadini e l'obbligo della Repubblica italiana alla rimozione degli ostacoli che si oppongono al pieno sviluppo della persona umana;
   il 31 marzo 2007 l'Italia ha firmato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006. Secondo l'articolo 30 il diritto alla cultura accessibile (open culture, cultura inclusiva, cultura aperta), inteso sia come garanzia di accesso fisico ai contenitori culturali che come garanzia di accesso percettivo ed intellettivo ai contenuti trasmessi, è prerogativa dello sviluppo del Paese e, laddove questo venga negato, viene compromessa in maniera discriminatoria l'effettiva partecipazione su basi paritarie di molte persone alla vita sociale e culturale;
   l'Unione europea, in data 30 aprile 2014, ha firmato il Trattato di Marrakech (adottato dall'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (OMPI), il 28 giugno 2013) che comprende 186 Stati membri;
   il (testo introduce, a livello internazionale, una deroga obbligatoria al diritto d'autore per le associazioni di persone non vedenti e ipovedenti e per le biblioteche che producono, distribuiscono e rendono disponibili libri in formati accessibili, a patto che tali associazioni si premurino di rispettare il diritto d'autore, facendo in modo che i testi prodotti e distribuiti siano destinati ad un pubblico di soli disabili visivi o persone che non possano leggere su carta;
   il sito online www.wipo.int comunica, al riguardo, che: «un totale di 51 paesi ha sottoscritto il trattato nella conferenza diplomatica di Marrakech». Per entrare in vigore era prevista la ratifica del trattato da parte di almeno 20 Paesi. La quota è stata raggiunta il 30 giugno 2016 e i Paesi che hanno ratificato il documento sono stati: India, El Salvador, Emirati Arabi Uniti, Mali, Uruguay, Paraguay, Singapore, Argentina, Messico, Mongolia, Repubblica di Corea, Australia, Brasile, Perù, Repubblica democratica popolare di Corea, Israele, Cile, Ecuador, Guatemala e Canada;
   a distanza di due anni dalla firma del Trattato, l'Italia non ha ancora ratificato il documento, venendo meno ai suoi obblighi nei confronti delle persone con disabilità;
   il 16 giugno 2016, il sito online www.superando.it in un articolo dal titolo: «Leggere è un diritto di tutti» ha riportato le dichiarazioni di Rodolfo Cattani, segretario generale dell’European Disability Forum (EDF) che, sul Trattato di Marrakech ha ribadito come: «(...) serve soprattutto ai Paesi meno sviluppati, dove i libri accessibili sono pochi – circa l'1 per cento – e i soldi per farli mancano, ma serve anche a tutti coloro che per studio, lavoro, cultura vogliono consultare libri all'estero. È veramente un bell'esempio di civiltà, solidarietà e concreta cooperazione internazionale a costo zero. Ratificarlo è un dovere morale; un atto di giustizia contro la discriminazione»;
   Mario Barbuto, presidente nazionale dell'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti (UICI), ha aggiunto che: «quel Trattato non ha alcun onere per lo Stato, anzi sarebbe un modo di rispondere all'impegno che lo Stato stesso ha assunto con la ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità»;
   l'articolo intitolato «Entra in vigore il Trattato sui libri accessibili, e l'Italia ?» pubblicato, il 4 luglio 2016 sul sito menzionato, ricordando la manifestazione «Leggere: un diritto di tutti – accesso all'informazione e alla cultura per le persone con disabilità e trattato di Marrakech» tenutasi, in data 20 giugno 2016, presso la Camera dei deputati sottolinea che: «(...) il 30 settembre prossimo il Trattato di Marrakech potrà finalmente entrare in vigore, permettendo il libero scambio internazionale non commerciale di materiale librario protetto dal diritto d'autore, realizzabile in formati accessibili, quali Braille e audio. E oltre che alle persone con disabilità visiva, ciò porterà ad effetti positivi anche per le persone dislessiche o con altre difficoltà di lettura»;
   Arnt Holte, presidente della Word Blind Union, l'Unione mondiale dei ciechi, ha dichiarato in merito: «Questo è un altro giorno storico per il nostro movimento, una grande vittoria che faciliterà l'accesso ai libri per le persone non vedenti e ipovedenti. Il Trattato entrerà in vigore tra poco meno di tre mesi e aiuterà milioni di persone non vedenti e ipovedenti le quali avranno un accesso più libero e facilitato alla letteratura e ai materiali didattici, per un'integrazione sociale sempre maggiore»;
   nella nota stampa succitata Barbuto conclude dichiarando: «con il Trattato di Marrakech, avremo un'opportunità in più per accedere al sapere, alla cultura, alla conoscenza, in una posizione di uguaglianza, cittadini tra i cittadini. Auspichiamo ora che anche l'Italia voglia presto procedere alla ratifica del Trattato, nello spirito dell'impegno assunto con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità»  –:
   se i Ministri interrogati, alla luce di quanto esposto in premessa, intendano rendere operativo l'impegno assunto con la sottoscrizione del Trattato di Marrakech assumendo le iniziative di competenza per la ratifica dello stesso. (5-09119)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   PALESE, CHIARELLI, MARTI, SECCO, ROMELE, FOLINO, FITZGERALD NISSOLI, FUCCI, CIRACÌ, SBERNA, GIGLI, TANCREDI, MATARRELLI, ALTIERI, DISTASO e PALMIZIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Sogin, Società gestione impianti nucleari, è la società dello Stato italiano responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani (decommissioning) e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare. La società svolge anche attività di ricerca, consulenza, assistenza e servizi in campo nucleare, energetico e ambientale, sia in Italia che all'estero;
   Sogin è interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze e opera in base agli indirizzi strategici del Governo italiano. Oltre alle quattro ex Centrali nucleari di Trino (Vercelli), Caorso (Piacenza), Latina e Garigliano (Caserta) e all'Impianto ex FN di Bosco Marengo in passato Impianto di fabbricazione del combustibile nucleare, Sogin gestisce il decommissioning e il mantenimento in sicurezza degli Impianti ex Enea Eurex di Saluggia (Vercelli), Opec e IPU di Casaccia (Roma) e Itrec Rotondella (Matera), preposti al ciclo del combustibile nucleare;
   nel settembre 2004 SOGIN diventa gruppo societario con l'acquisizione del 60 per cento delle azioni di Nucleco spa, operatore nazionale qualificato per la raccolta, il trattamento, il condizionamento e lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti e delle sorgenti radioattive provenienti dalle attività industriali, di medicina nucleare e di ricerca scientifica e tecnologica, mentre il 40 per cento rimane di proprietà di Enea;
   il personale del gruppo, tra cui ingegneri nucleari, ingegneri chimici, meccanici, elettrici, ambientali, laureati in chimica industriale, fisica, geologia, esperti di radioprotezione e di caratterizzazione radiologica e fisico chimica, esperti di sicurezza nucleare, rappresenta in Italia il più significativo presidio di competenze professionali nella gestione dei rifiuti radioattivi e nel decommissioning degli impianti nucleari;
   il nostro Paese non è ancora dotato di una struttura centralizzata per la definitiva messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, in contrasto con quanto previsto dalla direttiva 2011/70/Euratom, recepita con il decreto legislativo n. 45 del 2014, ai sensi della quale anche l'Italia deve definire ed attuare una strategia di gestione dei rifiuti radioattivi, dalla fase di generazione a quella di smaltimento;
   ogni giorno sul territorio italiano ci sono da un lato i rifiuti radioattivi derivanti dallo smantellamento dei vecchi impianti nucleari ormai fermi e, dall'altro, quelli costantemente prodotti dalle attività industriali, sanitarie e di ricerca. I primi rappresentano complessivamente circa il 60 per cento dei rifiuti che saranno smaltiti nel nuovo deposito, mentre i secondi il restante 40 per cento;
   il tema dei rifiuti radioattivi e quello del decommissioning degli impianti nucleari sono connessi, sia perché la gestione dei rifiuti esistenti avviene in gran parte all'interno degli impianti in decommissioning, sia perché dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari deriveranno rifiuti radioattivi in quantità notevoli, superiori a quelle già oggi presenti;
   sin dal loro inizio, le operazioni di decommissioning sono procedute molto lentamente e la previsione della loro conclusione, con il rilascio finale dei siti, ha subito successivi slittamenti, solo in parte giustificati dalla mancanza del deposito nazionale, ove trasferire i rifiuti radioattivi già esistenti all'interno dei singoli impianti e quelli generati con il loro smantellamento;
   il ritardo nelle operazioni di decommissioning è da attribuire ai consigli di amministrazione che si sono nel tempo susseguiti, spesso privi di consolidate competenze di gestione industriale;
   ai ritardi e agli slittamenti dei programmi di decommissioning si è aggiunta, da oltre un anno la crisi interna tra il presidente Giuseppe Zollino e l'amministratore delegato Riccardo Casale, sfociata in reciproche denunce pubbliche. Il conflitto nella governance di Sogin ha portato alla revoca di molti dei poteri dell'amministratore delegato da parte del consiglio di amministrazione in data 28 ottobre 2015;
   in data 9 luglio 2015 l'amministratore delegato di Sogin dava inizio al processo di formulazione del programma quadriennale 2016-2019 e del budget 2016 delle attività di decommissioning e di gestione dei rifiuti radioattivi della Società;
   la Sogin avrebbe dovuto presentare entro il 31 ottobre 2015 all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e sistema idrico il suddetto programma quadriennale 2016-2019, oltre al budget 2016. Tali documenti di programma avrebbero dovuto essere successivamente approvati dall'Autorità stessa in tempi tali da permettere alla Società di operare con certezza. La Società non ha rispettato il termine del 31 ottobre 2015 e i due termini di proroga concessi del 31 dicembre 2015 e del 31 gennaio 2016;
   solo il 23 febbraio 2016 il consiglio di amministrazione della Sogin ha approvato il programma quadriennale 2016-2019 e il budget 2016, con un ritardo di 4 mesi ed il budget 2016 del progetto deposito nazionale con la dichiarata previsione della Pubblicazione della carta delle aree potenzialmente idonee in data 2 marzo 2016, data, a quanto risulta agli interroganti, in contrasto con documenti aziendali antecedenti della stessa Società;
   oggi l'attività del decommissioning nucleare nel mondo inizia ad avere una certa importanza, perché in tutta Europa e nei Paesi industrializzati sta venendo a maturazione la vita attiva delle centrali nucleari che si sono costruite negli anni ’60 e ’70, e la Sogin potrebbe partecipare insieme all'industria italiana al mercato delle attività di smantellamento che si sta moltiplicando non solo in Europa;
   il consiglio di amministrazione di Sogin risulta non essersi mai riunito dal luglio 2015 al 28 ottobre 2015, sebbene l'amministratore delegato, per quanto consta agli interroganti, ne abbia più volte richiesto la convocazione, non comunicando così le linee strategiche del programma quadriennale, non verificando il programma che la società stava costruendo e non valutando il programma quadriennale predisposto nei tempi dovuti;
   a quanto consta agli interroganti, anche durante tutte le 14 sedute successive al 28 ottobre 2015, fino al mese di febbraio 2016, il consiglio di amministrazione non ha esaminato il programma quadriennale predisposto dalla società, sotto il coordinamento dell'amministratore delegato;
   risulterebbe altresì agli interroganti che il programma quadriennale approvato il 23 febbraio 2016 differisse da quello originario, avendo il consiglio di amministrazione ridotto le attività di trattamento dei rifiuti radioattivi, benché l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbiano sempre ritenuto strategiche tali attività, strategicità riconfermata anche nell'ultima relazione della Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse con il ciclo dei rifiuti;
   il consiglio di amministrazione, per quanto consta agli interroganti, non avrebbe poi deliberato un importante investimento presso la centrale nucleare di Latina per ben sei mesi, facendo ritardare ancor più le attività sul sito, trattandosi di un investimento fondamentale per procedere con il decommissioning della centrale di Latina, rispondendo ad una prescrizione VIA;
   analogamente, il consiglio di amministrazione non avrebbe deliberato le parti del programma relative alla messa in sicurezza del cantiere nucleare Fossa di Trisaia;
   il collegio sindacale non risulta agli interroganti che sia intervenuto per garantire il rispetto dello statuto sociale, delle disposizioni del codice civile in tema di convocazione del consiglio di amministrazione e degli adempimenti obbligatori verso l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, anche a causa di contrasti interni;
   la società ha realizzato una campagna di comunicazione e informazione milionaria sul deposito nazionale in tempi molto prematuri, riguardo alla quale ci si chiede quali precise e chiare indicazioni ed indirizzi siano stati impartiti dal Ministero dello sviluppo economico e dai Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   specie in questo periodo di grave crisi economica, nella quale si richiedono gravi sacrifici ai cittadini, è necessario inoltre che siano garantite la piena trasparenza e la più assoluta sobrietà nei comportamenti dei vertici aziendali delle società partecipate dallo Stato o da altre pubbliche amministrazioni, come Sogin –:
   quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano intraprendere, in tempi rapidi, per mettere fine alla situazione di paralisi dell'attività e dell'operatività in cui versa la Sogin in un momento in cui l'Italia è impegnata su vari fronti per cercare nuove opportunità di investimento industriale e tecnologico, capaci di far crescere l'industria-nazionale e l'occupazione;
   quali sia la dotazione di autovetture e di appartamenti di servizio a disposizione del consiglio di amministrazione ed, in particolare, del suo presidente, se risulti dove quest'ultimo risiedesse prima dell'assunzione della carica, se risultino i dati relativi all'uso di altri mezzi a carico dell'azienda (aerei, alta velocità) da parte della presidenza, nonostante la disponibilità di un esteso parco di autovetture;
   se e quali siano stati gli eventuali rilievi del collegio sindacale, per i profili di competenza, su tutte le questioni sopra evidenziate;
   se i Ministri interrogati ritengano necessario intervenire affinché venga fatta chiarezza su quanto esposto in premessa e se non ritengano opportuno assumere iniziative per giungere a definire un consiglio di amministrazione nuovo, caratterizzato da ampie e comprovate competenze di gestione industriale, che sia in grado di recuperare i ritardi e di attuare gli obiettivi industriali nei tempi previsti. (3-02374)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   COSTANTINO, RICCIATTI, DURANTI, NICCHI, CARLO GALLI, PANNARALE, MARTELLI, QUARANTA, MELILLA, PALAZZOTTO, PIRAS e AIRAUDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dal 1999 al 2005 l'Unione europea ha lavorato alla creazione del Common European Asylum System (CEAS), le cui direttive impongono oggi, nello scenario ulteriormente mutato delle migrazioni rispetto a quegli anni, condizioni di accoglienza che garantiscono dignità, protezione e sicurezza sociale, fisica e materiale;
   numerose ricerche dimostrano che il gap esistente tra le direttive formali e le reali condizioni di permanenza nei CIE, nei CARA e nei CDA, è ancora troppo ampio;
   questo gap si ripercuote maggiormente sulle vite di coloro che il Parlamento europeo definisce appartenenti a «gruppi vulnerabili», ovvero le donne richiedenti protezione internazionale e le rifugiate, che sono portatrici sì come gli uomini di un passato fatto di povertà guerra e violenza, ma sono soggette maggiormente, rispetto ai propri compagni di viaggio, a violenze ed oppressioni specifiche non solo nel Paese da cui scappano, ma anche durante la loro traversata e all'interno delle strutture dei Paesi che dovrebbero accoglierle;
   non a caso le istituzioni e gli osservatori internazionali hanno in alcuni casi stabilito di studiare i dati riguardanti la partenza e l'approdo di donne come strumento di comprensione del fenomeno, ad esempio Unhcr ha recentemente aggiunto alla sezione Mediterranean Crisis, un paragrafo dedicato al Gender Breakdown of Arrivals che aggiorna i dati sulle donne approdate sulle coste di Italia e Grecia, i principali punti d'ingresso nel territorio dell'Unione;
   se si combinano le tabelle pubblicate, i dati Eurostat consentono la disaggregazione di genere per provenienza, età, Paese in cui si è fatta domanda e decisioni finali sulla sua valutazione. Nel 2015 hanno chiesto asilo nei 28 Paesi dell'Unione europea 1.321.600 di persone, di cui 366.785 erano donne;
   solo in Italia invece, nel 2015, le domande d'asilo delle donne erano 9.720 su un totale di 84.085, 4.930 nel 2014 su 64.625, e 3.655 nel 2013 su 26.620. Il sito del Ministero dell'interno HYPERLINK rende pubblici i dati sulla presenza di asilanti sul territorio nazionale. Rispetto al 2014, offre altresì una mappatura regionale e provinciale delle presenze di richiedenti, differenziando anche la tipologia di centro. Tuttavia, non sono indicate le strutture per donne, né vi sono dati disaggregati per genere. Anche il documento che specifica l'andamento mensile del 2015, fornendo dati sulle nazionalità e sulle risposte delle domande analizzate, limita i numeri sulle donne alle domande presentate, senza specificazioni sulle nazionalità, né sulle risposte. («Cosa accade dopo l'approdo sulle coste italiane e greche quando a chiedere asilo sono le donne. Quello che dicono e non dicono i dati». Barbara Pinelli, portale ingenere.it, 5 luglio 2016);
   le condizioni psicologiche, sanitarie e di permanenza delle donne nelle strutture di accoglienza italiane si rivelano essere al limite del sopportabile; le donne sono perciò doppiamente esposte a violenza: quella da cui provengono e quella in cui arrivano, in uno scenario di sovraffollamento che spesso le vede condividere gli spazi di accoglienza con numerosi uomini, costrette ad un'alimentazione insufficiente anche durante la gravidanza, o che le vede relegate e controllate a vista persino nell'educazione dei propri figli;
   inoltre, nonostante si incontri anche personale qualificato, si è evidenziato come le risorse, professionali ed economiche, non siano sufficienti ad intercettare le donne che arrivano nei centri italiani da un trascorso di violenza, ignorando quando queste sono state vittime di soprusi prima o durante la traversata, o quando siano vere e proprie vittime di tratta, dal luogo remoto da cui sono partite, passando per una serie di compravendite, fino ad arrivare nel nostro Paese –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per garantire una mappatura più funzionale degli arrivi per genere non solo per l'osservazione dei dati ma soprattutto per garantire strutture consone alla permanenza delle donne richiedenti asilo e rifugiate, strutture dotate di personale qualificato e risorse che siano in grado di offrire un significativo percorso di cura e accoglienza nel rispetto della loro vulnerabilità e delle loro usanze. (4-13734)


   NACCARATO e CAMANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 24 giugno 2016 Luca Claudio, sindaco di Abano terme, in provincia di Padova, è stato arrestato insieme a Massimo Bordin, Massimo Trevisan, Saverio Guerrato, Luciano Pistorello;
   il giudice per le indagini preliminari ha disposto le misure cautelari in carcere per il sindaco di Abano e domiciliari per gli altri detenuti;
   Claudio, sindaco di Montegrotto dal 2001 al 2011 e di Abano dal 2011, è accusato di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione;
   Bordin, assessore di Montegrotto dal 2001 al 2011 e sindaco dal 2011 al 2015 è accusato di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità;
   Guerrato è accusato di corruzione per l'affidamento all'Associazione temporanea di imprese (ATI) tra Guerrato e Marco Polo dell'appalto per il servizio di riqualificazione energetica e adeguamento degli edifici comunali e impianti di illuminazione pubblica di Montegrotto;
   Pistorello è accusato di corruzione per l'affidamento di lavori di manutenzione stradale a Abano;
   Trevisan è coinvolto per avere depositato il denaro illecitamente corrisposto da alcuni imprenditori per finte consulenze realizzate da Rls srl, società a lui intestata ma di fatto riconducibile a Claudio, con lo scopo di ostacolare l'identificazione della sua provenienza delittuosa;
   nell'ambito delle indagini sui cinque arrestati, gli imprenditori Paolo Tomasini e Denis Pagetta sono accusati di induzione indebita a dare o promettere utilità;
   gli imprenditori Agostino Creuso, Luca Scarpa, Enrico Cesaro, Domenico Chiapperino sono accusati di induzione indebita a dare o promettere utilità;
   Luciano Guerrato, Enrico Eliseo sono accusati di corruzione;
   Patrizio Greggio, dirigente del settore tecnico di Montegrotto e di Abano, è accusato di turbativa d'asta;
   risultano inoltre coinvolti Renzo Rampazzo per i lavori per l'ampliamento della scuola media di Montegrotto, Biava, per la ristrutturazione del sistema di pannelli informativi di Abano;
   il 5 luglio 2016, nel corso della stessa indagine, l'autorità giudiziaria ha riscontrato gravi irregolarità nella gara d'appalto per lavori di riqualificazione ambientale di un'area già adibita a discarica e ha disposto altri quattro arresti: Maurizio Spadot, capo dell'ufficio tecnico del comune di Abano Terme, Guido Granuzzo, responsabile dell'ufficio viabilità e ambiente Luciano Pistorello, già ai domiciliari, e Luciano di Caro, dipendente di Pistorello, a cui è stato notificato l'obbligo di dimora;
   nella stessa inchiesta il 14 aprile 2015 è stato arrestato e poi condannato con rito abbreviato Ivano Marcolongo, assessore di Montegrotto, in flagranza del reato di concussione;
   Marcolongo ha ammesso di aver commesso diversi reati come amministratore di Montegrotto all'interno di un collaudato meccanismo corruttivo per assegnare lavori pubblici in violazione delle norme sulla concorrenza in cambio di fondi illegali da parte delle imprese assegnatarie;
   le indagini, oltre alle persone sopra indicate, coinvolgono numerosi imprenditori, amministratori e dipendenti dei comuni di Abano e Montegrotto;
   dalle vicende scoperte dall'attività accurata e documentata della procura di Padova e della Guardia di finanza emerge un sistema criminale articolato e in funzione almeno dal 2008;
   si tratta secondo gli interroganti di un sistema finalizzato all'assegnazione di lavori pubblici in violazione delle norme sulla concorrenza in cambio di utilità e vantaggi indebiti per Claudio, Bordin, Marcolongo e altri amministratori;
   per realizzare tale obiettivo gli arrestati hanno utilizzato complicità, connivenze, omissioni di una parte della struttura amministrativa di Abano e Montegrotto;
   appare significativo a questo proposito il ruolo svolto da Patrizio Greggio, indagato per turbativa d'asta, prima capò dell'ufficio tecnico di Montegrotto e poi di Abano e Montegrotto insieme, e da Maurizio Spadot, prima in servizio a Montegrotto e poi capo ufficio tecnico di Abano;
   infatti, da diverse testimonianze, emerge il fatto che numerose operazioni urbanistiche ed edilizie, come ad esempio le concessioni alla società Acquamarina, caratterizzate da fenomeni corruttivi e siano state istruite e rese possibili grazie alla struttura amministrativa dei due comuni;
   a Montegrotto dalla lottizzazione ex Zeus, gestita da società di proprietà dell'imprenditore alberghiero Aldo Borile, proprietario, di numerosi alberghi, Claudio ha ottenuto proprietà immobiliari attraverso le società Soleluna srl e Soluzioni assicurative srl;
   Spadot ha presieduto la commissione di gara che ha assegnato alla ditta Pistorello i lavori di bonifica di un'area di Abano al centro delle indagini;
   risulta di particolare gravità il fatto che secondo gli inquirenti il sistema criminale è stato favorito da un clima di omertà e di intimidazione;
   secondo diversi testimoni, a quanto si apprende dalle cronache giudiziarie relative alle indagini, il clima di omertà e intimidazione per proteggere il sistema criminale organizzato da Claudio e altri associati sarebbe stato rafforzato dalla presenza minacciosa di personaggi di origine meridionale noti per la loro pericolosità;
   appaiono significative e meritevoli di approfondimenti le testimonianze sul ruolo svolto da Giuseppe Di Bari dell'indagato Denis Pagetta e del già condannato Ivano Marcolongo riportate dai quotidiani locali il 28 giugno 2016;
   Pagetta, parlando di Claudio, afferma: «Ricordo di averlo visto molte volte in casa di Giuseppe Di Bari, quando nel 2013 eseguivo un lavoro nel suo giardino. Ho notato che Di Bari si accompagnava spesso anche con dei soggetti meridionali con i quali intratteneva rapporti particolarmente amichevoli e confidenziali dall'aspetto non troppo rassicurante. (...) Sono seriamente preoccupato per la mia incolumità e quella della mia famiglia e per il prosieguo della mia professione in quanto Luca Claudio e Giuseppe Di Bari e marginalmente Massimo Bordin potrebbero compiere degli atti gravi e persecutori che mi potrebbero danneggiare. Si attorniano di personaggi loschi, spesso meridionali»;
   Marcolongo parlando di Di Bari afferma: «È amico di Claudio e Bordin. Mi tengo distante da quella persona perché lo definiscono mafioso e che ha intrallazzi»;
   a prescindere dalla veridicità di tali testimonianze, che dovranno essere sottoposte al vaglio dell'autorità giudiziaria, appare evidente agli interroganti l'esistenza a Abano e Montegrotto di un clima di intimidazione e omertà che ha protetto le condotte criminali di Claudio e degli altri associati;
   risulta significativa inoltre la testimonianza di alcuni imprenditori assegnatari di appalti che denunciano il fatto che Claudio avrebbe chiesto loro di affidare il subappalto dei lavori ai fratelli Franzone, titolari di una ditta con sede a Palermo;
   la circostanza merita di essere approfondita ed evidenzia l'intervento di Claudio per violare la normativa sugli appalti con l'obiettivo di favorire un'impresa sconosciuta nel territorio e proveniente da una realtà molto lontana;
   sul clima di intimidazione appare rilevante infine il fatto che l'Ati, accusata di aver pagato una tangente per ottenere l'appalto per il servizio di riqualificazione energetica e adeguamento degli edifici comunali e impianti di illuminazione pubblica di Montegrotto, è costituita dalle imprese Guerrato e Marco Polo: alcuni amministratori della Marco Polo sono coinvolti nell'indagine della procura di Roma, nota anche come «mafia capitale», sulle attività criminali un'associazione di stampo mafioso nella capitale;
   ad avviso degli interroganti appare altresì che il clima di intimidazione e omertà è stato favorito da una sorta di impunità che ha consentito a Claudio e agli altri associati di agire indisturbati, intrattenendo ottime relazioni con molte istituzioni locali; rivela inoltre che per la realizzazione di una nuova caserma dell'Arma dei carabinieri in via Calle della Pace a Abano; è stato avviato un progetto basato ad avviso degli interroganti sul presupposto immotivato e poco chiaro di un accordo tra il comune e l'imprenditore Aldo Borile;
   secondo il progetto presentato dall'amministrazione, le risorse per l'opera sarebbero state sostenute in parte da Borile in cambio dell'impegno del comune a eliminare il vincolo architettonico sull'ex Hotel Centrale di via Jappelli ad Abano, immobile di proprietà di Borile;
   sul piano amministrativo è per gli interroganti immotivata la ragione per cui un privato, proprietario di un immobile estraneo alla realizzazione della caserma, dovrebbe ricevere il sostegno del comune in cambio di risorse per costruire l'opera;
   agli interroganti appare incomprensibile anche la ragione per la quale i carabinieri di Abano non siano mai intervenuti per esprimere un'opinione sulle modalità di realizzazione della nuova caserma;
   naturalmente la costruzione della nuova caserma non è mai stata avviata;
   va inoltre considerato che, dalle indagini, emergono rapporti tra Ivano Marcolongo e il vice comandante della stazione dei carabinieri di Montegrotto;
   per gli interroganti il clima di omertà, intimidazione e impunità ha condizionato lo svolgimento dell'ultima campagna elettorale amministrativa, nell'ambito della quale a Claudio e ai suoi sostenitori è stato possibile violare norme sulla campagna elettorale senza subire sanzioni;
   desta particolare preoccupazione, per gli interroganti, il fatto che nel corso della recente campagna elettorale diversi cittadini stranieri di origine albanese avrebbero sostenuto le liste di Claudio in cambio di utilità varie tra cui ricariche telefoniche;
   per gli interroganti inoltre è ulteriore motivo di preoccupazione il fatto che Claudio e Bordin abbiano nominato come difensore l'avvocato Ferdinando Bonon;
   Bonon è stato condannato, con sentenza diventata definitiva per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso (articolo 416-bis) nel processo contro la «mafia del Brenta» guidata da Felice Maniero;
   il prefetto di Padova, in applicazione dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 235 del 2012, ha sospeso il sindaco di Abano;
   a parere degli interroganti, esiste il rischio, fondato sulle condotte finora tenute da Claudio e i dagli altri arrestati, che le persone associate nel sistema criminale sopra descritto continuino ad agire per condizionare le attività del comune di Abano che potrebbero rendere difficile l'acquisizione di ulteriori elementi di prova a carico degli indagati e impedire la collaborazione con l'autorità giudiziaria di imprenditori e amministratori coinvolti nei reati;
   il rischio è rafforzato dalla presenza tra i consiglieri comunali eletti nelle liste a sostegno di Claudio di una persona indagata per concussione quindi per gli interroganti soggetta a un potenziale assoggettamento ricattatorio;
   la legge prevede per situazioni come quella di Abano la possibilità di ricorrere a strumenti di prevenzione per ripristinare la legalità;
   infatti, ai sensi dell'articolo 142 del decreto legislativo n. 267 del 2000, con decreto del Ministro dell'interno il sindaco e i componenti dei consigli e delle giunte comunali possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti e se non ritenga di assumere le iniziative di competenza ai sensi degli articoli 141 e 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000;
   se, alla luce delle circostanze emerse, non intenda valutare la sussistenza dei presupposti per l'invio di una commissione di accesso presso il comune di Abano Terme, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. (4-13744)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   inizialmente definito «Associazione case-famiglia» e avviato nel 1979 nella provincia di Viterbo, progetto «Associazione per la vita-autonoma» fu da subito soggetto sociale importante, in particolar modo nel primo periodo, per i rapporti con le istituzioni inerenti alle tematiche riguardanti l’handicap ed il suo superamento;
   le «case-famiglia» di disabili motori della provincia di Viterbo si formarono gradualmente fin dal 1979 in poi, per un processo di de-istituzionalizzazione avvenuto dal centro di riabilitazione VILLA IMMACOLATA di S. Martino al Cimino di Viterbo, come scelta spontanea e volontaria di circa una cinquantina di giovani disabili, anche gravissimi;
   la ratio di tale progetto consisteva, oltre che nell'abbassare i costi per gli enti che dovevano farsi carico del mantenimento dei disabili in istituti, anche nella possibilità di un reinserimento nella società di soggetti altrimenti confinati all'isolamento negli istituti;
   la regione Lazio emanò delle circolari regionali che stabilivano i criteri contributivi per dette case-famiglia, nella misura del 50 per cento dell'onere della retta di degenza, per favorire la de-istituzionalizzazione e la possibilità di continuare una forma di riabilitazione, gestibile dagli stessi disabili; a partire da metà anni ’70 era stata selezionata nella provincia di Viterbo qualche decina di disabili ricoverati a Villa Immacolata e gli stessi erano stati inseriti in un percorso di reinserimento sociale dal costo molto inferiore (passando da un costo per l'ente di circa 300.000 lire al giorno a circa 40.000 lire al giorno, ad oggi circa 700 euro mese, portando benefici enormi alle casse regionali);
   da quanto si apprende da organi di stampa, a seguito di passaggio di competenza dall'ente regione agli enti comunali, il progetto «Associazione per la vita autonoma» ha cessato di esistere a causa della mancanza di fondi;
   sempre gli organi di stampa scrivono di situazioni di disagio per molti disabili, con casi documentati di ricoveri per malnutrizione, a causa della cessazione del progetto;
   in questi giorni circa trenta disabili, di cui alcuni al 100 per cento, hanno manifestato davanti alla Cittadella della salute a Viterbo, per sensibilizzare le istituzioni circa lo stato di cose –:
   se sia a conoscenza dei fatti e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per sostenere esperienze e progetti meritevoli, come quello di cui in premessa, finalizzati ad assicurare assistenza alla disabilità e a superare il disagio ad essa collegato. (5-09118)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di maggio e giugno 2016 sono state indette due giornate di sciopero nazionale del settore igiene ambientale pubblico e privato per chiedere il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro Utilitalia/Ambiente 17 giugno 2011 e del contratto collettivo nazionale di lavoro FISE/Assoambiente 21 marzo 2012, scaduti il 31 dicembre 2013;
   al momento è in corso una nuova iniziativa di sciopero prevista per lunedì 11 e martedì 12 luglio 2016 con l'obiettivo di sollecitare le controparti e chiedere ulteriori garanzie rispetto alla redistribuzione degli orari di lavoro, ampliamento delle garanzie sulla salute e sulla sicurezza, un migliore salario e maggiore discrezionalità sui licenziamenti;
   pare che vi siano ancora dei punti di disaccordo tra FISE e le organizzazioni sindacali, tra le quali spicca quella della revisione dell'articolo 6, attraverso la quale si vorrebbe introdurre, in caso di subentro di altra azienda, l'applicazione del Job Act –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano porre in essere per consentire ai lavoratori di svolgere il proprio lavoro nelle giuste condizioni previste dalla legge, evitando così il proliferare di altre mobilitazioni che causerebbero ulteriori danni anche ai cittadini che usufruiscono di questi servizi. (4-13733)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dal rapporto «Lavoro giovanile in agricoltura 2016» emerge come il lavoro in agricoltura sia caratterizzato dalla forte stagionalità delle attività e conseguentemente molte imprese agricole utilizzano lavoratori stagionali;
   è da sottolineare come in Francia ed in Spagna, ma anche in Paesi come Germania ed Olanda, sono previsti trattamenti contributivi particolarmente agevolati per i lavoratori stagionali, al fine di contenere il costo del lavoro e permettere alle imprese agricole di implementare il proprio reddito;
   nel nostro Paese si stimano 300.000 lavoratori stagionali che effettuano rapporti di lavoro di breve durata e comunque inferiori alle 50 giornate nell'anno dei quali circa un terzo nelle regioni del Centro-nord;
   a pesare sulle imprese agricole, oltre agli oneri contributivi ed assicurativi, che incidono sui costi complessivi delle stesse in misura notevolmente superiore al resto dei Paesi europei, vi sono anche gli oneri burocratici che costituiscono un «peso» eccessivo per lo sviluppo delle imprese agricole;
   è inoltre, da evidenziare come il rapporto citato preveda un aumento del 12 per cento dei ragazzi under 35 che hanno scelto di svolgere un'attività nel settore agricolo. Infatti, l'attività lavorativa in agricoltura costituisce, oggi, un settore trainante della economia italiana soprattutto nell’export dei prodotti di alta qualità, (ad esempio il Made in Italy) che va sostenuto e migliorato;
   è opportuno, pertanto, introdurre iniziative normative adeguate e idonee, come quelle ricomprese nel rapporto citato, per aumentare la capacità produttiva delle imprese agricole che possono costituire il volano dell'economia italiana –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare, alla luce di quanto espresso in premessa, per ridurre il costo del lavoro e gli oneri burocratici per le imprese agricole, al fine di migliorarne le capacità produttiva. (4-13738)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sono delle ultime ore le indiscrezioni di stampa di un possibile ingresso di Iliad – un operatore francese – nel mercato italiano delle telecomunicazioni mobili;
   l'ingresso di Iliad sarebbe diretta conseguenza di una decisione presa a Bruxelles nell'ambito dell'operazione di concentrazione tra Wind e H3G e delle condizioni poste dalla Commissione europea che condiziona il suo sì all'operazione di concentrazione all'ingresso di un nuovo operatore;
   l'ingresso di Iliad avrà un impatto notevole sul mercato mobile nazionale: per il comparto delle telecomunicazioni non è indifferente chi sia il quarto operatore e come intenda operare nel Paese. Il solo annuncio del possibile ingresso di Iliad — che in Francia ha scatenato una guerra di prezzi senza precedenti depauperando il mercato mobile d'oltralpe – ha scatenato una bufera sul titolo di Telecom Italia, che nelle ultime ore ha perso più di 10 punti percentuali, a danno soprattutto dei piccoli azionisti;
   in un momento in cui è necessario garantire che gli operatori mobili intensifichino gli investimenti in infrastrutture di rete, in vista della necessaria transizione alle tecnologie 5G, è necessario che le istituzioni italiane, il governo ed il Parlamento, siano pienamente informate delle intenzioni del nuovo operatore e dei suoi piani industriali. È necessario sapere se i piani di Iliad creano, cioè, sinergie con il percorso di infrastrutturazione in corso o se, invece, l'ingresso di un operatore «low cost» – pronto ad approfittare di condizioni privilegiate senza avere intenzione di realizzare una propria rete – potrebbe avere l'effetto di rallentare gli investimenti in atto;
   l'ennesima decisione cruciale per gli assetti industriali del paese non può essere presa dall'Europa, nel silenzio totale delle istituzioni nazionali –:
   come intenda procedere il Governo per garantire un pieno coinvolgimento delle competenti autorità nazionali in merito a questa decisione strategica;
   come intenda impegnarsi per garantire che l'ingresso di un nuovo operatore mobile nel mercato italiano delle Telecomunicazioni non determini il rallentamento nel processo di digitalizzazione nazionale;
   se intenda chiedere alla Commissione europea di rendere pubblico il progetto di Iliad consentendo a tutte le parti interessate di conoscerne i contenuti. (4-13735)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Chaouki n. 5-00444 del 26 giugno 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Lattuca n. 5-00498 del 2 luglio 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Scotto n. 5-00505 del 3 luglio 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Scotto n. 5-00506 del 3 luglio 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Scotto n. 5-00716 del 23 luglio 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Chaouki n. 5-01065 del 25 settembre 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Scotto n. 5-01559 del 26 novembre 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Mariano n. 5-01769 del 20 dicembre 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Michele Bordo n. 5-02720 del 30 aprile 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Palazzotto n. 5-03468 del 7 agosto 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Burtone n. 5-08042 dell'8 marzo 2016.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Scotto e Fava n. 5-01060 del 24 settembre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-13741.
   interrogazione a risposta in Commissione Scotto e altri n. 5-02622 dell'11 aprile 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-13742;
   interrogazione a risposta in Commissione Scotto n. 5-03157 del 3 luglio 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-13743.
   interrogazione a risposta in Commissione Palazzotto n. 5-05829 del 17 giugno 2015 in interrogazione a risposta scritta n. 4-13740.