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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 27 aprile 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il settore dei servizi gestionali, amministrativi e culturali nei principali complessi museali in Italia vive da più di quindici anni una situazione di stallo, e molti dei principali monumenti e musei del nostro Paese sono gestiti in regime di proroga, in contrasto con la vigente disciplina sia nazionale che comunitaria; in taluni casi, come per il complesso del Colosseo, la proroga è addirittura scaduta e i servizi sono gestiti sulla base di circolari e altri documenti interni secondo una prassi censurata anche dalla Corte dei Conti;
    tale situazione riguarda sia i servizi di biglietteria che i cosiddetti servizi aggiuntivi, quali ad esempio i servizi editoriali, le audioguide, le visite guidate, spazi per eventi e mostre, e altro;
    la mancata effettuazione di gare nei principali monumenti e musei ha determinato un'ingente perdita di potenziali introiti per il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (di seguito definito per brevità il Ministero); basti pensare, a titolo di esempio che in relazione ai servizi aggiuntivi erogati presso il complesso del Colosseo, il fatturato da servizi aggiuntivi negli anni 2011-2015 (anni nei quali la concessione era scaduta) è stato di euro 35,1 milioni, dei quali solo euro 3,9 milioni, corrispondenti all'11,2 per cento sono andati all'amministrazione;
    nel febbraio del 2015, il Ministero ha annunciato, con un documento intitolato «La cultura delle gare nelle gare per la cultura» l'avvio insieme a Consip di una collaborazione mirata ad assicurare meccanismi trasparenti ed efficienti per gli affidamenti dei servizi da svolgere nei nuovi musei autonomi e nei poli museali regionali;
    il programma avviato dal Ministero con Consip prevede tre linee di intervento: la prima per i servizi gestionali, che includono i «servizi operativi» (manutenzione edile e impiantistica, pulizia ed igiene ambientale, guardaroba, facchinaggio, e altro) e i «servizi di Governo» (sistema informativo, call center, anagrafica tecnica, e altro), la seconda per la realizzazione di un servizio di biglietteria, prenotazione e prevendita, che sarà usato da tutti i siti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e facoltativamente dagli Enti locali; la terza per i «progetti culturali», finalizzati alla migliore fruizione dei siti dal punto di vista culturale (a titolo di esempio: noleggio audioguide; visite guidate; laboratori e didattica; spazi, eventi e mostre e altro);
    la finalità dichiarata del programma di gare avviato dal Ministero è quella di porre fine al fenomeno delle proroghe delle concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura e di garantire che il Ministero possa contare sulla cooperazione tra le migliori risorse pubbliche e private per garantire la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale della Nazione;
    nel mese di luglio del 2015 è stata lanciata da Consip la prima fase del programma, con la pubblicazione del bando per l'affidamento di servizi gestionali e operativi (Facility management), per gli istituti e i luoghi della cultura pubblici. La gara appena bandita, del valore complessivo di 640 milioni di euro, suddivisi in nove lotti territoriali, renderà disponibili al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e agli enti locali i servizi gestionali e operativi attraverso una convenzione quadro della durata di 24 mesi (più eventuali 12 di proroga);
    il Ministro Franceschini ha annunciato che le prime gare Consip per la fornitura dei servizi aggiuntivi saranno avviate entro il mese di giugno del 2016;
    nel marzo del 2016, il Ministero ha promosso la fusione delle proprie società in house Ales e Arcus s.p.a., con l'obiettivo di «assicurare al meglio l'erogazione di servizi culturali, le attività di valorizzazione del patrimonio e le attività di fund raising»;
    il Ministro Franceschini ha dichiarato alla stampa che Ales dovrà dar vita a una divisione che si occuperà servizi aggiuntivi, in modo tale «il direttore del museo potrà scegliere se affidare alcuni servizi, o anche tutti, ai privati mediante gara oppure riservarli alla nuova Ales attraverso l'affidamento diretto, visto che si tratta di una società in house del ministero»;
    è fondamentale che l'assegnazione dei servizi aggiuntivi avvenga nel rispetto delle linee guida annunciate dal Ministero e cioè dell'introduzione della cultura delle gare nel settore dei beni culturali; per questo motivo, è evidente che il ricorso ad Ales per l'erogazione di servizi aggiuntivi dovrà essere limitato esclusivamente ai casi nei quali l'affidamento del servizio attraverso una gara Consip non sia possibile per mancanza di soggetti privati interessati o risulti chiaramente antieconomico;
    in proposito, va ricordato che la fusione delle società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è stata prevista dalla legge di stabilità con l'obiettivo di assicurare risparmi della spesa pubblica; pertanto, in nessun caso l'affidamento di servizi aggiuntivi ad Ales dovrà essere effettuato quando ciò comporti oneri aggiuntivi a carico dello Stato, sotto forma di assunzione di personale aggiuntivo da parte di Ales o sotto qualsiasi altra forma;
    occorre assicurare che le procedure di gara Consip per i servizi aggiuntivi avvengano con modalità tali da assicurare la massima partecipazione competitiva, e il miglior risultato possibile in termini sia qualitativi che economici;
    il Ministero ha più volte affermato che i bandi di gara Consip saranno basati su progetti scientifico-culturali predisposti dai singoli musei o dai poli regionali;
    per il perseguimento degli obiettivi di qualità ed economicità sopra richiamati, appare opportuno, soprattutto presso i complessi archeologici museali più importanti e redditizi, avviare gare distinte per i diversi servizi, che oggi sono svolti, nella maggior parte dei casi, tutti dallo stesso soggetto; è evidente, infatti, come sia più vantaggioso per l'amministrazione pubblica affidare ciascun servizio al soggetto specializzato più qualificato ed economicamente più conveniente;
    l'accorpamento dei diversi servizi, e soprattutto l'affidamento a chi eroga servizi aggiuntivi anche del servizio di biglietteria deve essere limitato ai casi in cui ciò sia strettamente necessario per consentire la fattibilità economica del servizio; in ogni altro caso, il servizio di biglietteria dovrà essere oggetto di gara separata;
    ai fini di assicurare la qualità, innovatività e originalità dei progetti scientifici definitivi dei musei e poli regionali che costituiranno la base per ciascuna gara Consip, è importante che la pubblicazione del bando di gara sia preceduta da manifestazioni di interesse attraverso le quali i soggetti interessati a partecipare possano proporre soluzioni anche diverse e aggiuntive rispetto a quelle descritte nella manifestazione di interesse, o che sia comunque prevista una fase di consultazione degli operatori privati che consenta all'amministrazione pubblica di raccogliere le idee migliori e più originali per includerle nell'oggetto di gara;
    è essenziale che con riguardo ai procedimenti per l'affidamento di servizi aggiuntivi il Ministero assicuri la più totale trasparenza, attraverso la pubblicazione sul proprio sito istituzionale di ogni necessaria informazione, con particolare riferimento alla sussistenza delle ragioni economiche e scientifiche che hanno giustificato l'eventuale ricorso ad eventuali affidamenti in house;
    nella gestione dei musei e dei siti archeologici è frequente il ricorso, da parte dell'amministrazione, alla cosiddetta pratica dei servizi «conto terzi», consistente nello svolgimento da parte di personale delle sovrintendenze di lavoro straordinario che viene posto a carico del soggetto affidatario delle mostre e delle altre manifestazioni culturali o di altri eventi autorizzati nei siti culturali, che richiedono appunto lo svolgimento di prestazioni lavorative al di fuori dei normali orari;
    il conto terzi è attualmente regolato da un accordo sindacale del 3 marzo 2010 tra il Ministero per i beni e le attività culturali e le organizzazioni sindacali (di seguito per brevità definito «accordo sindacale») in base al quale le prestazioni «in conto terzi» si considerano analoghe alle prestazioni extraistituzionali, e devono avere carattere occasionale e temporaneo, senza pregiudizio per le attività istituzionali e senza oneri aggiuntivi per l'amministrazione;
    il conto terzi è divenuto nel tempo uno strumento utilizzato con grande frequenza, tanto da sollevare polemiche e contestazioni, anche per i criteri non sempre trasparenti di scelta del personale coinvolto e per la mancanza di informazioni precise sulla dimensione effettiva del fenomeno;
    rispondendo a un'interrogazione del Gruppo parlamentare Scelta Civica sul tema del conto terzi, il Ministro Franceschini ha indicato di disporre di dati parziali sulla diffusione del fenomeno, visto che solo poco più del 50 per cento degli enti interessati ha fornito i dati richiesti dal Ministero; da tali dati emerge un numero complessivo di ore lavorate, pari a 66.000, per un ammontare di compensi annuo a carico di terzi pari a oltre 2 milioni di euro; nella stessa occasione, il Ministro ha affermato di voler «adottare tutte le iniziative necessarie per garantire la massima trasparenza del fenomeno e il suo massimo contenimento», ritenendo che «il «conto terzi» debba essere un'eccezione e non, mai, una regola»,

impegna il Governo:

   ad avviare e a concludere quanto prima, come preannunciato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, le procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi e in particolare, dei servizi culturali presso i principali complessi museali italiani, a partire dal complesso del colosseo, palatino e foro romano;
   ad assicurare che le gare per l'affidamento dei servizi aggiuntivi rispettino i seguenti principi fondamentali:
    a) previsione di gare distinte per i diversi servizi aggiuntivi, in modo da assicurare quanto più possibile la specializzazione, la qualità e l'economicità del soggetto privato prescelto per ciascun servizio;
    b) limitazione dell'accorpamento dei diversi servizi, e in particolare dei servizi di biglietteria ai servizi aggiuntivi, ai soli casi in cui ciò sia necessario per la sostenibilità economica dell'appalto;
    c) limitazione del ricorso ad affidamenti in house ad Ales o a qualsiasi altro soggetto pubblico ai casi nei quali il ricorso a una procedura competitiva non risulti economicamente conveniente o comunque fattibile per l'amministrazione, e in ogni caso senza aumenti della spesa pubblica;
    d) revisione della disciplina vigente delle prestazioni in conto terzi in modo da assicurarne l'effettiva limitazione a ipotesi occasionali e temporanee, la totale trasparenza e comunque il massimo contenimento, in conformità alla normativa vigente e in coerenza con quanto annunciato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   ad assicurare la massima trasparenza possibile, anche attraverso pubblicazione sui siti istituzionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e delle soprintendenze, delle procedure di gara sopra descritte e degli eventuali affidamenti in house ad Ales o ad altri soggetti controllati dall'amministrazione, facendo sì che, con riguardo agli affidamenti in house, siano pubblicate le motivazioni alla base della scelta di non procedere mediante gara e tutti i dati relativi all'affidamento, inclusi i costi sostenuti dalla società in house per la fornitura del servizio e gli introiti destinati all'amministrazione.
(1-01234) «Mazziotti Di Celso, Monchiero».

Risoluzioni in Commissione:


   L'XI Commissione,
   premesso che:
    Alitalia Maintenance Systems (AMS) è un'eccellenza altamente tecnica e tecnologica italiana, nata nel luglio del 2003 da una costola di Alitalia Lai, partecipata di Alitalia Cai prima e di Alitalia Sai poi con sede in Fiumicino (Roma) e che svolge attività di manutenzione, revisione e riparazione di motori per aeromobili e componenti aeronautici;
    AMS viene dichiarata fallita il 30 settembre 2015 dal tribunale di Roma dopo un lungo periodo di concordato preventivo e la promessa in sede ministeriale di acquisizione da parte della società Giordana PanMed impegnata nel campo delle energie rinnovabili;
    nel mese di marzo 2016, è stato aperto il bando di gara internazionale per la vendita del complesso aziendale e la scadenza di tale bando è prevista per il 5 maggio 2016; alla scadenza del termine previsto dal bando di vendita e con la successiva definizione dell'operazione di acquisto da parte del soggetto industriale avente i giusti requisiti per il rilancio di AMS, devono essere rispettati gli impegni presi dalle istituzioni e da Alitalia-Etihad, e cioè la continuità dei contratti di lavoro con la società acquirente dei circa 240 lavoratori di AMS, attualmente in mobilità;
    è necessario che il Ministero dello sviluppo economico, presso il quale è stato costituito un tavolo permanente al fine di rilanciare l'azienda e salvaguardare tutti i posti di lavoro, garantisca il massimo impegno in tal senso;
    nel passato gli enti locali hanno effettuato consistenti investimenti su AMS in termini di formazione e sviluppo di nuovi processi, con l'importante risultato di formare lavoratori altamente specializzati e con notevoli competenze in campo aeronautico, in grado di poter svolgere attività anche in altri campi, come quello militare, in cui già in passato hanno operato;
    va evidenziato ulteriormente che tali lavoratori sono altamente specializzati e con notevoli competenze nel campo aeronautico tali da essere in grado di poter diversificare le loro recenti attività e ampliare le conoscenze in altri campi come quello militare, di cui sopra e in quello delle turbine a gas. È evidente che l'acquisizione di tale know how, che è costato sia sacrifici ai lavoratori sia spese agli enti che hanno garantito la formazione, non può essere assolutamente disperso;
    la mobilità dei ben 240 dipendenti è attualmente l'unico drastico strumento disponibile, con ovvie e gravi conseguenze per i lavoratori e le loro famiglie,

impegna il Governo:

   a valutare tutte le iniziative di competenza al fine di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali, anche favorendo l'acquisizione di AMS da parte di altre aziende italiane;
   a valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa di competenza per ricollocare, ove il 5 maggio 2016 con la scadenza del bando di vendita di AMS non vi fosse nessun acquirente, i 240 lavoratori in altre aziende.
(7-00982) «Polverini».


   L'XI Commissione,
   premesso che:
    in attuazione di quanto disposto dall'articolo 12, comma 12-bis, del decreto-legge 30 luglio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il 16 dicembre 2014, è stato pubblicato il decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che reca norme in materia di adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita;
    nello specifico, il predetto decreto ha stabilito che: «A decorrere dal 1o gennaio 2016, i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici [...] sono ulteriormente incrementati di 4 mesi e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva di cui alla Tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni, sono ulteriormente incrementati di 0,3 unità»;
    pertanto, fermo restando l'adeguamento alla speranza di vita già applicato dal 1o gennaio 2013, in virtù del decreto ministeriale del 6 dicembre 2011 (incremento di 3 mesi e di 0,3 unità dei valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva), ai sensi del decreto ministeriale del 16 dicembre 2014, i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici sono ulteriormente incrementati di 4 mesi e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva di cui alla tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni – per coloro che perfezionano il diritto alla pensione di anzianità con il sistema delle cosiddette «quote» – sono ulteriormente incrementati di 0,3 unità;
    dunque, sia l'età per raggiungere la pensione di vecchiaia, che i contributi per ottenere la pensione anticipata sono stati notevolmente innalzati in conseguenza degli aumenti legati alla speranza di vita;
    tuttavia, tale sistema che determina gli incrementi per effetto dell'aumento dell'aspettativa di vita come previsto dalla «legge Fornero» ed attuato periodicamente con decreti ministeriali, non è ragionevole, poiché ha ben poco a che vedere con la speranza di vita reale. Al riguardo, si ritiene che l'adeguamento dei requisiti per l'accesso al pensionamento, facendo ricorso automatico ad un indicatore statistico che misura la probabilità media di quanti anni un uomo e una donna possano vivere, rappresenta un meccanismo pregiudizievole che comporta un aumento periodico del tempo in cui si potrà accedere all'assegno previdenziale, su un dato meramente previsionale; tra l'altro, non è ammissibile un sistema incongruo, che prevede che con l'aumento della speranza di vita aumentino anche i requisiti per il pensionamento, di contro, con una diminuzione della stessa, l'età di pensionamento resterebbe stabile;
    a conferma dei predetti dubbi sui parametri di adeguamento introdotti, accade che adesso tale sistema si trovi a fare i conti con i recenti dati che attestano, per la prima volta nella storia d'Italia, un calo dell'aspettativa di vita degli italiani. Ciò è quanto ha rilevato il rapporto Osservasalute, presentato il 2,6 aprile 2016, che ha imputato tale calo, soprattutto alla riduzione della prevenzione sanitaria. Il rapporto attesta che nel 2015 la speranza di vita per uomini e donne era rispettivamente di 80,1 anni e 84,7 anni, invece, nel 2014, la speranza di vita era maggiore e pari a 80,3 anni per gli uomini e 85,0 anni per le donne. Per verificare quanto possa essere considerato allarmante tale andamento in discesa, si dovranno attendere i dati del prossimo anno che consentiranno di avere un quadro più chiaro sulle dinamiche relative alla aspettativa di vita;
    ad ogni modo, è del tutto evidente che, alla luce delle criticità segnalate nel rapporto, sia necessario abolire o comunque modificare l'attuale sistema di adeguamento delle pensioni. Sul punto, i recenti dati che rilevano un calo della speranza di vita dimostrano l'incongruità del meccanismo di adeguamento, posto che, come predetto, i parametri previsti dalla normativa sono, unicamente, sotto forma di incrementi. Il sistema vigente, difatti, stabilisce che i requisiti per raggiungere la pensione siano destinati a salire periodicamente e mai ad abbassarsi. In particolare, gli aumenti saranno pari a 4 mesi nel biennio 2019-2020, a 3 mesi nel biennio 2021-2022 e successivamente a 3 mesi ogni biennio;
    con tale meccanismo si attua una grave iniquità nei confronti dei cittadini, poiché la speranza di vita media non aumenta, ma si allunga il tempo per accedere all'assegno pensionistico, con il rischio per i pensionati di godere, in concreto, solo di pochi anni del trattamento pensionistico rispetto al reale ammontare dei contributi versati negli anni sotto forma di pensione;
    inoltre, in altra sede, si ritiene di dover intervenire urgentemente per fronteggiare le criticità che hanno determinato il calo dell'aspettativa di vita, come la diminuzione delle risorse pubbliche a disposizione della sanità, in particolare, per la prevenzione,

impegna il Governo

ad assumere iniziative urgenti per eliminare gli effetti pregiudizievoli che stanno subendo i cittadini dall'attuale sistema di accesso al trattamento pensionistico, modificando la normativa che prevede, in merito ai requisiti pensionistici, un innalzamento dell'età pensionabile in base a parametri di aumento della speranza di vita non reali ed in contrasto con i recenti dati, che ne hanno accertato un andamento in discesa nell'anno 2015, rispetto all'anno 2014.
(7-00983) «Rizzetto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRACCARO, BATTELLI e NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 guardante l'iniziativa dei cittadini, la cosiddetta ICE, all'articolo 8, disciplina nel dettaglio le procedure di verifica e certificazione da parte degli Stati membri delle dichiarazioni di sostegno, individuando un periodo non superiore a tre mesi dal ricevimento della richiesta di ICE per completarle e disponendo che le autorità competenti verifichino mediante adeguati controlli le dichiarazioni di sostegno loro presentate, conformemente, se del caso, alla legislazione e alle prassi nazionali. Su questa base rilasciano agli organizzatori un certificato basato sul modello figurante nell'allegato VI del predetto regolamento, nel quale attestano il numero di dichiarazioni di sostegno valide per lo Stato membro interessato;
   il regolamento (UE) n. 211/2011, al comma 1 e 2, dell'articolo 12, disciplina la protezione dei dati personali. I paragrafi in oggetto prevedono che, nel trattare i dati personali, gli organizzatori di un'iniziativa dei cittadini e le autorità competenti dello Stato membro ottemperano alla direttiva 95/46/CE e alle disposizioni nazionali adottate per il suo recepimento, specificando che, nelle loro rispettive operazioni di trattamento dei dati personali, gli organizzatori di un'iniziativa dei cittadini e le autorità competenti scelte a norma dell'articolo 15, paragrafo 2, del medesimo regolamento, sono considerati come i responsabili del trattamento dei dati ai sensi dell'articolo 2, lettera d), della direttiva 95/46/CE;
   il comma 3 dell'articolo 12 del regolamento (UE) n. 211/2011 prescrive che gli organizzatori assicurino che i dati personali raccolti per un'iniziativa dei cittadini non siano usati per scopi diversi dal sostegno dichiarato all'iniziativa stessa e che distruggano tutte le dichiarazioni di sostegno ricevute per l'iniziativa in questione e le eventuali loro copie entro il termine più breve tra i seguenti: un mese dopo aver presentato tale iniziativa alla Commissione, a norma dell'articolo 9 oppure diciotto mesi dopo la data di registrazione di una proposta d'iniziativa dei cittadini. Il comma 4 prevede inoltre che l'autorità competente usi i dati personali ricevuti per una determinata iniziativa dei cittadini al solo scopo di verificare le dichiarazioni di sostegno ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 2, e distrugga tutte le dichiarazioni di sostegno e le loro copie al più tardi un mese dopo aver rilasciato il certificato di cui all'articolo suddetto;
   in via eccezionale, il comma 5 dell'articolo 12 del regolamento (UE) n. 211/2011 definisce chiaramente che le dichiarazioni di sostegno per una determinata iniziativa dei cittadini e le loro copie possono essere conservate oltre i termini di cui sopra se necessario ai fini di procedimenti amministrativi e giudiziari relativi a una proposta d'iniziativa dei cittadini. Gli organizzatori e l'autorità competente distruggono tutte le dichiarazioni di sostegno e le loro copie al più tardi una settimana dopo l'adozione di una decisione definitiva a conclusione di tali procedimenti;
   nella legislazione italiana non sono riscontrabili norme per la protezione dei dati personali specificatamente in ordine alle sottoscrizioni relative a referendum, iniziative popolari, petizioni e istanze. Tale vuoto legislativo caratterizza la normativa nazionale, in particolare la legge 25 maggio 1970, n. 352 recante «Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo» e il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, nonché la normativa relativa agli istituti di partecipazione di competenza degli enti locali e delle autonomie non prevedendo disposizioni in tal senso. Nel caso di specie, non vi è alcun riferimento alla protezione dei dati personali nel testo unico, delle legge regionali sull'ordinamento dei comuni del Trentino-Alto Adige/Sudtirol; il cosiddetto TULROC, e nelle leggi sui referendum e sulle iniziative popolari delle regioni e delle province autonome; si veda ad esempio, la legge della provincia autonoma di Trento 5 marzo 2003, n. 3, «Disposizioni in materia di referendum propositivo, referendum consultivo, referendum abrogativo e iniziativa popolare delle leggi provinciali» e la legge della provincia autonoma di Bolzano del 18 novembre 2005 n. 11 «Iniziativa popolare e referendum»;
   gli statuti e la prassi amministrativa presso comuni, province, città metropolitane, regioni e le altre tipologie di enti locali che prevedono istituti di democrazia diretta e partecipativa riconducono sostanzialmente all'interpretazione del Garante per la protezione dei dati personali espressa nel comunicato stampa diramato il 9 giugno 1998 avente per oggetto « Privacy e trasparenza negli enti locali», il quale afferma che i dati relativi ad istanze, proposte e petizioni sono pubblici e dettaglia quanto segue: «In un Comune, un gruppo di cittadini ha presentato una petizione e, dinanzi alla richiesta degli interessati di conoscere i nomi dei sottoscrittori, il Sindaco glieli ha comunicati. C’è stata violazione della privacy ? L'Autorità ha osservato che l'esistenza di una legge sulla tutela dei dati personali non può essere invocata per negare agli interessati l'accesso ai documenti e la partecipazione al procedimento amministrativo e, tanto meno, per atti di iniziativa politica. Il Garante ha, infatti, sottolineato che le istanze, le proposte e le petizioni dirette a promuovere o sollecitare interventi per migliorare la vita della comunità locale, devono essere ritenute pubbliche (unitamente ai dati relativi ai promotori e ai sottoscrittori), sia perché riguardano l'attività dell'amministrazione locale, sia perché danno impulso ad un procedimento amministrativo e devono essere pertanto conosciuti dalla generalità dei cittadini che ne sono coinvolti. La legge n. 675 dovrà semmai essere tenuta in considerazione per eventuali precisazioni normative, sia nella legge che negli statuti e regolamenti comunali, volte a perfezionare la disciplina sull'accesso alla documentazione amministrativa e a renderla omogenea»;
   gli interroganti, pur rispettando l'indirizzo delineato dal Garante per la protezione dei dati personali nel predetto comunicato stampa, sono orientati a ritenere che la disciplina posta dal regolamento (UE) 211/2011 sia più conforme alle disposizioni contenute nella direttiva 95/46/CE e nel vigente codice in materia di protezione dei dati personali. Si ritiene inoltre che le sottoscrizioni a sostegno degli atti politici di iniziativa popolare a tutti i livelli amministrativi, al pari delle dichiarazioni di sostegno all'ICE, così come definito nel predetto regolamento, siano da classificarsi come dati sensibili. Si tratta infatti, al di fuori di ogni ragionevole dubbio, di dati personali che potenzialmente potrebbero rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, e, più in particolare, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale;
   si rileva infine, in aggiunta alla problematica evidenziata in materia di dati personali, che gli enti locali italiani presentano una disciplina lacunosa, nonché marcatamente disomogenea, in ordine alla procedura di trattazione degli atti politici di iniziativa popolare – quali richieste di referendum, iniziative popolari, petizioni e istanze – con riferimento alle procedure di controllo di regolarità formale, registrazione, classificazione, pubblicazione e comunicazione dell'esito di trattazione degli stessi. La prassi amministrativa è infatti, con notevole frequenza, in contrasto con i principi di buona amministrazione consolidati nel patrimonio del diritto europeo e che sinteticamente si riferiscono a: termine ragionevole per l'adozione delle decisioni; obbligo di indicare i motivi delle decisioni, tutela dei dati e notifica della decisione. Le lacune normative italiane e l'assenza di chiare prescrizioni sulla trattazione di istanze, proposte e petizioni non facilitano pertanto i singoli cittadini a comprendere e tutelare i loro diritti, nel caso di specie i diritti popolari, e non contribuiscono a promuovere l'interesse pubblico nei confronti di un'amministrazione aperta, efficiente e indipendente –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e se non ritenga opportuno assumere iniziative normative urgenti per risolvere una situazione che mette a rischio il diritto alla protezione dei dati personali sancito dalla direttiva 95/46/CE e non consente al tempo stesso il più rigoroso e trasparente esame pubblico degli atti di iniziativa popolare previsti dalle vigenti normative regionali e delle province autonome, dal testo unico degli enti locali e dalle leggi delle regioni autonome sull'ordinamento dei comuni. (4-12986)


   FRACCARO, BATTELLI e NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con l'Intesa sottoscritta in data 19 settembre 2014 riguardante la gestione delle risorse finanziarie di cui all'articolo 2, comma 117 e 117-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 e successive modificazioni e integrazioni (cosiddetto fondo comuni confinanti) è stato istituito il Comitato paritetico per la gestione dell'intesa;
   il Comitato paritetico per la gestione dell'intesa per il finanziamento delle opere a favore dei territori di confine con le province autonome di Trento e di Bolzano, con deliberazione n. 14 del 1o dicembre 2015, ha espresso parere favorevole in merito alla proposta di progetto strategico relativo «Accordo di Programma per la valorizzazione del comparto territoriale dell'Alta Valle Sabbia e della Val Vestino», che sarà oggetto di apposito strumento di programmazione negoziata da parte della regione Lombardia e della provincia autonoma di Trento. La scheda di rilevazione del progetto strategico, pur prevedendo tra gli ambiti strategici mobilità turistica, tutela del territorio e delle comunità locali e valorizzazione delle risorse naturale, culturali e del turismo sostenibile, sembrerebbe destinare risorse quasi esclusivamente ad opere pubbliche di viabilità e nulla ad interventi per la mobilità sostenibile: a) realizzazione della galleria di Valvestino; b) ponte Caffaro; c) miglioramento dell'accessibilità al comune di Idro, d) sistemazione e messa in sicurezza della strada Bagolino Maniva; e) miglioramento dell'accessibilità al comune di Bagolino; f) opere di messa in sicurezza della strada per il passo crocedomini in comune di Bagolino; g) riqualificazione Rocca d'Anfo;
   nella predetta deliberazione il Comitato paritetico ha preso atto che, nelle more della presentazione da parte della provincia di Brescia della «proposta di programma dei progetti strategici», nella quale sarà ricompreso il progetto «Accordo di programma per la valorizzazione del comparto territoriale dell'Alta Valle Sabbia e della Val Vestino», sono destinate risorse per un ammontare complessivo di euro 45.720.000,00 relativo alle annualità 2013-2018 del «fondo progetti strategici» quantificato a favore della stesso territorio della provincia di Brescia; ha dato inoltre mandato alla regione Lombardia, in quanto capofila, di provvedere agli atti necessari all'attuazione dell'accordo; ha rinviato al soggetto proponente la definizione delle modalità attuative e operative dell'accordo mediante il ricorso agli strumenti individuati nell'allegato B alla roadmap denominato «organigramma di attuazione dei progetti strategici», disponendo che i medesimi soggetti proponenti dovranno anche verificare i presupposti giuridici delle procedure scelte con riferimento alle normative nazionali ed europee;
   la convenzione di Århus sull'accesso alle informazioni, sulla partecipazione del pubblico e sull'accesso alla giustizia in materia ambientale, la quale ha determinato la direttiva 2003/35/CE ed è stata attuata con il decreto legislativo n. 152 del 2006 (testo unico ambiente), ha sancito il diritto del pubblico ad essere informato fin dalla fase iniziale del processo decisionale in merito all'oggetto e alla natura delle decisioni da adottare che abbia impatti significativi sull'ambiente;
   lo studio del Parlamento europeo «Promuovere l'uso della bicicletta» pubblicato nel 2010 nell'ambito delle politiche strutturali e di coesione (direzione generale politiche interne) individua le quattro chiavi fondamentali per sostenere il ciclismo e quindi il cicloturismo: a) la presenza di infrastrutture ciclabili corredate di servizi e accessori esclusivamente per i ciclisti; b) l'intermodalità che combina l'uso della bici con quella dei mezzi di trasporto pubblici; c) la sicurezza nel senso di incolumità; la sicurezza nel senso di prevenzione al futuro. Lo studio contiene anche una raccomandazione per le autorità locali, la quale sottolinea l'importanza di un approccio integrato per portare all'adozione di un insieme equilibrato di misure per la costruzione delle infrastrutture ciclopedonali e per la promozione dell'uso della bicicletta anziché singole azioni potenzialmente meno efficaci;
   la risoluzione del Parlamento europeo del 27 settembre 2011 (P7–TA(2011)0407) «sull'Europa, prima destinazione turistica mondiale — un nuovo quadro politico per il turismo europeo» (2010/2206(INI)), al punto 4, sottolinea la necessità di una stretta cooperazione tra le autorità europee, internazionali, nazionali, regionali e locali e gli attori del settore per far fronte alle sfide trasversali del turismo attuando progetti e azioni concrete in materia di turismo e auspicando, anche nel quadro della strategia Europa 2020, una cooperazione più stretta tra le regioni e i comuni e una loro partecipazione sostenibile, diretta ed efficace alla definizione della nuova politica del turismo che rafforzi il turismo intra e interregionale e promuova la capacità di attrazione e la visibilità delle regioni e dei comuni europei; al punto 5, invita a valutare l'introduzione di due nuovi principi per il turismo: «l'interregionalità» e «la complementarità», al fine di promuovere la pianificazione congiunta e la cooperazione fra i servizi turistici nell'ambito di una singola area geografica, unendo regioni limitrofe ma appartenenti a un livello tematico specifico;
   la predetta risoluzione del Parlamento europeo, in materia di mobilità sostenibile, al punto 34), esorta la Commissione a incentivare l'utilizzo di mezzi di trasporto più sostenibili, ad esempio attraverso la combinazione di trasporti con mezzi pubblici, treni, spostamenti in bicicletta e a piedi; invita la Commissione a favorire e sostenere lo sviluppo di collegamenti con le aree rurali e montane, e, più in generale, le destinazioni meno accessibili; al punto 39), accoglie con favore la volontà della Commissione di diversificare l'offerta turistica per compensare gli effetti della stagionalità; sottolinea, in particolare, l'importanza della collaborazione già avviata con il Consiglio d'Europa per la promozione del turismo culturale, storico, religioso, ambientale e paesaggistico attraverso percorsi/itinerari tematici ritenendo che l'utilizzo di mezzi di trasporto sostenibili, tra i quali la bicicletta, debba essere incentivato in relazione a diversi itinerari; infine, al punto 42), incoraggia ad agevolare la messa in rete e la cooperazione fra le regioni al fine di collegare gli attuali percorsi ciclabili regionali, nazionali ed europei e potenziare nell'UE un turismo ciclabile sostenibile, efficiente sotto il profilo energetico e rispettoso dell'ambiente;
   il protocollo di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi del 1991 nell'ambito dei trasporti, ratificato con la legge del 9 novembre 2012, n.196, impegna l'Italia, in qualità di Parte contraente, ad attuare una politica sostenibile dei trasporti tesa a: ridurre gli effetti negativi e i rischi derivanti dal traffico intraalpino e transalpino ad un livello che sia tollerabile per l'uomo, la fauna e la flora e il loro habitat; contribuire allo sviluppo sostenibile dello spazio vitale e delle attività economiche, come premesse fondamentali per l'esistenza stessa delle popolazioni residenti nel territorio alpino per mezzo di una politica dei trasporti organica e concertata tra le Parti; garantire il traffico intraalpino e transalpino incrementando l'efficacia e l'efficienza dei sistemi di trasporto e favorendo i vettori meno inquinanti e con minore consumo di risorse ad un costo economicamente sopportabile; garantire condizioni di concorrenza equilibrate tra i singoli vettori. In particolare, all'articolo 13 (impianti turistici), paragrafo 2, le Parti contraenti sostengono la creazione e la conservazione di zone a bassa intensità di traffico o vietate al traffico, nonché l'istituzione di località turistiche vietate al traffico e tutte le misure atte a favorire l'accesso e il soggiorno dei turisti senza automobili;
   con la legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015 n. 208) le risorse destinate alla progettazione e realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche, alla progettazione e realizzazione di ciclostazioni e ad interventi per la sicurezza della ciclabilità cittadina corrispondono a 91 milioni di euro. Tra gli interventi prioritari sono indicati la ciclovia del Sole Verona-Firenze; la ciclovia VenTo Venezia-Torino (VENTO); il grande raccordo anulare delle biciclette Grab Roma; la Ciclovia dell'Acquedotto Pugliese che va da Caposele a Santa Maria di Leuca;
   da notizie di stampa si apprende che in Europa è in corso un boom per le vacanze in bicicletta e che cicloturismo genera in Europa un indotto economico di 44 miliardi, con 2 milioni di viaggi e 20 milioni di pernottamenti, secondo le rilevazioni dell'Enit. In Italia ha un valore potenziale di 3,2 miliardi di euro, e sta crescendo ad un ritmo costante. Le previsioni della società di consulenza Jfc parlano di «2,3 milioni di cicloturisti che soggiorneranno in Italia quest'anno mossi da questa passione per 13 milioni di pernottamenti, in crescita del 5 per cento rispetto al 2014: 36 per cento italiani e 64 per cento stranieri, soprattutto di lingua tedesca». Una stima della Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta) calcola che una persona che va in bici per una giornata ed effettua un pernottamento vale 80 euro di spesa (fonte IlSole24Ore «Il cicloturismo marcia a pieni giri» –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per monitorare l'ottemperanza del testo unico dell'ambiente e per favorire, nel quadro della programmazione negoziata tra province di Trento e di Bolzano, Regione Lombardia e regione Veneto, in ordine agli accordi di programma siglati in seno al Comitato paritetico per la gestione dell'intesa, ai sensi del protocollo addizionale alla Convenzione per la protezione delle Alpi e nello spirito della risoluzione del Parlamento europeo 27 settembre 2011, l'attuazione di progetti strategici nell'ambito della mobilità sostenibile e delle infrastrutture cicloturistiche, volti a connettere le reti ciclabili delle province e delle regioni in questione con il sistema nazionale di ciclovie turistiche e a facilitare la fruizione turistica dei comuni confinanti con le province autonome di Trento e di Bolzano e dei territori contermini. (4-12989)


   CANCELLERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada provinciale 10, che collega Gela con Niscemi, è chiusa da oltre un anno, a seguito della rimodulazione delle economie residue dei famosi patti territoriali; i lavori dovevano essere completati a marzo 2016, ma ad oggi non si hanno ancora certezze sui tempi che inevitabilmente si allungheranno;
   ogni giorno da e per Niscemi, attraversando la strada provinciale 10, dovrebbero transitare numerosi lavoratori pendolari e operatori del settore agricolo, che invece sono costretti ad un altro percorso subendo ritardi e disagi;
   è una strada di collegamento necessaria ed indispensabile alle imprese agricole per gli spostamenti vicini e lontani. Nella zona, infatti, ci sono numerosi carciofeti e aziende che hanno subito una lievitazione di costi, compromettente in un settore già fortemente stretto nella morsa della crisi;
   sono stati stanziati oltre 27,4 milioni di euro per il miglioramento della viabilità, ed a ottobre 2015 è stato approvato il piano per la viabilità secondaria da 27 milioni di euro, che prevede cinquantasei interventi, presentato dal commissario straordinario Calogero Foti;
   l'ente provincia non esiste più e sino a quando non ci saranno modifiche legislative sulle competenze tutto rimarrà com’è –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto;
   se le opere per la riapertura della strada provinciale 10 che collega Gela con Niscemi rientrino tra gli interventi sopracitati e, qualora non vi rientrino, se il Governo intenda assumere iniziative per inserirla nel piano, visto lo stato di urgenza. (4-13000)


   BALDASSARRE, ARTINI, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il dicastero dello sviluppo economico, ad avviso degli interroganti, non può restare a lungo senza un Ministro il cui impegno sia esclusivamente a ciò dedicato poiché deve governare settori strategici per il buon funzionamento del «sistema/Paese», quali quello industriale, delineare la strategia energetica nazionale, regolamentare settori cruciali come media, poste e telefonia;
   si ricorda incidentalmente il fatto che il Ministro dello sviluppo economico rappresenta anche una sorta di ambasciatore economico del Paese all'estero. In un mondo sempre più globale, il Ministero ha l'onere di preparare missioni internazionali utili per il mondo imprenditoriale, poiché, per questa via, si possono acquisire nuovi e importanti contatti, considerati fondamentali visti il perdurare della crisi e l'importanza rivestita dalle esportazioni delle imprese domestiche assolutamente necessarie per ridurre l'impatto negativo su prodotto interno lordo e occupazione;
   come detto, esso svolge funzioni essenziali per l'economia, tanto che per riuscirvi deve avvalersi di migliaia di collaboratori e oltre 3.200 dipendenti organizzati in quattordici direzioni generali, a cui si aggiungono una miriade di divisioni;
   per maggior precisione, e per fondare ancor meglio la richiesta, sollevando il Presidente del Consiglio dei ministri dal peso dell’interim, si riporta l'elenco completo delle importantissime funzioni attribuite al Ministero suddivise per ambito, come indicato nel sito istituzionale, funzioni che non possono essere adempiute « part time», come invece pare avvenire attualmente a causa del contemporaneo onere di presiedere l'organo governativo collegiale che comporta l'assunzione di ancor maggiori, gravose e fondamentali incombenze connesse allo svolgimento della funzione di Presidente del Consiglio dei ministri:
    a) politica industriale: politiche per lo sviluppo della competitività del sistema imprenditoriale, per la promozione della ricerca e dell'innovazione industriale e per favorire il trasferimento tecnologico, anche attraverso il ricorso ai titoli di proprietà industriale; Ufficio italiano Brevetti e Marchi; tutela e valorizzazione delle eccellenze italiane e del Made in Italy e contrasto alla contraffazione; gestione dei fondi e degli strumenti agevolativi a favore delle imprese, anche attraverso lo strumento del credito d'imposta e la facilitazione dell'accesso al credito; politiche per favorire la riconversione e la riorganizzazione produttiva, gestione delle crisi d'impresa; politiche per le micro, piccole e medie imprese;
    b) politica per l'internazionalizzazione: politiche per l'internazionalizzazione delle imprese e la promozione all'estero delle produzioni italiane; semplificazione degli scambi commerciali con l'estero (Trade facilitation); indirizzi e proposte di politica commerciale nell'ambito dell'Unione europea, accordi commerciali multilaterali e cooperazione economica bilaterale con i Paesi terzi; promozione di nuovi investimenti italiani all'estero e azioni per l'attrazione di nuovi investimenti esteri in Italia; attivazione degli strumenti europei di difesa commerciale (strumenti antidumping, antisovvenzione, clausole di salvaguardia);
    c) politica energetica: bilancio e strategia energetica nazionale; reti di trasporto, infrastrutture energetiche e sicurezza degli approvvigionamenti; mercato unico dell'energia elettrica; promozione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica e del risparmio; tecnologie per la riduzione delle emissione dei gas ad effetto serra; usi pacifici dell'energia nucleare; programma di smantellamento di impianti nucleari dismessi; sistema e mercato del gas nazionale, sistema petrolifero downstream e relativo mercato (raffinazione, logistica, scorte, distribuzione carburanti); politica mineraria nazionale, rilascio autorizzazioni per la ricerca e la coltivazione delle risorse del sottosuolo ed in particolare degli idrocarburi in terraferma e nel mare; stoccaggio di gas naturale e metanizzazione del Mezzogiorno;
    d) politica per le comunicazioni: attuazione del piano nazionale di ripartizione delle frequenze per i servizi di radiodiffusione sonora e televisiva, di telefonia cellulare ed i servizi di emergenza; tutela e salvaguardia del sistema mediante attività di monitoraggio e di controllo dello spettro radioelettrico nazionale; disciplina di regolamentazione per i settori delle comunicazioni elettroniche, della radiodiffusione sonora e televisiva e del settore postale; stipula e gestione del contratto di servizio con la società concessionaria per il servizio pubblico di radiodiffusione e l'affidamento del servizio universale postale; programma infrastrutturale per la banda larga; ricerca scientifica nell'ambito delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, norme tecniche e azioni per la sicurezza e l'integrità delle reti;
   il Ministro dello sviluppo economico svolge inoltre funzioni importanti in Materia di: promozione della concorrenza, liberalizzazioni, tutela dei consumatori, semplificazione per le imprese, monitoraggio dei prezzi, metrologia legale e metalli preziosi, sicurezza dei prodotti e degli impianti, registro delle imprese, camere di commercio, vigilanza sul sistema cooperativo, sui consorzi agrari, sugli albi delle società cooperative, sulle gestioni commissariali e sulle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese, sulle società fiduciarie e di revisione –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda adottare le iniziative di competenza per la nomina di un nuovo Ministro dello sviluppo economico e, nell'eventualità positiva, in quali tempi.
(4-13002)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata:


   SCOTTO, PALAZZOTTO, PIRAS, DURANTI, FAVA, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DANIELE FARINA, FASSINA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PANNARALE, PELLEGRINO, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, ZARATTI e ZACCAGNINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 30 ottobre 2015, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 198 del 2015, si sono prorogate le missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, le iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione sino al 31 dicembre 2015;
   ad oggi – a 118 giorni dalla scadenza temporale delle autorizzazioni per le missioni in corso – il Governo non ha provveduto ad emanare alcun decreto di rifinanziamento delle stesse;
   anche il precedente «decreto missioni» (decreto-legge n. 174 del 2015) è stato licenziato dal Consiglio dei ministri il 12 ottobre 2015 e pubblicato in Gazzetta ufficiale il 30 ottobre 2015, ovvero dopo un mese esatto dalla scadenza di quello precedente, creando la possibilità di un paradosso normativo in caso di mancata approvazione entro i termini. Paradosso normativo che, a detta degli interroganti, si ripresenta come possibilità in particolar modo adesso che si è creata una finestra di vuoto normativo lunga oltre tre mesi;
   i teatri in cui si muovono le Forze armate italiane sono in continua evoluzione, data la forte instabilità di alcuni territori, il cambiamento repentino delle strategie del terrore seguito agli attentati di Bruxelles e le consequenziali azioni messe in campo (o annunciate) da diversi nostri Stati partner oltre che dalle Nazioni Unite stesse, e rischiano di non essere più quanto fotografato con l'ultimo decreto;
   ulteriori nuovi scenari di intervento si sono prefigurati negli ultimi mesi, come nel caso della Libia. Già in data 24 febbraio 2016 – con interrogazione a risposta in Commissione a prima firma Duranti del gruppo parlamentare Sinistra Italiana-Sinistra ecologia libertà – è stato chiesto conto delle intenzioni del Governo circa un possibile intervento diretto nello Stato africano, data anche l'autorizzazione alla base di Sigonella per l'utilizzo di droni armati, le indiscrezioni di stampa per cui sarebbero pronti 5.000 uomini e le richieste arrivate in tal senso dal Segretario della difesa americana, Ashton Carter;
   in particolare, sull'eventuale invio di militari in Libia da parte dell'Italia si susseguono agli annunci le smentite e nel Governo, secondo gli interroganti, la confusione regna sovrana. L'ultimo annuncio riportato da diverse testate giornalistiche in data 26 aprile 2016, all'indomani del vertice del G5 di Hannover, riportando fonti del Governo libico, dava per certo l'invio di 900 unità. Dopo l'ennesima smentita del Governo alcune testate, tra cui il quotidiano la Repubblica, nella stessa giornata davano invece per certo, citando fonti del Ministero della difesa, l'invio di 250 unità tra Esercito e Arma dei carabinieri a difesa delle organizzazioni internazionali a Tripoli (ambasciate Onu e dell'Unione europea e altri uffici internazionali);
   da mesi si assiste ad un insopportabile balletto di cifre sul contingente militare da inviare a Tripoli, così come sulle truppe che si dovrebbe inviare in Iraq e precisamente a difesa della diga di Mosul;
   in aggiunta sarebbero stati inviati quattro elicotteri NH90 dell'Esercito italiano, mentre altri quattro aeromobili AW129 Mangusta saranno invece inviati a breve. Tutti saranno impiegati per missioni di contrasto allo Stato islamico e con compiti Sar e ricognizione a supporto di centinaia di uomini della brigata Friuli;
   l'annuncio dell'invio degli elicotteri (e di un totale di 130 soldati) era arrivato nel febbraio 2016 dal Ministro della difesa Roberta Pinotti: i primi uomini sono quindi arrivati in Iraq nei giorni scorsi senza che ci sia mai stato un passaggio autorizzativo del Parlamento;
   a parere degli interroganti la decretazione di urgenza – diventata negli ultimi anni prassi – per il rifinanziamento delle missioni internazionali è strumento ai limiti della legittimità costituzionale (in particolare in relazione ai requisiti di necessità ed urgenza, vista la natura periodica e quindi prevedibile delle esigenze legate alle missioni stesse) e svilente del controllo effettivo e delle prerogative in capo ai parlamentari in quanto potere legislativo;
   per quanto esposto sopra, quindi, risulta essere ancora più grave il ritardo di cui è oggetto il nuovo «decreto missioni», ritardo che di fatto impedisce trasparenza e discussione parlamentare circa lo stato dell'arte degli interventi italiani all'estero e circa le strategie attuali e future da adottare –:
   se esista e quindi quale sia il «piano per l'intervento militare italiano in Libia» e in particolare, anche alla luce del comprovato invio di nuovi mezzi e uomini in territorio iracheno, se non intenda il Ministro interrogato chiarire le motivazioni che hanno portato a non deliberare ancora in merito al decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali per l'anno 2016. (3-02212)


  MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, SPADONI, GRANDE, SCAGLIUSI, DEL GROSSO e DI BATTISTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   in merito alla situazione di stallo politico in cui versa da tempo la Libia e alla possibilità che il nostro Paese potesse avere un ruolo principale in caso di intervento sul campo, il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, in varie interviste rilasciate negli ultimi mesi, ha più volte ribadito la linea tenuta dal Governo italiano: in Libia «interverremo solo se il Governo libico chiederà a noi e al resto della comunità internazionale un sostegno»;
   come ampiamente previsto da tempo, tale richiesta di aiuto è stata ufficialmente avanzata dal Consiglio presidenziale libico guidato da Mohammad Fayez al-Serraj all'Onu, ai Paesi europei e a quelli africani confinanti per proteggere le risorse petrolifere del Paese, atteso che nelle ultime settimane i miliziani del califfato hanno provato più volte a attaccare i depositi e i check point della Petroleum facilities guard, la milizia guidata dal giovane «rivoluzionario» Ibrahim Jadran che da mesi ha assunto la protezione della maggior parte dei pozzi della Cirenaica;
   tuttavia, un altro elemento determinante in Cirenaica è la presenza del generale (ribelle) Khalifa Haftar, a capo di una milizia che ha combattuto gli islamisti a Bengasi, ma che di fatto tiene in ostaggio il Parlamento di Tobruk e gli impedisce di votare a favore del Governo di al-Serraj. Tra l'altro, a quanto si apprende da fonti giornalistiche (il sito online de La Repubblica) nei giorni scorsi il generale ha ricevuto armi dagli Emirati arabi uniti (i quali, insieme a Francia e Egitto, sono suoi grandi alleati), in violazione dell'embargo deciso dall'Onu. Nel porto di Tobruk sarebbero stati scaricati più di 1.000 veicoli da combattimento leggeri assieme a armi e munizioni. È piuttosto noto, a parere degli interroganti, che l'Egitto usa il generale Haftar per allargare la propria influenza in Cirenaica, sperando di acquisire il controllo di parte dei traffici di petrolio nella regione, mentre la Francia ne è coinvolta soprattutto per le forniture militari che il generale Al Sisi ha chiesto al Governo francese;
   il Governo italiano avrebbe già pronti i piani per offrire una prima risposta a tale richiesta: in una prima fase l'Italia potrebbe schierare 250 uomini fra Esercito e Arma dei carabinieri, ovvero il contingente più numeroso di una forza internazionale con le «insegne» Onu (anche se in un primo momento si era parlato di 900 soldati, una disponibilità che è stata poi smentita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero della difesa);
   la situazione appare tuttavia alquanto delicata, poiché se è vero che schierare una forza Onu a protezione dei pozzi significa potenzialmente combattere contro il sedicente Stato islamico, significa, però, anche trovarsi a dover fronteggiare uno scontro con le milizie del generale Haftar;
   durante il recente vertice di Hannover non sono state decise misure concrete in ordine alla citata richiesta libica perché si attendono richieste specifiche dal Governo insediatosi a Tripoli, il cui Esecutivo è, fino a questo momento, sostanzialmente fragile, non avendo ricevuto ancora il sostegno formale di quella importante parte del Paese che fa capo al Parlamento di Tobruk, in Cirenaica, soprattutto, come già detto, per l'opposizione del suo uomo forte, il generale Khalifa Haftar; il Primo ministro al-Serraj al momento controlla le uniche istituzioni funzionanti dello Stato: l'azienda petrolifera nazionale, il fondo sovrano della Libia e la banca centrale;
   nell'assenza di una politica estera (e militare) comunitaria, forte rimane il sospetto per gli interroganti che ognuno pensi per sé, atteso che Francia e Gran Bretagna sono già impegnate concretamente in Libia, in una sorta di corsa frenetica tra forze speciali per accaparrarsi per primi, al di fuori di qualsiasi legittimazione internazionale, le risorse petrolifere della Libia, Paese per ora inerme, diviso e quindi una facile preda;
   tra l'altro, in uno scenario di tale tipo, la realistica spartizione finale di pozzi petroliferi e conseguenti sfere di influenza che ne deriverebbero andrebbero ad avviso degli interroganti principalmente a vantaggio di Francia e Gran Bretagna –:
   se non ritenga il Governo che l'invio di militari, in assenza sia di una legittimazione parlamentare del Governo al-Serraj sia di una risoluzione Onu, possa causare una maggiore destabilizzazione dell'area, con conseguente rischio di aumento tanto dei flussi migratori quanto di attentati terroristici contro il nostro contingente e in territorio italiano. (3-02213)


  ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI, TURCO, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   nel 2011 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha imposto un embargo sulle armi alla Libia che è tuttora in vigore;
   un recente report delle Nazioni Unite, sottoposto all'attenzione del Consiglio di sicurezza già nel mese di gennaio 2016, e i cui contenuti sono stati in parte resi noti dalla stampa, ha rivelato come, in violazione dell'embargo internazionale, alcuni Paesi, società e soggetti privati abbiano venduto armi ed equipaggiamenti militari alle parti in conflitto;
   secondo il suddetto report, l'embargo sulle armi sarebbe stato violato nel 2011 da due società private statunitensi, da Emirati arabi uniti, Egitto e Turchia nel 2014 e 2015 e sarebbero coinvolte in traffici di armi verso la Libia anche Giordania e Sudan, una società ucraina e un intermediario italiano;
   le armi sarebbero entrate in Libia per lo più attraverso le rotte commerciali marittime e sarebbero state pagate prevalentemente in petrolio, sebbene fosse stata verificata anche la distrazione di denaro dalla Libyan central bank in favore di gruppi di opposizione armata; in particolare risulterebbero trasferimenti di ingenti somme di denaro (sei milioni di dinari libici, equivalenti a 4,2 milioni di euro) a favore del Benghazi revolutionaries shura council, legato proprio ad Ansar al-Sharia;
   secondo quanto reso noto dalla stampa, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite deciderà che azioni intraprendere contro gli Stati membri dell'Onu che hanno violato l'embargo internazionale sulle armi contro la Libia solo dopo aver valutato il nuovo rapporto sulle violazioni;
   il 31 marzo 2016, nell'ambito del forum di esperti libici per la cooperazione allo sviluppo che si è tenuto a Tunisi, l'inviato speciale dell'Onu, Martin Kobler, si è detto favorevole alla revoca dell'embargo, perché «l'esercito libico ha bisogno di questo (armi) nella sua guerra al terrorismo» e «senza sicurezza non ci sarà nessuna stabilità economica»;
   secondo quanto riportato dalla stampa libica, nei giorni precedenti il 24 aprile 2016, una nave saudita è approdata a Tobruk e ha scaricato circa 1.050 veicoli militari che sarebbero stati inviati dagli Emirati arabi uniti; in particolare, si tratterebbe di 600 veicoli leggeri (in gran parte fuoristrada pick-up armabili) e oltre 50 veicoli blindati da trasporto truppe che, in base alle evidenze fotografiche, risultano essere del modello Panthera, realizzato dalle società Minerva special purpose vehicles, con sede a Dubai, e Ares security vehicles di Abu Dhabi; tali veicoli, leggeri e blindati, sarebbero stati successivamente trasferiti al campo di Emdad delle milizie del generale Khalifa Haftar;
   il 26 aprile 2016 le autorità di Malta hanno rifiutato l'attracco alla petroliera battente bandiera indiana Distya Ameya, noleggiata da un'azienda degli Emirati arabi uniti per prelevare greggio dal porto di Marsa al Hariga, a Tobruk; secondo quanto riferito dal sito internet informativo libico «Al Wasat», la nave avrebbe dovuto caricare il petrolio estratto dai giacimenti di Messla e Sarir, nella Libia orientale, per portarlo a Malta e consegnarlo alla compagnia Dsa consultancy fzc, registrata negli Emirati arabi uniti; il transponder della petroliera è spento dal 21 aprile 2016 e l'ultimo segnale è stato inviato a poche miglia nautiche di distanze dal confine tra Egitto e Libia; l'ambasciatore libico presso l'Onu, Ali al Dabbash, ha denunciato il fatto che «il Governo di riconciliazione nazionale subisce la vendita illegale di greggio libico»; parlando all'agenzia di stampa libica «al Tadhamoun», il diplomatico ha spiegato che «il Governo deve affrontare il tentativo della petroliera Distya Ameya battente bandiera indiana e proveniente dagli Emirati arabi uniti di prelevare greggio dal porto di Marsa al Hariga»; il 25 aprile 2016 l'ente petrolifero libico Noc ha definito «illegale» questa vendita e ha riferito il caso al Consiglio di presidenza guidato dal premier Fayez al-Serraj;
   non si può escludere che il greggio trasportato dalla Distya Ameya, che, secondo fonti di stampa, ammonterebbe a circa 650.000 barili, possa essere stato inviato negli Emirati arabi uniti in cambio di armamenti;
   secondo alcune fonti di stampa, i veicoli militari recentemente giunti a Tobruk sarebbero destinati per un'offensiva anti-Isis su Sirte che dovrebbe essere condotta dalle milizie del generale Haftar; tuttavia tali milizie risultano attualmente impiegate soprattutto in combattimenti a Derna, Bengasi e Adjabiya (a sud di Bengasi); ufficialmente si tratta di operazioni anti-Isis, ma le forze di Haftar risultano combattere anche le milizie che si oppongono all'Isis;
   un esempio chiaro del fatto che la lotta all'Isis viene invocata da parte delle forze di Haftar per coprire operazioni condotte contro altri gruppi che si oppongono al Governo di Tobruk è rappresentato dal teatro di Derna, dove le forze di Haftar continuano a lanciare attacchi aerei e terrestri, sebbene l'Isis abbia abbandonato il centro abitato da tempo e sia stata espulsa anche dalla periferia, tra il 20 e il 21 aprile 2016, dalle forze del Consiglio della shura dei mujaheddin di Derna; a questo proposito, il 25 aprile 2016, il Consiglio della shura dei mujaheddin di Derna, tramite il proprio portavoce, Mohamed al Mansuri, ha accusato le forze di Tobruk, guidate da Haftar, di aver ucciso un numero imprecisato di civili attraverso raid aerei indiscriminati. Mansuri, inoltre, ha accusato le forze di Haftar di aver permesso la fuga dei miliziani dell'Isis dal distretto 400, sobborgo orientale di Derna, affermando che «gli aerei da guerra di Haftar hanno consentito alla colonna di Daesh di fuggire per 800 chilometri attraverso il deserto senza mai sfiorarli; al contrario, hanno attaccato i civili in città»; Ali Hassi, il portavoce di Ibrahim Jadhran, capo della Petroleum facilities guard, avrebbe fatto una simile denuncia il 24 aprile 2016 dalla città di Ajdabiya; a Bengasi le forze di Haftar combattono anche contro quelle del Consiglio dei rivoluzionari di Bengasi e ci sarebbe anche il caso di 150 famiglie intrappolate nella zona della baia di Mreysa dalle forze di Tobruk che i rivoluzionari non riescono a recuperare via nave per gli attacchi aerei di Haftar;
   il generale Haftar ha adottato una posizione ambigua verso il Governo di al-Serraj, definendo «golpisti» i metodi con cui il Consiglio di presidenza del Premier si è insediato a Tripoli e sostenendo che «parte della popolazione chiede la formazione di un consiglio militare», ha più volte dichiarato di non voler entrare nelle questioni politiche e di essere disposto a sostenere qualsiasi Governo di unità che otterrà la fiducia del Parlamento di Tobruk, ma ha anche ammonito che «non resterà a guardare se il processo politico porterà il Paese negli abissi»;
   il 1o aprile 2016 sono entrate in vigore le sanzioni dell'Unione europea contro coloro che, in Libia, si oppongono al Governo al-Serraj (divieto di ingresso nell'Unione europea e di congelamento dei beni e fondi che si trovano in Europa); tali sanzioni hanno colpito il Primo ministro di Tripoli Khalifa al-Gweil, il Presidente del General national congress di Tripoli, Nouri Abusahmain, e il Presidente della House of representatives di Tobruk, Aguila Saleh; tuttavia, non è stato interessato dalle sanzioni il generale Khalifa Haftar, nonostante sia pressoché unanimemente indicato come il principale ostacolo alla piena affermazione dell'autorità del Government of national accord su tutta la Libia;
   al momento attuale il Governo di al-Serraj non risulta ancora in grado di controllare il territorio con le forze di cui dispone, come dimostrato dalla richiesta di aiuti internazionali per la protezione degli impianti petroliferi minacciati dall'Isis, e il rafforzamento militare di attori potenzialmente ostili al Government of national accord potrebbero portare a un rapido mutamento nell'equilibrio delle forze in teatro e alimentare una nuova guerra civile su vasta scala –:
   quali iniziative diplomatiche il Governo intenda adottare nei confronti dei Paesi ritenuti responsabili di violazioni dell'embargo sulle armi alla Libia e/o di acquisto illecito di petrolio libico. (3-02214)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAROCCI, BASSO, GIACOBBE e TULLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il rettore dell'università di Genova, professor Paolo Comanducci, ha segnalato – all'ambasciata italiana a Tunisi, al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – attraverso lettera protocollo n. 0027177 del 18 aprile 2016, stupore e disappunto per il trattamento ricevuto da un giovane sociologo tunisino da parte delle rappresentanze diplomatiche italiane in Tunisia;
   tale comportamento ha reso impossibile la realizzazione di una missione di ricerca e formazione, programmata nel quadro delle attività di cooperazione accademica che uniscono l'università di Genova e quella di Tunis el Manar;
   il giovane sociologo, dottor Trabelsi, sarebbe dovuto partire il giorno 14 aprile per partecipare ad un workshop intensivo di una settimana organizzato dal laboratorio di sociologia visuale dell'università di Genova;
   tale iniziativa scientifica nasce da un programma comunitario più vasto – Alyssa – che unisce decine di università europee con le loro controparti in Tunisia e il cui scopo è favorire il trasferimento di conoscenze scientifiche, oltre che sostenere il consolidamento del tessuto democratico attraverso una fitta rete di scambi internazionali;
   il dottor Trabelsi era dotato di una dettagliata lettera di invito formale da parte del Laboratorio che organizzava l'incontro e di un biglietto aereo già acquistato. Anche i costi del soggiorno sarebbero stati a carico dell'università di Genova;
   gli uffici preposti ha o, tuttavia, negato la possibilità di ottenere il visto con la seguente motivazione: l'itinerario del volo prevedeva un breve cambio aereo a Parigi al fine di raggiungere l'aeroporto di Genova;
   in tal senso, non è chiaro quale sia la normativa o la regolamentazione da cui tale vincolo così stringente tragga origine e legittimità, trattandosi di un semplice transito di coincidenza;
   il 13 aprile 2016, i funzionari preposti al caso, hanno convocato il dottor Trabelsi richiedendo una lista di ulteriori documenti di difficile reperimento tra cui la busta paga del padre, un certificato di lavoro del medesimo, e altro rendendo così impossibile la prevista partenza per il giorno stabilito;
   tale comportamento ha arrecato un danno, non solo economico ma anche simbolico, ad importanti progetti di cooperazione e scambio culturale sostenuti da programmi comunitari di finanziamento;
   nello scambio culturale e scientifico, come sottolineato in molte occasioni ai più alti livelli istituzionali e, in particolare, dal Presidente del Consiglio risiede una delle chiavi per assicurare al Mediterraneo un futuro di pace e sviluppo –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda intraprendere affinché non sia ostacolata la mobilità accademica nel nostro Paese a giovani studiosi accreditati. (4-12998)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta immediata:


  SBERNA e GIGLI. – Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   la conferenza nazionale sulla famiglia è un grande momento istituzionale di partecipazione, confronto ed elaborazione sui temi della famiglia che prevede il coinvolgimento delle diverse realtà politiche, sociali, produttive e culturali del Paese. Un'occasione preziosa d'incontro tra saperi e poteri, tra conoscenze professionali e responsabilità politico-istituzionali;
   la prima conferenza nazionale sulla famiglia, prevista dalla legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) come appuntamento importante per definire le linee guida per l'elaborazione del primo piano nazionale per la famiglia, fu promossa dall'allora Ministro delle politiche per la famiglia nell'ambito delle iniziative tese al rilancio delle politiche familiari e fu realizzata a Firenze nel maggio 2007. Il piano nazionale di politiche familiari, previsto dall'articolo 1, comma 1251, della legge finanziaria per il 2007, è stato poi approvato per la prima volta il 7 giugno 2012;
   la seconda conferenza nazionale sulla famiglia fu svolta a Milano nel 2010 e la terza avrebbe dovuto tenersi nel 2012, ma i Governi si sono succeduti senza che ne fosse più fissata una;
   il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi aveva garantito – come pubblicato da agenzie di stampa – che prima della scadenza del semestre italiano di presidenza dell'Unione europea sarebbe stata convocata, ma ad oggi nulla è avvenuto; eppure gli obiettivi della conferenza sono tuttora assolutamente prioritari: non si tratta infatti di promuovere eventi celebrativi vuoti e formali, ma di indicare vere e proprie proposte, verificate in termini di sostenibilità, che concorrano alla costruzione di un modello di welfare più europeo e più moderno in grado di realizzare una piena cittadinanza sociale della famiglia;
   infatti proprio nei Paesi europei ove più forti e strutturate sono le politiche di sostegno più forte è la libertà delle famiglie di diventare, di essere e di rimanere famiglia;
   i tre soggetti coinvolti delle politiche familiari – pubblica amministrazione, privato sociale e imprese – devono integrare la loro azione, non solo a livello di gestione, ma anche di progettazione;
   sono infatti necessarie politiche di appoggio, di accompagnamento e di sostegno che riconoscano la famiglia come bene comune e ne valorizzino il ruolo attivo e propulsivo sul versante educativo, sociale ed economico –:
   se il Ministro interrogato non intenda porre in essere iniziative di competenza volte a definire la prossima data della conferenza nazionale sulla famiglia. (3-02216)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   CARRESCIA e BORGHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 30 aprile prossimo scadrà il termine per il versamento del contributo annuale di iscrizione al SISTRI;
   il Parlamento più volte si è pronunciato in merito alla necessità della riduzione degli importi dovuti dalle imprese in considerazione del fatto che essi sono stati determinati tenendo conto sia dell'investimento per la realizzazione del sistema sia della sua gestione (manutenzione ed aggiornamento);
   poiché il contratto con Selex è scaduto da due anni, i costi connessi alla quota di investimento non dovrebbero essere più ricompresi nel contributo annuale pagato dalle imprese;
   con la risoluzione n. 8/119 approvata il 17 giugno 2015 dalla Commissione ambiente e con l'ordine del giorno n. 3513-A/93 della Camera dei deputati, accolto dal Governo, era stato posto l'impegno alla rideterminazione al ribasso dei nuovi importi dei contributi SISTRI e alla pubblicazione del relativo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 30 aprile 2016; ad oggi il suddetto decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non è stato emanato e risulterebbe ancora alla Corte dei conti;
   le imprese, per non incorrere nelle sanzioni di legge per l'omesso pagamento, devono effettuare i versamenti entro il 30 aprile che è giornata prefestiva ed in cui gli sportelli bancari sono chiusi per cui dovranno provvedere entro il 29 aprile; di fatto, a pochi giorni dalla scadenza vige la più grande incertezza fra le numerosissime imprese interessate ai versamenti SISTRI, in quanto non è certo se il decreto ministeriale verrà emanato e se conterrà disposizioni di effettiva riduzione dei contributi immediatamente applicabili;
   in tale contesto le associazioni di categoria, i professionisti ed i consulenti si trovano in grande difficoltà non sapendo quale informazione dare alle imprese sull'entità dei versamenti da effettuare –:
   quali siano stati i motivi di tale ritardo nell'attuazione delle misure di rideterminazione dei nuovi importi dei «contributi Sistri» e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, qualora il decreto non sia pubblicato in tempo utile, ossia entro il 28 aprile, per assicurare alle imprese di pagare il contributo di iscrizione annuale al SISTRI sulla base delle nuove disposizioni e non sulla base di quelle più onerose di cui al decreto ministeriale 18 febbraio 2011. (5-08506)


   ZOLEZZI, TERZONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANTERO, CRIPPA, SIMONE VALENTE, MICILLO, MANNINO, BATTELLI e VALLASCAS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la nascita ufficiale della Iplom – Industria piemontese lavorazione oli minerali – è datata 1932, a Moncalieri, ma gli eventi del secondo conflitto mondiale ne hanno di fatto decretato lo spostamento a Busalla, dove l'azienda si è poi sviluppata nel corso degli anni fino alla sua attuale configurazione, con oltre 250 dipendenti e un fatturato annuo che, nel 2014, era superiore al miliardo di euro. La raffineria Iplom sorse a Busalla (paese dell'entroterra genovese) nel 1948;
   nel 1964, quando, ormai focalizzata l'attività sulla raffinazione petrolifera, vennero inaugurati (i due oleodotti che ancora oggi collegano l'impianto al Porto Petroli di Multedo, nella cui società di gestione controlla anche una quota (8,95 per cento). Dal terminal petrolifero il greggio (acquisto dell'intero carico di navi fino a 100.000 tonnellate), arriva quindi a Busalla, passando per il sito di stoccaggio di Borzoli; si tratta di una serie di depositi con capacità complessiva di 440.000 tonnellate, gestiti da Seasped, una società controllata all'80 per cento dell'Eni e per il restante 20 per cento da Iplom. Questi dati sono desunti dall'intervista pubblicata il 24 marzo 2014 all'attuale amministratore delegato di Iplom Giorgio Profumo;
   da notizie di stampa si apprende di numerosi incidenti presso la raffineria (ad esempio, un incendio nel 2005 è citato nell'articolo dell’Espresso del 18 dicembre 2013);
   nel 2013 i vertici Iplom furono indagati per lo sversamento di sostanze inquinanti nel torrente Scrivia e due grossi serbatoi della raffineria furono sequestrati a titolo preventivo. In un incidente nel corso d'acqua limitrofo erano finite quantità importanti di solventi ed altre sostanze inquinanti, che hanno provocato una consistente moria di pesci;
   in data 17 aprile 2016, intorno alle ore 20, durante lo svolgimento della consultazione referendaria nazionale contro il prolungamento indefinito delle concessioni petrolifere, è avvenuto un grave incidente caratterizzato dall'esplosione dell'oleodotto che dal porto Petroli di Multedo porta il greggio a Busalla nel tratto adiacente al rio Pianego, a Borzoli, con sversamento di idrocarburi nel torrente Fegino e poi nel torrente Polcevera e in parte nel mar ligure;
   l'Arpa Liguria ha stimato che siano fuoriuscite circa 600 tonnellate di greggio, i comunicati Iplom riferiscono che il quantificativo sia di 500 tonnellate. Il disastro ambientale è stato da subito evidente e sono intervenuti i vigili del fuoco e numerosi enti di soccorso per limitare la diffusione a valle del greggio. Risulta che la condotta petrolifera sia stata chiusa manualmente dopo almeno 20 minuti dalla constatazione della perdita, rilevata per una depressurizzazione durante il trasferimento di greggio nell'oleodotto da una nave nel porto di Multedo. Non è nota la tipologia di greggio, né la provenienza geografica dello stesso. Sono state costruite dighe per limitare il passaggio del greggio in mare. Già il giorno successivo all'incidente è stato verificato il sovvertimento del pregiato ecosistema del Polcevera, con moria di pesci e uccelli, con importante molestia odorigena nei confronti della popolazione e alcuni ricoveri ospedalieri per malesseri. Sono in corso monitoraggi delle matrici ambientali e il tentativo di separare le acque del torrente dal greggio per l'aspirazione; è stata aperta un'indagine e le autorità locali e gli inquirenti stanno tentando di stabilire le cause dell'incidente;
   il mar Ligure è stato teatro in passato di un altro grave incidente petrolifero, l'Amoco Milford Haven, petroliera da 250.000 tonnellate, danneggiata nel Golfo Persico da un missile iraniano; dopo le riparazioni, la nave fece un solo viaggio, giungendo a Genova dove rimase alcuni giorni, scaricando parte del greggio proprio al porto Petroli di Multedo. L'11 aprile 1991, intorno alle 12,30 si verificò un'esplosione che fece saltare 100 metri di coperta in un braccio di mare di 94 metri vicino a Voltri. Durante la notte la nave in fiamme si spostò al largo di Savona e, il giorno dopo, fu trainata da Cogoleto a Arenzano. Durante l'operazione si staccò la parte di prua interessata dall'esplosione che si adagiò sul fondale. Il mattino del 13 aprile, altre esplosioni scossero il relitto, causate probabilmente dal surriscaldamento delle cisterne non ancora incendiate. Il 14 aprile ci fu l'ennesima esplosione a un miglio e mezzo da Arenzano e, nei giorni successivi, vennero sistemati da numerosi volontari alcune barriere per limitare lo spargimento di greggio, ma lo Scirocco le travolse, causando numerosi spiaggiamenti. Esattamente 25 anni fa ci fu quindi il più grave disastro ecologico di tutto il mar Mediterraneo; una parte del carico (10.000 o 50.000 tonnellate circa) inquina tuttora i fondali tra Genova e Savona. Dal 2001 una commissione è incaricata di realizzare interventi e sperimentazioni di bonifica anche sul relitto stesso, che giace oggi a 80 metri di profondità;
   secondo lo studio di Ferraro e altri, pubblicato nel 2009 sull’International Journal of remote sensing, per il Joint Research Center della Commissione europea il mar Mediterraneo ha una superficie di circa l'1 per cento delle acque, ma è attraversato dal 33 per cento del petrolio mondiale, e ogni anno riceve oltre 100.000 tonnellate di petrolio come perdite da varie cause (oil spills), lavaggio serbatoi, incidenti e altro; questa dispersione di petrolio e idrocarburi sta modificando l'ecosistema marino e le interazioni fra matrici ambientali, limitando l'evaporazione. Il mar Ligure appare come l'area peggiore di tutto il mar Mediterraneo con «alta densità di idrocarburi dispersi annualmente» che ha portato alla concentrazione di oltre 30 mg di idrocarburi per metro cubo. Nonostante queste aggressioni all'ambiente il mar Ligure ospita il «santuario dei cetacei»;
   in precedenza, si era verificata una perdita di idrocarburi (cherosene) nell'oleodotto di Fiumicino (gestito da ENI) e altri incidenti del genere si sono verificati nel nostro Paese;
   per quanto riguarda l'incidente di Genova Borzoli, si segnalano l'imponente cantiere del Terzo valico ligure (il TAV ligure), a poche centinaia di metri dal luogo dell'esplosione, con importanti movimenti terra e la precarietà idrogeologica di tutta l'area, interessata da numerose alluvioni che hanno interessato più volte il territorio di Genova e lo stesso torrente Fegino negli ultimi anni;
   da un punto di vista strutturale, appare evidente la vetustà delle reti infrastrutturali petrolifere sia nel caso di Fiumicino, che in quello di Genova. Tali infrastrutture non vedono da molti anni modifiche sostanziali, nonostante esistano metodi a basso costo per la messa in sicurezza. Per indirizzare la politica energetica del Paese verso una rapida decarbonizzazione, verso la sostenibilità e verso attività ad elevata intensità occupazionale, come la riqualificazione energetica degli edifici, il Movimento 5 Stelle in data 21 aprile 2016 ha presentato un piano energetico –:
   se il Ministro interrogato, abbia fatto luce, per quanto di competenza, sulle cause del disastro, con particolare riferimento alla tipologia di greggio erogata nell'oleodotto e alla presenza di strutture, opere e cantieri interferenti con l'oleodotto e alla vetustà dello stesso, anche in relazione alla necessaria verifica della sicurezza delle infrastrutture petrolifere nazionali, della compromissione ambientale dell'area (anche preesistente all'incidente del 17 aprile 2016) e della presenza di danni alla salute dei cittadini, con particolare riferimento alla contaminazione dei corpi idrici e del mar Ligure già impattato da un notevole e pluridecennale « oil spill» (sversamento di petrolio in mare e nei corpi idrici). (5-08507)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, TURCO e PASTORELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la discarica comprensoriale dei rifiuti solidi urbani sita in Contrada Pozzo Bollente, a Vittoria (Ragusa), nata nel 1995 e di proprietà del comune, pensata come una discarica a piano di campagna, è stata chiusa nel 2010 per mancanza di capacità ricettiva, dopo essere giunta agli attuali 12 – 13 metri fuori suolo;
   con ordinanza del commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque del 30 dicembre 2003, pubblicata in Gazzetta Ufficiale della regione siciliana 27 febbraio 2004 n. 9, sono state determinate le tariffe di smaltimento dei rifiuti non pericolosi in discariche pubbliche finanziate dal commissario delegato, tra cui quelle per la gestione post mortem della discarica;
   nel 2006 è stato concordato tra il comune di Vittoria e l'ATO Ragusa Ambiente spa che la discarica venisse gestita esclusivamente dall'ATO, gestione iniziata nei primi mesi del 2007 e per questi tre anni le fatturazioni sono state emesse con il relativo accantonamento delle risorse per il post mortem e la messa in sicurezza;
   con la legge regionale 8 aprile 2010, n. 9, è stata dettata una nuova disciplina della gestione integrata dei rifiuti e della bonifica dei siti inquinati. In particolare, con questa legge è stata prevista la liquidazione delle società d'ambito (ATO Ragusa Ambiente spa) e sono state create le cosiddette SRR (società per la regolamentazione del servizio di gestione dei rifiuti), costituite dalla provincia e dai comuni che fanno parte dell'ambito territoriale ottimale, ma ad oggi non operative;
   la discarica di Pozzo Bollente dal 2010 satura e inattiva non è stata ancora messa in sicurezza, un'intera comunità di cittadini, da anni, è costretta a vivere in condizioni di pericolo e di estremo disagio ambientale, all'ombra di una montagna di rifiuti affioranti in superficie alta circa 12 metri, a soli 400 metri di distanza dalle attività produttive commerciali ed artigianali della città. Infatti, al momento della chiusura si sono rilevate le gravi omissioni dell'ente gestore (ATO Ragusa Ambiente spa) che non si è adoperato a tal fine, né predisponendo un adeguato progetto di bonifica dopo la chiusura della discarica né rispettando le prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale emesse dall'assessorato territorio e ambiente durante la gestione;
   da fonti stampa si apprende che i recenti sopralluoghi delle autorità e degli addetti ai lavori al sito hanno fatto gridare al disastro ecologico e all'orrore ambientale, poiché a tutt'oggi non si sarebbe proceduto a nessuna azione di messa in sicurezza, per come si evince dai rifiuti affioranti in superficie, né il telo impermeabilizzante di chiusura della parte superiore sarebbe stato saldato a quello di fondo vasca, consentendo, così, alle acque piovane di infiltrarsi fra i rifiuti causando una produzione eccessiva del percolato che dovrà essere in ogni caso smaltito per evitare l'inquinamento della falda acquifera sottostante. Mentre il centro il centro di raccolta ingombranti sarebbe stracolmo di vari materiali che non vengono smaltiti ivi comprese diverse tonnellate di copertoni, lastre di amianto, oli esausti, monitor, tv e frigoriferi, e il centro per il trattamento della frazione dell'umido risulterebbe incompleto e abbandonato con all'interno attrezzature per svariati milioni di euro, tanto da subire atti vandalici, pur essendoci un servizio di guardiania;
   nonostante siano stati consegnati i primi lavori per la messa in sicurezza della discarica di Contrada Pozzo Bollente (che prevedono la copertura provvisoria dell'area con un telo in polietilene, la creazione di trentaquattro pozzi di captazione e lo smaltimento del biogas e la realizzazione di canalette perimetrali per evitare infiltrazioni piovane) alla ditta 2G Costruzioni srl di Agrigento (con un ribasso del 37 per cento si è aggiudicata la gara per i lavori) la condizione ambientali, di sicurezza dell'igiene pubblica e l'integrità della falda acquifera dell'intera area sono a rischio di forte inquinamento;
   l'assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità, chiamato a dirimere la vicenda, si è più volte espresso affermando di non avere i fondi per sostituirsi agli enti (per mettere in sicurezza la discarica si stima una cifra di circa 6/7 milioni di euro), e che i fondi andrebbero ricercati nelle cifre fatturate dall'ATO Ragusa Ambiente spa a tutti i comuni che conferivano i rifiuti solidi urbani nella discarica –:
   se, in nome della pubblica sicurezza, il Ministro interrogato non reputi doveroso, per quanto di competenza, avviare, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, un accertamento sullo stato dei luoghi, verificando se il biogas e il percolato vengano attualmente smaltiti regolarmente secondo i piani di post-operatività e se le analisi alle acque dei pozzi vengano effettuate regolarmente dando piena pubblicità dei risultati. (5-08508)


   PELLEGRINO e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   quando l'Isola di Budelli, simbolo del parco nazionale dell'arcipelago della Maddalena è stata assegnata all'asta, nell'autunno 2013, ad un uomo d'affari neozelandese, a seguito di una petizione popolare che ha coinvolto oltre 100.000 cittadini italiani, numerose personalità e pressoché tutte le associazioni ambientaliste italiane, il Parlamento ha votato nel dicembre 2013 una norma con cui ha deciso che il parco nazionale esercitasse il diritto di prelazione per l'acquisto dell'isola destinando tre milioni di euro con questa specifica designazione;
   il parco ha pertanto esercitato la prelazione dovuta e versato la somma al tribunale di Tempio Pausania e, successivamente, è stata registrata la proprietà dell'isola all'Agenzia delle entrate in capo al parco;
   una sentenza del Consiglio di Stato, peraltro contestata da molti autorevoli giuristi, aveva poi rimesso in gioco l'uomo d'affari che rendeva noto un progetto di costruzione sull'isola assolutamente incompatibile con lo stato di riserva integrale esistente fin dal decreto di istituzione del parco nazionale;
   il consiglio del parco, nonostante quella che gli interroganti giudicano una palese azione di boicottaggio di alcuni consiglieri, ha confermato la tutela integrale di questo gioiello della natura ed anche la regione Sardegna ha dichiarato la stessa volontà. Vista l'impossibilità di realizzare iniziative incompatibili con la destinazione dell'isola, l'uomo d'affari ha rinunciato a versare una somma in sostituzione di quella già depositata dal parco con i fondi destinati ad hoc dal Parlamento;
   si è consolidata, pertanto, la proprietà del parco nazionale sull'isola di Budelli, tant’è vero che alcune associazioni tra cui il WWF hanno già dato la disponibilità a sostenere economicamente le attività di gestione della riserva integrale;
   incredibilmente l'11 aprile 2016 alcuni consiglieri del parco hanno adottato una delibera di consiglio direttivo a giudizio dell'interrogante giuridicamente poco fondata e di dubbia legittimità avente ad oggetto «espressione parere in merito all'acquisto dell'isola di Budelli», in cui a maggioranza esprimono un parere contrario all'acquisto, non tenendo in nessun conto l'esistenza di una norma votata dal Parlamento e chiedendo altresì di distogliere i tre milioni di euro specificamente stanziati e vincolati alla prelazione, per poterli utilizzare per altri scopi –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato in relazione a un atto che appare agli interroganti di dubbia legittimità e se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per la rimozione dall'incarico dei consiglieri che abbiano eventualmente operato in contrasto con le previsioni di legge, mettendo fine ai continui ostacoli nella tutela e nella valorizzazione dell'isola di Budelli. (5-08509)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZACCAGNINI, SANNICANDRO, MELILLA e NICCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia registra una perdita di suolo alla velocità di circa otto metri quadrati al secondo. Un'involuzione davvero allarmante per l'ecosistema che si impoverisce di alberi e piante, fondamentali per il sostegno della vita umana ed animale. Pochi sanno, ad esempio, che un solo albero è in grado di produrre ossigeno sufficiente per più persone ed assorbire enormi quantità di CO2. Secondo l'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, negli ultimi anni i dati in perdita registrati sono aumentati in modo catastrofico, con un picco verificatosi negli anni ’90, in cui si sono stati sfiorati quasi i dieci metri quadrati al secondo;
   già da qualche anno, c’è la legge n. 10 del 14 gennaio 2013, entrata in vigore il 16 febbraio 2013, che impone ai comuni di piantare un albero per ogni bambino nato. La norma impone ad ogni comune di piantare un albero per ogni bambino nato o adottato nel comune stesso;
   a quanto pare questa norma è rimasta inapplicata visto che molti comuni sembrano non aver portato a termine quanto stabilito dalla normativa. Nel caso in cui i comuni non rispettassero le indicazioni della legge, alla fine di ogni anno l'ente territoriale dispone delle varianti urbanistiche per assicurare che siano rispettate le quantità minime di spazi riservati al verde pubblico. Il controllo degli adempimenti legislativi è un lavoro del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico, istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Gli alberi non sono soltanto un abbellimento delle città ma sono veri e propri generatori di ossigeno, e un solo albero può produrre ossigeno sufficiente per dieci persone, assorbendo dai 7 a 12 chilogrammi di emissioni di CO2 all'anno, oltre che aiutare a ridurre l'inquinamento acustico;
   in data 12 aprile 2016, il quotidiano online « Daily Green» con un articolo dal titolo «Un albero per ogni neonato: una legge dimenticata» descriveva: «È entrata in vigore lo scorso 16 febbraio 2013 la normativa che obbligava i Comuni italiani a piantare, entro sei mesi, un albero per ogni bambino nato o adottato nel Comune stesso. La legge però è rimasta solo programmatica, dato che nessun ente locale o quasi, sembra essersi ancora adeguato» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e quali iniziative di competenza intendano intraprendere affinché sia rispettata la normativa in vigore;
   se i Ministri interrogati non reputino di dover adeguatamente pubblicizzare la normativa affinché venga aumentata la consapevolezza civica dell'importanza di nuovi alberi per le future generazioni;
   se i Ministri interrogati al fine di prevenire e contenere le alluvioni e il dissesto idrogeologico e di tutelare la salute di ogni cittadino, non reputino opportuno assumere iniziative volte a investire risorse economiche per integrare l'attività di piantumazione di nuovi alberi con quella di recupero dei territori maggiormente esposti a fenomeni franosi. (4-12982)


   ZOLEZZI, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, DAGA, VIGNAROLI, MICILLO e MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il territorio di Fiumicino è interessato da consistente movimento petrolifero e dalla presenza di diversi impianti: n. 2 piattaforme in ferro su palafitte, R1 a 1400 metri a nord-est della R2 posizionati a 5390 metri dal fanale posto sul molo sinistro del porto canale, installate dalla «Raffineria di Roma spa», n. 4 depositi per prodotti petroliferi di ENEL, ERG, Jacorossi e Raffineria di Roma, un oleodotto sottomarino di Raffineria di Roma di collegamento fra la R1 e la R2, altri due oleodotti sottomarini che si dipartono dalla R2 verso la costa collegandosi al deposito di Raffineria di Roma costituito a sua volta da due serbatoi, uno di accumulo delle acque di zavorra e uno per le condotte di collegamento fra le «isole petroli» e la vera e propria ex Raffineria di Roma di Pantano di Grano nei pressi di Malagrotta, l'oleodotto ENI Civitavecchia-Pantano di Grano DN12 che collega fra loro i depositi di Civitavecchia e di Pantano di Grano, l'oleodotto ENI Pantano-SERAM DN12 che collega fra loro i depositi di Pantano e della Seram in sedime aeroportuale collegati fra loro con un sistema di by-pass. Buona parte di questa impiantistica si trova all'interno della riserva naturale statale litorale romano, come ad esempio l'oleodotto ENIE Civitavecchia-Pantano di Grano;
   inoltre, in base all'elenco dei siti contaminati redatto nel 2010 da FederAmbiente, nel territorio del comune di Fiumicino insistono 18 siti contaminati, ossia aree nelle quali, in seguito ad attività umane pregresse o in corso, è stata accertata un'alterazione delle caratteristiche qualitative delle matrici ambientali suolo, sottosuolo ed acque sotterranee tali da rappresentare un rischio per la salute umana. Fra detti siti contaminati figura l'oleodotto dell'ENI in località Granaretto-Palidoro;
   già nell'interrogazione, presentata dalla deputata Daga, a risposta immediata in commissione n. 5-04021 si è evidenziato che il giorno 5 novembre 2014 alcuni cittadini nel comune di Fiumicino hanno segnalato un'ingente fuoriuscita di cherosene dalle tubature dell'oleodotto Eni, in un'area compresa tra Maccarese e Palidoro e non distante dalla sede locale dell'Ospedale Pediatrico Bambin Gesù; tale fuoriuscita di carburante, secondo un rapporto ufficiale della società Eni, sarebbe stata conseguenza di danni causati alle tubature durante un tentativo di furto del combustibile destinato all'aeroporto di Fiumicino; in prossimità dell'area in oggetto si trova l'oasi WWF di Macchiagrande e la riserva naturale statale del litorale romano nella quale vi sono zone di alto valore naturalistico, tra cui tre siti Habitat Natura 2000 e aree IBA (Important Birds Area), e che i sistemi idrici, le connessioni ecologiche, le risorse trofiche, le specie presenti (animali e vegetali) sono elementi in continua interazione e vitale connessione tra il sito di interesse comunitario, la zona di protezione speciale e la Riserva naturale statale del litorale romano, i quali svolgono un ruolo di fondamentale importanza per le specie che si trovano in questo ambito territoriale nelle loro diverse fasi del ciclo biologico;
   nella risposta del sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare delegato si legge che «Peraltro, lo sversamento di tali ingenti quantità di cherosene, nelle acque del fiume Arrone e del rio Palidoro, che ha interessato anche terreni destinati a produzioni agroalimentari non può non determinare un'incidenza negativa, significativa e misurabile, sulle risorse naturali tutelate dall'ordinamento. In relazione alla rilevanza dell'accaduto e al potenziale pericolo per l'ambiente, il Ministro dell'ambiente ha ritenuto di coadiuvare le iniziative già in atto dando disposizioni al Comando dei Carabinieri per la Tutela Ambientale e al Reparto Ambientale Marino del Corpo Capitanerie di Porto affinché procedessero ai necessari accertamenti, acquisendo la pertinente documentazione, con particolare riferimento alla gestione e manutenzione dell'oleodotto ed al relativo sistema di sicurezza, anche avvalendosi, eventualmente, del supporto tecnico dell'ISPRA»;
   il 17 febbraio 2015 si è tenuta la conferenza di servizi in merito «all'Effrazione Oleodotto Roma (Pantano di Grano) Fiumicino palina di segnalazione n. 611 Piano della caratterizzazione» verificatosi il 16 settembre 2015 nella zona dei Monti Sallusti al confine fra Maccarese Nord e XI Municipio di Roma;
   di tutti i convocati erano presenti i rappresentanti dell'amministrazione di Roma Capitale, i referenti per la città metropolitana, l'ARPA Lazio, e l'ENI e: rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e i proprietari dei terreni coinvolti nell'inquinamento;
   dalla conferenza di servizi sono emerse «alcuni carenze nella documentazione progettuale tra cui la ricostruzione dell'andamento dell'orizzonte argilloso individuato tra i 10 e 12 metri dal piano di calpestio, dati sulla qualità dei terreni e log stratigrafici di tutte le preforazione eseguite, sezioni ortogonali significative con la ricostruzione dell'assetto stratigrafico, idrogeologico e della diffusione della contaminazione, mappe di iso-concentrazione per il suolo superficiale e per il suolo profondo», come dire che non si conosce la reale situazione dell'inquinamento nel suolo;
   la società Eni dichiara che le tubature sono, state posate sotto un piano di quota che si aggira tra ai 2,0 metri di profondità dal piano di calpestio, che lo sversamento è stato calcolato in base al prodotto recuperato che si aggira intorno ai 14.250 litri di cherosene puro;
   risulta che nel giugno/luglio 2015 si sono verificati altri sversamenti nella stessa zona, di cui però non si conosce l'entità e per i quali non sono state fatte conferenze di servizi. La ditta che si è occupata della bonifica non è la stessa utilizzata da settembre in poi;
   durante la conferenza non sono stati dati chiarimenti in merito alla valenza strutturale delle stesse tubature lasciando, pertanto, aperta l'ipotesi che l'effrazione possa non essere l'unica causa principale degli sversamenti ciclici che si sono ripetuti nell'arco di pochi anni nello stesso oleodotto. Gli impianti sono risalenti agli anni Sessanta del secolo scorso;
   il punto dello sversamento è lontano dalla strada ed è di difficile raggiungimento; pertanto per il raggiungimento delle tubature, da parte di chi commetteva l'effrazione, si sarebbero dovuti effettuare importanti movimenti meccanici e conseguenti opere di scavo, fino ai 2 metri di profondità; risulti che gli agricoltori residenti in zona non hanno avuto sentore di alcuna opera di scavo, ma solo del forte odore di cherosene e nei giorni successivi dell'affiorare di pozzanghere oleose;
   il 17 febbraio 2016 è stata segnalata una considerevole moria di carpe di grosse dimensioni, nei canali fluviali di irrigazione a sud della zona di sversamento nel comune di Fiumicino, probabilmente legata alle forti piogge verificatesi nella zona dopo lo sversamento del cherosene;
   parte delle aree interessate allo sversamento di cherosene sono all'interno di un'area tutelata da normativa europea e individuate come aree SIC (sito di interesse comunitario IT6030025 – Macchia Grande di Ponte Galeria). La stessa area è indicata nel sito ministeriale dei beni culturali (sito vincoli in rete), interessata dagli sversamenti, come coperta da vincolo paesaggistico secondo la legge n. 1497 del 1939;
   risulta all'interrogante che la distanza tra il litorale del comune di Fiumicino ed i siti di sversamento di Palidoro/Maccarese è minore rispetto a quella del sito di Fegino e lo sbocco al mare di Genova o Savona –:
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga necessario acquisire i dati che, a intervalli regolari, hanno determinato lo sversamento del cherosene e verificarne la causa in virtù anche della plausibile vetustà dell'oleodotto;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga necessario valutare la posizione dell'oleodotto all'interno dell'area SIC, prefigurando tutte le opere necessarie, affinché venga tutelata la conservazione del patrimonio floro-faunistico del sito;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga necessario promuovere la realizzazione di un sistema di controllo, in grado di evidenziare rapidamente le perdite del cherosene, atta a garantire la tutela delle aree protette;
   se intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per verificare la compromissione ambientale dell'area e la presenza di danni alla salute dei cittadini, con particolare riferimento alla contaminazione dei corpi idrici ivi presenti;
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza, non intenda verificare la presenza di un possibile «effetto cumulo» realizzato attraverso i diversi tipi di inquinamento presenti nell'area interessata dall'oleodotto (4-12990)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   i resti dell'antica città di Altinum si trovano nell'odierno comune di Quarto d'Altino in provincia di Venezia, ai margini della parte Nord della Laguna di Venezia;
   un primo centro abitato fu fondato dai paleoveneti all'inizio del I millennio a.C.. Già dalla fine del VI secolo a.C., Altino rappresentava ormai un porto di notevole importanza, tappa obbligata per i traffici mercantili che collegavano gli empori di Spina e Adria alle aree settentrionali;
   il processo di romanizzazione della zona che comprendeva Altinum iniziò nel 131 a.C., con la costruzione della via Annia, che collegava Padova con Aquileia: da quel momento il centro cominciò ad acquisire l'ideologia urbana dei conquistatori e, a partire dall'89 a.C., subì un primo processo di urbanizzazione, conclusosi nel 49-42 a.C., quando ad Altino fu concesso il diritto romano e fu creata municipio. Altino è considerata la città madre di Venezia, in quanto i suoi abitanti e il loro vescovo si ritirarono nelle isole lagunari di fronte alle invasioni barbariche;
   a partire dagli anni Cinquanta le indagini archeologiche condotte dalla soprintendenza hanno portato alla luce alcune parti della città romana e individuato i suoi confini. Ancora nel secolo scorso la soprintendenza acquisì al demanio dello Stato i terreni comprendenti i resti lasciati a vista (le cosiddette aree a Nord e a Est del museo) e una vasta estensione di campagna non scavata. Allestì anche un piccolo museo con un paio di sale e depositi in crescita continua;
   nel seguito, la soprintendenza acquistò anche un vecchio complesso rurale per realizzare un nuovo museo che potesse ospitare degnamente l'ampia documentazione archeologica portata in luce dagli scavi. Dopo lunghi restauri, il museo è stato parzialmente allestito e inaugurato nel luglio 2015. Il 20 ottobre 2015, il nuovo museo è stato consegnato al polo museale del Veneto, mentre il vecchio museo, con i depositi e le aree archeologiche, sono rimasti alla soprintendenza archeologia del Veneto;
   rilevazioni fotografiche aeree con tecnica a infrarossi hanno evidenziato come una porzione della parte monumentale della città si trovi ricompresa nella proprietà Zacchello, una grande tenuta agricola privata confinante con l'area di proprietà demaniale;
   pur consapevole da tempo della circostanza, la soprintendenza in precedenza non aveva mai proceduto all'apposizione del vincolo archeologico a causa delle incertezze sull'entità e sull'estensione dei resti sepolti; negli anni Settanta fu stipulata una scrittura privata, apposta nel registro delle ipoteche immobiliari, tra la soprintendenza e la proprietà Zacchello, con cui le parti stabilivano le tutele da rispettare nell'esercizio delle attività dell'azienda agricola (ad esempio il divieto di costruire e la profondità massima di 40 centimetri delle arature);
   dopo le indagini svolte dall'università di Padova, la soprintendenza è venuta in possesso di elementi certi che consentivano l'apposizione del vincolo indiretto, che a tutt'oggi non è ancora stato perfezionato a causa di difficoltà concentrate soprattutto nella redazione della cartografia di sovrapposizione tra il telerilevamento e la mappa catastale, attualmente in corso di elaborazione;
   nel 1987, tutta l'area della città è stata comunque assoggettata a vincolo paesaggistico archeologico ai sensi dell'articolo 1, lettera m), della legge 8 agosto 1985, n. 431, oggi assorbito dall'articolo 142, lettera m), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Tale vincolo è stato riconosciuto ed inserito nel piano territoriale regionale di coordinamento della regione Veneto, aggiornato poi nell'ambito 14 del piano paesaggistico della regione Veneto, a tutt'oggi non ancora approvato;
   nel giugno 2015 il signor Zacchello, titolare della menzionata tenuta, è deceduto, lasciando la tenuta di 195 ettari in eredità alla moglie, insieme a una notevole quantità di debiti. La moglie ha messo in vendita la proprietà, ma tutti gli aspiranti compratori si sono ritirati davanti alle prescrizioni di tutela contenute nel contratto stipulato tra lo Zacchello e la soprintendenza. Al fine di agevolare la vendita, l'erede ha avviato contatti esplorativi con soprintendenza nel tentativo di circoscrivere i limiti di aratura, imposti dal contratto, alle sole aree di accertato interesse archeologico;
   attualmente, sia la porzione di proprietà demaniale, che quella di proprietà privata è adibita ad uso agricolo, tanto che la continua attività di aratura provoca un Costante mescolamento di frammenti di reperti col terreno coltivabile –:
   se il Ministro interrogato ritenga di adottare iniziative idonee affinché sull'area della parte monumentale della città ricompresa nella proprietà Zacchello venga opposto un vincolo archeologico diretto da parte dell'articolazione territoriale competente del dicastero;
   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché venga assicurato il passaggio alla proprietà pubblica dell'intera area di interesse archeologico attraverso acquisto a trattativa privata, o in via di prelazione, o mediante espropriazione per interesse culturale archeologico;
   quali iniziative intenda adottare per preservare l'intera area archeologica, con particolare riguardo alla protezione dai rischi connessi alle attività agricole su di essa svolte;
   se e con quali modalità intenda, in un'ottica di lungo periodo, valorizzare e rendere fruibile da parte del grande pubblico l'intero patrimonio archeologico dell'antica Altino.
(2-01358) «Da Villa».

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'area siciliana di Truncafila — San Biagio, ricca di importanti testimonianze storiche, antropologiche e naturalistiche, rischia di divenire una discarica di rifiuti urbani. Come riporta un comunicato inviato dal Fondo per l'ambiente italiano, la proposta è condivisa e sostenuta dall'amministrazione regionale siciliana, a dispetto del fatto che il comune di Scicli, di cui l'area fa parte, è stato inserito nel World Heritage List dell'Unesco e tutta la zona è stata inclusa nel «programma delle opere pubbliche del triennio 2010-2013» per la realizzazione di un parco extraurbano;
   l'area di Truncafila e San Biagio, situata a cinque chilometri dal centro abitato di Scicli, tradizionalmente zona di sfruttamento minerario, conserva notevoli manufatti storici e artistici e naturalistici, tra i quali l'antica chiesetta di San Biagio, un piccolo eremo del XIV secolo; i vecchi casolari di roccia calcarea bianca tra i quali spicca la nobiliare Casa Mormina; il Pozzo del Giudeo – un impianto di sollevamento di acqua a trazione animale, su cui esiste un vincolo etno-antropologico apposto dalla soprintendenza, in quanto costituisce una pregevole testimonianza di un sistema idraulico preindustriale di attingimento d'acque; numerosi laghetti che si sono formati all'interno delle cave dismesse, divenuti piccole oasi per numerosi specie di uccelli e importanti habitat per una flora locale molto diversificata, dove si distinguono numerose specie di orchidee e campi di ulivi; le testimonianze archeologiche di una necropoli costituita da circa cinquanta tombe, anch'essa posta sotto vincolo archeologico dalla Regione Siciliana;
   quest'area, in considerazione di un forte sfruttamento minerario e del conseguente abbandono dei terreni non più coltivati, è in degrado, ma rappresenta un luogo importante da tutelare e valorizzare e rischia di divenire una discarica di rifiuti urbani che andrebbe ad aggiungersi alle vecchie discariche di San Biagio e Petrapalio, entrambe chiuse e in attesa di bonifica. Il rischio di questa nuova discarica sembrava debellato con l'inserimento nel «Programma delle Opere Pubbliche del triennio 2010-2013» per la realizzazione di un parco extraurbano Truncafila – San Biagio (delibera n. 321 del 2 dicembre 2010;
   il comune di Scicli è stato sciolto a causa di infiltrazioni mafiose l'anno passato e l'attuale commissione prefettizia ha deliberato sulla destinazione da dare alla cava: niente rifiuti «normali» a Truncafila, ma «solo» rifiuti inerti;
   con Dds n. 218 del 3 marzo 2016 il dipartimento dell'acqua e dei rifiuti dell'assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità ha rilasciato l'autorizzazione integrata ambientale (AIA), autorizzando di fatto il progetto per l'ampliamento dell'attività di gestione dei rifiuti della piattaforma di trattamento e recupero di rifiuti pericolosi e non, presso contrada Cuturi, a Scicli, zona non molto distante da Truncafila e San Biagio dove si trova l'ex discarica;
   tra i pareri emessi per il rilascio di tale autorizzazione, anche se favorevole ma con prescrizione, salta all'occhio quello rilasciato con nota n. 18877 del 24 luglio 2015 dal comune di Scicli, il quale supera il parere negativo espresso dalla delibera di giunta comunale n. 125 del 15 luglio 2014 che avrebbe voluto far rientrare quella zona nella categoria E1 (ovvero zona vincolata), modificando la destinazione urbanistica che ad oggi rientra nella categoria E4 nelle more che venga modificata per essere adattata alle esigenze urbanistiche del nuovo impianto,
   a giudizio dell'interrogante è discutibile la scelta dell'ente di emettere un giudizio positivo a fronte del parere negativo espresso dalla precedente giunta ed in tempi ad avviso dell'interrogante stranamente celeri, all'approvazione di un impianto di siffatta portata (115 mila tonnellate annui di soli rifiuti pericolosi), piuttosto che favorire le buone pratiche di raccolta differenziata;
   l'autorizzazione integrale ambientale di cui sopra, che ha una validità di 10 anni rinnovabile tramite istanza da inoltrare almeno sei mesi prima della scadenza, sancisce la nascita a Scicli di una nuova discarica e ciò si evince da un'attenta analisi dal lunghissimo allegato delle categorie di rifiuti autorizzate, tra le quali oltre al codice 20, ovvero rifiuti urbani non differenziati, sono autorizzate anche categorie di rifiuti liquidi altamente tossici, acidi contenenti oli idrossido di calcio, ossidi metallici, rifiuti contenenti arsenico e mercurio, solventi organici, amianto in fibre libere;
   l'attività di questo impianto sembrerebbe andare oltre le linee guida previste dalla legge n. 9 del 2010 secondo la quale possono essere smaltiti i rifiuti prodotti nel luogo;
   a giudizio dell'interrogante si dovrebbe sospendere l'efficacia dell'AIA rilasciata con DDS n. 218 del 3 marzo 2016 al fine di attivare un processo di monitoraggio e di ulteriori e specifici approfondimenti, evitando scelte che altrimenti comporterebbero pericoli per la salute dei cittadini e per l'ambiente e che non tengono in alcun conto lo sviluppo della raccolta differenziata dei rifiuti ed il loro specifico trattamento;
   un serio piano regionale dei rifiuti deve essere preparato e trovare immediata attuazione da parte delle istituzioni nazionali di concerto con quelle regionali siciliane, visto che l'ultimo piano approvato è datato 2012, allo scopo di ridurre celermente ai minimi livelli l'ultima frazione indifferenziabile da inviare, ora sì, a discarica e/o termovalorizzatore attraverso un'efficace raccolta differenziata, posto che qualunque altra ipotesi o soluzione sarebbe inefficace ed inutile –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per tutelare i beni storici, antropologici, artistici e paesaggistici di cui in premessa, ad avviso dell'interrogante minacciati dal progetto della discarica di rifiuti sopra menzionata.
(4-12995)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


   CAPARINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   il comma 154 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016) prevede che il pagamento del canone di abbonamento alla concessionaria radiotelevisiva avvenga, a partire da luglio 2016, contestualmente al pagamento della fattura elettrica;
   il decreto attuativo per stabilire i termini e le modalità di pagamento è stato inviato al Consiglio di Stato per i dovuti pareri, che lo ha definito lacunoso, poco chiaro e senza tutela della privacy;
   il decreto attuativo, secondo il Consiglio di Stato, è da rifare: manca una puntuale definizione di «apparecchio televisivo», non tutela la privacy degli utenti, non formula con chiarezza le regole, non prevede informazione per gli utenti e non ha il formale via libera del Ministro interrogato;
   con una nota del 20 aprile 2016 il Ministero dello sviluppo economico ha fornito, a seguito del rilievo del Consiglio di Stato, la definizione di apparecchio televisivo: «apparecchio in grado di ricevere, decodificare e visualizzare il segnale digitale terrestre o satellitare, direttamente o tramite decoder o sintonizzatore esterno». Il sintonizzatore è un dispositivo «idoneo ad operare nelle bande di frequenza destinate al servizio televisivo secondo almeno uno degli standard previsti nel sistema italiano per poter ricevere il relativo segnale tv». Quindi, non si paga il canone Rai per i seguenti dispositivi: computer, smartphone, tablet e ogni altro apparecchio privo del sintonizzatore per il digitale terrestre o satellitare;
   il suddetto comma 154 prevede, inoltre, che il decreto attuativo sia emanato dal Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro interrogato, che invece ha fornito un semplice assenso;
   il Consiglio di Stato, inoltre, contesta il meccanismo attraverso il quale viene addebitato il canone Rai in bolletta, il quale prevede un notevole scambio di dati e informazioni fra diversi enti (Anagrafe tributaria, Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, Acquirente unico, Ministero dell'interno, comuni, società private) e, secondo i magistrati amministrativi, questo «necessariamente implica profili di rispetto e tutela della privacy»;
   i contribuenti che intendono presentare la dichiarazione di non detenzione di una tv, per evitare di trovarsi addebitato in bolletta un canone Rai non dovuto, lo dovranno fare entro il 16 maggio 2016, termine prorogato con provvedimento dell'Agenzia delle entrate, mentre non cambiano i termini per l'invio delle dichiarazioni relative a coloro i quali hanno un'utenza elettrica domestica residenziale intestata ma non devono pagare il canone, perché già «caricato» sulla bolletta di un familiare componente della stessa famiglia anagrafica e viene pagato altrove. Per queste dichiarazioni restano fermi i termini precedenti, cioè 30 aprile 2016 per l'invio cartaceo e 10 maggio 2016 per l'invio telematico;
   in generale, ad avviso degli interroganti, considerati gli altri punti contestati dal Consiglio di Stato, la scarsa informazione agli utenti, il farraginoso meccanismo di comunicazione all'Agenzia delle entrate delle esenzioni e il poco tempo a disposizione per effettuarle e la poca chiarezza su chi deve o non deve comunicare, vi è il sospetto che la scadenza di luglio 2016 o non possa essere rispettata per l'invio delle prime rate del canone Rai in bolletta oppure che vengano inviate richieste di pagamento a coloro i quali invece nulla dovevano;
   questa riforma del canone Rai, a giudizio degli interroganti, è stata fatta male e lo dimostra anche il parere del Consiglio di Stato. A parere degli interroganti il canone Rai deve essere completamente abolito;
   al momento l'unica comunicazione ufficiale è quella dell'Agenzia delle entrate –:
   in previsione delle tante «cartelle pazze» che potranno arrivare agli utenti, se il Governo intenda informare puntualmente i cittadini della necessità, qualora intestatari di contratto elettrico, di segnalare, entro il termine del 16 maggio 2016, il non possesso di un apparecchio televisivo, nonché informare gli esenti dal canone, anch'essi intestatari del contratto elettrico, delle modalità di presentazione della dichiarazione per non vedersi imputare costi impropri. (3-02215)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   PELILLO e GIULIETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Tuoro sul Trasimeno (PG) nel 2013 ha approvato in consiglio comunale il regolamento istitutivo dell'imposta di sbarco e con deliberazione di giunta comunale del 13 ottobre 2015 ne ha determinato importo e decorrenza fissando quest'ultima del mese di marzo 2016;
   il Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato una propria risoluzione n. 2/DF del 22 marzo 2016 avente per oggetto: articolo 1, comma 26, della legge n. 208 del 2015. Sospensione dell'efficacia dell'aumento dei tributi e delle addizionali. Istituzione di un nuovo tributo o riduzione di agevolazioni esistenti;
   in tale risoluzione si stabilisce: «Pertanto nel caso in cui il comune avesse già applicato nel 2015 l'imposta di sbarco e avesse istituito nel 2016 il nuovo contributo di sbarco, quest'ultimo non si applica per le parti difformi e ampliative a quanto precedentemente disciplinato dal singolo regolamento comunale in materia di imposta di sbarco. È possibile, inoltre continuare a mantenere l'imposta di sbarco già applicata dal comune nel 2015, nei limiti previsti dalla precedente normativa e dal regolamento comunale istitutivo del tributo, nell'ipotesi in cui il comune non abbia ancora introdotto il contributo di sbarco»;
   si tratta di una questione che può assumere rilevanza più generale del singolo caso di specie –:
    se la riscossione del tributo (il consiglio comunale di Tuoro sul Trasimeno nel 2013 ha approvato il regolamento istitutivo dell'imposta di sbarco e con deliberazione di giunta comunale del 13 ottobre 2015 ne ha determinato importo e decorrenza fissando quest'ultima nel mese di marzo 2016) nel corrente anno solare sia conforme alla normativa vigente. (5-08510)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da numerosi articoli di stampa emergerebbe che, nell'ambito della trattativa tramite la quale l'Istituto centrale delle banche popolari, già controllato dai fondi Bain, Clessidra ed Advent, dovrebbe rilevare una quota azionaria importante del gruppo Bassilichi, operatore fiorentino nel business process outsourcing su tre aree quali la monetica, la sicurezza ed il back office, rimarrebbe un importante nodo ancora da sciogliere e cioè quello del mancato coinvolgimento nel perimetro dell'acquisizione della società Fruendo, la joint venture partecipata proprio dal gruppo Bassilichi (oltre che da Accenture) dove erano confluiti centinaia di dipendenti dell'unica società che si serve dalla stessa Fruendo e cioè la ex-Monte dei Paschi di Siena;
   circa 300 dei suddetti dipendenti esternalizzati e confluiti dal 1o gennaio 2014 nella Fruendo s.r.l. avevano fatto ricorso al tribunale di Siena proprio contro la cessione del ramo d'azienda avvenuta il 30 dicembre 2013 tra la cedente Banca Monte dei Paschi di Siena e la cessionaria Fruendo, ottenendo una pronuncia di invalidità e quindi di nullità ed inefficacia del trasferimento e l'accertamento della conseguente permanente sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti dal 1o luglio 2014; altri dipendenti hanno fatto ricorso al tribunale di Roma che ha dichiarato anch'esso l'illegittimità della cessione effettuata ed ha disposto l'immediato reintegro, senza soluzione di continuità del rapporto di lavoro, nella Banca MPS;
   pertanto la società Mps si sarebbe servita della società Fruendo per esternalizzare costi e dipendenti, senza però offrire a questi ultimi le necessarie garanzie occupazionali per il futuro, vedendosi di fatto riconosciuti circa 4 miliardi di euro, che seppur successivamente interamente restituiti allo Stato, erano, in quel frangente, vitali per la banca senese;
   tale manovra risulterebbe oggi vanificata, in quanto la Banca Monte dei Paschi di Siena si trova nuovamente in difficoltà perché stretta, oltre che dalle suddette vertenze, anche dalla BCE, che chiederebbe un nuovo possibile aumento di capitale di circa 3 miliardi di euro;
   anche il gruppo Bassilichi-Accenture in oltre due anni non è riuscito a portare commesse nuove, significative ed alternative a quella mono-cliente del Monte dei Paschi, facendo così trasparire la propria difficoltà a portare a termine l'operazione di fusione industriale con Icbpi, a causa del grande fardello rappresentato dalla Fruendo e dai connessi problemi occupazionali dei suoi circa mille dipendenti;
   sin dall'epoca dell'operazione di cessione del ramo d'azienda le sigle sindacali, riunite in un tavolo unitario, hanno cercato di trovare in tutti i modi, anche rivedendo alcune posizioni di principio, un accordo con Fruendo per dare ai lavoratori una base di regole contrattuali di secondo livello che scavalcassero i limiti della esternalizzazione e del mancato rispetto da parte di MPS degli impegni presi un anno prima con le organizzazioni sindacali, per dare maggiori certezze e garanzie ai lavoratori esternalizzati ma questo è stato in qualche maniera impedito –:
   alla luce di quanto premesso, quali siano le notizie in possesso del Ministro interrogato rispetto allo stato della trattativa tra l'Istituto centrale delle banche popolari ed il gruppo Bassilichi ed alle eventuali soluzioni prospettate ai lavoratori coinvolti. (5-08511)


   PESCO e CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   decorso il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi modello Unico, i contribuenti possono rettificare o integrare le dichiarazioni stesse inviando, secondo le stesse modalità previste per le dichiarazioni originarie, una nuova dichiarazione completa di tutte le sue parti, su modello conforme a quello approvato per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione;
   per considerare valida la correzione l'Agenzia delle entrate pretende che la dichiarazione rettificativa a favore del contribuente venga presentata entro un termine molto ristretto, quello previsto dal comma 8-bis dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, ossia non oltre il termine di scadenza della dichiarazione dell'anno successivo;
   il contribuente può fare la correzione entro un anno dalla presentazione della dichiarazione errata, un termine che scade, però, prima che lo stesso contribuente abbia conoscenza, attraverso l'avviso della presunta irregolarità, dell'errore commesso: se l'errore non viene corretto entro questo tempo, pertanto, quanto preteso dall'ufficio con l'avviso di irregolarità si consolida e viene iscritto a ruolo;
   oltre tale termine, resta, a parere dell'Agenzia, la possibilità di presentare un'istanza di rimborso nel termine di 48 mesi;
   invece, in caso di presentazione di una dichiarazione integrativa nell'ipotesi prevista dall'articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, il termine è entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di minor reddito o, comunque, da cui consegua un minor debito d'imposta o un maggior credito e fatta salva l'applicazione delle sanzioni;
   l'Agenzia delle entrate ritiene che il più lungo termine previsto dal comma 8 dello stesso articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, ossia il 31 dicembre del quarto anno successivo alla data di presentazione della dichiarazione, riguardi esclusivamente la dichiarazione correttiva «a sfavore» del contribuente, quella che serve, cioè, per aumentare l'imposta a debito o per diminuire quella a credito;
   seguendo l'orientamento dottrinale, avallato sempre più spesso dalla giurisprudenza, il contribuente potrebbe presentare, anche oltre il termine stabilito e fino allo spirare dei termini di accertamento, una dichiarazione integrativa a favore;
   la Corte di cassazione ritiene possibile che il contribuente corregga la dichiarazione relativa a imposte sui redditi e IRAP anche durante il processo tributario fondato sui dati errati precedentemente indicati dalla Corte di cassazione Ordinanza n. 313 del 2016;
   la Corte di cassazione ha affermato che il termine annuale di cui all'articolo 2, comma 8-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998 non ha alcun effetto sul processo tributario attivato per contestare la pretesa fiscale: l'oggetto del contenzioso non è, infatti, la dichiarazione integrativa, ma la fondatezza della pretesa tributaria, ne pertanto un'eventuale decadenza amministrativa non si può estendere al processo tributario; la disposizione di cui al citato articolo 2 è finalizzata all'utilizzo del credito in compensazione: i termini di decadenza per la dichiarazione integrativa e per la richiesta di rimborso valgono solo ai fini amministrativi;
   l'attuale stato di incertezza normativa ha generato anche un elevato contenzioso, sia perché spesso alla presentazione di un'istanza di rimborso l'ufficio non risponde, costringendo il contribuente a presentare ricorso all'autorità giudiziaria; sia perché, nel secondo caso, la dichiarazione integrativa oltre l'anno non viene ritenuta valida e la richiesta di rimborso in essa contenuta non viene presa in considerazione;
   da più parti si auspica un intervento correttivo che unifichi i termini temporali sia per la presentazione della dichiarazione integrativa «a sfavore» sia per quella «a favore» –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato circa la non uniformità del termine per la presentazione di dichiarazioni integrative in aumento e in diminuzione, e se ritenga opportuna un'iniziativa normativa volta a uniformare i detti termini, consentendo pertanto la presentazione di dichiarazioni integrative a favore entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, salvo il limite costituito dall'avvio di attività ispettive e di verifica. (5-08512)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il carcere di Buon Cammino a Cagliari deve essere ceduto alla regione senza ulteriori indugi e nel pieno rispetto delle normative vigenti a partire dallo statuto autonomo della Sardegna e in particolar modo dell'articolo 14;
   il piano che regione e Stato stanno mettendo in piedi per lo scambio tra il carcere di Buon Cammino e lo stabile che attualmente occupa l'assessorato del lavoro in Piazza Giovanni XXIII a Cagliari è un atto secondo l'interrogante grave e in contrasto con la legge ai danni della regione e del suo patrimonio;
   ogni cessione alternativa o permuta sarà denunciata alla Corte dei conti per i profili di competenza;
   «mercimoni» o «baratti» su un bene che deve passare automaticamente alla regione per la cessazione della funzione statale originaria sarebbero, secondo l'interrogante, una violazione palese dell'articolo 14 dello Statuto autonomo;
   quello che si sta progettando tra regione e Ministero della giustizia è un atto grave dello Stato verso la Sardegna e soprattutto verso Cagliari;
   si tratta di un piano di dubbia legittimità perché in contrato con i princìpi costituzionali, considerato che il carcere di Buon Cammino doveva obbligatoriamente passare al patrimonio della regione e del comune di Cagliari in base all'articolo 14 dello Statuto;
   c’è un piano che va fermato in ogni modo e la regione, secondo l'interrogante, deve smettere di rinunciare alle proprie prerogative autonomistiche e rivendicare l'immediato passaggio di tutte e tre le carceri dismesse di Cagliari con Buon Cammino, di Oristano e San Sebastiano a Sassari;
   usare le vecchie carceri come uffici dimostra, ad avviso dell'interrogante, l'arroganza dello Stato che da una parte chiude uffici, e dall'altra, «requisisce» un patrimonio storico che non fa più parte della sua disponibilità cessata proprio il giorno in cui si è trasferito il carcere a Uta;
   ad ormai quasi due anni dal trasferimento della struttura carceraria lo straordinario stabile storico è di fatto totalmente inutilizzato, se non con una impropria e strumentale presenza di uffici;
   si tratta di un'offesa vera e propria alla città di Cagliari; ciò costituisce un grave atto contro l'intera comunità che su quello stabile storico ha pensato di costruire un progetto di rinascita culturale di quell'area e dell'intera città;
   il Ministero della giustizia con la regione sta mettendo a segno una operazione di dubbia legittimità relativamente al carcere di Buon Cammino;
   la regione con questa trattativa, a giudizio dell'interrogante subdola e sotterranea, sta avallando il comportamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che ha occupato la struttura per farne strumentalmente qualche ufficio e non far cessare la funzione statale del bene;
   l'operazione, secondo l'interrogante, è stata studiata a tavolino per impedire alla Sardegna e alla regione di acquisire quel patrimonio che ha cessato la sua funzione originaria e come tale, in quel preciso momento del trasferimento, doveva passare nelle pertinenze della regione medesima;
   l'articolo 14 dello statuto speciale per la Sardegna di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 marzo 1948, n. 58, dispone: 1) la regione, nell'ambito del suo territorio, succede nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli demaniali, escluso il demanio marittimo; 2) i beni e diritti connessi a servizi di competenza statale ed a monopoli fiscali restano allo Stato, finché duri tale condizione. I beni immobili situati nella regione, che non sono di proprietà di alcuno, spettano al patrimonio della regione;
   la Corte costituzionale, con sentenza n. 383 del 1991, in merito al ricorso proposto da altra regione a statuto speciale, la regione Valle d'Aosta, aveva sostenuto l'automatico passaggio dei beni alla stessa regione anche in virtù del seguente esplicito riferimento alla regione Sardegna: «Del resto l'articolo 14 dello statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) mentre stabilisce, al primo comma, che la regione, nell'ambito del suo territorio, succede allo Stato nei beni demaniali e, al secondo comma, che restano allo Stato i beni e diritti connessi a servizi di competenza statale, da rilievo alla sopravvenienza, in quanto prevede che la detta causa di esclusione possa cessare, con l'effetto in tal caso che la successione si realizza, in un momento posteriore all'entrata in vigore dello statuto»;
   la Corte costituzionale nella stessa sentenza, per il bene militare le cui funzioni di difesa erano venute meno proprio per l'intenzione dello Stato di vendere il compendio, disponeva: «Va dunque dichiarato che non spetta allo Stato porre in vendita a privati, con l'impugnato avviso d'asta, l'immobile in questione, appartenendo questo al demanio della regione Valle d'Aosta»;
   le disposizioni contenute nei primi due commi dell'articolo 14 dello statuto della regione Sardegna di rango costituzionale dispongono che la regione succeda, nell'ambito del suo territorio, nei beni e nei diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare, regola generale esplicitata nel primo comma;
   il secondo comma del citato articolo 14 introduce un'eccezione: la successione non avviene e i beni restano di proprietà dello Stato quando sono utilizzati (connessi) per servizi di pertinenza statale;
   l'eccezione, però, ha un limite ben preciso: l'utilizzazione deve essere attuale, di guisa che se tale utilizzo viene a cessare cade il presupposto della medesima eccezione ed i beni non più utilizzati ricadono nella regola generale e seguono la sorte degli altri beni statali e, cioè, la loro proprietà è trasferita « ope legis» alla regione; la chiara e univoca statuizione dell'articolo 14, secondo cui «i diritti patrimoniali connessi a servizi di competenza statale restano allo Stato “finché” duri tale condizione» non può dare luogo a dubbi interpretativi;
   la congiunzione temporale «finché» attribuisce, infatti, un sicuro valore dinamico allo norma. Nel senso che transitano nel patrimonio regionale non solo i beni che, alla data di entrata in vigore dello statuto speciale, non erano più connessi a servizi statali, ma anche quelli la cui connessione sia venuta meno successivamente; l'applicazione di tale disposto si rileva nella nota n. 2/20680/10-1-20-20/89 dell'aprile 1989, quando l'allora Ministro della difesa, Zanone, comunicava al presidente della regione di aver impartito disposizioni agli organi tecnici della difesa, per l'avvio della procedura prevista per la cessione all'amministrazione finanziaria dei beni demaniali non più necessari alle Forze armate;
   il significato proprio dato dal legislatore alla norma porta sicuramente a dare rilievo alla sopravvenienza e, cioè, al sopravvenuto venir meno della connessione del bene con il servizio statale;
   tale sopravvenienza rappresenta il limite all'eccezione di cui al secondo comma dell'articolo 14 e fa, quindi, rivivere la regola generale della successione della regione Sardegna nella proprietà dei beni dello Stato;
   la cessazione della connessione dei beni immobili ai fini statali, come dispone la richiamata sentenza della Corte costituzionale, si è verificata proprio nel momento in cui l'amministrazione dello Stato ha posto in vendita il bene o ha attivato forme di concessione e comodato a soggetti privati o pubblici del bene stesso;
   con riferimento alla regione Sardegna non esiste nessuna disposizione normativa che possa configurarsi come ostativa al trasferimento dei beni statali alla regione stessa, quando la «dismissione» avvenga in data successiva all'entrata in vigore dello statuto sardo;
   il Consiglio di Stato in sede consultiva, con il parere della terza sezione del 12 febbraio 1985, n. 158, ha espresso formale parere su richiesta del Ministero della difesa proprio sull'applicazione dello statuto sardo,
   l'organo consultivo in quel parere, – in estrema sintesi – si è pronunziato nel senso che l'articolo 14, secondo comma, dello statuto sardo stabilisce che i beni immobili connessi a servizi di competenza statale restano allo Stato soltanto finché duri tale condizione, riconoscendo, così allo Stato la funzione di uso e non anche di disposizione degli immobili stessi;
   ad ormai due anni dal trasferimento della struttura carceraria ospitata in viale Buon Cammino a Cagliari lo straordinario stabile storico e ricco di significati ha cessato la sua funzione statale originaria –:
   se il Governo intenda revocare nell'immediato il trasferimento, a giudizio dell'interrogante strumentale, capzioso e non conforme alla legge, degli uffici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria in quella struttura;
   se si intendano revocare tutte le decisioni e le iniziative messe in essere dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria della Sardegna che impediscono l'automatico passaggio di beni immobili al demanio regionale in attuazione dell'articolo 14 dello statuto sardo;
   se non si ritenga di dover attivare con urgenza le procedure e le iniziative per il trasferimento immediato del bene all'amministrazione regionale in modo che da questa passi al comune di Cagliari senza ulteriori indugi nel rispetto dell'articolo 14 dello statuto;
   se non si ritenga che sussistano i presupposti, nelle more del passaggio definitivo al patrimonio regionale, per affidare lo stabile all'amministrazione comunale con atto provvisorio;
   se non si intenda evitare ogni iniziativa che possa lede e i diritti della comunità sarda e cagliaritana di disporre di tale bene per l'utilizzo più adeguato alla sua storia e al futuro della città. (5-08503)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il pagamento del canone di abbonamento alla concessionaria radiotelevisiva dovrebbe essere pagato, secondo quanto stabilito nella legge di stabilità 2016, a partire da luglio 2016 contestualmente alla fattura elettrica, basandosi sull'assunto che ad ogni utenza elettrica corrisponde un possessore di televisione;
   questa presunzione di possesso, a distanza di alcuni mesi dalla previsione normativa e alla luce di quanto sta accadendo, si è rivelata decisamente approssimativa, e il decreto attuativo per stabilire i termini e le modalità di pagamento è stato emanato con molto ritardo visti i grandi problemi pratici che la scelta governativa ha comportato per le compagnie elettriche e l'Agenzia delle entrate;
   per aggirare l'ostacolo e arrivare ad una rapida soluzione, l'Agenzia delle entrate, per conto dello Sportello Abbonamenti Tv (S.A.T.), ha inviato lettere ai sindaci chiedendo i dati anagrafici aggiornati dei maggiorenni dei rispettivi comuni comprensivi di tutti gli elementi richiesti nello specifico allegato «per poter garantire una corretta riscossione dell'imposta televisiva, evitando una possibile “doppia” imposizione del canone tv verso quei cittadini facenti parte di nuclei familiari già abbonati»;
   il Consiglio di Stato, chiamato per legge a dare un parere prima della promulgazione del decreto attuativo, ha sollevato una serie di perplessità per la mancanza di definizione di «apparecchio tv», per l'imprecisione nello spiegare che l'imposta va pagata una sola volta per nucleo familiare anche in presenza di più apparecchi televisivi, oltre al fatto che non vengono rispettate le prescrizioni previste dalla normativa sulla privacy;
   a tal proposito, il Consiglio di Stato, infatti, si sofferma sulla procedura in atto che richiede un enorme scambio di dati fra i vari enti coinvolti, come appunto nel caso in oggetto fra comune e Agenzia delle entrate, senza che il decreto preveda una qualche disposizione regolamentare che assicuri il rispetto della normativa sulla riservatezza –:
   se i Ministri interrogati, considerati i problemi legati alla scelta governativa di riscuotere il canone Rai contestualmente alla fattura elettrica, evidenziati anche dalla citata sentenza del Consiglio di Stato, non ritengano opportuno assumere urgentemente iniziative per bloccare ogni comunicazione in essere fra le amministrazioni comunali e l'Agenzia delle entrate in attesa della stesura da parte del Governo di una normativa specifica per la tutela della riservatezza. (4-12984)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale del 28 dicembre 2015, la casa circondariale Sant'Agostino di Savona è stata definitivamente soppressa;
   il Ministro della giustizia ha adottato tale decisione senza avere avviato un progetto alternativo sul territorio, come invece era espressamente indicato, pare, in una precedente nota del dottor Santi Consolo, capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ai capi degli uffici della procura e del tribunale di Savona, in cui la chiusura del carcere cittadino S. Agostino veniva subordinata alla contestuale edificazione di un nuovo istituto, come peraltro già previsto dal piano carceri dell'allora commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria, dottor Ionta;
   per la nuova casa circondariale di Cairo Montenotte non ci sono certezze di realizzazione almeno per i prossimi quattro anni e tale decisione comporterà un ulteriore carico sugli istituti di Genova Marassi e Imperia, già penalizzati per l'elevata presenza di detenuti e movimenti connessi;
   nel frattempo, una città come Savona, sede di procura, tribunale, prefettura, questura e comandi provinciali di tutte le forze di polizia, rimane priva di un istituto detentivo con tutte le evidenti e prevedibili ripercussioni negative in termini di aumento delle spese e dei tempi, in particolare dell'attività giudiziaria e delle forze dell'ordine, e ulteriori aggravi dei costi conseguenti ai trasferimenti dei detenuti;
   la scelta compiuta desta grande preoccupazione anche dal punto di vista dell'occupazione sul territorio, visto che nella struttura lavoravano circa 55 agenti di polizia penitenziaria che, pare, non siano stati neanche interpellati o coinvolti, anche per il tramite delle organizzazioni sindacali, in merito a tale decisione;
   la chiusura del carcere cittadino, senza alcun progetto alternativo, avrà conseguenze negative anche sull'intero sistema della sicurezza, poiché la provincia savonese perde un presidio importante di controllo del territorio –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato relativamente al progetto di edificazione di un nuovo istituto penitenziario nella provincia di Savona e quali siano le motivazioni per cui tale progetto non sia stato tempestivamente avviato e i tempi stimati per la sua realizzazione quali siano le iniziative di competenza che intende adottare, nel frattempo, al fine di non aggravare i tempi e i costi delle attività della magistratura, delle forze dell'ordine e di tutti gli operatori impegnati nell'amministrazione quotidiana della giustizia; quali siano state le decisioni adottate o che verranno adottate nei confronti del personale di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Savona, con quali modalità siano state coinvolte o si intendano coinvolgere le organizzazioni sindacali di settore in tali decisioni e quali istanze, per il tramite di queste ultime, siano state accolte o respinte e le relative motivazioni. (4-12985)


   PILI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la protezione civile è al lavoro nella scuola penitenziaria di Monastir, dismessa inspiegabilmente perché costava troppo per realizzare un mega centro di accoglienza alle porte di Cagliari, direttamente connesso con la strada 131;
   gli uomini della protezione civile provinciale e regionale stanno già operando al suo interno per allestire il tutto;
   con loro anche il personale del ministero della giustizia che sta svuotando la scuola e allestendo il centro che potrebbe ospitare tra in 400/500 nuovi profughi;
   i comunicati della prefettura di Cagliari, con i quali si afferma che si stanno esaminando le strutture carcerarie chiuse, sono a giudizio dell'interrogante a dir poco elusivi e destituiti di ogni fondamento;
   il ministero e la prefettura hanno già deciso, con molte complicità hanno chiuso una struttura di formazione, perché dichiaravano che gestirla costava troppo;
   ora tutti gli agenti devono andare fuori Sardegna per formarsi, con costi esorbitanti;
   la scuola si trasforma in un centro accoglienza che sarà con ogni probabilità un nuovo ghetto alle porte di Cagliari;
   proprio come l'interrogante aveva denunciato più di un anno fa, con le smentite inverosimili di prefetto e Governo;
   trasformare quella scuola in un centro di accoglienza è sinonimo di uno Stato fuori controllo, sia sul piano della spesa che del minimo buon senso;
   si tratta di decisioni senza strategia, senza futuro, se non quella di «accatastare» uomini e donne con bambini, in spazi vuoti, senza tener conto di tutte le possibili conseguenze;
   si tratta di una scelta inaccettabile e irresponsabile che va fermata prima che sia troppo tardi;
   non si tratta di accoglienza, ma ancora una volta di un'azione che mira solo alla gestione di un business tutto a vantaggio di lobby che speculano su questi drammi;
   chiudere la scuola di formazione professionale del personale penitenziario si è rivelato come l'interrogante denunciò due anni fa l'ennesimo «attacco» del Ministero della giustizia alla Sardegna, aggravato dalla decisione di trasformare quei locali in centro di accoglienza degli immigrati;
   si tratta secondo l'interrogante, di un'ulteriore dimostrazione di come il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria abbia agito nei confronti della struttura carceraria sarda e con quale dispregio lo abbia fatto nei confronti del personale penitenziario che ha visto cancellata una struttura di primo livello che da sempre è la fucina degli agenti e del personale addetto alla sicurezza delle carceri;
   con questa folle trasformazione della scuola in struttura per ospitare i migranti attualmente accolti in altre strutture insulari, non solo non si abbatteranno i costi, ma si genererà un aumento spropositato degli oneri di gestione della stessa struttura;
   tutto questo avviene senza alcuna strategia e con il solo obiettivo di «stivare» uomini e donne da affidare a qualche cooperativa o società;
   si ignora il criterio con il quale si è deciso di chiudere una scuola di primo livello per ragioni finanziarie e poi si decide di trasformarla in centro di accoglienza con oneri decisamente superiori;
   tutto questo è semplicemente inaccettabile e ingiustificabile –:
   se non si ritenga di dover bloccare questo inaccettabile progetto sia sul piano logistico che umanitario;
   se non si ritenga di dover assumere iniziative per l'immediata cessione di tali strutture alla regione in base all'articolo 14 dello Statuto autonomo della Sardegna;
   se non si ritenga di dover bloccare nuovi trasferimenti di migranti in Sardegna considerata l'inadeguatezza dell'accoglienza e soprattutto perché tale decisione sarebbe contrastata dagli stessi immigrati che puntano a raggiungere altre mete;
   se non si ritenga di dover valutare, per quanto di competenza, il danno economico che tali scelte stanno comportando;
   se non si intenda ripristinare la struttura con immediatezza proprio per tutti i disagi è i costi che devono essere sostenuti per la formazione del personale penitenziario. (4-12993)


   PILI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi in Sardegna è stata avviata l'operazione migranti nelle carceri chiuse;
   il personale penitenziario è stato impegnato per giorni a svuotare totalmente il carcere chiuso di Iglesias;
   la prefettura di Cagliari avrebbe ricevuto un'allerta nazionale per 750 nuovi migranti in arrivo in Sardegna;
   sarebbero già avviate le azioni per approntare anche le strutture della scuola di polizia penitenziaria di Monastir e i carceri di Macomer e Quartucciu;
   il piano del Ministero dell'interno punta a riempire di migranti le carceri sarde chiuse nei mesi scorsi;
   il primo contingente di circa 200 migranti è destinato subito nel carcere di Iglesias;
   il personale inviato dal carcere di Uta è stato impegnato per giorni a svuotare da cima a fondo la struttura;
   nel frattempo negli uffici della prefettura è giunto un dispaccio ulteriore del Ministero dell'interno: sarebbero in arrivo dalla Sicilia 750 migranti;
   si tratta, secondo l'interrogante, di una spregiudicatezza senza precedenti e senza alcun tipo di remora;
   il Ministero dell'interno, attraverso la prefettura di Cagliari, ha fatto scattare l'operazione che prevede di riempire il carcere di Iglesias di migranti;
   la decisione, che doveva restare riservata, è stata messa a punto tra i vertici del Ministero della giustizia e quelli dell'interno e già nei giorni scorsi l'operazione è stata avviata in gran segreto;
   una squadra di agenti ha iniziato lo sgombero di ogni ultimo suppellettile dalla struttura di Iglesias e le operazioni proseguiranno anche nei prossimi giorni;
   nel contempo, da fonti interne viene dato per imminente, sia negli ambienti delle forze dell'ordine che della stessa prefettura, l'invio in Sardegna di almeno nuovi 750 migranti;
   la decisione di utilizzare il carcere di Iglesias era stata già presa quasi un anno fa quando l'interrogante denunciò quella scelta inaccettabile, mentre ora viene messa in atto con il silenzio di tutti;
   è gravissimo il silenzio dell'amministrazione comunale di Iglesias e ancora più grave quello della regione;
   il Ministero dell'interno, nonostante l'emergenza in Sardegna stia raggiungendo soglie non più sostenibili, sia sul piano della qualità dell'accoglienza che di quello sanitario, continua a destinare all'isola un contingente di migranti ormai ingestibile;
   non è un caso che i reparti infettivi del sud Sardegna siano ormai pieni e la situazione sanitaria sia in piena emergenza come riportano i report sanitari delle strutture;
   è gravissimo il tentativo di mantenere il silenzio su questa situazione solo «per non disturbare il manovratore»;
   la prefettura avrebbe dato disposizioni per utilizzare in tal senso anche il carcere minorile di Quartucciu;
   il piano nuovi sbarchi in Sardegna sarà attuato con il metodo dell'emergenza, niente di concordato ma dinanzi alle navi cariche di profughi e migranti nessuno potrà dire più niente;
   il tutto passa attraverso un vertice in prefettura dopo che il Ministero ha deciso di inviare in Sardegna 750 nuovi migranti;
   si tratta di una prefettura incapace di reagire nonostante le tantissime situazioni di disagio nella gestione sia sul piano logistico che igienico sanitario della situazione;
   la comunicazione di utilizzare le carceri era stata già formalizzata con nota già divulgata nei mesi scorsi, ma poi si è passati alla fase operativa;
   si tratta di un piano operativo che riguarderà innanzitutto la Sardegna;
   la scelta riguarda proprio la sua caratteristica principale: il suo essere isola e isolata;
   si tratta di una decisione scandalosa e contro tutte le disposizioni internazionali;
   sembra che si voglia creare una vera e propria barriera fisica che isoli gli immigrati dal resto del continente e impedisca loro di muoversi nel territorio nazionale con troppa facilità;
   la Sardegna sarebbe di fatto un vero e proprio «campo di isolamento»;
   si tratta di un piano inaccettabile e frutto solo di un retaggio statale che vede la Sardegna come «cayenna», una volta per i mafiosi, una volta per i migranti;
   nei gangli dello Stato si pensa di poter isolare profughi e migranti in genere nella regione solo con lo scopo di allentare la pressione sul resto del continente;
   la realtà, come si è dimostrato in questi ultimi giorni, è completamente diversa; si sottopongono agenti e forze dell'ordine ad un impegno oltre misura per contenere i migranti nei porti, visto che l'unico loro obiettivo era quello di lasciare il territorio sardo;
   si tratta di un comportamento del Ministero secondo l'interrogante irrazionale e scandaloso;
   si spendono risorse per trasferire i migranti in Sardegna e poi dopo giorni di tensione si è costretti a spendere altri fondi per trasferirli dall'altra parte del mare;
   si tratta, a giudizio dell'interrogante, di uno spreco di risorse pubbliche inaudito a partire dalla chiusura delle carceri di Iglesias, Macomer e Quartucciu;
   l'operazione Iglesias scattata è stata avviata all'insaputa di tutti;
   una squadra di agenti penitenziari è stata di punto in bianco mandata nella casa circondariale di Iglesias in località Sa Stoia;
   il carcere era stato vergognosamente chiuso quasi un anno fa con la improbabile motivazione del freddo e da allora non è stato mai riaperto;
   gli agenti hanno finito di caricare tutto quello che era di proprietà dell'amministrazione penitenziaria: registri, suppellettili, attrezzature informatiche e poche altre cose;
   la disposizione data al responsabile della squadra, a quanto risulta all'interrogante, sarebbe stata tassativa: portar via tutto quello che riguarda la gestione del personale e dei detenuti;
   il carcere deve passare di gestione: dal Ministero della giustizia al Ministero dell'interno;
   nel carcere di Iglesias, secondo il piano ministeriale, si pensa di «stivare» non meno di 200 migranti, utilizzando anche la caserma agenti;
   una decisione anche per il luogo prescelto, un carcere, che la dice tutta sul grado di accoglienza che viene messa in campo;
   si è giunti alla compromissione di ogni regola di buon senso e di responsabilità;
   si tratta di un piano che va bloccato per evitare che la situazione degeneri proprio per la mala gestione di un'accoglienza che appare all'interrogante raffazzonata e inadeguata sotto ogni punto di vista –:
   se non si ritenga di dover bloccare questo inaccettabile progetto sia sul piano logistico che umanitario;
   se non si ritenga di dover assumere iniziative per l'immediata cessione di tali strutture alla regione in base all'articolo 14 dello statuto autonomo della Sardegna;
   se non si ritenga di dover bloccare nuovi trasferimenti di migranti in Sardegna considerata l'inadeguatezza dell'accoglienza e soprattutto perché tale decisione sarebbe contrastata dagli stessi immigrati che puntano a raggiungere altre mete;
   se non si ritenga di dover valutare, per quanto di competenza, il danno economico che tali scelte stanno comportando. (4-12994)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, CARINELLI, DELL'ORCO, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Enav è la società a cui lo Stato demanda la gestione e il controllo del traffico aereo civile in Italia. Nel 1995 fu trasformata in ente pubblico economico ed è diventata società per azioni nell'anno 2001. Enav è controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze che attualmente detiene il 100 per cento del capitale sociale ed è vigilata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   del gruppo Enav fanno parte anche le società Techno Sky, responsabile della gestione tecnica, della manutenzione e dello sviluppo hardware/software degli impianti e dei sistemi per l'assistenza alla navigazione aerea, Enav Asia Pacific, con sede a Kuala Lumpur (Malesia), inaugurata nel 2013 con l'obiettivo di migliorare le prestazioni dei clienti del Sudest asiatico attraverso la fornitura di servizi dedicati e il Consorzio SICTA che realizza progetti di ricerca nell'ambito dei sistemi relativi ai servizi di traffico aereo;
   l'Enav assieme ai principali air navigation service provider (ANSP) europei, AENA, DSNA, DFS, NATS, Skyguide e NAV Portugal, è socio fondatore della società di diritto francese ESSP SAS (European Satellite Services Provider), di cui detiene il 16,67 per cento del capitale azionario;
   alle dipendenze di Enav ci sono circa 3.300 dipendenti che salgono a 4.265 se si considera l'intero gruppo Enav di cui il 70 per cento sono ingegneri, controllori del traffico aereo, meteorologi. In Italia Enav fornisce i servizi di avvicinamento, decollo, atterraggio dalle torri di controllo di 44 aeroporti sul territorio nazionale e i servizi di rotta da 4 centri di controllo d'area di Brindisi, Milano, Padova e Roma;
   dai dati del gruppo Enav riferiti all'anno 2014 si apprende che il gruppo ha avuto ricavi per 835,5 milioni di euro e un utile netto di 40 milioni di euro;
   dalla nota del Ministero dell'economia e delle finanze del 30 ottobre 2015 sugli obiettivi d'incasso 2015 si evince che, nell'anno 2015, circa 200 milioni di euro sono giunti al Ministero dell'economia e delle finanze dal dividendo straordinario riconosciuto dall'Enav per esubero di capitale;
   il 16 maggio 2014 il Consiglio dei ministri ha approvato il testo definitivo dei decreti per la privatizzazione di Poste Italiane e di Enav in cui si prevede, all'articolo 1, l'alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze in Enav spa che determini comunque il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Enav spa non inferiore al 51 per cento;
   nel suddetto decreto di privatizzazione dell'Enav si prevede come prioritaria un'offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia e a investitori istituzionali italiani e internazionali e, in tal caso, potranno essere previste per gli stessi, forme di incentivazione tenuto conto anche della prassi di mercato e di precedenti operazioni di privatizzazione, in termini di prezzo e/o di priorità in sede di assegnazione. Tuttavia, non è esclusa una trattativa diretta da realizzare attraverso procedure competitive;
   sul Sole 24 Ore, del 30 marzo 2016, in una intervista al neo amministratore delegato Roberta Neri, si apprende che Enav starebbe completando gli ultimi adempimenti in vista della privatizzazione e la quotazione a piazza Affari che avverrà nella seconda metà di giugno 2016, mentre nell'articolo si parla anche della chiusura del bilancio 2015 di Enav che ha registrato un risultato netto di 66,1 milioni di euro, +65,2 per cento rispetto al 2014, avvenuto anche a seguito della riduzione dei costi operati a seguito della revisione dei contratti esterni di gestione e manutenzione. I ricavi si attestano a 849,6 milioni di euro. Contestualmente, al fine di escludere i dividendi straordinari, è stato diminuito il capitale di 400 milioni di euro, costituendo una speciale riserva disponibile;
   sempre dalla stessa fonte stampa si apprende che le linee guida del piano industriale 2016-2019 si conferma che Enav proseguirà nella partecipazione a progetti strategici di rilevanza internazionale. Tuttavia, non si parla di approvazione del piano industriale, ma l'amministratore delegato si riferisce solamente alle linee guida;
   in merito ai progetti di rilevanza internazionale, da una lettera aperta della Federazione autonoma del trasporto aereo (F.A.T.A.) ai Ministri dell'economia e finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, si chiedono delucidazioni circa una società del gruppo Enav, Enav North Atlantic LLC, posseduta al 100 per cento da Enav, avente la forma giuridica di una limited liability company e regolata dalle leggi dello Stato americano del Delaware, costituita a gennaio 2014 per la partecipazione ad un investimento per l'acquisizione del 12,5 per cento del capitale sociale della società Aireon LLC, l'azienda statunitense del gruppo IRIDIUM che dovrebbe realizzare il primo sistema globale di sorveglianza satellitare per il controllo del traffico aereo;
   a FATA risulterebbe che Enav abbia speso, sole per una prima tranche, per realizzare questa operazione, 61 milioni di dollari e aggiunge che: «detta società ha come scopo quello di mettere in piedi un sistema di sorveglianza del traffico aereo per monitorare zone attualmente prive di copertura radar, come gli spazi aerei oceanici.(...). Enav S.p.A. partecipa ad una società che ha l'ambizione di fare controllo del traffico aereo su spazi aerei attualmente non di competenza/sovranità italiana – questo, a nostra opinione, appare una previsione veramente «arrangiata ed improbabile», di difficile realizzazione e quasi certamente con una resa economica molto bassa, ottimisticamente parlando – e aggiunge che – Crediamo possa ritenersi legittimo avere mire di espansione come già fatto da Enav con il progetto Kuala Lumpur Enav Asia Pacific, ma tentare di fare «voli pindarici», ipotizzando che uno Stato possa rinunciare al proprio dominio sullo spazio aereo di competenza, alla luce della situazione geopolitica attuale, ci appare come una scelta «folle»;
   secondo FATA è anacronistico che siano stati spesi 61 milioni di dollari, come prima tranche, investiti in una società nel Delaware con caratteristiche di limited liability company e della quale non è dato sapere neanche chi sia l'amministratore;
   sempre dalla lettera succitata, si apprende che recentemente alcuni dirigenti di Corporate siano stati licenziati per aver espresso i medesimi dubbi e perplessità di FATA rispetto ad Enav North Atlantic LLC;
   nell'anno 2009, l'OCSE stimava tra i 1.700 e gli 11.000 miliardi di dollari capitali allocati nei «paradisi», stilando allora una lista assunta dal 620 come base per avviare un duro confronto con gli Stati che non applicavano nessuna o solo alcune delle convenzioni internazionali in materia di trasparenza bancaria o fiscale;
   in merito al suddetto rapporto OCSE in data 14 luglio 2011, il Comitato economico e sociale europeo (CESE), ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema: «Paradisi fiscali e finanziari: una minaccia per il mercato interno dell'UE». Tale parere è stato adottato i giorni 23 e 24 maggio 2012;
   nel paragrafo «3. Paradisi Fiscali», del suddetto parere, il Comitato scriva che: «il rapporto dell'OCSE suscitò un'ondata di proteste, in particolare di Svizzera, Lussemburgo e Uruguay. Ci furono discussioni animate sul caso Stati Uniti: il Delaware; che il Delaware sia una sorta di paradiso fiscale lo sanno benissimo gli americani (...). Che il piccolo Stato a Sud della Pennsylvania offra grossi vantaggi alle società off shore, presentandosi come una alternativa alle Isole Cayman o alle Bermuda, sono in meno a saperlo, ma chi opera nel settore ne è al corrente da tempo. Gli utili delle società stabilite in Delaware sono imputabili per trasparenza ai proprietari che, se non sono cittadini americani e se l'attività della società è svolta fuori dagli USA, non sono soggetti a tassazione negli USA». Il parere in merito a questi paradisi fiscali continua con: «riciclaggio di denaro sporcò, evasioni fiscali, provvista per operazioni di corruzione o per distrarre fondi alle proprie società: sono questi i più rilevanti e diffusi motori di questi paradisi. Da qui partono gli attacchi a debiti sovrani in difficoltà, come pure le grandi campagne per la tutela della libertà incondizionata di movimento dei capitali, coinvolgendo media, partiti politici e rappresentanti delle istituzioni»;
   inoltre, sempre nel suddetto paragrafo in merito a questi paradisi fiscali si legge anche che: «L'assenza di controlli fiscali o l'esistenza di regole deboli di vigilanza prudenziale, l'opacità delle informazioni ai fini della identificazione delle persone fisiche e giuridiche, o qualsiasi altra circostanza di carattere giuridico o amministrativo consentono alle imprese che operano dai loro territori di beneficiare di una quasi totale impunità e godere di vantaggi competitivi intollerabili, e di una copertura contro l'azione delle autorità giudiziarie e amministrative dei Paesi terzi»;
   come si apprende dal sito web del Ministero dell'economia e delle finanze in merito alle privatizzazioni avviate negli anni Novanta, la principale motivazione che ha spinto l'Italia ad intraprendere e realizzare un così ampio processo di dismissione di aziende pubbliche, è stata l'esigenza di ridurre in modo consistente il debito pubblico. Dal 1994 al 2010 le privatizzazioni hanno determinato introiti complessivi per lo Stato di circa 95 miliardi di euro, con conseguente risultante riduzione del debito – passato, in rapporto al prodotto interno lordo, dal 121 per cento del 1994 al 106,4 del 2005 – che ha determinato una minore spesa per interessi dell'ordine di 30 miliardi in termini cumulati;
   tuttavia, a fronte di una riduzione di spesa di interessi del debito pubblico di soli 30 miliardi di euro, le privatizzazioni hanno di contro concorso alla riduzione di sovranità nazionale in settori che determinano servizi atti anche a garantire i diritti dei cittadini come quelli riferibili all'energia, alle comunicazioni, ai trasporti e a servizi fondamentali come il credito bancario che sono passati al mercato ai privati con contestuale aumento delle spese per la cittadinanza e per le amministrazioni;
   dal comunicato stampa del Ministero dell'economia e delle finanze n. 191 del 29 settembre 2015 si apprende che il Ministero dell'economia e delle finanze, definito la struttura del consorzio di garanzia e collocamento per l'operazione di apertura al mercato del capitale di Enav spa abbia conferito a Barclays Capital, Credit Suisse e Mediobanca l'incarico di global coordinator e a JP Morgan e Unicredit l'incarico di joint bookrunner. Il piano delle attività prevede che l'operazione possa essere realizzata nella prima metà del 2016, compatibilmente con le condizioni dei mercati;
   il global coordinator è un soggetto che coordina il consorzio di collocamento e segue una società in tutto il processo di offerta dei propri strumenti finanziari sul mercato, mentre il joint bookrunner è un intermediario che raccoglie e accentra tutti gli ordini di acquisto/sottoscrizione proposti dagli investitori istituzionali in merito ai titoli oggetto di offerta. L'attività svolta dal bookrunner consente di stimare le curve di domanda e di offerta dei titoli oggetto di offerte e, in tal modo, contribuisce a determinare il prezzo di collocamento;
   JP Morgan è nota per le vicende legate ai mutui subprime che hanno dato il via alla crisi mondiale e alla manipolazione del mercato dell'energia negli Stati Uniti D'America ed è protagonista anche dello scandalo della London Whale in Inghilterra. Inoltre, nel documento da essa redatto « Europe Economic Research» del 28 maggio 2013, questa individua, dal suo punto di vista, tra le riforme strutturali più urgenti quelle in termini di riduzione dei costi del lavoro, di aumento della flessibilità e della libertà di licenziare, di privatizzazione, di deregolamentazione, di liberalizzazione dei settori industriali «protetti» dallo Stato. Secondo JP Morgan il problema in Europa è legato anche a un «eccesso di democrazia» che andrebbe ridimensionato, lasciando intendere, a giudizio degli interroganti, che le Costituzioni dei Paesi del Sud d'Europa, e quindi anche quella italiana — atte a garantire le libertà e i diritti dei cittadini e dei lavoratori — andrebbero accantonate; Barclays insieme a JP Morgan, è coinvolta nello scandalo Libor, in merito alla manipolazione del mercato dei cambi, concordando in anticipo alcune transazioni in maniera tale da ricavarne plusvalenze a scapito dei clienti;
   ai sensi dell'articolo 13, comma 6, del decreto-legge n. 332 del 1994 modifiche dalla legge n. 474 del 1994, il Ministro dell'economia e delle finanze trasmette al Parlamento una relazione semestrale sulle operazioni di cessione delle partecipazioni in società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, effettuate nel semestre precedente, nella quale sono espressamente indicati per ogni singola cessione, i proventi lordi, le forme e le modalità ammessa per il pagamento del corrispettivo dell'alienazione, i compensi per gli incarichi di consulenza e di valutazione e le quote dei proventi lordi destinate alla copertura degli oneri e dei compensi connessi alle operazioni di collocamento e di cessione. Dell'anno 2011 non vengono più presentate le relazioni al Parlamento;
   a detta degli interroganti risulta incomprensibile la privatizzazione di Enav, una società pubblica e fondamentale per la sicurezza dello spazio aereo e delle rotte commerciali dei vettori aerei che, non solo chiude in attivo i propri bilanci, ma distribuisce anche dividendi allo Stato e ciò, a maggior ragione, perché in questo processo di privatizzazione sono coinvolti soggetti come JP Morgan e Barclays che a giudizio degli interroganti non sono attendibili a fronte di problemi evidenziati in premessa e per tanto un ripensamento della privatizzazione di Enav dovrebbe esser considerato come prioritario –:
   quali siano le motivazioni per cui il Governo, nell'esercizio dei propri poteri di vigilanza e controllo abbia autorizzato e consentito la creazione di Enav North Atlantic Limited Liability Company, tra l'altro in un «paradiso fiscale», noto per mancanza di trasparenza, garanzia di anonimato nonché di copertura contro l'azione giudiziaria, in netto contrasto con i principi di efficienza, correttezza e trasparenza propri di una società pubblica come Enav s.p.a. (5-08513)


   FRANCO BORDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a stazione ferroviaria di Stradella, in provincia di Pavia, è una struttura gestita da Rete ferroviaria italiana, gruppo Ferrovie dello Stato italiano;
   la stazione, ingerita nella categoria «silver» da parte di Rfi; presenta varie barriere architettoniche e i sottopassi pedonali riservati all'acceso ai binari sono privi di ascensori o montascale per disabili e persone con difficoltà motorie;
   nella stazione era presente una struttura, nei pressi del box del capotreno, che fungeva da pedana di attraversamento dei binari nel caso di passeggeri in carrozzina o più in generale per persone impossibilitate a usufruire delle scale;
   la pedana di attraversamento risulta scomparsa da più di un mese e il personale della stazione ferroviaria ha motivato tale scelta con un problema di sicurezza, che verrebbe infranta dall'attraversamento dei binari anche da altri viaggiatori irrispettosi delle norme e, sostengono, che la pedana non potrà più essere rimontata;
   Trenord, che gestisce la linea, a quanto consta all'interrogante, afferma che non è obbligata a prestare assistenza;
   risulta quindi evidente che le persone diversamente abili o con momentanee difficoltà motorie, ma anche utenti con carrozzine o passeggini per bambino, siano impossibilitati a usufruire dei servizi ferroviari dalla stazione di Stradella –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere perché nelle stazioni ferroviarie italiane venga garantito l'accesso alla mobilità e la fruibilità dei servizi da parte di persone con abilità differenti con particolare riferimento alla stazione di Stradella. (5-08514)


   OLIARO, GALGANO, MATARRESE, VARGIU, D'AGOSTINO, SOTTANELLI, BOMBASSEI, VECCHIO, MOLEA e CATANIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Mistral Air è una compagna aerea con sede a Roma, oggi di proprietà di Poste Italiane, il cui socio di maggioranza è il Ministero dell'economia e delle finanze. La compagnia svolge principalmente attività cargo e charter;
   la compagnia, che svolge principalmente attività cargo e charter, è stata fondata nel 1981 dall'attore Bud Spencer ed è diventata operativa nel 1984. Fino al 2002 la proprietà è stata dell'azienda olandese TNT, per cui svolgeva operazioni di trasporto merci, poi il 75 per cento delle azioni è stato venduto a Poste italiane che, dal 2005, è diventato azionista unico;
   la flotta Mistral Air attualmente è composta da un ATR-72 all cargo, quattro ATR-72 passeggeri, due Boeing 737-300 QC con cabina convertibile da passeggeri a cargo e un Boeing 737-400;
   fino ad oggi Mistral Air è stato o dei maggiori operatori charter a medio raggio presenti sul mercato. Ha operato voli per i principali tour operator con destinazioni quali mar Rosso, Canarie, Isole Greche, Baleari, Russia, Tunisia, Spagna, Francia, Marocco, Terra Santa, Lourdes, Medjugorjie (Mostar) e le principali città europee;
   a causa della crisi economica globale e degli attacchi terroristici che hanno visto coinvolte, oltre alle località del Medio Oriente e del Nord Africa, anche diverse grandi città europee, l'attività charter della Mistral Air è passata al vettore estero Go To Sky che la effettua dall'aeroporto di Bergamo;
   per quanto riguarda i voli di linea, per tutto il 2015 Mistral Air ha operato dagli aeroporti di Bari, Napoli e Roma per Medjugorje e dall'aeroporto di Bari per Mostar, Mosca, Sofia, Tel Aviv, Corfù e Zante. Tale attività, al momento, è terminata;
   a Mistral Air ha, inoltre, in atto contratto con il Governo italiano per lo spostamento dei clandestini tra le varie destinazioni italiane e/o per il rimpatrio degli stessi. Tuttavia, ad oggi, anche questa attività viene effettuata, per conto della compagnia, dal vettore estero Go To Sky;
   la compagnia Mistral Air effettua, per conto della capogruppo Poste Italiane, il trasporto postale notturno, utilizzando i propri aeromobili Boeing 737 (dagli aeroporti di Roma e Napoli) e ATR 72 (dall'aeroporto di Cagliari), durante tutte le settimane dell'anno, da lunedì a giovedì, operando voli notturni per l’hub postale di Brescia Montichiari;
   in precedenza la Mistral Air eseguiva direttamente il servizio postale notturno anche dagli aeroporti di Bari e Catania. Oggi tale attività è stata ceduta ai vettori esteri Bulgarian Air (da Bari) e Jet Time (da Catania) con conseguente dismissione di due velivoli Boeing 737-300 QC presenti precedentemente nella flotta Mistral, passata, pertanto, da dieci aeromobili agli attuali otto;
   Mistral Air opera anche nel settore del trasporto delle merci mediante un'unità organizzativa dedicata al cargo: nel 2013 ha trasportato oltre 16 mila tonnellate di merce. La compagnia allestisce, inoltre, voli charter cargo on demand, ossia su richiesta, anche se tali attività sono al momento svolte solo sporadicamente;
   da giugno 2014 Mistral Air ha altresì operato per conto di Alitalia con aeromobili ATR 72 sulle seguenti rotte nazionali: Roma – Ancona; Trieste – Linate; Trieste – Napoli; Trieste – Catania; continuità territoriale per le isole di Pantelleria e Lampedusa da Palermo, Trapani e Catania. Dal 2015 si sono aggiunte le rotte Torino – Napoli/Reggio Calabria/Lamezia Terme, sempre operate per conto di Alitalia, con aeromobili Boeing 737;
   l'utilizzo della flotta di Mistral Air su collegamenti di Alitalia è conseguente all'accordo di cooperazione industriale e di sviluppo delle sinergie fra Alitalia CAI e Poste Italiane. L'accordo fa seguito all'investimento di Poste italiane nel capitale azionario, attraverso la creazione di una mid-company (MidCo), durante il transito da CAI (Compagnia Aerea Italia) a SAI (Società Aerea Italiana), di cui fanno parte gli ex azionisti di CAI ed Etihad Airways al 49 per cento, e che quindi si configura nella nuova Alitalia-Etihad;
   il progressivo smantellamento delle attività svolte da Mistral Air a favore del vettore estero Go To Sky e la dismissione di due Boeing 737-300 QC hanno iniziato a preoccupare il personale della compagnia e i sindacati che hanno chiesto un incontro alla proprietà per avere chiarimenti sul destino degli altri otto velivoli (cinque ATR e tre Boeing 737) e sul relativo personale impiegato;
   il 21 gennaio 2016 l'azienda ha incontrato i sindacati Uiltrasporti e Anpav annunciando la richiesta di rientro in Alitalia al 31 gennaio 2016 (anziché al 31 marzo 2016 come inizialmente previsto) di tutta l'attività attualmente svolta dalla flotta Boeing 737 e ATR della Mistral Air;
   come illustrato dai sindacati, nello stesso incontro l'amministratore delegato della Mistral Air, Rosario Fava, ha confermato che non è stato formalizzato alcun piano industriale aziendale sulla compagnia «Considerando che la programmazione dell'attività charter e linea per la stagione primavera-estate viene normalmente formalizzata con largo anticipo – spiegano i sindacati – mediante contatti con agenzie e tour operator, se ne deduce che nulla è stato fatto a riguardo e di conseguenza che i timori circa il futuro occupazionale dei dipendenti di Mistral Air sono più che fondati»;
   a seguito di tale incontro, i sindacati hanno aperto la vertenza e avviato la procedura di raffreddamento (prima in sede aziendale e di seguito in sede ministeriale) per arrivare alla proclamazione di un pacchetto di ventiquattro ore di sciopero a sostegno della vertenza: le prime quattro ore di astensione dal lavoro sono fissate per il giorno 18 marzo dalle 14 alle 18;
   oggi la Mistral Air annovera complessivamente circa 200 dipendenti, ripartiti tra personale di volo (piloti e assistenti di volo) e personale di terra (amministrativo e tecnico), sia a tempo indeterminato che determinato –:
   se il Ministro per quanto di competenza, sia a conoscenza della ragione per cui la Mistral Air, compagnia aerea del gruppo Poste Italiane, dunque a partecipazione pubblica pur disponendo di una flotta adeguata, abbia affidato molti dei propri voli a vettori esteri e quali iniziative si intendano adottare per salvaguardare il futuro occupazionale dei 200 lavoratori impiegati nella compagnia, anche alla luce dell'investimento consistente che Poste Italiane ha effettuato nel capitale societario di Alitalia. (5-08515)


   BRUNO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Piano nazionale degli aeroporti, indica Firenze tra gli aeroporti di interesse nazionale per il bacino di traffico centro-nord;
   il «Regolamento recante l'individuazione degli aeroporti di interesse nazionale, a norma dell'articolo 698 del codice della navigazione» prevede che: «In considerazione delle caratteristiche morfologiche del territorio e della dimensione degli scali, si è prevista un'ulteriore eccezione alla regola di un solo aeroporto di particolare rilevanza strategica per ciascun bacino, per il bacino del Centro-Nord, per il quale gli aeroporti di particolare rilevanza strategica individuati sono due, ovvero Bologna e Pisa/Firenze, a condizione, relativamente ai soli scali di Pisa e Firenze, che per gli stessi si realizzi la gestione unica»;
   la nuova pista prevista per l'aeroporto di Firenze cosiddetta 12/30 è inserita ad immediato ridosso dalle prime abitazioni di Firenze, a pochi metri dal nuovo tribunale. Tale nuova infrastruttura sarebbe collocata nelle vicinanze del Polo Scientifico Unifi di Sesto Fiorentino (circa 3.300 persone), Scuola Marescialli CC (circa 2.000 persone), a 1.250 metri di Casello Autostradale A/1-A/11 che sarà sorvolato a 65 metri da terra. In tale comprensorio oltre alle infrastrutture in essere, ne sono previste altre al alta concentrazione residenziale come da dettaglio: Pue Residenziale Castello UNIPOL-SAI; Nuovo Mercato ortofrutticolo; Nuovo Centro Logistico Esselunga; Nuovo Inceneritore di Case Passerini; Nuovo Stadio ACF Fiorentina (45.000 posti) oltre ad alberghi, shopping mail e strutture collegate; Terza Corsia A1-A11. Opere che dovrebbe essere realizzate e coesistere in un raggio di soli 3 chilometri;
   il Piano nazionale degli aeroporti prevede al contempo il ridimensionamento dell'aeroporto di Ciampino a causa delle problematiche urbanistiche (Rischio Volo-Zone Tutela-Art. 715 CDN) e di quelle ambientali. L'8 ottobre 2015, l'Enac ha approvato il Master Plan dell'aeroporto di Roma Ciampino che prevede «una riduzione dei livelli operativi e conseguentemente degli impatti ambientali generati dallo scalo, a favore di una maggiore sostenibilità per il territorio»;
   l'aeroporto Roma Ciampino ha a disposizione, a differenza del nuovo aeroporto di Firenze, anche una pista di rullaggio che consente una migliore gestione operativa riducendo l'impatto del rumore e delle emissioni;
   il rapporto ambientale sull'aviazione europea, pubblicato il 29 gennaio 2016 da EEA – e che è il risultato della collaborazione tra la Commissione europea, l'Easa (European Aviation Safety Agency) e Eurocontrol – fornisce dati per valutare l'impatto del trasporto aereo al fine di renderlo più sostenibile. Il rapporto evidenzia che intorno ai sedimi aeroportuali, in valori assoluti, le emissioni di CO2 sono aumentate di circa l'80 per cento tra 1990 e il 2014, e si prevede che cresceranno di un ulteriore 45 per cento tra il 2014 e il 2035. Le emissioni di NOX sono raddoppiate tra il 1990 e il 2014 e si prevede che cresceranno di un ulteriore 43 per cento tra il 2014 e il 2035. All'aumento della domanda, secondo lo studio, non è corrisposto negli anni un significativo miglioramento tecnologico per limitare gli impatti ambientali del trasporto aereo, anche a causa di una flotta europea sempre più vecchia;
   Enac ed Enav continuano ad attestare senza darne prova, che il C.U. Coefficiente d'uso della nuova pista di Firenze, pista in operatività monodirezionale, è del 97,5 per cento quando esperti dichiarano che è tecnicamente impossibile da ottenere;
   gli studi ANACMA (Associazione Controllori Volo) dichiarano Firenze come caso unico e di studio perché alle due estremità della pista si riscontrano differenti intensità e variabilità nella direzione venti;
   Enac/Enav attestano, a quanto risulta agli interroganti, senza fornire documentazioni a comprova, tali Coefficienti; sono state richieste, tramite regolare accesso agli atti da parte dei cittadini, le modalità di raccolta dati, algoritmi, e altro, cioè la documentazione scientifica a supporto delle citate tesi, atti che non sono mai stati ne consegnati né ufficialmente divulgati;
   le valutazioni tecnico-scientifiche prodotte da soggetti professionali per conto di cittadini ed associazioni avrebbero verificato che il C.U. della nuova pista in operatività esclusivamente monodirezionale (quindi senza sorvolo di Firenze, escluso il caso di emergenza riconducibile al solo 1 per cento risulta essere del 75 per cento/80 per cento, quindi nettamente peggioravo di un 15 o di un 20 per cento rispetto alla pista attuale; tale valutazione farebbe venire meno la necessità operativa di una nuova pista –:
   se il Ministro interrogato alla luce delle misure cautelative intraprese per l'aeroporto di Roma Ciampino, al fine di favorire una maggiore sostenibilità ambientale e sanitaria per il territorio, e dei recenti studi europei sull'impatto dell'aviazione eurapea, non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per garantire analoghe valutazioni anche per il nuovo aeroporto di Firenze, a fronte di criticità maggiori che si registrano dal punto di vista urbanistico e ambientale, rispetto allo stesso aeroporto di Ciampino e se possa rendere nota la documentazione tecnica sulla quale è stata basata la valutazione dei venti prevalenti su tale aeroporto, utilizzata poi per la valutazione di impatto ambientale. (5-08516)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GAROFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il consorzio per le autostrade siciliane (Cas) è un ente pubblico non economico che ha come scopo sociale la gestione delle autostrade A18 (autostrada Messina-Catania) ed A20 (autostrada Messina-Palermo);
   in un precedente atto di sindacato ispettivo (5-02567), presentato dall'interrogante e svolto nella seduta della commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati in data 7 agosto 2014, è stato evidenziato come il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avesse, in diverse occasioni, diffidato il citato Consorzio a seguito di numerose inadempienze concernenti l'espletamento degli interventi di manutenzione delle infrastrutture autostradali gestite in concessione (A18 Messina-Catania, A18 Siracusa-Gela ed A20 Messina-Palermo);
   ad oltre 18 mesi di distanza dallo svolgimento della suddetta interrogazione (alla quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva risposto, tramite il sottosegretario Del Basso De Caro, che gli uffici dello stesso Ministero avevano il compito di monitorare, verificare e controllare l'operato del Cas), le tratte autostradali citate sono ancora in condizioni inadeguate a garantire la percorrenza in sicurezza degli utenti, nonostante i pedaggi vengano regolarmente riscossi;
   le tratte autostradali gestite dal Cas sono soggette al pagamento di un pedaggio che dovrebbe servire a mantenerle in sicurezza, nonché a garantire un servizio maggiormente competitivo rispetto a quello offerto dalla rete stradale non affidata a gestione esterna. I ricavi del pedaggio pertanto dovrebbero essere destinati all'ammodernamento, all'innovazione e alla gestione e manutenzione delle predette tratte autostradali;
   è necessario rilevare, altresì, che le tratte autostradali presentano un manto stradale fortemente usurato, come reso palese dalle vistose buche centrali; le barriere di sicurezza laterali sono ormai «superate» rispetto agli standard richiesti dalla normativa vigente e l'illuminazione delle gallerie è insufficiente ad assicurare condizioni minime di sicurezza per i guidatori;
   a quanto sopra denunciato si aggiungono ulteriori disagi legati al fatto che, a causa dei mancati interventi di scerbatura, le piante invadono la carreggiata lungo ampi tratti stradali, coprendo la segnaletica verticale e soprattutto i catarifrangenti;
   le aree di servizio sono spesso in pessime condizioni igieniche;
   da ultimo è da rilevare come il manto stradale nei caselli di Messina e Catania presenta ampi dislivelli;
   le problematiche accennate, già denunciate nel 2014, determinano insoddisfazione e anche condizioni di pericolo per chi percorre le citate tratte autostradali, così come rappresentato da varie denunce da parte di associazioni rappresentative dell'utenza;
   numerose sono le interruzioni causate da lavori straordinari (causate da frane) e da varie situazioni che si protraggono da anni e con riferimento alle quali non si è a conoscenza degli interventi in atto per portare le condizioni d'impiego alla normalità –:
   se intenda chiarire quali iniziative abbia assunto, alla luce della risposta fornita all'interrogazione sopra citata e per quali motivi non si sia provveduto ad effettuare interventi urgenti destinati alla soluzione delle problematiche esposte in premessa;
   se non ritenga opportuno accertare come i ricavi risultanti dai pedaggi pagati dagli utenti vengano impiegati dal consorzio per le autostrade siciliane (Cas).
   se non ritenga opportuno accertare se i ricavi risultanti dal pedaggio pagato dagli utenti siano stati utilizzati dal (Cas) per ammodernare e mantenere nelle migliori condizioni le tratte autostradali a vantaggio dell'utenza;
   se non intenda chiarire quali interventi di competenza per l'ammodernamento della rete autostradale siano stati effettuati a partire dal 7 agosto 2014, data dello svolgimento dell'interrogazione sopra richiamata. (5-08500)


   BUSINAROLO, CECCONI, TERZONI e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-07070 del 24 novembre 2015 ancora senza risposta, sono state segnalate le notevoli limitazioni operative delle banchine adibite al traffico merci del porto di Ancona; in particolare la situazione delle banchine operative sarebbe molto critica in quanto la maggior parte sono inagibili o parzialmente inagibili: la n. 22 è chiusa per inagibilità; le banchine n. 23 e n. 24 (che è solo un punto di raccordo tra le banchine 23 e 25) presenterebbero limiti operativi; la banchina n. 21 è destinata ai silos retrostanti;
   effettivamente, risulterebbero pienamente agibili le banchine n. 25 (ancora non oggetto dell'indagine promossa dall'autorità portuale di Ancona) e la banchina n. 26 entrata in funzione nel 2015, dopo la realizzazione delle dighe foranee di protezione, anche se non è ancora dato conoscere se la stessa banchina sia stata collaudata, ancorché in via provvisoria, e da quale soggetto. A tale proposito alcuni armatori hanno segnalato agli interroganti che la banchina 26 non sarebbe provvista di adeguato impianto di approvvigionamento e diffusione di acqua per le navi mercantili che vi attraccano i né in caso di incendio della nave o delle merci da caricare o scaricare. Circostanza che, ove confermata, comporterebbe un grave rischio per il personale di bordo e di terra, per i carichi, per le navi e per l'intera area circostante. In base alla normativa nazionale e internazionale vigente (SOLAS), l'autorità marittima vigila, ai fini della sicurezza della nave, sulle operazioni di imbarco, stivaggio e sbarco dei carichi solidi e la vigilanza antincendio è svolta secondo modalità disciplinate con ordinanza dell'autorità marittima, concordate con il Comando provinciale dei vigili del fuoco –:
   se sia a conoscenza delle criticità operative delle banchine del porto di Ancona e se e quali interventi si intendano attuare per garantire la piena funzionalità dello scalo, anche in considerazione del fatto che lo stesso rientra tra quelli interessati dalle istituende autorità di sistema portuale, in base allo schema di decreto legislativo approvato, in via preliminare a gennaio 2016 dal Consiglio dei ministri;
   se la banchina 26 si stata collaudata e da quale ente e se risponda alle «normative SOLAS» ai fini dell'approvvigionamento idrico delle navi e per la prevenzione e lo spegnimento degli incendi.
(5-08504)


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni diverse fonti giornalistiche riportano che è stato necessario fare accertamenti sui carrelli dei treni Atr220 tr-Swing, gestiti da Trenitalia che viaggiano nelle regioni Basilicata, Abruzzo, Marche, Veneto e Calabria per il trasporto dei pendolari, in sostituzione delle vecchie locomotive degli anni ‘70;
   in Basilicata tre nuovi convogli sono stati acquistati in autofinanziamento mentre il quarto è stato interamente acquistato dalla regione Basilicata. A livello nazionale, Trenitalia ha programmato un investimento di 3 miliardi di euro che si traduce in 200 nuovi treni e 235 convogli completamente rinnovati;
   si è appreso da fonti stampa che i nuovi treni, modello Atr. 220-Swing, prodotti dal colosso polacco Pesa, acquistati anche dalla regione Basilicata per la tratta Potenza — Melfi — Foggia e Potenza – Salerno, potrebbero avere problemi di compatibilità con il rischio di uscire dai binari per disfunzioni tecniche sulle sospensioni dei telai dei carrelli;
   gli Swing sono treni progettati e realizzati secondo le più avanzate concezioni di ingegneria, con accessori e dotazioni tecnologiche all'avanguardia. Sono moderni convogli diesel con un'offerta complessiva di 312 posti (di cui 159 a sedere), destinati a viaggiare sulle linee non elettrificate, capaci di raggiungere la velocità di 130 chilometri orari;
   Trenitalia ha comunicato che in alcune regioni italiane si è reso necessario fare accertamenti sui carrelli dei treni Atr220 tr-Swing, perché l'agenzia di sicurezza polacca avrebbe comunicato all'analoga Autorità italiana (ANSF) consistenti difetti nei telai dei carrelli, con rischio consistente di deragliamento;
   l'Autorità nazionale per la sicurezza del paese baltico ha inviato una nota informativa all'Italia nella quale si parla espressamente di 14 casi «di rottura del telaio» accaduti in Polonia, dove i treni Swing sono stati bloccati e messi fuori servizio. Già nell'ottobre 2015 dei guasti ai sistemi di bordo dei treni Swing provocarono notevoli disagi su alcune linee toscane;
   nel documento trasmesso dalla Polonia si consiglia di prestare attenzione durante le ispezioni a possibili crepe, rotture e graffi consigliando alle aziende, in possesso dei treni Pesa di avviare verifiche straordinarie, onde evitare incidenti come lo svio del convoglio dal binario;
   il colosso polacco Pesa, il 27 novembre 2013 si è aggiudicata la gara per 40 treni diesel ed avrebbe ottenuto dall'Italia una commessa di oltre 152 milioni di euro, finanziata in parte dalle regioni, in parte da Trenitalia stessa –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
   quali iniziative intenda promuovere per verificare, per quanto di competenza, se vi siano responsabilità in termini di controllo sulla sicurezza e per garantire la sicurezza dei viaggiatori;
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere affinché Trenitalia garantisca il servizio ai pendolari, con mezzi idonei e sicuri;
   quali iniziative di competenza intenda assumere per fare in modo che i nuovi treni messi in servizio su tutto il territorio nazionale siano quelli di ultima generazione in grado di garantire i massimi standard di sicurezza. (5-08505)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i lavori delle opere e delle forniture necessarie per la costruzione dei lotti 6+7 e 8 – Ispica, Viadotti Scardina e Salvia, Modica – del 2o tronco dell'autostrada Siracusa-Gela, sono stati affidati da Co.si.ge. Scarl (Consorzio d'imprese che comprende Società italiana per condotte d'acqua s.p.a. e Cosedil s.p.a.);
   i suddetti lavori sono stati finanziati con fondi europei del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e per una quota parte dalla regione siciliana, per un totale di 360 milioni di euro;
   l'inizio dei lavori era previsto entro novembre del 2013 e la consegna del tratto prioritario (Rosolini-Ispica) doveva avvenire entro dicembre del 2013 per poi concludere l'intera opera a metà del 2017;
   il Cas (Consorzio autostrade siciliane) ha consegnato i lavori «in regime d'urgenza nelle more della stipula del contratto» soltanto a giugno del 2014;
   in data 20 febbraio 2015, sono affidati alla società Castaldo con contratto n. OA 1500003- i lavori di esecuzione in Subappalto di movimenti di terra e opere in cemento armato, da eseguire in conformità a relativi progetti;
   la Castaldo s.r.l. dava per certa l'esistenza, come peraltro desumibile dall'iniziale crono-programma delle attività, dei progetti esecutivi di cui non c’è mai stata traccia;
   infatti, la Castaldo s.r.l. dichiara che «si è registrato un andamento a singhiozzo configurandosi sostanzialmente un appalto a regia che ha visto precluso ogni tipo di autonoma programmazione e quindi di utile gestione delle risorse da parte del Subappaltante»;
   l'impresa appaltante ha già eseguito lavori per diversi milioni di euro senza ricevere il pagamento delle fatture presentate;
   la Castaldo s.r.l. che ha occupato circa 100 lavoratori siciliani, ha svolto ripetuti tentativi di conciliazione con la committente e il Cas con l'intento di proseguire i lavori, mettendo a disposizione ulteriori risorse per dimostrare la volontà e la capacità di raggiungere gli obblighi e gli obiettivi contrattuali del subappalto;
   nonostante i numerosi solleciti di pagamento e l'evidenza di criticità per il proseguimento dei lavori, alla Castaldo s.r.l. non è pervenuta nessuna risposta concreta;
   a fronte delle numerose difficoltà di gestione dei lavori, nel dicembre 2015, la Castaldo spa invia una formale diffida e messa in mora alle società appaltatrici, comunicando il rischio del blocco definitivo dei lavori, con la relativa rescissione del contratto a causa dei mancati impegni contrattuali di quest'ultima ed evidenti problemi espropriativi, interferenze con sotto-servizi, mancata consegna alle ditte dei progetti esecutivi. Nella diffida, infatti, si legge: «sono derivate sostanziali alterazioni delle condizioni di esecuzione dell'appalto ed è stata considerevolmente ridotta la capacità di gestione del Subappaltatore esasperando l'incidenza negativa degli oneri finanziari connessi all'esecuzione del contratto. L'alterazione delle iniziali previsioni ha compromesso pesantemente la posizione dell'impresa in termini di flusso di cassa aziendale, di 1. perdita marginale delle attività, nonché di mancato ammortamento delle capitalizzazioni effettuate». «Fin dal principio dell'esecuzione delle lavorazioni sono emerse insormontabili carenze progettuali ovvero imprevista indisponibilità delle aree» e diverse difficoltà riscontrate nel tratto interessato «con un evidente dispendio di risorse». Si continua evidenziando «un andamento a singhiozzo dei lavori» con conseguente «limitazione della piena autonomia della ditta Castaldo s.p.a. e alterazione delle condizioni di esecuzione dell'appalto»;
   la Castaldo s.p.a., non avendo avuto nessun tipo di risposta alla diffida e messa in mora, ha dovuto bloccare i lavori e rescindere il contratto stipulato con le società appaltatrici –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se i fondi europei in capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti siano stati erogati nei tempi previsti e in caso positivo a quale ente o società siano stati versati;
   quale sia stato l'utilizzo dei fondi eventualmente erogati;
   se ritenga opportuno assumere iniziative normative per introdurre nell'ordinamento la previsione che vi sia sempre un argano che controlli e verifichi la gestione dei fondi pubblici erogati alle ditte che si aggiudicano i lavori e che poi subappaltano ad altre;
   se i ritardi dei lavori siano ascrivibili al Consorzio autostrade siciliane e di quali elementi disponga in merito alle varie problematiche riscontrate per i lavori di esecuzione della tratta autostradale interessata;
   se non intenda adoperarsi tempestivamente, per quanto di competenza, al fine di consentire la prosecuzione dei lavori necessari per la costruzione dei lotti 6+7 e 8-Ispica, Viadotti Scardina e Salvia, Modica – del 2o tronco dell'autostrada Siracusa-Gela. (4-13001)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   stando a quanto si è appreso dalla stampa, il comune di Soresina, in provincia di Cremona, ha vissuto una notte di terrore tra il 24 ed il 25 aprile 2016, per effetto dello scatenarsi di una violenta rissa tra gruppi contrapposti di immigrati extracomunitari, alcuni dei quali erano apparentemente di origine araba;
   nel corso degli scontri, allo scopo di utilizzarli come armi, i facinorosi hanno persino divelto i segnali stradali;
   svegliati dagli schiamazzi, gli abitanti del centro di Soresina hanno chiesto l'intervento dei carabinieri, che sono poi effettivamente intervenuti a sedare la rissa;
   gli immigrati coinvolti negli scontri hanno danneggiato numerose auto in sosta;
   non è la prima volta che scoppiano disordini tra immigrati, ma non c'erano precedenti di vera e propria guerriglia urbana;
   la situazione, in evidente deterioramento, allarma la cittadinanza, che chiede a gran voce il rafforzamento dei presidi delle forze dell'ordine –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo per garantire la sicurezza e l'ordine pubblico gravemente minacciati nel comune di Soresina e se in particolare il Governo non ritenga opportuno potenziare i locali dispositivi delle forze di polizia. (4-12987)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VENTRICELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   negli anni 2011 e 2012, le imprese PENTA ELETTRICA S.n.c., CO.SI.DA. S.r.l., TECNO AIR S.r.l., NOTARIO NICOLA ditta individuale e VINCENZO DE BERNARDIS ditta individuale, così come tante altre imprese della zona di Gravina ed Altamura, hanno sottoscritto diversi contratti di appalto, di fornitura e di posa in opera con la Società Generale Realizzazione Uno S.r.l. (anche denominata SGR.UNO S.r.l.) con sede in Eboli (Salerno) al Viale XXIV Maggio n. 10, nella persona del Sig. Cernelli Gaetano, nato a Salerno (Salerno) il 25 novembre 1959, questi amministratore unico e legale rappresentante della predetta società;
   nello specifico:
    la CO.SI.DA. s.r.l. in data 20 novembre 2011, 1o marzo 2012 e 5 marzo 2012, ha sottoscritto tre contratti per la realizzazione di lavori (opere edili ed impianti) e posa in opera nell'ambito della realizzazione del «Villaggio Parco Turistico» sito in Forenza, nonché per la realizzazione di lavori del «Borgo Cattedrale» in Acerenza e Forenza, lavori tutti eseguiti e portati a compimento, per un valore complessivo di euro 399.000,00;
    la PENTA ELETTRICA s.n.c., in data 6 febbraio 2012, ha sottoscritto un contratto per la prestazione di mano d'opera specializzata per l'esecuzione degli impianti elettrici, da eseguirsi presso il «Villaggio Parco Turistico», sito in Forenza contrada Reddito degli Angeli per l'importo di euro 316.700,00, nonché ulteriore contratto per fornitura di materiali per l'esecuzione degli impianti elettrici sempre all'interno della medesima struttura per un importo di euro 304.290,00, lavori tutti eseguiti e portati a compimento oltre che per la gran parte fatturati, per un importo complessivo di euro 620.990,00;
    la NOTARIO Nicola ditta individuale, in data 16 gennaio 2012, ha sottoscritto contratto di subappalto per lavori di impiantistica idraulica, fluido meccanici e connessi da realizzarsi nel Villaggio Parco Turistico in Forenza, contrada Reddito degli Angeli, lavori tutti eseguiti e portati a compimento, per un importo complessivo di euro 204.730,00;
    la DE BERNARDIS Vincenzo ditta individuale, in data 15 novembre 2011, ha sottoscritto contratto di subappalto per la realizzazione di lavori (opere edili ed impianti) nell'ambito della realizzazione del «Villaggio Parco Turistico» in Forenza, nonché in data 3 maggio 2012 contratto per lavori in opera di scale per l'accesso ai piani soppalchi da eseguirsi sempre presso il «Villaggio Parco Turistico» di qui sopra, lavori tutti eseguiti e portati a compimento, per un importo complessivo di euro 300.310,00;
    la TECNOAIR s.r.l., in data 1o marzo 2012, ha sottoscritto due contratti, il primo per la prestazione di mano d'opera specializzata per la posa in opera di condotte per la distribuzione dell'aria ed i rispettivi accessori idraulici, l'altro per la fornitura di condotte per la distribuzione dell'aria compreso e dei rispettivi accessori idraulici, per un importo complessivo di euro 86.236,497;
   tutti gli anzidetti contratti erano riferiti ai connessi contratti di appalto stipulati, nell'anno 2008, per la realizzazione di un villaggio parco turistico in Forenza (PZ), tra la ridetta SGR.UNO S.r.l. e la committente ANDROMEDA SOCIETÀ AGRICOLA S.r.l. con sede in Acerenza (Potenza) alla Via Umberto I, n. 19 – già denominata «Borghi e Masserie» ed «Innovazione S.r.l.» (anche denominata «ANDROMEDA») – il cui legale rappresentante era il signor Carlo Saverio Lamiranda, nato ad Acerenza (Potenza) il 4 novembre 1951, che era l'interlocutore delle anzidette imprese subappaltatrici e che materialmente seguiva l'esecuzione delle opere appaltate e si occupava dei relativi aspetti economici;
   gli originari contratti di appalto tra dette ultime società (SGR.UNO ed ANDROMEDA), inoltre, si inserivano nel contesto del contratto di programma «Consorzio Turistico Pausania – Società Corsortile per lo Sviluppo delle Economie ed Autonomie Rurali S.c.r.l.», stipulato in data 5 settembre 2007, tra la già «Innovazione S.r.l.» e «Borghi e Masserie», ora ANDROMEDA SOCIETÀ AGRICOLA S.r.l. in fallimento ed il Ministero delle attività produttive, su delibera del 29 luglio 2005 del C.I.P.E., registrata alla Corte dei Conti in data 1o febbraio 2006, in considerazione del quale la committente beneficiava di finanziamenti pubblici per circa 40 milioni di euro;
   tutti i lavori appaltati nei contratti innanzi richiamati sono stati regolarmente eseguiti e portati a compimento dalle anzidette imprese, mentre i pagamenti sono stati effettuati dalla SGR.UNO s.r.l. solo in parte, tant’è che le anzidette imprese risultano, ad oggi, creditrici di importi complessivi per circa 730.000,00 euro;
   nel frattempo, la SGR.UNO S.r.l. è stata dichiarata fallita dal tribunale di Salerno (R.F. n. 72/2014) con sentenza del 16 ottobre 2014 (Giudice dottore Roberto Ricciardi – curatore fallimentare dottoressa Elisabetta Gentile), con crediti insinuati per circa euro 3.700.000,00 euro ed ammessi per circa euro 3.500.000,00, la ANDROMEDA SOCIETÀ AGRICOLA S.r.l. è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Salerno (R.F. n. 67/2014), con sentenza del 23 luglio 2014 (giudice dottor Salvatore Russo – curatori fallimentari avvocato Giovanni Noschese – Avvocato Andrea Scarano), con crediti insinuati per circa euro 3.000.000,00 euro ed ammessi per circa euro 2.500.000,00;
   allo stato attuale, nonostante la ANDROMEDA abbia incassato gli importi erogati dal contratto di programma Pausania,  le diverse imprese che si sono rapportate con la subappaltatrice dei lavori, SGR.UNO S.r.l. si vedono pesantemente penalizzate per le inadempienze nei pagamenti;
   nel corso dei rapporti intercorsi, il pagamento dei lavori appaltati avveniva raramente in maniera diretta da parte della SGR.UNO S.r.l., ma prevalentemente per il tramite della ANDROMEDA, nella persona del signor Saverio Lamiranda che era solito rilasciare assegni bancari ed effetti cambiari – titoli tutti risultati insoluti e protestati, peraltro emessi da società diverse dalla S.G.R.Uno s.r.l., e, segnatamente, dalla medesima ANDROMEDA, dalla Mensa – Società Turistica ricettiva ristorativa con sede in Eboli alla Via XXIV Maggio n. 10 e dalla «Eprus s.r.l.» con sede in Battipaglia alla Via Jemma n. 2;
   dette società, infatti, sebbene non collegate dal punto di vista giuridico, erano, di fatto tutte riconducibili alla ANDROMEDA: la «EPRUS Finanza ed impresa s.r.l.», costituita in data 26 ottobre 2009 è, infatti, amministrata dalla signora Cernelli Concetta, parente del signor Cernelli Gaetano (già Amministratore della SGR.UNO S.r.l., nonché Sindaco supplente della ANDROMEDA) ed è proprietaria di quote nominali della ANDROMEDA;
   la medesima società SGR.UNO s.r.l. è proprietaria di quote sociali della EPRUS FINANZA ed IMPRESA S.r.l. per un valore (meramente nominale) di euro 4.959.000,00 sono altresì proprietari di quote sociali della EPRUS S.r.l., la AMPHORA s.r.l. con un valore di euro 1.880.000,00, la ARISTEO società consortile per lo sviluppo turistico mediterraneo s.c.r.l. per un valore di euro 160.000,00, nonché la signora Ostuni Maria (STNMRA49L57G942V) con una quota di euro 1.000,00;
   la MENSA S.r.l., invece è di proprietà della ridetta signora Ostuni Maria per quote sociali di euro 9.500,00 e del signor Lamiranda Aurelio per quote sociali di euro 500,00;
   si aggiunge, inoltre, che in data 29 ottobre 2013, è stata costituita un'ulteriore società denominata «Il Melograno degli Angeli s.r.l.» con sede in Potenza alla Via Anzio n. 32, società costituita ad hoc in data 20 ottobre 2013 al fine di separare le attività in bonis, ad avviso dell'interrogante svuotando di fatto ANDROMEDA e rendendola una mera scatola vuota;
   infatti, in detta società – avente quale oggetto sociale, l'attività di ristorazione ed alberghiera sempre riconducibile all'azienda agrituristica «Masseria del Falco» ed avente capitale sociale di 10.000,000,00 con 4 soci (tra cui il signor Lamiranda Aurelio), con amministratore unico la signora Lamiranda Mariangela, figlia del Lamiranda Saverio Carlo – sono confluite le quote della Andromeda Società Agricola s.r.l. (con atto avvenuto in data 30 gennaio 2014), ad oggi dichiarata fallita;
   inoltre, nonostante le imprese siano in possesso di titoli di credito nei confronti delle anzidette società, le predette non sono nelle condizioni di poter avere soddisfazione economica, in quanto le società debitrici sono del tutto incapienti;
   aggiungasi che, sebbene di fatto i lavori siano stati eseguiti a beneficio della ANDROMEDA – il cui fallimento potrebbe avere capienza nell'ipotesi di esito vittorioso dell'anzidetta azione revocatoria fallimentare – i rapporti negoziali intercorsi contrattualmente e formalmente con la SGR.UNO S.r.l. non consentono alle imprese contraenti di avere un credito diretto con la ANDROMEDA;
   dai fatti esposti parrebbe emergere, a giudizio dell'interrogante, un sistema di scatole vuote, nel cui contesto la ANDROMEDA ha beneficiato di finanziamenti pubblici per ingenti importi, mentre le diverse società interfacciatesi si trovano nell'impossibilità di avere piena soddisfazione economica per le attività svolte; la strutturata operazione societaria, creata da un insieme di soggetti, legali rappresentanti delle società interessate, soci vari, consulenti ed altri avrebbe, inoltre, portato al paradosso che la ANDROMEDA S.r.l., originaria committente della SGR.UNO S.r.l. e, pertanto, presumibilmente debitrice di quest'ultima per le opere prestate, sarebbe divenuta, in sostanza, debitrice di quest'ultima, avendo di fatto prestato garanzie e rilasciato titoli per il pagamento degli importi di cui la SGR.UNO S.r.l. è debitrice verso le imprese appaltatrici;
   ciò comporterebbe per la curatela del fallimento SGR.UNO s.r.l. l'impossibilità di proporre domanda di insinuazione al passivo nel ben più capiente fallimento ANDROMEDA s.r.l. e, ciò, a nocumento dei creditori fallimentari della SGR.UNO s.r.l., alcuni dei quali stanno avendo gravi ripercussioni economiche per il prosieguo delle rispettive attività, avendo anticipato i costi dei lavori eseguiti ed essendosi esposti verso il ceto bancario, tra l'altro fatturando somme ed anticipando la relativa IVA per importi che non sono mai stati incassati;
   di tali circostanze è stata fatta denuncia-querela alla procura della Repubblica presso il tribunale di Potenza, ove è incardinato un procedimento per risvolti penali della vicenda nei confronti dei legali rappresentanti delle anzidette società, anche se, per dovere di cronaca, il pubblico ministero, titolare del fascicolo, ha presentato richiesta di archiviazione delle indagini, a fronte della quale risulta all'interrogante che sia stata presentata rituale opposizione alla archiviazione –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e se non sia necessario avviare, per quanto di competenza, le verifiche del caso ed assumere eventuali iniziative, laddove si accerti che vi sia stato un utilizzo improprio dei finanziamenti statali da parte dei beneficiari;
   quali iniziative di competenza intendano assumere a sostegno della continuità produttiva delle ditte che sono state fortemente danneggiate da questa vicenda.
(5-08502)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARTELLI, AIRAUDO, PLACIDO, SCOTTO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, ZACCAGNINI e ZARATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sembrerebbe che i voucher siano utilizzati per coprire infortuni o nascondere il lavoro in nero; in un articolo pubblicato dal sito www.repubblica.it nella pagina «economia» in data 23 aprile si apprende che all'Istituto per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), sia scattato un «allarme voucher» infatti risulterebbe che nel 2012 gli incidenti relativi a lavoratori retribuiti con i voucher siano stati 436; nel 2014 essi sono triplicati, arrivando a circa 1.400; per il 2015 non ci sono ancora i numeri definitivi, ma tutto fa pensare che siano in crescita marcata;
   i dati indicati nell'articolo pubblicato dal sito www.repubblica.it sembrerebbero fornire l'indizio che il voucher, acquistato prima, venga utilizzato solo per mascherare un rapporto di lavoro totalmente in nero, che emergerebbe solo quando arrivano i controlli degli ispettori o dei carabinieri;
   un altro dato preoccupante deriva dal numero degli infortuni sul lavoro, che in generale sta scendendo di oltre il 10 per cento anche a causa della crisi economica che ha causato una diminuzione dell'occupazione; infatti, quelli tra i lavoratori retribuiti con i voucher, nei quali è contenuta una quota destinata all'assicurazione e alla previdenza, tendono a crescere ben oltre il 200 per cento, dal 2012, ovvero da quando con la riforma del lavoro del verno Monti, è possibile utilizzarli in tutti i settori e non solo per i piccoli lavori;
   i voucher nati come strumento per retribuire lavori occasionali, aggettivo non più rintracciabile nei testi legislativi, si stanno estendendo tenuto conto che nel solo 2015 l'incremento d utilizzo è stato del 66 per cento. Di fatto, i voucher sono diventati strumenti di dispersione del lavoro, di copertura del sommerso e di peggioramento delle condizioni di lavoro;
   in una tabella dell'Inps, inserita in un recente report del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, relativa al ricorso al lavoro accessorio emerge che la percentuale maggiore di voucher, il 44 per cento, è stata venduta in settori non meglio precisati, dove nel 2015 c’è stato un incremento del 251,6 per cento rispetto al 2014. In particolare nel commercio, settore al secondo posto nell'utilizzo dei voucher, è stato acquistato circa il 15 per cento dei voucher con un aumento rispetto all'anno precedente del 22,5 per cento;
   si tratta con tutta evidenza, di un fenomeno di abuso nell'utilizzo dello strumento del voucher nel quale sembra celarsi un evidente passaggio da contratti parasubordinati ai voucher –:
   quali iniziative intenda intraprendere o abbia intrapreso al fine di evitare che l'utilizzo dello strumento dei voucher sia finalizzato a coprire gli infortuni o a celare il lavoro nero e, in tale contesto, se non ritenga necessario, dati gli abusi riscontrati, il peggioramento delle condizioni di lavoro e la precarizzazione dei lavoratori interessati, assumere iniziative per l'abolizione dell'istituto dei voucher. (4-12981)


   GIANNI FARINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   i 370.000 pensionati Inps all'estero devono dimostrare ogni anno (di regola in primavera), pena la sospensione dell'assegno pensionistico, la loro esistenza in vita all'istituto bancario (dal 2012 la Citibank di Londra) che eroga la loro pensione all'estero per conto dell'Istituto previdenziale italiano;
   anche quest'anno la Citibank ha avviato la campagna di attestazione dell'esistenza in vita: dal 31 gennaio la banca ha iniziato a spedire ai pensionati il modulo di certificazione di esistenza in vita, che deve essere compilato integralmente, comprese le notizie relative all'indirizzo e alla residenza, e rinviato all'indirizzo PO Box 4873, Worthing BN99 3BG, United Kingdom entro il 3 giugno 2016;
   per attestare l'esistenza in vita sono ammessi diversi sistemi di accertamento, quali l'attestazione da parte del pensionato avallata da «testimoni accettabili», vale a dire da autorità indicate dalla stessa banca richiedente e legittimate ad accertare l'identità del pensionato, e la riscossione personale di una o più rate di pensione presso sportelli di un operatore locale («partner di appoggio»);
   sono normalmente indicati come «testimoni accettabili» nei Paesi di residenza un funzionario di ambasciata o consolato italiani, nonché i corrispondenti consolari o un'autorità locale abilitata ad autenticare la sottoscrizione dell'esistenza in vita da parte del pensionato;
   le campagne annuali per i pensionati, soprattutto per quelli soli e più anziani o residenti in località lontane dagli uffici indicati si sono dimostrate motivo di disagio, che spesso si è tradotto anche in difficoltà a rispettare le scadenze e le prescrizioni, con conseguente sospensione dell'erogazione della pensione;
   in particolare, le ragioni dei più seri disagi sono indicate nella rarefazione del numero dei consolati italiani, nelle maggiori distanze da coprire e nelle lunghe attese cui di solito sono obbligati gli interessati, a cui si affiancano i costi spesso sensibili per il reddito dei pensionati nel caso in cui decidano di ricorrere alle autorità locali  –:
   se il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale non ritenga di dare disposizioni affinché gli uffici consolari predispongano servizi decentrati e più veloci per le autenticazioni delle sottoscrizioni delle dichiarazioni di esistenza in vita dei pensionati, in modo da ridurre sensibilmente le difficoltà legate all'operazione;
   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non ritenga di assumere iniziative affinché l'INPS studi forme di accertamento che non costringano i pensionati a spostamenti fisici impegnativi e più diluite nel tempo, in modo che per loro le pur necessarie verifiche non comportino un disagio crescente e sempre meno sostenibile con l'avanzare dell'età. (4-12992)


   LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la IM Intermetro spa era un'azienda specializzata nel settore della progettazione, realizzazione, ammodernamento, ricostruzione e straordinaria manutenzione delle linee metropolitane «A» e «B» e della Ferrovia Concessa Roma Lido;
   sin dagli anni ’90, con il graduale esaurirsi dei contratti stipulati con il comune di Roma, relativi alla linea A della metropolitana, si era posto il posto il problema occupazionale, al momento della chiusura dei cantieri, dei dipendenti della società sottoposti ai primi licenziamenti collettivi;
   in riferimento proprio ai suddetti licenziamenti, grazie agli accordi raggiunti tra le organizzazioni sindacali di categoria, la rappresentanza sindacale unitaria, l'amministrazione di Roma Capitale e la giunta regionale «con il fine di non disperdere un patrimonio umano e professionale altamente specializzato nel settore dei trasporti e in particolare nell'ambito della Metropolitana di Roma», il personale licenziato in seno alle procedure, veniva inserito presso le municipalizzate operanti nel settore, quali ATAC, MET.RO, STA, ROMAMETROPOLITANE, oltre ad ACEA, GEMMA e altre;
   contemporaneamente, gli accordi prevedevano la garanzia della salvaguardia occupazionale dei lavoratori rimasti in forza alla Intermetro per la chiusura delle commesse ancora i (AMLA3 – ammodernamento e messa in sicurezza della Linea A – ammodernamento della stazione Manzoni – ampliamento e attrezzaggio delle officine e depositi di linea A e B);
   proprio a seguito della consegna alla città di Roma della stazione Manzoni, avvenuta nel 2007, veniva annunciata la messa in liquidazione volontaria della società IM Intermetro spa, con conseguente riapertura delle procedure di licenziamento collettivo (28 unità);
   dunque, il comune di Roma siglava, con la rappresentanza sindacale unitaria e le organizzazioni sindacali di categoria, appositi verbali in cui veniva garantito il reintegro dei lavorato i Intermetro nelle aziende controllate del comune, quali ATAC spa e Roma Metropolitane srl individuate quale naturale approdo dei lavoratori interessati, tenuto presente della loro professionalità ed esperienza;
   l'accordo veniva sottoscritto effettivamente l'11 aprile 2011 e, nel dicembre dello veniva ribadita dalla società Roma Metropolitane srl la volontà di assumere quattro Intermetro e di presentare, contestualmente, un piano di ricollocazione per tutti gli alti 2013 le organizzazioni sindacali venivano convocate dal comune di Roma per confermare gli impegni presi dallo stesso comune durante le diverse amministrazioni succedutesi;
   ad oggi, nonostante gli accordi siglati, le promesse effettuate in sede di campagna elettorale e non, le numerose audizioni e incontri con i vari assessori (in particolar modo assessori alle politiche della mobilità, firmatari di accordi ed impegni), con gli ex sindaci Alemanno e Marino, con l'ex vice sindaco Nieri, con la commissione assembleare permanente alle politiche della mobilità, con i vari capigruppo consiliari, a distanza di cinque anni dalla data di avvio delle procedure di licenziamento, non si è trovata soluzione alla questione dei lavoratori della Intermetro, nonostante siano state più volte riconosciute ed appurate la loro professionalità e la loro esperienza che risulterebbero molto utili alla azienda operante per la realizzazione e per l'esercizio della metropolitana;
   le organizzazioni sindacali hanno, peraltro, trasmesso un'ulteriore, richiesta di incontro con l'assessorato alla mobilità del comune di Roma nel mese di maggio 2015, e vi sarebbe anche una formale richiesta di superamento del blocco delle assunzioni, indirizzata al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, con particolare attenzione proprio ai lavoratori Intermetro –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda che vede protagonisti i dipendenti della società IM Intermetro spa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere, anche tramite la creazione di un tavolo istituzionale di confronto, al fine di salvaguardare e difendere i diritti dei lavoratori in questione. (4-12997)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:


  OLIVERIO, SANI, FIORIO, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, CAPOZZOLO, CARRA, COVA, CUOMO, DAL MORO, FALCONE, LAVAGNO, MARROCU, MONGIELLO, PALMA, PRINA, ROMANINI, TARICCO, TERROSI, VENITTELLI, ZANIN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi le regioni hanno chiesto al Governo un intervento urgente ed incisivo per superare la gravità della situazione che si è creata a causa del ritardo accumulato da Agea nel procedere ai pagamenti della domanda unica e dello sviluppo rurale della politica agricola comune 2015 e al rilascio dei titoli definitivi per la politica agricola comune 2016;
   tutte le regioni stanno subendo pesanti conseguenze per i mancati pagamenti delle domande presentate e per gli agricoltori italiani la situazione economica e finanziaria è diventata ancora più difficile;
   a distanza di mesi, nonostante l'Unione europea abbia consentito di erogare il 70 per cento dei contributi comunitari, a titolo di anticipo entro il 30 novembre 2015, oltre un quarto delle imprese aventi diritto, in particolare le imprese professionali più grandi, non ha ricevuto alcun pagamento;
   inoltre, Agea non ha ancora risolto diversi problemi connessi all'assegnazione dei titoli necessari per la presentazione delle domande per la politica agricola comune 2016 in scadenza il 16 maggio 2016 in relazione alla qualifica di agricoltore attivo, di riserva nazionale, di pascoli, di guadagno insperato, di capping; di fatto c’è il rischio concreto che questo stallo procedurale impedisca la presentazione delle nuove richieste;
   problemi analoghi si sono registrati per i piani assicurativi individuali, tanto da mettere a rischio la copertura assicurativa di molte colture;
   il rilevante impegno del Governo e del Parlamento nei confronti del settore primario rischia di essere vanificato dall'inefficienza dimostrata da Agea nell'attuare le misure di sostegno per l'agricoltura; le stesse valutazioni valgono per gli organismi pagatori regionali;
   i ritardi nei pagamenti e nella gestione delle pratiche si traducono in ritardi competitivi con le imprese degli altri Paesi europei, dove le pubbliche amministrazioni sono in grado di gestire la presentazione delle domande senza ritardi e di erogare nei termini i contributi previsti dai regolamenti comunitari;
   la pesante situazione che si è venuta a creare su tutto il territorio nazionale rende urgente l'adozione di iniziative, anche organizzative, da parte del Governo in attesa del necessario riordino dell'Agea contenuto anche nel cosiddetto collegato agricolo attualmente in discussione al Senato della Repubblica –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere per la risoluzione delle problematiche aperte con Agea sui pagamenti della domanda unica e dello sviluppo rurale della politica agricola comune 2015, per l'attribuzione dei titoli definitivi per la politica agricola comune 2016 e per la necessaria riorganizzazione di tutto il settore. (3-02217)


  CATANOSO, RUSSO, FABRIZIO DI STEFANO e RICCARDO GALLO. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il comparto agrumicolo è di rilevante importanza sia da un punto di vista economico che sociale, interessando circa 80.000 aziende e 130.000 ettari di superfici investite. Fornisce prodotti di qualità e dall'elevato valore nutrizionale, molto spesso espressione tipica dei territori, garantisce reddito ed occupazione nelle regioni meridionali;
   il settore sta attraversando un particolare momento congiunturale, con un preoccupante trend di contrazione della domanda interna e conseguente riduzione delle quotazioni, e richiede urgenti azioni orientate alla salvaguardia e alla valorizzazione delle produzioni. La staticità verso il rinnovamento varietale di molti distretti produttivi spesso non permette di intercettare le richieste di mercato con prodotti innovativi e/o con un più ampio calendario di maturazione, favorendo, al tempo stesso, il surplus sul mercato di alcuni prodotti (si veda, ad esempio, le clementine comuni);
   gli interroganti ritengono che il consolidamento del settore possa concretizzarsi adottando opportune misure per la protezione delle rese e del patrimonio vegetale, chiedendo con forza l'armonizzazione reale nell'uso degli agrofarmaci, investendo nella ricerca applicata strettamente legata alle esigenze delle imprese, stimolando l'aggregazione nelle organizzazioni di produttori ed anche la partecipazione in filiali commerciali per favorire l'integrazione tra più organizzazioni di produttori, sviluppando la promozione e l'accesso ai nuovi mercati delle nostre produzioni, nonché l'adozione di strumenti operativi di dialogo e azione come l'organizzazione interprofessionale;
   l'agrumicoltura è da tempo minacciata dalla «tristezza» causata dal citrus tristeza virus, responsabile di un'ampia epidemia che coinvolge anche produzioni territoriali pregiate e che porta alla morte delle piante. Focolai sono attualmente presenti in più zone produttive di spicco. La principale via di introduzione in nuove aree è attraverso il materiale di propagazione infetto;
   a giudizio degli interroganti risulta necessaria l'adozione di materiale vivaistico certificato per contrastarne la diffusione, per cui occorre: promuovere il ricorso a materiale virus-esente e supportare i vivaisti nel loro ottenimento ed è opportuno aumentare i livelli di monitoraggio da parte dei servizi fitosanitari regionali;
   uno strumento per fronteggiare tale avversità è l'espianto e il reimpianto con portainnesti tolleranti al citrus tristeza virus, tanto più urgente da mettere in atto dal momento che la gran parte degli impianti è su portainnesto suscettibile al citrus tristeza virus;
   prioritario è, inoltre, mettere in campo azioni di larga scala e misure ad hoc per favorire nuovi investimenti volti alla riconversione produttiva (non attraverso la tecnica del reinnesto; da valutare, invece, l'infittimento ma solo nelle zone dove l'eradicazione non è più possibile), con misure specifiche e fondi facilmente accessibili per gli agricoltori;
   nuove emergenze fitosanitarie stanno allarmando i produttori nazionali: citrus black spot e greening. Come segnalato anche dall'Efsa, l'Unione europea è chiaramente esposta al rischio che la macchia nera degli agrumi si diffonda e infesti i frutteti. Nonostante l'elevatissimo numero di intercettazioni di agrumi infestati provenienti dal Sudafrica, non sono state adottate adeguate misure a livello europeo. La recente vicenda della xylella fastidiosa dovrebbe, invece, favorire l'adozione di altre azioni da parte delle autorità preposte;
   mentre il territorio italiano è aperto all'ingresso di merci da Paesi terzi, molti Paesi elevano barriere non tariffarie, sanitarie e fitosanitarie, per impedire alle merci italiane di raggiungere i loro mercati (tra tutti i limiti alle movimentazioni nel florovivaismo per il rischio xylella);
   occorre, quindi, operare su più fronti: rafforzare il «principio di precauzione» e il «principio di reciprocità»; prevedere il blocco delle merci nel momento in cui il rischio di contaminazione risulta elevato e il numero delle intercettazioni diventa preoccupante; nel caso degli accordi euro-mediterranei prevedere un'accurata valutazione dei loro effetti e del possibile impatto di ulteriori concessioni;
   un dato di fatto è il forte stato di crisi di mercato che sta attraversando il comparto in questa campagna. I prezzi medi rilevati da Ismea sono in forte flessione da dicembre 2015 e la decisa contrazione delle quotazioni non si arresta neppure nel mese di gennaio 2016. Anche il confronto di gennaio 2016, rispetto allo stesso periodo del 2015, presenta contrazioni preoccupanti;
   tale riduzione sembra protrarsi anche nelle settimane successive, complice il clima molto temperato, che, da una parte, ha concentrato l'offerta di agrumi, provocando un accavallamento produttivo, e, dall'altro, ha frenato i consumi interni che comunque sono apparsi molto lenti durante tutta la campagna;
   questa situazione richiederebbe di attivare tutte le procedure per sancire lo stato di crisi del settore;
   la congiuntura è negativa essenzialmente per un lieve aumento della produzione accompagnato da un calo della domanda interna. Fenomeni estemporanei, come il blocco delle importazioni imposto da parte degli Usa al Marocco e da parte della Russia alla Turchia, rischiano di far dirottare prodotto verso il mercato europeo, aggravando la situazione;
   in questa situazione si possono ipotizzare, a giudizio degli interroganti, misure di limitazione della crisi che puntano: alla promozione del consumo di agrumi, non favorito quest'anno dal particolare andamento climatico; a rafforzare le misure di controllo alle frontiere e sui mercati per verificare il rispetto degli standard di qualità e l'indicazione di origine sul prodotto; a verificare se ricorrono le condizioni per applicare le clausole di salvaguardia previste dagli accordi internazionali nel caso di perturbazione dei mercati da eccesso di importazioni; a valutare misure di intervento straordinario, come per esempio il rifinanziamento dei fondi straordinari per l'embargo russo, ora ampiamente giustificabile anche per il recente blocco delle esportazioni in Russia della Turchia, per coprire interventi di ritiro straordinario di prodotto dal mercato delle organizzazioni dei produttori;
   in via generale occorre valutare la differenza di condizioni di competitività in cui operano gli imprenditori del nostro Paese rispetto alle realtà dei Paesi terzi concorrenti che in genere possono contare su minori costi di produzione (pubblica amministrazione, manodopera, costi impliciti legati al rispetto di standard ambientali ed altro). Tale gap strutturale di competitività necessita, oltre che di politiche strategiche sui fattori e sull'orientamento al mercato, anche, a giudizio degli interroganti, di misure immediate di intervento a sostegno dei produttori, ad esempio in forma di automatismi fiscali che favoriscano la liquidità delle imprese;
   l'Unione europea, nella logica dell'armonizzazione, sancisce l'utilizzo di un prodotto, ma nello stesso tempo demanda allo Stato membro le autorizzazioni sulle singole colture. L'Italia adotta criteri molto restrittivi, impedendo agli agricoltori italiani l'utilizzo di taluni prodotti, ma le regole dell'Unione europea consentono l'importazione di ortofrutta da Paesi dove il loro utilizzo è consentito;
   tale modus operandi penalizza due volte le imprese: da una parte riduce la competitività in termini di costi di produzione, tempi e risultati, e, dall'altra, in fase di commercializzazione, non consente di differenziare adeguatamente il prodotto italiano dal prodotto estero;
   considerato che l'autorizzazione agli usi eccezionali dei principi attivi è una facoltà di ciascun Paese, la strada più opportuna da percorrere appare quella tracciata dalla normativa e che prevede schematicamente le seguenti fasi: valutazione dei principi attivi che consentono ai produttori di essere competitivi con le loro produzioni alla pari degli altri operatori comunitari e verifica in merito alle autorizzazioni nei Paesi dell'Unione europea;
   sarebbe in ogni caso necessario non consentire la commercializzazione degli agrumi provenienti da Paesi che permettono l'utilizzo di prodotti fitosanitari non autorizzati in Italia, perlomeno fino alla piena armonizzazione dei principi tra i Paesi dell'Unione europea, al fine di evitare forme di concorrenza sleale tra i produttori;
   l'aggregazione del prodotto risulta ormai un processo imprescindibile per poter competere a livello nazionale ed internazionale. L'imprenditore agricolo deve necessariamente rafforzare il suo potere contrattuale all'interno della filiera per poter avere un confronto «tra pari» con i buyer italiani ed esteri ed il rafforzamento passa attraverso l'aggregazione;
   programmare la produzione, garantire la standardizzazione del prodotto, offrire servizi aggiuntivi, ampliare i calendari di commercializzazione e la gamma di prodotti offerti. Tutto ciò si concretizza nelle organizzazioni di produttori. Lo strumento dei piani operativi ha nel tempo consentito agli imprenditori di avvicinarsi con maggiore interesse alle organizzazioni di produttori, ma occorre sempre – in questo come in altri comparti – prevedere regole chiare e strategie che assicurino l'effettivo controllo di tali strumenti da parte dei produttori e che possano prevenire la formazione di «situazioni opportunistiche» mirate solo all'ottenimento degli aiuti dell'Unione europea;
   per creare valore e reddito a vantaggio dei produttori associati è opportuno sia aumentare il livello di concentrazione nelle organizzazioni di produttori, sia favorire processi di fusione ed integrazione per l'aumento delle dimensioni economiche e per lo sviluppo di strategie commerciali più efficaci;
   per questo aumenta l'importanza strategica di politiche europee e nazionali che puntino sempre più a favorire processi di aggregazione ed integrazione delle realtà esistenti per ottenere una maggiore competitività ed efficace valorizzazione dei prodotti. A tal fine prioritari sono gli interventi volti al miglioramento del regolamento (Ue) 543/2011 e l'intesa con e tra le regioni, che dovranno rispondere alle esigenze e ad un grado di giusta flessibilità richiesta delle imprese e non di mera semplificazione della gestione amministrativa degli aiuti dell'Unione europea;
   sono strategiche per il comparto tutte le misure volte ad acquisire nuovi mercati, supportando le imprese nell'assicurazione del credito, a favorire le negoziazioni bilaterali od europee per superare in tempi rapidi le barriere doganali tariffarie e non tariffarie che oggi limitano ingiustamente le esportazioni italiane, ad accrescere l'informazione e la promozione anche sui mercati esteri per differenziare il prodotto made in Italy;
   contestualmente occorre lavorare sul rafforzamento delle organizzazioni interprofessionali, a cui il regolamento (UE) 1308/2013 riconosce funzioni chiave per lo sviluppo del settore: analizzare il mercato, sviluppare iniziative volte a rafforzare la competitività economica e l'innovazione, orientare la produzione, svolgere attività di promozione e ricerca. Considerato che l'organizzazione interprofessionale ortofrutta Italia è la sede di confronto storica più completa e rappresentativa attualmente presente nel panorama ortofrutticolo, si ritiene prioritario operare per rafforzarne il suo ruolo;
   pertanto, a giudizio degli interroganti, occorrerebbe applicare quanto prima i contenuti del decreto-legge n. 51 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 91 del 2015, in particolare per quanto attiene l'estensione erga omnes delle decisioni e degli accordi presi, rafforzando il ruolo dei comitati di prodotto e prevedere «contributi» pubblici o privati per finanziare programmi comuni di promozione istituzionale (sui mercati italiani ed esteri) e di ricerca applicata nel comparto;
   in Italia la ricerca non è rispondente alle esigenze delle imprese agricole, specialmente in ambito di innovazione varietale. Ne consegue una riduzione di competitività per le imprese italiane che devono approvvigionarsi di nuovo materiale riproduttivo all'estero a costo di royalty elevate, scommettendo sull'adattabilità delle nuove varietà alle condizioni pedo-climatiche del proprio territorio, rischiando altresì la trasmissione di fitopatie;
   l'introduzione di nuove varietà più rispondenti alle esigenze del mercato significa sia sviluppo di nuove competenze per le imprese italiane in linea con gli altri imprenditori europei e sia vantaggi legati al posizionamento sul mercato con incremento delle vendite, raggiungimento di nuovi mercati, maggiore appetibilità nei confronti della grande distribuzione organizzata legata all'offerta di un paniere di prodotti più ampio, ampliamento del calendario di commercializzazione;
   a giudizio degli interroganti è prioritario intervenire per favorire la ricerca a tutti i livelli, promuovendo una maggiore adesione tra le necessità delle imprese e il mondo della ricerca, pubblica e privata. Fondamentale è il rapporto tra sistema delle imprese ed enti di ricerca, per programmi di ricerca pubblico-privata;
   alle problematiche appena descritte del comparto dell'agrumicoltura, bisogna aggiungere anche quella relativa ai ritardi nei pagamenti della domanda unica e dello sviluppo rurale e nella definizione dei titoli. Ciò sta procurando conseguenze molto serie e insostenibili per tutti gli agricoltori italiani e la situazione di stallo è destinata a diventare ancora più drammatica per gli imprenditori agricoli –:
   quali iniziative e/o provvedimenti intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (3-02218)


  BOSCO. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la produzione agricola del nostro Paese, soprattutto quella del Mezzogiorno, sta affrontando una grave crisi economica dovuta in gran parte al dumping e alle frodi alimentari: fattori che hanno determinato il crollo dei prezzi dei raccolti e che non assicurano agli agricoltori di coprire le spese di produzione;
   durante il vertice del G7 a Niigata il Ministro interrogato ha presentato le azioni italiane per favorire il rilancio di questo settore di importanza strategica per l'economia italiana. In particolare, il Ministro interrogato ha presentato le azioni italiane intraprese, come quelle relative al sostegno al credito per le imprese agricole ed alle iniziative per favorire il ricambio generazionale in agricoltura;
   sul piano generale è comunque necessario adottare misure che possano migliorare sia la gestione delle crisi dell'imprenditoria agricola, sia di tutelare il reddito degli agricoltori, nonché regolare in termini più adeguati i mercati. Sotto questo profilo è opportuno che il Ministro interrogato adotti, oltre a quelle già approvate, misure normative dirette alla riduzione della pressione fiscale, alla semplificazione delle procedure burocratico-amministrative e a fornire incentivi alle imprese;
   inoltre, appare necessario attivare, oltre ai numerosi e precisi controlli in campo agroalimentare già adottati per verificare tutta la filiera di produzione, misure dirette a garantire la tutela del consumatore, agendo sul fronte fondamentale dell'etichettatura e della tracciabilità dei prodotti al fine di valorizzare le eccellenze dei prodotti italiani –:
   quali iniziative intenda adottare, oltre a quelle già intraprese, per tutelare il reddito degli agricoltori del nostro Paese, in particolare di quelli delle regioni del Mezzogiorno. (3-02219)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il problema della tracciabilità dei prodotti alimentari italiani riveste particolare importanza per la nostra economia soprattutto per quella collegata all’export;
   in particolare nella regione siciliana il pomodoro pachino e le arance rosse di Sicilia sono prodotti agricoli di eccellenza la cui produzione ed esportazione costituisce un elemento fondamentale per lo sviluppo socio-economico dell'isola;
   ogni anno cifre di denaro considerevoli vengono sprecate a seguito della contraffazione alimentare. La qualità dei prodotti contraffatti è inoltre poco salutare per la presenza di coloranti e conservanti che danneggiano la salute dei nostri concittadini;
   l'etichettatura dei prodotti è l'unico sistema di tutela per i nostri prodotti di qualità in quanto garantisce il consumatore contro il fenomeno dell'agripirateria;
   i nostri prodotti di qualità vanno valorizzati proprio attraverso lo strumento della tracciabilità;
   inoltre, è necessario promuovere e tutelare il marchio dei prodotti italiani in tutti i mercati internazionali per contrastare la concorrenza sleale;
   è necessario, inoltre, che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nell'ambito delle sue competenze, promuova la costituzione di consorzi tra i produttori di pomodoro pachino e di arance rosse in modo da ridurre i costi di produzione degli stessi e di concentrare, quindi, in un unico polo produttivo la produzione, con innegabili vantaggi sotto il profilo commerciale sia nazionale che internazionale –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per tutelare, tramite la tracciabilità, i prodotti agroalimentari del nostro Paese;
   se non ritenga necessario promuovere nei mercati internazionali i prodotti italiani di qualità, al fine di favorire la crescita economica di aree del nostro Paese dove gli stessi vengono generati;
   se non ritenga necessario avviare campagne informative dirette a promuovere i prodotti alimentari made in Italy;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per favorire, nell'ambito delle sue competenze, la costituzione di consorzi tra produttori di pomodoro pachino e di arance rosse di Sicilia in modo da ridurre i costi e concentrare in un unico polo produttivo le attività di commercio degli stessi in ambito nazionale ed internazionale, facilitando la promozione della qualità dei prodotti anche attraverso l'introduzione di un codice etico che rafforzi la tutela a favore dei consumatori e vincoli gli stessi produttori al rispetto dei principi relativi all'etica dei comportamenti. (4-12983)


   MORASSUT. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le associazioni delle società di corse (ANI, Coordinamento, Federippodromi e UNI) hanno indetto di recente una conferenza stampa per evidenziare l'attuale e drammatica situazione che le imprese dei settore attraversano e che, in assenza di adeguati interventi, rischia di travolgere l'intera filiera ippica;
   nessun imprenditore si augura di produrre in perdita e in gravi condizioni economico-finanziarie, bensì opera e rischia per produrre ricchezza, certamente, nemmeno immagina di sospendere o cessare la propria attività;
   le associazioni imprenditoriali si sono esposte con un'iniziativa che non ha precedenti nella storia dell'ippica italiana, in quanto si ritengono responsabili del destino delle centinaia di famiglie dei loro lavoratori, delle possibilità di allenamento delle migliaia di cavalli ospitati presso i propri centri di allenamento e degli operatori che li seguono, del presidio e della manutenzione di importanti asset pubblici come gli ippodromi comunali, del gettito erariale e contributivo che la filiera genera anche attraverso la raccolta delle scommesse;
   lo stato d'animo delle persone che hanno la responsabilità della gestione delle società di corse che, in questo momento, sono costrette a compiere scelte dolorose che mai avrebbero voluto adottare, è molto preoccupato;
   tutte le società di corse, ad eccezione di quelle aderenti a SDCA (Taranto, Follonica e Firenze) hanno respinto con forza le proposte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali relative al taglio delle risorse e alla trasformazione del rapporto contrattuale, che da sempre ha regolato i rapporti tra le società e l'UNIRE e l'ASSI, prima, e il Ministero, dopo, in una sorta di «contribuzione» quantificata e elargita discrezionalmente dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   appare evidente l'assoluta   incongruità delle risorse messe a disposizione nella totale assenza di un contraddittorio tecnico-giuridico sulla natura giuridica del rapporto e sulle modalità operative di erogazione delle risorse stesse;
   una grande parte di queste società, e precisamente le società che gestiscono gli ippodromi di Roma (Trotto e Galoppo), Bologna, Cesena, Torino, Pisa, Varese, Merano, S. Giovanni Teatino, Grosseto, Villacidro, Mediterraneo (Siracusa) Foggia, Palermo, Montegiorgio sono state costrette a sospendere l'attività ippica negli ippodromi;
   i contenziosi si possono e si devono evitare perché non portano a nulla nell'immediato e avranno come esito solo l'affossare definitivamente un settore in buona parte già distrutto;
   per il periodo gennaio-marzo 2015 il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali proroga i contratti con le società di corse, in essere a fine 2014, ma riducendo i corrispettivi, e comunica la volontà di raggiungere un nuovo accordo secondo i dettami del parere del Consiglio di Stato del 10 dicembre 2014;
   in data 31 marzo 2015 il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali trasmette alle società di corse una nota con la quale comunica la proroga dei rapporti contrattuali fino al 31 luglio 2015 e l'avvio di procedimento, ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 241 del 1990, per la definizione di un nuovo accordo. Seguono numerosi incontri, atti istruttori e richieste di pareri necessari per la nuova disciplina del rapporto contrattuale;
   in data 28 luglio 2015, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a conclusione del procedimento amministrativo avviato, considerati i pareri del Consiglio di Stato e dell'agenzia delle entrate basato sulla sentenza della Corte di Cassazione del 25 gennaio 2015 (tutti espressamente richiamati nel decreto n. 53561), approva l'accordo transitorio che regola i rapporti contrattuali e, all'articolo 3, riconosce la natura di corrispettivi alle erogazioni che sono remunerative dei servizi resi, confermando tra l'altro lo stanziamento di 57 milioni  di euro in favore del comparto società di corse;
   nei mesi autunnali si avviano le riunioni per addivenire a  un nuovo accordo tra le parti per l'anno 2016 e nel mese di settembre tutte le associazioni degli ippodromi inviano loro proposte al Ministero, così come richiesto. Solo il 26 ottobre il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali convoca tutte le società per presentare una proposta di convenzione (mai sovvenzione) ed il direttore generale annuncia un taglio di risorse per il settore di 20 milioni di euro;
   tutti i rappresentati delle società di corse manifestano la loro preoccupazione e richiedono, più volte e con note ufficiali, da novembre a marzo, incontri sul tema delle risorse al sottosegretario onorevole Castiglione. Dette richieste, a quanto risulta all'interrogante, non hanno avuto alcun seguito;
   in data 28 dicembre 2015 le società di corse ricevono dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il decreto ministeriale 4442 (Criteri generali per l'erogazione delle sovvenzioni in favore delle società di corse e per la classificazione degli ippodromi) e il documento di accordo per la disciplina del rapporto tra Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e società di corse per il periodo 1o gennaio-29 febbraio 2016. Detto accordo pur introducendo «un anomalo concetto di sovvenzione» continua a definire corrispettivi le erogazioni fatte alle società di corse per i servizi resi;
   detti atti sono stati impugnati presso il Tar da molte società di corse;
   nel corso della riunione del 10 febbraio 2016 lo stesso Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali comunica a tutte le società che l'accordo per i mesi di gennaio e febbraio, predisposto dallo stesso Ministero, è da ritenersi nullo dopo le osservazioni della Corte dei conti;
   il 26 febbraio 2016 il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali notifica il decreto ministeriale 681 del 23 febbraio 2016 che conferma il precedente decreto ministeriale 4442 con lo stralcio dei commi  2) e 3) dell'articolo 14 che riguardano i rapporti convenzionali 2016. Anche quest'ultimo decreto ministeriale è stato impugnato;
   di fatto al 1o gennaio 2016 tutti gli ippodromi italiani prestano i loro servizi senza contratto e non ricevono alcun corrispettivo;
   in data 25 marzo 2016 il direttore generale adotta il decreto 24307 che trasforma in maniera unilaterale la natura delle società di corse, da corrispettivo in sovvenzioni, senza alcun collegamento con i servizi resi;
   si evince quindi che il Ministero ha modificato la natura del rapporto giuridico, da corrispettivo a sovvenzione, rispetto al decreto del luglio 2015 quando erano già noti i pareri del Consiglio di Stato, dell'Agenzia delle entrate e la sentenza della Corte di Cassazione senza che vi sia stato alcun cambio normativo, o di quadro generale;
   all'interrogante il provvedimento appare motivato solo dall'interesse del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di evitare il confronto con le società di corse per la determinazione di un equa remunerazione dei servizi resi e per ridurre i corrispettivi in favore delle società di corse da 57 milioni a 49,5 milioni di euro. Il Ministero, pur essendone consapevole, non tiene conto che il taglio dei corrispettivi, come più volte pubblicamente dichiarato, e non consente l'organizzazione dell'attività ippica negli ippodromi con il mantenimento dei servizi e dei livelli di sicurezza richiesti. Infatti, ogni anno vengono ridotte le risorse al comparto e alle società, ma vengono mantenuti inalterati gli obblighi ed i servizi da rendere all'intero comparto. Non può essere questo il metodo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per fare selezione, se questo è l'obiettivo lo si deve dichiarare e assumersene le responsabilità;
   l'ultimo decreto del marzo 2016 per determinare la sovvenzione impianti fa riferimento alla delibera 3400/2005 relativa al «modello Deloitte» dell'allora UNIRE. Non tenendo conto delle mutate condizioni del settore che nei 10 anni trascorsi è piombato in uno stato quasi comatoso, vengono aggiornate le schede tecniche dei singoli ippodromi con le giornate di corse, il volume delle scommesse, il numero dei cavalli, indicatori del tutto stravolti e mutati nel corso degli anni. Nel luglio 2015 il Ministero prese a riferimento i dati del 2014, mentre ora si aggiornano i parametri e quello delle giornate di corse viene aggiornato sul calendario 2016 (deliberato il giorno prima) addirittura contrariamente a quanto previsto dal «modello Deloitte» che prevede l'aggiornamento sull'anno precedente;
   a proposito del nuovo decreto 442 di valutazione degli ippodromi è peraltro opportuno evidenziare che il lavoro richiesto da Federippodromi alla società Protos certifica che solo due tra i migliori 20 ippodromi del mondo rientrerebbero nella prima fascia italiana, cui il Ministero inserisce invece 5 ippodromi italiani. Tutto ciò evidenzia chiaramente la china, rigida e senza il necessario contraddittorio tecnico giuridico assunta nell'attività di Governo del settore dal Ministero;
   entrando nel merito del citato decreto del 25 marzo, all'articolo 1, citando il decreto legislativo 449 del 1999, si dà atto del compito in capo all'UNIRE (ora Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) dove si parla di finanziamento per i servizi resi;
   all'articolo 3 dove si cita l'ammontare della sovvenzione, le disponibilità finanziare per l'anno 2016 operando la somma delle varie voci d riducono ulteriormente a 47,49 milioni di euro, inspiegabilmente per somme già impegnate delle quali non si fornisce alcun chiarimento. Tra le altre cose analizzando l'allegato dei costi ammissibili, i costi di pubblicità non possono superare il 5 per cento della sovvenzione, mentre quelli del compenso agli amministratori possono arrivare fino al 10 per cento oppure il canone di affitto fino al 15 per cento. Questi numeri sembrano un'anomali. Ma soprattutto, non potendo superare la sovvenzione i cosiddetti costi eleggibili (che non sono tutti i costi di gestione, ad esempio gli interessi passivi pagati alle banche sono esclusi), le società di corse dovranno svolgere la loro attività caratteristica in perdita, e pertanto non potranno continuare ad essere società di capitali;
   l'articolo 10 contempla le garanzie da presentare che corrispondono ad una buona parte dell'intera sovvenzione. In pratica, andranno presentate garanzie fideiussorie per un ammontare complessivo da tutte le società di corse pari a circa 35 milioni di euro. Nelle condizioni attuali solo pochissime realtà potranno ottenere simili garanzie;
   è evidente che il complesso delle disposizioni contenute nel detto decreto n. 24307 del 25 marzo 2016, nel modificare radicalmente la qualificazione dei rapporti con le società di corse rende, altresì, inconfigurabile l'effettuazione di qualsivoglia pagamento alle stesse almeno fino al mese di ottobre 2016 (tenuto conto dei tempi necessari per la registrazione del decreto e gli adempimenti dell'UCB, nonché dei termini di vacatio previsti dall'articolo 4, commi 2 e 3, e dall'articolo 5, commi 5 e 6, dello stesso decreto), con conseguente palese difficoltà, per le società medesime, di mantenere la continuità aziendale. Ciò in considerazione del fatto che, a far data dal mese di gennaio 2016, le società di corse stanno erogando le prestazioni inerenti al servizio in difetto di contratto e di qualsivoglia remunerazione e, ancor più, che il Ministero non onora le proprie obbligazioni di pagamento a far data dal luglio 2015;
   si ribadisce che, ai sensi di legge, il «mercato dell'ippica» è controllato e gestito in via esclusiva dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e, quindi, le società di corse operano in una condizione di dipendenza economica dal Ministero che è il loro unico «cliente»;
   le società che gestiscono gli ippodromi prima elencati sono impossibilitate a continuare la prestazione dei servizi a favore dei Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, senza correre il rischio di una gravissima compromissione della propria situazione finanziaria che metterebbe in pericolo la continuità aziendale. È noto che l'attività di gestione degli ippodromi è caratterizzata, prevalentemente, dall'utilizzo di manodopera diretta e/o indiretta che comporta l'immediato pagamento delle prestazioni e degli oneri previdenziali e fiscali connessi. In mancanza le società e, per esse, i loro legali rappresentanti si coprirebbero di gravi profili di responsabilità, anche penale, che metterebbero a rischio l'incasso dei crediti maturati (duirc, articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 e altro) –:
   quali iniziative alla luce delle suddette premesse, intende assumere il Ministro interrogato per rimuovere le cause che hanno determinato siffatta grave ed insostenibile situazione che determina un vero e proprio assurdo giuridico; e consentire la ricostruzione di un rapporto di collaborare con le associazioni imprenditoriali che reclamano la costituzione di un tavolo comune di confronto tecnico-giuridico. (4-12991)


   ALTIERI, PALESE, BIANCONI, CAPEZZONE, CHIARELLI, CIRACÌ, CORSARO, DISTASO, FUCCI, LATRONICO e MARTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nelle ultime ore, proprio in fase di avvio della campagna di raccolta delle ciliegie e a ridosso di quelle di altri prodotti ortofrutticoli di grande rilevanza occupazionale come patate, albicocche, pesche, angurie e uva da tavola, le più importanti catene della grande distribuzione organizzata hanno comunicato l'intendimento di non ritirare ciliegie e altri prodotti agricoli qualora le aziende non possano attestare la certificazione relativa all'adesione alla «Rete del lavoro agricolo di qualità»;
   la «Rete del Lavoro agricolo di qualità», organismo autonomo per la certificazione etica delle aziende, è stata istituita con l'articolo 6 del decreto-legge 91 del 24 giugno 2014, ed è diventata operativa dal 1o settembre 2015 come procedura facoltativa;
   il suo iter di applicazione mostra ancora gravi limiti, lentezze e complicazioni burocratiche e avviene mediante l'iscrizione ad un apposito portale che risulta poco fruibile e particolarmente difficoltosa per le aziende interessate;
   risulterebbe agli interroganti che alcune richieste di certificazione inoltrate ad ottobre 2015 risultano non ancora espletate;
   è oltremodo contraddittorio, inoltre, che un'adesione nata come volontaria e in via di sperimentazione, sia divenuta di fatto e d'un tratto obbligatoria, a causa della richiesta delle catene della grande distribuzione organizzata di ritirare solo prodotti agricoli provenienti da aziende aderenti alla Rete, ancora in Italia in numero limitato, bloccando così la commercializzazione di prodotti in piena fase di raccolta con gravissimi danni economici ed occupazionali;
   bisogna scongiurare il paradosso che il ritiro delle produzioni italiane da parte della grande distribuzione organizzata, sia sostituito dal ritiro di prodotti agricoli stranieri per i quali non è richiesta alcuna iscrizione alla «Rete del lavoro agricolo di qualità» e quindi non valgono le stesse condizioni imposte dalla grande distribuzione alle aziende italiane –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per rendere più accessibile e meno farraginoso l’iter di adesione delle imprese agricole alla Rete di cui in premessa;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di assicurare il corretto svolgimento della campagna cerasicola, scongiurando il mancato ritiro, da parte delle catene della grande distribuzione, delle stragrande maggioranza delle produzioni italiane;
   quali iniziative il Ministero intenda adottare affinché il paventato mancato ritiro delle produzioni italiane porti al ritiro di produzioni estere che non hanno alcuna certificazione e a cui non è richiesta l'adesione alla «Rete del lavoro agricolo di qualità». (4-12996)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   BALDELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio di Stato ha recentemente bocciato il regolamento cosiddetto «canone RAI» predisposto dal Ministero dello sviluppo economico, sulla base della mancanza di alcune definizioni ritenute necessarie e per l'assenza del concerto del Ministero dell'economia e delle finanze;
   il suddetto regolamento prevede che, per la sua attuazione, in relazione all'attività di riscossione, l'Agenzia delle entrate riconosca alle imprese elettriche un contributo forfettario pari a 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017;
   la legge di stabilità per il 2016, che ha introdotto il sistema di riscossione del canone nella bolletta elettrica, non prevede nulla in relazione ad eventuali erogazioni di e di denaro agli operatori elettrici quale corrispettivo per l'attività di riscossione del canone, né a titolo di rimborso di eventuali costi per l'aggiornamento dei software di fatturazione;
   i compiti dell'Acquirente unico aumenteranno a causa dell'introduzione del nuovo sistema di riscossione previsto dal predetto regolamento –:
   se sia stata individuata la copertura finanziaria pari a complessivi 28 milioni di euro corrisposti dal Governo per le spese di riscossione sostenute dagli operatori elettrici e se su di essa la Ragioneria generale dello Stato abbia provveduto ad esprimere il proprio «nulla osta»;
   se la predetta somma sia prevista a titolo di compenso o di indennizzo per i costi di riscossione sopportati e, in quest'ultimo caso, se l'importo sia stato determinato in via forfettaria o da una accurata stima dei costi reali, effettuata dal Governo anche sulla base di preventivi di spesa o di comparazioni con situazioni analoghe;
   quale sia la ragione per cui l'erogazione di tale somma sia prevista per due anni e non per un tempo inferiore, atteso che non è preventivamente determinata l'entità dei costi, e se sia intenzione del Governo corrispondere ulteriori somme alle imprese elettriche per gli anni successivi al 2017;
   se sorgeranno costi aggiuntivi nella bolletta elettrica a carico degli utenti finali, derivanti dall'incremento di compiti svolti da Acquirente Unico s.p.a. (3-02220)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GUIDESI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i ritardi e le incertezze evidenziati dalla Commissione d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nelle attività di decommissioning degli impianti nucleari e nell'attuale blocco delle attività per l'individuazione del deposito nazionale, mettono in rilievo una situazione di paralisi davvero preoccupante;
   la direttiva 2011/70/Euratom, recepita dall'Italia con il decreto legislativo n. 45 del 2014, stabilisce che ogni Stato membro predisponga e trasmetta alla Commissione europea, entro il 23 agosto 2015, un programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare irraggiato e dei rifiuti radioattivi;
   l'articolo 7 del suddetto decreto legislativo ha stabilito che il programma nazionale venisse adottato, con anticipo rispetto ai termini della direttiva, entro il 31 dicembre 2014;
   nel giugno 2014, l'ISPRA ha emanato la guida tecnica n. 29, con la quale ha definito i criteri per la localizzazione del deposito nazionale, secondo la procedura prevista dal decreto legislativo n. 31 del 2010. L'aggiornamento finale della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito, è stato trasmesso al Governo il 20 luglio 2015; da allora non si ha più alcuna notizia in merito a tale documento, che sembra assolutamente riservato;
   in data 30 settembre 2015, si è svolto a Caorso un convegno sullo stato della dismissione della centrale dove è emerso chiaramente come lo stoccaggio provvisorio nel sito di Caorso sia strettamente legato alla realizzazione del deposito nazionale; tale stato di incertezza si ripercuote evidentemente non solo sulle attività di smantellamento del vecchio impianto, ma anche sullo stato d'animo delle popolazioni residenti che per anni hanno affrontato i problemi e i disagi relativi alla presenza dell'impianto;
   a Caorso, il 20 aprile 2016 stato convocato il «tavolo della trasparenza» dalla regione Emilia Romagna, dove sono emerse novità sul deposito nazionale; al tavolo, tuttavia, non si è presentato nessun Ministro invitato;
   il dubbio che emerge è che le attività di deposito temporaneo del sito di Caorso, non rilevandosi alcuna tempistica certa sul deposito nazionale, possano acquisire natura indefinita senza che, a seguito di ciò, vengano fornite sufficienti certezze sul futuro dell'impianto e sui rischi a cui sono sottoposti il territorio e la sua popolazione –:
   quali siano le tempistiche relative all'emanazione della carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi;
   se il Ministro interrogato intenda fornire indicazioni sul futuro dell'impianto di Caorso e sui rischi a cui sono sottoposti il territorio e la sua popolazione, a seguito dell'indefinito prolungamento delle attività di decommissioning dell'impianto. (5-08499)


   RICCIATTI, FERRARA, PLACIDO, AIRAUDO, GREGORI, MELILLA, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, COSTANTINO, NICCHI, SANNICANDRO, KRONBICHLER e MARCON. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Officine Ferroviarie Veronesi (OFV) è una società per azioni attiva nel settore della progettazione, costruzione, ristrutturazione, trasformazione, revisione e manutenzione di veicoli ferroviari; la società, che ha sede a Verona, ha avviato in data 8 aprile 2013 la procedura concorsuale con richiesta di concordato preventivo;
   il tribunale di Verona-sezione fallimentare, con sentenza n. 162 dell'8 novembre 2013, ha dichiarato lo stato di insolvenza di Officine Ferroviarie Veronesi S.p.A., ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, nominando come giudice delegato per la procedura il dottor Fernando Platania, e come commissario giudiziale l'ingegner Giovanni Bertoni, affidando a quest'ultimo la gestione dell'impresa;
   con decreto ministeriale datato 15 aprile 2014, il Ministero dello sviluppo economico ha nominato, quale commissario straordinario, lo stesso commissario giudiziale, ingegner Giovanni Bertoni; dal 5 maggio 2013 i 205 lavoratori (attualmente ridotti a 118) sono in cassa integrazione a zero ore con scadenza precedentemente prevista all'8 dicembre 2015 e portata al 27 maggio 2016, attualmente è in discussione l'esito del terzo bando per la procedura di vendita del complesso aziendale. Le due precedenti procedure di vendita (la prima conclusasi in data 2 luglio 2015; la seconda in data 5 novembre 2015) hanno avuto entrambe esito negativo, per la non adeguatezza delle offerte pervenute, non conformi ai requisiti previsti;
   oltre a un gruppo indiano che aveva già partecipato senza successo ai due bandi precedenti, è stata presentata una offerta dalla multinazionale francese Alstom, specializzata in costruzioni di treni e infrastrutture ferroviarie (L'Arena di Verona, 30 gennaio 2016);
   si è di fronte quindi all'urgenza di comprendere nei prossimi giorni la decisione che gli organi della procedura assumeranno e quindi sapere a quale soggetto verrà ceduta la realtà industriale; a prescindere dalla scelta del commissario sentiti i pareri del giudice delegato, del Ministero dello sviluppo economico e del comitato di sorveglianza vi è una vicenda su cui il Governo potrebbe intervenire;
   in data 22 luglio 2010, Trenitalia aveva espresso l'impegno di affidare all'ATI costituita dal Consorzio CORIFER (Mandataria) e da Officine Ferroviarie Veronesi SpA (Mandante) un contratto di «service manutentivo» relativo alla revisione di 350 carrozze Vivalto e all'installazione sulle stesse dell'impianto antincendio;
   nel marzo 2012 Trenitalia aveva affidato, in trattativa privata all'ATI CORIFER/OFV la manutenzione ciclica VIS di n. 135 NCDP Vivalto nel frattempo scadute, compresa la fornitura dei relativi ricambi, per un valore stimato di 24.328.600,00 euro. Il contratto non aveva avuto termine a causa delle vicende di OFV e CORIFER (vicenda richiamata dalla mozione del 22 ottobre 2015, proposta da tutti i capigruppo del Consiglio Comunale di Verona, per impegnare il consiglio comunale ad attivare tutti i canali istituzionali più opportuni per addivenire a una positiva risoluzione della vertenza);
   lo stato industriale di Officine Ferroviarie Veronesi consente di ripartire in tempi rapidi con l'attività produttiva;
   la OFV è una delle poche realtà italiane attiva nel settore della progettazione e costruzione di carrozze ferroviarie, pertanto sarebbe importantissimo preservarne il know how oltre ai livelli occupazionali –:
   considerato il ruolo strategico del settore industriale del materiale rotabile e l'importanza di preservare una delle pochissime realtà industriali attive in questo settore nel nostro Paese, quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di garantire la continuità operativa e aziendale delle Officine Ferroviarie Veronesi;
   se, una volta assunta la decisione da parte degli organi della procedura, si intendano assumere iniziative per favorire il rilancio di Officine Ferroviarie Veronesi, verificando la possibilità che Trenitalia conferisca con un affidamento diretto, la manutenzione delle trecento carrozze Vivalto, in prossima revisione, anche alla luce degli impegni precedentemente assunti da Trenitalia verso l'ATI CORIFER/OFV, richiamati in premessa. (5-08501)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, NICOLA BIANCHI, SPESSOTTO e DE LORENZIS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto segnalato agli interroganti, un gruppo di dipendenti del gruppo Telecom ha dato vita al comitato #Save Telecom con l'obiettivo di chiedere chiarimenti al Governo in merito all'ingresso di Enel spa nel settore dell'implementazione della banda larga ed ultralarga nel nostro Paese;
   secondo quanto è emerso nella conferenza stampa di presentazione del piano banda larga di Enel, presentato a Palazzo Chigi il 7 aprile 2016, tale ingresso riguarderà le aree più redditizie del mercato, le cosiddette aree A e B, con un iniziale investimento di 2,5 miliardi di euro per portare la fibra ottica in 224 città tramite le sostituzioni dei vecchi contatori della linea elettrica. Il progetto prevede di cablare in ftth (fiber to the home) 7,5 milioni di case. Allo stesso tempo Enel Open Fibra, la società creata ad hoc nel dicembre 2015 per l'implementazione del progetto, è in attesa degli imminenti bandi per l'assegnazione degli incentivi pubblici per la realizzazione e la gestione dell'infrastrutture in fibra ottica anche nelle aree a fallimento di mercato. In tutto, si prevedono investimenti per 4 miliardi di euro e l'impiego di quasi 4 mila unità di lavoro oltre a 300 stabilmente occupate;
   queste notizie hanno immediatamente generato preoccupazione fra i dipendenti di Telecom Italia considerando che la sua infrastruttura di rete rappresenta il vero asset strategico dell’incumbent nazionale che è notoriamente, per una inaccettabile politica di privatizzazione fatta dai precedenti Governi, sovra indebitata con ripercussioni sulle sue capacità di investimento e sui suoi livelli occupazionali;
   attualmente Telecom Italia ha 50 mila dipendenti di cui oltre 30 mila in solidarietà difensiva al punto che qualsiasi ipotesi di svalutazione dell'infrastruttura non potrà che ripercuotersi negativamente peggiorando il quadro già non roseo. Infatti notizie di stampa danno per certo un possibile impatto sull'occupazione, con l'ingresso di Enel spa come nuovo attore wholesale della fibra, nell'ordine di 15 mila a 24 mila esuberi. Praticamente se fossero confermate queste stime ci si troverebbe davanti alla più drammatica crisi occupazionale nel nostro Paese degli ultimi 20 anni;
   gli interroganti non vedono negativamente l'ingresso di un nuovo investitore nel campo delle telecomunicazioni, utile a modernizzare un'infrastruttura di rete obsoleta e ridurre il grave digital divide che vede l'Italia ultima in Europa; a molteplici sono state le loro iniziative politiche e parlamentari per promuovere la costituzione di un'unica società della rete pubblica, considerando che l'accesso ad internet è ormai un servizio pubblico universale e che vi sono ovvie ragioni di sicurezza nazionale da salvaguardare;
   pur sostenendo la necessità dell'ingresso di un soggetto prioritariamente pubblico nella realizzazione e gestione dell'infrastruttura di rete, questo mai dovrebbe avvenire a scapito degli attuali livelli occupazionali di Telecom Italia. La componente lavoro ha già pagato un prezzo altissimo dalla sopra ricordata inaccettabile privatizzazione della compagnia telefonica;
   circolano con maggiori insistenza ipotesi non remote di sovrapposizione di investimenti di Enel in aree già coperte da Telecom Italia, ipotesi che, se confermate, sarebbero gravi per il nocumento arrecato non solo all’incumbent nazionale ma all'intero Paese –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intendano intraprendere, in primis, per impedire una sovrapposizione di investimenti tra le due aziende nelle medesime aree e, in secundis, per garantire gli attuali livelli occupazionali di Telecom Italia, anche impiegando l'istituto della «clausola sociale» nei bandi per l'affidamento delle concessioni nelle aree incentivate conseguite da Enel spa. (4-12988)


   PALMIZIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   i settori dell'acconciatura, dell'estetica e del benessere risentono di una serie di problematiche derivanti dalla forte spinta evolutiva del mercato di riferimento. Il diffondersi dell'abusivismo e della concorrenza sleale, nonché la domanda crescente di qualità, rendono necessaria una professionalità sempre maggiore a tutela degli operatori e del cittadino consumatore, nonché l'individuazione di strumenti atti a rafforzare la presenza sul mercato delle aziende regolari e la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese;
   il tema della formazione è largamente dibattuto e sicuramente complesso, sia per quanto riguarda il settore dell'acconciatura che quello dell'estetica. La formazione professionale è di competenza esclusiva delle regioni, il che ha comportato negli anni una situazione di disomogeneità sul territorio;
   è opportuno, in questo senso, focalizzare l'attenzione sul livello qualitativo delle scuole professionali e sui criteri utilizzati dalle regioni per concedere le prescritte autorizzazioni, nonché sulla riorganizzazione dei percorsi formativi dei docenti;
   si rileva una crescente concorrenza sleale, caratterizzata da saloni/centri che non rispettano gli orari e i requisiti igienico-sanitari e si avvalgono di personale non qualificato;
   è altresì crescente il numero di acconciatori/estetisti qualificati che – per motivi economici – non riescono ad avviare o sono stati costretti a cessare l'attività e prestano i servizi presso il proprio domicilio;
   queste situazioni comportano, secondo l'interrogante una pesante turbativa di mercato, in quanto tali operatori riescono ad applicare tariffe non praticabili dalle imprese regolari;
   nel settore dell'estetica tale problema è aggravato dalla confusione presente all'interno dell'area indistinta del «benessere», nell'ambito della quale si assiste allo sviluppo disordinato di una serie di attività non regolamentate che si sovrappongono indebitamente alla legittima sfera operativa delle attività di estetista, senza il rispetto degli stringenti requisiti di abilitazione professionale previsti dalla legge n. 1 del 1990;
   tale situazione provoca inevitabilmente una tangibile riduzione della sfera economica di mercato a pregiudizio delle imprese professionalmente qualificate di estetista;
   sul piano degli adempimenti, particolare attenzione è puntata sullo smaltimento dei rifiuti pericolosi a rischio infettivo. Le categorie dell'acconciatura e dell'estetica sono tra i settori «portabandiera» nella battaglia di Confartigianato e Cna nei confronti del Sistri, in quanto le piccole quantità prodotte dalle imprese del settore non giustificano l'onere previsto;
   sempre con riferimento ai rifiuti pericolosi, sarebbe inoltre opportuno estendere a tutti la procedura semplificata prevista per quelli afferenti al CER 18.01.03 –:
   se i Ministri interrogati intendano attivarsi, per quanto di competenza e con gli strumenti opportuni, per promuovere percorsi formativi maggiormente aderenti all'evoluzione del settore del benessere senza compromettere la durata e la qualità della formazione;
   se i Ministri interrogati intendano promuovere iniziative per l'elaborazione di linee guida relative alla formazione dei docenti da sottoporre alla Conferenza Stato-regioni;
   se i Ministri interrogati intendano individuare gli strumenti atti allo sviluppo di una campagna istituzionale, attraverso tutti i mezzi di comunicazione possibili, per la sensibilizzazione dell'utenza rispetto ai rischi derivanti dall'erogazione di trattamenti eseguiti in assenza di requisiti professionali ed igienico-sanitari prescritti dalla normativa vigente;
   se i Ministri interrogati intendano attivarsi con tutte le iniziative di competenza per l'abbattimento dei costi di gestione per i titolari dei saloni/centri e per il sostegno ai giovani e ad operatori qualificati economicamente non in grado di intraprendere l'attività in proprio;
   se i Ministri interrogati intendano prendere in considerazione la possibilità di assumere iniziative per la modifica della legge di settore n. 1 del 1990 per ricondurre in modo coerente e legittimo l'insieme di pratiche definite convenzionalmente come «bio-naturali» nella sfera operativa della professione di estetista, ampliando e coordinando le definizioni, i profili professionali, i requisiti di abilitazione professionale, le modalità di esercizio;
   se i Ministri interrogati intendano adottare al più presto le iniziative necessarie all'abolizione degli adempimenti relativi al Sistri data la modica quantità di rifiuti prodotti dalle categorie interessate, nonché all'estensione a tutti i rifiuti pericolosi della procedura semplificata prevista per lo smaltimento di quelli afferenti al CER 18.01.03. (4-12999)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Nicchi e altri n. 1-01230, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino e, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: Nicchi, Costantino, Duranti, Gregori, Martelli, Pannarale, Pellegrino, Ricciatti, Brignone, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Civati, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Andrea Maestri, Melilla, Marcon, Palazzotto, Pastorino, Piras, Placido, Quaranta, Sannicandro, Zaratti.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Pelillo e altri n. 7-00976, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Vico, Antezza, Amoddio.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Luigi Di Maio n. 4-12634, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sibilia.

  L'interrogazione a risposta scritta Miotto e altri n. 4-12944, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Covello.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Rizzetto n. 7-00963, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 604 dell'8 aprile 2016.

   La XI Commissione,
   premesso che:
    Alitalia Maintenance Systems (AMS) è un'eccellenza tecnologica italiana, con sede in Fiumicino (Rm), che svolge attività di manutenzione, revisione e riparazione di motori per aeromobili e componenti aeronautici;
    il 30 settembre 2016, AMS è stata dichiarata fallita dal tribunale di Roma e, a seguito di una proposta di acquisto, nel mese di marzo 2016, è stato aperto il bando di gara internazionale per la vendita del complesso aziendale in scadenza il prossimo 5 maggio 2016. Al riguardo, con la definizione dell'operazione di acquisto, è necessario che vengano rispettati gli impegni presi da parte delle istituzioni e di Alitalia-Etihad, che hanno garantito la continuità dei rapporti di lavoro con la società acquirente per i circa 240 lavoratori di AMS; in particolare, il presidente Montezemolo ha da sempre dichiarato che, con l'acquisizione di AMS, saranno mantenuti i contratti di servizio per la revisione dei motori della flotta Alitalia-Etihad. Pertanto, con l'apertura del bando, è indispensabile prestare fede a tali promesse, su cui hanno fatto pieno affidamento i lavoratori. Il rispetto degli impegni sul mantenimento dei contratti di servizio con AMS, è necessario anche per smentire alcune recenti notizie, per le quali la revisione dei motori di Alitalia-Etihad verranno destinati per i prossimi dieci anni alla società Israeliana Bedek per circa 500 milioni di euro;
    inoltre, va portato a termine il piano assunto dal Ministero dello sviluppo economico, presso il quale è stato costituito un tavolo permanente su tale vertenza, al fine di risollevare l'azienda e salvaguardare i lavoratori;
    ebbene, con la vendita di AMS, dovranno essere adottate idonee iniziative per garantire ai 240 dipendenti la ricollocazione nella società acquirente; tali lavoratori si trovano attualmente in mobilità, poiché non è stata loro prorogata la cassa integrazione, giunta a scadenza l'11 aprile 2016;
    si mette in evidenza che si tratta di lavoratori con notevoli competenze specialistiche che non possono andare disperse. Dunque, la definitiva perdita dei posti di lavoro dei ben 240 dipendenti comporterebbe, oltre ad ovvie e gravi conseguenze per gli stessi e le loro famiglie, anche un difficile reinserimento nel mercato del lavoro trattandosi di personale altamente specializzato;
    sicché in attesa che venga portata a termine l'acquisizione di AMS, è necessario ed urgente assumere tutte le iniziative necessarie, allo scopo di garantire la tutela di tali persone ed il rilancio di una realtà produttiva strategica, che rappresenta l'unica eccellenza motoristica di revisione aeronautica dell'Italia. Non procedere in tal senso significherebbe per i presentatori del presente atto di indirizzo annullare tutto il lavoro delle istituzioni e delle rappresentanze sindacali, fino ad oggi svolto, rendendo vani anche i sacrifici dei tanti lavoratori che attendono una ripartenza dell'azienda e che sono scesi in piazza, il 27 aprile 2016, per manifestare affinché venga trovata una soluzione che fino ad oggi non è giunta, come dichiarano le organizzazioni sindacali Filt Cgil Fit Cisl Uiltrasporti Ugl trasporto aereo, che attendono delle immediate iniziative risolutive da parte dell'esecutivo a ridosso della chiusura del bando di vendita prevista per il 5 maggio 2016,

impegna il Governo

ad adottare urgentemente tutte le iniziative idonee e necessarie per tutelare i 240 lavoratori, garantendo la loro ricollocazione ed escludendo che vengano disperse le competenze specialistiche degli stessi.
(7-00963)
«Rizzetto, Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Petrenga, Taglialatela, Totaro».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Sberna n. 4-12576 del 18 marzo 2016;
   interrogazioni a risposta scritta Segoni n. 4-12715 del 1o aprile 2016.

Ritiro di una firma da una interrogazione a risposta in Commissione.

  Interrogazione a risposta in Commissione Massimiliano Bernini e altri n. 5-08498, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 aprile 2016 è stata ritirata la firma del deputato Gagnarli.